Hold on for yourself.

di Pwhore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Death of Saint Jimmy. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23. ***



Capitolo 1
*** The Death of Saint Jimmy. ***


Già, Jimmy è morto. S'è sparato giù alla baia. E io non ho potuto farci niente. Niente.
Mi consideravo sua amica, ma non ho mosso un dito per aiutarlo. Non so esattamente perché. Forse mi vergognavo, forse avevo paura. Paura di non essere accettata da nessun altro, se avessi teso la mia mano verso di lui. La verità è che sono una fottuta codarda. Se ora ho degli amici è grazie a Jimmy. E ora lui...
Non voglio pensarci. Mi sento soffocare, le lacrime mi tolgono il respiro. Il trucco sta colando lungo la mia faccia, come il sangue colava dai suoi occhi.
I suoi occhi, un tempo vivaci, chiari e truccati di nero, ora sono vitrei, senza vita. Ogni traccia della vitalità di un tempo si era frantumata, come uno specchio tartassato da tanti sassi, più grandi e forti di quanto potesse mai sopportare.
Jimmy aveva dei problemi. Quella stronza della sua ragazza l'aveva lasciato e lui stava morendo di dolore. Il suo amore ardeva, nonostante la ferita dell'abbandono bruciasse forte. Non riusciva a capacitarsi di quello che gli era successo. Aveva anche cominciato a fumare. L'ho beccato qualche volta su una panchina del parco, intento a godersi ogni respiro, come se quella sigaretta contenesse tutta la gioia che un uomo possa desiderare dalla vita. Mi faceva un po’ pena. Lui non aveva mai avuto bisogno di niente, era indipendente, una roccia. Invece ultimamente era diventato solitario, triste e molto insicuro. Si era chiuso in se stesso, è vero, ma non avrei mai immaginato che sarebbe successa una cosa del genere. Eppure è successa. E questo fatto mi peserà sul cuore per tutta la vita.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


La debole luce del mattino filtrò dalle tapparelle, svegliando Sally. La ragazza strinse gli occhi e si girò dall'altra parte cercando di dormire. Sapeva che era inutile.
Holden entrò urlando e sbattendo la porta.
«Ehilà Sally, come va?» «Crepa.» «Bene, ne sono felice. Ascolta oggi danno uno spettacolo a Broadway, un musical se non sbaglio. Che ne dici? Ti va di andarci?». Sally fece una smorfia. «Oh andiamo Sal! Sono passati cinque giorni ormai! Devi ricominciare a uscire e riprendere contatto col mondo esterno!» disse Holden allegro, fissando lo sguardo perso della ragazza. Esitò un attimo e poi abbassò lo sguardo. «Jimmy è morto, fattene una ragione. Non tornerà indietro. La sua vita è distrutta. Comincia a raccattare i pezzi della tua e esci da questa fottutissima stanza!» continuò. «Che cosa credi di risolvere stando qui? Niente! Quindi esci e affronta il mondo, cazzo!». Cominciò a scuoterle delicatamente la schiena con una mano e le tirò un pugnetto sulla schiena. Sally grugnì. Detestava che Holden facesse così e lui lo sapeva così dannatamente bene. «Senti, so che questo non è il tuo momento fortunato, ma devi uscire da qui. Và a dar da mangiare ai piccioni, dipingi, rapina una banca, ma Cristo, esci da quel letto! Lo dico per te, sai. Anche se è brutto da pensare in un momento come questo, la vita continua. Ogni giorno milioni di persone se ne vanno, provocando ferite insanabili nei cuori dei loro cari. E' orribile, ma purtroppo è così. Non ci possiamo fare niente. Non hai colpa per quello che è successo. Sei stata sua amica e gli hai dato tutto l'appoggio di cui aveva bisogno. Se ha deciso di farla finita non è colpa tua. La vita di quel ragazzo era diventata insostenibile per lui. Succede. Da quando nasci, ogni volta che ti svegli, ogni giorno della tua vita, combatti contro un demone, cercando di sconfiggerlo... ma a un certo punto ti rendi conto che lui non morirà mai. E ti scoraggi. Cominci a bere, a rifugiarti nella droga, in tutto quello che credi ti possa aiutare, ma continui unicamente a sprofondare sempre di più nell'oscurità, finché non diventa impossibile continuare. Non è stato Jimmy a decidere di farla finita. E' stato il suo cuore. Non riusciva più a sopportare il dolore e le brutte cose che gli succedevano. L'unica via di fuga che riusciva a vedere era il suicidio. E alla fine, ha avuto il coraggio di compierlo in atto... Ma non devi sentirti in colpa. Tu hai fatto tutto il possibile per lui. Credimi.» le sussurrò.
Sally capiva ma non le importava. Jimmy contava troppo per lei e ora l'aveva perso. Richiuse gli occhi e pensò al ragazzo, al suo carattere, ai suoi ideali, alla sua personalità. Era stato il suo primo grande amore. Forse è per questo che era diventata così. Una ribelle. Trattenne le lacrime e sprofondò il viso nel cuscino, cercando di scacciar via l'immagine dell'amico, che continuava a balenarle davanti agli occhi. Quando alzò la testa, Holden non c'era più.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3 (da rivedere) Holden era un ragazzo alto e magro, come quasi tutti i ventenni. Era nato dal primo matrimonio della loro madre, come testimoniavano i capelli neri. Era molto intelligente nonostante avesse lasciato presto la scuola per occuparsi della sorella. Sally detestava questa cosa. Odiava essere un peso per lui. I genitori erano morti anni prima in un incidente stradale, quindi dovevano arrangiarsi. Però a Sally piaceva il loro bilocale. Aveva una camera tutta sua dove fare i compiti e ascoltare musica. Non le importava molto che il bagno fosse delimitato da pile enormi di scatoloni e che ci fosse poca mobilia. E poi adorava la vista dal balcone. Si vedeva tutta New York da lì. Qualche volta aveva anche dipinto dei quadri, che il fratello era riuscito a vendere a buon prezzo. Era davvero brava a disegnare, e talvolta i suoi dipinti li aiutavano a sbarcare il lunario. Jimmy li amava. Era il suo fan numero uno. Di nuovo le si strinse lo stomaco e le venne da vomitare. Camminando lungo l'appartamento le vennero in mente i momenti passati insieme, i commenti del giovane sull'arredamento e così via. Sospirò malinconicamente, appoggiando delicatamente la mano al muro.
«Allora ti sei alzata eh?». Sally sobbalzò, girandosi lentamente. «Già.». Spostò lo sguardo. Non voleva che Holden la vedesse così. «Se hai bisogno di qualcosa dimmelo. E ti prego, non dire Jimmy.»
le disse. Con la coda dell'occhio la ragazza notò il suo sguardo apprensivo. «E' tutto okay, sta' tranquillo.» «Grande. Vado al lavoro.» «Hmh.» mormorò Sally abbracciandosi i gomiti e guardandosi la punta delle scarpe. Holden fece per uscire, ma si fermò sulla soglia di casa. Fissò la sorella per qualche secondo e se ne andò. Era preoccupato per lei. Temeva potesse fare delle pazzie e non gli piaceva l'idea di lasciarla da sola nell'appartamento, ma sapeva di non avere altra scelta. Saltò l'ultimo gradino e diede uno sguardo veloce alla finestra. Sospirò e se ne andò a passo veloce, mentre una figura nera lo guardava allontanarsi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Sally s'infilò gli scarponi e scese di corsa le scale. Suo fratello se n'era andato da un bel po' ormai, e lei sapeva di poter camminare tranquilla, senza che qualcuno le chiedesse dove stava andando e perché. Inspirò profondamente e aprì il portone. Una nuova giornata l'aspettava. C'erano tante nuove possibilità e sentiva di dover andare loro incontro.
Un'ondata di gelo la investì. Per essere marzo c'era ancora freddo e, come al solito, lei l'aveva dimenticato. Si maledì tra sè e sè e infilò le mani nelle tasche della felpa. Rimase ferma qualche secondo a mordicchiarsi il labbro, prima di decidere che era ora di muoversi. Si avviò verso una lunga via sovraffollata. La gente la guardava con diffidenza, ma Sally c'era abituata. "Dannazione. Non hanno mai visto una ragazza con uno smalto nero? Idioti.". Ogni volta la stessa storia. C'era sempre qualcuno a cui non piaceva il suo modo di vestire e che sussurrava a quello accanto a lui di stare attento a quella ragazza, quella strana, vestita di scuro. Come se avesse appena ucciso una persona e camminasse ricoperta di sangue.
Sally sbuffò e proseguì. Scese le scale che portavano alla metropolitana, appuntandosi mentalmente di chiedere dei soldi a Holden. Il biglietto costava troppo se comparato all'uso minimo che ne faceva. Pagò velocemente ed entrò. C'era un lieve brusio di sottofondo, che la faceva sentire a casa. Diede un'occhiata ai graffiti. Alcuni erano opere d'arte moderna, tutte attorcigliate e colorate, mentre altri erano stati fatti da qualcuno solo per poter dire 'Guarda questo è il mio graffito, sono proprio un alternativo. Tu ne avresti il coraggio?'. In genere quei tipi erano ragazzini, dai tredici ai quindici anni, che dopo aver fatto questa figata erano tentati dal firmarla e magari aggiungerci anche il numero di telefono. Erano l'opposto di quelli che nei graffiti ci mettevano l'anima. Sally li detestava. Era a causa di quegli idioti che chiunque sottovalutava i graffitari, mentre alcune di quelle persone avrebbero meritato almeno un premio per i loro disegni. Ma ovviamente questo non succedeva e faceva arrabbiare la sedicenne. Quand'era piccola voleva essere lei la prima a premiare quegli artisti incompresi, ma la madre l'aveva dissuasa. In ogni modo, quel desiderio albergava ancora dentro di lei e in quel momento stava urlando la sua rabbia. Sally fece una smorfia. Anche Jimmy l'avrebbe pensata come lei. Lui era un ragazzo serio e nei suoi graffiti ci metteva il cuore.
Sally sospirò e guardò per terra. Un tappo di bottiglia stava roteando accanto al suo piede. Lo raccolse e, dopo averlo rigirato nelle mani per un po', lo lanciò via. Rimbalzò contro il muro e tornò indietro. La ragazza si piegò e lo raccolse. Era carino, dopotutto. Se lo ficcò in tasca e si sedette, aspettando che la metro arrivasse.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Un rombo proveniente dal buio le annunciò l'arrivo della metro. Si alzò in piedi e si tolse la polvere di dosso. Attese che le porte si aprissero e ci salì sopra. Si fece spazio tra le persone che affollavano l'entrata e si addentrò alla ricerca di un posto. Una marea di gente continuava a uscire e entrare, quindi la metro restava ferma almeno cinque minuti. Improvvisamente Sally si ricordò di aver dimenticato lo zaino sulla panchina. Scattò in avanti e corse fuori, spintonando chiunque le stesse davanti. ''Merda merda merda" pensò, mentre schizzava fuori dal mezzo. "Fa che non l'abbiano rubato, fa che non l'abbiano rubato!". Si fermò bruscamente di fronte alla panchina. Lo zaino era aperto. «Occazzo... » sussurrò. Corse subito a vedere se le era rimasto qualcosa, nel pieno panico. I soldi li aveva in tasca, accanto al telefono e alla carta d'identità. L'iPod era nella tasca opposta mentre le chiavi erano attaccate alla gonna con una catenella. Nello zaino c'erano solo il nuovo blocco da disegno e la matita. Si passò una mano sulla fronte, sollevata. Guardò a destra e sinistra, ma il ladro se n'era sicuramente andato. Si girò e fece per tornare sui propri passi, quando la metro chiuse le porte e ripartì. «NO!» urlò. «Aspettami! Ferma! Ti prego..Aspetta..» la guardò allontanarsi e scomparire nel buio. Fantastico. Sarebbe arrivata in ritardo. Si appuntò anche di chiedere scusa a Holden. Si sedette di nuovo e abbracciò lo zaino vuoto. Cominciò a pensare a Jimmy. Ogni volta che pensava a qualcosa, Jimmy spuntava fuori. Era un'ossessione. Cominciò a chiedersi se se ne sarebbe mai liberata. 'I morti sono morti. Bisogna lasciarli in pace.' le ripeteva sempre la nonna quando aveva tre anni. Morì pochi giorni dopo l'ultima volta che l'aveva vista. Si impiccò appena saputo che il marito aveva una malattia incurabile. Tuttavia Sally la ricordava come una donna forte e saggia, e quando si sentiva giù ogni tanto le parlava. La prendevano in giro per questo, ma non ci faceva caso. Del resto, a parte Holden, lei era l'unica disposta ad ascoltarla.
Il pensiero della nonna la scosse e la fece sorridere. Da piccola non sorrideva molto e, crescendo, non si era sentita molto motivata a farlo. Certo, Holden era sempre gentile e cercava di compensare la mancanza di amici e genitori in quella casa, ma anche lui aveva dei limiti. Ogni tanto cercava di strafare e Sally lo doveva fermare con la forza. Avrebbe scalato il monte Everest per lei. Questo la faceva sorridere, ma anche star male. Lei non aveva mai fatto niente per suo fratello. Niente di così importante, almeno. Ogni volta che cercava di fare qualcosa di buono, combinava qualche pasticcio o non riusciva nell'intento. Si sentiva abbastanza inutile, a dir la verità. Di una inutilità irrimediabile.
Si morse il labbro fino a farsi uscire il sangue. Il sapore dolceamaro del liquido rosso le riempì la bocca. Lo adorava. Sapeva di ferro e qualche volta aveva un retrogusto di pollo. La faceva ridere il pensiero di un pollo che viveva nel suo sistema sanguigno, e che quindi dava un po' del suo sapore al sangue. Almeno questo la distolse dai suoi pensieri cupi. Diede un'occhiata al cartellone appeso al muro di fronte a lei. 'Migliora la tua vita, comprati una Volvo! A soli 13.999$ potrai provare l'ebbrezza di caricare una delle cose più fedeli e affettuose della Terra! Approfittane, prima che sia troppo tardi!'. Le pubblicità delle auto la facevano riflettere. "Che cosa c'entra una macchina con il migliorare la mia vita? Devo paragonarla a un cane che mi porta il giornale a letto? E' solo una cosa che ti porta da qualche parte quando ne hai voglia, niente di speciale. Chi mai potrebbe credere a una balla simile?"
«Ehy guarda! Sembra proprio un'ottima auto!» disse esaltata una figura accanto a lei. "Ecco perfetto, un altro idiota abbindolato da una pubblicità cretina. Voglio proprio vedere che faccia ha questo imbecille.." pensò irritata la ragazza, girandosi. Rimase stupita di ciò che vide. Un uomo con la cresta, capelli marroni, occhi azzurri cerchiati di nero, maglietta dei Ramones e che indossava anche dei pantaloni abbastanza stretti stava godendosi le bugie della pubblicità, pacioso. Beh, non c'è che dire, era completamente diverso dall'idiota che si immaginava.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Lo sconosciuto se ne stava lì, tutto tranquillo, a fissare il cartellone pubblicitario. Sally non capiva se fosse scemo o lo facesse apposta, ma sembrava davvero convinto di ciò che c'era scritto sopra. L'uomo lo contemplava attentamente, controllando parola per parola, come se stesse cercando qualche errore in quello che per lui pareva un sogno. A guardarlo bene, non era come tutti i trentenni che conosceva. Passino i capelli e l'abbigliamento, ma quegli occhi... Non sembravano gli occhi di un adulto. Parevano gli occhi di un ragazzino che ha appena scoperto qualcosa che non credeva potesse esistere. Si muovevano lenti sulle lettere, ma appena c'era uno spazio vuoto scandagliavano la 'stanza' con una velocità inaudita. Aveva le braccia incrociate e sembrava che facesse una fatica immane a starsene fermo lì. Si vedeva benissimo che si stava controllando. Sally si chiese che cosa sarebbe stato capace di fare, ma si guardò bene dal chiederlo. Non voleva disturbarlo e poi, per lui non era che una sconosciuta qualunque. Anzi, una sconosciuta che indossava una gonna corta nera con delle sottili righe bianche e due catene attaccate, delle calze leopardate nere e grigie, una canottiera spessa nera e una felpa nera a quadratini bianchi, aperta sul davanti. Per di più aveva anche lo smalto nero sulle unghie e la matita sugli occhi. Insomma, non proprio il tipo di ragazza a cui si dà confidenza.
Tuttavia l'uomo aveva l'aria di uno che ha voglia di parlare, così rimase incerta a domandarsi come avrebbe potuto avviare la conversazione.
«Ehy.». La voce dello sconosciuto la colpì di sorpresa. Era davvero giovanile. Lo guardò. «Quando passa il prossimo coso?» le domandò. «Dipende. Potrebbe passare tra tre minuti come tra tre ore.». «Tre ore?» ripeté stupito. «Come sarebbe a dire 'tre ore'? Devo essere da Billie tra venti minuti cazzo! Si può sapere come mai ci mette tanto questa cazzo di metropolitana?» disse esasperato. «Mah.» rispose Sally scrollando le spalle. «Dicono che ce n'è una che parte ogni quindici minuti, ma la verità è che qui siamo troppi e le metro non bastano. 'Fanculo. Potrebbero anche metterne di nuove.». L'uomo la guardò con simpatia. «Beh, dalla tua faccia vedo che anche tu sei piuttosto incazzata. Potremmo chiacchierare insieme mentre aspettiamo, che ne dici?» «Non c'è problema. Perdere tempo con le stronzate è sempre stato il mio passatempo preferito.» scherzò la ragazza. «Dove devi andare?» «Francamente non ne ho la più pallida idea. Devo andare in un grande edificio vicino a un parco.» «Hai una cartina?» «Uhu.» «Ti aiuto io.». In pochi minuti spiegò a quel buffo individuo dove doveva scendere. «Mh. Grazie.» «Comunque io scendo dopo, te la posso indicare.» propose la ragazza. «Sarebbe perfetto, cazzo!» rispose l'altro sorridente. Attesero una ventina di minuti, poi arrivò la metro e i due salirono. Dopo una mezz'oretta di viaggio, in cui Sally si addormentò, arrivò la fermata dell'uomo. «Eccola. Avanti, corri o non riuscirai a scendere.» gli suggerì lei. «Vado. Oh, a proposito io sono Tré» si presentò il trentenne, una volta sceso dal mezzo. «Il mio nome è---». Le porte si chiusero prima che la ragazza potesse terminare la frase e la metro ripartì rumorosamente. Sally si affacciò al finestrino e diede un ultimo sguardo a colui che le aveva migliorato la giornata. Questo era solo l'inizio di una serie di fantastici eventi, se lo sentiva dentro. Sorridendo tornò al suo posto e si mise a guardar fuori, persa nei suoi pensieri.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Erano circa le dieci quando Sally si incamminò verso la stazione. Aveva chiamato il fratello e gli aveva detto che sarebbe tornata tardi, di non preoccuparsi e che aveva le chiavi. Holden si era sentito sollevato, in un certo senso. Sally aveva fatto molti progressi dalla morte di Jimmy, e ci si era abituata in qualche modo. Il discorso che le aveva pronunciato le aveva fatto bene. La ragazza aveva ripreso in mano la sua vita e aveva deciso di ricominciare da capo. Era passata una settimana circa dalla morte del suo amico ma Sally non era ancora tornata a scuola. "Non manco a nessuno, non vedo perché tornare.", pensava, "Posso prendermi tutto il tempo che voglio.". Holden conosceva questi pensieri e sapeva che sua sorella aveva ragione. Non si era mai fatta degli amici, e dalla morte dei loro genitori era sempre stata molto sola. Certo, sarebbe stato meglio se fosse andata a scuola, ma non poteva chiederglielo. Era appena morto il suo unico amico, sarebbe stato troppo crudele e spietato nei suoi confronti dirle di tornare a studiare. E poi gli insegnanti conoscevano i suoi problemi familiari e la sua situazione, quindi avrebbero capito. Forse. Ad ogni modo Sally era brava abbastanza da potersi permettere di saltare la scuola per qualche giorno. Non aveva mai dato preoccupazioni agli insegnanti e aveva sempre fatto i compiti, e Holden non era mai andato a parlare con loro. Per lui erano dei perfetti estranei meno importanti di sua sorella. E poi ormai lei aveva sedici anni e secondo la legge poteva benissimo rimanere a casa.
Sally si legò i capelli e sorrise. Chi l'aveva conosciuta da piccola non avrebbe mai potuto immaginare che crescendo sarebbe riuscita a sorridere di nuovo, dopo tutto quello che le era successo. Eppure Sally si sentiva bene. Non pensava più ossessionatamente a Jimmy e riusciva anche a sorridere qualche volta. 'I morti sono morti. Lasciali in pace.' le ripeteva sempre la nonna, quando la nipote veniva a trovarla in ospedale. Aveva il cancro. Se ne andò qualche giorno dopo la morte del marito, deceduto nel suo letto in seguito ad un infarto. Sally se n'era fatta una ragione e non ci pensava più di tanto, ma quando si sentiva sola chiudeva gli occhi e le parlava. I compagni di classe la prendevano sempre in giro per questo, ma a lei non importava il loro giudizio. In fondo cosa poteva fregargliene? Erano solo dei ragazzini immaturi che non avevano sofferto come lei.
Si aggiustò i capelli, tirò fuori il biglietto e entrò. Il sottosuolo aveva un odore stantìo che le stuzzicava il naso. La metro arrivò in pochi minuti, provocando lo stupore generale. La ragazza si avviò velocemente al suo interno ed entrò nel primo vagone. Una signora la spinse e Sally inciampò, cadendo sopra due giovani ubriachi. Si sentiva da lontano un miglio che avevano bevuto, ma da vicino non è che lo dimostrassero così tanto. Erano un po' rossi in faccia e ridevano tranquillamente, con delle arie felici stampate sui volti. Sally distrusse quell'atmosfera allegra precipitando sul ragazzo di sinistra. Si rialzò e guardò i giovani con aria preoccupata. 
«Scusate. Non volevo.» disse con un sorriso forzato. Il ragazzo di sinistra ruotò la testa come un gufo e le rispose con un'aria un po' intontita «Uh? Figurati. Non è niente,», si girò a guardare l'amico. «vero?». Quello di destra annuì, mentre quello che aveva parlato fece un enorme sorriso. «Allora okay.» rispose sollevata. «Piuttosto perché non ti fermi a chiacchierare con noi?» «Beh, veramente io..» «Oh andiamo tesoro, non siamo poi così cattivi. Ti prometto che ti restituiremo al tuo paparino. Adesso siediti con noi, eh?» «Io.. Non mi sento bene, dovrei andare..» «Coraggio bella, siediti. Non mangiamo mica, sai? Abbiamo già fatto uno spuntino per placare la fame. Avanti.». Sally si sentiva un po' inquieta. «Preferirei di no.» rispose al ragazzo. «E perché no? Non siamo abbastanza fighi per te, signorinella? Vorresti qualcuno di meglio? Eh? Magari un quindicenne bello, famoso e ricco sfondato, non è vero?» La stava guardando con gli occhi spalancati e gli si era gonfiata la vena sul collo. La ragazza riusciva a sentire la sua rabbia e si ricordò che un ubriaco poteva essere molto pericoloso se voleva. «O preferiresti un bel giovanotto dolce e squattrinato, che ti corteggia amorosamente con fiori e canzonette?». Non riusciva a trattenersi. Il suo amico sembrava perso nel suo mondo fantastico, e dall'espressione beota che aveva sulla faccia si poteva intuire a cosa stesse pensando. Sally tacque, deglutendo. «Siediti! Siediti cazzo!» le urlò. «La ragazza ha detto di no, non l'hai sentita?» disse una voce alle sue spalle. «E tu chi cazzo sei?» «Quello che ti spaccherà quel culo di merda che ti ritrovi se non la lasci in pace». L'ubriaco attese qualche secondo, poi decise di non insistere. «E' sempre così, gli idioti capiscono solo le maniere forti.» le disse mentre la trascinava via. «Ti hanno messo le mani addosso?» le chiese. Sally esitò, deglutì e guardò in faccia l'uomo. Sembrava davvero preoccupato. «No..Non ancora..», rabbrividì, «Ma se non fossi arrivato tu.. Chissà cosa sarebbe successo..». «Ti avrebbero trascinata con loro e violentata senza molte parole». La serietà non si adattava a quel viso dolce. Aveva un'aria gentile e buona nonostante quello che fosse appena successo. La cosa stupì Sally. Inoltre lui non si era scaldato troppo, e non aveva mai perso la calma. «Dove andiamo?» gli domandò. «Secondo te?» «In un altro vagone.» «Esatto. E non ti lascerò da sola finché non sarai arrivata a casa.». La presenza di quell'uomo faceva sentire protetta Sally, come se niente avesse potuto sfiorarla mentre lui era lì. Lo seguì docilmente mentre la trascinava lontano, vagone dopo vagone. La mano muscolosa le stava stringendo il polso energicamente, ma senza farle male, e la ragazza ebbe l'impressione che quell'uomo fosse più importante di quello che immaginasse. La sensazione durò qualche secondo, e lei stessa non seppe dirsi come avesse potuto venirle in mente una cosa del genere guardandogli la mano. Un urlo la fece riemergere dai suoi pensieri. «Ehy Tré!». Un trentenne con i capelli neri si stava sbracciando per farsi notare dall'amico. Aveva un enorme sorriso stampato sulla faccia e pareva piuttosto felice. In una manciata di secondi lo raggiunsero, e Sally notò che c'era pure un altro giovane, biondo, che li stava aspettando. Si chiese se avesse potuto fidarsi di loro, e dopo averli guardati in faccia decise di sì. Più che altro aveva fiducia in Tré e, sedendosi accanto al moro, sperò vivamente di poter contare su di lui.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


