I casi della vita

di _Kiria_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I casi della vita ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***
Capitolo 3: *** Una giornata insieme ***
Capitolo 4: *** La quiete dopo la tempesta ***



Capitolo 1
*** I casi della vita ***


I casi della vita

Disclaimer: questa storia è frutto della mia fantasia. Io non conosco Orlando Bloom e la storia è stata scritta con l’unico scopo di divertire. Non vuole assolutamente mancare di rispetto ad Orlando Bloom, attore che stimo e ammiro.

 

Dedicata a: Lilly, Mamy, Galadriel,Sunshine, Moon, Elisa e a chi la leggerà! ^_^

 

I casi della vita

 

Era la centesima volta che guardavo “Il Signore degli Anelli-Le due Torri” dalla mia camera di ospedale nel reparto di cardiologia, e come al solito non facevo che fantasticare su me e Legolas o, meglio ancora, su me e Orlando Bloom. Mi piaceva moltissimo e desideravo conoscerlo o anche solo stringergli la mano.

Sapevo bene che era impossibile ma sognare non ha mai fatto male a nessuno.

Spensi la televisione e mi coricai sotto le coperte. Mi girai verso il mio comodino dove tenevo una cornice con una foto di Orlando. Era troppo carino e anche tanto bravo.

Lo immaginavo come un ragazzo simpatico e dolce ma troppo lontano dalla mia portata.

Bussarono alla porta “Lucy, stavi dormendo cara?” mia madre era entrata con un enorme vaso di fiori freschi bianchi “No! Dove hai intenzione di metterli?” le chiesi vedendo che puntava al mio comodino.

“Sul tuo comodino, mi sembra ovvio! Sposta quella foto per favore! Se fosse il tuo ragazzo non avrei di che ridire ma è solo un ragazzo che non potrai mai avere!” mi disse seccata e spostando la foto di Orlando. Mi alzai di scatto dal letto e rimisi la foto al suo posto “Questa resta qui, chiaro? I fiori mettili davanti alla finestra!” le sibilai molto irritata. Aveva ragione, non avrei mai potuto avere Orlando, ma lei non aveva nessuno diritto di calpestare i mie sogni e sentimenti!

“Hai diciotto anni! I sogni lasciali ai bambini!” mi rimproverò sistemando il vaso davanti alla finestra.

“Si vede proprio che non hai sogni nel cuore, mamma!” mi limitai a dirle coricandomi di nuovo nel mio letto. Se non fosse stata per la mia malattia le avrei urlato dietro tutto quello che mi stava passando per la testa. La sentì uscire senza proferire parola.

Mia madre era una donna tutta d’un pezzo. Avevo la sfortuna di essere la figlia del primario di Neurologia più in gamba dell’ospedale. Lei non aveva mai sognato, non aveva mai avuto desideri. A volte credevo che al posto del cuore avesse un pezzo di legno.

Tutto quello che aveva fatto se lo era sudato e questo le dava il permesso di tarparmi le ali, di togliermi i sogni.

“Lucy, posso entrare?” la mia sorellina era appena entrata nella stanza. Mi girai verso di lei e le sorrisi “Ciao Katy! Anche tu sei qui per farmi osservazioni?” le chiesi in tono acido. Vidi i suoi dolci occhi azzurri spalancarsi di colpo. “Io…io volevo solo sapere come stai! Chi ti ha fatto osservazioni, scusa?” mi chiese sedendosi sul letto.

“La mamma! Non vuole che faccia sogni ad occhi aperti su Orlando, non vuole che tenga la sua foto sul comodino, non vuole farmi vivere in poche parole!” mi sfogai ma subito mi calmai sentendomi mancare l’aria.

Katy si allarmò “Stai calma! Non devi agitarti, vuoi che chiami qualcuno?” mi chiese alzandosi

“NO!Non è niente!” le dissi respirando a fondo.

“Va bene! Tu non dire alla mamma dei tuoi sogni, Lucy! Io non le dico mai quello che immagino su Tom Felton! Non sono mica così scema!” mi disse scoppiando a ridere.

“Allora mi capisci! Scommetto che anche tu vorresti conoscere Tom Felton” le dissi guardando la foto di Orlando.

“Ovvio, ma anche Orlando non mi dispiace!” mi disse fissandomi con il suo solito sorriso birichino

“Ehi, tieni giù le mani, capito? Orly è solo mio!” le dissi incrociando le braccia al petto.

“Certo, e io sono la moglie di Tom Cruise!” mi prese in giro. Anch’io risi.

“Almeno ci sei tu a farmi ridere!” le dissi spettinandole i capelli.

