Brida Cousland

di Brida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno spiacevole risveglio ***
Capitolo 2: *** Il ballo ***
Capitolo 3: *** Ricordi: il suo arrivo ***
Capitolo 4: *** Fuga all'Enclave ***
Capitolo 5: *** Ricordi: allenamento ***
Capitolo 6: *** Ricordi: una lezione di storia ***
Capitolo 7: *** Libertà ***
Capitolo 8: *** Sola e incompresa ***
Capitolo 9: *** Ricordi: un ciondolo d'oro ***
Capitolo 10: *** La taverna ***
Capitolo 11: *** Ricordi: una passeggiata autunnale ***
Capitolo 12: *** Le Colline delle Aquile ***
Capitolo 13: *** Ricordi: il nuovo scudiero ***
Capitolo 14: *** Pioggia, zuppa e risate ***
Capitolo 15: *** Ricordi: inutili preghiere notturne ***
Capitolo 16: *** "Meditazioni e Odi alle api" ***
Capitolo 17: *** Ricordi: il duello ***
Capitolo 18: *** Canzoni, birra e bugie ***
Capitolo 19: *** Ricordi: il rifugio segreto ***
Capitolo 20: *** Scoperte e spiegazioni ***
Capitolo 21: *** Ricordi: addio ***
Capitolo 22: *** Veritas filia temporis ***
Capitolo 23: *** Ricordi: prigionia ***
Capitolo 24: *** Sorpresa ***
Capitolo 25: *** Ricordi: un'ospite speciale ***
Capitolo 26: *** Il banchetto ***
Capitolo 27: *** Ricordi: il matrimonio ***
Capitolo 28: *** L'Anziano ***
Capitolo 29: *** Momenti: fuoco ***
Capitolo 30: *** Rabbia e lacrime ***
Capitolo 31: *** Momenti: risveglio ***
Capitolo 32: *** Amicizia e amore ***
Capitolo 33: *** Momenti: Lothering ***
Capitolo 34: *** Nuove notizie ***
Capitolo 35: *** Momenti: incubi ***
Capitolo 36: *** Utili abilità ***
Capitolo 37: *** Momenti: legami e identità ***
Capitolo 38: *** Incomprensioni ***
Capitolo 39: *** Momenti: vittoria...? ***
Capitolo 40: *** Proteste ***
Capitolo 41: *** Momenti: difficili scelte ***
Capitolo 42: *** Nemici e alleati ***
Capitolo 43: *** Momenti: Zevran ***
Capitolo 44: *** Dov'eravamo rimasti? ***
Capitolo 45: *** Una baracca ***
Capitolo 46: *** Momenti: Illusioni ***
Capitolo 47: *** Ritorno ***
Capitolo 48: *** Momenti: Melodie del cuore ***
Capitolo 49: *** Storie del passato ***
Capitolo 50: *** Momenti: Ingannatori e Assassini ***
Capitolo 51: *** Giudizio finale ***
Capitolo 52: *** Momenti: Sangue, Follia e Perdono ***
Capitolo 53: *** La felicità, una rosa ***
Capitolo 54: *** Momenti: Tradimento ***
Capitolo 55: *** Cambio di direzione ***
Capitolo 56: *** Momenti: Andare Avanti ***



Capitolo 1
*** Uno spiacevole risveglio ***


Non fu la luce del sole a svegliarmi come le altre mattine ma la voce isterica di mia madre, Eleanor Cousland. "Brida cosa ci fai ancora a letto?? e dov'è finita Nan??"
Aprii un occhio poco volentieri.
"Madre.. lasciatemi dormire ancora un poco" dissi rigirandomi dall'altra parte.
"Non se ne parla" mi rispose togliendomi le coperte di dosso vedendo che non c'era nessuna serva a darle una mano.
Mi raggomitolai per il freddo.
"Mamma.." mi lamentai.
Nan giunse finalmente nella camera accompagnata dal mio fedele Lucky, fortunato per essere stato salvato dalle grinfie dell'arlessa Eveline che l'avrebbe sicuramente riempito di profumo e fiocchetti dato il suo cattivo gusto.
Accarezzai il mio mabari. "Signorina lo sapete oggi cosa deve succedere?" mi riprese Nan accompagnata da uno sguardo accusatore di mia madre. Scossi la testa un po' preoccupata. Mia madre alzò gli occhi al cielo.
"Ma come no?? Oggi ci sarà un grandissimo ballo.. in tuo onore! Vi parteciperanno le famiglie più influenti di tutto il Ferelden. E ci saranno molti giovani, anche Thomas"

Sbuffai al pensiero.

"Dov'è la giovane impertinente??" la venerata madre entrò nella camera senza nemmeno bussare.
"Ancora a letto!" disse mettendosi le mani tra i capelli.
"A sedici anni, signorina, bisogna essere delle lady. Non si possono prendere eventi di questo tipo sottogamba" ricominciò con una delle sue solite prediche.
"la venerata madre ha ragione" le diede man forte mia madre "questo ballo è fondamentale per il tuo futuro. Potrebbe, finalmente, farsi vivo qualche pretendente. Sai benissimo che l'alternativa è consacrare completamente la tua vita alla chiesa. Alternativa che da qualche mese sto prendendo in considerazione insieme alla madre venerata" disse rivolgendo lo sguardo verso l'odiosa donna accanto a lei. Era molto giovane per essere già una venerata madre ma altrettanto crudele. Quanto mi mancava la vecchia Maria, che per molti anni era stata madre della cappella dei Cousland.
"ok, ok.. adesso mi vesto" dissi alzandomi in piedi. "Ti voglio pronta entro 5 minuti" finì mia madre ritirandosi con la venerata madre.

Sospirai infelice: sarebbe stata una lunga giornata.

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Capitolo 2
*** Il ballo ***


Entrai nella sala indossando uno dei vestiti più eleganti che avevo mai visto in tutta la mia vita. Era sul rosa pallido, con una scollatura ampia e numerosi pizzi bianchi accompagnati da delle rose rosse cucite sopra che lo rendevano di sicuro il più particolare tra tutti i vestiti indossati dalle dame che avevo intorno. Notai infatti che tutti gli sguardi improvissamente si erano catalizzati su di me e cercai di defilarmi. Non avevo mai amato certi eventi mondani, i balli. No. Non amavo in generale il contatto con i vari Arle e Bann e con i loro figli ancor meno. Così ipocriti e altezzosi. Mi chiedevo come anch'io potessi realmente far parte della loro cerchia.

Scomoda e visibilmente annoiata fin da subito venni raggiunta da mio padre, Bryce Cousland, che sorrideva raggiante. Lo guardai con un aspetto abbastanza sofferente mentre mia madre mi si mise al fianco.

"Eccoci arrivate finalmente, caro" si rivolse a mio padre.

"Siete davvero entrambe fantastiche. Anche se preferirei vedere un bel sorriso sul viso del mio bocciolo " disse in tono tenero.

Cercai di sorridere. "E' che non amo questo genere di feste" dissi cercando di spiegare il mio stato d'animo

"Vedrai che ti divertirai.. ci sono un sacco di bei giovani e tanta musica" riprese lui cercando di convincermi.

Alzai le spalle mentre mia madre riprendeva a parlare "Guarda c'è anche il figlio di quel tuo vecchio amico.. il nobile.."

Mi allontanai lentamente evitando di ascoltare i lunghi elogi di mia madre nei confronti di tutti gli ospiti nella sala, soprattutto dei potenziali mariti e mi avvicinai invece a mio fratello, Fergus, che era rimasto in disparte con Oriana, sua moglie solo da qualche mese. Era stato un momento felice quello del suo matrimonio che aveva attirato l'attenzione di mio padre, di mia madre e di tutta la corte lasciandomi un po' più di lbertà del solito.

"Eccola qua la mia ribelle sorellina" mi salutò lui.

"Siete davvero un incanto con questo vestito." disse con voce sottile sua moglie.

Sorrisi "Grazie mille Oriana, anche se sinceramente è il vestito più scomodo che io abbia mai indossato e le scarpe poi.. "

"Dovete considerarvi fortunata. Ad Antiva le bambine devono portare i tacchi fin dall'età di 8 anni. Una vera tortura.." mi rispose lei.

"E gli uomini, poveretti, devono abituarsi a donne 10 centimetri più alte di loro" commentò Fergus ironico suscitando le mie risa e quelle della mia cognata.

Li ossevai attentemente: erano davvero una bella coppia, lei così raffinata e curata con un aspetto diverso dalle altre lady del Fereldend, un aspetto esotico che probabilmente aveva affascinato mio fratello fin dal primo momento in cui si erano incontrati.

E lui invece allegro, divertente (anche se non sempre) con un aspetto un po' trasandato che d'altra parte anch'io condividevo.

Erano esattamente complementari e invidiavo moltissimo l'intesa che si era creata tra loro solo dopo così poco tempo.

"Prendo qualcosa da bere" dissi allontanandomi di qualche passo "godetevi questa 'fantastica' festa" aggiunsi sarcastica.

"Contaci" mi rispose mio fratello alzando il suo bicchiere: probabilmente non sarebbe arrivato sobrio per la fine della giornata.

Mi avvicinai ad un lungo tavolo dove erano stati disposti un numero esagerato di bicchieri pieni di almeno 10 tipi di bevande diverse.

Ne presi uno tra le mani notando quanto il caos fosse improvvisamente aumentato nella sala: un enorme gruppi di camerieri, elfi e umani, portavano nella sala la montagna di cibo che oggi i Cousland avrebbero offerto ai loro ospiti.

"Volete un pasticcino?" mi chiese gentilmente un giovane elfo con voce premurosa.

Scossi il capo preoccupata e concentrata su un ragazzo che si stava avvicinando seguito da altri compagni.

'Oh no' pensai mentre quello si inchinava leggermente.

"Siete davvero uno splendore, Brida, non ho mai visto dama più elegante di voi" cominciò lui con il classico tono di voce di chi si aspetta di ricevere lo stesso complimento.

"Grazie" risposi invece io indifferente sperando inutilmente che lui si arrendese e mi lasciasse perdere.

"Sono sicuro che avrete già sentito parlare di me." continuò sicuro di sè "Sono il figlio primogenito del bann di Lago Bianco. Martin." mi guardò come se si aspettasse che io lo riconoscessi.

Invece lo guardai con aria interrogativa scuotendo la testa.

Rise imbarazzato "beh.. direi che posso facilmente rimediare alla vostra mancanza di informazioni riguardo a me. Anche se ci vorrà evidentemente un po' di tempo, sapete, sono molte le imprese che ho compiuto."

'Sì certo. Solo se recuperare un gattino da un albero si può contare come impresa.' pensai cercando intorno un qualcosa, un qualcuno che mi avrebbe potuto tirare fuori da quella terribile situazione.

E lo trovai.

"Thomas!" urlai richiamando l'attenzione del giovane che mi avrebbe salvata.

"Balliamo?" gli chiesi interrompendo il lunghissimo e noiosissimo discorso del giovane davanti a me.

"Non stavate parlando?" chiese lui educatamente.

"In effetti.." cercò di fermarlo Martin con evidente stizza ma troppo tardi: avevo già preso tra le mie braccia il timido Thomas.

"Grazie" dissi quando ci fummo allontanati da Martin vattelàpesca.

"Di cosa?" chiese lui sorpreso.

"Mi hai salvato da quello stupido ragazzo. Aveva intenzione di raccontarmi tutta la sua vita a partire dai primi passi. Chissà quante nobili azioni avrà già compito nei sui 18 anni di vita passati in un pericolosissimo calstello, circondato da guardie pronte a proteggerlo."

gli risposi facendolo ridere.

Thomas era Thomas.

Era quel classico ragazzo gentile ed educato, sempre attento a tutto, ma incapace di farti vibrare il cuore, di darti delle vere emozioni.

Ok, era simpatico e rideva alle mie battute non stupendosi, come facevano altri nobili, della mia schiettezza, ma questo non lo rendeva di certo il ragazzo dei miei sogni.

Grazie alla profonda amicizia tra mio padre e il suo, l'arle Howe, eravamo più o meno cresciuti insieme e tra noi era nata una profonda amicizia, ma nulla di più, perlomeno da parte mia.

Come potevo innamorarmi di un ragazzo che consideravo al pari di un fratello?

I suoi occhi chiari si spostarono su di me.

Non li amavo più di tanto, erano vacui, vuoti, come quelli di suo padre, un'orribile persona che non capivo come potesse essere amico di mio padre.

Per il resto però era sicuramente un ragazzo gradevole alla vista, forse leggermente magro.

Probabilmente, tuttavia, se avessi dovuto scegliere tra tutti i nobili presenti come futuro marito avrei scelto lui. Ma era ancora presto per dirlo e non sapevo quanto davvero contasse la mia opinione a riguardo.I progetti di mia madre erano molto ambiziosi e puntavano ad avere come suo genero il figlio di uno dei più potenti e ricchi Arle.

In fin dei conti ero, purtroppo, un partito abbastanza appetibile.

Mio padre invece avrebbe approvato sicuramente anche il matrimonio tra me e Thomas in nome della sua amicizia con Howe.

Ma in quel momento non era così importante.

"Sei davvero carina" mi sussurrò un po' imbarazzato.
Sorrisi: certamente il suo complimento era molto più sentito e vero di quello del ragazzo precedente oltre che spontaneo: era quello il lato del suo carattere che più mi piaceva.

Mi accorsi che ballando mi ero stancata molto.

"Forse è meglio che ci fermiamo" dissi mentre i musicisti si erano fermati anche loro per una piccola pausa.

"Certo" accettò lui con un sorriso.

Ci spostammo a lato della sala e prima ancora che potessi dirgli qualcosa ci raggiunsero i nostri genitori.

"Brida" cominciò facendomi un piccolo inchino l'arle Howe.

La sua voce era sgraziata e arrogante e non potevo non sopportarla.

"Arle Howe" risposi certamente non nel migliore nei modi.

"Vedo che vostra madre e vostro padre hanno organizzato una festa in grande stile. Non hai dimenticato nemmeno uno dei più importanti lord del Ferelden, Bryce" disse rivolgendosi a

mio padre alle mie spalle.

"Merito di Eleanor stavolta. Ha organizzato lei gli inviti con grande accuratezza. Io non amo fare queste cose."

"Vedo anche nobili Orlesiani. A quanto pare chi un tempo combattevamo ora mangia le nostre pietanze e partecipa ai nostri balli" aggiunse Howe abbastanza risentito.

"Dobbiamo dimenticare i vecchi rancori, Arle Howe, e cercare di riappacificarci con i nostri ex nemici. Solo così potremo evitare che si scatenino altre guerre tra noi e gli Orlesiani" dissi io in evidente tono di sfida.

I miei occhi verdi e i suoi azzurri si stavano fronteggiando apertamente quando mio padre con una risata sciolse la tensione creatasi tra noi.

"Non avevo mai saputo di avere una figlia così saggia. " aggiunse ironico "pare proprio che il Creatore abbia compiuto un miracolo quest'oggi"

Anche l'Arle, accompagnato da mia madre, rise evidentemente compiaciuto dal fatto che mio padre mi avesse messa in ridicolo.

Solo Thomas mi guardò scusandosi con lo sguardo per il comportamento maleducato di suo padre.

Gli sorrisi per fargli capire che non gli avevo dato importanza ma il mio sorriso, presto, si spense.

"Spero che tu ti dimostri saggia anche con questi ragazzi" disse mia madre notando che un gruppetto di giovani con i loro famigliari si stavano avvicinando.

"Dovrai ballare anche con loro, mia cara"

"Con tutti loro?" chiesi stupita.

"Certo! Si tratta di buona educazione. Sono tuoi ospiti e dovrai intrattenerli tu stessa"

Stavolta nemmeno Thomas mi avrebbe potuta salvare.

E così feci l'azione più insensata e pazza che avrei potuto fare.

Non rimpiango di averla fatta, anzi, forse se non mi fossi comportata in questo modo non sarei potuta diventare chi oggi sono.

D'altronde non sopportavo davvero l'idea di dover, come diceva mia madre, "intrattenere gli ospiti".

Così mentre la musica riprendeva e questo gruppo di giovani si faceva più vicino, il premuroso elfo che prima mi aveva offerto dei pasticcini tornò alla carica ma stavolta scivolò prima di poter effettuare la sua gentile richiesta.

"Sc - Scusate signorina sono mortificato" mi disse imbarazzatissimo mentre tentava di raccogliere i dolcetti che erano finiti sulle mie scarpe.

Sorrisi mentre una malsana idea mi era venuta in mente.

Mi accovacciai a terra strappando letteralmente la sua mano dai pasticcini, mentre lui mi guardava stupito e sconvolto.

"Seguimi" gli sussurai sottovoce mentre entrambi venivamo accerchiati da un sacco di gente che, anch'essa, si chiedeva cosa stesse succedendo.

Presi la sua mano e violentemente corsi fuori dalla sala lasciando tutti di stucco mentre superavamo la folla verso le porte che portavano all'esterno.

L'elfo dietro di me cercò di liberarsi dalla mia presa senza riuscirci e infine fu costretto a seguirmi.

Uscii dalla sala mentre la sua voce mi rimbombava nella testa.

"Vi prego lasciatemi!! Milady io sto lavorando, lasciatemi andare!!"

Ma non m'importava nè di lui nè dei miei genitori nè, tantomeno, degli ospiti che scioccati avevano seguito la scena.

Non m'importava niente di quella stupida festa: volevo solo andarmene.




^_^ allora.. chiedo scusa se magari ci sono degli errori o che ma ho scritto davvero di fretta. Per il resto questo è una sorta di capitolo di presentazione in cui si conoscono i principali personaggi della vita della mia Brida: il fratello con la moglie, la madre, il padre e Thomas con suo padre, l'arle Howe. Non sono gli unici personaggi di questa storia, anzi, sono sicura che i prossimi, tra cui lo stesso elfo, inventati da me, vi piaceranno un sacco ^_^ spero che la lettura non vi sia risultata noiosa. Il prossimo capitolo non so se riprenderà da qui o se invece presenterà un flashback dell'infanzia di Brida. Aspetto consigli a riguardo :)

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Capitolo 3
*** Ricordi: il suo arrivo ***


Il mio respiro irregolare riempiva le mie orecchie mentre cercavo di rilassarmi.

Dovevo cercare di essere più silenziosa. Molto più silenziosa.

Chiusi gli occhi un attimo per cercare di concentrarmi unicamente sui suoni che provenivano da fuori.

Il respiro rallentò e mi parve tutto più chiaro.

Riuscii a sentire i suoi passi mentre si allontanava, il suo respiro si fece distante e la sua presenza si affievolì, lo sentivo.

Era il momento giusto.

Aprii di scatto l'anta dell'armadio e mi precipitai nell'altra stanza così veloce che lui non fece in tempo a vedermi.

"Libera!" urlai.

"No, non è possibile!" si arrabbiò lui, Fergus, imbronciando il suo volto.

Scoppiai a ridere divertita dalla sua espressione.

"A nascondino sono imbattibile" mi vantai.

"Vediamo come te la cavi con la lotta invece" mi caricò lui cercando di colpirmi.

Lo schivai facendolo cadere "Mira sbagliata fratellone" lo presi in giro facendolgli la linguaccia.

"Ahia" disse massaggiandosi la testa dove aveva preso un bel colpo cadendo.

Risi nuovamente.

"Ehi che succede?" disse entrando nella stanza la vecchia venerata madre.

"Salve venerata madre!" la salutai sorridendo mentre mio fratello si alzava da terra.

"Salve bambini miei" ci salutò lei dandoci due buffetti sulle guance.

Era sempre così gentile con noi, premurosa e buona che oramai la consideravamo alla stregua di una nonna, data la sua avanzata età.

Accanto a lei apparvero mio padre accompagnato da un altro uomo.

"Ah.. eccoli qua i suoi figli" commentò l'uomo rivolgendoci un sorriso: era un uomo sulla cinquantina con pochi capelli in testa, probabilmente un uomo di chiesa.

Io e Fergus lo guardammo interrogativamente.

"Quanti anni hanno?" chiese poi rivolto a mio padre.

" 9 anni Fergus" rispose mio padre.

"e 6 la piccola Brida" finì la venerata madre.

Ma chi era quello?

"E' davvero ancora molto piccola" commentò l'uomo.

Mio fratello prese la parola facendosi avanti "E voi chi siete invece?"

Gli occhi scuri e penetranti dell'uomo guardarono dentro quelli di mio fratello verdi brillanti.

Quell'uomo aveva qualcosa di misterioso, qualcosa di tremendamente pericoloso ed entrambi, io e mio fratello, eravamo sulla difensiva impauriti da questo suo aspetto altero e dal suo fisico stranamente imponente per un religioso.

"Non importa chi io sia. Sappiate però, ragazzi miei, che chiunque voi sarete, lo sarete grazie a me"

La luce che entrava dalla finestra faceva risplendere il suo volto rugato e coperto da numerose cicatrici

Chi era quell'uomo?





^_^ ecco qua uno dei capitoli flashback che inserirò mano a mano che andrò avanti con la storia.. spero che vi sia piaciuta la lettura :) anche qui si presenta uno dei personaggi di mia invenzione che caratterizzeranno la vita della piccola Brida. Sono indecisa se inserire anche dei flashforward anche se non so bene a cosa farli riferire, se a dei fatti che poi si ricongiungerebbero con la storia o se invece a dei pezzi di Dragon Age origins con Alistair e tutto il resto della combricola.. Si accettano consigli :D

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Capitolo 4
*** Fuga all'Enclave ***


Correre. Quello era il mio unico pensiero mentre trascinavo per il polso il povero elfo dietro di me: non aveva possibilità di sfuggire alla mia presa dato il suo aspetto gracile e magrolino.

Mi sembrava di non sentirlo nemmeno gridare più, forse gli mancava già il fiato?

Non importava, l'uscita era vicina, lo sentivo. Fra non molto sarei stata libera, almeno per un po'.

Ma come avrei convinto le guardie a lasciarmi uscire dal castello con uno stupido elfo al seguito? E dove sarei andata poi?

Mi guardai indietro cercando di interrompere la montagna di pensieri e di domande che affollavano la mia mente e notai che, stranamente, nessuno mi aveva ancora inseguita.

Poi rallentai il passo e mi girai verso l'enorme portone sormontato da torrette zeppe di guardie.

"Aiuto! Aiuto! Qualcuno mi aiuti!" tornò ad urlare l'elfo di fianco a me.

Lo fulminai con lo sguardo stringendo la presa.

"Se non vuoi che questa storia finisca male ti conviene smetterla di urlare" lo minacciai.

L'elfo si zittì guardandomi preoccupato ma ormai il danno era fatto.

"Ehi voi due! Dove credete di andare?" urlò una guardia dai bastioni.

"Mia signora cosa ci fate qui?" domandò gentilmente una voce maschile dalla mia destra.

Ci girammo entrambi verso di lui e io liberai dalla mia presa l'elfo che tuttavia non si mosse di un passo.

"Ser Gilmore" dissi col sorriso avendo riconosciuto il robusto ragazzo rossiccio di fronte a me.

"Che piacere vedervi! Non siete a divertirvi alla fantastica festa di mio padre?"cercai di cambiare discorso.

"No.. ma stavo proprio per chiedere la stessa cosa a voi" aggirò il mio ostacolo con facilità.

"Ehm.. stavo buttando fuori dal castello questo fastidioso elfo che mi ha rovinato completamente il vestito. Ma ci metterò un attimo, promesso." mentii mostrando il sorriso più luminoso che riuscissi a fare.

L'elfetto dietro di me trasalì ma Ser Gilmore non gli fece caso e si rivolse a me "Va bene, ma fate presto" disse lasciandomi sorpresa: non potevo credere che si stesse bevendo una simile bugia.

Lo guardai stupita e, mentre i suoi occhi celesti si specchiavano nei miei, compresi che mi stava dando la possibilità di fuggire, per una volta, da quelle quattro mure che erano per me come una prigione.

Era passato davvero molto tempo dall'ultima volta che avevo visitato la città, troppo tempo.

"Grazie" gli dissi con un sussurro prima di avanzare verso il portone del cancello.

"Ehi cavaliere" sentii dire dall'elfo dietro di me "questa donna mi sta rapendo! Aiutatemi!"

Scoppiai a ridere divertita e Ser Gilmore si unì a me mentre faceva un cenno alle guardie di aprire il portone.

Il mondo, talvolta, può essere davvero ingiusto con gli elfi.

"Miraccomando, non metteteci troppo." ricominciò Ser Gilmore "Dirò a vostro padre di avervi vista andare verso le vostre stanze per farvi pulire il vestito.."

"Dall'elfo che me lo ha sporcato" aggiunsi io.

Per un po' di tempo nessuno mi avrebbe cercata.

Feci qualche passo verso l'uscita mentre Ser Gilmore si allontanava verso la sala.

L'elfo invece indeciso sul da farsi indugiò per un attimo.

"Allora?? Non vieni?? Non vorrai mica lasciarmi da sola per la città?? Non credo che mio padre sarebbe felice di vederti tornare alla festa senza di me..."

"Mia signora ma perchè devo venire anch'io? A che vi servo?" disse con voce lamentosa.

Mi avvicinai a lui cercando di sembrare un po' più amichevole.

"Mi servi come guida, no? Sono stufa di quella stupida festa e ho bisogno di qualcuno che mi accompagni per la città. Potremmo vedere il mercato, il quartiere popolare o.. ma certo! L'enclave!"

"Voi volete entrare nell'Enclave?"

"Beh.. potrebbe essere interessante, no? Ti pagherò, lo giuro, ma ti prego portami via da questo posto" dissi dolcemente.

I suoi occhi color miele si soffermarono sui miei per qualche secondo, poi li abbassò improvvisamente sospirando.

"E va bene, mia signora, vi farò da guida. Anche se mi sa che così perderò il mio posto di lavoro"

Gli diedi una pacca sulla spalla "Ma no, assolutamente! Vedrai, ci divertiremo. A proposito, come ti chiami?" gli domandai.

"Mi chiamo Riddle, mia signora" disse sommessamente.

"bel nome Riddle ma ti prego non chiamarmi signora. Chiamami Brida"

Notai il suo sguardo un po' smarrito.

"Ehm.. va bene mia signor.. Brida"

Gli sorrisi.

"Forza allora! Che aspetti?? Voglio sfruttare la mia libertà più che posso!" dissi ammiccando verso l'uscita.

Lo vidi sospirare ancora.

"E va bene.. andiamo. Ma siete proprio sicura di voler vedere l'Enclave? Non credo che sia posto per voi" commentò.

"Proprio per questo voglio andarci" risposi raggiante.

"Come volete voi"

"Non darmi del voi"

"Scusat.. Scusa"

"ecco, così va meglio!"

E con questi scambi di battute uscimmo dal castello.

 

 

"Ah, ok.. Ehm.. Brida"

"Bene, direi che possiamo anche andare. Mostrami il passo, Riddle"

L'elfetto imbarazzato si mise davanti a me.

"Oggi è proprio il momento migliore per visitare l'enclave" cominciò a dire dopo qualche passo "Noi elfi festeggiamo l'equinozio di primavera, la rinascita della vita. Una delle poche feste che anche i nostri avi celebravano. Ragazzi e ragazze usano portare dei vestiti con elementi floreali o della natura: forse riuscirai a passare inosservata"

Scoppiai a ridere "Dici che non noteranno il mio metro e settanta o le mie fantastiche orecchie curve?"

Riddle alzò le braccia "Di solito si beve molto durante questa festa, potrebbero anche non farci caso"

Sorrisi mentre mi guardavo intorno: il mercato era pieno di gente e nessuno sembrava notare la mia presenza. Sospirai. "E' da molto tempo che non cammino in mezzo alla città. Maledetta madre Mallol" dissi aspra. "Amo stare in mezzo alla gente, soprattutto a quella che non ti riconosce" aggiunsi più sollevata.

"Allora di sicuro, ehm Brida, ti piacerebbe essere un elfo. Noi elfi siamo costantemente ignorati, soprattutto dai giovani signori e dai lord. Ignorati ovviamente sempre se non quando possiamo essere utili". Feci un grande sorriso notando la sua punta di acidità. Nonostante ciò mi risultava simpatico. "In effetti ho sempre desiderato sapere come viveste voi elfi, in particolare i dalish. Hanno un nonsoché di misterioso, no?"

L'elfo annuì "Forse in mezzo alla foresta la vita è più facile che in città. Nonostante i banditi, le belve e umani pazzi che ce l'hanno con te" rispose ironico. "No, di gran lunga preferisco la mia vita al castello. Almeno la cosa peggiore che mi può accadere è di fare da guida ad una giovane lady, non di trovarmi azzannato da qualche lupo".

Risi "Non hai tutti i torti, anche se io non mi sottovaluterei così" gli feci l'occhiolino. Il giovane impallidì.

Dopo aggiunse "Ecco l'Enclave"

E così iniziò la mia visita nel mondo degli elfi.

 

"E' fantastico!" commentai raggiante "non posso credere che tu ti saresti perso così facilmente una festa del genere!" aggiunsi.

Ed era proprio vero: tutto l'Enclave era decorato con fiori e fiocchi e gli elfi si erano affollati intorno al loro albero sacro, a ballare e bere.

C'era musica e profumi nell'aria che non avevo mai sentito prima e i vestiti che giovani e vecchi indossavano erano superbi: così leggeri e semplici, ma coloratissimi e ognuno diverso dall'altro.

"Dimentichi che io sono un servo della tua famiglia e che tua padre aveva organizzato una festa per te, oggi. Non posso mancare ai miei doveri, purtroppo" disse con un sospiro.

Accennai una risata divertita. In molti mi osservavano, nessuno però osava avvicinarsi.

"Oh oh" disse ad un certo punto la mia guida.

"Che c'è?" gli domandai.

"N-niente" rispose imbarazzato con gli occhi incollati ad un'altra elfa.

"Femmina d'elfo in vista. Come si chiama?" gli domandai.

"L-lei si chiama.. Nigella, è venuta da poco, da Redcliffe" rispose con un sospiro.

"E hai intenzione di continuare a fissarla così?" chiesi un po' acida.

"No, no, io.."

"Su, vai a parlarle.. dai!" gli diedi una leggera spinta.

"ok, ok.."

Osservai sospirando l'elfetto che si avvicinava alla compagna.

I loro gesti erano così semplici: un saluto, un sorriso, uno sguardo.

Quanto avrei voluto avere a che fare anch'io con persone del genere. Nessuna parola altisonante, nessun reddito della famiglia da valutare, nessun titolo, nessun doppio fine. Avrei tanto voluto essere vista come una semplice ragazza.

Una voce improvvisamente interruppe questo turbine di pensieri.

"Ehi umana che ci fai qui? Questa non è la tua festa!" mi minacciò un elfo probabilmente ubriaco, più alto della media elfica, accompagnato da altri due: difficilmente un elfo sobrio se la sarebbe presa con un umano.

"Non ho intenzione di disturbare, ve lo giuro signore, stavo solo osservando" risposi un po' intimidita ma cercando di mantenere la calma.

Un altro elfo si pose di fianco a questi spalleggiandolo.

"Tu non osservi un bel niente, umana! Se non con la faccia spaccata a terra" continuò mentre altri e elfi ancora si stavano aggiungendo. Cominciai a fare qualche passo indietro.

"Ehi, lasciate in pace la mia padrona!" tornò Riddle mentre ormai avevamo davanti un gruppo di almeno 6 elfi.

"Padrona?" domandò un elfo segaligno di fianco a quello che sembrava il capo.

"Forse dovremmo lasciar perdere.." suggerì un altro mentre piano piano io e Riddle venivamo spinti sempre più lontano da centro della festa.

"Sei impazzito?? Per una volta che possiamo vendicarci di qualche nobile bastardo! E tanto nessuno lo verrà mai a sapere.. questa è le festa in cui gira più alcool tra tutte, nessuna saprà mai chi è stato" rispose il primo elfo che aveva parlato.

Sobbalzai quando mi accorsi di aver sfiorato con la spalla un muro: eravamo ormai lontani dall'albero elfico.

Riddle stava tremando dalla paura.

"Potremmo anche divertirci con lei prima di sfigurarle quel bel visino" suggerì l'individuo magro.

"Certo, ma tu elfetto togliti dai piedi se non vuoi problemi, ORA" ordinò il capo tirando fuori un pugnale.

Erano tutti e 6 armati, mentre io mi trovavo con le spalle al muro senza nulla con cui battermi.

'Devo combattere e ricordare gli insegnamenti del maestro. Ma sono troppi, anche per me' pensai mentre la paura aumentava sempre di più.

"V-vi prego lasciateci andare" continuò l'elfo senza muoversi mentre gli uomini si facevano sempre più minacciosi e vicini.

Per primo si mosse quello che sembrava il più indeciso: cercò con un violente punto di prendere il mio viso, ma io mi spostai più a sinistra e gli diedi una violenta ginocchiata, nonostante muoversi con il vestito fosse davvero scomodo. Riddle si staccò dal gruppo mentre io invece con passo veloce riuscii a togliermi dalla posizione più pericolosa contro il muro. Ad avvicinarsi adesso fu il tipo segaligno che si trovava alle mie spalle: era molto più veloce dell'elfo precedente e riuscii a schivare il suo colpo per un soffio mentre lui colpì erroneamente un suo compagno che da davanti aveva tentato di colpirmi. Fu proprio questo che stordito dal colpo dell'amico fece cadere la sua lama che prontamente raccolsi allontanandomi leggermente dal gruppo con una capriola all'indietro. "A chi tocca ora?" li schernii.

"Sei forte ragazzina ma noi siamo troppi anche per te" .

Arretrai mentre più di uno di loro si lanciava contro di me. Il loro capo non aveva tutti i torti. Se almeno qualcuno mi avesse potuto dare una mano. Mi guardai intorno ma pure Riddle sembrava scomparso. Cercai di allontanarli sferzando l'aria con il pugnale che avevo recuperato ma il loro capo riuscì a fermarmi il braccio e ad arrivare a puntarmi la sua lama sul collo, mentre la mia cadeva a terra. "E adesso come la mettiamo?" mi chiese.

Ma prima che qualsiasi pensiero potesse passarmi nella mente una voce altrettanto profonda ma più calda vibrò nell'aria "Che sta succedendo qui??" disse arrabbiato un elfo sulla quarantina che aveva l'aria di essere importante, con accanto Nigella e Riddle e una gran parte del resto della comunità elfica.

Venni lasciata immediatamente "Ehi, vecchio, noi facciamo quello che ci va. Questa è una festa e ci divertiamo come vogliamo!"

Senza farmi vedere feci qualche passo indietro.

"Questa festa è sacra per noi elfi e non ci saranno sicuramente spargimenti di sangue! Per di più umano, volete che i lord si vendichino su di noi?! Ma lo sapete chi è quella ragazza?"

Nessuno prestava più attenzione a me e la voce suadente del nuovo arrivato si sfumava sempre di più mentre come un'ombra mi allontanavo dall'enclave.

"Cosa??" sentii un grido incredulo proveniente dall'elfo che prima mi aveva puntato il suo pugnale alla gola.

Ma ormai ero troppo lontana.

Uscita dall'Enclave mi diressi verso il castello: ormai doveva essere quasi sera.

'Se i miei genitori dov'essero venire a sapere quello che è successo, mi ucciderebbero' pensai preoccupata mentre facevo segnale alle guardie di farmi entrare.

Il vestito era praticamente distrutto e sporco e probabilmente io stessa ero un disastro.

'Potrei inventarmi qualcosa, certo.. ma Riddle di sicuro parlerà'

Una volta superato il cancello feci un grande sospiro: questa volta l'avevo davvero rischiata grossa.


 

^_^ chiedo scusa per l'immenso ritardo.. ho avuto davvero uno specie di blocco ed erano mesi interi che non riprendevo in mano questa storia.. spero possiate comunque godere questo interessante capitolo della storia della giovane temeraria Brida :)

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Capitolo 5
*** Ricordi: allenamento ***


"Muoviti, muoviti, non stare mai ferma" mi diceva il maestro mentre con il fiato corto mi spostavo nell'erba alta.

Era ormai più di mezz'ora che giravo intorno a lui con un piccolo bastone tra le mani.

"Ma perchè vi devo girare intorno, così?" dissi con un vocino sottile che rivelava di certo la mia tenera età, nonostante fossi più alta delle mie coetanee.

"Perchè devi imparare a muovere bene i piedi. E' molto importante quando si combatte sapersi muovere con leggerezza sul terreno. Voltati a sinistra. Devi essere leggera come l'aria, silenziosa come un serpente che scivola sinuoso nell'erba mentre caccia la sua preda"

Tornai ad esercitarmi: era ormai più di un anno che maestro Bryce mi allenava, eppure non capivo mai a cosa potessero servire molti dei suoi insegnamenti.

Non sapevo neanche se Bryce fosse il suo vero nome.

Ogni volta che io o Fergus glielo chiedavamo dava risposte diverse. L'ultima era stata che per noi lui avrebbe dovuto essere come un padre. "Dunque vi chiamate Bryce!" aveva detto Fergus tutto felice.

Ed era così dunque che avevamo cominciato a chiamarlo, maestro Bryce.

"Ok, va benissimo. Ora siediti e riposati. Sarai stanca"

Mi buttai giù a terra: i suoi allenamenti mi stremavano sempre.

"Piuttosto ripassiamo quello che ti ho insegnato la scorsa settimana... di che cosa avevamo parlato?"

Ogni suo allenamento aveva anche un risvolto morale: ogni cosa aveva un proprio fine.

"La città è la mia casa, così come lo è il castello, e devo imparare a conoscerla meglio di quanto conosca il mio nome e quello di mio fratello."

"Perfetto, vai avanti" la sua voce profonda e graffiante mi incitò.

"La realtà non è solo come ci appare, per vedere veramente dobbiamo imparare ad ascoltare ogni rumore e ad avvertire qualsiasi odore. Solo così potremo davvero conoscere ciò che ci circonda"

"E poi?"

"Ogni uomo ha delle proprie debolezze, dei propri difetti. Ogni uomo può essere imbrogliato ed è giusto farlo per un buon fine" aggiunsi.

"Per esempio?"

"Rubare ai ricchi per dare ai poveri o uccidere un assassino" dissi un po' indecisa.

Ecco, quelli erano i tipi di insegnamenti che più di tutti ogni tanto non comprendevo. Ma lui era il mio maestro ed era saggio. Se non diceva lui la verità nessuno la poteva davvero dire.

"Solo così si può diventare liberi. Perseguendo ciò che per noi è bene con ogni mezzo." i suoi occhi si spostarono sui miei mentre aggiungeva questa frase.

"Mi fai una promessa piccola lady?"

"Una promessa?" chiesi stupita guardando il suo volto.

Quasi automaticamente fissai una delle sue tante, piccole cicatrici. Era un guerriero esperto e quelle cicatrici lo testimoniavano.

"Farai sempre ciò che ritieni più giusto, a dispetto di quello che ti diranno gli altri, me lo prometti?" era davvero serio.

Annuii. "Non lasciarti mai influenzare da nessuno, mai. Tu sarai molto di più di una lady, lo so. Tu sarai una guerriera, ma non crudele e approfittatrice, tu imparerai a conoscere il tuo popolo e il tuo popolo imparerà ad amarti. E rispetterai il mondo, la natura e le persone, perchè sai che solo così potrai ricevere altrettanto rispetto"

Non mi aveva mai parlato in questo modo. "Non sono così brava con la spada, non come Fergus" dissi abbassando il volto.

"Non ho mai avuto il piacere di allenare tuo fratello, perchè, secondo tuo padre, lui necessitava un allenamento più fisico. Tuo fratello sarà un uomo, tu una donna. Lui sarà forte e spavaldo, tu astuta e veloce. Imparerai a parlare con qualsiasi persona e a capire chi sia davvero. Imparerai a convincere gli altri delle tue idee, senza usare armi ma solo con la parola. E sarai letale e silenziosa come.."

"Un serpente che scivola sinuoso nell'erba mentre caccia la sua preda" finii la frase io al posto suo.

I miei occhi si accesero mentre lui mi passava una mano tra i capelli arrufati.

"Brava, sono sicura che presto imparerai tutte queste cose. Tuttavia" disse rialzandosi in piedi "Ora devi imparare a muovere bene i piedi sul terreno, veloce e letale, come un serpente sì, piccola Brida"

E l'allenamento riprese un'altra volta. 

 

 

:) aggiunto un capitolo, mi è venuta subito l'ispirazione.. ed ecco che ho scritto subito questo xD un altro dei ricordi di Brida con il suo maestro, il misterioso Bryce :) 

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Capitolo 6
*** Ricordi: una lezione di storia ***


Sbuffai guardando fuori dalla finestra: avrei tanto voluto uscire piuttosto che rimanere lì dentro.

Mi sarei potuta allenare con i miei due pugnali, che maestro Bryce mi aveva regalato per il mio ottavo compleanno, oppure avrei potuto giocare con Fergus. Anche lui come me si stava annoiando a morte mentre maestro Aldous continuava a ripetere per l'ennessima volta la storia di Conobar e della salita al potere di Sarim Cousland. "La piantate di sbadigliare? Non posso credere che anche la storia delle origini della vostra famiglia vi potesse annoiare in questo modo!".

Lo guardammo entrambi con gli occhi sgranati. "Maestro Aldous, ci avete già raccontato questa storia almeno un migliaio di volte" si lamentò mio fratello.

"Mmh.. va bene, allora vi racconterò qualcos'altro. Che ne dite dell'uccisione dei lupi mannari da parte di Mather Cousl..?"

"Già detta" lo interrompemmo io e Fergus insieme.

"E la battaglia di Calenhad compiuta dalla Teyrna..?"

"Già sentita anche questa" di nuovo lo fermammò prima che potesse terminare la frase.

Il vecchio maestro sospirò e si mise a sedere. "A quanto pare allora mi dovrò impegnare davvero, per trovare qualcosa che voi due non abbiate ancora sentito. Mmh.. Potrei raccontarvi di Sophia Dryden e della sua lotta contro Re Arland. La conoscete già questa storia?"

Improvvisamente la nostra attenzione si catalizzò verso maestro Aldous. Scuotemmo entrambi il capo.

"Ah, bene bene. Allora vi farà piacere sapere che un tempo i Cousland si erano alleati con i Custodi Grigi".

"E chi sono i custodi grigi?" chiese mio fratello mentre io fissavo attentamente il vecchio maestro.

"Per i mutandoni di Andraste! Come potete non sapere nulla sui Custodi Grigi?! Non credo possibile che nessuno ve ne abbia mai parlato prima! I Custodi Grigi sono dei formidabili guerrieri, gli eroi del Thedas che hanno salvato più volte questa terra, su cui ora camminiamo, dalla minaccia della prole oscura." riprese agitato.

'La prole oscura..' pensai io, avevo già sentito questo nome.

"Madre Maria vi avrà parlato della prole oscura almeno.." chiese poi rivolto a noi.

Mio fratello abbassò gli occhi.

"La prole oscura fu creata dalla superbia dei magister che volevano raggiungere il Creatore" ricordai immediatamente io. La madre venerata ne aveva parlato in molte delle sue omelie, per cercare di far ragionare i fedeli sul valore dell'umiltà.

"Esatto Brida" si complimentò con me maestro Aldous.

Anche se in effetti era una spiegazione poco credibile.

"La prole oscura sono dei mostri crudeli e spietati che si trovano in maggior parte nel sottosuolo alla ricerca di qualcosa.. e sapete di che cosa?Degli Antichi Dei corrotti, sepolti nelle profondità della terra. Lì si trovano come imprigionati e dormono, finchè la prole oscura li trova e li risveglia. Si chiamano Arcidemoni e ogni volta che uno di loro viene richiamato, sulla terra si riversano orde e orde di prole oscura e inizia un Flagello." brillava una strana luce negli occhi di maestro Aldous mentre pronunciava queste parole.

L'ultimo accadde molti, moltissimi anni fa, quando neppure io ero nato, e come per gli altri sul suolo del Thedas si sparse il sangue dei suoi figli. Probabilmente la terra, il cielo e gli abissi sotterranei sarebbero abitati dalla prole oscura se non fossero intervenuti per ben 4 volte i Custodi Grigi. Il loro ordine è uno dei più importanti di tutto il Thedas e il loro compito è proprio quello di distruggere la prole oscura e di fermare gli Arcidemoni. Non hanno re, nè terre, se non qualche fortezza sparsa per il Thedas e la loro unica preoccupazione è quella di salvaguardare tutti noi nel caso di un Flagello" fece una piccola pausa alzando gli occhi verso il cielo che splendeva al di fuori della finestra. Io e mio fratello avevamo il fiato sospeso nell'ascoltare le parole di maestro Aldous. "Sono degli eroi e lo saranno finchè anche gli altri 3 Arcidemoni che si trovano nel sottosuolo non saranno sconfitti. Allora, questa storia la trovate noiosa?" domandò con un sorriso sul viso mentre ancora i suoi occhi risplendevano di luce propria, come accade sempre quando qualcuno sta raccontando una storia che davvero lo affascina. "Per niente!! Voglio essere anch'io un Custode Grigio!" urlò mio fratello alzandosi in piedi.

Scoppiai a ridere mentre il maestro gli lanciava un'occhiataccia per il suo grido.

"Ma i Custodi Grigi possono essere anche femmine?" chiesi poi a maestro Aldous.

"Se non sbaglio ero proprio partito parlando di Sophia Dryden che un tempo fu comandante dei Custodi Grigi. La sua sorte non fu una delle migliori, tuttavia, sì, elfi, umani, nani, uomini o donne, chiunque può unirsi alla schiera dei Custodi Grigi, fintanto che dimostri valore e coraggio con la spada".

Il verde dei miei occhi divenne ancora più luminoso nel sentire quelle parole.

"Ma di Sophia vi parlerò un'altra volta, adesso credo che possiate pure andare a divertirvi un po' fuori" ci consentì il vecchio maestro, contento che per una volta avevamo seguito una delle sue lezioni.

"Che ne dici Fergus di una sfida?" proposi a mio fratello mentre stavamo per uscire.

"Ci sto, anche se ti batterò di sicuro!" disse correndo fuori.

"Brida" mi fermò il maestro. Mi girai verso di lui.

"Sì?" domandai.

"Forse dovresti dire a tuo fratello di non mettersi troppe idee in testa a riguardo, lui un giorno diventerà Teyrn, non deve dimenticarlo. E i Custodi Grigi non possono avere titoli"

Annuii "Io però non devo diventare nessuno, non ho nessun titolo da ereditare. Potrei davvero essere un Custode Grigio." dissi in tono speranzoso.

"La vita dei Custodi è una vita difficile, lontano dalla loro famiglia e dai loro cari. Anche se scommetto che non ci penseresti due volte a lasciare il castello e le splendide lezioni del tuo caro maestro Aldous, eh?" disse ironico.

Accennai un sorriso imbarazzato.

"In ogni caso, sei ancora troppo piccola per pensare a queste cose. Va' a divertirti con tuo fratello, su.." concluse evidentemente troppo stanco per proseguire nella discussione: succedeva sempre così quando si emozionava troppo nel raccontare una storia. Scommisi che si sarebbe subito addormentato e mi diressi fuori dalla stanza pronta a sfidare mio fratello.

 

^_^ devo ammettere che questi ultimi capitoli sono un po' fluff, però posso giurare che la storia non ha intenzione di rimanere così calma e serena a lungo, sia nei flashback, che nella storia vera e propria. Anche se giustamente non voglio cadere nella trappola di creare una Mary Sue dal passato drammatico, vittima di qualsiasi atrocità. Diciamo che ci sono gli alti e i bassi :) In ogni caso, buona lettura! 

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Capitolo 7
*** Libertà ***


"Non riesco a credere che tu abbia potuto rovinare una festa così importante per cosa? Per fare un giro all'Enclave? Dopo che io mi ero impegnata così tanto per te, tra inviti e altre cose. Pure il principe Cailan e la principessa Anora hanno partecipato. Ma TU, tu non c'eri!! Tutto andato in rovina. Tutto." terminò l'arringa mia mamma sedendosi con una faccia disperata.

Abbassai il mio volto, un po' dispiaciuta. "Calmati cara, così non migliori le cose" cercò di rassicurarla mio padre. "Ti prego Bryce, non parlarmi così. Quello che ha fatto nostra figlia è incorreggile, deprovevole, assolutamente... stupido!" disse lanciandomi un'occhiataccia.

"Colpa di quel suo vecchio maestro" si intromise Madre Mallol entrando dalla porta.

"Non osate parlare male del mio maestro!" mi alzai immediatamente in piedi fulminandola con lo sguardo.

"Fortuna che mi sono accorta di quello che stava facendo a vostra figlia e l'ho mandato via. Sennò a questo punto ci saremmo trovati davanti una specie di cane selvaggio"

La rabbia cresceva sempre di più dentro di me.

"Schifosa madre!" urlai con tutte le mie forze puntandole addosso un dito "Lui era l'unica persona che mi capiva veramente. E voi siete solo una megera!"

"Questo è troppo!" mi interruppe mio padre.

"Fila nelle tue stanze, ci resterai finchè non avrai riflettuto sul tuo comportamento" mi ordinò.

Non aspettavo altro. Uscii sbattendo la porta con gli occhi lucidi.

"Poteva morire" sentii dire da dietro la porta mentre mi allontanavo.

"Mia signora" mi salutò educatamente Riddle che si trovava appena fuori la stanza. Mi fermai.

La mia rabbia si trasformò in tristezza: dopo che aveva raccontato per filo e per segno cos'era accaduto nell'Enclave, i miei genitori l'avevano licenziato senza nemmeno pensarci due volte.

Ed era stata tutta colpa mia.

"Mi dispiace" dissi in un sussurro girandomi verso di lui.

Lui alzò le spalle "Noi elfi ci siamo abituati" rispose con un evidente velo di tristezza.

Aveva già in mano una piccola borsa con tutta la sua roba e stava solo aspettando di poter entrare per dare un ultimo saluto ai suoi ex-padroni.

"Dove andrai ora?" gli chiesi per spezzare il silenzio che si era frapposto tra noi, pieno di verogna e tristezza.

"Starò un po' nell'Enclave. E poi partirò, credo. Forse andrò a Denerim o a Redcliff dove potrei lavorare nella tenuta di qualcuno importante, spero."

Anuii un po' più sollevata nel vedere che aveva già qualche piano per il futuro. A differenza di me.

"Beh, allora spero tu possa sistemarti presto. Io ora.. devo andare. Buon viaggio" mi congedai un po' imbarazzata. Lui chinò leggermente il capo in segno di saluto e io mi diressi verso la mia stanza dandogli le spalle.

Ma dopo qualche passo la sua voce tornò a sentirsi "Ehm.. Brida, buona fortuna" disse rivolto a me.

Mi girai un po' stupita. "Buona fortuna?" chiesi.

Guardai nei suoi occhi color miele. Erano davvero belli e così dolci. Avevano ragione a dire che gli occhi elfici erano davvero irraggiungibili per noi umani.

Arrossì un po' imbarazzato "Forse ne avrai più bisogno tu di me".

Sorrisi. D'altronde poteva anche avere ragione.

"Grazie" risposi semplicemente.

Mi ricambiò con un mezzo sorriso.

Mi voltai nuovamente e compresi che se non fosse stata per quella piccola pazzia che avevo compiuto con lui, probabilmente nel giro di un mese sarei già stata promessa a qualche nobile arrogante e presuntuoso. 'Grazie davvero Riddle' sorrisi tra me e me. Mi aveva regalato la libertà.

 

 

Da dentro la stanza potevo già sentire Lucky che richiedeva la mia presenza immediatamente abbaiando fuoriosamente. Forse lui sarebbe stato l'unico che quel giorno mi avrebbe fatto le feste.

Stavo per girare il pomolo della porta quando una voce mi interruppe da dietro.

"Ehi.."

Mi girai un po' sorpresa verso di lui.

"Thomas.. cosa ci fai ancora qui?" chiesi evidentemente stupita. "Nel senso, tutti gli ospiti sono già andati..." aggiunsi un po' imbarazzata.

Lui accennò un sorriso. "Tuo fratello e Ser Gilmore hanno insistito affinchè restassi per una battuta di caccia, domani mattina"

"Ah, capisco.." risposi annuendo. Entrambi i nostri sguardi ora facevano fatica ad incontrarsi. Dopo tutto, non mi dispiaceva così tanto che lui restasse un altro giorno: a lui non importava cosa avessi fatto. Gli piacevo così com'ero. Poteva valere lo stesso per me nei suoi confronti?

"Magari puoi accompagnarci anche tu se.. se i tuoi genitori vogliono"

Agrottai le sopracciglia "Hai centrato il punto" dissi facendo una specie di risata nervosa e scrollando le spalle "I miei non mi permetteranno mai di venire. Dicono che sto diventando una cane selvaggio".

"Io direi di più una lupa selvaggia" disse con spontaneità. Arrossii un po' imbarazzata. "N-nel senso che, d-dopotutto, hai sempre un aspetto.. nobile e fiero. Come un lupo, ecco.." ora era lui quello con gli occhi bassi per l'imbarazzo.

"Grazie.. E' uno dei miei animali preferiti, il lupo" sorrisi guardandolo negli occhi.

Il lupo, un animale selvaggio e libero. Così come anch'io volevo essere.

Per molti secondi ci guardammo un po' intimiditi.

"Brida, io.. devo dirti una cosa" cominciò lui con tono un po' più deciso avvicinandosi di qualche passo.

"Maledetto cagnaccio! Stai fermo" da dentro la stanza Nan, come sempre stava inveendo contro Lucky.

"Ehm.. devo andare" dissi allontanandomi e aprendo il più velocemente possibile la porta da cui provenivano le urla della mia ex-nutrice.

"Buona notte" mi disse lui dolcemente.

"Notte" risposi io frettolosa subito dopo aver chiuso la porta dietro di me.

Qualunque cosa mi volesse dire, non ero pronta a sentirla. Non quel giorno.

 

:) ecco che ancora una volta si può vedere bene il carattere della giovane Brida. Con una grande voglia di libertà, ma anche di emozioni (forti aggiungo io ^^) verrà accontentata? Può il tenero amore di Thomas bastarle? 

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Capitolo 8
*** Sola e incompresa ***



Era una mattina molto calda per essere primavera, di sicuro la giornata ideale per uscire. Ed io invece mi ritrovavo chiusa nella mia stanza. Non che mi fosse stato ordinato di restarci, ma uscire per affrontare la mia famiglia era fuori discussione.

Dalla finestra avevo spiato mio fratello mentre andava a caccia insieme a Thomas e a Ser Gilmore. Com'era facile essere ragazzi, avere così tante possibilità, opportunità.

Sospirai e mi avvicinai con quei pensieri al cassettone in cui si trovavano i miei vecchi vestiti e sotto, in un doppio fondo, i vecchi pugnali che mi aveva regalato maestro Bryce. Li presi tra le mani. Un tempo non mi sarei lasciata battere così facilmente, ne ero sicura. Ma ormai erano passati tre anni da quando lui se n'era andato, da quando qualsiasi allenamento "non adatto ad una lady" era stato bandito.

Li feci girare tra le mani. Con gesti fluidi cominciai a maneggiarli, come se di fronte a me dovesse esserci uno di quegli elfi che mi avevano sfidato il giorno prima. Mi girai e continuai a colpire l'aria con veloci fendenti: non era come avere tra le mani delle armi, quelle erano per me quasi come un prolungamento delle mie braccia. Mi bloccai mentre una delle due lame mi scivolava a terra. O forse lo erano state. Sospirai e rimisi i due pugnali nel nascondiglio in cui li custodivo. Un bellissimo regalo, ma ora solo un lontano ricordo.

Eppure non volevo dimenticare. Gli occhi mi divennero lucidi al pensiero di come nel giro di qualche anno mi fossi ritrovata davvero sola, senza nessuno. Nessuno che davvero tenesse a me. Certo i miei genitori mi volevano bene, mio fratello anche, nonostante da quando si era sposato le cose erano molto cambiate tra di noi, eppure nessuno di loro mi poteva capire come Maestro Bryce.

E madre Maria. Mi sedetti sul letto stringendo a me le ginocchia, mentre qualche lacrima mi solcava il viso. Poi scoppiai a piangere, Lucky che fino a quel momento stava dormendo accuciato sul tappeto di fronte al mio letto si svegliò e mi venne subito vicino.

Lo strinsi forte a me mentre cominciava a leccarmi per tirarmi su di morale.

"Tu sei l'unico che mi è rimasto accanto" gli sussurrai sconsolata.

E sempre tenendolo vicino a me in modo che mi consolasse con il suo spontaneo e sincero affetto trascorsi il resto della mattinata chiusa nella mia stanza.

 

 

"Brida, forza esci. E' ora di pranzo"

Era già la settima volta che mi si veniva a chiamare per il pranzo. Prima erano stati i servitori del castello, poi Nan a cui avevo urlato che non ero più una bambina e che se volevo, potevo benissimo restare nella mia stanza fino a quando mi andava; e poi era arrivato mio fratello.

"Fergus, lasciami in pace. Non ho fame" ribattei immusonita.

Non volevo rivedere nè mia madre, nè mio padre e soprattutto madre Mallol.

"Non fare così, sorellina. Io, Gilmore e Thomas abbiamo catturato una coppia di cervi davvero succulenti. Puoi anche non parlare con nessuno, ma almeno dammi la soddisfazione di vederteli mangiare. E' da ieri a pranzo che non metti in bocca nulla. Se continui così, morirai di fame".

In effetti lo stomaco mi borbottava, ma l'idea di scendere e dover affrontare tutta quella gente, anche Thomas e suo padre, con le sue frecciatine, mi nauseava.

No, proprio non lo potevo fare.

"Non ho fame" mentii.

Lo sentii sospirare da dietro la porta.

"Almeno fammi entrare, no? Prometto che non ti porterò fuori di peso"

Lucky abbaiò come per assentire alla richiesta di mio fratello.

Mi asciugai le lacrime e mi ricomposi un attimo, poi mi alzai per aprire la porta.

"Entra" gli ordinai freddamente.

E appena lui fu entrato, io mi sciolsi.

Mi strinsi a lui, piangendo come una bambina.

"Brida.." disse soltanto lui abbracciandomi leggermente, un po' stupito: raramente mi ero lasciata andare così con lui, soprattutto nell'ultimo periodo.

"Ehi, calmati ti prego. Non è successo nulla, nulla di importante. Non fare così"

"Mi mancano, Fergus" aggiunsi allontanando leggermente il mio viso dal suo petto.

"Vorrei fossero qui con noi"sussurrai guardandolo negli occhi, verdi come i miei, come quelli di nostra madre.

Lui fece un profondo respiro.

"Madre Maria manca molto anche a me, lo sai. Ma dobbiamo andare avanti." cercò di consolarmi.

"Lo so ma Maestro Bryce potrebbe essere qui, con noi. E invece, no. Perchè Fergus? Lui era come un padre. Perchè mamma e papà hanno ascoltato quell'arpia e non me?!" protestai sempre con le lacrime che mi solcavano il viso.

"Brida, capisco quanto ti possa far male, ma devi crescere, devi capire. Lui non ti insegnava solo a combattere, lo sai benissimo. Ti insegnava a derubare il tuo popolo, a mentire, e a prenderti gioco della tua famiglia, del Creatore stesso"

Mi allontanai da lui "Non è vero! Lui mi aveva insegnato a cavarmela in ogni occasione, ad amare la natura e ad agire con giustizia" risposi impetuosa.

"Cavartela in ogni occasione? Lasciarti chiusa dentro una stanza quando avevi solo 10 anni non sembra un bel modo per insegnarti a cavartela"

"Ma poi sono uscita" protestai.

"Sì, dopo che ti abbiamo cercato per tutto il giorno. E lui diceva di non averti vista da nessuna parte!"

"Era solo una prova, un test!" ribattei.

"Un test?? Anche rubare l'oro dei mercanti di Altura Perenne era un test? E abbandonarti nel mezzo della foresta, solo perchè voleva che tu ritrovassi la strada da sola!! Erano tutti test, questi??" era la prima volta che lo vedevo perdere la testa in quel modo.

Abbassai gli occhi, anche lui non mi capiva.

"Quell'oro l'avevo preso per darlo ai poveri" dissi mugugnando leggermente.

"Sorellina" riprese un attimo con un atteggiamento più calmo poggiando le sue forti mani sulle mie spalle.

"Maestro Bryce ti ha insegnato cose in effetti molto utili, non posso negarlo. Ma non poteva rimanere qui con noi, lo sai." disse cercando di sorridere.

Sospirai annuendo, in realtà poco convinta.

Lui mi lasciò. "Ehi, aspetta un attimo. Mi sto perdendo il mio cervo maschio bollito. Accidenti! Scommetto che Thomas e Gilmore lo avranno già finito, ingordi come sono!" continuò suscitandomi un leggero sorriso.

"Senti, capisco benissimo che tu non abbia voglia di scendere. Ti manderò su una bella porzione, va bene? Magari ci penserà proprio il tuo bel Thomas a portartela" continuò ironico.

"Eddai, piantala!" lo spintonai.

"Ahi, vacci piano" disse massaggiandosi la spalla.

"Grazie comunque" dissi con un sorriso. L'idea di scendere mi nauseava.

"Di niente. Ora vado a godermi un bel cervo con un bicchiere di vino rosso. Anche più di uno, possibilmente" mi salutò facendomi l'occhiolino e uscendo dalla stanza.

"A più tardi, Fergus" conclusi chiudendomi nella camera.

Appoggiai la schiena alla superfice liscia della porta facendo un profondo sospiro.

Neanche mio fratello mi riusciva a capire, neanche lui poteva davvero comprendere quanto invece fossero stati importanti per me gli insegnamenti di Maestro Bryce.

Mi aveva dato più di semplici abilità, mi aveva dato affetto e mi aveva fatto vedere la vita da un altro punto di vista.

Non era tutto rose e fiori, il mondo, non era tutto così dolce e raffinato come mi era stato detto da piccola.

Lui mi aveva aperto gli occhi. E non sapevo neanche il suo nome.

Non avrei mai più potuto vederlo.

Chiusi gli occhi cercando di trattenere nuovamente le lacrime.

Non dovevo piangere, lui mi aveva insegnato ad essere forte e anche se la mia famiglia non mi capiva, io lo sarei stata.

Ma non sarei mai diventata quello che i miei genitori e madre Mallol volevano che fossi.

"Farai sempre ciò che ritieni più giusto, a dispetto di quello che ti diranno gli altri, me lo prometti?"

Sì, Maestro Bryce, te lo prometto.

 

:) capitolo introspettivo in cui si fa luce su qualche aspetto dell'infanzia di Brida e sul misterioso Maestro Bryce. Questo personaggio l'ho completamente inventato ed è infatti uno dei miei preferiti ^^ il fatto è che ci voleva una figura un pò "ribelle" e contrastante che avesse fatto crescere così bene la mia giovane lady :) spero abbiate apprezzato questo capitolo, anche se ammetto che in questi ultimi si sente la mancanza di un po' d'azione xD 

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Capitolo 9
*** Ricordi: un ciondolo d'oro ***


Correvo per il mercato, affollato come sempre di persone. Nessuno mi notava, ero come un'ombra in mezzo a tutta quella gente. Dovevo fare in fretta, presto sarei dovuta rientrare per il pranzo e se non avessi agito in fretta, avrei nuovamente fallito.

Stavolta non potevo permettermelo, non volevo deludere Maestro Bryce.

"Mi dispiace" gli avevo detto solamente quando un ricco uomo mi aveva beccato mentre cercavo di svuotare le sue tasche. Fortunatamente nessuno mi aveva riconosciuto e Maestro Bryce aveva risolto il tutto dando qualche pezzo d'argento all'uomo e chiedendogli di perdonare l'audace comportamente di sua figlia. Avevo fatto un mezzo sorriso al pensiero di essere descritta come tale. D'altronde passavo più tempo con lui che con la mia vera famiglia.

Indossavo una leggera cappa marrone, come la terra bagnata che calpestavo. Il puzzo di cane bagnato tipico del Ferelden quel giorno era anche più acre del solito, presto avrebbe ricominciato a piovere. 'Eccolo' pensai osservando il mio bersaglio.

Maestro Bryce aveva detto che portava sempre legato al collo un piccolo ciondolo.

Un ciondolo d'oro.

Dovevo assolutamente prenderlo.

Controllai un attimo che aspetto dovevo avere: le scarpe erano sporche e anche la cappa era tutta macchiata di fango. Non sembravo affatto una lady, al massimo un'orfanella.

Cercai di sporcarmi anche il viso e le mani con un po' di terra e mi diressi verso l'ignaro individuo.

'Ogni uomo ha un proprio punto debole. Quale sarà il suo?' mi chiesi strisciando verso di lui.

Automaticamente misi una delle mie mani intorno all'elsa di Fiocco e l'altra a sfiorare invece Treccia: avevo dato questi due nomi ai miei pugnali per ricordare sempre le cose che più di tutte detestavo, i fiocchi e le trecce. Poi le lasciai continuando ad avanzare verso l'uomo.

'Usa l'astuzia, Brida' mi dissi quando mi trovavo solo ad un passo da lui.

Lo osservai per bene mentre lui mi dava le spalle: aveva dei vestiti ricchi ma sembrava possedere un minimo di gusto e i movimenti non erano mai nè troppo veloci nè troppo lenti. Così misi in atto la mia trappola, sperando di essere capitata davanti ad un uomo che possedesse un minimo di cuore.

Mi ingobbii e assunsi l'aria più debole che sapevo fare. Poi strattonai leggermente uno dei bordi dell'abito dell'uomo che subito si voltò.

"Signore, la prego. Non mangio da giorni, per favore... Un pezzo di pane." affermai con un tono di voce flebile allungando verso l'uomo le mie mani, mettendole a forma di coppa.

La sua prima reazione fu di stupirsi, poi improvvisamente cominciò a cercare nel suo borsello.

"Si, si, ragazzina. Ti do subito qualche pezzo d'argento, così ti vai a comprare un po' di pane e magari.. del latte!" mentre cercava tutto trafelato nel suo borsello, potei notare che dal suo collo pendeva proprio un piccolo ciondolo d'oro.

Misi una mano intorno a Fiocco che tirai fuori leggermente per poi nasconderlo dentro la lunga manica della cappa, in modo che l'uomo davanti a me non potesse accorgersi di nulla.

"Ecco, ecco. Trovati! Tieni, qualche pezzo d'argento" disse allungandomi quelle monete con il tipico sorriso di chi pensa di aver fatto davvero una buona azione.

'Se fossi davvero un'orfana, credi davvero che quelli basterebbero per farmi vivere?' pensai tra me e me mentre anch'io sorridevo prendendo tra le mani quelle monete.

E poi agii.

Buttai, letteralmente, le mie mani al collo del signore fingendo di piangere per la felicità.

"Grazie, grazie mille signore. Voi siete un angelo, grazie davvero" dissi nel modo più riconoscente che conoscevo mentre con Fiocco mi apprestavo a tagliare lo spesso filo a cui era legato il ciondolo.

Tac.

Il ciondolo cadde a terra, senza che il suo proprietario se ne rendesse conto.

Lui mi scostò dal suo corpo.

"Così mi metti in imbarazzo piccola. Vai a mangiare qualcosa, su..."

"Certo e grazie ancora."

Con un veloce gesto recuperai il ciondolo da terra: ce l'avevo fatta.

Corsi più veloce che potevo verso la collina dove Maestro Bryce mi aspettava.

Sorrisi tra me e me:c'ero riuscita! Quello sarebbe stato davvero un gran giorno.

 

 

"Spettinata, sporca di fango e con uno splendente sorriso. Immagino tu ce l'abbia fatta, Brida" mi disse Maestro Bryce seduto sulla roccia dovevo l'avevo lasciato.

Gli mostrai il ciondolo, felice.

Mi arruffò i capelli prendendo l'oggetto tra le mani. "E ora che ce ne facciamo?" gli domandai poi.

"Beh.. " cominciò lui.

"Maestro, Brida" fummo interrotti da una voce calda, di una donna anziana.

"Madre Maria!" dissi io precipitandomi ad abbracciarla.

"Oh piccola Brida, come ti sei conciata! Non sarete andati nel bosco anche stavolta, vero?" chiese ironica verso Maestro Bryce.

"Venerata Madre" cominciò lui facendo un leggero inchino "In realtà siamo stati al mercato, dove la giovane lady ha comprato questo ciondolo per il nuovo ospite" disse facendomi l'occhiolino e consegnandomi l'oggetto che teneva tra le mani.

"Sì, ma io sono caduta e mi sono sporcata tutta" continuai a mentire io. I suoi insegnamenti erano segreti e non bisognava rivelarli a nessuno.

Lucky che era arrivato con Madre Maria mi venne incontro facendomi le feste: era lì al castello solo da un mese eppure si era già affezionato moltissimo a me.

"Un Mabari non è un regalo adatto per i 9 anni di una lady" aveva protestato mia mamma, ma l'Arlessa Eveline aveva insistito affinchè lo tenessi e dal primo secondo in cui l'avevo visto mi era piaciuto subito.

"Ciao bello" lo salutai accarezzandolo dolcemente: era cresciuto già molto, tuttavia rimaneva ancora un cucciolo. Lo presi in braccio rivolgendo poi la mia attenzione verso Maestro Bryce. "Ospite?" chiesi poi. "C'è qualcuno al castello?"

"Arle Howe è venuto con suo figlio per far visita a tuo padre" mi rispose lui.

"E fra meno di un'ora saranno nella sala da pranzo." aggiunse Madre Maria.

Mi diedi un'occhiata "E io dovrò essere presentabile per quell'ora, giusto?"

"Esatto, un bagno caldo ti aspetta nella tua stanza. Forza, ragazzina" disse mettendomi una mano intorno alle spalle, la Madre Venerata.

"Voi non venite?" dissi poi rivolgendomi a Maestro Bryce che era rimasto fermo vicino alla roccia dove prima era seduto.

Improvvisamente mi sembrò di scorgere uno sguardo un po' freddo e triste nei suoi occhi scuri.

"No, non ho molta fame. Ci vediamo più tardi" disse salutando entrambe e rimettendosi a sedere sul masso di prima.

Gli lanciai un ultimo sguardo prima di continuare verso casa.

Qualcosa lo aveva sicuramente turbato.

"Arle Howe è un vecchio amico di tuo padre" interruppe i miei pensieri Madre Maria "Miraccomando, comportati bene" finì con un sorriso stampato sul volto.