«Allora hai trovato quello che stavi cercando?» domandò il moro guardando Tré. «Già. Anche al momento giusto, pare.»  guardò Sally e poi di nuovo l'amico. «Avevo visto giusto.» «Ma come diavolo facevi a sapere cosa avrebbero potuto fare?» «Francamente non lo so. Li avevo visti entrare a Central Park e fino a una decina di minuti fa cantavano allegramente. Poi hanno smesso di colpo, e mi sono chiesto perché. Quando sono ubriaco niente mi fa andare su di giri come una canzone, specialmente se idiota. Non smetterei mai di cantare. Così ho deciso che sarebbe stato meglio controllare. E ho fatto bene, come puoi vedere.» Sally sorrise. «Sai credevo che questa qui fosse una tipa un po' più decisa.» scherzò. «Ehy! Guarda che non mangio da stamattina e per tua informazione, ho faticato un sacco oggi!»  ribatté. «Certo, certo, come vuoi.» la prese in giro Tré. Sally fece finta di offendersi e mise il broncio. Stava scoppiando a ridere, e la sua interpretazione ne risentiva. «Ma smettila! Guarda che non ti do le caramelle se fai la bambina cattiva!» disse lui, ridendo. Quando riuscirono a riprendersi, Tré fece le presentazioni. «Bene, questo nano è Billie Joe, ah fai attenzione, se non parliamo sempre di lui si incazza!»  Billie rise sotto i baffi e le sorrise. «Piacere.» «Piacere.». «Questo è Mike, l'emo del gruppo. E se non stai attenta a quello che dici ti spacca il culo.» Il biondo lo guardò dubbioso, alzando un sopracciglio. «Tutto qui? Mi aspettavo di peggio.» commentò. «Okay, ma ricorda che te la sei andata a cercare. Guardalo bene, ragazza, questo qua è uno fissato con la ginnastica, che non è mai riuscito a tenersi una fidanzata per più di qualche mese e... Ha una collezione di canottiere sportive da lasciarti a bocca aperta.». Mike la salutò con un cenno della testa e le sorrise. Sally rabbrividì. Quel ragazzo non era niente di speciale, magari da giovane era stato un sex-symbol, ma ora non lo dimostrava più di tanto. Eppure quando sorrideva, c'era qualcosa dentro di lei che si scioglieva. Aveva un sorriso speciale, uno di quelli che ti faceva sentire speciale mentre eri lì a guardarlo. Ne rimase impressionata. «Bene, direi che qui abbiamo finito.» «Col cazzo che abbiamo finito! Non sappiamo neanche come si chiama!» «Chi, lei? Beh..» «Mi chiamo Sally, piacere.» intervenne lei sorridente. Era una di quelle che credeva nella prima impressione, quindi cercò di apparire il più tranquilla e rilassata possibile. «Mi ricorda qualcosa..» disse il moro. «Una canzone, per caso?» «Già.» «Beh, ne esistono tante. Come fa quella che dici tu?» «Mh? No, lascia perdere, non è niente di speciale credimi.» «D'accordo. Come vuoi tu.». Seguì qualche secondo di silenzio imbarazzato, a cui rimediò Tré. «Bene Sally, come da programma devo trovarti un soprannome.» annunciò con aria contenta. Al che Billie scoppiò a ridere e Mike si mise una mano sulla bocca. «Che cosa c'è?» domandò Sally allarmata. «Che succede?» «Succede che sei fregata amica!» «Eh?». La ragazza non riusciva a capire e decise che forse era meglio così. Si strinse nelle spalle e guardò Tré. Sembrava davvero concentrato. Era davvero così importante?
«Aha! Nyy!» urlò esaltato il trippone. «Nyy?» ripetè Billie scettico. «Che cazzo ti sei fumato stasera?» «Niente! Niente che non abbiate fumato anche voi, intendo! Andiamo è un nome perfetto!». Sembrava davvero convinto. «Dicci almeno com'è saltato fuori.» «Beh, vedi, siamo a New York, quindi Ny, poi dovevo aggiungerci qualcos'altro e puf! Ecco che spunta fuori Nyy!». Tré era davvero fiero del suo soprannome e Sally si sentì in dovere di dire che era carino. L'amico ne fu felice e lo rinfacciò agli altri. Nessuno sembrava badare troppo ai comportamenti dell'uomo, lo lasciavano libero di fare tutte le stronzate che voleva. A Sally sembrò strano, vista la sua iperattività. Rimasero a chiacchierare una ventina di minuti, finché la metro non si fermò. «Questa è la mia fermata ragazzi. Mi ha fatto piacere conoscervi. Arrivederci» disse la ragazza con un po' di malinconia. Avrebbe voluto rimanere a parlare con quei tipi così fuori dal comune, ma sapeva che Holden si sarebbe preoccupato. «Ciao Sally!» le disse Billie. «Alla prossima» la salutò Mike. «Col cazzo che ti lascio andare!» le gridò dietro Tré. «Ti ho detto che ti avrei accompagnata a casa e così farò.». Sally credeva che l'avesse detto tanto per dire, e che se ne fosse già dimenticato, invece.. «D'accordo. Ma loro che fanno? Sanno tornare a casa?» «Tesoro i Green Day vanno in giro in gruppo.» «Allora okay.». Scesero dal mezzo e riemersero in superficie. «Cristo, che quartiere schifoso.» commentò Tré. «Molto fine, come al solito.» disse Billie di rimando. «Questo posto mi ricorda Oakland, sai? E' dove io e Billie siamo cresciuti, un vecchio posto schifoso senza molta gente con cui scherzare. Sono felice che ce ne siamo andati.» disse Mike alla ragazza. Lei annuì e aggiunse:  «Non è un granché, ma col lavoro di mio fratello è l'unico che possiamo permetterci.» «E i tuoi genitori non lavorano?» «Loro sono.. Sono morti quando avevo quattro anni.» «Oh. Mi dispiace.» «Fa niente. Ormai ci sono abituata.» «Sai, io sono stato adottato.» «Eh?» «Massì, insomma, mia madre era una tossicodipendente e mi ha dovuto lasciare in adozione. Cose che capitano. Come la morte dei tuoi, o il loro divorzio. Non dipende da noi.» Sally si sentì sollevata. Quell'uomo con i lineamenti duri e quel sorriso speciale le somigliava in qualche modo. Non parlava molto, ma quando apriva bocca evitava di sparare stronzate a destra e manca, anzi diceva cose davvero intelligenti e profonde. Un senso di ammirazione nei confronti del biondo la invase. Anche lui aveva sofferto, proprio come lei. Solo che aveva trovato degli amici e aveva superato i suoi problemi col loro aiuto, a differenza di lei. No. Sentiva che si sbagliava. Ora anche lei aveva degli amici. Sapeva che tutto sarebbe solo migliorato, proprio come nelle fiabe. Voleva credere con tutte le sue forze che tutto potesse passare. Ma ormai il suo non era solo un desiderio. Era una certezza. Aveva degli amici, e con loro avrebbe superato tutti i suoi guai. Era solo questione di tempo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


