Il pianeta Atien

di enyghte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'approdo ***
Capitolo 2: *** La cella ***
Capitolo 3: *** Il delitto ***
Capitolo 4: *** L'incontro ***
Capitolo 5: *** Contatto ***



Capitolo 1
*** L'approdo ***


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Salve ragazzi, mi scuso per i possibili errori di battitura, prima che cominciate a leggere. Esistono due ragioni alle posssibile defaiance:

 

1- scrivo di getto e, quindi, molto spesso, la velocità di battitura non mi concede di essere precisa. Quando poi vado a rileggere... non so perchè non riesco a notarli.

2-Ho Word in Inglese e questo non mi facilita il compito! a segnalazione tenterò di modificare!

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Il sole stava già alzandosi, in lontananza. Poteva avvertirne il silenzioso marciare, lo spandersi che, come un tiepido massaggio, sulla pelle giungeva ad accarezzare. Era intirizzito. Il freddo notturno aveva cosparso l’aria di gelide lacrime di rugiada.

Quegli occhi, neri come torvi uccelli rapaci, non erano stati pronti ad assorbire la luce, che, lentamente, inondava lo spazio di soffice candore.

Avrebbe dovuto non soffrire di quella differenza, avrebbe dovuto non accorgersi del chiarore effervescente del tempo, ma la salsedine, a cui, davvero, non poteva dirsi abituato, lo aveva privato della naturale prestanza visiva. Bruciavano, le palpebre. E il sapore delle croste salate sulla pelle, avevano suggerito che, le lunghe bracciate tra le onde, lo avevano condotto assai lontano da dove era stato giorni prima. Aveva nuotato, più di quanto la forza di cui era dotato avrebbe concesso. Non sapeva se i suoi compagni si fossero salvati, non erano dotati delle stesse capacità. Erano creature deboli. Aveva cercato di trascinare con se il capitano ed il dottore, ma la forza della tempesta li aveva spinti inesorabilmente indietro. Con il coraggio tipico della sua razza era tornato, allora, a riprenderli. Non era stato possibile. Una seconda ondata di dimensioni ancora maggiori, li aveva allontanati nuovamente.

S’era presto condotto a sedersi, a scutare l’orizzonte, che per oltre 10 km sembrava tingersi d’un profondo blu e non tistimoniare altro. Con una leggera punta di rammarico, che in circostanze normali non si sarebbe mai concesso, aveva posato lo sguardo sull’uniforme, ormai irriconoscibilmente macera.

La sabbia, chiara come lo sguardo delle lucciole, si sperdeva nell’ululato della brezza di cui poteva avvertirsi il leggero gemito tra gli arbusti distanti.

Le caratteristiche di quel luogo stavano suggerendogli che si trattava dell’oceano. Nei mari più piccoli, tali onde non si sarebbero potute vedere e certamente, le distanze sarebbero state diverse. Cinque giorni esatti erano trascorsi da quando aveva lasciato i suoi compagni alla deriva. Per quanto fosse logico avvertire un grave peso per la perdita dei colleghi, i migliori che la flotta stellare avesse mai avuto, c’era qualcosa ancora, dentro di sè, che lo conduceva a chiedersi se avesse fatto davvero tutto il possibile per salvarli. E per quanto se si fosse precipitato in una terza traversata le possibilità d’uscirne incolume si sarebbero ridotte a zero, quell’odiosa vocina non faceva che causare continue fluttuazioni interiori alla ricerca d’una risposta esatta al dilemma: “Avrei potuto farcela?”

Che senso aveva ritornare sullo stesso argomento? Non era riuscito a visualizzarli, non l’ultima volta. Avrebbe dovuto cercarli. Ci aveva anche provato, ma non era servito a molto. I cavalloni lo avevano fatto sbandare contro uno dei motori della navetta che, sprofontando, aveva cominciato ad attrarlo a se, nel profondo dell’abisso.

Il mare s’era tinto di verde. Una grossa ferita sullo sterno aveva preso ad emanare linfa vitale oltre lo scafo. Aveva dovuto inchiodare un piede sul metallo della Glileo per poter liberarsi dalla morsa e tirare. Aveva calcolato che l’indumento era abbastanza logoro perchè la sua resistenza corrispondesse allo 0.5% in quel punto. Se avesse preso a sfilarla ci avrebbe impiegato 5 secondi in più, a causa del collo stretto e ancora integro. Ora, però, in quelle condizioni, avrebbe dovuto medicare le ferite e, soprattutto togliere la salsedine dalla pelle. Aveva preso a camminare. Le onde segnavano il bagno asciuga dei lunghi morsi scuri.

