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“E tu, Isabella Marie Swan, vuoi prendere come tuo legittimo sposo
il qui presente Edward Anthony Cullen, per amarlo, onorarlo e rispettarlo per
il resto della tua vita
“E
tu, Isabella Marie Swan, vuoi prendere come tuo
legittimo sposo il qui presente Edward Anthony Cullen,
per amarlo, onorarlo e rispettarlo per il resto della tua vita?”
Lo
sto per fare, sto per sposarmi. Con Edward. Dovrei essere felice – ed in
fondo lo sono, moltissimo -, ma a me i matrimoni non piacciono. E per questo
motivo, ora ci troviamo al Comune. Davanti a noi il Sindaco di Forks, dietro i miei genitori. Charlie è
felicissimo, soprattutto perché mi sto sposando con Edward Cullen. Carlisle è uno dei
suoi più grandi amici, ed anche di buona famiglia. Insomma, i soldi di
certo ai Cullen non mancano. Poi c’è Renèe. Per lei, è stato un trauma sapere che
mi sposavo, al Comune. Da quando si è fidanzata con Phil è
diventata una patita di moda. Non riconosco più la mia vecchia mamma,
quindi, sapere che sua figlia sarebbe arrivata ‘all’altare’ senza nemmeno un abito da sposa…
inutile raccontarlo. Dall’altra parte ci sono i genitori di Edward. Esme e Carlisle, con un sorriso
stampato sulle labbra. Dietro di loro c’è Alice, Emmett e Jasper. In tutto, siamo dieci, in quella saletta.
Ecco, il mio matrimonio perfetto. Lo stretto necessario,
per essere felice. Davvero, felice.
Stringo
la mano di Edward, e poi sorrido.
“Si, lo voglio”. Sussurro, prima di baciare mio marito.
Mi sveglio ancora più assonnata di
prima, con la fronte imperlata di sudore. L’ho sognato,
un’altra volta. Ho sognato il giorno del mio matrimonio, ho sognato
Edward. Sono più di due mesi che Jacob ha chiesto la mia mano, ed io ho
acconsentito. Da quel giorno, non faccio altro che rivivere il mio matrimonio.
Ogni santa notte.
“Mmh…
Isabella, vieni a letto”. Jake si stropiccia
gli occhi, voltandosi dalla mia parte. Abitiamo insieme da più di un
anno. Io me ne sono andata da Forks da tre. Da quando
ho lasciato Edward, da solo. Sono andata a Phoenix, da mia madre. E lì,
ho conosciuto Jacob Black, figlio di un amico di
Phil. All’inizio sembrava spocchioso, vanitoso e pieno di soldi. Poi ho
avuto modo di parlarci. Non è spocchioso, e nemmeno vanitoso. Un
po’ viziato, quello sì. Ed è strapieno di soldi. Ha una
concessionaria di auto, che suo padre gli ha lasciato in eredità.
E’ simpatico, da morire. E mia madre è stata felicissima, quando
le ho detto che mi sposavo con Jacob.
“Si. Vado a prendere un bicchiere d’acqua”. Mi alzo,
dirigendomi al piano inferiore. Quella casa, è
enorme. Nulla, in confronto alla piccola casa che avevo in campagna con Edward.
Era di due piani anche quella, isolata dal Forks.
Costruita da Edward in persona. Con l’aiuto di qualche abitante della
città, ovviamente. Tutta di legno, era la casa che sognavo fin da
bambina.
Lentamente scendo le scale, arrivando in
cucina. Nemmeno accendo la luce, visto che l’enorme frigorifero illumina
tutta la stanza. Prendo una bottiglia d’acqua, e torno a letto. Devo
riposare, dopodomani mi sposo.
Non mi era mai capitato, di fare due sogni
identici la stessa notte. Mai, tranne questa notte.
“Isabella, domani ti sposi. Ti decidi a dormire un po’,
per togliere quelle occhiaie?” Mia madre mi sgrida, come se fossi una
bambina piccola. Sospiro, guardando l’enorme salone. “Questa sala è davvero bellissima. Non vedo l’ora di fare la cena per la prova!” La
guardo, e sorrido. Un sorriso tirato, per niente felice. Se fosse stato
per me, mi sarei sposata di nuovo al Comune. Invece no. Questa volta le cose le
hanno organizzate alla grande. La chiesa più grande di Phoenix è
stata prenotata per il grande giorno. L’Hotel più lussuoso, per il
pranzo. Un abito bellissimo, che indosserà la sottoscritta. Sono felice,
con Jacob. Ma non volevo che esagerassero in questo modo. Soprattutto mia
madre, che si è fatta prendere la mano insieme a Rosalie.
Rose, è l’organizzatrice del
matrimonio, in tutta la sua bellezza. Inutile dire che lei è una dea,
felicemente single.
E’ bionda, alta, occhi celesti.
Bellissima, come ho già detto. E lei, ha organizzato il mio intero
matrimonio, insieme a mia madre.
“Già. E’ davvero tutto
stupendo”. Commento, guardando l’immenso tavolo. Non riesco
a crederci. Quel tavolo conterrà almeno duecento persone? Già,
gli invitati sono duecento. Ed io, ne conosco soltanto un terzo. Mia madre,
Phil, i genitori di Jacob e Rosalie. Charlie non viene. Ha preferito non
venire, al secondo matrimonio di sua figlia. Lui non è il tipo di persona
che ama questi eventi, proprio come me. Alice invece era indaffarata con il
lavoro, a New York. Ha lasciato Forks proprio quando
me ne sono andata io, per lavorare da Vogue. La sua smisurata passione per la
moda finalmente le era servita a qualcosa. E lei adorava lavorare lì.
Poi c’è stata la chiamata di Jasper, scusandosi per il
comportamento di Alice. Non è venuta non perché è
impegnata con il lavoro, ma per fare un favore a Edward. L’avevo capito,
fin dall’inizio. Continuo a guardare l’enorme tavolo, e le
prestigiose posate, quando il mio Blackberry inizia a
squillare.
Ce ne vuole, prima di trovare il tasto per
rispondere.
“Pronto?” Mi affretto a dire,
sperando che non abbiano attaccato.
“Hey,
Isabella! Senti, puoi
venire in ufficio? Devo parlarti di una questione molto
urgente”. Angela richiede la mia presenza nel suo ufficio. Spero
soltanto che siano buone notizie. Attacco, e spiego a mia madre che
l’avvocato Weber mi sta aspettando. Lei non dice niente, anche
perché sa di che cosa si tratta. Non dice niente, quando lascio la sala
e salgo sulla mia Lamborghini. Angela oltre ad essere il mio avvocato è
anche una mia fidata amica. La adoro. E così colta e educata che qualche
volta mi sento uno scalino inferiore a lei, quando stiamo insieme. Me l’ha
presentata Rosalie. Dicendo che una organizzatrice di
matrimoni deve avere sempre contatti con un avvocato. Non si sa mai. E
così ho conosciuto Angela, che in quel momento mi serviva come
l’acqua nel deserto. Io e Edward eravamo separati da tre anni, e quindi
potevo ottenere facilmente il divorzio. Il vantaggio era stato il matrimonio al
Comune. Però non avevo avuto il coraggio di far recapitare io stessa le
carte a Edward, e nemmeno di fargli una telefonata. Quindi, Angela l’ha
fatto per me, il giorno dopo che Jacob ha chiesto la mia mano. Doveva essere
una cosa veloce, indolore. Ma proprio indolore non è stata,
perché per bene tre volte le carte non sono arrivate a Forks. Prima ho dubitato della competenza di Angela, poi mi
sono ricreduta. Lei, è davvero un bravo
avvocato.
Così, per farsi perdonare ha portato
lei stessa le carte a Edward. E’ andata a Forks,
lasciando tutti i suoi impegni ed il suo lavoro per tre giorni.
Parcheggio nell’enorme sotterraneo
dell’edificio, e mi dirigo al sesto piano. Lì, c’è
l’ufficio Weber. Vedo Angela ancor prima di entrare, dalle enormi vetrate
di vetro che ricoprono l’intera stanza. Quando entro, mi fa un cenno del
capo “Forks fa schifo”. Dice, non alzando
nemmeno lo sguardo.
Io sorrido, alla sua affermazione. Per una
persona che è nata a Phoenix, o in una città viva, andare a Forks può essere un
vero trauma.
“Non la fare difficile,
com’è andata?” Ora alza lo sguardo, e indica la sedia
davanti a lei. Mi siedo, posando la borsa sul tavolo.
“Ho alloggiato in un
motel squallido. Era
addirittura a Port Angeles. Dio, venti minuti per
arrivare a casa di Cullen!
E non capisco come fa ad abitare in quella casetta minuscola, in mezzo al
bosco! Ti rendi conto? In mezzo al bosco? Fra la natura, dove
il cellulare nemmeno prende!” La mia casetta. Edward ancora vive
lì. Pensavo che fosse tornato dai suoi.
“Angela, per favore! Non voglio sapere
questo”. Si passa una mano fra i capelli, sistemandosi gli
occhiali neri sul naso.
“Appunto. Isabella, il cellulare lì non
prende. E quindi non ho avuto modo di chiamarti, ed è una questione
piuttosto… come dire… grave.” Sgrano
gli occhi, mentre la paura invade il mio piccolo corpicino.
E’ successo qualcosa a Edward?
Non ha avuto modo di firmare le carte,
perché è in Ospedale?
Forse sta male? “Calmati, non è
poi così grave.” Odio quando fa così.
Odio quando Angela fa giri immensi intorno
alle parole, senza arrivare alla conclusione. Non mi piace, giocare agli
indovinelli.
“Allora?” Domando, spostando la
testa di lato. Angela fa un bel respiro, prima di far scoppiare la bomba.
“Edward non ha
voluto firmare le carte del divorzio, di sua spontanea volontà. Ha detto che se vuoi il divorzio, devi
andare lì. Tu, devi andare a Forks.” Guardo Angela un po’ stranita, sperando
che mi stia prendendo in giro. Ora, la paura si trasforma in rabbia. Una rabbia
così forte che non riesco nemmeno a dominare.
Uno scellerato! Ecco cos’è
Edward. Ha sempre avuto quel suo modo bizzarro di scherzare, quando non doveva
farlo. E questo, non è proprio il momento adatto. Mi devo sposare, domani!
“Se vuoi possiamo aprire un processo. Lui avrà il suo avvocato, tu
avrai me. E vinceremo, stanne certa. Però… Isabella, i tempi sono
lunghi. Variano dai due hai tre mesi. Ti conviene andare a Forks, se vuoi sposarti con Jacob al più
presto”.
Dai
due hai tre mesi. Jake mi ucciderà, ne sono certa. Non posso aprire un
processo. Di certo i soldi non mi mancano, ma il tempo è troppo. Ed io
ne ho pochissimo. Se vado a Forks, massimo due giorni
e sono a casa, con le carte del divorzio firmate. Sposteremo il matrimonio di
tre giorni. Nulla di più, nulla di meno.
“Vado a Forks.
Parto a stasera”. Prendo la mia borsa, salutando
Angela con un cenno della mano.
“E’
la decisione più giusta che tu abbia mai preso, Isabella”.
Peccato che Jacob, non la pensava così.
“Oh, tu non vai
proprio da nessuna parte.
Io! Vado a Forks,
e spacco la faccia a quel cretino! Come si permette? Il vostro matrimonio
è finito da tre anni, non c’è mai stata una telefonata ed
ora… ed ora eccolo, che spunta fuori come i funghi! Non
va affatto bene”. Le moine, non sono
servite a nulla. Di solito, riuscivo sempre a calmare Jake
con qualche bacetto, una carezza sul viso e via. Ma niente. Segno che la
questione è più grave di quanto pensassi.
“Amore, shhh.
Saranno soltanto tre giorni, e Rosalie già si sta occupando di tutti gli
invitati. E’ più importante il nostro matrimonio, vero? Non diamo
vinta a Edward. Non apriamo un processo. Andrò a Forks,
gli farò firmare quelle carte e tornerò qui. Nemmeno
sentirei la mia mancanza”. Jake sbuffa,
continuando a camminare su e giù per la stanza.
