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“Bene, sig. Potter. Lei è l’ultima persona che mi sarei aspettato a chiedere l’ammissione al Feudo dei Malfoy.”
Disse la voce di seta di Lucius Malfoy, aggirando la scrivania e dirigendosi
verso il giovane, che rilasciò quasi cadere sulla poltrona. Il suo naso si
arricciò all’odore lievemente muschiato nell’aria. “A cosa devo il piacere
della sua visita?”
“La nostra visita, caro.” Venne una voce colta dalla porta
della stanza, prima che il ragazzo potesse rispondere. Harry sembrò
restringersi ulteriormente nella poltrona. Aveva un graffio poco profondo lungo
la guancia, sangue asciugato imbrattava la sua faccia e sopra l’immondizia che
imbrattava la sua camicia. Alcune ciocche dei capelli erano attaccate alla
guancia grazie al sangue rappreso.
Teneva gli occhi bassi, senza tentare di dir nulla. Non
sembrava il marmocchio che conosceva. E non gli
piaceva il cambio, sentiva che c’era qualcosa che non andava. Ma, c’era ora un problema più urgente. Sapeva ora, che cosa
significava quell’odore disgustoso.
Un uomo, dalle fattezze delicate, oziava contro l’entrata. Le
sue gambe magre rivestite in pantaloni color susina,
con panciotto intonato su una camicia un poco arruffata color rosa pallido. I
suoi stivali erano di un colore più scuro dei calzoni. I capelli erano corti e
indisciplinati. Stava sorridendo, ma attento, pronto a reagire immediatamente,
se vi fosse il bisogno.
Lucius si volse verso il nuovo arrivato, ringhiando. Le
spalle che si squadravano come la sua attenzione si
spostava dal giovane tremante sulla poltrona all’uomo familiare. La fonte dell’odore che provocava un formicolio sulla sua pelle.
Il naso di Lucius vibrò, le labbra che si stiravano sui denti.
“Paulsen, tu pezzo di merda, esci
da casa mia, o ti ucciderò lì dove ti trovi.”Ringhiò Lucius, con voce più profonda
di quello che dovrebbe esser possibile. Il suo corpo
sembrava improvvisamente più grande, molto più minaccioso, se possibile.
“No, Malfoy, non vuoi farlo. E non provare
a gettarmi una maledizione finché non ho finito di parlare. Dumbledore
ha messo un incantesimo di protezione su di me. Inoltre, te lo meriti, tu hai
lasciato che le custodie fossero accessibili. Era qualcosa che Dumbledore ha
sfruttato per permettermi di giungere qui.” Ghignò l’uomo,
esponendo i suoi denti perfetti. Si girò, mantenendo però sott’occhio il più
grande uomo. C’era sfida nei suoi occhi marroni.
“Osi portare la magia di quell’uomo in casa mia e pretendere
che io ti ascolti?” Lucius avanzò di un passo. L’altro uomo stette fermo sui
suoi piedi, nella cornice della porta. Le braccia
tranquillamente lungo i fianchi.
“Mi ha mandato a consegnarti il ragazzo.” Disse Paulsen, con calma ingannevole. Inclinò il capo,
guardandolo di sottecchi. “Non avevo nessuna alternativa,
se lui comanda così. Non potevo rifiutarmi, lo sai. Ho
un debito con lui, non mi biasimare.”
“Perché mi spedirebbe uno dei suoi
piccoli giocattoli? Facendolo consegnare a te, poi.” Lucius Malfoy avanzò, godendo dell’improvviso nervosismo dell’altro uomo. Potter
si ritirò al passaggio di Lucius. Lucius aggrottò le sopracciglia, ma tenne la
sua attenzione sull’altro uomo. Paulsenera pronto a correre, ogni suo istinto di sopravvivenza era
allarmato. Lucius non sentiva la presenza di un predatore, ma di una preda. “Forza,
dimmi qualche cosa che io possa credere, cucciolo.”
“Da quando quello stupido ragazzino è stato abbastanza
stupido da farsi mordere durante l’ultima luna piena, lui è un licantropo,
Lucius.” Disse rapidamente Paulsen,
volendo fermare l’avvicinarsi di Lucius. Non era più il momento di rinfacciare.
Una piccola provocazione era divertente, altra cosa era
ottenere in una lotta con Malfoy. Equivaleva ad un suicidio. Paulsen lo sapeva perfettamente.
“Perché non ti prendi cura di lui,
allora, lupo? O la tua lealtà non si estende così
lontano? Al tuo proprio genere?” Ringhiò Lucius, con i
suoi occhi grigi ancora più ridotti, nei quali cresceva una luce strana. Paulsen, impaurito, indietreggiò di un passo. Estrasse la
bacchetta, ignorata da Lucius.
“Non posso, non appartiene al mio
genere. Non posso proprio restare anche vicino a lui.”Paulsen rabbrividì, lanciando un
occhiata al giovane seduto. Il suo disgusto non era finto.
“Che animale, allora?” Chiese
Lucius. Vagando in cerca di preda, con movimenti fluidi, ferini, avvicinandosi.
Paulsen alzò una mano.
“E’ un essere-leopardo.” E Paulsen
non riuscì a trattenere un ghigno come lui getto quel
bocconcino di informazioni male accolte. “Solo il tuo stile, Luc. Un giovane gattino solo per te. Giovane e dolce, e
succulento.”
“Impossibile. Chi è il responsabile?”
Il ringhio crebbe in un ruggito. I denti di Lucius scoperti, mostrando un set
impressionante di zanne.
“Bene, questa è la domanda del secolo. Chi aveva il tuo
permesso per girare qualcuno l’ultima luna piena? Ohhh. Veeeedo.
Nessuno? Il Papà dei gattini non ha il controllo delle sue bestioline dolci,
Lucius?” E con quell’ultima affermazione, Paulsen
apparì fuori del Feudo. Ridacchiando con gusto.
“Su, Potter.” Lucius Malfoy ritornò nel suo studio, verso il
giovane. Le sue lunghe gambe che divoravano la distanza tra
loro. Gli occhi di Harry incontrarono i suoi con trepidazione, occhi
verdi enormi in una faccia bianca. Terrorizzato. Lucius continuò ad avanzare.
Harry cercò di alzarsi, cercando di usare i braccioli
della poltrona per consolidare la sua posizione, la sua voce che uscì come un
irriconoscibile borbottio. Lucius Malfoy lo guardò ingoiare, cercando di
schiarire la gola. Non cercò di parlare nuovamente. Rimase diritto per circa
dieci secondi, poi i suoi occhi rotolarono all’indietro e svenne, ai piedi di
Lucius.
Lucius guardò in giù al mucchio raggrinzito del giovane. Grugnendo
con seccatura, su chinò e raccolse il piccolo corpo. Immediatamente
lo sentì, sentì il collegamento. Potter era un
essere-leopardo, e apparteneva alla stessa linea di Lucius, permesso o non permesso. La decisione più pratica era uccidere il ragazzo e
trovare il colpevole che l’aveva girato a licantropo.
Poi, punire o uccidere il colpevole. A seconda delle
circostanze.
Ma lui conosceva Potter. L’ammirava
ad un certo grado. Era un giovane maledettamente deciso,
anche se dannatamente irritante. E lui odorava
buono. Delizioso. Come il branco. Parte del branco di Lucius. Come se fosse stato reclamato da un leopardo alfa. Una cosa
impossibile. Lucius era l’unico alfa nel suo branco.
Il resto era omega o beta. Secondo e terza fila nella
scala gerarchica.
Lucius portò il giovane inconscio, disinvoltamente, in giù
nella sala. Il giovane non era molto muscoloso. Fisicamente
debole, mentalmente forte. Se Harry fosse stato
ancora umano, Lucius sarebbe stato preoccupato per la sua sopravvivenza. Ma lui non era umano, non più. C’era, ora, molto tempo per
fortificare il corpo troppo sottile.
Potter odorava di sangue vecchio e nuovo, con una sana dose
di paura combinata, un odore profondo, come se avesse avuto paura per un certo
tempo. Guardando in giù, Lucius sapeva ciò che avrebbe visto una volta
spogliatolo. Contusioni. Graffi. Tipico quando un licantropo
di un tipo incontrava un licantropo di un altro tipo. Si andava su tutte
le furie, la competizione, la spinta per giocare con
la preda. Richiese molti anni perché lui guadagnasse il controllo per non
rispondere all’istinto. Sconfiggere il desiderio di uccidere. Paulsen aveva giocato con il novellino, o poteva esser
stato qualcun altro.
La stanza da bagno era calda, vapore
sorgeva dalla piscina poco profonda. L’orlo si inclinava
in giù nell’acqua. Lucius posò il ragazzo giù e mandò una chiamata per Amrys, il suo Des, o secondo in comando. Lucius avvertì la
risposta, e intanto che aspettava, si spogliò, per evitare di bagnare i propri
abiti.
Vide i graffi e contusioni come si aspettava. Alcuni vecchi
di giorni, alcuni di solo poche ore prima. Ma Potter
era vivo e rimarrebbe vivo. Iniziò a
spogliarlo. In alcuni punti, la stoffa a causa del sangue rappreso, era
attaccata alle ferite. Lucius raccolse dell’acqua e la fece sgocciolare sopra
dove era attaccata, staccandola dolcemente.
Amrys entrò lentamente nella
stanza, con il naso che si arricciava e capelli arruffati. Si fermò vicino a Lucius. Il suo corpo, flessibile e dorato, era
vestito solamente di pantaloni di cuoio marroni e leggeri.
I suoi piedi erano nudi. Si avvicinò cautamente. Ed al cenno di Lucius, si inginocchiò accanto ai due.
Amrys alzò il capo, offrendo la
gola al capo branco. Lucius si strofinò lungo la faccia
dell’uomo. Sulla parte posteriore, attardandosi sulle grandi
vene pulsanti del collo dell’uomo. Poi, si tirò indietro.Entrambi, volsero poi, lo sguardo verso il giovane
scomposto sul pavimento.
“Chi è questo?” Il biondo essere-leopardo ringhiò. In risposta, Lucius spinse i capelli allampanati con una
mano, rivelando la fronte pallida. Lucius guardò il suo secondo, in attesa di una reazione. “Ahh.” Disse Amrys,
alla vista della cicatrice a Z. “Perché *lui* è uno di
noi?”
“Non lo so. Non ho scoperto chi l’ha girato a licantropo. Odora
come se fosse stato richiesto, ma non è ancora marcato da un’alfa.” Disse Lucius all’uomo più giovane. Girò Potter e guardò
alla sua schiena. Altre ecchimosi.
“Questo non ha senso. Non si può dire se tu non l’hai
marcato, dato che non ci sono altri alfa nel nostro branco.”Affermò Amrys, con ovvietà. Lui l’annusò, per essere sicuro. “Odora
come uno di noi, ma deve essere stato poco tempo fa, un gattino da meno di un
mese, al massimo due o tre settimane. Chi aveva il permesso?”
Gli occhi pallidi di Lucius luccicarono. “Io non ho posto il
marchio su di lui, ma posso odorare su di lui una richiesta alfabetica su di
lui. Nessuno aveva il mio permesso per fare una cosa simile. Nessuno.” Ringhiò,
scoprendo le sue zanne. Amrys strofinò in maniera
sottomessa la sua faccia lungo il braccio nudo di Lucius.
“Lo richiederai? Cancellerai la richiesta precedente?” Chiese
a conferma Amrys, quando Lucius si fu
calmato. Se l’eliminazione del giovane fosse
stata presa in considerazione, non si sarebbe trovato nella stanza da bagno del
Feudo dei Malfoy. Lucius intendeva lasciar vivere il giovane.
“Si.” Lucius si alzò nuovamente e camminò dentro la piscina,
facendo alzare il vapore quando agitò l’acqua. Amrys aspettò finché non ricevette un cenno di permesso,
poi toltosi i pantaloni, entrò nell’acqua. Insieme, lavarono il giovane, che
non diede segno di reazione oltre ad un piccolo lamento
quando i suoi danni maggiori vennero lavati.
Lucius chinò la testa, sciacquando via i resti del sangue di
Potter dalla sua pelle. Si alzò, nel vapore, con lì’acqua
che scendeva come cascata dalla sua pelle pallida come gocce di cristallo. Il suo torace largo, profondo e forte, con capezzoli come monete
ovali pallide, che luccicavano sui suoi pettorali. Prese
Harry da Amrys, stando in piedi, permettendo al suo
secondo di far scorrere le mani su di lui, per lavarlo.
Poi portò Potter fuori dalla
piscina, i grandi muscoli che lavorano sotto la pelle color dell’avorio
vecchio. Posò Harry sopra una coperta di cotone, iniziando a trattare le molte
ferite. Marchi di artigli, denti. Ed
il marchio di un morso, alto sulla sua spalla. Quello che
aveva fatto del giovane un licantropo. Immettendo la
saliva profondamente in lui, mantenendo il morso finché il virus non era
entrato nella circolazione del sangue. Lucius misurò il morso con gli
occhi. Un grande gatto. Un morso grande come il suo.
Nota:
Alcuni hanno chiesto cosa significassero i termini ‘alfa’, ‘beta’
e ‘omega’. Con mio scorno, devo ammettere che l’etologia non è il mio forte, e
quindi ho dovuto controllare nell’enciclopedia. Dato che in questa fic si parla
di branco, alfa è il capobranco, mentre beta e omega sono membri inferiori. La richiesta, presumo che sia come l’impegno
del capobranco con il suo personale harem. A cui
naturalmente, in quanto alfa, è l’unico a potervisi avvicinare con intenzioni...‘amatorie’.
cap. 2
La nebbia rosata si alzò, in un
sottile filo che disegnò una linea nell’aria. La strega era curva in giù sulla
nebbia, inalando i fumi dell’ebollizione dei capelli e del sangue nel becher in cui si trovava la pozione di polyjuice.
Una pozione sangue-polyjuice. Era perfetto. Il meglio.
Poteva diventare quello che meritava di essere. Avere il
potere che meritava. Era contenta. Lo aveva desiderato da così tanto tempo. Ma ora, era il
suo.
Bevve dal calice, esaurendo il
liquido al suo interno. Il liquido scivolò in giù per la sua gola, come
qualcosa di solido, raffreddandosi. Passò la gola, amaro, cattivo, ma alla sua
fine parve dolce alla donna. L’ingoiò prima che potesse soffocarla. Come se
stesse ingoiando una massa di fegato rancido, finalmente scivolò nello stomaco.
Ansò in cerca d’aria.
Ah. Si. Era la stessa sensazione
dell’ultima volta. Il calore strisciante che si muoveva
attraverso i suoi lembi. Il suo cuore, i suoi
polmoni. Attraverso il suo corpo intero. Lottò contro la spinta
di artigliare la propria pelle, alleviare il prurito opprimente del cambio da
lei a lui. La donna ansò, sentendo il cambiamento dei genitali, del divenire
maschio. Nessuna femmina ora. Estendendosi fuori. Non più portatore di vita, ma
il datore. Ghignò attraverso la rotazione nauseante del cambiamento. Era Buono.
Molto lentamente la faccia cambiò.
Da un momento all’altro.
Respiro, e lei era
più alta. La testa elevata in atteggiamento orgoglioso.
Respiro, e lei era in piedi più grande. Muscoli che si ingrossano
sul suo corpo, carne che si gonfiano come pasta che lievita magicamente.
Respiro, e la sua faccia che
cambia, le ossa che si spostano, che si alzano e muovono, diventando appassionato,
bello, fiero. Lui, stava diventando lui. La sua esaltazione era quasi una cosa
viva.
Respiro, ed i suoi capelli si
allungarono, illuminandosi. Arrivano alla schiena, e più giù ancora. Un’onda di
biondo argento.
Respiro, ed i suoi occhi
diventarono più caldi, più pallidi. Un blu grigio, così
chiaro da essere come il colore dell’acqua.
Respiro, e lei divenne
quello a cui appartenevano il sangue e i capelli. Il pallido re leopardo.
Respiro, e lei poteva
camminare sulla terra come la creatura potente che sarebbe dovuta essere dall’inizio.
Come il salmodiare nella sua mente si arrestò, per un’ora
corta era lui. Lui di nuovo.
Respiro. Respiro. Respiro. Ed un solido uomo-bestia era in piedi dove una volta vi era
una donna, una donna che era stata ignorata per due secoli. Stirò il collo
rigido, scuotendosi di dosso il languore. Tempo per cacciare.
Guardare.
Guardò attorno a se, vedendo il
mondo attraverso i nuovi occhi. Vedeva gli alberi, gli edifici, le persone che
entravano ed uscivano, riunendosi in gruppi. Era nel recinto esterno di
Hogwarts, camminando a carponi, nascosto. Ora era un
predatore. Poteva avvicinarsi furtivamente alla sua preda.
Sentire.
I suoi orecchi si spostarono in
avanti, avvertiva il rumore di passi confusi, di qualcuno che camminava non
consapevole di essere la preda perfetta, in quanto concentrato in altri
pensieri. Questo era Hogwarts. La preda si credeva al sicuro. Sorrise, scoprendo
le brillanti zanne.
Fiutare.
Un ragazzo. troppo
giovane. Lottò contro la delusione. Poi, avvertì la preda perfetta. Una
ragazza. Più vecchia del ragazzo. E da sola. Odorava buono, matura, corretta. Il predatore camminò a carponi più vicino. L’anticipazione che vibrava attraverso
il corpo felino e perfetto.
Toccare.
Saltò. La ragazza cadde, con solo
un whoosh dell’aria che lascia i suoi polmoni, nessun
uggiolare, come la bocca del predatore era sulla sua gola, fermando qualsiasi
suono. Così facile. Il cacciatore ringhiò di gioia, per il successo della
caccia. Ora veniva il meglio, come il felino spinse in giù, grazie al peso del grande corpo, la preda.
Assaggiare.
Quell’era
la cosa più necessaria. Assaggiare. Il sangue. La carne. La paura. Affondò le
zanne profondamente. E si alimentò. La carne...il sangue...e più meravigliosa di tutto, la paura,
mentre i suoi denti laceravano la preda.
“C’è stato un altro attacco.”
Annunciò Amrys a Lucius. L’alfa guardo
su, gli occhi che scurivano. Un altro attacco alla sua autorità. Ringhiò silenziosamente come il suo secondo avanzò ulteriormente
nella stanza. Amrys non aveva paura di lui.
Sapeva che Lucius non avrebbe rilasciato la sua collera sul portatore di
cattive notizie. Il branco non avrebbe potuto avere un migliore leader. Uno più intelligente.
“E? Hai
dei dettagli? Nessuno l’ha visto?” Chiese Lucius, tentando di mantenere un tono
di voce umano, dispiaciuto alla svolta degli eventi. “Ci sono testimoni dell’attacco?”
Amrysesitò, poi rilasciò il resto delle notizie. Era una ragazza.
Non scampò all’attacco. Non vi era intenzione di cambiare la vittima. Forse era
un incidente la sopravvivenza del gattino.” Arrischiò Amrys.
“Siamo sicuri che fosse uno del nostro branco? Felino? Non lupo o roditore?”
Chiese Lucius, accettando l’opinione del suo secondo. Si era già chiesto se
quello fosse il caso. La fortuna di Potter. Nulla poteva uccidere il ragazzo.
Era sopravvissuto ad abbastanza tentativi di assassinio
da bastare per almeno dodici uomini.
“Kaithasdice che è uno di noi. Fiutò il corpo. L’odore del
branco era su di lei. Anche nella scuola, Hogwarts. Nessuno
ha visto qualche cosa. O persone che non avrebbero dovuto
trovarsi sul luogo. La ragazza era vicina alla foresta, ma non dentro di
essa.” Amrys si sedette sull’angolo
della scrivania di scuro legno di ciliegia.
Lucius si alzò, allontanandosi un
poco da essa. “Non mi piace tutto questo. Parlerò a
Potter. Dobbiamo fermare questo. Chiama il branco. Mi incontrerò
con loro al più tardi, stasera. Tutti loro. Nessuna eccezione.” Stette in
piedi, flettendo le braccia, rilasciando un brontolio adirato. Portava
pantaloni di seta larghi. Nient’altro. I suoi piedi e torace erano nudi. I
pantaloni fluirono lungo le gambe, seguendo i suoi movimenti.
“Il gattino non ricorda nulla,
alfa.” Disse Amrys, avanzando nuovamente
come l’alfa lo passò, abbassando la testa.
“Intendo accertarmene
personalmente, omega.” Fu la risposta di Lucius,
accarezzando con la mano il braccio dell’altro licantropo mentre
passava.
“Voglio andare via.” Disse Harry
Potter, petulantemente, nell’istante in cui vide Lucius. “Non appartengo a
questo posto.”
“Ricordi quello che ti accadde,
Potter?” Lucius si accosciò accanto al giovane, che sfolgorò all’uomo. Quindi il ragazzo stava bene. Quello era bene.
“No, l’ho già detto a tutti
quelli che me l’hanno chiesto. Non ricordo nulla. Solo che mi
sentivo male, davvero male. Dumbledore che diceva a
quell’uomo di portarmi qui. Nient’altro. Quando
mi sono svegliato, ero qui. Con loro.” Potter inclinò la testa verso gli altri
giovani, che dovevano guardarlo. Aveva protestato alquanto, nel ritrovarsi
attorniato da loro, intenti ad osservarlo. E tutti
loro erano nudi. Amrys impiegò quasi un’ora a
spiegargli che quello era il modo in cui il branco dormiva. In gruppi, nudi,
insieme. A Potter non era piaciuto. Lucius poteva leggere nella mente del
giovane. Potter pensava che stavano cercando di
sottoporlo a un qualche genere di perversione. Lucius sorrise al punto di vista
ancora così umano.
“Tenta di ricordare. E’ molto
importante. C’è stato un altro attacco. Sui dominii
di Hogwarts, nuovamente. Non sul campo di Quidditch, dove
trovarono te. Questa volta era vicino alla Foresta Proibita.” Osservò il giovane, per vedere come avrebbe reagito alle
notizie.
“A Hogwarts? Di nuovo? Chi era? Sono
OK?” Harry sedette su, la coperta di pelliccia che
precipita, scoprendo la vita. Lucius reagì alla vista in modo inaspettato per
lui. Desiderio. Hmmm. Avvertiva il profumo del giovane arrivare alle sue
narici.
“No, è morta. Non conosco il suo
nome. Non è sicuro per te risalire a Hogwarts. Chi ti ha attaccato, può tentare
di chiamarti. E tu dovrai rispondere. E’ ciò che accade
fra noi.” Disse Lucius al giovane che stava aggrottando le sopracciglia. Il mento
di Potter stava sporgendo in fuori. Diciamo pure in maniera caparbia.
Potter sembrava molto infelice. E spaventato anche. Lucius fu lieto che Potter avesse il
senso di sentirsi spaventato. Forse, finalmente, stava crescendo. Forse
iniziava a guardare alle cose da una prospettiva realistica, considerando i
rischi.
“Quanti anni hai, gattino?” Gli chiese
Lucius. Potter guardò prima sorpreso, poi importunato.
“Non mi chiami così. Ho l’età di
suo figlio. Diciassette. Diciotto il mese prossimo. Non sono un bambino o un ‘gattino’.” Replicò ferocemente all’uomo.
Lucius lo
prese per il collo, sbattendolo giù.
“Ehi! Ahi. Ma cosa...?” Gridò Harry, strofinando il punto dolente, stando
saggiamente arricciato sul suo lato, dando un’occhiata accorta a Lucius.
“Io sono l’alfa. Tu non mi
correggerai.” Ringhiò Lucius, muovendosi più vicino al giovane, che divenne silenzioso,
con la mano posata alla sua testa.
Lucius toccò il ragazzo per caso,
e Harry rabbrividì. Non con la revulsione che pensava
dovrebbe sentire. Voleva il contatto. Protese istintivamente il collo. La bocca
di Lucius toccò la sua gola, i denti che raschiarono la sua pelle, facendogli
venire la pelle d’oca. Harry ansò, inarcandosi per andare
incontro al morso. Si. Il suo alfa stava chiamandolo.
Fece le fusa con soddisfazione.
Harry ingoiò. Per tutti gli inferni,
cosa stava succedendo? Faceva fatica a respirare, a pensare...il
contatto della pelle nuda del più grande uomo sulla propria...Malfoy stava
ringhiandogli contro, pigiandolo nuovamente sulle pellicce. Harry non riusciva
a reagire. Era passivo. Non poteva respingerlo. Sentì il panico sorgere, ma era
distante. La maggior parte della sua consapevolezza era concentrata sulla sua resa. Si lamentò quando la
pelliccia che lo copriva venne lacerata.
Nota: questa nota
apparirà anche nelle altre fic. Volevo solo dire che
se le critiche sono fatte con buona creanza, sono bene accette come gli elogi.
I primi per migliorarsi e i secondi, per solleticare l’animo. Quindi, finché ci si attiene a queste regole, non c’è
bisogno di preoccuparsi di offendere la sottoscritta con le vostre
comunicazioni.
Ora che abbiamo finito con la parte formale,
desidero ringraziare tutti coloro che mi seguono e a
cui piacciono le storie da me scelte. Vi assicuro che leggo tutte le recensioni
e le conservo gelosamente.
Bran
cap.3
Harry era bloccato sulla schiena. Le mani impedite
sulla testa per i polsi, in una delle grandi mani di Lucius. L’uomo usò
l’altra mano per voltare il viso del giovane, costringendolo a volgere gli
occhi nei suoi. Verde brillante che incontrava argento fuso.
Harry, scosso dall’intensità dello sguardo dell’uomo, cercò di distogliere gli
occhi, invano. Sentiva la pelle bruciare.
“Guardami, gattino. Guardami. Io sono il
tuo alfa. Non puoi negarti.” Disse Lucius, pigiando le anche contro quelle di Harry, pelvi contro pelvi, la spina dorsale che si
curvava per tenere Harry in giù. La sua stimolazione stava crescendo. Lucius
sentì il brivido del bisogno, della fame che cominciava a crescere. Il ragazzo
era così bello, caldo e spaventato. Il suo cuore batteva a ritmo col crescere
del profumo del desiderio. I feromoni riempirono l’aria.
Lucius sentiva gli altri gattini, nella stanza seguente, che si muovevano in risposta. Il risveglio del loro desiderio.
“Si. Arrenditi a me.” Lucius scivolò il ginocchio tra le
cosce del giovane. Harry ondeggiò il proprio corpo contro di lui, metà in
panico e metà desiderando di più; volendo così
disperatamente di più. Lucius si strofinò sull’addome del giovane, premendo la
sua erezione contro l’addome di seta di Harry, ottenendo risposta con l’erezione
del giovane.
Le gambe di Harry, un poco di malavoglia, si aprirono, allargarono. Non poteva lottare contro questo. Il suo corpo stava invocando qualche genere di
tocco. Il tocco di quell’asta così grande e dura, solida che correva
ritmicamente dal suo stomaco all’anca.
Attraverso la seta che ancora indossava l’uomo, avvertiva il
bagnato dei fluidi, che lubrificavano la pista dell’erezione che si spostava
sulla sua carne, contrapposto alla seta cruda. L’erezione di Harry cresceva , battendo dolorosamente, dolendo sempre più. Lucius si
curvava su di lui, ignorando le sue dichiarazioni per fare di più.
Lucius spinse un secondo ginocchio tra le cosce del giovane,
e Harry tentò di contorcersi, per spostarsi, ma non sembrava avere cooperazione
dal proprio corpo.
“No, io non ho...” Frignò Harry, sentendo l’uomo muoversi
più vicino, in mezzo alle sue cosce sparse.
“No.” Ringhiò Lucius, e Harry si abbassò, gli occhi
selvatici, il respiro affannoso, rapido.
Il re dei licantropi spinse le ginocchia ulteriormente su,
più alto, finché si trovò contro le parti molli e più dure di Harry, su tra le
sue gambe sparse, la sua erezione che perde fluidi. Harry
ingoiò. Si lamentò, il bel viso fiero. Il corpo tremante. Ogni tremore
corrispondeva ad uno sprizzo di liquido sulla sua pelle già bagnata.
Lucius spinse il ragazzo col suo corpo, permettendogli di
sentire il suo membro pigiato ermeticamente su di lui.
Facendogli capire che poteva prenderlo in ogni momento che
desiderasse. Gli occhi del giovane che si chiudevano.
Lucius guardò il giovane, accarezzando con lo sguardo il
corpo nudo. Magro, ma sportivo. I capezzoli erano
eretti, e l’erezione del giovane era piena, dura. Il gattino non era, allora,
indifferente al suo tocco. Buono. Lucius lasciò un ringhio lieto crescere nella
sua gola.
Lucius spinse in giù i suoi pantaloni, liberando
completamente la propria erezione all’aria. Vide gli occhi di Harry allargarsi.
Niente più stoffa tra di loro. Bene, guarda
attentamente, sentimi. Afferrò nuovamente il mento di Harry, costringendolo a
guardarlo negli occhi. Guance arrossate e labbra aperte. Era davvero una
tentazione. La lingua rosata che aspettava solo di essere
succhiata. Ma Lucius non lo fece. Questo non
era amore. Era richiesta.
Stava pigiando contro lo stomaco del giovane, sfregando, sudore
e liquidi che si mischiavano da ambo i corpi. Sentiva il ragazzo implorare ad
ogni sfregamento. Lucius scoprì le zanne, macinando nella carne dolce del
gattino. Carne che l’accoglieva. Harry si contorse
sotto di lui, la voce nulla di più di brevi sospiri deboli e mendicanti lamenti.
Le gambe che afferravano le anche dell’alfa. Lucius
era contento.
“Si, gattino. Muoviti per me.” Ringhiò, sentendo che la liberazione
stava avvicinandosi, un formicolio che si muoveva dai suoi piedi alle sue spalle, finché rilasciò il suo piacere sullo stomaco del
giovane. Rimase immobile. Il ragazzo ancora era nel pieno dell’erezione, non
avendo raggiunto il godimento. Lucius sedette, costringendo le gambe di Harry a
liberarlo. Harry era seduto in maniera scomposta, ancora dolorosamente eretto. Ansando.
Rilasciando l’aroma del desiderio.
“Per favore.” Chiese Harry, riuscendo a stento a rimanere
aderente alla realtà. “Per favore.” Ripetè.
Lucius sorrise. “Si. Mi hai soddisfatto, gattino.” Lo girò.
Con un cenno, chiamò uno degli altri gattini del branco. Un
ragazzo alto, con capelli biondo scuro e occhi ambrati. “Guarda, gattino. Lui è
il mio. Nessun altro può toccarlo. Capito?” I suoi occhi sfolgorarono fieri. I
gattini assentirono col capo.
“Si, alfa. Il gattino è il tuo.” Rispose Blaise, con una
voce non ancora uscita dalla pubertà, guardando negli occhi l’alfa. Il suo re.
Lucius si inclinò, e leccò la guancia del gattino. Una
leccata lunga, comoda. Gli occhi di Blaise si chiusero, il corpo passivo,
inerte sotto il suo tocco. Lucius si alzò.
“Bene.” Lucius si tolse i pantaloni sporchi, lasciandoli
cadere sul pavimento. “Portalo all’adunata di stasera. Sporco. Puliscilo ma non
lavarlo. Voglio che tutti sentano il mio odore su di lui.”E camminò fuori della stanza.
Harry singhiozzò, angosciato.
Lei era senza sangue. Era un problema serio. Gli attacchi
dovevano essere calcolati attentamente, per seguire il suo piano.
Doveva prendere provvedimenti, immediatamente. Doveva essere
cauta, ma era necessario, e farlo subito. Aveva sperato che il ragazzo
ritornasse da solo. Non era successo. Ora, c’era un problema. Proprio quando le
cose stavano andando così bene.
Il terzo attacco era stato perfetto. Aveva colpito con la
precisione di un abile cacciatore, con anni d’esperienza. Agendo con sicurezza.
La sicurezza che probabilmente aveva il vero re dei leopardi.
Avvertiva ancora il brivido nelle ossa a ricordare la cosa. Il ragazzo era
morto, proprio come aveva previsto. Non c’era modo che potesse
creare problemi.
Solo nel primo attacco aveva avuto problemi. Ma nessuno la vide, o almeno, nessuno la collegò. Potter era
andato. Non aveva risposto alla sua chiamata quando
aveva tentato di chiamarlo. Non aveva avvertito il collegamento. Era scomparso.
Forse era morto più tardi. Comunque sia, non era più
una minaccia.
Ma ora c’era pericolo. A meno che non riuscisse ad acquisire più sangue. La prima
volta era stato facile. Lui era venuto da lei, chiedendogli aiuto. Chiedendo
risposte alle sue domande, e lei gli aveva detto ciò di cui aveva bisogno per
potersene servire. Gli approvvigionamenti erano per lei. Per riuscire nei suoi
piani. Quello stupido aveva chiesto a *lei* di giurare sulla segretezza,
bambino fiducioso e sciocco. Era stata d’accordo a giurare solennemente di non
farne parola. La sua parola d’onore. Era stato davvero duro non scoppiare a
ridergli in faccia. A non mettersi a ballare in trionfo.
Ma ora era senza sangue. Aveva
bisogno di pensare su come procurarsene. Camminò verso la finestra. Il sole
brillava. Il campo verde dello stadio sportivo era vibrante di luce. Il luogo era bello, doveva ammetterlo. Ma
questo luogo era una prigione per una donna come lei.
Odiava questo posto. Tutti quei bambini forti e disgustosi. Nessuno che mostrasse alcun rispetto. Divertendosi a sue
spese alle sue spalle. Era stata relegata a questo. Guidata
a questo luogo da un piccolo errore. Screditata. Era così ingiusto. Aveva
lavorato secoli per stabilire la sua reputazione. Poi, nel momento del successo...Beh,
a chiunque può succedere di fare un errore. L’avevano
mandata via dalla testa del suo reparto. E questo era
dove era finita. Quell’idiota di Dumbledore che agiva come se
gli avesse fatto un favore a permettergli di insegnare ai suoi preziosi bambini.
Pha. Tutti idioti.
Morse il suo labbro, mormorando un incantesimo a bassa voce.
Immediatamente lo vide. Fuori, sulla sua ginestra, parlando
con gli altri membri della sua squadra di Quidditch. Flessibile, snello
e bello. Così aggraziato. I capelli che splendevano nel sole,
come una pietra di luna. Il verde della sua uniforme,
un colore più scuro del brillante verde dell’erba.
Ricordò quando giovani come quello
si avvicinavano a lei per ragioni diverse. Quando si
era avvicinato, aveva scioccamente pensato che stesse cercandola per ...quello.
Sapeva di non mostrare la sua età. Il suo corpo ancora sembrava giovane. Ma questo era migliore. Non aveva bisogno di sesso. Non
durava mai. Questo stava durando. Questo era ciò di cui aveva bisogno per
provare che era ancora forte. Avrebbe dimostrato come si erano sbagliati su di
lei, dicendo che stava diventando troppo vecchia.
Allontanandosi dalla finestra, chiamò uno degli elfi
domestici. Quasi subito apparve Jelli.
Gli diede un biglietto ripiegato, con su scritto il
nome del ragazzo nella sua scrittura fluente.
“Consegna subito questo”, disse alla piccola creatura. Poi
si rivolse nuovamente ai suoi cristalli e tabelle. Gli indizi erano
promettenti. Avrebbe prevalso lei.
Kaithas pensò che era una vergogna che Draco non
potesse seguire le orme del padre. Quando il giovane
era nato, così simile al padre, Kaithas era stato
sicuro, una volta maggiorenne, sarebbe stato trasformato.
Non
era accaduto. Draco aveva ereditato la resistenza della madre alla licantropia.
Non poteva diventare uno di loro. Il branco aveva pianto alla delusione di
Lucius, addolorandosi col loro re.
La
scoperta aveva devastato Lucius. Ed era stato il primo
passo nell’alienarlo dalla sua moglie umana. Narcissa. Colei che aveva mentito,
quando disse che non c’era ragione per cui lei non
potesse sposare il re dei licantropi. Lei che aveva sempre saputo
della sua resistenza alla licantropia. Ma lei
volle il re, così bello e maschio. Voleva che l’amasse e la desiderasse, e per
avere ciò, mentì. Quindi, il figlio Draco, colui che
avrebbe dovuto essere l’erede, non poteva cambiare. Lucius non la perdonò mai
per la sua falsità. Kaithas scosse la testa malinconicamente.
Ora,
questa adunata improvvisa. Tutto il branco richiamato.
Con un membro nuovo per la prima volta in un anno.
Potter. Il suo cambio non era stato annunciato; nessuna celebrazione, perchè
non era stato progettato.
Il nuovo gattino seduto ai piedi di Lucius. Era stato portato qui nell’arena,
nudo, dagli altri gattini. Nessuno gli diede vestiti, dato che il re non
aveva detto che doveva averli. Quindi gli altri
gattini non ne avevano offerti. Il suo stato causò interesse nei convenuti
nell’arena. L’essenza degli ormoni non ancora svanita completamente, si avvertiva
nell’aria.
Lucius
non diede segnale di aver osservato che il ragazzo era l’unico membro del
branco nudo. Blaise cullava Harry. Entrambi i due gattini seduti nelle pellicce
accumulate ad un lato del trono di pietra su cui sedeva
Lucius. Potter, immediatamente tirò una parte delle pellicce sul suo grembo.
Entrambi
i due gattini erano poggiati sul sacro corpo del re. Potter sul suo ginocchio.
Blaise sulla coscia di Lucius. Assentemente, Lucius lisciò prima una testa
scura, poi l’altra bionda. Aspettando che l’arena si
riempisse. Usandoli come pietre di paragone per calmarsi. Concentrarsi.
La sua ira si avvertiva chiaramente, causando il nervosismo nei presenti.
Amrys
e Grame, i Tres di Lucius, entrarono nell’arena insieme. Due uomini con lo
stesso luogo, muovendosi a lunghi balzi. I biondi e corti capelli di Amrys che risaltavano contro i
lunghi capelli marroni-rossi, ondosi, di Grame.
Questi erano tenuti via dalla faccia da fermagli d’argento.
La
pelle di Grame era molto più pallida di quella di Amrys, di un bianco pallido dei popoli settentrionali che
evolsero là per millenni, adattandosi ai raggi del sole più debole. I suoi
occhi erano blu scuri, cobalto, come gioielli preziosi. Amrys,
anche se biondo, aveva la pelle di un color marrone dorato.
Amrys
alzò la testa come giunse più vicino, mentre Grame rimase in piedi con gli
altri. Amrys si mosse al lato di Kaithas,
Gli occhi che viaggiano infallibilmente alla scena.
Fiutò l’aria, con le narici dilatate. Sempre più teste stavano
alzandosi, odorando lo sperma del re nell’aria. Cercando chi era che odorava di
tale essenza. L’imbronciato gattino dagli occhi verdi.
Grame
finì la sua conversazione, e si portò alla destra di Lucius, evitando il
gattino. Si inginocchiò, salutando, curvando il collo
al suo re. Lucius affondò le mani in quei capelli, tirando Grame
più vicino, strofinando insieme le loro facce, liberando poi, l’altro
licantropo. Graeme si rialzò, andandosi a sedere
dietro a Lucius, sull’orlo della piattaforma in cui si trovava il trono. Il
silenzio si fece assoluto. L’attenzione concentrata sul trono.
Lucius
aspettò che gli occhi del branco si posasse sul suo volto. Scoprì le zanne. Il
suo ringhio riempì l’arena. Come un’unica entità, il branco si gettò in
ginocchio, pigiando le facce al suolo, abbassandosi di fronte al loro re
adirato. Lucius guardò verso la sua gente. Il ringhio successivo, li fece
sedere nuovamente sui loro talloni, attenti. Ogni occhio su di lui.
Lucius
trasferì lo sguardo fisso al ragazzo che sedeva accanto a lui, rigido sotto lo
sguardo attento di tutte quelle persone. Lucius accarezzò la sua coscia. Il
ragazzo lo fissò. Poi, caparbiamente aggrottò le sopracciglia. Scuotendo la
testa. La testardaggine del ragazzo era degna di un mulo.
“No,
non voglio. Sono nudo. Non puoi obbligarmi.” Sibilò provocatoriamente, attraverso
i denti stretti, mani che afferrano la pelliccia,
l’unica cosa che lo copriva. Kaithas alzò le
sopracciglia in stupore. Sciocco, ma coraggioso. E presto avrebbe ricevuto la punizione.
Le
sopracciglia di Lucius spararono in su, e l’occhiata
che diede al gattino era incredula. Il giovane non aveva ancora imparato che
sfidarlo era poco saggio. L’imparerebbe presto.
Lucius
si piegò verso di lui, afferrandolo per i capelli con una mano e l’altra alla
fragile gola del gattino. Alzò la forma magra come se fosse senza peso. Harry si inarcò, cercando di lottare, contorcendosi sul grembo
dell’uomo più vecchio.
Pelle
serica, i marchi dell’assalto ancora freschi, color rosa.
Il profumo del re, che lo marcava, tentatore, facendo uscire centinaia di uggiolii dalle gole dei presenti.
Entrambe
le mani del giovane erano ai polsi del re, artigliandone la presa. Lucius lo
tenne, il bicipite che si incurvava più per la rabbia
che per lo sforzo. Lucius parlò, lanciando nuovamente i suoi lunghi capelli
dalla sua faccia. Gli occhi fiammeggianti.
“Guardatelo.”
Disse a voce bassa. E tutti gli occhi del branco
guardarono alla faccia del gattino. Videro il suo combattimento, attirandoli
alla lotta, al desiderio di lottare e soggiogare il gattino. Guadagnarne la
sottomissione.
“E’
stato marcato da poco. Girato da qualcuno che non chiese il mio permesso.” Lo sguardo fisso ed incandescente di Lucius spazzò
l’intera tribù. La sua ira stava crescendo, riempiendo l’arena con
l’anticipazione tremante della violenza.
“Chi
fra di voi lo girò contro i miei voleri? Se è stato uno di voi, uno del mio branco, lo scoprirò.
Venga avanti, ora, ed io l’ucciderò rapidamente. Se
dovrò cercarlo, la morte non sarà facile.” Aspettò. Il
suo pollice si mosse sulla guancia del gattino, carezzevolmente.
Nessuno
rispose. Guardò nuovamente la folla. Cercando lo sguardo di ognuno, in
silenzio. Tutti soddisfecero il suo sguardo. Nessuno si ritirò. Sapevano che
lui non puniva senza ragione, né puniva l’obbediente,
o quelli innocenti. Lo rispettavano, lo seguivano, si inginocchiavano
davanti a lui. Ma non lo temevano.
“Molto
bene. Scopriremo chi è il colpevole. Tutti voi caccerete questo morto finché verrà preso. Non ci saranno eccezioni. Sono accaduti
attacchi nei territori di Hogwarts. Ma, indipendentemente
da dove vi trovate, rimarrete vigilanti. Riporterete tutto ciò che scoprirete
al Des o il Tres.” Lucius scosse duramente Harry,
ancora posato di traverso sulle sue cosce.
“Dovrei
uccidere questo gattino. Lui fu cambiato senza il mio permesso. E’ un insulto a me. Non accetterò altri insulti. Questo”, ed
alzò Harry in aria, per la gola, piedi che penzolavano, occhi larghi per il
terrore. “Questo gattino mi appartiene. Nessuno lo toccherà senza il mio
permesso. Nessuno permetterà ad un altro di toccarlo senza il mio permesso.
Tutti voi dovrete difenderlo. Appartiene al vostro re.” Ringhiò Lucius, abbassando
il ragazzo, mezzo soffocato nel suo grembo. Harry si abbassò, ansando, cercando
di riempire i polmoni morti di fame con ossigeno fresco. Lucius l’accarezzò
calmo. Un rumore provenne dal di fuori dell’arena.
Kaithas volse lo sguardo dal trono di pietra. C’era un movimento
all’ingresso dell’arena. Amrys si mosse. La cagna era
qui, nell’arena, non invitata.
Peggio, lei aveva portato uno dei gattini con
lei, quello che era stato girato l’anno scorso alla richiesta dei suoi fratelli. La cagna aveva posto su di lui un colletto.
Il
gattino la seguiva col passo lungo ed aggraziato dell’atleta che era. Le anche che ondeggiavano in seduzione inconscia, vestito in
pantaloncini stretti color bronzo, la bocca piena, color rosa, succulenta.
Onestamente, non aveva consapevolezza di quanto fosse
allettante. Conteneva il mento alto, costretto dall’alto
colletto. Lei si fermò all’entrata. Le guance del giovane erano accese di un
ardente rosso, dovuto all’umiliazione. La donna l’aveva obbligato, edil gattino era
troppo giovane per sfidarla.
La
donna sorrise ai presenti, mostrando i suoi denti umani. Anche
il re fece una pausa, guardando nella sua direzione, come fece il giovane
ancora posato nel suo grembo, la testa ancora contenuta dalla mano del re.
Harry guardo verso la donna, con guance rosse e respiro affannoso. I suoi grandi
occhi di smeraldo lampeggiarono una volta poi gracchiò,
in incredulità, una parola.
“Ron?”
L’altro
gattino lo vide, diventando ancora più rosso.
“Harry!”
Gridò il giovane in orrore. “Cosa fai qui?”
La
donna avanzò nell’arena. Il portamento di un padrone che
osservava i suoi possedimenti. Il ghigno sulle sue labbra, era la sua espressione solita. Il corpo lungo e
flessibile, vestito solamente di una gonna sottile, dalla vita alle ginocchia.
I suoi seni nudi erano orgogliosi, i capezzoli di un color garofano
pallido, tesi. Si divertì del silenzio che riempì l’arena.
Gradualmente,
permise al suo sguardo fisso di attraversare la stanza, assicurandosi che gli
sguardi di tutti i presenti fosse su di lei, finché il
suo sguardo giunse su Lucius. I suoi occhi divennero freddi, ancora più di
quello che già erano.
Lucius
sedette di nuovo, rilassato, paziente, insensibile, tenendo il gattino sul suo
grembo, lisciandolo assentemente sulla pancia. Il ragazzo obiettò
all’attenzione, contorcendosi, senza però riuscire a liberarsi. Lucius sorrise indulgente al suo contorcersi, riuscendo a
contrastare facilmente il suo agitarsi.
“Calmo”,
ordinò mitemente. Una mano alzò il ragazzo e lo girò, così che potesse sedersi diritto nel grembo del re, tenuto dal
cerchio di un braccio potente. Il gattino, saggiamente rimase silenzioso,
guardando la donna con i suoi grandi, attenti occhi. Diffidente.
La
donna sorrise a tale vista. Poi si avvicinò, con il Des che si trascinava al
suo fianco, conducendola. La donna tirò il gattino dietro di lei, trascinandolo
per l’odiato guinzaglio. Amrys la seguì, facendogli
però sentire la sua resistenza, in modo che il branco potesse vederlo. La donna
desiderò poterlo colpire. Castigarlo per la sua insolenza ,
per offuscarla, come se lei non appartenesse a quel luogo. Mostrargli il suo
posto. Ma non osò sfidarlo.
“Fratello.”
Disse, una volta fermatasi di fronte alla pietra. Mostrò nuovamente i denti.
Maledetto. Denti umani perché lui aveva impedito che lei venisse
girata. Anche se lei aveva partorito l’erede, quando sua
moglie era stata scoperta per essere incapace di trasformare e aver passato la
maledizione al figlio. Lei era quella che aveva continuato il lignaggio,
non lui. Lei, avrebbe dovuta essere sul trono, non
lui. Che fosse dannata la profezia.
“Sorella.”
Mormorò l’uomo. Pigri muscoli luccicanti, d’argento ed oro.
I suoi occhi vagarono sul gattino a cui lei aveva messo il guinzaglio. “Perché hai messo il guinzaglio ad uno dei miei gattini?”
L’uomo
non credeva nel guinzaglio. Non riusciva a vederne l’utilità. Quello era uno
dei motivi per cui lei l’usava, l’antipatia dell’uomo
per tale oggetto. Lucius allungò la mano, comandandole senza parole, per consegnargli
il giovane.
“Hai
già il tuo giocattolo, fratello. Perché cerchi il mio?”
Chiese sospirando, rimandando la liberazione del gattino. Voleva
irritarlo. Giocherellò col guinzaglio. “Vuoi fare un baratto?” I suoi occhi
andarono al nuovo. Non lo riconosceva. Ma, per essere
sul grembo del re, doveva essere prezioso.
“No,
sorella. Non ne ho l’intenzione.” Fu la sua risposta. Gli occhi grigi
l’esaminarono, ancora non adirato, nonostante la provocazione della donna.
Lucius girò la faccia, strofinando la sua guancia sul mento del gattino, per
poi alzarglielo e pizzicargli il collo. Il gattino lasciò uscire uno squittio.
Per qualche ragione a lei ignota, il suono provocò la sua ira.
Sibilando,
lanciò la fine del guinzaglio nel viso dell’uomo. Graeme si fece avanti per
prenderlo, trascinando dolcemente il giovane dai capelli rossi verso di lui. Lo
condusse dietro il trono, dove iniziò a lavorare sull’elaborato colletto. La donna sorrise felice agli evidenti sforzi dell’uomo. Il
colletto era uno dei suoi favoriti, e avrebbe dovuto
esser tagliato, per liberare il gattino.
“Perché sei qui, Andromeda?” Chiese
il re dei leopardi, ancora una volta.
“Sono
la Madre dell’Erede, ho il diritto di essere qui.”
Disse con tono irato, sventolando un braccio ai licantropi presenti. La folla
camminò carponi in avanti, sulle mani e ginocchia, guardandola con grande
appetito.
“Sei
la Madre dell’Erede, e sei onorata per quello. Ma non
sei una di noi, non è il tuo posto qui, nel luogo delle nostre adunate. Questo
è un problema del branco, sorella. Ti chiedo di nuovo, perché sei qui? Qui dove
non appartieni?” Ringhiò con voce bassa, occhi
semichiusi, come se fosse assonnato.
La
donna strinse i denti, gettando per aria le mani. “ancora una volta mi neghi.
Mi minacci, permetti a loro di minacciarmi. Tu siedi
là, alto e possente, sul trono che appartiene a me...”gridò lei, saltando verso di lui. Lucius guardò verso Amrys, non ritirandosi. La donna venne
afferrata per le braccia, ed iniziò a gridare.
“Non
è nel tuo destino sedere sul trono”, ritorse lucius. “I veggenti mi scelsero...”
“Prima
che io nascessi! Prima che io nascessi, Lucius. Una
volta che io nacqui, loro avrebbero dovuto chiedere di
nuovo. Tu non hai potuto dare al branco il prossimo re, ed ancora non sei
d’accordo a permettermi di succedere.” La donna lottò
contro la presa del Des su di lei, tentando di lacerare la sua carne con le
unghie.
“Non
voglio farti male, smettila.” Sibilò Amrys, a bassa voce. Ma la donna
non gli badò. Tutta la sua attenzione era focalizzata sul fratello.
“Io
non ti sposerò, sorella. Quella è la posizione di cui stai parlando. Non è
possibile, lo sai, tradizione o no.” Le disse Lucius.
Io non dormirò con te per soddisfare la tua ambizione, sorella.”
“E’
mio! Il trono è il mio! Non puoi negarmelo! Esigo ciò che mi appartiene. Esigo
di essere trasformata, di essere parte del branco!”
Urlò all’uomo. Lucius guardò il gattino nelle sue braccia. Accarezzandolo col
dorso della mano.
“Fuori.”
Disse con tono mite Lucius, senza nemmeno guardarla.
“Fermati, Blaise”, sibilò al suo
compagno di scuola, che era spremuto contro di lui. Il biondo gemette.
“Non sto facendo niente, Harry.
Solo dormi. Giuro, avevo pensato che Lucius stesse facendomi un onore a
chiedermi di stare attento a te! Sei
più pungente di un porcospino. Solo, dormi!” Blaise sospirò
nei capelli di Harry, senza spostarsi.
“Smettila di toccarmi! Sei nudo!”
Bisbigliò ferocemente Harry, tentando di non risvegliare
gli altri che dividevano le stesse pellicce.
Blaise sospirò. “Come te, Harry.