La porta di casa si aprì con uno scricchiolìo e Sally scivolò dentro furtivamente. Tutto era silenzioso, quindi o Holden era uscito o era davvero tardi. Diede una rapida occhiata al salotto e fece cenno ai ragazzi di entrare. «Avanti, venite dentro.» La comitiva entrò senza fare rumore, e si avvicinò a Sally. «Non so se mio fratello stia dormendo o sia fuori, ma per precauzione è meglio non fare troppo casino. Tutto chiaro?» «Cristallino ragazza.» «Grande.». Sally andò in cucina, seguita dai tre. «Volete qualcosa da mangiare, bere o chessòio?» domandò. «Io sto bene, grazie.» disse il moro. «Un caffé non sarebbe male.» disse pensoso il biondo. «Ma mi sembra ovvio! Birra, patatine e altra birra!» esclamò Tré. Sally sorrise divertita e mise su il caffé. Dopodiché lanciò a Tré qualche lattina di birra e un sacchetto di patatine, che il giovane acchiappò al volo. «Bene, abbiamo tutto il necessario per una festa!» scherzò lui. «Mancano solo le ragazze carine!», la prese in giro. «Fermati un attimo campione, non ti ho mai autorizzato a fare una festa.» «Oh andiamo mamma, tutti i miei amici le fanno! Sono l'unico sfigato che non si diverte mai!» «Molto divertente Tré, ma, seriamente, se Holden compare all'improvviso siamo fottuti. Non è un bene che una sedicenne dia una festa con tre invitati, guardacaso tutti maschi, buoni bevitori e.. non so, di circa trent'anni. Non se ne parla neanche.». Tré rimase un attimo in silenzio. «Però ci hai fatti entrare in casa.» «E' diverso.» «Non credo proprio. Hai appena permesso a tre sconosciuti di entrare nella tua casetta, e cazzo sei anche da sola. Alla faccia della sicurezza. Per quanto ne sai noi potremmo anche esser----» «Per me potreste anche essere ex-carcerati, ma mi avete salvata da due ubriachi con brutte intenzioni. E poi, se mi capita qualcosa di brutto posso denunciarvi e aiutare a ricreare l'identikit. Qui i vicini hanno il sonno pesante, ma al piano di sopra c'è una signora che soffre di insonnia. Mi aiuterebbe lei. E poi... Io mi fido di voi..». La ragazza aveva fatto una pausa prima di terminare la frase, e dicendola aveva guardato Tré negli occhi con una serietà inaudita. «Capisco.» «Ne sono lieta.». Sally rimase in silenzio finché il caffé non fu pronto. A quel punto tirò fuori lo zucchero e una tazza. «Quanti cucchiaini?» «Uno, perfavore.» «D'accordo.». Mike prese la tazza dalle mani di Sally. Un odore forte stava inondando la cucina, e stuzzicando le narici di tutti. Mike sorseggiò la bevanda bollente con calma, ignorando la lingua che bruciava. «Davvero buono.» «Dici? Ce lo porta la vicina, viene dall'Italia.» «Notevole.» Il biondo sorrise e Sally si sentì immediatamente meglio. Fece segno ai tre di tacere e scivolò in camera di Holden, per controllare se stesse dormendo. Il letto era vuoto e la luce spenta. Billie si avvicinò a lei con cautela. «Allora?». La ragazza sobbalzò e rispose: «Mi hai fatto prendere un colpo! Comunque qui non c'è, dev'essere uscito. Possiamo anche parlare a volume accettabile adesso.» «Perfetto.» rispose Billie accendendo la luce. Sally chiuse un attimo gli occhi, abituati al buio com'erano per loro la luce improvvisa era una pugnalata alle spalle. La stanza si illuminò, e i due poterono vedere l'enorme collezione di cd di Holden. «Wow.» disse il moro sbalordito. «Belli eh? Questi cd sono l'orgoglio di mio fratello. Li colleziona da anni.» commentò Sally. Billie si avvicinò e cominciò a guardare i titoli. «Pearl Jam, Husker Du, Sex Pistols, Guns N'Roses... Beatles... Mhm... Questo mi manca...» mormorò. «Ehy gente che si dic--- porca puttana!» esclamò Tré a bocca aperta. Mike entrò nella stanza e si avvicinò a Billie. «Ehy guarda.» gli disse. «Mike sono occupato adesso. Va' via.» «Solo cinque secondi.» «Basta che smetti di rompere.» borbottò il moro. «Vediamo un po' sta roba...» disse spostando lentamente gli occhi sul cd che Mike gli stava tendendo. «Ohggesù» sussurrò. Prese l'oggetto dalle mani dell'amico e accarezzò la copertina. «Non credevo che avrei mai potuto incontrare qualcuno che lo possedesse. Di' un po' signorinella, quanti anni ha tuo fratello?» Sally cadde dalle nuvole. L'età di suo fratello? Che importanza aveva? «Venti. Perché?» «Mh, grazie. Sentito Mike? Venti. L'età è giusta.» poi tornò a guardare il disco. «La superficie è piuttosto rovinata, almeno quella della copertina, tuttavia credo che sia originale. Questo tizio ricaverebbe milioni se lo vendesse.». La ragazza sgranò gli occhi. Milioni? Per un cd? Era fantastico. Vendendolo avrebbero risolto tutti i loro problemi, e Holden sarebbe potuto tornare a scuola. Da quando era stato possibile si era sempre occupato di lei, e per far questo aveva abbandonato la sua promettente carriera scolastica. Sally non se l'era mai perdonato. E adesso il ritorno a scuola del fratello era a portata di mano. «Chi sarebbe disposto a comprarlo?». Billie si girò a guardarla. «Non lo so. Qualche ricco appassionato direi.» «Ne conosci qualcuno per caso?» «Troppi. Sei sicura che non sia meglio chiedere a lui? Sì, insomma, il cd è suo.» Ma Sally era troppo emozionata per ragionare bene e dargli ragione. «Non importa. Sarà più che felice.» «Mmm... D'accordo allora.» disse Billie senza troppa convinzione. «Comunque ormai è tardi, bisogna aspettare domani.» osservò. «Non c'è problema.» «E poi la notte porta consiglio. Potresti pentirtene. Pensaci bene, Holden potrebbe anche arrabbiarsi, sai.» «Non credo proprio lui è--» «Promettimi che lo farai.» «Ma..» «Guardami negli occhi e dimmi che lo farai.» «Va bene. Promesso.». Billie abbassò lo sguardo, dubbioso. Si chiedeva se avesse fatto bene a dirle una cosa del genere. In fondo quella ragazza aveva solo sedici anni, era troppo piccola per capire fino in fondo quanto poressere pericoloso giocare coi soldi. Sospirò. Ormai era fatta. Guardò Sally allontanarsi scherzando con Tré e una lattina di birra. Quella ragazzina aveva qualcosa di speciale. Non aveva ancora capito cosa, ma sapeva che qualcosa c'era. Quella cosa dormiva ancora dentro di lei, ma presto si sarebbe svegliata e Billie voleva essere lì. Sentiva che sarebbe stato meglio se fosse stato con lei in quel momento. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


«Maddai? Non ci credo!». La voce di Sally rimbombava nella casa semivuota. Tré era ubriaco come al solito, Billie stava fumando sul balcone e Mike stava bevendo caffé. Pure lei aveva bevuto molta birra, ripensandoci. Tré l'aveva incitata a seguire il suo esempio, poi aveva trangugiato allegramente due lattine di birra. L'uomo sembrava divertirsi molto e Sally si chiese cosa lo spingesse a ridere così. L'alcol poteva aiutare, certo, ma non fino a quel punto. Probabilmente era sotto l'effetto perenne di droghe, dedusse. Solo che non aveva dimostrato di essere drogato fino a quel momento, e lei gli era stata sempre accanto come un'ombra, quindi non aveva avuto occasioni di assumere qualche stupefacente. Dopo qualche riflessione decise che forse quel tipo era semplicemente un ottimista contento della sua vita, che ama spassarsela e odia pensare alle cose brutte. Il suo viso era diventato rosso e gli occhi cerchiati di nero erano ancora più allegri di prima. Puzzava leggermente, ma niente di che rispetto agli ubriaconi che si incontrano per strada.
Ora come ora aveva sparato l'ennesima stronzata della serata. Tuttavia Sally aveva bevuto decisamente tanto e quello che aveva detto Tré le sembrava la storia più geniale e interessante che avesse mai sentito. 
«Ti dico che è vero! Una mucca grossa così ha infilato la zucca nella mia tenda e ha cominciato a leccarmi i piedi! E' stata una cosa assurda! Me la sono quasi fatta sotto!» raccontava l'uomo. «E il fattore continuava a dirmi che la mucca non era sua, ma che era scappata dal recinto di qualcun altro, nonostante fossimo in una zona deserta!» continuò ridendo. Sally scoppiò a ridere e disse: «Ecco, già mi immagino la scena: tu che dormi, senti qualcosa che ti fa il solletico, ti svegli ma non apri gli occhi e ti limiti a dire 'Vaffanculo Billie'. Poi non senti risposta e il solletico continua, quindi apri gli occhi e ti giri incazzato verso l'uscita sbraitando insulti, ma al posto del tuo amico vedi una mucca e ti prende un infarto, dopodiché rimani lì paralizzato pensando a cosa salvare prima, se le tue birre o i tuoi amici!». Esplose in una fragorosa risata e si piegò sulle ginocchia. «Cazzo, mi sembra di conoscerti da una vita!» esclamò lui. «Vè? Brindiamo!» disse lei tra le risate. Si sentiva euforica e la vita le sembrava piena di opportunità. Era come se potesse acchiapparle tutte, se solo avesse voluto. Ma in quel momento l'unica cosa che le interessava era divertirsi con i suoi nuovi amici. Era la calma prima della tempesta. Billie e Mike stavano aspettando l'arrivo di una brutta notizia. Sentivano che doveva arrivare. E quella notizia avrebbe cambiato per sempre le loro vite.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


L'odore del caffé svegliò Sally. La macchinetta era appoggiata sul tavolo, semivuota, ma l'odore proveniva dalla cucina. Era forte e deciso, e le stuzzicò l'appetito. Erano circa le 10 del mattino, la luce filtrava dalla finestra e il pavimento puzzava d'alcol. Anche Tré puzzava d'alcol. La luce faceva male agli occhi, nonostante fosse molto bassa. La ragazza cercò di radunare i pensieri, presa da un forte mal di testa. Tutto quello che si ricordava della sera prima era che era stata salvata dalle grinfie di un giovane ubriaco da Tré, aveva incontrato Mike e Billie, che l'avevano accompagnata a casa. Poi lei aveva offerto loro un caffé, delle patatine e qualche lattina di birra. Il pavimento era ricoperto di birre vuote, e Sally non ebbe difficoltà ad immaginarsi la scena. Tré beve, lei lo guarda senza convinzione, lui la incita a seguire il suo esempio e lei acconsente. Prima un sorso, poi un altro e infine una lattina. Avevano bevuto un bicchiere dopo l'altro di birra, finché non si erano ubriacati follemente. Sally provò ad alzarsi ma fu colta da un fortissimo mal di testa che la fece ricadere sul divano. Strizzò gli occhi e li tenne chiusi per qualche secondo, prima di decidere che la sera prima aveva bevuto un po' troppo. Tré dormiva ai suoi piedi, e sembrava che niente potesse svegliarlo. ''E' carino mentre dorme.'' pensò Sally. ''Ha davvero una faccia serena.''. Fece un respiro profondo e cercò di pensare il meno possibile, in modo da mandar via quel cerchio che sentiva nel capo. Credette di essersi ripresa e riprovò ad alzarsi, ma un capogiro la costrinse a risdraiarsi. Avrebbe aspettato un po' prima di andare di là e chiamare i ragazzi. Tanto non sapevano neanche che lei era sveglia. Fissò il soffitto, reprimendo un conato di vomito. Certo che se l'erano proprio spassata. Jimmy sarebbe stato fiero di lei. Le aveva sempre detto di farsi qualche amico, oltre a lui, e di partecipare a qualche festa. Di trovare qualcuno di cui potersi fidare quando ce ne sarebbe stato bisogno, di divertirsi senza pensare alle conseguenze e di spassarsela fino a dimenticare tutte le cose brutte. Solo ora Sally si rese conto di quanto il ragazzo avesse ragione. Non si sentiva così bene da quella che le sembrava un'eternità. Socchiuse gli occhi e sorrise. Certo, non conosceva molto bene quelle persone, ma credeva di potersi fidare di loro. Si sentiva a suo agio, quando erano attorno a lei, e le calmavano i nervi. Erano come una medicina. Curavano il suo cuore infranto con sorrisi e parole. Come non credeva fosse possibile curare. Rilassò i muscoli e cercò di dormire. La sera prima di erano addormentati verso le tre e lei moriva di sonno. Non è che le fosse così facile dormire una volta sveglia, ma ci si impegnò lo stesso. Le voci di Billie e Mike la cullarono nel mondo dei sogni. Sembrava stessero discutendo. Il tono era serio e abbastanza preoccupato. C'era qualcosa che non andava. Ma Sally era troppo stanca per accorgersene.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


«Come hai intenzione di dirglielo?» «Non saprei.. Perché io?» «Beh, mi è sembrato di capire che tu la fai sentire meglio. E poi, io non sono bravo in queste cose.» «Sciocchezze. Non si è mai bravi per queste cose. Ad ogni modo le parlerò io, non ti preoccupare.» «Grazie». Il biondo ammiccò un sorriso, tentando di alleggerire la tensione. «Lo sai vero che questo cambia tutto?» «Sì..» sospirò Billie, «Sì lo so.» «Ho paura che avremo qualche problema.» «Di sicuro. Possiamo provare a limitarli però.» «Non so se sarà possibile più di tanto. E' una faccenda seria e complicata Billie.» «Lo capisco.» sbuffò il moro. A volte gli sembrava che Mike lo trattasse come un bambino. Sapeva che l'amico cercava solo di proteggerlo ma gli dava fastidio lo stesso. «Lo spero. Prepara un altro caffé, mentre io cerco le parole adatte.» «Va bene.» «Grazie.» «Di niente.». Se c'era una cosa che lo stupiva dell'amico era che lui non perdeva mai la calma. Analizzava tutto senza lasciarsi prendere dalla rabbia, dal panico o dalla tristezza. Guardava le situazioni con occhi estranei ai fatti, in modo da poter rispondere obiettivamente senza far preferenze. Ammirava quel lato del biondo, eppure sapeva che per ottenere quella dote aveva sofferto enormemente. Sospirò pensando a suo padre. L'aveva abbandonato quando aveva dieci anni e Billie si era sentito morire con lui. L'aveva desiderato, aveva detto di voler morire al posto del genitore, ma il tumore se l'era portato via. Il bambino l'aveva visto scivolare via dalle proprie mani e cadere nel buio qual è la morte, provocando un vuoto incolmabile dentro il suo cuore. Il piccolo si era isolato nel suo dolore, continuando a impedire alla gioia di raggiungerlo e salvarlo. Solo Mike era riuscito a tirarlo fuori dal suo isolamento, e il moro sapeva di essergli debitore. In compenso i ragazzi erano diventati amici per la pelle, e avevano continuato ad andare avanti in due. Ognuno risolveva il problema dell'altro, o almeno ci provava. Andavano molto d'accordo. Certo, avevano dei piccoli diverbi, ma niente di serio. Non capitava mai che entro tre giorni i due non avessero ancora fatto pace. Non che ne avessero bisogno. Bastava uno sguardo e l'altro capiva tutto. Era un'abilità che avevano sviluppato col tempo, un qualcosa di speciale che funzionava solo tra loro due. Sapere di poter contare su Mike quando ne aveva bisogno, faceva sentire Billie al sicuro. Come se avendo qualcuno dalla sua parte le cose brutte della vita non lo potessero sfiorare più di tanto.
Mise su il caffé, cercando con cura di farlo il più buono possibile. Cercava sempre di fare il meglio per Mike. Lui lo apprezzava sempre, anche quando sbagliava. Ma ora era troppo preso dai suoi pensieri per badare a lui. Del resto, la notizia che avrebbe dovuto comunicare a Sally non andava presa alla leggera. Sospirò. Perché nel mondo succedono tante cose brutte? In fondo, questo potrebbe essere l'inferno. E quando le persone muoiono, si ammalano o ti feriscono non fanno altro che svolgere il compito che è stato loro assegnato, quello di farti scontare la tua pena nel dolore. E se nonostante tutto riesci ancora a sorridere e a trovare qualcuno di cui fidarti, hai superato la prova, e puoi sperare in un mondo migliore.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