Si aprì la porta ed entrò una dottoressa dai capelli grigi e un paio di occhialini a mezzaluna sul naso.

“Scusa ma dovresti uscire. Devo visitare la signorina” le disse in tono dolce la donna avvicinandosi a Katy.

“Certo! Ci vediamo, Lucy!” mi salutò con un bacio sulla guancia.

La dottoressa mi visitò con cura ma l’espressione sul suo volto non prometteva niente di buono.

“Manca una settimana all’operazione. Non faccia sforzi e, per favore, non si agiti troppo, ok?” mi raccomandò uscendo dalla mia stanza. Io mi limitai ad annuire con la testa.

 

 

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Capitolo 2
*** L'incontro ***


 

L’incontro

 

Accesi la macchina e sfrecciai verso l’ospedale in centro. Non era la prima volta che ci andavo ma la persona che avrei conosciuto era un ragazzina malata di cuore. Ero un po’ preoccupato, temevo che agitandosi si sarebbe sentita male. Da quello che sua madre mi aveva raccontato di lei, Lucy era una ragazzina molto dolce, sensibile e soprattutto una mia ammiratrice. Non era un’ammiratrice come le altre, era diversa. Sua madre mi ha raccontato che Lucy non è mai venuta alle numerose conferenze stampa che avevo tenuto a Londra e nemmeno agli spettacoli su MTV dedicati ai fan. Era troppo timida per farlo e preferiva vedermi in tv. Teneva anche una mia foto sul comodino e ne era molto gelosa. Questa cosa mi faceva molta tenerezza. Non le avevo preso nessun regalo, tutto era stato organizzato nel giro di due ore. Il mio manager mi aveva chiesto se mi andava di incontrare la madre di Lucy e io accettai senza esitare. La storia di sua figlia mi colpì particolarmente. Scoprirono della sua piccola malformazione cardiaca durante un saggio di danza il mese prima, dove Lucy si accasciò a terra senza riprendere i sensi per diverse ore.

Entrai nel parcheggio dell’ospedale e cercai un posto isolato. Parcheggia e mi misi un paio di occhiali blu per passare inosservato. Oggi volevo dedicarmi solo a Lucy. Scesi e salì le scale che portavano direttamente davanti all’entrata dell’ospedale. Cercai subito il reparto di cardiologia. Anche se pieno di malati era un posto abbastanza accogliente: c’era un grande giardino pieno di fiori e tante panchine. Entrai ma mi accorsi di non sapere il numero della stanza. Sicuramente non potevo andare a chiedere informazioni. Mi sarei potuto spacciare per un parente ma, sfortunatamente, chiedevano i documenti a tutte le persone che entravano e chiedevano di qualcuno. Accidenti, e la privacy?

“Tu devi essere Orlando Bloom, dico bene?” una donna giovane, dai capelli castani e gli occhi verdi, mi sorrise fermandosi davanti a me.

“Sono Emma, la madre di Lucy” si presentò e io le tesi la mano.

“Si, sono io. Molto piacere!” le dissi sorridendo. Le madri delle mie ammiratrici erano in grado di mettermi in imbarazzo. Il bello è che non capivo il motivo.

“Lucy è nella stanza 125 ma sta dormendo” mi disse facendomi strada.

“Allora aspetto che si svegli” le dissi affiancandola.

“No, no! Tu entri e stai lì con lei. Sarà un bel risveglio, te l’assicuro!” disse ridacchiando la signora e fece ridere anche me.

“Ma non sarà pericoloso, voglio dire, è malata di cuore. Se vedermi le facesse male?” le chiesi. Questa cosa mi preoccupava moltissimo.

“Non ti preoccupare, Orlando. Vederti non farà che bene a mia figlia. Non fa che pensare all’operazione, questo le fa male!” mi disse fermandosi davanti alla stanza della figlia.

“Eccoci arrivati! Lucy non dorme più di un’ora e credo che manchi poco al suo risveglio. Va pure e se avete bisogno mi trovate nella sala d’aspetto!” mi disse battendomi leggermente una mano sulla spalla e avviandosi nella stanza vicina.

Entrai lentamente e una fioca luce illuminava il letto davanti a me. Distesa con il viso di lato e una mano sul ventre c’era Lucy.

I suoi lunghi capelli neri erano sparsi per il cuscino e il respiro era lento e regolare. Era tenerissima e mi fece sorridere. Presi una sedia, mi tolsi la giacca di pelle e l’appoggia allo schienale, tolsi gli occhiali e mi sedetti a fianco a lei.