Come loro. Noi dormiamo così. Nudi. Non intende nulla, sennonché apparteniamo
al branco. Dovrai abituarti.”
“Non posso.” Fu la replica di
Harry, a bassa voce. “Continuo a pensare che siamo a Hogwarts e che qualcuno
stia per trovarci in questa situazione.”
Blaise ridacchiò, incapace di
resistere ad un ghigno enorme, trovandosi cos’ dei capelli di Harry in bocca.
“Il vecchio Snape avrebbe un attacco di cuore. O, nel
tuo caso, McGonnagall.”
Harry dovette ammettere che
quell’idea era abbastanza divertente, pensare a Snape
che trova loro cinque in un mucchio di corpi nudi dormienti ed aggrovigliati.
Lui, Blaise, Ron ed u gemelli, Fred e George. MaMcGonnagall...Harry rabbrividì.
Non era divertente. Per nulla. Blaise gli aveva detto
che c’era un altro studente di Hogwarts nel branco, Oliver Baston. Ma lui e Troy, il ragazzo dai capelli neri, stavano
dormendo altrove stasera.
“L’anno scorso io, Troy e Ron subimmo la trasformazione. Tentarono anche di
trasformare nuovamente Draco, ma non riuscì, lui non può
essere trasformato, poveretto. L’anno prima, Baston e i gemelli.”
Disse Blaise, il suo alito che
accarezzava la spalla di Harry.
“EStephan?” Chiese Harry, confuso sull’altro gattino che
aveva incontrato. Era sicuro che Stephan nona Hogwarts.
“Sthephan
entrò nel branco con suo padre. Erano entrambi muggle. Lucius li ha accettati,
ma furono trasformati altrove, in un altro branco.”
Blaise si accoccolò ancora più vicino,pigiando la sua
pelle nuda lungo il lato del suo compagno di branco.
“Ehi!” Guaì Harry, cercando di
scostarsi. “Spostati!”
“Oh, Harry! Rilassati. Sto solo
cercando di scaldarmi. E stare comodo. Hai sentito Luc. Noi non la toccheremo in *quel* modo.” Mezzo uggiolò
Blaise.
“Si. Bene, però il tuo sedere è
nudo, come il mio. Non ho nessun’intenzione di sentire i tuoi gioielli contro
di me in quel modo, capito? Perché devi stare così
vicino?” Borbottò Harry, chiedendosi se realmente stesse calcando un po’
troppo.
Blaise sbuffò incredulo. “Perché così sono caldo e sto bene. E
io sono stanco.” Replicò, parlando piano, come se si rivolgesse ad uno studente
particolarmente lento.
“Se non la piantate, Fred e io vi
addormenteremo personalmente.” Intervenne una voce
assonnata da dietro a Blaise. “Per Merlino, Harry. Dormi. Farai le tue domande
domani.”
“Sforzo inutile”, intervenne una seconda voce, come qualcuno si alzò,
spostandosi all’altro lato di Harry. Era Fred. “Stephan
è tornato. Fatemi spazio.” E strisciò vicino a Harry.
Il gryffindor dagli occhi verdi, si ritrovò messo come un panino. Fred si
dimenò fino a che il suo didietro era fermamente contro l’anca di Harry,
spingendo poi, il suo piede tra quelli di Harry. Sistematosi, rilasciò un sospiro.
Nel giro di due secondi stava beatamente russando.
“Perché
non sono ragazze?” Si chiese Harry a bassa voce. Non che
vorrebbe essere in tale situazione, nudo con un gruppo di ragazze.
Morrebbe di imbarazzo.
“Le ragazze sono speciali, Harry.
Loro continuano la linea di sangue. Non puoi toccare una ragazza sempre che non
lo dica il re. E non puoi trasformarne una, neppure
per errore. Se le trasformi, non possono più avere
bambini. La trasformazione fa loro perdere il bambino alla prima luna piena.” Era Giorgio che rispose, con un tono serio, così strano
per lui. “ora dormi!”
“Ma,
cosa era Ron e quella donna? Stava trattandolo come se fosse il suo!” Protestò
Harry.
“Suo?!”
Era lo squittio di Ron, Harry non si era accorto che fosse sveglio e che stesse
ascoltando. “Non penserai che io faccia quello con lei? Perderei le mie parti
migliori!”
“E’ la Madre dell’Erede, Harry.”
Intervenne George, con tono ammonitore. “Meglio che non pensi a lei in quei
termini.”
“Non lo faccio!” Fu la protesta
di Harry. “Ma Ron entrò con lei in quella maniera! Che cosa vi aspettate che possa pensare?”
“Lei lo permetterebbe”,
intervenne Stephen dall’altro lato della pelliccia.
“Sempre se Amrys o Graeme
non ti riducessero a pezzettini prima.”
“Naa,
non Grame, lui è buono come un micetto. E’ Amrys
quello da cui dovrai guardarti.” Disse Ron.
“Stai sognando. Solo perché a
volte lui ti accarezza.” Disse George, sbuffando. “no lo conosci realmente. Non
come noi conosciamo Grame. Faresti meglio a prestare attenzione anche a lui,
Harry.”
“Perché?
Che cosa farà?” Chiese curioso Harry.
“Lucius è il re del branco. Grame
e Amrys sono il suo Terzo e Secondo. Se c’è una
brutta situazione di cui occuparsi, sono loro che lo faranno.”
Disse George. “E’ meglio se stai fuori del loro cammino. Di entrambi, non
importa quello che dice Ron.”
“Perché
non Lucius? Perché fanno tutto quel combattimento e roba
simile?”
“Perché
se lotterai contro di lui, è probabile che ti uccida. C’è un motivo per cui lui è il re, Harry.” Fu la risposta di George, che
sospirò.
“L’altro giorno non mi ha ucciso.
Ha solo...voglio dire...mi ha colpito.” Disse Harry.
“Si.” Disse Blaise. “E’ la
richiesta.” Il tono era un poco geloso.
Harry guardò al ragazzo.
“Tu vuoi che ti faccia quello?”
Chiese Harry, con voce schoccata.
“Non è sesso
gattino, era una richiesta. Cresci! Ora è come se ti possedesse, più del
resto di noi.” Disse george al ragazzo più giovane.
“Lui ha mai...!
“Non io.” Disse Blaise.
“O io.”
Intervennero Ron e Stephan alla stessa durata.
“Ha fatto lo stesso con Fred. Ma non con me.” Disse George, per ultimo.
Harry aggrottò le sopracciglia. “Perché solo io e Fred?”
“Nessun’idea, amico.” Fred
sospirò. “Ora dormi, si?”
Lucius guardò come Amrys e grame camminavano nella sua stanza. L’uomo dai capelli lunghi che precedeva quello dai capelli corti.
Lucius non si accorse delle condizioni d’Amrys perché
coperto dall’altro uomo.
Amrys
era coperto da sangue essiccato e macchie di sporco. L’uomo cercò gli occhi di
Lucius, che sospirò internamente.
“Il tuo sangue o il suo?” Chiese
il re leopardo, mentre lasciava scorrere gli occhi sul corpo del suo Des,
cercando eventuali ferite e catalogando quanto sangue c’era. Lucius si alzò, e
condusse i due uomini nell’area di balneazione privata.
“Soprattutto non il mio. Era ferita, così parte appartiene a lei. La maggior parte
viene da quelli che desideravano correggere la sua posizione nel branco.” Ammise Amrys calmo,
strascinandosi dopo il suo re. Lucius gesticolò verso l’uomo per dirgli di
sedersi.
Amrys
si sistemò sull’orlo della piscina, penzolando i piedi nell’acqua. Grame si posò sull’orlo di pietra, protendendo il corpo lungo e
flessibile. Lucius prese un asciugamano, per poi bagnarlo. Con calma cominciò a
pulire il corpo del suo Secondo.
“Quanti erano che desideravano
correggere il suo posto? Sei ferito gravemente?” Chiese Lucius, mentre usava la
stoffa bagnata per pulire via il sangue dalla pelle dell’uomo. Grame guardava
con occhi semichiusi, i capelli sparsi fuori, attraverso il pavimento di pietra
grezza, in onde rossastre.
“Stava nascondendo un coltello
nella sua gonna, ha colpito uno di quelli che non erano d’accordo con la sua
visita. Gli ho tolto il coltello, ma la lotta ormai già iniziata. Nessun’arma,
denti e artigli solamente. Alcuni dei più giovani membri del branco,
combattenti non specializzati ancora. Ha tirato fuori il coltello, ferendomi
prima che potessi disarmarla. Poca roba, mio re. Mi schizzò col suo sangue.
Poi, fermai i combattenti.” Amrys tentava di sembrare
noncurante, ma Lucius scosse la testa.
“Quanti erano quelli che
lottarono?” Fu la domanda del re.
“Sei. I loro danni sono dolorosi,
ma non seri, mio re. Ho fatto in modo che ricordassero
il costo del lottare.” Disse Amrys,
con tono serio.
“Eri distratto? Disattento, per rimanere ferito?” Chiese Lucius, mentre spostava la
stoffa sui tagli, lavandoli. Poi, indicò l’acqua.
“Dentro.” Ordinò. Sua sorella non
stava usando coltelli bagnati nel veleno. Improbabile, dato che anche lei si
tagliò, e lei avrebbe sofferto più di qualsiasi licantropo che fosse ferito, ma
non impossibile. Era alquanto indiretta nei suoi modi, e decisa di riuscire nel
raggiungere i suoi desideri. Amrys rispettò l’ordine,
scivolando nell’acqua e lasciando che questa pungesse un poco i tagli. Poi,
rispose alla domanda.
“No. Erano determinati a infliggere danni. Uno sull’altro e su di me. Non volevo
permetter loro di danneggiarla o lasciare che lei si danneggiasse
attaccandoli. Lei è la Madre dell’Erede.” Lucius si inclinò
in giù, tirando Amrys più vicino, così che potesse
continuare a pulire le ferite. Non parlò per qualche minuto, lasciando Amrys a preoccuparsi.
Lucius aveva trovato ferite sotto
il sangue, una riga sottile che attraversava il torace dell’uomo, e graffi
sulle braccia oltre ad uno che attraversava la sua gola. Nulla di serio, certo
ma...Lucius strinse le labbra. Gli occhi erano d’argento caldo, quando li posò
sul volto dell’uomo.
“Mi sbaglio nel pensare che per
proteggerla, tu prendesti su te la maggior parte del combattimento? Non voglio
che tu prenda le conseguenze delle sue azioni, Des. Non è il
tuo ruolo, hai capito?” Disse quietamente Lucius. La sua mano afferrala
faccia abbronzata, e girandola, in modo che i loro occhi si incontrarono.
“Si, mio re.” Accettò Amrys, seppur di malavoglia, guardando gli occhi del suo
re. Lucius fece una smorfia all’espressione abbattuta, vergognosa dell’uomo.
Lucius spinse sott’acqua il suo secondo, tenendocelo per alcuni secondi. Poi gli permise di riemergere, coi
corti capelli sgocciolanti.
“Non posso lasciare accadere
simili cose.” Disse Lucius. “La prossima volta non la
proteggerai, provocandoti danni, dalla propria stupidità. Non è cosa di poca
importanza. Quella donna cerca di minare il mio potere. E
tu ne sei una gran parte, Amrys. Non gli permetterò
di rimuoverti.” Gli ricordò Lucius.
“capisco, mio re.” Rispose
immediatamente Amrys. L’uomo alzò la sua mano, fino
ad incontrare quella che ancora conteneva il suo mento.
“Non dovrei aver bisogno di dirvi
questo. Stai ascoltando Grame?” Chiese austeramente il re.
“Sto ascoltando, mio re.” Rispose
con voce di seta Grame. Occhi blu con ingannevole
pigrizia, rotolando sullo stomaco.
“Bene. Non voglio doverlo dire di
nuovo.” Lucius lanciò a parte l’asciugamano macchiato di sangue. “E’ stato
trovato un testimone all’ultima uccisione. Ha giurato sotto veritaserum che mi ha
visto camminare nel luogo.” Lucius guardò i volti dei
due uomini, incontrandone gli occhi. Su entrambi, era visibile lo stupore.
“Stava dichiarando la verità.
Dumbledore ha espresso la sua...preoccupazione.” Le
labbra di Lucius si arricciarono, scoprendo le lunghe zanne.
“Lucius?” Chiese Grame,
raddrizzandosi. La preoccupazione visibile sul volto. Si avvicinò sinuoso,
aggraziato.
“Non me lo so spiegare. Ma so che non ero io, sotto incantesimo o coercizione. Non è
possibile. Ed ho abbastanza testimoni da poterlo
affermare. Quando accadde, ero all’adunata. Non sono
un mago così grande da poter imbrogliare così tante persone. Né
potevo essere in due luoghi contemporaneamente. L’ho detto a Dumbledore, che ha
controllato con alcuni membri del branco. Si è convinto della mia innocenza.”
Il re leopardo ringhiò silenziosamente. “ Ma, non
permetterò a nessuno di impersonarmi. E di uccidere
nel mio aspetto.”
Le tre teste si alzarono
contemporaneamente, girandosi verso l’ingresso. Lucius si alzò.
“Si, Tanith?”
Chiese. “Sono qui.” Una vecchia donna entrò nella stanza. I suoi capelli scuri
erano bagnati di grigio, il viso un poco rugoso.
“Padre”, la donna s’inchinò.
Lucius ricambiò il gesto.
“Non sono il Sire, Veggente Tanith. Io sono soltanto il re, non il Padre dell’Erede.” Gli ricordò lui, ma dolcemente, con indulgenza.
“Solo a causa di un crudele
trucco giocato su di lei, altrimenti sarebbe il Sire.”
Lo corresse, senza rancore, la donna. Il mento alzato.
Lucius le sorrise, con affetto.
“Come posso aiutarti, Veggenente?”
“Tre delle donne umane sono venute da me. Hanno chiesto di essere trasformate. Sostengono
che è solo corretto che siano loro a scegliere, come per gli uomini.” Rispose la Veggente.
“Hanno bambini? Sono sterili?” Fu la domanda di Lucius.
“Con loro hanno quattro bambini.
Una è sterile. Ha provato molte volte, inutilmente. La
medi-strega è sicura che non possa portare bambini.” Rispose Tanith, che guardava Grame che accarezzava la schiena di Amrys, che stava galleggiando
nella piscina.
“Quella che è sterile, ha il tuo
appoggio?” Lei accennò il suo assenso. “Allora lei può procedere nella
trasformazione, Le altre due le incontrerò. Portamele
domani. Poi deciderò. C’è altro, Veggente?”
“No. Nient’altro, Sire.” Lei
inclinò il capo. Lucius si avvicinò, e le alzò il viso, con genuino affetto.
“Allora ho questioni più
personali a cui badare. Mio figlio sta arrivando.” Disse sentendo i passi leggeri
del suo figlio umano.
Draco oltrepassò la donna che
stava lasciando la stanza. Questa inclinò la testa in saluto. Il ragazzo
ricambiò. Tanith, la veggente. Lei era stata una
seconda madre per lui, quando era un giovane, prima che la falsità di sua madre
fosse scoperta. Ora, quando s’incontravano, non si parlavano. Non c’era rabbia,
solo dolore opprimente e delusione. Il dolore era troppo grande perché potessero
essere ad agio l’un con l’altro.
“Draco.” Suo padre l’abbracciò.
Draco vide il sangue sulle sue braccia.
“Cos’è accaduto?”
Chiese ansiosamente il giovane.
“Nulla di cui debba preoccuparti.
Desideri bagnarti?” Offrì Lucius.
“No. Ero venuto a vedere mia
madre, ma volevo visitarti prima. Mi si mancato. Presto dovrò ritornare a
Hogwarts. Il Direttore ha messo il coprifuoco.”
“Si, anche se gli attacchi non
sono accaduti durante la notte, sembra una preoccupazione saggia. Prendi una
scorta con te, quando ritorni. Desidero che rimangano con te fino alla cattura
dell’assassino.” Lucius abbracciò il figlio.
“Starò bene.” Disse Draco,
assicurando il padre.
“Mi auguro che davvero sia così.”
Lucius insistè. “Prendili. Forse Yaji
e Mantheer?” Disse Lucius, indicando due dei favoriti
di Draco. I due uomini erano sempre stati rimbambiti per lui, trattandolo come
un principino viziato ad ogni opportunità.
Draco sospirò un poco
beffardamente. “Oh bene, se proprio devo.” Il ghigno celò le parole.
“bene.” Lucius accarezzò i capelli
pallidi del figlio, spostandoli dalla sua fronte. “Usa cautela. E non aver fiducia in nessuno. Ora devo occuparmi dei
problemi del branco...”Si inclinò
in giù e diede un bacio sulla guancia di Draco.
Draco lottò per non mostrare il
suo dolore sul viso. Una volta, sarebbe stato incluso. Come
addestramento, per quando lui avrebbe preso il comando del branco. Guardando
Lucius uscire, costrinse il proprio dolore in giù.
Come fece per
uscire, Draco vide l’asciugamano insanguinato. Lottò con il senso di colpa,
mentre l’afferrò, avvolgendolo nel suo accappatoio per nasconderlo.
La visione della professoressa Trelawny aveva profetizzato che era possibile la sua
trasformazione, una volta che la maledizione fosse stata sconfitta. Per farlo,
lei aveva bisogno del sangue del padre di Draco. L’incantesimo
indebolirebbe il sangue della madre all’interno del suo corpo, e fortificato
quello del padre. Così la maledizione finirebbe. E
Draco poteva essere trasformato. Draco diverrebbe l’erede, e suo padre non
proverebbe più delusione per lui. Uscì frettolosamente dalla stanza.
Andromeda
tenne la palla di vetro con le due mani. Poi, posatola, mise una ciotola colma
sull’altare. Molto attentamente, misurò tre gocce di siero. Sventolò la sua
bacchetta sulla superficie ora lattea. Soffiò un alito attraverso la superficie
e pronunciò a bassa voce il nome di chi cercava.
“Syyybbiiill......”
Respirò, più un pensiero che un suono. Le caratteristiche dell’insegnante di
divinazione di Hogwarts apparvero nella superficie
dell’acqua.
“Draco ha ottenuto altro sangue.
Sta portandotelo.”
Le linee di preoccupazione sul
viso del professore svanirono, e lei sorrise. “Ah, bene. Il nostro piano sta muovendosi.
Molto bene.”
Il
licantropo biondo pallido, percorreva silenziosamente i corridoi del feudo.
Muscoli lucenti che s’increspavano in movimento. La pelliccia del colore esatto dei capelli di quando era uomo, ma ora erano più morbidi, come fili
serici d’argento-oro. Le macchie che decoravano la sua pelliccia erano delle
pallide, marroni, ombre evanescenti sulla pelliccia
bionda. I grandi occhi grigi osservavano accuratamente i dintorni, mentre
attraversava la sua casa.
Dietro
a lui, rimasti nella stanza, c’erano il suo secondo e terzo, che dormivano. Due grandi corpi arricciati insieme, dopo aver speso la maggior
parte della notte a parlare, cercando una soluzione ai loro problemi. Amrys
era completamente guarito dopo esser cambiato nella sua forma di leopardo. La
magia del cambio guariva i danni minori, e aiutava a far guarire più
rapidamente i maggiori che se sarebbe rimasto nella sua forma umana. Graeme
aveva speso la maggior parte del tempo a strigliare l’amico, ed ora era avvolto
a lui come una coperta.
Lucius
osservò le persone che incontrava. Soprattutto i guardiani,
coloro che proteggevano quelli che dormivano. Poi c’erano i defunti che percorrevano
la magione, o quelli che correvano da giaciglio a giaciglio. Sorrise al
pensiero. Lui stesso stava provando tale desiderio proprio ora. Ed era deciso a soddisfare tale voglia, e allo stesso tempo
controllare sul benessere del suo più nuovo gattino.
Lucius
arrivò nella stanza dove riposava il suo gattino. Entrò senza far rumore,
camminando sulle pellicce, ancora trasformato in leopardo. Due dei gattini
erano ancora addormentati. Gli altri erano svegli e pronti per la mattinata.
Un’annusata
gli disse chi era il rosso, il gemello chiamato Fred, mentre l’altro era il
gattino nuovo, Harry. Bene, i suoi due segnati. Il gran leopardo strisciò nelle
pellicce tra i due corpi caldi, mettendosi comodo.
Lucius
allungò il muso fino a posarsi nella gola del gattino nuovo. Premendo. Lasciando che la lingua colpisse, leggermente, la pelle del giovane.
Assaporandone il gusto dolce e un poco salato. Una leccata lenta. Il sapore
meraviglioso di pelle, sudore e gioventù addormentata. Si contorse, avvicinandosi
ulteriormente. Lucius leccò entrambi i due giovani addormentati, usando colpi
delicati, un poco pigri, della sua lingua. Fred sorrise, tendendosi alle
avvolgenti e bagnate carezze, capendo che cosa significavano nonostante stesse
ancora sonnecchiando.
Harry
si svegliò, non capendo bene cosa era che lo disturbava...si girò, e lanciò un
piccolo strillo. Una mano sulla sua bocca fermò la possibilità che crescesse. Fred gli si avvicinò, parlandogli a bassa voce,
in modo da calmarne la paura. Harry vide il leopardo di fronte a lui, ed aprì
la bocca per gridare in cerca d’aiuto.
“Silenzio.
E’ il nostro re. Ci sta visitando. E’ un onore.” Lo sgridò Fred, in tono tranquillo.
“Ti sei calmato?” Gli chiese sospettosamente, quando vide che gli occhi del
giovane erano ancora larghi in spavento. Harry rabbrividì, quando le leccate ripresero,
la testa del gatto era nuovamente su di lui. Fred sospirò, felicemente, quando
la lingua viaggiò dalla pelle di Harry alla sua. La sua mano si allontanò leggermente
dal viso di Harry.
Harry
fece cenno di sì col capo. Fred l’allontanò del tutto. Harry ansò, quasi alzandosi
a sedere. Il gatto si girò, alzandosi. La lunga coda striscia sulla pelle del
giovane. L’aria attorno al leopardo s’increspò, Harry battè gli occhi. Il gatto
divenne un uomo. Divenne Lucius Malfoy. Gli occhi di Harry non sarebbero potuti
diventare più grandi. Erano due piattini verdi lampeggianti.
Lucius,
un braccio attorno a Fred, lo attirò più vicino, sotto il suo corpo. Fred acconsentì
volentieri, abbracciando il torso del suo re. Si strofinarono per tutta la lunghezza
dei loro corpi. Fred che si inarca sotto il più grande
uomo, cedendogli felicemente il controllo. Harry, guardandoli, iniziò ad
allontanarsi. Il braccio di Lucius sporse in fuori, agguantandolo e traendolo
verso i loro corpi.
Lucius
gli fece aprire le gambe, scivolando su di loro al gemito ansioso di Fred. Le
anche del rosso si alzarono, per soddisfare le spinte
di Lucius, le erezioni che strofinavano insieme, iniziando a rilasciare il loro
seme. Lucius continuò a leccare la faccia e il collo di Fred. Poi,dopo aver leccato tutta la pelle disponibile di Fred, si trasferì
su di Harry.
Harry
cercò di sfuggire alle sue attenzioni, ma le leccate, lunghe e lente, stavano
affascinandolo, quasi creando una dipendenza. Piacevole. Fantastico, enrgizzanti.
Harry lottò contro la spinta a piegarsi sotto quei
colpi di lingua avvolgenti, perdendo. Finì sulla propria schiena, sotto la
bocca del re leopardo.
Fred
rilasciò un uggiolio, anelò, si contorse ed alzò, quando Lucius ringhiò fuori
la propria liberazione. Lucius contenne Harry accanto a loro. Sentendo il
giovane contorcerci, avvertì la propria erezione crescere nuovamente contro le
anche dei due giovani. Harry gemette, quando avvertì l’orgasmo degli altri due,
desiderando poter fare lo stesso. Lucius scivolò su di lui, bagnando la pelle
del giovane con il suo sperma mescolato a quello di Fred.
Harry
avvertiva il bisogno di più di questo. Questa volta desiderava la propria liberazione.
Ne aveva un bisogno disperato. Ma
Fred stava per addormentarsi nuovamente. Harry frignò. Lucius guardò nei grandi
occhi verdi, il volto che si avvicinava sempre di più. L’uomo baciò il viso del
gattino. A lungo e profondamente. Guidando la sua lingua nella bocca. Cercando,
succhiando ed alimentando il desiderio disperato di Harry.
Harry
iniziò a muoversi sopra la coscia del più vecchio uomo, che lo aiutava con la
mano. Harry ansò. Era così vicino, così vicino. Harry, finalmente, gridò,
raggiungendo la soddisfazione. Venendo in modo consistente, lungo la coscia di
Lucius.
‘Oh, Dio,
finalmente.’ Era il pensiero di Harry, prima di arricciarsi su se stesso e dormire,
incuneato tra i due più grandi corpi.
Trelawny
aveva un problema. Draco aveva procurato altro sangue, come d’accordo. Ma era in un asciugamano intriso da lui. Aveva faticato a
trattenersi dal gridare per la frustrazione alla sua idiozia. In quello stato
era in pratica inutile per lei. Ancora, non vi era alternativa e cercare di trarne
un campione usabile.
Si
era ridotta ad usare acqua primaverile per lavare il sangue fuori della stoffa,
e raccogliendolo in un calderone. Poi fece un incantesimo per asciugarlo e concentrarlo;
un lavoro lento ed accurato. Non poteva rischiare di far bollire il calderone. Il
sangue potrebbe adulterarsi. Quindi, doveva aspettare.
Aspettare il passare di minuti preziosi.
Quello
stupido ragazzo! Non poteva credere che le avesse portato
un asciugamano intriso di sangue. Avrebbe dovuto sapere che lei aveva bisogno
di un miglior campione. E non poteva neppure aspettare
ulteriormente. Era probabile che Andromeda Malfoy non fosse più così
disponibile nel suo aiuto. La donna aveva la propria agenda a cui badare.
Doveva riuscire a fare questo lavoro al più presto.
Quello
che doveva fare, fu il suo pensiero, mentre lavorava sul calderone, era prendere
il sangue di ratto e unirlo alla pozione che stava preparando per Draco. Il
marmocchio avrebbe pagato per questo. Lo trasfigurerebbe in un roditore. Permanentemente,
se possibile. Vedremo come al gran leopardo piacerà avere per figlio un ratto.
Forse lo mangerebbe prima che riesca a capire la verità. La donna sorrise a
tale pensiero.
Finalmente,
Trelawny, aveva un’oncia di sangue distillata e filtrata. Avvertì la sensazione
di trionfo per il suo successo. Attentamente, la decantò in una fiala, poi pulì
il calderone che stava per usare per la pozione di polyjuice-sangue. Una volta finito il compito, mise fuori tutti i suoi
approvvigionamenti ed andò a purificarsi.
In
meno di una mezz’ora, Trelawny cominciò la pozione. La sua porta era chiusa, le
luci schermate, la stanza insonorizzata. nessuno la disturberebbe,
neppure Draco. Gli aveva ricordato che la pozione era molto complessa, e che
aveva bisogno di tempo per riuscire a farla bene.
Gli
ingredienti furono aggiunti agli intervalli corretti, nonostante il bisogno di
affrettarsi. Mescolò la fermentazione con pazienza infinita, imparata da una
lunga pratica di divinazione, imparando ad aspettare le visioni che avrebbero
rivelato il futuro, senza costringerle. La donna aveva la stessa cura con
questo progetto.
Se n’avesse
avuta l’inclinazione, avrebbe potuto essere buona come l’altra vittima degli
studenti ingrati di Hogwarts, il professor Snape. Ma
le pozioni non avevano mai preso il suo interesse allo stesso modo che leggere
il futuro.
Predicendo ciò che doveva avvenire. Leggendo il fato delle persone. Lei aveva avuto la
comprensione necessaria per tale compito. Aveva curato profondamente, mettendo
i clienti difficili al corrente di soluzioni che raramente erano seguite. A loro
discapito. Non era un suo problema, il loro fallimento nell’ascoltare ed agire
di conseguenza, non riuscendo a capire ciò che il fato gli destinava. Uno
doveva lavorare per fare accadere le cose.
Il
destino richiedeva dello sforzo.
La
pozione era giunta allo stadio in cui era spessa, viscosa e puzzolente. Facendo
appello a tutta la sua fermezza, la bevve, ingoiandola rapidamente, volendo ciò
che la pozione poteva dargli. Potere. Rispetto. Paura.
C’era
stata vera paura sulle facce degli studenti che aveva attaccato ed ucciso. Paura che intirizziva la loro mente e che gelava il sangue. Paura che le faceva sentire soddisfazione, delizia, al solo ricordo.
Aveva avuto il loro fato nelle sue mani, fabbricandone il futuro. Aveva visto
la morte per loro. Le sue predizioni avevano, naturalmente, nessuna verità. Lei
era, dopotutto, una visionaria.
Bevve
la pozione quando era pronta, calda. Mentre ancora evaporante, formava bolle nel becher. Poi
aspettò. La sensazione era più forte, questa volta. La sua pelle strisciò, cambiò, pruse più intensamente. Rabbrividì.
Dovevano essere le impurezze del sangue. Aspettò. Doveva funzionare. Lo
sentiva. Sapeva che avrebbe funzionato. Si sarebbe, per stanotte, presa cura
del problema d’Andromeda. Si sarebbe presa cura di Draco, il figlio di Lucius.
Romperebbe lo spirito del re dei leopardi, macellando suo figlio, lasciando da
trovare solo un mucchio di carne insanguinato. Poi succederebbe come re dei
leopardi. La donna scoprì i denti soddisfatta.
Draco
camminò fuori del suo dormitorio, strisciando nelle ombre dei corridoi. La
professoressa Trelawny gli aveva detto di aspettare un quarto d’ora dopo il tramonto.
Draco aveva guardato sul suo grimoire, e calcolato il suo arrivo al minuto. Aspettò nascosto. Non desiderava dover rispondere
ad alcuna domanda indesiderata. Un suono di qualcosa che si trascinava attirò
la sua attenzione. Si allontanò dal muro contro il quale era appoggiato. I
suoni crebbero più forti, ed altri li congiunsero. Un lamento orribile. Basso. Come
quello di un animale. O il lamento di una persona che soffriva
in tale maniera da andare oltre qualsiasi suono umano. I suoi capelli si
drizzarono, e decise di muoversi, ritornare alla sala principale di Hogwarts. Mettersi
in salvo.
Draco
era cresciuto accanto a mutaforma per tutta la sua vita. C’erano molte varietà.
Felini, i suoi preferiti per ovvie ragioni; canini, roditori
e, forma più rara delfini. Ma lui non aveva mai
visto nulla che assomigliasse all’orrore che stava trascinando i piedi, con
alacrità disperata e priva di grazia, verso di lui.
Pelliccia
bionda, pallida come il ghiaccio nel buio. Pelle pallida come quella di un
cadavere, mezzo faccia umana e mezza di licantropo, mezzo maschio e mezzo femmina. Zanne sporgenti, oscene, nella bocca
umanoide. I peli dritti e arruffati in minaccia, occhi ripieni
di pazzia ed artigli che cercano di afferrare la sua camicia, barcollando
sempre più vicino al giovane. La bava che colava dal
mento appuntito, gli occhi famigliari...ma che non riusciva a collegare con la...cosa...che
gli stava d’innanzi. Draco si allontanò. L’adrenalina pompava attraverso
di lui. Lotta o fuggi, stava dicendo il suo corpo. La
fuga vinse, senza sforzo.
Draco
gridò e corse, gli artigli che cercavano di afferrarlo, per impedirne la fuga.
Mantheer gemette, rotolando fino ad essere
supino sul pavimento. La sua testa stava battendo come se un grande
tamburo vi si fosse installato. Per Merlino, che emicrania. Lottò per tirarsi
su a sedere, ruotando attentamente la testa sul collo rigido. Le ossa
cigolarono.
Non aveva dubbi su quello che era accaduto. Il
tè di catnip. Il tè che così cortesemente, era stato
loro preparato. Qualche cosa di un poco più forte era stata aggiunta prima che
lui e Yaji lo bevessero. Abbastanza ovvio. Da Draco.
Il figlio del suo re. Un giovane, nel quale, lui aveva avuto fiducia. Il giovane
che lui adorava.
Yaji sentiva freddo. Il suo respiro era
grezzo, un irregolare russare che l’inalazione quieta e solita normale. Aveva
bevuto la maggior parte del tè offertogli da Draco. Mantheer n’aveva preso solo
un terzo.
Il grande uomo, con i capelli marroni, era di schiena, le mani ai fianchi, la bocca aperta.
Mantheer strisciò, ancora intontito, fino a lui. S’inclinò per controllarlo. All’odore
proveniente dalla sua bocca, si ritirò. Yech, qualunque
fosse stata la medicina usata, lasciava dietro di se un puzzo maledetto. Pensandoci,
la sua bocca...sentiva un cattivo sapore. Molto cattivo.
Un grido lacerò l’aria. La testa di Mantheer
scattò all’insù, cercando di alzarsi. Barcollando, bestemmiando la sua mancanza
di coordinazione ed equilibrio. Cadde. Tentò di nuovo. Precipitò una seconda
volta, o possibilmente, una terza, dato che sicuramente, non si era steso volontariamente sul pavimento, almeno non, mentre
era in forma umana. Un altro grido. Una voce conosciuta. Piedi
che correvano, verso di loro, veloci. Draco. Il profumo della paura lo
precedeva. Una macchia acida.
Macinando i denti, Mantheer, si alzò sulle
mani e ginocchia, e forzò il proprio corpo ad obbedire, cambiando. Il cambio si
fece strada nel suo corpo, la nausea che si alzava, in
un primo momento, sparendo poi, grazie al potere e all’adrenalina. Era pronto a
lottare quando, il giovane, irruppe nella stanza, il
panico scritto sui suoi lineamenti. Il sudore che scorreva lungo la sua giovane
faccia, innaturalmente pallida.
Draco volò dritto verso Mantheer, quando vide
il massiccio, leopardo nero. gettandosi verso il licantropo.
Braccia avide, abbastanza frenetiche afferrarono Mantheer, abbastanza strettamente
da far cessare il flusso sanguigno. Il leopardo si girò, pronto a proteggere
Draco da qualunque cosa lo stesse seguendo attraverso le porte aperte,
scoprendo le formidabili zanne, inarcandosi.
Ma nulla seguì il
ragazzo. Mantheer, gradualmente, si rilassò, lasciando che i muscoli allentassero
la tensione. Permettendo che, il corpo ritorni alla forma umana abbastanza perché
possa abbracciare Draco, calmandolo. Il giovane stava singhiozzando,
terrificato. Esalando il puzzo sgradevole della paura.
Mantheer l’accarezzò, le parole alternate alle
fusa, cercando di alleviare il suo terrore.
“Che cosa ti ha
spaventato in questo modo? Dopo esserti messo nei guai per averci drogato. Ora
hai paura? Di che cosa, gattino?” Brontolò Mantheer, non dimenticando
di controllare per qualsiasi suono proveniente dall’esterno. Nulla, nessun
suono ignoto, ma c’erano piedi che si affrettavano lungo il corridoio. Una dozzina
di loro. Tutte creature umane. tutti diretti a questa
stanza, a meno che Mantheer si stesse sbagliando.
“Malfoy! Che cosa è
successo, nel nome di Merlino?” Era la voce forte del capo casa di Slytherin,
il professor Snape. L’uomo che, odorava sempre d’erbe. Mantheer aprì la porta
con i piedi. Continuò a cullare il ragazzo turbato nelle sue braccia. La sua
espressione gentile.
L’uomo, impassibile, era sulla via d’accesso,
con la bacchetta pronta in mano. Dietro a lui i bambini, che
alzavano le loro facce, cercando di vedere oltre. Snape li cacciò via,
impazientemente.
Gli occhi scuri si volsero verso la figura del
licantropo che russava sul pavimento. E il mezzo-uomo,
mezzo-gatto che tiene Draco. Il suo naso si contorse. Annusò l’odore
rancido nell’aria.
“Chi sta usando...”il naso impressionante si raggrinzì, “togli energia e...catnip?” L’ultima parola venne pronunciata in tono
incredulo. Ondeggiò una mano lunga, pallida, nell’aria, facendo smorfie in
disgusto. Chiaramente, decise che, Mantheer, non era una minaccia. Non con Draco aggrappato a lui com’era al momento.
Snape, scuramente, lo guardò, le labbra che sibilarono.
“Quella cosa?”
“La cosa che ha attaccato e ha ucciso gli
altri?” Esclamò Mantheer, comprendendo all’improvviso. “l’hai visto? Dove era?”
“IO...IO...IO..”
Draco ingoiò. “Esso...era fuori nei...cortili.” Ansò, rilasciando le informazioni.
Mantheer passò Draco alle braccia del suo
professore.
In fretta uscì nell’oscurità della notte,
seguendo il suo naso, più che le direzioni di Draco. Trovò delle tracce.
Confuse. Molti odori. Familiari e non allo stesso tempo. Combinazioni di
profumi che, gli fecero rizzare i capelli della sua nuca. Non gli era possibile
seguire la pista. Non gli era possibile seguirlo.
Il profumo cambiò. Troppo spesso stava subendo
mutazioni. Cominciò a mescolarsi con altri profumi, puri, puliti. Profumi di
bambini. Nessun più odore di paura. Non l’avevano visto, o se lo vedevano, non stava più spaventando gli studenti. I peli gli
si arruffarono, in modo ammonitore. Non era una creatura naturale, qualunque
cosa fosse. Odorava di cattivi incantesimi e magia oscura.
Mantheer, finalmente, rinunciò a localizzare
la cosa. Ritornò nella stanza di Draco, nel dormitorio di Slytherin. Draco sarebbe
potuto esser morto mentre lui e Yaji dormivano drogati.
Snape era l’unico ancora nella stanza, con
Draco e Yaji, quando Mantheer giunse alla stanza. Yaji era piegato su di un
secchio, intento a svuotare il suo stomaco del resto del tè che aveva ingerito.
La lunga coda di leopardo che miseramente, restava sul pavimento. Il resto di lui era umano.
Mantheer si diresse diritto verso Draco. Si
fermò d’innanzi al ragazzo, tentando do controllare la sua ira. Non voleva realmente
danneggiare il giovane sciocco. Ma, intendeva castigarlo
per la bravata, quasi fatale.
Gli si avvicinò ulteriormente, facendolo
alzare. Sedendosi dolcemente, se lo mise sul grembo.
Poi, iniziò a sculacciarlo, duramente e con autorità. La sua mano si alzava e
abbassava.
“Draco...”
“...mai...”
“...fai di nuovo...”
“...una cosa simile...”
“...mai...”
“...di nuovo.”
Draco gemette.
Lucius batté i pugni, sulla tavola di mogano.
La forza era tale da scuoterlo. Ruggì, la testa gettata in dietro. I tre uomini
nella stanza con lui rimasero immobili, con non poco sforzo. Quando
abbassò nuovamente il capo, i suoi occhi erano cambiati, ora erano fieri e
ferini.
Quando gli occhi caddero su di Yaji, questi s’inginocchiò vicino alla tavola, ai piedi di Lucius. Lucius,
istintivamente, diede credito alla mossa, allungando una mano e toccando la sua
testa inarcata. Non c’era ira nella sua mano, mentre accarezzava i molli
capelli del suo guardiano-leopardo. Poi, la mano, divenne un pugno. Graeme ed
Amrys stettero fermi, Graeme vicino alla porta, Amrys solo alcuni piedi più in
là di Lucius. Entrambi gli uomini, erano accorti dal muoversi.
“Portatelo qui.” Ringhiò il re leopardo,
alzando gli occhi su Amrys, mentre la sua mano ancora toccava Yaji, così che si
seppe a chi l’ordine era diretto. Le labbra arricciate, scoprivano i denti.
Yaji, la guardia che aveva riportato sugli eventi a Hogwarts, si alzò e si
mosse verso la porta.
“E’ già stato punito, Lucius.” Mormorò Amrys,
alzando una mano per fermare Yaji che stava per alzarsi. Il gran guardiano si
fermò, guardando, però, Lucius da oltre la sua spalla. Amrys si spostò,
tentando di attrarre l’attenzione degli occhi ferini di Lucius.
“Chi è il re? E’ Amrys il tuo re, Yaji? E’ per
quello che stai esitando a rispettare il mio comando? Perché Amrys può fermarti dall’eseguire un mio ordine?” Ringhiò Lucius, lo
sguardo di fuoco che si muove tra i due uomini, le spalle che si spostano in
avanti, dandogli una posa di chi era pronto a saltargli addosso.
“No, il mio re. Tu sei il mio re.” La voce di
Yaji era piena di timore reverenziale, mentre soddisfaceva lo sguardo fisso del
suo re, inflessibile. “Io ti rispetto.”
Amrys intervenne, i suoi capelli corti
arruffati dalle dita di Lucius. “Lucius! Aspetta, t’imploro.
Aspetta finché ti sia calmato. Draco è umano. Non è nessuno dei tuoi gattini.
E’ troppo vulnerabile.”
“E’ probabile che sarebbe
morto! Non può essere più vulnerabile di così. Irresponsabile. Drogò le
guardie che avevo spedito a proteggerlo. Yaji, se fosse stato umano sarebbe
stato avvelenato, da una dose simile. Draco è un mago, ed è adulto, Non dovrebbe fare simili errori. Quando
fa qualcosa, deve essere pronto a subirne le conseguenze. Si è quasi ucciso tentando
di convincere il suo professore per trovare delle pozioni con cui trasformarsi
in un essere-leopardo. Tutto senza la mia approvazione, anzi, in opposizione a
me. Ha assaltato la mia gente, i miei leopardi. Come
posso non castigarlo per questo?” Esclamò il re, le dita
che si trasformarono in artigli, scavando profondi solchi nella tavola, con un
suono stridente.
“E’ tuo figlio! Non è un licantropo. Ma desidera esserlo. Tutta la sua vita ha voluto essere
quello che desideravi tu. Il tuo erede. E’ giovane. Ha commesso un errore. E’
già stato castigato da Mantheer. Si è comportato come un bambino che tenta di
far contento suo padre, ed è stato punito come un bambino. Permetti che sia
abbastanza, t’imploro.” Lo pregò Amrys, inginocchiandosi
davanti a lui.
Lucius ringhiò, allungando il braccio in
fuori, spedendo ciò che si trovava sulla tavola, nella sua portata, sul
pavimento o contro il muro. Amrys avanzò ulteriormente, esitante.
Graeme si mosse, verso l’uscita della sala,
facendo segno agli infelici licantropi che stava in piedi là. Mantheer era fra
loro, Draco che si aggrappava al suo braccio, con gli occhi blu enormi nella
sua faccia bianca. Draco guardò alla faccia ostile di Graeme.
“Trovate Fred Weasley, o Potter.” Ordinò, Graeme, ad un uomo che si trovava alla periferia
del gruppo. “In fretta!”
Forse l’ira di Lucius poteva essere deviata in
un altro stimolo, sempre fisico, ma molto meno pericoloso. Come
se, Draco, meritasse un tale riguardo. Graeme era convinto che meritasse
di esser punito, ma Amrys era corretto. Non era un licantropo, e più tardi,
Lucius si sarebbe pentito se gli avesse fatto male
seriamente.
L’uomo corse ad eseguire. Un secondo uomo lo
seguì, fino alla curva del corridoio, per poi girare dal lato opposto al primo.
Amrys, ora era molto vicino
a Lucius. S’inclinò, ma senza offrire la sua gola, questa volta. Non desiderava
averla lacerata. Abbassò sottomessamene la testa. Ondeggiò, mostrando il suo
rispetto, e lo status più basso. Affondò nelle sue ginocchia, nello stesso
momento in cui lo fece Yaji. Graeme rientrò nella stanza. Anche
lui si lasciò cadere sulle ginocchia, strisciando in avanti.
“Per favore, mio re, non fare qualche cosa di
cui ti pentirai. T’imploro.”
“Mi stai dicendo di usare regole diverse,
quando si tratta di mio figlio? Come posso fare una cosa simile? Lui è mio
figlio. Lui mi ha offeso. il suo tradimento mi
colpisce più profondamente che se si fosse trattato di un qualsiasi altro
membro del mio branco. Non può essere sopra le nostre leggi.” La voce di Lucius
rivelava pienamente la misura del dolore che stava provando.
La tensione si alzò nuovamente. Improvvisamente
saltò.
Amrys, alzandosi, l’intercettò a metà del balzo.
Graeme lo seguì un secondo dopo. I due sottoposti omega maschi
si scontrarono col maschio dominante alfabetico, cambiando a mezz’aria.
Dove prima vi erano tre uomini, ore c’erano tre esseri-gatto
che lottavano.
Il suono del combattimento, lontano dall’aumentare
la tensione nella sala, produsse sui presenti l’effetto contrario. I tre
dominanti aggiusterebbero la questione. Non c’era bisogno che gli altri prendessero decisioni. Amrys e Graeme stavano facendo il
loro dovere verso il re. Facendo in modo l’ira del re precipitasse
verso di loro. Impedendo a Lucius di prendere una decisione
di cui si pentirebbe. Rendendo possibile a lui di cedere.
Erano Potter e Blaise che si presentarono a
rimorchio di uno degli uomini che erano partiti poco prima dalla sala. Fred non
era stato trovato. Un ululato, seguito da molti ringhi profondi, fece si che Harry girasse su se stesso e decidesse a fuggire.
Kaithas arrivò e l’afferrò per la camicia,
tenendolo lì.
“Fermo. Non aver paura, gattino. respira. Bene.”
Harry posò le mani sugli avambracci dell’uomo scuro, tremando. Gli occhi
cercavano la via d’accesso.
“Io non entrerò là.”
Disse Harry, spingendo l’uomo, cercando di liberarsi. Ma
la presa dell’uomo era troppo forte. “Stanno lottando. Posso sentirlo. Possono
lottare tra do loro. Io non posso fare nulla, eccetto essere ucciso. Quindi, dimenticatevelo.”
“Chi ha detto che
devi andare li dentro?” Disse Kaithas, cercando di calmarlo.
Il giovane lo guardò. “Oh, per favore. Mi
avete trascinato qui, e tutti voi state aspettando fuori,e
*loro* sono dentro. La mia solita fortuna...si suppone che io vada dentro. No,
in nessun modo.”
Mantheer si avvicinò a loro. Harry guardò in su. Lui ricambiò lo sguardo.
“Marcato. Nessuno ti ha spiegato per quale
motivo tu esisti?” Chiese con voce profonda. Harry non ne fu felice.
“Il mio nome è Potter. E
io ho già sentito tutto questo. ‘Tu esisti per fare
una cosa.’ Bene io l’ho fatto. Ho ucciso Voldemort. Ho finito col dovere e col
destino.” L’aggredì Harry. Mantheer lo guardò silenziosamente,
poi allungò una mano e l’afferrò per la camicia, scuotendolo una volta, sodo.
“Non m’interessa se hai ucciso Lord Voldemort.
Quello è il passato. Ora hai dei doveri nuovi. Ora, il tuo dovere è servire il
branco e il re. Lui ti ha marcato come tuo eletto. Tu andrai da lui. Lo farai.”Mantheer
aggrottò le sopracciglia in giù al giovane che si trovava sulle punte delle
dita dei piedi.
Harry usò una delle braccia per liberarsi
dalla presa. Lo sguardo aggrottato, sibilò attraverso i denti stretti. “No.”
“Tu andrai là, e salverai Draco da suo padre.
Non permetterai al nostro re di fare quello che non deve.”
Disse Mantheer, la voce non più alta di prima, ma
molto più pericolosa.
“Cosa?” Chiese in
confusione evidente Harry. I suoi occhi furono attratti verso l’altro lato del gruppo,
al giovane biondo che aspettava contro il muro. Draco. Entrambi gettarono uno sguardo torvo all’altro.
Harry guardò verso Mantheer.
Il suo sguardo viaggiò fino al prossimo uomo, Kaithas, il Veggente del branco. Poi, guardò verso Draco, che sostava alla fine del raggruppamento
di licantropi e fingendo di ignorarli tutti. Draco emanava un disagio
ostile, in quantità tali che mai prima Harry aveva
osservato in lui.
“Lasciatemi.” Qualcosa nella
sua voce dovette convincere gli uomini che lo trattenevano ad ascoltarlo,
perché ambo lo lasciarono andare. Kaithas aggrottò le sopracciglia, guardando
il giovane, Stimandolo con le sue capacità di Veggente.
“Cosa stai
pensando?” Gli chiese Kaithas, bruscamente. Non conosceva abbastanza il giovane
da predire le sue azioni. La situazione era già abbastanza delicata,
abbastanza volatile, per aggiungere un fattore sconosciuto alla miscela.
Non potevano permettersi di aumentare la tensione.
“Sto aspettando che qualcuno
mi dica quello che sta succedendo.” Rispose Harry,
passando le dita sulla pelle arrossata, dove era stata la mano di Mantheer.
Harry rivolse la sua attenzione di nuovo verso Draco. Harry mandò al suo compagno
di classe uno sguardo duro. “Draco? Cosa succede?”
Draco scosse la testa.
Piuttosto sopporterebbe qualsiasi punizione che suo padre decidesse di dargli. Non
avrebbe spiegato a Potter per quale motivo aveva agito in tale modo. Non quando, Harry, era un essere-leopardo e lui non lo era.
Ancora una volta, Harry, aveva avuto quello che voleva Draco, quello che
chiedeva insistentemente. Ciò del quale, aveva così bisogno. Non intendeva
chiedergli aiuto. In nessun modo. Draco girò la testa, guardando verso la sala.
“No, poi? Ok. Chiunque altro mi dirà cosa sta succedendo? E non
intendo il...’è quello che tu devi fare’...o simili stronzate.” Chiese impazientemente
Harry. “Ho già sentito tutta quella roba, e l’ho già fatto. Non intendo rifarlo
nuovamente. Quindi, parlate.”
“E’ il ruolo del Segnato...”
Cominciò Mantheer, in un ringhio pesante. Harry cominciò a guardarlo in
cagnesco. La voce di Kaithas s’intromise velocemente.
“No, Mantheer. Lascia a me.”
Il Veggente si girò verso il gattino più nuovo. Uno, che non
stava agendo come, solitamente, facevano i gattini. Intrigava, e anche
importunava, molto. I gattini dovevano essere rispettosi. Fare com’era loro
detto.
“Draco commise un errore. Tentò
di trovare un modo per essere trasformato in un leopardo. Nel fare così, ruppe la
fiducia delle due guardie e di suo padre. Lucius, il nostro re, sente che non
ha alternativa. Deve castigarlo. Severamente. Come qualsiasi altro membro del
branco, potrebbe voler fare, per una simile colpa. Per un simile tradimento al
branco. Per disubbidire all’ordine del re.” Cominciò Kaithas.
“Draco non è un licantropo.
E’ già stato punito. Non può sopportare di più.” Borbottò Mantheer, con la sua
voce profonda. “E’ umano, se viene ferito, non può
guarire come uno di noi.”
“Ok.”
Disse Harry, quando divenne chiaro che non ci sarebbero state ulteriori spiegazioni. Entrambi i due licantropi, sembrava
pensassero che il resto fosse ovvio. Non lo era, almeno per Harry. Resistette alla stimolo di strappare i propri capelli.
“Quindi,
cosa c’entra che volete che io entri là, gettandomi in bocca ai lupi?” Chiese
il giovane. La guardia sbiancò. Il veggente fece una piccola, involontaria,
smorfia. Lottò, prima di cedere alla risata. Non era bene incoraggiare tale comportamento
ribelle nel gattino.
“Non ci sono lupi, qui. Solo
il branco.” Ringhiò Mantheer. Kaithas l’interruppe nuovamente.
“Tu sei uno dei suoi Eletti.
Un’Eletto del Re. Puoi distrarlo con il tuo corpo,
con sesso. Non puoi permettergli che faccia del male o uccida suo figlio.” Gli disse quietamente, con gli occhi fissi su di Harry.
“Oh.” Disse Harry.
