It's just another day for you. You and me in paradise

di Pick
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Mannaggia! ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** E' giusto che sappiate... ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 27: *** Tre anni ***
Capitolo 28: *** Capitolo 25 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Questa è la mia prima FanFiction che scrivo. Spero di non aver turbato qualcuno con questo mio orrore, ma ho sempre pensato che prima o poi bisogna provarle tutte le esperienze e questo scritto lo considero comunque una nuova esperienza! Prima di cominciare volevo solo fare un commento in generale a tutti quelli che scrivono FanFiction. Li considero dei veri artisti, in grado di scrivere favolosamente chi più e chi meno, ma che hanno comunque il coraggio di mettere in gioco la loro fantasia e il loro carattere nel scrivere.

Bando alle ciance ecco qui il mio primo scritto, incentrato maggiormente su Jasper ed Alice, ma che lascerà spazio comunque agli altri membri della famiglia. Perché Jasper ed Alice? Perché a mio parere sono una delle coppie più belle della Saga di Twilight. Il titolo di questa raccolta l'ho chiamata appunto It's just another day for youYou and me in paradise delle parole che ho preso da una canzone di Phil Collins, intitolata Another Day In Paradise (a mio parere FAVOLOSA un pò come tutte le canzoni di Phil Collins xD )

Bene quello che ho detto ho detto, adesso vi lascio alla mia storia, sperando che vi piaccia, ma se la storia non dovesse piacervi vi basta scrivere un commento anche solo un "Basta" e sarò lieta di interrompere tutto xD (Non mi faccio problemi!)

Buona lettura (:

Capitolo 1.

Anche quest'anno il fatidico giorno era arrivato. Come ogni anno quel giorno arrivava preciso e spiccato come sempre. Il 20 novembre era arrivato, portando con se quel pizzico di tristezza che portava ogni volta, e come ogni santissimo 20 novembre aprivo le ante del mio armadio estraendo il solito smoking nero, abbinato alla solita camicia bianca, con la solita cravatta nera.

Non impiegai molto a cambiarmi d'abito e senza perdere altro tempo uscì dalla mia camera, dal mio covo personale. Già, ancora una volta si stava ripetendo la routine del 20 novembre, ma ad ogni anno le emozioni che provocava in noi quel giorno erano sempre più sopportabili, al contrario del primissimo 20 novembre.

Cominciai ad incamminarmi verso il mini salotto di casa, ma non appena misi piede nel corridoio, come se fosse scattato l'allarme, mia sorella uscì dal bagno. Sgranai leggermente gli occhi vedendo che non era ancora pronta. Per una volta nella mia vita ero riuscito a prepararmi prima di Rosalie, miracolo!

« Jazz, sono stra in ritardo! Potresti aiutare tu Jenny? Ti prego, ti prego, ti prego! »

Di solito era lei che si occupava di nostra sorella minore, Jenny, soprattutto nel campo dei vestiti. Il mio compito si limitava a ben altre cose.

Non feci in tempo nemmeno a dirle sì. Il tempo di prendere un bel respiro e Rosalie rispose sfoderando un mega sorriso:

« Ti adoro! »

E senza attendere una mia risposta chiuse la porta del bagno per tornare alle sue faccende. Scossi delicatamente la testa e guardando l'orologio che indossavo al polso mi avvicinai alla porta della stanza di Jenny. Avevamo ancora una buona mezz'ora, ce la potevamo fare!

Bussai delicatamente alla porta e pochi istanti dopo entrai nella stanza. Era una delle stanze più grandi della casa. Anche se forse la parola grande era troppo per quella casa. La nostra abitazione non era per niente una delle più grandi, anzi zero. Ma non potevamo lamentarci, era quello che ci potevamo permettere.

Jenny era seduta sul suo letto, posizionato al centro della parete alla destra rispetto all'entrata. Aveva la testa chinata verso il basso ed indossava il suo vestitino destinato a quella giornata. Fra le mani aveva una cornice con dentro una foto di tutti noi.

Sospirai abbozzando ad un sorriso amaro e senza indugiare altro tempo mi avvicinai sedendomi accanto a lei.

« Hei, ti sei cambiata da sola... »

Mi limitai a dire mentre le portavo una mano sulla testa accarezzandole i capelli, talmente fini e delicati che sembravano piccoli fili d'oro.

Jenny si limitò solamente ad annuire sospirando appena, continuando a mantenere lo sguardo fisso su quella foto. Era una delle ultime immagini che avevamo scattato, prima di quel giorno.

Per qualche minuto calò il silenzio fra di noi, dato che anche io ero caduto nella tentazione di guardare quella foto. Per qualche minuto era come se anche la mia mente si fosse assentata e fosse andata ben oltre, a circa cinque anni fa. Poi ad un tratto sentì il suo sguardo puntare sulla mia immagine. Non appena la guardai vidi la sua espressione da rimprovero penetrare dritta dentro di me.

« Che c'è? »

Jenny sospirò e alzandosi in piedi sul letto si avvicinò a me e con le sue piccole mani cominciò a sistemarmi il colletto della camicia.

« Se non ci fossi io! »

Disse con un filo di rimprovero scuotendo la testa. Non riuscì a trattenere una leggera risata e non appena ebbe finito di sistemarmi la camicia mi alzai in piedi continuando a guardarla sorridendo entrambi. Ad un tratto la voce di Rosalie ci richiamò chiedendoci se eravamo ancora tutti e due interi.

Roteai gli occhi verso l'alto e offrendo la mano a Jenny dissi:

«Meglio andare. Altrimenti chi la sente quella là... »

Riuscì a strappare una risata alla mia sorellina che non esitò ad offrirmi la sua manina.

« Aspetta! »

Mi richiamò bloccandosi all'istante quando eravamo sul ciglio della porta. Lasciò all'istante la mano e si avvicinò al letto, afferrando quella cornice e sistemandola al suo posto, sul comodino accanto al suo letto.

«Ci vediamo fra poco...»

Dissi in un sussurro lasciando un leggero bacio sulla figura femminile che si trovava in quella foto fra quella di Jenny e di Ros.

In pochi istanti arrivammo in salotto dove ci attendeva Rosalie nel bel mezzo della stanza che continuava andare avanti e indietro con in mano il suo cellulare. Indossava un abito nero, con un copri spalle rigorosamente nere. Per quanto riguardava l'eleganza Rosalie era la migliore. Anche se non avevamo molte opportunità economiche, lei riusciva a diventare stupenda con veramente poco. Mi limitai a dirle un semplice “arrivati” non appena ci vide.

« Perfetto. Royce dovrebbe essere qui a momenti... »

Quel leggero sorriso si cancellò all'istante sentendo quel nome. D'istinto lasciai la mano di Jenny e guardando fisso negli occhi mia sorella maggiore sospirai pesantemente, dimostrandole in quel gesto tutto il mio disprezzo per quel nome.

« Jasper, ne abbiamo già parlato basta... »

Dissi in un sussurro avvicinandomi e ammonendomi con un'occhiata. Non voleva parlarne davanti a Jenny, non voleva che sapesse tutta la verità. Ma prima o poi sarei scoppiato dalla rabbia, ci avrei scommesso.

Un colpo di clacson fece sobbalzare Rosalie che si precipitò fuori dalla porta dicendo semplicemente con un mezzo sorriso:

«E' arrivato! »

Odiavo quando faceva finta di essere felice con quell'essere. Non lo era, soffriva, ma continuava a persistere con lui, solamente per un motivo che ovviamente non era l'amore.

La manina di Jenny afferrò la mia mano e trascinandomi con il suo sorriso innocente sulla labbra mi disse:

« Andiamo, o arriveremo in ritardo! »

Per fortuna che c'era lei, che nel momento peggiori riusciva a rilassarmi. Fu allora che notai un dei suoi zainetti appeso sulla sua mano, ma non ebbi tempo di chiederle che cosa fosse.

Mi limitai ad annuire e insieme a lei uscimmo di casa, dopo esserci assicurati di aver chiuso tutto, e insieme entrammo nella macchina di Royce, che come sempre ci salutò come se fosse simpatico. Ma la verità era che io sapevo la verità su di lui, quindi lo odiavo obbligatoriamente e Jenny... Bè lei lo aveva sempre odiato fin dall'inizio, senza nemmeno sapere la vera verità.


Dopo pochi minuti di viaggio arrivammo a destinazione. Rosalie, Jenny ed io varcammo la soglia di quel grande cancello che ogni volta ci aspettava, ogni 20 novembre. Royce ogni volta non entrava, e si inventava le scuse più assurde per non ricordare quel giorno con noi. Bè, non che mi importasse più di tanto.

Non appena varcammo il grande cancello ci fiondammo nell'angolo più remoto di quel luogo, dove ad aspettarci c'era nostra madre. Non appena arrivammo davanti a lei calò inevitabilmente il silenzio che durò per alcuni minuti che in realtà sembravano ore.

La prima ad infrangere quel silenzio fu Jenny che appoggiò a terra il suo zainetto dal quale estrasse un foglio un po' stropicciato e un rotolo di nastro adesivo. Ne prese un pezzettino e lo posizionò sul lato del foglio, attaccandolo così accanto alla foto di nostra madre.

« Spero che ti piaccia. L'ho fatto qualche giorno fa a scuola pensando a te. »

Rosalie posizionò i fiori che aveva confezionato qualche ora prima accanto al foglio di carta abbracciando da dietro Jenny e dandole un bacio sulla guancia.

Poi tutto fu come oscurato e il mio sguardo si focalizzò sulla foto di mia madre che avevo davanti a me. Era la stessa foto che Jenny aveva in camera e che qualche minuto prima aveva salutato. A sinistra c'era Rosalie con le braccia leggermente allargate e un mega sorriso in volto. In basso al centro c'ero io, che mi aggrappavo ad una delle braccia di Rosalie, come a volermi sostenere dal cadere a terra. Al centro di quella immagine c'era nostra madre, con i suoi capelli biondi e i suoi occhi azzurri. Sorrideva mentre fra le braccia teneva Jenny che si stringeva al collo di nostra madre. Avevamo scelto una foto che la traesse assieme a noi perchè era così che la volevamo vedere: assieme alla sua famiglia sorridente. L'avevamo scattata qualche anno fa, qualche mese prima che accadesse la disgrazia che colpì tutti noi senza preavviso, quel 20 novembre.

« Jasper andiamo! »

La voce di Jenny mi fece sobbalzare dal ricordo di quella foto. Stavano uscendo dal cimitero ormai erano quasi fuori dal cancello. Sì non rimanevamo mai tanto tempo, ma siccome non potevamo farle visita tutti i giorni e quelle poche volte non eravamo mai tutti insieme, avevamo scelto di utilizzare il 20 novembre come data per farle visita tutti insieme, per riunire nuovamente la famiglia.

Mi abbassai piegandomi sulle gambe arrivando all'altezza delle foto e scoccai un bacio prima sulla punta delle dita sulla mia mano, appoggiandole poi sul vetro della foto, in una sorte di saluto, nella quale vi erano racchiuse tutte le parole che avrei voluto dirle.

In pochi istanti raggiunsi Rosalie e Jenny che insieme si ero fermate a coccolare un cagnolino.

« Jasper hai visto che carino! »

Esclamò Jenny seguita da Rosalie che continuavano a coccolare quel cucciolino.

« Stupendo, ma il padrone? »

Domandai guardandomi attorno. Non c'era ombra di nessuno, dato che la temperatura non era l'ideale per rimanere fuori all'aperto.

« Non lo so, era qui da solo...»

Rispose Rosalie alzandosi in piedi e sfregandosi le mani per riscaldarsele. Sorrisi a quel suo gesto e guardando Jenny dissi:

« Andiamo o congeleremo. »

Jenny non esitò ad alzarsi. Forse per il freddo, ma mia sorellina era una bambina che obbediva subito, senza nemmeno ribattere o se lo faceva, lo era per giusta causa. Era piccola, ma furba e intelligente. Non appena si alzò in piedi mi tolsi la sciarpa che indossavo e la misi attorno al collo di Jenny, non volevo che si prendesse qualche malano.

Rosalie cominciò ad incamminarsi dalla parte opposta. Sgranai leggermente gli occhi guardandola. Che diavolo stava facendo?

« Scusa, ma Royce? »

Non doveva venirci a prendere? Era quello l'accordo!

« No cioè...mi ha detto che...aveva un...cioè non poteva venire quindi camminata! »

Cosa?! Stava scherzando vero?! Sgranai gli occhi guardandola mentre continuava a camminare senza fermarsi.

« Fantastico...»

Brontolai prendendo in braccio Jenny e seguendo a ruota Ros. Il tragitto non era lunghissimo, una ventina di minuti ma c'era freddo e non volevo che Jenny si prendesse qualche accidente solo perchè un povero cretino non riusciva a venirci a prendere perchè era un vero cretino che pensava solamente a lui stesso!

Mentre tornammo a casa passammo per il parco di Forks. Non era uno dei parchi più grandi al mondo, ma serviva molto quando qualcuno era frustato dalle più svarianti emozioni.

Non era molto affollato, solo qualche bambino e un paio di genitori in mezzo a quei piccoli chioschi che vendevano dolciumi, zucchero filato e frittelle. Vedevo lo sguardo fisso di Jenny su quelle delizie, ma non si esprimeva. Era piccolina, ma sapeva quanto fossimo ogni mese con l'acqua alla gola per quanto riguarda il denaro, ma se c'era una cosa che io e Ros c'eravamo posti, era quella di renderla felice a qualsiasi costo.

Richiamai Rosalie, colpendola con la punta delle dita sulla spalla.

« Che ne dici se...»

E mentre parlavo indicavo con un cenno della testa sia mia sorellina che quelle delizie. Ma ad un tratto la mia attenzione fu catturata dalla voce di un uomo che scendeva dall'automobile e si avvicinava al cofano. Non appena lo aprì una folata di fumo si levò nell'aria. L'uomo cominciò a sbuffare e a dannare la situazione. Ma era strano. Non era come tutte le altre persone che in quella circostanza probabilmente avrebbero cominciato ad urlare parole poco adatte ai bambini. Si disperava ma lo faceva con...eleganza.

Feci scendere Jenny e porgendo a Ros 10 dollari le dissi strizzandole l'occhio:

« Pensaci tu, arrivo subito. »

Non attesi una sua risposta, ma la vidi con la coda dell'occhio infilarsi nella fila per il banchetto delle frittelle.

Mi avvicinai in pochi secondi all'uomo che continuava a guardare il motore della macchina. Era alto più o meno sui due metri circa. Magro e i capelli di un biondo acceso che creava un forte contrasto con la sua pelle chiara.

«Le serve una mano? »

Domandai avvicinandomi a lui. Lo vidi sobbalzare leggermente, ma non appena si voltò sfoderò un sorriso.

« Te ne sarei grato! »

Rispose l'uomo spostandosi leggermente. Contraccambiai il suo sorriso con un altro leggermente più timido e mi avvicinai al cofano della macchina. C'era sicuramente qualche problema al motore e non era possibile ripararlo in quel luogo, non avevamo l'attrezzatura e sinceramente io di motori ci capivo ben poco.

« Se vuole conosco un ragazzo poco distante da qui che riesce a sistemare qualsiasi tipo di problema... »

Dissi guardando l'uomo che non aveva perso il suo sorriso.

« Perfetto! Sei la mia salvezza ragazzo! »

Addirittura? Wow mi lusingava! Annuì con un cenno della testa e scusandomi corsi velocemente verso Rosalie che nel frattempo si era seduta su una panchina con Jenny, la quale non appena mi vide mi domandò se ne volessi un pezzo della sua frittella. Spiegai a Rosalie l'accaduto e dopo aver rubato un pezzetto di frittella a Jenny, tornai da quell'uomo, sentendo i rimproveri della mia sorellina che si lamentava per il pezzo troppo grande per i suoi gusti.

« Mi scusi dovevo avvertire le mie sorelle. »

« Nessun problema ragazzo! »

Mi rispose l'uomo richiudendo il cofano della macchina.

« Siamo fortunati. La strada è leggermente in discesa, quindi se vuole entri pure nell'automobile ci penso io a spingerla, così lei può utilizzare senza problemi lo sterzo. »

Dopo qualche minuto l'uomo si convinse a seguire il mio consiglio salendo in macchina e a curvare quando ce n'era bisogno. Fortunatamente l'impresa non fu tanto complicato e in una decina di minuti arrivammo davanti alla casa di quel ragazzo: Peter. Non appena vide la Mercedes che gli portammo, gli si illuminarono gli occhi e non perse tempo, cominciando subito a sistemarla e concordandosi con l'uomo sul prezzo. O meglio. L'avrebbe fatto gratuitamente dato che era la prima volta che si occupava di un'automobile così lussuosa.

« Carlisle Cullen... »

Disse l'uomo allungandomi la mano non appena fummo fuori dal garage. Ah, il famoso Cullen. Ecco perchè l'automobile era così lussuosa. I Cullen era una delle famiglie più lussuose, se non la più lussuosa di tutta Forks.

« Jasper. Jasper Hale.»

Risposi stringendogli la mano.

« Bè dovrò ringraziarti in qualche modo. Non capita tutti i giorni di poter riparare un'automobile in così poco tempo senza dover pagare le spese di riparazione! »

Non sapevo che cosa rispondergli. Non mi sembrava di aver fatto chissà che. In fin dei conti stavo facendo un favore a Peter dato che impazziva per quelle macchine.

« Quindi sei invitato a cena a casa mia! »

Strabuzzai leggermente gli occhi. Io? A cena di qualcuno? Era da un po' che non capitava una cosa simile.

« A dire la verità, ho promesso alle mie sorelle di rimanere con loro questa sera. »

20 novembre, giornata full immersion in famiglia.

« Oh ma ovviamente il mio invito è esteso anche a loro! »

Il suo sguardo scivolò sull'orologio che portava al polso. Automaticamente strabuzzò gli occhi.

«Scusami sono in ritardo, contando che dovrò farmela a piedi! Non mancate eh vi aspetto! »

E mentre diceva questo cominciò a dirigersi dalla parte opposta, dicendomi l'orario e l'indirizzo di casa sua. Come se nessuno conoscesse la mitica casa Cullen. Lo salutai alzando la mano a mezz'aria e dopo pochi istanti feci dietro front, diretto verso casa ancora leggermente sorpreso dalla disponibilità di quell'uomo.

Il 20 novembre era arrivato anche quest'anno, portando con sé quel pizzico di tristezza. Ma con una consapevolezza in più: forse non tutti i 20 novembre sono così negativi. Alcuni di questi possono portare delle novità inaspettate.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


« Ma che diavolo...»

Ero appena arrivato davanti a casa quando vidi davanti alla porta d'entrata un macchia nera che si allungava sulla porta, che non appena mi avvicinai lo riconobbi come il cagnolino che avevo visto qualche ora prima al cimitero.

« Che diavolo ci fai qui? »

Gli domandai come se riuscisse a rispondermi, mentre piano piano mi piegai sulle gambe e cominciai ad accarezzargli la testa. La sua reazione fu quasi spontanea: cominciò a scodinzolare e a lasciar cadere verso il basso la lingua. Sorrisi a quel suo gesto e mi domandai come mai né Rosalie né Jenny l'avessero sentito mentre con le zampe graffiava l'angolo della porta.

Non appena aprì la porta per entrare il cagnolino sguizzò correndo in mezzo alla stanza continuando a scodinzolare.

« Abbiamo un ospite! »

Dissi con un tono leggermente alto aspettandomi una risposta in completo coro. Ma nulla. Lasciai cadere le chiavi per terra senza badare al piccolo cagnolino che abbaiò per richiamare la mia attenzione e velocemente mi fiondai nella prima camera che si presentava quando qualcuno attraversava il corridoio: camera di Rosalie.

Spalancai la porta senza nemmeno bussare e fu allora che la vidi seduta a terra, con le braccia che avvolgevano le gambe e la testa rivolta verso il basso. Il suo corpo era come se fosse mosso da dei piccoli movimenti incontrollati, che la colpivano ogni cinque secondi. Stava piangendo.

Mi avvicinai a lei richiamandola sussurrandole il suo nome, per una, due, tre volte.

All'ennesima volta alzò il suo capo, mostrandomi il suo viso marchiato dal trucco che era colato a causa del suo pianto. E fu solamente allora che vidi sul suo labbro inferiore un taglio decisamente nuovo e nel suo braccio sinistro il segno rosso di una mano che sicuramente l'aveva stretto troppo.

Repressi l'istinto omicida che mi invase, per lasciar spazio a ben altro. Estrassi dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto e gli lo porsi e lei non si tirò indietro e lo afferrò asciugandosi le lacrime.

« Mi ha chiamato una decina di volte ma avevo il cellulare silenzioso e non... »

« Shhh! »

Interruppi all'istante il suo racconto scuotendo leggermente la testa, chiudendo gli occhi e portando in avanti le mani. Non volevo che mi raccontasse nulla. Sapevo già cosa era accaduto. Lui era troppo possessivo e coglieva ogni occasione per prendersela con mia sorella.

« Jenny dove si trova? »

Le domandai dopo averla consolata per qualche minuto. Ero preoccupato oltre che a Ros, anche per Jenny. Sperai ardentemente che non avesse sentito quello che era accaduto.

« L'ultima volta che l'ho vista era in camera che ascoltava un cd con le cuffiette... »

Annuì alle sue parole e sperai che non avesse sentito nulla e che avesse dato retta a quello che le avevamo insegnato, che le avevo insegnato.

« Ok, non preoccuparti. Ora vai in bagno. Sistemati leggermente e quando sarai pronta raggiungici nella sua camera. Devo dirvi qualcosa... »

Le spiegai velocemente mentre l'aiutavo ad alzarsi e uscendo dalla sua camera. La vidi annuire e si affrettò a dire qualcosa ma venne interrotta dal cagnolino che abbaiando attirò la nostra attenzione.

« E lui che ci fa qui? »

Feci spallucce sorridendo per l'espressione di Rosalie.

« Era qui fuori quando sono arrivato...»

Insieme io e mia sorella gli regalammo qualche minuto di ammirazione coccolandolo un po'. Poi lo presi in braccio e mentre Rosalie si scivolò in bagno io entrai in camera di Jenny.

Era distesa sul letto con gli occhi chiusi e le cuffiette del suo lettore cd infilate nelle orecchie. Feci attenzione a non far rumore, mentre cercavo di capire che cosa stesse ascoltando. Invano ma a giudicare dalla melodia sembrava musica classica, una passione che aveva ereditato da nostra madre.

Mi sedetti accanto a lei con un movimento lento e lasciai scendere il cagnolino adagiandolo sul letto. Jenny sobbalzò appena e non appena vide quella palla di pelo tutta nera si tolse velocemente le cuffiette.

« Ma lui...che ci fa qui?! »

Domandò sorridendo e cominciando ad accarezzarlo.

« Penso che le coccole tue e quelle di Ros siano state un tocca sana. L'ho trovato qui fuori quando sono arrivato! »

Spiegai ricambiando il sorriso che lei mi stava regalando. Il cagnolino sembrava veramente felice, dato che non aveva smesso di scodinzolare un secondo. Continuò a coccolarlo per altri minuti finché con il suo sguardo innocente non mi guardò e con un filo di voce mi chiese:

« Ma noi...lo possiamo...tenere? »

Guardai prima lei e poi il cagnolino.

« Dovremo chiedere anche a Ros. Ma penso che non ci siano problemi...»

Bastò solamente la prima parte della frase per far crescere la felicità in lei. Si alzò velocemente dal letto e cominciò a saltellare per tutta la stanza. Aveva sempre desiderato un cagnolino o qualsiasi animale. La sua camera era ricoperta da peluche, quei pochi che potevamo permetterci. Non importa che animale, lei ne voleva uno qualsiasi, aveva sempre desiderato un animale da tenere in casa. Un pesce rosso, un gatto, un cane. Persino una volta mi aveva chiesto se potevamo prendere una tigre!

Non appena mi passò davanti le presi delicatamente un braccio portandola dritta difronte a me e in un sussurro le domandai:

« Hai ascoltato tutto il tempo la musica? »

Il suo volto si rattristò un po' e distolse lo sguardo dai miei occhi.

« Ho fatto quello che mi hai detto tu. Quando vedo Royce e tu non sei a casa devo ascoltare la musica finché non mi vieni a prendere... »

Già. Più di una volta le avevo scongiurato di farlo, per evitare che vedesse la verità. E fortunatamente anche quella volta aveva seguito il mio insegnamento. Sospirai di sollievo e appoggiai la mano sui suoi capelli accarezzandoglieli.

«Ottimo lavoro...»

« Ma quando è che mi dirai il motivo? »

E come ogni volta lei mi faceva sempre questa domanda. Era normale del resto. Aveva capito che c'era qualcosa che lei non sapeva ma da brava bambina non indagava mai più di tanto se non con quella domanda che mi poneva solamente a me.

« Arriverà tranquilla...»

E quel giorno non sarebbe stato bello.

« Allora, hai pensato ad un nome per il nuovo arrivato a casa Hale? »

Domandai con entusiasmo cambiando il discorso mentre il cagnolino era sceso dal letto e cominciava ad annusare in giro.

Gli occhi di Jenny si illuminarono mentre tornammo sul discorso “cane”.

« Mmm...non lo so. Che ne dici di pulce?! E' piccolino! »

« E se poi in realtà diventa un cane di grande taglia? Come faremo? »

Domandò Rosalie mentre entrò nella stanza e si sedette sul letto al mio fianco. Sembrava essersi leggermente ripresa, per fortuna...

Jenny tornò a fissare il cagnolino con la mano sul mento come a pensare a qualche altro nome.

« Pluto? »

Proposi con un filo di voce, ricevendo come risposta da tutte e due un'occhiata e un dolce coretto di:

« Sei banale! »

A volte sembrava che fossero la stessa persona. Era sorprendete.

Come per difendermi alzai le braccia verso l'alto, come a chiedere perdono.

« Ciclamino! »

Esclamò Rosalie.

« Ros guarda che è un cane non un fiore... »

Le risposi io mentre Jenny cominciò a ridere. In tutta risposta ricevetti una gomitata sul fianco.

« Spike! »

Io e Rosalie ci voltammo verso Jenny che nel frattempo aveva preso in braccio il suo cagnolino. Ed era quello il punto, era suo e doveva scegliere lei il nome. Scambiai un'occhiata con Rosalie che sorrise prima a me poi a Jenny.

« Allora dovremo trovare un collare, una targhetta con il nome di “Spike” e un guinzaglio! »

« Ma non oggi... »

Mi intromisi io vedendo gli sguardi dei tre (anche quello del cane) fissarmi.

« L'uomo che ho aiutato a portare la macchina dal meccanico ci ha invitati a casa sua questa sera a cena per ringraziarmi. »

Spiegai velocemente guardando per ultimo lo sguardo di Rosalie. Sapevo che per la mia sorellina non ci sarebbero stati problemi, ma era Rosalie con la quale dovevo decidere insieme principalmente.

« Come si chiama? »

Domandò lei inclinando leggermente la testa di lato corrugando la fronte.

« Cullen. Carlisle Cullen. »

La sua reazione fu inevitabilmente. Strabuzzò leggermente gli occhi soffocando un colpo di tosse che le venne sentendo quel cognome.

« Diamine Jasper salvi le persone giuste! »

Disse lei sorridendo.

« Ho sentito che sono delle persone per bene quindi...tanto vale vedere se è vero o no! »

Disse lei battendo le mani felice per la notizia che le avevo dato. Avrei pensato che fosse più complicato convincerla!

« Quindi? »

Domandò Jenny avvicinandosi con Spike fra le braccia.

« Quindi questa sera gli Hale saranno ospiti dai Cullen! »

Esultò Ros scattando in piedi e cominciando a saltellare assieme a Jenny. A volte non riuscivo a capire chi fosse la piccola della casa...

« Quindi dobbiamo sbrigarci! Dobbiamo scegliere i vestiti, farci un bagno, truccarci... A parte te Jazz... »

Alzai ulteriormente le braccia verso l'alto scuotendo la testa ed alzandomi in piedi.

« Perfetto direi. Ma il bagno lo uso prima io! »

Esclamai abbassando le braccia e correndo verso il bagno seguito a ruota da Ros e Jenny che urlavano frasi del tipo “No lo uso io!” “La più grande sono io!” “Che centra?! prima i piccoli!”. Ma ormai ero arrivato a mi ero impossessato del bagno.

Era inutile nascondere che alcuni momenti della nostra vita non erano per niente felici, ma altre volte i momenti di felicità erano favolosi. Non potevo chiedere di meglio e tutte le volte che quei momenti di allegria arrivavano speravo ardentemente che non finissero mai.

Attesi qualche secondo sentendole sbuffare e non appena mi avvisarono che sarebbero uscite in giardino per ambientare il cagnolino, uscì dal bagno per andare a prendere dei vestiti per quella serata.

Afferrai tutto il necessario per poi tornare dritto nel bagno.

Ma c'era una cosa che odiavo profondamente: lo specchio. Nella mia camera non c'era l'ombra di nessun specchio, ma non potevo sfuggire a quello del bagno. Li odiavo, perchè riflettevano la verità dolorosa. Sapevo già in che condizioni eravamo. Sapevo perfettamente come eravamo, perchè quell'affare doveva infettare quella ferita già aperta? Perchè doveva continuare a urlarmi contro la verità?

Mi tolsi la maglia i pantaloni rimanendo solamente in boxer e fu inevitabile non guardarmi. Vedevo quei segni sulla mia pelle, creare un contrasto intenso fra il loro chiarore e la mia pelle leggermente scura. Cercavo di distogliere lo sguardo ma era inutile. Le vedevo, vedevo il risultato della separazione dei miei genitori, meglio ancora, quei pochi mesi che avevo trascorso con mio padre prima di tornare con la mia famiglia. Erano tanti piccoli segni che si sparpagliavano per tutto il corpo senza nessuna regola. Fortunatamente non ne avevo molte sul volto e quindi era semplice nasconderle. Quella sulla fronte bastava solamente coprirla con i miei ricci biondi. Poi c'era quella sotto la mandibola, forse quella che più mi dava delle difficoltà dato che si poteva notare. Ma lo si poteva fare solamente se si pagava un po' di attenzione. Era difficile coglierla con un'occhiata e basta, ma più di una volta avevo perso il posto di lavoro perchè quel segno era poco estetico.

Scappai velocemente da quell'immagine straziante infilandomi velocemente sotto il getto dell'acqua gelida, esattamente come lo era quell'arnese di ferro che ad ogni sbaglio sfiorava la mia pelle provocando quell'inevitabile bruciore.


 

« Non so voi, ma io mi sento al quanto a disagio... »

« Secondo me invece sono simpatici! »

«Come fai a dirlo Jenny?! Non li conosciamo nemmeno se non per parola... »

Sentivo le parole delle mie sorelle mentre il mio sguardo era ipnotizzato su quella casa. Eravamo in perfetto orario, per una volta nella vita quel catorcio della nostra macchina non aveva dato problemi. E la fortuna era che non avevamo nemmeno sbagliato strada. Era filato tutto liscio, perfetto ed ora ci trovavamo davanti a casa Cullen. Sentivo come un nodo alla gola che mi dava perfino qualche difficoltà a deglutire. Quella casa era enorme, illuminata, lussuosa, in mezzo al verde delle piante che la circondavano. Riusciva a rendere la nostra casa ancora più piccola di quello che già era. Ed io avevo accettato di entrare in una casa così? Non era la prima volta che mettevo piede in una casa così lussuosa. La seconda per essere precisi. E la prima aveva lasciato in me dei ricordi decisamente negativi. La convivenza con mio padre non era stata per niente felice...anzi, ma potevo immaginarmelo! L'uomo più ricco di Forks sicuramente non viveva in una catapecchia! Non dovevo accettare, ecco che cosa non dovevo fare. Non dovevo accettare l'invito del Signor Carlisle, ma era stato tutto così veloce che non ebbi nemmeno il tempo di ragionare. Potevo scappare! Si, retromarcia e via, avrei inventato qualche scusa e poi, a chi dovevo delle scuse? Perchè quell'uomo mi aveva invitato? Possibile che fosse solamente per ricambiare il mio favore?

«Jasper? Andiamo? »

Sentì la voce di Rosalie riportarmi alla realtà mentre lasciò scivolare una sua mano sulla mia spalla.

« Va tutto bene? »

Mi domandò notando nel suo sguardo quella vene di preoccupazione che compariva quando capiva che qualcosa non andava.

« Certo, andiamo...»

Dissi con un filo di voce mentre scesi dalla macchina tenendo lo sguardo fisso su quella casa, mentre anche Rosalie scese dall'automobile e Jenny si avvicinò a me afferrandomi la mano. Dio benedica la mia sorellina che riesce a calmarmi in ogni situazione.

Rosalie fu la prima ad avvicinarsi con passo deciso alla grande casa. Da dentro si poteva sentire il dolce suono di una melodia classica. Jenny fu la prima a sentirsi a suo agio non appena fummo davanti alla porta. Le bastava sentire una dolce melodia per sentirti a suo agio. Fortunata lei.

Rosalie bussò delicatamente alla porta, fiondandosi poi al mio fianco.

Passarono pochissimi secondi, poi una donna dai capelli lunghi leggermente mossi color caramello aprì la porta con un grande sorriso. Il profumo di quella casa mi invase all'istante, e non impiegai molto tempo a riconoscere la fragranza di rose mischiato a quello di un profumo delizioso di cucina.

« Oh voi dovreste essere le persone che hanno aiutato mio marito oggi! Vi stavamo aspettando! E tu...tu dovresti essere Jasper giusto? »

Domandò cogliendomi in fragranza puntandomi il dito indice mantenendo un grande sorriso sulle labbra, che avrebbe sicuramente rassicurato buona parte delle persone, e forse anche me, ma non ne ero certo. Quindi lei doveva essere la moglie di Carlisle. Era una donna veramente graziosa.

Non sapevo che cosa rispondere e mi limitai ad annuire con un cenno della testa, ricambiando il suo sorriso con un altro decisamente più timido.

« Ma prego entrate! »

Jenny non se lo fece ripetere due volte e lasciando la mia mano si precipitò dentro in casa guardandosi attorno meravigliata da quel luogo. Era come se le brillassero gli occhi.

« E' un piacere conoscervi, io sono Esme la moglie di Carlisle che in questo momento...»

« E' arrivato giusto in tempo per salutare i nostri invitati! »

Carlisle arrivò tutto ad un tratto, sbucando da una porticina a qualche metro dall'entrata, con in mano una valigetta, probabilmente era appena tornato dal lavoro. Era vestito con un paio di pantaloni neri e una camicia azzurra abbinata ad una cravatta di un blu scuro. Sua moglie invece indossava un vestitino lilla, molto semplice, ma al tempo stesso elegante.

« E' un piacere conoscervi »

Rispose Rosalie alzando la mano e stringendo quella di Esme e poi quella di Carlisle.

« Lui naturalmente è Jasper e lei e nostra sorella Jennifer »

« Jenny! Mi chiamo Jenny! »

Esclamò lei fulminando con lo sguardo Rosalie mentre io mi ero abbassato per toglierle la sciarpa. Jenny odiava essere chiamata con il suo nome per esteso. Le uniche volte che lo facevamo era perchè aveva combinato qualche danno in casa...

« Si vede che siete fratelli e sorelle. »

Esclamò Esme stringendosi a suo marito ridendo leggermente a quella buffa risposta che fece la mia sorellina. Esme si abbassò verso di lei e togliendole il cappotto le disse:

« Ti va di aiutarmi con la cucina? Dobbiamo sistemare le ultime cosette e ci vuole molta attenzione...dovrai essere molto attenta...»

« Io sono moooolto attenta!»

Esclamò Jenny alzando una mano verso l'alto e ridendo. Poi si rabbuiò leggermente e voltandosi verso di noi disse con un filo di voce abbassando lo sguardo e disegnando per terra dei cerchi.

« Ros, Jazz...posso? »

« Certo, basta che non combini qualche guaio e che ascolti la Signora Cullen... »

Rispose Ros, mentre io mi limitai solamente ad annuire con un cenno della testa. Guardammo insieme nostra sorella scomparire dietro l'angolo della cucina, mentre Carlisle ci mostrò dove potevamo appendere i nostri cappotti. Ci fiondammo poi nel salotto di casa Cullen. Era veramente immenso e illuminato da delle luci molto chiare accompagnate dal suono e dalla luce di un camino acceso.

«Scusateci per il ritardo, ma i nostri figli sono usciti a fare shopping. E quando Alice vuole riesce a tenere occupati tutti quanti! »

Giusto, il signor Carlisle e la signora Esme erano famosi nella cittadina per aver adottato tre ragazzi. Due maschi ed una femmina. Non li avevo mai visti in prima persona, ma solo per sentito dire.

« Nessun problema non si preoccupi...»

Rispose Rosalie con un sorriso sincero sulle labbra.

«Vuole scusarmi ma vorrei aiutare sua moglie, non vorrei che Jenny combinasse qualche guaio...»

Continuò pochi istanti dopo chinando la testa in avanti e dileguandosi in cucina assieme a Jenny.

Rimanemmo solo io e Carlisle che non appena fummo da soli mi domandò:

« Ma avete deciso di farmi sentire vecchio? Vi prego datemi del tu! »

Risi a quelle sue parole. Possibile che fosse veramente così gentile?

Carlisle fece per dirmi qualcosa quando ad un tratto sentimmo il rumore di una porta aprirsi e tante voci farsi largo nell'atmosfera.

« Andiamo Emmett! Non vorrai mica dirmi che sei stanco per questa giornata di puro shopping vero?! »

« Lo sai Edward che sei l'unico uomo che riesce a sopportare lo shopping in questa casa? Se non fosse per Bella comincerei a pensare che tu sia dell'altra sponda.»

«Ah adesso ho capito a cosa servo nella famiglia Cullen! »

« Certo Bella e naturalmente non dimenticarti che servi anche per accompagnarmi nelle giornate di shopping! »

« Oh ma grazie Alice! »

Voci a caso, che non avevo mai sentito e che ad un tratto si mischiarono l'una nelle altre in una grande risata, accompagnata da un collettivo:

« Siamo a casa! »

Jenny uscì dalla cucina di corsa, catapultandosi fra le mie braccia che non appena la sentirono accanto la sollevarono. Ma che le prendeva?

« Jasper puoi avvicinarti alla finestra? Devo vedere una cosa...»

Ammise mordendosi il labbro inferiore. Ah giusto. Da circa una settimana, ogni sera voleva vedere se nevicasse oppure no.

Roteai gli occhi al cielo sorridendole e piano piano mi avvicinai alla finestra sotto lo sguardo sorridente di Carlisle.

«Vedi qualcosa? »

Jenny scosse piano piano la testa riuscendo così a farmi ridere ancora una volta. Mi voltai allora allontanandomi dalla finestra.

« Andiamo. La cena è pronta! »

Ci informò Carlisle strizzandoci l'occhio e dirigendosi verso un'altra stanza dove al centro si trovava un grande tavolo. A lato di esse c'erano Rosalie, Esme e gli altri figli adottivi. Rosalie sorrideva, e fu inevitabile non accorgersi che da quando avevamo varcato quella porta non aveva perso il sorriso.

« E lui è mio fratello Jasper con Jenny...»

Mi presentò Ros indicandomi con la mano.

« Jasper loro sono i miei figli: Emmett, Edward ed Alice. E lei è Bella, la fidanzata di Edward...»

Mi informò Carlisle appoggiandomi una mano sulla spalla. Strinsi la mano ad ognuno di loro, sentendo la particolarità di ogni stretta. La prima stretta di mano fu quella di quel ragazzo che doveva essere Emmett. Era forte e decisa e rappresentava alla perfezione il suo aspetto fisico.

La seconda stretta fu quella dell'altro ragazzo, Edward. La sua fu più delicata ma al tempo stesso decisa.

Strinsi poi la mano alla prima ragazza che si stringeva ad Edward in un abbraccio. La sua stretta di mano fu decisamente più debole, delicata, come se fosse intimidita.

Infine strinsi la mano dell'ultima ragazza, alla figlia di Carlisle, Alice. La sua stretta era decisa, molto forte e al contrario di quella di Emmett non rappresentava il suo aspetto fisico e pensai quindi che fosse il rispecchio del suo carattere. Ma la cosa che più mi colpì fu il suo sguardo e il suo sorriso. Fu quasi come se la forza e la sicurezza di quel sorriso potessero illuminare l'anima di chiunque e se non fosse stato per il richiamo di Carlisle che ci informò che la cena era pronta, sarei rimasto per altri minuti a fissare quel volto...

 


 

Eccoci qui con il secondo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e di non avervi fatto perdere tempo (:
alice90cullen Ti ringrazio molto! (: Eh sì, questa è la mia prima storia e ti dirò la verità, ho riflettuto per varie settimane se postare oppure no questa storia xD E se penso alle mille paranoie che mi sono fatta e che mi faccio tutt'ora mi metto a ridere xD Spero comunque che questo capitolo ti sia piaciuto! (:
Alex_Lestrange  Ringrazio molto anche te! (: Ammetto che anche io ho una certa preferenza per la coppia Alice/Jasper (altrimenti non avrei scritto di loro! xD) E come te anche io mi illumino quando scovo nuove storie su di loro!** E mi dispiace dirlo così spudoratamente ma amo di più leggere le storie fra loro due che quelle di Edward e Bella xD Anche per te spero che questo capitolo sia stato di tuo gradimento! (:

Un grazie in generale a tutti che quelli che hanno letto il primo capitolo (: Buona giornata a tutti!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Eccoci qui al terzo capitolo che sinceramente, è quello che più non mi convince. Ci sarà una strana reazione dei personaggi soprattutto Alice e Jasper, e capirete perchè ho scelto quel comportamento leggendo in fondo alla storia. Prima di lasciarvi volevo ringraziare ognuno di voi (: Basta solo questo (: Le risposte alle recensioni e alcuni chiarimenti verranno postati in fondo alla storia! Buona lettura ;)

 

 

Potevo benissimo affermare che la serata era iniziata solamente quando tutti insieme ci sedemmo attorno al grande tavolo di casa Cullen. Carlisle da buon capo famiglia era seduto a capotavola. Sua moglie Esme si era accomodata alla sua destra. Alla sinistra di Carlisle invece si era posizionata Rosalie, seguita a ruota da Jenny e da me. Di fronte alla mia sorellina c'era Bella accomodata accanto ad Edward. Accanto a me c'era “l'armadio” di casa Cullen con Alice difronte a lui. In poche parole, gli Hale erano circondati dai Cullen. No, non mi dispiaceva ma quella immagine mi faceva sorridere, sentivo come se fossero attorno a noi per aiutarci.

“Evita di farti queste stupide illusioni...”

Pensai fra me e me rimproverandomi per quello che avevo appena pensato.

Esme entrò in cucina non appena fummo tutti accomodati sui rispettivi posti. Aveva fra le mani un delizioso piatto di lasagne alla bolognese. Al solo sguardo sentì il mio stomaco rimproverarmi contro per accaparrarsi almeno un pezzetto di quella squisitezza.

« Spero che le lasagne siano di vostro gradimento. Non ero sicura che vi piacessero...»

Ammise Esme posizionando il piatto in mezzo al tavolo, accomodandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Pensava veramente che non ci piacessero?!

« Non si preoccupi, qualsiasi cosa andava più che bene, non doveva disturbarsi così tanto...»

Rispose mia sorella sorridendole.

« Ti prego cara, dammi del tu! »

Esclamò Esme come se quelle non fosse la prima volta che glielo disse...probabilmente era l'ennesima volta ma è difficile togliere dalla nostra mente un insegnamento che è rimasto dentro di noi per anni e anni.

« E comunque sia mia madre è un asso nella cucina! »

Sentì la voce possente di Emmett farsi largo fra tutte le altre. Si sporse leggermente in avanti, come a guardare mia sorella Ros.

« Andiamo Emmett, non esagerare...»

« E' la pura verità, ed è per questo che dovremo invitarli più spesso! »

Esclamò nuovamente dandomi una pacca sulla schiena che mi fece lasciar scappare un colpo di tosse.

« Per me va bene, basta che Emmett non ammazzi i nostri ospiti...»

La voce che ritenevo la più delicata di tutta la casa si fece largo. Oltre ad essere delicata, era la più dolce, la più calda, in poche parole mi sembrava che fosse la migliore di tutte. Alice fulminò con lo sguardo Emmett che rispose con una linguaccia facendoci così ridere.

« Dimmi Jenny, quanti anni hai? »

Domandò ad un tratto Edward mentre stavamo assaporando il piatto di Esme. Dio com'era squisito quel piatto!

« Dieci! Ma guai a chi dice che sono piccolina...»

« Oh! Non volevo dire questo tranquilla! »

Rispose Edward alzando le braccia verso l'alto rubandoci una risata collettiva.

Per alcuni istanti calò nuovamente il silenzio, interrotto solamente dalle posate che scivolavano delicatamente sul fondale del piatto. Poi quel silenzio fu interrotto da una frase provenire leggermente alla mia destra.

« Personalmente non...non ti ho mai visto a scuola...»

Alzai lo sguardo non capendo se quella frase fosse realmente indirizzata a me. Fu allora che incrociai lo sguardo di Alice che sembrava suggerire la sua curiosità.

« Sei per caso una specie di uomo invisibile? »

Mi domandò Emmett scherzandoci su, facendo ridere buona parte della famiglia, tranne Alice che continuava a fissarmi con il sorriso in volto, come se stesse aspettando solamente una mia risposta.

Mi pulì con il tovagliolo, deglutendo quel boccone che avevo appena ingoiato e facendo cadere anche quello strano groppo che si era formato in gola.

« Io non...non vado a scuola da quasi due anni...»

Ammisi con un tono di voce pacato, facendo calare nuovamente il silenzio e sentendomi tutti gli sguardi su di me, tranne quelli delle mie sorelle, già a conoscenza del mio mancato studio.

« Stavo finendo l'ultimo anno ma mi sono accorto che era una perdita di tempo...»

Spiegai facendo spallucce.

Non era quella la verità. La verità era che mia sorella non poteva mantenere sia me che Jenny e così avevo smesso di andare a scuola per darle una mano economicamente. Ma non mi andava di sentire la compassione dei Cullen...

« Perdita di tempo?! »

Ripeté Alice alzando leggermente il tono della voce e guardandomi con uno sguardo quasi da rimprovero. Ma che le prendeva?

Carlisle fece per dire qualcosa ma venne interrotto pochi secondi prima dall'innocenza di Jenny.

« Jazz ma a te piaceva studiare. Filosofia non era la tua preferita? »

Deglutì rumorosamente voltandomi verso di lei. Maledette tutte quelle volte che mi aveva chiesto quale fosse la mia materia preferita e se mi piaceva andare a scuola, e dannate siano tutte le mie risposte a quelle domande.

Dio che imbarazzo. Avevo appena dato la dimostrazione di qualcuno che mente spudoratamente piuttosto che raccontare la verità, la testimonianza di chi non si fida degli altri. Fantastico direi!

« Jasper ha lasciato la scuola sia perchè non era di suo gradimento, sia perchè ha voluto aiutare nelle faccende economiche di casa.»

Rosalie si affrettò a dire, cercando di mimetizzare quello che avevo appena detto. Non era vero che non mi piaceva la scuola, avevo sempre adorato la cultura ma aveva capito da sola che non volevo sembrare il bugiardo della situazione.

« Questo suona già in modo diverso! »

Disse Carlisle ricominciando a parlare sorridendo e a portandosi alla bocca un altro boccone.

Abbozzai ad un sorriso guardandolo per poi tornare dritto davanti a me. Mi voltai qualche secondo più tardi, verso Alice. Aveva lo sguardo fisso davanti a lei, con la forchetta stretta alla mano ma appoggiata sul piatto e sul suo volto si poteva notare una strana vena, come se fosse in pensiero, ma per cosa?

« E che lavoro fai? »

Mi domandò Edward con lo sguardo fisso sul suo piatto, mentre con la forchetta infilzava un boccone.

Dovevo ammetterlo, non ero per niente al mio agio in mezzo a tutte quelle attenzioni.

« A dire la verità, faccio quello che mi capita. Tramite conoscenze vedo se hanno bisogno di qualcosa, di qualcuno giorno dopo giorno...»

Non era per niente un lavoro ma era l'unica cosa che riuscivo a permettermi.

In quel momento il mio unico pensiero fisso era solo uno: “vi prego cambiate discorso, cambiate soggetto!”

« Tu invece? »

Grazie al cielo!

« Tu cosa fai durante la giornata? »

Domandò Emmett sporgendosi in avanti per guardare mia sorella Ros. Sicuramente lei si trovava decisamente più a suo agio rispetto a me.

« Lavoro all'asilo nido di Forks. Ma il mio sogno è quello di fare l'avvocato. Lo so è l'esatto opposto ma...è il mio sogno e spero di realizzarlo...»

La conversazione si spostò su Ros che rispondeva alle domande di tutti, confermando la mia ipotesi: Rosalie stava bene in mezzo alla gente al contrario di me. Ero voltato verso di lei per ascoltarla, mentre Esme toglieva i piatti dal tavolo, quando ad un tratto mi sentì leggermente osservato. Mi voltai dritto davanti a me e fu allora che vidi lo sguardo di Bella allarmarsi e inchiodando un punto ignoto sulla tovaglia. Corrugai leggermente la fronte non capendo il motivo di tutta quella attenzione ma ad un tratto tutto fu più chiaro e quel segno che avevo sulla mandibola si fece più pesante. Tutto corrispondeva. La luce perfetta, il volto troppo fermo, erano degli elementi che avevano avvantaggiato la scoperta di quella cicatrice.

« Ecco a voi! »

La voce di Esme mi fece tornare alla realtà, notando allora il piattino davanti a me con dentro una fetta di torta. Eravamo al dolce. Si trattava di una torta al cioccolato, decorata perfettamente. Sembrava quasi una torta per un compleanno!

« Grazie... »

Risposi cercando di sorridere e di nascondere la mia tristezza per la scoperta che aveva fatto Bella.

La cena continuò decisamente meglio. Non finì mai più nel centro dell'attenzione. Sembrava quasi che i Cullen avessero sentito il fatto che non mi sentissi a mio agio quando ero al centro dell'attenzione. Alcune volte il centro della discussione finiva proprio sui Cullen. Era divertente ascoltare le loro avventure e in poche ore tutti quei pregiudizi che avevo avuto all'inizio di quella serata si cancellarono all'istante. I Cullen erano veramente delle brave persone!

« Qualcuno si sta addormentando...»

Sentì il suono di quelle parole poco distante dal mio orecchio e il vento mosso da esse provocarmi un brivido lungo la schiena. Mi voltai all'istante incrociando lo sguardo di Alice e ancora una volta deglutì.

Si stava riferendo a Jenny che con il passare del tempo si era appoggiata allo schienale della sedia e piano piano i suoi occhi si chiusero e fu così che cadde in un sonno profondo. Era stata una giornata diversa dal solito e sicuramente in un modo o nell'altra l'aveva sfinita...

Alice allungò leggermente il braccio afferrando il piattino davanti a me sorridendomi ancora. Mai come in quell'istante volevo che la sua mano sfiorasse qualsiasi parte di me.

Ma era strano, che stava accadendo?

Scivolò in cucina dove, dopo aver appoggiato i piattini si scambiò delle parole con Esme, la quale le sorride e annuì con un cenno della testa.

Alice tornò nuovamente verso di me e indicando con un cenno della testa Jenny mi disse in un sussurro:

« Vieni, ti mostro dove puoi sistemare Jenny...»

Guardai mia sorella e scambiai poi un'occhiata d'intesa con Ros che nel frattempo si era alzata per aiutare Esme.

Annuì con un cenno della testa mentre uno ad uno i componenti della famiglia cominciarono ad alzarsi dai tavoli e a dedicarsi a nuove attività, esattamente come Ros.

Afferrai delicatamente mia sorella, prendendola in braccio e facendo attenzione a non svegliarla. Seguì senza fiatare Alice, che salendo una rampa di scale mi portò in una stanza, la prima che si apriva nel grande corridoio. Mi aprì la porta sorridendomi e accendendo solamente la luce del corridoio per non svegliare Jenny.

« Il letto della camera degli ospiti non è sistemata quindi puoi tranquillamente sistemarla nella mia stanza! »

Disse continuando a sorridermi e alzando le coperte del suo letto in modo che potessi sistemare Jenny.

Quindi quella era la camera di Alice Cullen. Era grande, spaziosa, colma di tantissimi oggetti sia piccoli che grandi. Libri e quadri, era veramente immensa caspita!

« Grazie ma non era necessario...»

Lei fece spallucce sbuffando appena ma continuando a mantenere il sorriso, lasciando modellare le coperte sul corpo di Jenny.

« Vi assomigliate molto...»

Disse in un sussurro spostando un ciuffo ribelle che si era posizionato sulla fronte di mia sorella.

Sì, eravamo molto simili fisicamente, ma caratterialmente era uguale a Rosalie.

Come un flash mi ricordai di una cosa fondamentale che dovevo fare ogni volta che mettevo sotto le coperte Jenny. Infilai una mano nella tasca dei jeans dove avevo sempre quel piccolo oggetto di sopravvivenza. Era un oggetto piccolino, tondo e alto un solo centimetro, con un interruttore per accendere una piccola lucetta. Una cosa molto semplice ma di grande significato per noi. Ne avevo uno io e un altro Rosalie.

La posizionai sul comodino accanto al letto e mentre l'accesi spiegai il motivo di quel mio gesto:

« Ha già sofferto abbastanza per la separazione dei nostri genitori, voglio che quando si svegli capisca che non è sola... »

Portavo sempre con me quell'oggetto e a casa invece lasciavamo sempre una lucetta accesa. Avevo letto su un libro di psicologia che in realtà non è poi così importante cercare di togliere qualsiasi tipo di luce, in modo da abituare il bambino. Se non vuole essere lasciato al buio non dobbiamo mica costringerlo!

Mi alzai in piedi voltandomi verso Alice notando il suo sguardo curioso.

« Scusami, a volte lascio prendere voce ai miei pensieri...»

Mi giustificai portando la mano dietro la testa.

«No! Mi interessa! »

Disse lei alzando leggermente il tono della voce, ma notando quel cambiamento portò una mano sulle labbra. Risi leggermente a quelle parole e a quel suo modo di fare voltandomi verso Jenny.

« I vostri genitori si sono separati da molto? »

Mi domandò avvicinandosi a me.

A quella domandò sentì come un leggero vuoto allo stomaco. Non sapevo se dirle la verità oppure no. Ma comunque sia non volevo rischiare di svegliare Jenny con le nostre parole.

Alice sembrò captare il mio sguardo preoccupato per mia sorella e afferrando la mia mano senza preavviso mi trascinò in un'altra stanza poco lontana. Doveva essere la stanza degli ospiti. C'era una scrivani con una sedia e un computer. I due letti erano privi di lenzuola e accanto ad essi c'era un armadio enorme.

« Qui possiamo parlare tranquillamente! »

Esclamò Alice allargando leggermente le braccia e sedendosi su uno dei sue materassi privi di lenzuola. Era davvero così curiosa di sapere la mia storia? E soprattutto perchè? Ed io? Ero pronto a raccontarlo a qualcuno?

Mi sedetti sulla sedia accanto alla scrivania sospirando fissando un punto ignoto per terra.

« I miei genitori si sono separati quando aveva 3 anni. Era piccolina ma riesce a captare tutto molto velocemente...»

Spiegai in poche parole con un tono di voce pacato. E lei sembrò captare quel mio modo sbrigativo.

«Non sei uno che parla molto vero? »

Domandò lei sorridendomi.

« No, è che...»

«Non ti piace la mia compagnia? »

Mi anticipò lei continuando a sorridere.

« No! No, no. E' che...»

«Non ti piace questa stanza? »

Alzai allora gli occhi verso di lei incrociando i suoi.

« Mi lasci finire? »

Domandai sorridendole riuscendo a strapparle una risata.

« Dicevo...non sono il tipico ragazzo loquace. Non amo stare al centro dell'attenzione.»

« Sinceramente l'ho notato prima in salotto. Ma adesso siamo solo noi due, io sono al centro della tua attenzione e tu sei al centro della mia attenzione...»

Disse lei risolvendo il problema. Non aveva tutti i torti, ma non mi andava di raccontarle tutta la mia storia.

« Non ti piace veramente la scuola? »

Mi domandò lei innocentemente. Non mi andava a genio parlare di me ma...qualche parole potevo concedermela.

« No, al contrario di molte persone amo la cultura...»

Era la pura verità. Filosofia, Aristotele, Platone, Kant,..

« E perché hai mollato tutto?»

La faccenda cominciava a diventare un po' troppo personale forse.

« Aiuto economico »

Mi affrettai a dire senza aggiungere nulla perchè non doveva esserci più nulla.

« Ma i tuoi genitori? »

« Preferisco non parlarne...»

Mi affrettai a dire con un filo di voce, ma che Alice riuscì a captare perfettamente.

« Sì, scusami...hai...hai sempre vissuto qui a Forks? »

Sospirai. Ma perchè tutte quelle domande? Era forse un interrogatorio?

Risposi alla sua domanda solamente scuotendo leggermente la testa mantenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi.

« Tuo padre vive a Forks? »

Padre? Da quanto tempo non sentivo quella parole nei miei confronti. E da quanto tempo non lo sentivo. Da molto ma era giusto così. Non volevo sentirle, né vederlo e soprattutto non mi andava di parlarne. Quando si finiva su quel discorso sentivo le mani stringersi a qualcosa, in quel caso sulla sedia. I muscoli tendersi al meglio tremando quasi e lo sguardo si faceva sempre chiuso in una fessura. Dannazione possibile che non capisse?! Non volevo parlare di me!

« Non voglio parlare di me »

Ammisi a denti stretti facendo risultare il mio tono della voce quasi scocciata. Mi accorsi di aver utilizzato un tono di voce sbagliata solamente quando alzando lo sguardo incrociai quello di Alice leggermente rabbuiato.

« Scusami. Hai ragione. Forse è meglio raggiungere gli altri...»

Disse lei velocemente alzandosi in piedi e uscendo dalla stanza in poche frazioni di secondo.

« Fantastico! »

Imprecai a me stesso quando rimasi solo. Avevo combinato un altro casino, fantastico ma in fin dei conti...non mi andava di parlare di me stesso! Ma era inutile cercare di convincermi, mi sentivo comunque decisamente in colpa per come l'avevo trattata.

Uscì da quella stanza, ma non mi andava di tornare giù di sotto. Tornai allora nella camera di Alice dove si trovava Jenny che dormiva beatamente. Mi sedetti sul bordo del letto accarezzandole il volto. Rivedevo i lineamenti di mia madre. Le curve del suo volto leggere delimitandole la faccia angelica che aveva. Rivedevo in piccoli flash i momenti che avevo trascorso con lei e soprattutto quei momenti felici che avevamo trascorso io, lei, Ros e nostra madre. Erano pochi, solo due anni ma per me erano stati fondamentali. Mi ero perso un solo anno. Quando Jenny aveva tre anni i nostri genitori si erano separati. Lei e Ros erano andate a vivere con nostra madre. Io invece ero andato a vivere con l'uomo che io avevo chiamato padre. Ma quella convivenza era durata poco e fortunatamente la tortura di vivere con lui si era conclusa velocemente ma era stata più che sufficiente!

Avevo imparato a non sbagliare. A chiedere perdono anche per cose che non avevo commesso. Ero pronto a ricevere la mia punizione quando prendevo brutti voti a scuola ed ero pronto quando lo disturbavo nei suoi momenti.

Rivivevo quei flash in pochi istanti, sentendo le urla, i pianti e le emozioni.

Mi alzai velocemente afferrandomi la testa fra le mani e soffocando le grida che nascevano dentro la gola. Mi lasciai cadere sulle ginocchia chiudendo gli occhi cercando di togliere quelle immagini.

« Jasper...»

Una voce quasi impercettibile mi fece aprire gli occhi e voltarmi. Lei era lì, seduta sul letto che mi guardava con occhi preoccupati.

Mi alzai in piedi raggiungendola e accarezzandole i capelli le sussurrai:

« Va tutto bene...»

Il tono di voce era privo di ogni emozione e roco, come se fosse ostacolato da qualcosa.

Jenny si alzò in piedi scendendo dal letto. Sistemò leggermente le coperte e portandosi davanti a me mi afferrò la mano, con sguardo protettivo e premuroso.

«Vieni, andiamo a casa...»

E piano piano mi tirò il braccio costringendomi così ad alzarmi. Era lei che alcune volte faceva la matura, ed era lei che riusciva a riportarmi alla realtà. Erano poche le parole ed era facile la verità: senza Rosalie e Jenny sarei stato perso....

 

 

@alice90cullen Sono felice di leggere nuovamente una tua recensione *_* Concordo pienamente sul fatto che Royce sia uno stronzo, l'ho sempre visto così e ho cercato di riportarlo come sempre me lo sono immaginato: possessivo, privo di tatto nei sentimenti degli altri e prepotente. Ma ti dirò la verità, le cose semplici non mi piacciono per niente. Non credere che io sia una specie di “masochista” che vuole complicarsi la vita xD, ma ogni tanto qualcosa di diverso e di complicato ci deve essere altrimenti...nààà è troppo semplice! Quindi ho voluto creare un personaggio negativo in questa storia, e sicuramente non sarà l'unico! ;)

Appunto, secondo la mia idea che nulla è semplice, probabilmente questo capitolo ti ha deluso per il fatto che per adesso Jasper non ha sentito nulla di sentimentale da parte di Alice, a parte in una frazione di secondo. Ma spero comunque che continuerai a seguire la storia. Fidati che per me è un piacere immenso leggere le vostre recensioni o anche più semplicemente leggere che c'è qualcuno che solamente legge ;)

 

@ Alex_Lestrange Sono contenta di pensarla come te con tutte le FanFiction di EdxBella! *_*

Comunque, sarò sincera, non ho mai pensato se fare qualche Pov Alice, ma potrebbe essere qualcosa di interessante. Non ho ancora ben strutturata la storia ma qualcosa nella testa c'è, ma non posso dire, come alcuni fanno e hanno tutti il mio rispetto, quanti capitoli ci saranno o se ci saranno altri Pov. Chi lo sa, vediamo che cosa ha in serbo il destino xD

Per la questione RoycexRosalie sarò sincera, non ero sicura di usare quella “scusa”, credevo che potesse risultare fin troppo banale, ma ho cercato di basarmi su alcuni episodi che ho vissuto, non in prima persona, ma sotto uno studio scolastico. Diciamo che è stato un rischio! E diciamo anche che la scuola per la problematica di Rosalie mi aiuta molto (dai allora la scuola serve xD). Inoltre l'unico motivo per cui Rosalie non vuole essere aiutata è perchè vuole stare con lui, non tanto perchè lo ama, ma soltanto per una questione puramente economica.

Ora arriviamo all'argomento Jenny. E' un personaggio che ho voluto inserire perchè io nella mia testa, mi sono sempre immaginata Jasper come un ragazzo che ci sa fare alla grande con i bambini, esattamente come Rosalie e quindi ho pensato di inserirla, sperando fortemente che sia qualcosa di positivo. Un ruolo fondamentale? Penso proprio di sì, perchè per quanto l'amore possa aiutare una persona, ci sarà qualche particolarità che non riuscirà a risolvere ed io vedo in Jenny quella parte, quella specie di medicina che riesce a capire Jasper e a risolvere i suoi problemi,che per adesso possono essere guariti solamente da lei (:

Ti ringrazio molto la tua recensione e anche per te spero che la storia continui a piacerti! (:

 

@ Tutti gli interessati: come ho già scritto non amo le cose semplice, soprattutto nel campo amoroso. Non mi piace vedere le cose già fatte e sinceramente non riesco a concepire il fatto che una persona si possa innamorare in nemmeno due giorni. Vi spiego meglio. Sono consapevole del fatto che una persona può percepire un'attrazione per un'altra, ma che non la si può definire subito amore. Con tempo può però tramutare, quindi non penso minimamente che dopo nemmeno due giorni una persona possa capire e dimostrare il proprio amore. Credo che la persona possa avere un'attrazione fisica, ma che non si possa innamorare dal nulla (almeno è quello che penso poi ognuno la può pensare come vuole xD).

E' per questo che la coppia AlicexJasper non nascerà subito, ma ci vorrà qualche tempo, e non sarà semplice, ci sarà una piccola difficoltà! Questo però non vuol dire che non ci saranno più capitoli dove si incontreranno e soprattutto dove la storia prenderà un'altra piega (:

 

Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto, non solo per chi recensirà, ma anche solamente per chi ha letto questo capitolo (: Ah, piccola richiestuccia che vorrei farvi: se c'è qualcosa che vi fa storpiare il nasco e se quindi volete darmi una dritta anche rimproverandomi fatelo pure, sono bene accettati anche quelli (:

Piccola novità di questo capitolo! Ho deciso di aggiungere una piccola anticipazione del prossimo dove ci sarà una piccola domanda che Jasper pone al lettore (se volete potete rispondere xD)! (: Buona giornata a tutti e buone letture! Ci sentiamo al prossimo capitolo! (:

 

Corrugai la fronte guardandolo. Ero incredulo, aveva veramente detto quelle parole?

« Tutto qui? »

Domandai alzando leggermente le spalle spalancando appena la bocca.

« Tutto qui...»

Ripeté lui lasciandosi scappare una risata.

« Quando sarai certo di voler prendere questa occasione non dovrai far altro che...»

« Accetto...»

Mi affrettai a dire interrompendolo. Lui mi guardò corrugando la fronte.

In quel periodo avevo capito una sola cosa: cogli l'opportunità. Se ti si para davanti una possibilità di cambiare afferrala al volo. Tu cosa faresti? La coglieresti o la lasceresti andare?

Carlisle annuì con un cenno della testa sorridendo, come se fosse soddisfatto della mia risposta e io, d'altro canto, mi sentivo orgoglioso per la mia scelta.

 

Io se dovessi rispondere alla domanda di Jasper direi di si. La coglierei al volo rischiando il tutto per tutto, rischiando di peggiorare la mia situazione. Ma sono convinta di una cosa: per quanto possa andare peggio tutto si può risolvere, in un modo o nell'altro (:

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Buongiorno a tutti! Eccoci qui al quarto capitolo! Spero di non averci impiegato troppo tempo ma sto cercando di mantenere un aggiornamento costante e speriamo che continui! Ora vi lascio alla storia ;) (le risposte alle recensioni le potete trovare alla fine del capitolo.)
 

Capitolo 4.

Per l'ennesima volta quella mattina mi ero domandato che cosa stessi facendo e perché lo stessi facendo. Avevo passato tutta la notte dopo la cena dai Cullen a domandarmi se dovevo farlo oppure no. Era davvero così fondamentale? Perchè ne sentivo tutta quella necessità?

Non avevo detto nulla a Rosalie, quella doveva essere una mia decisione.

Il Signor Carlisle aveva approfittato del momento in cui Rosalie si era avviata verso la macchina prima di me. Aveva approfittato di quel momento in cui rimasi solo per darmi un suo nuovo consiglio.

« Tieni...»

Mi aveva detto con un filo di voce, mentre tutta la sua famiglia rientrava in casa lasciandoci così soli sull'uscio d'entrata. Mi porse un piccolo biglietto alto tre centimetri e lungo cinque. Veramente piccolo. Era di un colore panna, con le scritte in oro.

« Vienimi a trovare domani. Dovrei parlarti...»

Mi aveva suggerito portando una mano sulla mia spalla mentre con lo sguardo continuavo a guardare quel biglietto non capendo.

E io semplicemente avevo seguito quelle indicazioni, recandomi nell'indirizzo che c'era scritto con quei caratteri così professionali. Ed ora mi trovavo davanti a quell'edificio enorme tutto bianco, con al centro la scritta “Ospedale di Forks”.

Ero arrivato di corsa davanti a quell'edificio. Avevo colto l'occasione per sfogarmi leggermente, facendo così una corsa per scaricare le tensione mentre l'mp3 di mia sorella “sparava” la musica attraverso le cuffiette. Il titolo che mi aveva condotto fino a lì si chiamava “Llamada de emergencia”. Una canzone con una melodia decisamente forte, che aveva scandito l'andatura della mia corsa fino all'ospedale.

Presi un respiro profondo prima di varcare l'entrata. Non appena fui dentro lasciai cadere all'indietro il cappuccio della felpa nera che indossavo. Fuori pioveva. Non che fosse una novità. Avevo sempre pensato che un cartello pubblicitario per Forks potesse essere:

“Benvenuti a Forks, 364 giorni di pioggia, l'ideale per chi vuole mantenere la pelle pallida...”

Non appena entrai una signora di mezza età si avvicinò con una cartella in mano.

« Desidera qualcosa? »

Mi domandò sorridendomi.

« Sì, dovrei parlare con il Dottor Cullen. Sa dove si trova? »

« In questo momento il Dottor Cullen non può ricevere nessuno mi dispiace »

Rispose lei mantenendo il sorriso e infilandosi dietro un bancone posto accanto all'entrata. E adesso che cosa dovevo fare? Mi guardai attorno mentre maltrattavo le dita della mano per l'imbarazzo. Feci un giro su me stesso e tornai nuovamente da quella signora.

« Mi dispiace disturbarla ma a dire la verità è stato lui a chiamarmi, quindi potrbb...»

« Il signor Cullen non prende mai appuntamenti ma sono i pazienti a chiamarlo e a prenderne uno »

Spiegò lei interrompendomi, mentre teneva lo sguardo sui documenti che aveva in mano qualche istante prima. Poi si voltò verso di me sfoderando un nuovo sorriso quasi arrogante.

« Senta io...»

« Quindi se vuole si vada accomodare nella sala d'attesa. G-r-a-z-i-e! »

Scandì ogni singola lettera dell'ultima parole, come se stesse parlando ad un dislessico, sfoderando ancora quel sorriso arrogante e indicandomi delle sedie poco distanti con la mano.

Perfetto! L'intento di capo Cullen era quello di farmi perdere una giornata per caso?

Mi sedetti su una sedia, incrociando le braccia rimanendo così in attesa. Ero in mezzo a due madri che portavano con sé dei bambini e davanti a me c'era una persona anziana che aspettava il suo turno, pronto a “scattare” quando era necessario. La sala era piena di persone che attendevano medici differenti.

Ad un tratto, pochi minuti più tardi, vidi dritto davanti a me, in un corridoio piuttosto distante di qualche metro, il Signor Carlisle gesticolare leggermente con le mani mentre in una di queste teneva un telefonino.

« Ora basta! »

Mi alzai in piedi e con una falcata piuttosto veloce mi avvicinai a quel corridoio. Sentivo le parole e i passi più pesanti della signora all'entrata, ordinarmi di tornare indietro. Ah no, non l'avrei ascoltata! Se Carlisle voleva parlarmi ora o mai più.

« Mi perdoni Dottor Cullen ma questo ragazzo non ha voluto ascoltarmi! »

Disse lei con un filo di voce nel momento esatto in cui Carlisle interruppe la chiamata. Lui guardò prima la signora poi me e come se avesse appena visto un suo figlio mi sorrise portandomi una mano sulla spalla.

« Nessun problema Beth! Lo stavo aspettando! »

Come un bambino che aspettava la sua vendetta fulminai con lo sguardo la donna che scusandosi tornò indietro. Il sapore della vittoria misto alla vendetta a volte è una manna dal cielo!

Carlisle dopo pochi istanti aprì la porta del suo studio, sedendosi poi su una grande sedie appena dietro la scrivania. Era una stanza ricoperta di scaffali con sopra libri di ogni genere, naturalmente inerenti alla medicina. Le pareti erano bianche, come lo era tutto l'edificio e appesi c'erano dei quadri.

« Prego siediti...»

Disse indicandomi l'altra sedia di fronte a lui mentre io mi stavo guardando attorno. Guardai prima lui, poi la sedia lasciandomi scivolare lo sguardo sulla sua scrivania, dove intravidi un portafoto con l'immagine di lui e di tutta la sua famiglia. La signora Esme, Edward, anche Bella, Emmett, Alice e Carlisle al centro di tutti.

« A dire la verità non ho molto tempo. Vorrei andarmene al più presto...»

Spiegai con un tono di voce sicuro, cercando di essere il più garbato possibile.

Carlisle rise per la mia risposta e si alzò in piedi, afferrando una cartellina su uno scaffale accanto alla scrivania.

« Voglio aiutarti...»

Mi informò lui avvicinandosi e porgendomi quei documenti, per poi sedersi sulla scrivania davanti a me. Aiutarmi? Mh, avevo già sentito quella scusa.

« Sai, un tempo si veniva considerati parte alta della società se si sapeva scrivere e leggere. Riuscire ad andare a scuola era un privilegio di pochi. Ora invece si viene considerati parte dei piani alti solamente se si hanno qualche soldo in più...»

Rimasi fermo, con quella cartella in mano in silenzio ascoltando le sue parole, non capendo dove volesse “parare”. Ero fatto così io: se qualcuno voleva dirmi qualcosa doveva farlo subito senza troppi giri di parole.

« Ci tengo che i ragazzi vadano a scuola e capisco il motivo per cui non ci sei andato e...»

« No, lei non capisce....»

Dissi io interrompendolo solo quella volta.

« Si, forse hai ragione...»

Ammise lui abbassando lo sguardo e rabbuiandosi leggermente per la mia risposta.

« Comunque sia in quelle carte c'è la possibilità di essere assunto qui, in ospedale, per qualche lavoretto, nulla di particolare. Piccole faccende. Tutto qui. Se sei interessato ti aspetto qui, domani pomeriggio alle 4, per sistemare ogni cosa »

Fu veloce e non appena ebbe finito si alzò in piedi avvicinandosi a un attaccapanni accanto alla porta, dove ripose il suo camice bianco.

« Perché? Che cosa vuole in cambio? »

Domandai voltandomi verso di lui.

Carlisle alzò lo sguardo guardandomi e sfoderandomi un altro sorriso, di quelli che avevo già visto.

« Che tu vada a scuola. Così hai la possibilità di lavorare, sapendo per certo di aver un posto di lavoro fisso, senza dover sperare di trovare qualcosa giorno dopo giorno. E al tempo stesso hai la possibilità di aiutare Rosalie. E contemporaneamente puoi studiare »

Corrugai la fronte guardandolo. Ero incredulo, aveva veramente detto quelle parole?

« Tutto qui? »

Domandai alzando leggermente le spalle spalancando appena la bocca.

« Tutto qui...»

Ripeté lui lasciandosi scappare una risata.

« Quando sarai certo di voler prendere questa occasione non dovrai far altro che...»

« Accetto...»

Mi affrettai a dire interrompendolo. Lui mi guardò corrugando la fronte.

In quel periodo avevo capito una sola cosa: cogli l'opportunità. Se ti si para davanti una possibilità di cambiare afferrala al volo. E tu cosa faresti? La coglieresti o la lasceresti andare?

Carlisle annuì con un cenno della testa sorridendo, come se fosse soddisfatto della mia risposta e io, d'altro canto, mi sentivo orgoglioso per la mia scelta.

« Perfetto. Se non hai così tanta fretta potresti aspettarmi qui. Finisco di firmare qualche documento e poi posso accompagnarti a scuola, dove puoi iscriverti, sempre se ti va... »

Dovevo cominciare a fidarmi di qualcuno, e Carlisle mi sembrava la persona perfetta. Rimasi qualche secondi a fissarlo e dopo aver sospirato leggermente, sorrisi sincero annuendo con un cenno della testa. In risposta ricevetti un suo sorriso e in pochi secondi uscì dal suo ufficio.

Guardai la porta chiusa per alcuni istanti, poi mi guardai attorno studiando in ogni piccola particolarità quel luogo. Mi incuriosì lo stereo. Era certo molto tecnologico rispetto a quello che avevo io, ma non era uno di quelli all'ultima moda. Mi avvicinai guardandolo inclinando la testa di lato. Era in pausa e senza pensarci due volte schiacciai il pulsante play, dopo essermi assicurato che il volume non fosse a palla. Non appena sentì le prime note riconobbi quella canzone e come se fossi in un show televisivo dove bisogna indovinare il titolo della canzone dissi con un filo di voce:

« Aida... »

Sorrisi a quella parola. Quante volte avevo ascoltato quella canzone?

Lasciai che la musica continuasse a suonare e distrattamente cominciai a leggere i vari titoli dei libri che ricoprivano lo scaffale alla mia destra.

I titoli erano di qualsiasi genere e a volte dovevo leggerli due volte da tanto erano complicati.

No non erano per me.

Feci spallucce lasciando scivolare lo sguardo sui dipinti che allestivano la parete di quella stanza, l'unica priva di mobili e scaffali.

Il primo era una riproduzione del dipinto di Van Gogh “Campo di grani di corvi”. Sembrava quasi uguale, come se fosse il dipinto originale. Le linee che creavano il capo di grani erano molto marcate, come se in quei frammenti fossero racchiusi i più vasti sentimenti. Anche se si trattava di una copia, in quel dipinto vedevo le stesse emozioni che si potevano percepire nell'originale: oppressione, disperazione e angoscia.

Il secondo quadro che ammirai non riuscivo a collegarlo con nessuno di quelli famosi. Non era un Van Gogh, nemmeno un Dalì, era un dipinto qualunque. Al centro della scena il mare in tormenta, descritto con colori scuri, favorito anche dall'atmosfera della notte. Era un mare in tempesta, le onde erano i principali attori di quella scena ma alla destra di quella tela, lontano dal mare, c'era un faro. Appena percettibile dato che tutto il dipinto era piuttosto scuro. Lo si poteva riconoscere solamente da un piccolo fascio di luce gialla che lo circondava. Non era complicato come dipinto, ma personalmente ritenevo che fosse molto espressivo, dato che riuscivo a leggerci la rabbia racchiusa nelle pennellate che costruivano le onde. E nello stesso tempo leggevo la delicatezza nel delineare il faro.

In basso a sinistra c'era una scritta, probabilmente una parola, ma la scritta era in nero sopra al mare che era di una tonalità blu scuro. Cercai di capire che cosa ci fosse scritto affilando leggermente lo sguardo ma niente.

« Amari estremi, estremi rimedi...»

Afferrai il dipinto delicatamente e mi portai accanto alla finestra, sperando che la luce naturalmente, per quanto fosse delicata potesse aiutarmi. Spostai appena le tende e scrutando per qualche istante quella parte del quadro intravidi un nome: Alice.

Lo ammetto. In un primo istante cercai di capire chi potesse essere, ma ad un tratto come in un flash, capì all'istante di che Alice si trattasse.

Osservai nuovamente il dipinto incredulo per aver scoperto il lato artistico della figlia di Carlisle, di quella ragazza che innocentemente voleva solo conoscermi e che io il giorno prima l'avevo trattata come non doveva essere trattata.

Un leggero senso di colpa avvolse il mio stomaco e mi sentì leggermente a disagio per come si erano svolte le cose il giorno prima. Riposi il quadro nello stesso punto di prima, guardando tutti i quadri che erano appesi, tutti quanti firmati “Alice”.

« Ti piace la pittura? »

Carlisle comparve tutto ad un tratto facendomi sobbalzare.

« E anche la musica sento...»

Continuò lui avvicinandosi con il sorriso sulle labbra e spegnendo lo stereo.

« Mi scusi...»

Dissi io abbassando lo sguardo. Ero stato abituato così, a chiedere scusa quando facevo qualcosa che non andasse secondo le aspettative della persona in questione.

« Spero che prima o poi ti abituerai a darmi del tu! Ora andiamo, al ritorno se ti va ci possiamo fermare a mangiare qualcosa...»

Guardai l'orologio che indossavo al polso. Erano le 13,30 circa. A quell'ora gli studenti della High Forks erano sicuramente impegnati nella pausa pranzo.

Guardai un'ultima volta quella stanza afferrando i documenti che Carlisle prima mi aveva posto per il mio nuovo lavoro e poi con il sorriso sincero sulle labbra segui Carlisle.

 

 

 

«Arrivati!»

Eravamo arrivati come disse Carlisle non appena spense i motori della sua Mercedes. Un grande cartello con la scritta “Forks High School – Home Of The Spartans” si poteva leggere all'entrata, con accanto il simbolo della scuola. L'edificio era a qualche centinaio di metri dalla scuola di mia sorella Jenny. Pochi minuti li separavano..

Seguì senza indugi Carlisle fuori dall'abitacolo. Il parcheggio della scuola era occupato da automobili e motorini.

« A dire la verità io non ho nessun documento con me...»

Dissi ad un tratto bloccandomi nel bel mezzo della strada guardando il Signor Cullen. Lui si fermò e voltandosi verso di me scoppiò a ridere.

« Questa è la fortuna di avere ben tre figli nella stessa scuola. Non preoccuparti! »

E mi si avvicinò portandomi un braccio attorno alle spalle entrando nell'edificio.

In pochi istanti ci trovammo nella segreteria della scuola. Proprio come mi aveva detto Carlisle ci pensò buona parte lui, io mi limitai solamente a firmare qualche documento.

Dopo qualche minuto tutto era in ordine e la signora che si era occupata della mia iscrizione, mi comunicò che avrei potuto iniziare il giorno seguente. Bè, non potevo chiedere di meglio!

Ringraziai più di una volta la signora e insieme a Carlisle uscimmo dalla segreteria. Ormai la pausa pranzo stava finendo e le lezioni erano alle porte.

« Bè direi che è perfetto! Andiamo a mettere qualc...»

« Papà? »

Il Signor Carlisle venne interrotto dall'arrivo di uno dei suoi figli, meglio ancora da sua figlia, la quale non appena mi vide sbatté più volte le ciglia.

«Jasper? Che ci fate qui? »

E ancora una volta, come nello studio di Carlisle, lo stomaco mi si attorcigliò contro creando quel senso di imbarazzo che mi costrinse ad abbassare lo sguardo.

« Novità tesoro. Vi racconterò tutto stasera ma ti do una piccola anticipazione. Vedrete molto spesso il nostro ragazzo qui dentro! »

Annunciò Carlisle strizzando l'occhio a sua figlia, la quale in tutta risposta mi diede un leggero colpo sulla spalla dicendo:

«Interessante!»

Alzai allora lo sguardo corrugando la fronte e guardandola. Non era arrabbiata per quello che era accaduto?

« Ah, papà! Dopo scuola non passo da casa. Esco con Joseph...»

Aggiunse lei dopo qualche istante, mordendosi il labbro inferiore e portando le mani dietro la schiena mentre con un piede disegnava dei cerchi per terra. Quel suo gesto mi fece sorridere. Sembrava quasi una bambina innocente messa di punto in bianco in imbarazzo.

Carlisle sospirò pesantemente arricciando leggermente le labbra.

« Non voglio che facciate tardi. Lo sai che quel...»

« Sì lo so e ne abbiamo già parlato!»

Lo interruppe Alice roteando gli occhi verso l'alto. In quell'istante mi sentivo letteralmente a disagio, come se mi sentissi di troppo in quella situazione.

Pochi secondi dopo prima che Carlisle potesse ribattere ancora, la campanella suonò, richiamando quindi i ragazzi alle loro lezioni.

« Devo andare...»

Annunciò Alice afferrando la borsa a tracolla che aveva appoggiato a terra quando era arrivata.

« E' stato bello rivederti Jasper, ci vediamo. Ciao pà! »

E alzando la mano fece qualche passo all'indietro per poi fare dietro front e mischiarsi con la folla.

Io e Carlisle uscimmo velocemente, in modo da non essere avvolti da tutta la folla di ragazzi.

« Allora ragazzo. Dove vuoi andare? »

« A dire la verità vorrei andare a casa e dare la notizia a Rosalie se non le dispiace...»

Ammisi io con un filo di imbarazzo portando la mano dietro la testa. Lui rise alla mia espressione e mi domandò se volessi un passaggio verso casa. Io gli risposi che in realtà abitavo poco distante da lì e che una passeggiata mi avrebbe fatto solo che bene.

Rimasi nel parcheggio della scuola finché non vidi la Mercedes di Carlisle scomparire dietro l'angolo della scuola. Feci tre passi, pronto ad incamminarmi verso casa, quando sentì la voce di qualcuno richiamarmi.

« Jasper aspetta! »

D'istinto mi voltai e vidi Alice correre verso di me a grandi falcate, grandi rispetto alla sua altezza naturalmente. Non appena fu davanti a me si arrestò appoggiando una mano sulla mia spalla come a volersi sorreggere per il grande sforzo.

«Hei, prendi fiato...»

Dissi io sorridendo a quella immagine. Lei dopo qualche istante si ripresa e alzandosi dritta in piedi sfoderò un suo sorriso. Mi domandai se fosse nata con il sorriso, lo indossava sempre!

«Ieri sera ti sei dimenticato questo! »

Ieri sera...altri sensi di colpa mi avvolsero senza troppi problemi.

« Sì approposito di ieri sera io...»

« Tieni! »

Stavo per chiederle scusa quando mi porse la lucetta che avevo appoggiato sul suo comodino la sera prima quando Jenny dormiva.

« Ah...Em...Grazie...»

Dissi io afferrando la lucetta.

« L'ho portata con me così potevo consegnartela non appena ti vedevo. Ora scusai ma devo proprio andare! Spero di incontrarti presto! »

E senza che io potessi dire qualcosa lei fece dietro front e si diresse verso l'entrata della scuola. La seguì con lo sguardo fino alla fine e contraccambiando il saluto con la mano che lei mi fece pochi istanti prima di entrare nell'edificio.

« Anche io...»

Dovevo ammetterlo. Incontrare Alice Cullen per me non era un peso, ma quasi un piacere. Mi vergognavo solamente del fatto che il giorno prima l'avevo trattata in un modo che lei non si meritava. Sapevo di non avere il miglior carattere di questo pianeta. Spesso mi capitava di avere degli sbalzi d'umore, per non parlare di quelle volte che cercavo di isolarmi dagli altri, fino a diventare una persona di poca compagnia.

Ma fu in quell'istante, mentre cominciavo ad incamminarmi verso casa, che feci una promessa a me stesso, che avrei mantenuto e che avrei risolto il prima possibile e nel miglior modo possibile: mi sarei fatto perdonare per essermi comportato in quel modo con Alice, e lo avrei fatto prima o poi, questo è poco ma sicuro.

 

 

@ alice90cullen Ciao carissima! Sono contenta di aver letto anche questa volta una tua recensioni, non sai quanto mi faccia felice *_* Sono ancora più contenta del fatto che il terzo capitolo ti sia piaciuto! XD

Comunque, sì probabilmente anche io mi sarei comportata come Jasper. Ma io ho sempre visto Alice come una ragazza molto espansiva e (forse in maniera troppo accentuata) ho voluto che cadesse in un piccolo errore: non tutti sono disposti ad aprirsi dal primo istante. Esistono persone che si sentono sicure e quindi si lasciano conoscere, ma questo non è da Jazz (:

Come sempre spero che anche questa storia ti sia piaciuta! (:

Un mega abbraccio!

 

@ EDVIGE86 Ti ringrazio molto anche per la tua doppia recensione xD No a parte gli scherzi sarò sincera, mi ha fatto molto piacere leggere anche solamente la tua prima recensione. Ma se nella prima sono stata contenta nella seconda recensione mi sono sentita stra mega contenta! Ti ringrazio infinitamente! Sono contenta che ti piaccia e sono anche molto contenta del fatto che pure a te piaccia Jasper. Anche per me è uno dei personaggi preferiti quindi inutile sottolineare il fatto che fra tutti i libri e i film della Saga Eclipse è il mio preferito xD (anche se forse questa cosa non ti interessa ho voluto dirlo xD)

Sono anche contenta che tu abbia accettato l'idea di continuare la storia con tranquillità e non tutto velocizzato.

Per quanto riguarda la tua curiosità nel scoprire la storia dei personaggi dovrai attendere un po' a causa di questa mia scelta di fare le cose con calma. Probabilmente nel prossimo capitolo leggerai qualcosa di nuovo del passato! Non aspettarti chissà cosa ma qualcosina c'è ;) Ma sono comunque contenta che tu non veda l'ora che accada qualcosa, questo forse vuol dire che qualcosa di buono ho fatto catturando la tua attenzione :P Chi lo sa!

Ti ringrazio ancora e ancora e anche a te spero che questo capitolo ti sia piaciuto!

Grazie infinite!!

 

@ mary whitlock Non preoccuparti cara, non importa se non hai recensito prima, come avrò già detto non obbligo nessuno a farlo xD Posso immaginare quanto sia noioso e impegnativo scrivere una recensione quindi mi sento già stra fortunata nell'aver letto sia la tua che quella degli altri *_*

Come avrò già ripetuto ma mi diverto dirlo anche io adoro Jasper e non preoccuparti! Non ti ritengo una pazza, ma anche io adoro le sue cicatrici. Cioè, non prendetemi per pazza ma secondo ogni personaggio di Twilight ha un proprio elemento personale e quello di Jazz io lo identifico nelle sue cicatrici quindi cara Mary la penso esattamente come te!

Mi rende ancora più felice il fatto che ti piaccia l'immagine di Ros e di Jenny. Non sai quanto mi faccia piacere nel leggere quello che hai scritto (:

Arriviamo alla fine, ora sono io a fare i complimenti a te xD Hai indovinato quello che accadeva nel quarto capitolo..mmmh...devo pensare che forse sono troppo prevedibile? XD

Quindi complimenti Mary, ha indovinato l'anticipazione xD

Anche a te spero che questo capitolo ti sia piaciuto!

Grazie ancora :D

 

@ Tutti: mi riferisco a chi ha letto questo capitolo, spero che vi sia piaciuto e come sempre vi sarei infinitamente grata se quando leggete qualcosa e vedete che non vi piace, proprio zero assoluto, in qualche modo di farmelo capire, mi basta anche un semplice “schifo” xD

Grazie a tutti quelli che hanno letto e che continuano a leggere questa storia, e credetemi, anche sapere solamente che c'è qualcuno che legge per me è una cosa veramente grande! (:

Al prossimo capitolo ;)

Ps. Questa cosa dell'anticipazione mi è piaciuta molto quindi anche questa volta lo faccio xD

 

« Pronto? »

« Jasper? Sono Andy va tutto bene? »

« Sì certo, è successo qualcosa? »

« No certo che no, ma ormai la scuola è finita da più di un'ora e...Jenny è ancora qui...»

Ancora lì? Guardai l'orologio appeso alla parete e sgranai leggermente gli occhi mentre in sottofondo sentivo la voce di Andy dire:

«...Io non posso più attendere quindi se non potete venire posso portarla io a casa. »

« No! No, no sto arrivando, pochi minuti e arrivo! »

E senza attendere una risposta riattaccai il telefono. Ma Rosalie? Era lei che oggi doveva andarla a prendere o sbaglio? Sì, era proprio lei ma in quel momento dov'era?

 

Buona giornata! (:

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Buongiorno! Anzi... Buonasera ormai xD Eccoci qui con il quinto capitolo di questa storia. Ammetto che ho avuto qualche ritardo nel postarlo ma questa settimana è stata proprio impegnativa O.O Lo studio, la scelta per Halloween ( voi avete scelto i vostri piani? xD Io una finta ferita e basta xD), danza, una mega novità *-* il tatuaggio, shopping per la stagione invernale per lo snowboard aaaaahhhh... Che settimana e questa qui ancora peggio cavolo O.O

Comunque evitando di rompervi le scatole con le mie storielle ora vi lascio al capitolo sperando come al solito che sia di vostro gradimento *-*

Ringraziamenti e risposte alle recensioni le potete trovare alla fine della storia ;)

Buona lettura!!

 

Capitolo 5.

 

« Lo vedi che cosa hai fatto?! »

La sua voce tuonava nella mia testa mentre con la mano tenevo stretto il mio braccio più o meno ad altezza gomito. Era una bella giornata di sole ed io ne avevo approfittato per fare un giretto in bicicletta nel giardino di casa. Più che giardino sembrava una discarica dove erano riposti gli attrezzi più remoti.

Non ero un asso con la bicicletta, spesso perdevo l'equilibrio e fu così che non appena la mia ruota anteriore sfiorò appena la superficie di un sasso, caddi a terra facendo sbattere il braccio contro una lastra di vetro che si trovava nel momento sbagliato, nel posto sbagliato. O forse lo ero io.

Mio padre spesso si “divertiva” ad aggiustarsi le automobili da solo e per questo teneva per tutto il giardino ogni singolo pezzo, comprese le lastre di vetro per sostituire i lunotti posteriori.

« Lo sai che non devi giocare da queste parti! »

E dove altro potevo giocare?!

Il suo tono di voce aumentò decisamente facendomi sobbalzare maggiormente, il mio corpo era già leggermente scossi da piccoli sbalzi dovuto al pianto che stavo trattenendo. Un po' per il male, un po' perchè non volevo che papà si arrabbiasse, un po' perchè mi faceva paura.

« Sto parlando con te mi stai sentendo?! »

La sua mano afferrò il mio braccio strattonandomi bruscamente.

« Sì signore...»

Dissi con un filo di voce pochi istanti prima che le sue forti braccia non mi trascinarono dentro casa.

In maniera molto goffa cercò di disinfettarmi la ferita, che continuava a perdere un po' di sangue e che un semplice cerotto non sembrava voler fermare il male. Avevo sempre pensato che mio padre mi tenesse solamente perchè era obbligato e che di amore fra figlio e padre non ne avesse mai sentito parlare.

« Mi fa male...»

« La colpa è tua. E lo sai! »

Mi ammonì lui lanciandomi un pezzetto di garza che appoggiai subito sulla ferita. Ma bruciò, cominciò a bruciare intensamente.

« Papà brucia! »

Alzai leggermente il tono della voce mentre il telefono di casa cominciò a suonare. Ma lui sembrava non ascoltare né me né il telefono che continuava a suonare. Si era allontanato da me e si era messo a sedere su di una sedia accanto al lavandino della cucina. Aveva il braccio sinistro posto leggermente in avanti, con uno elastico legato poco più in basso dell'ascella. Nell'altra mano teneva stretta un aggeggio che fece uscire da una specie di busta.

« Papà brucia! »

Urlai nuovamente alzandomi in piedi sul tavolo come a richiamare la sua attenzione.

Nulla.

« Papà! »

« Piantale! Finiscila di lamentarti! »

Urlò lui alzandosi bruscamente dalla sedia facendola cadere all'indietro e lanciando nel lavandino quell'aggeggio.

Qualcosa di caldo e di umido scivolò nel mio volto costringendomi a chiudere gli occhi e con le mani mi tappai le orecchie per non sentire nulla.

 

Mossi a destra e a sinistra la testa sentendo ancora il telefono squillare e sentendo ancora quella cosa quasi viscida sul volto. La spostai con la mano alzandomi dal divano e non appena capì di cosa si trattava dissi con un tono di voce di rimproverò:

« Diamine Spike! »

Quel cane mi aveva svegliato nel bel mezzo della mia dormita pomeridiana. E ora come avrei fatto a riprendere sonno? Mi raggirai dall'altra parte del fianco spostando con la mano il cagnolino che continuava a scodinzolare con la lingua a penzoloni.

« Oh merda! »

Scattai in piedi rendendomi conto che quel suono metallico non era solo nel sogno, ma il telefono squillava anche nella realtà. La coperta che mi avvolgeva si infilò in mezzo alle gambe facendomi quasi rischiare di cadere a terra, mentre continuavo a ripetere ad alta voce:

« Ti prego chiunque tu sia non riattaccare, ti prego, ti prego, ti prego! »

Pochi secondi e partì la segreteria, proprio nell'istante in cui la forza malefica della coperta mi fece cadere a terra. Nel momento esatto in cui cercavo di togliere il nemico dal mo corpo ascoltai quella voce che venne trasmessa dall'apparecchio.

« Casa Hale? Salve sono la signorina Collins, l'insegnate di Jenny...»

La signorina Collins? Andy? La signorina Andy aveva sempre aiutato me e la mia famiglia, tanto che ormai sia io che Rosalie le parlavamo tranquillamente dandole a volte del tu. Era una ragazza sulla trentina d'anni, una donna amata da quasi tutti i bambini, compresa mia sorella.

Mi liberai da quella presa e con un balzo afferrai il telefono in modo che la signorina potesse parlarmi direttamente.

« Pronto? »

« Jasper? Sono Andy va tutto bene? »

« Sì certo, è successo qualcosa? »

« No certo che no, ma ormai la scuola è finita da più di un'ora e...Jenny è ancora qui...»

Ancora lì? Guardai l'orologio appeso alla parete e sgranai leggermente gli occhi mentre in sottofondo sentivo la voce di Andy dire:

«...Io non posso più attendere quindi se non potete venire posso portarla io a casa. »

« No! No, no sto arrivando, pochi minuti e arrivo! »

E senza attendere una risposta riattaccai il telefono. Ma Rosalie? Era lei che oggi doveva andarla a prendere o sbaglio? Sì, era proprio lei ma in quel momento dov'era?

« Spike andiamo! »

E in tutta risposta il cagnolino abbaiò ed uscì dalla porta pochi istanti prima che la chiudessi e cominciassi a correre verso la scuola elementare.

Continuai a correre a grandi falcare affiancato dal cucciolino che mi seguiva senza problemi. In pochi minuti arrivammo davanti all'edificio scolastico e senza attendere varcai l'entrata ormai deserta. Mi diressi verso la classe di Jenny dove la trovai seduta al suo posto mentre era impegnata con i colori e un pezzetto di carta.

« Jasper...»

La mano di Andì si appoggiò sulla mia spalla comparendo da dietro.

« Hei scusa per il ritardo ma doveva venire Ros ma... »

Già, dov'era in quel momento dannazione?!

« Non preoccuparti! Avrei aspettato ancora ma purtroppo ho un impegno. Tranquillo, non è per niente arrabbiata, credo che al posto di una sorellina tu abbia una persona adulta in miniatura! »

Disse lei facendomi sorridere mentre spostai lo sguardo su mia sorella che aveva cominciato a raccogliere le sue cose non appena mi vide.

« Ora scappo, ci vediamo presto! Salutami Ros! »

«Certo, grazie infinite...»

Risposi io salutandola agitando la mano mentre attraversava il corridoio. Nello stesso istante Jenny arrivò con il suo zainetto fra le braccia e lo lasciò cadere a terra prendendo in braccio Spike.

« Ciao! Finalmente sei arrivato eh! »

Disse lei sorridendomi ed accarezzando il cagnolino.

« Mi sono addormentato...»

Risposi io afferrando lo zaino che aveva appoggiato per terra mettendomelo in spalle. Jenny scoppiò a ridere guardandomi e scuotendo la testa.

« Dai andiamo irresponsabile...»

« Ma sentitela lei! »

Continuammo a punzecchiarci per buona parte del tragitto fra classe ed uscita.

« Che cosa hai fatto oggi? »

Le domandai mentre cominciammo a camminare fuori dell'edificio diretti verso casa.

« Esercizi ed esercizi. Non ce la facevo più! Però una cosa un po' diversa è stato...mmm...vediamo... Ah sì! La maestra Teresa ha dato una nota a Lucas perchè continuava a disturbare! Ah questi uomini! »

Sbattei qualche volte le palpebre sentendo quelle parole.

« Per la cronaca io sono un maschio e sto cominciando a pensare che la presenza di Ros ha una brutta influenza per te! »

Lei incrociò le braccia al petto voltando lo sguardo verso destra con un movimento deciso sbuffando leggermente.

« Chi è quello che oggi si è addormentato sul divano?! »

Strillò lei fulminandomi con lo sguardo e puntandomi il dito contro.

« E tu vorresti condannarmi per questo?! »

Replicai io alzando il tono di voce, raggiungendo il suo, mentre con le mani afferrai la giacca come a voler mostrare la mia innocenza. Non stavamo litigando, ogni tanto ci divertivamo a punzecchiarci l'uno contro l'altro.

« Hei, hei non osare a fare la faccina dolce o il labbrino tremolante! Primo è da bambini, sbaglio o tu sei abbastanza grande?! »

Disse lei che mi ammonì poco prima che potessi dissuaderla con una faccina dolce.

Con un balzo salto sulla panchina che si trovava alla mia sinistra in quell'istante raggiungendo così la mia altezza.

« Secondo... Bè te lo ripeto! Sei tu che ti sei addormentato! »

« Un gelatino? »

Domandai alzando un sopracciglio guardandola dritto negli occhi, notando ogni piccolo cambiamento del suo volto.

« C'è un po' di freddino, come offerta non è poi così allettante...»

Dissi lei cercando di fare la preziosa. Sbuffai un po' allargando leggermente le braccia lungo i fianchi.

« Due palline, cioccolato, cono! »

« Agli ordini sergente Jenny! »

Risposi io soddisfatto portando la mano ad altezza fronte nel saluto militare. Cominciammo a camminare a passo spedito. A pochi metri di distanza c'era una gelateria che però si perfezionava anche nelle sue abilità di serviva una squisita cioccolata. Ma noi eravamo lì per un gelato!

Non appena arrivammo ordinai un cono con due palline di cioccolato per Jenny ed una coppetta con una pallina di liquirizia per me. Ah! Per non dimenticare una coppetta con una pallina di fior di latte per Spike. Non dite nulla, sono stato torturato da quella peste di Jenny!

Non appena avemmo fra le nostre mani quelle piccole squisitezze uscimmo dal locale per gustarci il nostro premio. Fuori c'era freddo, vero ma conoscevo perfettamente sia me che Jenny: adoravamo stare fuori. Preferivamo patire il freddo piuttosto che rimanere chiusi in quattro mura opprimenti!

Mentre continuavamo a punzecchiarci ci ritrovammo alla stessa panchina di pochi secondi prima. In pochi istante spazzai via il mio bottino mentre Jenny continuava a gustarsi il suo gelato e Spike continuava a camminare avanti e indietro perchè la coppetta continuava a muoversi, ogni tanto fermandosi per abbaiargli contro, come a volerla criticare perchè continuava a spostarsi.

« Hei voi due non avete freddo? »

Nel bel mezzo del silenzio, nello stesso istante in cui mi ero deciso di aiutare Spike prendendo la coppetta in mano, una voce fece alzare lo sguardo sia a me che a Jenny, mostrandoci così la figura di Alice davanti a noi.

« Ciao Alice! »

Esclamò immediatamente mia sorella alzando le mani in alto per salutarla.

« Certo che no! Noi siamo forti! »

Continuò mia sorella alzando leggermente il mento. Scossi la testa, sorridendo, come a voler criticare quel suo comportamento e solo allora quando alzai nuovamente la testa mi accorsi che Alice non era sola. Aveva il braccio sinistro avvolto dietro la schiena di qualcuno e la mano destra appoggiata al centro del torace di quel ragazzo. Sapevo di averlo già visto da qualche parte a Forks,ma naturalmente non ero un asso nel ricordarmi i nomi degli altri.

« Oh immaginavo! »

Rispose Alice strizzandole l'occhio. Dopo qualche istante si schiarì la gola e allontanandosi leggermente da quel ragazzo guardò prima lui, poi mia sorella ed infine me, mentre con un tono deciso presentò il ragazzo, il quale da quando era arrivato, la sua faccia non era cambiata nemmeno di una virgola. Né un sorriso, né una smorfia, niente di niente, come se fosse impassibile.

« Joseph, loro sono Jenny e Jasper... »

Disse indicandoci con la mano. Joseph? Ah sì, aveva chiesto il permesso a Carlisle di uscire con lui quando ero andato per iscrivermi a scuola. Poi si voltò verso di noi e in quell'istante sentì quasi come se lo stomaco si capovolgesse. Avrei voluto interrompere tutto e non sentire nient'altro e d'istinto mi stupì di quella mia volontà.

« Jenny, Jasper, lui è Joseph. Il mio ragazzo...»

Mio sorella non fece una piega, rimanendo ferma ed immobile. Io, con fare titubante mi alzai in piedi allungando leggermente la mano per potergliela stringere. Di norma, si fa così no?

Lui la guardò alzando leggermente la testa e dopo avermi guardato dritto negli occhi afferrò appena la mia mano stringendola in una morsa senza forza. Ebbi quasi il timore di avergliela stretta fin troppo!

« Ah, Jasper. Ora capisco...»

Disse lui con un filo di voce rilasciando la presa e sfoderando un sorriso strano. Alice con un gesto quasi impercettibile gli diede una piccola gomitata richiamandolo per nome in un sussurro. Corrugai leggermente la fronte non capendo che cos'era tutto quel confabulare.

Feci un passo all'indietro raggiungendo così la panchina, mantenendo lo sguardo fisso negli occhi di quel ragazzo, mentre Jenny si aggrappò al cappotto che indossavo.

« Noi andiamo a bere una cioccolata calda, volete venire anche voi? »

Ci domandò Alice tornando a guardarci e a sorriderci. Ma il suo compagno non sembrava del tutto felice della sua proposta. Fulminò con lo sguardo Alice, ma lei sembrò non badarci, nemmeno quando lui la richiamò sussurrandole il suo nome.

Stupido sì, ma non così imbecille.

Avevo afferrato il concetto: non eravamo invitati o almeno da parte di Joseph. Mi sarebbe piaciuto accettare, mettendo così i bastoni fra le ruote a quel colosso che aveva più o meno le stesse dimensioni di Emmett, il fratello di Alice. In fin dei conti non mi aveva fatto nulla per subire una mia punizione ma, non mi piaceva il modo in cui mi aveva sorriso e mi aveva stretto la mano. E leggermente mi dava fastidio il fatto che si trovasse lì, in quel posto, in quel momento, con una persona che sinceramente sembrava l'opposto di lui.

« Mi dispiace dobbiamo andare...»

Dissi con un tono di voce freddo e distaccato, abbassandomi leggermente sulle gambe. Jenny afferrò il concetto al volo e agilmente si arrampicò sulle mie spalle salendomi in groppa.

« Ah... Mi dispiace...»
Alice sembrava davvero dispiaciuta da quella risposta. Possibile? In fin dei conti perchè doveva essere triste? Alla fin fine io ero solamente una specie di estraneo per lei.

« Già. A presto, buona giornata... »

« Ciao Alice! »

Rispondemmo io e mia sorella voltandoci dalla parte opposta diretti verso casa. Feci una decina di passi e affilando leggermente l'udito sentì una risata possente e ne dedussi dal timbro della voce, che quella risata apparteneva a Joseph.

Spesso accade alle persone. Sentono commenti, parole, risate ed inevitabilmente si pensa che esse siano attribuite a noi. Una presa in giro, un complimento, un rimprovero? Non si sa, forse alla fin fine non è nemmeno rivolto a noi, però ti senti coinvolto e d'istinto aumenti la velocità per scappare da quelle risate e senza domandarti se è realmente così, ti senti avvolgere dalla vergogna e dall'imbarazzo e il rossore prende il sopravvento sul tuo volto, assieme a quel desiderio di fare dietro front e scaraventare un pugno in faccia a quella persona.

Ma ti trattieni e con la testa chinata verso il basso continui per la tua strada.

 

 

Eravamo tornati a casa ma nessuna traccia di Ros. Avevo cercato di rintracciarla chiamandola sul cellulare, ma quella voce meccanica di quella donna che mi riferiva che il telefono era spento cominciava ad essere davvero snervante!

Inutile dire quanto era alto il livello di preoccupazione dentro di me. Ma cercavo di smascherarlo, per non coinvolgere anche Jenny.

Ordinammo due pizze per cena. No, non ero per niente bravo in cucina, il mio si poteva definire solamente come un modo per sopravvivere.

Non appena la cena terminò Jenny andò a guardarsi un cartone animato che era trasmesso alla tv. A giudicare dalle voci, ormai era un film che lei aveva già visto e rivisto tanto che riusciva ad anticipare le parole prima delle scene del film.

Cominciai a lavare quelle poche posate e piatti che si trovavano nel lavandino. Un po' perchè dovevo farlo, un po' perchè così avevo l'opportunità di pensare in generale. In alcuni momenti cercavo di ritagliarmi un po' di tempo per me, per pensare a quello che era accaduto durante la giornata. E che giornata! Ero cambiato era cambiata buona parte di me. Lavoro e scuola, che cosa potevo chiedere di meglio? Ancora non riuscivo a credere che era accaduto proprio a me, proprio a Jaspe Hale.

Ma se da una parte ero veramente felice, dall'altra sentivo come se non fossi del tutto felice. Come se mi mancasse qualcosa che fino a qualche giorno fa non ne sentivo la necessità.

I miei pensieri però furono interrotti dall'arrivo di una macchina che illuminò la finestra che avevo davanti a me. Appoggiai il piatto che stavo asciugando guardando Rosalie uscire da quella macchina, da una Jeep. Fantastico il ragazzino si è comprato una macchina nuova? Non ne ha abbastanza?!

Rosalie entrò in casa con il sorriso stampato in volto e con in mano due borse con sopra la scritta di due negozi differenti. Lasciò cadere a terra tutto ciò che aveva nelle mani e nel momento esatto in cui andai in salotto la vidi abbracciare Jenny.

« Scusa, scusa, scusa! Scusate tanto! »

Bè per lo meno si era resa conto della dimenticanza.

« Non preoccuparti, Jazz è venuto e prendermi e siamo andati a mangiare un gelato insieme! »

Rispose Jenny abbassando leggermente il volume della televisione.

« Stai bene? »

Domandai io catturando l'attenzione di Rosalie. Va bene, non aveva avvertito del suo impegno, ma la prima cosa che volevo assicurarmi è che stesse bene. Il resto poteva aspettare.

Lei sorrise ed annuì con un cenno della testa raccontando quello che le era accaduto quella giornata, lasciandomi letteralmente di stucco.

« Sono uscita dall'asilo e mentre tornavo a casa ho deciso di passare a bere un caffè in un bar. Fidatevi sarei passata a prendere Jenny ma, sono stata costretta a passare una giornata intera nel centro con Emmett, Emmett Cullen...»

Sgranai gli occhi sentendo quel nome.

« Mi ha incontrata nel bar e abbiamo passato un pomeriggio insieme. Avrei voluto avvertire ma il cellulare era scarico e...Bè scusate se siete arrabbiati con me lo capisco! »

Calò il silenzio. Jenny sorrideva a Rosalie la quale mi guardava mordendosi il labbro inferiore. Avevo il volto letteralmente sorpreso, la bocca semi aperta e gli occhi sgranati. Buffo? No, ma oserei dire...strana come notizia.

« Quindi...niente Royce? »

A quel nome Rosalie sospiro ma mantenendo il sorriso sul volto, come se fosse contenta della risposta che stava per dare.

« No niente giornata con lui e non gli ho detto nulla...»

Dovevo ammetterlo, dire che ero stupito era poco e soprattutto non capivo come mai tutta quell'attenzione ma, per lo meno stava bene e sembrava veramente felice della giornata e quello era l'importante.

« Ben tornata a casa...»

Dissi infine sciogliendo quella faccia da imbecille che avevo e sfoderandole un sorriso.

« Ah, Jenny è ora di andare a letto. Filare...»

Aggiunse Rosalie con un tono leggermente autoritario pochi istanti dopo avermi ringraziato. In effetti era un po' tardi per lei ma dovevo dire una cosa.

Con una falcata veloce raggiunsi il divano dove era seduta la “sorellina adulta” e afferrandola ai fianchi le bloccai ogni movimento.

« Ah ah! Ferma immobile prima devo dirvi una cosa! »

Dissi attirando l'attenzione di tutti. Anche Jenny doveva saperlo, faceva parte della famiglia e la famiglia era tutta coinvolta.

« Questa mattina sono andato da Carlisle e... Bè sarò breve, mi ha offerto un posto di lavoro sicuro nell'ospedale. Niente di che, nulla di impegnativo, ma qualcosa di semplice. »

Jenny si alzò in piedi applaudendo e sfoderando un mega sorriso. Rosalie mi sorrise e si sedette accanto a me domandandomi come mai quell'aiuto.

Io feci spallucce e in tutta sincerità risposi alla sua domanda:

« Non lo so, cioè...ha detto che vuole aiutarmi. In cambio però devo andare a scuola...»

E non appena Rosalie sentì quel nome il suo sorriso si spense leggermente, ma prima che potesse cancellarsi completamente aggiunsi:

« Già iscritto, domani mattina inizio scuola...»

La reazione fu simultanea. Le braccia di Rosalie si avvolsero attorno a me seguite a ruota da quelle di Jenny e tutti insieme cominciammo a ridere per la notizia. Passammo qualche minuto a parlare del più e del meno, di quanto fossero tutte e due felici della mia scelta e più di una volta mi dissero che avevo fatto veramente bene ad accettare.

« Quindi domani due di noi andranno a scuola. Quindi, filate immediatamente a letto se non volete guai! »

Rosalie strillò, cercando di assumere un tono autoritario, ma non lasciando il sorriso dalle sue labbra.

Inevitabilmente risi a quel suo comportamento e prendendo in spalle Jenny cominciai a salire le scale dicendo:

« Andiamo prima che Hitler cominci a dettare altri ordini! »

Portai Jenny nella sua camera e dopo essermi assicurato che non avesse bisogno d'aiuto mi infilai nella mia. Indossai il solito vestiario, che non poteva nemmeno considerarsi pigiama. Una T-shirt e un paio di bermuda.

Evviva l'eleganza!

Alzai le coperte per infilarmici dentro quando la porta si spalancò e Jenny si catapultò sul letto in piedi, bella pronta con il suo pigiama.

Sbattei più volte le palpebre guardandolo sorpreso.

« Desidera? »

« La buona notte signore...»

Ammise lei con un tono di voce quasi altezzoso.

Non potei non sorridere a quelle parole e caricandomela su una spalla ritornai nella sua camera e delicatamente feci scivolare il suo corpo sotto le coperte.

« Buona notte piccola madame..»

E come al sempre le diedi il solito bacio sulla fronte.

« Dì a Ros che aspetto anche la sua, notte Jazz grazie della giornata ti voglio bene...»

Mi sussurrò non appena mi alzai e cominciai a dirigermi fuori dalla sua stanza. Non appena richiusi la porta Rosalie passò davanti sorridendomi e indicandole la porta dietro alle mie spalle dissi:

« Aspetta la tua buona notte...»

« Grazie, notte Jazz e complimenti ancora! »

E strizzandomi l'occhio entrò nella cameretta di Jenny.

Finalmente il letto, il mio letto. Dove avrei potuto rilassarmi e riposarmi. Giornata diversa, quasi impegnativa per il mio essere, non ero abituato a tutti quei cambiamenti. Il giorno seguente avrei cominciato scuola. Scuola dopo anni. Era buffo dirlo e mi faceva sorridere, molto sorridere: ero agitato. Agitato per il mio nuovo inizio scuola. Agitato come un bambino, come se quella fosse la primissima volta che mettevo piede in una scuola.

Mi raggirai sul fianco destro impostando la sveglia per il giorno dopo e dopo averla riposta sul comodino mi rilassai completamente, lasciando che la stanchezza e prendesse il potere su di me, facendomi così addormentare, e dopo tanto tempo, potei affermare che mi addormentai con il sorriso sulle labbra felice delle mie scelte e di quello che stava accadendo in quel momento.




 


Lo so, lo so, lo soooo... Vi starete chiedendo: ma parla tanto di andare con calma quando Rosalie ed Emmett sono già usciti una volta? Voglio quindi cercare di spiegare e dopo aver letto la mia risposta potrete condannarmi xD 
La mia scelta della calma l'ho scelta una perchè secondo me è una cosa che accade spesso, ma accadono anche i colpi di fulmine nella vita, ma sono meno frequenti.
Altro motivo molto più motivato è questo: vedo di più un carattere come Emmett innamorarsi di qualcun'altro. Mi spiego meglio, secondo me i ragazzi come Emmett, simpatici, scherzosi, sono quelli che si spingono di più nella vita. Che provano le cose con più grinta e più coraggio. Io me lo sono immaginato così Emmett, non che voglia approfittare di Rosalie, ma... Oh insomma questa è la mia motivazione xD
Invece per Jasper lo vedo più tranquillo, senza quello sprint che ha Emmett nel provare nuove cose (:
Ora che ho spiegato condannatemi pure xD
Mi rendo conto anche che questo capitolo non è ha portato nuove novità nella storia (o forse una sola) ma spero comunque che vi sia piaciuto e di non avervi fatto perdere tempo (:


Passiamo alle risposte alle recensioni:

 

@ mary whitlock Sono scoppiata a ridere quando ho letto questa parte xD “e il piccolo jazz va a scuola!! oh, crescono così in fretta

Comunque sono stra felice di leggere una tua nuova recensioni *-*

Ri-comunque sono contenta che ti sia piaciuto e che ti siano piaciuti alcuni particolari come Alice che dipinge o semplicemente la mancata sfuriata di Jasper quando sente il nome di Joseph! Vedo che anche te la pensi come me: Alice non è nata per aspettare solo Jasper. La storia parla anche di loro ovvio, e si sa, formeranno la coppia che tutti vorrebbero avere (o forse no?? :O ), ma come avrò già detto “no pappa pronta” xD

Sarò sincera... Forse ho un po' esagerato con i sensi di colpa di Jazz. Mh... Ci avevo già pensato di affievolire leggermente questo punto delicato. Mh. Dai vedremo xD

Sono stra contenta che ti sia piaciuta quella frase *-* Mi si sono illuminati gli occhi non hai idea che effetto fanno i vostri complimenti *-*

Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e soprattutto spero di non averti farti rattristare con l'interruzione della storia lasciandoti a “bocca asciutta” ;)

Grazie mille ancora per aver recensito! (:

Un mega abbraccio!

 

@EDVIGE86 Vediamo, mh, come potrei iniziare? Oh bè sarò ripetitiva ma lo dico: grazie mille *-* E sarò sincera, leggera la tua prima recensione è stato bellissimo e quando ho letto il secondo, fidati, mi ha fatto ancora più piacere. Rileggerla, cavolo, io... Oh Cristo non so che dire se non grazie cavolo xD

Nella tua recensione ci sono tantissimi complimenti che mi hanno fatto arrossire xD

Sono contenta di riuscire a trasmettere qualcosa, per me è un traguardo veramente importante non ne hai idea!

Sono contenta che ti sia piaciuto il mio allungamento nella risposta alla tua recensione sull'argomento libro preferito e film preferito. Scriverti quello mi pare? Mh, ti prendo sul serio! xD

Oggi non hai idea di quanto ho studiato biologia! Oh la testa che mi scoppia e fra Homo di qui e Homo di là ho una specie di crisi d'identità. Per non parlare del resto! Io dico, adoro Dante mi piace (non prendermi per stupida eh xD) ma perchè non trattare solo l'inferno e il purgatorio? Il paradiso è noioso >.>

Domani probabilmente, ok dai basta ho sclerato abbastanza xD

No a parte gli scherzi ti ringrazio ancora per la tua recensione e spero ardentemente che questo capitolo ti sia almeno un pochetto piaciuto ;)

Un mega abbraccio!

 

@ Alex_Lestrange Ciao carissima! Non preoccuparti, la tua recensione ha sostituito anche quella che non hai scritto xD Ma non preoccuparti, non obbligo nessuno a recensire ;)

Che dire, ti ringrazio molto e sono felice di vedere che alcuni punti che ho scelto per questa storia ti siano piaciuti per esempio la scelta di far proseguire tutto con tranquillità!

Fidati cara, hai proprio centrato il bersaglio: Joseph darà un po' di filo da torcere al nostro Jasper xD Dici che forse sto esagerando con tutte questa difficoltà?? O.o

Leggere la tua recensione è stato veramente bello anche perchè in una sola hai racchiuso il tuo commento a ben due capitolo quindi io ti ringrazio per avermi fatto capire quello che ti piace sia del quinto che del quarto capitolo! (:

Tu non hai idea di quanto sia felice nel leggere che almeno qualcosina riesco a trasmettere, come ho già detto per me è un grandissimo traguardo *-*

Ancora una volta spero che questo capitolo ti sia piaciuto e soprattutto se hai suggerimenti o cose che non ti piacciono ti prego, ti supplico fammelo sapere *-*

Ancora un grazie infinito, stai praticamente recensendo ogni capitolo e per me e moltissssimo! *-*

Un mega abbraccione!

 

 

Come sempre spero che il capitolo sia piaciuto a tutti! (:

Mi dispiace ma questa volta niente anticipazione, non perchè sono crudele e non voglio dirvi nulla xD, ma perchè sono di corsa e non ho molto tempo! (:

 

Alla prossima a tutti quanti, e grazie a tutti quanti!! :D

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Mi sentivo peggio di una donna. Era da circa dieci minuti che mi trovavo davanti all'armadio della mia stanza con le ante aperte intento a scegliere un dannatissimo vestito da indossare per il mio primo giorno di scuola. Non sapevo che cosa indossare! E' vero l'abito non fa il monaco, ma non prendiamoci in giro, i vestiti sono il nostro primo biglietto da visita.

Troppo formale, troppo sportivo, troppo vecchio ormai avevo la testa che mi scoppiava. Dovevo fare qualcosa, se Jenny e Ros mi avessero visto in quelle condizioni mi avrebbero preso in giro sicuramente. Feci un passo all'indietro e sperando che andasse tutto liscio, chiusi gli occhi e affondai la mano dentro l'armadio. Quel che era, era!

La fortuna sembrava essere dalla mia parte: un paio di jeans e una felpa bianca non molto larga. Alla velocità della luce mi cambiai d'abito infilandomi alla fine un paio di scarpe, il solito e classico paio di Converse nere. Un'ultima sistemata ai capelli e poi mi catapultai giù di sotto, dove ad attendermi c'erano Jenny e Ros. La piccolina era vestita con la sua solita uniforme per scuola che, al contrario di molti altri ragazzini, lei adorava comunque.

Ros invece era vestita con indumenti piuttosto semplici. Una camicia e un paio di jeans, che sicuramente avrebbe cambiato una volta arrivata all'asilo nido.

« Buongiorno...»

Dissi con un cenno della testa non appena arrivai, versandomi nella tazza posta sul tavolo un po' di caffè. La risposta non fu molto entusiasmante,fu un semplice cenno con la testa , ma che cosa potevo aspettarmi? Era mattina e si sa che di mattina è ben chiaro ad ognuno di noi il concetto “mi sono appena alzato non parlare molto per favore”.

« Agitato? »

Mi domandò Ros non appena mi sedetti sul ripiano della cucina accanto a lei dove era appoggiata.

Arricciai leggermente la labbra pensando ad una risposta a quella domanda. Ero agitato oppure no?

« Per adesso non più di tanto...»

Lei sorrise continuando a sorseggiare la sua tazza di caffè latte. In quel momento tutti e due guardammo Jenny e insieme ci lasciammo scappare una risata. Aveva gli occhi chiusi e ogni volta che prendeva una cucchiaiata di cereali mezzi ricadevano nel latte. Tutta colpa del sonno. Si poteva dire che era di più quelli che ricadevano nella tazza che quelli che finivano in bocca.

« Bene, avete 10 minuti di tempo. Io poi parto, chi c'è c'è, chi non c'è a piedi...»

Decretò Rosalie sistemando le tazze che avevamo usato. Jenny naturalmente era già pronta come sempre e per ingannare un po' il tempo accese la televisione. Io dovevo solo prendere qualcosa in camera, quel tanto che bastava per non fare la figura di quello che non ha nulla di scolastico nemmeno il primo giorno di scuola. In pochi minuti fui giù di sotto dove ad attendermi c'erano sia Ros che Jenny.

« Possiamo andare! »

Esclamai guardandole entrambi mentre mi infilavo la giacca ed insieme uscimmo raggiungendo l'automobile.

Ma se la fortuna era stata dalla mia parte durante la scelta dei vestiti ora sembrava avermi voltato le spalle. E se prima avevo detto a Ros che di ansia dentro di me non c'era nemmeno l'ombra, ora era l'esatto contrario. Il viaggio durò poco, troppo poco e l'ansia aumentò.

In pochi minuti arrivammo nel parcheggio della scuola di Forks, colma di studenti che si salutavano e parcheggiavano i loro trasporti.

« Jasper? »

La voce di Jenny mi fece tornare alla realtà voltandomi verso di lei. Corrugai la fronte, mi ero perso parte del suo discorso e lei se ne accorse tanto che sbuffò leggermente.

« Ti ho chiesto se puoi passarmi a prendere tu a scuola quando hai finito...»

« Jenny, lo sai che dopo scuola Jasper ha il suo nuovo lavoro...»

Mi anticipò Ros voltandosi anche lei verso nostra sorella che in tutta risposta storse solamente le labbra, ricordandosi probabilmente della notizia che avevo dato ieri sera.

« Mi ripeto. Agitato? »

Questa volta fu Rosalie a richiamarmi. La guardai, inchiodando il mio sguardo sui suoi occhi.

« Si vede tanto? »

Jenny scoppiò a ridere, e scombinandomi i capelli disse fra le risate:

« Decisamente! »

Perfetto ero diventato anche il fenomeno da baraccone anche di mia sorella? Ma poi perchè dovevo essere agitato? Diciamocelo, non ero lì per fare amicizie, chissene frega delle persone, dovevo solo andare a scuola. Basta.

L'ansia scese leggermente e aprendo la porta scivolai fuori salutando Rosalie. Al contrario di molte persone io ero una di quelle che riusciva a portare le proprie emozioni alla normalità. Certo mi ci voleva un po' di tempo ma, i tempi erano decisamente accorciati rispetto alla normalità.

Non appena fui fuori uscì anche Jenny per accaparrarsi il sedile anteriore prima occupato da me. Mi abbassai sulle gambe ritrovandomela davanti e avvolgendole le mie braccia attorno, la strinsi in un abbraccio lasciandole un bacio sulla fronte.

« Allora ti aspetto a casa! »

Confermò lei non appena rientrò in macchina e richiudendosi la porta alle spalle mi salutò muovendo ritmicamente la mano, guardandomi dal finestrino mentre l amano si dileguava dietro l'angolo della strada.

Ora ero io e la scuola.

Fantastico.

Cominciai ad incamminarmi verso l'entrata dell'edificio e ancora una volta ebbi la stessa sensazione che avevo avuto il giorno prima. Quella strana sensazione che ti senti tutti gli occhi addosso, pensi che tutte le voci e le risate siano indirizzate a te, contro di te.

Deglutì il nulla mantenendo lo sguardo fisso davanti a me, sviandolo ogni qual volta che un volto si parava davanti a me.

In quell'istante avevo solo un desiderio: entrare dentro la scuola lontano da tutto e da tutti.

Strinsi i pugni in due solide prese di marmo continuando a chiuderle sempre di più con un movimento convulsivo. La mandibola si serrò fortemente diventando immobile. Ogni muscolo era teso. Non sbattevo le ciglia e lasciavo solamente che le gambe si muovessero con un movimento regolare e piuttosto veloce.

Non appena fui davanti alla porta, saltai via i scalini che portavano all'entrata, scavalcandoli due a due arrivando quindi in pochi secondi dentro l'edificio. La porta si richiuse dietro di me e scivolando a destra di essa appoggiai la schiena al muro respirando a fondo.

Nemmeno fosse stata una maratona!

Presi fiato e dopo qualche secondo mi diressi verso la segreteria. La camminata era meno nervosa e piano piano i muscoli cominciavano a sciogliersi dalla tensione, partendo da quelli delle spalle.

Trovai la segreteria poco distante dall'entrata e dando un'ultima occhiata alla targhetta appesa fuori dalla porta entrai dentro. All'interno c'era un ragazzo appoggiato sul ripiano davanti alla porta. Era intento a parlare con una signora al di la del ripiano di legno ed aveva in mano dei fogli di carta. Corrugai leggermente la fronte guardando e cercando di capire di cosa stesse parlando. Era leggermente più basso di me. I capelli biondi pettinati con una pettinatura composta ed ordinata. Gli occhi mi parevano azzurri, ma non ci avrei giurato.

« Ti serve qualcosa ragazzo? »

La voce tranquilla e pacata di un'altra signora posta al di là del ripiano attirò la mia attenzione, facendomi ritornare al presente e non a quella dimensione spaziale che mi calavo qualvolta volevo capire qualcosa.

« Ehm, si. Dovrei iniziare oggi l'anno scolastico. Sono, sono venuto ieri con il Signor Carlisle... »

E le porsi alcuni documenti che ieri lei stessa mi aveva raccomandato di portare.

« Ah certo, certo! Mister... Jasper Hale! »

Esclamò lei rileggendo i documenti per poi voltarsi per fare qualche fotocopia di quei fogli. In quell'istante sentì lo sguardo di qualcuno fissarmi e come una risposta involontaria mi voltai appena, finendo per incrociare lo sguardo di quel ragazzo accanto a me. Sembrò sorpreso e non appena vide il mio sguardo abbassò il suo.

Alzai un sopracciglio fissandolo per qualche altro secondo, finché la signora davanti a me non mi fece firmare qualche altro documento mentre mi consegnava una piantina della scuola con scritto tutte le lezioni che dovevo svolgere quella giornata e nelle prossime e naturalmente, era riportato anche la piantina della scuola.

Ringrazia la signora e con lo sguardo incollato sul foglio di carta cominciai ad incamminarmi nel corridoio affollato di persone.