«Hey..». «Mh?» disse il biondo, risvegliato dai suoi pensieri. «Mi chiedevo.. Faremmo bene a dirglielo? Chessò, magari dovremmo aspettare un po', per vedere se è davvero pronta..» «Billie, non sarà mai pronta.» disse secco l'amico. Billie deglutì. «Lo so, ma..» «Senti, so che queste cose ti fanno star male, ma deve saperlo. E poi...», fece una pausa, «non credo sia giusto nei suoi confronti.». «Sì, ma guardala, è così felice.. Non voglio guastarle la festa...» rispose il moro mordendosi il labbro. Abbassò lo sguardo e fissò il pavimento. Deglutì nuovamente, aspettando che Mike parlasse. Questi fece un respiro profondo e disse: «Sai, a volte nella vita non tutto va come vorremmo. Bisogna farsene una ragione e andare avanti. Tenere duro. La felicità non è una cosa dovuta e quella ragazza ormai lo sa fin troppo bene. Purtroppo la fortuna non è dalla sua parte nemmeno questa volta. Però almeno ha qualcuno che la può sostenere e su cui può contare. Credi di potercela fare?» «Suppongo di sì, però...» «Non devi esitare. Essere insicuro non ti aiuterà per niente. Adesso voglio che ti calmi e dici a te stesso: 'Io aiuterò quella ragazza, e lo farò alla grande. Grazie a me tornerà a sorridere.'. Avanti. Comincia.» «Cosa?» gli chiese il moro, come se quella che Mike avesse appena detto fosse una delle cose più assurde e impossibili di questo mondo. «Hai sentito benissimo. Forza, muoviti.» «Io aiuterò quella ragazza, e lo farò alla grande. Grazie a me tornerà a sorridere, cazzo! Beh, sai che ti dico? Ce la posso fare. Ce la possiamo fare.». Respirò profondamente. «Dobbiamo farcela.». Mike sorrise e annuì con la testa. Finì di bere il suo caffé mentre Billie mormorava quelle frasi tra sè e sè, facendosi forza. Avrebbero avuto bisogno di tutta la loro energia e calma, realizzò il biondo. E avrebbero dovuto evitare di girare attorno alla notizia per troppo tempo o la ragazza si sarebbe spazientita e infine arrabbiata. Mike si rimise a pensare, mentre l'amico girava per la cucina, richiamando a sè tutta la sicurezza possibile. La tensione si faceva sentire, tuttavia il giovane aveva una faccia seria ed era deciso ad andare fino in fondo. «Ehy Mike.» «Mh?» «Non ci tireremo indietro vero? Riusciremo a dirglielo, non è così?» «Glielo diremo. Fosse l'ultima cosa che facciamo.» disse il biondo, deciso. «Bene.» disse Billie, tornando a camminare per la stanza. «Mike?» «Sì?» «Non dobbiamo tirarci indietro.» «Lo so.» «Eppure, nonostante io sappia che quello che stiamo facendo è giusto, mi sento strano. Come se non dovessi andare di là a parlarle.» cominciò. «Che sia codardigia? Non ho paura, ma una parte di me teme che che quello che stiamo per fare sia solo un errore. Mi prega di tirarmi indietro per il mio bene. Dice che quella ragazza starebbe meglio senza saperlo. E' tremendamente egoistico, ma qualcosa dentro di me la pensa così.». Guardò Mike negli occhi. «Quello che mi chiedo è perché io mi senta così. Non è la prima volta che una cosa del genere mi capita, ma non mi sono mai fatto questo genere di domande. Credevo di essere altruista, generoso, che mi interessasse la salute e l'umore della gente che mi circonda. Eppure adesso sono qui, e l'unica persona a cui riesca a pensare sono io. Mi... Mi faccio schifo da solo. Come posso essere cambiato così tanto senza accorgermene? E'... E' orribile.» finì. Ormai la sua voce non era altro che un sussurro. Il biondo lo stava guardando con affetto, abbozzando un sorriso. Billie si sentì improvvisamente vecchio e infelice. Mike fece un respiro profondo e gli mise una mano sulla spalla. «Calmati... Non è la fine del mondo.. Siamo cambiati entrambi, siamo maturati in un certo senso. Alcune cose ci spaventano più di quanto facessero una volta. E' normale. Ma questa può essere l'occasione per sconfiggere la paura e tornare quelli di prima. Non lo sapremo mai se non ci proviamo. E...» fece una pausa. «anche se sbagliamo, possiamo rimediare. Sally ha tutta una vita davanti, e pure noi. Niente è per sempre, ricorda. Il dolore non può durare. Ci impegneremo affinché quella ragazza dimentichi il suo e ritorni felice. Non ti basta? Un tempo ne saresti stato più che soddisfatto.» «I tempi sono cambiati.» «Me ne rendo conto... Ad ogni modo, devi provare a buttarti, a liberare il tuo cuore dall'oppressione che questa scelta gli sta causando. Pensa a Sally. Quanti anni ha? Sedici. Diciassette. Giovane, vero? Eppure le sono capitate così tante cose brutte. Proprio come a noi. Cerca di immedesimarti in lei. Cosa vorresti? Preferiresti sapere o vivere in un sogno, illudendoti che tutto vada bene? Fatti questa domanda e i dubbi scompariranno.» concluse. I due si guardarono negli occhi per qualche secondo. Poi Billie sospirò e spostò la mano dell'amico. «Non è così facile, sai.» «Ci sono passato anch'io Bill.» «Lo so benissimo. Ma adesso è diverso. Io... Lo farò. Non mi tirerò indietro.» guardò nuovamente il biondo. «Ma avrò bisogno di te.» «Conta sul mio appoggio» lo rassicurò lui. «Grazie. Sono qui, nella vaga occasione che tu voglia il cambio. Ti starò vicino tutto il tempo. Almeno questo riuscirò a farlo.» sorrise il moro. Il nodo alla gola si stava stringendo e sciogliendo allo stesso momento. Detestava sentirsi così. Riprese a camminare per la stanza, sussurrando frasi d'incoraggiamento. Mike invece chinò il capo e congiunse le mani. Mormorò qualche parola e guardò verso il cielo. A dir la verità neanche lui era così sicuro di fare la cosa giusta, e i sensi di colpa cominciavano a salirgli su per lo stomaco. Stava per rovinare la vita di una persona. Una persona che aveva già sofferto troppo in vita sua. Una che non avrebbe più dovuto sapere cosa fosse il dolore. E invece, eccolo lì. Lui, un semplice uomo, uno conosciuto da qualche manciata d'ore, si sta preparando a darle una notizia orribile che sconvolgerà il suo già fragile equilibrio. Era proprio l'ultima cosa che sarebbe dovuta succedere, e invece, per scherzo del destino, è accaduta. Mike si morse il labbro e rimase in silenzio, con il viso tra le mani. Non riusciva a credere a quello che stava per fare. Non voleva crederci. Eppure era vero. E sapeva che solo lui poteva essere in grado di dirle una cosa del genere. Respirò silenziosamente e riprese a prepararsi mentalmente e psicologicamente. Non mancava poi così tanto.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


«Hey, buongiorno! Bella mattina, non è vero?» disse allegramente Sally irrompendo nella stanza. «Mattina? Sono le undici passate!» le rispose Billie, leggermente scettico. «Oh andiamo, un po' di allegria cazzo! Sembra che sia appena morto qualcuno!» scherzò lei, guardandoli in faccia. Billie abbassò lo sguardo e Mike si mordicchiò il labbro, evitando di guardarla in faccia. «E' così vero? E' appena morto qualcuno, non è così?» chiese la ragazza con un filo di voce «Non è vero?». Fece una pausa. «Di chi si tratta?... Chi...A chi è successo?» sussurrò. Mike deglutì e la guardò. Sally aveva gli occhi leggermente lucidi e continuava a mordersi le labbra. Era visibilmente nervosa e in ansia. Il biondo sospirò, cercò di deglutire, nonostante avesse la gola secca, e aprì la bocca. «Ecco... Si tratta... Si tratta di Holden.» disse. Sally spalancò gli occhi e la bocca. Dopo una decina di secondi cominciò a tremare e una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto. Una lacrima cominciò a scorrerle dagli occhi, ma la ragazza se l'asciugò in fretta. «Ho-Holden? No, non è possibile, dovete esservi sbagliati, lui è vivo, ne sono sicura; anzi sapete che faccio? Lo chiamo e gli chiedo cosa sta facendo.» farfugliò ansiosamente. Cercò il telefonino nella tasca della felpa e lo tirò fuori. «Mmmm...Vediamo... Holden, Holden, Holden...» mormorò cercando il numero del fratello nella memoria del cellulare. «Oh, eccolo!» esultò. «Adesso lo chiamo e vedrete che mi risponderà! Ne sono certa!» disse con un gridolino. Le tremavano le mani mentre premeva il dito sul tasto verde. Accostò il cellulare all'orecchio, aspettando che la voce dolce del fratello le rispondesse. I suoi occhi vagarono per la stanza, senza soffermarsi sullo stesso oggetto per più di tre secondi. «Andiamo Holden, rispondi.» disse, come se il giovane potesse sentirla. Il telefono si zittì per qualche istante, prima che la voce del ventenne attaccasse a parlare. «Holden! Allora sei vivo! Sapessi come sono... feli...ce...» si interruppe la ragazza, ascoltando la registrazione vocale della segreteria telefonica. «No...» sussurrò, sgranando gli occhi. «NO!» urlò scagliando lontano l'apparecchio e gettandosi a terra. Si tappò le orecchie con i palmi delle mani e strinse gli occhi. «No.. No... No...» continuò a piagnucolare. «Non può essere... No...». I lamenti della sedicenne si trasformarono in un pianto di dolore. I singhiozzi si susseguivano l'un l'altro, senza tregua. La faccia di Sally era diventata rossa, e gli occhi cominciavano a bruciarle. Si mordicchiò le labbra cercando di trattenere i versetti, ma ben presto si arrese. Strinse i pugni e urlò. L'urlo durò una decina di secondi, ma racchiudeva tutto il dolore che potesse provare una persona vedendosi togliere l'unica cosa che le era rimasta. Sally si sedette sulle ginocchia, con i piedi sui talloni, singhiozzando. Premette le mani sugli occhi, asciugandosi un po' le lacrime. Deglutì a fatica e urlò di nuovo. Le sue erano grida disumane. Mike la guardò con compassione e tristezza. Non riusciva nemmeno a immaginare quanto lei stesse soffrendo. Probabilmente non sarebbe mai riuscito a immaginarlo, nemmeno lontanamente. Si sentì improvvisamente malissimo, come se qualcosa l'avesse pugnalato nel cuore. In una manciata di secondi il dolore per la separazione dei suoi, per la scoperta di essere stato adottato, e per tutte le cose brutte che aveva vissuto lo assalì. Si strinse la maglietta all'altezza del petto e chiuse gli occhi. Respirò affannosamente e una goccia di sudore gli calò lungo la fronte. In quell'atmosfera di dolore, tutte le vecchie ferite stavano ricominciando a far male all'unisono. Billie ripensò al padre e guardò per terra. L'ultima cosa che voleva fare era piangere. Diede un'occhiata a Mike. Sapeva a cosa stava pensando. Si maledì mentalmente per essere stato così inutile per l'amico, quando l'unica cosa che desiderava era che il biondo stesse meglio. Deglutì e guardò nuovamente Sally. La ragazza era accasciata per terra e continuava a tirare pugni contro il terreno con tutta la sua forza. Le nocche cominciarono presto a sanguinare e Sally le guardò con aria distratta. Nascose il viso tra le mani, tirandosi nuovamente a sedere. Le lacrime e il sangue scendevano copiosi ma la ragazza non aveva intenzione di asciugarli. Continuò a singhiozzare e mormorare in preda al dolore. «Perché lui? Perché proprio lui?... Non ho già sofferto abbastanza?» disse esasperata. «Cos'ho fatto di male? Cosa? Rispondi! Avanti!» gridò al cielo. Il silenzio nella stanza fu rotto da Tré che cadeva dal divano. Aveva sentito tutto, solo che non sapeva come inserirsi a questo punto. Si sentiva un completo estraneo in quella faccenda. Però sapeva che non avrebbe potuto rimanere lì a fissare la sua nuova compagna di bevute piangere e disperarsi. Fece un respiro profondo e camminò silenziosamente fino alle spalle della ragazza. Si mise in ginocchio e la strinse in un abbraccio. Sally sussultò e cercò di girarsi. «Stai tranquilla... Sono io, Tré... Ti aiuteremo, vedrai.» le sussurrò nell'orecchio. Sally smise di singhiozzare per una manciata di secondi, dando uno sguardo ai tre uomini che la guardavano sforzandosi di sorridere. Le lacrime non si fermavano, e Sally strinse gli occhi. Tré la prese in braccio e la portò sul divano, tirando un po' su col naso. La depose e si sedette accanto a lei, stringendola in un altro abbraccio. La ragazza cominciò a singhiozzare nuovamente, affondando il viso rosso nella giacca dell'uomo. Mike si avvicinò ai due e si sedette vicino a Sally. Le mise una mano sulla spalla e cercò di sorriderle. Sally sentiva il calore della sua mano, così piacevole dopo il gelo del pavimento. Si girò a guardarlo, mentre i singhiozzi diminuivano sempre di più. «Dobbiamo fare qualcosa... Per cominciare, è meglio curare la tua mano. L'ultima cosa che voglio è che ti venga un'infezione.» le disse dolcemente, mentre con un fazzoletto intriso d'alcol le puliva le nocche. La ragazza si lasciò sfuggire un gemito. «Scusa... Non volevo farti male..» disse Mike, con aria pentita. Sally tentò di sorridere, per fargli capire che era tutto 'ok' ma non ci riuscì molto bene. Mike si ritrasse , con un'espressione colpevole sul volto. Guardò la mano della ragazza e poi di nuovo lei. Prese un nuovo fazzoletto e ricominciò a pulirgliela. «Non muoverti troppo, se puoi... Ti farà più male.» la avvertì. Sally annuì e strinse gli occhi. Le bruciavano molto, ma sembrava che avessero esaurito tutte le loro lacrime. Strinse il pugno e Tré la guardò. Cominciò ad accarezzarle delicatamente la mano, per farla sentire più tranquilla. All'improvviso Sally si sentì amata come una volta. Come se quei tre uomini fossero stati sua madre, suo padre e suo fratello. Aprì gli occhi e li guardò. I primi due erano così occupati a prendersi cura di lei che non si erano accorti che Billie era rimasto solo. L'uomo era seduto al tavolo, con la testa tra le mani e piangeva in silenzio, con una smorfia di dolore dipinta sul volto. Gli occhi truccati di nero erano gonfi e le lacrime si portavano via il make-up, come per renderlo più simile a com'era un tempo, quando la vita gli aveva strappato via la persona che amava di più. Eppure non era disperato come lei. Aveva un non so che di coraggioso nel suo pianto. Era riuscito a riprendere a vivere come se niente fosse accaduto e Sally l'ammirava. Si chiese se anche lei potesse esserne capace e si ritrovò a sperarlo. Non era sicura di poterci riuscire. Quell'uomo aveva l'aria di essere molto forte, e francamente Sally sapeva di non esserlo. Non come lui, almeno. Più lo guardava più si sentiva in colpa. Tutti stavano attorno a lei e la ricoprivano di attenzioni, mentre lui piangeva da solo, abbandonato a se stesso. Ricacciò indietro un gemito e si voltò verso Mike. «Lascia, faccio io.» disse prendendogli dalle mani il fazzoletto insanguinato. Lui la lasciò fare, stupito. Continuò a rimanere in silenzio e abbassò lo sguardo. Sapeva che Sally aveva visto Billie. E sapeva che lui stava piangendo. Lo faceva spesso, ultimamente. Gli mancava la sua famiglia, la sua Adrienne. La verità è che Mike lo sapeva ma non poteva farci niente. Ne avevano già parlato più volte in presenza di Tré, ma i due non erano mai riusciti a far sentire meglio il moro. Ad un certo punto smetteva di piangere da solo e recuperava il sorriso. Aveva solo bisogno di solitudine e di un po' di calma per ritornare come nuovo, e gli amici tentavano di assecondarlo il più possibile. Fatto sta che lui continuava a piangere e a sentirsi male, finché non decideva di chiamare casa e la voce della moglie gli rispondeva al telefono. Allora si sentiva nuovamente felice e pieno di vita. Si sentiva nuovamente se stesso.  Mike non sapeva come Sally reagisse ai traumi, e temeva di non lasciarle abbastanza spazio per respirare, per accettare la cosa. Si spostò un po' più in là, allontanandosi da lei. Sally, dal canto suo, era impegnata a pulirsi le nocche e a trattenere i singhiozzi che ancora scuotevano il suo corpicino. Respirava piano e non staccava lo sguardo dal pavimento. Il biondo si domandò a cosa stesse pensando in quel momento. La sua faccia non lasciava trasparire niente di quello a cui pensava. La ragazza inclinò leggermente la testa, per riuscire a vedere la cucina, ma Billie non era più lì. Rimase seduta a giocherellare con il fazzoletto accartocciato con un'aria persa. Tré la guardò per qualche istante e poi si alzò. Attraversò la stanza lentamente e cercò Billie con gli occhi. In pochi istanti scomparve anche lui dal campo visivo dei due. Sally continuò a tenere la testa bassa e a giocherellare con il suo pezza di carta, mentre Mike cercava qualcosa da dire. «Ehy...» cominciò. Sally si girò a guardarlo, con occhi persi. «....Mh?...» «Mi dispiace.» Sally riabbassò lo sguardo. «Non so com'è successo, ma so che non è colpa tua, Sally. Davvero. Non ti conosco da molto, ma non credo che tu sia una brutta persona. Tuo fratello doveva essere fiero di te. Guarda i suoi schizzi, le foto che ha in camera, i biglietti di auguri abbandonati sul letto. Lui ti amava Sally. Con tutto il suo cuore.» le sussurrò. «Sì... Sì, lo so...» rispose lei, secca. Mike esitò e riprese a parlare. «Non odiarlo. Non ha scelto lui di lasciarti.... Non so cosa ti abbia insegnato Holden al riguardo, ma molte persone trovano rifugio nella fede. Se vuoi possiamo pregare per lui e per la sua anima.» suggerì. Sally annuì con voce spezzata e congiunse le mani in preghiera. Mike sospirò abbozzando un sorriso, e chiuse gli occhi. I due rimasero in silenzio per un po', affidando tutte le loro speranze all'essere che vive sopra le nostre teste. Mike riaprì gli occhi qualche secondo prima di Sally. «Sai io non credo in Dio, ma se c'è una cosa che devo ammettere è che a volte pregare è l'unica soluzione possibile. Quando una persona defunta ci manca, tendiamo a parlarle attraverso la mente o preghiamo Dio di farla vivere bene e felicemente. In qualche modo ci solleva dal dolore che proviamo, lo attutisce. Come se tutto fosse coperto da un manto di neve che ricopre anche la nostra tristezza, e non solo l'ambiente che ci circonda. Puoi credere in chiunque, Dio, Buddha, Coniglietto Pasquale» disse, provocando la risata di Sally, «ma alla fine è la stessa cosa. Tutte le religioni si basano sul fatto che c'è qualcuno o qualcosa che ci controlla e ci giudica, quindi noi dobbiamo solo comportarci bene e non fare danni al prossimo. C'è chi non rispetta tutto questo e fa accadere cose brutte, ma non possiamo farci niente.» continuò. Sally lo guardava interessata. «Tuo fratello in prima persona ti ha dimostrato quanto fosse importante credere in se stessi ed essere ottimisti, e anche se ora lui non c'è più, non devi dimenticare i suoi insegnamenti.» «Lo so...» disse lei inghiottendo la saliva. «Lui ha fatto tanto per me, mi ha voluto così bene... Solo che ora come ora non riesco a pensare ad altro. Mi ha lasciata sola. Mi ha lasciata pure lui. E non tornerà mai più...» disse mentre due lacrime le solcavano il volto. «Vieni qui..» le disse lui allargando le braccia. Sally si avvicinò e lui la strinse a se. «Niente è perfetto nella vita. Bisogna tener duro, però. Non devi permetterle di sbatterti a terra. Appena possibile ti metterà i piedi in testa, ma non devi arrenderti. La cosa importante è continuare a credere che qualcosa di bello può capitare, nonostante tutte le cose brutte che sono successe. Non molti hanno questa capacità, e la maggior parte della gente si arrende presto, vivendo una vita triste e grigia. Tuo fratello voleva insegnarti a comandare la tua, per farti vivere felicemente e in pace con te stessa. Non buttare via i suoi insegnamenti e le sue credenze. Lui aveva più che ragione. Voleva solo il meglio per te, quando ti diceva di dimenticare il tuo amico. Te l'ha scritto ovunque, 'smettila di preoccuparti per il futuro e vivi la tua vita senza timore di fare qualche stronzata. Ogni cosa si aggiusta, se hai la pazienza di aspettare'. Andrà tutto bene. Supererai anche questo ostacolo Sally. Ma non puoi pretendere di farlo ora. Dovrai aspettare e credimi, è meglio così.» concluse. Sally rimase in silenzio e annuì. Sorrideva. Anche se pochissimo, sorrideva. Il biondo sentì di aver fatto la sua parte per far ricominciare a vivere felicemente la ragazza. «Hai... Hai proprio ragione» mormorò lei. «Holden ha sempre voluto il meglio per me, sempre. Non ha deciso lui di andarsene e abbandonarmi. E' l'ultima cosa che avrebbe fatto se avesse potuto scegliere.» ricordò. «In un certo senso, anche questo potrebbe essere un fatto positivo. Potrebbe aiutarmi a diventare indipendente, più forte...» disse con voce piatta e senza convinzione. «Spero di riuscire a perdonargli di avermi lasciata da sola. Ora come ora, non credo sia così difficile, ma il mio cuore è pieno di rabbia e tristezza. non gli perdona questa nuova grande ferita. E' un cuore molto egoista.» disse, ridacchiando sull'ultima parte. Abbracciò le ginocchia con le braccia e vi poggiò sopra la faccia. «Anche se ora soffro come un cane, non riesco a non pensare che un giorno supererò completamente questo trauma e ci riderò sopra. E' orribile. Non si deve ridere della morte di una persona, neanche se questa è morta in un modo ridicolo. (...) Eppure, sento che un giorno non piangerò più pensando a Holden, ma sorriderò. In quel caso, beh, mi piacerebbe arrivasse in fretta. Lui mi faceva sempre sorridere, non voglio piangere pensandolo. Voglio che il mio cuore sia felice nel ricordarlo. Solo allora potrò essere sicura che Holden sia contento di me. Mi impegnerò a superare la sua morte con tutta me stessa.» concluse con voce decisa. Si sentiva ancora debole e triste, ma una parte di lei non riusciva ad arrendersi alla situazione e desiderava lottare per la propria felicità. Mike squadrò la ragazza. Sapeva che in qualche modo ce l'avrebbe fatta. Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe fatta.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