La osservai a lungo: aveva il viso pallido ma i lineamenti erano fini e delicati, le ciglia erano lunghe e le labbra carnose color pesca. Era davvero bella. Presi ad accarezzarle lentamente la mano. Era molto morbida. Aveva le dita fini e corte. Era una mano che ricordava quelle dei bambini. La strinsi leggermente ma Lucy si mosse e ritrassi la mia. Vidi le sue palpebre alzarsi leggermente, lasciando spazio a due grandi occhi blu. Si girò lentamente verso di me. Si mise a sedere di scatto e spalancò gli occhi. Io ero già pronto a chiamare qualcuno nel caso si sentisse male. Si portò le mani sulla bocca.

“Sto sognando vero? Tu non sei qui e io non sono qui! Io sto ancora dormendo!” mi disse senza togliere le mani da davanti alla bocca.

Io sorrisi “Non stai sognando” le dissi alzandomi.

“Davvero? Allora…allora io…ti posso abbracciare?” mi chiese abbassando il viso diventato rosso fuoco.

Mi avvicinai a lei e la strinsi fra le braccia “certo che puoi!” le dissi e timidamente anche lei mi abbracciò. Alla fine non era andata così male. Mi sembrava che Lucy stesse meglio con me accanto. Restammo così per alcuni minuti. Allentai la presa e mi avvicinai a lei. Le baciai la fronte e Lucy arrossì di più.

La lasciai e mi sedetti di nuovo. Mi sembrava un po’ frastornata.

“Allora, Lucy, come ti senti? Mi hanno detto della tua malformazione al cuore” le dissi.

Lei mi guardò ancora. Sembrava non credere che io fossi lì davvero.

Le sorrisi e le presi una mano “Tranquilla, non ho intenzione di mangiarti!” e la feci ridere.

“Ora sto meglio! Mi opereranno la settimana prossima. Non è una cosa grave ma dicono sia meglio curarla ora prima che peggiori. Dicevano anche che le emozioni troppo forti sarebbero state troppo per me, ma vedo che non mi successo niente vedendoti!” mi disse sorridendo guardandomi appena.

Era imbarazzatissima. Vidi la mia foto sul suo comodino. Mi alzai e la presi.

La osservai a lungo “Mio Dio che faccia! Dovevo essermi appena svegliato!” dissi sconvolto.

“Ma non è vero! Io ti trovo molto naturale” mi disse lei guardandomi, finalmente. Aveva due occhi bellissimi. Mi avvicinai di nuovo e le diedi un altro bacio ma sulla guancia.

“Grazie, piccola!” le dissi prima di risedermi.

“Dopo l’operazione quanto tempo dovrai stare in convalescenza qui?” le chiesi

“Non saprei, dipende come il mio cuore risponde all’operazione” mi spiegò e finalmente riusciva a guardami.

“Orlando, che progetti hai in corso?” mi chiese.

Io sorrisi “Molti film! Se ti va, quando sarai fuori di qui, ti porto sul set del mio prossimo film. Sarai la mia porta fortuna!” le dissi e le arrossì.

“Davvero? Mi porteresti? Magari non ti ricorderai nemmeno il mio nome domani” mi disse e mi sembrava un po’ abbattuta.

“Ehi, non potrei mai dimenticarmi il tuo dolce nome, Lucy” le dissi e le baciai l’altra guancia. Mi veniva naturale baciarla.

“Come sei venuto qui? Cioè…chi ti ha parlato di me?” mi chiese curiosa.

“Tua madre. Mi ha chiamata stamattina e mi ha parlato di te!” le spiegai tranquillo.

“Mi madre? Non me l’aspettavo proprio!” mi disse perplessa.

Si aprì la porta e una ragazzina bionda fece capolino dentro “Ciao Lucy! ORLANDO BLOOM!!!QUI NELLA TUA CAMERA??? OH MIO DIO!!!” la ragazzina stava strillando e vidi Lucy balzare giù dal letto e tapparle la bocca.

“Dico ma sei impazzita? Vuoi che lo buttino fuori?” la rimproverò agitandosi

“Lucy stai calma, ti fa male agitarti!” le dissi alzandomi e prendendola per mano. L’accompagnai al letto dove lei si coricò di nuovo.

“Scusami, Lucy! Comunque io sono Katy, sua sorella” mi disse tendendomi la mano. Gliela strinsi sorridendo “Quanti anni hai?” le chiesi “Otto e mezzo!” mi rispose lei.

“Tu Lucy quanti ne hai?” le chiesi guardandola.

“Diciotto” mi rispose.