Prima lezione del primo giorno di scuola: letteratura.

Alzai leggermente le spalle piegando il foglio e filandolo nelle tasche dei jeans. Non mi dispiaceva come materia.

L'aula era poco distante e in pochi secondi arrivai. Il tragitto dalla segreteria all'aula fu meno traumatica anche se quella strana sensazione degli occhi puntati non si era affievolita.

Non appena entrai il professore mi consegnò i libri per la materia e naturalmente mi disse il suo nome presentandosi. Ma ero troppo preso da varie emozioni che non ascoltai nulla. Capì solamente un paio di parole:

« Signor Hale si può sistemare là in fondo, quei posti sono liberi... »

E come un piccolo soldatino eseguì gli ordini.

Non appena mi sedetti cominciai a guardarmi attorno. L'aula cominciava a riempirsi e tutto ad un tratto entrò anche il ragazzo che avevo incontrato nella segreteria, ma lui sembrò non vedermi nemmeno. Più di tanto non mi interessava.

Cominciai a sistemare sul banco un paio di penne e un paio di fogli, giusto per il gusto di far qualcosa.

« Sei appena arrivato e già cominci a rubare i posto?! »

Sobbalzai sentendo quelle parole, quella voce così possente e mi alzai in piedi voltandomi verso quella persona che, in tutta risposta scoppiò a ridere.

« Hei hei scherzavo Jazz! »

Sospirai guardando Emmett, il figlio del signor Carlisle, che continuava a ridere senza trattenersi.

« Ero distratto, non ti ho sentito...»

Risposi io risedendomi continuando a guardarlo, lasciandomi scappare però un sorriso.

« Certo, certo come no! »

Lui si sedette accanto a me e in quell'istante mi venne un dubbio: che ci faceva qui? Cioè, ok doveva venire a scuola ma... Letteratura?

« Primo giorno di scuola eh? »

Mi domandò lui attirando la mia attenzione mentre cominciò a sistemare le sue cose.

« Eh già, impressionante eh... »

Risposi io con un tono ironico.

Pochi secondi dopo la porta si chiuse e il professore cominciò la lezione, iniziando a leggere il testo che avevamo sul libro, tratto “Paradise Lost” di John Milton.

«O a tor di soglio

Il regnator del ciel tende la nostra

Guerra, se guerra è il meglio, o i nostri dritti

Perduti a racquistare. Allor balzarlo

Dal trono sol potrem sperar che al sempre

Volubil Caso il sempiterno Fato

Ceda, e il Caosse la contesa sciolga... »

Il professore continuò a leggere e io lasciai perdere. L'unica utilità dell'aver lasciato a metà un anno: alcuni argomenti li hai già trattati.

« Che noia...»

Emmett sussurrò quelle parole catturando la mia attenzione. Letteratura noiosa? Un'esclamazione che non si addice a chi ama quella materia. Quindi potevo dedurne che non era la sua materia forte.

Alzai un sopracciglio e guardandolo gli domandai:

« Ma se non ti piace perchè l'hai scelta? »

« Se fosse per me farei solo sport, ma sono stato obbligando ad inserire nel mio piano di studio qualcosa di più...come dire... da secchione! »

Ecco la risposta alla mia domanda. Era ovvio: chi è obbligato a fare qualcosa non è mai convinto al cento per cento e soprattutto finisce per odiarla, o almeno nella maggior parte dei casi. E questo era proprio il suo caso.

« E fidati, non sono l'unico a scegliere questa materia per quel motivo. Buona parte della squadra di football lo fa solo che, adesso non so dove siano... »

« Fai parte della squadra? »

Domandai guardandolo mentre si allungava per guardare il resto della classe. Probabilmente lui conosceva un po' tutti!

« Ovvio! Ma che domande fai?! »

Esclamò lui alzando decisamente la voce, attirando così l'attenzione del professore che in risposta si schiarì la voce abbassando leggermente gli occhiali che indossava.

« Forse il Signor Cullen potrà rispondere alla nostra domanda... »

Emmett drizzò la schiena arricciando le labbra. E dopo qualche istante mugugnò un:

« Ho capito, mi dispiace... »

Sorrisi scuotendo la testa.

Anche il professore sorrise, probabilmente soddisfatto e continuò la sua lezione.

In quel momento mi ricordai di una cosa al quanto strana e impensabile che non mi sarei mai sognato:

« Divertito ieri con mia sorella? »

Domandai scrivendo qualche appunto sul libro, con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Bè, buon modo per introdurre l'argomento no?

« Oh te l'ha detto? Bè un pomeriggio diverso dal solito che vuoi che sia. Mi piace tua sorella... »

Rispose lui facendo spallucce.

Per il mio punto di vista, la reazione fu leggermente diverso. Il primo pezzo di frase poteva andare anche bene, ma l'ultimo mi fece sgranare gli occhi. Mi voltai verso di lui alzando un sopracciglio.

« Che vorresti dire? »

« Hei hei non picchiarmi ma, sono stato bene con lei! Hei non volevo dire niente di frainteso! Volevo solo dire che è una brava persona e che mi sono divertito con lei! »

La cosa suonava decisamente in modo diverso, ma mi resi conto anche che non c'era nulla di male anzi, avrei preferito cento volte un ragazzo come Emmett che Royce...

« Tranquillo, non volevo accusarti »

Dissi io sorridendogli, cominciando a far girare la matita fra le dita.

« Dopo che hai? »

Mi domandò lui. Ci pensai qualche istante poi afferrai il foglio con il programma della giornata e lessi la lezione alla seconda ora.

« Filosofia... »

« Diamine, non sei normale! »

Esclamò lui camuffando il suo tono di voce un po' alto, con un colpo di tosse. Corrugai la fronte non capendo, ma lui notando la mia espressione mi chiarì le idee:

« Sei un secchione... »

Scoppiai in una leggera risata.

« No, è solo la mia materia preferita... »

E in tutta risposta ricevetti un semplice:

« Ah... »

L'ora continuò tranquillamente. Io ed Emmett continuammo a parlare del più e del meno. Mi parlò della sua famiglia, di quanto fossero felici tutti insieme anche se provenivano da famiglie diverse. Mi parlò di quanto fosse orgoglioso della sua scelta universitaria decisamente dedicata interamente allo sport.

Fu un'ora dove lui continuò a parlare di sé stesso e nemmeno una volta parlai di me. Parlai una sola volta di qualcosa che era collegato a me stesso: quando mi domandò se Ros era felice della serata che avevano trascorso insieme.

Ma poi tutto proseguì con lui come protagonista principale del racconto. E più lui parlava, più mi resi conto di quanto fosse una persona per bene. Una brava persona che apparentemente potrebbe sembrare il solito ragazzo senza cervello, ma che in realtà presenta una buona interiorità profonda, o almeno era quello che avevo capito in quell'ora.

La campanella suonò e tutti e due cominciammo a sistemare le nostra cose.

« Hei a pranzo ti voglio fra noi eh! »

Esclamò lui portandomi un braccio attorno alle spalle mentre cominciammo ad incamminarci verso il corridoio per il cambio d'aula.

Io sorrisi accorgendomi ancora di più di quanto il suo carattere fosse socievole e giocoso, decisamente un po' il contrario di me.

« Vedremo... »

« Fai il misterioso? Dai, ci conto! Ci vediamo più tardi secchione! »

« Scimmione... »

Dissi io contraccambiando il pessimo sopranome salutandolo con un cenno della testa.

Cominciai a camminare a passo spedito attraverso il corridoio e a metà circa fra l'aula di letteratura e filosofia mi fermai a sistemare e a prendere i nuovi libri nell'armadietto. Al contrario dei film che si vedono in televisione, l'armadietto non ebbe nessuna difficoltà ad aprirsi, quindi non ebbi bisogno del ragazzo figo che viene ad aiutarmi anche perchè, non sarebbe stato al quanto interessante per i miei gusti.

Una volta sistemato tutto ricominciai la camminata. Feci qualche passo verso l'aula di filosofia quando mi sembrò di vedere qualcuno che conoscevo. Meglio ancora una ragazza che conoscevo. Alta più o meno 1,50. Capelli corti neri e un po' sparati ai lati. Praticamente impossibile non riconoscerla. Mi fermai qualche istante, indeciso se andarla a salutare o meno, ma fu una proposta che cancellai immediatamente. Mi bloccai all'istante notando la presenza del suo ragazzo proprio accanto a lei. Sembravano discutere su qualcosa e di certo non li avrei interrotti.

Era strano però. Vedere Alice senza il sorriso che sempre avevo pensato fosse parte di lei era come vedere un film senza audio. Come leggere un libro senza alcune parole.

Lei chiuse con un colpo secco l'armadietto e scivolò via dalla presenza di Joseph che senza perdere tempo cominciò ad inseguirla continuando a richiamarla per nome. La seguì con lo sguardo per qualche istante, poi il richiamo della campanella mi fece scattare verso l'aula di filosofia. Riuscì ad entrare giusto in tempo e presi posizione nei primi banchi liberi. Questa volta non conoscevo nessuno. Ma non me ne preoccupai più di tanto. Mi preoccupai maggiormente dei primi minuti della lezione. Gli occhi dei compagni erano dritti contro contro di me. Persino la ragazza che avevo al mio fianco continuava a fissarmi e la cosa peggiore era che era proprio in quel lato in cui la cicatrice della mandibola era visibile.

Cercai di concentrarmi sulla lezione cercando di scaricare la tensione. La professoressa stava spiegando Kant, in particolare uno dei suoi ultimi scritti: la Critica Del Giudizio. Una lezione abbastanza semplice, diciamo che il difficile dell'argomento sta nelle prime opere.

Ricordavo ancora qualcosa di Kant in particolare la sua frase celebre, presente sulla sua tomba dove risiede per sempre: “Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me .“

Ma se da un lato la filosofia riusciva a distrarmi, dall'altro c'era qualcosa che continuava ad attirare la mia attenzione. Qualcosa di fastidioso che continuava pungere nella mia testa. Le immagini erano nitide ed io ero lo spettatore esterno della scena. Ma quello che più mi rendeva perplesso era l'argomento e i personaggi di quella scena.

Alice e Joseph.

Stavo rivedendo quello che avevo visto qualche minuto prima nel corridoio. Vedevo i muscoli del volto di Alice contratti a formare un volto che non le apparteneva. Qualcosa che la rendeva estranea da quella situazione. Era come se le espressioni delle persone riuscissero ad essere captate dalla mia mente e trasformate in parole per capirle. E quello che leggevo in Alice era la stanchezza. Non volevo fare lo psicologo della situazione e di certo non mi sarei intromesso nei suoi affari, ma spesso capita di vedere delle scene, dei piccoli tratti di vita di alcune persone. E senza volerlo cominci a farti una sorte di film immaginario, rispondendo alla domande che ti sei posto quando hai visto quella scena. Non sai se quelle risposte saranno giuste. Non sai se le emozioni che hai percepito siano vere. Ma la tua mente continua ad elaborare, finché non avrai una risposta vera, dettata solamente dalla persona che ha vissuto in prima persona quel momento.

La campanella suonò. Le due ore erano volate. Fra le immagini che elaboravo con la mia fantasia e la passione per la filosofia era come se il momento fosse volato.

Raccattai le mie cose velocemente e mi diressi verso la mia prossima lezione: Educazione Fisica. Dopo di quella lezione ci sarebbe stato la pausa pranzo e sinceramente, non sapevo ancora se accettare la proposta di Emmett.

Scivolai all'interno dello spogliatoio maschile mentre fra le mani tenevo un paio di pantaloni corti sulle ginocchia e una T-shirt. Si sa, l'ora di educazione fisica è riconosciuta da tutti come il momento di relax e per alcuni invece era una materia fondamentale. Ecco perchè era sempre così affollata!

Fortunatamente quando arrivai all'interno dello spogliatoio buona parte dei ragazzi era già usciti in palestra. Potevo cambiarmi tranquillamente, senza quel dannato senso di disagio.

Mi vestì velocemente e in pochi istanti mi ritrovai nella palestra.

« Allora è vero... »

Una voce particolarmente vicina catturò la mia attenzione.

« Edward, è un piacere vederti... »

Ammisi io sorridendogli. Ringrazia il cielo che non aveva avuto una reazione come suo fratello!

« Ho incontrato Emmett in corridoio e mi ha detto che hai mantenuto la parola... »

« Avevate dubbi? »

Lui rise alla mia risposta/domanda.

« Ti dirò la verità. Io ed Emmett abbiamo fatto una scommessa. Io dicevo che saresti venuto, Emmett il contrario... »

Oh, fantastico. Emmett aveva avuto una bella fiducia. Bè quel che è sicuro è che gliela avrei fatta pagare.

« Ma è felice di vederti qui a scuola... »

Si affrettò a dire Edward. Scoppiai a ridere sentendo quelle parole. Subito dopo il professore ci ordinò di dividerci in tre gruppi. Le ragazze avrebbero giocato a pallavolo. Un gruppo composto da soli maschi a basket e il resto una corsa fuori.

Cominciai a fare mente locale. Odiavo le solite quattro mura. Non ero portato per lo sport di squadra. Non conoscevo nessuno e non mi interessava più di tanto conoscere qualcuno. Quindi optai per la corsa. Anche Edward fece la mia stessa scelta e alla fine ci ritrovammo in cinque a correre fuori attorno al campo di football davanti all'edificio.

« Allora conosciuto qualcuno? »

Mi domandò Edward mentre continuavamo a correre, proprio quando la squadra di football cominciava gli allenamenti.

« Non mi interessa più di tanto. Posso ritenermi fortunato di conoscere voi Cullen... »

Dissi io sorridendogli facendolo ridere.

« Mi sento onorato! Ah, dopo sei dei nostri vero? »

Sbattei qualche volta le ciglia. Ma avevano tutti la fissa del pranzare insieme? Non che mi dispiacesse come proposta sia ben chiaro.

Mi arresi alla medesima richiesta.

« E così sia! »

« Anche perchè oggi Bella non c'è, mi sento tanto solo... »

Ammise lui cambiando il tono della voce, facendolo assomigliare a qualcosa di più femminile, e sporse leggermente il labbro inferiore facendolo leggermente tremare.

Un lato di Edward che iniziava a farsi largo. Un lato divertente e simpatico che mi fece assolutamente ridere. Tanto che mi fermai e piegandomi in avanti scoppiai a ridere.

« Hei io non ti aspetto addio! »

Esclamò lui continuando a correre ma voltandosi verso di me salutandomi con la mano. Continuai a ridere guardandolo mentre aumentava la velocità. La cosa divertente è che ogni qual volta mi sentivo frustrato, arrabbiato o triste, il mio antidoto lo ricavavo correndo. Ora potevo dar frutto ai miei sforzi.

Sfoderai un sorriso oserei dire quasi malefico guardandolo mentre continuava a correre.

Ora.

Come se fossero comandate da un telecomando le gambe scattarono e cominciarono a muoversi ad una velocità regolare ma piuttosto veloce. Cercavo di allungare sempre di più la falcata. Pochi movimenti ciclici delle gambe ma lunghe falcate. Girai l'angolo del campo e solamente quando arrivai a metà della larghezza del campo raggiunsi Edward.

« Lento! »

Lo presi in firo pochi istanti prima di aumentare ulteriormente la velocità delle gambe e quindi di superarlo senza troppi problemi.

Lo sentì rispondere alla mia parole, ma non gli diedi molto peso. Continuavo a correre e in quell'istante c'ero solo io e le mie gambe. Io e il mio corpo. La velocità era regolare e cercavo di mantenere più o meno sempre la stessa andatura. Non appena arrivai al lato del campo più lungo che largo, mi voltai verso la squadra di football e come sempre cercai di cohliere l'occasione. Non appena il quarterback lanciò la palla dall'altra parte del campo aumentai ancora di più la velocità, tenendo d'occhio quella palla che man mano che acquistava terreno scendeva di quota. Il mio scopo era quello di riuscire ad anticipare la squadra e raggiungere prima di loro l'altezza del punto dove la palla si sarebbe fermata.

Non volevo sentirmi migliore di loro. Ma correre mi faceva sentire bene. Mi faceva sentire libero e lontano da tutto e da tutti. Era come se ogni volta stessi scappando da qualcosa.

Non appena la palla toccò terra aumentai ancora di più la velocità. Sapevo che quella scarica di energia non sarebbe durata ore, ma pochi minuti. Ma sentire l'adrenalina scorrere nelle vene, nelle gambe e dare così movimento al tutto era qualcosa di grandioso.

Le ore spese ad allenarmi a “scappare” portarono i suoi frutti e raggiunsi prima della squadra la linea dove si trovava la palla. Allora rallentai l'andatura delle gambe fino a fermarmi, per aspettare così Edward che in fin dei conti non era poi molto distante.

« Hei, sei veloce! »

« O forse sei tu la schiappa... »

Dissi io sorridendogli mentre il mio respiro piano piano cominciava a diventare regolare.

« Ti credi furbo per caso? »

Una voce possente arrivò da dietro le nostre spalle facendoci voltare. Un ragazzo leggermente più alto di me, due spalle che lo facevano sembrare ad un armadio, teneva in mano il casco da football. Il suo tono di voce non era per niente amichevole, ma del resto già dalla prima volta il suo tono di voce non era stato molto simpatico. Era accompagnato da un altro ragazzo leggermente più basso ma comunque abbastanza grande.

A rispondere ci pensò Edward che sbuffando disse:

« Piantala Joseph non abbiamo fatto chissà che... »

Nemmeno Edward sembrava essere molto felice di vederlo.

« Tu non fiatare! Vorrei proprio sapere che diamine sei andato a dire ad Alice! »

La sua voce era decisamente più alta e come ad indicare la sua grandezza fece un passo in avanti. Ma Edward non sembrò impaurito e fece anche lui un passo in avanti aumentando decisamente il tono della voce.

« La pura verità! »

La situazione poteva decisamente degenerare. Non che mi importasse della saluta di Joseph, ma diciamo che avere un Edward con il naso distrutto non sarebbe stato meraviglioso. Mi infilai fra loro due, portando una mano vicino ad Edward e l'altro sull'armadio che avevo vicino.

« Hei, hei tranquilli! »

In risposta Edward sospirò pesantemente rilassando leggermente i muscoli delle braccia. Ma se da una parte le acque sembravano calmarsi, dall'altra la tensione cominciò a salire maggiormente. Mi voltai verso Joseph che guardava il mio braccio davanti a lui con uno sguardo quasi disgustato e leggermente si era piegato all'indietro. Alzò lo sguardo incrociando i miei occhi che si erano leggermente chiusi a causa della fronte leggermente corrugata.

« Non. Farlo. Mai. Più. »

Il suo compagno lo afferrò da dietro sulle spalle e trascinandolo via raggiunse la squadra. Ma nel tragitto Joseph continuò a fissarmi senza battere ciglio. Ed io feci altrettanto.

Feci per voltarmi verso Edward quando arrivò un altro ragazzo più o meno delle stesse dimensioni del simpaticone. Emmett.

« Ragazzi sono in ritardo! Dannazione sono dovuto rimanere a parlare con il profe di letteratura per qualche minuto. Voi come state?»

« Tutto bene, finché Mister Simpatia non è arrivato! »

Rispose Edward seccato indicando il fidanzato di sua sorella con un cenno della testa.

« Che ha combinato questa volta? »

Nemmeno il tono di voce di Emmett era molto amichevole nei confronti di quel ragazzo.

Anticipai le parole di Edward e prendendo un piccolo respiro dissi guardando Emmett:

« Penso di non andargli a genio. Già la prima volta che l'ho visto non gli sono stato molto simpatico.»

La pura e semplice verità. O per lo meno era quello che avevo percepito la prima volta.

Con quella frase catturai l'attenzione dei due fratelli, che prima si guardarono a vicenda per poi domandarmi che cosa intendessi dire.

« Bè, ha detto una cosa tipo "Ah Jasper, ora capisco. Non so di cosa stesse parlando... »

Edward ed Emmett si scambiarono di nuovo uno sguardo complice che durò solamente qualche secondo. C'era qualcosa che non sapevo?

Alzai un sopracciglio una volta che i loro sguardi tornarono su di me. Emmett si dileguò dicendo che doveva assolutamente raggiungere la squadra, ma prima di partire scambiò un'ultima occhiata con Edward.

Ok c'era qualcosa che non sapevo e tutti quegli sguardi avevano attirato la mia attenzione e in qualche modo cominciavano ad infastidirmi.

« Andiamo a cambiarci... »

No, volevo sapere che cosa stava accadendo e per rimproverare quella risposta fulminai con lo sguardo Edward. Lui scosse la testa e mi indicò l'entrata delle palestra dall'esterno con un cenno del capo.

Sospirai pesantemente e insieme andammo a cambiarci. Non appena misi piede nello spogliatoio affollato da persone mi levai la maglia. In quell'istante non mi interessai dell'immagine che potevo dare, il mio unico desiderio in quel momento era sapere. Non mi preoccupai del leggero silenzio che calò quando mi cambiai e nemmeno degli sguardi puntati su di me. Volevo sapere perché Emmett ed Edward si scambiavano quegli sguardi.

« Allora? »

Domandai in modo quasi dittatorio non appena mettemmo piede nel corridoio. Lui si fermò e sospirando con un volto dispiaciuto mi disse in tutta sincerità:

« Scusami. Ma forse non sono la persona adatta a rispondere a questa domanda... »

Perchè no? Lui sapeva, tanto valeva dirmelo e bella finita che dovevo fare? Dovevo...

« Chiedere spiegazioni a Joseph? »

Domandai allargando leggermente le braccia lungo i fianchi. Lui scosse fortemente la testa e mettendomi una mano sulla spalla disse:

« Alice. Ora però andiamo a mangiare... »

Alice? Che diavolo centrava? Cioè, ok era la fidanzata di Joseph ma perchè dovevo chiederlo a lei? Che cosa aveva combinato? La curiosità era molta e sinceramente non vedevo l'ora di incontrarla per chiederle spiegazioni. Dovevo saperlo.

Serrai la mandibola guardando Edward dritto negli occhi. Lui sembrò captare il mio stato d'animo e velocemente aggiunse:

« Prima però accetta un consiglio. Conosco Alice. Si può dire che è da una vita che la conosco. E' praticamente mia sorella, una vera e propria sorella. E fidati di me, se ti dico che se ha detto o fatto qualcosa non era sua intenzione far del male a qualcuno... »

E con quelle parole si dileguò, lasciandomi da solo nel bel mezzo del corridoio. Ma poco prima di iniziare la sua camminata mi invitò nuovamente a pranzare con loro.

Lo seguì con lo sguardo mentre si mischiava fra la folla, nello stesso tempo in cui la mia testa continuava a pensare a quelle parole. Che cosa aveva fatto Alice? Era così importante che aveva alzato la tensione fra me e Joseph?

Basta.

Dovevo assolutamente parlare con lei. Non importa il come, il dove, dovevo farlo ora. Riposi nell'armadietto tutto quello che era in più per la pausa pranzo e con passo deciso e lo sguardo alto mi diressi verso la sala pranzo. Non appena varcai la porta cominciai a guardarmi attorno alla ricerca dei Cullen. E finalmente li trovai. C'erano Edward ed Emmett intenti a parlare tranquillamente su qualcosa che ogni tanto li faceva scoppiare a ridere mentre fra le mani tenevano una forchetta che ogni tanto la indirizzavano alla bocca. Ma non erano loro che cercavo. Dovevo cercare lei. Alice.

E finalmente la trovai poco distante dai suoi fratelli. La voglia di andare là cominciò a crescere sempre di più facendo tremare leggermente la mano. Ma quando l'immagine che mi si parava davanti agli occhi venne captata dalla mia mente mi bloccai all'istante. La sua espressione, il modo con cui guardava con sguardo assente il piatto che aveva davanti a lei riuscirono a bloccarmi all'istante facendomi dimenticare perchè ero lì. Potevo andare con passo deciso e cominciare a far uscire le mie parole come una valanga di neve ma, non ne ebbi né le forze né il coraggio.

Mi incamminai facendo il giro della stanza, afferrando una volta accanto al banchetto che distribuiva il cibo solamente una mela, mentre lo sguardo era fisso su quelle figura che ogni tanto sbuffava e si afferrava la testa fra le mani, maltrattando i suoi capelli con la linea delle dita.

Non so perchè e nemmeno come, ma ad un tratto mi ritrovai a camminare in direzione del tavolo dove era seduta. Non sentivo la necessità di chiedere spiegazioni, e nemmeno di urlarle contro per aver fatto qualcosa che non sapevo. Era come se fossi costretto ad andare là. Non so a fare cosa, ma sentivo solo che doveva sedermi su una di quelle sedie che erano vuote accanto a lei.

In pochi istanti le fui difronte e con un movimento lento cercando di fare meno rumore possibile mi sedetti sulla sedia proprio davanti a lei.

I suoi occhi si alzarono e dalla prima volta che l'avevo conosciuta non vidi quella piccola luce che in realtà avevo visto la prima volta. Cercai di abbozzare ad un sorriso per cercare di alleviare la tensione ma prima che potessi dire qualcosa mi anticipò.

« Edward mi ha detto che mi devi raccontare qualcosa... »

La sua voce era priva di ogni sentimento e il suo sguardo inchiodava il mio. Avrei potuto dirle della faccenda con il ragazzo ma, non ne ebbi il coraggio.

« Tu? Avevi scommesso che non sarei venuto proprio come Emmett? »

Sviai il discorso rubando un morso alla mela cercando di dare un pizzico di felicità alle mie parole. Lei corrugò la fronte guardandomi e in un primo istante si guardò attorno. Poi cercò di abbozzare un sorriso e a giudicare dal risultato era stata un'impresa.

« Ah, no. No, io non scommetto come loro... »

« Mi ritengo fortunato allora... »

Lei mi guardò e scuotendo leggermente la testa mi domandò:

«Come sta andando il tuo primo giorno di scuola? »

« Alla grande, a parte qualche piccolo disguido... »

Ammisi io facendo spallucce, ma la mia risposta non sembrò sollevarle il morale. Sospirò pesantemente e in un sussurro disse:

« E posso immaginare di chi e di cosa tu stia parlando... »

Tristezza e dispiacere erano avvolte attorno a quelle parole e subito mi domandai perchè si sentisse così in colpa. Non doveva, in fin dei conti il problema ce l'avevo con Joseph non con lei.

« Prossime lezioni? »

Domandai cercando di mantenere il solito sorriso.

« Fisica, biologia e matematica... »

Rispose lei continuando a corrugare la fronte ogni qual volta le ponevo una domanda. Probabilmente aspettava solamente una mia piccola critica su sul ragazzo.

Afferrai il foglio di carta che avevo nella tasca dei jeans e cominciai a scorrere la lista della mia giornata. E quando finì sull'ultima ora spuntò nuovamente un sorriso puramente sincero.

« Ultima ora, matematica. Sarai così coraggiosa da passare un'ora con me? »

Era al quanto strano quel mio modo di fare. Ero scherzoso solamente con Jenny e Ros non di più ma, in quel momento mi sentivo come obbligato per lo meno a cercar di far comparire di nuovo quel sorriso che avevo visto.

Lei subito mi guardò alzando un sopracciglio poi si lasciò scappare una leggera risata e annuendo disse:

« Questo è da vedere, tu preparati... »

In quell'istante la campanella suonò ed io dovevo dirigermi velocemente alla mia prossima ora di lezione. Scattai in piede seguito dal suo sguardo e non appena afferrai la tracolla si alzò pure lei allungando leggermente la mano in avanti verso di me.

« Aspetta non mi hai detto di cosa volevi dirmi! »

« Ah si certo, hai ragione, allora a dopo! »

E senza attendere nulla, girai i tacchi e mi diressi verso la mia prossima lezione. Dovevo essere sincero, in quell'istante mi sentì un vero imbecille. Dovevo parlarle, che mi importava di cosa le era accaduto?

Ad ogni passo sentivo nuovamente la voglia crescere dentro di me e nel momento esatto in cui mi sistemai nell'aula di sociologia feci una promessa a me stesso: durante matematica mi sarei fatto dire quello che aveva fatto, costi quel che costi.

 

 

 

Le due ore erano volate e finalmente mi stavo dirigendo verso l'aula di matematica che avrei condiviso con Alice. Per tutto il tempo mi ero preparato il discorso, non troppo delicato e nemmeno troppo brusco. Il giusto per sapere il tutto. Mi sentivo forte e carico e in pochi istanti raggiunsi l'aula a testa alta. Ma non appena varcai la soglia della porta ancora quel senso di vuoto, quel senso di colpa inaspettato. Mi fermai qualche secondo guardando Alice intenta a guardare fuori dalla finestra accanto ad un posto vuoto.

E tutta quella carica? Il discorso? Spazzati via come le foglie durante una giornata di vento. Dopo qualche secondo il suo sguardo si posò su di me e pochi istanti dopo disegnò un leggero sorriso sul suo volto. Mi avvicinai con passo titubante e mi posizionai accanto a lei.

« La tortura ha inizio... »

Ammise lei cercando di apparire più sciolta possibile.

In un primo momento non capì, poi mi ricordai di quello che le avevo detto durante la pausa pranzo.

« Ah certo, buona fortuna Cullen... »

Lei scoppiò a ridere e guardandomi abbassando leggermente il capo ma tenendo lo sguardo alto rispose:

« A lei Hale, sarà la lezione più torturata che lei abbia mai visto... »

Corrugai la fronte guardandola mentre il professore entrò in aula. La lezione cominciò subito e senza battere ciglio cominciai a prendere appunti. Ad un tratto sentì Alice schiarisci la voce e dandomi un colpetto con la punta delle dita sulla spalla.

« Avresti per caso una penna da prestarmi? »

Corrugai la fronte guardando prima lei poi il suo astuccio colmo di qualsiasi cosa.

« S-si certo... »

E le porsi la prima che trovai.

« Grazie! »

In un primo momento guardò la penna, poi la posizionò sul banco afferrandone un'altra dentro al suo astuccio.

La lezione era decisamente iniziata, ma ero al quanto distratto da un continuo e regolare battito della punta delle dita sul tavolo da parte di Alice. Teneva la mano sinistra sotto il mento che reggeva la testa e l'altra continuava a battere sul banco. Per i primi minuti sopportai ma ad un tratto quel rumore divenne troppo fastidioso.

« Ne hai per molto? »

Domandai a denti stretti sorridendole. Lei bloccò le dita guardandomi di sottecchi e arricciando leggermente il naso disse:

« Che ti dicevo? Giornata delle torture...»

E così avevo formato la mia condanna con il piccolo diavoletto che avevo al mio fianco. E fidatevi, lo era veramente. Era un continuo dar fastidio anche con le semplici cose. Ogni tanto continuava a sospirare inutilmente, far cadere la penne dalla mia parte obbligandomi a raccoglierla. Un continuo uscire dall'aula, obbligandomi sempre a spostarmi leggermente in avanti per lasciarla passare. Inutile poi dire come quel suo comportamento stava leggermente infastidendo il professore che ogni volta le lanciava certe occhiate che non avrebbero fatto gola a nessuno.

Alla fine mi ritrovai con la testa fra le mani a calibrare il mio respiro in modo che potessi tranquillizzarmi, finché alla fine la campanella della libertà suonò.

Raccolsi velocemente le mie cose, dovevo assolutamente scappare da quel demonio che mi faceva impazzire, anche se quel impazzire era qualcosa di piacevole.

« Jasper? »

Ancora? No ti prego!

« Cosa?! Cosa?! Hai bisogno di un'altra penna, di un colpo in testa? »

Domandai scoppiando portando leggermente le mani in avanti. Sembravo quasi un malato, un isterico ragazzo, ma quel mio comportamento sembrò piacere ad Alice dato che scoppiò a ridere.

« Mh, ci penserò, volevo solo chiederti se ti andava se ti accompagno fino da mio padre. Il primo giorno di lavoro giusto? »

Me l'ero praticamente scordato dell'appuntamento che avevo con Carlisle.

Ma la sua proposta mi stupì fortemente. Perchè doveva accompagnarmi? Perchè doveva perdere del tempo con me? Non doveva trovarsi con il suo fidanzato per qualcosa. Dopo quella piccola litigata pensavo dovesse parlargli per lo meno.

La seguì con lo sguardo mentre raccattava le sue cose ed infine si sedette sul banco aspettando una mia risposta. E ancora una volta mi domandai il perchè di quella sua richiesta. Lei attendeva con il sorriso sulle labbra.

Era inutile venire con me, sapevo dov'era l'ospedale quindi presi un respiro deciso a rifiutare cortesemente la sua richiesta. Ma sembrò capire la mia espressione. Sembrò leggermente nella mia mente la risposta che stavo per darle e che avevo pensato. Il suo volto si rattristò leggermente e con un tono di voce delicato disse:

« Andiamo ti prego. Non ne ho voglia di tornare a casa, è stata una giornata orribile ti prego... »

E quel leggero senso di colpa si fece largo solamente perchè per qualche secondo avevo pensato di rifiutare la sua proposta.

Sospirai scuotendo leggermente la testa ma sorridendole e una volta incrociato il suo sguardo con il suo dissi:

« E va bene! »

Lei saltò giù dal banco con il sorriso sulle labbra ringraziandomi con un tono di voce più squillante. Il sorriso era ricomparso e sinceramente ero più felice per lei. Raccattai lo zaino e cominciai ad uscire dall'aula con lei al mio fianco. Volevo chiederle il perchè voleva stare ancora con me ma, per una volta volevo godermi il momento senza troppe paranoie e perchè no, avrei colto l'occasione anche per conoscere di più per quella ragazza che era capitata dal nulla in quell'istante della mia vita.

 

 

Lo so, lo so sono in ritardo ma questo capitolo è stato un parto e sinceramente non lo reputo nemmeno un gran che. Mi scuso anche per aver interrotto così la storia ma secondo me diventava fin troppo lungo come capitolo e già (secondo me) questo capitolo non coinvolte, in più ad annoiarvi non mi andava molto xD

Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia, sono molto felice che ci sia qualcuno che la legge xD Ed ora passo a rispondere alle recensioni (scusate se sono veloce ma sono di stra fretta!)

 

@ mary whitlock Sono felice di leggere nuovamente una tua recensione *-*

Sono felice che buona parte delle mie scelte che ho fatto (la lentezza del rapporto, quella specie di cotta velocizzata di Emmett con Rosalie ecc) siano state accettate anche da te! Per lo meno non sono l'unica xD

Comunque per il tatuaggio che mi sono fatta siccome sono di fretta caso mai posto la foto nel prossimo capitolo ;) Mi sono fatta scrivere la poesia di Catullo di Odi et Amo (penso che sia te che le altre ragazze conoscano la storia presente in questo sito di Odi et Amo, sempre una storia di Jasper ed Alice, quindi probabilmente sapete di che frase parlo xD E comunque si lo ammetto, anche io sono una fan di quella storia xD)

Un mega abbraccione e spero che un pochettino questo capitolo ti sia piciuto ;)

 

@EDVIGE86 Carisssssimo! *-* Vi giuro leggere le vostre continue e costanti recensioni è un onore per me *-*

E la cosa divertente è che cogliete le cose al volo xD L'altra volta avete capito che Carlisle dava un lavoro a Jasper ora tu hai capito il passato del padre di Jasper... La domanda è ovvia: sono io troppo prevedibile o voi leggete nel pensiero? XD

No dai a parte gli scherzi, sono contenta che ti sia piaicuto il precedente capitolo e spero che almeno un pochetto anche questo sia stato di tuo gradimento ;)

Un mega abbraccione anche a te, spero di sentirti ancora1! :D

 

@Alex_Lestrange Ma Salve! *-* Grazie per la lunghissima recensione, cavolo è un stra onore ricevere recensioni così lunghe chissà quanto tempo ci avrai messo O.O

Io non so che dire. Sono senza parole, quasi quasi mi commuovo *-*

Mi piace sta cosa che ti ho fatto credere qualcosa che in realtà non si è avverato.. Mmmh... Mi sento potente xD

No dai a parte gli scherzi, sono stra felice di continuare a leggere le tue recensioni e soprattutto per le belle parole che tu e tutte le altre spendete per me. Io sarò sincera: pensavo seriamente che questa storia fosse un fallimento totale (forse lo diventerà chi lo sa xD Scusate il mio pessimismo ma in questo periodo sto studiando Leopardi quindi vi lascio immaginare xD), ma voi con le vostre parole mi riempite il cuore veramente e non sto scherzando eh!

Spero di leggere una recensione anche di questo capitolo, anche se non ti è piaciuto tu scrivilo pure insultami mandami lettere con minacce fai tutto quello che vuoi! *-*

Un mega abbracccccione stritolatorio!

 

 

Scusate se le risposte alle recensioni sono corte ma sono di fretta e non mi va di farvi aspettare altro tempo dato che sono in stra ritardo!

Buon sabato sera e buona domenica e perchè no? Anche buon inizio settimana xD

Un mega abbraccio a chi ha letto questo capitolo e un mega bacio alle lettrici che continuano a recensire con costanza! :D

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.

 

« Andiamo non lo trovi favoloso?! »

« Tu sei pazza. Ora possiamo andare? »

« Ora possiamo andare... »

Finalmente riuscì a schiodare Alice da quella vetrina, avendo come risposta la ripetizione della mia ultima frase, decisamente modificata con un altro tono di voce. Fortunatamente quando finì la giornata di scuola avevo più o meno un'ora per arrivare da Carlisle. Ma Alice sembrava occupare ogni minuto di quel tempo fermandosi ad ogni vetrina dei più remoti negozi di Forks. Non che ce ne fossero molti, ma lei riusciva a bloccarsi ad ognuno e a cogliere il più piccolo particolare.

« Jasper! Guarda che carino quel v... »

« Oh Cristo! »

Un altro vestito praticamente identico a quello che aveva visto pochi secondi prima. Stavo per scoppiare e prima che potesse finire la frase appoggiai le mani sulle sue spalle spingendola dall'altra parte della strada lontano da quelle tentazioni.

« Questo era crudele... »

Controbatté lei bloccandosi all'istante lasciandomi proseguire la mia camminata. Io mi voltai verso di lei con le mani nelle tasche della giacca. Crudele? Solo perché le avevo ostacolato la visione di un altro vestito identico a quello che aveva appena visto?

Risi guardandola scuotendo leggermente la testa lasciandomi scappare un:

« Esagerata! »

Lei sgranò gli occhi avanzando a grandi falcate, raggiungendomi con l'indice della mano dritto contro di me.

« Esagerata? Esagerata?! Tu hai idea di quello che hai detto?! »

Feci un passo all'indietro leggermente intimorito da quella sua reazione.

« I vestiti non sono tutti uguali. Anche la più semplice T-shirt ha la sua particolarità! Tu non hai idea di quanto lavoro e quanta passione ci sta dietro ad un risultato semplice come lo può essere questa maglietta che indosso. Giovani che si affidano alla moda, che vivono per la moda, che sognano di diventare qualcuno o per lo meno che sperano di avvicinarsi a quel processo che può dare anche la più piccola particolarità a questa maglia... »

Continuava a parlare con una strana luce negli occhi. In quel momento non sembrava criticare la mia risposta abbastanza lontana da quel suo pensiero che mi stava illustrando, ma sembrava descrivere qualcuno che conosceva bene, fin troppo bene.

« Quindi... »

Alzò il volto lasciando che una strana luce attraversasse i suoi occhi.

« Signor Hale non ti permettere di parlare in quella maniera... »

Calò il silenzio. Il mio sguardo incollato al suo. Il busto leggermente inclinato all'indietro mentre il suo leggermente posizionato in avanti, accentuato da quel dito indice dritto contro di me. Lo guardai a dopo qualche istante, ancora piuttosto colpito da quella sua descrizione, avvolsi con la mia mano quell'indice puntato contro di me, spostandolo verso il basso.

« Sei per caso appassionata di moda? »

Scoppiò a ridere cominciando ad incamminarsi nuovamente.

« Sì ma si sa i sogni sono sogni... »

Alzai un sopracciglio sentendo quella frase avvolta da una leggera sfumatura di tristezza. La raggiunsi con passo spedito e una volta accanto a lei le domandai:

« Che vorresti dire? Se sì può sapere eh... »

« Perchè non dovresti? »

Mi domandò lei scoppiando a ridere, tornando immediatamente alla stessa espressione di prima, leggermente triste.

« Avanti ti sembra che ne sia in grado? E' piuttosto difficile come mondo del lavoro... »

« Ah bé se non ti piacciono le sfide posso anche capirti... »

« Non ho detto quello è che... »

« E allora? Hai passione e poi non sei così male a disegnare... »

Ammisi facendo spallucce costringendola però a fermarsi, ancora una volta. Saremo mai riusciti ad arrivare?

« Tu come fai a saperlo? »

Non capì subito di cosa stesse pensando, poi mi ricordai che quella sua piccola passione l'avevo conosciuta quella volta che Carlisle mi offrì il lavoro. Deglutì il nulla portando una mano alla nuca, affondandola quindi fra i capelli.

« Ah bé, ecco, ho visto i dipinti nello studio di tuo padre... »

Alice scoppiò a ridere avvicinandosi e afferrando il mio braccio trascinandomi con lei.

« Andiamo altrimenti non arriveremo più! »

Continuammo a camminare parlando più o meno di tutto. Commentai i suoi dipinti ma più le facevo i complimenti più sembrava diventare leggermente sempre più triste.

Di solito non era il contrario?

Lasciai perdere e cercai di indirizzare il discorso su di un altro argomento, cercando quindi di eliminare quel pizzico di tristezza che aveva preso cammino nelle sue vene.

Parlammo di quanto si divertisse a creare abiti per tutta la sua famiglia quando ne aveva bisogno. Parlammo di tutti i suoi pomeriggi che passò assieme alla sua famiglia, torturandoli quindi a subire ogni possibile condanna dello shopping. Mi parlò di quanto fosse complicato convincere sia Emmett che Bella e di quanto fosse semplice convincere Edward, il suo fratello preferito, con cui si sfogava ogni qual volta ne sentiva il bisogno. E infine, proprio come fece Emmett durante scuola, mi disse quanto fosse bello il legame che si era formato fra di loro. Anche se appartenenti a famiglie diverse, sembrava come se in realtà fossero appartenuti da sempre alla stessa famiglia.

Ad un tratto l'edificio bianco comparì davanti a noi. Poche centinai di metri ci dividevano e come una reazione automatica il nostro passo rallentò leggermente e una strana sensazione di dispiacere si fece largo.

« Hai intenzione di non farmi “quella” domanda? »

Mi domandò sorridendomi.

Non se l'era dimenticato. Quella questione era ancora presente nella sua testa e sinceramente, non sapevo se esserne felice oppure no. Guardai l'orologio che avevo al polso e (s)fortunatamente mancavano alcuni minuti.

Fissai i suoi occhi e insieme come se ci fossimo letti nella mente guardammo la panchina accanto a noi. Prima che potessi tornare con lo sguardo su di lei, vidi la sua immagine avvicinarsi ad essa infine sedendosi e senza battere ciglio mi avvicinai sedendomi accanto a lei.

« Bé, sai già che cosa voglio chiederti giusto? »

Le domandai guardandola. Lei annuì cercando di mantenere il sorriso.

« Sì. Edward me l'ha anticipato... »

Probabilmente si aspettava una mia qualsiasi risposta che però non arrivò. Rimasi in silenzio in attesa che le sue parole potessero chiarire tutti quei concetti che avevo nella mia testa. Tutto fu anticipato da uno schiarirsi della sua voce infine, il racconto arrivò.

« Pochi istanti dopo essere tornato a casa, papà mi ha chiamato, informandomi che quella sera dovevamo tornare presto perché, sarebbero arrivati degli ospiti in casa. Non sai quanto la curiosità si fece largo dentro di me e senza battere ciglio gli domandai chi fossero questi ospiti tanto attesi. Mi disse il tuo nome, ripetendomi il tuo cognome, Hale, e senza che glielo chiedessi mi spiegò quello che era accaduto con la macchina. Ma mentre lui mi spiegava quello che era successo, la mia testa era altrove e pensava solamente a tutto ciò che è riferito al tuo cognome a tutto ciò che io conosco sentendo il tuo nome... »

Tutto ciò che era riferito al mi cognome? Ma di che diavolo stava parlando?

Ma non la interruppi. Con lo sguardo dritto davanti a me e la fronte corrugata ascoltavo ogni piccolo dettaglio di quel racconto sperando che quella mia domanda trovasse risposta.

« Non appena riattaccai spiegai a tutti quello che papà mi aveva raccontato e fra tutti, c'era anche Joseph. Lui è da due anni che abita a Forks e, anche se in grandi linee come sappiamo tutti noi, lui non sa cosa è accaduto e... »

« Aspetta! Aspetta! Quindi tu, voi, tutta Forks sa quello che è accaduto a me e alla mia famiglia? »

C'era quel piccolo particolare che mi mancava. Lei mi guardò con uno sguardo quasi dispiaciuto per quello che stava dicendo e per quello che le avevo appena chiesto.

« Jasper, Forks è piccola come cittadina e se accade qualcosa buona parte delle persone lo scoprono. Nessuno sa che cosa è accaduto realmente, ma si sanno solo alcuni piccoli particolari della tua vita e si sa, la maggior parte delle volte vengono storpiati... »

I famosi pettegolezzi. C'era da aspettarselo. Del resto anche io conoscevo alcune cose sui Cullen. Le voci che li descrivevano dicevano che erano dei viziati, figli di papà, ma come spesso si vuole dimostrare e come Alice stessa mi aveva detto, la maggior parte di questi dettagli vengono modificati.

Annuì sospirando leggermente dandole quindi la possibilità di andare avanti.

« Gli raccontai quello che io conosco su di te e... Joseph se ne uscì con una battuta idiota che mi fece letteralmente arrabbiare. In un primo istante non gli diedi peso, poi però quando mi lasciai scappare un commento lui ripeté quella battuta e non ci vidi più. Cominciammo a litigare, infine lui congedò tutti andandosene senza nemmeno salutare. Lui non è mai stato una persona aperta, capace di accettare tutti. Nella sua mente è come se facesse una specie di selezione ma non è cattivo. Temo solamente che abbia paura... »

Mi voltai verso di lei guardando il suo volto perso nel nulla e prendendo coraggio le domandai:

« Posso chiederti, qual'era il tuo commento e pure la battuta di Joseph? »

Troppo diretto? Bè volevo sapere dannazione.

Lei sospirò guardandomi, sembrava fare un enorme sforzo per dirmelo. Prese aria troppo velocemente per dare una risposta alla mia domanda. Sicuramente voleva ribattere ma l'anticipai di pochi secondi dicendole:

« Non importa se è così offensivo. Vorrei saperlo... »

Non importava se faceva male. Avrei sopportato, in fin dei conti non poteva far così male, le parole sarebbero scivolate come la pioggia sul vetro.

« Finito di raccontargli la storia di tuo... padre lui disse in modo molto diretto: “Tale padre, tale figlio”. Poi mi lasciai sfuggire un piccolo desiderio, che ho sempre avuto nei confronti di certe persone. Dissi che volevo aiutarti e lui ripeté la stessa cosa criticando il mio comportamento... »

Padre. Faceva uno strano effetto sentire quella parole. Ma se da un lato volevo spaccare nuovamente la faccia a Joseph e a mio padre stesso, dall'altra mi sentivo al sicuro, appoggiato sentendo la frase di Alice.

Ma lei che conosceva di mio padre? Che cosa Forks era riuscito a trasmettere nella sua testa?

« E che cosa sai di mio padre? »

« Poche cose. Si sa solamente che lasciò tutti andandosene. Fregandosene del vostro futuro. La gente dice che una volta fuori dalla porta urlò contro la tua famiglia che si sarebbe vendicato. Le voci dicono che non è mai stato un buon padre e nemmeno una buona persona... »

Sorrisi sentendo quello che lei sapeva su di me. Sentì il suo sguardo puntato contro di me e senza alzare gli occhi dissi:

« Allora la gente sa veramente poco... »

Ed era la pura verità. Non sapeva quello che poi era accaduto, in particolare quel fatidico 20 novembre. Strano, Carlisle lavorava all'ospedale, forse però non si era occupato di mia madre, anche perché “grazie” a mio padre non c'era molto a cui occuparsi...

« Jasper mi dispiace non avrei mai dovuto... »

La sua voce attirò la mia attenzione, ostacolando quindi il mio possibile viaggio mentale nei miei ricordo e gliene fui grato. Alzai lo sguardo guardandola mentre si mordeva il labbro inferiore, praticamente se lo stava torturando.

« E tu? »

Lei corrugò la fronte non capendo a cosa era riferita quella mia domanda e non appena notai il suo sguardo mi affrettai a chiarire la mia domanda.

« Tu cosa credi di me, su di me? »

Distolse immediatamente lo sguardo facendo calare così per qualche minuto il silenzio,interrotto solamente dal rumore delle automobili.

« Credo solo a quello che tu mi dirai... »

Ammise lei inchiodandomi con gli occhi. E in quelle parole capì dove stava il suo aiuto e come lo avrei potuto utilizzare. Potevo fidarmi di lei e per di più potevo confidare a qualcuno il mio passato, quel tanto racconto che nessuno sapeva. Ma non ora. Non in quel momento. Avrei aspettato ma, quel che era certo è che se mi fossi trovato in una brutta situazione sapevo che potevo contare su di lei.

« Grazie... »

Lei sorrise probabilmente capendo che il suo concetto era stato captato senza troppi problemi.

Calò nuovamente il silenzio fra di noi. Altri discorsi seri non mi sembrava il caso di farli e anzi, notavo un certo rilassamento di ogni suo muscolo assieme a quel silenzio. Ma con dispiacere l'ora era volata ed ora dovevo attraversare la strada per conoscere il mio prossimo cambiamento.

« Devo andare... »

Ammisi alzandomi in piedi con un filo di tristezza.

« Sì scusa hai ragione... »

« Ma no, è stato un piacere scambiare quattro chiacchiere con te! »

Mi affrettai a dire porgendole le mano in modo che potesse alzarsi con il mio aiuto. E lei non titubò. Afferrò la mia mano e con un solo movimento si alzò in piedi con il sorriso in volto.

« Se dici così potrei crederti veramente! »

Risi assieme a lei portando la mano lungo il fianco. Dovevo muovermi altrimenti sarei arrivato in ritardo, ma mi dispiaceva andarmene. Avrei veramente preferito rimanere con lei a scambiare qualche altra parola. Fu lei a interrompere il silenzio, con la sua voce squillante.

« Allora ci vediamo domani, non vorrai arrivare in ritardo il tuo primo giorno vero? »

« Non sia mai! Allora a domani... »

« A domani! »

Pochi istanti, poi la sua figura si mosse, facendo prima qualche passo all'indietro e definitivamente si voltò proseguendo per la sua scala, chiudendosi leggermente fra il colletto della giacca che indossava.

Ed ora, proprio come quella mattina, mi ritrovai davanti ad un edificio che mi avrebbe dato una piccola svolta. A grandi falcate attraversai la strada scivolando dentro l'ospedale.

« Ha bisogno di qualcosa? »

Una voce. Quella voce. Mi voltai verso quella donna intenta a compilare qualche modulo. Troppo distratto per alzare lo sguardo e vedere chi era, vedere che ero lo stesso ragazzo maleducato che il giorno prima aveva infranto la sua regola.

Mi schiarì leggermente la voce e guardandola dissi:

« Se devo cercarmi da solo il Dottor Cullen allora no... »

Lei alzò lo sguardo e una volta incontrato il mio sbuffò leggermente roteando gli occhi.

« No questa volta so cosa devo fare... »

Lei si alzò in piedi incitandomi con la mano a seguirla una volta davanti a me. Sbuffai facendole una linguaccia da dietro di lei. Ma la cosa divertente era che non mi infastidiva, ma mi divertivo ad avere quei battibecchi ogni tanto!

 

 

 

Carlisle, in quella frazione di tempo che aveva avuto, mi aveva spiegato tutto quello che dovevo fare. Si trattava di semplici lavoretti, come pulire per terra, portare qualche documento fra un reparto e l'altro,...

In quel momento stavo pulendo per terra, dopo essere stato servito con il necessario da Miss Simpatia. Avevo scoperto che si chiamava: Karen. Mi mancava l'età, l'indirizzo di casa, il numero di telefono e soprattutto dove diamine aveva ereditato quel favoloso carattere che aveva e che sfoderava davanti a tutti.

Piano piano stavo pulendo le stanze dei pazienti. Ormai l'orario delle visite era terminato, e mano a mano che le persone uscivano dalle camera dove si riposavano i loro parenti entravo io in scena. E che scena! Anche la simpaticona non era stata molto amichevole nel darmi il carrello con tutto l'occorrente, con quel coso era riuscita a darmi anche un'opportunità di risparmio energetico. Ogni volta che mi spostavo mi bastava posizionare un piede su una asticella di ferro che univa una ruota con l'altra, mentre con l'altro piede mi davo la spinta per muovere il tutto.

Un genio!

Entrai in una stanza, dove all'interno c'era un solo uomo che aveva più o meno sulla settantina d'anni. Era seduto sul letto con la schiena appoggiata sul cuscino e gli occhi chiusi. E a giudicare dalla televisione che continuava a sparare immagini e suoni ne dedussi che stesse dormendo. Mi avvicinai e afferrai il telecomando fermando quel flusso di informazioni che fuori uscivano da quella scatola nera.

« Stavo ascoltando! »

Una voce leggermente roca ma possente mi fece sobbalzare. Mi voltai verso l'uomo che aveva sbarrato gli occhi mostrando quindi il loro colorito marrone scuro.

« Ehm, mi dispiace io credevo che... »

« Hai qualcosa da mangiare? »

Sbattei un paio di volte le ciglia.

« S...scusi? »

« Ok, ok ho capito. Per fortuna che sono furbo. Vai alla porta e controlla che non arrivi la cicciona... »

La cicciona?

« Karen? »

« Che me ne frega di come si chiama! Dai su, vai! »

In un primo momenti sgranai ancora gli occhi, però poi sorrisi. Hei allora non ero l'unico a reputarla antipatica.

Mi avvicinai alla porta continuando a guardare da una parte all'altra per vedere se arrivasse. Nulla. Mi voltai un momento verso l'uomo che spostandosi leggermente verso il comodino, aprì un cassetto da cui estrasse una scatola con dentro vari oggetti. Subito non capì, poi dopo qualche secondo estrasse una barretta di cioccolata da cui ne spezzò un pezzo che lo divise in due.

Mi lasciai scappare una risata tornando alla guardia, finché l'uomo non mi fischiò e con un cenno della testa mi ordinò di rientrare.

« Non fiatare eh... »

Sembrò minacciarmi dato che mi indicò con l'indice della mano e con l'altra mi lanciò un pezzo di cioccolata.

« Sono riuscito ad accaparrarmela qualche giorno fa... »

Ammise lui gustandosi quel pezzetto. Guardai prima lui, poi la cartella che aveva appesa sul letto dove era disteso.

« Non dovrebbe mangiare queste cose... »

Dissi con un filo di voce guardandolo negli occhi. Lui rise e in tono molto orgoglioso disse:

« Meglio regnare all'Inferno, che servire in Paradiso! »

Uno a zero per lui.

« Come ti chiami? »

Mi domandò nascondendo per bene la scatola con il suo mini tesoro.

« Jasper signore. »

Arriccio le labbra e porgendosi leggermente in avanti disse:

« Ja che? »

Mi schiarì la voce e alzandola leggermente ripetei:

« Jasper signore! »

« Oh bene bene, mi piace essere chiamato signore. Mi ricorda i bei tempi! »

Gli sorrisi e afferrando il moccio per cominciare la pulizia del pavimento.

« Nuovo schiavetto? »

« Solo un piccolo lavoro per arrotondare le entrate della casa. »

« Mh, mi piace! »

In quell'istante arrivò. Arrivò lei con quel suo passo pesante, le cartelle in mano, le labbra leggermente sporgenti (sembrava quasi che la sua chirurgia si fosse rivoltata e le aveva provocato uno strano effetto). Le sue mani decorate da quello smalto rosso acceso mezzo consumato. Mi resi conto che se Ros l'avesse vista si sarebbe messa le mani nei capelli.

« Ho sentito delle voci. Il ragazzo vi disturba Signor Walk? »

Alzai un sopracciglio guardandola. La guerra era cominciata, non mi sarei risparmiato qualche bella battutina prima o poi.

« No. Anzi era ora che cominciaste a mettere di qualcuno un po' più efficiente! »

Jasper/Walk, uno a zero contro la "bellissima e simpaticissima" Karen.

Risi sotto i baffi, accentuandolo con un leggero movimento delle spalle, intonando sotto voce una canzoncina italiana che avevo ascoltando anni fa:

« La verità ti fa male lo so... »

E continuai fischiettando. In risposta ricevetti un'occhiataccia e infine se ne andò.

« Ce l'abbiamo fatta... »

Dissi con un filo di voce voltandomi verso il Signor Walk.

« Scusa? Che hai detto? »

« Dico che ce l'abbiamo fatta! »

« Oh si certo certo! Il mio esercito non perde mai, ora via che devo guardare la televisione! »

Mi spostai, in modo che potesse vedere la tv indisturbato. Feci per ricominciare a pulire il pavimento quando ad un tratto sentì la vibrazione del mio cellulare ormai ottocentesco. Sobbalzai leggermente e lasciando scivolare la mano nella tasca dei jeans lo estrassi e senza farmi beccare da Hitler, lo lessi velocemente.

 

Domani io e te dobbiamo parlare! -.-

 

Un messaggio semplice e conciso, ma soprattutto privo di un mittente. Non sapevo da chi provenisse e per qualche secondo rimasi a guardare il display.

« Fidanzata? »

La voce del Signor Walk mi fece distrarre e scuotendo la testa e alzando leggermente le spalle dissi semplicemente:

« No... »

E pochi istanti prima di ricominciare, riposi il cellulare nella tasca. Avrei svelato l'enigma una volta tornato a casa.

In pochi minuti quella finì il mio compito in quella stanza e solamente quando raccattai le ultime cose per uscire, mi accorsi che Mister Walk si era addormentato, questa volta per davvero! Uscì senza fare il minimo rumore e una volta chiusa la porta una voce mi fece sobbalzare leggermente.

« Come prosegue la giornata? »

Mi voltai verso Carlisle sorridendo per sdrammatizzare un po' quel mini colpo che mi aveva fatto prendere.

« Bene, bene, ancora non so come ringraziarla... »

« Un modo ci sarebbe. Non darmi del “lei” per favore! »

Risi a quella sua frase ormai detta e stra ridetta. Insieme cominciammo a camminare per il corridoio parlando del più e del meno, in particolare su quella giornata.

« A scuola invece? »

« Alla grande. Credevo di essere un po' arrugginito invece... Non mi lamento! »

« Conosciuto qualcuno? »

Ma lo ritenevano così fondamentale conoscere qualcuno di nuovo?

« A dire la verità no, ma mi sto ambientando grazie ai suoi figli! »

« Tutti quanti? »

Il suo tono di voce divenne leggermente più basso e quasi dispiaciuto.

« Si certo... »

Risposi semplicemente corrugando la fronte.

« Strano. Joseph è molto protettivo... »

Ora capivo dove stava il problema. Ma quello che più mi stupì ancora una volta fu che nemmeno Carlisle sembrava felice di quel ragazzo. Era strano, molto strano, e al tempo stesso però volevo sapere perché. Sì è vero la curiosità è donna, però anche gli uomini la possiedono, in più, dovevo ammetterlo, questa piccola lotta fra loro... Bè non che mi facesse piacere però...

« A dire la verità con Alice ho parlato mentre venivo qui. Tratto di strada insieme, anche perché un po' ho testato il carattere di Joseph... »

Carlisle mi guardò, sbattendo per qualche istante le lunghe ciglia.

« Che hai combinato? »

« Ah non lo so! »

Bugiardo.

« Ha però uno strano comportamento con me... »

Sapevo benissimo perché il signorino si comportava così, ma preferì non dirlo.

« Sai, quel ragazzo è molto protettivo nei confronti di mia figlia. Spesso si sente a disagio ecco... »

« Ho afferrato il concetto! »

Dissi indicandolo con l'indice, una volta aver sistemato tutti gli accessori in uno stanzino che Carlisle mi aveva gentilmente aperto.

« Spero che non ti abbia dato troppo fastidio... »

« Ma no! No, no, al massimo mi farò proteggere da Alice... »

Carlisle rise portandomi un braccio sulla spalla. Mi domandò se volevo un passaggio per tornare a casa. Quando me lo domandò guardai l'orologio che segnava le 6,30 di sera. Il tempo era veramente volato fra le pulizie, vari documenti e la simpaticissima Karen.

In un primo momento titubai, poi mi lasciai andare, e dandogli un cinque, che sembrò sorprenderlo accettai tranquillamente.

In pochi minuti fummo nell'abitacolo di Carlisle, diretti verso casa mia. La macchina di Carlisle era veramente lussuosa e la sua guida era veramente veloce, ma al tempo stesso decisa.

« Mi hai risparmiato un tratto di strada a piedi! »

Dissi appoggiando definitivamente la schiena sul sedile nella macchina. Lui mi guardò e scoppiò a ridere.

« Dobbiamo festeggiare! Finalmente ti sei deciso! Mi sento quasi un diciottenne cavolo... »

Disse continuando a guidare imbucando il viale che portava dritto a casa mia.

« Mh, interessante. Una festa per... »

Mi bloccai all'istante una volta arrivati davanti a casa. Quella Bentley Arnage color nera. I muscoli della faccia si tesero maggiormente e la mascella si serrò fortemente.

« Grazie Carlisle. Ci vediamo fra due giorni... »

« Jasper va tutto bene? »

Il mio tono di voce, troppo duro, troppo teso, probabilmente aveva attirato la sua attenzione. Sospirai socchiudendo gli occhi e abbozzando il più normale sorriso dissi semplicemente:

« Sì non si preoccupi, buona serata... »

Lo sentì prendere un respiro profondo per dire qualcos'altro ma io scivolai via dalla sua automobile e a passo spedito mi avvicinai alla porta. In quell'istante, mentre mi avvicinavo alla casa, sperai ardentemente che Carlisle se ne andasse. Ma sentì le ruote della sua macchina muoversi, solamente quando aprì la porta di casa con il cuore in gola. Ma fortunatamente non si manifestarono nessuna di quelle immagini che la mia testa si era creata.

Rosalie era in piedi vicino al tavolo con in mano due tazze di caffè. Lui, Royce, era seduto su una sedia con il telefono in mano e gesticolava con gesti molto ampi. Ros mi salutò mimandomi con il labiale un “ciao”, probabilmente per non dar fastidio all'essere che aveva al suo fianco. Ma io, al contrario suo, non me ne preoccupai e con un tono di voce abbastanza elevato, le domandai:

« Jenny dove si trova? »

Lei mi indicò con la mano il piano di sopra, smorzando un respiro quando l'individuo si voltò verso di me. Royce mi guardò lanciandomi un'occhiataccia e sorridendomi mi disse portando una mano sul cellulare:

« Jazz, sto telefonando non lo vedi? »

Sorrisi, con un sorriso strafottente, il più possibile.

« La vedi quella? E' la porta dove fuori nessuno ti darà fastidio... »

E non attesi una sua risposta. Scivolai su per le scale raggiungendo a grandi falcate la camera di Jenny. Bussai, ma non ricevetti nessuna risposta. Mi ricordai allora di quel piccolo insegnamento che le avevo dato, quello della musica quando Royce era in casa, così aprì la porta ma non la trovai. Rimasi qualche secondo a guardare il letto vuoto, poi sentì il rumore di alcuni libri cadere a terra e una piccola voce maledirsi da sola. Chiusi la porta della sua camera e senza nemmeno bussare, entrai nella mia stanza trovandomi davanti Jenny china per terra a raccogliere i libri che... Non era proprio dei libri ma degli album fotografici.

« Ops... »

Mi abbassai sentendomi il suo sguardo addosso e una volta chino per terra ne raccolsi una. Era Rosalie quando aveva circa 3 anni. I capelli riccioli, dorati e gli occhi chiari: la fotocopia di Jenny e di mamma.

« Potremo utilizzarla per i ricatti che ne dici? »

Domandai mostrandogliela, una Rosalie sì con i suoi stessi lineamenti, ma leggermente più paffuta rispetto ad adesso. Jenny rise portandosi le mani sulle labbra, lasciandosi cadere all'indietro. Dopo qualche secondo si riprese e portando alla solita posizione seduta disse:

« Mi dispiace. Volevo prendere quel peluche là su... »

« Il... Il koala?? »

Domandai alzando lo sguardo guardando quel pupazzo che ormai avrà avuto due centimetri di polvere.

« Sì! Mi piace! »

Mi alzai in piedi non staccando lo sguardo da quella palla di pelo. E fu allora che sentì le voci di Ros e Royce aumentare decisamente il volume. Sentì il mio nome pronunciato dall'essere che si trovava con mia sorella. Probabilmente criticava il mio comportamento ma non gli diedi peso e afferrando il pupazzo e dandoglielo a Jenny dissi:

« Faremo una cosa diversa dal solito. Ci stai?? »

« Ci sto! »

Disse lei dandomi la mano. Non volevo che sentisse parole poco adatte a lei. Quindi dovevamo andare da qualche parte ma di certo non dovevo passare dalla cucina. Afferrai Jenny da sotto le ascelle e alzandola la posizionai sulle mie spalle.

« Ok reggiti forte, e guai a te se lo farai quando avrai 15 anni! »

Esclamai avvicinandomi alla finestra e aprendola. Jenny rise divertita mentre cominciammo a scendere. Non era la prima volta che lo facevo, ma quella volta avevo un'altra persona. Fortunatamente arrivammo sani e salvi e una volta toccato terra lasciai scendere Jenny.

« Ok e adesso genio? »

Mi domandò portandosi le mani sulle braccia. Piccolo particolare, non avevo considerato il freddo dannazione! Ci guardammo per alcuni secondi e dopo un po', insieme, esclamammo:

« Garage! »

« Certo che te con i piani non si molto intelligente! »

Disse Jenny una volta entrati nel garage, una volta sistematasi su di un vecchio materasso che era posto per terra.

« Senti chi parla. La scimmia che per prendere un peluche ha creato il caos! »

« Hei senti uomo. Evita di... Spike!! »

Il cagnolino fortunatamente interruppe la finta litigata, scendendo dalle scale e sistemandosi accanto a Jenny. Quella immagine mi fece sorridere, per lo meno Jenny sembrava felice, veramente felice. Non chiedevo altro.

Mi avvicinai al banco del lavoro e senza dire niente cominciai a sistemare le ultime cose del lavoro che avevo cominciato qualche mese prima.

« A che punto sei? »

« Finalmente posso inserire gli attacchi. Quelli che ho comprato due anni fa ormai... »

« E quando la proverai? »

« Quando avremo tempo... »

« E posso vederla? »

« Certo... »

E prendendo in mano la tavola, la posizionai in verticale. Jenny continuò a guardarla confrontandola con l'immagine che avevo appeso davanti a me. Un'immagine che avevo preso da una rivista di snowboard e che avevo cercato di imitare. L'originale era una burton, con disegnato un tramonto. La mia imitazione invece, era completamente nera con qualche schizzo di colore verde acido.

« E' uguale? »

Mi domandò lei guardandomi. Mi abbassai arrivando alla sua altezza, portando in posizione orizzontale la tavola.

« Bé no, è un po' diversa. In fin dei conti l'ho fatta io quindi ci saranno molti difetti. Vedi qui tipo? La lamina è un po' irregolare. La punta è leggermente un po' troppo alzata per il normale e altre cose... »

« Anche la punta più grande è un difetto? »

« Ah no. No quello è per fare i fuori pista... »

« Oh... »

Continuò a guardarla percorrendo la linea laterale con la punta delle dita. Sembrava interessata e al tempo stesso, oserei dire, affascinata da quella tavola di legno lavorata. Non era perfetta, per niente, un po' come il padrone in fin dei conti!

« Jazz? Ho fame... »

Distolsi lo sguardo dalla tavola guardandola mentre con le braccia avvolgeva lo stomaco. Del resto ormai ora di cena e sinceramente, mi mancava la voglia di salire in cucina per vedere se Royce era tornato nella propria casa.

« Ok, ora rimediamo! »

Mi alzai in piedi afferrando il cellulare. Per quella sera avremo ordinato cinese. Ormai eravamo abituati ad ordinare sempre al solito negozio che faceva trasporto a domicilio e quindi sapevo benissimo cosa piaceva a Jenny e per sicurezza ordinai qualcosa anche a Rosalie.

Avevo già in mente cosa dire al ragazzo che sicuramente avrebbe risposto alla mia chiamata con il solito accento cinese, e mentalmente mi stavo ripetendo l'ordinazione anche quando, una volta afferrato il cellulare aprì senza accorgermene un nuovo messaggio.

 

Hei Jazz, va tutto bene? O.o

 

Rilessi un paio di volte quel messaggio e mi accorsi che apparteneva allo stesse mittente che mi aveva mandato un messaggio piuttosto conciso proprio quel pomeriggio a cui io non avevo più risposto. Dovevo rispondere qualcosa, capire chi fosse, ma la voce di Jenny che supplicava di muovermi a chiamare, mi fece rimandare quel compito.

In pochi secondi ordinai tutto, prendendo due piatti con il riso alla cantonese e un piatto di spaghetti con i gamberetti. Jenny sembrava felice della notizia che i rinforzi con il cibo sarebbero arrivati fra pochi minuti. E tanto per festeggiare accese una delle vecchie radio che avevamo nel garage, trovando probabilmente l'unica stazione radio che riuscivamo ad ascoltare.

« Oh finalmente vi ho trovati! »

La voce di Ros ci obbligò a voltarci e fui estremamente felice di vederla da sola.

« Abbiamo ordinato cinese! »

Dissi Jenny avvicinandosi a Ros che con un gesto affettivo le portò una mano sulla testa.

« Grazie a Dio! Stavo morendo di fame! »

« Come è andata? »

Le domandai portando la tavola sul banco da lavoro e mettendoci un telo bianco sopra per evitare che in qualsiasi modo potesse rovinarsi.

« Bene, ha avuto qualche piccolo problema con il lavoro... »

« La banca gli ha dato dieci mila invece di undici mila dollari? »

Lei mi fulminò con lo sguardo scoppiando a ridere. Doveva ammetterlo però, se qualcosa andava fuori dalle regola Royce se la prendeva senza troppi problemi. Fortunatamente quella volta non se la prese con Rosalie.

« Fra quanto arrivano con il cibo? »

« Lo sai che sono piuttosto veloci. Fra qualche minuto arriveranno... »

« Ho una proposta! »

Esclamò Jenny alzandosi sulla punta dei piedi e alzando le braccia.

« Scegliamo un film e lo guardiamo mentre mangiamo insieme! »

Non era male come idea. Ma sapevo già che quel film sarebbe stato il solito cartone animato e avrei quasi giurato che fosse uno dei classici film della Disney. Scambiai un'occhiata con Rosalie e scoppiando a ridere dissi:

« Scommetto che crollerà dopo venti minuti... »

Rosalie scoppiò a ridere e afferrando delicatamente la manina di nostra sorella cominciarono a salire le scale. In un primo momento cominciai a seguirle, poi il cellulare cominciò a vibrare e questa volta non era il semplice messaggio. Riferendo alle mie due sorelle che le avrei raggiunte fra pochi minuti guardai il display, lo stesso numero. Mi schiarì la voce e schiacciando il tasto verde portai il cellulare all'orecchio.

« Si? »

Cercai di assumere una voce piatta e piuttosto distaccata. Tipico di quando rispondevo a qualcuno che non conoscevo.

« Era ora! Non hai ricevuto i miei messaggi? »

Quella domanda e quel timbro di voce sembrarono quasi un rimprovero. Ma non riconobbi subito il proprietario di quel suono.

« Em, sì certo ma... Chi sei? »

« Un ladro che vuole rubarti l'intelligenza, ma mi rendo conto che nel tuo cervello non ce ne è molta... Jasper! Diamine sono Alice! Ho capito che non sono sempre nei tuoi pensieri ma così mi offendi! »

Ora quella voce aveva un volto finalmente. Sì in effetti potevo rendermene conto che poteva essere lei, in fin dei... Aspetta. No. No! Non era normale questa cosa. Primo perché non le avevo dato il mio numero.

« Jazz? Ci sei ancora? »

« Si. Si, si! Ma... Come mai hai il mio numero? »

La sentì ridere e quel suono mi fece sorridere.

« Emmett l'ha chiesto a tua sorella! E poi io l'ho rubato a lui! »

« Questo confabulare contro le mie spalle è al quanto inquietante... »

La sentì nuovamente ridere e questa volta però fui io a interrompere quel silenzio coordinato solamente dalla sua risata.

« Bé dato che ci sei, perché dobbiamo parlare? »

La sua risata piano piano si placò e sospirando leggermente parlò tranquillamente.

« Edward e papà mi hanno detto che non ti interessa conoscere qualcuno di nuovo... »

« Voi non state bene lo sapete? »

« Perché? »

Quella sua domanda formata da una sola parola sembrò quasi allarmata dalla mia reazione.

« Ma chissene frega dai! Ok, ok sarò sincero! A me basta conoscere voi tre degli altri... »

« E chi ha detto che devi conoscere altre persone? Tranquillo non ti farò cadere fra le grinfie della Stanley... »

Stan...chi??

« E di cosa stai parlando? »

« Ma tu non ti preoccupare! Ci penso tutto io! »

« Appunto! Osservando quello che hai combinato oggi durante matematica mi devo preoccupare! »

E volontariamente marcai la parole devo.

« Mi sento offesa Hale... »

« E' la verità Cullen... »

Per alcuni secondi calò il silenzio. Sentivo il suo respiro regolare penetrare nel mio orecchio e solamente dopo una decina di secondi parlò nuovamente.

« Bé allora preparati caro Jasper che non potrai dirmi di no! »

« Alice ascolta, è una...»

« E' una cosa che funzionerà! Ora vai e ci vediamo domani a scuola! »

« No! Alice, ascolta io... »

E il suono meccanico che ti suggerisce una sola espressione “ti ha sbattuto il telefono in faccia” si fece sentire, pochi istanti dopo aver sentito ancora una volta la sua risata.

Perfetto ed ora che cosa aveva in mente quella peste? Ero preoccupato, veramente preoccupato per quello che poteva accadermi il giorno seguente. Rimasi qualche secondo a guardare il telefono quando la voce di Jenny mi fece distrarre riferendomi che era tutto pronto e che dovevo assolutamente salire.
Proprio nell'istante in cui entrai in cucina il telefono vibrò nuovamente e mentalmente lessi il messaggio lasciando che sul mio volto si disegnasse un sorriso spontaneo.

Ah, evita di non riconoscermi la prossima volta. Salvati il mio numero caro Hale ;)

Richiamarla oppure no? Attesi qualche secondo poi presi la mia decisione. No, non l'avrei chiamata, volevo che il destino facesse quello che aveva disegnato per me. In fondo, quel pizzico di adrenalina nel rischiare un possibile pericolo, era una sensazione meravigliosa!

 

 

 

Ta-ta-daaaaaan!! E questa è la conclusione della nostra storia. Ho voluto finire così questa storia per dare a voi lettori la possibilità di immaginare un finale perfetto come voi lo desiderate.

…. No dai immaginate un finale così?? Che tristezza....

No no, tranquille non finisce così xD Vado avanti e se da un lato tranquillizzo a chi piace questa storia, dall'altro mi dispiace per quelli che odiano questa storia :P

Cooomunque con questo capitolo si è svelato l'odio di Joseph nei confronti di Jasper. Meglio ancora una parte dai :P L'altra probabilmente uscirà nel prossimo capitolo! Potrà sembrarvi stupida come motivazione di questo odio, e soprattutto la causa ovvero i pettegolezzi. Ma secondo me sono rilevanti, moooolto rilevanti. Non so quanti di voi ma io personalmente più di una volta sono rimasta coinvolta da queste parole dette di troppo dalle persone. E personalmente sono veramente odiose >.>

E dopo questa bella cavolata che sì potevo risparmiarmi ma volevo dirla, passiamo alle rispose alle recensioni vallà.

 

@  EDVIGE86 Oh Carissima *-* Ecco qui, ogni dubbio su quest'odio è stato svelato, spero che ti sia piaciuta come motivazione e se l'hai trovata troppo stupida ti prego dimmelo! Si cresce anche con le critiche negative penso ;)

Con tutti questi complimenti potrei anche gasarmi xD No scherzo, però mi fanno veramente piacere e mi riempono di gioia *-* Non hai idea di quanto!

Per quanto riguarda Joseph... Eheheh... E se provassimo ad amarlo?? ...Ok ho detto una cavolata >.> Lo odio pure io xD Però cerco di immedesimarmi, e di renderlo più odioso possibile perchè nella nostra vita, diciamocelo, c'è qualcuno che odiamo moltissimo, il nostro peggior nemico >.>

Bé l'ultima espressione della tua recensione mi fa sentire veramente in imbarazzo, troppi complimenti!xD Sono io che mi inchino a voi per la vostra pazienza (sto rallentando nell'aggiornare lo so ma fra scuola, danza e lavoro non ce la faccio più :( ), mi inchino per la vostra costanza nel recensire e più semplicemente nel leggere e soprattutto per sopportare quello che scrivo xD

Un grazie infinito veramente! :) Spero che almeno un pochetto anche questo capitolo ti sia piaciuto e se lo vorrai fammi pure sapere che cosa ne pensi ;)

Un abbraccio stritolatorio!

 

@ Alex_Lestrange Oh oh, ma anche qui quanti bei complimenti *-* Ciao carrrra! Sono proprio felice di rileggere una tua recensione xD In prima cosa lasciati dire quanti favolosa sia l'immagine che hai come avatar (si dice così no??). E' FAVOLOSA! Quanto vorrei che la coppia Jackson e Ashley fosse vera, ma come si dice, ma speranza è l'ultima a morire dai ;)

Comunque, è vero, hai perfettamente ragione, i sostenitori della coppia Jasper ed Alice sono pochi ma... Come spesso ho testato anche nel campo dei forum, preferisco avere una famigliola piccola, ristretta, profonda, piuttosto di 5000 persone che non conosco nemmeno. E' vero, di voi conosco veramente poco, pochissimo, ma il vostro modo di scrivere le recensione mi fa capire quanto siate semplici e in un certo senso un po' con i miei stessi gusti xD Perchè quello che scrivo mi piace ed è quello che sento e fino ad ora anche a voi sono piaciuti (penso.. Spero xD).

Eheheh la nana con quel pallone gonfiato xD Oddio sono scoppiata a ridere xD E comunque hai centrato ancora una volta il concetto: se Joseph fosse stato perfetto... Bè forse fra la coppia Jasper ed Alice non nascerebbe nulla ;)

Comunque passando alle tue domande. Prima domanda: mi dispiace non so quanti capitoli scriverò :( Ma una cosa è certa, scrivo se sono motivata e voi con le vostre recensioni e i vostri complimenti mi date la forza per farlo e vi ringrazio. Probabilmente la mia vita al di fuori di questa storia un po' mi ostacola ma, terrò duro fidati ;)

Seconda domanda: una cena a casa Cullen? Ovvio!xD Eheh nel prossimo capitolo non penso, ma forse nell'altro.... :D

Teeerza domanda: certo! La coppia Emmett e Ros si evolverà proprio come quella di Jasper ed Alice, però ho un'idea, ma essendo una storia centrata su Jazz e Al probabilmente non sarà nei prossimi capitoli ma un po' più avanti però si (:

Eccoci qui insomma! Spero che il capitolo ti sia piaciuto almeno un po' e aspetto una tua recensione naturalmente quando vuoi! ;)

Un mega abbraccio!! :D

 

 

@mary whitlock : E dulcis in fundo eccoti qui xD No va bè ultima ma non meno importante eh. Non prendertela se sei per ultima :(

Ah guarda, non preoccuparti per la lunghezza delle recensioni. A me piacciono moltissimo comunque *-* Pensa io e tutti quelli che scrivono FF: scrivono capitoli e capitoli per raccontare una storia quando si potrebbe farlo in 10 parole xD Quindi non ti preoccupare per la lunghezza, per me potete anche scrivere quello che volete che comunque è ben accettato!

Il tuo rituale si scrivere la tua frase preferita del capitolo è favolosa, anche perchè quando lo rileggo penso: “Chissà se è questa la frase che piace a Mary (eheh mentalmente ti chiamo così xD)” e fidati che se ti dico che in questo capitolo l'ho fatto... vuol dire che l'ho fatto xD

Il ragazzo biondo dici? Eheh nel prossimo capirai tuuuutto quanto ;) No ti preoccupare, lui e il piano di Alice saranno fondamentali e anche ad un piccolo elemento che ho inserito in questo capitolo! :P Si accettano scommesse!

Per quanto riguarda l'età di Ros ho pensato che avesse più o meno la testa età di Jasper, i quali insieme hanno circa due anni in più di Emmett. Così facendo Ros ha finito tranquillamente mentre Jasper no.... Forse dovevo specificarlo di più eh?? Mannaggia a me...

Anche per te, il mistero che nascondeva Alice è stato svelato e sono proprio curiosa di sapere che cosa ne pensi. Bocciata o promossa?? Mha :P

Mi raccomando fammi sapere che cosa ne pensi quando vuoi eh ;) Anche fra due mesi per me è uguale xD No ok fa più piacere ricevere le vostre recensioni praticamente subito (e che onore *-* ) ma non costringo nessuno con un fucile in mano xD

Cavolo, mi dispiace moltissimo che tu non possa leggere la storia Odi et Amo... Il problema del rating rosso è un bel problema che cercherò di risolvere scrivendo caso mai i capitoli un po' più... hard da un'altra parte, cercando di mantenere un po' di quella sensazione anche qui... Sempre se ci saranno eh chi lo sa xD Comunque tranquilla, sei praticamente parte di questa storia e di certo non voglio tagliarti fuori ;)

Comunque la frase del tatuaggio sarebbe: Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

"Odio e amo. Forse ti domanderai perchè lo faccio. Non lo so, ma sento che ciò accade e me ne cruccio (mi tormento)"

Perchè ho scelto questa frase? Perchè primo amo la letteratura. Probabilmente nella lingua italiana sbaglierò più congiuntivi e verbi rispetto ad uno straniero ma io amo la letteratura. Soprattutto quella classica.

Secondo motivo è perchè concordo con queste parole. Per quanto una persona possa voler amare (non solo fra fidanzati ma anche fra amici) ad un'altra persona, alla fine un pochino la si odia. Non so voi ma io spesso dico quanto voglio bene alle mie amiche, ma in certi casi però dico anche, oh cristo quanto le odio. Il mio però non è un senso di uso le persone finché mi va bene poi basta. Ma il fatto che secondo me, se ami odi anche allo stesso tempo.

Io adoro la mia famiglia, mio fratello e i miei genitori, ma quante volte mi hanno fatto arrabbiare e mi hanno “costretto” ad odiarli? Perso il conto.

Adoro la mia migliore amica, ma quante volte ho litigato con lei mandandola anche a quel paese certe volte?

Spero che un pochino il concetto sia arrivato ;) Ah e dimenticavo, questo è il tatuaggio (spero che si veda perchè sono un pò imbranata con queste cose O.O ) http://sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash2/hs092.ash2/37954_1578113167127_1064564737_31437540_3523947_n.jpg

Comunque spero ardentemente che anche questo capitolo ti sia piaciuto e se vorrai recensire ti prego non limitarti nelle parole, scrivi quello che vuoi ;)

Un mega abbraccioneoneone! :D

 

 

Eccoci, ce l'abbiamo fatta anche questa volta ad aggiornare ;) Come sempre se avete consigli o quant'altro fatemelo sapere ;)

Un mega abbraccio a tutti e buona serata/giornata ;)

Alla prossimaaaaaaa! :D

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Cari lettori, prima di cominciare vorrei darvi un piccolo consiglio. Non tanto perché mi va di dare consigli nel campo della musica ma, per creare la prima parte di questo capitolo ho cercato di modificare quello che accade secondo il modello di una canzone. Di quale sto parlando? Signori e signore sto parlando di una colonna sonora, di un film che ha conquistato il cuore di milioni di ragazzi e soprattutto ragazze! Quale film? Rullo di tamburi! Moulin Rouge (a mio parere un film FAVOLOSO!). In particolare sto parlando di una delle canzoni più belle che si può ascoltare nel film, ovvero, Hindi Sad Diamonds. Quindi il mio consiglio è di ascoltarla prima, dopo, durante quando volete per farvi un'idea della scena che si presenta. Piccolo consiglio eh ;) Poi fate pure quello che volete, è che nel testo troverete dei riferimenti per aiutarvi a capire in che punto ci si trova nella canzone ;)

Vi lascio il link su youtube così vi basta solo cliccare sul link (:

http://www.youtube.com/watch?v=XFsuwpwQF2E

Ora basta vi lascio alla lettura! ;)



Capitolo 8.

 

Secondo giorno ed ero già in ritardo. Dannazione mi ero addormentato e Rosalie mi aveva lasciato a piedi. Perfetto no?

Continuavo a correre con mezzi libri fra le mani. Non avevo nemmeno avuto un po' di tempo per infilarli tutti nella tracolla. Non ricordavo perché ero in ritardo, l'unico ricordo che avevo è che tutto ad un tratto, come dal nulla mi ritrovai a correre lungo la strada principale diretta verso la scuola. E finalmente dopo qualche minuto ecco quell'edificio. Una lunga fila di macchine erano parcheggiate sul lato della strada e in tutto quel tratto non c'era anima viva. Solo una moltitudine di macchine.

Lasciai che lo sguardo le visualizzasse un po' tutte, poi ricominciai a correre e dopo qualche secondo decisi di affiancarmi ad una di quelle per percorrere il percorso di strada sul marciapiede.

Ma nel momento esatto in cui affiancai una di quelle macchine, una Kuga bianca, i libri che avevo in mano caddero a terra, compreso l'mp3 che indossavo e per qualche secondo la musica si abbassò, nel momento esatto in cui nel film Moulin Rouge, a cui era ispirata quella canzone che stavo ascoltando, Hindi faceva la sua prima entrata in scena nel primo spettacolo. Ma anche se l'mp3 era caduto a terra, la musica continuava ad essere ben udibile e la voce della cantante che sembrava dar il via all'entrata in scena della protagonista del film, diede invece il via libera per un'altra scena, diversa dalla solita trama del Moulin Rouge.

Una macchina arrivò proprio nel parcheggio libero affianco alla Kuga e all'ultimo istante inchiodò spegnendosi all'istante. Ma la musica non cesso, e finalmente la cantante cominciò a cantare, intonando le continue parole ripetute “Diamond's Best Friend”. Lasciai i libri e appoggiando le mani a terra mi abbassai leggermente per vedere chi fosse quella persona, osservando da sotto la macchina che avevo al mio fianco.

Ad un tratto la porta di aprì e come se non potessi controllarmi, i miei occhi furono incantati nel vedere le gambe di una ragazza. Per quanto potesse sembrare stupido e da depravato rimasi veramente affascinato dall'eleganza di quell'immagine.

La musica aumentò leggermente l'intensità e proprio in quell'istante la ragazza si mosse diretta verso la scuola. Era strano, praticamente impossibile che fosse una studentessa, dato che in quell'istante indossava un paio di scarpe con un tacco niente da scherzo. Quindi probabilmente era un'insegnante. Ma il pensiero che potessi sembrare una sorte di ragazzo monello, si cancellava ogni volta che osservavo più attentamente quelle gambe.

Quindi diedi ascolto a quella sensazione di voce maschile che mi diceva di seguirla. Stando ben attento a non farmi vedere continuai a seguirla da dietro le automobili, guardando l'eleganza di quelle gambe così affascinanti. E mentre noi due continuavamo a camminare la musica non cesso di farsi sentire. La canzone era sempre la stessa ed era come se mi trovassi in un film.

Non smisi di seguirla per un secondo e le macchine che mi nascondevano, e più in generale la distanza fra me e la scuola, sembrava non finire mai. Era inutile nascondere che quella visione era al quanto meravigliosa e senza volerlo un sorriso sul volto si disegnò automaticamente. Mi sentivo come un ragazzino davanti alla sua prima cotta e non mi dispiaceva per niente.

Nel momento esatto in cui la canzone ricominciò ad intonare le parole “Diamonds are a...” uscì da quel nascondiglio composto da sole macchine, spostandomi dietro quella persone, continuando a seguirla e soprattutto a guardare l'eleganza del movimento di quelle gambe che sembravano volare, sfiorare appena l'asfalto della strada. Non m'importava più di tanto vedere il volto, i miei occhi era inchiodati da quelle gambe e solamente per puro caso mi accorsi che quella ragazza indossava una specie di impermeabile più o meno lungo fino alle ginocchia di un marrone chiarissimo.

Ad un tratto però, le parole della canzone rallentarono decisamente e quella ragazza come dal nulla, fece una giravolta voltandosi nella mia direzione per poi tornare dritta davanti a se. Come se sapesse che la stavo seguendo e che quell'inseguimento le stava piacendo. Ma una volta che si voltò il mio sorriso scomparve. Anche se il colletto dell'impermeabile era leggermente alzato e le copriva appena le guance riuscì a intravvedere quei suoi occhi blu intenso. Riuscì a riconoscere quei capelli corti leggermente sparati ai lati e quella pelle chiara era praticamente riconoscibile fra tutte assieme a quell'altezza che sembrava appartenere solo a lei con quel sorriso che era solo suo.

Rallentai decisamente fino a fermarmi proprio nell'istante in cui il battito di mani della canzone si fece sentire, proprio nel momento esatto in cui Hindi stava per concludere il suo spettacolo. Ma Alice non si fermò e senza mai voltarsi salì con passo elegante le scale che conducevano all'entrata della scuola.

Dovevo sentire un'insignificante essere per aver seguito lei e non un'altra persona. Dovevo. Ma non lo ero. Il sorriso si era spento lasciando spazio alla sorpresa ma, non mi sentivo un pezzente per quello che avevo fatto, solo un po' sorpreso. Un bel po' sorpreso ma continuamente ammaliato.

E proprio sull'ultima parola pronunciata da Hindi “Friend” Alice si fermò sul pianerottolo appena sopra le scale, accompagnata da quelle note leggermente più tristi e spettrali rispetto alle altri.

Lei si voltò mostrando il suo volto privo di sorriso e come da nulla, come se fosse comparso come una visione, arrivò lui, Joseph che arrivando da dietro appoggiò le mani sulle spalle di Alice, la quale sospirò leggermente. E imitando le parole pronunciate dall'uomo che presentava lo spettacolo di Moulin Rouge, Joseph disse assieme a quella canzone, tre parole, che furono captate perfettamente:

« She's mine... »

E le ripeté ancora una volta, facendo il labiale della parte destinata al Duca, ripetendo quelle stesse parole all'orecchio di Alice che in risposta socchiuse gli occhi.

 

 

« Andiamo Jasper! »

La voce squillante era lontana.

« Diamine Jasper svegliati non puoi perdere il tuo secondo giorno di scuola! »

Piano piano diventava sempre più vicina mentre mentalmente speravo che cessasse e che in qualche modo lasciasse spazio alle immagini di prima. Troppo belle...

« Oraaa! »

Jenny si lanciò contro di me, lasciando cadere a terra le coperte. Aprì di scatto gli occhi guardandola mentre con la testa mi premeva sulla pancia per farmi smuovere.

« Che c'è?! »

Domandai lasciandomi scappare uno sbadiglio.

« C'è che se fra 10 minuti non sei pronti rimani a casa! »

La guardai negli occhi. Poi alzandola di peso corsi velocemente in bagno, rischiando di inciampare sulle mie stesse gambe, per poi dare il via al continuo scambio fra bagno e camere per prepararmi. Ma mentre mi vestivo e mi rendevo accettabile per la società di Forks la mia mente era persa in quel sogno. Così strano. Così a mio parere privo di significato. Le immagini di me nascosto dietro le macchine per inseguire una ragazza, per rubare uno sguardo a quella ragazza che avevo appena conosciuto che come dal nulla era comparsa nella mia vita. Lei, che ad un tratto, mentre era diretta verso la scuola, si volta verso di me, sorridendomi. E poi quel sorriso spegnersi quando Joseph comparve accanto a lei. Che cosa significava?

«Per me nessuno... »

O forse uno ne aveva?

Mi guardai allo specchio mentre la mia mente sfiorò quel quesito. Poteva un sogno essere una forma di verità nascosta?

« Ma no... »

Stupido sogno.

Mi risposi da solo facendo spallucce e andandomene dal bagno per raggiungere Ros e Jenny in salotto, stabilendo così un record per il cambio d'abito più veloce della famiglia.

 

 

Fortunatamente non ero arrivato in ritardo come mi aveva maledetto il mio sogno. E anche se continuava a farmi pensare a quelle scene, cercavo in tutti i modi di distrarmi evitando così di pensarci troppo. In particolare ai soggetti principali di quella scena.

Senza perdere tempo mi diressi immediatamente nell'aula che avrebbe ospitato la mia prima lezione della giornata. Passai esattamente in quella precisa entrata e per qualche secondo rimasi ad osservare quel punto partecipe al mio sogno. Ma non volevo pensarci troppo, ecco perchè scivolai immediatamente nell'aula di storia senza troppi problemi. Non appena entrai mi accorsi di essere leggermente in anticipo dato che nessuno era presente nell'aula. Mi guardi leggermente attorno e senza perdere altro tempo mi sistemai su di un banco piuttosto in fondo accanto alla finestra.

Sistemai tutto il necessario e lasciandomi prendere dai pensieri guardai fuori dalla finestra guardando le gocce della pioggia che si scontravano addosso al vetro e una volta scontrate le une con le altre si univano e insieme scendevano lungo la superficie del vetro trasparente creando delle linee irregolari che scendevano e scendevano. E man mano che guardavo quelle immagini i rumori fuori dalla porta e dall'edificio diventavano sempre meno percettibili e la pioggia sulla finestra piano piano prendeva colore piuttosto rossiccio ed un po' consistenza fino a diventare quasi pensate.

La mia immaginazione stava prendendo troppo potere su di me e su quel momento e per evitare il trasformarsi di nuove scene scossi violentemente la testa e chiudendo gli occhi coprì la faccia con i palmi delle mani e come avevo imparato con il tempo mi concentrai sul mio respiro.

Dopo qualche minuto il suo metallico della campanella riecheggiò nell'aria e automaticamente tolsi le mani dal volto osservando con la coda dell'occhio le entrate dei vari compagni che avrebbero svolto anche loro la lezione di storia esattamente come me.

« Ciao Jasper benvenuto fra noi... »

Una voce appena udibile mi fece alzare lo sguardo, incontrando gli occhi marroni scuro appartenenti a Bella, la fidanzata di Edward.

Abbozzai un sorriso alzando appena l'angolo delle labbra verso l'alto.

« Ciao Bella, è un piacere vederti... »

Dissi semplicemente mostrando in qualche modo una parte del suo carattere simile anche al mio, piuttosto riservata e timida.

« Ti sei ambientato bene? »

Mi domandò tirando fuori dallo zaino tutto il necessario, spostandosi timidamente un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.

« Si. Si grazie... »

Risposi semplicemente. Dire che era una delle mie migliori conversazioni era praticamente come dire una falsità, ma quel poco che avevo capito di Bella è che era una ragazza timida di poche parole. E così durò più o meno buona parte della lezione. Anche se era seduta accanto a me non scambiammo molte parole. Poche e per la maggior parte inerenti alla lezioni, a parte alcune battute riguardanti il professore.

Ad un tratto la vidi sussultare e piegandosi leggermente all'indietro appoggiando la schiena alla sedia. Con un movimento lento e stando ben attenta a non farsi vedere dal professore, estrasse il cellulare leggendo probabilmente un messaggio che le era arrivato. Sbatté due volte le palpebre, poi si voltò verso di me e girando leggermente lo schermo del cellulare mi disse:

« Alice mi ha chiesto se ti ho visto... »

Alice. Per quella mattinata avrei preferito evitarla ma mi resi conto che era praticamente impossibile. Tutta colpa di quello stupido sogno!

Bella rispose velocemente lasciando scivolare la punta delle dita sui tasti del cellulare e dopo averlo sistemato in tasca continuò ad ascoltare la lezione. Per il resto del tempo non accadde praticamente nulla e una volta suonata la campanella che segnalava a tutti la fine della lezione cominciai a sistemare le mie cose esattamente come la fidanzata di Edward.

« Vuoi un consiglio? »

Alzai lo sguardo guardando Bella che si sistemava lo zaino sulle spalle sorridendomi.

« Perdi pure qualche minuto della tua prossima lezione, ma rimani qui. Ci vediamo! »

Non ebbi il tempo di domandarle nulla che sparì dietro l'uscio della porta. Rimasi a guardare il vuoto per qualche secondo poi decisi di non ascoltare il suo consiglio e uscì dalla parto. Ad un certo punto la voce squillante di una persona mi richiamò e tirandomi con una certa forza dalla spalla mi fece voltare.

« Alla buon'ora! »

La persona che volevo evitare mi si era praticamente parata davanti agli occhi.

« Mi cercavi? »

Le domandai corrugando la fronte. Lei roteò gli occhi verso l'alto e allungò leggermente la mano, sfilandomi dalla tasca dei jeans il cellulare, un gesto che mi fece deglutire il nulla.

Mi mostrò il display sulla quale era ben evidenziate le due chiamate senza risposta e i 2 messaggi, tutti con lo stesso mittente.

« Ah, ehm... Scusami... »

Ammisi prendendo in mano il cellulare.

« Perdonato! »

Mi comunicò lei sfoderando un mega sorriso.

« Mi rimane poco tempo per spiegarti tutto il mio piano. Hai qualche lezione in comune con me? »

Feci mente locale e socchiudendo gli occhi elencai le lezioni rimanenti.

« Filosofia, Ed. Fisica, Biologia e dopo pranzo Spagnolo... »

« Pazienza. Vuol dire che sacrificherai la tua pausa pranzo per il nostro piano! »

« Nostro? Da quando in qua? »

« Da quando ieri sera hai accettato le mie condizioni! »

Disse lei allargando leggermente le braccia come se la cosa fosse normale.

« Ma non l'ho fatto... »

« L'hai fatto nel momento esatto in cui non hai ribattuto a quello che ti avevo detto! »

« Ma non mi hai dato tempo! »

Lei sbuffò affiancandomi con passo lento, pronta a ricominciare una nuova lezione privandomi di altri secondi per ribattere.

« Uomini, sempre a lamentarsi! Ci vediamo allora a pranzo! Buone lezioni!»

« Alice ma... »

« Non ti sento mi dispiace! »

Andata. E io come un pesce lesso mi ero fatto avvinghiare dalle sue parole. Avevo altre possibilità? La seguì con lo sguardo mentre si mischiava con gli altri studenti e solo allora mi resi conto di quanti ragazzi la miravano con lo sguardo senza farsi fin troppi problemi. Probabilmente era una cosa che accadeva tutti i giorni ma, il giorno precedente non ci avevo fatto molto caso.

Una volta scomparsa involontariamente mi soffermai su un ragazzo che sembrava compiaciuto nell'aver appena visto Alice e sembrava commentare quello che aveva appena visto, con il suo amico che ogni volta rideva a quello che gli diceva.

Appena sentì la campanella cominciai a correre diretto nell'aula dall'altra parte dell'edificio. Ma se il mio intento era quello di ascoltare la mia materia preferita, mi risultava al quanto complicato. Il mio pensiero per tutto il tempo stava cominciando a materializzare le immagini del mio sogno che durante la mia breve conversazione con Alice era praticamente privo di quella scena che mi aveva accompagnato quella notte.

Ok Jasper, concentrati su Fichte. Concentrati su quello che c'è scritto sul tuo libro!

Ma più mi rimproveravo di stare attento più la mia mente ritornava a quelle immagini. In particolare a quando Alice si voltava verso di me sorridendomi, con quello stesso sorriso con cui mi accoglieva tutte le volte che c'eravamo incontrati.

« Signor Hale? »

Sentì appena la voce della professoressa che mi richiamò e d'istinto alzai il capo, trovando l'aula deserta. Sbattei più volte le palpebre guardandomi attorno e cacciando tutto dentro la borsa.

« La lezione è stata interessante eh... »

Scherzo lei guardandomi mentre sistemavo tutto in fretta e furia.

« No! Cioè sì ma... »

« Giornata sbagliata? »

« Decisamente! »

« Bé si riprenda mi raccomando... »

« Sarà fatto Miss... »

E pochi istanti dopo cominciai a correre diretto ad Ed Fisica. In pochi istanti mi cambiai sperando che quella lezione riuscisse a distrarmi maggiormente ed esattamente come il giorno prima mi ritrovai a correre attorno al campo da football questa volta senza l'ombra della sguardo della scuola di Forks.

Ogni istante cercavo di correre sempre di più per scappare da quei pensieri che continuavano a martellare la mia testa. Erano fastidiosi e pungenti ma soprattutto non capivo il motivo perchè dovevano comparire sempre. Forse per la loro banalità, per la loro imprevedibilità e per il fatto che con me non centravano assolutamente nulla.

Cercai quindi concentrarmi sui miei passi, assaporando la sensazione delle braccia che si muovevano in sincronia con le gambe e soprattutto graziandomi della sensazione di adrenalina che mi assaliva quando all'ultimo istante schivavo le pozzanghere che si erano formate sul campo di gioco.

Ad un tratto però alzai lo sguardo, indirizzandolo verso l'edificio scolastico, lasciandolo cadere su di una finestra che immediatamente catturò la mia attenzione. Accanto a quella lastra di vetro c'erano quattro ragazzi intenti ad ascoltare l'insegnante che spiegava. Ma l'unica che attirò definitivamente la mia attenzione era colei che continuava ad assillare i miei pensieri. Piano piano rallentai l'andatura fino a fermarmi non schiodando lo sguardo da quella ragazza. Osservavo la sua linea del volto intenta apparentemente ad ascoltare il professore, ma assolta dai suoi pensieri che sicuramente la conducevano da tutt'altra parte lontano da quelle quattro mura. Osservavo ammaliato ogni suo più piccolo movimento. Anche il più semplice riusciva a catturare inaspettatamente la mia attenzione.

Dopo qualche minuto scossi violentemente la testa togliendo così lo sguardo definitivamente da Alice e ancora una volta per sfuggire da quelle immagini cominciai a correre aumentando ancora di più la velocità.

Perchè diamine continuavo a soffermarmi su di lei? Perchè riusciva ad attirare la mia attenzione? Perchè il giorno prima, quando l'avevo incontrata durante la pausa pranzo, desideravo vederla sorridere?

Ma una cosa mi ero dimenticato. Mai pensare troppo quando si sta correndo, specie se si è all'aperto in una situazione in cui la terra è ricoperta da qualche sasso e soprattutto quando il suolo è leggermente scivoloso. Il destino volle che il mi piede sinistro si posizionasse su di un sasso piuttosto scivoloso e la conseguenza fu inevitabile.

« Merda! »

Esclamai all'estremo della finitezza portando una mano sul gomito che finì per terra, portando un graffio. Uno dei ragazzi che correva attorno al campo corse contro di me e solamente quando mi domandò se ero tutto intero mi accorsi che era lo stesso ragazzo che avevo incontrato in segreteria. Il... Biondino ecco insomma.

« No, non è nulla di grave... »

Dissi alzandomi in piedi sentendo un leggero fastidio al fianco.

« Sarà ma ti conviene farti pulire la ferita. Non si sa mai... »

« Ma non è grave è inutile... »

« Allora è vero che sei un testone! »

« S...scusa? »

E chi lo conosceva quello?!

« Alice mi ha detto che sei ancora incerto... »

Alice. Motivo della mia caduta e soprattutto.... Un momento! Di cosa stava parlando?

« Incerto per cosa? »

« Dei giorni che abb... »

« Newton! Accompagna Hale in infermeria! »

« Visto?? »

« Ok, ok va bene Newton... »

« Mike ti prego! »

« Io mi chiamo Jasper... »

E allungando leggermente la mano gliela strinsi svelando così l'identità di quel ragazzo. Non gli domandai nulla, ormai ero abituato a scoprire piccole cose prima, e poi a definirle e a conoscerle per intere. Soprattutto se centrava Alice.

Lui obbedì senza battere ciglio e aiutandomi mi condusse in infermeria dove, grazie ad una signora che avrà avuto sulla cinquantina, mi disinfettarono il graffio mettendomi un cerotto per a mio parere, un trattamento estremamente eccessivo.

Riuscì ad uscire da quello stanzino due metri per tre dopo qualche minuto, e dopo altri minuti che spesi nel togliermi gli indumenti per Fisica, riuscì ad entrare nell'aula di biologia solo con qualche minuto di ritardo. Era diventata la giornata no. Proprio come mi aveva detto la professoressa di filosofia. In quel momento desideravo solamente tornarmene a casa nella mia stanza possibilmente lontano da ogni distrazione. Io e solo io.

Durante tutta l'ora di biologia guardammo un filmato, incentrato sull'anatomia in particolare sul tessuto epiteliale. E fortunatamente, quando meno me lo sarei aspettato, riuscì a distrarmi e a concentrarmi nel raccogliere più appunti possibili.

L'ora sembrò leggermente più lunga del solito e dopo pochi istanti che il video era terminato la campanella suonò segnalando ad ognuno la pausa pranzo.

La mensa era già colma di persone e i più rumorosi era la squadra di football capitanata da Joseph che se la rideva tranquillamente, ma accanto a lui lei non c'era. Andai a prendermi qualcosa da mettere sotto i denti e voltandomi verso i tavoli cercai Alice facendo schizzare lo sguardo fra un tavolo all'altro. Ad un tratto la trovai seduta su di una sedia di un tavolo nell'angolo della mensa accanto a Mike, in piedi che le consegnava dei fogli.

Mi avvicinai con passo lento e una volta appoggiato il vassoio Mike mi guardò e sorridendomi mi disse:

« Hei! Come va il braccio? »

«Quale braccio?»

 
Alice guardò Mike che in poche parole gli raccontò quello che era accaduto ed io mi conquistai un "mi dispiace da parte di Alice"

« Ehm, va tutto bene grazie... »

Risposi allora alla domanda di Mike.

« Bene! Mi raccomando Alice convincilo! Io vado da Jessica ci vediamo! »

« Tranquillo Mike, ho la vittoria in pugno... »

Seguì con lo sguardo il ragazzo posandolo poi su Alice che mi guardava dal basso sorridendomi e automaticamente le sorrisi domandandole:

« Ora. Siamo a pranzo. So che Mike centra qualcosa. So che di mezzo ci sei tu. Posso sapere il tuo piano? »

« Ammetto che tenerti sulle spine è affascinante... »

Disse mentre mi sedetti sulla sedia di fronte a lei.

« E naturalmente è pure divertente ma ora ti spiegherò... Uh, un goccio di Coca-Cola posso? »

« Oh Cristo Alice vuoi farmi impazzire? »

Lei scoppiò a ridere portandosi una mano sulle labbra.

« Anche perché ci stai riuscendo... »

Le parole uscirono senza controllo e solo dopo mi accorsi di aver detto una cosa che poteva essere fraintesa facilmente.

« Ma non mi dire... E in che modo? »

Mi domandò portandosi leggermente in avanti appoggiando i gomiti sul tavolo.

« Per favore Alice... »

« Va bene, va bene! Allora il mio scopo è quello di farti conoscere persone nuove che non siano le tue sorelle... »

Presi fiato per poter ribattere quello che mi stava dicendo con la solita frase “ non voglio conoscere nessuno mi bastate voi”; ma lei portò una mano in avanti chiudendo leggermente gli occhi.

« Guai a te se mi interrompi! Quindi, conoscere gente nuova ma! Non gente sconosciuta quindi ho pensato di far in modo che tu potessi approfondire l'amicizia con le persone che conosci... »

Riflettei un attimo guardandola negli occhi.

« Ma... Le uniche persone che conosco al di fuori della famiglia siete... Te, Edward, Bella, Emmett e J... »

« Evita l'ultimo nome... »

Mi interruppe lei alzando un sopracciglio e schiarendosi la voce proseguì:

« Appunto quindi, perché non approfondire la nostra amicizia? E quale modo migliore se non staccando la spina per qualche giorno? Ed ecco che subentra il caro e dolce Mike... »

Non capivo nulla ma comunque lei continuava a spiegarmi e naturalmente io non la interrompevo e dopo aver pronunciato il nome dell'ultimo ragazzo mi lasciò davanti agli occhi un volantino. Lo presi in mano osservando l'immagine di una montagna innevata. Una foto spettacolare, alla quale però non riuscivo a trovarne un collegamento.

« Che... Che vuol dire? »

Alice rise ed io non potei fare a meno che sorridere a quel suono.

« Che la scuola, in particolare Mike, ha organizzato quattro giorni indimenticabili alle favolose piste di Aspen nel Colorado e si dal il caso che siano rimasti solo due posti che prontamente ho bloccato! »

Spalancai leggermente la bocca guardandola letteralmente spiazzato da quel suo piano. Adesso le cose avevano un senso e lo aveva persino quello che avevo visto il giorno prima: Mike in segreteria che parlava animatamente con una donna, probabilmente la responsabile delle gite scolastiche.

« Alice è... »

« Favoloso! Non puoi non accettare! Andremo in un posto dove le piste sono favolose e l'hotel è pazzesco per di più è uno dei più belli ma grazie ad un concorso che alcuni hanno partecipato siamo.... »

« Alice! Alice! Piano! Con calma, verbi, soggetti, connettivi e ce la fai! »

Era talmente gasata che non riusciva a collegare le frasi.

« L'anno scorso Mike e la squadra di matematici hanno vinto ad un concorso che, come premio, aveva appunto uno specie di “affare” al Limelight Lodge di Aspen, l'hotel in cui alloggeremo... »

« Forse... »

Dissi smorzando un po' il suo entusiasmo aggiungendo:

« Ma io... Non faccio parte della squadra... »

« Nemmeno io, solo che alcuni ragazzi non posso venire, così Mike ha dato la possibilità a chi era interessato. I primi tre sono stati fulminati e rimangono solo quei due. I possibili nostri... »

Concluse lei il racconto mordendosi il labbro inferiore probabilmente in attesa di una mia risposta. Ora la faccenda era tutta più chiara, decisamente.

« Alice vorrei ma, non posso... »

« Perché no? Ti prego Jasper è un vantaggio sia per te che per me perché desidero andarci... »

« Alice io ci andrei subito ma... Non.. Non posso... »

« Andiamo Jazz! Scusa se è per le tue sorelle posso convincerle io! »

« Alice non capisci? Non me lo posso permettere! »

Dissi alzando leggermente la voce letteralmente dispiaciuto per non aver accettato prontamente. Lei mi guardò negli occhi, poi si avvicinò leggermente sporgendosi in avanti afferrandomi le mie mani con le sue.

« Jasper ti prego. Accetta. Voglio che tu conosca qualcuno di nuovo non voglio che tu sia l'estraneo della situazione. I soldi non sono un problema. Ti prego Jazz, non sborserai nulla... »

Guardai le sue mani appoggiate sopra le mie. Le sue mani calde e lisce, riscaldare le mie fredde. Ci riflettei qualche istante. Alice si era presa la responsabilità di farmi integrare nella scuola a spese sue, nel vero senso della parole.

Passarono qualche minuto, in cui mi dedicai fondamentalmente a guardare le sue mani e le mie dato che ormai avevo preso la mia decisione. A lei era bastato continuare ad insistere ed era bastato sfiorarmi appena facendomi capire in qualche modo che voleva veramente aiutarmi esattamente come lo aveva il giorno prima.

« Ti restituirò i soldi il prima possibile... »

Una luce strana attraversò il suo sguardo che si illuminò come se avesse appena visto un vestito di Versace a dieci euro.

« Non dirlo per scherzo. A quello ci penseremo... Oddio sono stra felice! Credevo che non ce l'avrei mai fatta! Quasi quasi mi commuovo! »

Risi abbassando leggermente lo sguardo.

« Esagerata. E' che... Mi dispiace. Dovete pagare per tre persone più me... »

Piano piano lei lasciò le mie mani continuando a guardarmi negli occhi.

Si schiarì leggermente la gola cominciando a giocherellare con una ciocca di capelli.

« A dire la verità... Due... »

Corrugai la fronte non capendo. Lei intuì il motivo di quel mio sguardo e continuando a mantenere il suo basso disse:

« Emmett non può saltare gli allenamenti. Edward non ama sciare, preferisce le giornate dedicate ai libri. Bella non vuole stare molto lontana da Edward e Joseph... Bé Joseph odia la neve ed è il capitano della squadra di football quindi... »

Calò il silenzio. Io abbassai lo sguardo e probabilmente pure lei. Ma se il giorno prima sarei stato più che felice, ora, in quel momento, dopo quello strano sogno mi faceva uno strano effetto pensare a quella possibile vacanza con la scuola con lei.

« O...Ok ma, non so se mi lasceranno. In fin dei conti ho appena cominciato l'anno scolastico... »

« A dire la verità mi sono informata e... Il preside ha dato il consenso... »

E insieme alzammo lo sguardo sentendo il rumore di uno zaino cadere a terra facendo un bel po' di rumore.

Mister simpatia era arrivato.

Lui mi guardò affilando lo sguardo e a denti stretti disse:

« Tu che ci fai qui con lei?! »

Le parole di Carlisle dette il giorno prima risuonarono nella mia testa. Joseph, così possessivo nei confronti di Alice.

« Jo, stavamo solo parlando! »

Alice si alzò appoggiando una mano sulla sua spalla.

« Non m'importa! Di cosa stavate parlando?! »

Sbuffai roteando gli occhi verso l'alto. La sua stupidità era paragonabile all'utilità della matita bianca regalata ad una persona daltonica. Ora mi era chiaro il famoso concetto, tutto muscoli niente cervello.

« Joseph! Joseph, ti prego siamo a scuola... »

Lei si posizionò davanti a lui, portando le mani sulle guance per calmarlo un po'. Lui sospirò probabilmente per scaricare la tensione e sembrò riuscirci. Anche se sinceramente, avrei voluto alzarmi in piedi e aumentare ulteriormente la percentuale della sua rabbia.

Ma se da un lato lui si stava tranquillizzando almeno un po', io sentivo dentro di me un certo nervoso crescere sempre di più. Un nervosismo un po' troppo fastidioso.

Mi alzai in piedi facendo trascinare la sedia a terra facendo un po' di rumore attirando così l'attenzione dei due soprattutto di Alice che mi guardò dispiaciuta. Afferrai il vassoio praticamente con il cibo in tatto, e guardando prima il suo Joseph che continuava a fulminarmi, poi mi rivolsi ad Alice sfoderandole il miglior sorriso che avessi mai indossato.

« Tranquilla Alice, ci sarò. Ne parleremo un'altra volta! »

E le feci l'occhiolino provocando ancora più nervosismo nei confronti di Joseph che serrò maggiormente la mascella.

Alice mi sorrise mentre con la mano accarezzava la guancia del suo ragazzo per tranquillizzarlo ancora di più e guardandomi con la coda dell'occhio lessi il suo labiale fin troppo semplice da capire:

« Ci sentiamo tramite sms! »

E annuendo uscì dalla mensa.

Come mi sentivo? Letteralmente felice, per aver fatto innervosire il carissimo amico Joseph. E lo dimostravo apertamente, sfoderando un sorriso veramente soddisfatto. E in quel momento mentre camminavo verso l'aula di spagnolo feci una promessa a me stesso: da quel giorno avrei cominciato a infastidire il carissimo Joseph senza però turbare in qualsiasi modo Alice. Costi quel che costi!

 

 


 

Eccoci qui! Anche questo capitolo è finito. Eheheh io non dico nulla, però desideravo fare questo capitolo in cui Jasper comincia a sentire una sorte di cambiamento strano oserei dire ;)

Passiamo alle risposte alle recensioni vallà xD

 

@ Alex_Lestrange Ciao cara! *-* Guarda, tornado al Gossip, quando ho saputo che Ashley si era immischiata con il Jonas mi sono domandata che cosa avrà avuto nel cervello >.>

Mamma mamma che nervoso! E fidati non credo nemmeno io alla frase “siamo solo amici”. Ma, ma... AMICI? Agli amici ti comporti come in quel set fotografico?*-* (intendo quello del tuo avatar)

Aaaahhhh! Che nervoso!

Comunque come sempre ti ringrazio per tutti i complimenti che hai scritto... Mi sento quasi... Quasi... Oddio non lo so però mi verrebbe veramente da stritolarti con un mega abbraccio xD

E ancora una volta sono stata beccata xD Ti giuro quando scrivo piccoli accenni che sono sì fondamentali per capire il passato di Jasper io mi dico:” Mha forse neanche ci faranno casa!” Non tanto perché vi reputi poco furbe eh, non oserei mai! Ma solo perché probabilmente io non me ne accorgerei (forse la poco furba sono io allora >.>) Quindi io ti faccio i complimenti per averlo intuito e poi... Senza offesa per gli altri ma, forse perchè influenzata dai continui assaggi di cronaca nera che i Tg ci bombardano, ho pensato a questa storia un insieme di avvenimenti che ho sentito (cronaca nera), percepito (pettegolezzi), sono stata protagonista ( il capire come ci si sente ad essere aiutati) e molte altre cose. Mha, chi lo sa cosa pensa la mia testa xD

Ahahah xD Guarda hai azzeccato perfettamente la scena di Jazz nei panni di cantante contro Karen xD Alla Scrubs quasi!

Ricoooomunque hai perfettamente ragione. Alice volendo aiutare Jazz è come se scegliesse da che parte stare. Adesso non se ne rende conto ma con il tempo vedrai che accadrà qualcosa, soprattutto in questi quattro giorni di neve e montagna. Che poi questa idea mi è sbucata fuori probabilmente per un desiderio che ho dentro di me di andare a sciare *-* Non avete idea di quanto ne abbia voglia in questo periodo...

Ecco fatto! Spero di aver detto tutto... Si? Bo se manca qualcosa fammelo sapere eh xD

Come sempre spero che questo capitolo ti sia almeno un pochetto piaciuto e... Dato che me l'avevi chiesto, nel prossimo capitolo gli Hale faranno visita ai Cullen per discutere sulla possibile uscita con la scuola di Alice e Jazz e... Bè si può immaginare anche chi ci sarà in questa cenetta in fin dei conti, anche se lo odiamo, fa parte della vita di Alice...

Ti lascio immaginare quello che potrà accadere e spero di sentire cosa ne pensi sia cose belle che brutte ;) No problema!

Un mega abbracciooooooooone! XD

 

 

@mary whitlock Carissima! Come è andata letteratura alla fine?? :D Spero bene dai! Non vorrei mai essere causa di un possibile brutto voto per colpa mia xD

Ti ringrazio molto per la mega recensione è bellissima, poi con tutte queste frasi preferite... Ooooohh veramente bella *-* Grazie mille!

Ah e non farti problemi sia per la lunghezza che per la quantità di frasi per me fanno solo che piacere fidati ;)

Mi piace molto anche riuscire a rubarvi almeno un sorriso mi fa moltissimo piacere! E naturalmente appena avrò finito di pubblicare questo capitolo correrò a leggere la tua storia! Non farti problemi anzi se scrivi qualcosa di nuovo fammelo sapere che vado subitissimo a leggerla eh! ;)

Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e non vedo l'ora di vedere quali sono le frasi preferite! XD

Forse però... Ripensandoci, l'idea dei quattro giorni in montagna forse è un po' eccessiva ma, dato che io devo ancora andare a sciare faccio andare la mia fantasia in mezzo alla neve *-*

Ti dirò la verità, sono troppo felice di scrivere sia il prossimo capitolo (dato che Alice e Jazz devono comunicare la loro uscita e ti lascio immaginare a chi anche) e soprattutto a scrivere i capitoli inerenti a quei quattro giorni. Un'opportunità che daremo ai due per conoscersi e forse... A capire anche loro stessi -__-

Fammi sapere che cosa ne pensi di questo capitolo (non vedo l'ora xD) e non appena ho finito fidati, lo giuro sul castoro che corro a leggere la tua storia, si lo so solo ora ma... I miei impegni me lo impediscono di stare molto al Pc...

Ti mando via e-mail un mega abbraccione e spero di sentirti ancora! ;)

Ciauuuuuuu!

 

@EDVIGE86 Ciao Carissima! Che bello sentirti ancora *-* Guarda sono felice di aver ricevuto un complimento per la scelta dei pettegolezzi. Avevo paura di aver reso la cosa fin troppo banale ma per fortuna dai a qualcuno la mia scelta è piaciuta xD

E anche te hai afferrato il fatto che il padre di Jazz è stato fondamentale per le disgrazie. La tua domanda è: comparirà mai nella vita dei figli? Bè, no... Non mi va di scriverlo. Di farlo entrare nella storia quindi rimarrà come una persona immaginaria.

Bene ora hai letto questa frase e trasforma quello che ti ho detto nell'esatto opposto xD. Il risultato? Alla tua domanda rispondo con un sì, affermativo capo!

Ti ringrazio per le continue belle parole che tu e le altre ragazze avete speso per me. Veramente mi sembra fin troppo troppo... Aspetta... Si può dire?

Bé il concetto è che mi sembrano moltissime belle parole ecco xD Mmhh... Forse mi sarò capita solo io xD

Mi raccomando, fammi sapere che cosa ne pensi di questo capitolo sia aspetti positivi che quelli negativi. Cioè se tu vuoi mandarmi a quel paese perchè ho scritto una cavolata.... TU FALLO! Poi non preoccuparti verrò a prenderti a casa e ti riempirò di botte ma va bé piccoli dettagli...

Naturalmente sto scherzando eh xD No va bé scherzi a parte se hai qualcosa da ridire dimmelo pure carissima ;)

 

 

Eccoci qui alla fine dell'ottavo capitolo... Ottavo... Wow... Chi l'avrebbe mai detto *-*

Fatemi sapere che cosa ne pensate, se l'idea dei quattro giorni in montagna vi è piaciuta oppure no, e anche se volete la scena del sogno!

Ah e naturalmente se l'avete visto scrivete anche quello che pensate sul film Moulin Rouge e perché no? Fatemi sapere se vi piace la scelta della canzone ;)

 

Un mega abbraccio a tutti quelli che leggeranno e ci si sente il prima possibile con gli Hale che faranno visita ai Cullen perchè Alice e Jazz devono riferire la loro scelta e non solo ai loro familiari ma anche al carissimo simpaticone ;)

Un mega abbraccio!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Capitolo 9.

 



« Quanto tempo abbiamo? »

« Ancora una mezz'oretta capo! »

« Non ce la faremo mai! »

Guardavo mia sorella Jenny che continuava a camminare avanti e indietro davanti alla panchina su cui ero comodamente seduto. Era bello vedere mia sorella che si portava le mani sui capelli per spremere le sue meningi per creare un'idea.

« Sei proprio sicuro? Alle sette e mezza? »

Roteai gli occhi verso l'alto. Era ormai la quinta volta che mi domanda se avevo letto bene il messaggio che Alice mi aveva mandato. Così mi schiarì la voce ed estraendo il cellulare dalla tasca dei jeans cominciai a leggere il messaggio.

« Ci troviamo questa sera alle sette e mezza a casa nostra per parlare con tutti del nostro piano. Speriamo che funzioni! Contenta? E se vuoi saperlo alla fine ci sono i due punti e una p... »

Jenny smise di camminare e mi fulminò con lo sguardo.

« Non fare lo spiritoso Jasper Hale... »

Disse lei a denti stretti facendomi scoppiare a ridere come un cretino, tanto che la risata attirò l'attenzione a ben due persone che si voltarono verso di me.

« Mi arrendo... »

Lei sbuffò avvicinandosi e sedendosi accanto a me, portando il busto in avanti e appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Io la guardai sbattendo le ciglia. Jenny Hale che si arrendeva?

« Non so cosa fare... »

« Andiamo Jenny! Sei una signorina ormai dovresti sapere cosa piace ricevere come regalo alle persone! »

« Ros è più brava però... »

E da quando in qua si lasciava abbassare l'autostima così velocemente? Rimasi qualche secondo in silenzio poi tutto ad un tratto dissi semplicemente il motivo per cui avevo scelto lei:

« E perdermi l'opportunità di stare con te? Dai andiamo altrimenti dai Cullen ci presentiamo a mani vuote! »

Mi alzai in piedi offrendo la mano a Jenny che sembrava aver ritrovato dopo pochi istanti il sorriso di quando le avevo detto che saremo usciti. Lo scopo di quell'uscita era quello di trovare un pensierino per i Cullen che per quella sera ci aveva invitato a casa loro per svelare la gita a cui io ed Alice avevamo deciso di partecipare. Era ormai da un quarto d'ora che giravamo senza meta alla ricerca di qualcosa che potesse piacere sia a me che a Jenny. La cosa buffa era che quel centro commerciale era estremamente piccolo e in circa dieci minuti avevamo già fatto il giro dei negozi.

Fantastico.

« Gelato? »

Domandai fermandomi ad un banchetto che vendeva gelato con qualsiasi tipo di gusto.

« Bé non mi pareva che Esme avesse difficoltà nel preparare del dolce... »

Disse Jenny allargando leggermente le braccia lungo i fianchi. Io mi voltai verso di lei corrugando la fronte.

« E chi parlava del gelato come regalo? Io intendevo per noi due! »

Jenny si avvicinò a grandi falcate afferrando il mio braccio, cominciando così a tirarlo verso di lei. Era iniziata una piccola lotta.

« Jazz! Abbiamo poco tempo! »

« Andiamo Jenny, una pallina sola ti prego, ti prego, ti prego! »

« No! Se rimane tempo dopo! »

« Ma... »

« Muoviti!! »

E con quell'ultimo ordine si posizionò dietro di me e appoggiando le mani sulla schiena cominciò a spingere e con tutta quella scena riuscimmo a rubare una risata anche al gelataio. All'inizio non capì il motivo fondamentale, poi però mi accorsi che una scena così dove il piagnucolone è un ragazzo e la responsabile è una bambina, bé non è da tutti i giorni.

Quindi tornammo tutti e due alla ricerca di un possibile regalo per i Cullen. Cibo era da escludere dato che Esme, proprio come ci aveva riferito Emmett la prima volta, era un asso in cucina e noi stessi lo avevamo ben presente. Quindi optammo per un regalo che potesse in qualche modo essere un po' utile a tutti.

Per la terza volta passammo davanti ad uno dei negozi più grandi del piano: quello dei giocattoli. Una ok, due va bene, ma se ci passi davanti per la terza volta quello è destino.

Rallentai il passo finendo dietro le spalle di Jenny e dopo qualche secondo scivolai dentro il negozio. Ma mia sorella non era sciocca e non appena sentì il minimo rumore si voltò e alzando il timbro della voce disse:

« Dio Jasper! Sei peggio di un bambino! »

Non era cosa che facevo tutti i santi giorni, ma ogni tanto mi piaceva sciogliermi un po', soprattutto con Jenny. Mi piaceva quella sensazione di bambino dentro ad un corpo da grande, rispetto a mia sorella, un grande dentro ad un corpo da bambina.

E come recitava il copione da buon bambino comincia a girare fra gli scaffali toccando e schiacciando ogni tasto di qualunque giocattolo.

« Jasper? Devo ricordarti quanti anni hai? »

« Non dirmi che questo non è bello! »

E detto quello gli mostrai un peluche di Taz, il diavoletto della Tasmania. Lei guardò prima lui e poi me e avvicinandosi ad un altro scaffale prese una scatola e mostrandomela disse:

« Loro sono belli! »

Dentro c'erano tanti piccoli pupazzi che raffiguravano la famosa famiglia degli Aristogatti. Scoppiai a ridere assieme a mia sorella, lasciandomi andare leggermente canticchiando la famosa frase che Romeo cantava la prima volta che compariva nel film:

« Er mejo del Colosseo... »

Dopo pochi istanti ricominciammo la camminata attorno agli scaffali del negozio.

« Sbaglio o ci stiamo arrendendo? »

Mi domandò ad un tratto prendendo in mano un pupazzo di Ariel della Disney.

« Nà. Aspettiamo che un'illuminazione ci appaia nella nostra testa... »

Dissi semplicemente afferrando un peluche di Scar.

« Lui si è che è un f... »

Lo sguardo cadde su di un pupazzo alto circa un metro. Un orso per la precisione, con in mano una specie di libro aperto con scritto un semplice “grazie”.

« Lui! »

Esclamai indicandolo con l'indice della mano facendo sobbalzare Jenny che automaticamente guardò l'orso. A grandi falcate raggiunsi l'animale preso in considerazione e voltandomi verso mia sorella glielo mostrai soddisfatto.

« Jasper non so se è adeguato... »

« Perchè no? »

Domandai guardando l'ammasso di peli che avevo in mano.

« Ad Alice penso che piacerebbe... »

Le parole uscirono senza controllo, come se la mia mente non avesse fatto in tempo a filtrare e a capire se era necessario dirlo oppure no.