“E se venissi con te?” No,
quella non è affatto una buona idea. Io posso litigare con Edward, e
fargli firmare quelle carte. Jacob potrebbe litigare con Edward, e poi
spaccargli la faccia, visto che è alto e grosso il doppio.
“No. Anche tu devi occuparti di alcune cose,
qui. Devi parlare con i tuoi genitori, di certo non apprezzeranno questa
decisione. E poi ho l’aereo tra meno di due ore. Accompagnami
all’aeroporto, e poi torna immediatamente
qui”. Da dolce, sono diventata protettiva ed anche gelosa. Jake continua a fare lunghi respiri.
“Va bene.” Afferma, dopo un
ultimo e lunghissimo sospiro. Si passa una mano tra i capelli neri,
abbracciandomi.
Mi perdo in quel corpo enorme. Per quanto
è alto nemmeno arrivo al suo mento. Quindi, appoggio la testa sul petto
muscoloso, circondandogli la vita con le braccia.
“Ti amo”, dice, baciandomi
dolcemente sulle labbra.
“Anch’io”.
Edward e Bella si sono sposati
a ventidue anni. Lei ha ventitré anni l’ha lasciato (capirete il
perché seguendo la storia). Ora ne hanno ventisei. Bella vive a Phoenix,
e sta per sposarsi con Jacob Black. Ma Edward non ha
firmato le carte del divorzio, quindi lei torna a Forks.
Piccola
spiegazione della storia :D
Nah,
non chiedetemi perché sono qui. Ho concluso appena cinque giorni fa Io e
Te, ed ora sono qui. E sì, ho anche Coinquilino da portare avanti. Non preoccupatevi,
non mi sono dimenticata di nulla.
Chi mi segue da molto, sa che
questa fanfiction era stata già pubblicata, e
poi eliminata. Era diversa, da quella pubblicata oggi. Quindi, l’ho rivisitata. E mi sono decisa a
pubblicarla, finalmente! Visto che ben 105,
e dico centocinque persone mi hanno
messa tra gli autori preferiti *--* voglio sentirvi tutti!!
Dal primo all’ultimo, intesi?
Perdonate la mia
creatività (lo so, che molti di voi mi ucciderebbero per pubblicare fanfictions allo sfinimento) ma non posso farne a meno :P
Un bacio :*
Per la fanfiction
ho preso spunto da un film, visto a dodici anni. Inutile dire che non ricordo né
attori né il nome. Chi vuole illuminarmi si faccia avanti.
Scendo dall’aereo con l’aria di che ne sa una più del
diavolo
Scendo dall’aereo con l’aria di
una che ne sa una più del diavolo. I viaggi non mi sono mai piaciuti,
soprattutto quelli lampo. Inutile dire che questo l’ho odiato
particolarmente. E’ notte fonda, e a Port
Angeles fa freddo. Tanto freddo. Nemmeno riesco a pensare alle
fitta pioggia che ci sarà a Forks. Spero solo
ti trovare un taxi, che mi porti nell’unico motel della mia cittadina. Ma
se la permanenza si dovesse prolungare, andrò da Charlie. Mio padre
sarà felice, di vedere la sua unica figlia. Almeno lo spero. Mentre esco
con una valigia di Louis Vuitton, una bella donna fa dei cenni con la mano.
Sembra che stia catturando l’attenzione di qualcuno, o forse proprio la
mia. Mi avvicino, notando che ce l’aveva proprio con me.
“Tesoro! Come sono felice di
rivederti!” Lascio cadere tutti i bagagli, compresa la borsa che ho in
mano, per abbracciare di slancio la mia seconda mamma.
“Esme! Quanto mi sei
mancata!” Dopo alcuni minuti ci stacchiamo, anche perché abbiamo
quasi il fiato corto.
Con la mano porta una ciocca di capelli
dietro l’orecchio. “Come sei bella.
E… diversa.” Si nota, il cambiamento. Lo
noto anch’io, guardandomi allo specchio. Non sono più Bells. Ora sono Isabella Swan,
giornalista di Phoenix, quasi sposata
con l’imprenditore Jacob Black. Vesto firmata,
porto anche le scarpe con il tacco. Gli abitanti di Forks,
se mi vedono ora, penseranno che sono la gemella di Bella. Isabella.
“I cambiamenti sono
inevitabili”, dico, riprendendo possesso dei miei effetti. La sento
sussurrare qualcosa, del tipo c’è
chi cambia per dimenticare. Ma non dico niente, e la seguo fino al
parcheggio. Una volta dentro al caldo nella sua Jeep, mi decido a parlare.
“Come mai sei qui?” Chiedo,
scrivendo un messaggio a Jake, avvertendolo che sono
arrivata.
“Renèe
ha chiamato tuo padre, avvisandolo che saresti tornata. Charlie ha chiamato Carlisle,
che l’ha detto a me. Sapevo che avresti preso un taxi, per andare da
qualche parte, e proprio non potevo permettertelo. E allora
eccomi qua”. Mentre parla, ha messo in moto, e siamo partite per
le strade buie.
Come faccio, a non adorare Esme? Quando ero a Forks,
l’ho sempre considerata mia mamma. Quella
premurosa, quella che si prendeva cura di me, come se fossi la sua vera figlia.
La mamma che io non ho mai avuto.
“Grazie”, sussurro, guardando
fuori dal finestrino. Sono tre anni, che non vengo a Forks.
Sono tre anni, che non vedo nessuno dei miei più cari amici. Sono tre
anni, che non ho la minima idea di cosa faccia Edward, se sta con qualcuno, se
lavora ancora in città.
E’ la voce di Esme,
a distogliermi dai miei pensieri “Tesoro, dove ti porto?” Ci penso
un po’ su. Se le dicessi di portarmi in un motel, mi costringerebbe a
passare la notte a casa sua. Ma non voglio nemmeno disturbare Charlie, sono le
tre di notte.
“Portami da Edward.” Come dice
sempre Jake: via il dente, via il dolore.
“Ne sei sicura?” Anche Esme, l’ha capito. Ha capito che il mio umore non
è dei più rosei, quindi sa
quello che succederà stanotte. Grida, urla, anche qualche schiaffo
– naturalmente da parte mia -. Proprio come l’ultima volta.
“Cosa?”
Non è arrabbiato. E’ incredulo. Stupito. Impaurito.
“Non
so come sia potuto accadere.” Sussurro, passandomi una mano sulla mia
chioma castana. Indosso un paio di jeans sbiaditi, una camicia a quadri –
rigorosamente di mio marito -, e le Superga bianche. E sento, che le lacrime
stanno per affiorare dai miei occhi.
“Hey, amore.
Non preoccuparti. Lo sai, ci riproveremo. Shh, non preoccuparti.” Quando i singhiozzi iniziano a
scuotere il mio corpo, Edward viene dinnanzi a me e mi
abbraccia. Un abbraccio caldo, pieno d’amore. “Shh”, sussurra, accarezzandomi i capelli. Io non so
davvero come sia potuto accadere. Carlisle, qualche
settimana fa, aveva detto che andava tutto bene. Tutto bene.
“Mi
dispiace.” Mio marito continua ad accarezzarmi i capelli.
“Bella,
non fa niente. Ci riproveremo. Riproveremo ad avere un altro
figlio.”
“Allora, sei proprio
innamorata.” Dice Esme, indicando con un cenno
del capo la mia figura. Per innamorata, sicuramente intende cambiata. Indosso
un maglione avana, lungo fino a sopra le ginocchia. Dei collant neri, pesanti.
Una giacca dello stesso colore del maglione, tre bracciali d’oro, e il
mio anello di fidanzamento. E poi, i miei più fidati amici: gli stivali
UGG. Lì adoro, sono caldissimi e molto comodi.
“Sì. Sono innamorata.” Non è una
bugia, ma nemmeno la verità. Amo Jacob, da impazzire. Ma non sono
felice. E’ uno scherzo della natura, questo.
“E lui… com’è,
lui?” Domanda, la mia mamma. Sorrido, pensando a Jake.
“Si chiama Jacob Black,
e lavora nella concessionaria d’auto del padre. E’
alto, muscoloso, e abbronzato anche d’inverno”.
“Il contrario di Edward”,
sussurra Esme, continuando a guardare la strada.
E’ inutile ascoltarla, perché so
che è Jake è il contrario di
Edward.
Edward ha i suoi muscoli, ma anche la
pancetta. Che io adoravo. Edward, non si abbronza
neanche d’estate, proprio come me.
“Già”. Esme parcheggia nel vialetto della mia vecchia casa. Prima
che scenda, mi ferma per un braccio.
“Bella, tesoro, per
favore vacci piano. Per
lui… per lui questi tre anni non sono stati come i tuoi. Pieni di
sorprese e di un matrimonio imminente. Parlaci, chiarisci, fai firmargli quelle
carte, ma non assalirlo.” Per lui questi tre anni non sono stati facili.
E per me, che cosa sono stati? Io, ho perso
un bambino. In parte, la colpa della nostra sofferenza è mia. Il giorno
dopo, sono stata io a lasciare Edward, con un bigliettino sul tavolo della
cucina. Ma da parte sua, nessuna chiamata. Nessun segno di vita. Segno che
aveva chiuso la porta, buttando la chiave al seguito. Ed io ho fatto lo stesso.
Poso un bacio sulla guancia di Esme, sussurrando un “Non preoccuparti.”
Lei riparte sgommando, ed io fisso la figura
della Jeep finché non scompare. La pioggia mi ha bagnato i vestiti, ed i
capelli. Ma me ne frego. Qui, a Forks, non sono
Isabella Swan. Qui sono Bells.
La donna a cui non le frega niente di andare in giro con gli stivali pieni di
fango, anche se sono costati duecento dollari. Quella che struscia in mezzo al
fango la valigia di Louis Vuitton, regalatami proprio da Renèe.
Quando sono davanti alla porta, faccio un bel respiro. Devo ascoltare Esme: non attaccarlo, parlaci. Ma come faccio a non
attaccare una persona che ha quasi rovinato il mio matrimonio? Quasi un cavolo,
visto che ho dovuto rimandare le nozze! Con la mano a metà strada fra la
porta, sono pronta a bussare.
“Dai! Amore, ti prego! Guarda com’è
carino! Me l’ha regalato la signora Newton,
perché al negozio non lo comprava nessuno!” Edward mi fissa
allibito. Prende il piccolo oggetto dalla mie
mani, e me lo sventola davanti agli occhi.
“Non lo comprava nessuno?
Ci credo, che non lo comprava nessuno. Chi mai
attaccherebbe alla sua porta di casa due…” ora, lo volta dalla sua
parte per guardarlo meglio “chi prenderebbe due pupazzetti fatti di
paglia, per attaccarli sulla porta di casa? Bells, è
inquietante!” Sbuffo infastidita. A me piacciono tanto, quei due
pupazzetti.
“Dai! Sembrano Romeo e Giulietta.” Ed
è vero. Appena gli ho visti, mi sono venuti inmente i due innamorati. E quando ho
chiesto alla signora Newton quanto costava quell’oggetto da appendere
alla porta, lei mi ha detto che me lo regalava. Era anni che stava lì, e
nessuno lo comprava. Proprio perché i due pupazzetti avevano un aria inquietante. Edward sbarra gli occhi.
“Lo
sai che fine fanno, Romeo e Giulietta?” Domanda, con una faccia schifata.
“Ma che sarà mai!
Dai, appendiamolo! Non abbiamo nulla fuori alla nostra
porta!” Manca davvero poco, che mi si avventi contro.
Poi,
scuote la testa. “Non se ne parla. Ho costruito questa casa meno di un mese fa, e tu pretendi che
faccia un buco sulla porta per… per questo coso?” Ora, più
che arrabbiata sono infastidita. Un buco sulla porta, dovrà
attaccare un chiodino quasi invisibile, che sarà coperto da l’oggetto che dovremmo appendere.
Sbatto
le mani sulle mie gambe, e mi dirigo al piano superiore. “Lo
sai che ti dico, fai quello che ti pare! E stanotte,
dormi sul divano che è meglio!” Urlo, prima di sbattere la porta e
buttarmi di peso sul letto.
