Star Trek: Extinction

di Phoenix_cry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non posseggo né Star Trek né i suoi personaggi.
Questa storia non è mia, è una traduzione della storia di Phoenix-cry e può essere trovata sul sito FanFiction.net. Phoenix-cry può essere trovata su Deviant art.
 
Star Trek: Extinction

Capitolo 1

“…e quindi abbandoniamo il suo corpo così che si riunisca agli altri.”

Spock aveva prestato poca attenzione alla cerimonia funebre. Se ne stava in piedi davanti alla grande finestra-parete a fissare lo spazio. Giusto davanti a lui vi era l’immenso buco nero artificiale che aveva inghiottito il suo mondo, visibile solo grazie alla distorsione della luce che causava, comunemente nota come Anello di Einstein. Il potente campo gravitazionale causava un effetto di curvatura che creava l’illusione che lo spazio stesse vorticando follemente intorno al buco nero. Spock guardava come la piccola bara nera espulsa dalla nave scompariva nell’oscuro orizzonte.

Mentre gli ospiti cominciavano a scusarsi e scambiavano alcune parole Kirk e McCoy si separarono dal resto del gruppo. Fermandosi a qualche metro dalla parete-finestra guardarono il loro amico Vulcaniano che fissava le infinite profondità dello spazio. Il Capitano e l’Ufficiale Medico si scambiarono lo stesso sguardo: ‘e adesso?’.

“Ti sembra turbato?” Sussurrò Kirk a McCoy. “Non riesco mai a capire se lo è.”

“Non importa quanto logici e senza emozioni possano essere i suoi pensieri, deve lo stesso essere difficile per lui. Prima suo padre, ora questo.”

“Suo padre era giovane come Vulcaniano per morire, no?”

“Aveva circa settant’anni.” Confermò Bones.

“Beh…Immagino di dover andare a parlargli.”

“Non ha bisogno di parlare con me se non lo desidera, Capitano.” Rispose Spock senza voltarsi.

“Mi dimentico sempre che le tue orecchie sono acute in più di un senso.” Kirk forzò un sorriso. “Ogni tanto potrei giurare che sei in grado di leggermi nei pensieri.”

“Nelle giuste circostanze: posso.”

“Già, certo, lo sapevo.”

Essendo stati scoperti a parlare Kirk e McCoy si avvicinarono a Spock e si unirono a lui alla finestra. Nessuno osava disturbare il trio, persino Nyota manteneva le distanze. Ancora insicuro su cosa dire, Kirk continuava a fissare fuori dalla finestra. Alla fine Bones gli diede un leggero colpo di gomito.

“Allora…” Kirk tentò di rompere il silenzio “dev’essere strano essere al tuo stesso funerale.”

Bones roteò gli occhi in segno di disapprovazione.

“La morte arriva per tutte le creature.” Replicò Spock con calma.

“Sì ma…non pensi che questo sia un po’ diverso?”

“Non direi, Capitano.”

“Ok. In ogni caso, mi dispiace.”

“Non ha niente di cui scusarsi.”

La conversazione si fermò ancora una volta. Kirk guardò McCoy in cerca di aiuto, ma lui non aveva niente da dire. Spock notò il loro disagio. Alzò un sopracciglio in anticipazione del loro provare a capire i suoi sentimenti, tuttavia rimasero in silenzio. Grato per la cessazione di quelle inutili chiacchiere Spock ritornò a guardare il buco nero. Dopo alcuni minuti lo ebbe contemplato abbastanza a lungo e sì voltò verso Kirk.

“Capitano, richiedo di essere lasciato alla Base Stellare 17 per una settimana di permesso.”

 “Sì, certo.” Annuì Kirk. “Se posso chiedere, perché la Base Stellare 17?”

“È la più vicina. L’Alto Consiglio Vulcaniano ha ordinato un censimento, tutti i Vulcaniani devono presentarsi alla capitale su Natala per tale motivo.”

“La Base Stellare 17 è piuttosto distante da Natala.”

“Affitterò una navetta.”

“Non essere ridicolo, Spock.” Sorrise Kirk. “Ti porteremo noi su Natala.”

“La nostra prossima missione non ci porta in quella direzione, Capitano.”

“Parlerò alla Flotta Stellare e ce ne procurerò una che ci va.” Kirk scrollò le spalle.

“Questo non sembra appropriato.”

“Si chiama ‘restituire un favore’ e ne ho parecchi da restituire.”

“Non le permetterò di alterare la rotta a mio beneficio, non è corretto.”

“Corretto?” Ripeté Kirk. “Spock, siamo amici da quanto ormai?”

“Due anni, sette mesi, otto giorni.”

“Dev’essere stato più a lungo. Insomma ci siamo incontrati all’Accademia, e quello è stato più di tre anni fa.”

“Ha chiesto quanto a lungo siamo stati amici,” Chiarì Spock “non quanto a lungo ci siamo conosciuti”

“Ouch…ma hai ragione.” Sorrise Kirk. “In ogni caso, dato che sei il mio Primo Ufficiale la tua salvezza è una mia responsabilità, e quelle navette non sono guidate dai migliori uomini della galassia. L’Enterprise ti porterà su Natala.”

“Molto bene.”

“Spock,” s’intromise Bones “perché devi essere fisicamente presente su Natala? So che hanno dei sistemi di comunicazione come tutti. In più l’Alto Consiglio sa chi sei, perché non possono semplicemente inserirti nel censimento?”

“Hanno richiesto la prova fisica di ogni Vulcaniano esistente, nessuna eccezione.”

“La Federazione non aveva fatto un censimento tre anni fa quando ha aiutato a trasferire la popolazione su Natala?” Chiese Bones.

“Era semplicemente una stima,” replicò Spock “questa è una vera registrazione.”

“Sono sorpreso che ci sia voluto così tanto al Consiglio Vulcaniano per richiedere questo censimento.” Notò Kirk.

“Hanno resistito quanto più a lungo hanno potuto.”

“Perché questa riluttanza?” Chiese Bones.

“Perché è umiliante essere contati e numerati come bestiame.”

“Allora perché adesso?”

“Non lo so.” Rispose Spock.

“Qualche supposizione?”

“Non faccio supposizioni, Capitano.”

“Speculazioni?”

“La ragione più logica: la sopravvivenza di Vulcano dipende da questo.”


 
Allora, cercherò di aggiornare regolarmente anche se ogni tanto potrebbe volermici un po’ di tempo per tradurre i capitoli. Comunque dovrei riuscire a postare almeno un capitolo a settimana. Please commentate per dirmi qualsiasi cosa così potrò dire a Phoenix-cry come vanno le cose e se la sua FanFiction piace anche a voi^^

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Non posseggo né Star Trek né i suoi personaggi.Questa storia non è mia, è una traduzione della storia di Phoenix-cry e può essere trovata sul sito FanFiction.net. Phoenix-cry può essere trovata su deviant art.

 

 

 

Capitolo 2

 

“Ora, non osare andare laggiù, e fare colpo su qualcuna dalle orecchie a punta.”

 

“Fare colpo?” Spock ripetè confuso.

 

“Non importa.” Ridacchiò Nyota. “Solo torna più in fretta che puoi.”

 

“Non dovrei metterci molto.”

 

“Bene.” Nyota si alzò sulle punte dei piedi e baciò Spock sulla guancia.”Lo so che è sciocco, ma sono sempre nervosa quando vai su Natala.”

 

“I Vulcaniani non si feriscono gli uni con gli altri, neanche quando abbiamo vite da ‘sprecare’.”

 

“Lo so, solo…sta attento.”

 

“Sempre.”

 

Nyota sorrise, sapendo che Spock era serio dove altri sarebbero stati sarcastici. I suoi occhi continuavano a scrutare a destra e a sinistra come faceva sempre prima di lasciarsi andare a qualsiasi dimostrazione di affetto nei suoi confronti. Persino nella sicurezza dei loro appartamenti doveva assicurarsi che nessuno stesse guardando. Assicurata la loro privacy la baciò gentilmente.

 

“Sai vero che se vuoi sposarmi, dovrai baciarmi di fronte ad un ‘pubblico’ alla fine.”

 

“Ne sono consapevole.”

 

“Vai su.” Nyota lo stuzzicò. “Vai a ricordare a Vulcano che sei ancora il migliore.”

 

“Non è questa la mia intenzione.”

 

“Vai.” Nyota scosse la testa tristemente.

 

Spock le fece un leggero inchino e se ne andò. Si incamminò velocemente verso la sala teletrasporto, evitando abilmente qualsiasi corridoio in cui avrebbe potuto incontrare Kirk o McCoy. Quando arrivò, Scotty stava flirtando con una nuova Guardiamarina. Ignorando la scena Spock si mise su una delle rampe del teletrasporto. Scotty lo guardò e gli sorrise smagliante.

 

“Signor Spock c’è del rosso sulle sue labbra che dubito altamente essere sangue.” Ridacchiò Scotty.

 

Toccandosi Spock rimosse il rossetto di Nyota dalle sue labbra, guardando furioso la macchia che ora era sulla sua mano. Quando spostò il suo sguardo di ghiaccio su Scotty l’ingegnere rimosse immediatamente il ghigno dal volto.

 

“Energia, Signor Scott.”

 

“Si, Signore.”

 

La visione di Spock balzò dall’interno della nave allo splendente mondo di Natala. Il Sole qui produceva una luce leggermente più blu di quella del Sole di Vulcano, ma c’era la stessa aria di deserto. Spock prese un respiro profondo della calda atmosfera, beandosi della temperatura più confortevole. Era sempre leggermente infreddolito a bordo dell’Enterprise, qualcosa che notava unicamente quando tornava in un mondo caldo.

 

Scotty l’aveva teletrasportato poco fuori della città principale per prevenire di essere accidentalmente materializzato davanti, o peggio dentro, qualcuno. Girandosi Spock si incamminò verso gli immensi edifici fatti di pietra e vetro. I Vulcaniani non avevano perso tempo nel ricreare la loro architettura ed il loro stile di vita anche se Spock pensava che le loro energie avrebbero potuto essere usate in qualcosa di più utile.

 

Camminare per le vie quasi deserte serviva solo a ricordare dolorosamente quanti pochi Vulcaniani erano rimasti. Se avessero costruito una città di dimensioni più consone alla popolazione il contrasto non sarebbe stato così brutale. Tuttavia, l’intera città era occupata da una misera manciata di abitanti.

 

“Per essere una specie priva di emozioni cadiamo facilmente vittima dell’orgoglio.” Spock mormorò a se stesso.

 

Nel cuore della città la popolazione cresceva leggermente. Abbigliato nella sua uniforme blu brillante Spock non passava di certo inosservato tra tutti quegli abiti scuri. Ormai abituato agli sguardi che stava ricevendo Spock continuò semplicemente il suo cammino verso l’edificio principale. Una volta dentro fu sorpreso di vedere le enormi, galleggianti statue di pietra che dominavano il fronte dell’entrata. Erano perfette repliche dell’arte che era stata distrutta su Vulcano. Le priorità dell’Alto Consiglio non gli sembravano logiche, ma non ci stette a pensare troppo. Si fermò davanti all’uomo che sedeva dietro al banco all’entrata.

 

“Sono arrivato per il censimento.”

 

“Ti incontrerai con il Consigliere Ry’in.” Lo informò questi.

 

“L’alto Consigliere? Si stanno incontrando individualmente con ogni singolo Vulcaniano?”

 

“Non ho l’autorità per rispondere a questa domanda.”

 

“Molto bene.”

 

“Spock,” chiamò un anziano Vulcaniano “vieni con me, sono il Consigliere Ry’in.”

 

Spock si voltò alla sua sinistra e vide Ry’in in piedi sotto un’arcata. Una volta che Ry’in fu sicuro di essere stato riconosciuto si voltò e si incamminò fuori dalla sala. Senza esitazioni Spock lo seguì. Si incamminarono per l’edificio fino a giungere ad un portone attraverso il quale il Consigliere scomparve.

 

La porta si chiuse automaticamente dietro di lui quando Spock entrò nella piccola stanza. Ry’in aveva già preso posto dietro il tavolo di pietra nera. La superficie del tavolo si illuminò di un blu chiaro con l’interfaccia di un computer nel quale Ry’in stava inserendo dei dati. Spock restò in piedi in attesa di istruzioni. Alla fine Ry’in sollevò lo sguardo su di lui.

 

“Siediti, Spock.”

 

“La ringrazio, Consigliere.”

 

“Per favore poggia la tua mano sinistra sul tavolo.”

 

Mentre Ry’in parlava sulla superficie del tavolo comparve la sagoma di una mano. Spock stese il braccio e premette il palmo della mano sulla sagoma. Uno scanner tracciò la sua mano e poi s’illuminò di rosso. Dalla parte di Ry’in il computer prese vita.

 

“Il computer non comprende il tuo sangue umano. Non importa, possiamo superarlo.” Annunciò Ry’in. “Sentirai un breve dolore, dopodiché potrai rimuovere la mano.”

 

Spock rimase impassibile mentre un intenso dolore si irradiava dal centro del suo palmo. Quando tolse la mano sul tavolo era rimasta una piccola macchia di sangue verde. Il sangue venne rapidamente assorbito nello scanner e scomparve. Ry’in continuò a digitare sul desktop mentre Spock attendeva.

 

“Vedo qui che sei legato a T’pring.” Annunciò Ry’in.

 

“T’pring è sopravvissuta?”

 

“Infatti. La sua famiglia è stata una delle prime ad essere evacuate. Sono sorpreso che tu non l’abbia avvertito.”

 

“Non ho provato.”

 

“Ciò non di meno, è sopravvissuta. Dato che sei già legato a lei sarà una delle tre a te assegnate, sono tutte in città così che tu possa recarti da loro e discutere i dettagli.”

 

“Mi perdoni, Consigliere, devo aver sentito male.”

 

“Sarai il compagno di T’pring, Lastana e Yain. La prima è stata scelta dai tuoi genitori, le altre due posseggono una genetica compatibile con la tua.”

 

“Quindi questo è lo scopo del censo.” Spock notò più che domandò.

 

“C’è un terribile squilibrio nella popolazione di Vulcano, le femmine superano i maschi tre a uno.”

 

“E questa è la soluzione del Consiglio?”

 

“È l’unica soluzione.” Ry’in replicò seriamente. “Abbiamo bisogno di ogni singola goccia di sangue Vulcaniano nella Galassia, non possiamo permetterci di avere delle femmine che spendono la loro vita sterili per mancanza di maschi. Utilizzando questo sistema possiamo assicurarci che non ci siano accoppiamenti fra consanguinei per le prossime sette generazioni. Dopodiché il nostro numero sarà abbastanza elevato da permetterci di ritornare alle nostre tradizioni.”

 

“Prendendo in prestito una frase da un mio amico: Sei completamente fuori di testa?”

 

“Stai attento a come parli, Spock.”

 

“Le mie scuse,” Spock si inchinò leggermente al Consigliere “tuttavia, deve comprendere che non posso acconsentire a tutto ciò. Nessun Vulcaniano potrebbe.”

 

“È qui che ti sbagli, abbiamo il cento per cento di collaborazione.”

 

“Mi trovo costretto a macchiare tale percentuale.”

 

“Non sei logico.”

 

“Sono leale.” Ribatté Spock.

 

“A chi?”

 

“Ho già una compagna.”

 

“Umana?” Chiese Ry’in con velato disgusto.

 

“Sì”

 

“Perché non ne siamo stati informati?”

 

“Perché non vi riguarda.”

 

“Ogni Vulcaniano ci riguarda.” Ry’in rispose gelidamente.

 

“Allora ora ne siete informati.” Spock si alzò in piedi. “Se abbiamo finito, ritornerò sull’Enterprise.”

 

“Spock…se te ne vai ora non sarai più il benvenuto.”

 

“Capisco. Non credo di essere mai stato il benvenuto sin dal principio.”

 

“Avevo avvertito tuo padre che questo sarebbe successo prima o poi.” Sibilò Ry’in.

 

“Che cosa sarebbe successo?”

 

“Che permetterti di vivere insieme agli umani ti avrebbe potuto trasformare in uno di loro.”

 

“Suppongo di essere già a metà strada in questo.”

 

“Sbagliato.” Ry’in scosse la testa. “ Il sangue dei Vulcaniani è tre volte più forte di quello degli umani. Tu sei per tre-quarti tuo padre e solo per un quarto tua madre. È l’unico modo nel quale il tuo concepimento sarebbe stato possibile. Qualsiasi tuo figlio concepito con una donna Vulcaniana avrà così poco sangue umano da essere praticamente puro.”

 

“Qualsiasi mio figlio sarà più umano di me.”

 

“Spock, tu hai delle responsabilità nei confronti della tua gente.”

 

“Forse i Vulcaniani dovrebbero prendere esempio da mio padre, se è la diversità genetica ciò di cui abbiamo bisogno allora fate in modo che su Natala possa trasferirsi un definito numero di maschi umani e lasciate che la natura faccia il suo corso. Non sarò ridotto ad un animale per scopi riproduttivi.”

 

“Vattene.”

 

Spock annuì leggermente prima di girarsi ed andarsene. Tornato all’entrata principale catturò con la coda dell’occhio un leggero movimento. Spock si fermò mentre una bellissima e giovane Vulcaniana uscì dall’ombra. Si mise sul suo cammino e lo guardò con aria feroce.

 

“Spock.”

 

“T’pring?”

 

“Sì.” Replicò gelidamente T’pring. “Spock, dato che le nostre attuali leggi vietano il Kal-if-fee non ho più il potere di ripudiarti come mio compagno. Sono quindi costretta a piegarmi alla volontà del Consiglio. Ti accetto come futuro padre dei miei figli, tuttavia, richiedo che tu scelga una delle altre due a te assegnate come tua legittima moglie.”

 

“Non farò niente di tutto ciò. Considerati libera.”

 

“Libera? Mi stai respingendo?”

 

“Mi sembra che il sentimento sia reciproco.”

 

Spock si spostò di lato così da poter oltrepassare T’pring. Lei lo guardò andarsene con un’espressione impassibile dipinta sul viso. Non volendo niente di più che tornare sull’Enterprise, Spock si incamminò velocemente verso lo spiazzo isolato poco fuori città dove era stato materializzato in precedenza. Una volta giunto sul posto tirò fuori il comunicatore.

 

“Enterprise? Qui Spock.”

 

“Qui Scott.”

 

“Sono pronto per essere tr…”

 

“Spock!” Una voce femminile lo chiamò.

 

“Aspetti Signor Scott.”

 

“Sì, Signore.”

 

Girandosi Spock vide un’altra Vulcaniana, all’incirca della stessa età di T’pring, che gli si avvicinava velocemente. Aspettò che lei gli si avvicinasse sul secco terreno roccioso senza muoversi per incontrarla a metà strada. Quando arrivò, la donna inchinò la testa in segno di rispetto e tenne lo sguardo fisso sul terreno. Prima di cominciare a parlare si guardò attorno per assicurarsi che fossero soli.

 

“Spock, chiedo il tuo aiuto…per favore, non so a chi altri rivolgermi.”

 

“Come posso esserti di aiuto?”

 

“Mio fratello, non è tornato per il censimento. Era su una Base della Flotta Stellare, la 17.”

 

“La Base Stellare 17? La più vicina al buco nero di Vulcano?”

 

“Sì.”

 

“Cosa lo portava lì?”

 

“Non lo so. Tutto ciò che so è che doveva essere di ritorno sei giorni fa, ma non ho più avuto sue notizie. L’Alto Consiglio non mi permette di contattarlo, non posso permettermi di andare io stessa a cercarlo, e non so a chi altri rivolgermi nella Flotta Stellare…tranne te.”

 

“Qual è il suo nome?”

 

“Darick.”

 

“E il tuo?”

 

“Tia.”

 

“Cercherò di scoprire qualcosa.”

 

“Grazie.”

 

Tia si inchinò di nuovo e poi se ne andò. Una volta che si fu abbastanza allontanata Spock contattò nuovamente la nave  e fece ritorno. Lasciò la sala del teletrasporto e si diresse ai suoi appartamenti. Sapeva che Nyota si sarebbe arrabbiata perché non l’aveva avvisata del suo ritorno, ma aveva problemi più importanti. Sedendosi al suo tavolo accese il computer.

 

“Computer, accedi al censimento svolto dalla Federazione sul popolo Vulcaniano dopo la distruzione del loro pianeta natale.”

 

“Eseguito.” Rispose il computer. “Conto totale 12,307.”

 

“È stato calcolato anche il rapporto fra maschi e femmine? Se sì, qual era?”

 

“Approssimativamente due femmine per ogni maschio.”

 

“Non voglio un’approssimazione, qual è l’esatto rapporto fino alla sesta cifra significativa?”

 

“1.635287 femmine per ogni maschio.”

 

“Interessante.”

 

Spock spense il computer e pensò alle ramificazioni del censimento svolto dalla Federazione. Arrivò a tre logiche conclusioni. La prima era semplicemente che l’affrettato censimento della Federazione fosse errato. L’altra che l’Alto Consigliere gli avesse mentito, o avesse false informazioni.

 

“…oppure i maschi Vulcaniani stanno morendo ad un tasso allarmante.”

 

 

 

 

 

Grazie a tutti quelli che hanno commentato!^^ Un grazie particolare a XXXSuigetsuXXX e a Penelope Fuxia, come mi hai suggerito ho corretto censo con censimento!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

Kirk si appoggiò allo schienale della sedia e fissò il soffitto del suo appartamento. Soppesare le sue opzioni non sembrava di aiuto. Alla fine semplicemente si alzò e vagabondò per i corridoi. Camminando per la nave arrivò velocemente agli appartamenti del suo Primo Ufficiale. Kirk passò la mano sulla piastra accanto alla porta per allertare Spock del suo arrivo.

“Entri.” La risposta di Spock arrivò dall’interno.

Kirk entrò nella stanza e si guardò intorno ammirando le decorazioni provenienti da Vulcano e dall’Africa. Spock era seduto al suo tavolo con le punte delle dita di ciascuna mano che si toccavano gentilmente, un chiaro segno del fatto che doveva essere stato immerso nei suoi pensieri quando Kirk era arrivato. Arrivato al tavolo Kirk vi ci sedette sopra con noncuranza, dimenticandosi quanto irritasse Spock che i suoi mobili fossero usati per qualcosa che non fosse lo scopo per il quale erano stati creati.

“Allora…come sono andate le cose su Natala?”

“Come ci si aspettava.”

“Sì…giusto.” Kirk non parlò per un momento. “Problemi?”

“Nessuno che la riguardi.”

“Vedo. Ok, Spock, dato che chiaramente non riceverò una risposta diretta senza una domanda diretta, facciamo così: perché l’Alto Consiglio mi ha contattato per informarmi che in nessuna circostanza ti dovrò assistere nel ritornare sul pianeta e che devo andarmene dall’orbita del pianeta entro un’ora o qualcosa del genere? Le parole erano tutte molto educate e poetiche, ma fondamentalmente si risolvevano nel dirti: ‘fottiti tu e la nave sulla quale ti trovi’.”

“Molto poetico, Capitano.”

“Seriamente, Spock, che è successo laggiù?”

“Sono stato inserito nel censimento, mi è stata fatta una richiesta, l’ho rifiutata.”

“Tutto qui?”

“Sì.”

“Il tuo rifiuto influenzerà in qualche modo la tua abilità di servire su questa nave o impedirà la sua missione in qualche modo?”

“No, Capitano.”

 “Ne sei sicuro?”

“Non posso prevedere ogni singola situazione in cui ci troveremo e promettere che i nemici politici che oggi mi sono fatto non avranno alcuna conseguenza,”replicò Spock “tuttavia, le probabilità di tali complicazioni sono così scarse che credo che il mio servizio a bordo dell’Enterprise sia ancora assicurato.”

“Ne sono certo.” Kirk sorrise. “Te l’ho chiesto perché mi è stato domandato dalla Flotta Stellare di portarti sulla Base Stellare 17 immediatamente.”

“La Base Stellare 17? Per quale motivo?”

“Un Vulcaniano è stato accusato di omicidio e prima di contattare l’Alto Consiglio vogliono sapere la tua opinione a riguardo.”

“Non capisco, non sono un avvocato.”

“La Flotta Stellare non ha voluto darmi dettagli utilizzando le comunicazioni sub-spaziali, ma pare che ci siano insolite circostanze circa il caso.”

“Capisco.”

“Onestamente credo che la Flotta Stellare non sappia più come comportarsi con Vulcano o i Vulcaniani.”

“Dovrebbero trattarci come ci hanno sempre trattati.”

“Non è così semplice, Spock.” Sospirò Kirk.

“Apparentemente no.” 

Kirk guardò come gli occhi del suo amico cominciarono a fissare il nulla. Era un avvenimento comune quando la sua mente stava lavorando a qualcosa che metteva in difficoltà pure il suo cervello vulcaniano. Aveva messo giù le mani, ma ora le aveva di nuovo alzate a formare una gabbia nella quale rinchiudere i suoi pensieri mentre li analizzava. Kirk sapeva che se non avesse detto niente Spock sarebbe potuto rimanere così per sempre.

“Stai pensando a qualcosa, Spock?”

“Sempre.”

“Qualcosa di cui vorresti parlare?” Chiarì Kirk scotendo tristemente la testa.

“No, Capitano.”

“Quindi non hai niente da ridire se andiamo alla Base Stellare 17?”

“No.”

“Bene, imposteremo subito la rotta allora.”

Il viaggio attraverso la Galassia verso la Base Stellare 17 fu privo di eventi. Al momento dell’arrivo il Capitano decise di rimanere per un po’ alla base così da poter dare all’equipaggio qualche giorno di permesso. Kirk e McCoy decisero di unirsi a Spock per la missione al centro di detenzione della Base Stellare 17. McCoy entrò nella Base e si guardò attorno con disprezzo.

“Qualcosa che non va Bones?”

“Detesto questi posti, tutta la Galassia che va e viene in un unico posto. Serve solo ad allevare malattie.”

“Vuoi tornare a bordo per prenderti una mascherina?” Lo stuzzicò Kirk.

“Non servirebbe a niente.” Sbuffò Bones. “Molti virus possono infiltrarsi attraverso la pelle.”

“Le assicuro che nelle Basi Stellari vengono prese tutte le precauzioni necessarie per contenere le malattie, Dottore.” Lo placò Spock.

“Credimi, fra 24 ore la mia Infermeria sarà piena zeppa. L’ho visto accadere dozzine di volte. E se non sarà per una malattia sarà per l’alcool.”

Kirk ridacchiò e diede una pacca sulla schiena a Bones. Spock aspettò che smettessero di scherzare e continuò a camminare attraverso l’affollata Base. Arrivati ai livelli inferiori la popolazione calò drasticamente. La sicurezza laggiù era stretta e dovettero aspettare che le guardie finissero i soliti controlli prima di poter parlare con il Capo della Sicurezza.

“Signori,” li salutò il Capo della Sicurezza “vi ringrazio di essere venuti. Sono il tenete Stevens.”

“Sono il Capitano Kirk, questo è il mio Primo Ufficiale Spock, e il Capo Medico il Dr. McCoy.”

“Sì, sì, grazie a tutti di essere venuti.”

“Tenente,” disse Spock “qual è la natura delle accuse rivolte contro il Vulcaniano?”

“Temo che le accuse siano di aggressione aggravata, e dalle 18.00 di ieri, omicidio.”

“Omicidio?” Kirk ripetè sorpreso.

“Sì, una delle guardie che ha assalito è morta. Le altre sei sono in brutte condizioni, ma si riprenderanno.”

“Ci sta dicendo che un Vulcaniano ha brutalmente assalito sette uomini?” Chiese Bones.

“Sì, Dottore. Due di loro erano Ufficiali della Flotta Stellare.”

“Non sembra il normale comportamento di un Vulcaniano.” Notò Kirk.

“No, non sembra.” Concordò Spock. “Quali erano le circostanze dell’assalto?”

“C’è molta confusione al riguardo. È stato trovato in un hangar, ma non è chiaro cosa stesse facendo lì.”

“Potrebbe aver tentato di rubare una nave?” Chiese Spock.

“È possibile.” Annuì Stevens. “Era alla Base da meno di 12 ore quando è avvenuto l’attacco. Tuttavia, gli Ufficiali coinvolti hanno detto che sembrava piuttosto disorientato subito prima che avvenisse l’incidente. La guardia che è morta gli si era avvicinata per chiedergli se poteva aiutarlo, e lui gli si è lanciato addosso.”

“Le sue intenzioni potrebbero non essere state di uccidere.” Disse fermamente Spock.

“Perché no?” Chiese Bones.

“Se lo avesse voluto avrebbe potuto ucciderlo facilmente come anche gli altri sei.”

“Cosa ha avuto da dire a proposito dell’incidente?” Chiese Kirk.

“Niente. Non ha detto una sola parola. Una delle ragioni per le quali abbiamo chiesto alla Flotta Stellare di permettere al Signor Spock di venire era la speranza che parlasse ad un altro Vulcaniano.”

“Non ero una scelta logica per questa missione.” Informò Spock. “Tuttavia, cercherò di parlargli.”

“È tutto quello che chiediamo. Da questa parte, Signori.”

Stevens li condusse per una serie di corridoi nei livelli inferiori. Arrivarono ad una porta sorvegliata da due guardie che li lasciarono passare. Alla fine della sala c’era un portone che brillava per la luce del campo di forza attivo. Nella piccola stanza che si intravedeva vi era un giovane Vulcaniano che sedeva a gambe incrociate in un angolo tenendo gli occhi chiusi.

“È rimasto così tutto il tempo, non ha dormito o mangiato.” Disse Stevens.

“I Vulcaniani non hanno gli stessi bisogni biologici degli umani, può andare avanti così per settimane. È profondamente in meditazione.”

“Ha mostrato comportamenti violenti dal giorno dell’attacco?” Chiese Kirk.

“Sinceramente, Capitano, abbiamo avuto paura di entrare là dentro.”

“Qual è il suo nome?” Chiese Bones.

“Darick.”

“Interessante.”

“Lo conosci, Spock?” Chiese McCoy.

“No. Ho incontrato sua sorella su Natala. Mi ha informato che era in ritardo di sei giorni per il suo ritorno. Quando è avvenuto l’attacco?”

“Tre giorni fa.”

“Ci ha contattati subito dopo l’attacco?”

“Sì, Signore.” Annuì Stevens.

“Quindi Darick era già in ritardo di diversi giorni quando è avvenuto l’attacco, eppure era alla Base solo da 12 ore.” Rimuginò Spock.

“Dove era il resto del tempo?” Chiese Kirk.

“Potrebbe essere una domanda importante.” Disse Spock. “Se abbasserete il campo di forza proverò a parlargli.”

“È certo che sia sicuro, Signore?” Chiese Stevens.

“Sarò al sicuro.”

“Sì, Signore.”

Stevens digitò un complicato codice sul pannello a fianco della porta e il campo di forza si intensificò per un attimo prima di sparire. Spock camminò nella stanza sicuro di sé e si avvicinò a Darick che non aveva dato segno di essersi accorto di lui. Fu solo quando Spock si inginocchiò di fronte a lui che Darick reagì.

Darick aprì gli occhi di scatto e guardò con aria feroce Spock. La sua faccia mutò in una smorfia di pura rabbia e si lanciò su Spock. Kirk e Bones urlarono in allarme, ma Spock semplicemente alzò una mano e premette sullo spazio fra il collo e la spalla di Darick. Darick crollò a terra immediatamente.

Guardando il Vulcaniano a terra con curiosità Spock portò la punta delle dita alla tempia di Darick. Fissò il vuoto davanti a sé per qualche momento mentre ispezionava la mente dell’altro Vulcaniano. Soddisfatto Spock si rialzò in piedi e uscì dalla stanza di contenimento. Stevens ripristinò immediatamente il campo di forza.

“Ho la ragione per l’attacco: è completamente pazzo.”

 

Avviso ai lettori: da ora in poi cercherò di aggiornare ogni giovedì e sabato. Non dovrebbe essermi troppo difficile dato che ho tradotto già abbastanza capitoli.

Detto questo, grazie a tutti quelli che mi seguono!^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

“Matto?”

 

“Sì, Capitano.” Annuì Spock. “I suoi pensieri sono caotici, illeggibili e, soprattutto, altamente emotivi.”

 

“È comune questa sorta di collasso mentale fra i Vulcaniani?” Chiese Bones.

 

“Non si è mai sentito prima. Dato che non riesco a capire i suoi pensieri è impossibile dire cosa lo abbia condotto a questo.”

 

“Quali sono le probabili cause?”

 

“I principali sospetti sono: malattia, avvelenamento da radiazioni o qualche forma particolarmente brutale di tortura.”

 

“Tortura?” Chiese Bones in allarme.

 

“Se arrivi a ‘distruggere’ un Vulcaniano è ‘distrutto’ per sempre e di nessuna utilità per chiunque.” Replicò Spock con calma. “Non è un utilizzo logico del tempo, ma forse chi ha trattenuto Darick non lo sapeva, o non gli importava. Ci sono dei gruppi nella Galassia ai quali non dispiacerebbe di vedere i Vulcaniani spinti all’estinzione.”

 

“Hai menzionato anche una malattia.” Disse Kirk. “Ci sono per caso delle malattie di Vulcano che avrebbero potuto causare tutto ciò?”

 

“Nessuna della quale io sia a conoscenza.”

 

“Bones, puoi controllarlo?”

 

“Dipende. Si sveglierà e cercherà di uccidermi?”

 

“È molto probabile, Dottore.” Annuì Spock. “Comunque, la assisterò io in quel caso.”

 

“Tenente, abbassi il campo di forza.” Ordinò Kirk. 

 

“Sì, Signore.”

 

McCoy entrò nella piccola stanza e si inginocchiò a fianco del Vulcaniano incosciente. Spock si inginocchiò poco distante in caso ci fosse stato bisogno del suo intervento. Usando il suo tricorder medico McCoy analizzò rapidamente le condizioni del suo paziente. Corrugò le sopracciglia mentre leggeva i risultati.

 

“Trovato qualcosa, Bones?”

 

“Beh, non sono un esperto in fisionomia Vulcaniana, ma non sto individuando nessun segno di agenti patogeni.”

 

“Quindi è molto probabile che non sia una malattia.” Notò Spock.

 

“Lo dubito fortemente anch’io.” Concordò Bones. “Nessuna traccia di radiazioni, c’è stato un tremendo sforzo nel sistema cardiovascolare.”

 

“Ciò potrebbe implicare varie cause.”

 

“Sì. Il livello di ormoni e di enzimi del fegato non mi sembra normale…ma potrebbe essere perfettamente nella norma per un Vulcaniano.”

 

“Può visitare me per fare un raffronto, Dottore.”

 

Bones annuì e alzò il tricorder per analizzare Spock. Di nuovo fu preoccupato di ciò che stava leggendo.

 

“Dottore?”

 

“I tuoi livelli sono certamente più alti del normale, i suoi lo sono di più, però…”

 

“Lui non è metà umano.” Finì per lui Spock.

 

“Già.”

 

“Bones,” Sospirò Kirk “mettilo in parole povere per me.”

 

“Sospetto che ci sia una sorta di squilibrio in questo Vulcaniano, ma senza portarlo in infermeria non posso fare i test di cui ho bisogno per accertarmene.”

 

“Qualche idea su quale sia la causa dello squilibrio?” Chiese Kirk.

 

“Beh se recentemente è stato maltrattato il suo sistema dimostrerebbe un collasso simile.”

 

“Tenente?” Spock alzò lo sguardo.

 

“Sì, Signor Spock?”

 

“I suoi files riportano la data di nascita di Darick?”

 

“Sì, Signore.” Stevens tirò fuori un piccolo congegno dalla tasca e vi digitò sopra per qualche momento. “Data Stellare 456782.3.”

 

“Questo lo rende, cosa…sette anni più vecchio di te, Spock?” Chiese Kirk.

 

“Sei anni, undici mesi, tre giorni.”

 

“È importante?” Chiese Bones.

 

“Non lo so.” Replicò vagamente Spock.

 

“E allora perché l’hai chiesto?”

 

“Sto solo cercando di raccogliere tutte le informazioni possibili, Dottore.”

 

“Capitano,” Disse McCoy “non troveremo nessuna risposta qui, ha bisogno di essere trasferito subito in Infer…”

 

“Assolutamente no.” Una voce profonda rimbombò improvvisamente.

 

La squadra, incluso Stevens, alzò lo sguardo sorpresa. Un Vulcaniano dai capelli grigi con addosso una veste, seguito da tre guardie più giovani, si stava facendo strada verso di loro velocemente. Il Vulcaniano a capo del gruppo si fece strada verso Kirk e guardò in un punto fra lui e Stevens.

 

“Chi è ufficialmente incaricato della custodia del prigioniero?”

 

“Io, Signore.” Disse Stevens tranquillamente.

 

“Lo rilascerete sotto la mia custodia immediatamente.”

 

“In base a quale autorità?” Domandò Kirk.

 

“Capitano,” interruppe Spock “egli è l’Alto Consigliere Ilion, ha preso il posto di T’Pau come Capo Supremo alla sua morte su Vulcano comportata dalla sua decisione di rimanere.”

 

“Consigliere Ilion, le mie scuse, è un onore.”

 

“Ne sono certo.” Disse Ilion congedandolo. “Lasciate il prigioniero sotto la nostra custodia.”

 

“Consigliere,” disse Kirk rispettosamente “deve capire che Darick è stato accusato di omicidio dalla Flotta Stellare.”

 

“Sono pienamente cosciente delle accuse, Capitano. Ciò che lei deve comprendere è che quelle in cui ci troviamo non sono normali circostanze. Noi siamo fra le più rare specie intelligenti e ci occuperemo di ciò che riguarda Vulcano. Metterebbe a morte un membro di una specie a rischio d’estinzione?”

 

“La Flotta Stellare e la Federazione non credono nella pena di morte.”

 

“Imprigionarlo su qualche pianeta desolato è peggio della morte. Il prezzo da pagare per la nostra specie è troppo alto. Il suo caso sarà trattato su Natala.”

 

“Consigliere Ilion,” disse rispettosamente Spock “abbiamo ragione di credere che Darick sia stato portato alla paz…”

 

“Non sono interessato in ciò che tu credi, Spock.”Lo interruppe Ilion. “Ho la piena autorità per prendere questo Vulcaniano ora, autorizzata sia dalla Flotta Stellare sia dalla Federazione.”

 

Ilion produsse un documento di plastica e lo porse direttamente a Stevens. Dopo averlo brevemente letto Stevens annuì e si spostò di lato. Bones, a malincuore, si allontanò di un passo dal suo paziente e guardò Kirk pregandolo di fare qualcosa. Proprio mentre le guardie di Ilion lo stavano sollevando Darick riprese improvvisamente conoscenza. Vedendo gli altri Vulcaniani i suoi occhi si allargarono per il terrore. Alzandosi corse all’angolo e strillò.

 

“No!”Gridò Darick. “Dovevo provare! Dovevo…”

 

Una delle guardie si allungò e ripetè la presa al nervo che l’aveva precedentemente fatto svenire. Darick crollò nuovamente al suolo. Fu sollevato per le spalle da due guardie e portato fuori dalla cella. Mentre veniva trascinato via nessuno notò la striscia di sangue verde che gli colava dal naso.

 

“Non potete semplicemente portarlo via,” protestò Bones “è malato.”

 

Ilion si fermò un momento prima di annuire tristemente. “Lo sappiamo. Riceverà le migliori cure, ci dispiace per la perdita del suo uomo Tenete Stevens.”

 

Senza ulteriori cerimonie Ilion e i suoi uomini se ne andarono con il loro ‘premio’. Kirk spese qualche minuto cercando di capire cosa era successo esattamente, ma non sapeva come spiegarselo. Gli era stato assicurato che la Flotta Stellare voleva l’opinione di Spock su Darick prima di informare l’Alto Consiglio, eppure loro sapevano esattamente cos’era successo. L’unico modo con il quale avrebbero potuto raggiungere la Base Stellare 17 in così poco tempo sarebbe stato se la Flotta Stellare avesse avvisato il Consiglio allo stesso momento nel quale avevano avvisato loro, o se il consiglio avesse ascoltato le comunicazioni sub-spaziali. Entrambe lo opzioni erano inquietanti.

 

“Spock.”

 

“Sì, Capitano.”

 

“Quanto è strano che il Capo Supremo in persona sia venuto qui per occuparsi di questa faccenda?”

 

“Ci sono solo due spiegazioni: Darick e il Consigliere Ilion sono imparentati, o questa è una faccenda della massima importanza per il Consiglio.”

 

“Proprio quello che pensavo anch’io.” Kirk annuì e poi sospirò frustrato. “Va bene, non c’è niente che possiamo fare qui. Prendetevi qualche giorno di permesso, Signori. Proverò a parlare con la Flotta Stellare di tutto questo.”

 

“Capitano, posso suggerirle di non interferire con Vulcano riguardo a questa faccenda?”

 

“Perché no?”

 

“Credo di sapere perché il Consiglio è così disperato da accettare persino un Vulcaniano accusato di omicidio e chiaramente pazzo.”

 

“Stanno cominciando un programma di riproduzione, vero?” Chiese Bones.

 

“Sì, Dottore. È perfettamente logico.”

 

“È questo il motivo per il quale li hai rifiutati?” Chiese Kirk. “Essere parte del programma?”

 

“Ho dei doveri nei confronti della Flotta Stellare.”

 

“E Uhura.” Aggiunse Kirk.

 

“Sì.”

 

“Quand’è che la sposerai?” Lo prese in giro Kirk.

 

“Capitano, la prego, non desidero discutere di questa faccenda.”

 

“Nessuna offesa,Spock,” sorrise Bones “ma sono un po’ sorpreso che si siano arrabbiati così tanto per il fatto che tu abbia detto loro ‘no’. Dopotutto hanno sempre trattato il tuo sangue metà umano come veleno.”

 

“Questo le dimostra quanto siano disperati, Dottore.”

 

 

Ecco un altro capitolo! Grazie ancora Persefone Fuxia per i tuoi consigli, li apprezzo davvero molto e grazie anche a tutti quelli che mi seguono^^

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 

Capitolo 5

 

Spock non provava nessun interesse nel prendersi qualche giorno di permesso su una Base Stellare, o in qualsiasi altro posto per quel che importava. Ritornando a bordo della nave controllò che sul Ponte tutto andasse bene. L’equipaggio ridotto a pochi elementi lo rassicurò che tutto era a posto. Sentiva il bisogno di restare sul Ponte, ma con la nave che non andava da nessuna parte non era logico continuare a restare vigili.

 

Spock cominciò allora a vagabondare per tutti i corridoi, controllando ingegneria, la sala teletrasporto, il controllo ausiliario, ed innumerevoli altre stazioni. Quando si ritrovò a controllare addirittura l’Infermeria si rese conto che non stava facendo tutti questi controlli perché ce n’era bisogno, ma perché lui aveva bisogno di fare qualcosa.

 

“Posso esserle d’aiuto, Signor Spock?”

 

“No, Signorina Chapel, sto semplicemente controllando le varie stazioni.”

 

“Oh, beh le cose qui non si faranno movimentate per almeno altre sei ore.”

 

“Devo intendere che lei prevede un aumento delle attività quando si visitano le Basi Stellari?”

 

“Ogni volta.”

 

“Questo dovrebbe fare piacere al Dr. McCoy.”

 

“Non prova mai piacere nel vedere un membro dell’equipaggio ferito, Signor Spock.” Replicò la Signorina Chapel un po’ ferita.

 

“Lo so, proverà piacere perché avrà la prova di essere stato nel giusto.”

 

“Allora sarà di buon umore.”

 

“Indubbiamente.” Concordò Spock.

 

“È sicuro che non posso aiutarla in nessun modo?”

 

“Perché lo chiede?”

 

“Non viene mai quaggiù solo per…chiacchierare.”

 

“Sono in perfetta salute. Buona giornata, Signorina Chapel.”

 

“Buona giornata, Signor Spock, per favore dica a Nyota che probabilmente non ce la farò per il nostro match di tennis questa sera.”

 

“Lo farò.”

 

Continuando a sentirsi scomodamente pieno di energie Spock decise di utilizzare quell’energia per qualche scopo. Camminò fino a raggiungere il livello dove si trovava la palestra. Non era sicuro di cosa voleva fare, correre in tondo non sembrava avere un vero scopo. Arrivato negli spogliatoi tuttavia scorse un formidabile avversario.

 

“Signor Sulu, potrei coinvolgerla in un duello?”

 

“Sempre, Spock.” Sorrise Sulu. “Lei è l’unico su questa nave che non posso battere facilmente. La incontrerò al campo 4 in dieci minuti.”

 

“Eccellente.”

 

Spock incontrò Sulu nel grande campo come d’accordo. Si erano entrambi cambiati. Ora indossavano una tuta bianca aderente alla pelle con maniche che arrivavano fino ai polsi, il colletto copriva la gola, un paio di guanti bianchi completavano il corredo. Armati con delle sottili spade da scherma si misero uno di fronte all’altro come da tradizione. Duellavano con le regole della spada rendendo legittimi i colpi a qualsiasi parte del corpo senza eccezioni. Dato che non indossavano maschere decisero di vietare i colpi al volto.

 

“Pronto?” Chiese Sulu sfoggiando un sorriso smagliante.

 

“Pronto.”

 

Con un grido proveniente dal cuore Sulu si lanciò addosso a Spock con sprezzante abbandono e grande abilità. Era chiaro che godeva immensamente dell’avversario Vulcaniano. Spock fu abbastanza veloce da deviare il primo colpo e squarciare brutalmente l’addome di Sulu. Sulu aveva compiuto un salto all’indietro, ma finì lo stesso con una linea rossa che gli colava dallo stomaco.

 

“Bel colpo!” Lo lodò Sulu.

 

“Grazie.”

 

I seguenti round consistettero unicamente nel rumore dell’acciaio con cozzava con l’acciaio. Mentre Spock aveva la guardia alta a destra Sulu colse l’opportunità di colpire la sua spalla sinistra. Un verde brillante macchiò la spalla di Spock. Con quel colpo entrambi intensificarono lo scontro. La larga stanza permetteva sia la carica che la ritirata. Dopo tanto Sulu era gocciolante di sudore ed entrambi erano coperti di segni colorati dove erano andati a segno colpi minori.

 

Alla fine Sulu ebbe la meglio e affondò la sua spada nel centro del petto di Spock. Il vestito in principio bianco si macchiò del verde che sgorgava dalla ferita. Sulu arretrò e abbassò la spada, fissando Spock. Spock guardò la macchia e alzò un sopracciglio.

 

“Signor Sulu, quello non è un colpo mortale per un Vulcaniano.”

 

“Giusto, ogni tanto me lo dimentico.”

 

“Le concedo la vittoria dato che in accordo alle regole tradizionali quello è un colpo vincente.”

 

“Grazie.”

 

Spock infilò il dito indice nella manica del braccio destro e premette un piccolo pulsante. Le macchie di verde sulla tuta bianca svanirono immediatamente. Sulu fece altrettanto e il match ricominciò. Le spade che utilizzavano erano fantasma, solo l’elsa era solida. Ponevano resistenza solo quando si toccavano l’un con l’altra. Quando la spada immaginaria entrava in contatto con il tessuto speciale della tuta creava un effetto visivo facendo comparire del sangue.

 

Ripuliti incominciarono il secondo match. Incominciando a respirare pesantemente Spock mise tutta la sua concentrazione nello scontro. Fece indietreggiare Sulu fin quasi al muro questa volta. Sulu non aveva fiato da sprecare in scherzi e non aveva più il suo sorriso smagliante. Chiunque avesse assistito alla scena avrebbe creduto che i due si stessero affrontando in un duello fino alla morte.

 

Dato che avere le spalle al muro lo poneva in una situazione di chiaro svantaggio Sulu eseguì una mossa rischiosa per riuscire a scappare. Quando Sulu provò a scappare roteando su sé stesso Spock lo squarciò violentemente. Essendo di spalle il colpo lo attraversò diagonalmente. La tuta di Sulu si illuminò di rosso segnalando un colpo mortale, in questo caso la spina dorsale spezzata. Sconfitto Sulu si voltò e si inchino a Spock.

 

“Sta diventando sempre più spietato, Signor Spock.” Ridacchiò Sulu. “È la prima volta che mi ha colpito alle spalle anche se ho fatto spesso l’errore di offrirgliele.”

 

“Le mie scuse.”

 

“Non ce n’è bisogno, è parte del gioco.” Sulu scrollò le spalle. “Ne facciamo un altro?”

 

“La prego.”

 

Questa volta Sulu si trovò rapidamente nei guai. La sua tuta gocciolava con falso sangue a causa dei brutali, ma non mortali, attacchi di Spock. Mentre il match si faceva più violento Sulu notò del sudore gocciolare dalla pelle di Spock. Sulu non ricordava di aver visto nemmeno una volta, neanche dopo i loro match più energetici, Spock sudare.

 

Quando Spock sferrò un colpo illegale alla faccia Sulu balzò automaticamente indietro anche se la spada non poteva fargli alcun danno. Perdendo l’equilibrio Sulu atterrò sulla schiena. Mostrando assolutamente nessuna pietà Spock colse l’opportunità per trapassare il cuore di Sulu. L’istante in cui realizzò di essersi appena approfittato di un avversario a terra, Spock lasciò cadere a terra la sua spada.

 

“Mi dispiace, Signor Sulu, è stato assolutamente inopportuno.”

 

“Non…non c’è problema, Spock. Alcune volte anch’io mi dimentico che è solo un gioco. Non credo di avere abbastanza energie per un altro match del genere.”

 

“È stato assolutamente antisportivo da parte mia.” Insistette Spock mentre offriva la mano a Sulu per aiutarlo ad alzarsi. “Ovviamente le cedo la vittoria.”

 

“Non è una questione di vincere o perdere, Spock,” sorrise Sulu “è il brivido del combattimento, e questo è stato certamente un match eccitante. Mi prenderò la rivincita in men che non si dica.”

 

I due si diressero verso gli spogliatoi. Spock alzò la mano e se la passo sulla fronte e poi rimase a fissare il liquido salato sulla sua mano. Non si era reso conto di quanto era stato dispendioso il match con Sulu fino a quel momento. Prendendo un profondo respiro Spock realizzò che si sentiva molto meglio rispetto a quando vagava per i corridoi. Il match era riuscito a fargli spendere completamente tutta quell’energia in più che aveva il pomeriggio.

 

Dopo essersi fatto una breve doccia Spock si rimise addosso l’uniforme e si domandò cosa fare. Decise di controllare nei suoi appartamenti per vedere se Uhura era ritornata dai suoi giorni di permesso. Entrando si rese subito conto di un piccolo e peloso invasore nella sua stanza quando questo si avventò sul suo piede. La risata musicale di Nyota subito gli stuzzicò le orecchie.

 

“Che cos’è?”

 

“Un gatto.” Nyota sorrise esitante.

 

“Questo lo posso vedere da solo. Immagino che avrei dovuto chiedere ‘Perché è qui?’.”

 

“L’ho adottato sulla Base Stellare 17, non ho saputo trattenermi.”

 

“Il Capitano è informato di questo animale?”

 

“Sì, gliel’ho chiesto, ha detto che andava bene. Infatti ha detto che pensava che avrebbe potuto farti bene.”

 

“A me?”

 

Spock guardò dubbiosamente il gatto rosso che si strusciava sulla sua gamba tenendo in alto la coda. Nyota trattenne il fiato quando Spock si chinò a raccogliere il gatto. Felice di stare ricevendo finalmente le attenzioni che meritava pienamente il gatto strofinò la testa sotto il mento di Spock cominciando a fare le fusa.

 

“Cosa sta facendo?”

 

“Sta facendo le fusa. Vuol dire che gli piaci.” Ridacchiò Nyota. “ Non hai mai sentito un gatto fare le fusa?”

 

“No. Su Vulcano i gatti venivano mangiati prima che avessero la possibilità di farle.” Spock passò il gatto a Uhura come se fosse stato un oggetto inanimato. “Penso che questo avrebbe un ottimo sapore in una salsa allo zenzero.”

 

“Cosa?” Chiese Nyota inorridita.

 

Un sorriso così lieve che toccò a malapena gli angoli della bocca di Spock gli apparve in viso. Non fu l’accenno di sorriso, quanto la breve scintilla di malizia che lampeggiò nei suoi occhi scuri che la fece fermare. Era uno sguardo così simile a quello del Capitano che per un momento la fece preoccupare, tuttavia, lo sguardo era apparso e svanito così in fretta che non era sicura di averlo visto davvero.

 

“Spock…era uno scherzo?”

 

“Sì.” Spock annuì e si avvicinò di nuovo il gatto. Completamente ignaro della finta minaccia il gatto continuò a fare le fusa.

 

“Allora lo possiamo tenere?”

 

“Ti rende felice?”

 

“Sì.”

 

“Allora è il benvenuto.”

 

“Grazie.” Nyota sorrise e baciò Spock sulla guancia.

 

“Questa creatura possiede un nome?”

 

“Anubis.”

 

“È un nome altamente illogico per un gatto dato che ‘Anubis’ era un’antica divinità egizia con il muso da sciacallo.”

 

“A me piace.”

 

“Anubis.” Ripeté Spock e il gatto alzò lo sguardo su di lui. “Sembra che anche a lui piaccia.”

 

Nyota ridacchiò di nuovo e arruffò il pelo di Anubis. Eccitato per aver trovato una nuova casa il gatto si mosse fra le braccia di Spock e si stiracchiò. Spock si mosse verso il letto e vi si sedette, accarezzando il soffice pelo di Anubis con sguardo assente. Nyota conosceva bene quello sguardo, stava pensando troppo a qualcosa.

 

Avvicinandosi al letto si sedette a fianco di Spock. Prese Anubis dalle sue mani e lo poggiò sul pavimento. Ancora immerso nei suoi pensieri Spock continuò a fissare davanti a sé. I muscoli delle spalle e del collo erano tesi per lo stress. Anche nella sicurezza dei loro appartamenti la sua postura era rigida come se un Ammiraglio potesse entrare da un momento all’altro. Un timido sorriso si diffuse sulle labbra di Nyota mentre si sporgeva e gentilmente applicava una leggera pressione sulla punta dell’orecchio di Spock con i denti. Spock chiuse gli occhi e prese un profondo respiro prima di riaprirli.

 

“Ti piace mordere le mie orecchie, non è vero?”

 

“Mi piace come ti fa rilassare.”

 

Spock annuì, tuttavia quando Nyota cercò qualcosa di più si sottrasse.

 

“Per favore non farmi questo oggi.” Disse Spock con calma. “È una discussione illogica che non desidero cominciare al momento.”

 

“Stavo solo essendo amichevole.”

 

“Mi stai torturando.”

 

“Non ti è mai dispiaciuto prima.”

 

“Le cose cambiano.” Replicò gelidamente Spock. “Comportamenti amorosi al di fuori del vincolo del matrimonio sono inaccettabili.”

 

“E io lo rispetto, davvero. Non cercavo niente di più che un bacio.”

 

“Presumo che i tuoi genitori non siano ancora interessati ad incontrarmi?”

 

“No.” Nyota ammise tristemente. “Mi dispiace, non avrei dovuto tenere nascosta la nostra relazione così a lungo, sta rendendo la loro approvazione ancora più difficile da ottenere. Mi serve solo più tempo, se non riesco a convincerli in sei mesi allora ci sposeremo senza di loro.”

 

“Uhura…” Spock si fermò senza continuare.

 

“Spock?”

 

“Uhura, io…io sto esaurendo il mio tempo. Potrei non avere sei mesi.”

 

“Che vuoi dire?”

 

“Sto invecchiando.”

 

“Hai trentadue anni…i Vulcaniani vivono centinaia di anni.” Disse Nyota sulla difensiva.

 

“Ne sono consapevole. È una delle ragioni principali che i tuoi genitori usano contro di me, no?”

 

“Sì, fra le altre.” Nyota sospirò. “Temono che quando invecchierò tu sarai ancora giovane e mi lascerai.”

 

“Si sbagliano, la mia giovinezza è ora…” Spock esitò di nuovo “ed è qualcosa che devo prendere in considerazione.”

 

“Non ti capisco.”

 

“Non mi aspetto che tu capisca.”

 

“Allora spiegami.” Domandò Nyota.

 

“Non posso.”

 

“Pensi che non capirò, che la mia mente umana non riuscirà a capire?” Ringhiò Uhura, improvvisamente arrabbiata.

 

“Non è così…”

 

“Non sei l’unico al quale pesa tutta questa attesa.” Sibilò Nyota mentre i suoi occhi brillavano per le lacrime. “Pensi che i tuoi migliori anni stiano svanendo? E i miei allora? Io non ho duecento anni da sprecare.”

 

“Nyota, ti prego non arrabbiarti…”

 

“Perché? Perché è troppo umano?”

 

“Uhu…”

 

“No, no, non voglio sentirlo.” Nyota si alzò in piedi. “Ti ho aspettato per quasi quattro anni, e ora tu non puoi concedermi sei mesi? Non posso credere che preferiresti sposare qualche stupida vagabonda su Natala piuttosto che aspettarmi o dimenticarti della tua natura moralista e semplicemente fare l’amore con me ‘fuori dal vincolo del matrimonio ’.”

 

“Non c’è nessuna su Natala per me.”

 

“Sì, certo. Pensi che sia stupida” Disse Nyota. “I Vulcaniani potranno anche non ammetterlo, ma tutta la Galassia sa che stanno cominciando un programma di riproduzione…è logico.”

 

“Hai ragione, ma io non ne sarò parte. Ho bruciato quel ponte, nessun Vulcaniano avrà niente a che fare con me, e io non avrò nulla a che fare con loro.”

 

“Allora dimmi cosa c’è che non va. Se non sposerai una Vulcaniana perché stai ‘finendo il tuo tempo’, spiegamelo.”

 

“Non posso.” Sospirò Spock.

 

“Spock,” disse Nyota “sei completamente illogico.”

 

Nyota girò sui tacchi e uscì dalla stanza. Spock ascoltò la porta che si apriva e si chiudeva mentre usciva. Se avesse potuto avrebbe sbattuto la porta ne era sicuro. Trovandosi improvvisamente a corto di fiato Spock si stese sul letto. Con la mano si premette la base del naso per fermare il mal di testa che stava arrivando. Anubis saltò sul letto e gli si strofinò contro.

 

“Perché non posso semplicemente dirglielo, Anubis?” Sospirò Spock al gatto. “Non è così complicato: se dovessi entrare nel Pon Farr a questo punto della mia vita…probabilmente morirei. Se non prenderò una compagna, sarò costretto a tornare su un mondo che non esiste più per partecipare ad una tradizione che è ormai proibita.”

 

Anubis fece le fuse e continuò a strofinarsi contro uno Spock turbato. Spock si alzò e spinse via con rabbia l’animale.

 

“Nyota ha ragione, sono completamente illogico…sto parlando con un gatto.”

 

 

 

 

 

Eccoci qua! Grazie ancora a tutti i lettori^^

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Era passata una settimana da quando Nyota se ne era andata via in preda alla rabbia. Aveva deciso di approfittare dei giorni di permesso per restare alla Base Stellare. Spock non l’aveva cercata né per scusarsi né per darle spiegazioni. L’esteso periodo di tempo senza muoversi mentre l’equipaggio faceva i turni di permesso e la nave veniva riparata e rifornita lasciò Spock con virtualmente nulla da fare per occupare il suo tempo.

 

In circostanze normali avrebbe cercato giornali scientifici da leggere nell’estesa banca dati di Memory Alpha. Tuttavia si ritrovò ad avere fin troppa energia in corpo per concentrarsi sulla lettura. Ci aveva provato diverse volte ed ogni volta scopriva che dopo un’ora di lettura aveva memorizzato pochissimo di ciò che aveva letto. Frustrato per questa insolita mancanza di concentrazione Spock si dedicò all’attività fisica.

 

Di nuovo in palestra Spock stava dedicando tutto se stesso ad un programma di combattimento. Vi era un’opzione che permetteva al combattente di affrontare l’immagine di un’altra persona, tuttavia, Spock preferiva la versione che semplicemente faceva lampeggiare dei quadrati colorati in aria che dovevano essere colpiti. Una volta colpiti un leggero campo di forza offriva resistenza fisica. Avendo battuto velocemente il livello più alto del programma Spock entrò direttamente nel sistema centrale per aumentare la forza e il tempo di reazione.

 

Concentrandosi unicamente sui quadrati colorati che lampeggiavano velocemente intorno a lui, Spock trovò finalmente la pace sotto forma di un cuore che batteva velocemente e del duro lavoro. A differenza del campo di scherma questa non era un’area privata e una manciata di membri dell’equipaggio stava svolgendo i soliti esercizi giornalieri. Ogni tanto qualcuno smetteva di eseguire i propri esercizi per guardare il Vulcaniano. Dopo un colpo particolarmente potente un Tenete lì vicino scosse la testa in soggezione e meraviglia.

 

“Amico…sono felice che sia dalla nostra parte.” Commentò il Tenete rivolto al suo compagno.

 

“Sì, promemoria per me: non far mai arrabbiare il Vulcaniano.”

 

Spock non sentì la conversazione, né se ne sarebbe curato. Passarono ore e più a lungo durava il combattimento più forza Spock metteva in ogni suo colpo. Alla fine il programma cedette per evitare di ferirlo, tuttavia l’ultimo colpo di Spock fu scagliato con talmente tanta violenza che la sua mano attraversò il programma e poi, per nulla frenata, anche il muro. Il dolore gli percorse immediatamente il braccio, ma lui non ci fece caso. Spock tolse la mano dal buco che aveva creato nel solido muro. Quando si voltò per andare ad informare la manutenzione scoprì che tutti avevano arrestato ciò che stavano facendo e ora lo fissavano.

 

Ignorando gli sguardi scioccati Spock si ritirò negli spogliatoi. Non si era reso conto fino a quel momento di quanto velocemente stava battendo il suo cuore. Poggiandosi la mano sul fianco poteva sentirlo battere contro la parte bassa della sua cassa toracica. Scosse la testa rendendosi conto del sudore che gli pungeva gli occhi, un’altra sensazione sconosciuta.

 

“Signor Spock, si sente bene?”

 

Spock si voltò e guardò ferocemente il Guardiamarina.

 

“Scusi, Signore.” Mormorò prima di correre via.

 

Prendendo un profondo respiro per cercare di riguadagnare la padronanza di sé Spock si tolse di dosso i vestiti inzuppati di sudore e si posizionò sotto il getto della doccia. Anche con il calore derivato dall’attività fisica che irradiava dalla sua pelle, Spock mantenne il getto d’acqua caldo. Il suo sangue si stava già raffreddando e l’ipotermia era uno di quei rari pericoli ai quali i Vulcaniani erano suscettibili se non stavano attenti.

 

“Signor Spock…sta bene?”

 

“Perché tutti insistono nel farmi questa domanda oggi?”

 

“Beh…uh…è rimasto sotto la doccia per più di venti minuti.” Replicò il Guardiamarina.

 

Spock lo guardò con un sopracciglio alzato, non del tutto certo se credergli o no. Annuendo a sè stesso Spock spense l’acqua e si cambiò in un’uniforme pulita. Ritornato ai suoi appartamenti Spock si sedette sul bordo del letto e fissò il muro. I suoi pensieri si diressero istantaneamente a Nyota e si domandò se sarebbe stata ancora arrabbiata al suo ritorno dai giorni di permesso. A questo punto stava considerando seriamente di domandarle di trovarsi dei nuovi appartamenti per la sua stessa sicurezza.

 

Come a dimostrazione dei suoi pensieri Anubis saltò sul letto e prima che potesse fermarsi Spock lo colpì violentemente. Preso fra le costole Anubis andò a sbattere contro il muro con un miagolio di dolore.

 

“Anubis!” Gridò Spock in preda al terrore.

 

Spock si alzò in un attimo e si inginocchiò a fianco del gatto. Anubis miagolò debolmente, ma non riusciva a rimettersi sulle zampe. Spock lo raccolse gentilmente e si affrettò fuori dalla stanza. Arrivato di corsa in Infermeria scrutò per tutta la stanza disperatamente.

 

“Dr. McCoy.”

 

“Spock?” Chiese Bones voltandosi. “Che succede?”

 

“Può aiutare questo animale?”

 

“Sono un dottore, non un veterinario.”

 

“Dottore…la prego.”

 

“Va bene, ma non faccio promesse. Che è successo?”

 

“Mi ha spaventato e l’ho colpito.”

 

“Capisco, ok, mettilo qui.”

 

Spock mise gentilmente Anubis su uno dei tavoli dell’Infermeria. Tenne una mano appoggiata sopra il gatto per tenerlo calmo. McCoy fece scorrere uno dei suoi sensori sopra l’animale e, nel processo, anche sopra la mano di Spock. Bones corrugò le sopracciglia osservando i risultati.

 

“Spock…sai che la tua mano è rotta?” Chiese Bones.

 

“Il gatto è più importante.”

 

“Più importante del Primo Ufficiale dell’Enterprise?”

 

“Nyo…Uhura non mi perdonerebbe mai se uccidessi il suo gatto.”

 

“No, probabilmente no. Comunque, non c’è bisogno che ti preoccupi, starà benissimo. È soltanto un po’ ammaccato e scosso.”

 

Bones preparò una siringa e la iniettò ad Anubis. Dopo pochi secondi il gatto fu di nuovo in piedi e si scrollò. Perdonandolo per l’attacco Anubis andò a strusciarsi contro Spock. Spock prese dolcemente il gatto e lo tenne in braccio.

 

“Mi dispiace, Anubis.”

 

“Beh, Spock,” sorrise Bones “se non ti conoscessi direi che tieni davvero a quel gatto.”

 

“È una creatura innocente che non merita di essere trattata con violenza.”

 

Comunque…penso che il Capitano avesse ragione, penso che quella palla di pelo stia tirando fuori la tua parte più dolce.”

 

“Non sono venuto qui per farmi insultare, Dottore.”

 

“Né sei venuto qui per quella mano malgrado sia piuttosto chiaro che è rotta in tre punti. Di certo non te la sei rotta contro il gatto. Che è successo?”

 

“Un programma in palestra non ha funzionato a dovere.”

 

“Ti dispiace se me ne occupo?”

 

Tenendo Anubis su un solo braccio Spock offrì silenziosamente la mano. McCoy vi fece scorrere sopra un dispositivo per determinare il miglior modo di rimettere a posto le ossa rotte. Fece scattare il metacarpo a posto abilmente. Con un altro strumento stimolò le ossa affinché si rifondessero insieme dopo un iniezione locale di calcio.

 

“Eccoti qua, Spock, come nuovo.”

 

“Grazie, Dottore.”

 

“In qualsiasi momento. Hai del tempo per una veloce visita medica?”

 

“Perché me lo chiede?”

 

“Volevo solo vedere se il tuo livello di ormoni e di enzimi nel fegato era tornato a posto, mi sembravano un po’ fuori scala quando li avevo controllati sulla Base Stellare una settimana fa.”

 

“Le assicuro che sono in ottima salute.”

 

“È un no?”

 

“Un’altra volta, Dottore.”

 

Bones guardò preoccupato Spock che se ne andava velocemente dall’Infermeria. Scrollandosi di dosso la preoccupazione tornò a lavoro. Quando Spock ritornò ai suoi appartamenti trovò Nyota ad aspettarlo, seduta sul bordo del suo tavolo. Sorpreso di vederla Spock rimase sulla porta con Anubis in braccio.

 

“Hai portato Anubis a fare una passeggiata?” Chiese Nyota con un timido sorriso.

 

“No.”

 

Spock mise giù il gatto e fece un passo verso Nyota prima di fermarsi di nuovo. Lei si alzò in piedi, ma non chiuse la distanza che c’era fra di loro. Spock chinò leggermente la testa e tenne le mani dietro la schiena prima di rompere il silenzio.

 

“Nyota, mi scuso, meriti qualcuno migliore di me.”

 

“Cosa?”

 

“Non sono stato onesto con te. Per questo mi scuso.”

 

“Allora dimmi la verità.”

 

“Se…” Spock si fermò e spostò il peso sull’altra gamba. “Se non trovo una compagna entro i prossimi ventisette giorni potrei rischiare di morire.”

 

“I Vulcaniani ti uccideranno?” Chiese Nyota in preda al panico.

 

“No.” Spock scosse la testa. “Il Vulcaniano che è in me mi ucciderà.”

 

“Qualcosa di biologico?”

 

“Si.” Ammise Spock con calma. “È chiamato Pon Farr, capita ogni sette anni nella vita adulta di ogni Vulcaniano. È un momento in cui abbandoniamo la logica e l’istinto di accoppiarsi diventa così potente da poterci portare alla morte. Il Pon Farr più pericoloso avviene fra i trenta e i trentacinque anni dipende dall’età in cui è avvenuto la prima volta. Senza una compagna c’è il 95% di probabilità di morte.”

 

“Perché non me lo hai detto prima?”

 

“Non è qualcosa della quale i Vulcaniani parlano.”

 

Un’espressione di shock, rabbia e sollievo apparve sui delicati lineamenti di Nyota. Prima che i riflessi fulminei di Spock avessero il tempo di reagire Nyota si avventò su di lui. Lo ingaggiò in bacio così carico di emozioni da lasciare entrambi senza fiato. Spock avvolse le sue braccia attorno alla sua sottile vita e la tenne stretta a sé. All’improvviso ebbe l’impulso irrefrenabile di morderle la soffice pelle del collo, tuttavia riuscì a trattenersi. Nyota si piegò leggermente all’indietro così da poterlo guardare negli occhi.

 

“Andiamo a trovare il Capitano.”

 

“Il Capitano?” Ripeté Spock confuso.

 

“Può celebrare il matrimonio, Christine e il Dr. McCoy possono fare da testimoni. Andiamo.”

 

“Ora?”

 

“Non ti perderò per qualcosa che avremmo dovuto fare già molto tempo fa.”

 

“Sembra…logico.”

 

Nyota rise e gli lanciò le braccia al collo facendolo abbassare per poi baciarlo di nuovo. Lui le prese il labbro inferiore fra i denti, la mascella gli tremava per lo sforzo di non morderla a sangue. Ruppe il bacio e scosse la testa per schiarirsela. Il fischio acuto che si levò improvvisamente nella stanza li avvisò di una chiamata in arrivo. Nyota si piegò all’indietro, premendosi ancora di più su Spock, per accendere l’interfono.

 

“Qui Spock.”

 

“Spock,” la voce di Kirk suonò come quella di un Capitano e non di un amico “ho bisogno di te nella sala conferenze, ora.”

 

“Sì, Signore.”

 

Spock sciolse l’abbraccio di Nyota. Lei capiva perfettamente che gli ordini venivano sempre prima di lei e lo accettava dato che la stessa cosa valeva nei confronti di Spock. Spock si diresse velocemente alla sala conferenze. Il Capitano era lì insieme a McCoy. Kirk passeggiava avanti e indietro come faceva sempre quando si sentiva impotente. Alzò lo sguardo all’entrata di Spock e gli fece cenno di avvicinarsi.

 

“Spock, vieni dentro, siediti.”

 

“Capitano, speravo di poter discutere di una cosa alquanto importante con l…”

 

“C’è stato un altro incidente riguardante un Vulcaniano,” lo interruppe Kirk “questa volta è un cadetto dell’Accademia della Flotta Stellare.”

 

“Un altro omicidio?”

 

“No…suicidio.”

 

 

 

 

Eccoci qua! Grazie ancora per i commenti, sono felice che questa storia ti interessi Thiliol!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

“Il Cadetto Yao?”

 

“Lo conoscevi, Spock?”

 

“Poco. Mi contattò due anni fa, voleva che lo aiutassi nella sua decisione di entrare nella Flotta Stellare.  Dopo aver analizzato le sue qualifiche non solo gli suggerii di entrarvi, ma gli scrissi anche una lettera di raccomandazione.”

 

“Ed era mentalmente sano a quel tempo?” Chiese Bones.

 

“Certamente, non lo avrei raccomandato altrimenti.”

 

“Com’è la vita all’Accademia per un Vulcaniano?” Chiese Kirk.

 

“Non capisco.”

 

“Il 99% dei cadetti e dello staff sono umani, non deve essere facile per un alieno.”

 

“L’Accademia della Flotta Stellare non è facile per nessuno, è fatta per eliminare i più deboli.”

 

“Non è quello che volevo dire, Spock.” Kirk sorrise tristemente. “Intendo a livello personale, so che tu hai dovuto lavorare il doppio degli altri per farti valere.”

 

“Ho dovuto lavorare il doppio degli altri ovunque nella mia vita.” Replicò Spock, continuando a non capire.

 

“Spock,” disse dolcemente Bones “quello che il Capitano sta cercando di chiedere è: pensi che lo stress dell’Accademia combinato con il senso di solitudine dovuto al fatto di essere diversi dalla maggioranza avrebbe potuto portare il Cadetto Yao al suicidio?”

 

“In nessuna circostanza.” Replico Spock con fermezza. “Sono tuttora convinto che la morte del Cadetto Yao non possa essere suicidio.”

 

“Cosa te lo fa dire?”

 

“Il suicidio è illogico.” Disse semplicemente Spock.

 

“Spock,” sospirò Kirk “ non importa quello che dici, so per certo che i Vulcaniani non sono immuni allo stress emotivo. Quando l’altro te ha toccato la mia mente ho visto la distruzione di Vulcano attraverso i suoi occhi. Era come se qualcuno mi avesse forzato a strapparmi da solo il cuore e a schiacciarlo fino a che non smetteva di battere.”

 

“Nella storia registrata di Vulcano non c’è mai stato un suicidio.”

 

“Mai?” Chiese Bones scioccato.

 

“Mai.” Confermò Spock. “Noi facciamo tesoro della vita, è illogico privarsi della propria.”

 

“Mi dispiace, Spock, la morte del Cadetto Yao è stata suicidio, ci sono due testimoni. È stato sorpreso poco prima dell’atto dal sua compagno di stanza e da un amico, ma non hanno fatto in tempo a fermarlo prima che si trafiggesse il petto con una spada. Il suo compagno di stanza ha detto che Yao non ha dormito per tutta la settimana e ulteriori indagini hanno dimostrato che probabilmente non stava neanche mangiando.”

 

Kirk lo guardò mentre Spock rifletteva sulle nuove informazioni. Poteva vedere che il Vulcaniano stava cercando di mettere della logica in un atto puramente emotivo. Spock mise le mani dietro la schiena e fissò il pavimento per qualche istante. Gli umani nella stanza gli lasciarono il tempo per pensare. Alla fine Spock si riunì a loro.

 

“Ha delle informazioni riguardo all’arma utilizzata?” Chiese Spock.

 

Kirk annuì ed incominciò a digitare sulla superficie del tavolo dove si poteva intravedere l’interfaccia di un computer. Un’immagine tridimensionale di una spada ricca di ornamenti apparve tremolante a qualche centimetro dalla superficie del tavolo. Cominciò a girare lentamente per permettere a coloro che si trovavano nella stanza di ispezionarla da ogni angolo.

 

“Questa è una scansione della spada originale.” Li informò Kirk. “Da quello che mi è stato detto è una spada cerimoniale Vulcaniana.”

 

“È una copia.” Annunciò Spock.

 

“Cosa?”

 

“È in effetti una spada ka-flash, ma non è stata fatta da mani vulcaniane.”

 

“Come puoi dirlo?” Chiese Bones.

 

“Gli angoli qui, qui e qui” Spock indicò diversi posti sulle sporgenze dell’elsa “sono di 88°, non di 90. Inoltre il materiale sembra essere acciaio e non la tradizionale anarainite, che non è altrettanto blu.”

 

“L’anarainite è piuttosto rara.” Disse Kirk.

 

“Particolarmente ora che Vulcano non esiste più.” Concordò Spock.

 

“Aspetta un secondo, questo significa che il suicidio era premeditato al punto che il Cadetto Yao ha commissionato che fosse forgiata la spada con la quale si sarebbe ucciso?” Chiese Bones sconvolto.

 

“No, Dottore, è probabile che il Cadetto Yao abbia fatto forgiare la spada poco dopo la distruzione di Vulcano.”

 

“Per che cosa veniva usata originariamente la spada?” Chiese Kirk.

 

“Una spada ka-flash è un dono di padre in figlio, donata al momento di raggiungimento della maturità. Serve a ricordarci la nostra natura un tempo violenta e guerrafondaia. La ka-flash viene data al figlio dalla parte della lama così che egli si ferisca per poterla ricevere. Dimostra che come Vulcaniani preferiremmo venire feriti da una spada piuttosto che utilizzarne una contro qualcuno in preda alla rabbia.”

 

“Tu hai una spada ka-flash?”

 

“Sì. Non è in mostra, è un oggetto di importanza personale.”

 

“Quindi è probabile che il Cadetto Yao l’abbia commissionata dopo aver perso la sua nella distruzione del pianeta.”

 

“Esatto, Dottore. Anche la sua famiglia è scomparsa insieme ad esso, lui si trovava lontano dal pianeta.”

 

“Signori,” disse improvvisamente Kirk “questo non ci porta alla vera ragione per la quale vi ho fatti venire qui.”

 

“Qual è il suo vero scopo?”

 

“Spock, con questo siamo a due avvenimenti insoliti nel comportamento dei Vulcaniani in due settimane.”

 

“È esatto.”

 

“E in accordo con quanto mi è stato detto da alcuni membri dell’equipaggio tu stesso hai avuto dei ‘comportamenti insoliti per un Vulcaniano’.”

 

“Lo ammetto e mi scuso, Capitano. Sto attualmente lavorando alla risoluzione del problema.”

 

“Quindi tu sai qual è il problema?” Chiese Kirk sorpreso.

 

“Nel mio caso, sì. Nel caso degli altri due Vulcaniani, no.”

 

“Che sta succedendo?”

 

“È di natura personale, Capitano.”

 

“Capisco.”

 

“Spock,” disse Bones “se ti stai amma…”

 

“Non sono malato, Dottore.”

 

“Non ne sarei così sicuro. Per favore, vieni in Infermeria, che male c’è se ti faccio una visita visto che dici di stare bene?”

 

“Non mi troverebbe in salute, ma non sto soffrendo di alcuna malattia.”

 

“Spock,” Bones sospirò pesantemente “puoi essere davvero frustrante a volte, lo sai vero?”

 

“Anche Uhura me lo ha detto.”

 

Bones e Kirk si scambiarono uno sguardo come a volersi dire: ‘sta cercando di fare una battuta o è serio?’. Kirk scrollò le spalle e Bones roteò gli occhi. Spock li guardò senza riuscire a capire il significato nascosto dietro lo scambio silenzioso. Sapendo che non avrebbe ottenuto nessuna vera risposta senza fare una domanda diretta Kirk si accostò a Spock e gli mise le mani sulle spalle.

 

“Spock, quello che vogliamo sapere è: c’è niente che possiamo fare per evitare che tu vada in giro a fare buchi per la mia nave a mani nude?”

 

“Può celebrare il matrimonio fra me e il Tenente Uhura.”

 

“Ah capisco.” Kirk annuì con fare saggio. “Ora tutto mi è chiaro.”

 

“Davvero?” Chiese Spock con un accenno di sorpresa nella voce.

 

“Certamente,” ridacchiò Kirk “so quanto sei ‘tradizionalista’ e la mancanza di sesso farebbe impazzire qualsiasi uomo.”

 

“E come diavolo fai a saperlo, Jim?” Sbuffò Bones.

 

“Mi è stato detto.”

 

“Uno di questi giorni ti prenderai qualcosa che non sarò in grado di curare.”

 

“Dai, Bones…”

 

“Signori,” intervenne Spock “vi assicuro che le mie condizioni sono serie.”

 

“Non c’è niente di più serio di questo, Spock.” Scherzò Kirk.

 

Un lampo d’ira si impossessò di Spock. Il cambiamento in lui era quasi tangibile come se l’aria intorno a lui avesse incominciato ad emettere scintille a causa dell’energia che emanava. Riguadagnò rapidamente il controllo di sé stesso, ma i suoi amici si accorsero della sua momentanea perdita di controllo.

 

“Attento, Jim, Spock ha lo stesso sguardo che aveva pochi secondi prima di pestarti a dovere sul Ponte dell’Enterprise quando ancora non eravamo riusciti ad arrivare ad un accordo circa il ‘lavoro di squadra’.”

 

“Spock, sei sicuro di sentirti bene?” Gli chiese Kirk seriamente.

 

“Se un altro umano mi porrà questa domanda mi troverò ad un passo dal provare l’indubbiamente spiacevole emozione dell’irritazione.”

 

“Calmo, Spock, siamo solo preoccupati per te.”

 

“La vostra preoccupazione non è necessaria.” Replicò Spock. “Ho solo bisogno che lei celebri il mio matrimonio.”

 

“Adesso?”

 

“Domani.”

 

“Ci staccheremo dal porto fra circa un’ora. La nostra prossima missione ci porta vagamente in direzione del buco nero di Vulcano. Ci potremmo fermare brevemente per il matrimonio.”

 

“Sarebbe apprezzato.”

 

“Dirò a Chekhov di calcolare la rotta.”

 

“Grazie, Capitano.”  

 

Spock rivolse ad entrambi un rispettoso inchino prima di andarsene. Kirk si sedette sul bordo del tavolo della sala conferenze. Con le braccia incrociate sul petto rimase immobile a pensare per qualche momento. Scotendo tristemente la testa guardò McCoy il quale aveva uno sguardo preoccupato dipinto in viso.

 

“Che ne pensi, Bones?”

 

“Penso che i Vulcaniani siano in un gran bel problema, e ne siano consapevoli. Solo che non vogliono dirci cosa sta succedendo.”

 

“Sono d’accordo.” Annuì Kirk. “Tristemente se c’è una cosa che Spock mi ha insegnato sui Vulcaniani è che non puoi aiutarli a meno che non siano loro a chiedertelo.”

 

“E quando te lo chiedono in genere è troppo tardi.”

 

“Esattamente.”

 

“Cosa facciamo?”

 

“L’unica cosa possibile…aspettiamo.”

 

“Non è da te, Jim.”

 

“No, non lo è, ma non posso forzare Spock ad accettare il mio aiuto più di quanto tu non possa curare un raffreddore.”

 

 

 

Grazie a tutti! Sia ai lettori sia a quelli che mi lasciano delle recensioni^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

“Non ho mai celebrato un matrimonio vulcaniano prima d’ora.”

 

“Nessun umano lo ha mai fatto.”