Calò il silenzio che interruppi solamente deglutendo il nulla una volta che mia sorella sciolse l'espressione sorpresa che aveva assunto, lasciando spazio ad un sorrisino e da una posizione composta ma decisa, accentuata dalle sue mani incrociate.

« La domanda è: è un regalo per i Cullen o per Alice? »

« Per i Cullen ovvio ma, posso affidarmi solo ai gusti di Alice... E' quella che conosco di più ecco... »

« Ah, ah... »

Quel suo modo mi ricordava troppo Rosalie quando aveva la situazione sotto controllo e tutto era sotto il suo comando. Roteai gli occhi al cielo lasciando perdere il peluche scatenando una risata che Jenny non si preoccupò di nascondere. No, non mi stava dando fastidio, ma era la verità. Potevo dire che conoscevo di più lei e che quindi potevo basarmi su quei pochi gusti che conoscevo, no?

« Andiamo Jazz non te la sarai presa vero? Dai stavo scherzando in fin dei conti... Hei guarda! »

Mi bloccai all'istante voltandomi verso mia sorella che si era fermata a guardare qualcosa su di uno scaffale.

« Questo? »

Mi abbassai guardando cosa stava indicando e inclinando leggermente la testa di lato osservai quell'oggetto. Una sfera di vetro, con dentro nell'acqua che ricopriva una struttura che disegnava una montagna marrone e un po' bianca. E se la si scuoteva, piccoli pezzettini di neve ricoprivano il piccolo paesaggio che era disegnato. Sorrisi guardando quell'oggetto cascato a pennello per la situazione.

« E prendiamo anche il peluche! »

Disse Jenny sparendo dietro l'angolo. Sbuffai capendo che avevo perso la battaglia e che ormai aveva deciso che cosa avremo portato ai Cullen.

« Lo sai che ci prenderanno per pazzi? »

Le dissi una volta arrivati alla cassa per pagare quello che aveva scelto. Jenny scoppiò a ridere e guardandomi disse:

« Perchè? Non lo siamo? »

E insieme scoppiammo a ridere e una volta pagato il tutto e sistemato i due oggetti in un mega sacchetto, alzai di peso Jenny che teneva a penzoloni il sacchetto con i regali, e senza troppi problemi l'alzai portandola sulle spalle, ridendo per le sue continue lamentele riferite alla sua età, per lei fin troppo grande per quel gesto, ma non per me, per me non lo sarebbe mai stato.

 

 

« Ho paura a chiedervelo... »

La voce di Ros attirò l'attenzione mia e di Jenny, proprio nel momento esatto in cui l'automobile si fermò davanti a casa Cullen. In un primo momento non capì a cosa si stesse riferendo, poi vidi il suo sguardo leggermente rivolto verso di me, verso quel sacchetto leggermente grande che la simpatica Jenny mi aveva rifilato.

« E allora... Non farlo! »

Dissi io semplicemente alzando le spalle scendendo dall'abitacolo seguito da mia Jenny. Più che altro non avevo voglia di farglielo vedere.

« Non pensate di cavarvela così! »

La mano di Rosalie afferrò il sacchetto che avevo in mano, estraendo immediatamente il suo contenuto. Arricciai leggermente le labbra abbassando lo sguardo e incontrando quello di Jenny che con una mano si copriva la fronte.

Una parola: beccati.

« Ma che diavolo... Jenny si può sapere che diavolo sei andata a scegliere? »

« Io?! Chiedilo al fratello responsabile... »

Solidarietà fra fratelli e sorelle? Mi sa che Jenny non ne aveva mai sentito parlare dato che mi scaricò tutta la colpa, dirigendosi praticamente da sola verso casa Cullen. In poche parole se la stava dando a gambe!

Piano piano alzai lo sguardo, incontrando dopo qualche secondo, quello di Rosalie. Aveva un sopracciglio alzato, il peso del corpo era tutto su di una sola gamba e con una mano teneva appeso per il collo il peluche. Deglutì il nulla tenendo lo sguardo basso e piano piano mi avvicinai a lei. Allungai il braccio afferrando il pupazzo e posizionando lo sguardo di quel peluche verso Rosalie dissi come se fosse normalissimo:

« Rosalie, lui è Paciugo. Paciugo, lei è Rosalie... »

Solo dopo pochissimi istanti, notando la reazione del volto, mi resi conto che avrei potuto starmene zitto.

« Pa... Cosa?! Jazz, ti senti bene? »

Appunto.

Guardai il pupazzo voltando il suo sguardo verso di me,come se stessi parlando con lui, e solamente dopo qualche istante mi voltai verso mia sorella che mi squadrava con occhi spalancati.

« Non sei normale! Dai andiamo! »

Esclamò lei ridendo, afferrandomi per un braccio e trascinandomi accanto a Jenny che nel frattempo aveva bussato alla porta. Per lo meno riuscì a farla ridere.

« Hei, hei! Hei tu! »

Jenny alzò lo sguardo facendo la preziosa. Ci avrei giurato che avesse già capito che cosa volessi.

« Dimmi carissimo Jazz... »

Sfoderai il famoso sorriso a trentadue denti.

« Lo... Tu... Vuoi avere l'onore di consegnarlo? »

E detto quello le mostrai Paciugo che avevo ancora fra le mani. Lei naturalmente scoppiò a ridere, non tanto per la felicità, ma come a voler segnare la sua vittoria. Oserei dire una risata malefica.

« In cambio di...»

« Un gelato... »

« Quattro! »

« Due! »

« Cinque... »

« Tre! »

« Voi due la volete piantare?! »

« Andiamo Jenny ti prego! »

Sentimmo i passi di qualcuno avvicinarsi alla porta e pochi istanti dopo la serratura provocò un rumore leggero. Non attesi la risposta di mia sorella e con poca eleganza glielo consegnai, costringendola ad afferrarlo per non farlo cadere a terra.

« Eccovi qui, puntuali come sempre! Prego entrate... »

Fu Esme a venire ad aprirci, con lo stesso sorriso che indossava la prima volta che eravamo entrati in quella villa. Entrò immediatamente lasciandoci la porta aperta e naturalmente la prima a seguirla fu Rosalie che con un filo di voce e con un gesto secco delle dita sul collo disse:

« Gioco finito, basta! »

Ma non era lei a preoccuparmi, ma mia sorella. La guardai e ancora una volta deglutì.

« Mi devi due favori... »

Disse sorprendendomi mentre entrava in casa. Rimasi qualche secondo a guardarla mentre entrava con Paciugo, non credendo a quello che mi aveva detto, al fatto che non mi avesse minacciato.

« Oh! Finalmente qualcuno con cui posso vantarmi del mio acquisto! »

La voce possente di Emmett catturò la mia attenzione, pochi istanti dopo che misi piede in casa, facendomi perdere la vista di mia sorella che entrava in salotto con il peluche.

Emmett avvolse un suo braccio sulle mie spalle e mi condusse in salotto mentre lo guardavo sbalordito.

« Di che stai parlando? »

Emmett tolse il braccio dalle spalle e si sedette ai piedi di uno dei due divani color panna. Sembrava un bambino un po' grandicello, seduto in mezzo a una moltitudine di custodie per videogame.

« L'unico maschio della famiglia sembra interessato a tutt'altro! Non è di compagnia! »

Alzò il timbro della sua voce voltandosi leggermente verso l'entrata della cucina, dalla quale uscì Edward con in mano dei piatti che posizionò sul tavolo, poco prima di aver risposto a suo fratello con un:

« Sai? A volte sembri un bambino di dieci anni! »

E in quel momento, ringrazia il cielo che non fossi entrato con Paciugo fra le mani. Ascoltai il loro piccolo battibecco mentre senza dare nell'occhio mi sedetti sul divano accanto ad Emmett intento sia a discutere con il fratello sia a giocare con il suo nuovo video gioco.

« Perdonali, stanno sempre a discutere su tutto... »

La voce di Esme mi fece voltare leggermente verso di lei, attirato anche dalla sua mano che si appoggiò affettuosamente sulla mia spalla. Le sorrisi di rimando e alzandomi in piedi le domandai:

« Posso aiutarvi? »

« No, tranquillo, in cucina c'è abbastanza personale! »

Era strano ma la madre di Alice era veramente premurosa nei confronti di tutti e allo stesso tempo sembrava voler essere la madre di tutti, pronta a consolare e ad offrire una carezza per confortare chiunque. In fin dei conti lei e il signor Carlisle avevano adottato ben tre ragazzi ed ora stavano aiutando anche la mia famiglia. Sembrava di vivere in una famiglia tipo quelle delle pubblicità, ma al contrario di quelle, i Cullen erano cento volte meglio. E mentre pensavo alle parole che mi aveva detto Emmett durante la lezione di letteratura, che continuavano a sottolineare quanto fossero uniti, fui catturato da una scena che mi fece sorridere: Esme si abbassò leggermente ed avvolgendo il piccolo ed esile corpo di Jenny la sollevò da terra, assicurandole che i bicchieri li avrebbe portati a tavola lei di persona. Non tanto per la bontà di quella donna, ma più che altro per quella specie di regalo che le stava facendo, offrendole una di quelle tante scene che mia sorella si era persa e che alcune, le aveva involontariamente cancellata dalla sua mente per colpa del tempo a volte troppo lento, a volte troppo veloce.

« Oh ecco Jasper! Sai, oggi il signor Walk mi ha chiesto di te... »

Carlisle fece la sua entrata in scena facendomi distrarre da quella scena meravigliosa.

« A dire la verità ti ha chiamato soldatino tentando più volte di dire il tuo nome ma... Sai quando si è ad una certa età la memoria non funziona al cento per cento! »

Risi assieme a lui mentre mi spostai leggermente lasciandogli così lo spazio possibile per sedersi accanto a me. Appena si sedette guardò Emmett intento a sterminare qualche persona con il fucile che spiccava dal televisore.

« E questo a che serve? E questo? Aspetta e se faccio così? »

« No! No, quello n... Andiamo papà mi fai sbagliare dannazione! »

Carlisle cominciò ad infastidire il gioco di suo figlio, cominciando a schiacciare ogni possibile tasto del joystick facendomi naturalmente ridere.

« Aspetta, aspetta! Quello è ancora più bello! »

Carlisle scattò in piedi raggiungendo con poche falcate la console e premendo il tasto dell'accensione spegnendo il tutto. Portai leggermente la testa all'indietro non riuscendo a smettere. Non avevo mai visto Carlisle così scherzoso ma soprattutto, non avevo mai visto Emmett così disperato.

« Ma... Hai spento... Hai spento?! Dannazione non avevo nemmeno salvato! Dio non è possibile! »

« Qualcuno è disperato vedo... »

Smisi di ridere alzando lo sguardo e vedendo Rosalie con i gomiti sullo schienale del divano mentre guardava Emmett con il sorriso sulle labbra. Lui smise immediatamente di disperarsi e voltandosi verso di lei si compose leggermente sorridendole come se nulla fosse. Da lì cominciò una loro conversazione fatta di sorrisi e di domande su varie cose che non ascoltai.

Mi sentivo d'impiccio e così mi alzai in piedi con una destinazione ignota. In quell'istante sbucò dalla cucina Bella, con in mano un vassoio con qualche tartine fatte sicuramente da Esme. Non appena posizionò il tutto sul tavolo mi guardò e strizzandomi l'occhio mi sorrise come per salutarmi. Io dalla mia parte le sorridi di rimando alzando leggermente la mano.

« Alice dovrebbe arrivare fra poco, così cominciamo... »

« Certo nessun problema... »

Bella non era mai invadente, e molto riservata oserei dire quasi timida. Ma quel suo modo di avvicinarsi piano piano, di aggiungere qualche parola spontanea in più ogni volta non mi dispiaceva.

In pochi minuti le ragazze aiutate da Edward riuscirono a preparare tutto il necessario per una cena, mentre io e Carlisle continuavamo a discutere del più e del meno. Senza che riuscissi a controllarmi, spesso il mio sguardo si posava sull'orologio appeso nel salone. Ed ogni volta mi domandai come mai Alice non si trovava ancora in casa.

Poi ad un tratto, proprio nel momento esatto in cui Esme appoggiò sul tavolo l'ultimo piatto che aveva preparato, la porta si aprì e in pochi istanti entrò Alice con il suo solito sorriso.

« Scusate il ritardo! »

Naturalmente a seguirla c'erano l'amico Joseph che salutò tutti quanti con un cenno della testa, rivolgendosi direttamente solamente ad Esme per il semplice fatto che le passò davanti.

« Bene, possiamo cominciare! »

Esclamò Carlisle sfregandosi le mani, attirando così l'attenzione del fidanzato di sua figlia che solo allora mi vide. Naturalmente fece come se non esistessi e senza dire niente si sedette accanto ad Alice. In un certo senso ero felice che non avesse iniziato subito ad insultarmi, volevo lasciare che si sfogasse solamente dopo la bellissima notizia che Alice ed io avremo dato.

La disposizione dei posti non fu complicata e per iniziare a regalare all'amico Joseph un po' di tensione mi sedetti perfettamente di fronte ad Alice.

La fatalità: meravigliosa.

Accanto a me alla mia sinistra c'era Esme, seguita naturalmente da Carlisle posizionato a capotavola. Accanto a lui c'era Joseph piuttosto silenzioso e concentrato. Sfortunatamente alla sua sinistra c'era Alice, seguita a ruota da Bella e da Edward. Alla mia destra invece c'era Jenny, seguita da Rosalie, ed infine, a capotavola, lo scimmione di Emmett che nel frattempo non aveva smesso di parlare con mia sorella.

Mi sentivo peggio di un bambino. Non vedevo l'ora di mandare su tutte le furie Joseph, ma l'avrei fatto con classe, con stile. Piano piano, un po' alla volta e poi, il colpo finale.

Esme ci preparò un delizioso piatto di lasagne al tartufo e naturalmente ricevette i complimenti da tutti noi. Persino da Jenny che le domandò perché non avesse fatto la cuoca.

« Allora ragazzi di cosa dovete parlarci? »

Fu Carlisle ad introdurre il discorso, pochi istanti dopo aver cominciato.

Dannazione Carlisle! E' troppo presto mi mangio il divertimento!

« Ne parliamo adesso? »

Alice si rivolse a me sorridendomi mentre portava alla bocca una forchettata con un gesto semplice, ma al tempo stesso elegante. Mi portai il tovagliolo alle labbra arricciandole leggermente riflettendoci un pochino.

« Io aspetterei alla fine per le sorprese... »

Mantenni lo sguardo su di lei che in risposta allargò leggermente il sorriso, come a voler confermare che anche a lei piaceva tenere sulle spine le persone. Naturalmente vidi con la coda dell'occhio una leggere tensione attraversare lo sguardo di Joseph. Ma rimasi in passibile continuando con la mia commedia.

« Secondo, me i due hanno combinato qualche casino a scuola! »

« Andiamo Emmett! Secondo te il piccolo folletto combina guai? Così brava, attenta e diligente nei confronti della scuola... »

« E sapete la cosa divertente? »

Bella interruppe il dialogo fra Emmett ed Edward che stava cominciando ad infastidire Alice e a divertire tutti noi, catturando l'attenzione di tutti noi. Calò il silenzio, tutti smisero di mangiare, fermi con le forchette a mezz'aria. Tranne lei. Bella continuava a mangiare come se nulla fosse con il sorriso sulle labbra.

« Io lo so...»

Strabuzzai leggermente gli occhi mentre Alice rise continuando a mangiare. Alice aveva raccontato tutto a Bella? E fu allora che mi ricordai che loro due erano migliori amiche. Ma non sembrava per nulla contraria, anzi, ad un tratto alzò lo sguardo strizzandomi l'occhio.

Il primo a parlare fu Edward, naturalmente sorpreso.

« Tu lo sai?! »

« Io lo so... »

« Emmett, lei lo sa! »

« Non sono così stupido ho capito! »

« Io ho qualche dubbio... »

« Hei tu! Biondina chiamata Rosalie, non provocare uno come me sai?! »

« Ma Alice... Io... Io sono il tuo fratellino preferito... L'hai detto a Bella ma non a me! »

Scoppiai a ridere osservando l'espressione di Edward. Il labbro inferiore leggermente all'infuori, mosso da un tremolio leggero. Esme e Carlisle portarono una mano alla fronte scuotendo leggermente la testa ma al tempo stesso divertiti, mentre Jenny continuava a ridere. Joseph? Impassibile.

Alice roteò gli occhi al cielo non rispondendo.

Seconda porzione di rabbia caro Joseph...

« Per lo meno vedo provochi l'inferno un po' a tutti... »

Dissi continuando a mangiare come se non avessi detto nulla.

« Oh, oh! Questa non me la perdo!! »

Emmett smise di parlare con mia sorella concentrandosi su di me ed Alice, la quale alzò un sopracciglio mantenendo però il sorriso.

« Andiamo, la lezione di matematica sarebbe stata noiosa senza di me.. »

Il piccolo dialogo naturalmente stava attirando l'attenzione di Joseph.

Perfetto.

« Certo. Come la tua persecuzione sulla moda quando mi hai accompagnato al lavoro... »

« Persecuzione... Esagerato! Non sarai mica come Bella vero?! »

« Dimmi che cosa centro io adesso! »

« Centri eccome! Bene ho deciso, la prossima volta torturerò sia te, caro Jazz, sia te, carissima migliore amica Bella! »

Mentre Alice continuava a discutere e a far divertire tutti noi, guardai con la coda dell'occhio Joseph. Il suo volto contratto in una strana smorfia. La fronte segnata da una linea formata dalla pelle corrugata e tanti altri segni, erano il segnale che piano piano il fastidio stava crescendo. Io? Stavo divinamente.

La situazione continuò per tutto il tempo, finché i nostri piatti non furono puliti e lucenti: da quanto era buono non ne rimase nemmeno una traccia del cibo che Esme ci aveva offerto. In pochi istanti passammo al dolce. Naturalmente Esme aveva pensato a tutto e riflettei veramente sulle parole di Jenny che nel frattempo, era andata a sedersi sul divano a guardare la televisione.

Questa volta per dare una mano alla cuoca di casa Cullen fu Alice.

Pronto per la terza carica?

Sì forse ero veramente crudele ma, mi stavo divertendo troppo! Vedere il proprio nemico mangiarsi dentro vedendo le nostre piccole vittorie è favoloso.

Senza pensarci troppo e facendo in modo che la parte buona di me fosse soffocata da quella cattiva, mi alzai in piedi seguendo Alice in cucina.

« Serve una mano? »

Esme si voltò verso di me sorridendomi e dicendomi:

« Bé se sei disposto a portare a tavola i piatti con le torte! »

« Oh se sei disposto a sopportarmi! »

Rotei gli occhi per la frase di Alice, guardandola mentre si appoggiò al bancone della cucina incrociando le braccia al petto. In risposta le feci una linguaccia che lei tranquillamente contraccambiò.

Afferrai tre piattini belli pronti con ciascuno una fetta di torta decorata con panna, cioccolata e fragola. Da leccarsi i baffi. Mi voltai verso Alice e glieli porsi in modo che potesse prenderli e lei naturalmente li prese in mano.

« Ce li hai? »

« Si che ce li ho in mano, non vedi? »

« Sicura? »

« Jazz ti senti bene? »

Il nostro tono di voce e le risate potevano essere ben udibili dal salotto. Perfetto no?

« Sicura, sicura, sicura?»

« Ragazzi se li fate cadere vi faccio pulire e vi tiro le orecchie! »

« Ok Jazz, facciamo così, al mio tre lasci la presa ok? »

« Ma potrebbe essere la fine, non ti lascio davanti a questo pericolo! »

« Lo so, lo so! Ma uno dei due deve farlo! »

« Sicura di farcela? »

« Mi sa che la torta non si mangerà più... »

Io ed Alice scoppiammo a ridere sentendo le parole di Esme, ma soprattutto per la scena cretina che stavamo mettendo in atto.

« Ok, sei pronto? »

« Prontissimo! »

« Ok, allora, uno, due, due e mezzo, due e tre quarti... Tre! »

Lasciai la presa, riuscendo così a portare a termine la missione. Naturalmente tutti e due scoppiamo a ridere ed Alice portò fuori le prime porzioni. Anche Esme era scoppiata a ridere e una volta che rimasi senza nulla fra le mani mi disse:

« Ora evita di creare nuove situazioni di missioni impossibili! »

Eseguì gli ordini ed assieme a lei tornammo in salotto con le ultime porzioni. E naturalmente il mio istinto da creatore di piani diabolici ebbe la meglio: Joseph mi inchiodò con lo sguardo, sicuramente infastidito da quella vicinanza con la sua fidanzata.

Una volta che mi sedetti al mio posto Alice mi guardò con uno sguardo interrogativo. Non so come, ma in pochi istanti intuì che quello sguardo mi stava chiedendo se fossi pronto per la notizia. Era strano, non sapevo come, ma era come se mi fosse bastato un suo sguardo e tutto fosse chiaro.

Annuì con un leggero cenno della testa facendo spalancare leggermente gli occhi di Alice, forse sorpresa del fatto che avessi intuito.

Alcuni secondi e calò il silenzio. Alice si pulì con il tovagliolo le labbra, ed io feci lo stesso, e pochi dopo si schiarì la voce cominciando a parlare:

« Forse è meglio cominciare... »

Quelle parole catturarono l'attenzione di tutti loro. Io non dissi nulla, rimasi a guardare Alice lasciandole il palcoscenico per poter dire tutto a tutti. Cominciò a raccontare la storia partendo dall'anno scorso, con la vittoria della squadra dei matematica. Aveva scelto un passaggio piuttosto largo, ma gliene fui grato, dato che così avrebbe risparmiato ulteriori domande di mia sorella Ros.

Mentre Alice parlava, guardai per qualche secondo Bella, che osservava Alice con gli occhi attenti e il sorriso sulle labbra. Sembrava contenta, ma non ci avrei mai messo la mano sul fuoco. E mentre da un lato lei era felice, dall'altra vedevo la preoccupazione di Joseph crescere sempre di più, fino a quando:

« Così, dato che nessuno di voi può venire con me, ho chiesto a Jasper... »

Alice sembrava aver utilizzato la tattica veloce ed indolore.

Calò il silenzio.

Prevedibile come cosa. Piano piano alzai lo sguardo che nel frattempo se era posato sul piatto davanti a me. Incontrai allora il volto di Alice, rivolto verso la sua destra. Verso Joseph.

Il motivo? Aveva lo sguardo fisso su di me. Chiuso in una fessura, sembrava quasi volermi fulminare e spazzarmi via per sempre con un solo pugno.

« La finisci?! Vuoi finirla di guardarmi in quella maniera?! »

Ero stanco. Alzarsi in piedi. Scavalcare l'ostacolo materializzato in un tavolo. Afferrare il colletto del simpaticone e spaccargli la faccia con un sono colpo. Vedere il suo sguardo cambiare, da un'espressione da perfetto cafone a quella che chiedeva solo che pietà.

Bé, sarebbe stata carina come soluzione, ma lasciai che l'aspetto umano di me ebbe la meglio.

Non so per quanto tempo rimanemmo in silenzio, ma ad un tratto fu Carlisle a sciogliere quella tensione:

« E io che credevo chissà cosa! »

Detta quella frase venne un sospiro collettivo, a confermare lo scioglimento di quella tensione. Alice cominciò a parlare con i suoi genitori ed io mi voltai verso Rosalie che mi guardava con il sorriso sulle labbra. Alzai un sopracciglio e sorridendole le chiesi:

« Che c'è? »

Lei scosse leggermente la testa non perdendo quel sorriso.

« Oh no, niente. Assolutamente niente! »

No, aveva qualcosa. Conoscevo mia sorella e quel suo sorrisino in volto, più o meno simile a quello di Jenny, voleva dire solo una cosa: “io so”. Ma lasciai correre guardando sia una che l'altra domandai:

« Ho il vostro permesso? »

Si guardarono negli occhi sorprese probabilmente per la mia domanda.

« Certo Jazz, che dom... »

« State scherzando vero?! »

La risposta di Rosalie fu interrotta da una voce possente e maschile. Quella stessa voce che mi stavo aspettando dall'inizio e che finalmente era scoppiata. Calò nuovamente il silenzio e quella sua piccola rivolta fu azionata quando sia Esme che Carlisle dettero il loro permesso, accettando pure le condizioni di Alice e le motivazioni.

« Joseph, è solo un'uscita con la scuola... »

Alice cercò di tranquillizzarlo sussurrandogli quelle parole con lo sguardo dispiaciuto, rabbuiato da una strana luce. Dovevo essere felice, Joseph era scoppiato finalmente.

Dovevo esserlo.

Ma non lo ero. Alice era dispiaciuta per quella sua reazione e anche se dentro di me potevo dire che se lo poteva aspettare una reazione come quella, da un lato ero amareggiato.

Joseph respirò profondamente chiudendo gli occhi, fino a sputare le parole con una lentezza impressionante:

« Un'uscita con lui! »

Ad un tratto sentì una piccola cosa afferrare la manica della maglia del mio braccio disteso sul tavolo del salotto di casa Cullen. Naturalmente mi voltai e fu allora che capì di cosa si trattasse: la mano di Jenny si era stretta sulla stoffa della mia maglia mentre con lo sguardo guardava Joseph con uno sguardo quasi impaurito per quello che stava dicendo o più semplicemente per la sua reazione.

Esme si porse leggermente in avanti cercando di tranquillizzare il fidanzato di sua figlia che per tutto quel tempo non aveva smesso si fulminarmi con lo sguardo.

« No Esme, non mi dica che non è nulla! E tu... Tu prima di fare una scelta dovevi avvertirmi e lo sapevi! »

« Joseph, figliolo, ti prego è... »

« Mi dispiace Carlisle! Ma la mia idea è quella, punto! »

Si alzò in piedi facendo scivolare la sedia che provocò un rumore intenso. Alice cercò di fermarlo, aggrappandosi al suo braccio ma la sua piccola stazza non poteva di certo vincere contro quella del suo fidanzato. Seguì con lo sguardo l'armadio che si dirigeva verso l'uscita ed Alice, scusandosi con tutti, lo seguì a ruota.

Da lontano si sentivano le loro voci, continuare ad aumentare il volume, cercando di superare l'intensità dell'uno e dell'altra. Joseph criticava il modo con cui Alice aveva preso la sua decisione e naturalmente mise in discussione anche la solita questione dei fidanzati.

Noi tutti rimanemmo in silenzio ed io allora mi voltai verso Jenny che nel frattempo aveva lasciato la presa.

« Jenny va tutto bene? »

Anche Rosalie si era voltata verso di lei, notando quella strana posa di nostra sorella. Le gambe erano appiccicate al suo corpo. Gli occhi era chiusi e le mani le coprivano le orecchie, come se non volesse né sentire, né vedere. Come se volesse essere il niente in quel momento.

« Jenny? Hei? »

Rosalie si abbassò accanto a lei proprio nel momento esatto in cui la porta si chiuse bruscamente provocando un forte rumore. In quell'istante Carlisle ed Esme cercarono di sciogliere la tensione alzandosi in piedi e cominciando a togliere le prime cose sul tavolo. Emett affiancò Rosalie, intenti a guardare Jenny che aveva assunto quella posizione per il semplice fatto che aveva sempre avuto paura delle litigate. Edward guardò Bella la quale mi guardava e una volta attirata la mia attenzione con un cenno della testa indicò l'entrata di casa Cullen.

Voleva che andassi io a parlare ad Alice. Ma non sapevo nemmeno come fare e da dove cominciare. Era come se mi sentissi un pesce fuori l'acqua.

Guardai il corridoio che avrebbe condotto alla porta e dopo qualche istante deglutì il nulla annuendo con un cenno della testa.

Sentivo i miei passi farsi sempre più pensanti tutte le volte che toglievo i centimetri che mancavano per arrivare a destinazione. Il corridoio era appena illuminato dalla luce naturale della notte e impiegai qualche secondo ad orientare il mio sguardo e a farlo abituare alla notte.

Poi tutto divenne leggermente più limpido e i miei movimenti erano più sicuri nella notte. Ed Alice era lì. Rannicchiata a terra con le braccia avvolte attorno alle gambe e la schiena appoggiata alla porta. Ora, in quel momento, mi sentivo ancora più a disagio. Incapace di fare qualcosa, e convinto che l'unico suo antidoto fosse racchiuso in Joseph.

Feci il meno rumore possibile e piano piano raggiunsi la mia tappa sedendomi accanto a lei. Solo quando la mia schiena scivolò lungo la porta lei alzò lo sguardo incontrando il mio.

« Mi dispiace... »

Perché si stava scusando? Non era colpa sua!

La sua voce roca riecheggiò nell'aria mentre con il dorso della mano si asciugò una leggera lacrima che aveva rigato il suo volto. Non dissi nulla perché spesso ritenevo che le parole potessero essere fin troppo inutili per parlare. A volte preferivo uno sguardo, un gesto per farmi capire invece di mille parole insignificanti.

Probabilmente lei ci sperava. Sperava che Joseph non avesse una reazione così significante. Sicuramente ci aveva sperato fino all'ultimo, e proprio all'ultimo la verità le si era parata in faccia.

Ad un tratto presi un respiro profondo e con voce roca sussurrata, lasciai trapelare il pensiero che più mi frullava:

« Forse ci conviene disdire tutto... »

Era la verità. Mi dispiaceva non poter passare quei giorni favolosi ma, di certo non sarei stato io a mettere a repentaglio la sua vita sentimentale.

Alice alzò con un scatto secco il volto, mostrando oltre al volto affranto dal suo fidanzato un segno di rabbia.

« Non permetterò che gli altri rovinino quello che avevo scelto, e nemmeno tu lo farai! »

La sua voce era leggermente più alta, ma mai quanto lo era stato con il suo fidanzato.

« Alice ragione è un... »

« No! Jasper perché dovrei rovinare tutto?! No Jasper, non lo farò! »

« Alice ti prego se... »

« Jasper, sei con me o contro di me? »

Non capivo. Non riuscivo a capire perché si fosse legata così tanto a quella situazione. Alla fin fine che cos'era? Un'uscita in montagna, basta. Possibile che si fosse legata così tanto a quell'uscita? Peggio di una bambina viziata che voleva accaparrarsi quel premio sotto forma di gita?

Sospirai pesantemente chiudendo gli occhi lasciandomi uscire un semplice:

« Con... »

« Perfetto! »

La sua voce era avvolta da una strana sensazione di rabbia e non era difficile capire il perché: avevo messo in discussione la sua decisione rivolta solamente a farmi integrare con gli altri nell'ambiente sociale. E se c'era una cosa che non mi andava era proprio quella di litigare con lei, con Alice Cullen.

Il mio sguardo fu catturato da un sacchetto bianco sotto l'appendi abito alla nostra sinistra. Mi aggrappai al pavimento facendomi scivolare verso di esso, mentre Alice tornava alla posizione di prima con il volto coperto dalle mani. Afferrai Paciugo da un orecchio ed infine mi sedetti di fronte a lei con le gambe incrociate con il peluche fra le braccia e il mento sulla testa dell'amico senza vita.

Passarono pochi istanti poi alzò il volto e non appena vide il mio volto assieme a quello di Paciugo si lasciò fuggire una risata che mi fece sorridere.

Si asciugò le ultime lacrime domandandomi:

« E quello? »

« Piccolo regalo per voi... »

Lei allungò le braccia afferrando il peluche con il sorriso sulle labbra. E in quel momento, vedendo quella scena, mi sentì meglio. Mi sentì sollevato per aver visto anche quella serata il suo sorriso.

« Tua sorella è tenerissima... »

Sgranai leggermente gli occhi portando una mano dietro la nuca fra i capelli balbettando:

« S..si certo! Ten...Tenerissima... »

Lei sembrò notare quella piccola differenza e alzando un sopracciglio mi domandò:

« Tutto bene? »

« Certo, ovvio! »

« Ah ah, avanti spara! »

Non se l'è bevuta! Dannazione!

« Lasciamo perdere è meglio.. »

« Dai Jasper ti prego! »

Si era leggermente sporta in avanti afferrando con la mano la manica della maglia mentre con l'altro braccio teneva Paciugo.

Tanto valeva mettere la ciliegina sulla torta!

« Si... Si chiama Paciugo e... Non l'ha scelto Jenny... »

Lasciò la presa guardando il peluche e poi me corrugando la fronte ma mantenendo comunque il sorriso. Le possibilità erano due: o non aveva capito, o voleva la verità su di un piatto d'argento. Mi alzai in piedi spazzolandomi i pantaloni per togliere qualsiasi cosa che si era potuta attaccare ed infine prendendo un grandissimo respiro dissi:

« L'ho scelto io! Contenta?! »

Lei rimase ferma immobile. Poi fu tutto veloce. Lasciò Paciugo a terra e facendo leva con le braccia si alzò in piedi ridendo. Poi avvenne la cosa più strana di tutte: le sue braccia crearono una specie di forma circolare attorno al mio corpo stringendomi leggermente mentre continuava a ridere, lasciandosi scappare un grazie. Ma la cosa più strana forse non era quel suo abbraccio, ma a come mi sentì io dopo, quando le sue braccia tornarono lungo i suoi fianchi: vuoto.

Mi scompigliò i capelli e superandomi si diresse in salotto assieme a Paciugo. Ed io rimasi lì, fermo immobile, con la fronte corrugata in una espressione interrogativa. In quell'abbraccio mi ero sentito felice, mi ero sentito come quando dopo una giornata di duro lavoro ci si ferma, ci si distende sul proprio letto e chiudendo gli occhi ci si sente rilassati, calmi, a proprio agio. E proprio nel momento in cui le sue braccia si erano allontanate da me mi ero sentito vuoto. Senza quella sensazione di pace interiore.

Sentì Jenny chiamare il mio nome, facendomi ritornare alla realtà dei fatti. Ed io feci dietro front dirigendomi verso il salotto con un solo interrogativo: perché quella sensazione?

 

 

 

Bé... Svegliati Jazz dai su -__-

No va bé la cosa buffa è che lo critico, consapevole del fatto che l'ho creato io così xD Ah! Meglio passare alle risposte alle recensioni (che il capitolo scorso sono state ben 5 *-* Mi gaso xD)

 

@alicecullen19 Ciao cara! :D Sai, non sei l'unica che odia il tipo di Alice xD Lo odio persino io quando scrivo di lui >.> Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e (come dico un po' a tutti) se hai delle critiche negative, anche pesanti tu scrivilo! Cioè non ti è piaciuto una cosa puoi anche dirmi “Oh tu, guarda che sta cosa ha fatto schifo” ;)

Sentiti libera di dire tuuuuuuuuuuuutto quello che vuoi ;)

Spero che ti sia piaciuto almeno un pochetto e spero di sentirti anche la prossima volta se ti va eh ;)

Un mega abbraccione!

 

@EDVIGE86 Carissssssimissssima xD Come stai?? Bello, bello, ti ho sentita ancora *-*

Rispondendo alla tua domanda: sì lo farò ricomparire ma... Dovrai aspettare un bel po' di capitoli xD

Ahahah! XD Sono scoppiata a ridere xD Ed io che credevo fosse uno dei film più visto e piaciuto xD Ahahah! Bellissima figuraccia quindi, ma tranquilla, non ti ucciderò, come potrei farlo scusa?? *-*

Cooome sempre ti scongiuro di dire qualsiasi cosa del capitolo e... Ooooh bé ormai penso che tu sappia la mia richiesta delle critiche a memoria xD Io non so come ringraziarti, mi fai sempre una moltitudine di complimenti... Divento tutta rossa poi xD

Come sempre, spero che il capitolo ti sia piaciuto, e naturalmente spero di sentirti presto, prestissimo! *-* Non sai quanto mi faccia piacere ricevere le tue continue e costanti recensioni!

Un mega bacioooooone! XD

 

@Alex_Lestrange Oooooooooohhhh *-* Sei tu? Sei tu vero? Eh eh eh??

Ok basta -___-

Che bello sentirti ancora! *-* Sempre le tue belle recensioni con tantissimi complimenti! E sai che ti dico? Mi sento un genio quando ti faccio illudere xD Non mi era nenache passato nella testa di postare una rivale di Alice...Penso che ci siano abbastanza casini xD

Nel sogno ho voluto rendere Jasper umano. Cioè mi spiego meglio, i libri della Meyer Jasper è il tipico vampiro (un po' come tutti) che sceglie la propria dama non tanto per l'aspetto fisico (dato che tutti sono fighi lì dentro <.<) ma per l'aspetto interiore. Ma qui, sono tutti umani e diciamoci la verità, non tutto, ma un buon 40 % di un rapporto di coppia è costituito anche dall'aspetto fisico (fortuna o sfortuna quello lo lascio scegliere a te :))

Di Alice, già... Un'attrazione abbastanza evidente per noi ma non per Jasper (aaahh.. dobbiamo fare qualcosa a questo ragazzo -__-). Che sia conscia o inconscia lo lascio decidere a te xD

Quante domande inerenti ai quattro giorni in montagna xD Ma capisci bene che non posso risponderti (:

Ti chiedo scusa se ci ho messo un po' a rispondere ma... Sono stra piena! O.O Affido tutto al ponte che ci sarà fra pochi giorni *-*

Spero che il capitolo ti sia piaciuto e se hai da criticare tu FALLO! XD

Un mando un mega bacione e spero di sentirti presto! *-*

 

@mary whitlock Carrrrrrrrrrrrrrrra (con la r moscia mi raccomando! -__-) *-* ! Bé ma che bella recensione caspita! O.o Ci avrai messo un'eternità! XD

Oooh che bello! Creare l'illusione che il sogno fosse vero è stupendo xD Bene bene dai xD

Come hai ben notato l'interesse di Jazz sta mutando. Piccola gelosia nei confronti dei ragazzi, i pensieri sempre a lei, la caduta da perfetto imbecille nello scorso capitolo, l'abbraccio di questo.... Aaaaahhh che facciamo? Mandiamo una e-mail a Jazz con scritto “svegliati bello!” ? Sarebbe un'idea no?? xD

Ahahah! XD Perché Alice sta con Joseph? Sai, a volte non ci si rende conto di quello che si fa. Ci si sente attaccati alle persone come se fossero indispensabili per noi non riuscendo a vedere al di là del proprio naso. Non uso la frase “l'amore è cieco” perchè è una cosa che capita anche nelle amicizie: non so voi ma io spesso mi sono trovata ad avere amici che mi parlavano alle spalle ma io, pura sapendo, continuavo a ritenerle vere amiche e amici. Finché poi arriva il girono in cui qualcosa o qualcuno ti fa aprire gli occhi e... Paff! Cambia tutto xD

Riferimento al personale: sei una bulla! Io non riesco mai a giustificarmi >.> Non ce la faccio è più forte di me xD

Sono stra felice che ti sia piaciuta l'idea della vacanza, non hai idea di quanto tempo ci abbia messo a decidere di scriverla! Credevo che potesse essere troppo banale e invece... Vedo che è piaciuta dai...* respiro di sollievo

Eccoci qui, spero che questo capitolo ti sia piaciuto e non vedo l'ora di leggere le frasi che ti sono piaciute di più xD Perché le voglio sapere eh -___- Ormai sono un piccolo rituale che non vedo l'ora di leggere! *-* Detto tutto mi pare, spero di sentirti presto cara *-*

Un mega bacio!!!! xD

 

@I_love_Ashley_Greene Sei nuovo? Bé, allora benvenuto fra noi xD Oddio... Ricordo ancora la mia prima giornata in questo sito, sai cosa vuol dire imbranata che non sa come si fa?? xD Ecco! Perfetto, intrega come non mai xD

Mi fa mooooolto piacere che tu abbia avuto il coraggio di leggere tutti i capitolo! O.O Ti stimo xD

Mwhuahah! XD Altra persona che è caduta nel tranello del sogno! Mi sto troppo divertendo xD Ok dai faccio la seria...

Sì è vero, Jasper è attratto da Alice ma io penso che l'attrazione, almeno anche guardando me stessa, non ce ne accorgiamo subito. Non dico che devono passare anni, anche solo dei giorni sono abbastanza. Ma come avevo detto capitoli prima, non credo alla situazione in cui A vede B, A si innamora di B. Forse tu non sei della mia stessa idea e va bene no problem, ma questo è quello che penso ;)

Inchinarti? O.o Ma vaaaaaaaaaaa xD Nono! Anche perché mi sentirei a disagio sai? XD Ti ringrazio comunque per i complimenti e... Ps... Pssss... Anche te... Sei hai qualcosa da dire fallo xD

Spero che il capitolo ti sia piaciuto almeno un pochetto! E naturalmente spero di sentirti anche la prossima volta, sempre se ti va eh ;)

Un mega abbraccione!

 

 

Penso di aver detto tutto dai. Dico solo due cose: mi scuso per aver ritardato con l'aggiornamento e per le risposte alle vostre recensioni che sono un pochetto corte... Scusate ): Non è che non mi va ma... Sono ko oggi... E' un brutto periodo in cui appena mi alzò mi gira la testa... Va bé amen dai xD Non portiamo disgrazie in questa storia che ce ne sono abbastanza penso xD

Ringrazio tutti voi, tutti quelli che lasciano un loro commento, chi legge e basta e chi aggiunge da qualche parte questa storia xD

Un mega grazie a tutti voi! :D Buoooooooooona giornataaa! :P

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


Ps.. Ps.. Hei tu... E' il decimo capitolo... Quindi ho fatto una cavolata per cambiare rispetto al solito mwhuahah! XD Buoooona letturaa!!

 

 

Capitolo 10.

 

Il riscaldamento della macchina andava a mille. Ma comunque, ogni volta che sospiravo un leggero fumo usciva delle mie labbra. Forks era avvolta dal freddo, che preannunciava l'arrivo delle temperature tipicamente invernali. E la cosa buffa era che noi stavamo andando alla ricerca di quel particolare invernale chiamato neve. Cosa che in quel momento mancava in quella cittadina sperduta quasi sempre e perennemente avvolta da quello strato di nebbia, che a volte, riusciva ad incutere sensazioni di terrore.

Sprofondai definitivamente, appoggiando comodamente la schiena allo sedile della macchina e nello stesso tempo, alzai il colletto del cappotto immergendomi in esso, cercando maggior riparo, l'ennesimo riparo.

Finalmente era arrivato quel giorno, meglio ancora, quei giorni che avremo trascorso nel paesaggio invernale di Aspen. Quando la notizia era arrivata, avevo da subito cominciato a cercare notizie e quant'altro. Immagini, commenti, qualsiasi tipo di informazione che avrebbe potuto suscitare in me quel sentimento che riusciva a dirmi: “Sì, hai fatto un'ottima scelta!”.

Avevo il cellulare appoggiato sulle gambe, e praticamente ogni volta che lo schermo si spegneva, lo riaccendevo, sperando in un suo messaggio, in un suo squillo, in qualsiasi cosa che mi facesse capire che era in vita.

« Ti ha chiamato? »

La voce di Bella arrivò perfettamente nella mia testa. Una domanda semplice, ma che in me aveva suscitato la massima forma del dispiacere.

Sospirai socchiudendo gli occhi e con un leggero cenno della testa le suggerì la più semplice forma di risposta: no.

No, Joseph non aveva chiamato. Era passata circa una settimana da quando aveva ricevuto la notizia, e da quel momento non avevamo più di tanto parlato. Meglio ancora, parlavamo tranquillamente di tutto, ci guardavamo come sempre, i nostri corpi si sfioravano come sempre, ma quando finivamo sull'argomento “Aspen con la scuola” in particolare con Jasper, tutto peggiorava e come ogni volta dovevamo ricominciare da capo per ritornare alla stessa situazione di prima di totale tranquillità.

E peggio come non mai, lo era stata il giorno prima, e proprio da quella sera non avevo sentito più sue notizie. Avrei tanto voluto vederlo qui, accanto a me al posto di Bella. Non che le volessi bene anzi, ma avrei voluto vedere la figura del mio fidanzato un'ultima volta prima di quella mini vacanza. Avrei voluto sentire un suo “ciao” prima di partire, ma forse chiedevo troppo.

Piano piano i minuti passarono, e con estrema calma, tutti i miei prossimi compagni di quella gita stavano arrivando, primo fra tutti Mike. Io decisi di rimanere in macchina. Se fossi uscita, sarebbe stata la conferma che Joseph non sarebbe mai venuto.

Sospirai nuovamente facendo uscire altro fumo dalle mie labbra.

« Grazie... »

La mia voce uscì come un sussurro, ma anche se il dolore era ben visibile, sfoderai un sorriso verso Bella. Lei mi sorrise e scompigliandomi i capelli mi disse con un tono di voce decisamente più alto rispetto al mio:

« A che servono le amiche Alice? »

« Allo shopping? »

Domandai con estrema ingenuità cercando di sembrare felice.

« Non nel mio caso! »

Se c'era una cosa che Bella odiava immensamente era lo shopping, cosa che io amavo invece.

Insieme scoppiammo a ridere, dando buon umore all'atmosfera che sembrò accettare il nostro tentativo donandoci un po' di calore.

Passarono altri minuti e affiancato a Mike, trovai naturalmente Jessica, avvolta da un cappotto rosa confetto, accompagnato da un copri orecchie rosso. Rimasi a guardarla qualche secondo spalancando leggermente gli occhi.

« Stona... »

« Scusa? »

Bella non sembrò capire la mia parola, tanto che si voltò corrugando leggermente la fronte.

Risi, rendendomi conto che, non solo non le piaceva lo shopping, ma anche che le sue competenze nell'abbinare i vestiti erano veramente pessime.

« Lascia perdere! »

Nello stesso istante arrivarono anche altri due studenti, un ragazzo ed una ragazza, probabilmente appartenenti al terzo anno. Io e Bella rimanemmo in silenzio, mentre le note di una canzone classica alleviava l'atmosfera nell'abitacolo. Aveva in mano un libro di letteratura e come se fosse normalissimo leggere un “Jane Eyre”. Io? Io invece continuavo a sfiorare lo schermo del cellulare per vedere se, per caso, non avevo sentito la vibrazione provocata dall'arrivo di un messaggio.

« E' arrivato... »

Mi voltai verso Bella, notando il suo sguardo dritto davanti a lei contro il parabrezza della macchina leggermente appannato. E fu allora, quando seguì l'esempio della mia migliore amica, che notai la figura alta e snella uscire da un'automobile appena arrivata. Aveva lo sguardo leggermente assonnato, ma allo stesso tempo sembrava essere in grado di svolgere qualsiasi azione nel miglior modo possibile. Lo aveva accompagnato Rosalie, che non si era fatta rubare altro tempo per salutare suo fratello. Quella scena mi fece sorridere, confermando la mia idea sul legame che univa tutti e tre gli Hale.

« Hai intenzione di uscire? »

La voce di Bella mi fece sobbalzare e non appena mi voltai verso di lei lasciai che le mie braccia si attorcigliassero alla sua figura, regalandole un forte abbraccio.

« Mi mancherai Bella! Tieni a bada tutti mi raccomando... »

« Sarà fatto, tu tieni a bada te stessa! »

Ci scambiammo qualche altra battuta, poi, pochi istanti dopo essermi infilata il cappello che avevo acquistato l'anno prima in Francia, scesi della macchina, lasciando che l'aria invernale di Forks pungesse sulla mia pelle. Il tempo di scaricare tutto il necessario e il tempo per un ultimo saluto, poi la macchina di Bella fece risuonare i suoi motori per poi andarsene avvolta dalla nebbia. E nello stesso tempo, mentre afferrai le borse, la macchina di Rosalie si dileguò in pochi istanti, lasciando che il fratellino intraprendesse la sua piccola gita.

Non persi tempo, e senza battere ciglio caricai la valigia e gli scii sull'autobus che ci avrebbe portato fino all'aeroporto più vicino a Forks. Una volta preparato tutto, e salutato i ragazzi che conoscevo (quasi tutti), mi voltai verso Jasper, ancora fermo immobile nello stesso punto di prima.

Avvolgendomi ancora una volta fra il colletto della giacca, mi avvicinai a lui facendo meno rumore possibile. Una volta accanto, lasciai che il sorriso comparisse da solo, nascosto però dalla stoffa che indossavo.

« Hei... »

Lui mi guardò, con un'espressione quasi sorpresa, forse per la mia estrema silenziosità e dopo pochi istanti sfoderò un sorriso rispondendomi con un:

« Hei... »

La sua voce risultò poco più alta della mia, probabilmente per il sonno, ma decisamente più roca e calda.

« Devi ancora caricare le cose... »

« Sì... Hai ragione. Me l'ero scordato... »

Socchiuse leggermente gli occhi intrappolando con le labbra uno sbadiglio, mentre con le mani gesticolava, fino al momento in cui afferrò la valigia da una parte, e dall'altra una sacca piuttosto lunga.

Lo seguì senza dire nulla. Diciamo che un po' tutti eravamo assonnati, chi più chi meno. E un po' lo ero anche io ma, non vedevo l'ora di raggiungere Aspen.

« Allora, come stai?? »

Alzai lo sguardo incontrando gli occhi verdi di Jasper, che si maltrattava i capelli con la mano intrufolata in essi.

« Alla grande! Scusa tu no?! Attento a come rispondi... »

Rimasi con le braccia incrociate con un sopracciglio alzato. In fin dei conti però, non aveva torto a domandarmelo. Sapeva benissimo il parere di Joseph ma, era come se in quel momento me lo fossi dimenticato.

« Ovvio... Dubbi? »

« Io? Mai! »

Tutti e due scoppiammo a ridere, finché ad un tratto, la voce del professore di Fisica, il professor Price, con il suo inseparabile berretto, ci ordinò di salire sull'autobus.

Senza pensarci due volte afferrai il braccio di Jasper, trascinandolo davanti alla porta dell'autobus e in pochi istanti ci trovammo accomodati fra i sedili all'incirca a metà.

« Salutato Jenny? »

« Sì, sì. Diciamo che sono stato messo sotto giuramento... »

Scoppiai a ridere guardandolo mentre appoggiava la testa al sedile.

« Regalino... »

« Bé ma mi sembra ovvio scusa! »

Lui affilò lo sguardo e attendendo qualche secondo disse:

« Era dallo shopping che volevo sfuggire... »

« Non dirmelo! Non dirmi che non ti piace... »

« Non è quello... »

Ammise lui sospirando, come a voler preannunciare qualcosa di importante e complicato. Rimasi in silenzio, temendo il peggio, guardando ogni suo piccolo movimento. Lui scosse leggermente la testa e infilando la mano nella tasca dei jeans estrasse il cellulare. Lo seguì mentre con il pollice della mano destra sfiorava i tasti del cellulare e ad un tratto mi mostro il display.

 

Divertiti domani! Scia tutto il tempo e... Cerca di stare il più lontano possibile dall'argomento Shopping con mia sorella!! :( “

 

Alzai un sopracciglio e non appena lessi il nome incrociai quello di Jasper che era scoppiato a ridere.

« Da quando in qua tu ed Emmett vi divertite a parlare dietro le mie spalle? »

« No Alice, non è parlare dietro alle spalle. Ma normalmente si chiama “Istinto di Sopravvivenza” »

Ah è così?

Mi misi comoda, girandomi leggermente dalla parte opposta con le braccia incrociate e il labbro inferiore leggermente in fuori. Ma quando impareranno che in fin dei conti lo shopping è importante?

Sentì ancora per qualche secondo la sua risata, poi il nulla. C'era talmente silenzio che sentì il suo respiro tranquillo e regolare. Mi voltai allora, e lo vidi con gli occhi chiusi. No, non stava dormendo. O sì? Bè, non glielo avrei lasciato!

« Bel tempo vero?? »

Corrugò leggermente la fronte riaprendo gli occhi, sgranandoli leggermente.

« Alice. C'è freddo, la nebbia... Ti sembra che sia un bel tempo? »

« No, in effetti non molto... »

Avevo sbagliato argomento. Un argomento troncato così, ed era prevedibile.

Portai la mano alle labbra, mordendomi la pelle dell'indice pensando a qualcosa per non farlo dormire.

« Sci o Snowboard? »

Sospirò esasperato e voltandosi verso di me, con un sorriso forzato rispose:

« Slittino... »

« Non era nella lista... »

« L'aggiungo io... »

« Ma non lo avevi quando sei arrivato!! »

« Oh Cristo, Alice... »

Calò il silenzio. Nuovamente. No, non stavamo litigando ma mi divertivo a farlo arrabbiare così. Anche se forse la parola arrabbiare è troppo. In pochi istanti tornò con gli occhi chiusi, e piano piano il respiro tornò normale.

Ma... Non aveva risposto alla domanda!

« Non hai risposto!! »

Dissi tutto ad un tratto, con un timbro di voce leggermente più alto rispetto al solito, facendolo così sobbalzare.

« Alice, cara Alice. Dimmi, il tuo scopo è quello di non farmi dormire? »

Scoppiai a ridere guardando la sua espressione fin troppo buffa.

« Sì! Almeno non qui... »

Sorrise scuotendo leggermente la testa, appoggiando la fronte al sedile davanti a lui. Jasper aveva una particolarità in quei momenti, sembrava sempre voler staccare la mia testa a suon di calci o addirittura di morsi, ma da un momento all'altro, tutte le volte, cambiava, e tornava ad essere il ragazzo tranquillo e disposto a stare con tutti. Sembrava avere una sorte di autocontrollo, una sorte di controllo delle emozioni.

« Snowboard... »

Ad un tratto la sua voce mi fece staccare la spina da quei pensieri e osservai il suo volto leggermente rivolto verso di me, mentre la sua fronte non staccava il sedile.

« Sì, in effetti potevo capirlo dalla seconda borsa... »

Dissi pensierosa. Lui rise e in un primo momento non capì quella sua reazione.

« Infatti lo fai per tenermi sveglio... »

Sorrisi a quelle parole. Coglieva ogni piccolo particolare e anche se sembrava altrove con la testa, capiva tutto e immagazzinava ogni informazione nella propria testa.

« Tu? »

« Sci, anche se Emmett continua a prendermi in giro... »

Arricciai leggermente le labbra ricordandomi di quante volte Emmett mi prendeva in giro per il fatto che continuavo solamente a sciare senza mai provare qualcosa di nuovo.

« Intanto lui è a casa in questo momento.. »

« Sto per caso scoprendo il lato malvagio di Jasper Hale? »

« Forse! »

Io e Jasper parlammo per quasi tutto il tragitto, senza un argomento ben preciso. Finché ad un certo punto l'autobus parcheggiò proprio davanti all'entrata dell'aeroporto. In pochi istanti scendemmo tutti afferrando le valigie e i rispettivi sci/snowboard. Insieme cominciammo ad incamminarci all'interno dell'edificio e fu allora che io e Jasper cominciammo a parlare con Mike e Jessica.

Jessica non era forse una delle ragazze migliori della scuola. O almeno era quello che si sentiva. Io invece la consideravo come una qualsiasi ragazza, solamente con qualche piccolo difetto nel vestiario ma, era una pena che potevo benissimo sopportare. Mike invece sembrava a suo agio con Jasper e lui, d'altro canto sembrava a suo agio con il fidanzato di Jessica. Per lo meno avevamo creato una specie di gruppo con cui, ne ero certa, avrei trascorso quattro favolosi giorni.

L'imbarco e tutto il resto, furono solo questioni di minuti e ad ogni passo che facevamo verso l'areo, la mia gioia cresceva sempre di più. Ero certa che il staccare la spina mi avrebbe fatto bene e di certo anche a Jasper. A volte sembrava sempre così avvolto dai suoi pensieri. Come se fossero loro a governare la sua vita e non lui.

Prendemmo posto in uno degli aerei più piccoli presenti nella pista, anche se forse il termine piccolo era esagerato. Ci sarebbero stati all'incirca due ore di viaggio e di certo questa volta avrei lasciato Jasper in pace.

« Finestrino? »

« Scusa? »

A volte mi ritrovavo avvolta nei pensieri che non sentivo quello che gli altri mi dicevano. Jazz sorrise e indicandomi con la mano i sedili mi domandò in modo più diretto:

« Vuoi stare tu vicino al finestrino? »

« Mi hai preso per una bambina? »

Risposi con una domanda ridendo. Lui scosse la testa e si infilò nello spazio accaparrandosi il posto accanto al finestrino.

« Sei libero ora... »

« Grazie... »

E non se lo fece ripetere due volte. Si allungò leggermente, mettendo in posizione comoda le gambe e incrociò le braccia, come a volersi coprire dato che era privo di una coperta. E la cosa divertente fu che si addormentò in pochi istanti con il sorriso in volto, praticamente rilassato. Il suo respiro era regolare e dettava un ritmo tranquillo e rilassante. Involontariamente la mia mente cominciò a fantasticare non appena infilai un paio di cuffie. Mi immaginai il motivo di quella sua stanchezza. Immaginai tutte le raccomandazioni che aveva fatto a Rosalie e i momenti trascorsi a divertirsi su Jenny. Era strano ma più immaginavo, più ero gelosa di lui, quel ragazzo che aveva un legame forte, fortissimo con Rosalie e Jenny, un po' come noi, ma il loro era vero. Ma più ci pensavo, più mi rendevo conto che probabilmente lui non l'avrebbe mai pensata così.

Il decollo fu spettacolare, come lo era ogni volta che prendevo l'aereo. Era strano ma quella sensazione di vuoto mi donava una dose di adrenalina che mi rendeva euforica aumentando così anche la voglia di atterrare. Non appena terminò la terza canzone, sentì qualcuno sfiorare appena il mio braccio. Così aprì gli occhi, quegli occhi che si erano chiusi mentre ascoltavo le note composte da Ronan Hardiman.

« Scusa Alice non volevo disturbarti... »

La voce di Jessica fu quasi un sussurro e sembrava veramente dispiaciuta. Tolsi allora le cuffiette e sfoderando il miglior sorriso la rassicurai.

« Ma no, lui è l'unico a dormire mi sa! »

E con la testa indicai Jasper, intendo ancora a dormire nella stessa posizione di prima con la testa appoggiata al finestrino e il sorriso sulle labbra.

Jessica scoppiò a ridere e indicando Mike dietro di lei disse:

« Facciamo che gli uomini stanno dormendo... »

Insieme scoppiammo in una risata che cercò di non svegliare nessuno.

« Finalmente si stacca la spina! »

« Sì non hai idea di quanto aspettavo questo momento. E ringrazio il cielo che Jasper ha accettato! »

Ed era la verità. Probabilmente se non avesse accettato non sarei mai potuta andare.

« Joseph l'ha presa bene? »

Joseph. Quel nome mi provocò una sensazione di disagio non irrilevante. Come se stessi sbagliando. I famosi sensi di colpa. Socchiusi gli occhi ricordandomi che non avevo ricevuto nessuna chiamata, nessun messaggio da ieri sera. Prima di rispondere presi in mano il cellulare per controllare se, per caso, Jo avesse mandato un dannatissimo messaggio che attendevo con impazienza. Nessuno. Nessuna busta che indicava l'arrivo di un messaggio. Nemmeno la scritta “nuovo messaggio”.

Era giusto rovinarsi così? Era giusto che mi sentissi in colpa per lui? Socchiusi leggermente gli occhi portando l'angolo del cellulare sulle labbra e dopo qualche secondo aprì di scatto gli occhi e con un gesto veloce spensi il cellulare. Ora, io ero ad Aspen. Le preoccupazioni le lasciai a Forks, compresi i rimorsi.

« Non molto. Ma ora sono qui! »

Jessica scoppiò a ridere, divertita da quella mia decisione molto rilevante.

« Diciamoci la verità, se tu avessi scelto di partire con un tuo amico e il tuo fidanzato non volesse, tu cosa faresti? »

Il sorriso di Jessica si spense e assunse un'espressione pensierosa. Rimase qualche secondo in silenzio poi con voce timida disse:

« Bé, ci avrei pensato. Penso che questa lontananza potrebbe impensierire Mike... »

Abbassai lo sguardo sentendo ancora una volta quel rimorso. Ma perché poi? Per Jasper? Perché? Non era da temere. Lui non mi avrebbe mai fatto del male e lasciato che qualcuno mi facesse del male.

« Hei, fanno un film. Mai visto? »

Jessica probabilmente captò il mio disagio e cercò di sviare il discorso. Ma io ero Alice Cullen, e se c'era una cosa che avevo imparato era quello di avere sempre il sorriso in volto o per lo meno, di essere triste per alcuni istanti, ma riprendersi la felicità con tutte le forze.

« Stiamo a vedere dai! »

Dissi facendole l'occhiolino e contemporaneamente ci sistemammo comodamente sui sedili infilando le cuffie per ascoltare le parole degli attori. Il film era “About a Boy”, un film che avevo già visto ma che avevo solamente vaghi ricordi. Il film proseguiva tranquillamente, ed io ogni tanto lasciavo che lo sguardo scivolasse su Jasper che ogni volta assumeva una posizione diversa. A metà del film mi tolsi le cuffie stanca ormai di guardarlo, così guardai solamente le figure che cambiavano sullo schermo. Jasper nel frattempo aveva perso il sorriso e ogni tanto corrugava la fronte con movimenti veloci.

Tornai a guardare il film non badando più di tanto al comportamento di Jasper, finché ad un tratto con un movimento veloce della testa si voltò verso di me. Sobbalzai leggermente e voltandomi verso di lui notai il suo volto perennemente contratto e la mano destra stretta in un pugno. Vederlo in quella posizione e in quella condizione provocò in me una morsa allo stomaco. Appoggiai la mano alla sua chiusa in un pugno di marmo e senza farmelo ripetere due volte, cercai di farlo rianimare da quell'incubo che lo stava avvolgendo.

« Jasper? Jazz? Hei svegliati? »

La sua fronte era ricoperta da una leggere patina di sudore che imprigionava i sue ricci d'oro, facendoli diventare come una cosa sola con la sua pelle. Il suo respiro era cambiato. Aveva perso quel ritmo rilassante, assumendone uno più irregolare, quasi straziante. Per lui era un incubo, un sogno tramutato in incubo, ma per me era uno strazio. Ogni volta che richiamavo il suo nome e non ricevevo risposta il mio stomaco si contorceva sempre di più. Tutti e due eravamo sì avvolti da quell'aspetto negativo, ma tutti e due lo facevamo in silenzio cercando di non attirare l'attenzione di nessuno. Solamente Jessica si era accorta di quei strani movimenti e si porse leggermente per controllare la situazione.

Poi fu tutto veloce. Jasper spalancò gli occhi e il pugno che avevo avvolto con le mie mani scivolò via, scontrandosi con il sedile davanti a lui, facendo così svegliare il professor Price. Rimase in quella posizione, con il pugno incollato su quel sedile, con gli occhi sgranati e il respiro mozzato e affannoso. Ma non era l'unico ad essere sorpreso. Lo ero anche io. Era stato strano vedere Jasper scaraventare quel pugno e vederlo piegato in quel modo era peggio.

Rimanemmo in silenzio mentre Jessica giustificava il comportamento con il Signor Price. Io guardavo Jasper e lui il suo pugno. Poi mi feci avanti e appoggiai la mano sulla sua gamba.

« Jasper? »

Lui sobbalzò lasciando il sedile e sgranò ancora di più gli occhi vedendomi. Il respiro non si era ripreso e continuava ad essere corto rispetto al normale.

Lasciò scivolare da un'altra parte il suo sguardo e senza perdere tempo si alzò in piedi.

« S...Scusate... »

E senza dire nient'altro si diresse a grandi falcate verso il bagno, mentre con una mano copriva metà parte del suo volto e con l'altra si reggeva ad ogni sedile.

 

 

 

Secondi? Minuti? Ore? Non lo sapevo, ma la vergogna di ritornare al mio posto era tanta. Avrei voluto chiudere gli occhi e ritrovarmi a casa, accanto a Rosalie o a Jenny o semplicemente, avrei preferito tornare quando Alice mi aveva dato il permesso di dormire.

Avevo sul volto tante piccole gocce d'acqua, che guardavo mentre scendevano sulle mie guance fino a lasciarsi cadere nel vuoto del lavandino del bagno. Piano piano, aiutato da quelle immagini rilassanti, riuscì ad assumere un respiro tranquillo, o meglio dire normale. Misi le mani, ancora una volta, sotto il getto d'acqua, assumendo una forma concava, in modo da imprigionare ancora un po' d'acqua fra le mani.

Avrei tanto voluto andarmene, ma di certo non avrei mai potuto rimanere nel bagno dell'areo per l'eternità. Mi asciugai leggermente la faccia, in modo da mantenerla comunque leggermente umida per sentire il freddo pungere la pelle. E una volta davanti alla porta, contai fino a dieci, e poi tornai al mio posto. Alice si era scambiata il posto, ed ora si trovava accanto al finestrino con le cuffiette del'Ipod infilate nelle orecchie. E in quel momento ringraziai il cielo per la sua scelta. Probabilmente se fosse rimasta allo stesso posto di prima, con gli occhi speranzosi e la voglia di chiedere a mille, mi sarei trovato in difficoltà.

Maledissi i miei incubi. Maledissi in quel momento le scene che mi si erano parate davanti agli occhi. Maledissi il rumore del martello di legno sul tavolo. Maledissi la sensazione di quell'abbraccio che mia madre regalò a me e a Rosalie, mentre Jenny si trovava a casa di zia Elizabeth. E maledissi la mia incoscienza da bambino che mi aveva costretto a guardare mio padre uscire dalla sala, con quel suo sguardo freddo rivolto verso di noi, senza nessuna espressione, senza nessuna emozione. Quello stesso sguardo in cui ritrovavo il mio, solo con una piccola differenza. I miei erano umani, i suoi no. Ed era quella la frase che mi ripetevo di continuo quando mi guardavo allo specchio e in me rivedevo mio padre.

La mia mente continuava a vagare nel nulla quando ad un certo punto la voce dell'hostess ci informò che fra breve saremo arrivati. Mi voltai allora verso Alice, che per tutto il tempo era rimasta in silenzio. Appoggiai delicatamente la mano sulla sua spalla e con una voce piatta cercai di richiamarla:

« Alice? Stiamo arrivando... »

Impiegai all'incirca tre tentativi, poi si riprese e si voltò verso di me sorridendomi e annuendo con un cenno della testa. Come se non fosse accaduto nulla.

Poi, il resto fu piuttosto silenzioso. Non parlai più di tanto né durante l'atterraggio, né mentre uscivano dall'aeroporto di Aspen. Ad attenderci fuori dall'edificio c'era un autobus che ci avrebbe condotto all'hotel Limelight Lodge. Un tragitto durato pochi minuti, dove Alice sembrava aver accettato il mio silenzio senza troppe rivolte verbali. Ma una volta arrivati, si lasciò andare, ricominciando i nostri discorsi, ma senza mai infrangere le barriere del sogno, almeno fino ad un certo punto.

« Non è favoloso? »

La guardai corrugando la fronte. Lei notò il mio interrogativo e sorridendomi afferrò il mio braccio non appena scendemmo dall'autobus.

« Adesso basta. Siamo ad Aspen Jasper, concentrati su questo... »

La sua voce risuonò calda e rassicurante, ed io, non potei fare altro che annuire sorridendole come un idiota. Lei si alzò sulle punte e con le mani mi scompigliò i capelli, superandomi dopo qualche secondo per andare a prendere le valigie. Dopo alcuni minuti feci lo stesso e alla fine ci ritrovammo nell'atrio dell'hotel dove il professor Price dettò le regole, anche se a dire la verità all'inizio non capì molto dato che mi ero perso il discorso. Vidi solamente Mike piuttosto contrario.

« E' una cavolata! »

« Signor Newton, non mi sembra una catastrofe... »

« No, però siete voi che ci definite abbastanza grandi! »

« Signor Newton... »

Il professore si avvicinò, appoggiando una mano sulla sua spalla, con un sorriso al quanto divertente.

« Diciamo che vorrei evitare che i suoi istinti maschili possano interferire con la gita della signorina Stanley... »

Quella frase fece scoppiare una fragorosa risata che si liberò nell'aria senza troppi problemi.

« Stanze separate... »

La voce di Alice mi fece voltare verso di lei.

« Maschi con maschi, femmine con femmine.. »

« Bé, c'era da aspettarselo... »

« Vero! Ma Mike non se l'aspettava! Hai chiamato Rosalie? »

« No...Tu? Joseph? »

Quel nome fece traversare una strana luce nei suoi occhi che però si eliminò all'istante.

« No, e penso che non lo farò! »

No, non era da lei.

« Va tutto bene? »

« Soliti problemi tranquillo... Allora... Oggi che facciamo? »

« Bé, non lo so... Tu cosa proponi? »

« Ma quando prenderai delle decisioni? »

Alice scoppiò a ridere dicendo quella domanda retorica, per poi dettare il piano giornata. Avevo all'incirca una ventina di minuti, poi dovevo farmi trovare all'entrata dell'hotel, bello pronto per una giornata di piste sulla neve. Come piano mi piaceva!

« Tu! »

Mike comparve dal nulla facendomi prendere un colpo.

« Camera con me? »

Guardai Alice che nel frattempo aveva scelto Jessica come compagna di stanza, o meglio, Jessica aveva scelto lei. Ed ora stavano aspettando una mia risposta. Inutile dire perché avevano scelto noi due...

« Ad un condizione... Non scaricare gli istinti maschili su di me... »

Alice e Jessica scoppiarono a ridere mentre Mike mi squadrava con un sopracciglio alzato. In pochi minuti mi ritrovai dentro alla camera. La prima cosa che riuscì a dire fu:

« Hai capito i matematici... »

Se era quello il prezzo da “pagare” per far parte delle squadra dei matematici bé, probabilmente ci avrei pensato due volte. La stanza era grande e alla sinistra, appena dentro, c'era una porta che conduceva dritto dritto al bagno. Se si proseguiva dritto invece, sempre alla sinistra, cerca una specie di ripiano di cucina, con il minimo indispensabile per un pasto fuori servizio mensa dell'hotel. Infine, proprio alla fine di quella specie di corridoio c'era la stanza da letto. Il letto era posto al centro della parete sinistra e di fronte, c'era un televisore, accompagnato accanto da un computer. Un hotel a mio parere decisamente esagerato ma, il vizio ogni tanto bisogna lasciarlo libero.

Dopo quei minuti fatti di perlustrazione e di ricerche dei particolari lasciai tutto a terra prendendo il necessario per quella giornata. Infilai i soliti pantaloni piuttosto larghi neri (un classico). E la solita giacca da snowboard grigia e verde, una sorte di istinto di sopravvivenza per abbinare tutti i colori.

Non so come ma in pochi secondi mi ritrovai all'entrata dell'hotel ad aspettare Alice. Era troppa la voglia di vedere la neve e di stare in buona compagnia.

Aspettai all'incirca una decina di minuti, poi Alice arrivò con il cellulare attaccato all'orecchio. Il suo era un continuo sbuffare e roteare gli occhi al cielo. Appena arrivò mi sorrise appena e continuando ad avere il cellulare nella mano destra, si caricò gli sci sulla spalla, mentre con l'altra mano afferrò il mio braccio trascinandomi fuori dall'Hotel. Di certo la sua non era una posizione comanda, così mentre diceva:

« Tutto bene, ma ti ho detto che sono appena arrivata! »

Afferrai i suoi sci aggiungendoli alla tavola che trasportavo, ricevendo come “regalo” un grazie mimato con le labbra. L'albergo non era molto distante dalla pista, anzi era praticamente accanto, così in pochi minuti arrivammo alla pista con Alice ancora attaccata a quel cellulare. Possibile che Joseph dovesse essere così rompi scatole?! Era veramente insopportabile. E finalmente ebbi la meglio, Alice riattaccò il cellulare e afferrando gli sci disse:

« Mai avere fratelli che si preoccupano per niente... »

Corrugai la fronte non capendo.

« Era Edward... Mi ha rimproverato perché non l'ho chiamato subito appena arrivati... »

« Ah... Forse anche io dovrei chiamare casa.. »

Ma la mia mente non si focalizzò più di tanto su Rosalie e Jenny, ma sul fatto che in realtà era Edward ad aver chiamato Alice e non Joseph. In quel frammento di tempo, in cui Alice mi informò che sarebbe andata a prendere gli Skipass così potevo chiamare casa, mi sentì un perfetto imbecille.

 

 

« Buca! »

« Dove?! »

Davanti a me. Mi ero dimenticato quanto fosse complicato distinguere gli ostacoli ricoperti di neve in un paesaggio completamente imbiancato. Per di più i primi passaggi erano stati una sorte di “pulitura” di meccanismi che col tempo si erano riempiti di polvere. Quindi, ormai, mi ero quasi abituato all'idea di scendere a forza di rotoloni e di strisciate.

« Tutto bene? »

Alice mi affiancò pochissimi istanti dopo.

« Sì, si... Alla grande! »

Dissi sorridendo togliendomi un po' di neve che si era appiccicata alla giacca.

« Anche tu però... E' da tanto che non... »

« Alice... Quante volte l'hai detto ormai? »

Domandai scoppiando a ridere. Ormai era l'ennesima volta che mi ripeteva che i fuori pista forse erano eccessivi per una prima volta dopo tanto tempo. Ma... Il mio lato bambino aveva preso la meglio su di me.

« Torniamo in pista? Ti prego Jasper... Non voglio che i nostri giorni finiscano qui... »

Alzai lo sguardo guardandola mentre ripeteva ancora una volta quelle parole. Ma non mi conosceva. E se c'era una cosa di cui andavo fiero era la mia testardaggine.

Mi alzai in piedi togliendo definitivamente la neve in eccesso senza dire nulla. Lei continuava a guardarmi con lo sguardo speranzoso. Poi fu tutto veloce. Sorrisi, alzai le spalle e con aria furba dissi:

« Ma anche no! »

E con un piccolo balzo verso valle, lasciai che la punta della tavola scendesse prendendo velocità, mentre il peso lo lasciai tutto sulla coda, in modo che la neve fresca scivolasse sotto la tavola senza crearmi altri ostacoli. Più di quelli che già c'erano. Non capì perfettamente le sue parole, ma sentì qualcosa del tipo “Sei un buffone” e naturalmente la sua risata, una risata che a sua volta mi faceva ridere. Contagiosa oserei dire.

Dopo qualche minuto, miracolosamente senza nessuna caduta, affiancammo la pista dalla quale c'eravamo allontanati prima di intraprendere la neve fresca. Così ascoltai il suo consiglio. Indirizzai la punta sempre verso il basso ma calibrandola leggermente a destra e in pochi istanti, superando l'ultimo accumulo di neve fresca che fiancheggiava la pista, finimmo nella pista.

Continuai per qualche secondo, sentendo il rumore dei suoi sci cambiare posizione per creare nuove curve, opposto a quello che creavo io, appena dietro di me. Poi decisi di fermarmi, una frenata improvvisa, ma con stile, se me lo concedete. Allineai la coda con la punta dando le spalle a valle e subito dopo anche Alice fece lo stesso. Solo che la sua fermata fu leggermente più brusca, dato che aveva cercato di non venirmi addosso, tanto che cadde a terra un po' più in alto di me.

« Bastardo questa me la paghi! »

Scoppiai a ridere assieme a lei, mentre tranquillamente appoggiò la schiena alla neve. Attesi qualche secondo poi appoggiai le mani a terra e piano piano a piccoli salti risalì la salita.

« No tu me la paghi, mi fai anche risalire! »

« Bé ma mi pare anche ovvio scusa. Che uomo eh.. »

« Sei già stanca ammettilo.. »

« Io direi che quello stanco sei tu dato che sei tornato in pista... »

Finalmente arrivai a destinazione e senza farmelo ripetere due volte mi sdraiai a pancia in giù con la lingua fuori ormai. E naturalmente quella scena fece ridere Alice. Poi piano piano la sua risata si fece meno percettibile e con un filo di voce mi domandò:

« Da quanto tempo non andavi a sciare? »

Alzai lo sguardo incontrando quel sorriso e piano piano cercai di fare mente locale riprendendo i miei ultimi ricordi.

« Prima che i miei genitori si dividessero.. »

Fu strano ma, per quanto il ricordo facesse ancora male riuscì a dirlo tranquillamente. Faceva male, ok, ma era come se da un lato non vedessi l'ora di raccontarlo a qualcuno.

« Scusa... »

La sua voce mi fece alzare gli occhi, notando che il suo sguardo si era allontanato da me e il suo sorriso si era spento.

« Per cosa? »

« Lo sto facendo ancora... »

Alzò il busto sedendosi e con un gesto veloce si tolse i guanti sistemandosi leggermente i capelli.

« Fare che cosa? Va tutto bene? »

Non so perché ma lei mi guardò come se avessi appena detto una cavolata colossale. Socchiuse gli occhi scuotendo leggermente la testa, lasciando che i suoi pensieri prendessero voce:

« Ti sto costringendo a raccontare cose che tu non vuoi ricordare... »

In quel momento capì a che cosa si stava riferendo. Si riferiva alla prima volta che c'eravamo incontranti. Alla prima volta che alle sue domande io risposi in modo al quanto maleducato. Arricciai leggermente le labbra, mentre con la coda dell'occhio vidi il suo sguardo guardare me, mentre con i denti si torturava il labbro inferiore.

Mi inginocchiai togliendo ancora una volta le neve, ma trattenendone un po' in una mano, mi alzai in piedi. Mi posizionai gli occhi in volto e sorridendole come se nulla fosse, dissi:

« Bé, prima o poi devo. Io non scappo, affronto... »

Lasciò la presa dei denti sul labbro inferiore, lasciando che si aprisse appena.

Probabilmente il suo era puro stupore. E come biasimarlo?

Il mio era un puro invito. Una richiesta che io stesso stavo facendo ad Alice. Conoscimi, abbi la forza di chiedermi che cosa mi è accaduto, abbi la forza di guardare quello che sono stato e quello che ero diventato, con la consapevolezza di conoscere il mio passato perché sussurrato dalle mie labbra e non perché le voci descrivono la mia vita come vogliono loro. Ma era una richiesta che Alice doveva cogliere, di cui io non avrei fatto nient'altro. Di cui io non avrei insistito più di tanto.

Non spensi il sorriso sulle mie labbra e ridendo lasciai che la palle di neve che avevo creato con la mano, si infrangesse contro di lei facendola ridere.

« Andiamo? »

Calò per qualche secondo il silenzio, interrotto solamente dai rumori degli sciatori. Abbassò leggermente le labbra, lasciando ancora una volta, che il labbro inferiore si allontanasse da quello superiore. Poi, come dal nulla, alzò lo sguardo decisa incrociando i suoi occhi azzurri con i miei e con un gesto deciso afferrò la mano che le avevo offerto per alzare, mentre con voce decisa disse semplicemente:

« Andiamo! »
Che avesse capito la mia richiesta? Quel suo andiamo, era riferito anche ad un futuro quasi immediato in cui mi avrebbe fatto qualsiasi tipo di domanda? In fin dei conti, eravamo lì per quello no?

 

 

 

Risposte recensioni:

 

@alicecullen19 Grazie mille per aver letto il capitolo e per aver detto il tuo parere! Spero che tu abbia voglia di farlo ancora, mi fa moooooltissimo piacere non sai quanto ;) Fammi sapere (se vuoi eh) che cosa ne pensi anche del decimo capitolo!

Un mega abbraccio e grazie mille ancora! :D

 

@ I_love_Ashley_Greene Finché non ne avrò abbastanza?? Bé allora preparati perché a me piacciono moltissssimo i vosti pareri! *-* Non hai idea di quanto! Bé grazie per aver letto il nono capitolo e per aver lasciato una tua traccia!

Lasciati dire una cosa.. Il tuo avatar è favolosoooo! *-* Quell'intervista l'adoro troppo, è favolosa!! E qui mi ripeto... Ma perché diavolo Ashley non sta con Jackson!! >.> E' da mangiare uffa...

Vedrai che piano piano capisce il nostro Jasper, eccome se capisce! XD Fiiidati di me! * a mo di colorado! XD *

Spero di sentire un tuo parere anche qui, se vuoi eh ;) Ma spero comunque che tu abbia un pochino di tempo per leggerlo! Ci sentiamo alla prossima! E direi che per Natale ci facciamo regalare un Paciugo per tutti xD

 

@EDVIGE86 Ciao cara, sì diciamo che questo non è un bellissimo periodo, ma va bé andiamo avanti comunque (: Ti ringrazio per l'appoggio veramente fa sempre molto piacere!

Mi piace molto leggere tutte le domande che ti poni xD Non hai idea di quanto mi faccia sorridere! Ma vedrai che fra poco, buona parte dei tuoi interrogativi verranno svelati ;) Adesso Jasper ha dato il via libera ad Alice quindi, aspetteranno il momento adatto * sisi *

Oggi non sto al 100% quindi la mia riposta sarà proprio piccola :( Ma come sempre a te e a tutti vi voglio dire delle cose fooondamentali. I vostri pareri o vedere che qualcuno legge i capitolo è una cosa favolosa! Per me è un piacere immenso leggere le vostre recensioni ma, non voglio obbligare nessuno che sia chiaro.

Ti ringrazio moltissimo per la tua costanza nel recensire, veramente, sei da ammirare cavolo!
Spero che anche questo capitolo ti sia un pochino piaciuto e ricordati, presto i tuoi interrogativi verranno svelati ;)

Un mega bacione e un mega abbraccio da Paciugo! XD

 

@Alex_Lestrange Mi fa piacere vedere che le mie risposte ti piacciono, anche se questa probabilmente sarà la peggiore xD

Bé se ho capito una cosa, è che l'idea di Paciugo è piaciuta! Ora cavolo lo voglio anche io per Natale cavolo...

Cooomunque, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, non dico tutto ma solo un po'. Diciamo che mentre lo scrivevo ho detto, cavolo siamo al decimo. Così, cancella tutto e aggiungi il piccolo Pov di Alice, cosa che tempo fa mi avevi chiesto. Così alla domanda, ci saranno capitoli con Pov Alice ora rispodno, sì al decimo capitolo una piccola parte è di Alice xD

Forse una stupidata ma, accettatela come una specie di regalo per la vostra costanza nel recensire e nel leggere, una cosa favolosa *-*

Una risposta piccola ma... Diciamo che non è un bellissimo periodo mi dispiace però! Prima di lasciarti volevo dirti una cosa che è successa questa settimana. Te lo dico? No? Ma siii al massimo mi prende per una cretina. Perché te lo dico? Per il favoloso avatar che hai!! In un video ho scoperto che Jackson è daltonico, si lo so scopro le cose per ultima, e una ragazza ha detto che in un'intervista ha detto che anche se è daltonico IL TRAMONTO E' BELLISSIMO ANCHE IN BIANCO E NERO... Ora mi chiedo ancora una volta... Ma Ashley... La carissima è bellissima Ashley ha il prosciutto sugli occhi? -___-

Aaahhh! Se proprio proprio, va bé posso sacrificarmi io dai... Cioè sarà uno sforzo ma.. va bé lo faccio dai...

Detto questa bella cavolata, ti lascio e spero di sentirti presto! :)

Un mega abbraccio Paciugoso e un mega bacione!

 

@mary whitlock Ma figurati se ti perdono! Non ci penso nemmeno sai >.>

Ma ti pare?! Ovvio che ti perdono non è nemmeno da chiedere! E poi io sono la prima che dico non vo obbligo! XD

Sono communque stra super mega felice di leggere la tua ultima recension! Ti ringrazio moltissimo! Il rituale delle frasi è favoloso e ogni volta dico questa anche a me piace!

Dai allora facciamolo insieme. Prendi un pezzo di carta. Una penna e cominciamo a scrivere. “Caro Babbo Natale, quest'anno siccome sono stata brava e ho sempre letto la storia della Fra e in più ho sempre recensito, per quest'anno voglio un pupazzo uguale uguale a quello che la Fra si è immaginata per Paciugo. E siccome sono bella e brava mi porti anche un Jasper, che mi consegnerà in prima persona il pupazz!”

Ok poi mandala eh -__-

Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto un pochetto e perché no? Fammi sapere se ti piace l'idea del Pov Alice o se faccio prima a darmi un colpo in testa!

Un mega abbraccioooone!! :D

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


La giornata era filata perfettamente. Per quasi tutto il tempo, tranne la pausa pranzo, io ed Alice continuammo a scendere le piste della città di Aspen. La neve era meravigliosa e per tutto il pomeriggio il cielo ci donò un po' di neve, quel tanto che bastava per rendere la neve ancora più soffice.

Ed ora, mi ritrovavo sotto il getto della doccia, pronto per conciarmi per la serata. Ancora non sapevo che cosa sarebbe accaduto ma, mi andava qualsiasi cosa. Rosalie aveva ragione quando cercò ad incoraggiarmi per partire assieme ad Alice: staccare per qualche giorno la spina mi avrebbe fatto solo che bene.

Il getto della doccia si scontrava contro la mia pelle e per quanto la temperatura fuori, fosse tipicamente invernale, come sempre preferivo che fosse un getto gelato ad avvolgere la pelle. E la cosa diventava ancora più rilassante quando l'acqua si infrangeva sulla nuca, lasciando che i piccoli solchi d'acqua si creino delle fessure fra i capelli, cadendo infine sul mio volto creando piccoli corsi d'acqua, fino ad unirsi poi tutti insieme appena sotto il mento.

Dopo qualche minuto che mi ero concesso di pieno relax, uscì dal box doccia, anche se quello lo si poteva benissimo considerare una vasca da bagno in verticale da quanto era grande! Afferrai due asciugamani, con quello più piccolo cominciai a frizionare i capelli, con l'altro, approfittai della grandezza per avvolgermelo attorno al bacino. Una volta uscito dal bagno mi ritrovai davanti Mike, intento a sistemare le ultime cose che rimanevano nella valigia. Per quanto mi riguardo avevo lasciato tutto dentro la valigia. Forse anche a me conveniva sistemarle nell'armadio.

Ma in quel momento non ci pensai, e mettendo la valigia aperta sul letto cominciai a saettare lo sguardo da una parte all'altra per scegliere un qualsiasi cosa di decente da indossare.

« Stasera che fate? »

La voce di Mike arrivò perfettamente all'orecchio e prima di alzare il capo riposi alla sua domanda alzando leggermente le spalle.

« Non lo sappiamo ancora, voi? »

In quel momento alzai lo sguardo incontrando quello di Mike, leggermente allarmato. Non ci misi molto a capire perché fosse cambiato o meglio, a cosa era dovuto quel suo stupore al quanto fastidioso. Serrai la mandibola stringendo i denti e con la mano afferrai il bordo della valigia stringendolo aspettando una sua riposta.

« Io... Cioè noi andremo a fare un giro... Se volete... Bé ora vado eh! »

E afferrando l'asciugamano accanto ad una delle sedie presenti nella camera, scivolò in bagno. Rilassai il tutto, sia la mandibola, sia il braccio, sentendo il muscolo dell'avambraccio rilassarsi piano piano, allargandosi leggermente. Forse la mia reazione era stata al quanto esagerata ma, mi ero dimenticato di quella piccola particolarità.

Afferrai dalla valigia un baio di boxer e velocemente scelsi un paio di jeans con una maglia a maniche lunghe, un po' vecchiotta dato che le maniche erano il doppio larghe rispetto alla grandezza delle maniche. Avrei dovuto dare consiglio qualche settimana prima a Rosalie, quando mi aveva proposto di andare a fare shopping.

Mi sistemai sul bordo del letto accendendo il televisore e sbadatamente cominciai a fare zapping un po' su tutti i canali. Ma ad un tratto il cellulare cominciò a vibrare e prendendolo in mano schiacciai il tasto verde senza nemmeno guardare chi fosse.

« Pronto? »

« Allora? »

Jenny?

« Scusi ci conosciamo? »

« Dai Jasper! Allora, hai preso il regalo? »

Risi sentendo l'insistenza di mia sorella. Quasi quasi la sua presenza mi mancava, anzi, senza quasi..

« Jenny, se continuo così come regalo riceverai le saponette dell'hotel... »

In quel momento, mentre Jenny cominciava ad insistere ancora, qualcuno busso alla porta. Mi alzai in piedi mentre con lo sguardo lessi di sfuggita alcuni dei fogli appesi alla parete. Bé, probabilmente non avrebbe nemmeno ricevuto le saponette dato le regole dell'hotel.

« Sei crudele.. »

Risi ancora una volta mentre con l'altra mano aprì la porta, dando il via libera ad Alice che entrò senza troppi complimenti. Rimasi al quanto sorpreso notando la sua spontaneità e guardandola mentre mi osservava con occhi quasi fuori dalle orbite, gli mimai con le labbra:

« Che c'è? »

Mentre mia sorella mi stava raccontando quello che aveva fatto durante la giornata. In quel momento Alice mi fece il gesto che mi suggerì la parola “dopo”, così mi concentrai sulle parole di Jenny.

« Hei, ma sei da sola? »

« No! C'è Spike! »

« Ed oltre a Spike? »

« C'è anche Rosalie ora te la passo e ricordati! Il regalino! »

Risi sentendo il suo ultimo saluto, finché ad un tratto sentì la voce di Rosalie.

« Come stai? »

« Io?! Come stai tu? Fra la neve e le meraviglie del mondo! »

« Secondo te? »

Calò il silenzio, poi Rosalie con un tono di voce talmente basso che poteva sembrare un balbettio disse:

« Sì sì ok, ti ha chiamato solo per il regalo quindi, non voglio rubarti altro tempo... »

Rosalie. Rosalie e il suo continuo “non voglio essere un peso per te quindi ciao”. Roteai leggermente gli occhi sorridendo.

« Mi raccomando, non combinate casini e... Stai attenta... »

Calò nuovamente il silenzio e questa volta per la materia leggermente più complicata.

« Tranquillo Jazz, divertiti mi raccomando, ah e se hai tempo potresti prendere qualcosa anc... »

« Ok, ciao Rosalie ci sentiamo! »

Riattaccai velocemente. Parlavamo di rilassarmi e di divertirmi continuando a dirmi che doveva prendere un regalo a tutte e due assieme ad un pericolo mortale come Alice Cullen?!

Misi il cellulare in tasca e con passo lento, quasi timoroso, mi sedetti accanto a lei, la quale stava guardando la televisione.

« Dicevi... »

Cominciai a tremare quando il suo sguardo incontrò il mio.

« Ricordati una cosa Jasper, quando Alice ti guarda con una strana luce, tu trema! »

Le parole di Emmett sembravano così vicine.

« Hai bisogno di una maglia o sbaglio? »

No, avevo bisogno di un'uscita d'emergenza!

Non risposi alla sua domanda e rimasi con gli occhi spalancati.

« Andiamo... »

« Alice, ti prego pietà... »

Lei roteò gli occhi al cielo afferrando il mio braccio.

« Emmett ti avrà detto un sacco di cavolate! »

Ma non volevo rischiare! Ma dopo svariati tentativi mi alzai in piedi e afferrando il cappotto uscì dalla stanza pochi istanti dopo aver avvertito Mike che ormai sembrava essersi perso nel bagno. Giusto il tempo di prendere anche il cappotto di Alice, poi mi ritrovai nella strada principale di Aspen alla ricerca di un negozio ancora aperto. E dopo all'incirca dieci minuti entrammo in un negozio di abbigliamento.

Eseguì i suoi ordini, tanto era lei il capo della situazione. Andai a sistemarmi davanti al camerino, mentre Alice aveva il compito di trovarmi qualcosa. Dopo qualche minuto, tornò con in mano una maglia nera a maniche lunghe.

« Ritieniti fortunato. Stanno per chiudere, quindi hai poco tempo! »

« Agli ordini capo! »

E afferrando in mano la maglietta che Alice mi lanciò, entrai nel camerino. La maglietta era leggermente stretta, tanto che non appena la infilai cominciai a muovere le spalle e il collo.

« Alice è... stretta... »

Dissi non appena uscì dal camerino guardandomi allo specchio notando i suoi occhi chiudendosi per qualche istante. Mi voltai allora per guardarla mentre schiarendosi la voce disse:

« Non... Non è stretta ma attillata Jasper. E... E' perfetta così! Dai muoviti! »

Sarà, ma per me quella cosa era al quanto stretta. In pochi minuti uscì dal camerino con la maglia in mano e, non riuscendo nemmeno a contrattare con lei, mi ritrovai una maglia nuova di zecca senza nemmeno averla pagata.

« Che facciamo questa sera? »

Mi domandò lei una volta tornati davanti alla porta della camera.

« Non lo so. Mike e Jessica probabilmente faranno un giro... »

« Sì buona idea, anche perché sono un po' stanca... »

« Perfetto, allora.. Ci vediamo dopo a cena »

« Certo, a dopo! »

La seguì con lo sguardo mentre sparì dietro l'angolo del corridoio poi entrai in camera, trovando Mark intento a scegliere un vestito. Mi sorrise come se nulla fosse accaduto alcuni minuti prima. Bé per fortuna...

« Siamo dei vostri... »

Dissi sdraiandomi dalla mia parte cominciando a guardare la televisione.

« Perfetto! »

Passarono all'incirca una ventina di minuti, dove per la giornata che avevo trascorsi rimasi più imbambolato che attento a quello che trasmettevano al televisore. Poi io e Mark scendemmo le scale fino ad arrivare alla sala da pranzo. Questa volta ad essere n ritardo eravamo noi due. Forse per il semplice fatto che per infilarmi quella maglietta mi ero sistemato davanti allo specchio e con tutta la convinzione possibile, mi ripetevo “Vai Jasper, ce la puoi fare!”. O forse anche per il semplice fatto che per scendere le scale ero stato ben attento a non farmi prendere dal sonno, per non cadere come un sacco di patate davanti a tutti.

La sala da pranzo era veramente grande, e le persone al suo interno erano tutte per la magio parte, vestiti con abiti abbastanza eleganti. Non il top, non quello che ci si aspetta in una serata d'Oscar, ma di certo la maglia di qualche minuto prima avrebbe fatto una pessima figura. Dopo qualche istante, caratterizzato dalla ricerca del tavolo in cui ci dovevamo sedere, riuscimmo a trovarli. Ma più che altro non fui catturato dal vestito di Jessica. Non fui impressionato dai gesti di uno dei ragazzi che prendeva in giro le azioni di quella giornata del professor Price. Ma ero catturato dalla persona che mai mi sarei aspettato. Alice indossava una camicia a maniche corte a quadri, nera e tendente un po' al grigio scuro. Sopra di essa aveva un gilet nero e per quanto riguarda i pantaloni, ne indossava un paio di neri, accompagnato da un paio di ballerine anche esse nere.

Aveva i gomiti appoggiati sul tavolo e la testa era sostenuta da una delle due mani, con il busto leggermente sposto in avanti. Rimasi letteralmente fermo immobile, fermo al centro della stanza, rimanendo praticamente imbambolato da quella immagine. E in quella frazione di secondo, mentre socchiusi gli occhi e scossi leggermente la testa per riprendermi, che l'immagine di quel sogno si fece tranquillamente largo fra i miei pensieri.

Quando ripresi la camminata, mi accomodai accanto a lei, ancora leggermente sorpreso per quella reazione, ancora sorpreso per quell'interessa in quel momento. Il sonno? L'avevo dimenticato.

« Va tutto bene? »

Corrugai leggermente la fronte quando sentì quella domanda provenire da Alice. Ma non la guardai e rimasi dritto davanti a me riflettendo. Stavo bene oppure no? Ero dispiaciuto da quel piccolo interesse che avevo avuto in quel momento? Mi ero sentito male oppure no?

Alzai il capo e solamente dopo qualche secondo mi voltai verso di lei e sorridendole dissi:

« Divinamente... »

Provocando in lei un sorriso, che non tardò a disegnarsi sul suo volto.

« Ti sta bene... »

Disse quasi in un sussurro sfiorando con il palmo della mano la manica della maglia che indossavo, regalandomi una piccola percentuale di calore, solamente con un semplice sfioro. Non mi dava fastidio ed era come se non sentissi nemmeno la sua presenza. Come se fosse tutto estremamente normale.

« Grazie... »

Fu l'unica cosa che riuscì a dirle, mentre con lo sguardo tornava dritto davanti a se, intenta ad ascoltare le avventure degli altri ragazzi. Scoprimmo in quell'istante che fra tutti c'erano chi aveva scelto la strada della sciata, chi quella dello shopping e chi si era lasciato rilassare fra le acque calde delle piscina. Una cena ci venne servito per prima cosa un piatto di pastasciutta alla genovese e per secondo qualche fetta di polpettone con qualsiasi tipo di verdura. Ma per quanto mi riguarda mi limitai al primo piatto. Bastava ed avanzava!

Avevamo finito più o meno tutti, eravamo arrivati al momento in cui si passava alle chiacchiere prima di lasciare l'hotel per qualcosa di più interessante. Io ero interessato alle parole di Mike, che si trovava alla mia destra. Mi stava raccontando di quella volta in cui lui e la sua squadra di matematici avevano miseramente perso. Mike aveva una particolarità: adorava stare al centro dell'attenzione ed io, bé non glielo avrei ostacolato dato che odiavo stare al centro dell'attenzione!

Ad un tratto cominciai a sentire leggermente più caldo, tanto che più di una volta mossi la spalla destra per smuovere un po' la maglia, in modo da far entrare un po' d'aria per rinfrescare la pelle. Quando ad un tratto sentì un ragazzo, Andres mi pareva dalla voce, lasciarsi scappare un'altra battuta sul professore. Tutti scoppiarono a ridere, compresa Alice che si era dolcemente appoggiata alla mia spalla sinistra.

Un momento...

Mi voltai una seconda volta guardando per una frazione di secondo Alice che si era appoggiata alla spalla.

Fastidio? Nessuno a parte il calore, ma un calore al quanto sopportabile ora come ora che sapevo da cosa, meglio, da chi era prodotto.

Imbarazzato? Per niente.

Tornai tranquillamente a seguire le parole di Mike, anche se forse la parole “seguire” non era il termine più adatto. Persi all'incirca metà dei suoi discorsi intento com'ero a percepire anche il più piccolo movimento di Alice.

Rimané in quella posizione per quasi tutto il tempo. Poi, con il permesso del professor Price, ci alzammo tutti in piedi per uscire. Più o meno tutti ci saremo dileguati fra le vie di Aspen e una volta infilatomi il cappotto che avevo portato Alice mi si affiancò e con il volto leggermente assonnato disse:

« Io l'ho lasciato in camera, mi aspetti all'entrata? »

Chiuse per ben tre volte gli occhi, facendomi involontariamente sorridere. E per rispondere alla sua domanda annuì con un cenno della testa spostandomi leggermente per lasciarle il via libera.

Mentre Alice era intenta ad aspettare l'ascensore, cominciai a scendere le scale fino ad arrivare all'entrata.

« Hei Jazz, dov'è Alice? »

« E' salita un momento in camera... »

« Ah... »

Jessica si morse il labbro inferiore maltrattando leggermente le dita.

« E' un problema se noi andiamo avanti? Caso mai ci vediamo in giro! »

Sorrisi capendo i suoi gesti.

« Nessun problema, buona serata allora... »

E insieme, Mike e Jessica si dileguarono fra la buia notte della cittadina di Aspen. Io aspettai all'incirca una decina di minuti, poi il suono dell'arrivo dell'ascensore mi fece voltare, incontrando così lo sguardo di Alice appena dietro le porte dell'ascensore, decorato dal suo solito sorriso.

« Mike e Jessica? »

Mi domandò infilandosi un cappello di lana che le copriva elegantemente la testa. Non c'erano dubbi, per via di gusti sull'abbigliamento, Alice era un asso veramente.

« Sono già andati, ci incontreremo fra le vie... »

« Se resisterò... »

Disse lei voltandosi leggermente per nascondere ulteriormente uno sbadiglio che si era lasciata scappare. La giornata di sci l'aveva distrutta. Mi sistemai un'ultima volta il cappotto, poi scesi i primi scalini che conducevano all'entrata, mentre Alice si sistemava ancora una volta, mettendosi una sciarpa attorno al collo. Non appena ebbe finito alzò lo sguardo sorridendomi, o per lo meno è quello che intravidi da tutte quelle cose che stava indossando.

Fu una cosa normale, che non pensai due volte. Senza farmi troppi dubbi, troppi problemi e troppe scenate, alzai leggermente il braccio destro, tenendo l'avambraccio leggermente piegato. E lei d'altro canto, non esitò. Lasciò che il suo braccio sinistro si incastrasse al mio, creando una specie di catena con le braccia che non ci avrebbe lasciati per nessun istante in quella serata. Perché? Perché semplicemente non volevo. Il suo contatto mi lasciava una specie di scottatura di piacere che era difficile da togliere. Fu un gesto non richieste nessuna parola, ma solo semplici sguardi e sorrisi.

Cominciammo ad incamminarci lungo la via centrale, già decorata dalle prime decorazioni natalizie. Né troppo spoglia, né troppo piena, la via centrale era perfetta, affollata solo da qualche persona che sbadatamente si fermava davanti alle vetrine.

« Non addormentarti eh... »

Dissi ad un certo punto non sentendo più la sua voce. Lei rise, lasciando che il lato della faccia si appoggiasse contro il mio braccio.

« Tranquillo ci sono... »

Forse fisicamente, ma probabilmente mentalmente era già sotto le coperte.

Continuammo a camminare finché ad un tratto non passammo davanti ad una vetrina di una biblioteca. Alice si fermò, facendo fermare a sua volta anche me.

« Sai leggere? »

« Scemo... Dai vieni guardo una cosa... »

Insieme ci avvicinammo. Con lo sguardo cominciai a leggere i titoli dei libri posti su di uno scaffale. I classici, ma sempre belli da leggere.

« Cosa t'interessa scusa? »

Domandai ad un certo punto guardando il suo capo ancora appoggiato ancora al mio braccio. Lei allungo leggermente il braccio libero, indicando la copertina di un libro che illustrava l'immagine di una rosa mezza bianca e mezza rossa nel bel mezzo del nero. Alzai un sopracciglio. No, non era un classico dato che posso lontano c'era un cartellino con una bella scritta che diceva “La novità dell'anno”.

« Lo conosci? »

Probabilmente feci la domanda sbagliata dato che lei alzò lo sguardo sgranando gli occhi come se avessi appena detto una cavolata. Corrugai leggermente la fronte affondando il volto fra il colletto del cappotto. Stava per esplodere?

« Scherzi vero? E' il libro di adesso, dell'ultima generazione... »

Quella frase mi sembrava di averla già sentita. Così arricciai leggermente le labbra cercando di ricordare, finché l'immagine di Rosalie con in mano un libro raffigurante due mani unite che sostenevano una mela, non fece largo nei miei pensieri.

« Ah si capito... »

Rosalie aveva cercato di convincermi a leggerlo ma, non era per me. Vagamente sapevo di cosa parlasse e quel vago, mi bastava.

« Ah capito in che senso? »

Mi domandò Alice sorridendomi.

« Che ho capito di cosa stai parlando... »

Dissi ricambiando il sorriso dicendole che Rosalie aveva letto il primo.

« Tu? L'hai letto? »

« Non mi piace... »

Dissi ricominciando la camminata alzando leggermente le spalle. Alice non seguì la mia azione subito, anzi, rimase ferma e dopo qualche secondo mi richiamò dicendomi:

« Hai detto una cavolata Jasper... »

« Perché? In fin dei conti parla di un vampiro che si innamora di un'umana... »

« E ti sembra una cosa normale? »

Domandò lei allargando leggermente le braccia lungo i fianchi. Rimasi qualche secondo in silenzio, poi lasciai che la mia recensione fondata su soli pregiudizi prendesse voce.

« Narra di un amore impossibile che mai e poi mai avverrà nella realtà, di due realtà troppo diverse. Parla di questo ragazzo che piuttosto di restare nella normalità cerca di fare il “figo” per andare a letto con un'umana. Narra di un amore che non esisterà mai, di un amore fondato solo sul concetto di sangue umano. Una storia che cerca di ingannare le ragazzine, illudendole che un ragazzo elegante e gentile come lui esista veramente nelle nostre città e di tante altre cose Alice, come il fatto che venga considerato “capolavoro” come un'opera di Byron... »

Calò il silenzio nuovamente. Lei era rimasta impassibile, con un volto privo d'espressione, dritto verso di me. In un primo istante mi domandai se l'avessi turbata. Poi prese respiro e avvicinandosi cominciò a parlare con voce tranquilla e rilassata:

« I vampiri non esistono è vero, ma non mi dire che l'amore fra persone che non ti aspettavi, fra due persone diverse, non è mai sbocciato... »

L'interessa di Rosalie per Emmett.

« Non mi dire, che tu stesso, per amore di qualcuno, non stravolgeresti la normalità delle cose.. »

L'entrata in scena di Emmett, nella storia fra Rosalie e Royce. Ed io? Sì, lo avrei fatto.

« Non mi dire, che l'amore delle persone sia fondato solamente sull'aspetto interiore... Sfortunatamente anche quello esteriore fa la sua differenza... »

Piano piano si era avvicinata, arrivando dritta di fronte a me.

« E non mi dire, che i ragazzi gentili come il protagonista non esistono... »

Già come il carissimo Joseph?

« Capolavoro... Sai... Un libro ti può piacere, ma mai e poi mai ti farà schifo. Ti può piacere tanto e ti può piacere poco, ma consapevole del fatto che dietro di esso c'è stato passione, tempo speso, fatiche e quant'altro, finisce per piacerti anche solo un po'. Perché per quanto una cosa per te può essere più o meno bella, per chi l'ha ideata e ci ha messo tutto l'amore possibile, ha creato nel suo essere una vera e proprio opera d'arte... »

Rimasi immobile. Sbalordito da quelle parole. Le labbra erano leggermente aperte, mentre nel volto di Alice non vedevo la vendetta per avermi lasciato senza parole. Non vedevo la vittoria nel suo volto. Ma un sorriso sincero, pieno di compassione e di gioia.

E che cosa potevo fare? Che cosa potevo fare se non contraccambiare?

Abbassai leggermente il volto, sorridendole, un sorriso quasi imbarazzato davanti a tanta convinzione, a cotanta determinazione.

« Dai andiamo, altrimenti mi sa che mi congelerò! Ah e per la cronaca, Jessica ce l'ha!»

E prendendomi il braccio, facendomi una linguaccia scherzosa, come era solito fare, mi fece fare dietro front e insieme ricominciammo la camminata. Più silenziosa, e da parte mia, più imbarazzata. Perché non aveva mai pensato a quanta passione potesse metterci Alice, in qualsiasi tipo di azione. E in quel momento mi resi conto che per quanto la sua statura potesse farla sembrare ancora una bambina, Alice dentro di sé, era sicuramente più grande e più determinata di altri. Ero certo che se avesse voluto, sarebbe stata in grado di far sentire qualsiasi persona, più piccola di lei, non tanto per la grandezza fisica, ma da un parere composto da parole intense, e sarebbe stata in grado di far abbassare il capo a chiunque, in una sorte d'inchino davanti a lei.

Era strano, ma mentre camminavo non mi concentravo suoi passi. Non mi concentravo sul paesaggio, ma su di un rumore appena percettibile esternamente, ma più forte dall'interno. Mi concentravo, focalizzando l'udito su di me, all'altezza più o meno della spalla, al centro del petto. Il rintocco prodotto da quel movimento, da quell'organo erano udibili da me stesso, sembrava come se avessi appena finito di correre. Come quando per pura casualità ti lasci trasportare dall'acqua che ti avvolge durante un bagno rilassante. Lasci che il tuo corpo si immerga completamente nell'acqua. Lasci che il tuo volto venga abbracciato dal calore dell'acqua e rimanendo in silenzio, senza alcun piccolo ostacolo, lo senti. Senti il tuo cuore pulsare, creare piccoli movimenti all'altezza del tuo petto e in quel momento ti rendi conto di quanto è speciale, di quanto in mezzo a tantissimi altri tipi di rumore, quella è la melodia più bella, anche se tua. Regolare, rilassante, che detta il tuo vivere, il tuo essere, la tua vita. E in quel momento, non mi serviva avere una barriera come quella dell'acqua per sentirlo più amplificato. Lo sentivo e basta. Lo sentivo mentre dettava al mio corpo ogni santissimo meccanismo che mi permetteva di vivere quella serata, di vivere quel momento.

« Guarda, in quel bar, ci sono Mike e Jessica... »

La sua voce mi fece allontanare dalla musica che stavo ascoltando e alzando il capo, verso il punto in cui mi indicava con l'indice della mano, notai seduti su di un tavolo, Jessica che si guardava attorno e Mike, con il capo appoggiato sulle braccia, letteralmente stravaccato sul tavolino.

« Hei perdente, vinco io! »

Alice lasciò la presa, lasciandomi attorno al braccio che era fino ad allora coperto dal suo corpo, una sorte di freddo, aumentato dalla temperatura invernale di Aspen. Lei fece qualche passo in avanti, in una sorte di camminata veloce, con il cappotto mezzo aperto dalla parte superiore che si apriva quando eseguiva un novo movimento. All'incirca tre passi. Poi, Alice si voltò. Si voltò verso di me, sorridendomi, eseguendo un mezzo giro su sé stessa, per poi riprendere la camminata verso l'entrata del bar.

Cominciai a camminare solo dopo qualche istante, solo quando dopo aver ammirato la sua camminata, che sembrava essere esattamente come quella di una ballerina che appena sfiora il suolo, scossi leggermente la testa e cominciai a seguirla, fino ad entrare insieme nel locale.

Non appena entrammo il calore del locale cercò di penetrare dentro i miei vestiti, ma uno sforzo inutile. Era come se il calore che Alice mi aveva donato fosse ben superiore rispetto a quello. Come se il mio corpo avesse deciso di pompare sangue solamente quando lei mi era accanto.

Sto... Impazzendo?

« Ragazzi, siamo qui! »

La voce di Jessica ci fece voltare verso di loro, mentre a fatica Mike cerco di prendere coscienza dei suoi movimenti alzando appena il braccio, lo stesso braccio che contribuiva a sostenere la testa. Risultato? La testa scivolò appena svegliandolo bruscamente.

« Che ha? La fatica si fa sentire? »

Domandò Alice togliendosi il cappotto e sedendosi di fronte al ragazzo mal messo. Jessica scoppiò a ridere, e strizzando l'occhio ad Alice disse:

« Semplicemente si è lasciato andare... »

Io ed Alice scoppiammo a ridere scambiandoci uno sguardo di contesa. Forse, lo era per lei...

« Vuoi qualcosa? »

Alzai nuovamente il capo incontrando nuovamente quello di Alice che attendeva una riposta sorridendomi.

« Eh si certo... »

Dissi marcando quel mio impaccio, scuotendo leggermente la testa, come a farmi rinvenire da un sogno. Quando terminai calò il silenzio. Avevo detto qualcosa di sbagliato?

« Sì, quindi... Mi dovresti dire che cosa vuoi... »

Alice riprese dopo qualche secondo allargando maggiormente il suo sorriso. Giusto, mancava un piccolo particolare.

« Ah sì... Una... Una Coc... No! No, una Radler...»

« Idee chiare eh! »

Si alzò in piedi passandomi da dietro le spalle mentre con la mano mi spettinò i capelli. In quella frazione di secondo, con quei movimenti, si alzò una piccola folata di vento, innalzando così anche una piccola quantità di profumo che non mi lasciai sfuggire. Inspirai a pieni polmoni, sentendo l'aria penetrare nelle mie narici, avvolta da quella fragranza che ricordava vagamente in me l'immagine di una rosa.

Era ormai ovvio, quella giornata la mia testa era altrove. Era per caso finita nell'iperuranio di Platone? In quel mondo oltre la volta celeste dove risiedono idee meravigliose, perfette, troppo perfette perché la mente umana riesca a capirle.

« Jasper? Stai bene? Sembri strano... »

Ed ecco il primo avvistamento. Guardai Jessica e scuotendo leggermente la testa dissi sorridendole:

« Penso sia la stanchezza... »

« Bé riprenditi dai! »

Riprendersi. Una parola...

Non appena Jessica tornò ad incitare Mike, in modo da farlo riprendere da quella piccola sbronza, lasciai che lo sguardo vagasse alla ricerca di Alice. Misi pochi secondi a trovarla ed altri pochi istanti per cambiare l'umore. Alice attendeva accanto ad un bancone, mentre due ragazzi seduti lì accanto, cominciarono a parlare fra di loro e a ridere, mentre con lo sguardo squarciavano la sua immagine. Strinsi le mani in due solidi pugni, mentre con lo sguardo tornai dritto davanti a me. Dovevo trattenere il mio controllo. Non lo so che cosa mi stava accadendo, ma dovevo darmi una controllata. Ma più cercavo di non pensarci e di darmi un contegno, più le loro risate penetravano nelle mie orecchie, come un allarme che ti avverte all'istante. Chiusi gli occhi per non pensarci, ma un'altra nota delle loro risate arrivò dritta nell'orecchio. Spalancai di scatto gli occhi e con un movimento un po' più tranquillo ma comunque veloce, mi alzai in piedi facendo trascinare all'indietro la sedia. Camminavo a passo spedito, mentre con lo sguardo tenevo inchiodata la figura di Alice che sembrava non aver badato più di tanto alle risate dei due ragazzi.

Non sapevo perché lo stavo facendo, ma quell'attenzione mi stava dando troppo fastidio. Non appena arrivai a qualche passo dal bancone, alzai lo sguardo incontrando quello di uno dei due ragazzi, che automaticamente smise subito di ridere ed incominciò a guardarmi con un volto interrogativo.

« Ammettilo... Non ti vedono... »

Dissi riferendomi alla sua altezza.

Mi appoggiai con le braccia sul bancone, mettendomi alla sinistra di Alice, lasciando che i due ragazzi potessero vedere certamente lei, ma con un piccolo particolare: la mia presenza.

« Ah, ah.. Spiritoso! »

Mi diede un buffetto sulla spalla, mentre gli altri due cessarono completamente di ridere.

Va già meglio...

Alice riuscì ad ordinare dopo pochi istanti il mio arrivo alla postazione e insieme, decidemmo di rimanere lì, per non dar fastidio ai due “piccioncini” poco più lontani.

« Caro Jasper, questa è stata una giornata soft. Le prossime saranno le migliori... »

Cominciò a parlare mentre ci sedemmo su degli sgabelli posto poco distante da quei ragazzi.

« Bé, questo è da vedere... »

« Che vorresti dire? »

« Che quella che sta per crollare fino a qualche minuto prima eri proprio tu... »

Alzò un sopracciglio, inchiodandomi con il suo sguardo penetrante.

« Tutta questa confidenza da dove le salta fuori Signor Hale? »

« Oh, mi perdoni se l'ho turbata... »

Lei con un gesto veloce afferro un'arachide posta su di un piattino, e con una mira infallibile centrò perfettamente i miei capelli. Fortunatamente misi poco a toglierla. Bastò una piccola scrollata e via...

« Jazz? Posso farti una domanda... »

Alzai lo sguardo mentre con la testa ero ancora piegato per togliere l'arachide. Aveva la testa leggermente affossata fra le spalle e con un movimento appena percettibile, si mordeva il labbro inferiore.

« Sì, certo, chiedi pure... »

Piano piano alzai il volto incontrando lo sguardo di Alice. Sembrava un po' incerta ed io, tanto per rassicurarla, lasciai che sul volto si disegnasse un sorriso e fortunatamente sembrò funzionare.

« Sei, sempre vissuto a Forks? »

In un primo momento rimasi in silenzio, guardandola negli occhi. Poi lasciai libera una leggera risata, ricordando perfettamente la prima volta che avevo udito quella domanda. Ma la mia risata non coinvolse più di tanto Alice. Ma a me faceva ridere.

Scossi leggermente la testa, prendendomi una posizione composta, con l'avambraccio sul bancone.

« No... No, non sempre... »

Scivolai con lo sguardo su di lei che annuì a quella risposta. Sembrava bastarle ma, a me non bastava.

« Prima che i miei genitori si separassero abitavamo a Lubbock, Texas. Poi, hanno scelto l'opzione strade diverse, così mia madre assieme a Rosalie e a Jenny che aveva tre anni, decise di trasferirsi a Forks. »

Parlavo con il volto dritto davanti a me, con le mani avvolte attorno al bicchiere.

« E tu? »

Girai il volto guardando Alice, rivolta verso di me con lo sguardo corrugato.

« Sono rimasto con mio padre, finché... »

Era quello il momento? Forse non nel dettaglio dato il luogo poco ideale...

« Diciamo che non andavamo più d'accordo. Così dopo quattro anni ho raggiunto mia madre... »

« Forse, non è il luogo ideale... »

Risi sentendo le parole che avevo pensato materializzarsi nella voce melodiosa di Alice.

« Che fai? Leggi nel pensiero? »

« No, ma mi piacerebbe... »

« Perché? »

Scrollò leggermente le spalle ed alzandosi in piedi, appoggiando una mano sul mio braccio, disse:

« Per lo meno ti risparmierei la sofferenza di raccontare... »

E con lo sguardo la seguì mentre raggiungeva Mike e Jessica. Afferrò i nostri cappotti e dopo pochi istanti me li consegnò, mentre con la mano inserì nella tasca del suo cappotto la testa per accedere alla camera dell'albergo.

« Ci pensano Mike e Jessica al conto. Possiamo andare? »

Scesi con un balzo dallo sgabello e afferrando il mio cappotto cominciai ad incamminarmi verso l'uscita. Alice in pochi secondi era già pronta per affrontare il freddo inverno, io invece mi ritrovai ad infilarmi il cappotto fuori dal locale e il risultato fu veramente pessimo.

« Facciamo domande più... più... più... »

« Più? »

Alice camminava con un passo piuttosto veloce, mentre cercava di dettare il nuovo piano per quel momento. Alzò leggermente le spalle, mentre si accoccolava con la sciarpa che indossava.

« Non lo so come si chiamano... »

« O...Ok... »

Non aveva le idee molto chiare quello era certo. Per lo meno non ero l'unico.

Con un balzò elegante, salì su di una panchina e continuando a passare fra l'una e l'altra disposte una infila all'altra, cominciò a farmi qualsiasi tipo di domanda, mentre ogni tanto scendeva dalla panchina per poi risalire su di una nuova.

« Colore preferito? »

« Alice ma che... »

« Ok, ok, il mio è il rosso il tuo? »

« Blu... »

Sbuffò leggermente roteando gli occhi al cielo.

« Maschi, banali. Sport preferito? »

« Mi piacciono più o meno tutti... »

« Mi ripeto, banali... Aspetta! »

Si bloccò all'istante mentre era in piedi sull'ennesima panchina, a metà circa del viale che conduceva al locale.

« Quindi ti infileresti anche un tutù per danza classica? »

Portai il palmo della mano sulla fronte scuotendo leggermente la testa. La stanchezza gioca brutti scherzi veramente! Mentre mi stavo chiedendo se in quel momento fosse realmente in grado di fare un discorso serio, sentì le sue mani afferrare il colletto del cappotto, costringendomi a voltarmi verso di lei. In piedi su quella panchina riusciva quasi a raggiungere la mia altezza, pochi centimetri ci dividevano per una statura uguale. E mentre nella mia testa cercavo di concentrarmi e di non perdere la mente chissà dove, sentì le sue mani sistemare leggermente il cappotto mentre con il sorriso stampato in volto giustificò la sua frase.

« In fin dei conti non avevo così torto! L'hai detto tu che... »

La sua frase fu troncata a metà. Il sorriso che aveva in volto si spense tutto ad un tratto e i suoi occhi blu vennero travolti da una strana luce. Le mani tenevano il colletto leggermente aperto e il suo sguardo era fisso su di un punto.

Corrugai la fronte non capendo che cosa avesse visto. Poi, la sua mano si mosse timidamente, come se avesse paura di far del male. Ad un tratto la punta delle dita sfiorò la pelle fredda del mio collo e in quell'istante sentì come un bruciore sul punto in cui mi sfiorò. Sembrava una scottatura, ma la cosa strana fu che le sue mani in realtà erano fredde. Ma solamente con quel tocco era riuscita a donarmi una strana quantità di calore.

Fui talmente attratto da quel tocco che non capì immediatamente che cosa avesse potuto farle cambiare l'umore. Le dita disegnavano un solco già presente sulla mia pelle, bastava solamente creare una specie di linea dritta qualche centimetro.

« Che ti è successo? »

La sua voce era appena udibile e sembrava essere uscita da un tunnel troppo stretto per uscire. Le sue mani non avevano lasciato la superficie della pelle e i suoi occhi erano dritti contro la prima cicatrice vedibile con poca fatica.

Calò il silenzio per qualche minuto. La sua mano era immobile sulla mia pelle, mentre il mio volto era leggermente rivolto da un lato, con lo sguardo lontano dal suo, per la troppa vergogna. Vergogna per quegli stupidi segni che avevo su tutto il corpo.

« Jasper? Che cosa è successo? »

La sua voce risuonò più alta e d'istinto mi voltai verso di lei incontrando allora il suo sguardo, in attesa di una mia riposta. Sospirai pesantemente e con la mia mano fredda afferrai la sua, apparentemente calda, togliendola da quel punto. E con tutte le mie forze possibili sfoderai un sorriso guardandola dritta negli occhi.

« Te l'ho detto. Non andavamo d'accordo... »

Lasciai scivolare la mano lungo il fianco, stringendo la sua in una stretta poco salda. Ma insieme rimasero unite.

 

 

Dopo qualche minuto arrivammo in hotel. Sia io che lei, dopo quella piccola scoperta, non parlammo più di tanto e lei, per buona parte del tempo, si era aggrappata al mio braccio. Sì assomigliava alla posizione che avevamo quando eravamo davanti alla libreria, ma sembrava più stretta e salda. Ma a me, importava più che altro sentire il calore e il suo profumo.

Non so come, ma in pochi istanti ci ritrovammo davanti alla porta della sua stanza. Rimasi fermo immobile ed in silenzio. Ma lei non diede segni di vita. Era così troppo turbata per quello che avevo visto? Non mi sembrava. Durante il tragitto avevamo parlato tranquillamente.

« Alice? »

Mugugnò qualcosa che mi fece sorridere. La stanchezza si stava facendo padrona del suo corpo.

« Andiamo Alice siamo arrivati. Tua stanza. Tu entrare. Io andare nella mia... »

Si strinse maggiormente attorno al braccio, affondando il volto sulla stoffa del cappotto.

« Non andare... »

Sorrisi sentendo quelle parole e senza troppi complimenti, presi la tessera che aveva messo nella tasca pochi istanti prima di uscire dal locale e con un gesto veloce, trascinai la superficie della tessera aprendo così la porta della stanza.

« Capito... »

La sua voce sembrava leggermente più sveglia. Sembrava. Fece qualche passo in avanti e pochi secondi dopo si voltò verso di me. Si alzò elegantemente sulle punte e in pochi istanti mi lasciò un leggero bacio sulla guancia. Lo stesso calore, la stessa sensazione di quando sfiorò la mia pelle, ma di una quantità maggiore, estremamente maggiore.

« Ne parleremo... Notte Jasper... »

« Notte... »

Mi sorrise un'ultima volta, poi la porta si chiuse. Sospirai socchiudendo gli occhi, lasciando quel sorriso sulle mie labbra. Quella giornata era stata veramente una delle più strane, intensa per le continue emozione ed anche, personalmente abbastanza rilevante, quei pochi minuti erano stati un piccolo sbocco per l'uscita di quel peso che da anni nascondevo solo con la mia famiglia.

Dopo qualche minuto, rientrai nella stanza e per prima cosa appesi il cappotto lasciando la tessera della stanza sul tavolino appena dentro.

« Aspetta... Due? »

Possibile che Mike non si fosse preso la sua? Presi in mano le due tessere bianche e velocemente lessi le cifre diverse che le contraddistinguevano.

« Dannazione! »

Infilai nella tasca la mia ed aprendo velocemente la porta uscì diretto nuovamente alla stanza di Alice. Attesi qualche minuto davanti alle porte dell'ascensore poi, finalmente, riuscì a tornare davanti alla stanza.

Mi schiarì leggermente la voce e con un gesto delicato, bussai le nocche della mano contro la porta di legno davanti ai miei occhi.

Nulla.

Tesi i muscoli del collo e spostando la testa prima a destra e poi a sinistra stirai completamente i muscoli. Una sorte di gesto scaramantico prima di bussare nuovamente alla porta.

Nessuna risposta.

« Alice? »

La mia voce risuonò nel corridoio senza una dovuta risposta. Ci pensai qualche istante, poi presi coraggio ed aprì la porta con la tessera che avevo in mano. Cercai di fare il meno rumore possibile e solamente dopo qualche secondo, sussurrai nuovamente il suo nome. Attesi qualche istante, giusto il tempo per far abituare i miei occhi alla poca luce. Cominciai a camminare nel corridoio che sicuramente mi avrebbe portato alla camera. La chiamai nuovamente ma nessuna riposta, finché ad un tratto quando il corridoio terminò finalmente ebbi una risposta a quel mutismo.

La stanchezza aveva fatto il suo dovere, lasciando che il sonno si rendesse padrone del suo corpo. Sorrisi guardandola mentre dormiva beatamente e perché no? Immaginai anche che nella sua testa si stesse materializzando l'immagine di una nuova giornata.

Lasciai la tessera sul tavolino, convinto di andarmene e di togliere il disturbo il prima possibile ma, il mio sguardo fu attratto da una macchia nera posta nel letto vuoto, probabilmente quello di Jessica. Mi avvicinai senza fare il minimo rumore e con delicatezza afferrai il libro, aperto e rivolto verso il basso per mantenere il punto in cui probabilmente era arrivata. Mi sedetti sul materasso e sfiorai con la punta delle dita la copertina lucida nera, ammirando per qualche istante quel fiore mezzo bianco, imbevuto di un colore rosso che immaginai fosse sangue data la materia che trattava. La curiosità crebbe sempre di più e prendendo un bel respiro, aprì il libro nel punto esatto in cui era aperto.

Lessi velocemente, facendo schizzare lo sguardo fra le righe del libro. Più di tanto non capì che cosa stesse accadendo, ma continuai comunque e leggere con gli occhi quello che la scrittrice lasciava detto. Poi la mia testa fu catturata da delle parole:

«Torna subito all'ombra! Muoviti!».

Sembrava perplesso. Mi sfiorò piano una guancia con le dita. Non si era nemmeno accorto del mio tentativo di riportarlo indietro. Era come spingere contro le mura di cinta. La campana suonava, ma lui non reagì.

Ci trovavamo entrambi in pericolo di morte. Eppure, in quell'istante, mi sentii bene. Intera. Finalmente sentivo il cuore pompare nel petto, il sangue scorrere caldo e veloce nelle vene. I miei polmoni si riempirono del dolce profumo della sua pelle. La voragine si era chiusa senza lasciare traccia. Mi sentivo perfetta, come se la ferita non si fosse mai spalancata. “

Parole che a mio parere descrivevano in un modo sorprendentemente perfetto l'immagine che avevo io dell'amore.

Rilessi all'incirca quelle parole per ben tre volte, immaginandomi che cosa era accaduto prima di quell'evento narrato e di come potessero essere quelle emozioni. In un primo istante lasciai perdere, ma era come se una voce dentro di me, chiamatela pure coscienza o quello che volete, mi costringesse a chiudere gli occhi e a pensare. Rilasciai il libro nello stesso punto in cui lo avevo trovato e così feci, chiusi gli occhi appoggiando i gomiti sulle ginocchia.

Immaginai il calore di un braccio avvolto attorno al mio, regalarmi calore, un calore carnale e nel momento esatto in cui si sciolse, subentrò il freddo. Sì, era un calore vero che poteva benissimo assomigliare a quello descritto nel libro.

Immaginai per qualche secondo, una possibile fragranza in grado di farmi impazzire. E in pochi istanti si aprì lo scenario di una rosa.

Immaginai allora la sensazione di questo cuore che batte nel petto, come se stesse facendo un enorme sforzo per non impazzire. Sì, l'immagine era ben nitida nella mia testa, come se apparentemente avessi già provato quella sensazione.

Infine immaginai le sensazioni che mi potevano suscitare quei due elementi. Felicità, gioia, pienezza, completezza. Sì, erano perfetti.

Lasciai che le immagini nella mia mente prendessero forma, mostrandomi per qualche secondo, come dei veloci flash, la mia immagine, quella di un ragazzo felice mentre cammina tranquillo e beato. Ma piano piano l'immagine si allargò sempre di più, mostrando all'inizio le sue braccia avvolgere il mio. Risentì nuovamente il mio cuore creare quella melodia che avevo ascoltato qualche ora prima con lei. Finalmente l'immagine ebbe una inquadratura più ampia, che se dovessimo usare il linguaggio cinematografico potremo dire benissimo un'inquadratura western. E con essa, si materializzò anche la completa figura di lei sorridente e scherzosa.

Riaprì di scatto gli occhi, incontrandola nuovamente davanti a me, questa volta realmente presente e non immaginata nella mia testa. I lineamenti perfetti del suo volto erano gli stessi che avevo immaginato e le sue labbra che disegnavano il sorriso che avevo immaginato era lo stesso.

Portai leggermente il volto verso di lato, ostacolandomi così la sua visuale. Il cuore cominciò a risuonare, esattamente come qualche ora prima. Ma questa volta era qualcosa di più straziante, che stava solamente facendo largo nella mia testa a quelle stesse parole del libro presenti nella mia realtà.