Aveva tolto le scarpe. Aveva deciso fosse logico preservare la suola per i possibili terreni impervi. Le probabilità che ve ne fossero salivano al 45,4% da quella prospettiva. Anche la maglietta non era necessaria, soprattutto se ridotta in quelle condizioni, ma, non poteva ancora sapere di che colore fosse il sangue degli alieni che avrebbe trovato. Avrebbero sicuramente norato la ferita, se avessero prestato attenzione, quindi la sfilò e strappò un lembo cossìche fosse d’utilità per camuffare le orecchie e le sopracciglia. Poi posizionò la parte posteriore, ancora integra, a coprire il punto necessario. E’ vero che le spalle sarebbero state pressocchè scoperte, ma per ora, doveva accontentarsi di quell’accorgimento. Il sole era cresciuto un po’. Ora il calore era stato piacevolmente avvertito dalla pelle. Aveva notato, una macchia scura stendersi sulla spiaggia. Poteva contare un km e mezzo dinanzi a sè. A passo svelto l’avrebbe raggiunta tra 10 minuti esatti. Avrebbe voluto accellerare la corsa, ma una grossa contusione alla caviglia destra non gli avrebbe permesso di contare sulla propria velocità. Il rischio che fosse una rottura era più alto di quanto avesse voluto, tanto che, era stato faticoso, addirittura, sfilare gli stivali ebano dai piedi. Quand’era a 600 metri di distanza aveva potuto distinguere i lineamenti d’una donna. Le si era avvicinato lentamente. Giaceva immobile. Gli era parso un viso noto, ma della sua uniforme era restato ben poco. Le si era avvicinato ed aveva posato le dita sul polso. Era debole, un sussurro.

Poteva credersi avesse inghiottito dell’acqua. La logica suggeriva dovesse applicare le consuete norme di sopravvivenza. Così s’era posato su di lei e, tenendole stretto il naso, aveva cominciato a soffiarle aria nei polmoni tramite la respirazione artificiale. La donna aveva preso a tossire liquido. Gli si era gettata addosso trattenendo nei pugni l’uniforme blu.

I capelli scuri avevano preso a strisciare sulle spalle dell’alieno.Un enorme, sincopato, pianto stabortante, cominciò a riversarsi sulle clavicole dell’uomo che, nonostante fosse poco propenso al contatto fisico, non s’era mosso d’un passo.

L’aveva gentimente allontanata serrando in una stretta i polsi della giovane.

“Tenente?”

S’era accigliata, ma appena il viso era tornato a posizionarsi diritto:

“Signor Spock” aveva esclamato con gioioso stupore.

In un attimo non aveva potuto crederlo. Non aveva potuto credere di averlo toccato. Quell’uomo era stato colui che Adrian aveva sognato ogni notte, quando lei era stata semplice studentessa e lui stimato professore. Volutamente, non aveva mai cercato un contatto con il primo ufficiale. Quando si era presentata in infermeria aveva fatto il possibile perchè il dottor MecCoy non la introducesse ai membri dell’equipaggio di alto rango. Era riuscita ad evitare il Signor Spock quanto possibile. Sapeva che altre donne dell’equipaggio avrebbero strisciato ai suoi piedi se solo avessero potuto. Lei detestava quel modo di svilirsi che aveva trovato soprattutto nell’infermiera Chapel. Per questo motivo aveva montato una scorza più che dura, in modo tale che apparisse intoccabile. In realtà, era più che cotta.

“Tutto bene?” le aveva chiesto trattenendo ancora le mani nelle sue.

Adrian aveva abbozzato un sorriso poco veritiero e aveva portato le braccia a scendere lungo i fianchi. Aveva cominciato a far forza per alzarsi:

“Ah, mi sento pesare cento kg!” aveva stancamente ammesso.

Il vulcan, nel frattempo s’era tirato su, più goffamente di quanto generamente facesse.

In quel frangente lei era riuscita a notare la caviglia.

“Non credo che lei superi di 55 kg, tenente” aveva detto lui osservandola

“Ha occhio, comandante” aveva risposto sogghignando.

Faticosamente s’era infine alzata. Lui le aveva teso una mano, ma Adrian aveva deciso di non raccoglierla: “Non vorrà compromettere ulteriormente la caviglia?” aveva chiesto tirando ad una ad una le parole “dovrebbe immediatamente medicarla, anche se non so dove potremmo reperire in necessario”

S’era guardata attorno, tantando un qualsiasi indizio che fosse speranza.

“Non è riuscita a condurre con se nessuno?” le aveva chiesto, a quel punto, l’alieno, puntandole quei profondissimi occhi scuri addosso, che, lei, puntualmente, evitava.

Un’espressione quantomeno rammaricata affiorò sulle labbra della donna.

“No... avrei voluto... e lei?”

Il vulcaniano scosse la testa: “la sua razza è particolarmente dotata in acqua... forse potremmo sfruttare questa sua capacità per ritrovare parte dell’equipaggiamento. Logicamente, la corrente avrebbe dovuto trasportarlo qui, ma, se non dovessimo trovarlo, potrebbe essere rimasto incagliato nel fondo, dovremmo perlustrarlo”

La ragazza chiuse le spalle e scosse la testa: “Potrebbe anche essere andato distrutto, non crede?”

“Si, è una possibilità, ma non è logico prenderla in considerazione”

Adrian si posò sul suo profilo. E interiormente imprecò in mille lingue perchè tra tutti, tra le milioni persone, avrebbe potuto piacerle qualcuno di meno complicato. Il capitanto Kirk, ad esempio. Forse con lei, conoscendo la sua fama, ci sarebbe anche stato.

Scosse la testa, scacciando i pensieri:

“Signor Spock... lei è riuscito a nascondere l’alieno interiore... e io? Come posso farlo?” gli aveva domandato infine.

Spock si posò sulla ragazza. Effettivamente, quella pelle sarebbe stata difficile da camuffare. Aveva un pallore spettrale e occhi nerissimi. L’iride occupava tutto lo spazio possibile. Le labbra, estremamente disegnate si coloravano d’un rosa appena accennato.