Dopotutto, era molto semplice. Ci si aspettava che andasse nella stanza con i
leopardi che combattono e sedurre Lucius Malfoy. Fargli dimenticare Draco. Salvare
la sua vita. Per la verità, Harry non aveva nessun desiderio di entrare nella
stanza. I suoni che provenivano da lei, non stavano certo adescandolo o
riassicurandolo. Poteva avvertire l’odore del sangue. La pelle d’oca che, rapidamente
avanzava sulla sua pelle. Aveva paura di entrare là, in quella stanza in cui stava
seguendo una lotta.
Se non lo faceva, questi
uomini stavano dicendogli che era probabile che Draco
muoia. Draco guidava Harry matto, col suo atteggiamento, ma non desiderava che
gli venisse fatto male o ucciso. Specialmente non da
suo padre. Era anche più sbagliato di un ragazzo della sua età che moriva per
mano di un estraneo. Peggio di se stesso che si offriva
all’uomo, il licantropo, in quella stanza. Per sesso. Harry deglutì
faticosamente.
Alzò gli occhi dal
pavimento. Dalla contemplazione dei suoi piedi nudi. Accettò col capo, di
malavoglia.
Kaithas fermò Mantheer
dall’afferrare le braccia del gattino. Posò un braccio sulle spalle del
giovane, abbracciandolo. Lo condusse alla porta. Fermandosi vicino
Harry, si girò per affrontarlo.
“Non ti farà male.
Probabilmente ti spaventerà. Non resistergli. Amrys e Graeme, non ti faranno
male. Tu appartieni al nostro re. Sarai al sicuro.” Gli diede una piccola spinta in avanti.
“Io non posso entrare con
te. Se mi vedono, sarà peggio.” Spiegò. “Hanno già fatto
prima, questo, l’un con l’altro. sanno
come lottare tra loro. Aggiungendomi alla miscela...non sarebbe buono.” Harry accennò col capo. Ingoiò nuovamente, prese un
profondo respiro, ed avanzò esitante nella stanza.
All’inizio, non successe
nulla. Cioè, nulla cambiò. Tutto continuava ad andare avanti,
il combattimento su tutte le furie.
C’era poco sangue, fu la
prima cosa che Harry notò. Molto rumore, ruggiti e ringhi, molti
colpi pesanti. Salti e zampe che, frustando, flagellavano l’avversario.
Ma per la gran parte, gli artigli di tutti e tre,
erano rinfoderati. Stavano lottando, per davvero, ma non per uccidere.
Harry fece un altro passo
nella stanza. Uno dei gatti sbarcò sulle quattro zampe, affrontandolo. Harry si
ritirò. Le mani in fuori e in alto come se, in quel modo, potessero fermare il
gatto.
Aveva la stessa opportunità
di fermare l’essere-leopardo che fermando un treno con
le sole mani.
Harry notò la pelliccia di
un color rame-marrone, scura, le macchie nere che la punteggiavano qui e là.
C’era un graffio insanguinato che attraversava il muso del gatto. Le labbra
erano tirate indietro, scoprendo i denti in un ringhio minaccioso. Le zanne di 10 cm. luccicavano. Il naso
del gatto si contorse. La testa si alzò.
Poi, venne
sostituito dal più grande dei tre leopardi. Una bestia con la
pelliccia oro-argentea. Chiazzato, qui e là, da sangue eppure quasi
incolume. Almeno, da quello che, Harry, poteva vedere. Stava dirigendosi,
camminando carponi sulle zampe, pancia a terra, occhi affamati contenuti si di Harry. La lunga coda che, ipnotica,
correva da destra a sinistra. Annusò, di nuovo, e di nuovo. Ogni
annusata che scuriva gli occhi.
Improvvisamente, saltò. Sbattè, su di Harry, in maniera abbastanza dura. Ficcando
il naso nel suo petto, e spingendolo in giù. Harry tentò di precipitare con
grazia, fallendo, finendo per sedere in maniera scomposta sul suo didietro. Il
gatto si stese su di lui, pigiandolo nella parte inferiore, calda, coperta di
pelo. Spingendolo in giù, e inchiodandolo al pavimento. Cominciò ad annusare la
sua gola, lanciando fuori ringhi ripetuti come avvertimento. Alito caldo sulla
gola.
Harry lottò per non gridare.
Sapeva che era probabile che il suono provocasse la bestia. Lottò più duramente
per non gridare. Una mano enorme arrivò a metà del suo corpo, artigli che
raschiano, che tagliavano con precisione attraverso i vestiti di Harry, ma non
la sua carne. Harry provò il desiderio incontrollabile di scattare in piedi.
Sentì ogni artiglio, che scivolava sulla sua pelle vulnerabile, liscia e soda come
avorio levigato.
Il gatto si abbassò
ulteriormente, pesando ancora di più sul giovane. Harry si contorse. Il gatto
ringhiò in ammonizione. Gli artigli avevano fatto a brandelli i suoi pantaloni,
facendo restare Harry nudo e tremante, impaurito. Non
poteva trattenersi dall’alzare le mani, colpendo con i pugni la pelliccia
spessa, cercando di allontanarlo. Doveva tentare qualcosa. Qualsiasi cosa. Un
rumore, profondo, di fusa attraversò il corpo intero del felino, testimone del
piacere del gatto.
Un secondo ed un terzo
ronfare risposero al primo. Harry poteva vedere uno degli altri gatti,
schiacciato al pavimento, che camminava sulla pancia, avvicinandosi. Testa
bassa al pavimento. Stava guardandolo con brillanti e predatori occhi marroni. Harry guaì, tentando di contorcersi via. Il gran
gatto in cima a lui, sibilò, provocando l’immediata fermata dell’altro animale.
Harry era intrappolato. Sentì
le zampe dell’essere-gatto collocarsi tra le sue gambe, costringendole a
separarsi, allargarsi ulteriormente, così che Harry poteva sentire
l’incredibile calore, non umano, contro le sue cosce. Harry frignò,
spostandosi, cosa che diede solamente luogo, al sollevamento istintivo delle
gambe, che scivolarono lungo i lati della bestia. Non voleva farlo,
specialmente non in quel modo. Non voleva fare questo con un animale, neanche
uno che lui sapeva essere un uomo, in realtà. Sentì il calore dei genitali del
leopardo lungo le sue pelvi.
“No.” Pregò Harry. Cercò di
allontanare il gatto, afferrandolo per la pelliccia, con le mani. “No! Lucius.
No, per favore. Torna umano, per me. Per favore.”
Il gatto si spinse ancora
più vicino, fino a che l’erezione toccò Harry. Harry gridò. Poi, la bestia
cambiò. Un minuto era un gatto, il prossimo era un
uomo. Ancora posizionato per penetrarlo, ancora
gocciolando, bagnato, caldo e pronto. Harry non resistette a ringraziare il
cielo. Almeno la sua prima volta, sarebbe stata con un uomo, non un animale.
Cercò di rilassarsi quanto più poteva, avvolse le gambe a Lucius. Avvertiva la
liscia pelle del torace dell’uomo, che strofinava contro i suoi capezzoli tesi.
Sospirò. Era bello.
Lucius si spostò in avanti,
scivolando un poco nel giovane corpo. Harry non stava resistendo. Lucius,
mormorò la sua soddisfazione. Arrestò l’azione per un attimo,
poi spinse nuovamente. Gentilmente, in modo lento,
facilmente. Questo era il suo Segnato. Al suo Segnato non doveva esser
fatto del male o danneggiato mentre facevano sesso.
Avanti e indietro. Il corpo di Lucius che offriva la
lubrificazione necessaria, gocciolando, col suo stato di stimolazione.
Lucius, avvertì la prima
vera penetrazione, parlò piano al ragazzo. Bene. Era dentro, solo un pò, ma
ora, si mosse avanti con più agio. Dentro e fuori. Più
profondamente ad ogni colpo, con Harry che si lamentava in crescendo.
Piacere e dolore, un aroma di paura. Paura, di cui si accorse
Lucius, che si mosse per alleviarne la pressione. Leccò il viso del
giovane.
Lucius avvertì due corpi con
la pelliccia che si strofinavano lungo il corpo suo e
del suo Segnato. Non cercò di allontanarli, solo continuò a ficcare
attentamente, guadagnando sempre più entrata in quel luogo caldo e stretto, che
era il fuoco di tutto il suo bisogno. Spinse ulteriormente le anche. Harry
gridò. Lucius ringhiò, leccò la bocca aperta ed
ansimante. Esplorandola con la lingua.
Harry venne
riempito all’inverosimile Il suo pensiero era che il re era troppo grande, non
poteva prenderlo. Non poteva accettarlo tutto. Aprì la bocca per gridare,
dirgli di fermarsi. Ma la lingua dell’uomo riempì la
sua bocca. Succhiando la sua lingua, ed un fiotto di calore inaspettato camminò
sulla sua pelle, irradiandosi attraverso di lui, come una scarica elettrica.
Dalla cima dei capelli alla punta dei piedi. Esortando il suo corpo a prendere.
Prendere di più, averne di più, implorarne di più.
Il suo corpo stava
squagliandosi. Le sue gambe, si allargarono ulteriormente. Le anche, che si
alzavano, in unisono con le spinte dell’uomo.
L’invasore enorme avanzò ulteriormente. Harry lasciò cadere indietro la testa.
No, questo non era
possibile. Questo piacere. Oh, Dio. Così duro. Così forte, Più profondo, per
favore. Lucius si mosse in lui. Oh, Merlino! Singhiozzò Harry. Non avvertiva
più alcuna forza in lui, non dopo aver provato una simile sensazione opprimente.
Lucius sentì il corpo sotto
il suo rimanere immobile, battendo solo in un luogo. Il luogo
dove era, al momento, seppellito profondamente. La testa si alzò,
involontariamente, alla sottomissione completa. Mai prima aveva provato nulla
di simile. Un ruggito uscì dalla gola umana. Ficcò ancora nelle profondità di
quella carne, per uscire nuovamente. Colpendo quel punto che
fece, Harry, frignare e battere la sua testa. Le braccia del giovane
erano aperte, le gambe larghe. Era alla completa mercé
della volontà del re. Il suo corpo si arrese per la passione del re. L’uso del
re.
Lucius perse il controllo.
Ritornò a spingere. Dentro e fuori, per giungere alla sua soddisfazione. Spargere
il suo seme in lui. Si mosse, veloce, spingendo, pizzicando e leccando la
faccia e la gola del giovane che si stava lamentando, frignando. Il suo
gattino. Il suo. Più veloce, spingendo dentro e fuori, mentre Harry uggiolava,
accettando ogni invasione nel suo corpo, volentieri.
Il sudore,
che scendeva sul viso del re, gocciolando, sopra il corpo liscio del ragazzo. Harry era appena consapevole. Il luogo tra le sue gambe,
era la sua unica realtà, la sensazione dell’uomo
sepolto in profondità in lui. Ogni colpo che finiva contro la sua prostata,
finché Harry, gemette, il suo orgasmo che esplodeva. Troppo
presto, troppo presto, lontano troppo presto. Stava
aspettando questa sensazione da tutta la sua vita. Desiderò che potesse durare
per sempre.
Il ritmico spremere sulla
sua erezione, era tutto quello di cui aveva bisogno Lucius. L’ultima piccola
stimolazione per spedirlo, ruggendo, al suo piacere. Il suo seme riempì il
corpo stretto sotto il suo. Pulsando nel fodero stretto. Ricominciò a spingere,
riempiendolo nuovamente, coprendolo con il suo profumo, la sua
richiesta. Pompando più profondo in lui. Al limite
della sua portata. In questo vaso perfetto. Il vaso, che era il
suo. Il suo segnato.
Quando delle lingue cominciarono a leccarli, pulendoli da
sudore e seme, non fece obbiezioni. Scivolò fuori dal
ragazzo, sistemandosi da un lato, permettendo al suo secondo e terzo, di
continuare il loro compito, la cura del loro re e il suo Eletto.
Fuori, Yaji e Mantheer,
tennero il giovane che singhiozzava. Contennero Draco stretto, mentre
ascoltavano il piacere del re.
Andromeda
posò attentamente le mani sulle ginocchia. Mani che, stavano tremando. Tremando
da quasi un’ora. Le chiuse a pugno, volendo frenare i tremori; sentendo le
unghie che scavavano nei palmi. I tremori cessarono, ed il
piccolo dolore, l’aiutò a pensare. Aprì i pugni,
guardando il sangue colare dalle piccole ferite a mezzaluna provocate
dalle unghie. Ora andava meglio. Ora poteva pensare ad una soluzione, invece di
restare solamente seduta, scuotendo come una foglia in balia del vento,
chiedendosi se qualcuno avesse scoperto la sua parte nello schema fallito.
Andromeda
era seduta nella sua stanza, al quinto piano del feudo. Guardò fuori, nel
giardino, senza però, vedere nessuno. Nulla era andato come aveva desiderato. Piani progettati meticolosamente, ma che erano andati miseramente a
vuoto. Era stato sciocco contare su qualcun altro per eseguire la parte
più importante.
Quell’idiota
della Trelawny, avrebbe dovuto prendersi cura del suo problema, ora. Ma non era andata così.
Era
accaduto qualcosa. Nonostante i suoi piani studiati
meticolosamente, qualcosa era andata male. Ne era
sicura, perché aveva visto il problema che l’affliggeva,
vivo, con i suoi propri occhi, non più tardi di un’ora fa. La paura l’aveva
colpita, gelandola sul luogo; il cuore che martellava. ci
volle tutta la sua volontà per non girarsi e fuggire via.
Andromeda,
invece, con calma apparente, camminò fuori della sala da pranzo, per poi
dirigersi alle sue stanze private. Poi, si permise di avere una crisi di nervi.
Lei
aveva visto Draco. Qui, vivo, nella sala vicino alle scale,
completamente incolume. Quelle due scimmie di custodi. Mantheer e Yaji, con lui, accarezzandolo, coccolandolo come se
fosse lui l’Erede, non suo figlio. Loro erano leopardi, si, ma non erano
nulla di più di scimmie maledette. Muscolo. Non un cervello
da poterlo dividere tra i due. Non potevano averlo salvato. Neppure per
sbaglio. Ne era sicura. Quindi,
chi aveva salvato il figlio del re?
Se
Draco fosse morto, l’attenzione si sarebbe spostata su suo figlio. L’erede. E come Madre dell’Erede, lei, avrebbe guadagnato potere. E gli serviva ogni briciolo di potere che poteva trovare,
per deporre suo fratello. Lucius, aveva i suoi sostenitori, anche troppi. Sostenitori che non accettavano le sue offerte per fargli cambiare
lato. Che si rifiutandosi di sostenerla. La
loro lealtà era frustrante. Quando, aveva guadagnato
tale devozione? Non l’aveva mai visto fargli nulla, per legarli a lui. Come era accaduto? Portando le mani al capo, ringhiò.
“Madre?”
Un bel ragazzo biondo, entrò nelle sue stanze, incerto. Andromeda lo guardò,
tentando di costringere il suo viso, da una maschera ringhiosa, ad
un’espressione accogliente. L’espressione inorridita del giovane, gli mostrò
che lo sforzo era stato vano. Gli occhi blu del giovane si spalancarono,
spaventati. Retrocedendo nel corridoio, cercò di allontanarsi. Andromeda
aggrottò le sopracciglia, iniziando a parlare.
“Dolcezza,
mamma non è arrabbiata con te. Non preoccuparti. Tu sei l’amore di mamma.” Disse, cercando di contenere il tono di voce dolce. Non
intendeva sfogare su suo figlio la propria frustrazione per il fallimento dei
suoi piani.
La
paura scomparve dal ragazzo, e rientrò nella stanza. La donna l’osservò tentando
di vedere se, nel giovane, vi erano indizi del padre. Piccolo, ma i suoi colori
derivavano da lei. gli occhi erano i suoi, come i
capelli. Il colore della pelle, avorio, era il suo. Aveva rifiutato di dire al
branco chi era il padre; ma lasciando cadere suggerimenti che fosse il
fratello. Suggerimenti, che caddero su orecchie sorde, non
divenendo mai le dicerie che avrebbe voluto lei. Era nel suo diritto,
tenere segreta l’identità dell’uomo. Il genitore importante, era lei. Era il
SUO sangue, che dava al bambino il diritto al trono.
Andromeda
allungò il braccio, lasciando che il ragazzo si annidasse nelle sue braccia,
caldo, perfetto. Amava immensamente questo bambino. Il suo unico bambino.
L’Erede. “Vieni qui, Christophe.
Mamma stava pensando, che ora è il momento migliore
per fare un poco di villeggiatura. Se potessi andare
via, dove gradiresti andare? Il prossimo anno, sarai abbastanza vecchio da
frequentare Hogwarts, e noi, potremo viaggiare solo durante le vacanze
scolastiche.”
Ascoltando
il lungo elenco dei luoghi che, il giovane desiderava visitare, sorrise. Ed un piano nuovo, iniziò a germogliare nella sua mente. Un
piano, che era sicura, non fallirebbe. Questa volta, penserebbe a tutto lei.
Senza contare su altri.
“Non
riesco a trovarla, Lucius.” Il Veggente, era chiaro su questo. “E’ andata via,
e così l’Erede.”
“Hai
guardato ovunque?” Chiese Lucius, accettando che le mani di Kaithas pettinassero
i suoi lunghi capelli, calmandolo. La massa setosa, posava attraverso il suo
grembo. le dita che correvano su e giù, calmando
l’essere-leopardo.
“Si,
mio re. Amrys e Graeme, stanno ancora percorrendo il feudo; ma non c’è nessuna ragione per cui lei possa trovarsi la fuori.” Aggiunse
Kaithas. Andromeda non aveva mai avuto inclinazione per eventuali passeggiate
per i boschi e le foreste che circondavano i terreni del feudo, sarebbe totalmente fuori del suo carattere. Non era sensato,
pensare di poterla trovare là.
“Quando è stata l’ultima volta che è stata vista?” Chiese
Lucius, guardando gli altri nella piscina. Kaithas sedeva dietro a lui, sul
bordo. Tre dei gattini erano intenti a giocare tra loro, schizzandosi a vicenda
con l’acqua. Le donne adulte, erano più vicine al bordo, per evitare gli
schizzi.
Kaithas
notò che una delle donne, era incinta. Cominciava a mostrare un addome
pronunciato. Si chiese chi stava per diventare padre. Non aveva sentito di
nessuno che era stato ‘chiamato come padre’. Una
cerimonia di ‘chiamata’, diverrebbe un’occasione gioiosa per il branco.
Un’unione, una celebrazione della concezione. Il bambino avrebbe avuto un nome
di fronte alla nascita, un nome che gli offrirebbe
protezione, mentre cresceva, un nome per ammettere che apparteneva ed era
accolto all’interno del branco.
Un
lui o lei lo porterebbe, finché non giungesse il giorno della nascita. Poi, il
nome sarebbe sostituito nel giorno della nascita.
“Ieri,
pranzò e cenò nelle sue stanze, e Christopher era con
lei.” Rispose il Veggente al re. “Gli elfi domestici,
lo confermano. Poi, stamattina, scomparvero. Quando portarono
la colazione nelle sue stanze, non c’era traccia di lei, né dell’erede. I letti
erano intatti.”
Lucius
ringhiò. Andromeda aveva finalmente, fatto l’impensabile. Aveva preso l’Erede
dalla protezione e l’amore del branco. L’erede apparteneva a loro, a quel
luogo, dove poteva essere protetto. Lei, sua madre, stava usandolo per favorire
le sue ambizioni.
“L’ha
preso lei. Vuole costringere il branco, o meglio, impormi qualcosa.” Disse Lucius, con un sospiro. Kaithas, riprese a
lisciargli i capelli. “Finalmente, ha fatto la mossa che non può essere
perdonata.”
“Vuole
che la trasformi in una di noi.” Affermò Kaithas, sentendo i muscoli di Lucius
muoversi nervosamente. “Non gli farà del male; l’userà per ottenere questo da
te, mio re.”
Lucius
scosse la testa. “No. Non è abbastanza. Chiederà di essere cambiata, si, ma
anche che io abdichi, lasciando il trono a lei. O,
richiederà che la prenda come mia consorte. Quindi, dominerà accanto a me. Come Madre dell’Erede, la sua
parola verrà prima della mia, se sarà la mia co-reggente.
Si è concentrata sulle sue mete anche per essere un’adeguata protezione per il
figlio. Dobbiamo trovarla prima che siano altri a
farlo. Ci sono molti dei miei nemici che non si fermerebbero davanti a nulla
per trovare il ragazzo. E nemici del branco. Andromeda
ha rifiutato di ‘chiamare’ il padre. Ha tenuto il padre del ragazzo lontano dal
branco. Una posizione che gli spettava di diritto. Se
mai costui dichiarasse che il ragazzo è il suo, può
richiederci qualsiasi cosa sia in nostro potere accordargli. Non abbiamo nessun
modo di sapere se lo desideri.” Finì Lucius, con un grande sospiro.
“Troveremo
l’Erede.” Promise Kaithas. “Prima che sia troppo tardi.”
“E’
ancora solo un bambino, Kai.” Disse,
malinconicamente, Lucius.
“Lo
so.”Entrambi stavano chiedendosi come, una madre,
potesse rischiare la sicurezza del proprio figlio per il potere. Il potere, non
valeva la vita del bambino.
“Quando la troverete...” Cominciò Lucius. Kaithas alzò la
mano, fermandolo, scuotendo il capo.
“Non
c’è bisogno di chiederlo. Sarà fatto.” Promise il
Veggente. Lucius accennò col capo, un silenzioso grazie.
Harry
si chiese, per almeno la decima volta, che cosa, per
tutti i diavoli, stava facendo quaggiù. Aveva lasciato Blaise addormentato con
l’altro gattino, arricciato a lui. Del tutto caldo e contento, al contrario di
Harry. Lui era senza riposo, continuando a girarsi e rigirarsi. Poi Harry sedette, e impulsivamente, lasciò il suo posto, scendendo
silenziosamente nelle sale. Dirigendosi qui. Nella sala. Fuori dalle stanze personali del suo re.
Harry
volse lo sguardo ad uno dei grandi guardiani. La guardia ritornò, impassibile,
lo sguardo. Non fece nessuna mossa di fermarlo, o interrogarlo. Perché era qui? Doveva esserci? Perché
la guardia notturna, non l’aveva fermato? Aveva diritto ad esserci? Come
l’Eletto? Nessuno gli aveva detto nulla. Ma la
guardia, non aveva tentato di fermarlo. Certamente, doveva significare
qualcosa, no?
Rapidamente,
prima che perdesse tutto il coraggio, Harry entrò nella stanza scura. Aspettò
un attimo, perché la sua vista potesse adeguarsi, rimanendo sulla soglia. La
visione si adeguò rapidamente, molto più di quando era
umano. In pochi attimi, poteva vedere perfettamente, nonostante l’oscurità,
certamente non mitigata dall’unica candela accesa.
Silenziosamente,
si avvicinò al grande letto, in cui vi erano numerose
pellicce; i piedi sicuri, si posavano sulle pietre fredde del pavimento. Fra le
pellicce, vi erano tre corpi. Corpi lunghi, muscolosi. I dominatori del branco.
Il re, il suo secondo e il terzo. Dormendo insieme.
Harry,
carponi, si avvicinò silenziosamente. Desiderò che i due uomini non ci fossero.
Desiderò che il re fosse solo. Solo loro due. Lui e Lucius. Non lo erano mai.
C’erano sempre altri. Anche quando Harry gli diede la
sua verginità, Graeme e Amrys erano là, abbastanza vicini da toccarli, mentre
Lucius lo prendeva.
Harry
non era completamente sicuro del motivo per cui aveva
deciso di venire qui. Si era alzato, desiderando di essere altrove, invece che
nel mucchio di gattini che dormicchiavano. Harry desiderava essere con l’uomo
che era il suo innamorato. Voleva essere toccato da lui, tenuto dalle sue
braccia.
Voleva
posare l’orecchio sul suo petto, ed ascoltarne il suono del cuore. La sua
verginità era stata presa dal re, senza una parola. Senza affetto. Non una
parola su un impegno, o amore. Harry voleva sapere perché. Cosa
significava essere il Segnato, il Chiesto o l’Eletto? Non era trattato
differentemente. La sua società non era cercata. Non conversavano insieme, o
anche solo sedere insieme, sennonché Lucius non avesse
nulla da fare e desiderasse accarezzarlo.
Se s’incontrano,
l’uomo gli darebbe una carezza assente, per poi continuare per la sua strada.
Il contatto era piacevole, ma non c’erano parole, né conversazioni. Quindi, perché la parola Eletto, era detta con così tanta
riverenza dal branco? Harry non si sentiva speciale. Solo solitario.
Quando
lo richiese, fece sesso con lui, si sentì speciale, anche se per un breve periodo.
Aveva provato piacere. Un gran piacere. In quel momento, aveva saputo dove
apparteneva. Ma non ora. Ora si sentiva solitario. I
compagni della sua età, quelli ancora addormentati nelle pellicce, non
riuscivano ad alleviare la sua solitudine. Non erano abbastanza. Mentre posava,
sveglio, nel buio, capì cosa volesse. Ecco perché, Harry, era qui, ora. Voleva Lucius. Voleva
essere di nuovo vicino all’uomo, tenuto da lui, che era stato sprofondato in lui.
Voleva esser venuto qui, nello spazio privato del suo
innamorato, il re. Come Amrys e Graeme erano.
I
due uomini, erano i suoi innamorati? Lui, lo era? o
era qualche cosa d’altro? Qualcosa che non ha capito?
Il
coraggio, improvvisamente, divenne disperazione. Il giovane strisciò sopra il
letto, nelle pellicce. Sentì pelle calda che toccava il suo ginocchio. Harry
fiutò l’odore di Graeme. Avanzò ulteriormente, trovando una mano. Una mano pallida, che odorava giusto, e premè la faccia nel palmo.
Si sistemò contro la coscia dell’uomo.
Non
si accorse, quando iniziò a piangere. Le sue lacrime cadevano sopra la mano ed
il polso dell’uomo. Che si svegliò spaventato,
avvertendo l’odore salato delle lacrime nell’aria.
Tristezza,
dolore e brama. Erano nell’aria. Lucius rimase immobile per un lungo momento,
tentando di capire cosa era accaduto.
C’era
un quarto uomo nel suo letto. Inaspettato. Piccolo e snello, giovane. Il suo
gattino era qui. Nelle sue stanze. Dove, i gattini, non
venivano. Mai. Si sedette, respingendo la mano d’Amrys, che stava per respingerlo
sul pavimento. Lucius fermò il suo secondo. Guardò in giù, negli occhi verdi ed
enormi, pieni di disperazione, da cui sgorgavano lacrime.
“Lascialo.”
Bisbigliò il re. Graeme ed Amrys, si scambiarono un’occhiata. Esitanti,
cedettero al volere del loro re. Lucius prese Harry tra le braccia. Harry,tremante, crollò su di lui, singhiozzante. Dal giovane si
avvertiva un’angoscia tale, che sembrava rompendo il suo cuore. Le grandi mani
dell’uomo tentarono di confortarlo, accarezzandolo finché si addormentò
esausto.
“Lo
riporto al luogo dei gattini?” Bisbigliò Amrys, quando i singhiozzi smisero.
“No.
Può rimanere qui.” Fu la risposta di
Lucius, un poco sonnolenta. “Riposerà meglio qui, che se lo risvegli per
riportarlo là.”
“Mio
re...” Disse Graeme, con evidente inquietudine nel tono. Ma
Lucius lo fermò.
“Se non posso scegliere dove il mio Eletto può riposare, sono
realmente il re?”
I
due leopardi, concederono il punto. Posti su d’entrambi
i lati del loro re, guardarono il giovane che dormiva, steso in modo scomposto
sul petto di Lucius, l’orecchio che posava sul suo cuore. Racchiuso dalle sue
braccia.
Lucius
attirò a se il giovane spaventato, alzandolo dalla sedia. Lucius,
lo alzò da terra, portandolo via dalla biblioteca e dagli amici con cui stava
studiando. Qualcuno rise scioccamente. Più di uno, alla vista di come
Harry fu portato via, penzoloni dalla spalla larga del biondo. Spaventato,
Harry guaì, ma accortosi di chi si trattava, si rilassò, decidendo che lottare,
non era poi così una buon’idea.
Era
un viaggio di pochi minuti, anche con il dimenarsi del giovane, alle stanze personali
di Lucius. Harry si ritrovò seduto, in modo scomposto, sulle pellicce un secondo
dopo che avevano attraversato la soglia. Iniziò a sedersi un poco più
compostamente, ma Lucius, che nel frattempo si era liberato dei pantaloni,
nudo, strisciò sopra il letto, sdraiandosi sopra il giovane e iniziando a
liberarsi del suo abbigliamento. Harry riuscì a vedere lo splendido corpo per
solo un secondo, meravigliandosi della pura e semplice bellezza, prima di esser
pigiato nelle pellicce. La sensazione gli fece chiudere gli occhi.
Lucius
cominciò con le dita di Harry. Le premette, le baciò.
Avanzò dolcemente, facendo scivolare su di loro la lingua, assaggiando il
sapore debole d’inchiostro, ma che sotto conteneva il gusto tutto particolare
di questo gattino, il suo Eletto. Lucius succhiò il pollice del giovane.
Facendolo scivolare dentro e fuori della bocca, dalle sue labbra strette. Graffiandolo
lungo tutta la lunghezza con i suoi denti umani. Gli occhi di Harry si chiusero
in piacere. Brividi che scorrevano, per tutto il suo corpo.
“Bellooo.” Gemette, Harry. Trenta secondi, neanche un minuto,
dopo esser stato lanciato sul letto, e già era fuori di controllo. Una
donnaccia. Quello era ciò che lui era. La puttana del re leopardo. Avvolgendo
le sue gambe alla vita dell’uomo, scoprì che, realmente, non gli importava.
Lucius
leccò il palmo di Harry, lasciando dietro di se il pollice bagnato, continuando
la strada decisa, non lasciando dietro di se marchi evidenti, lungo il polso seguendo
la vena pulsante. Poi, esitante, si mosse lungo il braccio disteso,
sull’avambraccio ed alla piega del gomito del giovane. Lucius succhiò la carne
tenera, lasciando marchi sulla superficie levigata. Harry si contorse,
incrociando le gambe sulla schiena dell’uomo, stringendolo. Intrappolando
la sua erezione, dolorosa, contro la pancia di Lucius, spremendola, tentando di
non venire, non così presto.
Il
naso di Lucius si spinse nel collo di Harry, strofinando sulla sua gola,
inalando il profumo del giovane. Baciò la carne umida di sudore, succhiandola,
leccando la parte dietro l’orecchio del giovane. Oh, quello era bello, i
capelli ricci e morbidi, il profumo leggero di sudore del gattino, il tenero
lobo dell’orecchio da mordicchiare. Lo fece. Harry reagì con un mugolare quasi
impaurito, unito ad un lamento di pura stimolazione. Lucius ringhiò forte,
colpendo leggermente il lobo tenero con la sua lingua.
Aiutandosi
con le mani, spostò il ragazzo. L’inclinò, le anche volte verso l’alto, incastrandole
addosso a lui, in modo che tra i loro corpi non ci fosse alcuno spazio. Poi,
leccò le clavicole, scivolando alla gola, immediatamente offerta. Mordicchiando
le spalle, quelle belle spalle forti, giovani, muscolose, non come le sue, ma belle, giuste per il suo corpo magro.
Le
natiche rotonde, appropriate per le sue mani poste a coppa su di loro, la sua
erezione che scivola lungo la pancia piatta, le cosce calde, afferrandolo
strettamente.
“Lucius!”
Disse Harry, anelando. Il gattino stava lamentandosi, facendo sì che Lucius
sorridesse, anche se il suono di tale lamento, lo stava lacerando, come se fosse
un fuoco ghiacciato.
“Siii”, sibilò il re dei leopardi. La presa delle sue mani
che cresceva, dolorosamente sempre più stretta. Harry
gettò indietro la testa, gridando. Lucius, contro il collo dell’Eletto, ringhiò
nuovamente. “Si, vieni, gattino. Obbedisci.”
“Lucius.”
Si lamentò Harry, a voce bassa, contorcendosi. “Non posso...”
“Puoi,
gattino. Puoi farlo.” Gli disse l’uomo. e chinò la sua
bocca contro quella del giovane, assaggiandolo con la bocca e le labbra, la
lingua.
“No.
Non con te che stai facendo...quello.”
Lucius
stava strofinandosi tra le cosce di Harry, su e giù, in una maniera tormentosamente
lenta. L’attrito era squisito. L’uomo sorrise contro la curva
del collo di Harry.
Lucius
scivolò nuovamente in basso, e leccò con la lingua i capezzoli duri del giovane,
che reagì con un grido. Oh, meglio, molto meglio. Pensò Lucius, lasciando che
Harry precipiti nuovamente sopra la sua schiena. Cominciò
poi, a succhiare su quei pezzi teneri di carne.
Harry
tentò di spingerlo via. I suoi capezzoli bruciavano, svettando in alto, così
duri che Harry pensava che si sarebbero staccati. Così sensibili. E Lucius, sembrava saperlo perché la lingua dell’uomo
rallentò il suo movimento. I suoi capezzoli erano avvolti dolcemente, Succhiati
con labbra accurate. Harry iniziò a respirare sempre più affrettatamente. I
suoi lamenti continuavano.
Lucius
continuò a scendere. Non lo faceva spesso, ma la carne dolce del suo Eletto lo
stava tentando. La sua bocca trovò l’erezione del giovane, iniziando a succhiarlo
con la sua bocca. Harry perse l’abilità di pensare. Il calore lo circondava,
strisciando sulla sua carne sensibile. Il suo membro si agitò ad ogni colpo
dell’ansiosa lingua che stava giocando con lui.
Dolcemente,
Lucius iniziò a succhiare.
Harry
s’inarcò, spingendo in quella bocca, ficcando, quasi senza controllo. Sibilando
alla poco familiare sensazione di esser preso in quel modo. La sua coordinazione
iniziava a perdere. Le mani abbandonate ai fianchi. Le gambe
che si agitavano, senza requie, mentre si contorceva.
Lucius
continuò a stuzzicarlo, tormentarlo col caldo, piacere bagnato della sua bocca.
Le labbra che andavano su e giù, sulla sua erezione gonfia.
Staccandosi, Lucius, iniziò a leccare il dietro delle cosce spalancate di
Harry. Facendo scorrere la lingua dietro i testicoli di Harry.
Prendendoli, uno per volta, in bocca.
Poi,
la sua attenzione, tornò all’erezione, che posava nel pieno del vigore, contro
lo stomaco di Harry. Lucius l’ingoiò interamente, fino alla radice, succhiando
forte, trasportando la sua testa su e giù. La lingua, che
turbinava attorno alla carne rigida. Harry tornò a lamentarsi,
incredulo. Improvvisamente, scattò quasi seduto, provocando l’ulteriore invasione nella bocca dell’uomo biondo. Lucius
continuò a succhiare dolcemente, per alcuni minuti, fino a che l’ultima goccia
della crema fu depositata sulla sua lingua. Poi, si allontanò dall’esausto
membro del giovane.
“Ti
ho servito bene, gattino?” Chiese il re-leopardo, mormorando contro l’altra
pancia inumidita.
Lucius
s’inclinò di nuovo, e Harry lottò per concentrarsi su di lui. Lo vide alla fine
del letto, intento a leccarsi le labbra con una soddisfazione pigra. Harry,
nuovamente, emise un lamento. Non aveva alcun’idea di come parlare. Gli ci
vorrebbe del tempo per ricordare come si facesse.
“Potter!”
Harry
si girò verso la fonte del rumore. Non era preparato a vedere la persona che
l’aveva chiamato, Draco Malfoy. Harry si bloccò, interrompendo il suo viaggio
verso la sala. Guardò il giovane, un poco accorto. Che
cosa voleva?
Il
biondino era mezzo celato in una via d’accesso che Harry non aveva mai notato
prima. Lo guardò curiosamente, finché Draco lo riportò alla realtà, con un
forte fischio.
“Potter,
per l’inferno! Vieni qui, prima che qualcuno ci veda!”
Esclamò Draco, facendogli cenno di avvicinarsi.
Harry
aveva iniziato a muoversi, avanzando nella direzione richiesta dal suo compagno
di classe, quando si ricordò di chi questi fosse,
bloccandosi immediatamente. Harry lanciò a Draco uno sguardo diffidente.
“Che cosa stai tramando, Malfoy?” Chiese Harry, arrivando dritto
al punto. Al diavolo la gentilezza.
“Scommetto
che non chiami mio *padre* Malfoy, eh Potter?” Ringhiò Draco. Poi, strinse le
labbra, come per prevenire altre parole.
Harry
continuò a guardarlo male, arrossendo. Draco alzò le mani, ripetendo un fischio
basso. Harry riuscì appena a sentirlo. Draco sembrava...imbarazzato?
“Oh,
per la barba di Merlino, Harry! Mi spiace per quello che ho detto. Non intendo
iniziare una gara d’insulti. Voglio solo parlare. Vieni! Parola di mago, che
non intendo fare nulla contro di te! Mio padre mi ammazzerebbe, se facessi
qualcosa di simile. Inoltre, ti sono debitore per...per...quello
che hai fatto. Uhmm, salvandomi da una bastonatura e
il resto.” Ora, era Draco che era arrossito, e stava
avendo difficoltà a guardarlo negli occhi.
Harry
accennò col capo. Sembrava sincero. Forse, valeva il rischio di restare e ascoltare
cosa voleva. Draco era un dolore, ma non era realmente pericoloso. Specialmente
da quando, non era accompagnato dai suoi amici Slytherin che lo incoraggiavano
a comportarsi da idiota. Harry entrò nella stanza, con Draco che chiuse
immediatamente la porta con una chiave enorme ed antica, per poi metterla in
tasca. Draco si diresse verso un gruppo di sedie accanto al muro, cadendoci
sopra.
Harry
lo imitò. Non c’era altro da fare. Inoltre, si sentiva uno sciocco, a restare accanto
alla porta chiusa, come se fosse un indifeso primino.
Era perfettamente in grado di prendersi cura di se stesso. Fermamente lo seguì.
Sedendosi, piantò fermamente i piedi prestando attenzione a non incrociare le
caviglie, in caso dovesse muoversi velocemente. Draco aspettò
finché Harry fu sistemato comodamente in una delle sedie vicine a lui, prima di
cominciare a parlare.
“Questo
è abbastanza difficile per me. Quindi, se ci riesci, solo ascolta senza interrompermi.
Permettimi di liberarmi come meglio credo. Non avrei mai pensato che sarei
stato costretto a dire una cosa simile.” Draco schiarì
la gola. Aprì la bocca, ma la richiuse immediatamente,
tentando di trovare un modo di dire quello che si agitava nella sua mente,
senza successo. Harry sospirò. Draco ripeté la cosa parecchie volte. Infine, fu
troppo.
“Animale,
vegetale o minerale?” Chiese Harry. Draco lo guardò come se fosse improvvisamente
gli fosse cresciuta una seconda testa, non sicuro di ciò che aveva udito. La
sua—espressione, era...dispari.
“Stavo
provando a dedurre ciò che stavi pensando.” Spiegò
Harry. “E’ un gioco muggle. Tu chiedi ‘animale, vegetale o minerale.’ E parti
da lì. Inizi a far domande, finché non riesci a dedurre quello che sta pensando
la persona.”
Ora Draco, lo guardava come se, realmente, fosse
improvvisamente impazzito. Harry sospirò
nuovamente.
“Stavo
solo tentando di aiutare. Quindi, che cosa ti sta
passando per la mente?” Chiese il Gryffindor. Draco fece un profondo respiro,
prendendo una decisione.
“Quando
sei andato in quella stanza...quando lui, mio padre
uh...ti ascoltò...” Draco arrossì nuovamente.
“Noi
non parlammo”, mormorò Harry, spostandosi sulla sedia, scomodamente. “Quella
era una cosa che noi non facemmo.”
“Potter!”
Esclamò Draco, sembrando disperato. Harry alzò le mani, a segnalare che non
avrebbe interrotto nuovamente. Draco agganciò le mani, posò i gomiti sulle
ginocchia e s’inclinò in avanti. Non guardò a Harry. Il suo sguardo rimase fisso
sulle mani, in preoccupazione. Poi, incominciò a parlare.
“Uh,
bene...quando *successe*...e ne uscisti in un pezzo,
Potter...Io, uh...credo di aver compreso che dobbiamo lasciarci dietro i nostri
screzi. Dobbiamo diventare capaci di lavorare insieme, vedi, perché lui ti ha
preso con se. Tu sei, realmente, il suo Eletto”. Disse, finalmente Draco.
“Cosa intendi? Voglio dire, tutti mi dicono
che sono il suo Eletto. Quindi, dimmi. Cosa vuol dire? Nessuno me lo vuole spiegare.” Gli disse
Harry, interrompendolo.
“Bene.
Vuol dire che puoi deviare la sua attenzione,
facendolo diventare consapevole della tua presenza. Vuol dire
che non può ignorarti. Vuol dire che tu hai tutto. Tutto
di lui. Tutto quello che io volevo e non posso avere.”
Disse Draco, scuotendo il capo.
“Tu
volevi...” Disse Harry, con tono angosciato, pentendosi immediatamente di aver
parlato. Draco fece un gemito angosciato.
“No,
non in quel modo! Maledizione. Anche se posso vedere
che puoi pensarlo. Mia zia, l’hai già incontrata. Lei vuole diventare sua
Consorte. Dominare con papà. Non gli interessa se è suo fratello. Quindi,
indovino che la nostra famiglia possa sembrarti un poco
strana. Probabilmente, lo penserai anche di me.” Disse Draco, in tono
depresso e un poco triste.
“Non
pensavo che volessi avere sesso con tuo padre, Draco. Sono solo rimasto un poco
sorpreso, dato che sembrava che tu stessi intendendolo. Scusami. Vai avanti.”
Lo riassicurò Harry.
“Sono
cresciuto pensando che sarei stato un licantropo. Che sarei come
mio padre, il suo erede. Tutto quello che mi è stato insegnato,
conduceva al giorno in cui mi avrebbero cambiato,
rimanendogli vicino. Che, un giorno o l’altro, dominerei il
branco. Scelga il mio secondo ed il mio terzo e
stabilisca con loro, quando viene il tempo. Ma, non è
accaduto. Padre ha tentato di cambiarmi. Non ha funzionato. *Lei*, confessò poi, che la sua famiglia era resistente alla
licantropia. Papà sperò che io possedessi abbastanza dei suoi geni,
permettendomi il cambio. Non successe. Non può cambiarmi. Nessuno può.” La voce
di Draco si abbassò, diventando più lenta, giungendo infine, ad una pausa, in
cui rimasero in silenzio per molti minuti. Harry lasciò che il silenzio
crescesse. Nessuno si chieda per quale motivo il ragazzo fosse un tale idiota a
durate.
“Non
posso cambiare, quindi non posso essere l’erede del
branco. Mamma provocò a papà un grande, imbarazzante, problema. Ci sono molte
posizioni di potere nel branco. Lui è il re. Il signore. Quella è la sua
posizione. Normalmente, ne occuperebbe anche una seconda.
Quella del Sire. Il Padre dell’Erede, dominante assoluto del mucchio. Ma, a causa mia, non lo è. Noi non sappiamo chi lo sia. Solamente mia zia , Andromeda.
Lei partorì l’erede. Lei è la Madre
dell’erede. Solitamente, la
Madre deve sposare il re e Sire. Se mio padre avesse lasciato
mia madre, avrebbe potuto dare vita ad un’altro erede,
prendendo una seconda moglie. Ma non lo fece. Tenne *me*
come figlio, invece di scacciarci entrambi. Invece di
accantonarci in un angolo. Ora, non può più avere bambini.”
“Non
può? Perché non può?” Chiese, confuso, Harry. Da
quello che poteva dire lui, Lucius non aveva *problemi* che impedissero
la nascita di altri bambini. Harry lottò per mantenere una faccia neutrale.
“Non
abbandonerà mia madre. Finché non lo fa, non gli è permesso di dare vita ad altri bambini. Lei è sua moglie e la sua regina. Ma, lei non è la Madre dell’Erede, così che
non può essere la regina.” Disse semplicemente Draco. contraddicendosi, se Harry stava capendo bene. Come se
quello era l’usanza, e non ci fosse nulla da fare.
“Quello
che hai detto, non ha precisamente molto senso.” Indicò
Harry. Draco scosse la testa, un piccolo sorriso sulle sue labbra.
“L’ha
per il branco. Quella è l’usanza. Non è come per i re umani, che hanno sesso
con qualsiasi donna, che ha dozzine di figli e figlie illegittime. Le donne del
branco decidono chi prendere nei loro letti, e chi di loro sarà padre. Dopo che
avranno abbastanza bambini, possono chiedere di essere cambiati. Non ti ha colpito il fatto che ci sono un gran numero di maschi che
dormono insieme, senza alcuna femmina nel gruppo?” Chiese curioso, Draco.
Potter, solitamente. Osservava tutto. Specie se era qualcosa che lo disturbava.
Harry
borbottò qualcosa.
“Che cosa?”
“Per
la verità, non ci ho badato più di tanto.” Borbottò
Harry, abbastanza forte perché Draco sentisse. “Ero più preoccupato di più di
tutti i ragazzi a cui sembrava piacere stare accoccolato su di me. Non ho proprio badato a dove erano le ragazze. Penso di averlo
chiesto solo una o due volte.”
Draco
sbuffò. “Davvero molto intelligente, Potter. Mio padre ha sesso in pubblico con
te, di fronte alla maggior parte del branco e tu non lo ritieni un poco strano?”
“Ehi!
Io penso che sia molto strano. Tutta la storia intera è strana, Malfoy. Le persone
continuano a dirmi che io sono Marcato, Chiesto e l’Eletto.
Ma, non mi dicono che cosa vuol dire. Mi dicono che devo fare questo e che, io non posso fare quello,
ma devo fare quell’altro. L’altro giorno, Amrys, mi ha gridato contro, solo per
dirmi che i gattini non dormono nel letto del re.”
“Per
Merlino, non c’è ragione per urlare! Si. Ho dormito
nel suo letto. Queste ultime tre notti.” Disse Harry, sorpreso dal grido.
“Harry.
I gattini non fanno una cosa simile.”
“Per
l’inferno, perché no?” Chiese ringhiando, Harry. “E’ stupido impedire una cosa
solo dicendo di non farlo, non senza una buona ragione, dannazione! Perché no?”
“Harry!
Ci sono limiti ben marcati. Il re dorme con il suo secondo e terzo. Ness’un altro. Certo, ha sesso con altri, sicuro. Non ha dormito mai neppure con mia madre,
in quel letto. Mai. Non posso credere che Amrys e Graeme lo permisero.”
Disse Draco, molto agitato.
“Lui
lo permise. “Disse Harry, imbronciato, sentendosi provocatorio.
“Ha detto che lui era il re.”
Draco
si alzò. Correndo al suo massimo, verso la porta. Era già fuori della porta
prima che Harry riuscisse anche solo ad alzarsi.
Bene!
Ed ancora, non aveva idea di cosa significasse essere
l’Eletto. Forse, poteva chiederlo ad uno dei gemelli Weasley. Poteva tentare di
trovare una risposta, senza perifrasi, da loro. Harry si diresse fuori della
stanza.
Oh, e che sia dannato se stesse permettendo a
chiunque di impedirgli di trascorrere la notte nel letto di Lucius. Gli piaceva starci. Non era come se intendesse scacciare
uno degli altri uomini, o qualcosa come quello.
La gamba piegata, il mento
che rimaneva sul ginocchio, braccio avvolto alla caviglia, Harry, si sentiva un
poco scioccato. Il suo cuore stava ancora battendo furiosamente, e poteva
ancora odorare la propria stimolazione. Harry penzolò la gamba libera, in archi
corti e rapidi, come segnale della sua agitazione interna.
Si sentiva, infatti,
completamente indebolito. E, se vogliamo affermare la verità,
anche molto arrabbiato. Nessuno aveva risposto alle sue domande. Quindi, essendo Harry Potter, lui non abbandonò, solo si era
mosso al prossimo livello. Harry chiese al terzo del clan di spiegargli tutto.
Ron aveva affermato che con Graeme era facile parlare. Sul viso dell’amico era
apparso un sorriso trasognato, quando lo disse. Harry
aveva alzato gli occhi al cielo, ma l’aveva preso in parola. Ora, sapeva
meglio, e prenderebbe qualsiasi consiglio futuro di Ron con un grano di sale.
Graeme. Che,
aveva scoperto i denti alla sua vista. Harry si fermò, improvvisamente, tentando
di indovinare le probabilità che Graeme lo colpissero, solo allo scopo di
intimidirlo. Harry venne alla conclusione che poteva scamparla.
Harry camminò diritto sul
gatto che si arruffava, guardandolo negli occhi, e fece la sua domanda. Graeme,
aggrottò le sopraciglia, sembrando aspettarsi qualche cosa d’altro, oltre ad
una domanda. Poi, gli rispose. Bruscamente. Certo, lui poteva dirgli perché il
fatto che lui dormisse nel letto del re stava provocando un tale baccano.
Il chiarimento che Graeme
diede a Harry, lo colse completamente di sorpresa.
I gattini erano per il
sesso, stavano imparando quale era il loro posto, imparando
come vivere nel clan. Erano giovani e durevoli, sempre pronti per giocare.
Harry si sentì insultato, ed aggrottò le sopracciglia all’uomo leopardo dai
lunghi capelli. Graeme, d’altra parte, era lieto di aver sconvolto il giovane,
e continuò il suo chiarimento con un ghigno sul volto. Si avvicinò al giovane,
annusandolo,la punta della lingua rosa che lecca le
labbra.
Harry rabbrividì, quando
Graeme fece scorrere un dito sulla pelle nuda del suo braccio, sulla sua schiena. Esplorando. La pelle di Harry rabbrividì, e nel fondo del suo stomaco, avvertì un forte
calore. La sua mano era calda, forte, maschia, gentile, eppure comandando
ancora. Harry avvertì la famigliare sensazione di squagliarsi nel suo basso
ventre, il desiderio, l’istinto a prostrarsi ed accettare tutto ciò che il
maschio dominante voleva dargli. Harry digrignò i denti, resistendo. Si rifiutava
di muoversi , rispondere a tale forza.
Gli occhi blu e profondi
dell’uomo affondarono in quelli di Harry che ,
improvvisamente divenne molto consapevole del profumo muschiato, delizioso,
dell’uomo. Harry rilasciò un anelito, volendo avanzare di nuovo, ed inclinarsi
in avanti, alzare la faccia e prendere un bacio. Harry lottò contro quel
sentimento. Non era corretto! Lui voleva Lucius. Non questo grande, uomo
muscoloso. Non importava come buono odorasse lui. Non importava quello che
stava chiedendo il suo corpo. Non importava come stesse dolendo il suo basso
ventre.
Graeme ghignò al giovane,
mostrando i denti affamati. “Gattino. Tu sei per il sesso. Tutto te stesso
piange per quello. Non lo senti?”
Harry riuscì ad avanzare di
nuovo. Graeme rise. E, continuò il suo chiarimento, lasciando
che la sua mano abbandonasse la carne di Harry.
Solo i tre dominanti,
dormivano nelle camere del re. Il dormire nelle sue stanze, accordava una
posizione di potere. Voleva dire che loro erano la
triade dominante.
Il resto del branco stava,
ora, aspettando. Aspettando di vedere quale dei due uomini stava
per essere allontanato, dato che Harry aveva passato le sue notti là.
Tutti si aspettavano che
Harry diventasse il secondo o il terzo. E o Graeme o Amrys, sarebbero cacciati,
allontanati via, forse solo fuori dal letto del re,
forse fuori dal clan. Il branco già stava iniziando a guardarsi attorno,
preparandosi a stringere nuove alleanze per quando
l’Eletto divenga il secondo o il terzo.
“Non voglio dominare qualsiasi
cosa.” Fu la risposta irata di Harry. “Voglio solo dormire nello stesso letto
del mio innamorato.”
“Lui è il tuo re. Non il tuo
innamorato.” Ringhiò il più vecchio licantropo. Sembrando realmente
offeso all’asserzione del giovane. Minacciosamente, torreggiò su Harry.