“Te ne davo qualcuno meno! E’ stato un piace conoscerti, Katy” dissi rivolgendomi alla bimba.

“Anche per me. Allora ti lascio solo con mia sorella! Fatti sotto pantera” le disse guardandola e facendole un occhiolino complice.

Mi voltai verso Lucy e la vidi arrossita e con occhi e bocca spalancati.

“Ciao ciao!” salutò Katy uscendo.

“Simpatica tua sorella” le dissi sedendomi di nuovo.

“E’ pazza! Non dare retta a quello che ha detto” si giustificò lei agitando le mani.

La fissai. Era così dolce e bella quando arrossiva.

Passammo il resto del pomeriggio a parlare di lei e dei suoi saggi di danza.

Forse l’anno prossimo avrebbe potuto riprende ed era una tortura per lei non poter ballare per così tanto tempo.

“Lucy, devo andare!” le dissi sistemandomi la giacca di pelle.

“Ah, ok! E’ stato un piacere, Orlando” mi disse tristemente. Sentì qualcosa alla base dello stomaco. Anch’io non volevo lasciarla.

“Domani mattina torno e stiamo tutto il giorno insieme, ok?” le proposi con un sorriso. Lucy si girò lentamente “Davvero? Ma non hai altri impegni?” mi chiese.

“Li annullerò! Preferisco stare ancora un po’ di tempo con te. Fotografi e giornalisti potranno attendere!” le dissi mettendomi gli occhiali. Vidi i suoi occhi illuminarsi e formarsi un grande sorriso sulle labbra. Questo mi fece un grande piacere.

“Sarei felice di vederti di nuovo!” mi disse contenta

“Allora è deciso. Vuoi che ti porti qualcosa?” le chiesi mettendo a posto la sedia.

“Mi basti tu!” mi disse ma si portò una mano alla bocca e arrossì. Questo fece arrossire anche me.

“Ok…allora….a domani” le dissi avvicinandosi e baciandole la fronte. I suoi capelli erano profumati di vaniglia.

La salutai e uscì dalla stanza. Restai fermo davanti alla porta qualche secondo pensando a lei.

Quella ragazzina mi aveva fatto provare delle strane sensazioni. Erano diverse dalle solite. Non me ne volevo andare ma l’orario delle visite era terminato e numerosi infermieri giravano per le stanze avvisando gli ultimi parenti rimasti.

La madre di Lucy mi fermò “Tutto bene, Orlando?” mi chiese con un sorriso.

“Si, sua figlia è davvero dolcissima! Non le dispiace se domani torno a trovarla, vero?” le chiesi imbarazzato.

Emma rise “Certo che no! Puoi venire quando vuoi, Orlando!” mi disse.

“Bene. Allora a domani e grazie!” le dissi scendendo le scale. Emma mi salutò con la mano.

Arrivai al parcheggio e raggiunsi la mia macchina. Misi in moto e tornai a casa pensando alla giornata di domani.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Una giornata insieme ***


      Una giornata insieme

 

Camminavo velocemente per il lungo corridoio del reparto di cardiologia.

Mi ero svegliato presto studiando accuratamente la mia giornata insieme a Lucy.

Avevo pensato a lei per tutta la notte, non ero riuscito a dimenticare per un solo istante quel dolce viso e quei profondi occhi blu. La sua dolce voce e il suo profumo inebriante.

Quella ragazza era stata come una ventata fresca nella mia vita. Avevo deciso che le avrei reso i suoi ultimi giorni prima dell’operazione i più belli di tutti.

La giornata fuori prometteva bene. Il sole di Giugno era alto e caldo. Tempo ideale da trascorrere all’aria aperta.

Entrai nella stanza di Lucy ma lei non c’era. Sul letto rifatto vidi una leggera vestaglia rosa.

Ma lei dov’era? Sentì la porta del bagno aprirsi e mi girai. Lucy stava uscendo con un asciugamano sulla spalla. Vedendomi sussultò “Ciao Orlando! Sei già qui? Come stai?” mi chiese avvicinandosi e mi abbracciò. Non mi aspettavo un gesto simile. L’abbracciai anch’io e le diedi un bacio sulla fronte.

“Molto bene. Tu come stai? Ti trovo molto bene, oggi!” le dissi sorridendo.

“Sto bene e tutto grazie a te! Sei un’ottima medicina, sai?” mi disse sorridendo.

Era molto diversa dal giorno prima. Era più tranquilla, più rilassata.

“Sai che è un’idea? Orlando Bloom: guarisci con gli occhi!” recitai per poi scoppiare a ridere. Anche Lucy rise.

