Una lunga storia d'amore di roby347 (/viewuser.php?uid=25852)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio di un nuovo anno ***
Capitolo 2: *** Pomeriggio di pioggia ***
Capitolo 3: *** Coincidenze ***
Capitolo 4: *** Invito ***
Capitolo 5: *** Presentazioni ***
Capitolo 6: *** Strane sensazioni ***
Capitolo 1 *** Inizio di un nuovo anno ***
“Lory,
amore mio, mi vuoi sposare?”
Era un bellissimo uomo degli altri tempi a parlare, forse proveniva
direttamente dal settecento. Non mi sembrava vero. Stavo per
rispondere, quando sentii qualcuno battermi su di una spalla. Tutto
divenne più sfocato e lentamente tornai alla
realtà. Non c'era
nessun principe giunto per coronare i sogni di una povera ragazza
romantica. Ero purtroppo stesa nel mio letto, mentre mia madre stava
tentando di svegliarmi.
“Lory,
su svegliati pigrona! Devi
andare a scuola!” L'unica reazione fu quella di spalancare
gli
occhi. Scuola?! Ah si, giusto! L'ultimo anno di scuola.
“Ecco,
ecco. Sono sveglia. Ora mi
alzo.” Philippa sorridendo lasciò la stanza.
Con
movimenti lenti uscii dal letto e
prendendo i vestiti che mi ero preparata la sera prima, andai in
bagno. Una veloce doccia mi fece svegliare del tutto. Ormai pronta,
scesi in cucina per fare colazione, già pronta sul tavolo.
Sorrisi
per questo atto di dolcezza di mia madre.
“Grazie
mamma.” Le scoccai un forte
bacio sulla guancia e con appetito mi misi a tavola.
Da
poco meno di un anno io, la mamma e
Lilian, la mia bellissima sorella di appena quattro anni, ci eravamo
trasferiti a Portland, conosciuta anche come città delle
rose.
Introversa com'ero non era stato facile integrarmi con i miei nuovi
compagni di scuola. Infatti quasi nessuno mi conosceva. Ero come
un'ombra. La mia timidezza mi bloccava, le parole non uscivano dalla
mia bocca. Mi sarebbe piaciuto essere una di quelle ragazze che in un
ambiente nuovo subito si sentivano a loro agio. All'improvviso mi
sentì tirare la maglietta, volsi lo sguardo verso l'intrusa.
Era la
mia piccola sorellina che cercava di catturare la mia attenzione.
“Loly,
Loly. Braccio, ora.” Risi
per il suo tentativo disperato di farsi prendere in braccio. Io e la
mia piccola pulce eravamo molte legate. La presi sulle mie gambe e
l'abbracciai forte, poi le rubai la bambola che teneva tra le sue
manine e iniziai a giocarci insieme a lei. Come era bello vederla
ridere. Philippa improvvisamente entrò in cucina e
iniziò ad
urlare: “Lory! E' tardi. Ti sembra adesso il momento di
mettersi a
giocare con tua sorella. Prendi lo zaino e fila a scuola.”
Strizzai
l'occhio in direzione di
Lilian, e dopo averle dato un bacio sulla fronte la deposi a terra.
“Signor
si, signora. Agli ordini.”
Rubai un pezzo di pane e corsi fuori di casa.
Salii
sul mio vecchio pick-up blu e
misi in moto il motore che partì subito. Un altro anno
scolastico
stava per iniziare. L'ultimo anno scolastico. Arrivai in dieci minuti
a scuola. Nonostante tutto ero una delle prime ad essere arrivate.
Parcheggiai di fronte ad una serie di alberi. Aspettai qualche altro
minuto in macchina e poi scesi. Per fortuna ancora non faceva freddo
e il clima era asciutto.
“Già
arrivata straniera?”
Voltandomi sorrisi. Sapevo già a chi apparteneva quella
voce. Solo
una persona poteva chiamarmi in quel modo. Joey, l'esuberante Joey.
Era molte settimane ormai che non ci vedevamo, dal momento che i suoi
genitori l'avevano trascinata in giro per l'Europa. In lei avevo
trovato un'ottima amica. “Sai già che mi devi
raccontare le ultime
novità del vicinato.”
Purtroppo
la mia estate era stata priva
di colpi di scena e la maggior parte del tempo ero stata in casa a
leggere. Mi vergognavo un po' a dirle la verità. Cercai di
cambiare
discorso, e ci riuscii.
“Tu,
piuttosto, mi devi raccontare
molte cose. Sei stata in Europa!” Bastarono queste poche
parole per
scatenarla. Iniziò una lunga descrizione del suo viaggio.
Nel
frattempo il parcheggio della scuola si era riempito. Cercai tra i
volti
uno conosciuto.
“Strano
che Kathrin non sia ancora
arrivata.”
“Arriverà.
Mi ha chiamata ieri sera
e mi ha detto che sono cambiate molte cose.”
Corrugai
le sopracciglia, non capendo
bene cosa intendesse. Poi la vidi e rimasi senza parole. Kathrin,
timida e innocente, stava camminando in modo spavaldo tra la folla di
ragazzi. Abbronzata e vestita all'ultima moda era davvero bellissima.
Poi mentre si avvicinava a noi, sul suo volto comparve un timido
sorriso e fu in quel momento che rividi in lei la Kathrin che avevo
imparato a conoscere. Aveva semplicemente passato una bella estate.
“Bene,
bene. Che entrata trionfale.
Degna dell'ultimo anno di scuola.” disse Joey con entusiasmo.
“Non
te ne andrai di qua fin quando non ci avrai raccontato tutto sin nei
minimi particolari.”
Le
guance di Kathrin si colorirono
leggermente. Non era cambiata affatto, pensai. Incontrando i suoi
occhi color cobalto notai che disperatamente cercavano una via di
fuga. Decisi di aiutarla. Le ragazze timide si dovevano aiutare a
vicenda. Ma ecco che Kathrin ci sorprese iniziando a parlare
velocemente. “Mi sono fidanzata. Inizialmente non potevo
crederci,
ma poi ho guardato in faccia alla realtà. Ed ecco il motivo
di
questi cambiamenti. Tutto è capitato in spiaggia. C'era
questo
ragazzo carinissimo che mi lanciava delle occhiate. Tanto bello che
pregai i miei genitori di rimanere ancora lì in vacanza. E
poi un
giorno mentre stavo prendendo un caffè al bar ha iniziato a
parlare
con me. Io non riuscivo ad aprir bocca.” si fermò
un attimo per
prendere fiato. “Capitava sempre più spesso di
scontrarci per
caso. Una volta mentre parlavo al telefono gli andai praticamente
addosso...” Kathrin sembrava una pila, non riusciva
più a
fermarsi. Forse in fondo era cambiata. E molto. “Un
pomeriggio,
verso le sei, quando il sole stava calando, sono andata a fare
jogging vicino al mare. E chi incontro? Di nuovo lui. E' stato un
pomeriggio fantastico. Abbiamo parlato per ore e prima di
andarsene...” si bloccò e ci osservò
attentamente mentre io e
Joey facemmo un piccolo passo verso di lei, curiose di sapere cosa
fosse successo. “mi ha baciata.” concluse Kathrin
con enfasi.
Joey emise un fischio di compiacimento mentre io tenevo fisso il mio
sguardo su la nuova Kat, non riuscendo a trovare le parole.
“Estate
di fuoco. Immagino il vostro
drammatico addio.” suppose Joey.