 

“Grande, nessuna pressione.”

 

“In ogni caso, Capitano, non le chiedo di eseguire la cerimonia tradizionale vulcaniana, le tradizioni umane saranno sufficienti.”

 

“Giusto…e come ci entra la scopa in tutto questo?”

 

“È un costume umano.”

 

“Non uno con il quale sono familiare.”

 

“Questo perché tu sei familiare solo con la cultura del ‘Midwest’,” intervenne Bones “c’è molto più dell’Iowa sulla Terra, Jim.”

 

“No, non è vero.” Sorrise Kirk.

 

“La tradizione è conosciuta come ‘saltare sulla scopa’.” Spiegò Spock. “Ha le sue radici sia nella cultura Africana che in quella Afro-Americana, simbolizza lo spolverare via il vecchio e l’accogliere il nuovo come una coppia. Si dice inoltre che questo costume venisse usato nel periodo della Storia della Terra nel quale la schiavitù impediva le normali cerimonie di matrimonio.”

 

“Ok allora, che la festa abbia inizio.” Kirk gettò le braccia sulle spalle di Bones e Spock.

 

McCoy e Spock si districarono dall’abbraccio amichevole di Kirk. Abbigliati nelle loro uniformi da cerimonia i tre entrarono nella piccola sala adibita per il matrimonio. A dispetto della loro giovane età tutti e tre avevano un’estesa collezione di medaglie appuntate al petto. Nella sala vi era un piccolo gruppo formato da tutti coloro che fra l’equipaggio conoscevano meglio Spock e Nyota. Tutti quanti stavano aspettando l’inizio della cerimonia.

 

I tre camminarono su per il podio leggermente rialzato dove l’infermiera Chapel stava già aspettando in qualità di damigella d’onore di Nyota. Spock si diresse direttamente verso la finestra che ancora una volta gli mostrava il buco nello spazio dove un tempo si trovava la sua casa. Mentre con uno sguardo vuoto fissava l’oscurità sentì nuovamente un improvviso eccesso di energia.

 

“Spock?”

 

“Hmmm?”

 

“Hmmm?” Ripeté Kirk scioccato.

 

“Mi scusi: Sì, Capitano?”

 

“Questo sembra più da te. Hai intenzione di unirti a noi? O ti sono venute le gambe molli?”

 

“Le mie gambe sono della stessa consistenza di sempre.” Replicò Spock per poi girarsi verso Bones. “Grazie per aver accettato di essere il mio testimone, Dottore.”

 

“È un onore, Spock.”

 

Spock offrì a Bones un leggero inchino. Tutti presero il loro posto e aspettarono. L’entrata di Nyota fu accompagnata dal mormorio ammirato dei presenti. Vestita di un semplice vestito bianco che le raggiungeva la punta dei piedi con un dettagliato motivo di pizzo sul davanti, era il ritratto della grazia e della bellezza. I lunghi capelli erano stati portati all’indietro e poi gentilmente arricciati così che sobbalzassero ad ogni passo.

 

Spock le diede la mano per aiutarla a salire l’unico gradino che portava all’altare. Nyota sorrise smagliante alla gentile offerta e l’accettò. A dispetto dei suoi generali sentimenti negativi riguardo ai matrimoni McCoy non riuscì a trattenere un sorriso. Kirk fissò la coppia per un momento e sorrise anche lui prima di prendere un profondo respiro e cominciare la cerimonia.

 

“Amici, oggi abbiamo il privilegio di assistere all’unione di Nyota Uhura della Terra e di Spock di Vulcano…”

 

Spock sentì a malapena il resto della cerimonia. Pure Nyota stava prestando poca attenzione. La coppia aveva occhi solo l’uno per l’altra. Quando un’unica lacrima sfuggì dagli occhi di Nyota Spock l’asciugò automaticamente con un dito. Erano così persi l’uno nell’altra che McCoy dovette dare un leggero colpo di gomito a Spock quando giunse il momento per lui di ripetere i voti sull’anello.

 

Le semplici fedi nuziali erano fatte di un metallo interattivo. Più erano l’una vicina all’altra più apparivano di un intenso colore dorato, quando invece si trovavano distanti fra loro cambiavano colore diventando di un sobrio argento. Erano state create in modo che rispondessero solo l’una all’altra. Spock fece scivolare il brillante anello al dito di Nyota e lei fece lo stesso per lui. Non avendo mai indossato un gioiello Spock era altamente sensibile all’anello di metallo.

 

Quando l’annuncio fu fatto venne il momento del bacio. Spock non esitò minimamente, cosa che invece Nyota si era aspettata da lui. Chiuse la breve distanza fra di loro e le inclinò la testa con la punta delle dita per eliminare la differenza fra le loro altezze. Spock chiuse poi gli occhi e ingaggiò sua moglie in un tenero bacio.

 

L’intero raduno trattenne il fiato senza nemmeno accorgersene mentre guardavano quella dimostrazione d’affetto proveniente dal cuore. Eccitata per la sua amica Christine era smagliante. Quando catturò gli occhi di McCoy gli fece l’occhiolino. Bones spostò rapidamente lo sguardo e roteò gli occhi con un silenzioso sospiro. Spock e Nyota ruppero il bacio e diedero la loro attenzione al Capitano.

 

“Per una specie ‘priva di emozioni’, Spock, possiedi un bel po’ di passione.” Lo stuzzicò Kirk. “Congratulazioni ad entrambi.”

 

“Lo prenderò come un complimento, Capitano.”

 

“Lo era.”

 

Nyota ridacchiò e prese la mano di Spock. La coppia si girò e saltò sopra la scopa decorata che era stata posizionata dietro di loro. Ognuno dei presenti aveva firmato un fiocco colorato e lo aveva poi legato al manico come simbolo del loro supporto. Nyota rimpiangeva soltanto che fra quei fiocchi non ci fosse quello dei suoi genitori.

 

Un piccolo ricevimento era programmato per dopo la cerimonia. Dopo aver accettato tutte le congratulazioni tutti presero posto attorno alla tavola decorata elegantemente per godersi insieme un po’ di champagne. Kirk diede un colpo di gomito a Spock per farlo alzare in piedi per il discorso, alla fine tuttavia dovette farne un ordine.

 

Leggermente infastidito dal Capitano, Spock si alzò. Alzandosi in piedi prese il delicato bicchiere di champagne. Prese un respiro per dire qualcosa, ma improvvisamente si congelò. Sembrò a tutti che stesse ascoltando qualcuno, ma la stanza era in completo silenzio. Spock corrugò le sopracciglia con uno sguardo preoccupato ed il silenzio cominciò a diventare spiacevole.

 

“Spock?”

 

“Mi scusi, dov’ero?”

 

“Anni luce da qui.” Replicò Kirk.

 

“Volevo solo ringraziarvi tutti per avermi dato una casa, e per aver supportato l’unione fra me e Nyota. Gli umani sono davvero una specie affascinante ed io mi ritrovo fra i migliori di loro a bordo di questa nave.”

 

Vi furono applausi e il tintinnare di bicchieri, tuttavia, Bones e Kirk non si unirono agli altri. Erano troppo preoccupati per il modo in cui Spock sembrava prestare attenzione a qualcosa che non era lì. Alla fine Nyota accarezzò il braccio di Spock. Scattato fuori dal suo incanto Spock si sedette e accettò l’offerta di Nyota di toccare i loro bicchieri. Scolatosi tutto il liquido alcolico Spock mise giù il bicchiere con troppa forza mandandolo in frantumi. 

 

“Stai bene?” Chiese Bones preoccupato.

 

“Sono illeso, Dottore”

 

“Sei sicu…”

 

“Bones,” lo interruppe Kirk con calma. “non ora.”

 

“Grazie, Capitano.” Disse Spock. “Le assicuro, Dottore, che sarò di nuovo normale tra poco.”

 

“Normale? Spock, tu non sei mai stato normale.”

 

“Signori, potrei suggerire a tutti di ritirarsi per la sera e dare ai nostri sposini un po’ di tempo da soli?” Kirk fece suonare il suo ordine come una richiesta. “Sulu, Chekhov.”

 

“Sì, Signore?” Risposero i due all’unisono.

 

“Conducete questa bellezza verso il suo prossimo incarico, Velocità 3.”

 

“Sì, Signore.”

 

“Spock, Nyota,” Kirk si girò verso i due “non ci sarà bisogno di voi due sul ponte finché non saremo arrivati, il che dovrebbe essere fra circa tre giorni.”

 

“Tre giorni, dieci ore e trentatré minuti a Velocità 3.” Lo corresse Spock.

 

“Non importa, su andatevene.”

 

“Grazie, Signore.” Nyota si sporse per baciare Kirk sulla guancia.

 

Bones notò il modo in cui gli occhi di Spock si strinsero per un secondo e poté giurare di aver visto un lampo di gelosia attraversare i lineamenti generalmente impassibili del Vulcaniano. McCoy guardò la coppia andarsene. Prima che Kirk se ne andasse si allungò e gli prese un braccio.

 

“Te lo dico, Jim, devi ordinargli di venire in Infermeria.”

 

“Starà bene, Bones.”

 

“Non sono d’accordo. C’è qualcosa che non va.”

 

“Certo che c’è. Bones, per probabilmente la prima volta nella sua vita Spock ha scelto l’amore invece della logica. Sa che dovrebbe essere con qualche bella puledra Vulcaniana a salvare la sua specie…ma ama Uhura. Sposarla è la decisione che ha continuato a procrastinare per anni, non mi sorprende minimamente che sia un po’ strano dopo aver finalmente colto l’opportunità di tagliare qualsiasi legame che ha con Vulcano. Tu ed io sappiamo che l’Alto Consiglio lo considererà un insulto personale e lo sa anche Spock.”

 

“Testardi diavoli dal sangue verde.” Ringhiò McCoy. “Esiliare l’unico membro della loro razza che fa si che la loro specie sia degna di essere salvata.”

 

“Dirò a Spock che l’hai detto.” Ridacchiò Kirk.

 

“Ti prego no.”

 

Mentre McCoy e Kirk discutevano delle loro teorie, Nyota e Spock si dirigevano verso la privacy dei loro appartamenti. La porta si era a malapena chiusa che Spock ci si ritrovò sbattuto contro da Nyota. Avvolse le sue braccia attorno alla sua vita premendo la sua figura snella contro di lui. Lei gli tirò la maglia in una silenziosa richiesta prima di fare un passo all’indietro.

 

Nyota rimosse il fermaglio che le teneva i capelli acconciati facendoli cadere a ciocche sulle sue spalle. Spock sembrava essersi congelato dove si trovava. Un sorriso lupesco si diffuse sul viso di Nyota mentre gli dava le spalle. Toccandosi dietro premette un contatto che le fece aprire la parte posteriore del vestito e lo fece cadere a terra mentre si dirigeva verso la camera da letto.

 

Spock toccò un simile contatto sul colletto della sua maglia che la fece aprire sul davanti come se fosse stata tagliata. Seguendo Nyota nella stanza adiacente quasi inciampò su Anubis, che per richiamare la sua attenzione gli si era avvolto intorno alle gambe. Prendendo su il gatto lo mise gentilmente in salotto prima di passare la mano sul pannello sul muro per chiudere la porta.

 

Chiuso fuori Anubis protestò con un miagolio prima di calmarsi. Nyota ridacchiò dal suo posto seduta sul bordo del letto. Quando Spock le si avvicinò le lo prese per il polso per strattonarlo sul letto. Spock, preso di sorpresa dalla sua forza, perse l’equilibrio e cadde sulla soffice superficie del letto.

 

Ridendo di nuovo Nyota gli si lanciò addosso. Spock si mise sulla schiena mentre lei gli si metteva sopra. Spingendolo giù dolcemente gli morse gentilmente il labbro inferiore. Rispondendo al bacio aggressivo, Spock fece scorrere le mani sulle morbide curve di Nyota. Lei si tirò su un attimo per guardare negli occhi il suo compagno. Spock le pose gentilmente la punta delle dita sulle tempie.

 

Sei la creatura più straordinaria della Galassia.

 

Nyota boccheggiò mentre leggeva i pensieri di Spock direttamente per la prima volta. Le lacrime le sfuggirono dagli occhi mentre sentiva non solo l’amore che provava per lui, ma anche il suo per lei. Lui mantenne il legame fra loro mentre lei si chinava per baciarlo di nuovo. Sapendo ciò che entrambi stavano pensando e provando cancellò tutto l’imbarazzo che vi era inevitabilmente la prima volta della coppia.

 

Dopo un notte che Nyota sapeva non sarebbe mai riuscita a dimenticare, i due rimasero distesi l’uno a fianco dell’altra. Nyota si voltò sul fianco e appoggiò la testa sul petto di Spock. La sconcertava sempre il fatto che riusciva a malapena a sentire il suo cuore dato che si trovava più vicino al suo stomaco che al suo petto. Tuttavia ora riusciva a sentirlo, stava battendo così velocemente da sembrare quello di Anubis invece di un normale cuore. Spock le accarezzò dolcemente i capelli.

 

 

“Non dobbiamo aspettare altri sette anni prima di rifarlo, vero?” Scherzò Nyota.

 

“No.” Le assicurò Spock.

 

“Bene.”

 

Tra lo sforzo fisico ed emotivo del giorno Nyota stava lottando per restare sveglia. Mentre Spock continuava ad accarezzarle i capelli si sentì sempre più vicina al mondo dei sogni. Spock poteva sentire il battito di Nyota senza dover appoggiare l’orecchio al suo petto. Ora poteva sentirlo rallentare mentre si addormentava. Lui rimase sveglio a fissare il soffitto.

 

Un’ora dopo non era minimamente più vicino a dormire. Stando attento a non svegliare Nyota, si alzò e andò in bagno. Sentendo freddo accese la doccia mettendo l’acqua ad una temperatura ustionante per la pelle umana. Stando sotto il getto d’acqua piegò le braccia contro il muro così da potervi appoggiare la fronte. L’acqua bollente gli colpiva il retro del collo scivolandogli lungo la schiena.

 

Spock non era sicuro di quanto tempo fosse passato quando spense l’acqua. Sempre rimanendo nella doccia, circondato dal vapore, Spock perse di nuovo la concentrazione. Scotendo la testa per cercare di schiarirsela uscì dalla doccia avvolgendosi un asciugamano attorno alla vita. Camminando verso lo specchio appannato allungò un braccio per strofinarne via il vapore.

 

L’istante in cui alzò la mano la vista incominciò a vorticargli con miriadi di puntini luminosi. Facendo un passo indietro in preda alla sorpresa Spock svenne collassando sul pavimento di piastrelle.

 

 

Ecco il capitolo 8! Grazie Persefone Fuxia per i tuoi commenti, mi fa davvero piacere sapere che la mia traduzione sta migliorando!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Quattro giorni dopo il matrimonio, Spock era di nuovo al suo posto sul Ponte. Nyota era fuori servizio al momento e un giovane Guardiamarina era alla sua postazione. Spock era rinvenuto prima che lei entrasse in bagno trovandolo svenuto sul pavimento. Dato che era rimasto illeso dalla caduta aveva deciso di non disturbare l’Infermeria per l’incidente.

Per quanto ne sapeva Spock era una reazione del tutto normale dopo ciò che era successo fra lui e Nyota. Era stato il tempo più lungo nel quale aveva mantenuto una fusione mentale con qualcuno e già questo da solo era stato spossante. Con suo padre morto non aveva nessuno a cui chiedere se doveva preoccuparsi o no. Dato che l’evento non si era ripetuto aveva deciso di ignorarlo.

L’Enterprise si avvicinò al pianeta che le era stato ordinato di sorvegliare e impostò l’orbita. Chinandosi in avanti Spock si concentrò sui dati che stava ricevendo dai sensori della nave e che ora stavano venendo analizzati dai computer. Mentre stava leggendo i dati una goccia verde brillante cadde sulla console.

Sorpreso Spock guardò da più vicino la brillante gocciolina. Mentre la fissava ne cadde un’altra. Spock si toccò il naso con la punta delle dita. Osservò la macchia verde che ora si trovava sulla sua mano. Il sangue da naso era leggero, ma inquietante. Deciso a tenerlo segreto Spock si ripulì di tutto il sangue che poteva strofinandosi il naso con la mano. Si leccò il labbro superiore per rimuovere le ultime tracce e si domandò come fare a togliere il sangue che ora gli macchiava la mano.

“Spock?”

“Sì, Capitano?”

“Che succede sul pianeta?”

“Pianeta di classe K, abitabile con qualche adattamento. Possiede un diametro di approssimativamente 7,250 chilometri, ha un’età compresa fra i 7 e i 10 miliardi. L’atmosfera comprende una mescolanza di ossigeno e azoto, tuttavia è troppo rarefatta per essere respirata senza l’aiuto di qualche apparecchio. Attualmente non ci sono segni di forme di vita. C’è un’intensa attività vulcanica da questa parte del pianeta.”

“Quindi non è esattamente un paradiso?”

“No, Signore.”

“Pensi di riuscire a trovare un posto sicuro nel quale far sbarcare un piccolo gruppo per prendere qualche campione del terreno?”

“Penso di sì.”

“Bene, fallo.” Ordinò Kirk. “Un’altra cosa, Spock.”

“Sì, Capitano?”

“Perché mi stai parlando dandomi le spalle? Non lo fai mai.”

“Le mie scuse, Capitano.” Spock si girò, tenendo le mani dietro la schiena.

“Non era un ordine di girarti, Spock, ero solo curio…”

Kirk si arrestò e Spock poté sentire la sottile striscia di sangue che gli colava dal naso ancora una volta. Quando cercò di fermare la perdita di sangue rivelò che la sua mano era già macchiata. Kirk saltò in piedi dalla sua sedia e gli si avvicinò immediatamente. Spock chiuse brevemente gli occhi, sapendo che il Capitano stava per ingigantire la situazione. Aveva ragione.

“Sulu, prenda il comando.” Ordinò Kirk. “Spock, in Infermeria…ora.”

“Capitano…”

“È un ordine.”

Spock rimase immobile per un momento ma alla fine annuì. Kirk lo seguì mentre si dirigeva verso l’ascensore. Una volta dentro Kirk guardò l’amico con uno sguardo critico. Spock non diede nessuna spiegazione per l’emorragia. Kirk ordinò all’ascensore di andare al livello dell’Infermeria.

“Spock, che ti sta succedendo?”

“È solo sangue da naso, Capitano. Non è necessario che si allarmi.”

“Se tu fossi umano ci crederei, tuttavia da quanto ho visto non è facile per te sanguinare, e certamente non senza motivo.”

“C’è sempre un motivo, fa sì che la vita non sia spaventosa.”

“Spock, voglio una risposta diretta: sai cosa c’è che non va in te?”

“Ho una teoria.”

“Ti va di parlarmene?”

“No, Signore.”

Prima che Kirk potesse riformulare la frase e cercare di metterlo alle strette per ottenere delle risposte, arrivarono al livello dell’Infermeria. Spock marciò fuori dall’ascensore verso il dipartimento medico come se stessero andando là per fargli un’iniezione letale. Bones era occupato a bendare la mano di un ingegnere che si era ferito durante una riparazione. Spock si fermò  all’entrata dell’Infermeria, aspettando il suo turno. L’infermiera Chapel notò subito Spock e diede un leggero colpo sulla spalla al Dr. McCoy. Lei prese il suo posto a fasciare la mano dell’ingegnere. Bones si voltò e vide Spock in piedi nell’Infermeria con del sangue che gli colava di nuovo dal naso.

“Che è successo, Spock? Il Capitano si è finalmente preso la rivincita?”

“No, Dottore.

“Ha cominciato a sanguinare all’improvviso, Bones.” Lo informò Kirk.

“Beh vieni qui, vediamo cosa possiamo fare.”

“Grazie, Dottore.”

“Devi essere davvero malato se accetti di rimetterti alla mie cure così facilmente.” Disse Bones non del tutto scherzando.

“Ho l’impressione di non avere scelta.”

“La tua impressione è giusta, non ti voglio vedere sul mio Ponte finché non sarò sicuro che stai bene.”

Spock annuì solennemente. Camminò fino al tavolo vicino al quale si trovava Bones e vi ci sedette. La prima cosa che fece Bones fu fermare l’emorragia. Diede a Spock un pezzo di un tessuto assorbente e gli diede istruzione  di applicare una leggera pressione al naso con la testa piegata all’indietro. Spock deglutì convulsamente contro il nauseante sapore di sangue che improvvisamente gli corse giù per la gola.

“Okay, l’emorragia dovrebbe essersi fermata ormai.” Disse Bones togliendogli il panno e dandogliene uno inumidito. “Tieni, con questo ti puoi ripulire il sangue dalle mani.”

Spock accettò l’asciugamano e si tolse il sangue, che nel frattempo si stava seccando, dalle mani e dal labbro superiore. Una volta che si fu ripulito McCoy lo fece stendere. Il display con i segni vitali si animò e impazzì con vari bip e luci lampeggianti. Bones permise all’irritazione di mostrarsi chiaramente sui suoi lineamenti prima di premere qualche tasto sul pannello che controllava il display. Il computer si calmò considerevolmente.

“Bones?” Chiese nervosamente Kirk.

“È tutto a posto, Jim, l’equipaggiamento era impostato per gli umani, pensava che Spock fosse in defibrillazione, cosa che chiaramente non è possibile. Comunque, la sua pressione sanguinea è alta, anche per un Vulcaniano. Spock, hai avuto mal di testa, vertigini o problemi di vista?”

“Non al momento.”

“Sai cos’è che amo di te, Spock?” Chiese improvvisamente Bones.

“Non posso immaginarlo.”

“Hai la sconcertante abilità di evitare la verità senza mentire. Per cortesia, sto cercando di aiutarti.”

“Molto bene, Dottore, ho avuto diversi mal di testa nelle ultime due settimane. Ho sofferto un leggero squilibrio, ma le assicuro che è del tutto normale per un Vulcaniano.”

“Stai soffrendo uno squilibrio proprio ora, i tuoi livelli di dopamina e adrenalina sono pericolosamente alti.”

“Passerà.” Annunciò Spock alzandosi.

“Spock, se non mi dici cosa sta succedendo non ti permetterò di tornare sul Ponte.” Disse seriamente Kirk. “Capisco che sia una violazione della tua privacy, ma io devo pensare alla sicurezza del mio equipaggio…il quale include anche te.”

“La mia parola che mi riprenderò non è sufficiente? Sono il suo Primo Ufficiale, speravo di avere la sua fiducia.”

“Dannazione, Spock.” Ringhiò Kirk.

Spock fissò Kirk, chiaramente non intenzionato a cedere. Sospirando di frustrazione Kirk guardò McCoy per un po’ di supporto. Bones sapeva che se Spock non aveva intenzione di parlare nulla gli avrebbe strappato le informazioni che volevano. Kirk lo sapeva altrettanto bene.

“Hai la mia fiducia, Spock, lo sai.”

“Grazie, Capitano.”

“Ancora non posso permetterti di ritornare in servizio contro il parere medico.”

“E il mio parere medico è di darti almeno una cura contro l’ipertensione.”

“Non è necessario.”

“Lo è se vuoi il mio certificato medico per tornare a lavoro. Non ti lascerò andartene dall’Infermeria con quella pressione sanguinea.”

“Molto bene.”

Bones preparò in fretta la siringa e gliela iniettò. I segni vitali che sul display stavano lampeggiando di rosso tornarono blu. Spock non sembrò stare né meglio né peggio dopo l’iniezione e continuò a guardare in silenzio i suoi amici. Kirk stava per continuare le sue vane domande quando il ponte lo chiamò.

“Qui Kirk.”

“Capitano,” replicò la voce di Sulu “urgente chiamata di soccorso dalla Indipendence.”

“L’Indipendence, è una fregata da guerra, quali sono le sue condizioni?”

“Non lo sappiamo, Capitano. Il segnale di aiuto è tutto ciò che abbiamo. Non ha risposto a nessuna chiamata.”

“Quanto è distante?”

“Non molto, Signore, meno di un’ora a Velocità 6.”

“Imposti la rotta, parta subito, allerti la Flotta Stellare, allarme giallo.” Ordinò Kirk per poi premere sull’interfono. “Scotty.”

“Sì, Signore?”

“Può portarci a Velocità 8 per un rapido balzo?”

“Sì, Signore, non sarà efficiente ma posso farlo.”

“Allora lo faccia.”

“Sì, Signore.” 

“Bones, Spock è abbastanza in salute per tornare sul Ponte?” Chiese Kirk.

“Non saprei, non so abbastanza delle sue condizioni.”

“Io sì.” Intervenne Spock. “Sono in grado svolgere i miei compiti come Primo Ufficiale.”

“Mi fiderò della tua parola.” Annuì Kirk.

Spock scese dal tavolo e rimase ad aspettare gli ordini. Quando si diressero verso il Ponte McCoy li seguì senza dire una parola. A Velocità 8 non ci volle molto per raggiungere la nave in pericolo. Kirk prese il suo posto sulla poltrona del Capitano con Spock e Bones ai suoi lati. Uhura arrivò sul Ponte, pronta a prendere il suo posto durante l’allarme giallo.

“Sulu, esca dalla curvatura giusto al di là del raggio dei suoi sensori. Spock possiamo vederla prima che lei veda noi?”

“Sì, Capitano. La USS Indipendence è un vascello più vecchio con sensori a corto raggio. Tuttavia, possiede scudi e armamenti di molto superiori a quelli dell’Enterprise.”

“È per questo che voglio essere io il primo a vederla e non viceversa.”

“Una saggia precauzione.”

“Jim, non pensi che qualcuno abbia preso il controllo dell’Indipendence, vero?”

“Il pensiero mi ha attraversato la mente, Bones.”

“Stiamo uscendo dalla curvatura, Signore.” Annunciò Sulu.

“Spock?”

Comprendendo la richiesta silenziosa del Capitano, Spock si diresse alla console dei sensori. Lesse le informazioni che apparivano sullo schermo ad una velocità troppo alta per gli occhi umani. Mentre determinava la natura delle condizioni della nave, Uhura era altrettanto occupata. Aveva uno sguardo concentrato mentre premeva i tasti della sua console.

“Capitano,” chiamò Spock “l’Indipendence è esteriormente illesa e funzionante alla massima potenza ad impulsi. I segni vitali segnano un considerevole numero di forme di vita a bordo.”

“Le stia dietro, Sulu.”

“Sì, Signore.”

“Qualche idea sul dove stiano andando?”

“Attualmente sembrano essere senza rotta.” Replicò Spock. “Alla loro attuale velocità l’unico corpo terrestre che potrebbero sperare di raggiungere in un tempo decente, è il pianeta di classe K che abbiamo appena lasciato, e non si stanno dirigendo nella giusta direzione.”

“Capitano?” Chiese Uhura.

“Sì?”

“L’Indipendence sta cercando di contattare la Flotta Stellare.”

“Cosa glielo impedisce?”

“Non stanno trasmettendo via sub-spaziale, sono su una frequenza locale.”

“Forse hanno perso le comunicazioni sub-spaziali e stanno cercando disperatamente di contattare qualsiasi vascello della Federazione nell’area.” Teorizzò Spock.

“Allora perché non hanno risposto alla nostra chiamata di prima?”

“Signore, credo che il Tenente Sames stesse provando via sub-spaziale.” Disse Uhura.

“Capitano, c’è un’altra possibilità.” Disse Spock. “Se l’Indipendence è stata presa e l’equipaggio ha avuto poco tempo per reagire, potrebbero aver spento le comunicazioni sub-spaziali e aver lanciato il segnale di aiuto per assicurarsi che qualsiasi vascello si avvicinasse con estrema cautela, inoltre in questo modo avrebbero impedito ai loro assalitori di utilizzare le comunicazioni sub-spaziali a loro vantaggio.”

“Quanto è ben armata l’Indipendence?” Chiese Bones.

“Potrebbe dilaniarci in un secondo.” Disse Kirk solennemente. “Noi siamo più veloci, ma se vogliamo scappare dovremo girarci e farlo in fretta. Anche a questa distanza potrebbe spararci se le diamo la nostra posizione contattandola.”

“Capitano, un messaggio dalla Flotta Stellare, priorità uno: investigare sull’Indipendence. Non ci sono altre navi nei dintorni per darci supporto.”

“Perché siamo sempre noi gli unici nei dintorni?” Domandò Kirk. “Dove diavolo sono tutte le altre navi?”

“La USS Intrepid è attualmente nel quadrante Delta, la USS Phoenix è sulla Terra per riparazioni, la USS Endurance è…”

“Grazie, Spock.” Lo interruppe Kirk. “Non volevo un rapporto completo.”

“Che facciamo, Jim?” Chiese Bones.

“Sulu, stia pronto a portarci via da qui se sarà necessario. Uhura la chiami con le trasmissioni locali.”

“Sì, Capitano.” Uhura digitò per qualche momento sulla console. “Canale aperto.”

“USS Indipendence qui è la USS Enterprise, Capitano James Kirk. Vi prego di risponderci e informarci sulle vostre condizioni.”

“Capitano,” replicò una voce rauca “stavo cominciando a credere che a nessuno alla Flotta Stellare importasse delle vite dell’Indipendence.”

“Capitano,” disse Sulu con tono urgente “l’Indipendence sta cambiando rotta per dirigersi verso di noi.”

“Restate dove siete Enterprise,” ringhiò la misteriosa voce maschile “o ammazzerò ogni singolo essere presente su questa nave.”

“Che cosa vuoi?” Domandò Kirk.

“Voglio solo parlare…”

“Possiamo ‘parlare’ da qui.”

“Voglio che vediate alcuni volti di coloro che si trovano qui.”

“Trasmissione interrotta, Capitano.” Annunciò Uhura. “Saranno nel raggio di comunicazione visiva molto presto.”

“Capitano,” Spock si voltò verso Kirk “se restiamo qui non ci sarà una distanza sufficiente fra noi e l’Indipendence se decide di attaccarci.”

“Se ci muoviamo quel pazzoide incomincerà ad uccidere qualcuno.” Si oppose Bones.

“Comunque stiano le cose ci sono buone probabilità che l’equipaggio della Indipendence sia già perso.” Disse Spock.

“Buon Dio, diavolo dal sangue di ghiaccio, non possiamo tirare a sorte con le loro vite!” Gridò Bones.

“Suggerisce invece di scommettere con le nostre?”

“Signori, per favore.” Intervenne Kirk. “Resteremo, se l’Indipendence aprirà il fuoco su di noi sono sicuro che Sulu sarà in grado di metterci in salvo senza nessun danno se non al nostro orgoglio. Spock puoi scoprire quanti sono a bordo?”

“Dovranno avvicinarsi di più,” Spock ritornò ai sensori “ma presto potrò avere un numero.”

“Bene, comparalo con il numero dei membri dell’equipaggio della Indipendence presente nel database. Almeno sapremo a cosa stiamo andando incontro.”

“Capitano, ci sono ventisette persone in più a bordo dell’Indipendence.”

“Non è così male…”

“Capitano,” la voce maschile fu accompagnata dall’immagine di un uomo possente che aveva lo sguardo di chi ne ha viste davvero tante “dato che sembra che noi siamo impossibilitati ad usare le comunicazioni sub-spaziali lei inoltrerà il nostro messaggio alla Flotta Stellare.”

“Voi siete al corrente che la Flotta Stellare non negozia con coloro che prendono ostaggi.” Replicò Kirk con calma. “Dov’è il Capitano della Indipendence?”

“Il Capitano Thames ha combattuto bene, sfortunatamente ho dovuto ucciderlo.”

“Thames…” Disse Spock sottovoce.

“Chi sei?” Chiese Kirk.

“Sono Zions.”

“Che cos’è che vuoi?” Domandò Kirk per guadagnare tempo.

“Vogliamo la completa e immediata ritirata della Federazione dal Sistema Tangary.”

“Ci sono otto pianeti sviluppati nel Sistema Tangary,” notò Spock “vuole dirci che lei parla per il governo e la popolazione di otto pianeti?”

“Io parlo per i Sistemi Stellari in qualunque parte della Galassia che non vogliono essere sottomessi a voi! Fa’attenzione, Capitano, ammazzerò un membro dell’equipaggio di questa nave ogni dieci minuti finché le nostre richieste non saranno accolte. Se proverete a scappare ammazzerò anche voi. I dieci minuti iniziano ora!”

Zions allungò una mano fuori dalla visuale dello schermo e trascinò una giovane dottoressa a sé così che Kirk la potesse vedere. Lacrime le rigarono il viso quando lui le tirò i capelli per farle piegare il capo. Zions le premette un coltello alla gola e premette abbastanza forte da far scendere un rivolo di sangue lungo la lama. La dottoressa piagnucolò debolmente mentre incominciava  a tremare per la paura.

Spock fissò intensamente la giovane che era stata scelta come prima vittima. Serrando i denti cercò disperatamente di controllare e contenere la rabbia che stava rapidamente consumando i suoi pensieri. Prendendo un profondo respiro riuscì a riprendere il controllo. Voltò le spalle allo schermo per parlare a Kirk.

“Me ne occuperò io, Capitano.” Annunciò Spock.

“Spock?”

Senza dire nient’altro Spock si voltò e si diresse verso l’ascensore.

“Spock? Cosa stai…” Kirk si fermò quando le porte dell’ascensore si chiusero. “Bones, perché il nome Thames suona così familiare?”

“Si graduò all’Accademia con Spock, ha parlato di lui qualche volta, sempre con il massimo rispetto.”

“Certo, mi ricordo ora.”

“Ha otto minuti, Capitano,” ringhiò il capo della banda “e non la vedo fare niente per contattare la Flotta Stellare.”

“Le comunicazioni sub-spaziali sono bloccate da una Nebulosa nelle vicinanze,” mentì Kirk “dovremo spostare la nave dall’area…”

“Non le credo.”

“Credimi o no questa è la verit…”

Kirk si fermò quando sentì improvvise grida di panico e caos sull’altra nave. Zions spostò la sua attenzione dal Capitano e dallo schermo per vedere cosa stava succedendo. Dal di là della porta sul Ponte della Indipendence proveniva una cacofonia di spari di phaser e urla. Zions e i sette uomini che si erano impadroniti del Ponte si guardarono l’un l’altro in preda alla confusione.

Quando la porta del Ponte si aprì Spock entrò e non esitò minimamente a sparare ai due uomini più vicini con il suo phaser. Un terzo uomo lo attaccò fisicamente e Spock, con la massima calma, lo colpì talmente tanto forte al petto da farlo svenire, o morire. Il quarto gridò di rabbia e gli si lanciò contro. Invece di usare il suo solito metodo di combattimento, vale a dire mettere fuori combattimento l’avversario con una presa al collo, usò una mano per spezzargli il collo.

Zions spinse via l’ostaggio e lanciò il coltello che teneva in mano verso la schiena di Spock con incredibile forza. Allertato del coltello dal suono che emetteva mentre tagliava l’aria Spock si voltò. Prese a mezz’aria il coltello dalla parte della lama e lo lanciò nella direzione dalla quale era arrivato ad una velocità allucinante. Zions indietreggiò di qualche passo prima di cadere a terra con il coltello conficcato nella gola.

Spock guardò con aria feroce gli altri tre uomini e quelli caddero immediatamente sulle ginocchia con le mani dietro la testa. Mettendo il phaser su stordimento Spock li colpì. L’intera scena era durata pochi minuti. Spock si incamminò verso lo schermo per rivolgersi all’Enterprise.

“La nave è sua, Capitano.”

Comportandosi come se nulla fosse successo Spock uscì dal Ponte, presumibilmente dirigendosi alla sala teletrasporto per tornare a bordo dell’Enterprise. L’intero Ponte dell’Enterprise, che aveva appena assistito alla violenta riconquista della Indipendence, era in assoluto silenzio. Persino il Capitano stava fissando lo schermo completamente incredulo.

“Okay…um…” Bones disse lentamente “qualcun altro è rimasto terrorizzato da quello che è successo oltre a me?”

 

Eccoci! Grazie per aver recensito,  terrò a mente i vostri consigli per i capitoli successivi.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

“Spock, sei completamente uscito di senno?”

 

“No, Capitano. Ho solo fatto ciò che era più logico.”

 

“Logico?” Gridò Bones. “Hai ucciso otto uomini!”

 

“Ne ho salvati quattrocentotrentasette, probabilmente novecentoquarantadue se l’Enterprise fosse stata catturata o distrutta.”

 

Kirk e Bones si guardarono negli occhi, Spock aveva ragione. Seduto al tavolo della stanza delle conferenze, Kirk si pizzicò la base del naso. Il suo normalmente solido come una roccia Primo Ufficiale stava velocemente trasformandosi in una mina vagante. Il suo cambiamento di personalità stava diventando sempre più allarmante, e la violenza delle sue azioni stava dilagando per la nave come un incendio. Come se non bastasse c’erano dei membri dell’equipaggio che stavano cominciando ad essere preoccupati di avere il Vulcaniano a bordo.

 

“Spock, non sto dicendo che il tuo piano non ha funzionato. È solo che è…così non da te. Ci siamo trovati in un sacco di situazioni nelle quali avremmo potuto sfruttare le tue abilità e la tua forza per scappare, però tu non le hai mai usate. Non come oggi.”

 

“In quelle situazioni credevo che una soluzione migliore si sarebbe presentata da sola…e ho sempre avuto ragione.”

 

“Non pensavi ci fosse una soluzione migliore questa volta?” Gli chiese Bones.

 

“No, Dottore. Le speranze che il Capitano trovasse una soluzione nei dieci minuti stabiliti erano troppo poche per essere calcolate. Avevo il potere di prevenire la morte della Dottoressa e l’ho usato.”

 

“Mi vuoi dire che la vendetta non aveva nulla a che fare con le tue azioni?” Chiese Bones dubbiosamente.

 

“Vendetta? Non capisco.”

 

“Il Capitano Thames era un tuo amico.”

 

“Il Capitano Thames, al tempo il Cadetto Thames, non aveva altro che la mia simpatia.”

 

“Cosa?” Chiese Kirk sorpreso. “Hai sempre parlato di lui con il massimo rispetto.”

 

“Era uno studente eccezionale, un uomo con la testa sulle spalle, e ho sempre creduto che un giorno sarebbe divenuto un eccellente Capitano. I suoi sentimenti nei miei confronti non hanno mai influito sulla mia ammirazione nei suoi confronti.”

 

“Logico.” Kirk scrollò le spalle.

 

“Precisamente.”

 

“Lo sai, siamo qui ad accusarti di non comportarti come il tuo solito…ma più parli e più sembri tu.”

 

“Questo perché non sono io ad essere cambiato, ma la vostra percezione di me.”

 

“Percezione i miei stivali.” Sbuffò Bones. “Spock, avevi uno sguardo assassino negli occhi che non ti avevo mai visto. Non hai esitato nemmeno un secondo ad uccidere Zions.”

 

“Esitare avrebbe voluto dire morire.”

 

“Avevi il suo coltello.”

 

“Scoprirà che aveva anche un phaser.”

 

“Ha ragione, Bones, Zions era ancora armato e pericoloso.”

 

“Capitano,” dissi Spock solennemente “mi scuso per non averle parlato dei miei piani, tuttavia, il tempo non era dalla nostra parte e qualsiasi avvertimento avrebbe fatto fallire la missione ancor prima che cominciasse. Se desidera denunciarmi non esiterò ad affrontare la corte marziale.”

 

“Non ho intenzione di denunciarti, Spock,” Kirk scosse la testa tristemente “in effetti non stupirti troppo se ti ritroverai un’altra medaglia appuntata al petto la prossima volta che passiamo per il Quartier Generale della Flotta Stellare.”

 

“E allora qual è lo scopo di questa indagine?”

 

“Lo scopo è scoprire perché ti stai trasformando in un Vulcaniano-pazzo.” Disse Bones schiettamente.

 

“Credo di essermi spiegato adeguatamente. Inoltre, Dottore, lei stesso ha detto che i livelli del mio sangue stanno tornando alla normalità.”

 

“Quello che ho detto è che la tua adrenalina si è abbassata, probabilmente l’hai semplicemente esaurita con la tua bravata.”

 

“Capitano,” Spock si voltò verso Kirk “sono molto stanco, chiedo il permesso di ritirarmi nei miei appartamenti.”

 

“Sì, certo.”

 

“Jim…”

 

“McCoy, a meno che quello che sta per dire non sia supportato da referti medici: non lo voglio sentire.”

 

McCoy rivolse a Kirk uno sguardo offeso, ma non parlò ulteriormente. Spock si alzò e lasciò che i due discutessero in privato. Con la porta chiusa Bones pensò che Spock non li avrebbe sentiti. Spock si fermò un momento e ascoltò McCoy che dava voce alle sue paure circa il suo comportamento, come se si fosse trovato nella stanza. Il dottore non si fidava più di lui, e temeva per la sicurezza di coloro che gli stavano vicino. Anche se non aveva prove teorizzava che Spock stesse perdendo il controllo delle sue emozioni con risultati disastrosi.

 

“Conclusione completamente illogica, Dottore.” Mormorò Spock a se stesso.

 

Mentre continuava a camminare Spock sentì una strana sensazione all’altezza del cuore. Fermandosi un momento si massaggiò il punto, ma non servì a far sparire lo strano dolore. Non sapeva che quello che stava provando era il diretto risultato dell’aver sentito i suoi amici parlargli alle spalle. Confuso ritornò ai suoi appartamenti.

 

Non aveva mentito al Capitano quando gli aveva detto di essere stanco. L’assedio alla nave era stato provante. Una volta stesosi, tuttavia, si ritrovò irrequieto. Si sedette e sospirò pesantemente. Piegò leggermente la testa per ascoltare un suono che aveva catturato la sua attenzione. Era abituato a sentire le voci provenienti dai corridoi, ma questa voce aveva parlato in Vulcaniano. Chiuse gli occhi e si concentrò su di essa. Non era la prima volta che gli era sembrato di aver sentito la voce di un Vulcaniano sulla nave negli ultimi giorni.

 

Anubis saltò sul letto e ruppe la concentrazione di Spock con le sue fusa.Prese gentilmente in braccio il gatto e lo tenne vicino al suo petto. Accarezzare il soffice pelo di Anubis aiutò a calmare il suo battito che aveva incominciato ad aumentare di nuovo. Guardandosi intorno Spock cercò di decidere cosa fare. Prima che potesse giungere ad una soluzione l’interfono suonò.

 

“Qui Spock.”

 

“Spock,” la voce di Nyota solleticò il sensibile udito di Spock “hai una chiamata privata da Natala.”

 

“Natala? Chi è?”

 

“L’Ambasciatore Tek’tiel.”

 

Spock restò zitto, indeciso se accettare o meno la chiamata. Quando non riuscì a pensare a nessuna logica ragione per rifiutare la chiamata annunciò a Uhura che avrebbe risposto. Uhura gli passò la chiamata.

 

“Ambasciatore Tek’tiel.”

 

“Saluti, Spock.”

 

“Ha preso la posizione di mio padre, vedo.”

 

“Non lo desideravo, ma Vulcano necessita un Ambasciatore. Ero l’unica scelta logica.”

 

“Infatti.” Annuì Spock. “Che cos’è che vuole Ambasciatore?”

 

“Desidero che tu faccia immediatamente ritorno su Natala.”

 

“Sta sprecando sia il suo tempo che il mio. Non ritornerò.”

 

“Devi.”

 

“L’Alto Consiglio ha reso il mio esilio molto chiaro.”

 

“Il Consigliere Ry’in ha parlato in…fretta. L’ordine è stato revocato sei libero di tornare.”

 

“Sono anche libero di rimanere dove sono.” Disse fermamente Spock.

 

“Spock…” Tek’tiel si fermò. “Spock, sto solo cercando di aiutarti.”

 

“Cosa le fa credere che io abbia bisogno del suo aiuto?” Domandò Spock.

 

“Se non ora, ne avrai bisogno presto.”

 

“Non capisco.”

 

“Il computer non ha registrato correttamente la tua età quando Ry’in ti ha analizzato a causa del tuo sangue umano. Ma io so la tua vera età, e so quando hai ricevuto la tua spada ka-flash.”

 

“Perché l’Alto Consiglio dovrebbe preoccuparsi della mia età?”

 

“Potrebbero esserci delle…conseguenze legate ai tuoi anni.”

 

“Se si sta riferendo a quello che credo si stia riferendo allora non sono affari suoi, e comunque me ne sono già occupato.”

 

“Si, il tuo matrimonio con l’umana Uhura.” Disse Tek’tiel con un sospiro. “Lo sappiamo, tuttavia, ti assicuro che non servirà a niente.”

 

“Non capisco.”

 

“Le emorragie dal naso sono già cominciate?”

 

“Come fa a sap…aspetti…voi mi state facendo questo.” Accusò Spock.

 

“No…”

 

“T’pring,” continuò Spock “state in un qualche modo usando il mio legame con lei per costringermi a tornare.”

 

“Questo non è logico, Spock.”

 

“È perfettamente logico!” Gridò Spock improvvisamente infuriato. “La compagna di mio padre era morta quando aveva solo diciassette anni, quindi lui non era legato a nessuna quando incontrò mia madre. Io però, sono ancora legato a T’pring. Le nostre menti si sono toccate e ora voi lo state usando come un’arma.”

 

“Spock, stai delirando.” Disse con calma Tek’tiel.

 

“T’pring sarebbe felice di liberarmi, non vuole avere niente a che fare con me, e io non voglio avere niente a che fare con lei. Voi,tuttavia, voi avreste potere su di lei, potreste forzarla a fare questo.”

 

“Non ho fatto nulla del genere. Sto solo cercando di aiutarti.”

 

“Questo non è logico, voi mi odiate!” Gridò Spock in preda all’ira. “Non c’è ragione per la quale voi vorreste aiutarmi.”

 

“L’odio è un’emozione umana.”

 

“L’ho visto nei vostri occhi ogni volta che li posavate su di me, sin da quando ero bambino.” Sibilò Spock. “Devo pagare tutta la vita per una decisione presa da mio padre e non da me?”

 

“Ascoltati Vulcaniano. Si, ti chiamo Vulcaniano, perché tu sei uno di noi.” Disse severamente Tek’tiel. “Sai che ho sempre tenuto te e tuo padre nel più alto riguardo. La tua mente si sta inventando questa persecuzione. Hai realizzato molto più di quanto chiunque avrebbe sperato, nonostante il tuo sangue umano.”

 

“Riesce a sentirsi?” Domandò Spock. “ ‘Nonostante il tuo sangue umano’… e se fosse grazie ad esso?”

 

“Tu non stai bene, sei un pericolo per te stesso e per gli altri.” Insistette l’Ambasciatore. “Per favore, torna su Natala, faremo tutto ciò che è in nostro potere per aiutarti.”

 

“Mai! Natala non è la mia casa, e io non avrò niente a che fare con essa!”

 

“Spock, sei in preda alle tue emozioni.”

 

“Si.” Un sorriso malato attraversò i lineamenti di Spock. “Si lo sono, e lo amo!”

 

“Ti distruggerà.”

 

“Non mi interessa.”

 

“Il disinteresse per la propria vita, Spock, è il primo segno della pazzia…”

 

“Non ritornerò.”

 

“Allora morirai.”

 

“Così sia.”

 

 

Eccoci! Ho corretto tutti gli errori che mi hai segnalato nel Capitolo 9 Persefone Fuxia! Continuate a segnalarmeli vi prego, la grammatica è un po’ il mio tallone d’Achille…

AVVISO AI LETTORI: questa storia verrà spostata su un altro account a nome Phoenix-cry come mi è stato detto di fare dall’assistente amministratrice ma non preoccupatevi continuerò ad aggiornare come sempre il giovedì e il sabato^^

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

Erano passate due settimane da quando Spock, da solo, aveva riconquistato la USS Indipendence. Avevano fatto tutto il possibile per la nave che ora stava ritornando sulla Terra da sola. Dopo aver finito l’ispezione del pianeta di classe K si stavano ora dirigendo verso un trattato di pace da siglare tra due popoli in guerra fra i quali la Federazione aveva deciso di fare da mediatore.

 

Kirk sedeva sulla sedia del Capitano scrutando le stelle che si spostavano lentamente al di là dello dell’immensa finestra davanti a lui. Era quasi arrivato il momento del cambio di turni, ma lui non aveva nessuna intenzione di lasciare il Ponte. Non era che l’Enterprise avesse bisogno che lui se ne stesse là seduto, semplicemente Kirk non aveva niente di meglio da fare. Guardò la postazione dove di solito Spock sedeva a guardare i sensori.

 

“Odio le mediazioni.” Borbottò Kirk a sè stesso. “Signor Sulu, non c’è un modo per arrivare prima? Prima arriviamo, prima ce ne andiamo.”

 

“Mi dispiace, Capitano, l’unica rotta diretta ci porterebbe attraverso la Nebulosa Taphasian, la quale farebbe a pezzi il sistema di navigazione.”

 

“Sulu…” disse Kirk lentamente “si giri.”

 

Sulu lanciò un rapido sguardo a Chekhov che scrollò le spalle. Sulu sospirò pesantemente e fece ruotare la sua sedia. Portò lo sguardo lentamente verso il suo Capitano con un sorriso imbarazzato. Kirk corrugò le sopracciglia alla vista del suo pilota. La base del naso di Sulu era di un intenso color porpora che sfumava in una miriade di colori sotto i suoi occhi.

 

“Sulu, che è successo?”

 

“Um…il Signor Spock ed io abbiamo avuto un…match alquanto vivace questa mattina.”

 

“Match? Scherma?”

 

“Sì, Signore.”

 

“E Spock le ha rotto il naso?” Chiese Kirk scioccato.

 

“Uh…no, non esattamente.” Ammise Sulu. “Io l’ho rotto.”

 

“Ha corso contro muro.” Ridacchiò Chekhov.

 

“Cosa?” Chiese Kirk.

 

“Il match si è fatto più intenso del solito e ad un certo punto mi sono lanciato contro di lui. Il Signor Spock è stato troppo veloce per me. Si è spostato di lato e io sono finito contro il muro.”

 

“È stata battaglia davvero intensa, Signore.” Si illuminò Chekhov.

 

“Stava guardando?”

 

“Sì, Capitano. Tutti stavano guardando.” Replicò Chekhov. “Hanno dato spettacolo, hanno attirato una folla. Se non lo avessi saputo avrei detto che stavano davvero cercando di uccidersi.”

 

“Signor Sulu?”

 

“È solo un gioco, Capitano.”

 

“Lo so, lei e Spock vi intrattenete con questi match da un paio di anni ormai. Ma non siete mai arrivati sul Ponte neri e blu.”

 

“Non so come spiegarlo, Capitano.” Sulu scrollò le spalle. “In questi giorni, quando io e il Signor Spock ci siamo sfidati, il tutto mi è sembrato più…reale.”

 

“Reale?”

 

“Come ho detto, è difficile spiegarlo, Capitano. E solo che è come se fossi davvero di fronte ad un nemico, e per di più uno dannatamente abile.”

 

“E come reagisce Spock a questi ‘giochi’?”

 

“Viene a cercarmi per poterli fare.”

 

Kirk ci pensò su, non del tutto sicuro se dovesse preoccuparsi o no. Prima che potesse giungere ad una decisione sentì le porte dell’ascensore che si aprivano. Guardando al di sopra della sua spalla fu giusto in tempo per vedere Spock e Uhura che si separavano velocemente agendo come se niente fosse successo mentre salivano. Uhura si recò velocemente alla sua postazione.

 

“Attento, Spock.” Lo avvertì Kirk.

 

“Capitano?”

 

“Quegli ascensori hanno tutti telecamere di sicurezza.” Sorrise Kirk.

 

“Ne sono consapevole, semplicemente non capisco perché sia rilevante.”

 

“Chiedilo a Uhura più tardi.”

 

Spock rivolse al Capitano uno sguardo dubbioso. Piuttosto che portare avanti la conversazione Spock camminò oltre il Capitano per fermarsi al fianco di Sulu. Questi alzò lo sguardo e gli rivolse un sorriso smagliante attraverso la maschera di lividi che aveva.

 

“Mi dispiace che si sia ferito, Signor Sulu. Spero che questo non ci impedirà di continuare con i nostri incontri.”

 

“No, certo che no. La colpa è stata mia davvero, ho solo perso la testa.” Ammise Sulu. “Il Dr. McCoy vuole che aspetti che il gonfiore diminuisca prima di ricominciare.”

 

“Comprensibile.” Annuì Spock. “Le auguro una rapida ripresa.”

 

“Grazie.”

 

Kirk aveva osservato l’intera conversazione attentamente. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che ci fossero dei problemi fra i membri dell’equipaggio sul Ponte. Tuttavia, era chiaro che sia Spock che Sulu si stavano godendo i loro violenti incontri senza portarsi rancore per come andavano a finire. Spock si diresse al suo posto ai sensori e tutto sembrò ritornare alla normale routine. L’interfono cominciò a suonare per richiamare l’attenzione di Kirk.

 

“Qui Kirk.”

 

“Capitano,” disse formalmente McCoy “potrebbe venire un momento in Infermeria?”

 

“Certo.” Kirk si rivolse a Spock da sopra la sua spalla. “Spock, prendi il comando.”

 

Spock ci mise un attimo a rispondere alla richiesta, ma alla fine si alzò e si diresse alla poltrona del Capitano. Kirk esitò ad andarsene, sembrava che Spock stesse facendo fatica a respirare. Tuttavia quando notò la macchia di rossetto sulla punta del suo orecchio sentì di conoscere il perché. Senza pensarci Kirk fece per rimuovere la macchia dall’orecchio di Spock.

 

Il movimento di Kirk fu intercettato da Spock molto prima che il Capitano avesse l’opportunità di toccare il Vulcaniano. Spock spostò velocemente la testa dal raggio d’azione di Jim e gli prese il polso in una morsa dolorosamente salda in un unico fluido movimento. Il contatto mandò un’ondata di rabbia attraverso il cuore di Kirk che minacciò di sopraffarlo. Il Capitano e Spock si guardarono dritti negli occhi per un momento, e si ritrovarono a fissarsi come cani randagi in cerca di uno scontro.

 

Erano ad una frazione di secondo da una rissa senza alcun motivo. L’intero Ponte si era accorto dell’improvviso cambiamento nell’atmosfera della stanza. Tutti gli occhi erano puntati sui due mentre col fiato sospeso aspettavano di vedere cosa sarebbe successo. Kirk sentì la sua rabbia  trasformarsi in paura, paura che per un secondo poté vedere riflessa nello sguardo di Spock. Spock lasciò immediatamente il Capitano ed unì le mani sul suo grembo.

 

“Le mie scuse, Capitano, mi ha spaventato.”

 

“È tutto a posto, Spock. Occupati del negozio mentre vado a vedere cosa vuole McCoy.”

 

“Il negozio?” Ripeté Spock confuso. “Non capisco.”

 

“Non importa, solo chiamami se succede qualcosa.”

 

“Certo, Capitano.”

 

Sentendosi inquieto a lasciare il Ponte, Kirk guardò Uhura. Lei distolse lo sguardo rapidamente e finse di occuparsi di qualcosa sul computer davanti ai suoi occhi. Stava nascondendo qualcosa e a lui proprio non piaceva. Non c’era niente fuori posto, ma l’atmosfera sulla nave era quella della calma prima della tempesta. Scotendo la testa per schiarirsela Kirk si diresse all’ufficio di McCoy.

 

“Che è successo al tuo polso?” Chiese immediatamente Bones.

 

“Niente.”

 

“Allora perché te lo stai massaggiando?”

 

“Perché volevi vedermi?” Chiese Kirk invece di rispondere.

 

“C’è stato un preoccupante aumento di violenza fra i membri dell’equipaggio.” Bones digitò brevemente sul computer e gli mostrò diverse cartelle mediche. “Nelle ultime settimane ho curato venti uomini per ferite minori.”

 

“Scontri?”

 

“Nessuno lo ammesso. In effetti arrivano quaggiù a coppie e dicono di essersi lasciati trasportare dagli esercizi.”

 

“Questi incidenti includono Sulu?”

 

“Sì.”

 

“Gliene ho parlato, sembrava che non sapesse spiegare esattamente cos’era successo.”

 

“Ho una teoria.” Disse seriamente Bones.

 

“Voglio davvero sentirla?”

 

“Probabilmente no.”

 

“Dimmela lo stesso.” Disse Kirk anche se non era quella la sua intenzione.

 

“Spock è un telepate.”

 

“Lo hai scoperto adesso?”

 

“Senti, Jim, tutti questi scontri sono avvenuti mentre Sulu e Spock stavano facendo i loro stupidi ‘giochi’. Concentrandosi abbastanza i Vulcaniani possono influenzare la mente altrui…senza nemmeno toccarli.”

 

“Pensi che Spock stia in un qualche modo proiettando le sue emozioni sugli altri?”

 

“È esattamente quello che penso.”

 

“Bones, non posso. Ho bisogno di fatti. Non posso perdere fiducia nel mio Primo Ufficiale per delle teorie.”

 

“Jim, lo senti anche tu, so che lo senti.” Insistette Bones. “C’è qualcosa che non va in Spock, gli sta succedendo qualcosa.”

 

“Ne ha passate tante ultimamente, l’esilio, il matrimonio…”

 

“Ti stai solo inventando delle scuse.”

 

“Hai ragione.” Kirk sospirò e si passò una mano fra i capelli. “Cosa dovrei fare, Bones?”

 

“Non sono abbastanza esperto di Vulcaniani per poter fare una diagnosi. Bisogna portarlo alla Flotta Stellare così che possa fare una completa valutazione sia fisica che psicologica da uno specialista Vulcaniano.”

 

“Questo è chiedere dannatamente tanto, Bones. E se ti sbagli? Credi che Spock si fiderà ancora di noi se gli faremo passare l’umiliazione di essere espulso dalla Flotta Stellare per niente? Senza menzionare il fatto che la sua carriera sarebbe rovinata anche se non dovessero trovare niente.”

 

“Capitano,” ringhiò Bones “vogliamo davvero aspettare finché non farà del male a qualcuno?”

 

“Stiamo parlando di Spock, non farebbe del male a nessuno su questa nave.”

 

“Perché il tuo polso è così rosso?” Contrappose Bones.

 

Kirk si guardò il polso dove lo aveva afferrato Spock e richiamò alla mente l’improvvisa ondata di rabbia che aveva provato.

 

“Jim, lo sai che rispetto Spock e che, a dispetto delle frecciatine che io e lui ci lanciamo ogni tanto, sono orgoglioso di chiamarlo amico. Tuttavia, sono prima di tutto un dottore e dopo un amico, e come Ufficiale Medico Capo ti sto dicendo che c’è qualcosa che non va in lui.”

 

Kirk annuì e camminò risolutamente verso l’interfono.

 

“Spock, raggiungimi in Infermeria.”

 

“Sì, Capitano.”

 

“Almeno segue ancora gli ordini.” Kirk cercò di sembrare spensierato.

 

“Per ora.”

 

La serietà nella voce di McCoy riportò Kirk alla realtà e alla gravità della situazione in cui si trovavano. Aspettarono che Spock arrivasse. Non li fece attendere troppo. Entrato nell’ufficio di McCoy aspettò che la porta si chiudesse prima di parlare. Fissò un punto impreciso fra il Dottore e il Capitano.

 

“Capitano, Dottore,” disse Spock con voce piatta “sto cominciando a stancarmi delle vostre continue intromissioni nel mio stato di salute. Se pensate che io non sia più idoneo ai miei compiti allora rimuovetemi dalla mia posizione. Se questa non è vostra intenzione allora dovrò chiedervi di cessare tutto ciò. Se non potete, o non volete, allora richiedo di essere trasferito su un’altra nave.”

 

“Spock,” disse cautamente Kirk “siamo tuoi amici, stiamo cercando di aiut…”

 

“La condizione nella quale mi trovo è conosciuta come Pon Farr.” Disse Spock improvvisamente.

 

“Pon Farr?” Ripeté McCoy. “Una malattia?”

 

“Affatto, Dottore.” Spock chiuse gli occhi. “I Vulcaniani sono creature logiche, tuttavia, trovare una compagna non è un processo logico…”

 

“Cioè di che si tratta?” Chiese Kirk sentendosi sollevato. “I Vulcaniani vanno in calore?”

 

“Il fatto che lei lo avrebbe messo in tali termini alquanto offensivi è stata la ragione per la quale non desideravo discuterne con voi.” Ringhiò Spock. “Non è qualcosa della quale i Vulcaniani parlano, neanche fra loro.”

 

“Spock,” disse gentilmente Bones “i Vulcaniani diventano emotivi durante questo periodo?”

 

“A nostro modo.” Annuì Spock.

 

“Quando finirà?” Chiese Kirk.

 

“…presto.” Disse Spock dopo un attimo di esitazione.

 

“Presto?” Ripeté Kirk. “Un giorno, una settimana, un anno?”

 

“Non dovrebbe durare più di un’altra settimana.”

 

“Dovremmo impiegare lo stesso tempo per giungere al luogo in cui verrà firmato il trattato di pace. Voglio che ti riposi fino ad allora.”

 

“Mi sta sollevando dai miei incarichi?”

 

“Per il momento, sì.”

 

“Molto bene. Ho il permesso di ritirarmi nei miei alloggi?”

 

“Sì…e Spock?”

 

“Sì, Capitano.”

 

“Grazie per avercelo detto. Non lascerà questa stanza.”

 

L’unica risposta di Spock fu un leggero inchino. Voltandosi se ne andò velocemente. Spock tornò rapidamente ai sui appartamenti, ignorando i suoi compagni che incontrava sul suo cammino. Una volta al sicuro nella privacy dei suoi alloggi si appoggiò di peso contro la porta. Lacrime gli rigarono improvvisamente il viso, si toccò il viso asciugandole. Cominciò ad ansimare contro una nuova emozione con la quale non era familiare: la paura.

 

“Smettetela,” piagnucolò debolmente Spock “lasciatemi stare.”

 

Un potente spasmo lo obbligò ad inarcare la schiena mentre i suoi muscoli si irrigidivano. Quando lo spasmo cessò, scivolo al suolo. Lottando per respirare guardò in basso e sobbalzò alla vista del sangue verde che gli imbrattava l’uniforme all’altezza del petto colandogli dal viso. Cominciò subito a ripulirsi dal sangue da naso.

 

Spock si immobilizzò mentre le voci Vulcaniane facevano ritorno. Nelle ultime settimane erano diventate sempre più forti. Le violente battaglie contro Sulu erano l’unica cosa che silenziava il basso chiacchiericcio e le incontrollabili ondate di emozioni. In quel momento però dubitava che esistesse qualcosa in grado di impedire alle voci di assaltare i suoi sensi.

 

Spock raccolse le ginocchia al petto e nascose la faccia tra le braccia incrociate mentre piangeva disperatamente per la prima volta. Aveva detto all’Ambasciatore che si stava godendo la sua nuova condizione, e a quel tempo ci credeva davvero. Ma man mano che il tempo passava trovava sempre più difficile convivere con tutte quelle emozioni. Era riuscito a  tenere tutto nascosto a Nyota, ma era solo una questione di tempo prima che venisse scoperto e questo non serviva  ad altro che mandargli un’altra stilettata di paura in petto. La paura tuttavia si trasformò rapidamente in rabbia e frustrazione.

 

“Liberatemi!” Esigette Spock. “Mi distruggerete solo perché non potete avere da me ciò che volete?Dov’è la logica in questo?”

 

Mentre le sue emozioni si manifestavano di nuovo selvaggiamente Spock si alzò in piedi. In genere riusciva a calmarsi prima di perdere il controllo, ma stava diventando ogni giorno più difficile sopprimere le emozioni. Lacerato fra paura, dispiacere e rabbia Spock incominciò a camminare avanti e indietro come una tigre in gabbia. Anubis venne fuori per salutarlo, ma quando vide il Vulcaniano fuori di sé si nascose sotto il letto. Era troppo tardi per cercare di stancarsi fino all’estremo facendo esercizi, non poteva lasciare i suoi alloggi in quelle condizioni.

 

Cercando disperatamente una soluzione, Spock si diresse al bagno. Senza preoccuparsi di togliersi l’uniforme entrò nella doccia e aprì il rubinetto dell’acqua fredda. L’acqua ghiacciata gli punse la pelle donandogli un dolore fisico sul quale concentrarsi. Sapeva che la sua temperatura corporea stava scendendo rapidamente, ma non gli importava. Stava funzionando ed era tutto quello che contava.

 

Essendo una specie evolutasi su un pianeta caldo l’acqua fredda lo mandò rapidamente in stato di shock. Tremando per l’ipotermia ormai sopraggiunta, Spock si sedette a terra prima di cadere. Chiudendo gli occhi permise all’acqua di rubargli sia il calore che i pensieri. Proprio quando stava incominciando a perdere coscienza l’acqua divenne improvvisamente calda. Aprì di scatto gli occhi e vide che Nyota era entrata nella doccia per aprire l’acqua calda. Si inginocchiò davanti a lui.

 

“Spock!” Gridò Nyota allarmata prendendogli la testa fra le mani. “Spock, cosa stai facendo?”

 

“Stava…stava aiutando…”

 

“Chiamo McCoy.”

 

“No.” Spock prese in polso di Nyota. “Tu sei tutto ciò di cui ho bisogno. Per favore aiutami ad alzarmi.”

 

Nyota si guardò attorno nervosamente, ma alla fine aiutò Spock a rimettersi in piedi. Sembrava stanco perciò lo porto verso il letto. Entrambi erano bagnati fradici, ma si sedettero ugualmente sul bordo del letto. Spock tremava e guardava davanti a sé.

 

“Cosa stavi facendo?Avresti potuto ucciderti.”

 

“No.” Spock scosse la testa. “L’acqua non era abbastanza fredda da uccidermi.”

 

“Forse non normalmente, ma tu non stai bene.”

 

Spock la guardò.

 

“Non esserne così sorpreso.” Nyota forzò un sorriso. “Pensi che non abbia notato che la notte non dormi più? Pensi che non sappia che quando non ti sono vicina non mangi?”

 

“Mi dispiace.”

 

“Spock, ti amo. Voglio aiutarti, ma non posso se non so cosa sta succedendo.”

 

Spock sospirò e spostò di nuovo o sguardo. Nyota fece scivolare la mano in una delle sue e la strinse forte. Un leggero sorriso gli incurvò le labbra, ma svanì rapidamente. Dopo qualche minuto passato in un silenzio spiacevole Nyota spostò il peso.

 

“Spock?”

 

“Sì?”

 

“Chi è T’pring?”

 

“Come conosci quel nome?” Chiese Spock.

 

Nyota esitò a rispondere, aveva ascoltato la sua chiamata privata. Sentì il corpo di Spock irrigidirsi al nome Vulcaniano. Come se qualcuno avesse premuto un interruttore il suo atteggiamento sconfitto e sconcentrato cambiò in uno di concentrata rabbia. Diventò sempre più arrabbiato ad ogni secondo che passava senza ricevere una risposta. Nyota tolse la mano dalle sue ma questo servì solo ad agitarlo ancora di più e a fargli prendere il suo polso in una presa dolorosa.

 

“Come conosci quel nome?” Ringhiò pericolosamente Spock.

 

“Spock…mi stai facendo male, ti prego lasciami andare…”

 

“Non finché non mi avrai risposto…”

 

 

Come sempre grazie a tutti per i commenti e i consigli che mi date^^

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

“Come sta?”

 

“Non lo so.”

 

“Bones…che razza di dottore sei?”

 

“Oh, beh se intendi fisicamente: ha la spalla destra slogata, il polso rotto in tre punti, lacerazioni al labbro inferiore e una profonda ferita alla tempia sinistra con una piccola frattura nella regione orbitale superiore dell’osso frontale.”

 

Kirk chiuse gli occhi e si premette fra le dita la base del naso. Ascoltò la lista delle ferite di Uhura completamente incredulo. Era un incubo e si aspettava di svegliarsi da un momento all’altro. Quando Bones gli poggiò una mano sulla spalla Kirk realizzò che non si sarebbe svegliato coi sudori freddi questa volta.

 

“Jim, non sono le sue condizioni fisiche che mi preoccupano.”

 

“No?”

 

“No, posso aggiustarle. Sono i danni psicologici il problema più pressante al momento. Non ha detto una parola, non vuole dire a nessuno cosa è successo. Anche se è dolorosamente chiaro che Spock l’ha brutalmente attaccata.”

 

“Ma è stato lui a chiamare la sicurezza.” Protestò Kirk.

 

“Con le mani sporche di sangue.”

 

“Questo non vuol di…”

 

“Jim, l’ha attaccata, lo ha ammesso.”

 

“Merda.”

 

Kirk camminò avanti e indietro per l’ufficio di McCoy per qualche momento, insicuro su cosa fare. Bones restò tranquillo e lasciò che l’amico lasciasse dei segni sul suo tappeto a furia di camminare. Alla fine si fermò e guardò McCoy in cerca di una guida. Bones vide lo sguardo e sorrise tristemente.

 

“Vai a parlargli, scopri cosa è successo.” Suggerì Bones. “Spock non ti mentirà a questo punto.”

 

“E Uhura?”

 

“Christine è con lei ora, penso sia la cosa migliore. Le ho dato un leggero sedativo e in caso diventi di nuovo isterica le darò qualcosa di più forte. Non avrai nessuna risposta da lei adesso.”

 

“Va bene, ritornerò più tardi. Hai fatto una diagnosi su Spock?”

 

“No, non ne ho avuto il tempo.”

 

“Non credi che questo ‘Pon Farr’ possa aver portato a questo?”

 

“Onestamente, Jim, lo dubito. Sono certo che se Spock avesse saputo di essere un pericolo per Uhura ci avrebbe obbligato a rinchiuderlo prima di arrivare a questo.”

 

“Concordo.”

 

Dopo un altro attimo di esitazione Kirk si voltò e uscì dall’Infermeria. Prese la via più lunga per arrivare alle celle, ancora incerto su come gestire al meglio la situazione. Quando giunse al lungo corridoio che portava alle celle di isolamento il suo cuore accelerò. Due guardie si trovavano ai lati del campo di forza, fissando davanti a loro.

 

Deglutendo Kirk si avvicinò alla porta e guardò il prigioniero. Spock era inginocchiato al centro della piccola stanza con la testa piegata e le mani tenute fermamente dietro la schiena. Era completamente immobile, anche l’alzarsi e l’abbassarsi del suo petto quando respirava era appena percettibile. Sangue verde gli colava lentamente giù per il collo da tre graffi che da dietro il suo orecchio appuntito gli arrivavano al collo.

 

Un familiare ronzio catturò l’attenzione di Kirk facendogli realizzare che Spock non stava tenendo le mani dietro la schiena. Anche se non poteva vederle sapeva che manette caricate con ioni di carica opposta gli tenevano i polsi uniti.

 

“Sono davvero necessarie le manette?” Chiese Kirk ad una delle guardie.

 

“Il Comandante Spock ha insistito.”

 

“Capisco.” Kirk sospirò. “Va bene, abbassate il campo di forza.”

 

“Capitano?”

 

“Siete armati, se qualcosa va storto avete il permesso di stordire entrambi se necessario.”

 

“Sì, Signore.”

 

La guardia inserì il codice e lo scudo passò ad una forma più solida prima di scomparire. Kirk entrò e il campo di forza si riattivò. Spock non fece niente per salutare il suo visitatore e non diede nemmeno segno di essersi accorto della sua entrata. Fissando un punto fisso sul pavimento rimase immobile come una statua. Kirk lo studiò per un momento e realizzò che non era così immobile come aveva creduto, le sue mani tremavano leggermente e si stava mordendo la parte interna del labbro inferiore.

 

“Spock?”

 

Per la prima volta Spock non rispose alla richiesta di attenzione del suo Capitano.

 

“Spock, per favore, dimmi cosa è successo.”

 

L’unica risposta di Spock fu il suo continuo silenzio.

 

“È così che i Vulcaniani trattano le loro donne?” Chiese Kirk.

 

“No.” Sussurrò Spock.

 

“Allora cos’è successo?”

 

“Non lo ricordo.”

 

“È la verità?”

 

“Sì.”

 

“Devi ricordarti qualcosa altrimenti non saresti sulle tue ginocchia in cella come se ti aspettassi una lenta e dolorosa morte.”

 

Anche se non alzò lo sguardo gli occhi di Spock cominciarono ad andare avanti e indietro mentre cercava di ricordarsi al meglio i terribili momenti. Kirk aspettò che si spiegasse. Gli occhi di Spock si fermarono e le sue spalle si incurvarono leggermente in segno di sconfitta.

 

“Io…io ricordo di aver visto sangue rosso sulle mie mani. Nyota era rintanata in un angolo, uno sguardo pieno di terrore segnava il suo bellissimo, eppure insanguinato, volto. Anche se non ricordo come è stata ferita, il panico e il tradimento nei suoi occhi mi ha fatto capire che devo essere stato io a ferirla.”

 

“Cosa stavate facendo prima del tuo vuoto di memoria?”

 

“Qual è l’entità delle sue ferite?” Chiese Spock invece di rispondere.

 

“Niente che McCoy non possa aggiustare.”

 

“Avrei potuto ucciderla.”

 

“No…”

 

“Sì…”

 

Il dolore nella voce di Spock era straziante. Chiuse gli occhi e abbassò ancora di più la testa, appoggiando il mento al petto. Kirk sentì gli occhi inumidirsi vedendo il suo amico così distrutto dalle sue azioni.

 

“Spock…”

 

“Mi lasci.”

 

“Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo.”

 

“No.” Spock scosse lentamente la testa. “Non ha senso. Non sono adatto a vivere in una società. Mi rimuoverò dalla mia posizione. È logico.”

 

“Logico? Spock, non posso lasciarti andare via così, neanche per abbandonarti su qualche pianeta deserto.”

 

“Non sarà necessario. Sto eseguendo la mia stessa condanna a morte.”

 

“Co…cosa?”

 

“Me ne resterò qui inginocchiato fino a che non morirò di fame.”

 

Spiegato il suo piano la mente di Spock si spense. Anche se non poteva andarsene fisicamente era chiaro che la sua mente non era più raggiungibile. Non aveva mai alzato lo sguardo su Jim, ma ora i suoi occhi puntati al terreno erano completamente vuoti. Kirk sapeva che la minaccia di Spock non era a vuoto, poteva benissimo restare lì a morire di fame di sua volontà. Per il momento non ci sarebbero state più chiacchierate con il Vulcaniano.

 

Nonostante fosse completamente inutile Kirk si inginocchiò davanti a Spock. Lentamente mise una mano sulla spalla del suo amico ormai in stato catatonico. Per sua sorpresa Spock reagì. Portò lentamente i suoi occhi scuri ad incontrare quelli di Kirk mentre una lacrima solitaria gli scivolava per la guancia. Kirk poteva sentire la profondità del dispiacere di Spock schiacciargli il cuore, cosa che gli rese impossibile trovare la voce per parlare.

 

“Lunga vita e prosperità, Capitano. È stato un onore poterla chiamare ‘amico’. Dica a Nyota che la amo e che mi dispiace.”

 

“Spock…”

 

Era troppo tardi. Spock riportò lo sguardo a terra e la luce d’intelligenza nei suoi occhi si spense. Intrappolato nei suoi pensieri Spock non rispose più al tocco del Capitano. Kirk sospirò e si rimise in piedi.

 

“Non ti lascerò qui a morire in ginocchio come un comune criminale, Spock. Tu sei malato, e io scoprirò di cosa.”

 

Senza sapere se Spock aveva sentito o no le sue parole Kirk aspettò una sua risposta. Quando non la ottenne scosse la testa tristemente e se ne andò. Le guardie lo fecero uscire e lui ritornò in Infermeria. Bones lo stava aspettando al di fuori di una stanza privata.

 

“Allora?”

 

“Spock non ricorda esattamente cosa è successo, ma ha deciso di lasciarsi morire di fame per punizione.”

 

“Tipicamente Vulcaniano.” Sbuffò Bones.

 

“Lo è? C’è una logica nell’incolpare te stesso per le tue azioni quando c’è chiaramente qualcosa al di là del tuo controllo dietro ad esse?”

 

“Se è davvero una malattia mentale allora non sarebbe capace di capire che non ha controllo sulle sue azioni.”

 

“I Vulcaniani sono soggetti a malattie mentali o emotive?”

 

“C’è la Sindrome di Bendii, la quale causa una lenta perdita della capacità di controllare le emozioni. Tuttavia non si è mai sentito di un giovane Vulcaniano affetto da essa.” Spiegò Bones. “In più non comporta violenza, generalmente si manifesta con scoppi di risate, pianti, disorientamento circa lo spazio e il tempo, e la vittima si discosta dagli altri per evitare imbarazzo. È molto simile all’Alzheimer.”

 

“Puoi testare comunque Spock per la Bendii?”

 

“È una procedura piuttosto invasiva, se non dovesse averla potrei finire col causargli danni irreversibili. Normalmente si diagnostica durante l’autopsia.”

 

“Capisco. Uhura può ricevere visite?”

 

“Basta che te ne vai se diventa nervosa.”

 

“Certo.”

 

Bones si spostò di lato e permise a Kirk di oltrepassare la porta dietro di lui. L’infermiera Chapel era ancora con Uhura, ma quando vide il Capitano si congedò.Lo schienale del letto di Uhura era rialzato così da permetterle di restare seduta. La sua spalla era avvolta da una struttura ricoperta di varie luci che le stava sicuramente rimettendo a posto la giuntura lussata. Il polso era tenuto in una attrezzatura simile. Come Spock non volle guardarlo.

 

“Uhura…”

 

“Non è colpa sua.” Replicò istantaneamente Uhura in un roco sussurro. “La prego, Capitano, la prego mi creda, la prego…”

 

“Ti credo.”

 

Gli occhi di Uhura luccicarono delle lacrime che stava cercando di non versare. Kirk si avvicinò e le offrì una spalla su cui piangere. Lei sorrise e cercò di controllarsi ma alla fine perse la battaglia. Seppellendo il viso nel petto di Kirk cominciò a piangere lacrime amare. Il Capitano la cullò in un gentile abbraccio e la lasciò piangere.

 

“Mi dispiace, Capitano.” Piagnucolò Uhura scostandosi da lui.

 

“Va tutto bene, prendi un respiro profondo.”

 

Uhura annuì e fece come le era stato suggerito. Ci volle qualche minuto perché la forte donna che Kirk conosceva ritornasse. Tuttavia, raddrizzò le spalle, a dispetto del dolore che ciò le causava, e lo guardò dritto negli occhi. Cercò il suo viso, cercando disperatamente delle risposte. Quando realizzò che lui non ne aveva perse un po’ della sua rinnovata fiducia in sé stessa.

 

“Sta bene?” Chiese Uhura nervosamente.

 

“È salvo.” Replicò Kirk vagamente. “Uhura, devo sapere cosa è successo.”

 

“Non mi sentivo bene sul Ponte, sentivo freddo, freddo fin dentro le ossa.” Cominciò a raccontare Uhura. “Sono ritornata nei nostri alloggi e ho ritrovato Spock quasi svenuto nella doccia.”

 

“Quasi svenuto?”

 

“Era seduto sotto il getto dell’acqua fredda, completamente vestito. Tremava così forte da sembrare in stato di shock. Volevo chiamare il Dr. McCoy, ma lui ha insistito che non gli serviva aiuto. Non avrei dovuto ascoltarlo…avrei dovuto sapere che c’era qualcosa che non andava.”

 

“Non preoccuparti di quello. Sai cosa ha scatenato l’attacco?”

 

“Sì.” Ammise Uhura.

 

Kirk le diede un momento per continuare. Quando non lo fece le asciugò le lacrime dal viso. Lei lo guardò.

 

“Ho menzionato un nome. Avevo ascoltato una chiamata privata fra Spock e il nuovo Ambasciatore. Non ho capito molto di quello che hanno detto, molto era legato alla loro cultura. Non avrei dovuto, non avrei dovuto ascoltare…ero così preoccupata. Cerca di comportarsi come se il suo esilio da Natala non lo ferisse, ma non è così, lo so.”

 

“Hai detto qualcosa circa un nome?”

 

“Sì…lo ha fatto infuriare…”

 

“Qual era?”

 

“T’pring.”

 

“Chi è T’pring?”

 

“Credo che dovesse essere sua moglie.”

 

 

Siamo già arrivati al capitolo 12, quanto in fretta passa il tempo! Continuate a recensire mi rendete felice con i vostri commenti ed è anche grazie a voi che la mia traduzione è migliorata tanto! Grazie a tutti^^

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

“Allora, Bones?”

 

“Jim…sta morendo.”

 

“Già?”

 

“Non è per la fame. Spock è in una sorta di coma auto indotto…”

 

“Un trucchetto Vulcaniano senza dubbio.” Notò Kirk.

 

“Ne sono certo, tuttavia, a dispetto della sua calma esteriore il suo adorabile sangue verde sta bollendo con adrenalina, dopamina, serotonina, insulina, testosterone, endorfina…la lista continua.”

 

“Sono tutti ormoni.”

 

“Sì, e piuttosto forti anche. Stanno spingendo i suoi organi al limite, anche con la sua fisiologia Vulcaniana non resisterà a lungo.” Bones guardò Spock e scosse la testa. “Non riesco a credere che riesca a restare fermo, dovrebbe essere in giro a correre e saltare di qua e di là come un topo alato di palude Timmariano colpito dalle spore dei funghi Rigiliani con tutti gli ormoni che gli scorrono nelle vene.”

 

“Che mi dici del suo stato mentale?”

 

“Non posso dire per certo cosa questi parametri possano fare ad un Vulcaniano, ma se lui fosse un umano uno squilibrio come questo lo certificherebbe come pazzo. Effettivamente livelli alti di dopamina sono associati con schizofrenia, che può causare illusioni, allucinazioni, paranoia…”

 

“Scatti di rabbia?”

 

“A volte.”

 

Kirk si strofinò gli occhi fino a vedere le stelle. Spock era ai loro piedi, ancora in ginocchio. Non aveva dato segni di reazione all’ispezione del dottore, né alle loro parole su di lui. I suoi occhi scuri erano aperti, fissi su un punto distante anni luce da loro. Kirk aveva fatto rimuovere le manette a ioni, ma questo non aveva impedito a Spock di tenere le mani fermamente dietro la schiena.

 

Inginocchiandosi davanti al suo amico Kirk schioccò le dita un paio di volte davanti al viso di Spock. Per un secondo Kirk poté giurare di aver visto gli occhi di Spock restringersi per l’irritazione, ma non poteva esserne sicuro. Rialzandosi Kirk mise le mani sui fianchi e tentò di decidere cosa fare.