“Hai già fatto colazione?” le chiesi sedendomi sul letto.

“Si! Tu?” mi chiese mettendosi la vestaglia. Vedendola in difficoltà l’aiutai. Mi misi dietro di lei e le passai la parte di vestaglia che non riusciva a prendere, poi le tirai fuori i capelli e glieli sistemai con le mani. Mi piaceva tantissimo toccarla. Vidi che era arrossita.

“Ti va di fare un giro?” le chiesi prendendola per mano. Lei accennò un “si” e mi sorrise.

Uscimmo dalla stanza e chiamai uno degli ascensori.

“Possiamo anche fare le scale” mi disse ridendo.

“Quattro piani a piedi? Nelle tue condizioni non se ne parla nemmeno!” le dissi schiacciando di nuovo il bottone dell’ascensore.

“Orlando, non hai paura che ti riconoscano?” mi chiese un po’ imbarazzata.

Io la guardai e sorrisi “Non mi interessano le altre persone! Oggi sono solo Orlando la tua guida turistica” le dissi. Lei rise.

Finalmente arrivò l’ascensore e feci segno a Lucy di entrare per prima. Subito dopo la seguì dentro e schiacciai il bottone “T”.

“Hai qualche idea o desiderio, Lucy?” le chiesi mentre l’ascensore scendeva lento, scricchiolando di tanto in tanto.

“Il mio più grande desiderio si è già avverato e non credo di volere altro, solo la tua compagnia!” mi disse dolcemente senza guardarmi. Aveva le gote rosse e gli occhi le brillavano.

Mi avvicinai un po’ di più a lei ma l’ascensore di fermò bruscamente e Lucy si aggrappò al mio braccio.

Le porte si aprirono “Tutto bene?” le chiesi “Si! Andiamo?” mi chiese prendendomi per mano.

Chi ci avesse visto così sicuramente avrebbe pensato ad una storia d’amore, cosa che non mi dispiaceva affatto.

Uscendo ci riparammo gli occhi con una mano “Che sole! Si vede che è tanto che non metto piede fuori dalla mia camera!” disse Lucy aprendo a malapena gli occhi.

“Ti porto in un posto all’ombra” le dissi e notai una panchina sotto un albero di ciliegio fiorito.

“E’ di suo gradimento, mia splendida principessa?” le chiesi con un inchino.

Lucy rise “Smettila, Orlando! Questo posto è bellissimo” disse sedendosi sulla panchina.

Sedetti accanto a lei e le cinsi un braccio intorno alle spalle, tirandola un po’ di più verso di me.

“Stai bene?” le chiesi accarezzandole un guancia.

Lucy mi guardò timidamente negli occhi “Mai stata meglio!” mi disse in un soffio. Le baciai la fronte.

“Orlando, ti comporti così con tutte le tue ammiratrici?” mi disse irrigidendosi.

“Certo che no! Non mi crederai uno che ci prova con tutte vero? Uno specie di Don Giovanni o robe del genere!” le chiesi sorpreso della sua domanda.

“No, non ho mai pensato una cosa del genere! Era solo una domanda” mi disse e la vidi pentita della sua domanda.

“Ascolta, mi comporto così perché in qualche modo tengo a te, alla tua salute e felicità! Voglio che tu stia bene, che passi al meglio gli ultimi giorni prima dell’operazione. Non ti sto prendendo in giro in nessun modo, non potrei mai, Lucy! Non potrei mai prendere in giro te!” le dissi in un tono dolce e sicuro allo stesso tempo.

Lei non rispose ma si strinse di più verso me.

“Sai, penso che stare tra le tue braccia non sia solo il mio sogno! Sicuramente non mi vanterò di esserci stata, questo è sicuro! Hai ragione, Orlando, sto molto meglio da quando ci sei tu!” mi disse guardandomi “Grazie!” e mi diede un bacio sulla guancia.

“Ti va un passeggiata? Andiamo a quella fontana, ti va?” le proposi alzandomi e tendendogli la mano. Lei la prese e si alzò sorridendo.

Passeggiammo mano nella mano lentamente, godendoci i fiori, il sole, il bellissimo cielo azzurro e il cinguettio allegro degli uccellini.

La fontana era piccola e circolare: su un alto piedistallo vi era un angelo con un corno in bocca da cui usciva l’acqua. I bordi della fontana erano decorati con tanti piccoli delfini.

Ci sedemmo “Come si sta all’aria aperta?” le chiesi.

Lei respirò a fondo “Decisamente meglio!” disse con un gran sorriso.

Mi venne facile accarezzarle la guancia e poi scendere sul collo. Vidi Lucy tremare leggermente.