Chiusi gli occhi, portando le mani fra i capelli, sperando che quel suono la smettesse di martellarmi nel cervello. Ma nel momento esatto in cui il buio si presentò davanti a me, una nuova immagine si aprì come un sipario durante l'ultima rappresentazione di un'opera teatrale. La sua voce che mi indicò che in quel locale c'erano Mike e Jessica. Nuovamente la melodia della sua voce che mi diceva “Hei perdente, vinco io!”. La sua camminata leggera ed elegante, che sfiorava appena il suolo. Il suo cappotto nero che ad ogni passo si muoveva raffinatamente. Poi si voltò, in una sorte di mezzo giro, e nel momento esatto in cui mi sorrise, al posto del cappotto nero, indossava un'impermeabile di un marrone chiarissimo. E in quel preciso istante, la canzone di quel sogno, fatto qualche giorno prima, cominciò a risuonare nella mia testa.

Riaprì gli occhi aprendo leggermente le labbra, in modo che l'ossigeno riuscisse ad arrivare meglio ai miei polmoni. Ma non riuscì a rimanere in quella posizione. Mi voltai allora verso Alice che ancora dormiva beatamente. Dovevo assolutamente lasciare che i miei occhi vedessero lei realmente e non in una stupida immagine della mia mente, pur sempre affascinante dato il soggetto.

Piano piano il respiro tornò regolare e come se non fossi padrone delle mie azioni, lasciai che il corpo venisse comandato da quello che provavo e che io non conoscevo data la natura inconscia. Mi alzai dal materassi facendo forza con le mani e con un movimento lento mi abbassai nuovamente, rannicchiandomi sulle gambe più o meno ad altezza volto. Il suo respiro era regolare e mi bastava anche solo un normalissimo respiro per sentire quel profumo che avevo amato inconsciamente.

Sospirai mentre nuovamente la realtà mi si parò davanti agli occhi e per qualche secondo appoggiai la fronte sul materasso. Era giusto tutto questo? Era giusta la sensazione che mi sembrava di avere dentro di me nei suoi confronti? Possibile che stessi provando in qualche modo una certa attrazione per Alice Cullen?

Rialzai il capo, incrociando nuovamente il suo volto, così rilassato. E, ancora una volta, ascoltai quello che il mio corpo mi dettava. Alzai piano piano la mano gelata, e con la punta delle dita, con estrema lentezza, sfiorai appena la superficie delle sue guance. Il contatto provocò la sensazione di calore che avevo sempre percepito quando Alice mi sfiorava e che io, stupidamente, avevo ignorato, considerandola come una cosa del tutto normale.

Ma ora, non lo era più. Tutto quelle sensazioni, pensieri e quant'altro che per quella giornata li avevo considerati “strani” ora, erano la conferma di qualcosa di più profondo ed intenso.

La mia mano continuò a sfiorare il suo volto, fino a quando mi resi conto che forse era il momento di andarmene. Afferrai delicatamente l'estremità delle lenzuola e con un movimento delicato le alzai leggermente, mentre le gambe si stesero costringendomi ad alzarmi in piedi. Ammirai ancora una volta il suo volto finché mi voltai velocemente in modo che quel sentimento non mi costrinse a voltarmi nuovamente.

Più camminavo lontano da lei, più sentivo una strana sensazione contorcersi mentre le continue immagini continuarono a materializzarsi nella mia testa. Compresa un'altra, che fino ad allora non avevo preso in considerazione: il comportamento che avevo avuto quando quei due ragazzi ammiravano fin troppo Alice. E più ci pensavo e più la rabbia cresceva. Ma tutto ad un tratto, nel momento esatto in cui mi sedetti sul bordo del letto, pronto per la supremazia della stanchezza, l'immagine di Joseph mi si parò davanti agli occhi.

Ecco il particolare che non avevo preso in considerazione. Ecco la persona che aveva potuto benissimo distruggere con un nulla il sentimento che provavo per Alice. Era Joseph che risiedeva a fianco di Alice, non io.

Dovevo lasciar perdere? Lasciare che quel sentimento fosse solo mio e che dovesse quindi rimanere solo chiuso dentro di me?

«Non mi dire, che tu stesso, per amore di qualcuno, non stravolgeresti la normalità delle cose»

Le sue parole ritornarono nella mia testa. Avrei stravolto la normalità per lei?

Non diedi una risposta a quelle domande, e senza pensarci due volte mi infilai sotto le coperte pesanti di quel letto. La voce che avevo nella mente era la sua, come lo era anche la sua immagine, perennemente presente dentro di me, mentre le immagini di Joseph cominciarono a vocalizzarsi. Lui, accanto ad Alice, le mani sulle sue spalle e con voce roca le sue parole penetrarono dentro di me, dentro la carne del mio cuore come delle lame di ghiaccio: She's mine.

 

 

 

Risposte recensioni:

@alicecullen19 Ciaro cara, ti ringrazio per aver lasciato un tuo parere ;) Bé, scriviamo pure “meno 1” dato che uno dei due si è capito ;) Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

Un mega abbraccio!

 

@I_love_Ashley_Greene Ciao Jay! :D Cavolo quanti bei complimenti che mi hai detto *-* Veramente non sai quanto mi faccia piacere leggerli, ma come dico sempre, se anche tu hai qualcosa che non ti piace della storia o che ne so del mondo di scrivere non farti problemi a dirlo chiaro e tondo (quadrato non mi piace -__-)

Allora facciamo così, io aspetto Piaciugo eh! L'hai detto quindi ora aspetto e se non me lo ritrovo sotto l'albero il 25 dicembre ti vengo a cercare! XD

Ok dai, dopo questa bella cavolata posso anche scavarmi la fossa dove nascondermi xD

Come sempre spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e se lo vorrai lascia pure una traccia del tuo passaggio! Fanno sempre comodo xD

Ah e mi dispiace di averti fatto prendere un colpo con l'avviso per il compleanno di Alex! XD Sono scoppiata a ridere!

Un mega abbraccio, non Paciugoso dato che dovrai regalarmelo -__-

 

@EDVIGE86 Ciao cara! Mi dispiace che sia stata una brutta giornata, non dovrebbe capitare mai a nessuno cavolo. Spero che comunque sia tutto ok, nulla di grave... Anzi! Sai che ti dico? Ti scrivo una cosa che una volta mi ha detto una persona moooolto importante in una recensione di una mia storia: non farti problemi a parlare qui, dove l'unica cosa che conta sono il peso delle parole e i loro sentimenti racchiusi al loro interno.

.Ok....Forse le tue parole non erano proprio simili però dai, il concetto era quello cara mia xD

I tuoi complimenti mi fanno sempre sorridere e naturalmente stra piacere non sai quanto!

Allora... Si hai perfettamente ragione, Jasper ha dato la possibilità di aprirsi nei confronti di Alice ma, quando ci ho pensato mi sono balzate in mente due cose: primo, personalmente se una persona mi dà la possibilità di conoscerla io aspetto un po' di tempo prima di sommergerla dalle domande. Ecco per cui ho scelto che in questo capitolo Alice si slancia solamente per chiedergli una cosa che aveva già cercato di chiedergli. Secondo, volevo che Jasper fosse completamente aperto perché conscio del fatto che per lui, Alice è più di una semplice persona/amica. Ed ecco qui la comparsa di questo capitolo!

Che, fra l'altro, spero che ti sia piaciuto! Detto questo ti lascio un mega bacione abbraccione, confermando una cosa: evviva la coppia Jay e Ash! XD

 

@Alex_Lestrange Ciaoooooooooo! XD Io tutto bene dai tu?? Ah, ho preso in considerazione il fatto di cancellare l'avviso per il tu compleanno e.... Mi dispiaceva cancellare tutte le tracce :( Così ho scelto di sì cancellare, ma di copiare qui sotto alla fine di tutto, l'avviso e le risposte che ho ricevuto in quell'avviso (ovvero gli auguri che alcuni ti hanno fatto xD). Accettalo come una sottospecie di regalo dai xD

Passando al capitolo, interessante l'opzione Alice che prende sostanze stupefacenti xD La prendetò in considerazione carrrrrrrrra!

Hai ragione, avrei potuto utilizzare il viaggio come mezzo per conoscersi meglio ma, penso che in questi giorni tutto verrà svelato ;)

Ecco, ti dirò la verità, questo capitolo non è stato complicato nel scriverlo ma, diciamo, avevo paura di essere troppo esagerata. Nel senso, di aver fatto scoprire il tutto a Jasper troppo brsucamente. Quindi ti chiedo di dirmi se lo vedi anche tu così oppure no. Perché veramente, ogni volta ho una certa ansia quando posto un nuovo capitolo xD

Quindi, qualcosa di gustoso penso di averlo lasciato. Ma forse è stato troppo gustoso chi lo sa!

Come sempre spero che almeno un po' questo capitolo ti sia piaciuto e come sempre, solo se tu vorrai, non vedo l'ora di leggere il segno del tuo passaggio, come sempre bello da leggere!

Un mega abbraccio Paciugoso e ancora tante angurie! XD

Ps. Per la cronaca io non perdonerei Mary che ti ha fatto gli auguri in ritardo -___-

 

mary whitlock Parli del diavolo e spunta Mary xD Scherzo io! Ciao Cara come stai??? :D

Anche per te sono scoppiata a ridere leggendo il tuo commento riguardo l'avviso. Attacchi di panico xD

Passando alla storia. Allora ho scelto di dare un'immagine diversa di Mike e Jessica perché poverini mi fanno pena. Tutti dicono su a loro che poverini sembrano alla fin fine gli stupidi di turno. Bé va bé insomma, ho voluto staccare dal normale ecco tutto xD

Come ho già detto, Alice non ha colto subito l'opportunità che gli ha dato Jasper, perché a mio parere (esempio stupido lo so) se una mia amica mi dice “Fra, ho una nuova maglietta è favolosa” Io chiedo se me la potrà prestare e se la riposta è “sì” bé poverina aspetto a tartassarla per farmela prestare! XD Sì lo so esempio stupido però dai.. ormai penso che tu abbia capito con chi stai parlando xD

Allora mi sono detta, ok niente domande troppo personali, che caspita gli facciamo fare? Doveva esserci qualcosa di bello e... Ho pensato che Jasper si lasci più andare se capisce che cosa prova per Alice. Ed ecco questo capitolo! E poi... Diciamo che anche io ero curiosa di sapere come avrei scritto il capitolo xD

Ooooohh! Che belle le frasi che hai scritto *-* Ciò... Aspetta... Non perché voglio vantarmi di averle scritte io, per niente, ma perché sono le mie preferite *-* Che cosa dolse...

Per la cronaca... Tu ti tieni Paciugo, io Jazz -__- Tze... Senti questa....

Eccoci qui allora, spero che il capitolo ti sia piaciuto almeno un po' e non vedo l'ora di leggere la tua recensione e naturalmente le famose frasi :P

 

@Tutti: perché ho scelto di inserire un libro della Meyer (in particolare New Moon)? Primo: allora New Moon è stata la casualità. L'ho riletto velocemente e mi sembrava una parte perfetta quella per la situazione.

Secondo: ho inserito una specie di mia cosa, nel senso che io all'inizio la pensavo esattamente come Jazz: Twilight = Cavolata abissale. L'ho criticato, sono stata un'anti Twilight per un bel po', ma poi la mia migliore amica mi fa “Ok, provalo allora!” E da quando ho letto Twilight ho spazzato via tutti gli altri e me li sono mangiati xD (….In senso metaforico eh O.o ) Per questo sono debitrice alla mia migliore amica che mi ha fatto scoprire questo mondo *-* Mi sa che dovrò ricambiarle il favore xD

E come Jasper, prima ero schifata da cotanta fama per questo libro, poi però ne sono stata affascinata. Ora? Bé ora si mi piace, molto, ma mi dispiace che venga commercializzato da tutti e in qualsiasi modo. Ma va bé di certo non me lo farà odiare e in fin dei conti è solo un mio punti di vista.

 

Mi sembra di aver detto tutto, lascio qui il contenuto del vecchio avviso che avevo lasciato con le rispettive recensioni. Un abbraccio a tutti quelli che leggeranno il capitolo !;)

 

 

 

Avviso:

 

Sì, anche io ogni tanto metto qualche Avviso.

No, tranquilli, nessun buco mentale che mi interrompe il proseguimento della storia (tranquilli a chi piace questa storia continuerà e sfortunati saranno quelli che invece non la sopporta xD).

No, sto alla grande. Non sono ancora caduta o scivolata sul ghiaccio. Sto beeeenone!

No, Twilight mi piace ancora e continuerà a piacermi (e a proposito, questo lo capirete maggiormente anche nel prossimo capitolo ;) )

No no no, nessuna vacanza in arrivo, quindi continuerò (si spera) ad aggiornare il prima possibile.

E per tutte le altre cose, come punizioni o robe varie... NO!

Allora vi chiederete “Perché cavolo ha inserito un avviso?!”

Bella lì!

Ho deciso di creare questo piccolo avviso (che verrà poi sostituto con il prossimo capitolo), per avvisare di una cosa abbastanza rilevante.

Almeno per me.

Non vogliono creare casini, ma mi sembrava d'obbligo ricambiare con una specie di regalino, l'impegno e la costanza. Carattere che hanno un bel po' di persone come te, che ancora stai leggendo o che forse inizierai proprio da adesso.

Ma oggi, 10 dicembre 2010, è mio obbligo perché voglio farlo e perché devo farlo, fare i più sinceri auguri alla nostra Alex_Lestrange, che oggi compie gli anni! (che poi, quanti saranno? O.o 18? 20? 50? E' un vampiro?! O.o)

Ho dovuto farlo per, in qualche modo forse anche con un risultato pessimo, ricambiare la sua fatica di recensire ogni santissimo capitolo, dall'inizio, dal primissimo capitolo!

Quindi, arrivati a questo punto, faccio i più calorosi auguri alla mia lettrice e recensitrice (esiste come parole? O.o), sperando che questo sia un bellissimo giorno e che di questi tu possa viverne 10, 100, 1000 e di più! E' stata una fatalità, perché se tu non me lo dicevi io nemmeno lo sapevo, quindi... Ho colto l'opportunità di farlo!

Insomma, ho avuto una bella botta di fortuna xD ( per non essere volgare)

E ti spedisco virtualmente un mega bacione con la particolarità di un abbraccio Paciugoso!

Ah e mi raccomando, raccontaci tuuuutto quello che è successo eh ;) Regali, festa tutto quanto!


 

Detto questo, colgo anche l'occasione di ringraziare tutti quanti, anche tu che stai leggendo, e anche se non conosco il tuo nome, o se conosco solamente il tuo nickname, fai finta che alla parola “tutti quanti” ci sia scritto proprio il tuo nome!


 

Un mega abbraccio Paciugoso (questa volta il mega bacio lo lascio ad Alex dato che è il suo compleanno U.U ) a tuuuuuuti voi! Alla prossima! :)

Fra!

 

Recensione di Alex_Lestrange :Ommioddio non ci posso credere, mi hai dedicato un post XD
Ti ringrazio infinitamente tesoro, sei la prima persona che mi fa sorridere davvero in questo triste giorno.
Essì, ho anche io la sindrome alla Bella Swan... l'idea di invecchiare mi deprime ogni anno di più.
Comunque no, non sono una vampira per mia immensa sfortuna... se così fosse spenderei la mia immensa sfortuna... se così fosse spenderei la mia eternità alla ricerca di Jasper U-u
Ho solo la 
bellezza di 19 anni XD
Ti ringrazio ancora una volta Fra per il pensiero carino, nessuna conoscenza virtuale aveva mai fatto una cosa per me *-*
Grazie grazie grazie, ricambio i baci e gli abbracci Paciugosi, te li meriti davvero!
Ci sentiamo al prossimo capitolo allora <3
Comunque volevo dirti che, se hai msn o fb, mi piacerebbe aggiungerti ad entrambi.
Un bacio <3<3

 

Recensione di  I_love_Ashley_Greene : Oddio, mi ero spaventato! Ma ora ho solo una cosa da dire...
Tanti auguri Alex!!!! (anche se non ti conosco! ;) )
Jay

 

 

Recensione di mary whitlock : Ammetto che all'inizio mi è preso un colpo!!! credevo che avessi aggiornato senza aspettare la mia recensione... ç.ç
invece no! è una bella notizia!!!!!!!!!!
qui non c'è bisogno di fare una recensione stra lunga, dico solo
TANTI AUGURI ALEX!!!
anche se un pò in ritardo... chiedo perdono... :)
Mary 

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Capitolo 12
*** Mannaggia! ***


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Mannaggia a me! Avevo pensato di riuscirci invece no... Mi dispiace molto!

Mi sarebbe piaciuto farvi un regalo a tutti voi, postando il nuovo capitolo della storia...

Ma sfortunatamente lo spirito natalizio mi ha coinvolto e vi dirò la verità, un po' come il Grinch comincio ad odiare il Natale >.>

Un po' per la storia dei regali, un po' per il fatto che la mia famiglia non va molto d'accordo con il resto dei parenti (e comunque c'è l'obbligo della cena insieme), un po' per tutto, sto cominciando ad odiare il Natale e mi dispiace :(

Ma va bé non importa dai sopravviverò comunque xD

Comunque sia il capitolo non l'ho postato vero, ma non potevo non fare gli auguri a tutti voi.

A voi che avete continuando a leggere i miei capitolo.

A voi,

  • AleR,

  • alice cullen in love,

  • alice90cullen

  • Aly93

  • AundreaMalfoy

  • CioccolatinoAlLatte

  • cliffy

  • crazy_cesca93

  • EDVIGE86

  • Eyla Ower

  • francesca_sielo

  • Frego

  • Isangel

  • LadyRhoswen

  • lauretta72

  • mary whitlock

  • rosy83

  • sabryepenny

  • xXFedeXx

Che avete aggiunto questa storia fra i “seguiti”.

 

A voi,

  • malandrini_xs

  • silvia 70

Che avete aggiunto la storia fra le “ricordate”

 

A voi,

  • Alex_Lestrange

  • alicecullen19

  • giorgina_cullen97

  • I_love_Ashley_Greene

  • jenny cullen

  • LoLiNa89

  • mary whitlock

Che avete inserito la storia fra i vostri preferiti.

 

A tutti voi io devo vi devo ringraziare, non tanto perché lo fanno tutti, ma perché avete dato un contributo fondamentale per la mia storia.

Quindi a tutti voi: GRAZIE!

Naturalmente ringrazio i miei “fantastici 5”,Alex_Lestrange, mary whitlock, EDVIGE86, I_love_Ashley_Greene, alicecullen19, che hanno continuato a recensire! Grazie mille!

 

A tutti voi (anche se con qualche ora di anticipo xD) grazie e, Buona Nataleeeeeeee! XD Un augurio a voi, alle persone che voi volete bene, a tutti i vostri animali domestici insomma, a tutti voi! E spero fortemente che il vostro sia un bellissimo Natale! :D

 

Un mega abbraccio e un mega bacio a tutti voi!

Buona Natale!

Fra!

;)

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Capitolo 13
*** Capitolo 12. ***


Capitolo 12.

 

 

Dal nulla gli stati d'animo della notte mi avvolsero, facendomi cadere nel sonno più profondo in pochi istanti. Avevo lasciato che le palpebre si chiudessero da sole, e dal nulla, il buio aveva fatto il suo dovere aiutato dal calore della stanza e dalle coperte del mio letto. Le estremità morbide delle lenzuola arrivavano appena sotto il mio mento, beandomi di quel calore della tipica casa accogliente.

Nessun sogno, nessun incubo, ma ad un tratto qualcosa di inaspettato cominciò a strapparmi dalle braccia del sonno. In un primo istante cercai di non badare a quel fastidio, facendo come se non esistesse. Ma piano piano stavo per ritornare alla realtà.

« Alice, ti prego fallo smettere... »

La voce di Jessica, mischiata a delle parole appena sussurrate dal sonno, arrivò perfettamente quando i miei occhi cominciarono ad aprirsi contro la volontà del mio corpo. Portai una mano sul volto, come a volermi svegliare completamente, lasciandola navigare fra i capelli. Impiegai qualche secondo a capire da che cosa era provocato quel rumore.

« Merda! »

Scattai in piedi, afferrando il cellulare mosso dalle vibrazioni, posto sul comodino accanto al mio letto. Non era il fatto di ricevere una telefonata nel bel mezzo della notte/mattina presto, ma il fatto che il mittente della chiamata fosse Joseph. Non riuscì a non pensare al peggio e cercando di dileguarmi in pochi secondi dalla stanza, afferrai il cappotto appoggiato sulla sedia.

« Joseph! Come stai? Va tutto bene? »

Domandai pochi secondi dopo essermi schiarita la voce. Avevo lasciato la porta socchiusa, in modo da poter entrare senza svegliare nuovamente Jessica, e con passo deciso mi allontanai di qualche metro dalla sua stanza.

« Tutto qui? »

Bloccai immediatamente la camminata, appoggiando la mano sul vetro della finestra del corridoio che avevo difronte, lasciando l'impronta delle mie dita. Fuori nevicava appena e la notte era padrona del paesaggio. Socchiusi leggermente gli occhi deglutendo, e prendendo un bel respiro dissi con un filo di voce:

« E' successo qualcosa? »

« No, appunto per questo! »

La sua voce penetrò nelle mie orecchie ben nitida e con un timbro di voce leggermente più alto del solito. Presi aria per dire qualcos'altro, ma lui riuscì ad anticiparmi di qualche secondo.

« Hai idea di quanto sia rimasto in pensiero?! Né una chiamata, né un messaggio niente di niente! Per di più consapevole del fatto che sei con lui non pensare che io sia tranquillo e sai perfettamente... »

Chiusi gli occhi, premendo le palpebre facendole quasi tramare per la forza. Sentivo le dita della mia mano aggrappata alla finestra, chiudersi in un pugno duro come il marmo. Lui era arrabbiato? Con me?! Non so perché, di solito ero abituata ad accettare il fatto che scaraventasse la colpa su di me, ritenendomi sempre la causa di tutti i problemi ma, quella volta sentivo la rabbia fremere dentro di me.

Le sue parole erano veloci, colme di rabbia e di delusione. Continuavano a fluire senza nessun problema, e solamente quando sentì una leggera pausa che mi avrebbe permesso di controbattere, aprì di scatto gli occhi e con un filo di voce lasciai che la mia testa prendesse voce:

« Zitto...»

Joseph si ammutolì, e nella mia testa cercai di immaginare la sua faccia sbalordita per la mia prima rivolta alle sue parole. Rimanemmo qualche secondo in silenzio, poi con estrema calma, cominciai a parlare con lentezza.

« Potrei dire la stessa cosa di te. Sei tu quello che ancora non capisce la verità... »

Non erano tanto parole di rabbia, più che altro erano parole che rappresentavano perfettamente me stessa: stanca.

« Non hai idea di quanto io abbia aspettato anche un solo messaggio dopo il tuo silenzio di ieri sera... »

« Se tanto volevi sentirmi potevi benissimo chiamarmi non credi?! »

Mentre parlavo avevo ricominciato a camminare, inoltrandomi fra i vari corridoi dell'hotel, lontani dalle camere dove la gente riposava. Per lo meno non dovevo far attenzione a non svegliare nessuno.

« E dimmi Alice, mi hai pensato in questa giornata o hai preferito spassartela con Hale?! »

« Joseph a me dispiace, ma veramente, anche io ci sono rimasta male... »

Lui continuava a parlare con parole che ogni volta ferivano la mia anima ed io continuavo a parlare con tranquillità, non tanto con l'intento di litigare, ma con l'intenzione di fargli capire che lui non era l'unico ad essere deluso. Ma la situazione degenerò, proprio nel momento in cui lui mi disse con estrema semplicità, oserei dire quasi con arroganza:

« Cazzate! »

Il fiato mi si spense in gola e senza volerlo sgranai gli occhi. Era questa la risposta che avevo ricevuto? La risposta dopo avergli spiegato che per quanto lo amassi ero comunque leggermente delusa dal suo comportamento? Non un “mi dispiace”, non un tentativo di venirmi incontro. Nulla. La barriera totale che cercava di dividerci senza complimenti. Per quanto ne potevo sapere, in una via di coppia, fra due innamorati si cerca di aiutarci, sacrificando un po' del proprio spazio per aiutare l'altro. E lui? Lo aveva fatto?

La risposta era semplice ma precisa: no. Joseph non aveva cercato di aiutarmi ed io cominciavo ad essere stufa. La delusione crebbe maggiormente e la rabbia raddoppio soprattutto dopo quella risposta. Squarciai quel silenzio, pronunciando con poca eleganza un secco:

« Joseph, fottiti... »

Avrei potuto dirgli un semplice “va al diavolo”, ma pensai che probabilmente quella parole descrivesse perfettamente quello che pensavo. Lo sentì urlare dall'altra parte della connessione telefonica, ma ormai quello che volevo dirgli lo avevo fatto e senza farmelo ripetere due volte, allontanai il telefono dall'orecchio e con un colpo secco spensi il telefono.

Sospirai liberamente quando riposi il cellulare nei jeans e rimasi qualche secondo ferma immobile riflettendo. No, la nostra storia non era finita, non ero di certo quel tipo di ragazze che interrompono un rapporto di coppia tramite una telefonata o addirittura con un messaggio. Ma ora in quel momento era troppo. Il suo comportamento era stato esagerato ora e anche la prima volta che gli parlai di Jasper, ed ora piano piano me ne stavo rendendo conto.

Con passo lento e con la testa altrove, cominciai ad incamminarmi verso le camere pensando a tutto quello che era accaduto e ad una cosa in particolare, a tutte le parole che mi aveva detto Edward. Lui ed Emmett erano piuttosto scettici su Joseph. Lo ritenevano fin troppo protettivo e possessivo, ma io non gli avevo mai creduto. Ma ora come ora, cominciai a risentire quelle loro parole fin troppo vicine.

A volte il silenzio è utile per concentrarsi ma, in quel momento era come se mille rumori fossero più sopportabili rispetto a quel silenzio che martellava la mia mente. Dopo qualche minuto arrivai davanti alla porta della camera e guardando il numero appeso su di essa mi resi conto che stendermi sul letto non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Non volevo pensare a Joseph e di certo non sarei riuscita ad allontanare quei pensieri se fossi rimasta con lo sguardo incollato sul soffitto. Per di più la rabbia aveva cancellato ogni possibile traccia di sonno.

« Fantastico... »

Sussurrai aprendo leggermente la porta e scivolando dentro la stanza. Jessica dormiva profondamente e sembrava non essere mai stata disturbata.

Meglio così.

Cominciai a camminare nel buio della stanza, cercando di schivare tutti i possibili ostacoli finché ad un certo punto non inciampai con un piede su di una borsa per terra. Fortunatamente riuscì a non baciare il pavimento aggrappandomi sul primo mobile e con sguardo assassino guardai quell'ammasso per terra. Feci per prenderla, decisa a dargli fuoco, quando mi accorsi che era la borsa che Esme mi aveva raccomandato di preparare. Avevo sostenuto che quella “cosa” non sarebbe mai servita ma, ora sembrava il momento perfetto. In quello zaino erano contenuti tutti i possibili indumenti per un'attività sportiva che sicuramente, in quel momento, avrebbe scaricato ogni possibile forma di nervosismo.

Feci qualche passo all'indietro e aprendo la porta guardai sulla finestra di fronte. La piccola nevicata di qualche minuto prima si era trasformata in una “meravigliosa” bufera, fatta di neve e vento. Sporsi leggermente il labbro inferiore, imbronciata contro il tempo che voleva essere mio nemico. Niente corsa, niente scarica d'energia...

Feci per chiudere la porta quando ad un tratto il mio sguardo fu catturato dalla luce riflesse in una stanza dell'albergo appena visibile dalla finestra di fronte alla stanza. Gli occhi mi si illuminarono e ancora una volta ringraziai mentalmente l'idea di Esme.

Presi il primo cambio d'abito disponibile nell'armadio e come aveva progettato la mia mente, afferrai anche la borsa che tutto ad un tratto era diventata la mia salvezza. Scesi velocemente le scale, facendo il meno rumore possibile. Quando arrivai davanti all'entrata notai che la luce si era spenta e accanto alla porta c'era un ragazzo che chiudeva a chiave la porta.

Mi ero persa un piccolo particolare: le piscine di notte sono chiuse.

Sbuffai portando il peso su di una gamba e con lo sguardo guardavo il ragazzo che sembrava in difficoltà. Una volta compiuta la sua missione si voltò e non appena mi vide sobbalzò leggermente. Sicuramente non si aspettava la presenza di qualcuno.

Scosse leggermente la testa come a riprendersi e sorridendomi mi salutò dicendomi un semplice:

« Salve...»

Fece per andarsene così per fermarlo, cercai di riunire tutte le mie doti di attrice, apprese e migliorate durante le recite a fine anno delle elementari:

« Mi sono illusa. Dannazione... »

Sbuffai rumorosamente ancora una volta arricciando leggermente le labbra e guardando il ragazzo che si bloccò all'istante corrugando la fronte. Quell'espressione mi ricordava vagamente qualcuno...

« Mi ero illusa che la piscina fosse aperta... »

« Ah, mi dispiace ma ero entrato per prendere una felpa che oggi mi sono dimenticato... »

Abbassai lo sguardo alzando leggermente le spalle cercando di assumere la tipica espressione di ragazza delusa. Meglio ancora illusa.

« Mi... Mi dispiace davvero! »

Il ragazzo sembrava davvero dispiaciuto ma, in fin dei conti che colpa ne aveva lui? Ma in modo furbo, approfittai di quel suo dispiacere.

Tipica tattica “faccio finta che non mi interessa più”.

« No, figurati è proprio la giornata allora... »

Lasciai cadere a terra la borsa, sedendomi su di una delle poltroncine accanto all'entrata.

« Fai parte di quel gruppo di ragazzi con la scuola? »

Sentì la sua voce più vicina, infatti si era comodamente seduto sull'altra poltroncina accanto alla mia. Io annuì con un cenno della testa, appoggiando il mento sul palmo delle mani, perfettamente immobili dato i gomiti appoggiati alle ginocchia.

Dopo qualche secondo di silenzio dissi:

« Diciamo che la piscina è stata la ciliegina sulla torta dato la brutta situazione con il mio fidanzato... »

In fin dei conti era anche la verità. Diciamo che l'esagerazione stava nell'aver reso l'uscita in piscina così indispensabile. Ma dopo varie esagerazioni in qualche modo riuscì a convincere il caro bagnino a lasciarmi l'accesso, a patto che entro le sei dovevo lasciare il campo.

Ringraziai mentalmente le capacità di persuadere che ogni donna possiede e senza farmelo ripetere due volte mi intrufolai dentro. Fu tutto veloce, come quando si chiude gli occhi e ad un tratto la stanza in cui ci si trovava è cambiata radicalmente. Nell'istante in cui la mia pelle fu riscaldata dall'acqua calda della piscina, ancora una volta ringraziai mentalmente Esme. Lei e la sua dote di prendersi cura di ognuno di noi sempre, in qualsiasi istante e come sempre la sua dote di azzeccare ogni cosa.

Esme, quella persona che i miei occhi avevano ammirato già dal primo istante in cui arrivai a casa Cullen. Quella donna che seppur conoscendo solamente il mio nome, aveva offerto corpo e anima per aiutare me e naturalmente sia Edward che Emmett. Per noi lei non era Esme. Non era la signora Cullen. Lei era semplicemente nostra madre. Colei su cui potevamo confidarci ogni volta, su cui io mi affidavo quando ero in difficoltà. Come per esempio la prima litigata che avevo avuto con Joseph. Bella non era ancora presente nella nostra famiglia, così mi ero affidata a mia madre.

Joseph...

Già, quel Joseph che anche quella volta era riuscito a rovinare la giornata perfetta che avevo avuto con Jasper. In pochi istanti mi ritrovai a stringere le dita in due solidi pugni di marmo. La rabbia ancora una volta cominciò a crescere e per evitare di urlare per la rabbia, cominciai a nuotare, con la speranza di riuscire a placare quell'ira.

Nulla.

Era come se mi mancasse qualcosa. Come se mi mancasse quel tassello fondamentale che sarebbe stato in grado di placare la rabbia. Era forse Joseph? La stessa persona che mi aveva fatto soffrire era in realtà quel tassello indispensabile per disinfettare quelle ferite che apparentemente potevano essere superficiali, ma che per me, per la seconda volta, non lo erano?

Mi ritrovai a nuotare ancora e ancora con nessun miglioramento.

Se tanto volevi sentirmi potevi benissimo chiamarmi non credi?!

La sua voce era impregnata nella mia testa. Il suo tono di voce duro e possessivo, descrivere con i peggiori dispregiativi Jasper, che in quella storia non centrava assolutamente nulla. La faccenda era mia e di Joseph, ma come al solito era riuscito ad attribuire anche un pizzico di colpa anche ad una persona esterna.

Mi fermai in mezzo alla vasca, e appoggiai le mani sulle tempie, premendole leggermente e chiudendo gli occhi.

Odio quando fa così.

Odio quando non si rende conto delle stupidità che dice.

Odia quando è così eccessivamente esagerato.

Odio...

I miei pensieri si interruppero quando sentì un rumore alle mie spalle. Sentì il cuore battere contro il mio petto in modo più intenso e d'istinto mi voltai verso l'entrata. C'era qualcuno.

Dannazione!

Dovevo inventarmi qualcosa. Cosa potevo dire? Conosco il bagnino e mi ha fatto entrare? Avrei messo nei casini lui oltre che me stessa. Credevo fosse aperta? Sì certo con le porte chiuse e priva di un servizio di salvataggio.

Mi morsi il labbro inferiore vedendo l'ombra di una persona magra e snella avvicinarsi.

Perché a me?!

Abbassai leggermente il volto chiudendo gli occhi e contai fino a dieci. Al finale del conto alla rovescia presi un bel respiro, come se dovessi scendere in apnea per dei minuti. I polmoni si riempirono dell'aria, impregnata dell'odore del cloro. Alzai di scatto la testa, pronta ad urlare che mi dispiaceva e pronta ad usare un'altra volta il fascino femminile, che sperai non mi avesse abbandonato.

« Jasper?! »

L'aria mi si smorzò in gola e gli occhi sgranarono davanti all'immagine del suo volto.

 

 

 

Sentì bussare alla porta e in pochi istanti mi ritrovai davanti ad essa, intento a tenere aperta l'entrata per far entrare Jessica che cercavo di reggere Mike. Roteai gli occhi al cielo e sorridendo le diedi una mano, facendo stendere il povero che invece di dare una mano continuava a ridere. Forse, è meglio dire che scaraventammo sul materasso il corpo inerme del biondino che si intrufolò nel letto, ordinandoci di raccontargli una storia.

« Jessica ma che... »

« Ah! Io non centro niente, buona fortuna! »

Lei alzò le mani in alto ridendo, cominciando a fare qualche passo all'indietro diretta verso la porta.

« No aspetta, non puoi lasciarmelo qui! »

« Notte, a domani Jasper! »

Sentì la sua risata farsi meno intensa non appena chiuse la porta. Rimasi qualche secondo a guardare l'entrata in silenzio, poi mi voltai verso Mike che fortunatamente sembrava aver preso un certo contegno.

La calma prima della tempesta?

Mi avvicinai al mio letto, sentendo il suo sguardo su di me. Io invece feci finta come se non fosse lì e mi infilai nuovamente nel letto. Il silenzio durò qualche secondo, poi fui lui ad interromperlo, portandosi una mano dietro la testa.

« Niente vero? »

Alzai lo sguardo corrugando la fronte, riuscendo a trattenere le risate per il timbro della sua voce così diverso dal solito.

« Cosa? »

« La storia! »

Non ci potevo credere. Veramente voleva che gli raccontassi una storia?! Afferrai il mi cuscino e con estrema “eleganza” glielo scaraventai in faccia. La lagna durò qualche minuto, poi fortunatamente ebbi la meglio a cadde nel sonno profondo. E proprio quando il sonno sembrava avvolgere anche me, mi sembrò di sentire la sua voce nella mia testa. Mi raggirai nel letto, mettendomi su di un fianco. Ma la mia fuga fu inutile e non appena chiusi gli occhi il suo sorriso si parò davanti ai miei occhi. E per tutto il tempo fu una continua fuga interrotta dalla sua presenza.

Alice era nella mia testa e come se fosse impossibile, non riuscivo a togliermela.

Non riesci o non vuoi?

Ora cominciavo a diventare veramente pazzo. Era come se la mia coscienza avesse cominciato a parlare con me. Ma non potevo nascondere che in qualche modo quella domanda nascondeva un filo di verità. Desideravo che Alice se ne andasse dalla mia testa? Ero pentito da quel “volerla”?

No...

Non avevo chissà quali pretese e di certo non avrei mai costretto nessuno. Mi bastava solamente sentire la sua voce. Quella voce che poteva dirmi anche un semplice “ciao”, ma rivolta a me e ciò mi bastava. Desideravo solamente vedere i suoi occhi indirizzarsi verso di me, e diventare ancora più intriganti con un sorriso che le illuminava il volto. Mi bastava sentire anche solo per qualche istante la sua mano sfiorare un mio braccio, o il suo braccio sfiorare anche solo per pochi istanti la mia spalla. Mi bastava poco e cose semplice, ma comunque degli elementi che poteva regalare anche a me oltre che a....

Joseph.

Mi resi conto che cominciai ad odiare quel nome non solo per quello che pensava su di me. Sospirai pesantemente guardando il soffitto. Ma perché Alice doveva essere imprigionata da quell'essere?

Continuai a pensare a lei, incatenata dalle braccia di quell'essere, e con quell'immagine lasciai che il sonno mi avvolse completamente, svegliandomi però dopo qualche ora, nel bel mezzo delle quattro di mattina. Mike russava tranquillamente ed io impiegai qualche minuto a capire che il sonno non mi avrebbe più aiutato a cancellare per qualche istante le immagini di Alice e la rabbia per la presenza indesiderata del suo fidanzato.

Ora basta!

Mi alzai all'improvviso, e senza farmelo ripetere due volte decisi di uscire dalla stanza, dato che la musica fatta da Mike era quasi noiosa. Infilai solamente un paio di scarpe dato che come pigiama indossavo solamente un paio di bermuda e una maglia a maniche lunghe. Bastava per assomigliare anche ad un semplice abbigliamento se non fosse stata per la pettinatura disordinata. Ad ogni passo sentivo i ricci dei capelli ammortizzare contro la mia testa ogni movimento.

I corridoi erano isolati, non c'era da stupirsi. I passaggi erano appena illuminati da un luce appena accentuata, nettamente in contrasto con il tempo fuori dall'hotel. All'esterno c'era un forte vento che creava una melodia quasi inquietante. Ma a me piaceva. Piaceva quando c'era la pioggia. Adoravo quando c'era il vento ed amavo il temporale. Perché per quanto siano delle atmosfere sinistre, non ti lasciano mai soli e la mia più grande paura era il silenzio. Loro invece con i loro movimenti creavano dei rumori dei suoni e per questo, avevo sempre pensato che, soprattutto il temporale, non mi lasciava mai da solo.

Continuai a camminare senza una meta precisa, continuando con un'andatura regolare, fino a quando non trovai adagiata a terra una fascetta, una di quelle che si usano quando si esce per una corsa per coprire il collo. Mi abbassai piegandomi sule gambe e solamente quando l'afferrai notai che la porta d'ingresso della piscina era appena socchiusa. Piano piano mi alzai e con estrema lentezza appoggiai l'orecchio sulla porta di vetro chiudendo gli occhi. La superficie era calda sicuramente a causa della temperatura alta dell'ambiente e rilassando ogni muscolo ascoltai ogni possibile rumore. Solo dopo qualche secondo sentì il rumore dell'acqua che si infrange addosso ad una superficie e senza farmelo ripetere due volte, spinto dalla curiosità, entrai cercando di fare il minimo rumore cosa che mi riuscì dannatamente male.

Avevo lo sguardo rivolto verso l'alto quando ad un tratto sobbalzai sentendo il mio nome pronunciato da Alice che si trovava...

Un momento... Alice?

Aprì leggermente le labbra in segno di stupore nel vederla lì e per qualche istante mi fermai dritto a qualche metro dal bordo della piscina. Lei mi guardava e mi sorrideva, esattamente con quello sguardo e quel sorriso che volevo che fossero riservati anche a me.

Ringraziai mentalmente il fatto che nella sala non ci fosse molta luce, dato che sicuramente nel mio volto qualcosa era cambiato. Una sorte di rossore che percepivo si stava diffondendo su buona parte della superficie e più di una volta deglutì per cercare di calmare quella diffusione.

« Hei, hai intenzione di rimanere lì? »

La sua voce mi fece tornare alla realtà e letteralmente ammaliato dai suoi movimenti rimasi incantato seguendo con lo sguardo mentre con le braccia faceva leva per sedersi sul bordo della piscina. Indossava un costume a due pezzi nero e i capelli erano asciutti. Era...

Pochi giri di parole!

Era perfetta. Non c'erano altre parole per descriverla.

« Jasper? »

Scossi leggermente la testa avvicinandomi con un passo titubante sentendo quella nota di preoccupazione nella sua voce. Mi schiarì leggermente la voce lasciandomi scappare parole stupide senza senso:

« Sì, scusa... Cioè no! No no... »

Lei rise vedendomi la mia sbadataggine e sperai che l'attribuisse al sonno.

« Come mai qui? »

Mi domandò mentre mi sedetti a gambe incrociate accanto a lei.

« Potrei farti la stessa domanda... »

Sorrisi indicandole con un cenno della testa la piscina.

« Sfogo. Non potevo di certo andare fuori! Tu? »

« Non riuscivo a dormire... »

Ammisi alzando leggermente le spalle.

« Ed ora ti sei sfogata abbastanza? »

Corrugò leggermente la fronte guardando un punto indefinito nell'acqua. Doveva cercare la risposta? E quando alzò all'improvviso la testa come se avesse scoperto qualcosa, lasciò che il sorriso le si disegnasse e con estrema felicità annuì.

« Sì! Sai hai un bell'effetto su di me. Hai una specie di controllo dell'umore? »

Con la mano si scontrò con i miei capelli ribelli, lasciando che qualche ciuffo scivolasse sulla fronte facendo ridere entrami.

« Sì. Cioè no! No, che magari... »

Per lo meno le mie parole senza senso avevano un bell'effetto su di lei.

« Forse... Credo che questo ti appartenga... »

E con la mano le porsi la fascetta che avevo trovato fuori dall'ingresso. Fortuna volle che la mia supposizione era corretta e ringraziandomi la lanciò accanto alla borsa poco lontana dalla piscina. Per qualche istante calò il silenzio, interrotto solamente dal movimento delle sue gambe immerse nell'acqua che continuavano a muoversi avanti e indietro. Per qualche istante la mia mente rievocò quel sogno che mi aveva lasciato letteralmente di stucco.

Cambia discorso!

« Hai detto sfogo. Come mai? »

Il movimento della gambe si interruppe e il suo volto si alzò leggermente rabbuiandosi. Avevo toccato un tasto dolente e mentalmente mi maledissi. Ma se da un lato mi maledissi dall'altro volevo sapere che cosa affliggeva Alice.

Non disse nulla, così senza farmelo ripetere due volte appoggiai una mano sulla sua spalla, richiamandola con un movimento della mano.

« Alice? »

Sembrò risvegliarsi da un sogno e alzò il suo sguardo verso il mio che era contratto fra una forma di dispiacere e di rabbia per quello che le era accaduto a me estraneo.

« Si... Si tratta di Joseph... »

La sua voce era appena udibile e appoggiò il lato del volto sul dorso della mia mano. Ma sembrava non voler andare avanti. Ma io volevo sapere. Volevo sapere che diavolo aveva fatto quell'energumeno. Volevo sapere con che coraggio le aveva fatto del male. Volevo...

« Alice, che ti ha fatto? »

Alzò nuovamente la testa guardandomi con aria interrogativa e sperai che non mi chiedesse perché volevo saperlo. Passarono all'incirca una decina di minuti, poi lasciò che il dispiacere uscisse dal suo corpo.

« Sì... si è arrabbiato perché non gli ho né scritto né chiamato. Aveva paura che... »

La sua voce si interruppe e d'istinto lasciai che la mano scivolasse via dal suo corpo. Sul mio volto si disegnò un volto amaro, conscio di quello che stava per dire ma che non aveva detto.

« Che io potessi farti del male... »

Facile come realtà da dire, almeno per me. Sentì il suo fiato rompersi e fermarsi come se stesse in apnea e solo allora, quando il mio sguardo incontrò il suo, si lasciò andare, afferrando con le mani la maglia ad altezza spalle e stringendola attorno alle dita.

« Una stronzata! »

Rabbia e dispiacere erano avvolti attorno a quella parola che mi fece sbattere più volte le ciglia. Alzai dopo qualche secondo le mani, appoggiandole sopra le sue che in pochi istanti si rilassarono ed una di essa ritornò lungo il fianco. L'altra rimase sulla mia spalla e il suo sguardo fu catturato da una cicatrice sul collo, visibile dato che la mia si era leggermente allargata a causa della stretta delle sue mani.

Silenzio, un silenzio decorato solo dal suo sguardo concentrato su di quella macchia. Non disse nulla, non domandò nulla, come se avesse paura di farlo.

Ed io? Io volevo dirglielo. Volevo che il Jasper che la gente le aveva raccontato fosse cancellato e sostituito dalla verità. Ora più che mai, lontano da tutto e da tutti, solo io e lei.

Deglutì il nulla lasciando che un nuovo sorriso amaro si presentasse sul mio volto, mentre con la mano afferrai la sua intenta a disegnare i contorni della cicatrice. L'afferrai sul polso, per poi avvolgere il suo dorso con il palmo della mia mano. Aveva lo sguardo leggermente allarmato e non appena vidi un leggero cenno della testa sospirai, lasciando che i ricordi prendessero finalmente voce.

« “Haley Shaw probabilmente non si sarebbe mai aspettata di guardare i propri figli da una prospettiva diversa. Una prospettiva che nessuno vorrebbe assistere.” E' la voce di uno dei colleghi di mia madre, presente al suo funerale. C'erano tutti quanti, tranne lui: Lance Whitlock Hale. »

Pronunciai quel nome sputandolo fra i denti, stringendo l'altra mano in un pugno di ferro. Lo sguardo era carico di odio ed Alice sembrò capirlo, tanto che sentì le dita della sua mano sfiorare la mia. Aspettai altri secondi poi ripresi.

« Mamma pensava che il giorno più bello della sua vita fosse il 18 luglio, quando lei e Lance si unirono in matrimonio. Quando io e Ros eravamo piccoli spesso raccontava a mio sorella quel giorno con estremo entusiasmo che catturava tutti noi. Era felice ogni volta che lo raccontava senza mai tralasciare nulla... »

Non dileguarti in vari discorsi...

« Lo pensava, finché dopo alcuni anni, quando Jenny era veramente piccola, mio padre non venne trovato con “le mani nel sacco” con un'altra donna. »

Ogni volta che ci pensavo mi domandavo perché aveva scelto di rovinare la nostra famiglia. Perché Lance, mio padre, aveva rovinato tutto? Cosa gli mancava?

« Per Jenny questo periodo è stato uno dei peggiori. Era piccola certo, ma nella sua testa alcune immagini sono state immagazzinate. Soprattutto in questo periodo, dove era in corso il divorzio e i miei genitori continuavano a litigare... »

Continuavo a parlare con lo sguardo dritto davanti a me, sentendo le dita di Alice fare dei disegni immaginari sulla mia mano, come a volermi confortare e a darmi la forza.

« Senza perdere tempo mamma chiese il divorzio e dopo mesi e mesi di attesa, il tribunale decretò la validità del divorzio: Ros e Jenny andarono con mia madre ed io, fui affidato a Lance... »

Non mi ero accorto di nulla. Non mi ero accorto che le dita di Alice si erano intrecciate con le mie, unendosi come un'unica cosa. Volevo voltarmi e guardarla negli occhi ma, non ne avevo il coraggio, così proseguì.

« Naturalmente la situazione di mio padre non migliorò e la convivenza con lui era... Come dire... Complicata... »

Altro sorriso amaro sul volto. Raccontare la storia mia e di mio padre non era il mio asso nella manica.

« Avendo l'affidamento su di me, era come se lui fosse padrone su di me. Comunque... Tralasciando... »

« Jazz... »

Alice mi interruppe e con l'altra mano mi costrinse ad alzare il volto verso di lei. Il suo sguardo era...triste, e mai come allora avrei voluto aprire le braccia e consolarla.

« Mi hanno insegnato che le cose vanno affrontate. Ed io sono qui Jazz, per aiutarti... Non... Non tralasciare nulla perché ogni singolo respiro è importante... »

Colpito e affondato. Mi sentì come sciogliere e contro la volontà della sua mano tornai dritto davanti a me. Sospirai riflettendo. Alice era lì davanti a me ed io, volevo che conoscesse tutto il Jasper. Il vero Jasper.

Annuì con un cenno della testa e prendendo un respiro profondo ripresi dopo qualche secondo:

« Lance mi definiva come una valvola di sfogo su cui poteva scaraventare ira e rancore o semplicemente a volte non mi considerava nemmeno. Se mi facevo del male la colpa era mia e quando la colpa era sua, per qualsiasi cosa, lui si rilassava con me... »

Calò il silenzio per diversi minuti.

« Mamma è sempre stata forte e coraggiosa, così quando ha scoperto i primi segni si è subito data da fare. Con quei pochi risparmi che aveva ha cominciato di nuovo la tempesta degli avvocati finché il giudice diede il mio affidamento anche a mia madre... »

« Una sorte di... Vittoria insomma... »

La sua voce era come alla ricerca di una speranza in quel racconto.

Guardai Alice spegnendo anche quel sorriso triste che avevo e dopo pochi secondi dissi:

« Finché è durata... »

L'immagine del sogno avuto in aereo si fece largo. Vidi nuovamente il martello del giudice colpire il tavolo, decretando la decisione. L'abbraccio caloroso di mia madre, che in lacrime mi sussurrava che finalmente eravamo tutti insieme. Ed io con lo sguardo guardai mio padre. Per lui avrebbero deciso in poche settimane quanto tempo avrebbe passato in carcere. Ma per quel breve tempo lui era libero. Lo seguì con lo sguardo mentre mamma continuava ad abbracciarmi. Era circondato da due poliziotti e mentre stava per uscire dall'aula si voltò verso di me. In realtà non guardava me, ma mia madre, con sguardo freddo e spietato, come se si stesse formulando tutto nella sua testa. Poi guardò me e sorridendomi alzò la mano, salutandomi, mimando con le labbra un confidenziale “ciao”.

« Passati tre giorni dalla decisione del giudice mamma mi chiese se potevo uscire con Ros. Un pomeriggio con mia sorelle, cosa che mi mancava molto. Jenny ineve era a casa di una sua amica.

Io e Ros ci siamo divertiti. Siamo andati a bere una cioccolata calda e quando siamo usciti dal bar pioveva a dirotto. Fra le risate per come eravamo conciati il tragitto durò poco, ma poi si rilevò in fin dei conti troppo lungo.

Quando arrivammo davanti casa la porta era spalancata. Appena entrati cominciammo a chiamare nostra madre ma, nessuna risposta. Non... Non hai idea di quanta gioia avevo in corpo. Volevo vederla, abbracciarla, raccontarle della giornata con Ros e confidarle che con loro stavo bene perché le volevo bene. »

Sospirai faticosamente.

« Dopo qualche istante mi accorsi di una chiazza di sangue per terra e il cuore mi si fermò in gola. Sentivo il respiro mancarmi e... Chiamalo sesto senso... Sia io che Ros capimmo che qualcosa non andava. Lei se ne andò fuori di casa, per chiamare aiuto con il cellulare io invece fui catturato dal rumore di qualcosa che cadeva a terra. Lentamente seguì il rumore fino a ritrovarmi in camera di mamma. Lance. Mio padre era seduto sul bordo del letto. In mano aveva “il suo gioiellino” una pistola e cercava di infilare altri proiettili all'interno. Le mani gli tremavano e le pallottole finivano tutte per terra. »

Il codardo tremava. Il codardo era davanti ai miei occhi. Il codardo tremava perché colmo di sostanze e alcool.

« Ma non era lui a... ad attirare la mia attenzione, ma mia madre.

Per me dormiva.

Se... se non fosse stato per il sangue sembrava quasi... Sembrava disposta in una posizione quasi natuale come se... Se stesse dormendo. Le gambe erano disposte in maniera ordinata e le mani... Erano appoggiate sul suo ventre. Poi ricordo solo una cosa, una frase che mio padre mi domandò non appena si accorse di me: “ Sei già a casa Jasper?” »

Quello ero io.

In realtà sapevo anche il resto ma, Alice che cosa stava pensando? Stavo forse rovinando tutto?

Alzai lo sguardo guardandola, mentre senza accorgermene una lacrima cominciò a solcare una guancia. Aveva gli occhi lucidi e le labbra semi aperte, come se fossero alla ricerca di aria. Piano piano alzò una mano intrappolando la lacrima che stava scendendo. Io socchiusi gli occhi, inclinando leggermente la testa verso la sua mano, come a volerla sentire perfettamente in tutta la sua superficie.

Rimanemmo in silenzio qualche minuto, dove non mi sentì per nulla in imbarazzo, ma libero. Libero finalmente di averlo detto a qualcuno, libero di essermi mostrato a lei come il vero Jasper.

Lei si avvicinò piano piano, ed appoggiò la sua fronte sulla mia e respirando a fondo mi domandò:

« C'è dell'altro? »

La sua voce era un sussurro, smorzata leggermente da dei sussulti che aveva. Era come se m avesse letto nel pensiero. Come se capisse che in realtà c'era dell'altro. Io annuì, non staccando mai la mia fronte dalla sua e dopo pochi istanti le dissi chiudendo gli occhi:

« Particolari che ti racconterò... Non ora ti prego... Ti supplico è... »

« Shh... »

Delicatamente portò l'indice della mano sulle mie labbra, non staccando mai la sua fronte dalla mia.

« Jazz, sono qui. Quando vorrai... »

Grazie.

Mentalmente la ringraziai. Rimanemmo in quella posizione, in silenzio, senza dire nulla. Finché ad un tratto allontanò la sua fronte e con un filo di voce mi domandò:

« Quante... Quante ne hai? »

Sapevo a cosa si riferisse, e non mi dispiaceva come domanda. Nel senso che era come se mi regalasse una sorte d'importanza in lei. Delicatamente afferrai la manica del braccio sinistro dicendole dopo qualche secondo che usai per acquistare di nuovo la solita voce:

« Non lo so ma questa... »

E con il mignolo indicai una cicatrice perfettamente nel centro del braccio.

« E' il primo “segno volontario”... »

Con le dita disegnò quel segno e con la testa china mi domandò che cosa era accaduto. Annuì più a me stesso che a lei. Doveva sapere tutto di me.

« Ero curioso, molto curioso. Una sera mio padre mi ordinò di rimanere in camera ma non obbedì. Camminai dritto verso camera sua. Volevo stare con lui, chiedergli perché faceva cose strane. Volevo poter chiamare ancora una Lance, papà. Ma era il momento sbagliato, in cui non doveva essere disturbato perché con una Signora... »

E non aggiunsi altro, lasciando che la sua immaginazione facesse il resto.

Sembrò passare un'eternità, ma in realtà trascorsero solo pochi minuti. Alice si lasciò andare e lanciando le braccia attorno al mio collo, si aggrappò avvicinandosi a me. Affondò il volto sull'incavo del mio collo.

Io non feci nulla. Lasciai le braccia lungo i fianchi e mi preoccupai solamente di sentire il suo profumo, respirando a pieni polmoni l'aria. E rimanemmo così per un po' di minuti che sembravano infiniti. Da un lato volevo allontanarmi e parlarle, ma dall'altro volevo rimanere per sempre in quella posizione. Non sapevo che cosa dirle, non riuscivo a capire se quello che lei stava cercando era un segno per indicare il suo dispiacere o se stesse cercando conforto dopo la mia storia. Non una parola uscì dalle mie labbra. Sentivo la sua pelle tremare accanto al mio corpo e solamente dopo qualche minuto, quando i tremolii diventarono più intensi, Alice aprì bocca:

« Jazz... Ho freddo... »

Sorrisi a quelle parole. Non erano rivolte a quell'argomento che le avevo poco prima esposto. Era una cosa semplice, reale e non era per niente né un comando né un obbligo. Ma la cosa strana è che non si staccò da me. Le sue braccia rimasero aggrappate al mio corpo. Feci qualche tentativo, cercando di allontanarmi appena ma fu del tutto inutile, anzi. Ad ogni tentativo le sue mani si aggrapparono alla mia maglia.

Non sapevo che cosa fare, non mi dava la possibilità di aiutarla. Così alzai le mani appoggiandole sulle sue spalle, con l'intento di richiamarla, ma quella sorte di abbraccio interruppe i suoi tremolii e sentì appena il suo respiro profondo rilassarsi piano piano. Con movimenti lenti lasciai scivolare le mani, fino ad arrivare ad altezza fianco, stringendola a me in un vero e proprio abbraccio.

Passarono altri minuti poi il nostro abbraccio si sciolse, ed io non ero per nulla contrariato. Per quella giornata Alice mi aveva donato fin troppe emozioni, e quasi mi sentì in debito con lei.

« Per colpa tua non mi sono nemmeno goduta la piscina! »

Disse lei con tono scherzoso regalandomi un buffetto ad altezza guancia pochi istanti prima di ridere.

« Dobbiamo già andare? »

Domandai quasi dispiaciuto di dover lasciar quella piscina così isolata ma così “amica”.

« La mia compagnia e qualcosa di magnifico, vero? »

« Lo so... »

Le sue parole erano quasi scherzose, divertenti, ma io le interpretai come sinonimo di serietà, ecco per cui le miei parole suonarono così decise e sincere. Lei fece per alzarsi, aiutandosi con le mani che si appoggiarono a terra, ma non appena sentì le mie parole si fermò e mi guardò. Potevo leggere la sorpresa nel suo volto e un sorriso quasi impercettibile si formò sul suo volto. Si sistemò un ciuffo dietro l'orecchio e senza dire nulla si alzò definitivamente in piedi.

Mentre aspettavo che tornasse, mi posizionai accanto al bordo della piscina, piegato sulle gambe. Avevo le dita della mano infilate dentro l'acqua della piscina, sentendo il calore di essa cercare di distruggere il freddo della mia mano. Immaginai quanto fosse rilassante farsi un bagno lì in mezzo ma di certo non sarebbe stata una cosa da me.

C'era troppo silenzio. Un silenzio colmo di tensione però. Qualcosa non andava. Il pericolo poteva essere alle spalle. E così fu.

Non appena decisi di alzarmi, Alice si aggrappò alle mie spalle, spingendomi in avanti. Il risultato fu che ci ritrovammo bagnati fradici nel bel mezzo della piscina. Non appena risalì sentì la sua risata cristallina e non appena aprì gli occhi, mi resi conto che comunque, anche se “rovinata” leggermente dall'umidità dell'acqua, Alice era sempre perfetta.

« E se non sapessi nuotare? »

Domandai sorridendole.

« Andiamo. Jasper Hale che non sa nuotare? Impossibile. »

« Lo accetterò come un complimento... »

Feci per voltarmi per risalire dato che dovevamo sloggiare, ma lei si aggrappò nuovamente a me, ma fortunatamente riuscì a non cadere all'indietro.

« I programmi per oggi? »

« Penso che dormirò... »

« Jazz! »

Risi voltandomi leggermente all'indietro guardando il suo volto contrariato per quello che le avevo detto. A volte sembrava veramente una bambina. Non tanto in senso negativo, ma era come se quel suo essere bambina la rendesse speciale. Si divertiva con poco, rideva per poco, e sembrava come se felicità fosse in realtà il suo secondo nome.

« Vedremo per adesso dobbiamo sloggiare... »

« Ma che ragazzo responsabile! »

E dopo vari tentativi riuscì a convincerla ad uscire e in pochi minuti la ritrovai al mio fianco appena fuori dall'entrata.

« Jasper ti vedo... »

« Bagnato? »

Scoppiò a ridere mentre con passo elegante cominciò a camminare diretta verso le camere dove ad aspettarmi di certo c'era un Mike ancora mezzo addormentato. Alice proseguiva davanti a me, ogni tanto si voltava lanciandomi qualche frecciatina su come fossi fradicio, domandandomi ogni tanto se non avessi freddo ed io, continuavo a risponderle che non ero delicato come lei.

« Io direi piscina... »

Corrugai la fronte mentre cercavo la tessera nelle tasche dei pantaloni per entrare nella stanza. Naturalmente era bagnata fradicia ma ringraziai il cielo che riuscisse ad aprire la porta comunque.

« Non ho capito scusa... »

« Dico: che oggi potremo andare in piscina! »

« Ma non ne hai avuto abbastanza?! »

Porto il pollice e l'indice sul mento abbassando il volto, come se stesse riflettendo su qualcosa.

« Facciamo così: ci penso e poi ti mando un sms. Non addormentarti eh! »

« Agli ordini capo... »

Dissi portando la mano ad altezza fronte in un tipico saluto militare, e naturalmente Alice scoppiò a ridere.

« Allora... Ci vediamo dopo... »

« Ovvio soldato! »

Fu lei a sciogliere quel ghiaccio che si era appena formato. Si alzò sulle punte avvicinandosi a me e appoggiando la mano sinistra sulla mia guancia destra, sfioro appena con le labbra la mia guancia sinistra. Calore, calore e calore. Fu tutto quello che sentì, esattamente come qualche ora prima. Stesse emozioni, stessa situazione.

Scese dalle punte e guardandomi dolcemente mi fece l'occhiolino, per poi allontanarsi da me girando l'angolo del corridoio diretta verso la sua stanza. Ed io feci altrettanto, ritrovandomi nella solita stanza con Mike che dormiva beatamente con il cuscino fra le braccia. Ora cominciavo ad avere freddo e senza pensarci due volte tolsi tutti gli indumenti bagnati e proprio nel momento esatto in cui mi infilai un nuovo paio di pantaloni sentì il cellulare vibrare sotto il cuscino. Afferrandolo lessi il messaggio e non potei non sorridere leggendo il mittente.

 

"Mi credi che Jessica è già sveglia? O.O"

 

Risi facendo il meno rumore possibile per non svegliare Mike e dirigendomi verso il bagno risposi al messaggio:

 

"Invece il suo caro fidanzato dorme profondamente..."

 

Non appena inviai il messaggio afferrai un asciugamano, il più piccolo, e rivolgendomi verso lo specchio cominciai ad asciugarli con movimento veloci. La cosa buffa erano le facce che facevo quando continuavo a frizionare i capelli e non appena arrivò la risposta soffiai verso l'alto, togliendo dalla fronte alcuni ciuffi che si erano appoggiati contro la mia volontà.

 

"Mi ha chiesto se oggi andiamo a fare shopping!"

 

Le parole di Emmett tornarono vive nella mia testa. Lo shopping era un'ossessione per Alice e avevo il timore che riuscisse a trasformarla in una macchina infernale.

 

"Oh tranquilla. Sarai felice ;) Buon divertimento allora!"

 

Dovevo sfuggire da quel possibile pericolo. Ci stavo cascando proprio il giorno prima, ma fortunatamente il tempo a disposizione era poco quindi la fortuna era stata dalla mia parte. Non mi sembrava il caso di sfidarla nuovamente.

 

"… L'hai scampata ma alla prossima non mi sfuggi Jazz. Tu e Mike evitate di fare casini mi raccomando! :) Ci vediamo!!"

 

Lessi il messaggio con il sorriso sulle labbra uscendo dal bagno, proprio nel momento esatto in cui Mike cominciava a stiracchiarsi. Ma perché tutti si svegliavano così presto? Dormire no eh?

« Hei grande capo, oggi la giornata la passeremo insieme... »

Dissi lanciandogli l'asciugamano in faccia, facendolo svegliare in una maniera al quanto brusca.

« Mh... »

Bella risposta!

Roteai gli occhi al cielo tornando in bagno per darmi un'ultima sistemata. Avrei passato una giornata lontano da Alice. Lei sarebbe stata da una parte, io dall'altra. Era strano ma mi sentì come... Vuoto. Come se mi mancasse qualcosa. Come se sapessi che quella giornata sarebbe stata uno strazio. Preferivo raccontare mille volte la mia storia ad Alice, che passare una giornata lontano da lei. E sperai con tutto il cuore che la fortuna girasse anche dalla mia parte e mi diede l'opportunità di passare comunque un po' di tempo con lei.

Ma dovevo ammetterlo. La fortuna mi aveva sorriso anche pochi minuti prima, regalandomi sensazioni stupende. Forse brevi, piccoli momenti ma a me bastavano. Alice non era mia, anche se lo avrei desiderato. Ma ora come ora a me bastava.

Per adesso.

Ero stato bene. Anche se avevo raccontato una parte della mia vita ignota a molti e difficoltosa per quanto mi riguardava, ero stato bene con lei. Era come se ogni volta che mi sentivo in difficoltà la sua presenza mi desse la possibilità di proseguire con la consapevolezza che lei era lì con me.

Jazz, sono qui. Quando vorrai.

Già lei era accanto a me. E a me bastava per proseguire. Mi ero confidato con lei perché mi fidavo di Alice. Nella notte cercavo il suo volto e quando non era la mia volontà a cercarla, la mia menta ricostruiva la sua immagine, come se sapesse che io ne avevo bisogno e quindi mi aiutava a ricordarla. Desideravo le sue mani che sfioravano la mia pelle e per quella serata ne avevo avuto di momenti in cui la sua pelle calda si scontrava con la mia fredda, creando un contrasto di due corpi diversi. E non era in fondo la verità? Eravamo diversi, ma riuscivamo comunque ad andare d'accordo . Desideravo che i suoi occhi fossero pieni di una luce che li rendesse sempre vivi. E desideravo essere inebriato dal suo profumo. Desideravo sentirlo anche quando lei non era con me.

Desideravo tutto quello in lei, desideravo tutto quello per tassello mancante che riusciva a completarmi quell'assenza dentro di me.

Per colmare un vuoto devi inserire ciò che l'ha causato. Se lo riempi con altro, ancora di più spalancherà le fauci. Non si chiude un abisso con l'aria.

Era lei? Era lei che sarebbe stata in grado di chiudere quell'abisso dentro di me? E perché proprio lei?

Le parole del libro che avevo letto qualche ora prima tornarono alla luce e sospirando con il sorriso in volto risposi a quelle domande che continuavano a fluttuare nella mia mente.

Si, è lei, Alice Cullen, perché è lei che riusce a rendermi perfetto davanti all'imperfezione, e che riesce a strappare la verità dentro di me, per il semplice fatto che io sono innamorato di lei.

 

 

 

Con un riardo abissale ma ce l'ho fatta!:D

Maledetto periodo natalizio che mi ha bloccato la scrittura >.> Per la cronaca ho passato un Natale... Normale! XD Nessun parente per casa dato che i miei genitori hanno litigato con loro quindi... Tutti insieme (papà, mamma, fratello ed io) sotto le coperte a berci una cioccolata xD Aaaaaahhh! Che Natale xD

Voi che regali avete ricevuto per Natale?? :D

Allura io ho ricevuto un paio di pantaloni per snowboard (viola *-* Speriamo che non portino sfiga xD), money money money (evito di cantarvi tutta la canzone degli ABBA xD), una maglietta con un maglioncino e dell'intimo (sempre comodo eh * sisi * ).

E voi, voi voi?? Dai sono curiosaaa!

Passiamo alle risposte alle recensioni, sia a quelle del capitolo precedente che ai commenti di Natale ;)

 

@alicecullen19 Ciao carissima! :D Passato un bel Natale? Spero che sia andato tutto bene con la questione “genitori-parenti”. Vedo che non sono l'unica ;)

Ti ringrazio per aver recensito il capitolo e tutto quanto, stai praticamente recensendo tuuuuuto quanto e non sai quanto sono felice *-* Fammi sapere che cosa ne pensi anche di questo. Sia cose belle che brutte eh ;)

Ti mando un mega bacione e un mega abbraccio!

;)

 

@  I_love_Ashley_Greene Sarà sopravvissuto il nostro Jay oppure no?? xD Lo scopriremo presto xD Passato un bel Natale? Eh? Eh? Eh?

Tornando allo scorso capitolo... Sono diventata rossa come un pomodoro maturo (non marcio -___-) leggendo tutti quei complimenti *-* Sono veramente tanti e cavolo mi lasciano senza parole!! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto almeno un pochetto (anche solo così |_____| xD ).

E con questo capitolo Jasper ha la conferma: è attratto da Alice! Festegggiamoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo tutti insiemeeeeeee!! xD

Peppe, peppeee!

Comunque non preoccuparti se la scorsa recensione era breve, non importa! :D Non me la prendo mica a me basta che ci sia anche solo un piccolo commento, che conferim il vostro passaggio :D

Un mega abbraccio e bacione!

;)

 

@EDVIGE86 Ciao cara, come stai?? :) Io tutto bene! Spero fortemente che tu stia meglio rispetto a qualche giorno fa :) Ti ringrazio sia per aver recensito il capitolo, sia per gli auguri di Natale *-* Grazie mille! :D

Hai scritto (nella recensione dello scorso capitolo) parole favolose, che mi hanno fatto sorridere e... Non hai idea di quanto mi sia sentita felice, veramente! Sono io che devo ringraziare te (e anche gli altri). Siete favolosi!!

Veramente non so come ringraziarti, cioè io dovrei venire da te e stritolarti veramente, altro che abbraccio virtuale cavolo!! :P

Grazie mille mille e mille ancora per tutto! :)

Qui abbiamo la consapevolezza di Jasper quindi penso sia un capitolo che darà la sua rilevanza... Quindi non farti problemi a dire tuuuutto quello che vuoi!

Ti mando un mega bacio e un mega abbraccio!!

Ciau cara!

;)

 

@Alex_Lestrange Hei, noi due ci conosciamo! XD

Ciao cara! Ti ringrazio molto per tutti i complimenti sono favolosi! Mi rendete stra felice, non hai idea di quanto cavolo! In questo capitolo Jasper lo ha capito finalmente! *-* Ci sono voluti ben 12 capitoli per capirlo come si dice, meglio tardi che mai no xD

Ed inoltre si avverte la prima frattura fra il rapporto Alice e Joseph... Dio quanto sono felice! * risata malefica *

Ma lascerò a te il commento a questo capitolo! ;) Dì pure quello che vuoi, cose belle e brutte tutto quello che vuoi!

Piaciugo... Mh... Mi hai chiesto da dove l'ho trovato fuori. Non lo so mi è venuto fuori. Spesso qui da me lo usiamo per indicare qualcosa di piccolo piccolo. E mi è venuto in mente! :D Ma non sai la cosa più bella!! Qualche giorno fa ero in macchina, con la radio accesa. Sono ferma al semaforo che aspetto che diventi verde quando sento la pubblicità di un locale che organizza una festa a fine anno mi sembra a Brescia (non sono sicura però). Rullo di tamburi. Come si chiamava il locale?????? Paciugoooo!! xD

Sono scoppiata a ridere e penso seriamente che la gente dentro le macchine al mio fianco siano scoppiati anche loro a ridere per la mia reazione! XD

Detto questo lascio la parola a te se vorrai e ti mando come sempre un mega bacio e un mega abbraccionee! :D

;)

 

@Sweet Bleeding Star Ciao!! :D Ti ringrazio per gli auguri di Natale e per il complimento che hai fatto alla storia! Mi hai fatto sorridere veramente *-*

E non credere che, anche se è la tua prima recensione, non ti mandi un mega abbraccio eh! XD Quindi come con tutti gli altri ti mando un mega abbraccio e un mega bacio!! (Ah! Che sia chiaro a tutti, l'abbraccio è naturalmente Paciugoso! xD)

;)

 

@giorgina_cullen97 Scusarsi? E di cosa xD Mica devo costringervi a recensire eh ;) Non siete obbligati a me basta solamente che ci sia qualcuno che legge , per me è favoloso! *-*

Sono scoppiata a ridere leggendo il tuo gioco di parole e sai che ti dico?? Io ti ringrazio che mi hai ringraziato per il ringraziamento che ti ho fatto! Oddio O.O Che mega gioco di parole xDxD

Bé il senso è quello dai ;) Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e se ti va, lascia pure una traccia del tuo passaggio ;)

Un mega abbraccio e un mega bacio!

 

@mary whitlock Ciao cara! Visto??? Jazz l'ha capito!! *-* Festeggiamo?? Si dai festeggiamo!! Come stai cara?? Passato un buon Natale?? *-*

Non sei pazza tranquilla, lo sai che anche io amo le cicatrici di Jasper quindi al massimo siamo due pazze da legare xD

Lo so che ci ho messo un casino ad aggiornare ma anche io ho un casino di cose da fare >.> Per di più questa settimana ho dovuto continuare ad andare avanti e indietro perché mia zia è andata in vacanza ed io dovevo andare a mangiare al suo gatto...

Non bastano tutte le bestie che ho io, anche un altro gatto xD Bé va bé tanto ora è tornata ;)

Spero che il capitolo ti sia piaciuto almeno un pochi e se vorrai sono lieta di leggere una tua recensione.... No la verità è che se non lo fai ti spacco la faccia e voglio anche la frase del giorno eh -___- Scherzo eh xD

 

 

Bene, ho detto tutto, fatto tutto per oggi 29 dicembre 2010. Bene sono apposto non devo dire altro e adesso me ne vado, perché non ce nessun'altra cosa da dire.

Ciauuuuuuuuuuuuuu!! :D

 

 

 

No dai credevi veramente che non dicessi nulla?? Cioè veramente tu ci hai creduto?? O.O

Pazza!

No, non sto impazzendo tranquilli xD Ma una ragazza qua dentro si è accontenta di ricevere gli auguri di Natale come gli auguri anche per il suo compleanno. Ma siamo impazziti?? No, no, no non va bene questa cosa no, no, no. -____-

Un momento di attenzione prego. Devo assolutamente spendere alcune righe per una persona importante che compie gli anni: mary whitlock che oggi compie 16 anni!! *-* Le facciamo gli auguri?? Si dai... Allora...

Tanti auguri a teeeeeeeeeeee,

Tanti auguri a teeeeeeeeeeeeee,

Tanti auguri a Maryyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy!

Tanti auguri a teeeeeeeeeeeeeeeee!

 

Cioè tu immagina quanto sono stonata xD

Tornando “seri”. Io ti ringrazio di cuore. Le tue recensioni sono sempre favolose e ogni volta mi fanno sorridere, non sai quanto. Sono felice di aver avuto la fortuna di conoscerti e di sentire un tuo parere su praticamente ogni capitolo della storia. Veramente, ti ringrazio moltissimo non sai quanto!

Spero che tu possa passare une bellissima giornata, felice, allegra e...tutti gli aggettivi possibili!! :D

Ti mando un mega abbraccio, una mega torta virtuale tutta per te!! :D

Facci sapere che cosa hai ricevuto e come è andata la giornata!! ;)

 

Questa volta ho veramente detto tutto :D Ho risposto o fatto gli auguri e.. Va bé dai ringrazio anche tutti quelli che recensiranno questo capitolo e naturalmente anche solo chi legge. Veramente grazie a tutti!! :D

 

Fra! ;)

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Capitolo 14
*** Capitolo 13. ***


Nel racconto troverete due parole con un asterisco (*). Sono concetti che forse non tutti conoscete, così in fondo al capitolo ho scritto il loro significato per darvi un'idea di quello che combinano i due personaggi ;)

 

Capitolo 13.

 

« Hei quello lo mangi? »

« No no, se vuoi... »

« Grazie! »

Io e Mike, dopo qualche ora passata sul decidere il futuro della nostra giornata, avevamo deciso di passarla fra la neve ed ora, ci trovavamo in una delle tante baite presenti nelle piste. Giusto per quel tempo che ci serviva per caricare i nostri stomaci.

« Mi piace questa cosa fra ragazzi! »

Disse Mike mentre infilava nella bocca, con poca eleganza, un pezzetto di pane. Finì quasi per soffocarmi con il sorso d'acqua che stavo bevendo, mentre guardavo la sua faccia buffa e mentre pezzi di pane svolazzavano davanti al suo vassoio.

« Secondo me Jessica non ti sopporta quando mangi... »

Dissi ridendo riponendo il bicchiere nell'angolo del mio vassoio. Lui mi guardò, sgranando leggermente gli occhi, bloccando il movimento della sua mano che stava per imboccargli un pezzo di carne.

« E tu come fai a saperlo? »

Scoppiai a ridere scuotendo la testa e afferrando il mio vassoio ormai vuoto di cibo solido. Al contrario di Mike avevo scelto poco niente come pranzo. E quando Mike mi aveva chiesto come mai mangiavo così poco, io gli avevo risposto “Devo fare il fotomodello”. Sperai solamente che accettò le mie parole come uno semplice scherzo. Era difficile interpretare le sue facce. A volte mi domandavo se c'era con la testa. Ma comunque sia, era un compagno con cui non mi dispiaceva passare un po' di tempo.

« Secondo me finisci per strozzarti... »

Dissi una volta tornato al tavolo, notandolo mentre continuava a ruminare il cibo.

« Esagerato! »

Lasciai perdere, di certo non volevo essere causa della sua possibile morte d'ingozzamento! Così cominciai a guardarmi attorno, scrutando i volti di tutte le persone che entravano ed uscivano dalla porta che conduceva automaticamente alle piste innevate. Ragazzi che scherzavano, altri che si reggevano in piedi per miracolo probabilmente per la fatica della sciata. Bambini intenti a sfuggire dalle grinfie delle madri, disperate perché prima di uscire dalla porta bisogna infilarsi ogni possibile aggeggio che combattesse le temibile temperature della montagna. Insomma, morale della favola, in quella baita c'era di tutto e di più, compreso un povero disgraziato che con la sua goffaggine mi faceva sorridere, riuscendo a trasportare la mia testa altrove per qualche secondo. Non era chissà quale aiuto, ma un po' riusciva a contribuire a non pensare che in quel momento Alice era da tutt'altra parte. Ero tentato a mandarle un messaggio ma, non mi andava di disturbarla.

Però avevo un piccolo aiuto dalla mia parte, oltre naturalmente alla presenza di Mike. Un aiuto che tutti noi possiamo avere in qualsiasi momento. A volte, quando una persona mi manca, mi bastava chiudere gli occhi ed immaginare la sua immagine. L'avevo usata più volte quella tattica per mia madre e così, ora mi ritrovavo a chiudere gli occhi e a pensare al volto di Alice. Di pensare alla sua voce squillante risuonare nell'aria insieme alla sua risata che avrebbe contagiato anche la persona più fredda e distaccata di questo mondo.

« Jasper? »

La voce di Mike interruppe la voce di Alice che stavo immaginando. Scuotei leggermente la testa, facendo sbucare dal nulla il mento che nel frattempo si era nascosto dietro il colletto alto della giacca da snowboard.

« Scusa? »

Roteò leggermente gli occhi al cielo sorridendo e senza farselo ripetere due volte, con occhi furbi mi domandò:

« Conosciuto qualche ragazza che ti interessa? »

Sgranai leggermente gli occhi, coprendo il mio stupore per quella domanda con un colpo di tosse. Ma che diavolo di domande faceva?! Secondo lui.. Cioè... Ma... Che diavolo dovevo rispondere?!

« Violazione della privacy... »

Dissi in difesa tornando con la schiena appoggiata allo schienale della sedia.

« Odio le risposte poco chiare... »

Disse lui con aria leggermente seccata, alzandosi in piedi afferrando il vassoio. Sorrisi al suo comportamento, credendoci senza troppi problemi: c'era rimasto male.

Mi alzai in piedi, uscendo dalla baita, seguito a ruota da lui che con piccoli movimenti della testa borbottava qualcosa di incomprensibile. Continuai a sorridere afferrando la tavola appena fuori l'uscita e tutti e due ci ritrovammo in mezzo alla pista per aggiustare le ultime cose per la prossima discesa. Ultima sistemata al casco, alla fascetta da mettere attorno al collo, agli occhiali dato che il sole era alto nel cielo. Lo sentì lamentarsi mentre si piegava per sistemare gli agganci della tavola allo scarpone. Si lamentava perché aveva mangiato troppo e faceva fatica a piegarsi.

Grande genio.

Morale della favola: io ero pronto, lui era ancora indaffarato con la tavola. Sbuffai e dopo qualche secondo, con aria furba gli dissi abbassandomi leggermente alla sua altezza.

« Comunque si... »

« Cosa? »

Domandò lui con aria ancora più seccata.

« Una ragazza c'è... »

Lui alzò di scatto la testa con aria sorpresa e ancora una volta scoppiai a ridere. Ma non appena presa aria, probabilmente per domandarmi qualcosa, feci un piccolo saltino, posizionando la punta della tavola verso valle lasciando che la superficie scivolasse sulla neve prendendo ad ogni secondo, sempre più velocità. Lo sentì mentre ad un tratto urlò il mio nome, incitandomi a fermarmi ma, odiavo perdere le sfide.

Continuai senza troppi problemi la discesa, rallentando solamente dopo qualche minuto, giusto per quel poco che bastò a Mike per raggiungermi.

« Hei tu fermati! »

Disse lui alzando un dito, con aria minacciosa, ma racchiuso quel pizzico di sentimento allegro.

« Mai! »

« Oh andiamo! »

Risi sentendo la sua supplica e senza troppi complimenti cominciai a curvare eseguendo le tipiche figure più strette però, aumentando così la velocità. Dovevo seminarlo. E per assicurarmi di acquistare più velocità mi piegai leggermente sulle gambe sentendo le risate dell'amico.

Nella pista non c'era molta gente. C'erano soprattutto quei corsi che mettono a disposizione gli impianti per chi non sa sciare.

Quindi la pista per la gara era libera!

Per un bel po' di minuto continuammo a curvare, facendo praticamente gli stupidi sfiorandoci una volta che curvavamo, rischiando più di una volta di cadere. Poi ad un tratto fu lui a superarmi e urlandomi:

« Hei Hale, seguimi! »

E subito dopo, acquistando ancora più velocità, lo vidi indirizzare la tavola verso il confine che indicava la pista. Bastarono pochi secondi, ed eseguendo un *180° fece proseguire la nostra gara in fuori pista.

Non persi altro tempo e terreno e posizionando la tavola verso il fuori pista, non appena avvenne il salto feci un semplice *tail grab. Non appena la tavola atterrò sul manto nevoso cominciai a scendere, portando il peso leggermente all'indietro, evitando così che la neve fresca ostacolasse la mia discesa facendomi cadere.

Mike era a qualche metro di distanza da me, ma tutti e due continuavamo a ridere, schivando i tronchi degli alberi all'ultimo istante. Era un procedimento piuttosto ripetitivo. Miravo con lo sguardo l'albero che mi si prava davanti agli occhi e all'ultimo secondo giravo per schivarlo aiutando anche con le mani che si posizionavano sulla corteccia umida delle piante.

Alla fine, dopo una ventina di minuti, ritornammo in pista e dopo una breve salita dove si aveva la possibilità di acquistare velocità con una mini discesa, vedemmo la fine della pista.

« Tu... Non hai le gambe distrutte? »

In fin dei conti era da compatire la condizione delle nostre gambe. L'obbligo di tenere sempre il peso all'indietro e la forza della neve contro, non giocavano a favore con la stanchezza.

« Eh... Abbastanza! »

Dissi in risposta con un sospiro senza però mai fermarmi.

« Niente riposino eh? »

« Ma non se ne parla! »

Dissi ridendo.

« Non perdo! »

Esclamai infine riprendendo la velocità. Tutti e due ricominciammo la classica discesa e alla fine... Diciamo che non ci fu un vero e proprio vincitore. Uno, perché nessuno dei due aveva voglia di festeggiare la vittoria. Due, perché appena arrivammo accanto alle staccionate che delimitavano l'inizio della pista principale, ci lasciammo cadere a terra, sotto gli sguardi divertiti e sorpresi degli altri sciatori.

« Maledetto te e la tua voglia dei fuori pista! »

Dissi lanciandogli addosso una palla di neve che costruì stringendo la neve fra la mano. Lui non rispose tanto era il fiatone. Si limitò solamente a far svolazzare in aria la mano.

La neve era fresca rispetto al calore che usciva dalla giacca da neve che indossavo. Creava un contrasto al quanto piacevole che riuscivo a sopportare senza troppi problemi. Solamente dopo qualche minuto liberai le gambe togliendo la tavola e posizionandola accanto alla staccionata, mentre Mike rimase ancora a terra.

Comincia ancora una volta a guardarmi attorno, focalizzandomi soprattutto sui volti dei bambini. Tutti ridevano e scherzavano. Chi scendeva la pista con la massima cautela e chi, la maggior parte, scendevano come razzi in picchiata. E guardando quei volti me ne balenò uno in testa: Jenny. Chissà che cosa stava facendo quella peste. Chissà come stava passando le sue giornate a scuola in compagnia dei suoi compagni. E chissà che cosa stava combinando con Ros. Dovevo ammetterlo. Mi mancavano. Mi mancavano tutti i nostri momenti in cui ridavamo e perché no? Mi mancavano anche quei momenti in cui i battibecchi erano l'ordine del giorno. Sapevo che era passato solamente un giorno da quando le avevo sentite l'ultima volta ma... Non sapevo che cosa farci. Mi mancavano e non c'erano altre parole.

Ad un tratto qualcosa urtò la mia schiena. Qualcosa che appena toccò la mia superficie si frantumò all'istante. Proveniva da dietro di me, quindi al di là della staccionata e senza farmelo ripetere due volte mi voltai per vedere che cos'era. Appena il mio corpo eseguì quel mezzo giro sentì la sua voce urlare:

« Beccato! »

Che cosa ci faceva lì? Dov'era finita la giornata di shopping?

« Alice? Che ci fate qui? »

Le si avvicinò saltellando, eseguendo quel movimento con estrema eleganza. Faceva paura quanto fosse delicata anche quando eseguiva movimenti alla portata della giornata. Ah e per la cronaca, il giovane Mike appena sentì Alice e quindi anche Jessica, scattò in piedi sistemandomi per bene come se nulla fosse e saltando la staccionata, con un salto da Oscar, raggiunse la sua amata.

« La nostra prossima meta si trova poco lontana da qui... »

Disse rispondendo alla mia domanda sorridendomi, e posizionandosi sul primo ripiano della staccionata arrivando così alla mia altezza. Non feci nemmeno in tempo a chiederle qualcos'altro che lei corrugò leggermente la fronte guardandomi con fare sospettoso.

« Che c'è? »

Le domandai notando il cambiamento nel suo sguardo.

« Stavi pensando a qualcosa... »

« Scusa? »

« Avevi il volto di una persona che era chissà dove... Sputa il rospo! »

Sbattei più volte le palpebre domandandomi se ero veramente così trasparente agli occhi degli altri.

« Ti stai sbagliando! »

Dissi cercando di smascherare la verità. Lei sorrise ancora di più continuando a guardarmi.

« Andiamo Jazz, ti conosco... »

Alzai lo sguardo, dato che il mio volto si era leggermente abbassato e rimasi in silenzio dopo quelle parole. E' vero, Alice mi conosceva più di altri ma, davvero mi conosceva così tanto da cogliere così tante particolarità? Mi schiarì leggermente la voce e scrollando leggermente le spalle, con aria furba, domandai:

« E che cosa conosci di me? »

Ora ero curioso di saperlo.

Lei rise distogliendo leggermente lo sguardo da me, voltandosi appena verso sinistra. Solamente qualche istante dopo rispose alla domanda, con altrettanta sicurezza e aria furba.

« Un po' di cose ma, spero non tutte... »

Rimasi qualche secondo in silenzio e corrugando la fronte le domandai:

« Perché lo speri? »

Lei abbassò leggermente la testa, infossandola fra le sue spalle minute. Inoltre abbassò lo sguardo, mordendosi leggermente il labbro inferiore. Passarono all'incirca cinque secondo, poi nel momento esatto in cui le sue dita afferrarono un suo ciuffo riportandolo dietro l'orecchio, rialzò lo sguardo e sorridendomi, come sempre, disse:

« Perché non bisognerebbe conoscere tutto di una persona. E' bello scoprirsi passo dopo passo... »

Non sapevo che cosa rispondere a quelle parole. In fin dei conti non era sbagliate e non mi andava di rovinarle con altre parole che a volte finiscono per essere inutili e banali. Così mi limitai solamente a sorridere, contagiando anche lei, che senza perdere tempo, in risposta allargò ancora di più il suo sorriso.

« Hei Alice andiamo? »

Jessica richiamò l'amica che automaticamente si voltò rispondendo in modo affermativo alla sua domanda. Poi si voltò verso di me e abbozzando ad un sorriso, alzò leggermente le spalle, dicendo:

« Ci vediamo dopo. Divertiti! »

E facendomi l'occhiolino scese dalla staccionata con un balzo, raggiungendo così Jessica. Rimasi a guardarla mentre assieme alla sua amica continuava la sua giornata di shopping verso la prossima destinazione. Ma se da un lato ero triste perché ero consapevole che avrei trascorso altro tempo senza di lei, dall'altro ero felice perché lei era felice. Era spensierata e si stava divertendo, e non c'è cosa migliore di vedere le persone più importanti così felice per renderti inevitabilmente felice per loro.

« Jasper! Torniamo alle piste? »

Sentì la voce di Mike ancora quando il mio sguardo era fisso sull'immagine di Alice, ora intenta a controllare qualcosa sul suo cellulare. Rimasi qualche secondo in silenzio, poi sorrisi e annuendo alle parole di Mike afferrai la tavola e trotterellandogli a fianco dissi:

« Ovviamente, tanto la vittoria questa volta è mia... »

E abbassandoci tutti e due sulle gambe, cominciammo a correre verso la seggiovia che ci avrebbe portati nuovamente all'inizio di una nuova gara.

 

 

Nel momento esatto in cui le lancette dell'orologio segnavano le 18 in punto, io e Mike tornammo n albergo. L'argomento della discussione naturalmente era il continuo dirsi chi aveva vinto le ultime due gare in pista. Naturalmente io tifavo per me stesso e Mike continuava ad affermare che il vincitore era lui. Una guerra senza fine praticamente.

« Che ne dici? Ci fermiamo a bere qualcosa? »

Domandai non appena entrammo, nel momento esatto in cui mi levai il cappello che indossavo. Poco lontano dall'entrata dell'hotel c'era un bar dove avremo potuto bere qualcosa insieme, continuando così la nostra continua lotta ma...

« A dire la verità vorrei salire in camera. Sai, fra poco torna Jessica e... »

Mike sembrava dispiaciuto e leggermente imbarazzato, tanto che la sua mano cominciò a grattarsi il capo in maniera piuttosto nervosa. Alzai leggermente le mani, portandole in avanti interrompendo così le sue parole.

« Afferrato il concetto! »

Lui rise, ma non era la solita risata. Era leggermente messa in imbarazzo e assomigliava alla tipica risata di quando qualcuno viene beccato con le mani nel sacco e in un primo momento cerca di giustificarsi in quella maniera. Senza attendere altro gli rifilai la tavola, costringendolo a portarla in camera. Diciamo che lo misi sotto ricatto, dato che sicuramente qualcuno non avrebbe accettato ben volentieri il suo piano. E senza fargli perdere altro tempo prezioso, mi diressi verso il bar. Non che l'idea di rimanere da solo mi piacesse chissà che, ma non volevo né fargli perdere tempo.

La stanchezza cominciava a farsi sentire sulle gambe. Io e Mike c'eravamo sfogati sulle piste ed ora barcollavo alla ricerca di un tavolino più vicino.

Non appena mi sedetti accanto alla grande vetrata che offriva il panorama innevato, una ragazza venne a prendere l'ordinazione. Passarono pochi minuti, poi la mia tazza di tè verde scivolò davanti ai miei occhi.

Avvolsi le mani attorno alla tazza, sfruttando così quella piccola fonte di calore. Sbadatamente mi feci scappare uno sbadiglio quando nella mia testa, cominciai a pensare ad Alice e a quello che probabilmente stava facendo. Me la immaginavo mentre si fermava ad ogni vetrina, ipnotizzata dalle luci e soprattutto dai vestiti. Mentre tutta euforica entrava nei negozi e torturando i commessi, li costringeva a farle provare ogni vestito presente nel negozio.

Sobbalzai sentendo la suoneria del cellulare risuonare nell'aria. Chi diavolo poteva cercarmi? Sperai che fosse Alice, ma la mia testa pensò anche che potessero essere Jenny e Ros. Poteva essere una chiamata piacevole, oppure no. E non appena la mia testa materializzò l'ultima possibilità mi venne in mente un nome:

Royce.

Con estrema velocità estrassi il cellulare e senza nemmeno guardare chi era risposi in pochi istanti:

« Pronto? »

La mia voce risuonò preoccupata, e il mio sguardo era pronto a ricevere qualsiasi tipo di tono di voce.

« Hei Jazz! Come sta andando? »

Corrugai la fronte non riuscendo ad immaginare il proprietario di quella voce. Perché per l'appunto avevo capito solamente che era un ragazzo.

« Em... Bene grazie ma, con... Con chi parlo? »

Il ragazzo scoppiò a ridere e solamente quando mi disse il nome focalizzai la sua voce e il suo volto rendendomi conto che sì, era lui.

« Parti per due giorni e non riesci nemmeno a riconoscere il tuo amico Edward? Mi deludi! »

« No è che, non mi aspettavo... »

« Una mia chiamata? Sì lo so, ma Alice mi ha detto che il suo cellulare non funziona quindi o seguito il suo consiglio e ho chiamato te! »

Rimasi in silenzio ascoltando le sue parole. Il cellulare che non funzionava? Ma l'avevo vista qualche ora prima mentre lo usava. Forse si era rotto poco fa.

« Allora Jazz, posso parlare con lei? »

Scossi leggermente la testa non appena sentì le parole di Edward e tornando alla realtà gli dissi:

« Alice è fuori con Jessica mi dispiace. Se vuoi appena torna ti faccio richiamare... »

« Mi faresti un favore! Grazie! Ma dimmi, come sta andando? »

Edward era sempre stato il fratello preferito di Alice, ricordavo vagamente le parole di Emmett e per di più, lo si poteva notare. Spesso si potevano vederli insieme e come mi avevano riferito, spesso si confidavano l'uno con l'altra.

« Alla grande, è favoloso! Voi invece? »

« Non ci lamentiamo. Certo non siamo sommersi dal divertimento come voi ma, non ci si lamenta. Ah! Non preoccuparti, Jenny e Rosalie non sono poi così sole! »

Sbattei qualche volte le palpebre degli occhi ripensando nella mia testa a quelle parole che avevo appena sentito. Era come se mi avesse letto nel pensiero e avesse smascherato un mio grande timore.

« Di che stai parlando? »

Lo sentì ridere, poi ogni mio dubbio venne cancellato automaticamente:

« Esme è andata da loro e ha passato un po' di tempo in loro compagnia ieri dopo cena e questa sera, bé Emmett è riuscito a convincere tua sorella... »

Potevo dirlo liberamente: ero più felice se avevo la consapevolezza che non erano da sole. Ero felice per quello che Edward mi aveva detto e senza accorgermene un mega sorriso comparì sul mio volto.

« Favoloso direi! Vi ringrazio! »

« Oh ma figurati! Sai, penso che Emmett lo faccia volentieri, moooolto volentieri... »

« Che vorresti dire? »

Domandai sorridendo, facendo finta che, la realtà delle immagini dove Emmett mi aveva confessato che gli piaceva Rosalie, non fossero comparse nella mia testa.

« Temo che Emmett si è preso una bella cotta per tua sorella! Ora scusami ma devo andare, mi raccomando, ricordati di farmi richiamare! Buon divertimento Jazz! »

« Ciao Edward... »

E pochi secondi dopo il rumore metallico del telefono confermò che il ragazzo aveva riattaccato.

Quella telefonata mi aveva reso ancora più felice. Un po' come era accaduto prima con Alice: con la consapevolezza che le persone a cui tenevo erano felici e stavano bene, anche io lo ero.

Riposi il cellulare sul tavolo davanti a me, mentre con un movimento lento della mano, alzai la tazza e bevvi un sorso di tè che fortunatamente non si era raffreddato.

Sbadigliai ancora una volta, sentendomi ancora più stanco. Le gambe sembravano bloccate in quella posizione semi piegate e la testa stava diventando sempre più pesante.

Solo pochi secondi...

Appoggiando la testa contro la grande vetrata che avevo alla mia destra. Sentivo il freddo del vetro fare da contrasto contro la mia testa che, per quanto fosse fredda anche essa, lo era sempre di meno rispetto al vetro.

Non fu una scelta meravigliosa, perché in conseguenza a quella posizione, mi concedetti di chiudere gli occhi.

Solo per pochi secondi...

I secondi diventarono minuti, fino a quando la mia mente non si ritrovò in una situazione di dormiveglia che, dopo pochi secondi, si trasformò in puro sonno.

 

 

Maledizione! Correte, muovetevi!

Possibile che non si rendessero conto che avevo bisogno della loro velocità e della loro resistenza?! L'aria pungente di Forks colpiva il mio volto e per quanto sentissi la stanchezza in ogni singola parte del mio corpo, imponevo alle mie gambe di continuare a correre senza fermarsi. Non m'importava se l'aria pungente colpiva i miei occhi facendoli lacrimare. Non m'importava se sentivo freddo alla gola, quel tanto che mi bastava per lasciarmi scappare alcuni colpi di tosse. Dovevo muovermi, ora!

Era notte fonda nella cittadina sperduta e sulle strade non c'era anima viva. Avevo la strada sgombera da ogni possibile ostacolo e comunque le mie gambe non rispondeva perfettamente alla mia richiesta di velocità.

Lo sguardo era fisso davanti a me e continuava a saettare fra ogni piccolo elemento presente nella strada, per vedere se poteva trasformarsi in un futuro ostacolo. Il respiro ad ogni minuto si faceva sempre più affannoso e cercava nuove riserve ogni volta che la mia direzione cambiava bruscamente, la velocità diminuiva e le gambe si piegavano per consentirmi ad eseguire una curva secca fra i vari vicoli. Il messaggio era semplice e preciso:

 

A mezzanotte, vicino al laghetto del parco.”

 

Non era difficile da capire. Quel messaggio mi era sembrato così freddo e distaccato, ma comunque mi ero imposta di non mancare a quel comando. Ovviamente non l'avrei fatto dato la persona che me l'aveva mandato. Quella persona.

Finalmente lo vidi. Non appena girai a destra rispetto al viale principale su cui stavo correndo vidi l'ultima via che mi avrebbe condotto dritto dritto verso le riva dell'unico laghetto di Forks. Presi un respiro profondo e inclinando leggermente la testa verso il basso ricominciai a correre fino a raggiungere la riva. Bloccai allora la corsa, cominciando a guardarmi attorno alla ricerca della sua immagine.

Quando pochi secondi dopo, la vidi. Era in piedi, con lo sguardo rivolto verso il largo del laghetto e le braccia erano incrociate appena sotto il seno. Lo sguardo era fisso davanti a lei e sembrava essere concentrata su qualcosa.

Senza dubitare qualche altro istante cominciai ad incamminarmi verso di lei, sentendo i sassi della riva scivolare sotto la suola delle mie scarpe. Non feci nemmeno in tempo ad aprire bocca che lei mi anticipò di pochi istanti:

« Sei venuto... »

Rimasi in silenzio bloccando la mia camminata. Perché? Aveva dubito del mio mancato impegno? Lei dopo qualche secondo si voltò verso di me, rimanendo con il corpo fermo immobile. Fu allora che, prendendo fiato, le dissi:

« Perché? Avevi dubbi? »

Lei socchiuse gli occhi portando le braccia lungo i fianchi e voltandosi completamente verso di me, pochi istanti prima di avvicinarsi con pochi passi.

« Nessun dubbio... »

Il suo volto era strano era... Triste. Non c'era segno di felicità, né di gioia. Non sapevo perché fossi lì, né perché fosse contratta in quell'emozione che a mio parere non poteva appartenerle. No. A lei era attribuito solo la felicità, non il dolore e la tristezza!

Cercai nella mia testa una possibilità, una ragione che desse risposta a quel suo stato d'animo quando le sue braccia si avvolsero attorno al mio collo e alzandosi sulle punte, si strinse a me con estrema forza. Inutile dire che non fossi sorpreso. E difficile era nascondere che in qualche modo ero felice di quel suo contatto ma, non ne vedevo il motivo. Rimasi in silenzio, come lei, ed alzando leggermente le braccia creai una lieve pressione sul suo minuto corpo beandomi di quel contatto socchiudendo gli occhi.

« Scottsdale, Arizona. Monterey way... »

La sua voce aveva un timbro piatto, privo di ogni emozione. Ma non fu solo quello a sorprendermi. Ma quelle parole. Che senso avevano? Perché mi aveva dato quelle indicazioni per l'Arizona?

Mi allontanai leggermente lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi. Il mio volto era contratto in una smorfia di stupore nel momento esatto in cui le domanda:

« Di che stai parlando? »

Lei mi guardava dritto negli occhi. Non aveva detto nient'altro e le sue braccia erano tornate lungo i fianchi. Calò nuovamente il silenzio, interrotto solamente dal rumore del vento che cominciò a levarsi in quell'istante. Ma non sembrò voler dirmi altro, solo quello. Appoggiai le mani sulle sue spalle, scuotendola leggermente, come se in realtà invece di essere lì davanti a me, fosse chissà dove in chissà quale luogo.

« Alice, di che diavolo stai parlando? »

Spalancò gli occhi continuando a fissarmi non appena sentì quelle parole. Afferrò con le sua mani le mie, che si erano appoggiate sulle sue spalle ed afferrando i miei polsi, stringendoli con buona parte delle sue forze disse con voce decisa, come mai le avevo sentito:

« Chiedimelo allora! Che aspetti? Fallo! »

 

 

 

« Hei? Bello addormentato nel bosco ci sei? »

« Jessica. Vorrai dire: bello addormentato nel bar! »

Sentì le loro voci farsi sempre più vicine, e piano piano le mie palpebre si stavano alzando, lasciando libero passaggio alla luce che si rifletteva nel manto nevoso. Mugugnai qualcosa di incomprensibile che fece ridere tutte e due e solamente dopo una decina di secondi riaprì gli occhi. Mi ritrovai alla mia destra Jessica e davanti a me Alice, che attendeva il mio risveglio con il sorriso stampato sulle labbra.

« Sei una schiappa Jasper! »

Mi voltai verso Jessica che rideva ogni volta che mi guardava. Probabilmente non avevo un bell'aspetto quello era ovvio ma... Un momento. Il suo Mike? Feci per domandarglielo ma fra il brusco risveglio e la bocca mezza impastata dal sonno lei si alzò in piedi e dopo avermi lanciato un nuovo scherzoso rimprovero si giustificò dicendo che “doveva fare qualcosa con estrema urgenza”. Io ed Alice ci guardammo mentre Jessica se ne andò, consci tutti e due delle false parole che l'amica ci aveva detto. Non era difficile da capirlo in fin dei conti. Bastava fare due più due.

« Com'è andata con lo shopping? »

Al suono di quella parole i suoi occhi si illuminarono, e piegandosi leggermente in avanti appoggiando le braccia sul tavolino.

« Ovviamente favoloso! »

Ancora una volta ringraziai il cielo che fossi riuscito a scappare dalle grinfie di quella brutta malattia chiamata ossessione per gli acquisti.

Appoggiai il palmo della mano sull'occhio, strofinandomelo e lasciandomi scappare un nuovo sbadiglio. Quando piano piano la vista tornò alla normalità sentì nuovamente la sua voce.

« Ma! »

Non è un bel segno...

Quel ma non mi piaceva per nulla. Dovevo tremare? Scappare? Mi serviva un aiuto immediato!

« Questa volta non mi sfuggi! »

Si alzò in piedi e affiancandomi, afferrò il mio braccio tirandolo leggermente.

« Che c'è? Alice che ti prende? »

Domandai ridendo alzandomi in piedi, rimanendo comunque leggermente impaurito e timoroso da quel suo “ma”, troppo deciso da quell'espressione del suo volto troppo furba. Sapevo che se volevo potevo benissimo bloccarmi lì, evitando di farmi trascinare dove voleva lei. Potevo ma non volevo farlo. Per quanto fosse banale e semplice, quel contatto mi rendeva estremamente felice. Per quanto la mia vita potesse essere addirittura in pericolo! Ma dovetti ammettere anche che poteva dirmi chissà quale cosa che sarei rimasto imbambolato con il sorriso sulle labbra come un povero cretino. Lei pagò in fretta e furia quello che avevo ordinato al bar, continuando a mantenere la presa sul mio braccio. E subito dopo mi costrinse a salire nell'ascensore.

« Alice poss... »

« Zitto... »

« Zitto. Certo. Ma io...»

« Chiudi la bocca! »

Sentì la sua mano spingermi leggermente facendo pressione sulla mia spalla. La sua risata riecheggiò nell'atmosfera e inevitabilmente non riuscì a non trattenere le risate. E dopo? Dopo eseguì gli ordini da buon soldatino. Rimasi in silenzio assoluto mentre ogni volta che eseguivo un piccolissimo movimento, Alice mi guardava e controllava che non parlassi. Ad ogni possibile movimento il suo sguardo inchiodava la mia immagine e ancora una volta confermai la prima impressione che avevo avuto di lei. Lasciando perdere il fatto che fossi dannatamente perso per lei, avevo riconfermato che Alice aveva un carattere così forte da riuscire a comandare chiunque, con quella sua personalità che apparentemente poteva non risiedere in quel corpo minuto.

« Cammina! »

Scivolò fuori dalle porte dell'ascensore parandosi di fronte a me e con un gesto piuttosto ampio, indico la direzione che dovevo prendere alla sua sinistra. Ed io annuì senza indugiare, e passo dopo passo mi avvicinai a...

Le camere? La mia stanza?

« A... Alice la camera non... Non è occupata? »

Domandai continuando a camminare voltandomi leggermente all'indietro verso di lei che mi seguiva con le braccia incrociate dietro la schiena e il sorriso sulle labbra il quale, non appena sentì quella frase, si trasformò in una nuova risata.

« Jessica e Mike sono nella mia stanza. Hanno lasciato tutto il mio occorrente nella tua, così possiamo non disturbarli... »

Mi bloccai una volta arrivato davanti alla porta e appoggiai la spalla al muro. Corrugai la fronte ripensando a quelle parole. Ora non ci capivo più nulla veramente. Già dall'inizio non avevo capito tutta quella sua fretta e furia figuriamoci ora!

« Alice di che stai parlando? »

Lasciai che il mio dubbio prendesse parola, non nascondendo il mio stupore sul volto.

« Non so cosa possa aver ideato la tua zucca. Ma l'occorrente di cui parlavo sono i vestiti e i trucchi per questa sera e... »

Mentre parlava afferrò dalle mie mani la tessera che ci avrebbe dato la possibilità d'entrare, che nel frattempo avevo preso dato che lei aveva già perseguito le tasche della giacca da snowboard. Non appena la porta si spalancò lei appoggiò nuovamente le sue mani calde sul mio braccio trascinandomi dentro e dopo pochi istanti, si mise nuovamente di fronte a me e allargando leggermente le braccia disse:

« Quello che ho preso oggi! »

« Scusa? »

« Non sei venuto con me? Ora paghi con il post shopping! »

Temevo nelle parole che le stavo dicendo ma, dovevo farlo. Non è che la frase “la curiosità è donna” possa discriminare in quel modo la curiosità maschile!

« Ovvero? »

« La disfa delle buste e dovrai vedere tutto quello che ho comprato. Obbligo un tuo commento e il voto! »

« E' da pazzi! »

Lei roteò gli occhi verso l'alto, afferrando una busta con scritto un nome strano che non avevo mai sentito prima di allora. Era qualcosa di incomprensibile dalla mia natura. Non avevo mai sentito una cosa così... Inutile e per di più noioso. Ma forse ero l'unico a pensarla così dato che sembrava essere piuttosto abituata a quella routine. Ma la fortuna era dalla mia parte. Fu come un flash inaspettato. Sentì il peso del mio cellulare nella tasca dei pantaloni. Sentì il peso di quell'oggetto che dalla sua inutilità che possedeva a mio parere, ora sembrava essere la mia prossima ancora di salvezza.

« Alice!! »

Non so come, ma il suo nome uscì dalle mie labbra sotto forma di urlo. Come se avessi appena visto chissà che. Lei sobbalzò leggermente facendo scivolare a terra la busta che teneva fra le mani. Il suo volto era mutato nella tipica espressione di qualcuno sorpreso e al tempo stesso timoroso di quello che stava aspettando.

Non c'era nulla da dire, avevo esagerato. Ma non era stato volontario! Il suo nome era uscito così, senza controllo. Infilai la mano dentro la tasca e feci uscire il cellulare. Deglutì il nulla e porgendoglielo le dissi:

« Edward ha chiamato. Vuole che lo richiami... »

La sua espressione non mutò. Rimase la stessa per qualche altro secondo. Solamente quando si rese conto di quello che le avevo appena detto affilò lo sguardo disse:

« Tu sei pazzo... »

Si avvicinò di qualche passo e con la mano destra afferrò il cellulare, mentre con la sinistra me la fece pagare, dandomi un uno schiaffo sulla guancia. Certo non era un colpo così doloroso, ma nemmeno una carezza. Ma mi fece sorridere. Non tanto per il gesto in sé, ma per la risata che sentì. Che ci potevo fare? Sembrava come se la sua risata fosse il toccasana che il mio corpo stava aspettando in quel momento, da sempre.

Era forse esagerato?

La seguì con lo sguardo mentre andava a sedersi sul letto di Mike a fianco al mio. Il sorriso sul suo volto non era scomparso e sentì il timbro della sua voce così felice e spensierato quando cominciò a a parlare prima con Edward, poi con Emmett. Decisi però di non ascoltare la loro conversazione, non volevo di certo essere troppo invadente. Mi sistemai sul letto, stendendomi ed afferrando il telecomando cominciai a guardare che cosa potesse interessarmi.

Trovato!

Era un film vecchio che in quel momento mi sfuggiva il titolo. Era un film piuttosto strano, quello lo ricordavo e ricordavo anche che fosse uno dei famosi capolavori. Rimasi a guardarlo in silenzio ed alzai un sopracciglio con stupore guardando le prime immagini dove il bambino della famiglia parlava con l'indice della mano. Ora capivo perché alcuni lo ritenevano “strano”.

« Non farti venire strane idee! »

Sobbalzai non rendendomi conto che Alice aveva interrotto la chiamata e senza troppi problemi, si sistemò accanto a me. Mi voltai verso di lei, alla mia destra, catturando la sua attenzione. Sbattei qualche volta le palpebre degli occhi e dopo qualche secondo di silenzio le domandai:

« Di che stai parlando? »

Ora, non per fare il ragazzo con quel chiodo fisso ma, o si stava riferendo al fatto che si fosse distesa accanto a me o a qualcos'altro che...

Un momento!

Mi alzai di scatto mettendomi seduto, nascondendo quel movimento brusco e veloce con un colpo di tosse, come se mi stessi strangolando. Dopo qualche secondo alzai gli occhi domandandole:

« Ma di che stai parlando? »

Era leggermente sorpresa da quel mio movimento e dopo pochi istanti imitò il mio gesto con più lentezza.

« Il film... »

« Che... Che ha? »

Mi sentivo stupido e per di più riuscivo a perdere la concentrazione con poco, quasi nulla. Perfetto direi.

« La famiglia in quell'albergo. Bloccati dalla neve. Il marito impazzisce e cerca di uccidere moglie e figlio... E dai Jasper elasticità mentale! »

Afferrò con la mano il cuscino che aveva dietro la sua schiena e con un movimento veloce mi ritrovai la stoffa ruvida e bianca in faccia. Ora ricordavo la trama!

« No! No nessuna! »

Dissi ridendo assieme a lei capendo a cosa si riferisse.

« Questo film mi ha traumatizzata da piccolina... »

Disse lei tornando leggermente più composta, incrociando le gambe e sedendosi comodamente nel bel mezzo del materasso. Scossi la testa guardandola mentre si incantava davanti al televisore mentre con la mano alzai il cuscino sistemandolo al suo posto. Per alcuni secondi la sua ultima frase balenò nuovamente nella mia testa, assieme ad un altro pensiero.

Che cosa sapevo di lei?

Nel senso. Sapevo che si chiamava Alice Cullen, che viveva a Forks, che la sua famiglia era una delle più ricche di quelle cittadine che... Quella non era la sua vera famiglia. Lei, come Edward ed Emmett era stata adottata dal Signor Carlisle e dalla Signora Esme, la quale, per sua sfortuna, non poteva avere figli. Ma perché? La sua vera famiglia? Non conoscevo nulla della sua vita di quando era piccola e non sapevo nemmeno se era sempre vissuta lì a Forks. In poche parole, rispetto a molte altre persone, io non conoscevo nulla di lei.

Per qualche secondo mi sentì strano, come se la realtà mi si fosse parata contro. Banale? Forse. Ma non mi ero mai accorto che di lei conoscevo gran poco, l'opposto di quello che mi immaginavo. Non so perché e non so nemmeno come, ma era come se in tutto quel tempo mi fossi accontentato di quel poco. Come se con quel poco sapessi tutto di lei. Ma la realtà era un'altra al contrario di lei, che conosceva praticamente tutto di me.

« Jazz? »

La sua mano mi scosse leggermente dal braccio e una volta che mi voltai verso di lei con la solita faccia da pesce lesso, incontrai i suoi occhi grandi incrociare i miei. Quei fari di luce blu erano puntati contro di me, ed aveva una strana luce, come se fossero dubbiosi. La mia mente si era fatta ancora una volta, un bel giretto nel mondo di “chissà dove” nel momento errato e come al mio solito, non aveva sentito quello che Alice mi aveva chiesto.

« Si? Scusa... »

« A volte mi domando dove vai a finire con la testa! »

Lasciò scivolare la mano sorridendomi e scuotendo leggermente la testa. Era semplice. La mia testa si perdeva in pensieri vaghi e confusi e il destino voleva che quei pensieri fossero onorati di avere la sua immagine come principale protagonista della situazione.

« Ormai è ora. Ti sei salvato anche questa volta... »

Disse lei alzando leggermente le spalle continuando a sorridermi. Guardai l'orologio che avevo al polso notando che mancava un quarto alle sette. Contando lo spazio doccia ed il cambio d'abito, eravamo perfettamente in orario per scendere a cena.

« Capito. Vado... »

Mi alzai in piedi e in fretta e furia in pochi istanti scelsi tutto l'occorrente per il cambio d'abito dopo la doccia. E come se fossi un cagnolino da controllare, Alice mi seguì ad ogni movimento, consigliandomi anche i vestiti da mettermi. Come un lampo mi ritrovai sotto il getto dell'acqua della doccia, perennemente freddo come al solito. Il getto dell'acqua mi colpiva perfettamente dietro la schiena, appena sotto il collo ed io, con gli occhi chiusi, tornai a pensare allo stesso argomento di pochi minuti prima. E ancora una volta quella sensazione di vuoto.

Ma non era quello il problema. Se fosse stato quello il problema probabilmente sì, ci sarei rimasto male ma avrei rimediato in pochi istanti. Se veramente i miei sentimenti erano quello che pensavo. Se veramente ero innamorato di lei, lo ero solamente per quei piccoli aspetti? Per quei piccoli frammenti della sua vita? Non era forse un po' troppo poco?

Cominciai a pensare e a ripensare, e sempre di più quella teoria si stava avvicinando nella mia mente e stava per impregnarsi nella mia testa. E ad ogni secondo, ad ogni secondo che quella teoria mi convinceva a lasciar perdere, continuava a dirmi che in fin dei conti era sbagliato essere innamorato di lei e sentivo il vuoto divorarmi. Era strano, con lei non c'era stato nessun bacio niente di niente ma, era come se in realtà io sapessi tutto di lei e come se tutto quel tempo fosse stato equivalente se non di più a dei normalissimi giorni fra due innamorati. Esagerato? Sì, probabilmente. Innamorato? Per quanto potesse suonare strano, sì.

Con Alice mi sentivo libero ed ero arrivato a tal punto di lasciare che il passato fosse condiviso anche da lei. E fino ad allora con chi l'avevo fatto?

Con nessuno.

Era quella la verità. Non avevo avuto nessuno con cui poter lasciarmi andare liberamente. Non avevo mai avuto l'opportunità di mostrare chi ero veramente. Ma con lei c'ero riuscito. Vuoi per il suo carisma. Vuoi per la sua capacità di farmi sentire perfettamente a suo agio. Vuoi per la sua bellezza, per la sua bontà, per qualsiasi altro pregio che lei possedeva era ormai lecito dirlo: ero praticamente stregato da lei.

Uscì dalla doccia dopo qualche minuto, lasciando che la mia testa continuasse a cercare quel pizzico di autostima che avrebbe cercato di non farmi cadere in mille pezzi quel frammento d'amore che avevo trovato. Quel che era certo era che se sarei rimasto in seconda fila finché nella sua vita c'era quel simpaticone. E come prospettiva dei prossimi giorni non era proprio questa meraviglia. Non era un hotel a cinque stelle, ma più che altro un hotel a tre stelle, quelli tipici che hanno la fortuna di avere una stella in più solo perché probabilmente facevano pena già così com'erano. Una modalità di vivere non proprio al cento per cento, conscio io stesso dei vari sentimenti contrastanti che avrei potuto vivere quando meno me lo aspettavo. Dall'amore, all'odio. Dalla bontà alla gelosia nel vederli insieme.

Dovrei lasciar perdere?

No perché dovrei? Perché dovrei scavare una fosse dove buttare quel sentimento che sentivo dentro di me quando le ero accanto? Reprimere i propri sentimenti era ed è una cosa orrenda. Ognuno di noi dovrebbe lasciar svolazzare ciò che pensano su una determinata persona. Non di andare davanti a lei e di svelare tutto il segreto, ma sperare, desiderare e sognare con gli occhi devono farlo tutti e lo dovevo fare anche io. Non dovevo lanciare la spugna, dovevo continuare a crederci. Qualcosa prima o poi sarebbe cambiato ne ero certo! Ma non solo perché si trattava della situazione fra me ed Alice, ma per il semplice fatto che comunque, nel bene o nel male tutto cambia. Nella vita avevo imparato che nulla è stabile, nulla è per sempre. C'è sempre qualcosa che rende la vita migliore o peggiore. Non sai mai se nella vita tu e la tua anima gemella starete insieme per sempre. Non saprete mai se sarete per sempre perfetti per lei, perfetti per lui. Se continuerete ad amarvi o se finirete per odiarvi. Non saprete mai se domani sarà lì, al vostro fianco oppure no. Alla fin fine la nostra vita è come un libro, dove ogni pagina va vissuta. Solo il momento è realtà che può diventare migliore o addirittura peggiore. Ed erano quei cambiamenti, e lo sono tutt'ora, quelle fonti di adrenalina nella nostra vita che non ci verranno mai sottratti, che avremo sempre con noi, che ci piacciano o no.

« Tanto vale viverli! »

 

 

 

(In fondo a tutto,ho inserito una pazzia che mi è saltata in testa due secondi prima di postare il capitolo. Per chi fosse interessato al tema “Paciugo”... Prego! In basso in fondo a tutto! :D)

Mi rendo conto che il capitolo non è stato per niente questa meraviglia. E mi rendo conto anche del luuungo ritardo e mi dispiace moltissimo ragazzi :( Ma questi giorni sono veramente molto intensi per me. Quindi vi chiedo scusa per l'enorme ritardo, ma fra una cosa e l'altra ho avuto il mio bel da fare >.<

Come avrete notato, e come vi avevo scritto all'inizio del capitolo, ci sono due termini con un asterisco che ora vi dirò cosa sono: 180 e tail grab. Entrambi sono dei salti che si eseguono con la tavolo e anche se apparentemente sono facili, come tutti i salti con la tavolo, sono abbastanza complicati.

*180 = abbastanza semplice da capire. Si fa un salto, quindi la tavola si stacca dalla neve e ruotando il corpo (preferibilmente tenendo le braccia vicino al corpo), lo si gira o a destra o a sinistra. Si fa una rotazione appunto di 180° del corpo, come una specie di giro, mantenendo la tavola parallela al suolo. Quindi no giri della morte o chissà che. Sono 180°, quindi se si dà le spalle a sinistra, una volta girati ci si trova a destra. Vi lascio comunque un video così potete capire ;)

http://www.youtube.com/watch?v=LuaYrx7I1Nw

 

*Tail grab = altro salto. La coda della tavola, quando si stacca dalla neve, viene afferrata con la mano (non importa quale) piegando leggermente la gamba dietro. C'è la possibilità di farlo eseguendo un giro tipo quello 180, ma tenendo conto che Jazz era da un po' che non faceva snowboard, non ho voluto esagerare xD Vi lascio comunque il video per chi non avesse capito o per chi fosse un pochetto interessato :P

http://www.youtube.com/watch?v=UXNOUDX3nwQ

 

Detto questo passo alle risposte alle recensioni. Lo avevo già detto a una ragazza ma mi sembra giusto dirlo anche a voi. Preferisco non utilizzare la modalità di risposta “nascosta” perché mi sembra molto distaccato e a me piace parlare con chi recensisce perché si fanno un mega mazzo per scrivere :P Detto questo, via alle risposte!

 

@alicecullen19 Ciao cara! :DMi dispiace aver tagliato lo shopping! :( Ma volevo fare solo un Pov Jasper e mi rendo conto che non è nemmeno questo gran ché! Che danno che sono :( Mi dispiace cara, però sono felice che hai lasciato una recensione. Se hai una critica, qualsiasi critica ti prego di farmelo sapere :) Un mega abbraccio!

 

@ I_love_Ashley_Greene Ciao Jay! :D Come stai? Tutto bene? Mega recensione! XD E l'altra volta ti eri anche preoccupato perché era corta, questa batte tutte quelle che hai scritto xD No, mi piace sta cosa che metti a punti quello che ti piace!

Hai letto più di una volta l'ultima frase? O.o Hai bisogno di occhiali? No dai scherzo io xD Non offendo nessuno era per scherzare ;) Eh... Che ti posso dire? Mi lasci senza parole con questi complimenti xD Veramente un grazie infinito! :D Spero di leggere una tua recensione e ti chiedo già scusa se il capitolo non è bellissimo e per la lunga attesa. Ci si sente!

Ah per la cronaca, il Paciugo non l'hai trovato perché l'ho rubato ioooooooooo!!

Mwhuhahahahah!

Bei regali comunque sisi potrei rubartene qualcuno tipo il peluche quindi... Occhi aperti!

Niente abbraccio paciugoso perché ce l'ho io! Ahahahah! xD

 

@giorgina_cullen97 Ciao Giorgina! :D Uh! Nuovo termine coniato: lasciare una traccia! Mi verrai in mente quando sentirò questa frase, questo è certo -___- No dai a parte gli scherzi sono contentissima di leggere la tua traccia *-*

Mi hai scritto dei bei complimenti che mi hanno fatto sorridere! :P Ti svelo un segreto. Quando mi fanno dei complimenti non so mai come rispondere. Tu non hai idea di quanto divento rossa come un peperone quando li leggo figurati in prima persona! XD

Quindi ti ringrazio un sacco e due sacchetti e anche a te chiedo scusa se a questo capitolo manca qualcosa... Cercherò di rifarmi! Sisi!

Bei regali anche te! *-* Che libri sono? (Mi faccio gli affari tuoi xD) CAPPELLINO STILE PITTORE???!! O.O Ti stimo! Non sai quanto amo i cappellini! *-* Ecco quello potrei rubartelo quindi anche te occhi aperti! Sisi, io amo i cappellini, ho tipo la camera piena xD

Spero di leggere un'altra traccia, e ti mando l'ormai odierno abbraccio paciugoso! ;)

 

@Sweet Bleeding Star Ciao cara! :D Sì Jasper lo ammesso prima e se prima lo ha solo ammesso qui lo ammette ancora di più xD Giro contorto ma mi hai capito dai :P

Diciamo che il suo sentimento è stato messo in difficoltà dalla realtà dei fatti (non sa niente di lei), ma poi lo ha rafforzato! E' come quando fai una coreografia che sbagli e ti rafforzi sempre di più!

Spero di averti dato una mezza idea di quello che volevo intendere ;) Mi dispiace per il ritardo ma... Sono piena di cose :( Per di più quella cosa che si chiama scuola non è proprio simpatica eh >.>

Detto tutto ti mando l'abbraccio paciugoso e alla prossima se vorrai lasciare la traccia ;)

 

@EDVIGE86 Hei ciao cara come stai? La febbre? :( Cavolo mi dispiace tanto che tu stia male, però mi ha fatto piacere che hai riletto tutta la fic! Cavolo che coraggio O.O

Se nel capitolo precedente ti sei emozionata... Bè forse in questo non ti emozionerai più di tanto xD Capitolo di passaggio diciamo, dove ho aggiunto due particolari: la consapevolezza dei sentimenti e un sogno. Eheheh, il secondo se ne parlerà nel prossimo capitolo xD

Comunque ringrazio per quello che hai scritto nella recensione, mi hai fatto moltissimi capitoli e sapere che ti sei emozionata addirittura commossa mi... Mi... Mi qualcosa! Cioè se dico che mi fa piacere sembra quasi che lo diminuisca... Diciamo che mi fa piacere alla cento mila ecco! Ti ringrazio moltissimo, veramente non sai quanto!

Mh, vediamo... Dei tuoi regali cosa potrei rubarti? Mmmh... Facciamo tutto perchè sono tutti belli! *-* Quindi... Occhi aperti mia cara! :P

 

@LadyRhoswen Ciao! :D Tranquilla, ora cancellerò il tuo dubbio anzi, probabilmente anzi sicuramente la colpa è mia che non mi sono espressa molto bene quindi scusa :(

Lo scorso capitolo, quando Alice e Jazz sono tornati all'hotel, Mike e Jessica dovevano ancora tornare. Jazz ha accompagnato Alice nella camera e rendendosi conto che si era dimentico di consegnarle la sua tessera è tornato indietro e l'ha trovata mentre dormiva. Lì ha letto il libro e poi è tornato nella sua stanza. Mike e Jessica dovevano ancora tornare ;)

Spero di aver svelato il tuo dubbio! :)

Grazie comunque per la traccia! :P

 

@Mary Whitlock Carissima lei che non si aspettava dell'angolo compleanno! XD Pazza sarei se non l'avesi fatto scusa xD

La scorsa recensione ti sei scusata per la recensione corta e per averci messo un po' di tempo? Bene ora faccio la stessa cosa :( Mi scuso per il tempo e per il breve capitolo con poche emozioni. Veramente, ma fra danza, nonni che non stanno benissimo, scuola, la tesina per l'esame, simulazione terza prova, e di prima e di seconda, fai una gira volta fanne un'altra volta... Dovrei scappare e andare nella tipica isola sperduta! :P

Ti ringrazio un mondo e due universi per tutti i complimenti che hai scritto, sono veramente tanti, troppi! Divento rossa veramente eh! :P

Per la cronaca sì! A me suona stranissimo 2011 O.O Mi sento vecchia... No scherzo xD Duemila e undici... Undici.. Undici!! :D Hei io sono nata l'11!! :D 11 Maggio!

Maggio, sai che mi viene in mente? Che fino a una settimana fa ero convinta di essere del segno del toro e invece... Hanno scoperto un nuovo segno zodiacale e tutti sono sballati dannazione! >.> Bé sai che ti dico? Io rimango il toro testardo di sempre! -__-

Detto tutto mi sembra... Ah no devo ringraziarti ancora xD Spero di leggere una recensione e di sentirti presto ;)

Fammi sapere tutto eh! Bello brutto che sia sputa il rospo mia cara! XD

Un mega abbraccio paciugoso e alla prossima :D

Ah naturalmente l'isola di prima dove dovrei scappare, ci saremo solo io e Jackson perché te lo ruboooooo! Mwhuahahahahah! XD

 

Oggi mi sento cattiva O.O Proseguendo....

 

@Alex_Lestrange Vienna! *-* Vienna!! *-* Ah, che bello cavolo... Però c'era freddo eh xD Sì me lo hai già detto lo so, lo so! :P

Ritardo tu?! Ed io cosa dovrei dire?! Ormai stavo anche per scrivere il commento per augurarvi buona Pasqua e che cavolo >.>

Rispondendo un po' alle tue varie domande. Vediamo. Allora per i capitoli alla gita pensavo di fare tipo, due capitoli per giornata. Anche se penso che farò anche un capitolo una giornata. Perchè mi rendo conto che forse sto aprendo una parentesi troppo grande.

Poi, non so se Alice capirà i suoi sentimenti di lei in gita, ma quel che è certo è che l'idea che mi frulla per il ritorno lei capirà una cosa strana di Jasper.