 

“Jim, devi riportare Spock alla Flotta Stellare, ha bisogno di cure specializzate.”

 

“Non posso far girare la nave, Bones, questo trattato di pace deve essere firmato.”

 

“Al diavolo il trattato di pace!” Sibilò McCoy.

 

“E poi abbiamo sei settimane di viaggio alla massima Velocità di Curvatura per arrivare alla Terra…potresti tenerlo vivo tanto a lungo?”

 

“No.” Ammise di malavoglia Bones.

 

“I Vulc…”

 

“Signora, non può entrare là dentro!” Aveva gridato improvvisamente una delle guardie all’inizio del corridoio.

 

“Col cavolo non posso!” Ruggì Uhura. “Levami le mani di dosso!”

 

Kirk guardò nel corridoio e scoprì che in effetti Uhura se ne era andata dall’Infermeria a dispetto degli ordini. Ancora indossando le attrezzature che McCoy le aveva fissato addosso, trasalì dal dolore movendosi. Malgrado ciò stava per liberarsi della guardia per poi colpirla all’inguine. Kirk lanciò uno sguardo a Spock, sembrava non aver notato la voce di Uhura.

 

“Guardiamarina,” chiamò Kirk “va bene, la lasci passare.”

 

“Grazie, Capitano.” Disse Uhura con gratitudine.

 

“Se qualcuno può raggiungere Spock, sei tu.”

 

Uhura sorrise leggermente ed entrò nella cella. Un espressione di dolore le coprì il viso nel vedere suo marito inginocchiato al suolo in stato catatonico. Si chinò istantaneamente di fronte a lui, sperando che la guardasse. Spock rimase immobile, senza battere ciglio. Gli occhi marrone scuro di Uhura luccicarono di lacrime.

 

“Spock? Piccolo, sono io…per favore, non farlo. Io ti amo.”

 

Spock chiuse gli occhi, il primo movimento dopo ore. Uhura si allungò per toccargli le tempie ma lui spostò la testa quel tanto che bastava a farle capire che non desiderava essere toccato. Lei esitò per un momento, aspettando una sua mossa. Quando rimase immobile si chinò leggermente e lo baciò gentilmente. Spock perse la volontà di ignorarla e rispose alla dimostrazione di affetto. Rimanendo in ginocchio Spock si allungò per intensificare il bacio.

 

Uhura stava cominciando a sentirsi senza fiato, ma non aveva intenzione di staccarsi da lui anche se le stava mordendo il labbro inferiore abbastanza forte da causare dolore. Il momento in cui la loro pelle si era toccata il suo cuore aveva cominciato a battere così forte da permetterle di sentirlo rimbombare nelle orecchie. Spock tolse finalmente una delle sue mani da dietro la schiena per toccarle il viso. Le sue dita stavano quasi per toccarle la pelle, ma improvvisamente si bloccò senza chiudere le distanze fra di loro. Spock si scostò lentamente dalle labbra di Uhura. Riportò la mano al suo posto dietro la schiena.

 

“Spock…”

 

“Nyota, ti amo, ti amo talmente tanto da essere fisicamente doloroso per me starti lontano…ma non sei al sicuro con me. Nessuno lo è. Per favore, vattene e non ritornare.”

 

Lacrime cominciarono a rigarle il viso quando vide che si stava di nuovo allontanando da loro. Spock fissò davanti a sé, non più guardandola, quanto piuttosto guardando attraverso lei. Cercando disperatamente di raggiungerlo di nuovo gli passò una mano fra i capelli, ma lui era ormai di nuovo  immobile come un pezzo di granito. L’unica cosa che era cambiata era il fatto che ora stava tremando leggermente, come se stesse lottando con tutte le sue forze per non saltare in piedi. Uhura gli tracciò i bordi di un orecchio appuntito con le dita senza essere premiata con una reazione.

 

“Capitano,” Uhura alzò lo sguardo su Kirk “lo aiuti, la prego.”

 

Kirk annuì e lasciò Uhura e McCoy a controllare Spock. Si diresse ai suoi alloggi per tenere la sua prossima conversazione in privato. Stava per iniziare la comunicazione quando suonò l’interfono segnalando una chiamata dal Ponte. Kirk non era dell’umore giusto per delle seccature, ma rispose lo stesso.

 

“Qui Kirk.”

 

“Chiamata privata da Natala, Capitano.”

 

“Natala?” Chiese Kirk sorpreso. “Da chi?”

 

“L’Ambasciatore Tek’tiel, Signore.”

 

“Me lo passi.”

 

Kirk si guardò attorno nella stanza, quasi aspettandosi che il Vulcaniano fosse dietro di lui. Era tornato nei suoi appartamenti con l’intenzione di chiamare l’Ambasciatore per chiedergli aiuto per Spock. Era sempre seccante ricevere una chiamata da colui che stavi per chiamare, ancora di più se la persona in questione era un Vulcaniano puro sangue.

 

“Capitano James T. Kirk, come posso assisterla Ambasciatore?” Decidendo di non mostrare immediatamente tutte le sue carte Kirk parlò con noncuranza.

 

“Capitano Kirk, la sto chiamando per richiedere che Spock venga riportato su Natala.”

 

“Perché? Da quello che ho capito lui non vuole tornarvi.”

 

“Lo capisco, tuttavia, è di grande importanza per la sua salute.”

 

“Perché dovrebbe importarvi di Spock?” Chiese Kirk sospettoso.

 

“Tutti i Vulcaniani sono una mia preoccupazione. Tuttavia, Spock è anche il mio Bal’lat.”

 

“Mi scusi, il suo cosa?”

 

“Bal’lat…credo che nella vostra cultura sia ciò che voi chiamate nipote?” Chiarificò l’Ambasciatore.

 

“Quindi se fosse successo qualcosa a Sarek mentre Spock era ancora un minorenne…”

 

“Avrei preso la responsabilità di allevarlo come se fosse stato mio figlio, sì.” Finì per lui Tek’tiel.

 

“E a lei andava bene?” Chiese Kirk, cercando di scorgere qualcosa sotto il comportamento del Vulcaniano. “Avrebbe corso il rischio di ritrovarsi con un figlio mezzo sangue.”

 

“Avevo qualche riserva a proposito, tuttavia, era logico proteggere il giovane Spock. Sarek aveva un lavoro pericoloso, pertanto pianificò cosa doveva succedere in caso della sua morte.”

 

“Spock è a conoscenza di tutto ciò?”

 

“No. Fortunatamente Spock ha raggiunto un’età in cui non ha più bisogno di un padre, anche dopo la morte di Sarek.”

 

“Si sbaglia, Ambasciatore, un figlio non raggiunge mai un’età in cui non ha più bisogno di un padre.”

 

“Posso comprendere la logica in ciò.” Concordò Tek’tiel. “Proprio ora Spock ha bisogno dei Vulcaniani, siamo gli unici con qualche possibilità di salvarlo.”

 

“Quindi sapete cosa gli sta succedendo?”

 

“Non sono autorizzato a rispondere a questa domanda, Capitano.”

 

“Ma sapete in un qualche modo che è malato?”

 

“Ancora una volta, Capitano, non posso rispondere.”

 

“Certo che no.” Kirk roteò gli occhi. “Silenzio Vulcaniano, sto incominciando ad abituarmici.”

 

“Capitano, secondo le regole della Flotta Stellare il suo Primo Ufficiale non è più in possesso delle sue facoltà, non può compiere scelte razionali da solo. Pertanto lei ha il potere di prendere qualsiasi decisione che lo riguardi.”

 

“Aspetti un momento…” Ringhiò Kirk.

 

“Dia Spock ai Vulcaniani, Capitano, o le assicuro che morirà.”

 

“Se io ve lo cedo, vivrà?”

 

“Non posso garantirlo. Posso solo dire che non ha alcuna speranza senza le cure che noi Vulcaniani possiamo offrirgli.”

 

“Devo almeno provare a chiedere a Spock cosa vuole.”

 

“Non le piacerà la sua risposta.”

 

“Ambascia…”

 

“Ha un’ora per decidere.” Lo interruppe Tek’tiel.

 

“Cosa succederà tra un’ora?”

 

“La nave Vulcaniana che in questo momento sta seguendo una rotta parallela alla vostra riceverà l’ordine di tornare su Natala, con ciò Spock perderà la sua unica possibilità di vivere.”

 

Kirk scattò in piedi alla novità che la sua nave era scortata da dei Vulcaniani. L’Ambasciatore aveva terminato la chiamata, non interessato a continuare la discussione. Kirk stava per chiamare il Ponte quando fu proprio quest’ultimo a chiamare lui.

 

“Kirk.”

 

“Capitano?” Disse la voce di Chekhov attraverso l’interfono. “Una nave è appena apparsa in raggio dei nostri sensori.”

 

“Di che tipo?”

 

“Sembra essere Vulcaniana, Signore.”

 

“Grazie, Signor Chekhov.”

 

“Dobbiamo chiamarla?”

 

“No, tenetela sotto controllo.”

 

Mentre Kirk vagliava le sue possibilità, McCoy e Uhura erano ancora al fianco di Spock. A dispetto dei continui sforzi di Uhura, Spock non reagì più. McCoy alla fine si avvicinò di più quando notò sul suo tricorder che il cuore di Spock stava incominciando a battere sempre più veloce. Anche se non mostrava nessun segno di dolore dall’esterno, internamente era straziato da emozioni violente quanto una tempesta.

 

Erano passati circa quarantacinque minuti da quando il Capitano se ne era andato quando sentirono che stava ritornando.

 

“Da questa parte, Signori.”

 

Bones percepì immediatamente il tono sconfitto di Kirk. Chiunque il Capitano stesse facendo entrare nella cella, era chiaro che in realtà non lo voleva. Quando il Capitano arrivò, Bones fu scioccato di vedere che era seguito da tre tetri Vulcaniani.

 

“Da dove diavolo arrivano quelli?” Chiese Bones.

 

“Per favore, Bones, non ora.” Replicò Kirk.

 

Uhura stava ancora guardando Spock e trasalì quando improvvisamente lui alzò la testa. Dopo aver visto i Vulcaniani i suoi occhi si spalancarono per la paura. Saltò in piedi e indietreggiò velocemente. Sbattendo contro il muro si ritirò in un angolo il più lontano possibile dai visitatori. Il suo petto si alzava e abbassava violentemente mentre annaspava in cerca di aria. Spock distolse lo sguardo dai tre Vulcaniani per fissare Kirk con disperazione.

 

“Capitano, no!” Urlò Spock in preda al terrore. “No, non lasci che mi prendano! La prego!”

 

“Spock…”

 

Prima che Kirk potesse spiegargli perché aveva preso quella decisione i Vulcaniani si mossero verso Spock. Per un attimo sembrò che si stessero preparando per una battaglia. Messo all’angolo come un animale Spock stava chiaramente valutando se doveva o meno lanciarsi contro i suoi fratelli. Uno dei Vulcaniani aveva una siringa come quelle di Bones e si avvicinò lentamente all’ibrido dagli occhi selvaggi.

 

Spock si premette ancora di più contro il muro contro il quale si era riparato. Sapendo di non poter vincere in uno scontro, serrò gli occhi. Tremando di paura Spock guaì quando la siringa fu inserita nel suo petto. Il Vulcaniano arretrò aspettando che ciò che gli aveva iniettato avesse effetto. Spock artigliò il muro crollando in ginocchio. Dopo aver guardato sua moglie si volse a turno verso Bones e Kirk, un’espressione di indescrivibile dolore sul viso.

 

“Capitano…Jim, per favore…no…”

 

“Mi dispiace, Spock.”

 

Qualsiasi droga gli avessero iniettato fece effetto su Spock. Combatté strenuamente per contrastarla, ma alla fine i suoi occhi rotearono all’indietro fino a diventare bianchi e lui collassò sul pavimento. Il Vulcaniano di grado più basso sollevò Spock da terra senza sforzo. Con spietata efficienza segnalarono alla loro nave di venire teletrasportati indietro e se ne andarono senza dire una parola.

 

Uhura seppellì il volto nel petto di Kirk e pianse incontrollabilmente. Fissando tristemente il punto in cui Spock si trovava fino a pochi attimi prima, Kirk sospirò. Strinse Uhura gentilmente, ma non servì a consolare nessuno dei due. Bones si avvicinò e mise una mano sulla spalla del Capitano come supporto.

 

“Hai fatto la cosa giusta, Jim.”

 

“Davvero, Bones? Non ne sono molto sicuro…”

 

 

 

Ecco il tredicesimo capitolo! Questo è uno dei miei preferiti, sarà perché il mio compleanno è il tredici?^^

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

Spock si svegliò a causa di una sensazione sconosciuta, sensazione che fra l’altro non era per niente piacevole. Bones avrebbe detto che si trattava di mal di testa. Deglutendo nonostante la gola secca cercò di riordinare i suoi pensieri. Le differenze tra realtà e incubo avevano incominciato a diventare sempre più sottili ultimamente. Spock aprì lentamente gli occhi per poi richiuderli immediatamente contro le luci dolorosamente brillanti.

 

Leggeri rumori che non riusciva ad identificare mescolati con un mormorio incoerente che era poco più di un sussurro, assalirono il suo udito e gli fecero congelare il sangue nelle vene quando un’improvvisa ondata di paura gli attraversò il cuore. Irritato da quell’ansia illogica Spock digrignò i denti. Realizzando che digrignare i denti non faceva altro che irritarlo di più tanto da renderlo furioso, Spock lottò per riprendere il controllo delle sue emozioni attraverso la meditazione.

 

Un profondo respiro portò aria calda nei suoi polmoni, un’aria molto più calda di quella a bordo dell’Enterprise. Ricordandosi del rapimento una sola lacrima gli sfuggì dagli occhi chiusi. Il dispiacere si trasformò di nuovo in paura quando Spock realizzò che non solo stava perdendo il controllo sulle sue emozioni, ma queste ultime imperversavano dentro di lui con talmente tanta violenza che di questo passo rimanere sano di mente sarebbe stato difficile se non impossibile.

 

Spock cercò di invocare aiuto, ma riuscì a emettere solo un misero gemito. Si obbligò ad aprire gli occhi permettendo alla luce di pungerlo fino a che non si fosse abituato. Steso sulla schiena stava fissando un soffitto privo di qualsiasi decorazioni. Girando la testa di lato poté vedere che si trovava in una stanza molto simile a quella dalla quale era stato portato via. Sedendosi lentamente fu travolto da un improvviso attacco di vertigini.

 

Un paio di Vulcaniani comparvero alla porta che senza dubbio era sigillata con un campo di forza. Con la vista che ogni tanto sfocava Spock fece fatica a concentrarsi su di loro. Concentrarsi sulla sua visione faceva sì che le sue emozioni rimanessero di nuovo senza controllo, e la vista dei due Vulcaniani fece ribollire il sangue di Spock.

 

Scoprendo i denti come un animale rabbioso, Spock si lanciò contro di loro. Riuscì a fare solo un passo, tuttavia, prima che le sue gambe cedessero mandandolo a schiantarsi contro il suolo. Tirandosi su sulle mani e sulle ginocchia, lottò duramente contro una potente nausea.

 

“Si è ripreso molto prima del previsto.”

 

“Questo perché è per metà umano.”

 

“Questo non è logico, Dottore, in quanto ibrido dovrebbe essere molto più suscettibile alla droga al contrario di un vero Vulcaniano.”

 

Nonostante fosse ancora disorientato Spock forzò la testa ad alzarsi per gettare uno sguardo omicida al Vulcaniano per l’insulto, tuttavia non riuscì a trovare né la voce né la forza di alzarsi.

 

“Il sangue di Spock contiene un ormone umano chiamato adrenalina, essa lo rende resistente alla droga.”

 

“Desidera che aumenti la dose?”

 

“No, il suo sistema non ha reagito bene ad essa.” Il dottore scosse la testa. “Non ce ne sarà bisogno comunque, sarà ancora manipolabile in questo stato. Portalo giù in laboratorio.”

 

“Sì, Dottore.”

 

Il Vulcaniano più giovane fece un segno ad un altro ed insieme entrarono nella cella. Spock lottò ancora una volta per rimettersi in piedi, ma cadde all’indietro. Confuso dalla sua mancanza di coordinazione, provò di nuovo. Questa volta un Vulcaniano lo prese per il braccio e lo tirò su. Sentendosi come sul ponte di una nave che rollava incontrollabilmente Spock fu incapace di rimanere in piedi da solo.

 

Per nulla interessato a fare il prigioniero accondiscendente, Spock cercò di sfuggire alla presa. Indifferenti a ciò che stava facendo, i due continuarono semplicemente a condurlo e trascinarlo per i corridoi di pietra liscia. Spock guardò il soffitto e notò la vena di argento che vi scorreva. Gli diede l’impressione di trovarsi profondamente sotto terra.

 

Il viaggio fu breve, ma estenuante. Con ogni traballante passo, Spock sentiva le energie che lentamente lo abbandonavano. Nonostante l’assistenza stava incominciando ad essere madido di sudore. Con l’alzarsi della temperatura i suoi pensieri già disordinati inciamparono gli uni sugli altri. Per un momento considerò l’idea di cedere e svenire.

 

Portato in un’ampia sala Spock cercò di identificare il luogo attorno a lui. Era difficile distinguere i trilli e i ronzii di macchinari e computer che riempivano la stanza al di sopra delle chiacchiere e delle grida. C’erano talmente tante voci che era impossibile capire cosa l’uno stava dicendo all’altro. Guardandosi intorno tuttavia, le uniche persone che poté vedere erano i due che lo avevano portato là, il Dottore di prima e una giovane Vulcaniana con lunghi capelli castano scuro. Nessuno di loro era la fonte delle voci.

 

Gli uomini che lo tenevano si fermarono e lo tennero in piedi grazie alla loro pura forza bruta. Il Vulcaniano più anziano gli si avvicinò e gli passò una luce davanti agli occhi. Gridando per il dolore causato dalla luce abbagliante Spock serrò gli occhi e rinnovò la sua lotta per liberarsi. Non essendo in grado di combattere cedette e piegò la testa ansimando per respirare.

 

“Spock, mi puoi capire?” Gli chiese il dottore.

 

Intrappolato dalla sensazione di vertigine l’unica risposta di Spock furono i suoi occhi che rotearono indietro sino a diventare bianchi. Sentì la mano del dottore che gli toccava la guancia. Temendo una fusione mentale forzata, Spock spostò la testa violentemente. Il movimento lo portò pericolosamente vicino ad un collasso totale.

 

“Il suo caso è in uno stato molto più avanzato di quanto pensassi.” Notò il dottore. “La sua temperatura interna è pericolosamente elevata, assicurati di utilizzare l’acqua fredda. Inoltre iniettagli 6 cc di Trezerol e incomincia con 3.5 di Vulandin.”

 

“Sì, Dottore.”

 

Questa volta Spock non offrì resistenza quando lo trascinarono in un angolo. La femmina Vulcaniana si avvicinò con una pistola nella quale era inserito un ago, sul retro della pistola si potevano vedere due cartucce con due liquidi di colore diverso. Lei gli premette la pistola su una vena del collo. Vi furono due potenti stilettate di dolore, seguite da un’intensa sensazione di ghiaccio che gli scorreva nel sangue. Il cocktail di droghe servì a schiarirgli un po’ i pensieri e a rendere più chiara la sua situazione.

 

Quando sentì che uno degli uomini lo stava prendendo alla gola, rinunciò ai suoi inutili tentativi di sfuggire alla loro presa, sfruttandola invece a suo vantaggio utilizzando il supporto che gli stavano offrendo per sferrargli un calcio. I due non si arrabbiarono ma lo fecero semplicemente inginocchiare. Sentì un paio di mani che gli tiravano il retro del collo della sua uniforme. Quando gli strapparono di dosso l’uniforme Spock gridò come se gli avessero squarciato la pelle.

 

Non era l’umiliazione dell’essere spogliato ad aver innescato la reazione emotiva, quanto le implicazioni dell’avere la sua uniforme strappatagli di dosso. Quando gli tolsero la maglia a brandelli, Spock riuscì a liberare un braccio. Velocemente afferrò lo stemma della Flotta Stellare cucito su di essa.

 

I Vulcaniani cercarono di toglierglielo di mano ma riuscirono solo a rompere il tessuto intorno ad esso sulla maglia. Quando continuarono a cercare di portarglielo via Spock lo strinse così forte da far sì che le sue punte acuminate gli penetrassero la pelle facendo scorrere il sangue verde fra le sue dita serrate.

 

“Lasciate che lo tenga,” ordinò il dottore “non vale la pena di lottare per questo.”

 

Spock non rilassò la presa sullo stemma, temendo che fosse tutta una farsa. Voleva chiedere spiegazioni circa il modo in cui lo stavano trattando, ma non riusciva a parlare. Ogni volta che ci provava tutto ciò che sentiva erano borbottii rabbiosi e ringhi che non avevano alcun senso. Quando gli tolsero il resto dei vestiti cominciò a sputargli addosso insulti che non comprendeva neppure lui.

 

“È più disorientato di quello che dovrebbe essere, aumentate la dose di Vulandin di un altro cc, e abbassategli la temperatura. Ha le allucinazioni a causa della febbre.”

 

Con un altro ago gli iniettarono un’altra delle loro droghe, qualsiasi esse fossero. La droga corse per le sue vene come cristalli di ghiaccio. Non raffreddò solo il suo sangue, ma anche la sua mente. Prima che potesse usare la concentrazione ritrovata contro i suoi rapitori, un getto d’acqua fredda lo colpì sul collo. Di nuovo infuriato lottò contro la doccia che lo stavano forzando a subire. Con il calare della sua temperatura interna calò anche la sua abilità di lottare. L’odore antisettico di un sapone subito gli assalì i sensi. Tenne gli occhi aperti nonostante il sapone glieli facesse bruciare e scoprì che la sua vista si stava oscurando di nuovo.

 

“Dottore, credo che stia per perdere conosc…”

 

Spock non sentì il resto della frase. Quando si risvegliò di nuovo fu in circostanze decisamente migliori rispetto alla prima volta. Riprese conoscenza a poco a poco e prese un profondo respiro della piacevole aria calda. Aprendo gli occhi Spock si ritrovò in un ambiente illuminato da una soffice luce bluastra. Il soffitto di pietra era attraversato da una vena di argento, un metallo una volta ricercato per la sua rarità e la sua bellezza. Gli ci volle un attimo per realizzare che la sua mente era calma e limpida come un lago.

 

In grado nuovamente di pensare logicamente Spock si sedette e si guardò attorno. Si era svegliato su un letto che era stato scavato direttamente nella roccia. Stava indossando una maglia marrone chiaro fatta di un materiale elastico e un paio di pantaloni larghi di soffice cotone anch’essi del colore della maglia. La stanza era più o meno tre metri per quattro metri e mezzo. Non aveva molto da offrire in quanto a mobilio. Un’arcata posta sul muro opposto portava ad un piccolo bagno.

 

Spock spostò lo sguardo e notò una veste marrone scuro a maniche corte piegata e posta ai piedi del suo letto. Si allungò per prenderla e, dopo averla sollevata, notò lo stemma della Flotta Stellare che vi era stato cucito sopra. Spock ne tracciò i contorni e, ricordandosi di come era riuscito a tenerlo, si guardò il palmo della mano. C’erano dei segni a testimoniare dove lo stemma gli aveva penetrato la pelle, ma i tagli erano stati puliti e coperti con un po’ di pelle artificiale.

 

Chiudendo gli occhi Spock sospirò. Anche se ora riusciva a controllare meglio le sue emozioni si sentiva ancora vuoto. Non avendo niente da fare Spock si mise addosso la veste, lasciandola aperta sul davanti. Ancora seduto sul letto Spock spostò la sua attenzione sul muro alla sua destra. Era una brillante superficie di nera ardesia, così perfettamente liscia che non poteva essere di un vero materiale solido. Non era altro che un campo di forza colorato. Fissò la superficie nero inchiostro per qualche minuto.

 

“Posso sentirvi.” Disse Spock con calma.

 

Il nero tremolò e si schiarì mostrando dall’altra parte di esso il dottore con il quale Spock stava diventando familiare. Prendendosi un momento per rinchiudere la rabbia nel retro della sua mente, Spock si alzò. All’inizio fece difficoltà a restare in equilibrio, ma molto presto riuscì a restare in piedi perfettamente. Camminò fino all’invisibile linea che lo separava dal Vulcaniano più vecchio.

 

“Devo forse considerarmi un prigioniero?”

 

“Spock…”

 

“Comandante Spock.” Fu la gelida risposta.

 

“Certo, Comandante…”

 

“Non potete farmi questo.” Lo interruppe Spock.

 

“Stiamo solo cercando di aiutarti.”

 

“Rilasciatemi.”

 

“Capisco che al momento sia difficile da capire per te, tuttavia, sei incredibilmente malato.”

 

“In tal caso desidero essere rimesso alle cure del mio medico, il Dr. McCoy.”

 

“Lui non può aiutarti.”

 

“E voi sì?” Spock alzò scettico un sopracciglio.

 

Il dottore esitò a rispondere, cosa rara per un Vulcaniano. Appariva stanco, stressato. Ciò però non serviva certo ad intenerire Spock. Non era nella natura dei Vulcaniani mentire, quindi ora che al dottore era stata posta una domanda alla quale non aveva una risposta soddisfacente, aveva deciso di restare zitto.

 

Il Vulcaniano dai capelli grigi premette qualche tasto sullo scudo che li separava facendogli vedere complicati risultati medici. Anche se le immagini erano capovolte dal punto di vista di Spock, potè leggerle facilmente. I suoi parametri non erano completamente nella norma, ma vi erano molto più vicini della volta in cui McCoy lo aveva analizzato.

 

“Hai risposto bene al Vulandin,” il dottore annuì “questo mi fa piacere, non era mai stata provata su un mezzo Vulcaniano.”

 

“Logico…dato che sono l’unico.”

 

“Vero, tuttavia, sembra che il tuo sangue umano non interferisca con la droga più di quanto abbia fatto con la Malattia.”

 

“Rilasciatemi.” Insisté Spock.

 

“Andarsene ora equivarrebbe a morire.” Lo informò con sincerità il dottore.

 

“Desidero tornare a bordo dell’Enterprise, a qualunque costo.”

 

“Non è logico. Inoltre, l’unica ragione per la quale ti trovi qui è perché il tuo Capitano James T. Kirk ti ha dato a noi.”

”Non ne aveva il diritto.” Ringhiò Spock. “Lui è il mio Capitano, non il mio Padrone.”

 

“Alcune volte ci domandiamo…”

 

“La mia lealtà non la deve riguardare, io sono leale con coloro che mi sono leali. Ora smettetela e rilasciatemi!”

 

“Ti stai arrabbiando.”

 

“Sì. Come avete osato usare il Pon Farr contro di me?”

 

“Ti assicuro che non l’abbiamo fatto.”

 

“Volete farmi credere che tutto questo sia una coincidenza?”

 

“Non lo è. Spock, ciò che tu stai soffrendo è scatenato dal Pon Farr e ne condivide alcuni sintomi, ma non è la stessa cosa. Colpisce solo i maschi giovani, dai venti ai sessant’anni. Comincia come un normale Pon Farr, tuttavia nulla può essere fatto per fermarlo. La vittima sperimenta intensi scoppi emotivi, allucinazioni, diventa incline alla violenza. La Malattia progredisce fino a condurre inevitabilmente alla pazzia seguita dalla morte.”

 

“Cosa la causa?”

 

“Non lo sappiamo.” Ammise il dottore. “Non vi è logica in essa. Non sono stati trovati agenti patogeni, collegamenti fra le vittime al di là del Pon Farr, le autopsie non mostrano nessuna anomalia fisiologica tranne una crescita di ormoni. Siamo alla caccia di un fantasma che uccide a suo piacimento.”

 

“Quando è cominciato tutto ciò?”

 

“Il primo caso registrato accadde due mesi e undici giorni dopo la distruzione di Vulcano.”

 

“È stato più di tre anni fa.”

 

“Infatti.”

 

“Quanti sono i morti?”

 

“Attualmente: duemilatrecentoventisette.”

 

“Gran parte di coloro che sono sopravvissuti.” Replicò scioccato Spock.

 

“Esatto, ecco il bisogno del programma di riproduzione. La Malattia uccide nel 100% dei casi. Il Vulandin ne rallenta la progressione solo temporaneamente. Tuttavia, la droga stessa è un veleno e il suo utilizzo prolungato porta alla morte.”

 

“Perché la Flotta Stellare non è stata avvisata di questa epidemia?” Domandò Spock.

 

“Solo l’Alto Consiglio e pochi eletti sono stati scelti. Questo è un problema di Vulcano, la dignità deve essere mantenuta.” Fu la difensiva risposta del dottore. “Vulcano se ne occuperà senza l’interferenza o l’aiuto di altri popoli.”

 

“In questo caso so qual è la causa dell’imminente estinzione dei Vulcaniani.”

 

“Lo sai? E qual è?”

 

“L’orgoglio.”

 

.

 

Grazie Persefone Fuxia non smettere di farmi notare anche le cose più piccole^^

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

“Signori, se non risolverete questo problema fra di voi nei prossimi cinque minuti ritornerò alla mia nave e lo risolverò io…permanentemente.”

A fianco di Kirk con addosso la sua alta uniforme, Bones quasi soffocò nella sua stessa saliva dopo aver sentito l’improvvisa dichiarazione del Capitano. I delegati dei due pianeti in guerra si immobilizzarono e lo fissarono in uno scioccato silenzio. McCoy prese Kirk per un gomito e forzò un sorriso ai delegati.

“Scusateci un momento.”

Kirk roteò gli occhi mentre Bones lo trascinava attraverso l’arcata fino ad arrivare alla sala adiacente. McCoy era totalmente senza parole all’inizio, ma dopo un rapido respiro ritrovò la voce.

“Sei completamente fuori di testa?” Gli domandò Bones.

“Non posso ascoltarli bisticciare su questa cosa ancora a lungo, è ridicolo.”

“Che diavolo è successo alla diplomazia?”

“Di quella in genere se ne occupa Spock.”

“Ovvio, ma ti conviene ritornare di là e tirare fuori un po’ di cortesia o sospetto che mi ritroverò al tuo fianco davanti alla Corte Marziale!” Sibilò Bones.

“Bene.”

“Scusati, e per l’amor di Dio, vedi di dire la cosa giusta.”

Kirk roteò di nuovo gli occhi con un sottile mormorio di disgusto. Bones scosse la testa frustrato e seguì il Capitano che tornava dai delegati. I due in questione erano seduti al tavolo e si guardavano in cagnesco l’un con l’altro. Guardarono Kirk con apprensione.

“Scusatemi per prima, Signori.” Kirk sfoggiò il suo più bel sorriso carismatico. “Ora, dove eravamo rimasti?”

“Tarlin non accetta il fatto che Hesta è nostro!”

“Il nome non è ‘Hesta’ è Yeris ed appartiene a noi!”

“Tanto per essere chiari, state parlando del piccolo planetoide fra i vostri due mondi?” Chiese Kirk.

“Sì” Concordarono per una volta i delegati.

“Perché vi interessa?È troppo piccolo per supportare delle forme di vita. Ci vorrebbe troppo lavoro anche solo per stabilirci una colonia.”

“È una terra sacra.”

“Noi l’abbiamo reclamata per primi!”

“Calmi voi due.” Li interruppe Kirk. “Com’è che questo planetoide è diventato sacro? Avete sviluppato i viaggi spaziali solo qualche decennio fa e vi state già saltando alla gola l’uno con l’altro.”

“Abbiamo osservato Hesta sin dall’inizio dei tempi.”

“E noi abbiamo scritto di esso fin dall’inizio della civilizzazione.”

“Non potete dividervelo?”

“Assolutamente no!” Ringhiarono entrambi.

Kirk sospirò pesantemente mentre i due ricominciavano a bisticciare. Guardò McCoy, ma l’amico non aveva niente da offrire sul piano dei consigli. Ancora una volta Kirk sentì la mancanza dell’aiuto di Spock, era sicuro che il Vulcaniano avrebbe chiaramente intravisto una soluzione logica a tutto ciò. In più aveva scoperto che le persone tendevano a credere a tutto quello che Spock diceva semplicemente perché l’aveva detto un Vulcaniano.

“Che ne pensate di questo: rendere Hesta/Yeris off limits? In questo modo potrete entrambi continuare a guardarlo e a scrivere di esso senza interferenze?”

“Ciò…” il primo delegato esitò “non è un’opzione possibile.”

“No, concordo, non è accettabile.”

“Perché no? Uno di voi sta pensando di stabilirci una colonia? Potete a malapena volare, dubito che abbiate la tecnologia per una simile impresa.”

I delegati si fissarono per un momento. Kirk ebbe all’improvviso la sensazione che gli stessero nascondendo un’informazione davvero importante. Aspettò che uno dei due si decidesse a metterlo a parte del segreto, ma nessuno dei due parlò.

“Uno di voi due vi è già atterrato?”

“No…non ancora.”

“No.”

“Se è così sacro, non dovrebbe rimanere inviolato?” Propose Kirk.

Ancora una volta i delegati si scambiarono uno sguardo carico di significati. Kirk capì allora che la faccenda non aveva niente a che fare con la devozione religiosa. Tirò fuori il comunicatore e chiamò la nave.

“Qui Scotty, Signore.”

“Scotty, qual è la composizione del planetoide tra Kale e Tarlin?”

“Uh…la composizione, Signore?”

“Sì, di cosa è fatto? Niente di speciale?”

“Questa…uh…questa è la specialità del Signor Spock, Signore.”

“Il Signor Spock è a diverse centinaia di anni luce da qui, quindi lo chiedo a lei. Lei è un ingegnere.”

“Sì, Signore, so come aggiustare i sensori…non cosa significhino tutti i dati che si possono leggere.”

“Lo scopra.”

“Sì, Signore.”

Kirk chiuse il comunicatore e si premette la base del naso fra le dita. Anche se non lo sorprendeva più di tanto, era difficile ammettere quanto erano più difficili le cose ora che Spock se ne era andato. Temendo che Scotty non riuscisse a dargli una risposta soddisfacente Kirk si girò verso i due delegati.

“È solo una questione di tempo prima che riesca a scoprire cosa mi state nascondendo…quindi, perché non rendiamo tutto molto più semplice, di cosa si tratta?”

I delegati si scambiarono un altro sguardo e improvvisamente si ritennero sconfitti.

“Non siamo ancora atterrati su Yeris, ma abbiamo fatto una scansione preliminare.”

“Cosa avete trovato?”

“Nurillio e Rillio.”

“E devo comprendere che anche voi ne siete a conoscenza?” Chiese Kirk all’altro delegato.

“Sì.”

“Capisco.” Kirk ci pensò su per un attimo. “Nessuno dei due materiali è utilizzabile senza l’altro, devono essere combinati per essere di qualche utilità. Hanno inoltre diverse tecniche di estrazione, si dovrebbero installare due basi. Penso che voi due dovrete condividere. Uno estrarrà il Nurillio e l’altro il Rillio, dovrete commerciare tra di voi per essere in grado di ottenere il prodotto finale. D’accordo?”

I delegati non risposero subito. Erano entrambi alla ricerca di una scappatoia da quell’accordo che avrebbe portato salute e lavoro ad entrambe le parti. Alla fine annuirono entrambi. Kirk guardò Bones e gli sorrise smagliante. Era il turno di McCoy di roteare gli occhi, cosa che fece.

“Eccellente, Signori, quindi abbiamo un accordo?”

“Sì, Capitano.”

“Bene.” Annuì Kirk. “Se non sbaglio la guerra fra i vostri pianeti è iniziata poco dopo le scansioni al planetoide, questo bagno di sangue è stato causato davvero dal Nurillio e dal Rillio?”

“Le origini della guerra si sono perse negli anni…ma è…possibile.”

“Lo prenderò come un si. Scoprirete che potete fare molto di più collaborando, il vostro più grande nemico può a volte diventare il vostro migliore amico.” Kirk sorrise. “Una lezione che ho imparato molto tempo fa.”

Sapendo che prima di poter firmare alcun ché il trattato di pace doveva venire redatto di nuovo, Kirk decise di tornare alla nave. McCoy lo seguì e camminò con lui lungo la strada per il Ponte.

“Non male, Jim, forse riusciremo ad andarcene da qui in un tempo ragionevole.”

“Lo giuro, se si mettono a discutere su chi deve estrarre cosa manterrò fede alla mia promessa di colpirli entrambi con i phaser.”

“Sono certo che discuteranno, ma entrambi i materiali hanno lo stesso valore e sono ugualmente difficili da estrarre.”

“Diciamo grazie allo spazio per questi piccoli favori.”

I due ridacchiarono ed entrarono sul Ponte. Kirk notò subito Uhura seduta alla sua postazione quasi in lacrime. Guardò Bones che scosse la testa tristemente. Uhura aveva fatto del suo meglio per rimanere professionale, ma aveva perso quella luce dagli occhi e la musica dalla voce. L’infermiera Chapel era spesso andata da McCoy preoccupata per la sua amica, ma non c’era niente che il dottore potesse fare per un cuore spezzato.

“Uhura, nessuna risposta da Natala?”

“Nessuna, Signore.”

“D’accordo, li contatterò personalmente, e se non risponderanno a me allora risponderanno alla Flotta Stellare. Questo è inaccettabile.”

“Grazie, Signore.” Replicò Uhura con un triste sorriso.

“Manca a tutti.”

Lei annuì e gli rivolse un sorriso molto più genuino per il supporto. Dopo aver firmato alcuni rapporti che necessitavano la sua firma, Kirk lasciò il Ponte. Arrivato ai suoi alloggi aprì una linea sub-spaziale privata e richiese nuovamente di parlare all’Alto Consiglio Vulcaniano. L’ultima volta gli era stato detto che il Consiglio era in seduta e che gli avrebbero risposta in un momento più opportuno. Era passata più di una settimana.

“Capitano Kirk.” Rispose una profonda voce maschile.

“Ambasciatore Tek’tiel.”

“Sì, come posso esserle utile?”

“Sto chiamando per essere informato sulle condizioni del mio Primo Ufficiale.” Kirk marcò bene la posizione di Spock per avvisare Tek’tiel del fatto che avrebbe coinvolto anche la Flotta Stellare se necessario. “Mi era stato assicurato che sarei stato tenuto aggiornato.”

“Aggiornato? Mi dispiace, Capitano, non sono familiare con nessun aggiornamento.”

“Un modo di dire. Significa che Natala ci deve tenere informati sulle condizioni di Spock e ci deve permettere di comunicare con lui. È passata una settimana da quando è stato portato su Natala e dobbiamo ancora sentire una singola parola.”

“Mi dispiace, Capitano. Una parte della cura di Spock richiede una profonda meditazione, non può essere disturbato senza che ciò sia una minaccia per la sua vita. Tuttavia, ci eravamo aspettati questa reazione da parte sua, non ha ricevuto la registrazione che le abbiamo mandato?”

“Registrazione? No, non abbiamo saputo niente da Natala.”

“Mi scuso…”

“Si sta scusando molto, ma ciò non mi fa sentire affatto meglio.”

“Le assicuro che Natala sta facendo del suo meglio per rimettere in salute Spock. Le ritrasmetterò il messaggio.”

“Grazie.”

“Capitano,” disse la voce di Spock con calma “desidero assicurarle che sono trattato bene qui su Natala e sto ricevendo le migliori cure. Conto di ritornare ai miei doveri il prima possibile, tuttavia, potrei essere temporaneamente impossibilitato a comunicare con lei. Lunga vita e prosperità.”

Kirk si era assicurato che il messaggio venisse registrato sul suo computer personale. La voce era certamente quella di Spock e gli risultava difficile credere che qualcuno, persino un Vulcaniano, avesse costretto Spock a dire quelle parole. Tuttavia, c’era qualcosa che non andava.

“Capitano?” Chiese l’Ambasciatore.

“Sono qui. La ringrazio, Ambasciatore, la prego di tenerci informati sulle sue condizioni.”

“Se vi sarà qualche cambiamento lei ne sarà informato immediatamente. Lunga vita e prosperità, Capitano.”

“Anche a lei, Ambasciatore.”

Kirk terminò la comunicazione. Sedendosi riascoltò il messaggio di Spock cercando di leggervi tra le linee. Dopo una dozzina di volte non era ancora riuscito a capire cosa c’era che non andava. Chiamò McCoy e gli fece sentire alcune volte la registrazione.

“La voce è quella di Spock.” Bones scrollò le spalle. “Cosa dice il computer?”

“Il computer è sicuro al 99.8% che sia lui.”

“Non pensi che sia stato forzato, vero?”

“No.” Sospirò Kirk. “Accetterebbe la morte prima di mentire in questo modo.”

“Concordo. È possibile che i Vulcaniani conoscano davvero la malattia di cui soffre e stiano dicendo la verità.”

“Sembra improbabile che un Vulcaniano menta, vero?”

“Per quanto ne so sarebbe la prima volta. Non mentono, Jim. Possono non dirti tutta la verità su qualcosa, e sono dei campioni nel cambiare discorso, ma non mentono mai di propria volontà.”

“O se lo fanno sono talmente bravi che non ce ne siamo mai accorti.”

Bones guardò dubbiosamente Kirk. Prima che potesse parlare il campanello della porta suonò.

“Entra.”

Uhura entrò nella stanza.

“Uhura…”

“Non era lui, Signore.” Disse Uhura velocemente.

“Come?”

“La registrazione, non era Spock.”

“Ascolti le mie chiamate private?” La stuzzicò Kirk.

“Sì, Signore.”

“Non posso biasimarti, speravo che stessi ascoltando, ma ovviamente non potevo dare un ordine del genere.” Kirk annuì. “Cosa ti rende così sicura che quello non fosse Spock?”

“A parte il fatto che è mio marito, sono un’esperta linguista. La cadenza delle parole era sbagliata, è una differenza sottile che il computer non riesce a localizzare perché cerca solamente l’impronta vocale.”

“Qual è la differenza nella cadenza?” Chiese Bones. “Non riesco a sentirla.”

“È molto lieve. Spock respira più velocemente di un umano, ma più lentamente di un Vulcaniano, questo influenza il ritmo dei suoi discorsi. Capitano, glielo assicuro, la voce del computer ha creato quel messaggio senza aggiustare il parametro del respiro.”

“Puoi provarlo?”

“No.” Ammise tristemente Uhura. “Penso sia una cosa che solo io posso sentire. Anche se anche il computer era sicuro solo al 99.8%.”

“Lo prenderò in considerazione. Grazie, Uhura.”

“Grazie, Signore.”

Uhura guardò McCoy, cercando di capire se le credeva. Lui le sorrise e per lei significò molto. Girandosi lasciò i due uomini a discutere delle loro opzioni. Kirk ascoltò il messaggio un’altra volta, cercando di sentire qualunque cosa fosse che Uhura aveva sentito. Tuttavia, per quante volta lo ascoltasse a lui sembrava di sentir parlare il suo amico. Kirk spense la registrazione e guardò McCoy.

“Allora, Bones, che ne pensi?”

“Personalmente, penso che Spock sia nei guai.”

“Anche io.”

“La domanda è: cosa facciamo?”

“Non lo so…ma di certo non ce ne staremo qui senza far nulla.”

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16 

Vomitando violentemente Spock sputò della bile giallo chiaro nel lavandino. Quando sentì di essere di nuovo in controllo del suo stomaco aprì il rubinetto dell’acqua fredda. Dopo essersi lavato la faccia la seppellì in un asciugamano. Prendendo un respiro profondo Spock cercò di controllare il tremito alle mani, ma niente poteva fermarlo.

 

“È ancora uno scambio ragionevole.” Mormorò Spock a sé stesso.

 

Il Vulandin gli ridava il controllo sulle sue emozioni. Il prezzo da pagare per il controllo mentale era una malattia fisica debilitante. Esausto per aver di nuovo vomitato niente Spock camminò fino al letto e vi ci sedette sopra. Fissò il muro davanti a lui vagliando le sue opzioni.

 

Non aveva senso continuare a chiedere di essere restituito all’Enterprise. Anche se era difficile stabilire il tempo fra la stanza senza tempo e i continui black out che aveva, calcolò che doveva essere passata ormai una settimana da quando era stato portato là. Aveva reso chiaro che non desiderava nessun tipo di trattamento ogni volta che i Vulcaniani gli si avvicinavano, ed ogni volta la sua richiesta era stata completamente ignorata.

 

Spock si alzò in piedi e incominciò a camminare per la stanza. Non soffriva più di un eccesso di energia come una volta, ma l’attività fisica lo aiutava a non arrendersi alla frustrazione. Mentre camminava in un infinito circolo per la stanza  Spock si scordò totalmente su cosa stava riflettendo. Senza pensare continuò a mettere un piede dopo l’altro completando il circolo ancora e ancora. Il giorno precedente aveva avuto un problema simile con il dondolarsi avanti e indietro. Non era mai cosciente di ciò che stava facendo, ma alle volte poteva passare intere ore a fare sempre lo stesso movimento.

 

“Spock.”

 

Ignaro di essere appena stato chiamato Spock continuò a camminare in circolo. Il dottore era apparso dall’altra parte del campo di forza con due assistenti. Chiamò Spock diverse altre volte prima di lasciar perdere. Spegnendo lo scudo mandò gli assistenti a impedire a Spock di continuare nel suo viaggio verso il niente.

 

Non appena venne toccato Spock uscì dalla trance nella quale si trovava. Non più incline alla violenza Spock si scostò quel tanto che bastava per fargli capire che non desiderava essere toccato da loro. Il dottore gli si avvicinò senza paura e gli passò una luce davanti agli occhi. Anche se non era più sensibile alla luce come la prima volta ne era lo stesso irritato.

 

“Perché continua a farlo?” Chiese Spock.

 

“La sensibilità alla luce è indice della progressione della Malattia, così come anche la rottura dei capillari. Col tempo il bianco dei tuoi occhi diventerà verde.” Replicò il dottore. “Spock, devi stare attento a non cadere in queste azioni ripetitive, seguirà una dyskinesia tardiva se non starai attento.”

 

“Un altro effetto collaterale del Vulandin presumo.”

 

“Sì, può essere controllato se sei abbastanza forte.”

 

“Mi indebolisco sempre di più ogni giorno che passa, lo sa.”

 

“Sì.” Disse il dottore senza alcun rimorso.

 

“Non è logico che i Vulcaniani trattino la loro stessa specie, o qualsiasi altra specie intelligente, così come voi state trattando me e gli altri affetti.”

 

“Al contrario, Spock, stiamo agendo logicamente. I bisogni dei molti contano più dei bisogni dei pochi o di uno.”

 

“Concordo con tale affermazione quando viene utilizzato il termine ‘bisogni’, tuttavia, in questo caso voi state affermando che i bisogni dei molti contano più dei diritti dei pochi…ed io non posso accettarlo.”

 

“Non desideri salvare la tua specie?”

 

“Al contrario, desidero ardentemente salvare la specie Vulcaniana. Tuttavia, desidero farlo con l’assistenza della Flotta Stellare e della loro vasta conoscenza in medicina, scienza e tecnologia. Qui, segregato sottoterra, non sono niente più che un martire silenzioso. Non sto aiutando nessuno, e voi non state aiutando me.”

 

“Stiamo facendo tutto il possibile.”

 

“Questa è una menzogna, Dottore.”

 

Il dottore tirò un po’ indietro le spalle al grave insulto. Diede silenziosamente degli ordini ai due assistenti e se ne andò. Spock non aveva bisogno che le due guardie gli posassero le mani sulle spalle per capire che doveva seguire il dottore. Avviandosi di sua spontanea volontà Spock si incamminò per i corridoi alle spalle del dottore con le due guardie ai fianchi. Mentre si avvicinavano al laboratorio Spock si voltò verso il Vulcaniano alla sua destra.

 

“Dimmi, Fratello, quanto a lungo ti rimane prima di essere tu quello condotto per questi corridoi controllato da altri due?”

 

“Sette mesi, tre settimane e cinque giorni.”

 

“Accetti questo destino?”

 

“Non c’è niente da ‘accettare’, è semplicemente un fatto certo.”

 

“Interessante.” Disse Spock più a sé stesso che al Vulcaniano.

 

Spock non tentò di portare avanti la conversazione. Quando arrivarono a destinazione vi era una giovane scienziata ad aspettarli. Spock l’aveva vista in diverse occasioni, ma non conosceva il suo nome. Non parlava spesso, ma aveva intorno a sé un aura di pura fiducia in sé stessa. Tuttavia, oggi sembrava differente. Non appariva chiaramente nervosa, ma Spock notò che guardò prima lui del dottore come invece faceva di solito.

 

“Dottore,” disse freddamente “questo non è logico. Devo rendere chiaro che io non approvo.”

 

“Lo ha già reso abbastanza chiaro.” Le rispose il dottore. “La sua opinione è stata registrata e presa in considerazione. Tuttavia, non cambia nulla.”

 

“Dot…”

 

“Se non può eseguire il compito che le è stato assegnato,” la interruppe il dottore “sarà rimpiazzata.”

 

La scienziata fissò Spock per un momento con un espressione indecifrabile a segnarle i delicati lineamenti. Dopo un momento spostò lo sguardo al pavimento e annuì. Soddisfatto che la scienziata fosse stata rimessa al suo posto il dottore si girò verso Spock.

 

“Stenditi sul tavolo.”

 

“Ho forse scelta?”

 

“No.”

 

Pensandoci per un momento Spock annuì ed eseguì gli ordini. Notò subito che il solito tavolo di metallo era stato sostituito con uno in materiale plastico. Gli esami erano ormai diventati una routine per lui e se ne era abituato nel corso della settimana. Gli rilevavano i segni vitali, facevano scansioni, prendevano campioni di sangue ed altre informazioni con le quali non potevano fare assolutamente niente.

 

Solo quando deviavano dalle normali procedure Spock incominciava a preoccuparsi. Gli ultimi incontri erano finiti solitamente con una dose di nausea derivata dal Vulandin. Questa volta Spock si ritrovò incatenato al tavolo per mezzo di lacci ionicamente caricati ai polsi, alle caviglie e sul petto. Spock non offrì nessuna resistenza. Corrugò le sopracciglia arcuate quando gli posero dei freddi e umidi contatti sulle tempie.

 

“Cosa sta succ…”

 

Non riuscì a finire la frase perché proprio in quel momento una potente scarica elettrica lo attraversò mandandolo in arresto cardiaco. Anche se era temporaneamente incosciente ogni singolo muscolo del corpo si tese. Se non fosse stato per il laccio che gli fermava il busto gli si sarebbe spezzata la spina dorsale per l’improvviso spasmo. L’unico danno visibile era una striscia di sangue che gli colava dall’angolo della bocca dove si era morso la lingua.

 

L’arresto finì rapidamente e i dottori cominciarono a scrivere i dati ottenuti. Dopo avergli preso altro sangue i dottori annunciarono di aver concluso gli esami. La scienziata scosse la testa tristemente mentre uno degli assistenti sollevò il corpo di Spock dal tavolo.

 

Ore dopo Spock aprì gli occhi e fissò la vena di argento che percorreva il soffitto della sua cella. Ci volle qualche momento perché il suo corpo rispondesse ai suoi ordini. Deglutì contro il disgustoso sapore di sangue che aveva in bocca. Sedendosi lottò contro un improvviso quanto potente attacco di vertigini. Alzò una mano e si toccò cautamente le tempie da dove era scaturita la scossa elettrica.

 

Prima che le vertigini sparissero un altro sintomo si ripresentò. In principio non era altro che in chiacchiericcio di sottofondo, ma ben presto si trasformò in un’assordante cacofonia di voci. Spock si premette le mani sulle orecchie, ma non serviva a niente contro le insistenti voci.

 

“Calmatevi!” Ruggì Spock balzando in piedi. “Non vi capisco! Lasciatemi solo!”

 

Cercando disperatamente di sfuggire al chiasso di migliaia di chiacchiere Spock si rannicchiò in un angolo. Le voci incomprensibili continuavano a dilaniarlo senza pietà. All’improvviso gli divenne chiaro come un Vulcaniano poteva decidere di suicidarsi per poter sfuggire a quel tormento. Sentendo che ormai stava perdendo il controllo sulle sue emozioni Spock incominciò a piangere.

 

Con le mani ancora a coprire le orecchie scivolò a terra. Oppresso da una disperazione che gli stava ormai dilaniando l’anima Spock pianse copiosamente. Gridò silenziosamente a sé stesso di non lasciarsi trascinare a fondo nel mare delle emozioni che presto lo avrebbero affogato, ma non sapeva cosa fare.

 

Asciugandosi le lacrime Spock scorse lo stemma d’argento della Flotta Stellare cucito sulla sua veste. Strappandolo dalla veste cominciò a passarlo su e giù per il muro e quando ebbe finito uno dei lati era ormai affilato. Portando la sua nuova arma contro il polso Spock la premette abbastanza forte da macchiarla di brillante sangue verde.

 

“Spock…non è quella la soluzione.”

 

Spock sobbalzò al suono di una voce che riusciva a comprendere. Si guardò attorno, una parte di lui si aspettava di non vedere nessuno. Tuttavia, a pochi passi da lui vi era la scienziata che aveva provato ad impedire l’elettroshock. Lo fissava con calma, non provava nemmeno a togliergli lo stemma di mano. Spock prese un profondo respiro e all’improvviso il suicidio era l’ultima cosa a cui riusciva a pensare.

 

“Vattene,” ringhiò Spock “non sei al sicuro, il tuo odore mi sta facendo impazzire.”

 

“Non mi farai del male. Spock, permettimi di avvicinarmi, desidero aiutarti.”

 

“Resta ancora e sarai la vittima di uno stupro.”

 

“Saremmo entrambi vittime,” disse lei seriamente “ma questo non accadrà.”

 

“Per favore…”

 

“Chiudi gli occhi, fidati di me.”

 

Ad ogni respiro l’odore della donna lo portava ad un passo da un orribile atto di violenza. Ad un tratto lo spaventò il pensiero che forse era così che intendevano attuare il loro programma di riproduzione. Infuriato Spock balzò in piedi e la assalì. La Vulcaniana era però più veloce e forte di quanto aveva anticipato. Gli afferrò un polso e lo attirò a sé mentre alzava l’altra mano per impiantargli una siringa in petto.

 

Spock arretrò mentre il liquido ghiacciato gli riempiva i polmoni. La donna lo lasciò andare e restò immobile mentre aspettava che la droga facesse effetto. Ad ogni respiro Spock guadagnava un po’ del suo controllo, mentre le voci lentamente diventavano silenziose. Lo stomaco gli si contorse dolorosamente, ma non avendo mangiato niente non c’era niente che potesse farlo stare davvero male. Prendendo un profondo respiro si drizzò e annuì rispettosamente al suo visitatore.

 

“Grazie. Mi dispiace di aver provato ad attaccarti.”

 

“Lo capisco. Il Vulandin farà si che ciò non accada di nuovo.”

 

“Grazie. È per questo che sei venuta qui?”

 

“È una delle ragioni.”

 

“L’altra?”

 

Un lieve sguardo di preoccupazione le comparve negli occhi. Si guardò alle spalle per assicurarsi che fossero davvero soli. In accordo alle fievoli luci che illuminavano la stanza Spock presumette che fosse tarda notte. La donna gli si avvicinò e abbassò la voce ad un livello che sarebbe stato impercettibile per un umano.

 

“Spock, credo che tu non venga trattato eticamente.”

 

“Vengo trattato in modo differente dagli altri che sono afflitti?”

 

“Per mesi hanno speculato sugli effetti di un attacco cardiaco indotto, che potrebbe avere proprietà curative, tuttavia, non avevano mai osato utilizzare una procedura così rischiosa fino al tuo arrivo. Non penso che valutino la tua vita quanto quella degli altri.”

 

“È logico. Dopotutto sono solo un mezzo Vulcaniano.”

 

“Anche io sono mezza Vulcaniana, ma il mio sangue viene ancora preso in considerazione.”

 

“Mezza Vulcaniana?” Chiese Spock sorpreso.

 

“Mio padre era Romulano, mia madre fu abbastanza sfortunata da incrociare il cammino di qualcuno determinato ad averla.”

 

“Mi dispiace, spero che la tua duplice natura non ti abbia causato i problemi che ha causato a me.”

 

“Non credo, i Romulani sono molto più simili ai Vulcaniani di quanto non lo siano gli umani. Comunque, quale che sia il tuo retaggio il trattamento che stai ricevendo è inaccettabile.”

 

“Ti ringrazio per la tua preoccupazione. Ora, per favore, desidero essere lasciato da solo.”

 

Spock si diresse al letto e vi ci si sedette. Si aspettava che la donna se ne andasse, e all’inizio sembrava che fosse quella la sua intenzione. L’indecisione era un tratto che raramente aveva visto in Vulcaniani o Romulani e si domandò se per caso i maschi non erano i soli ad essere affetti dalla Malattia. Alla fine prese una decisione e gli si avvicinò.

 

“Desidero mostrarti una cosa.” Annunciò. “Metto il mio status su Natala a rischio, probabilmente rischio l’esilio, a causa di questa decisione. Tuttavia, credo che sia molto importante, e credo di potermi fidare del fatto che farai la cosa giusta.”

 

“Correresti un tale rischio per me? Non so nemmeno il tuo nome.”

 

“Saavik, il mio nome è Saavik.”

 

“Molto bene, Saavik, cosa senti di dovermi mostrare?”

 

“Vieni.” Saavik si voltò e abbassò il campo di forza con un congegno attaccato alla sua cintura.

 

“Non temi che io scappi?”

 

“No. Non è nella tua natura.”

 

“Conosci la mia natura?”

 

“Ti ho studiato, come anche il tuo tempo all’Accademia. Era mio desiderio poterci andare, tuttavia, con la distruzione di Vulcano ho sentito che il mio posto era qui.”

 

“Logico.”

 

“Grazie.”

 

Saavik lo condusse per i corridoi. Ogni volta che giungevano ad un bivio procedeva con prudenza, tenendo Spock dietro di sé in caso qualcuno stesse percorrendo lo steso tragitto. Presero l’ascensore e scesero a lungo in profondità nel pianeta. Scesi dall’ascensore si ritrovarono in un piccolo corridoio con un’unica porta.

 

Utilizzando un complicato codice Saavik aprì la porta. Quando questa si aprì vi fu una ventata di aria fredda. Dietro la porta vi era una caverna illuminata debolmente da una misteriosa fonte luminosa. Tale luce illuminava migliaia di vasche di vetro rivestite di un sottile strato di ghiaccio. Saavik portò Spock davanti ad uno dei contenitori. Alla sua base vi era un pannello di controllo.

 

“Che cos’è?” Chiese Spock.

 

“La soluzione finale dell’Alto Consiglio.”

 

Saavik tolse un po’ di ghiaccio dal contenitore. All’interno vi era un giovane Vulcaniano immerso in un denso liquido verde. Un tubo in gola lo faceva respirare e diversi cavi tenevano in funzione i suoi organi vitali trasmettendo contemporaneamente informazioni al computer. Saavik si voltò quando il Vulcaniano che stavano guardando sussultò nel suo sonno artificiale. I suoi occhi si aprirono ma erano completamente bianchi.

 

“Non possono essere preservati in eterno,” disse tristemente Saavik “sette mesi è il tempo massimo di sopravvivenza.”

 

“Quanti sono qui?”

 

“Duecentoventuno.”

 

“Perché così pochi? Mi hanno detto che migliaia si sono ammalati.”

 

“Solo di recente questo trattamento è stato giudicato necessario. Materiale genetico viene inoltre prelevato e conservato per le generazioni future.”

 

“C’è un limite oltre il quale una specie non può più essere preservata artificialmente.”

 

“Vero. In quattro anni ogni maschio vivente sarà infetto. Per ora ogni maschio nato è destinato a morire giovane.”

 

“Tuttavia, questa soluzione potrebbe dare ai Vulcaniani abbastanza tempo per risolvere la crisi.”

 

“Questo è quello che speriamo.”

 

“Eppure non mi sembra che tu sia speranzosa.” Notò Spock.

 

“La maggior parte delle grandi menti Vulcaniane sono perite nella distruzione di Vulcano. Non abbiamo le risorse, il talento e il tempo per risolvere questa crisi da soli. Abbiamo bisogno della Flotta Stellare…abbiamo bisogno di te.”

 

“Non posso essere di aiuto dai confini della mia cella.”

 

“Concordo.” Annuì Saavik. “Devi ritornare immediatamente all’Enterprise.”

 

“Parlerai in mio favore dunque?”

 

“Ci ho già provato senza risultati. È tempo per misure più…drastiche.”

 

“Comprendi che ciò che stai suggerendo è tradimento?” Le chiese dolcemente Spock.

 

“Sì. Il rischio per me non è logico poiché le speranze di successo sono così basse da non poter essere calcolate.”

 

“Eppure sei pronta a correre un tale rischio?”

 

“Sì.”

 

“Rendi onore al tuo sangue Romulano.” Disse seriamente Spock.

 

“Grazie. Spock, se dico ai tuoi amici dove sei…verranno a salvarti?”

 

“Sì.”

 

“Hai risposto senza esitazione.”

 

“Non c’era motivo di esitare. Verranno.”

 

“Allora li informerò.”

 

 

 

 

Eccoci al sedicesimo capitolo! Riuscirà Spock ad andarsene? Non sperate che ve lo dica qui non si fanno spoiler! XD Grazie di avermi fatto notare gli errori nei capitoli scorsi Persefone Fuxia sono già andata a correggerli^^

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

 

Dopo aver parlato con il Capitano Uhura camminò per i corridoi dell’Enterprise, vagabondando senza scopo. Sapeva che avrebbe dovuto mangiare qualcosa, non riusciva a ricordarsi quando era stata l’ultima volta che aveva messo qualcosa sotto i denti. Tuttavia, non aveva il minimo appetito. Dato che il suo turno era finito non aveva niente da fare e nessun posto in cui andare. Uhura si recò agli alloggi di Christine, ma lei non c’era, probabilmente era in Infermeria a lavorare.

 

Continuando a vagabondare per la nave, arrivò ad una larga finestra che offriva una splendida vista dello spazio. Erano ancora in orbita intorno a Kale mentre i dettagli del trattato di pace venivano definiti. Fissò le stelle sullo sfondo nero inchiostro e si domandò quale di loro teneva Natala nella sua morsa gravitazionale.

 

Più riascoltava il messaggio da Natala più si convinceva che la voce che si sentiva non era di Spock. La sua più grande preoccupazione era il fatto che né il Capitano né la Flotta Stellare potevano fare nulla in proposito. Vulcano aveva a malapena tollerato la Flotta Stellare in passato, ora che la loro specie era in pericolo non avrebbero permesso nessun tipo di interferenza nei loro affari.

 

“Hanno reso chiaro che lo rivolevano indietro e hanno ottenuto quello che volevano.” Sospirò Uhura.

 

Non sentendosi bene all’improvviso Uhura voltò le spalle alla finestra che non faceva altro che mostrarle quanto era vasta la Galassia. Tornata negli appartamenti che divideva con Spock tracciò i contorni di un’opera d’arte Vulcaniana appesa al muro. Con la distruzione di Vulcano quell’opera era diventata di inestimabile valore in quanto una delle poche rimanenti creazioni Vulcaniane ancora in circolazione.

 

Dirigendosi nella camera da letto Uhura si distese dalla sua parte e fissò lo spazio vuoto accanto a lei. Anubis salì sul letto e cominciò a strofinarlesi addosso tenendo in alto la coda. Un leggero sorriso le comparve sul volto mentre accarezzava l’amoroso felino. Anubis si distese e cominciò a fare le fusa quando lei gli grattò il pelo sullo stomaco. Anubis si arrotolò attorno alla mano di Uhura e cominciò a mordicchiarla per gioco.

 

“Ti voglio bene anch’io, palla di pelo.” Ridacchiò Uhura.

 

Anubis rimase intoccato dalle parole di Uhura e cominciò a colpirla con le zampe posteriori come il predatore che era. Uhura tolse la mano e Anubis si acciambellò al suo fianco addormentandosi immediatamente facendo le fusa rumorosamente. Essendo anche lei esausta Uhura si addormentò cadendo in un profondo sonno disturbato da sogni sul misterioso futuro di suo marito.

 

Diverse ore dopo Uhura si svegliò di soprassalto. Fece svegliare anche Anubis quando saltò fuori dal letto. Sentendosi male improvvisamente Uhura corse al bagno. Riuscì a malapena ad inginocchiarsi davanti alla toilet prima di cominciare a vomitare. Sforzandosi si rimise in piedi e si lavò la faccia con l’acqua fredda.

 

Anche se il suo stomaco si sentiva meglio dopo la nausea lei aveva ancora un po’ di vertigini. Incespicando fino alla stanza da letto Uhura si stese nuovamente. Anubis si ripresentò al suo fianco e la guardò ansiosamente con la testina piegata di lato. Quando Uhura alzò la mano per accarezzarlo notò che la mano le tremava come una foglia.

 

“Meow?” Anubis sembrava preoccupato.

 

“Lo so…è la terza volta questa settimana.” Ammise Uhura.

 

“Meow?”

 

“No, non so cosa c’è che non va.”

 

Anubis ovviamente non capiva perché la sua padrona continuava a chiacchierare con lui. Rispose strusciando il suo lungo corpo contro il suo fianco ancora una volta. Uhura chiuse gli occhi e cominciò a piangere. Non sapeva perché aveva scelto proprio quel momento per piangere, ma non riusciva a fermarsi. Anubis andò avanti e indietro per il letto miagolando con comprensione.

 

Una volta ripreso il controllo Uhura si sedette. Tornò in bagno e si rilavò la faccia con l’acqua fredda. Le vertigini ritornarono prepotenti e per un attimo Uhura temette di stare per svenire. Si aggrappò al bordo del lavandino per rimanere in piedi.

 

Decisamente preoccupata Uhura decise di cercare aiuto. Facendo del suo meglio per nascondere il fatto che aveva appena pianto uscì per i corridoi. Indecisa sul dove andare Uhura decise di fare una visita alla stanza di Christine un’altra volta sperando che la sua amica fosse fuori servizio adesso. Passò la mano sopra il pannello per allertare Christine della sua presenza. L’infermiera aprì la porta e guardò Uhura criticamente.

 

“Nyota, ti senti bene?”

 

“No.” Ammise Uhura.

 

“Andiamo in Infermeria, il Dr. McCoy è con il Capitano, ma sono sicura che ver…”

 

“No, Christine, puoi darmi una controllata tu?”

 

“Non dovrei…”

 

“Per favore.”

 

“Ok.” Replicò Chapel con un piccolo sorriso.

 

“Grazie.”

 

Chapel sorrise e istintivamente prese il braccio di Uhura poco sopra il gomito e la guidò fino al dipartimento medico. Entrarono in una piccola stanza privata e Uhura si stese su uno dei lettini. L’infermiera accese qualche monitor, tuttavia scoprì che non aveva bisogno di fare nessun test. Il suono che normalmente segnava il battito cardiaco era accompagnato da un altro suono simile ma molto più veloce.

 

“Che cos’è?” Chiese ansiosamente Uhura. “Cos’è quel suono?”

 

“Un battito cardiaco.”

 

“Mio?”

 

“No…” Chapel si fermò. “Nyota, sei incinta.”

 

“Cosa?” Uhura si tirò subito a sedere. “No…non è possibile…uso lo Zerdex.”

 

“Che ha il 5% di possibilità di fallimento.”

 

“È un tasso piuttosto basso!”

 

“Ma non è zero. Credimi, sei incinta, il Dr. McCoy può confermarlo…”

 

“No, no, mi fido di te.”

 

Uhura non seppe cosa pensare. Quando lacrime cominciarono a rigarle il viso Chapel si avvicinò e la avvolse in un abbraccio confortante. Uhura seppellì il viso nella maglia di Chapel e singhiozzò silenziosamente. Scossa dalla novità si sentì male di nuovo.

 

“È tutto a posto, andrà tutto bene.”

 

“Christine…non posso farlo da sola.”

 

“Non sei sola, Nyota.” Le disse dolcemente Chapel.

 

“Non sono pronta.” Disse Uhura disperata. “Spock…Io…non so nemmeno se è ancora vivo. E anche se lo è, cosa succederà se i Vulcaniani non lo lasciassero più andare?”

 

“Credimi, il Capitano non lo permetterà mai.”

 

Sentendosi confortata Uhura annuì. Chapel le diede un panno con il quale asciugarsi gli occhi. Uhura lo accettò con un sorriso forzato. Dopo aver asciugato le lacrime Uhura sembrò improvvisamente arrabbiata con sé stessa.

 

“Christine, cosa mi è successo? Un tempo ero così forte…ora piango continuamente. Riesco a malapena a pensare quando sono in servizio e quando invece non lo sono mi risulta ancora più difficile. Sento come se stessi perdendo la mia mente.”

 

“È perché sei sposata con un Vulcaniano.”

 

“Hai lavorato con McCoy troppo a lungo.” Uhura sorrise debolmente.

 

“No, non è così.” Christine sorrise e scosse la testa. “Il Signor Spock non te lo ha detto?”

 

“Detto cosa?”

 

“I Vulcaniani non prendono mariti e mogli, prendono compagni. È un profondo legame psicologico, ed alcuni affermano che sia anche fisico. Essere separata forzatamente da lui sta probabilmente causando una tensione in quel legame che in quanto umana non sai nemmeno che c’è. I Vulcaniani tengono sotto stretto controllo le loro emozioni perché sono talmente violente che potrebbero sopraffare entrambi e coloro che gli stanno attorno. Sono telepati dopotutto.”

 

“Pensavo che dovessero toccarti per essere telepatici.”

 

“No, non sempre. Se non stanno attenti possono assorbire e riflettere le emozioni.”

 

“Com’è che sai così tanto sui Vulcaniani?”

 

“Non è facile imparare qualcosa su di loro, ma quando il Signor Spock è stato assegnato come Primo Ufficiale ho pensato fosse il caso che qualcuno in Infermeria sapesse qualcosa sui Vulcaniani. Conoscere la loro anatomia non basta per poterli aiutare, devi sapere almeno un minimo di come funzionano psicologicamente.”

 

“Hai mai sentito del ‘Pon Farr’?”

 

“No. Che cos’è?”

 

“È quello che ha incominciato tutto.” Uhura sospirò.

 

Uhura guardò sopra la sua spalla il monitor dei segni vitali. Il largo punto rosso che indicava il suo battito cardiaco era affiancato da uno più piccolo che batteva così velocemente da essere tremolante. La preoccupò per un momento che stesse battendo così forte, ma poi ricordò che quel cuore era in parte Vulcaniano.

 

“Dovrei dirlo al Capitano?”

 

“Sì.” Replicò immediatamente Chapel.

 

Uhura non ne era così sicura ma annuì. Quando si alzò Chapel volle unirsi a lei, tuttavia, Uhura scosse la testa. Sentiva che era qualcosa che doveva fare da sola. Si scambiarono un altro abbraccio amichevole. Una volta per i corridoi Uhura accarezzò amorevolmente la sua pancia.

 

“Mi dispiace per come ho reagito, è solo che sei stato abbastanza scioccante.” Uhura parlò direttamente al figlio che portava in grembo. “Ti amo e Christine ha ragione, il Capitano ti porterà indietro tuo padre…a qualunque costo.”

 

Il bambino era troppo giovane per poter dare qualsiasi risposta che fosse un calcio o qualcosa del genere, ma Uhura si sentì meglio lo stesso. Prendendo un profondo respiro si diresse agli alloggi di Kirk. Quando vi arrivò potè sentirlo discutere con McCoy. Anche se sapeva che non avrebbe dovuto origliò la conversazione.

 

“Jim, anch’io voglio indietro Spock, ma la Flotta Stellare non crederà mai che sia trattenuto dai Vulcaniani contro la sua volontà…va contro tutto quello che sono i Vulcaniani.”

 

“Va contro quello che erano.” Controbatté Kirk. “Stanno affrontando l’annientamento totale, una qualche malattia li sta distruggendo, e per quanto ne sappiamo ogni singolo, o singola, Vulcaniano sta uscendo di senno in qualche posto.”

 

“Se lo chiedi a me i Vulcaniani sono sempre stati squilibrati.” Disse Bones. “Se sono nel bel mezzo di un’epidemia perché non chiedono aiuto?”

 

“Spock non ha ammesso di essere malato fino al momento in cui ha attaccato la sua stessa moglie, ed anche in quel momento ha preferito lasciarsi morire di fame piuttosto che chiedere aiuto.”

 

“Non c’è tempo per l’orgoglio.”

 

“Penso che l’Alto Consiglio sarebbe in grado di lasciar morire l’ultimo Vulcaniano nell’Universo prima di ammettere di avere un problema che non sono in grado di risolvere con la loro logica.”

 

“Mi piacerebbe poter dire il contrario, ma non posso.” Bones sospirò. “Ancora non abbiamo trovato un modo per riprenderci Spock.”

 

“Lo so.” Sospirò Kirk. “Non so se sia meglio andare dalla Flotta Stellare oppure fingere un’emergenza medica e andarcene a salvarlo per conto nostro.”

 

“Sgattaiolare via di nascosto è probabilmente l’unica opzione possibile, la Flotta Stellare diventa nervosa quando si parla dei Vulcaniani, è sempre stato così. Non riesco ad immaginare tu che accusi l’Alto Consiglio di menzogna e rapimento, non finirebbe bene.”

 

“Hai ragione.” Kirk si fermò. “Che ne pensi Uhura?”

 

Uhura sobbalzò dalla sorpresa quando sentì il Capitano rivolgersi a lei attraverso la porta chiusa. La porta si aprì e Kirk le sorrise smagliante. Quando lei non entrò Kirk le fece segno di avvicinarsi. Quando la porta le si chiuse dietro e lei si guardò alle spalle vide che c’era un monitor che permetteva di vedere l’esterno della stanza senza però che chi fosse fuori potesse vedere l’interno.

 

“Devo tenere d’occhio la mia nave.” Ridacchiò Kirk.

 

“Certo.” Uhura scosse tristemente la testa.

 

“Ti senti bene?” Le chiese McCoy osservandola.

 

“Sto bene, Dottore.” Sorrise Uhura.

 

“Come hai sentito, stiamo cercando un modo per aiutare Spock. Nessuno dei due pensa che quello nella registrazione fosse lui.”

 

“Non lo era, ne sono sicura.” Disse Uhura fermamente.

 

“Allora siamo d’accordo. Solo non so che farci.”

 

“Capitano…James, dobbiamo riportarlo indietro.” Uhura esitò per un momento. “Spock…sarà padre.”

 

Kirk e Bones furono entrambi sorpresi. Uhura era nervosa fino a che non vide l’enorme sorriso comparso sul volto di Kirk. Le si avvicinò e la abbracciò calorosamente.

 

“È magnifico.” S’illuminò Kirk. “Non preoccuparti, non lascerò che quel piccolino cresca senza un padre.”

 

“Grazie.” Uhura restituì l’abbraccio ricevuto.

 

“Jim, questo potrebbe permetterci di contrattare con i Vulcaniani.” Disse Bones. “Come potrebbero negare la richiesta di una madre di parlare con il padre del suo bambino?”

 

“Sono sicuro che troveranno qualcosa di logico in proposito, ma vale la pena provare.”

 

Kirk si voltò per andare ad accendere il computer sul suo tavolo. Prima che potesse toccarlo la superficie nera si illuminò con una richiesta dal Ponte. Kirk corrugò le sopracciglia e rispose.

 

“Qui Kirk.”

 

“Capitano?” Chiese Chekhov.

 

“Sarei io. Che succede?”

 

“Abbiamo una chiamata sub-spaziale da Natala.”

 

“Come ci riescono?” Domandò Kirk. “Me la passi.”

 

“Capitano James Tiberius Kirk.” Annunciò una strana voce metallica.

 

“Uh…sì? Chi è?”

 

“Un messaggio registrato è stato inserito nel suo computer.”

 

“Ma non potete…” Kirk si fermò quando il computer incominciò il download.

 

“Spock conosce tutti i codici per accedere direttamente al database.” Disse Uhura.

 

“Il messaggio è criptato.” Continuò la voce. “Il Tenente Nyota Uhura conosce la password, è pelosamente illogica.”

 

La voce si spense, ma il computer si accese mostrando una finestra che richiedeva una password.

 

“Pelosamente illogica?” Ripeté Bones. “Non dovrebbe essere ‘pelosamente logica?”

 

“Non in questo caso.” Sorrise Uhura. “La password è ‘Anubis’”

 

“Password corretta.” Disse il computer.

 

Al posto di un messaggio vocale sullo schermo apparve un video. Una giovane e bellissima Vulcaniana li fissò inespressivamente per un momento. Prima di parlare toccò lo schermo. Al suo tocco sullo schermo il computer creava cartelle con complicati diagrammi all’interno. Quando finì si indirizzò nuovamente alla stanza.

 

“Capitano James Tiberius Kirk dell’astronave Enterprise, io sono Saavik. Chiedo aiuto in nome del Primo Ufficiale Spock anch’esso dell’Enterprise. Il Comandante Spock è trattenuto contro la sua volontà sotto la capitale Natala per ordine dell’Alto Consiglio Vulcaniano. È gravemente malato, tuttavia, le sue condizioni emotive sono tenute sotto controllo artificialmente grazie alla droga Vulandin. Questa soluzione non durerà, e senza una vera cura morirà fra approssimativamente due mesi. Tale cura non può essere provveduta dai Vulcaniani poiché ancora inesistente. Vi ho fornito una mappa dello stabilimento, i codici d’accesso, la più probabile posizione del Comandante Spock come anche la formula per creare il Vulandin di cui ha bisogno. Nyota Uhura, nel caso che il suo salvataggio non possa essere tentato o fallisca, il Comandante Spock desidera farle sapere che la ama profondamente. Capitano Kirk, spero che le informazioni che le ho fornito siano sufficienti…di più non posso fare.”

 

 

A questo punto Saavik si guardò a lato e per una frazione di secondo paura apparve sui suoi delicati lineamenti. Tuttavia, prima che potessero scoprire cosa era successo il video terminò.

 

“Penso di poter dire che ha fatto abbastanza.” Disse seriamente Kirk.

 

“Questa Saavik non può essere completamente Vulcaniana.” Disse Bones.

 

“Cosa te lo fa dire?”

 

“Ha un briciolo di cervello.”

 

 

 

Grazie ancora a tutti quelli che hanno letto e commentato^^ Voglio anche ringraziare coloro che hanno messo questa storia fra le preferite, le seguite o quelle da ricordare, mi riempite di gioia!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

 

Spock sedeva sul suo letto con i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Guardava passivamente il sangue che dal naso gli gocciolava sulle mani per poi formare una piccola pozzanghera ai suoi piedi. Dato che non faceva niente per fermarlo il sangue da naso continuava a cadere formando un sottile fiumiciattolo che gli attraversava le labbra nel suo lento viaggio.

 

Non era il sangue sulle mani ciò che teneva incatenato il suo sguardo, era il semplice anello che indossava. Come era stato per lo stemma i suoi rapitori non avevano voluto combatterlo per toglierglielo quindi gli avevano permesso di continuare ad indossarlo. Tuttavia, con sua moglie così distante da lui, l’anello che prima era stato di un brillante oro era cambiato trasformandosi in un opaco e freddo color acciaio. Cercò di ricordarsi il tocco di Uhura, ma servì solo a procurargli una fitta al cuore. Alla fine il sangue ricoprì completamente l’anello.

 

Spock chiuse gli occhi, ma non riuscì a bloccare le voci che stavano ritornando. Ora sapeva che le urla e gli strilli che sentiva erano solo allucinazioni uditorie, artefatti della misteriosa malattia che gli avrebbe tolto la vita. Il Vulandin in genere teneva a bada le voci, ma ieri non avevano eseguito il trattamento medico su di lui.

 

Con la droga che veniva eliminata dal suo organismo le ondate emotive si stavano ripresentando. Proprio in quel momento ad assaltare i suoi sensi era una profonda apatia che non gli permetteva di interessarsi al fatto che stava sanguinando. Spock aprì gli occhi quando sentì un suono che non era nella sua mente, ma non si girò per guardare i suoi visitatori.

 

“Dottore, la prego,” la voce di Saavik si insinuò tra le grida casuali nella mente di Spock “non potete togliergli il Vulandin così. Lo guardi…sta morendo.”

 

“Sta morendo con o senza di esso. Il Vulandin non è la risposta, dobbiamo provare con qualcos’altro. La Vulcine…”

 

“La Vulcine non è pronta per essere testata.” Interruppe Saavik.

 

“Hai così poca fede nella tua stessa droga?”

 

“Ci sto ancora lavorando, ho bisogno di più tempo.”

 

“Il tempo è qualcosa che non abbiamo.”

 

“Lo so.” Ammise Saavik. “Tuttavia, Spock non è la scelta logica per il collaudo, il suo sangue umano comprometterà i risultati.”

 

“Saavik, questa decisione non ti riguarda. Un soggetto deve essere scelto ed è perfettamente logico scegliere quello con la genetica meno desiderabile.”

 

“Dot…”

 

“Stai diventando emotiva anche tu, mezza-Romulana, sto incominciando a diffidare di te. Se le tue conoscenze scientifiche non fossero così terribilmente necessarie ti avrei fatta rimuovere.”

 

“Le mie conoscenze scientifiche non sono sufficienti, tutte le menti Vulcaniane rimaste non sono in grado di risolvere questo problema.” Insistette Saavik. “È tempo di chiedere l’aiuto della Federazione.”

 

“La decisione sarà presa dall’Alto Consiglio.”

 

“Hanno già atteso troppo a lungo.”

 

“Saavik, ci assisterai nel collaudo o no?”

 

“Sì.” Saavik sospirò sconfitta.

 

“Allora segui gli ordini.”

 

“Sì, Dottore.”

 

Spock li aveva ascoltati parlare del suo destino completamente disinteressato. Solo quando entrarono nella stanza li guardò. Le guardie non si interessarono al sangue e si chinarono per farlo alzare. Mentre camminavano per i corridoi Spock si sentì improvvisamente teso. Quando arrivarono al laboratorio stava dedicando tutto sé stesso al trattenersi dall’attaccare qualsiasi essere vivente nei paraggi.