Mike guardò la città dal terrazzo, con una sigaretta tra le mani. Sentiva un gran bisogno di fumare, ma non voleva ricominciare. Nella sua vita aveva imparato a sua spese che essere dipendente da qualcosa non era mai positivo, e, pensò, ormai anche Sally avrebbe dovuto saperlo. Il giovane sospirò e abbassò lo sguardo verso la strada, dando uno sguardo a tutta quella gente che camminava di fretta, presa dalla frenesia della propria vita. Ognuno di essi aveva dei problemi, a casa, al lavoro o chissà dove, ma nessuno sembrava darlo a vedere. Cercavano di tenere nascosto il motivo della loro sofferenza, senza sentire il bisogno di esporlo a tutti per essere compatiti da qualcuno. Ognuno tirava avanti per la sua strada, facendo finta che tutte le cose brutte che succedevano non lo riguardassero per niente, che fossero affari di altra gente e che non era nei propri interessi impicciarsi. Nessuno voleva anche solo fingere di interessarsi al problema del prossimo, talmente era concentrato su di se, ma allo stesso tempo, chiunque nel profondo desiderava che qualcuno venisse lì e gli chiedesse cosa gli stesse succedendo. Ognuno di quegli esseri affrettati che correvano sù e giù per la via, nel suo egoistico modo di pensare, voleva essere il centro del mondo per qualcuno, oltre che per se stesso, ma non aveva voglia di chiedere a chi gli stesse vicino che cosa gli fosse successo ultimamente. Erano tutti troppo occupati nel trovare un modo di sfogarsi senza chiedere esplicitamente a qualcuno di interessarsi alla propria salute per pensare che forse, se si fossero interessati più degli avvenimenti nella vita degli altri, questi ultimi sarebbero stati più lieti di informarsi su quelli che accadevano all'interlocutore.
Il giovane scosse leggermente la testa, cercando di pensare a cose più allegre. Ricominciò a guardare quelle persone che continuavano ad affiorare nella via, senza curarsi di chi gli stesse intorno o del perché essi fossero lì. Camminavano veloci, schizzando da un'estremità all'altra della strada, fregandosene di chi urtassero, senza nemmeno badare troppo a chi cercava di chieder loro un'indicazione. Ognuno camminava per se, e tutti quelli che incontrava per il suo cammino, beh, erano dei nemici il cui unico scopo era quelli di far perdere loro l'autobus o di farli arrivare in ritardo a un appuntamento, al lavoro o a casa. Nessuno si curava della vita delle persone che incontrava, l'unica cosa a cui facevano caso erano i vestiti. A nessuno interessava se uno era ferito o se stesse per essere derubato di qualcosa, in fondo non erano affari propri. Mike guardava contrariato quella scena, quella gente così egoista da non dare nemmeno un soldo a un ragazzino magrissimo che indossava solo una canottiera e un paio di bermuda e che chiedeva elemosina al ciglio della strada. Si morse le labbra e girò la testa verso l'altra parte della via, dove un poliziotto stava inseguendo un ragazzo che probabilmente aveva rubato qualcosa. Il ragazzo si faceva strada tra la folla correndo come un pazzo, urtando chiunque gli bloccasse la strada, mentre il poliziotto ciccione non riusciva a superare quella massa di gente che ignorava i suoi ordini e le sue imprecazioni. Mike osservò il ragazzotto fuggire velocemente in un sottopassaggio, poi si girò per controllare il poliziotto. L'uomo stava ancora a metà strada e non riusciva ad avanzare, talmente era sballottolato a destra e sinistra dai passanti. Aveva un'aria stanca e delusa, ma non si arrendeva. Continuava a cercare di farsi spazio tra la folla, ma quella lo trascinava sempre più lontano, finché il biondo non riuscì più a vederlo. Fece per alzarsi, ma qualcosa lo bloccò. Alzò lo sguardo e si ritrovò a fissare Billie. Il giovane guardava in alto, verso il cielo. «Ehy Mike.» mormorò, senza distogliere lo sguardo. «Mh?» rispose il biondo, guardandolo dal basso. «Perché la vita dev'essere così difficile? Perché non possiamo essere liberi come le nuvole?» disse. «Niente sembra sfiorarle, ci guardano come se i nostri guai, le cose per cui noi soffriamo, fossero solo delle sciocchezze di cui non bisognerebbe preoccuparsi. Ci sorridono sornione, dal loro cielo blu, sapendo che noi le invidiamo per la loro vita facile. Dev'essere bello», continuò, «sapere che c'è così tanta gente che vorrebbe fare la tua stessa vita. Mi piacerebbe starmene lassù a crogiolarmi sotto il sole, pensando ai cavoli miei, senza essere costretto a soffrire per alcunché. Certo, però non potrei suonare la mia Blue. Chi lo sa, magari ne sarei contento.» concluse con una lieve risata. Mike notò che sorrideva, sorrideva molto. Non staccava gli occhi dallo sfondo blu che circondava la città, e più lo guardava più pareva essere contento. Era come se in quel momento stesse vivendo la vita che aveva sempre voluto vivere, circondato dall'affetto dei suoi cari e senza essere costretto ad accettare che in realtà tutto quello che desiderava non si sarebbe mai avverato. Sembrava che fosse improvvisamente tornato bambino, e quel sorriso non faceva che confermare il tutto. Stava pensando a suo padre e a quanto era stato felice con lui, si vedeva da lontano un miglio. Mike si alzò e gli mise un braccio attorno al collo, sorridendo assieme a lui. «Hmf» rise. «Senza la tua musica, brutto testone, non saremmo amici con Tré, e io non avrei mai conosciuto Britt. Non ti avrei mai permesso di diventare una nuvola.» disse arruffandogli i capelli. «Credi che me ne sarebbe fregato qualcosa?» scherzò il moro. «Beh, francamente sì. Lo sai che non puoi vivere senza di me.» gli rispose l'altro, con un sorriso scherzoso stampato sul volto. Billie rise e appoggiò la testa al petto dell'amico. «Già.. Hai proprio ragione...» gli disse. «Ovvio, io ho sempre ragione.» rispose il biondo con aria di importanza. Billie fece una faccia indispettita e diede uno schiaffetto a Mike. «Ma smettila, buffone» gli disse. Mike sorrise divertito guardando l'amico e finse di offendersi. Billie gli diede un'occhiata e poi si appoggiò al balcone, fissando il muro davanti a lui. Si accese una sigaretta e ne respirò una boccata. «Ne vuoi una?» domandò. Mike scosse la testa e si mise vicino a lui. Billie continuò a fumare per qualche minuto, poi disse: «Tu credi che ce la farà?». Mike tacque per qualche istante. «E' probabile.. Sembra una ragazza moto forte.» disse. Si girarono a guardare Sally. Il vetro impediva ai due di sentire cosa Tré e la ragazza si stessero dicendo, ma Sally era visibilmente molto triste. Tuttavia aveva smesso di piangere e quello era un fatto positivo. Billie guardò gli occhi di Mike con agitazione. «E se avessimo sbagliato a dirglielo così?» domandò spaventato. «Forse avremmo potuto usare parole più confortanti..», disse corrugando la fronte. «Non credo.» ripose il biondo. Billie tacque e aspirò un'altra boccata dalla sigaretta. «Mmm..» mormorò fissando la ragazza. «Secondo me ha bisogno di un trattamento riabilitante stile Billie» disse convinto. «Domani cominciamo.» annunciò all'amico. «D'accordo dottore.» scherzò l'altro. «Andiamo a comprare il necessario, muovi il culo infermiera» disse il moro con finta voce autorevole. «Subito dottore. Aspetti un attimo che prendo la borsetta.» rispose il biondo scherzando. Billie spense la sigaretta e, guardando Sally, annunciò: «Signorina, le prometto che dopo il nostro trattamento le tornerà il sorriso!». «E ora, tutti al mini-market!» esclamò l'infermiera Mike, aprendo la porta-finestra ed entrando nella stanza. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


«Eccoci arrivati!» annunciò Billie allargando le braccia. «Il mini-market!». Poggiò i pugni sui fianchi e si guardò attorno con aria soddisfatta. «Avanti infermiera, troviamo qualcosa che faccia sentire meglio la nostra amica.» continuò esaltato. Mike lo guardò e sorrise. «Come vuole lei, dottore» acconsentì. «D'accordo allora! Pronti, partenza, via!» gridò il moro alzando le braccia e correndo verso gli scaffali straripanti di roba colorata.

                                                                        * * *

Sally giaceva sul divano in uno stato di semi-trance. Aveva gli occhi aperti ma non riusciva a vedere niente a parte strane figure sfocate che si muovevano velocissime. In quanto a sentire, beh... Le arrivavano alle orecchie dei rumori indistinti provenienti dalla cucina e sentiva un leggero brusio di sottofondo salire dalle scale. Era quasi sicura di aver sentito la voce di Holden, ma sapeva che ormai lui non c'era più. Si tirò faticosamente a sedere e cercò di riacquistare il pieno controllo di se e di ciò che la circondava. La stanza continuava a girare e la sensazione di pesantezza che le opprimeva gli occhi non accennava a lasciarla. Chiuse nuovamente gli occhi doloranti e cercò di calmarsi. Per quanto ne sapeva, il dolore non faceva quell'effetto. Deglutì e cercò di ricordare se avesse assunto qualcosa di strano la sera prima o quello stesso giorno. Il mal di testa se n'era andato, in compenso, e ora stare sul divano in quel modo non le faceva più venire voglia di suicidarsi. Ma non riusciva proprio a ricordarsi niente di strano, di insolito o semplicemente di bell'aspetto che avesse potuto ingerire prima di sentirsi così. Si morse l'indice e si mise in una posizione comoda, che le stimolasse la memoria o  che le desse anche solo un po' di sollievo alla schiena. Delle ore che susseguirono il suo pianto isterico, solo il vuoto. Che cosa aveva fatto? Non aveva la minima idea di cosa potesse essere successo.

                                                                          * * *

«Yeeeeh!» gridò Billie lanciandosi per i corridoi semi-deserti, guidando il suo fidato carrello. Sembrava un bambino in un negozio di caramelle, e in effetti quello era proprio il reparto dei dolciumi. «Mike! Guarda qui! Corri!» diceva ammaliato. Mike lo seguiva con pazienza, svolgendo il ruolo dell'attento genitore. Diede un'occhiata allo scaffale che gli stava davanti. Strabordava di caramelle, gomme e dolci coloratissimi con sopra scritte varie, tutte rigorosamente allegre e intonate col tipo di cibo che rappresentavano. Mike prese in mano un pacchetto di verdure di gomma e lo guardò accigliato, poi decise di raggiungere Billie. Il moro gli stava tendendo un maxi-pacco di dolcetti vari di tutte le forme e di tutti i colori. «Qua in mezzo ci dovrà per forza essere qualcosa che le possa piacere!» esclamò. Mike annuì e indicò il carrello. «Forza, ficca dentro.». Billie scattò e ci lanciò dentro la sua nuova scoperta, che finì sopra il pacco di caffè di Mike. «Quella roba finirà per ucciderti.» scherzò. «Almeno ha un buon odore, non come le tue sigarette.» replicò l'altro. Billie fece una smorfia rassegnata e gli diede ragione. «Ad ogni modo, compriamole delle piccole coca-coline al limone.» propose. «Billie, non stiamo facendo la spesa secondo i tuoi gusti.» gli ricordò l'amico. Il moro fece finta di offendersi e mise il broncio. «Guarda che lo so! E' solo che è triste mangiare da soli.» disse guardando il cibo da lui desiderato. Mike alzò gli occhi al cielo e fece segno di mettere il pacco nel carrello. «Andiamo, sentimentalone.» disse, invitandolo a seguirlo. «Qui troveremo senza dubbio qualcosa che ci possa aiutare.» concluse, avviandosi verso la parete vicina alla fine del corridoio. Billie lo seguì trotterellando, lanciando occhiate affamate ai prodotti più appariscenti. Improvvisamente desiderò di non essere una persona costretta a badare alla propria linea, preso dalla bellezza di tutte quelle cose che voleva ma non poteva mangiare. Mike dal canto suo, guardava tutte quelle confezioni con distacco, come se l'ultima cosa che desiderasse fosse mangiare quello che contenevano. Billie lo guardò ammirato. Lui non riusciva a smettere di sbavare vicino a tutti quei dolcetti, mentre il suo amico se ne fregava altamente. Eppure, quando erano piccoli, tutti e due amavano le cose zuccherine e piene di coloranti.  Si chiese perché Mike fosse cresciuto, mentre lui continuava ad essere lo stesso ama-vaccate di trent'anni prima. Scrollò le spalle e decise che non era importante, dopodiché fece una breve corsa per raggiungere il biondo, che l'aveva ormai lasciato indietro. Diede un'occhiata al carrello e notò che si era riempito di poco rispetto a qualche minuto prima. «Che cosa stai guardando?» gli domandò. «Guarda, Bill, queste sono sigarette finte.» gli fece notare l'amico. «Sì, lo so, non sono scemo.» ribatté piccato. «Be', questi sono filtri alla fragola. Che ne dici di provare?» gli chiese guardandolo negli occhi. Billie tacque per qualche secondo, guardando prima i filtri rosei, poi Mike ed infine le sigarette. «Almeno questi non danneggeranno la tua voce.» gli disse il biondo. Il moro sospirò e gli prese il pacchetto dalle mani. «Almeno trova qualcosa che non mi dia la nausea il 90% delle volte.» rispose. Mike ammiccò un sorriso e si mise a cercare qualcos'altro. «Ehy, questo sembra figo!» esclamò il moro agguantando un pacchetto blu. «Mmm, mirtillo...» disse, leggendo le didascalie. «Okay, questo va bene» annunciò lanciando l'oggetto alle sue spalle. «Bene. E ora ripartiamo alla ricerca di qualcosa di buono e carino!» esclamò allegro. «Alla carica!» urlò, beccandosi un'occhiata spaventata da una cliente appena arrivata. Mike si massaggiò la fronte e partì tranquillamente all'inseguimento dell'amico, che lo aveva abbandonato assieme al carrello. «Ho come l'impressione che il bambino dentro di lui abbia tramortito la sua parte seria.» mormorò scuotendo la testa. Raccattò il pacchetto di filtri, che aveva mancato il bersaglio di una decina di centimetri ed era andato a finire vicino alla parete sinistra, e lo ficcò nel carrello con aria distratta. Cercò di immaginare la sua vita senza Billie. Niente, non ci riusciva. Tutto quello che gli era capitato di buono era successo grazie all'amico, e non riusciva a pensare alla propria esistenza se quel nanetto combinaguai non fosse esistito. Guardò i filtri e pensò a Billie. Non voleva che morisse. Desiderò ardentemente che il moro non avesse mai fumato una sigaretta, temendo che a lungo termine quelle cose malefiche potessero portarglielo via. Sospirò e si morse il labbro, cercando di sembrare allegro. Non voleva assolutamente guastare il divertimento all'amico. Scosse leggermente la testa e lo raggiunse. ''Diavolo, quest'atmosfera mi fa pensare sempre al peggio'' pensò. Assunse un'aria da finta persona seria e sbirciò oltre la spalla di Billie. Il giovane era indeciso sulla marca di patatine da prendere e continuava a guardare prima uno poi l'altro pacchetto. Dopo una lunga riflessione, lanciò tutti e due nel carrello e riprese a camminare. «Vedi, Mike, per scegliere cosa comprare c'è bisogno di una grande capacità di riconoscere i pro e i contro, e, modestamente, io ne ho molta.» disse con aria di importanza. Mike lo fissò, indeciso su cosa ribattere, e tacque. Al che Billie si girò di scatto, dicendo: «Non mi pare di averti sentito concordare.». Il biondo rise, irritando l'altro. «Vabbe', siccome sono superiore ai tuoi giochetti da invidioso, ti perdono.» disse magnanimo il giovane. «Avanti, dimmi 'grazie'.». Mike lo guardò alzando le sopracciglia e lo ringraziò. «Bene. Era il minimo.» concluse il moro con fare altezzoso. Mike alzò nuovamente gli occhi al cielo e lo superò. Per lui fare la spesa con Billie era uno spasso, anche se gli altri clienti probabilmente non la pensavano allo stesso modo. Si grattò il naso e prese la rincorsa. Dopodiché saltò sul carrello e si lasciò trasportare in giro per il corridoio, mentre Billie cominciava a rincorrerlo ridacchiando. Erano già stati cacciati da così tanti supermercati che ormai si comportavano come se quella per loro fosse la cosa più normale del mondo, a discapito dei clienti e del personale del negozio di turno. Le loro mogli ci si erano già rassegnate, quindi loro non vedevano perché preoccuparsene e continuavano a divertirsi. E poi, alla fine, dalle star ci si aspettano scemenze del genere, no? Stavano solo dando alla stampa qualcosa di cui parlare. E con questo pretesto, si divertivano come matti, dimenticando per un po' Sally e le sue disavventure.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