Altre informazioni sulla vita di Jasper? Mh. Forse sì, quel che è certo è che l'indirizzo del sogno non l'ho messo così a caso! XD Mwhuahahahah! XD

Me lo avevi detto tu ,quando ti avevo detto che questo capitolo non mi convinceva, che sarebbe stato chi lo leggeva a giudicarlo quindi, ti supplico, ti scongiuro, dimmi pure anche cattiverie! Non farti problemi caVa! XD

Ti ringrazio infinitamente per tutti i complimenti e naturalmente per la tua costanza nel recensire! :D Veramente mi fa molto felice!

Un mega abbraccio paciugoso!! :D

 

TEMA PACIUGO. Pazzia che mi è venuta in mente poco fa. Sappiamo tutti chi è Paciugo. Un peluche che Jazz, nella storia, regala ad Alice. Da qui il termine abbraccio paciugoso e bacio paciugoso che uso per salutare tutti voi! Ma... In fin dei conti non ho mai descritto Paciugo! O.O Sappiamo che è un orso e poi? Basta! Nulla di più! Ho pensato quindi di dare lo spazio a voi per scegliere il nostro Paciugo.

In cosa consiste il tema Paciugo? Semplice! Nessuno è obbligato anzi se non volete mandatemi pure a quel paese, ma per chi è interessato può avere l'opportunità di dare il volto al nostro Paciugo. In che modo? Postando una immagine di un peluche orso che per voi può avere le sembianze di Paciugo. Fate quello che volete! Prendetela semplicemente da Google, fate una foto al vostro Paciugo personale, se siete bravi a modificare le immagini fate un Paciugo in un paesaggio strano, modificate una foto inserendo un peluche che secondo voi è Paciugo in mezzo a Jasper e ad Alice, quello che volete! Avere carta libera! :)

Sarò sincera, non so però come scegliere. Però ho in mente tre possibilità: 1. Assegnare ad ognuno un numero e poi utilizzare quei siti dove vengono estratti numeri a caso (così sceglierà il Pc) ; 2. Pensavo di fare una specie di collage unendole tutte; 3. Inserirle tutte senza collage.

Il risultato, che sia una immagine solo o tante non sarà inserita subito immediatamente nel 14° capitolo, ma sarà inserita nel capitolo più importante della storia, il tanto atteso bacio fra i due. Non so quanti capitoli ci vorranno ma il Paciugo ci sarà (l'idea nella testa c'è e Paciugo c'è in quell'idea quindi... :P).

Vi farò sapere le modalità con cui l'ho scelto nel prossimo capitolo! :D Detto tutto mi sembra. Quindi se siete interessati a mostrare le vostre doti di attribuire un nome ad un Paciugo o a mostrare le vostri doti di grafici, fate pure! :D

Oppure mostrate anche le più svariate modalità per mandarmi a quel paese con tutte le possibili brutte parole che conoscete! ;) No problema!

 

Alla prossima, un abbraccio paciugoso a tutti ;)

Fra!

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Capitolo 15
*** Capitolo 14. ***


Nuovo capitolo, con molte, moltissime novità :)

 

 

Capitolo 14.

 

 

La situazione stava degenerando. La testa mi stava scoppiando e quel maledetto tipino davanti a me, vestito in giacca e cravatta continuava ad infastidirmi con quel rumorino prodotto da un anello che indossava addosso alla superficie del bicchiere davanti a lui. E che cavolo, non vedeva che avevo altre mille cose da fare?! Sbuffai nuovamente, per l'ennesima volta roteando gli occhi al cielo, allontanandomi leggermente da lui. Se avessi potuto mi sarei catapultato su di lui e gli avrei sferrato un bel pugno su quel faccino da pesce lesso che indossava.

« Jazz, questo è tuo... »

Annuì a quella voce, di quella persona che ancora non avevo imparato il suo nome. Per il momento mi limitavo a chiamarla biondina, buttandola in un certo senso nella parte scherzosa del ragazzo che in realtà faceva finta di essersi dimenticato il nome.

Aspetta e spera.

Le sorrisi, come per farle capire che poteva andare e subito dopo, cominciai a leggere quello che aveva scritto su quel mini fogliettino. Dannazione ma non poteva scrivere meglio?

Sbuffai ancora una volta, appoggiandomi con la mano sinistra e buona parte della schiena al ripiano dietro di me. Forse mi conveniva decifrare quei geroglifici maledetti, ma in realtà la mia testa andava a ben oltre. Dovevo ammetterlo, per quanto fosse durato poco più di qualche giorno, Aspen mi mancava. Mi mancava trascorrere quelle belle giornate in quel favoloso hotel. Mi mancava la neve, il paese dove nessuno ti conosce, cibo a volontà, nessun compito e niente scuola. Ah, e naturalmente senza quel maledetto Joseph che intralciava ogni mia possibilità di comunicazione o di contatto con Alice.

« Dammi, ci penso io... »

Fui trascinato con forza alla realtà dalla voce di Alex che, con poca eleganza, mi strappò via il foglietto dalle mani. Ed io? Afferrai l'occasione. Lo ringraziai e senza farmi vedere dal capo, sgattaiolai nel magazzino. Non appena mi sedetti per terra la mia testa ritornò a fantasticare senza troppi complimenti. Più che altro, decise senza il mio concesso di fare una specie di check per analizzare ogni cosa che era accaduto in quel tempo.

Io, Alice, Mike e Jessica eravamo tornati dalla famosa gita ad Aspen da ben 3 settimane. Tre settimane talmente intense, che era come se per tutto quel tempo, mi fossi dimenticato di pensare.

Eravamo tornati, tornati a Forks, a casa e alla solita vita. Io ed Alice avevamo continuato a scavare la nostra amicizia nel terreno e nel tempo, peccato che era come se fossimo perennemente ostacolati.

Era come se fossimo diventati dei clandestini e come lei si dispiaceva ogni volta e si scusava o che altro per il cattivo comportamento del suo fidanzato, io continuavo a bruciare nella gelosia di vederlo ogni giorno accanto a lei. Peccato che lei, questo, ancora non lo sapeva. Quindi più o meno, quel particolare, era rimasto alla normalità.

Feci per rilasciare un nuovo sospiro quando ad un certo punto sobbalzai sentendo il cellulare vibrare nella tasca dei jeans neri che indossavo. Tremai all'idea che il capo avesse potuto vedermi nascosto lì dentro. Ma fortunatamente non lo era.

Sorrisi leggendo ancora una volta quel messaggio che ricevevo durante le serate in cui lavoravo tutte le volte. Spesso le parole cambiavano, ma il messaggio che voleva mandarmi era sempre lo stesso.

 

Papà è ancora dispiaciuto, veramente Jazz non sappiano come scusarci! :( “

 

Ed io come potevo farle capire che non era accaduto nulla?!

Alice era fatta così. Quando si metteva in testa una cosa, nessuno poteva togliergliela, neppure cancellargliela. Non si poteva fare nulla.

Sarò breve.

Se da un lato l'amicizia fra me ed Alice non era cambiata, anzi, era migliorata, dall'altra parte qualcosa era cambiato. Carlisle aveva avuto dei problemi con alcuni suoi soci nell'ospedale e, come avevo già intuito dai primi segnali, il padre di Alice dovette licenziarmi per non creare altre difficoltà. Dovetti ammettere a me stesso che un po' all'inizio c'ero rimasto male. Era come se fossi deluso da tutte quelle buone aspettative che avevo riposto in quell'uomo. Ma naturalmente come ogni persona che si rispetti e di parole, Carlisle aveva già pensato ad aiutarmi: era riuscito a prenotarmi qualche colloquio in alcune piccole fonti di lavoro che si potevano sfruttare nei paraggi di Forks. E, morale della favola, ora mi ritrovavo a lavorare in un piccolo locale appena fuori Forks, una ventina di minuti dal mio vecchio posto di lavoro. Un nuovo locale appena aperto, gestito da solamente due persone e già pieno di clienti. Una sorte di locale alla vecchia maniera, al vecchio stile dei lontani cabaret degli anni '80. Nulla di volgare, nulla di provocatorio, solo una sorte di locale abbellito da qualche spettacolo divertente. Principalmente delle serate incentrate su balli e canti dal vivo. Nulla di speciale ma che comunque sembrava attirare la gente più di quanto ci si poteva aspettare.

Prima che qualcuno possa farsi qualche idea sbagliata sul mio nuovo posto di lavoro aggiungo un piccolo particolare. Se appena entrati nel locale si poteva ammirare un favoloso palcoscenico dove avvenivano gli spettacoli, fatto interamente di un legno pregiato e curato per bene, voltate dalla parte opposta il vostro sguardo. Dove ammirate un balcone ridotto al concetto di sopravvivenza nella penombra del locale, quello è il mio posto. Meglio di niente no?

« Jazz sta arrivando muoviti! »

La porta si spalancò e la voce alterata di Alex arrivò perfettamente alle mie orecchie.

« Merda! »

Aiutandomi con le mani mi alzai in piedi con un balzo e afferrando qualche lattina di qualcosa che non lessi, ritornai al mio posto. Mi lasciai sfuggire qualche colpo di tosse, sistemandomi il gilet che indossavo, dando le spalle al palcoscenico e quindi a tutta la clientela.

« Allora ragazzi, come andiamo? »

Ed eccolo lì il capo. Meglio dire la capa. Si chiamava Maria ed aveva origine appartenenti al sud America e come tale, i suoi capelli erano neri scuri leggermente mossi. Era molto socievole e sembrava quasi che anche se avesse una quarantina d'anni il suo carattere rispecchiava quello di una venticinquenne. Era molto... Giovanile se è l'aggettivo corretto da utilizzare. Sapevo che se mi avesse beccato nel magazzino a fare ben altro invece che lavorare, probabilmente non mi avrebbe fatto niente di che. Probabilmente si sarebbe immedesimata nella madre cattiva e mi avrebbe trascinato in mezzo al locale per un orecchio, niente di più. Ma non era lei a preoccuparmi. Anche se tre quarti del locale era di sua proprietà, era il marito che mi incuteva paura. James era sempre vestito in giacca e cravatta, capelli biondi, lunghi sempre raccolti in una coda perfettamente perfetta, cellulare sempre all'orecchio e milioni di carte d'affari in mano. Un uomo serio decisamente l'opposto di lei. E per quanto non scambiassi molte parole con lui, sapevo che buona parte dell'argomento “dipendenti del locale” era nelle sue mani.

« Sempre perfettamente bene Maria! »

Alex rispose alla domanda mentre con lo sguardo continuai a seguire James che non ci aveva degnato minimamente di uno sguardo.

« Così vi voglio sentire! »

Io ed il mio compagno di lavoro ricevemmo due belle sberle ad altezza spalla, che ci fecero sbilanciare leggermente in avanti.

« Jazz, sempre così taciturno eh? Mi raccomando... »

Maria criticava sempre quel mio essere piuttosto serio e taciturno in maniera ironica. Ma che ci potevo fare? Era da poco più di una settimana che lavoravo lì, pretendeva che fossi subito spontaneo e amichevole come lo era lei con me?

« Andiamo Maria, vedrai che anche lui cambierà! »

« Ah, su questo non c'è dubbio! »

Sorrisi mentre lei rideva e pochi secondi dopo, se ne andò, raggiungendo il dietro le quinte del palcoscenico dove avveniva il cambio d'abito e la preparazione dello spettacolo.

« Non ha tutti i torti però... »

Alex nel frattempo aveva cominciato a sistemare qualche bicchiere appena lavati e pronti per essere serviti nuovamente. Alzai leggermente le spalle continuando a sorridere ed infine dissi:

« Ma sì, ora svelerò il Jasper chiacchierone che è in me... »

« Cavolo ne hai uno? Potrei quasi prendere paura! »

Gli lanciai uno sguardo omicida, destinato a tornare ad uno spontaneo sorriso. Forse era vero, dovevo sciogliermi.

Sciogliti, sciogliti, sciogliti...

Continuavo a ripetermelo nella testa quando ad un tratto incontrai nuovamente lo sguardo del tizio seduto al bancone, nella penombra della luce, con quel suo fastidioso vizio di battere quel maledetto anello su quel dannato bicchiere. Sospirai pesantemente in modo che il concetto gli fosse chiaro, afferrando il bicchiere ormai vuoto.

« Desidera? »

« Un apotheke... »

No ok, quel tizio aveva un casino di problemi nella testa. Rimasi a fissarlo con il bicchiere in mano, con la bocca leggermente aperta. Lo aveva detto? Aveva detto ancora una volta apotheke?!

« Apri quelle maledette orecchie... »

Ora scoppiavo.

Appoggiai con un tonfo il bicchiere sul bancone, ed allargando leggermente le braccia appoggiate al ripiano, alzai la voce per evitare qualsiasi tipo d'interferenza.

« E' la sesta volta che lo chiedi. E tutte le volte hai trovato qualcosa che non andava. Troppa menta, niente limone come decorazione, poco cognac, troppo cognac... »

Feci per andare da un'altra persona in modo che potesse chiarirsi quelle idea del cavolo che gli frullavano nella testa, ma lui no, lui parlò nuovamente alzandosi in piedi e portandomi il bicchiere davanti agli occhi disse:

« Un apotheke! »

Basta!

Feci uno scatto verso di lui afferrandogli il colletto bianco che si ritrovava attorno al collo. Lo alzai ancora un po', avvicinando il suo muso alla mia faccia, quel tanto che mi bastava per sentire quell'odore di alcool che si era portato quando si era seduto su quella sedia.

« Dimmi che cazzo vuoi! »

Non so come ma mi ritrovai ad urlargli in faccia senza troppi problemi. Potevo essere paziente fino ad un certo punto, ma quando ero così nervoso già di mio il limite di sopportazione era praticamente nullo.

Lo lasciai andare, di certo non volevo farmi vedere così aggressivo da tutti e soprattutto da James. Colui che avrebbe potuto spennarmi vivo. Il tipo mezzo intontito cominciò a vagare con il bicchiere vuoto e come una reazione spontanea guardai Alex indicandolo con la testa, in modo che capisse che era da tenere sotto controllo.

« Vai te, così non prendi a cazzotti nessuno... »

Sentì la mano di Alex appoggiarsi sulla mia spalla dopo qualche minuto, e con un cenno della testa indico il cocktail pronto sul bancone. Per quanto fosse un ragazzo piuttosto burbero e inquietante di primo impatto, Alex sapeva come placare la rabbia.

Annuì e afferrando un primo vassoio pulito, misi il Black Russian al centro. Uscì dal bancone e schivando le persone intente a guardare il palcoscenico dove una delle ragazze di Maria stava sfoderando la sua dote di ballerina, finì per ritrovarmi nella mega stanza dietro il palcoscenico.

Il caos.

Vestiti, specchi, trucchi c'era tutto e di più, come sempre naturalmente. Sembrava come se ci fosse stato un uragano. A passo spedito riuscì ad arrivare alla grande scalinata che portava direttamente ad un ripiano di ferro perfettamente sopra al palco, dove Maria controllava che tutto fosse in ordine e perfetto. Era intenta ad osservare la ragazza sul palco quando arrivai e fra le dita aveva la sua solita sigaretta. Quando mi vide arrivare mi sorrise inclinando leggermente la testa in avanti in una sorte d'inchino.

« Nuova ragazza. Che te ne pare? »

Mi domandò indicando la ragazza con il bicchiere che prese dal vassoio. Mi sistemai accanto a lei e rimasi a guardare la ragazza mentre finiva di presentare il suo spettacolo. A giudicare dalla mega scritta dietro di lei si chiamava Helga, o almeno se quello non era il suo vero nome, era sicuramente il suo nome d'arte. Capelli biondi, occhi azzurri, magra.. Niente di che. In confronto a lei non era nulla.

« Bé ecco... A dire la verità... »

« Oh si giusto. Te e la ragazzina della tua scuola. Stregata dall'uomo crudele e possessivo »

Risi assieme a lei sentendo come aveva descritto la mia situazione con Alice. Non c'era niente da dire, Maria aveva quella strana capacità di convincerti a confidarle tutto quello che ti accade. Puoi conoscerla da soli due giorni, ma saresti in grado di dirle vita morte e miracoli di quello che ti accade.

E così c'ero cascato.

Nel momento in cui mi ero ritrovato a pensare ad Alice con la testa fra le nuvole e lo sguardo assente, lei era riuscita a cogliere quel mio disagio e a strapparmi la verità dalla gola.

Non appena smettemmo di ridere lei mi osservò, come se fosse veramente interessata a sapere come andava fra me ed Alice.

« Bé a dire la verità... »

« No! Jazz no! Devi fare qualcosa dannazione! »

« Ma cosa vuoi che faccia?! »

« Non lo so! Sfodera il tuo lato da seduttore! Muscoli in vista, lato B a portata di sguardo, non lo so io! »

Risi sentendo i suoi aiuti che non avrei mai messo in atto, almeno fino a quel momento no.

« Come hai detto che si chiama? »

« Alice, ed è la decima volta ormai che te lo dico. Che c'è? L'età si fa sentire? »

Domandai guardandola con il sorriso sulle labbra mentre una delle sue vecchie ragazze, “il suo asso nella macchina” così la chiamava Maria, si esibiva in una canzone dal vivo.

Maria mi fulminò con lo sguardo rimanendo serissima per qualche minuto, quel tanto che bastava per trarmi in inganno, nel farmi pensare che se la fosse veramente presa.

« Questa me la paghi signorino e per la cronaca, la prossima volta che ha intenzione di picchiare un cliente mandami un sms! »

Mi aveva visto. In effetti da quella posizione si poteva vedere veramente tutto. In un primo momento mi sentì una vera e propria merda. Avrei voluto scomparire con una magia inaspettata, ma finì per abbassare lo sguardo rammaricato.

« Ma si dai, James era indaffarato su con il morale! »

Alzai lo sguardo tornando con il sorriso sulle labbra mentre lei muoveva ritmicamente le spalle secondo il tempo che dettava la musica. Da quando ero lì non avevo ancora visto un suo spettacolo. Era forse troppo vecchia?

Nel momento esatto in cui la musica cessò di vagare per la stanza e la ragazza scomparì da dietro il sipario, Maria mi passò dietro per raggiungere le ragazze probabilmente per dettare un nuovo ordine. Ma non mi lasciò senza la sua chicca, la sua morale della giornata. Senza che me ne accorsi, ridendo, lasciò scappare uno schiaffo sul mio fondo schiena e non appena mi voltai per rimproverarla mi disse:

« Prova a mostrarle il tuo lato B e vedrai se non funzione! »

E poi sparì giù dalle scale.

Rimasi qualche secondo a ridere per il suo modo di fare. Sapevo benissimo che non era un modo per provarci con me, ma il suo comportamento così diretto era a scopo di spronarmi un po' e forse, mi avrebbe fatto un po' bene. Ma non così diretto e che cavolo!

Mentre tornai al bancone mi fermai su qualche tavolo, per raccogliere i vari bicchieri vuoti. Era strano fare quel lavoro. Non che mi elettrizzasse ma in quella frazione di secondo si poteva notare lo sguardo delle persone attente allo show e basta. I loro occhi erano incollati al palco. Era come se venissero lì non tanto per rimorchiare ma per fermare il tempo là fuori e staccare la spina per qualche secondo. E in un certo senso tutto quella loro felicità nel staccare dalla vita normale era dovuta un po' a tutti quelli presenti in quel locale. Dal primo all'ultimo, era come se ci sentissimo importanti.

La serata continuò tutto alla normalità, fino a quando finalmente alle 2 anche l'ultimo cliente uscì dal locale. Uscì naturalmente grazie ad Alex che lo buttò fuori a calci.

« Un sabato sera perfetto! »

Maria arrivò nel momento esatto in cui misi l'ultimo bicchiere in ordine. Naturalmente era accompagnata da James che entrò nel bancone prendendosi qualcosa da bere. E come sempre non disse nulla.

« Allora miei cari, cosa farete per concludere questa serata? »

« Penso che me ne andrò a Port Angels, là troverò qualcosa di carino da fare... »

Alex aveva sempre queste idee di prendere la moto e di partire. Quando tornare? Quando ne aveva voglia. In un certo senso un po' invidiavo quel suo spirito d'iniziativa così spontaneo.

« Ed il nostro taciturno? »

Maria rubò il bicchiere a James nel momento esatto in cui il marito rispose al telefono e rimase in attesa della mia risposta.

« Bé, nulla di emozionante. Casa... »

« E' sabato sera Jazz! »

« Porterò pazienza... »

Risposi infilandomi la giacca pronto ad uscire prima che quella pazza potesse dire qualcos'altro.

« Ma guarda scappa anche! »

Anche lei imitò il mio gesto e dopo qualche minuto finimmo per uscire dal locale tutti quanti assieme. Non appena mi ritrovai fuori dal locale sentì il freddo pungente posarsi sul mio volto. Mi sentì gli occhi lacrimare leggermente, mentre gli altri ridevano e scherzavano. Dovevo trovare qualcuno disposto a portarmi a casa, e di certo, anche se avesse cambiato i suoi piani, non lo avrei mai chiesto ad Alex. Moto con quel freddo? Era veramente da pazzi!

Bè c'era sempre Maria. Anche se James mi incuteva paura sapevo benissimo che sarebbe rimasto in silenzio tutto il tempo, durante tutto il tragitto. A volte mi domandavo se fosse muto, poi però mi ricordavo di tutte le telefonate che riceveva di continuo e quindi...

Avevo lo sguardo inchiodato sulla punta delle mie scarpe e dopo qualche secondo alzai gli occhi per voltarmi verso Maria, per chiederle di portarmi a casa.

Ma rimasi pietrificato non appena vidi l'immagine davanti a me. Sgranai leggermente gli occhi chiudendomi in me stesso nella giacca. Piano piano le voci dei miei compagni di lavoro diventavano sempre più lontane e cominciai ad avvertire uno strano calore espandersi per tutto il corpo. Alice era lì davanti a me. Indossava una giacca di pelle e tutti i suoi vestiti erano rigorosamente neri. Aveva ancora lo sguardo per terra, e continuava a spostare il peso fra una gamba e l'altra, mentre rimaneva comodamente appoggiata alla sua inconfondibile porsche gialla. Alzò il volto, sorridendomi, solamente quando mi ritrovai a deglutire il nulla faticosamente, come se la mia gola fosse chiusa da qualcosa. Ed io finì per contraccambiare quel sorriso, così spontaneo, così perfetto. Con passo deciso mi avvicinai a lei, nascondendo leggermente il sorriso fra il colletto della giacca. Volevo evitarle il fatto di farle vedere che avevo un mega sorriso. Non appena le fui vicino poté sentire il suo profumo farsi largo fra le mie narici e bearmi della sua dolcezza. Attesi qualche secondo, poi mi lasciai andare al solito saluto che dicevo quando la incontravo:

« Hei... »

« Hei, come stai? Come è andata la serata? »

« Tutto alla normalità. Te che ci fai qui? »

Non potevo nasconderle la mia curiosità. In effetti non avevo ricevuto nessun messaggio che mi dicesse che sarebbe venuta. Per di più non mi sembrava di averle mai detto dove lavoravo di preciso. Ma non potei nascondere che comunque mi faceva molto, moltissimo piacere.

Lei sembrò sorpresa nel sentire quella domanda così diretta e distolse leggermente lo sguardo, sistemandosi un ciuffo dei suoi capelli dietro l'orecchio, mentre con i denti si maltrattò il labbro inferiore. Decisamente c'era qualcosa.

La vidi prendere fiato per rispondere, quando ad un tratto sentì la sua voce. Ma con tutti i momenti proprio ora?!

« Jazz ti serve un passaggio? »

Non le risposi. Maria e quel suo dannato tempismo imperfetto. Rimasi in silenzio guardandola dritto negli occhi mentre notai con la coda dell'occhio il sorriso tornare su di Alice quando notò quella strana espressione di Maria così sorpresa. Poi fu come un lampo. Sembrava come se una luce attraversasse i suoi occhi e subito dopo aver sciolto quella faccia che si era creata disse:

« Oh. Non mi dire! Tu dovresti essere Alice! »

Dovevo essere felice perché aveva capito chi fosse la ragazza meravigliosa davanti a me, ma in un certo senso ero anche timoroso per quello che poteva accadere.

« Piacere, io sono Maria »

« Piacere mio. Per l'appunto io sono Alice! »

Le due interessate si strinsero la mano ed Alice mi guardò di sfuggita con il sorriso stampato in faccia. Probabilmente mi avrebbe chiesto come mai Maria sapeva chi fosse e perché avesse intuito così facilmente il suo nome.

Ma mentre la mia testa cominciava a farsi tutti questi dubbi Maria, probabilmente presa dalla voglia do conoscerla, o semplicemente di prendermi in giro e mettermi in imbarazzo, cominciò a parlare con Alice, come se si conoscessero da un po' e per questo si diede libertà di farle molte domande. Bè in fin dei conti era il suo carattere quello di chiacchierare anche con chi non conosceva:

« Sei proprio come Jazz ti ha descritta! »

« Maria... »

« Oddio poi queste scarpe sono favolose tesoro! »

« Maria... »

« Si vede proprio che te ne intendi di vestiti... »

« Maria... »

« Ma dimmi, come va? Come hai passato la serata? »

« Maria?! »

Finalmente riuscì a catturare la sua attenzione. Lei mi guardò con rimprovero come se l'avessi appena interrotta da una favolosa conversazione. E se da un lato io e lei ci lanciavamo dei piccoli fulmini con lo sguardo, Alice rideva sotto i baffi, portandosi l'indice della mano vicino alle labbra.

Non so come, ma dopo una decina di minuti riuscì a cacciare Maria che si portò via tutti quanti fortunatamente. Riuscì a ingannarla, minacciandola che per una signora della sua età era un po' troppo tardi. E lei, per vendicarsi, non li lasciò sfuggire un certo riferimento al “mostrare la lettera più bella dell'alfabeto: la B”.

« E' simpatica... »

Disse Alice guardando le varie macchine che se ne andarono dileguandosi nella nebbia che avvolgeva l'atmosfera.

« E' alla mano... »

Dissi alzando semplicemente le spalle, non lasciandomi mai il sorriso che si era posato sul mio volto.

« Per fortuna che ti trovi bene qui! »

« Certo, ma non mi dimentico Alice: come mai sei qui? »

« Un'amica non può procurare uno spuntino ad un suo amico? »

Con la mano mi indicò il finestrino della sua macchina, dentro alla quale c'era un sacchetto accanto ad un bicchiere di carta fumante. Rimasi qualche secondo con le mani incollate al finestrino, poi mi voltai verso di lei che mi osservava e mostrandole la mia gratitudine leccandomi le labbra, sgattaiolai in macchina. Rimasi immobile per qualche secondo, assaporando l'intensità del suo profumo che si percepiva maggiormente nel suo gioiellino giallo canarino.

Dopo pochi istanti entrò anche lei, nel momento esatto in cui ispezionai il sacchettino di carta contenete due buoni krapfen. Sentivo già il mio stomaco ribellarsi per accaparrarsi anche un solo morso di quelle delizie.

« Alice. Lasciatelo dire. Sei un genio! »

Ed il mio corpo ebbe la meglio. Senza accorgermene mi ritrovai con la mano nel sacchettino e pochi secondi dopo un bel morso di quel dolcetto stava già navigando nella mia gola. Mentre io continuavo ad avere un sorriso quasi ebete stampato in faccia, lei rideva osservandomi come un animale si poteva accaparrare del cibo. Una cosa decisamente poco elegante.

« Spero di non aver interrotto i tuoi piani per la serata... »

Ammise lei accendendo il riscaldamento della macchina. Piani? Quali piani potevo avere? Anzi! Quella sua idea era favolosa! Io e lei un sabato sera a gustarci delle delizie così buon...

« Un momento... Come mai non sei con Joseph? »

Di solito il sabato sera i piccioncino non stanno insieme?

Lei sospirò pesantemente accendendo l'automobile e pochi secondi dopo partì senza dire nulla. Avevo toccato un tasto dolente probabilmente, ma ormai sapeva che volevo sapere quando fra lui e lei accadeva qualcosa. Non tanto per intrufolarmi nei suoi affari, ma per sapere perché stava così male. Ormai aveva capito che io tenevo a lei, peccato che lo avesse notando dall'angolazione di solo amici e non dall'altro angolo.

« Abbiamo discusso... »

Fu quella la risposta che arrivò quando si fermò al semaforo rosso appena accanto al cartello che indicava la cittadina di Forks. Da quando eravamo tornati da Aspen non era una novità che litigassero. E non era una novità che lui capitava il giorno dopo con un mazzo di fiori, un paio di cioccolatini per “scusarsi”.

« Il motivo questa volta? Hai indossato un paio di guanti che a lui non piacciono? »

Domandai allora sorseggiando un po' del caffè che aveva dolcemente portato per lo spuntino. La buttai sullo scherzare, come ero solito fare. Ma la verità era che lui veramente se la poteva prendere per cose così stupide e banali. Fortunatamente lei sorrise alla mia battuta, accettandola come uno scherzo e dopo pochi secondi disse semplicemente:

« Una cosa simile... »

Capì il concetto. Probabilmente non ne voleva parlare e come al solito, accettai il messaggio che ricevetti. Ma non riuscì comunque a togliermi quella strana curiosità che mi frullava in testa, naturalmente. Che ci potevo fare? Lo odiavo dal mio profondo del cuore.

« Hei ti va di venire a casa mia? »

Corrugai la fronte arricciando leggermente le labbra mentre con la coda dell'occhio guardai l'orologio sul cruscotto della macchina.

« Alice, non è un po' troppo tardi? »

« Sì, però Edward non sta molto bene, così Bella ed Emmett sono rimasti con lui e conoscendoli saranno ancora nel bel “mezzo della festa”»

Sorrisi all'idea di vederli, che ne so, attorno ad un tavolo con in mezzo il famoso quadrato del Monopoli. Con Emmett ed il suo bel malloppo di soldi frutto dei suoi alberghi nel “Parco della Vittoria” e “Viale dei Giardini”, che minacciava Edward ormai senza soldi.

Dovetti ammettere che era da un po' che non li vedevo tutti insieme al di fuori della scuola e un po', quella strana atmosfera che c'era attorno a loro, mi mancava.

Alice era ancora in attesa di una risposta e ogni tanto mi osservava mentre cercavo di decidere il modo in cui rispondere. Poi ad un tratto incatenai il mio sguardo con il suo e sorridendole le domandai:

« Che aspetti? Accelera no?! »

 

 

« Vieni... »

Alice mi aprì la porta mentre nel frattempo si tolse la giacca sistemandola sull'attaccapanni appena dentro la casa. Imitai il suo stesso gesto e dopo pochi secondi ci ritrovammo entrami nel grande salotto di casa Cullen. Non era cambiato niente dall'ultima volta che ero entrato in quella villa, tutto era perfettamente in ordine. Arrivammo da dietro i tre ragazzi, seduti sul divano, intenti a giocare con un videogame mentre Bella era intenta a leggere un libro. Poverina probabilmente si stava annoiando a morte con quei due.

« Ragazzi, ho portato un amico! »

I tre sobbalzarono sentendo la voce squillante di Alice e una volta fulminata con lo sguardo si voltarono verso di me. Mi sentì letteralmente come un pesce fuori dall'acqua con tutta quell'attenzione.

« Smilzo! Che bello rivederti! »

Emmett mi lanciò un cuscino e, notando la distrazione del fratello, continuò a giocare mandando in difficoltà Edward che lasciò perdere e mi salutò con più calma.

« Ciao Jazz, come siamo eleganti... »

« Lavoro mio caro Edward... »

Risposi avvicinandomi a loro e sedendomi su una delle due poltrone accanto al divano. Bella mi sorrise a mo di saluto e chiuse definitivamente il libro appoggiandolo al tavolino davanti a lei, appoggiandosi con la testa alla spalla del suo caro fidanzato che nel frattempo aveva cominciato ad insultare l'orso.

Io, Alice e Bella continuammo a seguire i loro finti litigi fino a quando, ad un certo punto, il mio stomaco si fece sentire ancora una volta. Cominciò a brontolare, catturando l'attenzione di tutti quanti che in un primo momento rimasero in silenzio, poi scoppiarono a ridere, compresa Alice.

« Sbaglio o qualcuno ha fame? »

Domandò Bella mentre i due fratelli avevano ricominciato a prendersi a cazzotti per far sbagliare l'altro.

« E pensa che gli ho anche portato del cibo! »

Alice, che fino a poco prima si trovava di fronte a me dalla parte opposta della stanza, si era avvicinata raggiungendoci. Insieme scoppiarono a ridere mentre io le fulminai con lo sguardo per la troppa confidenza che si stavano prendendo.

« Dai muoviti... »

Alice mi afferrò il braccio e senza troppi problemi, mi lasciai trascinare in cucina. Nel bel mezzo della stanza c'era il solito tavolo bianco con sopra almeno tre cartoni di pizza maxi, dove in una c'era ancora più di metà. Alice però ignorò il tavolo ed aprendo il frigo estrasse tutto l'occorrente per un buon panino. Ma la mia pancia richiedeva quel che rimaneva di quella pizza. Così non ci pensai due volte, e con le mani fermai il movimento delle braccia di Alice che continuavano ad afferrare i preparativi per un panino. Lei guardò sorpresa, penso non solo per la strana reazione che avevo avuto, ma anche per quella continua differenza di calore che c'era fra me e lei.

Le sorrisi e indicandole con un cenno della testa il tavolo mi sedetti su di una sedia cominciando da subito a gustare quella pizza con quella favolosa mozzarella filante.

« Non volevo farti mangiare gli avanzi! »

Disse lei sedendosi su di una sedia accanto a me. Io alzai le spalle come ad indicarle che non mi facevo troppi problemi, mentre con la bocca cominciai a litigare con quella mozzarella filamentosa, troppo filamentosa.

Notai allora che i suoi occhi vagavano nel vuoto ed erano leggermente umidi e capì tutto quando si lasciò scappare uno sbadiglio. Scosse leggermente la testa e cercando la concentrazione mi domando:

« Ti trovi bene in quel locale? »

« Sì, certo! Non dico che è il top ma mi accontento! »

Risposi con la bocca piena di pizza facendo ridere Alice.

« Ma non è un po' tardi l'orario. Poi hai scuola... »

« Oh no, Maria mi ha concesso di lasciarmi libero un po' prima nelle serate in cui il giorno dopo ho scuola... »

« Bé bene dai! Credevo ti tenesse sotto tortura! »

Insieme scoppiammo a ridere, e mentre io continuai a mangiare la pizza lei si lasciò sfuggire un altro sbadiglio che mi fece troppa tenerezza.

Fra di noi calò il silenzio. Io continuavo a mangiare la pizza intento però ad ascoltare ogni suo possibile cambiamento, e lei, con la mano che le sorreggeva il volto fissava il vuoto davanti a lei. Solo una cosa infastidiva quel silenzio così denso: i tre ragazzi nel salotto accanto. Ero curioso di sapere che cosa stesse pensando e che cosa la stesse stressando in quella maniera.

« Secondo te non mi vuole più? »

La sua voce arrivò al mio orecchio limpida e perfetta. A parte un piccolo particolare: il suo era un sussurro, come se avesse paura a pronunciare quelle parole. In un primo momento non capì a cosa si stesse riferendo, ma poi fu tutto più chiaro quando nella mia testa si materializzò quel volto che da sempre, avrei voluto prendere a cazzotti.

« Perché dovrebbe essere così? Non ne ha motivo Alice... »

Se da un lato avrei voluto che fosse così. Che lui interrompesse quel strano rapporto in modo da avere tutto il tempo che desideravo per stare con lei, senza essere così trattenuto. Ma se da un lato lo desideravo ardentemente, non volevo nemmeno che Alice soffrisse e di certo, se quello che mi domandò era realtà, sicuramente avrebbe sofferto.

« E' come... E' come se fosse assente... »

« Alice, sarebbe uno stupido a farlo! »

Il tono della mia voce risultò leggermente più alto del solito, e lei automaticamente sentendo quella frase alzò il volto incatenando i miei occhi.

« Perché? Avrebbe altre cento ragazze... »

« Sì ma non sono altre Alice. Sono solo altre ragazze... »

Cercavo in tutti i modi di non arrivare al punto, di non dirle che quel cretino non poteva lasciarla perché era perfetta in tutto. Cercavo di fare miliardi di giri di parole, e lei ogni volta corrugava la fronte a volte non capendo, a volte perché i miei ragionamenti erano assai contorti.

Ad un tratto dalla porta che collegava la cucina ed il salotto sbucò la testolina ramata di Edward che interruppe il nostro discorso contorto.

« Hei Jazz vuoi che ti porto a casa? Sai, devo accompagnare Bella... »

Per me poteva andare bene, ma volevo sapere se anche Alice era tranquilla. Se non lo era sarei potuto rimanere ancora un po' e tornare tranquillamente a piedi, non avevo problemi. La guardai negli occhi e lei, come in una sorte di telepatia, capì al volo al mio messaggio e sorridendomi annuì con un cenno della testa.

« Certo, ti ringrazio Ed! »

Lui fece dietro front ed io automaticamente mi alzai in piedi. Non appena fui a fianco di Alice, che era rimasta seduta, appoggiai affettuosamente il palmo della mano sulla sua testa, affondando leggermente le dita fra i suoi capelli. Lei sorrise alzando leggermente il capo e non appena i suoi occhi si riaprirono le dissi:

« Se hai bisogno, chiamami... »

« Grazie Jazz... »

Si alzò in piedi e allungandosi sulla punta dei piedi mi lascio di sfuggita un leggero bacio sulla guancia il quale contraccambiai tranquillamente senza troppi problemi. La seguì per pochi secondi mentre usciva dalla cucina e la intravidi mentre saliva le scale. Dio solo sapeva quanto avrei voluto che quel bacio di arrivederci/buona notte fosse destinato sulle sue labbra, ma di certo se fosse stato tale, sarebbe stato tutto nettamente differente.

Il viaggio di ritorno fu piuttosto silenzio, tanto che Bella quando scesi dalla macchina ormai era già nel mondo dei sogni. Fu una cosa piuttosto veloce, salutai Edward, lo ringraziai e poi entrai immediatamente in casa. Le luci erano spente, a parte la televisione, accesa su di un canale di televendite con il volume ridotto al minimo. Era praticamente impossibile capire quello che le persone dicevano e come mi ero immaginato non appena ero entrato in casa, Ros era distesa sul divano davanti alla televisione. Pure lei, esattamente come Bella in macchina, ormai era lontana dal mondo reale e chissà da quanto tempo! Lo faceva ogni volta che uscivo per il lavoro. Si addormentava sul divano e mi aspettava. Avevo provato a convincerla che non ce n'era bisogno ma... Esattamente come con Alice era impossibile farle cambiare idea.

« Ros? »

La mia voce uscì piuttosto roca e con la mano, le cullai leggermente la spalla.

« Hei? Ros? Andiamo è ora di andare... »

Alzai leggermente la voce, appena appena, e in tutta risposta lei mormorò qualcosa, con la voce piuttosto impastata. Dopo qualche secondo riaprì gli occhi, anche se in realtà a me sembrava che fosse ancora chissà dove. Le sorrisi dolcemente e senza aggiungere altro, l'aiutai ad alzarsi. Non fu complicato aiutarla a mettersi in piedi, ma la difficoltà stava nell'attraversare le scale. Però appoggiai il suo braccio attorno alle mie spalle e alla fin fine riuscimmo a superare anche quell'ostacolo. Naturalmente l'aiutai ad entrare in camera sua e non appena si sedette sul bordo del materasso, mi bloccò afferrandomi dal gilet.

« Come è andata? »

Sbadigliò nel momento esatto in cui lasciò la presa e con poca eleganza di lasciò cadere all'indietro. Io sorriso e con un filo di voce le dissi semplicemente:

« Tutto bene »

Piano piano, un passo alla volta con estrema delicatezza arrivai alla porta della camera e come se al suo orecchio fosse collegato un campanello riaprì leggermente gli occhi sussurrandomi:

« In camera c'è una sorpresa. Notte... »

E probabilmente, ancora prima di finire la frase, Ros ormai era già nel mondo dei sogni. Scuotei leggermente la testa sorridendo a quella scena così carina e subito dopo, uscì dalla camera.

Un momento. Una sorpresa?

Accelerai leggermente il passo fino ad entrare in camera mia. Ed eccola lì la mia piccola sorpresa.

Chiusi la porta facendo il meno rumore possibile, e dopo esseri dato un'ultima occhiata allo specchio, mi tolsi automaticamente ogni indumento, per sostituirlo con una semplice camicia senza maniche piuttosto vecchia e un paio di pantaloni. Buttai tutto sopra una sedia e subito dopo, spensi anche l'ultima luce che illuminava solo quello che era necessario per non inciampare su qualcosa. Appena spensi la luce rimasi fermo immobile aspettando che i miei occhi si abituassero al buio, orientandosi con quella pochissima luce della notte che filtrava dalla finestra.

Poi la vidi. Con qualche difficoltà riuscì a vedere il suo respiro regolare alzare e poi abbassare le lenzuola. E se non potevo vedere perfettamente, potevo sentire al meglio il suo respiro, leggermente affaticato da quel leggero raffreddore che si era presa giocando in giardino con Spike.

Non esitai oltre, anche perché cominciai ad avere freddo. Così, con estrema delicatezza alzai piano piano le coperte e facendo il minimo rumore e movimento, mi infilai anche io sotto le coperte. La cosa divertente era che quella era la mia camere!

Sentivo la stanchezza farsi padrona nel mio corpo, così mi sbrigai a fare gli ultimi gesti, che per quanto fossero banali e semplici, per me erano fondamentali. Mi voltai verso Jenny che sembrava non essersi nemmeno accorta della mia presenza e, dopo averle sistemato delicatamente le lenzuola appena sotto le sue labbra, in modo che non prendesse freddo, appoggiai definitivamente il mento sulla sua piccola spalla, infilando completamente la testa sotto le lenzuola. E senza troppi complimenti i miei occhi si chiusero senza esitare altri minuti.

 

 

« Giuro che se continuano così io li ammazzo! »

« Sii clemente. E' domenica, si vorranno divertire prima dell'inizio della scuola! »

« Oh certo, ma ci sono tantissimi modi per divertirsi, dannazione! »

Alex non sembrava contentissimo per come stava proseguendo la serata. Era cominciato tutto alla perfezione. Certo, la domenica tende ad essere un giorno affollato per il locale, ma quella sera c'era veramente un senso di adrenalina e di euforia diverso dal solito. Seduti ai primi tavoli appena sotto il palco c'erano una decina di ragazzi, accompagnati da alcune ragazze, che sembravano divertirsi come non mai. E soprattutto si divertivano a continuar a buttare giù alcool su alcool.

Dovevo ammettere che anche io ero decisamente infastidito dai loro comportamenti, ma cercavo di non darlo a vedere come era mio solito.

Continuavo a mordermi la lingua per non rispondere in modo aggressivo a tutte quelle persone così prepotenti e arroganti. Fino a quando non vidi la mia ancora di salvezza. Notai Maria già pronta sulla sua postazione sopra il palco. E nella sua mano aveva solamente una sigaretta.

Scattai all'istante sorprendendo all'istante Alex che mi guardò torvo. Afferrai velocemente un bicchiere e preparai il solito Black Russian, che ormai potevo preparare ad occhi chiusi. Naturalmente non appena Alex capì, cominciò a maledirmi in modo scherzoso, imprecando ed a volte alzando le braccia verso l'alto con fare teatrale.

Attraversai la sala, imbattendomi ogni tanto in qualche ragazzo mezzo ubriaco che si reggeva a me mettendo a rischio l'equilibrio del bicchiere sul vassoio. Ma la prassi fu la solita: scattino, ripresa dell'equilibrio, fulminare con lo sguardo i ragazzi e via. Fu quando mi imbattei con l'ultimo ragazzo che notai qualcosa di familiare nella giacca che indossava. Ma non capì, sapevo di averla già vista quella giacca ma non mi venne in mente. Lasciai correre e superando tutti gli ostacoli arrivai dopo qualche minuto accanto a Maria.

« Tanta gente... »

Disse afferrando il bicchiere non togliendo lo sguardo sui ragazzi che urlavano e ridevano durante l'esibizione di Nikki, una delle ragazze di Maria, una delle migliori che cantava perfettamente.

« Forse troppa... »

Dissi riferendomi alle persone. Maria annuì continuando a guardare davanti a sé. Se c'era una cosa che voleva e che garantiva era la sicurezza.

Io mi rilassai qualche minuto vagando con lo sguardo per la sala. Tenni sotto controllo Alex che sembrava ormai talmente disperato da volersi strappare i capelli. Poi scesi con lo sguardo visualizzando ogni volto che incontravo.

Sgranai gli occhi sentendomi il respiro smorzarmi in gola. La mano che teneva il vassoio si strinse maggiormente, tanto che sentì un rumore strano, quasi come se si stesse rompendo. Non ci misi la mano sul fuoco, ma sembrava quasi che il mio corpo stesse tremando. Dalla rabbia, quello era ovvio e Maria lo notò senza troppi problemi.

« Jazz? Va tutto bene? »

Sentì la sua voce distante, ed io annuì semplicemente, solamente quando la sua mano mi scosse leggermente. Avevo lo sguardo su quella immagine, non riuscivo a crederci.

« Jazz?! Cazzo parla! »

Scattai immediatamente verso di lei, guardandola. Strinsi i denti e tutto ad un tratto alzai la mano verso l'immagine che stavo fissando.

« I primi tavoli, davanti al palco... »

Lei guardò il punto che indicai. Rimasi immobile qualche minuto, ma non sembrava essere turbata. Dannazione ma non lo capiva in che orribile situazione si sarebbe trovata?! Non riuscivo ad immaginare quello che sarebbe accaduto, le lacrime che avrebbe versato quando la notizia sarebbe arrivata fino da lei.

Maria mi guardò come se stesse aspettando una spiegazione. Effettivamente, ora che connettevo il cervello, non poteva saperlo. La guardai qualche secondo, poi sospirai indirizzando lo sguardo su di lui.

« Joseph... »

Maria disse un semplice “Ah” capendo a cosa mi stessi riferendo. Glielo avevo raccontato. Le avevo detto tutto ciò che c'era da sapere sulla ragazza di cui ero follemente perso e per questo, sapeva anche a cosa si riferiva il nome Joseph. Rimanemmo qualche secondo in silenzio, poi, come dal nulla, Maria parlò, chiarendomi ancora di più ciò che già vedevo con i miei occhi:

« Sai Jazz... Non penso che quelle due ragazze che ci stanno provando col famoso Joseph siano Alice. A meno che non sia cambiata radicalmente e si sia sdoppiata in due... »

 

 

 

Saalve a tutti! Eh già, finalmente sono tornata :P Mi dispiace per la lunga assenza ma... La scuola mi sta distruggendo :( Frequento l'ultimo anno del liceo delle scienze sociali quindi potete immaginare l'intensità della quinta superiore.

Comunque il nuovo capitolo è questo qui con moltissime novità e con molte cose diverse. Perché? Non lo so, ero stanca di continuare con Aspen e si sapeva che Jasper non faceva niente con Alice, quindi mi sono detta “Facciamo un mega cambiamento!” Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo cambiamento mi raccomando ;)

Ora passo alle risposte alle recensioni. Saranno un po' brevi, spero che possiate perdonarmi ;)

 

 

@ I_love_Ashley_Greene Ciao Jay! Mamma quanto tempo, spero che tu ci sia ancora cavolo *-* Visto quanti cambiamenti? Come ti sembrano? Ho voluto cambiare perché mi sembrava tutto troppo piatto... Bha sono strana eh?? xD

Per il sogno di Alice non preoccuparti, non mi sono dimenticata ;) E il significato si capirà si capirà ;) Tu non ti preoccupare!

A parte il capitolo che naturalmente voglio sapere che cosa ne pensi, tu come stai??
Spero tuuutto bene :)

Come al solito ti mando un mega bacione Paciugoso! (Mamma da quanto tempo che non lo dicevo *-* Che bello! Sono tornata a casa xD)

 

@ EDVIGE86 Ma quanto mi siete mancati dico io? *-* Ciao carissima! Ci sei ancora oppure vedendo che non aggiornavo te ne sei andata?? No dai speriamo di no :(

Ti ringrazio moltissimo per la foto di Paciugo, sei stata gentilissima e non preoccuparti per i tre messaggi xD Piuttosto di non ricevere la foto di Paciugo ;)

Comunque, anche a te sono curiosa di sapere cosa ne pensi di tutti questi cambiamenti. Troppi? Pochi? Orrendi? Belli?

Come al solito cara, fammi sapere cosa ne pensi, cosa belle e cose brutte. No problema :) Per il resto, spero che tu stia bene e ti mando un mega bacione Paciugoso al triplo! :D

 

@ alicecullen19 Ciao carissima! Mamma mia, spero che anche tu ci sia ancora *-* Ti chiedo scusa (e lo chiedo a tutti) per il mega ritardo, ma come ho già detto, la scuola è un inferno! Anche a te? No perché per me è insopportabile :)

Fammi sapere (se ti va) cosa ne pensi di questo capitolo ;)

Un bacio Paciugoso!

 

@ Sweet Bleeding Star Oddio, ti ringrazio per il Paciugo! :D Che bello della Trudi cavolo! Io avevo un cagnolino della Trudi, sisi!

Comunque, anche a te... * si mette in ginocchio * Scuuuuuuuuuuuuusami ti prego per il ritardo :(

Fammi sapere anche te cose ne pensi di questo capitolo e come dicevo sempre, se ti va, lascia una traccia del tuo cammino!

Ti mando un mega abbraccio e bacio Paciugoso! Ciauuu :)

 

@ Absteria Nuova lettrice? E che cavolo sei nuova e ti do la benvenuta così in ritardo! Cavolo non va bene! Ti prego scusami scusami scusami scusami scusami :(

Comunque mi fa piacere che hai lasciato una traccia del tuo passaggio, non sai quanto mi fanno piacere*-*

Ah e ti ringrazio anche per il Paciugo che mi hai mandato via posta. L'ho ricevuto ma... Cavolo non ho mai avuto tempo cioè proprio zero! Ti ringrazio il doppio veramente!

Fammi sapere che cosa ne pensi di questo nuovo capitolo, lasciando una nuova traccia del tuo passaggio!

Un mega bacione Paciugosooooo! :)

 

@Alex_Lestrange Veramente ci lascio una lacrimuccia :( Ragazza mia veramente mi dispiace per l'enorme ritardo! So che tu odi quelli che recensiscono dopo molto tempo, ma veramente, non avevo tempo di mettermi seduta e pensare a qualcosa da mettere giù :( Spero che tu non ci sia rimasta troppo male cavolo...

Come vedi però il nuovo capitolo è arrivato e con moltissime novità come puoi vedere :) Ho forse sbagliato? Sai quando scrivevo mi venivano mille dubbi del tipo “E se queste novità non piacciono?!”

Oddio, carissima fammi sapere che cosa ne pensi, anche perché tu lo sai, se la persona che dall'inizio ha commentato ogni santo capitolo e sai che per me il tuo commento è fondamentale!

Un mega bacio Paciugoso carissima mia!!

 

@ Mary_ Hei sbaglio o hai cambiato nick? :D Aspetta.... Non è che hai perso l'amore nei confronti di Jackson/Jasper vero????!! D:

Cavolo speriamo di no... E speriamo anche che tu ci sia ancora e che ci sia ancora quella buona volontà di fare quelle tue solite mega recensioni :(

Veramente non so come scusarmi, ti giuro mi dispiace un casino. Mi vergogno quasi a scusarmi... Mannaggia a me.

Visto quante novità che ci sono? Sono troppe? Bé anche te fammi sapere che cosa ne pensi mi raccomando! Anche il tuo commento per me è fondamentale e naturalmente voglio ancora le frasi del giorno! D: Non hai idea di quanto siano fondamentali anche se sinceramente... In questo capitolo non ce ne siano molte.

Fammi sapere che cosa ne pensi e come al solito ti mando un meba bacio e un mega abbraccio Paciugoso!

 

@Tutti, grazie a tutti quelli che leggendo i capitoli :) Come al solito, se volete, fatemi sapere cosa ne pensate sia cose belle che cose brutte ;)

Un abbraccio Paciugoso a tutti!!

 

Fra!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***


Capitolo 15.

 

Letteralmente sorpreso. Ero praticamente rimasto a bocca asciutta e per di più, non mi stupì del fatto che probabilmente avevo il mento che toccava terra e gli occhi fuori dalle orbite. Era inutile fare mille giri di parole, perché non c'erano vocaboli abbastanza corretti e sufficienti per descrivere come mi sentivo in quel momento. Rimasi tutto il tempo con lo sguardo puntato sull'armadio che ora, nella mia testa, aveva preso il nome di “Verme”, ed il motivo era ben ovvio. Forse perché ero condizionato dal fatto che la persona che avrebbe fatto soffrire era Alice, ma comunque, in un modo o nell'altro, ero convinto del fatto che fosse da persone senza cuore distruggere l'amore e la fiducia che il compagno o, come in questo caso, la compagna ripone nei nostri confronti.

« Hai due possibilità... »

Per tutto quel tempo caratterizzato da quel mio monologo interiore, Maria era rimasta accanto a me, leggermente spostata all'indietro. Aveva ancora in mano il bicchiere che le avevo portato, e con lo sguardo fisso sul Verme continuava a muoverlo in senso circolatorio con fare quasi ipnotizzato, facendo ruotare il cocktail sulle pareti di vetro dei bicchieri.

« Dirlo alla tua cara donzella oppure lasciare che le cose vadano da sé... »

Mi voltai di scatto verso di lei strabuzzando leggermente gli occhi. Ma che cosa stava sparando?! Ovviamente glielo avrei detto aveva dubbi?

« Che vorresti dire scusa? »

Domandai affilando leggermente lo sguardo, lasciando che i miei dubbi ed i miei interrogativi prendessero voce in una frase piuttosto striminzita. Lei sospirò scuotendo leggermente la testa staccandosi dalla parete a cui era appoggiata, e con un solo gesto mi raggiunse alla ringhiera del piano rialzato sopra il palco dove eravamo sistemati.

« Per due motivi. Glielo vuoi dire? Preparati a spezzarle il cuore ed inoltre potrebbe non crederti. »

Abbassai leggermente lo sguardo corrugando la fronte, riflettendo su quello che aveva appena detto. E pensandoci più di qualche secondo capì che in fin dei conti non aveva tutti i torti. Avrebbe sofferto perché per quanto non potessi crederci e lo ritenessi dannatamente sbagliato, Alice era innamorata di Joseph. E su quello io non potevo farci nulla. Non le avevo mai chiesto perché lo fosse. Un po' perché preferivo vedere Alice come una persona senza la famosa anima gemella. Un po' perché avevo paura che il motivo fosse talmente immenso da cancellare ogni speranza che mi ero costruito nella mia testa.

C'era poco da dire: Maria aveva ragione. Il cuore le sarebbe spezzato non appena glielo avrei detto ma...

« Perché non dovrebbe credermi? »

Domandai alzando lo sguardo incontrando gli occhi scuri di Maria che, con innocenza mi sorrise, come se volesse dirmi “dolce ignoranza”.

« Riusciresti a credere nel tradimento di una persona che hai sempre amato e stimato, a cui ti sei sempre fidato ciecamente? »

Abbassai lo sguardo. Colpito ed affondato.

E sfortunatamente anche quella risposta ebbe lo stesso effetto che ebbe la prima. Cancellò completamente ogni mia sicurezza, facendomi cadere nell'insicurezza più totale. Credevo fosse molto più semplice, ma riflettendo non lo era affatto.

Che dovevo fare? Farla soffrire per colpa di un Verme, oppure lasciarla vivere nella menzogna, in quel mondo ai suoi occhi così perfetto ed innocente?

Tornai con lo sguardo dritto davanti a me, su quella persona protagonista dei miei pensieri in quel momento. Non osservai più di tanto i suoi movimenti, ma cominciai a riflettere immaginando ogni possibile reazione della persona che amavo.

Maria si staccò facendo qualche passo per allontanarsi, ed io scattai dritto con la schiena. Ormai mi dava le spalle ma non volli perdere l'opportunità di avere un nuovo chiarimento:

« Cosa faresti? »

Lei si bloccò all'istante voltandosi con estrema lentezza mentre il braccio destro era disteso lungo il suo fianco e sosteneva il bicchiere vuoto, mentre l'altro braccio afferrava l'alto ad altezza petto. Mi guardò con uno sguardo quasi severo nei miei con fronti. Era seria e a mio parere era la prima volta che la vedevo così. Non potei nascondere che sentì un brivido percorrermi la linea della spina dorsale e inconsciamente deglutì il nulla.

« E' la tua vita non la mia. »

Ovviamente, ma volevo un suo consiglio ma... Probabilmente avevo avuto fin troppi chiarimenti. Abbassai lo sguardo fissando il palcoscenico sotto i miei piedi, mentre Nikki usciva dalla scena dopo il suo ultimo spettacolo.

Joseph rideva e scherzava come se nulla fosse. Lo vidi solo una volta farsi serio, proprio nel momento esatto in cui afferrò il cellulare per guardare lo schermo. Ma subito lo ripose nella tasca della giacca appoggiata alla sedia su cui era seduto.

« Mi serve Nikki ed Alex! »

Dissi ad un tratto alzando di scatto la testa verso Maria, che stava già scendendo i primi gradini per raggiungere il resto della troupe. Lei mi guardò per qualche secondo negli occhi senza proferire parola. Poi fece una delle cose più semplici: abbozzò un sorriso ed alzò le spalle. Poi scese le scale scomparendo. Non la conoscevo da molto ma sapevo che quello era un segnale che mi dava il suo consenso. Guardai un'ultima volta Joseph, poi scattai e mi fiondai giù dalle scale scendendo i gradini due a due. Una volta arrivato in fondo cercai con lo sguardo Nikki fra tutte le altre ragazze e ragazzi che si cambiavano per i prossimi spettacoli. Il caos assoluto era vivo dietro il palcoscenico. Vestiti, trucchi, sedie ovunque. Le prime volte avrei giurato che mi sarei perso!

Poi la vidi. Era seduta su di una sedia davanti ad uno specchio e si stava togliendo il cappello nero che indossava in maniera distratta mentre leggeva qualcosa su di un giornale. A grandi falcate la raggiunsi, posizionandomi dietro di lei. Nikki alzò lo sguardo guardandomi attraverso lo specchio. Nel suo volto si poteva benissimo leggere la sorpresa nel vedermi lì e non appena prese un respiro per parlare la interruppi all'istante dicendole:

« Mi serve il tuo aiuto. E quello di Alex... »

Vidi il suo volto farsi ancora più interrogativo: primo, perché diavolo avrei avuto bisogno del suo aiuto? E secondo, che cosa centrava Alex? Quelle furono le domande che riuscivo a leggere attraverso i suoi occhi marroni e così mi affrettai a raccontare il piano che avevo in mente. Alice lo avrebbe saputo, e sfortunatamente avrebbe sofferto ma... Non potevo lasciarla vivere nella menzogna. Per di più avrei fatto in modo che la sua mente non potesse crearsi strane idee per non credermi.

Non appena ebbi finito di raccontare tutto a Nikki feci lo stesso con Alex e dai due ebbi la stessa reazioni. Furono ben felici di aiutarmi e tutti e due lo confermarono con parole che assomigliavano ad una frase, tipo “così facciamo qualcosa di diverso in questo locale”!

Non appena tornai nel camerino diedi l'ok a Nikki con un cenno della testa e rimasi appoggiato al muro accanto all'entrata del retroscena in attesa che la situazione si creasse perfettamente. Lo vedevo, vedevo il Verme accanto a quelle due ragazze, ormai più ubriaco che sobrio. Mi faceva praticamente vomitare.

Contai fino a cinque, poi Nikki uscì. Era vestita esattamente come aveva fatto il suo ultimo spettacolo. Certo, non era nuda, ma diciamo che non era nemmeno ricoperta di vestiti come una puritana. Più che altro gli abiti che indossava erano semplici, ma sapevano dare il fatto loro nei punti giusti. Camminò con passo deciso ma lento verso Joseph che, naturalmente, non si era fatto perdere la visuale di quella ragazza che si avvicinava maliziosamente a lui. In pochi istanti Niki fu praticamente accanto alla bestia che, ormai, aveva gli occhi fuori dalle orbite. La mia complice senza troppi complimenti, si fece largo fra gli sguardi arrabbiati delle due ragazze e si sistemò sulle gambe del “povero” Joseph che sembrava più su di un altro pianeta che dentro al locale.

Attesi qualche secondo, poi guardai Alex ed annuì con un cenno della testa. Il ragazzo sorrise e sbottonandosi un bottone della giacca nera che indossava, in modo da mostrare un po' di carne, si avvicinò al tavolo con un vassoio vuoto e, velocemente, lo appoggiò sul tavolo una volta arrivato. Da subito cominciò a parlare con le due ragazze che finalmente, sembravano aver trovato un diversivo da sostituire a quel Joseph ormai perso per Nikki.

Perfetto...

Cominciai a dirigermi verso il tavolo. Contai all'incirca una trentina di passi, poi arrivai vicino al tavolo. Sentivo le risate di quel Verme farsi largo per l'atmosfera e per qualche secondo mi sembrò di sentire il suo profumo, quell'orrendo profumo che per quanto possa sembrare impossibile, mi sembrava che fosse di una fragranza mescolata a quella di Alice. Sentì la rabbia scorrere senza troppi problemi in ogni singola parte del corpo e cercai di trattenermi con tutte le forze di non colpirlo.

Resisti Jasper, resisti...

Chiusi la mano sinistra in un pugno per scaricare la rabbia. Nikki aveva le mani sul suo volto e lo costringeva a farlo voltare verso di lei, mentre parlavano di non so cosa che personalmente non m'interessava a pochi centimetri dalle labbra dell'una e dell'altro. Gli fui accanto e stringendo i denti infilai la mano dentro la tasca della sua giacca estraendo quell'aggeggio tecnologico che sarebbe stato la chiave di tutto. Sì, mi sarebbe bastato farle mostrare tutto davanti ai suoi occhi e per quanto fosse stata cruda e dolorosa, la verità le sarebbe stata a portata di mano. Non avrebbe dovuto credere a quello che le avrei detto, lo avrebbe constatato con i suoi occhi.

Aumentai la velocità del passo lasciandomi alle spalle quel quadretto troppo occupato per notarmi. Troppo occupato per ostacolare quella chiamata che sarebbe partita da lì a poco. Continuai a camminare con lo sguardo che istintivamente si guardava attorno per controllare che fosse tutto sotto controllo. Fui a pochi metri dalla “mini entrata” che mi avrebbe condotto dietro il bancone del bar, per poi proseguire nello stanzino silenzioso dove spesso mi rifugiavo per riflettere, quando vidi Maria, appoggiata sul bancone con in mano un altro bicchiere. Aveva lo sguardo fisso sul palcoscenico ma non me ne preoccupai e senza battere ciglio continuai a camminare. Fu quando le fui al suo fianco che con un timbro di voce pacato mi disse:

« Probabilmente avrei fatto la stessa scelta... »

Mi bloccai guardandola qualche istante, capendo solo dopo qualche secondo a cosa si stesse riferendo dato che non le avevo chiesto nulla. O meglio, glielo avevo chiesto prima di agire ed ora, che mi ero programmato tutto, lei mi aveva dato il suo giudizio.

Annuì con un cenno della testa e senza attendere altro scivolai dietro il bancone, per poi imboccare l'entrata che portava allo stanzino del magazzino. Lasciai la porta socchiusa ed afferrando il cellulare composi il numero di telefono che conoscevo ormai a memoria. Non ci pensai più di tanto alle conseguenze, ormai avevo fatto la mia scelta ma ci fu un istante in cui sperai che non rispondesse, che lasciasse squillare il cellulare a vuoto.

Ma naturalmente non fu così.

Il telefono squillo all'incirca per una ventina di secondi, fino a quando una voce femminile, leggermente smorzata dal sonno rispose alla chiamata:

« Jo? Hei va tutto bene? »

Dato l'orario ed il timbro della sua voce non fu complicato capire che era stata svegliata nel bel mezzo del sonno profondo della notte.

« A... Alice mi senti? »

Mi sentivo impacciato nel parlare dato il motivo di quella chiamata. Le parole era come se non volessero uscire dalle mie labbra, come se si smorzassero in gola.

« Amore ma cos'è questo casino? »

Si schiarì leggermente la gola prima di parlare. Piano piano il timbro della sua voce stava tornando alla normalità e di conseguenza, anche le sue abilità cognitive stavano tornando al cento per cento.

Chiusi la porta con un calcio mentre mantenni il cellulare ben saldo all'orecchio.

« Joseph mi stai facendo preoccupare! Che è successo? Cos'è questo casino? »

Mi dispiace Alice...

« Alice, sono io... »

Il timbro della mia voce era roco, calmo e tranquillo, quasi da dottore intento a dare una brutta notizia. In effetti, data la circostanza, come paragone era quasi azzeccato.

Il mio tono della voce rispetto a quello di Joseph era leggermente meno acuto rispetto al Verme data la massa che ci differenziava. Quindi non fu così complicato per Alice capire che non stava parlando con il suo falso ragazzo.

Rimase qualche secondo in silenzio, in quei momenti dove mi preoccupai se fosse ancora attaccata al telefono dato quel silenzio di tomba.

« Jazz? Ma... Ma che ci fai con Joseph? »

« Alice ascoltami non... »

Chiusi gli occhi cercando di avviare il discorso, anche se con tutta sincerità non sapevo nemmeno da dove cominciare. Ma fui interrotto da quel timbro di voce così preoccupato.

« Ma tu non sei al lavoro? Joseph era a casa un'ora fa perché non stava bene, dimmi perché diamine hai il suo cellulare?! »

Eccolo che cambiava. Ecco che il timbro così assonato di qualche secondo prima ora era diventato più alterato, e se prima si era trasformato in preoccupazione, ora sembrava quasi arrabbiata. Avevo gli occhi leggermente sgranati e quelle parole che prima morivano in gola, ora proprio non volevano uscire nemmeno con la forze. Sentì delle leggere gocce di sudore freddo crearsi sulla mia fronte, intrappolando quei riccioli biondi che ricadevano senza senso appena sul mio volto. Che cosa le dicevo? Avrei dovuto prepararmi un discorso o qualcosa da dirle, ma preso troppo dal momento e dalla rabbia non ci avevo pensato.

Così non sentendomi parlare e ricevere una risposta fu lei a parlare nuovamente, mentre come sottofondo sentivo dei passi che dettavano il respiro affannoso. Si stava muovendo.

« Jasper. Dimmi dove sei... Dimmi dov'è! »

Deglutì il nulla.

Dire che fosse arrabbiata era praticamente ovvio. Che si fosse immaginata il perché? Forse pensava che io avessi fatto qualcosa al suo fidanzato? Oppure che lui avesse fatto qualcosa a me?

Sentì i passi di sottofondo fermarsi, mentre un suono meccanico si faceva largo. Erano rumori appena percettibili, al contrario di quelli che vennero uditi dal mi orecchio pochi istanti dopo. Sentì la portiera dei una macchina aprirsi per poi richiudersi velocemente. Stava salendo in macchina.

« Jasper?! »

Sobbalzai sentendo il mio nome praticamente urlato. Di certo non faceva un bell'effetto, come non era nemmeno una meraviglia sapere che Alice era arrabbiata. Non attesi altro però, un po' per la sorpresa di sentirla così fredda e dura. Chiusi gli occhi ed in una frazione di secondo dissi solo un nome, quello del locale:

« Kit Kat Club! »

Sentì il motore della sua macchina ruggire in pochi istanti e lo slittare delle ruote sull'asfalto fu zittito solamente quando Alice interruppe la chiamata in modo brusco.

Tirai un sospiro quando allontanai il cellulare del Verme dall'orecchio. Ed ora? Quanto tempo ci avrebbe messo ad arrivare? Per di più, se la sarebbe presa con me?

Continuai a pensare a tutto quello che poteva accadere, ad ogni possibilità, quando ad un tratto la porta dietro le mie spalle di spalancò tutto ad un tratto. Mi voltai all'istante incontrando Alex che teneva la porta aperta e fu allora che senza una mia domanda mi disse:

« Li abbiamo tenuto fino a quando potevamo. Sono appena usciti. Muoviti! »

Scattai all'istante uscendo velocemente dalla entrata del magazzino. Mi guardai leggermente attorno ed effettivamente, qualche ragazzo della squadra di Forks se ne erano andati. Avevo consumato troppi minuti nel magazzino, per colpa di quelle maledette parole che non volevano uscire.

Infilai il cellulare in tasca e correndo, uscì definitivamente dal locale. Sentì il freddo della sera pungermi il volto e sulle braccia scoperte dato l'abbigliamento che utilizzavo per lavorare. Ma non era quello il problema: dovevo trovare Joseph a tutti i costi. Cominciai a correre, schivando tutti i rifiuti ed i cassonetti della spazzatura che si trovavano praticamente ovunque.

Eccolo.

Lo vidi, mentre saliva sul suo bolide, dove c'erano già le due ragazze che prima lo ammaliavano assieme al solito ragazzo che affiancava Joseph da sempre. Il tipico braccio destro che non si toglie mai dalle scatole! Impressionante come certe volte ciò che i film rappresentano non fanno altro che rispecchiare alcuni punti salienti della realtà.

I motori della macchina risuonarono nell'aria facendomi risvegliandomi da quei sogni mentali che la mia testa creava probabilmente grazie alla temperatura leggermente bassa. Non doveva andarsene, doveva aspettare l'arrivo di Alice, doveva vedere come veniva usata da quel Verme!

Mi guardai attorno stringendo i denti sentendo i primi “passi” di quella macchina. Continuai a vagare con lo sguardo e, solamente quando la macchina mi fu praticamente davanti agli occhi, afferrai uno di quei bidoni di metallo che avevo accanto. Tutto rotolò davanti all'automobile, urtandola leggermente sul fanale rilasciando tutta la spazzatura ovunque.

E come mi ero immaginato, la macchina inchiodò.

Toccategli tutto ma non graffiate la macchina eh?

Dovevo guadagnare del tempo, era l'unica cosa che dovevo fare. Altri minuti, ancora pochi minuti ed Alice sarebbe arrivata.

Joseph uscì dalla macchina imprecando qualche maledizione con parole poco eleganti, fino a quando si voltò verso la penombra dove ero posizionato.

« Che cazzo hai fatto?!! »

Presi un respiro a pieni polmoni osservando il suo sguardo che cercava di affilarsi il più possibile per capire chi fosse la persona che aveva rovinato il suo gioiellino. Ed io, d'altro canto, non mi sentivo né un codardo, né un fifone tutt'altro! Mi sentivo pronto a fargli capire quanto fosse peggio del nulla ed, essendo fuori dal locale, lontano da molti occhi indiscreti, ero liberissimo di essere padrone di ciò che volevo fare.

Con passo lento ma deciso, uscì dalla penombra non staccando mai i miei occhi dai suoi. Cambiarono all'istante, notai una luce di sorpresa varcare i suoi occhi marroni. Prima sorpresa, poi rabbia ed infine si liberò una risata. Una risata che aveva tutta l'aria di essere una presa in giro.

« Ma non dirmi! Che sorpresa deludente! Pensavo di potermi confrontare con qualcuno degno di me! »

Chiuse la porta della macchina con un solo colpo, avvicinandosi di qualche passo, arrivando dritto di fronte a me. Si avvicinava con quel sorriso strafottente e con la stessa sicurezza che da sempre lo aveva reso invincibile. Ma non mi sarei fatto troppi scrupoli nel tirargli un cazzotto proprio su quel naso che si ritrovava.

« Non fare troppo lo spavaldo Verme... »

Volontariamente marcai la parola che la mia testa si era inventata per definire quell'ammasso di carne che avevo davanti a me. Sgranò leggermente gli ordini, mentre per qualche secondo cercò di riprendere quell'equilibrio che per qualche secondo gli mancò dato l'alcool che aveva in corpo.

« Che cosa hai detto?? »

Alzai un sopracciglio non staccando i miei occhi dai suoi. Era per caso sordo?

« Dimmi Verme, hai anche qualche problema d'udito oltre ad avere problemi di fedeltà? »

Sgranò ulteriormente gli occhi. Bé come dargli torto poverino, effettivamente non mi ero mai permesso di usare un linguaggio così duro e aggressivo nei suoi confronti dato che, quando lo vedevo, era sempre attaccato ad Alice. Non tanto per vergogna, tanto per rispetto nei confronti di quella ragazza che lui aveva tradito, e chissà da quanto!

Poi però scoppiò a ridere, e naturalmente mi sorprese quella sua reazione, tanto che corrugai la fronte affilando leggermente lo sguardo.

« E che farai? Lo dirai ad Alice? Non ti crederà nemmeno lontanamente... »

Disse lui sfoderando il motivo di quella sua risata così sicura. Attese qualche secondo, il tempo esatto che impiegò il suo amico ad uscire dalla macchina per sedersi sul cofano.

No, ditemi: voleva anche dei popcorn per caso?

Gli regalai qualche secondo di attenzione, poi tornai sull'omone che, sorridente, continuava ad avvicinarsi. Io? Bé, mica potevo fare la figura del codardo! Lo imitai, e con lo stesso ritmo dei suoi passi mi avvicinai a lui rimanendo serio. Fu quando fra di noi ci fu una distanza di un metro circa che risposi alla sua frase fin troppo sicura.

« No Joseph... Sarà la realtà dei fatti a farle cambiare idea... »

Lo dissi con estrema calma, accennando appena ad un sorriso, tanto che lui tornò ad essere nuovamente confuso con il suo sguardo.

« Poche chiacchiere orfanello! Dimmi che cazzo vuoi dire! »

Presi un respiro profondo per calmare le acque per quell'orrendo soprannome che aveva detto. Lo odiavo sempre di più, è così evidente? Socchiusi appena gli occhi e contai fino a dieci. Poi li riaprì sorridendo a trentadue denti. Infilai la mano nei jeans estraendo il suo cellulare come se nulla fosse, catturando l'attenzione sua e del suo amico anche con il tono della voce leggermente più alto.

« Oh! Guarda Joseph! E' il tuo cellulare e... No guarda! L'ultima chiamata effettuata è stata fatta ad Alice ma dimmi te che casualità! »

E girandogli il cellulare rivolgendogli il display gli feci leggere il nome che era in evidenza come ultima chiamata. Non so se per l'alcool o per la sorpresa che gli regalai, ma giurai quasi che il suo volto sbiancò leggermente, accentuando l'espressione di sorpresa anche grazie dalla bocca aperta.

Poi tutto ad un tratto il colorito del suo volto cambiò radicalmente, sfumando in una gradualità leggermente più rossiccia. I suoi denti erano serrati e le sue labbra leggermente tirate in modo che sfoderasse la dentatura aggressiva. E altro particolare, fu la prospettiva in cui mi “godevo” quel suo cambiamento nettamente diverso: lo vedevo capovolto orizzontalmente, ed impiegai qualche secondo a capire che il carissimo Joseph si era sfogato lanciandomi un bel pugno sul mento. Sentì piano piano il calore del colpo diffondersi su praticamente tutto il mento e con la mano sinistra lo spostai prima a destra e poi a sinistra mentre con l'altra mano mi rialzai.

Effettivamente avrei dovuto immaginare come si sarebbe conclusa la situazione e per di più, mi sarei dovuto aspettare una sua reazione data la provocazione gli avevo detto. Il suo amico era ancora seduto sul cofano ed ora se la rideva tranquillamente, mentre le altre ragazze erano uscite dalla macchina.

« Allora Hale?! Dov'è la sicurezza di prima?! »

Altri minuti. Dovevo tenerlo a bada per qualche altro minuto niente di più.

« Jo, evita di ammazzarlo... »

Spostai lo sguardo sull'amico di Joseph che se la divertiva come se nulla fosse.

« Tranquillo amico, è tutto sotto controllo! »

Joseph si mosse nuovamente. Avanzò di un altro passo, lasciando libero un gancio sinistro. Fortuna volle che non fossi così imbecille da cascarci un'altra volta. Riuscì a scansarlo e senza nemmeno che me ne accorgessi, come un istinto involontario, affilai il gomito, colpendo dietro sulla schiena creando una certa pressione, quel tanto che mi bastava per farlo cadere a terra. Andiamo, perché diamine lui poteva attaccare ed io no? Anche io avevo il suo stesso diritto di usare la forza, proprio come lui!

Probabilmente è meglio se tralascio i cattivi commenti che disse nel momento esatto in cui cominciò ad alzarsi, ma personalmente non mi andava nemmeno di finire in un lago di sangue. In poche parole volevo salvarmi la pelle, così quando lo vidi a gattoni per alzarsi, feci per tirargli un calcio sullo stomaco, in modo da farlo cadere nuovamente a terra. Caricai tutto il peso sulla gamba sinistra, quando ad un tratto mi sentì afferrare le spalle ed una forza mi spinse all'indietro. L'amichetto mi aveva bloccato le spalle e mi costringeva a stare fermo per quel tempo che sarebbe bastato a Joseph per rialzarmi e per sfoderare un altro colpo. E così fece, dandomi un altro colpo dritto contro lo stomaco. Mi piegai leggermente in avanti sentendo il respiro smorzarsi in gola. Probabilmente finì in apnea per qualche secondo dato il colpo che, per quanto fosse banale, faceva male. Cercai di catturare un po' di aria tossendo un po' e fortunatamente, dopo qualche tentativo riuscì nel mio intento. Non feci in tempo nemmeno ad alzarmi che, per evitare un nuovo colpo, alzai le gambe caricando il peso sull'amico che mi teneva fermo. Appoggiai i piedi sulla spalla di Joseph e tutto ad un tratto spinsi con tutte le forze che avevo, in modo da farlo cadere all'indietro e di far perdere l'equilibrio al tizio che mi bloccava che, una volta a terra, mi lasciò libero. Joseph nel momento della caduta, sbatté addosso ad una lastra di vetro appoggiata ad uno dei cassonetti. Sentì il rumore sinistro del vetro spezzarsi in tanti piccoli pezzettini e nuove imprecazioni poco educate uscire dalla bocca del Verme.

Mi rialzai in piedi all'istante, avvolgendo lo stomaco con le braccia per il dolore. Vidi più che altro cosa aveva provocato il mio colpo: principalmente era Joseph quello che ci aveva rimesso dato che la sua mano era sporca di sangue perché si era scontrata contro la lastra di vetro. Strinsi i denti senza togliere lo sguardo dai due che piano piano stavano tornando in piedi. Certo, potevo contare sull'alcool che avevano bevuto ma, non sarebbe stato eterno.

« Inutile essere di un Hale... »

Sentì Joseph dannarmi un'altra volta, l'ennesima volta. Sicuramente il suo umore non era dei migliori e non c'era nemmeno bisogno di provocarlo per farlo arrabbiare ancora per spronarlo a combattere.

Ancora qualche minuto, ancora qualche minuto!

Fu allora che qualche dubbio mi affollò la testa. E se Alice non fosse arrivata? Se Alice non mi avesse creduto ed avesse semplicemente fatto dietro front tornando a casa? E se tutto quel casino fosse assolutamente inutile? Chi me lo faceva fare di andare avanti con quella lotta se lei non fosse arrivata per vedere il suo “fedele” fidanzato?

Continuai a pensare, a pensare a cose sbagliate data la circostanza. Quando rialzai lo sguardo che nel frattempo si era abbassato per pensare, non vide più l'amico di Joseph. Vidi solo lui, in piedi, davanti a me che mi guardava con un sorriso stampato in volto. Poi, una spinta da dietro, una spinta che mi fece avvicinare di gran lunga accanto a Joseph esattamente al suo fianco.

Avevo sbagliato, nulla da dire. Sapevo che in quelle circostanze bisogna eliminare ogni pensiero e pensare solo a quello che sta accadendo. Lo avevo sperimentato nel mio passato ma... Avevo sbagliato, non c'erano altre storie.

Joseph rise una volta che mi ritrovai accanto alla sua massa di carne. Appoggiò una mano con prepotenza sulla mia testa, e con tutte le forze che aveva spinse verso il basso facendomi cadere per terra facendomi uno sgambetto con la gamba. Tenne la mano sulla mia testa in modo che non potessi né muovermi, né spostarmi. Trattenni il respiro quando battei la testa per terra e sgranai leggermente gli occhi sentendo uno strano fischio crearsi nella mia testa. Rimasi qualche istante immobile, senza mai respirare per paura che mi potesse far percepire sempre di più il dolore. Era strano, era come se tutto ad un tratto tutte le voci ed i rumori attorno a me si fosse affievoliti, diventando zero rispetto a quel fischio fastidioso che sentivo nella mia testa. Un rumore fastidioso che aumentava sempre di più. Con il volto a terra sentivo l'odore dell'asfalto bagnato proprio sotto di me, un odore che in quel momento mi sembrava immensamente fastidioso.

« Allora Hale! Che fai ora?! »

Urlava, lo potevo immaginare, ma lo sentivo distante tanto era acuto quel fischio. Chiusi gli occhi cercando di cacciarlo via lontano, sia quel rumore fastidioso, sia quell'essere che avevo praticamente sopra di me. Una volta che riaprì gli occhi la vista mi si offuscò leggermente, tanto che continuai ad aprire e a chiudere gli occhi per far tornare tutto alla normalità. Piano piano mossi la mano, appoggiandola a terra poco distante dal mio volto. Sentì qualcosa di tagliente e di fastidioso sotto il palmo della mia mano e una volta che lo avvicinai ai miei occhi ancora mezzi intontiti, notai delle piccole schegge di vetro appiccicate alla mia pelle. Rilasciai cadere a peso morto la mia mano e fu allora che Joseph mollò la presa.

Pensai che avesse intuito che mi stavo arrendendo, ma non era così! Dovevo guadagnare dell'altro fottuto tempo perché Alice doveva venire!

La mia vista non era al cento per cento ma vidi cosa era dovuto quella libertà che mi aveva concesso. Il rumore del motore di una macchina si arrestò ed i fari luminosi si spensero proprio nel momento esatto in cui qualcuno uscì da una macchina gialla canarino.

« Hei... Alice... Cucciola che ci fai qui? »

La voce di Joseph cambiò nettamente, diventando quasi affettuosa tutto ad un tratto. Chiusi gli occhi sperando che la nitidezza tornasse nei miei occhi, così affilai maggiormente l'udito per sentire tutto quello che accadeva accanto a me.

« Ti faccio la stessa domanda. »

Precisa, seria e diretta. Ecco in che modo potevo descrivere il tono di voce di Alice e mi immaginai la scena. Mi immaginai lei, davanti alla sua macchina con le braccia incrociate e lo sguardo puntato sul Verme.

« Bé... Mi... Mi sentivo meglio così sono uscito con... »

« Lo vedo con chi sei uscito! »

Sentì un brivido percorrermi la spina dorsale sentendo il tono di voce di Alice così duro. No, non l'avevo mai sentita così. Era la prima volta ed ero contento che non fosse arrabbiata con me ma con Joseph. Lo avevo sempre sospettato che sotto a quel corpo così apparentemente fragile si nascondesse un carattere immenso.

Dopo qualche secondo dove sentì principalmente le urla di Alice, appoggiai la mano per terra ed aprendo gli occhi cercai di alzarmi. La testa era come se fosse perennemente martellata da qualcosa, fortunatamente quel fastidioso fischio era diminuito d'intensità.

« Andiamo Alice! Chi vuoi che siano! Non sono niente! »

Disse Joseph giustificandosi probabilmente per la presenza di due ragazze più svestite che vestite. Lo fece esattamente nel momento esatto in cui piano piano riuscì ad alzare il busto con le braccia e la vista sembrava che mi volesse aiutare. All'istante sentì un prurito intenso, quasi un bruciore provenire al lato del mio volto così, come un impulso involontario alzai la mano per grattarmi ma qualcosa me lo impedì. Sentì la mano calda di Alice bloccarmi all'istante, lasciandomi con il braccio a mezz'aria.

« No... »

Disse semplicemente in un sussurro pochi istanti prima che mi aiutasse ad alzarmi mentre l'essere continuava a giustificarsi. Piano piano riuscì ad aiutarmi ed insieme ci avvicinammo alla sua macchina. Mi dispiaceva di darle quel dispiacere, per di più non dovevo essere nemmeno una piuma rispetto al suo corpo così fragile. Cercavo in tutti i modi di riprendere autonomamente l'equilibrio, ma mi era complicato dato il forte mal di testa che pulsava.

« Non preoccuparti. Torno subito... »

Disse una volta arrivati accanto alla sua macchina. Mi aiutò a salire e solamente quando fui dentro a quell'abitacolo colmo del suo profumo vidi perché non mi aveva permesso di grattarmi grazie al mio riflesso sul parabrezza: lungo il profilo c'era un taglio piuttosto sporco e solo allora mi ricordai delle schegge di vetro che avevo visto appiccicate al palmo della mia mano.

Appoggiai la testa all'indietro, chiudendo gli occhi solamente quando, dopo essermi voltato verso destra vidi con la coda dell'occhio Alice lasciare uno schiaffo sulla guancia del suo fidanzato urlandogli contro delle semplici parole, ma che ebbero un effetto immenso su di me:

« Sparisci Joseph! »

E per quanto il mal di testa si facesse sentire e il mio corpo non stesse al cento per cento, quella scena fu una specie di medicina che mi fece sorridere mentre chiusi definitivamente gli occhi.

 

 

« Jazz? Siamo arrivati... »

Sentì la sua voce richiamarmi da un sonno forzato in cui mi ero immerso. Il mal di testa non voleva smettere, anzi sembrava continuare a darmi fastidio senza troppi problemi.

Riaprì gli occhi sorprendendomi quando mi ritrovai Alice accanto a me, con la porta della macchina aperta e lei leggermente rannicchiata a terra che controllava che stessi bene. Aveva le labbra semi aperte e i suoi occhi erano contratti in una smorfia di dispiacere. Strizzai leggermente gli occhi, come quando vieni svegliato da una luce improvvisa.

« Dove... »

« Vieni... »

Non feci nemmeno in tempo a chiederle dove fossimo che lei si alzò in piedi, ed aiutandomi proprio come aveva fatto fuori dal locale, mi aiutò ad uscire dalla macchina. Automaticamente mi portai una mano sulla fronte, coprendomi l'occhio destro. Anche la più minima fonte di luce mi dava un fastidio immenso. Avevo gli occhi chiusi e mi lasciavo guidare da Alice, tanto dove poteva portarmi?

Continuammo a camminare per qualche minuto. Io rimasi completamente in silenzio, lei invece ogni tanto parlava di qualcosa con qualcuno ma la mia attenzione era paragonabile a zero.

« Hei Jazz... Siediti qui... »

Riaprì gli occhi quando sentì la porta di una stanza che si chiudeva. Capì all'istante dove ci trovavamo e potevo anche aspettarmelo: quello era l'ufficio di Carlisle. Lo riconoscevo.

Mi fece sedere su di un lettino e mi fece appoggiare alla schiena al muro accanto. Sospirai pesantemente sentendo il mal di testa affievolirsi per pochi istanti.

« Papà arriva fra poco... »

Disse pochi istanti dopo essersi tolta la giacca. Annuì semplicemente per rispondere alla sua frase. Lei si avvicinò e mi osservò con attenzione, fino a quando non alzò la mano e con estrema delicatezza mi accarezzò la guancia “sana”. E la sentì, sentì nuovamente quella sensazione di calore, di quel bruciore che solo lei sapeva donarmi. Un bruciore che però non faceva male, anzi, riusciva a donarmi una sensazione meravigliosa.

« Sei un pazzo... Ti sei cacciato in un brutto guaio... »

Sorrisi sentendo quella frase, ma lei non cambiò la sua espressione preoccupata. Mi limitai solo ad alzare leggermente le spalle e non mi lasciai sfuggire quel sorriso. Mi sentì che dovevo dirle che in fin dei conti dovevo farlo, non tanto per rivelarle i miei sentimenti, ma per darmi una specie di opportunità per dirle che lei era importante, per farle intuire anche per poco che per lei ero disposto a ciò.

Peccato che mi mancò il tempo.

La porta si spalancò e Carlisle si materializzò in pochi istanti. Aveva lo sguardo inchiodato sulla cartellina che aveva in mano e non appena entrò mi osservò, sgranando leggermente gli occhi. Allargai appena il sorriso dato che sentivo dolore non appena muovevo la testa, ed alzai leggermente il mento a mo di saluto. Lui presa un respiro probabilmente per chiedere spiegazioni mentre lo sguardo si spostava su quello di Alice, la stessa persona che lo interruppe dandole una spiegazione piuttosto veloce, una spiegazione racchiusa in un solo nome:

« Joseph... »

Carlisle si avvicinò, chiudendosi la porta alle spalle, mentre continuò a scuotere leggermente la testa fino a quando non mi raggiunse. Mi osservò da vicino per qualche minuto, fino a quando non si spostò raggiungendo la valigetta sopra la scrivania.

« Tu Alice? Stai bene? »

Lei annuì mentre il suo sguardo era praticamente incollato a me. Sembrava come se volesse controllare ogni mio movimento, ogni mia reazione.

« Si... Fisicamente sto benissimo... »

Fu allora che staccò i suoi occhi da me e si avvicinò a Carlisle. Si scambiarono qualche parola appena sussurrata, poi lei mi sorrise strizzandomi l'occhio ed uscì dalla porta lasciando me e Carlisle da soli. Una volta che fu nuovamente accanto a me cominciò nuovamente ad osservarmi con quella sua solita espressione da medico. Poi scattò nuovamente, afferrando tutto l'occorrente per disinfettare la ferite che avevo sul volto.

« Che è successo? »

Mi domandò con voce roca mentre il mio volto era leggermente rivolto verso sinistra per permettergli di fare tutto ciò che era necessario. Mi schiarì leggermente la voce, sentendo per i primi istanti un certo bruciore nel momento esatto in cui, con estrema delicatezza, cominciò a pulire la ferita.

« L'ho sempre detto che non gli sto simpatico.. »

Ma Carlisle non sembrò accettare il mio umorismo, così quando afferrò una pinzetta e un pezzo di stoffa, mi guardò alzando un sopracciglio con estrema serietà. Mi chiarì nuovamente la voce e, quando cominciò a togliere alcune piccole schegge sempre con molta delicatezza, gli spiegai che cosa era successo:

« Ho fatto la spia... »

Lui corrugò la fronte non capendo.

« Devo cavarti le parole di bocca? »

Domandò abbozzando appena ad un sorriso.

« Lui era al locale con delle altre ragazze e... Non sembravano solo amici... »

Carlisle si bloccò sgranando leggermente gli occhi. Rimasi qualche minuto ad osservarmi negli occhi. Poi sospirò pesantemente e con voce roca diede un finale praticamente corretto alla storia.

« Così hai chiamato Alice e lui ti ha scoperto... »

Ma non mi andava di dire tutta la verità. Quello lo avrebbe fatto Alice se voleva. Non mi sarei mai permesso di dire cose in più. Quelli erano fatti personali e non mi andava di andarli a sventolare in giro ai quattro venti.

Così annuì con un cenno della testa, nel momento esatto in cui appoggiò sul lettino la pinzetta e concluse il tutto coprendomi la ferita.

« Ti fa male da qualche altra altra parte? »

« Mi fa male la testa... »

Dissi semplicemente indicandola con l'indice della mano. E così, tornò anche il volto serio e professionale di Carlisle. E come ogni medico che si rispetti fece ogni possibile controllo. Afferrò una lampadina riposta nella sua valigetta e puntandomela contro i miei occhi controllò che tutto fosse apposto.

« Dovrebbe essere tutto apposto. Nessun problema... »

Disse una volta che spense la lucetta sorridendomi. Mi domandò ancora una volta se sentissi male da qualche parte, ma con estrema sicurezza gli dissi che mi doleva un po' lo stomaco ma insieme constatammo che era del tutto normale. Mi domandò se volessi un controllo approfondito ma.. Quello avrebbe comportato al fatto che mi sarei dovuto togliere la maglia e non mi andava.

Attesi qualche minuto, fermo immobile mentre Carlisle sistemava qualche documento sulla sua scrivania, quando ad un tratto la porta si spalancò nuovamente ed Alice fece la sua entrata. Era rimasta fuori una ventina di minuti e non potei di certo non immaginare il motivo di quell'uscita. I suoi occhi erano leggermente più rossicci rispetto al solito ed erano ricoperti come da una pellicola trasparente che li rendeva ancora più lucidi di quanto non lo siano nella realtà.

Carlisle si alzò in piedi e, giustificandosi per il fatto che aveva delle ultime faccende da sistemare, uscì dalla stanza lasciando me ed Alice in quella stanza. Il silenzio calò in quella stanza. Io vagavo con lo sguardo su ogni oggetto della stanza e lei si tormentava le dita della mano con estremo nervosismo.

« Ho chiamato Ros... »

Fu lei ad interrompere quel silenzio, avvicinandosi a me e sedendosi sul lettino accanto a me. Corrugai leggermente la fronte aspettando notizie più... Succulenti e lei, come al solito, capiva che stavo aspettando dell'altro.

« Ci raggiungerà a casa nostra. Era preoccupata, ovvio... Ma pare che si sia calmata ed abbia capito... »

Lei sorrise alzando leggermente le spalle. C'era qualcosa che non inquadrava però...

« Capito cosa? »

Domandai lasciando libera voce ai miei pensieri.

« Papà non te l'ha detto? »

« Detto cosa? »

Sapevo che mi mancava un tassello!

Roteò gli occhi al cielo sospirando in maniera teatrale, portando l'indice ed il pollice sulle palpebre degli occhi, scuotendo leggermente la testa, mentre dalle sue labbra uscirono in un sussurro:

« Mi fa fare sempre le cose più complicate... »

Rimasi in attesa per qualche secondo. Poi lei alzò il capo, cercando di lasciare da parte il momento triste di quella serata, sfoderando un grande sorriso. L'opposto di come l'avevo vista una volta fuori dal locale.

« Papà, in veste di medico a volte un po' troppo ansioso, vuole che tu passi almeno questa notte a casa nostra. E' certo che non ci siano conseguenze ma... Ha detto che hai preso una bella botta e siccome considera il tuo caso in senso personale... »

E lasciò la frase aperta, concludendo semplicemente alzando le spalle. Ecco a cosa si riferivano quelle parole sussurrate che qualche minuto prima si erano scambiate.

« E perché non me l'ha chiesto lui? »

Domandai sorridendole, massaggiandomi leggermente la tempia per una fitta del mal di testa. Lei sospirò leggermente, come se si sentisse in colpa.

« Forse perché era certo che con me non hai possibilità di dirmi di no... »

Disse poi sorridendomi e scendendo con un balzo dal lettino sulla quale era seduta. Lasciò nuovamente da parte la Alice triste, per lasciar spazio a quella felice e spensierata. Si voltò e mi sorrise, sfoderando per qualche secondo uno sguardo assassino/scherzoso.

« E' una minaccia? »

Domandai alzando un sopracciglio.

« Solo se la trovi divertente... »

Allungò la mano come ad invitarmi a scendere da quel lettino. Ed io come potevo non accettare? Non perché volessi uscire da lì, ma perché avrei potuto stringerle la mano sentendo la sua pelle calda contrastare con la mia. Era come se rifiutassi un invito per una feste importante. O semplicemente, come se rifiutassi di stare con la persona che amavo.

Mal di testa a parte e dolore per le ferite, non potevo rifiutare e poi... Andiamo Jazz! Joseph si è scavato la fossa da solo, è fuori dal gioco. Sarebbe stato tutto più semplice... O forse no?

C'est la vie...

 

 

 

 

Allora?? Ci ho messo tanto? Poco?? :(
Il capitolo non è lunghissimo e mi accorgo di andare lenta con il tempo della storia ma... Potete ben immaginare che questo è una parte importante e determinante della storiella :D E vi chiedo anche scusa se descrivo un pò la parte della lotta ma... E' un'arte (se così la possiamo definire) che mi ha sempre affascinato. Una cosa di famiglia fare sport di Arti Marziali almeno una volta nella vita -__-' Quindi il capitolo può sembrare anche molto noioso ma.. Come ho scritto anche al
la fine C'est la vie! Ehehe nuova filosofia di vista ;D
Vi chiedo scusa ma... Sono un po' di fretta e quindi per questa volta non risponderò alle vostre recensioni. Sappiate solo che vi adoro perché lasciate praticamente sempre tracce del vostro passaggio (come le chiamo io xD)

 

Naturalmente ringrazio anche chi legge solamente! Fantastici anche loro :)

Grazie allora a:

 alicecullen19 che mi lancia i pomodori xD Grazie tesssssoro!

 Sweet Bleeding Star che ha un pulcino della Trudi che vorrei proprio vederlo *-* (fidati anche nella realtà mi gaso con così poco xD)

 Absteria Che si è preoccupata xD Mi dispiace cara, ma non preoccuparti sono una roccia e nessuno mi blocca! (* ecco che arriva il vaso di fiori in testa O.O)

EDVIGE86 Carissima da quanto tempo!*-* Visto? Rissa, botte!! Seeeeeeeeeeeeeeeeeeee!! xD

 Mary_ Che anche se ha perso la passione per Twilight mi segue comunque.. Sei una bulla ragazza mia! L'ho sempre detto -____- xD

 

Grazie di cuore ragazze, vi mando un casino di baci Paciugosi e un casino di abbracci Paciugosi e alla prossima!!

 

 

Buona giornata/serata/pomeriggio buon tutto a tutti!! :D

 

Fra!

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Capitolo 17
*** E' giusto che sappiate... ***


E' giusto che voi tutti sappiate perché non posto più capitoli.
Non è che non mi piaccia più scrivere, anzi.. Solo che in questo periodo mi è successo un fatto al quanto orribile a mio parere.
La mia storia parla dell'amore che piano piano sboccia fra due persone diverse fra loro.
Ma come posso scrivere una storia d'amore quando non credo più in quel sentimento?
Un mese fa, forse anche un pò di più, ho avuto la mia profonda delusione d'amore. 
E' forse prematuro definire tale questo sentimento?
No, perché io amavo con tutta me stessa quella persona che ora mi ha distrutta.
Avrei fatto qualsiasi cosa.. Veramente di tutto. 
Sto male, e piano piano i risultati della sofferenza d'amore si fanno sentire anche sul mio aspetto fisico.
So perfettamente che questo dolore non è paragonabile ai cento mila problemi che posso nascere in una famiglia.
Ma a me fa male...
Fa male perché quando una persona ti promette delle cose e poi non le mantiene, è come se ti avesse dato solamente un'illusione.
Come se ti avesse preso in giro per tutto questo tempo.
5 anni, una storia durata 5 anni che adesso è completamente sparita.
Ma la cosa che più mi fa stare peggio è che la persona che amavo dopo nemmeno tre giorni, era già insieme ad un'altra...
Per di più mi sono stata lasciata sola una settimana prima del mio compleanno, in un periodo in cui sono sotto gli esami di maturità, nel momento esatto in cui sfortunatamente mia nonna probabilmente ci sta lasciando...
Pianti e pianti. Per non parlare delle urla durante la notte e le varie visite all'ospedale.
Ecco cosa potrei scrivere ora, solo la sofferenza di una persona, soprattutto ora come ora che mi ritrovo completamente spaesata, come se ad un tratto fossi catapultata in una città che non conosco.
Mi dispiace, moltissimo, spero di tornare me stessa e di poter proseguire con la storia. Una storia che avevo cominciato con il cuore, basando le emozioni ed i sentimenti dei personaggi proprio sulla mia realtà. Emozioni e sentimenti che al solito sfioro con il pensiero mi fanno piegare in due dal dolore.
Qual è stato il mio errore? Fidarmi troppo... Fidarmi completamente a quella persona che mi aveva promesso molto.. Non l'eternità, ma un paio di cose...
Scusate... Chiedo scusa a tutto voi, anche per questo stralcio di avviso...
Buona serata a tutti...
Fra...

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Capitolo 18
*** Capitolo 16. ***


Capitolo 16.

 

« Jazz! »

Non appena misi piede in casa Cullen, un paio di braccia si aggrapparono al mio collo, stringendomi in una presa piuttosto salda. Automaticamente appoggiai le mani sulle spalle di quella persona, sentendo sotto le dita i suoi capelli fini e lunghi. Serrai gli occhi con estrema forza, una reazione spontanea dato che quel gesto di Rosalie mi provocò un forte mal di testa.

« Che cazzo ti è successo?! »

Bonjour finesse

Pensai fra me e me sorridendo, mentre alle mie spalle entrarono anche Alice e Carlisle. In pochi istanti tutti quanti ci raggiunsero a parte Bella che non era in casa. Dopo qualche minuto Rosalie si decise a mollare la presa, aiutata naturalmente dal modo persuadente che Emmett aveva nei suoi confronti. Ma naturalmente aspettava una mia risposta ed io, con tutta sincerità, non aveva poi così tanta voglia di parlare. Così la guardai domandandole in un sussurro:

« Jenny è a casa? »

La vidi un po' perplessa per quella mia domanda, ma si ricompose immediatamente, dicendomi con un grande sorriso:

« E' di là in salotto che dorme... »

Automaticamente guardai la madre di Alice, Esme, che nel frattempo si era aggrappata al torace del marito. Lei mi guardò con estrema sorpresa e sorridendomi mi indicò con un cenno della testa il salotto poco distante dall'entrata. Annuì con un cenno della testa e in punta di piedi mi diressi da solo accanto a quel divano su cui era disteso il corpicino di mia sorella. Gli altri rimasero all'entrata, accettando quella sorte di mini rifugio che stavo cercando con la presenza di mia sorella. Li sentì sussurrare, sentì Carlisle parlare con mia sorella ma a me non importava che cosa gli avrebbe detto.

Mi avvicinai al divano e mi rannicchiai sulle gambe, in modo da avere il mio viso all'altezza del suo. Sentivo il suo respiro profondo dettare un ritmo regolare all'atmosfera. Le sue mani erano appena chiuse e sembrava come se stessero stringendo un oggetto invisibile con una forza paragonabile a quella di una formichina. Le labbra erano semi aperte e lasciavano spazio al biancore dei suoi denti e sorrisi appena, quando ad un certo punto sentì il suo respiro trasformarsi in un russo.

E mi bastò quella visione per calmare per qualche istante il mio mal di testa. Quel mal di testa che si affievolì maggiormente quando un paio di mani calde si appoggiarono sulle mie spalle. Alzai appena il capo per notare la sua chioma nera ricadere con estrema eleganza.

« E' stremata... »

Disse affiancandomi e rannicchiandosi accanto a me. Io annuì con un cenno della testa guardando Jenny mentre un sorriso si disegnò sul mio volto.

« E' tardi per lei... »

Dissi in un sussurro spostando una ciocca di capelli di mia sorella che, in modo ribelle, si era appoggiato fra i suoi occhi.

« Ros si è calmata... »

Guardai Alice che con occhi dolci continuava a guardare mia sorella. Sembrava avere attenzione solo per lei, ma la realtà era che era ben attenta anche ad ogni mia azione e ad ogni mia parola. Dopo qualche secondo di silenzio appoggiò la sua testa contro la mia spalle, respirando pesantemente. Rimase in quella posizione fino a quando...

Piano piano, in maniera sempre più intensa, sentì dei passi avvicinarsi e all'istante Alice si alzò in piedi. Io feci altrettanto, accorgendomi solo una volta in piedi della presenza di Rosalie. Lei mi guardò, con le labbra semi aperte e un'espressione di sorpresa stampata in volto. Era come se avesse visto qualcosa di inaspettato. Io corrugai la fronte non capendo e lei subito dopo, scosse leggermente la testa dicendomi:

« Noi è meglio che andiamo... »

Disse abbozzando solamente ad un lieve sorriso, avvicinandosi dandomi una carezza sulla guancia, fermandosi per qualche istante sulla garza che avevo sul volto. Sospirò pesantemente per poi abbracciarmi in maniera affettuosa ancora una volta. Prima che potesse fare altro mi offrì volontario per aiutare mia sorella, così con estrema delicatezza, senza svegliare Jenny, mi caricai sulle braccia l'esile corpo addormentato, portandola fino alla nostra macchina. Inutile dire quanti insulti ricevetti sia da mia sorella, che da Alice e suo padre ma... Ero cocciuto e se mi mettevo in testa una cosa la facevo.

Rosalie aveva una luce piuttosto strana nei suoi occhi, una luce a me incomprensibile in quel momento. Mi salutò in maniera piuttosto veloce e non potei fare a meno di notare il suo sguardo sull'immagine di Alice che, piano piano, si avvicinava alla porta di casa. Rimasi immobile per qualche minuto, finché la macchina non scomparve dietro la prima curva del viale dei Cullen. Poi mi mossi da quella posizione, avvicinandomi alla casa. Ad ogni passo sentivo i muscoli sempre più pensanti e, come se si fossero abituati alla posizione statica di qualche secondo fa, sentivo anche un certo dolore.

Una volta entrato in casa sentì un certo sollievo. Non so il motivo, ma quella casa riusciva a lasciare dentro di me una certa felicità, un briciolo di gioia.

« Gli altri sono già andati... »

Una voce appena percettibile sbucò tutto ad un tratto dalla porta della cucina. La sua voce era di una fragilità immensa, ed i suoi occhi erano coperti di una patina trasparente che ne risaltava il colore dei suoi occhi.

Corrugai leggermente la fronte quando notai che abbassava spesso il suo sguardo, non facendo mai cadere i suoi occhi dentro ai miei. Rimasi un po' spiazzato e senza nemmeno accorgermene annuì con un cenno della testa.

« Andiamo di sopra.. »

Ed io eseguì i suoi ordini senza battere ciglio. La seguì per tutto il tempo senza nemmeno dire una parola, nemmeno quando rimasi sorpreso di ritrovarmi nella sua camera. L'ultima volta che l'avevo vista era stato quando le avevo risposto male la prima volta che ci siamo conosciuti.

« Questo è quello che ti ha portato Ros... »

La sua voce ogni tanto s'interrompeva. Cercava di darle carica e vitalità schiarendosi di tanto in tanto la voce.

Alice, guardarmi...

La mia testa voleva solo quello: che mi guardasse negli occhi.

« Questi qui sono gli asciugamani che puoi usare. Se vuoi te li porto in bagno oppure.. Bé vedi te.. »

Continuava a parlare come una macchinetta, anche se ogni tanto si interrompeva, come se qualcosa di duro e pungente le trapanasse la gola.

« Alice? »

« Qui c'è un mp3 se ti va di ascoltare un po' di musica prima di dormire... »

Ora aveva cominciato a muoversi avanti e indietro, tirandomi fuori ogni possibile oggetto che potesse distrarmi.

Guardarmi maledizione...

« Alice senti... »

« Oppure qui ci sono dei libri! Non so se ti possono piacere ma a me ogni tanto danno quel tocca sana per riuscire a dormire! »

« Alice, ascoltami, tu... »

« E se hai bisogno di qualcosa la camera di papà è in fondo al corridoio! »

Si avvicinò a me, pronta a superarmi per raggiungere la porta, probabilmente per indicarmi la camera del signor Cullen. Ma la fermai, appena mi fu al mio fianco le afferrai un braccio e con una certa velocità la fermai, costringendola a voltarsi verso di me. Fu un gesto piuttosto brusco, ma ne avevo bisogno.

Lei però abbassò lo sguardo, rimanendo immobile ed in silenzio. I suoi occhi erano coperti dai ciuffi neri e ribelli dei suoi capelli. Non so per quanto tempo rimanemmo in silenzio, so solamente che ad un tratto la mia mano allentò la presa, e lei rimase comunque ferma immobile davanti ai miei occhi. Rimanemmo ancora un po' in silenzio, poi presi un bel respiro, ed in un sussurro le domandai con voce roca:

« Hai bisogno di qualcosa? »

E' inutile girarci troppo attorno. Si ok ero lì perché Carlisle voleva tenermi sotto controllo ma... Non dovevamo dimenticare che gran parte del dolore che girava nell'atmosfera proveniva da lei stessa. Non potevo nascondere definitivamente ogni mia preoccupazione per lei, quella preoccupazione generata dal fatto che comunque ci stesse male. Aveva scoperto di essere stata tradita dalla persona che lei aveva sempre difeso, che lei aveva sempre amato. E lei se lo sentiva...

Ricordavo perfettamente le parole che mi disse la sera prima. Diceva di sentire Joseph lontano, distante da lei. E in fin dei conti io le aveva assicurato che non era vero, che non poteva essere reale quella sua sensazione e invece...

Scosse appena la testa, non alzando lo sguardo rimanendo immobile. Chissà dove si trovava in quel momento la sua testa. Chissà in quale pianeta lontano. Ed io, io mi sentivo completamente uno stupido, perché non sapevo che cosa fare. Mi sentivo impacciato, come un pesce fuori d'acqua. Ma fu quella riga segnata sul suo volto a far partire l'allarme nella mia testa. Fu quella riga che le disegnava un solco sulla guancia, un solco bagnato a far parlare la mia coscienza. Sospirai pesantemente, socchiudendo gli occhi come a voler cancellare quella scena, l'immagine di lei chiusa in sé stessa in lacrime. Odiavo vederla soffrire e più di tutto odiavo ciò che la faceva soffrire.

Non potevo dirle niente, perché a volte cento parole non hanno nessun riscontro positivo. Non hanno nessun beneficio. A volte è meglio lasciare che il silenzio, anche se fin troppo pesante, vaghi per ogni angolo dell'atmosfera. In pochi istanti anche la sua guancia destra si “sporcò” di una lacrima, e allora non riuscì più a trattenere quello che inconsciamente la mia testa aveva formulato. Alzai appena le mie braccia, allargandole quel tanto che bastava per avvolgere quel fragile corpicino che avevo davanti ai miei occhi. La strinsi appena, come un segnale, come un cartello ben evidente che le diceva “Alice sono qui vicino a te”.

Lei si lasciò fare. All'inizio fu leggermente titubante, poi si lasciò andare. Si aggrappò con le mani sulla maglietta che indossavo. La strinse forte con le dita, e con una lieve forza, si alzò appena creando una pressione con le braccia. Si alzò verso di me, quel tanto che le bastava per raggiungere con il volto l'angolo del collo, come se si volesse nascondere perché troppo vergognosi farsi vedere in lacrime. Il suo respiro era piuttosto affaticato, e il suo corpo era mosso da dei lievi scatti improvvisi. Non sentivo altro però, stava piangendo in silenzio. Stava piangendo in modo passivo, lasciando solamente che le lacrime le fregiassero il volto come quando il sangue di una ferita si crea dei propri canali immaginari per uscire.

Cercai di calmarla disegnando con il palmo della mano dei piccoli disegni circolari sulla propria schiena. Non volevo dirle nulla, volevo solo farle capire anche con piccoli gesti che le ero accanto, più di quanto potesse immaginare.

Non so per quanto tempo rimanemmo in quella posizione, ma ad un tratto quel momento fu interrotto da un cellulare che vibrò. Alice sobbalzò leggermente, ed io feci altrettanto. Le sue braccia scivolarono via ed io dovetti sfortunatamente fare altrettanto rimanendo però tutti e due dritti davanti ai nostri occhi. Lei naturalmente distorse lo sguardo e in pochi istanti infilò la mano dentro la tasca dei suoi jeans estraendo il cellulare che si illuminava perfettamente nel momento esatto in cui vibrava. Ma fece una cosa che mi colpì, lasciandomi completamente di stucco. Non guardò il display del cellulare, ma con un gesto lento lo mostrò a me. Rimasi qualche secondo con gli occhi sbarrati guardando lei, poi guardai quell'aggeggio tecnologico.

« Fallo smettere ti prego... »

La sua voce uscì in un sussurro proprio quando lessi quel maledetto nome. Ovviamente la cercava, perché a lui faceva comodo averla anche solo per prenderla in giro. Ma lei lo aveva capito, aveva capito anche senza guardare che era il Verme che la stava cercando.

Allungai la mano mentre il suo volto si abbassò nuovamente verso terra. Afferrai il cellulare e fulminando con lo sguardo il nome che luccicava sul display interruppi la chiamata, spegnendo definitivamente il cellulare.

Si era chiusa nuovamente in sé stessa. Le braccia erano incrociate sotto il suo seno, e sembravano stringersi a vicenda, alla ricerca di un piccolo rifugio in quel momento di terrore e disperazione che solo i suoi occhi potevano vedere. Mi avvicinai a lei, appoggiando le mani sulle sue spalle, sfiorandole appena, ma fu inevitabile sentire la scarica di calore che emanava il suo corpo rispetto alla mia pelle fredda. Lei alzò allora gli occhi, incatenandoli ai miei per la prima volta dopo tanto, troppo tempo.

« Ascoltami Alice. Ora.. Rilassati per qualche minuto. Goditi un buon bagno rilassante.. »

Arriva il genio della situazione.

Si non era forse la miglior cosa che potessi dirle ma pensai che forse voleva rimanere un po' da sola. Perché per quanto possa far male piangere a volte, è un'ottima valvola di sfogo. Piangere un po' da soli, disperarsi, per poi uscire da quell'incubo incontrando tante persone che ti aiutano, che ti stanno accanto.

Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e acconsentì alla mia proposta. Si mosse con estrema lentezza, i suoi movimenti erano così deboli quando cercò nell'armadio degli indumenti comodi per il post doccia. Prima che potesse uscire dalla camera però, la fermai un'altra volta, e guardandola negli occhi le dissi le uniche parole che in quel momento mi sentivo di dire:

« Per qualsiasi cosa ci sono.. »

E in tutta risposta ricevetti il regalo più bello che potesse farmi in quel momento: abbozzò appena ad un sorriso. Era poco rispetto a tutte le risate cristalline che mi aveva donato, ma a me, in quel momento bastò.

Rimasi immobile in mezzo alla camera per qualche minuto, fino a quando non sentì appena il rumore dell'acqua provenire dal bagno accanto alla camera di Alice. Mi sentivo in quel momento ancora una volta un po' come un pesce fuori d'acqua e piano piano, anche il dolore nel mio corpo ricominciò a pulsare. Maltrattai per qualche minuto le dita delle mie mani, scrocchiando le ossa di tanto in tanto, mentre con lo sguardo vagavo su quella stanza, in quel momento così familiare ma allo stesso tempo un qualcosa di nuovo per me.

Rimasi ad un tratto ipnotizzato da un quadernino fucsia, aperto sulla sua scrivania. In mezzo, fra le due pagine c'era una penna blu e come titolo, sulla copertina c'era una scritta piuttosto frettolosa, ma al tempo stesso elegante: “Appunti”.

Le pagine erano sottili, ricoperte da una patina piuttosto giallastra che creava un contrasto perfetto contrasto con il blu della penna con cui scriveva. Non so perché, probabilmente spinto dalla curiosità cominciai a leggere distrattamente le pagine. Alcune era lei, Alice, a parlare. Altre volte era qualche ragazzo o qualche ragazzo a lasciarle qualche dedica. Come quella di Edward che lessi nella quinta pagina. Breve, ma precisa:

Ti voglio bene sorellina.

Sorrisi involontariamente non appena finì di leggere quella parole, rendendomi conto, ancora una volta di quanto legame c'era fra loro due e in generale, fra tutti. Proseguì con la lettura distratta del resto delle pagine finché non arrivai alle ultime, quelle due che erano state rimaste aperte perché la loro chiusura era ostacolata dalla penna blu. Era uno scritto composto da una calligrafia ordinata, a volte però appena più veloce e scombussolata. Fu allora che la mia lettura si fece più lenta e concentrata, per non perdere ogni singola lettera, ogni singola emozione che potevo percepire.

 

Che strana sensazione il piangere. Che strana sensazione potenziare al mille la percezione tattile della tua pelle sul tuo volto. Un'azione che tu fai, senza nemmeno accorgertene.

Che strano avvenimento sentire i tuoi occhi diventare sempre più fastidiosi, come se qualcosa di piccolo ma affilato ti bucasse appena l'occhio.

Che strana sensazione vedere la tua vista diventare sempre più meno nitida e l'immagine davanti a te diventare sempre più confusionale.

Che strana sensazione sentire il dolore di quei mille aghi sui tuoi occhi diventare meno percettibile, quando una patina di acqua salata si incolla sui tuoi occhi.

Ed è ancora più strano sentire le tue lacrime farsi largo sulla pelle delle tue guance, ormai pronta e organizzata per captare ogni possibile sensazione.

Dei brividi ti percorrono ogni singola cellula del corpo, facendoti tremare appena, con un movimento appena percettibile. Ma non te ne accorgi, perché tu stai pensando a quelle lacrime che ti rigano quel volto, poco prima disteso in un sereno sorriso.

La tua faccia è contratta, in una smorfia. E' una smorfia strana perché se ti metti davanti allo specchio proprio nel momento in cui piangi, ti senti ancora più straziata. Ma se copi quella tua espressione nel momento in cui sei felice e non piangi, ti viene quasi da ridere nel vedere che cosa buffa può creare anche solo una sensazione come il dolore.

Che strana sensazione il piangere.

E' un avvenimento che ti coglie alla sprovvista, che ti lascia sempre a bocca asciutta. Non sai quali saranno i tuoi comportamenti ogni volta che piangerai: ogni volta, sarà qualcosa di nuovo ed inaspettato.

Ti puoi dimenare a destra o a sinistra, mentre sei distesa sul tuo letto, così comodo quando sei serena, ma così scomodo e fastidioso quando piangi.

C'è anche chi continua ad andare avanti ed indietro, con il palmo delle mani incollato sul proprio volto, quasi come se avesse paura di dimostrare quei piccoli ruscelli che si sono creati sul proprio viso.

E c'è chi guarda un punto indeterminato davanti a sé. Impassibile, come se fosse sotto shock il suo sguardo è dritto davanti a sé, ma in realtà non guarda niente. I suoi occhi sono pieni di lacrime, il suo viso è tutto bagnato e il suo cervello è come se fosse spento.

Ma perché piangere? Perché doversi far venire un gran mal di testa e far diventare gli occhi grandi come due palle da golf rossi come il sangue?

L'ingiustizia del pianto: è l'unica valvola di sfogo che vedi in quel momento. E' l'unica azione che pensi di poter fare, l'unica scelta che hai da prendere. Come la rabbia che subito ti avvolge dopo il pianto.

Perché tutta questa sofferenza?

Perché questo periodo orribile?

Perché a me?

La rabbia ed il pianto. Che creature meravigliose, non lo pensi? Che creature affascinanti e così imprevedibili allo stesso tempo.

Non credo nelle coincidenze, sono solo illusioni. So che c'è un motivo che lega queste due sfere così apparentemente differenti fra loro, ma in realtà così simili.

Dimmi, ti piace la musica? Ti piace chiudere gli occhi e sentire le note musicali penetrare nelle tue orecchie? E non è forse vero che quando ascolti qualcosa, qualsiasi tipologia di musica puoi diventare tutto ad un tratto felice, ma anche triste ed arrabbiata?

Ecco!

Loro sono unite dalla loro imprevedibilità e dalla loro velocità! Dalla loro capacità di riuscire a farsi largo fra le vene del tuo corpo dal nulla. Riuscire a condizionare la tua giornata così, senza nemmeno un preavviso.

E cosa c'è di più brutto nel dover rimediare all'istante per poter ingannare gli altri? Per far vedere agli altri che in realtà no, sto bene, non sto piangendo o non sono arrabbiata. Il risultato è che hai bisogno di una persona con un certo talento teatrale. Di te stessa sotto forma di attrice.

Dimmi, hai mai pensato alle conseguenza? Hai mai pensato a cosa può accadere se fai qualcosa? Non prendiamoci in giro, lo sappiamo tutte e due che lo hai fatto, eccome se lo hai fatto. E dimmi, non è forse vero che le conseguenze del pianto e della rabbia sono le stesse?

Vuoto e nient'altro.

E' così che ci si sente dopo una brutta litigata con la propria amica. Dopo averle sputato in faccia la verità con nessun rispetto e nessuna galanteria. Arrivi ad un certo punto che non riesci e non hai più nulla da dire. Ti senti vuota. Come ti senti così anche quando hai finito di piangere. Dopo un lungo e sofferente pianto arrivi ad essere completamente svuotata, tanto che ad un certo punto, in tutti e due i casi, ti domandi: ma perché l'ho fatto? Ti rendi conto che cosa ci guadagni nell'averle detto tutto in faccia? Ti senti meglio? No! Assolutamente no! Perché finisci per far del male a tutte e due le persone, e non è forse il massimo senso di un atto egoistico?

Dimmi, è privo di senso chiedere scusa? Una domanda così brusca e priva di vero sentimento, ma nel mio caso così tranquilla e delicata come quando una rosa che si posa sulla seta delle lenzuola del letto. Ti chiedo scusa se ti ho tradita e in qualche modo delusa. Ogni volta che ci penso mi...

 

 

Tutto finì, così, in maniera brusca ed inaspettata. Non mi ero nemmeno accorto che in realtà lo scritto si interrompeva così dal nulla. L'ultima parola aveva le lettere scritte in maniera molto veloce, come se ad un tratto fosse stata interrotta da qualcosa e per qualche motivo a me ignoto, immaginai che quel momento fosse quando qualche ora prima l'avevo chiamata con il cellulare. Ma che cosa significavano quelle parole? Ok descriveva un pianto, la sensazione che scaturisce un pianto ma.. A chi parlava Alice con quello scritto? Chi era il suo ascoltatore e chi aveva deluso?

Mi accorsi allora che il rumore dell'acqua proveniente dal bagno si era ormai arrestato, e per paura di peggiorare la situazione, mi allontanai da quel libro degli appunti, come se non avessi visto e letto niente.

Mi allontanai di qualche passo da quella scrivania e con lo sguardo vagai sui titoli dei libri posti in maniera ordinata sulla mensola vicino al suo letto. Erano disposti in maniera tale da formare una fila crescente. Prima i libri più piccini ma comunque colmi di pagine, fino ad arrivare a quelli più alti, che quasi con imponenza cercavano di attirare l'attenzione di chi li guardava. Davanti ai libri c'erano qualche foto, posizionate in maniera ordinata, le une accanto alle altre. Ed in ognuno c'era lei sorridente...

Ne presi in mano una che catturò particolarmente la mia attenzione. Ritraeva lei, da piccola. Avrà avuto si o no una decina di anni se non di meno. Indossava un vestitino colorato, decorato da dei piccoli fiorellini, delle rose. Era sorridente ed aveva proprio quel tipico volto da ragazzina spensierata. Non so il motivo, ma quell'espressione mi ricordò molto Jenny...

Feci per riporre la foto nel punto esatto in cui l'avevo trovata quando i miei occhi furono catturati dal titolo del libro appena dietro quella foto. Sbattei più volte le palpebre degli occhi notando che aveva il libro più bello che secondo me la letteratura italiana ci aveva offerto.

Non riuscì a resistere. Lo presi in mano e sfogliai le pagine, capitando volontariamente all'ultimo capitolo. Lo lessi tutto ad d'un fiato. Le mie dita segnavano le linee immaginarie che si trovavano sotto le parole. Dio solo sapeva quanto amavo quel libro, così odiato da tutti!

Ed eccole lì le ultime parole del protagonista. La sua richiesta verso la persona amata di non essere triste, di farlo per i propri genitori. Jacopo che senza timore afferma con decisione che Teresa è innocente. E le ultime parole, una supplica, un ordine perché tutto finisca:

Ora tu accogli l'anima mia.

« Una lettura piuttosto leggera.. »

Sobbalzai sentendo la sua voce ironica e vedendo Alice sulla soglia della porta tutto ad un tratto. Mi guardava con un lieve sorriso appena accennato, mentre con la mano massaggiava i suoi capelli neri corvino per asciugarli. Indossava un paio di pantaloncini corti ed una maglia tre volte più grande di lei, quel tanto che bastava per far scoprire ogni tanto la pelle chiara delle sue spalle.

Si avvicinò a me non staccando gli occhi dai miei, ed io ero lieto che il rossore di qualche minuti prima ormai era scomparso.

« E' uno dei miei libri preferiti.. »

Ammisi richiudendolo alzandolo appena con la mano sinistra.

« Sì, carino. Ma penso che il signor Ortis poteva risparmiarsi la morte.. »

Disse lei arricciando le labbra e, una volta avermi rubato il libro, lo ripose sulla mensola, su quel buco che si era formato in mezzo a tutti quei libri.

« Bé dipende dai punti di vista.. »

Dissi io alzando le spalle sedendomi sul bordo del suo letto.

« Faresti lo stesso? »

« Bé lui si è tolto la vita perché non vedeva vie di fuga. L'amore della sua vita era destinata ad un altro. Aggiungiamo la delusione politica... Jacopo non vedeva vie d'uscita »

Ci guardammo tutti e due negli occhi, rimanendo in silenzio, senza dire né fare nulla. Poi scoppiammo a ridere insieme e quello fu un tocca sana per tutti e due, a parte per i muscoli della mia faccia ma.. Poco importava.

« Magari lasciamo i discorsi profondi ad un altro giorno che ne dici? »

Io annuì continuando a ridere. Non eravamo nel pieno delle nostre forse per proseguire un discorso così serio, così filosofico. Eravamo stanchi. Io avevo tutti gli arti indolenziti e lei aveva il cuore infranto.

« Ti ho lasciato un medicinale giù in salotto. Se questa notte non riesci a dormire per il dolore... E' a tua disposizione! »

Mi informò sistemando due tre cose nella sua camera, togliendosi un ciondolo che avevo sempre visto attorno al suo collo. Io annuì con un cenno della testa mentre con lo sguardo la seguivo in ogni suo movimento.

« Bene allora io vado.. »

Dissi una volta essersi fermata in mezzo alla stanza. Corrugai leggermente la fronte e dissi:

« Bé.. Io dovrei andare.. »

Lei mi sorrise con uno dei suoi migliori sorrisi. Si avvicinò con passo lento ed elegante. Si abbassò appena appena dato che io, da seduto sul suo letto, più o meno le arrivavo alla sua stessa altezza.

« Devi stare tranquillo quindi abbiamo deciso che io starò con Edward per questa notte.. »

Forse un po' per la tarda ora, forse perché il mal di testa, per quanto fosse più leggero, continuava a pulsare, ma in quel momento, delle parole che Alice mi disse, ne capì solamente la metà, quel tanto che bastava per capire che cosa avesse detto in soldoni. Il motivo? Sì certo, va bene il mal di testa, va bene la tarda notte, ma non potevo trascurare un elemento decisamente importante: la vicinanza delle sue labbra alle mie. Lei probabilmente non se ne accorse nemmeno, ma io le sentivo. Sentivo la loro presenza, sentivo il loro calore, sentivo il loro respiro e sentivo pure quel suo profumo dolce e delicato. Mi ritrovai quindi a deglutire il nulla, con quel sorriso da ebete e quella mia dannata voce che riuscì a pronunciare un semplice:

« Come vuoi tu.. »

Lasciò libera nell'aria una nuova risata, leggermente più soffice delle altre e poco prima di lasciarmi solo, in mezzo a quella stanza, mi donò un dolce bacio sulla fronte, in un punto che per tutta la notte continuò a bruciare, come se fossi stato colpito da una fiamma improvvisa.

 

 

Ma cosa serve dormire mi domando io. Ricordavo che Jenny da piccola, ogni volta che mamma le preparava da mangiare si lamentava, e con la sua solita voce innocente ma al tempo stesso furbetta domandava:

« Ma mamma cosa serve mangiare? »

E allora io in quel momento mi domandavo a cosa diamine serviva dormire se non riesci a prendere sonno! Scattai seduto, ormai stanco di quel soffitto ormai troppo comunque, e stanco di sentire il peso di quelle coperte sul mio corpo. Fuori aveva cominciato a piovere, e cominciai a pensarla come un'ancora di salvezza. Mi alzai in piedi e con due falcate mi avvicinai alla finestra ormai piena di goccioline che si rincorrevano una dietro l'altra. Pioveva a dirotto ed ogni tanto il cielo si permetteva di lasciar cadere qualche fulmine, là, lontano da Forks. Piccole saette che non facevano rumore, ma che riuscivano ad illuminare un po' la loro atmosfera con la loro luce. Ed io ne approfittai ancora una volta. Ogni saette che illuminava il cielo io guardavo la camera di Alice, scoprendo nuovi particolari. Anche quelli più piccoli ed insignificanti per me erano importantissimi.

Mi piaceva scoprire nuovi particolari, fino a quando i miei occhi non tornarono sulla sua scrivania. Non tanto sul suo libro degli appunti ancora aperto, Alice non lo aveva nemmeno chiuso. Ma di un particolare che era lì, accanto. Mi staccai dalla finestra, e con passo timoroso mi avvicinai sempre di più. Quando fui difronte, una nuova saetta illuminò l'intera stanza, dandomi così l'opportunità di vedere perfettamente il ciondolo che Alice portava sempre al collo, e che qualche minuto prima di andarsene se l'era tolto. Lo afferrai in mano con estrema delicatezza, sentendo la catenina argentata modellarsi in base alla forma della mia mano. Era leggero, estremamente leggero, ed in mezzo aveva un ciondolo. Era piuttosto semplice la sua forma. Sembrava essere fatto a mano perché ricordava la forma a cerchio, ma ogni tanto la linea era leggermente smussata. Poteva essere fatto a mano oppure...