Ancora non ho bussato. Fisso
incredula il Benvenuto, che
ancora è sulla porta di legno. Un po’ sbiadito, e con qualche
pezzo di paia in meno. Ma è lì.
La
mattina, mi sveglio più assonnata di prima. Di solito, appena sveglia
cerco la mano di Edward, per stringerla. Per accettarmi che quello che sto
vivendo è tutto vero, e non un sogno. Un bellissimo sogno. Invece, non
trovo nulla. Soltanto un bigliettino.
Sono andato a lavoro presto.
Ci vediamo a pranzo.
Ti amo, Edward.
Non
lo accartoccio. Questo è un vizio che ho da quando vivevo con Charlie.
Ho conservato ogni singolo bigliettino che le persone mi lasciano. Lo piego,
riponendolo in un cassettino. Guardo l’ora, e mi rendo conto che è
tardi. Sono le otto e trenta. Di sicuro James mi sta già aspettando,
alla redazione. Scendo trafelata dal letto, e prendo le prime cose che trovo.
Un paio di jeans neri, una maglia rosa e le Nike. Vestita e lavata di fretta e
furia, scendo al piano inferiore, dove trovo la colazione pronta. Un cornetto,
un bicchiere di succo di frutta e del caffè. Se avessi tempo, mangerei
tutto. Ma di tempo, non ne ho. Prendo la borsa nera ed il portatile, uscendo di
casa. Faccio appena in tempo a voltarmi, per chiudere la porta di casa, quando
le chiavi mi cadono per il vialetto. E’ lì. I due pupazzetti di
paia sono lì, che si tengono la mano. Edward gli ha attaccati. Sorrido,
accarezzando le rifiniture di quell’oggetto.
“Apri!” Ora i colpi si sono
fatti insistenti. Inutile perdermi in ricordi, non servirebbe a nulla.
“Cullen! Apri immediatamente!!”
E busso ancora. Una. Due. Tre volte.
“Ma lei alle tre di notte non ha
niente di meglio da fare?” Domanda, dopo aver aperto al
porta. Ora, sono più arrabbiata di prima.
“Non ho niente da
fare? Se
tu avessi firmato le carte del divorzio ad Angela, a quest’ora stare festeggiando
il mio addio al nubilato!” Dico, poggiando le mani sul suo petto e
trascinandolo direttamente dentro casa. Non si tira indietro, mi guarda,
basito.
“Bells?”
Sussurra ora, sgranando gli occhi. Lascio la presa dalla sua maglietta bianca,
e gli faccio una radiografia. I capelli sono sempre spettinati, come al solito.
Indossa una maglietta bianca, semplice. E dei boxer neri. Il fisico è
sempre quello, perfetto.
“Bells? Ti stai forse prendendo gioco di me,
Edward? Tra sette ore mi sarei dovuta sposare, e tu hai combinato un bel
casino. Non sai cosa significa avvisare duecento persone, per
dirgli che il matrimonio è rimandato, per colpa del mio ex marito
idiota!” E’ una risata amara, quella che proviene dalle sue labbra.
“Tuo marito”,
sussurra.
“Cosa?”
“Per la legge, sono
ancora tuo marito.
Altro, che ex marito.” Spiega, passandosi una mano tra i capelli bagnati,
a causa della pioggia che ha preso quando è uscito per aprirmi.
“Dio, Edward! Tu mi porti all’esasperazione, come
hai sempre fatto! Se firmi quelle carte, non mi vedrai per il resto della tua
vita. Ma firmale!” Ora sorride, e mi scompiglia i
capelli. Una cosa che ho sempre odiato.
“Non se ne parla,Bells. Se vuoi puoi dormire sul
divano, sai come si tira giù, no?” Dice, avviandosi al piano superiore.
“Ah, prendi le tue valigie, che sono ancora fuori.” Finisce,
sbattendo la porta della camera.
Odio quell’uomo. Lo odio! Prendo
l’enorme borsa che ormai è diventata letteralmente fradicia, e la
porto nel salone.
Il salone è buio, ed un po’
inquietante, a causa del fruscio degli alberi che si sente da fuori. I mobili
sono sempre lì stessi, e sono messi allo stesso posto di sempre.
Però, non c’è nessuna fotografia, sopra. Mi passo una mano
tra i capelli, prendo un pigiama a caso, e mi dirigo al bagno. Il solo ed unico
bagno che c’è a casa Cullen, è al
piano superiore. Quindi, devo per forza passare davanti alla camera di Edward.
Che una volta, era la nostra camera da letto. Faccio finta di niente, e una
volta dentro al bagno mi cambio, e do un colpo di phon hai capelli ormai
fradici. Mi sarei fatta una doccia il giorno dopo. Metto i vestiti bagnati
nella lavatrice, sperando che Edward non me lì
strappi in mille pezzettini – per tutto quello che sono costati –.
Però, non sono di nuovo indifferente, ripassando dinnanzi alla sua
porta. La apro, lentamente. Cercando di non farla cigolare. Sorrido,
constatando che Edward dorme nella stessa posizione di sempre. A pancia sotto,
con un braccio che si prende quasi tutto il letto. Abbiamo litigato molto, ogni
volta che mi ritrovavo quel braccio sulla faccia, sui fianchi o su qualunque
altra parte del corpo.
Anche la camera,
è identica a tre anni fa.
Il letto di legno, al centro. I due comodini
pitturati proprio da me. L’immenso armadio, e il settimino. Però,
sopra al settimino ci sono ancora delle foto.
Una sua e di Alice insieme. Una di Esme, Carlisle ed Emmett.
Ed una, del giorno del nostro matrimonio. Ed
io sono lì, con un sorriso a trentadue denti. Sospiro, ed esco di corsa
dalla camera, quasi inciampando. Una volta sul divano, prendo il cellulare,
inviando un messaggio a Jacob.
‘Sono
arrivata, va tutto bene. Ora sono in un motel, parlo con Edward domani. Un
bacio, Isabella’.
Lo spengo, e mi addormento, con mille
pensieri che vorticano nella mia testa.
Come ben sapete, gli
aggiornamenti di Non mi lasciare, saranno ogni domenica.
Allora, miei dolci lettori. L’inizio
è stato davvero uno dei più graditi *--* La vostra accoglienza
è davvero splendida, e ringrazio chi mi ha linkato il film. Non lo
ricordavo bene, quindi l’ho rivisto. E devo dirvi che questa storia
sarà molto diversa, dal film.
Insomma, Bella è
scappata di casa, perché ha perso il bambino. Nel corso della storia,
capirete perché ha avuto questa reazione così istantanea.
Ringrazio tutti, dal primo all’ultimo.
Ai preferiti, seguiti, a chi
mi ha messo tra le storie da ricordare, tra gli autori preferite e chi legge
tutte le mie fanfictions.
“Non
mentirmi! Non provare a mentirmi! Le carte del divorzio dovevano già
essere state firmate, perché ci stai impiegando tutto questo tempo?”
“Jake, ti
prego. Aspetta.”
Un rumore assordante, in sottofondo.
“Io
non aspetto proprio niente! Cosa diamine sta succedendo, a Forks?”
“Jake… Edward mi ha baciata.”
Quella stessa mattina…
Piccole goccioline invisibile avevano battuto tutta la notte sul vetro.
Ed
io, in due anni, non avevo mai dormito sul quel divano. Ed ora avevo la piena
certezza che quel divano fosse scomodo, e per niente morbido.
Mi
passai una mano sui capelli, scompigliandoli ancora di più.
‘Mi piaci di più,
così. Non potrei mai fare a meno di te, nemmeno quando ti alzi la
mattina, con questa faccia stravolta.’
Scacciai
in malo modo la voce di Edward, che rimbombava nella mia testa. Non doveva
andare così. Ero io che dovevo comandare, ed invece lui aveva la piena
capacità di modellarmi a suo piacimento. Anche se non aveva fatto
niente.
Alzandomi,
mi diressi in cucina, buttando un occhio sull’orologio a muro.
12.30
Avevo
dormito nove ore di fila. Anche se mi ero svegliata più volte nel corso
della notte.
C’era
un bigliettino, sul tavolo:
Sono andato a lavoro.
La colazione puoi anche preparartela
da sola, e sistema quelle valige!
Se vuoi uscire, prendi il Pick up! Le chiavi sono sulla mensola, nell’ingresso.
Buona
giornata, Bells.
Chissà
perché, il suo bigliettino non augurava nulla di buono.
Lo
presi, questa volta accartocciandolo e buttandolo nel secchio, vicino alla
porta.
La colazione preparatela da
sola.
Come
se in tutti questi anni mi avesse preparato la colazione qualche volta.
Svogliatamente
presi una tazza, ed il cartone del latte. Inutile dire che ci ho impiegato
almeno due minuti, a versarmi cereali e latte, finendoli in due nanosecondi.
Nemmeno mi andava di sporcare, sinceramente.
Però,
avevo voglia di sentire Jacob. Così, composi il suo numero.
Nemmeno
due squilli, che rispose.
“Tesoro.”
“Jake.” Niente. Non riuscivo nemmeno a pronunciare un
nomignolo carino.
“Allora? Hai parlato con
Edward?” Oh, ho anche litigato a morte con Edward!
“No. Ora è a lavoro, e non mi sembra il
caso di andare lì. Aspetterò le sette, quando tornerà a
casa. Così gli farò firmare tutti i documenti.” Io, le
bugie proprio non sapevo dirle.
“Va
bene… ora… ora dove sei?”
Una
bugia, Bella. Una piccola bugia, non nuoce alla salute
di nessuno.
“Mi
sono svegliata ora. Eh… ecco, ora devo proprio andare a vestirmi. Ti
chiamerò questa sera, visto che il telefono non prende quasi mai. Ciao amore, ciao.”
Senza
nemmeno aspettare una sua risposta, gli attaccai praticamente in faccia.
E
mi diressi con le valige in camera di Edward, per disfarle.
“Oh! Ma quanto sei bella? Dio, Bella, non sai quando mi sei
mancata!” Sorrisi, guardando la faccia di mio padre.
Il
sorriso non si toglieva dal suo viso, e i suoi occhi parlavano per lui.
Arrossii
visibilmente. “Papà, ora basta!”
Lui
sorrise ancora, visibilmente imbarazzato. Lo capii dal gesto che fece, infatti si mise apposto i baffi neri, abbassando lo sguardo.
Presi
la tazza di tè, e me la portai alle labbra. Dopo una
piccolo sorsata, feci scoppiare la bomba.
“Papà, perché non vieni
a Phoenix con me? Solo
per il mio matrimonio.” Se mi sarei sposata il
giorno stabilito, non avrei fatto leva su questa situazione.
Ma
ora che ero davanti a Charlie, che appunto era mio padre, chiederglielo era il
minimo indispensabile. E poi volevo con tutto il cuore che ci fosse, e che mi
accompagnasse all’altare.
Lasciò
la tazza, prendendo una delle mie mani. Poi, prese un bel respiro prima di
parlare.
“Bells, non
mi sembra il caso.
Rivedere tua madre. Partecipare alle tue nozze, una seconda volta. Lo sai, che
questo povero vecchio non reggerà la botta.”
Sorrise.
Un
sorriso spento, privo di gioia. Ed io lasciai la sua mano, riportandola a
circondare la tazza di coccio.
“Non ti preoccupare. Anzi, scusa. Non avrei dovuto
chiedertelo.” Mi passo una mano fra i capelli, gonfiando le guance.
Ecco,
questa è una situazione in cui mi ero ripromessa di non cacciarmi.
L’imbarazzo
fra padre e figlia. “Papà, sono già le sei. E’ meglio
che torni a casa. Edward sta per tornare, ed io devo parlare con lui.”
Charlie
alzò lo sguardo, sgranando gli occhi, lentamente.
“Parli
proprio come tre anni fa” disse, poi continuò. “Quando dopo
il lavoro venivi a trovarmi, e parlavamo del più e del meno. Poi,
guardando l’ora scappavi a casa. E dicevi sempre queste stesse parole.
Ogni santo giorno.”
Me
ne ero resa conto anche io. Mi ero resa conto di aver
detto le stesse cose, di tre anni prima.