«Ehy. Ehy. Sally, svegliati». La dolce voce di Tré svegliò la ragazza dal sonno in cui era caduta. «Mh?» mormorò lei. «Cosa c'è?». «C'è che non fai altro che svegliarti e dormire, e mi hai lasciato a parlare da solo per un sacco di tempo!» sbottò lui. Sally buttò la testa all'indietro sbuffando, per fargli capire che non gliene fregava niente. «Ah, è così, eh?» disse l'uomo. «Allora suppongo che dovrò mangiarmi da solo tutta questa roba, dato che qualcuno ha deciso che farmi sembrare un cretino va più che bene.». Diede alla ragazza un'occhiata furtiva, per vedere se le interessasse almeno un po' quello che stava dicendo. Sally era semisdraiata sul divano e stava cercando di capire da cosa provenisse l'odore che aleggiava in salotto. Aveva un'aria piuttosto interessata e Tré intuì che aveva anche fame. La ragazza girò la testa verso di lui, sorridendogli imbarazzatamente e disse: «Scusami Tré, non volevo farti fare la figura del deficiente.». L'uomo sbuffò e accettò le scuse dell'amica. Stettero in silenzio per un paio di minuti, fissando il pavimento. «Tré..» lo chiamò lei.  «Sì?» «Che cosa hai cucinato?» «Uova al bacon fantasma.» rispose lui pacato. Sally annuì e riprese a fissare il muro. «Hai intenzione di farle bruciare?» chiese. «Ti ho detto che le ho già cucinate, non mi hai sentito?» rispose lui, un po' piccato. «Allora cos'è questo odore?» domandò lei preoccupata. «Credo stia andando a fuoco il waffle di Billie.» disse lui, pacioso. «Ah, okay.» accettò la ragazza, continuando a fissare il muro. «E... uhm... a Billie piacerà tutto questo?» chiese. «Non lo so e non me ne frega niente.» rispose l'uomo. I due continuarono a fissare il muro per un altro po' di tempo, prima di realizzare che la cosa avrebbe potuto diventare pericolosa. A quel punto Tré si alzò con uno sforzo sovrumano e si avviò verso la cucina a spegnere il fornello. «Ehy, di' un po', ce l'hai un estintore?» chiese, facendo spuntare la testa nella stanza. «No, perché?» rispose lei interessata. «No, niente, solo che il waffle sta andando a fuoco sul serio.» disse lui, accennando al dolce col capo. Sally aggrottò la fronte e si alzò, raggiungendo l'amico. Eh già, era proprio in fiamme, notò. «Forte.» disse senza troppa convinzione. «Eggià.» concordò lui, guardando il fuoco divagarsi su quella che un tempo era la colazione del suo migliore amico. «Uovo?» le chiese lui, senza staccare lo sguardo da quello spettacolo. «Sì grazie.» rispose lei agguantandone uno. I due restarono vicini a godersi la scena, mangiando uovo fritto al posto dei pop-corn, senza emettere suono. Le fiamme si riflettevano negli occhi del giovane, che apparivano ancora più speciali, notò Sally mentre dava un morso al suo uovo scondito. Le sembrava che se li avesse guardati troppo ci sarebbe caduta dentro. Sembravano così profondi, nonostante appartenessero a una persona così... così... non riusciva a trovare un aggettivo adatto, ma sentiva che quell'uomo, nonostante i modi non troppo gentili, sarebbe potuto diventare una delle persone più profonde che avrebbe mai incontrato.

***

Billie allungò una banconota da 50 dollari alla cassiera, che lo guardava leggermente a disagio. Non avrebbe mai immaginato che un uomo della sua età avrebbe potuto comportarsi come un bambino di 5 anni. La donna mise via i soldi e attese che lo scontrino finisse di uscire, per poi darlo all'uomo sorridente che le stava davanti. Poi prese una manciata di monetine e le diede sempre allo stesso cliente, che le prese soddisfatto e le ficcò in tasca. «Arrivederci, tornate presto.» ripetè, sperando il contrario. Li guardò allontanarsi ridendo, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo. Anche gli altri clienti fecero la stessa cosa, rassicurati.
«Credi che le piaceranno?» domandò Billie, felice come una Pasqua. «Non vedo perché no.» rispose il biondo. «Sono proprio contento! Con tutte queste cose buone, non potrà non sentirsi meglio e festeggiare con noi!» esclamò il moro, ficcando la testa nel sacchetto. Mike gli sorrise, annuendo. I due cominciarono a chiacchierare amabilmente, quando al biondo venne in mente che non avevano alcuna chiave per rientrare. «Basterà citofonare a Tré.» suggerì Billie facendo le spallucce. Mike annuì, poco convinto. Il portone principale era aperto, così i due entrarono senza problemi. «Ti ricordi il piano?» chiese il biondo. «No, ma mi ricordo la porta.» rispose il moro, convinto. Salirono qualche rampa di scale, quando Billie riconobbe l'abitazione di Sally. «Eccoci» annunciò all'amico. «Hai lasciato la porta aperta.» osservò quello. Il moro fece una smorfia e diede una spallata all'oggetto. Mike entrò per primo con un: «Sono a casa tesor--- che cazzo sta succedendo?». Il fumo avvolgeva il soffitto e la puzza si sentiva molto. Sally e Tré erano ancora fermi lì a guardare l'ex-waffle diventare sempre più nero. Billie guardò sgomento prima i due poi la padella. «Che cazzo è successo?» domandò incazzato. «Uh... Il tuo waffle è un piromane suicida.» rispose Tré, fissando Mike che spegneva il fuoco del fornello. «Perché diavolo non hai spento il gas?» gli domandò il moro stizzito. «Mi piacevano le fiamme.» disse Tré, con voce tranquilla. «Potevi appiccare il fuoco a tutto l'appartamento!» lo sgridò Billie. «Sei un'idiota! Alla faccia della persona seria e responsabile! Cazzo Tré, potevate restarci secchi!» esplose. L'uomo lo guardava coi suoi occhi azzurri, intuendo la propria stupidità. Sapeva che l'amico aveva ragione, ma, in ogni caso, avrebbe spento l'incendio prima che esso avesse avuto il tempo di distruggere tutto e non si reputava poi così stupido. Stava per ribattere quando incontrò gli occhi di Mike, che gli fecero cenno di tacere e accettare la sfuriata. Tré sbuffò e fissò Billie. Era davvero incazzatissimo. La busta delle caramelle gli era caduta dalle mani e i pugni erano chiusi. Il moro continuava a stringerli il più possibile, cercando di trattenere le urla. «Sei davvero un cretino.» gli disse infine, scuotendo il capo e andandosene in salotto. Tré rimase lì in piedi, a mordersi il labbro inferiore, cercando qualcosa da dire. Mike e Sally rimasero in silenzio, sentendosi entrambi in colpa per quell'improvviso scatto d'ira dell'amico. Billie si sbracò sul divano, cercando qualcosa su cui sfogare la sua rabbia. Non trovandola, incrociò le braccia e cominciò a pensare.
Sally si sentì improvvisamente la responsabile di tutto. Prima, con la sua scenata di dolore, aveva fatto piangere il moro e reso molto triste Mike; poi, restando ammaliata dal waffle che bruciava senza spegnere il fornello, aveva fatto sgridare Tré e fatto incazzare sul serio Billie. Deglutì e cominciò a torturarsi le mani. Guardò Tré. Era ancora immobile vicino al tavolo, si stava mordicchiando le labbra e vagava con lo sguardo da una parte all'altra della stanza. Si sentiva visibilmente in colpa, e ciò non faceva che aggravare la sensazione di colpevolezza di Sally. Mike era in ginocchio e stava raccogliendo le caramelle uscite dalla busta, stando bene attento a non far rumore. La ragazza fece un gran respiro e fece per avviarsi nell'altra stanza, ma Mike la fermò. «Lasciagli sbollire la rabbia.» le consigliò. «Faresti meglio a lasciarlo un po' da solo a riflettere, cosa che dovreste fare anche voi, specialmente dopo aver fatto una cazzata come questa.» concluse, accennando al waffle incenerito. Sally annuì e tornò a sedersi. Sapeva di aver sbagliato, e in quel momento si sentiva più responsabile di Tré. L'unico problema era che non sapeva come farlo capire al moro.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


Quando Sally entrò nella stanza, Billie stava ancora giocherellando con una delle sue sigarette. Aveva un'espressione corrucciata dipinta sul volto ed era ancora piuttosto irritato. La ragazza fece un respiro profondo e si schiarì la voce. «Che c'è?» disse lui, girandosi a guardarla. Sally si mise a torturasi le mani, deglutendo. «Ecco... riguardo a quella cosa...» cominciò accennando col capo alla cucina, «io... mi dispiace... E' solo che... oggi non...» continuò abbassando lo sguardo. «No, scusami tu... Ho esagerato... E' che, dopo tuo fratello, non voglio altri morti. Evidentemente mi sono espresso un po' male...» concluse lui, accennando a un sorrisino quando pronunciò l'ultima parola. Sally sorrise, tenendo lo sguardo sempre basso. «Oggi è un giorno difficile per tutti.» le spiegò. «Tuo fratello ci ha lasciati e, anche se non lo abbiamo mai conosciuto, ci sentiamo male anche noi. Quando guardo la sua foto, quella in cui siete al parco e sorridete, vedo un ragazzo, un estraneo qualunque, che è al settimo cielo con la sua sorellina. E ora questo ragazzo non c'è più. Fa un po' impressione pensarlo. Quando qualcuno muore, ci si sente sempre strani, anche se questo qualcuno tu non l'hai mai incontrato. E' una specie di tristezza collettiva. Ho... ho passato anch'io momenti del genere nella mia vita, e per questo riesco a capirti, o almeno in parte. Non posso pretendere che tu riesca a comportarti come se niente fosse accaduto o che tu possa pensare lucidamente. E' solo che da Tré mi aspettavo qualcosa di più. In fondo, lui è quello che riesce a metabolizzare tutto più in fretta. Certe volte sembra così insensibile da chiederti se sia davvero un essere umano e altre invece lo fanno rimanere giù di morale per settimane. Sembra che abbia preso molto a cuore la tua disavventura, sai. O almeno credo. L'alternativa è che quell'uomo sia davvero un idiota con aspirazioni suicide. Scegli tu.» concluse. Sally si lasciò sfuggire una risatina. In fondo il moro aveva ragione. Tré aveva preso male la morte di Holden, non poteva negarlo. La ragazza guardò il trentenne sbadigliare, laggiù in cucina, e sorrise, pensando che poche ore prima quello era soltanto uno sconosciuto qualsiasi incontrato nella metro, mentre ora era un amico. Un amico che condivideva il suo dolore per la morte del suo caro fratello, che tra l'altro non avrebbe mai pensato di fargli conoscere. Improvvisamente sentì come una specie di calore avvolgerle lo stomaco, ma un calore piacevole, di quelli che desideri quando esci sotto la neve coperta solo da una giacca leggera. Sally rimase lì sorridente e si lasciò riscaldare da quel caldo così delicato che provava quando guardava Tré. Billie la guardò, cercando di leggerle nella mente. Si domandò se fosse triste o felice. ''Probabilmente col mio discorso le ho fatto pensare che Tré sia un dolce idiota sia uno stronzo insensibile. Merda, non ne faccio una giusta.'' pensò facendo una smorfia. ''Ad ogni modo, avrà tutto il tempo di capire da sola com'è il suo carattere.'' concluse. Diede un'altra occhiata alla ragazza, che nel frattempo di era allontanata. ''Ho come l'impressione che quella ragazzina faccia bene alla natura di Tré.'' pensò. ''Questa improvvisa simpatia tra i due potrebbe migliorare il carattere di quel testone, e chissà, magari smetterà di travestirsi da donna.'' concluse con un sorriso. Si stiracchiò lentamente e si mise comodo sul divano, rilassandosi placidamente senza pensare al futuro. Era curioso di sapere cosa sarebbe accaduto da lì a poco, quando i tre sarebbero davvero dovuti tornare all'hotel e avrebbero dovuto saltare sul primo taxi per non perdere l'aereo. Cosa avrebbe fatto Tré? Avrebbe abbandonato quella povera sedicenna appena reduce da un lutto o se la sarebbe portata dietro? ''Uh uh uh, da un certo punto di vista, tutto questo è molto meglio di una normale soap-opera'' ridacchiò il moro divertito. «Eppure credo di sapere già la risposta.» mormorò pacioso, guardando i due chiacchierare amabilmente. Detto ciò, tornò alla sua occupazione, cioè quella di fare il trentenne che cerca di rilassarsi su un divano davvero morbido, con un gran sorriso stampato sulla faccia.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***


«Quindi?» domandò Mike. «Quindi cosa?» gli chiese Tré. «Cosa hai intenzione di fare con lei?» spiegò il biondo con calma, accennando a Sally, che parlava con Billie nell'altra stanza. «In fondo, la conosci da poco.». «Poco è meglio di niente.» concluse l'altro facendo le spallucce. «Contento tu..» disse il biondo sospirando. «Certo che sono contento.» gli rinfacciò il giovane, deciso. «E dovresti esserlo anche tu.».