Piccole corna chiare spuntavano leggermente, seppellite dalla folta chioma scura, sopra la fronte, a destra e a sinistra. In più, il corpo, dov’era possibile osservarne la nudità, sul ventre e sulle gambe, era tamponato da piccoli ricami neri, segno della cultura d’appartenenza. Il Vulcaniano l’aveva osservata per più d’un minuto.

“Avevo condotto con me il trucco necessario per mascherare la pelle ed ero rifornita di lenti a contatto. Inoltre, quando erano legati, i miei capelli, non davano a vedere il resto”

pronunciando queste ultime parole la giovane aveva impotentemente sospirato

“Dovremmo inventarci qualcosa, tenente. Probabilmente, lei fa parte di una tribù che usa aggiungere materiale posticcio dul proprio corpo”

Per un attimo, la ragazza aveva portato un’occhiata rovente al Vulcaniano, ma accortasi dell’espressione serenamente seria dell’ufficiale, era scoppiata a ridere:

“Si... certo...” aveva detto “ma lei deve mettere apposto la caviglia. Abbiamo bisogno di rifocillarci e di pensare a qualcosa”

I due s’erano allontanati verso la radura. Chissà perchè nessuno di loro ricordava esattamente cosa fosse accaduto. Spock s’era voltato un’ultima volta verso l’orizzonte. Qualcosa continuava a dirgli che Jim Kirk non era lontano... ma non avrebbe mai ammesso che fosse un’intuizione

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Capitolo 2
*** La cella ***


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Salve Ragazzi... grazie per i commenti... le critiche sono davvero importanti per me. Gli errori di battitura sono dovuti al fatto che, purtroppo, ho una versione di Word in Inglese. Vedrò di stare più attenta... :-)
Ecco a Voi Jim e Bones... sono qui...

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Il tempo stava trascorrendo più lentamente di quanto avesse voluto. Gli ultimi attimi erano stati i peggiori. Quella colonia, l’aveva potuta guardare distendersi a vista d’occhio. La gente si muoveva quasi freneticamente. Era stata stracolma, strabordante di vita d’ogni forma.

Chiuso in quella vecchia e sporca capanna, aveva potuto osservare gli uomini accalcarsi oltre l’inferriata, che sigillava la finestra e la porta.

Jim Kirk era preoccupato, ansioso, come mai davvero era stato. Si chiedeva ora dove fossero i suoi compagni, dove fosse l’Enterprise. Quanto tempo aveva dormito?

Avrebbe voluto avere Spock con se per domandarglielo.

Da quando erano stati trascinati lì, MecCoy non era riuscito ad emergere dal sonno. Probabilmente, avrebbe avuto bisogno di cure mediche. Aveva tentato di farsi ascoltare, chiamando a gran voce i passanti. Nessuno di loro, però, aveva parso udire il suono delle proteste. Se fosse stato solo, sarebbe riuscito a scappare, ma non poteva abbandonare in quel modo i compagni. Così s’era seduto, puntati i polpastrelli sulla fronte, quasi a scavare. Il caldo torrido di quel luogo stava facendolo soffrire più di quanto si sarebbe atteso. Era quella tensione, quel sentimento di dolorosa impotenza annidato nello stomaco. S’era alzato, di scatto e portato nelle vicinanze di Bones, aveva tentato, ancora una volta, di svegliarlo.

Aveva raddrizzato il corpo bollente e sudaticcio del medico. Doveva avere la febbre molto alta. Se si fosse svegliato, gli avrebbe consigliato lui stesso la procedura per aiutarlo. Aveva assegnato dei leggeri buffetti al viso:

“Bones, Bones”

Il dottore stava muovendo le palpebre, ma i suoi occhi erano stati troppo pensanti perchè riuscisse a spalancarli.

Uno dei tenenti in uniforme rossa, destato dal vociare, s’era lentamente tirato su.

“Capitano!”

Kirk aveva alzato lo sguardo e aveva trovato il giovane piegato su se stesso. Una mano teneva a freno una profonda ferita all’altezza della bocca dello stomaco da cui fuorisciva una grande quantità di sangue.

“Stia seduto!” aveva ordinato.

In quella tensione non avrebbe gradito l’ingerenza d’un estraneo. L’altro aveva obbedito e rivolto gli occhi a cercare i restanti compagni.

Jim, intanto, s’era concesso un ulteriore tentativo, esasperato dal caldo e dal timore che l’amico non riuscisse a rinvenire. Aveva portato le mani a stringersi sulle spalle del dottore, che, percorso da scossoni più o meno lievi, aveva cominciato a destarsi:

“Jim...” aveva esclamato con un fil di voce. La fronte e la guancia avevano ferite lunghe, ma non pericolosamente profonde. Intorno agli zigomi le occhiaie s’erano fatte immensamente marcate, tanto che, gli occhi chiari, sembravano stessero puntellando lo spazio scuro. Kim stava guardandolo soccombere.

“Sono qui...” aveva ammesso controllandone i possibili movimenti con la vista.

Non era durato molto. Il medico s’era accasciato nuovamente e Kirk aveva serrato i denti, eroso da una collera che avrebbe voluto far esplodere, ma era il capitano, doveva aspettarsi di trovare una soluzione.