Tolsi
dall’imbarazzo entrambi.
“Sai che vado da Edward per altri fini. Verrò a trovarti domani mattina,
prima di partire.” Stampai un dolce bacio sulla
guancia di mio padre, avviandomi al Pick up.
Con
la consapevolezza che il giorno dopo sarei tornata a casa.
A
Phoenix.
“Spiegami
perché! Spiegami perché devi essere così stupido! Un ragazzino! Un bamboccio!”
Rise.
Rise davanti a me, facendo finta di niente.
“Oh, fai quello che ti pare. Intanto io non firmo quelle carte.”
E con un gesto della mano, si diresse in cucina, per prendere un uovo dal
frigo.
“Te lo romperei in testa, quel dannato
uovo! Mi vuoi fra i
piedi? Bene, ti invito al mio matrimonio. Puoi stare quando ti pare nella mia
casa a Phoenix! Ma lascia che mi sposi! Firma quelle carte, e
giuro che non mi vedrai mai più!” Forse esasperato, si volse dalla
mia parte.
“Tu proprio non ci arrivi, è! Sei una gran cretina, Bella!” Ora, quella
adirata ero io.
“Io,
una cretina? Ma ti vedi? Guarda come sei diventato!
Da quant’è che non ti radi, Edward? Da
quanto tempo non vai a trovare Esme e Carlisle? Da quanto non chiami Alice, o vai a fare la spesa
a Port Angeles! Tu non sei Edward, il mio Edward. Tu sei soltanto un ombra di Edward
Cullen!”
Presi
un bel respiro, dopo avergli buttato tutto in faccia.
Ora,
i suoi occhi sprizzavano rabbia da tutti i pori.
“E
tu cosa credi?” Odiavo, quando alzava la voce. “Secondo te chi
è stato, a ridurmi in questo stato? Eh, Bella? Secondo te? Te ne sei
andata, lasciandomi un bigliettino!
Dopo tutto quello che avevamo passato insieme!”
In
un attimo, la razionalità prese il sopravvento.
“E la colpa sarebbe la mia? Tu non sei andato avanti, Edward! Il
passato è passato! Ora io ho una vita, e tu cosa fai? Vuoi
rovinarmela, proprio come la tua!” Forse troppo arrabbiato, prese i miei
polsi, stringendomi fra lui e il muro.
“Il
passato è passato. Bene, Bells. Allora,
guardami negli occhi. Dimmi che ami quel Jacob più di quanto hai amato
me, e che lui sarà con te per il resto della tua vita.”
In
quel momento, trovai molto interessante la colonna di legno, che era al centro
della cucina.
“Amo
Jacob, Edward.” Lui sorrise, posando la fronte sulla mia.
Era
troppo vicino Troppo.
“Guardami. Guardami negli occhi, e ripetilo.”
Voltai lo sguardo, issandomi su quei smeraldi verdi.
Però
non dicevo nulla. Nulla.
Edward
sorrise. Sorrise, sulla mia fronte. “Lo sapevo.
Sapevo che non eri venuta solo per questo.”
Soffiò, sfiorando la sua guancia sulla mia.
“Baciami,Bells. Baciami.” E
in quel momento, a comandare non ero più io. Tolsi i
le mani, che erano ancora imprigionate, e presi il suo viso.
Delicatamente, per assaporare il momento.
Prima,
l’avevo detto solo per farlo arrabbiare ancora di più. Ma doveva
radersi davvero, così non mi piaceva.
Mi
avvicinai lentamente, e capii in quel momento che mi aveva incastrata. In tutti
i sensi.
Non
era lui che voleva quel bacio, ma io. Era lì, immobile, ed io stavo
facendo tutto.
Mi
avvicinavo cautamente, e con la stessa lentezza poggiai le mie labbra sulle
sue. Ed erano già schiuse, pronte per me.
Sentire
il suo sapore, dopo ben tre anni, mi mandò in visibilio. Un po’
zuccherino, così dolce.
Non
so quando ci staccammo, ma avvenne automaticamente. Forse, perché
avevamo bisogno di respirare.
Se
non fosse stato per quel bisogno impellente, chissà quanto saremmo
andati oltre.
“Bella Bella”,
cantilenò, accarezzandomi i capelli.
E
in quel momento, la furia si impossessò di me.
Con
la mano destra, gli tirai un ceffone sulla guancia, facendogli voltare
praticamente la testa.
“Provaci
ancore e… e…” Le parole nemmeno mi morirono in gola, ma me ne
andai, ascoltando la sua risata riecheggiare per tutta la casa.
Lo
odiavo.
Odiavo
immensamente Edward Cullen, ed il suo potere di
manipolarmi in quel modo.
“Allora?”
“Sì,
tutto bene. Jake, va tutto bene”.
“Non
mentirmi! Non provare a mentirmi! Le carte del divorzio dovevano già
essere state firmate, perché ci stai impiegando tutto questo tempo?”
“Jake, ti
prego. Aspetta.”
Un rumore assordante, in sottofondo.
“Io
non aspetto proprio niente! Cosa diamine sta succedendo, a Forks?”
“Jake… Edward mi ha baciata.”
“Domani prenderò il primo volo
per Forks.
Dì a Edward che gli spaccherò la faccia.”
Altro che aggiornamento
settimanale. Qua non ci riesco nemmeno se stipulo un accordo .-.
Miei cari lettori, mi
perdonate? Ah, poi mi sono dimenticata di dirvi una cosa importantissima. Questa
è una mini fanfiction. Massimo dieci capitoli,
non di più :D
Vi ringrazio tutti, dal primo
all’ultimo. E spero che questa capitolo vi sia
piaciuto, perché a me *rullo di tamburi* è piaciuto molto *fiuuu*
Ringrazio le persone che hanno
messo la mia storia tra le preferite (10), tra le seguite (21), tra le storie
da ricordare (1) e tra gli autori preferiti (107).
Recensioni:
kandy_angel:
Grazie mille! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto :*
eliza1755:
Allora, il comportamento di Bella sarà spiegato nei prossimi capitoli,
con vari flashback molto tristi (spoiler). Esme
è una suocera da invidiare, peccato che non siano tutte così. Il
comportamento di Edward è dovuto sia hai suoi sentimenti, sia al
ricatto. Poi in seguito si vedrà anche questo! Sono contenta che la
storia ti piaccia, mi fa davvero piacere! Un bacio :*
crazyromy93: In
questo capitolo non ci sono molte spiegazioni sul comportamento di tutti e due
.-. nei prossimi ce ne saranno molti di più, promesso. :*
_Miss_: Eccola, colei che mi ucciderà
perché non ho aggiornato Domenica çç
Chiedo venia, e spero che questo capitolo ti sia piaciuto, davvero :**
Da quando ero a Forks, alle diciotto tornavo a casa
Quando
mi sono trasferita a Forks, ogni santo giorno, alle
diciotto tornavo a casa.
Sia
quando uscivo dal liceo, sia che tornavo dal lavoro.
Quando
dovevo aspettare Edward a casa, finito il lavoro.
E
appena tornavo, mi catapultavo letteralmente dentro la doccia. Dovevo
rilassarmi, scacciare via i brutti pensieri, e ripensare a tutta la giornata
che era appena trascorsa.
Dopo,
preparavo la cena a Charlie. Poi, con il passare degli anni iniziai a
prepararla a Edward. E con il passare di altri anni, queste abitudini se ne
sono andate. Sfumate.
La
doccia, a Phoenix, la facevo la mattina. Appena svegliata.
Poi,
andavo a lavoro.
Jacob
andava a lavoro dopo di me, e ci restava fino a tarda serata. Quindi, ogni
santissima sera andavo a cena a casa di Renèe.
Dove c’era lei, Phil, e Dorota.
Dorota era, ed è ancora, la loro governante.
Una
persona squisita, simpaticissima. E lavora per mia madre, per mantenere i suoi
due figli.
E’
vedova. Suo marito era morto due anni prima, in un incidente stradale.
E
da quel giorno, si era stabilita a casa di Renèe.
Lei e i suoi bambini, abitavano al piano inferiore.
Cucinava
lei, tutte le sere. Ed io, da quando ero tornata a Phoenix, non avevo mai
più toccato un impasto, acceso il forno.
Niente
di niente.
Forse,
dovevo ripensarci. Forse, dovevo
tornare alla mia vecchia quotidianità.
“A
cosa pensi?” Mi ridestai, continuando adaccarezzargli i capelli ramati.
“Niente. Non penso a niente.” Sussurrai,
mentre con uno scatto veloce si rialzava, per fare in modo che il suo torace
aderisse perfettamente al mio seno nudo.
“Sei sicura? Bells, ti
conosco troppo bene. Stai pensando a Jacob… stai pensando che quello che
abbiamo fatto stanotte sia stato tutto un errore.”
Ora, le mie labbra sfiorano i suoi capelli.
“Edward,
non è stato un errore. Sono maggiorenne, e so riconoscere quello che
faccio. E stanotte, sono stata consenziente. Ed ora, non sto pensando a Jacob.”
Prende
le mie gambe, e fa le accavalla sulla vita, da dietro.
La
posizione è un po’ scomoda, la vasca è troppo piccola. La
mia schiena duole, ma sto zitta. Non voglio rovinare questo momento,
perché sono sicura che sarà l’ultimo insieme.
“Beh,
che ne pensi invece del mio nuovo look?”
Domanda Edward, cercando di smorzare la tensione che si è venuta a
creare.
Il
suo nuovo look, che mi ha lasciata a bocca aperta, questa mattina. Quando mi
sono svegliata in camera da letto, e non l’ho trovato. C’era un
bigliettino, con sopra una freccetta e un cuoricino.
La
freccetta, che indicava il piano inferiore. E con solo il lenzuolo addosso mi
sono recata giù, mentre la curiosità mi attanagliava lo stomaco.
E
lui era lì, hai fornelli. I capelli sempre scompigliati, la barba che
non c’era più.
“Penso
che così sei bellissimo.” Dico, senza
pentirmene. Così, è il mio
Edward.
Non
un bradipo, la cui voglia di vivere se ne è andata.
In
silenzio, inizio a massaggiargli la schiena, con mille bollicine trasparenti
che mi agevolano il lavoro, facendo scivolare le mani con più
fluidità.
“Ed
ho chiamato Esme, questa mattina.” Per un
secondo smetto il massaggio, e dopo che è riuscito a capire il mio
stupore, - che ovviamente equivale alla mia felicità -, continuo, senza
interrompere il discorso che aveva appena iniziato. “Ha detto che Alice
tornerà per il week end. Ed ha una voglia matta di vederti.”
“Chi,
Esme?” Domando, pensando alla mia mamma. Mi ha
visto nemmeno due giorni fa, e sarei tornata da lei, appena prima di partire.
“No, Alice. Esme le ha detto
che sei qui, e lei ha preso il primo volo per tornare a Forks.
Vuole vederti,Bells.”
Ora, smetto letteralmente di massaggiargli la schiena, e mi ritraggo un
po’ indietro.
Alice
tornerà a Forks, per il fine
settimana. Cioè, tra quattro giorni.
Se
io resto altri quattro giorni qui, insieme a Edward, non me ne andrò
più. Se poi anche Alice si metterà in mezzo – come suo
solito -, posso anche iniziare a chiamare tutti gli invitati, dicendo che il
matrimonio non si farà mai più. “Bells,
tutto bene?” Edward si è voltato, ed ora i suoi piedi sono
incrociati con i miei.
Tutto bene un corno! Dovevo venire a Forks
per fargli firmare le carte del divorzio, e guarda in che genere di situazione
mi ero cacciata.
“S-sì. Però, devo andare. Mi devo asciugare, poi telefono ad Alice.” Farfuglio parole
insensate, cercando di alzarmi senza scivolare e rompermi l’osso del
collo.
Prima
di mettere anche la seconda gamba fuori dalla vasca, la mano di Edward mi
blocca il polso.
“Ti
sei pentita.” Non è una domanda, ma una semplice affermazione.
“Non mi sono pentita di nulla. Edward, non mi sono pentita di nulla.”