“Lo è.” Insisté Harry,
guardando nuovamente in cagnesco al grande uomo. Occhi scintillanti. “Lui è il
mio innamorato. Punto.”
“No. Non lo è.” Graeme s’inclinò
ulteriormente verso di lui, sfolgorando al giovane. Gli occhi blu incontrarono
i verdi. “I Re non prendono gattini come loro innamorati. Loro *fottono* i gattini.”
Harry ebbe un pensiero
terribile. “E’ Amrys...il suo innamorato?” Chiese, incerto, pregando di aver
torto. Il mento di Graeme si alzò, occhi che ardevano di furia. I suoi lunghi
capelli irti, quasi dall’indignazione. La bocca compressa in una linea piatta
di disapprovazione.
“Quello, non è cosa di cui
si debba preoccupare un gattino. E’ sufficiente che tu
sappia che non sei l’innamorato di Lucius. Ora, dovresti ritornare al tuo
luogo. Vai a dormire con gli altri gattini. Il re ti chiamerà
quando vuole che tu apra nuovamente le tue gambe.” Gli disse Graeme.
“Non capisco perché Ron dica che tu sia bello.” Disse Harry, lentamente. “Sei troppo
adirato, vizioso. Perchè dovrebbe importarti se io sono
il suo innamorato? Tu non lo vuoi come tuo. Non desidero il tuo posto, puoi
tenerti il potere che la tua carica detiene. Io voglio
solo un posto mio.”
“Gattino idiota. A Ron io
piaccio perché so dargli quello che chiede insistemente il suo corpo. So come
fargli allargare le gambe e fotterlo finché grida. Diversamente
da te, lui sa quello che è corretto. Tu non puoi avere quello che
insistentemente chiedi. Esci dal nostro letto. Stai disgregando l’intero
branco.” Ringhiò Graeme, la sua voce che divenne più profonda
mentre iniziava a trasformare. Le zanne che iniziano a
crescere. Graeme batté le palpebre, non languidamente, ma in una maniera
predatrice. Harry si sentì come se lo stessero spogliando nudo, leccato,
assaggiato. Cazzo! Harry indietreggiò dall’uomo.
Poi, in
parte umano e in parte bestia, Graeme sibilò a Harry, per poi lasciarlo
in piedi, nel mezzo della biblioteca, vuota. Harry crollò, con sollievo, nella
sedia, i ginocchi tremanti come una tazza di gelatina. Fred e Giorgio avevano ragione, Graeme era, definitivamente, caldo, sexy e
terrorizzante. Ed un vero bastardo.
Harry si rialzò in piedi. Doveva
trovare Draco, e finalmente, riuscire a risolvere la questione. Avrebbe
scoperto quello che tutta questa merda significava. “Perché era impossibile, dannazione.” E
perché, per tutti gli inferi, le cose non potevano cambiare? Non era scritto
nella pietra, no?
Harry era stanco della
confusione. Se non c’era pronto un libro di regole, se qualcuno non poteva
darglielo oggi, allora, stava per scriverne uno di suo
proprio. Era stanco di indovinare, di essere considerato il N.1 dei cattivi gattini. Bene. Se loro pensavano
di aver visto un gattino cattivo, avrebbero avuto una vera sorpresa. Aggrottando
le sopracciglia, Harry, corse in cerca di Draco.
Draco,
quando finalmente Harry lo trovò, era inclinato contro un muro.
Mescolato
con le ombre invece di essere in vista. Molto fuori di carattere. Difficile da
vedersi, quasi stesse nascondendosi. Guardandolo, Harry si affrettò a raggiungerlo.
Non c’era nessun altro a parte loro.
“Ehi,
Malfoy...” Cominciò Harry, in tono appena udibile, l’istinto che gli diceva per
tenere la voce bassa. Draco era in una posizione troppo causale,
l’innocenza in ogni linea del suo corpo, l’attenzione definitivamente altrove. Harry
riconosceva la posa, l’altro ragazzo era su a
qualcosa. E, come avrebbe detto SherlockHolmes...Il gioco era in piedi.
Il
modo in cui Draco era spaventato, la bocca strettamente chiusa, indicavano a
Harry che sicuramente aveva ragione. Come Harry divenne più vicino, il biondo l’afferrò
e lo trascinò accanto a sè. Una mano gli chiuse la bocca prima che potesse dire una sola parola.
“Zitto,
Potter”, gli bisbigliò, urgentemente in tono brusco, l’alito che accarezzava l’orecchio
di Harry. Draco inclinò la testa, e Harry prese il suggerimento, ed ascoltò la
conversazione quieta che seguiva dopo l’angolo.
Amrys, Graeme, Kaithas e
Lucius. Harry sentì tutte e quattro le
voci.
“Non
capisco perchè dovrebbe chiedere una riunione. Sta
*insistendo* su questo. Accetteremo?” Stava dicendo
Graeme, con un tono appena umano, più un ringhio che qualsiasi altro. Harry
sapeva che l’uomo era arrabbiato. Un sorriso spontaneo, venne alle sue labbra. Harry
sperò d’essere parte del problema dell’uomo.
“Dobbiamo
andare.” Disse Amrys. Anche il suo tono sembrava
essere alquanto alterato. “Ci offre un salvacondotto nel suo territorio.
Manterrà la parola, anche se è un lupo.”
“Forse,
ha a che fare con sua sorella, e l’erede? Forse, sa dove sono? Ha potuto
localizzarli, e sentì che stavamo cercandoli...” La
voce calma di Kaithas era come un balsamo sulle acque agitate. Anche se il soggetto delle sue parole stava agitando.
Graeme
disse qualcosa a così bassa voce, che Harry abbandonò la speranza di capirlo. Sapeva
che se avesse sporto la testa oltre l’angolo, ci sarebbe un essere-leopardo con
una pelliccia ramata e occhi blu.
“Quella
potrebbe essere una spiegazione. Ma, se così, perchè
non lo dice?” Rispose Lucius. Harry sentì il proprio corpo reagire alla voce
dell’uomo. La reazione che aveva avuto a Greame
prima, non era nulla comparata a questo. Harry agognava essere là, pigiato
contro il suo corpo. Gambe avvolte alla sua vita magra, sentendo il potere tra
loro. Harry sentì il rossore sorgere sul suo viso, un rimescolamento nel suo
inguine e i capezzoli contrarsi,doloranti. Merlino, era come un gatto in calore! Stava essendo
imbarazzante. Ora, quando era in un letto, accoccolati insieme...era tutta un’altra
storia.
“Pensi
che la cagna si sia alleata con lui? E’ possibile?” Chiese Amrys, con rabbia
avvertibile nella sua voce. Un avvertimento dell’imminente violenza.
“Non
ho mai messo limiti a ciò di cui può essere capace mia sorella.” Disse Lucius, labbra strette e furia appena controllata,
al suo secondo.
“Prego
che la sua lealtà non sia calata a tal punto.” Intervenne
severamente il Veggente. “Ma come dice Lucius, non
possiamo escludere nulla, neppure un simile livello di slealtà. E’ abbastanza
pazza.”
“Tambyn non ha affermato che ha a che fare con l’erede, solo
affari del clan.” Commentò Amrys.
“Come
sempre, è stato alquanto cauto con il fornire informazioni. Eppure,
dobbiamo andare.” Disse Lucius.
“Chi
andrà?” Questa volta, Harry, capì solo il discorso di Graeme. Per alcuni secondi,
Harry confuse i suoni. Ci fu una pausa nella conversazione.
“Perchè
hai un controllo così tenue, Graeme?” Chiese Lucius, poi ci fu un suono di fusa.
Un rimbombo profondo e allettante, che gli fece provare
solletico sulla pelle. Harry avvertì Draco tremare. Sapeva che proveniva
da Graeme. Lo avvertiva nelle sue ossa. E, angosciato,
Harry sapeva perchè. Lucius stava toccandolo, probabilmente accarezzandolo. Lisciando
con la sua mano la pelliccia morbida.
“Potter,
dove stai andando?” Chiese Draco, così basso che se
non fosse stato pronunciato contro il suo orecchio, non l’avrebbe sentito. Draco
l’aveva preso con forza per un braccio. “Non puoi andare là!”
“Io...”
Cominciò Harry. Poi, si costrinse a rilassarsi, fermare di
lottare per riuscire ad andare nella stanza e lottare contro Graeme. Draco lo
guardò stranamente.
“Ora,
noi andremo via.” Era l’asserzione del re, che distrasse i due giovani. Draco
trascinò Harry ulteriormente nelle ombre, quando i quattro uomini uscirono
dalla stanza. Cioè, tre uomini ed un leopardo. Draco
spinse Harry dietro di lui, stringendolo a sè in un abbraccio, che lo fece
quasi sparire. Nessuno degli uomini volse lo sguardo verso di loro, neppure l’essere-gatto.
Una
volta il gruppo fu fuori di vista, passata una curva della
sala, Draco trascinò Harry per la manica. Harry, ancora una volta, era
in completo accordo con lo Slytherin. Entrambi, si allontanarono.
Draco estrasse la sua bacchetta, brandendola. Alcune parole dette in modo
urgente e i due ragazzi scomparvero dalla vista, il suono dei loro piedi che si
affievolivano.
“Lucius.” L’uomo che aveva parlato era massiccio. Abbastanza alto da far rimpicciolire tutte le persone presenti.
Lucius alzò lo sguardo. Incontrò occhi scuri, frammenti d’ossidiana in una faccia
dalle fattezze aspre. Non bello ma interessante. Era adatta alla sua taglia non
comune. Tambyn, si trovò alla fine ricevente di molte occhiate.
“Tambyn.” Lucius salutò l’uomo, muovendosi in avanti tra la
linea di silenziosi lupi mannari appostati su entrambi i
lati della sala. Erano seduti, soprattutto in forma di animale,
guardando con occhi attenti, curiosi. Uno di loro si leccò il muso, con una lingua
lunga, canina. Il loro profumo assaltò le narici degli uomini leopardo.
Sgradito, offensivo, non felino. Lucius non si ritirò mai, quando li passò
tutti.
Il biondo sentendo Graeme contorcersi, arrivò fuori, agganciandolo
con un braccio, tirandolo stretto a se, calmandolo col suo corpo. Graeme si strofinò
nervosamente, coccolando, mentre il biondo camminava, il suo braccio lungo che
si posava attorno alla vita di Lucius. Graeme seppellì il sensibile
naso nei capelli del suo re, tentando di bloccare fuori il profumo opprimente
di lupo. Lucius gli permise di accadere. Graeme era sull’orlo. Non sarebbe
stato ‘piacevole’ se si fosse trasformato in mezzo ai lupi.
Tambyn era in piedi, di fronte alla porta delle sue stanze
interne. Gesticolò al gruppo d’ospiti, per entrare.
“Benvenuto alla casa del branco.” Disse Tambyn. Poi, indicò
le sedie disposte di fronte al focolare, posto alla fine della stanza. Aspettò
che si diressero là.
“”Sedetevi.” Disse tranquillamente. Il profumo degli altri
lupi rimase fuori della stanza. Qui, i gatti, sentirono di poter respirare
nuovamente. Lucius si sedette, tenendo una mano su di Graeme, tenendo il suo terzo ai suoi piedi, quando sedette. Graeme
non fece nessun segnale di protesta. Si arricciò sul pavimento di legno ai
piedi del suo re, gambe piegate sotto di se. Lucius, lo lisciava con una mano.
“Grazie.” Lucius accettò la tazza offertagli da una donna
magra, con capelli marroni. La posò. Continuò ad
accarezzare la capigliatura ramata, lunga e morbida come seta, sotto la sua
mano. Graeme alzò il mento, e le lunghe, agili dita di Lucius, lo graffiarono
sotto di esso, lungo la sua gola.
“E’ tutto, grazie Electra.” Disse
Tambyn alla donna, che si allontanò, sedendosi alcuni metri più dietro, la sua
attenzione piena al gruppo.
“Noi, non siamo mai stati amici, Tambyn. Né i veri nemici.” Cominciò Lucius, soddisfacendo lo sguardo fisso del grande
uomo, apprezzando la forza e la determinazione presente nell’uomo. Un uomo che,
pensò Lucius, trovava le cose fatte a suo modo. “Sono rimasto sorpreso che hai
richiesto un incontro. Sono impaziente di sentirne la ragione.”
“Comprensibile.” Rispose, dopo una pausa, l’uomo. I suoi
occhi si volsero verso Graeme, intento a fare le fusa, gli occhi mezzi socchiusi
nella beatitudine. Un angolo delle sue labbra si piegarono in un piccolo sorriso,
mostrando umorismo inaspettato. Anche Lucius, quasi sorrise.
Poi, Tambyn ritornò nuovamente serio. “Non è facile, quello
che devo dirti. Per favore, cerca di credere che nulla di ciò che accadde,
avvenne per mia volontà. Ero ancora troppo giovane per esser
capace di tale piano.”
Lucius inclinò la testa. Graeme leccò il suo polso, quando
Tambyn avviò il chiarimento.
“Anni fa, incontrai una bella donna. Accadde poco prima che fui incoronato re. All’epoca avevo 19 anni. Mi disse che il suo nome era Jezebel.
Era bionda e carismatica, molto bella. Cominciammo una storia. Poi, scomparve
dopo qualche mese. Rimasi turbato, affranto, poi adirato. Prima che potei trovarla,
mio padre morì, ed io, improvvisamente, ero re.” Tambyn
aggrottò le sopracciglia, al ricordo ancora doloroso, evidentemente, ancora
molto forte.
Lucius guardò l’altro uomo, certo che stava dicendo la verità. I suoi sentimenti, erano veritieri. La
sua frequenza cardiaca era un poco alta, ma era
normale, con ciò che aveva appena raccontato. Era stato abbandonato dalla sua
innamorata. Ad un’epoca molto giovane, in cui non era ancora
così impermeabile alle delusioni e al dolore. Tambyn riprese la sua
storia.
“Quando riuscì a sistemare tutto, cominciai
a cercarla. Dappertutto, feci domande, spedendo i miei lupi in ricerca. Non la
trovai mai. Alla fine, abbandonai le ricerche, altre cose avevano bisogno della
mia attenzione. Mi sposai. Molto bene.” I suoi occhi si spostarono sulla donna
che sedeva separata dal gruppo, che ritornò lo sguardo con orgoglio.
“Questa settimana, la vidi. Vidi la donna del mio passato. Con
lei vi era un bambino. Un bambino, che odorava del branco, che odorava come me. Anche se, assomigliava a lei. Lui, è mio figlio. Un bambino, di cui non ero a conoscenza. Mio figlio più
vecchio.” Tambyn aspettò che il significato affondasse in loro. In tutto il
clan passò un brivido, eccetto Graeme, che aveva posato il mento sul ginocchio
del suo re, e stava facendo, rumorosamente, le fusa. Lucius accarezzò il suo orecchio.
Sapeva che non gli sarebbe piaciuto il seguito della storia.
Kaithas, fu quello che parlò. “L’hai trovata e hai scoperto
chi era.” Tambyn assentì col capo, gli occhi duri come pietra.
“Si. Li trovai. La donna pretese di esser rilasciata. Mi annunciò
che era tua sorella, Lucius, la
Madre del Tuo Erede. Lei sostenne
che il suo nome era Andromeda. Il ragazzo, il suo nome è Christopher.
Afferma che è tuo figlio. E’ vero?” Tambyn disse il
nome come se avesse scoperto il più prezioso dono.
“Lui è il Tuo Erede. Non ho mai dormito con mia sorella, non
per dare vita ad un figlio né per alcuna altra
ragione.” Mormorò Lucius. “Il figlio di mia sorella è il Tuo Erede.” Scosse la testa, le labbra strette, rigide.
Andromeda aveva tradito il clan. Non solo Lucius. Aveva
tentato di far passare il bambino di un lupo mannaro come l’erede del clan. Lucius,
sentì, in sottofondo il gemito di Kaithas e Amrys. Lucius tentò di trovare, nel
profondo del suo cuore, la certezza che Tambyn aveva sbagliato, che avesse interpretato male ciò che era accaduto. Ma era tutto troppo chiaro.
La più giovane sorella di Lucius era andata fuori del clan. Aveva
avuto una storia con un licantropo di una razza concorrente. Era rimasta
incinta, col bambino di un lupo mannaro. Era sparita senza dirgli nulla. Poi,
aveva usato il bambino per elevare la sua posizione nel clan. Aveva permesso
che il figlio di un lupo mannaro fosse dichiarato l’Erede del clan. Da Lucius
venne un suono di puro dolore.
Tambyn alzò la testa, guardando la via d’accesso alla
stanza. Le sopracciglia alzate. “Cosa c’è, Paulsen?” Ringhiò fuori.
Il lupo mannaro in forma umana, avanzò ulteriormente nella
stanza, la faccia arcigna. Dietro di lui, due guardie,
alquanto goffe, venivano. Dalle loro mani, pendevano una figura dai capelli
biondi e una dai capelli neri. Lottando e lagnandosi.
Lucius si alzò, completamente sorpreso. Mantheer e Yaji si
alzarono, e stavano per dirigersi alla liberazione dei prigionieri.
Amrys afferrò immediatamente Graeme, che si era volto all’entrata,
concentrandosi sulla scena drammatica. Lucius alzò una mano, fermando l’avanzare
delle due grandi guardie. Mantheer e Yaji, immediatamente, si fermarono, anche
se poteva avvertire la loro riluttanza all’ordine.
“Draco, Harry. Perchè siete qui?” Ringhiò
Lucius verso i due. Entrambi i giovani, si gelarono, occhi enormi che fissavano
i suoi.
“Oh merda!” Fu tutto ciò che potè dire Harry. Draco, iniziò
ad iperventilare.
Draco fu il primo, a
ritrovare una parvenza di calma, una volta che ricordò come respirare
correttamente. Lui era, dopotutto, abituato ad uscire da situazioni pericolose
su base quotidiana. Draco allungò una mano, trovando Harry, e afferrandolo
duramente. Poi, gli si rivolse a bassa voce. Normalmente, non poteva fare magia
senza una bacchetta, ma con Potter come aiuto, non era
un problema.
Una quantità di potere
impressionante lo riempì, quasi sommergendolo. Merlino! Era per questo, che le
persone erano in così gran suggestione di Potter! Era incredibile, quest’enorme
riserva d’energia ribollente di forza. L’incantesimo fluì fuori senza
restrizioni, ardendo tre volte più forte del desiderio
di Draco. L’aria si mosse, scoppiettando e fumando attorno al gruppetto. I lupi
mannari che li contenevano, li lasciarono cadere come se fossero carboni
ardenti, assaliti da scintille, scuotendo le mani, soffiando sulle scottature.
Il re lupo ringhiò,
pelliccia che compariva sulla sua pelle. Lucius volse lo sguardo dai ragazzi,
osservando il cambio, mentre avveniva. Si avvicinò ai ragazzi, schiaffeggiando
suo figlio e l’Eletto ancora al pavimento, inginocchiandosi sopra di loro,
coprendoli col suo corpo. Lucius alzò le mani, palmi che voltati verso il lupo.
“Re Tambyn, fermo. Sono mio
figlio e il suo amico. Non sono pericolosi per te o il tuo branco. Sono solo
imprudenti come qualsiasi gattino.” Tambyn era a mezzo
con la trasformazione. L’uomo sfolgorò a Lucius, poi ai due giovani appiattiti
al suolo. Per ultimo, guardò ai suoi lupi, e alle loro mani, che ancora stavano
leccando. Tambyn mostrò all’intera stanza le zanne gocciolanti.
Lucius si acquatto ancora di
più. Non desiderava lottare contro l’enorme lupo. Sarebbe una lotta alla morte.
Re contro Re. Tambyn aveva la forza fisica
ma, Lucius, aveva decadi di esperienza in più. Probabilmente vincerebbe,
ma ad un costo enorme. Lucius desiderava un’alleanza, non un nemico morto ed un
re nuovo desideroso di vendetta. Desideroso di provare il suo valore.
Dietro di lui, sentì il
rumore di una baruffa. Un secondo più tardi, fiutò il cambio. Graeme era
cambiato. Lucius avvertì il ringhio, improvvisamente bloccato.
“Amrys?” Chiamò Lucius. La
sua voce assolutamente calma. Non vi era in lei alcuna nota d’ansia. Solo, rassicurazione, fiducia. Qualsiasi cosa che, non provocasse Tambyn ed i suoi lupi.
“Ce l’ho.”
Assicurò Amrys al suo re.
“Yaji. Aiuta Amrys. Non
lasciate libero Graeme.” Ordinò Lucius. Poi, riportò la sua completa attenzione
all’uomo-lupo.
“Non permettere a quella
cagna di vincere. Non le permettere di vederci lottare.”Gli disse Lucius. Il
lupo alzò la testa, considerando ciò che il biondo stava dicendo. Un battito cardiaco, due, tre...occhi d’ebano che
luccicavano.
Poi, accennò col capo. E la pelliccia recesse, come un’onda, finché Tambyn ritornò una
creatura umana. Il profumo del lupo stava sommergendo. Lucius tentò di
respirare attraverso la bocca. Graeme ruggì d’angoscia. Lucius sentì Amrys che mormorava
all’essere-gatto. Yaji bestemmiando.
“Cagna? Gli va più che bene.
Quindi, non vincerà? Mi permetterai
di prendere il ragazzo?” Tambyn, sembrava molto più calmo, divertito dall’epiteto.
Sedette nuovamente, accorto ma disposto a rilassare, e a dare un’altra
opportunità a Lucius.
“Non ho alternative. Lui è
tuo figlio. Del tuo seme, del tuo sangue. L’erede del tuo
branco. Non il mio.” Rispose cautamente, Lucius, sorgendo in piedi, ma
rimanendo davanti a Harry e Draco. “Se mi dai la tua parola solenne che sarà trattato bene, non vi saranno interferenze da parte
mia o dei miei.”
“E’ chiaro che non
danneggerei il mio Erede. E la donna? Sua madre? Cosa su lei?” Chiese il re lupo. L’altra donna, Electra, si mosse vicino all’uomo, lo sguardo diffidente
volto all’essere-leopardo.
“E’ la tua. Non appartiene
più al nostro branco. Non è più una nostra preoccupazione. Ma, se fossi in te,
non dimenticherei quello di cui è capace.”
“Non dimenticherò che vi ha
tradito. Come ha tradito me.” Il re dei lupi rispose. Poi, scosse la tensione fuori dalle sue massicce spalle, Electra
che lo accarezza con le sue mani snelle, inclinandosi con tutto il corpo sul
suo lato.
Lucius assentì col capo, in
accordo. “D’accordo. Ora, desidero riportare questi...bambini a casa. E trattare con loro la loro punizione.”
La risposta di Tambyn, era
un gran ghigno.
Graeme sibilò, riottoso ad
uscire dalla stanza, e lottando per attaccare ogni lupo che oltrepassarono nel
corridoio. Finalmente, Mantheer e Yaji, lo alzarono dal pavimento, trasportandolo
fuori del covo del branco. Assicurandosi, chiaramente, di non incorrere nei
suoi artigli o zanne.
Draco e Harry, camminavano
al centro del gruppo, dietro ai guardiani e davanti a Kaithas. Lucius e Amrys,
sul retro.
Harry notò che Draco era
soprapensiero, affatto spaventato, al contrario di Harry. Questi si chiese che cosa stesse pensando, ora. A parte naturalmente,
l’ovvia punizione che di lì a poco affronterebbero,
per questa bravata idiota. Merda! Doveva saperlo,
ormai. Conoscerlo meglio, dopo tutti questi anni. Eppure,
ancora, l’aveva fatto. L’aveva seguito!
Draco inciampò per la terza
volta, e Harry l’afferrò per il braccio, rimettendolo dritto.
“Dra...”
Cominciò. E ricevette uno scappellotto sulla nuca da
Kaithas. Comunicazione alquanto chiara. Sii quieto.
Harry continuò a camminare
silenziosamente, accanto a Draco, finché furono fuori dell’edificio.
“Draco!” Sibilò
Harry verso il ragazzo più alto. Draco era quieto, fissando il vuoto, mentre
galleggiava sull’acqua della piscina. Quando Harry lo
scosse per una spalla, si spaventò.
“Harry?” Le
pupille dilatate, lo sguardo sbalordito. Draco alzò un braccio, bloccato prontamente
da Harry, prima che lo colpiva in faccia.
“Per tutti gli inferi, cosa c’è di sbagliato con te, Malfoy?
Hai sbattuto la testa?” Chiese Harry chiese,
avvicinandosi all’amico, mentre andavano alla deriva nell’acqua. Erano lì per
togliersi da dosso l’odore dei lupi mannari. Ma Draco,
neppure aveva iniziato a lavarsi. Stava, solo, lì, in acqua, fissando il vuoto.
Un milione di miglia lontano da lì.
“Non c’è nulla
di sbagliato. Infatti, tutto va bene. Finalmente, ho
capito. Merlino! Come ho potuto, essere così cieco?”
Disse Draco, la sua voce che, nuovamente, diviene distante, trasognata. Harry
lo pizzicò, sotto la superficie dell’acqua. Draco ansò, e schiaffeggiò le dita
di Harry.
“Draco.” La voce
di Harry conteneva una nota d’avvertimento. “Ti comporti in modo strano. Sei ubriaco? Fatto?” Chiese Harry, anche se non riusciva a
capire come fosse stato possibile, per Draco, riuscire a mettere le mani su
qualcosa d’inebriante.
Il biondo
sbuffò. “No, Potter, non sono fatto.” I suoi occhi,
finalmente, sembrarono nuovamente concentrati al presente. Harry sospirò
con sollievo. Tutto bene, allora.
Appena arrivati, erano stati spediti ai bagni, sotto scorta,
e Yaji e Mantheer rimasero in piedi, torreggiando di fronte all’unica uscita
della stanza. Non facendo entrare nessuno. Né, permettendo ai
due giovani furfanti di uscire. Entrambi, erano a braccia incrociate sul
petto, e con espressioni bellicose. Il re del clan, aveva altri doveri, di cui
occuparsi, prima che potesse pensare alla loro punizione.
“Cosa hai capito?” Bisbigliò Harry.
“Huh? Di che cosa stai parlando?” Chiese Draco, una facciata
d’innocenza sul viso, come se non capisse di cosa stesse
parlando. Draco si girò verso di Harry.
“Hai affermato
che hai capito. Cosa?” Gli ricordò Harry, pazientemente.
Passandogli il sapone e la spugna. Draco ignorò l’offerta, l’espressione
accorta.
“Voltati,
Malfoy.” Harry, dolcemente, lo fece girare, per poi
iniziare ad usare la spugna sulla sua schiena. Draco saltò. Velocemente, si
rigirò nell’acqua.
“Potter...”
Disse il biondo, ammonitormente. “Farai meglio a non pensare...”
“Oh, per tutti
i—Draco! Allora, lavati da solo! O così o con il mio
aiuto, ma sii rapido, perchè noi non saremo permessi di andarcene da qui,
finché non saremo puliti. Dai loro standar.” Disse
Harry, indicando le loro guardie che stavano guardando con espressioni arcigne.
“Oh.” Disse
Draco. Poi, si inclinò verso di Harry. “Harry. Ho
bisogno del tuo aiuto.” Bisbigliò. Un coro di campane d’allarme, incominciò a
suonare nella mente del Gryffindor. La testa di Harry, incominciò a scuotere
automaticamente.
“Dopo il guaio
in cui mi hai appena messo?” Chiese, incredulo. “Sei matto?”
“No. E’ una cosa
seria. Solo, ascoltami. Giurami che non ne parlerai con nessuno.” Gli bisbigliò in un orecchio Draco.
“Va bene. Hai la
mia parola che manterrò il tuo segreto, a meno che non
ci uccida. Va bene, Malfoy?” Gemette Harry, pensando
alla stupidità di accettare tale cosa. Harry pensò, tra se, che avrebbe dovuto
evitare Draco per il resto della sua vita, qualunque fosse tale durata, una
volta che Lucius mettesse le sue mani su di loro. Non ascoltando i suoi segreti.
“Bene.” Accennò
col capo Draco, stringendo le labbra. Per parecchi minuti, il biondo, stette in
silenzio.
“Allora...”
L’incitò Harry. Qualunque cosa era, sembrava essere importante per Draco.
“Hodecisodiavereunbambino.” Mormorò Draco. Evitando gli
occhi di Harry. Le sopracciglia di Harry si alzarono, mentre tentava di
districare le parole. Poi, spalancò gli occhi, ansando.
“Che cosa!” Gridò Harry, una volta decifrata la frase. Harry
afferrò le spalle di Draco e iniziò a scuoterlo. Di tutte le pazzie...
Mantheer e Yaji
si diressero immediatamente verso di loro, giungendo all’orlo della piscina,
prima che Draco potesse rispondere. Mantheer arrivò all’acqua ed alzò Draco
fuori, come se pesasse meno di un bambino. L’acqua scivolò lungo le membra nude
di Draco, quando, letteralmente, volò fuori dalla
piscina.
“Mantheer, va
tutto bene, lo giuro. Potter ed io stavamo solo
parlando. Nessun danno.” Disse Draco, tentando di calmare la sua guardia del
corpo, mentre cercava, contemporaneamente di liberarsi da lui, con piccolo
successo.
Yaji aveva
afferrato Harry per la nuca. Il braccio, pigiato vicino alla bocca del giovane,
mentre era trascinato fuori dall’acqua, non troppo
dolcemente. Harry n’aveva abbastanza. Con decisione, morse
Yaji. Yaji rispose gettando via Harry, alcuni metri
dall’orlo della piscina. Il ragazzo sbarcò con un enorme spruzzo d’acqua,
affondando sotto la superficie, provocando un ribollimento di bolle su una
schiuma argentea, mentre affondava. Improvvisamente, invertì direzione.
Yaji lo trascinò
su, fuori dell’acqua. Harry fissò l’uomo enorme. Merlino,
doveva essersi mosso come un fulmine, per arrivare così in fretta.
Harry, comunque, ringhiò all’uomo, solo per dimostrare
che non era molto entusiasta del trattamento.
“Yaji. Yaji.
Yaji! Portalo qui. Yaji!” Draco cominciò a chiamare ripetutamente, l’uomo che
conteneva il ragazzo in una stretta presa, sfolgorando al suo prigioniero.
Harry non aveva intenzione di aspettare che l’uomo rispettasse l’ordine. Raggruppò
le gambe e calciò Yaji allo stomaco, provocando la sua liberazione.
Sbarcò oltre l’orlo
della piscina, senza esser sorpreso dal fatto che Yaji, lo riacciuffò prima che
riuscisse a fare anche una sola bracciata. Ma, non
intendeva farsi catturare senza una lotta. Era furioso, così lottò, calciò ed
artigliò. Fin da quando era stato portato lì, l’avevano spinto e spinto. Ora,
n’aveva abbastanza.
Sfortunatamente,
Yaji sembrava sapere quello che lui stava per fare prima che lo facesse. e, Yaji, era mille volte
più forte di Harry. Ma, Harry Potter non si arrendeva,
non si arrendeva mai. Si contorceva come un’anguilla bagnata, non permettendo
all’uomo di ottenere una presa sicura su di lui. L’uomo grugnì, quando uno dei
calci di Harry colpì a segno.
Harry gridò in
frustrazione. Draco stava gridandogli di calmarsi. Ma,
lui non poteva fermarsi. Non poteva. Si sentiva come se stesse per morire.
Doveva lottare. Doveva. Carne, si avvicinò nuovamente alla
sua bocca, l’afferrò ansiosamente con i denti. Mordendo, assaggiando
sangue, sentendo le grida. Harry graffiò. Ringhiando. Si sentiva strano. La sua
pelle bruciava, prudeva.
Harry si sentì
soffocare. Non nell’acqua, ma nell’aria. Il suo corpo bruciava, tutto, ogni centimetro.
Gridò. Frustò gli arti. La sua schiena s’inarcò. Harry sentiva qualcuno che diceva
“Toglilo dall’acqua.” Calciò, pelle che si lacerava
sotto i suoi artigli, l’odore del sangue. Artigli? Da quando aveva artigli...? Harry fu colto dal panico. La sua pelliccia s’arruffò, e
la coda s’irrigidì con oltraggio.
Una voce forte,
ruppe nella stanza.
“Cosa, per tutti gli inferi, sta succedendo, qui?” Gridò
Lucius, avvicinandosi a Yaji e all’essere-leopardo con pelliccia nera con cui
stava lottando la guardia.
Graeme strinse
il gattino a se. Era così caldo, e odorava così buono. Premette il naso nei capelli,
ricci rossi e arruffati, di seta del gattino. Il fresco profumo giungeva alle
sue narici. Leccò la carne succulenta, assaggiandolo, divertendosi nell’esplosione
del dolce, pulito sudore del gattino che fluiva sulla sua lingua. Ron si
contorse, lasciando uscire un piccolo suono, mezzo lamento, mezzo
sospiro. Le pellicce sotto di lui, aggiunsero sensualità, carezzando la sua
pelle con una carezza molle.
Ron mormorò una
dichiarazione, inarcandosi alla leccata. Alzò il mento, dando migliore accesso
alla gola per i denti acuti, che raschiavano la pelle.
Ron chiedeva
insistentemente di sentire il corpo dell’uomo contro di se, quelle braccia
forti abbracciarlo, catturandolo. Costringendolo a servire, facendolo
supplicare in lacrime.
Le dita di
Graeme trovarono il modo sul torace di Ron, scoprendo i suoi capezzoli stretti,
rotolandoli, mentre pizzicava la gola esposta. Ron frignò di nuovo, ringhiando
la sua disperazione, nel profondo della sua gola, un
suono che Graeme sentì, e che riconobbe come l’eco della propria concupiscenza.
Graeme alzò la
gamba do Ron, aprendolo, posando le dita al disotto di esse,
esponendolo. Ron era già eretto, duro, lungo ed ansioso, aspettando la prossima
mossa di Graeme. La mano dell’uomo lo contenne, tenendo nella mano i testicoli,
rotolandoli con gentilezza.
Graeme scivolò la
sua erezione fra le gambe del giovane. Il suo gattino. Così buono. Si strofinò
lungo la carne calda. Sul bacino e l’ano, trovandoli bagnati. E fornendogli il piacevole tatto di liscia carne
sdrucciolevole, intima. Ron stava implorando, in sottomissione rilassata,
lasciando completamente qualsiasi decisione al più vecchio esere-leopardo.
Questo, era ciò
che amava in questo gattino. Ron si arrendeva
meglio di chiunque altro avesse avuto sotto di lui. L’uomo dai capelli
di rame si sistemò e si mosse nel calore stretto del gattino. Ron emise un uggiolare
instabile, lasciando cadere di nuovo la testa sopra la spalla muscolare dell’uomo.
Graeme si ritirò di nuovo, per poi rientrare, avanti e indietro, stuzzicando e
promettendo, consegnandolo poi, in un unico, lungo colpo.
Ron rilasciò un
lamento tremante, dita che artigliavano la pelliccia sotto di lui. Graeme era
seppellito profondamente in lui. Muovendosi lentamente, guidandoli entrambi
matti con lo squisito attrito. La rotondità squisita delle natiche del gattino
era vicina alle pelvi di Graeme, perfettamente adatto al suo corpo. Graeme si
agitò, dentro e fuori, ma non punitore, avvertendo l’alito corto di Ron.
L’uomo scivolò
la mano nei brillanti lidi aggrovigliati. Posò la mano sulla guancia del giovane,
facendogli girare il viso di lato, si inclinò in
avanti e pigiò le labbra su quelle del giovane.
Mordicchiando la
bocca molle.
Gli occhi di Ron
si spalancarono. Gemette. Labbra che si dividono. Affamate.
Lingua su lingua. Il suo primo bacio da Graeme. Graeme
ti scopava; non faceva l’amore, non baciava. Non fino ad ora. Ron si mosse. Con
l’aumentare delle sensazioni, il suo corpo iniziò a vibrare, mentre le bocche
divoravano l’un l’altra. Bagnato e così caldo, Graeme
succhiava la lingua sdrucciolevole del gattino, mentre si ficcava nel suo
corpo.
Ron si contorse,
l’alito che diveniva aneliti corti, le mani che armeggiarono
per trovare l’anca di Graeme, tirandolo anche più stretto a se, più profondo,
inarcandosi e spingendo di nuovo nel più grande, più forte corpo. Graeme
continuò a ficcarsi nel suo corpo, profondamente.
Ron si sentiva teso,
pieno. Non c’era nulla migliore, nulla che potesse tagliarti l’alito in questa
maniera, come avere un gran membro seppellito in lui, mentre ti baciavano, la
tua pelle che gridava per più ed implorando per meno. Ron non poteva controllarlo, non poteva fermarlo, o farlo più lento.
Il suo corpo si rilassò, sensazioni che volavano in giù sulla sua pelle, i suoi nervi, nelle sue pelvi.
Ron venne così
sodo da avvicinarsi quasi all’incoscienza. L’alito di Graeme accarezzava il suo
orecchio, sulla sua guancia umida, dita che scavano
nelle sue anche, e che lo tengono mentre l’uomo pompava nello stretto, fodero
che lo circondava. Vennero insieme, gli uggiolare di Ron,si
consumarono nel bacio.
Lucius ebbe solo un secondo per
reagire quando la bestia sputacchiante e ringhiosa si spinse fuori
dalle braccia di Yaji, lasciando solchi freschi nelle cosce della
guardia, e si lanciò verso il re. Lucius prese la creatura artigliata con la
massima cura, sapendo che doveva sostenerlo attentamente e rapidamente, se non
voleva gli artigli si piantassero nella sua carne per
restare in equilibrio.
Una delle mani scese, per
afferrare il frenetico gattino, offrendo un robusto inflessibile appoggio, l’altra
salì alle spalle feline. Le enormi zampe del gatto si avvolsero alle spalle del
re. Lucius cullò il gattino al suo corpo, stretto ma non abbastanza da
spaventarlo, avvertendo il pungere degli artigli, ma non in profondità, come se
il gattino si sentisse al sicuro con lui.
Dolcemente, Lucius contenne il
gattino. Harry. Lucius sfolgorò sul corpo dell’essere-gatto a suo figlio e le
due guardie del corpo. Mantheer aveva ancora entrambe le mani sui bicipiti nudi
di Draco, minacciosamente protettivo, dietro al giovane nudo. Yaji si distese
leggermente, sangue che scorreva lungo il suo corpo bagnato, in rigagnoli
spessi. Draco stava fissando le ferite in orrore, e tentando di giungere a
Yaji. Mantheer, però, mantenne la sua presa.
“Chiarimenti? Chiunque?” Chiese
Lucius, la voce molle e confortante, mentre i suoi occhi mandavano scintille,
dimostrando il suo enorme dispiacere. Il gattino che strofinava la guancia sulla sua. Lucius
ritornò il gesto, avvertendo poi, la spinta di un naso
umido nella curva della gola. aspettò che uno dei
presenti parlasse.
“pensavano che Harry intendesse
farmi del male.” Disse volontariamente Draco, tentando
di liberarsi delle mani di Mantheer. Contorcendosi. “Mani!
Lasciami andare!”
L’uomo l’ignorò, scuotendo il
capo. Yaji si avvicinò, vicino abbastanza perché Draco potesse toccarlo. Draco
smise di tentare di liberarsi, ora che poteva arrivare a lui.
“Perchè avrebbero pensato una
cosa simile?” Chiese mitemente, Lucius, ricambiando le carezze che stava
ricevendo dal gattino.
“Io...ho detto a Harry qualcosa. E’
rimasto sorpreso, e ha reagito male. Gridando. Ma, non stava per farmi male.” Fu la spiegazione assente di
Draco.
“Cosa gli hai detto?” Chiese puntutamente
Lucius, con un debole suggerimento di acutezza nel
tono. Draco guardò in su verso il padre, mordendosi un
labbro.
“Padre...io...” Questo non era il
tempo o il luogo in cui voleva parlare a suo padre della sua
decisione. Voleva farlo in un luogo più privato, e quieto. Voleva che Lucius lo
prendesse seriamente, non considerasse questo, solo
parte di un’altra crisi da maneggiare.
“Sputalo fuori, Draco. Ne ho
avuto abbastanza, per oggi.” Disse Lucius. I suoi occhi erano fenditure d’argento.
Il gattino stava leccando la sua faccia, colpi entusiasti e Draco, anche dall’altra
parte della stanza, riusciva a sentire le fusa. I muscoli di suo padre si
tesero, stringendo a se il gattino, inclinandosi verso le avvolgenti, bagnate carezze.
“Ho deciso di portare il prossimo
erede del clan.” Disse Draco, improvvisamente calmo.
La voce risoluta. Si raddrizzò. Le mani di Mantheer, che rigidamente, lo seguivano.
Yaji rimase dov’era, ma irrigidendosi all’annuncio.
“Oh. Hai deciso che cosa?” Fu la
risposta di Lucius. Draco non prese sottogamba il tono pigro. Stava per esserci
una discussione su questo. Con una ‘D’ maiuscola. Non si sbagliava. Lucius si
girò, dirigendosi fuori della stanza di balneazione.
“Seguitemi.” Disse. E tutti rispettarono l’ordine. Yaji che lasciava dietro di
se una scia d’impronte insanguinate.
Draco entrò nelle camere private
di suo padre per la prima volta da quando era un
bambino. Il re del clan, aveva bisogno di un luogo che era solo suo, non aperto
alla maggioranza del clan, ed era questo. Dove dormiva, dove andava
quando voleva esser da solo. Draco si chiese, mentre si guardava attorno
incuriosito, se Mantheer e Yaji erano stati qui spesso.
Draco ricordò che Harry aveva detto che era stato qui,
che per davvero dormì qui.
Lucius andò al letto, largo e
coperto di pellicce. Montò sopra di lui, portando con se il gattino, e
stabilendovisi alla cima. Il gattino tese lussuosamente fuori, zampe che si stendevano,
mostrando perfidamente gli artigli ad uncino d’avorio. Rotolò sopra la sua
schiena, guardando fisso, con gli occhi chiusi a metà, la stanza, il naso rosa
che si contorceva. Lucius sorrise all’animale, e fece scorrere una carezza
lenta su e giù la pancia pelosa, esposta, del gattino. Sbadigliò, occhi color
smeraldo che si chiusero con beatitudine pura, facendo le fusa.
Il gattino si allungò, in uno stiramento
di tutti i quattro lembi, accompagnato da un grugnito. Lucius continuò ad
accarezzarlo calmamente, dirigendo la sua attenzione al figlio, e trascinando
la coda rilassata dell’essere-leopardo.
“Draco.” Disse, facendo capire al
giovane che era il momento di spiegarsi.
“Ci ho pensato. Ho il sangue. Non
sono un licantropo, ma sono un mago. Con le pozioni giuste, posso portare un
bambino per il clan.” Draco arrivò dritto al punto.
Sentiva che suo padre non aveva voglia di giocare al gatto e topo.
“E
quando avresti pensato questo?” Mormorò Lucius, un aroma di sarcasmo nella
voce. Harry mescolònel
suo stupore, lasciando uscire un ‘rowr’
interrogativo, con un punto interrogativo molto chiaro sopra la fine. Harry
spinse la testa nella mano che lo accarezzava.
“Bene, io...solo mi è venuto in mente che è la risposta giusta. Perché importa quanto tempo io ci abbia pensato?” Asserì
difensivamente Draco, distratto dalla strana vista di suo padre che accarezza
il suo compagno di classe. “E’ la cosa corretta da fare. Lo so. La soluzione
perfetta. Sono il solo del nostro sangue che può avere un bambino. Madre non
può, tu non puoi ed Andromeda è totalmente fuori questione.”
“E se il tuo bambino è resistente
alla licantropia, come te e tua madre?” Chiese Lucius mentre
coccolava la grossa forma del suo Eletto trasformato. Lucius diede al figlio un’occhiata
difficile. Come dicendogli che questa era la sua unica
opportunità per difendere la sua idea.
“Sono giovane, padre, e non sono
limitato ad un solo bambino o anche due.” Rispose il
giovane, e si fermò là, impedendosi di schizzare difese senza fine, affondando
nell’incertezza.
“Una gravidanza non è facile per
un ragazzo come per una ragazza, Draco.” Lucius gli
ricordò. “Puoi avere solo un’opportunità.”
“E’ ciò che devo fare. Lo so.” Insisté
Draco. “Avrò la concezione testimoniata, così non ci saranno
dubbi sulla genitura. E avrò Kaithas che mi analizza, io *voglio* portare un
bambino che possa esser girato. Sul mio onore.”
“Il tuo nobile sacrificio?” L’interrogò
Lucius, infilando le dita nella lunga, scura pelliccia posta dietro alle grandi,
mobili, triangolari orecchie di Harry. “Tu sei sempre stato eterosessuale.
Cerchi forse assoluzione per il tuo passato? E’ un modo per fare ammenda? La
vita non funziona in questo modo.”
Lucius sembrava stanco. Draco
digrignò i denti, fermando la tirata di parole adirate che lottavano per uscire,
guidate dal dolore. Era chiaro. Per quanto lui avesse sopportato, suo padre aveva sopportato molto più.
“No. Non un sacrificio. Io dovevo
essere una parte del clan. Pensavo che dovevo esserne l’erede,
il futuro re. Ma, questo non è possibile. Quello che è
possibile per me, è continuare il lignaggio dei nostri re. Posso dare al clan l’erede
del quale ha bisogno, con sangue dei Malfoy. E, posso
essere la Madre dell’erede. Quello, è come deve essere.” Dopo queste parole, il
re, suo padre sembrava convinto. Finalmente, accennò col capo.
“Molto bene, Draco. Mantheer.
Chiama Kaithas. Abbiamo piani di cui discutere.” Poi, Lucius si girò, dando la
schiena al resto degli occupanti della stanza. Strofinando il
viso nella pelliccia di seta del suo compagno di letto, inalando il piacevole
muschio felino.
Kaithas tentò di
non fissare la bizzarra creatura che oziava sul letto del re. Harry,
apparentemente, stava avendo difficoltà nell’andare da essere-leopardo a
creatura umana o viceversa. Solitamente, la transizione era rapida, una forma o
l’altra in uno scatto. Kaithas aveva visto molto infrequentemente un
essere-animale, di qualsiasi razza, nello stato in cui era il giovane.
L’eccezione era quando la persona era molto potente. Poi, la
trasformazione parziale era possibile. Lucius poteva farlo a volontà, affievolendosi
in e fuori della forma. Amrys quasi altrettanto facilmente, e di quando in
quando, anche Graeme. Kaithas non poteva. Affermava cose allarmanti
sulle abilità del giovane Potter. Kaithas non aveva mai sentito, di tale
abilità, in una persona così giovane. Harry era seduto in modo scomposto sul
letto di pellicce, Lucius vicino a lui. La faccia umana di Harry era molto
irritata. Il suo corpo era quasi completamente umano. Ma
le sue mani erano ancora grandi, arrotondate, zampe coperte di pelo. I suoi
orecchi, erano ancora da felino, e la sua coda lunga e morbida, era
impressionante. Altro che questo, il ragazzo nudo sembrava stare
eccellentemente. Appariva, infatti, molto più comodo con la sua nudità di prima.
Poi, aprì la bocca, e si lamentò.
Kaithas tossì
per nascondere il suo divertimento. Il ragazzo non poteva ancora parlare.
Kaithas era certo che fosse *questo* il motivo della sua seccatura. Potter
aveva cose di cui parlare. Sibilò, mostrando le zanne da gattino. Kaithas lottò
più arduamente per non sorridere. Harry era frustrato alle occhiate che stava
ricevendo, e a giudicare dai fatti, ci vorrà un poco
di tempo prima che lui potrà cambiare pienamente in un modo o nell’altro.
Mantheer ritornò
con il Veggente, ed andò accanto all’amico. L’emorragia di Yaji si era fermata,
e il grande essere-leopardo non sembrava sentire nessun dolore. Gli orli delle
ferite stavano già richiudendosi. Mantheer fu accomodato da ciò che vide. Da
mattina, ci sarebbero solo deboli segni, e dalla fine della settimana, sarebbe
completamente guarito, come se l’incidente non fosse mai accaduto.
Mantheer si
sedette, accanto all’amico, ed alzò il braccio di Yaji, cominciando a leccare
l’altro leopardo dal sangue essiccato. Il figlio del re li guardò, ingoiando
fortemente.
Draco aveva
approfittato della sosta tra Mantheer che era andato a
prendere Kaithas ed ora, per vestirsi. Si sedette accanto alle due guardie, in
una camicia scura e pantaloni. Draco riuscì a spostare lo sguardo, con molto
sforzo. Perché era così difficile farlo?
Kaithas si
avvicinò al letto e Lucius, per presentarsi al suo re. Harry ringhiò un pò
sotto voce, ma non sembrò come volesse attaccare, così Kaithas ritenne che si
trattasse solo di un saluto, irritato, piuttosto che un avvertimento. Quasi
cambiò la sua idea quando Lucius , si mosse verso di
lui e iniziò a strofinare le loro facce, perchè il ringhio di Harry crebbe in
volume, diventando più profondo. Sentendo il peso che si spostava sul letto,
inconsapevolmente si fermò.
Lucius non badò
al gattino altro che dandogli delle carezze. Lucius indicò Draco con un cenno, tenendo
il suo corpo tra Harry ed il resto degli occupanti della stanza.
“Mio figlio ha
una questione per cui è richiesta la presenza del
Veggente del clan.” Disse piano il re. Lucius guardò a Draco, con occhi seri.
Con Harry arricciato accanto al suo corpo, Lucius ascoltò l’inizio della
conversazione.
“Desidero
portare l’erede del clan.” Disse Draco. Ogni volta che l’affermava, diventava
più facile dirlo, e Draco diventava più sicuro che
fosse la cosa giusta da fare. L’incertezza andava affievolendosi. Comunque, Kaithas sembrò spaventato.
“Quanti anni
hai?” Fu la prima cosa che Kaithas chiese. Draco aggrottò le sopracciglia.
“Diciotto tra un
mese”, fu la sua risposta, guardando Kaithas con i suoi occhi blu-acciaio, sfidandolo a dire che
era troppo giovane.
“Sei giovane,
per avere bambini, che tu sia maschio o femmina.”
Rispose Kaithas, ignorando il cipiglio di Draco. “E, determinato il tuo sangue,
non è detto che il bambino sarà capace d’essere l’erede del clan.”
“Sono disposto
ad avere una concezione testimoniata, e con te che mi monitorizzi.”Disse
Draco al vecchio. Le sopracciglia del veggente si alzarono.
“Sei disposto a
fare a meno di tutto il tuo riserbo? Hai sopportato un monitoraggio prima?”
Chiese Kaithas. “Sai quello che è?”
“Solamente
quando non riuscii a cambiare.” Rispose Draco. “Sono
stato analizzato poi, prima che mia madre potesse nascondere che era lei la
causa della mia resistenza.”
“Quando ero lontano dal clan.” Confermò Kaithas. “L’avevo
dimenticato. Quindi, sai che sarò all’interno della
tua mente, mentre sta accadendo l’accoppiamento, e che se non riesce a dare luogo
ad una concezione che sarà l’erede dovrai ripetere l’accoppiamento finché la
combinazione corretta è realizzata? Che non avrai pensieri
privati?”
“Capisco. Ho
sentito che esiste anche un modo di prepararsi che garantirà virtualmente che
il bambino sarà l’erede.” Disse Draco in replica,
senza alcuna esitazione.
Era la volta di
Kaithas per aggrottare le sopracciglia in disapprovazione. “Stai affermando che
devo essere io a scegliere il padre dell’erede, quello che più di tutti sarà in
grado di dar vita all’erede. Accetterai
chiunque io sceglierò per il compito? Senza ribellarti?”
“Credo di sapere
chi sceglierai. Anche io sono
un mago, Kaithas.” Draco si girò verso Harry. “E se
Harry vuole...”
Non riuscì a
continuare. Il re del clan si alzò dal letto. “Il mio Eletto.” Disse con tono
d’avvertimento nella voce. “Non permetterò che sia usato, Draco.”
