-Drops.

di Bad A p p l e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** File 01: Jigsaw ***
Capitolo 2: *** File 02: Pride ***
Capitolo 3: *** File 03: Revenge ***



Capitolo 1
*** File 01: Jigsaw ***


-Drops

-Drops

 

File 01: Jigsaw.

 

 

 

 

Light si portò una mano alla bocca e sbadigliò sonoramente, distogliendo lo sguardo per pochi secondi da libro che stava leggendo. Se doveva essere sincero, quando l’aveva visto in biblioteca in un primo momento aveva storto il naso –non poteva credere che qualcuno che lo conoscesse bene come suo padre gli avesse consigliato proprio quello che sembravo uno dei soliti libri con la trama trita e ritrita- ma ad una rapida lettura delle prime pagine s’era dovuto ricredere e così alla fine l’aveva comprato.

Quando posò di nuovo gli occhi sulle pagine, faticò un po’ a trovare la riga a cui era arrivato e alla fine si arrese a dover riprendere dall’inizio del capoverso per riuscire a cogliere il senso logico dopo quella piccola distrazione.

Calcolò mentalmente che dovevano essere le due del mattino, se qualcuno l’avesse saputo ancora sveglio si sarebbe beccato una ramanzina coi controfiocchi, ma non spense la lampada sul comodino, anche se era effettivamente stanco.

No, non era la lettura di quel libro a tenerlo ad ogni modo sveglio, era interessante ma non così tanto. La ragione era un’altra e bussò timidamente in quel momento alla sua porta. Un tocco così debole e soffocato per non attirare l’attenzione dei genitori nell’altra stanza.

Light alzò gli occhi al cielo, nonostante se lo fosse aspettato per tutto il tempo; scivolò fuori dalle lenzuola e cercò le ciabatte finite magicamente nel punto più odiosamente irraggiungibile sotto al letto. Con un sospiro decise di lasciar perdere e si avvicinò scalzo alla porta.

«Non riesco a dormire» biascicò Sayu, abbassando lo sguardo con aria quasi colpevole.

Il fratello sbuffò, vagamente divertito, ma quando parlò cercò di far risultare la voce quantomeno severa, «non te l’avevo detto che non era il caso che guardassi quel film?» domandò, scostandosi per farla entrare.

«“L’enigmista” sembrava un titolo tanto simpatico» rispose lei in un debole tentativo di difesa, avanzando nella stanza del fratello.

Non era la prima volta che succedeva: Sayu nella sua ingenuità da bambina di otto anni che era, aveva scelto l’ennesimo film splatter, Light aveva cercato inutilmente di farle cambiare idea spiegandole perché era meglio evitare ma lei non aveva voluto saperne nulla, incoraggiata da Sachiko che le faceva fare quello che voleva, quindi lui non poteva che rassegnarsi al fatto che di notte la sorellina avrebbe avuto gli incubi e gli sarebbe toccato dormicchiare sulla sedia della scrivania perché Sayu, a quanto pareva, in quei casi si sentiva “al sicuro” solo nella sua stanza.

«Mi domando cosa ci sia di più simpatico di uno pseudo-killer sadico e psicopatico» fece lui, ironico, prima di rendersi conto d’aver detto decisamente qualcosa di troppo, osservò mezzo secondo la sorellina che s’era ghiacciata sul posto, con lo sguardo terrorizzato, poi decise di correggersi, «volevo dire: Mi domando cosa ci sia di più simpatico di un attore che viene pagato per fare la parte del killer in un film, in un film che assolutamente non è reale ed è solo frutto dell’immaginazione di qualche pazzo, ovviamente».

Sayu s’infilò sotto le coperte per nascondere il tremore, cosa che però non sfuggì a Light. «Ascoltami, era solo un film, okay?» le disse con tono d’urgenza.

«Però le cose brutte succedono ugualmente» farfugliò Sayu.

Il fratello ebbe un sospiro, «è ovvio che succedano… ma succedono anche cose belle, no? Pensando solo al negativo non puoi che sprofondare» disse, rimboccandole le coperte; «dai, adesso dormi… io rimango a controllare che nessun’attore da strapazzo salti fuori dall’armadio armato di coltello di gomma».

Spense la lampada, in quel momento le pagine del libro gli apparvero molto più interessanti di quel buio accecante interrotto solo dalla debole luce verdognola del led della sveglia.

«Tu non faresti mai cose brutte… voglio dire, non uccideresti mai, vero?» domandò Sayu a tradimento.