 

Saavik si avvicinò a Spock con un panno umido con il quale ripulirsi del sangue che aveva sul volto e sulle mani. Quando lei glielo porse le loro mani si sfiorarono e potè sentire le sue potenti emozioni che venivano trasferite in lei attraverso la punta delle dita. Lui si ritirò in fretta e si ripulì dal sangue.

 

“Dovreste legarmi in fretta,” annunciò Spock “mi sto di nuovo perdendo nella rabbia e non desidero far del male a nessuno.”

 

“La Vulcine è meno tossica del Vulandin,” gli assicurò Saavik “tuttavia non so se avrà gli effetti desiderati.”

 

“Sono disposto ad accettare il test se credi di poter imparare qualcosa da tutto ciò.”

 

“Sarebbe impossibile non apprendere nulla.”

 

“Allora procedi.”

 

Saavik annuì, anche se fu il dottore ad eseguire il test. Spock si stese sul tavolo e ancora una volta fu legato come durante l’elettroshock. Gli era stato assicurato che tale esperimento non sarebbe stato eseguito nuovamente dato che amplificava i sintomi invece di mitigarli. Mentre facevano i controlli di routine e prendevano alcuni campioni di sangue Spock incominciò a respirare sempre peggio a causa della rabbia che aumentava sempre di più.

 

“Saavik, quale è la dose esatta di Vulcine da essere somministrata?”

 

“0.45 cc per chilogrammo se i miei calcoli sono corretti.”

 

“E se non lo sono?” Ringhiò Spock. “Mi dispiace…”

 

“Capisco.” Disse dolcemente Saavik. “Senti le voci?”

 

“Sì,” ringhiò ancora una volta Spock attraverso i denti serrati “tuttavia, non riesco a capire cosa dicono.”

 

“Nessun Vulcaniano ci riesce.” Disse il dottore. “Sono semplicemente un’allucinazione causata dalla crescita dei livelli di dopamina, non sono reali.”

 

“La Vulcine riduce la dopamina.” Spiegò Saavik.

 

“No me ne frega di come funziona!” Abbaiò Spock quando le sue emozioni presero di nuovo il controllo. “Fatele smettere! Mi dispiace…perdonatemi…”

 

Con il Vulandin ormai scomparso dal suo sistema le emozioni di Spock controllarono di nuovo i suoi sensi. Cominciò a lottare contro i lacci che lo imprigionavano, lacci che nell’Infermeria a bordo dell’Enterprise riusciva sempre a rompere. I Vulcaniani erano in grado di occuparsi della sua forza, non era riuscito a liberarsi neanche una volta. Saavik tentò di toccargli il lato del viso per calmarlo ma lui si spostò immediatamente e le mostrò i denti come un animale selvaggio.

 

“Interessante come i sintomi si ripresentino così rapidamente se non viene usato il Vulandin per 24 ore.” Notò il dottore.

 

“È una reazione logica.” Disse Saavik. “Il Vulandin sopprime solo i sintomi, non fa niente per curarne la causa. La Vulcine funziona allo stesso modo, non è una cura, è solo si spera un modo migliore di gestire i sintomi.”

 

Sempre più frustrato dalla situazioni in cui si trovava Spock ruggì in preda ad una furia omicida. Saavik diede al dottore una piccola fiala di vetro contenente un liquido porpora. Lui la inserì nella siringa e la premette contro il collo di Spock. Dopo l’iniezioni il monitor del battito cardiaco diminuì il suo folle ritmo.

 

Rilassandosi fin quasi al punto di svenire l’unica battaglia che stava combattendo Spock era quella per tenere gli occhi aperti. Il cambiamento era stato istantaneo come il premere di un interruttore. Saavik cercò di nuovo di toccarlo. Spock non solo permise il contatto, ma un leggero sorriso gli toccò le labbra. Tuttavia non ci volle molto perché un’espressione preoccupata gli attraversasse lo stoico volto.

 

“Spock?” Chiese Saavik.

 

Spock non rispose al suo nome. Corrugò le sopracciglia arcuate e piegò leggermente la testa per ascoltare qualcosa che solo lui poteva sentire. Saavik guardò la calma procuratagli dalla Vulcine che lentamente svaniva. Spock incominciò a respirare affannosamente, ma questa volta era panico quello che lo stava attraversando. Sobbalzò improvvisamente mente i suoi occhi si allargavano in preda ad un puro terrore. Saavik non poteva distogliere lo sguardo dall’espressione di dolore sul suo viso, ma poteva sentire il monitor del battito cardiaco che cominciava a risuonare più veloce che mai. Serrando gli occhi Spock gettò la testa indietro e inarcò la schiena contro ciò che lo teneva legato.

 

“Madre?” Gridò Spock. “Madre!”

 

“Spo…”

 

Saavik si fermò, aveva messo una mano sul suo petto per calmarlo ma il contatto aveva mandato una stilettata di dolore e perdita in lei. Senza fiato tolse la mano e indietreggiò di un passo. Spock piangeva e si dimenava per liberarsi. Il monitor dei segni vitali cominciò a segnalare pericolo quando l’organismo di Spock cominciò a cedere a causa della tensione.

 

“Lasciatemi!” Li scongiurò Spock. “Devo provare!”

 

“Non sta funzionando, le emozioni lo uccideranno prima che possa farlo la droga.” Notò con calma il dottore. “Sedatelo, ripristinate i 7 cc di Vulandin.”

 

“Sì, Dottore.” Uno degli assistenti cominciò a preparare il tutto.

 

Spock continuò a piangere disperatamente anche dopo essere stato sedato. Solo dopo che il Vulandin fece effetto cedette al sonno. Quando la testa gli si piegò di lato una striscia di sangue color smeraldo gli uscì dall’angolo della bocca. Il dottore toccò il sangue con una mano come per provare a sé stesso che fosse reale. Diresse la sua attenzione su Saavik.

 

“La tua formula necessita più lavoro, Saavik.”

 

Saavik annuì vagamente. Seguì i due assistenti che trascinavano Spock fino al suo letto. Lo fecero stendere e se ne andarono senza una parola. Saavik si rannicchiò contro il muro opposto al letto. Incrociando le braccia al petto aspettò che Spock si riprendesse.

 

Ci vollero solo quindici minuti a Spock per riprendersi dal leggero sedativo. Prese un profondo respiro prima di aprire gli occhi. Il panico non attraversò i suoi occhi, tuttavia, si alzò rapidamente in piedi e corse nel bagno adiacente. Saavik ascoltò Spock che vomitava senza disturbare la sua privacy.

 

Dopo pochi minuti sentì scorrere l’acqua. Spock tornò e si sedette sul bordo del letto con la schiena perfettamente dritta. Notò Saavik, ma non la salutò in nessun modo. Si prese un momento per ricomporsi prima di dare la sua attenzione al suo visitatore.

 

“Temo che la tua Vulcine abbia gli stessi nauseanti effetti collaterali del Vulandin.”

 

“Non ricordi niente di quello che è successo, vero?”

 

“Ricordo di essere stato violentemente arrabbiato. Ora sono di nuovo qui e in controllo.”

 

“La Vulcine ha fallito.” Ammise Saavik. “Se di nuovo sotto gli effetti del Vulandin.”

 

“Cosa hai imparato?”

 

“Che la Vulcine innesca un episodio di violento trauma. Sembravi intrappolato in un tragico ricordo.”

 

Spock rifletté su quello che gli era stato detto per qualche momento. I suoi occhi si svuotarono per un po’. Saavik aspettò che parlasse di nuovo. Alla fine Spock la guardò, la sua espressione passiva e fredda.

 

“Ho menzionato mia madre, vero?”

 

“Sì.”

 

“Non l’ho mai trattata come avrei dovuto.” Disse piano Spock. “L’ho trattata come se fosse stata Vulcaniana. Non sono stato giusto con lei.”

 

“Sono sicura che lei capiva.”

 

“Certo, ma questo non rende accettabili le mie azioni.”

 

Spock rimase zitto un’altra volta, ma non concentrò la sua attenzione su sé stesso. Saavik guardò i corridoi e li trovò deserti. Spostandosi dal muro si avvicinò a Spock e gli si inginocchiò davanti. Abbassò di nuovo la voce ad un livello impossibile per l’orecchio umano, appena percettibile anche per quello vulcaniano.

 

“Ho mandato un messaggio ai tuoi amici. Gli ho dato tutto quello che gli servirà per salvarti.”

 

“Grazie, saranno qui molto presto.” Spock le fece un piccolo inchino per mostrarle il suo rispetto. “Hai rischiato molto per me.”

 

“L’ho rischiato per tutto il genere Vulcaniano.”

 

“Quando verrò soccorso, cosa ne sarà di te?”

 

“Non capisco.”

 

“Penso che tu capisca.” La accusò gentilmente Spock. “Questo è tradimento, sapranno che sei stata tu.”

 

“Sono pronta ad accettare le conseguenze delle mie azioni. È per un bene superiore.” Replicò Saavik sinceramente. “Hanno ancora bisogno della mia mente, praticamente sono già una prigioniera.”

 

“ ‘Praticamente prigioniera’ non è la stessa cosa. Spenderai i numerevoli anni della tua vita come una prigioniera. Anche se una cura dovesse essere trovata grazie a te non ti perdoneranno per questo insulto.”

 

“Lo so.”

 

“Non scambierò la mia libertà per la tua.”

 

“È troppo tardi ormai, è già fatto.”

 

“Ritorna con noi all’Enterprise.” Offrì Spock.

 

“E il mio lavoro qui?”

 

“Credo che il tuo lavoro qui sia finito…”

 

 

 

Ringrazio Penelope Fuxia e Daniela Piton, il tuo commento mi ha reso molto felice tengo molto al realizzare una buona traduzione^^

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

“Jim?”

 

“Sì, Bones?”

 

“Hai avuto un sacco di brutte idee in passato…ma questa è di sicuro la peggiore.”

 

“Hey, non sei obbligato a venire. Partecipare al salvataggio non era un ordine.”

 

“Saremo di certo cacciati a calci nel sedere dalla Flotta Stellare per questo.”

 

“Sempre che non ci calcino prima i Vulcaniani.” Ridacchiò Kirk.

 

“Se fossi in loro ci ucciderei.”

 

“Beh per fortuna non sei un Vulcaniano.”

 

“Ringraziamo lo Spazio per questi piccoli favori.”

 

“Non che tu non stia bene con quelle orecchie appuntite.” Lo stuzzicò Kirk.

 

“Non…un’altra…parola.”

 

McCoy si grattò inconsciamente le false punte che aveva applicato alle orecchie. Il peggio era stato rimuovere metà delle loro sopracciglia per far sì che si incurvassero. La parrucca nera completava il loro travestimento. Non sarebbero di certo riusciti ad ingannare nessuno se li avessero controllati attentamente, ma non era quello il punto, il punto era non essere notati immediatamente su Natala.

 

Avevano entrambi preso un permesso per motivi personali e avevano lasciato l’Enterprise prima che la Flotta Stellare avesse il tempo di fare domande. Se fossero stati sorpresi su Natala non invitati, anche solo a vagabondare per le strade, la Flotta Stellare non sarebbe stata in grado di aiutarli col casino diplomatico che ne sarebbe conseguito. Se fossero stati presi nel bel mezzo del segreto dei Vulcaniani nessuno li avrebbe mai più rivisti.

 

“Jim, tutti questi edifici sono uguali.”

 

“Lo so, ma quello che cerchiamo dovrebbe essere davanti a noi.”

 

“Perché questa città è così grande?” Meditò Bones. “Non ci sono abbastanza Vulcaniani nemmeno per illuminare questa parte della città.”

 

“Non lo so, sembra strano in effetti. Guardiamo rapidamente in giro.”

 

Era già passata la mezzanotte su Natala e nonostante fossero arrivati praticamente al centro della città non avevano notato nessun segno di vita. Anche il tricorder li informava che erano soli per un quarto di miglia in ogni direzione. Kirk sgattaiolò attraverso le tenebre fino all’entrata di uno degli edifici. La porta era chiusa, ma provò il codice che Saavik gli aveva dato. Anche se quello non era l’edificio che stavano cercando la porta si aprì.

 

“È vuoto.” Notò Bones guardando all’interno.

 

“L’edificio è solo apparenza.”

 

“Ma perché?”

 

“Non lo so, proviamone un altro.”

 

I seguenti tre edifici erano esattamente uguali. Tutti rispondevano allo stesso codice, e non avevano niente al loro interno. Le strutture non erano neanche state costruite per essere funzionali, non c’erano piani all’interno, solo un ampio spazio vuoto dal pavimento al soffitto diverse centinaia di piedi più in alto. Non c’erano finestre che potevano essere viste da terra quindi l’illusione era perfetta da fuori.

 

“Questa cosa è inquietante. Perché i Vulcaniani si circondano di edifici che non hanno uno scopo?”

 

“Non lo farebbero.” Disse Kirk. “Non è logico.”

 

“Deve esserci una spiegazione logica, a meno che l’intera specie non sia impazzita.”

 

“Sai…i Vulcaniani hanno richiesto una grande quantità di fondi alla Federazione destinati alla ricostruzione un anno fa circa dopo la distruzione di Vulcano. Doveva esserci una città di dimensioni più appropriate qui.”

 

“Credi che abbiano costruito tutto questo per far sembrare che stessero usando i soldi per ‘far ritornare Vulcano all’antica gloria’ mentre invece li stavano usando per costruire quel laboratorio sotterraneo?”

 

“È un pensiero.”

 

“Ma questo significa che i Vulcaniani erano a conoscenza di questo problema da anni.”

 

“Esattamente.”

 

“Diavolo, sono una specie dannatamente testarda.” Sbuffò Bones.

 

“Fino alla fine.” Concordò tristemente Kirk.

 

“Beh, andiamo a prendere quello per cui siamo venuti e andiamocene da qui.”

 

Kirk annuì e uscì dall’edificio vuoto. Anche se non c’era segno di vita restarono nell’ombra mentre si facevano strada per la città deserta. Alla fine giunsero all’edificio che stavano cercando. Kirk digitò il codice universale sulla porta principale. Guardò all’interno e notò che questo edificio serviva a qualcosa.

 

“Niente guardie,” notò Bones “proprio come ha detto Saavik.”

 

“I Vulcaniani non hanno mai fatto la guardia a niente, sono stati pacifici e senza segreti per così tanto tempo che penso non gli sia mai venuto in mente che qualcuno avrebbe cercato di intrufolarsi qui dentro.” Disse Kirk. “I codici alle porte sono probabilmente il più alto livello di sicurezza che hanno mai usato.”

 

“In effetti tendono a farsi i fatti loro.” Concordò Bones. “Voglio dire se solo in pochi sanno cosa sta succedendo, gli altri non sembrano minimamente curiosi.”

 

“Come direbbe Spock ‘la curiosità è un’emozione umana’.” Ridacchiò Kirk.

 

“Va tutto a nostro favore, no? E ora?”

 

“Questa è un’uscita d’emergenza, gli ascensori saranno monitorati. Quindi dobbiamo prendere le scale.”

 

Kirk indicò un buco nel mezzo del pavimento circondato da una ringhiera di metallo. Si avvicinarono ad esso e guardarono giù nell’apertura. La scala scendeva giù a spirale nelle profondità del terreno fino a scomparire nell’oscurità. Era impossibile dire quanto a fondo andasse nelle profondità del pianeta, ma faceva venire le vertigini solo a guardarla.

 

“Hai voglia di prendermi in giro?” Si lamentò Bones.

 

“Sembra essere la nostra unica strada per scendere.”

 

“Scendere non è poi così male, ma non riusciremo mai a ritornare su…specialmente se inseguiti dai Vulcaniani.”

 

“Fortunatamente potremo usare l’ascensore per tornare su dato che non ci importerà gran che essere scoperti.”

 

“Moriremo tutti laggiù.”

 

“Sei davvero un campione in quanto a ottimismo, Bones.”

 

“Hey, sono un dottore, non uno psicoterapista.”

 

“Ovvio. Andiamo.”

 

La discesa fu più difficile di quanto avessero previsto. L’aria calda di Natala non semplificava le cose. Diverse volte furono costretti a sedersi per riprendere fiato. Le tradizionali vesti Vulcaniane che indossavano si dimostrarono pericolose quando facevano gli scalini ed erano costretti a tirarle su per non inciampare e rotolare giù per chissà quanto tempo.

 

Dopo quelle che parvero ore arrivarono alla fine della scala. La catacomba in cui si trovarono era sistemata secondo un  preciso ordine. In accordo con le mappe che avevano ricevuto vi era un laboratorio nell’area centrale dal quale partivano i corridoi che si diramavano come i raggi di una ruota. Correntemente erano alla fine di uno dei raggi e dovevano dirigersi dall’altra parte.

 

Le luci erano state abbassate per simulare la notte e non c’erano suoni. Mentre camminavano per il corridoio Kirk notò i campi di forza neri che coprivano le porte ai lati talmente bene da sembrare invisibili. Incapace di trattenere la curiosità si avvicinò ad uno dei campi di forza e digitò il codice per farlo schiarire.

 

“Mio Dio…” Sussurrò Bones in preda all’orrore.

 

Dalla parte opposta della porta vi era un giovane Vulcaniano che si era spogliato fino alla vita. Guardarono mentre continuava a masticare il suo già abusato braccio per aprire un’altra ferita. Quando il sangue verde cominciò a scorrere vi intinse il dito e continuò il murale al quale stava lavorando. I muri della sua cella erano coperti di dipinti con il sangue di volti Vulcaniani intrappolati in diverse emozioni. L’incredibile abilità e senso artistico rendevano il tutto ancora più terrificante.

 

L’artista cominciò a dipingere il viso di un bambino fra gli altri. A metà del suo capolavoro si fermò e si voltò lentamente. Sembrava che avesse sentito di essere osservato. Camminando verso il campo di forza fissò vagamente Kirk e McCoy. Sollevando la mano sporca di sangue eseguì il tradizionale saluto vulcaniano e la premette contro la barriera invisibile. Parlò, ma capirono che il campo di forza serviva a bloccare anche i suoni.

 

Diversamente dai campi di forza nelle celle dell’Enterprise questo non dava la scossa ai suoi prigionieri. Il Vulcaniano tolse la mano, lasciando l’impronta della sua mano a galleggiare nel nulla. Con improvviso ardore intinse di nuovo le dita nel suo sangue e cominciò a dipingere il Capitano e l’Ufficiale Medico Vulcanianizzati. Kirk sobbalzò quando McCoy gli toccò la spalla.

 

“Forza, Jim, dobbiamo trovare Spock.”

 

Kirk annuì anche se continuò a fissare il dipinto di sé stesso mentre veniva realizzato nei minimi dettagli dall’artista. Detestava dover opacizzare di nuovo lo schermo e lasciare lo sconosciuto Vulcaniano alla sua pazzia. Tuttavia, Bones lo scosse di nuovo e ripristinò lo schermo. Arrivarono al laboratorio centrale e McCoy si interessò immediatamente.

 

“Hanno certamente una tecnologia impressionante.”

 

“Eppure non sono ancora riusciti a risolvere questo problema.”

 

Bones notò una fiala contenente un liquido porpora su un tavolo e se la mise in tasca. Kirk notò il furto, ma non disse niente. Continuarono a camminare per i corridoi senza incontrare nessuno. Era tutto più facile di quello che si erano aspettati, ma di certo non si sarebbero lamentati.

 

Arrivati alla fine del corridoio si fermarono davanti all’ultimo campo di forza. Kirk digitò il codice e fece schiarire lo schermo. Il cuore gli si fermò quando vide il suo amico. Anche nel sonno Spock appariva incredibilmente malato. Il suo petto si alzava con sforzo mentre lottava per continuare a respirare.

 

“Ha un aspetto terribile, Jim.” Disse tristemente Bones. “Non riusciremo mai a farlo salire per quelle scale.”

 

“No, probabilmente no.” Concordò Kirk. “Ma non lasciarti ingannare, potrebbe essere ancora pericoloso. Sta pronto a sedarlo se necessario.”

 

McCoy annuì e tirò fuori la siringa che si era portato dietro. Quando fu sicuro che il dottore era pronto Kirk abbassò il campo di forza. Entrarono nella cella con cautela. Non era mai saggio svegliare un Vulcaniano addormentato e in questo caso sarebbe equivalso al supplicare per guai. Kirk stava per toccare Spock sulla spalla, ma alla fine ci ripensò.

 

“Spock?” Sussurrò Kirk.

 

Avendo il sonno leggero per natura Spock si svegliò immediatamente. Guardò Kirk e corrugò le sopracciglia confuso. Kirk sorrise cercando di farsi riconoscere dal suo amico anche attraverso il travestimento da Vulcaniano. Prima che una qualsiasi scintilla di riconoscimento potesse attraversare i suoi occhi Spock saltò in piedi. Kirk indietreggiò e Bones si preparò a sedare l’obbiettivo della loro missione di salvataggio.

 

Molto lontano dall’attaccarli Spock scomparì nel piccolo bagno. McCoy e Kirk si scambiarono uno sguardo preoccupato mentre ascoltavano Spock che vomitava. Non ci volle molto perché Spock tornasse e si unisse a loro. La maglia aderente che indossava non faceva che evidenziare la drastica perdita di peso che aveva sofferto nelle ultime due settimane. Si avvicinò ai suoi amici e li ispezionò a turno senza fare commenti. Kirk spostò il peso da una gamba all’altra a disagio per il prolungato silenzio.

 

“Spock?”

 

“Capitano, lei non è un Vulcaniano convincente.” Disse Spock seriamente prima di voltarsi verso Bones. “Lei, tuttavia, Dottore sembra recitare il suo ruolo naturalmente.”

 

“Ricordami perché stiamo rischiando la nostra vita e le nostre carriere per riportare questo diavolo alla nostra nave?”

 

“Perché, questo diavolo è il miglior Primo Ufficiale della flotta ed è nostro amico.” Sorrise Kirk.

 

“Giusto.” Sospirò Bones. “Possiamo andarcene ora?”

 

“No.” Replicò Spock.

 

“No?”

 

“Non me ne andrò senza Saavik.”

 

“Giusto, quella che ci ha mandato il messaggio?” Chiese Kirk.

 

“Esatto.” Annuì Spock.

 

“Spock,” disse Bones “cosa penserà Uhura?”

 

“Non capisco.”

 

“Le donne si ingelosiscono, potrebbe non prendere affatto bene il fatto che tu abbia portato una puledra Vulcaniana a bordo.”

 

“Saavik è solo per metà Vulcaniana.”

 

“Lo sapevo!” Urlò Bones in segno di trionfo.

 

“Dottore…ha per caso qualche malattia mentale?” Chiese seriamente Spock.

 

“Spock,” si intromise Kirk “non pensavo ci fossero altri mezzi Vulcaniani.”

 

“Nemmeno io, suo padre era Romulano. Tuttavia, non riesco a capire come questo sia rilevante. Saavik ha rischiato la sua vita per la mia e non verrà lasciata indietro.”

 

“Concordo.” Annuì Kirk. “Dove possiamo trovarla?”

 

“Ci incontrerà al laboratorio.” Replicò Spock.

 

“Posso chiedere come fa a sapere di dover venire?” Chiese Bones.

 

In risposta Spock mostrò l’interno del colletto della sua maglia. Vi era un piccolo disco argentato con una luce blu lampeggiante.

 

“L’ho attivato immediatamente quando vi ho riconosciuto, allerterà Saavik.”

 

“Allora non facciamo aspettare la signorina.” Sorrise Bones.

 

Spock annuì e uscì dalla cella come se stesse semplicemente lasciando la sua stanza. Bones scambiò uno sguardo con Kirk, ma il Capitano scrollò le spalle. McCoy scosse tristemente la testa ed entrambi seguirono Spock per il corridoio. Quando arrivarono al laboratorio Saavik li stava aspettando. Aveva un piccolo dispositivo fra le mani.

 

“Saavik,” la salutò formalmente Spock “questi sono il Capitano James T. Kirk e il Capo Medico Leonard McCoy. Signori questa è Saavik.”

 

“Sono onorata di fare la vostra conoscenza.” Saavik chinò leggermente la testa.

 

“Altrettanto.” Replicò Bones.

 

“Grazie per il tuo aiuto.” Aggiunse Kirk.

 

“Forse voi sarete in grado di aiutare la specie Vulcaniana in cambio.” Disse seriamente Saavik. “Spock per favore dammi la tua mano sinistra.”

 

Spock offrì la sua mano a Saavik senza esitazione. Lei premette il piccolo dispositivo che aveva in mano al centro del suo palmo. La punta causò la fuoriuscita di alcune gocce di sangue. Dopo qualche secondo tolse la punta tirando via anche un piccolo disco di metallo.

 

“Che cos’è?” Chiese Kirk.

 

“Un localizzatore.” Replicò Saavik. “È stato impiantato a tutti i Vulcaniani a loro insaputa durante il censimento mentre veniva preso un campione di sangue. Ho tolto anche il mio.”

 

“Possiamo usare uno degli ascensori per ritornare in superficie?” Chiese Kirk.

 

“Sì, potrebbe attirare l’attenzione su di noi. Tuttavia, c’è una buona probabilità che nessuno si accorga della nostra fuga fino a che non sarà mattino.”

 

“Devo ammettere che questo salvataggio è stato più facile di quello che pensavo.”

 

“Questo perché ciò che ha fatto è impensabile per la mente Vulcaniana.” Spiegò Spock.

 

“Perché?”

 

“Ho fatto ciò che sentivo essere giusto,” rispose Saavik “ma non ciò che era più logico. Deve essere il mio sangue Romulano che mi permette di eseguire questo atto di tradimento.”

 

“Mi piace.” Sorrise Bones.

 

“Dovremmo andare.” Pressò Kirk.

 

Saavik annuì e li guidò. Quando arrivarono al corridoio con gli ascensori Saavik disse agli altri di rimanere indietro un attimo. C’era un Vulcaniano appostato davanti all’ascensore. Saavik fu capace di camminare fino a lui senza venire sospettata e con la velocità di un serpente gli premette un punto fra il collo e la spalla facendolo collassare sul pavimento.

 

“Abbiamo ventidue minuti prima che si svegli e allerti gli altri.” Annunciò Saavik al suo ritorno.

 

“Abbiamo una piccola navicella poco fuori città, se corriamo…”

 

“Spock è incapace di correre.” Lo infirmò Saavik.

 

“È vero, Capitano.”

 

“Bones ed io andremo avanti e verremo a prendervi.”

 

Avendo stabilito un piano entrarono nell’ascensore e tornarono in superficie. Spock rimase in piedi, ma era già ricoperto di sudore. Bones automaticamente si allungò e premette la punta delle dita contro la gola di Spock.

 

“Il tuo battito è così rapido che non riesco a contarlo.”

 

“Il mio battito è elevato, ma non pericolosamente. Non si preoccupi per me.”

 

“È difficile non preoccuparsi per te quando sembra che tu stia morendo.”

 

“Non sembra che io stia morendo, Dottore, io sto morendo.”

 

Spock aveva semplicemente espresso un fatto, me era lo stesso raggelante sentirlo ammettere la gravità delle sue condizioni così liberamente. Una volta in superficie Saavik e Spock camminarono lentamente fino ai confini della città mentre Kirk e Bones correvano verso lo navicella. Avevano deciso di incontrarsi in un parco vicino dove la navicella poteva atterrare.

 

Kirk e Bones arrivarono alla lucida navicella e salirono a bordo. Sedendosi al posto del pilota Kirk si tolse la parrucca nera e così fece anche Bones. Volando fino al parco videro che Spock aveva dovuto sedersi sull’erba. Una volta a bordo Spock si ricompose immediatamente anche se sembrava che stesse per svenire da un momento all’altro.

 

Kirk faceva ancora fatica a credere a quanto fosse stato facile salvare Spock. Diresse la punta della navicella verso l’alto e si diresse a tutta velocità verso lo Spazio. Avevano lasciato l’Enterprise in orbita a otto ore di distanza dalla navicella a velocità massima. Tuttavia, quando erano da meno di dieci minuti nello Spazio ricevettero una comunicazione sub-spaziale codificata.

 

“Questa è la Flotta Stellare.” Notò Bones.

 

“Beh…non ci hanno messo molto.” Sospirò Kirk.

 

Accettando la chiamata Kirk indossò il sorriso migliore che aveva per la piccola immagine che apparì. L’Ammiraglio Pike lo guardò freddamente attraverso lo schermo.

 

“Capitano.”

 

“Ammiraglio.”

 

“Si sta divertendo in ‘licenza’?”

 

“In effetti…”

 

“Non importa, ho solo ricevuto una chiamata piuttosto esigente da Natala. Hanno l’impressione che lei abbia rapito uno dei pazienti e che stiate dando rifugio ad un fuggitivo. Richiedono che li restituiate immediatamente.”

 

“Ammiraglio, posso spiegare.”

 

“Sto ascoltando.”

 

Kirk si lanciò in una spiegazione completa di cosa era successo. Spiegò la malattia che aveva colpito la specie Vulcaniana e citò come esempi gli avvenimenti della Base Stellare 17 e dell’Accademia. Fece a Pike un rapporto completo fino al momento in cui l’Ammiraglio li aveva contattati mentre stavano tornando all’Enterprise. Kirk accentuò particolarmente tutto quello che Saavik aveva fatto per assicurare il ritorno di Spock.

 

“La ringrazio per il rapporto, Capitano. Comandante Spock?”

 

“Sì, Ammiraglio?”

 

“Spock, dato che la Flotta Stellare è orgogliosa del non discriminare nessuno per sesso, razza o specie abbiamo già informato l’Alto Consiglio Vulcaniano che lei è prima di tutto un Ufficiale della Flotta Stellare e dopo un Vulcaniano. Pertanto non può essere forzato a tornare su Natala.”

 

“Grazie, Ammiraglio Pike. Posso chiedere cosa ne sarà di Saavik?”

 

“Parlerò con lei direttamente. Saavik?”

 

“Sì, Signore?”

 

“Dato che lei non è un membro della Flotta Sellare non posso trattarla come Spock…”

 

“Ammiraglio, la prego, se non fosse stato per Saavik…” Lo interruppe Kirk.

 

“Lasciami finire, James.” Disse Pike. “Saavik, sfortunatamente lei ha infranto diverse leggi di Vulcano è pertanto è stata chiesta l’estradizione.”

 

“Capisco, Signore.” Annuì Saavik. “Non è inaspettato.”

 

“No, tuttavia, dato che le sue azioni sono risultate con la liberazione di uno dei nostri preziosi Ufficiali, la Flotta Stellare desidera offrirle il diritto di asilo per quella che noi crediamo sarebbe una ingiusta persecuzione su Natala.”

 

“Grazie, Ammiraglio, accetto il diritto d’asilo.”

 

“Eccellente. Capitano?”

 

“Sì, Signore?”

 

“Accetterebbe Saavik secondo i termini dell’asilo a bordo dell’Enterprise?”

 

“Certo.”

 

“Allora la sua salvezza è sua responsabilità quanto quella del resto del suo equipaggio.”

 

“Capito, Signore.” Annuì Kirk. “Signore, la prossima missione dell’Enterprise…”

 

“In questo momento l’Enterprise dovrà dedicarsi completamente alla risoluzione del mistero riguardo la crisi di Vulcano.”

 

“Agli ordini, Signore.”

 

“Ammiraglio?” Chiese Spock.

 

“Sì, Comandante?”

 

“Il Consiglio Vulcaniano ha chiesto l’aiuto della Federazione in questa faccenda?”

 

“No, devono ancora ammettere di avere un problema, ma faremo tutto il possibile per aiutare.”

 

“Temo, Ammiraglio, che non si possa fare niente. Anche se venisse trovata una cura la specie Vulcaniana è stata ormai distrutta irreparabilmente.”

 

“Spock?” Chiese Kirk preoccupato.

 

“La logica è stata abbandonata anche da coloro che non sono infetti….e senza logica noi non siamo niente.”

 

 

Grazie a coloro che hanno letto e recensito e ovviamente anche a coloro che hanno aggiunto questa storia tra le preferite^^

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 

Uhura camminava avanti e indietro nella sua stanza ansiosamente. Il Capitano non aveva detto a nessuno perché lui e il dottore se ne stavano andando, ma lei sapeva cosa volevano fare. Avrebbe voluto andare insieme a loro, ma era cosciente che non le sarebbe stato permesso. Ora non era sicura di poter resistere all’attesa.

 

Anubis diventò determinato a farla smettere di camminare e cominciò a zigzagarle fra le gambe strusciandolesi addosso. Temendo di inciampare sull’amichevole gatto Uhura lo prese in braccio senza pensarci. Anubis fece le fusa tra le sue braccia mentre lei lo accarezzava.

 

Guardando il gatto Uhura notò la sua fede nuziale. L’anello era rimasto di un opaco color acciaio per così tanto tempo che si spaventò nel vederlo di un brillante argento. Mentre fissava l’anello questo cominciò a schiarirsi sempre di più finché non si trasformò in un profondo oro. Era così affascinata da quello che stava accadendo che non sentì aprirsi la porta.

 

“Nyota…”

 

Uhura trasalì alzando immediatamente la testa. Ancora con addosso la veste Vulcaniana Spock se ne stava in piedi sullo stipite della porta completamente diverso dall’uomo che lei aveva sposato. La perdita di peso e lo stress avevano reso più duri i suoi lineamenti e reso più intensa la tinta verde della sua pelle. Per una frazione di secondo Uhura fu spaventata da quanto alieno appariva. Tale pensiero se ne andò quasi nello stesso momento in cui si era formato mentre lei sorrideva smagliante piena di sollievo.

 

Anubis protestò quando venne mollato sul pavimento. Uhura corse da Spock spingendolo contro la porta con più forza di quanta ne voleva usare. Intrappolato in un bacio appassionato le mise le braccia intorno alla vita e la tenne stretta. Uhura gli prese il viso fra le mani e quando fu finalmente senza fiato ruppe il bacio e appoggiò la fronte contro quella di suo marito.

 

“Stavo incominciando a temere che non ti avrei più rivisto.” Sussurrò Nyota.

 

“Ho vissuto con una paura simile.”

 

“Mi sei mancato così tanto.”

 

Spock rispose tenendola ancora più stretta a sé e respirando profondamente il suo profumo. Nyota si appoggiò a lui e per la prima volta si accorse di quanto pesantemente stesse respirando. Si scostò leggermente e osservò quanto magro era diventato. Il suo petto si sollevava pesantemente come un animale in preda al dolore, ma il suo viso rimaneva impassibile.

 

“Cosa ti hanno fatto?” Sussurrò Nyota in preda all’orrore.

 

“Niente. Il mio corpo mi sta tradendo da solo.”

 

“Stai…” Nyota esitò “stai morendo?”

 

“Credo di si.”

 

Anche se sapeva quale sarebbe stata la risposta ancora prima di porre la domanda fu ancora terribile sentirglielo dire ad alta voce. Scoppiando in lacrime pianse silenziosamente sul suo petto. Spock le accarezzò i capelli e lasciò che liberasse le sue emozioni. Alla fine si calmò, ma tenne la guancia premuta contro il suo petto.

 

“Spock, io…” Nyota esitò “sono incinta.”

 

“Lo so.” Disse Spock gentilmente.

 

“Chi…”

 

“L’ho sentito quando ti ho toccata.” Spiegò Spock. “Stavo aspettando che me lo dicessi tu quando ti sentivi pronta.”

 

“Sei così calmo.”

 

“Ti aspettavi una reazione differente?”

 

“Sì.” Ammise Nyota. “Una parte di me pensava che saresti stato arrabbiato.”

 

“Come potrei essere arrabbiato con la donna che porta in grembo mio figlio?”

 

“A causa delle circostanze.”

 

“Non ho mai ricevuto una notizia più bella in tutta la mia vita.” Disse Spock onestamente.

 

“Non mi sembra.”

 

“Non è nella mia natura reagire in modo diverso da come sto reagendo adesso.”

 

“Lo so.” Sorrise tristemente Nyota. “Personalmente sono spaventata, non posso crescere un bambino da sola.”

 

“Non sappiamo ancora se questo sarà il caso.”

 

Nyota annuì anche se non era completamente sicura di ciò che le aveva detto. Si strusciò contro il petto di Spock e potè sentire il suo cuore battere così forte da sembrare che ronzasse. Preoccupata lo fece sedere sul letto. Lui acconsentì senza protestare ma sembrava che non riuscisse a stare fermo. Lo stomaco di Nyota si contrasse mentre lo guardava strofinarsi le braccia senza un motivo come se avesse freddo.

 

“Spock?”

 

“Mi dispiace.” Disse e smise immediatamente di muoversi.

 

“Va tutto bene. Parlami, a cosa stai pensando?”

 

“A niente.”

 

“Ti aspetti che ci creda?”

 

Spock guardò Nyota e un leggero sorriso gli toccò le labbra. Lei alzò un sopracciglio in una silenziosa richiesta di sapere cosa lo turbava di più fra gli eventi appena passati. Spock si piegò leggermente e le diede un bacio gentile.

 

“Non sono mai stato spaventato di morire.” Sussurrò Spock. “Tuttavia, ora sono terrorizzato al solo pensiero della morte.”

 

“È naturale.”

 

“Non per un Vulcaniano. Non vediamo la morte come la vedete voi umani. Non è una fine, è solo un nuovo inizio. La logica mi dice che sia tu che il bambino potete sopravvivere senza di me, ma il pensiero che voi dobbiate farlo è fisicamente doloroso per me. Non lo capisco.”

 

“Si chiama ‘amore’, Spock.” Sorrise Nyota. “Pensavo ne sapessi di più sull’amore ora. Pensavo sapessi di amarmi.”

 

“Lo so, te l’ho detto molte volte. Solo non avevo realizzato che questa sarebbe stata una conseguenza di quell’amore.”

 

“Tutto ha delle conseguenze.”

 

Spock continuò a fissare gli occhi di Nyota mentre pensava a quello che gli era appena stato detto. Alla fine annuì. Con il dorso della mano le accarezzò la guancia. Lei gli prese la mano così da potersela premere addosso. Spock la guidò in un altro bacio prima di trascinarla in un altro caldo abbraccio.

 

“Tu vali qualsiasi costo.” Le disse Spock all’orecchio.

 

“Che cosa illogica da dire.” Lo stuzzicò Nyota.

 

A dispetto di tutta la tensione che ancora aveva addosso Nyota riuscì a ridere. Spock chiuse gli occhi come spesso faceva quando lei rideva. A lei sembrava che stesse bloccando qualsiasi immagine dal mondo così da potersi concentrare sul suono della sua risata, cosa che stava facendo. Quando aprì gli occhi scuri le sembrarono privi di concentrazione.

 

“Spock, sembri esausto.”

 

“Lo sono.” Confermò Spock. “Il Dr. McCoy voleva che restassi in Infermeria, ma ho rifiutato. Desidero spendere tutto il tempo che mi rimane con mia moglie.”

 

“Potrei dormire in Infermeria con te.”

 

“No. Io appartengo a questo luogo.”

 

“Concordo. È tardi, dovremmo andare a dormire.”

 

“Devo togliermi questi vestiti e lavarmi, puzzo di Natala.”

 

“Sembri arrabbiato, non è qualcosa che sono abituata a sentire.”

 

“Il Vulandin non sopprime completamente i miei sintomi.” Disse Spock.

 

“Penso che tu abbia sempre avuto del risentimento verso i Vulcaniani, ora è solo più in superficie.”

 

“Il risentimento è un’emozione umana, un’emozione completamente illogica.”

 

“Lo so, ma io riesco a vederla nei tuoi occhi. L’ho sempre vista.” Sorrise Nyota tristemente. “Alcune volte penso che staresti meglio se lo ammettessi.”

 

“Ti stai comportando come il Dottor McCoy.”

 

“Davvero?”

 

“Cerca sempre costantemente di convincermi ad esporre la mia parte umana.”

 

“No, Spock, non ‘esporre’, vogliamo che tu la ‘accetti’.” Disse dolcemente Nyota.

 

“La accetto, tuttavia, non desidero che le mie emozioni controllino i miei pensieri. Per i Vulcaniani le emozioni sono o tutte o nessune, e sono le ‘tutte’che mi stanno conducendo ad una lenta morte.”

 

“Mi dispiace,” disse Nyota mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime “non avrei dovuto parlarne.”

 

“Allora perché l’hai fatto?”

 

“Immagino di stare cercando di predire se nostro figlio avrà le tue stesse difficoltà ad accettare il suo sangue umano.”

 

“La logica mi costringe a rispondere ‘sì’.”

 

“Perché?”

 

“Perché umani e Vulcaniani sono come l’olio e l’acqua, non si mescolano bene.”

 

“Eppure io ti amo.”

 

“E io amo te, ma non è logico.”

 

“Non lo è mai.”

 

Nyota premette le sue labbra contro quelle di Spock per un bacio amoroso. Dopo avergli tolto la veste che aveva sulle spalle gli tirò il bordo della maglia di Natala che indossava e lui lasciò che gliela togliesse. Gli passò le mani sul torace e ancora una vola lottò contro le lacrime. Alzandosi dal letto lo condusse alla doccia e si unì a lui sotto il caldo getto d’acqua.

 

Insaponato Spock fece scorrere le mani sulla scura pelle di Nyota. Una volta coperta di fragrante schiuma usò tutto il suo corpo per cancellare l’odore di Natala dalla pelle d’avorio di Spock. Spock si ritrovò un’altra volta premuto contro il muro con l’orecchio tenuto gentilmente fra i denti di Nyota. Entrambi si stavano godendo l’intima doccia, tuttavia, presto Spock cominciò ad avere problemi a rimanere in piedi.

 

Lavando via il sapone Nyota aiutò Spock ad asciugarsi prima di condurlo a letto. Lungo la via Spock raccolse la sua vecchia veste e frugò nelle tasche. Tirata fuori una piccola siringa ne premette la punta contro la gola. L’iniezione di Vulandin gli fece ribaltare gli occhi per un momento facendo temere a Nyota che potesse cadere.

 

Prendendo un profondo respiro Spock riconquistò la sua compostezza e permise pacificamente a Nyota di metterlo sotto le coperte. Spock si stese sulla schiena e Nyota gli si accoccolò sul fianco. Non ci volle molto perché Anubis facesse la sua comparsa andando ad acciambellarsi ai loro piedi. Nyota poggiò l’orecchio al petto di Spock e ascoltò il suo respiro affaticato. Lui cercò la sua mano. Una volta ottenuto il suo premio la portò al suo stomaco dove intrecciò le loro dita.

 

“Spock…non lasciarmi.”

 

“Non posso promettertelo.”

 

“Promettimelo lo stesso.” Insistette Nyota.

 

“Sarebbe una menzogna.” Replicò Spock.

 

“Non m’interessa, ho bisogno di sentirlo.”

 

“Prometto di amarti per sempre.”

 

 

 

Eccoci finalmente arrivati al Capitolo 20! Il prode Jim è riuscito a riportare il suo caro amico Spock all’Enterprise e ora tocca a Bones riuscire ad aiutarlo^^

Grazie infinite per i vostri commenti e per aver aggiunto questa storia tra e preferite e le seguite!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

 

Con gli occhi arrossati e la barba incolta McCoy si diresse all’Infermeria. La missione di salvataggio lo aveva lasciato esausto, e le cinque ore di sonno che aveva ottenuto non avevano fatto niente per cambiare come si sentiva. Quando la sua sveglia aveva suonato quel mattino aveva seriamente preso in considerazione l’idea di semplicemente girarsi e continuare a dormire. Tuttavia, sapeva che sia Saavik che Spock lo stavano aspettando e non aveva voglia di sorbirsi l’ennesimo sfoggio di calma arroganza vulcaniana circa la sua necessità di riposo.

 

Quando arrivò in Infermeria fu sorpreso nello scoprire che Spock non c’era. Saavik era in piedi di fronte ad uno dei monitor attaccati alla parete. Navigava con il touch screen con praticità e stava leggendo le pagine che le interessavano con incredibile velocità.

 

Saavik indossava la sobria uniforme nera maschile che le era stata procurata. Bones si domandò se per caso si era rifiutata di indossare la corta uniforme femminile indossata da tutte le donne dell’Enterprise. Secondo McCoy la sobria uniforme non faceva che accentuare la sua aura di pura fiducia in sé stessa, qualcosa che non aveva visto spesso specialmente in una donna. Non indossava nessun tipo di trucco, e chiaramente non sentiva il bisogno ostentare le sue innegabili curve. Per lei era più importante il suo intelletto piuttosto che il suo corpo, tuttavia ciò non faceva che aggiungersi alla sua naturale bellezza.

 

“Buongiorno, Signora.” La salutò formalmente Bones.

 

“Dr. McCoy,” Saavik si voltò e si inchinò leggermente “stavo guardando le sue cartelle sul Comandante Spock e le cure che ha ricevuto da lei nel corso degli anni. Lei possiede un’impressionante conoscenza sul come curare un Vulcaniano.”

 

“Per un umano?”

 

“Per chiunque.”

 

“Davvero?” Sorrise McCoy. “Sono sicuro che scoprirà che il Signor Spock avrebbe da ridire al riguardo.”

 

“Non dovrebbe.” Saavik si voltò e fece apparire alcuni file. “Ho trovato tre diverse occasioni nelle quali Spock non sarebbe sopravvissuto senza le sue cure mediche. Qualsiasi errore da parte sua durante queste tre crisi avrebbe condotto inevitabilmente alla sua morte. In tutte e tre le occasioni lei ha preso delle decisioni che sarebbero state fatali per un umano, ma erano esattamente quello che richiedeva il suo paziente. In quanto Vulcaniana io stessa non esiterei a rimettermi alle sue cure in un’emergenza.”

 

“Grazie…credo. Sei una dottoressa?”

 

“Sono un ingegnere biochimico specializzata in chimica organica e farmaceutica.”

 

“Non sapevo che i Vulcaniani usassero la farmaceutica.”

 

“Normalmente è così, tuttavia ciò non serve a temperare la nostra curiosità scientifica a riguardo. Spesso i farmaci che produciamo non sono a uso Vulcaniano.”

 

“Giusto, credo che la Trilium dicloxicillina sia un farmaco creato dai Vulcaniani. È una buona roba, l’unica che funziona quando un paziente è allergico sia alla penicillina che alla neopenicillina. So che un sacco di vite sarebbero state perse senza quel farmaco.”

 

“Sì. Come anche con il Vulandin, tuttavia non ci siamo dimostrati molto intelligenti quando si trattava di scoprire farmaci per salvare noi stessi.”

 

“Non siete bravi nemmeno nella sicurezza sanitaria in generale.”

 

“Cosa vuole dire?”

 

“Avete almeno pensato che qualsiasi cosa sia questa malattia potrebbe essere contagiosa? Avete lavorato a stretto contatto con soggetti infetti senza prendere nessuna precauzione.”

 

“Anche se dovesse essere contagiosa credo che io ne sarei immune. Sono soggetta all’heterosi.”

 

“Heterosi…intendi ‘vigore ibrido’?”

 

“Esattamente. Romulani e Vulcaniani discendono da antenati comuni, ma si sono evoluti a milioni di anni di distanza. Riportare le due linee di sangue insieme permette ai migliori tratti di entrambe le specie di essere espressi eliminando i difetti più marcati. Si stima che io vivrò fra i trecento e i quattrocento anni.”

 

“Spock non sembra avere lo stesso vantaggio.”

 

“No. Il sangue umano non è compatibile con quello Vulcaniano come quello Romulano.”

 

“Capisco.” Bones pensò a ciò per qualche momento. “Perché la razza Vulcaniana non introduce del sangue Romulano per superare la crisi?”

 

“È un’opzione che è stata presa in considerazione.”

 

“Perché non è stata messa in atto?”

 

“Perché i Romulani hanno detto ‘no’.” Disse semplicemente Saavik.

 

“Ah, già….certo.”

 

“Il mio stesso padre è stato messo a morte per ciò che ha fatto. Non per essere stato uno stupratore, ma per aver ‘dato’ ai Vulcaniani accesso ai geni Romulani. Anche se negli ultimi decenni le relazioni tra Romulani e Vulcaniani sono migliorate fino ad arrivare ad una quieta diffidenza reciproca ci sono ancora molte tensioni fra di noi.”

 

“I Romulani sanno che esisti?”

 

“Sì. Sono al sicuro solo perché non hanno accesso a me. Se mai vagassi per i territori Romulani sarei messa a morte senza processo per furto.”

 

“Furto? Del tuo DNA?”

 

“Non lo considerano ‘mio’.”

 

Bones fu scioccato dalla risposta. Non aveva mai pensato che qualcuno potesse considerare il DNA di una persona come una proprietà. Tale modo di pensare risaliva ai tempi in cui la schiavitù era ancora in pratica. Bones si guardò attorno e notò che tutti i presenti nel dipartimento medico li stavano fissando. Si ricordò improvvisamente che i rapporti fra Romulani e umani non erano dei migliori e temette che Saavik sarebbe stata soggetta a pregiudizi peggiori di quelli che aveva subito Spock quand’era appena arrivato. Non aiutava il fatto che lei non provenisse dall’Accademia. Bones si rivolse irritato al suo staff.

 

“Cosa diavolo state fissando?” Domandò Bones.

 

“Sta ancora indossando le orecchie Vulcaniane, Dottore.” Replicò Saavik. “Credo che le trovino divertenti, hanno sussurrato sprezzanti commenti sin dal suo arrivo.”

 

“Cosa?” Bones si toccò le orecchie. “Oh Cristo Santo. Ero così esausto ieri sera che non ci ho nemmeno pensato, e ci vorranno settimane perché mi ricrescano le sopracciglia.”

 

“Lei è un Vulcaniano davvero convincente, Dottore.”

 

“Così mi è stato detto.” Brontolò Bones per poi voltarsi verso il suo staff. “Un altro commento fuori posto riguardo me o Saavik e vi degraderò tutti ad assistenti con le flebo!”

 

“Sì, Dottore.” I medici e le infermiere mormorarono mentre si disperdevano e si procuravano qualcosa da fare.

 

Immediatamente distratto dalla conversazione che stavano avendo Bones cercò di togliersi via la punta delle orecchie. Facendo una smorfia di dolore tirò più forte la testarda pelle sintetica. Gli ci volle un momento per realizzare che per togliersi le punte avrebbe dovuto strapparsi via la sua stessa pelle. Lasciando andare l’orecchio strinse gli occhi sospettoso. Arrivato all’interfono chiamò il Ponte.

 

“Qui Kirk.”

 

“Jim, ti sei tolto le orecchie a punta?”

 

“Sì,…anche se sospetto che tu te le dovrai tenere per almeno una settimana.”

 

“Cosa?”

 

“Non ho saputo resistere.” Confessò Kirk. Ho detto a Cindy di usare una colla più resistente per te. Non posso credere che ti ci sia voluto così tanto per accorgertene.”

 

“Ti sembrava il momento e il luogo più opportuno per fare uno scherzo del genere, Jim?” Chiese Bones per nulla divertito.

 

“Pensala cone una punizione per tutti quegli anni che hai passato a prendere in giro le orecchie di Spock.” Ridacchiò Kirk. “E poi, anche Spock ha detto che ti stanno bene.”

 

“Ti conviene guardarti le spalle, Jim,” ringhiò pericolosamente Bones “finirai qui in Infermeria alla mia mercé prima o poi. Conoscendo i tuoi record sarà prima invece che poi.”

 

“Non hai senso dell’umorismo, Bones.”

 

“Preferisco non averne uno piuttosto di averne uno malato.”

 

“Non hai del lavoro da fare?” Gli chiese scherzosamente Kirk.

 

“Ti odio.”

 

“Avresti dovuto lasciarmi sulla Terra quando ne hai avuto l’occasione.”

 

“Non credere che non mi passi per la mente almeno una volta al giorno.”

 

“Seriamente, Bones, mettiti a lavoro e scopri che sta succedendo…non puoi lasciar morire un compagno Vulcaniano. Nel frattempo sto tracciando una rotta che ci riporti alla Base Stellare 17, forse ci sono altri indizi di quando il Vulcaniano ha attaccato.”

 

 “È veramente malato,” mormorò aspramente Bones tirandosi di nuovo e inutilmente l’orecchio finto “il fatto che sappia comandare una nave stellare mi riempie di stupore.”

 

“Trova l’essere associato con un Vulcaniano un insulto?” Gli chiese Saavik onestamente.

 

“Cosa? No. Non è quello…è solo che…um…beh…è una lunga storia.”

 

“Certamente non abbiamo abbastanza tempo per questo.”

 

McCoy fu grato di non dover spiegare la strana amicizia che condividevano lui e Spock, particolarmente per il fatto che il mezzo Vulcaniano in questione era arrivato in Infermeria. Vestito di nuovo con la sua uniforme improvvisamente non sembrava più malato. La sua postura era perfetta con le mani dietro la schiena come sua abitudine. Tuttavia quando si avvicinò McCoy potè vedere che aveva le tempie imperlate di sudore.

 

“Dottore, Saavik.” Li salutò Spock. “Mi scuso per il ritardo.”

 

“Va bene, Spock. Come ti senti?”

 

“È veramente interessato ad una lista dei miei sintomi? La avviso che è piuttosto lunga.”

 

“Che ne dici di dirmi solo le cose più importanti?” Suggerì Bones.

 

“Sto rapidamente perdendo peso a causa di una combinazione di mancanza di appetito e nausea, cosa che mi impedisce di trattenere qualsiasi cosa io riesca a mangiare. Nonostante io trovi che l’aria dell’Enterprise sia troppo fredda sudo continuamente. Se non sto attento o se non vengo fermato ripeto lo stesso inutile movimento per ore. Da quello che ho osservato riguardo a lei e il Capitano il resto dei miei sintomi sembra imitare quello che voi chiamate ‘postumi da sbornia’.”

 

“Spock,” disse Saavik “penso che questi siano gli effetti collaterali del Vulandin, non del disordine primario.”

 

“I miei sintomi cambiano quando non uso il Vulandin.” Annuì Spock.

 

“Quali sono questi sintomi?” Chiese Bones.

 

“Vertigini, svenimenti, perdite di sangue inspiegabili, agitazione, sentimenti di estrema violenza, rabbia, tristezza, diffidenza, pensieri omicidi e suicidi. A coprire tutti questi sintomi vi è un’allucinazione uditiva sotto forma di voci.”

 

“Alcuni di questi sintomi sembrano quelli della schizofrenia. Soffri di alcuni di quelli quando usi il Vulandin?”

 

“No.”

 

“Allora funziona.” Rimuginò Bones.

 

“Infatti.” Concordò Spock.

 

“Sì,” disse Saavik “tuttavia, il Vulandin è tossico per i Vulcaniani.”

 

“Quindi deve scegliere fra morire per la malattia o morire per la cura?” Chiese Bones.

 

“Non è una cura, è solo un trattamento dei sintomi.” Replicò Saavik avendolo preso letteralmente.

 

“Ho scelto la lenta morte fisica alla più dolorosa ed emotiva.” Li informò Spock. “Continuerò ad usare il Vulandin finché non si presenterà un’opzione migliore.”

 

“Saavik, hai creato tu il Vulandin?” Chiese McCoy.

 

“Sì.”

 

“Come funziona?”

 

“La sua funzione primaria è quella di demolire la dopamina, tuttavia agisce anche su diversi altri ormoni e prodotti chimici del sistema diencefalo.”

 

“Il sistema diencefalo controlla la memoria negli umani.”

 

“Ha funzioni simili nei Vulcaniani.” Concordò Saavik. “Si pensa inoltre che sia un possibile sito della fusione mentale.”

 

“Aspetta…i Vulcaniani non sanno come funziona la fusione mentale?”

 

“Non la comprendiamo appieno.”

 

“Dottore,” intervenne Spock “la telepatia dei Vulcaniani opera su un livello al di là di quello fisico e nel reame del metafisico.”

 

“Capisco. Okay, diciamo esattamente quello che sappiamo circa questo disordine.” Istruì Bones. “Saavik?”

 

“Non è contagioso, non sembra avere origini da agenti patogeni. Infetta i maschi giovani e corrisponde con l’inizio del Pon Farr. Negli stadi iniziali i sintomi sono simili ma continuano ad aumentare e ad intensificarsi.”

 

“Non ci sono casi femminili?” Chiese Bones.

 

“No.”

 

“Voi…uh…se non ti dà fastidio che te lo chieda, le femmine Vulcaniane hanno un Pon Farr?”

 

“Sì. Tuttavia, per noi è differente.” Disse Saavik. “Un aspetto del Pon Farr maschile che è particolarmente forte nei maschi giovani è il bisogno di ritornare su Vulcano.”

 

“Ma ora non c’è più un Vulcano al quale tornare.” Disse Bones.

 

“Corretto.”

 

“Potrebbe avere a che fare con quello che sta succedendo?”

 

“Tale teoria è stata scartata.” Rispose Saavik.

 

“Perché?”

 

“Vi è un caso di un Vulcaniano che è sopravvissuto al Pon Farr lontano da Vulcano.” Disse Saavik.

 

“Chi?”

 

“Mio padre.” Replicò Spock. “Non poteva tornare in quanto si trovava sulla Terra per lavoro, mia madre lo ha assistito e dopo mio padre ha ritenuto logico sposarla. O almeno questa è la storia che mi è stata originariamente raccontata.”

 

“Hai motivo di dubitarne?”

 

“Coloro che cercano di screditare mio padre affermano che ci fosse una discrepanza nella sua età e che doveva aver superato il Pon Farr da un anno quando io venni concepito.”

 

“Quindi?” Bones chiese per una chiarificazione.

 

“Quindi io sarei stato il risultato di un desiderio non di una necessità.”

 

“Intendi amore?”

 

“Sì, Dottore, amore.”

 

“Sarebbe stato uno scandalo per tuo padre e per il suo status su Vulcano, non c’è dubbio.” Notò Bones. “Pensi che avrebbe cercato di nasconderlo?”

 

“Se è vero, allora ‘sì’, tuttavia posso anche credere alla sua storia.”

 

“Rimaniamo però senza la prova che ci sia stato un Vulcaniano che è sopravvissuto al Pon Farr lontano da Vulcano.” Puntualizzò Bones.

 

“Logico.” Concordarono Spock e Saavik allo stesso tempo.

 

“C’è qualcuno che comprende appieno il Pon Farr?”

 

“No.”

 

“C’è un modo per sopravvivere al Pon Farr senza doversi accoppiare?”

 

“Sì.” Annuì Spock. “Su Vulcano diverse settimane di meditazione profonda o la partecipazione ad una battaglia fino alla morte conosciuta come kal-if-fee pone fine al Pon Farr.”

 

“Qualcuno ha provato questo trucchetto della meditazione per risolvere il problema?”

 

“Non ne ho avuto il tempo, ho optato per prendere una compagna.”

 

“Abbiamo provato quella via su Natala e scoperto che aumenta la velocità con la quale progredisce la Malattia.” Confermò Saavik.

 

“Questo non ci è di aiuto.” Sospirò Bones. “Spock, con il tuo permesso vorrei fare una completa sessione di test, scansioni del corpo, analisi del sangue e degli ormoni, tutto. Almeno per cercare di capire cosa ti sta succedendo fisicamente.”

 

“Molto bene, Dottore.”

 

Le successive sei ore furono dedicate a fare a Spock qualsiasi esame che venisse in mente a McCoy. Venne inclusa anche una dettagliata mappatura del cervello per cercare di trovare qualcosa. A metà dei test arrivò Uhura per restare al fianco di Spock. Col progredire della giornata le condizioni di Spock peggiorarono finché non incominciò ad avere problemi a restare sveglio. Avevano iniettato quante più sostanze nutritive potevano direttamente nel suo sangue, ma esse non potevano sostituire il vero cibo.

 

“Okay, Spock,” sospirò Bones “questo basta. Uhura tienilo d’occhio, chiamami per qualsiasi motivo.”

 

“Sì, Dottore.”

 

“E guarda se riesci a fargli mangiare qualcosa.”

 

“Non sono affamato, Dottore.” Protestò Spock.

 

“Non ti ho chiesto se eri affamato.”

 

Spock ci pensò per un momento e poi annuì. Uhura lo aiutò a scendere dal lettino e i due se ne andarono. Saavik stava già analizzando gli innumerevoli dati che avevano ottenuto. McCoy la affiancò.

 

“Alcuni di questi dati sono nuovi per te?”

 

“Molti si, Dottore.” Annuì Saavik. “Le strutture di Natala non avevano un equipaggiamento così avanzato.”

 

“Mi sorprende.”

 

“Non ne abbiamo mai avuto bisogno in passato.”

 

Saavik non distolse mai lo sguardo dallo schermo innanzi a lei. McCoy poteva vedere la sua mente che lavorava assorbendo le nuove informazioni. Digitò sul computer e incominciò anche lui ad analizzare i dati ad una velocità inferiore. Ore dopo era ad un passo dallo strapparsi gli occhi.

 

“Tutto questo non ha un minimo di senso. Tutto quello che stiamo analizzando sembra essere un effetto del Vulandin più che altro.”

 

“Concordo.” Annuì Saavik.

 

“La cosa che mi preoccupa di più è l’ingrossamento dei ventricoli nel suo cervello, ma per quanto ne so è normale in un Vulcaniano. Non ho mai guardato un cervello così da vicino.” Ammise Bones. “Vorrei avere un altro Vulcaniano con il quale confrontarlo.”

 

“Ha me. Si senta libero di farmi ciò che vuole.”

 

Anche se sapeva cosa voleva dire il modo in cui aveva posto la frase lo spiazzò. La guardò con un leggero sorriso. Per sua sorpresa anche Saavik sorrise. Bones sollevò una delle sue sopracciglia arcuate automaticamente facendo si che Saavik lo guardasse con uno sguardo preoccupato. Il lampo di compassione che le attraversò gli occhi era un altro sguardo che non era abituato a vedere in un Vulcaniano.

 

“Stupefacente.” Disse Bones a sé stesso.

 

“C’è qualcosa che non va, Dottore?”

 

“No, è solo che non pensavo che un mezzo Romulano avrebbe sorriso molto più di un mezzo umano.”

 

“Sorridere?”

 

“Sì, sai quando gli angoli della bocca si piegano all’insù.” Ridacchiò Bones. “Si usa generalmente per esprimere sensazioni di felicità o divertimento.”

 

“Stavo sorridendo?”

 

“Sì, non lo avevi notato?” Chiese Bones.

 

“No. Sono stata cresciuta su Vulcano e sorridere non è un tratto Vulcaniano.”

 

“Non dirlo a me.” Bones roteò gli occhi. “Tuttavia, è contagioso, forse ti serve solo un po’ di tempo fra gli umani per imparare ad usarlo. È una bella qualità da possedere.”

 

“Ti piace il mio sorriso?”

 

“Molto.”

 

Bones sorrise smagliante per dimostrarle che era serio riguardo a ciò che aveva detto. Saavik corrugò le sopracciglia e provò ad imitare la sua espressione. Non era naturale come lo era stato poco minuti prima, ma si aggiungeva lo stesso alla sua naturale bellezza. McCoy ridacchiò al suo tentativo, ma la sua espressione si trasformò in una di preoccupazione quando una singola lacrima le scivolò per la guancia.

 

Senza pensare McCoy gliela asciugò con un dito. Saavik boccheggiò e si sottrasse al suo tocco. Bones ritirò la mano immediatamente, avendo subito qualcosa di molto simile ad una scossa elettrica. Saavik fissò Bones con un’espressione indefinibile. McCoy fi sorpreso di notare che le guance di Saavik si colorarono di smeraldo e lei distolse lo sguardo.

 

“Saavik? Stai bene?”

 

“Sì, Dottore. Mi scuso, è stata una giornata estenuante, sono molto stanca. Col suo permesso?”

 

“Sì, certo, ma…”

 

“Grazie, buona giornata.” Disse seccamente Saavik.

 

Sempre tenendo gli occhi puntati al pavimento Saavik si girò e lasciò l’Infermeria. Una volta per i corridoi accelerò i suoi passi. Diversi membri dell’equipaggio la fissarono mentre passava, ma lei non se ne curò. Quando arrivò a suoi alloggi stava respirando pesantemente.

 

Dopo un momento nel quale aveva ripreso fiato si diresse in bagno. Si guardò attorno ansiosamente, temendo che qualcuno potesse osservarla. Assicuratasi di essere da sola Saavik fissò il suo riflesso allo specchio. Le sue guance erano ancora di un leggero colore verde. Saavik sollevò la mano per osservarla e scoprì che stava tremando incontrollabilmente.

 

“No…no. Non può succedere, non ora. Per favore, non ora…”

 

 

 

Eccoci qui! Bones ha iniziato le sue analisi ma sembra non riuscire a trovare niente di particolare, ma tanto sappiamo tutti che non si arrenderà mai^^ E cosa sta succedendo a Saavik?Come sempre grazie dei vostri commenti e grazie di continuare a seguirmi ogni settimana^^

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

 

Kirk sedeva al suo posto sul Ponte fissando l’aurora blu creata dalla Velocità di Curvatura. Si stavano dirigendo alla Base Stellare 17. Era un viaggio di sei giorni a massima Curvatura da Natala, ma ormai erano solo a poche ore dalla loro destinazione. Kirk si voltò quando sentì le porte dell’ascensore che si aprivano.

 

Spock arrivò sul Ponte con Uhura al suo fianco. Nyota appariva ancora stressata, ma almeno i suoi occhi erano di nuovo vivi ora che Spock era tornato. Uhura si alzò sulle punte dei piedi e baciò la guancia di Spock. Questo era un gesto che in qualsiasi altro momento Spock avrebbe scoraggiato, ma lo accettò con gratitudine e le toccò la tempia con la punta delle dita affettuosamente. Dal modo in cui sorrise Uhura, Kirk si domandò se per caso non aveva appena assistito ad una rapida fusione mentale.

 

Uhura prese il suo posto alla stazione delle comunicazioni. Spock diede un’occhiata al Ponte per assicurarsi che tutto stesse funzionando a dovere. Soddisfatto si fece strada verso la sedia del Capitano e rimase in piedi al suo fianco, fissando l’aurora davanti a sé. Si comportava come se nulla andasse male, ma il difficoltoso alzarsi e abbassarsi del suo petto tradiva la battaglia per la sopravvivenza al suo interno. Kirk aspettò che il suo Primo Ufficiale dicesse qualcosa, ma realizzò in fretta che sarebbe stata una lunga attesa.

 

“Spock, non dovresti essere giù in Infermeria?”

 

“Non c’è molto che possano ancora fare per me o a me per quel che importa.”

 

“Abbastanza giusto.” Annuì Kirk. “Bones si sta strappando i capelli per questa faccenda.”

 

“Non vedo come ciò sia di aiuto.”

 

“È solo un modo di dire.”

 

“Un giorno avrò mentalmente catalogato tutti i suoi ‘modi di dire’ e spero che in quel momento sarò capace di comprenderla meglio.”

 

“Ne dubito.” Sorrise Kirk. “Ciò che voglio dire è che mi sembra che non stiamo arrivando da nessuna parte.”

 

“Apparentemente non vi è soluzione per il corrente problema.” Disse Spock. “Il Dottore e Saavik hanno scoperto gli effetti di ciò che mi sta succedendo, ma non la causa. Ovviamente ciò è illogico poiché per ogni effetto vi è una causa.”

 

“Che ne dici dell’idea che non c’è più un Vulcano a cui ritornare per fermare questo Pon Farr dall’andare…er…beh troppo in là?”*

 

“Capitano, se non le dispiace alterare la rotta leggermente forse potremmo condurre un esperimento e testare tale teoria.”

 

“Oh? Come?”

 

“Diverta dalla Base Stellare 17 al buco nero di Vulcano, se la Malattia ha niente a che fare con il pianeta allora essere vicini ad esso dovrebbe alterare i sintomi.”

 

“Ma Vulcano non è più lì.” Disse Kirk.

 

“Ne sono consapevole, Capitano. Tuttavia, la materia non può essere né creata né distrutta, cambia semplicemente forma. La materia che una volta era Vulcano è ora nella forma di un potente campo gravitazionale. Nessuno può più toccare la superficie di Vulcano, ma se la mia condizione ha qualcosa a che fare con il ritornare a casa allora vi dovrebbe essere qualche cambiamento evidente.”

 

“Vale un colpo.”

 

“Questo è un modo di dire con il quale sono familiare.” Annuì Spock. “Lo usa spesso. Tuttavia devo ancora determinare il valore di un ‘colpo’, sembra variare.”

 

“Non ti preoccupare.” Kirk spostò lo sguardo sul Navigatore. “Signor Sulu, può alterare la rotta e portarci al buco nero di Vulcano?”

 

“Sì, Signore.” Sulu eseguì il cambiamento. “Tempo di arrivo stimato: due ore e dodici minuti.”

 

“Perfetto.” Kirk guardò di nuovo il suo amico. “Potrei coinvolgerti in una partita di scacchi?”

 

“Mi sembra una richiesta alquanto inusuale in questo momento, Capitano.”

 

“Spock,” intervenne Uhura “ciò che il Capitano vuole dire è che vorrebbe parlare con te da solo.”

 

“Capisco.” Spock corrugò le sopracciglia. “È vero, Capitano?”

 

“Sì.”

 

“Allora perché non me lo ha semplicemente chiesto?”

 

“Perché non volevo che suonasse come un ordine.”

 

“Ordine o no, acconsentirò al gioco, e ai termini dietro di esso.”

 

“Grazie.”

 

Kirk si alzò e si diresse all’ascensore con Spock alle calcagna. Una volta entrati Spock si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Kirk osservò tristemente come Spock passava dal sembrare in piena salute al bussare alle porte della morte pregando di poter entrare. Come Primo Ufficiale stava facendo del suo meglio per non far sapere al resto dell’equipaggio quanto era veramente malato. Kirk non gli offrì aiuto, sapendo che non era ciò che il Vulcaniano voleva da lui.

 

Quando le porte dell’ascensore si aprirono Spock aprì gli occhi e si staccò dal muro. Camminò a passo normale verso gli alloggi del Capitano. La maggior parte delle persone non avrebbe neanche sospettato che c’era qualcosa che non andava in lui. Kirk d’altra parte poteva vedere la tensione nei suoi passi mentre si forzava di rimanere in piedi e in equilibrio. Aveva perso la naturale grazia con la quale si muovevano i Vulcaniani.

 

Al sicuro nella privacy degli alloggi Spock fu costretto ad appoggiare una mano al muro per rimanere in piedi. Questa volta Kirk gli offrì assistenza. Scivolò sotto il braccio di Spock e lo supportò fino ad una delle sedie. Spock vi ci sedette e prese qualche momento per ricomporsi.

 

“Grazie, Jim.” Spock si indirizzò a lui in modo meno formale ora che si trovavano in privato. “Questa nuova debolezza è particolarmente…difficile.”

 

“Ci credo. Vuoi che prepari gli scacchi?”

 

“Se lo scopo del mio venire qui era semplicemente per parlare preferirei non giocare. Al momento  sono esausto sia fisicamente che mentalmente, e una partita di scacchi non farebbe altro che stressarmi ancora di più.”

 

“Allora non importa, è solo che so che è una cosa che ti piace fare.”

 

“C’è stato un tempo in cui avrebbe avuto ragione.”

 

“Tendiamo ad avere le nostre migliori conversazioni durante le partite più intense. Penso che sia perché mi permettono di distrarti un po’.”

 

“Capitano, sta evitando di dirmi quello che davvero vuole dirmi.”

 

“Sì, suppongo di sì.” Ammise Kirk. “Spock, ho pensato molto circa quello che mi hai domandato. Mi dispiace che mi ci siano voluti tre giorni per avere una risposta, ma devi capire che è una grossa responsabilità.”

 

“Lo capisco, è il motivo per cui glielo ho chiesto.”

 

“Uhura lo sa?”

 

“Sarà informata, ma non è una decisione che deve prendere lei.”

 

“Capisco.” Disse Kirk anche se in realtà non capiva affatto. “Spock, se Uhura avrà un figlio e tu non sarai più lì per lui sarò onorato di essere il suo Bal’late.”

 

“Bal’lat.” Lo corresse Spock. “Grazie, significa molto per me. Se Uhura e io avessimo un figlio quando raggiungerà una certa età avrà delle domande che non si sentirà a suo agio chiedere a lei. Ci sono delle conseguenze dell’essere Vulcaniano che lui non capirà senza una guida. Avrà inoltre bisogno di una forte figura maschile nella sua vita e non riesco a pensare a nessuno migliore.”

 

“Io sì: tu.”

 

“È il mio più grande desiderio quello di fare da padre a mio figlio.” Annuì Spock. “Tuttavia, non riceviamo sempre quello che desideriamo al mondo.”

 

“Troveremo una risposta.” Disse Kirk con più sicurezza di quella che sentiva in realtà. “Non possiamo semplicemente lasciarti morire.”

 

“Non mi sento come se mi steste lasciando morire, so che tutti state facendo tutto ciò che è in vostro potere per aiutarmi. Sono molto fortunato di essere circondato da amici simili.”

 

“E noi siamo fortunati ad avere te.”

 

“Grazie.” Replicò Spock e poi chiuse gli occhi.

 

“Spock?”

 

“Non mi sento molto bene al momento.”

 

“Andiamo, ti porto in Infermeria.”

 

“No.” Spock scosse debolmente la testa. “Posso semplicemente riposare qui finché non arriveremo al buco nero di Vulcano?”

 

“Certo. Stenditi. Ti sveglio quando arriviamo.”

 

Spock aprì lentamente gli occhi e iniziò a forzarsi di alzarsi in piedi. Kirk lo aiutò di nuovo facendogli da supporto. A metà strada verso il letto Spock fu costretto a fermarsi per un attacco violento di nausea. Sfinito per l’improduttivo conato di vomito Spock lottò per restare in piedi. Non sapendo che altro fare Kirk si assicurò che Spock restasse in piedi e aspettando che la crisi passasse.

 

Quando ebbe di nuovo sotto controllo lo stomaco Spock ringhiò contro l’indegnità della sua situazione e si rimise dritto. Grazie alla pura forza di volontà riuscirono a finire il viaggio verso il letto. Steso sul fianco Spock si addormentò quasi subito. Kirk tornò nel salotto dei suoi alloggi e chiamò l’Infermeria.

 

“Qui McCoy.”

 

“Hey, Bones, niente di nuovo?”

 

“No, Jim. Mi dispiace. Non c’è nessuna spiegazione medica per quello che sta succedendo. Ho fatto una stima però.”

 

“Una stima? Di cosa?”

 

“Di quanto a lungo il sistema di Spock può sopportare il Vulandin.”

 

“Quanto?”

 

“Tre settimane…un mese, al massimo.”

 

“E se smette di usare il Vulandin?” Chiese Kirk.

 

“In base a quello che mi ha detto Saavik diventerebbe pericolosamente instabile in quarantotto ore.” Replicò Bones. “Spock ha già reso chiaro che preferisce essere ucciso dal Vulandin piuttosto che impazzire.”

 

“Capito. Tienimi informato.”

 

“Sì, Capitano.”

 

“Bones?”

 

“Sì?”

 

“C’è qualcosa che non mi stai dicendo?” Chiese Kirk.

 

“Perché me lo chiedi?”

 

“Perché non mi rispondi di ‘no’?” Controbatté Kirk. 

 

“Non è nulla di importante, Jim.”

 

“Bon…”

 

“Devo tornare a lavoro.”

 

Kirk era preoccupato dalle mancate risposte di Bones, ma sentiva che non poteva farci nulla al momento. Sentendosi stanco anche lui si diresse al divano e si stese. Sembravano passati pochi secondo quando l’interfono lo svegliò. Kirk aprì gli occhi e poi li richiuse contro il mal di testa.

 

“Qui Kirk.”

 

“Capitano,” rispose Sulu “arrivo al buco nero di Vulcano in cinque minuti.”

 

“Grazie, Sulu.”

 

Kirk si alzò e si stiracchiò. Entrando in camera da letto guardò Spock dormire pacificamente. Pensò di lasciarlo semplicemente dormire, ma alla fine decise di svegliarlo. Avvicinandosi al letto toccò leggermente la spalla di Spock. Svegliato improvvisamente Spock si scostò immediatamente dal contatto e cadde dal letto.

 

“Spock?”

 

“Sono incolume.” Fu la risposta di Spock dal pavimento.

 

Sorridendo a dispetto delle circostanze Kirk si avvicinò a Spock per aiutarlo a rimettersi in piedi. Una volta di nuovo in piedi Spock si allontanò di un passo dal Capitano. Il breve riposo aveva migliorato le sue condizioni ed era in grado di camminare da solo. Si diressero verso il Ponte. Uhura alzò lo sguardo e diresse a Spock un sorriso nervoso. Lui le si avvicinò e le sfiorò amorevolmente le tempie. Man mano che il suo tempo si avvicinava alla fine diventava sempre più disinvolto nel mostrare il suo amore per lei.

 

“Signore,” salutò Sulu “usciremo dalla Curvatura in cinque, quattro, tre, due, uno…”

 

Kirk guardò come sullo schermo l’aurora blu veniva sostituita da un campo stellato e dall’anello di Einstein che circondava il buco nero. Stava per chiedere a Spock come si sentiva quando il Vulcaniano strillò in preda al dolore. Kirk si voltò immediatamente e corse da Spock che era collassato sulle mani e sulle ginocchia.

 

Uhura era inginocchiata vicino a lui con una mano appoggiata sulla parte bassa della sua schiena, ma non c’era niente che lei potesse fare per confortarlo. Accovacciandosi ancora di più Spock ruggì come un leone ferito. Kirk stava per fare alzare Spock fisicamente per portarlo in Infermeria quando Spock si rilassò e alzò le mani per segnalare che non aveva bisogno di aiuto. Con la testa piegata annaspò in cerca di aria.

 

“Mi scuso,” ansimò Spock “sono di nuovo in controllo.”

 

Per provare a tutti, incluso sé stesso, che stava dicendo il vero, si sedette sui talloni. Tenendo gli occhi chiusi prese dei profondo respiri. Uhura e Kirk si scambiarono sguardi preoccupati, sperando di trovare delle risposte l’uno nell’altra. L’intero Ponte trattenne il fiato mentre aspettavano che Spock si ricomponesse. Spock alzò la testa e aprì gli occhi mostrando uno scioccante cambiamento.

 

“Spock!” Urlò Uhura. “I tuoi occhi!”

 

“Ci cedo bene, Nyota.” La rassicurò Spock.

 

“Non è di quello che è preoccupata.” Disse Kirk ugualmente allarmato. “Il bianco dei tuoi occhi è verde brillante. Chiamo il Dr. McCo…”

 

“Jim!” Gridò la voce di Bones dall’interfono. “Ho bisogno di te e Spock in Infermeria ora!”

 

“Arriviamo.”

 

Kirk tirò su Spock e si diresse verso l’ascensore. Uhura li seguì, non volendo separarsi da suo marito al momento. Spock rese chiaro che non aveva più bisogno di aiuto per rimanere in piedi. Corrugò le sopracciglia perdendosi nei suoi pensieri. I suoi occhi scuri ora circondati da un mare verde brillante non facevano che aggiungersi al suo aspetto alieno. Uhura gli prese la mano, Spock la guardò e permise ad un triste sorriso di incurvargli le labbra.

 

“Spock, cosa è stato?” Chiese Kirk.

 

“Non lo so, una violenta esplosione di dolore.”

 

Prima di poter dare qualsiasi altra spiegazione le porte dell’ascensore si aprirono a rumori di caos. Grida di allarme era puntualizzati da vetri che si rompevano. Un lamento acuto si innalzò al di sopra dei rumori generali. Il grido straziante si ripetè quando i tre arrivarono all’entrata dell’Infermeria.

 

“Saavik!” Ruggì Bones. “Mettilo giù!”

 

Kirk si fermò immediatamente quando un contenitore di vetro volò fuori dall’Infermeria. Il vetro si frantumò contro il muro e il liquido cominciò a scavare un buco nella nave. Entrando nel dipartimento medico Kirk fu scioccato dalla distruzione che vi trovò.

 

Al di là del caos totale vi erano almeno sei uomini che erano stati pestati a sangue. Nel mezzo della tempesta vi erano Bones e Saavik, che si squadravano come cani pronti alla battaglia. McCoy aveva sangue cremisi che gli colava da un profondo taglio sulla tempia. La bocca e la gola di Saavik erano coperti dal sangue che le colava dal naso. Piuttosto che sembrare la vittima appariva come se avesse appena morso un altro Vulcaniano.

 

“Calma, Saavik.” Bones cercò di calmare la selvaggia Vulcaniana. “Stiamo cercando di aiutarti.”

 

Urlando in un terrificante miscuglio di dolore e rabbia tese i muscoli per lanciarsi su McCoy.

 

“Saavik.” Disse duramente Spock.

 

La voce si Spock ebbe un effetto immediato su di lei. Alzò la testa e lo fissò. Movendosi lentamente Spock le si avvicinò con una mano alzata per lei da prendere. Scoppiando in lacrime Saavik indietreggiò finché non si scontrò contro uno dei tavoli per gli esami. Ansimando pesantemente cadde in ginocchio coprendosi le orecchie con le mani.

 

Saavik urlò di nuovo premendosi le mani più forte sulle orecchie. Perdendo improvvisamente conoscenza cadde all’indietro in preda ad un attacco di convulsioni. Spock era l’unico abbastanza forte da poterla trattenere durante l’attacco, ma indebolito com’era ora ci riusciva a malapena.

 

McCoy accorse immediatamente e si inginocchiò di fianco a lei con una siringa. Gliela premette contro la gola d’avorio e quando la uso sibilò come un serpente arrabbiato. Saavik si svegliò e urlò prima di rilassarsi completamente. Anche se aveva gli occhi aperti era chiaro che non vedeva niente. Il sangue continuava a colarle dal naso mentre annaspava per l’aria come un pesce su un molo scottato dal sole. Esausto Spock la rilasciò e fu costretto a stendersi sul pavimento su un fianco.

 

“Bones?” Chiese Kirk. “Bones, cosa le hai dato?”

 

“Vulandin.”

 

“Come sapevi che avrebbe funzionato?”

 

“Non lo sapevo.” Ammise Bones. “Le avevo già iniettato talmente tanti sedativi da stendere uno di quei Ratti Giganti Vigeliani.”

 

“Che diavolo è successo?”

 

“Non lo so. È successo così in fretta.” Replicò Bones mentre sollevava Saavik e la stendeva su uno dei tavoli per gli esami. I monitor presero vita mostrandogli le cattive notizie. “Un secondo stava bene, il secondo dopo mi stava distruggendo l’Infermeria.”

 

“Starà bene?”