Fui percorso da un brivido lungo la schiena.

“E’ ancora valido l’invito a venire sul set del tuo prossimo film?” mi chiese.

“Certo! A costo di venirti a prendere tu dovrai esserci, ok?” le dissi. Guardai il mio riflesso nell’acqua e subito dopo quello di Lucy. Notai che mi stava guardando seriamente.

Mi voltai verso di lei e la guardai con la stessa intensità. Era così bella con i capelli che le volavano leggermente sul viso e le gote rosse.

Lei mi sorrise e feci lo stesso anch’io. Mi voltai di lato a guardare la gente passare.

Passò un attimo e mi sentì metà viso bagnato. Mi voltai e vidi Lucy che rideva con una mano nell’acqua.

Mi alzai e mi avvicinai a lei “Come hai osato, piccola pestifera?” le dissi ridendo e lei rise di più.

Vidi il sorriso di Lucy sparire. Si strinse una mano al petto e chiuse forte gli occhi.

“Che hai? Lucy, che hai?” le chiesi allarmato. La vidi respirare affannosamente. Fece per alzarsi ma si accasciò tra le mie braccia e in quell’istante mi sentì il mondo crollare addosso.

Senza pensarci un attimo di più corsi velocemente verso l’entrata dell’ospedale con Lucy in braccio. Era piena gente e mi feci largo tra la folla “FATEMI PASSARE!! FATEMI PASSARE E’ URGENTE!!SPOSTATEVI!!” urlai con quanto fiato avevo in gola.

Mi fecero entrare nell’ascensore appena arrivato, bisbigliando tra loro. La paura prese il sopravento: non poteva morirmi tra le braccia, non poteva lasciarmi, non ora!

“Lucy, piccola mi senti? Per favore resisti, non te ne andare!” la disperazione era tanta. Forse era colpa mia! L’avevo affaticata troppo o forse l’avevo fatta agitare.

Mio Dio! Se fosse morta non me lo sarei mai perdonato! Le accarezzai il viso bianco.

L’ascensore si aprì e mi fiondai fuori urlando “AIUTOOOO!! QUALCUNO CHIAMI UN DOTTORE!!” le mie urla furono ascoltate.

Una giovane infermiera corse verso di me “Cos’è successo?” mi chiese allarmata

“Stava bene ma all’improvviso non riusciva più a respirare e ha perso i sensi!” le riassunsi agitato, poggiando Lucy su un lettino vicino.

Mi accorsi che l’infermiera mi stava fissando stupita “Ma tu sei Orlando Bloom!” disse sorridendo.

“SI! NON DEVE GUARDARE ME MA LEI! CHIAMI SUBITO QUALCUNO!” urlai forte.

L’infermiera capì la mia disperazione e corse a chiamare il primario di cardiologia.

“Lucy, tra poco ti cureranno. Resisti, piccola mia!” le ripetevo di continuo controllando che respirasse.

La stavo perdendo e non le avevo detto ancora niente. Che avrei detto alla madre e alla sorella? Che Lucy stava male a causa mia? Sentì dei passi veloci e alzai lo sguardo: vidi l’infermiera di prima e un dottore correre verso di noi.

“Cos’è successo?” mi chiese l’uomo prendendo il suo stetoscopio e posandolo sul petto di Lucy

“Si è sentita male all’improvviso” mi limitai a dirle.

“E’ uscita, forse?” mi chiese in tono più serio.

“Beh, ho pensato che un po’ d’aria fresca le poteva fare bene” mi giustificai ma l’uomo mi guardò male.

“Ed ecco il risultato. Lei è un incosciente! Portiamola di corsa in sala operatoria. Mary chiama subito i genitori della ragazza” disse spingendo il lettino verso la sala operatoria in fondo al corridoio.

La vidi svanire attraverso la porta e forse sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei vista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

           

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** La quiete dopo la tempesta ***


La quiete dopo la tempesta

 

Trenta minuti della mia vita se n’erano andati su quella sedia della sala d’aspetto.

I medici non si sbilanciavano. Lucy era in sala operatoria in attesa del cardiologo che l’avrebbe operata. Non avevo il coraggio di entrare per vederla, mi sentivo troppo in colpa.

C’era un via vai continuo di medici e nessuno si era mai degnato di dirmi qualcosa. Passavano di fretta a testa bassa. Sembravano non vedermi. Ma io mi sentivo morire ogni minuto che passava.

“Orlando! Dov’è??” Emma era arrivata e Katy era terribilmente spaventata e tratteneva appena le lacrime.