Lo dico fissando il tappetino rosso, dove sopra ci sono i miei piedi. Poi, alla
velocità della luce mi infilo l’accappatoio, e a passo spedito mi
dirigo verso la camera da letto.
“Isabella,
mi sto fidando di te. Quindi, come hai detto tu, non c’è bisogni che venga a
Forks, vero?” Passo una mano tra i capelli
bagnati, buttandomi a peso morto sul letto.
Con
Jacob, è una vera catastrofe!
Dopo
che gli ho detto del bacio, mi chiama ogni ora, a qualsiasi ora, anche della
notte.
Ed
ora, che non è riuscito a trovare un volo per Forks,
è diventato ancora più assillante.
“Sì, Jake,
te l’ho detto. Non
ti devi preoccupare, Esme – la mamma di Edward
-, si occuperà di far firmare le carte del divorzio al figlio. Io,
resterò da Charlie.” Cerco di mascherare bene il tono della voce.
“Mi sto fidando di te. Allora, non verrò a Forks.” Fai
male, avrei voluto aggiungere.
Ero
un egoista, una persona che pensava soltanto a se stessa.
“Non preoccuparti! Ora, però, devo staccare.” Devo staccare, perché Edward è
entrato nella stanza e mi guarda con un sopracciglio alzato.
La
sua curiosità, trapela da ogni poro.
“Va
bene. Salutami tuo padre, e convincilo a venire al matrimonio. Ti amo.”
Attaccai,
senza nemmeno aggiungere altro.
“Quante bugie hai detto, in questi tre
anni? Sei
formidabile!” Edward batté le mani, con nessuna ironia. E
si sedette vicino a me, sul letto.
“Nessuna.”
Ed era vero. Fino a quel giorno, non avevo detto nemmeno una bugia a Jacob.
“Non
mentirmi,Isabella.”
Ora,
i miei poveri nervi erano arrivati al limite.
“Dimmelo te, allora. Quali bugie avrei detto?” Il mio tono di voce,
si era leggermente alzato.
“Quella
di amare un altro uomo. Quella di fingere, per ben tre anni. Quella,
è la bugia più grande, Isabella.”
Restai
per un attimo spaesata.
Forse
non me ne ero resa conto nemmeno io, ma quella era
stata la bugia più grande di tutta la mia vita. La bugia più
grande che avessi mai raccontato a Jacob. “Allora, ho ragione io”,
cantilenò, dondolando i piedi come un bambino.
“E
noi, dobbiamo mettere in chiaro un po’ di cose”,
disse infine, girandosi del tutto ed issando i suoi occhi verdi nei miei.
“E quindi te ne sei andata. Pensavi che non meritavi
di avere un figlio con me, dopo quello che era successo.” Dopo che ho
raccontato tutto a Edward, mi sono sdraiata, sul letto.
Gli
ho detto che me ne sono andata, perché avevo paura. Il bambino che stava
per nascere era qualcosa che ci avrebbe legati, in una maniera indissolubile.
E
dopo quello che era successo, ho pensato che quel
legame non ci sarebbe stato mai più. Ho fatto le valige, e sono partita
per Phoenix. Cercando di farmi un’altra vita. Provando ad amare
un’altra persona. “I-io.
Io non riesco a capire,Bells.
Non riesco a capire perché l’hai fatto. Io ti amavo, più
della mia stessa vita. Io non ho mai smesso di amarti.”
Non
sono sorpresa. L’avevo capito, appena ho messo piede in questa casa.
Appena ho visto quelle semplici cose, che mi hanno trafitto il cuore. In
piccoli pezzettini.
“Mi dispiace. Edward, mi
dispiace.” Non posso fermare le lacrime, che scendono ininterrottamente
sul mio viso.
Non
ci riesco.
E’
la prima volta che piango davanti a Edward, da quando sono tornata.
E’
la prima volta che lo guardò così.
Carica d’amore.
Si
sdraia vicino a me, rannicchiandosi di lato.
Con
una mano mi accarezza i capelli, con l’altra mi asciuga le lacrime.
Finché
non mi addormento, sfinita e con mille pensieri che girano nella mia testa.
E’ corto, lo so.
Non ho rispettato i temi ‘prestabiliti’,
ma ho aggiornato ben quattro giorni dopo.
Qua, le spiegazioni non ci
sono. Non voglio scusarmi, anzi, vi dico la verità: non mi va di
scrivere.
E non perché non ci
sono le idee, ma perché non ho voglia. Non ho voglia di aprire word, di
iniziare a pigiare i tasti sulla tastiera. Non preoccupatevi,
questa cosa inquieta anche me.
Una scansafatiche nata, ecco
cosa sono.
Ringrazio tutti voi, che mi
appoggiate, sempre.
Ringrazio a chi recensisce,
esponendo il suo parere.
“Sono
ventidue dollari e settanta.” Ritiro la busta che la commessa mi porge,
ed esco dal mini market.
Non
voglio morir di fame, a casa di Edward. E di conseguenza non voglio far morir
di fame neanche lui.
Ho
preso il Pick Up, per venire al
mini market.
Mini
market, che si trova a Port Angeles.
Devo
ringraziare Dio, se quel povero rottame è riuscito a fare un po’
di strada.
E
proprio mentre esco, vengo fermata da una voce.
“Bella? Oh, mio Dio! Tu sei
proprio Isabella Swan!” Non mi volto nemmeno.
Quella
voce, la riconoscerei tra un milione.
Quella
voce, è stata la mia persecuzione per otto
anni.
Quella
voce, ha perseguitato Edward, da quando ci eravamo fidanzati.
Alla
fine, dopo vari richiami, sono quasi obbligata a voltarmi.
E … “Jessica! Jessica Stanley”,
è proprio davanti a me.
C’è
una finta faccia sorpresa, sul mio volto, ora.
Jessica
Stanley, è stata un vero e proprio incubo, da quando mi sono trasferita
a Forks.
Un’ochetta starnazzante comune, per chi la vede da fuori.
Ma
io, ho avuto il dispiacere di approfondire la conoscenza.
Lei
era fidanzata ufficialmente con
Edward, quando mi sono trasferita a Forks.
Lei
mi ha accusato di averglielo portato via, fino al giorno del diploma. Ci
mancava soltanto che dicesse una frase delle sue, mentre pronunciava il tanto atteso discorso.
Lei
ci ha perseguitati anche dopo che ci eravamo sposati. Chiamava Edward, nel bel
mezzo della notte. Ed un giorno, senza poterne più sono andata sotto
casa sua.
Lei, abitava con Mike Newton. Ragazzo orribile che ci provava
spudoratamente con me, dal primo giorno di scuola, alla Forks
High School.
Sospiro,
cercando di far leva sul mio buon senso.
“Oh, è bellissimo rivederti! Che fine hai fatto? Negli
ultimi anni non si è fatto che parlare di te, qui a Forks!”
Questa, non era una novità.
Quando
sono partita, ero più che consapevole che nella piccola città non
si sarebbe parlato di altro, se non di me.
Le
voci sono finite, quando proprio Jessica Stanley si
era stufata di sentir parlare solo di Isabella Swan,
la ragazza così carina che si era sposata, e poi aveva piantato suo
marito.
“Jessica”.
Faccio un segno col capo, a mo’ di saluto.
Proprio
non riesco a guardarla in faccia. E infatti, lo
sguardo cade sulle sue mani. In particolare quella sinistra.
E
rabbrividisco, constatando che quello che mi è ‘arrivato’ sia vero.
Jessica
poco di buono Stanley si è
davvero sposata, e quella sulla sua mano sinistra è una fede.
Una
fede tatuata.
Dicono
che il suo sia stato un rito voodoo.
Nessuno era presente.
Soltanto
lei, ed il suo adorato Mike.
Sì,
quello che ci provava spudoratamente con me.
“Non
c’è bisogno che ti soffermi tanto. Mi sono sposata, per far
calmare le acque, qui a Forks. Parlavano sempre di
te, e di come avevi lasciato il povero Edward.”
Mi
sembrava strano. Infatti la gentilezza non ha mai
fatto parte di Jessica.
Nel
suo DNA c’è solo stronzaggine pura!
Non
mi sembra strano invece, che si sia sposata proprio per far calmare le acque.
Voleva
che la gente di Forks pensasse solo a lei, e
così è stato. “In parte, dovresti ringraziarmi,
Bella. Un po’ l’ho fatto anche per te. Hai sempre detto che non ti
piace quando la gente parla di te!”
E
proprio in una piccola parte, quello
che dice è vero.
E’
vero, che non mi piace quando la gente parla di me.
Ma
è anche vero che me ne frego. Dicessero quel che vogliono, io sto bene
con me stessa, e non ho proprio nulla da nascondere.
“Jessica.
E’ stato davvero un piacere rivederti. Spero che tu sia felice, con
Mike.”
Voglio
andarmene il più presto possibile. Dopo tutto
quello che ci ha fatto passare, non ho nemmeno la forza di guardarla in faccia,
per quanto mi fa ribrezzo.
Mi
giro, sempre con la busta in mano, e mi incammino verso il Pick
Up.
“Oh,
sei rimasta senza parole! Sei tornata qui per far scalpore, Bella? Per far
sì che la gente continui a parlare di te, e del tuo nuovo fidanzato?”
Devo
tener duro.
Soltanto
una volta ho picchiato una persona, quando avevo diciotto anni.
Quella
persona, era Jessica. Le ho tirato così tanti
capelli, che una dozzina sono rimasti nella mia mano.
Quindi,
continuo per la mia strada, pensando che io la mia vendetta l’ho avuta.
Già
da un pezzo.
“Avrai
visto Edward, in questi giorni. No? Non ti ha raccontato nulla? Non ti ha detto
come si è divertito con me, dopo che te ne sei andata?”
Soltanto
una volta ho picchiato una persona, nella mia vita.
Questa,
è la seconda.
“Ora
state buone! Per favore! E tu, Bella, mi spieghi
cos’è successo?”
“E’ stata lei! E’ tutta colpa sua! Questa matta mi è venuta contro, iniziando a
picchiarmi!” Charlie non finisce nemmeno di parlare, perché
Jessica inizia immediatamente ad incolpare me.
E’
stato un colpo duro, per Charlie.
Appena
mi sono scaraventata addosso a Jessica – per prima cosa, tirandogli la
busta della spesa -, delle persone si sono radunate intorno a noi.
Tutti
incitavano la mora – cioè, io -, oppure la siliconata. Non c’è bisogno di dire chi sia, la
siliconata.
Per
fortuna, in mezzo a tutta quella gente c’era un uomo con del buon senso,
che ha chiamato la polizia di Forks.
E
quando lo sceriffo è sceso dalla volante con le manette, è
rimasto di sasso, scoprendo che proprio sua figlia era l’elemento clou della rissa.
“Tu”,
dice mio padre, indicando un uomo in divisa, che si godeva lo spettacolo dietro
di noi. “Porta via lei.” E con un dito, indica Jessica.
Rimango
basita, mentre lei con un sorriso e un’occhiata da ‘ora te la prendi nel deretano, e ti senti tu
i richiami dello sceriffo’, esce.
“Papà! Io non ho fatto
nulla!” Charlie si passa una mano sul volto, e poi si sistema i baffi.
“Bells, non
ci trovavamo in una situazione del genere nemmeno quando eri una ragazzina! Mi spieghi cosa ti
è successo?” Prendo un bel respiro, massaggiandomi il taglio sopra
un sopracciglio, che continua a pizzicarmi.
Infatti,
c’è un po’ di sangue che sta colando.
“E’ stata lei! Mi ha provocata!”
Mio padre aggrotta la fronte, davvero esasperato.
“Quante
volte ti ho detto, che non devi alzare le mani, se prima non le alza il tuo
avversario? E’ la prima cosa che ti ho insegnato, Bella!”
“Tu
non sai cos’ha detto!” Ribatto, ripensando alle sue parole.
Che
io, ho interpretato in un altro modo. Quella grande stronza, si è
ripassata un bel po’ di volte Edward, quando io non c’ero.
Quando
io pensavo a Jacob.