Il giovane tenente s’era mosso a cercarlo, mentre lui riposizionava più comodamente possibile il corpo dolente del medico. S’era diretto verso la porta, poi, ancora carico d’un terribile sentore, s’era rivolto alla guardia e aveva detto:

“Dobbiamo attirare l’attenzione di qualcuno!”

Nell’uomo era stato possibile intravedere un baluginio di odioso panico: “Ci faranno morire qui?” aveva coraggiosamente domandato.

Il capitano non aveva risposto: “Ha ancora il phaser?” aveva chiesto “il mio è andato perso nello scontro”

Il tenente aveva annuito e aveva passato la piccola arma con la mano sinistra.

Jim sapeva, sapeva che il richio stava facendosi impressionantemente alto. Aveva sfregato le nocche nel palmo, morsicato il labbro e raccolto il sangue che stava colandogli dall’estremità inferiore della bocca. Anche lui, non aveva avuto un bell’aspetto. All’altezza della testa del femore, sulla coscia, fino a poco tempo prima, aveva avuto un coltello conficcato nella carne che, tenacemente, aveva estratto. Il dolore era stato lancinante, ma, fortunamente, non era stata recisa l’arteria. Se il dottore fosse stato cosciente gli avrebbe detto che, se avesse atteso ancora, le infezioni lo avrebbero divorato. Non era il primo dei suoi problemi, comunque. Cos’era potuto accadere? Dove poteva essere Spock? Più ci pensava, più qualcosa nella sua testa non tornava. Il Vulcan era stato con lui, fino alla fine, ma se lo fosse stato davvero, probabilmente, per loro sarebbe stato più facile proteggersi.

Un’ondata di sudore freddo aveva cominciato a calare sulla fronte: e se fosse morto nello scontro?

No, non doveva crederlo, non poteva.

Non riusciva nemmeno a capire in che modo avesse perso il phaser. Non credeva fosse semplice ridurre tutti in quello stato. C’erano stati quattro addetti alla sicurezza con loro, armati fino ai denti. Erano stati in condizioni peggiori in passato. Erano stati in pianeti peggiori. Ed erano sempre sopravvissuti, più o meno incolumi.

Stava riflettendo. Se avesse usato il phaser  per far scattare la serratura doveva augurarsi di non dar fuoco all capanna. Aveva già notato l’anima di ferro che, interiormente sosteneva la paglia. Avrebbe preferito trovare un sistema meno drastico, ma non c’era tempo. Se lui era in condizioni critiche, il dottore aveva le ore contate. Ora che l’addetto alla sicurezza era sveglio, poteva contare sul fatto che avrebbe difeso i compagni.

S’era rivolto al ragazzo, nemmeno un sibilo di tensione aveva lasciato cavalcare nella voce. Doveva essere tranquillo, dimostrare di avere la situazione in pugno:

“Tenterò di capire che sta succedendo” gli aveva detto “tenga lei il Phaser e protegga gli altri a costo della vita”

Così ordinando s’era voltato ed aveva posizionato l’arma contro la serratura. Facendo molta attenzione, aveva diretto il raggio bluastro a centrare perfettamente il bersaglio.

Avrebbe compreso cosa stava accadendo... avrebbe aiutato Bones e trovato Spock. Era vivo, lo sapeva.

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Capitolo 3
*** Il delitto ***


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Già due ore erano passate. La spiaggia, lentamente, assorbiva il calore del giorno. La voce d’ogni elemento naturale stava sussurrando lontana. I luccichii scintillavano alternandosi all’orizzonte.

Adrian stava sollevando il viso e assorbendo il vento, l’odore della salsedine nelle radici.

Ogni angolo di tempo non sarebbe stato più dolce di quell’abbraccio, più vero. E nelle palpebre tratteneva la malinconia stessa che da anni, ormai stava facendola morire, lentamente.

Se la forza di quelle emozioni non fosse stata tale, forse il Vulcaniano non l’avrebbe avvertita. Invece, aveva posato lo sguardo su di lei, che aveva deciso d’allietar lo spirito socchiudendo il viso:

“E’ stanca tenente?” aveva domandato con fare indagatore

Lei s’era portata a scuotere il capo. Abrebbe dovuto camuffare meglio l’orrore di quel disagio, permanentemente vivido. Quand’è che il silenzio tornava a scavare, nulla poteva trattenerla dal ricadere nuovamente nel baratro: appesa ad un filo.

Stava ancora chiedendosi come mai nessuno si fosse mai accorto della propria cronica sofferenza. I test psicologici accademici avrebbero dovuto, ma, in effetti, aveva fatto di tutto perchè la questione non emergesse. Lo aveva osservato, particolarmente sorpresa. Possibile che avesse inteso qualcosa?

“Si preoccupa anche troppo per gli altri... lei è in condizioni peggiori delle mie... è stanco?”

Spock voltò il viso ad osservare la radura che di lì a poco sarebbe stata vicina:

“Non sarebbe logico fermarsi qui” aveva ammesso, evitando abilmente la risposta

Lei s’era guardata le mani: “Si...  vero” poi aveva preso a stringere la vista “devo ammettere che mi erano parsi molto più vicini, quegli arbusti” aveva ammesso

Il Vulcaniano non aveva potuto esimersi dall’apparire consapevolmente preoccupato: “Infatti” aveva solo detto alzando il sopracciglio “E’ possibile che fosse un’illusione ottica”

“Molto più vicini” aveva assicurato lei

“Già, tuttavia, per ora, mi pare logico esplorare i dintorni. Non ho dati sul pianeta che possano aiutarci in altro modo. E’ possibile anche che a riva vi sia qualche altro memebro dell’equipaggio”

Era parsa dubbiosa: “E se quei cespugli non fossero lì? Come faremo questa notte?”