Sogghignai tra me e me "Certo, come sempre" aggiunsi sarcastica e insieme ci dirigemmo verso la fortezza.

 

 

 

"Eccola qua, la solita ritardataria" mi salutò mia madre.

La ricambiai con uno sguardo imbronciato: Nan mi aveva fatto delle trecce legate con dei fiocchetti rosa, il peggio del peggio.

"Lei è la mia piccola Brida" mi presentò poi mio padre. Feci un piccolo inchino.

"Piacere di conoscervi Lady Brida" mi salutò un uomo dalla voce sgraziata che aveva di fianco un bambino minuto dall'aria timida.

"Io sono l'Arle Howe e questo ragazzino silenzioso di fianco a me è mio figlio Thomas" continuò rivolgendo poi la sua attenzione verso quest'ultimo "Su, Thomas, saluta la nuova arrivata."

Il ragazzo abbassò leggermente la testa "Piacere di conoscervi" concluse educatamente.

Prima che potessi rispondere dietro di me comparve Madre Maria "Arle Howe, è da molto tempo che non vi si vedeva qui, ad Altura Perenne. E il ragazzo di fianco a voi, deve trattarsi di vostro figlio Thomas. E' davvero un piacere conoscerlo."

"Il ritratto di sua madre" disse l'Arle Howe con un sospiro.

"Proprio un ragazzo adorabile, è un peccato che lei non sia più qui per vederlo" disse tristemente mia madre "Ora credo che potremmo tutti accomodarci. Sarina, servi il pranzo" continuò dopo qualche secondo di silenzio rivolgendosi ad una serva.

Salutai Fergus con un cenno mettendomi di fianco a lui. Di fronte a me avevo quel ragazzino noioso che tutti avevano riempito di complimenti che mi continuava a lanciare delle occhiate un pò intimidito.

'Che fastidio' pensai io, mentre il pranzo trascorreva tranquillamente.

"Allora, lady Brida, vostro padre mi ha detto che state diventando davvero abile con i pugnali." si era rivolto verso di me l'Arle Howe quando ormai eravamo giunti al termine del pasto.

"Mai quanto me" disse con la bocca piena mio fratello.

"Ma se tu sei lento come una lumaca" ribattei io.

"Ragazzi" ci interuppe mia madre.

"Ad allenarla deve essere quell'uomo di Chiesa che mi avete descritto qualche anno fa.." continuò l'Arle Howe verso mio padre.

"Sì, esatto. Considerata l'indole ribelle e iperattiva di mia figlia credo che questo sia il minimo che possa fare per metterla un pò in riga." rispose lui.

"Fai davvero bene, Bryce, i nostri figli devono essere pronti a tutto, non come gli Orlesiani, viziati e capricciosi come non mai." commentò l'Arle acido.

Mio padre accennò una piccola risata "Vedo che i tuoi sentimenti verso Orlais sono rimasti gli stessi di sempre. Che ne dici dunque di un brindisi a tutte le battaglie combattute insieme?"

"E anche alle future" aggiunse l'Arle Howe alzando il calice.

"Perchè intanto voi, bambini, non andate fuori a prendere un pò d'aria" ci invitò mia madre mentre allegramente mio padre e l'Arle Howe continuavano a bere e a scambiarsi battute sulle battaglie combattute.

"Potresti mostrare il tuo cagnolino al giovane Thomas" mi consigliò Madre Maria.

Oh, no.. avrei dovuto sopportarlo anche il pomeriggio.

"Hai un cane?" mi chiese incuriosito alzandosi dalla sedia, dimenticandosi che fino ad un'ora prima si era rivolto a me utilizzando solo il voi.

Andammo tutti e tre fuori dove l'aria era diventata un pò più calda rispetto alla mattinata e le nuvole si erano diradate "Sì sì, è un cane enorme che mangia i bambini, giuro. L'ho visto io." cercai di spaventarlo.

"Ma che dici sorellina, Lucky è ancora un cucciolo!" mi rovinò lo scherzo Fergus.

Gli lanciai un'occhiataccia.

"Eccolo lì" mio fratello lo indicò all'altro ragazzino.

"Che bel nome" disse Thomas avvicinandosi a Lucky e accarezzandolo.

"E' bellissimo" commentò poi "vorrei avere anch'io un cane così" aggiunse un pò triste.

"E' un Mabari. Fra qualche mese sarà davvero grandissimo" lo descrisse Fergus.

"Sarà il mio cane da guerra" dissi io felice.

"Guerra, tu? Ma se non riesci nemmeno a resistere cinque secondi contro di me" mi sfidò Fergus.

"Questo è tutto da vedere" gli feci io la linguaccia.

"Anch'io voglio andare in guerra, un giorno, con un cane che sia grande più di noi tre messi insieme, così tutti si spaventeranno e fuggiranno." si inserì Thomas.

"Ma non esistono cani così grandi" protestai io guardando nei suoi occhi turchesi. Dopotutto non era così antipatico, realizzai sorridendo.

"Beh, io ne troverò uno e se fa qualche cucciolo te lo darò così potrai avere una cane bello grande anche tu" continuò facendomi arrossire leggermente.

Mi ricordai allora del ciondolo che dovevo regalargli e che fino a quel momento avevo portato al collo.

Me lo tolsi e glielo porsi "Tieni, io e il mio Maestro l'abbiamo preso per te. Così non ti dovrò pagare quando mi darai il cucciolo di cane enorme" dissi sorridendo.

Lui lo indossò "Grazie" mi disse in un sussurro.

"Ehi! Anch'io voglio qualcosa!" protestò mio fratello.

"Solo se ci batti nella corsa, andiamo Thomas" cominciai a correre prendendo per la mano quel ragazzino che avevo appena conosciuto.

Scoppiammo entrambi a ridere e, inseguiti da mio fratello, corremmo verso il sole.



Un capitolo così ci voleva proprio :) ecco il primo incontro tra la piccola Brida e Thomas..  Capitolo leggero volto a delineare il personaggio di Thomas e in parte a mettere ancora di più in luce il misterioso maestro di Brida..  sisi, lo so che avrò detto la parola misterioso almeno un centinaio di volte riferendomi a lui xD il fatto è che è davvero MOLTO misterioso xD promesso! Buona lettura


 

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Capitolo 10
*** La taverna ***


Sbuffai leggermente mentre posavo "La leggenda di Calenhad" nello scaffale. Avevo avuto una giornata davvero interessante, chiusa nella mia stanza tutto il giorno. Avevo parlato con mio fratello e a malapena con due servi elfici. Le cose non potevano certo andarmi peggio.

Le parole di quel libro risuonavano così vuote nella mia testa e a furia di leggerle mi era venuto un leggero mal di testa. Shayna, Myrddin, Mairyn e lo stesso Calenhad mi sembrarono così sciocchi, nel combattere e uccidersi solo per amore. Lucky aveva il muso appoggiato sulle mie gambe, anche lui visibilmente annoiato di quella giornata passata completamente al chiuso. Improvvisamente nella mia testa cominciò a risuonare la sua voce, di Thomas "Brida.. io devo dirti una cosa" aveva sussurrato la sera prima, dolcemente.

Forse avrei potuto affrontare mia madre, mio padre, l'Arle Howe e la stessa odiosa Madre Mallol, ma non una sua qualsiasi rivelazione.

Thomas mi aveva sempre voluto bene e non volevo ferirlo. Ma, inevitabilmente, sarei finita per farlo se lui avesse terminato quella frase.

E forse sarei stata costretta a farlo un giorno. Non potevo fingermi innamorata di lui, non l'avrei mai fatto.

Diedi qualche carezza sul muso di Lucky. Subito mi sentii come mancare il respiro: avevo bisogno di aria.

Spalancai la finestra e fissai il cielo: le stelle erano davvero luminose, quella notte, e l'aria tiepida, quasi come quell'estiva.

"E' davvero una bella serata" dissi rivolta al mio cane.

Lui subito si avvicinò alla finestra per annusare l'aria.

"Vorresti uscire, vero bello?" domandai più a me stessa che a lui.

"A chi lo dici.." mi risposi da sola.

'No, Brida, già ieri te ne sei andata da sola all'Enclave e le cose stavano per finire davvero male' cercai inutilmente di fermarmi.

D'altronde però questa volta avevo Lucky e potevo portare i miei due pugnali.

Ma da dove sarei potuta uscire?

Cominciai a camminare, avanti e indietro, per la camera.

Come potevo non farmi beccare? E poi dove sarei andata?

'Dovunque' mi risposi. L'importante era essere il più lontano possibile da quella stanza nauseante e da quella sensazione di essere in gabbia.

E poi arrivò l'idea.

Indossai la cappa scura, infilai Fiocco e Treccia nei loro foderi legati ad una sottile cintura e con le mani presi il collare di Lucky "Stammi vicino" gli sussurrai "e non fare rumore" aggiunsi.

Mi avvicinai alla porta e l'aprii lentamente. Nel corridoio non c'era nessuno.

Sorrisi tra me e me avvicinandomi sempre di più alle cucine, dove l'entrata dei servi mi avrebbe permesso di uscire indisturbata.

Tenni stretta a me Lucky che silenzioso camminava al mio fianco, mentre noi due, come fantasmi, attraversavamo il castello silenzioso. Arrivata vicino alle cucine mi accorsi che nella Sala Grande c'erano ancora l'Arle impegnato a parlare con mio padre.

"Sei stato un pò crudele a lasciare tutto il giorno tua figlia chiusa nella sua stanza" stava dicendo l'Arle Howe a mio padre.

"Brida non è più una bambina e deve imparare a mostrare un pò di rispetto verso la sua famiglia e Madre Mallol.." la sua voce fredda svaniva sempre di più nell'aria mentre mi inoltravo all'interno delle cucine.

"Forse avrei dovuto essere un pò più duro con lei quand'era più piccola.." fu l'ultima frase che sentii mentre senza ripensamenti avevo preso le scale che conducevano all'esterno.

 

 

'Aria' fu la prima cosa che pensai una volta giunta al di fuori di quel castello, fuori da quelle mura.

Chiusi gli occhi cercando di farne entrare più che potevo nei polmoni, per riempirmi di quella tiepida aria primaverile.

Lucky abbaiò leggermente. "Ssh" lo sgridai io "forse è meglio che ci allontaniamo da qui, vieni."

Mi misi le mani nelle tasche della cappa: come immaginavo c'erano delle monete.

Feci qualche passo verso la città: era così diversa rispetto al giorno, buia, scura, ma soprattutto silenziosa.

Il quartiere del mercato era vuoto, tutte le bancarelle erano state chiuse e abbandonate, i negozi erano sprangati.

Mi sedetti un attimo sull'orlo di un muretto a lato della strada. Il cielo era magnifico quella sera, le stelle luminose, la luna una specie di sorriso d'oro che risplendeva nel buio della notte.

E mentro ero persa ad ammirare il cielo, cominciai a sentire delle voci che provenivano dalla parte più bassa della città. Erano risate, probabilmente provenienti da una taverna.

Perchè le locande risuonavano di risate e i castelli invece solo di vuoti silenzi? Mi alzai in piedi tendendo ancora di più le orecchie da quella parte.

Sapevo che non mi sarei dovuta avvicinare, ero solo una ragazzina perlopiù indifesa e sola.

Ma quelle risate non erano vuote, quelle canzoni stonate e quelle parole urlate senza alcun senso, erano qualcosa di vero.

Feci solo qualche passo avvicinanandomi alla zona più povera della città che sembrava però emanare un senso di allegria molto maggiore rispetto a qualsiasi fortezza ricoperta d'oro.

Presi il collare di Lucky tra le mani per tenermelo vicino e mi coprii il viso col cappuccio della cappa.

La taverna distava solo qualche passo da me, qualche persona era fuori a scolarsi un boccale di birra in allegria. Al di sopra c'era un'insegna. C'era scritto "L'orso sbronzo".

'Perchè lo sto facendo?' mi chiesi soltanto mentre a passi veloci entravo all'interno dell'osteria.

Appena entrata mi fermai per osservare le persone nella stanza, qualcuno mi lanciò uno sguardo di sfuggita, ma la maggior parte erano troppo impegnati a scolarsi la propria birra per prestare attenzione a me che, silenziosa, mi sedevo in un angolo. "Seduto" sussurrai a Lucky che si accucciò ai miei piedi.

Mi strinsi nella mia cappa e feci un mezzo sorriso.

Ce l'avevo fatta, ero entrata in una taverna piena di uomini ubriachi e... stranamente mi sentivo a mio agio.

In un angolo c'era una giovane ragazza che suonava un flauto, la osservai silenziosa.

Non era bellissima, non quel genere di ragazze per cui un uomo farebbe di tutto, ma aveva grazia e gli sguardi di molti degli uomini della sala erano puntati su di lei.

Aveva capelli biondi molto lunghi e suonava in maniera deliziosa, inoltre c'era qualcosa di maestoso in lei, di affascinante.

La invidiai come non avevo mai invidiato nessuna ragazza prima e desiderai poter avere la sua vita, il suo aspetto, il suo mondo.

Volevo essere come lei.

"Vuoi qualcosa da bere?" interruppe i miei pensieri un giovane avvicinandosi a me.

Mi strinsi ancora di più nella cappa senza alzare lo sguardo verso di lui.

"U-una birra" dissi balbettando.

'Sto ordinando una birra' mi stupii di me stessa.

"Te la porto. Solo una cosa. E' buono?" aggiunse indicando Lucky che aveva il muso appoggiato ai miei piedi. "Non vogliamo disordine qua dentro" continuò.

Alzai un attimo lo sguardo verso di lui "Buonissimo, t-te l'assicuro."

Occhi scuri mi scrutarono un pò stupiti nel vedere un viso così giovane dietro a quella mantella scura. Erano intensi e stranamente ipnotici.

Cercai di fare un mezzo sorriso e poi tornai a fissare il tavolo un pò imbarazzata da quel lungo sguardo.

Lui si allontanò.

'Non devo farmi notare' dissi a me stessa cercando di essere il più invisibile che potevo.

La ragazza aveva appena finito di suonare e gli uomini che le erano intorno cominciarono a battere le mani "Petrice, sei fantastica. Come te non suona nessuno. Ragazzo! Un'altra birra, forza!" urlò uno di loro.

Notai in quel momento che in mezzo a loro c'erano delle donne, molto poco vestite, forse delle prostitute, che ridevano anche loro.

Tutto sommato però il locale era abbastanza vuoto. Abbastanza per notare uno straniero che indossava una cappa scura.

La ragazza bionda che aveva appena finito di suonare infatti mi lanciò un'occhiata.

'Oh no, ti prego non ti avvicinare' pregai nella mente, invano.

Si sedette proprio di fronte a me, mentre gli altri uomini dall'altra parte della sala stavano brindando in allegria.

"Ehi, straniero. Cosa ti porta qui ad Altura Perenne? Nella taverna più malfamata di tutta la città?" si rivolse a me con uno strano sorriso malizioso.

In quel momento giunse anche l'altro ragazzo.

"Petrice, lascia in pace i clienti. Tieni, la tua birra" disse allungandomi il mio boccale.

"Grazie" sussurrai lasciando di stucco la giovane che si accorse solo in quel momento che ero una femmina.

"Sei una ragazza" disse scoppiando a ridere "Scusa, io non credevo.. Insomma, a quest'ora della notte, tutta sola. Forse hai sbagliato posto." cercò un pò imbarazzata e sorpresa di dirmi.

"Petrice" la sgridò il ragazzo che mi aveva servito la birra.

"Io volevo solo bere qualcosa" risposi sempre in un bisbiglio "e di solito nelle taverne si vende da bere" cercai di dire un pò ironica.

Petrice, com'era stata chiamata dall'altro ragazzo che si era allontanato per portare dell'altra birra agli uomini dall'altra parte della sala, scoppiò a ridere.

"Si, scusa. Ma hai intenzione di stare tutta la sera con quel cappuccio alzato? Ti assicuro che quegli uomini laggiù sono già abbastanza occupati. Non ti infastidiranno" mi rassicurò sorridendomi.

I suoi occhi chiari mi scrutarono quando visibilmente imbarazzata abbassai il cappuccio della cappa e scoprii completamente il mio volto.

Mi accorsi solo in quel momento che nell'ambiente c'era un'aria grave e pesante e un odore misto tra piscio e birra, davvero molto acre.

"Ora capisco perchè ti nascondevi, sei davvero molto giovane e carina" si complimentò la ragazza facendomi leggermente arrossire.

"Beh, io comunque sono Petrice, piacere di conoscerti" continuò allungandomi la mano.

"Io mi chiamo..." 'non Brida' "Shayna" dissi ricordando il nome della lady che aveva portato il regno di Calenhad al disastro.

Le strinsi la mano.

"Io sono la figlia del capo" continuò lei "che è quell'uomo dietro al bancone, e mi diverto a suonare il flauto.."

"E a disturbare i clienti" tornò il ragazzo dagli occhi scuri.

"Non sto disturbando, vero Shayna?" mi chiese.

Io spostai i miei occhi sul ragazzo di fianco a lei, deglutii leggermente mentre lui mi scrutava, sembrava capace di guardarmi fin dentro l'anima.

"No, no. Mi sta solo facendo compagnia."

Sorrisi, non avevo mai visto uno sguardo così potente, così vero.

Abbassai gli occhi arrossendo.

"Al massimo sei tu quello che la disturbi" aggiunse Petrice.

Fortunatamente in quel momento intervenne il mio cane, che ridestatosi cominciò a fare le feste ai due ragazzi.

"Che bel cane, come si chiama?" mi chiese la ragazza bionda.

"Lucky" risposi io mentre ancora l'altro ragazzo mi stava fissando.

"Bel nome, davvero. Jack, torna nel nostro mondo per favore" aggiunse ridacchiando alle spalle dell'altro che parve finalmente disincantarsi.

Io mi limitai a sorridere.

"Vado a prendere dell'altra birra" disse lui ritirandosi tutto rosso in volto.

"Direi che hai fatto colpo" rise Petrice mentre stava accarezzando il mio Mabari.

"Lui è mio fratello, si chiama Jack, è un tipo un pò scorbutico" commentò poi.

"Non vi somigliate per niente" commentai io paragonando il suo sguardo scuro e intenso a quello dolce e chiaro di lei. Anche i capelli, scuri quelli di lui e biondi quelli di lei.

"Ce lo dicono tutti. Io somiglio a mamma, mentre lui ha preso da papà. Ma tu non bevi?" mi chiesi poi notando che il mio boccale era ancora pieno. "Io in realtà..."

"Ehi Petrice, non ci suoni qualcosa?" sbraitò un uomo ubriaco dal fondo del locale.

"Come se poi te lo ricorderai domani, vero Kai?" scherzò lei ironica.

"Beh se suoni nuda ti assicuro che domani mi ricorderò tutto" suscitò le risate dei compagni l'uomo che sembrava chiamarsi Kai.

"Io torno di là suonare, tu finisci pure con calma" mi congedò la ragazza.

Annuii un pò distratta, notai poi che qualcuno degli uomini là in fondo stava chiedendo a Petrice con chi stesse parlando, ma presto quando la musica riprese tutti si dimenticarono di me.

Sorrisi nel bere una birra dal sapore più amaro che conoscessi.

Faceva davvero schifo, eppure in quel momento, in mezzo alla musica e alle risate mi sembrava la cosa più buona del mondo.

La melodia che stava suonando Petrice doveva essere molto famosa, tanto che qualche uomo cominciò a battere il ritmo sul tavolo con il boccale e qualche prostituta si lanciò in un ballo sfrenato sui tavoli.

"Meditazioni e odi alle api" una voce mi disse da dietro. Mi girai. "E' il nome di quella melodia, ci sarebbero anche della parole, ma ci manca una cantante" era ancora quel ragazzo, Jack.

"Tua sorella suona davvero bene" gli dissi.

"Solitamente è anche molto brava a mettere in imbarazzo le persone, scusala nel caso.."

"Tranquillo, non mi ha detto nulla di male" gli risposi prima che potesse terminare la frase.

"Non ti ho mai vista da queste parti, da dove vieni...?" disse cercando di ricordarsi il mio nome, anche se non glielo avevo ancora detto.

"Shayna, mi chiamo Shayna. E vengo da... un posto lontano, che non conosce nessuno" cercai di mentire.

"Ah, capisco. Se vuoi un consiglio a quest'ora della notte è meglio che stai in un luogo più tranquillo. Sei molto giovane e non mi sembri una frequentatrice di taverne. Forse dovresti tornare a casa"

Assunsi un'aria abbastanza corrucciata "Detesto la mia casa" dissi tagliente.

"A chi lo dici. Cioè, avere a che fare tutti i giorni con quei tipi, sempre ubriachi, che costantemente ci provano con mia sorella. Talvolta è davvero pesante e difficile" disse sedendosi un attimo di fronte a me.

Subito venne colto dall'imbarazzo "Scusa, io non so neanche perchè ti sto dicendo queste cose. Ti conosco appena"

"No tranquillo, a me fa piacere ascoltare i problemi degli altri, almeno così mi dimentico dei miei." dissi cercando di sorridere e sorseggiando leggermente quella birra.

Lui accennò una risata scostandosi i capelli dagli occhi.

"E' bello però vedere qualche faccia nuova, insomma. Mi movimenti un pò la serata" aggiunse poi.

Gli sorrisi leggermente "Credo che il tuo sia il lavoro più bello che esista. Sei in mezzo a gente che ride e si diverte. Non riesco a credere che ci si possa annoiare."

"Annoiare è dire poco. Insomma, sempre qui, chiuso dentro, in mezzo a gente che ricorda il mio nome solo perchè gli porto la birra. Io vorrei qualcosa di più. Una vita vera. Conoscere delle persone che mi rispettino per quello che sono. Essere qualcuno." i suoi occhi erano più luminosi che mai e sembravano guardare lontano eppure si stavano specchiando nei miei.

Accennò una piccola risata "Ti sembrerò uno stupido, lo so"

"No ti assicuro, anch'io la penso come te. Anche se forse ci creiamo troppe aspettative per cose che poi alla fine non ne valgono la pena. Cioè, alcune volte essere qualcuno non è tutto, quando in pochi si accorgono di chi sei davvero." Di nuovi tornai a guardarlo negli occhi.

Tra di noi si frappose uno strano silenzio che sembrò durare un'eternità.

Avrei voluto sfiorargli le mani, sentire il suo fiato sul mio collo o solamente stare lì davanti a lui, a parlargli per ore e ore. E invece mi alzai in piedi.

"Credo che sia ora per me di andare" presi qualche moneta dalla tasca.

Lui si alzò.

"Tieni" gli sussurrai allungando il mio braccio verso di lui.

Lui tese la mano e nel mentre in cui gli diedi le monete, i nostri palmi si sfiorarono leggermente.

Il mio cuore improvvisamente cominciò a sussultare.

"Ciao" lo salutai alzandomi il cappuccio della cappa sopra la testa.

"Ciao.." lo sentii sussurrare mentre come paralizzato mi osservava uscire dal locale.

Sorrisi tra me e me.

Per la prima volta in vita mia, mi ero innamorata.




:) capitolo che mi piace moltissimo, in quanto vengono presentati due personaggi molto particolari. Il nome Petrice, per chi ha giocato a DA2 non dovrebbe risultare nuovo. Il fatto è che non si accenna mai al suo passato e così ho pensato di creargliene io uno :) Da una parte abbiamo l'irreprensibile Thomas e dall'altra l'affascinante Jack, chi prevarrà?
Commenti o pareri sono sempre ben accetti!
 

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Capitolo 11
*** Ricordi: una passeggiata autunnale ***




"Madre Maria, com'è che siete diventata una donna di Chiesa?"

Stavamo camminando per i giardini del castello, in mezzo ai ciliegi che ormai perdevano le foglie.

Lei si strinse nel suo scialle mentre un venticello freddo soffiava sulla schiena.

Le tenevo un braccio, perchè faticava a camminare.

"Come sono diventata una donna di chiesa?" ripetè la mia domanda.

"Beh, la mia famiglia mi poteva dare poco, e l'alternativa della Chiesa sembrava una buona idea" i suoi occhi grigi, ricoperti di rughe, si spostarono su di me "non era la risposta che ti aspettavi, piccola? Avresti preferito che ti dicessi che mi era apparsa Andraste stessa in sogno?"

Alzai le spalle mentre continuavamo a camminare lentamente "No, beh. Pensavo però foste stata ispirata da qualcosa, qualcuno, non so."

"Ho imparato ad amare il Creatore e a credere in lui durante gli anni. Non si può sperare di ottenere tutto subito, no? E ora sono felice della scelta che ho fatto" terminò con un sorriso.

Di nuovo mi lanciò un'occhiata, turbata dal mio strano silenzio "C'è qualcosa che non va, figliola?"

"Nan dice che fra qualche anno mi sposerò. Dice che se non mi sposerò i miei genitori mi faranno diventare come voi, una donna di chiesa. Io però... non credo di volerlo. Io non voglio fare nessuna delle due cose" mi confidai con lei.

I miei occhi verdi risplendevano mentre lentamente calava una leggera nebbia, ormai il pomeriggio stava avanzando.

L'unico rumore che si sentiva era quello delle foglie secche che ad ogni passo calpestavamo.

"Vedi bambina mia, la tua famiglia è molto importante, e lo sai, e si aspetta grandi cose da te. Ma sarai tu quella che deciderà quali cose, ne sono sicura. In ogni caso non temere il futuro, vedrai che sarà uno dei più felici che esistano. E poi sono certa che prima o poi troverai un ragazzo che ti farà battere il cuore e che lo sposerai. Anch'io un giorno mi innamorai di un uomo."

"Voi vi innamoraste? Ma.." chiesi stupita.

"Lo dimenticai presto, perchè la mia vita era molto diversa dalla sua ed entrambi non eravamo disposti a rinunciare al nostro mondo per amore. Vedi, piccola mia, l'amore è un sentimento molto complesso.."

"Un sentimento che non proverò mai, ne sono sicura." dissi io con orgoglio.

Lei mi guardò scuotendo la testa "Non ne sarei così certa, al posto tuo. In ogni caso vale la pena viverlo, fin tanto che non ci fa rinunciare a ciò che teniamo di più. Tu hai una famiglia che ti vuole bene, un popolo che ti rispetta e che ti rispetterà, sarebbe sciocco perdere tutte queste cose solamente per un unico sentimento, no?"

Io annuii convinta dalle sue parole "Dovrò innamorarmi solo di qualcuno che non mi faccia perdere l'amore della mia famiglia, quindi?"

"Oh beh, al cuor non si comanda, così si dice. Ma tocca poi a noi scegliere se combattere questo sentimento, per poter restare vicini a ciò che ci è più caro, o se invece viverlo perdendo ogni cosa. Un giorno forse i tuoi genitori ti chiederanno di sposarti e tu dovrai scegliere un uomo che ti ami e che ti rispetti, ma che soprattutto ami il tuo mondo e lo accetti fino in fondo. Solo questo conta, solo così tu potrai essere felice insieme alla tua famiglia."

Mi sorrise sistemandomi una ciocca che era fuoriuscita dalla mia coda.

"Tu mi aiuterai a scegliere, vero?" le domandai guardandola.

Lei fece una leggera risata "Certo, mia cara, io ti starò sempre accanto, sempre."

Le sorrisi mentre stanche tornavamo verso il castello.



Capitolo molto corto che descrive il rapporto tra Madre Maria e la piccola Brida, con i suoi dubbi e le sue preoccupazioni e un nome, quello dei Cousland, da onorare.  

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Capitolo 12
*** Le Colline delle Aquile ***


Il primi raggi di sole penetrarono nella mia stanza ed io ero lì, sdraiata sul mio letto, ancora un pò elettrizzata per quello che era successo la notte precedente.

Sorrisi e mi alzai in piedi canticchiando tra me e me, in un batter d'occhio mi ero già vestita.

Quasi mi ero già dimenticata della litigata con i miei genitori, della giornata passata chiusa nella mia stanza, sembravano ormai cose così lontane.

"Forza Lucky, è mattina" dissi svegliandolo. Io in realtà avevo dormito poco o niente, ma non m'importava.

Controllai di aver rimesso i miei pugnali al loro posto, e anche la cappa.

Poi uscii a passi veloci dalla stanza con un sorriso luminoso stampato sul volto.

Era stupido e immotivato, in fin dei conti avevo solo parlato per neanche qualche minuto con un ragazzo!

Eppure l'aver trasgredito alle regole, l'essere uscita, l'essermi sentita libera e aver guardato nei suoi occhi scuri mentre sorseggiavo lentamente una birra, erano quelle le cose che mi rendevano davvero felice.

"Buon giorno Nan" dissi schioccandole un leggero bacio sulla guancia e ricevendo un borbottio come risposta.

"Ser Gilmore!" salutai il cavaliere mentre scendevo velocemente le scale.

"Milady" lo sentii dire mentre mi trovavo già nella sala grande.

I servi elfici del castello erano già impegnati a servire la colazione, in attesa dell'arrivo di mio padre e della mia famiglia, che forse si stava ancora preparando.

In fin dei conti ero stata davvero veloce quella mattina, cosa davvero rara.

"Mia signora siete già sveglia" mi disse uno di quei servi "Se volete accomodarvi, posso già portarvi qualcosa. Altrimenti se preferite aspettare vostro padre.."

"Ho molta fame, credo che comincerò a mangiare anche senza di lui. A proposito, posso chiederti se

per caso l'Arle Howe e suo figlio si trovano ancora qui?" chiesi già mettendo in bocca un biscotto che avevo preso dalla tavola.

"Si, Milady, credo che resteranno ancora per un pò. Vostro padre aveva intenzione di passare con loro tutta la Primavera, se non sbaglio"

Feci una piccola smorfia prima di mettermi in bocca un altro biscotto.

'Questa proprio non ci voleva' pensai ringraziando l'elfetto e mettendomi a sedere a tavola.

"Sorellina" mi salutò mio fratello "Vedo che ti sei svegliata con appetito" continuò mettendosi a sedere al mio fianco insieme a sua moglie.

"Oriana" la salutai con un piccolo cenno del capo ricevendone uno altrettanto piccolo ma molto più aggraziato compiuto da lei.

"Sì, Fergus. E sono di buon'umore. Anzi ho deciso che nulla mi rovinerà questa giornata"

"Tranne scoprire che a furia di mangiare biscotti hai preso qualche chiletto, mi sa" disse ridacchiando e meritandosi una mia piccola spinta sulle spalle.

"Eh, piantala" aggiunsi poi.

"Ti informo già che l'Arle Howe e Thomas.." cominciò lui.

"Sì, sì. Lo so, lo so." dissi senza battere ciglio.

"Thomas sembra proprio un bravo ragazzo" intervenne Oriana che a differenza mia e di mio fratello non aveva ancora toccato cibo.

Sospirai leggermente "Sì, lo è infatti. Io e Fergus lo conosciamo da almeno.. quanti saranno? 7 anni?" gli chiesi.

"Sì, credo sette anni. Era tutto magrolino all'epoca, non certo un bello spettacolo. Ma si è fatto uomo, vero sorellina?" disse con uno strano sorriso.

"Ti prego, non ti ci mettere anche tu. Mi basta già mamma con le sue allusioni" conclusi facendo con le mani i segni delle virgolette.

"E se ti dicessi che proprio lei ha in mente una passeggiata tutti insieme, alle Colline delle Aquile?"

Scossi la testa ridendo tra me e me "E sia, neanche una simile prospettiva mi rovinerà la giornata. Vedrai." lo sfidai con lo sguardo.

"Ma che cosa hai bevuto sorellina, ieri? Non ti ho mai vista così... ottimista!"

'Solo birra' pensai sorridendo, ma sapevo bene che non era stata solo quella a rendermi così felice.

 

 

Arrivammo tutti insieme con ben due carrozze alle Colline delle Aquile. Era più fresco del giorno precedente, ma in ogni caso il sole splendeva nel cielo blu come poche volte faceva già ad inizio Primavera.

L'Arle Howe mi aveva già chiesto nella maniera più gentile e sarcastica che conosceva se stavo meglio rispetto al giorno precedente e io con un perfetto sorriso gli avevo risposto che mi ero ripresa perfettamente. I miei genitori mi avevano solo lanciato qualche occhiata di rimprovero, ma infine si erano subito convinti che la mia fuga era solo stata una sorta di follia passeggera.

Poveri sciocchi.

Io e Thomas avevamo scambiato solo qualche distratta parola, niente di più, fino a quel momento.

Nonostate tutto, mi accorsi che non ero così dispiaciuta di vederlo.

"Non potevamo scegliere giornata migliore per compiere questa magnifica gita, vero caro?" commentò mia madre mentre lentamente avanzava a braccetto di mio padre.

"Eh, sì, hai avuto davvero una buona idea."

Di fianco a loro c'era l'Arle Howe e dietro silenziosamente li seguivamo io, Ser Gilmore, Thomas, mio fratello e Oriana, che precedevamo a nostra volta qualche servo che portava il necessario per organizzare più tardi il pranzo.

Raramente accadevano cose di questo genere nella mia famiglia, di solito mio padre doveva incontrare persone, organizzare eventi e non aveva tempo per simili distrazioni, come le chiamava lui. Mi chiesi se davvero l'arrivo dell'Arle Howe poteva avergli fatto un buon effetto e sorrisi tra me e me, mentre insieme a mia madre lui discuteva amabilmente dei recenti problemi che avevano interessato il territorio.

"Abbiamo avuto anche da fare con dei mercenari che si muovevano nei villaggi intorno alla città, fortunatamente Ser Gilmore e il corpo di guardia se ne sono occupati" continuò mio padre mentre io lanciavo un'occhiata al rosso cavaliere che colmo di orgoglio sorrideva guardando avanti.

Mio padre aveva sempre nutrito del grande rispetto per lui, fin dal primo momento in cui era giunto, 6 anni prima. Aveva 2 anni più di me e vantava una possenza muscolare che mio fratello non poteva raggiungere nemmeno lontanamente. .

Feci un mezzo sorriso, osservando che avevo lui da una parte e dall'altra Thomas. Non potevo certo dirmi in cattiva compagnia.

Continuammo a camminare così per almeno una decina di minuti, con mio padre, mia madre e l'Arle Howe che spezzavano i rumori della campagna con la loro parlantina.

Poi, come mi aspettavo, mia madre si fermò e ordinò ai servi di cominciare a sistemare il necessario per cucinare il pranzo.

"Ragazzi, perchè voi non continuate a passeggiare, mentre noi ci riscaldiamo un attimo, qui al sole?"

'Tipico suo' pensai.

"Ser Gilmore, se non sbaglio voi siete già stato molte volte su questi colli. Perchè non ci accompagnate a vedere i luoghi più belli?" domandai io.

'Fregata' pensai lanciando un luminoso sguardo a mia madre che sapevo che avrebbe fatto di tutto per far rimanere me e Thomas da soli.

"Si certo, con piacere" acconsentì lui.

"Fra non molto saremo di ritorno, madre. Non cominciate il pranzo senza di noi" la salutò con un leggero bacio sulla tempia mio fratello, per poi riprendere a braccetto sua moglie e dirigersi dietro di noi.

 

 

"Allora, Gilmore, non ci farai perdere, vero?" scherzò dopo qualche metro mio fratello.

"Sono stato milioni di volte su queste colline, quand'ero più piccolo. E' da qui che provengo" rispose lui.

"Un magnifico posto" commentò Thomas.

"Peccato non abbia portato il mio arco, sarebbe stato un bel regalo per i nostri genitori trovarsi ancora un bel cervo a tavola, no Thomas?" continuò Fergus, cercando di fare conversazione.

"O un cinghiale. Ci sono cinghiali in questo bosco, Ser Gilmore?" domandò Thomas al cavaliere.

"Cinghiali, cervi, lupi. Ci sono un bel pò di bestie, si..." rispose lui.

"Se volevate impaurire due dame ci state proprio riuscendo bene" commentò con voce cristallina Oriana.

"Perfetto, così potrò stringerti un pò per rassicurarti" disse mio fratello pizzicandole il fianco con una mano.

"Fergus" lo sgridò lei, sempre però con il sorriso, dandogli un piccolo schiaffo sulla mano.

"Non ho mai avuto paura di certi animali" riemersi dal silenzio io "insomma... trovo molto più pericolosi gli uomini" aggiunsi.

"Ad Antiva c'è un detto 'Gli inganni e le bugie sono più pericolosi di qualsiasi zanna'. Credo che voi abbiate davvero ragione" disse la moglie di mio fratello.

"Sentite, qui c'è un bivio" ci fermò Ser Gilmore.

"Da una parte si sale e dall'altra invece si va giù, alla piana delle rocce. Cosa preferite..?"

"Ci dividiamo, no?" propose mio fratello.

"Io e la mia dolce metà scendiamo giù, voi salite. Quando il sole sarà nel punto più alto del cielo, ci ritroviamo qua, va bene?"

Cercai di frenare una leggera risata, al pensiero di me insieme a quei due, e di mio fratello che faceva di tutto per rimanere solo con la sua 'dolce metà'.

Di sicuro non era quello il termine che aveva in mente, per indicare la donna con cui condivideva il talamo. Il fuoco della passione..

"Ehm... ok" acconsentì Ser Gilmore.

Vidi lei arrossire leggermente mentre si allontanavano verso il basso.

Infine quando si furono allontanati scoppiai a ridere "Che succede?" mi domandò Thomas.

Scossi la testa "Niente, sono solo felice."

Ed era la verità.

 

 

La salita inizialmente fu poco faticosa, ma poi il sentiero cominciò davvero ad inerpicarsi.

Ser Gilmore e Thomas avevano discusso amabilmente di caccia, armi e tutte quelle cose da uomini che avevano fatto nascere in me un tenero sorriso ogni volta che le ascoltavo.

"Una spada, per essere letale non deve essere troppo pesante" dissi la mia, non stupendo poi così tanto i miei interlocutori, che di sicuro sapevano quanto anch'io ne sapessi a riguardo.

"Se posso permettermi, per una donna credo questo possa valere. Ma più un uomo è robusto, più la spada che lo accompagna deve essere massiccia" ribattè Ser Gilmore.

"Non lo credo proprio. L'importante è la velocità in combattimento, la velocità batte sempre la forza bruta" risposi io con il fiatone.

"Forse dovremmo tornare indietro adesso, manca poco a mezzogiorno" mi interruppe Thomas.

"Eddai Tom, ormai saremo quasi arrivati"

Eravamo tutti e tre sudati, di sicuro non un bello spettacolo alla vista.

"Si, non manca molto. Voi però ieri non stavate tanto bene. Siete sicura di voler..?"

"Ser Gilmore, non scherziamo. Sappiamo tutti che ieri stavo benissimo. Guardate, lì dovrebbe esserci una piccola radura" indicai io.

"la Radura dei tre Pini, è il nostro punto di arrivo" confermò il cavaliere.

Il nome sembrava proprio azzeccato, dato che c'erano solo pochi alberi e molto bassi. Possibile che eravamo giunti così in alto in così poco tempo?
"Chi arriva per ultimo, si siede nel fango" sfidai io i due ragazzi al mio fianco comiciando a correre.

Scattai più veloce che potevo e lasciai indietro di un pò Ser Gilmore e Thomas che erano stati presi di sorpresa.

"Prima!" urlai una volta arrivata, buttandomi letteralmente a terra, su della tenera erbetta verde.

'Peccato non aver portato Lucky' pensai 'lui si sarebbe davvero divertito qui'.

Il cielo sopra di me era cosparso solo da qualche leggera nuvoletta bianca, mi sentivo davvero soddisfatta di aver giunto una meta che mi ero imposta.

Mi alzai dopo qualche secondo con l'intenzione di gridare a Ser Gilmore che l'avevo battuto con la mia velocità quando improvvisamente mi si gelò il sangue nelle vene.

Mi paralizzai quando mi accorsi che tra me e i due giovani ragazzi torreggiava un enorme orso.

L'orso stava proprio guardando nella mia direzione.

Il suo ruggito sembrò eliminare qualsiasi altro rumore della foresta, come se in quella piccola radura circondata da pochi alberi ci fossimo solo noi e lui.

"Brida!" sentì urlare Thomas dall'altra parte.

'Gli orsi non attaccano sempre' cercai di rassicurarmi io mentre quello però non accennava a spostarsi di un passo.

"Non vi muovete" mi ordinò Ser Gilmore.

'No, che non lo faccio' pensai mentre a qualche metro di distanza l'animale continuava a fissarmi

Non avevo con me nessun'arma ed ero completamente inerme, di fronte a quell'animale.

Sentii il rumore di una spada che veniva estratta lentamente dal proprio fodero.

Ser Gilmore non girava mai disarmato, ma neanche lui avrebbe potuto farcela contro un animale di quelle dimensioni.

L'orso disturbato da quel rumore si girò verso di loro e si alzò in piedi sulle due zampe per cercare di sembrare il più minaccioso possibile.

E in quel mentre cominciai a correre più veloce che potevo verso la parte più bassa del pendio.

"Brida!!" urlò Thomas mentre mi stavo allontanando sempre di più, andandomene dalla parte opposta rispetto a dove eravamo arrivati.

La terra era scivolosa e le foglie mi graffiavano il viso mentre cercavo il più veloce possibile di fuggire da quella radura.

Non mi girai indietro nemmeno per controllare se l'orso mi stesse inseguendo, eppure mi sembrava di sentire i suoi passi pesanti che da dietro si facevano sempre più vicini.

'Non devo fermarmi, non devo fermarmi'.

Le gambe cominciavano a dolere quando vidi che le radici di un'enorme quercia formavano un perfetto riparo.

Mi ci accucciai cercando di rallentare il mio respiro.

La foresta era diventata silenziosa, gli alberi ora molto più alti rispetto a quelli della Radura dei tre Pini, immobili sembravano osservarmi, mentre neanche il vento soffiava più.

Improvvisamente mi sentii tirare da un braccio, stavo per urlare quando una mano mi coprì la bocca.

Era Thomas.

Mi fece segno di rimanere in silenzio mentre lui mi teneva stretta a sé.

L'orso doveva essere ancora nei paraggi.

Il mio viso era così vicino al suo petto che riuscivo a sentire il suo cuore battere forte.

Ed era lì infatti, la belva, appena dietro il tronco che ci nascondeva.

Una piccola folata di vento portò il suo odore verso di noi.

Io cercai di appiattirmi il più possibile contro Thomas che spaventato forse quanto me tentava di respirare il meno possibile, per non far rumore.

E poi così all'improvviso com'era arrivato, quell'orso se ne andò, scendendo giù verso la valle opposta a quella da cui provenivamo noi.

Io e Thomas rimanemmo però ancora per qualche secondo in quella posizione, tremando per l'incontro con la bestia appena conclusosi.

"Se n'è andato?" domandai io ad un certo punto.

Lui mi lasciò facendo un profondo sospiro di sollievo "Sì, sembrerebbe di sì" rispose spostando i suoi occhi chiari su di me.

"Lady Brida, Messer Thomas, state bene?" ci domandò una voce proveniente da più in alto, spezzando il silenzio che si era frapposto tra noi due.

"Noi stiamo bene" dissi io avvicinandomi a Ser Gilmore, che era appena arrivato.

"L'orso è sceso" confermò Thomas.

"Siete stato molto coraggioso" continuò il cavaliere rivolgendosi a Thomas.

Io li guardai interrogativamente.

"Appena voi avete cominciato a correre, Messer Thomas vi ha inseguita senza temere l'orso" mi rispose Ser Gilmore, facendo imbarazzare leggermente il ragazzo che un attimo prima mi aveva stretta a sé.

"Grazie" sussurrai leggermente, sorridendogli.

"Ehm... di nulla. Ora credo dovremmo ritornare dai nostri genitori" mi rispose lui cominciando la risalita all'altura, per poi dirigersi al sentiero che scendeva.

Mi scostai dei capelli bruni che si erano infradiciati per il sudore e con la paura ancora in corpo, tornai sui miei passi.

 

 

"Come avete potuto allontanarvi in questa maniera! Lo sapete che ci sono un sacco di bestie feroci nei boschi!" ci sgridò mia madre.

Anche mio fratello mi lanciò un'occhiataccia di rimprovero. In effetti mezzogiorno era già passato da un pezzo.

"Dovete scusarmi Teyrna, non avrei dovuto mostrare a vostra figlia quel sentiero.." cercò di intervenire Ser Gilmore.

"No che non avreste dovuto!" ribattè lei con forza.

"Madre, non è colpa di nessuno se abbiamo incontrato un orso" dissi io in difesa del cavaliere.

"Mia cara, calmati. Non è successo nulla"mio padre tentò di rassicurare mamma mettendole un braccio intorno alle spalle "Se avessi saputo che avevi intenzione di salire così in alto, ti avrei fatto accompagnare da qualche uomo in più, Brida" continuò poi rivolto verso di me.

"Sono tre ore che vi cerchiamo" gli diede man forte Fergus.

"Non ci siamo accorti del passare del tempo, tutto qui. Non mi sembra così grave" mi difesi io.

"Sono ragazzi, Bryce, alla loro età abbiamo vissute esperienze credo più terribili rispetto ad un incontro con un orso" cercò di appianare la situazione l'Arle Howe.

Lo guardai un pò sorpresa. Era già due volte, contando il pezzo di discorso che avevo origliato la sera prima, che lui tentava di venire in mia difesa.

Mio padre fece un lungo respiro "Torniamo a casa" infine decretò.

Lanciai un piccolo sguardo a Thomas.

Forse la gentilezza dell'Arle Howe non era affatto gratuita.

E dopo essere risalita sulla carrozza con cui eravamo arrivati, feci un profondo sospiro osservando il cielo in cui le nuvole bianche che avevo scorto prima, diventavano sempre più scure e fitte.

Presto avrebbe piovuto.


:) finalmente un po' di azione xD dopo un salto "Dall'orso sbronzo" ci voleva un orso in carne ed ossa :) La nostra Brida inoltre mi sa che dovrà proprio ricredersi sulle belve feroci xD spero abbiate apprezzato questo capitolo un po' più movimentato!

 

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Capitolo 13
*** Ricordi: il nuovo scudiero ***


La pioggia cadeva lentamente mentre dalla finestra osservavo cosa stava accadendo di sotto.

"Chi è quello ?" chiese Tom, seduto di fianco a me, con un piccolo cavallo di legno tra le mani.

Scossi la testa: un ragazzino dai capelli rossicci stava parlando con i miei genitori e con mio fratello.

" E' il figlio di uno dei Bann della famiglia Cousland"

Una voce sgraziata aveva appena finito di parlare: l'Arle Howe era entrato nella stanza.

"Papà!" lo salutò Thomas con un sorriso, mentre io feci solo un cenno col capo.

"E' venuto a trovarci?" domandai poi, ancora guardando fuori dalla finestra.

"E' venuto per restare. Suo padre l'ha portato qui e ha chiesto al vostro di fare di lui uno scudiero. Deve essere bravo con le armi, presumo." continuò l'Arle.

"Forse diventerà un cavaliere.." osservai io ad alta voce.

"Io diventerò un cavaliere" ribattè Thomas.

"No, Tom, tu sarai Arle di Amaranthine, una volta che io sarò morto" lo corresse suo padre.

"E mio fratello diventerà Teyrn" aggiunsi io.

"Già" commentò acido l'Arle Howe.

Per un attimo tutti e tre rimanemmo a fissare la mia famiglia insieme a quel giovane ragazzino, come per immaginare cosa stessero dicendo.

"Avete visto il mio maestro, Arle Howe?" domandai poi, spezzando il silenzio.

"No, ma ho visto il vostro cane, Lady Brida. E' cresciuto moltissimo e si diverte ad infastidire la vostra balia. Deve aver preso da voi" commentò sarcastico meritandosi una mia occhiataccia.

"Sembra stupido" ci interruppe un pò immusonito Tom, ancora concentrato sul ragazzino.

"Hai detto così, anche quando era venuto il Bann di Alto Giardino con i suoi figli" protestai io.

"Ma è vero! Sembravano stupidi e anche questo" ribatté lui.

"Devi sempre fare così!" dissi io alzandomi arrabbiata. Quand'era con suo padre doveva sempre comportarsi in maniera così sciocca, lo detestavo.

"Piantatela" tagliò corto l'Arle, poi mi prese per un braccio prima che potessi uscire dalla stanza.

"Vostro padre mi ha chiesto di assicurarmi che voi restiate qui" mi disse freddo, stringendo la presa sul mio polso.

I miei occhi smeraldo si accesero di paura e rabbia.

"Non è vero, lui non ordinerebbe mai una cosa simile!" ribattei io, mentre con l'altra mano lui teneva il braccio di Thomas che un pò spaventato mi guardava.

"E invece si!" lui mi strattonò violentemente mettendomi al fianco di suo figlio "E non voglio mai più vedervi litigare in questo modo" continuò l'Arle abbassandosi sulle ginocchia e puntando il dito contro entrambi, me e Thomas. La sua voce era come folle, pazza. Era la prima volta che sentivo un uomo parlarmi in questa maniera.

Io come in automatico strinsi con la mia mano quella di Tom, suscitando nell'Arle un sorriso di soddisfazione.

"Ecco bravi, voglio vedervi così. A tenervi per mano e giocare insieme. Voi due vi volete bene, vero?" ci chiese con una strana luce spaventosa negli occhi.

Tom annuì mentre io come impietrita guardavo il viso dell'Arle davanti a me.

"E dovrete per sempre volervi bene, capito? E' molto semplice come cosa. Voi avete entrambi 10 anni, potete già capire..."

"Arle Howe, cosa ci fate qui?" domandò una voce calda dalla porta.

Mentre lui si girava verso di lei, io ne approffitai per sgusciare via dalla sua presa e mettermi dietro la nuova arrivata.

"Piccola Brida, che succede?" mi chiese Madre Maria dopo aver compiuto un leggero colpo di tosse.

L'Arle si rialzò in piedi "Stavo solo venendo a prendere mio figlio. Credo che sia ora per lui di tornare a casa sua, ad Amaranthine" rispose lui, con aria seccata.

"Ci ha fatto davvero piacere averlo tra noi per un anno intero, vostro figlio si è dimostrato.." cominciò Madre Maria mentre io dietro di lei osservavo con occhi ancora un pò spaventati l'Arle.

"Sì, sì, certo. E' stato un piacere anche per noi. Tom." concluse l'Arle Howe, rivolgendosi poi in maniera repentoria verso il figlio, che a capo chino gli si avvicinò.

Io lanciai qualche sguardo un pò triste a Thomas "Ci vediamo" gli sussurrai.

"Ciao" mi disse lui solamente prima di uscire dalla stanza, dietro a suo padre.

"Allora, mia giovane Lady. Che cosa c'è che non va?" si rivolse verso di me Madre Maria con un sorriso, notando il mio strano atteggiamento.

"Thomas mi mancherà" dissi solamente, un pò mogia.

"Oh, non temere" mi consolò la Madre Venerata "presto saranno di nuovo qui. Suo padre è parecchio amico del tuo, sì, te l'avevo già detto. A proposito di amici di tuo padre, è arrivato un nuovo scudiero, Roland Gilmore, un ragazzo molto coscienzioso, mi è stato detto..."

Ma io mi ero già persa nelle parole che aveva appena pronunciato l'Arle Howe.

"Madre Maria" richiamai l'attenzione dell'anziana donna al mio fianco.

"Sì, mia cara?" mi domandò lei.

"C'è qualche motivo, per cui non dovrei volere bene a Thomas?" chiesi con spontaneità.

Lei mi accarezzò i capelli "Ma certo che no, ma che domande ti vengono in mente, mia piccola Lady?"

Io alzai le spalle, cercando di dimenticare ciò che avevo appena udito dall'Arle Howe.

'Speriamo lui non torni' pensai un pò arrabbiata e insieme a Madre Maria, mi diressi al cortile per conoscere il nuovo scudiero.




.:) capitolo, un po' strano in cui si può già cominciare ad intuire da dove nasce il disprezzo che la mia piccola Brida prova verso l'Arle. A dieci anni, spesso alcune cose si capiscono, come per esempio che cosa intendeva dire l'Arle, ma per motivi che alcune volte neanch'io riesco a spiegarmi bene bene, a quell'età si cerca di "dimenticare", di non voler comprendere fino in fondo (faccio un esempio stupido, a quell'età nonostante sapessi benissimo che Babbo Natale non esisteva, ho continuato a fingerci di crederci per ancora un bel po' ^_^). 
E' un'età secondo me particolare, in cui si può passare da fare discorsi seri (come quello con Madre Maria dello scorso capitolo) a giocare ancora semplicemente, in cui ci si sente quasi "grandi", eppure si riconosce di aver bisogno di un adulto, nei momenti di più paura. E mi sembrava l'età migliore dove porre questo particolare incontro tra Brida e l'Arle :) critiche, pareri, commenti, sono i benvenuti!

ps: a quell'età ho scritto una lettera "serissima" xD alla direttrice delle elementari, lamentandomi di non so che cosa, e contemporaneamente credevo nella magia :) quindi come ben si può capire, ritengo che quel periodo della nostra vita sia davvero pieno di contraddizioni e stranezze xD

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Capitolo 14
*** Pioggia, zuppa e risate ***


Tutta bagnata con Lucky al fianco entrai nell'edificio, dove in un angolo era stato acceso un camino, nonostante non facesse poi così freddo fuori.

L'aria, come la sera precedente, era pesante e odorava fortemente di birra.

Ok, sapevo che non era stata una buona idea tornare lì, dopo la giornata movimentata che avevo avuto.

Incontrare un orso non era una cosa che accadeva tutti i giorni e io sarei dovuta rimanerne scioccata, angosciata, spaventata. Avrei dovuto sentirmi stanca, debole, desiderosa di sdraiarmi sul mio letto.

E invece no, appena tornata a casa mi ero messa a congetturare su come avrei potuto, quella sera, sgusciare fuori dalla mia stanza e dopo aver concluso la cena mi ero subito ritirata nella mia camera, pronta ad attuare il mio piano.

E anche quella volta aveva funzionato.

Lo so, il gesto di Thomas che si era precipitato al mio inseguimento, mi avrebbe dovuto far riflettere, anche la gentilezza di suo padre. Forse avrei dovuto chiedere scusa a mia madre per averle fatto prendere uno spavento così grande, quando non mi aveva vista tornare, eppure nessuno di quei pensieri aveva minimamente attraversato la mia mente quel pomeriggio.

E il suono dolce del flauto di Petrice, li spazzò via del tutto.

Appena entrata mi tolsi la cappa: sotto indossavo un abito leggero, sul verde scuro, un abito considerato da mia madre "troppo semplice".

Sorrisi a Petrice salutandola leggermente: ero molto più sicura, rispetto al giorno prima.

Forse a causa della pioggia, quella sera le persone sedute ai tavoli erano meno e sembravano anche meno ubriache.

"Ehi ciao! Sei tornata Shayna!" mi salutò lei avvicinandosi.

"E indossi un abito niente male! Stai benissimo" si complimentò con me. "Anche tu bel cagnolone, sei proprio in forma" continuò accarezzando Lucky sul muso.

Possibile che una ragazza che conoscevo solo da un giorno mi sembrasse più famigliare di mio padre o mia madre?

Risi allegra "Anche la tua acconciatura è molto bella" commentai poi.

Quel giorno infatti Petrice portava i capelli legati in una coda, che veniva in avanti, a lato del collo.

Mi guardai un attimo intorno alla ricerca di un'altra persona.

"Mio fratello è in cucina, sta aiutando mio padre a cuocere una zuppa per i clienti" mi informò lei.

"Sei venuta per bere qualcosa?" mi domandò poi.

"No, in realtà.. ero venuta per vederti suonare." le risposi.

Lei rise "Deve averti allora davvero colpito il mio flauto. E io che pensavo fosse stato invece il mio fratellone" aggiunse facendomi l'occhiolino.

Scossi la testa sorridendo "Sul serio. Non ho mai sentito nessuno suonare bene come te" continuai.

"Siediti, allora. Io torno a suonare. Intanto se ti va posso chiedere a mio fratello di portarti una piatto di zuppa, ok?" mi chiese.

"Io in realtà ho già..." cercai invano di protestare.

"Sì, sì, certo. Avrai fame" tagliò corto lei ridacchiando "Ah, una cosa" mi disse prima di allontanarsi "stavolta prima di andare mi saluti. Ci tengo!"

Ridemmo entrambe "Contaci" infine conclusi.

Era simpatica e allegra. E questa sua allegria era maledettamente contagiosa. Avrà avuto più o meno la mia età, eppure era così più spigliata e sicura di sé, rispetto a quanto lo fossi io.

La musica cominciò a volare nell'aria, il suo flauto tornò a farsi sentire, leggero.

Era una melodia un pò triste, che ben si accompagnava all'aria più mogia che avevano i commensali quella sera, rispetto alla precedente.

E la pioggia che batteva sui vetri delle finestre, non faceva altro che aumentare quel senso di dolcezza e malinconia che emanava quella musica.

Mi ero persa un attimo nelle sue note delicate quando una voce maschile mi sorprese "Sei tornata" mi disse in un sussurro.

Io sorrisi "Ciao, ero venuta per vedere tua sorella suonare. E' davvero brava."

Continuai a sorridere: mi era mancato il suo sguardo un pò misterioso e profondo che mi aveva fatto compagnia la sera precedente e che era stato protagonista dei miei pensieri durante il giorno.

"Le è sempre piaciuto suonare" mi rispose lui abbassando il capo, mentre asciugava con uno straccio il fondo di un boccale.

"Quel flauto era di nostra madre. E lei ha cominciato a suonarlo fin da quando era piccolina" aggiunse poi.

Io mi limitai a sorridere lanciando qualche occhiata a sua sorella.

"Ti ha mentito" poi mi disse.

Io lo guardai interrogativamente "Lo fa con ogni forestiero. Dice che questa è la taverna più malfamata di Altura Perenne, quando in realtà è solo la più vuota" le sue labbra si piegarono in un leggero sorriso.

"Peccato, allora mi dovrò accontentare" risposi ironica.

Lui fece una mezza risata "il tuo accento è di qui, eppure non ti ho mai vista in città" osservò poi.

"Riesco a passare innoservata facilmente" mentii io, alzando le spalle.

"Hai detto di chiamarti Shayna, giusto?" mi domandò poi, sempre strofinando con uno straccio lo stesso bicchiere, che probabilmente era già pulito da ore e ore.

Annuii "E tu Jack" i nostri occhi si incrociarono e per qualche secondo rimanemmo così, a guardarci, con un sorrisino dipinto sulle labbra.

"Jack!" una voce grave lo chiamò da un'altra stanza.

Lui si girò di scatto "Arrivo, papà" rispose "Scusa, io.." si congedò indicando le cucine.

Io mi limitai ad annuire.

La musica intanto si era interrotta e Petrice stava chiacchierando amabilmente con un gruppetto di uomini seduti sul tavolo, gli unici clienti quella sera: la pioggia quel giorno sembrava aver tenuto lontano anche le prostitute della sera precedente.

La osservai sempre con quel misto di simpatia ed invidia che quella ragazza faceva nascere in me.

Lei, poi, con aria vivace e semplice mi fece segno di avvicinarmi. Io la guardai un pò stupita "Dai Shayna, che ti presento i nostri più fedeli clienti" io un pò imbarazzata mi misi al suo

fianco con Lucky che da bravo cane da guerra si avvicinò al gruppetto di uomini per farsi coccolare.

"Allora.." cominciò la bionda "Quello più grosso e silenzioso si chiama Hugh"

"Piacere, io mi chiamo Shayna" dissi io ricevendo un borbottio annoiato come risposta.

"Lui invece è Kai e di solito parla solo di cose sconce, ma tu non farci troppo caso" continuò Petrice.

"Incantevole nome" disse lui lanciando un lungo sguardo al di sotto del mio viso.

Io sorrisi un pò imbarazzata "Loro due sono Lore e Flie, due fratelli sposati con due sorelle"

"Non le nostre, per fortuna" disse quello che sembrava chiamarsi Lore facendo scoppiare a ridere l'altro.

"Poi ci sono Jared, Steve e Frank, il quale si vanta con chiunque di aver incontrato una donna bella come una fata!" continuò Petrice scoppiando a ridere.

"Non ho detto che era bella come una fata. Lei era una fata!" si lamentò lui leggermente brillo.

"Sì certo, e la settimana prima invece avevi visto un unicorno, giusto?" lo prese in giro quello che Petrice aveva detto che si chiamava Steve.

Frank rispose sbuffando mentre tutto il resto del gruppo rideva allegro "E' davvero un piacere conoscervi" dissi io un pò imbarazzata.

"Ehi papà" disse poi Petrice avvicinandosi al bancone dietro il quale era arrivato un uomo di mezza età.

Aveve una pelle più abbronzata rispetto alla figlia, molto simile a quella del figlio maggiore e anche nei suoi occhi c'era una sorta di luce oscura, la stessa che avevo visto in Jack.

"Pet che succede?" chiese lui visibilmente stanco.

"Abbiamo una nuova cliente di fiducia. E' già la seconda sera che è qui, un record" disse lei allegra lanciandomi un sorriso a 32 denti.

"Devi proprio far sapere a tutti che i nostri affari non vanno al massimo?" sbuffò l'uomo lanciandomi qualche occhiata.

Anche lui, come il figlio il giorno precedente, sembrò abbastanza sorpreso di vedere una ragazza così giovane nel suo locale, a quell'ora di notte.

"Perdonala, fa sempre così con tutti. Non è capace di trattenersi" disse mentre si asciugava il sudore con una mano.

Poi lo vidi prendere una pentola ripiena di una brodaglia calda e dirigersi verso la tavola in cui si trovavano i sette uomini che mi erano stati presentati un attimo primo.

"Ecco la vostra zuppa calda, canaglie!" disse facendo ridere i commensali.

"Schifosa come al solito" commentò Jared, ricevendo una pacca sulla spalla dal padrone del locale.

"Tu intanto mangia, che è difficile che ti diano qualcosa di meglio" rispose il padrone dell'osteria sarcastico tornando verso il bancone.

"Serviti anche tu, ragazzina, sono solo 5 monete d'argento" disse poi rivolto a me.

"Papà!" lo sgridò Petrice "Ecco perchè tutti i clienti scappano! E' appena diventata ufficialmente una cliente de 'L'orso sbronzo'! Non possiamo farle pagare, oggi!" finì.

"Io in realtà non ho.." tentai di spiegare che avevo già cenato.

"Oh.. fai come vuoi Petrice. In fin dei conti se questo locale è ancora aperto, è merito tuo" sbuffò lui tornando poi nelle cucine.

"Forza serviti!" mi invitò dandomi una scodella di quella zuppa.

"Siediti, su. Non essere timida"

Lucky si era già messo ai miei piedi mentre io me ne stavo lì seduta, aggregata a quel gruppo di uomini semi-sconosciuti, con un piatto di zuppa calda davanti.

Avrei dovuto avere paura? Questo mi era sempre stato insegnato dai miei genitori, a temere il mondo che stava al di fuori dal castello e allo stesso tempo Maestro Bryce mi aveva invece fatto capire che quello stesso mondo lo si poteva amare, lo si doveva amare, per capirlo veramente.

"Tu devi essere la figlia di Joe, il carpentiere, quello che non la lascia mai uscire" cominciò Lore.

"E si capisce perchè" disse Kai guardandomi.

Io scossi la testa "No, no, non sono lei"

"Allora la nuova moglie di Sam, quella che viene da fuori" intervenne Steve.

"No quella non può essere.. l'ho intravista e ho capito perchè non la si vede mai in giro" disse facendo una faccia orribile nel finale, Flie.

Per un pò andarono avanti così, anzi in realtà per tutta la serata, anche se a me sembrò volare.

Infine scoprii che Hugh era fabbro e che sua moglie, al contrario suo, era una chiacchierona senza pari, una sorta di pettegola del villaggio.

Lore e Flie, i più giovani, si erano sposati con due sorelle abbastanza ricche, entrambe insopportabili, a detta loro.

Kai invece, l'individuo segaligno più pervertito che avessi mai conosciuto, doveva essere una sorta di scapolo d'oro da cui tenere lontano moglie e figlie, anche se in realtà alcuni dicevano che non avesse mai combinato nulla di che.

Frank era semplicemente sempre ubriaco e Jared e Steve erano due mercanti che avevano deciso di mettersi in affari dopo che avevano scoperto di essere stati usati dalla stessa donna.

Quella fu la sera in cui risi di più in tutta la mia vita. Erano questi gli uomini che avrei dovuto temere? Che mi avrebbero potuto fare del male?

Bevvi un boccale intero e per la prima volta in vita mia mi sentii bene.

Era una sensazione strana, quella di sentirsi accettati, di aver trovato delle persone che senza troppi convenevoli o troppe domande stavano a parlare con te.

Era davvero bello.

"Allora?" mi sussurrò dopo un pò Petrice "simpatici, vero?"

Io annuii mentre gli uomini al mio fianco si erano messi a cantare una canzone che non avevo mai sentito prima.

"Lo sapevo che ti saresti divertita" commentò poi.

"Grazie" le dissi soltanto con un sorriso.

Stranamente, anche se avevo parlato poco o niente di me, mi sembrava che lei mi conoscesse da una vita.

In quel momento Lucky che si era mangiato i resti della mia zuppa si mosse e si avvicinò al bancone.

"Ehi dove vai?" mi girai verso il Mabari, senza accorgermi che dalle cucine era arrivato lui, Jack.

Lucky gli si avvicinò "Ehi, bello" lo salutò lui.

"Scusa" dissi io avvicinandomi "Immagino che tu stia lavorando. Non volevo disturbarti..." dissi prendendo tra le mani il collare di Lucky.

"Non ti preoccupare, io e mio padre abbiamo appena finito di dare una ripulita alla cucina. Ora ci prendiamo un attimo di pausa."

Per un attimo mi sembrò che in quella stanza ci fossimo solo io e lui, io con il mio imbarazzo sempre più crescente, e lui con quello splendido sorriso e quegli occhi scuri che mi fissavano.

Da dietro spuntò suo padre "Ancora qui..." disse cercando di afferrare il mio nome.

"Shayna, si chiama Shayna" disse sua figlia spuntando dietro di me.

"Non è un pò tardi per una ragazzina giovane come te?" mi chiese lui con aria un pò paterna.

"E anche per te" disse poi rivolgendosi alla figlia.

"Oh, papà ti prego. L'ultima canzone, poi vado a letto, promesso" disse avvicinandosi a lui, con la classica espressione da cucciolo bastonato.

"Oh, va bene, che sia l'ultima però" continuò lui mettendosi a sedere accantò agli altri uomini mentre la figlia riprendeva il flauto tra le mani.

Solo io e Jack restammo nelle stesse posizioni in cui eravamo prima.

Improvvisamente il suo sguardo si spense, il suo sorriso svanì.

"Forse dovresti andare" disse solamente "quanti anni hai?" mi chiese un pò freddo, eppure con una patina di preoccupazione dietro a quell'atteggiamento distante che improvvisamente aveva assunto.

"Abbastanza per starmene un pò lontana da casa" dissi ironica.

Lui scosse la testa mentre una musica allegra era tornata a farsi sentire.

"Hai un bel vestito" concluse poi "con un vestito del genere non dovresti uscire a quest'ora."

Diedi un'occhiata alla mia veste verde, perfettamente pulita, poi alla camicia mezza rotta che indossava lui, sporca e affumicata.

Non mi importava, io non volevo rimanermene nella mia casa, io odiavo la mia casa e la mia vita!

Ma in quel momento non seppi come dirglielo, abbassai solamente lo sguardo.

"Io... vado a dormire" mi disse semplicemente, salendo delle scale laterali che dovevano portare alle stanze private della sua famiglia.

"Buona notte" lo salutai pensando che fino a qualche secondo prima lui aveva intenzione di rimanere a bere qualcosa con suo padre.

"Te l'ho detto, è scorbutico." sentii la voce di Petrice da dietro.

"E' per questo che non trova mai una ragazza" continuò.

Subito in me tornò il sorriso "E' tardi davvero, forse dovrei rientrare"

"Lo sai una cosa? Di solito le ragazze che vengono a bere qui sono delle alcolizzate antipatiche o delle... beh poche di buono. Ma tu sei diversa, sei simpatica" mi disse lei.

"E tu mi trasformerai in un'alcolizzata antipatica, vero?" scherzai io, realizzando che in effetti il boccale che avevo bevuto mi aveva dato leggermente alla testa.

Lei scoppiò a ridere "Beh, meglio quello rispetto all'altra cosa. Domani sera ti voglio ancora qui, mi raccomando"

Le sorrisi mentre stavo per uscire "Ci sarò"

Salutai gli uomini nel locale e, indossata la cappa, ritornai sotto la pioggia, all'esterno della locanda.

Dopo qualche passo verso la piazza del mercato mi fermai, osservando la pioggia che scendeva. Le parole di Petrice si scambiarono nei miei pensieri.

Ero simpatica, ero diversa, così aveva detto, come un complimento.

Ma per me non lo era.

Presi tra le mani i miei due pugnali che si trovavano legati ad una delle tasche interne della cappa.

Ero lontana dalla locanda, lontana anche da casa e come arrabbiata contro quel vestito che mi aveva così facilmente svelato cominciai a stracciarmelo con tutte le forze che avevo in corpo. Lo coprii di fango, lo distrussi.

Io non ero diversa da loro, io ero solo una ragazza come tante.

Qualche lacrima mi scivolò sul viso mentre rientravo con Lucky nella mia stanza.

Al diavolo il mio nome e i miei vestiti, io sarei diventata come loro, io sarei tornata lì e gli avrei fatto capire, a Jack, che non ero diversa e che quel vestito non aveva nulla a che fare con me.

E mentre questi pensieri mi attraversavano la mente, il sonno calò leggero sui miei occhi e una notte senza sogni mi cullò finò al mattino successivo. 




Voglio che sia chiaro che il comportamento un pò irrazionale di Brida, di fraintendere il complimento dell'amica è dovuto alla birra xD voglio analizzare per bene il rapporto che lentamente si instaura tra Brida e Jack, e l'entrata della piccola Cousland in un mondo che non è propriamente il suo :) e spero che chi legga possa sempre più comprendere i sentimenti della mia giovane Brida e sentirsi, un pochino, come lei :) 

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Capitolo 15
*** Ricordi: inutili preghiere notturne ***


Il silenzio tutt'intorno mi stringeva forte, allo stomaco, mentre io inginocchiata continuavo a pregare.