 

“In base a questi dati…no.”

 

“È successo qualcosa anche a Spock…” Kirk si guardò intorno. “Dov’è Spock?” E Uhura?”

 

“Vai a cercarlo, Jim, deve rimanere in Infermeria che lo voglia o no.”

 

Kirk annuì. Prima di andarsene si diresse all’interfono e chiamò il Ponte.

 

“Sì, Capitano?” Rispose Sulu.

 

“Signor Sulu, ci porti via di qui.” Ordinò Kirk.

 

“Per dove?”

 

“Non m’importa, metti della distanza fra noi e il buco nero di Vulcano.”

 

“Sì, Capitano.”

 

“Il buco nero di Vulcano?” Chiese Bones confuso.

 

“Sì, abbiamo fatto un leggero cambiamento di rotta per testare una teoria. Non penso sia una coincidenza che i due Vulcaniani a bordo siano quasi morti il momento in cui siamo arrivati.”

 

“Jim, questo è ridicolo. Non puoi onestamente credere che il buco nero abbia qualcosa a che fare con questo. Non ha senso in termini medici.”

 

“Neanche quello che sta succedendo.”

 

“Siamo già stati vicino al buco nero con Spock in precedenza…”

 

“Sì, prima che si ammalasse. Non mi affiderò alla fortuna, Bones, ce ne stiamo andando da qui.”

 

Bones annuì semplicemente e andò a stabilizzare Saavik al meglio. Kirk vagò per i corridoi e cercò di immaginare dove fossero andati Spock e Uhura. In principio pensò che fossero ritornati nei loro alloggi, ma poi ebbe un’altra idea. Non lontano dall’Infermeria c’era la piccola sala nella quale i due erano stati sposati.

 

Seguendo l’istinto Kirk si diresse verso quella saletta. Appena entrato vide i due esattamente dove pensava che li avrebbe trovati. Poteva vedere le loro sagome dinnanzi alla finestra strette in un abbraccio cercando conforto l’uno nell’altra. Avevano le braccia l’uno intorno alla vita dell’altra. Uhura teneva il viso nascosto nella maglia di Spock, ma Kirk poteva vedere dal modo in cui le sue spalle tremavano che stava piangendo.

 

Spock aveva una spalla appoggiata contro il vetro per aiutarsi a stare in piedi e stava fissando le linee create dalla Velocità di Curvatura. Kirk diede loro ancora qualche minuto prima di avvicinarsi a loro. Si fermò a qualche metro di distanza, sempre pensando che avrebbe dovuto tornare indietro e lasciarli da soli.

 

“Spock?”

 

Spock voltò lentamente la testa verso il Capitano. Kirk non riusciva a decidere cos’era più inquietante tra la tinta verde dei suoi occhi o la sconfitta che leggeva in essi. Spock semplicemente fissò Kirk, aspettando che parlasse. Ritrovandosi senza parole Kirk si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.

 

Mentre fissava il Capitano una lacrima di smeraldo scivolò giù per la guancia di Spock. Sentendosi la guancia umida Spock se la strofinò. Spargendosi il sangue sulla faccia Spock allontanò la mano fissando le macchie verdi su di essa. Tenendo Uhura ancora più stretta Spock guardò Kirk con espressione vuota.

 

“Jim…forse questo è il momento che io le insegni le risposte alle domande che mio figlio potrebbe avere.”

 

 

*Purtroppo traducendo si perde l’involontaria battuta di Kirk. La frase originale era: “What about the idea that there is no longer a Vulcan to retourn to causing this Pon Farr to go too…er…well ‘too far’?”

 

Ringrazio come sempre i miei fedeli lettori e poi tutti quelli che commentano spesso chiedendomi di aggiornare presto, mi fa piacere sapere che siete ansiosi di leggere i prossimi capitoli ^^.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


 

Capitolo 23

 

Uhura camminò silenziosamente al fianco di Spock mentre tornavano ai loro alloggi. Il Capitano aveva richiesto che Spock si recasse in Infermeria per poi restare lì. Quando Spock aveva rifiutato il Capitano era arrivato vicino al punto di renderlo un ordine. Rendendo chiari i suoi sentimenti Spock aveva annunciato che si sarebbe dimesso dalla Flotta Stellare per evitare ad ogni costo di essere confinato su un letto d’ospedale. Kirk aveva ceduto, ma solo perché sapeva di non poter vincere.

 

Spock si era fermato in Infermeria quel tanto che bastava per ripulirsi dal sangue che gli macchiava il viso e per controllare Saavik. La mezza Vulcaniana non stava bene ed anche da addormentata mugolava e lottava per ogni respiro. Non scappò all’attenzione di Uhura il modo in cui McCoy si aggirava sempre vicino a Saavik. Aveva persino ringhiato contro Chapel quando l’infermiera aveva provato a sistemare il profondo taglio alla tempia del dottore.

 

Per i corridoi Spock camminava a passo sostenuto, le mani dietro la schiena come se niente stesse succedendo. Il momento in cui la porta dei loro appartamenti si chiuse però, crollò su mani e ginocchia. Uhura si inginocchiò al suo fianco posandogli una mano tra le scapole. Quando lui la guardò per donarle un sorriso rassicurante Uhura non riuscì a nascondere il modo in cui indietreggiò dopo aver visto i suoi innaturali occhi verdi. Spock distolse rapidamente lo sguardo e mentre prendeva dei profondi respiri chiuse gli occhi.

 

“Spock…”

 

“Non preoccuparti, mi serve solo un momento.”

 

“Come posso non preoccuparmi?” Domandò Uhura. “Stai soffrendo.”

 

“Il dolore è un fatto mentale, la mente può essere controllata, pertanto anche il dolore può essere controllato.”

 

Per provarle ciò che aveva appena detto Spock si rimise in piedi. Anubis trotterellò verso la coppia e incominciò a camminargli fra le gambe. Ignorando il gatto Spock si prese qualche momento per ricomporsi e fece qualche esitante passo verso la stanza da letto. Anubis non gli facilitava di certo il compito zigzagandogli fra le gambe.

 

“Nyota, potresti per favore guidarmi verso il letto?”

 

“Perché tieni gli occhi chiusi?”

 

“Perché so che il loro colore ti disturba.”

 

“Sono solo spaventata di quello che significano. Per favore aprili.”

 

Spock esitò, ma alla fine annuì e riaprì gli occhi. Nyota gli mise una mano sotto la mascella e gli fece voltare il volto verso di lei. Fissò i suoi occhi insanguinati per cercare di provargli che li accettava e che lui non aveva bisogno di nasconderli. Spock si sporse per darle un bacio veloce.

 

“Hai un tale coraggio, Nyota.”

 

Nyota sorrise e appoggiò la fronte contro il suo petto per un momento. Più Spock restava in piedi più perdeva la capacità di vincere la battaglia interna che stava combattendo. Notando che stava per cadere di nuovo Nyota gli prese la mano e lo portò fino al letto. Spock vi si stese e tirò il polso di Nyota perché anche lei facesse lo stesso.

 

Nonostante la sua attuale debolezza le braccia di Spock le si strinsero attorno in un poderoso abbraccio. Nyota ridacchiò quando lui le accarezzò il collo dolcemente con la punta del naso. Si sentiva privilegiata del fatto che le permettesse di vedere questa parte di lui. Anche prima che si ammalasse quando si trovavano nella privacy dei loro alloggi Spock aveva sempre permesso a sé stesso di essere un po’ più umano. La rarità dei suoi sfoggi di affetto non faceva che renderli ancora più dolci.

 

“Spock?”

 

“Sì?”

 

“Cos’è che all’inizio ti ha spinto a fidarti di me?”

 

“Cosa vuoi dire?”

 

“Quando ci siamo incontrati per la prima volta eri così…”

 

“Vulcaniano?” Le suggerì Spock.

 

“Esatto. Cos’è che ti ha spinto a sfidare la fortuna con me con quell’inaspettato bacio?” Chiese Nyota. “Non era esattamente logico, in effetti come mio superiore all’Accademia avrebbe potuto crearti ogni genere di problemi se io avessi reagito diversamente. Avrei potuto farti cacciare dall’Accademia.”

 

“Sì, avresti potuto.” Annuì Spock. “Infatti per un momento ero certo che mi avresti condannato a quel destino.”

 

“Ero solo sorpresa, stavo provando duramente a resistere alla tentazione io stessa che quando mi hai baciata non sono riuscita a credere alla mia fortuna.” Sorrise Nyota. “Aspetta…hai letto la mia mente per sapere quale sarebbe stata la mia reazione?”

 

“No. Non entrerei mai nella mente di qualcuno senza permesso.”

 

“Allora perché lo hai fatto? Perché correre un rischio così illogico?”

 

“Perché sono per metà umano e per un istante non sono riuscito a controllare quella metà.”

 

“L’istinto umano è piuttosto potente, vero?” Ridacchiò Nyota.

 

“Ci combatto contro ogni giorno.”

 

Spock era stato serio, ma allo stesso tempo nella sua voce c’era stata una punta di allegria. Nyota lo colpì per gioco. Mettendoglisi a cavalcioni lo intrappolò in un profondo bacio. Un forte gusto metallico fece sì che Nyota si staccasse da Spock in allarme. Si strofinò le labbra con il dorso della mano e fissò il sangue verde che ora la ricopriva. Spock la guardò in preda all’orrore. Sangue gli colava dall’angolo della bocca.

 

“Nyota, mi dispiace così tanto.”

 

“Va tutto bene.” Disse dolcemente Nyota mentre si sporgeva per continuare il bacio insanguinato.

 

“No.” Spock voltò il viso.

 

“Non m’importa, davvero.”

 

“Ma a me sì.”

 

Sconfitta Nyota gli si tolse di dosso e si sedette sul bordo del letto. Spock si alzò e scomparve in bagno. Nyota chiuse gli occhi contro le lacrime mentre lo ascoltava vomitare. Pochi minuti dopo ritornò con la faccia lavata. Camminando con un’andatura instabile fino al letto vi si stese sulla schiena.

 

“Nyota?”

 

“Sono qui.”

 

“Posso chiederti un favore?” Le chiese Spock tranquillamente.

 

“Qualsiasi cosa.”

 

“Ci canteresti qualcosa?”

 

“Ci?”

 

Spock le pose dolcemente una mano sul ventre. Lei arrossì imbarazzata, era stata così concentrata sui suoi problemi che si era scordata del fatto che portava un’altra vita dentro di lei. Nyota mise la sua mano sopra quella di Spock e la premette forte contro il suo stomaco.

 

“Mi piacerebbe molto.” Rispose Nyota.

 

“Temo di essere troppo debole per poterti accompagnare con la lira.”

 

“Capisco.”

 

Sempre combattendo contro le lacrime Nyota cominciò a cantare una delle canzoni preferite da Spock. Lui non riusciva nemmeno a capire le parole dato che erano in Swahili, ma amava la melodia al di sopra di ogni cosa. Nyota non gli aveva mai detto che la canzone narrava la storia di un giovane uomo che andò a sacrificarsi ad un leone per salvare la sua famiglia per essere poi sconfitto dall’Orgoglio. Incapace di trovare il leone che aveva promesso di uccidere solo lui tornò al villaggio solo per scoprire che tutti quanti erano stati uccisi dagli affamati felini.

 

Era una storia triste, ma Spock questo non lo sapeva. Sapeva solo che la bellissima lingua in cui era cantata lo calmava. Mentre continuava a cantare Nyota guardò Spock lottare per rimanere sveglio. Quando la canzone finì era ormai profondamente addormentato. Lei finì la canzone anche quando il suo respiro rallentò visibilmente.

 

Quando finì Nyota gli accarezzò la guancia dolcemente con il dorso della mano. Quando Spock non si mosse capì che il sonno lo aveva ormai sconfitto. Era tardi, tuttavia, Nyota sapeva di non poter dormire in quel momento. Anubis saltò sul letto e andò ad acciambellarsi vicino a Spock facendo le fusa.

 

“Tienilo d’occhio per me, Anubis.” Sussurrò Nyota.

 

Anubis aprì gli occhi per metà e la guardò brevemente prima di avvicinarsi di più al Vulcaniano dormiente. Nyota si alzò e camminò avanti e indietro per un momento preda dell’indecisione. Prendendo un profondo respiro lasciò la stanza e si diresse in Infermeria.

 

La confusione creata da Saavik in precedenza era stata messa a posto. Quando faceva tardi il dipartimento medico era quasi deserto. Nyota vi entrò con cautela come se non avesse dovuto trovarsi lì. Sentì un familiare bip ad un ritmo che le fece capire che il monitor stava annunciando i dati di un Vulcaniano.

 

Facendosi strada verso il suono Nyota guardò attraverso la porta nella stanza privata. Saavik era distesa su un lettino ancora intrappolata in un sonno innaturale. Il Dr. McCoy aveva portato una sedia a fianco del letto per poterla controllare. Ad un certo punto la stanchezza aveva avuto la meglio su di lui. Aveva appoggiato la testa sulle braccia incrociate sulla sponda del letto e si era addormentato.

 

Dando un’occhiata all’armadietto delle medicine Nyota vi ci si avvicinò in punta di piedi per non svegliare il dottore. Trattenendo il fiato aprì l’armadietto. Lesse le etichette sulle boccette finché no trovò quella che stava cercando. Allungò la mano per prenderla, ma esitò al pensiero di rubarla per davvero. Tirando indietro le spalle per forzarsi a compiere il gesto prese la boccetta e chiuse l’armadietto. Fece cadere il suo premio in tasca e fece per uscire.

 

“Uhura?”

 

Nyota era appena arrivata alla porta della stanza quando la voce di un insonnolito McCoy la chiamò. Si girò per guardarlo e forzò un sorriso. Il dottore sembrò preoccupato e si alzò.

 

“Spock sta bene?” Chiese Bones.

 

“Sta dormendo in questo momento, ma prima stava sputando sangue.”

 

“È quel maledetto Vulandin, è veleno.” Ringhiò Bones. “Potrà anche permettergli di mantenere il controllo sulle sue emozioni, ma il prezzo da pagare è così alto.”

 

“E se…” Esitò Uhura. “E se smettesse di usarlo, giusto il tempo necessario per guadagnare un po’ di forza?”

 

“Gliel’ho già suggerito, penso che gli farebbe guadagnare un po’ di tempo.” Sospirò Bones. “Tuttavia, ha rifiutato.”

 

“Perché?”

 

“Perché è un testardo bastardo dalle orecchie a punta, con il sangue ver…” Bones si fermò improvvisamente. “Mi dispiace, Uhura. Penso che Spock abbia più paura di affrontare le sue emozioni che la morte.”

 

“E Saavik?” Chiese Uhura. “Starà bene?”

 

“Non posso esserne sicuro per il momento, ma sembra che qualsiasi cosa abbia Spock abbia raggiunto anche lei, solo in una forma molto più rapida di quella di Spock.” Bones guardò Saavik. “Ho provato ad aiutarla, lo giuro...era così sicura di essere salva.”

 

“Salva?”

 

“Non ci sono stati casi femminili, fin’ora.” McCoy sembrava stanco. “Ti serve che venga a dare un’occhiata a Spock?”

 

“No.” Nyota scosse la testa. “Sono solo venuta a vedere come stava Saavik.”

 

“È molto gentile da parte tua.”

 

“Ha salvato la vita di Spock.”

 

“Vero, spero di riuscire a ricambiare il favore.”

 

Uhura ebbe la sensazione che McCoy si sentisse in colpa per le condizioni di Saavik, ma non riusciva a capire cosa facesse pensare al dottore di esserne il responsabile. Bones tornò al letto di Saavik e studiò i dati che gli stava mostrando il monitor. Passandosi le mani fra i capelli emise un suono di pura frustrazione.

 

“Questi dati non hanno né capo né coda.” Ringhiò Bones a sé stesso. “Se c’è qualcosa di più infuriante di un mezzo Vulcaniano…è un mezzo Romulano.”

 

“Dottore?”

 

“Scusa…sto bene.” Bones sospirò. “Sto facendo tutto quello che posso per salvare tuo marito.”

 

“Lo so. Grazie.”

 

“Cerca di riposare un po’ Uhura, è importante per la tua salute e per quella del bambino.”

 

“Ci proverò.”

 

“Vedi di riuscirci, ordine del medico.”

 

Uhura sorrise e se ne andò. Sentì McCoy sospirare tristemente mentre se ne andava. Ritornò ai suoi alloggi camminando in fretta. Una volta entrata nella sua stanza diventò ancora più nervosa invece di rilassarsi. Agendo come una ladra diede un’occhiata all’interno della stanza a letto per vedere se Spock stava ancora dormendo.

 

Spock non era addormentato era completamente nel mondo dei sogni. Uhura camminò oltre il letto fino al bagno e si chiuse la porta alle spalle. Aprendo l’armadietto dietro lo specchio prese cautamente la piccola pistola/siringa piena del Vulandin che usava Spock. Prendendo la fiala di Vulandin versò tutto il liquido blu che conteneva nel lavandino. Presa la bottiglietta che aveva rubato dall’Infermeria la usò per rimpiazzare il liquido con uno dello stesso colore blu. Rimise a posto la siringa e chiuse l’armadietto.

 

“Mi dispiace Spock…non posso restare a guardarti morire.”

 

 

Scusate se aggiorno così tardi ma sono appena tornata a casa dalla festa di laurea di mio fratello. Ancora grazie a tutti^^

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

 

“Dr. McCoy?”

 

Bones si svegliò di soprassalto e rimpianse immediatamente di averlo fatto. Ogni singola parte del suo corpo era dolorante e il taglio alla tempia pulsava dolorosamente. Forzò un occhio ad aprirsi e fissò l’infermiera Chapel che lo stava a sua volta fissando con uno sguardo preoccupato. Chiudendo di nuovo gli occhi si grattò l’orecchio, sobbalzando quando sentì la finta punta ancora attaccata. Prendendosi un momento per ricomporsi McCoy realizzò di essere disteso sul pavimento.

 

“Sta bene, Dottore?”

 

“Sto bene, Infermiera.” Replicò Bones mettendosi a sedere. “Ho soltanto avuto una nottataccia.”

 

“Forse dovrebbe chiedere al Dr. Niffon di sostituirla per questo turno.”

 

“No, sto bene.” Bones scosse la testa per schiarirsela.

 

Bones rifiutò la mano di Chapel per alzarsi. Non ricordava nemmeno di essersi addormentato. L’ultima cosa che ricordava era di aver parlato con Uhura, ma non era sicuro che fosse realmente accaduto invece di essere un sogno piuttosto nitido. Una volta in piedi guardò i dati di Saavik. La mezza Vulcaniana era ancora intrappolata nel sonno.

 

“Infermiera, come sono questi dati in confronto a quello che lei sa di un normale Vulcaniano? Sembrano alti se paragonati a quelli di Spock.”

 

“Per un normale Vulcaniano non sono molto alti, per un normale Romulano sono terribili.”

 

“Davvero?”

 

“Romulus non è così arido come lo era Vulcano, i loro segni vitali non sono così estremi come quelli dei Vulcaniani.”

 

“Mi domando se ha qualcosa a che fare con la sua improvvisa e violenta reazione.”

 

“Forse, Dottore.” Annuì Chapel.

 

“Bene, grazie, Infermiera. Sono in stato di emergenza, qualsiasi cosa al di sotto di un’arteria recisa o della Rabbia Airgoliana dovrà essere passata ad un altro dottore.”

 

“Sì, Dottore.”

 

Chapel guardò un’ultima volta Saavik con espressione preoccupata prima di andarsene. McCoy percepiva la sua preoccupazione, la mezza Vulcaniana sembrava più che mezza morta. Camminò fino ad arrivare al fianco del letto e lei incominciò a lottare per tornare cosciente. Per un momento lottò contro i lacci che erano stati utilizzati per precauzione. Tuttavia alla fine non fece altro che piagnucolare come un bambino intrappolato in un incubo.

 

“Mi dispiace, Saavik…se avessi saputo.”

 

Bones le spostò una ciocca di capelli dal viso. Saavik reagì bene al contatto e anche se stava ancora annaspando per respirare continuò con il suo leggero pianto. Cercando di esserle di conforto Bones le accarezzò la tempia.

 

‘Lasciami andare! Devo provare!’

 

McCoy boccheggiò e tolse immediatamente la mano dalla tempia di Saavik, giurando di aver sentito una voce nella sua mente. Dopo qualche attimo di esitazione provò a toccarla di nuovo per vedere se sarebbe successo di nuovo. Questa volta non successe niente. McCoy sospirò pesantemente e scosse tristemente la testa.

 

“Bones?”

 

“Jim…” replicò Bones sobbalzando “mi hai spaventato.”

 

“Scusa.” Kirk si mise dall’altra parte del letto. “Come sta?”

 

“Onestamente, non lo so.” Ammise McCoy. “Di certo non sta per svegliarsi, e non so se devo darle più Vulandin oppure no.”

 

“E siamo sicuri che ha la stessa cosa di Spock?”

 

“No…non sono sicuro. Per questo non voglio rischiare di darle altro Vulandin.”

 

“C’è niente che posso fare?” Chiese Kirk sentendosi impotente come l’amico.

 

“Niente che tu non stia già facendo.”

 

“Okay.”

 

“Dove stiamo andando?” Chiese Bones con scarso interesse.

 

“In questo momento, stiamo andando verso Ciris.”

 

“Perché proprio Ciris?”

 

“Per nessun motivo. Sto solo cercando di portarci il più lontano possibile da Vulcano.”

 

“Non possiamo scappare per sempre.”

 

“Ogni tanto guadagnare un po’ di tempo è la cosa migliore da fare.” Kirk scrollò le spalle.

 

McCoy roteò gli occhi e cacciò il Capitano dall’Infermeria. Tornando da Saavik camminò avanti e indietro per un po’. Prima che riuscisse a prendere una qualsiasi decisione riguardo a cosa fare Saavik emise un gemito malaticcio. Voltandosi verso di lei McCoy vide che erano ricominciate le perdite di sangue dal naso e che lei stava rischiando di soffocare nel suo stesso sangue.

 

Affrettandosi presso di lei le voltò il viso di lato così che il sangue finisse sul letto invece che in gola. Capendo di non avere altra scelta McCoy le iniettò un’altra dose di Vulandin. Prendendo un panno le tolse attentamente il sangue dalla faccia. Senza più nessuna indecisione McCoy premette il tasto dell’interfono.

 

“Qui Spock.”

 

“Spock, McCoy…ho bisogno di vederti in Infermeria.”

 

“Dottore,” sibilò Spock “le ho già detto chiaramente come la penso a riguardo.”

 

“Non è per te, ma per Saavik. Ho bisogno di parlare con te.”

 

“Molto bene.”

 

McCoy non dovette attendere a lungo per Spock. Vi era un visibile cambiamento in Spock. I suoi occhi che in precedenza avevano assunto uno scioccante colore verde erano ancora più verdi. La sua andatura possedeva più forza, a differenza del giorno prima quando era dolorosamente ovvio della sua necessità di pianificare ogni singolo passo.

 

Arrivato nella piccola stanza privata Spock si fermò di colpo come se avesse sbattuto contro un campo di forza. Chiudendo gli occhi prese diversi profondi respiri attraverso il naso. McCoy gli si avvicinò allarmato quando gli occhi di Spock si aprirono rivelando la loro totale assenza di bianco in essi. Sembrava che avesse appena inalato una potente droga.

 

“Spock?”

 

“Cosa?”

 

Bones fu leggermente scioccato dal tono tagliente della voce di Spock. Si era ripreso dalla trance nella quale era caduto e stava ora fissando McCoy con uno sguardo feroce. Sentendosi sempre più a disagio Bones si allontanò di qualche passo dall’amico. Gli occhi di Spock seguirono ogni suo movimento, ma lui non disse nulla.

 

“Come ti senti?”

 

“Pensavo che non volesse parlare di me.” Ringhiò Spock.

 

“No infatti.” Bones toccò un tasto alle sue spalle e bloccò l’entrata della stanza con un campo di forza per avere un po’ di privacy. “Qualche giorno fa Saavik è entrata nel Pon Farr.”

 

“Lo so…puzza di esso.” Replicò Spock disgustato. “Avrebbe dovuto avvisarmi.”

 

“Non lo sapeva.”

 

“Non sia sciocco, Dottore. Le date in cui entriamo nel Pon Farr sono scolpite nella nostra mente. Non è qualcosa che un Vulcaniano, anche un mezzo Vulcaniano, dimentica.”

 

“Spock…sei sicuro di stare bene?”

 

“Dottore, la prego arrivi al dunque.”

 

“Va bene, hai ragione, anche un mezzo Vulcaniano sa quando arriverà il suo Pon Farr, e da quanto mi ha detto Saavik il suo non sarebbe dovuto arrivare per altri due anni.”

 

“Impossibile.”

 

“Questo è quello che pensava anche lei. Abbiamo ipotizzato che forse lavorare a stretto contatto con così tanti maschi in preda al Pon Farr abbia influenzato il suo sistema, accelerando il suo Pon Farr.”

 

“È una valida teoria.” Annuì Spock. “In ogni caso morirà senza un compagno dato che le ha permesso di raggiungere uno stadio in cui la meditazione non è più possibile. Potrebbe essere persino troppo tardi per lei.”

 

“È di questo che ti volevo parlare. Lei mi ha parlato del suo problema cinque giorni fa…”

 

“Dottore, devo forse intendere che è stata forzata a prendere lei come compagno?” Sibilò Spock. “Come ha osato…”

 

“No, no, non è così.” Disse velocemente Bones. “Me lo ha chiesto, ma non volevo approfittare così della sua situazione. Abbiamo entrambi concordato di provare a trattare il suo Pon Farr con la medicina. Stava lavorando su una droga chiamata Vulcine. Originariamente è stata creata per ridurre i sintomi del Pon Farr. Ne ho rubata una fiala mentre eravamo su Natala. Quindi abbiamo provato con quella all’inizio, sembrava che stesse funzionando…finché non è successo questo. Devo sapere se i suoi sintomi possono essere completamente spiegati dal Pon Farr o se pensi che la droga posso aver cau…”

 

“Non l’ha aiutata?” Chiese improvvisamente Spock. “L’ha lasciata a morire per la sua stupida morale umana riguardo al sesso? Che razza di dottore è lei?”

 

“Whoa, aspetta un attimo un minuto fa era arrabbiato con me perché pensavi che io avessi…aspetta…Spock hai preso la tua dose di Vulandin questa mattina?”

 

“Non cambi discorso!”

 

“Non sono sicuro di averlo fatto.”

 

“Dotto…”

 

“Spock, hai preso il Vulandin?” Ripeté Bones.

 

“Sì!” Ruggì Spock. “Certo che l’ho preso!”

 

“Allora perché ti stai comportando così?”

 

“Io…io non lo so…”

 

Spock si guardò intorno freneticamente, come se stesse cercando una via d’uscita. Quando vide lo scuro campo di forza davanti alla porta si tese come se avesse appena notato di essere senza via di scampo. Bones lanciò un’occhiata all’interfono e realizzò che avrebbe dovuto oltrepassare Spock per poterlo raggiungere. Spock stava diventando sempre più agitato man mano che passavano i secondi. Bones cercò di rimanere immobile per non infastidire ancora di più Spock. Temeva che alla minima provocazione Spock sarebbe stato accecato da una furia simile a quella che aveva fatto finire Uhura in Infermeria.

 

“Spock, sono tuo amico. Lo sai, vero?” Chiese gentilmente Bones.

 

“Sì.” Rispose vagamente Spock.

 

“Allora sai che voglio solo aiutarti.”

 

“Saavik…”

 

“Non preoccuparti di lei adesso, starà bene. Fidati di me.”

 

“Mi fido.”

 

“Per favore, stenditi.”

 

Bones trattenne il fiato mentre aspettava la reazione di Spock. Una volta che Spock ebbe realizzato che stava di nuovo perdendo il controllo delle sue emozioni si ritirò in sé stesso. Nei suoi occhi che fissavano il nulla era chiara la paura. Bones notò il tremito che scuoteva la sua altrimenti immobile postura. Anche se stava immobile era chiaro che una potente battaglia stava imperversando dentro di lui.

 

“Spock, stenditi.” Ripeté Bones. “È un ordine.”

 

“No…no. No! Tu ci stai facendo questo, tu ci stai uccidendo!” Lo accusò Spock balzando all’indietro. “Tu hai sempre odiato i Vulcaniani.”

 

“No…beh, qualche volta, ma sono altrettanto disgustato dagli umani.” Ammise liberamente Bones. “Spock, o c’è qualcosa che non va con il tuo Vulandin o tu stai incominciando a resistergli.”

 

“Vuoi che ne prenda di più per uccidermi,” insistette Spock “un’overdose…la perfetta arma per un delitto.”

 

“Spock, stai diventando paranoico e stai avendo delle allucinazioni. Qualsiasi cosa tu abbia sta peggiorando di secondo in secondo.”

 

“No…” Spock indietreggiò fino a scontrarsi con il letto di Saavik. “Stai lontano da me!”

 

“Hai bisogno di più Vulandin.”

 

“No…” Spock scosse la testa come un bambino testardo. “No, mi sta uccidendo.”

 

“Lo so…”

 

Bones aveva scelto le parole sbagliate. Poté vedere il suo errore negli occhi di Spock il momento in cui ammise che la droga lo stava uccidendo. La paura di Spock si trasformò immediatamente in desiderio di vendetta. McCoy ebbe il tempo di fare solo un passo indietro prima che Spock gli si avventasse contro. Con la maggior parte della sua forza ripristinata Spock prese Bones per la gola con una sola mano e lo sollevò da terra.

 

Artigliando la mano che lo teneva intrappolato Bones boccheggiò per respirare. Incapace di respirare bene non poteva chiamare aiuto. Con gli occhi pieni di intento omicida Spock usò la sua presa sul dottore per sbatterlo contro il muro. Temendo di svenire da un momento all’altro McCoy abbandonò l’intento di liberarsi dalla presa di Spock e pose le sue mani sul petto del Vulcaniano.

 

Bones spinse debolmente contro il petto di Spock mentre la vista incominciava ad oscurarglisi. Sapeva di non avere la forza per poter smuovere il suo amico. Tuttavia sperava che l’atto disperato avrebbe mostrato a Spock che stava uccidendo il suo amico. Il piano non funzionò. Spock strinse gli occhi e incrementò la forza della sua presa.

 

Sollevato da terra Bones calciò il muro contro il quale era stato sbattuto. Incominciando ad avere le vertigine per la mancanza d’aria gli occhi di McCoy rotearono all’indietro sino a diventare bianchi. Sul punto di svenire Bones fu improvvisamente lasciato cadere a terra.

 

Prendendo un profondo respiro Bones alzò lo sguardo per vedere chi lo aveva salvato. Spock era crollato sulle ginocchia quando Saavik aveva posto la mano nel punto in cui la spalla e il collo di Spock si incontravano. I suoi polsi erano striati di verde dove aveva lottato per liberarsi dai lacci che la tenevano legata al letto.

 

Spock era stato distratto dalla sua preda, ma Saavik non era riuscita a renderlo completamente incosciente. La guardò con uno sguardo feroce da sopra la spalla e scoprì i denti. Ignorandola Spock si lanciò di nuovo contro Bones. McCoy si affrettò ad indietreggiare fino ad arrivare al muro. Spock si preparò a colpirlo con una forza tale da frantumare le ossa ma Saavik gli bloccò il polso fermando il suo attacco.

 

“Rilasciami, donna!”

 

“Non sei in te,” replicò Saavik con calma “guarda ciò che stai facendo.”

 

“Sta cercando di uccidermi!” Ringhiò Spock.

 

“No, lui è tuo amico. Altrettanto importante: è un compagno Ufficiale della Flotta Stellare.”

 

Spock liberò il polso dalla presa di Saavik e cercò di colpirla. Lei arretrò leggermente con un comportamento di sottomissione. Spock si fermò e la guardò con indecisione. Saavik continuò a fissarlo e Bones per un momento credette che fosse riuscita a risolvere la situazione.

 

Mentre Spock cercava di riprendere il controllo i suoi occhi si muovevano freneticamente. Bones si rialzò lentamente e cominciò ad avvicinarsi al bancone sul quale vi erano varie siringhe. Saavik guardò Bones e con la testa gli fece cenno di ‘no’. Catturando il movimento del dottore con la coda dell’occhio Spock si eresse in tutta la sua altezza e colpì Saavik abbastanza forte da farla finire sul pavimento.

 

“Saavik!” Gridò Bones.

 

Spock si voltò e colpì ciecamente McCoy. Riuscendo a malapena a sfuggire all’attacco di Spock Bones afferrò la siringa più vicina. Quando Spock gli si lanciò di nuovo contro lo fece con dissennato abbandono. Alzò il pugno destro sopra la testa con l’intento di scagliare un colpo fatale.

 

Senza nessun’altra opzione Bones brandì la siringa come un pugnale e la impiantò nel petto di Spock. Spock gridò di dolore e indietreggiò. Tappandosi le orecchie con le mani strillò come se Bones lo avesse appena sottoposto alla sedia elettrica invece che ad una semplice iniezione.

 

McCoy si maledì per aver attivato il campo di forza che impediva a qualsiasi suono di lasciare quella stanza. Aveva sperato che l’iniezione avrebbe steso Spock, ma servì solo ad accrescere la sua insana frenesia. Tuttavia Spock non aveva più alcun interesse in Bones, il suo unico desiderio era fuggire.

 

Prima che Bones potesse iniettare qualcos’altro nel sangue ribollente di Spock, il Vulcaniano era già al campo di forza. Gli ci vollero solo pochi secondi per far abbassare la barriera con il suo codice di annullamento. Lasciò l’Infermeria ad una velocità sorprendente. Bones corse fino al muro e premette il pulsante di allarme rosso per l’intera nave con tutta la forza che aveva.

 

“Bones!” Gridò Jim attraverso l’interfono. “Che diavolo sta succedendo?”

 

“Spock è in fuga ed è pericoloso.”

 

“In fuga? Ma se ieri riusciva a malapena a stare in piedi.”

 

“Le cose sono cambiate, vieni qua giù.”

 

“Arrivo.”

 

McCoy sentì il Capitano chiamare la Sicurezza poco prima di chiudere l’interfono. Bones guardò la siringa che aveva preso ed iniettato a Spock e cominciò ad imprecare. Lasciando la siringa si inginocchiò al fianco di Saavik che era ancora distesa per terra. La sollevò cautamente e la rimise a letto. Bones ispezionò attentamente il livido verde che Spock le aveva lasciato sulla guancia.

 

“Saavik? Dannazione…”

 

Bones le sollevò una palpebra e fu salutato da uno sguardo cieco e vitreo. Terrificato dall’idea che stesse morendo Bones le premette due dita sulla gola. Scoprì che le sue pulsazioni erano forti. McCoy si lasciò sfuggire un lieve sospiro di sollievo. Era svenuta, ma stava ancora respirando. Le accarezzò i capelli aspettando che si svegliasse.

 

“Bones.” Kirk entrò respirando pesantemente per la corsa che aveva fatto per arrivare in Infermeria. “Saavik…”

 

“Starà bene.” Assicurò Bones. “Jim, hanno trovato Spock?”

 

“No. Conosce questa nave bene come chiunque altro e sa esattamente dove lo cercheranno per primo gli uomini della sicurezza.”

 

“Non credo che sia abbastanza sano di mente da poter usare tutta la sua astuzia. È impazzito, e penso di aver peggiorato le cose.”

 

“Come?”

 

“Volevo iniettargli del Vulandin, ma ho preso la Vulcine invece.”

 

“Cos’è la Vulcine?”

 

“Qualcosa a cui non ha risposto bene l’ultima volta che qualcuno gliel’ha iniettata nel san…”

 

Bones fu interrotto dall’improvvisa scossa che fece tremare tutta la stanza mentre la nave vibrava e strideva violentemente. Kirk cadde a terra. McCoy si era aggrappato alla sponda del letto di Saavik per rimanere in piedi ed impedire a lei di collassare sul pavimento. Sei diversi allarmi cominciarono a suonare per la nave. Bones aiutò Kirk a rialzarsi.

 

“Capitano!” Gridò la voce di Scotty nell’interfono.

 

“Scotty, che diavolo sta facendo?” Domandò Kirk.

 

“Non sono io, Signore. Qualcuno ha preso il controllo della nave con i comandi ausiliari e ha invertito la rotta senza pensare di fermarsi prima.”

 

“Spock.” Disse Bones inutilmente.

 

“Danni?”

 

“Molti, Signore.” Replicò Scotty. “Tuttavia, i danni non sono la cosa peggiore. I motori a Curvatura sono al massimo della potenza e gridano come delle Banshee. Capitano, i motori non sono pensati per andare così veloci per molto tempo.”

 

“Allora li spenga.”

 

“Non posso, Signore. I controlli ausiliari hanno bloccato tutto…tutti i codici d’accesso sono stati cambiati. Forse potrei bypassare…”

 

“Lo faccia.” Ordinò Kirk senza ascoltare il resto della spiegazione. “Bones, quanto è pericoloso Spock in questo momento?”

 

“Hai bisogno di chiedermelo? Sta cercando di ammazzarci tutti.”

 

“In effetti.” Kirk annuì e tornò all’interfono. “Sulu.”

 

“Qui, Signore.”

 

“Può dirmi dove siamo diretti?”

 

“La rotta è stata invertita completamente, Capitano.” Lo infornò Sulu.

 

“Al buco nero di Vulcano…” Ringhiò Kirk.

 

“No…” Protestò debolmente Saavik. “Non al buco nero…dentro di esso.”

 

“Saavik, resta immobile.”

 

Bones le mise le mani sulle spalle per farla rimanere distesa. Lei aprì gli occhi e si guardò attorno, completamente disorientata. McCoy le mise una mano fra i capelli per impedirle di muovere la testa avanti e indietro aggravando la sua probabile commozione cerebrale. Saavik guardò Bones con paura e panico che le luccicavano begli occhi.

 

“Capitano.” Chiamò Saavik.

 

“Sono qui. Cosa stavi dicendo?”

 

“L’intenzione di Spock è di guidare l’Enterprise nel cuore del buco nero di Vulcano.”

 

“Come fai a saperlo?” Chiese Bones.

 

“Perché è il suo unico pensiero…un pensiero così intenso che posso sentirlo da qui.”

 

 

 

Eccoci qua! Adoro questo capitolo e mi è piaciuto un sacco tradurlo, spero che vi piaccia almeno quanto piace a me^^ Grazie mille per i vostri commenti, siete fantastici!

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

 

“Quanto tempo abbiamo?” Chiese Kirk.

 

“A questa velocità?” Scotty pensò qualche momento ai calcoli. “Un’ora, un’ora e mezza.”

 

“Cosa?” Domandò Bones. “È da più di un giorno che ci stiamo allontanando dal buco nero!”

 

“Sì, Dottore, ad una normale velocità, non stiamo andando ad una normale velocità in questo momento.” Replicò Scotty. “In più non la puoi semplicemente fermare a questo punto, c’è da considerare inoltre che il buco nero ci accelererà nel momento in cui saremo presi nella sua forza gravitazionale. Più ci avvicineremo e più andremo veloci. Anche se c’è una buona probabilità che i motori esplodano prima di arrivare a destinazione.”

 

“Abbiamo anche bisogno di tempo per accedere ai codici che Spock ha cambiato.” Disse Kirk.

 

“Ancora non capisco perché il tuo codice non può annullare tutto questo, Jim.”

 

“Perché Spock è più intelligente di così.”

 

“Questo è ridicolo.” Borbottò Bones. “Non posso credere che non sia mai stato fatto niente per salvaguardare la nave nel caso Spock avesse deciso di prenderne il controllo!”

 

“Bones, è di Spock che stiamo parlando.”

 

“Allora?”

 

“Ha visto talmente tante volte nella mia mente che conosce tutti i miei codici di annullamento, e sa come cambiarli. Non è una caratteristica che hanno tutti i Primi Ufficiali della Flotta, non c’era modo, né ragione, di proteggersi da lui.”

 

“Nessuna ragione?” Domandò Bones. “La ragione è dietro quella porta e ci sta portando velocemente verso morte certa!”

 

“Garantito.”

 

“Quindi che facciamo?”

 

“Scotty puoi aprire una via attraverso questa porta?”

 

“Sì, Signore, ma ci vorrebbe troppo tempo.” Sospirò Scotty.

 

“Bene, allora ci rimane solo un’opzione.” Kirk batté le mani. “Scotty, teletrasportaci là dentro.”

 

“Capitano, teletrasportarsi da dentro la nave per andare dentro la nave è…rischioso. Particolarmente mentre siamo a Velocità di Curvatura. Un leggero errore di calcolo e finirete dentro un muro, un altro errore di calcolo e mancherete totalmente la nave.”

 

“Scotty, ci hai teletrasportati da un pianeta ghiacciato dentro l’Enterprise mentre era a  Curvatura…puoi farlo.”

 

“Si ricorda la parte della storia dove sono quasi affogato nel sistema di raffreddamento, vero?” Chiese Scotty.

 

“Lo faremo.”

 

“Va bene, Signore, se insiste.”

 

“Insisto. Forza, Bones.”

 

“Grande.” Sospirò Bones.

 

Voltarono le spalle alla porta che portava alla sala dei controlli ausiliari e si diressero alla sala teletrasporto. Una volta arrivati Scotty incominciò ad eseguire i calcoli che avrebbero portato Kirk e McCoy interi nella sala di controllo. Kirk si armò con un phaser impostato su ‘stordimento’. McCoy aveva con sé una siringa di Vulandin anche se non era molto sicuro che sarebbe servita a qualcosa.

 

“Veloce, Scotty.” Ordinò Kirk mettendosi su uno dei piedistalli del teletrasporto con McCoy subito dietro di lui.

 

“Sto andando più veloce che posso, se vuole avere subito i calcoli li chieda al Signor Spock.”

 

“Allora teletrasportaci là dentro e glieli chiederò.”

 

Trascorsi un altro po’ di minuti Scotty digitò l’ultima equazione nel trasportatore. A Kirk sembrava illogico che un dispositivo che poteva farli apparire sulla superficie di un pianeta senza problemi potesse avere così tanti problemi per una distanza di qualche metro. Tuttavia, ogni volta che chiedeva spiegazioni a Scotty il Capo Ingegnere si lanciava in un appassionato discorso di cui non riusciva a capire una sola parola.

 

“D’accordo, Capitano.” Annunciò Scotty. “Siamo pronti.”

 

“Ener…”

 

“Capitano!” Chiamò Uhura entrando di corsa nella sala teletrasporto.

 

“Uhura, la nave è in allarme rosso devi essere alla tua postazione.”

 

“Capitano, per favore. Posso parlargli…”

 

“Nyota,” disse Kirk gentilmente “non si può parlare con Spock in questo momento. Mi dispiace.”

 

“È colpa mia.”

 

“Non è col…”

 

“Ho cambiato il Vulandin di Spock con il Teresosol.”

 

“Cosa? Cos’è il Teresosol?”

 

“Un blando sedativo,” rispose Bones “completamente inutile con i Vulcaniani, non ha effetto.”

 

“Uhura, cosa stavi pensando?” Chiese Kirk.

 

“Stavo pensando al fatto che il Vulandin lo sta uccidendo.” Disse Uhura sulla difensiva. “Mi dispiace, non pensavo che il cambiamento sarebbe stato così repentino.”

 

“Non ha importanza ora. Avanti, Bones, dobbiamo fermare lui e questa nave. Scotty, energia.”

 

Il breve teletrasporto fu incredibilmente brusco. Kirk fu colpito da un’improvvisa e potente vertigine che lo fece cadere su mani e ginocchia. Il piano era di essere pronti a fermare Spock nel momento in cui si trovavano nella sala controlli così da non dargli l’opportunità di attaccare. Il piano era stato completamente rovinato. Kirk si aspettava che l’infuriato Vulcaniano lo colpisse mentre si trovava ancora a terra, ma non successe niente.

 

“Ricordami di non farlo mai più.” Gemette Bones.

 

Kirk lottò per rimettersi in piedi e poi aiutò McCoy a rialzarsi. Una volta in piedi gli occhi del dottore si allargarono per lo shock. Stava fissando oltre la spalla di Kirk con la bocca leggermente aperta. Kirk si voltò e istintivamente fece un passo indietro dalla scena davanti ai suoi occhi. Il pannello di vetro davanti a lui era coperto da strisce di sangue verde.

 

All’inizio tutto quello che Kirk riuscì a vedere fu un caos di linee verdi, ma superato lo shock iniziale realizzò che quello che vedeva voleva dire qualcosa. Era una vasta formula matematica o un’equazione di qualche genere. Era stata scarabocchiata in fretta nello stesso modo in cui il Vulcaniano su Natala disegnava sulle pareti della sue cella. I simboli e i numeri utilizzati ricordavano a Kirk le interminabili lezioni di fisica all’Accademia. Desiderò all’improvviso di aver prestato più attenzione a quelle classi. Vicino alla base del pannello che andava dal pavimento al soffitto i numeri erano sbavati in un’illeggibile striscia di sangue.

 

“Cos’è?”

 

“O è il delirio di un pazzo, o pura genialità.” Replicò McCoy. “È difficile dire quale delle due.”

 

“Immagino che sia sempre così.”

 

“Allora dov’è l’autore?” Chiese nervosamente Bones.

 

“Deve essere qui da qualche parte.” Kirk si guardò intorno e notò che era pieno di luoghi in cui nascondersi. “Ascolta…l’hai sentito?”

 

“Di qua.”

 

McCoy gli fece segno con la testa verso l’angolo sinistro della stanza. Vi era un ampio tavolo pieno di controlli con un solido pannello che bloccava la vista di ciò che c’era sotto. Da dietro la solida struttura proveniva il suono di un tranquillo pianto da spezzare il cuore. Phaser in mano Kirk fece rimanere McCoy un po’ indietro mentre lui si avvicinava alla fonte del suono.

 

Un’invisibile mano strinse il cuore di Kirk in una morsa quando girò intorno al tavolo. Abbassò automaticamente il phaser. Spock era accasciato in un angolino del tavolo. Aveva le ginocchia ripiegate sul petto e la testa seppellita fra le braccia incrociate. Senza fiato per le emozioni il Vulcaniano tremava e piangeva tranquillamente fra sé. Kirk non aveva mai visto nessuno così perso e solo. Kirk sentì McCoy che gli si fermava a fianco, e dal triste sospiro del dottore capì che Bones stava pensando esattamente quello che stava pensando lui.

 

“Spock…”

 

Spock sobbalzò violentemente quando Kirk chiamò il suo nome. Alzando di scatto la testa la sbatté contro il tavolo. Con i suoi occhi verdi spalancati per il terrore si premette ancora di più contro il fianco del tavolo. Tremando guardò Kirk come se stesse guardando il suo assassino. Kirk realizzò che il suo stesso cuore stava battendo sempre più veloce. Gli sembrava di aver ingoiato un anguilla viva che ora si contorceva nel suo stomaco, mordendolo. Indietreggiando di un passo si scontrò contro McCoy che gli mise una mano sulla spalla.

 

“Le sue emozioni ci stanno influenzando, Jim. Le sta proiettando nelle nostre menti.”

 

“L’ho notato.”

 

“Lo so che non vuoi, ma penso che sia meglio per tutti se lo stordisci.”

 

“Hai ragione su entrambe le cose.”

 

Prendendo un profondo respiro per cercare di calmarsi Kirk alzò il phaser un’altra volta. Lacrime macchiate con sangue scivolarono lungo il viso di Spock mentre guardava il Capitano puntargli contro la sua arma. Voltando la faccia Spock serrò gli occhi e fece una smorfia in anticipazione del doloroso colpo. Kirk era pronto a sparare, ma non riusciva a premere il contatto per attivare l’arma. Combattendo contro sé stesso il panico aumentò.

 

“Non posso.” Disse Kirk ansimando.

 

“Jim, non abbiamo più tempo.”

 

“Lo so, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno del suo aiuto per sistemare la faccenda.”

 

Kirk mise il suo phaser nella fondina. Si avvicinò e si chinò fino ad arrivare al livello di Spock. Spock cercava di rendersi il più piccolo possibile accoccolandosi con gli occhi ancora chiusi. Kirk si arrischiò a toccargli una spalla. Spock fendette l’aria con urlo terrificante. Kirk sentì una gelida pugnalata di paura corrergli su per il braccio fino al petto.

 

“Stammi lontano!” Gemé Spock.

 

“Spock, non ti farò del male.” Disse dolcemente Kirk. “Tuttavia, ho bisogno dei codici per riprendere il controllo della nave.”

 

“Stai indietro!”

 

“Spo…”

 

“Tu…tu sei Vulcaniano,” Spock guardò Bones e le sue finte orecchie appuntite “tu capisci, devi capire. Dovevo provare. Voglio solo che smetta…”

 

“Cosa vuoi che smetta?” Chiese Kirk.

 

“Cosa vuoi che smetta?” Ripeté Spock mentre i suoi occhi si facevano vuoti.

 

“Spock?”

 

“Spock?”

 

“Cosa stai facendo?”

 

“Cosa stai facendo?” Ripeté Spock come un pappagallo.

 

“Bones…che ne dici?” Kirk guardò McCoy.

 

“Bones...” Spock ripeté perfettamente pure la pausa “che ne dici?”

 

“Si chiama ecolalia.” Rispose Bones. “È comune in disordini psicopatici.”

 

“Si chiama ecolalia.” Ripeté vagamente Spock. “È comune in disordini psicopa…”

 

“Spock, smettila.” Ordinò Kirk.

 

“Smetterla? No…non posso. Non posso farlo smettere.” Sussurrò Spock. “Avviene ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e anco…”

 

“Jim,” disse Bones mentre Spock continuava la sua cantilena “è andato.”

 

“…ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e…”

 

“Va bene, dagli tutto il Vulandin che ritieni necessario.”

 

“…e ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora…”

 

Bones fece un cauto passo avanti, tenendo la siringa nascosta dietro la schiena. Kirk si tolse di mezzo lentamente e alzò di nuovo il phaser in caso di bisogno. Spock non li notò, continuò con la sua monotona cantilena mentre incominciava a dondolarsi avanti e indietro a tempo con le sue parole. Prendendo un profondo respiro Bones colpì con la velocità di un serpente e gli iniettò la droga.

 

Spock inarcò la schiena con un urlo d’agonia. Bones e Jim indietreggiarono, temendo che Spock stesse per entrare di nuovo nello stadio di pura rabbia. Lontano dal fare qualsiasi mossa d’attacco Spock cadde sul fianco prima di rotolare per mettersi su mani e ginocchia. Kirk e McCoy guardarono impotenti quando Spock incominciò a vomitare violentemente.

 

“Mio Dio, Jim…l’ho ucciso.”

 

“Non ancora, dagli un minuto.”

 

“Non ce l’abbiamo un minuto. Se non possiamo aprire quella porta e far entrare qualcuno che sa cosa fare moriremo tutti.”

 

“Non mi dispiacerebbe un po’ di ottimismo.”

 

“L’ho finito.”

 

Kirk lanciò a McCoy uno sguardo irritato prima di rivolgere la sua attenzione su Spock. Sembrava che stesse riuscendo a vincere la battaglia contro il suo stomaco. Dopo qualche profondo respiro Spock scosse la testa per schiarirsela. Venendo fuori a carponi da sotto il tavolo si rimise in piedi. Aveva strappato un pezzo della sua uniforme dove si trovava lo stemma e si era fatto un profondo taglio sul petto dove in un umano si trovava il cuore. Il taglio dal quale ancora scorreva il sangue era la più probabile risorsa per la scritta sul pannello. Finalmente prese nota degli altri che si trovavano nella stanza e li guardò con calma con i suo occhi verdi di sangue.

 

“Capitano?”

 

“Spock, i codici, ne abbiamo bisogno.”

 

“Codici?” Ripeté Spock. “Non capisco.”

 

“Non ricordi? Hai preso il controllo della nave, e in questo momento ci stiamo dirigendo a Velocità Insana verso il buco nero di Vulcano. Hai cambiato tutti i codici, non possiamo accedere ai computer.”

 

Spock corrugò le sopracciglia in concentrazione mentre cercava di ricordare cos’era successo. Kirk trattenne il fiato, sentendo il bisogno di fare qualcosa di più, ma non sapendo cosa. Non era abituato a non essere in controllo della nave e lo stress di ciò era sufficiente a farlo sudare. Spock si premette forte la base del naso, chiudendo gli occhi diresse tutta la sua concentrazione nel ricordare.

 

“Codice di annullamento 74…no, aspetta…” si ricordò Spock “codice di annullamento 84…76219Z3LMC7111979.”

 

“Codice di annullamento accettato.” Disse il computer. “Sicurezza resettata.”

 

“Scotty, ha di nuovo il controllo, fermi questa nave!” Gridò Kirk nell’interfono.

 

“Sì, Signore, ci sto già lavorando.” Replicò Scotty. “Lo ammetto, Capitano, stavamo incominciando a preoccuparci qua.”

 

“Benvenuto nel club.” Mormorò McCoy.

 

Kirk sospirò d sollievo quando sentì il rumore di sottofondo dei motori che lentamente diminuiva fino a fermarsi. Chinò la testa brevemente e semplicemente chiuse gli occhi. Quando alzò gli occhi Spock se ne era andato. Bones vide un lampo di panico negli occhi di Kirk e gli indicò dove si era diretto Spock.

 

Con le mani tenute con non curanza dietro la schiena Spock se ne stava in piedi di fronte alla complessa equazione che aveva scritto sul pannello. I suoi occhi vagavano per i numeri avanti e indietro. Kirk e Bones se ne stavano in disparte lasciando che Spock cercasse di capire cosa volesse dire ciò che aveva scritto.

 

Dopo circa cinque minuti Spock si voltò e si diresse verso i due. Si fermò a metà strada per raccogliere un pezzo di stoffa blu insanguinata spiegazzato per terra. Spock prese un momento per prendere lo stemma argentato dal panno. Lo rimise al meglio possibile nel punto dal quale era stato strappato. Arrivato da Kirk e McCoy li guardò a turno.

 

“Signori, credo di avere la risposta alla crisi Vulcaniana.”

 

“Davvero?” Chiese Kirk sorpreso.

 

“Sì.” Annuì Spock. “Non è una malattia.”

 

“È un bene.” Disse McCoy.

 

“Al contrario, Dottore, sarebbe meglio se fosse una malattia perché in quel caso potrebbe essere curata.”

 

“Allora che sta succedendo?”

 

“Le voci che sento non sono allucinazioni come avevamo pensato in precedenza.” Spiegò con calma Spock. “Sono le confuse e terrorizzate grida di all’incirca sei miliardi di Vulcaniani.”

 

“Scusa, non capisco.” Ammise Kirk. “Sono rimasti solo qualcosa come diecimila Vulcaniani.”

 

“Esatto. Sto parlando dei Vulcaniani rimasti su Vulcano.”

 

“Woah, aspetta un attimo, Spock.” Bones scosse incredulo la testa. “Intendi i morti? Sei…perseguitato dai morti?”

 

“Non esattamente, Dottore.”

 

“Spock, con tutto il rispetto: sei ancora completamente fuori dalla tua mente Vulcaniana.” Disse fermamente Bones.

 

“Bones…”

 

“Jim,” disse McCoy “quello che Spock sta dicendo non ha senso.”

 

“In realtà è perfettamente logico e spiega tutto.” Disse Spock seriamente. “Come dottore lei può comprendere la vita, ma non sa cosa sia la ‘morte’. Neanche i suoi più sofisticati strumenti possono dirle per certo quando un uomo è vivo o morto.”

 

“Certo che possono.”

 

“No. Le dicono se gli organi sono in funzione, nulla di più. Tuttavia, c’è più negli esseri viventi delle semplici reazioni chimiche.”

 

“Stai parlando dell’anima.” Disse Kirk.

 

“Questo è il nome che gli umani le hanno dato.”

 

“Ridicolo.” Sbuffò Bones.

 

“L’esistenza dell’anima è logica.” Insistette Spock.

 

“In che modo?”

 

“È risaputo che la materia e l’energia non possono essere né create né distrutte. Ciò che rende un individuo un individuo è la sua energia, la sua ‘anima’. Anche se il corpo muore l’energia non può essere distrutta. Se un Vulcaniano ritiene di essere sul punto di morire può trasferire la sua katra in un altro essere.”

 

“Katra?”

 

“Lo spirito vivente, quel pezzo che rende un essere ciò che è, la sua ‘anima’. Memorie, sogni, ambizioni, emozioni…sì, Dottore, ho detto emozioni. Ci sono voluti pochi minuti a Vulcano per essere distrutto, gran parte della popolazione non sapeva cosa stava succedendo. Vi era solo panico, paura, morte. Il buco nero di Vulcano è così denso, così massiccio che nulla può sfuggire dalla sua morsa, nemmeno l’energia delle anime intrappolate nel suo oscuro cuore.”

 

“Questo è insano.” Protestò Bones. “Spock sei in preda alle allucinazioni.”

 

“No.”

 

“Spock,” disse gentilmente Kirk “ci sono alcuni buchi nella tua teoria. Voglio dire che se niente può fuggire…”

 

“Come faccio a sentire le voci?” Lo aiutò Spock. “La fusione mentale Vulcaniana non opera nel mondo della fisica, i pensieri non sono soggetti alle leggi della gravità. La fisica e un po’ della metafisica di tale situazione sono scritte sul muro alle mie spalle nel mio stesso sangue.”

 

“Va bene, diciamo che credo a tutto questo…cosa che non è così.” Aggiunse Bones. “Perché solo i maschi giovani?”

 

“Di nuovo, logico. Il Pon Farr dei maschi influenza la mente, non solo annulla la logica, ma ci rende molto più suscettibili a influenze esterne. Un maschio che entra nel Pon Farr istintivamente ritorna nella terra dei suoi Antenati per reclamare la sua compagna. Diventa schiavo della sua volontà, se lei richiederà che lui combatta fino alla morte per provare sé stesso allora lui ucciderà il suo migliore amico persino suo fratello senza pensarci due volte. Questo cambiamento è più forte nel  Pon Farr che avviene in giovinezza. Questo è lo stesso gruppo affetto.”

 

“Quindi queste grida Vulcaniane di aiuto, sono sempre ‘per aria’ così per dire?” Chiese Kirk. “Solo a causa di questi cambiamenti puoi ‘sentire’ queste voci?”

 

“Sì. Non posso spiegare come i loro pensieri possano avere un impatto così profondo sulla mia salute, tuttavia, il terrore, il dolore e la disperazione di sei miliardi di voci possono essere chiaramente un pesante fardello da portare. Particolarmente quando non si riesce a capirle.”

 

“E Saavik?” Chiese Bones. “Non è un maschio ma è lo stesso affetta.”

 

“Lei ha cambiato tutto quando ha trattato il suo Pon Farr con la Vulcine. Anche per me la Vulcine ha reso le voci più forti, acute, facili da capire. Me lo ricordo ora. La prima volta che l’hanno provata su di me ho sentito distintamente la voce di mia madre che gridava, terrorizzata per la mia salute piuttosto che per la sua.”

 

“Lei non era Vulcaniana.” Disse Bones inutilmente.

 

“Aveva lo stesso un’anima.”

 

“Io…non volevo dire…” Si scusò McCoy.

 

“Capisco.” Perdonò Spock la trasgressione. “Questa è la verità. Questo è quello che sta conducendo alla morte la mia specie. Ne sono certo.”

 

Spock fissò i suoi amici con un’espressione indecifrabile. Kirk guardò il sangue sul muro. Non riusciva a capire le teorie sulla energia, le equazioni sul campo di Einstein, o la fisica Vulcaniana. Quello che capiva era che Spock raramente sbagliava sulle faccende importanti.

 

“Gli credo, Bones.” Disse Kirk. “L’altro Spock mi ha toccato la mente e solo il suo dispiacere per la distruzione di Vulcano era quasi sufficiente ad ammazzarmi.”

 

“Va bene.” Sospirò Bones sconfitto. “Allora cosa facciamo adesso? Cosa si può fare?”

 

“Fare?” Chiese Spock sollevando beffardo un sopracciglio. “Niente può essere fatto, Dottore.”

 

“Ci deve essere qualcosa.” Insistette Kirk. “Se potessimo rilasciare le anim…”

 

“No, Capitano. I buchi neri sono la forza più potente dell’Universo, non possono essere fermati, non possono essere sfatti.”

 

“Come puoi dirlo così cinicamente?” Domandò Bones.

 

“Non sono cinico, sono logico.”

 

“Spo…”

 

“La specie Vulcaniana è persa, la sua anima intrappolata per sempre.”

 

 

 

Devo ammetterlo questo Capitolo mi piace ancora più di quello precedente, il fatto è che leggendolo riesco quasi a sentire la disperazione di Kirk quando guarda in che stato è Spock L Ma ora basta con questi argomenti tristi voglio ringraziare Lady Amber e Domino per le loro recensioni, siete magnifiche davvero^^

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26

 

Nyota si svegliò di soprassalto con un retrogusto d’incubo che le pungeva la gola. Chiudendo gli occhi prese un profondo respiro per cercare di calmare il suo cuore. Sentendosi ancora ansiosa si girò per accoccolarsi al fianco di Spock. Tuttavia la sua mano trovò solo le fredde coperte.

 

Mettendosi seduta nella stanza scura Uhura osservò il posto vuoto accanto a lei. Il suo cuore perse un battito quando notò la scura macchia di sangue sul cuscino di Spock. Nyota si alzò, portandosi dietro le lenzuola per coprirsi usandole come vestito. La porta tra la stanza da letto e il salotto era chiusa, cosa strana.

 

Uhura esitò ad aprire la porta, temendo quello che avrebbe potuto trovare dall’altra parte. Deglutendo fece scorrere la punta delle dita sul pannello della porta facendola aprire. Uhura si morse il labbro inferiore per trattenersi dal sobbalzare. Il muro in fronte a lei era coperto dalle sanguinose equazioni che Spock aveva creato nella stanza dei controlli ausiliari. Il leggero luccichio del sangue le fece capire che si trattava unicamente di un'immagine proiettata, ma la vista era lo stesso inquietante.

 

Spock era in piedi a pochi metri dal muro, fissandolo attentamente con le mani tenute con non curanza dietro la schiena. I pantaloni neri che indossava per dormire erano ormai troppo larghi per lui a causa della sua continua perdita di peso. La luce verde dell’immagine colpiva la sua pelle rendendo più visibile la sua tinta verde. Una larga benda gli copriva la parte del petto nella quale si era provocato la profonda ferita che gli era servita per procurarsi un metodo per scrivere.

 

Uhura non aveva più le forze di piangere ormai. Una strana sensazione di stordimento era calata su di lei. Spock non diede segno di sapere di essere guardato anche se Uhura era certa che sapeva che lei si trovava alle sue spalle. Continuò ad analizzare le complicate formule ed equazioni. Uhura detestava vederlo perso nella sua mente per risolvere un problema che lei temeva non avere una soluzione.

 

Incapace di restare lì ancora a lungo Uhura gli si avvicinò. Spock rimase assorto nella lettura. Nyota attese per alcuni tesi minuti che lui si voltasse a guardarla. Uhura sentì il nodo nello stomaco stringersi quando lui persistette ad ignorarla. Disperata per la sua attenzione, anche se voleva dire affrontare la sua rabbia, Uhura gli toccò una spalla. Quando lui sobbalzò Uhura realizzò che lui davvero non si era accorto di lei.

 

Non abituato all’essere sorpreso Spock apparì confuso per un attimo. Guardò Nyota e un triste sorriso gli piegò le labbra. Lei forzò un sorriso, ma sapeva  che non le era riuscito per niente bene. Sentendosi il cuore pesante Uhura gli prese la mano e la tenne come se fosse stata un uccellino ferito.

 

“Stai ancora cercando il perdono?” Chiese Spock.

 

“Sì.”

 

“Non te lo darò.”

 

“Spock…”

 

“Perché non c’è niente da perdonare. Il tuo è stato un atto d’amore non di malizia. Non so che altro dirti per alleggerire la tua mente.”

 

“Penso che mi sentirei meglio se tu fossi arrabbiato con me.”

 

“Questo non è logico.”

 

“Lo so. È una cosa umana, se tu fossi arrabbiato con me allora io potrei mettermi sulla difensiva, e mi sentirei meno in colpa.”

 

“Mi dispiace, Nyota, non riesco a capirlo.” Ammise Spock. “Non posso arrabbiarmi con te, tuttavia, se senti che ti aiuterebbe allora forse il Capitano sarà più che disponibile nel procurarti la rabbia di cui hai bisogno. È molto protettivo nei confronti della sua nave.”

 

“Ci ho quasi uccisi tutti.”

 

“Indirettamente, ma sì.” Annuì Spock. “Devo chiamarlo? Svegliarlo a quest’ora non farà che aumentare la sua ira.”

 

“Non riesco onestamente a capire se stai scherzando o no.” Sospirò Uhura.

 

“Voglio solo che tu sia felice.”

 

“Allora farai meglio ad usare quella tua logica mente Vulcaniana per trovare un modo di salvarti.”

 

“Ci sto provando.”

 

“Davvero?” Chiese Nyota speranzosa. “Pensavo avessi detto che non c’era speranza, che era illogico persino provare.”

 

“Mi scuso, l’ho detto in un momento di disperazione. Non è mai illogico combattere per la vita.”

 

 Un vero sorriso apparve finalmente sul volto di Nyota. Gettò le braccia attorno al collo di Spock e gli diede un bacio appassionato. Ciò che non aveva realizzato era che Spock stava usando gran parte della sua forza per rimanere in piedi. Perdendo l’equilibrio a causa dell’assalto cadde per terra trascinando Nyota con lui.

 

“Scusa.” Disse Nyota con un leggero sorrisino sulle labbra.

 

“Sei una creatura alquanto imprevedibile.”

 

“Sto solo cercando di tenerti sulle punte dei piedi.” Ridacchiò Uhura.

 

“Sulle punte dei piedi? Hai fallito. Non sono più nemmeno in piedi.”

 

Uhura roteò li occhi e baciò il confuso Vulcaniano. Ora che i due sedevano sul pavimento Anubis decise che volevano che li raggiungesse. Il gatto si strusciò contro di loro, la coda tenuta in alto. Sedendosi in grembo a Spock Nyota prese Anubis e lo cullò sul suo petto. Spock guardò al di sopra della sua spalla e rilesse l’ultima parte della scritta sul muro per la millesima volta.

 

“Semplicemente non è logico.” Mormorò Spock.

 

“Cosa?”

 

“Ciò che ho scritto. La prima metà sono note e provate equazioni. Da lì in poi degrada in un delirio; equazioni di materia ed energia che non si bilanciano, radiazioni di materia oscura, teorie che richiedono l’anti luce…”

 

“Spock,” lo interruppe Uhura “non puoi aspettarti che abbia un senso. Eri impazzito, ci stavi guidando dentro il buco nero, l’hai scritto con il tuo sangue…è ovvio che non abbia senso. Perché ti sorprende tanto?”

 

“Immagino che non dovrebbe.” Sospirò Spock.

 

“Allora perché continui a fissarlo?”

 

“Perché ci potrebbe essere la risposta che cerco qua in mezzo.”

 

“Lo credi davvero?”

 

“No.” Spock scosse leggermente la testa. “Tuttavia, non ho altro posto in cui cercare.”

 

“Pensi che il Consiglio ti ascolterà?” Chiese Nyota con calma.

 

“Non possono negarmi un’udienza. Anche se dovessero rifiutare completamente la mia teoria, la avrebbero ascoltata e giungerebbero alla mia stessa conclusione.”

 

“Cosa pensi che faranno?”

 

“Non lo so. Si spera che posseggano una saggezza che io non ho.”

 

“Lo dubito.” Disse Uhura aspramente.

 

“Non giudicarli così aspramente. Delle volte può essere difficile capire perché agiscono come agiscono, ma ricorda che il Consiglio ha guidato Vulcano attraverso migliaia di anni di pace mentre gli umani continuavano a spargere il loro sangue.”

 

“Hanno provato ad ucciderti.”

 

“No, stavano solo cercando di aiutarmi contro il mio volere.” La corresse Spock.

 

“Io…” Uhura esitò “io non voglio lo stesso che tu vada laggiù.”

 

“Sarò al sicuro. Ora che hanno ricevuto ordini diretti dalla Federazione di non interferire con le mie obbligazioni nei confronti della Flotta Stellare non mi tratterranno.”

 

“Ancora non capisco perché non puoi semplicemente inviare un messaggio sub-spaziale.”

 

“Quello che devo dire è troppo importante.”

 

 Uhura prese un profondo respiro per continuare a protestare, tuttavia lo sguardo negli occhi di Spock le fece capire che la discussione era chiusa. Sospirando appoggiò la testa contro il petto di Spock. Il suo respiro era tremendamente veloce e leggero. Spock circondò Nyota con le sue braccia e la tenne stretta. Felice di essere fra i due Anubis cominciò a fare le fusa in braccio a Nyota. Nyota subito notò che il petto di Spock non si sollevava più con molta fatica come solo pochi attimi prima faceva.

 

“Il gatto mi influenza in effetti.” Disse improvvisamente Spock.

 

“Cosa?”

 

“Ti stavi chiedendo come mai respirassi più facilmente.”

 

“Mi stavi leggendo la mente, eh?” Scherzò Uhura.

 

“No. Stavo leggendo il linguaggio del tuo corpo.”

 

“Sono come un libro aperto per te, vero?”

 

“Affatto.”

 

“Anubis ti fa davvero sentire meglio?” Chiese Nyota.

 

“Sì.” Annuì Spock. “Il suono delle sue fusa è molto piacevole. Sembra che riduca la mia pericolosamente alta pressione sanguinea di un po’.”

 

Nyota sorrise e guardò la tenera palla di pelo fra le sue braccia. Incominciò a grattarlo sotto il mento. Anubis inclinò la testa e raddoppiò le fusa. Nyota sentì Spock prendere un profondo respiro. Alzò lo sguardo su di lui e scoprì che aveva riportato lo sguardo alla scritta sul muro.

 

Permettendo a Spock di scivolare nel suo mondo Nyota riportò la sua attenzione su Anubis. Aveva incominciato a colpirla con le zampe mentre lei gli grattava il corto pelo. Anubis aprì i suoi occhi dorati e la guardò. Nyota gli sorrise.

 

“Grazie di aiutarlo.” Sussurrò Nyota al gatto.

 

“Nyota?”

 

“Stavo solo parlando con Anubis.”

 

Nyota cercò di impedire alla sua voce di tremare per le lacrime, ma fallì. Spock le toccò gentilmente le tempie con la punta delle dita. Uhura sentì la morsa che le stringeva il petto sciogliersi. Aiutata dal tocco di Spock riuscì a ricacciare indietro le lacrime. Quando la lasciò si sentì più in controllo delle sue emozioni.

 

“Grazie di avermi dato un po’ del tuo coraggio.”

 

“No, ti ho solo ricordato il tuo.”

 

 

Ed ecco la reazione di Spock a quello che ha fatto Nyota, non siete sorpresi vero? Logico che Spock non si sarebbe arrabbiato^^ Al prossimo Capitolo e come al solito grazie a tutti voi per seguirmi XD

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

 

“Lo sai, Spock, per essere un uomo intelligente…o qualsiasi cosa ti consideri, non impari velocemente.”

 

“Dottore?”

 

“I Vulcaniani non ti ascolteranno.” Disse Bones pessimisticamente. “So che è difficile da accettare, ma tu non gli piaci.”

 

“Sta di nuovo proiettando emozioni umane sui Vulcaniani, Dottore. Il Consiglio non prova avversione per me. Semplicemente dissentono con me, e con le scelte che ho fatto nella vita.”

 

“Sono solo gelosi che tu abbia scelto noi invece di loro.” Ridacchiò Kirk. “Non posso dire che li biasimo.”

 

“Non è mai stata una questione di scegliere una parte, Capitano. Sono giunto alla logica conclusione che avrei potuto fare del mio meglio servendo la Flotta Stellare.”

 

“Giusto.” Disse scetticamente Bones. “Hai avuto scelta? I Vulcaniani erano anche minimamente intenzionati a lasciarti entrare nel loro piccolo club?”

 

“Se per ‘club’ si sta riferendo all’Accademia delle Scienze Vulcaniana: sì, Dottore, ero stato ammesso.”

 

“E hai detto ‘no’?” Chiese Bones sorpreso.

 

“Ovviamente.”

 

“È stato il primo a rifiutare un tale onore.” Aggiunse Kirk con orgoglio.

 

“Accidenti,” sorrise Bones “mi sarebbe piaciuto vedere le espressioni sulle loro compiaciute facce Vulcaniane.”

 

“La loro espressione non è cambiata, Dottore.”

 

“Non esternamente ne sono sicuro, ma scommetto che le loro mutandine si sono contorte fino ad annodarsi.”

 

“‘Mutandine’?” Ripeté Spock confuso.

 

“Lascia perdere.”

 

Kirk sorrise vedendo che Spock continuava a cercare di capire il significato dietro la parola mutandine. In preparazione al soggiorno su Natala Spock si era vestito con la tradizionale veste scura degli abitanti di Vulcano. Aveva spiegato che era in segno di rispetto verso il Consiglio, tuttavia, Kirk credeva che si trattasse soprattutto di nascondere la sua drammatica perdita di peso e la debolezza agli occhi del Consiglio.

 

Scotty li stava attendendo nella sala teletrasporto. Era inginocchiato e stava tirando pugni ad una delle tavole dei circuiti imprecando. Kirk si avvicinò al pannello di controllo. Lo guardò, e poi abbassò lo sguardo sull’impegnato ingegnere. Scotty continuò a minacciare la macchina finché non si accorse di essere osservato. Balzò in piedi e sorrise con falsa innocenza.

 

“Niente, Signore.” Disse velocemente Scotty.

 

“Non dovrebbe attendere fino a che non chiedo ‘qualcosa non va?’”. Chiese Kirk.

 

“Non c’è niente che non va, fa le fusa come un micetto.”

 

“Scott,” intervenne Bones “mi sta facendo venire un attacco di panico.”

 

“Le assicuro, Dottor McCoy, che è sicuro al 100%.”

 

“Niente è sicuro al 100%, Signor Scott, anche un bicchiere d’acqua ti può uccidere se non lo maneggi con l’adeguata cura.”

 

Scotty guardò il Capitano perché lo salvasse dal dottore. Kirk prese Bones per il braccio e lo guidò fino ad una delle rampe del teletrasporto. Kirk si mise su di una subito dopo. Sapeva che Spock era in ritardo dietro di lui, ma decise di ignorare il fatto. Si girò verso Scotty con uno sguardo pieno di aspettative.

 

“Funziona?”

 

“Sì, Signore.”

 

“Molto bene, Scotty, dia inizio allo spettacolo.” Ordinò Kirk per poi guardare Spock. “Ti unisci a noi, Spock?”

 

“Capitano, avevo capito che sarei andato da solo.”

 

“Immagino che ci sia stato un malinteso. Bones e io veniamo con te.”

 

“Apprezzo la sua preoccupazione,” disse Spock “tuttavia, non mi serve un accompagnatore, Capitano.”

 

“Veniamo con te.” Disse fermamente Kirk. “Ho un paio di cose da dire al Consiglio.”

 

“Capitano, per favore…”

 

“Penso di vedere un po’ di paura nei suoi occhi, Jim.” Lo stuzzicò Bones. “Qual è il problema, Spock? Hai paura che ti faremo vergognare?”

 

“La vergogna è un’emozione umana.”

 

“Allora non c’è problema se veniamo con te.” Sorrise Kirk smagliante. “Andiamo, Spock. La decisione non può essere discussa veniamo con te, fine della storia.”

 

Spock non aveva intenzione di cedere, ma quando nemmeno il Capitano cedette decise di accettare la compagnia. Spock si unì agli altri due sulla rampa del teletrasporto. Kirk diede l’ordine a Scotty e furono teletrasportati sulla superficie del pianeta. Il viaggio non fu duro, ma l’atterraggio sì. Si materializzarono a mezzo metro dal terreno roccioso del pianeta. L’inaspettata caduta fece si che i tre finissero in un mucchio scomposto a terra.

 

“Dannazione, Scotty!” Ringhiò Kirk nel suo comunicatore.

 

“Scusi, Capitano. Io…uh…lo metterò a posto per il momento in cui deciderete di tornare a bordo.”

 

“Sarà meglio.” Ringhiò Kirk. “State tutti bene?”

 

Spock si sedette e si leccò via il sangue dalle labbra prima di provare a mettersi in piedi. Vedendolo in difficoltà Kirk si alzò e offrì la mano a Spock per aiutarlo. Per la sorpresa di Kirk Spock accettò l’assistenza. Dato che aveva qualche problema a restare in equilibrio Kirk gli mise una mano sul braccio per stabilizzarlo. Una volta riguadagnato l’equilibrio Spock fece un passo indietro.

 

“Grazie, Capitano.”

 

“Non preoccupatevi per me…sto bene.” Brontolò Bones.

 

“Che c’è, Bones?” Lo stuzzicò Kirk. “Ti sei rotto l’anca?”

 

“Non sono così vecchio.”

 

Kirk ridacchiò e aiutò Bones ad alzarsi. I tre uomini si presero un po’ di tempo per togliersi la sabbia di Natala dai vestiti. Bones aveva una piccola abrasione su un palmo, ma a parte quello non c’erano stati veri danni. Kirk guardò il paesaggio desertico roccioso. Natala non aveva la naturale bellezza di Vulcano. Anche se il paesaggio non era altrettanto spettacolare capiva come mai era stato scelto.

 

“Ugh,” Bones tirò il colletto della sua maglia “ci sono come minimo un milione di gradi qui.”

 

“L’attuale temperatura è di 96.3 gradi Fahrenheit.” Lo corresse Spock. “Una giornata temperata su Natala.”

 

“Almeno è un caldo asciutto.” Kirk scrollò le spalle. “Sarà meglio che ci incamminiamo.”

 

Kirk permise a Spock di guidarli per le vie della città. Erano stati teletrasportati poco fuori della città e furono ben presto per le sue vie. Kirk guardò intorno agli edifici che sapeva essere vuoti e cominciò a sentirsi a disagio. Spock non faceva altro che gettare una rapida occhiata ai lati ogni tanto. Uomo con una missione marciò direttamente verso il cuore della città Vulcaniana.

 

Era tardo pomeriggio e i pochi Vulcaniani che incontrarono si fecero i loro affari, con una eccezione. Kirk notò una giovane e bellissima Vulcaniana che stava scendendo gli scalini della Sala del Consiglio. Quando alzò lo sguardo e vide Spock si fermò e strinse gli occhi.

 

Kirk si aspettava che Spock almeno salutasse la donna che ora era sul loro cammino. Tuttavia, Spock si spostò quel tanto che bastava per poter aggirare la donna senza il rischio di toccarla. Lei non fece altro che fissare innanzi a sé per tutto il tempo in cui la sorpassarono. Kirk guardò oltre la sua spalla per vedere se li stava guardando, ma lei aveva continuato per la sua strada.

 

“Spock, chi era quella donna?” Chiese Kirk.

 

“Lei è T’Pring.”

 

“T’Pring?” Chiese Kirk scioccato, essendosi ricordato il nome. “Uhura sembrava pensare che tu e T’Pring foste in un qualche modo…legati.”

 

“Doveva essere mia moglie.”

 

“Capisco. Come vi siete incontrati?”

 

“Attraverso gli accordi politici delle nostre famiglie all’età di sette anni.”

 

“Non sembrava felice di vederti.” Bones invase la conversazione.

 

“Le ho causato disonore scegliendo un’altra compagna. Non era mio diritto farlo.”

 

“Vuole ancora sposarti?”

 

“No, non è mai stata sua intenzione”

 

“Allora dov’è il problema?”

 

“Dato che il Kal-if-fee è ormai stato bandito non c’è un vero problema. Tuttavia se Vulcano fosse ancora presente l’attuale situazione le avrebbe negato il diritto di forzarmi in una battaglia fino alla morte per lei.”

 

“Aspetta un secondo,” Bones scosse la testa “fammi capire bene. T’Pring ce l’ha con te perché in  diverse circostanze sarebbe stata derubata del diritto di costringerti ad uccidere per lei?”

 

“O morire.”

 

“Ma è da matti!”

 

“È una tradizione di Vulcano.”

 

“È comunque da matti!” Insistette Bones. “Pensavo che il tuo popolo fosse tutto per la pace e la logica. Dov’è la logica di uccidersi l’un l’altro per una donna?”

 

“Gli umani si uccidono per cose triviali tutto il tempo.” Disse Spock. “Tuttavia, Dottore, lei ha ragione. Non vi è nulla di logico o pacifico nel Pon Farr, è solo il modo in cui vanno le cose.”

 

“La Galassia non è sempre un posto logico.” Aggiunse Kirk.

 

Spock sembrò accettarlo e continuò per la lunga arcata che conduceva alla Sala del Consiglio. Bones emise un leggero fischio per dimostrare quanto era impressionato dalle giganti statue fluttuanti che dominavano l’entrata. Mentre passavano Kirk non riuscì a impedirsi di allungare una mano per toccarle. Prima che ci riuscisse Spock gli prese gentilmente un polso per fermarlo.

 

Kirk si voltò per scusarsi, ma Spock stava già camminando verso l’alto tavolo. Il Vulcaniano in servizio li diresse verso la principale sala delle udienze dove il Consiglio li stava già aspettando. Spock camminò fermamente per la sala, ma giusto prima di raggiungere l’arcata che li avrebbe portati nella camera si fermò. Chiudendo gli occhi macchiati di verde appoggiò la schiena al muro.

 

“Stai be…”

 

Spock alzò la mano per impedire a Kirk di finire la domanda. Nella sala accanto c’erano orecchie Vulcaniane che tutto potevano sentire. Kirk e Bones si scambiarono uno sguardo preoccupato mentre Spock prendeva dei profondi respiri. Aprendo gli occhi Spock si staccò dal muro e tirò indietro le spalle. Kirk dubitava che il Consiglio Vulcaniano si sarebbe fatto ingannare facilmente come l’equipaggio dell’Enterprise. Avrebbero visto subito quanto era davvero malato Spock.