Draco scosse la
testa. “Il tuo Eletto, lo so. Desidero solo che lui ci aiuti, Kaithas e me, con
il suo potere per assicurare la concezione. Quello è tutto.”
Lucius continuò
a guardare in cagnesco ma Harry si mosse verso l’orlo
del letto, accennando col capo, cercando di parlare, ma ottenendo solo un
lamento. Harry fece alcune smorfie, e alzò le sopracciglia a Draco. Kaithas
nonostante la serietà della conversazione, doveva lottare di nuovo, duramente,
per non mostrare un piccolo ghigno. Il nuovo gattino era riuscito a telegrafare
molti significati col suo miagolio. Draco fu anche capace di capire la domanda
implicita.
“Questo *è*
quello che voglio, Potter.” Rispose l’altro giovane, sapendo che era quella la
preoccupazione di Harry.
“A cosa servirà
questo potere?” Chiese Lucius, mentre Harry si strusciava contro i suoi fianchi,
cercando d’infilarsi sotto le braccia del re.
Era Kaithas che
rispose. “Sceglieremo quelli che hanno il potenziale per dar
vita ad un bambino con Draco. Come sei
consapevole, ci sono percentuali diverse di successo con padri diversi. Non
sono sicuro di approvare, ma se Draco è d’accordo a farmi scegliere il padre,
possiamo riuscire a trovare l’accoppiata perfetta. Una che darà luogo ad un
erede per il clan.”
“Hai ancora
delle riserve? Perché?”
“preferirei che
ci fosse un collegamento tra Draco e l’uomo che darà vita
al suo bambino. Un’obbligazione emotiva che fa l’atto intimo più appetitoso,
piuttosto che qualcosa che deve essere sopportato soltanto.”
Spiegò Kaithas a Lucius.
“No, non metterò
restrizioni sulla scelta. Avrò amore separato dalla concezione, se necessario.
Il bisogno del clan viene prima, in questo caso. Accetterò il padre che
sceglierai nel mio corpo.” Draco insisté, senza
espressione.
Lucius lo guardò
a lungo. Lo sguardo fiero e diretto. Aveva sentito abbastanza. ora, era tempo per una decisione.
“La tua
decisione su questo?” Lucius chiese all’altro uomo, il Veggente. Un uomo nel
cui giudizio aveva sempre avuto fiducia.
“Sono d’accordo
con tuo figlio. Può essere la Madre dell’Erede del clan.” Disse, lentamente, Kaithas,
pregando silenziosamente che fosse la decisione corretta.
Draco osservò i
membri del clan camminare oltre lui. La maggior parte
di loro lo conosceva, l’avevano guardato crescere.
Avevano creduto che sarebbe stato il prossimo re, il futuro del clan, quando
fosse giunto il momento. Ognuno l’annusò. Imparando che Draco, non era più un
bambino; riaggiustando l’idea del giovane che una volta era stato l’erede. E ora, cercavano di dargli il loro appoggio per il futuro, con
un bambino nel suo corpo che sarebbe l’erede.
Draco sedeva
sulla pietra rettangolare che era il trono del re, con pellicce drappeggiate e
cuscini che scaldavano la fredda pietra, ma ancora gli causava dei brividi. Strati
di velluto rosso e seta coprivano il suo corpo.
Sotto la stoffa
era nudo, in preparazione della successiva attività notturna. Draco arricciò le
dita dei piedi, nascondendoli sotto le pieghe del voluminoso abito. Il giovane
tentò di prendere conforto dal fatto che queste vesti erano nuove. Non quelle portate,
da sua madre, quando era stato concepito. Erano vesti
nuove, senza alcuna storia di fallimenti. L’amava, ma lei aveva mentito. Ora,
Draco aveva un’opportunità di sconfiggere la bugia che lei aveva detto, farla
diventare senza importanza, semplicemente storia passata.
Mentre la linea degli appartenenti al clan avanzava, Kaithas e
Harry Potter sedevano dietro a lui. Harry, che sedeva abbastanza vicino da
offrirgli il suo appoggio, era trattenuto dalle braccia del re del clan, Lucius.
Tenuto sicuro contro il corpo forte. Offrendo tutto il conforto che poteva al
giovane che s’inclinava lungo al suo lato.
Accanto al trono, Mantheer e Yaji, in piedi come pilastri alti e
immobili e aspettando pazientemente. Graeme ed Amrys erano prossimi a
Lucius. Tutti, in silenzio, aspettarono che l’ultimo del corteo passasse. Poi,
l’arena si svuotò.
Gli unici rimasti
erano gli appartenenti al comando del clan.
Draco guardava
solo le sue mani, accorgendosi improvvisamente di non aver il coraggio di guardare
gli uomini che lo circondavano, uomini che lo avrebbero
osservato nel più intimo degli atti. La sua richiesta era la ragione per cui
erano qui, perché lo guarderebbero.
Una mano toccò
la sua testa chinata. Nessuna parola, solo un tocco. Un tocco sotto cui era cresciuto, che l’aveva curato. Anni di protezione.
Sapeva che se pronunciasse solo una parola, quella mano lo porterebbe
via da qui. Qui, dove improvvisamente, era l’ultimo luogo in cui voleva
trovarsi. Ma, ora, Draco pensò che forse gliel’avrebbe
fatta a farlo.
Draco alzò la
testa. Osservò lo sguardo del Veggente che era in piedi di fronte a lui.
“Desideri che
questo accada, Draco Malfoy?” Chiese gentilmente Kaithas.
Draco prese la
mano che lo stava confortando con la propria. Il palmo grezzo di Mantheer era
familiare al suo tocco. Poi volse la testa all’altro lato, e Yaji era là,
inginocchiato, così che i loro occhi erano sullo stesso livello. Senza dire
niente, Yaji chiese quello che Draco realmente voleva.
Era ora. Draco
guardò a Kaithas, facendo un profondo respiro.
“Si. Voglio
farlo.”
“Allora,
cominciamo.”
Il fuoco
scoppiettò, l’unica luce nell’arena. Gettando un bagliore dorato in tutta la
stanza. Draco lasciò le mani accurate di Kaithas aiutarlo a adagiarsi sulla
pietra. L’abito fu slacciato, ed aperto, finché rimase nudo, posato su seta
rossa. Il suo corpo bianco in contrasto con il colore delle vesti.
Harry venne più
vicino, inclinandosi in giù e posando entrambi i palmi sulle braccia superiori
di Draco, come consigliato da Kaithas. I suoi capelli corvini spazzolarono la
fronte di Draco. Un bacio fu posato sulla sua guancia.
Lucius era su un
lato, austero e regio, osservando il tutto. Più re che padre, in questa notte. Anche se la strettezza della sua mascella, rendeva evidente
la difficoltà del mantenere l’aspetto.
Mantheer e Yaji s’inginocchiarono
spalla a spalla, un muro largo sul lato opposto del
re, che aveva Graeme accanto a lui. Kaithas si avvicinò verso la testa del
trono, camminando lentamente, finché si trovò dietro a Harry, le mani sulle
spalle del gattino.
Amrys, l’uomo
che Kaithas aveva scelto per dar vita all’erede, scalò
sopra la pietra. Draco lasciò un piccolo guaito, quando l’uomo aprì le sue cosce,
muovendosi tra loro. Gli occhi calmi d’Amrys cercarono quelli di Draco. Aspettò,
quando uno spasmo chiuse strettamente le gambe attorno a lui. Così strettamente
che non poteva muoversi senza far male al giovane.
Finalmente Draco
sentì i propri tremori diminuire, ed accennò col capo al secondo
del clan. Draco guardò Amrys muoversi veloce, gloriosamente nudo, un bell’uomo. Ma Draco, non era mai
stato molto interessato alla bellezza non femminile. Quello che lui vedeva, era
il potere, una forza troppo grande perchè lui riuscisse
a resistergli. Perderebbe qualsiasi lotta. Amrys poteva fargli qualunque cosa desiderava,
e Draco non aveva potere per fermarlo.
Amrys gli alzò
le gambe, posandole sulle sue cosce. La sua mano che toccava
le natiche di Draco, solo tenendolo, tentando di abituarlo al tatto delle più
grandi mani. Draco lasciò la testa precipitare di nuovo, con un suono
sordo.
Le dita d’Amrys
lo toccarono intimamente, ed alla stessa durata Harry entrò nella sua mente. Kaithas
era un’ombra fioca, comparata alla brillante, sommergente, luminosità di Potter.
Draco ansò, contorcendosi, cercando di allontanarsi dall’essere-leopardo tra le
sue gambe.
Draco stava tremando. Harry era
inclinato verso il biondo, il viso prossimo a quello dell’amico. Si liberò
della presa di Kaithas ed abbracciò Draco, cercando di coprirlo con l’abito
scartato poco prima.
“Io devo, io devo”,
disse Draco, piangendo. Era chiaro che il suo corpo e la sua mente avevano idee diverse.
“No, non devi.” Disse Harry,
accarezzandogli i morbidi, biondi capelli. “Non devi.”
“Harry! Ne ho bisogno. Non posso
spiegarti...” Draco si girò, fino a che erano uno di
fronte all’altro. Le braccia strette all’altro. “E’ solo che non so cosa
aspettarmi.”
“Di chi avresti fiducia, per
mostrarti?” Chiese Harry. “Qualche volta, la fiducia è più importante di qualsiasi cosa. Forse per la prima volta...” Draco scosse
la testa contro il collo dell’amico.
“Io...ho fiducia in Amrys.” Disse
Draco. Ed era vero. Era solo l’avere un uomo tra le
sue gambe, sapendo quello che avrebbe fatto l’uomo nel suo corpo, permettergli
di penetrarlo. Bene, quello era più difficile di quello che si era aspettato.
“Non abbastanza per questo,
evidentemente, Draco.”Fu la quieta risposta di Harry.
“Ho fiducia. Solo, ho bisogno...ho
bisogno che sia...diverso.” Draco non riusciva a
spiegare meglio ciò che voleva dire. Una smorfia apparve sul suo viso. ‘Splendido, Malfoy’, pensò, ‘Hai
convinto tutti, ed ora non riesci ad andare fino in fondo. Cosa penseranno di
te, dopo questo?’
“Possiamo aspettare un poco.” Disse
Harry.
“Si.” Intervenne Kaithas. L’uomo
s’inclinò verso di loro. Gli occhi preoccupati. “Non deve per forza esser fatto
oggi. Domani andrà bene lo stesso, o il giorno dopo. O
la settimana prossima. Non c’è bisogno di sforzarti. Quando
il tempo è giusto...”
“No no.
Devo farlo, stasera. Sto bene.” Disse Draco, urgentemente. Kaithas e Harry, beh
in realtà tutti gli uomini presenti nella stanza, stavano guardandolo con
preoccupazione. Draco resistette alla spinta per
nascondere il viso arrossato.
Mantheer e Yaji lo guardavano, entrambi
con tristezza. Desideravano salvarlo da tutto questo, che gli stava causando
dolore, e sconvolgimento. Ancora, l’avrebbero sostenuto se così desiderava, standogli vicino mentre adempiva alle
obbligazioni che volontariamente aveva scelto di accettare.
“Va bene. Mi permetterai
di aiutarti?” Disse Harry, dopo un lungo silenzio incomodo. Amrys stava
osservando Draco, attentamente.
“Per favore. Ho
bisogno di farlo”, nuovamente disse Draco. Questa volta, guardando di
nuovo verso Amrys, come impaurito che l’uomo rifiutasse di proseguire.
“Lo so. Tutti noi ti aiuteremo a
finire questo. Te lo prometto.” Harry si protese verso
Mantheer e Yaji, facendogli cenno di avvicinarsi.
“Mettetevi dietro di lui.
Tenetelo.” Disse Harry a Yaji, ma rimase sorpreso quando
fu Lucius a muoversi, spostando dolcemente il guardiano. Lucius raccolse suo
figlio, avviluppandolo nelle sue braccia, proteggendolo, l’abito rosso che precipita, come acqua attorno a loro due. Draco gli si
aggrappò come se fosse un’ancora nel mezzo di un temporale, Braccia al collo
del padre, la faccia seppellita nei suoi profumati capelli biondi, fluenti e
morbidi, come i suoi.
“Non è necessario che avvenga qui.”
Lo sguardo fermo color argento del re prese tutti i presenti. “Vieni. Se il mio
Eletto può dormire nel mio letto, l’erede può esser concepito là.” Col giovane in braccio, si diresse fuori della sala.
La stanza del re era quieta, anche
con la presenza dello stesso numero di persone presenti nella sala. La
sensazione d’intimità e riserbo, era molto confortante. Draco, immediatamente,
si sentì più tranquillo, mentre il padre lo posava sulle pellicce del letto,
allentando le stoffe del suo abito, spargendoli su di esse.
Il ragazzo gesticolò verso Mantheer e Yaji.
“Cambiate”, disse loro il re, venendo immediatamente rispettato. Lucius gli indicò di
salire sul letto, e posarsi uno su ogni lato, così che Draco fosse
schermato, contenuto senza esser tenuto, abbracciato dai due che lo avevano
protetto per tutta la sua vita. Nulla di male poteva accadere, mentre quei due
erano così vicini. Draco lo sapeva, e cominciò a rilassarsi, le mani piene di
pelliccia, accarezzandoli nervosamente.
“Harry, Kaithas.” Li chiamò Lucius,
e loro si mossero alla testa del letto. Harry prese la mano di Draco.
“Va meglio?” Chiese Harry,
sentendosi alleviato quando l’altro giovane accennò
col capo. Harry si sistemò accanto alla testa dell’amico, scivolando con
disinvoltura nel contatto mentale con lui.
Questa volta, Draco non era
spaventato, era pronto, e non fece resistenza alla lenta fusione. Questa volta
non fu un’invasione. Se l’aspettava. Ormai la sentiva
familiare, e non sentiva più il bisogno di fuggire o
resistergli.
Non c’era, questa volta, una luce
accecante nel suo cervello, ma piuttosto un fermo bagliore insieme all’ombra
che associava a Kaithas. Il Veggente era più penetrante, modulando la
luminosità e rendendola sopportabile, grazie alle sue abilità di addomesticare
il terrificante potere di Potter ad un livello tollerabile. Draco sospirò. Quasi
passò inosservato il momento in cui Amrys lo congiunse sul letto.
Il secondo del clan riposizionò le
forti mani sulle cosce di Draco, paziente, senza minaccia, soltanto posate là.
Permettendogli di adattarsi al loro contatto. Era meglio. Draco poteva trovar
piacere in questo. Lasciò che le gambe venissero
aperte, soddisfacendo gli occhi di Amrys. Quest’uomo
era il futuro padre dell’Erede. Il Sire. Draco gli diede il benvenuto,
estendendo la mano che Harry non teneva. Il sollievo sul volto del più vecchio
uomo fu immediato. Amrys gli rivolse un sorriso.
nota del
traduttore:x Pansy,
BellatrixHorcrux e Artemide: Mi
hanno chiesto se Paws in the night, è un seguito di Furry Magic o una mera copiatura...a parte il fatto che
sono di due autori diversi e che la seconda fic è
molto più ‘giovane’ come nascita, l’unica cosa in comune che hanno sono i due
protagonisti e il fatto che Harry è capace di trasformarsi in gatto. In Paws, Harry e Draco sono più giovani e Lucius è un normale
mago; in Furry, Lucius è un licantropo, re del suo
clan e Draco e Harry sono definitivamente più grandi.
Narcissa in Furry è praticamente
fuori della trama se non per saltuari accenni, mentre in Paws,
è parte integrante della trama. Altro punto divergente è il
fatto che Harry in Furry e solo sporadicamente
un leopardo, mentre Harry i Paws,è raramente nella sua forma di ragazzo, cioè
quando non può evitarlo.
Ah,
ultimo appunto, per quanto mi sia sentita onorata per esser definita l’autrice
di Paws, ricordo che sono
solo il traduttore (me sfortunata ç_ç).
bran
cap.22
Draco era
consapevole dei pensieri di Harry, e ricordava perfettamente come lo toccò
Amrys. Harry stava ricordando la sensazione delle mani di Lucius che vagano sul suo corpo. La sua stimolazione a tali ricordi,
stava facendo effetto anche su di lui, scaldandolo. Draco lasciò che Amrys lo
toccasse, lasciando che gli spostasse le gambe,
aprendole. Draco posava calmo, sentendosi sicuro tra i suoi guardiani.
“Mi accetti?”
Gli chiese Amrys, piano, inclinandosi vicino a Draco.
Sottomissione.
Era questo, il punto, la cosa che di più terrorizzava Draco. Lui era un Malfoy.
Era stato elevato per essere un re, un leader. Non gli
riusciva molto bene la sottomissione. Non aveva mai imparato come
esserlo. Ma, quello era ciò che ora gli si
richiedeva.
Harry, d’altra
parte, nonostante tutto il suo potere, sapeva come sottoporre. E come rendere tale sottomissione aggraziata ed erotica.
Ora, Harry, era nella sua mente, dividendo quest’esperienza, e stava
guidandolo, aiutandolo a capire. Draco stava per imparare a sottomettersi.
Draco sospirò,
la profonda tensione iniziò a scemare, mentre si arrendeva alla paura ed
abbracciò il sentimento di quello che stava accadendogli. Era...bello. Chi
l’avrebbe mai detto che il non essere in controllo fosse
come questo? Come una carezza di velluto sulla sua pelle, ogni colpo della sua grande mano. La sensazione dei suoi pollici sul petto, il suo tocco scorrevole.
Draco associava
l’uomo con forza, con fiducia fragile ed autorità. Prendendo
quando si veniva al sesso, non dando mai. Harry, aveva una diversa aspettativa. Harry si aspettava forza, e la trovò; ed ancora
esigeva gentilezza, anche mentre abbandonava il controllo. Harry cedeva il
controllo per ottenere ciò che voleva. Gli uomini ai quali si era dato,
dovevano curarlo teneramente, non accettava nulla di meno che esser trattato
come un prezioso innamorato.
Il concetto
stupiva Draco. I suoi incontri con le donne, per quanto
appassionati, non erano mai stati così. erano
stati piacevoli, alcuni veramente sexy. Eppure, in
nessuno di loro era presente il pressante richiedere che avvertiva nella
memoria di Harry degli incontri da lui avuti con il re del clan. L’uomo che,
Harry chiamava il suo innamorato. Il padre di Draco.
Mani alzarono le
sue anche, mani accurate, premurose...oh, mani così
forti. Draco gli permise di accadere, curvandosi in posizione, accettando le dita
lisce che l’aprono, scivolando dentro di lui,
stirandolo. L’umidità che lo massaggia. Non faceva
male. Draco si era aspettato del dolore. Cosa stava
sentendo ora, lo stava rilassando, ed eccitandolo. Non ancora in grande maniera, non ancora, ma gli stava piacendo il modo in
cui stava toccandolo. Era bello.
Amrys si
avvicinò, per poi alzare Draco finché le sue natiche rimasero sulle sue cosce, spostando le sue dita lunghe nel corpo sparso di
fronte a lui. Caldo e bello. Il piccolo buco, che si
sottomette alle sue esplorazioni. Amrys guardò come vi scomparivano.
Toccò il piccolo fascio di nervi nel giovane, essendo ricompensato da un acuto
uggiolare, presto trasformato in un lungo, basso lamento. Draco rabbrividì, la
pancia che si contorce, uno stiramento di muscoli.
L’erezione che si completa.
Draco rilasciò
fuori un alito, un sospiro, di piacere puro, dolce. Il suo membro stava
mescolando, posando sullo stomaco mezzo duro. L’allungamento era il meglio.
Draco non analizzò perché, solo gli piaceva. Il tocco che
scivolava dentro e fuori, girando dentro di lui. Voleva di più, voleva
qualcosa di più grande dentro di se, cose che lo riempirebbero
completamente. Cosa insolita per Draco, nulla
importava di più che godere di tale sensazione.
Il prossimo
tocco era più semplice, più lento. Oh. Si. Amrys...lungo, spesso e duro. Draco
lo voleva. Amava la sensazione, come il suo corpo si apriva, prendeva l’invasore
dentro di lui. La dilatazione era squisita, diventando più profonda finché
Draco lasciò cadere di nuovo la testa e rabbrividì, prendendo quello gli era
dato. Volse il viso da un lato, nella pelliccia morbida, strofinando contro il
fianco del leopardo. Harry gli lisciò nuovamente i capelli. Baciandolo
leggermente sulla fronte.
Questa volta,
Draco non aveva bisogno del calmante. S’inarcò, aprendo all’uomo che affonda nel suo corpo. Draco rilasciò un lamento. Il resto
degli uomini nella stanza sentirono il suono attraverso
i loro nervi, afferrando i loro petti, attraendoli vicino ai due che stavano
accoppiandosi.
Amrys andò
profondo, lento, accurato come si mosse, scrupoloso di non fare nulla per
trasformare il piacere del giovane in dolore. Le sue grandi mani contennero le
anche magre, le sostennero, le trasportò come si mosse, un’onda di moto, avanti
e dietro. Sentendo la calda, carne bagnata, vergine,
l’erezione che si scioglie in lui. Amrys pigiò più forte, ruotando le
anche, muovendosi nel tunnel attorno al suo membro e Draco gridò, le gambe del
giovane che stringono, per poi precipitare, sostenuto
dalle schiene dei due esseri-leopardo su ogni lato, dando ad Amrys una comunicazione
che il più vecchio uomo capì molto bene. Il corpo pallido era il suo, per il
suo piacere.
La curva della
pallida carne del giovane, la gola scoperta, era una tentazione a cui
l’essere-leopardo alla sua sinistra non riuscì più a resistere. Yaji premette
il suo naso felino su di lei, e fu ricompensato da un profondo respiro, quando
i capezzoli di Draco si rizzarono. Amrys lo vide, e li prese tra le dita,
mentre ficcava più sodo, più in profondità, facendo gemere Draco.
Harry inspirò
insieme a Draco, esperimentando la penetrazione, tanto quanto il giovane
biondo. In tandem ansarono, mescolando i caldi respiri, dalla guancia di uno
all’altro, Harry che lecca la faccia di Draco,
incapace di non fare lo stesso, incapace di non rendere l’atto sulla guancia di
Harry.
Improvvisamente,
Harry gemette; un gemito lungo, quasi doloroso, ma più di desiderio. Draco alzò
lo sguardo, notando che Lucius era venuto ad inginocchiarsi dietro di Harry, la
mano che si muoveva lungo il suo fianco, sulle natiche. Harry tremò, ed il tremore lo percorse dal principio alla fine, passando poi a
Draco, e nella carne di Amrys. Harry affondò i denti nella spalla di Draco,
lasciando fuoriuscire un mugolio contro la sua pelle.
Draco avvertì il
ritmo del sesso tra le sue gambe, e da su. Harry era
preso, come era lui. I mugolii si moltiplicarono,
guidandolo più alto nel desiderio; Draco ansò, contorcendosi, l’intensità dei
movimenti di Amrys che crescevano esponenzialmente.
Più duro, più profondo, più lungo. Rabbrividendo in ogni nervo, costringendolo
a lamentarsi. Il sudore brillava su tutta la sua pelle. Le mani di Harry si
agganciarono alle sue, bloccandosi l’un con l’altro,
entrambi i giovani che erano amati con forza, il suono di carne che sbatteva
nella carne, i lamenti più alti.
Draco l’avvertì.
L’adunata del potere nel basso della schiena, le sue cosce,
crescente e riunendosi, l’intensità aumentando. L’alito di Harry aspro,
veloce, incontrollato, come il proprio. Le parole che perdevano, non le sue,
perchè era ormai oltre qualsiasi discorso; tutte le sensazioni si riunirono nelle
sue pelvi, nei suoi genitali e nelle profondità del suo corpo, stringendosi
attorno a Amrys ad ogni spinta.
Draco gridò.
Ogni muscolo diventa come gelatina. Avvertì gli spruzzi di seme caldo in lui,
lo riempia, e avvertì lo stesso accadere per Potter. Harry frignò. Draco
gemette, indifeso; non poteva muoversi. Poteva solo accettare ogni spinta lenta, ogni brivido condiviso, fino a che nulla
rimase ed Amrys crollò in cima a Draco, per poi rotolare da un lato così da non
schiacciare il più piccolo uomo.
Soddisfatto. Oh,
Dio. Soddisfatto, così profondamente soddisfatto, che non era
neppure in grado di alzare la testa, o dire grazie. Solo aneliti,
tentando di recuperare il respiro. Le mani di Kaithas erano su di lui,
confortando, toccando il suo addome. Cercando la nuova vita che Draco sapeva
era là.
Andromeda vagava in cerca di prede,
nella sua prigione di velluto e seta. Era furiosa che i lupi mannari pensavano
di aver diritto a trattenerla qui. Era totalmente ridicolo. Non aveva
nessun’obbligazione con il re lupo, e ringhiò all’appellativo, per dirgli di
aver avuto un bambino. Suo figlio era il suo, l’erede del clan dei leopardi.
Non un puzzolente lupo mannaro.
La donna diede un calcio ad una
delle pesanti sedie, su cui posavano parecchi cuscini, che riempivano la
stanza. Volevano fingere di farla star comoda. Per rendere perfetta tale sistemazione.
Tambyn venne e parlò con lei, portando Christopher, ma non le fu mai permesso
di vedere il bambino da solo. Il suo figlio. Suo! Non di lui. Come sfidava
giudicarla, quando l’uomo non aveva offerto alcun aiuto. Aveva completamente
dimenticato di non averlo mai informato della sua gravidanza.
Ora era bloccata
in questo luogo, incapace di contrattare con Lucius per il ritorno dell’Erede
del Clan, in cambio di certe concezioni, da lungo desiderate, a lei. Entrambi leader del Clan e come Madre dell’Erede. C’era un lungo
elenco di cambi che avrebbe richiesto. Se Tambyn, le
permettesse di mandare un messaggio.
Aveva tentato di sedurlo. Ma era stato un fallimento. Quell’idiota
aveva permesso di esser appaiato con una cagna
alfabetica, ed ora era fedele a questa. Andromeda scosse la testa. Se avesse tempo, prenderebbe questo clan e gli mostrerebbe
come un regnante viveva, come un re faceva funzionare le cose. Ma lei doveva ritornare al clan, prima di tutto. Era la cosa
prioritaria.
Anche la
corruzione, si era dimostrata un fallimento. Quello era stato il suo primo
tentativo. Soldi e la promessa di potere, alleanze alle sue guardie. Ma questi si erano dimostrati troppo stupidi per essere
interessati nelle sue offerte. Avevano osato, perfino, ignorarla.
Quindi,
tutto ciò che le rimaneva, era usare la sua astuzia. Aveva bisogno di un buon
piano, che la trovasse fuori di questo luogo. Doveva
liberare Christopher? Purtroppo, sapeva che sarebbe stata presa, se tentasse di prenderlo con se nella fuga iniziale. No, aveva
bisogno di esser libera, e poi lavorare nella liberazione del suo bel bambino.
Era possibile che lasciare Christopher prigioniero dei lupi, potesse esser usato a suo vantaggio. Lasciando cadere un
suggerimento o due al clan, che lui fosse prigioniero e maltrattato, porterebbe certamente ad una reazione. Una mossa per salvare
l’erede del clan. Il clan risponderebbe. La donna considerò quell’eventualità
con uno dei pochi sorrisi apparsi sul suo viso fin dalla sua
cattura. Oh si. E’ probabile che questa sia la finale foglia, il modo di girare
il clan contro Lucius.
Un rumore strisciante ed una botta
avviluppata, la distrassero. Veniva dalla sala fuori della sua prigione dorata.
Si mosse a lato della porta, ascoltando. Sia dannato suo fratello! Se fosse stato d’accordo a girarla in un leopardo, sarebbe
stata capace di sentire chiaramente quello che stava succedendo fuori.
La donna ascoltò botte e aneliti,
come se qualcuno stesse provando dolore. Raggrinzì il naso. C’era qualcosa che
emanava un cattivo odore,un odore molto cattivo. Non
era necessario un senso dell’odorato migliore per dire quello. Probabilmente,
una delle brutte bestie che la tenevano qui.
Al suono della chiave, si allontanò
d’alcuni passi. Un suono stridulo, dato che, i lupi non si erano curati di
lubrificare la serratura. Una deplorevole mancanza, non che si aspettasse nulla
di meglio.
La porta cominciò ad aprirsi.
Andromeda aspettò, guardandosi attorno e trovando un bel candeliere robusto. Un
cliché, come arma, ma ehi, non si poteva fare nulla di
meglio, in così poco tempo. E lo strumento aveva anche
un bel peso. Sarebbe capace di provocare danni, se quello divenisse necessario.
La porta dondolò ulteriormente, e
lei vide una figura incappucciata. Elevò il candeliere, preparandosi a colpire
e poi correre fuori. Un’opportunità perfetta, per una fuga,
che non doveva andare sprecata. L’intruso alzò la testa. Andromeda si
sentì male. Conosceva quella faccia. O almeno, una sua
parte. Era una combinazione terribile di maschio e femmina, creatura umana e
bestia.
“Vieni!” La voce logora, era quasi
peggiore della faccia. Ma ad Andromeda piaceva pensare
a se stessa come una donna pratica. Non esitò un attimo a muoversi verso la
porta e la libertà. Seguì SybilTrelawny
fuori nella sala. Gli occhi si posarono sulle forme a terra delle guardie.
Andromeda non fece nessun sforzo per nascondere il
sorriso furbesco soddisfatto che onorava il suo viso.
Andromeda si avvicinò ai lupi
mannari precipitati, ghignando ferinamente. Rapidamente, diede un calcio nelle
costole al lupo inconscio. Bestia puzzolente! Avevano rifiutato le sue offerte,
e ora lo pagavano. Andromeda lanciò i capelli biondi indietro e seguì la figura
incappucciata, che stava muovendosi a fatica, lungo il corridoio.
Non c’era bisogno di stare tentando
il fato. Era necessaria una rapida uscita. Più tardi, ci sarebbe molto tempo,
per esultare. Dopo che era riuscita a riavere suo figlio.
Ci sarà poi, molto tempo per la vendetta su quelli che l’hanno offesa. E, quando sarà il tempo per le negoziazioni, lei sarà molto
più dura.
Lucius Malfoy
alzò lo sguardo, quando il suo secondo entrò nella stanza. L’alto uomo biondo
si muoveva con grazia innegabile. Il re sorrise, una
piccola torsione delle sue labbra, mentre lo guardava.
Questo era il
nuovo Sire, un uomo che, se lo desiderasse, poteva
richiedere uguale o quasi uguale posizione col re nella gerarchia del clan.
Interessante, era il fatto che Lucius non fosse preoccupato. Lui conosceva
Amrys. Il suo secondo era perfettamente contento della sua
posizione. Era dedicato, fedele. La combinazione
perfetta d’aggressione e sottomissione. Proteggendo, informando, e sostenendo
Lucius come re del clan.
L’attenzione del
re ritornò alla lettera nella sua mano. Un gufo l’aveva consegnato meno di
mezz’ora fa. Lucius aveva aperto la lettera, l’aveva letta, ed ora era seduto
considerando il contenuto male accolto. Quel dannato uomo aveva
fegato, doveva ammetterlo. *Chiedere* qualsiasi cosa al clan. Lui non
chiese mai. Ordinava, richiedeva, ed insisteva. Come se lui, un mago umano ne avesse il diritto.
Lucius
era…disturbato da questo. Il Direttore di Hogwarts stava cercando di
normalizzare le cose, ma Lucius non era sicuro che il
problema fosse ormai risolto sufficientemente per fare così. Mettere a rischio
i gattini del clan nell’interesse di apparire *normale*,
non era una scelta. I gattini erano il futuro, dovevano
esser tenuti al sicuro. Lucius teneva la lettera spiegazzata del vecchio mago
in un grande pugno, gli occhi argentei e pericolosi
che avevano un’occhiata omicida.
Amrys avanzò più
vicino, lateralmente, al re, non usando un approccio frontale che verrebbe considerato una sfida. Gli occhi d’argento si
restrinsero, speculativamente, osservando il suo secondo dalla testa ai piedi,
e stimando con agio praticato, ed automatico, la minaccia che l’uomo
rappresentava. O non rappresentava. Amrys
s’inginocchiò con grazia, posando la guancia sulla forte coscia del re.
Determinato a chiarire che lui non era una minaccia, non al suo re.
“Cosa c’è?” Chiese, quando la tensione scemò e la mano di
Lucius si posò sulla sua nuca. C’era una rapida puntura d’artigli, ma non
scavarono in profondità. Amrys, ancora rimase fermo, aspettando, sentendo
l’ansia vibrante attraversare l’altro uomo. E dopopochi momenti, Amrys fu ricompensato
con la fiducia del re.
“Dumbledore mi
ha scritto. La sua scuola, è di nuovo sicura, o almeno
lui lo pensa. Ha richiesto che Draco, Ron, Blaise e Harry ritornino
alle loro lezioni.” Rispose Lucius, la voce ricca che spediva nel flessibile
corpo del suo secondo brividi. Come le notizie spedirono paura attraverso il
suo corpo.
“La bestia, è stata presa? Non ho sentito nulla…” Chiese Amrys, un
sopracciglio elevato, in preoccupazione. Strofinò la guancia lungo l’esterno
della gamba del suo re. Amrys alzò la testa per guardare al viso arcigno di
Lucius.
Amrys non
avrebbe messo la Madre dell’Erede a rischio. Lui, aveva cercato di proteggere
Andromeda, anche se l’aveva disprezzata, a causa della sua sacra posizione come
Madre.
Ora, era Draco a
contenere tale posizione, portando l’erede al quale Amrys aveva dato la vita. Amrys curò ed amò davvero il giovane, anche se
non erano innamorati nel senso comune della parola. A
nessuno, sarà permesso di danneggiare Draco, non finché Amrys aveva un alito di
respiro e poteva impedirlo.
“No. Il mostro
non è stato preso. Né è stato
visto di nuovo, e nessun altro studente è stato danneggiato. Dumbledore ha
preparato nuove custodie, che impediranno a estranei
di ottenere nei confini della scuola. Quindi, a suo parere, ora gli studenti
sono sicuri.” La voce di Lucius suonava come se non
credesse che tali azioni erano abbastanza grandi da essere
considerati una garanzia.
“Non pensi che
sia sicuro?” Chiese Amrys, alzando il viso, la mano del re che rimaneva contro
la sua guancia abbronzata. Il forte pollice che carezzava la sua faccia con
lunghi colpi sicuri.
“Penso che il
rischio sia troppo grande. Se Draco ritorna, sarà con
la presenza dei suoi guardiani. Mantheer e Yaji. Non sono sicuro per quanto riguarda Harry, Ron e
Blaise. Harry è il mio Eletto. Non intendo permettere che sia in pericolo, né
alcun altro gattino. Ho bisogno del mio Eletto al mio
fianco.” Disse Lucius, lentamente.
“Il
completamento del suo corso di studio a Hogwarts è secondario al suo servizio
al clan.” Dichiarò il secondo di Lucius. Il re guardò
in giù, sorridendo.
“La tua lealtà
ti fa onore. Ma, può venire, nel futuro, dove sarà necessario che la sua istruzione
sia completata a Hogwarts.”
“Tu sei troppo
equo, mio re. Il clan è la sua prima priorità. E deve
essere sempre così.” Disse Amrys, posando nuovamente il lato del suo viso sopra
la gamba di Lucius, per diminuire la sfida della sua asserzione. Lucius permise
alle parole di passare.
C’era rumore
nella sala, piedi in marcia, più di un paio. Lucius si alzò e fece alzare come bene anche Amrys.
Blaise entrò
nella stanza, seguito da molti altri gattini. Lucius ebbe un attimo di panico assoluto,
al pensiero di tutti i generi di possibilità terrorizzanti. Incluse la morte di
suo figlio o del suo Eletto. Blaise fece una pausa e
tentò di recuperare fiato, più l’eccitamento che l’esercizio fisico, che ne
faceva privo.
Amrys prese un
passo più vicino ai gattini, frammettendosi tra il re e i gattini. Blaise stava
respirando affannosamente, la faccia bianca, angosciata.
“Cosa c’è, gattino?” Chiese agli spaventati gattini, Amrys,
con voce calma e rassicurante mentre posava una mano sul braccio tremante del
giovane. Attirando lo scosso gattino nel suo abbraccio.
“Oh, mio re!”
Disse Blaise, precipitando sulle ginocchia. “Un messaggero dei lupi è arrivato.
Dice che Andromeda è scappata, mio re. Lasciò dietro
tre morti. E c’era un brutto puzzo rimasto sul luogo.
Tambyn si chiede se si trattasse dell’odorato di
quello che sta attaccando i bambini a Hogwarts.”
Andromeda era
furiosa. Era caduta nella trappola della donna che lei intendeva usare per i
propri piani! E non l’aveva neppure sospettato. Come invece avrebbe dovuto. La cagna era pazza, incapace di
occultare qualsiasi cosa, ma nella sua propria
arroganza, Andromeda non si curò di cercare la duplicità. Ora, era prigioniera,
anche se temporaneamente, come una cimice in una ragnatela.
Ora era chiaro
ad Andromeda, che era un prigioniero. Doveva guardare, restare vigile e trovare
un’uscita da questo buco infernale. La creatura che tramava pozioni non stava
dandole retta, e quello, voleva dire che a un certo
punto, Andromeda avrebbe una possibilità di scappare. Bastava che fosse
paziente.
Ora, era
prigioniera, mentre la brutta creatura che era SybilTrelawny, stava versando il suo sangue prezioso in una
luccicante, levigata ciotola di rame. La strega stava leccandosi le labbra
asciutte con una lunga lingua grigia, un suono aspro che stava guidando Andromeda
matto, facendogli venire la pelle d’oca. Lap, lap, lap. Uh. Veramente
disgustoso.
Il sangue
gocciolò lentamente, il mormorio basso di Trelawney,
occhi che brillavano, affamati, guardando le gocce cremisi.
Gli occhi erano l’unica parte che Andromeda poteva riconoscere. Il resto,
misericordiosamente era nascosto sotto un pesante
mantello, era disgustoso, deformato e torto. Una combinazione terribile di cose
che non avrebbero dovuto esser combinate. Chiaramente,
era il risultato di una delle sue trasformazioni andato orrendamente male.
Andromeda
rifiutò di permettersi di rabbrividire. Lei non era una normale creatura umana,
destinata a cadere nel terrore. Era destinata a regnare sul clan degli
esseri-leopardo. Era una Regina. Una a cui era stato negato il suo diritto di
nascita, ma ancora una regina. E non si lascerebbe
andare. Avrebbe mantenuto la sua dignità di fronte a questa ingiustizia.
Alla fine, lei vincerebbe. Doveva solo esser paziente.
Andromeda
sospirò, e guardò il brutto vecchio pipistrello che mescolava una qualche miscela.
Odorava terribilmente. E guardava anche peggio. YUK.
Amrys guardò il
gufo involarsi, ali bianche come neve che colpiscono
l’aria grigia. Era quasi tempo un temporale, ma il gufo era
stato incantato così da non doversi preoccupare del tempo. L’animale
giungerebbe alla sua destinazione domani mattina.
Lucius aveva
lasciato questo compito nelle sue mani, sapendo che l’avrebbe eseguito bene.
Lucius aveva dato il suo benestare, e la lettera mostrava il marchio del suo
re. Amrys tuttavia, era quello che aveva deciso quale essere-leopardo sarebbe
tornato a casa. E l’ordine per lui, volò con la
velocità del vento, tenuto sicuro negli artigli del gufo.
Aveva pensato
molto su chi richiamare da terre distanti per compiere il lavoro che necessitava al clan. Trovare il pericolo agli studenti ed
eliminarlo. Poi, insegnare agli studenti che rimasero alla
fortezza del clan. Amrys aveva preso in considerazione molti nomi, ma il
meglio era sorto rapidamente alla cima della lista. Non c’era dubbio.
Bill Weasley era la sua prima scelta, un esperto di
maledizioni ed incantesimi protettivi. L’uomo potrebbe scoprire quello che stava uccidendo gli studenti di Hogwarts, e minacciando così
il clan e i gattini. E poteva insegnare i ragazzi se
non tornavano a scuola.
La seconda
scelta, e non da molto, era Charlie Weasley, un
padrone delle bestie, specificatamente Dragoni. Lui era capace di trovare
qualsiasi bestia, anche una magica che aveva eluso il cacciatore dotato
d’ingegno, Mantheer. E
nessuno poteva negargli il regalo per insegnare e la pazienza di un santo.
Doveva averla, con gli irritabili dragoni di cui si occupava.
Il gufo, un mero
punto nel cielo ormai, era in viaggio per Bill. Amrys
si aspettava di ricevere risposta in meno di due giorni. SeBill non potesse venire, poi il gufo andrebbe da Charlie.
Dumbledore, non
riceverebbe risposte dal clan, prima. Lucius gli aveva spedito una lettera, tracciando
appieno il problema, dicendo al direttore della fuga. Certamente il vecchio uomo
si preoccuperebbe abbastanza da cautelarsi, e capire che il perché i gattini
non potessero ritornare ancora.
Il rischio ai
gattini era troppo grande, per permettergli di ritornare a Hogwarts in un
futuro vicino. E, segretamente, Amrys sapeva che
Lucius non voleva esser separato da Harry, il suo Eletto per così a lungo. Il
gattino ancora veniva al loro letto, gli fu permesso di dormirvi, un luogo in
cui a nessun gattino era permesso di dormire prima. Harry Potter stava
cambiando le cose. Grame era furioso ma, gratamente,
ultimamente era alquanto distratto.
Amrys ammise che non desiderava
che Draco fosse fuori della sua vista anche per un solo giorno, molto meno per
un intero anno scolastico. Il sapere che Mantheer e Yaji, guarderebbero sulla Madre dell’Erede, che la
sicurezza di Draco, era per loro importante quanto per lui, non era abbastanza per la sua pace mentale. L’erede, era troppo
importante per rischiare la sua perdita, ed il valore
della Madre pressoché era grande altrettanto.
Il clan aveva
perso due eredi, Draco e Christopher, anche se nessuno dei due era morto, e due
Madri, Narcissa e Andromeda. Non poteva permettersi che accadesse di nuovo, era
una perdita così grande che il clan si sarebbe frantumato. Draco portava il
sangue sacro della regalità del clan nel suo corpo. Il clan aveva bisogno di questo erede, disperatamente.
Era troppo presto per sentirsi incinta, ma poteva giurare di
esserlo. Si toccò la pancia molte volte, durante il giorno, tenendo il palmo
sul luogo in cui credeva che il bambino cresceva. Gli piaceva rivolgere
pensieri amorosi alla vita che cresceva in lui. Draco sorrise, mentre aspettava
ansiosamente il giorno in cui potrebbe tenere il suo bambino tra le braccia.
Draco si sentiva stimolato. Deciso. Valutò che non avesse molto
tempo. Non fin dal momento in cui aveva scoperto di non poter
essere l’erede al clan. Quando scoprì che non poteva
essere girato. Quando aveva capito che sarebbe rimasto
un umano per sempre, che non sarebbe mai stato uno del clan.
Stava anche sviluppando, alquanto strano, un’amicizia con
l’ultima persona a cui avrebbe mai pensato. Harry Potter. Il
Ragazzo Che Sopravvisse. Precedentemente noto
allo Slytherin come il ‘Ragazzo Irritante.’ Draco aveva sempre ritenuto Harry
un vero idiota, quando erano insieme a scuola. Arrogante e un Gryffindor
completo. Ora Draco, stava incominciando ad apprezzare alcuni di quei tratti
del volto, gli stessi che una volta aveva deriso.
Lealtà. Amicizia. Coraggio.
Harry era rimasto in piedi con lui, offrendogli appoggio.
Lui aveva ascoltato quando Draco aveva avuto bisogno
di un orecchio per ascoltare. E l’aveva contenuto quando
era stato terrorizzato di dare via libera ad Amrys, terrificato di perdere la
sua verginità ad un uomo. Harry aveva reso possibile per Draco di essere la Madre. Oh, probabilmente, avrebbe potuto
farcela da solo, una volta o l’altra, ad accettare Amrys nel futuro, con molto
agonizzare e sgradevolezza, e forse un piccolo alcool. Ma
con Potter, l’aveva fatto in un giorno. Andando da paura all’accettazione, a
piacere, a Madre. E tutto quasi sempre indolore. Tutto
di lui che valeva esso.
Ora aveva trovato questa stanza insolita, *la* stanza, e non poteva aspettare di mostrare a Harry la sua
scoperta. Draco non aveva mai smesso di esplorare l’enorme vastità del Feudo.
Era sempre stato uno dei suoi passatempi favoriti di quando
era un bambino. E gli piaceva ancora, esplorare da
solo. C’erano luoghi segreti, saputi a molto pochi. E
luoghi segreti conosciuti solo al clan. E poi c’era
questo luogo.
La stanza era scura, illuminata da una Candela Sempreaccesa. I muri luccicarono, marmo marrone levigato
fino a splendere grazie alle dita riverenti che l’avevano lucidato in secoli.
Odorava con un debole sentore di cera, non sgradevole. Un genere di profumo
religioso, fu il pensiero di Draco. Come se durante il corso degli anni, molti
studiosi avessero studiato qui, alcuni dei monaci. Non si interrogò
sul motivo per cui lo credeva vero.
I muri erano intagliati con rune.
Tagli scuri nella pietra. Delineando le leggi del clan.
Fino agli angoli più alti. Ed in giù al pavimento.
Draco si chiese perché non aveva mai saputo prima di questa
stanza. Se tutti i membri del clan la conoscevano,
Harry la doveva conoscere, allora. Ma Draco era
disposto a scommettere che non era così. Potter stava chiedendo a gran voce su
una regola o l’altra sempre. Ora, ecco il ‘libro’ che
il giovane essere-leopardo stava cercando sempre. Le regole scritte.
Linee e linee scritte, tagliate
profondamente nella pietra. Troppe, per leggere in una o anche
in una dozzina di sedute. Anche se, quel qualcuno, era
Hermione Granger. No, anche Granger aveva bisogno di un mese o più. Le
rune non erano facili da decifrare, alcune erano oscure, antiche e moderne,
così come alcune che erano transizioni dalle vecchie a quelle moderne. Ma, Harry vorrebbe sapere. Anche se
gli elenchi gli portassero più domande, non meno, Harry vorrebbe conoscere che
questa stanza fosse qui.
Draco trovò Potter nella biblioteca, leggendo, una torre di
libri alta fino al suo gomito. Gli occhi di Harry erano stanchi, come se il ragazzo stesse leggendo troppo da molto. O non stesse dormendo bene. Draco prese lo sguardo fisso
verde smeraldo e indicò con la testa verso la sala. Harry ghignò e chiuse il
libro. Harry prese il suo tempo per camminare fuori della stanza. Era abbastanza familiarizzato con Draco per non voler
attrarre attenzione inopportuna a qualsiasi cosa l’altro ragazzo stava facendo.
I due camminarono socievolmente fianco a
fianco.
“Aspetta di vedere questo, Potter.” Esclamò Draco, mentre si
dirigevano verso la stanza.
Harry rilasciò un anelito, quando entrò nella stanza.
Girando l,o sguardo attorno a se, guardando
dappertutto, non trovò neppure un centimetro quadrato di pietra che fosse nuda.
La sua visione acuta da felino, gli permise di leggerle, anche le parole negli
angoli alti. Le leggi del clan, di tutti gli esseri-leopardo. Intagliate in
pietra. Harry sentì un riso nervoso che tenta di
sorgere nella sua gola. Una volta aveva fatto uno
scherzo sul fatto che le regole fossero intagliate in pietra. Questo era appena
solo…incredibile.
I lupi e i roditori, senza dubbio, avevano altre regole. Ma Harry ora, aveva un’idea di come il clan era condotto. Si
chiese…
“Perché non mi ha detto nessuno che
esisteva?” Chiese ad alta voce. Inclinando la testa per soddisfare gli occhi di
Draco, che scrollò le spalle, un sorriso sul viso.
“Non lo so, Harry.” Rispose Draco. “Io l’ho appena trovata,
nessuno mi ha mai detto nulla circa questa stanza. Pensavo che probabilmente ti
avrebbe fatto piacere vederlo. Prima che qualcuno ci scopra e ci dica che non possiamo venire qui, o qualcosa come quello.”
“Perché questo luogo darebbe tenuto
segreto?” Chiese Harry, avanzando verso il muro e toccando le parole con dita
accurate, tremanti. La stanza lo faceva sentire strano. Come
se avvertisse delle presenze spettrali, nell’aria. Come fosse guardato, non da uno spirito malevolo, ma solo
guardato. Avvertiva la sacralità della stanza. Pace,
raramente avvertita, la stessa che si avvertiva all’interno di una chiesa, o
tempio. Un luogo sacro.
“Non ho mai saputo che era qui, non me ne hanno mai parlato.
E non te ne hanno mai parlato. Forse ci sono solo
certi membri del clan, che hanno il permesso di
entrare qui? Non lo so. Qualcuno viene. E’ immacolato. Non c’è polvere negli
intagli.” Disse Draco, facendo scorrere un dito sulle impronte. “Meglio che non
diciamo a nessuno che siamo stati qui. Giusto per sicurezza.”
Harry accennò col capo. I suoi occhi stavano errando, il
cuore che batteva. Harry cominciò a leggere. Sapeva che non avrebbe
potuto andare lontano, non oggi, ma era costretto a leggere, solo un poco.
Harry inclinò la testa e si fermò. Draco si fermò accanto a
lui, avvicinandosi istintivamente all’altro ragazzo. Harry, ancora era fermo,
come se fosse una statua, non vivo.
“Cosa c’è, Potter?” Bisbigliò Draco
quietamente come possibile, con ansia evidente.
“Pensavo di aver sentito…” Borbottò Harry, la testa
inclinata, come se stesse ascoltando. Draco cercò di ascoltare meglio che
poteva con i suoi sensi umani, ma non sentì niente. Stava quasi per dirlo,
quando Harry si contorse, la tensione che squaglia via
dal suo corpo, magro, come si mosse.
Harry prese qualche passo. Draco lo guardò, muovendosi dopo
di lui senza esitazione. Draco aveva chiaramente saputo che Harry era un
atleta. Entrambi avevano, dopotutto, giocato a
Quidditch. Ed erano stati abbastanza uguali su quel
campo. Non più. Il modo in cui si era mosso ora Harry, era oltre sportivo. Era
del tutto felino, la grazia del cacciatore, impossibile da distogliere lo
sguardo. Merlino, Draco comprese con un colpo, Potter è bello
quando si muove.
Harry girò l’angolo, il biondo sconcertato che lo seguiva, e
si gelò. Draco avvertì i cambi nel corpo di fronte a lui, quando collisero a
causa dell’improvviso alt di Harry. Draco avvertì l’alito di Harry bloccarsi,
il dolore vibrare attraverso il corpo teso. Non intelligente come lo sapeva,
che era dolore, ma era sicuro di ciò che avvertiva.
Harry rilasciò un suono che era più un singhiozzo che altro.
Draco avvolse le braccia al torso snello del suo amico. Harry stava piangendo,
il petto che si sollevava. Perché? Mio Dio, perché?
“Harry!” Sibilò urgentemente Draco, girando il ragazzo verso
di lui, tenendolo stretto e accarezzando i suoi capelli, perennemente
disordinati. “Cosa c’è di sbagliato?”
Poi lui li vide, alla fine della sala, in un’alcova. Braccia
e gambe aggrovigliate, pelle color caramello scuro
bisecata da avorio pallido. Capelli d’argento, capelli
d’oro, mischiati con oscurità. I due insieme erano
assordanti insieme, luce e scuro. Snello ed etereo, accoppiato con maschile e potente muscolo.
Suo padre e Troy,
uno dei gattini dall’anno prima che Harry fosse girato. I capelli blu-neri di Troy precipitavano in
un’onda al pavimento, spessi e brillanti, la testa gettata indietro nuovamente,
labbra divise, ansanti, gola scoperta per offrire accesso alle attenzioni del
suo re, gloriosamente nudo. E Lucius, stava pagando
l’omaggio alla gola, pungendo e leccando mentre il suo corpo inferiore si mosse
contro il corpo del gattino, le gambe di Troy che si
allacciavano alle anche del suo re.