Light rimase interdetto qualche secondo. La risposta sarebbe stata ovvia, meccanica, dettata da una falsa morale prefabbricata, ma la verità, si rese conto, era che non ci aveva mai realmente pensato.

«No» s’affrettò a rispondere, «no, non penso che arriverei mai a tanto».

 

 

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Capitolo 2
*** File 02: Pride ***


-Drops

 

File 02: Pride .

 

 

 

 

Naomi Misora.

Ex agente dell’FBI.

Ex donna d’azione.

Ex tenace ape operaia.

Insomma, ex tutto.

Se doveva pensare a cosa le rimaneva di quella che era stata la sua vita, o si concentrava su qualcos’altro, per impedire alla sua mente di rispondersi, oppure la sua instancabile indole da agente dell’FBI fatta e finita le urlava, con voce quasi isterica: «Noia, razza di cretina! Ti rimane solo la noia!».

Sospirò e scaccio via quel pensiero che la tormentava sempre come una fastidiosa mosca orribilmente appiccicosa.

Con insofferenza esaminò un vasetto di sugo, senza rendersi conto di quanto lei spiccasse tra gli altri “civili” nonostante i suoi sforzi di mimetizzarsi alla massa all’interno di quel Discount. Ebbe una smorfia di disgusto, non riuscendo a credere a quante schifezze fossero capaci d’infilare in un vasetto tanto piccolo di sugo.

Scosse la testa e lo rimise al suo posto, per poi prendere sotto esame il barattolo di un’altra marca, osservandolo come avrebbe potuto fare con un indiziato particolarmente sospetto.

“Spiegami” perseverò la voce nella sua testa, “ti prego, spiegami di nuovo per quale motivo hai rinunciato a tutto”.

Scosse la testa, cercando di pensare ad altro, eclissando praticamente qualsiasi cosa non fosse quell’allegro pomodoro sorridente disegnato sul barattolo che si stava rigirando tra le dita.

Inutile, questa volta i suoi pensieri decisero di non arrendersi, quindi si arrese a darsi quella risposta ovvia e scontata.

Raye.

Sì, lo sapeva benissimo, aveva deciso si mascherarsi da brava casalinga –collezionare i punti premio del supermercato, cucinare cibi laboriose solo per occupare il tempo, spettegolare con le vicine di casa… solo al pensarci le veniva la nausea- unicamente per lui, per il suo uomo, tanto protettivo, tanto maschilista.

Eccoci, si disse, siamo arrivati al punto! Tanto maschilista.

Perché avrebbe dovuto rinunciare lei alla sua carriera quando era, tra i due, la più abile? Perché lei, che in passato aveva pure collaborato con il grande detective di fama mondiale, L?

Lei aveva risolto il Los Angeles BB Murder Case, Cristo Santo!

No, dopo di tutto questo non poteva recitare la parte della casalinga, aveva bisogno d’azione.

Era una questione fisiologica, per vivere Misora Naomi necessitava di aria, acqua, cibo e adrenalina; negarle una di queste significava, per forza di cose, ucciderla.

“Quindi Raye ti vuole morta?” ironizzò la voce nella sua testa, mentre lei si rassegnava al fatto che per un sugo non nocivo avrebbe dovuto telefonare a sua madre –la stessa madre che era tanto entusiasta della sua idea di lasciare l’FBI; «E’ troppo pericoloso, cara», le ripeteva ogni volta che si sentivano, prevalentemente al telefono perché Naomi, crescendo, era diventati sempre più fuggevole al “controllo” famigliare-.

Però, adesso, stava andando in contro a quello stesso controllo di sua iniziativa.

La farfalla che di sua spontanea volontà s’infagotta per bene nella morbida e calda ragnatela per abbandonarsi al dolce oblio della creatura che la inghiottirà senza pietà.

Una condanna quasi piacevole ma, si disse, pur sempre una condanna.

Una bella gabbia dorata.

Una splendente campana di vetro.

Il possessivo abbraccio di Raye.

Divagazione.

Per l’ennesima volta scosse la testa scacciando i pensieri e, solo allora, si rese conti di quanto le stava accadendo attorno.

Il suo cuore cominciò a battere veloce, riempiendosi di gratitudine verso quello strano destino, ma impiegò diversi secondi per rendersi realmente conto del perché.

Il suo sguardo vagò sulla faccia paffuta della cassiera, ora contratta in una smorfia di terrore, mentre osservava nervosamente la pistola che le puntava contro un uomo brizzolato –sicuramente alticcio, data la cadenza con cui parlava e il tic nervoso alla gamba sinistra-, ordinando che gli venisse consegnato l’incasso.