'Creatore, proteggila, ti prego salvala, aiutala, aiutami..' continuavo a ripetere nella mia mente con gli occhi chiusi, senza però riuscire a trattenere le lacrime.

Era un baratro, un abisso, quello che sentivo dentro. Ma lei doveva farcela, doveva sopravvivere.

Era piena notte e io ero sola, nella Chiesa.

'Andraste falla vivere, io farò di tutto, lo giuro, ma falla vivere' continuavo a pregare.

Gli occhi ormai gonfi, i vestiti bagnati, la pioggia di dolore che dai miei occhi scorreva sul mio corpo, fino ad arrivare a terra.

E poi cominciai a singhiozzare, sentendo questa solitudine che si stringeva sempre di più a me.

Lei me l'aveva promesso, un anno prima, che mi sarebbe stata accanto, per sempre. Eppure ora stava morendo.

Ogni parte del corpo mi sembrava dolere, ogni attimo della mia vita svaniva di fronte a quell'estremo nemico che mi stava portando via lei, come una madre, una nonna, tutto insieme.

Io continuai a singhiozzare senza sentire che qualcun'altro era entrato nell'edificio.

Il suo tocco sulla spalla mi fece sussultare.

"Brida" disse la sua voce profonda.

Io mi strinsi a lui, come per aggrapparmi, forse, all'unica persona che mi sembrava rimasta accanto.

"Lei sta morendo" dissi soltanto continuando a piangere.

'Perchè? Perchè, perchè, perchè?' nella mia mente si ripeteva questa domanda.

"Devi essere forte" Maestro Bryce mi teneva vicino a sé, per consolarmi.

"Non è giusto" dissi soltanto in mezzo alle lacrime.

Ed era vero. Lei aveva sempre amato tutti, rispettato il Creatore, aiutato chi era in difficoltà.

Perchè proprio lei doveva morire?

"La vita non è giusta" disse lui staccandosi da me.

Spostai il mio sguardo sul suo viso: quelle cicatrici che da piccola mi avevano così tanto colpito, sembravano ancora più profonde, illuminate dalla luce della luna che filtrava dalle grandi finestre dell'edificio.

Soffriva, lo potevo vedere, dietro quello sguardo che pareva così sicuro e così deciso, c'era del dolore.

Soffriva perchè io stavo soffrendo.

"Il Creatore la salverà" cercai di autoconvincermi mentre neanche le lacrime avevano più la forza di scorrere.

"No, non è vero. Lo sai che è una bugia"

Sorpresa dalla durezza delle sue parole tornai a guardare nei suoi occhi scuri.

Lui mentiva, il Creatore non poteva abbandondarla, Andraste non poteva lasciare che una sua serva fedele morisse in questo modo, senza motivo.

"Madre Maria è molto anziana, ed è giunto il momento che ella lasci questo mondo" continuò lui sempre con quel sapore di amara verità nelle parole, parole a cui però non riuscivo a credere.

Non potevo credere.

'Se il Creatore esiste, lei vivrà' pensai nella mente, mentre il mio Maestro continuava a tenere saldamente le mie spalle, come per costringermi ad affrontare la realtà.

Ma non potevo, non ci riuscivo.

"Anche tuo fratello e la tua famiglia stanno soffrendo moltissimo. Era una donna molto saggia e comprensiva, tutti le volevano bene" cercò di consolarmi.

Abbassai lo sguardo.

Era.

'Lei era. E ora non è più.'

La dolorosa verità.

"E'..." le parole facevano fatica ad uscire dalle labbra, l'aria nei polmoni scarseggiava, la forza per parlare mancava.

"è morta?" chiesi con la speranza che lui mi dicesse di no, che c'era ancora una remota possibilità che vivesse, che tornasse a respirare.

"Solo un'ora fa. I tuoi genitori avrebbero informato te e Fergus al sorgere del sole" l'oscurità delle sue parole, del suo sguardo erano niente in confronto al vuoto che sentivo dentro, un vuoto silenzioso che si faceva spazio in me come un serpente.

Un serpente che striscia sinuoso nell'erba mentre caccia la sua preda, il mio cuore.

Lui di nuovo mi attirò a sé mentre le lacrime tornarono a scorrere, veloci e silenziose, sul mio volto.

Avevo perso.

L'avevo persa.

"Sono qui con te" sentii le parole di Maestro Bryce, come un sussurro.

"Sii forte" continuò.

E improvvisamente mi sentii bagnare da qualcosa che non erano le mie lacrime, bensì le sue.

Piangeva per me.

E fu in quel momento che compresi che nessuno, né mio padre, né mia madre, né quella maledetta bugia del Creatore o Andraste stessa mi avevano protetto fino a quel giorno, ma solo lui.

E che l'avrebbe fatto ancora, ancora e ancora, qualunque cosa fosse successa, lui mi sarebbe stato accanto.



Oh, fly... questo capitolo è uno dei miei preferiti ^_^ lo ammetto... adoro le situazioni tristi e questa, caspiterina se è triste! La perdita di una persona a noi cara credo sia uno dei dolori più terribili che si possa provare, soprattutto perchè ci si sente impotenti, incapaci di fare qualcosa a riguardo.. ed è proprio quello che prova la nostra giovane Brida.
 

Anche se è una cosa che non faccio mai, vorrei ringraziare chi sta seguendo la mia storia, e in particolare TheWhiteFool (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=104444) che non so quando leggerà questo mio ringraziamento dato che è rimasta a qualche capitolo fa ^_^ in ogni caso, lei ha recensito oltre che questa storia anche altre mie one-shot, e mi fa sempre piacere leggere le sue recensioni (come anche le sue storie, dato che la ragazza è più che brava a scrivere). Spero che piano piano, chi stia leggendo la mia storia, si affezioni sempre di più alla mia Brida e riesca ad apprezzare questa mia fanfiction :)


A presto!
 

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Capitolo 16
*** "Meditazioni e Odi alle api" ***



Quella mattina era cominciata nel peggiore dei modi.

C'era un tempo da far schifo, il vestito verde, di cui poi mi ero dovuta sbarazzare, era ridotto ad uno straccio e un leggero mal di testa mi infastidiva più del ronzio di quella mosca che mi aveva svegliato alle 6 di mattina.

Ma la cosa che più mi aveva dato il nervoso quel giorno, era stato dover partecipare ad un sontuoso pranzo organizzato dalla mia famiglia, giusto per dedicarsi a qualcosa di più piacevole rispetto ad incontri ravvicinati con orsi famelici.

In effetti su quel punto non avevano avuto del tutto torto.

I discorsi erano stati i soliti: politica, finanze, giustizia, tutti molto interessanti se il giorno prima sei andato a dormire ad un'ora decente, e quello non era stato proprio il mio caso.

"Tutto bene lady Brida? Sembrate molto stanca. E' stato forse lo spavento causato dall'orso ad impedirvi di dormire?" aveva chiesto acida Madre Mallol, durante il pasto.

"Una mosca in realtà." le avevo risposto sfoggiando un perfetto sorrisetto "Spesso le cose che in apparenza sembrano più innocue e deboli, danno molto più fastidio" avevo poi aggiunto zittendola, e ovviamente alludendo a lei.

Ok, quella era stata l'unica nota positiva di tutto il pranzo.

 

 

Lucky si accocolò su un tappeto, quando, nel pomeriggio, entrai nella sala da lettura alla ricerca di un libro con canzoni popolari.

'Meditazioni e odi alle api, quale titolo più assurdo per una canzonetta da taverne!' riflettei presa nel la mia caccia al libro.

Ci vollero ore ma infine riuscii nell'impresa. Nella zona più remota e polverosa dello studio, eccolo lì un intero scaffale dedicato a libri con ballate e canzoni, con anche il motivo la cui melodia aveva risuonato due sere prima nella taverna.

 

"Oh, splendida damigella del giardino,

Arlessa del caprifoglio e della rosa,

umilmente invoco il tuo misericordioso perdono,

per l'offesa che qui reco.

 

Il tuo lavoro è invero troppo importante

per essere interrotto da uno come me.

Io non ho alcun titolo

per meritare l'attenzione di un'ape

 

Sono stato uno sciocco a cogliere quel fiore

per la mia bella dama. Sul mio onore

giuro di portartene dozzine al più presto

se me ne concederai l'occasione.

 

Ascolta viandante, che in primavera i giardini

attraverserai:

attento a dove cammini, perchè i giardinieri

incollerire farai. "

lessi ad alta voce cercando di abbinarla alla musica prodotta dal flauto di Petrice.

"Cosa leggi?" sentii dire da una voce dietro di me, quella di Thomas.

Lo richiusi un pò imbarazzata "Niente di importante" poi lo guardai un pò più sicura "in meno di dieci mosse, scommetto" mi rivolsi a lui con un sorrisetto.

"Otto, tuo fratello non imparerà mai a giocare a scacchi" mi rispose lui.

"Ma con un arco o una lama tra le mani se la cava parecchio bene" aggiunse.

"Ti ricordi quella volta che lo facemmo arrampicare in cima al pino, dietro al castello? Quando gli avevamo fatto credere che c'era una fanciulla in pericolo, che non riusciva più a scendere!" esclamai io facendolo ridere.

"Sì, e in realtà eri tu, mi ricordo ancora la sua faccia quando ti ha visto" commentò lui.

"La sua ira poi fu terribile. Aveva messo tutti quei ragni nel mio letto, una visione disgustosa" dissi facendo una faccia orripilata.

Entrambi ridemmo e il pomeriggio trascorse veloce mentre ricordavamo tutte le nostre avventure infantili. Gli scherzi che poi aveva fatto lui a Ser Gilmore, le volte che veniva a trovarci, e tutti quelli che avevamo fatto a Fergus e a Nan. Ma anche quelli che lui aveva dovuto sopportare, progettati da me e messi in atto dal primogenito Cousland.

"Tu cambiavi sempre parte, mai una volta che fossimo io e Fergus a farti uno scherzo!" mi fece notare lui, in tono ironico.

"Ehi! Hai già dimenticato i ragni? E poi non ti ricordi quella volta che mi avevate buttato nello stagno, vicino alle colline?"

"Ah si!" disse lui allegro "giusto.. quella fu la vendetta perfetta per tutti i tiri che ci avevi giocato, me lo ricordo bene"

"Parlate dei vecchi tempi?" si inserì Fergus, entrando nella stanza.

"E di tutti gli scherzi che ci facevamo quand'eravamo più piccoli. Che bell'età..." commentai io.

"E ora sei sposato, non riesco a credere che sia davvero passato così tanto tempo" si rivolse a mio fratello, Thomas.

Lanciai uno sguardo di sfuggita a Fergus. In effetti anch'io non riuscivo ancora a capacitarmi che lui si fosse trovato una moglie e che presto avrebbe messo su famiglia.

Decisamente non era più il mio fratellone, come un tempo, pronto a farmi scherzi e a proteggermi da tutto e tutti.

"Ed è ora che vi sistemiate anche voi. No, sorellina?" mi domandò facendomi un occhiolino.

Gli risposi con una linguaccia "Piantala Fergus".

Thomas mi lanciò uno sguardo un pò timido e solo in quel momento mi ricordai del contatto ravvicinato che avevamo avuto il giorno precedente.

Arrossii un attimo al pensiero, prima che nella mente però tornassero a risplendere i suoi occhi scuri, di Jack.

Sorrisi "Solo quando mi avrai dato un nipotino. Scommetto che non vedi l'ora di occuparti di un piccolo marmocchio" lo provocai.

"Ed è qui che, la mia solita sorellina provocatrice, cerca di cambiare discorso. E va bene ci darò dentro per darti un nipotino, contenta?"

"Fergus" lo sgridò Thomas "non si fanno certi discorsi di fronte ad una lady" continuò un pò ironico, lanciandomi qualche sguardo come per chiedere man forte.

Ma i miei pensieri rincorrevano già il tocco delle nostre mani, mie e di Jack, e il suo sguardo ipnotico, la sua voce, le sue labbra...

E le sue parole un pò dure.

Assunsi un'aria un pò contrariata.

"Ehi Brida, dai stavo scherzando. Non te la sarai mica presa?" mi domandò Fergus.

Scossi la testa sorridendo "Certo che no" e anche gli occhi chiari di Thomas che sembravano preoccupati, tornarono a rilassarsi.

Bastava poco per convincerli che tutto andasse bene.

 

 

"Oh, splendida damigella del giardino,

Arlessa del caprifoglio e della rosa,

umilmente invoco il tuo misericordioso perdono,

per l'offesa che qui reco...." canticchiavo piano piano mentre la porta de "L'orso sbronzo" si faceva sempre più vicino.

"Il tuo lavoro è invero troppo importante

per essere interrotto da uno come me.

Io non ho alcun titolo

per meritare l'attenzione di un'ape..."

Appena entrata venni accolta dal sorriso di Petrice "Non riesco a crederci, tre giorni di fila!"

"Hai visto? Te l'avevo detto che sarei venuta"

Stavolta mi ero preparata, nel guardaroba non avevo vestiti "normali", da ragazza qualsiasi, e rubarli alle mie serve elfe era abbastanza stupido e inutile, data la loro altezza.

Così avevo deciso di farle una sorpresa.

"Ho deciso di portarti qualcosa, un regalo" dissi mostrando che avevo con un me un sacco, con due vestiti dentro.

Glieli mostrai, lei rimase a bocca aperta "Shayna... dove li hai presi?" mi disse un pò sorpresa toccando quello più scuro, blu come un cielo notturno.

"Un regalo, nulla di più. E ora ne dono anch'io uno a te"

Erano molto più sgargianti del vestito della sera precedente, uno blu e nero e l'altro del colore del tramonto, oro, arancione e rosso, tutti insieme.

In effetti non avevo mentito, erano stati un regalo del mio sedicesimo compleanno, anche se in realtà non li avevo mai indossati.

Lei mi abbracciò felice "Oddio, grazie, grazie, grazie!" mi disse davvero commossa.

"Io non ho mai visto nulla di più bello, sono... wow!" aggiunse poi suscitando in me un grazioso sorriso. Ero felice di averla fatta contenta.

"Io.. io ho un'idea" mi disse poi, staccandosi da me con aria pensierosa.

"Oltre ad avere due fantastici vestiti nell'armadio, tu saprai fare qualcosa... che ne so. Ballare, suonare,..." cominciò poi.

Io scossi la testa "No, sei pazza. Io non sono brava in nessuna di queste cose"

"Ma prima stavi cantando una canzone!" disse con gli occhi grigi che le brillavano "Si, stavi cantando... quella canzone. Certo, quella delle api!" terminò sempre con quest'aria entusiasta.

"Ed è l'unica che conosco" la informai "e poi non sono mica tanto.."

"Sì, sì è perfetto" disse felice senza neanche ascoltarmi.

"Shayna" mi salutò una voce più rude e assolutamente fantastica.

"Che sta succedendo?" domandò poi guardando i vestiti e sua sorella in completa estasi.

"Fratellone, ho appena trovato un modo per attirare i clienti." dichiarò Petrice.

Il bruno scosse la testa "Pet, che cosa hai in mente stavolta?"

"Abbiamo una... cantante!" gridò la bionda.

"Che cosa???" domandammo io e Jack contemporaneamente.

"Io non ho mai detto che.." cercai di spiegarmi mentre lui mi guardava un pò contrariato.

"Sciochezze! Forza andiamo a cambiarci" mi trascinò in una stanza a lato, una specie di magazzino lei, mentre io lanciavo sguardi preoccupati a Jack, come per chiedergli aiuto.

"Sei pazza!" le dissi mentre stavo indossando il vestito rosso-oro.

Lucky, che anche questa volta mi ero portata dietro, mi scondizolava intorno mentre mi cambiavo.

"Piantala anche tu, cagnaccio! Questa è la prima e ultima volta che canto in pubblico, sia ben chiaro" lo sgridai fulminando Petrice con lo sguardo, mentre lei in un batter d'occhio aveva già indossato il vestito blu.

"Allora? Come sto?" mi domandò sorridente.

"Wow, stai davvero bene!" le dissi io mentre cercavo di allacciarmi la veste.

Ed era vero, nonostante fosse leggermente più bassa di me, riusciva a riempire lo spazio in più con il suo seno, che pur non essendo abbondantissimo, era sicuramente messo meglio della mia seconda scarsa.

"Anche tu sei magnifica!" si complimentò cercando di trasmettermi la sua gioia, praticamente assente nel mio sguardo.

L'unica cosa che sentivo era l'imbarazzo, eppure, in effetti, avevo portato quei vestiti perchè li indossassimo, no?

Sì ma non di sicuro per cantare!

Quella sera la gente era un pò di più, c'erano delle facce che non conoscevo.

"Guarda papà! La flautista con la sua cantante!" disse lei uscendo dalla stanza.

Il padre la guardò colpito "Una cantante? Ma non abbiamo abbastanza soldi per.."

"Io non voglio nulla, davvero" cercai di protestare "neanche cantare in realtà" terminai.

"Una solita pazzia della mia sorellina" commentò scherzoso Jack avvicinandosi da dietro.

Mi girai verso di lui e ciò che lessi nel suo sguardo più che penetrante non potè che suscitare in me un sorriso di compiacimento.

Stranamente sembravo bella, di solito me lo dicevano soltanto perchè sapevano che ero una Cousland, ma i suoi occhi pieni ammirazione furono il complimento più bello che avessi mai ricevuto in tutta la vita.

"Cominceremo cantando quella canzone lì, delle api. Poi te ne insegnerò io qualcuna" disse Petrice mentre ancora suo fratello teneva lo sguardo incollato su di me.

"Affascinanti signorine con vestiti incantevoli, cosa avete in mente questa sera?" si avvicinò Kai cingendo i fianchi miei e di Petrice con le sue braccia.

"Piantala, pervertito" lo allontanò la bionda seguita da me.

Mi accorsi che anche gli altri compagni di bevuta della sera precedente ci guardavano un pò incuriositi.

"Forza, andiamo ad esibirci" disse lei prendendomi per la mano e portandomi verso un lato del locale dove aveva lasciato il suo flauto.

Lucky mi seguii da bravo cagnolino.

"Tu sei pazza" le dissi mentre lei stava per avvicinare il flauto alla bocca.

"Lo so.." sussurrò leggermente e di nuovo, quella melodia allegra e trascinante dell'altra sera cominciò a suonare.

La gente battè il ritmo sul tavolo e cominciò a cantare, mentre ancora io rimanevo lì ferma un pò spaventata a guardarli.

Petrice mi diede una gomitata e dopo aver saltato un bel pezzo della canzone cominciai a cantare anch'io.

E fu magnifico.

Non avevo mai cantato di fronte a nessuno, prima, e farlo di fronte a quegli sconosciuti, mentre un testo pieno di api e stupidaggini fuoriusciva dalle mie labbra fu estremamente liberatorio.

In particolare avere i suoi occhi puntati su di me.

Ero raggiante.

Appena finii di esibirmi tutto il locale mi coprì d'applausi e io imbarazzata sorrisi senza riuscire a guardare in viso nessuno.

"Siamo grandi!!" urlò contenta Petrice mentre anche suo padre ci osservava soddisfatto.

"Hai una voce bellissima" mi disse lei "e questi vestiti poi!" continuò mentre la gente non faceva altro che non staccarci i loro occhi di dosso.

"Grazie, anche tu sei stata bravissima" dissi con il sorriso più luminoso che avessi mai potuto avere.

Poi mi spostai verso il bancone "Ti insegnerò delle canzoni. Ti darò i testi, e tu le canterai insieme a me! Sarà fantastico, vedrai!" mi inseguì davvero eccitata.

"Tanto non hai nient'altro da fare, no?" mi chiese.

Io scossi la testa "Se mi insegnerai qualche testo, canterò ancora, e va bene" l'accontentai.

Lei mi abbracciò "Grazie, grazie, grazie!! Non sai quanta gente attireremo! Saremo.. Shayna e Petrice, Petrice e Shayna, le magnifiche!"

Il suo entusiasmo era assolutamente contagioso, non potevo fare a meno anch'io di ridacchiare contenta.

"Ben fatto ragazze, ben fatto. Guardate!" nel locale c'era molta più gente di prima, attirata dalla musica e... dalla mia voce!

Poi lui mi allungò la mano "Così ti chiami Shayna, eh? Io sono Robert, il padre di Jack e Petrice, proprietario di questa baracca. Non m'importa da dove tu venga, nè tanto meno dove tu abbia preso questi vestiti. Se continuerai a cantare per noi, ogni sera, ti prometto un piatto di zuppa e una birra. Allora? Ci stai?"

Ecco lì, la mia occasione.

"Certo che ci sto! Ma niente zuppa.. ho già cenato" dissi stringendogli la mano e sorridendo.

"Perfetto!" rispose lui.

Il patto era suggelato, tutto era perfetto.

"Ora siamo in affari, Shayna! Che bello" disse tutta felice Petrice mentre una birra mi arrivava dritta davanti al naso.

"Tieni, te la meriti." il sorriso di Jack mentre mi dava il boccale fu impagabile.

"Io torno a suonare. Dopo ti insegnerò un pò di canzoni, promesso" si allontanò la bionda, mentre anche il padre con la solita scodellona di zuppa si avvicinava ai clienti, vecchi e nuovi.

Io guardai Jack che si era seduto accanto a me.

"Ci dirai qualcosa di te ora, no?" mi domandò, sempre con quella sua oscurità trapassante negli occhi.

"Facciamo che ad ogni domanda che mi fai, poi le devi rispondere anche tu, va bene?" dietro i miei occhi c'era un nonsoché di malizioso che mai avevo posseduto prima.

"Ok.. quanti anni hai?" mi domandò lui.

Riflettei se mentire o meno, ma tanto dire una bugia in quel caso mi sembrava parecchio inutile "16. Tocca a te"

La mia risposta lo lasciò abbastanza sbalordito.

"Sei giovanissima! Mia sorella ne ha 18 e io pensavo fossi più o meno sua coetanea" si stupì lui.

"Non cambia poi così tanto. Tu invece?"

"Venti" disse sorseggiando la sua birra.

Io lo guardai con un sorrisino un pò strano.

"Che c'è? Io dimostro la mia età, non è così strano" si lamentò lui.

"Io in realtà te ne davo 22-23.. o giù di lì"

Lui scrollò le spalle "Non cambia poi così tanto" disse ripetendo uguale la mia risposta senza accorgersi.

"Visto che due o tre anni non contano?" gli feci notare io con arguzia.

Lui sospirò "E va bene, hai vinto. Come altra domanda posso chiederti da dove vengono quei vestiti e dove abiti?"

Accidenti, questa si che era una domanda difficile a cui rispondere.

"Non hai la faccia di una ladra eppure non riesco.."

Io scoppiai a ridere senza riuscire a trattenermi.

Lui pensava li avessi rubati! Non c'era nulla di più spassoso.

"Ehi! Cosa c'è da ridere! Non c'è nulla di divertente.." aggiunse assumendo un'aria corrucciata.

"Io non li ho rubati, ti sembra! Sono solo un regalo, questi e quello di ieri. Ho avuto la fortuna di aver conosciuto una persona che aveva dei vestiti del genere"

Ancora una volta non avevo mentito, mi sentivo quasi fiera di me stessa.

"Non hai risposto all'altra domanda. Ah, comunque i miei vestiti me li faccio io" disse con orgoglio, seguendo l'accordo che avevamo stipulato all'inizio di questo stupido gioco delle domande.

"Allora.. dove abiti?" mi domandò con il suo sguardo ipnotico.

"Perchè ti importa così tanto, vuoi spiarmi per caso?" gli chiesi cercando di deviare la sua domanda.

"Vedi che non vuoi rispondermi! Non ti si vede mai in giro di giorno, spunti solo alla sera con questi vestiti tra le mani. Non puoi pretendere che io non mi faccia qualche domanda..."

"La mia famiglia non è d'accordo a farmi uscire. Non sono dei tipi molto sociali e si vedono poco in giro" dissi io cercando di inventarmi qualcosa.

"Quindi sei di Altura Perenne?" mi chiese lui.

Io annuii "Sì ma non posso dirti esattamente dove abito. Sennò loro mi scannano. Ma non temere, non verrano a sapere delle mie fughe notturne" lo rassicurai con un sorriso.

Fantastico, se l'era bevuta.

"Io abito qui, invece." mi informò stando sempre al gioco.

"Non è giusto, le domande che mi fai, ti fanno dire risposte scontate e banali" protestai io.

"E' perchè io non ho segreti, mentre tu si. Shayna, la misteriosa cantante..." la sua voce improvvisamente profonda mi fece vibrare qualcosa nel cuore, non potei fare a meno di sussultare leggermente.

Poi lo vidi alzarsi con quel suo maledetto sorriso, che solo allora mi accorsi essere molto più contagioso di quello della sorella.

"Ma io scoprirò chi sei veramente, vedrai" mi sfidò, portando da bere ad un altro tavolo.

Sorrisi guardandolo: era perfetto, tutto era semplicemente perfetto.

La serata trascorse rapida, Petrice tentò di insegnarmi qualche altra canzone, io bevvi, esagerando un pò anche questa volta, e le risate e i colori si mescolarono ai suoi occhi scuri e al suo sguardo nero, come la notte.

Lui era magico.

Una volta salutati tutti e tornata a casa mi accorsi di non aver mai sorriso così tanto in un'unica notte.

Jack mi piaceva davvero.



:) ok ammetto di essere anch'io segretamente innamorata di Jack ;) non voglio però con questo togliere importanza ai personaggi di DAO che vi assicuro rimarranno in primo piano. Inoltre vorrei far presente che la stessa canzone protagonista di questo capitolo è presente in Dragon Age, la si trova mi sembra a Redcliffe ed è scritta nei codici :) Spero che abbiate apprezziate questo capitolo, commentate numerosi!

 

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Capitolo 17
*** Ricordi: il duello ***


 

Mi mossi, esattamente come mi aveva insegnato Maestro Bryce, senza mai fermarmi. I piedi danzavano sull'erba mentre continuavo a girare intorno al rosso scudiero.

Era molto alto per essere un ragazzo, più di mio fratello nonostante avesse solo un anno in meno rispetto a lui. Lo vidi lanciarsi con tutta la furia che aveva in corpo, ma io schivai perfettamente il suo colpo. Poi lo fronteggiai apertamente, aspettando un suo attacco.

'Aspetta il momento giusto e poi colpisci' dissi a me stessa mentre anche lui, attento, mi studiava.

Mio padre diceva che era bravo per la sua età, diceva che sarebbe diventato sicuramente un valoroso guerriero.

E Maestro Bryce riteneva che misurarmi con lui sarebbe stato un test per vedere quanto valessi. Test che avevo intenzione di superare, mentre con i suoi occhi attenti seguiva lo scontro silenzioso.

"Piantatela di osservarvi" decretò mio fratello, che aveva deciso di fare da giudice a quello scontro, dall'alto dei suoi 15 anni.

"Colpitevi, su" in una mano teneva una piccola bottiglia con della birra dentro o qualcos'altro, che lui continuava a portare con sé, nonostante papà gli avesse vietato di bere, per lo meno fuori pasto.

Maestro Bryce finse di non vedere mentre prestava occhi solo a me e al mio scontro.

Le armi e l'allenamento mi avevano consentito di sfogare il mio dolore dopo la morte di Madre Maria ed ero felice che Maestro Bryce mi avesse insegnato così tante cose utili. Come, per esempio, alcuni giochetti sporchi nel combattimento.

Il mio avversario tentò nuovamente di colpirmi con un attacco di piatto, io scivolai all'indietro schivando in maniera fortuita il colpo, ma venendo letteralmente catapultata al suolo, con le sole braccia che mi sollevavano dal terreno.

E fu lì che sentii della terra sabbiosa scivolarmi tra le mani e una volta raccolta la utilizzai per accecare momentaneamente Roland Gilmore. Poi mi rialzai in piedi pronta per passare al contrattacco.

"Ehi! Ma così non vale!" protestò mio fratello, mentre svuotava la bottiglia lentamente.

"Dillo quando sarai in guerra ragazzo, magari così la tua vita verrà risparmiata" gli rispose il mio Maestro.

Fergus ribattè con un grugnito: non gli era mai piaciuto quell'uomo, ma soprattutto non gli piaceva che lui si fosse occupato solo di me e non avesse allenato anche lui.

Il suo maestro d'armi era un vecchio noioso, niente a che vedere col mio.

Sorrisi e cominciai a sferzare l'aria, con Treccia e Fiocco tra le mani, ora così più piccoli e leggeri di come mi sembravano un tempo.

E infine arrivai ad intaccare la sua cotta di maglia fino addirittura a fargli uscire un leggero rivolo di sangue dal braccio. La sua risposta fu spietata, tanto che mi domandai se prima in realtà non stesse facendo sul serio.

Nuovamente mi fece perdere l'equilibrio e caddi al suolo ma stavolta, prima di farlo riuscii a far scivolare anche lui giù per terra, tanto da ritrovarci uno accanto all'altro, sudati e accaldati.

Ma soprattutto stanchi morti. Presi una sola delle mie lame, dato che l'altra mi era scappata di mano nella caduta, e tentai di colpirlo mentre ancora lui si trovava a terra.

Ma presto anche l'altro pugnale venne scavarentato a metri e metri di distanza da un suo violento colpo col braccio, e quello che era iniziato come un duello, divenne una sorta di scazzottata selvaggia, tra le urla di giubilo di mio fratello.

"Che sta succedendo qui?"

Una voce stizzita si fece avanti interrompendo lo scontro.

Io e Gilmore subito ci separammo.

La guardai sbuffando, era lì da poco eppure si comportava già come se quella fosse la sua casa, una ragazza poco più che adolescente che essendo la nipote di Madre Maria era stata scelta per sostituirla.

"Madre Mallol" la salutò il mio Maestro.

Entrambi, io e mio fratello, le riservammo solo un gelido sguardo.

"Lady Brida, voi siete coperta di polvere e.." spalancò gli occhi notando che del sangue fuoriusciva dalle mie labbra, Gilmore doveva essersi vendicato per la ferita leggera che gli avevo inflitto.

"Ma state sanguinando e anche voi..." disse poi rivolgendo uno sguardo al ragazzo rosso accanto a me.

"Fratello, come avete potuto permettere una cosa simile?" continuò verso Maestro Bryce, rivolgendosi a lui con l'appellativo che gli spettava in quanto membro della Chiesa.

Era arrabbiata, no di più, era completamente furibonda.

Era ovvio che non potesse capire.

"Ci stiamo solo allenando, niente di più, Venerata Madre" rispose lui senza distogliere il suo sguardo dalla giovane nuova arrivata.

Lei lo fulminò con gli occhi.

"Lady Brida non credo che necessiti di certi tipi di allenamenti e sicuramente non secondo queste modalità oltremodo violente!" gli tenne testa lei, nonostante apparisse come poco più che una ragazzina nei suoi confronti.

"Credo che non spetti a voi decidere cosa sia giusto o meno per la mia allieva, se mi permettete"

Io li guardavo un po' spaventata mentre neanche mio fratello che aveva fatto tanto il gradasso prima, osava dire nulla per difendere l'uno o l'altro.

Roland Gilmore si preoccupò di riprendere la propria arma e di scrollarsi un po' di terra di dosso.

"Questo sarà tutto da vedere. Gilmore, Lady Brida, andate a darvi una ripulita. E voi, Lord Fergus, mettete giù quella bottiglia che tentate in ogni modo di nascondermi. Subito."

Avrà avuto solo qualche anno più di lui, ma aveva una forza pazzesca nella voce, che le conferiva un'autorità che nemmeno Madre Maria, pur essendo stata molto saggia, aveva mai avuto.

Lui ubbidì immediatamente senza neanche fiatare.

Io non ci pensai nemmeno.

Feci qualche passo verso Maestro Bryce mentre Gilmore si avvicinava alla Venerata Madre, acconsentendo senza alcun problema alla sua richiesta.

"Lady Brida" ripetè in tono di comando "andate subito a ripulirvi. E toglietevi quei vestiti, non credo che vostra madre sarebbe felice di vedervi in queste condizioni."

Io guardai Maestro Bryce come per cercare aiuto, nella potenza che emanava la sua figura.

"Fa come dice" lui mi sussurrò leggermente.

Io lo guardai sconvolta. Ubbidirle non poteva essere nei piani, io non volevo rinunciare al test!

"Ma lo scontro con Gilmore, la mia prova.." cercai di spiegarmi.

"Va subito a toglierti il sangue dal viso." tagliò corto lui, fulminandomi con suoi occhi scuri.

Io feci qualche passo verso la Madre che mi guardava con aria vittoriosa.

Sentii mio fratello che sbuffava mentre ci seguiva, privato del suo alcool.

Lanciai uno sguardo a Maestro Bryce che con aria dura sembrava guardare davanti a sé.

Ma dietro quello sguardo duro c'era del dolore, della sofferenza.

Fu in quel momento che compresi che in qualche modo Madre Mallol avrebbe rovinato tutto.

 

 

 

:) allora, Madre Mallol è quella  che compare in Dragon Age, esattamente. Ho letto su DAO wiki che in teoria lei si rivolge al giocatore umano nobile, dicendogli di chiamarla solo Mallol perchè si conoscono fin da bambini. Ovviamente questo capita solamente nel caso in cui ci si dimostri, diciamo, educati nei suoi confronti, cosa che io non ho fatto per niente ^_^ Per questo nella mia storia le scelte che ho fatto con la mia Brida avranno un senso, Madre Mallol non viene presentata come una ragazza che conosce Brida fin da bambina, ma come una Madre che tenta in ogni modo di convincerla a farsi piacere il Creatore e a pregare con lei, cosa che ovviamente la mia Cousland non ha intenzione di fare, dato l'odio che prova verso questa donna :P Per il resto, Maestro Bryce, come ho già detto, è un uomo di chiesa, quindi Madre Mallol si rivolge a lui con il giusto appellativo di Fratello. 
Per quanto riguarda Fergus, se la mia piccola Brida si è rifugiata nell'allenamento, mi sembra giusto che anche lui trovi un modo per sfogare i propri dolori ( e anche le frustrazioni che può avere un quindicenne?) in qualche modo, ovvero nell'alcool xD  D'altronde sembra proprio il tipo che lo farebbe, no? E per Gilmore, non è ancora Ser, data la giovane età, e in questa presentazione mi sono voluta concentrare sul carattere che secondo me lui ha, il perfetto cavaliere che si presta ad una prova del genere, se gli viene ordinato, forte e abile, ma ubbidiente. Non voglio dipingerlo come un soldatino, è anche orgoglioso e alla ricerca di una propria strada, soprattutto più tardi, però secondo me è anche la visione del perfetto cavaliere fedele al proprio Lord, onesto e fedele, si mi sembrano questi gli aggettivi che gli si addicono di più. Mi sa di aver scritto leggermente tantino xD Dopo aver fatto un periodo in cui aggiornavo molto velocemente, adesso per un po' lascerò la storia a questo punto, dato che fra qualche giorno partirò per le vacanze :) In questo modo, dato che vedo che la maggior parte delle visite e dei commenti si concentrano ancora nei primi capitoli, spero che chi stia seguendo la mia storia possa recuperare le parti che non ha ancora letto e apprezzarla (si spera xD) sempre di più! 

A presto! :) Buone vacanze a tutti!

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Capitolo 18
*** Canzoni, birra e bugie ***


 

Un fresco venticello entrava nella mia stanza quando mi accorsi che era già mattina inoltrata. Stranamente nessuno mi era venuto a svegliare o a sgridare ed era già da due settimane che le cose andavano così bene. Già, senza che neanche me ne fossi accorta erano passati quindici giorni da quella sera in cui mi ero esibita alla taverna de “L’orso sbronzo“ e le cose non potevano proprio andarmi meglio. I miei genitori erano felici che passassi i miei pomeriggi in biblioteca o con Tom e io ero felice di passare le mie serate a cantare insieme a Petrice e a parlare insieme a Jack. Solo Nan si lamentava del mal di testa che le causavo con il mio continuo canticchiare ma tutti, nessuno escluvo, erano sicuri che questa mia nuova passione fosse determinata dalla presenza di Tom e che finalmente avrei potuto trovare un fidanzato che mi rendesse felice. Poveri illusi.
In realtà passavo molto più tempo in biblioteca, alla ricerca di libri di canzoni e a provare, piuttosto che al suo fianco. E quando anche accadeva che facessimo una passeggiata fuori per i giardini ero abbastanza abile da trovare un qualche accompagnatore all’ultimo minuto, una volta riuscii a sbrigarmela con un servetto dicendo che mi ricordava Riddle.
L’importante era assolutamente non ritrovarmi da sola con lui, per nessun motivo. Sapevo quello che mi doveva dire, magari solo qualche complimento all’inizio, niente di ufficiale, ma prima o poi sarebbe arrivato al dunque.

Per quanto mi fossi sempre trovata bene con lui, anche quando eravamo più piccoli, la presenza sua e di suo padre, così palese nelle proprie intenzioni, non rendeva facile il rapportarsi mio con suo figlio. Insomma, come potevo parlare con Tom sapendo che quello aspettava soltanto un’occasione per chiedermi di sposarlo?! Ok, forse non era proprio così, anche perchè, per quanto mi fossi impegnata ad evitare situazioni adatte per una certa richiesta, in realtà ce n’erano state ma lui non aveva mostrato alcun cambiamento di atteggiamento. Forse solo suo padre puntava al matrimonio, non lui. Dopotutto, un pò egoisticamente, non mi dispiaceva poi così tanto che lui fosse lì.
Era comunque il mio migliore amico e gli volevo bene.
Entrai nella biblioteca e presi alcuni dei fogli che mi aveva dato Petrice la sera prima, con scritti i testi di alcune canzoni che lei mi aveva fatto sentire. Avevo tutta la mattina e tutto il pomeriggio per provarli così, per non far venire il mal di testa a Nan li portai fuori. Per quanto lei si lamentasse, i clienti de “L’orso sbronzo“ sembravano apprezzare particolarmente lo spettacolino che organizzavamo io e Petrice, e anzi dopo solo due settimane il pubblico era aumentato di molto. Robert mi aveva offerto pure qualche moneta d'argento che però avevo rifiutato chiedendo in cambio solo un pò di discrezione e che non mi venissero fatte troppe domande. E finalmente per una volta notai che piacevo alle persone, per la mia simpatia, il mio aspetto forse, non per i miei soldi e per il mio nome.
Era davvero una sensazione magnifica.
Cominciai ad intonare qualche nota, seduta a terra nel roseto che si trovava dietro il castello. Mentre cantavo chiusi gli occhi e cominciai a pensare a Jack. Il suo sguardo, i suoi occhi, il suo sorriso,… Era sempre stato così simpatico con me in quei giorni,
non aveva mai tentato di farmi domande a cui non desideravo rispondere o di cercare di scoprire davvero chi fossi, per quanto ero sicura che la cosa lo incuriosisse e gli importasse, almeno lo speravo.

Io al contrario avevo scoperto parecchie cose su di lui, che gli piacevano il pollo e le patate, che aveva sempre sognato di viaggiare, di diventare pittore, di vedere il mondo.

In particolare avevo capito che era un sognatore e che, per quanto volesse bene a sua sorella e a suo padre, quella taverna in cui lavorava da quando aveva una decina di anni non era abbastanza per lui.

Al contrario, la vivace e sorridente Petrice, sembrava apprezzare la propria vita.

Una sera le avevo chiesto se aveva mai pensato di lasciare quel posto e di suonare in una chiesa o in un posto in cui poteva far carriera davvero.

Lei era scoppiata a ridere "Carriera? Sei matta! Qui c'è la birra, l'allegria, uomini e donne che ridono. Perchè mai dovrei andare a suonare in una chiesa? Non credo che sarebbe un posto adatto a me" mi aveva risposto.

E d'altronde la capivo anch'io. Amavo quella vita e le sere che trascorrevo lì con loro.

"Sei davvero bravissima"

Una voce mi fece leggermente sussultare e aprire gli occhi di colpo.

"Scusa, io non volevo spaventarti" Thomas imbarazzato era in piedi di fronte a me.

Mi rialzai "Ehm.. grazie" dissi sorridendo.

"Non volevo interromperti, ti prego, ricomincia" mi incitò.

Ridacchiai nervosamente "Non credo sia il caso. Insomma, non sono così brava".

Riuscivo ad esibirmi di fronte a una ventina o più di persone ma senza la mia identità di Shayna mi sembrava così strano, davanti a lui poi.

"Solo qualche nota, ti prego" i suoi occhi grigi mi supplicarono mentre si sedeva comodamente come per invitarmi a rimettermi a mio agio.

Mi rimisi nella stessa posizione in cui ero prima che arrivasse e cominciai a cantare leggermente una melodia dolce e malinconica.

E neanche mi accorgevo di come fosse stupidamente romantica quella situazione, di noi due seduti tra le rose, con una canzone a cullarci il cuore.

Per non guardarlo in viso, spostai i miei occhi sul foglio di fronte a me, come per leggere un testo che in realtà sapevo a memoria.

Solo una volta terminata la canzone sollevai lo sguardo.

"Era davvero molto bella" commentò lui prima che gli chiedessi se gli fosse piaciuta.

"Come si chiama?" domandò poi.

"Non credo che abbia un nome in senso stretto. Però di solito si utilizza il primo verso come titolo. 'Le rose appasiscono ma il tuo ricordo rimane'" lessi "molto toccante" dissi facendo un sorrisetto un pò ironico.

Improvvisamente i nostri sguardi si incontrarono.

I suoi occhi erano piccoli, grigi, eppure in quella giornata serena di Primavera sembravano brillare e splendere, come l'azzurro del cielo sopra di noi. Mi sembrò per un attimo quasi bello, desiderabile e così vicino...

Ma fu in quel momento che realizzai in quale stupida, imbarazzante situazione mi stavo cacciando.

Mi alzai di scatto "Brida..." disse lui soltanto, leggermente, rimmettendosi poi in piedi a sua volta.

"Tom" lo interruppi io "Ascolta... Credo di doverti dei, dei ringraziamenti" dissi qualche passo distante da lui.

"Ringraziamenti?" domandò lui un pò sorpreso.

"Più di due settimane fa, ti sei buttato dietro ad un orso solo... solo per me" parole strane che uscivano a fatica. Lui ci teneva davvero a me ma...

"Io ti ringrazio, perchè so che solo un vero amico sarebbe capace di fare una cosa simile e tu, tu per me lo sei davvero e sono felice che tu l'abbia fatto e che sia ora qui accanto a me"

... ma per me era solo un amico, nulla di più.

"Avrei dovuto dirtelo prima, perdonami" i suoi occhi si spensero leggermente.

"Sappi che qualunque cosa succeda, resterai comunque per sempre uno dei miei amici più cari" la parola amicizia era troppo presente, sapevo che non l'avrebbe presa bene.

"L-lo stesso vale per me" disse lui balbettando leggermente e sollevando lo sguardo che aveva prima abbassato.

Sorrisi.

"Meglio che rientriamo ora. Sarà già ora di pranzo" continuai.

"Già" disse lui con l'aria un pò sconsolata.

Uscimmo insieme dal roseto.

"Domani mi accompagnerai a fare un giro a cavallo, vero?" gli chiesi sorridendo. Dopotutto gli volevo ancora molto bene.

"Certo" rispose con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

Dopotutto eravamo ancora amici.

 

"Ehilà Shayna"

"Come va?"

"Ehi!"

La stanza era piena zeppa di gente. Da dove saltavano fuori tutte quelle persone che il più educatamente possibile, per quanto fossero molti di loro già ubrachi, mi salutavano?

Sorrisi un pò imbarazzata non riconoscendo neanche la metà dei loro volti.

Finalmente a trarmi fuori d'impaccio arrivò Petrice.

"Ma da dove vengono tutte queste persone?" le chiesi io mentre mi allontanava da quella folla di gente che si accalcava all'entrata del locale.

"Hanno fatto pubblicità. Kai, Lore, Flie, Jared, Steve e Frank. Pure Hugh ha messo una buona parola tra i suoi clienti! E poi sei diventata famosa, tu. Shayna la misteriosa, spuntata dal nulla, con una voce d'incanto. Stai facendo davvero successo" mi rispose lei.

Arrossii un pò timida "Lo sai che non ho una voce d'incanto!" protestai.

"Sì ma chi ti ha sentita la pensa così, ed è questo che conta per far aumentare i clienti. Papà è davvero soddisfatto, noi due siamo fortissime insieme".

Entrambe ridacchiammo.

Ne avevamo passate davvero tante in quelle due settimane, in cui tra una canzone e l'altra ci mettavamo ad osservare la gente che entrava ed usciva per il locale, a bere birra, a ridere in allegria.

Mi guardai intorno alla ricerca di Jack: ormai lo facevo in automatico.

Gli feci un cenno che lui ricambiò con un sorriso nonostante fosse molto preso a servire la grande moltitudine di clienti che si trovavano nel locale.

Lucky al mio fianco, come sempre, abbaiò un pò innervosito dalla calca che si stava producendo dentro la taverna.

"Non ho mai visto così tanta gente messa insieme. Fortuna che sono arrivati dei cugini di mio padre a darci una mano" commentò Petrice.

Vidi degli uomini sulla quarantina che si muovevano tra i tavoli.

"Oddio" dissi in un sussurro pensando che fra qualche minuto avrei dovuto esibirmi di fronte a tutte quelle persone.

"Non ti preoccupare, andrà tutto benissimo. Hai già imparato quelle canzoni che ti ho scritto ieri?" mi domandò lei, come leggendomi nella mente.

Annuii, deglutendo a fatica.

"Bene, allora iniziamo proprio da quelle" mi informò.

La guardai come se fossi una pazza ma lei mi rispose col suo solito sorriso smagliante.

Ci dirigemmo poi in cucina per lasciare Lucky nelle mani di Robert, mentre ci esibivamo.

"Mi raccomando" ci fece man forte lui. Tuttavia non potevo fare a meno di agitarmi al pensiero di cantare di fronte ad un pubblico così più vasto rispetto al solito.

Ma perchè avevano tutti deciso di venire proprio quella sera?

La mano mi tremava, sperai che non accadesse lo stesso alla voce.

"Signori e signore, venuti per trascorrere questa speciale notte di primavera a 'L'orso sbronzo'" cominciò Petrice col flauto tra le mani tentando di attirare il pubblico nella locanda.

"Per rallegrare questa serata, io e la mia amica, Shayna, ci esibiremo con qualche pezzo e riempiremo di serenità e allegria questo locale con le melodiose rime dei poeti più famosi, coi ritmi più sfrenati e le armonie più delicate e dolci che conosciamo..."

Come ci riusciva di parlare così tanto davanti a tutta quella gente che aveva gli occhi catalizzati su di noi? In fondo a destra riconobbi lo sguardo cupo e scuro di Jack, che tuttavia non mi tranquillizzò per niente, anzi. "...e allora che possiate godere il nostro spettacolo!"

Un battito di mani finì la presentazione esagerata di Petrice. Spettacolo? Respirai profondamente. Erano due settimane che cantavo in pubblico, dovevo mostrarmi almeno un pò più sicura di me.

E ad un segnale di Petrice cominciai.

Musica e parole presto si mischiarono e i sorrisi e le risa abbondarono sui visi degli spettatori.

"Allora?" ci chiese alla fine Jack "Forte, vero?" disse allargando le braccia e guardandosi intorno come per farci capire la portata di quello che avevamo fatto, esibirci di fronte a tutte quelle persone.

"Abbiamo venduto più di quanto vendavamo prima che tu arrivassi, in una settimana!" commentò lui entusiasta.

"Dobbiamo festeggiare!" decretò Petrice.

Molta della gente stava già andando, ci sedemmo in un tavolo che si era liberato.

"Alcune persone erano addirittura in piedi, altre facevano fatica ad entrare! Non sapevamo cosa fare!" andò avanti Jack sedendosi con noi con tre birre tra le mani.

"Ehi bello!" salutai Lucky che era rimasto fino a quel momento nelle cucine, a godersi probabilmente una bella coscia di pollo.

"Siete state incredibili!" lo seguì Robert.

"Grazie papà! Non ci meritiamo un premio?" chiese Petrice con un sguardo furbo.

"Assolutamente" disse lui allungando alla figlia dei soldi e poi anche a me.

"Wow!! 60 pezzi d'argento! Grazie pà" commentò lei strafelice.

"Io non posso accettare, mi dispiace" rifiutai.

"Sei impazzita? In queste ultime settimane la maggior parte dei guadagni sono stati tutto merito tuo e stasera in particolare è stato un pienone! Non puoi rifiutarti!" si oppose al mio rifiuto Jack.

"La tua famiglia ne sarà felice, anzi dovresti dir loro di venire qua. Credo che di fronte a queste monete d'argento gli importerà poco della tua fuga" gli diede man forte Petrice.

Ma nel mio caso anche il denaro avrebbe fatto poco.

"No davvero, loro è meglio che non sappiano nulla"

"Ma presto lo sapranno! Oggi almeno un quarto di Altura Perenne è passato di qui e dopo stasera il tuo nome sarà sulle bocche di tutti" aggiunse loro padre.

"Presto sarai famosa" finì Jack.

"No... no non sarà così. Loro non sono dei tipi molto sociali, non sapranno nulla. E' meglio però davvero che non porti del denaro a casa, non è proprio il caso... Mi basta qualche birra, è l'unica cosa che chiedo" guardai con i miei occhi smeraldo i tre visi che pieni di speranze mi osservavano un pò stupiti dal mio rifiuto.

E io mi sentii diventare piccola piccola di fronte a quella parola, famosa, che risuonava nella mia testa.

Non era proprio quello che dovevo evitare? Di diventare solo un nome, come già ero nella mia vera vita? Vita Vera ? Cos'era quello che stavo vivendo fino a quel momento? Qual era la mia vera vita, quella come Brida o quella come Shayna?

Abbassai lo sguardo verso il mio boccale cercando inutilmente di scacciare quei pensieri.

"Fai come credi" alla fine si arrese Robert riprendendo tra le mani il denaro e allontanandosi verso i suoi cugini che stavano sistemando la sala ormai rimasta quasi vuota.

"Ehi che succede?" mi chiese Petrice passandomi una mano tra i capelli.

"Sto bene, tranquilla. Sono solo... un pò stanca" cercai di rassicurarla.

Perchè quando gli altri erano felici io non potevo esserlo?

Diedi qualche carezza a Lucky che assonnato si accocolò ai miei piedi, com'era solito.

"Via la stanchezza, allora! Non vorrai mica andartene prima di avermi consigliato centomila modi stupidi per spendere queste 60 monete domani, no?" cercò lei di farmi venire il sorriso.

"Anche se il massimo sarebbe se domani pomeriggio potessi venire al mercato, con me" continuò.

"Mi piacerebbe ma..." ma domani dovrò tornare ad essere Brida fino almeno alle dieci di sera e dovrò andare a fare un giro a cavallo con il mio migliore amico che credo si sia innamorato di me "ma la mia famiglia non mi permette di uscire. E il pomeriggio è il momento meno adatto per sgattaiolare fuori da casa" quella era però la versione ufficiale che presentavo ogni volta che mi chiedevano cose di questo tipo.

"Sei la prima ragazza che sento rifutare una giornata di compere... e 60 monete da poter utilizzare liberamente" Jack che fino a quel momento era rimasto in silenzio ritornò a parlare, sarcastico, sottolineando come in effetti fosse assurdo il mio rifiuto ad una tale somma di denaro, oltre che a un pomeriggio tra ragazze in cui spenderla. Poi mi rivolse un'occhiataccia.

Tra di noi si frappose un silenzio di sfida e uno sguardo un pò infuocato.

"Ehm... forse è meglio che vi lasci un pò da soli. Vado ad aiutare un attimo mio padre" ci lasciò Petrice.

La salutai con un sorriso poi lanciai un'occhiata al locale: in poco tempo tutta la gente che il mio canto era riuscito ad attirare se n'era andata, lasciando il solito gruppettino di clienti affezionati dall'altra parte della stanza a scolarsi della birra.

Li salutai con un cenno "Non credi che questa storia sia durata abbastanza?" la voce un pò dura di Jack mi fece voltare il capo verso di lui.

Improvvisamente rabbrividii. No, lui non poteva averlo capito. Va bene, avevo portato dei vestiti costosi e nessuno aveva mai visto me o la mia famiglia in città, ma non poteva lo stesso aver capito chi davvero fossi...

"Di cosa stai parlando?" gli chiesi un pò preoccupata.

"Di tutti questi segreti. A noi, alla tua famiglia... per quanto credi che potrà continuare così? Pensi davvero che loro non scopriranno nulla? Delle tue fughe notturne?"

Abbassai lo sguardo. Aveva davvero capito?

Forse sarebbero girate delle voce ma no, la mia famiglia ero sicura che non avrebbe mai scoperto nulla. Impossibile.

"Finchè potrò, verrò" alla fine dissi dopo che molti secondi di silenzio si fossero frapposi tra noi.

"Finchè potrai?" domandò lui.

"Shayna?" aggiunse poco dopo mentre mi ostinavo a guardare in basso per non dover affrontare, di nuovo, la certezza di quanto fosse solo temporanea quella situazione.

Forse mi sbagliavo, forse qualche guardia sarebbe potuta passare da lì, spinta dalle voci che si spargevano, dal mio successo.

Forse la cosa sarebbe stata anche più semplice, qualcuno mi avrebbe potuto beccare mentre uscivo dal castello, nonostante ormai erano passate più di due settimane e avevo imparato ad essere molto discreta e silenziosa. Ma per quanto ancora sarebbe andato avanti? Avevo avuto solo fortuna? Cosa avrei potuto fare nel caso in cui mi avessero visto? Cosa avrei detto? E Jack sospettava qualcosa? Che cosa sarebbe successo se lui avesse comunicato i suoi sospetti a qualcuno, e...?

"Shayna?" ripetè lui mentre ancora molti erano i pensieri che affollavano la mia testa.

"Qual è il tuo colore preferito?"

Improvvisamente sollevai il volto per guardarlo.

Alla sua domanda mi venne fuori solo un "Eh?".

"Dato che sei come al solito immersa nella tua nube di segreti e misteri, ho pensato di tentare di sverlarne qualcuno, ti dispiace? Allora, qual è il tuo colore preferito?"

Feci un mezzo sorriso. "Credo il rosso" dissi indicando il vestito che indossavo, proprio di quel colore.

"In generale mi piacciono i colori del tramonto, sono... caldi" continuai.

In un attimo dubbi e paure erano scomparsi ed era bastata una sua stupida domanda.

"E il tuo?" chiesi io poi.

"Il giallo. Non so perchè, fin da piccolo mi piacevano le cose gialle. Ma non credo che mi vestirei mai di giallo" continuò facendo una faccia schifata.

Scoppiai a ridere "Dicono che ai bruni il giallo doni, magari dovresti provare. Attireresti un sacco di donzelle. Invece che il loro principe azzurro tu farai la parte del... pulcino bagnato!"

Il nervosismo ci aveva lasciati in un mezzo secondo e le risate avevano subito preso il suo posto mentre la birra condiva il tutto in maniera splendida.

Col tempo da schifosa mi era sembrata sempre più buona, tanto che alcune volte temevo di arrivare a casa davvero ubriaca fradicia, ma fortunatamente fino a quel giorno mi ero sempre abbastanza trattenuta.

Sì esatto, solo fino a quella sera.

Petrice infatti tornò in quel momento con un numero imprecisato di boccali dicendo che dovevamo festeggiare e al nostro tavolo si unirono poi tutti gli altri, i due fratelli Lore e Flie che raccontarono qualche barzelletta, Hugh, silenzioso come sempre, Jared e Steve che come al solito presero in giro Frank per una delle sue solite assurdità e pure Kai che, fortunatamente, nonostante l'ubriacatura non ne approfittò in nessun modo.

Quella sera infine vomitai, dopo aver riso e giocato per ore e ore, e tornai a casa forse molto più tardi del solito, barcollando leggermente.

"Vuoi che ti accompagni?" mi aveva chiesto ad un certo punto Jack.

"No... meglio di no. Se i miei genitori mi vedono tornare in queste condizioni con un ragazzo mi uccidono. E poi Lucky sa la strada, ci pensa lui..." avevo detto mezza ridacchiando in mezzo ad altre cavolate che mi uscirono fuori dalla bocca in quel momento, come anche prima dentro la taverna.

E poi me n'ero andata.

Non so se venni seguita o meno, o se in uno dei tanti discorsi mi rivelai erroneamente, ma so che nonostante ciò, nonostante la vomitata fatta in mezzo al locale e a tutte le altre cose che mai ricordai del tutto, quella fu una delle serate più strane ed indimenticabili che ebbi in tutta la mia vita.



:) Eccomi ritornata dopo più o meno un mese di assenza xD allora, questo capitolo, che mi è servito un po' anche per ringranare, credo sia uno dei più lunghi che abbia mai scritto, perchè sta giungendo, udite o udite, un momento diciamo... di svolta, credo, tra pochi capitoli :) Intanto i pasticci di Brida diventano sempre più intricati anche se un'ubriacatura può risolvere molte cose, no? xD spero abbiate apprezzato il capitolo :) Un grazie a chi mi segue e in particolare a TheWhiteFool che mi ha recensito parecchie volte =) 
A presto!



 

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Capitolo 19
*** Ricordi: il rifugio segreto ***


"Un posto segreto?" la mia voce era più che sorpresa.

Lui fece un mezzo sorriso. Stavamo camminando nel bosco, insieme a Lucky, quando improvvisamente mi aveva detto che quel giorno aveva intenzione di mostarmi un luogo che nessuno conosceva.

"Sì proprio così, ma non entusiasmarti troppo, piccola Brida, non lo si può certo definire una reggia principesca" continuò camminando a passo veloce.

"E quella cosa serve?" gli chiesi guardando la torcia che aveva tra le mani.

"Lo vedrai. Adesso sbrigiamoci. E' molto lontano da qui, ci metteremo un po' ad arrivare..." i suoi occhi si abbassarono al suolo.

Era stato molto strano in quei giorni, distante, ecco la parola più adatta.

Non era stato un anno facile, di certo, l'ultimo che avevamo dovuto trascorrere, sempre pronti a difenderci dalle accuse di Madre Mallol.

Molte delle ore che prima passavo con lui furono eliminate e rimpiazzate da lezioni di cucito e di ricamo, eppure già da piccola i miei genitori credevo avessero capito che quelle cose non facevano proprio per me.

"Ora sei cresciuta, e ogni donna deve sapersi fare i vestiti da sola" aveva detto Madre Mallol sotto gli occhi attenti di mia madre e mio padre.

Le mie proteste erano servite a ben poco, anzi, quando avevo tentato di far notare che mia madre non aveva mai toccato ago e filo da quando mi aveva messa al mondo fui punita severamente per aver mentito.

Sembrava che pure i miei genitori cercassero in ogni modo di trovare l'approvazione dell'antipatica Madre, venuta lì da poco e ancora così giovane. Come poteva suscitare una tale autorità, una ragazzina come lei, anche su uno degli uomini più potenti di tutto il Thedas, mio padre?

Erano poche le persone che tentavano di tenerle testa, anzi probabilmente solo due: io e Maestro Bryce.

Anche mio fratello, seppur non la sopportasse, infine aveva deciso di sottostare alla sua volontà, nella maggior parte delle occasioni.

Ormai aveva 16 anni e tutti si aspettavano che tenesse un comportamento impeccabile, ma lui, per quanto si impegnasse ad evitare di bere più di uno o due bicchieri di vino o a non dar sfogo al suo humor davanti a degli ospiti, solitamente finiva un po' brillo in ogni situazione importante e spesso riusciva a suscitare sdegno negli interlocutori che si sorbivano le sue battutacce. Nonostante tutto, io e lui finivamo sempre per scatenare l'ira della nostra cara Venerata Madre, anche se per lui la cosa avveniva involontariamente, beh... per me invece, era tutt'un altro paio di maniche.

Gli scherzi che le avevo combinato erano il meno, il problema era quando l'affrontavo sul suo campo: quello religioso.

Non esageravo mai troppo, ma in fin dei conti il suo stesso arrivo, dopo la morte di Madre Maria, non aveva certo contribuito a rafforzare la mia fede.

Divertirmi a prendere in giro, in faccia a lei, i suoi riti e le sue funzioni era solo uno dei modi con cui ogni tanto reagivo alle sue assurde regole.

Non volevo diventare come lei e non credevo nel suo Creatore, eppure ogni tanto non pareva capirlo.

Solo Maestro Bryce cercava, qualche volta, di tenere a freno la mia lingua, o, perlomeno, di permettermi di scaricare le mie frustrazioni con le due lame.

Ma quel giorno aveva in mente per me qualcosa di completamente diverso, l'avevo capito.

Camminammo silenziosi ancora per un bel po', solo ogni tanto cercavo di investigare con lo sguardo il suo viso, per capire dove fossimo diretti.

E più passava il tempo, più la curiosità cresceva.

"Maestro, quanto mancherà?" chiesi dopo che avevamo camminato per più di una mezz'oretta.

"Non molto, te l'avevo detto però che ci avremmo messo un po' "

Il bosco diventava sempre più intricato e sembrava non stessimo seguendo nessun sentiero.

"Come fate a capire dove andare, se non c'è nemmeno un tracciato che porti laggiù?" chiesi io mentre Lucky si affrettava a correre verso il bastone che gli avevo lanciato in avanti.

"Semplice, nella natura ci sono dei piccoli segni che mi permettono di ricordare dove si trova. Non avrai già dimenticato tutti i miei insegnamenti, no? Guardati intorno" mi invitò con un cenno mentre ancora continuavamo a muoverci.

Con gli occhi cercai di comprendere cosa stesse usando per orientarsi, dei sassi, delle tracce, piccoli particolari che servivano a giungere a destinazione.

"Quell'albero" dissi indicando una quercia a poca distanza da noi "ha una forma molto strana" continuai.

"Alla quercia dalla forma di donna dirigersi verso est, e dopo qualche metro..." pronunciò lui, riferendosi probabilmente ad una sorta di mappa mentale che si era creato.

Richiamai con un fischio Lucky mentre cercavo di scrutare davanti a me.

"Non c'è nulla!" esclamai contrariata mentre Maestro Bryce pareva essersi fermato qualche passo davanti a me.

"Che luogo segreto sarebbe se fosse così facile scoprirlo?" protestò lui.

"Osserva bene..." mi mise di nuovo alla prova.

Non c'era nulla di strano, nulla di particolare laggiù, in quel punto della foresta.

Eppure...

"Guarda lì" alla fine si decise di darmi una mano "non trovi strano che ci sia un gruppo di sassi, di questa grandezza, proprio qui, nel mezzo del bosco? Quanti ne hai visti di simili mentre venivamo qua?"

"Nessuno" risposi io, rivolgendo la mia attenzione al gruppo di massi che aveva indicato. Non avevano nulla di speciale, eppure Maestro Bryce aveva ragione, era raro trovare un gruppetto di rocce grandi come il mio Mabari tutte vicine, in quel punto del bosco. Ma un occhio non attento non ci avrebbe mai fatto caso.

"Ecco come ho trovato questo posto. Solo prestando attenzione ai particolari si possono scoprire cose inaspettate. Avviciniamoci" entrambi facemmo qualche passo verso lo strano gruppetto di sassi.

Dopo aver poggiato a terra la torcia, con una facilità quasi sorprendente spostò una di quelle rocce e poi un'altra ancora.

"Non sono pesanti. Sono come cave dentro. Eppure sedendoci sopra non ci si accorge di nulla. Ma la sorpresa è quello che ci sta sotto" affermò Maestro Bryce mentre io lo guardavo abbastanza stupita.

"Sotto?" domandai con gli occhi spalancati.

"Sotto esatto, guarda." spostando un po' di terra con mio enorme stupore apparve una sorta di botola.

"Scendiamo" disse prendendo di nuovo la torcia tra le mani e accendendola con un acciarino.

"Dentro è buio" mi disse facendomi strada.

Delle scale di legno apparvero di fronte a me, probabilmente molto vecchie, probabilmente non utilizzate da molto tempo.

Maestro Bryce, dopo aver sceso qualche gradino, accese altre torce disseminate per la lunga scalinata.

E dopo poco tempo arrivammo al fondo.

"Ecco qui" ad una ad una infuocò le stoppe delle altre torce che si trovavano nella stanza tonda in cui eravamo, infine, giunti.

E io lo guardai stupefatta.

"Allora come ti sembra? Le torce le ho portate io, per fare un po' di luce. Non è certo un posticino fantastico ma mi sembrava comunque bello mostrartelo"

Io mi guardai intorno: era uno semplice stanzone che si trovava sotto a terra. C'era un tavolo, delle sedie, e, in un angolo, vari attrezzi, tra cui torce, acciarini e coltelli.

"Quelle cose le ho messe lì io, insomma. Volevo trasformare questo posto in un piccolo rifugio. In fin dei conti credo sia stato costruito per questo. Ho risistemato anche le scale e il resto. Non è pericoloso rimanere qui." continuò mentre io osservavo i vari oggetti che aveva lasciato sopra ad un lungo telo. C'erano anche dei vestiti e da un'altra parte una piccola scorta d'acqua, con vicino un piccolo focolare.

"Quello è una sorta di camino, per cucinare. Uno strano sistema permette che il vapore non affumichi questa stanza, ma che nemmeno riveli il posto, fuoriscendo da qui sopra. C'è una sorta di canale che non so in realtà dove esattamente trasporti il fumo. Forse direttamente nel lago qui vicino...

Chi ha costruito questo posto voleva che fosse totalmente autosufficente e invisibile." andò avanti preso dall'eccitazione.

"Allora cosa ne pensi? Ti piace?" mi domandò di nuovo, dopo che mi ero aggirata per la stanza senza dir nulla, solo Lucky sembrava condividere la sua agitazione, saltellando in giro per tutto lo stanzone.

Spostai i miei occhi verso di lui.

"Maestro... non capisco. Perchè avete portato qui tutta questa roba, perchè me l'avete mostrato solo ora? E poi siete sicuro che sia disabitato?"

La gioia genuina che potevo leggere prima in lui, improvvisamente scomparve.

I suoi occhi scuri a lungo scrutarono nei miei e per la prima volta in tutti quegli anni in cui mi era stato a fianco, allenandomi, spesso duramente, e facendomi vedere aspetti del mondo che non avrei potuto conoscere altrimenti, mi sembrò invecchiato, debole e stanco.

Il suo modo di parlare, così veloce e pieno di una strana eccitazione, nel narrare come aveva sistemato quel posto, sembrò diverso dalle poche parole, ben ponderate e pacate, che solitamente utilizzava per esprimersi.

Non riconobbi più in lui tutte quelle caratteristiche che negli anni l'avevano trasformato ai miei occhi in un padre, un eroe, forte, onorevole e tenace.

Per la prima volta, in quel profondo scambio di sguardi che ci lanciammo, mi sembrò un uomo, un uomo a cui volevo bene, certo, ma pur sempre un uomo solo e infelice.

"Maestro che sta succedendo?"

Lui fece qualche passo verso di me e, come spesso aveva fatto quand'ero piccolina, mise una mano sulla mia spalla. "Questo posto è molto importante per me, lo considero al pari di un rifugio, di una tana, un posto tutto mio in cui potermi nascondere quando non voglio affrontare i tuoi genitori o la tua amata Madre Mallol. Non ti sei mai chiesta dov'ero tutte quelle volte che avevano bisogno di parlarmi?" mi domandò facendo un mezzo sorriso.

Io lo guardai ancora un po' sconvolta: non riuscivo a credere che lui, così carismatico e dall'aria dura e autoritaria, potesse aver bisogno di un luogo in cui rifugiarsi, per sfuggire a qualcuno, alla mia famiglia!

"Prima portavo anche del cibo, se mi veniva fame. Ma come vedi è lungo il pezzo di strada da percorrere prima di arrivare e poi c'è sempre il rischio che vada a male.

Per l'acqua ci sono dei grandi recipienti in cui l'ho raccolta, non lontano da qui, come ti ho già detto, c'è un laghetto in cui la si può recuperare facilmente" continuò lui ignorando la maggior parte delle mie domande, mentre io non accennavo a togliermi dal viso un'espressione molto più che stupefatta, quasi sconvolta.

"Ascoltami, Brida" la sua voce tornò profonda e solenne, come quella di un tempo.

"Non ti ho mai mostrato questo posto prima perchè avevo bisogno di avere uno spazio tutto mio. Un luogo che conoscevo solo io, in cui, appunto, poter lasciare tutto il resto del mondo fuori, per qualche ora. Ma adesso credo di poter condividere questo mio piccolo segreto con te, anzi, voglio che anche tu lo possa utilizzare in questo senso. Ti aspettano dei momenti difficili, ora che stai crescendo, momenti in cui dovrai fare anche delle scelte non semplici.

E ogni tanto una tana in cui potersi nascondere può essere utile. Qualche volta qui ci ho anche dormito, vedi? Lì c'è una brandina. Magari un giorno la utilizzerai anche tu" continuò facendo qualche passo l'oggetto indicato.

Lo sfiorò leggermente sospirando.

"Ti chiedo solo una cosa, piccola Lady"

Io annuii.

"Qualunque cosa succeda, non utilizzare questo posto per spaventare i tuoi genitori, non farlo neanche involontariamente. Loro ti vogliono bene, tienilo sempre a mente, e qualunque cosa succeda tu devi fidarti di loro"

Lo guardai sempre con aria un po' interrogativa, ma annuendo nuovamente.

"Risaliamo, dai. Credo che non sia una buona idea rimanere qua troppo tempo." infine decretò.

Dopo aver spento le torce, Maestro Bryce fece strada a me e al mio Mabari verso l'esterno del rifugio.

"Vieni, ti mostro come chiuderlo. Dovrai anche imparare la strada per arrivarci, credi di poterci riuscire?" mi chiese.

"Certo" non era la prima volta che mi veniva chiesto da lui di imparare a memoria come raggiungere un luogo dopo aver visto solo una volta il percorso da fare.

"Maestro, posso chiedervi una cosa? Una cosa che non vi ho mai chiesto?" domandai forse spinta da quell'aspetto un po' diverso che avevo visto in lui qualche minuto prima.

"Domanda pure" mi permise iniziando a camminare.

"Come ve le siete procurate quelle cicatrici e cosa facevate prima di diventare un discepolo della Chiesa?" era una domanda che mi ronzava nella testa ormai da molti anni ma che, tuttavia, non avevo mai avuto il coraggio di chiedere.