“E
dimmelo! Cos’ha detto di così meschino, da farti
arrivare ad alzare le mani?” Sorrido. Ma il mio non è un
sorriso ironico. E’ tirato, per niente convenevole.
“Non posso dirtelo. Mi dispiace, papà.” Mi alzo,
uscendo dall’ufficio.
Fuori
non c’è quasi nessuno. E fortunatamente, il mio cammino non
è intralciato.
Invece,
nel parcheggio c’è il Pick Up rosso, con
Edward appoggiato al cofano.
Mi
dirigo verso di lui, silenziosamente. Non voglio dirgli niente, se non
sarà lui a chiedermelo.
Salgo
sul posto del passeggero, e lui di conseguenza mi segue.
E
sempre in un silenzio tombale, di dirigiamo verso
casa.
“Insomma,
non ti ha ridotta poi così male.” Dice Edward, mentre continua a
tamponare la mia ferita.
Quella
piccola ferita che ho sopra il sopracciglio, è stata colpa
dell’unghia di Jessica.
Quelle
unghie lunghe cinque centimetri, con tanto di french.
Prima
di parlare, soffoca una risata “quanti capelli le hai staccato questa
volta?” Domanda, respirando praticamente sul mio viso.
Il
suo profumo mi annebbia i sensi.
“Nessuno. Non le ho staccato nessun capello.”
Ed il mio umore, non è dei migliori.
Quello
che mi ha detto Jessica, ancora è impresso bene nella mia mente.
Le
sue parole, non riescono ad andarsene.
Infondo,
sono consapevole che Edward aveva diritto a degli svaghi. Io, me ne sono andata
per due anni.
Edward,
aveva diritto di fare quello che più gli piaceva. Ma ora, quel groppo
che sentivo nello stomaco non riusciva ad andare via.
Quando
ebbe finito di tamponare, si diresse in cucina per buttare il tutto, poi
tornò da me.
“Cosa c’è? Ieri eravamo così in sintonia, oggi
non mi dici nulla.”
Sospiro,
passandomi una mano fra i capelli, e facendo attenzione a non staccarmi il
cerotto.
“E’ vero che sei andato a letto
con Jessica? Quando me
ne sono andata.”
Ora
è immobile, e posso scommettere che ha anche smesso di respirare. Poi,
rilascia un profondo respiro.
“E’
vero.”
Ecco,
ora, cosa volevi, Bella? Volevi che ti dicesse di no,
mentendoti? Almeno lui ti dice la verità, fino in fondo.
Capisce
che non ho niente da dire, quindi continua. “E’ successo
quasi dopo un anno. Pensavo che saresti tornata. Speravo che fosse soltanto un momento di pausa, il nostro. Invece
non è stato così. E’ per questo che vi siete picchiate, Bella?”
Annuisco,
tenendo lo sguardo basso. Lui prende le mie mani, stringendole. “Non puoi farmene una colpa, ma io non me lo perdono.
Volevo soltanto te. Voglio
ancora te.”
Alzo
lo sguardo, issandolo nei suoi occhi verdi.
Non
devo piangere. Devo trattenermi.
Mi
avvicino, posandogli un bacio.
Un
piccolo bacio sulle labbra. Casto.
Poi
mi alzo, dirigendomi verso il piano superiore.
Deve
aver capito che questo è il nostro ultimo bacio. Deve aver intuito, che sto per fare le valigie.
Il prossimo, credo proprio che
sarà il penultimo capitolo.
Vi avevo avvisato, che questa
era una mini fanfic.
Poi, mi prenderò una pausa.
Una pausa bella lunga, credo. Per
chi mi seguiva in tutte le altre storie, avrà notato che ho eliminato Coinquilino.
Uno: voglio portarla avanti
con calma.
Due: quando sarà
terminata, la ripubblicherò.
Ringrazio tutti voi, da chi
segue le mie storie, a chi recensisce e hai lettori silenziosi.
Volevo avvisarvi che ho
risposto alle vostre recensioni privatamente (da oggi in poi sarà
così), quindi avvertitemi se ci sono stati dei problemi.
Non ho da dire molto su questo
capitolo, diciamo che abbiamo scoperto una Bella gelosa, che per scappare da
quel sentimento che sente crescere giorno per giorno dentro di lei, decide di
andarse. Nuovamente.
“Come diamine ti sei permessa? Te ne sei andata così, senza
nemmeno salutare! Diamine, Bella! Sapevi che ero venuta a Forks proprio per rivederti!” Sospiro, passando il Check – in.
“Alice, è questo il punto! Ti conosco fin troppo bene! Mi avresti
obbligata a rimanere a Forks, e già ci stavo
per rimanere, per conto mio. Con te, avrei mandato
all’aria tutto!” Ho alzato la voce, ed alcune persone si sono
voltate.
Non
mi importa niente. Che si facciano anche gli affari miei!
Stamani,
non sono dell’umore adatto. Sono uscita di soppiatto dalla casa di Edward, alle sei. Ho chiamato un
taxi, che ci ha impiegato venti minuti per trovare la casetta sperduta nel
bosco.
Ed
ora sono a Port Angeles, pronta per tornare a
Phoenix.
“Il
punto? Il punto è che ami Edward alla follia, e sei arrivata anche a
picchiare la Stanley,
di nuovo! Cos’è che ti
preoccupa? Tua madre? Non vuoi ferirla? Tanto, uno dei tuoi genitori deve
soffrire. O lei, o Charlie. E Jacob? Pensi che dopo che gli hai raccontato del
bacio non abbia avuto dei sospetti? Per favore, Bella! Ti conosco troppo bene,
e so per certo che quello che stai per fare sarà l’errore
più grande della tua vita!”
La
odio.
Odio
quando ha perfettamente ragione. Odio quando si cimenta nel ruolo della
veggente, anche se non è la diretta interessata.
Non
sto tornando a Phoenix per rimediare ai miei sbagli.
Sto
tornando a Phoenix… perché amo
Jacob.
Insomma,
una piccola parte di me ama Jacob Black. Il suo modo
di fare, il suo essere così protettivo nei miei confronti.
La
mia razionalità,
ama Jacob.
Tutta
l’altra parte di me, compreso il cuore,
ama follemente Edward Cullen.
Quel
rossiccio che non sono riuscita a togliermi dalla testa per tre anni.
Quell’uomo
che ha cercato di starmi accanto, anche quando stavo per mollare tutto. E poi
l’ho fatto.
Ho
mollato tutto.
“Alice,
sono grande e vaccinata. So per certo quello che sto per fare. Sono a
conoscenza delle conseguenze, a cui andrò incontro. Jacob non
sarà mai Edward, ma
è il mio futuro. Un porto sicuro.”
Dirlo
ad alta voce, mi fa riflettere.
Anche
Edward, è un porto sicuro. Con lui, tutto
è sempre andato bene.
Avevamo
tutti e due un lavoro, e insieme stavamo bene.
Come
in questi sei giorni. Sono tornata la vecchia Bells. Tutto, per sei giorni, è andato bene.
“Io
non ti capisco. Nemmeno ora, che cerchi di spiegarmi. Non ti ho capita quando
te ne sei andata, a causa del
bambino. Quando noi volevamo starti vicino, e non riesco a capirti ora, che
Edward ti ha detto che ti ama!”
Alice, è l’unica a sapere del bambino.
Lei,
e Jasper. Jasper ne è a conoscenza, perché è uno
psicologo.
Voleva
aiutarmi, i primi tempi.
Voleva
aiutarmi, prima che io scappassi a gambe levate dai miei problemi, lasciandomi
tutto alle spalle.
“Mi
dispiace. Alice, non cos’altro dirti.”
Dall’altra
parte del telefono, silenzio.
Un
silenzio che dura diversi minuti, e che non è da Alice.
Mentre
aspetto, il mio volo viene chiamato. Segno che devo
andare, anche di corsa. “Alice, devo andare.
Dì a tutti che mi dispiace, saluta Esme e
ringraziala di nuovo. Dì a Carlisle che gli
voglio bene, anche se non ho avuto modo di andarlo a trovare. Prenditi cura di
Charlie. E… di Edward.”
Finisco, con gli occhi che mi pizzicano e la voce che mi trema.
“Va bene, Bella. Sii felice.” Alice attacca, e con
questa chiamata, mi sono lasciata davvero tutto alle spalle.
**
Il
volo, è andato piuttosto bene.
Ho
cercato di dormire, ma ogni volta che chiudevo gli occhi il volto di Edward
compariva nella mia mente.
La
voce di Alice faceva capolino nella mia testa, accusandomi di tutto quello che
avevo causato alla famiglia Cullen.
Un
dolore immenso.
Ora,
invece, nell’enorme salone di casa mia, poso le valigie a terra.
“Tesoro,
non sai come sono felice di rivederti!” Mia madre mi abbraccia, prima di
togliersi la giacca nera a buttarla sul divano.
Jacob
non c’è.
Non
è lavoro. Mia madre l’ha obbligato a tornare a casa sua,
perché non può vedere la sposa prima del matrimonio.
Matrimonio,
che si svolgerà domani mattina, alle dieci.
Le
cose, sono state piuttosto veloci. Soprattutto dopo
che ho chiamato Jake, per avvisarlo che Edward aveva
firmato i documenti.
Senza
che io gli avessi detto niente, gli ho trovati firmati, la mattina dopo.
Forse
deve aver capito, che tra noi è davvero finita. “Allora, ho preso
appuntamento in una SPA per le cinque. Devi farti la ceretta, le sopracciglia,
la pulizia del viso, un trattamento… Dio, sei giorni a Forks ti hanno rovinata!”
Renée mi accarezza il viso, per poi voltarsi e
dirigersi in cucina.
Un
trattamento in una SPA, prima del matrimonio.
Invece,
io prendo le mie valigie per dirigermi nella camera da letto. Le devo disfare.
Mentre
ne apro una, il cellulare squilla. Spero soltanto che non sia Alice, o Edward.
Ora,
non ho voglia di sentire nessuno.
Apro
il display, e vedo che si tratta di un messaggio.
“Appena puoi vieni nel mio ufficio. Angela.”
Dio,
ora di che si tratta? Sono riuscita a far firmare le carte a Edward, e quindi
non ci dovrebbero stare più inconvenienti!
“Hey, mamma!” Renée
fa capolino dalla porta della camera, con in mano una
tazza di tè. “Mi ha chiamato Angela. Devo andare nel suo studio,
penso per parlare del divorzio… comunque, ci vediamo direttamente nella
SPA, okay?”
Mia
madre annuisce, senza nemmeno guardarmi in faccia.
E
le parole di Alice, rimbombano nella mia mente: Cos’è che ti preoccupa? Tua madre? Non vuoi ferirla?
Tanto, uno dei tuoi genitori deve soffrire. O lei, o Charlie.
Se
fossi stata con Charlie, mi avrebbe accompagnata lui da Angela. Oppure, sarebbe
andato lui stesso, visto che era il giorno prima del mio matrimonio.
Non fare paragoni, Bella. Se
inizi a paragonare i tuoi genitori, è la fine.
In
silenzio, senza nemmeno salutare, esco dal mio appartamento.
**
“Perché
sei qui?” Non ho fatto nemmeno in tempo ad entrare, che la mia amica mi ha
aggredita.
La
guardo stralunata. “Angie, domani mi devo sposare. Secondo te perché
sono qui?”
Sbuffa,
togliendosi gli occhiali e passandosi una mano sui capelli.
“Bella!
Dio, perché sei così stupida? Secondo te
perché ti ho mandata a Forks?”
“Per
far firmare a Edward le carte del divorzio?” Domando ironicamente, non
capendo dove vuole arrivare Angela.
“Oh
sì, certo. Isabella, io – e scusa il termine -, sono un avvocato
con le contro palle! Sono andata a Forks
per far firmare i documenti a Edward, e lui non l’ha fatto. L’ho
ricattato nel peggior dei modi, ed a anche ceduto. Poi, ho passato la notte a
casa tua. Lì ho parlato con il tuo ex marito. Il mattino dopo, ho
parlato con tua cognata, Alice, se non sbaglio. Mi hanno fatto capire che tu
ami Edward, e non Jacob.”