Ora Draco poteva sentire i suoni di sesso che avevano
attratto l’attenzione di Harry. Draco non poteva distogliere lo sguardo, anche
come continuò a premere la faccia di Harry contro il proprio petto, così che
l’Eletto non potesse vederlo, Mio Dio, penso Draco,
mio padre, lui è…nessuno può compararsi a lui. I suoi occhi guardarono i
muscoli orgogliosi e la perfetta forma maschia. Non aveva mai notato prima. Ma poi, quando un figlio guardò così ad un padre? Lucius era
stato sempre suo padre, prima. Ora, stava guardandolo con gli occhi di un
estraneo.
Draco sapeva che Troy non era
nessuno dei Chiesti e Marcati, prima d’oggi. Era un gattino dell’orgoglio, ma
ora apparteneva a Lucius, se suo padre scegliesse di
reclamarlo al clan. Draco aveva presunto che anche Lucius si stesse innamorando
di Harry. In termini puramente umani, aveva pensato, che suo padre stava per
essere fedele al giovane che singhiozzava tra le sue braccia, mentre tentando
di confortarlo.
Ora, Draco ricordò, e guardò al tutto con due prospettive.
Draco era umano, suo padre no.
Lucius Malfoy era il re del clan. Lui prendeva piacere con la sua gente
dove desiderava. Ma Harry era ancora troppo umano per
affrontare tutto questo. Non aveva avuto nessun avvertimento
di questo, Draco stesso non aveva pensato a dirgli. Harry era stato ammesso al letto del re, una cosa mai fatta prima.
Naturalmente, Harry si aspettava di avere una qualche genere
di relazione che mostrasse che lui era speciale. Il Gryffindor penserebbe di meritare
la fedeltà del tipo umano dal suo innamorato.
“Harry…” Cominciò Draco, cercando le parole che aiuterebbero, ma non trovandone nessuna.
Harry lasciò fuori un grido, colmo di dolore, e si strappò
da Draco, troppo forte per il giovane per fermarlo, fuggendo nella direzione
opposta del re ed il suo nuovo amante. Lucius alzò lo sguardo, spaventato dal
suono, abbassando il corpo per proteggere il gattino sotto di lui. Vide suo
figlio, e Harry scomparire circa l’angolo.
Draco non dimenticherebbe mai l’occhiata di sorpresa, poi
preoccupazione sul viso di suo padre. Era molto chiaro che Lucius non capisse
precisamente quello che era sbagliato. Lucius
riconobbe che il suo Eletto era sconvolto. Cercò
minacce, non trovandone nessuno, confuso dallo scoppio. Felino al centro, aveva
difficoltà a dedurre, capire il perché. Hai gattini non erano
permesse gelosie e possessività. Quelle emozioni venivano con potere e posizione.
Lucius si aspettava che Harry sottoponesse e accettasse.
Draco capiva entrambi i punti di vista. Era dolente per
Harry, e irritato con suo padre, per essere preso dal
giovane in questa situazione. Anche se lui sapeva che
era il diritto del re per prendere chiunque lui desiderasse. Un diritto Draco
non aveva contestato mai. Un diritto che, fosse diventato re, lui avrebbe
esercitato. Sesso era l’affezione del clan.
Amore e la devozione erano cose
separate da sesso. Nessuno amava suo padre più di Amrys
e Grame. Ma come lontano sapeva Draco, il secondo e
terzo, avevano avuto raramente sesso con Lucius, se mai. Quando i tre erano
stati più giovani, non era insolito trovarli chiusi insieme,
allacciati appassionatamente su alcuna superficie piatta e conveniente
all’interno del feudo. La maggior parte dei loro tocchi in pubblico erano, ora,
gesti di dominio e sottoporre all’autorità del re, l’amore tra loro era lontano
più ovvio. Almeno a Draco ed al clan.
Ma Harry era umano. Harry non
sapeva. Nessuno gli aveva dato alcun insegnamento. Non era stato con gli altri
gattini, non aveva imparato quello che doveva fare un gattino da loro. Harry
aveva rifiutato di rispettare, tenere il suo luogo. E
ora era colpito nella faccia con la realtà della vita del clan. Draco si lanciò
dietro al suo amico. Doveva trovare un modo di spiegargli tutto. Poi, avrebbe
avuto un discorso con suo padre.
“Padre, dobbiamo
parlare.” Disse Draco,entrando nello studio di suo
padre con passo deciso. Graeme oziò sul tappeto vicino al muro, posato in parte
su un cuscino, mentre leggeva un rotolo di carta tenendolo alla lunghezza del
braccio. I suoi occhi blu scuri rimasero su Draco, ciglia lunghe
ombreggiavano le loro profondità. Occhi che domandavano.
“Ho mandato a
cercare il mio Eletto”, disse Lucius, interrompendo suo figlio. L’uomo corrugò
le sopracciglia, guardando il ragazzo che aveva visto per ultimo il suo Eletto.
La mascella stretta. “Non sono stati in grado di trovarlo. Sai dov’è? Sta
bene?”
Draco lottò di
nuovo contro il mostrare un sorriso furbo. Era improbabile che i ricercatori trovassero
Potter. Lui e Potter erano andati ad una delle stanze
segrete che Draco aveva trovato molti anni fa. Draco si era preso cura di non
rivelarne l’ubicazione a chiunque. Harry era arricciato
in un mucchio di pellicce, probabilmente ancora piangendo, come quando Draco lo
lasciò per venire a confrontare suo padre.
“Non ne sono
sorpreso, non quando lui ti vide con Troy. Harry non desidera esser trovato.”
Affermò Draco, incrociando le braccia al petto. Il giovane sfolgorò a suo
padre. Lucius sfolgorò di nuovo, incrociando le proprie braccia sul largo
petto.
“Cosa? Perché?” Chiese Lucius, sembrando
confuso, ed un poco adirato. “Perché dovrebbe nascondersi
da me? Ha paura? E’ stato minacciato? Io lo
proteggerò. Portamelo. Non dovrebbe essere da solo.”
“No. Perché
dovrei portartelo, quando sei tu che gli hai fatto male?”
Ringhiò il giovane. Graeme rotolò sopra la sua pancia, posando a parte il
rotolo di carta. Si alzò sulle ginocchia, poi su uno solo per poi alzarsi in
piedi. I suoi lunghi capelli erano rosse onde di rame sul suo petto nudo,
passando le sue anche. Con un gesto, le spinse dietro a se. Fuori del modo.
“IO? Come, gli ho fatto male?” Fu la sbalordita accusa di Lucius. La sua
espressione mostrava chiaramente che non comprendeva. “Io non gli ho fatto male.”
“Nessuno gli ha
insegnato quello che significa far parte del clan. Harry
passa poco tempo con gli altri gattini. Non capisce che cosa significa
essere un gattino, nessuno di voi gli ha insegnato. Io non posso, perché anche
se sono la Madre, e faccio parte del clan in un certo modo, sono umano. Io non
so cosa deve essergli insegnato.” Gridò Draco, che si avvicinò al padre.
“Vedrò che passi
più tempo con gli altri gattini.” Disse finalmente
Lucius. Alzando il mento e fissando suo figlio. “Così che possa imparare i
nostri modi. Era questo che volevi? Mi dirai ora, dove trovarlo? Così che possa
vedere che sia al sicuro.”
“No padre! Se lo spedisci via da te, se lo manderai da loro, lo
perderai! Lui non è come loro. Non è
mai stato come gli altri. Non quando era in scuola e non ora.” Addentò
Draco. “Non capisci? Tu sei un re. Sai come guardare nei cuori della tua gente.
Perché non il cuore di uno che ti ama disperatamente?
Uno che non aveva idea che avrebbe dovuto vederti accoppiare con altri, perché
nessuno gli ha mai detto che sono i nostri usi!”
“Come altro può
imparare, Draco?” Ringhiò impazientemente Lucius. “Mi hai appena sgridato per
non avergli insegnato, e ora mi dici di non spedirlo a quelli che possono
insegnargli meglio. Cos’è che vuoi? Che abbandoni quello che
mi appartiene di diritto?”
“Permettigli di
imparare da te. Insegnagli.” Chiese Draco a suo padre, il viso sincero. Lucius
lo guardò di sottecchi. “Digli che lo ami,
mostraglielo, prima che lo ditruggi. Per favore!”
“Il re non
insegna i gattini.” Ringhiò Graeme, avvicinandosi per sostegno al suo re. “Non
è venuto nulla di buono dal fare un’eccezione per lui.
Lui pensa di esser sulle leggi del clan perché gli hai permesso di dormire nel
tuo letto. Spediscilo nuovamente con i gattini. E’ dove appartiene.”
Lucius si sedette
sul largo divano. Il biondo guardava dal figlio al suo terzo. “Due persone che
amo e valuto mi dicono cose opposte. Come occuparmi di
qualcuno che io curo profondamente. Quale di voi è nel
giusto?”
Lucius si
rivolse all’orgoglioso, essere-leopardo suo terzo. “Tu, Grame, che tieni alla
tradizione? Che stai accanto a me, dandomi forza. Che
ho amato da quando eravamo giovani? Mi hai protetto
per lunghi anni, mi hai tenuto al riparo da danno e hai servito il clan. E’
questo lo spirito con cui offri il tuo consiglio
oggi?”
L’uomo alzò la
mano per fermare la rapida risposta. “No. Pensaci su, interrogati, guarda in te
onestamente, poi quando chiederò la tua risposta,
dammela dal profondo del tuo cuore. Dammi la verità, quello che tu pensi che io
devo fare per il meglio del clan, io ed il gattino che così
tanto ti provoca guaio. Anche lui è una tua
custodia, appartiene al clan, mio terzo. Come ti assicurerai
che lui possa prosperare sotto la tua custodia?”
“E tu.” Lucius si rivolse a Draco. “Mio figlio. Madre
dell’Erede. Amico credo, al mio Eletto. Quello che posò accanto a te, e
contenne la tua paura in giù. Dimmi. La tua soluzione è meglio per il clan, per
le nostre tradizioni, per me e per Harry, anche? Nessuno subirà danni agendo
come vuoi tu? Il mio Eletto deve imparare a vivere fra di
noi. Deve imparare i nostri modi. O, i nostri modi
dovrebbero cambiare? Dovremmo abbandonarli? Ciò che ha funzionato per questo
clan dall’eternità? Perché un gattino non può vivere con le nostre leggi così come sono? A chi saremo ingiusti? Pensaci, figlio.” Fece un
cenno ai due.
“Sedete. E pensate. Entrambi.” Lucius diede un’occhiata intensa ad
ognuno dei due uomini. “Mentre voi pensate, io
chiamerò il mio Eletto. A meno che tu mi dica dove
trovarlo?” Draco, caparbiamente, scosse la testa. “Molto bene. Userò la
chiamata. E poi, parleremo.”
Harry sentì la
chiamata. Non aveva mai esperimentato prima qualsiasi cosa come questa. Non era
quello che si era aspettato, quando aveva imparato che Lucius poteva chiamarlo.
Questo, era come essere accarezzato con mano competente, solo
internamente. La sensazione, il bisogno di seguire la chiamata gli parlava a
bassa voce. Sulla sua pelle, in giù la sua gola, nella sua
pancia, attorno al suo cuore. Toccò ogni organo con una profonda coercizione.
Le cellule del suo corpo, bramavano rispettare la chiamata. No, non dolorosa. Ma, impossibile ignorare. Quasi impossibile disubbidire.
Harry era abituato al dolore. Quello, era come
Voldemort l’aveva chiamato. Con dolore e tortura, la
sua cicatrice che sembrava come se dividesse la sua testa, e la promessa di
peggio se lui non andasse da lui. Questo non era nulla come quello.
Harry si alzò dalle pellicce. L’idea di dover andare da questo
uomo, il re, il suo re…ancora addolorato dall’averlo visto abbracciando
intimamente un altro…Quello bruciava. Quello era dolore.
Il giovane
giocherellò con l’idea di resistere. Harry non aveva illusioni su quello. Lui
era forte. Poteva scegliere di non andare. Lo distruggerebbe, ma era capace di puntare i piedi e resistere. La domanda era, ne valeva la pena? Era stanco. Si sentiva svuotato.
Vagamente triste. Intirizzito. Piangere, faceva sempre così a lui. Creò una
barriera tra se e il dolore. Troppo cattivo che l’intirizzimento si affievoliva
sempre, e la sofferenza aspettava quel momento. Harry l’odiava. Sarebbe
fuggito, piuttosto. Solo pochi mesi fa, l’avrebbe fatto, fuggire. Ora, scelse
di non correre. Scelse di rispondere alla chiamata.
Harry asciugò
gli occhi con la schiena della mano. Erano irritati ed
ancora bagnati con lacrime conficcate sulle sue lunghe ciglia. Harry sarebbe
andato, perché non aveva altra scelta che affrontare questo. Perché
non curò se Lucius lo vedesse così. Era finito. Aveva amato ed era stato usato. Era la sua propria
colpa per credere, per avere fiducia, per non ascoltare. Graeme era stato corretto. Chi avrebbe pensato che era Graeme che diceva la verità? E, Harry aveva
rifiutato di ascoltarlo.
Lucius fu il
primo ad osservare Harry, sulla porta. Si alzò, gesticolando a Harry di
entrare. Il giovane lo guardò con un viso senza alcuna espressione,
una faccia creata dal dolore più profondo, infradiciata da lacrime via via asciugandosi. Lucius aggrottò le sopraciglia a tale
vista. Ancora non aveva nessuna idea di ciò che aveva
fatto per provocare al ragazzo tale dolore. Draco aveva detto
che era stato il suo modo di trattare il ragazzo. Lucius non riusciva a capire.
Draco si alzò in
piedi, dirigendosi velocemente verso Harry. Avviluppandolo nelle sue braccia.
Harry guardò diritto negli occhi del re del clan. Harry mantenne il viso
pigiato al petto di Draco, spingendo la faccia nella carne dura, così che solo
gli occhi si vedevano da oltre la spalla di Draco, la metà più bassa del suo
viso nascosta. Grame era vicino alla scrivania, la faccia curiosa, più indagatrice
e meno adirata che Harry mai l’aveva visto, quando il più vecchio
essere-leopardo guardò verso di lui.
“Io non posso
farlo.” Disse Harry, piattamente, la sua voce avviluppata nella camicia di
Draco. “Voglio andarmene.”
“Andartene? Andare dove?” Chiese Lucius, ancora una volta sedendosi dietro alla
scrivania. Draco condusse Harry al divano e lo fece sedere là. Tentando
di prendersi cura dell’amico. Harry era distante, i tocchi non riuscivano a contattarlo, era come se stessero facendolo ad un altro.
“Via da qui. Non
voglio restare.” Disse Harry. Gli occhi fissi sull’argento
dell’uomo che sedeva alla scrivania. Harry si accorse di
quando Graeme si mosse, ma non poteva chiamare a raccolta la volontà per
guardare in quella direzione.
“Perché?” Chiese Lucius, la voce molle, vellutata. Gli occhi
grigi non erano ghiacciati, non erano freddi. Erano
gentili, guardando il giovane al quale stava parlando. Il suo Eletto. Harry
maneggiò una piccola scrollata di spalle tentando, ma fallendo, di spostare lo
sguardo. Non poteva precipitare in quella trappola, non ora, per favore.
“Ora mi ridono
dietro. Mi sono lasciato usare, per fare sesso in pubblico, di fronte a
chiunque che voleva guardare. Ora, ho servito il mio scopo, e
è finito. Hai Troy che succederà. Come io ho preso il posto di Fred. Dio, non mi ero reso conto di quello
che gli ho fatto. Spero che mi possa perdonare, un
giorno o l’altro.” La voce di Harry ancora era
gentile, costretta fuori dalla sua gola stretta,
sembrando quasi normale, ma Lucius sapeva che il giovane intendeva ogni parola.
“Fred sta bene.
Non gli hai fatto del male, o l’hai danneggiato in alcun modo. Il suo luogo non
è cambiato. Ancora è un mio Segnato e Chiesto da me. Troy
ha il luogo che deve avere, l’ho marcato. Tu hai il tuo luogo. Sei il mio
Eletto. Il clan è la tua famiglia. Rimarrai qui, dove sarai al sicuro e noi
possiamo preoccuparci di te. Non hai fatto nulla di vergognoso. Noi, non siamo
creature umane, per nascondere le nostre passioni in stanze chiuse.”
“Io non sono sicuro
qui. Non posso vivere il modo che fate voi. Non voglio. Io *voglio* nascondere
la mia passione in una stanza chiusa. Non voglio vedere, quando prendi i tuoi
innamorati , tanti quanti ce ne sono. Non voglio che
ci siano altri.” Harry sospirò, e Draco gli strinse il braccio, sfolgorando a
suo padre. “Io volevo solo uno. Volevo solo te, Un innamorato che fosse il mio,
che non dovessi dividere in quel modo. Sei il re del
clan, prenditi cura di loro, ma sii il *mio* innamorato, fedele a me. Questo era tutto ciò che volevo. Pensavo di averlo. Ora so meglio.”
Il silenzio crebbe come Lucius considerò le sue parole. Lucius parlò, in
tono basso e calmo, ad un Harry arricciato miseramente sui cuscini.
“Vieni. Siediti
con me, Eletto. Ascolta. Graeme e Draco stanno quasi per dirmi quello che
dovrei fare con te. Entrambi credono che io abbia
fallito con te, che ti abbia fatto un danno. Anche se ognuno di loro crede che
sia un danno diverso.” Lucius si alzò in piedi e
camminò verso il divano, portando il cuscino vicino a
Harry.
Harry si ritirò.
Lucius ignorò l’atto, e tirò Harry nelle sue braccia, guidandolo a posare il
capo sul suo petto, per poi inclinare la sua testa,
così da poter guardare l’uno negli occhi dell’altro. Harry non poteva
respirare. Le sue dita scivolarono, per poi armeggiare per una presa. Torsero lunghi, serici e pallidi capelli, afferrò il bicipite
spesso. Le grandi mani lisciarono i suoi capelli. Harry desiderò che potesse
spostarsi dal tocco. Ma il contatto…ne aveva bisogno. Il tocco di chi gli fece male. N’aveva bisogno. Harry si
strinse all’uomo più strettamente.
Le mani, erano tutto. Presero la sua forza, presero
la sua abilità di negare che lui chiedeva insistentemente. Merlino,
si sentiva debole, fiacco. Nascose il viso nell’abbraccio che lo cullava;
lottò, perdendo, la battaglia contro la sua dignità e cominciò a piangere.
“Io vedo il suo
amore per te”. Cominciò Graeme, la voce tenorile abbrancata, abbastanza acuta
da ferire. L’uomo si stese, alto ed orgoglioso, guardando in giù verso Harry
con sguardo fisso ed intenso, che era quasi una minaccia. Harry lottò contro
l’impulso per restringersi di nuovo, tentare di nascondersi più profondo
nell’abbraccio di Lucius. Harry sentiva anche l’istinto difensivo alzarsi, la
coercizione a colpire, difendersi. Sentì la sua magia entrare nel modo
difensivo.
“Tu non fai…”
Cominciò Harry, bollendo, i denti stretti. La mano di Lucius sulla
fronte di Harry, su nei suoi capelli. Accarezzando la sua guancia. Poi,
parlò.
“Ascolta. Senti
le parole come il loro significato. Non lasciare che il tono ti tragga in
inganno.” Mormorò il re, il suo alito che gli accarezza la guancia. Harry ingoiò. La
gola che bruciava improvvisamente, stretta. Rubandolo
della sua ira, della voglia di colpire, lasciandolo solo con paura e il dolore.
Ancora una volta, Harry era al limite delle lacrime. Lucius lo cullò. Graeme
alzò il mento, le labbra pienamente pigiate, sottili.
“Io so che il
mio re ti ama molto. Lui non può cambiare i suoi sentimenti, come fa qualcuno,
con i cambi di stagione. Il suo amore è profondo. Io temo per lui, mentre ti
ama. Temo che tu lo distrugga, distrugga quello che
lui è. Lui è un grande re. E’ ciò di cui ha bisogno il
clan. Lui protegge il nostro modo di vivere, ci dà forza
ed il buon consiglio. Il suo spirito ci sostiene attraverso le oscurità e i
tempi problematici.”
Graeme fece una
pausa, guardando Lucius. I due divisero uno sguardo. Le arie ancora contenevano
il potere di entrambe le loro magie. Graeme quadro le
spalle, come se preparandosi per un compito difficile. Prese un profondo
respiro e girò, cominciando a camminare sul pavimento di pietra.
“Noi ti abbiamo
fallito in delle cose, Potter. Tu non conosci la struttura del clan e come noi
facciamo cose, o anche perché. Noi non t’insegnammo mai. Il tuo cambio non era progettato. Nessuno venne da te e ti disse cosa
aspettarti. Nessuno ti fece da mentore. Blaise ci ha provato per un po’, ma tu
lo hai lasciato indietro. Nessuno tentò di riparare a quello. C’è una ragione
per cui i gattini stanno vicini. I gattini sono là l’un
per l’altro, per amicizia e perché necessario. Loro rispondono a domande,
badano all’un l’altro.” Graeme scosse la testa.
Camminando lungo il centro della stanza, riscaldandosi al suo discorso. Le sue spalle larghe che si drizzano. Poi, si girò a fissare
Harry.
“Tu, tuttavia,
sei diverso. Nel modo in cui divenisti uno di noi. In chi eri prima che venisti a noi. Draco è molto sicuro che
questo sia della grande importanza. Che non si tratta di un desiderio di
grandiosità adolescente, che veramente sei diverso. Non
so se o quanta verità ci sia in questo. Ma, ho sentito le sue parole, e non le
congedo.” Disse Graeme. L’uomo era di fronte a Harry e
Lucius. Esaminando il viso di Harry, come cercando la differenza di cui parlava
Draco.
“Il nostro re ti
ha accettato di fronte al resto di noi. Lui ti toccò, ti
contenne. Accettandoti come gattino. Le sue due scelte, quel giorno,
erano prenderti con noi, o ucciderti.” Graeme sembrò
esitare, come se decidendo se dire o non una certa cosa. Finalmente, decise di
parlare, e Harry sentì che l’uomo aveva ignorato una parte di quello che voleva
dire. Graeme tenne fuori un braccio lungo, muscolare, sventolandolo, come se lavando
via qualcosa.
“In qualche
modo, collegò con te. In momenti. Non nella lentezza del
tempo, dove tale legame può essere guidato e può crescere. Ti prese e ti
marcò, In fretta. Tu non hai capito quello che vuol dire essere il suo Segnato.
Prima che tale cosa fosse stabilita, tu sei diventato
il suo Richiesto. Nessun altro potrebbe essere con te e insegnarti come il clan
divide il sesso. Perché lui ti fece
il suo così rapidamente. Non era una cosa saggia da fare. Un gattino non
dovrebbe mai avere solo un innamorato.” Occhi blu e
scuri si incontrarono con grigio-pallido. Lucius non
sollevò difficoltà all’asserzione.
Harry aggrottò
le sopracciglia. Non era come se lui avesse voluto
esser cambiato, o volle essere preso prima del tempo. Non aveva voluto. La
scelta era stata presa da lui. Ora Graeme, stava delineando i suoi propri danni, pressoché nelle stesse
parole che lui avrebbe usato. Facendolo sentire come se fosse sua la colpa.
“Io ti avrei
preso, gattino. Altri del clan. Ti avremmo mostrato, come facemmo con Ron e gli
altri gattini. Ci sarebbero dovuti essere molti di noi per mostrarti il modo…gradualmente.
Mostrarti che noi, non siamo come le creature umane repressive a cui eri abituato. Che noi, ci preoccupiamo di te, diversamente
dalle creature umane.” Ora, Harry, avvertiva i loro
sentimenti su questo. Il ragazzo rimase accoccolato ancora di più nelle braccia
che lo contenevano, con aliti tremanti, scavando la faccia nella pelle
profumata, fresca, di seta. Lucius gli accarezzò i capelli. Harry non era avido, lui voleva un innamorato. Non una dozzina. Ma, Graeme proseguì, la voce più introspettiva.
“Quasi subito ti
ha chiamato come suo Eletto. Il suo primo Eletto durante il suo
regno. E tu non avevi idea di quello che voleva dire
essere Scelto. Non avevi idea del potere che ti aveva dato, potere
all’interno del clan. Tu sei la sua scelta. Il suo aiuto, la sicurezza del suo cuore. Tu puoi contattarlo quando
altri non sono permessi di avvicinarsi. C’è una ragione perché i gattini non sono chiamati subito Eletti. Non è una posizione facile da
tenere.” Il più vecchio essere-leopardo era momentaneamente silenzioso. Draco fece
un suono di protesta, come a dire qualcosa in rifiuto, ma
Graeme lo guardò, per poi continuare.
“La posizione di Eletto contiene grande responsabilità, non è una
posizione per un bambino, nessuna questione come straordinario.” Concedè
Graeme, che Harry era diverso, a Draco, vedendo come il giovane era impaziente
per farlo. “Non mi sorprende che tu non comprenda ciò
che comporta la tua posizione. Io sono sia allarmato che adirato, che è costretta su di te. Il collegamento non è sempre
volontario. Può essere contraffatto in un istante, ed
anche un uomo forte non può negarlo. Una volta è fatto, è
difficile sopprimerlo. Temo quello che farai a lui. Temo che quando lui avrà
bisogno di te, lo castigherai per un’immaginaria colpa e ti neghi. E così, faccia pagare all’intero clan. Penso che tu non sia
pronto per quello che lui ti da.”
Harry si volse
via dallo sguardo fisso ed intenso, il viso arrossato. Era come se Graeme
stesse chiedendogli se fosse abbastanza responsabile e maturo per accettare la
verità di quello che lui stava dicendo. Harry sapeva di essere adirato, che
voleva frustare fuori e fare richieste. Voleva lottare per il suo diritto di
non essere usato, di non essere fatto male. Graeme
stava dicendogli, se aveva capito correttamente, che questo non era su lui. Che
le sue necessità e desideri non erano in considerazione, che erano
la parte più piccola di qualcos’altro. Che la
posizione che Harry pensava di avere, come l’innamorato di Lucius, era in
realtà molto di più.
Ancora una
volta, la vita di Harry non poteva essere facile, non poteva
essere semplice. Harry lottò con la spinta per essere di cattivo umore, gridare
le sue mancanze ed insistere su loro o minacciare di andarsene. Perché non dovrebbe chiedere che i suoi bisogni vengano
prima, solo per questa volta, solo per questo? Harry combatté per non
precipitare di nuovo nei modelli sperimentati e veri, quelli che avevano
funzionato prima. C’erano stati troppi cambi. Faceva male. Dove
era la sua sicurezza? Il beneficio per lui? Perché
doveva abbandonare ciò del quale aveva bisogno, di nuovo? Non era troppo da
chiedere. Un innamorato che era fedele.
Draco non poteva
aspettare un momento di più. Si alzò e camminò su a Graeme. “Tu sei da molto tempo parte del clan. Sei
stato elevato da genitori che erano del clan. E’ ciò che tu conosci.
Harry, finché fu portato qui, non aveva neppure idea che noi esistessimo.
E’, per lui, difficile capirci come lo è per te capire lui.”
Harry si era
alzato a sedere. “Non ho mai chiesto di diventare un licantropo!” Addentò lui.
“Questo, è ciò
che intendo.” Disse Graeme. “Tu non sei pronto per essere l’Eletto. Quello che è fatto, è fatto. Non può essere cambiato. Quindi, tirarlo su è spuntato.”
Harry ringhiò,
agitandosi fino ad alzarsi in piedi. “Col cazzo che è
spuntato!” Gridò, la voce roca, ferite grondanti sul viso. “Sono così stanco di
persone che mi dicono ‘Questo è il modo in cui è’.
Non lo accetterò più!”
Graeme abbassò
la testa, scuotendola. L’uomo sospirò. Guardò verso di Lucius, che era ancora
seduto, guardando la sua mano destra ancora contenuta ermeticamente dal suo
Eletto. Harry non sembrava consapevole di ancora tenere la mano come si alzò,
accanto al divano, arruffato nella sua ira. Confrontando il terzo del clan.
Graeme era su
Harry, un istante prima era a una dozzina di piedi, ed
il prossimo, la sua mano era stretta circa la gola di Harry. Alzandolo e
lanciandolo di nuovo in cima a Lucius ed il divano, come se lui fosse un foglio
di carta che sta a galla verso terra. Lucius lo prese,
cullandolo in uno sbarco sicuro.
Draco lasciò
fuori un uggiolare angosciato, iniziando ad avvicinarsi. Graeme si voltò verso
il biondo, alzando un dito. Draco riprese un passo, acquattandosi al pavimento.
Graeme che gli lancia uno sguardo ammonitrice, per poi
girarsi e camminare impettito verso un Harry sbalordito che anelava. Lucius lo
contenne di nuovo, braccia circondandolo. Sicuro.
“Tu sei un
gattino.” Disse Graeme, inclinandosi verso il giovane, sibilando leggermente.
Harry sentì il corpo gelatinizzarsi al fischio, il cuore che batte
dolorosamente forte. Harry si aspettò di sentire paura, ed era là, lontano allo
sfondo, ma era superato da qualcosa piuttosto diverso
e molto più forte.
L’avviò la mano
di Graeme alla sua gola. Crebbe quando l’uomo lo
gettò, ed ora mentre si inclinava su di lui, stanchezza si sparse, Harry voleva
Graeme che lo sovrastava. Solo come questo. Resa. Il rifiuto di lottare. Sottomissione
alla volontà di un altro. Harry ansò, incapace di difendersi. Il suo corpo non
rispondeva alle dichiarazione urgenti. Il suo corpo
voleva qualcosa di completamente diverso.
“Non cercare
d’insultarmi. Non cercare di sfidarmi.” Graeme si avvicinò ulteriormente,
gettando una gamba sul giovane seduto in modo scomposto, sovrastandolo,
pigiandolo pesantemente sui cuscini e in cima a Lucius. I
duri, globi rotondi del suo didietro, pigiati sopra le cosce di Harry.
Harry rimase immobile, rilasciando un lamento. Lucius ringhiò, e Harry lo
risuonò, solo che il suo era un suono più lamentoso, un accattonaggio, un suono pieno di speranza. Graeme sorrise,
quando giunse al suo orecchio. La mano rimase sopra Harry, esplorando,
percorrendo. Accarezzando, in affettuosa approvazione.
“Tu dici che io sono in errore. Permettimi di illuminarti.
Ascolta quello che il tuo corpo sta dicendoti.” La
voce che stava usando era molle e bassa, la mano di Graeme smise di vagare,
fermandosi sul mento di Harry, spremendolo solo un po’.
“Tu sei un
gattino. Io sono il terzo. Io sono stato dove sei tu
ora. Tu, non sei stato dove io sono. Anch’io ho dovuto
imparare a rispettare. Ora, è ciò che tu devi imparare.” La sua faccia si avvicinò
sempre di più, i suoi magnifici occhi fissi su Harry. Le sue labbra si
dischiusero, rivelando le piene zanne. Harry rilasciò uno squittio. Le sue ossa
diventarono d’acqua. Il tocco di Lucius, continuava, calmante sui suoi fianchi.
“Non puoi
camminare prima di strisciare, gattino. E nessuno ti
ha insegnato a strisciare. Io t’insegnerò a strisciare, camminare, poi correre.” Harry tentò d’inclinarsi via, ma il suo corpo non gli dava
retta. I suoi muscoli erano rilassati, mentre sentì
Lucius spostarlo per sostenere meglio il suo ed il peso di Graeme.
E quel piccolo spostamento era incredibile. Ora tutta
l’attenzione di Harry era sull’essere tra i due uomini. Il suo adorato dietro
di lui. Graeme davanti. Duro ed amando la parte posteriore. Duro e
controllando, richiedendo davanti. La presa di Lucius era accurata, attenta ma
protettiva; non bloccando Graeme o impedendolo. Harry voleva essere
contenuto, così. Harry cominciò a tendere, volendo più contatto. Graeme
ringhio profondamente, un brontolio proveniente dal suo largo petto. Harry
squaglio, lo stomaco vibrante. Oh, Dio. Graeme stava inclinandosi su lui. Non
poteva…
La mano di
Lucius lasciò la vita di Harry, muovendosi su, e sopra il braccio di Graeme,
dita magre che si avvolgono comodamente sul polso del terzo, una stretta che
non bloccava. Solo là. Che conteneva Graeme, mentre questi
conteneva il viso di Harry. Gli occhi di Graeme scintillarono con
bagliori di luce scura. L’uomo alzò il viso, guardando fissamente il gattino,
per passare poi fissare gli occhi del re.
Harry guardò
alle labbra di Graeme, sentendo il suo alito che si avvicina sempre più veloce,
più profondo, più duro. Come il grande uomo si alzò,
muovendosi verso di Lucius, il corpo così vicino a
Harry che si accarezzarono per tutto il movimento, pelle molle e di seta
dell’addome nudo e il petto sul suo proprio torso. La mano si spostò, dita che affondano nei suoi capelli disordinati, corvini, unghie che
grattano il suo scalpo, stringendo ogni nervo nel suo corpo, spedendo brividi
dalla testa ai piedi.
Il lamento di
Harry fermò, momentaneamente, il moto verso l’alto di Graeme. Il più vecchio leopardo
guardò in giù, focalizzando sul viso del giovane, le pupille dilatate, le
guance arrossate. Graeme fece una pausa. Con un’occhiata ripiena di fame negli
occhi, si leccò le labbra. Harry si lamentò nuovamente. Implorando. Doveva
ammettere che era ciò che significava il suono. Bisogno.
Urgente.
Harry era confuso, respirando velocemente. Cosa
stava facendo?
“Stai chiedendo
favore da un leopardo più dominante.” Disse Lucius,
gentilmente. “E’ istinto. Non puoi lottare contro lui.
E non devi. E’ una cosa naturale. Non qualcosa da
temere.”
“IO…” Cominciò
Harry.
“Non aver
paura.” Bisbigliò Graeme, posando pesantemente sopra di Harry. “Questo
sentimento, è ciò che si suppone che tu abbia. Tutti noi l’abbiamo, ad una durata
o l’altra.”
“Lui ha ragione.
Permettigli di prenderti. Sentilo. Io sono qui. Graeme è qui. Sei al sicuro.”
Gli disse Lucius.
Harry sospirò.
Lui si sentiva…
Caldo.
Al sicuro.
Buono.
“Harry?” Draco
era prossimo al divano, inginocchiato, dita snelle che abbrancavano la sua
camicia. “Harry? Tutto bene?”
Harry alzò gli
occhi storditi sul viso del suo amico biondo. Allo sguardo fisso ed agitato,
l’espressione ansiosa. Harry considerò la domanda per un momento. Inaspettatamente,
scoprì la risposta.
“Si. Sto bene.”
Disse lui. E, stranamente, era vero.
“No”, disse Harry al grande guardiano. Yaji ritornò il cipiglio. “So che Graeme
vuole che io capisca come si comporta il clan, ma non ho mai accettato questo.”
“Questo? Cos’è questo?” Chiese
Yaji. I suoi corti capelli castani erano arruffati,
arricciandosi circa la faccia e la nuca. Occhi scuri guardarono mitemente il
più corto giovane. Harry non poteva proprio credere che fosse lo stesso uomo
con cui aveva lottato durante il suo primo cambio. Non c’era nessun segnale di
rabbia. Era grande e maschio, e abbastanza bello, anche se in un modo grezzo. Ma Harry non stava per aver sesso con lui. Nessuna questione
come Graeme disputasse che aveva bisogno di farlo.
“Questo…Non avrò sesso con te.” Fu la ferma affermazione di Harry, sventolando
la mano nell’aria tra loro. Le sopracciglia di Yaji si alzarono bruscamente
verso l’attaccatura dei capelli. “E se intendi farmela pagare per aver usato
gli artigli su di te, dimmelo ora.”
“Tu sei l’Eletto, è chiaro che
non avremo sesso. Ed io non ti danneggerò per lottare durante il cambio.” L’uomo era scandalizzato. “Perché pensi tale cosa?”
“Uh.” Ora, Harry era arrossito.
OK. Quindi, sembrava che fosse saltato alle
conclusioni sbagliate. Ma non era naїve
abbastanza per deludere totalmente la sua guardia. Dopo
tutto era Yaji che era entrato nella stanza dicendo
che Graeme l’aveva spedito per insegnare Harry. E per
quello che concerneva Harry, oltre a tutto quello che poteva essere Graeme, lui
era ancora un maniaco del sesso. “Quindi, se non è
sesso…poi, cos’è?”
“Sono qui per abituarti ad essere
toccato.” Yaji rispose, come se quell’asserzione fosse
perfettamente naturale. Harry era ancora accorto. Non del tutto sicuro di voler
esser toccato. Non conosceva molto Yaji, a parte il fatto
che era vicino Draco.
“Toccato? Toccato come?” Perché
c’erano molti modi di toccare, e non tutti di loro erano OK con Harry. Alcuni
di loro non stavano, definitivamente, per accadere.
“Ti conterrò.” Yaji sembrava
impaziente, mentre fissava in giù al piccolo ragazzo.
“Perché?”
Disse Harry, sfidando l’uomo, che lo guardò come se improvvisamente fosse
impazzito.
“Chiaramente perché il terzo mi
ha spedito per farlo.” Harry aggrottò le sopracciglia
ed addolcì.
“Oh, va bene. *Se*
tu rispondi alle mie domande, siederò con te. “Quantità? E
nessuna mossa quaggiù. Nessun afferrando o accarezzando. Il mio didietro o…”
Harry gesticolò vagamente al suo inguine.
“Quantità. E io, non lo farei mai
senza il permesso del re.” Probabilmente, poteva
essersi sbagliato, ma Harry pensò che l’angolo della bocca dell’uomo si
contorcesse. E il custode essere-leopardo l’andò a
prendere, spaventandolo. Harry rilasciò uno squittio di protesta, mentre fu posato sul grembo dell’uomo, come Yaji si sedette sul
palo di pellicce.
“Ehi!” Harry, aveva pensato di
doversi sedere *prossimo* all’uomo, quello era, almeno, il suo piano. Forse, che mettesse un braccio sulle sue spalle.
Apparentemente, non era il piano dell’uomo. Yaji lo tenne comodamente. Non c’era nulla di sessuale nell’abbraccio, ringraziando Merlino.
Non era poi così male.
Imbronciatamente,
Harry decise che doveva solo sopportarlo. Harry rilasciò un cauto respiro.
“Bene. Tu stai tenendomi. Io
posso fare le mie domande. Ora, dimmi sulla Stanza delle Regole.” Domanda e
risposta, terrebbero la sua mente via dalla situazione. Come le cosce spesse si
sentivano sotto il suo didietro. Il caldo profumo
maschio, un po’ drogato. Realmente piacevole.
“La Stanza delle Regole? Cos’è?”
Chiese Yaji, facendo scorrere una mano su e in giù il braccio di Harry. Harry
saltò, ma l’accettò. Pungendo il suo labbro. Harry voleva conoscer davvero la
stanza, e aveva anche altre domande a cui desiderava
aver risposte.
“Lo sai, la stanza di pietra,
quella con le regole…le leggi sui muri. Sul primo piano. Verso l’ala ovest.”
Spiegò Harry, guardando le diverse espressioni apparse sul viso dell’uomo.
Confusione, sorpresa, poi un interesse acuto.
“Il Tempio? Come sai del Tempio?”
Chiese Yaji.
“L’ho trovato.” Harry non aveva
nessun’esitazione a mentire per proteggere Draco.
“Ma…solamente
i Veggenti ed i tre dominanti, possono entrare nel Tempio. La magia lo protegge
dalle intrusioni.” Disse Yaji. Le sue mani, dopo essersi fermate per un minuto,
ritornarono ad accarezzarlo, su e giù per la schiena. Una mano massaggiò i suoi
polpacci, e quello era molto, molto buono. Harry si morse il labbro, per
evitare un lamento.
“Io…io sono solo entrato.” Harry
non disse che Draco era andato con lui. Se c’erano guai, così sia, ma non avrebbe trascinato Draco con
lui. “Non ho avuto problemi ad entrare.”
Il braccio di Yaji sosteneva la sua schiena, poteva sentire i muscoli spessi. Quindi, questa cosa dell’accarezzare, non era niente male.
“Non parleremo del Tempio. Se hai bisogno di risposte sul tempio, Kaithas può aiutarti.
Hai altre domande?” Yaji, era deciso, nel suo rifiuto
di parlare del Tempio. Harry considerò le sue scelte e decise di muoversi su.
“Hmmm.
Va bene.” Ringhiò Harry sottovoce. Poi, più forte, chiese. “Dimmi di Lucius.”
“Il nostro re?”
“Si.”
“Cos’è che vuoi sapere?”
“Da quanto è re?”
“Per dieci anni prima della
nascita di Draco. Era sposato a Narcissa, ma prese molti anni, prima che Draco fosse concepito e nato. Non riuscì a portare a termine le
prime quattro gravidanze. La sua famiglia è resistente alla licantropia. Il suo
corpo rifiutava i bambini che sarebbero stati capaci di esser licantropi se
nati. Il re si rattristò grandemente quando scoprì,
più tardi, la ragione per la perdita dei suoi primi figli.
“Wow. Povero Lucius. E povera Narcissa.” Harry poteva immaginare quello che
poteva essere aver una vita che cresce dentro te, e
poi perderla. Quattro volte. Doloroso.
Il labbro di Yaji arricciò in un
ringhio. “Portò su se il dolore con la sua falsità. E
sul re. Fece pagare al re e al clan il prezzo dei suoi desideri.”
“Spero che Draco non abbia
problemi.” Harry sentì l’uomo irrigidirsi.
“Kaithas crede che tutto andrà
bene. Ha consultato il mago di pozioni alla scuola. Il dottor Snape.” Affermò
fermo Yaji.
“Il professor Snape. Sa che Draco
è incinta?” Aveva senso. Snape era vicino alla
famiglia Malfoy. Draco aveva bisogno di pozioni per aiutare la sua gravidanza.
Per quanto lo rendesse incomodo, Harry ammise che l’uomo aveva
completamente dell’abilità.
“Si. Ha visitato spesso il
Feudo.”
“Draco sta bene.” Affermò Harry,
perché non poteva fare la domanda rischiando di avere una risposta diversa. “E quando l’erede è nato, lui sarà la Madre. Ed Amrys il Sire.”
“Hai ragione.”
“Si sposeranno?” Chiese harry.
“E’ insolito per il Sire sposare la Madre?” Lui sapeva che Andromeda non si era
sposata. Ma lei era anormale, nella mente di Harry.
Non la prendeva come esempio del normale comportamento del clan.
“La Madre e il Sire? No, non è
necessario. Amrys può se richiesto. Ma, penso che
Draco declinerebbe.” Disse il guardiano, con tono fiducioso.
“Penso che tu abbia ragione.”
Rispose Harry. E ricordò tutte le cose che aveva sentito su questo grande guardiano e Mantheer che proteggevano Draco. I
sentimenti che avevano l’un per l’altro erano
profondi. Forse, i due, amavano Draco? Romanticamente? Un pensiero da
ricordare.
“Sposeresti Draco?” Fu la brusca domanda di Harry.
Gli piaceva il profumo di
quest’uomo. Poteva vedere Draco precipitare per lui, se si fosse
stancato delle ragazze. Odorava caldo e buono, e più che un poco sexy. ‘Harry’, pensò lui, ‘stai
trasformandoti in una vera donnaccia.’
Sybil raccolse la fiala
luminescente e fragile, facendola rotolare tra le mani, scaldandone il liquido
spesso al suo interno. Era il sangue concentrato che aveva fatto dal sangue raccolto dall’asciugamano. Era forte, migliorato con
tutta la magia che lei poteva generare, e solamente alcune gocce erano
abbastanza per la sua pozione di polyjuice per funzionare.
Si girò a guardare la donna che
dormiva protesa sul suo letto. Alta e aggraziata, sensuosamente femminile,
trasudando un forte richiamo sessuale, qualcosa che Sybil, sebbene non essendo
precisamente poco attraente, non aveva mai avuto. L’appello chiassoso al sesso.
Aggiungere il sangue di questa donna alla pozione era una buona
idea. Una delle sue migliori. Si permise un sorriso orrendo.
Accarezzando la fiala, contemplò la prossima parte del suo nuovo piano.
Il sangue della donna, Andromeda,
servirebbe per concentrare ulteriormente la pozione, e ce ne era
abbastanza per cambiare entrambe. Sybil avrebbe un compagno nella sua ricerca
per più prede. E per Draco. Quel marmocchio pauroso
era stata la ragione per cui i suoi iniziali piani erano
falliti così male. Doveva pagare per quello. Andromeda, essendo della famiglia
malfoy, poteva farla accedere dove Sybil non aveva speranza
di ottenere. La donna sorrise nuovamente, tutto funzionerebbe per il meglio,
forse.
Trelawny,
pazientemente, mise una frazione del concentrato nel calderone, che stava
bollendo dolcemente. Mescolò la mistura contando mentalmente il tempo,
accurata a tenere i movimenti lisci ed anche alla velocità corretta, cercando
di non fare schiuma. Aveva fatto la stessa cosa così tante volte, che era
diventata quasi una seconda natura per lei, ed ormai conosceva l’istante esatto
in cui aggiungere il contributo di Andromeda.
Goccia a goccia,
aggiunse il sangue fresco. Inalando la pozione risultante dopo ogni minuscola
aggiunta., finché il profumo indicò la perfezione. La
pozione era perfetta, si, e squisita, il profumo senza alcun difetto, e lei
l’annusò, per poi ghignare. Il riccio di vapore che sorge
dalla fermentazione completa era impetuoso, e Sybil l’inalò in profondità nei
suoi polmoni, mentre divise la pozione in due porzioni. Bevve la propria, mentre
si diresse dal calderone verso Andromeda. Un sorso veloce ed erano in azione.
Un incantesimo
rapido ed Andromeda, era sveglia e costretta a bere dal calice che Sybil conteneva.
Due rapidi bocconi per lei, un momento in cui avvertì il desiderio di
rigettare, poi Andromeda crollò di nuovo sopra il letto con evidenti conati di
vomito. Un momento più tardi, iniziò ad agitarsi, mentre Trelawny già nel mezzo
della sua trasformazione, guardò soddisfatta. Che fisico fantastico,più grande che prima, più lucente, più agile. Ah, era
perfetto, così perfetto.
I gattini erano fuori, tutti in
forma di esseri-leopardi, saltando nell’erba alta,
inseguendosi l’un con l’altro ed approfittando di un’opportunità per correre
fuori pienamente. Harry, per prima imbarazzato all’idea di correre e giocare
come un piccolo bambino, era completamente preso dai
giochi dopo pochi minuti.
Tra i gattini e i boschi, Yaji,
Mantheer e gli altri guardiani, erravano per prevenire alcun approccio segreto
ed attacco sui gattini.
Dumbledore aveva, di malavoglia,
spedito parola di un altro attacco sull’università di Hogwarts. Fatale, come erano stati tutti, eccetto quello di Harry. Il
Ministero della Magia aveva spedito Auror per guardare i terreni della scuola,
ma senza trovare nulla di sostanziale. La loro presenza, almeno, sembrava aver
fermato altri attacchi. L’unica notizia spedita, aveva confuso Lucius. La
creatura non era naturale, ma un’abominazione della magia scura.
Non c’era nessun avvistamento
dell’assalitore, nessun testimone, e del luogo del
crimine stesso, era così contaminato da esserci troppo poche informazioni
utili. Lo stesso Dumbledore era andato all’area e l’aveva analizzato
magicamente, senza risultati. Non avevano nessun modo di localizzarlo. La
frenesia era anche più brutale e catastrofica. Il bambino doveva essere identificato da magia, perché una determinazione
visuale era stata impossibile.
Lucius era stato chiaro
nell’affermare che nessuno dei gattini stava ritornando presto a Hogwarts. E borbottando, Dumbledore era stato d’accordo che le
precauzioni erano sagge e che erano ancora necessarie, evidentemente.
Quindi,
nessuno dei gattini fu permesso fuori senza scorta. E
tutti i membri del clan erano stati ordinati di viaggiare in paia, o meglio
ancora, in gruppi, finché l’assalitore si trovasse.
I gattini si erano comportati
bene, in gran parte, ed ora erano fuori a lavorare la maggior parte
dell’energia imbottigliata su dal loro forzato rinchiudere nel Feudo. Lucius,
finalmente, aveva accettato il fatto, quando s’incontrò
con i gattini che tenevano corse nelle sale della cantina. Si erano scontrati
con lui, cadendo a terra e rotolando in un mucchio in giù la sala.
I gattini coinvolti, Troy, Fred e George Weasley, che avevano gettato il loro re
sul proprio sedere, erano stati mortificati, ma Lucius aveva riso solo ed aveva
detto loro che li spedirebbe fuori coi guardiani prima
che potessero rompere il suo, o qualcun altro collo.
Ora stavano giocando, perfino
Harry. Lucius guardava dalla finestra la parte posteriore, che si contorce del
suo eletto, superato da una lunga coda che vibra con
delizia, mentre correva in cerchi. Una vista notevolmente allettante. Contemplò
la gioia di mettere, più tardi, le mani su quei fianchi dilettevoli.
Lucius pensò che poteva aver bisogno di una buona corsa. Stava dibattendo l’opportunità quando vide un bagliore di luce nel medio del
gruppo dei gattini, un istante prima che sentì l’incantesimo di apparizione.
Non era possibile! Le custodie avrebbero dovuto prevenire chiunque dall’entrare
o uscire senza permesso.
“Oh, merda.” Ringhio Lucius, ira
che lo riempie, si alzò e aprì la finestra. L’uomo balzò fuori della finestra
al terzo piano, cambiando a mezz’aria e colpì il pavimento in marcia e corse.
Due bestie erano nel mezzo dei
suoi gattini, artigliando con le zampe. I gattini cercarono di correre verso la
casa, via dagli orrori che cercavano di afferrarli. Tutti eccetto Draco, che
era umano, e che non poteva cambiare, lui non era
abbastanza veloce, ed i mostri stavano raggiungendolo.
Poi Harry girò e guardò di nuovo,
vedendo Draco ed i guardiani distanti che cercavano di giungere al suo amico;
ma erano troppo lontani. Lui, non lo era. Harry si girò e si diresse in difesa
di Draco. La sua azione allertò gli altri gattini, e tutti girarono come uno,
seguendolo. Lucius non sapeva se applaudire il loro valore, o gridargli per
l’avventatezza. Abbassò la testa, protese il collo e fece un nuovo scatto della
velocità.
Lucius sentì il tonfo come Potter
sbarcò sulla schiena di uno dei mostri, non abbastanza bilanciato per fermare la zampata puntata verso Draco. La zampa
artigliata e massiccia, balenò su Draco, mancando di poco la testa, per poi
cercare nuovamente di colpirlo in un colpo fatale. Meno che due secondi più
tardi, c’erano due tonfi, come Yaji e Mantheer
arrivarono, ringhiando e lottando ferocemente. Gli altri guardiani, stavano
dirigendosi verso gli altri gattini, raggruppandoli
via dall’alterco come Lucius raggiunse il gruppo, ringhiando per suo figlio.
Draco era a terra, sulla sua
schiena cercando di mettere distanza tra lui e gli artigli che tagliano. Lucius aveva l’impressione strana di capelli biondo argentei, lunghi, dell’esatto colore dei
suoi…o sua sorella. E seni magnifici che lui aveva
visto prima solo su una donna, ora ornavano ambo i mostri. In un bagliore, lui
seppe che una di queste creature deformi era sua sorella. Cambiata orrendamente,
ma era Andromeda. Solamente…ambo le creature
sembravano precisamente le stesse, odoravano orrendamente uguali, capelli
lunghi, luccicanti che volano attorno ai loro corpi nudi, il puzzo che sorgeva
come un miasma soffocante come lui li lacerava, sangue e carne che volavano in
grumi duri, grassi.