Lui fece una mezza risata "Sei una ragazza molto speciale, Brida. Normalmente questa è la prima domanda che adulti e bambini mi rivolgono, per te invece ci sono voluti anni e anni. Ma io ho aspettato."

Lo guardai curiosa come non mai.

"Dirò la stessa cosa che dissi un po' di tempo fa a tuo fratello: la guerra con Orlais fu un evento abbastanza importante qui nel Ferelden e anch'io ne presi parte, per quanto il mio ruolo non fu quello del soldato tradizionale.

Sono nato nel Ferelden, ma mia madre era Orlesiana, non ho il loro accento ma so parecchie cose su Orlais e questo mi ha permesso di essere molto utile a questa nazione quando la guerra infuriò.

Certo, le missioni più importanti sono anche quelle più pericolose, ma, infine, non mi lamento di questi segni. Poteva andarmi molto peggio"

"Voi avete combattuto?" gli chiesi io stupita.

"Anche, ho fatto molte cose durante quella guerra..." disse diventando cupo "non tutte mi hanno reso fiero" continuò mentre una strana ombra mi sembrò oscurargli il volto.

"In ogni modo" riprese poi "molte delle cose che ti ho insegnato provengono da quel periodo trascorso in parte nell'Orlais. Non so se hai mai sentito parlare dei bardi. Gente astuta e abile, ma non rivelare questo nome alla tua famiglia. Non la prenderebbero bene." era la prima volta che parlava così apertamente. Era come se... se si stesse liberando di un peso.

"E come siete finito nella Chiesa?" volevo finalmente diradare quell'alone di mistero che ancora lo circondava, dopo tanti anni. D'altronde, quanto lo conoscevo davvero?

"Dopo la guerra sono diventato un asserente della Chiesa e successivamente, in veste di chierico, ho cominciato ad occuparmi dell'addestramento e dell'insegnamento. E' l'unica cosa che mi riesce bene" disse terminando con un sorriso ironico "Ma adesso basta domande, devo spiegarti come ritornare al rifugio, no?"

Gli sorrisi felice di aver un segreto da condividere con lui e di aver, finalmente, capito qualcosa di più sulla sua vita, seppur rimanessero ancora molti punti interrogativi riguardo a lui.

Ma col tempo avrei avuto delle risposte, ne ero sicura.

Lo ascoltai per tutta la via di ritorno mentre mi mostrava come fare per poter raggiungere un'altra volta il nostro rifugio da sola, fu un pomeriggio davvero bello.

Eppure non vidi che quell'ombra e quella tristezza che avevo potuto leggere in lui poco tempo prima si facevano più oscuri ad ogni passo, mentre ci dirigevamo al castello.





:) Ecco un altro spezzone dell'infanzia/pre-adolescenza della nostra Brida. Capitolo molto importante, in cui i misteri su Maestro Bryce, lentamente si diradano... e poi la tristezza nei suoi occhi, immagino abbiate già capito come mai :) 
Ma le sorprese non sono finite, vedrete. 
Purtroppo vi abbandono di nuovo per due settimane, causa vacanze al mare :D (purtroppo? semmai per fortuna xD) ma appena tornata giuro cercherò di continuare questo mio racconto più velocemente rispetto a queste ultime settimane passate a casa, in cui ho scritto poco o niente xD 
Tra compiti e altro sarò un po' presa, ma sono sicura che troverò sicuramente del tempo per la mia Brida. 

A presto e buone vacanze a tutti voi! 

Ciao :D

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Capitolo 20
*** Scoperte e spiegazioni ***


"Milady? Vi sentite bene?"

Quella fu la domanda che mi sentii ripetere più spesso quel giorno.

"Certo, certo" avevo risposto cercando di sembrare il più convincente possibile, l'avevo fatto più volte, molte volte, in realtà, ma in nessun modo ero riuscita ad eliminare dal mio viso quell'espressione abbastanza sconvolta che avevo potuto ammirare io stessa appena alzata dal letto quella mattina.

Sì, ammetto che mi ero proprio sbronzata per bene la sera precedente, e la cosa che mi dava più il nervoso era il fatto che non mi ricordassi poco o nulla di quello che era successo, dal momento in cui avevo cominciato ad alzare il gomito.

E le poche cose che mi ricordavo erano abbastanza... penose in effetti!

Ma non era la figura della stupida il fatto che mi faceva impensierire di più, per quanto potesse essere assai fastidiosa come sensazione.

No, il vero problema era cosa mi ero fatta scappare, se mi ero fatta scappare qualcosa.

Ma anche il cercare di ragionare a riguardo era molto difficile quando sentivo ancora un mal di testa fortissimo.

Ma quanto davvero avevo esagerato?

"Certo che dalle occhiaie che hai, sembra proprio che tu abbia fatto le ore piccole ieri" aveva cominciato fin da subito mio fratello a colazione.

"Considerata la vostra indole iperattiva e il vostro atteggiamento ribelle e sconsiderato, non mi meraviglierei se stanotte aveste fatto tutt'altro che riposarvi. Spero soltanto non abbiate pensato di vagare per il castello come un fantasma" aveva provocato poi Madre Mallol, che di sicuro si aspettava ancora, dopo più di due settimane, delle mie scuse per averla chiamata 'brutta megera'.

Scuse che non sarebbero mai arrivate, ovviamente.

Ma quella mattina non avevo avuto nemmeno la forza di replicarle.

"Dev'essere stato il pesce di ieri" avevo solo detto ai miei genitori per farsì che non si preoccupassero delle mie condizioni.

Solo dopo pranzo mi sentii davvero meglio, dopo aver riempito un po' lo stomaco.

Ma se il corpo riusciva ad avere un aspetto un po' più decente e a sentirsi bene, lo stesso non si poteva dire della mia mente, affollata da migliaia di preoccupazioni e di domande.

Come sarei potuta tornare quella sera, laggiù, con la paura di aver raccontato a tutti il mio segreto?

E se mi avessero scoperto? Se nulla potesse più tornare come prima?

Ripensai allo sguardo duro che aveva avuto Jack, nel momento in cui mi aveva detto che dovevo farla finita coi segreti, nel momento in cui mi aveva sgridato per tutte le bugie che stavo dicendo alla mia famiglia.

Cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che l'unico che avevo coperto di bugie era proprio lui, la persona a cui tenevo di più?

"Mio figlio mi ha detto che avete in programma una gita a cavallo questo pomeriggio"

Spostai il mio sguardo verso l'interlocutore che aveva interrotto i miei troppi pensieri e che, in realtà, avevo già riconosciuto dalla voce.

Ritirarmi nella sala di lettura era stato un modo per allontarmi per un attimo da tutto e da tutti e ripensare alla cavolata che avevo combinato il giorno prima, ma eccolo lì, l'Arle Howe, insieme ai miei genitori, pronti a rovinarmi tutto.

"Gita a cavallo?" chiesi confusa.

"Ma certo Brida, mi sembra che tu abbia riacquistato colore... Potrebbe essere un modo per svagarti un po'" tentò di convincermi mia madre.

"Se però non ti senti ancora bene, potresti sempre rimandare" aggiunse mio padre.

Ma certo, la gita a cavallo con Thomas. Come avevo potuto dimenticarmi, dopo che avevo marcato per bene come intendessi il nostro rapporto solo come uno d'amicizia?

Sospirai scoraggiata e un po' impensierita.

In fin dei conti, nonostante non morissi affatto dalla voglia di passare con lui o qualsiasi altra persona quel pomeriggio, almeno una gita a cavallo, insieme, gliela dovevo.

"Ma certo..." annuii ai sei occhi che incuriositi puntavano verso di me.

Non era affatto un caso che fossero venuti a chiamarmi tutti e tre e la cosa puzzava molto di qualcosa di ufficiale.

Ma ormai era troppo tardi per evitarlo.

"Splendido" disse l'Arle Howe illuminando il suo volto sgraziato di uno splendente sorriso.

Cosa mi sarei dovuta aspettare per quel pomeriggio?


 

 

"Scusa Brida" fu la prima cosa che lui mi disse appena arrivati nelle scuderie, con aria seria.

"E di cosa?" chiesi io incuriosita.

"Beh, se non stai bene non devi per forza venire"

Gli sorrisi "Sto meglio, tranquillo"

Salimmo entrambi sulle nostre cavalcature, due bai fratelli, slanciati e giovani.

Mio padre, chissà perchè, dal momento in cui aveva combattutto contro gli Orlesiani si era innamorato di queste creature, destrieri dei famosi cavalieri d'Orlais, ma molto rari nel Ferelden e, anzi, spesso disprezzati.

"Mi sa che è da un po' che non salivi più a cavallo..." cominciai io sorridendogli.

"Da quando avevo 10 anni" rispose con aria dura.

La ignorai "Sembri però ricordare molto bene come si fa" continuai "Hai sempre amato cavalcare, dopotutto"

Lui si limito ad annuire.

"Ti ricordi quel cavallino di legno, nella mia camera? Ci giocavi sempre... E il pony bianc..?"

"E' vero, ho sempre amato i cavalli" concluse di botto il discorso facendoci immergere nel silenzio.

Aveva un'aria strana, diversa, severa.

Non l'avevo mai visto così.

Sembrava ignorarmi, non mi aveva degnato quasi di uno sguardo, se non per chiedermi scusa.

Scusa? Ma di cosa poi?

Continuammo ancora per un po' in questa maniera, silenziosi e molto distanti, anche se uno di fianco all'altro in realtà.

"Tom? Forse dovremmo fermarci. Non vorrei che succedesse come con l'orso" proposi ad un certo punto.

Lui mi ignorò.

E se davvero mi doveva chiedere qualcosa? Se davvero lui e i nostri genitori si erano accordati per...

"Tom?" domandai ancora.

Niente.

"Tom!" alzai la voce facendolo fermare.

Lui si girò verso di me. Il suo sguardo era di fuoco, anzi no, era più simile al ghiaccio. Era freddo e con un'innaturale aria di sicurezza che mai gli avevo visto assumere.

Rabbrividii leggermente.

"Tom..." cominciai con voce sottile "Che succede? Qualcosa non va?"

Improvvisamente quello sguardo di ghiaccio, divenne accusatorio.

"Perchè non mi hai detto nulla?"

Impallidii.

I miei occhi lo guardarono con spavento e... paura.

Lui sapeva. Ne ero certa, lui l'aveva scoperto in qualche modo.

E tutto quello che in quelle ultime settimane mi aveva reso felice stava per sfuggirmi dalle mani.

"D-di cosa stai parlando?" balbettai interrompendo un nuovo silenzio che si era imposto tra noi.

"L'ho dovuto sapere dai tuoi genitori! Non riesco davvero a credere che tu non me ne abbia fatto parola, dopo tutte le frasi che hai sprecato ieri riguardo all'amicizia!" c'era rabbia nelle sue parole e delusione, una profonda delusione.

In qualche modo ero riuscita a deludere nuovamente le persone che mi erano accanto.

E anche i miei genitori sapevano. Eppure... se sapevano, perchè mi avevano trattato con così tanta gentilezza poco prima?

"Thomas... Io non riesco a seguirti. Mi dispiace se ti ho ferito in qualche modo ma..."

"Brida credi che non me ne sia accorto? E' da quando sono arrivato al castello che cerchi di evitarmi e tutto ciò solo perchè temi che ti chieda come sono stati gli ultimi anni qui, da quando me ne sono tornato ad Amaranthine. Nemmeno un cenno in una lettera, non una parola di persona. Tutti qui sapevano che avevi sofferto molto dopo la partenza del tuo Maestro. Tutti, tranne me"

Bocca e occhi erano entrambi spalancati, non riuscivo a credere alle mie orecchie.

I miei genitori gli avevano soltanto raccontato di com'erano andate le cose dopo la partenza di Maestro Bryce?

Era... soltanto questo?

Feci un profondo sospiro di sollievo.

"Tom... " cominciai cercando di sembrare dolce.

"Mi dispiace, scusa. Io non ne parlo mai con nessuno in realtà. Qui tutti sanno solo perchè hanno potuto vedere ogni cosa con i propri occhi. Non è facile per me parlarne, neppure con le persone più importanti"

Il suo atteggiamento sembrò tornare quello di sempre, appianato dal mio tono sincero.

Il suo sguardo da accusatorio divenne tenero e un po' compassionevole.

"Forse è meglio che ci sediamo... " gli proposi.

Entrambi scendemmo dai nostri cavalli.

Un faggio si innalzava vigoroso circondato dagli altri alberi del bosco.

Mi sedetti appoggiando la mia schiena sul suo tronco e ricordando quasi automaticamente quella volta, qualche settimana prima, in cui un tronco era riuscito a nascondermi da un orso inferocito.

Lui si accomodò davanti a me, con un ginocchio piegato, e l'altra gamba raccolta verso di sè.

Quel giorno indossava una camicia che lasciava leggermente scoperto il petto.

"Il ciondolo che ti avevo regalato" dissi sorridendo e avvicinando le mie dita a quel piccolo oggetto che un tempo gli avevo dato, dopo averlo rubato ad un ricco mercante.

"Lo porti ancora" aggiunsi.

Entrambi sorridemmo.

"Mi piace" disse lui semplicemente.

Di nuovo lo guardai negli occhi.

Il mio sguardo era più luminoso che mai, ma non a causa del ciondolo, nemmeno per il fatto che lui mi avesse, ormai, perdonata, senza poi così tante difficoltà. No, non era per quello.

La verità è che egoisticamente pensai a lui, a Jack, alla paura che avevo avuto nel momento in cui avevo pensato di averlo perso per sempre, e ai suoi occhi, scuri e intensi, alla sua voce, alle sue parole, ai suoi sorrisi, alle sue battute.

Gli occhi di Thomas, nella mia mente si trasformarono nei suoi, e il mio sorriso divenne ancora più smagliante.

Non avevo ancora perso nulla.

"Ti devo delle spiegazioni" dissi tornando sull'argomento e lasciando per un attimo da parte quell'accesa felicità che mi aveva pervaso l'animo.

Lanciai un'ultima occhiata al ciondolo.

Sì, gliele dovevo proprio.

"Sicuramente i miei genitori ti avranno già parlato del perchè Maestro Bryce è stato scacciato. Io... io potrei spiegarti mille cose, forse ci vorrebbero degli anni per far capire a qualcuno che i suoi insegnamenti non erano poi così male, anzi.

Non voglio nemmeno tentarci. Ti racconterò soltanto una cosa, una cosa che appartiene a me, al mio cuore e alle parole dure di mio padre.

Ti racconterò solo di un pomeriggio di 3 anni fa. Quando per la prima volta nella mia vita mi sono sentita davvero sola..."




 Chiedo scusa per il mega ritardo ^_^ tra vacanze e blocchi d'ispirazione, ho avuto davvero qualche difficoltà ad andare avanti a scrivere, in questo ultimo mese :) 
Questo è solamente, diciamo, parte del nuovo capitolo, che ho voluto spezzare con un racconto/flash che ci sarà nel prossimo, giusto per introdurre qualcosa di nuovo e anche per far avvicinare Tom e Brida, forse in questo momento molto più vicini di quanto lo siano la protagonista stessa con l'altro baldo giovane, Jack :) 
Ma le cose sicuramente non sono mai semplici ;) 

Chi leggerà, vedrà :) Ciaooo!

 

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Capitolo 21
*** Ricordi: addio ***


Rabbia. Troppa rabbia ardeva nel mio cuore, tanta che non riuscivo nemmeno a pensare, non riuscivo a non fermare i miei passi mentre mi dirigevo più furiosa che mai nelle stanze di mio padre.

Non era vero, non poteva esserlo.

"Nan avete visto Maestro Bryce?" avevo chiesto a Nan non molto tempo prima, dopo averlo cercato con gli occhi per tutta la mattinata.

Lei non mi aveva risposto.

Poi era arrivata Madre Mallol "Il vostro Maestro, fortunatamente, se ne è andato. Ci ha lasciati, per non tornare. Finalmente potrai avere un'educazione come si deve".

L'avevo guardata con odio, come sempre, ma non solo.

Con paura, no, terrore che le sue parole fossero vere.

Lui non poteva essersene andato, lei non poteva averlo mandato via... No, quelle dovevano essere delle bugie.

Io non riuscivo a crederci. Ma nella sua voce c'era sapore di vittoria.

Sì, quello vero, quella sensazione di avercela fatta dopo molte fatiche e difficoltà, quella soddisfazione estrema che riversava su di me come punizione, per avergli voluto bene, a lui, al mio Maestro, e aver sempre disprezzato lei.

Eppure alla fine aveva davvero vinto.

Ero corsa, come un fulmine lontano da quel suo mezzo sorriso, lontano da lei che aveva tentato così a lungo di avvelenare la mia vita, di separarmi da lui e che, infine , c'era davvero riuscita.

Non potei nemmeno piangere, da quanta rabbia sentivo dentro, mentre, folle, mi dirigevo da mio padre.

Lui non poteva averlo permesso! Dopo avermelo presentato quando avevo solo sei anni, dopo avermi affidata a lui, dopo aver creduto in lui.

Non poteva aver dato ascolto ai sibili di serpente che quella donna continuava ad emettere contro Maestro Bryce, forse mia madre le aveva dato ascolto, ma non lui, non mio padre.

Se voleva avere ancora il mio bene non poteva averlo fatto.

Sbattei la porta con violenza, facendolo leggermente sussultare. Solo leggermente perchè, in realtà, era pronto. Pronto al mio odio e alla mia rabbia.

"Gilmore, lascia me e mia figlia da soli" disse al ragazzo di fianco a sé che stupito del mio atteggiamento lasciò velocemente la stanza richiudendo la porta dietro al suo passaggio.

Non riuscivo a togliere i miei occhi iniettati di fiamme dal suo viso.

Non poteva essere vero.

"Dov'è?" urlai a piena voce.

Lui andò subito in difficoltà.

"Brida, ascolta... Siedit..."

"Dov'è???" ripetei urlando ancora più forte mentre faticavo a trattenere le lacrime, mentre l'odio si stava trasformando in disperazione.

"Se n'è andato" semplice. Voce piatta, priva di emozioni, priva di un tentativo alcuno di dirmi perché l'aveva permesso, priva di compresione, priva di qualsiasi forma d'affetto.

Quello era davvero mio padre?
"Come hai potuto lasciarlo andare?? Come hai potuto ascoltare Madre Mallol e non
me, tua figlia!

Lui era il mio Maestro, lui mi voleva bene, lui teneva a me..." per la prima e forse ultima volta in tutta la mia vita mi rivolsi a lui dandogli del tu, dimenticando chi davvero fosse, della sua posizione sociale, del fatto che era un Teyrn, del fatto che era mio padre.

Lui non era nessuno per me in quel momento.

"Brida! Quante volte abbiamo già parlato di questo? Sai benissimo che Madre Mallol e tua madre stessa hanno perfettamente ragione a dire che i suoi insegnamenti erano inutili per formare una lady, come dovrai essere tu. Ti ho dato la possibilità per qualche anno di divertirti un po', ora però le cose cambiano. Tu dovrai sposarti e dare onore alla nostra famiglia, e non esiste che continui a comportarti da uomo o, ancora peggio, da selvaggio, a vagare per la foresta insieme a Maestro Bryce. E' giunto il momento che tu cresca e ti ricordi chi davvero sei" il suo tono fu duro, autoritario, tipico di chi è abituato a far eseguire gli ordini ai propri uomini, al proprio popolo.

Come poteva credere che lo stesso potesse valere anche per la famiglia?

Rimasi in silenzio con lo sguardo basso. Avevano vinto, tutti quanti, mi avevano portato via l'unica persona che in quegli anni mi era stata davvero amica, no, anzi, mi avevano tolto di più di un amico.

Mi avevano tolto un padre.

Le lacrime sgorgavano ormai libere, mentre mio padre continuava a guardarmi con aria severa qualche metro lontano da me.

"Dov'è?" chiesi con tono supplichevole ormai completamente inondata dal mio pianto.

"Ti prego, dimmi dov'è andato" almeno una lettera, due parole. O una fuga. Sì, io sarei potuta fuggire per raggiungerlo, cos'altro mi tratteneva lì?
"Brida, qui io sono l'unico che sa per dove sia partito e rimarrò l'unico a saperlo.Voglio eliminare qualsiasi contatto tra noi e lui, tra te e lui, per sempre. Non chiedermi né il suo vero nome o altre cose su Maestro Bryce, perchè sarebbe del tutto superfluo"

Lo guardai con ancora più disperazione: come poteva essere così insensibile?

"Figlia mia" la sua aria da dura e autoritaria divenne solenne "So quanto tu possa soffrire, ma sappi che tutto ciò è stato necessario e che io, Madre Mallol e tua madre l'abbiamo fatto solo per..."

"Bugiardo!!" urlai a tutta voce fuggendo da quella stanza, da quella vita, da quella persona che odiavo con tutto il cuore, che non poteva essere mio padre.

Non guardai negli occhi nessuno, corsi solo verso il giardino, verso il bosco, verso un piccolo regalo che lui mi aveva fatto.

Non avevo potuto nemmeno dirgli addio, l'avevano mandato via così, improvvisamente, impedendomi pure di salutarlo.

Ma perchè erano stati così crudeli?

Mentre correvo mi vennero in mente le parole di Maestro Bryce del giorno prima:

"Qualunque cosa succeda, non utilizzare questo posto per spaventare i tuoi genitori, non farlo neanche involontariamente. Loro ti vogliono bene, tienilo sempre a mente, e qualunque cosa succeda tu devi fidarti di loro"

Pugnalato alle spalle, tradito. Lui credeva in loro, credeva nella mia famiglia, e loro lo avevano scacciato, lo avevano allontanato da me.

Singhiozzai per tutta la durata del percorso, che feci quasi a memoria, senza guardare mai davvero la strada che stavo percorrendo, nonostante ci fossi venuta solo una volta, il giorno precedente.

Appena mi fermai, giunta alla meta, Lucky, che mi aveva rincorso per tutto il tempo, mi si buttò addosso, ora molto più grande di quanto fosse qualche anno prima, quando mi era stato regalato.

Lo strinsi a me continuando a piangere.

Loro non mi volevano bene, loro non avevano mai tenuto a me.

Io non potevo fidarmi di loro, non più per lo meno.

Mi asciugai leggermente le lacrime e entrai all'interno della nostra tana, il nostro luogo segreto.

Ora era solo mio, perchè ero rimasta davvero sola.

Lasciai la botola aperta e percorsi lentamente tutte le scale, mentre la luce che entrava da sopra illuminava il percorso.

Sul tavolo c'era una statua, una statua di Andraste che probabilmente lui aveva lasciato nel momento in cui si era allontanato dal castello, come saluto.

L'odio tornò a farsi vivo in me.

Con tutta la forza che avevo in corpo presi la statua e la scaraventai al suolo, rompendola in più pezzi.

Andraste?! Io non volevo una maledetta statuina, non volevo essere lì, in quel momento, circondata solo dal mio pianto, dalla mia paura, dalla mia solitudine.

Io volevo soltanto poter stringere qualcuno, potermi sentire accettata per quello che ero, avere qualcuno che davvero credesse in me.

Ma l'unico che aveva rappresentato tutte queste cose e molto di più si era dissolto, era scomparso, così, da un giorno all'altro.

E io avevo distrutto il suo ultimo ricordo.

Riscoppiai a piangere tra gli uggiolii di Lucky che soffriva con me. Di nuovo mi si accucciò vicino mentre io scivolai lentamente a terra, stringendo le ginocchia verso di me.

Ripensai a tutti i momenti felici che avevo avuto insieme a lui, alle volte in cui mi aveva consolata, a quelle in cui mi aveva sgridata. Ogni momento, anche il più triste e sofferente, veniva trasformato in un motivo di gioia, solo per la sua presenza. In fin dei conti lui mi aveva fatto crescere, mi aveva insegnato cosa fosse la vita molto di più di quanto avessero fatto tutti gli altri.

Ma a partire da quel giorno avrei dovuto continuare a camminare per la mia via da sola, senza più l'aiuto di nessuno, senza pià il suo aiuto.

Continuai a piangere a dirotto per un tempo che mi sembrò infinito.

Nella mia mente si fecero strada mille e più idee, di fughe, di travestimenti e di viaggi verso una vita migliore, verso di lui, ma ad ogni lacrima versata anche queste idee diventavano sempre più appannate, come desideri e sogni irrealizzabili, azioni insensate.

Solo l'abbaiare di Lucky affamato che voleva tornare al castello mi costrinse, infine, a rialzarmi. "Andiamo" gli dissi dopo essermi asciugata le lacrime, mentre uscivamo dal rifugio: promisi a me stessa che non ci sarei mai più tornata, perchè, senza di lui, quel luogo non aveva più alcun senso. Rappresentava solo sogni e speranze che non si erano mai potuti realizzare.

Lui era stato tutto per me, un padre, un fratello, un amico.

L'avrei ricordato per sempre, eppure avrei lo stesso dovuto accettare il suo addio.

In qualche modo sarei dovuta andare avanti senza di lui. Per sempre.





;(  ecco probabilmente il ricordo più triste della nostra giovane Brida, ricordo che lei stessa ha deciso di condividere con Thomas. 
Questo è un punto abbastanza importante della trama, in cui la vita della protagonista cambia notevolmente, in cui lei perde una delle persone più importanti di tutta la sua vita. Spero abbiate apprezzato questo capitolo tanto quanto l'ho amato io mentre lo scrivevo. 

Un saluto! :) 

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Capitolo 22
*** Veritas filia temporis ***


Feci un profondo respiro chiudendo per un attimo gli occhi.

"E questo è quanto" dissi infine riaprendoli "Puoi ben capire che per me non sia stato molto facile continuare dopo che i miei genitori l'hanno cacciato, così, senza nemmeno un vero perchè, impedendomi di salutarlo un'ultima volta. Ma la vita è ingiusta e io col tempo ho imparato... a capirli, in parte, a sopportare" spostai il mio sguardo su di lui cercando di assumere un mezzo sorriso.

Lui mi guardava in silenzio.

Non volevo che mi compatisse, non era una cosa che amavo. E poi lo avevo imbrogliato, lui credeva che l'avessi ignorato a causa del dolore che provavo ancora per l'allontanamento di Maestro Bryce, ma la realtà era un'altra.

Ripensai un attimo ai miei genitori. Loro gliene avevano parlato, loro dunque sapevano, dopotutto, quanto per me Maestro Bryce avesse rappresentato.

Abbassai un attimo lo sguardo tornando seria, mentre un'ombra di tristezza si posò sul mio volto.

Improvvisamente dopo aver condiviso con un'altra persona quel doloroso ricordo, milioni di immagini e di momenti del passato tornarono a farsi vivi dentro di me.

Una lacrima mi solcò il viso.

"Brida" disse soltanto lui posando il palmo della sua mano sulla mia.

Sollevai di scatto il mio sguardo e per un attimo i nostri occhi si congiunsero, in un lungo abbraccio, dolce come il suo azzurro opaco e malinconico come il mio verde bosco.

Fu un attimo, un solo momento in cui dimenticai qualsiasi cosa, Maestro Bryce, i miei genitori e Shayna, il suo amore per Jack. Il mio amore per Jack.

Che cosa mi stava succedendo? Abbassai lo sguardo seguita da lui.

Le nostre mani si allontanarono, le nostre gote si arrossarono leggermente.

Eravamo entrambi terribilmente imbarazzati.

Solo dopo molti secondi ripresi coraggio "Tu hai mai perso una persona davvero importante per te?" gli chiesi lanciandogli solo qualche sguardo veloce, evitando di guardarlo apertamente negli occhi.

"Mia madre, ma era molto piccolo. Quasi non me la ricordo, una malattia se l'è portata via" mi rispose sommessamente.

Mi limitai a sospirare annuendo leggermente: i miei genitori mi avevano già parlato della sua storia.

"Scusa per prima" ricominciò lui "Non avrei dovuto aggredirti così, io non..."

"Non ti preoccupare" sorrisi leggermente "Credo che anch'io al tuo posto mi sarei comportata allo stesso modo".

Ed era vero. Ci tenevo a lui... ci tenevo davvero.

Ma su di me pesavano ancora tutti i segreti che mi ero creata nel giro di qualche settimana, segreti che, inevitabilmente, ci avrebbero diviso.

Segreti ai quali non volevo rinunciare.

Mi rialzai e salii i groppa al mio baio.

"Torniamo" annunciai lievemente.

Lui mi seguii e io cercai di dimenticare il più in fretta possibile quella strana sensazione che avevo provato nello sfiorare la sua mano.

 

 

Lentamente indossai la mia cappa, ormai era diventato come un rito.

Presi Lucky dal collare, sapevo che mi avrebbe seguito senza lamentarsi troppo.

E d'altronde lasciarlo nella mia stanza, da solo, sarebbe stato come un suicidio, dato che lui avrebbe cominciato ad abbaiare disperato attirando lì tutto il castello.

A quell'ora i corridioi erano come sempre liberi, il momento di pausa delle guardie, il momento perfetto per uscire.

Sorrisi tra me e me.

Come un'ombra scivolai verso le cucine, anch'esse vuote dato che i servi si erano già ritirati nelle loro stanze.

Tutto era perfetto, anche quella sera.

Passate le stanze degli ospiti e, prima ancora, quella di mio fratello, mi ritrovai nell'atrio.

Ma fu lì che improvvisamente una voce mi costrinse ad appiattirmi contro il muro alla mia sinistra, lasciando il collare di Lucky che scappò nella direzione delle cucine.

Mi misi in ascolto: quella era una voce che conoscevo molto bene.

"Non riesco a credere che tu sia stato così sciocco! C'eri così vicino!" la porta semiaperta di una stanza alle mie spalle rivelò la presenza dell'Arle Howe che si lasciava andare ad urla di rabbia.

"Li hai visti i suoi genitori... Erano pronti! Tutto era pronto. E tu come al solito hai fallito!" c'era odio, disprezzo nella sua voce. Mi avvicinai ancora di più all'apertura per poter scorgere meglio il suo silenzioso interlocutore anche se già immaginavo chi fosse.

"Padre io..."

"Non osare inventarti qualche scusa! Non meriti alcuna pietà, alcuna possibilità di spiegazione. Mi hai deluso, profondamente deluso. Siamo qui da più di due settimane, siamo qui solo per quello! Per lei, per voi. E' anni che giro intorno a questo stupido castello solo per un maledetto matrimonio.. E tu invece di cogliere l'occasione, di riempirla di complimenti, come ti ho detto, la lasci andare. "

Mi venne un colpo al cuore a sentire quelle parole.

Era davvero tutto così stabilito, da anni, da suo padre? Allora Tom, in realtà, non provava nulla per me?

"Sì padre, avete ragione. Perdonatemi"

Quel sì, quel piegarsi al volere dell'Arle, così facilmente, mi fece comprendere tutto.

Com'ero stata stupida a credere per un solo insulso secondo che l'affetto che Thomas provava per me fosse reale.

Forse una parte di lui mi voleva bene davvero, ma quanto grande era quella che invece seguiva solo il volere di suo padre?

Enorme, ecco la risposta.

"Sì padre, avete ragione" lo canzonò l'Arle, dando mostra di quel suo spiacevole carattere che da molti veniva disprezzato.

"Le hai detto che ha una magnifica voce, hai cercato di consolarla per la vicenda di Maestro Bryce? E il ciondolo? Gliel'hai mostrato?" continuò imperterrito lui.

"Sì padre, l'ho fatto"

Era solo un burattino, un burattino nelle mani di suo padre.

Improvvisamente desiderai fuggire da quel posto.

Feci qualche passo verso la fine dell'atrio, in direzione delle cucine, sempre appiattita contro il muro, per cercare di non farmi vedere dai due che continuavano a parlare da dentro la stanza.

"E perchè non le hai chiesto di sposarti? Eravate da soli, in mezzo al bosco!! Quando pensi ti riaccadrà una situazione del genere come hai potuto essere così ing...".

La sua voce si interruppe improvvisamente nel momento in cui il mio Mabari, per attirare la mia attenzione, abbaiò leggermente.

"Hai sentito?" domandò lui rivolto al figlio.

Io presi il collare di Lucky tra le mani e cercai di percorrere il corridoio il più velocemente possibile.

"C'è qualcuno..." sentii dire dalla loro direzione.

Senza nemmeno voltarmi indietro svoltai verso le cucine e poi al di fuori del castello.

Continuai per un po' così, terrorizzata che mi avessero seguito.

Infine, quando mi sentii il fiato mancare, volsi il mio sguardo alle spalle.

Vuoto, deserto. Feci un lungo sospiro di sollievo.

Quella volta l'avevo davvero rischiata grossa.

 

 

Mossi i miei piedi velocemente verso il locale, ormai a qualche passo da me.

Cercai di cancellare dalla testa tutto quello che avevo udito poco tempo fa, le parole di delusione e di rabbia dell'Arle, la mia di delusione.

Io volevo bene a Tom, tanto. Lui mi aveva consolata, aveva posato la sua mano sulla mia, mi aveva capita, si era buttato a capofitto dietro un orso, solo per me.

Lui mi conosceva meglio di chiunque altro... o no?

Mi fermai qualche metro lontano dalla soglia de "L'orso sbronzo".

Anche quella sera c'era della gente, che mi stava aspettando. Esitai.

Mille cose avrebbero potuto attraversare la mia mente in quel momento: segreti, paure, desideri, i ricordi dell'ubriacatura del giorno prima, il terrore di essermi rivelata.

Ma la verità fu un'altra.

Esitai. E dentro mi domandai 'Era questo che davvero volevo?'

Mille persone che venivano per vedermi, per ammirarmi, e due amici, che, in realtà, non sapevano per nulla chi davvero io fossi.

Non mi conoscevano? Chi ero io, dopotutto, Brida o Shayna?

Chi davvero si nascondeva dentro di me?

"Shayna" una voce rude dall'interno interruppe tutti i miei pensieri.

"Ecco ben arrivata l'ubriacona di turno" mi fece l'occhiolino Petrice.

Di fianco a lei c'era suo fratello.

"Non entri?" mi domandò.

Arrossii leggermente "Io, ecco... Mi dispiace per ieri sera, se ho detto qualcosa o ho fatto.."

"Shayna! Questa è una taverna, mica una Chiesa. Eddai, non farti problemi. Forza che tocca a noi" Pet mi trascinò praticamente dentro.

"Più tardi ci faremo quattro risate, quando ti racconteremo le cavolate che hai detto ieri!" continuò prendendo il suo flauto tra le mani.

Diedi un'occhiata intorno a me: Lucky era come sempre scappato via, Jack era andato verso le cucine, suo padre stava servendo ai tavoli e il gruppo di clienti di vecchia data stava in un angolo a bere.

Nulla sembrava essere cambiato. Che forse davvero nessuno avesse preso sul serio le mie chiacchiere da sbronza?

Chiusi gli occhi e feci un profondo respiro, poi iniziai a cantare.

Come poteva un gesto così semplice eliminare completamente qualsiasi pensiero dalla mente? Come poteva farmi sentire bene, nonostante l'enorme quantità di confusione che avevo nella testa?
"Brave come sempre" fu il complimento del padre di Pet e Jack, alla fine dell'esibizione.

Tutti e tre, io, Pet e Jack, ci sedemmo a fianco di Flie, Lore e gli altri.

"Hai rivoluzionato questo posto" si rivolse a me Jared "Complimenti!"

Io sorrisi "Grazie" risposi.

"E io ho ricontrato la fata!!" esclamò ubriaco e felice Frank.

Tutti scoppiammo a ridere.

"Mi aspetta però un bel po' di lavoro" commentò Jack, notando il disordine nella sala "E stasera Erm e Tyl non sono venuti" continuò facendo riferimento ai cugini che la sera prima avevano dato una mano.

"Ti aiuto io" mi offrii. "Eh no cara, non così velocemente! Non vorrai perderti le piccanti rivelazione che tu stessa ci hai fatto ieri sera!" mi fermò Pet facendomi diventare paonazza.

Lore scoppiò rumorosamente a ridere "Eh sì, hai davvero straparlato ieri!" disse in tono ironico.

Per un attimo valutai se c'erano delle uscite vicine, da cui scappare nel caso...

"No, no. Non pensarci neanche. Per un po' dovrai sopportare le nostre domande, e niente segreti!" esclamò Petrice.

Sentii le mani calde e un po' sudate di Jack sulle spalle.

Lanciai uno sguardo ai suoi occhi scuri "Prevedo una lunga serata per te" cominciò "Buona fortuna!" aggiunse ironico allontanandosi.

Tremai leggermente nel momento in cui si annullò la pressione delle sue mani sul mio corpo.

E imbarazzata come non mai spostai i miei occhi verso tutti quei curiosi interlocutori.

"Allora chi è Tom?" mi chiese Kai.

Tom? Avevo parlato di Tom? In che termini?

"Dev'essere un tipo che ti piace un sacco, dato che ne hai parlato in continuazione!" intervenne la flautista.

"Cosa??" dissi confusa "Tom...? Io non conosco nessun Tom..."

"Se, se... Come no. Tutti dicono così. Continuavi a dire che gli vuoi bene ma che non puoi... Non dirmi che questo ragazzo ti ha fatto qualche proposta un po'.."

"Pet!" la interruppi prima che potesse terminare "Tom è mio fratello, contenti??" alla fine esclamai.

Dalla cucina si sentì un fracasso, di oggetti che cadevano.

Tutti scoppiarono a ridere.

"Fratello che mi combini?" commentò ironica Pet ridacchiando.

"Forse è meglio che vada a dargli una mano..." mi sottrassi alla tortura dei miei compagni di tavolo.

"Ehi torna qui!!" si arrabbiò Pet. In quel momento suo padre uscì dalle cucine con zuppa e birra tra le mani, e tutti si dimenticarono di me che mi infilai là dove Jack aveva fatto cadere piatti o stoviglie

Feci un leggero sospiro di sollievo una volta entrata nella stanza e richiusi la porta dietro di me.

"Ti stavano proprio mettendo in difficolta, vero misteriosa Shayna?" mi domandò lui con il sorriso stampato sul viso.

A quanto pare era stato veloce a mettere tutto in ordine.

"Non credo di essere più molto misteriosa, dopo ieri sera" commentai io ironica.

"Ti do una mano" mi avvicinai a lui che stava lavando i piatti e i boccali.

Con uno straccio cominciai ad asciugare quelli che erano già stati passati sotto l'acqua.

Realizzai che era la prima volta in vita mia che facevo qualcosa di simile.

"Così Tom è tuo fratello?" incominciò lui dopo qualche secondo.

"Anche lui non si vede molto in giro..."

"Non abita qui" lo bloccai io "Lui è sposato e sta ad Amaranthine" mi inventai al volo una bugia.

"Ah, come l'altro tuo fratello... Fergus, giusto? Anche di lui hai parlato di matrimonio, e di un figlio. Di una promessa che gli hai fatto"

Arrossii ricordando come lo avessi sfidato, dicendo che solo alla nascita del suo primo figlio avrei preso la questione del matrimonio sul serio.

Sperai che davvero un'eventualità del genere dovesse accadere il più tardi possibile.

"Anche lui ad Amaranthine, lontano da qui." tagliai in fretta il discorso.

"E Madre Mallol? Chi sarebbe? E Maestro Bryce?"

Avevo parlato di tutti loro? Oddio.

"Persone" cercai di sviare. Lui mi lanciò un'occhiataccia.

"Hai parlato male della prima, hai detto che ha cacciato via il secondo, hai detto che è stata cattiva con te..."

"Sono cose di quand'ero piccola, persone che ho conosciuto e che..." Non sapevo come continuare.

"Avevi un Maestro?" mi domandò lui.

"No, certo che no! Lui faceva il maestro, era il maestro... di qualcosa... Non il mio, no di certo" ma quante stupidaggini stavano uscendo dalla mia bocca?

Abbassai lo sguardo più imbarazzata che mai.

"Non smetterai mai di mentire?" nella sua voce qualcosa di duro e di distante, ancora.

Non seppi rispondergli.

"Dimmi solo una cosa... " riprese girandosi verso di me e puntando i suoi occhi ombrosi nei miei.

"Cosa?" gli chiesi.

"Perchè sei venuta, cosa ti ha spinto a lasciare la tua casa, ogni sera?"

Un sorriso leggero mi si dipinse sulle labbra. Un ricordo, di poco tempo prima, era trascorsa solo qualche settimana.

Un elfo che trascino, con cui fuggo, Riddle.

Senza di lui probabilmente non avrei fatto nulla di tutto ciò, nessuna fuga, nessun segreto.

Era vero, ero una sporca bugiarda, traditrice, falsa, sì era tutto terribilmente vero.

Eppure, ne ero certa, ero felice, nonostante tutto, non riuscivo a rimpiangere quella sera di qualche settimana prima in cui, dopo aver passato la giornata da sola, ero scappata di casa.

"Un elfo" dissi soltanto con un sorrisino.

"Un elfo?" rimase sorpreso.

"E'... è una storia lunga. Diciamo, che un elfo mi ha aiutata ad essere messa in punizione" continuai con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

"E' a causa sua che sei segregata in casa?" mi domandò lui.

"Non propriamente. Però senza di lui di sicuro mi sarei persa queste serate, qui... In questa taverna. A proposito, ma perchè non ci vengono mai degli elfi?" chiesi io.

Lui aggrottò le sopracciglia "Gli elfi stanno nell'enclave, no? O nei castelli, come servi." commentò riprendendo a lavorare.

"Ah, ehm.. giusto" anch'io mi rimisi al lavoro.

Robert rientrò "Shayna! Vedo che ti stai dando da fare.." disse abbastanza felice nel vedere me ad occuparsi di quello che spettava a lui.

Suo figlio gli lanciò un'occhiataccia.

"Sì, sì, ovvio" disse un po' confuso l'uomo "Non dovresti occuparti di queste cose, ma.."

"Non preoccuparti, per oggi ci penso io" lo fermai, forse rendendolo più felice che mai.

"Grazie mille Shayna! Non solo hai fatto tornare in pista questa vecchia baracca, ma mi dai pure una mano. Non so come avremmo fatto senza di te" esclamò lui prendendosi una birra e uscendo dalla cucina.

Feci un leggero sorriso vedendo come bastava poco per rendere felice suo padre, un uomo che col tempo avevo imparato a conoscere, alcune volte semplice e allegro come la figlia, altre ombroso e pensieroso come Jack, sembrava che in lui vivessero a momenti alterni i caratteri opposti dei figli.

"Vecchia baracca?" domandai io incuriosita dalla storia di quel luogo che non mi era mai stata raccontata "Appartiene alla famiglia di tuo padre da molto tempo?" chiesi poi.

"Sì" rispose Jack "Esiste da molto tempo questo posto".

"E tuo padre dunque ci lavora da quand'era piccolino, immagino" andai avanti io.

"No, non proprio in realtà. Mio padre si era trasferito per qualche periodo ad Denerim, è lì che aveva conosciuto mia madre" un'ombra di malinconia e tristezza avvolse il suo viso duro, dai lineamenti marcati.

"Tua madre?" dissi solamente, era ovvio che ero molto curiosa a riguardo.

"Sì, mia madre... Lei è morta molto tempo fa." commentò triste.

"Mi dispiace" dissi soltanto guardandolo nei suoi occhi profondi.

Le sue labbra sottili si inarcarono in una specie di smorfia, che doveva essere un sorriso.

Si vedeva che la cosa gli faceva ancora molto male.

"Tranquilla, è una storia molto vecchia, molto brutta, molto lunga..." si passò una mano sulla fronte come per scacciare quel pensiero.

"Capisco" dissi solamente, abbassando lo sguardo.

Lui smise di lavare i piatti e si girò verso di me.

"Non ne parlo mai con nessuno, neanche con Pet, con papà. Mamma e i fratelli di mio padre sono argomento tabù"

Notai che i suoi occhi erano leggermente lucidi. Lui li spostò su di me pensieroso, ragionando se davvero avrebbe dovuto iniziare quel triste discorso, proprio con me, la bugiarda per eccellenza. O forse semplicemente sperando di trovare una mia disponibilità nell'ascoltare la sua triste storia.

"Che cosa le è successo?" gli chiesi solamente, con voce tenue, perchè capivo che, in realtà, lui aveva bisogno di liberarsi di questo peso, di parlare con me in tono sincero.

Lui chiuse gli occhi per qualche secondo, come per cercare di far riaffiorare nella mente immagini dimenticate, una storia chiusa da tempo, un ricordo che non doveva più nemmeno esistere.

Ma i momenti più tristi della nostra vita non se ne vanno, no, non ci lasciano mai.

Stanno lì, nascosti, nell'angolo più buio e remoto del nostro cuore, della nostra mente, e aspettano. Giorni, settimane, mesi, anni, loro aspettano, silenziosi e crudeli a volte, aspettano il momento, l'occasione, e quando pensi di essere pronto, di poterli rivivere serenamente, con tranquillità, con la stessa violenza per cui avevi deciso di dimenticarli, loro tornano, vendicativi, a farti rivivere ogni secondo di paura e di disperazione, come se fosse accaduto tutto cinque minuti prima.

Lui cominciò a parlare dopo aver vissuto questo e altro, ne sono certa, e mi raccontò la storia più spaventosa che avessi mai udito.

"Tutto iniziò quando mio padre e i suoi due fratelli lasciarono Altura Perenne. Loro lavoravano nella taverna, ma questa non andava molto bene, un po' come prima che arrivassi tu.

Così loro partirono verso Denerim, alla ricerca di un qualche lavoro che li potesse sistemare meglio che a casa.

E lo trovarono. Si occupavano di costruire case, un lavoro faticoso e molto duro da fare, ma inadatto agli elfi che di sicuro erano troppo gracili per un impiego del genere. Insomma, non il massimo, ma la paga era buona e loro erano giovani" lui fece un mezzo sorriso un po' nervoso lanciandomi una veloce occhiata come per controllare se stessi seguendo.

Io non mi perdevo nemmeno una delle sue parole.

"Loro erano soliti andare a bere, il sabato sera, in una taverna, la Taverna del nobile tormentato, così si chiamava. Era un posto molto lussuoso, in cui alcune volte si ritrovavano a spendere una grande parte della loro paga, ma fu lì che mio padre conobbe mia madre" i suoi occhi si illuminarono, un sorriso sincero spuntò sul suo volto.

"Lei... suonava il flauto, come Pet. Era molto brava" si interruppe per qualche secondo.

"Mio padre presto la sposò, loro insieme erano davvero felici. Poco dopo sono nato io, e qualche anno più tardi mia sorella. Le cose andavano bene, anche gli altri fratelli di mio padre si misero a posto. Fu quando avevo solo quattro anni che arrivò una lettera proprio a lui, il maggiore dei fratelli, con scritto della morte del padre, di mio nonno. Lui era stufo del suo lavoro, mia madre, nonostante amasse molto suonare il flauto, aveva abbandonato da tempo il suo per occuparsi della famiglia, e anche i fratelli di mio padre con le loro rispettive mogli erano tutti d'accordo a tornare a casa, ad Altura Perenne, per occuparsi della vecchia taverna e farla riempire di nuovo di clienti. Riportarla in pista" fece un mezzo sorriso utilizzando la stessa frase che aveva detto suo padre poco prima. "Mia madre voleva riprendere a suonare il flauto, dopo aver lavorato così a lungo in una taverna, voleva averne una sua, una di tutta la famiglia. Ma le cose non andarono per niente bene.. Durante il viaggio, successe qualcosa di orrbile" di nuovo quell'espressione, più che sconvolta, tutto il suo corpo, il suo viso, sembravano traspirare solo sofferenza.

Si lasciò andare su una sedia lì vicino, io mi avvicinai leggermente, sempre rimanendo in piedi.

"Viaggiavamo in una carovana, di due mercanti, avevamo pagato il passaggio, e ci trovavamo dentro la carrozza con le merci. Improvvisamente i cavalli si bloccarono, la carovana venne fermata, mio padre uscii per vedere cosa stesse succedendo.

Erano morti, due frecce e loro erano andati, i due mercanti" fece un lungo sospiro prima di continuare "Dovemmo uscire tutti, io... io mi strinsi a mia madre. Dei banditi ci stavamo rapinando. Ricordo ogni momento come se fosse ieri..." strinse gli occhi, impedendo al dolore di farsi vivo in lacrime, non voleva scoppiare davanti a me.

Io mi limitavo a guardarlo in silenzio, senza sapere cosa fare, ma con una malsana e macabra curiosità in corpo, desiderosa di sapere cosa fosse davvero successo, sapendo che non sarebbe stato qualcosa di bello.

"Loro urlavano, volevano il nostro oro, non gli bastava quello caricato dai mercanti. Loro sapevano che in qualche modo avevamo dovuto pagare i due uomini che ci avevano dato un passaggio, loro capivano che tre uomini con mogli e figli in viaggio dovevano possedere un bel po' di denaro, nascosto chissà dove. E loro volevano solo averlo.

Nè mio padre, nè i miei zii si mossero. Quei soldi erano l'unica cosa che gli era rimasta, dopo che avevano venduto le loro case e lasciato il loro lavoro, erano più che indispensabili per ricominciare una vita. Così rimasero zitti e non parlarono. E la furia di quei briganti, che non volevano perdere tempo, si abbattè su di loro" un'altra pausa di silenzio, preannuciatrice di morte o peggio.

"Presero la moglie del più giovane dei miei zii. Mia madre mi chiuse gli occhi, strinse il viso di Pet contro il petto. Io... io sentii solo le sue urla, di lei, e di lui. Poi le urla di mio zio terminarono, quando li riaprii lui era steso, morto" un leggero tremore pervase la sua voce "L'altro mio zio disse loro di smetterla, tirò fuori la sua parte di denaro e li pregò di lasciare in pace la cognata. Loro presero i soldi e.... e..." la voce si ruppe del tutto, qualche lacrima gli rigò il viso.

"La uccisero, la sgozzarono, dopo tutto quello... che le avevano fatto"

Un'altra pausa, mentre lui cercava di ricomporsi, di rivivere quel giorno lontano senza lasciarsi sopraffare dai sentimenti.

E io lo guardavo soltanto, inerme, incapace di far nulla per aiutarlo.

"Ma non finì così" riprese "Loro ne volevano dell'altro. Minacciarono mio zio, sua moglie, che era incinta, mia madre, mio padre. Fu mio zio, di nuovo, a parlare. 'La scarpa destra' disse lui 'Guardate nella sua scarpa destra' disse indicando il fratello morto. 'Il doppio fondo' aggiunse, dove probabilmente aveva nascosto la sua parte d'oro. Loro guardarono" i suoi occhi che erano quasi sempre stati bassi si alzarono su di me, che lo fissavo con paura e compatimento. I miei occhi smeraldo erano come appannati, resi lucidi dalle sue parole, ma incapaci di dimostrare alcun sentimento, silenziosi e fermi come tutto il resto del mio corpo.

"Non c'era nulla. Niente. Presero mio zio e lo uccisero, gli tagliarono la testa. Sua moglie urlò, si disperò, si buttò sul corpo del marito. Mia madre urlò di lasciarla stare, che era incinta, di non farle del male. Loro si avvicinarono a mio padre.

Ricordo ancora gli occhi sgraziati del loro capo, che per un momento si posarono su di me. Ricordo tutto, come se... se... " la voce si ruppe in un leggero singhiozzo a causa della nitidezza che avevano ancora quei ricordi.

Io posai la mia mano sulla sua spalla, come poco prima aveva fatto lui con me.

"Mia zia urlava e loro detestavano quelle urla. Così una freccia le trapassò il ventre, crollò sopra al marito, mischiando il loro sangue. Mia madre ci strinse più forti, io chiusi i miei occhi per non vedere. Ma non finii lì. Ricordo le loro imprecazioni, mio padre che li pregava di lasciarli andare, e quella loro maledetta cupidigia che li aveva spinti ad uccidere già sei persone. Sette. Sette persone." si corresse ora in preda al pianto e al dolore.

"Mia sorella piangeva, io piangevo... Mia madre, mia madre... Stringeva Pet, mio padre gli aveva consegnato l'oro ma era così poco, così poco. Quando lo prese tra le mani, il loro capo, si arrabbiò, anche nella carovana non c'era quasi nulla. Ma se ne stavano andando, io avevo sospirato, io ero quasi tranquillo. Loro se ne stavano andando" rabbia, dolore, rimpianti, odio, disperazione si mischiarono nel suo volto e nelle sue parole, mentre io l'unica cosa che riuscivo a fare era stringere con la mia mano la sua spalla, e fargli sentire che ero lì accanto lui, nonostante non esistessero parole per consolarlo, non esistesse altro modo per me di esprimergli la mia vicinanza.

"Loro avevano preso i cavalli, l'oro, se ne stavano andando. Poi, successe tutto in fretta. Uno di loro, mentre partiva al galoppo, colpì mia madre da dietro e con la spada le perforò la schiena urlando che gli avevamo fatto perdere troppo tempo, per poco denaro. Lei cadde in ginocchio, urlai, Pet cadde, mio padre si piegò su di lei, loro scomparvero, loro che avevano distrutto in un secondo la nostra vita, se ne andarono, come fantasmi... Il denaro era nella scarpa, nella scarpa sinistra. Se loro avessero guardato anche nell'altra, se..." terminò in un singhiozzo mettendosi le mani sul viso, nascondendosi completamente a me, a sé stesso.

Io mi abbassai e lo strinsi a me, lo abbracciai stretto perchè non c'era null'altro che potessi fare, se non quello.

E mi sentii uno schifo, io che mi crugiolavo nel mio stupido dolore, che mi lamentavo della mia vita, che fuggivo e mi sentivo una vittima, io che avevo fatto perdere il lavoro ad un povero elfo solo per capriccio, che odiavo la mia famiglia e che rimpiangevo Maestro Bryce.

Io che non potevo neanche lontanamente immaginare quanto grande fosse il suo dolore e la sua sofferenza, e che continuavo a mentirgli nonostante tutto.

Lui si staccò da me. "Scusa, avrei dovuto trattenermi" disse soltanto asciugandosi le lacrime.

"Mi dispiace" sussurrai di nuovo leggermente senza riuscire a guardarlo in viso.

Eccomi, la damigella viziata, che credeva davvero di aver gli occhi ben aperti, di aver visto il mondo in tutte le sue realtà e aspetti, ma che in verità conosceva poco o nulla della vita.

"Sei la prima persona con cui ne parlo... Con Pet o mio padre, non ci sono mai riuscito. Con nessuno ci sono mai riuscito" nel suo viso apparve un'ombra dura e forte.

Si alzò in piedi tornando a lavare i piatti, come se non fosse accaduto nulla.

"Non avrei dovuto parlartene scusa, non avrei dovuto dirti tutte queste cose. Tu non ci guarderai più con gli stessi occhi, io non voglio..."

Lo interruppi "Ne avevi bisogno" dissi soltanto dolcemente. Ed era vero. Dall'altra stanza provenirono risate e vociare di persone.

"Mia sorella ricorda, lo so bene. Lei cerca di nascondere il suo dolore nelle risate, nella gioia, ma ricorda bene, tutti ricordiamo bene. Anche se fingiamo che non sia mai accaduto nulla. Una volta venuti qui abbiamo rimesso in sesto questa locanda, come voleva lei, come voleva mio padre e suo padre prima di lui. E questo sarà sempre il mio posto, questa sarà sempre la mia casa" si girò improvvisamente verso di me, investendomi con il suo sguardo scuro e tenebroso, eppure così fragile.

"La prima volta che ti vidi, ti dissi che desideravo cambiare vita, che questo non era posto per me, che volevo viaggiare. Ma mentii. Questo è il sogno di mio padre, il sogno di tre fratelli morti, e di mia madre. Non può esistere un altro luogo a cui io possa appartenere, perchè l'unica cosa che davvero mi interessa è stare al fianco di mio padre e di mia sorella, tutto il resto non conta nulla" c'era qualcosa di distante in quelle sue parole, quasi come una barriera che voleva interporre tra me e lui, ma c'era solo a causa delle enormi differenze tra di noi.

Tra me che odiavo la mia famiglia e sognavo soltanto di poter essere il più lontano possibile da quel castello, e lui che invece amava sua sorella e suo padre, più di quanto amasse sé stesso, più di quanto io fossi rimasta affascinata dai suoi occhi scuri e dal suo sorriso luminoso. Molto di più.

E per un attimo tutti quei tratti che mi avevano fatto innamorare di lui scomparvero, e rimasero solo il suo dolore e il mio egoismo smisurato, la mia vergogna e le sue parole sofferenti a riempire la mia mente.

Le sue smorfie, la sua voce che si rompeva in singhiozzi, e tutta quella tristezza che mi aveva riempito di sensi di colpa.

Mi accorsi in quel momento di non amare il suo aspetto, ma di amare lui, la sua storia, la sua vita, di vedere in lui quell'esempio di figlio che mio fratello non era mai stato, che io non ero mai stata.

Di vedere quello che io avrei voluto essere e di vedere l'unica persona che sapevo avesse sofferto molto in vita: Maestro Bryce.

La sua voce, i suoi gesti, i suoi occhi, tutto in lui ricordava il mio Maestro. Come avevo potuto essere così sciocca da non essermi accorta pima?

Abbassai lo sguardo con vergogna e con leggera paura, capendo solo in quell'stante quanto assurde e assolutamente logiche potessero essere alcune nostre sensazioni che in primo luogo ci sembravano dettate da altri milioni di motivi.

Ma una cosa, dopotutto, rimaneva uguale, e ferma in me: il fatto che lo amassi.

Fu così che rialzando il mio sguardo su di lui, che era a pochi metri da me, realizzai che nient'altro mi importava se non rimanergli accanto, e che avrei dimenticato qualsiasi cosa, qualsiasi segreto solo per lui. Sarei pure fuggita dalla mia famiglia, avrei rinnegato il mio nome, ma mai avrei rinunciato al nostro amore.

Basta bugie.

"Jack, io ti devo dire una cosa" cominciai.

"Shayna!" Pet spalancò la porta entrando nella stanza.

Suo fratello tornò alle stoviglie per nasconderle i suoi occhi rossi.

"Ecco dove ti eri ficcata! Ti stai perdendo una bella litigata tra Kai e Frank! E poi c'è ancora qualche birra" disse sorridente come sempre.

Io risposi al suo sorriso.

E decisi che non era ancora il momento.

"E' un po' tardi, forse è meglio che vada" lanciai un'occhiata veloce a Jack.

"Ci vediamo" dissi poi ad entrambi.

Lui mi rispose con uno sguardo profondo, Pet con un sorriso e un semplice "A domani".

Andai a recuperare Lucky che, quella volta, aveva deciso di introfularsi nella dispensa.

Sperai che non diventasse un'abitudine dato che aveva creato un bel po' di disordine e, dopo aver salutato anche tutti gli altri, uscii dalla locanda, con ancora nella testa le parole di Jack e un'unica sicurezza: non gli avrei più nascosto nulla.

Il tempo dei segreti era finito. 




^_^ Mamma mia quanto mi è venuto lunghetto questo capitolo. Ci ho messo un po' a pubblicarlo, perchè, nonostante abbia molto chiaro come continuare questa storia, mi sono messa a ragionare su come incasinarmi ancora di più la vita con i piani temporali xD E non ho ancora preso una decisione a riguardo. xD Pazienza, in ogni caso spero abbiate apprezzato questo nuovo capitolo :) Capisco che negli ultimi due c'è molta "tragicità", ma mi sembrava anche giusto dopo un bel po' di capitoli prevelentemente fluff, inserire qualche aspetto drammatico :) Non vorrei dire una cavolata, dato che non ho ancora scritto tutta la storia, ma a questo punto dovrei essere più o meno a metà xD Wow! 

Se vi è piacuto, commentate :) 

Ciaooo

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Capitolo 23
*** Ricordi: prigionia ***


"Uff" sbuffai svogliatamente mentre tenevo un'enorme pila di libri con una mano.

Non potevo credere che Maestro Aldous mi avesse davvero dato quel compito.

"Vai nella biblioteca del castello e cerca dei testi che parlino di etichetta e di bon ton, per le giovani lady" aveva detto quella mattina.

Io l'avevo guardato più che stupita: come poteva essersi ridotto a quello? Lui che mi aveva insegnato la storia della mia terra, le leggende di re, cavalieri, custodi grigi, nani, elfi e molte altre cose, come poteva darmi come incarico quello di cercare libri sul... Bon Ton??

Era trascorso quasi un anno dalla partenza di Maestro Bryce, un anno orribile, un periodo di tempo più che sufficiente per rimpiangere tutti i pomeriggi passati insieme a lui e per detestare le mie "nuove modalità di insegnamento".

Non avevo mai un attimo libero.

Cucire, ricamare, leggere, studiare, esercitarmi nella danza (almeno per un certo peiodo) e nelle buone maniere.

L'ozio, quello era da evitare a tutti i costi, e anche l'aria fresca.

Uscire dal castello, anche solo per andare nel giardino mi era stato proibito, e chiusa tra le quattro mura della fortezza dovevo subire la mia rieducazione.

La maggior parte del tempo lo passavo seguita dal mio vecchio maestro Aldous, che aveva accolto quella novità con poco entusiasmo, stufo di dedicarsi al mio insegnamento, che si era già concluso quand'ero stata più piccola.

Mi faceva ricopiare antichi testi, rispolverare volumi dimenticati ormai da tempo e studiare "famose" poesie a memoria. Tutte cose noiose, ma di certo migliori di etichetta, buone maniere e altri tipi di occupazioni che detestavo.

E poi, alcune volte, quando proprio non ce la facevo più, riuscivo a convincerlo a concedermi un momento di pausa, che spesso lui sfruttava per andare ad appisolarsi sulla sua poltrona preferita della biblioteca, tanto che, per molto tempo, potevo tirare un po' di respiro.

La stessa cosa non accadeva nel caso degli altri insegnamenti. Madre Mallol si occupava lei stessa di darmi da leggere regolarmente una serie di testi pallosissimi che riguardavano Andraste e la religione, credendo che in questo modo mi sarei potuta convincere a tornare a partecipare alle sue celebrazioni, nella cappella dei Cousland, cosa su cui ero stata irremovibile fin quasi da subito.

In effetti a qualche funzione ero stata obbligata a partecipare, i primi tempi dopo la cacciata di Maestro Bryce, ma, infine, le mie idee nei confronti della religione e le eterne discussioni, o meglio litigate, che io e Madre Mallol finivamo per fare, l'avevano spinta a vietarmi di ritornare nella sacra cappella finchè non avessi ragionato e cambiato le mie convinzioni.

Cosa che non avevo la minima intenzione di fare.

Per la danza invece era stato richiamato un giovane ballerino di origine Orlesiana, che mi avrebbe insegnato a "muovermi come una leggiadra fanciulla, leggera come l'aria e nobile come un cigno", testuali parole di mia madre.

Era un uomo superbo e molto pieno di sé, che aveva però un certo charme e molte delle servette del castello ridacchiavano al suo passaggio.

Una di queste si spinse anche molto più in là. Ecco perchè dopo qualche mese l'affascinante danzatore, venuto da lontano, tornò nel suo paese, tra gli insulti di Madre Mallol che lo definì nei modi più spregevoli che una madre della Chiesa potesse conoscere.

Così, ben presto, quegli insegnamenti terminarono, fortunatamente, e mia madre commentò che per lei stava bene pure "che mettessi sempre un piede davanti l'altro e evitassi di cadere ad ogni scalino".

Anche Madre Mallol lo ritenne accettabile.

Nei momenti in cui non mi trovavo a leggere tomi di 3000 pagine o a studiare con Maestro Aldous nella biblioteca, venivo rinchiusa in camera mia, con come unica compagnia le discussioni accese tra Nan e Lucky, mentre cercavo di combinare qualcosa con ago e filo, ma, anche in questo caso, con scarsi risultati.

Ma a quanto pare non avevo ancora toccato il fondo, ed eccomi lì, dunque, arrampicata su una scaletta a cercare libri che parlassero dell'educazione di una lady.

Ma chi poteva essere così stupido da scrivere libri su un argomento così insulso?

Eppure con la mano sinistra reggevo già una quantita di tomi davvero inaspettata.

Una quantità tale da rendermi in una posizione alquanto pericolante.

"Brida" esclamò qualcuno dalla porta prendendomi di sorpresa, cosìcchè dallo spavento lasciai cadere tutti i libri che avevo recuperato.

A stento riuscii ad evitare io stessa di precipitare rovinosamente sul pavimento.

"Sei come al solito molto in forma, sorellina" mi salutò con ironia questa voce.

Io sorrisi felice come non mai.

"Fergus!" esclamai scendendo dalla scaletta e correndo verso di lui, senza prestare alcuna importanza ai vari volumi che giacevano sparsi sul pavimento.

Lo abbracciai e gli schioccai un veloce bacio sulla guancia. "Mamma ha detto che non saresti tornato se non che fra due settimane" gli dissi poi.

"Nostro padre aveva delle faccende da sbrigare, così siamo tornati un po' in anticipo" mi spiegò.

"Voglio assolutamente sapere ogni cosa. E' passato così tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti" continuai sorridendogli.

Già, era ormai quasi un anno che mio fratello mancava da casa, preso a girare per le corti del Ferelden insieme a mio padre e a Gilmore, che ormai veniva considerato da tutti come il futuro primo cavaliere di Altura Perenne, anche se, ufficialmente, era ancora un semplice scudiero.

In qualità di futuro Teryn, mio fratello doveva infatti presentarsi, come da tradizione, oltre ai Bann e agli Arle dei territori direttamente sottoposti al Teyrn di Altura Perenne, anche alla corte del re e in tutti i luoghi più importanti della nazione, presso i castelli di tutti gli uomini più noti ed influenti.

Fergus era partito entusiasta e dall'espressione che gli leggevo in viso sembrava essere tornato ancora più felice di prima.

La gioia che provavo per lui era immensa, anche se, sotto sotto, invidiavo moltissimo quest'opportunità che gli era stata data, a cui, invece, io non potevo neanche lontanamente aspirare.

Quant'era ingiusto che lui potesse vedere il mondo, conoscere gente e che io invece fossi rilegata in casa come una prigioniera!

Che avevo fatto poi di male, al di là di seguire gli insegnamenti del mio Maestro?

Ma forse proprio in quell'invidia consisteva la mia punizione. Io, che un tempo mi vantavo con Fergus di essere stata affidata ad un maestro migliore del suo e di poter conoscere cose che lui non poteva nemmeno immaginare, ora, a causa di questa mia presunzione, ero costretta a restare in casa, chiusa, fuori dal mondo, a osservare come al contrario lui potesse viaggiare e sentirsi davvero libero.

No, nonostante questo mi risultava difficile non considerarla come una vera e proprio ingiustizia nei miei confronti.

In fin dei conti mi ero comportata più o meno come ogni bambina della mia età. Beh, circa.

L'unica cosa che sapevo era che, comunque, mio fratello non ne era responsabile, dell'allontanamento di Maestro Bryce e della mia reclusione, e che di sicuro non meritava né il mio odio, né la mia invidia.

Così scacciai in fretta quei pensieri dalla testa e tornai a sorridergli il più normalmente possibile.

"Allora? Che fai, non parli? Forza, sediamoci e raccontami tutto" ripresi indicandogli una sedia.

Entrambi ci sistemammo e io lo osservai attentamente prima che lui cominciasse a parlare: sembrava che la vita di corte gli avesse dato un'aria non tanto più raffinata (quello forse era impossibile per me e mio fratello) quanto più matura.

Nonostante i suoi appena 17 anni sembrava avere già l'aria di un uomo.

"Davvero ti interessa conoscere gli hobby dei più saccenti nobili del Ferelden? O preferisci che ti racconti delle loro perversioni e stranezze?"

Feci una leggera risata: sapevo che a quelle cose mio fratello aveva di sicuro prestato molta più importanza che al resto.

Così dimenticai completamente tutti quei libri che avevo lasciato sparsi dietro di me, dimenticai il compito di Maestro Aldous e in generale mia madre, Madre Mallol e tutto ciò che aveva caratterizzato quell'ultimo anno, dando tutta la mia attenzione a mio fratello, sperando in questo modo di poter vivere almeno con l'immaginazione tutte quelle cose che egli aveva potuto provare sulla sua pelle, durante tutto l'ultimo anno.

Rimanemmo probabilmente più di un'ora a parlare di Arle pazzi e di fanciulle "leggiadre", di cui, intuivo, mio fratello si fosse preso più di una volta una bella cotta.

"Immagino che rivedere tua sorella e abbandonare tutte quelle belle ragazze sia stato difficile per te, eh?" dissi ironica ad un certo punto.

"Come no, sorellina, sai benissimo che tu e mamma siete le 'donne della mia vita' " commentò palesemente sarcastico scoppiando a ridere subito dopo.

Io scossi la testa con un piccolo sorriso dipinto sulle labbra: era il mio solito fratellone ed ero felice che fosse tornato.

Soprattutto perchè speravo che presto le cose potessero cambiare per me.

Quella sorta di schiavitù impostami da Madre Mallol mi aveva quasi stremato.

"Ah una cosa... Sono passato da Amaranthine prima di tornare a casa, e ho qualcosa per te" disse tirando fuori una piccola busta.

"Una lettera di Tom immagino" dissi prendendola tra le mani.

"Ha detto che ultimamente non vi siete sentiti molto. Tutto bene sorellina?" mi chiese premuroso, pur sapendo di sicuro quanto in effetti le cose non andassero per niente bene da quando Maestro Bryce aveva lasciato il castello.

Annuii cercando di non dar importanza alla cosa: non volevo scaricare su di lui i miei problemi.

"Sono solo un po' stanca, tutto qui. Come vedi gli impegni sono molti" conclusi accennando ai libri che mi erano caduti nel momento in cui era entrato.

"Vedrai che presto sarai più libera... Probabilmente d'ora in poi molti nobili verrano a farci visita, in fin dei conti 'sono o non sono il futuro Teyrn di questo regno?' " disse con una voce contaffatta come per imitare quello che spesso gli diceva nostro padre, soprattutto quando Fergus si cacciava in qualche pasticcio.

Io accennai una leggera risata "In che senso sarò più libera? Dici che i nuovi ospiti terranno occupati i miei genitori e Madre Mallol?" gli domandai giochicchiando con la busta che avevo tra le mani.

"Beh anche, ma soprattutto perchè molte persone verranno per conoscerti, per conoscerci. I nostri genitori non potranno mica nasconderti, no?" concluse con un sorriso.