“Non intendo proseguire così a lungo la marcia, il buio della sera non ci fornirebbe alcun indizio. Per questo motivo credo sia necessario dividerci.  Potremmo incontrarci nuovamente tra un’ora, qui”

S’erano dati un cenno d’intesa, poi la ragazza s’era mossa nella direzione indicata dal collega che aveva portato un braccio ad indicare  oltre le dune di sabbia, al cospetto dell’oceano.

S’era timidamente apprestata ad eseguire l’ordine. Doveva essere onesta con se stessa: avrebbe voluto evitarlo. Non c’era stato altro modo e non aveva avuto veramente senso continuare l’esplorazione in due: si sarebbe scoperto poco e nulla. Così, affondando, lentamente, ad uno ad uno i passi, aveva preso a camminare, posando lo sguardo sulle impronte  che s’imprimevano gravemente. Quella solitudine stava dilaniandola. Avrebbe preso ad urlare se solo avesse potuto.

Era stata, però, consapevole del formidabile udito del vulcaniano e avrebbe voluto mostrarsi forte, per quanto possibile.

Quella situazione era stata frustrante, apparentemente priva di sbocchi.

Aveva preso a disegnare con l’alluce un cerchio e poi lo aveva annientato, pestandolo dolorosamente. Era consapevole che, quell’unico tratto, stava ad indicare se stessa, isolata, con la voglia di strutturare barriere intorno, in grado di aiutarla.

Il signor Spock era stato senza dubbio la mente più fervida che avesse mai incontrato, ma il naturale pessimismo l’aveva portata a credere che, a meno d’un miracolo, vi fosse poco da fare.

Così pensava, trascinando la gravosa carcassa del suo spirito. E mentre procedeva, tratteneva a stento negli occhi il rumore dell’anima. S’era, in un attimo, smorzato l’affanno e il sospetto, un crescente orrore, aveva preso a scorrergli con l’odioso furore della tempesta nelle vene. Aveva alzato lo sguardo e stretto le palpebre, che dentro gli zigomi avevano preso a scavare ansia nera.

Un’antica figura scura stava avanzado, cenciosa e lurida, devastata da grondanti macchie nere, che andavano ad invadere i panni e, percuotendo l’intero corpo, riversavano sangue a fiotti. Il viso camuffato lasciava intravedere lo sguardo ebano, invadente l’intera dimensione ocurale. Si trattava d’un essere della sua stessa razza? Claudicava, stancamente ordinava passetti scomodi sul terreno. Non aveva osato fuggire, non scappare. Doveva capire e poi avrebbe atteso.

L’immagine s’era mossa ad incontrarne un’altra. Una donna i cui abiti stavano scivolando come olio sul corpo scarlatto.

Non poteva credere che non l’avessero notata. Era stata poco distante dalle figure. Era possibile che non vedessero? Oppure che a loro non importasse?

Il macabro individuo bendato aveva estratto un lungo pugnale di metallo. La giovane non s’era spostata, aveva, anzi, aperto le braccia perchè l’altro potesse affondare maggiormente il colpo. Con un unico atto, aveva inciso lo sterno e proceduto sino all’inguine. La donna aveva cominciato a far piovere abbondante liquido nero e s’era accasciata. Quando la bestia s’era sporta su di lei per assegnare altri cinque colpi  e lei aveva cominciato a fremere come se stesse cuocendo nell’olio bollente, Adrian era scivolata via, verso la riva.

Avrebbe atteso lì. Per quanto poteva saperne, in quanto donna sarebbe potuto capitare anche a lei, Aveva, quindi, aumentato la rapidità ed era giunta presto a destinazione, prima di quanto avesse ricordato si facesse.

E, per quanto lo trovasse insolito, la figura del primo ufficiare era già lì ad attenderla.

S’era avvicinata zoppicando: l’appetito che andava aumentandando stava silenziosamente stroncando le energie:

“E’ già passata un’ora?” aveva chiesto attendendo che si voltasse a cercarla

Spock l’aveva seguita, eppure le era parso che quello sguardo fosse meno evasivo di tutte le altre volte. Non s’era mai posato ad incontrare i suoi occhi. Si diceva che fosse particolarmente ipnotico e che questo, avesse avuto certi effetti in passato. Per questo motivo aveva cercato d’eliminare  qualsiasi contatto visivo, specialmente con le donne che, poteva intuire, fossero propense ad un affetto nei suoi confronti.

“Lei come sta?”

S’era portato ad avvicinarsi, più di quanto mai avesse fatto, più di quanto fosse necessario e logico.

E tutte le difese di Adrien avevano vacillato, catturata da ogni cosa che quell’uomo le aveva sempre trasmesso. Stava risucchiandola come un buco nero, con la forza d’ogni elemento terrestre e celeste.  Aveva cominciato ad odorare il battito incandescente d’un cuore improvvisamente ammattito che aveva preso a scuotersi più di quanto l’intera corsa avesse provveduto a fare. E il sangue aveva preso a liberarsi come corrente, ad inondare ogni spazio, a tuffarsi come onde di lava fusa alle estremità del corpo, nella testa.