* * *

«Di che cosa parlate?» domandò Sally allegramente. «Sciocchezze.» le rispose Tré, con aria annoiata. La ragazza intuì che stava mentendo, ma decise di dargli corda. «D'accordo, allora.» accettò, ricevendo un sorriso dal giovane. Si avvicinò al frigo e agguantò delle birre, lanciandone una all'uomo. «Vuoi?» chiese a Mike. Quello annuì cortesemente e prese una lattina al volo. «Dite che quello là ne merita una?» domandò Sally, accennando al moro con aria di superiorità. «Direi che se gli interessasse bersi qualcosa potrebbe anche alzare il culo dal divano e venirsela a prendere.» le rispose Tré. «Capitan Finezza.» lo apostrofò lei, scherzando. «Ci puoi giurare, tesoro.» disse il giovane facendole l'occhiolino. I due cominciarono a ridere, mentre Mike beveva tranquillo la sua birra. Billie si girò a guardarli, chiedendosi perché più lo guardavano più ridevano. «Ma che diavolo..?» cominciò, spostando lo sguardo dai due alla sua maglietta. «Ho qualcosa sulla faccia?» domandò. «Tré, ti giuro che se mi hai dipinto qualcosa sulla faccia, vengo lì e ti prendo a calci quel didietro flaccido che ti ritrovi.» lo minacciò, scattando in piedi e correndo verso lo specchio più vicino. Sally si mise una mano sulla bocca, cercando di trattenersi. Tré non si faceva certo questi problemi. Più Billie s'incazzava e più si divertiva. Il moro tornò in cucina a passo di corsa. «Frank Edwin Wright III, non so che cazzo mi hai fatto, ma se non me lo dici ti spezzo in due!» gli disse stizzito. L'uomo rise ancora più forte, buttando la testa all'indietro e ignorando le occhiate furenti che Billie gli stava lanciando. Il moro fece un passo avanti, deciso a prendere Tré a schiaffi, quando Mike si pronunciò con un forte rutto. «Cavolo Mike, non eri tu quello educato?» disse Sally con una risata. «Generalmente sì» rispose lui ridacchiando. Billie lo fissò e si lasciò scappare una risatina, che si trasformò in una risata vera e propria quando si girò a guardare gli altri che ridevano. «Oh, al diavolo!» esclamò con bonarietà. «Ma la prossima volta riuscirò a prenderti a calci, vedrai!» disse, rivoltò a Tré. Per tutta risposta, l'uomo cadde in ginocchio e si mise una mano davanti alla bocca, senza smettere di ridere. Si stava visibilmente scompisciando dalle risate. «Diamine, non si può conservare un lutto stando con voi!» scherzò Sally. «Direi proprio di no.» disse Mike, con una smorfia allegra. Tré si stava lentamente riprendendo, e il moro era andato di nuovo sul balcone. «Prendi queste, nanetto di merda!» gli urlò il biondo, lanciandogli i filtri al mirtillo. «Grazie, stronzo!» gli urlò Billie di rimando. Mike annuì sorridente, e si girò a guardare Sally. Anche lei stava smettendo di ridere, anche se più velocemente di Tré. La ragazza diede un'occhiata all'uomo a terra, prima di rivolgere la sua attenzione al biondo, che fece una faccia buffa accompagnata dall'imitazione delle voci dei personaggi dei cartoni per bambini di tre anni. Lei scoppiò a ridere di nuovo, mentre il giovane abbassò lo sguardo verso l'amico. «Vuoi una mano, panzone?» gli chiese. «Ficcatela nel culo!» gli rispose quello tra le risate. «Anzi, ficcala in quello di quell'idiota laggiù!». Mike tirò indietro la testa ridacchiando e mollò un calcio all'uomo, che si fece sfuggire un verso di dolore. «Dove posso buttarla?» chiese il biondo a Sally, giocherellando con la lattina. «Lasciala dove ti pare, tanto non c'è nessuno pronto a farti la predica.» gli rispose una voce dal basso. Mike diede un altro calcio a Tré, alzando gli occhi al cielo. «Ahio! E' così che tratti gli amici?» disse quello, ridendo. «No, è un trattamento che riservo solo per te.» rispose amabilmente il biondo. «Grazie tesoro, non dovresti preoccuparti per me.» fece l'altro da terra. «Nessun problema, zuccherino. Per te, questo e altro.» concluse il primo. Sally rise e prese la lattina dalle mani di Mike. «Da' qua, faccio io.» esclamò, con una mano sulla bocca. «Grazie.» mormorò il biondo, accennando a un sorriso. «Di niente. E' sempre meglio far fare le cose a me che dar retta a ciò che ti dice quello là.» concluse lei, scherzando. «Ehi, grazie!» esclamò contento Tré. «Senza offesa, eh!» disse la ragazza, mostrandogli i palmi delle mani e facendo una faccia scherzosa. «Invece l'offesa c'è!» ribatté lui. «Vuoi farmi sfigurare davanti a mia moglie? Se è così dimmelo subito!». Sally scoppiò a ridere nuovamente, piegandosi su se stessa. «Ehy, dolcezza, che ne dici di alzarti da terra?» gli propose il biondo. «Chissà, magari potresti trovare qualcosa di più divertente da fare, al posto di rotolarti sul pavimento. Ad esempio potresti strozzarti con la birra o darci la nostra dannata colazione.» suggerì. Tré alzò un sopracciglio e rispose: «Sai tesoro, credo proprio che tu abbia ragione. Il divano sembra più comodo di questo posto e molto probabilmente è un conversatore migliore di questa cosa qua.». Diede una botta alla gamba della sedia pieghevole accanto a lui e cercò di tirarsi su. «Vuoi aiuto?» si offrì Sally. «No, grazie, ce la posso fare.» disse l'uomo, tirandosi faticosamente in piedi. «Visto? Che ti avevo detto? Sono o non sono fantastico?» le disse con aria di importanza. Sally alzò gli occhi al cielo e sorrise. «Oh sì, sei proprio un gran figo.» gli rispose. L'uomo si fece bastare i complimenti e andò a recuperare la colazione promessa a Mike. «Tieni. Fattela bastare.» gli disse, passandogli un toast molliccio ripieno di marmellata scura. Il biondo lo guardò dubbioso e lo abbandonò sul bordo del lavandino, senza esser visto dall'amico, troppo occupato a chiacchierare con Sally. Mike sgattaiolò verso il salotto, lasciando i due e il toast al loro destino. Con un sospiro di sollievo si accasciò sul divano. Chiuse gli occhi e si abbandonò ai propri pensieri, deciso a prendersi un attimo di pausa da quell'uragano di Tré. "Questo posto è proprio piccolo..." pensò. "Molto diverso dai posti dove alloggiamo di solito.", notò. "E' così familiare, in qualche modo.. Probabilmente non mi dispiacerebbe più di tanto vivere qui. Somiglia molto alla prima casa in cui ho abitato con Billie.. Dev'essere per questo che mi fa sentire a mio agio..." concluse sorridendo. Sospirò tranquillamente e girò la testa verso la cucina. Tré e Sally stavano chiacchierando amabilmente, e parevano abbastanza felici. Sorrise e si voltò a guardare Billie. Era di nuovo fuori sul balconcino, e stava parlando al telefono con qualcuno. Mike si domandò se fosse Adie o qualcuno al di fuori della famiglia dell'amico. Scrollò le spalle e si mise a fissare le foto sparse per la stanza, cercando di percepire il sentimento che legava Sally al fratello. Immaginava che fosse davvero fortissimo, anche se nelle fotografie lei non lo dava molto a vedere. Sembrava felice, però. E probabilmente anche tanto. Mike si sentì triste per lei. Non era riuscita a dimostrare al fratello quanto l'amasse e se ne stava pentendo, glielo leggeva in faccia. Chissà se se lo sarebbe mai perdonata. Per ora, si impegnava con tutta se stessa per riuscire a mantenere viva la speranza per un futuro migliore e, come il biondo sapeva bene, questo non era affatto facile. Ripensò alla crisi della ragazza e al suo comportamento attuale. Era migliorata nel giro di poche ore e sicuramente sarebbe riuscita a superare anche questa difficoltà. Mike non aveva dubbi al proposito.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. ***


Capitolo 20 (scritto normale) «Sì, certo... D'accordo... Non c'è problema... Sì... Ti ho detto che va bene! Sturati le orecchie!... Uff, okay, arriviamo.» disse Billie, staccando il telefono dall'orecchio e chiudendo la chiamata. Poggiò le mani sul bordo del balcone e guardò di sotto con aria seccata. Poi di scatto si girò e entrò nell'appartamento, lasciando la porta-finestra semi aperta. Si avviò a passo spedito verso la cucina, facendo segno a Mike di seguirlo. Il biondo si alzò e lo seguì, domandandosi per quale motivo il moro li stesse radunando.
Billie irruppe nella stanza interrompendo Tré. «Si può sapere che vuoi?» chiese quello, scocciato. Sally guardò l'uomo con aria interrogativa. Pareva scocciato, ma non capiva da che cosa. In fondo, Tré se n'era stato fermo e buono a parlare con lei, senza combinare altri casini. Intuì che la causa del malumore dell'amica era esterna a quell'appartamento, senza riuscire a immaginarsi il problema, però. Quindi si mise ad aspettare che il trentenne parlasse, attenta a non perdersi una parola. «Ha chiamato quel rompipalle di Josh; vuole che rientriamo immediatamente.» annunciò con aria torva. Quindi girò la testa e si grattò il collo con un dito. «A quanto pare, è anche piuttosto incazzato. Come se il nostro lieve ritardo cambiasse qualcosa.» borbottò. Mike lo guardò e si morse il labbro. «Billie, posso parlarti un attimo? Vieni anche tu, Cicciopalla.» disse indicando al salotto. «Ci puoi scusare un attimo?» disse a Sally, mentre trascinava via Tré per un braccio. «Oh, certo, perché no?» disse lei tranquillamente. «Fate con comodo» aggiunse, accennando a un sorriso. Detto ciò, si girò e cominciò a raccogliere la roba sparsa per la sala. «Grazie» rispose il biondo velocemente.

«Che c'è?» chiese Tré, secco. «Che facciamo con lei?» domandò il biondo indicando Sally. «Non possiamo lasciarla qui da sola.» notò Billie. «Però allo stesso tempo, non possiamo portarla con noi. Josh ci ammazzerà. E poi, come lo spieghiamo alle nostre consorti?» concluse, alzando le sopracciglia e spostando lo sguardo dalle scarpe al viso dei due. «Può... Può stare da me...» propose Tré, sussurrando. Billie tacque per un attimo, guardando il viso dell'amico. Stava guardando dietro di se, verso la cucina, e stava cercando Sally con gli occhi. «Non penso ci saranno problemi... Non ho relazioni e vivo da solo. I nostri fan non lo sapranno mai, e poi... Non credo di essere così antipatico...» concluse mormorando e guardando per terra. Gli altri tacquero per un po'. «Vedi, Tré, non è questo... Forse quella ragazza non troverà facile o giusto convivere con un uomo. E poi, le sedicenni hanno bisogno dei loro spazi... Rifletti, hai il doppio dei suoi anni... Potrebbe... potrebbe essere la scelta sbagliata.» disse il moro. «Lo so... So anche che così somiglierò molto a quei politici pieni di pupe giovanissime che potrebbero essere le loro nipoti ma,» fece una pausa «si tratta solo di conviverci. Non ci sposeremo mica.» concluse. Mike e Billie si guardarono negli occhi, dubbiosi. «Andiamo..» tentò di convincerli Tré, intuendo che i due non approvavano molto la sua idea. «Si tratta di poco tempo, finché non sarà di nuovo in grado di vivere da sola... Non possiamo e non dobbiamo abbandonarla! Ha appena perso sua fratello, non ha più nessuno ... A parte noi...» concluse abbassando lo sguardo. "Oddio ora la mette sui sensi di colpa.." pensò Mike. Diede uno sguardo al moro e vide che pensava la stessa cosa. A quanto pare quella era una cosa seria, non un'idea nata nel giro di cinque secondi. Tré ci aveva già riflettuto, e anche tanto, o almeno così pareva ai due. Billie sospirò e alzò spalle e mani, abbandonando la sfida. «D'accordo, Tré, portatela pure dietro.» acconsentì Mike, scuotendo la testa. L'uomo emise un gridolino di gioia, ringraziò e scappò via. I due amici, rimasti soli, si guardarono in faccia silenziosamente. «Secondo me, sbagliamo a dargliele tutte vinte» disse Mike. «Probabile» rispose il moro, mettendosi la mano dietro al collo e cominciando a massaggiarselo. «Ma questa volta sembrava diverso» cominciò. «Come se fosse scattato qualche meccanismo dentro di lui. Mi è sembrato diverso dal solito Tré...» concluse. «Mhm. Hai notato che non ha detto neanche una parolaccia o un insulto?» disse il biondo. «Già... Straordinario» commentò l'altro, dando un'occhiata all'altra stanza. «Chissà, magari questa ragazzina riuscirà a cambiarlo» osservò Mike. L'amico annuì, pensoso. Doveva trovare una balla per Adie, per i vicini e per i fan, dato che la convivenza dei due non sarebbe mai riuscita a rimanere segreta per più di qualche ora. Scosse la testa e sospirò, andando a sedersi sul divano. Ultimamente non gli sembrava di far altro. Sospirare, sedersi e pensare. Quello era diventato il suo piccolo spazietto personale, dove poteva pensare, rilassarsi e stare in pace, al riparo da Tré. «Bravo divano» gli mormorò, dandogli qualche pacca su un cuscino. Poi si posò la mano sul labbro inferiore e cominciò a cercare di elaborare le scuse che gli servivano. Non che la cosa gli venisse difficile. Non era proprio un artista delle balle, ma era portato. Quando era in compagnia di quell'uragano dell'amico doveva sfruttare molto questa sua abilità, visti i casini che quello puntualmente combinava. Per non parlare delle sue idee bislacche, assolutamente impensabili per una creatura normale, ma che per l'ideatore erano più che brillanti. Billie ripensò alle varie volte in cui erano stati presi per pazzi, rincorsi o insultati a causa delle trovate del trentenne. Si lasciò sfuggire una risatina, per poi strofinarsi il naso e ritornare a pensare. Doveva trovare delle scuse sensate ed efficienti, e doveva farlo in fretta. Prima di essere trascinato nella metro, dove pensare era pressapoco impossibile. Si mordicchiò il labbro e strinse gli occhi, cercando di eliminare tutti i rumori della stanza. "Trovato!" pensò scattando in piedi. "Ci cascheranno sicuramente tutti!" concluse, fiero di se e della sua trovata. "Bene, e ora, esponiamo questa geniata agli altri!" si disse. Quindi si scrollò la polvere di dosso e si avvicinò agli altri con aria di importanza. «Allora, il piano è questo...» annunciò.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21. ***


Capitolo 21 (scritto normale) «Venire a vivere con te?!» ripeté scettica la ragazza. «Si tratta solo di una soluzione temporanea» le spiegò Tré. «Finché non ti troviamo una nuova casa.» concluse. «Una nuova casa? E perché mai? Io sto benissimo qui!» ribatté lei, secca. «Sì, non ne dubito, ma credi di poter continuare a permetterti di stare qui dopo il trapasso di tuo fratello? Come pensi di riuscire a pagare l'affitto, le bollette, il cibo e allo stesso tempo andare a scuola?» le chiese l'uomo. «Lascerò la scuola.» rispose lei, seccata. «Non essere sciocca.» le disse irritato il trentenne. «Hai sedici anni. Sei troppo giovane per prendere una decisione del genere, di cui pentirai per tutta la vita peraltro. Dammi retta, vieni con noi.» propose. «...» Sally tacque per qualche secondo, spostando lo sguardo. «E se vengo con voi, che mi cambia?» chiese. «Tanto per cominciare, potrai tranquillamente frequentare un liceo o avere un insegnante privato, come preferisci, poi potrai vivere in un appartamento completamente pagato, dovrai lavorare solo per comprarti i vestiti che ti piacciono e potrai vederci tutti i giorni.» elencò lui, contando sulle dita i privilegi che la sedicenne avrebbe guadagnato. «Non mi sembra così terribile, no?» chiese lui, inarcando un sopracciglio. La ragazza rimase in silenzio qualche secondo, spostando lo sguardo da mobile a mobile. «Io... Vivo qui da quando i miei sono morti...» disse con un filo di voce. Tré abbassò lo sguardo, rendendosi conto di quanto sarebbe stata difficile la scelta per Sally. «Non...non so se sono pronta ad andarmene...» mormorò abbracciandosi i gomiti e mordendosi le labbra. «Ehi..» sussurrò l'uomo, avvicinandosi a lei e posando una mano sulla sua spalla. «Vivere qui equivarrebbe a vivere di ricordi, e così facendo non supererai mai la morte di Holden...» la avvisò con voce dolce. «Lo so, però...» mormorò lei tenendo lo sguardo basso. «Se stiamo facendo di tutto per portarti via da qui, lo facciamo per un buon motivo. Non ti faremmo mai soffrire inutilmente, credimi.» la rassicurò. «Abbiamo tutti passato dei brutti momenti, momenti bui, tristi, in cui l'unica strada per ritrovare la luce era una strada tortuosa e difficile. Ma ce l'abbiamo fatta. Siamo emersi dal buio del dolore. E sai perché? Perché ci siamo fidati l'uno dell'altro.» le disse. «Adesso è il tuo turno. Devi provare a fidarti di noi e tenderci la mano. Possiamo aiutarti, davvero. Ma abbiamo bisogno che tu creda in noi e in te stessa, prima di tutto. Okay?» le domandò dolcemente tendendole la mano. Sally guardò prima il trentenne e poi la sua mano. Poi di nuovo il trentenne. Il suo sguardo era rassicurante e soffice e nei suoi occhi azzurri non c'era la minima traccia di sentimenti negativi. Era davvero sincero con lei. Sally chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Quindi li riaprì e guardò Tré con aria decisa. «Va bene. Mi fiderò di voi.» annunciò posando la sua mano nella mano di Tré. Rispetto a quella dell'uomo, la sua era così piccola e magra, troppo magra. Sembrava che le ossa stessero per strapparle via la pelle candida per emergere trionfanti sotto la luce del sole. Sally ricacciò velocemente indietro la mano, sperando che l'uomo non si fosse accorto del tremore che la scuoteva. L'idea di lasciare il luogo dov'era cresciuta la spaventava in modo non indifferente, tuttavia la possibilità di farsi una nuova vita e di buttarsi allo scoperto l'attirava. Avrebbe ricominciato da capo, dimenticando il dolore e la tristezza che avevano da sempre caratterizzato la sua esistenza. Per una volta sarebbe stata solo Sally, e non 'la ragazzina senza genitori'. Sarebbe stata semplicemente se stessa. E la cosa la riempiva di gioia.
«Bene ragazzina, ora fila a fare i bagagli!» ordinò Tré con autorità, indicandole la sua stanza. «Partenza tra venti minuti!», sentì la ragazza mentre correva verso la camera da letto, piena di euforia e ansia. Poche decine di minuti e avrebbe cominciato un nuovo percorso. Un nuovo capitolo della sua vita, che avrebbe vissuto con ogni piccola parte di se. Ormai era la nuova Sally. Sarebbe sicuramente andata alla grande anche al di fuori di quel piccolo quartiere che l'aveva accolta quando era ancora molto piccola. Sarebbe andata avanti anche se gli ostacoli si fossero fatti insormontabili. L'avrebbe fatto per Holden. ''Il giorno in cui non piangerò più pensando a te, allora potremo dire che sono cresciuta sul serio. Fino a quel momento, io rimarrò la tua piccola Sally, fratello mio. Ti prometto che supererò anche questa salita. Ci riuscirò, vedrai. Così potrai finalmente essere fiero di me.'' pensò, guardando il cielo. «Questa volta faccio sul serio. Te lo dimostrerò. Lo dimostrerò a tutti quanti.» disse, decisa. Avrebbe riempito suo fratello di orgoglio e dimostrato a tutti quanti di non essere solo una ragazzina isterica che non sa far altro che piangersi addosso. Quella era l'occasione perfetta per far vedere che non scherzava, ma che era davvero convinta di poter mantenere la promessa fatta al defunto fratello. ''Ce la farò'' si disse, chiudendo la sacca e lanciandosela sulle spalle. ''State certi che ce la farò.''