“In
realtà lui vive qui. Quindi
niente addio, solo un arrivederci.” Vedevo la
felicità scoppiare
negli occhi di Kathrin, che improvvisamente mi guardò
aspettando una
mia reazione, lenta a presentarsi. I secondi scorrevano ed io ero
ancora immobile. Poi l'abbracciai con calore. Dentro di me
però
c'era qualcosa di strano. Joey aveva visitato l'Europa, Kathrin era a
tal punto cambiata da intraprendere una relazione con un ragazzo,
accantonando in un angolo dentro di se la sua timidezza. Mentre
io...Beh io ero sempre la stessa. Avevo trascorso un'estate priva di
colpi di scena, priva di presenze maschili. L'unica protagonista della
mia vita ero io. Non riuscivo a mostrare una gioia incondizionata per
la mia amica. Non riuscivo ad essere felice per lei. Perché
un
angolo della mia coscienza urlava disperatamente.
Vidi
Kathrin muovere la testa alla
ricerca dei miei occhi color nocciola. Sembrava aver capito i miei
pensieri, quindi decise di cambiare argomento. Le fui grata.
“Ora
però dobbiamo andare. Siamo
rimaste solo noi qui fuori.” Ed era vero.
Ci
avviammo celermente verso il portone
della scuola, sperando di non essere troppo in ritardo per il
classico discorso d'apertura del preside Keller. La porta della
palestra era ancora aperta ed i ragazzi stavano ancora prendendo
posto. Mi guardai intorno. Alla ricerca di volti nuovi. In
realtà
non conoscevo nessuno, escluse le persone con cui avevo lezioni in
comune. Comunque anche con loro non avevo mai parlato.
“Venite
ecco tre posti vicini.”
Joey mi scosse leggermente e quindi si incamminò. Guardai
Kathrin
che mi sorrise, quindi mi prese per mano e quasi mi trascinò.
“Forza
dormigliona.” disse
guardandomi con aria interrogativa. Stava forse per chiedermi il
motivo del mio strano comportamento, ma la prevenni, alzando la voce
per farmi sentire anche da Joey.
“Lo
sai vero che ci dovrai far
conoscere questo povero ragazzo che ha avuto il coraggio di
fidanzarsi con te?” esclamai a gran voce.
“E'
proprio di questo che ho paura.”
disse strizzandomi un occhio.
Il
preside entrò nella palestra e
subito calò il silenzio tra i ragazzi. Io, Joey e Kathrin
subito ci
sedemmo. Il signor Keller aveva sempre avuto l'abilità di
mettere un
po' di agitazione tra gli studenti. Sembrò infatti scrutarci
uno ad
uno prima di iniziare il suo discorso, che come al solito fu lungo e
noioso.
“Ragazzi
e ragazze, eccoci ad
affrontare un nuovo anno scolastico insieme. Do un benvenuto ai nuovi
arrivati e il più grande incoraggiamento ai ragazzi che
frequenteranno l'ultimo anno.”
Lentamente
la mia attenzione si fece
sempre più debole, fin quando mi persi tra i pensieri.
Dopo
un'ora e mezza finalmente il
preside giunse ad una conclusione.
“Bene
ci mancava solo questo!”
proruppe Kathrin indignata.
“Che
succede?” le chiesi con poco
entusiasmo.
“Non
hai sentito? Sono cambiati i
professori del nostro corso. Sembrano essere molto giovani e quindi
con tanta voglia di sbranare noi poveri studenti.”
affermò Joey
fingendo di essere terrorizzata.
“Ma
dai! Che esagerate!”
cantilenai. Ci mettemmo in fila per poter uscire dalla palestra.
Infatti tutti i ragazzi si stavano accalcando per poter raggiungere
in fretta le classi. Mi voltai e mi accorsi che c'erano quattro
ragazzi ancora seduti ai loro posti. Che pazzi, pensai dentro di me.
Vogliono già esser ripresi. Tornai a guardarli e fissai il
mio
sguardo sul ragazzo con i capelli castano scuro quasi neri, attorno al quali tutti gli altri erano
radunati. Lo sguardo era perso nella sala, le gambe fasciate da jeans
scuri erano sollevate su un'altra sedia, le braccia muscolose
incrociate sul petto.
“Bei
ragazzi eh?” mi bisbigliò
Joey all'orecchio. “Ma non ci fare il pensiero. Sono i soliti
belli
e dannati. Sicuramente non portano nulla di buono. Creano guai in
giro e usano le ragazze. Per loro noi siamo solo delle conquiste,
delle sfide. Tacche in più sulla loro cintura. Lasciali
stare.” mi
fissò seriamente. Evidentemente non stava scherzando.
“Ma
ti pare? Li guardavo perché non
li avevo mai visti. Anche se volessi, timida come sono...”
lasciai
la frase incompleta perché notai che proprio il ragazzo dai
capelli
scuri mi stava guardando. Velocemente distolsi lo sguardo, quindi non
potei accorgermi del ghigno che mi rivolse.
“Non
scherzare. Joey ha ragione. Dai
andiamo. Ormai la porta è libera.” disse Kathrin.
Entrambe mi
presero per mano e mi trascinarono fuori dalla palestra. Subito mi
dimenticai dei strani ragazzi e chiesi loro: “Sapete che
lezione
abbiamo ora?”
“Ho
controllato prima. Letteratura
americana.” rispose Joey. Quindi ci recammo in silenzio verso
la
nostra aula. Entrammo in classe e per fortuna erano rimasti i posti
centrali. Né troppo vicine né troppo lontane
dalla cattedra. Il
professore entrò proprio in questo momento. Era abbastanza
giovane,
sicuramente non aveva più di trentacinque anni. Subito si
presentò
scrivendo il suo nome alla lavagna e senza perder tempo ci
spiegò il
programma che avremmo svolto durante l'anno.
L'ora
trascorse abbastanza velocemente
e presto suonò la prima campanella. Mi alzai dalla sedia e
presi la
mia borsa. Una volta fuori dalla classe Joey mi strattonò
una
spalla. Girandomi vidi che stava sorridendo.
“Ma
che bel tipo! Hai visto quanto è
bello?” esclamò sgranando gli occhi.
“Si
sono d'accordo anche io. Non ci
poteva andare meglio.” bisbigliò Kathrin divertita
per non farsi
sentire. “Ma tu non dovresti urlarlo proprio fuori dalla sua
aula.”
Alzai
gli occhi al cielo, invocando
mentalmente aiuto per queste due anime perse.
Ecco qui la mia prima fan
fiction..Spero che vi piaccia e aspettando le vostri recensioni mi
metto a scrivere subito il secondo capitolo..
robbi
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Capitolo 2 *** Pomeriggio di pioggia ***
Pomeriggio
di pioggia
L'ultima
campanella della giornata
suonò. Iniziai a preparare la borsa appoggiata sul banco.
“Allora
cosa ne pensi della
professoressa Johnson?” chiese Joey avvicinatasi al mio
banco.
Kathrin non era presente in classe, perchè non frequentava
il nostro
stesso corso.
“Non
saprei. Ha tante idee per la
testa, ma non so quanto andremo avanti visto il livello della
classe.” detto questo iniziai a guardarmi intorno, sperando
che
nessuno mi avesse sentito.
“Ahi,
pungente la nostra Lory.”
disse Joey scuotendo la testa.
“Ma
sentila!” risposi allegramente,
dandole una pacca sulla spalla. “Proprio tu parli, che hai
sempre
da ridire su tutto e tutti.” Mi alzai dalla sedia e dandole
un
bacio sulla guancia la salutai. “Ci sentiamo dopo. Ora vado a
casa.”
Affamata
mi avviai verso il parcheggio
della scuola. Ragazzi e ragazze stavano uscendo lentamente dalle loro
aule. Ridevano, scherzavano, chiacchieravano o semplicemente
rimanevano in silenzio. Senza pensare a nulla in particolare
continuai a camminare. Accanto alla mia macchina ve ne era una nera
lucida. Alzai gli occhi al cielo e vidi l'addensarsi di molte nuvole
scure. Meglio affrettarsi. Sicuramente avrebbe incominciato a piovere
da lì a poco. Cercai nella borsa le chiavi della macchina.