Io lo guardai un po' stupita "Vuoi dire che ci aspetteranno lunghi pomeriggi da passare con Lord di ogni tipo?" gli chiesi io, per niente felice di questo.

"Beh è così che funziona.. Ho mangiato a sbafo in tutti i castelli dei Bann e degli Arle più importanti del Ferelden per un anno e adesso mi tocca ricambiare il favore. Saremo inondati da aspiranti Teyrne, e sono sicuro ci sarà qualcuno anche per te. Ci aspetta un lungo anno sorellina" commentò infine dondolandosi leggermente la schiena.

Io sbuffai un po' annoiata: neanche da piccola mi ero ritrovata bene a contatto dei giovani nobili Fereldiani, e non.

Ma forse quello avrebbe significato un cambiamento di vita, no?

"Fergus, ascolta c'è tua madre che vuole parlarti, è meglio se..." la voce di mio padre, che proveniva dall'uscio, si interruppe nel momento in cui mi scorse dall'altra parte del tavolo, dove c'eravamo seduti io e mio fratello.

"Brida" disse lui semplicemente lanciandomi un sorriso di quelli che significano tante, troppe cose.

Di quelli solenni e sommessi allo stesso tempo, umili e indecisi eppure detti con aria sicura.

Io mi alzai in piedi deglutendo a fatica un po' di saliva, più che stupita da quel suo sorriso e allo stesso tempo incapace di decidere come comportarmi.

Mi venne in mente l'ultima volta che ci eravamo parlati, una settimana prima della sua partenza con Fergus, e del furioso litigio che c'era stato tra noi, tanto che non l'avevo nemmeno salutato prima che se ne andasse e mi ero rifiutata di rispondere alle sue lettere, concedendo solo a Fergus di poter ricevere qualche mia riga, ogni tanto.

Nell'ultimo periodo avevo pensato più e più volte a quel momento, a quell'attimo in cui lo avrei rivisto.

Con mia madre mi ero comportata con abbastanza freddezza in quell'anno in cui si era dovuta occupare più o meno da sola di tutto il territorio del Teyrnir, perchè nonostante tutto, non era lei ad avermi deluso, ad aver preso la decisione finale di mandare via Maestro Bryce.

Al contrario non avevo la minima idea di come avrei potuto reagire nei confronti di mio padre.

L'ultima volta che avevamo scambiato qualche parola mi ero ripromessa che non l'avrei nemmeno più riconsiderato tale, eppure ora era lì, davanti a me, e quel suo sorriso sembrava significare solo una cosa sola, sotto a tutta quell'autorità e quella sicurezza: mi sei mancata.

"Mai ignorare la mamma. Mi sa che dovrò andare da lei." interruppe quel silenzio imbarazzante Fergus alzandosi dalla tavola a cui eravamo seduti.

"Ci vediamo più tardi" continuò "Padre, sorellina" infine ci salutò uscendo dalla stanza.

I miei occhi non si erano mai mossi da lui, come per aspettare un segno da parte sua, un qualcosa che mi facesse capire se tutto era ancora come prima.

Dovevo perdonarlo, era questo che lui mi chiedeva? Mentre i miei occhi verdi, uguali a quelli di mamma e di Fergus, si specchiavano nei suoi blu gli sentii pronunciare queste esatte parole "Va tutto bene..." e ciò bastò per cancellare completamente tutto l'odio che ero riuscita ad alimentare dentro di me in quei lunghi mesi.

Avevo voglia di piangere e di ridere allo stesso tempo, perchè nonostante lui non avesse detto "Mi dispiace" o "Scusa non avrei dovuto farlo", io lo avevo già perdonato.

Nonostante non rimpiangesse di aver allontanato Maestro Bryce io non riuscivo a dimenticarlo, mio padre, o a far finta che non fosse nessuno per me.

Perchè la verità era che mi era mancato, lui, mio fratello e anche Gilmore. Mi era mancata quella vita di un tempo, lontano da doveri e da compiti da assolvere in continuazione, in cui potevo uscire, rivedere il verde degli alberi del giardino, respirare aria fresca, non sprecando ogni mio pomeriggio su libri polverosi

E dentro di me ero felice che fossero tornati, perchè insieme a loro si rifaceva viva una parte di me che avevo dovuto dimenticare nel momento in cui tutte le mie giornate erano state completamente stravolte dalle convinzioni e le regole di mia madre e di Madre Mallol.

E di una cosa mi accorgevo, dunque, solo ora: che non sarei mai riuscita ad odiarlo davvero, che qualunque cosa fosse successa lui sarebbe rimasto per sempre mio padre.

"Papà" dissi delicatamente mentre la lettera che tenevo tra le mani scivolava a terra, lontano dalla mia mente.

E a partire da quel momento le sbarre delle finestre della mia prigione si spezzarono, facendo entrare, dopo tanto tempo, della debole luce.





^_^ Ecco quindi un nuovo capitolo :) Piccolo accenno al periodaccio pieno di impegni e doveri, che la piccola Cousland ha dovuto affrontare dopo la partenza del suo maestro. Che dire? La mia/nostra Brida, nonostante tutto, ha un cuore dolce e non è capace di odiare davvero la sua famiglia, specialmente il padre, figura che, nonostante non abbia avuto un ampissimo spazio, reputo molto interessante :) 

Alla prossima!

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Capitolo 24
*** Sorpresa ***


"Bene, queste sono le cucine, e guai se toccate qualcosa senza il mio permesso, intesi???"

La voce della mia vecchia balia risuonava forte in tutto il castello: era sempre così quando cercava di impartire ordini o di minacciare qualcuno.

Con un mezzo sorriso sulle labbra mi avvicinai alle porte della cucina.

"Lì ci sono le pentole, forza Any portami qui quella più grande" continuò a ordinare.

"Adney, signora, mi chiamo Adney" protestò lui facendo però quanto gli era stato chiesto.

"Adney, Any, e che cambia?" sbuffò lei.

"Buon giorno Nan" dissi entrando nella cucina accompagnata dal mio Mabari.

"Quella bestiaccia non dovrebbe entrare qui. Le cucine non sono fatte per i cani" si arrabbiò lei.

Io ricambiai con un sorrisso "Eddai, Nan, lo sai che lui è un bravo cucciolotto" dissi facendole scuotere la testa.

Quella giornata sembrava essere una di quelle tipiche primaverili in cui la tranquillità pare posarsi su ogni cosa, in cui una certa sonnolenza invade l'animo di chiunque.

Ecco perchè avevo preferito trascorrere la mattinata e il pomeriggio a chiacchierare con Maestro Aldous, riguardo alla storia di Calenhad alla quale, come era ovvio, mi ero affezionata particolarmente in quell'ultimo periodo.

Così Shayna avrebbe finalmente lasciato le scene, ma non come nella vera storia, tradita e uccisa violentemente, no, semplicemente avrebbe fatto un piccolo inchino e con un sorriso si sarebbe dissolta nell'aria, o no?

Avevo tanto ragionato quella mattina su cosa sarebbe potuto accadere.

Da una parte Jack mi avrebbe sorriso e rassicurato che con lui il mio segreto sarebbe stato al sicuro, che avrei potuto tranquillamente continuare a venirli a trovare, ad esibirmi, che insomma tutto sarebbe rimasto esattamente come prima.

Dall'altra vedevo già il suo viso freddo guardarmi come un mostro, urlandomi che l'avevo tradito, imbrogliato, che non valevo più nulla per lui.

Ma la verità era che, nonostante liberarmi di quel segreto, che diventava sempre più difficile da tenere e opprimente, fosse l'unica cosa che davvero desiderassi in quel momento, tuttavia, non ero in grado di prevedere quale delle due reazioni si sarebbe realizzata.

E anche se non volevo perderli, Jack e Pet, forse gli unici veri amici che avevo mai avuto, non riuscivo nemmeno a capire se davvero la prima opzione mi avrebbe resa felice.

Desideravo che la mia vita restasse come prima? Di fuggire la notte, come una ladra, per poter giungere da loro dove dovevo comunque continuare a mentire?

Non lo sapevo, non mi importava. L'unica cosa di cui ero certa era che, in ogni caso, non avrei più mentito loro riguardo alla mia identità.

Se non volevo davvero perderli, presto o tardi, avrei dovuto rivelar loro tutta mia stessa.

E di sicuro non sarebbe stato facile.

Cercai di lasciar perdere questi pensieri spostando il mio sguardo su Nan e i due nuovi servi elfici che lavoravano a tutto spiano.

"Vedo che sono arrivate delle nuove braccia" commentai rivolgendomi alla donna, la quale mi guardò con aria abbastanza scontenta "Certo, in qualche modo dovevamo sostituire l'altro elfetto. Almeno mi hanno consentito di prenderne due, al suo posto".

Capii che quei due erano stati assunti proprio a causa del recente licenziamento di Riddle.

"Cath! Ti chiami Cath, vero? Beh non importa, passami quel mestolo, forza!" ordinò nuovamente la mia vecchia balia.

Notai che tutti sembravano tremendamente indaffarati, eppure non doveva accadere nulla di speciale quella sera.

"Stasera c'è qualche festa? Non mi sembra di aver sentito nulla del genere" chiesi a Nan.

"Non c'è nessuna festa, sto solo mostrando ai due nuovi arrivati la cucina. E adesso esci ragazzina, e portati via quel tuo cane che non abbiamo tempo da perdere".

Fui praticamente buttata fuori dalla stanza insieme a Lucky, senza nemmeno avere la possibilità di replicare.

'Qui ci dev'essere sotto qualcosa' pensai, ma dopo aver scrollato le spalle mi allontanai verso la mia stanza.

 

 

 

Mi sembrava accaduta solo ieri la mia fuga, verso l'Enclave elfico, invece era già passato così tanto tempo, quasi tre settimane. E le parole di Riddle, quel suo "Buona fortuna" pronunciato con un altruismo che, probabilmente, al suo posto non avrei mai avuto, risuonavano ancora dentro di me, facendomi meravigliare, ogni volta, di quanto quel piccolo elfo ci avesse visto giusto: avrei avuto bisogno proprio di un poco di fortuna quella sera.

Impiegai quasi un'ora a scrivergli la lettera che avevo intenzione di recapitargli, in qualche modo, molto presto.

Non sapevo nemmeno dove fosse andato, e tentare di chiederlo ai miei genitori sarebbe stato più che inutile.

Eppure ero sicura che in qualche modo lui, che pure avevo conosciuto per poco più di un giorno, sarebbe rimasto per sempre nella mia memoria, con i suoi dolci occhi miele, e la sua aria sincera, perchè mi aveva dato la possibilità di aprire un nuovo capitolo nella mia vita, di avvicinarmi a persone che non avrei mai potuto conoscere in altro modo, se non scappando di casa.

Gli scrissi ogni cosa, come se ci conoscessimo da una vita, di me, Jack, Petrice, delle mie bugie e di quello che avevo intenzione di fare quella sera, così da rivelarmi prima a lui, rispetto che a chiunque altro, lui che era lontano ma che in quel momento, mentre finivo di scrivere quella lettera, mi aiutava a liberarmi di un peso come nessun altro, in quel castello, avrebbe potuto fare.

"Lady Brida?" ad un certo punto sentii dire dall'uscio.

Misi il foglio di carta velocemente nella mia tasca, e solo dopo mi girai verso l'interlocutore.

"Ser Gilmore?" gli domandai sorridendo.

"I vostri genitori vi aspettano di sotto, insieme all'Arle Howe, suo figlio e vostro fratello con sua moglie" mi comunicò Ser Gilmore.

"Cosa sarebbe? Una di riunione di famiglia?" disse indirettamente ponendo anche Rendon Howe e Thomas nel mio nucleo famigliare.

Il rosso cavaliere mi lanciò un sorriso "Una specie".

Lo guardai un po' sospettosa "Sembra che voi ne sappiate qualcosa" dissi alzandomi in piedi.

"Potrei in effetti essere a conoscenza di qualcosina" mi rispose con aria leggermente provocatoria.

"Ma perchè ho la sensazione che tutti mi stiate nascondendo qualcosa?" mi lamentai sarcastica standogli dietro mentre raggiungevamo la sala principale.

Ironicamente mi venne in mente che forse era proprio questa la sensazione frustrante che Jack e Pet provavano, quando avevano a che fare con me, che li riempivo di bugie e mezze verità ad ogni parola che pronunciavo.

"Stavate scrivendo una lettera" commentò Ser Gilmore "Se non sono troppo indiscreto, a chi sarebbe diretta?".

"Come si dice... un segreto, per un segreto" gli risposi cercando almeno di farmi dire qualche informazione riguardo a quello che stava per accadere.

Lui fece una leggera risata "Mi dispiace, ma non posso rivelarvi nulla. Presto però capirete tutto da sola" mi disse aprendo la porta che dava verso la sala dove seduta intorno al tavolo da pranzo c'era tutta la mia famiglia e Thomas con suo padre, esattamente come mi aveva comunicato Ser Gilmore.

"Che succede?" domandai rivolta a mio fratello, mentre mi sedevo al suo fianco.

"Già, in effetti Fergus, vorremmo saperlo anche noi" esclamò un po' innervosita mia madre.

La guardai stupita. Non erano stati, dunque, i miei genitori ad organizzare tutto quel caos?

"Non arrabbiatevi madre" iniziò lui sorridendo "Non vi ho voluto dire tutto subito, solo perchè volevo farvi una sorpresa".

Ma di che stava parlando?

Ad un certo punto lo vidi alzarsi in piedi, seguito da sua moglie, che lo teneva per mano.

Avevano entrambi un'aria raggiante.

"Madre, Padre" disse rivolgendo uno sguardo ai miei genitori "Sorellina, Tom, Arle Howe" continuò scandendo con attenzione ogni nome, mentre sua moglie continuava a mostrare un perfetto sorriso a trentadue denti.

"Io e mia moglie, Oriana, abbiamo una splendida notizia da darvi".

Per un secondo l'aria divenne immobile, nessuno respirò, tutto rimase in una sorta di sospensione ricca di mistero e ansia.

"Presto avremo un bambino" terminò lanciando una dolce occhiata alla donna che aveva accanto e stringendola a sé con un braccio.

Mia madre, mentre le lacrime le rigavano il viso, corse ad abbracciare mio fratello.

"Avremo un nipotino? Oh, come sono felice!" fece le congratulazioni a lui, a lei, e mentre tutti si alzavano in piedi per poter manifestare la loro felicità per la notizia, ecco che dalle porte laterali della sala, i due nuovi elfi, accompagnati da altri servitori e da Nan, cominciarono a servire le numerosissime portate che sarebbero state messe in tavola per festeggiare l'avvenimento.

"Mi avete davvero reso felice" disse mio padre rivolto ai due coniugi, stringendo forte a sé la spalla del figlio.

"Questa è la notizia migliore che potevate comunicarci" concluse rivolgendosi dunque ad Oriana.

"Anche noi siamo davvero molto contenti" ringraziò lei con la sua solita voce cristallina.

E io, mentre anche Ser Gilmore e Thomas si avvicinavano alla coppia, io continuavo a guardarli più che sorpresa.

"Non riesco a crederci" commentai con un filo di voce mentre solo una persona sembrava aver avuto la mia stessa reazione: l'Arle Howe.

Mentre suo figlio si stava rivolgendo a mio fratello e a sua moglie, lui li guardava da lontano, con un'espressione tra il disgusto e l'odio, con un aspetto contrariato.

E solo dopo molto tempo lo vidi muoversi, con aria falsa e viscida, verso mio fratello, pronto a congratularsi con lui, senza però riuscire a nascondere un certo nervosismo.

Ora a circondare mio fratello c'erano anche Maestro Aldous, Madre Mallol, Nan, e quasi tutto il resto del personale del castello, o, per lo meno, il più importante.

Lanciai un ultimo sguardo all'Arle Howe, che con un'espressione dura e quasi nauseata tornava al suo posto, con accanto il figlio, che continuava a lanciare veloci occhiate al padre, come se...

"Che state facendo signorina?" mi domandò Madre Mallol, interrompendo i miei pensieri.

"Non vorrete rimanere tutto il giorno qui ferma immobile a fissare vostro fratello. Avvicinatevi, forza." mi spronò poi, più con tono di ordine che di suggerimento.

Mio padre e mia madre si stavano già andando ad accomodare per gustarsi l'enorme cena che mio fratello, in segreto, aveva organizzato, con l'aiuto, probabilmente di Nan e di Ser Gilmore, quando io mi avvicinai a lui di qualche passo.

"Fergus" dissi semplicemente. Lui mi sorrise e strinse a sé "Ti vedo piuttosto sorpresa sorellina, colpa della scomessa che abbiamo fatto?" commentò poi facendomi l'occhiolino.

Io risposi al suo sorriso scuotendo leggermente la testa, come per dire di lasciar perdere quel patto.

"La verità è che non riesco davvero ad immaginare che presto diventerai padre" gli rivelai sinceramente.

"Beh, non sarà facile. Ma ci dovrò fare l'abitudine, no? E ora vino, risate e cibo. Voglio che questa serata rimanga nella memoria di tutti noi" disse rivolgendosi a mio padre, a Rendon Howe e a suo figlio Thomas, a me e a tutti quelli che si trovavano seduti intorno a quel lungo tavolo imbandito, sollevando il bicchiere in segno di brindisi.

"A mio figlio" cominciò mio padre "Che un giorno diventerà Teyrn, a sua moglie, che ci ha permesso un'unione oltre i confini Fereldiani, e alla creatura che porta in grembo, che un giorno governerà questo paese"

"Salute" risposero tutti nella sala, bevendo dai calici che tenevano in mano.

Io esitai un attimo "Congratulazioni fratellone. A te e alla tua metà" continuai ricevendo un discreto sorriso di rigraziamento da Oriana, che si era limitata a sorseggiare solo un poco il liquido che aveva nella sua coppa.

"Perchè so per certo che è questo che vi meritate. Di poter costruire una vostra famiglia"commentai infine.

"A quanto pare stare tutto il giorno con Maestro Aldous ti ha fatto proprio male, Brida. Parli come lui" esclamò mio fratello scoppiando a ridere.

Difficile a credersi ma mio fratello era davvero diventato un uomo. Ora che lo guardavo bene, nonostante la sua aria scherzosa e un po' buffa, riuscivo ad immaginarmelo come Teyrn, deciso e un po' temerario, e soprattutto riuscivo a comprendere come quella sua parte un poco dolce e affettuosa, avrebbe potuto sicuramente giovare al nascituro.

Sarebbe stato un magnifico padre.

E mentre Madre Mallol cominciava con uno dei suoi soliti discorsi di tipo religioso, sull'importanza della vita e della famiglia, notai come ancora sul viso dell'Arle Howe e, in parte, anche su quello di suo figlio, vi fosse una specie di espressione vuota e piuttosto contrariata, quasi d'invidia, sì, che mi lasciava davvero piena di interrogativi.

Vedevo in loro, entrambi, una terribile gelosia ed invidia, verso mio padre, Fergus, e in generale verso tutta la mia famiglia, perchè potevano chiaramente comprendere quanta felicità e gioia, nonostante tutti i problemi, regnasse tra noi.

E sì, anche loro, in parte la desideravano. Non so dire se in quel momento provassi più pena o rabbia, nel vedere la loro reazione.

Sperai però che la notizia del nuovo nascituro avrebbe distolto i miei genitori dalla questione matrimonio e simili.

Thomas, in fin dei conti, non era così diverso da suo padre, che da sempre disprezzavo.

E io non avrei mai voluto sposare qualcuno che somigliasse alla persona che più di tutte al mondo trovavo spregevole, più ancora di Madre Mallol.

Non avrei mai voluto avere a che fare con qualcuno che fosse come Rendon Howe.




^_^ Prima di tutto devo chiedervi scusa per il mostruoso ritardo. Il fatto è che ho avuto un sacco da fare e non sono mai riuscita a mettermi a scrivere sul serio se non negli ultimi giorni. Giorni in cui, per altro, ho scritto oltre a queso anche i due prossimi capitoli, dunque prometto che un ritardo del genere non avverrà di sicuro prossimamente :) (e speriamo mai più xD). Che dire, una bella notizia per la nostra cara famigliola Cousland! :D Ho voluto anche in questo modo presentare i due elfi che compaiono nell'origine dell'umano nobile (quelli nelle cucine) e, così, riprendere la questione Riddle, che in seguito ricomparirà ;) Ma non vi anticipo nulla, spero solo abbiate apprezzato la lettura. 

Ciaoo 


 

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Capitolo 25
*** Ricordi: un'ospite speciale ***


 

Camminai veloce lungo i corridoi del castello, ancora una volta alla sua ricerca.

Possibile che finisse sempre per scomparire quando c'era più bisogno di lui?

E ovviamente ad andare a cercarlo ero sempre io.

"Vallo a chiamare Brida, presto! Oggi potrebbe essere un giorno davvero speciale per lui" mi aveva comandato Madre Mallol.

In effetti non aveva tutti i torti. Molte (troppe spesso) famiglie si erano presentate alla nostra corte durante gli ultimi mesi, ma solo una di queste sembrava davvero aver attirato l'attenzione dei miei genitori.

E oggi era giunta lì, sperando che mia madre e mio padre avrebbero presentato una formale richiesta di matrimonio per loro figlia.

E mio fratello cosa ne pensava, della possibilità di un matrimonio? Spesso nulla, altre volte era inquieto, capitava però che ne fosse anche felice.

In ognuno di questi casi, sempre, nel momento in cui giungevano degli ospiti, lui si trovava dovunque, tranne dove doveva essere.

E non lo faceva apposta, così lui diceva. Capitava e basta.

Sbuffai mentre questi pensieri mi attraversavano la mente. Non lo riuscivo a capire, lui che amava stare tra la gente e che non aveva mai disdegnato gli altri nobili, quando eravamo stati più piccolini, ora sembrava fare il possibile per sfuggire la loro compagnia.

Cosa gli era successo?

In realtà era anche molto cambiato. Si era allontanato da chiunque, rintanato in sé stesso. Che forse avesse paura?

L'unica cosa che riuscivo a vedere chiaramente era che di sicuro quella non era la maniera più intelligente per risolvere il problema.

Ma forse nemmeno io rappresentavo l'esempio perfetto di mente razionale, pronta a risolvere ogni difficoltà in maniera lucida. E senza creare problemi.

Non era stato facile avere così tanti ospiti per casa, doverli gestire tutti, dimenticandosi quasi quale sia la propria faccia, a furia di sorridere meccanicamente verso tutti.

E non sempre ero riuscita ad essere gentile ed educata.

Certo colpire il fratello di Lady Sarah, che sembrava essere davvero un ottimo partito per mio fratello, non era stata affatto una buona mossa.

Ma che altro avrei dovuto fare, verso quel bamboccio che si credeva tanto superiore a chiunque se non dargli un bel calcio dritto dritto dove ai maschietti fa più male, quando l'avevo trovato a maltrattare il mio Mabari?

Ok, quello era stato il massimo che avevo fatto, solitamente cercavo di trattenermi, anche quando gli ospiti facevano dello spiacevole spirito, soprattutto riguardo al fatto che ero cambiata molto da prima, che ero molto più gentile ed educata.

Insomma, mi provocavano, lo facevano di continuo, e mi veniva troppo semplice dimostrar loro che non ero cambiata affatto.

Ecco perchè fino a quel momento la questione matrimonio di mio fratello non era per niente andata bene. Tra il suo animo che poteva passare da una depressione totale, ad un'incomprensibile euforia, e il mio non saper sempre frenare la lingua, spesso e più volte ogni tentativo dei miei genitori di risolvere l'affare si era rivelato fallimentare.

Ma dopotutto lui era e rimaneva il futuro Teyrn di Altura Perenne, ecco perchè quel giorno era giunta al castello la famiglia prescelta, che si sarebbe dovuta legare alla nostra, col vincolo del matrimonio.

Mio fratello non aveva mai veduto prima la ragazza in questione, ma i loro genitori, che si erano presentati qualche tempo prima al nostro castello, durante una festa, l'avevano descritta come la creatura più graziosa che esistesse al mondo. E la mia famiglia era sicura che un legame del genere sarebbe stato proficuo per entrambe le parti.

Loro appartenevano ad una nobile famiglia Antiviana e dunque potevano permettere a mio fratello, un giorno, di ampliare i suoi orizzonti, anche verso terre non Fereldiane. E inoltre erano molto, ma molto ricchi. Dunque la mia famiglia era interessata al loro oro e loro erano interessati alla posizione di potere e di prestigio dei Cousland, qui nel Ferelden.

Ma da quand'è che io mi interessavo a tutti questi ragionamenti politici?

"Fergus!" ad un certo punto mi scappò mentre ancora non riuscivo a trovarlo.

Ma stava giocando a nascondino per caso?

D'altronde tutta questa situazione ai nostri occhi, in effetti, era stata presa più come un gioco, che come un qualcosa di serio.

Per me, che avevo passato l'anno precedente da sola nel castello, il via vai di persone, nonostante tutti i lati negativi, rappresentava di sicuro un'interessante novità, e per lui si trattava solo di fare il principe capriccioso, che a seconda dell'umore decideva se essere più o meno educato con gli ospiti.

Alcune volte era stato un gioco noioso, ma, dopottutto, era anche vero che alcuni personaggi, che si erano presentati al castello, erano riusciti davvero a divertirmi.

Sorrisi leggermente mentre il rituale del suo ritrovamento e della sua entrata trionfale, poi, davanti agli ospiti già accomodati, si ripetava come sempre.

Era così che, nel bene e nel male, lo stavamo vivendo, o forse no?

Improvvisamente i miei pensieri si interrupero, mentre strani rumori provenivano da una stanza.

Sospiri, gemiti, respiri affannosi. Rabbrividii al pensiero di cosa stesse potendo succedere, ma, lentamente avanzai lo stesso.

La porta era semi chiusa, eppure prima ancora che cercassi di aprire un piccolo spiraglio per vedere meglio cosa stesse accadendo, dentro di me avevo già capito cosa si sarebbe presentato alla mia vista.

Per un attimo non riuscii nemmeno a respirare, mentre davanti ai miei occhi c'era mio fratello, nudo, avvinghiato ad un'elfetta bionda. E al piano inferiore la sua probabile futura moglie.

Dalla bocca non riuscì ad uscire alcun suono. Ma che cavolo stava combinando??

Ma a fermare quella scena ci pensò qualcun'altro, che silenziosamente si era avvicinato a me.

"Fergus" disse fredda la voce di mia madre, indispettita e arrabbiata.

Lui si staccò rapido e veloce dalla figura bionda che imbarazzata non riusciva a guardare in viso nè me nè mia madre.

Nessuno disse nulla per molto tempo, gli unici rumori che si sentivano erano le voci allegre degli ospiti giù di sotto.

"Rivestiti Iona, fai le valige e torna immediatamente dalla tua padrona. Dille che non accettiamo il suo regalo ma che la ringraziamo lo stesso per il disturbo. Vattene e non osare farti rivedere mai più in questa casa" si rivolse all'elfa mia madre, gelida e terribile. Lancia qualche sguardo verso i suoi occhi e ci vidi fuoco ardente. Nulla la poteva rendere più terrificante, se non qualcuno che cercasse di scombinare i suoi piani.

E Fergus aveva fatto ben peggio, ai suoi occhi.

Pensare che quell'elfetta era stato un regalo di Lady Landra e Bann Loren per il mio quindicesimo compleanno, una dama di compagnia, pura e splendida, così tutti la descrivevano. Ma forse era meno casta di quanto tutti la giudicassero.

Così, rivestitasi tra le lacrime, uscì il più in fretta possibile.

Mia madre e mio fratello intanto, si stavano ancora fronteggiando, sguardo contro sguardo. Nessuna parola era necessaria, bastavano i loro occhi di fiamma per spiegare cosa si stesse agitando vorticosamente nei loro animi. E io, nel frattempo, me ne stavo in un angolo col fiato sospeso, con gli occhi bassi, un po' spaventata, un po' sorpresa. Cosa sarebbe accaduto ora?

"Quante volte?" domandò mia madre poi, senza lasciar trasparire alcuna emozione.

"Solo questa" rispose Fergus, abbassando solo in quel momento il suo sguardo, colto dall'imbarazzo e dalla vergogna.

Infine aveva ceduto.

"E non dovrà accadere ancora. Rivestiti e scendi. Oriana è impaziente di conoscerti" decretò dura come la roccia mia madre infine.

"Questa storia finisce qui. Nessuno di noi ne dovrà parlare mai più, intesi?" concluse il discorso, mentre io e mio fratello annuivamo, incapaci di dir nulla. E nello sguardo di lui non c'era nemmeno dolore e sofferenza, solo profonda rassegnazione

Poi mia madre mi toccò una spalla e mi fece segno di scendere con lei, io lanciai solo un ultimo sguardo all'aria amareggiata ma già arresa di mio fratello.

Qualche minuto dopo scese nel salone principale, e come se non fosse successo nulla, lui e mia madre chiacchierarono amabilmente con i tre ospiti.

Oriana, la figlia dei due Lord Antiviani, era bella, giovane, ricca e nobile di sangue.

Così, dopo meno di un'ora ella divenne la promessa sposa di mio fratello.

Dell'elfa non ne rimase nemmeno traccia, dopo poco tempo si era già volatilizzata dal castello e mia madre, in seguito, su mio tacito accordo, spiegò a mio padre che c'erano stati dei dissidi tra me e Iona, e che era stato meglio rimandarla dalla sua precedente signora.

Mio padre non commentò nulla e mio fratello accettò il suo matrimonio senza alcun problema.

E così, ben presto, iniziarono i preparativi per le fastose nozze che si sarebbero tenute qualche tempo dopo, un mese dopo il mio sedicesimo compleanno.

Tutto proseguì come se non fosse mai accaduto nulla e mai ne feci parola con mio fratello di quanto era avvenuto tra lei e la giovane elfa.

Niente e nessuno poteva ostacolare i piani di mia madre. 




:) Se vi state chiedendo se la Iona presente nel capitolo è quella Iona, che compare anche nell'origine dell'umano nobile, la risposta è sì. ^_^ Non voglio anticipare nulla, ma, in effetti, come mostrato nell'origine, ci sarà. in futuro, un altro incontro tra questi personaggi :) In ogni caso, come avete ben potuto vedere, la nostra cara Eleanor Cousland, sotto sotto, è una donna rigida e autoritaria, dura come la roccia, capace di ottenere quello che vuole e di far cedere lo stesso Fergus.  Speriamo che la nostra Brida non debba mai misurarsi con la sua ira ;) 

Un saluto! 

Ciao





 

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Capitolo 26
*** Il banchetto ***



Non era possibile. Erano già passate circa tre ore e il banchetto non era ancora finito. Ma soprattutto non sembrava dovesse finire mai. Eravamo ancora alle portate di pesce quando cercai di trovare un modo per svignarmela. Non che quella notizia mi avesse resa infelice, anzi, solo che la lettera che avevo nella tasca e le rivelazioni che mi ero promessa di fare quella sera, presupponevano che io, di nuovo, uscissi dal castello, diretta verso la città di Altura Perenne.

Dopo aver passato un giorno intero a prepararmi non riuscivo ad accettare di dover di nuovo rimandare il tutto ad un'altra volta.

Così ad un certo punto, mentre mia madre stava discutendo con Oriana del nome che avrebbero i due coniugi dato al futuro Cousland, io mi alzai in piedi.

"Sorellina!" mi bloccò mio fratello che, stranamente, era meno ubriaco del solito

"Non vorrai mica andartene! Bisogna festeggiare, ricordi?" urlò a piena voce dandomi una forte pacca sulla schiena.

Ma comunque ubriaco.

"Fergus, sono un po' stanca. Davvero, congratulazioni, divertitevi, io però..."

Lui mi costrinse a tornare seduta sulla sedia.

"Non se ne parla. Ora ti sistemi e ti godi la festa. Ci saranno anche delle sorprese, vedrai!".

Io lo guardai un po' stupita.

"Altre sorprese?"

"Certo, ho pensato ad ogni cosa, in ogni minimo dettaglio"

"Abbiamo pensato ad ogni cosa in realtà" intervenne Ser Gilmore che, come sempre, non aveva bevuto neanche un goccio di vino, lui diceva di essere astemio.

"Sì, sì, sei sempre pronto a prenderti i meriti, vero Roland?" lo provocò mio fratello.

"E mi viene facile con qualcuno che ha bevuto un po' troppo vino" ribattè lui, scherzoso.

"Ma la vera sorpresa si trova nel grembo di Oriana" intervenne mio padre, suscitando il sorriso di questa.

"Non che io ne sia completamente estraneo" scoppiò sguaiatamente a ridere mio fratello.

"Fergus!" lo sgridò mia madre lanciandogli un'occhiataccia, che poi spostò direttamente su di me mentre anch'io stavo accennando una piccola risata.

"Rilassati, Eleanor" mise una mano sulla sua spalla, mio padre "Oggi è lecito per tutti bere e ridere" sorrise, di nuovo alzando il calice, seguito da tutti i presenti sul tavolo.

"Alle battutacce di mio figlio, nella speranza che mio nipote non prenda da lui" continuò ironico mentre più o meno tutti coloro che erano lì seduti (ovvero più di metà del personale del castello, guardie comprese), scoppiarono a ridere.

Ridere e bere, perchè stranamente quelle parole non mi suonavano così diverse da quelle che avevano caratterizzato le mie visite a "L'orso sbronzo"?

Guardai con un poco d'invidia mio fratello: lui, in effetti, aveva sempre dato a mio padre, nonostante tutti i suoi difetti, motivo di essere orgoglioso di lui, tanto che adesso eravamo tutti lì a fare qualcosa che raramente accadeva in una famiglia come la nostra: festeggiare insieme.

Cos'avevo fatto io, invece, se non deluderli in continuazione, comportandomi in maniera irresponsabile e immatura?

E le fughe notturne? Anche quelle rientravano nei miei atteggiamenti infantili?

Dopo l'ennesimo bicchiere di vino, sentii la testa leggermente girarmi.

E mentre ancora non riuscivo a distogliermi da tutti quei ragionamenti, mio fratello cominciò ad urlare: "Entrate, forza. Voglio che il castello sia animato da musica e balli per tutta la serata".

E così insieme a dozzine di elfi che portavano dolci di qualsiasi tipo, anche uno stuolo di ballerini, musicisti e giullari, giunsero nella sala occupandola interamente.

Immediatamente, nonostante la leggera confusione dovuta dall'alcool, cominciai a guardarmi in giro, pronta a cercare occhi blu, e capelli biondi, di Pet.

Ma, fortunatamente, non apparve nulla di quello che stavo cercando.

"Dove hai trovato tutte queste persone Fergus?" chiese stupito Thomas guardandosi attorno.

"Stavolta è tutto merito di mia moglie. Vengono tutti da Antiva e anche la musica è Antiviana".

Madre Mallol guardò il tutto con disdegno, non considerando forse quella musica, particolarmente folkloristica, adatta alle sue esigenze e, soprattutto, lanciando occhiate di disgusto verso tutte le ballerine vestite con abiti succinti, che si muovevano prima leggere ed eleganti, poi provocanti e sensuali.

Di certo era uno spettacolo parecchio insolito per la nostra corte.

Tutti i presenti sembravano essere ipnotizzati dai loro movimenti e io stessa, in effetti, ammiravo molto la loro grazia.

E così improvvisamente la sala si riempì del rimbobare dei bicchieri battuti sul tavolo da uomini sempre più ubriachi, sempre più stanchi, sempre più felici.

Sembrava essere proprio la festa adatta a mio fratello, che un po' brillo prese tra le braccia sua moglie cominciando a pestarle i piedi ritmicamente in un modesto tentativo di ballo.

Scoppiai a ridere divertita.

"Che ne dici Brida?" mi invitò Thomas, che fino a quel momento era rimasto abbastanza silenzioso.

"Ti andrebbe di concedermi un ballo?" mi chiese infine.

Lo guardai un po' esitante.

Non mi andava, per niente. Mai come in quel giorno ero riuscita a vedere come lui, Thomas, per quanto mi fosse stato amico nell'infanzia, fosse lontano miglia e miglia dal poter essere parte della mia famiglia.

Eravamo troppo diversi, in fin dei conti, lui così attaccato a suo padre, incapace di rispondergli (forse perchè non desiderava farlo), succube, in qualche modo, del suo volere, e io invece, che null'altro avevo fatto nella mia vita se non disubbidire alla mia famiglia.

Potevamo davvero stare insieme, noi due?

Sapevo che era questo che, sotto sotto, anche i miei genitori desideravano, forse pure mio fratello, il quale avrebbe sicuramente apprezzato legarsi per parentela con Tom, ma la verità era che, infine, ero io a non desiderarlo.

Io non amavo Tom e non l'avrei mai amato, ecco di cosa mi risolsi mentre il vino gonfiava leggermente il mio stomaco, e riempiva di confusione la mia testa.

E fu così che, dopo qualche secondo, sollevandomi in piedi dissi semplicemente "Scusa Thomas, ma ho già promesso a Ser Gilmore un primo giro".

Il ragazzo dai capelli rossi mi guardò contrariato, ma come già aveva fatto qualche settimana prima, prima della fuga all'Enclave, mi diede man forte.

"Sarà per la prossima..." iniziò timidamente Thomas, mentre io e il cavaliere ci eravamo già allontanati.

"Lo sapete vero che io non ho la minima idea di come si balli questa musica e che probabilmente in questo momento tutta la vostra famiglia mi sta guardando come se fossi un impostore?" scherzò lui, mentre in effetti più che ballare, sembrava che stessimo cercando di barcollare a tempo.

Scoppiai a ridere "No, non è vero. Guardate. L'Arle Howe sembra non prestarci nemmeno attenzione. Sembra troppo impegnato a..." sorpresa mi accorsi che i suoi occhi puntavano proprio verso una delle molte belle danzatrici che stavano animando il salone.

Di nuovo scoppiai in una risata un po' amara e un po' sarcastica, nel vedere come in poco tempo un corpo femminile avesse eliminato qualsiasi preoccupazione e tensione dal suo volto.

"Che succede?" chiese Ser Gilmore.

"A quanto pare questa festa sta giovando un po' a tutti" conclusi infine.

"A tutti tranne che a voi e a Thomas. State cercando di evitarlo, vero?"

"Se evito anche di rispondervi, ve la prendete?" gli concessi di sapere indirettamente che in effetti non era nel torto.

"I vostri genitori speravano lui si fosse già dichiarato a voi. Anche suo padre lo sperava" mi comunicò lui.

"Lo immaginavo. Ma voi come fate a sapere tutte queste cose?" gli chiesi.

"A vostro fratello piace bere e affidarmi i suoi segreti. Soprattutto dopo aver bevuto" concluse ironico.

Feci un mezzo sorriso.

"Dicono che una nascita sia un buon momento per celebrare un matrimonio" mi informò lui.

Io lo guardai perplessa, realizzando che fino a quel momento ero stata certa solo del contrario, che la faccenda del bambino avrebbe assolutamente tolto qualsiasi attenzione da me e da tutti i progetti di mia madre e mio padre.

"Temo che presto dovrete iniziare ad evitare anche i vostri genitori, oltre che Thomas e suo padre" aggiunse dopo qualche secondo di silenzio.

Sospirai un po' sconfitta. Cos'altro avrei potuto inventarmi ancora per poter sfuggire all'inevitabile?

"Non temete" replicò dolcemente Ser Gilmore al mio eloquente silenzio. Spostai il mio sguardo sul suo viso duro e sicuro di sé "sono certo che, infine, tutto si aggiusterà per il meglio".

"Grazie Ser Gilmore" gli risposi soltanto separandomi da lui mentre la musica si era fermata.

Lui fece un piccolo inchino e si allontanò.

Per un attimo, mi persi nuovamente nei miei pensieri.

Avevo ancora una lettera in tasca da consegnare, un'importante confessione da fare che nuovi ostacoli e difficoltà mi si ponevano davanti. Ma non sarei riuscita a scansarli per sempre, di questo ne ero più sicura. Come anche del fatto che non mi sarei mai piegata ad unirmi con la famiglia dell'Arle Howe, il quale pieno di ambizione desiderava soltanto poter metter mano alle richezze e al potere di cui godevano la mia famiglia, ormai ne ero certa, dopo aver ascoltato cosa lui e il figlio si erano detti la notte prima.

"Ehi Brida" una calda mano si posò sulle mie spalle.

"Che ne dici di andare fuori?" era mio fratello.

"Ser Gilmore e Thomas hanno già sellato i cavalli" continuò mentre il suo viso era diventato paonazzo a causa del vino.

"Sellato i cavalli?" gli domandai.

Lui cominciò a trascinarmi "Fergus cosa stai facendo?" protestai.

"La festa qui al castello è diventata noiosa. Potremmo fare un giro tutti insieme"

'No' pensai dentro di me. Questo non poteva accadere.

Allontanai velocemente la sua presa dalla mia mano, mentre già eravamo usciti dalla sala.

"Non mi sembra una buona idea" dissi fermandomi.

"Che succede sorellina? Se non sbaglio eri tu quella esperta nelle fughe, no? Mah... fai come vuoi" mi ignorò infine dandomi le spalle.

E fu in quel momento che compresi che non potevo lasciarlo andare.

"Aspetta!" dissi inseguendolo.

"Già cambiato idea?"

"Dove avete intenzione di andare?" gli domandai, sperando che mi rispondesse che si sarebbero diretti in zone lontane da quelle in che solitamente frequentavo.

Perchè se fossero finiti nella locanda de "L'orso sbronzo" sarebbe stata la fine.

Cosa sarebbe potuto accadere se solo uno dei nomi che io avevo pronunciato mentre ero ubriaca, qualche giorno prima, fosse venuto fuori?

E cosa avrei potuto fare quando davanti agli occhi dei miei amici sarebbero comparsi tre uomini, due dei quali portavano i nomi dei miei fratelli?

Mille segreti sarebbero stati svelati e troppe persone ne sarebbero state informate.

Dovevo impedirlo ad ogni costo.

"Non lo so... Una taverna credo. A bere ancora" sghignazzò.

'Oh no'.

"Se fosse stato per me non ti sarei venuto a chiamare. Ma Tom ha insistito tanto" concluse facendomi un occhiolino che non fece altro che rendermi ancora più nervosa.

Eravamo ormai arrivati al cortile, dove in effetti proprio Tom e Ser Gilmore aspettavano già in sella ai loro destrieri..

"Odio queste bestie" commentò Ser Gilmore vedendoci arrivare.

"Non vorrete davvero uscire!" commentai io "Le guardie sono tutte qua dentro... è pericoloso" tentai di convincerli.

"Non ci credo. La mia coraggiosa sorellina si preoccupa per noi." mi mise i bastoni tra le ruote Fergus. "Che ne dite di quel posto di cui parlano tutti? Quello dove c'è una ragazza che canta..." suggerì Thomas, mentre mio fratello saliva sul suo cavallo, lanciandomi un sorriso.

A quel punto impallidii "Dicono sia molto bella" commentò Ser Gilmore "Potremmo farci un giro".

"In effetti sono proprio curioso di sapere come sia fatta. La chiamano Shayna, giusto? Direi che sappiamo dove...."

"NO!" interruppi mio fratello urlando a squarciagola verso i tre ragazzi che, in sella ai loro destrieri, si voltarono verso di me spaventati.

"Che succede, Brida?" mi chiese Thomas, mentre io con il respiro affannoso cercavo inutilmente di pensare a qualcosa.

"Vi prego non andate, io..." cercai di cominciare con più calma.

"Hai intenzione di fare la spia??" mi interruppe piuttosto innervosito mio fratello.

"No, no.. non è quello..." negai immediatamente, mentre cominciavo a sudare freddo temendo cosa sarebbe potuto accadere, se gli avessi lasciati andare.

"Sembrate stanca Lady Brida. Pallida. Siete sicura di non stare male?" parlò questa volta Ser Gilmore, osservandomi.

"Sto bene. Ho solo un brutto presentimento" mentii infine facendo calare il silenzio tra noi.

Per qualche secondo tutto rimase come in sospensione, mentre io non ebbi nemmeno il coraggio di guardarli in viso.

"Forse dovremmo rimandare il tutto ad un'altra volta.." suggerì Thomas, probabilmente colpito dalle mie cupe parole, un po' codardamente, in effetti.

"Niente birra e belle ragazze? Andiamo!! Non vorrete lasciare che una stupida sensazione di mia sorella ci impedisca di divertirci, no?" protestò mio fratello mentre già gli altri due stavano scendendo dalle loro cavalcature.

"Tua sorella potrebbe non avere tutti i torti, Fergus. Le guardie sono tutte dentro a festeggiare, oggi è proprio la serata meno adatta per uscire da soli" cercò di farlo ragionare il rosso cavaliere.

Lui allora sbuffò. "Al diavolo! Dovete sempre rovinarmi ogni mia idea migliore" concluse infine con un mezzo sorriso.

Io lo guardai un po' dispiaciuta, ma dentro terribilmente sollevata.

Non so come, ma ancora una volta ce l'avevo fatta per un soffio.

"Sarà per un'altra volta, dai" lo rassicurò Ser Gilmore, mettendogli una mano sulla spalla "E poi io odio andare a cavallo e sono stanco".

"Stanco???" gli domandò mio fratello mentre insieme stavano tornando nel salone principale "Non vorrai mica lasciarmi da solo a finire le ultime botti di birra??"

Gli sentii dire. "Tanto lo farai lo stesso, con o senza di me. E poi lo sai che non bevo..." concluse Ser Gilmore mentre le loro voci si allontanavano sempre di più da.... me e Thomas.

Di nuovo soli.

Senza nemmeno guardarlo, feci per allontanarmi.

"Brida" mi fermò lui. Io mi arrestai, evitando di girarmi.

"C'è qualcosa che non va?" mi chiese.

Falso e bugiardo, cercava di mostrarsi davvero interessato a come stessi. Ma stava solo recitando la sua parte, come sempre, come aveva fatto da quando l'avevo visto al ballo. O forse anche da prima.

"Sono solo un po' stanca, tutto qui" gli risposi cercando di mettere fine al discorso prima ancora che cominciasse.

'Ma non capisci che è tutto inutile?' pensai dentro di me.

"Io devo dirti una cosa" mi annunciò poi, con la voce che un poco tremava.

Ma a quel punto non ebbi più la pazienza di aspettare che lui capisse da solo.

"Sono stanca, Tom. Lasciami in pace. Lasciami stare. Non voglio parlarti" dissi indispettita e dura, lanciandogli, prima di allontananarmi da lui, uno sguardo di fuoco e distruggendo in un solo secondo quella che, un tempo, era stata la nostra amicizia.




Azz mi sa che le cose cominciano a complicarsi :) La nostra Brida ha perso fiducia in Tom e, per un soffio, è riuscita ad impedire che i 3 ragazzotti se la svignassero dal castello in cerca di divertimento. Ma riuscirà a svuotare il sacco finalmente? :P Chi andrà avanti a leggere, vedrà. Per il resto un mega ringraziamento a chi mi legge e, soprattutto, a chi mi recensisce. A questo proposito vorrei dedicare il capitolo a BlackEagle (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=130752) che, oltre ad avermi aiutata a scrivere la raccolta di flash fic su DAO (un po' di pubblicità sorry xD  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=773341&i=1), mi ha dato anche molti consigli e suggerimenti tramite le sue recensioni :) 

Grazie mille davvero. Inoltre la ragazza sta anche scrivendo un'originalissima storia su Dragon Age, davvero molto molto bella. Dunque se qualcuno fosse interessato, clicchi qua --> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=849994&i=1

Qui concludo :) Spero stiate apprezzando gli sviluppi della storia. 

Ciaoo

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Capitolo 27
*** Ricordi: il matrimonio ***


"Non è possibile! Avevo detto Amaranto! Amaranto, non carminio! Manca meno di una settimana, e non sono ancora arrivate le stoffe giuste! Oh benedetta Andraste!" si stava disperando mia madre mentre uno spaventato fattorino le stava mostrando dei pezzi di tela di un colore, a quanto pare, da lei non richiesto.

"Andranno bene anche così, non preoccupatevi" disse la sua futura nuora, mettendole una mano sul braccio per tranquillizzarla con quel semplice gesto.

"Forse... è accettabile. Cosa ne pensi Brida?" si rivolse a me mia madre, mentre un po' annoiata mi stavo guardando attorno.

Girai lo sguardo verso i tessuti che erano stati comprati, per addobbare tutto il castello.

"Per me è uguale" le risposi distrattamente cercando di chiudere il discorso.

"A quanto pare è proprio inutile tentare di coinvolgerla" disse mia madre verso Oriana "Ne sei consapevole che fra pochi giorni tuo fratello si sposerà?" domandò poi a me.

Quella era proprio una bella domanda. In realtà nonostante il castello in quegli ultimi mesi si fosse riempito di migliaia di nuovi servi, di persone addette all'organizzazione del matrimonio, di amici, parenti, lord minori e molti altri ancora, non avevo ancora completamente realizzato il fatto che lui, mio fratello, presto avrebbe convolato a nozze.

Tuttavia molte cose tra noi erano cambiate nell'ultimo periodo, questo lo avevo avvertito. Non litigavamo e ci volevamo, come sempre, bene ma per lui era arrivato il momento di iniziare una nuova vita, in cui non sarebbe stato più il mio fratellone.

Alcune volte mi ero detta che ero una stupida, lui sarebbe comunque rimasto lì, al castello, non molto lontano da me, di sicuro non l'avrei perso, eppure negli ultimi mesi era sempre stato impegnato ad andare a caccia con qualche ospite, a dover decidere qualcosa per il matrimonio, a discutere insieme a mio padre con uomini più grandi di lui, e sicuramente più boriosi.

L'aspetto positivo, tuttavia, di tutta questa situazione era che, per lo meno, io ero riuscita a passare un po' di tempo lontano dal castello, mentre tutti erano impegnati ad organizzare ogni singolo particolare delle nozze..

Spesso infatti mi ero rifugiata nel giardino, sola, sdraiata sull'erba, circondata dagli alberi grigi d'inverno e dal mio Mabari, e avevo trascorso ore a pensare al niente, ad immaginarmi protagonista di avventure mirabolanti, insieme a cavalieri e guerrieri di ogni sorta.

Alcune volte avevo riflettuto sui miei sogni di bambina, quando insieme a Fergus avevo deciso che sarei diventata un Custode Grigio, e avevo cercato di immaginarmi come sarebbe potuta essere una vita del genere, lontano da castelli e corti, da vestiti di pizzo, in mezzo alle armi e all'avventura.

Avevo sognato ad occhi aperti di guerre epiche, combattute in groppa ai leggendari ippogrifi, di draghi sputafuoco che valorosamente riuscivo a battere, con astuzia e ingegno ma, soprattutto, con estremo coraggio.

Altre volte invece mi ero limitata a chiedermi come fosse la vita nella città di Altura Perenne, cosa davvero significasse percorrere quelle vie fangose, in mezzo al vociare del mercato. Ripensare a quei momenti trascorsi proprio in mezzo alle vie di quella grande città insieme a Maestro Bryce ogni tanto aveva fatto davvero male. Tuttavia non avevo proprio potuto farne a meno e, dopottutto, questi ricordi erano le uniche cose che mi erano rimaste di lui.

Così, anche quella volta, nonostante l'aria si fosse fatta davvero fredda, mi rifugiai tra quella natura apparentemente morta, che nell'anno prima, quando mio fratello era stato in viaggio con mio padre, mi era stata completamente negata.

Fortunatamente, però, con il ritorno di mio padre la prigionia si era in parte interrotta, e il castello, così come me, era tornato a vivere.

"Posso?" domandò improvvisamente una voce gentile, leggermente intimidita. Era Oriana.

"Nessun problema" dissi alla ragazza che si andò a sedere al mio fianco. Immaginai che fosse una cosa abbastanza strana per lei, così elegante e raffinata, sedersi sull'erba bagnata, eppure lo fece senza batter ciglio.

"Questi preparativi si stanno rivelando davvero faticosi" commentò poi, tirando un profondo sospiro, mentre io mi limitavo a guardarla un po' incuriosita.

Per quale motivo era giunta lì?

"Ma ne valgono davvero la pena. Non vedo l'ora che arrivi il giorno del matrimonio" mi confessò sincera.

Sembrava proprio la perfetta nuora che i miei genitori potessero mai desiderare: educata, graziosa, di buona famiglia.

Forse anche la lady che non avevano mai avuto come figlia, considerato il mio carattere poco trattabile.

E questo mi rendeva, in parte, gelosa di lei, che in un colpo solo si stava portando via le attenzioni di mio fratello e dei miei genitori. Per certi aspetti era anche una cosa positiva, essere meno soffocata, avere più libertà, ma dentro mi era impossibile accettarlo fino in fondo.

"Siete davvero così impaziente di sposare mio fratello?" le chiesi un po' incredula.

Lei fece un mezzo sorriso ironico. Non lo conosceva nemmeno, mio fratello, ed era arrivata al castello solo una settimana prima, eppure sembrava perfettamente a suo agio, mentre ogni cosa veniva organizzata, il matrimonio, l'investitura di Gilmore in quanto primo cavaliere, secondo le tradizioni della nostra famiglia, il banchetto nuziale. Nessun problema la coglieva mai di sorpresa, tanto che spesso mostrava una calma serafica, che non aveva nulla da spartire con la perenne agitazione di mia madre.

E la cosa mi lasciava in effetti sorpresa e sbalordita, ma poteva davvero essere sincero quello che lei provava per mio fratello?

"Non dovete disprezzarlo così. Vostro fratello è un ragazzo buono e gentile e sono felice di diventare sua moglie." mi rispose cortese.

Non me la raccontava giusta.

"Oriana, siamo solo io e voi, qui. Fra una settimana avveranno le nozze e dunque non dovete temere nulla. Ma ditemi la verità, voi davvero amate mio fratello?" le chiesi sinceramente.

Il matrimonio, in linea teorica, doveva legare due persone già a loro volta unite da un profondo sentimento, nient'altro che questo, eppure le loro nozze sembravano avere poco a che fare con amore o anche solo amicizia.

In realtà loro due stessi non avevano nulla a che fare l'uno con l'altro.

Probabilmente ciò che mio fratello aveva provato per Iona, la serva elfica che qualche mese prima era stata scacciata da mia madre, era anche più vero e sincero, per quanto, forse, dettato da rabbia e risentimento.

Eppure fra pochi giorni si sarebbe sposato con Oriana.

"Amore" commentò lei con un mezzo sorriso "Sembra essere una parola molto utilizzata qui nel Ferelden ed è per questo che sono felice di legarmi proprio ad una delle più rispettabili famiglie Fereldiane" continuò abbassando lo sguardo.

Poi lo alzò verso di me, evidentemente non soddisfatta da quella risposta.

"Brida" cominciò guardandomi dritta nei miei occhi smeraldo, tralasciando il titolo di Lady che, neanch'io, avevo utilizzato prima rivolta a lei "Non so cosa voglia dire amare davvero un uomo, innamorarsi di lui. Io però in questi ultimi giorni ho visto in vostro fratello qualcosa che mi spinge a credere, sebbene io non lo conosca davvero, non quanto voi lo conosciate di sicuro, che starò bene con lui. Fergus è un ragazzo molto buono ed è questa la qualità che più apprezzo in una persona. Forse col tempo scoprirò anche i suoi tanti piccoli difetti, tutti ne abbiamo, ma fintanto che nel suo sguardo leggerò bontà e onestà, allora sarò sempre certa di trovarmi al fianco della persona migliore che esista al mondo. E di essere felice" concluse sorridendo.

Io la guardai sbalordita.

Sembrava impossibile, ma nonostante quel matrimonio fosse stato combinato in maniera abbastanza arbitraria dai miei genitori, nonostante lei avrebbe dovuto lasciare la sua casa e la sua famiglia per vivere in mezzo a sconosciuti, nonostante tutto ciò, lei era davvero felice.

E lo amava.

Cos'altro infatti poteva essere l'amore se non quella completa consapevolezza di essere accanto alla persona giusta?

Risposi al suo sorriso stringendole una mano, come per dimostrare che condividevo la sua felicità.

E in quell'attimo svanì la mia gelosia, mentre mi accorgevo che davvero mio fratello avrebbe avuto accanto una donna che sempre l'avrebbe amato e rispettato e che non l'avrebbe mai lasciato solo.

Lei era davvero perfetta per lui e non gli avrebbe mai fatto male in alcun modo.

"Tenete" disse poi prendendo un pacchetto da una borsa che aveva portato con sé.

"Cos'è?" chiesi curiosa.

Lei si alzò in piedi "Un regalo. Ho saputo che qualche settimana fa, quando non ero ancora arrivata, era il vostro compleanno. Mi scuso per avervelo dato così in ritardo" mi lanciò un timido sorriso.

"Grazie" le dissi mentre lei, dopo aver fatto un leggero inchino, si stava allontanando.

Aprii il dono incuriosita: due vestiti, uno rosso e oro, l'altro sul blu scuro ne vennero fuori, raffinati e preziosi come mai. Forse anche un po' troppo.

Scossi la testa rimettendoli nel pacchetto in cui li aveva riposti Oriana.

Era un bel regalo, ma decisamente non adatto a me, probabilmente non li avrei mai indossati.

Tuttavia apprezzai il gesto.




Rieccomi con un nuovo capitolo flash-back :) L'ultimo, tra l'altro. Ebbene il cerchio con questo episodio si conclude. La nostra Brida, addestrata da piccolina nelle armi e in arti abbastanza ladresche (esiste questa parola? xD), dopo aver attraversato un periodo abbastanza difficile, dopo la partenza di Maestro Bryce, si ritrova a godere di qualche libertà in più durante i preparativi per il matrimonio del fratello. Oriana non viene molto descritta dalla Bioware, tuttavia, secondo me, è una ragazza particolarmente raffinata e educata che, essendo vissuta in un mondo sanguinario come quello di Antiva, in mano ai Corvi, riesce ad apprezzare una qualità forse non sempre ritenuta molto importante (sopratutto da chi ama il tipo tenebroso e un po' bastardo ;)). La bontà. In fin dei conti Fergus mi sa tanto di ragazzo un po' tontolone ma buono, no? :)

Come promesso da qui in poi ad intermezzare la storia ci saranno dei flash "del futuro" che ci mostreranno la nostra Custode all'accampamento. Spero vi piaceranno! 

Un saluto, ciao!
Ps: sì, i due vestiti sono proprio quelli che verranno poi utilizzati da Brida e Petrice :)

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Capitolo 28
*** L'Anziano ***


La sera precedente, dopo lo screzio con Thomas ero rientrata distrutta nella mia stanza.

Era stato un miracolo, salvare la situazione, spingere lui, mio fratello e Ser Gilmore a non uscire dal castello, tuttavia, nonostante questo, l'ultima frase che avevo pronunciato contro Tom, prima di allontanarmi da lui, mi aveva resa davvero nervosa e arrabbiata, verso di lui e verso me stessa che forse, per una volta, avrei dovuto trattenermi.

Non era decisamente il momento adatto per aggiungere altre questioni alla marea che avevo lasciato in sospeso, tuttavia non ero riuscita a far finta, ancora una volta, di volergli bene, non ero riuscita ad ascoltare il resto della sua domanda, che sapevo benissimo dove volesse andare a parare.

Non volevo ascoltarla, non volevo sentirmi inondare ancora dalle sue falsità.

Eppure quella notte avevo pianto, annebbiata la mente dal vino, insoddisfatta dal fatto che non ero ancora riuscita a fare nessuna delle cose che mi ero prefissata, ma soprattutto, triste di aver con poche parole incrinato la nostra amicizia.

Perchè, per lo meno un tempo, quando eravamo stati più piccoli, la nostra era stata una vera amicizia.

Inoltre nelle sue bugie e nell'odio che provavo verso lui e suo padre, c'era mischiato uno strano sapore, di senso di colpa, perchè in parte, per quanto non ci fossero doppi fini nelle mie mezze verità, anch'io non mi ero comportata così diversamente verso Petrice e Jack.

Ed era quella la sensazione che più di tutte odiavo, che avevo intenzione, in qualche modo, di cancellare ed eliminare per sempre. Anche se ero sicura che le cose non sarebbero state così facili.

Per lo meno il resto della giornata era stato abbastanza tranquillo. Nessuno era venuto a disturbarmi, né Thomas, né i miei genitori, né Madre Mallol, o perchè impegnati a coprire di attenzioni la futura madre dell'erede Cousland, o perchè desiderosi di riposo dopo la precedente nottata alquanto movimentata.

Solo mio padre sembrava essersi leggermente preoccupato, per una questione che forse doveva centrare coi confini del Teyrnir, con il quale aveva discusso con l'Arle Howe, ma non sembrava nulla di particolarmente importante. Così la giornata era trascorsa abbastanza velocemente, senza più pensieri o incertezze.

Perchè, nel bene o nel male, ora ero sicura delle mie scelte e non avevo più dubbio alcuno sul da farsi. Così, anche quella sera, insieme a Lucky, decisi di scappare dal castello, pronta a mettere fine ai miei segreti.

Mi mossi veloce nella notte, insieme a Lucky, mentre una leggera pioggia calava sul terreno umido, che emanava il tipico lezzo fereldiano, di cane bagnato.

E senza esitazione, svoltai, prima di andare alla taverna de "L'orso sbronzo", verso un luogo già protagonista di un'altra mia fuga: l'Enclave elfico.

 

 

 

Rabbrividii.

Non sapevo se fosse per l'aria fredda che mi percorreva la schiena o se invece per la paura di finire in guai seri, tuttavia non riuscivo a stare calma.

Sapevo che glielo dovevo, a Riddle, anzi, forse avrei dovuto farlo anche prima.

Eppure ora non riuscivo a fare a meno di stringermi nella mia cappa cercando di nascondermi nel buio della notte, seguita dal mio segugio, nonostante avessi già superato le guardie dei quartieri elfici, le uniche che avrebbero potuto riconoscermi.

Le strade, ora molto più grigie e cupe di come le avessi conosciute qualche settimana prima, erano vuote e silenziose, tuttavia avevo la sensazione di essere seguita e di avere mille e più occhi puntati addosso.

Più volte mi guardai indietro chiedendomi se forse non sarebbe stato meglio andarci di giorno. Magari i miei genitori, infine, mi avrebbero permesso di mandargli una lettera, magari mi avrebbe aiutato mio fratello, Nan, Aldous, qualcuno.

Com'era potuta venirmi in mente la malsana idea di venire io, un'umana, per di più nobile, nell'Enclave, solo per una lettera?

Questa volta se avessi incontrato ancora quei tizi che mi avevano aggredito qualche settimana prima, o magari qualcun'altro, niente e nessuno avrebbe potuto aiutarmi, lo sapevo.

Come sapevo bene anche che non c'erano scuse o scappatoie.

Io, in qualche modo, avrei raggiunto l'Anziano dell'Enclave, quell'uomo che il giorno della fuga mi aveva salvato la vita, e sarei riuscita a dargli la lettera.

Lui doveva sapere dove inviarla.

Magari mi avrebbe semplicemente indicato la casa di Riddle, anche se dubitavo che si trovasse ancora ad Altura Perenne. O forse gliel'avrebbe inviata lui stesso. Chissà.

L'unica cosa di cui fossi sicura era che avrei comunque dovuto rischiare, così come Riddle il giorno della fuga aveva rischiato decidendo di accompagnarmi all'Enclave, invece che di riportarmi da mio padre. Non che io gli avessi lasciato molta scelta ma, infine, aveva accettato più o meno di buon grado quel compito pur comprendendo che ciò avrebbe potuto mettere in pericolo il suo stesso posto di lavoro.

Spaventata continuavo a voltarmi indietro sicura che presto sarei stata circondata da elfi assetati di sangue.

'Sono solo sciocchezze, rilassati' cercai di farmi forza quando, d'improvviso, dietro l'angolo vidi innalzarsi in mezzo ad uno spiazzo un grande albero, la quercia adorata dagli elfi, simbolo del loro mondo lontano, in mezzo ai boschi e alle foreste.

Sfiorai leggermente il tronco ammirando affascinata l'imponenza di quella pianta. Sembrava essere ancora più forte e alta, sola in mezzo all'oscurità, rispetto a quando l'avevo vista la prima volta, circondata da fiori e ghirlande, suoni e musiche, risa e persone.

Lì nel silenzio sembrava affermare ancora di più la propria grandezza e la propria eterna solitudine.

Ma improvvisamente una voce calda ruppe quell'atmsofera mistica "E' strano vedervi ancora qui" disse facendomi sussultare.

Misi una mano nella tasca della cappa cercando di rassicurarmi sfiorando con le dita la mia lama gelida, mentre Lucky stava ringhiando al nuovo arrivato.

Per quella sera avevo deciso di portare con me Treccia.

Mi voltai di scatto ma la mia preoccupazione venne subito meno quando l'uomo davanti a me mi sorrise.

E subito dopo allontanai la mano dalla tasca, riconoscendone il viso. "A cuccia Lucky" ordinai al mio Mabari, il quale, subito, si calmò.

"Avete davvero un bel cagnolone, aggressivo e ubbidiente al punto giusto" commentò lui un po' spaventato dall'atteggiamento riservatogli dal mio segugio.

"Voi siete l'Anziano di questo Enclave, vero?" domandai poi io con un filo di voce, come per timore che qualcun altro sentisse.

"Sì sono io, Alfred, e voi siete Lady Brida, se non erro. Ne avete fatta di strada" mi rispose lui lasciandomi perplessa. Si riferiva forse alla strada che avevo dovuto percorrere per arrivare fino ai quartieri degli elfi?

"Come?" chiesi, girando subito dopo lo sguardo, spaventata da un rumore che sembrava provenire da dietro la grande pianta.

"Forse è meglio che ne parliamo nella mia casa" mi invitò così a seguirlo.

Io silenziosa gli stetti dietro insieme a Lucky.

La casa in cui mi fece entrare era di legno, vecchia, messa peggio forse della taverna de "L'orso sbronzo".

"Entrate" mi invitò premurosamente.

Io, senza paura, varcai la soglia.

 

 

Il pavimento schricchiolava leggermente, e qualche asse del tetto aveva bisogno decisamente di una sistemata.

Queste furono le prime cose che notai appena entrata nel malmesso abitacolo, molto diverso dal mio castello di pietra.

"Non posso offrirvi molto, mia signora" disse lui premuroso, mentre mi calavo il cappuccio della cappa.

Lucky intanto si andò a sedere accanto al fuoco, decisamente felice di poter stare al caldo, lontano dall'oscurità della notte.

"Temo che stasera dovrete accontentarvi di una sedia e della mia compagnia" continuò poi Alfred indicandomi due sedie alle quali entrambi ci sedemmo.

"Abitate qui da solo?" domandai ancora guardandomi attorno curiosa.

"Sì, in effetti. Prima ci abitavo con mia moglie, ma dopo qualche mese di matrimonio mi ha lasciato per mio cugino. Se n'è andata dicendo che mi preoccupavo troppo della comunità e troppo poco di lei. L'ho preso come un complimento e ho lasciato perdere la questione famiglia" disse facendomi un mezzo sorriso ironico a cui risposi altrettanto. Sembrava un tipo a cui piaceva parlare. Probabilmente non avrebbe avuto alcun problema a fornirmi qualche informazione su Riddle, pensai.

"Proteggere la mia gente è l'unica cosa che mi importa" commentò poi.

"Vi invidio" ammisi guardandolo in viso "voi fate nella vita qualcosa che davvero reputate importante".

Lui fece una leggera risata "Sembrerebbe davvero così" mi rispose poi con la sua voce profonda e calda.

"Ma sono sicuro che non siete venuta per qui solo per esprimermi la vostra ammirazione, vero lady Brida? O dovrei dire Shayna?" mi domandò lui.

Io lo guardai sbalordita. Ma come poteva sapere, lui...?

"A noi elfi è proibito uscire dall'Enclave" iniziò lui prima che io potessi domandargli qualcosa.

"Ma ogni tanto è un bene vedere con i propri occhi come sia la situazione nella parte alta della città, dove abitate voi uomini. E così una sera vi ho vista. Probabilmente non vi sarete nemmeno accorta di nulla, c'era così tanta gente e io mi ero nascosto bene. Un elfo è meglio che non si faccia mai notare dove vivono gli uomini".

"Quindi uscite spesso dall'Enclave?" gli chiesi curiosa.

"No, quasi mai in realtà. Lo stretto indispensabile per non isolare la mia gente. E' importante essere informati. In effetti forse sarebbe già ora di farsi un bel giro, è da un po' che non ricevo alcuna notizia di quanto stia accadendo da voi. Come vedi anch'io sono abile nelle fughe notturne" disse accennando un leggero sorriso ironico e confessandomi tranquillamente questo suo segreto. D'altronde non c'era motivo di temere che io lo rivelassi, dato che lui conosceva così bene il mio.

"Già" commentai incapace di aggiungere altro.

Come potevo essere stata così stupida dal pensare che nessuno mi avrebbe mai riconosciuta?

"Voi non lo direte, vero? Alla mia famiglia?" chiesi poi un po' intimidita.

"Ho visto come avete guardato al nostro mondo, quella volta che siete venuta qui con Riddle. E ho visto come lui abbia cercato di difendervi ad ogni costo. Questo mi basta per capire che siete una brava persona, molto diversa dai soliti nobili Fereldiani. E poi chi crederebbe mai ad un elfo?" terminò facendomi un occhiolino complice. Non avrebbe mai detto nulla.

"Ad ogni modo, come mai qui? 'L'orso sbronzo' si trova più in alto ed è di sicuro frequentato da gente più simile a te di quanto lo sia io" infine mi fece notare.

Lentamente tirai fuori dall'altra tasca, in cui non tenevo Treccia, una pergamena ben piegata: la lettera che avevo scritto il giorno prima per Riddle.

"Voi siete l'unico che mi risponderebbe e che probabilmente davvero sa dove si trovi Riddle. Vorrei inviargli questa lettera, credo che sia il minimo che si meriti dopo... beh, dopo le molte cose che sono successe" cercai di lasciare sul vago.

"Ci tenevate davvero a quell'elfo se siete venuta qui, da sola, per una lettera soltanto" commentò prendendola tra le mani.

"Gliela darete?" gli chiesi dopo qualche secondo di silenzio.

"Gliela invierò. Si trova a Denerim e sembra stia iniziando una nuova vita" mi rispose lui alzando lo sguardo che prima aveva tenuto basso, sulla pergamena.