“Si... “ aveva balbettato.

Questo era strano, lui era strano. Quegli occhi puntati erano stati troppo colmi, bollenti d’uno spirito mai ritrovato. Si chiedeva se non avesse ingerito qualche sostanza naturale che l’avesse fatto mutare, oppure se fosse davvero lui a guardarla in quell’istante. Si chiedeva, però, se mai avrebbe avuto un’opportunità del genere. Alla fine cosa sarebbe potuto accadere? Dopo avrebbe risolto, dopo. Per questo motivo si era portata su di lui e l’aveva baciato. Non le sarebbe importanto, non in quel momento. Avrebbe risolto più tardi quell’enigma.

 

 

 

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E adesso? La nostra Adrien pensa “quali conseguenze potranno mai esserci?” con la leggerezza di una che, purtroppo non ha molta voglia di vivere e, quindi, non si preoccupa di quello che potrebbe accaderle. Probabilmente, forse si auspica , perfino, di finire nel peggiore dei modi.  Aspetto i vostri graditi commenti...

Un bacio a tutti

Ciao ciao

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Capitolo 4
*** L'incontro ***


La  romulana lo stava osservando con fare altezzoso.
Aveva avuto due occhi scuri come la pece e capelli ondulati sino alle spalle.
Era stato condotto lì da due guardie gigantesche. Due omoni massicci, con la pelle color catrame e brandelli di pelle per vestiti. Due grossi anelli sbocciavano dalle loro fronti quadrate ed andavano ad unire due lunghe catene alla pelle sovrastante i due buchi sotto le tempie, probabilmente le loro orecchie.
Aveva tentato uno scontro, ma non avrebbe potuto farcela nemmeno se fosse stato nel pieno delle forze. I due lo avevano sollevato come se fosse pesato grammi. Non era riuscito a correre troppo oltre la capanna. Si era imbattuto in una strada brulicante di strani esseri, vari per forma e per colore. Una donnina ossuta dipinta d’un rosso fuoco sugli occhi e sulle ginocchia, probabilmente ricoperta di squame molto simili a quelle dei pesci, si era girata verso di lui. Aveva emesso un suono mai udito prima, un urlo appena percepibile eppure enormamente fastidioso che lo aveva fatto crollare immediatamente e aveva fatto accorrere i due umanoidi bestiali. Jim aveva provato in un primo momento a colpire, ma poi aveva anche tentato una fuga, senza riuscirci. Era stato accompagnato in una piattaforma per il teletrasporto direttamente al cospetto dell’avvenente romulana.
La donna continuava a girargli intorno. Esaminandolo ed un beffardo sorrisetto era lentamente andato a formarsi sulle sue labbra.
La stanza era stata quasi spoglia, circolare, un immenso ammasso di pelli era radunato al centro.
Jim Kirk aveva tentato di avvicinarsi alla femmina romulana, ma i due tipi disposti alle sue spalle lo avevano afferrato, facendolo arretrare.
“Bene, bene, bene....” aveva detto lei accostandosi al progioniero “che ci fa qui capitano?”
Kirk aveva stretto le labbra in una sottile linea tesa: “E’ lei a capo di questo posto?” aveva chiesto con sfrontata sicurezza.
E lei aveva reagito tirando su etrambe le sopraciglia arcuate, con fare sorpreso.
“Non le conviene parlare così... signore”
Uno dei due omoni aveva estratto una lunga lama dallo stivale e l’aveva portata all’altezza del collo del suo ostaggio.
La romulana, ridacchiando, aveva fatto un gesto inequivocabile con la mano. Il furore del bestione alle spalle del capitano stava scemando.
Gli si era avvicinata con divertito sospetto:
“Lei è carne fresca, capitano...” gli aveva detto.
Jim aveva ponderato un attimo sulla situazione. Doveva salvare Bones e non era davvero il momento d’essere spavaldo, come suo solito. Ingoiando l’amaro rospo s’era rivolto alla sua detentrice con fare fintamente sereno:
“Mi ascolti... uno dei miei compagni è molto malato...”
prima che continuasse, lei scoppiò in una risata terribilmente fredda:
“Che vuole che diavolo mi importi? Per me potreste morire tutti. Risponda alla mia domanda, invece: dov’è il vulcaniano?”
Le labbra di Jim si mossero fino ad aprirsi totalmente, manifestando uno stupore che non riuscì a trattenere, anche se avrebbe voluto:
“Che ne sa lei di Spock?” le chiese accigliandosi
“Vedo che non riesce proprio a calmare i suoi bollenti spririti.... Kirk.
Il suo Sgnor Spock è davvero una bella mente. Non credevo potessero trovarsene così in giro”
Improvvisamente il capitano sentì un orrendo nodo allo stomaco. Si proiettò totalmente verso di lei, tentando di gettarsi sopra la donna per strangolarla. E lo avrebbe fatto davvero se solo le guardie non lo avessero ancora una volta trattenuto.
“Cosa gli ha fatto?” aveva urlato.
“Ehi ehi, Jim, la prego... non gli farei mai del male. Il suo primo ufficiale olte ad avere una bella mente ha anche un bell’involucro, non crede? Ho deciso che lei e i suoi compagni non siete necessari. Ma... posso concedervi di esistere”