Strano,
non c'erano nella solita tasca dove le mettevo. In quel momento
ricordai di averle lasciate dentro al mio armadietto. Emettendo un
sonoro sbuffo con la bocca, mi voltai e mi diressi nuovamente verso
scuola. Venni travolta dall'ondata di studenti che stavano uscendo
dal portone. Difficilmente riuscì ad entrare e dopo qualche
spinta e
gomitata raggiunsi il lungo corridoio in cui erano situati gli
armadietti. Lo aprii e a terra cadde un volantino giallo. Mi chinai
per prenderlo e una grossa scritta nera recitava: “Ballo
degli
studenti dell'ultimo anno.” Già ne parlavano? Uno
si sarebbe
svolto a dicembre, l'altro a fine anno. E come al solito io non ci
sarei andata. Misi il foglio dietro a tutti
i libri e presi le chiavi della macchina. Lo stomaco stava
brontolando a gran voce. Avanzai il passo, sperando che la folla di
studenti nel parcheggio fosse diminuita. Aperto il portone della
scuola vidi che il sole era quasi sparito del tutto dietro ad una
grande nuvola nera. Prima di raggiungere la macchina cercai nella
giacca il mio lettore musicale, Fischiettando alzai gli occhi e vidi
delle persone appoggiate alla mia macchina. Ci mancava solo questo.
Non mi persi d'animo e avvicinandomi vidi che erano gli stessi
ragazzi che questa mattina erano rimasti più a lungo in
palestra. Il
cosiddetto capo era l'unico che stava con la spalla appoggiata sulla
macchina nera.
“Scusatemi
dovrei entrare in
macchina.” dissi guardando fisso il pavimento. Nessuno mi
rispose,
ma anzi il gruppo continuava a chiacchierare tra loro. Feci un
piccolo passo avanti e alzando la mano cercai di attirare
l'attenzione.
“Emh
emh, scusatemi dovrei salire in
macchina.” ancora nessuna reazione. Finalmente alzai lo
sguardo e
vidi che il “capo” mi stava fissando, proprio come
quella
mattina. Era alto, con bei capelli castano intenso e spalle larghe.
Aveva un
bel viso e la pelle del corpo era scura, come baciata dal sole.
Questi, mantenendo uno sguardo duro su di me, fischiò ai
suoi
compagni. “Levatevi. La bimba impaurita vuole tornare a casa
da
papà. Non vorremmo mai spaventarla.”
affermò mentre un angolo
della sua bocca si sollevava per formare un ghigno. Gli altri
iniziarono a
ridacchiare. Un bruciore allo stomaco mi pervase. Stavolta non era la
fame, ma rabbia e dolore. Mio padre era morto e sentirlo nominare da
un estraneo fu come ricevere una stilettata dritta nel cuore. Non ci
si poteva abituare alla morte di un parente caro, il dolore era
sempre presente e giorno dopo giorno ci si abituava a conviverci.
Ormai era per me una cosa normale. Mangiare, dormire e sentire
l'opprimente mancanza di mio padre, che troppo presto aveva
abbandonato la famiglia che amava, la famiglia da cui era amato. Un
incidente automobilistico aveva distrutto la felicità di
quattro
persone. Dopo quel giorno vi furono periodi bui, che neanche riesco a
ricordare con limpidezza, anche se dimenticare mi riusciva
impossibile. Perché ormai gli occhi della mamma non
brillavano più,
perchè ormai la sua risata cristallina non risuonava
più nelle mura
di quella casa che era diventata fredda e vuota. Per questo motivo
Philippa decise di andare via, trovare un posto che non potesse
continuamente rievocare il suo ricordo. Ma la sua memoria vive
eternamente nelle nostre lacrime.
“Cos'è,
ragazzina, non rispondi?”
questa volta la sua voce era più aspra e severa. Feci finta
di non
sentirlo e mi avvicinai alla portiera della macchina, cercando invano
di aprirla. Le mani mi tremavano per il nervosismo.
“Sto
parlando con te.” sentii la
sua presenza alle spalle, quindi con la mano mi girò verso
di lui.
“Non...mi...toccare.”
cercai di
scandire bene le parole mentre tentavo di trattenete le lacrime. Il
suo viso era contratto dalla rabbia. Evidentemente non era abituato
ad essere contraddetto. Inconsapevolmente arretrai di un passo, forse
per la paura, forse per il disprezzo che provavo nei confronti di quel
ragazzo.
“Vieni
Hugh. Non sprecar tempo con
quella lì.” Era stato uno dei suo scagnozzi a
parlare. Il capo lo
guardò per un attimo di sottecchi e lasciandomi si
voltò verso i
suoi amici.
Io
di corsa entrai in macchina, senza
poter più controllare le lacrime. Il ricordo di mio padre
era come
un macigno che mi opprimeva il petto e mi impediva di respirare.
Inoltre l'ira che avevo visto negli occhi del ragazzo mi aveva
impaurita. Non avevo fatto nulla per meritare una simile reazione.
Misi velocemente in moto la macchina e, facendo un respiro profondo,
uscii dal parcheggio. Cercai di non pensare a quello che era appena
successo.
Finalmente
arrivai a casa. Entrai
nell'ingresso silenzioso. Philippa era a lavoro e Lilian alla scuola
materna. Posai lo zaino vicino ad un tavolino di legno intarsiato e
il mio sguardo si fermò sulla foto della mia famiglia al
completo,
quando eravamo ancora felici. Chiusi gli occhi per frenare le
lacrime. Non volevo piangere, non dovevo. Facendo un lungo respiro mi
incamminai verso la cucina. Adoravo questo momento della giornata,
perchè potevo godermi la pace e la quiete della casa.
Aprendo il
frigorifero notai che era vuoto. Mi ero dimenticata che fosse
lunedì.
Giorno della spesa che toccava fare a me. Non troppo felice presi i
soldi da un barattolo in cucina, destinati a questo tipo di
evenienze. Decisi di andare a piedi, dato che il supermercato era ad
un solo isolato da casa mia. Ripensai a ciò che era successo
dopo
scuola. Perchè il ragazzo, Hugh l'avevano chiamato, si era
arrabbiato
così tanto con me? Pensai che fosse uno di quei bulli che si
credono
i padroni del mondo.
Mentre
stavo entrando nel market, il
mio cellulare iniziò a vibrare. Guardai lo schermo, era la
mamma.
“Pronto?”
“Ciao
tesoro, com'è andato il primo
giorno di scuola?” chiese Philippa.
“Come
al solito.” risposi a bassa
voce. Non c'era bisogno di raccontarle cosa fosse successo.
“Ok.
Senti, Lilian ha una festa di
compleanno oggi pomeriggio e la devo accompagnare. Torneremo per le
sette e mezza. Tu ordina la pizza per tutte. La mangeremo davanti
alla televisione come ai vecchi tempi. Va bene? Ora ti devo lasciare
che c'è un'emergenza. Ti voglio bene.” chiusi il
telefono. La
mamma, pediatra, era sempre di fretta a causa del lavoro che faceva.
Cercava sempre di affrontare la vita con il sorriso e di accontentare
me e Lily. Purtroppo però nessuno era lì che
confortasse lei. A
volte teneva lo sguardo fisso nel vuoto, altre volte usciva dal bagno
con gli occhi lucidi per il pianto, ed io mi sentivo impotente
perchè
non sapevo come aiutarla.
Presi
il carrello della spesa e iniziai
ad osservare gli scaffali pensando a qualche bella ricetta da fare
nei prossimi giorni. Al banco del pesce notai che c'era uno dei
ragazzi al seguito di Hugh insieme ad un bambino simile a lui. Doveva
essere il fratellino. All'improvviso alzò lo sguardo e
incrociò il
mio. Poi velocemente lo distolse, dopo aver lanciato un'occhiataccia.