“E’ in sala operatoria da mezz’ora. Nessuno da una prognosi! Continua ad entrare ed uscire da lì!” le dissi indicando la sala dove aveva portato Lucy.

Katy si lasciò scappare un singhiozzo. La guardai e mi sentì in colpa ancora di più.

“Mamma, Lucy non muore, vero?” chiese con voce rotta la bimba.

Chiusi gli occhi un attimo “Tua sorella…..lei….Lucy è forte non se ne andrà tanto facilmente!” soppesai molto quelle parole. Speravo tanto di non sbagliarmi.

La bimba annuì con la testa e si sedette accanto a me, portandosi le gambe al petto. Mi faceva tanta tenerezza e pena.

“Vado a sentire i dottori che dicono! Dai un occhio tu a Katy, Orlando?” mi chiese Emma. I suoi occhi verdi erano spenti.

“Certo, non si preoccupi!” le dissi. Emma di allontanò a passo veloce.

Katy singhiozzava sempre più forte. Sospirai.

“Piccolina, posso fare qualcosa per te?” non sapevo che altro fare.

“Promettimi che la mia Lucy non muore! Io le voglio bene e anche tu gliene vuoi, vero?” mi chiese guardandomi con quegli occhioni azzurri rossi di pianto. Mi ricordavano tanto quelli blu di Lucy.

Le feci segno di sedersi sulle mie ginocchia. La strinsi forte e le accarezzai i lunghi capelli dorati.

“Certo che le voglio bene, anche se ancora lei non lo sa! Lucy è forte! Sono sicuro che lotterà per vivere. Non lascerà sola la sua sorellina” la rassicurai sempre pregando che fosse vero.

Di tanto in tanto lanciavo occhiate alla sala operatoria, nella speranza di vedere qualcuno con qualche buona notizia.

Il corridoio era deserto e non mi accorsi che Katy si era addormentata.

Emma tornò pallida come un cencio. Questo mi allarmò.

“Che vi hanno detto?” le chiesi subito.

“E’ critica come situazione. Il cuore si è affaticato troppo. La tengono in vita con una macchina nell’attesa del chirurgo!” mi disse passandosi una mano nei capelli.

“Mi perdoni Emma! E’ colpa mia! E’ colpa mia se Lucy rischia di morire! Non dovevo farla uscire, non dovevo farla affaticare!” le dissi mettendomi una mano davanti agli occhi.

“Non dire una cosa del genere, Orlando! Tu non sei colpevole di niente! Si vede che era destino ma, come hai detto anche tu, Lucy è forte e lotterà per vivere!” Emma cercò di rassicurarmi e sembrò riuscirci. Quel peso che avevo al cuore era diminuito.

“Sua figlia mi piace. E’ imbarazzante dirlo a lei che è la madre, ma è la verità! Sua figlia mi ha colpito profondamente e ho intenzione di frequentarla, se lei è d’accordo!” le dissi serio e Emma sembrò stupita.

“Io non ho problemi ma sai meglio di me che non potrete vedervi spesso, hai pensato a questo? Lei lo sa?” mi chiese

“Non le ho ancora detto niente ma ho pensato a tutto!” risposi.

“Diglielo ora!” mi disse Emma prendendo Katy in braccio.

Io spalancai gli occhi “Cosa?” le chiesi

“Diglielo ora! Lei può sentirti comunque e, se le dirai le stesse cose che hai detto a me, sono sicura che lotterà ancora di più!” mi disse con un sorriso.

Non me lo feci ripetere un’altra volta. Corsi verso la sala operatoria ed entrai. Vidi Lucy attaccata a vari tubi: aveva una mascherina trasparente sulla bocca che le permetteva di respirare e vari fili sul petto che le controllavano il battito. Era lento.

Le presi una mano e la baciai.

“Lucy, sono io….sono Orlando. Se mi senti sappi che ti voglio bene! Devi lottare, non mi puoi lasciare, hai capito? Non puoi lasciarmi! Tu mi piaci, Lucy e non ho intenzione di perderti! Amore ti prego, non te ne andare!” le baciai più volte la mano. Se avessi potuto le avrei baciato le labbra.

Aspettavo un qualche segnale ma Lucy non si mosse. Sapevo che in qualche modo mi aveva sentito, così uscì.

Vidi entrare numerosi medici e capì che l’operazione stava per iniziare.

Raggiunsi Emma “Operano ora!” mi disse con voce speranzosa.

Deglutii e mi sedetti. Senza accorgermi iniziai a pregare.