La donna ancora una volta prese a girargli intorno. Aveva rapito la lama della guardia e aveva cominciato a farla scorrere sul petto del capitano, poi aveva aggiunto:
“Dipende da come il suo bastardo si comporterà”
“Lei sta scherzando... se non mi aiuta cl mio amico ferito... non dipenderà proprio nulla dal comportamento di Spock. E’ lui il medico di bordo e ha bisogno di essere assistito.”
Per quanto il fatto che Spock fosse in pericolo lo stesse portando ad una totale crisi, si era fatto forza. Avrebbe salvato il suo amico, l’avrebbe trovato, ma ora era Bones ad avere la precedenza.
“Non ho capito cosa vuole da me idiota... non sono umana... cosa vuole che ne sappia della vostra orripilante anatomia?” aveva scandito lei guardandolo disgustata “il colore del vostro sangue mi da i brividi” aveva aggiunto scuotendo il corpo come se fosse tremato al solo pensiero di quella fanghiglia rossastra.
“Deve permettergli di risalire... salire a bordo dell’Enterprise” aveva lentamente risposto il capitano
Lei era ancora una volta scoppiata in una risata agghiacciante:
“Per me potete andarvene via tutti” poi gli si era avvicinata “a me fate schifo, capitano.... siete come dei grossi vermi di terra e non mi interessa nemmeno avere nulla che vi appartenga... inclusa la vostra insulsa nave. Sono lontana anni luce dall’impero.”
Kirk aveva chiuso gli occhi per digerire tutti quegli insulti e poi l’aveva trapanata con uno sguardo furente: “Se è così, se davvero volete lasiarci liberi... dovrete fare in modo di concederci un contatto con l’Enterprise. Noi abbiamo perduto i comunicatori e non vorrei che qualsivoglia squadra di sbarco si affacci su questo pianeta.”
La donna aveva spostato una mano sulla cintura che le fermava i fianchi e aveva lanciato a Kirk un comunicatore.
Lui lo aveva prontamente afferrato. L’aveva guardata dubbioso. Non aveva potuto credere che lei fosse davvero così disposta a toglierseli dai piedi... doveva esserci qualcosa sotto.
“Perè ci avete chiusi in quella capanna?” le aveva chiesto frantumando il silenzio.
“La vostra vista nausea gli abitanti del pianeta.” Aveva risposto manifestando tutta la sua intolleranza “come avrà notato qui gli umani non sono ammessi... non sono graditi”
“Il signor Spock è per metà umano, lo sa?” aveva chiesto sfrontatamente il capitano “e perchè non ci avete uccisi allora?”
La donna aveva passato sulle dita il coltello “Non amiamo uccidere capitano... se foste rimasti lì, sareste comunque morti. Poi non vedo perchè avrei dovuto perdere tempo con le vostre esecuzioni. Nessuno vi avrebbe permesso di pascolare sul pianeta... e quindi interagire in qualche modo con la nostra cultura. Non avreste dovuto romperci le scatole”
La romulana aveva terminato così la propria arringa e aveva fatto cenno ai due bestioni: “Portate via questo scarafaggio, con i suoi compagni... che vada, ci liberi presto della sua presenza”
I due sollevarono Jim di peso, come avevano fatto appena aveva messo piede fuori dalla capanna, e si erano teletrasportati con lui nelle vicinanze di quella antiquata prigione, la cui funzionalità restava ancora un mistero.
I due grassoni ebano, con gli occhi rossi e le gengive spesse, senza l’orma d’un dente in bocca, lo avevano sbattuto in cella con una violenza devastante.
Il capitano era andato ad urtare la schiena contro una sbarra di ferro che fuorisciva dalla paglia.
Il giovane tenente s’era spostato prontamente a soccorrerlo e Kirk si era rimesso, barcollante, in piedi.
Il dolore lancinante alle vertebre lombari lo aveva condotto ad digrignare i denti in un urlo camuffato.
“Grazie” aveva detto al ragazzo girandosi verso il dottore “ha ripeso conoscenza?” aveva chiesto osservandolo pensosamente.
Il giovane aveva scosso la testa tristemente.
Jim Kirk non avrebbe voluto... aveva serrato le labbra: come poteva lasciare lì Spock? E se poi non fosse riuscito a tornare, se gli abitanti del pianeta non glielo avessero permesso? Non avrebbe potuto, no...
Eppure, sentiva che anche il suo corpo stava per cedere, ormai. Non avrebbe potuto fare nulla in quelle condizioni, ed, in effetti, non sapeva nemmeno come aveva fatto a resistere.
S’era avvicinato al suo amico medico e gli aveva toccato una spalla con affetto. Aveva attivato lo strano oggetto che gli aveva lanciato la romulana. Aveva premuto più tasti a caso tentando di trovare la frequenza esatta.
“Kirk ad Enterprise”.
L’ultima occhiata a quella che era stata la sua cella in quelle ore.
Con grosso rammarico... sapeva di dover lasciare il suo compagno ai romulani, ma sarebbe tornato, a costo di mettere a ferro e fuoco il pianeta.
 