"Se fosse stato per me non l'avrei nemmeno mai licenziato, ma sono felice che, in qualche modo, le cose si stiano aggiustando per lui" aggiunsi davvero contenta. Ci sono persone che pur conoscendoti da anni non riusciranno mai a capirti davvero, e ce ne sono altre, come Riddle, che in un giorno solo riescono ad aprirti nuovi orizzonti, a guardarti dentro e a regalarti sorrisi che rimarranno nella mente per tutta la vita.

Non lo conoscevo ma ero comunque davvero felice che lui stesse trovando la sua strada.

"E voi Lady Brida? Come intendete aggiustare la vostra cosa? Siete molto famosa, e non sto mentendo nel dirvi questo. Arrivano persone dai villaggi intorno per vedervi, il vostro nome d'arte è conosciuto pure qui, tra gli elfi, per quanto le notizie fatichino spesso a giungere alle nostre orecchie. La vostra famiglia non potrà restarne all'oscuro per sempre, ne siete consapevole?" riprese lui in maniera seria.

Nonostante i mille pensieri che spesso mi avevano offuscato la mente, le sue domande, per la prima volta, mi fecero comprendere l'entità delle mie continue preoccupazioni. Era vero, tutto vero. Stavo affrontando finalmente la verità di tutti quei dubbi che avevo sempre cercato soltanto di accantonare.

Abbassai lo sguardo imbarazzata, umiliata. "Io, sì" dissi poi sollevando gli occhi appena, dopo molti secondi di silenzio che sottolineavano la mia stupidità.

Forse il mondo degli elfi ne sarebbe stato felice se avesse potuto vedere quanto stesse accandendo in quella stanza: lui, l'elfo, forte e deciso e io, la sua signora, in netta posizione d'inferiorità, incapace di affrontare i problemi che io stessa mi ero creata.

"E cosa avete intenzione di fare?" mi domandò poi come un Lord gentile farebbe nei confronti del proprio servo fedele.

Alzai i miei occhi lucidi, sicura di una sola cosa "La verità" dissi in un filo di voce.

"Volete raccontare tutto al padrone della taverna?" mi chiese lui.

"Ai suoi figli. Loro capiranno" risposi cercando di assumere un atteggiamento più sicuro "Lo spero." aggiunsi poi in un sospiro di nuovo tenendo bassi gli occhi.

Lui mi mise una mano sulla spalla "Siete andata in quella taverna per fuggire dal vostro mondo, non è vero? E ora temete di non sapere più a quale dei due apparteniate. Temete di venire rifiutata, da coloro a cui tenete, e allo stesso tempo siete consapevole di non riuscire più a dire bugie e menzogne, non è vero?" lesse la mia vita e la mia anima, con poche parole, meglio di come avrebbe potuto fare qualsiasi mago.

Io alzai i miei occhi verdi su di lui, stupita di come avesse capito tutto alla perfezione.

Annuii "Oggi dirò loro la verità su di me. E qualsiasi cosa accadrà, io non mi tirerò indietro" ripetei rafforzando la mia decisione.

"Forse è venuto il tempo che Shayna scompaia. Forse la taverna e il cantare non sono così importanti, non è vero? Quel che conta sono le persone che avete conosciuto, a loro voi siete legata, a loro dovete la verità. E se tengono davvero a voi, l'accetteranno" mi consolò stringendomi la spalla.

Io gli sorrisi. Mi aveva aperto gli occhi, dato speranza e tutto ciò con solo qualche parola.

"Avete ragione" assentii poi alzandomi in piedi.

"Lucky" richiamai il mio Mabari.

"E siete pronta ad affrontare qualsiasi loro reazione, vero?" mi domandò poi riaccompagnandomi alla porta.

"Certo" di nuovo confermai. "Lucky!" lo chiamai ancora, vedendo che esitava ad allontanarsi dal camino.

"Non fate come lui" aggiunse poi l'elfo indicando il Mabari che lentamente si avvicinava a me "Alcune volte è meglio affrontare una sola fredda notte per recuperare un po' di legna, piuttostosto che restare accanto al fuoco, sperando inutilmente che la fiamma non si estingua mai" concluse infine.

"Grazie" dissi salutandolo.

Ora sapevo esattamente cosa dovevo fare.




:) Salve a tutti! Chiedo venia ma purtroppo ho  avuto vari problemi internet e non ho potuto pubblicare (nonostante sia sempre andata avanti a scrivere). Realmente questi problemi non si sono ancora risolti xD ma per miracolo (sarà la magia del Natale?) adesso internet va :) Ecco perchè ho aggiornato proprio ora. Ne approfitto per fare gli auguri di buone feste a tutti coloro che leggono e seguono la storia (in particolare BlackEagle76 e TheWhiteFool) e anche a tutto il popolo di lettori/autori di EFP :) 

Buon Natale! 

 

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Capitolo 29
*** Momenti: fuoco ***


Il fuoco era caldo, più caldo di quanto mai avrei potuto sperare. Tuttavia non bastava.

Dentro di me sentivo un gelo tale che nulla, nemmeno i sorrisi e le risa dei compagni intorno a me, nemmeno il calore del mio Mabari avrebbero mai potuto spezzare.

Era stato troppo lungo quel viaggio per giungere fino ad Ostagar e ogni passo mi era risultato troppo pesante e difficile.

Avevo lasciato la mia casa, il mio mondo, l'avevo abbandonata in fiamme, seguendo un Custode Grigio che sembrava promettermi salvezza e vendetta.

Che sembrava mostrarmi la vita che un tempo avevo sognato e che ora non sapevo minimamente come affrontare.

Ma sapevo che dovevo andare avanti, a qualunque costo, per la mia famiglia, per i miei genitori e mio fratello, che doveva sapere la verità.

Era stata quella convinzione a guidarmi in quei bui giorni di marcia, l'assoluta decisione a trovarlo, Fergus, e a dirgli quanto fosse accaduto. Del mio futuro tra i Custodi m'importava poco o nulla, presto probabilmente la minaccia della prole oscura sarebbe stata annientata.

Ma di sicuro non quella dell'Arle Howe, che ora sedeva nella mia casa, tra il sangue dei miei amici e della mia famiglia.

Erano morti tutti. Tutti.

Tranne me, mio fratello e il mio Lucky.

"Vi sentite bene? Siete molto pallida" commentò Alistair, un Custode Grigio che avevo conosciuto insieme ad altre due aspiranti reclute, Jory e Daveth, qualche ora prima.

Cercai di sorridergli per fargli capire che non doveva preoccuparsi.

"Vedrete che il rituale andrà benissimo" aggiunse prima di strappare con un morso un bel pezzo di pollo dalla coscia che teneva in mano.

'Come se fosse quello davvero a preoccuparmi' riflettei nella mente evitando di rispondergli e dando la mia cena a Lucky, che sembrava essere molto più affamato di me.

"Non è proprio possibile saperne qualcosa in più?" chiese un po' intimorito il robusto Jory.

Duncan che era seduto in mezzo a noi ripetè quello che ci aveva già risposto altre mille volte "Mi dispiace, ma non è possibile. Scoprirete ogni cosa domani.".

Gli lancia uno sguardo pensieroso, mentre lui, avendo appena finito di cenare, si stava dirigendo nella sua tenda, dopo aver salutato tutti.

Era stato un buon compagno di viaggio e aveva compreso molto bene come le parole avrebbero potuto soltanto peggiorare il mio stato. Dunque, silenzioso, mi aveva condotto fino ad Ostagar, dove però non aveva esitato a spiegare a Re Cailan la situazione della mia famiglia e della mia città.

Eppure spesso mi chiedevo perchè non avesse insistito a guidare fuori anche i miei genitori, lui che era a capo di un ordine che avevo sempre ritenuto valoroso e onorevole.

L'unica cosa che gli importava davvero era porre altre lame sotto la sua autorità, nient'altro?

In effetti guardando bene i miei futuri compagni, l'aspetto valoroso di quest'ordine sembrava essersi perso già da tempo.

Eppure Duncan non mi avrebbe probabilmente mai portato fuori dal castello se non fossi valsa qualcosa davanti a suoi occhi, e ciò significava che anche gli altri Custodi dovevano essere stati scelti con la stessa accuratezza.

Rispettavo quell'uomo ma, dentro, lo temevo, perchè sapevo avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo ordine.

Soprattutto perchè ero consapevole del fatto che presto o tardi le cose tra noi non sarebbero andate per nulla bene.

Mio fratello in quel momento si trovava all'interno delle Selve, tuttavia sapevo che fra non molto, appena finita la battaglia, mi sarei ricongiunta a lui. E a quel punto difficilmente sarei rimasta accanto a Duncan, almeno temporaneamente avrei dovuto affiancarmi a Fergus per combattere contro l'Arle Howe. Null'altro mi importava se non poter scacciare l'Arle dalla mia casa.

"Voi dovreste conoscere la mia Helena, se non sbaglio" ad un certo punto intervenne Jory rivolto a me.

"Helena?" domandai.

In effetti il nome non mi risultava sconosciuto.

"Per qualche tempo vi è stata al fianco come vostra dama da compagnia. Poi però dopo il funerale del Re, quando ci siamo conosciuti, si è allontanata da voi per potermi sposare" mi spiegò lui.

"Certo, ora ricordo. E' rimasta ad Altura Perenne, giusto?" gli chiesi io.

"Con in grembo nostro figlio. Spero non le sia accaduto nulla di male. Mi dispiace comunque per la vostra situazione e per la vostra famiglia. Mia moglie vi ha sempre rispettato moltissimo"

"La città non è stata colpita, quindi dovrebbe stare bene. Non preoccupatevi" cercai di rincuorarlo.

"Grazie , comunque" aggiunsi poco dopo. Jory mi sorrise. Lui avrebbe rivisto sua moglie e suo figlio, la sua vita era al sicuro. Mentre io avevo perso tutte le persone che avevano rappresentato la mia, tutte tranne mio fratello.

Non mi era rimasto più quasi nulla.

Mi alzai in piedi di scatto seguita da un uggiolio lamentoso del mio cane che avrebbe preferito restare ancora un po' accucciato vicino al fuoco "Scusate. Sono molto stanca. Credo che andrò a letto".

"Non vorrete perdervi la storia di come il capozzo di quest'ordine è riuscito ad acchiapparmi, dopo che l'avevo derubato, e a salvarmi la vita!" cercò di convincermi a restare l'ironico Daveth, il ladro che proveniva da Denerim.

"Voi avete tentato di derubare Duncan? Folle." commentò Alistair.

"Ehi! Sono l'uomo con le dita più veloci di tutta Denerim! E non sapevo fosse un Custode Grigio" protestò il ragazzo.

Mi allontai senza dir nulla affiancata dal mio Mabari, con un piccolo sorriso sulle labbra che presto però scomparve.

Mi infilai in un sacco a pelo e cercai di stringirmi a questo più che potessi, mentre Lucky si sistemava al fianco, tornando a sonnecchiare.

La verità era che ero patetica. Tutta la mia situazione lo era e gli altri cercavano di tirarmi su e di sostenermi, solo perchè facevo pena.

Ma presto, una volta riunitami con mio fratello, le cose sarebbero cambiate e avrei ottenuto la mia vendetta.

Questo giurai.



Ecco il primo dei capitoli flashforward di questa storia :) Come si può ben leggere, l'inizio dell'avventura come Custode per la nostra Brida non è per niente facile. 
Ma se volete sapere come continuerà... beh non perdetevi i prossimi capitoli :)


Ciaooooo

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Capitolo 30
*** Rabbia e lacrime ***


C'era silenzio.

Un inaspettato, lontano e vuoto silenzio che mi riempiva di preoccupazioni e ansia.

La notte pareva anche più scura del solito, quando nascosta sotto alla mia cappa, sotto al mio vestito color rosso-oro, mi stavo avvicinando a "L'orso sbronzo".

Ma non avevo paura, solo ero leggermente emozionata e agitata.

Ripetei nella mia mente mille volte le parole che avrei dovuto pronunciare davanti a loro.

L'avrei fatto subito, senza esitazione. Li avrei presi da una parte appena arrivata e avrei cominciato a raccontare la mia storiella, di come ero giunta, di chi fossi e di cosa soltanto ora volessi.

Quella sarebbe stata la parte più semplice, dato che il mio unico desiderio era poter rimanere accanto a loro.

Spostai lo sguardo in alto, in ricerca di una luna da pregare, chiedendole di darmi un po' di fortuna, ma niente, nulla si trovava al di sopra della mia testa.

Una notta nera mi avrebbe fatta da compagna in quella mia dovuta rivelazione.

Sempre nel silenzio vidi comparire la taverna, con l'insegna sghemba nella quale sarei dovuta entrare. "Ci siamo" dissi facendo un cenno a Lucky e avvicinandomi alla costruzione.

E non notai quanto strana fosse quell'assenza di rumore, non mi accorsi che non vi era il solito gruppo di persone fuori a bere, non compresi che nessuna risata stava risuonando e che tutto sembrava essersi svuotato di qualsiasi suono.

Entrai nella locanda concentrata solo su me stessa e su quello che avrei dovuto dire, senza capire che c'era qualcosa di diverso quella sera, nell'aria e nella città.

 

 

Il locale era umido e odorava di birra e piscio, come sempre, eppure non c'erano voci a riempirlo né resse a bloccarmi.

Era praticamente vuoto, solo i vecchi ubriaconi che avevano frequentato il luogo fin da prima che io giungessi, si trovavano mogi seduti ad un tavolo.

Io li guardai più sorpresa. Ma dov'era sparito tutto quello che io e Pet avevamo creato?

Dov'era la gente che doveva vedere me e lei esibirci nelle nostre colorate vesti?

C'era dolore e paura nell'aria, pure il Mabari, immobile accanto a me, lo poteva avvertire.

E improvvisamente ci fu anche odio quando Flie, Lore, Frank, Steve, Kai e tutti gli altri spostarono i loro sguardi su di me.

"Che succede?" domandai io incapace di comprendere il perchè di quella loro occhiataccia.

Nessuna risposta.

"C-che cosa...?" tentai nuovamente, ma prima che potessi terminare una voce mi interruppe.

"Vattene" disse solamente, con aria dura e distaccata. Era stata la voce mai udita prima di Hugh ad esprimere quella semplice parola che spezzò il mio cuore e il mio corpo in un attimo solo.

E non seppi trovare una spiegazione, non la cercai nemmeno, non mi feci duemila domande come al solito, solo capii che era sbagliato. Che qualunque cosa mi stesse accadendo non sarebbe mai dovuta avvenire.

Prima che potessi dire alcunché sentii un forte braccio circondarmi la vita e violentemente trascinarmi fuori.

Lucky cominciò a ringhiare, seguendo me e il misterioso individuo a cui continuavo ad urlare di lasciarmi inutilmente.

E solo dopo essere usciti dalla stanza questi mollò la presa dal mio corpo.

"Ma si può sapere che diavolo sta succedendo?" protestai dopo essermi allontanata da lui di qualche passo, nel mentre in cui mi giravo per capire chi fosse.

E impallidii quando vidi che si trattava di Jack.

Il viso scuro, duro, pieno di dolore, di odio, di paura, pieno di nulla che mai avrei voluto vedere in lui.

Lucky si andò a mettere accanto a me, continuando a ringhiare al ragazzo che mi guardava pieno di ira.

Ma cosa avevo fatto per meritare questo?

"Jack" dissi sottovoce, dopo aver recuperato un po' di fiato, che avevo perso nel momento in cui avevo scorto il suo viso stagliarsi nella notte scura.

"Dì al tuo cane di stare tranquillo e allontaniamoci da qui" mi disse con aria da ordine.

Qualcosa era accaduto, qualcosa di terribile e io non capivo. Prima ancora che confessassi la mia identità ero stata rifiutata, rinnegata?

"Perchè devo allontanarmi? Cosa c'è che non va? Perchè la locanda è vuota?" cominciai a bersagliarlo di domande, non comprendendo cosa avesse potuto far penetrare un tale distacco dentro il suo animo.

E poi me ne venne in mente un'ultima di domanda "Petrice" cominciai "Dov'è Pet?" gli chiesi un po' intimorita.

Lui abbassò lo sguardo e si voltò per non farsi scorgere da me "Non qui" disse con decisione, lanciò solo un'occhiata dietro di me, in cui vidi degli occhi lucidi pieni di angoscia.

"Seguimi, perfavore" mi chiese con tono più gentile.

"Lucky, calmati" mi rivolsi verso il mio cane facendogli una leggera carezza e guardando poi negli occhi scuri di Jack.

Bastò un cenno per farlo muovere e io gli stetti dietro, sapendo dentro che presto parole di tristezza e sofferenza mi avrebbero colpito.

 

"Perchè siamo qui?" fu la prima cosa che gli chiesi una volta che ci fummo fermati. Ci trovavamo esattamente dietro la Chiesa, con l'enorme muro di pietra a nasconderci dalla città e, allo stesso tempo, a proteggerci da questa.

"Perchè è sicuro. Se sopraggiungesse qualcuno faremmo in tempo ad entrare dentro, ma allo stesso tempo abbiamo la possibilità di poter parlare in privato" mi spiegò in maniera meccanica, mentre si sedeva sul rialzo in pietra della Chiesa, che la innalzava appena dal livello del terreno.

Mi indicò di sedermi accanto a lui e io lo feci, senza fiatare. Dentro però vorticavano mille emozioni che non erano in grado di concretizzarsi in nessun pensiero razionale.

Solo la paura sentivo forte, superare tutte le altre, paura di ascoltare quanto lui avesse da dirmi.

Ogni altra cosa, in particolare la rivelazione della mia identità, era passata in secondo piano.

Eravamo seduti uno a fianco all'altro eppure distanti mille anni luce, mentre i secondi passavano e i nostri occhi facevano fatica a incrociarsi.

Io volevo solo sapere la verità. Cos'era accaduto a Petrice?

Eppure non trovavo il coraggio di fargli questa semplice domanda.
Perchè temevo la risposta.

"Parla, ti prego" dissi soltanto dopo che un tempo infinito sembrava essere trascorso. Lanciai una rapida occhiata alle sue iridi brune e solo in quel momento lui cominciò a parlare.

"Dov'eri ieri sera?" mi chiese. Ancora domande.

Io lo guardai sorpresa. Era vero, ero mancata e non era mai accaduto prima, tuttavia poteva essere più che comprensibile che io non potessi venire sempre.

"N-non capisco... Io" cominciai esitante "Io non sono potuta uscire" conclusi.

Lui fece un sorriso amaro e con tono sarcastico si lasciò scappare un "Tze", come per prendere in giro le mie parole.

"E' tutto qui, vero? Non c'è nient'altro?" continuò poi sempre in tono derisorio.

Io allora mi innervosii "Che intendi dire?" domandai alzandomi in piedi "Che centra questo con tutto quello che sta succedendo??" gli urlai addosso.

I suoi occhi rimasero bassi, li cercai sperando che avrebbe parlato, e invece no, lui ignorò la mia rabbia.

"Cosa stai cercando di nascondermi?" aggiunsi con voce più bassa, cercando di apparire comprensiva.

E a quel punto divenne lui quello arrabbiato "Ah, e così sarei io il bugiardo, vero? Quello che ti nasconde le cose? Sarei io, eh??" scattò in piedi alzando tono di voce ad ogni parola e avvicinandosi a me più che infuriato.

Poi si voltò come per far sbollire il nervoso, consapevole che sarebbe andato avanti se avesse ancora incrociato i miei occhi.

E io andai in crisi, non in grado di trovare risposta. Mi veniva solo voglia di piangere, ma non volevo.

Non finchè lui non avesse detto ogni cosa.

"Lo so bene dov'eri, più che bene. Anzi, congratulazioni. Congratulazioni per tuo fratello. Scommetto che sarai felicissima del fatto che presto sarai zia, eh?" di nuovò mi affrontò con aria accusatoria, sbattendomi in faccia la mia vera identità.

Io non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi.

"Brida Cousland, vero? Piacere di conoscervi sua maestà" continuò sempre in tono derisorio e sarcastico, facendo un piccolo inchino.

Io non gli risposi nulla.

Me lo meritavo d'altronde. Me lo meritavo tutto, completamente, perchè ero stata una stupida, un'emerita stupida a credere che una volta saputa la verità le cose si sarebbero sistemate per il meglio.

Avevo solo nuovamente mentito a me stessa.
Trattenni con forza le lacrime: il suo ostentato odio mi faceva male dentro.

"Come l'hai saputo?" dissi cercando di assumere l'atteggiamento più freddo e distaccato che conoscessi.

"Mi hai fregata per bene, in effetti. Ci hai fregati per bene, me, mia sorella e tutti gli altri. Ma è bastato seguirti una notte, in cui eri ubriaca fradicia" cominciò lui.

Quella notte, lui mi aveva offerto davvero di accompagnarmi, ma nonostante io avessi rifiutato il suo aiuto, infine aveva deciso lo stesso di starmi dietro.

"Ero preoccupato per te!" aggiunse marcando con forza ogni parola, come per sottolineare come la sua amicizia fosse sempre stata sincera, mentre la mia no.

"Immagina la mia sorpresa quando invece di entrare in una casupola di fango e legno, ti ho vista rincasare in un castello di pietra. Ed è bastato poco per capire chi fossi. I tuoi vestiti, la tua età, il tuo nome più che strambo. Credevi di essere l'unica a conoscere la storia di Shayna e di Calenhad? Credevi davvero che saresti riuscita a mantenere per sempre la tua identità segreta? Fergus tuo fratello che vive ad Amaranthine, tze! Credevi davvero che non mi sarei accorto che stranamente aveva lo stesso nome del futuro Teyrn??" nuovamente ondate di disprezzo si riversarono su di me.

Mi sedetti mentre mi sentivo mancare il respiro. Ora ogni tassello coincideva alla perfezione. Comprendevo l'odio di tutti i clienti de "L'orso sbronzo" ai quali era stato rivelato il mio vero nome, come anche la mancanza di Pet, probabilmente ancora più ferita di Jack, dalle mie bugie. Eppure c'era ancora qualcosa che non capivo fino in fondo.

"Perchè solo ora?" gli chiesi dopo aver fatto numerosi respiri profondi.

"Perchè mi dici queste cose solo adesso?" continuai alzando lo sguardo verso di lui.

I suoi occhi si addolcirono per un secondo quando le nostre iridi si incrociarono.

In fin dei conti due sere prima lui doveva già essere a conoscenza della verità, eppure non mi aveva detto nulla, anzi, mi aveva raccontato di come fosse morta sua madre e i suoi zii.

Perchè?

"Perchè dopo tutto quello che è successo mi sembra solamente ancora più ridicolo ascoltare le tue scuse e le tue bugie" mi disse più calmo, ma sempre con una punta di disprezzo.

"Quindi ora lo sanno tutti. Ecco perchè non mi vogliono più vedere" conclusi con tristezza, di nuovo guardando a terra.

Ma presto la sua risata amara mi spiazzò. Stupefatta spostai nuovamente i miei occhi sul suo viso.

"E così è questo quello che pensi. Che nessuno ti voglia più vedere, solo perchè hanno scoperto chi sei" improvvisamente nel suo viso vidi scomparire l'odio e il rigetto, per far posto a della sofferenza.

Ripensai alle sue parole. Dopo tutto quello che è successo aveva detto.

Pet. Pet. Pet.

Nella mia mente cominciò a rimbalzare il suo nome senza sosta.

"Cos'è accaduto a Petrice?" gli domandai decisa ad avere una risposta.

E lui me la diede.

Stavolta fu il suo turno di sedersi, di lasciarsi andare sulla fredda pietra, come se gli mancassero le forze per affrontare un tale dolore da in piedi.

Nonostante si sforzasse in ogni modo di trattenere il pianto, come per non mostrarsi debole, il suo respiro presto divenne più veloce e tremolante, mentre una lacrima salata percorreva tutto il suo volto, duro nei lineamenti, ma morbido nelle espressioni che spesso assumeva.

In quel momento era però solamente pallido e attraversato dalla sofferenza.

"Una mia cugina. Sorella della Chiesa di Kirkwall. Era qui per trovare i suoi fratelli, i suoi parenti. Stamattina è ripartita, ma non sola" iniziò lui, esitando ad ogni parola che pronunciava.

Non era possibile. Proprio Pet che aveva sempre mostrato disprezzo verso la Chiesa e che aveva sempre rifiutato la rigida vita delle Sorelle della Chiesa, proprio lei era partita per divenire una nuova accolita dell'ordine.

Non riuscivo a capirne il motivo.

"Lei diventerà una Sorella?" gli chiesi dunque stupita.

Lui annuì cercando di reprimere le lacrime.

Ma perchè piangeva se si trattava solo di questo?

"Perchè? Lei non lo ha mai desiderato" cercai di costringerlo a dirmi di più, a dirmi tutto.

"Non aveva scelta" improvvisamente le lacrime sgorgarono libere dal suo volto, mentre lui cominciò a singhiozzare a piena voce, senza più trattenere il suo dolore o la sua sofferenza.

Desiderai stringerlo, provare a consolarlo, ma sentivo che non era questo che voleva. Non era del mio affetto, non era di me che aveva bisogno. Lui rivoleva solo sua sorella.

"Le hanno fatto del male, davanti ai miei occhi. Come con mamma" disse nascondendosi il viso tra le mani, in mezzo al suo disperato pianto.

No. No, no, no, no.

NO.

Non poteva essere vero. Anche i miei occhi divennero lucidi e si velarono di lacrime.

"Chi è stato? Chi?" gli domandai con la voce rotta.

Lui cercò di calmarsi, di scacciare indietro le lacrime. Alzò il viso, inspirò aria, la buttò poi fuori ma nulla sembrava spezzare il suo dolore. Si passò entrambe le mani tra i capelli, stringendoli, torcendogli con quanta più forza possedeva per poi riaquistare un atteggiamento più calmo, anche se comunque terribilmente sofferente.

"Degli uomini, dei mercenari, delle persone qualsiasi" spostò i suoi occhi lucidi verso di me. "Volevano te" disse semplicemente con un filo di voce, senza riuscire a nascondere il suo dissidio interiore. "Ma c'era lei. Erano in tanti e l'hanno presa, l'hanno avuta" continuò mentre la voce tradiva il dolore che sentiva dentro. Dolore che era atroce.

Si morse la lingua, chiuse gli occhi.

"Non c'era nessuno. Nessuno. Le guardie erano a festeggiare, al castello. Per tuo fratello" di nuovo odio penetrò nella sua voce, mischiato ad agonia.

Le lacime allora sgorgarono liberamente anche sul mio di viso.

Era stata colpa mia, di nuovo. Loro volevano me, erano venuti a vedere me, avrebbero preso me. E invece avevano avuto lei.

Avevo evitato uno stupro, che aveva però dovuto subire l'unica amica che avevo mai avuto. Ed era stata tutta colpa mia, ogni cosa. Io ero venuta in quella taverna, io avevo stretto amicizia con Pet e Jack, io avevo reso famoso "L'orso sbronzo", io avevo attirato col mio nome quegli uomini che le avevano fatto del male.

"Hanno cominciato a bere e quando hanno visto che nessuno cantava si sono vendicati" continuò ora con aria più fredda, piena di odio verso un mondo ingiusto.

"Il giorno dopo lei è partita per unirsi alla Chiesa e dopo qualche ora le guardie hanno cominciato a cercarli. Ma non li hanno ancora presi."continuò. Ecco perchè quella mattina mio padre aveva discusso con l'Arle Howe tutto preoccupato di quanto fosse accaduto in città, ecco perchè non vi era alcun movimento in tutta Altura Perenne.

"Erano mercenari, mercenari ubriachi. Stupidi mercenari" ripetè con incredulità e un'ombra di tristezza nella voce.

Se io non li avessi mai conosciuti, se io per puro capriccio non fossi scappata di casa, se per una volta avessi accettato il volere dei miei genitori, nulla di tutto quello sarebbe mai accaduto.

Ed era quello il pensiero che mi faceva più male dentro.

Delle lacrime silenziose continuavano a scivolarmi sul volto, sulle vesti, mentre anche il mio cane cominciava ad uggiolare vedendo il mio dolore.

Aveva deciso di andare a servire la Chiesa, dopo che le avevano tolto davanti a tutti la sua verginità.

Ed ora capivo perchè tutta la città era silenziosa, capivo veramente perchè all'interno della taverna ero stata trattata in quel modo. Perchè se io fossi stata lì, forse non sarebbe accaduto nulla, o per lo meno non avrebbero colpito anche lei.

Ma io non c'ero stata. Io, solo per quella volta, quella maledettissima volta ero mancata.

E in questo modo avevo perso la mia migliore amica, la mia unica amica. Senza nemmeno averla potuta salutare. Lei era solo svanita, scomparsa, non era più nulla.

"Quindi questo è un addio" dissi ad un tratto, con un filo di voce.

"Lo sai qual è la cosa che odio di più?" cominciò lui piano, ignorando la mia affermazione.

Si alzò in piedi poi, di nuovo impossessato dalla rabbia e dalle lacrime.

"Lo sai cosa detesto davvero, di tutta questa situazione?" urlò stavolta affondando il suo sguardo tagliente nei miei occhi feriti.

Io abbassai il volto, sapendo che mi avrebbe di nuovo scaraventato addosso tutto il suo disprezzo, verso di me che gli avevo fatto perdere la sua unica sorella.

"Che se ci fossi stata tu." di nuovo la voce cominciò a tremare leggermente, con una punta però di decisione "Che se ti avessero fatto del male, io mi sarei sentito distrutto, più di adesso. Io..."

Sollevai appena i miei occhi per guardarlo e in quell'attimo sentii le sue labbra prepotenti premersi sulle mie, piene di dolore e di angoscia, ma anche di amore.

Mentirei se dicessi che quello fu il bacio più perfetto della mia vita, mentirei se raccontassi che in quel momento i nostri due animi raggiunsero condizioni eccelse e i nostri cuori si unirono in un lungo abbraccio.

Mentirei se raccontassi che sembrò durare una vita, che fu magico, dolce o romantico.

Mentirei perchè non fu nulla di tutto questo, e allo stesso tempo molto di più.

Fu la sua rabbia, la mia paura, il nostro dolore, la mia sorpresa. Fu il suo senso di colpa, perchè sapeva che la sofferenza sarebbe stata ancora più insopportabile se avessi subito io quello che aveva dovuto subire sua sorella, fu il mio di senso di colpa, che ero consapevole di aver causato indirettamente tutto questo.

Fu un bacio imbranato, reso salato dalle lacrime, ruvido dalle nostra labbra infreddolite.

E il suo viso non profumava di muschio o vaniglia, ma di sudore, di angoscia, di ira.

Eppure quello fu il mio primo bacio, bacio che si stampò in maniera indelebile nella mia memoria.




:) Ecco forse uno dei capitoli più importanti della storia di Brida, un capitolo di svolta :) Spesso mi sono chiesta come mai Petrice in DA2 fosse così acida e arrogante e ho provato a dare questa spiegazione, immaginando che sia stato forse lo stesso inizio tragico della sua carriera religiosa a cambiare il suo carattere e a renderla.... beh insopportabile e antipatica (mi sento un po' stronza nel dire questo, dopo il terribile destino che le ho dato nella mia storia, ma ça est la vérité ^_^)

In ogni caso, spero abbiate apprezzato la lettura :) 

Un saluto! 

Kisses

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Capitolo 31
*** Momenti: risveglio ***


 

"Ben svegliata"

Una voce femminile attraversò la mia testa.

Era reale? Non ero morta?

Dovevo esserlo.

L'ultimo mio ricordo era la torre.

La torre in cui io e Alistair eravamo andati per accendere il segnale, salvare l'esercito.

E l'avevamo acceso, il fuoco.

Ma qualcosa era andato storto. La prole oscura ci aveva circondati da ogni parte, il sangue, la paura, ero caduta e...

"Ehi, sei sveglia o fai finta?" continuò nervosa questa voce.

Di colpo spalancai gli occhi, che prima avevo solo leggermente mosso.

Mi trovavo in una specie di capanna, una casetta e accanto a me c'era... proprio lei.

La ragazza delle selve.

Ricordavo ancora bene il nostro primo incontro.

Eravamo andati nelle selve, io, Alistair, Jory e Daveth, alla ricerca del sangue nero della Prole Oscura che sarebbe servito per l'Unione e dei trattati. E proprio lei ce li aveva dati, o meglio sua madre.

Ma stampato chiaramente nella mia mente rimaneva soprattutto quello che era successo dopo, durante il rituale.

Bere quel sangue...

Nulla in vita fu più terribile che vedere il viso di Daveth sbiancarsi e scivolare al suolo.

Nulla fu più spaventoso che osservare la freddezza con cui Duncan aveva tolto la vita a Jory, solo perchè aveva deciso di tirarsi indietro.

Il mio pensiero era andato a Helena, sua moglie, a Helena che l'aspettava a casa con in grembo suo figlio e che non l'avrebbe mai più rivisto.

Eppure non avevo nemmeno fatto in tempo a dir nulla a Duncan, a causa della velocità del susseguirsi dei vari avvenimenti. Il consiglio di guerra, la battaglia, io che mi dirigevo disperata verso la torre ripetendomi solo una cosa nella mente 'se fossi stata nel campo magari avrei rivisto Fergus' e le fiamme.

Fiamme, sangue, sudore. Prima avevo fatto un sogno, un drago enorme, avevo bevuto il sangue nero, ero diventata un Custode Grigio, ero morta, ero...

"Hai intenzione di rimanere tutto il tempo lì seduta sul mio letto?!" sottolineò la giovane con aria arrogante.

Io la guardai ancora un po' stordita.

Ero viva. Ma allora cos'era accaduto? Come mi ero salvata?

"Dove mi trovo?" le chiesi.

"Prova ad indovinare? Quello è il mio letto e questa è la mia casa. O meglio mia e di mia madre. E sì, prima che tu me lo chieda è stata lei a salvarti" continuò la ragazza dai capelli corvini e gli occhi da gatta, del colore delle foglie nuove di primavera.

"A salvami? Come?" domandai.

"Ci crederesti se te lo raccontassi? E' volata sulla torre trasformata in drago e ha recuperato te e il tuo amico, prima che la Prole Oscura vi uccidesse. Ecco e ora cerca di non guardarmi con quell'aria sconvolta." continuò con lo stesso tono acido.

"Amico?" chiesi poi senza comprendere a chi si riferisse.

"Sì quell'altro Custode. Sono ore che continua a camminare avanti dietro chiedendo ogni secondo come tu stia. Pensava che io e mia madre ti avremmo cucinato o qualcosa di simile" rispose la ragazza.

Dunque infine Daveth non aveva avuto tutti i torti: quella giovane e sua madre erano davvero delle streghe.

"Se vuoi raggiungerlo vai, non ti trattengo" disse lei facendomi capire palesemente che non vedeva l'ora che me ne andassi.

"Adesso vado, ma prima... come ti chiami?" volli sapere una volta alzatami in piedi.

Lei mi guardò un po' stupita da quella domanda, come se fosse la prima volta che qualcuno gliela facesse.

"M-morrigan" rispose balbettando appena, senza però perdere il tono arrogante.

"Immagino sia stata tu a curarmi, grazie davvero. Io sono Brida" mi presentai.

"Con permesso" dissi poi uscendo dalla capanna mentre lei mi guardava come se fossi un fantasma, forse sorpresa dai miei modi piuttosto gentili.

"Woof woof" sentii appena ritornata all'aria aperta.

Letteralmente venni scaraventata a terra.

"Lucky!" dissi ridendo, felice che anche lui stesse bene.

"Se vi state chiedendo se è merito mio che anche lui sia qui, la mia risposta è no. Avete un cane davvero speciale" mi spiegò una voce di anziana che riconobbi immediatamente: era quella della strega, della vecchia che ci aveva dato i trattati non molto tempo prima.

"Brida..." disse colma di stupore un'altra voce altrettanto conosciuta.

Sorrisi. "State bene, dunque" continuò poi.

"Direi di sì, Alistair. A quanto pare dobbiamo ringraziare entrambi voi" mi rivolsi infine verso l'anziana donna.

"Era necessario. In fin dei conti qualcuno dovrà fermare questo Flagello" disse lei con aria misteriosa.

"Quindi è davvero un Flagello, come temeva Duncan" realizzai subito "E la battaglia? E' stata persa? Cosa è successo agli altri?" chiesi pensando a mio fratello e a cosa poteva avergli riservato il destino.

Non riuscivo nemmeno a pensare all'ipotesi in cui fosse morto per mano della Prole Oscura.

"Colui che doveva guidare la maggior parte dell'esercito si è tirato indietro, forse per desiderio di potere, forse con l'illusione che il suo aiuto non sarebbe servito. E così il vostro fuoco è stato ignorato, e ciò ha portato il vostro re e tutti i suoi uomini alla disfatta" spiegò la vecchia strega.

"Sono morti tutti, Cailan, Duncan." disse Alistair abbasando lo sguardo, pronunciando con tristezza l'ultimo nome "Nessuno è sopravvissuto e tutto a causa di Loghain che non ha guidato i rinforzi. Noi due siamo gli ultimi Custodi Grigi rimasti nel Ferelden" continuò sempre lui spiazzandomi completamente con quella notizia.

Non riuscivo a crederci.

"E gli unici che lo possono salvare" aggiunse ancora più misteriosa l'anziana donna.

"Ma come? Siamo solo in due e là fuori c'è un'armata piena di Prole Oscura" si disperò l'altro Custode.

"Oh, ma voi avete molto di più di un esercito e di armi. Voi avete sigilli eterni, patti e giuramenti che ancora hanno valore tra le genti di questo mondo" la strega alluse a qualcosa che ignoravo.

"Ma certo!" esclamò il ragazzo "I trattati! Con quelli i Custogi Grigi ottennero promesse di aiuto da parte di nani, elfi e maghi nel caso in cui accadesse un Flagello. Dobbiamo usarli per riunire altri guerrieri, pronti a sconfiggere la Prole Oscura" nei suoi occhi splendeva la speranza.

Speranza che non comprendevo del tutto.

"Questi pezzi di carta hanno davvero un valore così grande? Verremo ascoltati?" chiesi rivolta alla donna prendendo dalla sacca che avevo ancora con me i documenti recuperati poco tempo prima, in quello stesso luogo.

"Forse. Dovrete tentare, e chi altro può farlo se non voi?" di nuovo non diede certezze l'anziana strega.

Ma in me ancora sopravviveva il dubbio.

Avrei voluto tornare al campo, cercare mio fratello, tornare a casa con lui e riprendermi la vita di prima, eppure più indugiavo su questi pensieri più comprendevo quanto fossero irrazionali.

"Potremmo anche andare a Redcliffe, dall'Arle Eamon. Io, in un certo modo, lo conosco. Sono sicuro ci darà una mano. Forse dovremmo dirigerci lì subito" continuò con aria decisa Alistair.

Sembrava davvero essere sicuro che quella fosse la cosa giusta da fare, nessuna incertezza albergava nel suo animo.

"Due Custodi Grigi, sono meglio di uno. Anche voi dovrete andare" disse la donna notando la mia esitazione.

Eravamo gli ultimi due Custodi Grigi del Ferelden, le ultime speranze di tutta la sua gente. Non potevo tirarmi indietro nonostate non mi sentissi ancora completamente parte dell'Ordine, nonostante provassi ancora nostalgia verso la vita che avevo lasciato e covassi dentro di me vendetta verso l'Arle Howe.

Ma questa era ormai la strada che dovevo percorrere, la strada a cui ero stata iniziata qualche tempo prima, quando avevo bevuto il sangue di quelle creature che avevano spezzato così tante vite, sul campo di Ostagar.

Pregai non quella di Fergus.

"E sia. Andremo a Redcliffe" mi decisi.

"Ci direte ora il vostro nome, o non sapremo mai chi ci ha salvati?" le chiesi curiosa di comprendere l'identità di quella strana donna, che a detta dell'altra ragazza ci aveva recuperati trasformata in drago.

"Alcuni mi chiamano strega delle selve, altri maleficio. Ma il nome con cui la maggior parte dei mortali mi conosce è Flemeth" rivelò infine, svelando il suo nome che era forse uno dei più conosciuti al mondo.

"Voi siete quella Flemeth, la strega?" rimarcò Alistair come se non fosse già abbastanza evidente che lei non fosse una normale donna.

"Una vecchia signora che vi ha salvati, nulla di più, o forse molto di più. Ha importanza?" concluse in una risata.

In effetti niente mi impediva di credere che proprio lei potesse essere la famosa Flemeth, quella delle storie, che per vendetta si era trasformata in un abominio. Anche se le leggende terminavano tutte con la sua morte per mano di un valoroso eroe.

Che fosse falsa quell'ultima parte?

"Penso che dovremmo partire subito" dissi io. "Evitare la Prole Oscura che dilaga dappertutto non sarà facile. Meglio cercare di uscire da queste selve il prima possibile." riflettei.

"Madre, la cena è quasi pronta" disse uscendo dalla capanna, la ragazza con cui avevo parlato prima.

"E anche i nostri ospiti sono pronti ad andarsene, a quanto vedo" disse sempre lei osservando me e Alistair.

"E tu andrai con loro, Morrigan" la informò Flemeth.

"Bene, buon viaggio allor... Cosa??" si girò stupita verso la madre.

"Guardali. In loro due si trova l'unica speranza che questo paese sopravviva, come credi potranno riuscire nella loro missione senza il tuo aiuto? Dimostrami che quello che ti ho insegnato non è andato completamente sprecato" concluse la strega delle selve utilizzando lo stesso tono arrogante della figlia nel pronunciare l'ultima frase.

"Io.." esitò la giovane "Immagino dovrò andare" infine cedette Morrigan.

"Scusate se intervengo, grazie per il vostro aiuto e tutto" si rivolse Alistair verso Flemeth "Ma non credo ci sia bisogno che lei venga con noi" disse evidentemente non felice del fatto che una strega avrebbe dovuto viaggiare insieme a me e a lui.

"Morrigan conosce le selve alla perfezione, da quello che ho capito. Ci permetterà di uscire senza incappare in gruppi troppo numerosi di Prole Oscura, no? Abbiamo bisogno del suo aiuto" cercai di convincere l'altro Custode.

In fin dei conti ci aveva aiutato con i trattati, mi aveva medicato o qualcosa di simile. Una mano in più sarebbe servita davvero e lei pareva nascondere un grande potenziale. Soprattutto se era realmente la figlia di Flemeth, la strega delle leggende.

"D'accordo" cedette Alistair sospirando "Ma se mi dovessi ritrovare trasformato in rospo saprò a chi dare la colpa" aggiunse poi, borbottando.

"Al tuo cervello troppo piccolo. Forse starebbe davvero meglio nel corpo di una rana" disse con una vena di acidità la giovane strega fulminandolo con lo sguardo.

Io sorrisi scuotendo la testa, mentre guardavo il loro piccolo siparietto.

A quanto pare sarebbe stato un viaggio non facile.

"Voi sarete la loro guida. Dovrete imparare a tenere a freno i loro animi burrascosi" mi sussurrò la vecchia strega.

"Credo proprio di sì" confermai quanto le mi avesse appena detto.

"Penso sia ora di partire" conclusi poi il loro battibeccare.

"Madre, non dimenticate la cena sul fuoco. Non vorrei ritrovarmi una capanna completamente bruciata al mio ritorno" Morrigan commentò rivolta alla madre.

"Oh!" si lasciò scappare innervosita l'altra strega "Dovresti preoccuparti piuttosto di non ritrovarla completamente distrutta dalla Prole Oscura. Credi davvero che sarà una passeggiata?" la rimproverò Flemeth.

Morrigan la guardò sorpresa per qualche secondo.

"Immagino voi abbiate ragione. Addio" la salutò poi, mettendo fine al discorso.

Quando iniziammo a muoverci un ricordo mi attraversò la mente.

"Voi siete la nuova recluta, vero?" mi aveva chiesto al campo di Ostagar una vecchia maga del circolo, probabilmente ora morta.

"Il vostro ordine ha grande fama ma anche grandi responsabilità" aveva commentato poi.

Quella donna aveva detto il vero, realizzai in quel momento.

E a dispetto di qualsiasi mio problema o desiderio, non avrei mai dovuto scordare le sue parole.





:) Ehilà! Ecco il secondo capitolo di flashforward. In questo caso ho voluto soffermarmi sull'inizio vero e proprio dell'avventura da Custode Grigio della nostra Brida :), descrivendo il suo risveglio nella capanna di Flemeth. 
Ho pensato che questo momento era perfetto per cominciare a presentare, brevemente ma in maniera efficace, il rapporto Alistair-Morrigan e in generale il carattere di questi due personaggi, che io considero come i migliori creati dalla Bioware. 



Spero la lettura di questo capitolo vi sia piaciuta! 

Ciaoo

ps: la maga a cui mi riferisco nel finale, ovviamente, è Wynne, personaggio che interverrà, come tutti sappiamo, più tardi nell'avventura della nostra Custode e del suo gruppetto :)

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Capitolo 32
*** Amicizia e amore ***


Non ero nemmeno andata a dormire quella notte. O per lo meno, ci avevo provato ad addormentarmi, ma dentro sentivo troppe emozioni diverse e contrastanti.

Ripensai alle mille cose che erano accadute la sera prima e che ancora avvertivo così chiaramente dentro di me.

Mi sfiorai leggermente le labbra con le dita.

Quel suo bacio... I nostri occhi che si guardavano.

Inizialmente non avevo risposto, mi ero allontanata, ancora troppo scossa dalle sue parole. Ma poi era stato inevitabile.

Lui si era avvicinato ancora di più a me, il suo respiro affannoso si era stretto intorno al mio viso. Eravamo rimasti così non so per quanto tempo, io con gli occhi bassi e lui desideroso delle mie labbra.

Ma infine era bastata una sua parola per sciogliermi. "Guardami" mi aveva detto.

E io l'avevo guardato. Era lui, quello che avevo sempre voluto, quello che avevo sempre desiderato.

E così di nuovo ci eravamo baciati e l'avevamo fatto ancora e ancora. Alcune volte avevo avvertito il sapore delle sue lacrime, mischiarsi alla dolcezza dei suoi baci.

E anch'io avevo pianto.

Infine lui aveva preso le mie mani tra le sue, mi aveva guardata, sedendosi di fronte a me, e mi aveva fatto promettere di tornare. Di nuovo da lui.

Perchè nonostante quegli uomini che avevano fatto del male a Pet fossero ancora in libertà, come mio padre mi aveva detto quando avevo cercato di informarmi a riguardo quella mattina, lui aveva bisogno di vedermi.

Perchè nonostante tutto quello che era accaduto fosse stata colpa mia, lui non voleva rinunciare a me. E io non sarei riuscita a rinunciare a lui, non dopo quei baci.

Shayna era morta, il mio segreto si trovava solo nelle sue mani, di lui che non l'aveva rivelato a nessuno, nemmeno a suo padre o a sua sorella, e ora c'eravamo solo noi, senza un nome, senza un passato e senza futuro. Fatti di solo presente.

Era stato difficile allontanarsi da lui, ma infine l'avevo fatto. Ero rientrata in camera quando ormai nel cielo l'oscurità aveva raggiunto il culmine, quando l'aria era diventata davvero fredda, nel momento più silenzioso e più terribile della notte.

Non avevo raggiunto nemmeno il letto. Mi ero lasciata andare con la schiena contro la porta chiusa della mia stanza. Nessuna lacrima era uscita dai miei occhi, già troppe ne avevo versate prima con lui. Ed io ero rimasta così, inerme, a pensare a lui, a Pet, a quello che ero, a quello che non sarei stata più.

A quanto avessi perso, a quanto avessi guadagnato. Perché la sensazione peggiore era provare un leggero batticuore nel ripensare al suo tocco, nonostante il nostro amore fosse macchiato dal male che avevo causato a Pet, a sua sorella, alla mia unica amica che avevo perso.

Ora eravamo solo io per lui, lui per me. E non c'era altro modo se non rimanere insieme. Non c'era altra scelta se non sostenerci a vicenda.

"Strano vederti così silenziosa" commentò una voce femminile quel pomeriggio, vedendomi sola nella sala di lettura, senza alcun libro in mano, in realtà, intenta a guardare fuori dalla finestra: era mia madre.

Io girai una sorta di sguardo assente verso di lei.

"Non stai bene?" mi domandò avvicinandosi. Io la guardai un po' contrariata.

Difficilmente si dimostrava così apprensiva e, inoltre, solitamente passava il suo tempo con Oriana o con Madre Mallol, non con me.

Eppure sembrava essere venuta lì apposta per cercarmi.

"Non ho niente madre" dissi mentre lei preoccupata mise una mano sulla mia fronte, come se fossi una bambina.

Sbuffai. "Madre non ho la febbre" cercai di chiarire il concetto.

"Sei molto pallida, forse dovresti farti dare qualcosa da Maestro Aldous" continuò con aria comprensiva.

Di nuovo troppo strano come atteggiamento.

"Madre se dovete dirmi qualcosa, fatelo e basta" esclamai un po' troppa brusca.

"Brida!" mi guardò con aria arrabbiata, per la maleducazione che avevo usato. Ma subito dopo il suo viso si raddolcì, nonostante io non le avessi nemmeno chiesto scusa.

"Lo so che spesso non abbiamo avuto un buon rapporto, tuttavia non devi dimenticare che se c'è qualche problema, con me puoi parlarne. Sono tua madre, d'altronde" aggiunse.

Io spostai il mio viso verso di lei. Sapeva della mia fuga? Sapeva del perché io fossi triste? Di Pet? Di Jack? Assunsi un aspetto tra lo sbalordito e il contrariato.

"Sto parlando di Thomas" concluse cercando il mio sguardo come per leggere la mia reazione.

Ma io abbassai i miei occhi freddamente invece di cercare i suoi.

Thomas.

Sembrava passata una vita da quella sera in cui arrabbiata mi ero allontanata da lui.

E dopo tutto quello che era accaduto ebbi l'impressione che non fosse poi così importante risistemare le cose con lui. Cos'era stata la nostra amicizia se non dei pomeriggi di sole passati insieme quando eravamo stati più piccoli? Nulla di più.

Non gli avevo mai mostrato tutta me stessa come avevo fatto con Pet e Jack, o no?

In ogni caso quasi non mi sembrava più essere così grave quello che avevo fatto. Non lo avevo insultato o rifiutato in maniera chiara. Gli avevo solo detto duramente che non avevo voglia di parlargli. Qualsiasi scusa avrebbe potuto sistemare quella piccola incompresione.

Ma la verità era che non volevo cercarla, una scusa .

"Sia ieri che l'altro giorno l'hai ignorato deliberatamente. E poi ho saputo di come tu l'abbia trattato. Lui doveva dirti una cosa molto importante" continuò lei.

Come se non lo sapessi.

"Non mi importa di quanto lui avesse da dirmi, non mi è mai importato" le rivelai abbastanza chiaramente.

Lei sospirò vedendo la mia rabbia.

"Siete sempre stati amici, come puoi negarlo, figlia mia? Forse è solo un momento così, vedrai che ti passerà" tentò di convincermi.

Di nuovo sbuffai. "Forse il primo passo per sistemare le cose è chiedere scusa, non pensi?" aggiunse poi.

"Alcune amicizie sono destinate a finire" infine conclusi freddamente. Forse la nostra era sempre stata destinata a questo.

Lei sospirò "Sono sicura che cambierai presto idea" disse poi allontanandosi di qualche passo.

"Ti lascio da sola a riflettere su queste parole: rompere un'amicizia non è mai un bene, né come persona, né come lady. Non dimenticare mai questo punto. Buon pomeriggio" concluse uscendo dalla stanza.

Quando la parola amicizia venne pronunciata dalle sue labbra un solo nome mi tornò in mente.

Pet.

Gli occhi mi divennero improvvisamente lucidi.

Non era mai stato Thomas un vero amico, per quanto mi conoscesse da moltissimo tempo.

Solo Pet era riuscita a guardarmi dentro e a tirare fuori da me la persona che davvero ero.

Solo lei e Jack.

 

 

 

"Sei venuta" due parole che vibrarono nell'aria notturna facendomi sussultare leggermente il cuore.

Avevo fatto come lui mi aveva detto: avevo messo i miei due pugnali nella cappa, avevo portato con me il mio Mabari e, per giungere fino al retro della Chiesa, non ero passata dal centro della città.

Temeva che qualcosa di brutto potesse succedere anche a me, dopo sua sorella. D'altronde sembrava che ancora non fossero riusciti a trovarli, gli uomini che avevano fatto del male a Pet, e, in effetti, anch'io avevo tremato spaventata mentre mi ero incamminata verso la Chiesa.

Mi buttai tra le sue braccia stringendomi forte a lui.

Nonostante il rischio che correvo non potevo fare a meno di venire da lui, e lui non poteva vietarmi di farlo.

Appena il suo calore entrò nella mia pelle, fu il turno dei nostri visi di congiungersi in un passionale bacio.

Poi solo dopo molto tempo lui allontanò le sue labbra dalle mie "Forse sarebbe stato meglio se tu non fossi venuta, è troppo pericoloso, forse...".

Io gli misi un dito davanti alla bocca "Ssh" dissi semplicemente.

Qualsiasi parola sarebbe stata inutile, perchè entrambi eravamo consapevoli di aver bisogno l'uno dell'altra.

Di nuovo le nostre labbra si incontrarono, stavolta in un bacio che fu molto più dolce e delicato.

Appena separatami da lui cercai di sorridere e poi mi sedetti sul muretto in cui avevamo pianto la sera precedente, facendogli cenno di sistemarsi anche lui di fianco a me.

"Cosa dicono di me, alla taverna?" gli domandai allora.

"Niente, cosa vuoi che dicano. Sanno che sono venuto ad incontrarti, ma per quanto mio padre preferirebbe che io non ti vedessi più, sa bene che non può impedirmelo".

Ironicamente ora era lui che andava contro la volontà di suo padre.

"Mi dispiace così tanto, io.." cominciai cercando di spiegarmi.

"Non è colpa tua, la storia del cantare era stata un'idea di Pet. E' così che la taverna è diventata famosa. Non devi sentirti colpa, nessuno deve. E' stato il Creatore, forse, ad aver fatto questo, per poter avere la sua dolce voce tra i suoi servitori, qui sulla terra. O almeno è di questo che devo convincermi" concluse facendo un sorriso un po' amaro.

Io strinsi una sua mano, con la mia. Come per fargli forza e lui ricambiò la stretta, sapendo che anch'io avevo bisogno di sentirlo vicino. "Non sono stati ancora presi" gli comunicai sapendo che la cosa non gli avrebbe fatto per niente piacere.

Lui sospirò dolorosamente.

"Vorrei solo una cosa, un'unica cosa, dopo tutte le sofferenze che la mia famiglia ha dovuto patire. Vederli tutti, dal primo all'ultimo, con la testa mozzata, cibo per i corvi e per i cani" la sua voce dura e piena di ira mi fece rabbrividire. Ma, d'altronde, non potevo non condividere il suo sentimento di vendetta, per quanto, in parte, mi spaventasse.

Lui mi mise un braccio intorno alle spalle cercando di avvicinarmi al suo petto.

Sollevai i piedi che misi sopra al muretto e appoggiai completamente la mia schiena sul suo forte torace, in modo che il mio viso potesse accomodarsi nell'incavo tra la spalla e il suo collo.

Quella sera le stelle erano tornate a risplendere, notai, dopo la notte nera che ci aveva stretti il giorno prima.

Lui incrociò le sue braccia intorno alla mia vita. E per la prima volta mi sentii davvero amata e protetta da qualcuno.

"Se Petrice dovesse scriverti una lettera fammela leggere, ti prego" dissi dopo aver trascorso parecchi minuti in silenzio.

"Certo" concluse lui.

E il resto della serata passò così, tra baci, carezze, parole tristi e nostalgiche e tentativi di consolarci a vicenda.

Volò in realtà, come sempre capita quando stai con una persona a cui tieni, a cui vuoi bene.

Che ami.

"Scusa" mi disse lui prima di salutarmi.

Io lo guardai un po' sorpresa "Scusa di cosa?" domandai.

"Per come ti ho aggredita ieri sera. Era ovvio che tu non potessi presentarti alla locanda la prima volta dicendo 'Ehi, sono Brida Cousland, piacere di conoscervi'" concluse con un sorriso, che sotto sotto nascondeva però anche un po' di tristezza e malinconia, per quei tempi in cui tutto era sembrato semplice, nonostante le mie bugie. Per quei tempi in cui c'era ancora Pet con lui, con noi.

"Immagino che probabilmente mi avreste mandato via a calci, dicendomi di ritornare nel mio castello a fare la Lady, invece di rompere le scatole alla 'gente normale' "cercai di fare ironia, ricambiando il suo sorriso.

Lui avvicinò ancora le sue mani verso il mio viso. "Mai l'avrei fatto. Mi sono innamorato di te, dal primo momento in cui ti ho vista" mi rivelò con voce profonda appena prima di avvicinare le sue labbra alle mie. Ricambiai anche il suo bacio.

"A domani sera" dissi poi allontandandomi da lui di qualche passo.

"Stai attenta. Porta sempre delle armi con te e anche il tuo Mabari" mi avvertì.

Di nuovo gli sorrisi. D'altronde lui non sapeva che, probabilmente, me la cavavo anche meglio di lui a difendermi.

C'erano ancora così tante cose che lui non sapeva di me.

"Tranquillo" conclusi girandomi verso casa.

"Brida" disse poi lui avvicinandosi di nuovo a me, velocemente.

Mi voltai per guardarlo: mi baciò di nuovo.

"Buona notte" disse poi.

"Buona notte, Jack" e questa volta mi incamminai sul serio verso il castello, seguita dal mio Mabari.

Forse lui non mi conosceva davvero bene, ma, d'altronde, avrei avuto ancora tempo per raccontargli chi fossi, avrei avuto ancora tempo per vederlo e sfiorare le sue labbra.

E solo questo era importante.  




:) Nonostante i mega ritardi eccomi di nuovo! In questo capitolo ho voluto un attimo spiegare la piega che sta prendendo la vita di Brida... Ora non c'è più la taverna, non ci sono più i segreti e le bugie. E' tutto più semplice e sembra davvero perfetto.. ma resterà così per sempre? Lo vedrete :)


Ciaoo

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Capitolo 33
*** Momenti: Lothering ***


"Non avete mai perso qualcuno??" la voce arrabbiata di Alistair risuonò nella mia mente.

Ma la domanda non era rivolta a me.

"Cosa fareste se vostra madre morisse?" continuò verso l'altra donna del gruppo, mentre io continuavo a guardare davanti a me.

"Prima o dopo aver smesso di ridere?" chiese lei con sarcasmo, ma già il loro battibeccare risuonava così lontano dentro la mia mente.

"Morrigan lascialo stare, per favore" cercai di fermarli, pur non seguendo minimamente di cosa stessero parlando.

Dentro di me però li ringraziai: temevo il silenzio più di qualsiasi altra cosa, perchè sapevo mi avrebbe portato a pensare a mio fratello, alla mia famiglia e a tutto quello che in poco tempo mi pareva di aver perso per sempre.

"Ehi siete ancora tra noi?" mi accorsi troppo tardi di essere stata interpellata.

"Scusate, ero un attimo sovrappensiero. Di cosa stavate parlando?" domandai loro.

"Oltre al fatto che il templare qui presente sia privo di cervello e con una fastidiosa, costante, aria malinconica?" di nuovo lo punzecchiò la strega con il suo sarcasmo, sottolineando ancora di più la loro diversità in quanto lui ex-templare e lei apostata.

"Tralasciando anche che abbiamo già chiarito da dove venga il vostro brutto caratteraccio, vero miss 'sono una strega cattiva che non ha mai avuto un'amico'?" ribatté lui facendole il verso.

Stavolta fu il mio Mabari ad intervenire prima che la cosa si protaesse troppo a lungo.

"Ok, ok. Torniamo alle questioni più serie. Dove siamo diretti? Insomma dopo Lothering dove andremo?" disse verso di me il giovane.

D'istinto guardai indietro verso le selve e Morrigan comprese subito come mai stessi rivolgendo proprio lì la mia vista.

"Non possiamo tornare indietro per cercare tuo fratello. Fra non molto tutto quello che vedi sarà terra bruciata e l'unica cosa che possiamo fare è lasciare questo villaggio il più in fretta possibile" mi spiegò brevemente.

Per un attimo incrocia gli occhi di Alistair che parevano dirmi 'Mi dispiace', e forse, dato che anche lui si vedeva chiaramente stesse soffrendo moltissimo per la morte di Duncan, chiudendosi in una barriera di silenzio, avrebbe dovuto ricevere da me uno sguardo altrettanto incoraggiante, che invece non arrivò.

Presi solo il suo atto di tenerezza e me lo tenni per me, incapace di provare compassione per qualcuno che non fossi io, ormai l'avevo imparato. Nel dolore e nelle difficoltà sapevo essere profondamente egoista.

"Voi avete detto che a Denerim l'Arle Eamon potrebbe aiutarci" dissi al giovane.

"Sì, io lo spero. Anche se penso che per il resto dovremo affidarci ai trattati. Gli avete già dato un'occhiata?" mi chiese.

Annuii: nelle notti trascorse avevo cercato di tenere impegnata la mente analizzando le parole scritte nei trattati più e più volte. "A quanto pare ci è capitata una nobildonna intellettuale" aveva commentato Morrigan ironica quando mi aveva vista all'opera con quei fogli.

Non erano valse molto le mie lamentele o i miei tentativi di fare dell'ironia: in fin dei conti non avevo mai amato le lezioni di storia del mio vecchio maestro Aldous e avevo trovato lo studio e la lettura quasi sempre troppo noiosi per i miei gusti.

Ma ormai non aveva più molta importanza.

"Gli elfi e i nani dovranno aiutarci se glieli mostrerò" confermai. 'O almeno lo spero' dissi però tra me e me.

"Abbiamo intenzione di muoverci o vogliamo rimanere qui ore e ore?" intervenne Morrigan con aria annoiata.

"Andremo a Redcliffe" affermai infine decisa, gli altri miei due compagni non fiatarono.

L'arle Eamon... l'avevo già incontrato? Provai a ricordare se magari ci fossimo già visti in qualche occasione ma subito ci rinunciai preferendo non scavare nei ricordi.

Cominciai poi a camminare con il mio Mabari, Morrigan e Alistair dietro alle spalle.

E solo dopo qualche passo realizzai un po' stupita che mi ero appena messa a capo di quella strana compagnia.

 

 

Soltanto dolore e disperazione regnavano in quel luogo.

Centinai di persone si erano riunite in quel piccolo villaggio, alla ricerca di un rifugio dall'orda della Prole Oscura che era uscita vittoriosa dallo scontro ad Ostagar.

Vidi una famiglia elfica all'angolo della via, disperarsi della propria miseria, dall'altra parte una Sorella della Chiesa litigare con un mercante a causa della sua avidità e più avanti, davanti al sagrato della Chiesa, un uomo stava invocando la fine del mondo.

'Il mondo pare impazzito' pensai dentro la mia testa, mentre cercavo di camminare avanti ignorando la tristezza che mi circondava da ogni dove.

"Signora, avete visto mia madre?" interruppe un bambino il mio passo veloce.

"Tua madre?" domandai.

"Ha i capelli rossi e vi somiglia un po'. Degli uomini sono entrati in casa e lei mi ha detto di correre qui al villaggio e di aspettarla. Io l'ho fatto, l'ho aspettata per tanto tempo ma non riesco ancora a vederla" mi disse con il suo vocino sottile.

"E tuo padre? Sai dove trovarlo?" mi precedette Alistair rivolto al bambino con tono così amorevole che Morrigan non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto. "Lui è uscito di casa con il vicino William e non è più tornato" rispose il bambino.

Era rimasto anche lui orfano, compresi dopo quella risposta.

"Hai qualche altro parente qui vicino a Lothering?" gli domandai, capendo che non potevo lasciarlo lì da solo, mentre il mio Mabari gli si era avvicinato ricevendo delle tenere carezze.

Lui scosse la testa "No, nessun'altro signora" mi rispose gentilmente.

"Dovresti andare nella Chiesa, allora. Lì le Sorelle si prenderanno cura di te" cercò di consolarlo Alistair.

"Ma mia madre? Se io entro nella Chiesa, poi non mi vedrà, quando tornerà" protestò lui.

Alistair mi lanciò uno sguardo interrogativo come per chiedermi cosa avremmo dovuto rispondere di fronte ad una tale dolcezza ed ingenutià tipica solo dei bambini.

"Le diremo noi di venire nella Chiesa, non preoccuparti" rassicurai il bambino. Non potevo permettergli, a lui ancora così piccolo, di sopportare lo stesso fardello che io avevo dovuto sostenere dopo la morte dei miei genitori. Lui mi regalò, dunque, un luminoso sorriso "Grazie mille signora, quando mia mamma tornerà le parlerò molto di voi" concluse correndo verso la Chiesa.

Io gli lanciai solo un ultimo sguardo intristita. "Non potremmo concentrarci solamente sulla Prole Oscura?" protestò Morrigan sbuffando.

"Non avete proprio cuore? Non avete visto quanto è accaduto? Quel bambino è rimasto orfano, soffrirà moltissimo, noi non potevamo lasciarlo lì. Non è vero Brida?" commentò Alistair, accorgendosi solo all'ultimo istante che non solo quel bambino aveva avuto la sfortuna di perdere la propria famiglia

"Scusate, io..." si rivolse verso di me Alistair, dopo aver visto la reazione che le sue parole avevano prodotto sul mio volto.

"Non preoccupatevi. Abbiamo entrambi subito delle perdite molto grandi, non dovete scusarvi. Ora però continuiamo." cercai di riprendere le redini del gruppo.

"Verso dove?" chiese Morrigan.

"Verso la taverna" risposi io semplicemente.

"La taverna?" domandarono in coro i miei due compagni più che stupiti.

Improvvisamente mi feci anch'io la stessa domanda. "Non mi sembra il momento più adatto per bere." fece presente Morrigan.

"Pare che questa sia l'unica e forse anche l'ultima cosa su cui siamo d'accordo" l'appoggiò il templare spostando poi lo sguardo su di me.

Alcuni ricordi lontani cominciarono ad affollare la mia mente, ricordi di risa, di canzoni e di bei giorni trascorsi proprio in una locanda. 'L'orso sbronzo', mi ricordavo ancora il suo nome.

Accennai un leggero sorriso verso i miei compagni di avventura.

"Vogliamo notizie, indicazioni, provviste e magari un pasto caldo con cui iniziare il nostro viaggio verso Redcliffe?" domandai loro.

"Bene" conclusi senza neanche attendere una risposta. Girai poi il volto verso l'insegna, a qualche metro, della locanda di Lothering "Allora è lì che andremo".

"Magari potremmo anche affittare una stanza e riposarci per stanotte, sarà una lunga marcia verso Redcliffe" commentò Alistair.

"Ehi templare, non so se ti ricordi ma fra non molto la Prole Oscura arriverà in questo villaggio e lo raderà completamente al suolo. Se intendi restare qui a far loro compagnia, sdraiato comodamente su un letto di piume d'oca, accomodati pure" lo punzecchiò la strega, strappandomi una risata.

"Stavo solo ipotizzando..." cercò di rimediare imbarazzato Alistair.

"Morrigan ha ragione, dovremo sbrigarci" aggiunsi poi io "Se solo potessimo avvertire anche tutta questa gente" lanciai un'occhiata alle numerosissime persone che si trovavano sparpagliate per tutto il villaggio.

"Qualunque tua parola non cambierà le cose. Finché la gente avrà fede nei templari e si sentirà tranquilla qui, protetta da quattro uomini con ingobranti armature, qualsiasi tentativo di farle aprire gli occhi sarà inutile " mi fece presente Morrigan.

E aveva ragione, neanche Alistair rispose al suo tentativo di lanciargli un'altra frecciatina sui templari.

Sospirai "Cerchiamo di andarcene il più presto possibile. A quanto pare non c'è davvero nulla che possiamo fare per Lothering" conclusi.

Lothering era persa e tutto il mondo lo sarebbe stato se non ci fossimo sbrigati.

Questo realizzai nel varcare la soglia dell'affollatissima locanda con l'insegna che dettava "Il rifugio di Dane".


 

Mamma mia xD Scusate tantissimo per il ritardo ma tra impegni vari e malattie, davvero non sono mai riuscita a trovare un po' di tempo per proseguire questa fan fiction :) Che dire, penso sia difficile dimenticare quel bambino che a Lothering si avvicina al nostro pg mostrandoci il lato più terribile della guerra: la morte. 
Inoltre, come la mia protagonista, anche lui ha perso la propria famiglia ecco perchè, nel presentare Lothering, mi sono voluta concentrare soprattutto sul suo dialogo con brida. 
Ovviamente all'interno della locanda, la nostra protagonista incontrerà Leliana, ma ho preferito tralasciare quella parte :) 

Grazie a tutti coloro che leggono o soltanto danno un'occhiata alla mia fan fiction :) 

ps: scusate se il capitolo è particolarmente breve

Ciaooo

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Capitolo 34
*** Nuove notizie ***


"Finisce così?" domandai io sorpresa.

Lui si limitò ad annuire.

Erano trascorse quasi due settimane e, finalmente, avevamo ricevuto notizie da Petrice.

Pet aveva parlato del viaggio, del fatto che fra non molto sarebbe arrivata a Kirkwall e di come la zia le stesse vicino in un momento comunque non facile, eppure, in mezzo a tutte queste normali informazioni, c'era qualcosa di strano, qualcosa non da lei.

Nessuna emozione, sensazione, paura, odio, spavento, tristezza, nulla.

Parlava del Creatore e di come forse quella fosse davvero la sua strada. Ma non pareva nemmeno un minimo convincente. E nonostante in quelle due settimane avessi cercato di dare la colpa ad un destino crudele, nell'ascoltare le parole di Jack, che aveva deciso di aprire la lettera solo insieme a me, mi sentii di nuovo responsabile di quel tono gelido da parte di sua sorella.

"Forse ha solo bisogno di tempo" disse lui cercando di trovare una spiegazione, io abbassai lo sguardo un po' dispiaciuta.

Fino a qualche tempo prima temevo che avrei letto di quanto lei mi detestasse, ma ora come ora mi accorsi che forse avrei preferito quello piuttosto che un vuoto completo. Non faceva nemmeno parola di me, come se non fossi mai esistita. E forse era proprio quello che lei stava cercando di fare: dimenticarmi.

Le dita ruvide di Jack percorsero il mio volto dolcemente, in una lieve carezza.