 

Volendo aiutare Spock a cercare e mantenere su le apparenze, Kirk si comportò come se nulla fosse successo. Spock entrò nella vasta sala delle udienze con Kirk e McCoy alle sue spalle. Kirk alzò lo sguardo verso i membri del Consiglio nei loro scranni distanti dal pavimento. Lo irritava che chiunque desiderasse parlare con il Consiglio venisse forzato ad alzare lo sguardo su di loro. A Kirk vennero in mente le corti giudiziarie del passato della Terra dove i giudici sedevano rialzati dietro i loro tavoli con gli imputati ai loro piedi.

 

Il Consiglio era composto dall’Alto Consigliere Ilion, che Kirk riconobbe dalla Base Stellare 17, dal Consigliere Ry’in, due altri vecchi Vulcaniani che lui non riconosceva, e da due donne. Anche se non era un effettivo membro del Consiglio fra i Vulcaniani vi era anche l’Ambasciatore Tek’tiel. Spock camminò fino ad un segno dorato che segnalava a coloro che parlavano dove dovevano stare. Fermandosi a poca distanza da esso Spock mise le mani dietro la schiena. Kirk e Bones si misero ai suoi lati.

 

“Consiglio,” salutò Spock “grazie di esservi riuniti.”

 

“Spock, non possiamo negarti un’udienza, ma questi stranieri…”

 

“Non sono solo degli stranieri, sono miei amici.” Osò interromperlo Spock. “Ancora più importante sono rappresentanti della Flotta Stellare e della Federazione.”

 

“Ciò è alquanto inusuale.” Disse Ilion.

 

“Questi sono tempi inusuali, Consigliere Ilion.”

 

“Signori,” intervenne Kirk “non perdiamo tempo nello scambiarci frecciatine. Siamo qui perché la Flotta Stellare ha decretato l’aiutare i Vulcaniani durante questa crisi una massima priorità.”

 

“Non abbiamo bisogno della vostra assistenza, Capitano James T. Kirk. Tuttavia, accettiamo la vostra presenza.”

 

“La ringrazio Consigliere.” Kirk fece un leggero inchino al Vulcaniano.

 

“Spock,” disse Ilion “vedo dai tuoi occhi che sei gravemente malato. Desideri sederti?”

 

“No, Consigliere, ho abbastanza forza per rimanere in piedi.”

 

“Come desideri. Perché sei tornato? Data la natura della tua partenza troviamo questa tua decisione alquanto illogica.”

 

“Desidero solo condividere con voi ciò che ho appreso.”

 

“Hai sentito di non poter condividere tale informazione attraverso un messaggio sub-spaziale?”

 

“Ho creduto che sarei stato preso più seriamente rivolgendomi a voi di persona.” Rispose Spock fermamente.

 

“Capisco.”

 

Kirk si domandò se per caso Spock non avesse appena insultato il Consigliere. C’era una tale tensione durante l’incontro da farlo sentire fisicamente a disagio. Nonostante vivessero le loro vite secondo logica non potevano negare le emozioni che scorrevano sotto la superficie come un fiume nero nascosto nelle profondità di una caverna. Spock tenne gli occhi fissi su Ilion, aspettando il permesso di procedere. Ilion lo costrinse ad aspettare per diversi minuti prima di fargli un leggero cenno col capo.

 

“Consiglio,” Spock si rivolse a tutti “sono qui innanzi a voi oggi poiché ho ragione di credere di aver compreso l’origine della Malattia Vulcaniana.”

 

Kirk si era aspettato che il Consiglio interrompesse Spock a questo punto, ma rimasero tutti in silenzio. Ilion si era persino sporto un po’ in avanti, cosa che secondo Kirk era segno di un vero interessamento.

 

“Durante una recente visita al buco nero di Vulcano io stesso e la mezza Romulana Saavik siamo stati colpiti da sintomi ben più violenti dei precedenti. Il fatto che Saavik in quanto femmina sia stata colpita è un’ulteriore prova della forza dell’evento.”

 

“E di quale evento si tratta?”

 

“Niente di più che la vicinanza al buco nero durante un episodio di Pon Farr.”

 

Le narici del Consigliere Ilion si allargarono leggermente alla menzione del Pon Farr e per la prima volta i suoi occhi si volsero agli ospiti umani. Kirk sapeva che il Pon Farr era un argomento sensibile fra i Vulcaniani, ma fu lo stesso sorpreso dal lampo di sdegno che bruciò negli occhi di Ilion. Spock non sembrava particolarmente interessato al fatto che Ilion si sentisse affrontato dall’argomento e continuò.

 

“Come voi sapete durante questo periodo le percezioni extra sensoriali sono acresciute, costringendo il maschio a tornare a casa, forzandolo a prendere una compagna.”

 

“Spock, se ciò che vuoi dire ha un fine, per favore arrivaci in fretta.” Lo interruppe Ilion. “Non abbiamo bisogno di una lezione di biologia.”

 

“Le mie scuse.” Spock si inchinò leggermente. “Consiglio, questa Malattia non è tale, è una reazione alle urla psichiche dei Vulcaniani persi nella catastrofe che distrusse il nostro mondo. Le voci udite da coloro che sono affetti dalla Malattia non sono allucinazioni.”

 

“Spock, il katra di un Vulcaniano deve essere trasferito in un altro essere vivente per poter sopravvivere. Persino in caso di un trasferimento quella persona non continua a vivere come un individuo con i suoi propri pensieri. A sopravvivere sono l’essenza e la conoscenza.”

 

“Lo capisco. Tuttavia, questa non è la morte di un singolo Vulcaniano. Parlo della morte di miliardi in un solo istante.” Chiarì Spock. “Dobbiamo investigare la possibilità che una forza vivente intelligente del popolo di Vulcano esista nei confini del buco nero di Vulcano che li ha catturati.”

 

“Anche se tale evento fosse possibile, non è logico che la risultante entità voglia distruggere il resto di noi.”

 

“Non di proposito. Le voci che sento sono confuse, terrorizzate, frenetiche, non capiscono cos’è successo e pertanto certamente non capiscono cosa stanno facendo.”

 

“Stai chiedendo che il Consiglio apra la mente a questo fenomeno?”

 

“No.” Replicò velocemente Spock. “Temo che qualunque tentativo di contattare l’entità nel buco nero in tale modo non servirebbe ad altro che contrarre immediatamente la Malattia, come è successo a Saavik.”

 

“Allora come proponi di procedere?” Chiese Ilion.

 

“Non ho raccomandazioni per il Consiglio. Sono venuto per condividere con voi le informazioni che ho raccolto.”

 

Ilion pensò a ciò per un momento e poi annuì. L’Alto Consigliere si voltò verso Ry’in e conversarono brevemente sottovoce. Kirk trattenne il fiato, sperando che il Consiglio credesse a Spock e prendesse provvedimenti. Non ci volle molto perché Ilion portasse di nuovo la sua attenzione su Spock.

 

“Apprezziamo il tuo rapporto, Spock.” Disse Ilion sinceramente. “Tuttavia, abbiamo già trovato un modo per permettere alla specie Vulcaniana di sopravvivere a questa crisi.”

 

“Avete una cura?” Chiese Kirk senza pensare.

 

“A nostro modo.” Disse Ilion cripticamente.

 

“Aiuterete Spock?” Domandò Bones.

 

“Non possiamo.” Replicò Ilion.

 

“Perché diavolo dal sang…”

 

“Dottore, la prego.” Lo interruppe velocemente Spock. “Non credo che il Consigliere Ilion voglia dire che hanno trovato un cura.”

 

“Allora come…”

 

“Non faccia ulteriori domande al Consiglio.” Disse Spock.

 

“Spock,” incominciò Kirk.

 

“Capitano, si fidi di me.”

 

McCoy stava per dire al Consiglio Vulcaniano cosa pensava esattamente di loro, ma Kirk lo fermò. Sapeva che quando si trattava di Vulcaniani era meglio seguire il consiglio di Spock. In effetti a pensarci bene era sempre meglio seguire i consigli del mezzo Vulcaniano. Spock ringraziò silenziosamente il Capitano e si volse verso Ilion.

 

“Consigliere Ilion,” disse Spock in tono umile “se mia moglie dovesse portare in grembo un figlio, lo sottoporrete al trattamento quando dovesse arrivare il momento?”

 

“Sì.”

 

“Grazie, e grazie del vostro tempo.”

 

“Sei il benvenuto, Spock.” Ilion alzò la mano nel saluto Vulcaniano. “Lunga vita, e prosperità.”

 

“Ci proverò.”

 

Spock rispose al saluto e si inchinò profondamente. Rialzandosi quasi perse l’equilibrio. Kirk si sporse e gli premette una mano alla base della schiena per aiutarlo a riconquistare stabilità. Spock si prese solo un momento per ricomporsi e istantaneamente si voltò per andarsene.

 

Kirk e Bones seguirono Spock fuori dalla sala e per i corridoi. Entrambi morivano dalla voglia di sapere cos’era successo negli ultimi cinque minuti. Tuttavia, era chiaro che Spock voleva disperatamente tornare all’Enterprise. Inciampò varie volte a causa dei suoi passi veloci attraverso la città. Kirk era là ogni volta per assicurarsi che Spock non cadesse.

 

Fu solo quando si ritrovarono nel deserto roccioso che Spock finalmente fermò la sua marcia forzata. In un movimento mezzo controllato si sedette sulla sabbia e spese alcuni minuti a riprendere fiato. Kirk e McCoy si sedettero con lui e aspettarono che Spock raccogliesse le forze. Quando parlò le sue labbra erano sporche di un brillante sangue verde.

 

“Mi scuso per averla interrotta davanti al Consiglio, Capitano.”

 

“Va bene.”

 

“Ho chiesto loro un grande favore, e non desideravo essere congedato prima di poter chiedere.”

 

“Tuo figlio,” notò Kirk “hai chiesto loro di occuparsi di tuo figlio.”

 

“Sì.”

 

“Perché non vogliono trattare anche te?” Chiese Bones arrabbiato.

 

“Perché per me è troppo tardi.”

 

“Non capisco.” Ammise Kirk.

 

“I Vulcaniani devono aver sviluppato una droga sicura con la quale arrestare il Pon Farr.” Spiegò Spock.

 

“Arrestare il Pon Farr?” Chiese Bones.

 

“È logico.”

 

“In che modo?” Chiese Kirk.

 

“Se non puoi diffondere un’arma, rimuovi il grilletto.”

 

 

 

Ed eccoci qua! A Cassandra dico solo una cosa: fra un po’ avrai la risposta alle tue domande, che per inciso sono geniali^^.

Grazie come sempre a chi mi segue e commenta!

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

 

“Scotty?”

 

“Sì, Capitano?”

 

“Ha sistemato il teletrasporto?”

 

“Sì, Signore.”

 

“Bene, due da teletrasportare.”

 

“Due?” Domandò Scotty.

 

“Sì, il Signor Spock resterà sulla superficie per qualche giorno.”

 

“Sembra strano…”

 

“Lo faccia e basta, Scotty.”

 

“Sì, Signore.”

 

Scotty seguì gli ordini e teletrasportò Kirk e McCoy. Materializzatosi nella sala teletrasporto Kirk si guardò attorno. Si sentiva sempre sollevato a ritornare sulla nave, per quanto breve potesse essere il viaggio. Quando Bones esitò a lasciare la rampa Kirk lo prese per il braccio e lo fece scendere. McCoy si guardò attorno per essere sicuro che nessuno li stesse ascoltando.

 

“Quanto a lungo aspetteremo, Jim?”

 

“Rilassati, Bones. Andiamo a mangiare qualcosa.”

 

“Mangiare? Come puoi pensare a mangiare in un momento simile?”

 

“Facile,” Kirk scosse le spalle e si incamminò per i corridoi “ascolto il mio stomaco.”

 

“Devi andare a parlare con Uhura.”

 

“No grazie, mi ammazzerà.”

 

“Ovvio che ti ammazzerà, e poi darà la caccia a me!” Sibilò Bones. “Non posso credere che Spock ci abbia convinto a farlo. È pura follia! Testardo bastardo dalle orecchie a punta.”

 

“È solo che mi sono sentito così orgoglioso quando ha usato il termine ‘mi deve restituire un favore’.” Si illuminò Kirk.

 

“Come puoi essere così allegro?”

 

“Perché non so che altro fare.” Sospirò Kirk. “Sono completamente impotente, Bones, e se ci penso troppo diventerò matto come Spock.”

 

“Vallo a dire a Uhura.” Insistette McCoy.

 

“Bon…”

 

“Jim, merita almeno di sapere una parte della verità.”

 

“Hai ragione.” Ammise Kirk. “Se non sono di ritorno in mezz’ora…dì qualcosa di carino al mio funerale.”

 

McCoy non era per niente divertito da quella battuta e fissò Kirk con disapprovazione. Abituato a quello sguardo Kirk si voltò e si diresse agli alloggi di Spock e Uhura. Davanti alla porta prese un profondo respiro. Come Capitano non doveva certo giustificarsi con lei per le sue decisioni, tuttavia, in quanto moglie di Spock lei aveva ogni diritto di chiedergli spiegazioni. Kirk passò la mano sopra l’indicatore che le avrebbe fatto sapere di avere un visitatore.

 

“Entri.”

 

Con il permesso di Uhura la porta si aprì. Sedeva sul piccolo divano del salotto con Anubis in braccio. Si era asciugata le lacrime, ma lui sapeva che stava piangendo. Kirk notò tristemente quanto era cambiata nell’ultimo mese. Molta della sua sicurezza e della sua aria di sfida era scomparsa, rimpiazzata dall’ansia. Quando vide chi era il suo visitatore balzò in piedi, facendo cadere Anubis sul pavimento. Seccato il gatto se ne andò.

 

“Capitano.”

 

“Uhura.” La salutò dolcemente Kirk. “Siediti pure, non serve che resti in piedi in mia presenza.”

 

“Dov’è Spock?”

 

“Spock ha deciso di restare qualche giorno su Natala.”

 

“Cosa?” Uhura rimase senza fiato. “E glielo ha permesso?”

 

“Uhura, sai meglio di me che quando Spock decide qualcosa non c’è modo di fermarlo.”

 

“No che non capisco. Perché resta? Glielo ha chiesto il Consiglio? Lo sa che non ci si può fidare di loro.”

 

“Spock è perfettamente al sicuro.”

 

“È quello che ha detto l’ultima volta e guardi cosa gli hanno fatto!”

 

“Lo so.” Kirk si strinse la base del naso per combattere il mal di testa crescente. “Non è stata un’idea mia questa, Uhura.”

 

“Lei è il Capitano, avrebbe potuto dire di ‘no’.”

 

“Ci ho provato.”

 

Uhura lo fissò ferocemente per un momento. Kirk trattenne il fiato, incerto di cosa avrebbe fatto. Uhura aspettò che Kirk si spiegasse meglio e quando non lo fece avanzò di un passo verso la porta. Kirk si mosse automaticamente per mettersi fra lei e l’uscita facendola fermare.

 

“Non puoi andare su Natala.” Disse Kirk avendo capito le sue intenzioni.

 

“Ho tutto il diritto di restare con lui.”

 

“Non ti vuole con sè.”

 

Kirk si pentì immediatamente di averlo detto. Dubitava di poterla ferire di più, neanche schiaffeggiandola. Sentendosi comprensibilmente tradita Uhura indietreggiò di qualche passo finchè non si scontrò con la mensola sul muro. Quando gli occhi incominciarono a riempirlesi di lacrime voltò le spalle al Capitano.

 

“Uhur…”

 

“Vattene.”

 

“Uhura, per favore, cerca di cap…”

 

Kirk fu interrotto quando Uhura si voltò di scatto per tirargli addosso una piccola statua di vetro. Riuscì a schivarla giusto in tempo per farla schiantare contro la porta chiusa dietro di lui dove si frantumò. La donna che una volta lo aveva cacciato dal suo dormitorio era improvvisamente ritornata.

 

“Nyo…”

 

“Ho detto ‘vattene’! Signore.” Ruggì Uhura.

 

“Va bene. Per quel che vale, mi dispiace.”

 

Kirk si voltò e lasciò Uhura alla sua privacy. In corridoio si passò una mano fra i capelli. Sentendosi nauseato vagabondò fino all’Infermeria. McCoy stava camminando avanti e indietro per la stanza rendendo la vita un inferno a chiunque gli si trovasse vicino. Anche se si trovava in Infermeria indossava la borsa medica che portava ogni volta che faceva parte di una squadra di sbarco.

 

“Bones, dov’è Saavik?”

 

“Nei suoi alloggi a meditare o qualcosa del genere.”

 

“Quindi si sente meglio?”

 

“Sì, vogliamo provare a sospendere il Vulandin. Stiamo testando se la Vulcine le ha provocato qualche effetto permanente o se ora che non la usa più le voci svaniscono.”

 

“Le hai detto cosa sta succedendo?” Chiese Kirk.

 

“Ho dovuto, lo avrebbe indovinato da sola comunque.”

 

“Concordo.”

 

“Come l’ha presa Uhura?”

 

“Non bene.”

 

“Nessuna sorpresa.” Sospirò McCoy. “Andiamo?”

 

“Sì, andiamo.”

 

Kirk e McCoy camminarono fino alla sala teletrasporto. Scotty si stava occupando della manutenzione di alcuni programmi. Alzando lo sguardo sui due il Capo Ingegnere sorrise. Kirk gli si avvicinò e abbassò lo sguardo sul computer.

 

“Torna giù, Signore?”

 

“No, Scotty, il dipartimento di Ingegneria ha bisogno di te, qualcosa riguardo il flusso di qualcosa o roba simile. Ero nei dintorni e ho pensato di recapitarti il messaggio personalmente.”

 

“Signore?” Scotty appariva confuso.

 

“Vada.”

 

Kirk fece uscire Scotty dalla sala teletrasporto e digitò il suo codice sulla porta così da bloccarla. McCoy scosse tristemente la testa. Era chiaro quanto odiasse l’intera faccenda. Nemmeno a Kirk andava gran che a genio, ma aveva accettato e ora doveva andare avanti. Kirk tirò fuori il comunicatore e lo impostò su una frequenza privata.

 

“Spock?”

 

“Sono qui, Capitano.” Rispose la voce di Spock in un roco sussurro.

 

“Come va?”

 

“Declino rapidamente.”

 

“Ti teletrasportiamo su.”

 

“Grazie, Capitano.”

 

“Questa è follia, Jim.” Disse Bones. “Pura testardaggine Vulcaniana.”

 

“No, Bones, sta solo cercando di conservare un po’ di dignità.”

 

“Sta affrontando la cosa nel modo sbagliato.”

 

“Almeno sta chiedendo il nostro aiuto.”

 

McCoy fu costretto a concordare seppur di malavoglia. Kirk sorrise tristemente e riportò la sua attenzione al computer per il teletrasporto. Non era un esperto, ma di sicuro sapeva come farlo funzionare. Dopo aver cambiato alcune impostazioni lo attivò. Quando non apparì niente McCoy si guardò attorno e sollevò le sopracciglia.

 

“Ha funzionato?” Chiese Bones.

 

“Scopriamolo.” Kirk tirò fuori di nuovo il suo comunicatore. “Spock?”

 

“Sono a bordo, Capitano.”

 

“Bene, arriviamo.”

 

“Molto bene.”

 

“Sembrava ad un passo dalla morte.” Notò McCoy.

 

“Sarà meglio per lui che non lo sia.”

 

Kirk si avvicinò alla porta e reinserì il suo codice. Sapeva che non ci sarebbe voluto molto a Scotty per capire che in Ingegneria andava tutto bene. Kirk e McCoy si diressero rapidamente verso i livelli più bassi della nave. Nelle profondità della nave arrivarono ad una porta con una singola guardia. La guardia era appoggiata pesantemente contro il muro, ma si mise subito sull’attenti quando vide il Capitano.

 

“A riposo, è solo un’ispezione di routine.”

 

“Non c’è nessuno qui al momento, Capitano.” Disse la guardia.

 

“Capisco, quando finisce il tuo turno?”

 

“Fra due ore, Signore.”

 

“Sembri stanco.” Notò Kirk. “Bones, non ti sembra stanco?”

 

“Direi di sì.” Disse Bones impassibile.

 

“Mi spiace, Capitano…nottataccia.”

 

“Capita anche ai migliori.” Sorrise Kirk. “Sai che ti dico, stacca prima. Vai a riposarti un po’.”

 

“Signore?”

 

“Non preoccuparti, non dirò niente. Infatti ci sono pochi lavori peggiori del sorvegliare corridoi vuoti, eliminerò questo turno di sorveglianza. Parla con Jacobson per farti riassegnare domani mattina.”

 

“Grazie, Signore.” Disse la guardia con palese sollievo.

 

La giovane guardia se ne andò a passo spedito, probabilmente preoccupato che il Capitano lo richiamasse al suo tedioso lavoro di sorveglianza. A Kirk ci volle un momento per accorgersi che Bones lo stava guardando con uno sguardo da disapprovazione paterna dipinto in volto.

 

“Che c’è?”

 

“Jim, il regolamento della Flotta Stellare…”

 

“Bones, non serve che mi ricordi le regole.”

 

“Bene, solo non andare troppo in là.”

 

“Troppo tardi.”

 

;McCoy strinse leggermente gli occhi, ma Kirk lo ignorò. Il Capitano inserì il suo codice di annullamento nella porta e la fece aprire. Entrando nel calmo corridoio si incamminò verso la fine. Prima di essere giunti a destinazione sentirono un violento conato di vomito.

 

“Jim, per favore, una cella non è il posto giusto per Spock.”

 

“È stata una sua scelta.”

 

“Ha bisogno di restare in Infermeria.”

 

“Vuole della privacy, questo è l’unico luogo in cui la otterrà.”

 

“Spock si sta comportando come un animale ferito che striscia in un angolo per morire, e tu glielo permetti?”

 

Kirk non rispose alla quasi retorica domanda di McCoy. Nemmeno a lui faceva piacere che Spock fosse rinchiuso nella cella di massima sicurezza. Tuttavia, era l’unico posto in cui nessuno sarebbe incappato in lui per caso oltre ad essere l’unico posto in cui qualcuno lo avrebbe cercato. Il teletrasportatore aveva un’impostazione che permetteva di trasferire pericolosi criminali direttamente nell’ultima cella del dipartimento. Questa volta era stato utilizzato per far sì che nessuno sapesse che il Primo Ufficiale era tornato a bordo.

 

Quando arrivarono alla cella il conato di vomito era finito. Kirk si mise di fronte alla cella occupata da Spock. Al di là del leggero luccichio del campo di forza Spock sedeva in un angolo della spoglia cella. Kirk si aspettava di trovare Spock nella stessa posizione in cui si trovava l’ultima volta che si era fatto rinchiudere. Quella volta possedeva un’assoluta certezza di meritare di essere incarcerato, tuttavia ora sembrava piuttosto insicuro della sua decisione.

 

“Spock?”

 

Spock fu lento a rispondere. Guardò i suoi amici senza davvero vederli. La tinta verde dei suoi occhi era stata di nuovo rimpiazzata da un intenso color smeraldo. Quando incominciò a lottare per alzarsi Kirk abbassò il campo di forza che li separava. Insieme a McCoy entrò nella cella per far rimanere il Vulcaniano seduto. Spock istintivamente si ribellò contro la loro presa, ma cedette velocemente ansimando in cerca d’aria. Kirk e McCoy si unirono a Spock sul pavimento.

 

“Calma, Spock. Siamo qui per aiutarti, ricordi?”

 

“Sì, Capitano. Mi perdoni per aver lottato.”

 

“Spock,” disse McCoy “perché improvvisamente stai così male?”

 

“In presenza del Consiglio ho dovuto schermare la mia mente da loro. Si è dimostrato estremamente spossante.”

 

“Continuo a dire che questa è una pessima idea.” Borbottò Bones.

 

“Le assicuro che nemmeno a me piace doverlo fare, Dottore.” Disse Spock stancamente. “Tuttavia, non c’è alternativa. Non sopravviverò ad un’altra iniezione di Vulandin nel mio stato attuale.”

 

“Su questo sono d’accordo con te, Spock.” Annuì McCoy. “Tuttavia, perché la bugia?”

 

“Dottore, sono il Primo Ufficiale di questa nave, non posso farmi vedere così malato o insano dall’equipaggio se devo continuare con i miei doveri.”

 

“Sanno già che sei malato.”

 

“Un numero limitato di loro capisce la gravità della mia condizione. Solo lo staff del comando è a conoscenza della presa della nave da parte mia.”

 

“E Uhura?”

 

“Corretto. Lo sa anche lei. Posso fidarmi che mantenga il segreto.”

 

“Non è quello che volevo dire, Spock. Intendevo il tenerle nascosto cosa sta succedendo.” Sibilò Bones. “Concordo che necessiti di una pausa dal Vulandin se vuoi sopravvivere alle prossime ventiquattro ore, ma non c’è garanzia che la pausa stessa non ti ucciderà.”

 

“Lo capisco. Non voglio che Nyota mi veda in questo stato.”

 

“Ha il diritto di sapere, di dire addio.”

 

“Sono d’accordo con McCoy, Spock. Ho odiato doverle mentire, prova a pensare a quanto la stai facendo soffrire.”

 

“Signori, vi assicuro che non ho preso questa decisione leggermente. Nyota si sentirà tradita in principio, la rabbia macchierà poi il dolore. Tuttavia, col tempo la rabbia svanirà e i suoi ricordi di me saranno quelli degli ultimi due giorno che abbiamo trascorso insieme in pace e non di me che urlo per la pazzia, dilaniando la mia stessa carne. Ho chiesto al Capitano di mentirle per proteggerla.”

 

“Se la metti così sono un po’ offeso che non ti importi che il nostro ultimo ricordo di te sia tutta quella roba della pazzia.” Kirk forzò un sorriso.

 

“Mi scuso, Capitano. Si spera di non arrivare a quel punto.” Disse seriamente Spock. “Dottore, ha portato con sé il dispositivo?”

 

“Sì…ma non ne ho mai usato uno.”

 

“Il suo funzionamento è semplice.”

 

“Spock,” disse Kirk “sarà in grado di sopportare la tua forza?”

 

“Jim ha ragione, lo distruggerai.”

 

“No. Un Vulcaniano completo potrebbe avere la forza di farlo, ma io no. Particolarmente una volta che incomincia ad avere effetto.”

 

“Non è fatto per un utilizzo prolungato.” Specificò Bones.

 

“Tre giorni non sono un uso prolungato.”

 

“Bones,” sospirò Kirk “stiamo perdendo tempo, non riusciremo a convincerlo a rinunciare. Fallo.”

 

“Bene. Voglio solo che sappiate che va contro il mio parere medico.”

 

“Annotato.”

 

Kirk si alzò in piedi ed aiutò Spock a fare lo stesso. Prendendosi un momento per ritrovare l’equilibrio Spock afferrò il colletto della sua veste Vulcaniana. Con un po’ d’aiuto da parte di Kirk e McCoy riuscì a togliersela di dosso. Kirk rimase sorpreso nello scoprire che Spock indossava la sua uniforme sotto la snella veste Vulcaniana.

 

“Ti togli mai quella roba di dosso?” Chiese McCoy.

 

“Quando appropriato.”

 

Spock prese il bordo della maglia blu e la sfilò insieme alla maglia nera sotto di essa. Il taglio sul suo petto stava incominciando a guarire, ma era ancora di un verde brillante. Kirk tenne la maglia di Spock mentre McCoy frugava nella borsa che aveva portato con sé. Il dottore tirò fuori un lucido disco con una cupola sopra di esso. Il dispositivo era largo poco meno di quattro cm e profondo un massimo di due. Sotto la cupola si potevano vedere due liquidi di due colori diversi che si muovevano negli appositi compartimenti.

 

Trattando il dispositivo come se fosse stato di vetro Bones fece scorrere la mano sui suoi bordi. Trovò le due linguette e le tirò. Due anelli argentati fatti di cavo argentato vennero fuori dai lati. Spock sollevò le mani e McCoy le fece passare negli anelli. Fece arrivare gli anelli fino alle spalle di Spock così che il dispositivo appoggiasse sul suo petto. Sempre tenendo in mano gli anelli Bones portò le mani dietro la schiena di Spock quasi abbracciandolo. Quando i due anelli argentati si toccarono si saldarono e si strinsero.

 

Il risultato era una figura a otto che teneva il dispositivo saldo sul petto di Spock. Quando entrò in contatto con la sua pelle alcune luci all’interno del dispositivo cominciarono a lampeggiare. Spock cercò di toglierselo di dosso ma non riuscì a spostarlo di un millimetro. All’inizio Kirk temeva che Spock non sarebbe riuscito a respirare, ma le cinghie si espandevano leggermente ad ogni faticoso respiro.

 

“Mi sembra eccessivamente stretto.” Disse Kirk.

 

“È usato sui criminali pericolosi o matti per aiutare a renderli innocui chimicamente.” Spock riprese la magli dal Capitano e se la rimise. Si potevano ancora vedere le luci lampeggiare attraverso la stoffa. “Non è stato pensato per essere comodo, Capitano, ma non è doloroso.”

 

“Io continuo a non fidarmi.” Insistette McCoy. “Sedarti così è pericoloso.”

 

“Senza di esso temo che mi ucciderei a furia di lanciarmi contro i muri una volta rimasto senza Vulandin.”

 

“Questo dispositivo dovrebbe impedirlo. Qualsiasi movimento violento o un drammatico aumento del battito cardiaco farà si che ti venga iniettato il giusto quantitativo di un potente sedativo. Il telecomando che ho io ti inietterà una dose di Vulandin. L’ho anche programmato in modo che se i tuoi segni vitali sembrano indicare che sei in punto di morte ti venga somministrato del Vulandin come ultima risorsa.”

 

“Ha cambiato le impostazioni così che si adattassero alla fisiologia Vulcaniana?” Chiese Spock.

 

“Se non lo avessi fatto ti starebbe riempiendo di droghe mentre parliamo a causa dell’insano battito cardiaco che ti ritrovi.”

 

“Ha ragione, Dottore.”

 

“Sarò di ritorno fra un’ora per assicurarmi che tutto vada bene. Nel frattempo mi invierà costantemente i tuoi segni vitali. Devo tornare in Infermeria prima che qualcuno inizi a chiedersi dove sono finito.”

 

McCoy guardò Spock un’ultima volta prima di andarsene. Kirk lo guardò andarsene, ma non lo seguì. Poteva sentire Spock respirare faticosamente. Sapeva di dover ritornare sul Ponte, ma non riusciva a lasciare Spock da solo in cella. Spock fece alcuni passi indietro così da appoggiare la schiena contro il muro.

 

“Capitano, dovrebbe andare anche lei.”

 

“La nave può comandarsi da sola per qualche altro minuto.” Kirk forzò un sorriso. “Spock, l’ultima volta che sei stato senza Vulandin hai iniziato a scrivere roba parecchio complicata sui muri. Hai poi scoperto cosa voleva dire?”

 

“Ho determinato il significato di almeno la metà di ciò che ho scritto. Non so perché l’ho scritto né mi ricordo di averlo fatto.”

 

“C’era un Vulcaniano nel complesso di Natala che stava facendo una cosa simile, solo con delle facce.”

 

“Interessante.”

 

“Pensi che ci sia qualche connessione fra queste cose?”

 

“Non ho abbastanza dati per rispondere a questa domanda.” Replicò Spock.

 

“Quali sono le possibilità che tu ti metta di nuovo a disegnare?”

 

“Molto alte.”

 

“Non hai molto sangue da permetterti di perdere.”

 

“Ci ho pensato. Forse se avessi qualcosa con cui scrivere non utilizzerei il mio sangue.”

 

“Ti porterò qualcosa.”

 

“Grazie, Capitano.”

 

Kirk si voltò per andargli a prendere qualcosa con cui disegnare. Se ne stava andando lentamente, sperando che Spock avrebbe cambiato idea e detto a Uhura dove si trovava. Kirk cominciò a digitare il codice per attivare il campo di forza in grado di isolare anche i rumori. Prima di poter finire notò con la coda dell’occhio che Spock si stava movendo verso di lui.

 

“Capitano…” Chiamò lievemente Spock.

 

“Sì, Spock?”

 

Kirk tolse la mano dal pannello e si girò verso Spock un’altra volta. Spock esitò. Kirk aspettò con calma, senza rendersi conto di stare trattenendo il fiato. Alla fine Spock sollevò la mano e si tolse lo stemma della Flotta Stellare dalla maglia. Offrì il simbolo metallico al Capitano. Kirk guardò lo stemma, ma non lo prese.

 

“Capitano, lo prenda la prego.”

 

“Tienilo, potrebbe ricordarti chi sei se le cose andassero male.”

 

“Per favore, lo prenda. L’ho usato per ferirmi in passato.”

 

Kirk prese lo stemma come chi sta ricevendo un regalo straordinario. Fissò lo stemma sul palmo della sua mano per un momento. Spostò il collo della sua maglia verde esponendo la maglia nera sotto di essa. Attaccò lo stemma alla maglia e poi fece in modo che l’uniforme verde la coprisse.

 

“Lo terrò al sicuro, Spock.”

 

“Grazie, Capitano…per tutto.”

 

 

Accidenti questo capitolo mi fa sempre venire le lacrime agli occhi con la sua intensità, è incredibile l’amicizia che lega Kirk, Spock e McCoy!

Grazie a Lady Amber per il suo commento, anche a me stanno sulle scatole i dignitari Vulcaniani con la loro arroganza XD

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

“Dottore?”

“Sì, Infermiera?”

“È già mezzanotte.”

“Quindi?”

“Ha lavorato per quasi dieci ore.”

“Quando era un interno alla scuola di medicina faceva turni di ventiquattro ore.” Replicò McCoy sulla difensiva.

“Non è più un interno, e la nave non è in stato di emergenza.”

“Se non la conoscessi bene direi che sta cercando di liberarsi di me.”

“No, Dottore.” Chapel scosse la testa. “Voglio solo essere sicura che lei si riposi.”

“Grazie. Penso che me ne andrò. Mi chiami se ce ne è bisogno.”

“Sì, Dottore.”

McCoy si guardò attorno un’ultima volta prima di andarsene. Era stanco, ma non andò direttamente nei suoi alloggi. Invece si diresse al livello di sicurezza. McCoy era sgattaiolato dall’Infermeria circa ogni ora per controllare Spock. Non sentendo ne’ancora i sintomi dell’astinenza Spock gli assicurò che stava bene, perlomeno bene quanto ci si poteva aspettare.

Arrivando al corridoio abbandonato McCoy si sentì a disagio. Non gli piaceva dover andare laggiù per curare un suo paziente e certamente non gli piaceva vedere il suo amico in cella. Il corridoio era completamente immerso nel silenzio e solo il mormorio della nave creava un leggero rumore di sottofondo.

Quando arrivò alla cella nella quale si trovava Spock fu sorpreso di trovare il Vulcaniano addormentato. Spock era steso sulla schiena sul piccolo letto addossato al muro. Sobbalzò leggermente, intrappolato in un qualche sconosciuto incubo. Bones si ricordò improvvisamente di quando lo avevano trovato nel complesso di Natala.

“Non siamo migliori di loro.” Mormorò Bones a sé stesso.

“Al contrario, Dottore,” replicò Spock senza aprire gli occhi “non mi state trattenendo contro la mia volontà.”

“Spock…io…pensavo che stessi dormendo.”

“Infatti.”

“Scusa, non volevo svegliarti.”

“Lo so.”

“Come ti senti?”

“Credo che riuscirebbe a dormire meglio sta’ notte se non lo sapesse.” Replicò Spock.

“Senti le voci?”

“Sì. Sono tranquille, solo sussurri. È…sconcertante.”

“Come stai emotivamente parlando?”

“Non desidero parlarne.”

“Okay.” Annuì McCoy. “Ti lascio dormire.”

“Grazie, Dottore.”

Bones si voltò per andarsene come promesso.

“Dr. McCoy?” Chiamò Spock.

“Sì?”

“Stia molto attento a Saavik. Mentre le mie emozioni si deteriorano potrei influenzarla, anche il resto dell’equipaggio potrebbe risentirne, ma in quanto Vulcaniana lei sarà in pericolo.”

“Farò tutto il possibile per lei.”

Spock semplicemente annuì. Non aveva mai aperto gli occhi, facendo temere a Bones che non avesse la forza di farlo. Bones prese un profondo respiro per ricominciare a discutere di Uhura, ma decise di non farlo dato che avrebbe avuto più fortuna nel convincere un mattone a trasformarsi in polvere. Rimase e guardò Spock addormentarsi velocemente.

Sentendosi più esausto di prima McCoy ritornò ai suoi alloggi. Entrato in camera da letto si lasciò cadere pesantemente su di esso. Estrasse un piccolo congegno dalla tasca e lo mise sul comodino. Era connesso al dispositivo che Spock aveva sul petto e lo avrebbe allertato in caso fosse successo qualcosa. Bones si grattò dietro le orecchie facendo così cadere qualcosa a terra. Corrugando le sopracciglia raccolse il pezzettino triangolare di carne che era caduto.

“Ma che…” Mormorò Bones. “Oh mio Dio…”

Bones non era infastidito dal fatto che le punte delle orecchie Vulcaniane fossero finalmente venute via. Era mortificato dal fatto di aver appena realizzato di essersi presentato innanzi al Consiglio Vulcaniano indossandole. Il Consiglio non aveva detto niente, ma Bones capì perché Ilion aveva sollevato il sopracciglio dopo averlo visto. Mortificato si tolse anche l’altra punta.

“Non posso credere che Spock non mi abbia fermato. Sapevo che quel bastardo aveva un senso dell’umorismo in fondo.”

McCoy gettò le punte in un bidone della spazzatura. Considerò di togliersi l’uniforme, ma alla fine ci rinunciò decidendo di essere troppo stanco per farlo. Distendendosi sopra le coperte appoggiò la testa al cuscino e chiuse gli occhi.

Bones era certo di non essersi nemmeno addormentato quando sentì suonare il campanello della porta. All’inizio lo ignorò e basta, ma quando il campanello continuò a suonare capì di doversi alzare e andare a rispondere. Forzandosi in piedi si trascinò fino alla porta e la aprì. Saavik stava in piedi fuori dalla porta con le mani dietro la schiena nella solita posizione di Spock.

“Saavik?”

“Sì, Dottore. Mi dispiace disturbarla così tardi.”

“Nessun disturbo, non stavo neanche dormendo. Vieni dentro.”

“Grazie.”

McCoy si spostò di lato e permise a Saavik di entrare. Sperava che si sedesse in salotto così avrebbe avuto una scusa per potersi sedere pure lui. Tuttavia, Saavik sembrava voler rimanere in piedi.

“Come posso aiutarti?” Chiese Bones.

“Desidero parlarle degli eventi di Natala. Le avrei parlato prima, ma sembrava distratto l’ultima volta che abbiamo parlato.”

“Lo ero.” Ammise McCoy. “Cosa vorresti sapere?”

“La teoria di Spock è stata creduta?”

“In effetti sì. Ilion l’ha messa in dubbio all’inizio, ma lentamente ha visto la logica in essa.”

“Sa quale sarà la loro prossima azione?”

“Non ce ne sarà nessuna.”

“Non capisco.”

“I Vulcaniani sembrano pensare di avere tutto sotto controllo. Hanno trovato un modo per eliminare il Pon Farr, e quindi pensano di aver risolto il problema.”

“Suppongo che se quello che hanno detto è vero allora l’hanno risolto.”

“Pensi che il Consiglio mentirebbe?”

“Mai. Non mentirebbe. Potrebbero semplicemente essere male informati. Trattare chimicamente il Pon Farr è difficile, come ho dimostrato. Sono sorpresa che abbiano perfezionato la Vulcine così velocemente.”

“Forse non l’hanno fatto. Forse hanno solo pianificato di sterilizzare tutti i maschi.”

“No.” Saavik scosse la testa. “Non è logico. La sterilizzazione vorrebbe dire la morte della specie.”

“In ogni caso, pensano di avere la loro soluzione quindi non hanno nessun interesse ad aiutare Spock.”

“Non sono sorpresa che non vogliano aiutare Spock. Sono sorpresa che non siano preoccupati per gli altri.”

“Quanti sono i Vulcaniani nel complesso ora?”

Quand’ero là: trentasette in cella, duemilaventuno in sospensione. Tuttavia, loro non sono gli ‘altri’ di cui stavo parlando. Sto parlando dei sei miliardi intrappolati tra vita e morte. È logico per il Consiglio pensare di avere la situazione sotto controllo, ma non è etico. Qualcosa dev’essere fatto. Sono delusa del fatto che non vogliano aiutare.”

“Mi dispiace, Saavik, non sembra importargliene.”

“Sono abbastanza occupati nel salvare i sopravvissuti.” Sospirò Saavik. “Il trasferimento su Natala non è stato facile. Soddisfa tutti i nostri bisogni fisiologici, tuttavia manca qualcosa.”

“Non è ‘casa’.”

“Forse è così. Come ogni specie eravamo profondamente legati alla nostra terra natia.”

“Forse le future generazioni vedranno Natala come una casa.”

“Grazie, Dottore. Cerchi di riposare.”

“Ti senti bene?”

“Sì, Dottore.”

Bones guardò Saavik andarsene sentendosi preoccupato per lei. Aveva lo stesso sguardo che il dottore aveva visto negli occhi dei suo pazienti terminali quando avevano accettato il loro destino. Era stato così preoccupato per Spock nelle ultime dodici ore che non aveva nemmeno pensato a lei. Sentendosi sul punto di svenire McCoy ritornò a letto. Questa volta non ebbe nemmeno il tempo di stendersi quando suonò il dispositivo sul comodino. Prima che potesse reagire il suo comunicatore suonò. Aveva dato a Spock un comunicatore d’emergenza fatto in modo che chiamasse direttamente il suo.

“Dottore, aiu…”

“Spock? Spock…”

Kirk sedeva sulla poltrona del Capitano lottando per rimanere sveglio. Era quasi mezzanotte e il turno era cambiato circa un’ora prima. Kirk non voleva ammetterlo a sé stesso, ma sapeva di essere rimasto sul Ponte perché li era salvo. Uhura non lo avrebbe mai trascinato in una discussione sul Ponte. Giusto per essere sicuri l’aveva messa fuori rotazione per tre giorni.

“Capitano?”

“Sì, um…”

“Talis, Signore.”

“Giusto, scusa. Cosa le serve Tenente?”

“Niente, Signore, è solo che mi sembra sul punto di crollare. Abbiamo il Ponte sotto controllo, dubito fortemente che i Vulcaniani ci sparino addosso.”

“Non si sa mai.” Mormorò Kirk a sé stesso.

“Signore?”

”Niente. Ha ragione. Ha il comando, Talis.”

“Sì, Signore. Mi prenderò cura di lei.”

“Sarà maglio.”

Talis sorrise, ma non nascose lo sguardo preoccupato nei suoi occhi. Kirk ignorò il Tenente e balzò in piedi come se fosse stato completamente riposato. Una volta nel turboascensore si appoggiò al muro esausto. Si chiese come aveva fatto Spock a mettere in piedi una così bella recita per nascondere quanto era realmente malato.

“E io non riesco neanche a convincere l’equipaggio che non sono stanco.”

Quando l’ascensore si fermò Kirk diede un’occhiata ai corridoi. Sollevato del fatto che fossero vuoti si trascinò fino ai suoi alloggi. Una volta arrivato si lasciò cadere sul letto. Al contrario di McCoy non pensò nemmeno a togliersi l’uniforme. Tuttavia, proprio come il suo amico, non riuscì nemmeno ad appoggiarsi che il campanello della porta suonò.

“Non ora…per favore.” Mormorò Kirk.

Il campanello suonò ancora e poi una terza volta. Kirk realizzò che non avrebbe avuto un minimo di pace fino a che non avesse parlato con Uhura. Dopo aver preso un profondo respiro Kirk si forzò ad alzarsi e uscì dal letto. Camminò fino alla porta e la aprì. Uhura entrò come se avesse ricevuto un invito a farlo e quando la porta si chiuse si voltò e fissò il Capitano aspettando che parlasse.

“Uhura…”

“La prossima parola che ti esce dalla bocca sarà meglio essere una scusa per non avermi detto la verità.”

“Co…” Kirk scosse la testa per schiarirsela. “Uhura non so di cosa stai parlando. Spock voleva solo passare un po’ di tempo su Nata…” 

Kirk fu fermato da un dolore accecante che lo fece indietreggiare di qualche passo. Gli ci volle qualche secondo per realizzare che Uhura lo aveva appena colpito. Non era stato uno schiaffo arrabbiato, quanto quasi un pugno sferrato a piena potenza. Più che sorpreso Kirk fissò Uhura e vide che era pronta a colpirlo di nuovo. I suoi occhi luccicavano di lacrime non versate e veleno mortale.

“Wow…” disse Kirk massaggiandosi la parte colpita “sai di certo come colpire.”

“Ti meriti di peggio.” Sibilò Uhura.

“Nyota, per favore, ti ho già detto la veri…”

“Se Spock fosse ancora sul pianeta il mio anello non sarebbe dorato.”

Uhura sollevò la mano per mostragli la fede nuziale di un intenso color oro. Kirk grugnì mentalmente. Si era completamente dimenticato che gli anelli della coppia reagivano l’un con l’altro. Più era vicini più si coloravano d’oro. L’istante in cui Spock era tornato a bordo l’anello doveva essere cambiato da argento a oro.

“Okay, ci hai scoperto.” Sospirò Kirk. “Spock è a bordo.”

“Perché mi hai mentito?”

“Personalmente non volevo. Spock me l’ha chiesto. Non vuole che qualcuno sappia che è a bordo.”

“Neanche io?”

“Specialmente tu. Si sta prendendo una pausa dal Vulandin e non vuole che tu veda in che condizioni è.”

“Lo ucciderò.”

“L’avevo avvertito. L’Inferno non conosce peggior furia…”

Kirk non finì la ben conosciuta frase. Uhura appariva persa e sconfitta ancora una volta. Per un momento la scintilla di vita in lei era tornata, ma ora che aveva perso la rabbia lo stress della situazione sembrava averla sottomessa di nuovo. Kirk le mise una mano sulla spalla. Lei lo guardò con un leggero sorriso.

“Mi dispiace, Capitano.” Si scusò Uhura. “Mi manderà alla Corte Marziale?”

“Beh, dato che entrambi stiamo camminando su una sottile striscia di ghiaccio questi giorni penso che lascerò perdere.”

“Grazie, Signore.”

“Ora la decisione più importante…vuoi vedere Spock?”

“Certamente.”

“Mi sa che non la prenderà bene, non vuole davvero che tu lo veda quando è completamente impazzito.”

“L’ho già visto.” Disse Uhura seriamente. “Nel bene e nel male…queste sono le parole per le quali ho scelto di vivere, Capitano.”

“Vero.”

Kirk le prese la mano e la condusse fino al livello di sicurezza. Quando arrivarono al corridoio Kirk fu sorpreso di vedere che c’era anche McCoy. Se ne stava fuori dalla cella di Spock con le mani sui fianchi e l’espressione persa fra i suoi pensieri.

“Bones?”

“Capitano, stavo giusto per…” McCoy si bloccò quando voltandosi vide Uhura. “Uhura…lo giuro volevo che Spock ti raccontasse la verità.”

“Lo so.”

“Vedo che sei riuscita ad estorcere la verità a Jim.”

“Ha un montante davvero diabolico.”

Uhura oltrepassò i due uomini per vedere suo marito. Si fermò davanti alla cella e lo fissò. Kirk le si affiancò per offrirle un po’ di supporto. Guardando dentro notò che Spock aveva usato la vernice rossa che gli aveva procurato. Il muro al di sopra del letto era coperto da una nave spaziale dall’insolito design disegnata in fretta. Il disegno era completo solo a metà e vi era una striscia giù per il muro a testimonianza di quando Spock aveva perso le forze nel bel mezzo del suo disegno facendo scivolare la mano per la parete. Al momento Spock era disteso a faccia in giù.

“Spock non dorme mai sullo stomaco.” Sussurrò Uhura.

“Non sta proprio dormendo, è sedato.” La informò McCoy.

“Posso entrare?”

“I Vulcaniani non si sedando facilmente. Potrebbe svegliarsi da un momento all’altro ed essere violento.”

“Cos’è successo, Bones?” Chiese Kirk.

“Non lo so. Stavo per andare a letto quando l’allarme sul mio comodino è impazzito, battito cardiaco elevato così come anche la pressione sanguinea. Spock è riuscito a chiamarmi ma poi il segnale si è interrotto. Quando sono arrivato qui il sedativo aveva già fatto effetto. La vernice è ancora fresca, doveva averla appena usata.”

“Almeno sembra che i sedativi funzionino. Quella nave, mi sembra così familiare…”

“Sedativi?” Chiese Uhura.

“Spock sta indossando un dispositivo che lo tiene calmo automaticamente. Anche se l’ho ricalibrato, non doveva farlo svenire.”

“Per favore, Dr. McCoy, mi faccia entrare. Solo per un minuto.”

Bones guardò Kirk per la decisione finale. Kirk stava per dare il suo consenso quando Spock si svegliò di soprassalto con un violento urlo. Si trascinò fuori dal letto prima di mettere i piedi a terra e finì a gattoni. Balzando in piedi fissò direttamente i suoi visitatori.

“Cosa state facendo?” Domandò Spock.

“Va tutto bene, Spock.” Disse Kirk gentilmente. “Uhura l’ha scoperto da sola.”

“No, no, no…fermatela!”

“Um…è un po’ troppo tardi per que…”

“Dottore, ha detto che l’avrebbe tenuta al sicuro!” Ringhiò Spock. “La fermi!”

“Spock, stai parlando di Saavik?” Chiese Bones.

“Sì! La fermi!”

“Dov’è?”

Spock chiuse gli occhi e lentamente scivolò sulle ginocchia. Le luci del congegno visibili attraverso la maglia cominciarono a lampeggiare più velocemente. Scotendo la testa Spock si schiaffeggiò in viso.

“Spock!” Urlò Uhura in preda all’orrore.

“Sta solo cercando di svegliarsi, il dispositivo ha notato la sua agitazione e sta cercando di sedarlo di nuovo.”

“Lo ucciderà.”

“C’è questo rischio.” Ammise Bones. “Spock, Saavik è nei guai?”

“Livello…A…” Ansimò Spock. “La sala d’osservazione a destra…andate. Veloci.”

McCoy non se lo fece ripetere due volte e cominciò a correre il più veloce possibile. Kirk si trattenne giusto il tempo per dire a Uhura di rimanere là. Riuscì a raggiungere Bones proprio mentre le porte dell’ascensore iniziavano a chiudersi. Bones camminò su e giù per lo stretto spazio dell’ascensore mentre questo li portava al livello più alto della nave. Quando le porte si aprirono Bones ricominciò a correre.

“A destra, Bones, a destra!” Gridò Kirk.

McCoy si bloccò e riprese a correre nella giusta direzione. Era tardi e non c’erano molte persone per i corridoi. Tutti voltarono la testa per guardare il Capitano e l’Ufficiale Medico che correvano per i corridoi. Sembravano due scolaretti che facevano a gara su chi arrivava prima.

Kirk arrivò alla porta che portava al Ponte d’Osservazione 2 che si trovava nella parte destra della nave. Entrando cercò Saavik. La trovò inginocchiata davanti all’immensa finestra che partiva dal pavimento e arrivava fino al soffitto. Aveva entrambe le braccia sollevate sopra la testa con le mani poggiate sul vetro. Le sue dita stavano eseguendo il tradizionale saluto Vulcaniano. Con la testa china era completamente immobile.

“Saavik!” Gridò McCoy.

Spostandosi Kirk lasciò che il dottore si occupasse della situazione. Bones cadde in ginocchio accanto a lei e le mise le mani sulle spalle. Saavik ricadde tra le sue braccia come un bambola. Sangue verde scuro le macchiava il viso e le correva giù per la gola insozzandole la stoffa nera della maglia. Kirk guardò ansiosamente mentre Bones le passava una mano sul viso per spostarle i capelli. McCoy chiuse gli occhi e sospirò pesantemente.

“Bones?”

“È…è morta, Jim.”

“Cos’è successo? Non capisco.”

“Nemmeno io. Qualsiasi cosa stesse facendo, Spock lo sapeva.”

“Cos’è quella?” Kirk indicò la siringa dimenticata sul pavimento.

“Sembra Vulcine.” Rispose vagamente Bones.

Bones stese con cura Saavik sul pavimento. Sembrava in stato di shock. Kirk non disse niente, capendo che quello non era il momento per le parole neanche se ne avesse avute da condividere. Bones guardò Saavik e corrugò le sopracciglia. L’angolo di un foglio le usciva dalla tasca. Lo prese e lo lesse a voce alta.

“Dottor McCoy, Capitano James T. Kirk, se non sopravvivo mi scuso. Qualcuno doveva provare a connettersi direttamente con le anime intrappolate nel buco nero. Ero la scelta logica per tale esperimento. La Vulcine è servita ad incrementare la mia connessione con loro. La mia paura è che aprire la mia mente a sei miliardi di anime sarà schiacciante. Tuttavia, se vi è una possibilità di dar loro la pace allora bisogna provare. Se ne rimarrò uccisa in nessuna circostanza dovrete permettere a Spock di fare ciò che io ho tentato, il risultato sarà senza dubbio lo stesso. Vi ringrazio entrambi per ciò che avete fatto per me, Spock, e il resto della specie Vulcaniana. Se non riuscirò a trovare una risposta qui, allora sono sicura che voi ne troverete una e imparerete dal mio errore.”

Kirk si unì a Bones sul pavimento. I due passarono qualche minuto in silenzio mentre McCoy rileggeva la lettera in silenzio. Bones ripiegò la lettera e se la mise in tasca. Si strappò la manica dell’uniforme e la usò per pulire il viso di Saavik come meglio poteva.

“Mi dispiace, Bones. Sai che non è colpa tua, vero?”

“La colpa è del Consiglio Vulcaniano.” Ringhiò McCoy amaramente. “L’ha fatto perché le ho detto che non avrebbero offerto aiuto. Immagino che abbia pensato fosse perfettamente logico provare a salvarli lei stessa sapendo che Spock era troppo debole per farlo oltre al fatto che è uno stimato membro della Flotta Stellare.”

“Pensi che lei ritenesse la vita di Spock più preziosa della sua?”

“Ne sono certo.”

Kirk annuì tristemente. Ancora una volta sulla scena calò un pesante silenzio. Kirk guardò fuori dalla finestra, sapendo che da quella parte si trovava il buco nero di Vulcano. Le brillanti stelle che una volta gli apparivano bellissime gli sembravano ora fredde e distanti.

“Capitano?” Chiese una voce dall’interfono.

“Non ora.” Replicò Kirk.

“La Flotta Stellare ci sta chiamando.”

“Dille di chiamarci più tardi.”

“Signore, è un messaggio di priorità uno.”

“Bene.” Sospirò Kirk. “Passamelo.”

“Capitano?” Chiese la voce dell’Ammiraglio Pike.

“Sì, Signore?”

“Capisco che la sua corrente missione non stia andando bene, e che sia di importanza vitale sia per la Federazione che per lei personalmente.”

“Tuttavia…”

“Tuttavia, deve dirigersi al sistema di Teguas immediatamente.” Continuò Pike.

“Che sta succedendo?”

“La USS Caparzia è in pericolo.”

“La Caparzia?” Chiese Bones. “Non è un vascello di soccorso?”

“Sì, Dottore,” confermò Pike “ed è ora in bisogno di soccorso lei stessa. Andate ora, massima Curvatura, niente domande. Ci sono 706 vite a bordo, non abbiamo dettagli tranne che è in urgente bisogno di aiuto. Veloce come la luce Capitano.”

“Sì, Signore.” Annuì Kirk. “Timoniere, ha sentito?”

“Sì, Signore.”

“Imposti la rotta, ci porti là alla massima velocità possibile.”

“Signore, e il Signor Spock? Non è ancora su Natala?”

“Imposti la rotta, Timoniere, ora!” Abbaiò Kirk.

“Sì, Signore. Arrivo previsto fra approssimativamente sette ore.”

Sentendo il sopraggiungere di un mal di testa Kirk si premette la base del naso fra le dita. Bones si sporse sopra Saavik e poggiò una mano sulla spalla di Kirk. Alzando lo sguardo Kirk forzò un triste sorriso. Improvvisamente rimase senza fiato.

“Jim?”

“Il disegno di Spock…mi sembrava di riconoscerlo. È la Caparzia!”

“La Caparzia, sei sicuro?”

“Le navi di soccorso hanno un design speciale per i motori che permette maggiore velocità e manovrabilità, ma meno protezione durante un combattimento. Te lo garantisco, Spock stava disegnando la Caparzia.”

“Ma Teguas è a una dozzina di anni luce da qui.”

“Eppure Spock sapeva che era in pericolo…proprio come sapeva che anche Saavik lo era.”

 

Mi duole informarvi che sono costretta a ridurre gli aggiornamenti da due a una volta alla settimana per evitare di fermare la storia perché il mio amato computer C1-P8 si è rotto e adesso devo aspettare che i miei mi regalino il computer portatile. Mi dispiace tanto.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30

 

Intrappolato in un incubo il respiro di Spock fuoriusciva come un sibilo fra i suoi denti serrati. Qualcuno, forse tutti, sulla USS Caparzia gli aveva urlato in cerca d’aiuto in un simile sogno. Tuttavia lo sconosciuto destino della nave non era ciò che lo stava tormentando in quel momento. Anche la recente morte di Saavik non era altro che una vaga sensazione che qualcosa non andava. In quel momento Spock si ritrovava di nuovo sulla calda sabbia di Vulcano.

 

Guardando in alto fissò pieno di orrore il cielo rosso sangue che sembrava ribollire di vita propria. Nessuno intorno a lui era preoccupato dal pericolo, e anche lui era insicuro di cosa presagisse l’infausto cielo. Spock notò una roccia lì vicino fratturarsi senza nessuna apparente ragione. La strana sensazione di disagio che si contorceva nel suo stomaco si trasformò in terrore.

 

“Spock.”

 

“Madre?”

 

“Spock, cosa stai facendo?”

 

Voltandosi Spock trovò sua madre seduta sulla sedia a dondolo che si trovava sulla veranda di pietra della sua casa d’infanzia. Lo fissò con calma anche quando una tegola d’ardesia cadde dal tetto frantumandosi a terra. Vi era una manciata di Vulcaniani con lei, tutti che conversavano gli uni con gli altri. Spock si voltò e fissò l’irato cielo, domandandosi perché fosse l’unico a preoccuparsi.

 

La madre di Spock si alzò dal posto in cui era seduta e si scusò con gli altri. Avvicinandosi alle spalle di suo figlio gli poggiò una mano sulla spalla, e si sporse per baciargli la guancia. Spock istintivamente piegò la testa quel tanto che bastava per farle capire che l’intimo contatto non era desiderato. Amanda sorrise tristemente e tolse la mano dalla sua spalla.

 

“Ancora spaventato di mostrare affetto?” Chiese Amanda.

 

“Non sono spaventato.” Mentì Spock. “È semplicemente inappropriato in questo momento, Madre.”

 

“Sei sicuro di non sentire paura?”

 

“La paura è un’emozione uma…” Spock non finì la frase mentre una delle rocce lì vicino si frantumava rumorosamente. “Madre, dobbiamo andarcene.”

 

“Andarcene? Dove vorresti andare?”

 

“Non solo tu ed io, tutto Vulcano.”

 

“Di cosa stai parlando?”

 

“Qualcosa di terribile sta per accadere.” Replicò vagamente Spock. “Non so cosa, tuttavia, so che se  non lasciamo Vulcano moriremo tutti.”

 

“Spock,” ridacchiò Amanda “non sei molto logico.”

 

“Dov’è mio padre?”

 

“Con il Consiglio ovviamente. Spock, cosa ti preoccupa?”

 

“Nulla.”

 

Come in un sogno Spock non trovò strano che lo scenario cambiasse improvvisamente davanti a lui. Fra le mura di pietra della Sala del Consiglio Spock poté sentire il brontolio di Vulcano mentre il pianeta ringhiava a causa di una misteriosa agonia. Il Consiglio rimase ignorante del pericolo. Spock d’altra parte provava un timore così potente da minacciare di sopraffarre qualsiasi speranza di un pensiero razionale.

 

Si sentiva come se avesse continuato a discutere per giorni interi con il Consiglio della necessità di evacuare il pianeta. Sopra di lui sapeva che l’immenso soffitto di vetro che copriva l’Accademia delle Scienze si era già frantumato, eppure nessuno voleva ammettere il bisogno di aiuto. Frustrato Spock utilizzò tutta la sua volontà per non mettersi a camminare avanti e indietro innanzi al Consiglio. Il Consiglio abbassò lo sguardo su di lui freddamente. Era obbligati dalla legge di Vulcano ad ascoltare ciò che aveva da dire, ma nessuna legge diceva che dovevano ascoltare per davvero.

 

“Vulcano deve essere evacuato.”

 

“Ti ricordiamo, Spock, che il tuo posto all’Accademia è a rischio. Queste tue sciocche teorie e predizioni di Giorni del Giudizio Universale non aiutano la tua posizione.”

 

“Consiglio, vi prego, dovete credermi…”

 

“Stai diventando emotivo, Spock.”

 

“Non mi avete lasciato scelta!” Ruggì Spock mentre la paura si trasformava in rabbia. “Quello che sta succedendo a Vulcano non è un fenomeno naturale. Qualcuno ci sta distruggendo!”

 

“Nessuno vorrebbe attaccare Vulcano poiché noi non attacchiamo nessuno.”

 

“Chiamate la Flotta Stellare,” insistette Spock contro il suo sordo pubblico “abbiamo bisogno di aiuto.”

 

“Vulcano può badare a sé stesso. Se desideri associarti alla Flotta Stellare avresti dovuto unirti ai suoi ranghi quando ne hai avuto l’occasione.”

 

“Forse avrei dovuto.” Ringhiò Spock. “Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per guadagnare la vostra accettazione, eppure tutto ciò che dico viene istantaneamente ignorato! Se avessi saputo che sarei semplicemente rimasto a marcire lentamente su Vulcano avrei approfittato della mia opportunità con gli umani!”

 

“Non è troppo tardi per prendere il cammino che non hai scelto.” Ringhiò pericolosamente il Consigliere. “Non hai più un posto qui all’Accademia delle Scienze.”

 

Spock lottò contro le mani che improvvisamente furono su di lui. Infuriato attaccò ciecamente i suoi assalitori. Il paesaggio era cambiato di nuovo passando alla sabbia del deserto giusto fuori città. Trascinato lontano dalla civiltà Spock riuscì finalmente a liberarsi dei suoi assalitori. Voltandosi per affrontarli Spock si ritrovò nel mezzo di un gruppo di Vulcaniani poco più vecchi di lui. Uno di loro aveva ancora la cicatrice sul labbro superiore causata dal pugno che gli aveva tirato Spock quando erano stati molto più giovani. A quel tempo avevano lavorato duramente per forzarlo a mostrare la sua parte emotiva. Non fu così difficile questa volta.

 

Lanciandosi contro il più vecchio Spock riuscì a prenderlo di sorpresa. I due caddero sulla sabbia, bloccati nel combattimento. Anche se Spock riuscì rapidamente a guadagnare una posizione vantaggiosa venne sconfitto a causa del semplice fatto che era penosamente in inferiorità numerica. Due Vulcaniani lo spostarono dalla sua preda sanguinante. Rialzandosi il giovane e potente Vulcaniano colpì Spock con abbastanza forza da farlo crollare sulle ginocchia. Gli altri continuarono a tenerlo a terra nonostante i suoi tentativi di rialzarsi.

 

Quando sentì distintivamente il suono di una lama che veniva estratta dalla sua guaina Spock raddoppiò inutilmente i suoi sforzi per liberarsi. Spock urlò in un misto di dolore ed umiliazione mentre gli tenevano un orecchio per poi inciderlo profondamente. Sangue gli corse giù per il collo mentre ripetevano la crudele mutilazione anche dall’altra parte. Una volta che gli ebbero rubato le punte che una volta ornavano le sue orecchie lo rilasciarono con un violento spintone.

 

“Ti abbiamo fatto un favore, Spock, ora puoi andare a vivere fra gli umani a cui appartieni.”

 

Spock trovò la via per sfuggire al sogno brevemente. A malapena cosciente aprì gli occhi e fissò il soffitto bianco. Con il cuore che ancora gli andava a mille cercò di capire cosa stava succedendo. Più riguadagnava conoscenza più il costante chiacchiericcio in sottofondo si faceva forte.

 

Insicuro di dove si trovava Spock rotolò fuori dal piccolo letto e spese alcuni attimi a ritrovare l’equilibrio. Voltandosi vide il Dr. McCoy che lo osservava attraverso il campo di forza. La mente di Spock era offuscata da una combinazione di varie cose e non riconobbe il suo amico. Tutto ciò che poteva vedere era una figura che lo dominava come se non fosse stato niente di più che una bestia. Infuriato Spock corse verso la barriera e si schiantò contro di essa. Il dispositivo contro il suo petto reagì alla sua violenza e suonò in allarme. Se fosse riuscito a calmarsi nei prossimi cinque secondi non avrebbe iniettato altre droghe nel suo sistema.

 

Incapace di controllarsi Spock si buttò contro il campo di forza ancora una volta. La sua unica ricompensa fu l’iniezione di un sedativo che lo fece immediatamente collassare a terra. Era come se qualcuno avesse aumentato la gravità nella stanza. Incapace di lottare contro gli agenti chimici Spock incominciò a cadere. Un forte paio di mani lo fece stendere gentilmente sul pavimento mentre veniva forzato a stare giù. Lottando per tenere gli occhi aperti Spock guardò McCoy.

 

Lo sguardo preoccupato negli occhi del dottore raffreddò lo spirito di Spock, tuttavia portò con se una nuova ondata di panico. Quando Spock perse la forza di restare sveglio Bones gli sollevò una palpebra per guardare i dilatati occhi verdi del Vulcaniano. Dopo aver guardato criticamente il suo paziente Bones passò gentilmente una mano fra i capelli di Spock.

 

“Questo non può andare avanti,” mormorò a Spock “ti stiamo uccidendo.”

 

Spock udì a malapena le parole preoccupate del dottore mentre perdeva di nuovo conoscenza. Le voci che risuonavano come una eco distante nel retro della sua mente esplosero in una scena di caos e panico. Spock corse fra la frenetica folla mentre il mondo collassava intorno a loro. La polvere rendeva difficile vedere e il puzzo del sangue rendeva disgustoso ogni respiro.

 

Incapace di trovare la sua famiglia nel vasto mare di Vulcaniani terrorizzati Spock incominciò a urlare i loro nomi. Anche alle sue orecchie la sua voce giungeva smorzata e si perdeva nelle grida di coloro che gli stavano attorno. Crollando in ginocchio serrò gli occhi, e cercò di urlare più forte degli altri così da avere almeno il conforto di sentire la sua stessa voce. Quelle che erano state grida di panico ora erano mescolate con gemiti di dolore.

 

L’oppressivo calore che lo circondava si trasformò improvvisamente in un gelido freddo e le voci ammutolirono. Aprendo gli occhi Spock espirò una nuvola di vapore che gli oscurò la vista. Da solo in una caverna di ghiaccio Spock si mise in piedi lentamente e vagabondò verso le profondità di essa. Mentre camminava un movimento catturò la sua attenzione e lui si voltò per affrontare l’oscurità. Una figura emerse dall’ombra e Spock si ritrovò a fissare i suoi stessi occhi indeboliti dalla devastazione degli anni.

 

“Mi serve il tuo aiuto.” Disse Spock a sé stesso.

 

“Non troverai ciò che stai cercando nel passato, solo il futuro possiede le risposte di cui hai bisogno.”

 

“Tu vieni dal futuro, significa forse che hai le risposte?”

 

“Sì, le ho.” Annuì l’alter ego più vecchio di Spock. “Tuttavia, dubito che vorrai fare ciò che devi per ottenerle.”

 

“Perché dici questo?”

 

“Perché io non lo vorrei.”

 

“Io non sono te.”

 

“Allora ti mostrerò.”

 

Spock fece un esitante passo indietro quando l’altro sé fece per toccarlo. Il vecchio Spock sorrise tristemente e toccò le tempie del suo doppio più giovane. Spock ansimò quando venne risvegliato dal contatto fantasma. Questa volta quando si svegliò non era disorientato come la prima volta.

 

Sedendosi cercò di capire il significato dei sogni, ma si disse che logicamente quei sogni non erano altro che la manifestazione delle sue stesse frustrazioni. Chiudere gli occhi non servì a fermare le bollenti lacrime che gli scivolarono giù per il viso. Temendo di crollare rapidamente in un vero e proprio pianto Spock premette il pulsante sul braccialetto per allertare l’Infermeria che gli aveva dato McCoy. Il dottore rispose immediatamente.

 

“Spock?”

 

“Dr. McCoy, per favore venga al livello di sicurezza. Ho bisogno che lei ponga fine a questo esperimento.”

 

“Sei sicuro? Non sono passate neanche ventiquattro ore.”

 

“Non posso più sopportarlo.”

 

“Sto arrivando.”

 

Ci era voluta tutta la forza di volontà di Spock per sostenere la breve conversazione. Una volta saputo che McCoy stava arrivando non poté fare niente per impedire di essere trascinato via dalle sue stesse incontrollabili emozioni. Incontrollabili lacrime condussero ad uno scoppio di risa così potente da essere doloroso. Quando McCoy arrivò Spock si ricordò improvvisamente della sua brama di sangue e attaccò ancora una volta il campo di forza.

 

Il dispositivo sul suo petto cominciò a lampeggiare in avvertimento, tuttavia questa volta McCoy utilizzò il dispositivo che teneva in mano facendo sì che venisse iniettata una calmante dose di Vulandin nelle vene del Vulcaniano. Spock si calmò immediatamente mentre le sue emozioni venivano represse. Bones spense il campo di forza ed entrò nella cella per aiutare Spock a indietreggiare fino al letto per sedersi. Spock prese un profondo respiro e lo rilasciò lentamente, beandosi del silenzio della sua mente.

 

“Di nuovo ‘a caccia del drago’, eh Spock?” Sospirò Bones.

 

“Drago?”

 

“Lascia perdere.” McCoy scosse la testa. “Le emozioni sono davvero così difficili da sopportare per te? Sono davvero loro che ti stanno uccidendo?”

 

“Sì, Dottore.” Annuì Spock. “Provi ad immaginare di svegliarsi un giorno ed essere capace di vedere non solo la luce visibile, ma tutti gli spettri possibili. Quanto a lungo crede che riuscirebbe a mantenere la sua sanità mentale se la sua mente dovesse improvvisamente processare il mondo intorno a lei in ultra violetti, infrarossi, raggi-X, onde radio, ed altri? Cosa succederebbe se ogni singolo fotone le rimbalzasse per i sensi, contenendo molte più informazioni di quelle che lei possa anche solo iniziare a processare e non avesse nessun modo di bloccarle?”

 

“Immagino che piomberei in una qualche sorta di shock.”

 

“Questo è esattamente quello che le emozioni fanno ai Vulcaniani, Dottore. Se non vengono controllate, controllano noi.”

 

“Lo vedo.”

 

“Dottore, Saavik, sta…”

 

“Mi dispiace, Spock,” gli occhi di McCoy luccicarono di lacrime non versate “non sono stato abbastanza veloce.”

 

“Cosa è successo?”

 

“Ha fatto una overdose di Vulcine per cercare di connettersi con qualsiasi cosa siano queste voci. Il Dr. Balard sta facendo l’autopsia adesso.”

 

“Non eseguirà lei stesso l’autopsia?”

 

“No.” Ammise Bones.

 

Spock non disse niente. McCoy fu grato al Vulcaniano per il suo silenzio sull’argomento. Spock guardò le pareti della sua cella e notò il disegno mezzo completato. La parte frontale della nave era mancante, ma poté lo stesso determinare che non si trattava di una nave da combattimento ma di soccorso. Non si ricordava di aver intinto le dita nella pittura per disegnarla, ma quando guardò le sue mani vide che erano macchiate di rosso.

 

“Spock?”

 

“Mi dispiace, Dottore, mi ero perso fra i miei pensieri.”

 

“Comprensibile.”

 

“Forse questo è il momento più adatto per terminare il mio stratagemma e rimaterializzarmi da Vulcano così che io possa tornare al mio posto.”

 

“Um…questo potrebbe essere difficile.”

 

“Perché?”

 

“Abbiamo lasciato Natala qualche ora fa.”

 

“Come avete convinto Nyota che il Capitano mi avrebbe lasciato indietro?” Chiese Spock.

 

“Spock, non ti ricordi? Lei era qui, sa che sei a bordo. La tua fede nuziale ha fatto fallire il tuo piano.”

 

“Certo, avrei dovuto pensarci.” Annuì Spock. “Allora non importa, nessun altro oserà questionare la mia apparizione a bordo. Dove stiamo andando?”

 

“Lì.” McCoy indicò il disegno.

 

“Allora non è un disegno casuale.”

 

“No.” Rispose Bones anche se Spock non aveva fatto una domanda. “Crediamo che sia il disegno della Caparzia.”

 

“Il design è quello, un vascello di soccorso che prende il nome dalla Nave Reale Caparzia che venne in aiuto dei sopravvissuti della RMS Titanic nel passato della Terra.” Spock snocciolò le informazioni come un’enciclopedia. “Come siete arrivati alla conclusione che questa è la USS Caparzia? Ci sono diciassette navi con lo stesso design nella Flotta.”

 

“Circa dieci minuti dopo che l’avevi dipinta abbiamo ricevuto una chiamata dalla Flotta Stellare che ci informava che la Caparzia era in pericolo. Non avevano dettagli. Ci stiamo dirigendo là a massima Curvatura per investigare.”

 

Spock ci pensò su e si voltò a fissare il disegno ancora una volta. Le speranze di Spock erano state di finire le equazioni che aveva incominciato la volta scorsa e che avrebbero forse potuto portarlo alla risoluzione del problema Vulcaniano. Chiuse gli occhi per un momento, cercando di ricordare perché aveva disegnato proprio questo sul muro.

 

“Non c’è fretta di raggiungere la nave.” Annunciò Spock. “Non troverà nessuno vivo.”

 

“Cosa?”

 

“Il disegno non è incompleto, questo è semplicemente tutto ciò che resta della USS Caparzia.”

  

 

 

Eccoci qua sono riuscita a postare un altro capitolo, mi scuso per l’errore dello scorso capitolo nel nome della nave che dichiaro ufficialmente essere Caparzia il problema è che il mio computer corregge automaticamente Caparzia in Caparbia, prometto di fare maggiore attenzione.

Nel frattempo grazie ancora per i vostri commenti^^

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31

 

Kirk si svegliò a causa del suono dell’interfono. Aprendo un occhio lo richiuse immediatamente con un grugnito pietoso. Era stato obbligato ad andare a letto da McCoy qualche ora prima, ma si sentiva come se avesse dormito solo qualche minuto. L’interfono suonò ancora.

 

“Cosa?” Gemette Kirk.

 

“Capitano,” la voce di Sulu venne fuori dall’interfono “arriveremo all’ultimo luogo d’avvistamento della Caparzia in approssimativamente dieci minuti.”

 

“Grandioso…svegliami fra nove minuti.”

 

“Signore?”

 

“Non importa, Sulu. Grazie, sarò sul Ponte fra qualche minuto.”

 

Deglutendo a dispetto della gola secca Kirk rotolò fuori dal letto. Si grattò il viso, realizzando improvvisamente che la sua barba appena accennata stava diventando un po’ troppo lunga. Anche se la barba andava contro il regolamento Kirk non aveva tempo in quel momento di rasarsi. Dopo una breve caccia riuscì a trovare un’uniforme pulita e si tolse quella in cui si era addormentato. Kirk camminò fino all’interfono e premette il pulsante.

 

“Bones?”

 

“Urgh…” Fu la risposta di McCoy dopo qualche momento.

 

“Bones, sei sveglio?”

 

“No…”

 

“Alzati. Siamo quasi arrivati alla Caparzia, potremmo avere bisogno di te in Infermeria.”

 

“Giusto.” Borbottò McCoy. “Mi…um…mi sto dirigendo là.”

 

Kirk scosse tristemente la testa. Poteva quasi vedere il dottore che si girava tirandosi le coperte fin sopra la testa come un bambino che non vuole andare a scuola. Incominciando a sentire il desiderio di ritornare a letto pure lui, Kirk si diede un leggero schiaffo e si diresse verso il Ponte.

 

Una volta arrivato sul Ponte Kirk fu sorpreso nel notare che Spock era già là. Seduto sulla poltrona del Capitano come se niente fosse Spock fissava la foschia blu della Velocità di Curvatura sullo schermo davanti a lui. Kirk notò che anche se lui sembrava che fosse stato gettato in una centrifuga a piena forza Spock appariva invece perfetto come sempre. Senza un capello fuori posto sedeva con la schiena perfettamente dritta e le mani posate in grembo. Kirk si mise di fianco al suo Primo Ufficiale.

 

“Hey, tu…giù dalla poltrona.” Scherzò Kirk.

 

“Certo, Capitano.”

 

Fu solo quando Spock cercò di mettersi in piedi che si poté vedere quanto in realtà fosse tutto fuorché al 100%. Si era aggrappato ai braccioli della poltrona per cercare di tirarsi su, ma non aveva abbastanza forza per poterlo fare. Quando si piegò in avanti per darsi una spinta per alzarsi Kirk lo fermò posandogli una mano sul petto.

 

“Lascia perdere, Spock, sto meglio in piedi.”

 

“Grazie, Capitano.” Spock chinò leggermente il capo a Kirk e poi fece una pausa. “Capitano, è a conoscenza del fatto che non sta indossando le scarpe?”

 

Kirk abbassò lo sguardo sui suoi piedi nudi e fece un breve ‘huh’. Guardò Spock e scosse le spalle.

 

“Sì, beh se è per questo non ho neanche le mutande.”

 

Al timone Sulu ridacchiò, ma Spock continuò semplicemente a fissare il Capitano. Corrugò le sopracciglia come sempre faceva quando gli umani ridacchiavano a qualcosa che non capiva. Normalmente Kirk avrebbe continuato a prenderlo in giro, ma aveva già perso il suo buon umore. Spock continuò a fissare il Capitano, in attesa di ordini.

 

“Allora, sei ritornato ad usare il Vulandin?”

 

“Sì, Capitano.”

 

“La pausa ha aiutato?”

 

“Mi sento fisicamente un po’ più forte.”

 

“Buono a sapersi.” Annuì Kirk. “McCoy ti ha detto della Caparzia?”

 

“Sì. Temo che i nostri sforzi di salvarla siano vani. Tutti a bordo della Caparzia sono morti.”

 

“Capitano,” chiamò Sulu “usciremo dalla Curvatura fra 5, 4, 3, 2, 1…”

 

Kirk spostò la sua attenzione sullo schermo. Il fiato gli uscì come un sibilo fra i denti serrati mentre il disegno di Spock prendeva vita innanzi a lui. A prima vista sembrava che una qualche esplosione avesse dilaniato la parte frontale della nave. Kirk guardò Spock  e notò che stava tremando leggermente mentre fissava senza emozioni la nave in rovina.

 

“Chekhov,” disse tranquillamente Kirk “segni vitali?”

 

“Nessuno, Capitano.”

 

“Predici il futuro ora, Spock?” Chiese Kirk.

 

“No, Capitano, non il futuro. L’ho sentito accadere, non prima.”

 

“Sai se c’erano dei Vulcaniani a bordo?”

 

“Sarebbe difficile. La Caparzia aveva un equipaggio di umani.”

 

“Immagino non importi.” Sospirò Kirk. “Una vita persa è una vita persa.”

 

“In questo caso molte vite sono andate perdute.”

 

“Sai cos’è successo?”

 

“No.”

 

“Signor Sulu, venga con me in sala teletrasporto con equipaggiamento protettivo.” Disse Kirk. “Teletrasporteremo una squadra là per vedere se riusciamo a trovare il diario del Capitano. Forse riusciremo a scoprire cosa è successo.”

 

Presumendo di essere parte della squadra Spock cercò di alzarsi un’altra volta. Kirk sapeva che qualsiasi altro uomo al posto di Spock se ne sarebbe stato tranquillo a letto in quel momento. Tuttavia, Spock era chiaramente determinato a continuare ad eseguire i suoi doveri nei confronti della Flotta Stellare fino all’esaurimento dell’ultima goccia di forza in suo possesso. Kirk mise una mano sul petto di Spock e ancora una volta lo spinse indietro nella larga sedia. Spock lo guardò confuso.

 

“Non questa volta, Spock.” Kirk scosse la testa. “Occupati del negozio, hai il comando.”

 

Una lampo di sfida attraversò gli occhi di Spock. Tuttavia, essendogli stato dato un ordine diretto annuì e accettò di essere lasciato indietro. Era in momenti come questi che Kirk si domandava cosa aveva fatto per guadagnarsi l’eterna lealtà del Vulcaniano. Era certo di non meritarsi una tale cieca fiducia, ma era grato per essa ogni giorno.

 

Sulu se ne era già andato per preparare l’equipaggiamento nella sala teletrasporto. Quando arrivò Kirk tutto era pronto. Sulu stava attendendo l’arrivo del Capitano insieme ad altri tre uomini. Kirk ci mise un attimo a mettersi la tuta pressurizzata. Essere scalzo si rivelò un vantaggio visto che avrebbe dovuto togliersi gli stivali per infilarsi la tuta. Si unì agli altri sulla rampa del teletrasporto.

 

“Energia, Scotty.”

 

“Sì, Signore.”

 

Era sempre sconcertante essere materializzato nello spazio. L’improvvisa assenza di gravità dava la sensazione di cadere. Si erano teletrasportati sul Ponte della Caparzia, ancora parzialmente intatto. L’equipaggio era ancora alle sue postazioni. I loro corpi erano congelati ai loro posti dal freddo dello spazio, tre miseri gradi al di sopra dello zero assoluto. La posizione dei corpi diede a Kirk la sensazione che non avessero avuto idea che la morte si stava avvicinando rapidamente. Il massiccio buco nello scafo doveva aver tolto l’ossigeno dalla nave in pochi secondi.

 

“Capitano.” Chiamò Sulu.

 

“Sì?”

 

“Le ultime coordinate per la navigazione sono ancora sullo schermo del timoniere.”

 

“Dove erano diretti?”

 

“A Natala.”

 

“Natala è il più vicino pianeta abitato. Se il Capitano sapeva che la Caparzia era nei guai avrebbe un senso il fatto che avessero cercato di raggiungere Natala. Prendiamo quello per cui siamo venuti e andiamocene.”