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Capitolo 5
*** Contatto ***


Il vulcaniano s’era fintamente ritratto. Aveva chiuso lo sguardo.
“Mi scusi” aveva detto lei. Improvvisamente la terra aveva cominciato a mancarle sotto i piedi.
Spock aveva scosso la testa e inspirato: “Non è colpa sua tenente” aveva ammesso e, molto lentamente, le si era riavvicinato, quasi, a quel punto, fosse una scelta ponderata e logica.
Lei aveva portato una mano ad accarezzargli il viso, ormai a pochi centimetri di distananza
“Lei sa che io la amo?” gli aveva chiesto. Non avrebbe più potuto trattenersi, non ancora. La brace oscura dentro lo sguardo del vulcaniano stava facendola impazzire:
“Sarà più facile per lei allora...” aveva asserito lui sommessamente.
Adrian non poteva realmente credere a quello che era emerso dalla bocca del primo ufficiale, tanto che non riuscì a trattenere lo sconcerto e l’indignazione. C’era qualcosa di enormente insolito in tutto quello stava accadendo: “Cosa?” aveva domandato la donna stentando le silalbe
Spock chiuse ancora gli occhi e deglutì, poi tornò a fissarla, quasi fosse una preda: “Non me lo chieda tenente... non ora” le disse.
Cominciò a passarle due dita sulle labbra, che poi presero a scorrere sulla pelle gelida del viso dell’aliena.
Avrebbe dovuto conososcere i motivi di quello che stava avvenendo, eppure, era dennatamente sicura che Spock non le avrebbe mai fatto del male ed era tanto attraente che le fu impossibile credere davvero di potergli resistere.
Sentì i polpastrelli roventi trascinarsi sul collo e solo quel semplice tocco stava attraendola come una calamita. Non sapeva esattamente in che modo comportarsi, fosse stato per lei, gli si sarebbe gettata addosso, ma era totalmente ipnotizzata dallo sguardo del suo ufficiale superiore. Cominciò ad avvertire l’uniforme cedere al contatto e a quel punto anche lei si posizionò ad spezionare il corpo dell’uomo, togliendo via quel che restava del vestiario. I vulcaniani erano rinomati per avere tutti  sensi più sviluppati di quanto alte specie potessero vantare, ma per quanto la riguardasse, anche il suo popolo possedeva un enorme sensibilità tattile. Sentire quel longilineo corpo rovente sulle dita era paurosamente piacevole e fu quando lui le si avvicinò e cominciò a coricare il fisico di lei sulla spiaggia che avvertì tutto il peso bruciante della sua pelle.
Aveva chiuso gli occhi ed inspirato. Come poteva una creatura così perfetta essere tanto gelida ogni giorno della sua vita? Aveva un profumo avvolgente e naturale. Si sentì le braccia di lui attorno. La sua bellezza era nella sua graziosa forza. Era incredibile quanto fosse evidente la differenza di pressione d’un abbraccio tra Spock ed un umanoide della sua razza. I vulcaniani erano forti ed eleganti come ghepardi. Così, stesa sulla spiaggia ricevette il primo meraviglioso bacio dell’uomo che amava. Aveva continuato ad osservarla. Non si era ma concesso il coinvolgimento e, per quanto fosse presa, continuava a chiedersi  il motivo di quell’incontro così fisico.
“Avanti vulcaniano” aveva interrotto una voce terribilmente rauc muovendo su di lui un bastone.
Adrian non aveva potuto far a meno che torcere il collo e guardare con la coda dell’occhio dietro di se.
Due enormi piedi neri stavano proprio al ridosso della nuca.
Lei si voltò ad osservare sconcertata Spock che la degnò d’uno sguardo rapido, ma non disse nulla.
Cominciò anzi ad tirare via le gambe da se. A quel punto l’istinto di Adrian fu quello di proteggere il corpo, chiudendo le gambe, ma la cosa ebbe davvero poco conto.  
-Che diavolo stava succedendo?-  una paura senza fine stava totalmente rapendola, tanto che i suoi occhi non seppero più trattenere le lacrime. Stava mugulando e piangendo, eppure si rendeva conto di non poter reagire. Sentì dapprima sollevare la parte inferiore del corpo e poi l’inizio di una penetrazione, seguita da una sempre più tesa contrazione delle pareti del proprio corpo. Passarono più di due ore prima che il vulcaniano terminasse la prestazione e probabilemente sarebbe durata in eterno se la guardia non fosse stata sicura che lui avesse adempiuto al compito. Quando Spock si fu staccato da lei, il suo viso era stato, come al solito, imperturbabile.
Adrian si era destata non perfettamente in forma e si era voltata ad osservare l’omone scuro che aveva decretato la fine andarsene.
Si era, a quel punto, depositata sul vulcaniano che non stava dandole altro che sguardi fuggenti, probabilmente rapito dall’imbarazzo.
“Cosa succede?” gli aveva chiesto.
Spock si era alzato, aveva raccattato tutti i vestiti sparsi e aveva porto l’uniforme a lei, poi aveva pensato a se. L’alieno aveva scosso la testa pensoso: “Adrian, siamo ostaggio degli abitanti del pianeta Atien... ho incontrato la sacerdotessa romulana appena ci siamo separati.”
La ragazza aveva preso ad osservare gli indumenti logori “I romulani?”
Spock aveva preso a sollevare un sopracciglio “Non lo so.... so che lei... lo è.”
“E gli altri? I nostri compagni?”
“In ostaggio... non so ancora cosa vogliano fare con noi, ma avrebbero ucciso gli altri se mi fossi sottratto al ricatto... e te.... se avessi deciso di non tornare indietro” ammettendo questo le fiorò la guancia con le dita “mi dispiace” le disse.

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