Mantheer e Yaji erano come uomini
posseduti, combattendo le goffe creature, più alte anche di Mantheer, lacerando
fuori grandi pezzi. Lucius sentì il lungo, uggiolare urlante del
suo secondo poco prima che Amrys fracassò nel gruppo. Una delle creature
ansò, lasciando fuori un ringhio, ed ancora una volta luce balenò ed i due
mostri erano andati. Lasciando dietro di se solo il
fetore e pezzi insanguinati che ricoprono l’erba calpestata.
Draco era
arricciato a terra, ferite visibili attraverso l’abbigliamento e nella
sua carne, Mantheer e yaji si acquattarono minacciosamente su lui, ringhiando.
Denti scoperti a chiunque che si muoveva.
Lucius si trasformò in una
creatura umana e si diresse verso di loro. S’inginocchiò, girando dolcemente Draco
per esaminarlo. Le sue cosce mostravano ferite d’artigli profonde. Il suo petto
intatto, mostrava che l’attacco era stato diretto al
suo stomaco, che era riuscito a proteggere. Al suo stomaco, e forse, probabilmente
all’erede non ancora nato.Lucius, ora,
era sicuro che una delle bestie fosse Andromeda, l’attacco su Draco ed il
bambino che stava portando era chiaro.
Dolcemente, Mantheer alzò Draco,
facendo lamentarsi il ragazzo in dolore. Doveva esser visto
rapidamente, l’emorragia fermata, e il Master di Pozioni, Snape,
chiamato per controllare la sicurezza dell’erede.
Lucius afferrò Harry dalla
collottola, e lo penzolò nelle sue braccia. C’era abbastanza tempo, più tardi,
per esser entusiasmato per il suo meraviglioso, e
sciocco, atto eroico che aveva probabilmente salvato la vita di Draco.
Mantheer portò
Draco nella piscina, posandolo nell’acqua completamente
vestito, ignorando gli altri che venivano dietro di lui. L’uomo aveva
occhi solo per il giovane che si lamentava che conteneva tra le braccia così
attentamente. Yaji entrò nell’acqua insieme a lui,
sostenendoli ansiosamente entrambi. I due cominciarono a tentare dolcemente di
stimare i danni che Draco aveva ricevuto. La sua
faccia era anche più pallida del solito e si stava mordendo il labbro inferiore
per il dolore. Harry fece un suono mentre guardava, e
tese, cercando di andare dopo Draco, ma Lucius lo contenne di nuovo.
“Loro si
occuperanno di lui, Harry. Permettigli di fare il loro lavoro. Stanno già
soffrendo per non essere stati capaci di proteggerlo.
Quei due hanno bisogno di preoccuparsi di lui, riconnettere.”
Mormorò Lucius. La sua mente era distratta,
continuando a fumare su come Andromeda e chiunque che era con lei aveva
maneggiato entrare sul loro territorio, ed attaccare Draco. Come parte della famiglia dei Malfoy, Andromeda era quasi
impossibile da tenere fuori con le custodie del Feudo. Ma,
qualcosa doveva esser fatto. O il mostro avrebbe
redini gratis per i loro territori, e qualcuno poteva morire.
Lucius e Harry
si voltarono come Kaithas scoppiò nella stanza, congiungendo il gruppo di licantropi
interessati che riempiono la stanza. Lucius abbracciò
la forma tremante del suo Eletto. Harry aveva salvato Draco dal danno peggiore,
ma la guarigione del giovane sarebbe stata lunga. Lui
non era un licantropo, e non era capace di usare il cambio per guarirsi.
Lucius vide
Tanith entrare nella stanza, lentamente i suoi grandi occhi preoccupati che errano finché non trovò Draco. Quando
suo figlio era un bambino, non c’era stato nessuno più vicino a lui che la
Veggente femmina. Lei era stata una seconda madre al ragazzo. Poi, col fiasco della
sua inabilità, i due si erano allontanati. Cose avevano iniziato a tornare ad
una nuova strettezza con la consegna pendente dell’erede.
Tanith aveva
accettato la notizia della gravidanza di Draco con sorpresa e poi, la vera
soddisfazione. Ancora, la donna era cauta, ai membri del clan maschi mancò
l’abilità dei maghi di portare bambini all’interno dei
loro corpi. Anche maghi non avevano un tempo facile
con quello. Tanith aveva passato una lunga serata a Hogwarts con Kaithas,
quando entrambi i Veggenti consultarono il Master di
Pozioni, Severus Snape. L’uomo aveva fatto aumentare la sua fiducia, ma ancora
la donna aspettò. Aspettò che fosse sicuro che il
bambino sarebbe nato vivo, prima di celebrare troppo apertamente. Aspettò di
scoprire se il bambino fosse stato capace di
trasformare in un licantropo. Quando la conferma verrà,
ululerebbe la sua felicità ai cieli.
Kaithas,
immediatamente, spinse la maggior parte degli uomini e donne preoccupati fuori,
offrendo parole confortanti ed assicurazioni in cui lui non credé completamente
ancora, e si spogliò per congiungere Mantheer, draco e Yaji nell’acqua. L’uomo
si costrinse di muoversi lentamente, una cosa fatto più
difficile da tutto il sangue che stava a galla come una nube nell’acqua
riscaldata, ed il profumo nocivo ed acuto nell’aria.
Mantheer lo
guardò con occhi bazzicati e pieni di dolore, un dolore
profondo come quello che sentiva Draco. Yaji continuò nelle sue assistenze,
ignorando il Veggente.
I due guardiani
stavano spogliando, molto dolcemente, Draco delle sue vesti bagnate, l’acqua
che impedisce al sangue di attaccarsi alle ferite e
lavando via anche l’immondizia delle creature che l’avevano ferito. Draco
rimase calmo e li lasciò lavorare, anche se gli scappò un piagnucolio appena
udibile quando Yaji pulì una delle ferite peggiori sulla sua gamba.
Kaithas vide
rapidamente che nessuna ferita era sull’addome del giovane, e lui disse a bassa
voce una preghiera di ringraziamento. Il bambino aveva un’opportunità. L’uomo
posale mani su Draco e cominciò ad analizzarlo,
cercando conoscenza di come seriamente fu ferito, e quello che potrebbe essere
fatto per guarirlo.
Uno schiocco
suonò, il suono di qualcuno che appariva nella stanza. Tutti nella stanza
voltarono la testa e Amrys volò verso la figura che si materializzava,
cambiando nella piena forma di Leopardo pronto a
combattere. Lucius ficcò harry nelle braccia di Tanith. Harry eluse il Veggente femmina e saltò dopo il suo re ed il secondo, un
leopardo nero e luccicante, pelliccia dritta sul corpo.
La persona
apparsa fu confrontata con tre esseri-leopardo furiosi nella piena maniera di attacco. Fu salvato da danno
serio solamente all’ultimo secondo quando Amrys e Lucius compresero chi era,
cambiando di nuovo in forma umana, ed Amrys riuscì a prendere Harry nel mezzo
salto. Harry stava ringhiando con furia, e graffiando l’aria con i suoi
artigli, tentando di arrivare alla minaccia potenziale. Lucius cacciò l’uomo
dietro a se, proteggendolo da Harry, debba il ragazzo
liberarsi.
Charlie Weasley
rimase in piedi, sbirciando da dietro a Lucius Malfoy al gattino in lotta
contenuto dal secondo molto strettamente.
“Merlino.”
Esclamò lui. “Cosa sta succedendo? Pensavo di esser stato chiamato per aiutare, non essere attaccato su
vista!” Il gattino, per tutto che era chiaramente giovane, aveva artigli lunghi
ed acuti. Artigli adulti.
L’uomo si
accigliò, guardando da più vicino. “E chi è quello? Se posso essere così sfacciato da chiedere. Non lo
riconosco.”
Lucius rilassò come Harry iniziò a calmarsi. Poi si avvicinò per prendere
harry nelle sue braccia, lasciando Amrys leccare i graffi poco profondi sulle
sue braccia. Harry girò occhi duri, ardenti e verdi verso la figura dal capelli rossi. Ringhiò, ma non minacciosamente, più in
esasperazione, in un genere di saluto, sebbene uno
irritato. Come se stesse sgridando Charlie, per non essere più accurato.
Le sopracciglia
rosse di Charlie spararono su alla sua fronte. “Questo non è del tutto un
gattino! Un poco pieno di se, vero? Specialmente per un gattino! E’ questo,
parte della ragione per cui mi hai richiamato a casa,
mio re?”
Lucius premé il
leopardo nelle sue braccia. “Si. Parte della ragione. Ora è calmo. Vieni,
saluta il tuo re ed il suo Eletto come si deve, Charlie Weasley.”
“Hai preso un
Eletto!” Esclamò Charlie, avanzando, proponendo il collo a Lucius. Questi mise
i suoi denti gentili alla gola scoperta, poi quando
Charlie non fece resistenza, leccò sul quasi morso, calmando la pelle
arrossata. Charlie si spaventò quando, una seconda
lingua, lecco la sua guancia. Lo ricordava di…
“Harry Potter!
Sei tu?” Chiese Charlie, con un ghigno contento sul suo viso. Il gattino si
lamentò.
“Lui ha delle
difficoltà che ritorna di nuovo alla sua forma umana, di quando in quando.” Spiegò Lucius come Charlie lisciò il leopardo coperto di
pelo scuro, che lo ricompensò con un brontolio di fusa
estatica.
“Ah. E’ bello.”
Disse Charlie, in tono basso e sincero. Il gattino sibilò,
pigramente, non realmente un avvertimento. L’uomo dai capelli rossi
rise. “Bene, lo sei!”
Per la terza
volta quel giorno, il suono di un mago che appare
disgregò il clan. L’alto e dai capelli rossi e lunghi uomo,
Bill Weasley, si materializzò con uno scatto. Si
guardò attorno nella stanza, vide le facce ansiose ed il gattino che cerca di lottare per ottenere a lui, artigli pienamente estesi,
denti scoperti. Riprese frettolosamente un passo indietro, ringraziando gli dei
che non si era materializzato più vicino. Tirò l’orlo
del mantello più vicino, per tenerlo fuori dagli
artigli che cercano di afferrarlo.
“Non il
benvenuto che mi aspettavo. Pensavo che fossi stato invitato
a ritornare! Cosa sta succedendo?” Chiese Bill, occhi che passano dal gattino in lotta alla
confusione nella piscina.
Prima che potesse trovare una risposta, un altro schiocco suonò, e
Harry flagellò selvaggiamente, sibilando e ringhiando, come un’altra figura
entrò in vista. Alto, scuro ed austero. Gli occhi di ossidiana
guardarono rapidamente per la stanza, attentamente, non fallendo nulla. Poi si
diresse verso l’acqua.
Yaji alzò Draco
sopra il letto, stabilendolo in cima alle pellicce, avvolto dalla testa ai
piedi in asciugamani. Cullandolo, non gli permise di scuotere. Mantheer era
subito dietro di lui, guardando per qualsiasi danno potenziale. Lui era ben
consapevole della minaccia nuova posata da Andromeda, e l’inabilità del clan
per tenerla fuori del Feudo. Si sperava che Bill
potesse trovare un modo di tenerla via, dato che lui
era un ben conosciuto distruttore di maledizioni. Fino ad
allora, Draco avrebbe due guardie del corpo molto attente.
Mantheer fece
cominciare il suo esame all’alto Master di Pozioni, ma
si librava vicino, pressoché in cima all’altro uomo, così vicino che il loro
abbigliamento spazzolava uno contro l’altro. L’uomo odorava di
erbe, fumo ed insetti schiacciati, Ed un piccolo pezzo di qualcosa di
scuro e dolce, forse la cioccolata?
Snape sbucciò di nuovo gli asciugamani con
cura. Dopo aver spedito una sfolgorante occhiataccia all’uomo dai capelli marroni goffo che gli ringhiava contro come lui si
avvicinava, Severus guardò criticamente alle ferite. Alcune erano abbastanza
profonde, ma tutte sembravano pulite dopo l’ammollo prolungato nella piscina.
Ed i licantropi, erano stati ammirabilmente completi nelle loro attenzioni, dovette ammettere controvoglia. Raramente aveva visto un
migliore lavoro fatto da una medi-strega
o mago, la maggior parte non aveva la pazienza per lui.
“Per favore,
indietreggi. Posso sentirla respirare in giù il mio collo. *Letteralmente*.
E’ assolutamente impossibile per lavorare con lei che appende su di me.” Gli occhi neri brillarono, non mostrando nessuna paura
dell’essere-leopardo custode che torreggiava su di lui. Mantheer riprese un passo, poi risolse il suo dilemma facendo un giro
all’altro lato del letto e sedendo seguente a Draco. Da quel punto, poteva
arrivare fuori e schiaffeggiare il mago lontano da Draco se provasse
la minima cosa offensiva verso il giovane.
Ogni anelito di dolore
diede luogo alle labbra di Mantheer che si ritirano, mostrando
i lunghe zanne. Draco arrivò fuori con una mano, prendendo il polso spesso dell’uomo.
Immediatamente, Mantheer s’inclinò in giù, strofinando la guancia sulla fronte e
i capelli del giovane. L’uomo mantenne un rimbombo che calmava, una fusa profonda, ma di quando in quando, alzava la testa
per mostrare le zanne, in caso il mago di quando in quando dimenticava di
essere accurato col suo prezioso paziente.
Con l’altra
mano, il giovane biondo, giunse a Yaji, tentando di calmarlo. Questi mantenne
un continuo ringhio, basso, che cresceva udibilmente quando
il ragazzo provava dolore. Severus Snape fece una smorfia, aggrottò
ermeticamente insieme le labbra, e iniziò ad ignorare i due uomini. Severus si
girò, localizzando Lucius che era vicino al letto.
“Non c’è
problema con la sua gravidanza, Lucius. Distillerò una preparazione per il
dolore, ed uno per lottare contro le infezioni, ambo sicure
per il bambino. Dovrà rimanere a letto per uno o due giorni, con soprintendenza,
sai come sono i ragazzi quando gli dai delle istruzioni. Li trascurano se è
possibile. In due giorni, gli si potrà permettere di alzarsi, sempre sorvegliandolo.
Alcuna comparsa d’infezione, e chiamatemi immediatamente. Ora,
chi cambierà le fasce?”
Kaithas prevenne
Yaji, che aveva aperto la bocca per rispondere. “Mi mostri, Master delle Pozioni,
ed io istruirò gli altri, se necessario.” Era
consapevole che non sarebbe stato capace di mandare via i due grandi esseri-leopardo
dal fianco di Draco.
Bill weasley stava in piedi accanto a suo fratello Charlie
e Lucius, e Harry era seduto sul pavimento, ancora nella forma felina. Lucius
mise una delle sue mani sulla sua testa, spostandola
lentamente dietro ai grandi orecchi triangolari. Harry stirò il collo,
inclinando di nuovo la testa e facendo le fusa, pigiando il capo contro il
fianco di Lucius, la bocca aperta solo abbastanza per
mostrare i suoi denti e la lingua pendente.
“Cercherò un
incantesimo di intasamento, il mio re. Le ferite anche
se serie, non sono angosciose come prima pensavo. Ma, sapendo la cagna, lei
ritornerà per di più.” Disse Bill,
in tono basso. “Non si fermerà finché troverà ciò che crede di dover avere.”
“Deve esser
tenuta fuori dalla casa del clan. O
noi dobbiamo trovare il modo allontanarla da qui ed ucciderla. Sono stato
troppo clemente, con lei. Non tollererò rischi per i gattini con lei che può
muoversi dentro e fuori del Feudo senza restrizioni. Non le sarà permesso di
uccidere membri del clan.” Ringhiò Lucius. La sua ira si
versava da lui. L’uomo si biasimava per non aver fermato la
donna nei suoi inganni molti anni prima.
“Come sono Ron e
i gemelli?” Chiese Charlie, dopo che i tre uomini erano rimasti in silenzio per
un tempo. Lui voleva sapere, ma era anche per rompere il crescente silenzio.
Harry alzò la
testa e fece un rumore indagatorio. I suoi baffi si arruffarono in avanti in
interesse. I suoi grandi occhi verdi, che splendevano con
intelligenza. Charlie rise e s’inclinò ad accarezzare il gattino
indagatore.
“Spiacente,
Harry. Non posso capirti. Perché non ti ritrasformi?” Chiese
l’uomo lentigginoso, graffiando Harry sotto il mento. Gli occhi di Harry
chiusero in estasi. La coda che vibrava in delizia.
“Ha un piccolo
guaio nel cambiare di nuovo nella sua forma umana. I pochi tempi che si è trasformato,
ci sono volute ore per lui, per ritornare a creatura umana. E
di solito, un po’ alla volta.” Disse Lucius, guardando la scena drammatica sul
letto.
Draco sembrò più
comodo come Snape l’aiutò a bere una pozione da una piccola tazza, nei piccoli sorsi. Yaji aveva alzato di nuovo draco nelle sue
braccia, e stava tentando di prendere la tazza dal mago, ma
Snape ringhiò ferocemente nello stesso modo che farebbe un essere-leopardo, e
Yaji ritirò la mano.
Bill e Charlie sembrarono spaventati. Ma
la loro attenzione non era su Yaji e Snape. Entrambi stavano
fissando Harry.
“E’ capace di
mantenere una forma parziale?” Chiese Bill,
finalmente. I brillanti occhi blu pieni di timore.
“Si.” Confermò
brevemente Lucius. L’uomo arruffò la pelliccia scura sotto la sua mano, tirando
Harry più stretto a lui. L’essere-gatto nero, posò una grande zampa sul piede
dell’uomo, leccò la sua mano, bagnatamene.
“Sai chi era l’ultimo
capace di fare una cosa simile, così giovane…” Iniziò Charlie, per poi fermarsi
prima di dire il nome.
“Voldemort.”
Disse nel silenzio Lucius, la voce bassa, così che solo loro quattro lo
sentirono. “lo ricordo.”
Bill e Charlie voltarono la loro attenzione sull’essere
felino gigante ai loro piedi, intento a fare le fusa. Harry strofinò la guancia
contro l’anca di Lucius, facendo le fusa anche più rumorosamente.
Bill Weasley stava controllando le antiche custodie del
Feudo di Malfoy.
La scrittura era affievolita e la calligrafia piuttosto discutibile in
alcuni luoghi, appena più di graffi causali, ma aveva visto di peggio. Lontano,
lontano peggio, davvero.
Le custodie
erano intese tenere fuori gli estranei, a meno che
loro non avessero il permesso del Capo Famiglia. Famiglia, quelli con sangue di
Malfoy o quelli sposati ad un Malfoy, poteva apparire dentro e fuori a volontà.
O, naturalmente, membri del clan.
Il comportamento
aberrante di Andromeda, non era stato anticipato
dall’autore delle custodie. I giuramenti vincolanti l’avrebbero dovuto
impedire. Ma, la sorella del re era pazza. Era su Bill riparare tale feritoia.
E qui posava il problema. Bill
aveva bisogno di un qualche modo in grado di cambiare gli arcaici incantesimi
per impedire ad Andromeda di apparire nel Feudo, o il terreno circostante. Nonostante il suo sangue di Malfoy. Il guaio con l’alterando
questi vecchi incantesimi era…che tu non puoi mai
essere sicuro che metodo fu usato per metterli, nel primo luogo. E disassemblandoli erroneamente darebbe luogo ad un crollo
di tutte le custodie. E nessuna protezione. Era
complesso e pericoloso, rischioso. Probabilmente non dovrebbe neppure esser tentato.
Lentamente, Bill iniziò a fare diagrammi delle custodie su un pezzo di
pergamena. Le piccole linee crebbero da solo alcune a dozzine, poi a cinquanta,
e lui continuò a scrivere in scarabocchi eccellenti. I collegamenti divennero
sempre più complessi. Lui unì la sesta custodia con la decima, e rimase a
guardare ammirato l’incantesimo.
Il mago che
aveva scritto l’incantesimo era stato un genio. Era elaborato,
ed ancora assordantemente semplice nella sua costruzione. Come le ultime linee precipitarono al loro posto, Bill provò
ammirazione. Il mago era stato un padrone della sua arte, degno di essere chiamato un artista. Era integro, incredibile,
visualmente incantando. Un enigma progettato per intrappolare un mago avventato
nel lavorio labirintico, conducendolo, o lei, in infiniti cerchi da capogiro.
Non capendo mai completamente le custodie. A meno che
loro trovarono la soluzione alle custodie.
Ora era compito
di Bill seguire il centinaio di linee, e trova
l’unica linea che potrebbe cambiare, torcere e manipolare, per impedire ad
Andromeda di accedere, senza causare l’intera
struttura per cedere, creando uno strappo che professionisti intelligenti della
magia potrebbero sfruttare, o peggio ancora, far crollare l’intera struttura,
facendola traballare come un castello di carte.
Bill ghignò, gli occhi brillanti. Lui amava quel genere di
lavoro. Si leccò le labbra e scrisse così velocemente che il suo calamo era una
macchia blu mentre lo spostava sul rotolo di carta. Gocce
d’inchiostro volavano, fallendo miracolosamente il rotolo di
carta, come la soluzione alle custodie iniziò a prendere forma.
Un piccolo
tumulo di pergamena spiegazzata e stracciata crebbe accanto alla sedia di Bill come lui provò una soluzione dietro l’altra. Scartando ognuna quando l’equilibrio del diagramma non era perfetto.
L’uomo scarabocchiò più veloce. Ruppe altri rotoli di carta, gettando gli
scarti in aria. Bill stava ghignando maniacalmente,
lontano dall’essere frustrato con l’ammontare di sforzo. Dio, lui amava questo!
Charlie era seduto non lontano, testa volta a Kaithas come i due
conferirono.
“Lucius ha preso
il ragazzo come il suo Eletto. Una scelta appropriata quando ci pensi.” Disse
Charlie, ottenendo un cauto cenno dal Veggente. “E Harry
sta comportandosi solo come il suo solito, mettendosi nei guai. Non facendo
quello che un buon, obbediente gattino farebbe. Ho ragione?”
Kaithas accennò
col capo di nuovo, restringendo gli occhi in sospetto. “Suona come se tu
sapessi già tutto quello che ti ho detto prima. Come se lui avesse un abitudine di essere difficile. Ancora,
tu pensi che sia una circostanza accettabile, che il nostro re l’ha preso come
il suo Eletto?”
“No, non
realmente. Non precisamente. E’ una pressione enorme, più di quella che Harry
ha bisogno. E’ solo…tu devi capire com’è Harry. Avrei potuto predire tutto
questo. Questo genere di cose appena accade a lui. Lui
fa quello che deve fare, e quello che lui pensa sia
corretto. Ha il cuore di un eroe, ma è molto vulnerabile alla stessa durata.
Più un bambino che altro. E’ una cosa di pura fortuna che accadono
queste cose a lui. Se lui non fosse stato preso come
l’Eletto, è probabile che si sarebbe auto-distrutto. Questo, in realtà è
davvero il miglior modo in cui potesse funzionare. Voglio
dire, se lui *doveva* essere un licantropo.”
“Ma, ci sono stati molti problemi notevoli…” Kaithas era
evidentemente scettico della conclusione di Charlie.
“Credimi, dove
concerne Potter, queste complicazioni non vengono neppure vicino ai veri problemi.
I suoi problemi entrano solo in taglia industriale. Questi, possono essere classificati appena come problemi. Ora, noi dobbiamo
lavorare su mantenerli così piccoli.” Disse Charlie,
alzando un sopracciglio. L’uomo accarezzò la sua lunga, e
brillante, treccia rosso-arancione, rotolandone la lunghezza tra le sue
dita. “Poi, possiamo stirare fuori il resto di queste…inconvenienze.”
“Non capisco come tu possa minimizzare queste molte
preoccupazioni. Ci sono state molte aree nelle quali sono state ignorate le leggi
del clan, disprezzate…” Cominciò Kaithas, ma Charlie alzò
una mano, fermandolo.
“Per favore,
Kaithas, assecondami per un momento, e permettimi di spiegare. Harry è un mago
potente. Il più potente della sua generazione, anche se fu
elevato da muggle, in società di muggle. I suoi sentimenti sul sesso
sono muggle molto conservativo, puritano, sfortunatamente. Lui non conosce
altri modi. Se lui fosse stato portato alle pellicce
entro più di uno di noi, è probabile che lui avrebbe lottato, considerandolo
stupro, non solo il lavorio normale del clan. Avrebbe potuto sentire che doveva
difendersi. Probabilmente avrebbe distrutto il feudo di Malfoy, e metà del
clan.” Charlie rabbrividì, poi prese
un profondo respiro. “Quindi, perdonami, Veggente se io dico
che i problemi che abbiamo non sono così cattivi come sembrano. Onestamente non
intendo mancare di rispetto.”
“Quindi.” Disse Kaithas, dopo un lungo minuto di
contemplazione, accertando che il più giovane essere-leopardo era davvero
sincero. “Come ripariamo questi…piccoli guai? Graeme ha proposto certi…metodi
che si stanno usando. Sei consapevole di loro?”
“Per il sangue
di Merlo! Graeme? Che generi di cose?” Charlie impallidì.
L’uomo aveva avuto i suoi propri problemi con il terzo del clan. Aveva imparato
a rispettare la mano rapida dell’uomo. Graeme aveva sempre creduto nell’utilità
di una severa disciplina mentre lui era un gattino. Ed
ancora, come adulto, gli dava i brividi di paura quando
faceva qualcosa che fosse discutibile secondo le leggi del clan. Prevedendo la
catastrofe monumentale di uno scontro tra Graeme e Harry, faceva Charlie rabbrividire
incontrollabilmente. “Non posso pensare ad una peggiore combinazione. Graeme e
Harry?”
“Calmati. Solo
respira.” Disse Kaithas all’uomo accanto a lui, posando una mano sulla spalla
di Charlie. “Stai tremando come una foglia. Stai male? Ti troverò un poco
d’acqua?”
“No no. Solo dimmi quello che ha fatto Graeme? E’, forse,
ancora possibile ripararlo.” Ansò Charlie, cercando di trovare sotto controllo
i suoi respiri ansimanti.
Kaithas aggrottò
le sopracciglia, le lentiggini erano di rilievo, schizzi di oscurità
su pelle bianca. Non un buon segnale. Mantenendo la sua voce bassa e calma,
sfregò le mani forti fra le sue, per scaldarle. “Non vedo problemi con i metodi
con cui il nostro terzo sta occupandosi della situazione. Decretò che Harry passasse molto tempo coi membri senior del clan, sia usato a
loro, al loro tocco. Sta funzionando bene.”
“….Harry sta
permettendogli di farlo? Permette loro di toccarlo?” Esclamò
Charlie. C’erano voluti anni prima che il ragazzo
permettesse ai membri della famiglia Weasley d’includerlo in abbracci generali
di saluto. Ora, lasciava i membri del clan toccarlo, così presto? Charlie non
poteva crederlo.
“Si. Con la regola che non ci sarà sesso con alcuno di loro ma Lucius.
Si oltraggiò quando scoprì che l’Eletto era, a durate,
offerto a classificazione alta e visitatori onorati per il piacere di una
notte. Minacciò di castrare chiunque a cui venne dato.
Non era felice neppure col fatto che il nostro re ha
altri nelle pellicce. C’è stata una vera scena quando
lo scoprì. Ma, lui è lontano più…controllato e tollerante siccome Graeme prese
sul suo addestramento.”
“Gli piace la
struttura. Sapere cosa aspettarsi. Il mio Dio. Non avrei mai
pensato…Graeme, lui è così prevedibile, così chiaro nelle sue
aspettazioni. Quello è un cambio rinfrescante per Harry, ci
scommetto. Non avrei mai immaginato…” Disse
mortificato Charlie, scuotendo il capo, la respirazione che tornava normale. Si
alzò. “Dovrei parlare a Graeme davvero.”
Kaithas sorrise
furbamente. “Sei sicuro di volerlo fare?” Chiese. La mera menzione di Graeme
era abbastanza per far vacillare il passo lungo
dell’uomo. Gli dia i brividi di paura.
Charlie rise
nervosamente. “No, preferirei non farlo. Le mie ginocchia stanno tremando, e
penso che vomiterò. Ma io ho il *bisogno* di farlo, in ogni modo.”
Black aspettò il suo amico licantropo, Remus Lupin.
Camminava
impazientemente. Dumbledore aveva rifiutato di dirgli più che Harry era sicuro.
Fine della conversazione, gradisci una caramella la limone,
una menta? No? Cosa su un cioccolato? Sirius quasi aveva gridato in frustrazione. Lui sapeva di
non esser conosciuto precisamente per la sua pazienza, ma
dannazione, Dumbledore farebbe impazzire un santo.
No non voleva una menta, una caramella al limone, o una
maledetta montagna di cioccolato. Sirius voleva una cosa. Voleva sapere dove
era Harry Potter. E voleva vederlo con i suoi occhi,
si assicuri che il ragazzo era OK. Non sia detto dal vecchio sciocco che tutto andava bene e di non preoccuparsi. Se Dumbledore tentasse ancora una volta di calmarlo, stava per cedere alla
spinta opprimente di mordere l’uomo.
Remus gli
direbbe dove era Harry, o come trovarlo, o Sirius lo
seguirebbe fino a guidare l’uomo sui muri. Sirius era appena ritornato
dall’Italia per scoprire che il suo giovane figlioccio non poteva essere trovato. Era venuto a Hogwarts prima di andare alla
casa del branco, espressamente per parlare con Harry. Ma
nessuno aveva visto Harry in settimane. E c’erano
dicerie di un mostro che correva libero.
Finalmente aveva
deciso di dividere con Harry la verità dietro alla sua forma animale. Sirius
era un essere-lupo. Non solo un grande cane nero
animagus. Insieme con quella decisione, ce n’era un’altra, chiedere a Tambyn di
accettare Harry nel branco. Permettere a Sirius di girarlo.
Solamente, ora,
col mostro che correva circa la scuola, Sirius era frenetico per la paura che
la cosa avesse fatto male in qualche modo a Harry, e
nessuno stava dicendogli nulla. Sirius aveva cercato anche Ron Weasley, ma quel ragazzo era sparito. Draco malfoy, assente
dopo, apparentemente aver avuto un incontro ravvicinato col mostro. Non
migliorava, il sentire queste storie, e Sirius stava quasi seriamente per piangere
se non trovasse le risposte di cui aveva bisogno. E presto.
Sirius gettò
un’occhiata impaziente all’orologio sul muro. Remus ora dovrebbe essere alla
fine della lezione con gli studenti di DADA del terzo
anno. Poi, parlerebbero. Scoprirà quello che stava
succedendo. Rallentando il suo camminare come l’atrio cominciò a riempirsi col
chiacchierio dei giovani maghi e streghe. Camminando in
gruppi, guardando come se cercassero un pericolo. Più di alcuni lo
guardarono sospettosamente, afferrando le loro bacchette.
Finalmente gli
studenti erano passati e lui camminò nella classe
vuota. Lupin stava sedendosi, un poco goffamente, evidentemente rigido dai suoi
così molti dolori. L’uomo non stava accettando bene la sua licantropia. Aveva avviato
una malattia rara in lui, che faceva le sue giunture meno mobili, e la sua
guarigione non era affatto molto veloce. Era quasi come se fosse allergico alla
licantropia. Ma quello non faceva nulla per danneggiare
il suo potere magico. Lui era il più buon professore di DADA che Hogwarts aveva
avuto nella recente memoria.
“Lupin.” Chiamò Sirius avvicinandosi all’altro uomo, tentando di mantenere
calmo il suo tono. Lui era arrabbiato, si, ma non c’era ragione di
sfogarsi su Remus. Non ancora.
L’uomo si girò, bacchetta mezzo alzata. Poi, lasciò fuori un lungo sospiro,
e s’inclinò nuovamente contro la scrivania, stancamente.
“Sirius. Sei
ritornato. Sei stato a vedere il Direttore?”Chiese
quieto Lupin.
“Si. E non mi ha detto nulla. Voglio sapere dov’è il mio
figlioccio. Dov’è Harry?” Chiese Sirius, denti scoperti.
“Dumbledore è un
codardo.” Rimarcò Lupin, esitantemente. Se avesse
avuto più forza, sarebbe sembrato adirato. La sua mascella era
stretta e le parole sembravano costrette fuori attraverso denti stretti.
“Vieni, assecondami, sediamoci e ti dirò quello che so. Se tu la smettessi di
scomparire o lasciassi detto a qualcuno come contattarti,
te l’avrei detto prima.” L’uomo zoppicò verso le sedie messe di fronte al
focolare. Una parola ed un fuoco allegro stava
scaldando la stanza.
Affondando in
una delle sedie, aspettò la figura senza riposo di Sirius Black
per congiungerlo. Lui sperò che non essendo capace di camminare mantenesse
sotto controllo l’esplosione rabbiosa inevitabile dell’uomo, quando saputo quello
che era accaduto. Ma lo dubitò. Con le notizie che doveva dividere, Sirius esploderebbe.
Sirius precipitò
nella sedia come un bambino petulante, incrociando le braccia e una gamba su
uno dei braccioli. Ringhiando, disse. “Solo dimmi! Voglio sapere quello che è
tutto questo tentare di calmarmi. Non è morto, lo saprei, così cos’è che tutti
non vogliono dirmi?”
Remus Lupin
prese un profondo respiro, inclinandosi di nuovo sulla propria sedia. Sospirò. ‘Perché aspettare?’ Si chiese, ‘è ora per farla finita.’
Quindi lui lo spifferò fuori. “Harry è un licantropo, un essere-leopardo.”
Ci furono alcuni secondi di pausa, poi Sirius scattò come un
razzo in aria. “Cosa?! Io ucciderò Malfoy!” Ululò, con sputo che volava.
Remus lasciò
cadere la testa nella sua mano, strofinandosi la fronte. Delle cose erano così
prevedibili che era quasi pauroso, se uno avesse
l’energia per esser spaventato. Sospirando, si massaggiò di nuovo le tempia.
Uno dei benefici
laterali di esser maneggiato dagli altri licantropi
adulti che Harry non si era aspettato, era che ogni volta che lui ritornava da
Lucius che odorava di un altro essere-leopardo, Lucius si sentiva obbligato per
coprire quell’odore col proprio profumo.
Harry, era
entrato nelle stanze private di Lucius, ed essendo completamente stanco per la
fatica, posò sulla pelliccia nel letto. Harry avvertì
la stanchezza colpirlo, come si addormentò, caldo e contenuto. Gli piaceva essere qui, lo doveva ammettere, nel letto di
Lucius. odorava del suo re. Era un piacere colpevole
per lui, tutte le volte, sapendo che gli era permesso
esserci, anche se era un vero scandalo. Infatti, il
fatto che fosse uno scandalo, lo faceva tutto molto più divertente.
Harry si
addormentò con un sorriso.
Harry si svegliò quando avvertì la leccatura cominciare. Il suo
intero corpo si scosse in spavento, con un respiro spaventato, che Harry
contenne, poi il giovane accettò il sentimento. Lui era nudo, ed essendo assaggiato, Harry tese felice, rilassandosi,
languidamente. Questo era il paradiso, fu la sua
decisione. Posando qui, appena vigile con Lucius, godendo le sensazioni.
La calda, lingua
bagnata, viaggiò sui suoi piedi e caviglie. Così sensibili. Harry tremò in
delizia. I colpi ripetuti della lingua che spedivano brividi,
quasi impercettibili, lungo il corpo. Harry si lamentò,
sentendosi particolarmente vulnerabile al tocco del suo innamorato oggi, come
le leccate progredivano lentamente oltre i polpacci, le ginocchia fino
alle sue cosce, e poi alle anche.
Harry era seduto in modo scomposto, come Lucius lo bagnò con la
sua lingua, la sua saliva, il suo profumo. Oh questo era così buono. Così
buono. Le sue gambe furono spinte leggermente a parte,
precipitando aperte, larghe, una fu alzata, e Lucius si fece più vicino.
Premendo nelle pieghe del corpo di Harry. Applicando
attenzione dove, Harry, lo volle di più, succhiando il suo membro nella calda,
liscia bocca. Il giovane si lamentò, questo era inaspettato, il suo
innamorato che succhiava il suo membro. Harry era
duro, teso, inarcandosi nel calore come Lucius lo mordicchio,
e succhiò. Harry si contorse, anelando, mentre l’essere-re lo tenne come
voleva, scherzosamente sparso, così che lui potesse banchettare.
Harry sospirò in
sorpresa, mentre si chiese se si doveva sentire scioccato
o dovrebbe essere imbarazzato come Lucius lo leccò molto intimamente. Ma esser imbarazzati richiedeva molta energia, inoltre, si
sentiva incredibile aver laggiù quella bocca ingegnosa. Assaggiandolo come deliziose
caramelle mentre lo trafigge con la sua lingua.
Dolci brividi
corsero attraverso lui, come Lucius bagnò la parte bassa del suo bacino con
fame, la lingua che scivolava sempre più in dietro, finché scivolò
nell’apertura al corpo di Harry. Il giovane rabbrividì, rilasciando un piccolo
uggiolare, sentendo il proprio corpo che sembra diventare
liquido, come Lucius lo manipolò. La punta della sua lingua lo digitò, e Harry
rilasciò un suono scioccato, un gemito d’intensa brama.
Lucius lo spinse
leggermente sopra il suo fianco, e Harry fu leccato
ulteriormente, sul piccolo della sua schiena, alle sue spalle, alla sua nuca
dove l’uomo permise ai suoi denti acuti di graffiare la pelle.
Poi Harry sentì il
suo pene digitarlo. Harry aspettò, desiderando, rilasciando piccoli lamenti con
ogni alito. Suoni di bramare, ed implorando, mentre Lucius
spinse in lui, un centimetro, un altro, blandendo il portale stretto per
rilassare, arrendersi, accettare l’invasione, chiedendo di continuare.
Lucius arrivò in giù, toccandolo dove era entrato, umidità circa l’anello
stretto. La testa di Harry precipitò di nuovo, contro il collo di Lucius, i
loro capelli mescolati, scuro e pallido. Lucius baciò le perline di sudore attorno
alla bocca,mormorando dell’incoraggiamento, parlando a
bassa voce delle riassicurazioni.
“Ahhh.” Harry rabbrividì, angolando le anche per prendere la
penetrazione, lo faccia più profondo, potente; quasi
troppo da sopportare, il suo respiro rantolò, mentre le mani di Lucius afferrarono
le sue anche snelle. Le sue dita afferrarono le pellicce, stringendosi in
pugni. Harry gemette. Era così grande, così duro, troppo, ma ne
aveva bisogno. Harry ebbe bisogno d’ogni piccola parte di lui, tutto del
suo innamorato in lui. Questa durezza lunga, questo
momento era tutto suo. L’alito ansimante lungo il suo collo,
accarezzandogli la faccia, nell’orecchio, tutto il suo.
La grande mano di Lucius prese gli spessi, segosi capelli
corvini, tirando di nuovo, mettendo in mostra la gola magra, le belle
caratteristiche come lui costrinse la sua erezione nel corpo flessibile,
ascoltando gli uggiolare dell’estasi e resa. Lucius assaggiò la gola salata,
pungendola, accurato di non rompere la pelle.
“Tu sei il mio
gattino.” Sibilò Lucius, un soffio d’aria, come dita che scivolano
sulla guancia di Harry. Ringhiato attraverso denti stretti. Il corpo intero del
gattino pienamente vigile all’attenzione, teso, tremante,
aperto, prendendo tutta la forza che il più grande e vecchio essere-leopardo
potesse dargli, squagliando con ogni fiotto nel suo corpo, arrendendosi,
esigendo di più.
“Prendimi,
riempimi, lacerami, io sono il tuo…” Pensò Harry, non comprendendo di averlo
mormorato. Harry scosse come una foglia nella presa dell’uomo.
Era a quel
momento che la porta si aprì, come Bill Weasley
avanzò nella stanza, sventolando emozionatamene il suo diagramma delle
custodie. La sua bocca stava per esprimere il suo trionfo
quando lui si rese conto di quello che stava vedendo, e le parole asciugarono
nella sua gola.
Harry che si contorce in estasi o in dolore squisito.
Inarcandosi nella presa del re, pelle arrossata, un capezzolo stretto visibile,
un gioiello, come Lucius lo tenne, continuando a prenderlo. Bill
si gelò sul luogo, colpito dalla bellezza assoluta comandata dal giovane e
l’uomo.
“Mio.” Ringhiò
Lucius, le zanne che crescono, gli occhi che diventavano ferini, un grigio bruciante
come si posarono sull’intruso, non il suo secondo e non il suo
terzo.
“Il suo, mio
re.” Harry e Bill risposero insieme, intendendo cose
diverse, ma ancora la stessa cosa, Harry impaurito gridarlo, anche se ogni
fibra del suo essere volle gridarlo rumorosamente. Bill impaurito quasi di respirare.
Harry era
l’Eletto. Il cuore di Bill corse, mentre lui affondò
al pavimento, incapace gi distogliere lo sguardo da quello che vedeva. Harry
era l’innamorato del re, era la carne del re che lo
forò, la carne che stava prendendo. Quale lo fece gridare il suo piacere ed il suo bisogno. La carne che lui ha servito, era carne reale, spesso nel suo fodero, riempiendolo così
meravigliosamente, totalmente pieno.
Il suono, il
profumo, spediva concupiscenza scandalosamente forte che si agitava attraverso
il corpo di Bill. E con essa
la paura, intensa, che tutto includeva, come lui sapeva che era probabile che
il suo re l’attacchi per essa. Per osare esser eccitato,
non invitato.
Lucius si guidò
nella strettezza, il fodero che si contrae attorno alla sua carne, facendolo
lamentarsi come il corpo adorato torse e si scosse sotto di lui. Il profumo
della stimolazione che si alzava, il gemito come lui si guidò ulteriormente
dentro, colpendo la protuberanza dentro del giovane che spasimare il corpo del
gattino, il luogo che provocò il gattino gridare, che
gli fece afferrare il corpo del giovane ancora più duramente.
Bill indietreggiò dalla stanza sulle mani e ginocchia,
testa bassa, occhi agganciati sui globi brucianti del suo re. Così preso nel suo enigma che non aveva pensato prima di entrare
nella stanza, ignorando i profumi che permeavano l’aria. Bill arrivò alla sala esterna prima di crollare a terra,
arricciandosi, ginocchia piegate al petto e la pergamena schiacciata nel suo
pugno.
L’altro uomo fu
andato, la minaccia al suo gattino, non immediata. Non c’era ora nulla nella
mente del re, nulla ma prendere il suo gattino, il suo
Eletto, guidare entrambi all’orgasmo, riempire il corpo di Harry con il suo
seme. Con gentile, ma irresistibile forza, il re
trascinò di nuovo la testa di Harry, girandolo così che le loro facce vennero
più vicino, così che potesse leccare la faccia, le guance, le sue labbra molli,
sentendo gli uggiolare, continui e tremuli provenire da entrambe le loro
bocche. Le due lingue irretirono, giocarono,
accoppiarono, come i loro corpi si agitarono. Corde calde, bianche, spesse che sprizzano, su e su, come Harry rabbrividì e frignò.
Baci molli.
Lunghi, bagnati e pieni. Succhiando, aggrovigliando lingue. Mani, calmandolo, amandolo,
cullandolo, mentre Harry cercava aria. La brama di Lucius, ancora duro, spesso, dentro di lui, ancora
pulsando, deducendo piccoli aneliti dalla gioventù esausta.
Fuori della
stanza, Bill posava sul pavimento di pietra.
Scuotendo. Amrys e Severus Snape girarono l’angolo della sala, lo videro, ed
entrambi gli uomini giunsero rapidamente al suo lato, inginocchiandosi.
“E’ danneggiato? Rimanga giù.” Chiese
Snape, facendo scorrere le sue mani competenti e sguardo sulla figura tremante.
L’uomo liberò la pergamena spiegazzata dal pugno di Bill,
accantonandolo. Bill lo guardò con gli occhi
spalancati, poi rilassò vedendo chi era…e chi non era.
Amrys posò una
mano gentile sul suo amico, Bill scosse più
fortemente. Profumo di stimolazione da Bill,
profumo di sesso dalle stanze di Lucius. Nessun odorato di sangue. Gli
odori dissero ad Amrys la storia, lui non ebbe bisogno
di chiedere un chiarimento. Amrys si stabilì dietro all’uomo dai capelli rossi,
tenendolo, confortandolo. Riassicurandolo.
Bill si lamentò. Snape posò una mano che consolida
sulla sua spalla.
“Prenda un
respiro. Lentamente. Lo tenga. Lo rilasci. Di nuovo.” La voce di velluto di
Snape offrì una diversione, Bill
l’afferrò con ambo le mani. Il giovane prese un altro alito, lo tenne,
gli permise di andare. E ripeté la sequenza. Quasi
divenne rilassato, pressoché calmo, quasi pronto per rimettersi in piedi,
quando il re uscì dalle sue stanze e nella sala.
Lucius venne a
fermarsi davanti ai tre uomini.
I suoi occhi erano ancora argento, ancora bruciando, ma le sue zanne non
erano scoperte, né esposte in minaccia. L’uomo rimase in piedi, guardando in
giù a loro, faccia illeggibile. I suoi occhi cercarono una faccia,
l’abbronzato, calmo viso del suo secondo, ad un altro pallido e disapprovando
viso del professore di Hogwarts, che si alzò sotto lo scrutinio, che spostò lo
sguardo sull’innaturalmente pallido, lentigginoso, rigido volto del suo
brillante, ossessivo e facilmente confuso spezzaincantesimi,
rosso.
“Bill!” La chiamata acuta, terribile, che proveniva
dall’uomo dalle spalle larghe che aveva appena girato
l’angolo, ed ora stava correndo con una lunga falcata verso di loro, attenzione
pienamente sul fratello. Graeme, aggrottando le sopracciglia, non era molto
dietro a lui. Charles si chinò sulle ginocchia, prossimo al suo più vecchio
fratello.
“Cosa accadde?” Chiese lui, le mani che errano sull’altro
uomo, cercando freneticamente alcun possibile danno, cardando i capelli color
carota per eventuali bozzi e contusioni. Non era così non comune per lui o
altro Dragon Master esser fatto male. Ma non poteva trovare danno. “Dove
fa male? Senti dolore?”
“Nnnnoo.” Riuscì a dire Bill.
Charles guardò ad Amrys che ancora stava tenendo Bill,
poi ad Snape.
“Che cosa è accaduto? Non sta agendo come se stesse bene.” Insisté Charlie come Graeme
scivolò vicino al gruppo. Lui, diversamente da Charlie guardò al re del clan.
Poi si mosse più vicino, curvò la testa, offrendo la
sua guancia ed il lato della sua gola.
“Mio re.”
Mormorò l’uomo dagli occhi scuri. Lucius strofinò la faccia lungo la guancia
del suo terzo. Graeme inalò, odorando sesso, i suoi occhi
luccicarono. Il ragazzo Potter. Lui l’odorò sul suo re. E lui odorò il calore di Bill.
Graeme sorrise, facendo balenare il bianco perlaceo di denti molto acuti.
Poteva indovinare quello che era accaduto. Bill non
stava prestando attenzione.
“Lasciateci.” Il
re disse al suo secondo, terzo, Charlie ed a Snape. Quest’ultimo lo guardò criticamente,
elevando un solo sopracciglio, non dicendo niente, riprendendo un solo passo, e
non muovendosi ulteriormente.
Charlie si agitò
ai suoi piedi, apparendo prottettivo. “No! Ditemi quello
che è sbagliato. Bill sta
male…”
Lucius piegò le
braccia al petto. “Charlie…” Cominciò lui, dolcemente, ma
fermamente. Non si è fatto male. Non ancora.” Corresse
Graeme. Charlie si voltò contro lui, sfolgorando.
“Rispetta il tuo
re.” Ordinò duramente Graeme.
“E che ne sai tu?” Addentò Charlie. “Lui è mio fratello. Io
mi prenderò cura di lui. Vieni Bill…”
“Ho fiducia che
non farai qualsiasi cosa deplorevole.” Disse
acerbamente Snape all’alto e biondo re, lo sguardo fisso che si muove da Lucius ai due fratelli. “I Weasley sono tutti
notevolmente fedeli, sebbene forse, impulsivi. Hanno la tendenza a non pensare
prima.”
“Sono nel mio
pieno controllo. E sono consapevole delle forze e delle debolezze di tutti i
miei leopardi.” Rispose il re. “Non ti concerne,
Severus. Tu non sei del mio clan. Amrys, Graeme.” Lucius fece il gesto di
andare. “Lasciatemi col mio leopardo. Andate.”
“Amrys prese da
un braccio l’uomo vestito di scuro e lo guidò in giù la sala. Snape andò, dopo
aver detto quello che voleva dire. Graeme prese presa del braccio di Charlie. Charlie non andò
volentieri, lui lottò.
“No!” Gridò.
“Permettetemi di restare!”
Graeme
l’afferrò, lanciandolo sulla sua spalla. Charlie lottò, riuscendo a contorcersi
via. Graeme lo prese, roteandolo, Charlie che frusta
fuori, sbarcando un colpo. Graeme rilasciò gli artigli, alzò
le mani. Amrys abbandonò Snape che, saggiamente, rimase fermo osservando, e si
diresse verso i due esseri-leopardi in lotta.
“Fermi.” La voce
di Lucius disse, comandando, autoritaria. I due esseri leopardo gelarono, istantaneamente. Lui estese il braccio. “Bill Weasley, vieni a me.”
Bill rispettò, sorgendo, testa inarcata, ed andò dal suo
re. “Io non sono adirato.” Disse Lucius come prese tra le sue braccia l’uomo. Bill si abbassò in sollievo. Poi Lucius estese di nuovo il
braccio, continuando a tenere Bill con l’altro. Era
un comando senza voce questa volta. Amrys, Graeme e Charlie si mossero verso di
lui. Il re scivolò il braccio circa Charlie che stava scuotendo per
l’adrenalina della sua lotta e consumò con paura per suo fratello.
Lucius
soddisfece gli sguardi fissi del suo secondo e terzo. I due si mossero,
circondando i due fratelli con le loro braccia e corpi. Tutti e cinque stettero
in piedi in un nodo, come Severus Snape guardò a loro stupito. Questi reagì
leggermente, elevando le sue sopracciglia, quando il re del clan premette e
leccò le facce lentigginose di Charlie e Bill. Quello
non era parte del saluto normale al quale Snape ha testimoniato. L’uomo osservò
del movimento dalle stanze private del re. I suoi occhi scuri presero vista del
disordinato, e svestito, ragazzo. Non una cattiva occhiata per Potter, decise
lui beffardo. Recuperando piuttosto.
“Ehi. Cosa sta succedendo?” Una voce sonnolenta, confusa, intervenne.
Harry stava in piedi nella via d’accesso, strofinandosi gli occhi, e sembrando
più allarmato dal secondo. Immediatamente Lucius tenne
fuori lka mano. Harry si fece avanti, prendendola
senza esitazione. Il ragazzo venne tirato
nell’abbraccio di clan.
Bill si lamentò come Lucius strofinò
di nuovo la sua guancia, curvò in giù, lo toccò vicino al suo orecchio. Spinse
la faccia di Bill col suo mento, finché i loro
sguardi s’incontrarono.
“Non sono
adirato.” Ripeté Lucius. “Ma, sarebbe meglio, se tu aspettassi il permesso,
prima d’entrare nelle mie stanze private.” Disse
mitemente Lucius. “Ci sono tre persone che possono entrare senza il mio permesso.
Il mio secondo, il mio terzo. Ed
il mio Eletto.”
Bill accennò col capo, i brillanti occhi fissi in quelli
del suo re.
“Cosa eri venuto a dirmi?” Chiese Lucius.
L’espressione di
Bill trasformò da un istante all’altro, andando da
trepidazione ad eccitamento in un secondo. “Oh! Ho trovato la
soluzione!” Annunciò lui.
Prima che Lucius
potesse rispondere, ci fu uno schiocco, ed un puzzo fetido riempì l’aria. Gli
uomini si girarono tutti come uno, sapendo quello che troverebbero.
Le alte figure deformi dei mostruosi licantropi magicamente pervertiti erano
nell’atrio, uno su entrambi lati di Severus Snape.