Una rapina.

Mentre la gente attorno a lei era pietrificata dal terrore, nei suoi occhi passò una scintilla di pura gioia.

Con lestezza quasi inumana –dovuta all’energia che aveva dovuto arginare negli ultimi tempi-, si portò alle spalle di quell’uomo dai riflessi veramente troppo lenti, cosa che confermò la sua teoria dell’alcolizzato.

Gli afferrò il braccio armato, sottraendogli abilmente la pistola, per poi giragli l’arto dietro la schiena, smettendo di far pressione solo quando l’uomo emise un acuto gemito di dolore.

Lo costrinse, allora, sul freddo pavimento del supermercato, intimando alla commessa –così cinerea che sembrava un cadavere- di chiamare la polizia.

«Ma chi cavolo sei tu?» domandò il rapinatore, con la mascella che sbatteva sul suolo ad ogni parola.

Una sola risposta si fece strada in lei, con orgoglio, «Naomi Misora… FBI».

 

 

 

Scusate, ma non ho proprio tempo per rispondere alle recensioni(connessa clandestinamente xD)... nel prossimo capitolo recupero anche gli altri ringraziamenti, giuro xD

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Capitolo 3
*** File 03: Revenge ***


-Drops

 

File 03: Revenge .

 

 

 

 

 

Light osservò suo padre: in quel breve tempo sembrava incredibilmente invecchiato. Prima delle prigionia, ne era certo, pareva molto più giovane, il tutto doveva essere successo per lo stress.

Scoccò una rapida occhiata di rimprovero a Ryuzaki. Inutile dirlo, tutta colpa sua.

“Veramente sei stato tu a chiedere di essere rinchiuso” gli ricordò una voce dal suono sciocco nella sua testa; liquidò facilmente quella piccola verità e tornò ad osservare i capelli sale e pepe del padre. Decisamente troppo sale.

«Papà, ti vedo stanco… non vorresti riposare un po’?» domandò Yagami, quasi esitante. Conosceva suo padre, aveva ereditato il suo orgoglio, sapeva perfettamente che avrebbe declinato l’offerta, eppure sentiva di doverglielo chiedere. Un piccolo riguardo, come per scusarsi per averlo fatto preoccupare così tanto.

Perché scusarsi, poi? Non aveva poco prima appurato che era unicamente colpa dello stramboide?

Soichiro sorrise al figlio e scosse la testa, prima di tornare al lavoro con l’aria stanca di un vecchio.

“Ryuzaki, ‘fanculo” pensò Light con una smorfia.

Osservò la lunga fila di anelli metallici che lo collegavano indissolubilmente al detective e l’idea gli venne all’istante.

Nascose abilmente un ghigno, facendolo apparire come un’innocente sorriso, poi si rivolse a quella che, anche se non poteva ricordarlo, era la sua nemesi. «Io mi faccio del caffè, ne vuoi anche tu, Ryuzaki?».

L si voltò a guardarlo, esaminandolo diversi secondi, valutando che risposta dare. «Sì, ti ringrazio» disse infine, atono.

Con la catena Light riusciva tranquillamente ad arrivare fino alla cucina; conscio di non essere visto, non nascose più il ghigno e si mise al lavoro.

Presto un gradevole aroma di caffè si espanse per il Quartier Generale e in due tazze brillava il liquido scuro; una di esse, però, era fredda.

La vendetta è un piatto che va servito freddo, no?

Yagami portò alla postazione di L entrambe le tazza –tenendo quella calda accuratamente verso di sé- ed una zuccheriera.

Sorseggiò il caffè amaro senza staccare gli occhi da Ryuzaki, attendendo con impazienza che cominciasse a bere pure lui.

«Qualche problema, Light-kun?» domandò il detective, notando lo sguardo dell’altro fisso su di lui e iniziando a buttare zollette di zucchero nella bevanda.

Light dovette usare tutto il suo autocontrollo per non cedere ad un sorriso vittorioso, «no, figurati, tutto okay».

Gli scoccò una rapida occhiata sospettosa, il detective, prima di bere un sorso. La sua espressione si fece tanto disgustata che Yagami non riuscì più a trattenersi, semplicemente scoppiò a ridere come non faceva da tempo. Venne trafitto da un’occhiataccia di Watari e da quelle curiose di suo padre e gli altri poliziotti, ma non se ne curò minimamente, in quel momento c’erano solo quella tazza piena di salsa di soia e l’espressione nauseata di L.

«Adesso le probabilità che tu sia Kira si alzano al settanta percento».

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