Gli
occhi saettano fuori dalle orbite, e quasi sto per strozzarmi con la mia stessa
saliva.
“Cosa?
Tu mi hai mentito? Per tutto questo tempo? Mi hai fatto andare a Forks, anche se non ce ne era bisogno! Mi hai fatto tornare
da Edward, per cosa? Per vedere se ancora ci andavo a letto insieme?”
Ora
Angela mi fissa, piuttosto arrabbiata.
“Bella,
Jacob è mio amico. Lo conosco da quando sono nata, siamo cresciuti
insieme. Per lui, non voglio altro che la felicità. E tu, sei davvero tutto per Jake.
Non fa altro che parlare di te, e quando gli hai detto che Edward ti ha
baciata, con chi credi che si è sfogato, il tuo
amico? Con me, ovviamente. E’ stato a casa mia e di Ben, in questi sei giorni. E’ andato a stento a lavorare. Ma
io sono stata zitta, e non ho detto niente. Credevo che prima o poi si sarebbe
ripreso, e che tu gli avresti detto che amavi Edward, che l’hai sempre
amato!”
Quella,
non è Angela. Non è la mia amica, quella che adora
indiscutibilmente Jacob, e che farebbe di tutto per lui.
Gli
ha anche mentito, per non farlo partire.
Poi, continua “Ho visto come i tuoi
occhi si illuminano, quando parli di Edward. Ho visto, che abbassi la testa, quando
parli di Jacob. Io sono convinta che una parte di te ama
incondizionatamente Jacob Black, ma come un
fratello. Come un ragazzo con cui puoi confidarti, un
migliore amico. E tu, Bella, sei innamorata di Edward.” Appena finisce di
parlare, sbatte le mani sulla scrivania.
“C-cosa stai dicendo?” Non riesco nemmeno a formulare
una domanda.
“Sto
dicendo che se vuoi sposare Jacob, devi toglierti Edward dalla mente, per
l’eternità. Non puoi stare con Jake, e
amare un altro.”
Ora,
la rabbia si impossessa di tutto il mio corpo.
“Se non fosse stato per te… per
Alice e per tutti gli altri, non sarei mai tornata a Forks. Avrei le idee chiare! Diamine,
voi non dovevate mettervi d’accordo in questo modo!” Mi alzo,
iniziando a girare per lo studio. “Lo sai cosa ti dico, Angela? Che forse non sei l’amica che Jacob
credeva di conoscere. Sei tu, che lo hai preso in giro, per
tutto questo tempo!” Senza aspettare una risposta, mi dirigo verso
l’uscita.
Poi,
arrivano dei richiami. “Bella! Bella, aspetta!”
Ma
ormai, sono già fuori.
**
“Isabella,
sei stupenda!” Nel mio abito bianco, mi volto, per guardare la figura
nello specchio.
Sono
io, anche se direi tutto il contrario.
L’abito
bianco è lungo, e ricade perfettamente sul mio fisico.
Il
viso, è stanco. Quella che vedo, è la
faccia di una donna che non ha dormito molto, nelle ultime ore.
Infatti,
la mia notte è stata insonne. Mia madre aveva organizzato anche
l’addio al nubilato, a cui mi sono rifiutata di andare.
Ovviamente
ho dovuto chiamare personalmente tutte le invitate, per scusarmi del disguido.
Ho
pensato alle parole di Angela, nelle ultime ore. E che sono molto arrabbiata
con lei.
Poi,
ho letto i messaggi che mi ha inviato Alice. Almeno una decina, se non ricordo
male.
Mi
implorava di tornare a casa, o almeno di pensarci.
Io,
non le ho nemmeno risposto.
Non
ho visto né sentito Jacob, da quando sono tornata. Renée
mi ha categoricamente proibito di chiamarlo, staccando la linea di casa.
Come
se servisse qualcosa, perché con il mio cellulare l’avrei fatto
ugualmente.
Però,
non l’ho fatto.
Non
ho chiamato Jake, e lui non ha chiamato me.
Forse,
si stava godendo l’addio al celibato, insieme ai suoi amici.
Oppure
anche lui era a casa, dai suoi genitori. A rimuginare sul fatto che doveva
sposare proprio me, la fidanzata che l’aveva tradito con il suo ex
marito.
“Phil ti sta aspettando al piano di
sotto. Sbrigati!” Dice mia madre, posandomi un bacio sulla guancia.
La
guardo, finché la sua sagoma scompare.
Ora
sono sola. Ed è anche arrivata l’ora che scenda di sotto. Mi sono
fatta aspettare fin troppo.
Al
primo scalino, c’è Phil ad aspettarmi.
Avrei
voluto – e lo voglio anche ora -, che ad accompagnarmi all’altare
ci fosse Charlie.
Il
mio vero padre.
Ma
ha deciso di non venire, ed io rispetto la sua scelta.
Anche
se non me l’ ha detto, ho capito che per lui sono cambiata. Che non sono
più la sua Bells, maIsabella.
“Tesoro,
sei splendida!” Phil mi sorride, porgendomi il braccio.
Il
mio sorriso, è tirato.
Dovrei
essere contenta oggi. Ma non ci riesco.
Non
riesco a sorridere senza sforzarmi, e se non ci fosse Phil a sorreggermi, le
gambe avrebbero già ceduto.
“Andiamo.”
Dico decisa, aggrappandomi al suo braccio.
Ormai
ci sono dentro. Ormai devo fare questo passo, enorme.
Sono
venti, i passi che devo fare insieme a Phil, per arrivare all’altare.
Questo,
me lo ricordo bene.
L’ho
provato migliaia di volte, alle prove.
Sono
imbranata, ed avevo paura di fare un ruzzolone tremendo.
Invece,
il mio patrigno mi aveva rassicurata.
‘Non ti preoccupare, ci sarò io a
sorreggerti. Per lasciarti tra le braccia di Jacob.’
Non
ero stata l’unica, a capire il doppio senso di quella frase.
Ed
ora, mentre la marcia nuziale parte, tutti i presenti si alzano.
Per
non pensare alla caduta imminente che potrei fare, mi guardo intorno.
Sempre
con quel sorrisino sulle labbra. Quello finto.
Nelle
ultime file, ci sono alcuni colleghi di Jake. Certi,
nemmeno li conosco.
Posso
dire di non conoscere la maggior parte degli invitati.
Più
avanti, c’è Rosalie, in un abito nero. Lei,
è davvero bellissima.
Accanto
a lei, Royce. Quello spocchioso che io non sopporto,
e che lei ultimamente tiene alla larga.
Scuoto
la testa, pensando che questo è il mio
matrimonio. Che devo pensare solo a me stessa, almeno per oggi.
Nelle
prime file, c’è Renée, e accanto
a lei un posto libero. Destinato a Phil.
A
destra, invece, ci sono i genitori di Jake. Billy
è seduto sulla sedia a rotelle, con un sorriso a trentadue denti.
Ricambio
quel sorriso.
Poi,
è il momento di alzare il viso. Di guardarlo
in faccia.
Lo
alzo, e i miei occhi si incatenano in quelle iridi verdi. I capelli ramati
sono ben curati, ma qualche ciocca ribelle ricade sugli occhi. Il sorriso
è quello. Quel sorriso sghembo
che io adoro incondizionatamente.
La
sua pelle è liscia, segno che si è fatto la barba prima di
prepararsi.
Lo
smoking, è perfetto. Nero, tirato a lucido. E
risalta il suo fisico, mettendo anche in evidenza la pancetta che io adoro.
“Bella! Hey, Bella!” Scuoto la testa, guardando Phil che si è
fermato davanti a Ed-… Davanti a Jake.
Ora
i capelli rossi sono diventati neri, e molto più corti.
La carnagione chiara, è scura, quasi nera.
Quell’abbronzatura che ha sempre, anche d’inverno.
Lo
smoking è nero, e questa volta aderisce perfettamente alla sua pelle.
Niente pancetta, solo tanti muscoli da mettere in mostra.
Sorrido,
mentre allungo una mano verso Jacob.
Lui,
fa un sospiro di sollievo, e poi la prende fra le sue.
Lo
fisso, e non noto nulla di strano nel suo sguardo. Non è arrabbiato, il
suo viso ha i lineamenti rilassati. Il suo sguardo è dolce.
Non
è arrabbiato, perché sono qui.
Perché
non me ne sono andata. Sono tornata a casa mia.
Ora,
sono pronta.
Il
prete sta per iniziare la messa, quando una voce lo blocca.
“Aspetti! Scusi, aspetti!”
Mi volto, notando Angela nel suo vestito nero, che corre verso di noi.
Il
sacerdote la guarda stralunato, e Jake ha un punto
interrogativo stampato sulla faccia.
Quello identico al mio.
Poi,
dentro di me sento il Mondo crollare.
Dio
non voglia che Angela inizi a dire tutto quello che è successo a Forks, per salvarlo dalle grinfie della traditrice Bella!
Respiro
lentamente, incrociando le dita.
Conosco
Angela da tre anni, non è così cattiva. Non è mai arrivata
a fare niente del genere, nemmeno per il suo migliore amico.
Quando
arriva davanti a noi, riprende fiato, e poi mi fissa.
Lo
sguardo, saetta fra me e Jacob.
La
sto implorando con gli occhi. Non può farlo davvero.
Se
ne rende conto, e sorride. Non è un sorriso sadico, ma
dolce. Quello che mi rivolge ogni volta che ci vediamo.
Jake, le fa un cenno con la mano, incitandola a parlare.
Dopo
qualche istante di silenzio, lei, parla. “Bells,
tu, non hai firmato le carte del
divorzio.”
**
Insomma, un bel colpo di scena
in questo capitolo.
Vi avevo detto che sarebbe
stato l’ultimo, ma non vi avevo avvisati sul fatto che ci fosse un
Epilogo. Quindi, ve lo dico ora: l’Epilogo c’è.
Non chiedetemi quando
sarà postato, penso entro lunedì 15, visto che questa settimana
sono sommersa da compiti in classe.
Tornando a noi, ho risposto a
tutte le recensioni privatamente, quindi, se la mail non vi è arrivata,
basta che mi avvisiate qui :D
Ringrazio tutte voi, dalla
prima all’ultima! (Non so se ci sono dei maschi!
Se sì, perdonatemi!)
I preferiti aumentano giorno
dopo giorno, e io non so che dire per tutto questo.
Anzi, ho un bel regalino di
Natale, che sto preparando da un po’ di tempo.
E anche una storia Originale.
Insomma, se volevo prendermi un periodo di pausa, non ci sono riuscita. La mia
testolina non si ferma un attimo!
Se volete fare due
chiacchiere, potete aggiungermi al mio account Twitter:
“Bells, tu, non
hai firmato le carte del divorzio.”
Dopo quelle parole,
Jake emana un sospiro di sollievo.
Poi, parla. “Sei sempre la solita sbadata! Beh, allora non
c’è nessun problema. Firma quelle carte, e la
cerimonia andrà avanti!” Poi, guarda il pastore.
Sorride, anche lui sollevato. Forse pensava che
fosse qualcosa di più grave.
“Certo.”
Sussurro, prendendo la penna che Angela mi porge.
La mano trema, e mi
convinco che è causato dall’agitazione per il matrimonio.
Renée che è seduta, si sporge dalla sedia
per vedere meglio.
Cosa diamine
c’è da vedere? Pensano che non firmi quelle carte? Devo farlo per forza.
Poi, lo sguardo si
posa sulla mia amica, che tiene il foglio immobile.
La guardo, e nei
suoi occhi posso leggere dispiacere, mischiato a un po’ di commozione.
Dispiacere, per due
motivi: non tornerò con Edward, ma farò soffrire Jacob. Il suo
migliore amico, vivrà nella menzogna.
Commozione,
perché due dei suoi più cari amici, stanno per sposarsi.
Ma io, il coraggio
non ce l’ho. Isabella Swan ha coraggio soltanto
per salvare Edward Cullen, per picchiare Jessica
Stanley.
Ma non quello per
far vivere Jacob felicemente, insieme ad una donna che lo ami davvero.
“Voltati”,
dico ad Angela. Si gira, e mi porge la sua schiena, e su di questa metto il
foglio, per poter firmare.