Continuai a guardarlo, restando ferma nel reparto frutta più
del
dovuto. Tornai alla realtà solamente quando sentii
l'altoparlante
richiamare un commesso nel reparto cinque. Io mi avviai verso le
casse e dopo aver pagato uscì dal supermercato. Un soffio
d'aria
gelida mi colpì in pieno viso. Nell'arco di trenta minuti il
clima
era cambiato. Da lì a poco sicuramente avrebbe piovuto.
Meglio
affrettarsi. Purtroppo a metà tragitto iniziò a
piovere e arrivai a
casa tutta bagnata. Non proprio il mio giorno fortunato. Posai la
spesa in cucina e salì le scale. Avrei fatto una bella
doccia calda
per riprendermi. Mi infilai nel bagno e socchiusi la porta. Ero sola
quindi avrei pure potuto lasciarla aperta. Mi levai i vestiti che
appoggiai sul mobile vicino al lavandino. Entrai nella doccia e
lasciai che l'acqua calda defluisse sul mio corpo, eliminando tutti
gli eventi della giornata, tutto il dolore. Presi il bagnoschiuma e
aiutandomi con la spugna ne versai in abbondanza sul corpo, poi
passai ai capelli. Ormai senza più sapone addosso, uscii
dalla
doccia e presi subito l'accappatoio che avevo precedentemente messo
lì vicino. Con i piedi scalzi giunsi in camera mia e mi
stesi sul
letto sorridendo. Avevo cacciato via tutti i pensieri.
Una
volta asciutta mi spalmai su tutto
il corpo le creme, massaggiando con vigore. Mi infilai un vecchio
tutone che usavo per casa, e dopo aver fatto una coda alta decisi di
scendere in salotto. Subito chiamai per ordinare la pizza per
stasera. Il ragazzo al telefono mi assicurò che per le otto
sarebbe
arrivata la consegna.
Fortunatamente
non avevo compiti per il
giorno dopo, quindi decisi di leggere un po'. Dopo aver attentamente
guardato tutti gli scaffali della libreria, mi decisi e presi un
libro. Andai a sedermi su di un rilievo che stava proprio sotto la
finestra. Adoravo isolarmi lì soprattutto nei momenti di
pioggia
come ora. Infatti le infinite gocce d'acqua sbattevano sul vetro,
mentre io, leggendo, mi perdevo in chissà quale epoca, in
chissà
quale mondo. Le ore passarono velocemente e quando sentii dei passi
avvicinarsi alla porta di casa erano già le sette.
Lentamente mi
alzai e andai a salutare la mamma e Lilian.
Ecco qui il secondo
capitolo. Approfittando della domenica ho deciso di scrivere un
pò. Purtroppo a causa della scuola non potrà
aggiornare più di una volta alla settimana. Come vedete in
questo capitolo si sono capite più cose sulla vita di Lory,
come ad esempio il motivo del suo trasferimento. Spero che la storia
sia di vostro gradimento. Al prossimo capitolo
robbi
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Capitolo 3 *** Coincidenze ***
Capitolo
terzo: Coincidenze
“Siamo arrivate prima.” esordì mia
madre che in una mano teneva l'ombrello e nell'altra Lily.
“Loly, ti devo
raccontare tante tante
cose.” urlò felice la piccola agitando le mani in
aria.
“Ah
si?” le chiesi abbassandomi
sulle ginocchia così da avvicinarmi al suo viso. Le
mordicchiai il
collo e l'abbracciai forte forte. Philippa mi accarezzò i
capelli e
si recò in cucina. Io e Lilian la seguimmo. Aprii il
frigorifero e
svuotai la bottiglia di aranciata. Iniziammo a parlare di quel
pomeriggio, della scuola, del lavoro di mamma. Insomma un classico
pomeriggio in famiglia.
“Tesoro, vado a
fare un bagno veloce
a Lily. I soldi per la pizza li ho lasciati all'ingresso.”
Entrambe salirono al piano
superiore.
Io accesi la radio e la sintonizzai sul mio canale preferito.
Stavano trasmettendo la
canzone di un
nuovo gruppo musicale. Il ritmo era fluido. Iniziai a muovere
leggermente le gambe avanti e indietro. Più tempo passava
però, più
i miei movimenti diventano elastici, finché non mi lasciai
andare.
Mi piaceva ballare sin da quando ero bambina. Preferivo i balli
lenti, che mi riportavano ad un altra epoca. Ai gesti iniziai ad
accompagnare le parole.
Il suono del campanello mi
riportò
alla realtà. Subito abbassai il volume della musica e,
aggiustandomi
un po' i capelli con le mani, corsi alla porta. Quando l'aprii il
cuore mancò di un colpo. Infatti davanti a me c'era uno dei
ragazzi
del gruppo del famoso Hugh, lo stesso ragazzo che avevo incontrato al
supermercato. Aveva i capelli biondi e poco più alto di me.
“Ancora
tu?” esclamò, stringendo i
pugni con rabbia.
Ma cosa gli avevo fatto?
Tornai
indietro nei ricordi, cercando di rivangare ogni minimo dettaglio, ma
niente, se non l'episodio di stamattina.
“E' questo il
modo con cui consegni
le pizze? Non è molto carino da parte tua.”
Lo vidi sorridere beffardo.
“Non
dovresti cercare in tutti i modi di attirare l'attenzione dopo
l'episodio di oggi pomeriggio.”
“Cosa?”
urlai, ma subito dopo
abbassai il tono della voce per non farmi sentire dalla mamma.
“Io
volevo solo entrare nella mia macchina. Il tuo capo ha fatto il
prepotente e si è comportato con arroganza e
maleducazione.” dissi
seccata.
“Vacci
piano!” mi ammonì, facendo
un passo avanti. “Non si scherza con Henry.”
“Così
questo è il tuo nome. Sai una
cosa? Cerchi di fare il duro ma non lo sei, neanche un po'. Ho visto
come sorridevi al bambino, come lo tenevi per mano.” dissi
fissandolo.
“Come osi. Non
sai niente della mia
vita e cerca di starmi alla larga.” stavolta era lui ad
urlare,
senza però cercare di contenersi.
Da lontano sentii la mamma
chiedermi:
“Lory, tesoro, che succede? Sono arrivate le pizze?”
“Si
mamma.” risposi seccata, quindi
gli misi in mano i soldi, presi le pizze e gli chiusi la porta in
faccia.
Per un attimo rimasi con la
schiena
appoggiata al muro, emettendo un profondo respiro. Quando sentii dei
passi per le scale, mi avvicinai al divano e cercai di mostrare il
mio sorriso migliore.
“Lory, chi era?
Ho sentito urlare.”
chiese mia madre mentre stava legando i capelli a Lilian.
“Semplicemente
non tornavano i
conti.” Avevo detto una bugia, ma a fin di bene. Non volevo
che la
mamma si preoccupasse per nulla. Philippa sembrò crederci
senza
problemi. Prese i cartoni dalle mie mani e si andò a sedere
sul
divano.
“Forza
ragazzuole. Si mangia.”
Tutte e tre ci accomodammo
sul sofà e
guardando la televisione ci godemmo un buon pezzo di pizza. Solo noi
tre. Come ogni sera, solo che un senso di pace era calata tra noi
Presto andammo tutte e tre
a dormire.
Mi recai nella mia stanza, velocemente mi infilai nel pigiama e mi
buttai sul letto soffice. Immediatamente sprofondai nel mondo dei
sogni.
Mi svegliai a causa del
sole che era
penetrato attraverso le fessure della serranda. Mi girai dall'altra
parte e misi la testa sotto il cuscino. Avevo trascorso la notte
insonne per il vento risuonante che circondava la casa. Finalmente
trovai le forze per alzarmi, e guardai lo schermo della sveglia.