E via ad un lato da loro, virtualmente inosservato, a causa
della distrazione dei mostri, era la figura di un cane dalla pelliccia nera.
Questi si mosse direttamente verso Harry quando il
gruppo di esseri-leopardo saltò separatamente per affrontare gli intrusi. Harry
gridò, come venne afferrato, tenuto, e l’atrio
dissolse circa lui. Harry sentì debolmente il ruggito
dell’ira come lui era forzatamente trasportato fuori della protezione
del Feudo.
Solamente uno
degli esseri-leopardo era abbastanza vicino per
rispondere al grido di Harry. Graeme si lanciò all’essere canino che aveva
afferrato Harry, chiudendo le sue forti braccia circa i due, e fu tirato
nell’incantesimo di apparizione. I tre caddero nello
spazio.
Con l’apporto
non intenzionale di Graeme, il gruppo colpì terra, rotolando sul pavimento.
Mobilia volò, una tavola a lato e una sedia imbottita, così come una
lampada ed una dozzina di gingilli, furono lanciati dal capitombolo
provocato dal loro ingresso.
Il gruppo si
fermò contro uno dei muri del castello di Hogwarts,
nella sala da pranzo di Remus Lupin.
Lupin che stava
versandosi una tazza di tè, si ritrovò improvvisamente oste di un essere-lupo
ringhioso, un essere-gatto che sibila ed uno sconcertato Harry Potter,
terrificato. Il suo tè schizzò sull’orlo della tazza e riempì il piattino,
gocciolando sopra la tavola, prima che Lupin riuscì a reagire. La teiera colpì
la tavola con un forte rumore come quasi lui la lanciò in giù, e si lanciò al ragazzo, trascinandolo via dal pericolo immediato
dagli esseri-animali già in lotta.
Harry stava
gridando sulla cacofonia. “Sirius, Graeme, fermatevi…Fermi! Non fargli male Graeme,
io sono OK! Sirius!” Harry stava saltando su e giù, sventolando le braccia,
incapace di decidersi su cosa fare.
Lupin arrivò al
suo fianco che lo prende nuovamente, ma Harry lottò
contro la presa protettiva dell’uomo.
“Lei non capisce!”
Gridò lui. “Graeme l’ucciderà! Lui non sa chi è! Lui pensa che io in pericolo.
Lasciami andare! Graeme, fermo! Per favore!”
Ma, Lupin, non lo liberò. Comunque, lui elevò la sua
bacchetta e gettò un incantesimo. Entrambi i combattenti gelarono
in luogo per un battito cardiaco, poi caddero al pavimento in due
mucchi. Lupin afferrò l’essere-lupo nero. “Separali, Harry. Incantesimi non
durano molto tempo su licantropi. Noi siamo resistenti alla magia.”
Harry non perse
tempo e tirò Graeme verso il muro più lontano, sedendosi poi, su lui, come Remus
faceva lo stesso con Sirius. Era solo alcuni attimi prima
che Graeme, sotto Harry, si riprese. Harry avvolse braccia e gambe circa il più
grande essere-leopardo, aggrappandosi con tutta la sua forza.
“Graeme! Graeme!
Puoi sentirmi? Sono Harry! Graeme, non lottare più! E’ il mio padrino. Lui non
mi farà del male!” Harry lo ripeté più volte,
afferrandosi al grande, forte corpo.
“Lui puzza.” La
voce di Graeme era notevolmente calma, come riguadagnò la sua posizione in
piedi, nonostante il peso di Harry così come il proprio. Una mano si mosse
sotto il didietro di Harry, sostenendolo. Harry non allentò la sua presa. “E’
un essere-lupo.”
“Lui è un
animagus.” Lo corresse Harry, solamente per essere
corretto da una voce che giungeva dall’altro lato della stanza.
“No”, disse Lupin.
“Lui…noi, siamo entrambi licantropi. Esseri-lupi,
Harry. Sirius non voleva che lo sapessi finché tu non fossi stato più vecchio.”
“Ora…anche…in
ritardo.” Sirius Black pronunciò in modo indistinto,
da sotto la forma del suo più buon amico, Remus. “Avevamo chiesto a Tambyn. Volevamo
farti diventare uno di noi. Ma quel maledetto di
Malfoy arrivò a te prima. Ucciderò quel bastardo pervertito!”
La voce di Sirius crebbe più forte come la magia portò via.
“No!” Gridò
Harry, sentendo il ringhio di Graeme. “Sirius! Era un incidente. Sono stato attaccato da uno dei due mostri. Uno di quelli
con cui sei entrato nel Feudo dei Malfoy.” Harry
aggrottò le sopracciglia. “Perché eri con loro?”
“Li ho sentiti
per caso parlare di andare al feudo, affrontare quel maledetto felino, e odoravano così terribilmente, che nessuno di loro mi
osservò, o che ero con loro. Qualcosa era completamente sbagliato con quei due.”Black guardò in cagnesco
all’essere-gatto che Harry stava tenendo.
Graeme era mezzo
umano, mezzo animale. Sirius era ora, completamente umano. E
lo stato del leopardo gli disse, anche con la mente agitata, come potente era
il gatto. Doveva usare accortezza. Fare in modo che Harry venisse a lui,
ottenendo lontano abbastanza dal gatto così che questi non potesse afferrarlo
di nuovo, ed apparire i due di loro fuori…senza il gatto maledetto.
“Sirius, non
osare fare quello che stai progettando. Graeme, credo che questo sia il suo
nome, dopo tutto è quello che sta gridando Harry.
Sediamoci come uomini civilizzati e parliamo.”Disse Remus, davvero…ordinò. “Tu, Sirius, starai con me,
dove posso controllarti. E Harry, starà col suo
gatto.”
Harry fu tirato più vicino da un Graeme accorto e diffidente, ad
una delle sedie comode vicina alla porta della sala. Sirius ringhiò
ma permise che venisse preso ad un’altra sedia, e si sedette, solamente
per avere Lupin seduto nel suo grembo, intrappolandolo.
“Ehi”, si lagnò Black. Lupin scosse la testa.
“No. Non
chiederlo neppure. Sono troppo stanco per trattare con
i tuoi schiamazzi. Tu resterai qui, e noi risolveremo questo con una
ragionevole conversazione e negoziazione, non lottando. In
ogni modo, lui è più forte di te, se non l’hai notato. E, in caso tu nonnotassi, Harry sta
bene con lui, non ne ha paura. Quindi calmati.” Lo
sgridò Remus, per poi sospirare. “Mi hai fatto versare il mio tè.”
“Gliene farò io,
professore.” Disse Harry, liberandosi dall’alto essere-leopardo dai capelli
color rame che ringhiò. “Ne vuoi anche tu, Graeme?”
“No, non so se è
sicuro. E neppure tu ne prenderai.” Era la risposta
abbrancata di Graeme.
“Ma ne posso fare per il professor Lupin?” Pigiò Harry. “Poi
ritornerò subito.”
Graeme scosse la
testa, alzandosi. “Se insisti nel preparalo per il tuo
professore, io verrò con te.”
E Harry seguì nel piccolo cucinino, dove Harry cercò negli
armadietti per una tazza pulita e un piattino, lo riempì, localizzò alcuni
biscotti dolci, e portò il tutto al tavolino vicino a dove sedeva Lupin con
Sirius. Sirius ringhiò, ma grazie al peso sul suo grembo, non
si spostò, sotto l’occhio vigile di Lupin.
Graeme ringhiò
in ritorno, ed aveva Harry sulla sua spalla, muovendosi verso la porta quasi prima
che Harry posasse il piattino in giù.
“No!” Gridò
Harry. “Dobbiamo parlare! Fermo.” Ed al suo assoluto
colpo, Graeme lo faceva, sedendosi, pigiando Harry mezzo dietro di lui sulla
sedia, le sue mani, mostrando gli artigli impressionanti ai due esseri-lupi.
“Quindi parliamo. Convincetemi sul perché non dovrei
uccidervi per assaltare l’Eletto del mio re.” Graeme
brontolò, le labbra che mostrano di nuovo i suoi
terribili denti. Harry lo guardò.
“Lui era il mio figlioccio prima!” Ululò Sirius, agitato, come
risposta. Remus e Harry guardarono l’un all’altro, e
sospirarono.
Snape non perse
tempo, saltando via dai due mostri fetidi su entrambi i suoi lati.
L’uomo avvertì
il passaggio d’aria prossimo alla sua faccia, un istante mero più lento,
comprese e l’impatto con la sua testa sarebbe stato
sicuro. Con il potere che aveva la cosa, era probabile
che l’uccidesse. L’odore che rotolava via dai mostri stava atterrendo, come se
loro fossero in un mattatoio, circondati da cadaveri
imputriditi.
Istintivamente,
Snape afferrò la sua bacchetta come si mosse, lottando contro Voldemort e i
suoi favoriti gli aveva dato buoni riflessi, e lo rese
eternamente vigilante, certamente era stato in più di una battaglia. Snape corse avanti in tre lunghi, non equilibrati passi, poi roteò
sul suo tallone.
Qualcuno color
oro e mattone balenò accanto a lui, poi pallido e bionda
pelliccia lo seguì, e due righe di pelliccia color carota fiammeggiante.
Snape sentì il ruggito e lo scontro, come si girò, bacchetta pronta. Le grandi,
disgustose zampe stavano per toccarlo, occhi impazziti che ardono come una
delle creature l’avevano intrapreso, non abbastanza
distratto dai due esseri-gatto che l’hanno colpito con il loro peso, ferendolo
con lunghi artigli. Ritornò su di lui, deciso a contattarlo
fuori di ogni ragione.
Snape aveva
pensato che la cosa fosse dedicata a distruggere i membri del clan. Aveva
piccolo senso che volesse attaccarlo, finché lui
ricordò che gli attacchi erano cominciati a Hogwarts, solo ultimamente era
giunto al Feudo, ed aveva attaccato Draco.
Il Pozioni Master svolazzò sull’acqua, fuori di portata,
sentendo la stoffa dei suoi pantaloni lacerarsi agli artigli stesi che
rastrellano la sua coscia, mancando la carne solo di una piccola frazione ma
distruggendo la stoffa. Galvanizzò ogni nervo e muscolo nel suo corpo facendolo
contrarsi, e lui si spinse via, rimbalzando indietro sui suoi talloni, palmi e
sedere, trattenendo solo appena la presa sulla sua bacchetta, talmente duro da
quasi addentarla a metà. Più artigli balenarono, Amrys e Bill,
questi che lacerano misericordiosamente nella bestia,
e non in lui.
Il rumore era
assordante, ruggiti, ringhi, grida che penetravano gli orecchi. Ed il suono di carne strappata, la doccia di sangue che
spruzza in giù come pioggia eccellente.
Lo colpì sul
viso, facendolo desiderare di ritirarsi, come fluì la confusione, mentre
gocciola in giù. Snape l’ignorò. Non poteva permettersi la distrazione.
Snape precipitò
di nuovo, fuori di tiro, solo, la sua bacchetta inutile finché non avesse più
spazio. Si arrampicò indietro come un ragno, tentando di distanziarsi. Il
mostro seguì. Vide un braccio abbronzato, lungo e magnificamente muscolare
avvolgersi circa la gola della cosa, dandogli una scossa di nuovo, duramente.
Poi Amrys saltò via, dopo aver deviato l’attenzione della bestia. Lui era mezzo uomo-mezzo leopardo, Snape fissò il guerriero
ricoperto di sangue coagulato. Merlino! Che momento
inopportuno per comprendere che il secondo del clan era interessante.
La lotta era su,
Snape che guarda da una certa distanza. Lui non aveva
la forza fisica dei licantropi e le cose mostruose. Non era impervio ad
artigli, né aveva le loro abilità salutari. Doveva restare lontano come
possibile.
Ed i combattenti erano troppo vicini perché lui potesse
gettare un incantesimo senza colpire quello che non voleva colpire. Snape pensò
metodicamente alle sue possibilità per un incantesimo che darebbe
il vantaggio agli esseri-leopardo, senza provocare alcun danno a loro. I mostri
erano così grandi, che anche la forza degli esseri-leopardo stava avendo un
impatto solo moderato su loro. Lui doveva trovare qualcosa. Sudore apparve sul
suo labbro superiore. C’era una possibilità…
Snape alzò la
sua bacchetta come Amrys diede un pugno attraverso il torso di una delle
bestie, artigli che lacerano. Il mostro lo
schiaffeggiò via e lui volò di nuovo contro il muro, mentre Bill
Weasley balzò sulla schiena della bestia. Dietro a loro Snape vide Lucius
Malfoy e Charlie Weasley, ambo combattendo nella loro forma animale la seconda
delle bestie.
Snape non sprecò
tempo, e disse l’incantesimo che aveva scelto. Luce balenò, brillantemente accecante,
con intensità tormentosa. Sarebbe stato meglio riuscire a dare un avvertimento ma, non c’era stato tempo. Quando poteva vedere
di nuovo , sul pavimento c’erano due donne notevolmente
piccole e quattro licantropi che ringhiano strisciando su loro.
Lucius ritornò
nella sua forma umana, coperto di sangue e pezzi di carne in decadenza. Stava osservando
il corpo di una donna strana. Strana a lui, ma Snape la riconobbe subito, e
l’uomo si mosse verso il gruppo per guardarla meglio, lottando contro il
tremore di adrenalina che ancora stava correndo nel
suo corpo.
“Sybil
Trelawney. Professore di Divinazione a Hogwarts. Completamente senza talento,
come lontano riguardava la divinazione, e la maggior parte di
abilità magiche. Sono sbalordito che sia riuscita a fare qualcosa del
genere.” Disse Snape come la girò. Gli altri leopardi
stavano cambiando di nuovo, guarendo come lo facevano.
“Riconosci
questo?” Commentò Lucius, girando il professore. Lui aguzzò all’altra donna che
posava seduta in modo scomposto sulla sua schiena, un grande
buco nel suo petto dove la mano di Amrys aveva lacerato in lei. “Quella era mia
sorella, Andromeda. E questo, era completamente oltre il suo livello di magia.”
“Lei è morta,
mio re.” Disse Amrys, inutilmente, ma con una nota di soddisfazione nella sua voce,
avvertita dal re. Aveva provocato abbastanza danni al clan. Ora, non avrebbe
più potuto farne.
“Non c’era nessuna altra alternativa.” Fu la risposta di Lucius. “Non
avrebbe accettato compromessi. Si era condannata con le sue
proprie azioni.”
Il biondo guardò
agli altri uomini. “Ora, dov’è il mio Eletto? E dov’è
Graeme? Chi era che lo prese?” Ringhio lui.
“Sirius Black.”
Disse Snape,
avendo inaspettate difficoltà a distogliere i suoi occhi dall’alta, muscolare
forma del secondo del clan, Amrys. Dovette ricorrere a tutta la sua volontà
indomabile, e forzare la sua attenzione via. Ora non
era il tempo per scoprire qualcosa del genere. Né il
tempo per esplorarlo.
Strano. Snape
era, come lontano come lui sapeva, eterosessuale. Sebbene
nei recenti anni, celibe era più accurato. Snape non aveva mai avuto il minimo
interesse sessuale in un altro uomo. Si costrinse ad archiviare le domande che
stava facendosi…per più tardi. Ora, dovevano pensare a trovare Potter, di
fronte a quell’imbecille del suo padrino faceva
qualcosa di sciocco ed irreversibile.
Lucius si girò
per guardarlo, caldi occhi pallidi. “Sirius Black?
Conosco quel nome. Chi è?” Chiese, la sua voce più
profonda e penetrante che normale. Lui stava in piedi alto,
ancora teso dalla battaglia passata, come il gruppo camminò nella sua stanza di
balneazione privata. Le sue spalle larghe erano sporche di sangue.
“Il padrino di
Potter.” Rispose Snape. Forse, pensò, se i licantropi avessero preso lati nella
guerra contro Voldemort, era probabile che le cose fossero andate più
agilmente, la fine più veloce. Tutti loro, però, avevano declinato fermamente.
Tutti di loro. Canino, felino e roditore. Rifiutando di dare
ragione oltre il fatto che non era la loro lotta. Erano estremamente
insulari. Ma Snape aveva il sospetto che ci fosse
un’altra ragione.
“Perché starebbe lavorando con mia sorella e la strega per
invadere la mia casa?” Chiese Lucius, duramente. Aggrottando le sopracciglia,
la bocca duramente pigiata in una linea. “Quanto di un pericolo è per la
sicurezza del mio Eletto?”
“Senza dubbio
stava pensando che lui stava salvando il ragazzo da un
fato orribile. Sfortunatamente, l’uomo è un essere-lupo. Non sarà lieto di
scoprire che Potter è un essere-leopardo.” Disse
Snape, uniformemente. “Dubito che lui danneggerebbe il ragazzo, ma quando si
tratta con Black, ci sono incidenti che tendono ad accadere.”Era tutto troppo prevedile. Come una maledizione fosse gettata sull’uomo. Snape prese un
profondo alito prima di aggiungere il resto delle informazioni.
“Ad una durata
lui fu imprigionato in Azkaban come criminalmente
alienato. Ma, provò essere una esagerazione.” Il
professore di Hogwarts tentò di tenere la sua voce ferma e senza flesso.
Personalmente, lui pensava che Black *era* mentalmente
disordinato, e pericoloso. Ma non sarebbe servito infiammare la situazione in
cui si trovavano. Uomini che lottavano come aveva appena
testimoniato, non avevano bisogno di alcuna più
motivazione che li guiderebbe a ritorsione.
Lucius e Amrys
scambiarono sguardi, Lucius ringhiò, finché Amrys lo spinse all’orlo
dell’acqua, strappando il suo abbigliamento via. Amrys spinse il suo re
nell’acqua.
“Lavi, poi andremo a trovare Harry.” Disse Amrys. Lucius
aggrottò le sopracciglia più duramente.
Snape guardò come l’altro uomo entrò nella piscina riempita
d’acqua. Lui era un adulto, certamente si era
spogliato negli spogliatoi. Ma, improvvisamente non
voleva esser nudo. Solamente il brutto limo che rivestiva il davanti dei suoi
abiti, ed aggrappandosi bagnatamene alla sua faccia,
lo convinse per giungere ai suoi bottoni. Amrys passò direttamente alla sua
vista, e le dita di Severus scivolarono, armeggiando alle sue chiusure.
L’uomo era
rimasto solo in pantaloni sciolti, seta o qualcosa di simile, ora sporcata coi resti della lotta. Amrys guardò in giù e vide la
confusione che lui stava portando, e fece una smorfia. Senza pensarci, si
spogliò, rimanendo nudo nella stanza nebbiosa, come un dio della natura
primitivo umidità che già condensa sulla sua pelle
marrone e dorata. L’uomo scosse il corpo, solo come un cane scrollò via
l’immondizia e scivolò nell’acqua. Snape pensò che stava
per ingoiare la sua lingua.
Gli uomini
bagnarono, e Lucius chiese ulteriori informazioni.
Snape si concentrò su offrire le risposte, e diventare pulito il più
rapidamente possibile. Una volta il bagno era fatto,
gli furono offerti dei vestiti, non i suoi abiti soliti e certamente non taglio
austero che solitamente portava.
La stoffa era
leggera e morbida, di un nero carbone con una riga grigia agli orli. I
pantaloni erano come morbide dita che carezzavano la sua pelle, e la tunica
lunga, lievemente più grossa ancora adattandosi piuttosto vicino al suo corpo.
Ancora, erano vestiti puliti e i suoi, a questo punto, erano inutilizzabili. Si
adatterebbe.
“Severus.
Portami al lupo mannaro.” Lucius era risplendente in un cremisi profondo, con impronte
nere che facevano la sua pelle ardere bianca. La sua faccia
era estremamente altezzoso. Ogni pollice un re. Quale non
entusiasmerebbe Sirius Black nel minimo.
Il gruppo arrivò
nel luogo in cui a Snape fu permesso di apparire sul terreno di Hogwarts. Le sue proprie stanze nelle prigioni sotterranee. Snape ne approfittò per afferrare stivali puliti. Non erano
lontano dalla sua dimora le stanze di Remus Lupin. Lupin saprebbe dove era Black. I due erano amici. O
possibilmente più, Snape era stupito al pensiero della calma, anima gentile che
era Remus Lupin, associato con l’agitato e pericolosamente impulsivo Sirius
Black.
Il gruppo si
diresse verso le stanze del professore di DADA, un gruppo silenzioso ed intenso
di tre. Snape, ancora nell’abbigliamento preso in prestito, Lucius nel suo
abito fantastico, e poi Amrys vestito in ambra, il cui
abito stava a galla come tela di ragno sulle correnti d’aria.
Amrys e Lucius
erano a piedi nudi, Snape aveva rifiutato di andare senza calzature, scivolando
di nuovo i suoi stivali su dopo aver asciugato il sangue coagulato da loro. Ora
i suoi stivali nuovi erano fermamente sui suoi piedi, i vecchi che bruciano nel suo focolare. Non avrebbe mai potuto togliere
il puzzo di quelle creature da loro, comunque.
Snape fece una
pausa fuori delle stanze di Lupin. Sapeva che Black
era in loro. Snape avvertì il rumore d’annusate provenire dai due uomini dietro
a lui. Stava girandosi per dire a Lucius, quando l’uomo lo spinse via. Lucius
disse una sola parola.
“Harry.” Lucius
ringhiò. Amrys lo seguì dentro come scoppiarono attraverso la porta.
Abiti color cremisi svolazzanti, capelli come argento ed
oro fluenti dietro di lui. Due uomini erano seduti, uno sull'altro grembo
scattarono in piedi dalla sedia che divisero sul lontano lato della stanza. O,
piuttosto, quello sotto catapultò quello sotto verso l'alto, e quello seduto
nel grembo fu lanciato verso l'alto, lembi flagellanti.
Amrys saltò al lato del suo re, mettendosi tra Lucius ed i
due uomini.
C'erano cinque persone nella grande, comoda stanza. Amrys
diede la schiena ai due che conosceva, era più sicuro, Graeme e Harry. Gli
altri tre, che non conosceva, ricevettero sguardi accorti. Lucius mise una mano
sulla spalla del suo secondo, sfolgorando agli uomini di fronte a loro.
L'uomo dai neri ed arruffati capelli, che aveva rapito
l'Eletto del suo clan, era quello che era seduto sulla sedia, quello che si era
alzato. Un alto, magro, uomo che guardava gentilmente malaticcio, con capelli
castano-rossastri prossimo a lui, entrambe le mani agganciate strettamente alle
braccia superiori di Black. Un momento fa era seduto nel grembo di Black. Ora,
lottava per tenere fermo l'altro uomo. Non permettergli di gettarsi sugli
esseri-leopardo ed attaccare.
“Graeme?” Disse Lucius, rimanendo in guardia contro gli
occupanti, non del clan, della stanza. Concentrandosi su quello che stava
muovendosi, piuttosto che quello che era rimasto seduto.
“Il tuo Eletto è sicuro, ed incolume, mio re.” Rispose
Graeme, e la tensione che era stata nel corpo di Lucius alleviò, Le sue spalle
si abbassarono di una frazione, e prese un profondo alito. Il biondo accennò
col capo, poi alzò il mento fissando l'uomo che ora era precipitato a terra. I
due sembravano abbastanza accoppiati uniformemente. Uno forte e esplosivo,
l'altro più in controllo, abbastanza che potesse fermare il compagno, per ora.
“Tu?” Chiese Lucius, gentilmente, voce solo abbastanza
morbida da non tagliare l'aria con la sua acutezza.
“Sto bene, mio re.” Mormorò in ritorno Graeme. L'uomo
arrossì, sorpreso e lieto con la dichiarazione pubblica di preoccupazione da
parte di Lucius, di fronte ad estranei.
“Ti sono debitore, mio terzo, per seguirlo qui.” Disse
Lucius, intendendo ogni parola. Non si sarebbe mai perdonato se Harry avesse
subito dei danni, o ucciso. Era il suo ruolo, proteggere e rendere felice colui
che aveva Scelto. Ancora, Harry era svanito da sotto il suo naso. Solo l'azione
rapida di Graeme aveva distolto il disastro. E solo l'opportunità, aveva fatto
si che si trattasse del padrino e non Andromeda o il professore matto, che
l'afferrasse.
“Il mio diritto, mio re.” Rispose Graeme, formalmente, ma
col cuore. Lucius inclinò la testa i riconoscimento. Graeme rilassò la presa
sul giovane.
Harry rilasciò un anelito, e rapidamente lasciò Graeme,
per fiondarsi nelle braccia di Lucius. Il ragazzo stava portando quello che
sembrava una camicia da notte, troppo lunga, ma giusta di spalle. Probabilmente
apparteneva all'uomo sottile, pensò Lucius, abbracciando Harry con un braccio,
e tenendo libero l'altro per difenderli e alzandolo per pigiarlo al suo petto,
accomodato che, in dei modi, Harry fosse vestito mentre trovandosi fra gente
che non apparteneva al clan.
La spinta per chiederlo qui, di fronte all'uomo che
l'aveva rubato stava sommergendolo. Il bisogno di mostrare a tutti che il
giovane era suo, era del clan, era immenso. Ma Lucius, lottò contro lui. La
situazione non era sicura ancora. E l'Eletto non rispondeva sempre bene ad
esser preso in pubblico.
Immediatamente, il padrino cominciò a lottare, gridando
minacce, tentando di arrivare a Harry. L'uomo sottile stava avendo difficoltà
che lo tiene, fino a che il quinto uomo che era stato originalmente nella
stanza si alzò e con un braccio fermò Sirius. Tenendolo facilmente. Dominandoli
tutti. Era Tambyn, il re degli esseri-lupo.
“No, per favore, Sirius. Non farlo. Questo è il re del
clan, il mio re, Lucius Malfoy.” Stava dicendo Harry. “Sirius, è OK. Io sto
bene. Non bado ad essere con gli esseri-leopardo.” Disse, tentando di calmare
l'uomo. Ma, lo conosceva abbastanza da non lasciare la protezione dell'abbraccio
di Lucius ed andare dal suo padrino. Graeme si avvicinò al suo re ed al suo
secondo, affiancandoli.
“So chi è. Lui è un essere-leopardo.” Ululò Sirius,
tentando di contorcersi fuori della presa di Remus. “Lui ti ha rubato dalla
tua gente!”
“Cosa?” Disse Harry, veramente confuso. “Di cosa stai
parlando, Sirius?”
“Lui progettò tutto questo. Ti cambiò mentre non ero
presente e non potevo fermarlo...Non preoccuparti, ti aiuterò ad uscirne...ti
aiuterò a diventare uno di noi, non un lordo *gatto*.” Ringhiò Sirius, occhi
che ardono rossi come guardò a Lucius. Questi alzarono le sopracciglia. Questo
era pericoloso.
“Quieto.” Disse Tambyn, nel suo rimbombo profondo,
stridente. Lui si rivolse a Lucius. “Il mio lupo desidera posare richiesta per
questo giovane. Lui dice di essere il suo guardiano, e che non diede il
permesso perché fosse girato. Dalla nostra legge lui ha un diritto sul
ragazzo.”
“Lui è il mio!” Ululò Sirius di nuovo, nonostante i
mormorii calmanti di Remus. “Lui appartiene al branco!”
“Lui. E'. Il. Mio. Eletto.” Disse Lucius, enunciando con
chiarezza ghiacciata ogni parola. “Non può essere rimosso dal clan. Non lo
permetterò.”
“Tu sei un re. Capisci le sacre leggi dei pacchi e dei
clan. Devi permettermi di prenderlo e proteggerlo come uno dei miei finché
questa questione può esser risolta nel consiglio del pacco.” Disse ragionevolmente
Tambyn. “Devo seguire le nostre leggi.”
E arrivò fuori verso Harry. “Non può esser risolto in
alcun altro modo. Lui deve venire con noi.” Insisté Tambyn.
“Hai sentito le parole del nostro re. L'Eletto rimarrà con
il clan.” Rispose Amrys, indovinando che Lucius stava iniziando a scuotere in
ira dietro di lui.
Tambyn scosse la testa. “Non ho alternativa, ma rafforzare
le nostre leggi.” disse lui, quasi malinconicamente, stendendo di nuovo la
mano verso Harry.
Harry ne aveva avuto abbastanza. Lui sibilò, zanne
crescenti, pelliccia che scoppia fuori su tutto il suo corpo e artigli che
compaiono sulle sue zampe. Con le ultime tracce di voce umana, parlò.
“Sta via da me.” Disse ringhiando.
“Prima che ricorriamo a misure fisiche, è probabile che si
parli civilmente?”
La voce vellutata di Severus Snape tagliò attraverso la
tensione. Saggiamente, non si mise tra i due gruppi, ed evitò studiosamente
l'essere-gatto arruffato, ma si mosse su così che tutti potessero vederlo
chiaramente. “il sig. Potter è uno dei nostri studenti, e così era sotto la
nostra difesa alla durata che lui ha subito l'attacco. Non quello del sig.
Black.”
“Quella è una bugia!” Gridò Sirius, lottando più
decisamente. Harry fece un grrrr sotto voce. Sirius continuò. “Lui è il mio!”
“Sirius!” Esclamò Remus. “Quello non aiuterà!”
“Non abbandonerò il mio Eletto, Tambyn. Come tu lotteresti
per il tuo erede, io lotterei per quello che è mio.” Disse Lucius Malfoy. “Le
tue leggi non sono le mie. Lui è un essere-leopardo e non un essere-lupo. Le
leggi che lui segue sono le nostre.”
“Sono pienamente d'accordo. Permettici di discutere con
calma la questione, mio re. Non c'è nessun bisogno di far peggio le cose.”
Disse Remus, guardando a Tambyn. “Non risolverebbe nulla una lotta, e il
giovane può rimanere ferito. Lui sembra pronto a lottare strenuamente a
seguirti.” E gettò un'occhiata al gattino che stava ringhiando
malaugurantemente.
“Le leggi...” Cominciò Tambyn, sopracciglio inalzato.
L'uomo si atteneva alle leggi che governavano la sua gente. Senza far
eccezioni. La legge dava sicurezza al branco, sapevano che comportamento fosse
accettabile, e quello che darebbe luogo a punizione.
“Non può legare gli esseri-leopardo. A meno che tu sia
d'accordo ad esser legato dalle nostre leggi? Equità? Parità?” Disse Lucius,
espressione arcigna, rigido. L'uomo permise ad una zanna di mostrare come si
allungò in una minaccia meno sottile.
“Ti darei un ostaggio per assicurare
la sicurezza del tuo Eletto.” Offrì Tambyn. Poi si stese, continuando a
parlare. “Non subirà alcun danno. Ti do la mia parola d'onore.”
“No.” Disse Lucius come l'essere-leopardo-Harry si acquattò
basso e schiena inarcata, coda che si allargava a proporzioni stupefacenti,
pelliccia presente su tutto il corpo. “Può essere solo un gattino, ma farà dei
seri danni se tenterai di prenderlo. Chiaramente, dovresti prima passare tutti
noi. Lui appartiene al nostro clan e nessuno lo prenderà da esso.”
“Questo, entrò nel nostro Feudo col mostro e lo rubò da noi,
dalla sua casa.” Sputò fuori Graeme, aguzzando un solo artiglio a Sirius. “Non
si può aver fiducia in lui. E le nostre leggi impediscono che cediamo il nostro
Eletto a voi. Lui è del nostro re, e solamente il nostro re può scegliere di rinunciarlo.
Il mio re ha detto che non lo farà, e così, l'Eletto rimarrà con noi.”
“Quello, non spetta a te dirlo, gatto.” Disse Tambyn,
drizzandosi.
“Forse, possiamo prendere un profondo respiro, e calmarci?”
Si avventurò a dire Remus, cautamente. Tutti si girarono a sfolgorare a lui,
eccetto Severus Snape.
“Come dissi”, intervenne Snape, nel provvisorio silenzio.
“Il sig. Potter non era sotto la difesa del sig. Black. Perciò il beneplacito
da parte del sig. Black, o la mancanza di esso, non ha importanza. Harry fu
attaccato e *accidentalmente* girato. Non fu progettato o sanzionato. Credo che
la vera intenzione era ucciderlo. Quindi. Ora abbiamo i fatti, lui è un
essere-leopardo. Malfoy, qui, è il re di quel gruppo, e così il sig. Potter è
soggetto a lui. O desidera aprire la lattina di vermi come quali leggi del
mondo magico dovrebbe applicarsi al branco o al clan?”
Tambyn guardò all'altro uomo snello che vestiva abiti del
clan. Odorava come una creatura umana. “Non mi piace. Non ha l'odore giusto.”
Disse lui. “Che diritto ha per interferire nei nostri affari?”
“Sono un professore assunto da Hogwarts, e così, sono uno
dei responsabili per il suo benessere.” Informò l'uomo Snape. Snape rifiutò
costantemente di notare che loro erano tutti intenti a fissarlo, l'essere-gatto
incluso. Gli enormi occhi color smeraldo di Harry erano grandi come piattini, e
aveva momentaneamente fermato di ringhiare.
“L'assicuro, professore, che non riceverà danni con noi.”
Asserì Tambyn. “me ne occuperò personalmente. Sarà al mio fianco giorno e
notte.”
“Lo porterai al suo letto?” Chiese Amrys, improvvisamente.
“E' il coniuge di un re. Gli farei l'onore di portarlo al
mio letto.” Tambyn si stese, orgoglioso e regio. Poi fissò in giù il biondo più
corto.
“Lei lo vuole per suo proprio!” Ringhiò Graeme, l'inizio di
un bagliore nei suoi occhi, che solitamente precedeva il cambio.
“Normalmente, non desidero maschi.” Li informò il re-lupo
superbamente. “Ma io onorerò il coniuge di un altro re e gli permetterò di
avere piacere con me. Tutte le sue necessità saranno adempiute.”
“No. A meno che tu non desideri morire per quel piacere. Il
mio Eletto non è donato a nessun altro. Neppure un re.” Affermò Lucius.
Harry sembrò d'accordo, i suoi ringhi avevano ri-iniziato,
con un volume doppio. Il gattino inarcò e ringhiò, scoprendo tutti i suoi
denti, facendo chiaro il suo dispiacere all'idea di Tambyn. Quasi eccitò in
furia, baffi rigidi per l'oltraggio. Le sue anche tesero come si preparò a
lanciarsi all'essere-lupo e ferirlo con i suoi artigli stesi.
“Sig. Potter”, disse una voce liscia, familiare da sette
anni delle classi di pozioni. “Non sia un asino. Se lei li attacca, loro
l'avranno nella loro presa. E se possono trovare le loro mani su lei, possono apparire
con lei, ad una destinazione che sia più vantaggiosa per loro.”
Graeme, sentendo l'indecisione del giovane, saltare e
lottare o rimanere in una posizione sicura, afferrò una manciata di pelliccia
spessa e scura e lo tenne su.
Harry rilasciò fuori un ringhio sgonfiato come sentì la
presa sicura sopra la sua pelliccia. Harry uggiolò. Aveva desiderato affondare
i suoi denti nel lupo realmente. Solo che provassero di toccarlo...i suoi denti
luccicarono.
“Ora. Per favore, calmatevi tutti. E' ora per affrontare
questo in forma umana, non pensi?” Disse dolcemente Remus, con
ancora un braccio circa il suo amico, Sirius, tenendolo strettamente,
consapevole di quello che Sirius era capace su impulso. “Ti
imploro, mio re, non lasciare questo uscire da mano. Non guerreggiare
su un giovane.”
“Non lascerò iche il mio Eletto sia preso da me.”
Affermò Lucius con condanna completa, squadrando le spalle
molto larghe, come affrontò il ben più massiccio
Tambyn. Tambyn abbassò la testa e ringhiò.
“Lui sarebbe dovuto essere un lupo, il mio lupo e legato a
me. Mi chiedo se tu sistemassi per il suo trasformare mentre Sirius
andava via, sapendo che non potevi averlo in qualsiasi altro modo. Tu
desideravi il suo potere da usare.” Disputò Tambyn,
sguardo chiaramente speculativo e con un po' di rabbia. “E'
stato un licantropo meno che un tre mesi, ed è già
Scelto? Io affermo che tu hai cospirato con tua sorella per usare il
mostro e trasformarlo. Il ragazzo non è, giustamente, il tuo.”
“Non avevo alcuna parte nella sua trasformazione. Il tuo
uomo, Paulsen, ha portato il ragazzo da me alla richiesta del
Direttore di Hogwarts. Che aveva la sua custodia. Finché mi fu
consegnato, non avevo conoscenza della sua trasformazione.”
Asserì Lucius, adiratamente. Un rossore d'oltraggio colorò
le sue guance. Harry guardò fisso a Lucius. Era magnifico,
così regale, così bello.
“Questo, non lo posso credere. L'evidenza mi conduce a
pensare altrimenti.” Tambyn scosse la testa, enfaticamente. “E'
troppo conveniente per gli esseri-leopardo. Non può essere una
coincidenza. Io non ho pensato certamente Paulsen col ragazzo. Non
l'avrei permesso.”
I due re ritornarono a sfolgorare l'un con l'altro- Snape avanzò
più vicino a Harry, abbassandosi in ginocchio per parlare al
giovane gattino che lo guardava accortamente. Con urgenza, parlò
a bassa voce. La situazione stava lentamente aumentando in tensione,
e le accuse sfocerebbero in una battaglia, qui ed ora. La situazione
doveva venir disinnescata, e rapidamente.
“Non può parlare se rimane un gatto, sig. Potter.”
Disse Severus, che ricordò a Harry di Dumbledore, che lo Snape
delle sue lezioni. “Questa è una delle volte in cui ha
bisogno di parlare apertamente le sue viste. Ed al più presto
possibile. Come nobile come sembra ad un giovane licantropo assetato
di sangue, una lotta su lei e il suo fato, sarebbe pessima. Chi di
questi uomini vorrebbe veder morire?”
Harry sedette di nuovo sulle sue anche, e sbatté gli occhi.
Lui guardò su ad Amrys e miagolò.
“Ha delle difficoltà a ritornare in forma umana.”
Spiegò Amrys, portando Harry, al mago. “Ci vogliono ore
per lui per farlo, normalmente.”
“Harry. Lei non ha ore. Deve farlo ora.” Insisté
Snape. “Molte volte, nel passato, ha detto che non poteva fare
qualcosa fino a che dovevi. Ora deve fare questo.” I suoi occhi
scuri si spostarono sui due gruppi che si affrontavano uno contro
l'altro. “Questo *non* è tempo per fallire.”
Anche Harry guardò. Lui vide il ferocemente protettivo
Graeme, il calmo ma pronto al combattimento Amrys, vide la forma alta
e regia del re degli esseri-leopardo, Lucius, il *suo* Eletto, l'uomo
che aveva scelto di amare. Harry tentò d'immaginare uno di
loro seriamente ferito, o morto, e lottare era, improvvisamente,
l'ultima cosa che volle fare.
La sua attenzione vagò sull'altro gruppo. Gli esseri-lupo.
A Tambyn, che non gli stava realmente piacendo molto, a Remus che
aveva protetto e l'aveva protetto, insegnandogli molto su DADA ed era
stato un amico, quasi uno zio o il più vecchio fratello quelle
volte che i viaggi di Sirius lo tenevano lontano. Poi guardò a
Sirius. Suo padrino. Un uomo che lui ha amato, in un modo diverso da
come amò Lucius, ma che non poteva sopportare di veder fatto
male. Merlino! Non aveva nessuna alternativa.
Tambyn era l'unico a cui Harry non ha voluto bene, infatti voleva
far male all'uomo lui stesso. Per metà un secondo tentò
di capire da dove stava venendo il re dei lupi, il suo punto di
vista, e decise che era chiedere troppo al momento. Tutti gli altri,
pari Snape, in cui non aveva sempre avuto fiducia; Harry non desiderò
vedere nessuno di loro ferito.
Col capo, accennò. Doveva cambiare di nuovo per trattare
con questo. Ma, poi, si sentì perso. Tutti gli uomini nella
stanza stavano guardandolo. E lui non aveva idea di cosa fare.
Parliamo dell'ansia per lo spettacolo, fu il suo pensiero. Harry
guardò ad ognuno nel cercare aiuto nel risolvere il suo
dilemma.
“Prendi un profondo alito, Harry. E' solo come alcun altro
incantesimo. Visualizza quello che tu vuoi, e vai da là.”
Offrì Remus da attraverso la stanza. Snape sorrise, un piccolo
sorriso stretto di approvazione.
Harry accennò col capo di nuovo e si mosse così i
membri del clan erano tra lui e gli esseri-lupo, e poi si sedette,
concentrandosi. Sii umano, fu il suo pensiero. Sii umano, ora. Devi
essere un umano. E quello, era tutto ciò che ci volle. Di
nuovo sentì i cambi che avvenivano in lui.
E fu di nuovo umano. In una camicia da notte stracciata. Sedendo
sul pavimento di Remus Lupin. Con tutti gli occhi su di lui. La
maggior parte degli occhi felici ed entusiasti. Il dolore di Sirius,
chiaro come l'acqua, che mostrava il suo sentirsi tradito, come se
Harry l'avesse rifiutato. E lo sguardo fisso del re dei esseri-lupo.
Questo spaventò Harry. Era pieno di una fame che consuma. E
concupiscenza.
Mantheer era preoccupato. L'uomo posò una mano sulla fronte
di Draco. La febbre stava crescendo, nonostante le pozioni che il
professor Snape aveva lasciato perché Draco le bevesse. Lui li
aveva dati al ragazzo precisamente nel momento e quantità
corretti. Ma, Draco, aveva sviluppato una febbre, che cresceva
rapidamente. Mantheer stava diventando sempre più preoccupato.
Specialmente quando lui non poteva contattare il professore, o il re,
il secondo, o il terzo. Nessuno di loro sapeva del peggioramento di
Draco.
Kaithas era venuto a stimare la situazione. Lui gettò i
suoi incantesimi che guariscono, e per un poco, Draco era riuscito a
riposare. Non aveva migliorato. Era semplicemente che qui bisognavano
più che i semplici incantesimi di guarigione. Licantropi
guarivano bene, rapidamente, spesso in minuti se cambiavano forma. Le
abilità di Kaithas erano adeguate al loro clan. Non per una
creatura umana. Lui non era ciò del quale ebbe bisogno Draco.
Finalmente. Yaji era andato a cercare il professore, Kaithas in
rimorchio. Mantheer rifiutò di lasciare il lato di Draco. Lui
si spogliò e scalò nelle pellicce con lui, tenendolo
vicino mentre il giovane rabbrividiva. Lui aveva lavato le ferite,
nella piscina del bagno del re, e sembrò aiutare. Il giovane
aveva dormito per un tempo, ma ancora una volta iniziò ad
agitarsi. Questo non era buono. Mantheer non poteva rilassarsi finché
non fu trovato Snape, e la Madre guarita.
Draco fece un piccolo lamento di disagio, agitandosi. Mantheer
s'inclinò verso di lui, accarezzando la sua faccia.
“Cosa c'è?” Chiese con un tono profondo
proveniente dal suo largo petto. “Senti dolore? Ti sto facendo
male?”
“F-f-f-freddo.” Balbettò Draco, i denti che
sbattevano, e Mantheer tirò su le pellicce, sebbene faceva già
troppo caldo nella stanza. L'uomo giunse ad un bicchiere d'acqua. Lo
portò alla bocca di Draco.
“Bevi.” L'acqua era fresca, ma non troppo, Draco la
bevve con gratitudine. Aveva molta sete. Mantheer accantonò il
bicchiere vuoto. Lisciando i capelli umidi di sudore dalla faccia
arrossata del giovane. Leccò dolcemente la pelle molle.
Cercando di offrire conforto. Draco stava bruciando come fuoco al
tocco.
Mantheer lo raggruppò su, e si diresse alla piscina. Per
pulire le ferite e ridurre la sua temperatura. Dovrebbe bastare fino
all'arrivo degli aiuti.
La scansione di Kaithas aveva localizzato Snape di nuovo a
Hogwarts. Lui e Yaji erano andati all'ufficio del Direttore.
L'urgenza della loro missione voleva dire che non potevano evitare il
suo aiuto. L'uomo aveva ascoltato e concluso misericordiosamente e
rapidamente che Snape era la risposta.
Dumbledore, vestito nei suoi abiti voluminosi, violentemente
colorati, condusse rapidamente i due esseri-leopardo alle stanze di
Remus Lupin. La porta sbarrata contro ogni intrusione, non poteva
tenere il vecchio mago a bada. Lui sventolò la sua bacchetta
come si avvicinarono e le custodie si affievolirono tutte, la porta
che cigola aperta.
Tutti quelli nella stanza si girarono, zanne scoperte, se loro li
avessero. Dumbledore elevò la sua bacchetta in avvertimento,
ed ogni uomo nella stanza prese un passo indietro alla minaccia
implicita, con la sola eccezione di Severus Snape. Graeme che si
sposta fra la nuova minaccia e l'Eletto.
“Gentiluomini. Lei ha un'emergenza.” Disse l'uomo
anziano, guardandoli da sopra l'orlo degli occhiali. “Suggerisco
lei posticipi questa discussione fino un'altra durata. Kaithas.”
Lui accennò col capo al Veggente e si girò, ritornando
al suo ufficio. I presenti lo guardarono andarsene, poi si girarono
di nuovo, ritornando a quello che stavano facendo prima, fissando
l'un l'altro sospettosamente.
Yaji stimò immediatamente la situazione e si intromise fra
i suoi membri di clan e gli individui esseri-lupo. Fletté le
braccia, sfoggiando il suo fisico massiccio, bene levigato,
addirittura senza sapendo precisamente quello che era accaduto
nella stanza, sentiva quando di una mostra era in bisogno. Lui era
grande quasi quanto Tambyn, ed aveva molti più anni di
esperienza sotto la sua cintura. Non poteva esser congedato
facilmente come un oppositore. Neppure da un re.
Il cambio di forza nella stanza era palpabile. Tambyn, ora, non
rischierebbe un attacco. Non poteva vincere un confronto fisico.
Nonostante i numeri, prima c'era stata una magra opportunità
di successo. L'uomo ringhiò in frustrazione. Lui stava
cominciando a pensare ad Harry come uno dei suoi lupi. Il suo da
avere come giusto, possedere e proteggere dagli esseri-leopardo avide
che ingiustamente l'avevano preso dal suo destino. Harry Potter,
nella prospettiva di Tambyn, avrebbe dovuto essere un essere-lupo,
indubbiamente.
Uno degli esseri-leopardo era un Veggente. Tambyn guardò
pensierosamente l'uomo. I Veggenti erano fuori della solita
classificazione di dominio. Loro erano uomini e donne separati, e
nessun re saggio li sfidava leggermente.
Il Veggente andò urgentemente al lato del professor Snape e
parlò. Il professore sembrò in difficoltà. Lui
guardò al gattino, Harry, fece ulteriori domande al Veggente,
e poi sembrò prendere una decisione. Dopo una rapida parola a
Lucius, lui lasciò la stanza in corsa.
La presenza del Veggente, aveva dato a Tambyn un'ispirazione.
L'uomo ringhiò rumorosamente per attrarre attenzione a se. Una
volta che tutti stavano guardandolo, parlò.
“Porterò la questione di fronte al Consiglio dei
Veggenti.” Disse decisamente.
“Non è una questione per i Veggenti.” Lucius
elevò uno dei suoi sopraccigli. Nella sua opinione, il pacco
non aveva richiesta, e non era una questione di legge.
“*E'* una domanda di legge. E' la legge seguita dal suo
guardiano, un membro del mio pacco eminente, o è la legge del
clan del leopardo della quale lui non sarebbe mai dovuto essere un
membro.” Tambyn disse in disaccordo. “Io chiederò
la loro opinione.”
“Di cosa sta parlando?” Mormorò Harry ai due
uomini che l'affiancavano. “Perché non posso solo dire
che voglio restare con il clan e Lucius? Quello dovrebbe essere
abbastanza per tutti di voi. Sono vecchio abbastanza per prendere le
mie proprie decisioni.”
“Tu sei ancora un gattino.” Disse Amrys al giovane,
tirandolo contro il suo corpo in un forte abbraccio. Harry si
contorse, ma non si spostò. Graeme deviò la sua
attenzione dal rifiuto offeso che lui stava quasi per consegnare ad
Amrys.
“Il Consiglio dei Veggenti. Loro decidono su tutte le
questioni di legge e sono i finali arbitri su tali questioni.”
Disse Graeme. “Le loro decisioni non possono essere negate, né
accettano appelli. Devono essere rispettate.” Harry aggrottò
le sopracciglia più duramente, l'arruffare dei capelli da
parte di Amrys che fa poco per calmarlo.
Tambyn unì il Veggente con il suo sguardo austero. “Lei,
Veggente, porterà la mia richiesta al Consiglio, come legato
dal suo onore?”
Kaithas fu sorpreso per avere la richiesta non fatto entro uno del
suo clan. L'uomo sembrava serio.
“Qual'è il suo danno, lupo?”
“Il ragazzo”, Tambyn aguzzò a Harry. “Lui
doveva essere un lupo, non un leopardo. Il suo guardiano posa
richiesta a lui, come faccio io. E' il suo destino per essere un
essere-lupo. Io cercherò il parere del Consiglio sulla
questione. E che loro rimuovano la macchia da lui così che
possa essere trasformato in un lupo. Come fu voluto sempre essere.”
Kaithas considerò l'ordine del re-lupo. I suoi occhi si
restrinsero. Quello spiegò l'atmosfera di violenza che
riempiva la stanza. Lui scosse la testa. “Non posso, non serve
il mio clan. Lui è Scelto dal mio re. Abbia il suo
proprio Veggente farlo.”
“Molto bene.” Tambyn fu acquiescente, di malavoglia.
“Non mi ostacolerà?”
“E' il diritto di alcun licantropo per cercare un'opinione
su una questione di legge, quando la legge è la base della
domanda. Non sono sicuro di vedere la ragione per la sua richiesta,
ma non le nego il suo diritto per cercarli.” Disse gentilmente
Kaithas. “Io credo che l'Eletto fu destinato per essere dove è
ora.”
“No.” Disse dall'altro lato della stanza Sirius. “Lui
doveva essere uno di noi. Quindi io posso proteggerlo. Lui appartiene
ai lupi. Lo vedrai presto, Harry. Vieni con noi, te lo mostrerò.”
Sirius stava ancora lottando contro la presa che il suo re e Remus
avevano ancora su lui.
Harry stava crescendo agitato. Lui scosse la testa, evitando di
guardare al suo padrino, sentendo la voce calma di Remus che tenta di
portare Sirius sotto controllo.
“Perché sta facendo questo? Voglio dire, capisco
Sirius, è il mio padrino, vuole che io sia con lui. Ma Tambyn?
Non capisco...” Harry lasciò la sua voce affievolirsi
sull'indagine.
Graeme guardò a Harry. “Non capisci? Lui è un
re. Cerca il potere per se, per il suo regno, per la sua gente.
Lucius, il nostro re, cerca il potere, guarda per esso, come
un'opportunità da aggiungere alla sua base. Tutti i re cercano
lo stesso. E' solamente il metodo per raggiungere il potere che
differisce.”
Harry lo fissò. “Non posso credere che stai dicendo
questo. Lui vuole costringermi ad andare con lui! Vuole avere sesso
con me.”
“In durata, Tambyn sarà un grande re.” Disse
Amrys dal suo luogo prossimo a Harry, non negando quello che aveva
detto Harry. Il secondo posò una mano confortante sulla spalla
di Harry. “Tambyn non ha nulla contro di te. Lui cerca soltanto
quello che migliorerà il suo regno. Lui mette le sue viste in
alto, e va dopo quello che vuole senza esitazione. Tambyn ti
legherebbe al suo pacco con la sua propria carne come àncora.”
“Come può forzare qualcuno nel suo pacco aiutare il
suo regno? Come può stuprarmi aiutare la sua causa?”
Bollì Harry. Tutti questi uomini erano difficili da capire,
non solo i lupi mannari. Come potrebbero ammirare Tambyn?
Graeme scrollò le spalle. Amrys strofinò la schiena
di Harry. Lucius si portò seguente a loro, prendendo Harry in
braccio e provocando un grido di sorpresa in Harry.