Impugno la penna,
sicura di quello che sto per fare. Ci sono duecento persone davanti a me, e non
posso rovinare tutto in questo modo.
Devo farlo.
Faccio una B un po’ storta, dovuta al
tremolio. Poi, mi fermo.
Alla destra del
foglio, guardo la firma di Edward.
Edward Cullen.
Quella calligrafia
così precisa, che non si addice per niente all’Edward che ho visto
in questa settimana. Quello barbuto, che non si tagliava i capelli da
chissà quanto tempo.
Quello che non
sorrideva più come una volta.
Sbatto gli occhi
per un istante, chiudo la penna e mi volto verso Jacob.
Lui sorride, e non
sembra per niente teso.
“Hai
fatto?” Domanda tranquillamente, come se per me mettere quella firma sia facile.
Una lacrima solca
il mio viso.
Jake mi fissa stranito, e un po’
preoccupato.
Deglutisco,
pensando a quello che devo dire. Poi, le parole escono da sole.
“Jake, io non posso farlo.” Abbasso la testa. Vigliacca.
L’hai sempre preso in giro,
dall’inizio fino alla fine.
Un ‘Oh’
di disappunto proviene dalla maggior parte degli invitati.
Mia madre si alza,
venendomi incontro.
“Isabella,
possiamo parlare?” Con lo sguardo ancora fisso su Jacob annuisco,
aggrappandomi al braccio di mia madre, che mi trascina dentro la casa bianca.
“Cosa diamine
passa per la tua testa?” Domanda, appena siamo dentro, lontane da
orecchie indiscrete.
Non lo so nemmeno
io.
Jacob per me
è ha sempre rappresentato tutto.
Amicizia,
lealtà, fedeltà, ma non la cosa più importante.
L’amore, non c’è mai stato. E me ne sto rendendo
conto solo ora.
Meglio tardi che mai, direbbe Alice, se fosse qui.
Ma lei non
c’è, qui, non c’è nessuno della mia vera famiglia.
“Allora?”
Dice, sicuramente perché non è riuscita ad interpretare il mio
silenzio.
“Io…
io non ce la faccio. Io
amo Edward. Voglio tornare a Forks,
da Edward… da Charlie… dalla mia vera famiglia!” Ecco, ora le
ho detto tutto.
Mi fissa
contrariata, alzandosi sulla punta dei piedi.
Sta per alzare la
voce, la conosco troppo bene.
“Io
cosa sono? Io e Phil, cosa
siamo per te? E la famiglia Black? Jacob? Isabella, io sono tua madre!”
“Tu
sei mia madre, ma non hai mai fatto nulla per esserlo! Tu, te ne sei andata quando ero piccola,
lasciandomi con Charlie. E lui, mi ha cresciuta. Non si è sposato mai
con nessuno, è andato avanti da solo, tra il lavoro e sua figlia. Poi,
ha avuto la fortuna di conoscere i Cullen! Esme sì,
che è stata una madre per me! E tu dov’eri, Renèe?
A giocare a football, con il tuo Phil? Mi hai lasciata sola, per stare in mezzo
ai soldi e alla ricchezza!”
Da quando sono
tornata a Phoenix, non ho mai detto nulla di tutto ciò a Renèe. Nemmeno il motivo per cui ero tornata.
Era tutto troppo
difficile, tre anni fa. E tenermi dentro tutto, ha
fatto in modo che scoppiassi, alla fine.
“Ci
dovevi pensare proprio ora?
Ora che stai per sposarti con Jacob? Con uno degli scapoli
più ricchi e belli di Phoenix?”
Ora, sono rossa
dalla rabbia.
“E’
sempre stato questo il tuo pensiero, vero mamma? Vedere accasata tua
figlia, con un uomo bello e ricco. Peccato che io non abbia mai desiderato
questo. Per te, vedere la tua unica figlia sposata con un uomo qualsiasi, nel
bel mezzo della campagna è stato un colpo duro, vero? Ha sempre contato
la tua felicità, e mai la mia. Non ti sei mai preoccupata per me. Nemmeno
ora, che non voglio più sposare Jacob. Non mi consoli, non mi chiedi
perché, non fai altro che pensare a te stessa! Lo sai cosa ti dico? Che
anche io per una volta voglio pensare a me stessa, e a tornarmene a Forks, da papà. Da Edward, e da tutta la mia
famiglia.” Prendo un respiro profondo, e poi finisco di parlare. “Jacob, non c’entra niente. Lui è sempre
stato perfetto. C’è sempre stato, quando nessuno mi era accanto.
Ma lui è come un fratello per me. Non posso fare a meno di volergli
bene, ma quello che provo per lui non è amore! Ed ora, se non hai niente
da dire, se non riesci a preoccuparti per tua figlia, ma solo per la tua
salvaguardia, esci, per favore!”
Come se non avesse
sentito nulla di tutto quello che ho detto, mi volta le spalle ed esce
dall’immenso salone di casa sua.
Io, scoppio in un
pianto liberatorio.
“Lo ami
proprio tanto, quell’Edward.” Alzo lo
sguardo, e l’uomo che ho lasciato all’altare mi fissa un po’
spaventato.
Certo, non devo
essere un bello spettacolo.
L’acconciatura
è calata, il trucco si è sciolto e le scarpe sono da qualche
parte nella stanza.
Ed io, sono seduta
sul divano, con le mani fra la testa. Almeno lo ero, prima che entrasse Jacob.
Faccio un cenno
della testa, senza riuscire ad emettere alcun suono.
Vedendo il mio
silenzio, Jake continua. “Ho
capito da quando sei partita che c’era qualcosa sotto. Però
non avevo pensato a nulla di concreto. All’inizio ce l’avevo a
morte con Angela, per averti fatta tornare a Forks.
Sapevo che non ce ne era bisogno. Che lei è uno dei migliori avvocati, e
che poteva far firmare quelle carte a Edward senza problemi. Poi, le tue
telefonate sono diventate davvero poche. Ti sentivo di rado, ed ogni volta era
come se mi volessi attaccare il telefono in faccia.”
Sbuffo contrariata.
Certo, perché io sono un emerita cretina, che
credeva che Jacob non avesse capito nulla di tutto quello che era successo.
“Poi,
quando mi hai detto che Edward ti ha baciata, mi è salito il sangue al
cervello. Bella, non ci
ho visto più dalla rabbia. Volevo prendere il primo volo, e venire a Forks. Lo stavo per fare, quando sono andato da Angela per
chiederle l’indirizzo dei Cullen e ti tuo padre. Ma lei, mi ha obbligato a rimanere qui,
dicendo che non potevo lasciare il lavoro di punto in bianco, e che tu sei
molto intelligente, e saresti tornata immediatamente. Ci ho creduto. Ho creduto
ad Angela. E tu sei tornata.”
Si passa una mano
nei capelli neri, afflitto.
Sto male, a vederlo
così. Jacob non merita tutto questo. Jacob deve essere felice, sono io,
che devo patire le pene dell’inferno.
“Ma
non sei la stessa di prima, e l’ho capito appena hai varcato
l’arcato bianco.
Il tuo sguardo era assente, era come se vedessi un’altra persona, e non
me. Poi, quando è arrivata Angela con quelle carte, il mondo mi è
crollato addosso. Sapevo che non saresti riuscita a pronunciare quel No, ma sapevo anche che non avresti
firmato quelle carte.”
La voce di Jacob
è incolore, ed ora fissa un punto dinnanzi a se.
Altre lacrime hanno
iniziato a solcare sul mio viso.
Ora, devo essere
davvero terribile.
Dopo qualche
secondo, si alza in piedi, e si mette davanti a me.
“Tutti
gli invitati sono fuori.
Tua madre gli ha detto che non ti sentivi bene.”
Dice Jake, respirando pesantemente. “Bella, io non voglio costringerti a fare nulla contro la tua
volontà, ma devi prendere una decisione. E non hai molto
tempo.” Con queste ultime parole posa un bacio sulla mia fronte, e mi
lascia sola.
Qualche minuto dopo
mi alzo anch’io, cerco di sistemarmi l’acconciatura e indosso di
nuovo le scarpe.
Ora, sono convinta
di quello che sto per fare.
Cammino a passo
lento, varcando con studiata lentezza l’arcato.
Mi sembra di
rivivere un dejà – vu.
Le gambe sono
molli, e le braccia mi pesano come non mai.
Suono il campanello
una volta sola. Posso restare sotto la pioggia, c’è tempo.
Ce ne sarà
molto, di tempo.
Per ammazzare
l’attesa, conto. Sessantasette
secondi dopo, la porta si apre, rivelando un Edward stanco, con le occhiaie
sotto e un plaid sulle spalle.
Mi fissa, e sbatte
per qualche istante gli occhi.
Io, sono ancora in
abito da sposa, sotto la pioggia e coperta dalla nebbia.
Una visione
inquietante.
Ma le braccia ora
fanno male, per colpa delle due valigie che sto tenendo in mano.
Senza proferire
parola, Edward scuote la testa.
“Bella?”
Sussurra, a pochi centimetri di distanza.
Ora, anche lui ha
varcato la porta, e l’acqua inizia a scorrere sul suo corpo, iniziando a
bagnarli i capelli.
Deglutisco a
fatica, e in un istante sono senza parole, né voce.
Alzo le spalle,
come se la cosa fosse ovvia.
Come se io fossi
lì apposta, proprio per lui.
Ma io sono
lì per lui, continuo a ripetermi, fissando i suoi occhi spalancati.
Si avvicina ancora
un po’, posando una mano dietro la mia nuca, ed attirandomi verso di
sé, in un bacio che mi lascia senza fiato.
Fine.
CAPITOLO:
Insomma, anche questa è finita.
Ogni volta che porto a termine un lavoro,
è come se qualcosa si sgretolasse dentro. Okay, non prendetemi per
scema, e spero che tutti gli autori che stanno leggendo capiscano quello che
provo.
Per alcuni di voi questo non sarà il
finale giusto, ma in questo capitolo non potevo parlare di Edward e Bella.
Dovevo descrivere le emozioni di Bella,
tutta la repulsione che provava verso Renèe.
Poi, tutti i sentimenti del povero Jacob.
Ed infine, eccovi Edward e Bella. Per chi
conosce a memoria quel film, per la fine ho preso spunto da: The Notebook. Un
film straordinario, tratto dal romanzo di Nicholas Sparks.
Per chi non l’ha né visto né letto, lo faccia.
RINGRAZIAMENTI:
Ringrazio tutti, dal primo all’ultimo.
Voi non potete nemmeno immaginare quanto i vostri commenti siano stati
d’aiuto, nel corso di questa mini ff. E spero di ritrovarvi tutti nelle
altre che pubblicherò.
Ringrazio le 14 persone che hanno messo Non mi lasciare tra le preferite.
Le 2 tra le ricordate.
Le 45 tra le storie seguite, e tutti quelli
che hanno recensito, dal primo capitolo all’ultimo.
Grazie, grazie e grazie.
RECENSIONI:
Enchanted.Dram:
Grazie mille! Sono sempre felicissima di sentire le nuove fan. Allora, dimmi
cosa pensi delle altre storie, e soprattutto di questo finale!
bellamasen:
Nemmeno io riesco a pensare a Edward e Bella separati, infatti
ecco che alla fine sono insieme J
Come hai già detto, la storia è cambiata sotto molti aspetti, ma
ci saranno degli extra. Non so quando saranno pubblicati, quindi non prometto
nulla :P
crazyromy93:
Ecco l’happy ending :D Lui ha firmato le carte,
ma lei è la solita sbadata °-°. Va bé,
l’importante e che siano riusciti a sistemare tutto!
_Miss_: Come
avevi scritto, Bella non ha firmato le carte J Grazie
mille per la ‘mente geniale!’
eiza1755: Niente
crampi alle mani, niente Edward che grida un ‘fermi tutti’. Bella si
è fatta soltanto un po’ di coraggio (quello che le serviva ù_u), e se ne è andata. Ho visto che sei molto
curiosa, quindi ti posso dare soltanto un piccolo indizio per il regalo di Natale:
i Cullen non sono
vampiri buoni, anzi.