06.35. Era ancora presto, ma preferii alzarmi. La casa era ancora
buia. Silenziosamente andai in bagno e iniziai a sciacquare via dal
viso la notte che avevo passato in bianco. Inutilmente, avevo un
colore del viso malsano, stanco. Guardando nello specchio vidi
soltanto un pallido riflesso di me stessa. Era come se non riuscissi
a vivere pienamente la mia vita.
Tornai in camera e dalla
finestra vidi
solo un'intensa nebbia. Cercai di passare il tempo rassettando la mia
camera, cercando insomma di mettere un po' di ordine. Finalmente
sentii la porta della mamma aprirsi e decisi di scendere al piano
inferiore.
La colazione con la mamma e
Lilian fu
piacevole. Mangiammo e chiacchierammo in allegria.
“Ti dispiace Lory
portare tu oggi
Lilian a scuola? Ho degli impegni urgenti stamattina e non posso fare
tardi.” mi chiese Philippa.
“Certamente
mamma.” guardai Lilian
e le strizzai l'occhio.
“A scuola con
Loly, evviva!” urlò,
indirizzandomi un sorriso ricco di gioia. Più volte mi ero
chiesta
in quegli anni come sarebbe stata la mia vita, e quella della mamma,
senza la piccola peste che in questo momento stava correndo da una
parte all'altra della cucina, sprizzando contentezza da tutti i pori.
Con la sua ingenuità era riuscita ad allontanare a poco a
poco la
tristezza che si era abbattuta sulla casa. In fondo lei era molto
piccola e non poteva conoscere il dolore immenso provato per la
perdita di papà. Mi restavano molti ricordi di lui. Spesso
era
solito portarmi sulle spalle, ricordo che passavo le mie manine tra i
suoi capelli neri. Mi sarei assicurata che Lilian venisse un domani a
sapere quale splendido papà avesse avuto, anche se solo per
poco
tempo.
Tornai alla
realtà. Presi per mano la
piccola e insieme ci recammo nella stanza della mamma dove vi erano i
suoi vestiti. Impiegammo dieci minuti abbondanti per completare
l'opera, infatti Lilian si dimenava sopra il letto, pensando che
stessimo giocando. Messa la giacca, ci avventurammo nella mattina
ancora buia. L'aiutai a salire in macchina e le allacciai la cintura.
Salita anche io sul veicolo, accesi la radio e misi in moto la
macchina. La scuola di Lilian era molto vicina. L'accompagnai fino
alla sua classe mano per la mano. Quando vide i suoi compagni, mi
diede un veloce bacio e corse verso di loro.
Mentre tornavo alla mio
pick-up sentivo
lo scricchiolio della ghiaia sotto i miei piedi. Oggi avevo indossato
tuta nera e polo. Non ero proprio conosciuta come guru della moda.
Volevo infatti passare inosservata. Il parcheggio della scuola per
fortuna non era ancora affollato. Le prime ore per fortuna volarono
via e presto fu l'ora del pranzo. Io, Kathrin e Joey ci ritrovammo
sedute ad un tavolo della mensa a parlare dei fatti della giornata
“Dopo scuola ci
saranno le selezioni
delle cheerleader.” disse Joey, col tono di chi volesse
partecipare.
“Oh
no!” esclamai. “Un altro anno
costrette a dover subire della bionde smorfiose che credono di essere
le regine del mondo.” dissi sbuffando sonoramente.
“E dai, non dire
così. Che ti
importa? D'altronde il campionato di football sta per ricominciare. E
sai quanto sia importante questo sport per l'intera
cittadina.” Io
alzai le sopracciglia, facendo capire quanto per me non fosse
importante il football.
Kathrin
nel
frattempo mi diedi una gomitata sul braccio e con un movimento rapido
del viso mi indicò un gruppo di ragazzi qualche tavolo
più in là.
Li riconobbi subito. Hugh e la sua band. Parlavano intensamente tra
loro, gettando di tanto in tanto un occhiata verso di me.
“Perché
stanno
guardando verso di te? E' successo qualcosa?” chiese con un
tono
della voce basso.
Prima
di rispondere, osservai ancora per un attimo Hugh. Nella sua solita
posa indolente, stava sorridendo ad un ragazzo seduto di fronte a
lui. Possedeva un fascino perverso, in grado di ammaliare tutte le
ragazze. La sua lista delle conquiste era molto lunga. Era solito
illudere le povere malcapitate che si imbattevano in lui e poi
spezzare loro i cuori. Era scapigliato e indossava dei jeans neri e
una maglietta bianca che aderiva ai muscoli del suo torace.
Certamente non si poteva negare la sua bellezza.
Ecco qui il terzo
capitolo..Spero sinceramente che la storia vi piaccia..Sono ben accette
le critiche, puchè siano costruttive..Sto veramente mettendo
il cuore in questa storia..alla prossima
robbi
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Capitolo 4 *** Invito ***
Capitolo
quarto:
Invito
Continuai
a
fissarlo, ma d'un tratto Hugh volse il suo sguardo verso di me. Le
palpebre si socchiusero e tutto il suo corpo si irrigidì.
Inizia a
strofinarmi l'orecchio, segno che il nervosismo aveva preso la
meglio. Quel ragazzo aveva l'abilità di rendermi nervosa.
Presi un
bel respiro e mi rivolsi alle mie amiche.
“Ragazze
vado. Ci
vediamo alla fine delle lezioni.” Attraversai la lunga mensa
celermente, fissando il mio sguardo sul pavimento. Giunta al mio
armadietto, cercai con difficoltà di aprirlo. Dopo un po' ci
riuscii
e mentre ero presa nel leggere l'orario del giorno seguente, la band
del moro mi circondò.
Il
ragazzo della
sera prima mi afferrò una spalla e bruscamente mi fece
girare,
spingendomi con violenza addosso al muro. Un ragazzo biondo si
avvicinò e puntandomi un dito contro urlò:
“Ragazzina, non ti
pensare di poterla fare franca. Qualcuno deve insegnarti le buone
maniere.”
Io
sgranai gli occhi. “Voi siete pazzi. Pazzi!
Vi siete bevuti il cervello?!Non ho fatto nulla. Lasciatemi in
pace.”
A
questo punto le
vene del collo del biondo sembrarono scoppiare. Mi prese per le
spalle e iniziò a percuotermi con forza. La stretta diveniva
sempre
più vigorosa e lentamente non capii più nulla. Il
mondo sembrò
scivolare via, lontano. Ogni cosa divenne sfocata e caddi nel mondo
dell'incoscienza. Una voce lontana, forse quella di Hugh, disse:
“Sta
fingendo. Lasciamola qui.”
Non so
quanto tempo
passai in quello stato di incoscienza. Quando aprii gli occhi, mi
ritrovai tra le braccia di qualcuno, ma mi sentivo ancora debole,
quindi li richiusi lasciandomi andare. In seguito ripresi conoscenza
e mi ritrovai stesa in una camera dalle mura pittate di bianco.
“Finalmente
ti
sei svegliata!” La voce sembrava provenire da molto lontano,
allora
cercai il fautore di quelle parole. Voltai la testa e mi accorsi con
sorpresa che accanto a me era seduto Henry.
“Che
ci fai qui?”
riuscii a dire con voce debole.
“Forse
volevo
dimostrarti che avevi ragione, che non sono il duro che tutti
pensano. O forse mi facevi semplicemente pena, lì stesa per
terra
nel corridoio freddo della scuola.” Il tono della sua voce
era
distaccato, freddo ma negli occhi vi era una scintilla di
preoccupazione.
Accennai
un
sorriso. Ero convinta che Henry fosse un bravo ragazzo, aveva solo
bisogno che gli venisse ricordato. Improvvisamente sentii un suo
braccio sotto le mie spalle. Henry stava cercando di aiutarmi a stare
più comoda su quel duro letto. Per un secondo lo guardai in
viso e
lui subito si allontanò, come scottato. Rimasi stupita dalla
sua
gentilezza e anche dall'insicurezza che dimostrava.