Il tempo l'ha rovinato...

Davanti, con un tratto quasi impercettibile, c'era la lettera “A”. Bisognava concentrarsi però per capire che cosa fosse. Alice lo portava sempre al collo. Non ci avevo mai dato troppo peso, ma quando avevo visto che se l'era tolto la mia curiosità di vederlo da più vicino si era fatta più intensa.

Rimasi qualche altro secondo a guardare la lettera che davanti risplendeva su tutta la superficie liscia. Poi lo voltai, scoprendo una parte del ciondolo che mai avevo visto. Un'altra scritta, più marcata, più nitida rispetto alla marcatura della A davanti. Lo lessi più di una volta, prima mentalmente, poi con un filo di voce:

« Scottsdale, Arizona. Monterey way. »

Sbattei più volte le palpebre ed arricciai leggermente il naso non capendo. Cioè, capivo, ma non capivo perché quell'indirizzo mi ricordasse qualcosa. Non ricordavo di averlo letto da qualche parte, ma sapevo di averlo già...

La corsa verso il laghetto di Forks.

Lei, con quel tono freddo e distaccato.

Alice che mi fulmina con lo sguardo.

Lei che mi urla di chiederle spiegazioni.

« Il sogno.. »

Il sogno che ebbi ad Aspen quel pomeriggio al bar. Ma che cosa voleva dire tutto quel..

Sobbalzai sentendo un urlo continuo e prolungato provenire dal piano di sotto. Dei passi veloci e pensanti si catapultarono giù per le scale, mentre qualche voce non definita si liberò nell'aria. Lasciai cadere a terra il ciondolo, scattando verso la porta, mentre nella testa un solo nome mi ronzava in quel momento:

Alice!!

 

 

 

Em.. Che ci sia ancora qualcuno?? Bha io ci provo dai! (:

Salve a tutti, sia a quelli che mi conoscono, sia quelli che non mi conoscono. Diciamo che sì, in un certo senso sono tornata dai. Il periodaccio sta via via passando, proprio come molte di voi avevano previsto. Ritorno con un capitolo secondo me un pochettino noioso ma.. Bo mi sentivo nel momento giusto di scriverlo.

Io non so che dire sinceramente.. Come sempre ringrazio chi mi ha seguito e chi leggerà e anche chi mi manderà a quel paese.

Non dico che riprenderò a postare ogni settimana, tenendo anche in considerazione la scuola (esame di maturità) >.<

Ma ci proverò dai...

Fatemi sapere cosa ne pensate, pensieri brutti o belli che siano non importa!

Ah! Volevo ringraziare tutte le ragazze che mi hanno dato un conforto con le loro rencensioni. Anche se apparentemente poco utili, mi hanno dato molto conforto e in un certo senso quello spirito di dire:” Perché dovrei mollare?”

Grazie ragazze (:

Ora vado, il lavoro chiama! Buon sabato sera a tutti!

Alla prossima! Il solito e vecchio abbraccio Paciugoso a tutti (:

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Capitolo 19
*** Capitolo 17. ***


Capitolo 17.

 

« Caro va tutto bene.. Devi riposarti.. »

Esme, che si trovava giù in salotto, stava risalendo le scale quando mi sentì arrivare. Mi accarezzò con il dorso della mano la guancia, incitandomi più di una volta a fare dietro front, sostenendo il fatto che io avessi già i miei problemi.

« Adesso Carl... »

La sua frase si interruppe ed il suo corpo fu scosso da un tremolio. Sgranò leggermente gli occhi, per poi richiuderli come a voler ingoiare un nodo che le si era formato in gola. Non era difficile capire che cosa l'aveva turbata. Non vedevo nulla, perché davanti ai miei occhi c'erano le mura che delimitavano le scale, ma sentivo. Sentivo le voci calme e tranquille di Carlisle ed Emmett. Sentivo la voce preoccupata di Edward, ed immaginai che fossero i suoi passi quelli che sentivo vagare. E poi sentivo lei. Sentivo i suoi singhiozzi, sentivo le sue urla soffocate mentre fuori continuava a piovere come non mai.

Chiusi gli occhi assieme ad Esme quando lo sentimmo un'altra volta e mentalmente, mi maledissi a vita. Primo, perché quell'orribile verità non l'avrebbe mai scoperto se non fosse stato per me. Secondo, non l'avevo aiutata. Non avrei mai dovuto lasciarla andare da sola. Dovevo rimanere con lei e farle compagnia.

« E' orribile... »

La voce di Esme fu un sussurro, tanto che feci fatica a capirne il significato. Si portò le mani sulla fronte, maltrattando con le dita qualche ciuffo dei suoi capelli color caramello. I suoi occhi erano ricoperti da una patina di sofferenza e in quel momento, come non mai, capì quanto tenesse ai suoi figli. Capì quanto fosse legata, anche se non da un legame di sangue, da un filo invisibile che condizionava i suoi sentimenti in base a quelli dei suoi figli adottivi.

Mi avvicinai a lei, ormai talmente distrutta da quelle urla, che dovette appoggiarsi con la schiena al muro bianco della scalinata. Con titubanza allungai leggermente la mano, appoggiandola sulla sua spalla. In quel momento poco m'importava se le mie braccia erano scoperte e mostravano le cicatrici. Poco mi interessava se erano ben visibili i “segni” sulle mie gambe. In quel momento, volevo soltanto che quella dannata ed invidiabile atmosfera di felicità di casa Cullen tornasse all'istante.

Rimasi fermo immobile qualche secondo, quando ad un tratto, prendendo un bel respiro, feci coraggio a me stesso e cercai di donarne mentalmente anche ad Esme.

« Andiamo.. »

Dissi in un sussurro. Forse era sbagliato, non me intendevo più di tanto. Ma sapevo quanto pulsasse la sua curiosità ed ero certo che anche Alice, in un certo senso, avrebbe voluto vedere un viso materno. Probabilmente lo avrebbe respinto, come avrebbe fatto con tutti, ma c'è bella differenza fra il vedere che c'è qualcuno accanto a te anche quando li respingi, ed il non vedere nessuno.

I passi si facevano sempre più pesanti. Esme era davanti a me, con le mani incrociate che sembravano che reggessero il suo esile corpo. Un'ultima curva, poi l'orribile immagine si parò davanti ai nostri occhi.

Edward girava avanti e indietro per il salotto con le mani sul volto. Ogni tanto lasciava che le mani sprofondassero fra i suoi capelli ramati, in un gesto che mi ricordò vagamente quello di Esme di qualche istante fa. Poco più lontani c'erano gli altri. Emmett era seduto sul divano bianco. La sua mano destra era incollata alla coperta al suo fianco, come se si dovesse sfogare, sfogare la sua rabbia con quella forte stretta di mano. Carlisle era rannicchiato davanti a lui. Lo sentivo mentre parlava in un sussurro, parole a me ignote, perché il loro volume era sommerso da qualcos'altro.

Davanti a lui, accanto ad Emmett, c'era lei, Alice. In quel momento, quando incontrai con lo sguardo la sua immagine, le sue mani erano strette nella stoffa della sua maglia. Gli occhi erano serrati, chiusi con estrema forza. Il suo volto era ricoperto dalle lacrime, ed ogni tanto le sue mani si staccavano dalla maglia, per posizionarsi sul suo volto.

Mi sentì morire. Mi sentì letteralmente vuoto ed incapace nel fare qualcosa. Era una scena che non avrei mai voluto vedere. Lei non doveva essere così, lei doveva sorridere. Alice non era quella! Alice era quella ragazza sempre con il sorriso stampato in faccia, con l'allegria perenne nel suo corpo, quella ragazza con lo sguardo furbo, attento e vigile.

Ma chi vuoi prendere in giro..

Ma ora vedevo anche un'altra Alice, quella Alice che non avrei mai voluto vedere.

Calò il silenzio per qualche istante.

Alice estrasse il solito cellulare appoggiato sul divano. Sgranai leggermente gli occhi.

Fermatela!

Volevo urlarlo. Volevo che qualcuno gli togliesse il cellulare dalle mani, che non leggesse il messaggio. Sapevo chi era, lo sapevo benissimo, ma possibile che loro non lo capissero?! Presi fiato per urlarlo maledettamente, quando fu troppo tardi.

Vidi le dita delle sue mani farsi più magre, più tese. Strinse la presa contro il cellulare quando ad un tratto scoppiò.

« Basta! »

L'urlo fece sobbalzare Esme e un po' tutti. Alice scattò in piedi, in lacrime, e con un gesto secco e deciso scaraventò il cellulare dall'altra parte della stanza distruggendolo. Poi superò tutti. Scivolò via dalla mano possente di Emmett. Scappò via dalla presenza di Carlisle che si era parato davanti alla sua immagine. E fece altrettanto con Edward che le ordinò di fermarsi. Scivolò via dalle parole di Esme, che la incitarono a ragionare.

Ed io?

Io non feci nulla.

Vidi la sua immagine correre, superarmi alla mia destra. Sentì in quell'istante il suo profumo e poi.. Nulla. Un ultimo rumore: la porta d'entrata si spalancò per poi richiudersi immediatamente con un tonfo.

« Do.. Dobbiamo seguirla.. »

La voce di Esme, interrotta dai singhiozzi, riecheggiò nell'aria. Fu come un comando per Emmett ed Edward che scattarono all'istante. Io rimasi immobile. Feci una sola cosa. Guardai Carlisle. Lui mi stava fissando, aveva quella stessa nota di malinconia come sua moglie, e sembrava che stesse cercando una risposta dentro di me. Una riposta che sembrò leggermente nella mia testa.

« Fermi.. »

Era un sussurro vero, ma i due si arrestarono subito, all'istante.

« Diamole qualche minuto »

« No papà! »

« Edward! »

Carlisle tentò di fermarlo, ma fu Emmett a bloccarlo definitivamente afferrandolo per un braccio. Lui si voltò automaticamente verso il padre e riuscì a stento a soffocare un rimprovero. Sapevo quanto Edward detestasse non eseguire gli ordini e giusti e diplomatici di suo padre, ma potevo ben immaginare quanto fosse per lui complicato essere così passivo nel vedere sua sorella in quelle condizioni.

Stavo pensando a come potesse sentirsi, a come poteva percepire quella situazione, quando i suoi occhi si alzarono e... Bé non furono per niente amichevoli. Fu quasi come se avesse voluto stendermi a terra anche solo con lo sguardo. I suoi occhi marroni, con quella vena ambrata, sembravano accendersi tutto ad un tratto, come una fiamma accesa dalla benzina. Rimasi immobile, come se ad un tratto tutti gli altri, compresa la voce pacata di Carlisle si fecero assenti. C'eravamo solo io ed Edward in quella dimensione, in quella dimensione creata solo per una breve comunicazione mentale che io, pur immaginando, sapevo benissimo che cosa volesse dirmi:

E' colpa tua...

Deglutì il nulla, liberandomi in parte di quel boccone che mi si era formato in gola. Era quella la verità: secondo Edward Cullen, Alice soffriva in quella maniera per colpa mia, perché ero stato io a scoprire e a rivelare il tutto.

Ero talmente concentrato su quel volto minaccioso su di me, che non mi accorsi nemmeno dell'assenza momentanea di Esme. Tornò dopo pochi istanti, leggermente più sollevata. La sua fronte non era più corrugata, ma non poteva comunque nascondere quella nota di dolore che l'accomunava a tutti.

« E' nella dependance dietro casa.. »

Tutti noi voltammo lo sguardo verso di lei, nel momento esatto in cui pronunciò quelle parole, nel momento esatto in cui uscì dalla cucina.

« Ho visto le luci accese.. »

Con passo titubante si avvicinò a Carlisle, che come a volerla consolare, l'abbracciò creando in pochi istanti una sorte di momento personale, di momento intimo. Distolsi automaticamente lo sguardo, inchiodando la mattonella del pavimento sotto il mio piede destro.

« Lo so. E' il suo rifugio personale.. »

Disse con voce roca ma ferma il capo famiglia di casa Cullen.

Mi sentivo di troppo in quel momento. Mi sentivo come un pesce fuori d'acqua e mi resi conto che percepivo quella sensazione sempre di più. Forse un po' troppo.

Rimasi con lo sguardo chinato verso terra, mentre piano piano, con passi impercettibili, mi spostavo leggermente dalla stanza, per posizionarmi in un pezzo d'angolo in penombra. Edward aveva ragione. Alice soffriva per quello che le era accaduto. Era disperata, mai vista così. Ed assieme a lei naturalmente erano coinvolti tutti gli altri. Esme, Carlisle, Emmett e perfino Edward.

In quel momento avrei voluto scappare. Avrei voluto che un filo di adrenalina mi scorresse nel corpo, nelle vene, in modo da permettermi di correre via, lontano da tutti loro, lontano da quella casa.

Sentivo le loro voci sussurrate e capì perfettamente quando Carlisle incitò i suoi figli e moglie a rifugiarsi nelle camere.

Sappiamo dov'è, ora dobbiamo solo aspettare.

Così diceva e così mi ripetevo mentalmente quelle parole.

Si, aspettare, ma quanto? Quanto tempo Alice si sarebbe accorta che in fin dei conti non era mai stata così importante per Joseph?

Ad ogni volta che me lo chiedevo mi davo sempre la stessa risposta: una ferita al cuore è qualcosa di veramente difficile da superare.

« Figliolo, devi riposarti.. »

Carlisle appoggiò una mano sulla mia spalla facendomi tornare nel mondo dei vivi. Nella realtà che mi si parava davanti agli occhi.

Non mi ero nemmeno accorto dell'assenza degli altri componenti, e provai a pensare quanto tempo era passato. Secondi? O addirittura minuti?

« Si riprenderà.. »

Fu allora che alzai lo sguardo incrociando i suoi occhi. Non erano arrabbiati, nessuna nota di malignità. Solo tanto, troppo dispiacere. E non potei sostenere quello sguardo così distrutto interiormente. Annuì con un cenno della testa e in pochi istanti scivolai via dal peso della sua mano, salendo le scale, ad ogni passo sempre più alte e ripide.

Credevano veramente che mi sarei riposato? Credevano veramente che mi sarei sentito meglio?

Appena chiusi la porta della stanza, l'ansia mi avvolse.

Come potevo essere tranquillo lì, nella sua stanza, sapendo che lei era dall'altra parte della casa a disperarsi. Una distanza breve a parere di molti, ma perché troppa in quel momento.

Mi sedetti sul letto, con i piedi ben saldi sul pavimento in legno. Ripensai a tutta la scena che avevo visto. Alice in lacrime. Le sue urla di dolore. La chiamata che aveva visto. Lei che scaraventa il cellulare a terra.

No, erano troppe le immagini che io non volevo vedere, ma che la mia testa mi mostrava senza troppi complimenti, come una sorte di punizione. Afferrai la testa fra le mani, aggrappandomi con le dita ai miei capelli. La testa di pulsava dal dolore, il petto mi faceva male probabilmente per qualche cazzotto preso qualche ora prima o per il dolore che sentivo dentro. Era come se perfino il mio corpo non volesse aiutarmi. Come se anche lui mi avesse dato il colpo di grazia.

« Basta.. »

Fu una supplica che feci a tutti e a tutto. Una supplica che uscì dalla mia bocca senza che me ne accorgessi. Fu roca, appena sussurrata, sputata dalle mie labbra, ringhiata con ferocia. Perché capitava tutto quello?! Alice doveva essere felice, non poteva soffrire. Lei era quella ragazza che quando la incontravo nei corridoi della scuola, mi si parava dietro la porta dell'armadietto con quel suo sorriso furbo. Lei era quella ragazza che mi avrebbe costretto a passare una giornata di shopping pur di farmi asfissiare dalla noia. Alice era quella tipica ragazza che dentro ad un corpo così esile riusciva a non farsi riguardo. Lei era quella ragazza che riusciva a rendere anche la più semplice cosa, la più speciale ed importante.

Allora reagisci stupido!

Come se la mia coscienza mi avesse fatto aprire gli occhi, scattai in piedi. In punti dei piedi aprì appena la porta. Sentivo il rumore di una discussione trasmessa alla televisione dal piano di sotto. Carlisle o chi altro era sveglio, e di certo nessuno mi avrebbe fatto uscire. Nemmeno Edward, anzi, quello probabilmente avrebbe completato quello che Joseph aveva risparmiato.

Richiusi all'istante la porta e non impiegai nemmeno una frazione di secondo a focalizzare la mia via d'uscita sulla finestra. M'infilai le mie scarpe afferrando con una mano il ciondolo di Alice e, senza preoccuparmi della bassa temperatura, aprì la finestra. L'aria pungente mi colpì in pieno le braccia scoperte e perfino qualche spruzzo d'acqua si azzardò a sfiorarmi il viso, quelle goccioline nate dallo scontro di una più grande che s'infrangeva sulla casa. Ringraziai il cielo che Alice avesse la camera sopra alla tettoia del portico che si affacciava alla piscina di casa Cullen e di conseguenza alla dependance.

Non potei attendere altro, non volevo attendere altro tempo. Così facendo passare prima le gambe e poi il busto uscì all'aperto. Chiusi immediatamente la finestra, subito dopo essermi accurato di aver spento tutte le luci. Dovevo sembrare nel bel mezzo dei miei sogni...

La pioggia cominciò inevitabilmente a bagnarmi e sentivo le gocce d'acqua rigarmi la nuca, crearsi piccoli ruscelli fra i miei capelli, per poi scivolare giù, sul mio volto. Come tanti piccoli pianti.

Cominciai a camminare sulla tettoia, abbassandomi solamente una volta, quando nel mio tragitto incontrai una finestra che doveva essere quella che dava alla camera di Emmett.

Passo felpato, non troppo lento ma deciso. Un'andatura che mi fece arrivare alla fine della strada sospesa sulla casa. Mi rannicchiai sulle gambe, appoggiando il palmo delle mani sullo strapiombo creato dalla fine delle tettoia. Feci un piccolo balzo, facendo cadere a peso morto le mie gambe. Non presi in considerazione un piccolo particolare. Le mie braccia erano indolenzite. Mi facevano male anche solo alzarle in alto, figuriamoci a tenere il mio peso!

Strinsi i denti ma non resistetti, così senza che mi prendessi tempo e concentrazione per una buona caduta, le mie braccia mi abbandonarono. Riuscì comunque ad ammortizzare la caduta, ma rimasi qualche secondo rannicchiato a terra, per quel tempo che mi servì per riprendere le forze e per far diminuire le pulsioni del mio mal di testa. C'erano poche storie da raccontare: il mestiere da ladro non era per me.

Mi rialzai dopo qualche minuto guardandomi leggermente attorno, fino a quando la mia vista, un po' ostacolata dalla pioggia, si soffermò sulla fiocca luce presente nella dependance. Ricominciai a camminare, sentendo la T-shirt che usavo come pigiama, diventare sempre più pesante e sempre più incollata al mio corpo.

Fui talmente invaso da quella voglia di rivedere il volto di Alice, che in pochi secondi mi ritrovai davanti alla porta. Feci una leggera pressione sulla maniglia della porta e, come se avessi il silenziatore incorporato, aprì la porta entrando. Il calore di quel luogo mi invase all'istante, assieme al profumo che arieggiava in quella stanza. Lo conoscevo benissimo, era lo stesso profumo che sentivo ogni volta che mi avvicinavo ad Alice.

Rimasi immobile, guardandomi attorno, muovendo qualche passo solamente quando la mia vista si abituò alla poca luce presente in quella stanza. Non era grandissima, ma era sufficiente per tenere lo stretto necessario per arredare con classe un salotto come quello.

Ma non erano i mobili ad interessarmi. Lei non c'era in quel momento. Il televisore era acceso, ad un volume paragonabile al mutismo totale. Ma di lei nessuna traccia. Dovetti ammettere che mi sentì il petto contorcersi mentre nella mia testa si materializzò l'idea che potesse essere scappata. Ma fortunatamente mi sbagliai.

Uscì da una porta poco distante da quella del bagno, e non appena mi vide sobbalzò leggermente. Rimase immobile qualche istante, con gli occhi chiusi e la mano sul petto, mentre con l'altra si reggeva all'uscio della porta.

« Mi hai fatto prendere un colpo.. »

Disse ad un tratto rimanendo ancora un po' in quella posizione. Poi alzò lo sguardo, incrociando i miei occhi. Li sgranò leggermente muovendosi solamente allora da quella posizione, avvicinandosi a me.

« Sei pazzo o cosa? Hai idea di cosa potresti prenderti? »

Notai nella sua voce una tona di rimprovero che inevitabilmente mi fece sorridere. Un sorriso che però era destinato a scomparire una volta che, quando lei fu abbastanza vicino, scrutai i suoi occhi ancora rossi dal pianto. Che cosa mi aspettavo? Che le fosse passato tutto?

La verità era che.. Si, in fondo in fondo me lo auguravo.

« Alice va tutto bene.. »

Dissi semplicemente alzando le spalle.

« Si certo come no. Ascolta io vado di là a prendere qualcosa tu intanto.. »

Era nervosa. Lo leggevo nei suoi movimenti. Lo leggevo nel suo continuo gesticolare con le mani in maniera quasi nevrotica. Fece per incamminarsi verso la stanza dalla quale proveniva qualche istante prima, ovvero il bagno, ma riuscì ad anticiparla. Appoggiai le mie mani sulle sue spalle, costringendola a fermarsi ed a voltarsi verso di me. Fu sorpresa da quel mio gesto, tanto che corrugò la fronte senza troppi problemi. Non potevo non parlarle. Non potevo tralasciare l'argomento. Me lo aveva detto lei, ad Aspen, quando io le raccontai la mia storia.

Mi hanno insegnato che le cose vanno affrontate.

Questo era quello che mi aveva detto.

Presi un respiro profondo, lasciando che il suo profumo invadesse ogni singolo angolo dei miei polmoni, e lasciai in pochi istanti che i miei pensieri prendessero voce:

« Alice mi dispiace. Avrei dovuto riflettere, non avrei dovuto agire in maniera così istintiva.. »

« Che cosa? Jasper, cosa stai dicendo? »

Sembrava allibita. Come se le avessi appena detto che il mondo in realtà era piatto.

« Avrei dovuto parlartene io.. Mi dispiace non hai i.. »

Le mie parola cessarono di uscire dalle mie labbra all'istante. Gli occhi si strizzarono con eccessiva forza, mentre il mi volto di voltò improvvisamente verso destra, il tutto contro la mia volontà.

La sua mano rimase alta per qualche secondo, anche quando i miei occhi si riaprirono ed il mio corpo rilasciò un sospiro. Sentì la mia guancia andare in fiamme ed il calore provocato dalla sua mano spargersi ovunque su tutto il mio viso. Avrei giurato che probabilmente, con più luce, tutto il mio volto si era trasformato in un palla da calcio rossa.

« Non. Lo. Fare. Mai. Più. »

Le sue parole uscirono con una certa calma, e non impiegai troppo a capire la loro carica. Era come se le avesse dette così piano per evitare di urlarmi contro. Come a volersi controllare per evitare di scoppiare all'istante.

Io non risposi. Riuscì a malapena a reggere il suo sguardo. Mi limitai solamente ad annuire con un cenno della testa. Alice socchiuse gli occhi, sospirando pesantemente ancora una volta. Fece un unico passo, un unico grande passo per raggiungermi. Mi sorprese quel suo gesto, lasciandomi per qualche istante con il respiro smorzato in gola. Allungò le sue esili braccia verso l'alto, aggrappandosi con le mani alla mia maglietta. Si alzò sulle punte, cercando di raggiungere al meglio che poteva l'incavo del mio collo, dove appoggiò il suo volto.

Rimasi immobile, completamente spaesato, completamente incredulo, fino a quando, con un a certa titubanza e con quel pizzico di timidezza, appoggiai le mie braccia alla sua schiena stringendola leggermente a me. Mi sembrava di stringere qualcosa di estremamente fragile. Come se fra le mani avessi una piccola goccia di vetro, che solo col tatto c'è il rischio che possa frantumarsi.

Sentivo il suo corpo muoversi con dei movimenti convulsivi, e non potei fare nulla per placare le sue lacrime. Non potevo evitare che scendessero e sfregiassero il suo volto. Gli spasmi aumentarono sempre di più, e come a volerle sottolineare che non era sola, che le ero accanto, la strinsi maggiormente, superando la paura di distruggere quel cristallo che avevo fra le mie braccia.

Più passavano i secondi, più il mio volto si avvicinava alla sua spalla. E più mi avvicinavo, più inspiravo a pieni polmoni il suo profumo, sentendo ad ogni respiro un pizzico di bruciore dovuto al fatto che stessi respirando troppo intensamente quel profumo.

Non so per quanto rimanemmo fermi in quella posizione, solo che ad un certo punto mi resi conto di essere completamente fradicio e, non tanto per la mia salute, ma per la sua, cercai di richiamarla sussurrandole il suo nome. Ma nulla, sembrava quasi non volesse sentirmi.

« Alice? Cominci ad avere freddo »

Continuai a mantenere il sussurro anche quando il suo corpo fu scosso da un brivido, nel momento esatto in cui cercai di creare una lieve pressione per allontanarla dalle mie braccia. Ma non serviva, non c'era modo di allontanarla. Più io creavo una pressione, più lei si aggrappava alla stoffa della mia maglia.

« Alice ti prego, finirai per... »

« Non mi lasciare anche tu »

Mi sembrò di aver appena deglutito un boccone non masticato.

Credeva veramente che lo avrei fatto?

Sospirai, appoggiando la mano sulla sua nuca, accarezzandogliela, lasciando che le mie dita si insinuassero fra i suoi capelli. E sembrò bastarle. Come se in quel gesto le avessi dato la risposta che si aspettava, come se mi avesse appena letto nella mente, o che avesse letto il futuro, compreso quello che le avrei detto, le sue braccia lasciarono appena la presa. Se così si poteva definire. Il suo corpo era leggermente staccato dal mio, anche se ormai i suoi vestiti erano bagnati. Ma le sue mani non lasciavano la mia maglietta. Non avevano intenzione di staccarsi.

« Non pensarlo nemmeno.. »

Le dissi dopo qualche minuto appoggiando le mie mani sulle sue, riuscendo così a staccarle completamente. I suoi occhi blu erano ancora incollati a terra e non mi stupì più di tanto nel vedere altre lacrime solcare le sue guance.

Afferrai con delicatezza la sua mano, come se non volessi lasciarla nemmeno un secondo per farle capire che io le ero vicino, e sfiorandole con l'altra mano la sua spalla le indicai il divano poco lontano da noi. Lei si sedette, portandosi le gambe al petto, mentre le circondava con le braccia. Il suo sguardo non era mai stato così assente e privo di ogni emozioni altro che il dolore.

« Alice? Hei hai una coperta? »

Le domandai scuotendola leggermente dalla spalla. E come risposta lei mi indicò solamente con un cenno della testa un piccolo armadietto con dentro un paio di coperte. Ne scelsi una e, come se fosse casa mia, gliela sistemai sopra il suo esile corpo. Ora come ora, in quel momento, la fragilità che si poteva percepire con il suo minuto corpo, era riflessa anche nel suo animo.

Era qualcosa di orribile, che mai e poi mai avrei voluto vedere.

« Tu non hai freddo? »

Mi domandò con voce priva di ogni emozione, una volta che mi sedetti accanto a lei. Abbozzai ad un sorriso, ricordando una cosa.

« Bé Jenny te l'aveva detto quella volta che ci avevi visti mangiare un gelato fuori al freddo. Siamo forti.. »

Fu allora che distolse lo sguardo da un punto ignoto davanti a lei per posizionarlo su di me. E ci riuscì. Mi sentì come un bambino durante la notte di Natale. Ero riuscito a farle abbozzare un sorriso. Appena accennato ma mi bastava in quel momento.

Si accoccolò fra le coperte, mentre si lasciò trasportare dalle sue forze, lasciandosi cadere lateralmente, appoggiandosi contro il mio corpo. Quel contatto mi fece andare in fiamme. Non sentì più il freddo ma calore. Anche quelle piccole gocce che scendevano dai miei capelli sembravano tante piccole scintille scoppiettanti di un fuoco. Alice aveva quell'effetto su di me. Riusciva con un solo tocco, donarmi un calore immenso. Riusciva a far percorrere, lungo tutta la linea del mio corpo, un brivido di piacere mischiato al calore. Era...

Impressionante.

« Jazz? »

« Si? »

« Posso? »

La sua mano si aggrappò nuovamente alla stoffa della mia maglia, aggrappandosi sul mio fianco. Sorrisi capendo a cosa si riferisse quella domanda. Ma era così necessario domandarmelo?

Annuì semplicemente con un cenno della testa, mentre il mio braccio sinistro si spostò leggermente, e la mia mano si aggrappò al suo braccio.

Erano sbagliati tutti quei movimenti, tutti quei gesti, lo sapevo. Ma non potevo farne a meno. Sapevo che probabilmente tutti quei gesti lei se li sarebbe dimenticati, o che erano solo sfoghi per il tradimento ma..
Volevo bearmi di quei gesti.

E se poi non sarebbero mai arrivati? Per lo meno potevo avere la presunzione di dire “Io li ho provati”.

Minuto dopo minuto il suo respiro si fece sempre più profondo, e il suo corpo ad un tratto si lasciò andare completamente, appoggiandosi completamente alla mia spalla. Era letteralmente crollata e quel suo comportamento mi fece sorridere. Finalmente si era addormentata e per ora poteva bearsi di alcune ore di riposo completo per staccando così la sua mente dalla realtà. Cominciai a sfiorarle con la punta delle dita il palmo della sua mano ancora ancorata alla mia maglietta, fino a farle allentare la presa.

Io di dormire non ne aveva proprio voglia. Non perché non fossi stanco, ma perché volevo essere reattivo all'istante se Alice si fosse svegliata ed avesse avuto un'altra crisi. Così, con estrema delicatezza, scivolai via dal suo corpo, adagiandolo sul materasso del divano. Fu talmente distrutta che non ebbe nessuna reazione nel spostarla. Rimasi qualche secondo rannicchiato a terra, beandomi della sua immagine, del suo volto finalmente più rilassato. Sfiorai con la punta delle dita la sua guancia calcia, un'ultima volta prima di sedermi ai piedi del divano. Accesi la televisione ed abbassai completamente il volume dell'audio, guardando in maniera passibile le immagini che scorrevano, con i senso all'erta, pronto a reagire all'istante se Alice ne aveva bisogno.

 

 

Era stupido come telefilm. Non che ci avessi capito molto ma.. Andiamo era qualcosa di veramente banale! O forse.. Forse ero semplicemente io a non sopportarlo dato che non aveva chiuso occhio per nemmeno un minuto. Mi ero sistemato ai piedi del divano, e così ero rimasto finché non cominciai a percepire qualche cambiamento della mole rilassata di Alice.

Voltai appena lo sguardo, notando che sulla sua fronte si era formata una patina di sudore che imprigionava i suoi capelli. Sembravano piccole gocce di cristallo, che non facevano altro che rendere ancora più preziosa la sua pelle.

« Alice? »

Cercai di richiamarla, catturando la sua attenzione e svegliandola, cercando di strapparla via con la forza da quell'incubo che i suoi occhi chiusi stavano trasmettendo.

Spalancò gli occhi tutto ad un tratto, alzando il busto con le braccia, mentre il respiro affannoso caratterizzò quell'atmosfera. Si guardò leggermente attorno, asciugandosi con il dorso della mano la fronte, posizionando infine i suoi occhi su di me.

« Era un incubo Alice »

« No! »

Disse con estrema convinzione tanto che sbattei più volte le palpebre.

« Non lo era.. »

Concluse lasciandomi capire fra le righe a cosa si stesse riferendo. Abbassai leggermente lo sguardo, mentre lei rannicchiò le gambe, portando tutte e due le mani sulla fronte. Mi sentivo... Inutile! Ecco come mi sentivo. Peggio di un inutile verme..

Sentì la punta delle sue dita appoggiarsi sotto il mio mento, alzandomelo leggermente. Incontrai in pochi istanti i suoi occhi, corrugati in una espressione di rimprovero mista ad una pura interrogazione mentale.

« C... Cosa? »

« Non hai dormito »

« No! No ti sbagli.. »

« Non sai mentirmi.. »

Deglutì il nulla spostando il mio volto dalle sue dita. Rimasi immobile qualche secondo, poi feci un grande sorriso alzando le spalle. Fu un gesto semplice ma fu sufficiente per farla ridere. Una speranza si accese nel momento esatto in cui vidi una leggera luce di felicità sfiorarle gli occhi.

« Scemo.. »

« Grazie! »

Insieme riuscimmo ad alzare il livello di quella felicità, ridendo in maniera sincronica, lasciando che le nostre risate volassero nella stanza.

« Hai bisogno di qualcosa? »

Le domandai inclinando leggermente la testa di lato.

« Mh.. No! Tu hai sonno immagino.. »

Disse mordendosi il labbro inferiore come se fosse in imbarazzo e come se si sentisse in colpa.

« Ma no! Io sono sveglissimo! »

Dissi strizzandole l'occhio con fare scherzoso. Sembrava piacerla quel mio modo di fare, quel mio modo di tralasciare le cose negativi per focalizzarci solo su un'unica cosa: sorridere.

Feci per alzami in piedi, appoggiando le mani sul materasso, quando la sua mano calda avvolse le nocche leggermente sbucciate delle mie braccia. Alzai lo sguardo sorpreso, come lo ero ogni volta che il suo corpo sfiorava il mio. E commisi l'errore più grande della mia vita: guardarla negli occhi da quella angolatura. Era qualcosa da perdere il fiato. Ero ammaliato come non mai. Non so perché, ma mi sentì quasi la testa girare, come se tutto ad un tratto fossi stato catapultato su Marte.

« Grazie Jazz.. »

Scossi leggermente la testa, portando l'altra mano sopra la sua.

« Alice non devi ringraziare solo me. Tutti ti sono accanto.. »

Dissi sorridendole scombinandole qualche ciuffo dei suoi capelli che ricadevano perfettamente sulla linea delicata del suo volto. Mi sorrise, vidi ancora una volta quel fantastico sorriso mentre s'inginocchiò sul divano non staccando i suoi occhi dai miei, cosa che mi fece praticamente sciogliere nel vero senso della parola. Ero praticamente immobile, letteralmente rincoglionito dalla sua bellezza. Non so come e non so il perché, forse grazie alla mancata dormita ma.. Mi sentivo letteralmente sciolto davanti a lei e soprattutto non avevo coscienza di quello che accadeva. E' tipo come quando si ha talmente sonno che non ci si ricorda nemmeno delle ultime parole che sono state dette. Per non parlare di quel maledetto mal di testa. Da qualche ora era tornato alla carica, accompagnato da quel fischio alle orecchie.

Si dice che gli occhi sono lo specchio dell'anima. Bè.. Forse era vero. In quel momento ero a pezzi e a giudicare dai gesti e dallo sguardo di Alice, i miei occhi non facevano altro che sottolinearlo.

« Jazz? Hei che c'è? Cosa ti senti? »

Io? Io stavo benissimo!

O forse no..

« Ma sto benone solo un po'.. »

La testa cominciò a girarmi leggermente ma non mi preoccupai. Finì anche per ridere per come mi sentivo. Ero proprio fuso ormai.

« Jasper dobbiamo andare da mio padre. Tu non stai bene! »

Dissi mentre cercai di capire il tono della sua voce. Scherzava o era veramente preoccupata? E che cavolo ridevo, perché dovevo stare male.

Ok, forse non mi sentivo in perfetta forma ma si poteva sopportare. O forse no.

« Ma sto bene! »

Ripetei per l'ennesima alzando gli occhi verso l'alto. Ok, non ero un buon attore, questo era da sottolinearlo.

Avvicinò una mano al mio volto, accarezzandomi la guancia con la punta delle dita e mi beai di quel tocco così fresco in quel momento.

Ti prego però, non farlo più.

Sì, se da un lato sperai che lo facesse ancora, dall'altro speravo il contrario. Perché mi sarei sciolto nuovamente ed avrei messo a rischio tutte le barriere che tenevano al sicuro il piccolo segreto che avevo con la mia coscienza.

« Sbaglio o scotti? »

Mi domandò portando la mano sulla mia fronte, mentre il suo volto cambiò radicalmente. Era meno pensieroso ma le sue labbra erano arricciate e un sopracciglio era alzato.

« Sbagli.. »

Risposi sorridendole facendo sorridere anche lei, beccandomi il solito appellativo di “scemo”.

Poi fece una cosa che non avrebbe dovuto fare. Mai. Fu il segnale, il segnale che fece scendere ogni barriera, e mi fece cadere nella trappola confessando tutto. O quasi.

Socchiusi gli occhi per qualche istante, giusto il tempo per riaprirli nel momento esatto in cui la sua guancia si appoggiò sulla mia fronte, per testare maggiormente se fossi realmente accaldato oppure no. Ma era inevitabile. Ora sì che lo ero per colpa di quel suo gesto.

« No, non sbagliavo.. »

Decretò quando il suo volto fu ancora vicino al mio. Finì inevitabilmente in apnea, vedendo il suo corpo così troppo vicino che valicava le linee del confine che fece scattare l'allarme mentale. Ora si che mi sentivo completamente rintontito.

Però fu strano anche il suo comportamento. Rimase ferma qualche secondo, senza dire nulla, mentre la sua mano destra si strinse in maniera quasi esagerata contro la stoffa del divano. Era chiusa in un pugno talmente saldo che non impiegai nemmeno un secondo in più per avvolgere quel suo piccolo pugno d'acciaio con la mia mano. Le nostre temperature corporee così differenti entrarono in contatto, mischiandosi insieme, creando la temperatura ideale. Né troppo calda, né troppo fredda. E lei automaticamente rilassò la mano nel momento esatto in cui il suo volto, lentamente, cercò di tornare alla sua posizione.

Non potevo permetterglielo. Non potevo lasciarmi scappare una cosa così ovvia, un momento che aspettavo da chissà quanto tempo. Non appena il suo volto fu al lato del mio, spostai appena la mia testa verso sinistra, sfiorando con l'angolo delle mie labbra il suo. No, non fu per niente un bacio sulle labbra. Non era un bacio su quelle labbra che in quel momento desideravo più che mai. Ma non era nemmeno un semplice bacio sulla guancia. Lo si poteva considerare come un bacio sulla guancia che aveva valicato un confine un po' troppo pericoloso.

Il suo profumo invase il mio volto, lasciandomi completamente spiazzato. Rimanemmo immobile, in silenzio, fermi in quella posizione, con l'angolo delle nostre labbra praticamente unito l'uno con l'altro. Perché non si spostava? Perché non si allontanava da quel segnale un po' troppo evidente?

Io? Bé io non lo facevo perché fu una cosa pazzesca. Sentì la felicità rinascere, e anche se le orecchie continuavano a fischiare per il mal di testa, io mi sentivo da Dio, provando quelle stesse emozioni che percepì quando capì di essermi follemente innamorato di lei.

Ma lei? Lei perché non si allontanava?

Non ebbi una risposta verbale. Non serviva.

La sua mano si alzò con una leggera titubanza. Era leggermente scossa da un tremolio, ma riuscì nel suo intento, almeno pensai fosse quello. Appoggiò la punta delle dita sulla mia guancia, facendo aumentare il calore che percepivo a mille.

Eccolo il momento.

Fu quello che pensai.

Pensai che mi scansasse all'istante, che mi rifilasse un nuovo schiaffo. Ma non lo fece, ampliò maggiormente la superficie della sua mano facendola aderire completamente alla mia guancia. Non mi scansò, anzi. Diede una piccola pressione ed io assecondai quel suo gesto, voltandomi leggermente, mentre le mie gambe si alzarono leggermente inginocchiandomi a terra. La mia mano, che fino ad allora era rimasto sopra la sua, cercò qualche valico, qualche passaggio per riuscire ad intrecciare le mie dita con le sue. E ci riuscì.

Sentivo il suo profumo sulle mie labbra. Era come se si fosse materializzato, come se quel suo profumo al gelsomino fosse qualcosa di tattile che potevo sfiorare. Sentivo il suo calore sulle mie labbra, il suo respiro leggermente scosso, esattamente come il mio. Il suo naso sfiorava il mio e.. Era tutto così pazzesco, irresistibile e magnifico.

Non so per quanto rimanemmo in quella posizione, in quella circostanza così troppo evidente per quello che provavo per lei. Ad un tratto però la mia testa mi fece capire, alla sua maniera, che probabilmente tutto quello era sbagliato. Socchiusi leggermente gli occhi prendendo un respiro profondo, mentre le sue dita si muovevano ancora sulla mia guancia regalandomi un brivido che mi percosse tutto il corpo. Non era immaginazione quella! Maledizione non era frutto della mia testa, era reale quello! Ma la mia mente diceva che era sbagliato. Troppo sbagliato. In quel momento era come se fossi in continua lotta.

Jasper Vs Jasper.

« A.. Alice.. »

Fu una sola parola, in un sussurro, balbettata. Non ero sicuro, per nulla sicuro. Non volevo fermare quel momento era troppo vero e magnifico.

« Shh.. Jazz? »

Deglutì il nulla sentendo il mio nome sussurrato dalle sue labbra, da quelle labbra che si mossero a pochi millimetri da me, rendendomi completamente pazzo. Fu tutto un sussurro, un tutto sfiorare, un tutto respirare il profumo dell'altro. E se io ne andavo pazzo, nemmeno lei sembrava poi così tanto dispiaciuta. Altrimenti si sarebbe allontanata. Vero? Non so nemmeno come riuscì a parlarle ancora, anche se forse la parola “parlare” era un po' troppo esagerata dato che dissi solamente:

« Si? »

« Stai zitto.. »

Fu un attimo. Mi sentì lo stomaco sotto sopra non appena sentì quelle parole e il resto, fu tutto una poesia. Non so chi fra i due fece la prima mossa, chi fra i due infranse completamente la minima distanza che si era creata fra le nostra labbra.

Ma accadde.

Mi ritrovai ad assaporare le sue labbra, ad assaporare in prima persona quel profumo che fino ad allora avevo solo sentito facendo grandi respiri. Ora come in quel momento, non dovevo immaginare come fossero le sue labbra. Non dovevo immaginarmi che le sue labbra erano qualcosa di spettacolare, calde e morbide. Ora potevo provarlo in prima persona.

Mi sentivo veramente come un bambino durante la vigilia di Natale. Mi sentivo troppo euforico e non volevo rovinare tutto quanto o che finisse. Così non feci nulla, mi preoccupai solamente di seguire un ritmo che le sue labbra dettavano. Un ritmo che sembrava essere regolato da una musica assente, da una melodia che le nostre orecchie non potevano percepire, ma che qualcosa dentro di noi sentiva perfettamente. Era un continuare a rincorrere le nostre labbra, come in una corsa senza fine.

Era quello, quello era l'emozione che provavo. Era quello che l'amore per lei mi portava a fare. Ed avrei fatto anche chissà quante altre follie per lei. Da quanto tempo bramavo quel momento? Da quanto tempo desideravo assaporare le sue labbra come in quell'istante? Fu allora che ebbi la certezza che da quell'istante non avrei voluto baciare altre labbra al di fuori delle sue.

Dopo qualche minuto però dovetti allontanarmi dalle sue labbra, ma rimasi comunque a pochi millimetri da quel nettare degli dei. Riaprì gli occhi solamente allora, ma non li feci incontrare con i suoi. No, mi sarei sciolto in una maniera indegna. Mi bastava mandarmi alle stelle anche solo osservare dietro i miei ciuffi biondi, le sue labbra semi aperte ancora leggermente inumidite, dalle quali fuori usciva una nuova fragranza. Un miscuglio fra il mio ed il suo profumo.

La sua mano non aveva abbandonato nemmeno per un istante la mia guancia. E la mia non aveva mai perso l'opportunità di intrecciare le dita con le sue, creando una specie di pugno che sembrava simboleggiare l'unione di due persone così diverse fra loro, esattamente come le nostre mani, ma così in simbiosi da riuscire a coincidere perfettamente come con le nostre labbra.

I nostri volti si sfioravano appena, mentre piano piano i nostri respiri cercavano di ritrovare il giusto ritmo. E per l'ennesima volta, non seppi chi fra i due cominciò a muoversi delicatamente con movimenti appena percettibili del volto. Muovevamo con estrema lentezza i nostri volti, a volte sfiorando con la punta del naso la pelle dell'altro, a volte lasciando che le nostre labbra si sfiorassero ancora ed ancora. La mia testa supplicava che quello non fosse un sogno, che quella fosse la realtà ma.. Ben presto mi resi conto che lo era. Era troppo così... Così... Reale?

Fui io il primo ad interrompere quelle effusioni. Non tanto perché non mi piacessero, ma perché volevo veramente rendermi conto della realtà della situazione. Mi fermai esattamente al centro del suo volto, appoggiando la mia fronte contro la sua, solamente qualche istante prima di aver sfiorato le sue labbra con le mie. Fu allora che insieme ci guardammo negli occhi, con una luce di emozione carica d'intensità che trafisse gli occhi di entrambi. Non c'era bisogno di dire chissà quante altre parole. In quel momento eravamo tutti e due follemente persi l'uno nell'altro. Io lo ero sempre stato, e lo sarei stato per sempre. Ma del suo punto di vista non lo sapevo se era una cosa che percepiva da molto.

Non volli chiederglielo, avevo troppo paura della risposta che potevo ricevere. Una paura che si materializzò ancora una volta nel mio gesto di stringere con un gesto convulsivo il tessuto che ricopriva il divano su cui era seduta. Non staccò un secondo gli occhi dai miei, ma sembrò capire, come se avesse letto nella mia mente. Allontanò dal mio volto la sua mano, avvolgendo la mia ancora stretta in un pugno e qualche secondo più tardi imitò il mio gesto, intrecciando le sue dita con le mie.

Il tutto era caratterizzato da un'atmosfera tesa, ma allo stesso tempo meravigliosa ed elettrizzante. Fatta di soli sguardi e nessuna parola. Di soli respiri e nessun pensiero. Piano piano alzò leggermente le sue mani, alzando di conseguenza anche le mie, costringendomi così ad alzarmi in piedi mentre lei rimase ancora in ginocchio sul divano. I nostri occhi non persero nemmeno un secondo, troppo legati da quell'emozione che insieme sembravano creare il giusto cocktail per un qualcosa di pazzesco.

Seguì le sue indicazioni dettate dal suo sguardo e dalle spinte delle sue mani. Lei si stese sul divano, tirandosi verso di sé le mani, costringendomi così a stendermi accanto a lei. Lo sentivo. Sentivo il mio cuore battere a mille, come mai aveva fatto. Lo sentivo. Sentivo il suo rimbombo riecheggiare nelle mie orecchie.

Rimanemmo a guardarci per altri diversi minuti, fino a quando lei non sorrise e lasciò scorrere un messaggio dal suo sguardo ben chiaro. Ci si poteva leggere la dolcezza con cui lei osservava quello che era appena accaduto. Sfiorò ancora una volta le mie labbra con le sue, accarezzandomi ancora una volta la guancia con la sua mano. Infine allungò leggermente il collo verso di me, cercando un riparo con il volto sull'incavo della mia spalla sinistra, creandosi un riparo reso possibile sotto grazie al divano, e sopra con il mio collo. E mentre lei cercava un rifugio che io non le privavo, come se stesse cercando di allontanarsi per sempre dall'orribile accaduto, le mie braccia si allungarono attorno al suo esile corpo, ed insieme ci facemmo travolgere dalla stanchezza. E mentre mi trovavo in una situazione di dormiveglia, la mia testa riportò alla luce una frase che lei stessa mi aveva detto durante il nostro soggiorno ad Aspen:

Tu stesso per amore stravolgeresti la normalità delle cose”

E lo avevo fatto, desiderando ed ottenendo una donna che già viveva nella vita di un altro uomo.

Ma che ora si trovava fra le mie braccia.

 

 

 

 

Io non vorrei aggiungere niente, perché vorrei sentire cosa voi ne pensate di questo capitolo. Il capitolo che dà la svolta a tutto (:

Ringrazio di cuore  alice cullenhales nlgdr (che ha cambiato nick ;D) e EDVIGE86 , che hanno recensito l'ultimo capitolo! Grazie di cuore ragazze, per le belle parole che avete speso ;)

Naturalmente ringrazio anche tutti gli altri che hanno semplicemente letto il capitolo! Chiedo scusa a chi ha fatto schifo questo frammento della storia, e ringrazio invece a chi piacerà ;D

 

Con affetto!

Un abbraccio Paciugoso a tutti!

Fra!

 

Ps. Un vostro parere personale! Ma quanto è bello Jasper in BD? *.* A me sa tantp da un Jasper versione Jackson! Cavolo che figo.. Fatemi sapere voi che cosa ne pensate ;D

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Capitolo 20
*** Capitolo 18. ***


Capitolo 18.

 

Avevo lo sguardo incatenato su quel maledetto aggeggio. La gamba sotto il tavolo continuava a muoversi in maniera convulsiva mentre le mie mani erano ben salde sugli angoli di legno.

Ti prego muoviti, ti prego muoviti..

Le voci di tutti gli altri erano ben lontane dai miei pensieri, dall'unico mio desiderio che avevo in testa in quel momento: sentire il suono della campanella. Volevo uscire da quell'aula, che già dopo un'ora di lezione, anche se l'ultima, era diventata troppo stretta per i miei gusti.

Il professor Price continuava a spiegare la sua lezione, e fra tutti i miei compagni c'era chi ascoltava, e chi si faceva gli affari propri. Io ero esattamente fra quest'ultimi.

Suona ti prego. Suona!

Avevo già preparato la cartella da qualche minuto e fortuna volle che, essendo seduto su uno degli ultimi posti, il professore non si accorse di nulla, troppo concentrato a leggere sul libro.

Dovevo uscire da quell'aula. Dovevo fiondarmi immediatamente in giardino. Dovevo vedere lei, Alice. Erano passate due settimane da quella meravigliosa serata che passammo abbracciati l'uno all'altro. La giornata della rivelazione, così l'aveva soprannominata la mia testa. E da quel giorno tutto era cominciato, o almeno in parte.

La campanella suonò ed io, come un felino pronto ad azzannare la sua preda, ero già in piedi e a grandi falcate uscì da quell'aula, sentendo appena il lieve rimprovero che il professore mi concesse. Volevo scivolare via dalla folla che da lì a pochi minuti si sarebbe formata, così cominciai a correre, mentre il solito sorriso che riuscivo a crearmi col pensiero di Alice, si stampò sul mio volto.

Tutti avevano notato quel mio cambiamento, quel mio aumento emozionale della felicità, e tutti avevano ricevuto la solita risposta: “Sarà il tempo”.

Una spiegazione che faceva ridere tutti, che mi procurò spesso l'appellativo di JasperNonSeiNormale, ma che soprattutto dava leggermente fastidio ad Alice. Lei non avrebbe fatto quella scelta. Lei avrebbe urlato a tutti la verità, ma non io.

« Perché Jazz?»

Ricordavo ancora il suo sguardo leggermente affranto quando le spiegai quello che volevo fare. Lo avevo deciso il giorno dopo quella notte, il giorno dopo che la sua storia con Joseph si era conclusa. Era un mio parere, che volli dirglielo immediatamente. Io la desideravo, più di ogni altra cosa. E non volevo che qualcosa le procurasse dolore e sofferenza, qualsiasi cosa. Ed io sapevo bene che spesso fanno più male i pareri della gente che altro. Lo avevo provato sulla mia pelle, avevo provato la sensazione di essere sotto i riflettori dei pettegolezzi per mesi e mesi. Su giudizi a volte infondati che non fanno altro che lacerare sempre di più la pelle di una persona.

Ed io chi ero per lasciare che questo accadesse anche ad Alice?

Che cosa poteva pensare la gente vedendo che la ragazza del capitano della squadra di football era già sistemata e consolata dal primo che passava?

Così riuscì a convincerla.

Per un periodo di tempo la nostra storia sarebbe rimasta segreta. Il tempo adeguato perché la gente si dimenticasse l'accaduto fra lei e Joseph. Fu complicato convincerla e soprattutto era complicato per tutti e due mantenere quel segreto. Ma insieme riuscivamo a trovare in ogni aspetto negativo, qualcosa di positivo e di allettante che ci facesse sorridere e ridere insieme.

Riuscì nel mio intento.

Aprì la porta dell'uscita di scuola giusto in tempo per sgattaiolare fuori ed evitare la massa che subito dopo ne seguì. Col respiro un po' alterato e il battito cardiaco un po' aumentato, cominciai a camminare verso il muretto che delimitava il giardino della scuola. Appoggiai la schiena giusto in tempo, prima di ricevere un pugno amichevole sulla spalla dall'Orso Cullen.

« Jasper! Da quanto tempo che non ci si vede! »

Lo guardai torvo alzando un sopracciglio massaggiandomi per qualche istante la spalla indolenzita.

« Emmett. Dalla pausa pranzo non è poi così tanto. »

« Sempre a mettere i puntini sulle “i” eh? »

Spiegò lui alzando gli occhi al cielo, sedendosi su quel muretto, sembrando così ancora più grande, ancora più Orso di quanto già non lo era. Era quasi umiliante stare vicino a lui, vicino ad un omone come lui che di problemi muscolari non ne aveva per nulla.

« Sei pronto per la grande giornata di oggi? »

Corrugai la fronte sentendo quella frase, nel momento esatto in cui alzai leggermente il colletto del cappotto per coprirmi dal freddo tipico di Forks.

« Di che stai parlando scusa? »

« Lascia perdere si è già dimenticato.. »

In sincronia io ed Emmett ci voltammo verso la nostra destra, scoprendo così il corpo e l'immagine del proprietario di quella voce. Pardon, della proprietaria.

Il sorriso mi si allagò maggiormente, quando i miei occhi scoprirono quel magnifico volto, delineato da delle linea delicate, sottolineate dai suoi capelli che le ricadevano dolci sul volto, creando un contrasto fra il colore della sua pelle e dei suoi capelli corvini.

Fui talmente ipnotizzato dalla sua immagine così sorridente, tanto che non sentì nemmeno il rimprovero di Emmett. Avevo occhi solo per lei, e lei mi guardava dritto negli occhi con uno sguardo profondo che avrebbe sciolto qualsiasi ghiaccio. Si avvicinò con passo deciso, posizionandosi al mio fianco, sotto alla figura massiccia del suo fratello adottivo, appoggiando il suo braccio destro contro il mio.

Dopo qualche minuto, caratterizzato principalmente da battutine fra Emmett ed Alice, fondamentalmente sulla differenza di altezza, “Koda Fratello Orso” dovette raccogliere le sue cose e raggiungere Edward, che non vedeva l'ora di andarsene con Bella. Alice utilizzò la scusa che dovevamo scambiarci qualche appunto, e per quanto noi non riuscivamo a capire come non riuscissero ad intendere il nostro rapporto, la faccenda era già bella che risolta.

« Come è andata? »

Domandai guardandola negli occhi una volta che fummo in macchina. Lei si voltò verso di me, sospirando ed avvicinandosi pericolosamente. C'era ancora troppa gente e lei lo sapeva, per quello le sue labbra si soffermarono sull'angolo delle mie labbra, esattamente come la prima notte, regalandomi il solito brivido lungo il corpo.

« Mi sei mancato.. »

Disse in un sussurro accarezzandomi il volto con la punta delle dita. E lei lo sapeva quanto anche lei mi fosse mancata e quanto fosse per entrambi difficile quella situazione ma.. Non volevo che Alice subisse il trattamento dei pettegolezzi. Le sfiorai con la punta delle dita le sue morbide labbra, mentre i miei polmoni si inebriarono del suo profumo. Non c'era nulla da dire, era una continua tentazione.

« Secondo me non resisti.. »

Disse lei, lasciando libera nell'aria una leggera risata che riecheggiò nell'abitacolo.

« A cosa? »

Domandai ingenuamente allontanandomi da lei, non abbandonando mai, per nessun istante il sorriso. Sapevo bene a cosa si riferisse ma, non mi andava di ammettere la realtà e la mia debolezza. Lei scherzosamente mi colpì con la punta dell'indice la punta del mio naso, nel momento esatto in cui accesi la macchina, pronto a raggiungere casa sua in maniera molto, molto lenta. Almeno quella era la mia intenzione.

« Veramente ti lo sei scordato? »

« Alice ma di cosa.. »

Un flash e tutto tornò lucido e chiaro. Fin troppo nitido.

« Ah già. »

La mano sul volante si strinse maggiormente, mentre la mascella diventò sempre più tesa e, involontariamente, il piede sull'acceleratore diventò sempre più pesante. Fu come se ad un tratto mi stessi nascondendo dentro me stesso, come se mi stessi rifugiando dentro al mio corpo, come un riccio. O almeno era così che mi chiamava Alice. Mi paragonava spesso ad un riccio, che nel momento di difficoltà, nel momento esatto in cui gli si para un ostacolo davanti agli occhi, si raggomitola, per poi scattare.

La sua voce la sentivo distante, mentre la mia mente mi malediceva perché mi ero dimenticato di quel particolare. Mi ero dimenticato che quel giorno sarebbe stato diverso, diverso per me, ma nella norma di tutti gli scolari della scuola di Forks. Prima delle vacanze, la signora ed il signor Cullen, ogni anno, avevano organizzato una festa che potesse essere una sorte di giornata per scambiarsi gli auguri prima delle vacanze natalizie. Una giornata che principalmente si sarebbe suddivisa in due fasi. La prima, il pomeriggio in piscina. I ragazzi e le ragazze si ritrovavano in una delle piscina più convenienti di Forks, per passare una giornata insieme divertendosi. La seconda parte invece riguardava la sera: tutti si riunivano nella grande casa dei Cullen, per festeggiare ancora insieme. Però, come Alice mi aveva sottolineato più volte, generalmente chi veniva di pomeriggio, di solito non veniva di sera, evitando così il problema dello spazio. Scolari, chi voleva pure i genitori, professori, tutti insieme per augurarsi buone vacanze.

Che cosa c'era di più odioso?

« Rallenta Jasper ti prego! »

Fui riportato alla realtà quando la mano di Alice si appoggiò sul mio braccio stringendolo con le dita. Non mi ero nemmeno reso conto di aver esagerato con il pedale della macchina. Rallentai all'istante, lasciando libera l'aria, rilassando le mani, la mandibola e rilassando le spalle. Anche lei sospirò, tornando comoda sul sedile accanto al mio. Rimasi qualche minuto in silenzio, fino a quando la macchina non sbucò dal viale che conduceva a casa sua.

« Mi dispiace.. »

Ammisi con un filo di voce spegnendo la macchina, rimanendo con lo sguardo dritto contro il parabrezza davanti a me.

Non vidi l'espressione del suo volto, ma sentì quello che fece in pochi istanti. Allungò la mano, accarezzandomi con la punta delle dita la guancia del mio volto. Allora mi voltai, allora incontrai i suoi occhi blu che mi fissavano con una tale tenerezza che mi fece perdere la testa. Mi sorrise, sfoderando quella sua schiera di denti bianchi, stendendo le labbra rosse che sembravano talmente perfette da essere tali solo per far ingelosire le ragazze e per costringere gli uomini a peccare di lussuria.

« Lo so. »

Disse semplicemente, costringendomi a sorridere. Ad ogni parola che lei diceva a me, era solo una miccia che faceva esplodere dentro di me il sorriso e la felicità.

« Vuoi entrare? »

Domandò abbassando leggermente il capo, ma mantenendo lo sguardo fisso contro di me, con quel suo modo talmente ipnotico e intrigante al quale non sapei resistere. Scivolai fuori dall'automobile, affiancando Alice che nel frattempo aveva imitato il mio stesso gesto ed insieme cominciammo ad incamminarci verso l'abitazione.

« Non suoni il campanello? »

Domandai alzando un sopracciglio quando vidi che afferrò le chiavi della porta riposte nello zaino. Notai il suo sorriso allargarsi, e con un colpo solo aprì la porta afferrandomi la mano. Mi materializzai dentro casa in pochi istanti, rimanendo leggermente sorpreso dal suo mutismo. Fu un momento. Le sue labbra si incollarono alle mie, mentre con una mano chiuse la porta. Seguì il ritmo delle sue labbra, sopprimendo la preoccupazione che potesse essere qualche suo familiare in casa. Le nostre labbra continuarono ad inseguirsi, fino a quando le sue mani afferrarono il colletto della camicia che indossavo. Si allontanò dalle mie labbra riaprendo gli occhi.

« Edward è con Bella, ed Emmett ha raggiunto direttamente mamma e papà »

Disse mentre si tolse il cappotto che indossava, ed io feci altrettanto, imitando i suoi stessi gesti. Ritrovarmi in casa di Alice, soli, era una grande tentazione. Una grandissima tentazione. Ma ero conscio anche del fatto che da lì a due ore saremo dovuti andare in piscina, dove la festa avrebbe preso inizio. E' proprio vero che le opportunità ti si offrono nel momento sbagliato!

Afferrai la mano che lei mi offrì ed, intrecciando le dita con le sue, la seguì lungo la rampa di scale, finendo in camera sua dove lei cominciò a sistemare lo stretto necessario per il pomeriggio dentro ad un grande borsone. Mi sedetti sul bordo del letto, guardando ogni suo movimento. Ero praticamente ammaliato da ogni gesto e da ogni movimento che lei eseguiva. Poteva essere la cosa più banale, ma per me racchiudeva un'eleganza impressionante.

« Non mi hai ancora detto come è andata oggi.. »

Dissi con un timbro di voce che nascondeva anche un filo di tristezza. Una sfumatura che lei sembrò non cogliere o meglio, sembrò ignorare.

« Alla grande! Sono tutti presi con la storia della festa che.. »

« Alice.. »

La interruppi pronunciando semplicemente il suo nome. Lei bloccò ogni sorta di movimento, fermandosi con in mano un accappatoio rivolta verso il grande armadio dandomi le spalle. Sapeva a cosa mi riferivo, ormai l'aveva capito. Tutte le volte era sempre la stessa storia. Io le domandavo come era andata, lei ignorava la vera fonte di quella domanda, la richiamavo e poi mi rispondeva.

« L'ho visto solamente nel cambio dell'ora dopo la pausa pranzo.. »

Disse scocciata lanciando letteralmente l'oggetto che aveva in mano nella borsa.

« So che ti dà ancora fastidio è per questo che continuo a domandarti come.. »

« E' lì che ti sbagli Jasper! »

Alzò il timbro della sua voce voltandosi di scatto verso di me, affilando leggermente lo sguardo. Bloccai immediatamente le mie parole, abbassando leggermente il capo.

« Quante volte devo ripeterti che non m'interessa più nulla? Quante volte dovrò ripeterti che non sento più nulla, né amore né dolore? »

Il suo tono di voce si era fatto più dolce, più comprensivo e lei stessa si era avvicinata a grandi passi verso di me, sedendosi accanto a me. Si, dovevo ammetterlo, me lo aveva ripetuto molte volte ma.. Non lo so, forse dovevo sciogliermi un po'.

« Sono uno zuccone? »

Domandai alzando lo sguardo arricciando leggermente le labbra. Lei scoppiò a ridere, e scompigliandomi i capelli con la mano, si rialzò in piedi tornando a sistemare le cose nella borsa.

« Ci sarà tanta gente? »

Domandai ad Alice mentre cominciai a giocherellare con una palla da baseball che le aveva regalato Emmett quando ancora erano piccolini.

« Bé il numero giusto per una festa! »

Mi rispose chiudendo la borsa e dandosi un'occhiata allo specchio.

« E la faccenda potrà essere interessante.. »

Proseguì voltandosi verso di me avvicinandosi con passo seducente. Fin troppo seducente. Deglutì il nulla, cercando di nascondere la reazione che mi provocò sul volto. Non appena fu davanti a me, si abbassò leggermente inchiodandomi con gli occhi, mentre con la mano destra intrappolò qualche ciuffo biondo e le sue labbra si avvicinarono pericolosamente alle mie labbra.

« Molto interessante.. »

Ripeté sfiorandomi le labbra mentre sul suo volto si disegnò un sorriso furbo. Le cercai, cercai di raggiungere le sue labbra ma lei prontamente si allontanò lasciandomi letteralmente incompleto. Le mie labbra rimasero semichiuse mentre lei si voltò dandomi le spalle lasciando libera una risata che riecheggiò nell'aria. Non mi piaceva perdere le piccole sfide che si creavano fra di noi, così allungai la mano, afferrandole il polso, facendola voltare verso di me. La sua risata non cessò di vivere, fino a quando le mie labbra si posarono contro le sue, come a volerle far vedere che in realtà il vincitore di quella sfida ero io e naturalmente, come a volerle dimostrare quanto non riuscissi a resistere ad una tentazione tale. Le sue mani si posarono sul mio volto, cercando di avvicinarlo ogni qual volta che allontanavo le mie labbra dalle sue per prendere un mezzo respiro. Le nostre bocche continuarono a seguirsi, fino a quando, piano piano con tale sincronia, cominciavano a perdere la loro intensità, per il fatto che tutti e due eravamo consci della giornata che ci aspettava.

« Dobbiamo andare.. »

Dissi con un soffio sulle sue labbra, riaprendo gli occhi nel momento esatto in cui le sue mani caddero lungo i fianchi, e sul suo volto si disegnò quella nota di disappunto.

« Va bene.. »

Rispose allontanandosi un po', per prendere la borsa ormai pronta, subito dopo avermi allungato la mano per afferrarla ed intrecciare le mie dita con le sue.

Scendemmo le scale in pochi istanti e, in quattro e quattr'otto, ci ritrovammo in macchina. Il broncio che indossava qualche minuto prima scomparì immediatamente ed un magnifico sorriso si disegnò sulle sue labbra.

« Prossima destinazione: festa! »

« A dire la verità ci sarebbe un problema.. »

Dissi mentre misi in moto la macchina. L'entusiasmo di Alice si spense leggermente, ed alzando un sopracciglio rimase in attesa di una spiegazione.

« Ho dimenticato la borsa a casa.. »

« E' uno scherzo vero? »

« Ehm.. No »

« Dimmi che stai scherzando! »

« Sto scherzando.. »

« Davvero? »

« No.. »

Con un gesto plateale da Oscar, si portò una mano sulla fronte, brontolando qualcosa, probabilmente sulla mia testa fra le nuvole. Risi vedendo quella scena, vedendo quel piccolo corpo minuto nascondere con una figura così fragile, così tante emozioni.

« Sei morto.. »

Disse infine fulminandomi con lo sguardo.

« Ti porto in piscina, così puoi accogliere gli arrivati e poi ti raggiungo.. »

« Starò incollata all'entrata per aspettarti.. »

Disse con fare minaccioso puntandomi l'indice della mano contro il naso, facendomi scappare una risata che contagiò anche lei. Appoggiò completamente la schiena al sedile, rilassandosi completamente, mentre con lo sguardo cominciò a guardare assorta il panorama che sfrecciava davanti a noi, mentre con la coda dell'occhio guardai dritto contro lo specchietto della macchina, intravvedendo il rosso acceso del mio borsone nascosto accuratamente nel baule.

 

 

 

Portai il peso in avanti, sulle braccia che erano saldamente posizionate sulla maniglia della porta antipanico che avevo davanti ai miei occhi. Il freddo invernale fu immediatamente sostituito dal calore particolare che quel locale mi donava. Era come una sorte di paese dei balocchi per me, dove il cervello si spegneva e tutti i problemi scomparivano. Scesi la rampa di scale, infilandomi in una specie di tunnel dove all'inizio c'era l'inconfondibile scritta luminosa color fucsia: “ KitKat Club”.

L'atmosfera era più illuminata del solito e la musica era solo qualcosa di sottofondo a parte in alcune circostanze. Era una bella sensazione vedere il locale più tranquillo del solito, mi faceva sentire come in una mia seconda casa, mostrandomi la calma prima della tempesta della serata che attendeva alle porte. Lì dentro stavo bene, e sapevo che il fatto di stare bene sul posto di lavoro è un punto a favore per il benessere della vita di qualcuno.

I ragazzi continuavano a camminare avanti e indietro, fra le mani i soliti grandi scatoloni con dentro bevande e qualche tartina pronti per la serata. Sul palco, man mano che finivano, le ragazze si davano il cambio per provare gli spettacoli previsti per quella notte, e l'orchestrina l'accompagnava esercitandosi sui pezzi. Naturalmente, il tutto, era coordinato dal capo indiscusso. Maria era seduta su di una sedia proprio di fronte a loro, con in mano la sua solita sigaretta che andava a sostituire il solito Black Russian della serata. Diventava quasi prevedibile col passare del tempo!

Camminai lungo il bancone del bar, continuando a guardare Maria, che urlava contro le ragazze che sbagliavano, con un sorriso divertito. Mi fermai solo quando incontrai una delle sedie, nel punto esatto dove Alex asciugava qualche bicchiere.

« Un'ora tutta così »

Disse indicandomi con un cenno del capo l'ennesima volta che Maria prendeva in giro le ragazze.

« Saperlo avrei portato i popcorn! »

Dissi ridendo insieme a lui, mentre afferrò una bottiglia di birra che mi porse.

« Oggi niente lavoro? »

« No, sono occupato »

« Ovvero? »

« In un'orribile festa scolastica »

« Ma ci vai per lei giusto? »

Mi voltai leggermente all'indietro incontrando la sua faccia divertita. Assottigliai lo sguardo rimanendo in silenzio. Odiavo quel senso di complicità che si era formato fra tutti loro contro di me. Tutti sapevano di quello che provavo per Alice, e tutti cercavano in tutti i modi di infilare il dito nella piaga. Tutti mi prendevano in giro perché ero “troppo codardo per sfoderare la realtà”. Ed io ridevo sotto i baffi, perché non sapevano nulla nemmeno loro. Nessuno.

« James? »

Domandai cambiando discorso, nel momento esatto in cui le prove finirono ed io mi voltai verso Alex. Sorseggiai un po' di birra, mentre il mio collega di lavoro indicò con un cenno del capo la figura del marito di Maria in un angolo del locale con il suo solito vestito elegante, ed il suo inseparabile cellulare.

« Ancora non capisco come facciano a stare insieme.. »

Disse lui alzando leggermente le spalle. Effettivamente essere divorziati e lavorare nello stesso locale, per lo stesso locale non era per nulla semplice. Ma non era l'unico ad avere avuto delle strette vicinanze con Maria.

Eccolo lì.

Comparve da dietro il palco il “vecchio” Sean con il suo solito ed immancabile blocco degli appunti, mentre le ragazze lo seguivano implorandogli qualcosa. Il primo marito di Maria. Un fidanzamento fantastico, un matrimonio indimenticabile, la luna di miele meravigliosa.. Fino a quando non scoprì di avere una certa tendenza all'altra sponda o come diceva Maria, della “sponda Gaia”. Da quel momento erano passati anni, e fra lui e la sua ex moglie era nato un rapporto di pura amicizia. Erano inseparabili e insieme si divertivano come due giovani nel bel mezzo della scoperta del puro divertimento delle pazzie.

Era esasperato, si portava gli indici alle tempie probabilmente cercando di evitare una crisi isterica provocata da quelle nuove reclute che lo imploravano per dei nuovi vestiti. Sean alzò lo sguardo verso me ed Alex e roteando gli occhi verso l'alto, mimò il labiale delle parole “Sono morte”.

« Tu che ci fai qui? »

La voce penetrante di Maria mi fece voltare, mentre lei mi guardava con una mano sul fianco.

« Volevo vedere se ve la cavavate senza di me! »

Risposi a tono facendo ridere Alex che continuò con il suo lavoro. Maria sgranò gli occhi, infilandosi dietro il bancone, servendosi da sola come era suo solito fare.

« Mi faranno impazzire prima o poi quelle là! »

Sussurrò in modo da non farsi sentire troppo, facendomi ridere.

« Pensa me, ormai ci rinuncio.. Jasper.. »

Sean raggiunse il capo, brontolando anche lui per il comportamento delle ballerine, troppo esigenti e poco lavorative. E mi salutò con un cenno della testa strizzandomi l'occhio. Avverto prima di conclusioni affrettate, quando per la prima volta mi dissero che era dell'altra sponda cercai di mantenere le distanze ma, successivamente mi riferirono che era già che bello ed occupato quindi il legame che mi univa ad ogni mio collega di lavoro era nato anche con Sean. Era come se fossimo tutti uniti da un legame che potevamo definire quasi di amicizia.

« Dov'è Nikki?! »

La voce possente di Maria riecheggiò nel locale ma non ricevette risposta. Era ovvio dove fosse, come al solito, era in ritardo.

« Fuori la macchina non c'è.. »

Dissi sorseggiando ancora un altro goccio di birra. Maria mi guardò alzando un sopracciglio ed alzando ancora la voce, scherzando naturalmente, disse:

« Ma qualcuno mi vuole spiegare chi cazzo è questo qui?! Chi l'ha fatto entrare?! »

E scoppiai a ridere scuotendo leggermente la testa. Sapeva quanto fossi nervoso e quanto non mi piacesse l'idea di andare ad una festa come quella. Il motivo non volle saperlo, mai, ma qualche giorno fa avevo confessato quel mio senso di disagio. Così ebbe il suo solito modo di tranquillizzarmi. La solita tecnica che ormai mi aveva contagiato e che usavo solo quando lei me lo imponeva. Afferrò la sua borsetta ed estrasse un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e prima che potessi oppormi me la infilò in bocca accendendola.

« Eccola.. »

Disse Alex ridendo già nel momento esatto in cui fulminai con lo sguardo Maria. Io mi voltai pronto a gustarmi la scenetta. Chissà che cosa si sarebbero inventati ora Maria e Sean. Insieme uscirono da dietro il bancone, correndo appena, lei in bilico fra i suoi tacchi e lui eccitato dalla nuova scenetta che avevano messo in piedi per sottolineare il ritardo della ragazza. Si misero in posa proprio di fronte a lei. Sean aveva le braccia incrociate, e Maria gli cingeva le spalle con un braccio. Nikki si fermò all'istante, abbassando gli occhiali da sole che indossava anche quando fuori c'era il buio più totale.

« Oh mio Dio! Nikki! Lo so, ti sembrerà una cosa incredibile ma io e Sean stavamo parlando di te e lui ha detto.. »

« E' un peccato che Nikki non sia potuta venire per le prove, ma sarebbe così carino se facesse un salto per la serata! »

La ragazza roteò gli occhi verso l'alto, alzando le mani che sbucavano fuori da un cappotto bianco candido.

« Manicure e pedicure! Ci hanno messo un secolo.. »

Ammise ricominciando a camminare verso i camerini togliendosi il cappotto, pochi secondi dopo che Maria riprese a parlare.

« E' quanto c'impiegherai tu a trovare un lavoro quando ti licenzierò! »

« Si come no! »

La posa dei due PowerRangers si sciolse, e con un balzo Sean divaricò leggermente le gambe, puntando contro la ragazza l'indice della mano, urlandole:

« Preparati! »

Io e Alex ci scambiammo uno sguardo di complicità, ridendo insieme. Come scena non era stata poi così appariscente come con le altre, ma aveva sempre il suo fascino teatrale. Più che altro erano favolose le risposte pronte che Maria dava ogni volta. Sembrava quasi come se prevedesse quello che accadeva e che si preparasse in tempo tutto quanto.

« Maria? »

Calò il silenzio quando James parlò. Tutti guardammo verso di lui. Parlava! Dannazione aveva parlato e non aveva il telefono all'orecchio!

Tutti noi rimanemmo increduli ogni volta che accadeva e tutti ci gustavamo quel momento perché era qualcosa di raro che dovevamo cogliere al volo.

Lei roteò gli occhi al cielo cercando di sfuggirgli, ma lui prontamente l'afferrò per un braccio, sventolando in aria una busta di carta.

Brutto segno.

Tutti ci voltammo da parti opposte sapendo di cosa si trattasse. Sean cominciò a parlare con Alex ed io feci finta di ascoltarli mentre con l'orecchio ascoltavo la conversazione fra i due capi. Un po' come tutti del resto.

« Hai letto questa lettera della banca? »

« Oh Cristo James quante volte te lo devo dire? Non parlo del lavoro durante il lavoro. E allora?»

Ecco la sua battuta pronta.

« Ma questa cosa non cambia mai. Non mi vuoi parlare durante il lavoro. Non mi vuoi parlare prima dello show. Non mi vuoi parlare dopo lo show. Sembra che cerchi di evitarmi! »

« Bé non ho divorziato da te per passare più tempo insieme. »

« Magari non sarò più il signor Hough, ma sono ancora il proprietario di metà del locale! »

« Il signor Hough? E'.. è davvero eccitante! »

Rispose lei scoppiando a ridere mentre fra le risate dileguò il tutto dirigendosi verso i camerini. Lui la seguì per un po', concludendo il tutto con un:

« Carino. Ma non pagherà certo i debiti. »

E scuotendo la testa afferrò nuovamente il cellulare.

Tutti noi smettemmo di fare quello che stavamo facendo. Sean ed Alex guardarono i due dileguarsi e subito dopo tornarono su di me, alzando con in sincronia le spalle e tornando nelle loro faccende. O almeno in parte.

« Allora? Come va con la piccola Alice? »

« Sean! No tu no ti prego! »

Ero esasperato e sapevo che quando posizionava i gomiti su di un tavolo ed appoggiava la testa fra le mani reggendola non c'era modo di cambiare discorso.

« Andiamo devi farmela conoscere! Non l'ho ancora vista! Tu l'hai vista Alex? »

« L'ho vista quella sera che è venuta a prenderlo.. »

« E' venuta a prenderti?! Quando?! »

« Quando tu eri via con Peter.. »

« Non è giusto! »

Quei due mi facevano ridere. Soprattutto Sean, con quei suoi gesti così delicati e femminili che creavano una miscela che faceva ridere chiunque. Non per prenderlo in giro, ma perché era così e lui lo sapeva e questo lo rendeva felice se non era una risata da presa in giro naturalmente. Diceva che se faceva ridere qualcuno, lui era solo che felice. Non c'era niente da dire, era difficile fargli cambiare discorso. Non c'era verso, a meno che..

« Sean! »

Georgia corse verso di noi. Aveva le mani leggermente in avanti e traballava, un po' per il vestito dello spettacolo che indossava, un po' perché..

« Sean! Ho perso una lente a contatto! »

Lui sospirò pesantemente mugugnando qualcosa, uscendo dal bancone.

« Se dovessi volare giù dal palco ricorda: gambe dritte e tette in alto! E ricorda, sei una dea.. »

Lei rise, come quando una ragazzina riceve un complimento dal ragazzo per cui ha una cotta.

« Grazie Sean! »

« Di nulla! »

Lei fece dietro front e lui la seguì, conscio che l'ansia pre serata stava crescendo e che quindi doveva andare a dare una mano. Ma io ed Alex ci guardammo negli occhi, e con uno sguardo d'intesa ci voltammo verso di lui, camuffando un po' la voce nostra con una un po' più femminile ed insieme dicemmo:

« Grazie Sean! »

Lui continuò la sua camminata, alzando semplicemente il dito medio della mano riassumendo tutta la sua risposta. Scossi leggermente la testa, voltandomi con la testa verso Alex. Lasciai scivolare sul porta cenere quella stupida sigaretta che Maria mi aveva ficcato in bocca e sospirando dissi:

« Meglio che vada.. »

« Buon divertimento Mister Hale! »

Mi chiesi se mai quel ragazzo avrebbe preso una cosa seriamente. Lo ringraziai ed alzandomi dalla sedia feci per prendere l'uscita. Diedi un'ultima occhiata al tutto, al locale che fra pochi minuti si sarebbe trasformato nel divertimento serale per molta gente. Tutto era decisamente pronto. Appoggiai la mano sulla maniglia e nel momento esatto in cui spinsi per uscire, intravvidi il volto di Maria che mi strizzò l'occhio in un segno di conforto.

 

 

 

 

Fu una cosa veloce. Afferrai la borsa e scesi velocemente dalla macchina, correndo verso l'entrata della piscina. Fuori diluviava, che novità per Forks! Pioveva talmente tanto che, quando corsi verso l'entrata, non mi accorsi nemmeno della figura minuta di Alice che mi aspettava proprio dietro la grande porta di vetro. Mi stava aspettando, proprio come mi aveva detto. Bé, c'era da aspettarselo. Indossava una maglietta che le lasciava scoperta la spalla destra, e un paio di pantaloncini corti. Era ovvio, considerando la temperatura lì dentro lei aveva optato per un abbigliamento estivo che lasciava intravvedere il costume che indossava. E non impiegai molto tempo a capire che si trattava dello stesso costume che indossò ad Aspen. Bé, mi era complicato dimenticare quei giorni dovevo ammetterlo.

Non appena entrai il calore della piscina riscaldata mi invase lasciandomi completamente spiazzato, esattamente come quando le braccia di Alice si avvolsero attorno al mio collo.

« Mi hai aspettato.. »

Dissi contraccambiando quell'abbraccio, appoggiando la mano sinistra dietro la sua schiena, stringendola leggermente.

« Ci hai messo più del previsto.. »

Notò allontanandosi leggermente da me, facendomi scappare un sorriso. Mi afferrò la mano, per andare dritto davanti al bancone dell'entrata. Alice confermò alla ragazza che stava davanti a noi che facevo parte del gruppo, mentre io mi voltai verso le grandi vetrate che davano alla piscina. Lasciai Alice, che cominciò a dare un'occhiata a tutte le carte, e mi affrettai ad osservare il “palcoscenico” dove sarei andato fra pochi minuti. Era.. Era veramente bella ed era anche particolare. Non era la solita e noiosa piscina rettangolare. Comprendeva si una parte rettangolare. Agli angoli c'era la possibilità di rilassarsi sotto il getto dell'idromassaggio. Ed all'estremità invece, c'era una specie di “corridoio”, che si collegava all'esterno per poi rientrare. Non era grande come piscina, ma sicuramente bastava.

« Ti piace? »

Mi voltai verso Alice che mi aveva raggiunto e le sorrisi notando il suo sguardo compiaciuto nel vedere tutta quella gente divertirsi, alunni e non. Fui catturato però da una scena. Mia sorella, Jenny, che veniva lanciata da una parte all'altra da Emmett. Si divertiva e che cosa potevo chiedere di meglio se non quello? Non appena mi intravvide alzò leggermente la manina, salutandomi con un mega sorriso che contraccambiai.

Annuì con un cenno della testa riferendomi alla domanda di Alice, aggiungendo immediatamente:

« Certo, ma ammetto che sarebbe tutto più bello se fossi solo con te »

Lo dissi in un sussurro, avvicinandomi al suo orecchio. Lei aumentò l'ampiezza del sorriso, aggrappandosi con la mano alla manica della mia maglia. Continuò a guardarmi anche quando mi fece un cenno con la testa, ed io la seguì capendo cosa volesse dirmi. A volte eravamo così, non servivano parole, bastavano anche solo degli sguardi per avere un'alchimia tale da capirci solo con gli occhi.

« Camerino tutto per lei.. »

Disse indicandomi con la mano la porta di un camerino. Risi assieme a lei, infilandomici dentro, mentre mi disse che avrebbe atteso lì fuori. Lasciai cadere a terra la borsa, togliendomi la maglia, voltandomi verso la porta da cui ero entrato, notando solo allora lo specchio che era appeso.

La mandibola s'immobilizzò, tendendosi al mille. Sospirai pesantemente. Ma perché cazzo avevo accettato? Perché mi ero lasciato abbindolare in quella maniera?

Altro pensiero, altro sospiro. Chiusi gli occhi esasperato, lanciando a terra la maglietta che stringevo forte fra le dita della mano destra. Ma ero diventato un pazzo o cosa? Mi sedetti sullo sgabello davanti allo specchio, e segnai con la punta dell'indice il segno di una cicatrice sulla spalla. Ero davvero un pazzo. Sospirai per l'ennesima volta, portandomi i palmi delle mani sulla fronte, scuotendo leggermente la testa. Ma veramente, chi me l'aveva fatto fare?

Fu allora che un pensiero mi saltò alla mente. Un solo nome. Alice. Era per lei, lei mi aveva chiesto di accompagnarla, di non mancare ad una festa come quella. A lei stava a cuore, ed io volevo che lei stesse bene.

La mia mente vagò per un bel po' di minuti, in un percorso mentale che mi privò quasi completamente dell'udito. Infatti, in quel mio breve viaggio, non riuscì nemmeno a sentire la voce di Alice che mi richiamava, per me appena un breve sussurro talmente erano tanti i miei pensieri. Fu quando scossi la testa per prendere coscienza di me stesso che lei, preoccupata, entrò nel camerino richiudendo all'istante la porta d'ingresso. Non so per quanto precisamente, ma i nostri occhi si incrociarono per un bel po' di tempo. Vidi il suo sguardo raggelare non appena si soffermò su di una delle cicatrici che scalfivano il mio corpo, con la stessa luce che riuscì a captare quella volta ad Aspen, in cui vide quei segni per la prima volta. I muscoli della sua gola si mossero a fatica, per deglutire un boccone troppo grande. Fece per prendere fiato, per dire qualcosa, ma non appena le sue labbra si aprirono fu un soffio quello che uscì. Nulla di più.

Abbassai il volto, un po' per la vergogna per l'effetto che le avevo fatto. Non doveva accadere questo. Non doveva avere quella reazione. Non doveva scoprirlo.

E come potevi nasconderglielo coglione?

Buongiorno anche a te coscienza. Dovevo avere una discussione con la mia coscienza proprio in quel momento?

Una mano calda sfiorò appena il mio volto, ad altezza mento, costringendomi ad alzare lo sguardo. I suoi occhi erano più morbidi, ed erano vellutati da una patina trasparente appena percettibile. Io conoscevo lei, lei conosceva me, ed eravamo tutti e due consci del fatto che mille parole, a volte, erano decisamente inutili.

Le sue labbra si avvicinarono alle mie, riscaldando una parte del mio corpo che si era raggelata non appena avevo visto l'effetto che facevano su di lei le mie cicatrici. Seguì il movimento delle sue labbra senza porre alcuna resistenza, strizzando con estrema forza gli occhi, cercando in qualsiasi modo, di allontanare l'immagine dei suoi occhi dipinti da quella nota di paura mista compassione. Le mie mani erano lungo i fianchi, mentre le sue continuavano a sfiorare le mie guance, come a voler consolare me e a sottolineare che lei era lì, davanti a me, ancora una volta, per superare un nuovo ostacolo insieme.

Secondo dopo secondo le nostre labbra andavano sempre più a fondo, approfondendo quel bacio tanto desiderato in quel momento, che ebbe un effetto benefico per tutti e due. Sentivo sia i miei, che i suoi muscoli rilassarsi ogni istante, dimostrando come un semplice gesto potesse cancellare l'imbarazzo di qualche istante prima. Comprese le palpebre dei miei occhi si rilassarono, rimanendo appena socchiuse. Con estrema lentezza dei movimenti, si abbassò leggermente, sistemandosi seduta sopra le mie gambe, non staccando nemmeno per un secondo quel bacio tanto profondo. Le sue mani rimasero ben salde sul mio volto, mentre le mie ebbero la vanità di appoggiarsi sui suoi fianchi, avvicinandola leggermente a me. Le sue labbra piano piano cambiarono direzione, prima con una certa titubanza, fino a raggiungere una buona dose di sicurezza. Si spostarono appena sotto la mandibola, sfiorando una delle tante cicatrici che si poteva osservare con una certa attenzione anche durante una comune giornata. Rabbrividì leggermente con quel tocco, alzando leggermente il mento verso l'alto, lasciando che quel brivido si diffondesse per tutto il corpo. E mentre le sue labbra si spostarono alla ricerca di un nuovo obbiettivo, quei brividi non smisero di cessare, aumentando decisamente quando la titubanza di Alice si trasformò in vera e propria sicurezza nei gesti, una sicurezza che si materializzò in un istante quando con la punta della lingua disegnò per tutta la lunghezza la cicatrice che portavo sulla spalla. Le mie mani si strinsero maggiormente sulle sue gambe, mentre un rumore sordo e gutturale si fece largo dentro di me. Appoggiai definitivamente la schiena contro la parete che avevo dietro di me, beandomi completamente di quelle emozioni che Alice mi donava. Ed oltre a sentirmi beato e viziato da quel tocco, ad ogni cicatrice lambita dalla sua lingua, cresceva dentro di me quel desiderio di lussuria che sembrava non farsi troppi complimenti per invadere il mio corpo. Più volte cercai di farlo tacere, intrappolando le sue labbra con le mie, ma era solo uno sforzo inutile, perché ad ogni bacio i miei ed i suoi sospiri non facevano altro che far nascere il desiderio dentro di me di possedere il suo corpo.

Preso dalla voglia di possederla, le mie mani afferrarono saldamente l'estremità della sua maglia, facendola scivolare per terra in poco tempo scoprendo, così facendo, un'immagine del suo corpo riservata ad una elittè ristretta di persone. Le sue mani automaticamente, si portarono dietro la mia nuca, intrappolando con le dita i miei capelli dorati, mentre le sue labbra premettero contro le mie, con un sentimento di possessione che mai avrei potuto attribuire ad un corpo minuto come il suo. E tutto questo non fece altro che aumentare l'erezione che tenevo intrappolato dentro ai miei jeans, ormai troppo stretti per sopportare altro. Ora come in quel momento, non desideravo altro che lei, Alice. La volevo in quel momento come mai l'avevo desiderata. E lei, i suoi gesti, mi suggerivano che dentro il suo corpo era riposto lo stesso desiderio. Mi stava facendo dannare con quei movimenti, non c'era nulla d'aggiungere.

« A.. Alice.. »

Non per fermarla, ma per evitare di scoppiare da un momento all'altro, la mia voce smorzata sussurrò lei il suo nome. Lei alzò il capo tutto ad un tratto, tappandomi la bocca con il palmo della mano. Leggevo l'eccitazione nei suoi occhi, misto al divertimento ed ad un'altra tonalità, che sembrava quasi...

Vendetta.

Alzò un sopracciglio come se fosse leggermente infastidita, mentre il suo respiro continuava ad essere corto e veloce.

« Qualcosa da obbiettare? »

Domandò in un sussurro cercando di nascondere il fiatone. Scossi leggermente la testa, leggermente intimorito Lo disse con un tono severo, di rimprovero, per una causa che in quel momento mi era ignota. Sorrise in risposta, con un sorriso malizioso e di vittoria. Si avvicinò di nuovo, pericolosamente, e a fior di labbra mi sussurrò con voce provocante:

« E la prossima volta avverti quando vuoi fumarti una sigaretta “chissà dove”. La scusa della borsa non regge.. »

Oh...

Feci per ribattere, ma le labbra di Alice si incollarono nuovamente alle mie, aumentando ancora di più il mio desiderio. La strinsi ancora di più contro il mio torace, quando ad un tratto tutta la magia scomparì all'istante. Il rumore dei passi leggeri ma piuttosto irruenti di qualcuno, riecheggiò nell'aria. Fu l'unica volta in cui maledissi il fatto di essere un fratello maggiore.

« Jazz? Dove sei? »

La voce di Jenny fece spalancare gli occhi sia a me che ad Alice, la quale smise di rendermi l'uomo più pazzo di questo pianeta. E non sembrava nemmeno infastidita. Anzi. Sorrise, appoggiando per qualche secondo la fronte sull'incavo nel mio collo. Io invece avrei voluto staccare a morsi la testa di mia sorella, la quale continuava a chiamarmi. In un primo momento cercai di non darle peso. Cercai di far rinascere l'atmosfera di prima, assaporando nuovamente il sapore delle labbra di Alice. Ma lei non ebbe la stessa idea.

« Dobbiamo andare.. »

Disse in un sussurro, in modo da non farsi sentire, mentre mi mise la mano sulla fronte, spingendomi leggermente. Sbuffai, appoggiando ancora una volta la schiena alla parete, arricciando le labbra, nella perfetta espressione di un bambino che non ha ricevuto il chupa chupa che gli spetta dopo una visita dal medico.

« Ingiustizia.. »

« Non mi convinci Jasper.. »

Si avvicinò ancora una volta, dandomi un ultimo bacio sulle labbra. Più dolce, più casto rispetto agli altri. Accarezzò un'ultima volta la mia guancia, poi si alzò in piedi strizzandomi l'occhio. Fece per voltarsi per uscire, ma pochi istanti dopo aver appoggiato la mano sulla maniglia della porta si voltò verso di me. Abbassò leggermente il volto, tenendo lo sguardo contro i miei occhi, domandandomi sempre in un sussurro:

« Vuoi un consiglio da fidanzata? »

Tralasciando il fatto che il nome “fidanzata” mi fece nettamente perdere la testa, corrugai la fronte inclinando leggermente la testa di lato. Lei si morse il labbro inferiore scuotendo leggermente la testa, facendo muovere i suoi capelli corti che le ricadevano sul volto.

« Fatti una doccia fredda.. »

E senza nemmeno aspettare una mia qualsiasi reazione, scivolò fuori dal camerino, attenta a non far notare la mia presenza. Mia sorella le chiese di me immediatamente, ed Alice la convinse di un'aspettata chiamata che avevo ricevuto. Ed insieme, sentì i loro passi farsi sempre più deboli fino a scomparire. 





Non lo so cosa dire di questo capitolo. Diciamo che piano piano cominciano a mollarsi i due piccioncini! :D Una festa che comincia in piscina e che si concluderà a casa Cullen dove accadrà qualcosa... Fidatevi ;D

Fatemi sapere cosa ne pensate, se avete odiato questo capitolo perché troppo troppo o se invece possiamo lanciarlo nel reparto dei capitoli “ok” :D

Come sempre ringrazio chi legge, chi aggiunge la storia da qualche parte e chi recensisce :D

Ps. Come al solito scusate del ritardo -.-

 

Risposte alle recensioni:

@ alice cullenhales nlgdr Grazie cara, sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo :) Mi raccomando, fammi sapere che cosa ne pensi anche di questo ;D Un mega abbraccio!

 

@ EDVIGE86 Ciao carissima! :) Sì sto meglio, finalmente piano piano le cose cominciando ad andare per il verso giusto :) Come si dice: chi va piano va sano e va lontano xD Adesso a settembre comincerò un corso per diventare animatrice turistica quindi altra opportunità per staccare del tutto *.* So che non centra un bel piffero! Ma sono contenta anche perché, anche se ho passato un brutto periodo, sono uscita dagli esami con 73! Non è altissimo ma tenendo in considerazione che non mi sono spaccata di studio e ho sempre lavorato mi va alla grande! xD(si oggi sono in vena di conversazione scusami -.-')

Per quanto riguarda lo scorso capitolo ti do ragione. Il passaggio dove Alice soffre ho.. Preso molte ispirazioni da fonti top secret xD No va bé a parte gli scherzi, ho cercato di sfogarmi anche quando scrivevo, lo ammetto :)

Tu ringrazi me?? Io ringrazio il triplo te, veramente! Grazie anche per avermi chiesto come sto :)

 

A tutti quanti grazie anche solo per aver letto :)

Statemi bene e fate i bravi!

Un abbraccio Paciugoso a tutti quanti :)

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Capitolo 21
*** Capitolo 19. ***


Capitolo 19.

 

Caldo. Caldo. Caldo. Sentivo troppo caldo. E di certo la temperatura dell'ambiente non aiutava molto. Sì perché era inutile nascondere che il caldo non era dovuto alla piscina ma a ben altro. Involontariamente ripensai a quelle scene di qualche minuto prima, ed un'altra vampata di calore mi invase.

Pensieri casti. Pensieri casti.

Continuavo a ripetermi inutilmente.

« Caldo? »

Mi domandò Jenny inclinando leggermente la testa di lato. Di certo il comportamento del mio corpo non mi stava aiutando. Piccole goccioline di sudore intrappolavano i miei capelli sulla fronte, ed il rossore sulle guance non cessava di esistere.

Annuì con un cenno della testa a quella piccola bambina che ancora mi guardava con i suoi piccoli occhi, quegli stessi occhi che amavo intensamente, e che in qualche modo mi ricordavano il viso angelico di Jasper. Le offrì la mano, ed una volta afferrata ci dirigemmo verso la grande piscina.

Era tutto sistemato alla perfezione.

Il Dj suonava musica che riusciva a creare l'atmosfera festosa che serviva. C'erano moltissimi miei compagni di scuola, cosa che non mi sarei mai aspettata. O meglio: me lo ripetevo tutti gli anni. Tutti gli anni avevo il terrore che nessuno venisse e invece...

Jenny lasciò la mia mano e correndo verso la piscina, si tuffò fra le braccia di mio fratello Emmett. Accanto a lui c'era Rosalie, la quale mi domandò di Jasper.

Jasper è sotto un getto gelido della doccia per placare gli istinti maschili che...

Pensiero poco casto di Jasper sotto la doccia, nuova vampata di calore.

Scossi leggermente la testa, dicendo a Rosalie la stessa scusa che avevo usato per sua sorellina. Cominciai ad incamminarmi lungo il bordo della piscina, guardando i volti divertiti dei ragazzi e delle ragazze. Poco distanti, dalla parte opposta della piscina, c'erano mio padre e mia madre che chiacchieravano probabilmente con qualche genitore di qualche alunno della High School di Forks.

« Ma che fine hai fatto! »

Una voce familiare mi fece voltare. Bella comparve dietro di me, avvolta da un telo da spiaggia. Mi allungai sulle punte dei piedi alla ricerca di mio fratello, e vidi Edward ancora immerso nell'acqua appena dietro la mia migliore amica. Tornai poi su di lei, e corrugando la fronte le domandai:

« Di che stai parlando? »

Mi portai la mano fra i capelli, voltandomi di scatto, adocchiando l'angolo in cui riconobbi tutte le borse e gli zaini della mia famiglia. Dovevo nascondere il mio sguardo, Bella era un asso nel scoprire gli inganni e le menzogne.

« Scusa ma non eri uscita a prendere Jasper? »

Quel timbro di voce.

Deglutì il nulla non appena sentì la voce di Bella. La conoscevo, ed usava quel timbro di voce nel momento in cui.. “ta-tan! Beccata!”. Lasciai cadere a terra i pantaloncini che indossavo e misi le mani sui miei fianchi pronta a togliermi la magl...

Oh cavolo. La maglia!

« Sì, prima di uscire indossavi una maglietta. Alice.. »

Infossai la testa fra le spalle e piano piano, con estrema lentezza mi voltai verso di lei.

« Si? »

Aveva le mani sui fianchi. Il peso del corpo tutto su di una gamba. Il sopracciglio alzato e quel mezzo sorriso sulle labbra. Ma perché non sapevo mentire?!

« Dove si trova Jasper? »

Sospirai. Roteando gli occhi al cielo esasperata.

« Tanto lo sai Bella. »

Dissi piegando i pantaloncini come se nulla fosse. Era così. A lei lo avevo detto. Jasper non lo sapeva, ma Bella era a conoscenza della nostra relazione clandestina. Glielo avevo confidato pochi giorni fa, ed ecco anche il perché per Bella era stato così facile scoprire la menzogna che invece avevo detto alle sorelle di Jasper.

Il suo sorriso furbetto cessò di vivere, lasciando spazio ad un'espressione letteralmente sorpresa. Prese un bel respiro ed in un sussurro mi domandò:

« Oddio. Nei bagni? »

Alzai un sopracciglio.

« A dire la verità siamo stati interrotti.. »

Le riferì sorridendole, voltandomi verso la piscina, guardando Jenny, lanciata in aria per l'ennesima volta. Io e Bella ci guardammo un'altra volta e dopo pochi secondi, scoppiammo in una fragorosa risata cristallina che riecheggiò nell'aria. Bella non disse niente altro e per questo la ringraziai. Lei conosceva i miei sentimenti per Jazz, e da quando glielo avevo detto lei era sempre stata a favore del nostro rapporto. Non capiva, come me del resto, perché Jasper non volesse rilevarlo a tutti, ma si forzava di capirlo ogni volta che cadevamo nel discorso.

Insieme ci dirigemmo verso il bordo della piscina, dove Edward si era seduto pronto ad attenderci. Quando gli fummo accanto, la porta della piscina si spalancò e finalmente vidi quel volto angelico che tanto desideravo stringere fra le mie braccia. Il suo sguardo vagava da una direzione all'altra, e sembrava che i suoi occhi fulminassero ogni persona che lo osservava più del dovuto. Già, perché per quanto potessero sembrare invisibili, le sue cicatrici erano come un campanello d'allarme che sussurrava alle persone di stargli alla larga. Ma per me non erano quei segni ad attirare la mia attenzione. Mi servì una gomitata di Bella per farmi tornare alla solita espressione. Il suo fisico, i suoi addominali, le sue gambe lunghe, i suoi polpacci muscolosi... Faccio prima a dire che ero letteralmente attratta da tutto il suo fisico? Per un secondo mi saltò anche il pallino di mettermi al centro di tutti ed urlare “Festa finita! Andatevene devo stare con la mia unica ragione di vita!” Fortunatamente mi trattenni.

I suoi occhi si focalizzarono su di me. E rimase fermo. Sembrava come se stesse chiedendo il permesso per unirsi al mini gruppetto che si era formato. E non mi sarei stupita se fosse stato realmente così. Jasper era sempre così timido nell'osare troppo e chiedere il permesso per qualunque cosa era come se per lui fosse d'obbligo. Allargai il mio sorriso, come a volerlo incitare ad avvicinarsi e lui non si fece ripetere quel mio gesto. A testa bassa con passo spedito, si avvicinò a tutti noi.

« Eccolo finalmente! »

Esclamò Edward non appena Jasper si sedette sul bordo della piscina proprio fra me e mio fratello. Notai solo allora i capelli bagnati e sorrisi pensando che aveva seguito il mio consiglio.

« Scusate il ritardo.. »

Disse a denti stretti non smettendo nemmeno per un secondo di guardare un punto indeterminato sul fondo della piscina. Come se fosse intimorito nell'incontrare lo sguardo di chi gli parlava. E capì subito dopo a cosa si riferisse. Edward rimase letteralmente a bocca aperte vedendo il braccio destro di Jasper. Non che ci fossero molte cicatrici. Ce ne era una soltanto, ma era sufficiente. La larghezza e la lunghezza riuscivano a creare un marchio ben distinto su quella parte del corpo. Seguiva la linea di tutto il suo braccio. Metteva i brividi negli occhi di chi la guardava e in quella frazione di secondo mi maledissi per non aver avvertito mio fratello.

Istintivamente afferrai con la mano il braccio destro di Jasper, quello rivolto verso di me. Notai solo allora la temperatura fredda della sua pelle ed immaginai che la doccia che si era appena fatto era realmente gelida. Fortunatamente potevo vantarmi di avere Bella al mio fianco. Gli avevo confidato quel piccolo segreto di Jasper e, notando la sorpresa che si leggeva sul volto di Edward, cercò di evitare di mantenere Jasper in quel perenne disagio. Con tutte le forze che aveva, spinse il suo fidanzato in acqua, distraendo tutti quanti. Naturalmente anche lei seguì l'amato e non appena riemerse le mimai il labiale della parola “Grazie”. Cosa avrei fatto senza la mia migliore amica?

« Ti va di andare a salutare i miei genitori? »

Domandai sorridendogli, sfiorando ancora una volta la pelle del suo braccio. Scosse leggermente la testa, come se si fosse risvegliato da un brutto sogno. Guardò prima me, poi il punto in cui i miei genitori discutevano con il signor Lampis ed infine annuì con un cenno della testa, sfoderando un mezzo sorriso da mozzare il fiato. Sapevo che probabilmente era il massimo che poteva donarmi, ma per me era come se mi avesse regalato oro puro. Si trovava in una situazione del tutto a disagio, eppure riusciva a trovare un frammento di speranza e di gioia da donarmi.

Mi alzai in piedi, ed afferrando la sua mano, cominciai ad incamminarmi verso Carlisle ed Esme, i miei genitori adottivi. Sentì Jasper brontolare, sicuramente per il fatto che stessi girando con lui mano nella mano. “Cose da coppia” così chiamava quei comportamenti. Ma sinceramente, per me, era del tutto esagerato.

Mamma indossava un vesto a fiori, tema estivo, appena trasparente che lasciava intravvedere il costume blu scuro che indossava. Papà invece si riteneva ancora abbastanza giovane da girare semplicemente in costume. Non appena arrivammo, mamma non perse tempo ed allontanandosi dalla parlantina della signora, avvolse le braccia attorno al mio collo.

« Finalmente siete arrivati! »

Non appena si allontanò leggermente da me, volse lo sguardo verso Jasper. Aveva lo sguardo contratto da una smorfia di dolore e rivolto lontano da quel quadretto familiare. Sospirai leggermente, notando con la coda dell'occhio la mano di mia madre alzarsi leggermente per coprire quelle miriadi di parole che volevano uscire dalle sue labbra. Se fosse stato per lei si sarebbe fiondata su di Jasper, e lo avrebbe coccolato per fare in modo che no soffrisse per quelle cicatrici. Ma era esattamente quello che lui non voleva: la compassione.

E questo lui lo capì perfettamente. Era afferrato nel campo, ed aveva avuto a che fare con molti pazienti come Jasper. Papà si avvicinò e come se nulla fosse diede una pacca affettuosa a Jazz, il quale sembrò più che sorpreso.

« Dimenticarsi la borsa a casa, ma dove hai la testa figliolo? »

Ah già, la borsa.

Allontanai la mia mano da quella di Jasper e affiancando mia madre, incrociai le braccia sotto il seno, alzando un sopracciglio aggiungendo:

« Già. Una cosa solo da Jasper Hale... »

Lo vidi. Vidi la sua titubanza e la sua impreparazione per quel momento. Cominciò a maltrattarsi le dita delle mani, togliendosi qualche pellicina, sussurrando qualche monosillabo. In quel momento avrei tanto voluto correre verso di lui ed abbracciarlo. Ma non potevo venir meno alle mie doti di attrice che interpreta l'angioletto durante la recita scolastica!

« Come stai? »

Domandò mia madre subito dopo essersi ripresa ed aver capito la strada che prese mio padre. Jasper si voltò verso di lei, rimanendo ancora un po' spiazzato. E con un filo di voce cominciò:

« Bé.. »

Rifletté per qualche istante, sicuramente cercando di trovare le parole meno offensive per descrivere il suo stato d'animo in quel momento. O almeno, questo era quello che pensavo. Alzò leggermente lo sguardo, incontrando i miei occhi. Sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e con voce fiera disse:

« Divinamente. »

Mi lasciò completamente spiazzata. Rimasi a bocca aperta ed i miei occhi rimasero incollati ai suoi. Lo aveva detto con così tanta fermezza, leggevo sincerità nei suoi occhi. Mi sentì sciogliere all'istante e le voci dei miei genitori divennero quasi assenti per qualche secondo. I signori Lampis ripresero immediatamente i loro discorsi. Erano delle persone poco simpatiche a parer mio. Quelle tipiche persone che mostrano senza vergogna di avere palate di soldi e se ne vantano anche. Papà era stanco di sentire i loro lamenti riguardanti le banche d'Europa che scendevano e risalivano come si di un'altalena, così appena ne ebbe l'opportunità presentò Jasper a quei tizi.

Non mi piace questa cosa.

« Signori, permettetemi di presentarvi Jasper Hale.. »

Papà aveva commesso un errore dovetti ammetterlo. Ora come in quel momento avrei voluto afferrare la mano della mia unica ragione di vita e scappare via lontani a quei due succhia anima.

Guardarono Jasper dalla testa ai piedi, come se dovessero fargli dei raggi per una frattura su qualche arto non ben identificato. Si soffermarono su ogni difetto della pelle del mio Jazz, non risparmiandosi qualche occhiata di troppo. Ed infine, risposero con un semplice:

« Piacere.. »

Nessuna stretta di mano, nulla di nulla. Strinsi le dita della mano, formando un pugno d'acciaio, percependo le unghie della mia mano sprofondare nella carne della mia pelle. Ma come si permettevano? E come se non bastasse fecero finta che non esistesse nemmeno! Si voltarono verso di me e con un mega sorriso mi domandarono:

« Ed i tuoi piani per il futuro Alice? »

Spaccarvi la faccia?

No troppo sgarbata. Ma non potevo nemmeno far finta di niente dannazione! Così riflettei qualche istante, e cercai la risposta adatta. Poco importava se era così evidente a cosa mi stessi riferendo, ma non potevo fargliela passare così facilmente.

« Penso di focalizzarmi sulla mia vita.. »

Catturai la loro attenzione. Li vidi annuire come se avessi appena detto un discorso che può salvare il mondo. Fu allora che mi affrettai ad aggiungere:

« Cose adrenaliniche, che ti fanno rischiare la vita giorno dopo giorno. Magari procurandomi qualche cicatrice che possa far ribrezzo alla gente che non capisce.. »

E li osservai con il sorriso sulle labbra. Vidi mia madre sbattere qualche volta le palpebre degli occhi. Mio padre rise sotto i baffi e Jasper... Bé lui richiamò il mio nome, probabilmente per rimproverarmi per quello che avevo appena detto. Ma a me poco importava. Non potevano trattarlo così!

Come se nulla fosse se ne andarono, usando qualche scusa per controllare loro figlio che in quel momento nemmeno vedevano in piscina. Io manco sapevo chi era! Subito dopo, a prendere posto di quei due ci furono i signori Stanley. Più tranquilli, più gentili anche nei confronti di Jasper, più educati.. Insomma più umani! Talmente umani da riuscir a rilassare Jasper, che per un istante si permise anche di ridere ad una delle battute del signor Stanley.

« Ma dov'eri finito?! »

Una vocina mi fece leggermente sobbalzare e abbassando lo sguardo notai l'immagine di Jenny ai piedi di Jasper. Aveva un'espressione di rimprovero e le sue mani erano incrociate. Scoppiai a ridere assieme a mia madre. Ora avremo visto come il fratello maggiore doveva dare delle spiegazioni alla piccolina.

Si abbassò, rannicchiandosi sulle gambe mentre la discussione fra i grandi tornò viva nell'aria. Solamente io e mia madre eravamo attenti a quella scena.

« Ho ricevuto una chiamata scusami.. »

Jasper sfoderò un dolcissimo sorriso che riuscì ad ammaliare il mio cuore. Mancava solamente la tipica esclamazione, quel fastidioso “Oooh!”.

« Ma era lunga come chiamata.. »

Lui scoppiò a ridere scuotendo leggermente la testa. Io sorrisi, mordendomi il labbro inferiore. Già, una telefonata lunga ma molto piacevole.

Portò una mano sui capelli color oro della sorellina, e con voce calda e paterna domandò:

« Ti sei divertita nella mia assenza? »

« Si! Emmett mi ha fatto morire dalle risate! »

Ammise lei sfoderando un mega sorriso. E fu così che la questione del ritardo fu nettamente cancellata. Jenny era la perfetta unione fra Jasper e Rosalie. I comportamenti ricordavano molto quelli femminili della sorella maggiore. Come muoveva le mani, come si sistemava i capelli, la posizione che assumeva quando ascoltava la persona con cui stava avendo una conversazione. Ed a volte perfino l'accento di alcune parole. Di Jazz invece aveva i lineamenti fisici, naturalmente meno accentuati, più morbidi. La grandezza degli occhi era simile. Una piccola fessura verde in mezzo ad un volto colorato da una carnagione leggermente più scura rispetto a, per esempio, la pelle pallida di mio fratello Edward. I capelli erano praticamente uguali, di un biondo miele. Sembrava quasi di sfiorare fili taglienti d'oro ogni volta che avvicinavo la mano. Era lei il piccolo orgoglio della famiglia Hale, ed anche se Jasper non me lo aveva mai detto, io lo sospettavo.

« Alice? »

Riemersi dai miei pensieri proprio quando Jenny mi richiamò. La sua mano destra era incollata a quella di suo fratello in una morsa ben salda e l'altra era tesa verso di me. Mi ero talmente immersa nei miei pensieri che non afferrai l'ultima parte del discorso che i due ebbero. Probabilmente si accorsero della mia sbadataggine dato che Jasper rise sotto i baffi vedendo la mia espressione e, senza nemmeno chiederglielo, Jenny si affrettò a mettermi al corrente di quella mia mancanza.

« Andiamo da Emmett e Ros? »

Le sorrisi affermando con una certa decisione:

« Ovviamente! »

E pochi istanti dopo le afferrai la manina morbida che senza timore, mi aveva offerto. Attraversammo la massa di gente che piano piano si stava affollando di persone, finendo nel punto esatto in cui la piscina, attraverso un passaggio, si estendeva anche verso l'esterno attraverso un passaggio sotto una grande vetrata. Rosalie era sistemata al bordo piscina, dove dei getti d'acqua leggermente più forti creavano l'atmosfera adatta per un bel idromassaggio. Mio fratello Emmett invece si metteva in mostra, dandosi alla pazza gioia con tuffi stravaganti che, naturalmente, facevano scoppiare in una fragorosa risata Ros. Fra di loro c'era.. Un'alchimia particolare che mio fratello non mi nascose. Tagliando corto la storia: Emmett provava qualcosa per Rosalie, ma non glielo aveva mai confessato perché ogni volta che finivano sulla strada che imboccava a quel discorso, Rosalie cambiava sempre argomento, a volte buttando il tutto su uno scherzo. Un comportamento strano che sia io che i miei fratelli non capivamo.

« Jasper posso... Posso chiederti una cosa? »

Domandai con fare innocente, incrociando le braccia dietro la schiena mordendomi leggermente il labbro inferiore. Era lecito domandare no? Lui sbatté per qualche istante le palpebre degli occhi per poi annuire con un cenno della testa appena percettibile. Scoppiai a ridere, probabilmente chissà quale paranoia mentale si stava facendo. Jenny corse immediatamente in piscina, tuffandosi vicino alla massa di mio fratello e noi due, ne approfittammo per sederci sul bordo della piscina.

« Dimmi pure. »

Disse con voce roca guardandomi negli occhi. Annuì e presi un bel respiro.

« Emm e Ros si divertono molto insieme... »

Era un inizio tranquillo. Non volevo centrare il fulcro del discorso dall'inizio. Ma sembrò bastare in qualche modo. Vidi i muscoli del volto di Jasper contrarsi leggermente e quelli della gola muoversi. Ok, quel che era certo era che lui sapeva qualcosa che a me sfuggiva. Feci finta di non accorgermene e proseguì con il mio discorso.

« Escono spesso insieme e.. Stanno bene. Dimmi, non ti ricorda una situazione simile? »

Scosse leggermente la testa aggiungendo subito dopo:

« No, perché a te si? »

« Jazz.. »

Lui mi guardò, ed io alzai un sopracciglio. Non m'ingannava. Lo avevo smascherato con la storia della borsa, non mi sarei permessa di farmi abbindolare anche in quel momento.

« Ok, hai ragione.. »

Annuì accettando quella frase come un segnale che mi permetteva di proseguire con il discorso.

« Emmett si è preso una cotta per Rosalie ma.. Sembra che la cosa non sia reciproca.. »

Passarono una ventina di secondi, completamente in silenzio. Io guardavo Jasper e lui guardava un punto fisso davanti a lui. Sembrava che stesse leggendo qualcosa in mezzo all'acqua della piscina. Poi prese fiato e socchiudendo gli occhi cominciò a parlare, con estrema fatica.

« Il fatto è che.. Rosalie è già impegnata.. »

Sgranai completamente gli occhi, rimanendo a bocca aperta. Che cosa?! Rosalie era già insieme ad un altro ragazzo e si permetteva di comportarsi in quella maniera! Ma come si azzardava?!

Alzai lo sguardo incrociando la scena di mio fratello che abbracciava Rosalie da dietro le spalle. Lei non si muoveva, anzi, si godeva quel momento, ridendo e scherzando. Affilai leggermente lo sguardo, ma come si permetteva quella?!

Scendere dal bordo della piscina. Avvicinarmi a lei e mollarle un bello schiaffo. Era quello che volevo fare, se non fosse stato per Jasper che, notando la mia espressione, si affrettò a dire:

« Non tirare conclusioni affrettate.. »

Tornai con lo sguardo su di lui. Non si era mosso con il suo volto nemmeno di un millimetro. Corrugai la fronte, rimanendo in silenzio, aspettando che proseguisse con il discorso.

« Non.. Non si trova a suo agio con il suo attuale ragazzo.. »

« Si stanno lasciando? »

Domandai rilassandomi leggermente. Jasper sorrise, ma non era un sorriso felice. Era una smorfia amara che mi strizzò il cuore.

« Quanto lo desidero Alice. Ormai da tempo.. »

Era così enigmatico che non riuscì a capire a cosa si stesse riferendo. Rimase sul vago, dicendomi che non andavano d'accordo ormai da tempo. Non capì perché non potessero lasciarsi ma.. In tutto quello capì una cosa: in qualche modo non dovevo fare in modo che l'affare fra mio fratello e sua sorella, non doveva, in nessun modo, condizionare il mio rapporto con Jasper.

« Come si chiama? »

« Royce King »

« Qu.. Quel Royce King?! »

« Già.. »

Oh Cristo. Rosalie si era occupata con uno degli uomini più ricchi di Forks. Eppure.. Non sembrava aiutare in nessun modo la famiglia della sua fidanzata. Come mai?

I miei occhi si soffermarono ancora una volta su Rosalie, vegliata dallo sguardo di Jasper. Era così triste quando guardava sua sorella, come se fosse in perenne preoccupazione per lei. Da quando lo conoscevo, ogni volta che uscivano insieme, spendeva sempre una decina di minuti per sua sorella, per chiamarla, per sapere come stava. Fu allora che la mia mente creò l'immagine di una Rosalie giovane, ancora ragazzina, che ha dovuto sopportare lo stesso passato di Jasper. Tutta la rabbia e la ferocia che possedevo nelle vene qualche minuto prima, ora erano scomparsi. Completamente.

Le mani fredde di Jazz si appoggiarono sulle mie braccia e in pochi istanti, l'acqua della piscina mi avvolse completamente. Aprì gli occhi sott'acqua, vedendo la figura di Edward avvicinarsi ed afferrarmi per i fianchi. Riemersi velocemente grazie a mio fratello, e con la stessa velocità ritornai fra le acque delle piscina. La seconda volta riemersi senza l'aiuto di nessuno, sentendo le risate di Edward ma soprattutto quella roca e provocante di Jasper.

« Questa la pagate cara! »

Dissi togliendomi gli schizzi d'acqua che mi pizzicavano sugli occhi voltandomi verso di loro. Ma la mia minaccia non ebbe l'effetto che mi aspettavo. I due scoppiarono ancora di più a ridere, così incrociai le braccia sotto il petto indossando la mia solita espressione imbronciata. Fra una battuta e l'altra i minuti passarono veloci come non mai. Mi sentivo benissimo, non potevo chiedere di meglio. La mia famiglia era felice, anche se c'era quel piccolo problemino fra Emmett e Rosalie. Ed al mio fianco, anche se nascosto agli occhi di chi ci guardava, avevo la persona più fantastica di quel pianeta. Era.. Non riuscivo mai a trovare un'espressione più adeguata per descriverlo, se non perfetto.

« Lo mangi con gli occhi.. »

Mi sussurrò Bella facendomi togliere lo sguardo dal mio Jasper. Si era seduta accanto a me, ed insieme ci stavamo rilassando sotto il getto dell'idromassaggio. Sorrisi imbarazzata, ripensando a quello che mi aveva appena detto.

« Si vede tanto? »

« Solo se si sa la verità.. »

Alzai lo sguardo verso di lui, che si stava divertendo con i miei fratelli. Stavano cominciando una specie di lotta. I Cullen contro gli Hale. Rosalie era posizionata sulle spalle del fratello, mentre Edward era comodo sulle grandi spalle di Emmett fratello Orso. Naturalmente lo scopo era sempre il solito: far cadere in acqua l'avversario.

« Ti piace tanto.. »

Disse Bella con una nota di serietà. Mi voltai verso di lei sorridendole, non nascondendo i miei sentimenti per Jasper.

« Sì, molto. E' una persona fantastica.. »

« Ti chiedo una sola cosa però.. »

« Che cosa? »

Rimasi qualche secondo in silenzio, poi disse:

« Penso che sia la persona più buona di questo pianeta. Ma non mi va di vederti soffrire come poche settimane fa.. »

Sapevo a cosa si riferisse e sapevo anche che le sue parole non erano per nulla negative. Bella si stava solo preoccupando per me, niente altro. Me l'aveva sempre detto che amava vederci insieme, vederci scherzare come due ragazzini, quindi sapevo a cosa si riferisse. Semplicemente annuì con un cenno della testa, facendole capire che avevo afferrato il concetto. Fu allora che Jasper fece la sua entrata in scena, sedendosi fra me e Bella.

E adesso non mi scappa!

« Sai Jasper? Io e Bella siamo considerate la coppia perfetta per scoprire le cose.. »

Lui guardò accigliato prima me, poi la mia compare, alla quale era nata una luce inconfondibile nei suoi occhi.

« Siamo meglio di Bonnie e Clyde! »

« Bella... Bonnie e Clyde erano un maschio ed una femmina.. »

« Sherlock Holmes e Watson? »

« Ma loro sono due.. Cristo ma stare insieme a mio fratello ti ha bruciato il cervello? »

« A te fa lo stesso effetto lo shopping mia cara! »

Tipico nostro cominciare con una discussione per poi finire dalla parte opposta. E mentre noi ci stuzzicavamo, notai con la coda dell'occhio i movimenti di Jazz, intento a scivolare via da una possibile bomba atomica pronta a scoppiare. Con un'ottima sincronia io e Bella appoggiammo le mani sulle sue spalle, portandolo alla stessa posizione di prima.

Pensi di svignartela?

« Dicevamo.. Siamo dei geni. Quindi, vuoi spiegarci come sei riuscito a dimenticarti la borsa a casa? »

Bella scoppiò a ridere, notando, assieme a me, la reazione che si leggeva sul volto di Jasper. Sbiancò all'istante, sgranando leggermente gli occhi, probabilmente sorpreso del fatto che me ne fossi ricordata.

« A dire la verità.. E' successo che ho ricevuto.. »

« Non ci inganni. Alice, il tuo amico mi sa che non ha capito chi siamo.. »

Trattenni le risate, ma non nascosi un sorriso che si formò non appena pensai al fatto che sia Jazz che Bella, piano piano si stavano aprendo l'uno all'altra. Erano partiti con un rapporto di amicizia molto freddo, per poi arrivare a questo: a scherzare insieme.

« Siamo Bon... No, scusa. Siamo Sh.. Nemmeno »

« Yoghi e Bubu? »

La voce roca di Jasper si fece largo fra i nostri pensieri. Ci stava paragonando a quei due orsi? Io e Bella ci guardammo, e con un'intesa eccezionale, demmo uno schiaffo sulla nuca di Jasper che, a nostro favore, non si aspettava per nulla quella nostra reazione.

« Maleducato.. »

« Sbruffone.. »

« Ok! Mi lasciate libero se vi dico la verità? »

Scoppiammo a ridere notando i movimenti stressati di Jasper. Lui prese un respiro profondo, come era solito fare, e guardando prima me poi la mia migliore amica, svelò il piccolo segreto.

« Ero stressato, così sono andato a rilassarmi al locale dove lavoro.. »

Bella sorrise, dandogli un piccolo buffetto sulla spalla, dicendo che in fin dei conti credeva che fosse chissà che ed invece. Al contrario della mia reazione però. Non so per quale motivo, ma quella sua frase non mi piacque molto. Corrugai leggermente la fronte ripensando a tutte le persone che avevo visto in quel locale e quelle persone che non avevo mai visto, ma di cui Jasper spesso mi parlava. Pensai al suo compagno e collego Alex, perennemente dietro al bancone del bar. A quel Sean di cui tanto avevo sentito parlare ma non l'avevo mai visto. Ricordai di sfuggita il volto di James, sempre con quella smorfia contratta da quella sfumatura di concentrazione nelle cose che accadevano. Nikki, una delle ballerine, anche lei mai vista. E Maria. Il capo indiscusso, così avanti con l'età ma che in un primo impatto ti sembrava di parlare con una trentenne. E tutto questo era l'infusione perfetta per donarmi un certo fastidio. Il perché non lo sape... Ma chi volevo prendere in giro? Lo sapevo perfettamente perché percepivo quel mini disagio: Jasper per rilassarsi si era appoggiato ai suoi colleghi di lavoro e non a me. No, non ce l'avevo con lui, per niente. Ce l'avevo con me stessa, perché se lui non era in grado di trovare la pace interiore con me, voleva dire solamente che io non ero riuscita a regalargli l'ambiente ideale.

Le loro voci erano distanti, e ritornai alla realtà solo quando Jazz mi scosse leggermente, guardandomi con un volto interrogativo e la fronte contratta da tante piccole rughe che accentuavano il colore dei suoi occhi. Scossi leggermente la testa abbozzando un sorriso, per rassicurarlo ma non lo convinsi, glielo lessi negli occhi. Fece per prendere respiro, probabilmente per domandarmi qualcosa, ma venimmo interrotti da Rosalie.

« Scusate ragazzi. Ma Jasper, noi dovremo andare se vogliamo essere pronti per la serata post piscina! »

Disse con un grande sorriso. Io e Jasper ci voltammo per trovare un orologio appeso sulla parete, e con nostro grande stupore notammo che le ore erano ormai volate. Notai allora che molti dei miei compagni erano già usciti dalla piscina e si accingevano a cambiarsi negli spogliatoi. Io naturalmente avrei aspettato che tutti se ne fossero andati.

« Io rimango. Aspetto Alice. »

Rispose con molta decisione. E sapevo il perché: voleva sapere perché il mio umore era così cambiato. Ma non mi andava di essere il peso della giornata, così indossai la mia maschera d'attrice e sorridendogli dissi:

« Ma no. Tanto ormai stanno andando via tutti! »

E senza attendere una sua risposta, mi alzai in piedi e in pochi istanti uscì dalla piscina, subito dopo averlo lasciato con un'immagine di me che gli strizzavo l'occhio per rassicurarlo che andava tutto bene.

 

_____________________

 

 

« E' veramente così necessario? »

« Ovviamente sì! »

« Ma non mi piace! »

« Nemmeno a me piacciono le lamentele sai? »

Mi fece una linguaccia e facendo dietro front, se ne ritornò dalla stanza da cui era venuta.

Ma perché tutti lo ritengono un elemento inutile?

Sospirai roteando gli occhi mentre piegavo l'ennesimo vestito che mi aveva fatto tirare fuori dall'armadio. E fortuna volle che al decimo tentativo, riuscimmo a trovare il vestito adatto a Bella! Quella donna non ne voleva proprio sapere di abiti, trucchi, acconciature e via dicendo. Per me? Bé erano la mia vita.

« Bella se non ti muovi ti lascio qui! »

« Odio le feste.. »

« Noiosa! »

« Bé sono felice di esserlo allora! »

Sentivo già le voci al piano di sotto, di qualche invitato che si accingeva a raccontare le vicende che erano accadute durante il pomeriggio. Ero talmente euforica del successo della festa che mi ero quasi completamente dimenticata della faccenda del Kit Kat Club e di Jazz. Lui e Rosalie dovevano ancora arrivare e per quella sera, non ci sarebbe stata Jenny, rinchiusa in casa sotto le grinfie di qualche babysitter maligna. Dopo una ventina di minuti, Bella uscì dalla stanza di mio fratello ed insieme scendemmo le scale che portavano al piano di sotto. Per il momento, gli invitati erano una decina. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbero stati così puntuali?

« Ma come siamo eleganti.. »

Mio fratello Edward comparve da dietro le nostre spalle. Ci ispezionò, divorando con lo sguardo la figura della sua fidanzata. Bella indossava un vestito verde e nero, che le ricadeva perfettamente lungo i fianchi. Sfortunatamente non ero riuscita a farle indossare delle scarpe col tacco, ma per lo meno riuscì a non farle indossare le solite All Star! Un paio di ballerine erano perfette, anche se io continuavo a ripeterle che con un bel tacco avrebbe fatto impazzire maggiormente mio fratello.

Io invece indossavo una giacchetta nera, rifinita da una linea bianca che ne seguiva i lineamenti dei fianchi, del grande colletto e delle finte tasche che erano cucite. Chiusa solamente con un bottone appena sotto il seno, sotto indossavo una camicia, che naturalmente non ostacolava la visuale del decolté. Il tutto accompagnato da una minigonna in pelle color nera. E reso tutto alla perfezione, ci pensava il paio di stivali neri che indossavo. Lo avevo detto che per e la scelta dell'abbigliamento è fondamentale!

« Questa musica l'ho già sentita.. »

Affermai storcendo leggermente il naso, affilando leggermente l'udito. Erano canzoni che avevo sentito e risentito!