Poi sollevò appena il mio viso per farsì che io lo guardassi negli occhi.

"Vedrai che la prossima lettera sarà diversa" cercò di rassicurarmi.

Io feci un sorriso poco convinto che infine si concluse in un dolce bacio tra me e lui.

Quelle due settimane erano state magiche, innaturali.

Avevamo trascorso insieme ogni sera, io e lui, dietro l'imponente Chiesa, felici soltanto di vedere l'uno il viso dell'altra.

E gli avevo parlato di me, della mia vita, di chi davvero fossi. Spesso avevamo riso delle mie bugie e di come fossi stata stupida ad affermare palesi falsità.

Poi c'erano state le volte in cui lui mi aveva raccontato cose di Pet che non conoscevo, cose sue, perdendosi nel ripensare al passato, quando erano stati ancora una famiglia.

Era stato difficile, ma qualche volta ricordare era necessario e lo sapevo bene.

Io intanto avevo rinnegato il mio nome da spettacolo, Shayna, avevo bruciato i due vestiti, il mio e quello di Pet, secondo il volere di Jack che, pur mancandogli la sorella terribilmente, non voleva ricordare quanto le fosse accaduto e desiderava cancellare completamente quei momenti passati insieme, noi tre, all'interno de "L'orso sbronzo", preludio e causa di tutto quello che era avvenuto poi.

Ecco perchè non parlavamo mai di quel prima, fingevamo che non fosse esistito, e speravamo che l'adesso, l'ora non avrebbe mai avuto fine.

Perchè dopotutto eravamo felici.

Suo padre e gli altri amici del posto mi odiavano, incolpavano me per aver fatto guadagnare successo alla locanda cosìcché quei mercenari ne fossero stati attirati.

E Jack spesso aveva anche dovuto litigare con suo padre il quale tentava inutilmente di convincerlo che io nascondessi qualcosa e che fossi solo una fonte di guai.

E anche se lui, Jack, tentava di non parlarne, lo capivo sempre quando aveva dovuto affrontare suo padre, prima di uscire, in quanto era nervoso più che mai. Mi dispiaceva per lui, per suo padre, per tutto, ma sapevo che Jack non era tipo da fughe, sapevo che se era pronto a mettersi contro la sua famiglia e gli amici, significava che allora io, noi, valevamo davvero qualcosa.

E avrei fatto di tutto per proteggere quanto avessimo creato.

Jack chiuse la lettera e la mise via.

"Sono preoccupato" disse poi rivolgendosi a me.

"Per te" aggiunse guardandomi.

"Sono con te" dissi io perdendomi nel suo sguardo. "Non posso temere nulla" continuai.

Lui scosse la testa "Sai bene che quegli uomini sono ancora in giro" affermò alludendo ai mercenari che avevano fatto del male a Pet.

"Sai bene che adesso le guardie sono allarmate e non c'è motivo per avere paura. Mio padre li troverà" cercai di convincerlo.

Ogni sera diceva così, diceva di essere preoccupato per me. Ma la verità era che Shayna era scomparsa, e con lei anche quegli uomini.

Che motivo potevano avere di tornare, col rischio di essere catturati?

Certo anch'io non riuscivo a capire come fosse possibile che le guardie di mio padre, di Ser Gilmore, non li avessero ancora trovati, ma non potevo nemmeno insistere troppo. Già avevo compiuto un grave errore quando mi ero lasciata scappare che crimini del genere dovevano richiedere una pena capitale, il che aveva creato abbastanza sorpresa in mio padre e in mio fratello. Ora non potevo proprio più compiere un altro passo falso.

D'altronde quando mai avevo mostrato interesse per i problemi del territorio del Teyrnir?

"E poi c'è Lucky" aggiunsi dando una carezza al mio Mabari.

"Al quale manca il cibo che tuo padre gli dava sempre quando si cacciava in cucina, ma che non esita mai ad accompagnarmi" aggiunsi per un attimo attraversata da un po' di malinconia.

"E ci sono io" disse Jack con voce profonda stringendomi da dietro.

"Sempre" aggiunse.

Mi girai trovando di nuovo le sue labbra attaccate alle mie.

Quella era davvero la felicità e accanto a lui, finalmente, l'avevo trovata.

E mai avrei permesso a qualcuno di portarmela via.


 

 

La mattina dopo, il sole splendeva come non mai. Mi ero svegliata di buon grado e mi sentivo bene in forze, tanto che avevo deciso di farmi una breve passeggiata per i giardini del mio palazzo.

Da sola.

Oramai era giorni e giorni che non parlavo con Tom.

Lui aveva tentato di avvicinarmi, ma io avevo sempre trovato qualche scusa per allontarmi da lui.

'Adesso no, ho da fare questo.' oppure' Scusa ma non mi sento tanto bene' e cose così.

Certo, avevo evitato di usare lo stesso tono maleducato con il quale mi ero rivolta a lui la sera della festa, ma ormai era palese quanto non desiderassi la sua compagnia.

Eppure non mi ero mai sentita sola.

Passavo le mattinate e i pomeriggi nei giardini, o per il castello canticchiando o ripetendo qualche sciocca filastrocca.

Spesso avevo pure aiutato Maestro Aldous nelle sue lezioni o avevo tenuto compagnia a Nan mentre preparava da mangiare, e questa mia sospensione gioiosa aveva lasciato interdette non poche persone.

"Sembrate più allegra voi della notizia della maternità di Oriana che lei stessa che avrà il bambino" aveva commentato acidamente Madre Mallol.

Difatti, per quanto io e Oriana non avevamo mai avuto un rapporto strettissimo, in quegli ultimi giorni avevamo passato parecchio tempo insieme.

D'altronde ora che non trascorrevo più quasi tutto il mio tempo a provare canzoni o a parlare con Tom era naturale che cominciassi ad aprirmi verso qualcun'altro.

E tutte queste cose sarebbero anche andate a genio ai miei genitori, se solo non mi fossi ostinata a ignorare deliberatamente Tom.

Ma d'altronde, riflettei, che probabilmente quello sarebbe stato l'unico comportamento con cui avrei potuto mettere fine a tutta la farsa che andava avanti ormai da più di un mese, di lui e suo padre che tentavano di combinare il nostro matrimonio.

Sospirai con questo pensiero nella mente, quando improvvisamente vidi un gran trambusto davanti alle porte del castello.

Cosa stava succedendo? Molte guardie si stavano muovendo velocemente, ma quando giunsi davanti all'entrata che dava sul cortile del mio palazzo, sembrava già essersi calmata ogni cosa.

Mi accorsi che proprio lì fuori, ad osservare quanto stesse avvenendo, c'era anche mio fratello insieme a Ser Gilmore che parevano avere un'aria leggermente impensierita.

"Che sta succedendo?" chiesi loro.

"Niente di troppo importante, sembra che abbiano arrestato gli uomini che sono dietro alla storia della locanda, hai presente sorellina? Quella in cui erano arrivati dei mercenari, qualche settimana fa, a creare disordine" mi informò mio fratello.

Io impallidii.

"Sì, ma c'è qualcosa che non mi convince in tutta questa faccenda" riflettè Ser Gilmore riprendendo un discorso che a quanto pare io avevo interrotto con la mia domanda.

"In che senso c'è qualcosa che non vi convince?" domandai al cavaliere.

Finalmente erano stati catturati, non potevo pensare che potesse esistere notizia più felice.

Eppure anch'io avevo un brutto presentimento.

"Lascialo perdere, Brida" chiuse il discorso Fergus "Piuttosto credo che dovremo rientrare per pranzare. Mi hanno detto che Nan quest'oggi si è messa d'impegno" cominciò mio fratello dirigendosi verso l'entrata dell'interno del castello.

Io lanciai un'occhiata preoccupata verso Ser Gilmore e poi seguii Fergus.

Un solo pensiero mi attraversò la mente: 'devo vederli con i miei occhi'.

 


 

Avevo già pensato a questo momento, a cosa sarebbe accaduto. Dovevo vederli, sputarci sopra ed esprimere loro tutto il mio odio. Cantare forse.

Cantare il male che provavo verso di loro.

Il loro canto di morte, perchè nient'altro avrebbero ottenuto se non di morire.

Ed era quello che meritavano, di questo fui convinta nel momento in cui, stretta nella mia cappa quella sera, invece di percorrere le strade coperte dai petali caduti dei primi fiori, avevo deciso di scendere le scale umide delle segrete del mio castello.

"Lady Brida" aveva detto una guardia stupita dalla mia presenza in un luogo così inusuale per una nobildonna.

A me era bastato allungargli qualche moneta d'oro sussurrandogli di non dire niente a nessuno, per farsì che ogni cosa avvenisse nella massima riservatezza.

Ed ora mancava così poco per soddisfare il mio desiderio macabro, malvagio, di vedere i loro visi e mostrar loro la mia rabbia.

Appoggiai il mio piede all'ultimo gradino.

Alcune torce illuminavano le pareti fuori dalle celle, ma queste parevano essere immerse nell'oscurità tanto che non riuscivo a scorgere gli uomini che vi si trovavano all'interno.

Tremai leggermente, per la prima volta esitando in quel mio progetto di odio e vendetta, ma poi ritrovai il coraggio e con voce chiara dissi "Mostratevi, uomini crudeli. Mostrate a me il vostro viso, voi che avete avuto con la forza un'innocente ragazza" dentro queste parole vi era tutto il disprezzo che potevo provare verso uomini che avevano osato togliermi la mia unica amica, la mia migliore amica.

"TU!" una voce esclamò sorpresa.

E poi il viso corrispondente apparve alla luce e con questo anche altri, così diversi da quelli che avrei creduto di trovare, così...

'No' fu il mio primo pensiero nel vedere i loro visi, di quelle uniche persone che mai avrei pensato di ritrovare laggiù.

"Lore, Flie, Steve... ma cosa fate voi, qui?" domandai rispondendo alla voce sorpresa del primo del mio elenco.

Non potevo credere che proprio loro fossero lì, imprigionati. Era impossibile che fossero i responsabili di quanto era accaduto a Petrice, logicamente impossibile.

"Prova ad indovinare. Siamo in prigione e con l'accusa di aver partecipato allo stupro di Petrice" mi spiegò Steve.

"Piuttosto tu cosa ci fai qui? Shayna? Nelle prigioni di Altura Perenne?" mi chiese Lore.

"Stai scappando? Sei stata presa prigioniera anche tu?" intervenne allora suo fratello.

I loro sguardi confusi si muovevano tutti verso di me.

"No, no. Non sto scappando. I-io in realtà" cominciai balbettando leggermente.

"Ecco... Questa è la mia casa, io abito qui. Non sto scappando da nessuno" terminai.

"Shayna abita in un castello?" si chiese incredulo Flie, non arrivando a capire chi dovessi essere per abitare in un castello, in quel castello.

"Forse perchè Shayna è solo un nomignolo" dall'ombra comparve un altro viso.

"Kai" dissi scorgendolo.

"Troppo strano come nome per essere vero. Dunque dicci chi sei. Ora che siamo qui in queste segrete ci devi almeno una spiegazione" pretese il ragazzo con un'aria seria che mai gli avevo letto sul viso.

"Sentite" cominciai io "So che può sembrare assurdo ma io non centro nulla con il vostro arresto, lo giuro. Riguardo al mio nome..." inspirai profondamente "Sono Brida, figlia di Eleanor e Bryce Cousland. Vi chiedo scusa per tutte le bugie che vi ho raccontato, ma non avevo scelta" terminai abbassando lo sguardo e aspettando una loro reazione.

"T-tu, voi... siete una Cousland?" domandò per primo stupito Steve.

Annuii "Non cambia nulla... cioè.. Potete comunque darmi del tu, sono sempre io" cercai di chiarire fin da subito.

"Sempre tu??" domandò infuriato Kai "Sai quanto mi importi di questo!! Io so solo che le guardie di tuo padre ci hanno arrestati e con l'accusa di essere i responsabili di quanto è successo a Petrice. E ovviamente tu non centri nulla. E allora perchè sei qui, che venivi a fare qua nei sotterranei?" mi investì sempre lui.

"Calmati Kai, ti prego" cercò di stemperare la sua rabbia Flie.

"No, non mi calmo! Non finchè non ci darà una risposta. Ce la deve, d'altronde" concluse facendo piombare il silenzio tra noi, mentre con i suoi occhi minacciosi mi scrutava.

"Volevo vederli" cominciai dopo molto tempo in maniera fredda e tagliente.

"Volevo vedere le loro facce e sputare sui loro visi. Perchè quello che quegli uomini hanno fatto non merita perdono" conclusi alzando lo sguardo su Kai che sembrava essersi lievemente calmato, dopo aver capito che le mie intenzioni erano più che comprensibili.

"Ma non avrei mai pensato di trovare voi. Non riesco a credere che vi abbiano arrestato. Ci saranno state un sacco di persone quel giorno, tutti avranno potuto vedere che non siete stati voi a toccarla!" esclamai incredula.

"Hanno detto che c'è una testimonianza" intervenne Lore "Hanno detto che qualcuno ha parlato. Ma non riesco a capire a chi si riferissero. E d'altronde come può la testimonianza di una persona valere tanto, da mettere in discussione quello che in cinquanta hanno visto con i loro occhi?" continuò a ragionare.

"Giuro che io non centro nulla, dovete credermi. Ma non resterò inerme a guardare" affermai con forza.

"Non sono in grado di farvi fuggire da queste prigioni senza essere visti ma prometto che in qualche altro modo vi libererò e cercherò di capirne di più di questa situazione" aggiunsi.

Kai si lasciò andare con le spalle contro il muro laterale "Robert aveva ragione" cominciò con aria rammaricata.

"Da quando sei arrivata tu sono cominciati solo guai. Prima Pet e ora noi" concluse facendo crollare addosso alla mia anima un violento macigno. Perchè aveva ragione e io lo sapevo bene.

"Piantala Kai. Ora, a quanto pare il nostro destino è nelle sue mani, dobbiamo fidarci" affermò Lore mentre gli altri apparivano più diffidenti.

Io, con gli occhi lucidi, dissi soltanto "Farò tutto quello che posso per tirarvi fuori di qui, ve lo prometto".

"A presto, allora" infine conclusi facendo qualche passo verso la scala che portava alla porta delle segrete.

"E se non ci riuscissi?" urlò Kai dopo che mi ero leggermente allontanata.

Mi girai per guardarlo negli occhi.

"Non ci lasceranno qua a marcire vero?" chiese preoccupato Flie.

"Non lo so" risposi scuotendo la testa, incapace di dargli sicurezze anche in un momento così difficile.

"I-io... non fallirò, lo giuro" di nuovo promisi.

"Siamo con te" mi disse Lore prima che cominciassi a risalire la scalinata di pietra.

Ancora incredula uscii dai sotteranei del castello e veloce mi mossi nei corridoi fastosamente decorati della mia casa.

Una domanda però mi martellava la mente senza sosta: com'era potuta accadere una cosa simile?





Salve :) Ecco che inizia una sorta di "nuovo capitolo" nell'avventura della nostra Brida sedicenne. Ebbene sì, i suoi amici della taverna de "L'orso sbronzo" sono stati catturati da suo padre e questa cosa le creerà un bel po' di porblemi, come potrete vedere nei prossimi aggiornamenti. 

Spero, intanto, abbiate apprezzato questo capitolo! 

Ciaoo e a presto!

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Capitolo 35
*** Momenti: incubi ***


Enorme e terribile, una sagoma oscura mi attraversò la mente, parlandomi in una lingua che non conoscevo.

Mi attirava e mi terrorizzava allo stesso tempo, questo drago alato che si muoveva nella mia testa, riempendola di fiamme e paura. Udivo urla, intorno a me, vedevo la Prole Oscura circondarmi e marciare in avanti, nelle viscere di una terra che mai avevo conosciuto.

E intanto, ancora, l'enorme creatura si stava rivolgendo a me.

Volevo scansarla, chiudere gli occhi e vederla scomparire, ma in verità avevo già gli occhi chiusi, questo compresi mentre lui si stava avvicinando sempre di più con aria minacciosa.

Il suo alito su di me, fatto di fuoco e sangue oscuro, fu abbastanza terribile da farmi cadere nel vuoto e farmi svegliare di soprassalto, mentre il focolare era ancora accesso. Era stato tutto solo un sogno.

"Incubi?" mi domandò Alistair.

Io mi passai una mano sulla fronte: era fradicia.

Annuii "Sembravano così reali" commentai.

Quasi simili a quelli che ebbi la prima notte come Custode Grigio, la più oscura.

"Dicono che durante un flagello siano ancora più terribili. Gli incubi. A tutti capitano, appena ci si è uniti all'Ordine. E' normale, vedrete che presto passeranno" mi spiegò il giovane Custode.

Sorrisi lanciandogli uno sguardo come di ringraziamento per la spiegazione che mi aveva dato.

Pareva già essere passato così tanto tempo da quando mi ero unita al sangue della prole oscura e invece era trascorsa solo poco più di una settimana.

Toccai leggermente il ciondolo che avevo al collo: conteneva il sangue che aveva causato la morte degli altri miei due compagni durante la celebrazione dell'Unione. Poi tornai a fissare il fuoco.

"C'era un enorme drago" ripresi dopo molti secondi, ancora un po' scossa.

"L'arcidemone. Non so se sia un drago o meno, ma è lui che causa un Flagello e che guida tutta la Prole Oscura verso la superficie. Quello che avete sentito è il suo richiamo" continuò poi.

Rabbrividii mentre Lucky si stringeva a me, avvertendo la mia paura "E' come se fossimo anche noi parte di loro" commentai dopo.

"Abbastanza ironica la cosa, no?" trovò lui, come al solito, il lato positivo della situazione.

Io mi limitai ad un mezzo sorriso, lanciando poi un'occhiata al resto dell'accampamento.

'Come ho fatto a riunire un gruppo tale di sgangherati?' mi chiesi, notando ad una ad una le diverse figure sparse vicino al fuoco.

In particolare fissai attentamente i due nuovi arrivati: Leliana e Sten.

La prima aveva un aspetto fragile e delicato. Tuttavia era chiaro che nascondesse un passato sicuramente molto diverso da quello che le sue vesti da Sorella della Chiesa lasciavano intendere, e questo lo testimoniava la sua grande abilità con le lame e con l'arco.

L'altro invece, un Qunari imprigionato per aver ucciso una famiglia di contadini, al contrario, pareva un vero bruto, anche se nei suoi modi di fare si poteva scorgere una certa attenzione ai dettagli che lo rendeva più intelligente di quanto a prima vista si potesse credere. E le brevi risposte alle poche domande che gli si faceva, argute e mai scontate, erano un altro riscontro alla mia teoria che dietro quegli atteggiamenti scostanti e burberi si nascondesse un animo profondo.

Entrambi di certo erano i compagni più assurdi che avessi mai potuto scegliermi, e sommati all'ex-templare con la strega delle selve, di certo non si poteva dire che il nostro gruppo potesse passare inosservato.

"Ok, forse la rossa, anche se sembra un po' fuori di testa potrà esserci utile. Ma insomma, cosa ce ne facciamo di un Qunari alto e grosso? Beh, detta così non suona poi tanto male" aveva commentato Alistair la prima volta che il nostro gruppo si era fermato all'accampamento.

Morrigan aveva protestato solo un poco, nei confronti di Leliana, ma poi aveva accettato la mia decisione senza problemi.

Non sapevo esattamente perchè avessi permesso ad un'Asserente (così si definiva Leliana) della Chiesa e ad un Qunari (per di più omicida) di seguirmi, non erano state le loro parole a convincermi. Non erano state le visioni che la prima aveva fatto riguardo al Flagello e nemmeno i pochi gesti con cui Sten mi aveva fatto comprendere che se lo avessi abbandonato in quella gabbia a Lothering, per lui sarebbe stata come una condanna a morte. Nulla di tutto ciò aveva rappresentato la vera ragione per cui io li avessi accettati nella compagnia.

Erano state delle parole le lontane, di molto tempo fa, pronunciate dal mio, ormai defunto, Maestro Aldous. "Elfi, umani, nani, uomini o donne, chiunque può unirsi alla schiera dei Custodi Grigi, fintanto che dimostri valore e coraggio con la spada" aveva detto quando ero stata solo una bambina.

Forse loro non sarebbero divenuti dei Custodi Grigi, questo era davvero difficile a dirsi, ma per lo meno avrebbero potuto aiutare nella causa dell'Ordine di cui ora facevo parte.

Come potevo credere di convincere altri popoli a sostenere la mia battaglia se mi mostravo già riluttante ad accettare l'aiuto di chi me lo offriva spontaneamente?

"Ad ogni modo, dato che siete già sveglia potremmo continuare verso Redcliffe" interruppe il vortice libero dei miei pensieri, Alistair.

Io gli lanciai un semplice sguardo mentre lui stava riordinando le sue cose.

"Mi dispiace" gli dissi poi, due semplici parole che forse avrebbero dovute essere state pronunciate molto tempo prima.

Lui comprese al volo "Voi... Grazie. Lui rappresentava davvero molto per me, era come un padre" mi confessò, abbassando il volto.

A differenza di Morrigan, che era sempre rimasta più schiva, con lui avevo potuto parlare di più negli ultimi tempi ed era stato facile capire come il suo dolore non fosse poi molto diverso dal mio.

Quando parlava di Loghain e di come, oltre ad aver causato la morte del re con la sua ritirata inspiegabile, avesse anche accusato i Custodi Grigi di esserne loro invece i veri responsabili, dalla sua voce traspariva un senso di odio e di impotenza che anch'io comprendevo di provare verso L'Arle Howe, che seppur meritasse la mia vendetta, ora era troppo lontano e troppo ben protetto perché io lo potessi colpire.

Inoltre, avevo un altro compito, forse più importante per il mondo, quello di sconfiggere la Prole Oscura e determinare la fine del Flagello, ma non era facile mettere sempre in ordine le varie precedenze nella mia mente.

E probabilmente lo stesso doveva valere per l'ex-templare.

"Forse, quando tutto sarà finito potremmo seporlo e recitare qualche parola per lui" cercai di consolare il mio compagno.

Non provavo le sue stesse emozioni nei confronti di Duncan, con il quale, apparte un silenzioso viaggio, avevo avuto poco a che fare.

Certo nella mia mente rimaneva ben impressa l'immagine di lui che uccideva a sangue freddo Ser Jory: era stato davvero così necessario?

Avevo avuto poco tempo per rifletterci, ma, inevitabilmente, ogni volta che mi veniva in mente il defunto comandante dell'ordine era difficile non considerare questo suo strano comportamento. I Cuostodi Grigi erano davvero così eroici come le leggende li descrivevano?
Forse avrei dovuto scoprirlo proprio sulla mia stessa pelle.

"Lui, se non sbaglio, era nato ad Altura Perenne, come voi. Forse quando tutto sarà finito potremmo tornare lì" gli sorrisi. Mi conosceva non da molto, ma mi aveva sempre mostrato il suo appoggio nei confronti della questione Howe, seppur sottolineando che avrei dovuto rinviarla a momenti migliori. "Quando davvero ogni cosa sarà terminata, daremo una giusta sepoltura a Duncan, ve lo prometto" infine conclusi.

"Grazie" mi rispose semplicemente, con un sorriso.

"Signora, stiamo per partire, vero?" interruppe il mio dialogo con Alistair, Bodhan, il mercante nano che avevo salvato dalla Prole Oscura, non molto tempo prima, poco lontano dal villaggio di Lothering.

Io annuii "Fra non molto, penso, saremo arrivati a Redcliffe, giusto Alistair?" chiesi conferma al giovane, che mi rispose con un cenno del capo.

"L'Arle Eamon potrà rivelarsi un'importante risorsa, non dobbiamo buttare via quest'occasione" con voce sottile Leliana espresse il suo pensiero.

"Se davvero è amico di Alistair, difficilmente potrà rivelarsi utile" fece del sarcasmo la pungente strega delle selve.

"Vale la pena fare un tentativo" feci l'occhiolino ai miei compagni, con un mezzo sorriso.

"Incantamento?" mi salutò lo strano figlio di Bodhan, Sandal, quando ricominciò il nostro viaggio verso la cittadina.

"Magari un'altra volta" gli risposi semplicemente io, mentre Lucky si buttava di corsa verso le mura di Redcliffe che all'orizzonte cominciavano ad apparire.

'Ci siamo' pensai tra me e me.

Fra non molto sarei giunta nel castello dell'Arle Eamon.




:) Ecco un altro flashforward, che ci mostra la nostra Brida e i suoi incubi notturni. Anche in questo caso ho preso come punto di riferimento il discorso con Alistair, ma ho spaziato un po' inserendo elementi che facevano parte di altri momenti del gioco e di altri dialoghi, utilizzando altre parole :) 

Mi scuso se di nuovo ne è uscito un capitolo abbastanza corto, ma probabilmente coi flash preferisco concentrarmi su pochi momenti senza dilungarmi troppo :) 

Ciaoo e a presto!

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Capitolo 36
*** Utili abilità ***


"Ti prego smettila di fare così, sistemerò ogni cosa" cercai con voce supplichevole di convincerlo a fermare quel suo camminare avanti e indietro in maniera furente.

Non mi aveva degnato quasi di uno sguardo.

Appena ero giunta dietro al grande muro bianco della Chiesa aveva cominciato a gesticolare e a lamentarsi incredulo con me di quanto fosse accaduto, nient'altro che questo.

"Jack, così non serve a niente. Siediti qui, ti prego" continuai.

"Fermarmi?? E perchè mai?? Ma non capisci? Sono stati presi dalle loro case, arrestati davanti a tutti! Loro che hanno cercato in ogni modo di difendere mia sorella!" urlò pieno di rabbia.

"Sarà stato un errore. Ne sono certa. Lo stesso Ser Gilmore ha dimostrato dell'incredulità di fronte al fatto. Vedrai che presto verranno liberati" cercai di farlo ragionare.

"Ser Gilmore? E chi sarebbe questo?" disse con una punta di gelosia.

"Il capitano delle guardie" risposi cercando di ignorare il suo tono. "Basterà che io gli parli e tutto si metterà a posto" continuai.

Ci avevo pensato a lungo e, anche se io stessa, inizialmente, ero rimasta spaventata da tutta quella situazione, non poteva essere nient'altro che un enorme sbaglio.

Sarebbe bastato parlarne con Ser Gilmore o con mio padre.

In qualche modo ce l'avrei fatta a risolvere ogni cosa, ne ero certa o almeno tentavo di esserlo.

"E non pensi che si insospettirano della tua curiosità a riguardo?" mi domandò non accennando a calmarsi.

Accarezzai sulla schiena il mio Mabari, che guardava confuso il ragazzo.

"Penso di aver acquisito qualche esperienza in materia di bugie. Jack, me la caverò" tentai nuovamente di rassicurarlo.

Lui si lasciò andare a terra, sedendosi sul terriccio umido, la testa appoggiata al muro della Chiesa coperto dall'edera.

"Se qualcosa dovesse andare storto, noi non potremo più vederci." realizzò in quel momento, mentre io seduta sul muretto poco distante lo guardavo.

Deglutii un po' spaventata dalle sue parole e per un attimo il silenzio si impose tra noi.

Poi mi alzai e andai a sedermi al suo fianco, con la testa che si andava a posare sulla sua spalla.

"Io non permetterò a nessuno di dividerci" dissi con aria sicura, riferendomi all'Arle Howe, ai miei genitori, a Madre Mallol e allo stesso Thomas... Coloro che avrebbero fatto di tutto per separarmi da Jack, se solo fossero venuti a sapere delle mie fughe notturne.

"Questa cosa è più grande di noi però" rifletté lui con aria sconfitta.

Io sollevai il volto per guardare all'interno delle sue iridi scure.

"La gente parla, mormora. Ha paura e allo stesso tempo è incredula di fronte a quanto è accaduto. Tuo padre è sempre stato un signore buono e giusto, ma gli abitanti di Altura Perenne non riescono ad accettare l'arresto di innocenti, quali Lore, Flie, Steve e Kai" mi spiegò in tono serio, quasi solenne.

"Che cosa intendi dire?" gli chiesi colpita dalle sue parole.

"Devi risolvere la cosa il prima possibile, Brida" cominciò utilizzando un nome che raramente egli pronunciava, il mio vero nome.

"O qualcosa di grande si scatenerà e io non potrò fare nulla per fermarlo" concluse Jack.

Io mi strinsi a lui, comprendendo che quella sarebbe stata una grande prova per il nostro amore e che non sarebbe stato facile superarla incolumi.

Ma dovevo farcela, dovevo liberare i miei amici. Dovevo farlo senza rivelare le mie fughe ai miei genitori e dovevo farlo in fretta.

Letale e silenziosa come un serpente che striscia sinuoso nell'erba mentre caccia la sua preda.

Quasi senza accorgermi queste parole mi tornarono alla mente ed erano le stesse che Maestro Bryce mi aveva insegnato, le stesse che da piccola mi ripetevo sempre prima di una difficile prova a cui lui mi sottoponeva.

Ma questa volta sarebbe stato diverso, questa volta non erano le mie abilità che dovevano essere misurate, non dovevo essere letale, non dovevo cacciare nessuna preda.

Dovevo soltanto riuscire a salvare la piccola doppia vita che mi ero ritagliata in quelle due settimane.

Dovevo farlo a qualsiasi costo.

 


 

E non dovevo essere nemmeno silenziosa.

Furba, quello sì, abile nel non farmi scoprire ma non silenziosa.

Di questo fui certa mentre, il pomeriggio successivo, mi avvicinavo verso lo studio dove mio padre solitamente discuteva con le personalità più note, riguardo ad affari di natura economica o politica, o dove si ritrovava con Ser Gilmore per fare un resoconto della situazione nel territorio sotto la sua giurisdizione.

La stessa stanza nella quale anni prima ero entrata furiosa, cercando spiegazioni per l'assenza del mio Maestro.

Nel toccare la porta per bussare, sentii un brivido sulla schiena, lo stesso che avevo provato quando avevo realizzato che davvero Maestro Bryce era scomparso dalla mia vita.

"Avanti" disse la voce di mio padre.

Aprii leggermente la porta "Padre" lo chiamai entrando nella stanza.

Non era solo, notai lanciando un'occhiata all'Arle Howe che, in piedi di fianco a lui, pareva abbastanza infastidito dal fatto che avessi interrotto la conversazione che stava tenendo con mio padre.

Quest'ultimo seduto dietro alla sua grande scrivania, sembrava avere un'aria abbastanza accigliata e preoccupata.

"Posso parlarvi un attimo? In privato" gli chiesi, specificando che volevo rimanere sola con lui.

"Beh, noi potremo continuare più tardi" si congedò Rendon Howe, accennando uno dei suoi più falsi sorrisi.

Ne lanciò uno ancora più marcato verso di me, prima di uscire dalla stanza, lasciandomi sola con mio padre.

"Siediti" mi disse con aria gentile indicandomi una sedia di fronte alla sua scrivania.

"Che succede?" mi chiese con aria confidenziale, anche se raramente tra di noi si instaurava un rapporto del genere.

Prima di cominciare a parlare guardai nei suoi occhi azzuro-grigiastri, per comprendere quali emozioni albergassero nel suo animo.

Non era questa uno degli insegnamenti fondamentali che mi aveva trasmesso Maestro Bryce?

Capire sempre le passioni racchiuse nell'animo dell' interlocutore, prima di cominciare a parlare.

Poi spostai lo sguardo al resto del suo volto.

Non ero più venuta lì da quando era successo il fatto di Maestro Bryce. Erano passati tre anni da allora, lui era invecchiato, io ero cresciuta, ma la sua aria autoritaria non era andata scomparendo.

Come anche la mia indole ribelle.

"E' vero che ci sono degli uomini chiusi nelle segrete?" domandai semplicemente.

"Sì, è così" rispose.

"Sono il Teyrn di queste terre, è naturale che io mi debba occupare della sicurezza del territorio su cui governo" disse con aria solenne.

"E di che cosa sono accusati?" continuai a chiedere.

Lui sembrò rabbuiarsi un secondo, sorpreso dalla mia domanda.

"Come mai così tanta curiosità? Non avrai pensato di andare a vederli nei sotterranei, vero?" mi domandò lui con aria di rimprovero.

"Ho saputo della ragazza violentata" dissi provando una leggera fitta di dolore nell'utilizzare quella parola, riferita a Pet, anche se sapevo che era la verità "E di quella scomparsa. Ser Gilmore ha detto di aver catturato i responsabili di un tale gesto e io volevo vederli in faccia" rivelai la verità.

"Brida, come mai tutto questo interesse riguardo a quei prigionieri e alla facenda della ragazza? Avevi detto pure di volerli morti. C'è qualcosa che mi nascondi per caso?".

Impallidii alla domanda così diretta di mio padre.

"Forse voi mi vorrete chiusa in questa ovatta argentata, prigioniera di questo castello ma non potete impedirmi di venire a conoscenza di quello che succede in città. Servi, guardie, domestici. Loro mi hanno raccontato della scomparsa di Shayna e della violenza commessa sull'altra. Loro mi hanno resa così curiosa a riguardo" dissi non riuscendo a trattenere una sorta di rancore che provavo verso di lui da quando ero stata costretta a vivere nascosta in quelle quattro, o meglio quarantadue, mure.

Ed era iniziato tutto proprio a partire da quel giorno lontano, quando Maestro Bryce se ne era andato.

"Brida, non devi permetterti di parlarmi in questo modo" mi rispose con aria severa "E' vero ammetto che si tratti di un caso molto particolare e anche alquanto delicato. Ma non per questo devi per forza..." continuò fermandosi un secondo.

"Ficcare il naso dappertutto?" lo interruppe mio fratello che silenziosamente era penetrato nella stanza.

Lo fulminai con lo sguardo mentre mio padre si rivolgeva a lui "Già è strano vedere uno di voi nel mio studio, ma due è forse davvero esagerato" disse ironizzando sull'indifferenza che spesso io e mio fratello avevamo mostrato verso le questioni politiche del Teyrnir.

"Cosa ti manda qui Fergus?" chiese poi.

"Volevo solo avvertirvi che Ser Gilmore e io abbiamo portato i prigionieri dove richiesto. Vi aspettiamo lì" spiegò Fergus a mio padre.

"Dove? Dove li avete portati? Che cosa sta per succedere?" chiesi spaventata, mentre sia mio fratello che mio padre mi guardavano con aria confusa.

"Brida, tuo fratello ha usato un termine davvero appropriato, per quanto non propriamente nobile. Rispettalo e seguilo alla lettera, sul serio" concluse riferendosi al verbo ficcanasare utilizzato da Fergus.

"Non esagerate con lei, padre. In fin dei conti si tratta di un caso abbastanza semplice." cercò di sdrammatizzare quest'ultimo.

"Ser Gilmore non sembra essere dello stesso parere" risposi io in fretta.

E lì mi venne un'idea. "E io potrei aiutarvi a fare luce sulla verità. Sono una donna, e in questa storia ne sono implicate ben due. Sono una Cousland, sono capace di utilizzare delle lame e sono stata educata a comprendere i segnali del corpo e i segreti che nascondono le parole, fin da bambina" spiegai alludendo a quanto Maestro Bryce mi avesse insegnato. "Imparerai a parlare con qualsiasi persona e a capire chi sia davvero" quello era stato uno dei suoi più importanti insegnamenti.

"Non temo quei prigionieri, voglio solo aiutarvi a scoprire la verità. E se condividerete con me qualche informazione potrò davvero fare la mia parte. Dunque... Di cosa sono accusati quegli uomini esattamente?" chiesi infine, dopo aver fatto un lungo respiro.

Mio padre e mio fratello si scambiarono un lungo sguardo.

E solo dopo, rivolgendo i loro occhi su di me, mi fecero partecipe della loro decisione.

 


 

"Lady Brida?" chiese stupito Ser Gilmore vedendomi giungere insieme a mio padre e a mio fratello nella caserma.

Naturale, era lì che avremmo dovuto parlare con ognuno dei prigionieri, per arrivare a scoprire la verità in maniera sistematica.

Era così che mio padre agiva ed era mio scopo cercare di fargli comprendere come potesse essere impossibile che loro fossero implicati in quella faccenda.

Feci un leggero sorriso a Ser Gilmore "Quando mia sorella si impunta su qualcosa, è difficile farle cambiare idea" affermò Fergus, mentre io gli rivolgevo un'occhiataccia.

"A mia figlia sono stati insegnati molti principi sbagliati, ma ammetto che alcune tra le conoscenze che le sono state date durante l'infanzia potranno esserci utili" disse mio padre, stupendomi del fatto che, nonostante tutto, anche lui stesso era capace di riconoscere un certo merito alle abilità che avevo imparato grazie a Maestro Bryce, abilità di cui mi ero servita raramente.

"Sapete già ogni cosa?" chiese il giovane cavaliere guardando me e poi mio padre.

Io scossi il volto, mentre mio padre con un cenno diede a Ser Gilmore il permesso di cominciare a raccontarmi la natura dei fatti. "Forse è meglio spostarci prima nel mio ufficio" disse lui prima di iniziare a parlare.

Entrammo prima, dunque, nell'ufficio bianco, coperto di spade e scudi che il giovane aveva vinto in numerosi tornei, per sentire la spiegazione dei fatti.

I quali non mi apparirono incredibili, ma anche peggio.

"Come sapete Lady Brida siamo alla ricerca da un po' di tempo di coloro che sono stati i responsabili della..." cominciò esitando un attimo a quella parola che sembrava troppo forte per essere pronunciata davanti ad una Lady, per di più giovane qual'ero "violenza sulla ragazza in città, oltre che dalla scomparsa di quell'altra. Della quale, tuttavia, abbiamo pochissime notizie. Nessuna denuncia, nessuna casa in cui guardare, nessuno che sapesse da dove venisse"

'Solo Jack' pensai, sapendo però che non mi avrebbe mai fatta scoprire.

"Qualche giorno fa però è venuta da noi una donna, una delle ballerine di Antiva, e ci ha confessato di aver visto alcuni uomini, la stessa sera in cui accadde il terribile fatto, intenti a parlare con dei mercenari, proprio vicino alla locanda in cui avvenne il tutto. Ha detto di aver visto uno scambio di soldi e di averli sentiti parlare di vendetta e simili, mentre si stava dirigendo nel luogo in cui alloggia" continuò Ser Gilmore.

"Vendetta?" domandai io, non riuscendo a comprendere di cosa Flie, Lore, Kai e Steve volessero mai vendicarsi.

"Gelosia forse sarebbe meglio dire, o incapacità di accettare un rifiuto. Sembra che uno degli uomini là dentro abbia mostrato parecchio interesse verso numerose donne, tra cui la ragazza violentata e quella scomparsa e che abbia architettato tutto questo solamente per vederle soffrire e ottenere così della soddisfazione nel loro dolore e in quello dei loro cari" continuò mio padre.

Io li guardavo con aria sconvolta, non riuscivo a credere a quanto stessero dicendo.

"Lui avrebbe pagato quei mercenari per...?" cominciai incredula incapace di terminare quella frase.

"Alcune volte l'odio umano è davvero senza limiti" disse serio Ser Gilmore.

Loro credevano che Kai, Steve, Lore e Flie avessero pagato degli uomini per... per prendere a forza me e Pet.

Trattenni a fatica la rabbia e il desiderio di urlar loro quanto fossero in errore: non potevano davvero credere ad una cosa simile!

"E voi credete alle sue parole?" mi lasciai però scappare "Imprigionate degli uomini solo in base a una testimonianza?!" esclamai poi.

"Stamattina ci siamo preoccupati di passare per la città e di vedere quale fosse la situazione. Abbiamo fatto delle domande, riguardo agli uomini in questione, e non in pochi hanno ammesso che, in effetti, Kai Hayme, l'uomo che sembra essersi accordato con i mercenari, aveva mostrato molte e troppe volte un certo interesse verso le due ragazze e non solo loro. Non passava quasi mai tempo a casa, stava sempre alla locanda, quasi tutto il giorno, insieme a quegli altri uomini che a quanto pare devono averlo aiutato. Un uomo senza lavoro difficilmente avrebbe potuto avere tra le mani la somma necessaria per tutto questo. Penso che anche dei banditi che rispondono solo al denaro, per compiere una cosa del genere, debbano essere prima ben riempiti di monete" mi spiegò con aria seria mio fratello.

Per lui tutta quella questione sembrava ormai messa in chiaro e chiusa.

"Erano ubriachi, io ho sentito questo... dai servi. Hanno compiuto un gesto del genere a causa del vino, non è una spiegazione più probabile?" cercai di far luce nelle loro menti.

"Anch'io ho qualche dubbio a riguardo, se devo essere sincero. Non mi sembra possibile un uso di simili stratagemmi per arrivare ad una cosa... così ignobile. Da parte di gente sicuramente non abituata a complotti e astuzie del genere. Stiamo parlando di quattro ubriaconi, non di quattro lord Orlesiani " mi appoggiò Ser Gilmore.

"Ma perchè se dubitate della loro colpevolezza, allora li avete arrestati?" chiesi io.

"Per sentire quello che hanno da dire" mi interruppe mio padre "Ho bisogno di ascoltarli uno ad uno e di sentire la loro versione dei fatti, se voglio davvero arrivare alla verità" concluse lui.

La verità, era quello che mio padre cercava. Ma perchè in maniera così impulsiva? Perchè aveva arrestato degli uomini con in mano una misera prova, se non la testimonianza di una donna che poteva benissimo essersi inventata tutto?
"E tu figlia mia dovresti avere una certa abilità nel distinguere delle bugie" continuò sempre Bryce Cousland, mio padre, facendomi impallidire al pensiero che si stesse riferendo alle mie di bugie.

Alzai lo sguardo ancora piena di dubbi, ma mio padre non li scorse e io mi lasciai andare solo in un'ultima domanda "Ma la donna che li ha accusati perchè ha aspettato così tanto tempo?" più di due settimane erano trascorse da quella sera lontana, eppure così vicina.

"Perchè dice di essere stata minacciata, da quello stesso Hayme il quale si era avvicinato anche a lei. Afferma che lui le abbia promesso che le avrebbe fatto del male se lei avesse rivelato tutto quello che sapeva a noi, o a dei parenti delle ragazze in questione. La donna ha detto di aver temuto per la sua vita, soprattutto per paura di non essere creduta e di essere lasciata sola ad affrontare quell'uomo" mi spiegò Fergus.

Pareva tutto logico e completamente razionale, ma era impossibile e io lo sapevo.

"Uno alla volta i prigionieri entreranno qua dentro e noi" iniziò mio padre guardando gli altri due uomini della stanza "Noi faremo le domande. Tu siediti qua, Brida e rimani ad ascoltare" mi indicò una sedia mio padre.

Pensai alla reazione che avrebbero avuto Lore, Flie, Kai e Steve nel vedermi lì, silenziosa, seduta a fianco di coloro che li stavano interrogando, a coloro che li avevano costretti in quei giorni al buio e all'oscurità. Avrebbero potuto parlare, scoprire tutti i miei segreti e tutte le mie bugie.

Ma nonostante questo mi sedetti, consapevole che non potevo lasciarli soli, che dovevo rimanere al loro fianco anche se i rischi sarebbero stati grandi.

Perchè io non avevo paura.




Mamma mia è davvero passato un secolo! E provate ad indovinare la colpa di chi è? Ma della Bioware ovviamente xD Mass Effect 3 mi ha completamente assorbita impedendomi di andare avanti a scrivere e anche a leggere le bellissime storie che stavo seguendo in questo periodo. Ovviamente gioco da 10 e lode (finale compreso IMHO) che conclude in maniera perfetta una saga fantastica :) Ma questo ovviamente non centra nulla né con questa storia né con altro :) Da adesso in poi, spero, di riuscire ad essere più costante, dato che non ci dovrebbero essere altre "distrazioni". 

Parlando di questo capitolo. Ovviamente sta accadendo qualcosa che scombussolerà la vita della nostra protagonista e piano piano entreremo sempre più in merito di questa misteriosa questione. Abbiamo in gioco tutto: la doppia vita di Brida, i suoi compagni di bevute xD, il rapporto con la famiglia, quello con Jack. Insomma, un vero casotto :) Perchè? Com'è possibile? Chi è davvero questa donna che ha testimoniato contro i nostri poveri Flie, Lore, Steve e Kai? 

Beh lo saprete solo andando avanti a leggere, ehehehe :P 

Un saluto a tutti e.... BUONA PASQUA :D 

Ciaoo!

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Capitolo 37
*** Momenti: legami e identità ***


Non riuscivo a credere alle mie orecchie.

"Voi parlate sul serio?" chiesi al giovane di fronte a me, mentre imbarazzato teneva gli occhi bassi.

"Lo so, può sembrare assurdo. Ma è così, è la verità" continuò senza riuscire a tenere per un secondo i suoi occhi nocciola fissi su un solo punto.

Spostai anch'io la mia vista lontano dal suo volto, sugli altri compagni che poco più avanti stavano osservando dall'alto il villaggio di Redcliffe, che si dipanava di fronte al castello di roccia, che dominava su tutto il panorama. Ignari di ogni cosa parevano parlottare tra loro.

Mi persi per qualche secondo nelle mie fantasie: come avrebbero reagito se al mio posto ci fosse stato uno di loro, ad ascoltare la sorprendente rivelazione di Alistair?
Leliana avrebbe sottolineato ottimisticamente l'opportunità politica che ci veniva data dall'avere un alleato di sangue reale, Morrigan avrebbe riso di gusto trovando qualche battuta sarcastica con cui mettere ancora di più a disagio il giovane e Sten, probabilmente, si sarebbe limitato ad un'alzata di spalle. Le regole del nostro mondo di uomini e regni a lui non parevano interessare più di tanto.

"Perchè non me l'avete detto subito?" d'altronde io non gli avevo nascosto la mia origine nobiliare.

Lui arrossì "Perchè odio essere trattato diversamente e so che sarebbe successo se vi avessi fatta partecipe fin da subito di questo mio piccolo segreto. In fin dei conti, da Custode Grigio, poco importava chi fosse la mia famiglia o le mie origini" cercò di spiegarmi.

"Sì, ma voi siete il principe erede del Ferelden! Non un uomo qualsiasi." tentai di fargli capire.

"Visto? Era proprio questo che volevo evitare" mi colse in fallo.

Io sospirai e spostai di nuovo i miei occhi verso di lui.

Poi dopo qualche secondo scoppiai a ridere "Ehi, e ora perchè ridete?" mi chiese arrossendo vistosamente un'altra volta.

"Oh no, Alistair. Non pensate male! Non sto ridendo di voi. O forse, solo un poco. E' che vi trovo così... buffo, nel vostro imbarazzo. Perdonatemi... sua maestà!" accennai ironicamente scoppiando di nuovo in una fragorosa risata, mentre lui pareva non gradire quanto me, la mia battuta.

"Per lo meno sono riuscito a farvi ridere" accennò lui cercando di cambiare discorso, piegando le sue labbra in un mezzo sorriso. In effetti forse era la prima volta che mostravo una tale felicità, da quando ci eravamo conosciuti.

"Non dovete preoccuparvi" dissi poi sorridendogli anch'io "So bene cosa provate" molte volte avevo sperimentato sulla mia stessa pelle cosa significasse cercare di non essere giudicata solo per il proprio nome e la propria famiglia.

"Quindi andiamo avanti e fingiamo di essere soltanto due Custodi Grigi che hanno avuto la 'fortuna' di dover salvare il mondo, che ne dite?" gli proposi.

"Mi sembra un'ottima cosa. Io... forse sono stato davvero fortunato" concluse allontanandosi.

Io aggrottai un attimo le sopracciglia, cercando di riflettere sulla sua ultima frase, ma prima che qualsiasi pensiero mi potesse attraversare la mente fu il mio Mabari a decidere che avremmo dovuto scendere verso le case di Redcliffe.

"Ehy Lucky! Aspetta!" gli urlai, seguita a ruota dai miei compagni.

E solo una volta arrivata giù mi accorsi che c'era qualcosa che non quadrava in quel villaggio.

 

 

"Non vorremo davvero aiutare questa gente?" domandò leggermente sadica Morrigan.

"Ma nemmeno andarcene facendo finta di niente. Hanno bisogno di noi" si rivolse verso di me Leliana, cercando un appoggio.

Bann Teagan, con il quale avevo parlato all'interno della Chiesa, pareva ormai essere allo stremo delle forze ed era chiaro che qualsiasi cosa stesse accadendo a Redcliffe, difficilmente sarebbe riuscito a risolverla da solo.

"Ogni notte, mostri sempre più spaventosi provenienti dalle porte del castello, invadono il villaggio e uccidono tutti coloro che incrociano la loro strada" mi aveva spiegato il nobile, con un tono grave, che a stento nascondeva una disperazione di fondo.

"Spero solo mio fratello stia bene" aveva poi aggiunto abbassando lo sguardo, ma nemmeno lui pareva crederci più di tanto.

Suo fratello era proprio l'Arle Eamon, l'uomo a cui avremmo dovuto chiedere appoggio e che invece pareva necessitasse lui il nostro aiuto, se davvero era riuscito a sopravvivere.

Tremai un attimo al pensiero di nuovi mostri.

Già affrontare la Prole Oscura era stata per me una grande prova. Me la cavavo abbastanza bene con le lame, ma una cosa era combattere contro degli uomini, un'altra invece era doversi difendere da delle spaventose creature.

Per lo meno nello spezzare le loro vite non avevo avvertito alcun senso di colpa: quelli erano esseri corrotti e dall'animo nero e non vi era ragione per cui dovessero essere lasciati in vita.

Ma quali tipo di creature avrei invece dovuto affrontare lì a Redcliffe?

Morrigan sbuffò annoiata di fronte ai tentativi di Leliana di fare leva sull'aspetto sentimentale della facenda, che pareva non interessasse in alcun modo alla strega.

Da una parte non riuscivo, tuttavia, a dare torto a Morrigan. Anch'io dentro di me sentivo che non vi era motivo per cui io dovessi rimanere lì a combattere una battaglia che non mi apparteneva.

Dovevo riunire un esercito abbastanza grande per sconfiggere la terribile Prole Oscura, dovevo cercare mio fratello e insieme a lui compiere la mia vendetta, riconquistare la mia terra.

Mille altri doveri venivano prima di quel misero villaggio che per me aveva poco valore.

Razionalmente non avrebbe avuto senso rimanere e anche lo sguardo freddo che mi rivolse Sten, nel momento in cui mi fu chiesto cosa avremmo dovuto fare, pareva riflettere la mia stessa conclusione.

Ma furono altri occhi a convincermi in un'altra direzione.

La notizia delle tragedie che stavano flagellando il luogo in cui lui aveva trascorso parte della sua infanzia, pareva averlo costretto ad un altro silenzio, come quello che aveva seguito la battaglia di Ostagar, fino al villaggio di Lothering.

Non sapevo quanto davvero l'Arle Eamon o Redcliffe potessero significare per Alistair ma potevo ben capire che ciò che avevamo appena udito nella Chiesa non lo avesse lasciato indifferente.

"L'Arle Eamon è lo zio del defunto re Cailan. Potrà esserci molto utile contro Loghain. Abbiamo bisogno di qualche protezione, sennò saremo presto carne da macello per il nuovo reggente" spiegai la mia posizione, senza riuscire a non notare come la mia decisione avesse prodotto un moto di speranza nello sguardo di Alistair.

"E poi Leliana ha ragione. E' vero che il nostro compito principale è combattere la Prole Oscura, ma in quanto Cousland e Custode Grigio non posso rifiutarmi di tendere una mano verso queste persone in difficoltà" aggiunsi, mentre la ragazza dalla chioma rossiccia mi sorrideva raggiante.

"Non sarà l'onore o la compassione a salvare il Ferelden dalla distruzione" mi fece però presente l'altra donna.

Sapevo non avesse tutti i torti, ecco perchè evitai di risponderle e avanzai verso quello che pareva essere il Sindaco di quel villaggio, trasformato in una sorta di capo delle milizie per l'occasione.

"Grazie" sentii da dietro una voce maschile dirmi in un sussurro.

Era quella di Alistair al quale sorrisi.

Non sapevo cosa davvero mi avesse convinta a pormi a difesa di Redcliffe, non di certo l'utilità pratica di un'alleanza con l'Arle Eamon, né tantomeno questioni d'onore o di pietà.

Mi accorsi però che in realtà non sarei riuscita a sopportare di voltare le spalle ad Alistair, non dopo che mi aveva resa partecipe del suo grande segreto.

E poi, dopo tutto, se c'era qualcuno nel gruppo verso cui cominciavo a provare un sentimento di amicizia forse era proprio lui, con il quale avevo dialogato più frequentemente, rispetto che con gli altri.

Sì, doveva essere proprio per questo motivo che mi ero decisa a favore della missione di soccorso della martoriata cittadina di Redcliffe

 


 

Mi buttai un sorso di vino in gola, mentre troppi pensieri si prendevano a pugni nella mia mente.

Avevo preparato ogni cosa per l'imminente battaglia, un'altra ancora, eppure non riuscivo a liberarmi da certe preoccupazioni.

'L'Arle Howe' mi ritrovai a pensare, posando un attimo la bottiglia al mio fianco.

L'elfo che avevo trovato nella taverna, mentre cercavo di sistemare una sorta di piccolo esercito con cui affrontare i mostri di Redcliffe, aveva parlato molto chiaro.

L'Arle Howe non solo aveva distrutto la mia casa e ucciso la mia famiglia, ora era divenuto anche il braccio destro di Loghain.

E forse non era un caso che si fosse costituita un'alleanza tra i due: Loghain voleva morti i Custodi Grigi e Howe voleva morta me.

Niente di più ovvio.

'Chissà se stava davvero osservando il castello come ha detto' ragionai riferendomi all'elfo 'o se invece era me che stava spiando'.

Non valeva la pena di ucciderlo, in fin dei conti già molti, troppi morti avrebbero presto arrossato i verdi prati di quel villaggio dimenticato dal Creatore.

Eppure i cavalieri di Redcliffe si erano affidati così facilmente ad una sciocca leggenda. Trovavo davvero difficile credere che fossero partiti all'inseguimento di una mera favoletta come lo era quella dell'Urna delle Sacre Ceneri di Andraste, eppure Ser Perth, loro comandante, aveva confermato che molti dei suoi uomini avevano già da tempo abbandonato il villaggio alla ricerca di questa mitica reliqua.

Nemmeno Madre Mallol e Madre Maria prima di lei avevano mai dato così grande importanza a questa storia. Ma se davvero le condizioni dell'Arle Eamon erano così gravi da mandare quasi tutti i suoi maggiori cavalieri alla ricerca di una leggenda, quanto ci sarebbe potuto essere d'aiuto?

"Attendi il tramonto?" mi domandò una delicata voce femminile interrompendo le mie riflessioni.

"Non c'è più nient'altro da fare, se non aspettare ormai" le risposi mentre lei si sedeva accanto a me.

"Dovete perdonarmi" mi disse poi mentre io spostavo il mio sguardo verso di lei sorpresa "Non avevo capito fin da subito le vostri origini nobiliari" mi spiegò.

Presi la bottiglia e gliela porsi "Non dovete scusarvi. Certo avrei preferito indossare vestiti di seta e bere da bicchieri da cristallo, ma qualcosa mi dice che nelle condizioni in cui sono ora è meglio accontentarmi di una leggera armatura e di una bottiglia di vino dal cattivo sapore" cercai di fare ironia, mentre lei gentilmente rifiutava il vino che le avevo offerto.

"Avete subito molti torti eppure siete qui a difendere questo villaggio e a portare a termini i vostri doveri di Custode. La cosa vi fa davvero onore" continuò con la sua costante delicatezza.

Sorrisi. In un certo senso mi ricordava tanto Oriana: anche lei si era sempre dimostrata gentile ed educata nei miei confronti.

Per un attimo il mio volto si adombrò al ricordo delle condizioni nelle quali l'avevo ritrovata, morta, accanto a suo figlio, la notte del tradimento di Howe.

Per un secondo, rividi nella mia testa molte delle terribili immagini di quella maledetta notte, riportando alla memoria il dolore e la sofferenza che avevo provato allora, e che spesso, la notte, sentivo ancora stringermi lo stomaco.

"Non riesco a crederci" disse poi la ragazza interrompendo il mio triste pensiero.

La vidi raccogliere un fiore bianco, dall'aspetto fragile "Che succede?" le domandai.

"Questo fiore!" commentò lei con aria raggiante "Era il preferito di mia madre. Lei lo adorava" mi spiegò.

"Vostra madre è ancora viva?" le chiesi.

"No, purtroppo. Lei era una Fereldiana al servizio di una Lady d'Orlais. E' morta quando ero ancora molto piccola" mi rispose assumendo un'aria un po' malinconica.

"In seguito sono stata cresciuta da questa nobildonna, Lady Cecile, tanto che non mi ricordo nemmeno più quale fosse il viso di mia madre" la vidi poi sospirare sommessamente.

"Mi dispiace" cercai di confortarla. Non potevo capire davvero cosa significasse scordare i volti dei propri cari, dato che quello di mia madre e di mio padre erano invece impressi in maniera indelebile nella mia mente. E non solo i loro.

Lei mi rispose con un leggero sorriso "Questo profumo è l'unica cosa che riesco a ricordarmi di lei. L'adorava così tanto da tenere dei piccoli boccioli di questo fiore nel suo guardaroba, tra i suoi vestiti. Ma ora è passato molto tempo" concluse.

La ragazza assunse un aspetto meditativo il quale, se davvero non avessi visto con i miei occhi le sue abilità nel combattere, mi avrebbe fatto pensare che potesse essere tutto fuorché una guerriera.

"Scusate davvero se vi ho disturbato" ritornò a parlare dopo molti secondi passati in silenzio, alzandosi in piedi "Io.... so che potrei sembrarvi un po' strana, un po' pazza. Ma voglio solo cercare di rendermi utile e so che seguirvi in questa vostra missione è la cosa giusta da fare." aggiunse, con una certa determinazione nel pronunciare le ultime parole.

Anch'io mi rialzai, abbandonando quella tenera erbetta che mi aveva permesso di riflettere in tranquillità per qualche tempo "Vi invidio Leliana. Vorrei avere tutte le vostre certezze" le dissi mentre cominciavamo ad incamminarci verso il centro del villaggio "Forse vi ci vorrà solo un po' di tempo. Vedrete che presto ogni dubbio scomparirà dal vostro animo" rispose con la sua solita pacatezza. "Già, forse avete ragione" conclusi il nostro dialogo, anche se dentro sapevo che non c'era modo per farmi riavere fede nel Creatore, colui che, a detta di Leliana, la stesse guidando. Madre Mallol aveva tentato per molto di tempo di farmi cambiare idea in tal senso, ma aveva fallito e ormai non c'erano più speranze di recuperare il mio sentimento religioso.

Mentre silenziosamente camminavamo lanciai verso la compagna un rapido sguardo curioso: Leliana stava annusando delicatamente il profumo proveniente da quei fiori bianchi che le erano così cari.

Una pazza sorella della Chiesa, una delicata fanciulla educata nella raffinata Orlais o forse Leliana era molto di più di questo?

Avrei avuto ancora del tempo per scoprirlo, o almeno speravo di averlo.

Il sole infatti stava tramontando.

"Che Andraste ci protegga" le sentii dire mentre ci avvicinavamo agli altri nostri compagni.

Il momento della battaglia per il popolo di Redcliffe era ormai giunto.





Ecco un nuovo momento del futuro di Brida. Ho voluto inserire solo un frammento del discorso di Alistair, giusto per inquadrarlo un po' meglio come personaggio e approfondire il suo rapporto di amicizia con la mia Custode, e poi aggiungere questo dialogo con Leliana, in cui ho voluto aggiungere il piccolo racconto sul fiore di sua madre. :) Leliana è un personaggio che durante il gioco ho trovato più volte un po' troppo perfettina, un po' troppo "buona" e irritante xD. Solo andando avanti mi sono accorsa che in realtà non tutto è come sembra e spero che lentamente questa cosa venga fuori a proposito del nostro Bardo.

Spero abbiate apprezzato questo capitolo :D 

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Capitolo 38
*** Incomprensioni ***


"Parla? Dove sono?" urlò mio fratello, facendomi sobbalzare.

"Io non lo so! Sono venuti lì all'improvviso, hanno bevuto troppo e hanno fatto quello che hanno fatto. Come posso io sapere dove adesso siano?" rimase sulla difensiva Flie.

Evitavo di guardarlo, ma spesso lui portava i suoi occhi su di me tanto che pure mio fratello, mio padre e Ser Gilmore lo notarono.

Avevano già riempito di domande Steve e Lore, il quale più di tutti aveva cercato di rimanere freddo e razionale. Tutti e tre mi avevano fissato con grande paura, ma nessuno aveva detto niente.

D'altronde la loro posizione sarebbe solo peggiorata se avessero tirato fuori una storia del genere.

La figlia del Teyrn che si diverte in un'osteria, chi avrebbe mai creduto loro? E soprattutto li avrei ancora aiutati se l'avessero fatto?

Avevo ben capito dallo sguardo che mi aveva fatto Lore che era stato lui a convincerli a rimanere in silenzio riguardo a me e le mie fughe.

E lo ringraziavo davvero per questo.

"E sei mai uscito dal locale?" chiese a quel punto Ser Gilmore, in aria più gentile.

"I-in che senso?" balbettò il ragazzo di fronte a lui.

"Dopo che sono arrivati, sei uscito dal locale insieme a qualcuno di quegli uomini?" specificò.

"No... io, sì. Cioè, non con loro. Sono uscito un attimo insieme a mio fratello, a prendere un po' d'aria." spiegò lui.

"Solo tu e tuo fratello?" domandò Fergus, con aria di chi ha voglia di arrivare subito al dunque.

"Sì, solo noi due. Volevamo anche vedere se Shayna stesse arrivando" per un attimo i suoi occhi si spostarono verso di me, per poi tornare su mio fratello.

"Ma non chiedetemi dove sia, nessuno la conosceva e nessuno sa dove sia finita".

Lo ringraziai dentro di me e poi lanciai uno sguardo a mio padre. Era rimasto in silenzio quasi tutto il tempo, ad ascoltare attentamente ogni parola pronunciata dai testimoni.

"Basta così, portatelo fuori" esclamò a quel punto rivolto a due guardie, che scortarono fuori Flie.

"Perchè perdiamo tempo a interrogarli? E' ovvio che sono stati loro, possiamo anche piantarla qui"

"Brida, tu cosa ne pensi?" mi chiese mio padre, non tenendo da conto l'intervento di Fergus.

Io deglutii "Non mentono padre, non penso siano stati loro" dissi sinceramente.

"Tutto qui?" mi domandò ancora lui. "E Shayna? Pensi davvero che nessuno di loro sappia dove si trovi?"

"Quel nome viene dalla Leggenda di Calenhad e non penso fosse davvero il suo. Certo la sua scomparsa è un mistero, ma credo che questa ragazza, che ha utilizzato un nome evidentemente falso, non intendesse far conoscere agli altri chi davvero fosse o da dove venisse. No, non mentono questi uomini. Davvero non sanno dove sia" razionale e fredda, cercai di fornire la spiegazione che mi veniva in mente, come la più probabile.

Mio padre annuì soddisfatto, ma nel suo viso rimase il dubbio.

"Abbiamo ancora un ultimo uomo, Kai, quello che sembra più di tutti essere coinvolto" gli comunicò Ser Gilmore.

"Fallo entrare, ma prima... Brida" io mi voltai verso di mio padre "Sì?"

"Sei sicura di voler rimanere?" mi domandò semplicemente. 'Sì', avrei voluto rispondergli, 'perchè quell'uomo è innocente'.

Invece mi limitai ad annuire.

Sarebbe dovuto entrare un mostro, un essere orribile, un demone che aveva portato alla disgrazia due povere ragazze, ma non fu così.

Varcò la soglia solo Kai, scapigliato e stanco, che mi trucidò con lo sguardo, ma solo per poco più di un secondo.

Poi si sedette di malavoglia sulla sedia di fronte alla scrivania, dietro la quale ci nascondevamo noi quattro, i veri colpevoli di tutta la vicenda: io per aver causato indirettamente l'arrivo dei mercenari, mio fratello, mio padre e Ser Gilmore per avermelo permesso e per aver imprigionato gli uomini sbagliati.

"Dove ti trovavi due settimane fa, dopo la mezzanotte?" cominciò Ser Gilmore.

"Alla locanda" rispose netto e freddo, Kai.

"Eri da sol...?"

"Ti prego, Gilmore, arriva al punto" lo interruppe Fergus, evidentemente stufo di quel lungo pomeriggio trascorso a fare domande.

"Sei stato tu a pagare quei mercenari perchè violentassero la figlia del proprietario della taverna???" urlò rivolto all'uomo con le mani legate. Sussultai a sentire tali parole.

"No, non sono stato io. E anzi, quando quegli uomini hanno cominciato a bere troppo sono stato tra i primi a cercare di calmarli. Non avrei mai potuto volere una cosa così orribile" spiegò lui determinato, come mai l'avevo visto.

Lui, l'anima più gioconda del gruppo, sempre ubriaco e pronto a fare battutacce, ora mi appariva nella sua realtà di uomo.

Coraggioso e forte.

"Lei ti aveva rifiutato però, è corretto?" gli chiese mio padre.

Dalle labbra di Kai uscì un mezzo sorriso amaro "Lei e mille altre. Sì, sono un perdigiorno, un corteggiatore fallito, ma non ho mai fatto del male ad alcuna donna e mai l'avrei fatto a lei" poi spostò lo sguardo su di me.

"Non è vero, Lady? Voi lo capite vero... Non ho l'aspetto di un uomo cattivo, no?" dentro di lui sentivo una voglia di urlare al mondo la verità su di me, ma non lo fece.

"Siamo noi che facciamo le domande, e poi non rivolgerti a lei in questo modo" disse con rabbia mio fratello accennando a colpire il prigioniero, ma io lo fermai appena in tempo afferrando il suo braccio e, non rispettando il divieto di esprimermi imposto da mio padre, presi parola rivolta a Kai "No, non lo avete. E sembrate un uomo sincero, quindi vi farò solo tre domande: c'erano tanti uomini quella sera, nel locale?". Mio padre fece segno a mio fratello di lasciarmi parlare.

Kai annuì.

"Anche all'esterno?".

"Sì, anche al di fuori"

"Dunque se voi aveste pagato quei mercenari molti uomini l'avrebbero visto, non è vero?" le parole uscirono fluide dalle labbra, proprio come mi aveva insegnato Maestro Bryce. Convincere gli altri delle proprie opinioni, portarli dove si voleva che arrivassero, questa era la lezione del mio Maestro che ora mi stava aiutando a salvare dalla prigionia i miei amici.

"Esattamente" assentì lui.

Spostai lo sguardo verso mio padre "Non penso sia necessario sottoporlo ad altre domande. Basterà farne un paio agli uomini che erano lì quella sera" presentai la soluzione più semplice.

"Portatelo via" disse mio padre, mettendo fine a quell'interrogatorio che era stato molto più corto dei precedenti.

"Sei pazza sorellina? Non potremo mai intervistare tutti gli uomini che hanno trascorso laggiù la nottata e poi in mezzo alla ressa è probabile che in molti non si siano accorti dell'accaduto!" esclamò Fergus, furente, contro di me, dopo che Kai fosse uscito dalla stanza.

"Sì, ma noi dobbiamo arrivare alla verità, non possiamo prendere scorciatoie" mi appoggiò Ser Gilmore.

"Il compito di un Teyrn è di amministrare la giustizia sul suo territorio e di scoprire la verità dietro ad alcuni misfatti. Se noi li tenessimo in prigione solo perchè non vogliamo sentire il parere della gente, allora non saremmo dei buoni governanti!" spiegai la mia posizione, cominciando a scaldarmi leggermente.

"L'abbiamo già sentito il parere della gente e in molti hanno ammesso che quest'uomo era uno scansafatiche alla continua ricerca di donne e che era stato rifiutato dalla ragazza violentata!" urlò contro di me, mio fratello.

"Basta così!" disse mio padre interrompendo qualsiasi mio tentativo di rispondere a Fergus.

"Bisogna liberarli padre, e condurre maggiori indagini" mi rivolsi con gentilezza, facendolo partecipe del mio pensiero.

"Forse potrei fare qualche domanda in paese" mi spalleggiò Ser Gilmore, mentre Fergus sbuffava annoiato: era chiaro che a lui interessasse solo poter sistemare la cosa il più in fretta possibile.

"Devo rifletterci" concluse mio padre alzandosi e uscendo dalla stanza non prima di aver detto "E voi smettetela di litigare".

Rimanemmo quindi noi tre nell'ufficio di Ser Gilmore, silenziosi.

Mio fratello sbuffò di nuovo "Ma perchè le cose devono sempre tirarsi in lungo così?"

Scossi la testa "Oh, Fergus! Non riesci proprio a prendere qualcosa sul serio per una volta?!?" gli chiesi facendo scoppiare a ridere Ser Gilmore.

Entrambi voltammo lo sguardo verso di lui "Scusate, è che mi vengono in mente alcune scene di quando eravamo più piccoli".

"Allora le cose erano più facili" dissi io in un sospiro. Niente fughe, niente segreti, niente sensi di colpa o paure. Solo giochi e scherzi insieme, io e mio fratello.

"Scusa" esclamammo nello stesso momento io e il primogenito Cousland, facendo nascere l'uno nell'altro un piccolo sorriso.

"Ti ho urlato addosso, non dovevo" disse con un po' di imbarazzo.

Io sorrisi "Anch'io... avrei dovuto mantenere la calma" ma non era stato facile dato che erano coinvolte delle persone che conoscevo bene, molto bene.

E che dovevo difendere e salvare.

"Penso sia ora di cena, che ne dite di salire?" io e mio fratello annuimmo.

"Ho proprio voglia di mangiare qualcosa di buono" esclamò Fergus mentre ci dirigevamo verso la sala da pranzo.

Io no, non avevo per nulla fame, in realtà.

Un'ombra mi attraversò il volto: ogni cosa dipendeva dal giudizio di mio padre.

Il destino dei miei amici era nelle sue mani, il Teyrn di Altura Perenne.

 

 

 

 

Le sue braccia mi strinsero forte, quando quella sera stessa mi presentai al nostro abituale appuntamento.

Ma dopo quella stretta, le parole con cui gli comunicai di cosa fossero accusati Kai e gli altri, ci distanziarono sempre di più.