“E
se Hugh
venisse a sapere che mi stai aiutando?” gli chiesi per
prenderlo in
giro, ma lui prese la cosa diversamente. Spalancò per un
attimo gli
occhi, poi dandomi le spalle, uscì dalla camera con lunghe
falcate.
Per un attimo rimasi a fissare a bocca aperta la porta che si era
richiusa alle sue spalle. Che strani i ragazzi. Henry aveva mostrato
un momento di cedimento, poi era ritornato alla realtà, una
dura
realtà, e se ne era andato.
“Fanciulla
come
ti senti?” Presa dai miei pensieri non avevo sentito
l'infermiera
entrare.
“Meglio,
grazie.”
“Ti
consiglio di
tornare a casa per oggi. Potresti farti aiutare dal quel ragazzo che
ti ha portato fin qui. E' stato molto carino da parte sua portarti in
braccio sin qui. Sembrava sinceramente preoccupato. A proposito dove
è andato?”
Mi
aveva presa tra
le sue braccia per portarmi in infermeria? Con l'aiuto della signora
mi alzai dal letto e prima di andare via aspettai che mi scrivesse
una giustificazione che mi permetteva di saltare le ore successive.
Fuori dalla scuola trovai Hugh, appoggiato alla ringhiera e di fronte
a lui Henry.
Stavano
discutendo
ad alta voce. Molto probabilmente il moro lo stava rimproverando per
avermi aiutato, per aver mostrato un po' di pietà nei
confronti di
un altro essere umano. Io proseguii per la mia strada, facendo finta
di non vederli proprio. Arrivai a casa e mi buttai sul divano.
Proprio mentre stavo per chiudere gli occhi, squillò il
telefono di
casa. Un lungo sbuffo uscii dalla mia bocca. Con lentezza andai verso
quell'aggeggio infernale. Era in quei momenti che maledicevo la
tecnologia. Alzai la cornetta e dall'altra parte sentii la voce di
Kathrin.
“Mia
cara,
stasera dovrai dar sfoggio di te. Tu e Joey verrete a cena da me per
conoscere Alex, il mio ragazzo. Allora non sei felice?” mi
chiese
con l'entusiasmo di una bambina che va per la prima volta alle
giostre. Volevo dirle che mi aveva appena costretta ad alzarmi da un
comodissimo divano, volevo dirle che aveva avuto il tempismo perfetto
di chiamarmi nel momento in cui i miei occhi si erano chiusi, volevo
dirle.. Ma la sua gioia, il calore della sua voce mi impedì
di
essere brusca con la mia amica, che in fondo non poteva sapere che mi
ero appena addormentata. Quindi le risposi con slancio che non vedevo
l'ora di conoscere il ragazzo della mia amica.
“Allora
a
stasera. Scusa ti devo lasciare ma vorrei fare un pisolino prima di
mettermi ai fornelli.” Io sbarrai gli occhi con la cornetta
ancora
in mano. Non potevo crederci. Lei era di fretta
perchè lei
voleva fare un pisolino. Risi da sola come una sciocca e
tornai
sul divano. Nessuno stavolta mi avrebbe disturbato.
Quando
mi svegliai
fuori era già buio. Sentii delle voci in cucina, mamma e
Lilian
erano tornate. Io guardai l'orologio che indossavo al polso. Sei e
mezza. Una parola si incise nella mia mente: tardi. Velocemente
chiesi a mamma il permesso di poter andare a cena da Kathrin. La
mamma annuii, esortandomi però a non far troppo tardi.
“Domani hai
scuola.” con queste parole concluse il suo discorso e si
voltò
verso Lily.
Scusate, questa volta il
capitolo non è lunghissimo, anzi..ma non ho avuto molto
tempo per scrivere, a causa della scuola, e non volevo tardare la
pubblicazione..quindi ecco qui questo mini-capitolo..ho molte cose in
mente per questa storia..quindi continuate a seguirmi!!
robbi
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Capitolo 5 *** Presentazioni ***
Capitolo
cinque:
Presentazioni
L'automobile
scivolava sull'asfalto perdendosi nell'oscurità della notte.
Per
allontanare la solitudine accesi la radio. Musica classica. Perfetto,
forse poteva rilassarmi. La melodia si insinuò lentamente
nei miei
pensieri lontani. Il vuoto che era stato portato dagli avvenimenti
della giornata si stava dissolvendo. Iniziai a pensare alla cena di
questa sera e al ragazzo che tanto Kathrin aveva esaltato.
Arrivai
davanti
alla casa della mia amica e vidi che vi erano altre macchine. Mancavo
solo io.
Bussai
alla porta e
una faccia sorridente mi aprii. “Eccola la ritardataria. Ti
stavamo
aspettando.” Poi si avvicinò al mio orecchio e
sussurrò: “Sono
davvero felice che tu sia venuta.”
Mi
accompagnò fino
al grande salone ben arredato. I genitori di Kathrin erano entrambi
avvocati e potevano permettersi di vivere nel lusso. Pesanti tende
damascate scendevano dall'alto soffitto per coprire le
porte-finestre. I pavimenti erano coperti da lussuosi tappeti blu e
panna. In un angolo vi era un divano a forma di elle, di fronte al
quale c'era una televisione al plasma. Kathrin mi accompagnò
fino al
tavolo rotondo dall'altra parte della sala dove gli altri ci stavano
aspettando. Un ragazzo biondo ci venne incontro. Era bello, ma che
dico bellissimo. Si muoveva sinuosamente, con eleganza. Indossava dei
pantaloni bianchi ed una camicia nera. Arrivato vicino a noi si
fermò e mi tese la mano. “Piacere, sono Alex. Tu
devi essere Lory.
Kathrin mi ha parlato davvero tanto di te.” Un sorriso si
stava
articolando sulla sua bocca. Per qualche istante lo guardai, poi
allungai il braccio per prendergli la mano. “Indovinato. Sono
Kathrin e posso dire con tranquillità che anche a me Kathrin
ha
parlato molto di te.” gli strizzai l'occhio e poi volsi
l'attenzione alle altre persone presenti nella stanza. Velocemente
salutai Joey e dietro di lei vidi un ragazzo di spalle. Lo guardai un
po' più a lungo cercando di capire chi fosse. Poi
all'improvviso si
volse e rimasi meravigliata. I miei occhi stavano mettendo lentamente
a fuoco il volto conosciuto. Era Henry. Mi chiesi perché si
trovasse
qui in mezzo a noi ragazze. Chi l'aveva invitato? E cosa più
importante, perché?
“Ciao
Lory.
Sembra che tu abbia visto un fantasma.” disse con un tono un
po'
amaro. “Non ti preoccupare, sono qui in quanto amico intimo
di
Alex.”
Ah
bene. Se Alex
frequentava quelle persone non doveva essere poi così santo
come
Kathrin lo descriveva. Una voce si intromise tra i miei pensieri.
“Infatti io ed Henry ci conosciamo da anni ed ogni tanto ci
incontriamo per bere una birra insieme.”
Ben
presto la cena
fu pronta e aiutai Kat a portare il cibo in tavola. Prese le ultime
bevande dalla cucina mi accorsi che era rimasto solo un posto libero
a tavola. Tra Joey e Henry. Non sapevo perché, ma la cosa mi
innervosiva abbastanza. Lentamente presi posto e guardandomi intorno
vidi giovani ragazzi che si stavano divertendo insieme. Anch'io mi
lasciai andare e iniziai a parlare. Ci fu un momento in cui incrociai
lo sguardo di Henry. Lui tossicchiò ed iniziò a
giocherellare con
la tovaglia.