« Dj Orso è già all'opera! »

Disse Edward indicandomi con un cenno della testa mio fratello Emmett dietro ad un tavolo che doveva apparire come una console professionale. Sorrisi vedendo la sua grande sagoma rispetto al piccolo aggeggio che aveva davanti a sé. Mamma glielo aveva regalato quando gli era cominciato il pallino di diventare un Dj. Un sogno che durò per circa tre mesi se non meno!

« Volete qualcosa da bere? »

Io e Bella rispondemmo affermativamente a mio fratello che, come un piccolo schiavetto a domicilio, schizzò verso la cucina. Ovviamente voleva fare doppio colpo sulla mia migliore amica!

« E' arrivata Rosalie.. »

Decretò tutto ad un tratto Bella. L'arrivo di Ros indicava solo una cosa: l'arrivo di Jasper. Feci vagare lo sguardo alla ricerca della sua figura slanciata, dei suoi capelli dorati e dei suoi occhi profondi ma..

Dove sei?

Sua sorella era lì, accanto ad Emmett perché lui non c'era?

Dovetti ammettere a me stessa che per qualche istante, l'ansia di non averlo al mio fianco per tutta la serata m'innervosiva molto. Poi, il cellulare che avevo stretto fra le mani vibrò, ed in pochi istanti aprì immediatamente il messaggio che mi era appena arrivato:

 

Fuori. Ora. :) “

 

Sorrisi leggendo per ben due volte il messaggio. Poi alzai gli occhi, incontrando quelli di Bella che mi guardava con un sorrisino furbo stampato in volto. Feci per dirle qualcosa ma mi anticipò sul tempo:

« Vai. Ti copro io.. »

Mi lanciai letteralmente al suo collo, aggrappandomi ad esso, con un solo gesto. Le dovevo un favore. Forse anche di più! Sciolsi velocemente quell'abbraccio, e saltellando veloce fra le persone, mi diressi a grandi falcate fuori dalla porta d'ingresso. Lo cercai con lo sguardo, ma nulla. Non lo trovai fra tutti i nuovi invitati. Cominciai allora a seguire il confine della casa, fino a quando non arrivai al giardino dietro casa. Lo vidi in piedi, accanto al bordo della piscina esterna, vicino alla dependance, al nostro piccolo rifugio. Mi dava le spalle, e le braccia intrecciate dietro la sua schiena, accentuavano leggermente la tensione dei suoi muscoli. Indossava una camicia nera, accompagnata da un gilette grigio e da un paio di jeans neri. Le maniche della camicia erano arrotolate fino all'altezza dei suoi gomiti, lasciando libera visuale ad una lieve pelle d'oca dovuta ad una leggera brezza nell'aria. Del resto non c'era poi così caldo!

Con passo decisamente più lento, tanto da lì non poteva sfuggirmi, mi avvicinai a lui con le braccia incrociate fino ad affiancarlo. Io non dissi nulla e nemmeno lui, ma non riuscì nemmeno ad essere impassibile a quel semplicissimo momento. Sorrisi. Sorrisi come se avessi appena visto una scena romantica in un film. Era quello l'effetto che Jasper aveva su di me: il rendermi felice anche con un piccolo gesto, anche il solo tendermi la mano o il rimanermi accanto.

« Vuoi farti un bagno? »

Domandai infrangendo quel silenzio. Il mio corpo desiderava troppo sentire la sua voce roca! Mi piegai leggermente verso destra, verso di lui, appoggiando la testa al suo braccio (dato che la spalla era un bersaglio troppo alto) senza mai togliere lo sguardo sull'acqua della piscina davanti a noi.

Allungò leggermente il braccio sul quale mi ero appoggiata, facendomi scivolare contro il fianco del suo torace, circondando con estrema delicatezza il mio fianco.

« Mi hai scoperto.. »

Disse lui facendomi finalmente beare della sua voce. Risi assieme a lui, socchiudendo gli occhi, voltandomi leggermente per assaporare il suo profumo intenso impregnato nei suoi vestiti.

« Comincia ad esserci tanta gente.. »

Le mie frasi non avevano un nesso logico fra di loro. Avevo cominciato con la parte scherzosa, per finire a raccontargli come stava andando la festa. Tutto questo non perché ero diventata pazza, semplicemente volevo farlo parlare e sentire ancora ed ancora la sua voce.

« Sopporterò.. »

Lo disse con il sorriso in volto. Non lo vidi perché avevo il volto incollato sui suoi vestiti, ma lo sentì. C'è differenza nel dire una parola con serietà e dirla con il sorriso disegnato in volto. Cercai d'inventarmi qualcosa, qualcosa che lo fece parlare ancora una volta ma Jazz mi anticipò di qualche secondo.

« Sei un incanto.. »

Mi sentì completamente sciogliere sotto la sua voce. La sua voce era seria e decisa, tanto da mettermi i brividi, dei brividi che presero vita dalla mia nuca, e si propagarono lungo le braccia e lungo la linea della spina dorsale. Rimasi con il volto nascosto, ma dopo pochi istanti scivolai leggermente in avanti, finendo per essere contro il suo petto muscoloso. Allungai leggermente le braccia verso l'alto, aggrappandomi al suo collo e, solo allora feci sbucare i miei occhi, incontrando il suo sguardo perfetto. Aveva un sorriso da mozzare il fiato ed i suoi occhi sembravano non vedere niente altro che una stupida ragazza che aveva davanti a sé.

Rimanemmo un paio di secondi, fermi a guardarci negli occhi. Poi non seppi resistere, ed il desiderio irrefrenabile ebbe la meglio su di me. Mi alzai in punta di piedi, aggrappandomi al suo collo con una mano, mentre l'altra si posizionò al centro del suo petto. E come se fossero alla ricerca della loro completezza, le mie labbra si unirono alle sue senza troppi ostacoli. Assaporavo il suo profumo rendendomi conto di quanto fosse d'inevitabile importanza la sua presenza per me. Le sue mani erano strette ai miei fianchi. Erano ben salde, sembrava quasi che stessero tenendo stretta la loro ultima preda.

Allontanai di malavoglia le mie labbra dalle sue, riaprendo gli occhi solo per qualche secondo, giusto il tempo per rendermi conto che non era un sogno. La sua fronte si appoggiò alla mia e con la punta dell'indice, sfiorai le sue labbra ancora leggermente umidicce per quel bacio. Respirai profondamente ,ancora una volta, riempiendo i miei polmoni del suo intenso profumo. Poi riaprì di scatto i miei occhi, lasciando che i miei pensieri prendessero voce:

« Sei qui. Sei mio.. »

Egoista?

Certo.

Possessiva?

Come non mai.

Lui mi sorrise, sfoderando la sua schiera di denti bianchissimi. Il suo volto era ancora più meravigliosa con quella luce fiocca dietro le sue spalle e con l'oscurità della notte davanti a lui. Sfiorò appena le mie labbra con le sue un'ultima volta, prima di sussurrarmi a fior di pelle:

« Ci conviene entrare.. »

Annuì con un leggero cenno della testa, socchiudendo gli occhi, ancora leggermente annebbiata per quel momento. Le mie mani scivolarono lungo i fianchi, ed afferrarono la sua mano nel momento esatto in cui i miei occhi si riaprirono ed un mega sorriso si disegnò sul mio volto.

« Andiamo.. »

Afferrai convinta la sua mano, ed insieme entrammo in casa. Sapevo di aver un sorriso ebete stampato in faccia, ma non m'interessava, come non m'importava più di tanto della festa. Ora come in quel momento desideravo solo la presenza di Jasper. Appena arrivammo dentro casa, notai subito che la musica era leggermente più alta, e che la casa cominciava ad essere affollata. Forse un po' troppo..

Non feci in tempo nemmeno a voltarmi per parlare.. O meglio, per cercare di parlare con Jazz, che una mano enorme mi afferrò la spalla. Mi voltai e rimasi sorpresa di vedere mio fratello leggermente.. Brillo. E sapevo che dietro di me, anche Jasper lo era. Chi l'avrebbe mai detto che il perfettino della famiglia potesse ridere e scherzare anche solo perché una mosca volava in sala.

« Alice! Convinci Bella a ballare? »

Non riuscì a non trattenere le risate, tanto quanto Jasper.

« Ed, mi sa che è difficile come cosa sai che.. »

« Jazz! Non ti avevo nemmeno visto! »

Odiavo quando mio fratello non mi ascoltava. Lasciai immediatamente la mano di Jasper incrociando le braccia sotto il seno, indossando la maschera di un volto imbronciato. Una maschera che però si sciolse quando Edward lanciò un braccio attorno a Jasper, mentre con la mano libera dal bicchiere, gli scompigliò i capelli. E la cosa divenne ancora più buffa quando Edward si avvicinò e sussurrandomi all'orecchio mi disse:

« Se vedi la mia ragazza dille che sono gay.. »

Già, perché attorno al suo braccio c'era ancora il povero Jasper! Che cosa accadde dopo? Probabilmente una cosa che rimarrà per sempre nell'aria di casa Cullen. Edward cominciò a portarsi in giro per il salotto il suo nuovo ballerino. E non mi fu tanto difficile vedere il mio caro fratello Emmett acciuffare una macchina fotografica per immortalare il momento. Già pregustavo il divertimento che ne sarebbe scaturito quando Edward avrebbe visto le foto!

Afferrai un paio di bottiglie presenti su di un tavolo poco distante e cominciai a dirigermi verso la cucina. Fu a metà del tragitto che, proprio come mi aveva detto il mezzo ubriaco della famiglia, informai Bella della nuova tendenza del suo caro fidanzato. La vidi scattare con la coda dell'occhio, mentre Jessica mi seguì in cucina, aiutandomi, buttando qualche altra bottiglia di birra vuota nella pattumiera.

« Gran bella festa.. »

Disse lei guardandomi e strizzandomi l'occhio.

« Grazie Jessica! Ci tengo tanto a queste cose! »

« Ah, lo so benissimo! Soprattutto a fare una selezione accurata del personale! »

Distolsi lo sguardo dai bicchieri di plastica che posizionai accanto a dei grandi recipienti contenenti sangria. Lo portai su di lei, nella tipica espressione di chi non capisce di cosa si stia parlando. E prima che potessi aggiungere altro, lei mi anticipò.

« Non te ne sei ancora accorta? Hale ti divora! »

Strabuzzai leggermente gli occhi, ricominciando a muovere qualche altro bicchiere. Li prendevo in mano per poi lasciarli esattamente dov'erano. L'unico scopo era quello di cambiare argomento all'istante.

« Andiamo, ti sarai confusa.. »

« Sì lo so che non è il tuo tipo, però secondo me tu piaci a lui.. »

Sorrisi sotto i baffi.

Già Jasper non era proprio il ragazzo per me. Non mi piaceva per nulla. Quel suo sguardo non m'intrigava per niente. Quel suo comportamento così misterioso e al tempo stesso educato non mi affascinava per niente. Quel suo strano modo di guardare o meglio, di fulminare con lo sguardo la gente per le sue cicatrici non mi scioglieva. La sua voce pacata, roca e profonda non mi cullava mai durante le nostre conversazioni. Sì, perché i suoi riccioli d'oro non attiravano mai la mia mano come una calamita. Perché effettivamente, le sue labbra morbide non erano per nulla la dimora dove le mie desideravano risiedere per l'eternità. Già, Jazz non era per me. Effettivamente quel suo mezzo sorriso, dove sfoderava una schiera di denti bianchissimi non mi contagiava per niente.

E chissà quanti altri motivi avrei potuto dire per dimostrare che in realtà, ero profondamente persa da quel ragazzo che era comparso per caso nella mia vita. In quei minuti del mio monologo mentale, la voce di Jessica si fece lontana, fino a quando una luce davanti a me non catturò la mia attenzione. Ero davanti al ripiano in cucina, dove si parava una grande finestra che dava direttamente alla facciata di casa. Socchiusi leggermente gli occhi, alzando appena la mano per vedere di chi fosse quella macchina che era appena arrivata. Tirai un sospiro di sollievo quando li spense, un sospiro che si smorzò all'istante quando i quattro ragazzi della squadra uscirono dalla macchina.

« Come cazzo si permette a venire qui! »

Non risposi nemmeno all'imprecazione di Jessica. Avevo gli occhi sgranati davanti a quell'immagine. Si era tagliato i capelli. Li aveva praticamente rasati, sembrava che fosse tornato dai marines. Indossava la tipica giacca della squadra di football. Lo vidi guardarsi attorno, ispezionando il giardino di casa mia. Sul suo volto c'era un strano sorrisi che mi fece solo che incavolare ancora di più. Poi, come se si fosse accorto che lo stavo spiando si voltò verso la finestra, e quando i miei occhi incrociarono i suoi mi sentì perdere. No, perché Joseph era venuto?

Lasciai perdere il ripiano davanti a me, e nello stesso istante in cui lui mosse i primi passi verso l'ingresso, io mossi i primi passi verso il salotto. Dovevo trovare Jasper, all'istante! Mi mancava l'ossigeno, avevo bisogno di lui.

Il mio sguardo vagò pochi istanti, poi lo vidi mentre fra le risate guardava lo strano comportamento di mio fratello, mentre nella mano destra teneva un bicchiere di birra. La porta si aprì ed io scattai. In pochi istanti fui a fianco di Jasper e gli afferrai la mano, trascinandolo via. Non doveva vederlo.

« Alice? Va tutto bene? »

Fu quella la domanda che mi porse quando chiusi alle spalle la porta di camera mia. Appoggiai la schiena alla porta, tirando un sospiro di sollievo. Dio ma una festa tranquilla no eh?

Quando riaprì gli occhi, il volto di Jazz era chino verso il mio e le sue mani sfioravano appena le mie guance. Leggevo nei suoi occhi quella luce di preoccupazione, quell'inconfondibile luce che mi induceva a pensare che avrebbe fatto di tutto per togliermi qualsiasi tipo di preoccupazione.

Sì lo so che non è il tuo tipo..

Ah si?

Con un gesto veloce tolsi immediatamente le mani di Jasper dal mio volto, perché erano le mie che volevano sfiorare il suo corpo. Le mie mani si appoggiarono sulle sue guance, mentre le mie labbra si impossessarono delle sue. Premetti con talmente tanto desiderio che perfino io mi stupì. Lo sentì leggermente titubante, ma dopo qualche istante lasciò che le sue labbra accogliessero le mie. Era come se in quell'istante io fossi padrona del momento.

E Joseph?

A quel pensiero le mie mani scivolarono contro le sue spalle e, mentre le mie labbra non lasciavano le sue, spinsi Jasper contro il ciglio del mio letto. Non appena i suoi polpacci sfiorarono il materasso le sue labbra si staccarono per prendere fiato. Sì, effettivamente anche io necessitavo di ossigeno.

« Alice? Che ti prende? »

Sfoderò uno dei suoi sorrisi, alla quale no resistetti e gli risposi sorridendogli.

« E se Edward diventasse veramente gay? Non posso lasciargli campo libero.. »

Risposi nascondendo egregiamente la realtà dei fatti, appoggiando le mani sulle sue spalle. Le lasciai scivolare, seguendo la linea del suo collo, sfiorando il pomo d'Adamo e facendole soffermare sul suo petto. Lui rise divertito rispondendomi con un:

« Andiamo lo sai che è impossibile.. La verità è che? »

Le mie mani esercitarono una lieve pressione sul suo petto, facendolo sedere sul materasso. Raggiunsi così la sua stessa altezza e.. Cosa fondamentale fu che a farmi sciogliere fu il suo sguardo. Non aveva fatto nessun cambiamento, nessuno. I suoi occhi perforarono i miei in una maniera così intensa, come se non l'avessi nemmeno sfiorato, come se fosse cominciata una sfida personale. Dimenticai Joseph, dimenticai la festa. C'eravamo solo io e Jasper.

Le mie labbra si appoggiarono nuovamente sulle sue, con più delicatezza. I miei capelli si protrassero un po' in avanti, sfiorando gli zigomi del suo volto, mentre le mie mani tornarono sulle sue spalle. Mi staccai qualche istante più tardi, solo il tempo per sussurrargli a fior di labbra una mezza verità che rispondeva a quella domanda:

« La verità è che sono pazza di te.. »

Le sue mani afferrarono con delicatezza i miei fianchi, portandosi con sé il mio corpo, quando lui si stese appoggiando la testa contro il cuscino del mio letto. Sentivo le sue mani sfiorare il mio corpo con estrema delicatezza. Sembrava quasi che fosse timoroso nel sfiorare il mio corpo. Ed ogni volta che il suo palmo si spostava, era come se veniva sganciata una scarica di calore. Mentre le sue mani sfioravano il mio corpo, sentivo pulsare nelle mie vene quella piccola dose di adrenalina che mi faceva muovere con un flebile tremolio le mani che si appoggiavano al suo petto.

Le nostre labbra continuavano ad inseguirsi, a torturarsi a vicenda, facendo diminuire la vita dei nostri respiri. Sentivo il battito del mio cuore pulsare talmente forte che sembrava quasi uscire dal mio petto. Sentivo il suo profumo avvolgere le mie labbra e i miei respiri si inebriavano di quella sua fragranza che tanto desideravo quando lui non c'era.

« A.. Alice. Si accorgeranno che manchi.. »

Disse ad un tratto staccandosi dalle mie labbra. Lo guardai negli occhi, leggendo una strana luce di desiderio che fremeva e sapevo di possederla anche io quanto lui. La mia mano si alzò, afferrando qualche ricciolo d'oro che ricadeva sul suo volto angelico.

« Fidati. E' tutto sotto controllo.. »

E come se nulla fosse, le sue labbra si unirono alle mie per pochi istanti però. Sentì le sue labbra calde cambiare direzione, percorrendo la linea della mia mandibola, finendo per sfiorare la pelle del mio collo. Accolsi le sue labbra senza battere ciglio, alzando lievemente il capo, dandogli campo libero. Le sue mani erano ben salde sui miei fianchi, mentre le mie furono prese dal momento: si aggrapparono alla sua camicia, come se stessi per cadere da un burrone. Lo desideravo più che mai, e sentivo che quel desiderio era anche di sua proprietà.

Mentre la mia mente si perse sotto a quello sfiorare delle sue labbra, distrattamente le mie mani si alzarono verso il mio corpo, slacciando l'unico bottone allacciato della giacchetta nera che indossavo. E quel gesto, fu come se riuscisse a donare un po' più di sicurezza a Jazz. Le sue mani si allontanarono dai miei fianchi, e con un'estrema delicatezza e lentezza cominciò a sbottonare i minuscoli bottoni della mia camicia. Le mie labbra si impossessarono delle sue, mentre il mio corpo si beava del tocco delle sua dita. Tutto era completamente cancellato. Non c'era nessuna festa, non c'era nessun ex nei paraggi. Nulla di tutto questo, solo io e lui.

Una volta libera dalla camicia, mi staccai leggermente dalle sue labbra, pronta a scrutare ogni luce dei suoi occhi. Già perché era quella la particolarità di Jasper. Se lo si conosceva bene, si potevano capire milioni di frasi senza nemmeno l'utilizzo della sua voce, solamente guardando i suoi occhi. E quello che vidi, fu qualcosa che mi fece morire il fiato in gola, lasciandomi letteralmente a bocca aperta.

« Alice va tutto bene? »

Mi ero praticamente bloccata a guardare i suoi occhi. Ferma, immobile. E lui captò all'istante che qualcosa era cambiato. Vedevo la sua fronte appena corrugata, mentre la sua mano sfiorò il mio volto. Mi sentivo lusingata ad aver avuto quel suo sguardo come regalo.

Dopo qualche istante riuscì ad avere una reazione ed avvicinandomi alle sue labbra, sussurrai:

« Ammiravo i tuoi occhi.. »

Sentì il suo petto muoversi leggermente, mentre una risata profonda volteggiò nell'aria. Mi sorrise, guardandomi col suo solito sorriso sghembo, rispondendomi con un:

« Ma li avrai visti milioni di volte! »

« Ma non così.. »

Già, perché quella leggera patina lucida che si era appoggiata sulle sue iridi, rendevano il suo sguardo ancora più profondo, ancora più intenso, lasciando trapelare la sua emozione suscitata dal momento.

Le mie mani si alzarono appoggiandosi sulle sue guance, e questa volta, furono le sue labbra ad intrappolare le mie. Insieme ricominciarono a danzare secondo il ritmo dei nostri cuori. Sentì le sue mani lasciare una scia di calore sui miei fianchi, ormai completamente a contatto con la pelle dei suoi palmi. I brividi aumentarono inevitabilmente, anche quando le mie mani decisero di sfiorare i suoi addominali sotto la maglia. Fu una specie di segnale che Jasper captò immediatamente, rendendosi conto che il mio desiderio era tanto grande come il suo.

La sua mano si posizionò dietro la sua schiena quando le mie dita riuscirono a togliere qualche bottone iniziale. Fu lui a sfilarsi la maglia, sfoderando l'immagine perfetta del suo corpo, un'immagine talmente bramata dal mio corpo che le mie mani ricominciarono a seguire un percorso tutto loro, accarezzando ogni singolo centimetro della sua pelle. Il suo volto si abbassò notevolmente, arrivando a sfiorare con le labbra la pelle che ricopriva l'incavo del mio collo. Mi lasciai trasportare da quel momento, socchiudendo gli occhi, beandomi di quel momento così perfetto all'apparenza. Era perfetto soltanto in quella stanza, al di sotto vi era il caos totale. Piano piano lasciai scivolare le mani lungo i suoi addominali, sfiorando ogni centimetro della sua pelle calda. Sorrisi maliziosamente quando percepì il rigonfiamento sotto la stoffa dei jeans, diventati fin troppo stretti per quell'istante. E di certo non lo avrei fatto penare oltre, così sbottonai l'unico bottone dei suoi pantaloni, pronta a far scivolare quella stoffa che ricopriva parte del suo corpo, cosa che non accadde.

« Aly abbiamo un.. Cazzo! »

La porta si spalancò lasciando entrare buona parte della luce prodotta dal corridoio che conduceva nella mia stanza. Sentì all'istante il corpo di Jasper allontanarsi immediatamente, posizionandosi in piedi vicino al letto. Quando mi alzai, sedendomi sul materasso, notai l'immagine di Bella che si copriva gli occhi con la mano, continuando a cantilenare dei continui “scusate”.

Il più sconvolto era Jasper, che aveva cominciato a guardarsi attorno e a grattarsi con le dita la nuca, con dei movimento frenetici che per un istante, mi fecero sorridere. Mi alzai in piedi, scendendo dal letto. Afferrai con una mano la sua camicia porgendogliela dolcemente, mentre con l'altra cominciai a fatica ad abbottonare i primi bottoni.

« Bella sa tutto.. »

E con quella frase fu ancora più sconvolto. Le parole gli morirono in bocca mentre la fronte gli si corrugò tutto ad un tratto. Quando fui certa di avere la camicia in ordine, mi voltai verso Bella, ed afferrandole una mano, la trascinai dentro facendola sedere sul materasso del letto. Lei, per nemmeno un istante smise di domandare scusa, ma fu positivo, dato che con quel suo comportamento fece sorridere anche Jazz.

« Jasper veramente! Cioè io non è che mi diverta a.. »

« Bella è tutto apposto.. »

Non mi stupì se avessi sentito quelle parole uscire dalle mie stesse labbra, ma la sorpresa che si poteva leggere nei miei occhi, era la stessa che comparve in quelli di Bella quando sentimmo quelle parole pronunciate da Jasper. Finì per sorridergli, realmente felice per aver sentito che aveva accettato quel piccolo segreto che avevo confessato alla mia migliore amica.

Fu proprio quest'ultima che ci fece sobbalzare entrambi, quando si accorse di non aver ancora detto il motivo di quella sua visita inaspettata. Si alzò tutto ad un tratto dal letto, sfoderando uno sguardo preoccupato quasi isterico.

« Dovete scendere! Muovetevi, ci sarà il caos! »

Jasper non deve scendere.

« Andiamo Bella! Non possiamo rimandare a dopo? »

Non so che cosa fece scattare nella mente di Jasper quella mia frase. Diventò confuso, come se avesse capito che non volevo che scendesse perché c'era uno specifico motivo. Bell cominciò a parlare in maniera scoordinata, tanto che non capì nemmeno io che cosa stesse dicendo, fino a quando la domanda non le fu posta su di un piatto d'argento.

« Bella. Che cosa sta accadendo? »

Deglutì il nulla inchiodando una mattonella sotto i miei piedi temendo tutto ad un tratto il peggio.

« Edward non c'è molto con la testa ed ha.. Ha cominciato a dar fastidio a.. »

Si bloccò, come se si fosse accorta del mio comportamento, come se avesse capito il perché non volessi scendere.

Cazzo, cazzo, cazzo!

« A..?! »

La voce impaziente di Jasper mi fece sobbalzare, tanto che per paura della sua reazione mi ritrovai ad esclamargli in faccia la verità:

« Joseph! »

Non sapevo se si trattasse proprio di lui ma.. Era l'unica opzione che vedevo.

 

 

Il sangue cominciò a ribollirmi nelle vene. Gli occhi si sgranarono all'istante mentre quel non continuò a martellarmi nella testa. Guardavo Alice con sguardo che avrebbe incatenato chiunque alla parete dietro le sue spalle. Sapevo che non lo aveva invitato lei ma, ora era tutto più chiaro. Ecco perché tutto ad un tratto quella sua strana voglia di togliermi quella cavolo di maglia.

Vedevo con la coda dell'occhio il volto di Bella spostarsi di continuo fra me ed Alice, la quale, soltanto dopo una ventina di secondi ebbe l'insana idea di alzare lo sguardo. Era facile leggere il messaggio espresso dai suoi occhi. Un “scusa” chiaro e ben comprensibile. Ma non mi andava di pensare al scusarla, ora c'era suo fratello da allontanarlo dal pericolo. Distolsi lo sguardo da Alice, sbuffando innervosito.

« Jasper? »

Tentò di catturare la mia attenzione ma non avevo nessuna intenzione di guardarla. Non fino alla fine di quella situazione.

« Pensiamo ad Edward.. »

Dissi con un tono secco non appena allacciai l'unico bottone della camicia, muovendo in sincronia i primi passi verso la porta che, qualche minuto prima significava la porta del paradiso, ma che in quel momento significava soltanto una stupida asse di legno ben levigata. Di preciso non saprei che cosa mi desse fastidio . Forse il suo tentativo di tenermi nascosto qualcosa. Forse perché pensavo che mi avesse letteralmente utilizzato per reprimere la sua paura di essere scoperta da Joseph. Di preciso non lo sapevo, ma mi lasciai trasportare da quella rabbia, scivolando giù per le scale, ritrovandomi in pochi istanti nel salotto dove vi era la festa. Più di una volta Alice aveva cercato di farmi cambiare idea richiamandomi più volte, ma non ne volevo sapere.

Quando arrivai giù di sotto, mi guardi leggermente attorno. Vi era chi ancora ballava ma ciò che catturò la mia attenzione fu l'ammasso di persone che si erano formate attorno ad un Edward piuttosto brillo trattenuto da Emmett. Sputava parole acide, come se non si rendesse conto del rischio che poteva correre o semplicemente, delle parole poco eleganti che stava pronunciando. E di fronte a lui vi era quell'inconfondibile armadio umano. Era come se fosse impassibile. Guardava Edward come se in realtà non gli stesse dicendo nulla, come se in realtà non gli interessasse un bel niente di quei finti complimenti.

Ed io? Io ero lì per Edward, non per lui.

Mi posizionai a fianco di Ed, non degnando nemmeno di uno sguardo l'altro tizio.

« Andiamo Ed, la storia comincia a diventare pericolosa.. »

Dissi mantenendo un finto tono gentile e scherzoso. Lui mi guardò e scoppiò a ridere: beata ignoranza della sbronza.

« E se creai.. Criassimo.. Creiass.. »

« Creassimo? »

« Sì! Bravo.. »

« Che cosa? »

« Eh? »

« Che cosa dovremo creare? »

« Non lo so, perché me lo chiedi? »

« Ok, Edward è mezzo partito, ma tu dovresti mantenere un briciolo di dignità! »

Alzai lo sguardo, fulminando con gli occhi Emmett. Lui ovviamente scoppiò a ridere, sfoderando una faccia fintamente impaurita.

« Già, la stessa dignità con la quale te ne sei scappato via con la mia ragazza.. »

Joseph aveva ben tre possibilità, e in quel momento, con quella frase, ne aveva ufficialmente bruciata una.

Feci finta di non sentire nulla, cominciando a spingere lontano Edward da quel punto in cui ci trovavamo.

« Sai Hale? Prima del tuo arrivo a scuola andava tutto.. »

Potevo metterci la mano sul fuoco, me l'ero ripromesso di aspettare l'eliminazione della sua terza possibilità, ma sentire anche soltanto per la seconda volta il timbro insopportabile della sua voce mi fece saltare come una molla tenuta rinchiusa per ore in una scatola. Mi voltai di scatto verso di lui, pronto alla carica se non fosse stato per la prontezza dei riflessi di Emmett. All'istante le sue braccia si avvolsero attorno alle mie immobilizzandomi da dietro. Joseph fu immediatamente bloccato da un altro tizio, mentre Alice si posizionò fra di noi, con le spalle rivolte verso di lui e le sue mani appoggiate sul mio petto. Ma non avevo occhi per lei questa volta. Fulminavo con lo sguardo gli occhi neri di Joseph a pochi centimetri, che sembravano bramare il suo desiderio represso nello spaccarmi la faccia da un momento all'altro.

« Provaci.. »

M'intimò ringhiando quelle parole.

« Puoi contarci. Lo farò.. »

Una promessa a lui, ma allo stesso tempo, una promessa a me stesso.

« Andiamo codardo. Fuori da questa casa, ora.. »

Stavo per rispondere in maniera affermativa a quella sua provocazione ma qualcosa mi fermò. Due cose. Prima di ogni cosa fu l'immagine di Rosalie dietro le spalle di Joseph. Aveva in mano due bicchieri di carta e guardava in maniera interrogativa quello scenario. Lessi nei suoi occhi la preoccupazione anche se probabilmente non sapeva nulla di quello che stava accadendo. E quando mi accorsi di quell'immagine, la mano di Alice si strinse alla mia maglia, come a volermi dire che cosa dovevo fare, una mossa che la mia mente cercava di nascondere.

« Jasper.. Ti prego.. »

Deglutì il nulla annuendo con un semplice cenno della testa. In quell'istante Rosalie si avvicinò e sospirando pesantemente annuì con un altro cenno della testa. Con quel gesto, Emmett mollò la presa, nel momento esatto in cui attorno al mio braccio si avvolsero quelle esili di Aly. Rosalie osservò solo per un istante Joseph. Non disse nulla ed i suoi occhi erano inespressivi. Fu soltanto quando li riportò su di me, che si lasciò sfuggire il dispiacere racchiuso nelle sue iridi.

« La festa è finita. Torniamo a casa.. »

E senza dire nulla, mi superò raggiungendo la porta d'uscita.

In quell'istante mi sentì morire dalla vergogna.

 

 

Emmett, dopo aver decretato la fine della festa a tutti gli invitati, si era offerto di accompagnarci a casa e, assieme a lui, vi era anche Alice. La rabbia nei suoi confronti? Bé era stata eliminata dal dispiacere che provavo ora nei confronti di Rosalie. Per tutto il viaggio di ritorno non avevamo detto nemmeno una parola. Ros aveva lo sguardo inchiodato sul finestrino al suo fianco. Vicino a lei, Emmett guidava la sua Jeep, lasciandosi sfuggire qualche sguardo verso mia sorella, sospirando ogni volta che lei non si voltava.

Dietro, nei sedili posteriori, ovviamente vi eravamo io ed Aly. In un primo istante era stata piuttosto distaccata, ma dopo qualche minuto di titubanza, si era avvicinata e, senza nessuna mia resistenza, si era aggrappata al mio braccio. La sua testa si era appoggiata sulla mia spalla ed io appoggiai la mia sulla sua. Si, quel contatto fisica mi rilassava parecchio, ma cancellare quella maschera che indossavo non era così facile.

Quando Emmett arrivò davanti casa, fu allora che Rosalie parlò prima di tutti, ringraziandolo per la disponibilità e, probabilmente per rassicurarlo un po', gli lasciò un bacio sulla guancia, ma con estrema vicinanza alle sue labbra. Insomma, in un bacio che non aveva per nulla nessuna sembianza di un bacio amichevole, ma come se fosse un messaggio di aiuto verso quel ragazzo grande e grosso. Ed Aly? Fece altrettanto, lasciandomi però quello stesso bacio sulla guancia. Quando fu a pochi centimetri da me le sussurrai la buona notte, dispiacendomi nel dover scappare via velocemente, ma volevo essere vicino a Rosalie, la quale corse dentro casa in pochi istanti. Feci altrettanto, correndo per il vialetto che portava all'entrata, sentendo il rumore di un motore accendersi tutto ad un tratto, e la luce dei fari di un'auto illuminare casa. Ma ero troppo occupato a non perdere di vista la figura di Rosalie per controllare la situazione.. Un mio grave errore.








Risposte recensioni:

@ alice cullenhales nlgdr Ciao cara come stai? Tutto bene? Per la prima volta diciamo che.. Non sarà poi così facile. Le cose si complicheranno col prossimo capitolo. Una bella complicazione.. Grazie ancora e un mega abbraccio :)

@
EDVIGE86 Dicono che chi non muore si rivede.. Ergo sono ancora viva sì :)

Ti ringrazio per la recensione che hai lasciato, veramente grazie e sono contenta che ti piace la mia idea dell'animazione per quanto riguarda vita personale ;)

Per il resto posso dirti che va tutto bene dai.. Il lavoro c'è (ed è già molto in sto periodo!), corsi su corsi e via.. Nuova vita! :)

Per quanto riguarda la storia ti dirò la verità, essendo un capitolo lunghetto non so quanti sopravviveranno O.O Ma ci proviamo dai.. Posso però dirti che nel prossimo capitolo succederà un guaio che cambierà un bel po' di cose.
Spero comunque che tu sita bene e che vada tuuuuutto bene :)
Grazie ancora per aver recensito un mega abbraccio!

 

@ Tutti grazie a tutti quanti a quelli che leggono la storia :)

Un abbraccio a tutti!

Fra!

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Capitolo 22
*** Capitolo 20. ***


Capitolo 20.

 

« Sicuro? »

« Sì Alice tranquilla. Va tutto bene.. »

Potevo vantarmi di avere una buona capacità di attore nascosta nel mio volto, ma era difficile mentire a lei. Potevo dirle che stavo bene quante volte volevo, ma non si sarebbe mai fatta ingannare dalle parole. Come potevo stare bene? Non dopo la discussione che avevo avuto con Rosalie. Non mi ero mai sentito così in colpa e non avevo mai percepito così tanta vergogna nei miei confronti. E dopo quelle parole, dopo quella confessione, mi era complicato parlarne con gli altri, nemmeno con Alice. Poteva sembrare stupido, banale, ma il legame fra me e mia sorella era talmente forte e profondo che anche cose così, apparentemente piccole, potevano risultare catastrofiche.

Continuavo a giocare col vassoio che avevo davanti a me, mentre la mia mente non perse nemmeno per un istante le immagini della sera precedente. Tutto era cominciato non appena avevo messo piede dentro casa, subito dopo aver salutato Emmett ed Alice che gentilmente ci avevano accompagnati a casa.

 

 

« Ros? Mi dispiace.. »

Non mi guardava. Era entrata in casa, aveva lanciato la borsa sul divano, assieme al cappotto e se ne era andata in cucina a prendersi un bicchiere d'acqua. La seguì per tutto il tragitto col mio sguardo, fino a quando non mi tolsi il cappotto e lo appesi assieme al suo.

« Senti non so cosa mi sia successo ma.. Non volevo che Edward finisse nei guai.. »

Mi ero posizionato davanti a lei. Aveva il corpo appoggiato sul ripiano della cucina, la mano destra stringeva il bicchiere d'acqua sospeso a mezz'aria, mentre il suo sguardo era fisso per terra.

Nessuna risposta.

Sospirai pesantemente alla ricerca di qualsiasi azione che potesse attirare il suo sguardo.

« Quello è l'ex di Alice.. »

« So chi è »

Le prime parole che sentivo. Secche, decisi, taglienti come la lama di un coltello. Talmente penetranti che mi fecero rabbrividire per qualche istante. Rimasi in silenzio contando fino a dieci, proseguendo soltanto dopo essere ripreso.

« E' piuttosto irascibile e si fa prendere da tutto ciò.. »

« Quando cazzo avevi intenzione di dirmelo? »

I suoi occhi si alzarono tutto ad un tratto e le sue iridi chiare inchiodarono le mie. Socchiusi le labbra corrugando la fronte non capendo in un primo istante ciò che volesse dire.

« Credevo che non ci fossero segreti fra di noi.. »

« Lo so, avrei dovuto dirti che fra di noi non c'è un legame di amicizia, anzi, tutt'altro ma sono cose che in fin dei conti possono capitare.. »

Scoppiò a ridere, ma non era per nulla una risata divertita. Lasciò scivolare il bicchiere sul ripiano, provocando un rumore piuttosto forte tanto che in un primo istante mi preoccupai di Jenny, che poteva svegliarsi da un momento all'altro.

« Idiota.. »

Sussurrò quella parola quando mi superò pronta ad andare in salotto. Il timbro della sua voce, non era una specie di offesa scherzosa, era proprio un'offesa bella e buona. Era convinta di quello che aveva detto, al che scoppiai, ignorante com'ero.

« Senti Rosalie non posso di certo raccontarti tutto ciò che accade a scuola! »

Alzai di un bel po' il timbro della mia voce e lei fece altrettanto, voltandosi tutto ad un tratto ed accorciando le distanze.

« Certo! Ma credevo che fra di noi non ci fossero segreti! »

« Ros ma ti pare che ce ne siano?! Era lui quello che mi ha menato qualche sera fa! Sai benissimo che non andiamo d'accordo! »

« Non sto parlando di Joseph, ma di te ed Alice! »

Fu quella la pugnalata che fece più male. Il suo sguardo era così carico di dispiacere, mescolato alla rabbia che mi costrinse ad abbassare lo sguardo. Sentivo i suoi occhi su di me, come se avessi mille riflettori contro la mia immagine.

Non mi sentivo in grado di dirle che aveva ragione, che fra me ed Alice c'era qualcosa. Ma non ero nemmeno in grado di dirle il contrario. Insomma, non ero capace di dirle nulla.

« Quando avevi intenzione di dirmelo Jasper? »

Non era arrabbiata perché avevo creato caos durante quella festa. Lo era perché le avevo tenuto nascosto quel rapporto fra me ed Alice. Ora era tutto più chiaro e potevo anche aspettarmelo. Era mia sorella, conosceva i miei sguardi, i miei comportamenti e di certo non era poi così complicato collegare le cose che facevo io con le reazioni di Joseph.

Portai le mani fra i capelli, chiudendo gli occhi, rendendomi conto soltanto allora in che maniera aveva deluso mia sorella.

Privata di una risposta a quella domanda, la sentì sospirare pesantemente e sentì perfino i suoi passi allontanarsi e dirigersi verso le scale che conducevano alle camere. Fu allora che ebbi il coraggio di alzare lo sguardo e, tutto d'un fiato, dirle ciò che pensavo:

« Ros! Mi dispiace! »

Lei si arrestò tutto ad un tratto, rimanendo immobile qualche istante. Si voltò verso di me soltanto quando feci un passo verso di lei, ma non appena vidi i suoi occhi rattristiti mi fermai incapace di eseguire altri passi, soprattutto dopo le sue parole.

« Anche a me Jasper.. »

 

 

Fu la voce possente di Emmett che mi strappò via da quel ricordo, riportandomi nella mensa scolastica. Non so di cosa parlassero di preciso, ma avevo la vaga idea che stessero ricordando alcuni frammenti della festa. Oltre a tutti noi, c'erano anche Mike e Jessica e, soltanto dopo qualche minuto, ci raggiunsero anche Edward e Bella. Fu allora che venne fuori una delle scene più divertenti di quella festa: Edward ed il suo difficile rapporto con l'alcool. Fu l'insieme di quelle battute e la presenza di persona a cui tenevo che riuscì a mettere da parte la collera che avevo nei miei confronti, concedendomi qualche risata di sottofondo. Ma mentre ci provavo a dimenticare tutto, non mi era complicato vedere con la coda dell'occhio lo sguardo vigile ed attento di Alice. Scrutava ogni mio singolo movimento, ogni mia singola espressione. E sapevo perfettamente perché lo faceva. Fu per questo motivo che, dopo qualche minuto, mi voltai verso di lei sfoderandole un gran sorriso. Non era finto, per nulla: era soltanto un segnale non verbale per confermarle che andava tutto bene. E di tutta risposta lei mi sorrise, avvicinandosi leggermente a me ed entrando nel cerchio di quella conversazione divertente.

« Vi serve una mano per sistemare casa? »

Domandai dopo qualche istante voltandomi appena verso Alice, evitando di disturbare gli altri che ascoltavano le avventure di Edward. Lei scoppiò a ridere, qualche secondo prima di dirmi:

« Figurati! Sarà un buon modo per sfruttare Emmett ed Edward.. »

« Sul serio. Mi piacerebbe aiutarvi.. »

In quell'istante il suono fastidioso della campanella ci informò che la pausa pranzo era finita e che l'inizio delle restanti lezioni era alle porte. In sincronia, io ed Alice alzammo appena il capo fino a quando quel rumore fastidioso non cessò.

« Bé se proprio insisti.. Subito dopo scuola? »

Sfoderò uno dei suoi più ammalianti sorrisi che poteva indossare, mentre con la mano afferrò il suo zaino pronta per raggiungere la prossima lezione. Io imitai i suoi stessi movimenti, afferrando la tracolla che giaceva per terra.

« E sia.. »

Dissi rispondendole. Il suo sorrisi ampliò la sua natura ed avvicinandosi a me, allungandosi sulla punta dei piedi, mi diede un bacio sulla guancia sussurrandomi:

« A più tardi Hale.. »

« Non vedo l'ora Cullen.. »

E rimasi immobile qualche secondo, seguendola con lo sguardo mentre si perdeva fra la folla che tutto ad un tratto si affrettò a raggiungere la propria lezione. Io feci altrettanto, soltanto quanto l'immagine di Alice scomparve dietro l'angolo del corridoio scolastico. Quando cominciai ad incamminarmi, afferrai dalla tasca dei jeans il mio cellulare. Guardai per qualche istante il display e soltanto dopo aver preso un respiro profondo mi decisi a mandarle un messaggio.

 

Torno a casa più tardi. “

 

E senza indugiare più di tanto selezionai la voce “invia”, subito dopo aver scelto il nome del destinatario.

 

_________________________

 

Il caos totale. Quando misi piede dentro casa di Alice rimasi letteralmente a bocca aperta. Non mi aspettavo che ci fosse così tanta confusione! Ero abituato a vedere quell'abitazione sistemata perfettamente nei minimi dettagli, ma così era praticamente irriconoscibile. Rimasi qualche secondo sul ciglio della porta guardandomi attorno con le labbra semiaperte. Fu la risata di Alice che mi fece tornare alla realtà.

« Non te l'aspettavi? »

Mi domandò inclinando lateralmente la testa. Non appena misero per terra lo zaino e sistemarono i cappotti, Emmett ed Edward cominciarono da subito a sistemare la situazione di quella casa.

« No.. No per niente.. »

Dissi chiudendomi la porta alle spalle, togliendomi il cappotto facendo ben attenzione a dove mettere i piedi.

« E' il prezzo da pagare dopo le feste che Alice organizza.. »

« Edward ha ragione ed alla fine? Chi deve fare il lavoro sporco? »

« Invece di chiacchierare magari fate qualcosa, così finiamo prima.. »

Sorrisi come uno spettatore passivo a quel triangolo che per qualche istante aveva preso vita in mezzo a quel caos. Non appena sistemai le mie cose, mi arrotolai le maniche della camicia a quadri che indossavo, alzandole fino ai gomiti, pronto per cominciare quella pulizia generale di quella casa. Diciamo che bene o male, ero abbastanza abituato a quelle faccende. Al Kit Kat Club era uno scenario abbastanza abituale, specialmente durante i fine settimana. Ma si trattava di un locale, non di una casa come quella.

Afferrai una cassetta di plastica, sistemandola a terra, utilizzandola come porta bottiglia per i resti delle varie carcasse di birra che erano sparse praticamente ovunque. Sui tavoli, per terra, nel sotto scala,.. Insomma, nessuna aveva avuto un briciolo di educazione. Ma del resto, c'era da aspettarselo.

« Jazz, posso farti una domanda? »

Penso che quella fosse una frase che spesso veniva utilizzata dai Cullen. Più di una volta Alice aveva cominciato un discorso con quella frase, ecco perché lo dedussi, ipotizzando che lo avesse sentito da suo fratello per esempio.

« Dimmi Emmett.. »

Cominciammo a parlare nel momento esatto in cui ci trovammo soli. Eravamo usciti di casa per sistemare quelle casse di bottiglie di birra nel baule spazioso della sua jeep. Dopo averla sistemata mi posizionai vicino all'auto, attento ad ascoltare ciò che aveva da dire.

« Ieri sera, Rosalie, non era molto felice.. »

Avevo un vago sospetto che quello fosse l'argomento che voleva affrontare.

« Volevo chiederti come sta e se.. Se è possibile saperne il motivo.. »

Come stava? Quello non lo sapevo nemmeno io. Quando la mattina mi ero svegliato lei era già uscita e perciò l'ultima sua immagine che avevo impresso nella mente, era il dispiacere dipinto sul suo volto.

« Tranquillo, sta bene! »

Menti spudoratamente. Non tanto per un senso di dispetto nei suoi confronti. E nemmeno perché mi dispiaceva che si interessasse così tanto di mia sorella. Ma per il semplice fatto che non volevo farlo preoccupare. Ed il motivo?

« Era triste perché.. Sai quella faccenda fra me e Joseph.. »

Non potevo dirgli la verità. E questo mi dispiaceva. Ma volevo fare un passo alla volta. E se l'avesse presa come aveva fatto mia sorella? Sarebbero stati due problemi in uno stesso momento.

« Immaginavo. Ma credevo fosse colpa mia.. »

Corrugai la fronte allontanandomi leggermente dall'auto mentre lui allungò le braccia verso l'alto per chiudere il baule.

« E tu cosa centri? »

« Le ho mandato un messaggio pochi minuti fa, per sapere come stava. Di solito mi risponde subito e oggi invece.. »

Risi divertito scuotendo leggermente la testa. No, Rosalie non poteva avercela con lui. Era praticamente cotta di quel ragazzo così all'apparenza, tutto muscoli, ma con un'anima veramente profonda.

« Fidati, non ce l'ha con te.. »

No, ma con me.

Sembrò bastargli però, soprattutto quando gli dissi che probabilmente non gli aveva ancora risposto perché aveva da fare col lavoro. Spesso rimaneva fuori per imprevisti inaspettati.

Quando rientrammo in casa la situazione era migliorata. Era già possibile camminare senza inciampare su di qualche bottiglia vuota o su qualche oggetto non ben identificabile e rispetto a prima, era un gran passo avanti. Senza indugiare o farmi troppi problemi nel “trovarmi in casa di altri”, mi diressi verso la cucina lasciando ad Emmett il compito di sgomberare il salone.

« Mi dai una mano? »

Fui colpito in pieno volto da uno straccio leggermente umido. Il mittente? Bé, probabilmente era meglio utilizzare l'articolo femminile. Alice sorrideva sotto i baffi mentre con movimenti svelti si era messa a pulire la montagna di stoviglie presenti nel lavandino.

« Agli ordini.. »

E ridendo silenziosamente, mi misi al suo fianco, afferrando tempestivamente ogni piatto piatto pulito o altro.

Per qualche istante riuscì a regnare il silenzio fra quelle mura, ma fu solo questione di pochi istanti. Del resto, si trattava di Alice. Cominciò col stuzzicarmi con qualche scherzetto innocente che, ad ogni secondi, diventavano sempre più grandi ed incisivi. Un lavoro, come quello di lavare i piatti che, normalmente poteva durare una quindicina di minuti, in quella circostanza durò addirittura una buona mezzora.

« Il post festa è la cosa che più odio.. »

In pochi istanti Alice sfoderò quel suo meraviglioso broncio che riusciva ad indossare nei momenti divertenti.

« Basta non organizzarle.. »

Risposi alzando leggermente le spalle, guardandola mentre si sedette sul ripiano della cucina. Mi avvicinai sorridendo divertito alla sua espressione buffa, quasi imbronciata per quella mia frase.

« Dovrai abituartici.. »

Dissi con una punta di verità, celate in quelle parole. Alzò leggermente le braccia, circondandole attorno al mio collo, lasciando così che il suo profumo m'invadesse senza preavviso.

Sorrisi in tutta risposta, circondando le mie braccia attorno al suo esile corpo, affrettandomi ad aggiungere:

« Per te lo farò.. »

E senza aggiungere altro sfiorai le mie labbra con le sue, quel poco che mi bastò per sentirne il loro calore. Quei pochi istanti mi portarono al settimo cielo, e senza dire altro, appoggiai il mio volto contro l'incavo del suo collo, inebriandomi ancora di più del suo dolce profumo. Sapevo che sarei potuto rimanere in quella posizione per svariati minuti, se non di più, ma purtroppo tutto ebbe una fine troppo anticipata, e fin troppo burrascosa.

Fu lo schiarirsi della voce di Edward che mi fece allontanare da lei tutto ad un tratto. Suo fratello era appoggiato allo stipite della porta, e con le braccia incrociate, ci fissava come se non volesse altro che delle spiegazioni. E come dargli torto del resto.

Oltre al silenzio, nella stanza calò un velo di tensione quasi raggelante, che non aveva la ben minima intenzione di sciogliersi nemmeno quando Alice scese dal ripiano della cucina.

In tutta sincerità non sapevo che cosa stessero facendo quei, se si stessero guardando con sguardo di rimprovero o se, anche Alice, esattamente come me, stesse fissando le mattonelle sotto di noi. E non so nemmeno quanto tempo passai a fissare il pavimento, ma tutto ad un tratto il mio cellulare cominciò a squillare e per ciò dovetti prendere coscienza di ciò che facevo.

Sussurrai nell'aria un flebile “scusatemi” che non forse, non venne nemmeno percepito dai due che, con mia grande sorpresa, si fissavano come se non ci fosse nessun altro. Mi allontanai a passo spedito, finendo per uscire nel giardino sul retro dei Cullen, collegato direttamente dalla cucina. Mi schiarì la voce poco prima di rispondere, rimanendo in attesa di una qualsiasi risposta.

« Jasper? Ciao sono Andy, l'insegnante di Jenny.. »

All'istante alzai leggermente il braccio verso il basso, facendo uscire dalla manica l'orologio che portavo. Socchiusi leggermente gli occhi, non ascoltando nemmeno la voce della signorina Collins.

« Si scusa è che, non sono riuscito a sentire Ros e.. Non sapevo che toccava a me venirla a prendere.. »

Dissi tutto ad un tratto interrompendola, rammentando lo stesso “problema” che a volte toccava alla mia sorellina.

« Ma no figurati, tanto ho un po' di tempo! »

Disse lei rassicurandomi, ma non avevo problemi ad andarmene da casa Cullen. Forse sarei dovuto rimanere lì a chiarire un po' la situazione ma, non me la sentivo. Così le promisi che sarei arrivato a scuola fra qualche minuto, un quarto d'ora massimo.

Quando interruppi la chiamata, avevo già aperto la porta di casa, e nel momento esatto in cui misi il primo piede dentro l'edificio, vidi tre paia di occhi che mi inchiodarono alla porta e non fu difficile intuire che stessero discutendo animatamente. Ma non avevo tempo, così senza dire nulla dissi alzando leggermente il cellulare:

« So che non è il momento più adatto ma, devo scappare a prendere mia sorella a scuola.. »

Fu la risposta di Alice che mi prese alla sprovvista. Si alzò dalla sedia su cui era seduta ed avvicinandosi a me disse:

« Ti accompagno io.. »

Il suo tono di voce non lasciava spazio a delle risposte, ma i commenti erano liberi. Edward se ne uscì con un esclamato:

« Che cosa?! »

Ma quando sua sorella si voltò e lo fulminò con gli occhi, lui scrollò le spalle e imprecando parole appena borbottate salì le scale verso il piano superiore. Emmett tentò di fermarlo, ma il fratello fu più veloce, tanto che quando quest'ultimo sbatté la porta di camera sua, Emmett era ancora all'inizio della scalinata.

Non sapevo che fare, se convincere Alice e rimanere lì o se venire senza problemi. Così attesi qualche secondo, giusto in tempo per vedere la reazione del fratello maggiore. Tornò in cucina e, con tutte le forze, abbozzò ad un sorriso prima di aggiungere:

« Tranquilli, gli passerà.. »

Alice sfoderò un sorriso di gratitudine verso suo fratello e qualche istante dopo, si fiondò fra le sue braccia, regalandogli uno dei più bei abbracci fraterni che io avessi mai visto.

« Grazie Emm.. »

« Ora andate, altrimenti si fa tardi.. »

Giusto il tempo di accarezzarle i suoi capelli corvini, poi l'abbraccio si sciolse ed Alice, col suo sorriso radioso, afferrò la mia mano trascinandomi fuori dalla casa. Vidi giusto in tempo l'occhiolino di Emmett e poi la sua immagine grande e grossa scomparì dietro la porta d'entrata.

 

 

Lasciammo la macchina di Alice parcheggiata a qualche isolato da casa mia. Come al solito, per farmi perdonare per il mio ritardo, ero riuscito a farmi perdonare da Jenny portandola a mangiare il solito gelato. Come al suo solito scelse il mega cono con doppio cioccolato e come se nulla fosse, come se io ed Alice non esistessimo, si fiondò in giardino col suo bel gelato, raggiungendo i suoi compagni di classe.

Io ed Alice ci sedemmo su di una panchina, in modo da poterla tener d'occhio. Prima di allora non avevo nemmeno sfiorato l'argomento Edward e noi, ed era mia intenzione non parlarne ma, la voglia di sapere che cosa era successo era troppo forte e pulsava contro il mio corpo.

« Siamo nei guai? »

Domandai tutto ad un tratto voltandomi verso di lei. Non so di preciso cosa esprimesse il mio volto, so soltanto che mi fissò per più secondi, forse cercando di trovare le parole più adatte. O no?

« No tranquillo.. L'ha detto Emmett, gli passerà.. »

Rispose sorridendomi, capendo perfettamente a cosa mi stessi riferendo. Forse aveva ragione, ma non riuscivo a capire per quale ragione suo fratello aveva reagito in quella maniera. Non mi sembrava che fra di noi ci fosse dell'odio.

« E' solo che.. Edward ha paura che possa succedermi qualcosa di brutto, che possa soffrire ancora una volta.. »

« Non ti farei del male! Mai.. »

Forse erano le parole più convinte che avessi mai detto in vita mia.

Alice mi guardò con uno sguardo dolcissimo ed allungando la mano verso di me, mi accarezzò il volto con il dorso della mano, sussurrandomi:

« Lo so.. E' solo un fratello protettivo.. »

Mi lasciai cullare da quel tocco per qualche istante, poi afferrai la sua mano, intrecciando le mie dita con le sue. Non so per quale ragione, ma dopo quell'accaduto con Edward non m'importava più di tanto che la gente potesse spettegolare su di noi.

« Ed Emmett invece? »

« E' diverso. Certo è stato sorpreso da questo mio cambiamento veloce ma.. In un certo senso mi capisce.. Anche lui capisce il fascino degli Hale! »

Riuscì a strapparmi una risata come era solita fare. Aveva questa strana magia nei miei confronti che riusciva a farmi sorridere anche quando il momento non era dei migliori.

Rimanemmo in silenzio per qualche altro secondo, mano nella mano, mentre con lo sguardo controllavo che nessun ragazzino potesse rimanere troppo appiccicato a Jenny. In un certo senso, capivo cosa provava Edward.

« E se non gli piacessi? »

Mi voltai di scatto verso di lei, riuscendo a strapparle un'espressione realmente sorpresa.

« Dico ai tuoi genitori, perché non sempre.. »

« Jasper! Fermati un secondo.. »

La sua mano abbandonò la mia, in modo d'appoggiare i palmi delle sue mani sul mio volto, diminuendo pericolosamente la nostra distanza.

« Non fasciarti la testa prima di essertela rotta. Certo prima o poi dovevano saperlo, ma non è detto che sarà poi così drammatico.. »

Dovevo ammetterlo. Avevo il terrore di confessare il mio amore per Alice ai suoi genitori. Avevo paura di essere giudicato in malo modo, di non essere capito e di essere liquidato con frasi del tipo “è soltanto una cotta”. Sapevo che erano persone democratiche ma, avevo comunque il terrore.

« Sai che facciamo? Questa sera tu, Jenny e Rosalie verrete da noi e diremo a tutti come stanno le cose! »

Lessi nel suo sguardo una luce di divertimento misto all'eccitazione. A dire la verità, Alice era sempre stata quella che voleva sventolare il nostro rapporto a chiunque ci vedesse.

Sorrisi amaramente, appoggiando le mie mani alle sue, allontanandole dal mio volto.

« Ros.. E' da ieri sera che non la sento.. »

« Sapevo che era successo qualcosa.. »

Già, a lei non sfuggiva nulla. Così le raccontai quello che era accaduto. Di come era riuscito a capire tutto, del nostro rapporto, soltanto osservando i nostri sguardi. Di come se la fosse presa perché non le avevo detto nulla. E soprattutto, le raccontai di quanto mi fossi sentito un verme quando se ne andò in camera lasciandomi completamente di sasso.

« Penso di capirla.. »

Disse tutto ad un tratto Alice abbassando lo sguardo.

« Forse me la prenderei anche io se uno dei miei fratelli mi nascondesse un segreto ma.. Jazz, tu e Rosalie siete troppo legati per rimanere per sempre arrabbiati.. »

Forse Alice aveva ragione, ma quelle parole non mi rassicurarono pienamente. Non mi sarei tranquillizzato fino a quando non sarei rientrato in casa vedendo la sua immagine o per lo meno, fino a quando non avrei ricevuto un suo messaggio.

« Spero che tu abbia ragione.. »

Dissi infine sorridendole appena ed allargando leggermente un braccio. Come se mi avesse letto nella mente, lei si avvicino, accomodandomi addosso al mio corpo, appoggiando la testa sul mio petto. Rimanemmo in quella posizione per più minuti, fino a quando non vedemmo Jenny correre verso di noi col sorriso stampato in faccia. Alice si alzò appena, mantenendo però la sua mano appoggiata sul mio petto.

« Jazz? Posso andare a casa di Amber? »

« Assolutamente no.. »

Risposi sorridendole, riuscendo a trasformarle il suo volto bello sorridente, in un broncio da far paura.

« Non è giusto! »

« Porta pazienza ma questa sera saremo ospiti dalla qui presente Alice! »

Ed il broncio che aveva sfoderato, si trasformò in un sorriso ancora più radioso. Certo, avrebbe rivisto il suo amato Emmett, che cosa poteva chiedere di meglio?!

« Allora dobbiamo correre a casa a prepararci! »

Annuì con un cenno della testa, dando il via così ad un suo balletto di felicità, seguito da una corsa verso casa.

« Te la senti? »

Alice sussurrò quelle parole subito dopo, voltandomi verso di me e speranzosa in una mia riposta affermativa. Non potevo sfuggire dalla verità. Dovevo dire a chi mi voleva bene come stavano le cose, mai più segreti con loro, solo verità.

« Assolutamente si! »

E subito dopo averle strappato un sorriso, prima che potesse allontanarsi dal mio corpo, avvicinai le mie labbra alle sue, sorprendendola con un bacio che nemmeno io mi sarei aspettato di avere la forza di poterglielo donare.

 

 

Camminammo mano nella mano verso casa. Si trovava a pochi passi dalla gelateria e non aveva senso prendere la macchina di Alice: un po' di strada a piedi ci faceva solo che bene. Jenny saltellava da una parte all'altra, spiegandoci tutto ciò che avrebbe fatto una volta tornata a casa.

Il cielo si stava coprendo di nuvole, e la pioggia sembrava essere prossimo. Quando girammo l'angolo vidi la facciata di casa nostra, bianca e un po' spoglia, pararsi davanti ai nostri occhi. Fuori c'era l'auto di Rosalie e senza induci, mi promisi che non avrei avuto nessuna esitazione a farle vedere la mia mano incollata a quella di Alice. La porta d'entrata era spalancata, cercai di guardarmi attorno, per vedere se fosse fuori ma non c'era. Fu il rumore di quell'auto che sgommò ad attirare la mia attenzione, andandosene da casa mia con una velocità decisamente eccessiva.

Sesto senso? Forse.

So soltanto che quando capì che si trattava della sua automobile, la mia mano abbandonò quella di Alice, e le mie gambe cominciarono a correre verso casa, con una velocità che non capì da dove potessi averla tirata fuori. Sentì la voce di Alice, ma non potevo voltarmi, non dovevo. Appena entrai in casa il salotto era completamente vuoto. Era più disordinato rispetto al solito, ma della presenza di Rosalie nessuna. Cominciai a chiamarla, controllando se fosse in cucina.

« Jazz che sta succedendo? »

Alice era quasi sconvolta da quella mia reazione. Non avevo tempo per risponderle, ma mi rivolsi a mia sorella che con occhi sgranati mi guardava come se avesse visto un fantasma.

« Jenny vai in cucina e non muoverti da lì finché non te lo dico! »

La mia voce autoritaria la fece sobbalzare, e senza ricevere una risposta, salì a due a due le scale che portavano al piano superiore. Fui seguito a ruota da Alice che chiamava continuamente il mio nome ma non ebbe mai risposta. Mi catapultai in camera sua spalancando la porta, mostrando così l'orrore dell'immagine che mi si parò davanti agli occhi.

« Ros! »

Urlai il suo nome sentendo già gli occhi pizzicarmi. Feci due falcate, arrivando dalla parte opposta della stanza, lasciandomi cadere a terra accanto a Rosalie, fra le varie schegge di vetro causate dalla rottura dello specchio. Il suo corpo giaceva a terra privo di senso. Il suo volto angelico era attraversato da una linea di sangue che partiva dalla fronte, e finiva appena sotto la linea dello zigomo. Tutto ad un tratto, quando alzai appena il suo corpo, la stanza cominciò a girare, e fu come se ad un tratto diventai completamente sordo. Non ero in grado di muovere un solo muscolo. Vedevo soltanto Alice agitarsi per la camera, mentre con la mano destra reggeva il cellulare.

Stava forse chiamando un'ambulanza o addirittura suo padre?

Fu quando vidi Jenny sull'uscio della porta che mi resi conto che non potevo rimanere immobile come un cretino. La piccola era in lacrime ed era una cosa concepibile del resto. Ros aveva macchie violacee sparse lungo le braccia ed il vestito era leggermente strappato lungo la linea del suo corpo. Percorsi con le dita della mano la sua immagine, partendo dal volto fino al suo ventre. Chiamai in svariati sussurri invani il suo nome, mentre le mie lacrime cominciarono ad uscire dai miei occhi, finendo per bagnare le sue guance. Quando le mie dita si fermarono sul suo ventre, percepì qualcosa di caldo e di umido scivolare sulle mie dita. Fu soltanto allora che mi resi conto che il vestito bianco era bagnato dal colore del suo sangue, in una ferita che le rovinava il suo corpo perfetto.

Il respiro cominciò a diventare sempre più affannoso, e la mia voce, che la richiamava da quel sonno profondo diventò un urlo infernale.

Alzai lo sguardo soltanto allora verso Jenny che si trovava ancora nella stessa posizione di prima, completamente paralizzata. E le urla che riservavo a Rosalie vennero indirizzate alla piccola di casa Hale:

« Ti ho detto di startene in cucina! Vattene da qui, cazzo! »

Scoppiò in lacrime lasciandosi uscire qualche gridolino, forse per la disperazione. Fu allora che Alice interruppe la chiamata e, sfortunatamente, cominciai a prendermela con lei:

« Quando cazzo hanno intenzione di venire?! »

« Jasper calmati, arriveranno fra pochi minuti.. »

« Calmarmi?! Hai visto com'è ridotta?! Giuro che quel vigliacco la pagherà cara! »

Capì che Alice aveva intuito a chi mi stessi riferendo. Le avevo confessato questo problema che aveva mia sorella col suo pseudo fidanzato. Lei a stento tratteneva le lacrime, ma la mia rabbia sembrava ricevere soddisfazione soltanto quando urlavo contro qualcuno.

« Porta fuori quella mocciosa cazzo! »

Poi non parlai più con nessuno. Continuai ad urlare il nome di Rosalie, appoggiando la mia fronte contro quella di Rosalie, lasciando che le lacrime uscissero senza problemi. Non so quanti minuti passarono, ma dopo un po' Alice ritornò in camera seguita da degli uomini con una barella. Ali mi si avvicinò e con un tono di voce autoritario mi ordinò di allontanarmi per lasciar spazio agli uomini. Mi costrinse ad uscire dalla camera e per qualche secondo, vidi la maschera d'ossigeno che intrappolò il volto di Rosalie. Avevo le mani colme di sangue, non soltanto il mio dovuto alle schegge di vetro, ma anche quello di mia sorella che sembrava pesasse più del solito, facendomi capire il peso di quel momento

Fu allora che ritornò quella sensazione di vuoto, come se non sentissi più nulla. Sentivo Alice dirmi di muovermi, che dovevo scendere, che sarebbe andato tutto bene, ma era come s non sentissi nulla. Così mi strattonò e mi fece scendere in salotto dove ad aspettarmi c'era Jenny seduta sul divano con un peluche stretto fra le sue braccia. Alice le andò affianco accarezzandole il capo e consolandola un po'. Era lei che riusciva a mantenere il controllo di sé stessa in quella circostanza. Io ero completamente spaesato.

Mi avvicinai anche io, sperando di vedere un sorriso in mia sorella. Ma lei manteneva il volto inchiodato verso terra, come se avesse paura di vedermi. Alice tutto ad un tratto schizzò verso le scale, seguita a ruota da suo padre. In un certo senso fui leggermente sollevato ma.. Non lo ero del tutto.

Mi abbassai sulle gambe e non curandomi del fatto che potessi sporcare di sangue la mia sorellina, le alzai il volto, stampandole un bacio sulla fronte, lasciandomi sfuggire altre lacrime che si unirono alle sue. Lei alzò leggermente le mani, afferrando il collo regalandomi un abbraccio.

Raccolsi tutto l'ossigeno e la forza necessaria, e cercando di mantenere un timbro piuttosto fermo mi sforzai di dirle:

« Te.. Te lo prometto. Andrà tutto bene.. »

E per evitare che l'immagine del mio volto in lacrime potesse dire ben altro, balzai in piedi, correndo fuori da quella casa.

 

 

Le mie gambe correvano senza perdere un colpo, non permettendosi nemmeno per un istante di diminuire la velocità. Avevo un unico scopo, e finché non lo ebbi raggiunto, continuai a mantenere costante la velocità e l'intensità delle mie falcate. La sua casa distava ad una decina di minuti a piedi, se non qualcosa di più. Conoscevo perfettamente il percorso da fare, soprattutto perché la sensazione di nausea che mi avvolgeva quando percorrevo quelle strade era inconfondibile, tanto da rendere tutto indelebile nella mia mente.

Le nuvole ormai avevano coperto il cielo di un grigiastro carico di pioggia, che proprio in quel momento, cominciava a scendere delicatamente sull'asfalto e sul mio corpo. No, nemmeno l'acqua mi avrebbe fermato. Nemmeno Alice se fosse venuta. Nemmeno Rosalie se fosse stata in grado di reggersi in piedi. Nessuno questa volta mi avrebbe fermato. Avrei fatto ciò che da tempo avrei voluto fare.

Quando arrivai davanti alla sua villa, arrestai immediatamente la corsa, rimanendo a fissare la facciata fin troppo appariscente per i miei gusti. Sembrava quasi che in ogni singolo aggeggio, volesse dimostrare quanti soldi avesse ma soprattutto, quanto potere possedesse.

Nel momento esatto in cui scavalcai la recinzione che circondava quella casa, ormai i miei vestiti erano zuppi dalla pioggia. Sentivo le gocce d'acqua scivolare sul mio volto, fino ad intrufolarsi dietro la mia schiena. Camminai verso la porta d'ingresso, con passo lento, come a voler controllare la rabbia che avevo in corpo. Non so che cosa stessi pensando di preciso. Era come se il mio corpo decidesse cose a me ignote, cose che non avevo nemmeno il tempo materiale per pensarle. Una marionetta governata da chissà quale forza invisibile.

Afferrai con le mani una pietra che non faceva altro che delimitare un'aiuola curata nei minimi particolari e senza preavviso, la scaraventai contro una delle finestre sul piano terra, in modo da aprirmi un varco per entrare in casa dato che la porta era chiusa. Quando misi le mani sulla finestra per entrare, percepì le schegge di vetro conficcarsi nella pelle, ma non m'importava di sentire dolore. Non appena entrai, un conato di vomito mi assalì, non so se per la sensazione di dolore che percepivo o se per l'odore di quel verme che riecheggiava nell'aria.

« Che sta succedendo? »

La voce terrorizzata di una donna mi fece voltare verso di lei. Appena mi voltai fece un sussulto e forse il suo intento era quello di chiamare la polizia, se non fosse stato per la bestia che la fermò. Mi guardava dritto negli occhi, come se avesse appena visto una scena inaspettata. La donna guardò la scena sbigottita, indugiò per qualche minuto, fino a scomparire definitivamente dopo aver ricevuto l'ordine dal padrone di casa.

« Non ti aspettavo così presto.. »

Disse lui sorridendo sotto i baffi.

« Certo, mi aspettavo una tua visita ma.. Non dovresti essere in ospedale con la tua cara sorellina? »

Si avvicinò al ripiano cucina afferrando un bicchiere e versandoci dentro un alcolico che non ebbi la capacità e la freddezza di leggerne il nome. La puzza d'alcol era ben marcata nell'aria.

« Vuoi sapere perché? »

Non rispondevo a nessuna delle sue frasi tanta era la rabbia. Rimanevo a fissarlo in cagnesco, sentendo l'adrenalina spargersi per tutte le braccia. La mascella era ben serrata, tanto che sentivo i denti far male.

« E' stato ieri sera, quando siete scesi da quella Jeep. Lei guardava quel ragazzo con uno sguardo che a me non aveva mai riservato.. »

Corrugai leggermente la fronte cercando di materializzare l'immagine di Ros che scende dall'auto regalando un bacio ad Emmett. E poi i fari di un'auto diversa che si riflettevano contro la facciata di casa. Tutto era più chiaro. Fin troppo chiaro.

« E' successo! »

Sorrise alzando leggermente il braccio, finendo il contenuto che aveva nel bicchiere lasciandolo poi scivolare nel lavandino creando un tonfo fastidioso.

« Alla fine è così che va a finire, tutti hanno ciò che si meritano.. »

Si avvicinò a me, finendo a pochi centimetri dal mio corpo. Il suo alito pesante sbatteva contro il mio volto, marcando ancora di più la sua vicinanza alla mia. Cercai di mantenere i nervi saldi, affondando le dita nei palmi delle mani, sentendo il bruciore delle mie unghie scontrarsi col sangue che piano piano stava per coagularsi. Fu soltanto quando scoppiò a ridere che la mia freddezza si lasciò sciogliere nel calore della rabbia che percepivo. Lo guardai dritto negli occhi e a denti stretti sputai la condanna che gli avevo riservato:

« Marcisci all'inferno Royce! »

E senza farmelo ripetere due volte, gli scaraventai un pugno in pieno volto. Sentì la cartilagine del suo naso, sgretolarsi contro le nocche della mia mano. Fu una sensazione di sollievo quasi, era da anni che non desideravo altro che spaccargli quel faccino fin troppo perfetto. Ma la soddisfazione non era stata eguagliata al mio senso di vendetta che percepivo nel mio corpo. Non bastava un solo pugno per fargli passare lo stesso dolore che aveva fatto passare alla mia Rosalie.

Senza aspettare che si drizzasse in piedi, gli lanciai un calcio in pieno stomaco mentre la rabbia si trasformò in parole urlate.

« Pagherai per tutto il male che lei hai fatto! »

Ma non era un coglione, non completamente. Così senza darmi la possibilità di reagire, mi si lanciò contro facendomi cadere a terra. Sbattei la testa sul pavimento e la testa cominciò a girarmi nuovamente. Ma non potevo dargliela vinta, doveva soffrire ancora, ancora ed ancora.

Mi alzai in piedi reggendomi alla prima sedia che avevo lì vicino e senza troppi complimenti, sferrai un altro pugno a Royce che cercò di alzarsi in piedi ma invano. Non appena toccò terra, raccolsi le mie forze, ed afferrandolo dal colletto della maglia, lo rialzai in piedi inchiodandolo al muro. I suoi occhi mi guardarono, e per una strana ragione, ebbi la sensazione che una luce di terrore gli attraversasse anche l'angolo più remoto del suo corpo.

Le mie mani formarono altri pugni e senza darmi tregua cominciai a sferrargli una miriade di pugni. Dove capitava, non avevo un punto ben preciso. Sul volto, sullo stomaco, non m'importava: volevo soltanto che soffrisse come non aveva mai sofferto prima di allora.

Passarono i minuti e cominciai a sentire le mani indolenzite ma era come se la vendetta non fosse sufficiente. Fuori la pioggia continuava a cadere creando un rumore quasi fastidioso quando sbatteva contro i vetri della finestra. In quel momento la porta d'entrata si spalancò e delle mani afferrarono le mie braccia tirandomi all'indietro mentre vedevo Royce appoggiarsi al ripiano della cucina alla ricerca di un po' d'ossigeno. Cercai di liberarmi da quelle mani, ma le forze cominciarono a mancarmi e senza porre altra resistenza mi voltai guardandomi le spalle e quando vidi il suo volto in lacrime capì che dovevo smetterla.

« Smettila ti prego! Smettila! »

« Che.. Che ci fai qui? »

Non rispose alla mia domanda, ma semplicemente si catapultò fra le mie braccia, appoggiando il suo volto contro il mio petto. Sentì i suoi singhiozzi fargli sussultare il suo corpo, che con movimenti regolari si scontrava sempre di più sul mio. D'istinto come per consolarla, avvolsi le mie braccia attorno al suo esile corpo, cercando di placare leggermente quei sussulti che non facevano altro che straziare il mio animo.

Tutto ad un tratto fu come se venissimo catapultati da un'altra parte, solo io e lei. Nessun altro. Nessuna bestia lì al nostro fianco, nessun problema a casa, soltanto noi due e nessun altro.

« Scusami.. »

Le sussurrai all'orecchio. Fu come se quella parole fosse sufficiente per farle acquistare coraggio. Alzò il volto ed accarezzando il mio, mi domandò se stessi bene. Tutto sommato non ero poi messo così male. Sicuramente il verme che avevamo al nostro fianco era messo peggio.

« Come sta lei? »

Alice non riuscì a rispondere alla mia domanda, perché dopo pochi istanti la porta di casa si spalancò, mostrando la figura di Carlisle seguito a ruota da Edward e da altri due uomini. Corrugai la fronte guardandoli. Che diavolo ci facevano lì?

Alice probabilmente era riuscita a collegare tutto quanto, e come al suo solito era riuscita ad anticipare tutto chiamando chi meglio poteva occuparsi della situazione.

Ma se tutto sembrava aver preso una conclusione, quella piccola distrazione mi costò parecchio. Un rumore metallico catturò la mia attenzione e quando mi accorsi del pericolo, spinsi lontano il corpo di Alice che ancora stringevo fra le braccia. Raccolsi tutte le forze necessarie per bloccare l'attacco di Royce e, stringendo i denti, raccolsi gli ultimi granelli di energia per toglierli l'arma che stringeva fra le dita. Aveva subito più colpi rispetto a me, quindi mancava di forza. Riuscì a conficcare nello stomaco la lame con la quale Royce King voleva colpirmi senza porre resistenza alla sensazione di vendetta, senza porre resistenza alle suppliche di Alice di lasciarlo stare.

Ormai era troppo tardi.

 

 

 

Saaallve a tutti! Oddio, secondo me non sarà rimasto nessuno dopo questa mio lungo mutismo.. Ma va bé la speranza è l'ultima a morire no? :)

Come mai tutta questa assenza? Bé.. Semplice blocco mentale -.- ero arrivata ad un punto del capitolo che proprio non riuscivo a sbloccarmi.. Tanto che avevo scritto altri 3 capitoli, ma nemmeno quelli mi convincevano e li ho cancellati... Va bé speriamo di rimediare!

Che dire.. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che ci sia ancora qualcuno che abbia la buona volontà di leggere e magari di darmi qualche consiglio su come migliorare e... Ah! Rivolgo un pensiero a tutti quelli che purtroppo sono stati coinvolti nel terremoto.. Di preciso non so cosa si possa percepire ma.. Spero che tutto si possa risolvere nel migliore dei modi :)

 

Risposte recensioni:

@alice cullenhales nlgdr ciao cara! Spero di sentirti ancora e di sapere che cosa ne pensi di quest'ultimo capitolo ;)

 

@Mary_ Mamma mia quanto tempo! ** Mi fa piacere, mooolto piacere di sentirti ancora! E magari di sentirti anche in futuro ;) So che questa mia assenza non aiuta con la storia ma.. Sai quando perdi un po' la passione? Non solo per Twilight ma anche nello scrivere.. Ecco mi è successo una cosa del genere :) Spero di sentirti presto, intanto ti mando un grosso abbraccio!! ;) Grazie cara!

 

@EDVIGE86 Ciao caraa!! Grazie per aver recensito lo scorso capito :) Anche a te chiedo scusa per non aver aggiornato ma, come ho già detto, il blocco gioca brutti scherzi.. Spero comunque di non aver perso la mia fedele recensitrice :)

Per il resto tu come stai? Tutto bene?? :)

Ti spedisco un mega abbraccio e grazie ancora se leggerai ancora la mia storia altrimenti, grazie comunque ;)

 

@Tutti, grazie a tutti quelli che leggeranno questo capitolo! Spero che possa piacere e se magari volete lasciare qualche commento (anche per aiutarmi a migliorare) sono ben accetti :) In caso contrario non importa e grazie comunque a tutti quanti ;)

 

Fra!

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Capitolo 23
*** Capitolo 21. ***


Capitolo 21.

 

Il rumore assordante di quel martello di legno mi fece sobbalzare per l'ennesima volta. Erano tre giorni che non riuscivo a chiudere occhio, tre giorni da quando Royce se ne era andato per sempre dalla mia vita. Ora ero decisamente sollevato, anche se poteva sembrare un pensiero piuttosto maligno.

Ros ovviamente non sapeva della morte di quel verme. Non tanto perché non desideravo dirglielo, ma perché per quanto fossero passati ben tre giorni, non era ancora in forze per affrontare una conversazione. Il primo giorno di guarigione era stato tremendo: non apriva gli occhi e non rispondeva a nessuno stimolo. Il secondo invece avevamo visto qualche miglioramento: aveva aperto i suoi occhi azzurri e a fatica, era riuscita anche a regalarmi un sorriso che aveva mi aveva scaldato il cuore.

Passavo giorno e notte accanto a quel letto d'ospedale, mentre la madre di Alice, Esme, si era presa l'incarico di curare mia sorella Jenny. Le fui grato, e gliene sarei stato per l'eternità. Ogni tanto, per staccare la spina per qualche ora, andavo a trovarla a casa Cullen, ma dopo quella pausa, prontamente tornavo in ospedale.

Per quanto mi riguardava il mio periodo scolastico era finito. Non avevo intenzione di tornare a scuola, volevo stare soltanto accanto a Ros. Anche Alice sfiorò la mia stessa idea, ma grazie ad una buona dose d'autorità e grazie a tutti quelli che le volevano bene, eravamo riusciti a convincerla a proseguire. Certo, si sarebbe presa qualche giorno di tranquillità, ma non avrebbe mollato e si sarebbe diplomata come da programma.

« Jasper? Tutto bene? »

La mano calda di Carlisle mi scosse leggermente la spalla, facendomi riaprire gli occhi che ad ogni istante, cercavano di chiudersi.

« Sì, sono solo un po' stanco.. »

Risposi abbozzando ad un sorriso, sistemandomi meglio su quella sedia che tutto ad un tratto era diventata di una scomodità assurda.

La stanza dove mi trovavo era piuttosto grande, ma all'interno non vi erano molte persone. Forse una ventina in totale, se non di meno. Al centro di tutto vi erano due uomini che, ad alternanza, parlavano e discutevano a gran voce gesticolando spesso e volentieri. Io ero troppo stanco per capire ogni singola parola, ma sapevo di cosa stavano parlando: dell'omicidio che era accaduto.

Carlisle aveva rintracciato all'istante il suo fedele avvocato, in modo che potesse darmi una mano. Ed io ero devoto nuovamente a quella famiglia che, come un figlio loro, cercava sempre di aiutarmi in qualsiasi cosa.

Passò una mezzora, poi finalmente ci dettero qualche minuto di riposo. Non era stressante solo per me, ma anche per l'avvocato che doveva rimanere ben concentrato. Anzi, forse la pausa era solo per lui dato che io non avevo seguito nemmeno una parola. Non appena il giudice si alzò io feci altrettanto e voltandomi verso Carlisle, gli dissi:

« Vado a chiamare Rosalie per sentire come sta.. »

« Non penso proprio! Dobbiamo discutere della faccenda! »

Sgranai gli occhi voltandomi verso l'avvocato Flynn, cercando di comprendere le sue parole. Se fosse stato per me gli avrei risposto a tono dato l'alto livello del mio stress, ma Carlisle mi precedette.

« Vedi Jasper, la faccenda sta diventando più delicata del previsto.. »

« Non.. Non capisco.. »

Ed era la pura verità. La mancanza di una bella dormita mi faceva capire tutto in maniera rallentata.

« L'accusa ha deciso di aprire un fascicolo contro di te e di accusarti per omicidio colposo di primo grado.. »

Questa volta fu Billy Flynn a rispondere alla mia domanda, lasciandomi completamente spiazzato. Io? Un assassino? Non mi vedevo in quella maniera, anche se la morte di Joseph a parer mio era più che giusta. I due al mio fianco cominciarono a parlare fra di loro mentre la mia testa andò completamente in tilt. La stanza cominciò a girarmi, tanto che dovetti sedermi per non perdere completamente i sensi. Appoggiai i gomiti sul tavolo, sorreggendomi la testa con i palmi delle mani. Avrei voluto scomparire tutto ad un tratto, tornare indietro di qualche ora e tornare accanto a mia sorella, mentre con la mano stringevo quella di Alice che mi avrebbe dato maggior coraggio.

I due smisero di parlare tutto ad un tratto, ma fu lo schiarirsi della voce dell'avvocato che catturò la mia attenzione. Carlisle, clemente come al solito, ripeté la domanda che però io non avevo sentito:

« Cosa vuoi fare? »

Scappare?

No, non potevo scappare dai miei problemi. Ma c'era una cosa che volevo fare in quel momento. Volevo stare accanto a mia sorella per vegliarla giorno e notte. Ma c'era un'altra cosa che desideravo: il coraggio e la forza di proseguire ed affrontare il tutto a testa alta. Così alzai il volto verso di loro e raggruppando tutta la lucidità possibile risposi:

« Chiamate Alice.. »

 

 

Odiavo sentirmi gli occhi addosso. Mi mettevano a disagio e se avessi avuto la possibilità di scegliere, avrei preferito rimanermene in un angolo lontano da tutti. Ma quando il giudice pronunciò la parola “imputato”, capì che era arrivato il momento peggiora da quando avevo messo piede in quel tribunale. Il banco dei testimoni era ancora più scomodo rispetto alla sedia su cui ero appoggiato poco prima, e gli occhi della gente sembravano trapanarmi il corpo da quanto sembrava affilati ed attenti. Voglio sparire, voglio sparire.

« Proceda pure avvocato Casley.. »

La voce annoiata del giudice mi fece rialzare il capo dritto davanti a me, verso l'uomo che da lì a qualche minuto, sarebbe diventato il mio peggior nemico di sempre. Con passo deciso si avvicinò a me, inchiodando i miei occhi. Mi sentì un verme.

« Dichiari le sue generalità prego. »

Che bisogno c'era? Sapeva benissimo chi fossi!

Esitai qualche istante finché non risposi.

« Jasper Whitlock Hale, signore.. »

Non avevo mai sentito la mia voce così debole e insicura. Forse era colpa del sonno o semplicemente mi sentivo intimorito da quel luogo?

« Signor Hale, vuole dire alla corte che cosa è accaduto il giorno dell'omicidio? »

E come se avessi premuto nuovamente il tasto play, raccontai le stesse cose che dichiarai il giorno stesso dell'omicidio alla polizia che venne a casa King.

La presi un po' alla lunga, raccontando non solo che trovai mia sorella in una pozza di sangue nella sua stanza da letto, ma che l'ormai morto Royce King era solito abusare di lei, farle del male anche nel peggiore dei modi.

« ..Così quando mi sono assicurato che i medici fossero arrivati, sono corso a casa Royce per guardare con i miei occhi l'uomo che le aveva fatto del male.. »

Provai a proseguire ma l'avvocato m'interruppe ponendomi una domanda.

« E sua sorella che cosa le aveva detto quando l'ha soccorsa? »

E' stupido o cosa?

Sbattei più volte le palpebre degli occhi domandai seriamente se si era fumato qualcosa quell'avvocato. Con la coda dell'occhio vidi Billy serrare la mascella ed io, senza nemmeno pensarci due volte risposi:

« No signore, Rosalie aveva perso coscienza.. »

« Quindi lei mi sta dicendo che è corso a casa King senza nemmeno avere la conferma che fosse lui il colpevole, l'uomo che ha abusato di lei? »

Corrugai la fronte rimanendo con le labbra semiaperte. Riuscì a zittirmi per una manciata di secondi: mi stava imbrogliando con le mie stesse parole.

« Non.. Non capisco.. »

« Lei ha commesso un omicidio intenzionato contro un uomo che, secondo le sue supposizioni, doveva essere l'aggressore di un suo familiare, senza prove né nulla. »

Questa volta non era una domanda, ma una frase decisa che mi spiazzò all'istante. Ma non demorsi, e prima che potesse aggiungere qualcosa, alzando un po' il tono della voce ed acquisendo un po' di coraggio dissi:

« Non.. Non volevo ucciderlo.. E' stata legittima difesa.. »

« E quindi lei vorrebbe insinuare che, consapevole di ciò che faceva a sua sorella, non ha mai avuto l'idea di ucciderlo? Di fargli pagare ciò che aveva commesso? Vuol forse dire che non l'ha mai minacciato o semplicemente pensato di farlo fuori? »

Il suono della voce di quell'avvocato spazzò via quel briciolo di coraggio che ero riuscito a guadagnarmi qualche secondo prima. Puntava il dito contro di me, e ad ogni domanda, sembrava di subire una pugnalata nello stomaco. Non sapevo che rispondere o meglio, non avevo la prontezza nei riflessi per poter rispondere in maniera diplomatica. Fortuna che il mio avvocato mi venne in contro:

« L'accusa suggerisce la tesi! »

« Accolta.. »

L'avvocato Casley si allontanò dal bancone da dove. Aveva un sorriso furbo stampato in faccia. Cominciava a farmi paura tutta quella situazione. Si appoggiò al tavolino dietro di lui, quando incrociò le braccia guardandomi in faccia.

« Bene signor Hale, ricominciamo. Dal principio.. »

Feci in tempo soltanto a guardare di sfuggita lo sguardo in pensiero della mia dolce metà che, esattamente come me, non vedeva l'ora di andarsene da quella stanza.

 

 

Il ritorno in macchina fu piuttosto silenzioso. Carlisle guidava l'auto, mentre Alice si trovava dietro di me e, senza dire nulla, semplicemente mi stringeva la mano, lasciandomi addormentare quando le palpebre non riuscivano più a rimanere aperte. Mi svegliò soltanto una volta, quando ci fermammo a trovare Rosalie. Sfortunatamente stava dormendo ed io non ebbi il coraggio di svegliarla. Sicuramente mi avrebbe chiesto dove fossi stato tutto quel tempo, e raccontarle l'orribile discussione che avevo avuto con l'avvocato Casley non era di certo al top della lista delle cose da raccontarle.

Così tornammo a casa, o meglio, quella che da qualche giorno era diventata la nostra nuova casa. Cullen e Hale in una stessa abitazione, fra le stesse mura.

Non appena entrai in casa, una sensazione di sollievo mi pervase facendomi sentire decisamente meglio. Il tutto fu aiutato dal tempestivo arrivo di Jenny che, come se mi stesse aspettando da chissà quanto tempo, mi raggiunse circondando parte del mio corpo con le sue braccia fragili. Con la coda dell'occhio vidi Carlisle e sua moglie congedarsi in cucina, mentre dal salotto sbucò Emmett col suo solito ed immancabile sorriso che sfoderava quando si trovava accanto a mia sorella Jenny.

« Ecco dove t'eri cacciata! »

Esclamò correndole incontro. Lei prontamente scappò via ridendo, fuggendo dalle grinfie del grande orso sempre allegro. Ma la verità era che dietro a quel sorriso, Emmett celava una grande preoccupazione, in primis per mia sorella Ros. Diceva che non voleva far sentire a disagio la piccola, ma non poteva nascondere gli occhi lucidi e la rabbia che lo avvolgevano quando andavo a trovare mia sorella all'ospedale.

Senza dire nulla, abbozzando soltanto ad un sorriso, presi le scale che portavano al piano superiore, dove Esme mi aveva sistemato le mie cose nella camera di Alice. Una volta entrato mi lasciai cadere sul letto ormai distrutto e sfinito.

Passarono un bel po' di minuti prima che Alice aprisse nuovamente quella porta e si avvicinasse a me. Da quanto ero stanco non riuscivo a capire se stavo meglio con o senza di lei. Nemmeno quando avvolse le sue braccia attorno al mio corpo sentì qualche differenza. Quei pochi istanti di silenzio parvero un'eternità. C'era una strana sensazione nell'aria, difficile da comprendere cosa fosse di preciso. Non altrettanto difficile capire che non era una bella sensazione.

« Fra pochi minuti la cena è pronta.. Se te la senti.. »

Alice allontanò le sue braccia dal mio corpo, alzandosi in piedi ed uscendo soltanto dopo avermi lasciato un bacio sulla guancia. Solo allora capì che quelle braccia calde erano un toccasana e che mi proteggevano dal freddo della sconsolazione.

Senza fiatare né dire nulla seguì Alice, trascinandomi giù dalle scale verso la cucina, dove tutti quanti, compreso Edward era seduto attorno ad un tavolo bandito da una marea di cose. Stuzzichini, contorni, le famose lasagne di Esme,.. c'era ogni bene di Dio.

Durante la cena vi era fin troppo silenzio. Nessuno aveva il coraggio di parlare o di dire qualcosa e forse, grazie a quell'atmosfera oltre che alla situazione, lo stomaco si chiuse ancora di più lasciandomi completamente a stomaco vuoto. Man mano che i minuti passarono, uno ad uno tolsero i propri piatti dal tavolo quando ebbero finito, lasciando la stanza vuota, soltanto con me, Alice, Carlisle ed Esme.

Fatalità.

« Non ci sono giri di parole per dire che non si tratta di una bella situazione.. »

Carlisle parlò subito dopo qualche secondo. Ma non ricevette risposta da nessuno dei tre.

« Billy mi ha detto che farà di tutto per diminuire il più possibile la pena.. »

« Cosa? »

Rialzai lo sguardo di scatto, esclamando quella parola senza nemmeno accorgermene. Sentì la mano di Alice afferrarmi il braccio e stringermelo dolcemente, come a voler sbollire la rabbia che sembrava per esplodere dalle mie vene. Carlisle deglutì a fatica e guardandomi dritto negli occhi proseguì:

« Jasper. Continuano a marcare sul fatto che tu hai commesso un omicidio senza averne la certezza esatta e poi.. Negli ultimi minuti hanno anche cominciato a varcare la soglia del “violazione di domicilio”. »

La testa cominciò a girarmi quando tutto sembrò molto più nitido.

« E.. quanto sarebbe la pena per.. Per la violazione di domicilio? »

Le parole uscirono a fatica e la presenza di Alice sembrò ancora più confortante. Ma non del tutto..

« Da uno a cinque anni.. »

Ora tutto cominciò a girare come se fossi appena sceso da una montagna russa. Mi lasciai sfuggire un gran sospiro che mi tolse tutto l'ossigeno dai polmoni. Caddi all'indietro, appoggiando la schiena allo schienale della sedia su cui ero seduto. Tutto ad un tratto sembravo assente. Sentivo a malapena la voce di Carlisle e di Esme che mi dicevano che mi sarebbero stati vicini sempre e comunque. Che mi avrebbero aiutato sempre e comunque. Tante belle frasi, che però non riuscivano a confortarmi.

Continuarono per un bel po' di minuti ed io rimasi fermo immobile ad ogni parola. Quando sentì nuovamente il silenzio, sfoderai il mio falso sorriso e con tanta finta convinzione, tanto che mi convinsi quasi da solo, risposi:

« Sì, avete ragione. Andrà tutto bene.. »

Andrà tutto bene cosa?

Me ne sarei andato da loro, da Jenny, da Rosalie, da quella donna che era riuscita a farmi perdere la testa. Come e cosa avrei fatto senza di loro? Erano la mia nuova famiglia e l'idea di perdere l'ennesimo pilastro della mia vita mi rendeva sconsolato e disperso in un mare di tristezza.

Ma se tutto questo era conseguenza della morte di quel verme, non potevo non ammettere che lo avrei rifatto un'altra volta se fosse stato necessario. Mio sorella non poteva essere trattata in quella maniera.

« Ora scusatemi, ma sono un po' stanco.. »

E così dicendo, sforzandomi di mantenere quel finto sorriso, mi congedai da loro ritornando in camera.
Passarono i secondi, i minuti e le ore. Ormai era ora di andare a letto per Jenny e come al mio solito, passai da camera sua quando già era caduta nel mondo dei sonni. Dormiva profondamente, con un sorriso da invidia stampato sul volto. Le accarezzai i capelli dorati inebriandomi del suo profumo. Quanto mi sarebbero mancate tutte queste azioni di routine?

L'ultima volta che mi ero allontanato per qualche giorno da lei, fu quando passai qualche giorno ad Aspen con la scuola, con Alice.

Alice.

Ecco l'altra persona che più mi sarebbe mancata. Avevo appena trovato la mia anima gemella, e già dovevo andarmene da lei. Mi sarei allontanato dalla sua voce perfetta, dal suo dolce profumo, dalla sua risata cristallina. E lei? Mi avrebbe aspettato per sempre? Oppure no? Mi sarebbe stata accanto come anima gemella o come amica?

Scossi la testa spazzando via quelle orribili idee che mi si stavano materializzando in testa. Uscì dalla camera dove si trovava Jenny e lentamente tornai nella mia nuova camera. Fu lì che la trovai. Aveva il volto rivolto verso la finestra che dava sul bosco che circondava casa Cullen. Mi dava le spalle e le sue braccia erano incrociate in avanti. Chiusi delicatamente la porta facendo il minimo rumore ed altrettanta attenzione impiegai quando mi mossi verso di lei. Dio solo sapeva quanto mi sarebbe mancata.

Allungai le braccia e con delicatezza le cinsi il corpo stringendolo al mio petto. Fu allora che grazie al riflesso del vetro, scheggiato dalle gocce di pioggia, vidi il volto di Alice bagnato dalle lacrime che le rigavano il volto. Insieme, tirammo un sospiro, come se soltanto quel tocco fosse bastato per creare un piacere in un momento così buio.

Non avevamo passato molto tempo insieme io e lei. Qualche mese, nemmeno un anno, ma una cosa avevo capito: a volte non ci servivano parole per capire ciò che l'altro pensava o ciò che l'altro volevo fare. Era come se quel silenzio che regnò fra di noi, fosse un dialogo di consolazione e di disperazione a volte rivolti nei miei confronti, a volte rivolti nei suoi.

Si voltò soltanto dopo qualche minuto, e come un lampo, alzò le mani sul mio volto ed unì le mie labbra con le sue. Sentivo le sue lacrime bagnare il mio volto e tutto ad un tratto non capì se si trattassero soltanto delle sue.

« Non ti lascerò.. »

Sussurrò quelle parole allontanandosi di qualche millimetro dalle mie labbra. Sorrisi appena, rendendomi conto che grazie a lei, era riuscita a cancellare parte di una mia grande preoccupazione.

« Posso capirti se lo farai.. »

« Non puoi pensarlo sul serio.»

Si allontanò leggermente dalle mie braccia fissandomi negli occhi per qualche secondo. I suoi occhi blu contro i miei, due fari accesi che sembravano analizzare qualcosa di sconosciuto.

« Alice.. »

« Non posso crederci! »

Si allontanò definitivamente dalle mie braccia, portandosi le mani fra i capelli ed esclamando quelle parole con, forse, fin troppa energia dato l'orario. Le lacrime uscirono maggiormente e le sue gambe sembravano non aver sosta. Continuava a camminare avanti e indietro per la stanza come se non avesse tregua.

« Lo hai pensato seriamente! Come hai potuto farlo? Come hai potuto anche solo pensarlo?! »

« Alice ti prego.. »

Mi avvicinai a lei allargando leggermente le braccia, invitandola a placare quella voce fin troppo alta e a finire quella stupida litigata che stava prendendo piede. Ma fu del tutto inutile.

« No Jasper! E' vero! Sarà dura, difficile da superare, ma non credere che non ci proverò e che mi arrenderò al primo ostacolo.. »

Le ultime parole persero un po' il timbro della voce perché sommerse dalla sofferenza del suo pianto. Tentò di nasconderlo portando i palmi delle mani sui suoi occhi, ma non era possibile spazzare vie quelle gocce salate. Fu allora che mi avvicinai a lei e la strinsi fra le mie braccia, accogliendo quel fragile corpo scosso dal pianto che l'avvolgeva. Appoggiai il mento sulla sua spalla, accarezzandole la schiena col palmo della mano.

« Dimmi che vuoi restarmi accanto.. »

« Lo desidero.. »

Non aspettai molto a rispondere a quella sua frase. Era la verità, desideravo che stesse con me anche se io fossi stato dall'altra parte del mondo. Dopo qualche minuto si allontanò definitivamente, asciugandosi le ultime lacrime che le scendevano dal volto.

« E' meglio che vada.. Si è fatto tardi e domani.. Devi svegliarti presto.. »

Tentò di illudermi con un sorriso, che assomigliava tanto a quello che avevo sfoderato io con Carlisle ed Esme. Si alzò sulle punte, lasciandomi un bacio a stampo sulle labbra mentre sussurrò:

« Cerca di dormire il più possibile.. »

Ma tutti e due sapevamo che era impossibile. Non sarei riuscito a dormire nemmeno bevendo un sonnifero. Troppa tensione, troppa rabbia, troppa malinconia. Sarei rimasto per chissà quanto tempo senza di lei, non poteva finire così!

Sentì la porta aprirsi e come un fulmine feci un passo verso di lei afferrandole delicatamente il braccio richiamandola:

« Alice.. »

I suoi occhi ancora umidi mi fissarono come a volermi chiedere che cosa volessi. Appoggiai la mano che le stringeva il braccio sulla porta, chiudendola facendo una lieve pressione. E mentre la mia mano chiuse la porta, il mio corpo si appoggiò dolcemente contro il suo quando le mie labbra si unirono nuovamente alle sue, questa volta con più armonia, con più fluidità, con più passione.

Le sue mani si aggrapparono al mio collo, accarezzando ogni centimetro della mia pelle. Mi allontanai dalle sue labbra soltanto dopo qualche secondo giusto per prendere respiro. I miei occhi si riflettevano contro i suoi da quanto eravamo vicini, uniti.

Sapevo che cosa desiderasse, lo sapevo perché era lo stesso desiderio che sentivo in me. Ma era come se non volesse osare troppo, come se non volesse varcare un confine invalicabile. Ma quel limite non esisteva. Così presi forza e coraggio, ed abbassandomi leggermente sulle gambe, sollevai il suo corpo costringendola ad incrociare le sue gambe attorno ai miei fianchi. I miei occhi, nemmeno per un istante si staccarono da suoi. Soltanto quando mi ritrovai al bordo del suo letto, chiusi nuovamente gli occhi quando le nostre labbra si riunirono come se fossero passati anni dall'ultima volta che si sono incontrate.

Delicatamente adagiai il suo corpo sul materasso, facendo ben attenzione a non staccare l'unione creata dalle nostre labbra. Le sue mani cominciarono a lasciare una scia di calore su ogni tratto della pelle che riuscivano a sfiorare. Il movimento delle sue labbra era come se riuscisse a donarmi un senso di pace, come se riuscisse a completarmi sempre di più, ad ogni spostamento.

Quando meno me l'aspettai, sentì le sue mani scivolare sulle mie spalle fino al mio petto, dove cominciò a sbottonare i bottoni della camicia che indossavo, uno ad uno. Quando anche l'ultimo fu slacciato, le mie mani avevano già cominciato a sfiorarle i fianchi, sfilandole definitivamente la maglia quando le mie mani sembravano due torce di fuoco. Con mio grande stupore, riuscì a sfilarle anche i jeans con estrema facilità. Fui sorpreso, perché mi rendevo conto di quanto stessero tremando le mie mani dall'emozione di essere lì, accanto a lei.

Tutto ad un tratto il suo profumo divenne più intenso e, come se ne avessi bisogno per sopravvivere, ne cercai ancora ed ancora. Fu così che affondai il mio volto nell'incavo del suo collo, inebriandomi completamente di quel dolce profumo, sfiorando con le labbra pelle che prima di allora non avevo mai sfiorato con cotanta convinzione.

Forse per il suo respiro che diventò affannoso esattamente come il mio. Forse il contatto della sua pelle contro la mia. Forse le sue mani che scesero verso il mio bacino per combattere contro i jeans. O più semplicemente l'unione di tutto questo, cominciava a procurarmi brividi di piacere che ogni tanto, mi facevano distogliere la concentrazione da ciò che stavo facendo.

Quando anche questa volta vinse definitivamente la lotta contro i mie pantaloni, il mio voltò si allontanò dal suo collo, incrociando i suoi occhi. Mi parve di perdere qualche respiro nel vedere l'emozione che quel sguardo riusciva a donarmi. Era intenso, più del solito, ricoperto da una patina lucida che, grazie anche alla luce della notte, mi lasciava completamente spiazzato, a bocca aperta, senza parole.

Le sue mani erano risalite verso l'alto ed avevo cominciato ad accarezzarmi il volto. Era come se tutto ad un tratto avessimo interrotto il tempo mettendolo in pausa. Il respiro cominciava a tornare regolare, ma i nostri occhi non avevano intenzione di staccarsi l'uno dall'altro. La sua immagine mi aveva lasciato senza parole o quasi.

Dopo qualche istante il suo volto si riavvicinò al mio, e fu allora che ascoltai ciò che forse avrei dovuto ascoltare tempo fa. La sensazione che avevo quando la incontravo, quando di nascosto, lontano da occhi estranei mi rubava un bacio a fior di labbra. Quando le nostre mani si sfioravano o, meglio ancora, si univano intrecciando le dita come una morsa ben salda.

Quando le sue labbra furono a pochissimi millimetri dalle mie, la voce uscì in un sussurro, tutto ad un tratto, con quel poco ossigeno che avevo nei polmoni:

« Ti amo.. »

Un altro stand by. Alice si bloccò all'istante. I suoi occhi si riaprirono tutto ad un tratto nel momento esatto in cui le sue labbra si socchiusero lasciandole un'espressione di sorpresa stampata in volto. I suoi occhi saettavano da ogni singolo angolo del mio viso, fino a quando non li richiuse nuovamente. Baciò le mie labbra con una dolcezza infinita, come se accarezzasse qualcosa di estremamente fragile. Le nostre labbra si baciavano consapevoli di essere mosse dall'amore.

Quel bacio fu uno dei più dolci che ci fossimo mai scambiati. Quando si allontanò per prendere aria però, non attese molto per dirmi se quel sentimento era ricambiato o meno.

Puntò i suoi occhi contro i miei, ed accarezzandomi dietro il collo disse le mie stesse parole, ma con talmente tanto sentimento che mi fece perdere qualche altro battito del cuore.

« Ti amo Jasper.. »

Il mio nome pronunciato da lei, unito da quelle due parole aveva qualcosa di unico e raro. Avrei voluto sentirlo ancora ed ancora. La sua voce lo rendeva ancora più profondo che mai.

Appoggiò le sue mani sulle mie spalle, e con una lieve spinta, mi costrinse a mettermi in ginocchio mentre il suo corpo si alzò dritto, di fronte a me. Appena i nostri volti tornarono a sfiorarsi, le nostre labbra si riunirono con più passione, mentre le sue mani finirono dietro la sua schiena slacciandolo e poi lasciando scivolare il reggiseno che indossava. Non mi accorsi di nulla occupato com'ero a creare coreografie improvvise con le nostre labbra, ma quando l'intimo toccò il materasso, avvolse le braccia attorno al mio collo, unendo i nostri corpi in un'unica cosa. Sentivo la pelle liscia del suo seno accarezzare il mio petto, creando un contrasto ben evidente fra la mia pelle calda e la sua, leggermente più fredda.

Quel contatto ovviamente, ebbe degli effetti collaterali anche al piacere che giaceva nei miei boxer come non mai. Ma fu una richiesta che ben presto venne soddisfatta. Alice appoggiò nuovamente la schiena contro il materasso, portando con sé anche il mio busto. Le mie labbra si allontanarono dalle sue, valicando un confine che prima di allora era ignoto ma soprattutto, invalicabile.

Le mie labbra calde erano nettamente in contrasto rispetto alla pelle nuda del suo seno. Calibrando per bene dolcezza e decisione, tentai di lambire più pelle possibile, focalizzandomi sui punti che potevano procurarle più piacere. I nostri respiri tornarono ad essere nuovamente affannosi, diventando a volte anche dei mugugni.

Il tutto sfumò quando la mia concentrazione dovette cadere sulle sue mani che, tutto ad un tratto, avevano liberato il gonfiore che premeva contro quell'indumento che tutto ad un tratto era diventato più che inutile. La mia mano accarezzò il suo fianco, scendendo in basso, facendo scivolare via anche l'ultima stoffa che copriva quel corpo perfetto che, tutto ad un tratto, era diventato mio.

Stava accadendo. Stava realmente accadendo un desiderio che avevo tentato di reprimere più di una volta. Un desiderio che entrambi volevamo soddisfare, e che ora, con la consapevolezza di provare un amore profondo nei confronti dell'altro, sembrava essere ancora più perfetto.

Ci guardammo un'ultima volta negli occhi, poi le nostre labbra si riunirono nel momento esatto in cui entrai dentro di lei. Il suo profumo diventò ancora più intenso, tanto che per un istante mi parve di perdere la condizione del tempo, come se tutto ad un tratto mi svegliassi da un profondo coma. Le nostre labbra si allontanarono all'istante, alla ricerca di altro ossigeno che sembrava non bastare mai. Respiri profondi si univano nell'aria, mentre i nostri copri uniti in una sola cosa, si univano con armonia, come dettati da una musica a noi silenziosa, ma che i nostri corpi sembravano seguire in sintonia. Entrambi dovemmo soffocare respiri troppo affannosi tappando le nostre labbra sulle spalle dell'uno e dell'altro.

Piano piano anche il suo corpo sembrava riscaldarsi o almeno questo mi parve. Le sue mani mi accarezzavano ovunque, mentre le mie invece, rimanevano ancorate al materasso perché la paura di schiacciarla col mio peso era troppo grande. Sussurrava il mio nome all'orecchio, a volte mordicchiava il lobo del mio orecchio, tanti piccoli dettagli che riuscivano a farmi impazzire. Fu la prima volta che provai seriamente cosa volesse dire amare alla follia una persona e concedersi a lei.

La danza creata dai nostri corpi però aveva una fine. Dopo qualche minuto il corpo di Alice diventò tutto ad un tratto più rigido. Le sue mani si aggrapparono alle mie spalle sollevandosi leggermente. Trattenne per qualche istante il respiro per poi rilasciarlo tutto ad un tratto quando raggiunse l'orgasmo. Il suo corpo fu scosso da piccole scariche elettriche ed il suo respiro continuava ad essere interrotto da esse. Raggiunsi l'apice di piacere qualche secondo più tardi, pochi istanti dopo che uscì dal suo corpo. Le stesse scariche elettriche si diffusero per tutto il corpo e la tensione provocata da quei pochi istanti, fu nettamente cancellata da una sensazione di pace fra di noi.

Rimanemmo immobile per qualche minuto, senza incrociare gli occhi dell'altro. Quando il respiro tornò normale, la mano di Alice mi accarezzò dolcemente, togliendo quei ricci che si erano appiccicati alla mia fronte. I miei occhi tornarono ai suoi ed il suo sguardo, carico di piacere soddisfatto unito alla stanchezza, mi fece sorridere. Allungai il collo verso di lei, lasciandole un bacio sulla fronte. Era scossa da piccoli tremolii, e questa volta non era dovuto al piacere del momento. Mi allontanai dal suo corpo e con cura afferrai il lembo delle coperte, avvolgendo il suo corpo.

Quando mi stesi accanto a lei, il suo esile corpo si avvicinò ulteriormente al mio, e la sua testa si appoggiò contro il mio petto con un movimento che non mi aspettai.

« Dimmelo ancora una volta.. »

La sua voce sussurrata era interrotta da quei piccoli tremolii che ancora una volta, mi fecero sorridere. Avvolsi le braccia attorno al suo corpo e stringendola a me ripetei quelle due parole che, tutto ad un tratto, sembravano più facili da pronunciare:

« Ti amo.. »

E con quelle due parole insieme ci addormentammo, uniti da quell'abbraccio. Mi addormentai consapevole di essere fortunato ad avere al mio fianco la persona che amavo. Ma non ero consapevole che il suo volto aveva ricominciato a bagnarsi di lacrime a me invisibili nella notte.

 

 

 

 

Saaaaaaaaaaalve a tutti!! :)

Penso che questo sia uno dei capitoli più impegnativi che io abbia mai scritto O.O

Ho tentato e.. Bé speriamo ci non aver fatto una pessima figura..

Volevo dare uno sfondo romantico, che sottolineasse l'amore che provano Jazz ed Alice..

Bé se volete, fatemi sapere che cosa ne pensate e se volete darmi dei consigli vi ringrazio molto! Ah e se volete mandarmi a quel paese fate pure xD

Dal prossimo capitolo ovviamente ci sarà una svolta e...

Basta ringrazio chi ha recensito, chi ha letto, chi ha inserito la storia in qualche sezione..

Grazie di cuore a tutti quanti! :)

Un abbraccione!

 

Fra!

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Capitolo 24
*** Capitolo 22. ***


Capitolo 22.

 

« Ai! Brucia.. »

« E' la quinta volta che me lo dici, pensi che non l'abbia capito? »

« Forse perché non sai fare il tuo lavoro.. »

Allontanò il panno che disinfettava la ferita dal mio volto. Mi guardò per qualche istante col sopracciglio alzato e, inaspettatamente, ritornò a disinfettare con più energia, facendomi ancora più male. Forse ero stato un pochino pesante con lei.

« Ok, ok scusa, scusa! »

A quelle parole allontanò la mano lasciandomi un momento di tregua. Alzò lo sguardo in direzione della porta e facendo un cenno con la testa, comunicò al poliziotto che non era successo nulla, che quel grido era del tutto normale.

« E' ancora là? »

Domandai senza voltarmi, guardandomi il volto allo specchio che avevo davanti a me. Sarebbe rimasta una nuova cicatrice, che partiva da vicino l'orecchio sinistro fino a metà guancia.

« Ti terranno d'occhio sempre Jasper. Giorno e notte.. »

L'infermiera prese delicatamente il mio volto inclinandolo appena di lato, analizzando la ferita sotto la luce di una lampada. Disinfettò ancora una volta quella linea rossiccia mentre mi domandò:

« Cosa è successo? »

Esitai per qualche secondo, poi spiegai a Dianna quello che era accaduto.

« Odio quando quei detenuti fischiano dietro a mia sorella quando viene a trovarmi. Non ho saputo resistere questa volta. Ma non ho pensato che potessero avere qualche arma improvvisata. »

La nostra conversazione era tutto un sussurro. Dovevamo fare in modo che i poliziotti non vedessero che stavamo parlando così tanto, altrimenti potevano pensare che stavamo facendo un complotto o qualcosa del genere.

Dianna non conosceva la mia famiglia, la mia storia e nemmeno me. O almeno non in maniera diretta. Facevo spesso qualche giretto in infermeria dove lei lavorava. Quando poi cominci ad andare molte volte in un posto, cominci a dire qualche parola in più con le persone che sono presenti. Così ero finito per raccontarle la mia storia. Ovviamente soltanto alcuni aneddoti che ritenevo importanti. Era diventata una sorte di.. Amica (se così potevo definirla) con cui mi confidavo e con cui mi sfogavo.

« Sei qui da un po' di mesi, non hai ancora capito che nulla è impossibile? »

Mi domandò sorridendo appena. Aveva ragione. E' impressionante come la mente di un detenuto possa creare armi o tantissimi altri utensili con l'utilizzo di poco o niente. Ma quel giorno, spinto dalla rabbia e dall'ira non ero riuscito a pensarci e a collegare il cervello.

« Bé.. è lui che si trova nei guai adesso. E' lui che è stato trovato con un'arma non autorizzata.. »

« Giusto.. »

Si allontanò definitivamente buttando nel cestino le garze che aveva usato e i guanti che indossava. Fece un cenno con la testa e all'istante il poliziotto entrò posizionandosi dietro di me. Come un gesto automatico portai le mani all'indietro lasciandomi ammanettare, mentre Dianna mi disse le ultime raccomandazioni che in realtà mi aveva già detto. Ma dovevamo un po' recitare per far in modo che quella specie di legame non venisse scoperto.

« I punti di sutura tireranno un po' quando mangi, è normale. Una decina di giorni, poi li toglieremo. »

Timbro di voce fredda, autoritaria ed era meglio per lei che lo adoperasse. Con alcuni detenuti se non si ha un briciolo di spirito di comando è facile che prendano il sopravvento, soprattutto in un lavoro pericoloso come il suo. Alzò il volto verso il poliziotto e con un cenno della testa concluse:

« E' tutto.. »

Scesi dal lettino su cui ero seduto e, senza fiatare o altro, cominciai a camminare verso la mia “nuova abitazione”. Dio quanto odiavo quella cella. Era fredda, troppo fredda per i miei gusti. Ogni volta che vi passavo qualche minuto sentivo una stretta allo stomaco: mi mancava casa ogni giorno di più.

« Domani arriverà il tuo nuovo compagno di stanza. »

Che bello..

Feci finta di non ascoltare quello che il poliziotto mi disse. Non m'interessava, sarebbe stato l'ennesimo ammasso di carne con cui non avrei parlato né scambiato opinioni su qualsiasi cosa. Non volevo parlare con nessuna di quelle persone che si erano macchiate di qualche delitto. Sì, anche io avevo ucciso Royce ma, come lo stesso giudice aveva decretato nel verdetto, la mia era legittima difesa direttamente proporzionale all'intenzione dell'assassinato. Per cosa ero entrato in quel buco d'inferno? Un mix fra l'omicidio (che comunque non giocava a mio favore) e violazione della proprietà di domicilio.

Entrai nella cella e mi fermai a pochi passi dalla porta. Non appena si chiuse feci qualche passo all'indietro ed infilando le mani nel buco della porta, feci uscire un pezzo delle mie braccia, in modo da dare la possibilità al poliziotto di togliermi le manette. Erano tanti piccoli azioni che, col passare dei mesi, avevo assimilato e che ora erano parte di me anche senza che me lo dicessero.

In che cosa consisteva la routine della giornata?

Bé come ci si può ben aspettare, è un po' monotona in certi giorni, ma in altri diventa fin troppo movimentata. Il penitenziario utilizza una tecnica per mantenere i detenuti più... Tranquilli. Hanno ben pensato di utilizzare attività come la pittura, la cucina o piccoli lavori in officina per sfogare la rabbia di ognuno di noi. O almeno questo dicevano. La verità è che quando se sei costretto a fare qualcosa, non pensi al modo migliore per uccidere il tuo compagno di stanza. Inoltre mentre fai certe attività vieni controllato meglio da più poliziotti. Insomma era un continuo controllare che tu non facessi nulla di pericoloso ovviamente.

Una volta a settimana però, la polizia e costretta a fare dei controlli in ogni cella, mettendola sotto quadro. E' facile che lavorando in una officina, ci possa essere quel detenuto che pensa di imboscare un pezzo di ferro per chissà quale fine. Così sono costretti a ispezionare tutte le celle di tutti i detenuti. Quindi una giornata è dedicata a tutto questo controllo.

Ogni giorno poi veniva Rosalie a farmi una visita. Non sempre riusciva a venire tutti i santi giorni, ma se non lo erano, era un giorno sì, l'altro no. Assieme a lei l'accompagnava Carlisle che mi informava sempre di possibili miglioramenti nella nostra causa legale. Venivano di prima mattina e ci rimanevano per una buona mezzora.

Cosa che invece provavo a non fare, era pensare a lei, ad Alice. Provavo a non pensarci troppo, non perché non volessi ricordarla, ma perché far rinascere nella mia mente la memoria della sua voce, del suo corpo e del suo profumo, mi faceva male, troppo male. Il primo mese veniva anche lei a trovarmi. Sempre, ogni giorno. Ma più ci incontravamo, più vedevo il suo volto rattristarsi sempre più. Ogni volta che ci salutavamo scendevano sempre più lacrime. Ogni volta che ci incontravamo aveva la voce sempre più interrotta da singhiozzi improvvisi. Le faceva male vedermi con quella tutta unica color nera. Le faceva male vedere qualche nuova cicatrice rossiccia. Le faceva male vedermi lì, lontano da lei e dalla nostra intimità.

Così, trascorso un mese, le avevo assolutamente vietato di venirmi a fare visita. Forse era sbagliato, forse così le facevo solo più male e forse era anche un gesto un po' egoistico. Ma non voleva vederla soffrire per causa mia. Però volevo sapere che cosa faceva, i suoi nuovi agganci per un lavoro, come si sta concludendo la scuola. Così avevamo deciso che una volta a settimana ci saremo scritti una lettera. Lei di problemi non ne aveva, doveva soltanto scriverla e consegnargliela a Rosalie che, dopo un controllo accurato da parte della polizia per verificare che non ci fossero oggetti non autorizzati, veniva poi consegnata a me. Il problema era mio. A volte ritardavo di qualche giorno, perché in cella non era consentito portare con sé matite perché facilmente utilizzabili come armi. Dovevo rubarne una, fare ben attenzione a non farmi scoprire, il tutto lontano dagli occhi dei poliziotti. Grazie al cielo, ultimamente dalla mia parte avevo la fortuna di avere Dianna che mi spalleggiava, che riusciva a procurarmene una per qualche minuto.

Le lettere di Alice erano sempre molto lunghe, ricche di dettagli e di sentimento. Le mie invece erano decisamente più corte, con pochi dettagli, ma con una buona parte dedicata alle mie emozioni nei suoi confronti. Cercavo di tralasciare la malinconia, ma di parlarle di sentimenti vivi ed allegri perché anche se non volevo incontrarla, continuavo ad amarla come quella notte.

La notte era il momento peggiore di tutto quel tempo. Era fredda, nel vero senso della parola. Era concessa una coperta, ma era piuttosto leggera e di dartene un'altra non se ne parlava nemmeno. Di notte poi, sembrava come se tutti i dolori delle persone si liberassero solo allora. Quindi non era una casualità di sentire qualche urlo in più.

Ma fortuna volle che anche quella notte riuscì a passarla discretamente. Mi svegliai un paio di volte per il dolore alla ferita, ma tutto sommato qualche ora ero riuscito a dormire. Come di consueto, alle nove spaccate il poliziotto arrivò alla porta della mia cella dicendomi:

« Whitlock. Hai visite! »

Una cosa che odiavo profondamente era il fatto che mi chiamassero col mio secondo nome. Perché? Perché all'interno del carcere vi era un altro Hale. Lo facevano per “non confondersi”.. Almeno così dicevano, ma a me sembrava una scusa del cavolo!

Come al solito, mani alla porta, manette ai polsi e via, verso la stanza riservata alle visite. Quando fui dentro, il poliziotto mi libero dalla stretta morsa di quelle dannate manette di metallo, ed il sentimento di prigionia venne sostituito da un forte e caldo abbraccio d'affetto.

« Non so se odiarti o no! »

Disse Rosalie stritolandomi con le sue braccia. Sorrisi, salutando con un cenno del capo Carlisle, che guardava la scena vicino al tavolo su cui ci saremo sistemati da lì a qualche secondo.

« Ti sei procurato una bella ferita.. »

Mi disse quando mi sedetti accanto a lui. Carlisle alla mia sinistra e Rosalie alla mia destra. Sorrisi appena ed alzando le spalle risposi:

« Guarirà.. »

Mia sorella cominciò a farmi una ramanzina che durò una decina di minuti. Quando poi finì quella cascata d'insulti, scoppiai a ridere assieme a Carlisle. Mia sorella non era cambiata. Il suo animo era rimasto più puro che mai e forse, ora senza Royce nei paraggi, soltanto con l'amore di Emmett, i suoi occhi risplendevano ancora di più.

« Jenny come sta? »

« Bene dai.. Vorrebbe venire a trovarti ma riusciamo a farla ragionare.. »

Altro interrogativo. Jenny, mia sorella. Non avevo permesso ad Alice di venire a trovarmi e non l'avrei fatto nemmeno con mia sorella minore. Non volevo che entrasse in un luogo come quello, in mezzo a gente come quella. La purezza della sua fanciullezza si sarebbe mescolata all'animo macchiato dal peccato di quegli uomini, e non mi andava.

« Ieri ho sentito l'avvocato.. »

Argomento serio.

Non dissi nulla, attesi soltanto che il dottore proseguisse, mentre la mano di mia sorella strinse la mia. La mia pena fra vari “problemi” aveva raggiunto l'apice di nove anni. Poteva andare peggio?

« E facendo un paio di calcoli.. Con la buona condotta che ci aspettiamo.. La pena di ridurrebbe all'incirca a sette anni.. »

Avevo capito bene? Mi stavano diminuendo la pena?

Rimasi qualche secondo con le labbra semiaperte e lo sguardo perso, ma quando capì che cosa stesse dicendo un mega sorriso si dipinse sul mio volto.

« Finalmente una bella notizia! »

Esclamai guardando i miei due visitatori. Ma c'era un parere che ora, come non mai, mi mancava. Un po' mi pentì della mia decisione, ma ciò che era fatto era fatto, e non valeva la pena piangere sul latte versato.

« Lei come l'ha presa? »

Così presi coraggio, e senza dire il suo nome, mi voltai verso Rosalie, domandandole che cosa aveva detto lei, Alice. Con Carlisle e Rosalie non parlavo molto di Alice. Perché tutti e tre sapevamo che era una cosa personale, che riguardava me e la mia dolce metà.

Esitò qualche istante, ma poi rispose mostrandomi un sorriso dolcissimo:

« Molto bene, ma non voglio rovinarti la sorpresa.. »

Si voltò appena verso la sua destra e, frugando nella sua borsa, estrasse una busta bianca. Rimasi ipnotizzato da quel pezzo di carta, lo seguivo con lo sguardo come se avessi appena visto una visione. Era un cambio di programma, perché quel mese avevo ricevuto ben due sue lettere. Rosalie alzò appena la busta ed all'istante un poliziotto la prese in mano ispezionandola. Se la portò via per qualche minuto, per analizzarla completamente, poi tornò indietro lasciandola scivolare davanti a me sul tavolo. Un sorriso ebete mi si dipinse in volto, un sorriso che però un po' si spense quando il poliziotto disse che il tempo era scaduto.

« Ricordati, mani e gambe apposto.. »

Carlisle mi diede un buffetto sulla testa facendomi ridere. Di sfuggita riuscì a rubarmi un abbraccio, qualcosa di veloce, per dare più tempo a mia sorella. Lei mi guardò sospirando e tirando fuori tutte le sue energie, mi diede un forte abbraccio.

« Fai il bravo.. »

« Sempre! »

Non appena le sue braccia si allontanarono da me, portai le mani dietro la schiena. La destra stringeva la lettera di Alice, che mi sarei “gustato” in quel buco di cella. Sorrisi ai due ed uscì dalla stanza soltanto quando la porta d'uscita si chiuse dietro di loro.

« E' arrivato il tuo nuovo compagno di cella.. »

Disse il poliziotto mentre camminammo lungo il corridoio. Ah già, doveva arrivare il tizio nuovo.

« Come si chiama? »

Domandai distrattamente guardandomi attorno. Ancora qualche metro e lo avrei scoperto.

« Alan Dale.. »

Mi cambiava qualcosa saperlo oppure no? In fin dei conti non mi faceva né caldo né freddo, ma mi andava di chiedere in quel momento. Dopo pochi minuti, trovai davanti a me il nuovo compagno di cella. Era alto, ben muscoloso. Mi ricordava vagamente Joseph, l'unica differenza era che questo Alan doveva aver origini afroamericane. Non appena il poliziotto mi tolse le manette, il ragazzo si alzò dal letto su cui era seduto e sfoderandomi un mezzo sorriso, mi porse la mano dicendomi:

« Piacere, sono Alan.. »

Guardai la sua mano e poi lui. Che sia ben chiaro, non sono mai stato razzista nei confronti di americani provenienti da paesi stranieri, ma nella mia mente continuava a vagare l'idea che chiunque era qua dentro era un verme, nulla da ridire.

« Piacere.. »

Fu l'unica cosa che dissi. Non strinsi la sua mano e non lo guardai nemmeno in faccia. Aveva sistemato la sua coperta sul letto sopra a quello dove ero sistemato, quindi di problemi non ce ne erano. Meglio per lui.

Mi sedetti sul materasso e senza calcolarlo qualche altro istante, con delicatezza e col solito sorriso in volto, aprì la busta sentendomi già meglio. Non vedevo l'ora di leggere ciò che mi aveva scritto, di ammirare la sua calligrafia perfetta e di assaporare quel debole profumo di casa presente su quel pezzo di carta. Leggevo già le prime due parole, le classiche “Caro Jasper”. Pregustavo il sapore di sapere come stava, sentivo già...

« Hei! Hei Whitlock! »

Il rumore del manganello contro la porta di metallo mi fece sobbalzare, facendo cadere la lettera a terra. E adesso che diavolo voleva quello? Il fatto però fu che la sua faccia era ancora più scocciata della mia.

« Che vuoi? »

Domandai alzandomi in piedi, sfoderando un'espressione pura di disgusto nei suoi confronti.

« Cominci ad essere insopportabile. Hai altre visite.. »

« Mi stai prendendo in giro? »

« Credi che mi diverta a portarmi avanti e indietro come un cretino? »

« Bé.. Non hai niente di meglio da fare.. »

Ricevetti un bel pugno sulla nuca, tanto che traballai qualche istante. Ma dovevo fare il bravo. Continuavo a ripetermi che la “buona condotta” mi avrebbe salvato, ma era difficile mordersi la lingua e non reagire.

Quando arrivai alla stessa sala di qualche minuto prima, rimasi completamente sorpreso dalla sorpresa che avevo davanti a me.

« Maria? »

« Eh certo! Siamo in due ma ovviamente si accorge solo del capo! »

Sorrisi alla battuta di Sean. Non era cambiato. Sempre la sua solita camicia bianca, con quell'inconfondibile papillon rosso, un paio di occhiali spessi e.. La sua immancabile voce da gay.

« Se vuole mantenere il suo posto di lavoro dovrò pur fare il ruffiano.. »

Dovevo ammetterlo: la loro alchimia mi era mancata. Un po' mi mancava andare al locale per lavoro, a passare una serata di divertimento con i miei vecchi colleghi di lavoro. Dio quanto mi mancava la mia vita!

« E' bello rivedervi.. »

« Anche per noi.. »

Regalai un forte abbraccio a tutti e due, mostrandoli nei migliore dei modi quanto mi mancassero. Ovviamente, appena cominciarono a parlare, mi raccontarono tutto quello che mi ero perso. Di come Nikki si fosse invaghita nell'ennesimo vecchietto colmo di soldi. Di come Alex si sia ritrovato a versare una bottiglia di champagne addosso al cafone di Port Angels. Di come Sean avesse scritto delle nuove performance per le ragazze. E di James, che non smetteva di torturare Maria con le solite “bollette non pagate”. Sentire quegli aneddoti mi facevano sentire meglio, come se in realtà non mi trovassi poi così lontano da casa.