 

“Sì, Signore.”

 

A causa della mancanza di energia nella nave distrutta non riuscirono ad accedere direttamente ai dati che stavano cercando. Invece la squadra lavorò per prendere l’intero blocco di memoria che conteneva il diario di bordo oltre alle registrazioni delle rotte della nave. Una volta ottenuto ciò che volevano abbandonarono la nave. Un’altra nave sarebbe stata mandata a prendere i corpi per poi mandarli alle famiglie.

 

Una volta tornato alla nave Kirk assemblò un’altra squadra per esplorare la Caparzia in cerca di indizi su cosa poteva essere successo. Fece mandare i pezzi del computer che avevano preso in laboratorio così che venissero analizzati. Dopo essersi tolto la tuta pressurizzata Kirk si incamminò verso l’Infermeria per dire a McCoy che poteva tornarsene a letto, nessuno a bordo della Caparzia aveva bisogno di un medico.

 

McCoy era nel suo ufficio a leggere un rapporto. Sembrava distrutto quanto Spock. La mancanza di sonno gli aveva segnato gli occhi. I suoi occhi scorrevano lentamente la pagina che stava leggendo. Con le sopracciglia corrugate sembrava non credere a qualunque cosa fosse che stava leggendo. Kirk tossì leggermente per fargli sapere che era arrivato.

 

“Jim.” Saltò McCoy. “La Caparzia?”

 

“Spock aveva ragione, è una nave fantasma.”

 

“Spock? Gli avevo chiesto di restare a letto.”

 

“Non puoi dirmi che sei sorpreso del fatto che fosse sul Ponte. Lo conosci troppo bene.”

 

“Testardo.”

 

“Io avrei detto ‘dedito al suo lavoro’, ma testardo ve bene lo stesso.”

 

“Non dovrebbe essergli permesso di avere il comando della nave, Jim. Lo so che odi il fatto di dovergli togliere la sua posizione, ma non è abbastanza in salute per continuare ad essere il Primo Ufficiale. È fisicamente e mentalmente compromesso.”

 

“Lo hai già messo per iscritto?”

 

“Non ancora.”

 

“Per favore non farlo.” Chiese Kirk. “Mi prenderò la completa responsabilità di qualsiasi azione di Spock.”

 

“Non pensi che sia pericoloso?”

 

“Onestamente, non penso che gli resti abbastanza forza per essere pericoloso.” Sospirò Kirk.

 

“Potresti avere ragione.”

 

“Vai a dormire un po’, Bones. Sembri sul punto di svenire.”

 

“No, devo finire di leggere il rapporto sull’autopsia di Saavik.” McCoy scosse la testa. “Non ha alcun senso.”

 

“Hai la causa della morte?”

 

“È proprio questo il punto, non c’è niente di fisicamente sbagliato in lei che avrebbe potuto portare alla morte. Anche la perdita di sangue era minore. È come se il suo cervello all’improvviso si fosse semplicemente…fermato.”

 

“Bones, credo sia ora di ammettere che stiamo avendo a che fare con qualcosa che la medicina e la scienza tradizionali non comprendono.”

 

“Se è così allora siamo nei guai perché sono certo che tu ti sia accorto che non c’è niente che io possa fare per impedire a Spock di morire.”

 

“Penseremo a qualcosa. Non posso accettare che non ci sia una soluzione.”

 

“Ad una situazione del genere non interessa se tu accetti o no come stanno le cose.” Replicò seriamente Bones. “Questa volta non puoi cambiare le regole del gioco per vincere.”

 

“Lo so.”

 

“Capitano?” Provenne la voce di Spock dall’interfono.

 

“Sì, Spock?”

 

“Le informazioni sulla Caparzia sono pronte per essere discusse.”

 

“Ce la fai fino alla sala conferenze?” Chiese Kirk.

 

“Sì, Capitano.”

 

“McCoy ed io ti raggiungeremo lì.”

 

“Molto bene.”

 

“Gli offrirei una sedia a rotelle se pensassi anche solo per un secondo che l’accetterebbe.” Mormorò Bones.

 

“Penso che sappiamo entrambi che striscerebbe sul suo stomaco sopra a schegge di vetro prima di ammettere di aver bisogno di una sedia a rotelle.”

 

Bones annuì con vigore facendo sì che le labbra di Kirk si incurvassero in un triste sorriso. I due camminarono in silenzio fino alla sala conferenze. Spock li stava aspettando, seduto al tavolo. Quando alzò lo sguardo Kirk notò che vi erano macchie di sangue sulle sue guance. Kirk sapevano che erano il risultato di quando Spock provava a far scomparire le lacrime di sangue che ogni tanto sfuggivano dai suoi occhi insanguinati.

 

“Spock,” disse McCoy “ti prego, torna a letto. Hai bisogno di riposare.”

 

“Sto per finire il mio tempo, Dottore, e non desidero sprecarlo standomene disteso a letto a fissare il soffitto. Non è un utilizzo logico delle mie restanti energie.”

 

“Ti darebbe più tempo.”

 

“Non c’è motivo di estendere la vita se non sei in grado di contribuire. Preferirei vivere cinque minuti ricchi di significato piuttosto che cinque anni di ozio.”

 

“Signori,” li interruppe Kirk “non discutiamone ora. Voglio prima sentire l’ultima registrazione del diario del Capitano.”

 

Spock annuì e cominciò a premere dei tasti sul computer della sala conferenze. Il video di una matura donna Capitano prese vita sullo schermo. Sebbene non ci fosse panico nei suoi occhi era chiaro lo stress. Prima di iniziare la registrazione chiuse brevemente gli occhi e sospirò pesantemente.

 

“Come Capitano di una nave di soccorso ho dovuto comunicare ai sopravvissuti la brutta notizia che i loro compagni sono periti. Tuttavia, oggi ho dovuto comunicare la più difficile notizia della mia vita ad un gruppo di sette sconosciuti sopravvissuti ad una catastrofe di proporzioni immense. Non c’è un modo delicato di comunicare a qualcuno che tutto e molto probabilmente tutti coloro che ha conosciuto se ne sono andati. Non ci sono parole per consolare adeguatamente qualcuno che è appena diventato un membro di una razza in via di estinzione.”

 

“Sembrerebbe, Capitano,” intervenne Spock “che effettivamente ci fossero dei Vulcaniani a bordo della Caparzia.”

 

“Oggi,” continuò il Capitano della Caparzia “abbiamo individuato un segnale da quello che credevamo essere un pianeta disabitato nel sistema stellare di Leen. Una squadra scesa sul pianeta ha trovato un gruppo di sette Vulcaniani. Sono in brutte condizioni non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Li descriverei come totalmente indifferenti. So che i Vulcaniani sono famosi per la loro mancanza di emozioni, ma dopo aver sentito della distruzione di Vulcano sono diventati catatonici.

 

Da quel poco che ho appreso da loro erano stati lasciati su quel pianeta poche settimane prima della catastrofe come un team di ricerca. In accordo con le registrazioni che abbiamo trovato al loro campo erano in ventidue in principio. Si aspettavano di essere riportati a casa dopo sei mesi dal loro arrivo. Tuttavia, non possiamo far altro che supporre che tutti coloro che sapevano della loro missione sono morti su Vulcano e pertanto nessuno è andato a recuperarli.

 

Le caratteristiche del sole Leeniano rendono le comunicazioni sub-spaziali a dir poco difficili, e ovviamente la squadra stava cercando di contattare un pianeta che non esisteva più. Senza comunicazioni sub-spaziali hanno costruito un radio faro e hanno atteso.

 

I sette sopravvissuti non ci hanno detto che ne è stato del resto della squadra. Cibo e acqua sono presenti in grandi quantità in tutto il pianeta quindi dubito che siano stati vittime di cannibalismo. Per quello che so circa l’arco di vita dei Vulcaniani mi sembra alquanto strano che un così grande numero di membri della squadra sia morto in un così breve tempo. Non abbiamo cercato i corpi ma la squadra che è scesa sul pianeta ha affermato di aver visto quelle che credevano essere delle tombe.

 

Sappiamo che uno dei Vulcaniani è gravemente malato. È così vicino alla morte che rimane intrappolato in un leggero coma. I suoi compagni dichiarano di non capire la sua malattia, e si rifiutano di parlarne oltre. Il sole Leeniano sta causando problemi al nostro stesso sistema di comunicazioni sub-spaziali, tuttavia, credo di essere riuscita a mandare un messaggio di massima priorità alla Flotta Stellare per informarli che abbiamo bisogno di aiuto con i nostri nuovi passeggeri Vulcaniani e che intendiamo portarli direttamente su Natala. Tuttavia li terremo a bordo per assicurarci che qualsiasi sia la malattia del Vulcaniano non sia contagiosa.”

 

La registrazione finiva senza più nessuna aggiunta. Se il Capitano della Caparzia era a conoscenza di qualche pericolo non lo aveva riportato. Kirk alzò lo sguardo e notò che Spock aveva le punte delle dita che si toccavano le une con le altre mentre pensava a ciò che aveva appreso.

 

“Interessante.” Mormorò Spock.

 

“Spock?”

 

“Il Capitano della Caparzia è corretto, è alquanto improbabile che la maggior parte della squadra Vulcaniana sia morta a causa dell’età. Nemmeno è pensabile che così tanti di loro siano entrati nel Pon Farr durante il tempo trascorso sul pianeta Leeniano ritrovandosi pertanto nella mia attuale condizione.”

 

“Cosa pensi che sia accaduto?”

 

“Una logica conclusione è che uno o due membri della squadra siano impazziti e abbiamo ucciso gli altri finchè i sopravvissuti non sono stati forzati ad uccidere gli affetti in auto difesa. Questo spiegherebbe anche lo stato mentale in cui sono stati trovati i restanti sette. L’omicidio non è facile per i Vulcaniani, anche se per auto difesa.”

 

Kirk si appoggiò allo schienale della sedia e fissò il soffitto. Una parte di lui era convinta che sarebbero riusciti a trovare qualche risposta al problema Vulcaniano a bordo della Caparzia. Ora il mistero si era soltanto infittito. Essendo tutti praticamente sul punto di crollare per la mancanza di riposo Kirk stava quasi per ordinare a tutti di prendersi una pausa di cinque ore. Prima che riuscisse a comunicare i suoi ordini le squadre ancora a bordo della Caparzia lo chiamarono.

 

“Qui il Capitano.”

 

“Signore, abbiamo trovato qualcosa di strano.”

 

“Cosa?”

 

“Diversi muri sono coperti di testi matematici in quella che sembra essere vernice verde.”

 

“Credo, Capitano,” disse Spock “che scoprirà che non si tratta di vernice, ma di sangue Vulcaniano.”

 

“Vi è anche il dipinto di una donna Vulcaniana.”

 

“Ci invii le immagini.” Ordinò Kirk.

 

“Sì, Signore, le sto trasmettendo ora.”

 

Le immagine delle scritte furono le prime ad arrivare. Kirk non poteva esserne certo, ma sembravano le stesse equazione che avevano ossessionato Spock. Proprio come l’equazione di Spock l’ultima parte era cancellata. Quando sullo schermo arrivò l’immagine della femmina Vulcaniana Bones ansimò.

 

“Capitano,” disse dolcemente Spock “credo che quel disegno spieghi la morte di Saavik.”

 

“In che modo?”

 

“Sotto l’influenza della Vulcine si era molto probabilmente collegata alla mente di quel Vulcaniano quando la nave fu distrutta. L’improvvisa e violenta morte del Vulcaniano durante una tale connessione può aver condotto alla morte di Saavik.”

 

“E le scritte?”

 

“Sono le stesse equazioni che non sono riuscito a finire. Vi sono elementi di questa equazione che né io né questo Vulcaniano possediamo. Tuttavia, ora credo di sapere chi possiede gli elementi mancanti.”

 

“Cosa? Perché non hai detto niente prima?”

 

“Perché non ne ero ancora certo.”

 

“Beh chi è allora?” Chiese Kirk.

 

“Lei, Capitano.”

 

“Io? Spock, non so se hai mai dato un’occhiata ai miei voti dell’Accademia, ma ti posso assicurare che non andavo per niente bene in fisica avanzata.”

 

“Non c’è nessuno all’Accademia in grado di comprendere questa particolare equazione.” Lo informò. “Stiamo avendo a che fare con informazioni che non saranno accessibili alla galassia per altri cento anni.”

 

“Allora cosa ti fa credere che il Capitano possa capirla?” Chiese Bones.

 

“La sua mente ha toccato quella della mia versione dal futuro. Le fusioni mentali lasciano sempre delle impressioni l’una nella mente dell’altra sin da quando si fondono.”

 

“Stai dicendo che posseggo le informazioni senza nemmeno saperlo?”

”Sì, Capitano.”

 

“Possiamo accedervi?”

 

“Potrei essere in grado di trovarle se cerco nella sua mente.” Ammise Spock.

 

“Facciamolo.”

 

“Capitano, sarà estremamente pericoloso.”

 

“Quanto pericoloso?” Chiese Bones.

 

“Potrebbe ucciderci entrambi, o lasciare il Capitano impazzito.”

 

“Facciamolo.” Disse Kirk senza esitazione.

 

“Jim, ma stavi ascoltando? L’Enterprise non può permettersi di perdere sia il suo Primo Ufficiale che il Capitano.”

 

“Bones, non me ne starò qui a guardare mentre Spock e metà di ciò che rimane della specie Vulcaniana muore. Se c’è una qualche possibilità di trovare una risposta qui, allora voglio trovarla. Spock, cosa devo fare?”

 

“Sarebbe meglio per tutti e due stare seduti sul pavimento.”

 

Kirk si alzò in piedi e aiutò Spock a fare lo stesso. Lontano dal resto dell’equipaggio Spock era più incline ad accettare aiuto. Spock si sedette per terra con le spalle appoggiate al muro per avere più supporto. Kirk si sedette davanti a lui così che fossero faccia a faccia. Bones era vicino ai due. Sembrava che volesse protestare, ma tenne le sue opinioni per sé.

 

“Dottore,” disse Spock “non deve separarci fisicamente neanche se qualcosa sembra andare storto. Recidere la connessione fra me e il Capitano farà più danno che altro qualsiasi sia la situazione.”

 

“Capisco. Spock…cerca di non uccidere il nostro Capitano.”

 

“Le mie intenzioni sono di far sì che ne esca illeso.”

 

“Bones, siediti, mi stai rendendo nervoso.” Ordinò Kirk.

 

McCoy lo guardò male, ma seguì le sue istruzioni. Una volta che tutti furono ai loro posti Spock prese alcuni respiri profondi. Si allungò e gentilmente mise la punta delle dita sul volto del Capitano. Kirk si ricordò improvvisamente della prima volta che aveva partecipato ad una fusione mentale, era una sensazione indescrivibile.

 

Kirk si tese mentre la mente di Spock fluiva nella sua. Vi fu un intenso dolore quando l’angoscia fisica e mentale di Spock divennero parte della sua stessa mente. In quanto umano Kirk non era in grado di sopportare tutta quella tensione come faceva Spock. Sentì qualcuno gridare senza nemmeno rendersi conto che quella era la sua stessa voce.

 

Mentre il caos nella sua mente si intensificava Kirk inarcò la schiena con un altro urlo straziante. Il dolore se ne andò velocemente come era arrivato, rimpiazzato da un terrificante senso di vuoto. Si sentì cadere all’indietro, ma prima che potesse colpire il pavimento un paio di mani lo afferrarono. Respirando pesantemente Kirk si forzò a mettersi a sedere. Sollevando la mano si toccò il volto. Quando tolse la mano scoprì che era coperta di sangue che gli colava dal naso.

 

“Cos’è successo?”

 

“Spock è svenuto.” Lo informò Bones. “Piega la testa indietro, fermerà l’emorragia.”

 

“Sta bene?”

 

“Non lo so. Tu come stai?”

 

“Sto bene, aiutalo.”

 

“Non ho bisogno di assistenza.” Parlò Spock svegliandosi.

 

“Hai trovato quello che stavi cercando?”

 

“Credo di sì.”

 

Spock incominciò a provare ad alzarsi così McCoy lo aiutò. I tre ritornarono ai loro precedenti posti al tavolo delle conferenze. Spock tirò fuori l’immagine del suo stesso disegno e cominciò a disegnare le parti mancanti dell’equazione. Quando finì fissò il suo lavoro in preda all’orrore. Kirk potè vederlo elaborare e rielaborare la logica di ciò nella sua mente.

 

“Spock?”

 

“Signori…credo che la situazione sia più grave di quella che pensavamo.”

 

“Come può essere peggio di quella che già è?” Domandò Bones.

 

“Credo che le voci Vulcaniane non siano urla di panico, ma piuttosto caotici avvertimenti.”

 

“Avvertimenti?”

 

“In accordo con le leggi conosciute della fisica il buco nero di Vulcano dovrebbe continuare la sua orbita intorno al sole come faceva una volta il pianeta. Per essere intrappolato nel campo gravitazionale di un buco nero si deve raggiungere il raggio Schwarzschild del buco nero, dove la velocità di fuga equivale a quella della luce. Questo è talvolta chiamato l’orizzonte degli eventi. Il buco nero di Vulcano ha una massa così bassa che non dovrebbe influenzare né l’orbita del pianeta né quella del suo sole.”

 

“Puoi spiegarlo in maniera più semplice?” Chiese Kirk.

 

“La pensi così, Capitano, se il sole della Terra venisse rimpiazzato da un buco nero con la stessa massa la Terra non sarebbe ‘risucchiata in esso’, la Terra orbiterebbe intorno al buco nero come prima orbitava attorno al sole dato che solo il contatto con l'orizzonte degli eventi causa il ‘punto di non ritorno’ gravitazionale. Anche con la considerabile massa del sole della Terra ci si dovrebbe avvicinare a 3 miseri chilometri dalla singolarità per rimanerne intrappolati.”

 

“Quindi il buco nero di Vulcano orbita intorno al suo sole come sempre.”

 

“No, Capitano, questo è quello che dovrebbe fare. Tuttavia, a causa del fatto che il buco nero è stato creato dalla materia rossa le normali leggi della fisica non si applicano. Anche se in apparenza è piccolo il buco nero di Vulcano sta agendo come un buco nero super massiccio anche se ha lo stesso raggio Schwarzschild.”

 

“Devo supporre che sia una cosa brutta.” Mormorò Bones.

 

“I buchi neri super massicci sono estremamente pericolosi se si trovano dove non dovrebbero, Dottore. Se le equazioni che ho scritto sono corrette in questo caso il buco nero artificiale sta uscendo dalla sua orbita intorno al sole di Vulcano. Sta costantemente attraendo il sole al suo orizzonte degli eventi.”

 

“E questo significa…?”

 

“Quando il buco nero super massiccio colliderà con il sole di Vulcano non sarà in grado di consumarne la massa in modo uniforme. Incomincerà a dilaniare il sole e si svilupperà un disco di accrescimento. Dal disco verrà emanato un getto di radiazioni gamma ad alta intensità che dai poli colpiranno il cuore della galassia della Via Lattea.”

 

“Radiazioni gamma?” Domandò Bones. “È roba piuttosto pericolosa.”

 

“Sì, Dottore, se questi calcoli sono anche solo vicini ad essere esatti il getto influenzerà dal 48 al 90% dei pianeti abitati nella Via Lattea.”

 

“Aspetta un secondo, Spock,” il sangue di Kirk si congelò “cosa intendi per ‘influenzare’?”

 

“Uccidere.”

 

“Cosa?”

 

“Se verrà permesso al buco nero di materia rossa di entrare in contatto con il sole attorno al quale orbita allora i Vulcaniani non saranno la sola specie a rischio di estinzione. Dal 48 al 90% della vita nella nostra galassia morirà come risultato.” 

 

 

 

Ed ecco svelato il mistero della Caparzia e della morte di Saavik, ed ora? Cosa si farà con il buco nero? Lo scoprirete presto. Grazie a Lady Amber e Persefone Fuxia per i vostri commenti mi fa sempre piacere leggerli^^

Vi informo inoltre che ho finalmente finito di tradurre questa FanFiction e sto già lavorando al seguito^^

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32

 “Spock, stai cercando di dirmi che se non troviamo un modo di fermare il buco nero di Vulcano più della metà della galassia morirà?” Domandò Bones.

“Dato che dal 48 al 90% è più della metà: sì, è esattamente quello che le sto dicendo.”

“Ma è una follia!” Protestò Bones.

“Calmo, Bones.” Disse Kirk. “Spock, quanto tempo abbiamo?”

“Non lo so, Capitano.”

“Qualche supposizione?”

“Io non…”

“Giusto, giusto, tu non supponi.” Interruppe Kirk. “Puoi usare queste equazioni per scoprirlo?”

“La matematica coinvolta al momento è troppo complicata per me.”

“Troppo complicata per te, Spock?” Chiese Bones stupito. “Almeno la galassia è durata abbastanza da farmi sentire queste parole.”

“Non può aspettarsi che io sappia tutto, Dottore…sono per metà umano dopotutto.”

“Beh bastardo dalle orecchie a…”

“Signori, smettetela. Spock, cosa ci vorrebbe per avere una data, anche una approssimativa?”

“Dobbiamo tornare al buco nero di Vulcano e misurare la sua distanza dal sole. Se compariamo quella distanza a quella di quando Vulcano era ancora intero possiamo stimare quanto velocemente il buco nero sta attraendo il sole.”

“E tu?”

“Non capisco la domanda, Capitano.”

“Spock, penso che quello che vuole dire il Capitano sia: riportarti al buco nero di Vulcano ti ucciderà?” Chiarì Bones.

“È possibile.” Concordò Spock. “Tuttavia, credo sia una cosa da fare. Dobbiamo sapere se abbiamo cinque o cinquemila anni per trovare una soluzione.”

“E riguardo il trovare una soluzione al tuo problema?” Chiese Bones.

“Il destino della galassia è molto più importante della mia vita ed anche delle vite di tutti i restanti Vulcaniani.” Replicò sinceramente Spock. “Tuttavia, non credo che questi obiettivi si escludano a vicenda.”

“Credi che se riusciamo a risolvere questa faccenda del buco nero mangiatore del sole e distruttore della vita così come la conosciamo allora le anime Vulcaniane si calmeranno?” Chiese Kirk.

“È una possibilità. Per il bene della mia razza e della galassia il buco nero di Vulcano deve essere fermato.”

“Grandioso…e come lo fermiamo?” Chiese McCoy.

“Non sono sicuro che tale compito sia fattibile.” Replicò Spock. “È già abbastanza difficile comprendere il funzionamento di un buco nero naturale, questo buco nero artificiale sta già agendo contro le leggi della fisica così come noi le conosciamo. Un buco nero con la massa di Vulcano non dovrebbe neppure essere possibile dato che il pianeta non conteneva una massa sufficiente a creare una singolarità.”

“Capisco.” Disse Bones anche se in realtà non capiva affatto. 

Sentendo improvvisamente un gusto metallico in bocca Spock deglutì la piccola quantità di sangue che glie era venuta su dalla gola. Temendo che il suo tempo stesse arrivando alla fine impiegò tutta la sua concentrazione per cercare di trovare una soluzione al corrente problema. La sua mente turbinava di possibilità, ma ognuna era o impraticabile o illogica. Frustrato dalla sua incapacità di trovare una risposta cominciò a dondolarsi avanti e indietro.

“Spock?” Chiese Kirk preoccupato.

“Sì, Capitano?”

“Ti senti bene?”

“Ciò che sento al momento è irrilevante.” Replicò Spock.

“Intendo fisicamente.”

“Jim, il dondolarsi avanti e indietro è un effetto collaterale del Vulandin.” Spiegò Bones. “Non può farci niente.”

Spock si impose di fermarsi, non si era nemmeno accorto di ciò che stava facendo. Quando ritornò a pensare intensamente al problema ricominciò subito a dondolarsi. Sobbalzò violentemente quando Kirk gli posò una mano sulla spalla per fermarlo.

“Mi dispiace, Spock, non volevo spaventarti.”

“Sto avendo difficoltà a pensare, Capitano.”

“Forse dovremmo provare a pensare a voce alta.” Suggerì McCoy.

“La telepatia dei Vulcaniani non funziona in quel modo, Dottore.”

“Intendevo parlando.”

“In tal caso tutti e tre saremmo capaci di partecipare. Un buon suggerimento, Dottore.” Annuì Spock. “Da dove dovremmo cominciare?”

“Immagino che non si possa far esplodere un buco nero?” Suggerì McCoy.

“No, Dottore, qualsiasi quantità di energia utilizzata per un’esplosione sarebbe attirata nell’evento orizzonte e renderebbe il buco nero ancora più forte.”

“Che ne dici di stabilizzare in un qualche modo l’orbita del buco nero?” Chiese Kirk.

“È stata una delle mie prime idee.” Annuì Spock.

“Tuttavia?”

“Tuttavia, non riesco a pensare ad una maniera pratica con la quale realizzare la stabilizzazione. La gravità è una forza molto potente e col tempo vincerà sempre. Le leggi fisiche che mantengono un pianeta in orbita sono molto complesse e ora che sono state sconvolte dalla materia rossa non penso che possano essere corrette.”

“C’è niente che i Vulcaniani all’interno del buco nero possano fare?” Chiese Bones.

“Sì, avvertirci.” Rispose seriamente Spock.

“Bene, ora siamo stati avvertiti. Pensi che potrebbero smetterla di ucciderti adesso?”

“Dottore, lei sta supponendo che lo stato della popolazione di Vulcano all’interno dei confini del buco nero possieda l’intelligenza e i modi di pensare tradizionali. Non credo sia così che funzioni.”

“E come credi che funzioni?”

“Non lo so, tuttavia, so che se il buco nero di Vulcano fosse cosciente nel modo che lei suggerisce allora non starebbe arrecando un tale danno al suo stesso popolo.”

“Spock, c’è un modo per invertire il buco nero?” Chiese Kirk per tenere la loro attenzione sul corrente problema.

“Capitano, se fosse esistita una simile soluzione ne avrei parlato tempo fa.”

“Giusto, scusa.” Sospirò Kirk. “Deve esserci una soluzione.”

“In verità è alquanto probabile che ci troviamo in una situazione senza via d’uscita.” Puntualizzò Spock.

“Dannazione, Spock, lo sai che non credo in situazioni senza via d’uscita.”

“La sua credenza al riguardo non è un prerequisito per la loro esistenza.”

Kirk si premette la base del naso, qualcosa che faceva sempre più spesso col passare del tempo. Lui e McCoy cominciarono a discutere di soluzioni sempre più illogiche fra di loro. Spock trovava sempre più difficile riuscire a concentrarsi e cominciò a dondolarsi avanti e indietro un’altra volta quando una gelida pugnalata di ansia gli attraversò il petto.

“Nyota!” Boccheggiò Spock senza fiato.

“Spo…”

Kirk non ebbe la possibilità di chiedere cosa non andava. Spock balzò in piedi e usò tutta la sua forza di volontà per trascinarsi fino alla porta. Bones e Kirk si tolsero dalla sua strada. Il suo recente comportamento aveva incominciato a rendere nervoso anche il Capitano quando gli si trovava vicino.

Spock non aveva intenzione di ferire i suoi amici, ma allo stesso tempo era chiaro che non avrebbe permesso a nessuno di intralciarlo in qualsiasi modo. Correndo in corridoio cadde su mani e ginocchia. Kirk e Bones si affrettarono a raggiungerlo e lo rimisero in piedi. Spock si scostò brutalmente da loro e scattò verso il turbo ascensore. Kirk e McCoy riuscirono a malapena ad entrarci prima che si chiudessero le porte.

Una volta dentro l’ascensore Spock si abbracciò lo stomaco e annaspò in cerca d’aria. Con il cuore che gli batteva a ritmo forsennato contro le costole era l’unica cosa che poteva fare per evitare il conato di vomito. Kirk e Bones si scambiarono uno sguardo preoccupato. Spock stava ancora cercando di riprendere fiato dalla corsa folle verso l’ascensore.

“Spock, cosa sta succedendo in nome di Dio?” Domandò Bones.

Spock cercò di rispondere, ma aveva la gola serrata. Quando le porte dell’ascensore si aprirono si scostò dal muro e si avviò barcollando verso i suoi alloggi. Sentendo finalmente di aver capito cosa stava cercando di fare Spock, Kirk e Bones scivolarono ciascuno sotto un braccio di Spock e lo aiutarono. Stava cercando di correre, ma tutto ciò che riusciva a fare era arrancare. Arrivati ai suoi alloggi Spock sbatté la mano sul pannello a fianco della porta per farla aprire.

“Nyota!” Urlò Spock. “Nyota!”

“Spock? Spock!”

La voce angosciata di Uhura proveniva dalla camera da letto. Spock corse nella stanza con Kirk e McCoy alle calcagna. Uhura era distesa a letto completamente vestita con le mani serrate sul petto all’altezza del cuore. Spock andò a carponi fino al letto e mise una delle sue mani nei capelli della moglie. Lei lo guardò con terrore negli occhi.

“Nyota?”

“Non…non riesco a…respirare…” Annaspò Nyota.

“Dottore.” Spock guardò McCoy disperatamente.

Bones stava già premendo le dita contro la sua gola. Uhura stava tremando violentemente e quando venne toccata da McCoy cominciò ad ansimare incontrollabilmente. Sentendosi impotente Spock le accarezzò gentilmente i capelli cercando di calmarla. La sua pelle era madida di sudore, ma era fredda al tatto. McCoy si scostò con un’espressione clinica in viso.

“Dobbiamo portarla in Infermeria ora, il suo cuore è fuori controllo.”

Spock annuì e prese Nyota fra le braccia. Quando provò a sollevarla dal letto perse le forze. Kirk si avvicinò velocemente e la prese in braccio. La sollevò facilmente e la portò verso la porta. Cominciò a mugolare come un gattino abbandonato per essere stata presa da Spock e allungò la mano per afferrarlo.

“Va tutto bene, Uhura,” la calmò Kirk “siamo qui. Ti aiuteremo.”

“Infermiera Chapel.” Bones chiamò il dipartimento medico attraverso l’interfono “allerti il pronto soccorso.”

“Sì, Dottore.”

Uhura strinse la mano di Spock in una presa dolorosa mentre il Capitano la portava fuori. Spock poteva sentirla ansimare dolorosamente per ogni respiro. Scioccato da quello che stava succedendo, Spock sentì il petto che gli si contraeva, rendendogli difficile respirare. Avendo usato già fin troppa energia per arrivare lì i passi di Spock vacillarono lungo la strada per i corridoi. Uhura urlò in preda al panico quando la mano di Spock lasciò la sua quando cadde.

“Avanti, Spock,” disse McCoy mentre cercava di aiutare Spock ad alzarsi “in piedi.”

“Andate, portatela in Infermeria. Arriverò presto.”

“Spo…”

“Andate!”

McCoy annuì e raggiunse Kirk che continuava a portare in braccio Uhura. Piegato su mani e ginocchia Spock chiuse gli occhi e chinò il capo per un momento. Il Vulandin non riusciva a tenere a bada la paura che correva in lui. Digrignò i denti cercando di imbrigliare le sua emozioni.

“Controllati.” Ringhiò Spock a sé stesso. “Sei un Vulcaniano…comportati come tale.”

Prendendo un profondo respiro Spock spinse il panico che sentiva per Uhura nel retro della mente. Rimettendosi in piedi portò indietro le spalle. Ogni passo gli costava un grande sforzo, ma lui camminò naturalmente. Anche in ascensore continuò la sua piccola recita. Quando arrivò in Infermeria fu accolto da Kirk.

“Spock, stavo per venire a cercarti.”

“Dov’è?”

“McCoy l’ha portata nel reparto d’emergenza, vuole che rimaniamo qua per il momento.”

Spock corrugò le sopracciglia, cercando di decidere se seguire o meno gli ordini del dottore. Alla fine decise che la richiesta di McCoy era logica, in effetti Spock sarebbe stato solo d’intralcio nella stanza delle emergenze. Spock sobbalzò leggermente quando Kirk gli mise una mano sulla spalla.

“Spock, faresti meglio a sederti prima di cadere.”

“Molto bene.” Spock acconsentì e si sedette in una delle sedie della sala d’attesa.

“Cosa è successo?”

“Non lo so.”

“Ma sapevi che qualcosa non andava.”

“Era una sensazione vaga, ma a causa dei recenti eventi è stata sufficiente ad allarmarmi.”

“Comprensibile.” Annuì Kirk. “Starà bene. È in buone mani.”

“Le migliori.”

Spock non lo aveva detto come un complimento, credeva davvero che non ci fosse nessuno più qualificato per prendesi cura di Nyota. Anche se ogni tanto disapprovava delle tecniche del dottore considerandole ‘barbariche’ aveva visto i buoni risultati di McCoy ben più di una volta.

Con niente da fare tranne aspettare notizie Spock incominciò di nuovo a dondolarsi. Chiuse gli occhi quando un sapore di bile gli punse la gola. Paurose aspettative gli facevano contorcere lo stomaco. Era una nuova sensazione che non trovava affatto piacevole. Si massaggiò lo stomaco, ma non servì a niente.

“Capitano, credo di avere bisogno di più Vulandin.”

“Senti le voci?

“No, ma sto sentendo una grande quantità di paura.”

“Sono preoccupato anch’io, è normale, Spock.”

“Non per un Vulcaniano.” Ringhiò Spock.

“È il prezzo da pagare quando si ama qualcuno.”

“Forse non avrei mai dovuto permettermi il lusso di innamorarmi.”

“Non lo pensi davvero.”

“No…infatti.”

I due rimasero in un ansioso silenzio. Spock aggiunse lo sfregamento dei polsi al dondolio. Kirk non cercò di fermare l’amico sentendo che forse gli serviva a bruciare un po’ della sua nervosa energia. Sembrarono passate ore quando McCoy apparve nella sala d’attesa. Spock si alzò immediatamente.

“Dottore…”

“Sta bene, Spock.” Lo rassicurò McCoy. “Ed anche il bambino.”

“Bones, che è successo?” Chiese Kirk.

“Stress, Jim. Ha avuto un attacco di panico. Ogni tanto sono simili ad attacchi di cuore.”

“La può aiutare?” Chiese Spock.

“Sì. La gravidanza rende le cose un po’ più difficili, ma l’ho sedata leggermente.”

“Posso vederla?”

“Certo.”

Spock esitò per un momento quando l’ansia tornò a colpirlo. Scotendo la testa per schiarirla si avviò verso la stanza adiacente. Uhura era distesa sul letto degli esami con una spessa coperta a coprirla. Con la testa piegata su un lato sembrava pacificamente addormentata. Quando Spock le si affiancò aprì gli occhi.

“Spock…mi dispiace così tanto.” Sussurrò Nyota.

“Non è colpa tua. Fin troppo stress è stato caricato sulle tue spalle, più di quanto fosse giusto.”

“Non so neanche cosa è successo.” Disse Uhura lottando per rimanere sveglia. “Un momento stavo bene e quello dopo pensavo di stare morendo.”

“Cerca di dormire.”

Nyota annuì chiudendo di nuovo gli occhi. Spock si chinò a baciarle la fronte facendola sorridere. Spock aspettò finchè lei non cedette al sedativo prima di ritornare nella sala d’attesa. Kirk e Bones stavano parlando tranquillamente l’uno all’altro ma si fermarono quando videro Spock.

“Grazie, Dottore.”

“Di nulla, Spock.”

“Sta riposando comodamente. Deve passare la notte qui?”

“No.” Assicurò McCoy. “In effetti credo che starebbe meglio nel suo letto.”

“Capitano, sono ufficialmente in servizio per le prossime tre or…”

“Spock, prenditi cura di Uhura. È un ordine.”

“Grazie, Capitano.”

“Farò sì che venga portata di sopra nei tuoi alloggi.” Annunciò Bones.

“Grazie.”

“Spock, come stai?”

“Come ci si aspetta.”

“Non risponde proprio alla mia domanda.”

“Non ho bisogno della sua assistenza medica.”

McCoy guardò dubbiosamente Spock prima di andare a far trasferire Uhura. Appena il dottore se ne fu andato Spock per poco non collassò. Kirk fece appena in tempo a farlo sedere in una delle sedie. Spock chiuse gli occhi e per un momento fu sul punto di addormentarsi.

“Spock? Devo richiamare McCoy?”

“No, Capitano. Mi riprenderò.”

“Prenditi tutto il tempo che ti serve.”

“Di tempo ne abbiamo poco.”

“Lo so. Parlerò con la Flotta Stellare, li informerò su quello che abbiamo scoperto. Una volta che sapranno che l’intera galassia è in pericolo faranno tutto il possibile per fermare il buco nero.”

“Non sono sicuro che ciò si possa fare.”

“Si può, e lo faremo.”

Kirk infilò una mano nel colletto della maglia e tirò fuori lo stemma di Spock dalla sua sottomaglia. Si chinò e lo rimise sulla maglia di Spock nel luogo a cui apparteneva. Spock guardò lo stemma pensieroso.

“Grazie, Capitano. Continuerò a lavorare al problema.”

“In questo momento voglio che lavori al far star meglio Uhura.”

Spock annuì e con l’aiuto di Kirk si rimise in piedi. Uhura era stata messa su una barella e Spock l’accompagnò ai suoi alloggi. L’Infermiere si offrì di sollevare la donna dormiente e metterla a letto, ma Spock insistette nel volerlo fare lui stesso. Fu la pura forza di volontà a donare a Spock la forza di trasportarla per la breve distanza fino al letto.

L’Infermiere lasciò la coppia da sola. Uhura stava ancora dormendo. Improvvisamente non più stanco Spock si sedette sul letto con la schiena contro il muro. Uhura si accoccolò istintivamente contro di lui usando il suo grembo come cuscino. Spock la guardò e le accarezzò gentilmente la tempia con la punta delle dita. Spock sentì una calda lacrima scivolargli lungo la guancia. La tolse immediatamente. Non si guardò il dorso della mano, sapeva già che era macchiato di sangue verde.

“Non desidero perderti, Nyota.” Sussurrò Spock. “Né a causa della tua morte né a causa della mia. Tuttavia, non so cosa fare. Sembra non esserci nessuna soluzione logica.”

Uhura non sentì la conversazione a senso unico. Si mosse leggermente nel sonno avvicinandosi di più a Spock. Anubis balzò sul letto e strusciò il suo soffice corpo peloso contro i due facendo le fusa profondamente. Come se niente fosse balzò giù dal letto.

Vagabondando fino a un gruppo di giochi che Nyota aveva comprato per lui Anubis incominciò a giocare con un gomitolo giallo. Spock stette a guardare il gatto che colpiva il gomitolo facendolo rotolare in giro per cercare di non pensare alle crescenti possibilità di morte. Anubis rotolò sul dorso con la palla fra le zampe.

Spock corrugò le sue sopracciglia arcuate pensando mentre continuava a osservare Anubis. Trovando un punto debole nel gomitolo Anubis cominciò a disfarlo. Non ci volle molto perché il gomitolo diventasse soltanto un grumo di fili sul pavimento. Spock osservò la distruzione, avendo improvvisamente un’idea. Attento a non disturbare Nyota Spock si alzò dal letto e arrivò all’interfono.

“Capitano?”

“Spock? Stai bene? McCoy è ancora qui con me, devi parlargli?”

“No, Capitano, credo di aver trovato una soluzione.”

“Davvero?”

“Se non possiamo distruggere il buco nero forse possiamo distruggere il sole.”

“Distruggere un sole?” Bones si intromise nella conversazione. “Come? Facendolo esplodere?”

“No, Dottore, un’esplosione abbastanza forte da distruggere il sole di Vulcano manderebbe il buco nero a roteare per la galassia causando ingenti danni.”

“Allora come proni di ‘distruggerlo’?”

“Con il Trilitio.”

“Che diavolo è il Trilitio?” Domandò Bones.

“Il Trilitio, Dottore, è un esplosivo sintetico. Tuttavia, è anche un potente inibitore di reazioni nucleari. Se la fusione che serve come combustibile al sole di Vulcano potesse venire fermata la stella collasserebbe su sé stessa. Non è abbastanza grande per diventare una supernova quindi il risultato sarebbe una nana bianca. Questa stella sarebbe abbastanza piccola da venire divorata velocemente dal buco nero evitando così l’anello di accrescimento e il conseguente getto di radiazioni gamma.”

“Spock,” intervenne Kirk “odio dover rovinare una così bella idea, ma non sappiamo neanche se esiste il Trilitio. Ciò che sappiamo è abbozzato al massimo.”

“Anche se non esiste ora con l’aiuto degli scienziati che stanno lavorando al suo sviluppo potremo essere in grado di produrne abbastanza da fermare il sole di Vulcano. Ne basterebbe una piccola quantità.”

“Non so, Spock,” continuò Kirk “ottenere quell’ ‘aiuto’ sarebbe un miracolo.”

“Chi sono gli scienziati che ci stanno lavorando?” Chiese Bones.

“I Romulani.” Risposero all’unisono Kirk e Spock.

 

E ora? I nostri cari eroi dovranno chiedere aiuto a quegli odiosi Romulani^^ Non so voi ma questo pezzo di dialogo: "Forse potremmo pensare ad alta voce:" "La telepatia dei Vulcaniani non funziona così." "Intedevo parlando." Mi ha fatto piegare in due dalle risate! XD Grazie come sempre ai vostri commenti Persefone Fuxia, Thiliol e Lady Amber mi state rendendo felice. E ovviamente grazie a tutti coloro che mi seguono.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33

“Oh no, te lo puoi scordare!” Bones protestò a voce così alta da far crepitare l’interfono. “Mi sono appena tolto quelle stupide orecchie!”

“Sta calmo, Bones, nessuno sta suggerendo di travestirsi da Romulani per il momento.”

“Il Capitano ha ragione.” Disse Spock. “Un’azione del genere sarebbe inutile. Nemmeno io potrei passare per un convincente Romulano abbastanza a lungo da accedere ai laboratori che potrebbero contenere il Trilitio. Al momento non sappiamo nemmeno se il composto esiste.”

“E come proponi di scoprirlo?” Domandò Bones.

“La cosa più logica da fare sarebbe chiedere.”

“Chiedere?” Ripeterono simultaneamente Kirk e McCoy.

“Sì, è quando una persona pone una domanda nella speranza di guadagna…”

“Spock,” lo interruppe Kirk “sappiamo cosa vuol dire ‘chiedere’…ma stiamo parlando dei Romulani.”

“Ne sono consapevole, Capitano.”

“Allora suppongo che tu sia consapevole che i Romulani e, beh tutto il resto della galassia, non sono esattamente amici.”

“Metteranno da parte quell’odio per il bene della galassia.” Disse Spock fiduciosamente.

“Ne sei sicuro?” Chiese McCoy.

“È logico.”

“Nonostante abbiano gli stessi Antenati i Romulani non sono come i Vulcaniani, Spock.” Puntualizzò inutilmente Kirk. “Non sono inclini a seguire la logica.”

“Capitano,” sospirò Spock “sto avendo sempre più difficoltà a restare in piedi. Possiamo continuare questa conversazione di mattina?”

“Sì, certo.”

“Grazie. Fino a quel momento suggerisco che l’Enterprise si diriga verso la Base Stellare 275 a massima Curvatura.”

“La più vicina a Romulus e alla Zona Neutrale?”

“Precisamente.”

“D’accordo, ma non mi hai ancora convinto ad andare a fare una conversazione con i Romulani.”

“Capito, Capitano.”

Spock si appoggiò al muro per alcuni minuti per riprendere fiato. Sentendo nuovamente un gusto metallico si passò le dita sulle labbra. Ispezionandosi la mano la trovò macchiata di un brillante verde smeraldo. Così come il Vulandin gli aveva distrutto i capillari degli occhi gli stava distruggendo anche il sistema venoso dei polmoni. 

“Quindi è così che morirò…annegherò.”

Il borbottio non era stato per autocommiserazione, era semplicemente un dato di fatto. Ritornato nella camera da letto guardò Uhura che dormiva pacificamente. Anubis aveva lasciato perdere il suo giocattolo e si era accoccolato al suo fianco. Anubis miagolò in disapprovazione quando Spock lo spostò per prendere il suo posto. Spock raccolse Uhura fra le sue braccia mentre si stendeva e le accarezzò gentilmente una guancia.

“Spock?” Chiese Uhura insonnolita.

“Sono qui, Nyota.”

“Il bambino?”

“Il nostro bambino ha superato incolume gli avvenimenti di oggi.”

“Non so cosa è successo…”

“Non preoccupartene ora.” La interruppe gentilmente Spock.

Uhura annuì e si appoggiò al petto di Spock. La pressione gli rendeva più difficile respirare, ma Spock fece finta di niente. Appoggiando la guancia contro la sua testa Spock le accarezzò gentilmente i capelli. Prese un respiro il più profondo possibile per immergersi nel suo profumo.

“Nyota?”

“Sì?”

“Temo di dover fare qualcosa che ha un’alta probabilità di porre un fine al nostro tempo insieme.”

“Cosa vuoi dire?”

“Devo parlare con i Romulani.”

“Non rispondono mai alle nostre chiamate su qualsiasi frequenza tranne la loro.”

“Lo so, è per questo che devo andare a parlargli di persona.”

“Cosa?” Uhura si alzò per guardare Spock negli occhi. “Non puoi dire sul serio.”

“Sì invece.”

“Ti uccideranno!”

“Probabile.” Annuì Spock. “Ciò non di meno, parlerò con loro.”

“C’è qualche speranza che io possa farti cambiare idea?”

“No.”

Uhura fissò Spock con uno sguardo di sfida, tuttavia lui non aveva intenzione di cedere. Quando i suoi occhi scuri brillarono di lacrime Spock le prese dolcemente la mascella in una mano. Guidandola più vicino la baciò con la passione di un soldato che sta partendo per la guerra. Quando la lasciò andare lacrime le scorrevano giù per il suo bellissimo viso.

“Mi dispiace, Nyota.”

“No, non scusarti.” Uhura scosse la testa. “So che non ci andresti se non fosse importante.”

“La continuazione della vita in questa galassia dipende dalla collaborazione dei Romulani.”

“Quando partirai?”

“Questa potrebbe essere la nostra ultima notte insieme.”

Uhura chiuse gli occhi contro la devastante notizia. Spock trovò improvvisamente estremamente difficile respirare. Questa volta tale difficoltà derivavano dal suo mancato controllo sulle sue emozioni piuttosto che dalle sue condizioni mediche. Tenendo stretta Uhura la confortò silenziosamente. Uhura lavorò sodo per cercare di controllare le sue di emozioni.

“Ci andrai da solo?” Chiese Uhura con calma.

“È mio desiderio viaggiare da solo. Tuttavia, il Capitano mi supera di grado e credo insisterà per accompagnarmi. Non ho nessuna via logica per fermarlo.”

“Bene.”

“Io non riesco a considerarlo tale. Se dovessimo fallire sarebbe uno spreco aver fatto uccidere inutilmente uno dei migliori Capitani della Flotta Stellare.”

“I Romulani non uccideranno Kirk.” Disse Nyota fiduciosamente. “Quell’uomo è incredibile, è pieno di trucchi. Ti riporterà da me vivo.”

“Lo spero.”

Era tardi nell’artificiale pomeriggio quando l’Enterprise giunse alla Base Stellare 275. Spock aveva cercato di dire addio a Nyota, ma lei aveva insistito che sarebbe ritornato e che non c’era bisogno di salutarsi. Accettando il suo ottimismo anche se in realtà non lo condivideva Spock l’aveva baciata e  le aveva toccato brevemente la pancia prima di andarsene.

Spock aveva chiesto al Capitano e a McCoy di incontrarsi con lui un’ultima volta nella sala conferenze per discutere il più logico modo di procedere. Entrambi gli uomini lo stavano già aspettando lì. McCoy stava camminando per la stanza come una tigre in gabbia. Spock entrò nella stanza e si sedette per conservare le energie. Aveva dormito sorprendentemente bene la notte e si sentiva molto più forte.

“Spock,” lo salutò caustico McCoy “sei completamente fuori dalla tua mente Vulcaniana.”

“Lei mi sta giudicando ancor prima di aver ascoltato ciò che ho da dire.”

“So già che comprende i Romulani, è tutto quello che mi serve per giudicare. Devo ricordarti che hanno distrutto il tuo pianeta natale?”

“È un ricordo che dubito sarò in grado di scordare.” Disse Spock seriamente. “Tuttavia, non è stato Romulus a ordinare la distruzione di Vulcano. È stata un’unica anima fuorviata, torturata e portata alla pazzia dal dolore.”

“Mi stai dicendo che perdoni Nero dopo quello che ha fatto?”

“Non lo perdono, lo capisco.”

McCoy fissò incredulo Spock. Quest’ultimo lo fissò a sua volta con un’espressione passiva in volto. Fra tutti gli umani che aveva incontrato il dottore era quello che capiva meno di tutti. Il misto di distacco clinico e compassione emotiva di McCoy era un equilibrio che Spock non riusciva a comprendere.

“Spock,” disse Kirk “hai menzionato qualcosa del tipo di parlare ai Romulani, ma da tutto quello che so su di loro non accettano chiamate da membri della Federazione. Non parlano nemmeno ai Vulcaniani, no?”

“I Romulani disprezzano i Vulcaniani più di qualsiasi cosa.” Rispose Spock.

“E pensi che ti aiuteranno?” Chiese Bones.

“No, non me. La galassia. Nonostante siano guidati dalle emozioni non se ne staranno a guardare tutto, compresi essi stessi, morire.”

“Anche se si potesse ragionare con i Romulani,” disse Kirk “come faremo ad entrare in contatto con loro?”

“Violando la Zona Neutrale e viaggiando nel territorio Romulano. Sono veloci a catturare qualsiasi nave che entra nel loro settore, da lì sarò in grado di ottenere un’udienza con i Romulani.”

“Perché dovrebbero ascoltare un Vulcaniano?” Chiese Bones.

“Non mi vedranno come Vulcaniano, ma come un Ufficiale della Flotta Stellare di alto rango. Sono un valido essere con il quale conversare.”

“Sì, certo, ‘conversare’.” Bones roteò gli occhi. “Ti tortureranno per divertirsi. Quando avranno finito ti sgozzeranno, e venderanno il tuo malato sangue verde al mercato nero.”

“Cosa?” Chiese Kirk confuso. “Mercato nero?”

“Il sangue Vulcaniano è diventato di incommensurabile valore al mercato nero.” Chiarì Spock.

“Perché?”

“È un afrodisiaco.” Sbuffò Bones.

“Bones,” Kirk scosse la testa tristemente “sono ufficialmente disturbato dal fatto che tu lo sappia.”

“Se vuoi saperlo secondo me è ridicolo, sono l’unica specie nella galassia senza un briciolo di passione.”

“È un destino comune a tutte le specie in via d’estinzione quella di essere vista come la detentrice di qualche qualità magica.” Disse Spock con una leggera scrollata di spalle.

“È disgustoso.”

“Concordo, Dottore, ma è pur sempre un dato di fatto.”

Sentendo solletico al retro della gola Spock tossì contro il dorso della mano. Sapendo che la sua mano era ora sporca del prezioso sangue del quale stavano parlando la nascose velocemente sotto il tavolo per evitare la pietà dei suoi amici. Spock spostò la sua attenzione da McCoy al Capitano.

“Devo andare a Romulus, Capitano.”

“Concordo.” Annuì Kirk. “E non pensare neanche per un secondo di andarci senza me e McCoy.”

“Temevo che lo avrebbe detto. Tuttavia, so anche che sarebbe un illogico spreco di tempo il provare a farle cambiare idea.”

“È bello sapere che siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda.” Sorrise Kirk.

“Per una volta.” Brontolò Bones.

“C’è un problema,” disse Kirk “non c’è la minima possibilità che la Federazione permetta all’Enterprise di entrare nel territorio Romulano. Prima di tutto è una massiccia violazione del trattato, e secondo non posso in tutta coscienza coinvolgere il resto dell’equipaggio in una missione così pericolosa.”

“Non ho mai avuto intenzione di usare l’Enterprise per questa missione, Capitano.”

“È per questo che volevi fermarti alla Base Stellare,” Kirk sorrise da un orecchio all’altro “per rubare una nave.”

“Credo che il termine adeguato sia ‘requisire’.” Replicò Spock.

“Requisire i miei stivali.” Sbuffò Bones.

“Ciò che ha detto non ha senso, Dottore.”

“Signori,” Kirk si intromise prima che i due potessero saltarsi nuovamente alla gola “penso che dovremmo pensare di lasciare la nave immediatamente.”

“Concordo.” Annuì Spock.

“Questa è una follia.” Puntualizzò Bones.

“Significa che non vieni con noi?” Scherzò Kirk.

“Ovvio che vengo con voi. Chi è che vi rimetterà a posto una volta che i Romulani avranno finito con voi due?”

“Proprio ciò che pensavo, Bones.”

“Diremo almeno alla Flotta Stellare quello che abbiamo intenzione di fare?” Chiese Bones.

“Assolutamente no. Non ce lo permetterebbero mai. Vorranno mettere su chissà quale Consiglio per cercare di parlare con i Romulani, ci vorrebbero mesi. E anche se il buco nero non sta per ingoiare il sole di Vulcano da un momento all’altro, Spock non ha tutto il tempo del mondo.”

“Capitano, non c’è garanzia che il fermare il sole di Vulcano mi salverà la vita.”

“Non c’è garanzia che non lo farà.”

Spock sollevò un sopracciglio come sempre faceva ogni volta che il Capitano piegava le regole della logica come gli pareva. Kirk si alzò e si avvicinò a Spock per aiutarlo a fare lo stesso. Rifiutando l’aiuto Spock fu in grado di alzarsi da solo. Con Bones alle loro spalle lasciarono i corridoi dell’Enterprise e salirono sulla Base Stellare. Una volta sulla Base Stellare Kirk usò il suo comunicatore per parlare con la nave.

“Scotty?”

“Sì, Signore?”

“Il Signor Spock, il Dr. McCoy ed io faremo qualche ricerca qui sulla Base Stellare. Ha il comando finché non torniamo.”

“Sì, Signore.”

“E se non torniamo indietro?” Chiese Bones pessimisticamente.

“Allora immagino che Scotty otterrà una promozione permanente.”

L’hangar in cui si trovavano era pieno di navi di tutte le forme e modelli. La Base Stellare non era un famoso porto solo per le navi della Federazione, ma anche per mercanti, e ricchi turisti. Camminarono fra le file di navi piccole e di medie dimensioni cercando per il miglior obiettivo. Bones si fermò davanti ad una navetta dall’aspetto solido dal design simile ad una scatola.

“Che ne dite di questo?” Suggerì McCoy.

“Non è abbastanza stravagante.” Replicò Spock mentre continuava a cercare.

“Stravagante? Mi sembra sicuro. Perché deve essere vistosa?”

“Bones, se i Romulani non vorranno la nave che scegliamo ci trasformeranno in polvere spaziale prima ancora di capire chi c’è a bordo.” Spiegò Kirk.

“Ah.” Bones si guardò attorno. “In questo caso, prendiamo quella.”

Kirk e Spock si voltarono per guardare la nave che stava indicando Bones. Lo scafo brillava di una tinta iridescente ed aveva vistose rifiniture in oro. Con curve eleganti e ali larghe sembrava veloce anche mentre se ne stava lì ferma. Essendo almeno dieci volte più grande di una normale navetta sarebbe stata più che in grado di sopportare tutto il viaggio fino a Romulus. Kirk sorrise smagliante e gettò un braccio sulle spalle di McCoy.

“Bones, hai un eccellente gusto in fatto di navi.”

“Soltanto quando ne dipende la mia vita.”

“Che dici, Spock?”

“Nessun Romulano saprebbe resistere ad una nave di questo calibro.” Spock annuì in segno di approvazione.

“Allora cosa facciamo…ci saliamo a bordo e ce la prendiamo?” Chiese Bones.

“Qualcosa del genere.” Sorrise Kirk. “Guarda e impara.”

Kirk si rassettò l’uniforme e marciò fermamente verso la nave. Spock e McCoy si scambiarono uno sguardo prima di seguirlo. Kirk camminò fino alla navetta che stava usando l’anti-gravità per rimanere a mezzo metro dal suolo. Dopo averla guardata con sguardo critico per un momento si guardò intorno in cerca di un addetto all’hangar.

“Tu lì!” Chiamò Kirk rivolto ad un uomo che stava spazzando il pavimento.

“Sì, Signore?”

“A chi è registrata questa navetta?”

“Uh…ad Alistar Carter, Signore.”

“Proprio quello che pensavo.”

“C’è qualche problema?” Chiese l’addetto.

“Sì. Chi è il responsabile in servizio qui?”

“Tarrin.”

“Fallo venire qui subito!” Ordinò Kirk.

“Sì, Signore.” Replicò l’addetto correndo via.

“Jim, credi che il modo migliore di rubare qualcosa sia quello di avvisare le autorità prima?”

“Stai al gioco.”

McCoy sospirò pesantemente e restò zitto. L’addetto ritornò con Tarrin. Quando vide tre Ufficiali della Flotta Stellare raddrizzò immediatamente la schiena. Kirk mise le mani sui fianchi per aggiungere ostilità al suo aspetto. Arrivato innanzi ai tre Tarrin lanciò un’occhiata alle orecchie di Spock e delglutì sonoramente.

“Tarrin, vero?”

“Sì, Signore.”

“Tenente?”

“Esatto, Signore.”

“Tenente Tarrin e a conoscenza del fatto che questa navetta appartiene a Alistar Carter?”

“Sì, Signore.”

“E non ha pensato di informare la Flotta Stellare del fatto che si trova qui?” Domandò Kirk.

“No, Signore.” Tarrin guardò la navetta. “Avrei dovuto?”

“Santo Cielo, non ha sentito che Alistar Carter è ricercato per aver contrabbandato Scarafaggi Hupyriani?”

“Signore?” Chiese Tarrin scioccato.

“Richiediamo l’immediato accesso a questa navetta per cercare prove del contrabbando.”

“Non so…”

“Tenente, sta rifiutando di eseguire un ordine diretto impartito da un superiore?”

“No, Signore.” Tarrin si mise subito sull’attenti.

“Bene, ci faccia entrare.”

“Sì, Signore.”

Tarrin digitò il codice per eliminare il campo di forza che proteggeva la nave alla fonda. Quando cercò di unirsi al trio Kirk lo fermò con un cenno della mano. Una volta a bordo scoprirono che la lussuosità della navetta non si fermava alla splendente verniciatura dello scafo.

“Capitano, è cosciente del fatto che Alistar Carter è un importante leader religioso?”

“Davvero?” Chiese Kirk sorpreso. “Non lo sapevo.”

“Dio è stato buono con quest’uomo.” Notò Bones.

“Dei, plurale.” Corresse Spock. “Guida una setta politeista.”

“Beh speriamo che ai suoi parrocchiani non dispiaccia comprargli una nuova nave.” Ridacchiò Kirk.

Spock si mise istintivamente al posto del timoniere. Il design non era come quello dell’Enterprise e a Spock ci volle qualche momento per riuscire a capire come funzionavano i complicati comandi. Fuori dalla navetta Tarrin aveva chiaramente deciso di controllare se la storia di Kirk era vera oppure no. Proprio quando Spock accese i motori Tarrin gridò in allarme.

“Spock, colpiscilo!”

“Capitano, non riesco a capire come la violenza possa risolvere la situazione.”

“Voglio dire: portaci fuori di qui!”

Con facilità Spock incominciò a premere dei tasti sulla console. I potenti motori gemettero in risposta e la nave si alzò in volo. L’hangar era protetto dal vuoto assoluto dello spazio da un campo di forza che permetteva alle navi di passare in sicurezza. Tuttavia le paratie di metallo stavano venendo chiuse in risposta all’allarme.

Concentrato pienamente nel portare la navetta fuori dall’hangar ad una velocità sconsiderata Spock non sentì l’urlo d’avvertimento di McCoy. Quando arrivarono alle paratie si erano ormai chiuse troppo per permettere alla nave di uscire nella sua corrente posizione. Spock ricalibrò l’assetto facendo inclinare la nave di novanta gradi di lato mantenendo la gravità verso il basso per i passeggeri.

In questo modo riuscirono a malapena ad uscire nello spazio. Mentre passavano attraverso le porte poterono udire lo stridio del metallo contro il metallo quando la parte centrale della nave strisciò contro le porte, per fortuna la nave rimase intatta. Una volta nello spazio aperto Spock ripristinò il precedente assetto. Calcolò la rotta per Romulus e spinse la nave a massima Curvatura.

“Capitano, la nave è nostra.”

“Speriamo che Carter abbia un’assicurazione.” Sorrise Kirk.

“Speriamo che ai Romulani non dia fastidio qualche graffio sullo scafo.” Sospirò Bones.

 

 

È proprio da Kirk rubare la nave di un’autorità religiosa non c’è che dire^^ Grazie ancora per i vostri commenti Thiliol, Persefone Fuxia e Lady Amber^^Ho corretto le sviste che mi avete segnalato nel capitolo precedente

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Capitolo 34

“James Tiberius Kirk!”

“Uh-oh, Bones, il nome intero…sono nei guai ora.”

“Ma pensa un po’.” Disse Bones seccamente.

Kirk si sedette al posto del timoniere e premette i tasti che avrebbero aperto il canale sub-spaziale. Era sorpreso che la Flotta Stellare ci avesse messo così tanto per chiamarli. Non era sorpreso però da chi avevano fatto chiamare. Anche se era una comunicazione con solo l’audio Kirk sfoggiò il suo miglior sorriso innocente.

“Buongiorno, Ammiraglio Pike. Come posso aiutarla?”

“Kirk, giusto l’uomo che stavo cercando di rintracciare. Forse puoi chiarire una piccola disputa che sto avendo con un certo leader religioso.”

“Disputa?”

“Sì, sembra che tre Ufficiali della Flotta Stellare se ne siano andati con la sua nave. Ed anche se nel momento in cui ho sentito le parole ‘Ufficiale della Flotta Stellare’ e ‘furto’ nella stessa frase sapevo che si trattava di te, ho lo stesso assicurato a sua santità che ci doveva essere stato qualche errore. Ho detto, e cito: ‘Il Capitano James T. Kirk non lascerebbe mai l’Enterprise.’ fine della citazione.”

“Signore…”

“Quindi immagina la mia sorpresa quando una volta chiamata l’Enterprise sono stato informato dal Facente Funzione di Capitano, il Signor Scott, che tu non eri a bordo.”

“Signore, posso spiegare…”

“Immagina poi la mia ulteriore sorpresa quando sono stato informato che l’inseguimento della nave era cessato quando quest’ultima era entrata nella Zona Neutrale.”

“Sono pieno di sorprese, no?” Replicò Kirk imbarazzato.

“Capitano, seriamente, che diavolo stai facendo?” Ruggì Pike.

“Sto solo seguendo gli ordini, Signore.” Replicò seriamente Kirk. “Mi ha affidato la missione di risolvere il problema Vulcaniano, e per farlo devo parlare faccia a faccia con i Romulani.”

“I Romulani?”

“È difficile da spiegare…”

“Allora non farlo. Meno so, più sarà facile salvare i nostri fondoschiena in seguito. Solo assicurati che qualsiasi cosa tu voglia fare non capitoli facendo iniziare una guerra intergalattica.”

“Sì, Signore.”

“C’è qualche possibilità che Carter riabbia indietro la sua nave?” Chiese Pike stancamente.

“Uh…no, non credo proprio.”

“Lo temevo.” Sospirò Pike. “Va bene, penserò a qualcosa da dire per risolvere la faccenda. Tuttavia, la prossima volta che vai a rubare una nave, fammi un favore.”

“Quale, Signore?”

“Non portare con te il Signor Spock.”

“È troppo facile da identificare, eh?” Sorrise Kirk.

“È l’unico del suo genere.”

“Lo so, Signore. Sto facendo del mio meglio per impedirgli di estinguersi.”

“Lo so. Buona fortuna, Capitano.”

“Grazie, Ammiraglio.”

Kirk terminò la comunicazione sub-spaziale e rilasciò il fiato che stava trattenendo. Non era stato pienamente sicuro che l’Ammiraglio sarebbe stato così tanto comprensivo. Anche ora che la conversazione era finita faceva fatica a credere a quello che era appena successo. Entrare nella Zona Neutrale senza che gli fosse stato ordinato era un atto di tradimento, senza contare che aveva abbandonato il suo posto sulla nave senza aver prima preso un permesso. Come minimo l’Ammiraglio avrebbe dovuto degradarlo a Guardiamarina all’istante.

“Sei fortunato ad avere amici nei posti alti, Jim.” Disse Bones.

“Non io, Bones, Pike mi sta coprendo il culo per il bene di Spock. Se avessi fatto una roba del genere per me stesso mi avrebbe cacciato a calci…nello spazio.”

“Ogni tanto mi dimentico di quanto sono vicini Spock e l’Ammiraglio.”

“Non credo di aver mai incontrato due persone che si rispettano più di quei due.”

“Se l’Ammiraglio lo volesse Spock a quest’ora sarebbe il capo della Flotta Stellare.”

“Spock non lo vorrebbe mai.” Ridacchiò Kirk. “A proposito di Spock, dov’è?”

“Dev’essersi addormentato. Vado a controllarlo.”

“Vengo anch’io.”

Kirk seguì Bones per la nave fino ad una delle principali stanze da letto. McCoy bussò gentilmente. Quando non ricevette nessuna risposta aprì la porta. Le luci si alzarono leggermente automaticamente quando entrarono. Spock era steso sulla schiena sul letto, in un mare di seta rossa.

A dispetto del comfort in cui si trovava era inquieto. Il suo petto si sollevava in veloci e leggeri respiri. Kirk si chinò su di lui e notò che le labbra di Spock erano macchiate di quello che Kirk all’inizio pensò essere sangue, ma poi realizzò che la tinta color ruggine non aveva niente a che fare col sangue Vulcaniano. Alzò lo sguardo su McCoy e notò che il dottore aveva un’espressione di clinico disappunto in volto. Bones si allungò e piegò gentilmente di lato la testa di Spock. La gravità prese il sopravvento e una striscia di sangue verde scivolò dalle labbra aperte di Spock.

“Bones, perché ha le labbra color ruggine?”

“Il sangue Vulcaniano non ossigenato ha un colore arancio/ruggine. Le labbra degli umani diventano blu quando non hanno abbastanza ossigeno, quelle Vulcaniane diventano color ruggine.”

“Cosa sta succedendo?”

“È il Vulandin, Jim.” Sospirò McCoy. Tirò fuori l’equipaggiamento e lesse i dati con le sopracciglia corrugate. “Temevo che sarebbe successo, ha l’emotorace.”

“Cioè?”

“Cioè il sangue si è accumulato fra i suoi polmoni e nelle cavità in cui si trovano. Per questo fa così difficoltà a respirare. La pressione è troppo forte per poter riempire bene i polmoni, e i Vulcaniani hanno un maggior bisogno di ossigeno degli umani. 

“Quanto è grave?”

“Spock non arriverà a Romulus se non facciamo subito qualcosa. In effetti potrebbe non resistere nemmeno un’ora.” Disse gravemente McCoy. “Dobbiamo aspirare il sangue, ma non ho l’equipaggiamento adatto qui.” 

“Non possiamo lasciare che Spock muoia. Di cosa hai bisogno?”

“Beh…” Bones pensò al problema per qualche momento “in passato usavano un grosso ago per drenare il sangue manualmente. Barbarico, ma funzionerebbe.”

“Quindi ti serve un ago.”

“Uno bello grosso.”

“Allora troviamotene uno.”

Bones lanciò un’occhiata a Spock e annuì. Intrappolato in un sonno innaturale gli occhi di Spock si muovevano avanti e indietro sotto le palpebre. Il suo annaspare per respirare si fece più forte. Kirk si allungò per svegliarlo, temendo che al suo amico mancasse poco per morire nel sonno. McCoy lo intercettò e scosse la testa.

“Lascialo dormire. Avremo bisogno di lui sveglio per drenare il sangue e avrà bisogno di tutta la forza che può raccogliere per farlo.”

“Okay. Dove lo troviamo quell’ago?”

“Ho visto un macchinario antico giù i cucina, credo che venisse usato per fare uno speciale tipo di caffè secoli fa. Aveva un sacco di tubi di metallo e pipette. Una di quelle potrebbe funzionare se la affiliamo.”

“Allora andiamo a fare a pezzi un cimelio senza prezzo.”

Kirk e Bones lasciarono Spock per andare a quella macchina per fare espressi. Giù in cucina Kirk guardò il complicato aggeggio con disapprovazione. Bones passò le dita lungo una pipetta di metallo lunga circa trenta centimetri. Dopo aver studiato le altre ritornò alla sua scelta iniziale.

“Questa è la migliore.”

“Bones, quella roba è spessa quanto una penna.” Disse Kirk in allarme. “Non starai pensando di pugnalare Spock con quello per davvero, giusto?”

“Se l’ago è troppo piccolo il sangue non farà altro che coagularcisi dentro bloccandola.”

“Va bene, sei tu il Dottore. Stai indietro.”

“Assicurati di piegarne un’estremità rendendola appuntita.”

Kirk annuì e tirò fuori il suo phaser. Abbassando la potenza dell’arma la usò per estrarre la pipetta dalla macchina. Poi la usò per rendere una delle estremità di quest’ultima appuntita. Bones prese l’ago appena creato e lo lavò nel lavandino. Usò il suo phaser messo alla minima potenza per sterilizzarlo. Dopo aver preso una larga vaschetta di vetro e un asciugamano ebbero tutto ciò di cui avevano bisogno. Con i loro strumenti medici in mano tornarono da Spock.

“Bones, hai mai fatto una roba del genere?”

“Certo che no, non essere assurdo.”

“Rassicurante.”

“Vuoi farlo tu?” Domandò Bones.

“No, no, mi sta bene.”

“Dobbiamo svegliarlo, sarà di vitale importanza che non si muova quindi è meglio non fargli nessuna sorpresa. Vado a vedere se c’è dell’alcol in quell’armadietto per disinfettagli la pelle.”

Mentre Bones prendeva il liquore con il più alto grado alcolico dal mini bar Kirk si sedette accanto a Spock. Posò una mano sulla guancia di Spock. Ci volle solo un secondo prima che il contatto lo svegliasse. Aprendo lentamente gli occhi Spock guardò Kirk. Uno sguardo confuso gli attraversò gli occhi mentre cercava di separare il mondo dei sogni da quello reale.

“Capitano,” salutò formalmente Spock “mi scuso per aver dormito troppo, farò il mio turno di guardia immediatamente.”

“Oh nossignore.” Kirk tenne gentilmente Spock giù. “Il Dr. McCoy qui dice che c’è un po’ troppo sangue nei tuoi polmoni.”

“Posso ancora respirare.”

“A malapena.” Disse Bones mentre si avvicinava con un po’ di Brandy in mano. “Spock, dobbiamo drenare il sangue per alleviare la pressione o i tuoi polmoni collasseranno.”

Spock guardò il grosso ago in mano a McCoy e senza esitazione si sollevò l’uniforme per dare al dottore una buona visuale delle sue costole. Un leggero sorriso toccò le labbra di Kirk. Non era sicuro che lui sarebbe stato in grado di fidarsi di Bones con quell’arma in mano. Alla fin fine nemmeno McCoy sembrava fidarsi di sé stesso. Esitò prima di aprire la bottiglia di Brandy che aveva ripescato dal sottoscala. Con uno sguardo alla ‘o la va o la spacca’ Bones versò un po’ del liquore sulle costole di Spock.

“Non da quella parte, Dottore, mi perforerebbe il cuore.”

“Certo, non è in centro al tuo petto.” Bones versò dell’altro alcol dall’altra parte delle costole di Spock. “Mi…mi dispiace…”

“Non sia nervoso, Dottore.” Disse Spock con calma. “Credo che abbia fatto un giuramento di ‘non far del male’.”

“Sì.”

“Sto morendo, non può farmi più male di così, nemmeno se fallisse.”

“Cerchiamo di evitare il fallimento.” Bones forzò un sorriso e offrì il Brandy a Spock. “Ne vuoi un sorso prima che cominciamo?”

Spock scosse leggermente la testa. Bones scrollò le spalle e prese un lungo sorso dalla bottiglia.

“Spock, ho bisogno che tu tenga le braccia sopra la testa.” Istruì McCoy. “Jim, tienigli i polsi più fermi che puoi. Spock, mi siederò sui tuoi fianchi per aiutarti a rimanere il più fermo possibile. È estremamente importante che tu faccia del tuo meglio per rimanere immobile, ci vuole poco per entrare nella cavità pleurica perforandoti un polmone.”

“Capito, Dottore.”

Ancora steso sulla schiena Spock mise le mani sopra la testa e permise pacificamente a Kirk di bloccargli i polsi. Dopo aver messo la bacinella e l’asciugamano vicino a Spock McCoy salì sul letto. Si mise a cavalcioni su Spock e gli si sedette sui fianchi per impedirgli di inarcare la schiena facendo finire l’ago in un polmone.

“Odio pensare a quello che presumerebbe qualcuno se entrando ci ritrovasse in questa piccola scenetta intima.” Disse Kirk cercando alleggerire la situazione.

“Mi farebbero arrestare per pratica illecita sul posto.”

“Come minimo.”

“Signori,” li interruppe Spock “per favore non rimandate ulteriormente questa procedura, incomincia a mancarmi il fiato.”

“Giusto. Questo potrebbe…uh…pungere.” Annunciò Bones. “Al tre prendi un profondo respiro e trattienilo il più a lungo possibile. 1, 2…3.”

Al tre tutti i presenti presero un profondo respiro e lo trattennero. McCoy premette la punta dell’ago fra due costole di Spock e con un veloce colpetto gli punse la pelle. Bones fu costretto a spingere lentamente l’invasivo tubo di metallo attraverso il sottile strato di muscoli così da sapere se stava andando troppo in là.

Kirk distolse lo sguardo quando il sangue cominciò a fuoriuscire dalla ferita colando lungo il fianco di Spock. Incapace di trattenere più a lungo il fiato Spock ricominciò con i leggeri respiri che stava facendo in precedenza. Mentre McCoy continuava a torcere il metallo nel suo petto Spock serrò le mani intorno ai polsi di Kirk. Si tenevano i polsi l’un con l’altro come se fossero stati sul punto di eseguire un numero di trapezzismo.

Spock contrastò il dolore aggrappandosi saldamente ai polsi di Kirk. Tuttavia, non emise alcun suono, e non lottò contro il trattamento del dottore. Spock alzò lo sguardo su Kirk e il Capitano potè vedere nei suoi occhi verdi quanto gli costava tenere nascosto il suo dolore. Normalmente una cosa del genere non sarebbe stata una problema per la mente ferma del Vulcaniano, ma dopo settimane di esperienze al limite della sopportazione era troppo vicino al punto di rottura per poter schermare la sua mente contro il dolore. La pelle di Spock era madida di sudore quando finalmente cedette emettendo un lieve gemito chiudendo gli occhi.

“Ce l’hai quasi fatta.” Lo incoraggiò Kirk. “Tieni duro, Spock.”

“Ce l’ho!” Urlò Bones in segno di trionfo.

La punta smussata del tubo di metallo drenò il sangue stagnante come una fontana. La differenza in Spock fu quasi immediata. Prese il suo primo vero profondo respiro in giorni e si rilassò visibilmente. Mentre il sangue continuava a venir fuori il colorito di Spock migliorò e il suo respiro divenne più calmo e costante.

“Penso che possa bastare.” Mormorò McCoy a sé stesso togliendo l’ago e premendo l’asciugamano contro la ferita lasciata. “Normalmente lascerei il tubo dentro così da drenare qualsiasi altro accumulo, ma quello sarebbe in circostanze nelle quali sono sicuro che il mio paziente resterà a letto. Qualcosa mi dice che Spock non rispetterà l’ordine del medico di rimanere a letto.”

“Non ho tempo di fare una cosa del genere, Dottore.” Replicò Spock. “Tuttavia, a suo credito mi sento molto meglio.”

“Voglio lo stesso che resti qui finché i Romulani non bussano.”

“Molto bene, Dottore. Se insiste.”

“Insisto.”

Kirk lasciò la presa sui polsi di Spock e McCoy gli si tolse di dosso con cautela. Quando Bones fu soddisfatto del fatto che la ferita causata dall’ago aveva smesso di sanguinare gli tirò giù la maglia. Spock chiuse nuovamente gli occhi, ma questa volta aveva un aspetto pacifico.

“Grazie, Dottore.” Sussurrò Spock mentre si addormentava.

“Di nulla, Spock.”

Bones usò l’asciugamano per ripulire l’ago che poi appoggiò sul comodino in caso ne avesse avuto bisogno più tardi. Sollevò la bacinella piena di sangue verde. Kirk era scioccato da quanto ce n’era. Non poteva credere che qualcuno potesse avere così tanto sangue in petto e sopravvivere.

“Quanto a lungo credi che abbia sopportato tutto quel sangue in petto?”

“Da quanto ho osservato: per giorni. Testardo Vulcaniano, preferirebbe strisciare in qualche angolo per morire da solo piuttosto che chiedere aiuto.”

“Credo che sia grazie alla sua testardaggine se è ancora vivo.”

“È un peccato doverlo buttare via.” Sospirò Bones guardando la bacinella piena di sangue.

“Bones?” Chiese Kirk sollevando sospettosamente un sopracciglio.

“Se fossimo sull’Enterprise potrei purificarlo e rimetterglielo nelle vene.”

“Ah.”

“Spock ha un tipo di sangue molto raro fra quella che è ora una rara specie.” Continuò Bones. “Se gli servirà una trasfusione…penso che nemmeno il mercato nero sarà in grado di aiutarci.”

Sentendo la sconfitta nella voce di McCoy Kirk guardò Spock. Il suo amico stava dormendo tranquillamente. Il suo respiro non era più leggero, ma il suo petto si sollevava ancora con difficoltà nello sforzo di trarre abbastanza ossigeno per il suo ormai allo stremo sistemo circolatorio. Mentre Kirk guardava Spock dormire Bones andò nel piccolo bagno e versò il sangue nel lavandino.

“Dovremmo tornare al timone, Jim. Non possiamo fare nient’altro per Spock a parte lasciarlo dormire.”

Kirk annuì e fece strada fino al piccolo ponte della nave. Si sedette sulla sedia del Capitano e quando vide che avevano quasi attraversato la Zona Neutrale fece uscire la nave dalla Curvatura. Le stelle presero vita quando l’aurora blu della Curvatura scomparve. McCoy si sedette accanto a lui e i due fissarono in silenzio la bellezza dello spazio. Rimasero in silenzio per quasi un’ora prima che Kirk sospirasse pesantemente.

“Jim?”

“Stavo solo ricordando la prima cosa che Spock mi ha chiesto di insegnare a suo figlio, maschio o femmina che sia.”

“Oh?”

“Voleva che dicessi loro che non devono mai sorridere se non vogliono.”

“Sembra una cosa piuttosto strana da dire.” Disse Bones.

“L’ho pensato anch’io all’inizio. Poi ho ricordato una cosa che mi ha detto una volta l’Ammiraglio Pike quando stavo scherzando con lui circa la natura seria di Spock. Mi ha detto che quando Spock arrivò all’Accademia sorrideva sempre.”

“Spock? Il nostro Spock?”

“Apparentemente cercava di replicare tutti i tipi di espressioni facciali umane. All’inizio Pike pensava che fossero genuine, ma quando conobbe Spock realizzò che le sue espressioni non solo erano vuote ma erano anche difficili e stressanti per lui. Stava lottando per essere accettato dagli umani così come aveva sempre cercato di fare fra i Vulcaniani: essendo qualcuno che non era. Pike lo prese da parte un giorno e gli fece sapere che non c’era bisogno che fingesse di essere qualcuno che non era solo per fare piacere agli altri. A quanto pare il cambiamento in Spock fu repentino e lui divenne lo strano tipo che conosciamo e amiamo.”

“Probabilmente era la prima volta che qualcuno all’infuori della sua famiglia lo accettava per quello che è.”

“Senza dubbio. Dev’essere difficile essere logico come un Vulcaniano e allo stesso tempo compassionevole come il migliore fra gli umani.”

“Lo sai io sto sempre a infastidirlo circa le contraddizioni della sua natura, immagino che dovrei dirgli che non lo vorrei diversamente da com’è prima che sia troppo tardi.”

“Ho la sensazione che lo sappia già.” Sorrise Kirk. “Se c’è una cosa sulla quale puoi contare di Spock è che non finge più. Se ti vedesse diversamente dall’amico sincero che sei…te lo farebbe sapere.”

“Vorrei poterlo aiutare.”

“Beh, lo stiamo facendo.” Kirk fece un cenno allo spazio che li circondava.

“Quanto ci vuole ancora prima di entrare in territorio Romulano?”

“Abbiamo passato la Zona Neutrale circa un’ora fa.”

“Allora dove sono i Romulani?”

“Conoscendoli, sono nascosti qui da qualche parte a studiarci. Una volta che saranno sicuri di vincere si faranno vedere.”

Kirk aveva a malapena finito la frase quando davanti a loro si materializzò un falco da guerra Romulano. Il veloce vascello Romulano gli girò intorno mantenendo una certa distanza come uno squalo intorno ad un nuotatore ferito. Quando Kirk non diede nessun segno di voler attaccare o cambiare rotta il vascello Romulano si fece più audace e si avvicinò.

“Dovremmo svegliare Spock?” Chiese Bones.

“Non ce n’è bisogno, Dottore, sono qui.” Annunciò Spock avvicinandosi alle loro spalle.

“Spock, non comparirmi alle spalle di soprassalto in questo modo!” Esclamò Bones con un salto.

“Le mie scuse, Dottore, alcune volte dimentico che il suo udito non è fine come il mio.”

“Sì…certo.” Borbottò Bones.

Kirk ridacchiò vedendo che i suoi amici trovavano la voglia di beccarsi anche con un nemico davanti a loro. Fuori un altro falco da guerra diventò visibile e si unì al compagno nella loro danza mortale intorno alla nave. Quando Spock si chinò in avanti per riuscire a vedere meglio le due navi McCoy gli sollevò la maglia insanguinata per dare un’occhiata alla ferita provocata dall’ago.

“Le assicuro che mi sento bene, Dottore.” Disse Spock.

“Non dovresti camminare così presto.”

“I Romulani mi avrebbero fatto scendere dal letto comunque.”

“Non stanno chiamando.” Notò Kirk.