“La
mia presenza
ti reca così enorme fastidio?” sussurrai
sarcasticamente.
“Non
è così.
Ma...” rispose quasi intimidito.
“La
verità è
che sei succube di Hugh. Perché sei costretto a fare quello
che lui
desidera?”
“Non
capisci. Non
conosci il mio passato, quindi, mocciosa, è meglio che ti
fai gli
affari tuoi.” il tono di voce di Henry stava diventando
sempre più
alto e vidi già qualche sguardo puntato su di noi. Decisi di
farla
finita. Non volevo rovinare la serata, per cosa poi? Provare a
salvare l'insalvabile. Che si facesse rovinare la vita. La serata
continuò tra battute e risate. Il ragazzo di Kathrin
sembrava
perfetto. Era gentile con la mia amica, teneva un braccio dietro la
sua schiena, come se volesse dire a tutti che era sua, come se
volesse proteggerla dal mondo intero. La cena finì e aiutai
Kat a
sparecchiare mentre gli altri continuavano a parlare. Eravamo sole in
cucina quando mi disse: “Allora che ne pensi?”
“Beh
sai, non
saprei...” vidi in quei pochi attimi il viso della mia amica
farsi
più serio. “E' assolutamente perfetto.”
decretai guardandola
seriamente negli occhi. Dopo un lungo sospiro mi abbracciò e
disse:
“Ne sono contenta. E' importante per me il vostro
giudizio.”
Nel
frattempo entrò
in cucina il soggetto dei nostri discorsi. “Ehi ragazze. Devo
essere geloso?”
Decisi
di lasciarli
un po' soli e quindi mi volsi verso la porta. Prima di lasciare la
stanza mi voltai per un solo istante. Kathrin era avvolta dalle
braccia muscolose di Alex e si guardavano con occhi innamorati.
Sorrisi, dentro di me un po' gelosa, perché io non avevo mai
provato
nulla di simile. Perché ero sempre l'essere invisibile in
ogni
occasione. Perché la mia anima romantica soffriva per la
mancanza di
qualcuno che si prendesse cura di me, che mi amasse.
La
piacevole serata
giunse al termine. Salita in macchina cercai di metterla in moto.
Inutilmente. Il motore non dava alcun segno di vita. E ora come torno
a casa, pensai dentro di me. Sentii qualcuno battere al vetro del mio
finestrino e poi la portiera si aprii. “Dai scendi. Ti porto
a
casa. Non hai visto il fumo che è uscito dal motore. Credo
che lo
dovrai cambiare.” l'espressione del ragazzo era impassibile,
gli
occhi puntati a terra.
Iniziai
a seguirlo.
Certo che era strano! Salita in macchina mi allacciai la cintura e
non dissi una parola, fortunatamente sapeva dove abitavo. La notte
scura nascondeva ogni cosa. Ai miei occhi tutto scorreva velocemente.
I minuti passavano ed ancora non avevamo raggiunto casa mia. Cercai
di capire dove stavamo andando. In fondo la distanza tra casa mia e
quella di Kathrin era minima.
“Scusa
ma dove
stai andando?” chiesi un po' preoccupata.
“Non
sono il tuo
autista personale. Devo fare un giro e poi ti accompagno a
casa.”
Preferii
non
rispondere e non dargli importanza. Continuai a fissare la strada
davanti a me, quando intravidi una grande villa a due piani che
diventava sempre più grande mano a mano che ci avvicinavamo.
La
macchina iniziò
a rallentare e Henry scese senza dire una parola. Pazza. Pazza
perché
mi ero fidata di un tizio come lui. Dopo dieci minuti vidi delle
ombre avvicinarsi alla macchina ed il mio cuore cominciò a
battere
più forte. La portiera anteriore della macchina si
aprì e sentii
una voce dire: “Guido io.” Ma quella era la voce
di... Hugh! Salì
nell'automobile nera e mi guardò inizialmente sorpreso, poi
irritato.
“E
tu cosa ci fai
qui?” il suo tono di voce era leggermente adirato.
“La
sua macchina
si è fermata e mi ha fatto pena.” a parlare era
stato Henry.
“Adesso
sulla mia
macchina fai salire le ragazzine viziate. La prossima volta lasciala
per strada.”
Misi la
lingua fra
i denti, cercando di non mostrare le mie emozioni. Non volevo cedere
davanti a lui, che sembrava essere senza cuore.
Nell'abitacolo
calò
il silenzio. Io guardavo fuori dal finestrino, e dentro di me
desideravo essere altrove, ovunque ma non lì, non con lui,
che mi
osservava con sguardo truce.
Passò
un'ora prima
che la macchina si fermasse nuovamente. “Grazie per la
macchina,
Hugh. A domani.”
“A
domani.”
rispose il moro mentre Henry stava scendendo dall'auto.
Io
spalancai gli
occhi. Perché ero rimasta da sola con lui? Il mio respiro
divenne
più veloce. Lui si voltò per un attimo verso di
me. “Non ti
preoccupare. Non ti voglio mica molestare. Ti porto io a casa, questa
è la mia macchina. Quindi smetti di agitarti come una
ragazzina
stupida.”
Con
quelle parole
la mia paura si tramutò in rabbia. “Basta.
Smettila con questo
atteggiamento da duro. Non ne posso più.” esclamai
senza emozioni,
neutra. Per un secondo lo guardai di sottecchi e lo vidi concentrato
nella guida.
“Ma
che stronzo
che sono. Devo stare attento con le parole, altrimenti la bimba si
mette a piangere.”cinguettò.
“Davvero
non ti
capisco. Cosa ha suscitato in te questo odio nei miei
confronti?”
“Semplicemente
non ti sopporto. La tua sola presenza mi dà
fastidio.”
Scoppiai
in una
risata sguaiata. “Sei ridicolo.” Scoprii che
soddisfazione
provassi a farlo arrabbiare. Vidi i suoi occhi lampeggiare d' ira,
poi improvvisamente accostò la macchina e scese. Ben presto
fu dalla
mia parte e, strattonandomi per un braccio, mi buttò fuori
dall'automobile nera lucida.
“Ragazzina
impertinente. Hai sbagliato a metterti contro di me. Devi capire che
mi devi portare rispetto.” il suo volto era molto vicino al
mio,
tanto che potevo quasi leggere nei suoi occhi le sue emozioni. Si
avvicinò ancor di più a me. Non ottenne reazioni
da parte mia e
questo lo scalfì un po'.
Con
rabbia gli
poggiai le mani sul petto, nel tentativo di allontanarlo.
“Ma
che ti ho
fatto? Perché ti comporti così?” urlai
quasi istericamente.
“Non
osare toccarmi.” mi
ordinò, allontanando da sé le mie mani
bruscamente.
“Tu allora non perseguitarmi!”
“Non hai capito che sei diventata la mia nuova vittima, il
mio
nuovo divertimento. Sarà una gioia condurti alla follia,
alla
disperazione.” disse con voce calma, tranquilla, pericolosa.
“Tutto questo tuo odio è immotivato. La
verità è che sei una
persona sola che sente il bisogno di capeggiare su tutto e tutti.
Solo in questo modo credi di essere importante.” Vidi il suo
furore
scomparire dal suo volto, come se le parole da me pronunciate
avessero toccato qualche intima parte di lui. Una risata
uscì dalla
sua gola. Rise e iniziò a stringere forte le sue mani
intorno alle
mie braccia. Il dolore diventava sempre più forte,
finché fui
costretta ad urlare.
“Lasciami andare. Mi fai male Hugh!” Solo dopo
qualche minuto lui
sciolse la presa.
“Cos'è ti faccio schifo? Preferiresti essere
toccata da Henry,
vero? Si è formata la nuova coppietta felice, sono contento
per
voi.” sputò fuori queste parole con rabbia.
“Ma non durerà a
lungo. Di questo puoi esserne certa.”