« Tu invece come stai? »

Risi appena alla domanda di Sean, ma tutti e due erano seri. Forse si stavano preoccupando per qualche cicatrice in più, ma non mi andava di raccontargli la storia di ognuna. Così, alzai le spalle, e come se nulla fosse, confessai quello che pensavo:

« Odio questo posto.. E' pieno di gente che ha commesso dei crimini disumani.. Anche se non li conosco.. Penso di odiarli tutti.. »

Rimasero qualche secondo in silenzio, guardandomi negli occhi. Poi fu Maria a rispondermi:

« Non tutti sono uguali.. Forse qui dentro c'è qualcuno proprio come te, che ha sacrificato la propria libertà per amore della famiglia.. »

Le sue parole un po' mi lasciarono spiazzato. Non avevo mai preso in considerazione seriamente quelle parole che Maria mi aveva appena detto. Come un cretino vedevo i volti di tutti quei detenuti con una stessa maschera, nera, macchiata di sangue.

Fu così che quando tornai in cella, questa volta fino a fine giornata, rimasi in piedi qualche minuto, davanti alla porta. Fui piuttosto titubante, ma provai a mettere in atto le parole di Maria. Il mio nuovo compagno di cella, Alan, dava le spalle. Era rivolto verso il muro, disteso sul letto. Mi schiarì la voce tre volte prima di catturare la sua attenzione. Quando si voltò, titubante, alzai il braccio verso di lui, con la mano aperta rispondendo alla frase che mi aveva detto una ventina di minuti prima.

« Jasper Whitlock Hale.. »

Sorrise appena ed afferrò la mia mano stringendola con una buona energia.

« Piacere mio! E' una lettera importante? »

Mi domandò guardando per qualche istante la busta di Alice che giaceva ancora a terra. Me ne ero quasi dimenticato. Senza farmelo ripetere due volte la raccolsi, togliendo quei granelli di polvere che si erano appiccicati.

« Molto.. »

Dissi sorridendogli, sedendomi sul letto e gustandomi per bene quella lettera che Alice aveva scritto col cuore in mano.

 

Caro Jasper,

ti sembrerà strano ricevere per la seconda volta una mia lettera in questo mese. Ma dopo la bellissima notizia di mio padre, mi sembrava corretto e doveroso farti sapere che cosa ne penso. Non puoi immaginare quanto ero felice quando ce lo ha comunicato. Penso di non essere mai stata così felice in tutta la mia vita.. A parte quella sera ovviamente.

Mamma appena lo ha saputo, come puoi ben immaginare, è scoppiata a piangere dalla felicità. Dice che quando tornerai ti preparerà un buon piatto di lasagne, quelle che piacciono a te! Sai come è fatta, pensa che il cibo sia l'antidoto per tutto e per tutti.

Papà lo aveva detto da subito che la fortuna sarebbe stata dalla nostra parte prima o poi, e così quando ce lo ha comunicato ci ha zittiti tutti con un bel “che vi avevo detto? Carlisle ha sempre ragione!”

Emmett ha fatto un urlo che ci ha spaventati tutti quanti. Ha già detto che ti aspetta per una bella partita di basket e che questa volta non hai molte possibilità di vincere!

Edward invece è stato più razionale come puoi ben pensare. Sai che non approvava la nostra relazione, ma col tempo ha capito che io e te, siamo fatti l'uno per l'altro e che siamo inseparabili. Così se ne è uscito con un bell'abbraccio nei mie confronti ed un “sono contento per te” che mi ha riempito di gioia.

Bella invece, inaspettatamente, è scoppiata a piangere. Io non immaginavo che ci tenesse così tanto, ma credimi che appena lo ha saputo ho dovuto consolarla per svariati minuti.

Per Jenny è un po' complicata la faccenda. E' difficile farle capire la differenza fra dieci o sette anni. Ma le abbiamo soltanto detto che tornerai presto... Speriamo che ora non continui a domandarci di te ogni santo minuto! :)

Non so cosa ti abbia detto Ros, ma sappi che lei ha cominciato a dare di matto! Camminava avanti e indietro per casa e già ha cominciato a pensare a qualche tua festa a sorpresa per il tuo ritorno. Mi ha già chiesto di aiutarla e già voleva ordinare una mega torta per il tuo ritorno!

Ed io.. Io invece continuo ad aspettarti. Sette, dieci o vent'anni non fanno la differenza. Continuo ad aspettarti e continuerò a farlo. Non è facile addormentarmi senza un tuo bacio o un tuo messaggio, ma non voglio arrendermi. Voglio essere qui quando varcherai la porta di casa. Già m'immagino il tuo volto serio e maturo tradito da un mezzo sorriso che renderà il tuo viso ancora più perfetto di sempre. Già sento il tuo inconfondibile “Hei” che mi regali ogni volta che mi saluti. E per quanto tu me l'abbia detto una sola volta, ricordo perfettamente e so che me lo ridirai quando tornerai a casa. Perché è difficile dimenticarsi la tua voce che quella sera mi ha sussurrato quel “Ti amo”. Te l'ho detto e te lo ripeterò in tutte le lettere che ti arriveranno: mi hai reso la persona più felice del mondo anche in un periodo orribile come quello.

Ti aspetterò sempre e comunque, sarò qui per te, per noi.

 

Tua amata, Alice

 

 

 

Tadaaaaaaann! Si nemmeno io credevo di aggiornare così velocemente O.O me tanto sorpresa! Comunque ecco il primo capitolo ambientato in carcere! Ovviamente non racconterò tutti i giorni che Jasper passa lì dentro.. In teoria i capitoli dedicati alla prigione saranno tre ed il prossimo (che ho già scritto) sarà forse quello più importante!

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e come al solito ringrazio chi leggera e chi mi dirà che cosa ne pensa con una recensione. Bella o brutta mi fa piacere sapere che cosa ne pensate :)

Grazie a tutti quantiiii!

Un abbraccio,

Fra!

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Capitolo 25
*** Capitolo 23. ***


Capitolo 23.

 

I giorni trascorsi in carcere erano piuttosto monotoni. Vi era qualche aneddoto interessante ogni tanto, ma per il resto era tutto fin troppo noioso e ripetitivo. Grazie all'aiuto di Maria, ero riuscito ad accettare anche gli altri carcerati. Dovevo ricredermi, non erano tutti ammassi di muscoli pronti a far del male al prossimo. E per capirlo ci riuscì anche grazie ad Alan. Dovettero passare un po' di giorni prima che mi decidessi di fargli qualche domanda. Per le prime volte, mi limitavo a rispondere gentilmente alle sue domande e niente altro. Ma poi un giorno fui spinto dalla sua storia e facendomi coraggio gli domandai:

« Perché sei qui? »

Ricordo che mi guardò sorpreso e che esitò per qualche istante. Ma dopo un po' raccolse le idee e senza aggiungere altro, mi raccontò per filo e per segno quello che gli era accaduto. Era un padre, aveva un figlio e la sua donna da amare. Un giorno qualunque durante una partita di baseball, suo figlio si è sentito male e, dopo averlo porto al pronto soccorso, gli hanno diagnosticato un problema al cuore. Non era il problema dell'assicurazione che fortunatamente loro avevano, ma il costo dell'operazione in sé. Alan non aveva tutti quei soldi per aiutare suo figlio. Che cosa doveva fare? Rimanere immobile e guardarlo morire.

« Così ho deciso di rapinare una banca.. »

Rimasi tutto il tempo in silenzio, catturato dal suo modo di raccontare le cose. Ammirando l'amore che riponeva nelle parole rivolte a suo figlio e a sua moglie. E l'odio nei suoi confronti, per aver lasciato che la situazione gli sfuggisse di mano. Era una persona buona, gentile, e ritrovandosi davanti alla scelta di dover rapinare una banca, la tensione di chi aveva preso in ostaggio non giocava a suo favore. Non voleva uccidere nessuno, voleva solo incutere paura. Ma la cosa gli sfuggì completamente quando uno di questi cominciò ad usare parole pesanti nei suoi confronti. Talmente pensanti che Alan preferì non raccontarmi.

« E gli ho sparato.. Ma credimi, se tornassi indietro la pistola la punterei contro di me.. »

Quella fu l'ultima frase che sigillò completamente quell'argomento. Da quel momento in poi non gli avrei più chiesto nulla a riguardo. Ma quel sigillo però, segnava l'inizio di una specie di amicizia nata dietro le sbarre, nata dal suo aiuto a farmi capire che non tutti lì dentro erano uguali. Certo, vi era chi doveva marcire, ma altri che erano lì per amore, o come aveva detto Maria, per donare la libertà a qualcuno privandosi della propria.

Col passare dei mesi e degli anni, cambiò anche il direttore del penitenziario. Al posto dell'ormai vecchio direttore, prese posto un ex poliziotto che avrà avuto su una quarantina d'anni. Era molto più umile rispetto a quello precedente. Manteneva comunque lo spirito di direttore di un carcere, doveva pur sempre far capire che nessuno doveva mettergli i piedi in testa, ma si vedeva dal suo sguardo che un po' ci teneva. Ci teneva che noi tutti non perdessimo la speranza e la voglia di vivere. Che una volta usciti da lì, potessimo avere la possibilità di cominciare una nuova vita. Così una delle prime cose che fece al suo arrivo, fu quella di inserire nuovi progetti per le attività all'interno del carcere. Chi possedeva una buona condotta, per esempio, gli era concesso di partecipare a delle attività di cucina svolte in associazione con una scuola. Capitava forse una volta al mese, ma da alcuni veniva ben accettato. Eh certo, perché se da un lato c'era chi lì dentro apprezzava lo sforzo del nuovo direttore, ovviamente c'era anche chi non riusciva a sopportarlo e che preferiva la sua morte piuttosto che vederlo nei corridori.

Erano passati ormai cinque anni da quando ero arrivato lì dentro. Era una giornata di maggio ed il sole, anche se un po' debole, riusciva comunque a riscaldare la pelle. Quel giorno era mio compito partecipare all'attività di giardinaggio assieme ad Alan e ad altri quattro ragazzi. Ci avevano lasciato un quadrato di giardino da curare, ovviamente controllati da cinque poliziotti. Loro ci controllavano sempre. Era da un paio di settimane che i poliziotti erano piuttosto.. Tesi. Facevano sempre più spesso controlli nelle celle per controllare che i carcerati non si procurassero oggetti non autorizzati ed io, in un primo momento, non ci feci poi così tanto caso. Ma la verità arrivò quel stesso giorno. Ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai preso in considerazione quel fatto con serietà.

Stavo tagliando l'erba, quando ad un tratto vidi due pullman della polizia fermarsi davanti all'entrata del carcere. Attorno vi erano una ventina di uomini armati fino ai denti con al loro fianco, l'affidabile compagno a quattro zampe. Un'altra decina di poliziotti si misero lungo il cancello d'entrata fino all'ingresso, dove poi ci sarebbero stati altri poliziotti ad attendere i detenuti.

Il vecchio carcere fuori città, era stato considerato inagibile da qualche settimana. Giusto il tempo per organizzarsi e poi i detenuti, sarebbero stati trasferiti nel nuovo penitenziario.

Ed eccoli lì.

Guardai i nuovi arrivati scendere dal pullman. Avevano le mani legate e con passo lento si avvicinavano a quella che sarebbe diventata la loro nuova dimora. Continuavo a fare il mio lavoro, guardandoli di sfuggita, non soffermandomi più di tanto sui loro volti. Ma accadde purtroppo.

Lo vidi scendere quei gradini svogliato in una maniera assurda. Aveva un passo più spedito rispetto agli altri, e quando si affiancava ad un uomo, questo si faceva da parte, come se avesse paura di un suo possibile attacco. Spensi la macchina per tagliare l'erba e raggelai all'istante. I suoi occhi ghiaccio trafiggevano chiunque incontrava e la sua stazza spiccava rispetto agli altri.

Non può essere, non può essere..

Continuavo a ripetermi quelle parole, incapace di muovere un solo muscolo. Il respiro cominciò a diventare affannoso e tutto attorno a me divenne assente. C'eravamo solo io e lui.

Lo guardai quando si avvicinò ad un uomo che tentò la sorte non spostandosi. Lo spinse via con un colpo di spalla che lo fece finire contro un poliziotto. Mi sentì mancare quando ciò che vidi, fu reso ancora più nitido da una voce di una delle guardie che urlò:

« Hale! Evita di fare danni ed entra dentro! »

Lo spinse via, evitando una lite che sarebbe cominciata all'istante.

Lo aveva chiamato Hale? Quindi era proprio lui?

Il suo volto, con quel ghigno malefico, seduto sul bordo del letto, mentre mia madre moriva in un lago di sangue. E la sua voce agghiacciante, le sue ultime parole che udì da lui: “Sei già a casa, Jasper? “

Mi sentì ancora peggio. Il respiro divenne ancora più corto. Mi sentivo come se tutto si fosse chiuso contro di me, come se tutto ad un tratto fossi diventato claustrofobico. Feci qualche passo all'indietro, sperando che allontanandomi dalla rete riuscissi a prendere più aria.

« Jazz? Tutto ok? »

La voce di Alan mi parve così lontana che non risposi nemmeno. Afferrai il colletto della maglia e con tutte le forze che avevo cominciai ad allargarla strappandola nella speranza di più ossigeno. I poliziotti che ci controllavano corsero all'istante, ma quando mi raggiunsero per chiedermi che cosa avessi, sentivo già la terra umida accarezzarmi il volto e tutto ad un tratto, il buio totale.

 

 

 

Una luce era puntata contro i miei occhi e forse fu proprio quella luce a farmi svegliare. Sentivo un forte dolore alla testa, ma con quel silenzio sospetto mi alzai con malavoglia. Quando aprì gli occhi la luce dell'infermeria era ancora più fastidiosa.

« Ti sei svegliato.. »

La voce di Dianna fu un sussurro, come se già sapesse che tutto sembrava più amplificato. Mi voltai appena verso di lei, notando che non era sola, ma che assieme a lei c'era una ragazza un po' più giovane. Forse una specie di apprendista.

« Mi fa male la testa.. »

Dissi mettendomi a sedere. La testa cominciò a girarmi ancora un po'.. Forse un po' troppo.

« Ti conviene stenderti ancora un po'.. »

Senza obbiettare feci quello che mi ordinò sentendomi decisamente meglio.

« Che è successo? »

Dianna spiegò alcune cose alla ragazza che era sempre al suo fianco. Di preciso non so di cosa stessero parlando, ma quando la collega uscì dalla stanza, l'infermiera mi si affiancò e guardandomi rispose alla mia domanda, ponendomene un'altra:

« Attacco di panico.. Vuoi dirmi che è successo? »

Fu quella domanda che riportò alla luce quella scena infernale. Non che le immagini fossero poi così nitide. Sembrava quasi che si trattasse di un incubo fatto almeno una settimana fa e che a malapena riuscivo a ricordare. Facendo leva con gli avambracci mi alzai a fatica, sconfiggendo con tutte le mie forze quei giri della testa.

« L'hanno portato qui.. »

La mia voce era un sussurro, appena udibile. Dianna conosceva la mia storia, del perché di tutte quelle cicatrici e non dovetti aggiungere altro quando mi affrettai a chiarirle ciò che è successo:

« Mio padre.. »

Fu difficile dire quella parola. Da quando mia madre se ne era andata, e ancora da prima, non lo chiamavo in quel nome. Non poteva essere un padre. Un padre non trattava in quella maniera i suoi figli, ma soprattutto, un marito non avrebbe mai fatto una cosa del genere. O per lo meno, una persona normale non avrebbe fatto nulla di tutto quello che Lance aveva fatto.

Dianna rimase in silenzio qualche istante, incapace di dire o fare qualcosa. Passarono una ventina di secondi quando mi disse che le dispiaceva, ma purtroppo lui c'era e bisognava affrontare di petto il problema.

Tutto ad un tratto la porta bussò e prima ancora che Dianna desse il suo permesso, la porta si spalancò ed il direttore del penitenziario fece il suo ingresso, affiancato da un poliziotto. Guardai quest'ultimo, che mi fissava come se stesse analizzando una bestia. Al contrario del signor Gray. Mi fissò una sola volta e, notando il fastidio che mi dava il tizio accanto a lui, lo congedò spiegandogli che poteva andare. Bé di certo non avevo possibilità di vincere contro di lei. Secondo me era il direttore più grosso che abbia mai visto. Quasi quasi era grande come Emmett.

« Che è successo? »

« Pare attacco di panico.. »

Dissi alzando semplicemente le spalle come se nulla fosse. Ma quella risposta sembrò non andargli a genio. Ma era quello che Dianna mi aveva detto!

« Chi è il tuo fornitore? »

Corrugai la fronte, guardando per qualche istante Dì. Non capivo, che stava dicendo?

« E' da tanto che sei entrato nel giro? »

Sparava domande a raffica, ed io non capivo a cosa si stesse riferendo. Avevo visto quello che doveva essere mio padre, e non mi ero sentito bene.. Non poteva essere una scusa valida?

« Signore io.. Io non capisco.. »

Ero sincero e forse Gray riuscì a intuirlo dal mio sguardo. Si zittì tutto ad un tratto e guardò Dianna, in cerca di una risposta e di una conferma. Lei si alzò in piedi, abbozzando appena ad un sorriso e si affrettò a dire:

« Signore, Jasper non fa uso di nessuna droga. Quel mancamento è dovuto ad una specie di attacco di panico.. »

Seriamente credeva che potessi farmi di qualcosa? Certo, possibilità di comprarla lì dentro erano più alte rispetto a quelle di Forks, ma non mi era mai saltato in mente di farne uso. Mai!

Mi guardò sorpreso, rendendosi conto solo in quel momento che la sua teoria non poteva avere solidi fondamenta.

« Credevo.. Credevo che fossi nel giro della droga. Ci saresti stato d'aiuto per fermarlo.. »

Leggevo nei suoi occhi il dispiacere per avermi additato senza nemmeno indagare. Forse fu proprio il suo sguardo a farmi capire che in realtà non era un menefreghista. In realtà ci teneva a farmi capire che gli dispiaceva. Distrattamente, guardando verso il basso, annuì con un cenno della testa sentendo a malapena la sua frase:

« Se posso fare qualcosa fammelo sapere.. »

Impiegai un bel po' di secondi prima di riuscire a materializzare quelle parole. Gray si alzò dalla sedia su cui era seduto, e con passo lento si avvicinò alla porta. Fu quando aprì la porta che mi resi conto di aver bisogno del suo aiuto.

« Aspetti! »

Si fermò all'istante e mi guardò sorpreso dalla mia voce che tutto ad un tratto aveva acquisito forza.

« Sanchez. Lui sa fin troppo del giro di droga.. »

La mia voce persa di potenza, fu quasi un sussurro, ma che non sfuggì a Gray. Sbatté più volte le palpebre, forse sorpreso da quella mia frase. Lo era anche Dianna, di certo fare il canarino e spifferare tutto alla polizia mi avrebbe messo nei guai.

« Ti stai mettendo nei guai ragazzo.. »

Sfoderai un sorriso malinconico scendendo dal lettino su cui ero seduto. Oh, non avevo bisogno che me lo sottolineasse. Mi avvicinai a lui, con passo lento e calibrato, mentre il mio sguardo inchiodava il suo. Il poliziotto lo affiancò, allarmato e pronto ad ogni possibile mio attacco. Ma non era quella la mia intenzione. Mi fermai davanti al direttore e cancellando quel sorriso sul mio volto risposi:

« Lo so, ma ho bisogno del suo aiuto.. »

 

 

Dovevo ringraziare Gray per avermi concesso questa libertà. Non avrei mai pensato di farcela, ma la mia informazione sullo spaccio di droga nel penitenziario sembrava avergli aperto gli occhi. Continuavo ad essere nel limbo del non sapere che cosa fare. Non sapevo se avevo fatto una giusta scelta, ma sentivo che dovevo farlo, che dovevo affrontare il problema e non deviarlo come ero solito fare. Non ne avevo parlato con nessuno, soltanto col direttore. Tutti erano all'oscuro di tutto. Era una mia scelta, e a quanto pare diventava ancora più complicato rendersi conto che forse stavo sbagliando. Che cosa avrebbe detto Rosalie quando quel pomeriggio lo avrebbe saputo? E soprattutto, Alice, che cosa avrebbe detto?

Forse mi stavo facendo troppe paranoie mentali, ma le mani continuavano a sudarmi in uno stato di pura preoccupazione. Ma continuavo a camminare senza mai voltarmi all'indietro. Attraversavo le porte del carcere coi due poliziotti al mio fianco. La gente mi osservava sorpresa nel vedere un carcerato varcare luoghi destinati a chi era libero, a chi veniva lì soltanto poche volte a settimana per far visita a qualcuno. Ma non potevo farmi intimidire in quella maniera. Dovevo tirare fuori tutto il coraggio ed affrontare il momento.

« Avrai una ventina di minuti a disposizione.. »

Annuì alle parole sussurrate dal poliziotto. Era una possibilità concessa a pochi, e cercavano in tutti i modi di non far capire nulla.

Quando mi trovai davanti, in fondo al corridoio una porta rossa, cominciai a contare i passi.

Uno, due, tre..

Il poliziotto alla mia destra aumentò i passi portandosi davanti a me.

Quattro, cinque, sei..

L'altro poliziotto afferrò le manette che mi tenevano legati i polsi dietro la schiena. Ma il senso di libertà che di solito provavo senza quelle, ora sembrava completamente assente.

Sette, otto, nove..

Mi fermai quando potei allungare la mano e sfiorare quella fredda porta di metallo.

« Rimarremo fuori.. Ma controlleremo ogni secondo.. »

Annuì per l'ennesima volta alle parole che sentì. Nessuno fece nulla, era mio compito aprire quella porta e varcare quella soglia di terrore. Presi coraggio e dopo aver preso un bel respiro, aprì la porta. Il freddo della stanza mi avvolse completamente. La stanza era un misto fra luce ed ombra. Il tavolo centrale era completamente illuminato, ma ai lati vi erano angoli completamente all'ombra che rendevano l'atmosfera ancora più tetra.

Lo vidi. Era seduto di fronte alla porta. Il capo rivolto verso il basso e le mani legate davanti a lui, appoggiate sul tavolo. Non alzò il volto, lo fece soltanto quando il poliziotto sbatté la porta chiudendola alle mie spalle. Il suo sguardo di ghiaccio si alzò lentamente, analizzando ogni singolo centimetro del mio corpo. Mi sentì morire, volevo andarmene e scappare via, lontano da quell'immagine. Persi parecchi respiri ma soprattutto, trattenni l'aria quando i suoi occhi si posarono sui miei. Non so che cosa stesse pensando, nemmeno guardando il suo sguardo. Non ero mai riuscito a decifrare quell'enigma creato dai suoi occhi. Non ero mai riuscito a capire quando era triste, o quando era felice. Quando era soddisfatto e quando non lo era.

Poi sorrise, sfoderò il suo sorriso malefico pochi secondi prima di parlare:

« Sapevo che prima o poi ci saremo rivisti.. »

Raggelai sentendo la sua voce. Non me la ricordavo così fredda e dura.

Sentì qualcosa stringersi nello stomaco, e tutto ad un tratto la mia gola divenne secca. Facevo fatica a deglutire e per qualche istante sentì persino le gambe tremare.

Lo sentì ridere mentre si alzò leggermente portando la schiena dritta.

« Ma non mi sarei mai aspettato di trovarti con i miei stessi indumenti.. »

Strinsi i pugni delle mani, affondando la carne con le unghie delle mie dita. Odiavo la sua risata. Ovviamente odiavo tutto di lui, ma la sua risata la odiavo ancora di più.

« Com'è che si dice? Ah sì! Tale padre, tale figlio.. »

« Stai zitto.. »

Riuscì a far sparire completamente il suo sorriso. S'innervosì per quella mia risposta, ma non m'importava più nulla. Non ero più il ragazzino indifeso che non sapeva rispondere a tono alle sue provocazioni, ai suoi colpi affilati come lame di coltello.

Scosse leggermente la testa e ritornò col sorriso strafottente di qualche secondo prima.

« Sai che devi portare rispetto a tuo padre.. »

Non riuscì più a ragionare. Mi avvicinai al tavolo, scaraventando un pugno su quella lastra di metallo. Il rumore assordante tuonò nella stanza sorprendendo il verme che avevo davanti a me. Le nocche della mano facevano male, fin troppo male. Ma in quel momento avevo troppa rabbia in corpo per rispondere al dolore.

« Non sei mio padre.. »

Sputai quelle parole a denti stretti mentre i nostri occhi non si staccavano gli uni dagli altri. La rabbia continuava a scalpitare dentro il mio corpo e sembrava non aver pace. Se mi fossi trovato in un altro posto probabilmente non mi sarei fatto troppi problemi a dargli un pugno in faccia. Ma dovevo mantenere la calma, almeno esterna. La buona condotta, buona condotta..

« Si che lo sono.. »

« No! Non lo sei! »

A quelle parole Lance si alzò in piedi, avvicinando il suo volto al mio. I nostri occhi non si staccarono nemmeno per un istante, sembrava quasi una lotta fra chi cedeva per primo.

« Guardati allo specchio Jasper! Fallo una sola volta, e vedrai quanto simili siamo! »

Eravamo talmente vicini che il suo alito mi venne tutto addosso tanto erano urlate quelle parole. Fui io il primo a togliere i miei occhi dai suoi, fissando le mie mani appoggiate al tavolo. Il suo odore mi dava sempre più fastidio, ma sua presenza mi dava fastidio, tutto di lui e mi pentì di aver fatto quella scelta idiota.

« I tuoi occhi, i lineamenti del tuo viso, persino le tue mani sono uguali! »

Con prepotenza e fatica, afferrò il polso della mia mano sinistra ed appoggiò il palmo contro la sua mano, mostrandomi come le nostre mani fossero uguali. Quando capì, diedi un strattone allontanandola da lui, da quella verità che sembrava essere fin troppo accecante.

« E domandati.. »

Si allungò leggermente e con cotanta prepotenza, afferrò con le dite il mio mento, avvicinando il suo volto al mio.

« Perché ti trovi proprio qui, nella stessa prigione di tuo padre? »

Cominciai a sentirmi male. Il respiro ritornò ad essere corto ed affannoso tanto che non ebbi la forza di allontanarmi dalla sua mano. Vedevo con la coda dell'occhio il suo sorriso malefico vicino, troppo vicino. Poi fui graziato, la porta si spalancò ed i due poliziotti fecero la loro entrata. Il più grosso afferrò Lance da dietro la schiena, e l'altro non dovette fare chissà quanta fatica dato che mi mossi senza porre resistenza. Ma quando camminai verso l'uscita di quella stanza lo sentì per qualche altro secondo, mentre continuava ad urlare:

« Credimi! Non sei poi così diverso da me, da tuo padre! Credimi! »

 

 

Non so per quale motivo avevo incontrato quell'uomo. Forse perché dentro di me speravo che fosse cambiato. O forse perché volevo affrontare la mia paura. Ma dopo quell'incontro, avevo passato tutto il tempo nella mia cella a ragionare ed a pensare a quelle parole che continuavano a martellarmi la testa. Io, uguale a lui. Era fosse possibile? Non mi riferivo più che altro ai lineamenti fisici. Certo, quelli c'erano. Ma come c'erano quelli, potevano benissimo esserci tratti simili nel nostro carattere, nella nostra vita.

Nei giorni successivi all'incontro, rifiutavo qualsiasi visita esterna. Non avevo voglia né di vedere né di sentire nessuno. Dovevo rimanere solo con me stesso e riflettere. Tanto di tempo ne avevo anche fin troppo. Quando il poliziotto veniva a prendermi in cella, gli dicevo di dire a Rosalie che stavo bene, ma che non volevo vederla.

Stare bene.. Bé forse esteriormente, ma dentro di me mi sembrava di sprofondare sempre di più in un pozzo buio ed eterno. Non lasciavo intendere nulla, semplicemente mi chiusi in me stesso diventando il “muto parlante” del penitenziario. Anche Alan tentò più di una volta di parlarmi, ma era tutto inutile.

Ma dopo una decina di giorni, quando rifiutai d'incontrare Rosalie, il poliziotto tornò a prendermi un'altra volta.

« Ti ho già detto che non voglio incontrarla.. »

« Non è la solita ragazza. Sembra importante.. »

Non era Rosalie? E chi poteva essere?

Spinto dalla voglia di soddisfare la mia curiosità, mi feci condurre nella stanza delle visite e quando scoprì chi era rimasi decisamente sorpreso.

Seduta composta, con le gambe accavallate era seduta su di un tavolo che non era il solito dove Rosalie sedeva. Indossava un vestito elegante, sul blu scuro. I capelli un po' mossi, color caramello le ricadevano lungo le spalle incorniciando perfettamente il suo viso. Si guardava attorno con un sorriso appena accennato ed era un contrasto ben evidente su quello sfondo grigio della prigione.

Ma quel sorriso aumentò quando mi vide davanti a lei, quando con un sussurro pronuncia il suo nome:

« Esme? »

Di scattò si alzò in piedi e, prima ancora che potessero togliermi le manette, le sue braccia erano già attorno al mio collo.

« Dio quanto mi sei mancato! »

Assaporai quel dolce profumo intenso che sembrava di casa. Era da tanto, troppo tempo che non la sentivo e né vedevo e, tutto ad un tratto, mi sentì decisamente meglio.

« Che.. che ci fai qui? »

Le domandai non appena mi allontanai da lei quando ci sedemmo. Risi appena quando vidi i suoi occhi lucidi: era un suo classico commuoversi ed in quel momento, mi sarebbe piaciuto stringerla forte.

« Non posso venirti a trovare? »

« Sì certo è che.. Rosalie e Carlisle se ne sono appena andati e.. »

« E tu come al solito hai rifiutato.. »

Concluse la mia frase lasciandomi con le labbra semiaperte. Bé del resto potevo anche immaginarmelo: se non erano loro che si confidavano queste cose chi altro poteva farlo?

Alzai appena le spalle sospirando, rendendomi conto di essere con le spalle al muro con quella conversazione, in quella situazione.

« Sono un po' egoista nell'aver pensato che forse con me avresti aperto bocca.. »

Esme cominciò a parlare, ma tutto ad un tratto la mia mente si catapultò da tutt'altra parte. La sua voce divenne assente, mentre la mia mente cominciò a farsi domande senza risposta. Ricominciai a domandarmi se forse le parole di mio padre era vere. Se non avesse tutti i torti ad affermare che, bene o male, non siamo poi così diversi. Stesso cognome, stessi lineamenti del viso, stesso destino. Ero forse diventato un pericolo per tutti? Per Rosalie, per Jenny.. Per lei.

Il mio sguardo si abbassò, mentre le mia mani cominciarono a torturarsi a vicenda. Non avevo mai avuto una conversazione così delicata con Esme. L'avevo sempre rispettata ed ammirata, ma mai come allora mi ero trovato a parlare direttamente con lei su di un argomento che nessuno sapeva. Nessuno, né Rosalie né Alice. Dovevo fidarmi? Aprirmi completamente, così, dal nulla?

Ma soprattutto, mi domandai perché sentissi quello strano bivio. Perché quel dubbio non lo avevo avuto con mia sorella? Con lei ero andato sul sicuro: non volevo parlargliene. Ma ora, con Esme lì davanti a me, perché ero quasi tentato ad accennarle qualcosa?

« Esme tu.. Cosa sai di mio padre? »

Quella domanda la sorprese. Rimase un bel po' di secondi in silenzio, con gli occhi puntati su di me e le labbra semiaperte. Che avesse capito? No, era impossibile.

« Tutto quello che hai raccontato ad Alice.. »

Sorrisi appena sentendo quel nome. Era prevedibile che la mia dolce Alice si confidasse con sua madre. E no, non ce l'avevo con lei per quella sua scelta. Alice era libera di sfogarsi con chi voleva.

« Mio padre pensa che io non sia poi così diverso da lui.. »

Dissi alzando il capo, osservando per qualche secondo il suo sguardo ed abbozzando appena ad un sorriso. Piano piano le ultime immagini che avevo di lui cominciarono a riaffiorare ma scuotendo leggermente il capo, riuscì a scacciarle per qualche istante.

« Soprattutto per lo stesso destino.. Sai.. Tutti e due abbiamo ucciso una persona.. »

Il volto di Esme diventò ancora più confuso, glielo si poteva leggere negli occhi.

« Ma lui come può sapere che.. »

« L'ho incontrato.. »

La verità uscì tutto ad un tratto come un fiume che sfonda gli argini del suo letto. Il volto di Esme indossò una maschera mista fra il dispiacere ed il terrore. Non disse nulla, ed io pensai che fosse perché voleva che proseguissi di mia spontanea volontà.

« Non lo vedevo da quella sera. E una delle prime cose che mi ha detto è stato: tale padre, tale figlio.. »

« E' per questo che non hai più voluto vedere nessuno? »

« L'insicurezza è nel Dna degli Hale.. »

Dissi cercando di dare una piega di sarcasmo a quella conversazione. E quasi ci riuscì, tanto che Esme mi sorrise appena, ma invece di un sorriso di felicità, sembrava più un sorriso di consolazione.

« Non so per quale ragione ho deciso d'incontrarlo.. Forse speravo di trovare conforto in lui. Io.. Proprio non lo so! »

Il timbro della mia voce aumentò leggermente. I miei occhi non riuscivano ad alzarsi da quel pavimento che avevo sotto i piedi e le mie mani, continuavano a muoversi energicamente per aria. Mi sentivo uno stupido! Per quale motivo avevo cercato conforto in quell'uomo?! Che cosa speravo?! Era una bestia senza cuore, senza anima ed alcun sentimento. Un pezzo di ghiaccio che sembrava essere in vita solo per rovinarmi la mia. Ero arrabbiato. Arrabbiato con me stesso, con lui che non mi aveva aiutato a superare quella stupida permanenza. Ma perché proprio lui?!

« Jasper io.. Non sono una grande intenditrice però.. Sono una madre.. »

E? Cosa voleva dire con quelle parole?

« Non capisco.. »

Ammisi scuotendo leggermente il capo. Esme mi sorrise ed alzando appena le spalle mi spiegò quello che voleva intendere.

« Ci sono momenti in cui il conforto di una sorella o di un amico non sono sufficienti. E' come se avessi bisogno di una figura più.. Esperta, più matura in un certo senso. Una figura.. »

« Materna o paterna? »

Fu allora che rialzai il capo verso di lei. Avevo la fronte corrugata come se non capissi, ma piano piano i tasselli stavano dando una forma a quel mio interrogativo. Esme aveva ragione. Per quanto fosse stata d'aiuto Rosalie, è come se tutto ad un tratto avessi avuto bisogno di un padre, di una madre. Ecco perché mi ero lasciato trasportare da quella strana voglia d'incontrarlo. Ecco perché ero riuscito ad aprirmi più con Esme che con mia sorella..

Esme sorrise, un sorriso più sincero, più soddisfatto del passo avanti che avevo fatto.

« Sì, proprio così.. »

Sorrisi in risposta a quelle parole, rendendomi conto della verità che mi si era parata davanti agli occhi. Inconsciamente mi mancava, mi mancava mia madre che tanto avrei voluto avere al mio fianco in quel momento. Una figura matura, in grado di darti un appoggio stabile su cui riprendere l'equilibrio nel momento d'instabilità. Mio padre non era in grado di darmela, e mia sorella era una sorella, non una figura materna. E poi eccola la salvezza. Lei, nella persona che meno mi sarei aspettato. Le portavo rispetto, quasi la veneravo per quello che aveva e che stava facendo per Jenny. Ma mai mi sarei aspettato di trovare conforto in lei, in Esme. Era come se ad un tratto fosse diventata una sorte di.. Madre adottiva.

« Ora perdonami ma.. Devo scappare sai.. Non ho detto a nessuno che sarei passata.. »

Già immaginavo la preoccupazione di tutti non vedendola arrivare. Era palese!

« Prima che te ne vada.. Posso chiederti un favore? »

Domandai guardandola negli occhi. Sapevo che nel mo sguardo brillava una luce di supplica, perché era quello che sentivo dentro di me. Esme semplicemente annuì con un cenno della testa, guardandomi con uno sguardo interrogativo. In risposta le sorrisi, ed alzando lo sguardo chiamai uno dei poliziotti che controllavano la situazione. Sotto lo sguardo curioso della donna, sussurrai nell'orecchio alcune parole all'uomo in uniforme. Subito mi guardò sbigottito, ma senza farsi problemi mi portò quello che gli avevo chiesto: dopo la soffiata del caso Sanchez avevo acquistato un po' di fiducia nei poliziotti.

« E' da molto che non la sento, troppo.. »

Dissi afferrando il pezzo di carta e la penna che l'uomo mi porse. Esme si avvicinò a me, alzandomi in piedi appoggiando una mano sulla mia spalla. Non le fu poi così complicato dato che io rimasi seduto col sorriso stampato in volto.

« E mi manca.. Parecchio! »

Appoggiai il palmo della mano destra sul foglio di carta, mentre con la sinistra afferrai la penna e facendo molta attenzione, ne disegnai i lineamenti proiettando la grandezza della mia mano su quel foglio di carta.

« Sarà cresciuta molto da l'ultima volta che l'ho vista.. »

Alzai il foglio guardando il palmo della mano disegnato. Già, Jenny ora era molto più grande rispetto alla bambina di 10 anni che avevo lasciato a Forks. Ma quanto?

Mi voltai verso Esme, e le porsi il foglio di carta. Lei lo guardò ancora con quello sguardo curioso sul volto, uno sguardo che si addolcì quando le spiegai il tutto.

« Voglio vedere quant'è cresciuta. Disegna la mano di Jenny su questo foglio e o consegnalo ad Alice. Lei poi me lo spedirà con la prossima lettera.. »

« Lo farò.. Ad una condizione però.. »

Fui sorpreso nel sentire una sua richiesta. Di norma non era una donna che chiedeva qualcosa in cambio. Ma accettai ben che volentieri.

« Accetta l'incontro con Rosalie domani.. »

Credevo che fosse chissà quale richiesta e invece non fece altro che prevedere un'azione che avevo già in mente di fare.

« Promesso.. »

Prima di andarsene Esme mi regalò un caloroso abbraccio che mi fece sentire decisamente meglio. Aveva ragione, avevo bisogno di qualcuno più grande, di una figura materna non per sempre però! Soltanto per qualche minuto, qualche istante non di più.

Quando Esme se ne andò ormai era ora di cena. Non che morissi dalla voglia di mangiare quella schifezza, ma stare fuori dalla cella per qualche altro minuto, era un vero sollievo. Nella mensa trovai Alan che mi domandò se fosse tutto ok. Ovviamente lo era. Stavo decisamente meglio e poi, l'idea di sapere quanto fosse cresciuta Jenny mi lasciava un sorriso ebete sul volto.

« Che c'è per cena stasera? »

Domandai ad Alan che si trovava davanti a me alla fila per il cibo. Quando si voltò verso di me mostrandomi quello che doveva avere le sembianze di uno stufato di manzo, ci scambiammo un'espressione di disgusto. Dio quanto mi mancava la cucina di Esme! Mangiavamo quella roba tipo tre volte la settimana ed ogni volta, sembrava quasi che il cibo prendesse un gusto orribile ad ogni portata.

Ci sedemmo sul solito tavolo, quello un po' in disparte con solo quattro, cinque elementi. La mensa del carcere non era poi così diversa da quella di scuola. Certo, vi era qualche poliziotto che controllava con qualche arma da fuoco pronta allo scoppio, ma la divisione della gente che mangiava era la solita. Era come se ad ogni tavolo vi fosse gruppi di persone appartenenti a specifiche etnie diverse. Per esempio ci sono i messicani, quelli seduti sul tavolo centrale, quasi tutti ricoperti di tatuaggi e pelati. Che cosa li accomuna? Hanno tutti quell'espressione da spaccone, intimidatoria che fa raggelare chiunque lo incontra.

Così in silenzio e senza dare nell'occhio, ci sedemmo sul solito tavolo in ombra, all'angolo di tutta la mensa. Se dovevo attribuire una targhetta a quel tavolo, era quella dei calmi. Non ce l'avevamo con nessuno, non parlavamo più del dovuto. Insomma, vivi e lascia vivere.

Spesso e volentieri, durante pranzo e cena, accadeva qualche rissa. Di certo i poliziotti erano lì per qualche motivo! Qualche litigata, qualche conto in sospeso da pagare, insomma le solite cose. Ma quella sembrava una giornata tranquilla. La gente non parlava ad alta voce, tutti composti, c'era quasi un senso di tranquillità nell'aria. Un silenzio fin troppo sospettoso però.

Non feci in tempo nemmeno a portare la forchetta alla bocca che il tavolo nei messicani cominciarono a creare un po' di caos. Cominciarono a lanciare per aria il cibo che avevano preso e qualsiasi cosa che gli passasse sotto mano. I poliziotti subito accorsero verso di loro, intimandoli a smetterla e minacciandoli di punirli come non mai. Tutti erano focalizzati su di loro che piano piano, diventavano sempre di più, in una sorte di alone di persone che diventava sempre più grande. Tutti su di loro, e nessuno che guardava il resto dei carcerati.

Poi accadde. Qualcosa di freddo e di puntiglioso si conficcò sul mio fianco. Una fitta insopportabile mi fece piegare in due dal dolore, e mi costrinse ad urlare dal dolore. Portai la mano sul fianco, tastando con le mie stesse mani la fonte di quel dolore. Sentivo quella cosa fredda conficcata nella carne, ma sentivo anche la pelle calda di qualcuno stringere quell'arma. Subito mi voltai e raggelai quando vidi sul braccio dell'uomo la scritta tatuata a caratteri cubitali: Los Zetas, una delle organizzazioni messicane più coinvolte nello spaccio di droga. Ed il loro attacco voleva dire che gli avevo messo i bastoni fra le ruote, e non fu difficile ricordarmi di Sanchez e la soffiate che gli avevo fatto.

« Ed è solo l'inizio.. »

Sussurrò quelle parole con il loro tipico accento messicano. Lasciò l'arma conficcata nel mio corpo pochi istanti dopo, prima di andarsene e mischiarsi con la folla. Non riuscì a vedere il suo volto. Lessi soltanto quel tatuaggio, ma di certo fare nuovamente la spia avrebbe firmato la mia morte.

Caddi a terra, inginocchiandomi sul pavimento mentre le mie mani cercavano di coprire la ferita, nella speranza che il dolore sparisse. Il dolore era talmente forte che persi perfino la voce. Mi ritrovavo per terra, con la fronte sul pavimento, gli occhi e la bocca serrate. Grazie ad Alan i poliziotti mi notarono e mentre gli altri cercavano di placare il caos con qualche colpo di pistola all'aria, altri due mi alzarono di peso portandomi al sicuro.

 

 

Il fianco mi faceva ancora male. Più che altro sentivo i punti della ferita che un po' tiravano, ma come aveva sentito durante la mia dormita, era del tutto normale. Avevo passato tutta la notte in infermeria, in uno di quei lettini striminziti che mettevano a disposizione per controllare i carcerati che non stavano bene. Durante la notte dormì beatamente, erano sempre più comodi dei letti nelle celle. La mattina però dovetti ammettere che un po' finsi. Rimasi con gli occhi chiusi e completamente immobile, come se stessi dormendo ma in realtà ero sveglio già dalle primi luci del mattino. Non avevo alcuna intenzione di tornarmene in cella. Verso le otto di mattina, sentì la porta dell'infermeria aprirsi e riconobbi all'istante l'inconfondibile voce di Dianna. Era arrivato il momento di dare il cambio alla sua collega che aveva fatto la notte. Ma voglia di tornare nella fogna: zero. Così mi voltai dall'altra parte, alla ricerca di un po' di ombra, sperando di sprofondare nuovamente nel sonno. Ma non fu possibile. Non mi accorsi che Dianna fu al mio fianco, ma me ne accorsi quando mi diede una piccola sberla sul taglio, facendomi alzare di scatto e facendomi urlare un poco elegante:

« Cazzo! »

Mi alzai di scatto sedendomi sul lettino, mentre lei scoppiò a ridere. La guardai di sottecchi mentre si avvicinò al ripiano dei medicinali mentre fra le risate disse:

« Buongiorno anche a te Jazz.. »

E per fortuna che il colpo che mi diede non era diretto dato che indossavo una maglia!

« Dormivo.. »

« Non è vero. Facevi finta. Come stai? »

« Meglio di ieri sera.. »

Dissi sorridendole. Lei arricciò leggermente le labbra sospirando appena. Notò solo allora che avevo la mano sinistra ancora legata dalle manette ben saldate col letto. Con movimenti veloci afferrò la chiave e senza troppi problemi sciolse quella stretta, ormai si fidava di me. Le fui grato dato che dopo tutte quelle ore la cose diventava un po' fastidiosa. Ma era la norma: tutte le volte che un carcerato passava la notte in infermeria, doveva essere legato per evitare che afferrasse qualcosa che potesse diventare un'arma.

Subito dopo Dianna indossò il guanto destro, preparando un pezzo di cotone imbevuto di disinfettante. Con un cenno della testa mi fece capire che dovevo togliermi la maglia e così feci, in modo che potesse disinfettare la ferita.

« Brucia? »

« Un po'.. »

Confessai senza troppi problemi camuffando un po' il dolore con qualche smorfia del volto.

« E' vero? Si tratta della questione Sanchez? »

Domandò lei senza troppi giri di parole. Il mio volto tornò alla sua solita maschera seria e non le nascosi la verità:

« Sì, ho riconosciuto il tatuaggio.. »

« E hai visto chi è? »

« Anche se lo avessi visto non lo confesserei a nessuno.. Firmerei la mia condanna a morte.. »

Non mi preoccupai di mantenere dei filtri con lei. Avevo capito che era una persona di cui potevo fidarmi ciecamente. Ci confidavamo parecchie cose durante i miei soggiorni in infermeria.

Dì mi guardò negli occhi, consapevole del fatto che avessi ragione. Fare un'altra volta la spia sarebbe stato ancora peggio. A volte è meglio tacere e fare finta di nulla.

« Guardiamo il lato positivo.. »

Lei mi guardò sbattendo più volte le palpebre degli occhi. Se lei era sorpresa, lo ero anche io, per aver trovato qualcosa di positivo in un fatto negativo come quello.

« Passerò più tempo con te! »

Dissi ridendo mentre lei sospirò alzando gli occhi verso il soffitto.

« Non vedo l'ora.. »

Disse lei con un filo d'ironia nelle parole mentre allontanò il pezzo di cotone buttandolo nella pattumiera. Io continuai a ridere, mentre lei manteneva la sua parte da finta scocciata nell'avermi lì. Spostai lo sguardo verso la mia destra, notando che su di un ripiano vi era una specie di vassoio d'acciaio con all'interno un qualcosa di marrone. Senza troppi complimenti e senza chiedere nulla, saltai giù dal lettino avvicinandomi ad osservarlo. Era un pezzo di ferro, un po' arrugginito, lungo più o meno una ventina di centimetri. Il sangue ormai era diventato un tutt'uno con quell'aggeggio e quando mi domandai mentalmente se quella fosse l'arma improvvisata con cui mi avevano colpito, Dianna rispose alla mia domanda, nel momento esatto in cui tornò a disinfettare la ferita.

« Sì è quella. Da ieri sera hanno già perlustrato tutte le celle alla ricerca di altre armi.. »

« Magari lo avessero fatto prima mi sarei evitato questo taglio! »

« Forse.. »

Appoggiò l'altra mano sul fianco, controllando che la cucitura fosse riuscita con successo mentre con l'altra continuava a pulire la ferita.

« Era piuttosto arrugginito.. »

Disse lei come a giustificare quel suo continuo bruciare quel taglio.

« Grazie.. »

Dissi con sincerità voltandomi verso di lei. Era vero, dovevo esserle grato per quello che faceva. Lei non disse nulla, semplicemente annuì con un cenno della testa allontanandosi di qualche passo. Senza nemmeno pensarci qualche secondo in più, allungai leggermente il braccio verso di lei, afferrando con la mano il suo braccio costringendola a voltarsi verso di me.

« Dico sul serio! Grazie di tutto quello che fai e di quello che hai fatto.. »

Perché non aveva detto nulla a quella mia parola? Mi era difficile ringraziare gli altri, perché doveva rifiutarlo in quella maniera?

Poi capì. I suoi occhi incrociarono i miei e quando lessi quel luccichio che avevo visto soltanto ad una donna nella mia vita, capì per quale motivo tutto ad un tratto aveva preso le distanze. Ma prima ancora che potessi dire o fare qualcosa, le sue labbra si avvicinarono alle mie, sfiorandole appena.

Si allontanò immediatamente ed il mio sguardo indossò la maschera del confuso mentre lei indossò quella del dispiacere del sconforto, come se avesse capito che non poteva fare nulla perché io appartenevo ad Alice. Fece per allontanarsi, ma le mie mani non si staccarono dalle sue braccia. Mi dispiaceva leggere quella tristezza nel suo volto, ed allo stesso tempo ero un uomo.

Prima ancora che potessi ragionare, avvicinai le mie labbra premendo sulle sue con prepotenza. Cinque anni di fottuta astinenza! Come potevo resistere ancora per altri due anni?!

Me ne fregai altamente di tutto e di tutti. Non m'importava di sentire dolore alla nuova ferita, senza troppi indugi alzai Dianna mentre le sue mani si aggrapparono al mio collo, spinti da una sicurezza in più. La costrinsi a sedersi sul lettino, facendole avvolgere le sue gambe attorno ai miei fianchi. Senza farmi troppo problemi, con le mani, cominciai a slacciare i bottoni della sua camicia, facendo ricadere il camice bianco che indossava.

« Jasper.. »

Sussurrò il mio nome non appena allontanai le mie labbra dalle sue, sfiorandole il collo. Sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce mi dava fastidio però: Alice poteva chiamarmi in quel modo. Così, spinto da quel fastidio, ritornai a premere con prepotenza sulle sue labbra. Non appena l'ultimo bottone della camicia si slacciò, scoprì un corpo formoso nei punti giusti che non fece altro che aumentare l'eccitazione che già premeva nei miei pantaloni. Desideravo solo il suo corpo, pura attrazione fisica nei suoi confronti. Mi sentivo un verme per quello, ma ne avevo bisogno. Lasciai perdere le sue labbra, fregandomene della sua voce che mi richiamava. Le sue mani mi accarezzavano il petto ma tutto ad un tratto l'atmosfera cambiò radicalmente. Quando portai le mani sui miei pantaloni, Dianna fermò le mie mani catturando la mia attenzione. Tentai di ritornare alla stessa atmosfera, riprovando ad avvicinare le mie labbra alle sue.

« Jasper.. N..No fermati.. »

Perché non taceva?!

Provai a sfiorare con le labbra il suo collo, ma fu del tutto inutile. Le sue mani divennero una morsa potente contro i polsi delle mie mani che mi costrinsero a fermarmi. Il mio sguardo carico di desiderio si rifletteva nel suo, al contrario fermo e deciso. Senza che potessi ribattere, scivolò via, risistemandosi la camicia ed il camice. Mi lasciò completamente spiazzato: non era forse quello che desiderava anche lei?

« E' sbagliato. Sia per te che per me.. »

Disse con un timbro di voce freddo e deciso. Rimasi tutto il tempo con il volto rivolto verso il muro, con le mani appoggiate sul lettino.

« Fra qualche minuto verranno a prenderti.. »

Sentivo la rabbia ribollire dentro di me. Il motivo non lo sapevo. Era forse perché il mio piacere non era stato soddisfatto? Perché Dianna mi aveva rifiutato? O perché avevo avuto la malsana idea di tradire la mia ragazza? O forse era tutto l'insieme.

Con la coda dell'occhio vidi l'ombra del poliziotto avvicinarsi all'infermeria, nel momento esatto in cui Dianna aggravò la mia rabbia dicendomi:

« Credimi.. Lo desidero. Ma non è giusto.. »

Mi stava prendendo per il culo forse?!

Spinto dalla rabbia mi voltai verso la vetrina che proteggeva la scaffalatura che conteneva tutti i medicinali. Senza pensare alle conseguenze scaraventai un pugno contro la lastra di vetro, sfogando la rabbia nel dolore. Rabbia che aumentò consapevole del fatto che non capì la causa di tutto quel sentimento. Dianna urlò al poliziotto di muoversi cosa che fece, quando ormai il sangue sgorgava dalle nocche della mia mano. Senza porre resistenza mi feci ammanettare. Non mi sarei opposto all'uomo.

La rabbia era tanta e mi oscurava completamente. Avrei voluto spaccare il mondo, uccidere con le mie stesse mani qualsiasi persona che mi capitava davanti agli occhi. Tanta rabbia che mi trasportava in un'altra dimensione, come se mi isolassi da un'altra parte. Non sentivo nulla, ne dicevo nulla. Dai miei occhi usciva solo il fuoco della rabbia e nient'altro. Non ascoltavo quello che il poliziotto mi diceva, ma sentì soltanto le ultime parole di Dianna, fredde e decise contro di me:

« Non lo voglio qui. Portatelo nell'altra infermeria.. »

 

 

 

Eccoooomi qui! :) Capitolo pieno di fatti eh?

Come al solito spero che vi sia piaciuto altrimenti potete benissimo dirmi senza troppi problemi ciò che non vi piace e che distruggereste al volo... Si bé ecco ditemi quello che volete! :P

Come al solito ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e spero di sapere anche questa volta che cosa ne pensate. Ringrazio anche chi ha soltanto letto il capitolo ovviamente :)

Ah! Tranquilli! Vi avverti già che nel prossimo capitolo Jazz tornerà a casa! Lo avevo promesso, due o tre capitolo massimo dedicati al carcere :)

Alla prossima!

Fra!

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Capitolo 26
*** Capitolo 24. ***


Capitolo 24.

 

Mi trovavo fuori, all'aperto quando Alan tornò dopo la visita che aveva ricevuto. Sua moglie era venuto a trovarlo, ma a giudicare dall'espressione non era una bellissima notizia. Il suo volto era piuttosto cupo ed in un primo momento non ebbi nemmeno il coraggio di domandargli cosa fosse accaduto. Ma era un mio amico, e volevo aiutarlo.

« E' tutto ok? »

Gli domandai quando si sedette sulla panchina dove io ero seduto. Sospiro pesantemente e soltanto dopo avermi osservato qualche secondo si liberò del peso che portava in corpo. No, non andava bene. Nelle ultime settimane suo figlio non era stato bene. Ora dirmi cosa avesse con precisione non riuscì a spiegarmi ed io, d'altro canto non sarei riuscito a capirlo. Ma una cosa capì: servivano altre cure, cure costose ed ora come in quel momento, soltanto il guadagno che aveva sua moglie non bastava per curare il povero ragazzino.

« Mi dispiace avertelo detto.. Dovrebbe essere il giorno più bello della tua vita e invece.. »

« A che servono gli amici? »

Gli sorrisi dandogli una pacca amichevole sulla spalla. Riuscì a strappargli un sorriso, ma la disperazione continuava a regnarli nel volto. Come a me non riusciva a scomparire la felicità nel mio sguardo. Era arrivato il grande giorno. Da lì a qualche ora sarei uscito da quel carcere, ed avrei assaporato il sapore della libertà.

Mio padre non lo vidi più. Nemmeno di sfuggita fuori nel giardino del penitenziario. E a Rosalie non raccontai nulla. Preferì tenermi il tutto e forse, una volta uscito da lì, lontano dal pericolo di mio padre, le avrei confessato il tutto. Tanto sapevo la sua reazione: si sarebbe incazzata come minimo.

« Hale! Andiamo.. »

« Ma non dovevi andartene alle 10? »

Mi alzai in piedi dirigendomi verso il poliziotto. Risi sentendo le parole di Alan e voltandomi appena, senza interrompere la camminata, alzai il braccio mostrandogli quel segno rossiccio che mi attraversava tutta la carne. Dovevo togliermi i punti. Dopo la mia soffiata del caso Sanchez le cose non sono per nulla migliorate. Era quasi entrata nella norma che mi trovassi con qualche ferita in più. Eliminarmi completamente forse era la cosa più semplice, ma non era nel loro caso. Eliminarmi significava aumentare la pena e loro volevano andarsene da quel carcere. Solo che dovevano farmela pagare. Così si divertivano a procurarmi qualche nuova ferita.

Come se non ce ne fossero già abbastanza.

No. Dopo quella mattina non vidi più Dianna. Nei mesi successivi proprio mai vista. Soltanto dopo un paio di mesi cominciai a vederla lungo i corridoi, ma mai ci pensò lei a curare le ferite. E in un certo senso, la vergogna sarebbe stata troppa quindi era meglio così.

Entrai in infermeria, e come al solito mi sedetti sul maledetto lettino ad aspettare. La porte si aprì, e quando entrò non disse una parola, nemmeno quando la vidi davanti a me. Raggelai all'istante. Speravo di non incontrarla più, ma si vede che non avevo pagato abbastanza per l'errore commesso.

Quando si voltò verso di me aveva un'espressione fredda, come se fosse la prima volta che ci vedemmo.

« Le altre erano tutte occupate. Uno scontro nella parte vecchia del penitenziario. »

Annuì con un semplice cenno della testa, senza aggiungere nulla di più. Mi limitai ad eseguire i soliti movimenti, mostrandole il braccio da curare. Senza perdere tempo cominciò a togliere le graffette che tenevano unite i lembi di pelle e quando tolse anche l'ultima, la porta si aprì mostrando il direttore del penitenziario.

« Volevo salutare il ragazzo e.. Dianna c'è una visita per te.. »

Guardai l'uomo affiancarmi nel momento esatto in cui la ragazza uscì dalla stanza. Gray cominciò a ringraziarmi ancora una volta per la soffiata Sanchez ma più lui parlava, più la mia testa si isolava nella speranza di trovare un metodo per uscire da quell'immediato imbarazzo che mi avrebbe avvolto una volta che Dianna sarebbe tornata. Quando Gray terminò mi volta leggermente all'indietro e fu lì che li vidi. Lei, accanto ad un poliziotto e no, non erano solo amici. Lo si vedeva da come si guardavano, da come si sfioravano. Di una cosa però ero felice: non sentì nulla. Nessuna gelosia, nessuna rabbia. Niente.

« E' stato un piacere e.. Speriamo di non rivederci! »

Forse mi dette più fastidio l'ironia del direttore. Gli strinsi la mano però, educatamente. Aspettando che i due si dettero il cambio. Rimasi in silenzio qualche secondo, ma quando si voltò per sistemare le ultime cose, le sorrisi e le domandai:

« Nuova fiamma? »

Lei mi guardò sorpresa. Forse ero stato un po' sfacciato?

« A dire la verità siamo insieme da quattro anni.. »

Rimasi senza fiato. Quattro anni? O ero diventato stupido o avevo perso troppe lezioni di matematica.

« Ma quindi.. »

« Sì.. »

Troncò il discorso senza aggiungere altro. Le sue risposte continuavano ad essere fredde come i suoi movimenti e lo sguardo, che mai incrociò il mio.

« E la cosa peggiore è questo.. »

Aumentò il timbro della voce, lasciando cadere a terra ciò che teneva fra le mani. Si sfilò con energia i guanti in lattice mostrandomi le dita della mano. In particolare la mano sinistra.

Volevo morire. Crearmi la fosse sotto i piedi e farmi fuori con un colpo in testa. Sembrò quasi che un trattore mi venne incontro lasciandomi vivo con mille ossa rotte. Volevo morire, volevo morire.

« Mi dispiace.. »

Dissi zittendomi completamente, abbassando lo sguardo. Mi sentivo un verme, non molto lontano dall'essere di mio padre. Lei sembrò accorgersene. Forse non voleva che tutto prendesse quella piega. Così sospirò prendendo un bel respiro, avvicinandosi appena, mettendosi al mio fianco con le mani sul lettino.

« E' colpa tua quanto mia. Anzi più mia.. Era già tutto programmato. Un mese dopo e mi sarei sposata.. »

Quindi lei sapeva che si sarebbe dovuta sposare ma aveva ceduto? O meglio: aveva ceduto all'inizio, poi era riuscita a trovare la ragione e i nervi freddi, cosa che io non trovai.

« Veramente.. Mi dispiace.. »

Lei alzò lo sguardo verso di me, facendo incontrare i suoi occhi con i miei e questa volta, con uno sguardo più addolcito. Alzò appena l'angolo sinistro delle labbra, affrettandosi a dire:

« Lo so.. »

Si riprese ricominciando il lavoro che aveva interrotto tutto ad un tratto. Ma fui ancora io ad interrompere quel silenzio. Volevo sapere.. Sbagliavo forse?

« Lui.. Lo sa? »

« No. E non lo saprà. »

Rispose lei riassumendo il timbro di voce freddo e deciso.

« E' uno sbaglio nato qui dentro e qui dentro rimarrà. »

Non dissi più nulla. Lasciai che quelle fossero le sue ultime parole dell'argomento. Lei completò il lavoro dopo qualche altro minuto. Se c'era una cosa che avevo capito in queste sue continue visite in infermeria, era la pignoleria che ci metteva nel curare qualsiasi ferita. Avrebbe fatto successo quella ragazza, ne ero certo. Quando si tolse nuovamente i guanti, questa volta con più calma e tranquillità, prese un bel respiro e guardando soddisfatta il lavoro decretò un bel sonoro:

« Abbiamo finito! »

Balzai giù dal lettino, sistemandomi con la mano la manica della maglietta che indossavo. Quella era la mia ultima volta che avrei visto quel luogo, ma non mi sarebbe mancato per niente. Questo è poco ma sicuro.

Quando alzai lo sguardo porsi la mano verso Dianna, aprendone il palmo dicendole:

« E' stato un piacere. Grazie ancora di tutto.. »

Lei guardò la mia mano, sbattendo più volte le palpebre degli occhi. Subito dopo scoppiò a ridere, scuotendo leggermente la testa. Sì, effettivamente eravamo passati da un'atmosfera di amicizia, per poi passare a quella dell'estraneità ed infine a darle quasi del lei. Dei passaggi che avrebbero messo in confusione anche il lunatico più lunatico della terra.

Afferrò appena la mia mano, avvicinandosi poi definitivamente, lanciando le braccia attorno al mio corpo in un abbraccio inaspettato. Non disse nulla, semplicemente fu l'istante di quell'abbraccio che durò qualche secondo. Quando poi le sue braccia scivolarono via non riuscì nemmeno a guardarla in volto. Semplicemente mi superò, preparando il necessario per un nuovo paziente. In quel momento arrivò il poliziotto che, come al solito ma non per molto ancora, mi legò le mani conducendomi fuori da quella stanza. Quella, fu l'ultima volta che vidi Dianna..

 

 

Le dieci ormai erano arrivate, ed io fremevo dalla voglia di riabbracciare tutti quanti! Ma un po' mi dispiaceva. Mi dispiaceva abbandonare Alan. Per lui c'era ancora qualche anno da scontare e starsene lì, con i problemi in famiglia sulle spalle, non era proprio una bella sensazione.

« Mi raccomando: non farti più vedere qui dentro! »

Mi aveva detto pochi istanti prima che uscissi da quella cella. Ed io in tutta risposta promisi a me stesso e a lui che:

« Ci rivedremo fuori, promesso! »

Nessun abbraccio, perché quello non era un addio. Semplicemente un'amichevole pacca sulla spalla.

Già quando uscì dalla celle mi sentì sollevato. Come se un pezzo della prigione si fosse staccato tutto ad un tratto.

Mi fermai a firmare qualche carta che sinceramente, non sapevo nemmeno di cosa parlasse. Avevo talmente tanta voglia di uscire che firmavo dove mi dicevano, senza chiedermi che cosa stessi facendo. Infine mi diedero gli indumenti che indossavo il giorno che entrai lì dentro. Sentire quella stoffa fra le mani mi faceva già sentire a casa!

Quando poi sentì il fatidico “bene, puoi andare” scattai all'istante verso la porta d'uscita. Quando fui fuori vidi l'inconfondibile Mercedes di Carlisle. Probabilmente avevo un sorriso ebete stampato in volto, che aumentò notevolmente quando tutto ad un tratto la porta dell'auto si aprì e due gambe lunghe corsero verso di me.

« Jasper! »

Afferrai al volo Rosalie che si era fiondata fra le mie braccia e che con le sue, mi stringeva a sé togliendomi anche il fiato. Sentire il suo profumo poi era la cosa più pazzesca del momento! Era lì davanti a me, ed io ero lì, fuori dal penitenziario, quasi a casa!

« Dio quanto mi sei mancata! »

« No, no, no! Tu mi sei mancato! Cazzo sei fuori, sei fuori! »

« Vedo che le buone maniere non te le sei dimenticate, eh Rosalie? »

« Sta zitto cretino e continua ad abbracciarmi! »

Dio, nessuno poteva capire quanto fossi felice in quel momento. Ero una bomba atomica piena di felicità che col solo tocco, si azionava esplodendo e spargendo ovunque pezzi di felicità.

Riuscì a staccarmi leggermente dalle braccia di Rosalie, quando vidi con la coda dell'occhio Carlisle. Senza troppi indugi o paure, allungai le braccia anche verso di lui, regalandogli un po' di felicità che sentivo scorrere nelle vene. Quando mi allontanai da lui, le braccia di Rosalie tornarono a stritolarmi con la stessa intensità di prima.

« Finalmente sei a casa.. »

Annuì alle parole di Carlisle, ma con lo sguardo cercavo gli altri, cercavo lei. Forse fu proprio Carlisle ad accorgersi del mio comportamento, tanto che si avvicinò alla macchina salendo dalla parte del guidatore. Ma dov'era Alice? Perché non c'era?

Sentì Rosalie ridere e quando mi voltai verso di lei, la vidi scuotere la testa. Mi afferrò la mano e cominciò a camminare verso l'auto. Mi convinse a muovermi soltanto perché mi disse:

« Seguimi, ti spieghiamo tutto in auto! »

Quando entrai e mi sistemai nei sedili posteriori, notai che davanti, accanto alla guida di Carlisle non vi era nessuno. Rosalie si sedette dietro con me: non aveva alcuna intenzione di mollare la mia mano. All'istante Carlisle accese i motori dell'auto e prima ancora che potessi rendermene conto, sfrecciava già lontano dal carcere. Rimasero zitti, col sorriso sulle labbra.. Ma volevano dirmi qualcosa?! Stavo morendo!

« Devo strapparvi le parole di bocca? »

Dissi non solo guardando mia sorella, ma fulminando con lo sguardo anche Carlisle che mi guardò dallo specchietto dell'auto. Scoppiarono a ridere.. Ma che diavolo gli prendeva?!

« Andiamo Ros, ha sofferto abbastanza.. »

« Dici? »

« Senti Ros ho passato sette anni là dentro: posso ucciderti con un cucchiaio! »

I due scoppiarono a ridere irritandomi ulteriormente. Ma la sofferenza era finita sul serio, perché da quel momento in poi cominciarono a spiegarmi tutto nei minimi particolari completando le frasi che l'altro iniziava.

« Tutti sanno che la tua pena era di sette anni ma.. »

« Nessuno sapeva il giorno preciso! »

« Così abbiamo continuato come se nulla fosse e.. In questo periodo hanno ben deciso di godersi un po' di vacanze e quindi.. »

« Siamo tutti alla nostra tenuta al mare che i genitori di Esme le hanno lasciato in eredità.. »

Li guardavo mentre si passavano la parola l'uno con l'altro, ma dovetti fermarmi a riflettere più di una volta ed infine riuscì a capirci qualcosa: tutti quanti, Ros, Jenny, Esme, Carlisle, Emmett, Edward, Bella e la mia Alice, si stavano godendo le vacanze in una delle abitazioni che avevano i Cullen. Tutti quanti, tranne Esme, Carlisle ed ovviamente Rosalie, non sapevano del mio arrivo anzi, credevano che fosse la settimana seguente e non quel giorno.

« Geniale.. »

Dissi infine quando capì il loro piano. Mi piacevano queste cose! Sentivo che erano nel mio sangue!

« Bene! Quindi ora non dobbiamo fare altro che sfrecciare verso sud.. Ci metteremo un bel po' di ore.. »

Guardai Carlisle nello specchietto. Quindi partivamo subito? Ma sentivo che dovevo fare qualcosa prima di andarmene. Era un piacere enorme che gli stavo chiedendo, ma a costo di pagare col sangue dovevo farlo. Lui notò il mio sguardo preoccupato e rattristito, ma non osò chiedermi nulla, così mi feci coraggio e senza indugiare ancora gli dissi:

« Prima però.. Devo chiederti un favore.. »

 

 

Bussa due volte, due volte soltanto su quella dannata porta. Poteva sembrare facile, ma in quel momento non trovavo nulla di più complicato. La mia mano sinistra stringeva quel pezzo di carta che sembrava avere il peso di cinquanta buste della spesa. Mi sentivo un'idiota, perché avevo affrontato più di una volta i Sanchez, ma non riuscivo ad affrontare quella porta.

Codardo, codardo, codardo!

Sì, per la prima volta mi ritrovai ad essere d'accordo con quello che la mia coscienza mi urlava di essere. Un fottuto codardo! Fu la mano di Carlisle sulla mia spalla a darmi il coraggio necessario per affrontare quell'ostacolo. A fatica riuscì ad alzare la mano ed a bussare alla porta. Due volte, esattamente come mi ero promesso di fare.

All'istante comparve una donna, che avrò avuto su una quarantina d'anni se non di meno. Mi guardava come un estraneo.. Ed era così in fin dei conti!

Mi schiarì la voce abbassando leggermente il capo pronto a parlare dopo minuti di mutismo.

« Signora Dale? »

Lei semplicemente annuì con un cenno della testa, aprendo appena la porta d'ingresso. Bé per lo meno avevo azzeccato l'abitazione! In risposta annuì anche io con un cenno della testa, ma senza farle perdere altro tempo mi affrettai a spiegarle tutto.

« Mi chiamo Jasper Hale e.. Ero un compagno di cella di suo marito. Alan.. »

La sua sorpresa venne trasmessa dal suo sguardo che si illuminò tutto ad un tratto quando sentì pronunciare il nome di suo marito. Le raccontai di aver passato gli ultimi anni con lui e di aver legato con lui, tanto che Alan mi aveva raccontato la sua storia e la situazione di suo figlio.

« Alan mi ha aiutato parecchio ed è arrivato il momento di ricambiare il favore.. »

Con un gesto delicato le porsi il pezzo di carta che avevo fra le mani. Dopo qualche secondo di esitazione, la signora aprì la porta afferrandolo mentre si posizionò di fronte a me. La vidi mentre leggeva la somma di denaro scritta su quell'assegno e, prima ancora che potesse finire di leggere mi affrettai ad aggiungere:

« Lui è Carlisle Cullen, sarà lui ad occuparsi di suo figlio.. »

Era sconvolta glielo leggevo in volto. E quando strinse la mano di Carlisle sembrò quasi che avesse visto un miracolo in diretta. Si precipitò fra le sue braccia, scoppiando in un mare di lacrime quando si rese conto che la storia stava prendendo la piega giusta per suo figlio. Continuava a ringraziare Carlisle e a ringraziare me. Mi fece un'immensa tenerezza quella donna, perché lessi la sincerità di quel pianto. Sapevo che avrebbe fatto di tutto per suo figlio, esattamente come Alan. Ma vedersi il risultato fra le mani di certo era un altro effetto.

Senza aggiungere altro però, mi allontanai dai due che cominciarono a parlare più o meno di quello che avrebbero fatto. Una settimana poco più e poi avrebbero cominciato con le cure. Quando Carlisle entrò in macchina, io ormai ero già bello che sistemato. Lo guardai dallo specchietto e prima ancora che potesse accendere l'auto gli dissi:

« Grazie, pagherò il debito.. »

Lui scoppiò a ridere e scuotendo la testa disse:

« Ed io lo rifiuterò.. »

Quando poi i motori dell'auto si accesero, mi lasciai rilassare completamente. Mi distesi sui sedili posteriori, piegando in qualche modo le gambe dato che non riuscivo a stare completamente disteso. Appoggiai la testa sulle gambe di Rosalie e trasportato dal movimento dell'auto, e cullato dalle dita di Rosalie che giocherellarono con i miei capelli, mi lasciai sprofondare in un rilassato sonno che ormai mi mancava da parecchi anni.

 

 

 

Mi svegliai soltanto all'arrivo, grazie alla voce di Rosalie che mi era tanta mancata! Mi alzai di scatto, guardando fuori dal finestrino, ammirando la casa di villeggiatura dei Cullen. Bé non aveva nulla da invidiare alla casa di Forks. Forse questa era ancora più grande e, vogliamo parlare del panorama? Dava direttamente sulla spiaggia e di fronte, non poco lontano, vi era il classico pontile di legno per l'attracco delle barche.

L'atmosfera era decisamente diversa rispetto a quella di Forks. Più rilassata, più tranquilla, forse grazie anche al sole che lì sembrava non mancare mai. I pini lasciavano spazio a distese di erba che andavano a scomparire, man mano che si avvicinavano alla spiaggia, dove il verde lasciava spazio a chiarore della sabbia. Decisamente mi piaceva come luogo, soprattutto era l'ideale per il mio post carcere.

Ma il paesaggio non era ciò che mi interessava maggiormente. Con lo sguardo vagai ogni singola finestra dell'abitazione, anche quando sia Carlisle che Rosalie scesero dall'auto. Nulla. Le finestre erano completamente chiuse dalle tapparelle colpite dal sole. Possibile che non si fossero accorti dell'arrivo di un'auto?

Quando scesi dall'auto però, un volto conosciuto comparve all'ingresso nel porticato di casa. Aveva un sorriso enorme stampato in volto e non diede un minimo di attenzione al marito che le parlò. Si catapultò verso di me, quasi quanto aveva fatto Rosalie. Non potei non ricambiare quell'abbraccio, perché ne suoi confronti io ero in debito fino al collo, per il resto della mia vita.

« Dimmi che per questa sera hai preparato lasagne! »

Dissi in riposta ai suoi continui “mi sei mancato”. Esme scoppiò a ridere e, una volta allontanatasi da me, e dopo essersi asciugate piccole lacrime che senza il suo permesso erano sfuggite ai suoi occhi, mi diede un piccolo buffetto sulla testa, rimproverandomi con un finto tono severo.

« Avevi forse dubbi? »

Sinceramente? Avevo già l'acquolina in bocca. La sua cucina mi era mancata parecchio e.. Non era già ora di cena?

Esme dopo qualche secondo si scostò ma, al contrario di quello che speravo, lei non comparve. Ritornò invece Rosalie, col suo solito sorriso stampato in volto. Andiamo perché Alice non era lì? Mi stavano facendo dannare maledizione! E questo mia sorella, forse come un po' tutti, lo avevano letto nei miei occhi. Ecco perché scoppiarono a ridere quando alzai un sopracciglio e rimasi in silenzio, in attesa di una loro spiegazione che non tardò ad arrivare. Esme mi disse che purtroppo gli altri non erano in casa. Non sapevano del mio arrivo e già da qualche giorno si erano ripromessi che questa sarebbe stata la giornata perfetta per un'uscita in barca tutti insieme. Rosalie e Carlisle avevano la scusa che dovevano venirmi a trovare ed Esme finse di sentirsi in colpa a divertirsi senza la presenza di suo marito. Potevo metterci la mano sul fuoco che dietro a tutto questo c'era quel diavolo biondo di mia sorella! Lei era perfetta per aggirare le cose. Riusciva ad ingannarti con niente, facendo tutto sotto il tuo naso. Come si dice? Ah sì! La sua apparenza angelica traeva in inganno tutti quanti!

Quindi io e Rosalie avevamo un paio di ore libere per noi. I marinai sarebbe ritornati questa sera, giusto per l'ora di cena. Dovetti ammettere che un po' mi dispiaceva non assaporare già il profumo di Alice, ma del resto lei come poteva saperlo? Sapevo che se l'avesse saputo probabilmente ora mi sarei ritrovato fra le sue braccia. Pazienza, questo voleva dire che avrei passato un po' di tempo con Rosalie e tenendo in considerazione che mi era mancata un casino.. Bé come piano non mi dispiaceva per niente!

Così, dopo aver sistemato un po' di cose, essermi fatto una doccia rilassata e dopo aver fatto un bel cambio d'abito, il tutto in un quarto d'ora, io e Ros ci ritrovammo a camminare per le strade del paesino distante pochi minuti da casa Cullen. Poteva avere la grandezza di Forks, forse un po' di meno. Vi erano i tipici negozietti indispensabili per la sopravvivenza e, con un'oretta abbondante, ormai avevamo già fatto il giro della zona fondamentale. Così alla fine del giretto, ci sistemammo al piccolo porto della città, gustandoci un buon gelato che tanto mi era mancato in quella fogna di carcere! Per tutto il tempo Rosalie mi parlò di lei, di come stesse bene con Emmett, di come il lavoro stesse andando a gonfie vele. Mi parlò della sua ripresa dopo quel maledetto giorno. Di quanto Emmett e tutti gli altri gli fossero stati accanto. Ed io non avevo il coraggio d'interromperla. In quel momento non c'era cosa più bella di ascoltarla mentre parlava.

Continuava ad immergermi in tantissime altre informazioni, senza accorgersi del gelato che nel frattempo stava cominciando a sciogliersi nella sua mano. Poi si fermò e guardandomi negli occhi mi domando:

« Cosa vuoi sapere ora? »

« Tutto.. »

Lei roteò gli occhi in senso di disapprovazione.

« Andiamo! Ci sarà qualcosa che vuoi sapere più che mai! »

Sorrisi divertito ed abbassando leggermente il capo cominciai a rifletterci su. Sì, c'era qualcosa che volevo sapere in quel momento. O forse ce ne erano molte, ma a lei avrei rivolto una sola domanda:

« Quant'è cresciuta? »

Lei mi sorrise. Bastarono quelle parole per farle capire a chi mi stessi riferendo. Mi disse che era cambiata fisicamente, ma il suo carattere allegro e solare non era cambiato. La cosa che più mi fece sorridere, fu quando mi disse che assomigliava moltissimo a nostra madre.

« Quasi la fotocopia.. »

Disse con orgoglio ed un meraviglioso sorriso stampato in faccia. E come potevo negarglielo? Era il nostro orgoglio personale ed ero sicuro che, una volta davanti ai miei occhi, lo sarebbe diventata ancora di più.

« Bene! Ormai dovrebbero arrivare a momenti. Torniamo verso casa? »

Non appena si alzò in piedi, mi porse la mano per aiutare anche a me. Sorrisi ed annuì con un cenno della testa, convinto e speranzoso che questa fosse la volta buona per salutare tutti quanti.

« Ah! Posso chiederti un favore? »

La guardai sbattendo più volte le palpebre degli occhi. Bé che cos'era un favore per lei? Nulla!

« Certo! »

« Quando vedi Jenny.. Domandale di un certo Andrew.. »

Ros scoppiò a ridere, ma non capì se lo fece per l'argomento o per la mia espressione al quanto sorpresa. Ed ora chi era questo Andrew? Possibile che avesse già qualcuno attaccato alle calcagna? Non domandai nulla a Ros, e semplicemente le promisi che lo avrei fatto. Del resto, una volta potevamo farci riguardo nel mettere in difficoltà nostra sorella, ma ora che era cresciuta sarebbe stato divertente metterla in difficoltà con qualche complotto fra me e Rosalie.

Le ore passate a chiacchierare con mia sorella erano praticamente volate, ma mi ci voleva un po' di tempo da spendere solo con lei. Durante il ritorno, ovviamente non si fece mancare di aggiungermi qualche nuova novità e di mettermi la pulce nelle orecchie, su alcune news che non voleva svelarmi finché non le vedevo con i miei occhi.

Per il ritorno verso casa, passammo tutto il tempo a camminare lungo la spiaggia che, da un minuto all'altro, sarebbe passata proprio davanti alla facciata della maestosa casa Cullen. Al contrario di Forks, l'atmosfera era calda ed accogliente anche se ormai si stava avvicinando le prime ore della notte. Tutto il paesaggio era avvolto da una sfumatura di rosso acceso, grazie al sole che con estrema lentezza, se ne stava andando, lasciando lo spazio alla sera. Ero felice. Felice di trovarmi fuori dal penitenziario, felice di trovarmi accanto a mia sorella, di assaporare il sapore della libertà e di sentirmi protetto da possibili attacchi inaspettati. Stavo bene, veramente bene, e sapevo che da lì a qualche minuto mi sarei ritrovato ancora meglio.

Senza rendermene conto, quando cominciammo ad avvicinarci a casa, il mio passo diventò sempre più veloce, ed ovviamente Ros non perse tempo nel farmelo notare e a prendermi in giro. Ma ero talmente felice che invece di rispondere a parole, rispondevo con i fatti, tentando di farla cadere a terra fra la sabbia o peggio ancora, tentando di bagnarla con l'acqua del mare. E quando io ridevo divertito, lei rideva divertita, un'immagine gratificante considerando tutto quello che avevamo passato insieme. Tutto ad un tratto, davanti a noi, si pararono dei grandi alberi che cercavano di nascondere la facciata di casa. Quegli alberi erano una specie di segnale, rivolto a chi passeggiava lungo la spiaggia, come ad avvisare che lì vicino c'era una proprietà privata. E poi arrivarono.

Eravamo distanti una ventina di metri dal molo su cui la barca dei Cullen era attraccata. Quando vidi l'imbarcazione mi fermai sotto ad un degli alberi lì vicino. I muscoli si bloccarono tutto ad un tratto e, come se mi avessero svegliato da un sonno profondo, mi ritrovai a combattere contro quella strana sensazione di spaesamento. Avevo ancora lo sguardo su quel gioiellino, quando Rosalie mi diede una pacca sulla spalla, catturando la mia attenzione. Con un cenno della testa m'indicò un punto verso la casa dicendomi:

« Una delle novità che nessuno ti ha detto è quella.. »

Solo allora me ne accorsi. Dopo ben sette anni, vidi per la prima volta Edward e Bella. Erano proprio come me li ricordavo, forse col volto delineato da linee più nette, in contrasto a quelle che avevano quando andavamo alle superiori. Si tenevano mano nella mano, sempre insieme. Nessuno poteva dividerli. Ma la cosa che più saltò all'occhio era Bella.

Sbattei più volte le palpebre degli occhi, cercando di capire se avevo bisogno di una visita dall'oculista oppure stavo sognando. O magari nel gelato c'era qualche sostanza strana!

« Ros? Ma.. Bella.. »

« Dì la verità: papà Edward non suona così male, vero? »

Non riuscivo a crederci. Era una sorpresa stupenda, che mi disegnò un mega sorriso sul volto. Guardai Rosalie negli occhi, ma quando vidi che il suo sguardo era rivolto da tutt'altra parte, senza perdere tempo e senza farmelo ripetere due volte, feci altrettanto. E fu allora che la sorpresa e la felicità scoppiarono come una bomba atomica.

Ricominciai a camminare con passo lento, soltanto quando vidi una figura scendere dalla barca. Rideva, scherzava e s'insultava amichevolmente con qualcuno che ancora si trovava dentro l'imbarcazione, su di un aneddoto a me sconosciuto ovviamente. Afferrava i vari oggetti che un ragazzo gli passava, e grazie alla stazza e all'inconfondibile risata, non fu complicato dedurre che si trattasse di Emmett, ancora più grosso, più di quanto ricordassi.

Rosalie mi seguiva senza dire una parola, ma non fu difficile immaginare che avesse un gran sorriso stampato in faccia. Era come se le sue emozioni si riflettessero contro di me. Quella breve distanza sembrava non accorciarsi mai ed era piuttosto stressante, ma la fine doveva arrivare prima o poi. Quando arrivai all'inizio del pontile di legno, osservai divertito quel duo che rideva e scherzava, lanciandosi addosso l'acqua contenuta nelle bottiglie che tenevano in mano continuando a camminare, allontanandosi dalla barca. E quando alzarono i loro volti, dritti verso casa, i loro movimenti li bloccarono. Fu allora che capì a cosa si stesse riferendo Rosalie: Jenny era il nostro piccolo orgoglio.

Era impossibile non riconoscere i lineamenti di mia madre in quel volto innocente. I lunghi capelli un po' mossi le ricadevano fino sotto le spalle, incorniciando in maniera perfetta il viso. Gli occhi erano esattamente come quelli di Rosalie, nulla a che vedere coi miei, nulla a che vedere con quelli di mio padre. Erano si verdi esattamente come i miei, ma crescendo avevano assunto una linea più dolce, che esprimeva soltanto quell'irresistibile voglia di vivere e di divertirsi. Esattamente come mia sorella.

Entrambi rimanemmo immobile, uno di fronte all'altro, senza dire una sola parola. Io con un leggerissimo sorriso in volto e lei con le labbra semiaperte e la fronte corrugata. Fu allora che un velo di terrore attraversò i miei occhi. E se si fosse arrabbiata? Le avevo proibito di venirmi a trovare in carcere, ora era il momento perfetto per odiarmi e farmelo notare. Immaginai il suo volto contratto da una smorfia di rabbia, nel momento esatto in cui un bel ceffone poteva colpirmi in pieno volto. Ma non accadde. La sentì sussurrare il mio nome una sola volta, come se mi avesse riconosciuto solo in quel momento:

« Jasper.. »

Il mio sorriso si allargò ulteriormente e quello fu una specie di segnale. La borsa e le bottiglie che teneva in mano caddero a terra in un solo istante, nel momento esatto in cui le sue lunghe gambe si mossero verso di me. Afferrai al volo il suo corpo che con grande velocità, finì fra le mie braccia. Sentì la sua risata liberarsi nell'aria, interrotta ogni tanto a dei singhiozzi che non riusciva a controllare e dalla sua voce che continuava a ripetermi che finalmente ero tornato.

Ora sì che mi sentivo ancora più a casa. Assaporai al meglio quel momento perfetto, rendendomi conto solo in quel momento quanto mi fosse mancata. Era come se per un lungo periodo della mia vita l'avessi persa per sempre, ed ora l'avevo ritrovata. Si staccò dopo qualche minuto, solo per qualche secondo, giusto in tempo per guardare Rosalie al nostro fianco e urlare:

« Tu lo sapevi! Ti odio cioè.. No! Ti voglio bene ma ora ti odio e.. Cristo sei tornato! »

Tutti e tre scoppiammo a ridere in sincronia quando ritornò ad abbracciarmi. Ma come avevo fatto a stare senza di lei?

Emmett si avvicinò di qualche passo, lo vidi con la coda dell'occhio. Abbracciò tutti e due contemporaneamente, dandomi così il suo caloroso “bentornato”. Le sue braccia erano talmente forti che lo supplicai di mollare la presa dato che stavamo soffocando, ma dietro a quella forza gli si leggeva negli occhi la commozione che riusciva a trattenere soltanto con un paio di occhi lucidi.

Descrivere perfettamente la mia felicità era impossibile, ma sapevo che sarebbe potuta aumentare fino a raggiungere l'apice finale. Bastava una sola persona. Quando Jenny si allontanò dalle mie braccia per prendere a schiaffi Emmett che l'aveva presa in giro, sapevo che era arrivato il momento che tanto avevo sperato. Mi voltai verso il pontile e fu allora che la vidi. Con passo lento salì quei tre gradini di legno accorciando le distanze fra di noi, mentre lei si avvicinò lentamente. Aveva le braccia incrociate sotto il seno e i suoi occhi non guardavano i miei, come se avesse paura d'incontrarli. Fissavano un punto non ben definito sul mio corpo, ma mai incrociavano il mio sguardo. E forse anche io lo avrei fatto. Se anche i suoi occhi si fossero incontrati coi i miei, probabilmente avrei abbassato lo sguardo. Non per vergogna, ma per paura che quell'immagine celestiale svanisse da un momento all'altro.

Forse era solo una mia sensazione, ma il suo corpo sembrava ancora più piccolo e fragile del solito. Leggermente dimagrita e soprattutto lo si poteva notare dalle spalle più appuntite e slanciate da come me la ricordavo. E poi i capelli: non erano più sbarazzini come una volta, erano più corti e sistemati ordinatamente lungo il viso. Ma una cosa mi sorprese: era sempre, in ogni caso, dannatamente perfetta.

Fermai la mia camminati quando eravamo a pochi centimetri di distanza, al contrario di Alice che, come se non avesse visto il mio corpo, fece aderire la sua fronte contro il mio petto, nascondendo definitivamente il suo dolce volto. E mentre io guardavo inerme quel suo movimento, sentì le sue mani aggrapparsi ai lembi della mia maglia ad altezza petto. Si aggrappò, stropicciando con le dita quella stoffa. Tutto ad un tratto, la sicurezza che avevo qualche minuto prima era svanita. Non sapevo più che fare e nemmeno cosa dire. Una cosa capì, dovevo ricordare quello che facevo anni prima durante quei momenti: lasciarmi trasportare da ciò che lei faceva ed essere me stesso. Così, come se avessi trovato la risposta tutto ad un tratto, feci scivolare piano piano le mani sui suoi fianchi, fino a portare le mani dietro la sua schiena. Automaticamente aumentò la presa sulla mia maglia e pochi istanti dopo si strinse ancora di più a me, sempre mantenendo il volto contro il mio petto. Quando appoggiai il mento sulla sua nuca, sentì la sua mano destra scivolare via, e quando la sentì dietro il mio collo, capì che finalmente era arrivato il momento tanto atteso. Quando le nostre labbra si unirono, fu il momento in cui raggiunsi quel tanto atteso apice di felicità. Sentire nuovamente il suo profumo sulle mie labbra fu un sogno e sperai che nessuno mi svegliasse.

Fu un bacio tanto atteso, ma breve. Subito dopo le sue labbra si allontanarono dalle mie, ma fu questione di piccoli istanti. I suoi occhi per la prima volta incontrarono i miei. I suoi occhi blu erano ritornati ad unirsi ai miei e come se non bastasse la loro bellezza naturale, erano ricoperti da una patina lucida che li rendeva ancora più brillanti al mio sguardo. E non appena trascorsero una decina di secondi, accennò appena ad un sorriso, come se solo ora si fosse resa conto di cosa stava accadendo.

Le sue mani si alzarono tutto ad un tratto sulle mie spalle, e come se riuscissimo a leggere nella mente dell'altro, portai le mani sui suoi fianchi, nel momento esatto in cui le sue gambe si dettero lo slancio necessario per agganciarsi ai miei fianchi, finendo fra le mie braccia. All'istante le nostre labbra tornarono ad unirsi con più foga, mostrando così quanto fosse stata odiosa quella lontananza fra di noi. Non mi era mancato soltanto le sue labbra sulle mie, ma anche il suo profumo, il suo sguardo, le sue dita fra i miei capelli e la sua voce. Dio quanto mi era mancato quel suono angelico che usciva dalle sue labbra. Talmente tanto che in quel momento lo desideravo.

« Dì qualcosa.. »

Fu così che quando le nostre labbra si allontanarono alla ricerca di ossigeno, sussurrai quelle parole, guadagnandomi una sua carezza sulla guancia ed un sorriso mozzafiato. Le sue braccia si aggrapparono al mio collo, quando il suo volto si avvicinò al mio, appoggiando la fronte contro la mia. Fu allora che disse una sola e semplice parole, sufficiente a riempirmi il cuore di gioia:

« Hei.. »

Sorrisi contento di averla sentita dopo anni e anni. Sapevo che la colpa era anche mia, ma ora come in quel momento, non riuscivo a pensare altro di averla lì vicino, accanto a me. Non m'importava nemmeno degli altri. Forse erano ancora lì che ci fissavano, o forse se ne erano già andati. Sinceramente? Non m'importava nulla. Allungai leggermente il volto verso il suo, strofinando appena la punta del mio naso contro la sua, rispondendo come ero solito fare:

« Hei.. »

Era strano, era come se entrambi non sapevamo che cosa dire. O forse avevamo così tante cose da dirci che non sapevamo nemmeno da dove cominciare. Rimanemmo per un bel po' di minuti a fissarci negli occhi e forse, anche lei pensava ed aveva il terrore che tutto quello era un sogno.

« E' finita.. »

Sussurrò quelle parole mentre un sorriso dolcissimo si disegnò sul suo volto. Socchiuse gli occhi, mentre le sue mani accarezzarono il mio volto. Sì, finalmente quella sofferenza era finita. Ora eravamo tornati uno affianco all'altro. Io, accanto a lei, dove volevo stare per sempre.

« Sono qui.. »

Non appena sussurrai quelle parole, sentì il suo corpo vibrare per qualche secondo, come scosso da una scarica elettrica inaspettata, che le attraversò ogni singolo angolo della sua pelle. Fu in quell'istante che una lacrima le attraversò una guancia, lasciando dietro di sé una scia bagnata. La mia mano sinistra si allontanò dal suo fianco, e con il dorso delle dita interruppi il suo percorso, intrappolandola nella mia mano. Quando Alice riaprì gli occhi, il suo volto era leggermente chino di lato, come a voler assaporare al meglio quel tocco della mia mano.

« Sei tornato.. »

La lacrima scomparì, lasciando spazio alla felicità disegnata nel mio e nel suo volto. Una leggera risata si liberò nell'aria qualche istante prima che le nostre labbra si riunirono, in un bacio più casto ma non per questo meno importante. Quando le nostra labbra si allontanarono, appoggiò il suo volto nell'incavo del mio collo e in quella posizione rimanemmo per parecchi minuti, senza dire nulla. Stringevo il suo corpo fra le mie labbra e altro non riuscivo a fare, se non rilassarmi e godermi a pieno quell'istante che sembrava infinito.

« Mi piace il tuo nuovo taglio di capelli.. »

Dissi dopo qualche minuto facendola ridere. Era meravigliosa con i capelli corvini, ma così era ancora più stupenda. Potevo dimenticarmi la ragazzina del liceo: davanti a me avevo una donna perfetta.

« Mi fa piacere che ti piacciano.. »

Rispose portando il suo volto nuovamente di fronte al mio. Mi guardò per parecchi secondi negli occhi, ma dopo un po' il suo sguardo fu catturato da qualcosa sul mio volto, ad altezza mandibola circa. Con la punta delle dita sfiorò la mia pelle, mentre la sua fronte si corrugò. Impiegai qualche secondo a capire che cosa stesse pensando, ma quando lo intuì non attesi nemmeno la sua domanda e l'anticipai di poco dicendole:

« Lunga storia, ti racconterò.. »

Non sembrò essere soddisfatta però. Voleva sapere che cosa fosse successo ma io in quel momento non volevo parlarne. Non volevo rovinare quel momento di felicità col caso Sanchez, nemmeno di fronte agli altri. Tutto al suo tempo ed ora era arrivato soltanto il momento di godersi l'istante. Abbozzò appena ad un sorriso lasciandosi sfuggire un sospiro quando mi disse “Va bene”. Forse capì perché non volevo dire nulla.

« Ora ci conviene raggiungere gli altri. E' da qualche minuto che vedo Emmett alla finestra che sbuffa.. »

Disse riposizionando il suo bellissimo sorriso sul volto scendendo da quell'abbraccio. Sfoderai un'espressione di disappunto, dato che non ne avevo abbastanza di quell'abbraccio, e lei in risposta mi diede un altro bacio a fior di labbra sussurrandomi:

« Abbiamo tanto tempo.. »

« Questo è già più convincente.. »

Ammisi quando sentì un brivido percorrermi la schiena. All'istante la sua mano afferrò la mia mano, e stringendola forte, cominciò ad incamminarsi verso casa ed io la seguì a ruota senza più obbiettare. Per tutto il resto della serata Alice rimase al mio fianco. Quando c'era possibile le sue braccia erano attorno al mio, o le nostre mani erano unite. Altrimenti, quando non era possibile, mi stava soltanto al mio fianco.

Quando entrai in casa il profumo di lasagne m'investì e all'istante il mio stomaco cominciò a brontolare. Ma c'erano ancora due persone che non avevo ancora salutato. Bella si avvicinò sorridendomi e in un certo senso, mi sentì leggermente a disagio dato che avevo paura di farle del male.

« Ben tornato Jasper! »

« Grazie Bella.. »

E senza che me ne accorgessi, la preoccupazione se ne andò quando fu lei la prima ad abbracciarmi. Mi ero dimenticato questo lato più aperto di Bella che avevo scoperto quando ormai era arrivato il momento di entrare nel carcere. Ora lo avevo riscoperto e stava avendo il sopravvento sul suo lato timido e riservato.

« E'.. è una notizia stupenda.. »

Dissi subito dopo quando Edward si avvicinò a me salutandomi con una pacca sulla spalla.

« Ormai manca poco più di un mese, sei arrivato giusto in tempo.. »

M'informò Edward avvicinandosi alla sua ragazza. Erano una coppia perfetta, ed ora con il nuovo arrivo nella famiglia Cullen, tutto sembrava ancora più perfetto.

« Maschio o femmina? »

« Ed non vuole saperlo.. »

Ammise la futura madre sorridendogli. Dovevo ammettere che quella notizia non mi stupì più di tanto. Erano talmente in sintonia che per qualche secondo, mi costrinsero ad abbassare lo sguardo. Ma comunque ero felice per loro e per il loro amore che ora stava aumentando sempre di più grazie a quel bambino.

« Allora i piani per stasera? »

Domandò Emmett quando ci sedemmo attorno al grande tavolo, dove al centro vi era quel favoloso piatto di lasagne che sembravano chiamarmi. Al mio fianco sinistro Jenny seguita da Rosalie, e a quello destro ovviamente Alice. Non potevo chiedere di meglio.

Corrugai la fronte e mi voltai leggermente verso Alice, come a domandarle che cosa intendesse suo fratello. Lei mi spiegò che nel paesino era l'ultimo giorno di festa, e che per la serata in programma, vi era in serbo uno spettacolo pirotecnico in riva al mare.

« Ovviamente pensavamo di andare fuori in barca.. Almeno evitiamo il traffico della spiaggia.. »

Si affrettò ad aggiungere mia sorella minore. Ma non mi voltai, rimasi a guardare il volto di Alice che senza dire altro, sembrava domandarmi se ne avessi voglia. I suoi occhi sembravano dirmi di fare la mia scelta: se ne avevo voglia, potevamo andare, altrimenti sarebbe rimasta al mio fianco comunque. Ma sinceramente non mi andava di fare il burbero e rimanere chiuso in casa. Sette anni senza di loro? La fatica poteva tacere. E di tempo da stare solo con Alice ne avevo parecchio!

« Ci saremo! »

Dissi infine voltandomi verso Emmett che sembrava più che felice. E dopo quella frase cominciammo a mangiare. Sembrava che non mangiassi da anni: in pochi minuti pulì il mio piatto e dovetti trattenermi nel chiedere una seconda porzione. Non volevo fare la figura del maleducato! Durante la cena tutti raccontavano qualcosa di personale che era accaduto nel periodo in cui ero mancato. Emmett per esempio, si divertì a raccontarmi di quando Edward era sbiancato e quasi svenuto dopo ricevuto la notizia di Bella incinta. Dovetti ammettere che il fidanzato di mia sorella, aveva un'ottima capacità nell'imitazione del fratello maggiore che, in tutta risposta, continuava a fulminarlo anche quando Bella scoppiava a ridere. Edward per ripicca, mi raccontò di quando a scuola Emmett era inciampato sul palco, quando a fine carriera scolastica i diplomati salivano per prendere il loro diploma. Tanti piccoli aneddoti che riempirono la serata. Io parlai soltanto alla fine, bene o male non avevo molte cose da raccontare, ma avevo una domanda da fare a Jenny.

« Dimmi Jenny.. Stasera ci sarà anche Andrew? »

Rosalie si sporse leggermente in avanti, strizzandomi l'occhio mentre vedeva la mia sorellina all'inizio sbiancare, per poi diventare rossa per l'imbarazzo. Non sapeva cosa rispondere, balbettava monosillabi a caso, senza senso, mentre alla mia destra sentivo la risata di Alice che, dopo qualche secondo, mi diede una piccola pacca sulla nuca come a chiedere di avere una tregua nei confronti di mia sorella. Risi divertito guardando la sua espressione: colpita e affondata. Ma tralasciai il discorso provando a mettermi nei suoi panni e quindi sviai infilandomi in altri discorsi con gli altri, ai quali ovviamente partecipava anche mia sorella. Dopo svariati minuti, prima Edward e Bella, cominciammo a congedarci per fare un cambio d'abito prima della serata. Fu quando passai dietro a Jenny che misi le mani sulle sue spalle, lasciandole un bacio fra i capelli. Lei fermò la mia mano e mi sussurrò:

« Ci sarà.. »

Le sorrisi e se prima pensavo che potesse darmi fastidio questo fantomatico Andrew, ora come in quel momento, ero curioso di vederli insieme. Così la guardai negli occhi e le sorrisi, prima di salire le scale seguendo Alice.

 

 

 

Si stava divinamente. La barca scivolava sopra l'acqua e l'aria che mi colpiva era un toccasana per quel momento. Al comando ovviamente vi era Emmett e, con mia grande sorpresa, se la cavava alla grande. Era tutto fin troppo perfetto: finalmente ero tornato a casa. Mi ero allontanato da Alice soltanto qualche secondo, giusto il tempo per andare a prendere qualcosa da bere. Quando la raggiunsi, era seduta sul bordo della barca in direzione poppa, ed aveva uno splendido sorriso stampato in volto. Facendo ben attenzione a non farmi sentire, mi sedetti dietro di lei, stringendola fra le braccia notando che si era presa uno piccolo spavento.

« Grazie.. »

Disse afferrando il bicchiere di birra che le avevo portato, ma le fu complicato bere anche solo un sorso, dato che affondai il mio volto sull'incavo del suo collo, sfiorando la pelle con le labbra. Sentì il suo sospiro beato risuonare nelle mie orecchie, e la sua mano accarezzò le mie braccia che l'avvolgevano.

« Bastava dirlo che volevi solo un po' di tempo per noi.. »

Disse col sorriso sulle labbra mentre mi allontanai dal suo collo, come se fossi stato accusato di qualcosa che non avevo fatto.

« Che cosa vorresti insinuare? »

Domandai sgranando leggermente gli occhi sporgendo il volto un po' di lato, in modo di vederla dritta negli occhi. Lei rise divertita, accarezzandomi il volto mentre le sue labbra si unirono alle mie. Non un bacio casto, ma nemmeno troppo spinto. Armonioso era la parola più adatta: le mie labbra si univano con le sue, ed insieme si inseguivano in una danza lenta e calibrata. La sua mano accarezzava il mio volto, e le nostre labbra continuavano ad inseguirsi e chissà per quanto tempo avrebbero voluto rimanere unite. Ma qualcosa ci costrinse a dividerci. Non appena sentì lo schiarirsi della voce di qualcuno, mi allontanai appena alzando lo sguardo ed incontrando quello di Jenny. Capì che cosa volesse solo quando vidi accanto a lei un ragazzo. Mano nella mano. Fastidio? Leggermente.

« Jazz, lui è Andrew.. »

Mia sorella sembrava leggermente in imbarazzo, ma sembrava trarre coraggio dalla mano che stringeva quella del ragazzo, o meglio, il famoso Andrew.

« Oh, è lui allora.. »

Dissi sentendo appena la risata smorzata di Alice che nascose il volto sul mio braccio. Io allungai quello destro verso l'alto, stringendo la mano di Andrew che in tutta risposta mi sorrise dicendomi:

« Piacere di conoscerti, Jenny parla molto di te! »

Sembrava un ragazzo apposto. Ma sembrava. Ed io non mi fidavo. E che cavolo ero pur sempre il fratello maggiore e protettivo.

Era alto più o meno quanto Jenny, capelli corti, sparati in alto con del gel. Il tipico ragazzo della porta accanto. Non sembrava avere nulla di particolare. Nessun tatuaggio, niente piercing e non sembrava avere la faccia del ragazzo che si diverte a fare le bravate coi suoi amici. Dovevo forse ammettere che era un bravo ragazzo? No, non volevo ammetterlo, non ancora, li avrei torturati per qualche giorno. Tutto ad un tratto la sua mano si allontanò da quella di Jenny e non fu difficile sentire ciò che disse:

« Vado a prenderti qualcosa da bere.. »

E forse, causa la mia presenza, si limitò a darle un bacio sulla guancia. Vicino, troppo vicino alle labbra, al settore limitato. Qualche secondo dopo, quando cominciò ad andarsene dissi ad Alice:

« Vado a prenderti anche io qualcosa da bere! »

Lei corrugò la fronte guardando il bicchiere che stringeva fra le mani.

« O sono già ubriaca o il bicchiere è ancora pien.. »

Prima che potesse aggiungere altro, glielo strappai dalle mani, e con un gesto deciso svuotai tutto il contenuto in mare, lasciandola con un'espressione buffissima in volta. Per consolarla le diedi un bacio sulla guancia, come a scusarmi, ma prima che potessi alzarmi in piede, mi diede una sberla sulla gamba, rimproverandomi con un:

« Sii clemente.. »

Sarei stato la persona più calma e calibrata che mai. Ad una condizione però!

Pochi secondi dopo raggiunsi il ragazzo, intento a versarsi della Coca-Cola nei bicchieri che aveva preparato. Sul serio non beveva alcool? Mi avvicinai a lui, il quale notandomi si limitò soltanto a sorridermi.

Carino lui.

No non è vero.

« Volevo ringraziarvi per avermi invitato.. »

Disse non appena ebbe finito.

« Mi fa piacere conoscervi. Jenny è devota a tutti voi! »

« E lei è il nostro orgoglio.. »

Risposi con fierezza non appena ebbi finito di versare, per l'ennesima volta, della birra nel bicchiere. Prima che potesse muoversi con quei due bicchieri però, mi avvicinai a lui, mettendogli una mano sulla spalla continuando ad avere uno strano sorriso in volto.

« E' il mio piccolo tesoro.. »

Continuai con tono deciso, per poi avvicinarmi al suo orecchio per sussurrargli a denti stretti:

« Spezzale il cuore ed io ti spezzo le gambe.. »

Cercai di fare il duro, in sette anni qualcosa potevo pur aver imparato. E se forse avevo usato un po' troppo pathos in quelle parole, un filo di verità potevano avercele. Se le avesse fatto del male, gli avrei fatto pagare tutto quanto, con gli interessi. Nessuno poteva distruggere il cuore di un mio familiare, nemmeno un ragazzino conosciuto ad ore da Forks. Qualche istante dopo Jenny arrivò col sorriso stampato in volto, con la scusa di cercarlo per paura che si fosse perso o peggio ancora, caduto in mare.

« Non dirle niente.. »

Sussurrai quelle ultime parole, vedendolo mentre deglutiva prima di sfoderare un finto sorriso. Tanto di cappello per la sua abilità recitativa.

« Goditi la serata An! »

Esclamai infine, come se nulla fosse, come se in quei secondi fossimo diventati amici inseparabili. E mentre me ne andavo, e lasciavo la nuova coppietta, li vidi con la coda dell'occhio mentre Jenny si aggrappò al suo collo rubandogli un bacio. Rabbia? No. Sorrisi a quell'immagine, contento che anche lei avesse trovato qualcuno con cui andare d'accordo. L'amore eterno? Forse sì, forse no. Ma per il momento lei era felice, ed era la cosa fondamentale. Io e Rosalie, per lei, ci saremo stati per l'eternità.

« Ti senti soddisfatto? »

Alice aveva un sorriso divertito dipinto sulle labbra. Al suo fianco, seduti su un paio di sedie, vi erano Edward e Bella, pronti per gustarsi lo spettacolo pirotecnico che da lì a qualche minuto sarebbe cominciato. Io mi risistemai al mio posto, accanto ad Alice che, non appena mi sedetti allo stesso posto di prima, si accoccolò fra le mie braccia mentre le risposi con un:

« Mai stato meglio! »

E quando le mie labbra sfiorarono le sue, una luce nel cielo ci fece alzare gli occhi. Lo spettacolo ebbe inizio, e proprio come me l'ero immaginato, fu qualcosa di spettacolare forse perché al mio fianco avevo nuovamente la persona alla quale tenevo più al mondo. E se anche non avevamo passato la serata da soli, fu Alice a farmi aprire gli occhi facendomi rabbrividire quando al mio orecchio sussurrò:

« La serata è lunga.. »

 

 

Ecccccooooci qui! Spero di aver fatto qualcosa di decente, scrivendo qualcosa di almeno un po' carino! :)

Come al solito ringrazio tutti quanti, tutti quelli che leggono e tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo. Grazie a tutti quanti e spero di ricevere un vostro parere, anche negativo eh :)

Da questo capitolo in poi ci sarà una tregua, fatta di giornate felici tutti insieme come una famigliola :)

Una tregua momentanea perché.. Bé come sapete mi piace creare disturbi :P

Alla prossima e grazie a tutti!

Fra!

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Capitolo 27
*** Tre anni ***


Wow.
Tre anni.
Sono davvero tanti.
Chissà se sono ancora in grado di scrivere in modo corretto. 
In modo da spiegarmi almeno in parte.

Già, tre anni che non aggiorno questa storiella così, nata su due piedi e su due piedi si è interrotta. Non so per quale motivo sono tornata da queste parti. Forse perché ultimamente sui Social ho visto più di una notizia riguardante l’anniversario di Twilight, per i dieci anni. E nel giro di qualche istante ho fatto un remember di tutte le cose collegate a questa saga. Compresa questa Fanfic.
All’inizio ero super felice di ricordarmi questa cosa che per me è stata stupenda, ma poi mi sono sentita dannatamente in colpa per aver abbandonato su due piedi tutto questo. Magari a qualcuno interessava, ad altri no non lo so e difficilmente potrò saperlo anche perché.. Non penso che ci siano gli stessi lettori di una volta! Anzi, molto probabilmente nessuno leggerà tutto questo, e chi lo farà, mi prenderà anche per una pazza. Ma mi sentivo in dovere di farlo.
Dicono che non sia mai troppo tardi, lo spero vivamente, ed anche se qualcuno potrò insultarmi e maledirmi.. Bé io lo faccio: chiedo scusa per aver abbandonato questa storia. So che non è questione di vita o di morte, so di non essere nessuno e so di essere enormemente in ritardo ma.. Dovevo farlo e scusate il doppio se la cosa può darvi ancora più fastidio.
Ma perché ho abbandonato questa storia?
A dire il vero non lo so.
Forse ci sono più motivi.
Forse perché ormai Twilight mi stava stancando parecchio, anzi, a volte (ed anche tutt’ora) in certi punti lo consideravo banale probabilmente perché stavo crescendo, anche se si dice che per queste cose, soprattutto per la lettura, non si è mai né troppo giovani e né troppo vecchi.
Forse ho abbandonato questa storia perché avevo un enorme blocco mentale e può essere credetemi. Ricordo di aver cancellato da cima a fondo più di un capitolo e più di una volta rimanevo con lo sguardo sul computer senza tirar fuori una scena.
Forse ho abbandonato la storia per tutti gli impegni che avevo e che tutt’ora ho. Ho fatto tantissime cose in questi tre anni, non avete idea di quante esperienze, belle o brutte che fosse ho intrapreso.
E forse ho abbandonato questa storia perché la sentivo molto legata ad un periodo strano della mia vita. L’idea di scrivere mi è venuta in un periodo fantastico della mia vita, attraversando successivamente il periodo più brutto della mia vita. Forse solo ora riesco ad entrare su questo sito, in questo account e vedere cosa c’era con indifferenza, perché forse solo ora dopo tre anni ho superato DAVVERO quel periodo orribile.
Ma non rimango indifferente rispetto al torto che ho fatto a chi forse un pochino ci credeva.
 
Non so che cosa ne farò ora di questa storia e non so nemmeno che cosa ne voglio ricavare, non ne ho idea davvero. Magari in un momento di nostalgia dei ricordi probabilmente scriverò qualcosa. Chi lo sa, chi può sapere che cosa accadrà. Di certo se qualche mese fa mi avessero detto che sarei entrata qui dentro, probabilmente avrei riso come una scema non credendoci.
Spero che comunque la vita dei miei vecchi lettori sia perfetta e felice come hanno sempre desiderato. E a loro chiedo un’enorme scusa, di cuore.
Un abbraccio a voi, lettori che nel momento di buio di qualche anno fa, sapevate strapparmi un sorriso anche nelle giornate più storte. E forse proprio per quello mi sento ancora più in colpa per avervi abbandonato..
 
Fra.

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Capitolo 28
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25



Furono le gocce di pioggia a svegliarmi. Era un suono ritmato, ma dolce alle mie orecchie, per niente fastidioso. Aprì piano gli occhi ed il ricordo delle giornate soleggiate, fece spazio alle nuvole e quella lieve foschia tipica di Forks. Stavamo tornando a casa, dopo circa una settimana di vacanza e per quanto fosse stata una vacanza molto piacevole dopo la mia permanenza in carcere, sapere di poter tornare a casa non mi dispiaceva. Ed era strano, perché avevo alcuni ricordi piuttosto pesanti e non allegri in quella città, ma qualcosa mi legava a quel paesino. O forse qualcuno, quel qualcuno che ora dormiva appoggiata a me accoccolata al mio petto. D’istinto abbassai lo sguardo verso Alice, che ancora dormiva beata, appoggiata al mio petto. Avevamo perso sette anni, sette anni separati, ed ora ero davvero felice di poter vivere di nuovo la mia vita assieme a lei. Anche se… Era stato strano ritornare insieme. Per carità, ero felice, ma si sentivano il peso di questi sette anni che formavano una lacuna fra di noi.
Alice era cambiata perché cresciuta ed io potevo dire lo stesso di me stesso. Entrambi eravamo cambiati ed era come se non ci conoscessimo a pieno per davvero. E appunto per questo, durante quella vacanza, c’eravamo ripromessi di non parlare di quei sette anni, ma piuttosto di vivere quei giorni così com’erano, senza troppe domande o ricordi.
« E’ una vacanza, godiamocela. Abbiamo tempo anche a casa no?»
Ed io ero stato parecchio contento di sentire queste parole. Farle sapere determinate cose che erano successo e saperne altre che erano successo a lei, probabilmente ci avrebbero messo a disagio e ci avrebbero rovinato questa vacanza che era servita parecchio anche a me, per rilassarmi soprattutto.
« Siamo arrivati ormai. »
Emmett mi guardò dallo specchietto, parlando a bassa voce considerando che sia Alice, che Rosalie al suo fianco, stavano ancora dormendo. L’orso di casa Cullen aveva deciso di guidare nell’ultima parte del tragitto, lasciando a me la prima parte. Gli sorrisi annuendo, appoggiando di nuovo la testa e ricominciando a guardare fuori dal finestrino.
Ero felice di tornare a casa, ma non appena vidi il cartello con la scritta “Benvenuti a Forks”, il sonno sparì completamente, e la mia mente fu invasa da mille pensieri, per nulla positivi. Ed ora che cosa sarebbe accaduto? Che cosa avrei fatto? Avrei continuato gli studi, per lo meno per arrivare ad un diploma, o avrei continuato a lavorare? Mi avrebbero accettato di nuovo al mio vecchio posto di lavoro come cameriere? Ma soprattutto che cosa sarebbe accaduto con Alice? Sette anni non era da sottovalutare, e forse, fino a questo momento, durante questa mini vacanza, mi ero talmente abituato alla spensieratezza e alla vita facile, che mi ero completamente dimenticato di quello che poteva accadere.
I pensieri mi fecero riflettere parecchio e tutto ad un tratto cominciai a sentire parecchio caldo, tanto che avrei voluto togliermi quella felpa che indossavo, rimanendo con una semplice t-shirt sebbene fuori non ci fosse poi così caldo. Ma la desolazione cominciava a far da padrona.
Non appena Emmett parcheggio davanti a casa Cullen, presi un bel respiro e cercai di rincasare tutti i miei pensieri negativi e mentre Emmett chiamò Rosalie, io feci altrettanto con Alice.
«Hei, siamo arrivati. »
Le dissi piano accarezzandole dolcemente un braccio. Alice annuì piano sbadigliando e non appena si alzò stiracchiandosi leggermente, io uscì dalla macchina respirando a pieni polmoni l’aria fresca, sentendomi meglio e cacciando via i pensieri. Alzai lo sguardo verso casa Cullen, quella reggia che mai mi ero dimenticato ma che ora, come la prima volta, mi sembrava davvero enorme e maestosa.
« Che dici? Mangiamo qualcosa con loro poi torniamo a casa?»
Rosalie mi si avvicinò a me sbadigliando piano, e stringendosi fra le braccia per il lieve frescolino. Io annuì piano sorridendole, e lasciando le nostre valigie nell’auto di Emmett, io ne approfittai per aiutare tutti gli altri portando dentro le valigie. Lasciai il borsone di Esme vicino all’entrata, insieme a tutte le altre valigie, fra le chiacchiere di tutti i presenti. Ognuno aveva qualcosa da fare, ognuno era indaffarato a fare qualcosa. Io portai dentro quella valigia e mi fermai lì nell’ingresso guardandomi attorno, notando che non era cambiato nulla in questi sette anni. Il salotto e l’entrata erano come li avevo lasciati l’ultima volta che avevo visto quella casa. Esme stava discutendo con gli altri per andare a prendere qualcosa di veloce, magari una pizza, mentre io rimasi lì a contemplare quella scena familiare alla quale però io… Non mi sentivo completamente parte. Non perché loro non mi coinvolgessero, ma mi sentivo… In un angolo perché la mia mente mi costringeva a farlo.
Due braccia da dietro mi avvolsero e sorrisi piano capendo subito che si trattava di Alice. Appoggiò la guancia contro la mia schiena dandomi subito dopo un leggero bacio che un pochino mi fece rabbrividire. Io le accarezzai dolcemente le sue mani, che s’intrecciavano davanti al mio petto, annuendo quando mi domandarono se mi andava una pizza. Anche Alice era d’accordo, e subito dopo l’atmosfera tornò come quella di prima: Carlisle, Esme che parlavano con Bella ed Edward. Emmett che scherzava con Jenny, sotto lo sguardo attento di Rosalie. Ed io, in disparte, questa volta con Alice però.
« Ti va di salire un momento? »
Mi voltai verso Alice quando mi fece quella domanda ed io annuì piano sorridendole. Mi prese la mano e assieme a lei salimmo le scale di quella casa. Ad ogni passo mi parve di rivivere un vecchio ricordo che avevo trascorso in quel posto. La festa di fine scuola, Alice disperata dopo aver saputo il tradimento di Joseph e la prima volta che io ed Alice c’eravamo incontrati proprio qui, in questa casa. La seguì fino in camera sua e con mia grande sorpresa, al contrario di tutto il resto della casa, camera sua era cambiata parecchio. Mi piaceva quella vecchia, aveva quel suo tipico carattere di Alice, spensierato e allegro. Ora sembrava molto più seria, la camera di una donna per davvero. Certo, non potevo pretendere di trovare dei peluche o poster di qualche cantante, ma quel cambiamento così drastico mi fece uno strano effetto.
«Avevo bisogno di stare un po’ con te. »
Disse Alice sfrecciandomi davanti, rubandomi velocemente un bacio sulla punta delle labbra che mi fece sorridere. Ne aveva approfittato ed aveva portato la sua valigia, così mentre lei la lasciò sulla sedia vicino alla scrivania, io mi misi seduto sul suo letto accarezzando piano il materasso e le coperte morbide che lo ricoprivano. Piano mi distesi e socchiusi gli occhi sospirando a pieni polmoni. Nel giro di qualche secondo, sentì la presenza di Alice lì, vicino a me. Avvolse le braccia attorno al mio braccio e insieme rimanemmo lì, in silenzio, nel silenzio assoluto della camera, interrotto solo ogni tanto da qualche risata proveniente dal piano terra.
Non so per quanto tempo rimasi con gli occhi chiusi, ma non appena li riaprì e mi voltai verso Alice, anche lei li riaprì sorridendomi piano. Con un sorriso che però aveva una sfumatura un po’ triste.
«Sbaglio o sei pensieroso?»
Mi domandò lei accarezzandomi piano la guancia, tocco alla quale mi accoccolai.
«Un pochino sì, qualche pensiero che mi frulla in testa. »
Le confermai parlando piano dandole un leggero bacio sulla punta del naso, e capì solo allora che quel “avevo bisogno di stare un pochino con te”, potevo tradurlo facilmente con un “ti ho visto pensieroso e so che preferisci non avere mille riflettori addosso”. Ed era così. Piuttosto che sentirmi domandare da tutti che cosa avessi, o se c’erano problemi, preferivo andarmene e spendere quei minuti in più da solo con una sola persona. Con Alice.
Mi guardai un pochino attorno, rimanendo comunque disteso, accarezzando sempre quel letto che sembrava essere l’unica cosa che non era cambiata lì dentro.
«Hai cambiato un po’ la camera. »
Constatai, notando anche il lampadario. Prima lo ricordavo più elaborato, ora era un semplice lampadario a muro, un vetro ricurvo, bianco opaco, dal quale usciva una leggere luce.
«Sì, ero un po’ stanca della mia vecchia camera. Avevo bisogno di cambiare. »
Disse Alice annuendo piano guardandosi un pochino attorno, e sinceramente sentire quelle parole fu un pugno allo stomaco. Non tanto per la camera, non era la cosa materiale della camera in sé, ma il fatto che quella vecchia Alice aveva avuto bisogno di cambiare, ed era cambiata e chissà quante altre cose dovevo scoprire. Fu mentre pensavo a queste cose che sospirai pesantemente alzandomi in piedi e mettendomi seduto, seguito a ruota da Alice che mi guardava con fronte corrugata, ma che io cercai di non guardare negli occhi alzandomi in piedi.
«Sai Jasper, mi è difficile sapere a cosa pensi se non me lo dici. »
E quella frase forse m’innervosì ancora di più.
«Wow, non riesci neanche più a capire a cosa penso?»
Le domandai acido avvicinandomi ad una parete, sulla quale vi era appeso un pezzo di compensato, pieno di foto attaccate con delle semplici puntine. Feci scorrere lo sguardo su ogni foto, sentendo lontanamente la voce di Alice domandare un semplice chiarimento, forse nervoso.
«Scusami?»
Non so per quale ragione, ma mi sentivo arrabbiato, mi sentivo tradito e un pesce fuor d’acqua. Continuai a guardare quelle immagini. Erano foto di momenti, momenti che a volte non riuscivo a ricollegare, dove i lineamenti del volto di Alice erano troppo marcati per collocarle in un periodo dove io non c’era ancora. Era un periodo dove io ero rinchiuso in un carcere per sette anni ecco la verità. Dove lei aveva continuato a vivere.
«Ti sei divertita in questi sette anni. »
L’acidità veniva sputata dalle mie labbra e sinceramente non mi rendevo nemmeno conto di quello che stavo dicendo. Feci schizzare lo sguardo verso Alice che mi guardava letteralmente a bocca aperta, quasi fosse spaventata, quasi come se davanti a lei non ci fosse Jasper, ma uno sconosciuto che lei non capiva.
«Jasper cosa stai dicendo?»
«Sette anni dove sei diventata quello che hai voluto te. Sette anni lontana dai guai e felice, vero?»
Ero davvero furioso, tant’è che per farle capire a cosa mi stessi riferendo, strappai una di quelle foto appese, dove vi era lei assieme ad un gruppo di ragazzi e ragazze felici ad una festa. O almeno, io così vedevo quella foto, ma se non fossi stato carico di rabbia avrei visto sicuramente il sorriso e lo sguardo spento della mia ragazza. Ma in quel momento non vedevo tutto quello, vedevo solo la mia rabbia.
«Jasper cosa avrei dovuto fare? Vivere rinchiusa in casa per tutta la vita fino a quando non uscivi? »
Alice si alzò in piedi alzando appena la voce con lo sguardo ancora più sconcertato e incredulo, nel senso più negativo di quella parola. Si fermò ad un paio di metri da me, e sinceramente se la mia testa la stava maledicendo, il mio cuore stava implorando in un suo abbraccio. Che però giustamente non arrivò. Alice si fermò, come se si stesse mordendo la lingua chiudendo gli occhi. Sembrò contare fino a dieci, poi prese un gran respiro, e tenendo gli occhi chiusi proseguì dicendo:
« Prenditi i minuti che ti servono per sbollire la tua rabbia. Io ti aspetto giù. »
E senza aggiungere altro uscì dalla stanza, sbattendo la porta, e lasciandomi solo.
 
 
 
Raggiunsi gli altri soltanto dopo essere passato dal bagno dove mi rinfrescai appena la faccia con dell’acqua fredda. Raffreddai gli animi caldi per via di quel nervosismo inaspettato. Non appena scesi le scale vidi Edward davanti alla porta dell’ingresso, mentre pagava il fattorino che ci aveva portato alcune pizze giganti per tutti. Arrivai in salotto guardando tutti quanti, notando la mancanza di Alice. Corrugai la fronte non capendo e guardando Rosalie le domandai:
« Alice? »
Rosalie mi guardò, con uno sguardo da rimprovero. Forse aveva intuito che qualcosa non andava, ma non disse nulla limitandosi soltanto a suggerirmi di guardare fuori, sul terrazzo e di chiamarla dato che la cena era pronta. Così seguì il suo suggerimento e non appena fui fuori, notai un altro suo piccolo cambiamento. Con passo lento mi avvicinai a lei, facendo ben attenzione a non farle prendere paura e quando le fui al suo fianco le domandai:
« Da quand’è che fumi? »
Non era un tono di voce da rimprovero, ma piatto. Non volevo peggiorare le cose anche se quel mio comportamento sicuramente non aveva fatto bene né a me né a lei. La vidi irrigidirsi appena, soprattutto il braccio appoggiato sull’altro. Strinse appena la mano attorno alla maglia che indossava, irrigidendo quella che teneva la sigaretta a mezz’aria, e dopo qualche secondo di silenzio rispose con disprezzo dicendomi:
« Da quando il mio ragazzo ha ben pensato di tagliare i ponti con me. »
Sentì una fitta ad altezza petto, tant’è che mi ritrovai ad appoggiare le mani contro la ringhiera davanti a noi sospirando e chiudendo gli occhi, come se stessi attutendo il colpo.
« Alice. Mi dispiace. »
Dissi con un filo di voce mentre la vedevo lanciare la sigaretta. Seguì il raggio di quell’affare cadere a terra, sul ghiaino davanti all’ingresso. Non so quanto facesse piacere ad Esme questo suo comportamento, ma ad Alice non sembrava importarle, ma sembrava interessarle soprattutto colpirmi con le sue frasi taglienti.
« Anche a me Jasper, non ne hai idea. »
Feci uscire dai suoi polmoni il fumo che aveva appena inspirato, accendendo così la piccola miccia che aveva dentro di sé. Si avvicinò a me, un passo deciso, ed alzando l’indice della mano, puntandomelo ad altezza guancia continuò a parlare, un fiume di parole che sembrava quasi trattenere.
« Sette anni Jasper. Sono passati sette anni, sette anni dove tu non volevi nemmeno vedermi se non attraverso delle stupide lettere. »
Attutivo i colpi chiudendo gli occhi e stringendo le mani contro la ringhiera. E lo facevo senza rispondere perché mi rendevo conto che aveva ragione. Avevo sofferto io, tanto quanto aveva sofferto lei. E glielo sentivo dal suono della sua voce, che a volte cadeva di livello rispetto al normale.
« Vedevo i miei compagni fidanzarsi. Ho vissuto con Edward e Bella che insieme pensavano al loro futuro. Qualcuno che è andato a convivere insieme al proprio fidanzato. Mentre il mio unico pensiero era quello di poter sentire almeno la tua voce mentre aspettavo il tuo ritorno, riesci a capirlo?!»
L’avevo accusata di essere andata avanti con la propria vita. Di essere diventata diversa. Sì, forse lo era diventata, forse non era più quella ragazzina, ma non mi rendevo conto che la sua vita non era proseguita, ma si era fermata, saltando un pezzo importante. La vidi alzare lo sguardo verso l’alto dopo essersi passata le mani sulle guance e non seppi dire altro se non un altro semplice:
« Mi dispiace Alice. »
Ancora più sincero di prima. Mi sentivo dannatamente in colpa. Alzai lo sguardo incontrando il suo. Riuscì a reggerlo, ma lei no. Dopo qualche secondo sospirò chiudendoli per qualche istante, abbassando definitivamente la mano, addolcendone i lineamenti mentre con questa mi accarezzò un braccio.
« Andiamo dentro, gli altri ci staranno aspettando. »
Disse con un filo di voce. Annuì piano facendo scivolare il braccio lungo la sua mano, così da avvicinare la mia alla sua, e quando le nostre dita si sfiorarono, le afferrò, ma non fu una stretta salda. Erano come due mani che si tenevano appese ad un oceano d’insicurezza e paura. 





*Angolo scrittrice
Sembra di essere tornata a casa :)

Una storia che ho visto crescere e che ora mi piacerebbe continuare. Con calma, col solo gusto di poter dire "ho portato a termine questo piccolo progetto".
Una storia che ora sta prendendo delle pieghe non facili, ma devo dare un bel taglio netto a determinate cose per poter ripartire alla carica!
Grazie a chi leggera e un doppio grazie se ci sarà qualcuno che recensirà. 
Ve ne sarei molto grata

 

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