Pregavo perché Dio non mi portasse via quel tesoro che avevo appena trovato. Pregavo perché lei ce la facesse, perché non lasciasse un vuoto nel mio e nel cuore dei suoi parenti.

“Orlando?” sentì appena la voce di Emma. La fissai senza parlare.

“Stai tranquillo! Sono sicuro che mi figlia ce la farà!” mi disse ma anche lei sembrava poco convinta.

“Ho conosciuto tante ragazza ma mai come Lucy! Lei….lei è diversa dalle altre, è speciale. E’ dolce e in alcuni atteggiamenti è un po’ bambina. Non mi fa sentire Orlando Bloom ma solo Orlando! Mi capisce?” le chiesi.

Emma annuì “Certo! E’ una delle caratteristiche di mia figlia: far sentire tutte le persone uguali” rispose sorridendo.

“Ma ha anche un sacco di difetti e dovrai abituatici: è molto gelosa! Se vi fidanzerete stai attento a quello che fai! Ti starà addosso!” mi disse ridendo e io rimasi sconvolto.

Emma riprese il controllo “Scherzi a parte, conosco bene Lucy. Gelosa lo sarà ma ti lascerà vivere la tua vita senza intralciarla!” si spiegò meglio. Io sorrisi.

“Ma se la fai soffrire te la vedrai con la sottoscritta!” mi disse seria. Io annuì.

Non riuscivo a parlare. Emma sembrava invece volersi distrarre.

Un dottore uscì dalla sala ma non ci degnò di uno sguardo. Passò veloce davanti a noi entrando in una porta accanto.

Poco dopo tornò nella sala operatoria. Il tempo sembrava non voler passare mai e le mie paure si fecero sempre più forti. E se qualcosa stesse andando storto? Guardai Emma. La donna aveva lo sguardo fisso su Katy, che ancora dormiva in braccio a lei.

Dovevo fare qualcosa. Vidi una macchinetta a pochi metri. Mi alzai.

Cercai qualche moneta e presi due caffè lunghi.

Ne porsi uno a Emma. Lei mi sorrise e iniziò a berlo.

Io lo sorseggia lentamente. Speravo di veder uscire da quella maledetta sala qualcuno con buone notizie.

Diverse ore dopo uscì il chirurgo. Si tolse la mascherina verde dalla bocca e ci raggiunse a passi svelti. Ci alzammo pregando che avesse buone notizie.

“L’operazione è riuscita perfettamente. Ci vorrà molto tempo perché si riprende completamente ma è fuori pericolo! L’abbiamo trasferita nella stanza 250, in fondo al corridoio a destra” ci disse sorridendo.

Emma scoppiò in un pianto liberatorio mentre io ancora stentavo a credere a quello che aveva detto.

Katy mi strattonò per un braccio “Hai sentito che ha detto? Avevi ragione, Lucy è forte!” mi disse sorridendo. Sorrisi anch’io ancora un po’ stordito.

“Orlando, vai da lei!” mi disse Emma “Sicuramente vorrà vedere te per primo, vai!” mi disse ancora spingendomi verso la stanza dove l’aveva portata.

Mi incamminai lentamente verso la fine del corridoio per poi svoltare a destra.

Entrai nella stanza 250. Era semi buia. Lucy era ancora sotto anestesia e portava l’ossigeno al naso per respirare.

Mi avvicinai a lei e presi a baciarle le mani. Come mi mancavano quelle piccole mani delicate.

La sentì muoversi e vidi che si stava svegliando. Sembrava un po’ intontita ma mi riconobbe subito.

Mi sorrise e vidi i suoi occhi brillare.

“Ehi, come stai piccola?” le chiesi stringendole la mano.

Lei sembrò far fatica a rispondere “Stanca!” disse a fatica. Mi dovetti avvicinare per sentirla.

“Sta tranquilla e riposa! Io resto qui per qualsiasi cosa tu abbia bisogno!” le dissi baciandole la fronte.

“Orlando, ho sentito la tua voce in sala operatoria! Ho sentito che mi dicevi di volermi bene, che ti piaccio e che non devo lasciarti! Ho sognato o era vero?” sussurrò fissandomi.

Io le sorrisi “Era tutto vero!” e mi avvicinai a lei per baciarle le labbra. Lei sembrò sorpresa ma rispose al bacio.

“So che sarà difficile, non potremo vederci sempre, ma se vuoi…noi” ma lei mi zittì con un bacio.

“Non ho problemi, saprò resistere!” mi disse baciandomi ancora.

La paura di perderla sparì in quel bacio. A volte i casi della vita sono strani: ho trovato l’amore in un ospedale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

           

 

 

 

 

 

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