Sono veramente contenta di
vedere che a qualcuno stia seguendo questa storia..Anche se
nell'ombra..Vorrei ringraziare "anime xx" per le sue recensioni
(Comunque sono una ragazza! XDXD) e coloro che l'hanno messa tra i
preferiti o tra le storie seguite..Grazie davvero!! Spero che questo
capitolo vi piaccia..Alla prossima e fatemi sapere il vostro parere
robby
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Capitolo 6 *** Strane sensazioni ***
Capitolo
sei: Strane sensazioni
Di scatto mi voltai e cercai di risalire in macchina, ma Hugh mi
afferrò una spalla e mi ritrovai di nuovo a guardarlo in
faccia. La
sua espressione era fredda, non c'era più quel calore che
avevo
percepito prima. Con forza mi spinse all'indietro ed io andai a
sbattere con la schiena contro la macchina. Vidi il suo corpo
avanzare verso il mio. “Ti allontani solo quando lo dico
io.” Per
qualche istante i nostri sguardi si incontrarono, i miei occhi si
persero in due frammenti di oceano. Il vento soffiava intorno a noi e
scompose i suoi capelli. Mi assalii il desiderio di passare le mani
nella sua folta chioma. Le braccia di Hugh formarono attorno a me una
gabbia, costringendomi a rimanere immobile per evitare il contatto.
Entrambe le sue mani erano appoggiate sulla macchina, mentre le mie
stavano tremando. Lentamente il suo viso si stava avvicinando al mio.
Cercai di deglutire ma non ci riuscii, cercai di trovare le forze per
allontanarmi, ma non riuscii a muovere un muscolo. La
verità, che
sembrava essere nascosta nelle profondità del mio cuore, era
che
desideravo con tutta me stessa rimanere lì, vicino a lui. Il
mio
respiro divenne ansante quando le sue labbra si accostarono al mio
orecchio. In un attimo l'incantesimo venne rotto. “Ma come?
Pensavi
davvero che ti avrei baciato?” Lentamente
allontanò il suo viso e
mi guardò con un dannatissimo sorriso sardonico. Un sospiro
uscii di
getto dalle mie labbra.
“Non è così.” dissi a bassa
voce, quasi per non farmi sentire.
“Ah no?” il suo sguardo era apatico e neutro.
Contrasse le labbra
e mostrò la sua titubanza. Pose una mano sotto il mio mento
mi alzò
il viso per incontrare i miei occhi. “Non mentire a te
stessa.”
sussurrò, lasciando trapelare un'emozione che non fosse il
solito
odio. Chiusi per un attimo gli occhi. Non riuscivo a capire
perché
all'improvviso sentivo le ginocchia tremare.
“Ti prego... portami a casa.” Non riuscii a dire
altro. Hugh si
scansò di me di scatto e salì in macchina. Dopo
aver fatto un lungo
respiro di liberazione, buttando fuori tutte le difficoltà
aprii la
portiera e mi accoccolai sul sedile caldo. Il motore della macchina
rombò ed iniziammo a muoverci nel silenzio della notte.
L'atmosfera
apparentemente tranquilla mi diede la possibilità di
rilassarmi e di
pensare a quel che era successo. Presto i miei occhi si chiusero e
caddi in un dolce dormiveglia, non potendo così vedere lo
sguardo
carico di passione che Hugh mi lanciò. Dopo minuti che a me
parvero
lunghi un'eternità una voce si insinuò dentro di
me, portandomi
alla realtà.
“Ragazzina sveglia, sei arrivata.” Il tono era
tornato ad essere
freddo e scostante. Con gli occhi semichiusi mi stiracchiai e
sbadigliai dolcemente. Nello sguardo di Hugh lampeggiò
qualcosa che
somigliava alla tenerezza. “Sbrigati, non voglio sprecare
tutta la
serata appresso a te.” disse senza quel suo classico tono
arrabbiato. Sembrava quasi che stesse scherzando. Probabile che il
sonno mi stesse facendo degli strani scherzi.
“Beh buonanotte.” senza ricevere risposta scesi
dalla macchina,
sbattendo dietro di me la portiera.
“Buonanotte” Era stato lui a pronunciarlo. Ma
questa singola
parola, pronunciata con dolcezza, rimase intrappolata all'interno
dell'auto.
Ricordo poco quel che successe dopo. Mi ritrovai a letto, ben presto
la stanchezza prevalse e mi addormentai sorridendo.
Quella
notte sognai di essere tra delle forti braccia. Un corpo
maschile era steso sul mio e una bocca alitava nella mia. Ben presto
mi persi in degli occhi blu mare. Le sue mani scorrevano lentamente
sul mio corpo, mentre le sue labbra posandosi sulla mia pelle
creavano una scia infuocata. Tutto divenne più sfocato ed un
raggio
di sole riuscì a penetrare le pesanti tende. Mi svegliai con
una
dolce sensazione che stava diventando sempre più forte
dentro di me.
Purtroppo questa mattina fui costretta ad andare a scuola a piedi.
Passo dopo passo finalmente arrivai e vidi che il parcheggio era
già
pieno. Decisi che l'indomani mi sarei svegliata prima.
Le prime ore di matematica erano scorse lentamente. La lezione si era
svolta in religioso silenzio, tutti i miei compagni erano molti
attenti. Tutti tranne me. Seduta vicina alla finestra, guardavo il
panorama di fuori. Mi capitò di guardare in direzione del
banco di
Hugh, intento a scrivere sul suo quaderno, poi il mio sguardo si
posò
su Henry, che a sua volta mi stava guardando. Abbozzai un saluto con
la mano. Lui abbassò il capo ed iniziò
successivamente a parlare
con il suo compagno di banco. Finalmente la campanella suonò
ed io
velocemente mi alzai dalla sedia, recuperando i fogli sparsi sul
banco. Con i miei gesti frenetici feci cadere a terra la mia penna.
Stavo per abbassarmi, quando un'ombra fu più veloce di me
nel
recuperarla. Henry lentamente si alzò, guardandomi negli
occhi. “Fai
più attenzione la prossima volta.”
“Grazie.” dissi timorosa alle spalle del ragazzo.
Henry infatti
già si era voltato per uscire dall'aula.
Dopo altre estenuanti lezioni arrivò finalmente l'ora del
pranzo.
Dopo aver riempito il mio vassoio, cercai con lo sguardo Kat e Joey.
Le trovai sedute ad un tavolo non molto distante.
“Ciao ragazze.” enunciai con gioia. Ero felice di
vederle.
“Ciao Lory. Stavamo aspettando proprio te.” disse
Joey con uno
strano sguardo.
“Perché mai?”
“Non lo sai? Prima del pranzo Henry e Hugh hanno litigato
pesantemente nel cortile della scuola.” affermò
Kathrin con
sguardo complice. Istintivamente alzai un sopracciglio, incredula per
la notizia.
“E sembrerebbe che Henry sia in infermeria con un labbro
spaccato.”
Quasi urlò Joey tutto d'un fiato. Le mie amiche sembravano
che
stessero facendo una gara per chi mi riferisse più notizie.
Senza
pensarci tanto mi alzai, puntando le braccia sul tavolo della mensa.
“Ma dove vai?” Era stata Kat a parlare.
“Torno subito” Con lunghe falcate mi recai in
infermeria.
Volevo ringraziare a
tutti coloro che stanno seguendo la storia..un grazie particolare ad
"anime xx" che recensisce la mia storia, ma porgo i miei ringraziamente
anche a tutti coloro che la leggono rimanendo più
nell'ombra..Devo dire che capitolo dopo capitolo mi sento sempre
più ispirata..Già immagino il finale, che per
adesso posso confermare che è ancora lontano..Purtroppo non
ho potuto riguardare con attenzione il capitolo, quindi spero che non
ci siano errori..Alla prossima
robbi
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