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Capitolo 22
*** Capitolo 22. ***


Capitolo 22 (scritto normale) «Mi sembra una buona idea.» commentò Mike. «Potrebbe funzionare.» disse Tré. «Deve funzionare.» sottolineò Billie. «Tu che ne pensi?» chiese a Sally. «Mh? Sì, è okay, credo.» mormorò lei facendo le spallucce. «Grandioso. Dato che siamo tutti d'accordo, non vedo problemi.» concluse il moro. «Tu,» cominciò, riferendosi a Sally. «tutto pronto?» «Sì.» rispose lei. «Sicura?» «Affermativo.» «Bene. Forza, tutti fuori.» ordinò. Mike aprì la porta, cominciando a scendere le scale. Tré si fiondò fuori correndo come un pazzo, seguito da Billie. Sally si fermò sulla soglia della porta, girandosi a dare un'ultima occhiata al posto dov'era cresciuta. Gli occhi le diventarono lucidi, mentre i ricordi sfilavano davanti a lei. Momenti belli, brutti, tristi e felici. In ogni angolo vedeva un pezzo della sua vita, che ora stava abbandonando senza quasi avere esitazioni. Un'immagine di lei da piccola, quando aveva circa sette anni, le passò davanti agli occhi. Stava giocando nell'angoletto della cucina, e aveva iniziato a piangere. Holden era arrivato subito e la stava consolando. In un instante il ricordo svanì, dissolto in una nuvola di polvere. Sally si mise una mano sulla bocca, ritraendo l'altra, che si era avvicinata al luogo dove il flash-back si svolgeva. Si morse il labbro e batté numerose volte gli occhi. «Ce la fai?» le sussurrò Billie dolcemente. La ragazza sobbalzò, girò la testa e annuì. Il moro le sorrise malinconico e le mise una mano sulla spalla, accompagnandola lungo le scale. A circa metà della prima rampa, Sally girò la testa per vedere un'ultima volta l'uscio della sua vecchia casa. Per un attimo ebbe l'impressione che una se stessa di tanti anni fa e il suo fratellone la stessero salutando. Ma in un battito d'occhi tutto era svanito. ''Era solo un'allucinazione...'' si disse la ragazza, senza riuscire ad allontanare il sentimento d'inquietudine e tristezza che le si era infiltrato nel cuore. Quel posto significava troppo per lei, e lasciarlo era stata senza dubbio una pugnalata alla schiena. Sally si strinse nella giacchetta leggera che indossava, tremando. ''Ancora una volta avrei dovuto ascoltare Holden..'' pensò sorridendo. ''Sono proprio una testa dura''. Diede un'altra occhiata sfuggente all'edificio che si stavano lasciando alle spalle. Chissà se l'avrebbe mai rivisto. Ne dubitava fortemente. «Aspettate un attimo!» gridò, correndo indietro. «Ma che cosa...?» mormorò Tré, stupito. ''Non posso andarmene, non posso!'' gridò Sally nella sua mente, stringendo gli occhi per bloccare le lacrime. ''Non così. Non in questo modo''. La ragazza corse alla ceca, cercando di trattenere i singhiozzi. Riaprì gli occhi e si ritrovò faccia a faccia con il maestoso portone. Quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe visto. Passò la mano sul legno scuro, ormai danneggiato dai lunghi anni di esposizione al vento e alla pioggia. Era ruvido, ma piacevole da toccare. Solleticava il palmo della ragazza, che si ritrovò a desiderare di essersene accorta prima, quando ancora poteva sfiorarlo tutti i giorni. Si spostò leggermente più a destra, vicino al muro. Il colore si stava staccando, e la facciata stava lentamente cadendo a pezzi. Nonostante questo, faceva ancora un certo effetto. I balconcini neri erano pieni di fiori e piante, che rendevano l'ambiente più amichevole. La prima volta che si era ritrovata lì sotto, Sally era rimasta a guardare il muro per ore, come rapita dalle sfumature dei colori e dalle crepe che lo percorrevano. Sembrava così fragile, mentre invece era capace di sostenere su di se la vita di decine di famiglie. Non importava se erano famiglie vere o disastrate, come la sua. Il palazzo dava rifugio a chiunque avesse bisogno di un tetto e di una casetta accogliente, magari senza pagare cifre esorbitanti. Gli inquilini erano tutti gentili tra loro, e non esitavano mai a sistemare l'edificio, quando ce n'era bisogno. Ma questo prima che la vita si riprendesse pian piano tutto quello che aveva dato. Prima la signora Gertie aveva perso suo marito, poi il gatto dei coniugi Smith era stato investito, successivamente al ricovero del signor Thompson. Lentamente tutti se n'erano andati, e il palazzo era rimasto abbandonato. Ai nuovi inquilini non interessava la sua manutenzione, tantomeno volevano sborsare soldi per risistemare qualche cosa. Sally aveva sempre desiderato rimettere a nuovo quel posto, per poi poter rinfacciare a tutti il loro egoismo, ma semplicemente non poteva. I pochi soldi che arrivavano servivano per mantenere i due e per pagare tutte le bollette e la spesa dell'affitto. Ciò che rimaneva era pressapoco niente. Eppure, ora come ora, Sally se ne pentiva amaramente. Avrebbe voluto lasciare un segno del suo passaggio, della sua esistenza, in quel palazzo malandato. Ma non ne avrebbe mai più avuto occasione. Posò la testa sul muro, mentre le lacrime scendevano copiose. Carezzò la superficie ruvida con il palmo della mano, il più delicatamente possibile, come se quella parete fosse fatta di sabbia e petali di fiori. Aveva un buon odore. La prima volta che l'aveva annusata aveva nove anni, era appena caduta dai pattini e si era appoggiata lì per riuscire a stare in piedi. Non riuscendo a stare in equilibrio da sola, si era arresa e si era messa a contare le crepe nel muro. Fu allora che le venne in mente di annusare il muro. Suo fratello l'aveva presa in giro per un bel po', ma alla ragazzina non dispiaceva. Holden non avrebbe mai capito quello che aveva sentito. Era un odore un po' stantio, ma era buono lo stesso. Aveva un odore tutto suo, difficile da trovare altrove. Sally guardò la base dell'edificio, dove la parete si incontrava sul marciapiede. Le sarebbe mancato, quel posto. Oh, se le sarebbe mancato. La sedicenne cominciò a grattare la parete, cercando di staccarne un pezzo. Non se ne sarebbe andata senza un pezzetto della sua casa. Non ce l'avrebbe fatta. «Avanti... Staccati... Dai...» mormorò, mentre due lacrime le solcavano lentamente il volto. «Ti prego... Non posso andarmene senza di te...» sussurrò. Le unghie le facevano male e se le stava rovinando tutte, ma non le importava. L'unica cosa importante era avere qualcosa che le ricordasse la sua casa. Qualunque cosa. Finalmente un pezzo si staccò, riempiendo i vestiti della ragazza di intonaco. «Sì..» esultò sottovoce. Lo guardò per un po', prima di metterlo nella sacca, al sicuro. Ora era pronta a partire. Diede il saluto estremo all'edificio e si avviò verso i tre amici. Aveva smesso di piangere, ma gli occhi erano ancora rossi e c'erano due righe rossastre sulle guance. Tuttavia i tre tacquero e si limitarono a accogliere Sally tra loro e accompagnarla al taxi che avevano chiamato nel frattempo. Billie entrò per primo, sedendosi davanti. Poi Tré fece cenno alla ragazza di prendere posto vicino al finestrino sinistro. Lei entrò e si accomodò sul sedile, poggiando il gomito sul finestrino e guardando fuori. Tré si sedette accanto a lei, mettendole una mano sul braccio. Sally si girò a guardarlo, con gli occhi nuovamente lucidi. L'uomo le sorrise, cercando di sembrare calmo e rilassato. La ragazza abbassò lo sguardo, per poi ricominciare a guardare la via. La sua via. Si prese la parte alta del naso tra due dita, cercando di trattenere le lacrime. Mike la guardò dispiaciuto, mentre il taxi partiva sgommando. Sally appiattì la faccia contro il vetro, per imprimere ogni minima parte di quel paesaggio familiare nella sua mente. Sentiva un grande vuoto dentro al cuore, ma non voleva piangere. Adesso era la nuova Sally. Doveva dimostrare a tutti di essere forte e coraggiosa, o almeno così sperava di apparire. La verità è che la ragazza sembrava una bambolina di porcellana, bella, senza dubbio, ma sempre pronta a cadere a pezzi con un soffio. Gli occhi e le guance rosse la facevano sembrare una bambolina diversa, una di quelle che la gente non compra perché non è perfetta. Lei si sentiva così. Imperfetta. Il suo corpo, la sua mente, il suo modo di fare erano sempre stati diversi da quelli delle altre bambine, e lei si era convinta di essere diversa. Guardò la sua mano. Non aveva ancora smesso di tremare. Anzi. La cosa positiva era che il freddo l'aveva fatta diventare un po' più rossa, dandole un colorito meno pallido e più normale. Sally cercò di sorridere. Quello di avere la carnagione così candida era un pregio che a volte odiava e a volte amava. Sicuramente, non sarebbe riuscita a immaginarsi senza. Per anni, ogni estate aveva cercato di abbronzarsi, ma niente. Ogni volta che tornava in classe, vedeva tutti scuri, dorati, mentre lei rimaneva bianca come il latte. All'epoca la cosa la faceva impazzire, ma ora non ci faceva più caso. Aveva problemi più grossi a cui badare. E per risolverli, era arrivata al punto di scappare e abbandonare tutto. Improvvisamente, si sentì meno sicura di prima. E se qualcosa fosse andato storto? E se scegliere di convivere con quell'uomo fosse stato solo un grande sbaglio? I dubbi cominciarono ad assalirla, man mano che la vettura macinava strada. La paura la faceva cambiare completamente. Cercò di scacciare via quei pensieri. Tré era un'ottima persona, e si era dimostrato molto carino e disponibile. Sapeva di poter contare su di lui. Chiuse gli occhi e cercò di controllare il proprio respiro, che si era fatto sempre più veloce. ''Calmati, Sally. Calmati'' si disse, massaggiandosi le tempie. ''Qui tutti vogliono solo il tuo bene, lo sai, nessuno vuole farti del male.'' pensò, cercando di tranquillizzarsi. ''Tanto, che hai da perdere? Hai perso tutto. Puoi anche buttarti in prima linea e sperimentare tutto in prima persona.''. Si appoggiò allo schienale del sedile e riaprì gli occhi. Aveva riacquistato la calma e aveva il pieno controllo di se, cosa che le faceva molto comodo al momento. Guardò Tré. L'uomo dormiva placidamente, e sembrava così sereno... Sally sorrise e appoggiò la testa sulla sua spalla. Forse per riflesso o forse perché si era svegliato, il trentenne posò la sua mano sopra quella della ragazza. Lei continuò a sorridere e a tenere gli occhi chiusi, mentre il calore del corpo e della mano di Tré la riscaldavano dolcemente. Improvvisamente ogni dubbio che aveva mai avuto su quell'uomo sparì. Si fidava completamente di quel trentenne e sentiva dentro di se che non l'avrebbe mai fatta soffrire. Posò delicatamente la mano sul petto dell'uomo e rimase in silenzio, lasciandosi cullare dal respiro di lui. Poi, lentamente, scivolò in un sonno leggero e felice. Quel tipo di sogno che non faceva da molto, troppo tempo.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23. ***


Quando Sally si svegliò erano ormai quasi arrivati. «Dove siamo?» mormorò, con la bocca impastata dal sonno. «Al centro di New York. Siamo quasi arrivati. Puoi dormire ancora cinque minuti, se t'interessa.» le disse Mike. Sally scosse la testa, girandosi verso il finestrino. Quanto tempo aveva dormito? A giudicare dal colore del cielo, forse qualche ora. Eppure, la ragazza non riusciva a ricordare che esattamente la sfumatura di azzurro di quando erano partiti. ''Oh, chissenefrega'' pensò. Si girò a guardare Tré. Stava ancora sonnecchiando, ma aveva un sonno così leggero che potevi svegliarlo semplicemente sussurrandogli qualcosa. Sally girò la testa diagonalmente. Il trentenne sembrava così inerme e carino mentre dormiva. Guardandolo, non avresti mai potuto immaginare che da sveglio fosse un tale casinaro. Sembrava proprio un bambino per bene, o almeno questa fu l'impressione della ragazza. Nonostante i trent'anni ampiamente compiuti, l'uomo aveva un viso da ragazzino, morbido e chiaro. Sally gli sfiorò delicatamente la guancia con la mano, senza neanche pensarci. Lui si svegliò e si guardò intorno, non capendo dove si trovasse. In una manciata di secondi tutte le idee gli si schiarirono e si girò verso la ragazza. «Ehilà, come va?» le chiese, ancora mezzo addormentato. «Bene» rispose lei sorridendo. A quanto pareva, non si era accorto della carezza che gli aveva fatto. Meglio così. Almeno non avrebbe chiesto spiegazioni. Già, ma che spiegazioni c'erano? Non sapeva neanche lei perché l'avesse fatto. Sapeva solo che qualcosa dentro di lei si era mosso da solo, senza che lei se ne accorgesse. Era come se il suo cuore avesse ordinato alla sua mano di sfiorare quella pelle candida. ''Fantastico, mi faccio comandare dalle mie parti del corpo'' pensò Sally, scocciata. ''Non riesco più neanche a controllarmi. Come diavolo potrò controllare la mia vita, se non so neanche cosa mi succede?''. «C'è qualche problema?» le chiese l'uomo, preoccupato. «No, sta' tranquillo.» lo rassicurò lei con un sorriso. «Sto benissimo.». Il trentenne la guardò incerto, intuendo che c'era qualcosa che non andava. Sally sembrava malinconica, triste. Come se fosse successo qualcosa di cui non si spiegava assolutamente il perché. E chissà perché, anche lui sentiva che qualcosa di strano era successo, solo che non si ricordava cosa. La sedicenne, nel frattempo, si era staccata da Tré, tornando ad occupare il suo solito posto. Il trentenne le mise una mano sul braccio. «Se c'è qualcosa che ti turba, sentiti libera di dirmelo» le disse. La ragazza lo guardò con occhi persi, poi scosse la testa e sorrise. «Ma certo! Contaci!» gli rispose allegramente. Tré annuì, dubbioso. Aveva qualche dubbio al riguardo. Era praticamente sicuro che la ragazza non gli avrebbe mai confidato niente. ''D'altronde è così, si sa, le ragazze non confidano i loro pensieri ai maschi'' pensò. ''Specialmente se li hanno conosciuti meno di ventiquattr'ore prima.'' concluse. Sally riprese a godersi il paesaggio, mentre il taxi procedeva veloce. Il silenzio era piacevole, dopo tutto quel casino, e i quattro se lo goderono tranquilli. Da davanti, Billie si assaporava ogni minimo raggio di sole che spuntava, quando decideva di squarciare una nuvola per donare luce e calore ai comuni mortali. Si spaparanzò placido sul suo sedile, rilassandosi. La vecchia radio non funzionava, ma ogni tanto spediva un messaggio, come per testimoniare la sua presenza. «Siamo arrivati.» annunciò l'autista, fermando lentamente l'auto. «Sono 50 dollari.» disse, tendendo la mano. Billie gli allungò una banconota e scese della vettura, andando ad aprire lo sportello a Sally. «Grazie» disse lei con un sorriso. «Di niente.». Sally saltò fuori dall'auto, atterrando sul marciapiede con un tonfo leggero. Alzò gli occhi verso il palazzo che le stava di fronte, mentre gli altri scendevano dal taxi. «Uao» sussurrò sgranando gli occhi. Dopo una manciata di secondi, Tré esordi con un: «Avanti, tutti su!», spingendoli verso la porta. «La nostra stanza non aspetta che noi!»

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