“No. Non siamo una nave da guerra, non hanno bisogno di contattarci. Ispezioneranno la nave per decidere se la vogliono. Se sarà così ci abborderanno per ucciderci, altrimenti apriranno il fuoco contro di noi.”

“Whoa, aspetta un attimo.” Protestò Bones. “Abbordarci per ucciderci? Non mi sembra un piano!”

“Una volta che avranno visto le nostre uniformi non ci spareranno.” Assicurò Spock. “Siamo di gran valore come prigionieri.”

“Grandioso.”

Prima che Kirk potesse rassicurare ulteriormente Bones il suono dei Romulani che si facevano strada attraverso la nave catturò la sua attenzione. Sembrava che stessero facendo a pezzi tutto in cerca di esseri viventi. Quando arrivarono al Ponte i quattro Romulani si fermarono e fissarono Kirk, Spock e McCoy in comprensibile stupore. Kirk fece un passo in avanti e offrì al comandante Romulano la mano così che la stringesse. Il Romulano guardò Kirk come se gli stesse offrendo un ratto morto. Kirk sorrise smagliante a dispetto del freddo comportamento dei Romulani.

“Signori…benvenuti a bordo.”

 

 

Eccoci qui con un nuovo capitolo^^ Adoro il primo dialogo fra Kirk e Pike ma la cosa più bella di questo capitolo secondo me è quando Kirk racconta a McCoy dell’arrivo di Spock all’Accademia, mi sembra che quello sia un comportamento da Spock: fingere per essere accettato. Grazie a Lady Amber, Persefone Fuxia, Thiliol e Cassandra mi ha fatto piacere sentirti dopo così tanto tempo^^Finalmente ho il mio computer portatile perciò date il benvenuto a R2-D2 che mi permetterà di continuare a postare regolarmente : )

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35

“È questo il tipo di benvenuto che ti aspettavi, Spock?”

“Sì, Dottore.”

“Oh, bene, finchè va tutto secondo il ‘piano’.”

Spock aprì un occhio e guardò l’agitato dottore. McCoy camminava avanti e indietro davanti al lucente scudo che li teneva intrappolati nella piccola cella. I muri e il soffitto erano fatti di un metallo opaco che donava alla cella l’aspetto di una tradizionale prigione. Il loro trasferimento su Romulus era stato veloce, ma Spock poteva già sentire il sangue che gli si accumulava nei polmoni. Stando steso sul pavimento sperava di dormire un po’.

“Come stai, Spock?” Chiese Kirk preoccupato.

“Il mio disagio è tollerabile.”

“Così male, eh?”

Col passare degli anni Spock aveva imparato che quando il Capitano usava il termine ‘eh’ non si aspettava davvero una risposta. A Spock sembrava illogico porre una domanda senza volere una risposta, ma lo accettava. Chiudendo di nuovo gli occhi cercò nuovamente di dormire. Poteva sentire McCoy che continuava a camminare.

“Spock, come puoi dormire in un momento simile?” Domandò Bones.

“Il mio preoccuparsi della situazione non farà niente per cambiarla.”

“Ha ragione, Bones. Avanti, siediti, stai rendendo nervoso anche me.”

“Come sono finito con voi due?” Sospirò McCoy.

“L’Ufficiale Medico Capo della USS Enterprise fu ucciso in azione durante l’attacco di Nero a Vulcano facendo sì che lei venisse promosso…”

“Spock,” lo interruppe Bones “era una domanda retorica. Non volevo che mi ripetessi tutta la storia.”

Con gli occhi ancora chiusi Spock alzò un singolo sopracciglio in segno di disapprovazione. Bones roteò gli occhi e dopo che Kirk gli ebbe chiesto nuovamente di sedersi lo fece. Respirando pesantemente Spock scivolò dentro e fuori conoscenza. Ad un certo punto si svegliò scoprendo che Kirk gli aveva preso la testa mettendosela in grembo per farlo stare più comodo. Troppo debole per protestare contro il contatto non necessario Spock si leccò il sangue dalle labbra e si riaddormentò.

“Spock, svegliati.” Disse Kirk. “Sta arrivando qualcuno.”

“Molto bene. Mi aiuti ad alzarmi, non voglio apparire debole.”

“Giusto.”

Spock si sedette e accettò l’aiuto di Kirk per alzarsi. Una volta in piedi si distanziò di alcuni passi dagli altri due. Kirk e Bones si avvicinarono automaticamente alla porta quando arrivarono le guardie ma Spock li fermò con un rapido cenno del capo. Kirk gli lanciò uno sguardo come per dirgli ‘spero che tu sappia cosa stai facendo’.

“Tu, Vulcaniano.” Abbaiò il capo delle guardie. “Il nostro capo desidera parlare con te per primo.”

“Molto ben…”

“Noi veniamo con lui.” Interruppe Kirk.

“No, Capitano. Andrò da solo.”

“Spock?”

“Si fidi di me.”

“Non si accettano discussioni.” Ringhiò il Romulano. “Vieni, Vulcaniano, l’Imperatrice attende.”

“Imperatrice?” Ripeté Kirk.

“Nella società Romulana uomini e donne sono eguali.” Spiegò Spock. “Chiunque può ascendere alla guida dell’Impero.”

“Basta con le chiacchiere.” Scattò la guardia.

“Porta il mio amore all’Imperatrice.” Kirk forzò un sorriso.

“Questo è illogico, Capitano. Non può amarla, no la conosce neppure.”

Kirk scosse tristemente la testa mentre Spock veniva condotto via. Anche se non era stato legato Spock tenne le mani dietro la schiena mentre camminava per i corridoi. Non aveva mai visto prima l’architettura Romulana ed era affascinato da come essa appariva biologica. Dove i Vulcaniani avrebbe usato linee dure ed angoli retti i Romulani avevano usato superfici lisce e curve naturali.

La principale Sala Reale era niente meno che un’opera d’arte. Aggraziate colonne intrecciate fra loro si inarcavano fino al soffitto di vetro. Fuori stava piovendo e l’acqua che scorreva sui vetri multicolore non faceva altro che aggiungersi alla sua bellezza. Il pavimento era fatto di pietra nera ed era stato ricoperto con simboli dorati nella lingua dei Romulani.

L’Imperatrice sedeva su un trono finemente decorato innalzato su un largo palco. Anche se bellissima la sua espressione era fredda come lo spazio stesso. I suoi lunghi capelli neri era stati raccolti in alto e lontani dalle sue orecchie appuntite. Il rossetto color rosso sangue umano stonava incredibilmente con la tinta verde della sua pelle. Indossava una veste a più strati nera della più finissima seta e rifinita in oro.

Spock fu portato fino ad un luogo a circa un metro e mezzo dal palco. Le guardie salutarono il loro capo e lei li mandò via con uno sguardo. Piegando leggermente la testa di lato studiò Spock. Con le mani ancora tenute con noncuranza dietro la schiena Spock fissò dritto innanzi a sé un punto nello spazio lontano migliaia di anni luce. Era il suo disinteresse per la situazione in cui si trovava ad aver ispirato la curiosità dell’Imperatrice.

Spock fece del suo meglio per rimanere calmo e completamente senza emozioni. Erano passate parecchie ore dalla sua ultima iniezione di Vulandin, e stava incominciando a temere che presto avrebbe sentito le voci dei morti che gli sussurravano nella mente. Aveva un tempo molto limitato per convincere i Romulani ad aiutarlo e a permettergli di fare ritorno alla sua nave, e alla sua droga. Anche con il tempo che premeva su di lui Spock rimase in silenzio. Aveva pianificato di parlare solo quando gli fosse stata rivolta la parola.

Passarono cinque minuti prima che la Romulana si alzasse dal suo trono. I suoi passi echeggiarono per l’immensa sala mentre gli si avvicinava. Gli arrivò così vicino da fargli sentire il calore del suo respiro sulla sua pelle. Gli passò brevemente la mano sull’uniforme macchiata di sangue.

Ancora una volta piegò la testa di lato e improvvisamente ingaggiò Spock in un bacio appassionato. Nonostante fosse stato preso di sorpresa Spock non reagì alla strana manifestazione di affetto, né la ricambiò. Spock rimase passivo e non resistette nemmeno quando l’Imperatrice Romulana forzò la sua lingua oltre i suoi denti.

L’Imperatrice si scostò lentamente, mostrando chiaramente che aveva del sangue sulla lingua. Se lo spalmò sulle labbra prima di leccarlo via. Spock rimase fermo come una statua davanti a lei. Un sorriso lupesco comparve sulle sottili labbra della Romulana mentre lo fissava.

“Quindi…è vero.” Disse lei quasi facendo le fusa. “Ciò che resta della tua razza sta morendo, posso sentire il tuo destino nel tuo sangue.”

Non era stata una domanda quindi Spock non offrì nessuna spiegazione.

“Io sono Cel’esta di Romulus.”

“Io sono Spock di Vulcano.”

“E della Terra.” Cel’esta sorrise con aria saccente. “Oh sì, io ti conosco. Spock l’ibrido, certamente non un umano, ma nemmeno un Vulcaniano.”

“Ho trovato il mio posto nella galassia.”

“Nientemeno che come Ufficiale della Flotta Stellare. Un risultato davvero impressionante, particolarmente con lo svantaggio del tuo sangue Vulcaniano.”

“Alla Flotta Stellare non interessa il colore del mio sangue.”

“Sai sono pronta a scommettere che tu ci credi veramente, ma io no.” L’Imperatrice si leccò nuovamente le labbra. “Ho sentito storie che dicono che i Vulcaniani non mentono. Vale anche per i mezzi Vulcaniani?”

“Vero o no, non sono venuto qui per mentire.”

“Perché sei venuto qui?”

“Per chiedere aiuto.”

Cel’esta rise. Sospirando per riprendersi mise una mano sulla guancia di Spock in un’amorevole carezza. Mise l’altra mano sul suo petto e lentamente la fece scorrere fino alla macchia di sangue sulle sue costole. Lo guidò a fissarla e lui glielo lasciò fare. Una volta che fu sicura di avere la sua attenzione Cel’esta impiantò le unghie nella carne attorno alla fresca ferita del suo fianco.

“Aiutarti? Un Vulcaniano?” Ruggì Cel’esta. “Tutto Romulus attende col fiato sospeso il giorno in cui potremo celebrare la morte dell’ultimo Vulcaniano.”

“Questo non è logico, abbiamo lo stesso sangue.”

“A differenza della Flotta Stellare a noi non interessa davvero il colore del sangue.” Disse Cel’esta incrementando la dolorosa stretta sulle costole di Spock. “Sono coloro ai quali ti accompagni che ci disgustano.”

“Non c’è niente di sbagliato nella mia compagnia.”

“Non per molto per lo meno.” Cel’esta lo rilasciò visto che non stava mostrando nessun segno di stare provando dolore. “Una volta che i pastori Vulcaniani se ne saranno andati, non ci sarà più nessuno a proteggere il branco di pecore umane.”

“Attaccare gli umani non è saggio.”

“Senza la guida di Vulcano non sono niente.”

“Non è vero.”

“Sono una specie debole, Spock. Anche tu chiami te stesso ‘Vulcaniano’ senza menzionare il tuo sangue umano. Te ne vergogni.”

“Semplicemente è stancante dovermi riferire a me stesso come mezzo Vulcaniano, mezzo umano. Dato che ho la fisiologia e l’educazione di un Vulcaniano mi chiamo tale. Non ho mai negato l’esistenza del mio sangue umano a chiunque me lo avesse chiesto.”

“Non importa. Sai che ciò che dico è vero. Ed ora ho un Capitano della Flotta Stellare in mano mia. Dilanierò la sua mente finchè non otterrò ogni segreto che contiene.”

“I suoi segreti non avranno valore.”

“In quanto a te,” continuò Cel’esta con un sorriso crudele “ho sempre voluto avere un Vulcaniano come animale di corte.”

La Romulana rimosse la cintura di seta dal suo vestito e la utilizzò per farci un cappio. Spock non protestò quando lei glielo mise al collo e lo strinse. Cel’esta cercò nei suoi occhi traccia di un indizio circa i suoi pensieri, sperando di scoprirvi un lampo di rabbia o umiliazione. Non trovò ciò che stava cercando.

“Lei mi delude, Imperatrice.” Disse Spock sinceramente.

“Oh?” Cel’esta sollevò le sue sopracciglia arcuate. “In che modo?”

“Ho chiesto il suo aiuto, e lei non mi ha mai chiesto cosa le avrei dato in cambio.”

“Solo perché non c’è niente che tu possa offrirmi che accetterei.”

“Ho il potere di salvare Romulus.”

“Oh, Spock, non hai giocato bene la tua mano. Le tue informazioni sono ormai roba vecchia. Nero ci ha già avvertiti della super nova che sarà il nostro futuro.”

“Nero vi ha avvertiti del futuro, ma vi ha detto come prevenirlo?”

“Questo non ti riguarda.” Ringhiò Cel’esta.

“Non lo credo.” Replicò Spock. “Sono destinato ad essere la voce di Romulus nel Consiglio Vulcaniano. Una giorno sarò un rispettato Ambasciatore…e un potente alleato.”

“Romulus non ha bisogno di Vulcano!” Gridò Cel’esta. “Risolveremo da soli il nostro problema!”

“Non avete abbastanza tempo.” Disse brutalmente Spock. “Siete una potente razza guerriera, ma non siete abili scienziati. Centoventisei anni non vi saranno sufficienti per scoprire come prevenire la super nova.”

“E cosa ti fa credere che tu possa fermarla? Hai già fallito in precedenza!”

“Non fallirò di nuovo.”

Cel’esta guardò ferocemente Spock. Lui la guardò con noncuranza. Sapendo che mostrare qualsiasi segno di debolezza a questo punto sarebbe stato fatale sia per lui che per i suoi amici fece tutto il possibile per non tremare. Non aveva paura. Era il suo corpo, non la sua mente a tradirlo. Riuscendo a nascondere la sua debolezza a Cel’esta lei strinse gli occhi.

“Non abbiamo bisogno di te, mezzo Vulcaniano. L’Impero Romulano non farà altro che trasferirsi su un nuovo mondo.”

“Scoprirete che non c’è un altro pianeta in tutta la galassia in grado di sostituire il vostro pianeta natio.”

Spock notò una punta di paura negli occhi della Romulana per la prima volta. Fece alcuni passi indietro e studiò il suo prigioniero ancora una volta. Spock attese in silenzio che lei prendesse una decisione. Ad un osservatore esterno sembrava che Spock fosse totalmente disinteressato all’intera faccenda. La sua calma esteriore non faceva che infuriare ulteriormente Cel’esta.

“Di cosa necessiti dai Romulani, Comandante?”

“Di Trilitio.”

“Non esiste.”

“Sta mentendo.”

“Cosa te lo fa dire con così tanta sicurezza?”

“È nella natura dei Romulani mentire, così come lo è dire la verità per i Vulcaniani.”

“Hai ragione.” Cel’esta sorrise. “Dobbiamo ancora trovare un modo per impiegarlo. È troppo pericoloso per farne un’arma, faremmo esplodere le nostre stesse navi.”

“Non intendo usarlo come arma.”

“Perché ne hai bisogno? Deve essere importante o non saresti qui davanti a me.”

“Il buco nero che una volta era Vulcano si sta avvicinando alla stella intorno alla quale orbita. Quando il buco nero entrerà in contatto con il sole di Vulcano creerà una potente esplosione di radiazioni gamma che provocherà un indicibile danno a questa galassia. Con il Trilitio intendo ridurre il sole di Vulcano ad una nana bianca, incapace di una tale distruzione.”

“Distruggeresti il sole di Vulcano per salvare una galassia che non ospiterà più Vulcaniani? Estingueresti l’ultimo monito rimasto di Vulcano in cielo?”

“Sì.”

L’Imperatrice Romulana studiò il volto di Spock per l’ultima volta. Questa volta invece di fissare davanti a sé Spock permise ai loro occhi di incontrarsi. L’espressione di Cel’esta si ammorbidì leggermente. Si leccò le labbra in una dimostrazione di indecisione.

“Siamo stati in grado di produrre solo piccole quantità, ed è altamente instabile.”

“Me ne serve solo una quantità pari a quella che può starmi sul palmo della mano.”

“Allora l’avrai.”

“Grazie, Imperatrice.”

Cel’esta si avvicinò fino a premere il petto contro il suo. Improvvisamente contorse le unghie nel suo fianco ferito con malizia. Questa volta Spock fu forzato a piagnucolare di dolore e a mandare giù la bile e il sangue che gli erano arrivate alle labbra. Cel’esta si mise in punta di piedi così da appoggiare le labbra contro l’orecchio appuntito di Spock.

“Tuttavia,” ringhiò pericolosamente Cel’esta “non dovrai dimenticare cosa ha fatto Romulus per te.”

“Non dimentico mai i miei amici.”

“È sarcasmo?”

“Sono un Vulcaniano, sono incapace di sarcasmo.”

Soddisfatta Cel’esta lo rilasciò. Si voltò e ritornò al suo posto sul trono. Le guardie si materializzarono dalle ombre della sala e scortarono Spock fino ad una lussuosa stanza per gli ospiti. Quando le guardie se ne andarono Spock arrancò fino alla sedia più vicina e vi si sedette. Chiudendo gli occhi attese i suoi amici. Non ci volle molto perché Kirk e McCoy si unissero a lui.

“Spock,” lo salutò calorosamente Kirk “dal cambiamento di stile delle nostre stanze devo credere che tutto è andato bene.”

“I Romulani ci daranno il Trilitio di cui abbiamo bisogno.”

“Dannazione, Spock…come hai fatto?”

“Penso che abbia qualcosa a che fare con il guinzaglio di seta intorno al suo collo e il rossetto che ha in viso.” Sorrise Bones.

“Spock,” ridacchiò Kirk “cane!”

“Capitano?”

“Non importa, Spock. Sono solo contento che tutto sia andato bene.”

“Abbiamo ancora del lavoro da fare.”

“Almeno non siamo morti.”

“Astuta osservazione, Capitano.”

“Spock,” disse McCoy improvvisamente preoccupato “il tuo fianco…”

“Non si preoccupi ulteriormente di me. Anche se dovessi morire in questo esatto momento ho fatto tutto ciò che dovevo.”

 

Finalmente Spock otterrà ciò che gli serve per scongiurare la distruzione della Galassia. Ora non gli resta che tornare all’Enterprise.Ironico che l’Imperatrice Romulana lo lodi a dispetto del suo sangue Vulcaniano^^Ringrazio tutti voi per i vostri commenti come sempre mi riempite di gioia^^

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36

“Non mi piace,” disse Kirk “ci stanno mettendo troppo tempo.”

“Concordo.” Sospirò Bones.

“Come sta Spock?”

“Non bene.”

“È la tua professionale opinione medica?”

“Direi di sì.” Replicò McCoy.

Kirk si avvicinò e si sedette sul bordo del divano sul quale stava dormendo Spock. Al di là del respiro irregolare Spock stava sobbalzando violentemente. La ferita che Cel’esta aveva riaperto si rifiutava di richiudersi e continuava a far uscire un sangue piuttosto acquoso. Kirk appoggiò la mano sulla fronte di Spock per sentire se aveva la febbre. Spock aprì gli occhi annaspando violentemente.

“Mi dispiace, Spock, non volevo spaventarti.”

“Capitano…posso sentire dei sussurri.”

“Questo non va bene.” Puntualizzò inutilmente Bones.

“Temo che presto diventerò pericoloso, Capitano.”

“Non sei nelle condizioni di far del male a nessuno, Spock.”

“La rabbia mi renderà forte.” Insistette Spock.

“Beh, non c’è molto che possiamo fare.” Kirk scosse le spalle. “A dispetto del fatto che ora siamo ‘onorevoli ospiti’ siamo intrappolati qui.”

“Apra la ferita nel mio fianco che va nei polmoni…”

“Cosa?” Esclamò Bones. “Sei impazzito?”

“Dottore, non desidero che il mio ultimo gesto sia l’uccidere i miei amici. Dovete uccidermi prima che io abbia l’occasione di uccidere voi.”

“Nessuno ucciderà nessuno.” Disse fermamente Kirk.

“Capitano…”

“Fine della discussione, Spock.”

Spock lanciò a Kirk un disperato sguardo dilaniante che non aveva mai visto sul volto del Vulcaniano. L’espressione non durò a lungo perché l’attenzione di Spock si spostò su qualcosa che solo lui poteva sentire. Kirk guardò Bones in cerca di guida, ma il dottore scosse semplicemente la testa tristemente.

Kirk e McCoy sobbalzarono violentemente quando qualcuno bussò fermamente alla porta. Senza attendere una risposta la porta si aprì e due guardie entrarono. I due Romulani si misero ai lati della porta e fissarono davanti a loro. L’Imperatrice Romulana entrò e si guardò attorno. Spock si sedette immediatamente. Kirk si sporse per stabilizzarlo, ma Spock non si fece toccare.

“Imperatrice,” salutò Kirk alzandosi in piedi e profondendosi in un leggero inchino “è un piacere fare la sua conoscenza. In nome della Federazione, e per me personalmente, la ringrazio per la sua assistenza.”

“Sto cominciando a ripensare al nostro accordo.” Annunciò rudemente Cel’esta.

“Tipicamente Romulano.” Mormorò McCoy.

“Bones.” Lo ammonì Kirk. “Perdoni la maleducazione del Dottore, Vostra Altezza. Posso chiederle perché ci sta ripensando?”

“Il Vulcaniano ha fatto una promessa che chiaramente non può mantenere.”

“Il ‘Vulcaniano’ ha un nome.” Ringhiò Bones.

“Dottore, stia zitto è un ordine.” Scattò Kirk.

“Imperatrice,” parlò Spock “non ho fatto nessuna promessa che non intendo mantenere.”

“Stai morendo, Spock.” Disse Cel’esta freddamente. “Sei stato bravo a nascondere la gravità della tua malattia, ma la tua debolezza è chiara ormai. Dici che sarai la voce di Romulus nel Consiglio Vulcaniano fra un centinaio di anni, ma tu non sopravviverai alla notte figuriamoci ad un secolo!”

“Il piano di fermare il buco nero di Vulcano servirà anche a salvare la vita di Spock.” Ribatté Kirk.

“Spock, ciò che dice è vero?”

“Non è sicuro.” Rispose Spock sinceramente.

Kirk chiuse gli occhi per la frustrazione contro l’incapacità del suo Primo Ufficiale di alterare leggermente la verità. L’Imperatrice vide la sua visibile agitazione e sorrise. Si avvicinò a Kirk e gli passò le dita lungo la linea dell’ossatura del collo. 

“Ti irrita che il tuo amico Vulcaniano non possa mentire.”

"Ci sono delle volte in cui ciò ha i suoi svantaggi.” Ammise Kirk. 

“Forse se gli umani fossero più sinceri noi Romulani saremmo più inclini a trattare con la vostra razza.”

“Va bene, vuole la verità, eccola: abbiamo disperatamente bisogno del vostro aiuto. Non solo per gli umani, ma per tutte le creature viventi della galassia. C’è la possibilità che una volta fermato il sole di Vulcano la malattia che sta uccidendo Spock e il resto dei Vulcaniani si fermi.”

“Spock,” chiamò Cel’esta al di sopra della spalla di Kirk “quali sono le probabilità della tua sopravvivenza?”

“Non ho abbastanza informazioni per calcolare le statistiche.”

“Quanto credi che ti resti da vivere?”

“Nelle mie attuali condizioni…meno di una settimana.”

“Grazie della tua onestà.”

“Imperatrice, la prego,” disse Kirk “la Federazione non permetterà che Romulus venga distrutto.”

“La Federazione non ha un tale potere. Ci sarà bisogno della scienza Vulcaniana, Spock me lo ha assicurato e io gli credo. Senza un Vulcaniano dalla nostra parte il Consiglio non ci assisterà.”

“Avrete quella voce, anche se Spock morirà.”

“Capitano, no…”

Spock balzò in piedi e immediatamente svenne. Bones fu abbastanza veloce da prenderlo prima che collassasse. Kirk si voltò e aiutò Bones a stendere Spock sul pavimento. McCoy spese qualche momento a controllare Spock prima di annunciare che stava ancora respirando e che era stato probabilmente un calo di pressione a farlo svenire.

“Capitano Kirk, credo che lei mi stesse dicendo qualcosa circa l’avere una voce Vulcaniana in futuro?” Disse Cel’esta in un tono da conversazione.

“Esatto.” Ammise Kirk voltandosi nuovamente verso di lei. “La moglie di Spock sta aspettando un figlio. Dovrò crescerlo io se Spock morirà.”

“Sta suggerendo che il figlio presti fede alla promessa del padre?”

“Sì.”

L’Imperatrice ci pensò un attimo prima di sorridere. Kirk aveva la sensazione di aver appena commesso un terribile errore, ma non sapeva che altro fare. A terra Spock stava lottando per tornare cosciente.

“Questo accordo richiederà un giuramento di sangue.” Annunciò Cel’esta.

“Spock non ha sangue da sprecare.” Protestò Bones.

“No, non il sangue di Spock,” Cel’esta mise la mano sulla guancia di Kirk “il suo.”

“Se faccio questo giuramento di sangue voi ci darete il Trilitio?”

“Sì, è già a bordo della vostra nave.” Promise Cel’esta. “Faremo anche tutto ciò che possiamo per guarire il corpo di Spock così che possa crescere suo figlio lui stesso.”

“Accetto.”

“Capitano…” mormorò Spock mezzo sveglio “non…”

“Ormai è fatto.” Sorrise Cel’esta. “Venga con me, Capitano.”

“Jim, sei sicu…”

“Prenditi cura di Spock, Bones, torno subito.”

Spock stava cercando di rimettersi in piedi anche se non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi. Bones lo tenne giù e cercò di calmarlo. Prima di avere la possibilità di ripensarci Kirk si voltò di nuovo verso Cel’esta. Lei gli porse la mano in maniere molto cortese. Prendendo la delicata mano della Romulana la seguì fuori dalla stanza.

L’Imperatrice non disse niente mentre lo guidava per gli intricati corridoi del palazzo. Un gruppo di guardie stava sempre a guardarli, ma manteneva le distanze. Kirk si fermò improvvisamente e si voltò quando sentì un urlo raccapricciante risuonare per i corridoi di pietra. Cel’esta gli si avvicinò alle spalle e gli mise le braccia intorno ai fianchi. Premendosi contro la sua schiena mise le labbra contro il suo orecchio. Il grido si ripeté con un tono quasi musicale sporcato solamente dall’evidente agonia in esso.

“Non allarmarti.” Sussurrò Cel’esta mordendogli gentilmente l’orecchio. “Le urla significano che il tuo amico ha ancora la forza di combattere in lui. Le medicine Romulane posso essere dolorose, ma devi essere vivo per sentire dolore.”

“Se scopro che è stato ucci…”

“Non ho ragione di uccidere un uomo morente. Se lo volessi morto lo avrei semplicemente lasciato morire. Ho promesso che avremmo provato ad aiutarlo ed è ciò che stiamo facendo. Vieni.”

Kirk rimase immobile dove si trovava mentre Spock urlava di nuovo. Cel’esta si staccò dai suoi fianchi e gli mise le mani sulle spalle per guidarlo via. Di malavoglia Kirk si voltò e seguì ancora una volta l’Imperatrice. Si fermarono davanti ad una porta tradizionale che venne immediatamente aperta per la sovrana da una delle guardie.

La stanza dietro essa era molto piccola e con un’unica caratteristica. Una sfera di vetro che emanava una scura luce blu dominava il centro della stanza. Cel’esta vi girò attorno e la colpì leggermente. La sfera si colorò di un brillante azzurro e sembrò che qualcosa si muovesse al suo interno.

“Capitano, appoggi la mano destra sulla sfera. Non la tolga finché non le verrà detto.”

“Um…in realtà mi stavo aspettando di farci un taglio sul palmo della mano e di stringerci la mano.”

“Disgustoso. No, così si fa un giuramento di sangue.”

“Va bene.” Kirk scrollò le spalle.

Presumendo che la sfera fosse una sorta di oggetto religioso appoggiò la mano su di essa così come molto tempo prima sulla Terra si poggiava la mano sulla Bibbia. Cel’esta guardò Kirk negli occhi. Kirk non sapeva se ciò che vedeva negli occhi dell'Imperatrice fosse inganno o eccitazione. 

“Ripeterà ciò che dico perfettamente, capito?”

 

“Sì.”

“Io Capitano James Tiberius Kirk, giuro…”

“Io Capitano James Tiberius Kirk, giuro…”

“Che al ventunesimo compleanno del figlio, o figlia, nato dal sangue di Spock…”

“Che al ventunesimo compleanno del figlio, o figlia, nato dal sangue di Spock…”

“Tornerò su Romulus con il bambino per ricordare loro della promessa fatta dal padre a tutti i Romulani.”

“Tornerò su Romulus con il bambino per ricordare loro della promessa fatta dal padre a tutti i Romulani.”

Mentre diceva le parole Kirk non era sicuro che avrebbe provato ad onorarle. Stava per togliere la mano dal globo di vetro quando un intenso dolore gli corse su per il braccio pugnalandolo al cuore. Annaspando in cerca d’aria cercò di staccare la mano dal globo, ma scoprì di averla attaccata saldamente ad esso. Il blu della sfera turbinò di rosso mentre gli veniva prelevato un po’ di sangue. Sembrarono passate ore quando il dolore finalmente cessò.

“Ora può togliere la mano.” Lo informò Cel’esta.

“Cos’è successo?” Chiese Kirk massaggiandosi la mano.

“Fa tutto parte del partecipare ad un giuramento di sangue.”

“Abbiamo finto?”

“Sì. Lei e i suoi amici siete liberi di andarvene.”

“Grazie.”

“Di niente.”

Cel’esta si lasciò alle spalle il globo che ora brillava di rosso per avvicinarsi a Kirk. Gli prese il braccio come se stessero andando ad un appuntamento. Lo ricondusse alla stanza nella quale attendevano Spock e McCoy. Per la sorpresa di Kirk Spock era seduto. Bones stava camminando avanti e indietro ancora una volta, con uno sguardo infelice. Quando vide Kirk Spock si alzò. Era chiaro che era ancora debole, ma non sembrava in punto di morte al momento.

“Capitano…”

“Sto bene, Spock.” Assicurò Kirk. “Imperatrice, grazie per tutto il vostro aiuto.”

“Piacere mio. Quando sarete pronti per andarvene le mie guardie vi scorteranno alla vostra nave.”

“Penso che siamo pronti per andarcene ora.”

“Allora vi auguro un buon viaggio di ritorno. Fate attenzione al vostro carico, è molto instabile.”

“Lo faremo.” Kirk si voltò verso i suoi amici. “Signori, andiamo.”

“Sì, Capitano.” Disse Spock con una punta di sconfitta nella voce.

Come promesso l’Imperatrice aveva caricato sulla nave la piccola quantità del prezioso materiale. La manciata di Trilitio era sospesa in un campo di forza incastrato in un cilindro di vetro molto simile al contenitore della materia rossa. Una spessa coperta blu fatta di qualcosa che sembrava bava copriva il minerale nero contenuto all’interno. Mentre Kirk guardava il Trilitio, il quale sembrava incredibilmente fuori posto a bordo della sontuosa nave, Spock si sedette al posto di comando e impostò la rotta per ritornare alla Base Stellare 257.

Sentendosi stanco a causa dell’avventura con i Romulani Kirk decise di rimanere nella sala con il Trilitio. Una volta all'interno della relativamente sicura Zona Neutrale Spock si affiancò a Kirk. Sembrava già trovarsi nuovamente in punto di morte nonostante il trattamento dei Romulani. L’istante in cui aveva impostato la rotta Spock aveva preso una pesante dose di Vulandin, il quale sembrava aver devastato il suo delicato sistema ancora più velocemente del solito.

“Come ti senti, Spock?”

“I Romulani mi hanno procurato un po’ di tempo. Il Dr. McCoy era alquanto disturbato, ma ha ammesso di non poter negare i loro risultati.”

“Dov’è Bones?”

“Sta dormendo.”

“Probabilmente è la cosa migliore da fare.”

“Capitano, posso parlarle?”

“Pensavo fosse quello che stiamo facendo.”

“Desidero cambiare argomento.” Chiarì Spock.

“Sicuro. Siediti.”

“Ci metterò poco e poi andrò a letto.”

“D’accordo, cosa c’è?”

“Ho bisogno di sapere le esatte parole che ha pronunciato durante il giuramento di sangue con Cel’esta.” Disse Spock.

“Le ho detto che sarei ritornato su Romulus con tuo figlio o figlia al loro ventunesimo compleanno.”

“Ha pronunciato qualche emendamento?”

“Non capisco.”

“Dovrà portare a termine questo compito che io viva o muoia?”

“Uh…non se ne è parlato. Immagino che lei intendesse in caso tu muoia.”

“Non ci sono supposizioni in un giuramento di sangue. Se lei ha solo detto che sarebbe ritornato nel giorno del ventunesimo compleanno di mio figlio allora questo è quello che deve fare.”

“Non preoccuparti, Spock.” Kirk scrollò le spalle. “Tanto non ho intenzione di tornare.”

“Deve.”

“Perché?”

“Se romperà la promessa che ha fatto a Cel’esta morirà.”

“Andiamo, Spock, lo sai che non credo in tutto quel abracadabra.”

“Non è magia, è un programma del computer. Sono state iniettate delle nanomacchine nel suo sangue, da qui il termine ‘giuramento di sangue’. Se esse non ritorneranno al globo nel tempo stabilito allora la uccideranno.”

“Quella bastarda dalle orec…”

“Capitano, ciò che è fatto è fatto. Tuttavia, se dovesse scoppiare una guerra tra gli umani e i Romulani, lei sarebbe forzato ad andare a Romulus in ogni caso e mio figlio dovrebbe venire con lei.”

“Spock, mi dispiace. Non lo sapevo.”

“Immagino che ciò che ha fatto fosse l’unica cosa logica.” Spock fece un leggero inchino a Kirk.

“In che modo?”

“Cel’esta non ci avrebbe permesso di andarcene senza guadagnarne qualcosa.”

“Un sacco di cose possono succedere in ventun’anni, Spock. Non preoccupiamocene adesso.”

“D’accordo.”

“Vai a dormire un po’, Spock.”

“Anche lei ha bisogno di dormire, Capitano.”

“Annotato.”

Spock annuì e andò a cercarsi un letto. Quando attraversò la stanza con il Trilitio sospeso in essa poggiò una mano sul vetro e lo fissò. Kirk guardò Spock mentre contemplava quella che poteva essere la sua unica possibilità di sopravvivenza. Alla fine Spock se ne andò. Kirk si stese su un divano e cercò di fare un breve pisolino. Incapace di dormire rimase a fissare il Trilitio che galleggiava nella sua gabbia di vetro.

“Sarà meglio che tutto questo funzioni.”

 

 

Accidenti Kirk non pensa mai alle conseguenze delle sue azioni! Ma immagino che Spock abbia ragione come al solito, ha fatto ciò che era necessario anche se io mi sarei incavolata di brutto per una roba del genere >o<. grazie a Persefone Fuxia e Lady Amber per aver recensito.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37

“Wow…certo è davvero una bella nave.”

“Se ne dimentichi, Scotty, andrà al Sole Vulcaniano.”

“Ma, Signore…” Gemette Scotty.

“È un ordine, Signor Scott. Ora, pensa di poter seguire l’Enterprise verso Vulcano senza vagabondare in giro?”

“Forse.”

“Lo prenderò per un ‘Sì, Signore’.” Disse Kirk severamente.

“Sì, Signore.” Sospirò Scotty.

“Meglio.”

Kirk lasciò Scotty al timone. L’ingegnere sembrava un bambino in un negozio di dolciumi. Continuava a toccare i vari componenti del pannello di controllo e ridacchiava di pura gioia. Kirk roteò gli occhi, almeno qualcuno si stava divertendo. Si erano incontrati con l’Enterprise nello spazio in caso qualcuno fosse ancora arrabbiato per il furto alla Base Stellare.

Kirk entrò nel salone dove Spock e Bones stavano fissando il Trilitio. In realtà Spock stava ispezionando il composto sintetico mentre McCoy stava dando una rapida occhiata clinica al suo riluttante paziente. Spock era in piedi, ma sembrava che a tenerlo in tale posizione fosse la pura forza di volontà. Le paure di Kirk furono confermate quando Bones lo guardò e scosse tristemente la testa.

“Sto bene, Dottore.” Disse Spock.

“Io non ho detto niente.”

“Bones, lo stavi pensando così intensamente che l’ho sentito pure io.” Kirk forzò un sorriso. “Spock, quanto ci vorrà per arrivare a Vulcano da qui?”

“Approssimativamente undici ore e diciassette minuti.”

“Bene, fai rapporto all’Enterprise e poi vai fuori servizio per le prossime undici ore e dieci minuti.”

“Capitano, durante una missione di tale importanza non è logico che il Primo Ufficiale sia fuori servizio.”

“Se il mio Primo Ufficiale fosse in salute concorderei con lui.”

“Capitano, non ho bisogno di nessun trattamento speciale.” Insistette Spock.

“Il fatto che tu non sia confinato in Infermeria è l’unico trattamento speciale che ti è riservato.” Replicò seriamente Kirk. “Niente più discussioni. Scotty è al timone, noi torneremo all’Enterprise.”

Kirk contattò la sala teletrasporto e ordinò che fossero tutti rimaterializzati a bordo della nave. Uhura li stava aspettando nella sala teletrasporto. Aveva atteso a malapena che si fossero rimaterializzati prima di salire sulle piattaforme. Uhura avvolse le braccia intorno a Spock gentilmente, attenta a non appoggiarsi a lui con troppa forza. Kirk sorrise quando Spock rispose all’abbraccio e le diede un dolce bacio. In qualsiasi altra circostanza sapeva che Spock non avrebbe mai accettato una simile dimostrazione pubblica di affetto. Uhura guardò Kirk e sorrise tristemente.

“Grazie, Capitano. Sapevo che lo avrebbe riportato intero.”

“Faccio solo il mio dovere, Signora.”

Un sorriso più genuino apparve sul volto di Uhura. Prese la mano di Spock e cominciò a condurlo via. Scendendo dalla rampa del teletrasporto Spock esitò ad andarsene. Uhura si fermò e gli permise di voltarsi.

“Capitano, se c’è bisogno di me…”

“So dove trovarti.”

Spock si fermò prima di annuire e lasciò pacificamente che Uhura lo conducesse via. Kirk li guardò andarsene prima di ordinare all’Enterprise di dirigersi a Massima Curvatura verso il sole di Vulcano. Avendo fatto tutto il possibile per il momento Kirk si mise a fianco di McCoy e mise un braccio sulle spalle dell’amico.

“Bones, non so tu, ma io ho bisogno di qualcosa da bere.”

“Ho la roba migliore giù in Infermeria.”

“Giusto al luogo a cui appartiene.”

Scendendo dalle rampe i due andarono in Infermeria. Bones prese una bottiglia di Brandy e un paio di bicchieri che portarono di sopra alla principale sala d’osservazione. Kirk si avvicinò al timone in stile tradizionale che decorava il centro della sala. Appoggiandosi al timone di legno accettò il bicchiere di Brandy offertogli da Bones.

“Alcune volte mi piacerebbe che fossimo in mare invece che qui nel gelo dello spazio.” Kirk sospirò pesantemente.

“Oh certo, quella dei vecchi marinai sì che era vita: scorbuto, infezioni, fame, dissenteria…”

“Almeno vivevano in tempi più semplici.” Kirk prese un sorso del liquore ambrato. “I Capitani non dovevano preoccuparsi dell’intera galassia.”

“Non è la galassia a gravarti sulla mente adesso, vero?”

“No.” Ammise Kirk.

“Lo stesso per me.”

“Spock dovrebbe vivere più di entrambi, Bones. È così che si suppone che sia.”

“Forse in un altro Universo.” Bones mandò giù il suo drink. “Tuttavia, nella nostra realtà non c’è garanzia di futuro.”

“È che non riesco ad immaginare un futuro dove i Vulcaniani non sono niente più che delle immagini nei musei a fianco del picchio argentato, o delle balene con la gobba.”

“Si spera di non arrivare a tanto.”

Kirk annuì e accettò che il suo bicchiere venisse riempito di nuovo. Fissò l’aurora blu della Velocità a Curvatura in silenzio. Non gli sfuggì come il suo Ufficiale Medico Capo si assicurava che il suo bicchiere non fosse mai vuoto. Alla fine l’alcol incominciò a fare effetto. Bones gli portò via il bicchiere.

“Allora hai intenzione di passeggiare su e giù per il Ponte senza motivo o cercherai di dormire un po’?”

“Un po’ di riposo suona bene.”

“Speravo che il Brandy ti avrebbe convinto.” Annuì Bones. “Forza, andiamo ai tuoi alloggi.”

“Devo ammettere che mi piace di più questa tua forma di persuasione invece della tua solita iniezione sul collo.”

“Ho pensato di dover usare quel metodo.”

Kirk ridacchiò. Bones lo condusse ai suoi alloggi e poi cercò lui stesso un po’ di tregua. Kirk decise che una doccia prima di dormire era necessaria. L’acqua calda che gli scivolava lungo la schiena fece ben poco per alleviare la tensione delle sue spalle. Dopo una lunga doccia Kirk si stese sopra le coperte del suo letto. Quando il palmo destro incominciò a pizzicargli lo guardò e notò tracce di sangue appena sotto pelle dove la sua mano aveva toccato la sfera Romulana.

“Questa cosa mi romperà davvero le scatole uno di questi giorni.”

Spock aveva accettato con riluttanza di tenere segreto ciò che avevano fatto i Romulani. Kirk temeva che la Flotta Stellare lo avrebbe forzato a ritirarsi prima del tempo se avessero pensato anche per un solo secondo che lui fosse in un qualche modo compromesso con i Romulani. Anche se nessuno ammetteva niente Kirk aveva la sensazione che non ci sarebbe voluto molto per fare iniziare una guerra con i lontani cugini dei Vulcaniani. Fino dalla distruzione di Vulcano i Romulani erano diventati sempre più agitati.

“Un problema alla volta.” Mormorò Kirk a sé stesso.

Sottomettendosi al riposo Kirk cadde in un sonno senza sogni. Fu l’acuto fischio del sistema di comunicazione che lo svegliò tempo dopo. Mettendosi un’uniforme pulita Kirk si trascinò fino allo schermo e premette un tasto. Scotty apparì con uno sguardo allarmato.

“Scotty, cosa c’è che non va? Hai rotto la nave giocandoci?”

“No, Signore. È il Trilitio.”

“Cosa?”

“Penso ci sia qualcosa che non va.”

“Che non va come?”

“Non posso esserne sicuro, per questo l’ho chiamata con il video, penso che stia affondando.”

“Affondando?” Ripeté Kirk confuso.

“Guardi.”

Scotty spostò la videocamera così che mostrasse il container che conteneva il Trilitio. Kirk si avvicinò allo schermo e fissò la goccia blu che levitava nel cilindro di vetro. Sembrava che la sostanza non si muovesse, ma certamente era più in basso di come se la ricordava.

“Capitano?” La voce di Spock risuonò nell’interfono. “L’Ingegnere Scott ha ragione, il contenimento del Trilitio sta fallendo.”

“Spock? Che ci fai in linea?”

“Il Signor Scott non l’ha contattata privatamente. Mi scuso per aver ascoltato.”

“Nessun problema. Quali sono le implicazioni della sua caduta?”

“Quando il Trilitio raggiungerà la base del contenitore e entrerà in contatto con la materia si incendierà.” Replicò Spock.

“Si incendierà?”

“Grande boom, Capitano.” Chiarì Scotty.

“Grandioso. Quanto tempo abbiamo?”

“Impossibile calcolarlo. Non sappiamo perché né come il contenitore sembri non funzionare più. È possibile che sia lo stesso Trilitio a prosciugarne l’energia rendendo la sostanza ancora più instabile.”

“Quanto manca per raggiungere il sole?”

“Un’ora e trentasette minuti.” Replicò immediatamente Spock.

“Scotty, c’è un modo per far andare queste due bellezze più veloci?”

“Non con la garanzia di arrivare tutti interi, Capitano.”

“Spock, suggerimenti?”

“Dato che qualsiasi danno allo scafo della navetta con il Trilitio porterebbe senza dubbio alla distruzione suggerisco di continuare così, particolarmente dato che non sappiamo quanto tempo rimane.”

 “Okay, vada avanti così, Scott.” Ordinò Kirk. “Ci tenga informati. Sarò sul Ponte.”

“La raggiungerò là, Capitano.”

“No, Spock. Stai con Uhura. Ti chiamerò non appena saremo vicini al sole di Vulcano.”

“Molto bene.”

Kirk non fu per niente sorpreso dalla facilità con la quale Spock concordò con lui. Temeva che non fosse altro che una dichiarazione di quanto il Vulcaniano era davvero malato. Prima di recarsi sul Ponte Kirk chiamò McCoy per incontrarsi con lui. Sul Ponte tutto andava avanti tranquillamente. Kirk prese il suo posto sulla poltrona del Capitano mentre Bones arrivava.

“Jim, che succede?”

“Il Trilitio rischia di detonare prima di raggiungere Vulcano.”

“Ovviamente.” Sospirò Bones.

“La nostra fortuna ha retto fino adesso, speriamo che duri ancora un po’.”

“Sarebbe carino.”

Kirk e Bones spesero una tese ora e mezza sul Ponte. La vastità dello spazio era frustrante in momenti come quelli, ma non si poteva farci niente. Kirk stava aspettando per l’ultimo minuto per chiamare Spock sul Ponte, tuttavia non ne ebbe mai la possibilità. A sette minuti dall’arrivo Spock e Uhura fecero la loro apparizione. La calma di Spock non sorprese Kirk, ma quella di Uhura sì. Decise che probabilmente o aveva accettato il più probabile destino di Spock o credeva davvero che fermare il sole di Vulcano lo avrebbe prevenuto.

Spock si mise al fianco di Kirk con le mani tenute dietro la schiena. Fissò lo schermo davanti a lui come se non si fosse trattato di nient’altro che una missione di routine. Kirk guardò oltre la sua spalla e scoprì che anche Uhura aveva preso posto alla sua solita postazione. Premette un tasto sullo schermo e poi lo guardò.

“Capitano, il Signor Scott ci sta chiamando.”

“Sullo schermo.”

“Capitano,” salutò Scotty con un sorriso forzato “non per allarmare nessuno, ma il Trilitio sta incominciando ad affondare velocemente.”

“Il potere perso dal contenitore è molto probabilmente esponenziale.” Annunciò Spock. “Se al Trilitio sarà permesso di detonare a Velocità di Curvatura i detriti tossici potrebbero potenzialmente essere sparsi per la galassia.”

“Scott, l’istante in cui usciamo dalla Curvatura voglio che venga impostato l’autopilota su quella cosa e che lei venga teletrasportato qui immediatamente.”

“Sì, Signore. L’ho già impostata. Devo soltanto prendere posizione e puntarla nella direzione giusta.”

“Spock, quanto vicini possiamo essere al sole quando verrà colpito dal Trilitio?”

“Sarebbe meglio essere il più distanti possibile, tuttavia, date le circostanze credo sia sicuro rimanere all’interno del raggio visivo.”

“Bene. Sulu, quanto manca?”

“Due minuti, Signore.”

Kirk annuì e tutti rimasero in silenzio. Quando uscirono dalla Velocità di Curvatura il sole di Vulcano era visibile come un disco blu non più grande di una monetina. Kirk ordinò di ingrandirlo al massimo e il sole divenne più visibile. La corona blu della stella di mezza grandezza danzava e avvampava intorno al cuore nucleare della stella 

“È un peccato dover distruggere qualcosa di così bello.” Disse Bones.

“È molto più pericoloso che bello, Dottore.”

“Scotty?” Chiese Kirk. “Come va?”

“Quasi fatto, Signore. Il Trilitio è solo a pochi centimetri dal fondo.”

“Spock, quanto deve essere vicino al sole il Trilitio?”

“Deve raggiungere la cromosfera per avere effetto.”

“Scotty?”

“Tutto a posto qui, Signore.”

“Bene, esegui.”

“Sì, Signore.”

Scotty sistemò tutto e si fece teletrasportare dall’Enterprise. Tutti trattennero il fiato mentre guardavano l’elegante nave che si muoveva a velocità d’impulsi. Scotty si unì agli altri sul Ponte, ansimando pesantemente per la corsa. Con tutti gli occhi sullo schermo vi fu un sobbalzo collettivo quando la navetta virò improvvisamente dal suo gigantesco obiettivo. Kirk si girò verso Scotty che aveva uno sguardo di puro orrore sul volto.

“Oops.” Sussurrò Scotty.

“’Oops’? ‘Oops’? Scotty, cosa vuoi dire con ‘oops’?” Domandò Kirk balzando in piedi. “Che è successo?”

“Deve…uh…deve essere stata equipaggiata con un dispositivo per evitare automaticamente una collisione.” Disse Scotty imbarazzato. “Non ho pensato di controllare, è molto raro e costoso…e quella è una nave molto bella.”

“Scotty!” Ruggì Kirk. “Per cosa diavolo la paga la Flotta Stellare?”

“Per il mio fascino?”

“Capitano,” interruppe Spock “devo teletrasportarmi sulla navetta, disabilitare il dispositivo di collisione, e ripristinare la sua rotta.”

“Andremo entrambi.”

“No, Capitano. Potrebbe essere necessario pilotare manualmente la navetta nel sole.”

“Spo…”

“Sono la scelta più logica per questa missione.”

“Non ti lascerò andare da so…”

“Capitano,” intervenne Scotty “stiamo esaurendo il tempo a disposizione prima che il Trilitio faccia un enorme e inutile boom.”

“Jim, per favore.” Disse Spock con calma.

“Sulu,” abbaiò Kirk “ci porti abbastanza vicino a quella nave per abbordarla.”

“Sì, Signore.”

“Molto bene, Signori, andiamo.”

Bones, Scotty e Uhura seguirono Kirk e Spock mentre si affrettavano verso la sala teletrasporto. Scotty incominciò immediatamente a impostare il pannello di controllo per un trasferimento da nave a nave. Spock si mise su una delle rampe e poi si girò. La corsa alla sala teletrasporto lo aveva lasciato senza fiato e con una striscia di sangue che gli colava da un angolo della bocca. Uhura si unì a lui, pianificando di spostarsi solo all’ultimo minuto.

“Spock, ti terremo agganciato.” Annunciò Kirk. “L’istante in cui avrai inserito la rotta di collisione chiamaci, ti riporteremo qua.”

“Sì, Capitano.”

Spock mise una mano fra i capelli di Uhura e le diede un breve ma appassionato bacio prima di spostarla.

“Energia, Signor Scott.” Ordinò Spock.

Il teletrasporto prese vita e Spock scomparve. Uhura si voltò e fissò Kirk con il sangue di Spock sulle labbra. Lui le si avvicinò, vedendo che era congelata dove si trovava. Le tolse il sangue dalle labbra, e le mise un braccio sulle spalle in un abbraccio confortevole. Kirk diede un’occhiata agli altri prima di ricondurre Uhura sul Ponte con Bones subito dietro.

Di nuovo sul Ponte guardarono impotenti la navetta. Si erano dovuti avvicinare pericolosamente al sole per teletrasportare Spock sull’altra nave. Lo schermo diminuì automaticamente la luce del sole di Vulcano per evitare di accecarli tutti. Anche se non era a piena potenza il sole di Vulcano sembrava violento e indistruttibile. Poche cose facevano realizzare a Kirk quanto gli esseri umani fossero piccoli meglio della vicinanza ad una stella.

Quando l’elegante nave invertì la rotta il sole di Vulcano sembrò reagire con una intelligenza e vita propria. La lingua blu di un’eruzione solare sferzò, facendo ondeggiare l’Enterprise. La nave più piccola aveva ondeggiato allo stesso modo, ma rimase sulla rotta di collisione. Ora era molto vicina al suo bersaglio.

“Spock?” Chiamò Kirk. “Spock, cosa succede? Dannazione, Bones, perché non risponde?”

“Potrebbe non esserne in grado.” Replicò Bones. “Quella nave ha ondeggiato parecchio.”

“Capitano,” disse Sulu “possiamo continuare a seguire la nave per tenerci nel raggio del teletrasporto solo per un altro minuto prima di venire intrappolati dalla gravità del sole.”

“Senza contare che dobbiamo mettere distanza fra noi e stella quando collasserà.” Aggiunse Chekhov.

Kirk guardò Bones perché lo aiutasse con la decisione. Se Spock stava guidando la nave manualmente riportarlo a bordo poteva rovinare la loro ultima possibilità con il sole. Se era semplicemente incosciente per terra lo avrebbero lasciato a morire inutilmente. Kirk sapeva qual era la decisione logica. Uhura era ancora premuta contro di lui e aveva seppellito il viso nella sua maglia, incapace di guardare.

“Scotty,” chiamò severamente Kirk “teletrasporti Spock a bordo direttamente sul Ponte.”

“Ma, Signore…”

“Lo faccia ora!”

Scotty non rispose nemmeno con il solito ‘Sì, Signore’. Dopo pochi secondi che durarono un’eternità Spock si materializzò sul Ponte davanti al timoniere. Sulu invertì la rotta dell’Enterprise il momento in cui Spock fu a bordo. Anche se era arrivato su mani e piedi, Spock si rimise in piedi prima che qualcuno avesse la possibilità di aiutarlo. L’uniforme di Spock fumò visibilmente quando entrò in contatto con la relativamente fredda aria dell’Enterprise. Uhura si affrettò a raggiungerlo. Lui la avvolse in un abbraccio e alzò gli occhi perché incontrassero quelli del Capitano.

“Spock?”

“Ci sono riuscito.”

“Perché non ci hai chiamato? Non eri tu ad avermi detto che il suicidio è illogico?” Lo stuzzicò Kirk visibilmente sollevato.

“Non era un tentativo di suicidarmi, Capitano. Sono stato costretto a distruggere la stazione di comunicazione per raggiungere il dispositivo per evitare le collisioni. Non ho avuto abbastanza tempo per informarla. Tuttavia, dato che lei non aveva modo di sapere in che stato mi trovavo è stato illogico da parte sua rimuovermi dalla nave.”

“Non stavo usando la logica, Spock, stavo usando l’intuizione.”

“L’intuizione sembra funzionare a suo vantaggio più di quanto dovrebbe, Capitano.”

“Siine grato.”

Spock annuì e spostò la sua attenzione su Uhura per un momento. Le toccò una guancia con la mano tremante. Sulu informò il Ponte che la nave stava per andare contro il sole. Gli occhi di tutti tornarono immediatamente allo schermo.

La nave non poteva più essere vista contro il gigante disco del sole di Vulcano. Tuttavia l’istante in cui la nave entrò in contatto con la stella quest’ultima reagì. Il sole rilasciò un’altra eruzione solare che face tremare la nave mentre cominciava a contorcersi nella morte. Sembrava che la superficie della stella si fosse cristallizzata prima di cominciare a contrarsi su sé stessa. In quel momento la stella era diventata uno splendente diamante blu mentre gli elementi venivano schiacciati insieme.

Ci vollero solo pochi secondi alla stella per raggiungere un punto critico fluendo in sé stessa come un buco nell’oceano che si riempie violentemente. L’implosione lasciò solo un piccolo punto dove la nana bianca era nata dal cataclisma. Ogni pannello del ponte cominciò a lampeggiare di rosso mentre avvertivano tutti del rapido avvicinamento dell’onda d’urto.

“Portaci via di qui ora!”

“Sì, Signore!”

Sulu fece virare la nave e la lanciò a Curvatura. Kirk prese un profondo respiro realizzando che con qualsiasi esito il lavoro era stato fatto. Il sole di Vulcano era stato ridotto con successo ad una nana bianca un oggetto che il buco nero sarebbe stato in grado di sopportare se fossero entrati in collisione. Guardò Bones che sembrava ancora in uno stato di shock.

“Capitano!” Urlò Uhura.

Il sangue di Kirk si gelò sentendo la paura nella voce di Uhura. Guardò verso il timone ma non vide nessuno dei due. Gli ci volle un secondo per realizzare che Spock doveva finalmente essere collassato. Insieme a McCoy corse verso il timone. Uhura aveva raccolto Spock nel suo grembo come meglio poteva. Gli occhi di Spock vagavano senza meta mentre cercava di tenerli aperti. Deglutì convulsamente combattendo per ogni respiro. Ritrovando la sua concentrazione fissò gli occhi di Uhura.

“Nyota, ti amo.”

“Ti amo, Spock.”

Un leggero sorriso toccò le labbra color ruggine di Spock. Alzò lo sguardo su Kirk e la sua espressione tornò di nuovo seria.

“È stato un onore servire insieme a lei, Capitano.”

“Spock…”

Kirk non si preoccupò di finire la frase. Spock era rimasto cosciente quanto più a lungo poteva. Una volta che fu svenuto Bones si chinò e premette due dita sulla sua gola. Con le sopracciglia corrugate Bones sollevò una palpebra di Spock. Anche se il suo sguardo era vuoto le pupille di Spock reagivano lo stesso alla luce.

“Dottore?” Chiese ansiosamente Uhura.

“È arrivato allo stremo. La pulsazione è forte, ma lenta.”

“Portiamolo in Infermeria.” Disse dolcemente Kirk.

“No.” Bones scosse la testa. “Portiamolo nei suoi alloggi, posso portare là qualsiasi equipaggiamento medico di cui ho bisogno.”

“Ti incontreremo lì.” Concordò Kirk.

Kirk si chinò e raccolse Spock nelle sue braccia, sollevandolo con facilità. L’equipaggio del Ponte guardò dolorosamente mentre il Capitano portava il loro Primo Ufficiale via dal ponte. Anche se avevano sentito delle voci per la maggior parte erano stati tenuti all’oscuro circa la gravità della sua condizione.

Uhura seguì Kirk nel turboascensore. Si accarezzò lo stomaco dove si trovava suo figlio non ancora nato senza nemmeno rendersene conto. Kirk non sapeva come rompere il silenzio della sua miseria perciò rimase zitto. Qualsiasi parola di conforto sarebbe suonata vuota in quel momento.

Spock iniziò a tossire, un suono umido e malato che lasciò l’uniforme dorata di Kirk schizzata di verde. Uhura fissò vagamente il sangue sulla maglia. Era dolorosamente chiaro per Kirk che aveva perso tutta la speranza che le era rimasta. Anche se qualsiasi respiro poteva essere l’ultimo Spock continuava a lottare.

Arrivato agli alloggi condivisi da Spock e Uhura Kirk stese il suo amico sul letto con la stessa cura di una madre che poggia suo figlio appena nato nella sua culla. Kirk fece alcuni passi indietro per permettere a Uhura di sedersi al suo fianco. Anubis saltò istantaneamente sul letto e cominciò a strusciarsi contro Uhura. Lei gli accarezzò il pelo senza pensarci e lui le si accoccolò tranquillamente in grembo.

Non passò molto che arrivò McCoy con un carrello con diversi dispositivi medici su di esso. Andò dalla parte opposta del letto rispetto a Uhura. Assicurò il braccio di Spock in una piccola macchina a forma di mezzo cilindro. Mentre il dispositivo lampeggiò uno schema irregolare Bones iniettò al suo paziente diverse medicine. Dopo un po’ il colorito di Spock migliorò un po’. Soddisfatto Bones alzò lo sguardo su Uhura.

“L’equipaggiamento mi chiamerà se cambierà qualcosa.” Disse McCoy dolcemente.

“Grazie, Dottore.” Disse Uhura tristemente. “Non dovete andarvene. È vostro amico, avete lo stesso diritto che ho io di stare qui.”

“Saremo qui in salotto.” Assicurò Kirk. “Quando si sveglia saremo qui.”

Uhura annuì e rivolse tutta la sua attenzione su Spock. Kirk mise una mano sulla spalla di Uhura e la stinse leggermente in segno di supporto prima di assecondare il cenno di McCoy di uscire. Entrarono nel salone insieme. La porta si era chiusa dietro di loro, ma Bones continuò a condurre Kirk ancora un po’ più avanti prima di fermarsi. Sembrava che McCoy stesse cercando di decidere se dirgli ciò che doveva dire in quanto medico o amico.

“Allora, Bones?”

“Vuoi la mia ufficiale opinione medica?”

“Fa lo stesso.”

“Quarantotto ore. Ventiquattro se ha subito delle radiazioni per l’eruzione solare. Non mi sono preoccupato di controllare.”

“Possiamo smetterla con il Vulandin adesso, no?” 

“Possiamo certamente provare, ma, Jim…non sono sicuro che gli sarà di qualche aiuto ormai.”

Kirk annuì vagamente. Il sollievo per aver fatto collassare il sole di Vulcano era stato fin troppo breve. McCoy gli si avvicinò per mettergli una mano sulla spalla in segno di simpatia e supporto, ma Kirk si spostò. Si avvicinò all’interfono più vicino, e premette il tasto.

“Sulu?”

“Sì, Capitano?”

“Quanto siamo distanti da Natala?”

“Tre giorni in condizioni normali.”

“Scotty?”

“Sì, Signore?”

“Può farci arrivare su Natala in ventiquattro ore?”

“Potrei bruciare una dozzina di circuiti e rovinare un sistema di raffreddamento o due lungo la strada, Capitano, ma penso di poterlo fare.”

“Lo faccia.”

“Jim, pensi davvero che i Vulcaniani possano fare qualcosa più di noi?”

“Non lo so, ma il mio intuito mi dice di portarlo da loro.”

 

 

Accidenti questo capitolo mi fa aumentare il battito cardiaco ogni volta che lo leggo! C’è una tale tensione che quasi mi viene da piangere! Proprio da Spock considerarsi la scelta più logica per quella che potrebbe essere l’ultima missione della sua carriera! Ringrazio come al solito tutti voi che mi seguite ogni settimana e commentate. Soarez mi ha fatto piacere sapere che questa storia ti ha preso talmente tanto da farti leggere tutti i 36 capitoli in soli due giorni! È la stessa cosa che ho fatto io quando per la prima volta ho trovato questa storia sul sito americano, anche se i capitoli a quel tempo erano arrivati solo al 22^^

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38

Spock non si era aspettato di svegliarsi di nuovo perciò quando successe fu parecchio confuso. Il profondo respiro che prese gli riempì i polmoni di una profumatissima aria calda. Il calore naturale non era qualcosa che poteva essere riprodotto dai sistemi dell’Enterprise. Perciò Spock concluse di essere stato rimosso dalla nave.

Aprendo gli occhi Spock fu salutato da nient’altro che un alone verde. Il sangue che gli aveva macchiato gli occhi si era finalmente diffuso, accecandolo. Chiudendo i suoi occhi ciechi Spock cercò di dare un senso alla sua situazione. Provò a parlare, per chiamare chiunque fosse nelle vicinanze, tuttavia fu incapace di produrre qualsiasi suono. Frustrato graffiò con le unghie la solida superficie sulla quale era disteso.

All’inizio non capì come mai era disteso su un letto di pietra. Pensò che forse la morte era finalmente giunta. Ora doveva scoprire le regole di questa nuova esistenza. Fu solo quando sentì qualcuno sedersi al suo fianco che decise essere illogico supporre che questa fosse la morte. Dopotutto stava ancora lottando per respirare, e tale azione sarebbe stata inutile se fosse morto.

La mano che gentilmente toccò il volto di Spock era Vulcaniana. Lo seppe l’istante in cui lo toccò. C’era una certa energia nel tocco di un Vulcaniano che nessun umano poteva replicare. Quando l’estraneo si avvicinò Spock catturò l’odore di una femmina di età avanzata. Una Sacerdotessa concluse, non poteva essere nient’altro.

Capire di stare affrontando il processo della morte invece che la morte stessa aiutò Spock a riorganizzare i pensieri. Non aveva paura, ma aveva la sensazione che qualcosa fosse terribilmente fuori posto. La Sacerdotessa premette fermamente le dita sulla pelle sotto i suoi occhi e sulle sue tempie. Spock ansimò violentemente, e inarcò la schiena mentre lei incominciava a invadergli la mente.

“Rilassati, Spock.” Disse dolcemente la Sacerdotessa. “Apri la tua mente a me, dimmi tutto ciò che sai così che possa continuare a vivere.”

Forzandosi a cedere al trattamento della Sacerdotessa Spock le permise di incominciare a fondersi ai suoi pensieri. Il processo di connettersi con qualcuno così vicino alla morte era difficile, ed era un compito delicato anche per il più abile Vulcaniano. Quando la Sacerdotessa andò più a fondo nei suoi pensieri Spock fu sopraffatto dal bisogno di combatterla. Anche se mezzo cosciente Spock non dovette sforzarsi molto per scacciare la Sacerdotessa. Capendo di stare fallendo la Sacerdotessa provò di nuovo.

“No…” mormorò debolmente Spock.

“Spock, sto solo cercando di aiutarti.”

Spock non voleva il suo aiuto. Con ciò che rimaneva della sua forza Spock mise le mani sulle spalle della Sacerdotessa e tentò di spingerla via. Non aveva il potere fisico per muoverla, ma lei assecondò il suo desiderio e si sedette. Esausto Spock si concentrò sul continuare a respirare.

Quando la Sacerdotessa si allungò per toccarlo di nuovo Spock si obbligò a spostarsi mettendosi su un fianco per sfuggirle. Il cambio di posizione gli causò una violenta ondata di vertigini. Vomitando rumorosamente macchiò l’altare di pietra di sangue. La Sacerdotessa gli mise una mano sulla spalla per impedirgli di cadere dal bordo e lo fece stendere di nuovo sulla schiena. Boccheggiando pesantemente Spock si prese un momento per ricomporsi.

“Spock, il trasferimento della Katra è possibile solo se lo accetti. La rimozione della tua Katra faciliterà il tuo passaggio.”

“Non desidero essere condotto alla morte.”

“La morte non deve essere temuta, Spock.”

“Non sono spaventato.”

“Il tuo rifiuto del trasferimento della Katra è illogico.”

“Sacerdotessa,” intervenne l’Ambasciatore Tek’tiel “se Spock desidera combattere per la sua vita è suo diritto poterlo fare.”

“Non è logico combattere una battaglia che non si può vincere.”

“C’è una piccola possibilità che sopravviva se lasciato da solo, tuttavia lo sfinimento di un trasferimento di Katra a questo punto lo ucciderebbe.”

“Spock non può più essere salvato dall’arte medica.” Insistette la Sacerdotessa.

“Vero, tuttavia può essere salvato dalle sue capacità rigenerative.”

“Se fallisce i Vulcaniani non potranno mai beneficiare delle sue esperienze.”

“La scelta è sua.” Puntualizzò Tek’tiel.

“La sua volontà di vivere dovrebbe essere incredibilmente forte.”

“Credo che lo sia.”

Spock non aveva prestato attenzione alla conversazione su di lui. Era troppo preoccupato di assicurarsi di continuare a respirare. Spock quasi svenne quando Tek’tiel lo prese fra le braccia e lo sollevò dall’altare. Permise pacificamente all’Ambasciatore di portarlo dovunque volesse.

“Grazie, Ambasciatore.” Sussurrò Spock.

“Come tuo ultimo parente ancora in vita, è mia responsabilità assicurarmi che i tuoi desideri vengano rispettati.”

“Parente?”

“Tuo padre mi ha nominato tuo Bal’lat tempo fa.”

“Logico…”

Ondeggiando fra coscienza e morte Spock rimase zitto ancora una volta. Quando raggiunsero la loro destinazione Spock era a malapena cosciente di dove si trovava. Tek’tiel lo fece distendere su un soffice letto. Una mano delicata prese la sua, e i sensi di Spock furono inondati dal profumo di Nyota. Tentò di aprire gli occhi per poterla guardare, tuttavia, tutto rimase buio. Non avendo abbastanza forza per parlare Spock ascoltò il mondo intorno a lui.

“Ambasciatore,” disse Kirk “cosa è successo?”

“Spock ha deciso di tenere la sua conoscenza e le sue esperienze per sé.”

“Cosa?” Chiese Bones sorpreso. “È davvero la cosa più logica da fare?”

“No.” Rispose sinceramente Tek’tiel. “Tuttavia, se Spock vuole avere una speranza di vivere questo è l’unico cammino.”

“Ma, non stiamo parlando di salvare la sua anima?” Chiese Kirk. “Non è più importante della vita?”

“Non serve il trasferimento della Katra per salvare ‘l’anima’ di qualcuno, Capitano. Semplicemente Vulcano non beneficerà di ciò che ha appreso. Non concordo con la sua decisione, ma la rispetto.”

“C’è niente che possiate fare per lui?” Chiese Nyota con calma accarezzando i capelli di Spock.

“Abbiamo fatto tutto il possibile. Il suo recupero o la sua morte dipendono da lui.”

“Spock?” Disse dolcemente Nyota. “Puoi sentirmi?”

Spock voleva risponderle, tuttavia non era in grado di dire nemmeno se i suoi occhi fossero aperti o meno. Lo sforzo che ci volle per provare a parlare lo fece svenire e tutto scomparve. Il sonno senza sogni che seguì fu interrotto da una strana sensazione di calore che gli pesava sullo stomaco. Fu solo quando Anubis cominciò a fare le fuse che Spock riuscì a tornare nel mondo cosciente.

Il gatto era acciambellato sullo stomaco di Spock a fare le fusa mentre Nyota gli accarezzava il soffice pelo. Il relativo fresco nell’aria fece capire a Spock che era calata la notte. Per quanto ne sapeva potevano essere passati giorni dall’ultima volta che era stato sveglio. Spock cercò di muoversi, ma al suo corpo non interessava collaborare. Intrappolato nella sua stessa carne Spock riuscì ad emettere un leggero gemito. 

“Dottore?” Chiamò dolcemente Nyota.

Spock poté sentire McCoy svegliarsi di soprassalto. Poteva visualizzare il dottore addormentato su una sedia lì vicino dopo una notte di veglia.

“Dottore, i suoi occhi sono di novo aperti.”

“Il tricorder mostra ancora che il suo battito cardiaco è molto al di sotto persino degli standard umani.” Mormorò Bones a sé stesso.

“Non è davvero sveglio, non è così?” Sospirò Nyota.

“Non credo.” Disse Bones gentilmente. “Il modo in cui i suoi occhi si muovono avanti e indietro senza un senso mi fa pensare che sia solo un riflesso.”

“Vorrei che sapesse che sono qui.”

“C’è sempre la possibilità che lo sappia. Qualcosa lo sta tenendo con noi. Personalmente penso che sia tu.”

Spock lottò nuovamente per far loro capire che poteva sentirli. Fu in grado di afferrare debolmente le coperte, ma fu di nuovo scambiato per uno spasmo. L’intero corpo di Nyota si tese quando Spock inarcò leggermente la schiena. Non poteva sapere che diverse volte quello stesso movimento era stato il preludio di un violento attacco.

Nyota mise il palmo della mano sul suo petto per tenerlo fermo in caso il movimento si fosse fatto più violento. Calmato dal suo tocco Spock si rilassò. Dopo qualche minuto di silenzio McCoy si scusò, informando Nyota del fatto che si trovava proprio fuori dalla sala in caso di bisogno. Una volta che il dottore se ne fu andato Nyota si chinò a baciare le immobili labbra di Spock.

“Continua a lottare,” sussurrò Nyota con voce spezzata “ho bisogno che torni da me.”

Riempiendosi i polmoni con la calda aria di Natala Spock riversò tutta la sua forza in un lieve cenno col capo. Non sapeva se Nyota aveva visto il gesto o no perché fu immediatamente afferrato dall’oscurità. Era impossibile valutare il tempo nel mondo fra la vita e la morte. Ritornò in superficie una dozzina di volte senza svegliarsi davvero finchè qualcosa lo portò più vicino al mondo reale. Un liquido freddo che sapeva di sangue annacquato gli scese per la gola.

“Bones,” protestò Kirk “così lo annegherai.”

“Zitto, Jim, sveglierai Uhura. Ha bisogno di dormire.” Sibilò McCoy. “E poi non annegherà, deglutisce convulsamente.”

“Che cos’è?”

“Una soluzione di rame che mi hanno dato i Vulcaniani.” Replicò Bones. “Se avrà la possibilità di rimpiazzare tutto il sangue verde che ha perso ne avrà bisogno.”

“Sono passate due settimane, Bones.” Sospirò Kirk. “Quali sono le possibilità che possa farcela?”

“Non lo so. Se mi avessi chiesto due settimane fa quali erano le possibilità che respirasse ancora da solo dopo tutto questo tempo ti avrei risposto: ‘zero’.” Ammise Bones. “È incredibile, penso che ci sia qualcosa nella calda aria di Natala che permette al suo sistema di continuare a funzionare.”

“Quindi sta migliorando?”

“Beh…non sta peggiorando.”

La prognosi semi ottimistica del dottore fu l’ultima cosa che Spock riuscì a captare della conversazione dei suoi amici. Affondando nelle profondità della sua stessa mente il precedente sonno senza sogni di Spock si trasformò in caotici incubi. Temeva che gli incubi fossero il diretto risultato dei Vulcaniani che cercavano di contattare la sua mente. Spock combatté queste invasioni fino alla morte.

Durante un sogno particolarmente sanguinoso Spock fu svegliato da un freddo contatto sulla fronte. Uhura gli stava passando un panno freddo sulla fronte per cercare di abbassargli la febbre. Delirante Spock tentò di parlare, ma persino alle sue orecchie arrivò qualcosa di poco superiore ad un incoerente balbettio.

“Mi dispiace, Uhura.” Disse dolcemente la voce di Tek’tiel. “Spock non vuole che nessuno tocchi la sua mente. Non mi permetterà di aiutarlo.”

“Grazie di aver provato.”

“Devi dormire, Uhura. La tua stessa saluta è in pericolo.”

Sentire che anche Nyota stava soffrendo fece nascere la paura nel cuore di Spock facendogli perdere il contatto con la realtà. Svegliandosi di nuovo sentì di dover essere in grado di parlare. Mentre la sua forza ritornava la sua frustrazione diventava più palpabile. Lottare per il controllo gli dava solo l’impressione di stare cadendo nell’irrequietezza. Incapace di fare qualcosa per il suo malato marito Nyota cominciò a cantare per cercare di calmarlo.

Le orecchie di Spock captarono il suono dell’antica ninna nanna Vulcaniana e si calmò per poter apprezzare la sua bellezza. La dolce voce di Nyota era satura di emozioni mentre continuava a cantare per il suo pubblico che forse non poteva nemmeno sentirla. Mentre si avvicinava alla fine della canzone si chinò a baciargli la fronte dolcemente.

“Non so se capisci ciò che dico, ma so che ti rilassi quando canto.” Disse Nyota. “Tutti continuano a dirmi che potresti non svegliarti, che potresti rimanere così per anni. Se le tue uniche scelte sono rimanere così o morire…voglio solo che tu sappia che non ti biasimo se sceglierai la morte.”

Il cuore di Spock si spezzò mentre sentiva Uhura che cominciava a piangere dolorosamente. Aprendo gli occhi Spock scoprì che al posto della cortina verde vedeva ora sagome scure. Uhura era così abituata a vederlo aprire gli occhi che non notò il cambiamento nella sua attenzione. Si stese al suo fianco e si accoccolò contro di lui.

“Non voglio perderti,” piagnucolò Nyota “ma non voglio che tu ti aggrappi ad un’esistenza dolorosa per me.”

Uhura continuò a piangere fino ad addormentarsi. Spock chiuse di nuovo gli occhi e ascoltò il suo respiro. Cercando un modo per controllare il suo io fisico Spock lavorò per far corrispondere il suo respiro a quello di Nyota. La calda aria di Natala dava una bella sensazione mentre gli arrivava nei polmoni. Uhura aveva espresso preoccupazione per il suo dolore, ma durante questi brevi momenti di coscienza sentiva una certa pace. Le voci dei morti non gli sussurravano più. Le incontrollabili emozioni non minacciavano più di dilaniargli la mente.

Mentre Spock diminuiva ancora di più il suo respiro per renderlo uguale a quello della sua amata venne di nuovo sopraffatto dal sonno. Gli incubi erano diminuiti rendendogli più facile riacquistare le forze. Ogni tanto sentiva la puntura della siringa di McCoy, ma per la maggior parte spettava a lui riparare il suo sangue avvelenato. Non sapeva se stava riuscendo nel suo intento. Tuttavia, una voce forte lo portò più vicino alla superficie di quanto fosse mai successo in precedenza.

“Jim, mi dispiace di averci messo così tanto ad arrivare. I Romulani stanno urlando come dei forsennati contro una nuovo colonia umana vicino al loro Impero.”

“Capisco, Ammiraglio.”

“Come sta Spock?” Chiese Pike. “Ho diverse medaglie da dargli, preferirei non fossero postume.”

“È difficile dirlo, Signore.” Replicò Bones. “Ogni volta che un Vulcaniano prova a contattare la sua mente Spock combatte, e finisce con l’avere un attacco. La maggior parte dei suoi movimenti sembrano essere dei riflessi.”

“Sembra che gli piaccia quando Anubis fa le fusa.” Notò Nyota.

“Spock,” Pike parlò con fermezza direttamente al Vulcaniano “l’Enterprise ha bisogno del suo Primo Ufficiale…è un ordine, Comandante.”

Spock sentì di dover essere in grado di rispondere, che dopo anni passati a seguire ordini diretti la cosa dovesse essere diventata una seconda natura. Pike accarezzò la mano di Spock. La lieve scossa elettrica dovuta all’utilizzo di Pike della sedia a rotelle che passò a Spock gli diede una leggera scossa. La lieve fitta di dolore era esattamente quello di cui Spock aveva bisogno per emergere nel mondo reale.

“Sì, Signore…”

“Spock?” Sobbalzarono tutti.

Anche se non riusciva a parlare ancora Spock forzò i suoi occhi ad aprirsi e focalizzarsi nonostante l’intensa luce del mattino di Natala. Uhura praticamente gli si avventò addosso ingaggiandolo in un bacio appassionato al quale riuscì a rispondere in qualche modo. Quando lo rilasciò vi era ancora traccia di un sorriso sul suo volto.

Spock si guardò intorno per la stanza aperta sul muro più distante su un largo patio che dava sul secco paesaggio di Natala. Kirk e Bones avevano lo stesso sguardo scioccato in viso, ma Pike e Nyota lo guardavano come se si fossero aspettati la sua reazione. Nyota gli mise le mani su entrambi i lati del volto e sorrise smagliante.

“Spock, sei davvero sveglio?” Chiese Uhura disperatamente.

“Sì.” Sussurrò Spock.

“Dannazione, Spock,” ridacchiò Kirk “hai una vaga idea di quanto ci hai fatto preoccupare?”

“La preoccupazione è illogica…non cambia niente.”

“Spock…sei davvero tornato.” Si illuminò Bones.

Ancora incredibilmente debole Spock chiuse gli occhi e si permise di addormentarsi. I giorni seguenti furono pieni di conquiste per la sua salute. Ora che riusciva a stare seduto per un breve periodo di tempo divenne sempre più impaziente di tornare a lavoro. McCoy aveva reso chiaro che Spock aveva bisogno di almeno un mese per recuperare le forze, ma lui sentiva che due settimane sarebbero state più che sufficienti.

Seduto a letto Spock si stava godendo una tazza di tè Vulcaniano con Nyota. Il suo ventre si faceva più pronunciato con il crescere della piccola vita dentro di lei. Quando finirono la bevanda calda vi fu un colpo all’arcata che conduceva nella stanza. Spock alzò lo sguardo e vide Kirk sulla soglia della porta.

“Posso entrare?”

“Certo.” Replicò Spock.

Spock notò che nonostante fosse stato invitato Kirk esitò. Il Capitano era diventato incredibilmente calmo in presenza di Spock mentre la sua salute migliorava. Anche Nyota aveva cominciato a notare il cambiamento in lui. Uscendo dal letto Nyota baciò Spock sulla guancia.

“Vi lascio.” Annunciò Uhura.

Spock annuì. Uhura guardò tristemente Kirk prima di lasciare la stanza. Kirk si avvicinò alla sponda del letto e fissò il pavimento per un momento. Spock scelse di non parlare.

“Allora…” Disse Kirk con un po’ di imbarazzo. “Sembra che il Trilitio non abbia solo fermato il sole di Vulcano, ma anche calmato gli spiriti Vulcaniani. Nessun altro si è ammalato, e la maggior parte delle vittime sono guarite.” 

“Sono di nuovo in controllo delle mie emozioni.”

Il silenzio scese nuovamente nella stanza. Spock attese che il Capitano tirasse fuori il vero motivo della sua venuta. Sospirando pesantemente Kirk si sedette sul bordo del letto. Spock continuò a guardarlo in silenzio.

“Spock…perché non hai permesso ai Vulcaniani di prendere la tua Katra?”

“Per lo stesso motivo per il quale ho rifiutato che i Vulcaniani toccassero la mia mente durante il mio recupero.” Replicò Spock.

“Spock…”

“Ho promesso di mantenere il suo patto con i Romulani un segreto. Permettere alla Sacerdotessa di entrare nella mia mente sarebbe stato come tradirla ai Vulcaniani. Avrebbero immediatamente informato la Federazione delle sue condizioni.”

“Non avresti dovuto rischiare così tanto per coprirmi. Il patto è stato un mio errore, non tuo.”

“Entrambi abbiamo fatto l’unica scelta possibile.”

“Immagino che dovremo semplicemente affrontarne le conseguenze con il tempo.” Kirk sorrise tristemente.

“Tale è la natura del futuro.”

“Almeno avrò te a guidarmi.”

“Sempre, Capitano.”

 

E questa è la fine amici miei! Vi ringrazio infinitamente per tutti i vostri commenti, per aver letto ogni capitolo anche senza commentare, per i suggerimenti che mi avete dato permettendomi quindi di migliorare la mia traduzione, insomma vi ringrazio di tutto!^^

Ma non disperate perché la vostra Martina sta già traducendo il seguito di questa storia! A tal proposito ho da farvi una domanda: preferite che inizi a postare subito i capitoli del seguito però una sola volta alla settimana oppure preferite aspettare un po’ per avere due appuntamenti settimanali come ho fatto con questa storia?

Ringrazio specialmente: Persefone Fuxia, Lady Amber, Thiliol, Cassandra, Domino, Soarez, Buendia, Clopina, Daniela Piton, Data81, Fange69, Sab182, Rayne, Cristie, Fatanera, Toru85

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