"Non riesco a crederci" continuava a ripetere, passandosi nervosamente le mani tra i capelli.

Io gli misi una mano sulla spalla "Jack..." ma lui se la scrollò di dosso, immediatamente.

"Non tocc.." disse soltanto, senza riuscire a terminare la frase, ma sapevo bene che voleva dire 'non toccarmi'.

"Jack, io non centro nulla, perchè ti comporti così?"

"Perchè mi comporto così??" saette riempirono i suoi occhi, mentre la rabbia bruciava dentro di lui.

"Perchè il tuo mondo fa così, sempre. Prende noi povera gente e ci mette in carcere, ci uccide, decide arbitrariamente chi è colpevole e chi è innocente!" mi puntò poi contro un dito accusatore "E' questa la giustizia di voi nobili, no? Sapete solo rimanere chiusi nei vostri castelli, rimpinzati da mattina a sera, pronti a prendervela con chi è più debole di voi! Ma anche se non abbiamo soldati e mura a difenderci, quando siamo uniti, neppure voi potete fermarci!" mi urlò addosso.

"Io sono consapevole che alcuni nobili si comportino in maniera ingiusta e approfittino della loro posizione di potere, ma ti posso assicurare che io e la mia famiglia siamo diversi" mi rivolsi a lui, cominciando a non sopportare il suo tono accusatore.

"Diversi? Quindi tuo padre sarebbe diverso?? Proprio lui che ha messo in prigione degli uomini che non hanno fatto nulla!! E per quale motivo?? Scommetto che qualche bella fanciulla, di nobile origine, avrà presentato un'accusa, perchè Kai avrà osato lanciarle uno sguardo lussurioso e imperdonabile" disse prendendo in giro il linguaggio altisonante spesso usato tra i Lord e le Lady "E come si può andare contro il volere di una nobildonna, no? E' così che funziona tra voi, vero??".

"Tu lo pensi davvero, dunque?? Pensi che io sia così? Che mio padre sia così?? Pensi che siamo tutti... una manica di bastardi che vuole prendersela con la gente più povera, per divertimento??" gli urlai addosso, non sopportando gli insulti che aveva rivolto a me e a mio padre. Bryce Cousland aveva dei difetti, ma non era falso ed era un uomo onorevole.

Ma soprattutto ci teneva al proprio popolo, più che alla sua famiglia stessa, probabilmente.

Lui non rispose ma dai suoi occhi potevo scorgere solo un silente sì.

"Non tutti i nobili sono come dici tu. Mio padre ha cura della propria gente ed è un uomo degno di rispetto" dissi con un tono di voce più basso, mentre gli occhi mi diventavano lucidi.

"Lui... mi ha insegnato molte cose e se ha imprigionato Kai e gli altri, è solo per capire se ci sono davvero loro dietro a quanto è accaduto a Pet. Lui l'ha fatto a fin di bene, l'ha fatto per i cittadini di Altura Perenne e per la tua famiglia. E se non capisci questo, allora è meglio che me ne vada e non torni mai più" continuai alzandomi da dove ero seduta. Gli lanciai un intenso sguardo per scrutare nel suo animo e comprendere se davvero eravamo giunti fino a questo.

Poi, vedendo che dalle sue labbra non usciva alcun suono, mi girai silenziosa e cominciai ad incamminarmi verso il castello.

Ad ogni passo sperai che lui mi dicesse "Non andare" ma niente di tutto questo accadde.

Lacrime silenziose scivolarono sul mio viso quella notte, mentre mi stringevo forte a Lucky.

Lacrime che sapevano più di tristezza che di rabbia.

Perchè lui non mi aveva fermata.

E io ero stata una stupida ad andarmene così.





:) E rieccomi con un altro capitolo! Mentre le "indagini" vanno avanti e la nostra Brida si fa in quattro per cercare con l'astuzia di convincere il padre a liberare i quattro amici, ecco che la distanza sociale tra i due innamorati comincia a costituire un ostacolo per il loro rapporto. :) Scusate sempre per il ritardo e.. niente ;) spero abbiate apprezzato anche questo ulteriore sviluppo della trama! 

Ciaooo

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Capitolo 39
*** Momenti: vittoria...? ***


Redcliffe stava festeggiando.

La taverna dove la dolce Bella lavorava era piena di clienti, le strade ora teatro di danze e canti, erano affollate, nonostante le numerose perdite che Redcliffe aveva subito negli ultimi tempi.

Risa e odore di birra facevano da sovrane in tutto il villaggio che gioioso esprimeva la sua felicità per la battaglia contro i morti viventi, appena conclusosi con una vittoria.

Ma a noi non era stato concesso di godere di qualsiasi festeggiamento. Bann Teagan ci aveva portati di fronte al popolo che ormai ci osannava come eroi e aveva detto loro che ora sarebbero stati salvi.

Aveva mentito, questo l'avevo capito, ma l'aveva fatto solo perchè qualsiasi cosa avesse cominciato a tormentare il villaggio, prima di una nuova notte sarebbe stata completamente debellata.

Perchè se non avessimo fermato le forze maligne che avevano infestato il castello, non solo non avremmo potuto in alcun modo ottenere l'aiuto dell'Arle Eamon o di suo fratello, nel caso il primo fosse morto, ma avremmo anche sprecato una notte intera a combattere quei mostri maledetti.

Bann Teagan dopo la brevissima cerimonia con cui aveva dato il via ai vari festeggiamenti, aveva tratto me e i miei compagni in disparte e ci aveva detto di sfruttare la mattinata per riposarci. Prima però che il sole avesse raggiunto il punto più alto del cielo ci saremmo dovuti muovere e, insieme, saremmo dovuti penetrare nella reggia di suo fratello.

La battaglia era durata tutta la notte ed eravamo completamente esausti.

Tuttavia ero riuscita a riposarmi soltanto poco qualche ora. Non era ancora metà mattina quando mi svegliai, con lo stomaco completamente fuori posto.

'Ho fame' mi dissi, ma nonostante la piazza del villaggio abbondasse di cibo e bevande, non avevo alcuna voglia di mischiarmi al popolo in festa. Una volta uscita dalla mia tenda, lanciai un lungo sguardo alla fortezza di pietra che dominava su tutti noi.

Pareva essere davvero imponente, quella rocca. D'altronde era in una posizione strategica molto importante, di fronte al passaggio che, attraverso le montagne, portava ad Orlais, acerrima nemica del Ferelden.

'Lì dentro ci saranno ancora mostri da uccidere e chissà cos'altro' pensai avvicinandomi al focolare che in mezzo all'accampamento, disposto provvisoriamente, dava ancora una debole fiammella.

Avevamo deciso di dormire nel punto più alto del villaggio, solamente perchè, per lo meno, vi era un po' più di silenzio rispetto alla parte bassa di Redcliffe.

'Forse dovremo combattere dei demoni.' riflettei.

Cos'altro avrebbe potuto sennò trasformare dei morti in fameliche creature alla ricerca di carne umana?

Nel momento in cui mi accovacciai per godere del poco calore che il fuoco emanava ancora mi accorsi che non ero l'unica che faticava ad addormentarsi.

"Morrigan" dissi avvicinandomi alla ragazza che, ben distante da tutte le altre tende, pareva stesse mescolando una qualche sostanza dentro un pentolone.

"Prima che tu me lo chieda, no. Non sto preparando nessun intruglio velenoso. E' solo la mia colazione" mi informò con aria scocciata, senza nemmeno salutarmi.

Aprii la bocca per dire qualcos'altro quando fu ancora lei ad interrompermi "E non fare commenti del tipo 'Anche tu non riesci a dormire?'. Non ci tengo. Se hai bisogno di qualcosa dillo e basta" accennai un mezzo sorriso. Era davvero difficile cercare di avere una normale conversazione con lei.

Tuttavia non mi arresi.

"Fra poco dovremo partire" le comunicai soltanto.

"Beh, buona fortuna con il vostro Arle. Se doveste farcela, fammi soltanto un piacere: lascia Alistair al castello, almeno ci possiamo liberare una volta per tutte di quell'idiota" continuò imperterrita a cucinare.

Io scossi la testa "Potrai parlargli tu stessa, dato che voglio che tu venga là dentro con me" le spiegai, sapendo che non avrebbe preso per nulla bene questa notizia.

Mi aspettai un qualche suo urlo, strepito, lamento o qualcosa di simile invece lei, lentamente, si limitò a voltare i suoi occhi felini verso di me.

"Perchè?" mi chiese. "Lo sai bene che non ho alcun interesse a trovare questo Eamon e tanto meno ad aiutare questo villaggio".

"Perchè là dentro non so quante immense forze malefiche potremo incontrare, tali da rianimare dei morti e renderli così aggressivi. Tu hai conoscenze sulla magia maggiori di noi tutti" lei curvò le sue labbra in un mezzo sorriso.

"Quindi hai semplicemente bisogno delle mie abilita? Niente discorsi su ideali o ragioni etiche? Niente frasi melense, in cui si nomina onore, giustizia e bene. Non sopporto chi mi dice di fare qualcosa solo perchè è giusto così, solo perchè bisogna essere buoni. Tsk." mi disse con aria sarcastica e io capii al volo a chi si riferisse.

Io scossi la testa "Forse mi stai prendendo per una fanciulla dai capelli rossi, che ha ricevuto una visione da Andraste. No, mi dispiace. Nei miei sogni ci sono solo Prole Oscura e un enorme drago, che a detta di Alistair, dovrebbe essere l'Arcidemone. Niente sante o profetesse, purtroppo" cercai di fare dell'ironia che sembrò non dispiacere alla Strega delle Selve.

"No, tu sei diversa. Non c'è dubbio" mi disse, come se fosse un complimento, anche se non ero davvero certa su questo punto.

"Alcune volte ho creduto fossi come loro" continuò indicando le tende di Alistair e Leliana.

"In fin dei conti sono loro il lato giusto del nostro accampamento, no? Guardali, con i loro ideali e le loro belle ragioni per cui combattere" il suo viso si contrasse in una smorfia.

"Perché odi Alistair e Leliana così tanto? In fin dei conti li conosci appena" cercai di capirla.

"Io non li odio." sbottò la ragazza. Per un attimo rimase in silenzio e nel suo sguardo, tenuto basso a terra, potei leggerci una certa tristezza che mi lasciò un po' sorpresa.

"Siamo solo diversi. Questo è quanto" mise fine al discorso.

"Noi tutti siamo diversi l'uno dall'altro. Siamo nati in condizioni diverse, cresciuti diversamente" era la prima volta che cercavo di ragionare in questi termini.

"Sarà..." mi rispose lei mentre io mi allungavo verso la brodaglia che si era preparata per lei.

Presi una ciotola e mi servii senza fare troppi complimenti: avevo davvero troppa fame.

Mi accorsi solo dopo molto tempo che la strega di fronte a me, mi stava fissando con aria divertita.

"Devi proprio morire di fame" commentò quando spostai i miei occhi su di lei.

In poco tempo in effetti avevo terminato la mia ciotola e immaginai di non aver fornito alla ragazza un gradevole spettacolo alla vista.

"Pensavo voi nobili foste tutti raffinati e terribilmente arroganti" continuò poi, mentre io guardavo famelica il resto della colazione che si trovava ancora nella pentola.

"E hai ragione. La maggior parte dei Lord e delle Lady lo sono. Ovviamente parlo dell'arroganza" feci del sarcasmo.

"Ma con me sei in una botte di ferro. Sono caotica, scandalosa, vergognosa e mille altre cose. Ma non arrogante, per lo meno non ancora" continuai mentre un mezzo sorriso amaro si dipingeva sul mio volto. Erano le parole che Madre Mallol utilizzava sempre per descrivermi. Nonostante tutto, queste sue critiche mi mancavano. Mi stupii nel pensarlo, ma era proprio così.

Per scrollarmi questi pensieri di dosso presi un'altra porzione della minestra di Morrigan: possibile che il mio stomaco non fosse ancora sazio?

A questo punto anche lei si servì e rimanemmo per molto tempo sedute una di fronte all'altra, a mangiare e a lanciare lunghi sguardi al panorama intorno a noi.

Mi accorsi in quel mentre che nonostante l'atteggiamento scostante che la ragazza tendeva a mostrare, nel momento in cui si rilassava e si lasciava andare, si poteva ben vedere il suo vero carattere e come amasse osservare la natura. Il muoversi delle fronde, i canti degli uccelli, il delicato fruscio di piccoli roditori che uscivano dalle loro tane.

Chiusi anch'io gli occhi per un secondo e mi parve di riuscire a perdermi in quei mille suoni naturali e unici. Mi pareva di sentire anche di più di quello che prima riuscissi a udire.

Mi vennero in mente giornate di sole di quand'ero stata piccolina passate accanto al mio vecchio Maestro Bryce, a camminare nei boschi.

Amavo inseguire gli animaletti che si nascondevano sotto alle foglie o alle grandi querce. Certo non sempre erano finite bene passeggiate del genere. Un sorriso mi sorse spontaneo al pensiero dell'orso che, quando avevo avuto sedici anni, mi aveva inseguito mentre passeggiavo con Ser Gilmore e Thomas.

Thomas.

Il mio cuore per un attimo si coprì di odio, oscurando tutta quella bellezza che la natura mi aveva regalato per un insulso secondo.

Odiavo suo padre per quello che mi aveva fatto e odiavo anche lui.

Ora era solo un Howe, niente di più e io avrei dovuto capirlo, avrei dovuto saperlo fin dall'inizio.

"Li senti anche tu, non è vero?" mi domandò Morrigan, interrompendo i miei pensieri.

Io aprii di nuovo i miei occhi, con aria interrogativa.

" La totalità dei rumori del sottobosco. Lo vedo che sei in grado di udirli. Non è facile avvertire con attenzione tutti i suoni della natura e saperli distinguere. Ci vuole esperienza e abilità" non dubitavo che lei le possedesse entrambe.

Essere vissuta nelle Selve le aveva permesso un legame certamente molto stretto con il mondo naturale. Ma la cosa non poteva sicuramente valere anche per me

"Quand'ero piccola mi piaceva camminare sui sentieri dei boschi" dissi.

"Forse in questo modo hai creato con la natura una sorta di contatto" cercò di capire lei.

"Non penso, forse ti stai sbagliando" non mi dispiacevano gli alberi e il verde, ma reputavo improbabile che avessi stretto, con solo quale camminata nella foresta, un rapporto speciale con la fauna e la flora del mondo.

Conoscevo storie di persone che, grazie alle proprie abilità di ascolto della natura, potevano sfruttarne le potenzialità ma di sicuro questo non era il mio caso.

"Io sono una mutaforma" mi rivelò inaspettatamente la ragazza.

"Parli sul serio?" le domandai un po' incredula.

Lei annuì "E' una capacità che mi è stata insegnata da mia madre. Qualcosa di davvero molto difficile da coltivare e migliorare. Ma può essere anche estremamente utile" mi spiegò. Sua madre aveva salvato me e Alistair trasformata in drago, non era poi così improbabile la possibilità che anche Morrigan fosse capace di mutazioni simili.

"E in che cosa sai trasformarti?" le domandai curiosa e affascinata. Avevo sentito leggende sulle Streghe delle Selve e sui loro poteri magici di metamorfosi.

Comprendere che quelle che immaginavo fossero solo stupide favolette fossero invece realtà, mi elettrizzava e affascinava allo stesso tempo.

Morrigan sembrò stupirsi della mia reazione "Al tuo posto tutto il resto del gruppo mi avrebbe chiamata mostro. Non è un'abilità comunemente accettata e ben vista" questo era vero.

Si diceva che i mutamorfi fossero esseri spaventosi e ripugnanti. Si diceva che l'abitudine di passare più tempo in forma animale che come uomini, li avesse resi simili a bestie.

Ma questo non mi sembrava proprio il caso di Morrigan. Forse non era una chiacchierona e alcune volte preferiva la solitudine alla compagnia, ma di sicuro aveva ancora un aspetto umano o per lo meno abbastanza normale.

"Non mi importano le dicerie o le leggende. Non sono un'esperta in materia magica ma penso la magia sia qualcosa di pratico, di concreto. Può essere pericolosa, certo, ma se tu mi assicuri di saper controllare le tue trasformazioni e di poter volgere a nostro vantaggio questa tua capacità, allora il resto non mi interessa" una visione pragmatica la mia, certamente, ma d'altronde era la verità.

Era inutile perdersi in questione di leggittimità o meno di alcune pratiche magiche. Fintanto che potevano essere d'aiuto, allora per me andavano più che bene.

"Davvero non ti spaventa minimamente la cosa?" mi chiese, incapace di credere che fossi così razionale nelle mie idee.

"Fammi vedere la tua trasformazione più terrificante e allora potrò giudicare" lei fece un mezzo sorriso e accettò la sfida.

Mentre gli altri miei compagni stavano ancora dormendo un'aura oscura si fece intorno alla ragazza che pronunciando delle parole magiche, in una lingua sconosciuta, sparì all'interno di una flebile nebbiolina nera.

Non durò molto la trasformazione, presto la nebbia si diradò e al posto della giovane dai capelli neri, vidi un enorme ragno occupare la posizione in cui era prima lei.

"Che il Creatore ci protegga, cos'è quella creatura?? Spostatevi!" mi avvertì una voce maschile, da dietro le mie spalle.

Era completamente bianco in volto e dei tremiti lo percorrevano su tutto il corpo.

Stava quasi per lanciare un grido per richiedere soccorsi, quando io intervenni per fermarlo. "Alistair, non è come sembra. Si tratta soltanto di Morrigan" gli spiegai, venendogli incontro, seriamente preoccupata per la brutta cera che aveva assunto il suo viso.

"Cosa?? State scherzando ver...?" ma prima che potesse finire la frase la strega era già tornata alla sua forma originale, indossando i suoi soliti abiti e tenendo il suo bastone nodoso tra le mani. Il giovane rimase per un po' a bocca aperta, spaventato dalla visione appena subita e non accennando minimamente a riprendere colore.

"Sei proprio coraggioso! Invece di preoccuparti di aiutarla" disse la donna indicandomi "Stavi per chiamare aiuto. E scommetto che poi te la saresti data a gambe!" lo prese in giro, mentre io, dopo essermi immaginata nella testa tutta la scena, trattenevo a fatica le mie risa.

"Non sono un fifone. E poi non stavo scappando. Solo che, non avevo la spada. Ero senza armatura..." cercò di trovare una scusa.

Inutile dire che dopo questi suoi tentativi sia io che Morrigan scoppiammo a ridere, facendolo diventare da pallido a rosso peperone.

"Non è divertente" protestò inutilmente il Custode.

Presto però anche Lucky si unì al nostro schiamazzare cominciando ad abbaiare agitato.

"A quanto pare dovremo rinviare il nostro divertimento" commentò Morrigan scorgendo un uomo che stava salendo verso lo spiazzo in cui c'eravamo temporaneamente accampati.

Presto anche gli altri due nostri compagni ci vennero incontro, svegliati probabilmente dall'eccesso di rumore che avevamo causato.

"Quello è Bann Teagan" commentò Leliana, mentre questi era ormai giunto alle nostre tende.

"Leliana, rimani qui con Lucky. Io, Sten, Alistair e Morrigan andremo a parlargli e a sistemare questa vicenda una volta per tutte" dissi io, deludendo un po' la rossa.

Sapevo voleva rendersi utile ed era sicuramente più interessata di Sten e di Morrigan ad aiutare quel villaggio, tuttavia sentivo dentro di me che qualsiasi cosa avremmo trovato là, all'interno del castello, avremmo dovuto combatterlo in ogni modo e ad ogni costo. Anche utilizzando magie quasi proibite, come quella di trasformazione di Morrigan. E l'ultima cosa di cui avrei avuto bisogno era una disputa morale su quali tecniche magiche si potessero utilizzare e quali no.

Là dentro c'era una qualche forza malvagia a me sconosciuta che però dovevo fermare, per salvare l'Arle Eamon, per salvare, di nuovo, Redcliffe e tutti i suoi abitanti.

E solo questo contava.



:) Ecco un nuovo capitolo. So che non dice molto, ma volevo costruire una sorta di piccolo discorso con Morrigan, giusto per mostrare brevemente il suo rapporto con Brida. Inoltre alcuni dettagli, visti in un'altra prospettiva, avranno anche dei risvolti nel presente di Brida. Quindi, insomma, spero vi sia piaciuto questo breve flash ^_^ 

Ciao e a presto :D

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Capitolo 40
*** Proteste ***


Urla.

Ecco cosa sentii quella mattina, una volta terminata la colazione.

Solo urla, vibrarsi nell'aria, contro mio padre, contro la mia famiglia, contro colei che aveva causato tutto ciò.

"Liberateli! Vogliamo una vera giustizia"

"Bastardi senza anima, lasciate stare la povera gente!!"

"Uccidetela, uccidete la donna che mente! Liberateli, lasciateli andare!"

"Uccidetela, uccidetela"

"Pietà!"

"Niente pietà"

"Bryce" mia madre agitata era accorsa da lui.

"Si sono accalcati tutti davanti al castello! Per colpa di quei prigionieri" la paura attraversò il suo volto.

Ma mio padre invece mantenne una calma ferrea.

Io lo guardai da poco lontano, mentre ben presto anche all'interno della sua casa venne circondato da coloro che lo volevano aiutare o consigliare.

Fergus, Ser Gilmore, L'Arle Howe, Thomas, Oriana e anche la stessa Madre Mallol si erano avvicinati a lui.

"Lo sapevo che quegli uomini, messi in gabbia senza un vero motivo, avrebbero portato solo guai" sbuffò tra sé Maestro Aldous, ancora seduto al tavolo.

"Non vorrai giudicare l'operato del nostro Bryce" lo sgridò Nan che era entrata nella sala per ritirare i piatti della colazione.

Lei e Maestro Aldous erano le persone più anziane di tutto il castello e conoscevano mio padre meglio di chiunque altro, probabilmente meglio anche di mia madre stessa.

Nan in particolare era stata, da giovane, anche la sua balia.

"Se li ha catturati avrà avuto dei buoni motivi" continuò lei.

Io annuii "Ma quali motivi?" mi lasciai scappare ad alta voce, mentre alzandomi dalla sedia mi stavo avvicinando al gruppetto intorno a mio padre.

"Disperdete la folla, mandate dei soldati laggiù e tutto sarà finito" stava dicendo l'Arle Howe a mio padre.

"No, Teyrn, non potete fare questo. Se agirete così la gente si infurierà ancora di più nei vostri confronti" sorprendentemente Madre Mallol sembrava aver espresso un'idea che condividevo.

"E cosa dovrei fare?" chiese allora mio padre, rivolgendosi a lei, mentre Oriana spaventata da tutta questa situazione si stava facendo sostenere da mio fratello.

"Pregare e aspettare. Se ne andranno via, vedrete" disse lei.

"Madre Mallol ha ragione. Dobbiamo aspettare che se ne vadano" l'appoggiò mia madre.

"No, non se ne andranno" concluse il Teyrn, spostando gli occhi su di me che ero appena giunta.

Avrei voluto avere dei consigli da dare come tutti gli altri, ma non ne avevo.

Avevo trascorso tutta la notte a pensare a quanto stupidamente avessi agito la sera prima e ora avevo la mente completamente vuota.

Ero consapevole che lì fuori ci fosse anche lui, Jack, e non volevo che gli accadesse nulla di male, nonostante probabilmente ora lui mi odiasse.

Ma non volevo nemmeno che finisse così, che mio padre si nascondesse e aspettasse un miracolo del Creatore.

L'unica cosa che volevo chiedergli, in quel momento, era 'Perchè siamo giunti a questo?'

Ma non lo feci, abbassai solo lo sguardo.

"Forse l'idea dell'Arle Howe non è così male" disse mio fratello, anche se Ser Gilmore non sembrava esserne convinto.

"Se mi ordinerete questo, io lo farò" si rivolse al Teyrn.

"Ma?" domandò mio padre presagendo che Ser Gilmore non fosse d'accordo.

"Temo che così peggioreranno solo le cose, che domani dovremo affrontare una folla ancora più numerosa" spiegò la sua posizione.

Io mi avvicinai ad un'ampia finestra per cercare di capire quanti uomini e donne si fossero riuniti là sotto.

E per scorgere lui.

Ma ciò che invece vidi furono soltanto centinaia di persone senza nome infuriate come non mai, che chiedevano giustizia.

"Sono tantissimi" disse in sussurro una voce che da tanto tempo avevo evitato.

"Già" gli risposi, girando solo per un momento lo sguardo su di lui.

"Non credevo che per qualche uomo nelle segrete il popolo si potesse rivoltare così" continuò Thomas.

"Forse quegli uomini sono davvero innocenti" sussurrai, continuando a cercare tra il popolo in rivolta.

"Voi dite?" mi chiese il giovane ma prima che potessi rispondergli mio padre, poco lontano, si alzò di scatto dalla sedia.

"Siete impazzito?? Vi uccideranno, caro, vi prego! Ripensateci." mia madre cominciò ad urlare fuori di sé.

"No, non c'è altra soluzione. Uscirò da solo e affronterò la folla. Datemi solo un cavallo" affermò con sicurezza.

"Padre, non vi lascio andare da solo. Lasciatemi venire con voi" disse con aria coraggiosa mio fratello.

"Sono il vostro erede e come tale devo imparare ad avere a che fare con il mio popolo. Permettetevi di seguirvi" continuò.

Mio padre si limitò ad annuire ed in quel momento la giovane moglie di mio fratello scoppiò in lacrime, sorretta da mia madre.

"Fergus" esclamai io fermando per un attimo la sua camminata e quella di mio padre.

"Buona fortuna. Ad entrambi" affermai facendo nascere sui loro visi un leggero sorriso.

Ma appena si allontanarono un tremito percorse la mia schiena.

Mio padre voleva dimostrare al suo popolo che lui non aveva paura e che voleva soltanto il meglio per la sua gente.

Ma gli abitanti di Altura Perenne l'avrebbero capito?

Le parole di Jack risuonarono nella mia testa 'E' questa la giustizia di voi nobili, no? Sapete solo rimanere chiusi nei vostri castelli, rimpinzati da mattina a sera, pronti a prendervela con chi è più debole di voi! Ma anche se non abbiamo soldati e mura a difenderci, quando siamo uniti, neppure voi potete fermarci!'.

"Prega per loro, Lady Oriana, invece di piangere. Le lacrime non li aiuteranno" disse con aria solenne Madre Mallol.

'No, neanche le preghiere lo faranno' pensai io.

Ora solo le parole di mio padre avrebbero potuto salvarlo.

E io, inerme, potevo soltanto guardare.

 

 

 

Improvvisamente il silenzio calò tra la gente, silenzio che durò per poco più di un secondo.

Nel momento in cui le porte vennero aperte e in cui le figure di mio padre e di mio fratello apparvero di fronte alla folla protestante, di nuovo si alzarono una serie di insulti contro il Teyrn di Altura Perenne.

"Tiranno!"

"Despota!"
"Dov'è lei? La vogliamo morta!!" e con lei, compresi che intendevano la donna che aveva accusato Kai e gli altri.

Mio padre, ignorando le urla, cominciò ad avanzare verso la folla seguito da mio fratello, in sella ai loro destrieri.

Lentamente.

"Quando si accorgeranno che non ci sono guardie a proteggerli gli salteranno addosso" presagì l'Arle Howe, mentre Oriana non accennava a smettere di piangere.

'No, non accadrà. Non deve accadere'.

Lanciai uno sguardo a mia madre la quale, dopo aver lasciato Oriana tra le braccia di Madre Mallol, guardava attentamente e silenziosa quanto stesse accadendo fuori.

Il suo viso manteneva l'alterigia che era solita possedere ma, se ben osservato nei suoi minimi particolari, nascondeva un dolore e una paura che mai avevo visto in lei.

Cominciai a rabbrividire anch'io, quando mi accorsi che ad ogni passo del cavallo di mio padre in avanti, anche la ressa di persone si faceva sempre più aggressiva e pronta a riversare la sua rabbia contro di lui.

Spesso avevamo litigato, ma sapevo che non era questo che meritava, non dal popolo che aveva sempre servito.

E non c'era nulla che potessi fare.

'Se aprissi la finestra, urlando di essere Shayna, e intimandoli di fermarsi non otterrei niente' compresi in quella manciata di attimi in cui la scena si stava svolgendo, con una sensazione di impotenza opprimente.

"Andrà tutto bene" mi sussurò al fianco Thomas, con aria dolce, prendendo una delle mie mani tra le sue.

E dandomi la forza di cui avevo bisogno per poter continuare a guardare.

Accennai solo un piccolo sguardo verso di lui, quando la mia attenzione venne completamente catturata da quanto stesse accadendo al di sotto.

Mio padre ora si trovava al centro della folla urlante e stava cercando di scendere da quella stessa cavalcatura, che per fino a quel momento l'aveva protetto dalla gente a terra.

E insieme a lui, anche se con profonda confusione, pure mio fratello rimise i piedi per terra.

"No!" si lasciò scappare mia madre, mentre un innaturale quasi silenzio, fatto di sussurri e mormorii, aveva invaso l'interno del castello.

Era la fine. I pianti cominciarono a diffondersi tra le sale della rocca.

"Prendetelo, uccidetelo!"

La gente era furiosa e di nuovo, volente o nolente, ero stata io a iniziare tutto, a provocare indirettamente tutto quello.

Mio fratello aveva già estratto la sua arma, pronto a proteggersi fino alla morte, rendendo quella ressa ancora più arrabbiata quando, improvvisamente, una voce conosciuta si levò tra di loro.

"Fermi!! Fermatevi tutti!" mio padre aveva entrambe le mani alzate, in segno di impotenza.

E la voce che gli salvò la vita era la sua.

'Jack' pensai.

"Fatelo parlare!" continuò imponendosi su quella gente.

Era stato lui a dare vita a quella protesta, questo compresi nel momento in cui notai come il popolo si fosse fermato al suono della sua voce, e ora lui stava proteggendo la vita di mio padre.

"Sei tu, ragazzo, che li guidi, non è vero?" chiese conferma mio padre, dopo aver fatto segno a Fergus di rimettere l'arma nel fodero.

"Sì, sono io. E se volete che vi dica il motivo, ve lo dirò. Voi avete rinchiuso degli uomini, degli amici, ingiustamente e noi ci ribelliamo a questa decisione!" un urlo della folla seguì la sua affermazione.

Mio padre alzò una mano per riportare il silenzio.

"La vostra posizione è rispettabile e degna, come è tale che sia. E io l'accetto. Ma non dubitate che io li abbia imprigionati senza motivo. Una donna, come forse già sapete, mi ha rivelato che loro hanno pagato i delinquenti che qualche settimana fa, hanno violato una delle vostre ragazze" un brusio si levò dalla gente "Avrei dovuto io rischiare di tenere persone del genere nella mia città? Le ho prese in custodia per poter valutare la loro colpevolezza e per comprendere se le parole della donna siano vere" concluse il Teyrn.

"La ragazza violentata era mia sorella e io posso assicurarvi che quegli uomini non centrano nulla! Piuttosto perchè non cercate di trovare i veri responsabili???" urlò lui, sostenuto ancora dalla folla.

"Le mie guardie si stanno già occupando di questo, ma non posso ignorare le parole di una donna che mi confessa un tale crimine. Sarei un sovrano giusto se ascoltassi voi e rifiutassi la sua testimonianza? Non esistono cittadini migliori di altri, noi tutti siamo soggetti alla stessa giustizia e questo voglio dimostrarvi. Voi tutti asserite di essere dalla parte del giusto, non è così? Di star affermando la verità?" un grande sì si levò dalla folla, lì riunitasi.

"Ebbene, nei paesi liberi e nel nostro Fereldend, quando ci sono due parti che presentano due diverse posizioni vi è un'unica soluzione. Un processo pubblico. Tutti voi potrete parteciparne e se la ragione sarà vostra allora punirò la donna che ha causato tutto questo. Voi come la vorreste punita?" chiese mio padre al popolo che lo circondava, sapendo esattamente cosa gli avrebbe risposto.

"La morte!" urlarono tutti.

"E la sua morte avrete se si dimostrerà nel torto. Così come invece se sarà lei a vincere il processo, allora con la stessa moneta verranno puniti gli uomini che ho preso in custodia. Saranno le vostre testimonianze e le vostre prove a decidere chi sarà il colpevole. Qui, esattamente fra tre giorni, quando il sole sarà più alto nel cielo. Il Creatore sia con voi e possa illuminare la vostra verità" mise fine al discorso mentre la gente pareva soddisfatta dell'accordo trovato.

Tanto chi davvero li conosceva quegli uomini che si trovavano ingabbiati nel mio castello? Ciò che importava davvero a quella folla era vedere qualcuno pendere da una corda ed essere ascoltati, questo realizzai amaramente.

Ma lui no, non Jack il quale però nel momento in cui mio fratello e mio padre ritornarono sulle loro cavalcature e si diressero verso il castello, non disse nulla.

Le persone all'interno del castello cominciarono ad urlare di gioia, mentre le porte si richiudevano, tutti i pianti cessarono e furono sostituiti da sorrisi e abbracci.

Io lo persi di vista e solo quando il suo viso scomparve dai miei occhi lasciai imbarazzata la mano di Thomas, non accorgendomi che l'avevo anch'io stretta per tutto quel tempo.

"Avevi ragione" gli dissi in un sorriso "Grazie" conclusi.

Anche lui mi sorrise di rimando.

Era tutto programmato e falso? Quel suo sorriso e quelle sue parole di incoraggiamento? Era stato davvero così abile?
Non feci in tempo a rispondermi quando mio fratello e mio padre apparvero nella sala, vittoriosi.

Prima ancora che mia madre si avvicinasse a loro, fui io a buttarmi tra le braccia di mio padre, con gli occhi lucidi.

"Temevi non saremmo tornati?" mi chiese mio padre asciugandomi delicatamente qualche lacrima che senz'accorgermi avevo versato. Nonostante tutti i momenti in cui avevo creduto di odiarlo, solo ora mi accorgevo di quanto immenso bene invece gli volessi.

Mi staccai da lui mentre anche mia madre gli si accostava per ricevere un bacio sulla fronte.

"No, sapevo sareste tornati. Perchè questo è il nostro popolo e noi non ci chiameremmo Cousland se non fossimo in grado di servirlo come merita" gli dissi mentre mio padre annuiva, soddisfatto della mia affermazione.

"Ben detto sorellina" mi diede un buffetto Fergus, a cui io risposi con un sorriso.

"Visto, Oriana? Dovresti avere anche tu fiducia in me" si rivolse poi ironico verso la moglie, cingendole il fianco con un braccio, cercando di smorzare la terribile preoccupazione che si era dipinta sul volto della sua giovane consorte.

"Se quel ragazzo non fosse intervenuto, la folla vi avrebbe aggrediti e... vi avrebbe uccisi" affermò però lei, non ancora completamente rassenerata. Già, Jack li aveva salvati.

"Non essere così drammatica. Ce la saremmo cavata in qualche modo" tentò di sollevarle il morale Fergus, ma sentivo che nemmeno lui ci credeva più di tanto nelle sue parole. Forse era davvero consapevole di essersi avvicinato spaventosamente alla morte.

"L'importante è che ora quella gente se ne sia andata e che entrambi stiate bene" mise fine alla discussione mia madre.

Un pensiero oscuro però mi attraversò la mente "Ma perchè la morte? Era davvero necessario?" chiesi rivolta a mio padre.

"Per calmare quella folla, oggi? Sì, Brida. Ricorda anche questo, alcune volte bisogna dire al popolo quello che vuole sentirsi dire. E dargli quello che desidera" mi spiegò.

"Quindi non eseguirete davvero la sentenza, Bryce?" gli chiese l'Arle Howe.

"Non ho detto questo. Non sono un bugiardo e nemmeno un tiranno o un despota, come mi hanno chiamato là fuori. Ci sarà un regolamentare processo e chi lo perderà, si vedrà tolto della propria vita. Questo è tutto" concluse, allontanandosi da noi tutti.

Deglutii nervosa.

Comprendendo che non avevo altra scelta se non dare tutta me stessa per aiutare Kai, Flie, Lore e Steve.

I miei amici, che ora rischiavano di morire.




E sì, le cose si fanno davvero pericolose :) Kai e gli altri che rischiano di morire e questa misteriosa donna accusatrice, con la quale i nostri amici dovranno affrontare un processo pubblico. Ce ne saranno davvero delle belle ;) 

Spero vi sia piaciuto questo capitolo, direi più movimentato del solito :) 

Alla prossima! 

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Capitolo 41
*** Momenti: difficili scelte ***


Furiosa mi allontanai a passi veloci dall'accampamento.

Non volevo più scorgere gli occhi di nessuno, non volevo sentire parole di consolazione da parte di Leliana, o affermazioni sarcastiche tipiche di Morrigan.

Avevo bisogno di silenzio.

Di un perfetto silenzio, dopo che le sue urla avevano occupato tutta la mia testa, tutto il mio cuore.

Avevano fatto vacillare le mie convinzioni, per quanto io avessi cercato di mostrarmi forte.

E non solo la sua voce aveva risuonato nella mia mente confusa.

Isolde, Lady Isolde.

'L'ho uccisa' realizzai mentre stravolta crollai sul prato, lontano non so quanto dall'accampamento.

Repressi a forza le lacrime che stavano per sgorgare dai miei occhi.

'Non devo piangere' cercai di convincermi inutilmente.

Sì, era tutto vero quello che Alistair mi aveva urlato addosso.

Avrei potuto fermarmi, sarei potuta partire verso il Circolo per risolvere ogni cosa in un altro modo.

Avrebbe davvero funzionato?

Dal momento in cui avevo visto il piccolo Connor parlare con una voce demoniaca e terribile, mentre controllava la mente di Bann Teagan, avevo capito che in nessun modo sarei riuscita a risolvere la situazione in maniera indolore.

L'Arlessa aveva incosapevolmente messo a rischio tutta Redcliffe, decidendo di affidare suo figlio agli insegnamenti di un mago a lei sconosciuto. Solo perchè lei non voleva perderlo.

Era egoistico e sbagliato, eppure in parte la capivo.

Forse al suo posto mi sarei comportata alla stessa maniera. Ora però lei non era più, era morta, sacrificata dalla magia del sangue che aveva permesso a una riluttante Morrigan di salvare Connor e Redcliffe.

Non c'erano più demoni e uomini-non morti. Ora tutto era passato. Eppure l'Arle non accennava a svegliarsi dallo stato di sonno perpetuo in cui il mago assoldato da Lady Isolde l'aveva posto.

'Loghain aveva già pensato a tutto, da tempo stava costruendo la sua scalata al potere' questo avevo pensato nel momento in cui Jowan, così si chiamava quel mago, pentitosi delle sue azioni aveva confessato ogni cosa.

E forse anche l'Arle Howe aveva partecipato ai suoi piani. Da quanto tempo stava recitando la parte di perfetto amico di mio padre per poi pugnalarlo alle spalle?
Domande ancora prive di risposta.

Mi strinsi forte le ginocchia al petto, ripensando a quello che era accaduto.

Negli occhi di Lady Isolde c'era stata una tale accettazione della morte, un tale desiderio di salvare il figlio, che io non le avevo negato la possibilità di rimettere a posto le cose.

Mi aveva ricordato mio padre, Bryce Cosuland, più lui che mia madre stessa.

Lo sguardo dell'Arlessa era stato tanto sicuro quanto quello di mio padre quando mi aveva consegnata a Duncan.

"Ogni genitore è disposto a sacrificare la sua vita, per salvare quella del proprio figlio" avevo detto ad Alistair qualche minuto prima, mentre lui mi aveva rinfacciato la mia condotta "Io le ho solo permesso questo, di risolvere ogni cosa come voleva lei. Di rimediare." ma dentro non sapevo se davvero avessi ragione.

Forse non esisteva una vera ragione.

Improvvisamente il mio viso venne investito da un cumulo di bava canina.

"Lucky" dissi togliendomi di dosso la sua lingua e stringendolo a me.

Sapeva consolarmi meglio di qualsiasi persona e mi conosceva così bene.

Tuttavia non fu il solo a pararsi davanti ai miei occhi.

"Sten" salutai l'enorme Qunari che, più di tutti, pareva aver stretto col mio cane uno strano rapporto di amicizia.

Gli occhi erano ancora lucidi ed ero sicura lui se ne fosse accorto, tuttavia dallo sguardo di risposta che mi lanciò non traspariva alcuna emozione.

Silenzioso, lo vidi sedersi accanto a me: anche quando non era in piedi riusciva a superarmi di gran lunga. E dire che io non ero nemmeno bassa, con il mio metro e settanta.

"Hai salvato Redcliffe" cominciò inaspettatamente a parlare.

"Ma hai usato la magia proibita" aggiunse.

"E' sbagliato" concluse.

Alistair aveva detto le stesse identiche cose.

E Leliana probabilmente condivideva lo stesso parere, anche se non aveva avuto il coraggio di affrontarmi.

Io non gli risposi e mi limitai ad abbassare lo sguardo, in parte pentita della mia scelta.

"Ma la donna sacrificata ha sbagliato prima di te. E tu le hai permesso di espiare la sua colpa".

Mi voltai verso di lui con aria stupita.

"Così come ora io sto espiando la mia" mi confessò.

"Quale colpa?" gli domandai.

"La perdita della mia spada" mi rispose.

"La tua spada?" gli domandai confusa, mentre Lucky si accoccolava in mezzo a noi.

"Era stata fatta per le mie mani, per me solo. E senza di essa non posso tornare a casa. Senza di essa non sono nessuno"

In quell'attimo mi tornò alla mente una spada che anch'io avevo abbandonato nella mia casa.

La spada di famiglia. Mio padre non l'aveva mai brandita e nemmeno io o mio fratello.

Era soltanto un cimelio, privo di qualsiasi valore per me. Mi era difficile comprendere il dolore racchiuso negli occhi di Sten.

Un'arma, d'altronde è solo un'arma, no?

Eppure anch'io avevo posseduto qualcosa che era stata fatta solo per le mie mani.

Diedi uno sguardo a Fiocco racchiuso nella sua guaina, appesa alla cintura.

Agli occhi degli altri era un semplice vecchio pugnale, ma per me rappresentava molto di più di questo. Forse doveva essere lo stesso per la spada di Sten.

"Dove l'hai perduta?" gli domandai.

"Vicino a quello che chiamate il Lago di Calenhad" mi spiegò il Qunari.

"E' lì che...?" iniziai io.

"La Prole Oscura aveva ucciso i miei fratelli e quando mi sono svegliato lei non era più al mio fianco. La furia ha poi preso possesso di me e io... sì, ho compiuto quanto ti è stato detto" tremai nel sentire queste parole.

Il suo sguardo si abbassò, pareva davvero esserne pentito. Aveva ucciso una famiglia intera di contadini, anche i bambini... solo per una spada.

Eppure, non riuscivo ad odiarlo, tanto era il rimorso racchiuso nei suoi occhi di un viola sfumato, innaturali e strani. Così strani quanto lo era lui e la sua gente per me.

"Ora capisco" dissi ad un certo punto interrompendo il nostro silenzio.

"Combattere al mio fianco è un modo per rimediare, non è vero?" gli domandai non specificando a quale colpa mi riferissi, se a quella di aver ucciso degli innocenti o di aver perso la spada.

"La mia missione è di trovare una risposta ad una domanda. E anche se ho perso me stesso andrò avanti a svolgerla e... sì, Kadan, espierò le mie colpe" mi confessò.

"Kadan?" chiesi io mentre lui si stava rialzando in piedi, per tornare all'accampamento.

"E' un nome onorevole e dovrai dimostrare tu stessa di meritare di possederlo" concluse misteriosamente.

"Aspetta" lo fermai prima che si allontanasse.

"A quale domanda devi rispondere?" mi avvicinai a lui.

I suoi occhi profondissimi si spostarono sui miei.

"Cos'è il Flagello? A questa domanda devo rispondere."

"Tutti noi purtroppo saremo costretti a scoprirlo" mi ritrovai ad ammettere.

"No, tu dovrai fare molto di più. Tu dovrai anche fermarlo, questo Flagello" concluse ritornando a camminare verso le tende.

"Già" dissi io in un sospiro mentre l'enorme Qunari spariva dalla mia vista.

Poi mi tornarono alla mente le sue parole di poco fa 'Io dovrò espiare le mie colpe'.

Aveva detto quella frase al plurale, non colpa ma colpe.

Dopotuttto era davvero pentito e non solo per aver perduto la spada.

'Proverò a dimostrarti che merito davvero quel nome, Sten. Qualsiasi cosa significhi.' dissi tra me e me mentre con determinazione stavo anch'io tornando indietro insieme a Lucky.

'E accetterò le conseguenze delle mie scelte' mi feci coraggio.

 

 

"Perdonatemi" le sue parole mi colsero di sorpresa.

Soprattutto perchè stavo per pronunciarle io.

Ormai la rabbia della sera precedente era scomparsa e avevo capito che la mia scelta, per quanto in quel momento mi era sembrata la migliore, non poteva essere approvata così facilmente da tutti.

"Alistair forse sono io qui quella che vi deve delle scuse" cercai di spiegargli.

"No, voi avevate ragione e solo che io non riuscivo ad accettarlo. Se ce ne fossimo andati alla ricerca dell'aiuto del Circolo dei Maghi avremmo rischiato di perdere Redcliffe per sempre. E con lui anche l'Arle Eamon, Bann Teagan, Connor... " nei suoi occhi vidi della tristezza.

Gli misi una mano sulla spalla. Era vero, se avessimo preso in considerazione l'opzione di andarcene per ottenere l'aiuto del Circolo affidando Connor a quel mago, Jowan, di cui non potevamo ancora fidarci completamente, nessuno di noi avrebbe potuto calcolarne le conseguenze. Sarebbe stato troppo rischioso.

E Connor era solo un ragazzo. Non sarei davvero riuscita a porre fine alla sua vita, sperando che anche i demoni che lui aveva evocato sparissero con la sua morte.

La scelta della magia del sangue forse era la più criticabile, eppure in quel momento mi era sembrata l'unica davvero sicura.

"Redcliffe ora è in pace" dissi guardandomi intorno e facendo di nuovo scivolare il mio braccio al mio fianco.

"Eppure l'Arle Eamon ancora non è sveglio"

Speravo ogni cosa sarebbe tornata a posto con la liberazione di Connor dalla possessione demoniaca e invece non era andata così.

"Voi... credete a quanto Bann Teagan abbia detto?" mi chiese il giovane.

L'Urna delle Sacre Ceneri, pareva l'unica speranza per quell'uomo.

Eppure non riuscivo davvero a convincermi che una cosa così assurda potesse realmente esistere.

Dubitavo dell'esistenza stessa del Creatore, come potevo buttarmi a capofitto nella ricerca di una mitica reliqua?

Mi pareva insensato e folle.

Ma non volevo ferire i sentimenti di Alistair, non più di quanto avessi già fatto.

Arle Eamon era stato per lui forse quasi come un padre e benché ritenessi improbabile che noi potessimo davvero salvarlo, non potevo deludere le speranze del Custode.

"Non lo so. Forse dovremmo fare un tentativo e vedere cosa succede".

"Denerim non è sicura" ad inserirsi nel discorso tra me e Alistair fu Leliana, la quale, fortunatamente, non aveva ancora fatto commenti sul recente litigio tra me e l'altro Custode.

"E' lì che risiede Loghain e potrebbe essere pericoloso andarci" aggiunse.

Bann Teagan però aveva detto che avremmo trovato laggiù Fratello Genitivi, l'unico che a quanto pareva aveva qualche minima idea di dove potesse trovarsi questa reliqua.

"E dove potremmo andare allora?" le chiesi, leggermente stupita che lei che era così religiosa ci suggerisse di non muoverci verso la ricerca dell'Urna.

"Forse dovremmo prima utilizzare gli altri trattati. Un nostro arrivo a Denerim, in questo momento, sarebbe troppo atteso".

'E se l'Arle Howe fosse lì?' pensai.

D'altronde si era alleato con Loghain ed era probabile che si trovasse anche lui al fianco del padre della Regina.

La tentazione di mettermi in strada verso Denerim era tanta, lì avrei trovato i miei nemici.

Ma la missione di cui mi ero fatta carico era troppo importante per buttare tutto alle ortiche solo per il mio desiderio di vendetta.

"Allora andremo al Circolo dei Maghi" presi questa decisione, stupendo i miei compagni.

Non avrei mai potuto mettere a rischio Redcliffe abbandonandola a demoni e non-morti, ma ora che era in pace non c'era più nulla che mi impedisse di incamminarmi verso la torre dei Maghi.

"Sono gli alleati più potenti che possiamo farci" ragionai.

"O forse solo quelli più pericolosi" commentò Sten, unendosi alla nostra piccola discussione sulla prossima tappa.

"Potenti? Dei Maghi che si rinchiudono volontariamente in una prigione e che non cercano nemmeno di fuggire sono soltanto dei poveri sciocchi" intervenne anche la Strega, giusto perchè come al solito riuscivamo ad essere tutti d'accordo.

"Forse il Primo Incantatore sarà in grado di spezzare la magia che tiene Eamon addormentato" si inserì speranzoso Alistair.

"Se davvero quel vecchio mago vale qualcosa." disse con amarezza Morrigan.

"Vale la pena provare, dato che non mi pare abbiamo molte altre possibilità. Dunque, mettiamoci in marcia verso il Lago di Calenhad e speriamo i trattati funzionino" infine stabilii.

"Lago di Calenhad?" chiese Sten spalancando gli occhi per lo stupore.

"E' lì che si trova la torre del Circolo" gli spiegai, lanciandogli un sorriso.

"E da che parte si va?" chiese guardandosi intorno.

Fu Alistair ad indicarci la direzione da seguire "Verso Nord se non sbaglio, ecco. Dovremmo prendere quella strada, laggiù".

Il Qunari non se lo fece ripetere due volte e cominciò a camminare a passo veloce verso il percorso indicato.

"Ehi aspetta!" gli gridò Alistair "Dobbiamo prima andare a recuperare Sandal e Bodhan, dovrebbero essere al mercato" si rivolse verso di me.

Io scoppiai in una leggera risata vedendo come l'idea di andare nel luogo in cui il gigante aveva perso la sua spada l'avesse subito messo in moto.

"Oh, vi prego, non ditemi che lo dovrò fare" disse con aria irritata Morrigan, cogliendomi impreparata su ciò a cui si stesse riferendo.

"Sten!! Ho preparato dei biscotti per il viaggio e se non ti fermi li darò tutti al cagnaccio fastidioso di Brida" gli urlò la Strega, ricevendo in cambio un woof arrabbiato dal mio Mabari.

Il Qunari si fermò e si girò indietro.

"Biscotti?" domandai a Morrigan.

"Li adora" commentò lei alzando le spalle, mentre Leliana se la rideva vedendo come Sten tornava indietro, con aria affamata.

Sorrisi anch'io al pensiero del buffo punto debole del nostro compagno.

"Tienilo a bada, Morrigan, noi andiamo a recuperare Sandal e suo padre" le dissi facendo un cenno ad Alistair di seguirmi.

"Se è un'occasione per trovare un po' di tempo per urlarvi addosso lontano da noi, approfittatene, che stanotte non è stato affatto divertente tentare di addormentarsi mentre voi due litigavate" commentò acida la figlia di Flemeth, faccendomi arrossire leggermente per l'imbarazzo.

Dallo sguardo che mi lanciò Leliana, compresi che a quanto pare io e Alistair avevamo davvero dato spettacolo la sera precedente.

"E' tutto a posto ora, non dovete preoccuparvi, Strega" le rispose deciso Alistair, sottolineando in maniera arguta l'ultima parola.

" E allora andate, ma non dimenticatevi di comprare dei dolci. Di sicuro io non mi metto davvero a cucinare dei biscotti" affermò incrociando le braccia e provocando un'ennesima risata da parte della rossa.

"Chissà cosa gli è preso a quel Qunari... e piantala di ridacchiare!" sentì esclamare la Strega verso Leliana mentre io e l'altro Custode ci allontanavamo da loro.

"E' difficile annoiarsi" commentò Alistair, riferendosi al siparietto che avevamo appena abbandonato.

"Impossibile" dissi io in un sorriso.

"In ogni caso scusatemi e... grazie"

Io lo guardai un po' sorpresa "Ieri vi ho aggredita e mi sono comportato da stupido. E invece avrei dovuto ringraziarvi. Voi avete salvato Redcliffe, avete salvato Connor e mi avete permesso di recuperare questo" disse mostrandomi uno strano medaglione, formato da numerosi pezzi incollati tra di loro.

"Che cos'è?" gli domandai.

Lui sorrise.

"Prima i due nani e poi il racconto, che ne dite?" mi propose.

"Andata" dissi in un sorriso.

Era stata una scelta difficile quella di sacrificare Lady Isolde ma sapere che, infine, lui mi aveva perdonata e mi aveva capita mi faceva sentire davvero più rilassata e tranquilla. Era come se mi fossi liberata da un gravoso peso.

Gli lanciai un rapido sguardo.

Noi due eravamo gli ultimi Custodi Grigi del Ferelden e lui forse... l'unico amico che mi era rimasto.

In alcuni momenti mi era parso addirittura come un fratello, come mio fratello.

Fergus mi mancava così tanto e non riuscivo a fare a meno di vederlo in Alistair, talvolta.

Sapevo che poteva essere normale dato che tra i due c'era una certa affinità caratteriale, eppure ogni volta che avvertivo questa strana sensazione... di confidenza, nei confronti di Alistair, mi sentivo come in colpa.

Non erano la stessa persona e non lo sarebbero mai stati, era inutile cercare parte della mia famiglia nei volti delle persone che avevo attorno.

"Eccoli lì" Alistair indicò i due nani, padre e figlio, che erano intenti a contrattare con qualche mercante.

"Io penso ai biscotti" dissi andando verso un altro venditore, che si trovava al centro della piccola piazza di Redcliffe, ancora segnata dai recenti conflitti.

'Fergus dev'essere ancora vivo, da qualche parte' mi dissi cercando di infondermi coraggio.

'Una volta finito tutto questo lo troverò, torneremo a casa e ogni cosa sarà come prima' mentii a me stessa.

Sapevo che niente sarebbe tornato come un tempo, sapevo che le probabilità che Fergus fosse sopravvissuto erano minime, come anche quelle che io riuscissi a salvare il Ferelden.

Eppure andavo avanti.

"Grazie" dissi al mercante che mi aveva appena consegnato un pacchetto di dolcetti per Sten, gli unici che in realtà erano in vendita dato che Redcliffe era tornata a vivere solo da qualche giorno.

Poi incurvai le mie labbra in un luminoso sorriso.

Perchè era mio compito fermare il Flagello, mio e di Alistair, esattamente come aveva detto Sten la sera prima e io ne ero consapevole.

"Allora? Questa storia?" domandai più avanti rivolta all'ex-templare, riferendomi a quella del ciondolo dall'aspetto strano.

Lui assunse un aspetto un po' malinconico e triste.

Poi cominciò a parlare, mentre il sole nel cielo splendeva più lucente che mai e tra di noi non c'era più rabbia, né rancore.



:) Il litigio con Alistair. Ci ho riflettuto molto prima di scrivere questo capitolo e per molto tempo sono rimasta indecisa se riportare il litigio o meno, ma in fine ho pensato fosse meglio così. Ho preferito concentrarmi sulle emozioni che la discussione lascia a Brida la quale, tuttavia, nonostante la consapevolezza di aver ferito l'amico, non rinnega le sue scelte. 
Anche quando ho giocato ho pensato fosse la cosa migliore. Ovvio che col senno di poi tutti noi siamo capaci di dire "Sarebbe stato meglio andare subito al Circolo", così da salvare tutti. Sarà che a me non piacciono particolarmente gli happy ending, sarà che volevo rispettare alcune decisioni prese durante il gioco, ma non mi sembrava giusto far fare la scelta migliore alla mia Brida. 
Ed ecco quindi la nostra imperfetta protagonista che cerca lo stesso di rimanere forte, nonostante le sue scelte non siano sempre approvate :) 

Ciaoo

ps: scusate l'immenso ritardo ^_^

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Capitolo 42
*** Nemici e alleati ***


"Che cosa??" arrivò ad urlare Steve.

"Silenzio, così attirerete l'attenzione guardie!" dissi rivolta ai prigionieri.

Ero penetrata nelle segrete durante il cambio di turno della guardia e avevo utilizzato una stupida scusa per tenere lontano per qualche tempo i due uomini che, in quel momento, sarebbero dovuti essere lì, a custodire i prigionieri, ma in ogni caso troppo rumore mi avrebbe messa nei pasticci.

"E ora noi potremmo morire? Com'è possibile?" chiese disperato Flie.

"Non è colpa mia o di mio padre. Neanche di Jack, anche se è stato lui a guidare la protesta che ha costretto il Teyrn ad una decisione così radicale. E' colpa della donna che vi ha messi qui dentro, una danzatrice, assunta dalla moglie di mio fratello per organizzare una sorpresa alla mia famiglia" spiegai con la voce più calma che potessi avere.

'E che sorpresa' pensai dentro di me con amarezza.

"E cosa intendi fare? Non vorrai mica lasciare che davvero si svolga il processo?" mi domandò Lore, che per ora sembrava l'unico ad avere un'aria abbastanza tranquilla e lucida.

"No, troverò questa donna. Oggi non sono riuscita, ma domani comincerò a chiedere in giro. Lo so, abbiamo poco tempo, ma non ho scelta, la troverò e la costringerò a ritirare le sue accuse"

"E come?" stavolta fu Kai a parlare.

"Come intendi convincerla? Avanti, sono proprio curioso" di nuovo non credeva in me.

"Sai Kai, ho rischiato di essere scoperta dalla mia famiglia molte volte, venendo alla locanda de 'L'orso sbronzo' solo per cantare e stare con voi, con Jack e Pet, le uniche persone al mondo che considero come amici. Ho fatto molti sacrifici e detto molte bugie. E ancora adesso sto dando tutto il mio massimo per potervi tirare fuori da qui. Non posso fare miracoli, non posso tornare indietro ed eliminare tutto quello che è accaduto. Ma posso aiutarvi e..." improvvisamente una certezza attraversò la mia mente "E uscire dalla vostra vita per sempre" dentro faceva male, ma era l'unica verità.

Quanto dolore avevo causato loro inutilmente? E per cosa?

Forse era venuto il momento di voltare pagina, anche se facevo fatica ad accettare il fatto che così non avrei potuto più vedere Jack.

"E va bene, Brida o Shayna, così sia" alla fine concluse Kai.

Sorrisi, felice di aver guadagnato la sua fiducia.

"Troverò un modo per convincerla, lo giuro" firmai un'ennesima promessa.

"E noi manterremo il segreto su di te. Solo tiraci fuori" intervenne Lore.

"Farò il possibile. Se non dovessi riuscirci, dovrete affrontare il processo. Cercherò delle prove, delle testimonianze. Qualsiasi cosa per aiutarvi. Voi siete innocenti, mio padre dopo avervi interrogato pareva già essersi convinto di ciò. Questa storia finirà bene" tentai di infonder loro speranza e allo stesso tempo di infonderne a me stessa.

"La nostra vita è nelle tue mani" mi disse infine Kai.

"Avrò mani forte e salde, pronte a proteggervi e a lasciarvi andare appena sarà possibile" li salutai, allontanandomi da loro.

"Abbiate fiducia" conclusi infine.

Avevo convinto Kai a fidarsi di me, avrei potuto convincere anche la donna, la megera, che aveva causato tutto questo.

Forse.

 

 

Lucky uggiolò.

Non era abituato a rimanere al chiuso tutta la notte. Mi avvicinai a lui per dargli una carezza, mentre l'alba spuntava all'orizzonte.

Era stata una giornata difficile, quella precendente, e ancora più difficile era stata la scelta di rimanere chiusa nella mia stanza, rinunciando a presentarmi all'abituale appuntamento serale con Jack.

'Lui mi odia' una certezza che era nata nel momento in cui l'avevo visto guidare tutti quegli uomini contro mio padre e, infine, anche contro se stesso.

Mi ero alzata più volte, affacciandomi dalla finestra della mia camera per guardare sulla città come sperando di vederlo e di capire che mi sbagliavo.

Ma non accadde nulla di simile.

'Io sono la vera colpevole di ogni cosa, non lui. Non lo merito' alcune volte mi ero ripetuta, ma la verità non era nemmeno questa.

Non era l'odio che temevo provasse per me, o il senso di colpa per quanto stesse accadendo a costituire il vero ostacolo, ma il fatto che non conoscessi una soluzione e che fossi ancora a mani vuote.

Ero una cordarda.

Come avrei potuto affrontarlo dicendogli che non sapevo come aiutarlo, che non avevo né un'idea da cui partire, né il coraggio per agire sul serio?

Avevo passato il pomeriggio precedente camminando avanti e indietro per il palazzo come sicura che mi sarebbe venuta in mente qualche strategia da tentare o che avrei almeno trovato la volontà necessaria per confessare tutto a mio padre in modo, così, da riuscire a salvare Kai e gli altri prigionieri, ma niente di tutto ciò era accaduto.

Eppure dovevo essere ancora forte.

Forse non esisteva più un noi, la storia tra me e Jack era destinata a concludersi così, ma non quella di Steve, Lore, Flie e Kai.

Con questa consapevolezza mi ero alzata a far colazione, nonostante fosse decisamente presto.

Solo una donna incontrai nella sala grande.

"Oriana" la salutai "Siete già sveglia".

Il pianto della giornata precedente l'aveva davvero resa stanca e debole.

Lanciai uno sguardo al suo ventre notando che non era ancora gonfio, eppure presto lo sarebbe stato.

"Non vi sentite bene?" le chiesi, osservando che non aveva toccato la colazione davanti a sé.

"Sì, no... E' la gravidanza" cercò di trovare una scusa, ma compresi che mi stava nascondendo la verità.

Tuttavia non dissi nulla. Avevo ormai imparato che alcuni segreti andavano tenuti tali e che non bisognava curiosare troppo nelle faccende altrui.

Fu lei però a cominciare a parlare dopo qualche secondo di silenzio "No, in realtà non è solo quello. Io... Fergus mi ha spiegato, mi ha detto che anche voi state collaborando. Siete l'unica persona con cui posso parlarne..." si rivolse a me in maniera confusa.

"Non preoccupatevi, vi ascolto" cercai di rassicurarla.

"Temo davvero che Aisha si sia inventata ogni cosa" mi svelò.

"Aisha?" chiesi non capendo a chi si riferisse.

"E' la capo gruppo delle ballerine, la loro punta di diamante e colei che ha accusato quegli uomini che si trovano nelle prigioni. Mi ha raccontato di come li abbia visti e di come ne sia rimasta disgustata... Ma secondo me ha mentito" disse sempre con la sua aria aggraziata, nonostante fosse visibilmente preoccupata e stanca.

"In che senso?" le domandai.

"Voi non conoscete quella donna, non è una ballerina qualsiasi. E' per questo che vostro padre si è trovato costretto ad ascoltarla. Ad Antiva viene chiamata Tayka, che vuol dire ammaliatrice. E' una donna dagli immensi poteri magici, che ha rubato il cuore a molti uomini. Ladri, cavalieri e principi. Proprio questi ultimi sono il suo scudo, la sua protezione. Non ascoltare la sua voce equivalrebbe a provocare un incidente diplomatico con molte tra le personalità del mio Paese" mi svelò questi retroscena di cui non sapevo nulla.

"E voi l'avete portata qui??" le domandai sorpresa. Una donna così influente e addirittura, dalla descrizione che Oriana mi faceva, pericolosa non sarebbe mai dovuta penetrare nel palazzo indisturbata.

"Io non ho mai creduto che avesse davvero delle abilità magiche, erano solo voci. Il suo corpo di ballo è il più famoso di tutta Antiva, pensavo che richiamarlo potesse essere un bel modo per mostrarvi le bellezze della mia terra. E invece ho causato solo guai!" mi rispose mettendosi le mani, disperata, tra i capelli.

"Perchè dite che ha mentito?" le chiesi, cercando di indagare più a fondo che potessi sulla questione.

"Perchè quella donna è famosa per essere una doppio giochista, abituata a passare da corte in corte, ad ammaliare ogni tipo di uomo. Questa sua accusa deve nascondere qualcosa di più di quello che sembra. Ma è qui che sta il problema più grande" i suoi occhi erano lucidi.

"Se lei perdesse il processo e venisse uccisa, le conseguenze sarebbero catastrofiche per quanto riguarda i rapporti con Antiva. E..." la ragazza cominciò a singhiozzare.

"E cosa ne sarebber di me allora? E di lui?" scoppiò in pianto dirotto, toccandosi il ventre.

"Oriana" io la strinsi a me, mentre un mare di lacrime cominciò a bagnarmi tutte le vesti.

"Voi non dovete temere nulla. Voi e il vostro bambino qui siete al sicuro. Questa è la vostra casa e qualsiasi cosa accada, voi non correrete alcun rischio" la consolai.

"Piuttosto, avete già pensato ad un nome?" le domandai, ammiccando verso il suo grembo e cercando di farla sorridere.

Le lacrime si interrupero e i suoi occhi chiari divennero luminosi al pensiero di diventare presto madre.

"Io non lo so ancora. Vorrei chiamarla come voi, se fosse una femmina" mi rivelò con un sorriso, stupendomi moltissimo.

"Come me?" le chiesi sorpresa.

"Voi siete una donna forte e coraggiosa. Voglio che mia figlia sia come voi"

"Mi fa piacere che lo pensiate, anche se non credo che in molti possano essere d'accordo" le spiegai riferendomi a Madre Mallol e alle centinaia di persone che mi reputavano troppo maleducata e poco nobile nei modi.

"Voi non ascoltateli" mi suggerì lei.

"E se fosse un maschio?" le chiesi.

"Gli darò il nome di mio nonno, Oren" forse sarebbe stato meglio così.

Di Brida combina guai ce n'era già una ed era più che abbastanza.

"Quella donna... adesso dove si trova?" le chiesi cercando di riprendere il discorso ora che sembrava più rilassata.

"In un bordello di nome... "Luna di giada", se non erro, insieme alle altre. Le ballerine Antiviane sono più che semplici danzatrici" mi spiegò, alludendo ai servizi che fornivano a coloro che intrattenevano.

"Capisco" le risposi.

"Penso che appena terminato il processo partiranno per tornare ad Antiva. Se ne sarebbero dovute andare già qualche giorno fa" aggiunse.

"Immagino non si muoveranno senza Aisha" commentai.

"A meno che vostro padre la giustizi. In quel caso torneranno più in fretta possibile in patria per avvertire i maggiori Lord dell'accaduto" mi spiegò.

Io non le risposi, presa com'ero da altri pensieri.

Il bordello. Forse mi sarei dovuta dirigere proprio lì.

"Non preoccupatevi di nulla." la rassicurai dopo essere rimasta in silenzio anche per troppo tempo"E grazie per esservi aperta con me, Oriana" le dissi.

"Grazie a voi per avermi ascoltata" sorrise nuovamente.

"Con permesso" infine conclusi la nostra conversazione uscendo dalla sala, senza nemmeno terminare la colazione.

Ora sapevo dove sarei dovuta andare quella sera e, soprattutto, da dove sarei dovuta partire per salvare i miei amici.

Non ci sarebbe stato alcun problema diplomatico, né alcuna esecuzione. Quella donna, quella strega, o Tayka come veniva chiamata ad Antiva, avrebbe ritirato le proprie accuse ed ogni cosa si sarebbe conclusa per il meglio.

Questa era l'unica soluzione possibile per il bene di tutti.

 

 

 

I fiori erano profumati, questo notai nell'uscire nel giardino.

Ma questa volta non c'era la luna nel cielo, non c'era Lucky con me, non indossavo alcuna cappa e non avevo intenzione di scappare.

Non ancora.

Mi sdraiai in mezzo all'erba, cercando di respirare.

Tutto quello che avevo fatto, cercare di convincere mio padre a investigare ancora di più sulla faccenda, era stato reso completamente vano dalla protesta organizzata da Jack e ora non mi rimaneva che una cosa sola da tentare.

'Una strega' mi ripetevo nella mente.

Ecco cosa avrei dovuto affrontare, quella notte, da sola.

Il solo pensiero mi faceva tremare.

Mi rialzai dopo un tempo che mi parve infinito e presi tra le mani i pugnali che avevo nascosto sotto la veste.

Cominciai a sferzare vari colpi nell'aria, cercando di ricordare invano cosa significasse combattere.

E se non avesse accettato di ritirare le accuse? Se mi avesse minacciata di rivelare a mio padre che ero fuggita dal castello, cosa avrei fatto?

Con più vigore e più rabbia mi scatenai contro un avversario invisibile.

L'avrei uccisa.

L'avrei uccisa.

L'avrei uccisa?

Ne avrei avuto il coraggio o la forza?

Sarebbe stata la cosa giusta da fare.

Improvvisamente crollai a terra.

Presi i pugnali e li feci penetrare nel terreno umido, mentre le lacrime cominciavano a solcarmi il volto.

O la sua vita o quella dei miei amici. In ogni caso lei sarebbe dovuta morire, per permettere a Kai, Steve, Lore e Flie di salvarsi. Dunque perchè non privarla in anticipo della vita? Forse, senza questa donna ad accusare i miei amici, mio padre non avrebbe esitato a liberarli.

Certo il danno diplomatico si sarebbe realizzato allo stesso modo, ma era meglio essere assassinati da una sconosciuta, piuttosto che da un Teyrn.

I rapporti con Antiva non si sarebbero spezzati.

Sapevo fosse la scelta migliore... ma ce l'avrei fatta?

" Imparerai a convincere gli altri delle tue idee, senza usare armi ma solo con la parola." questo era stato uno degli insegnamenti più importanti di Maestro Bryce, eppure sentivo dentro di me che non sarei riuscita a convincere una donna che, a partire dalle parole di Oriana, pareva essere più che esperta in termini di persuasione. O era davvero tutto frutto della sua magia?
"Lady Brida" una voce educata e alquanto sorpresa interruppe il mio pianto d'improvviso.

Con la manica delle vesti mi asciugai le lacrime, imbarazzata di essere stata colta in un momento tale di debolezza.

Ma poi mi accorsi che si trattava solamente di un servo elfico e mi tranquillizzai.

"Sì?" gli domandai.

"Devo consegnarvi questo" continuò lui, intimidito, porgendomi un frammento di pergamena, scritto.

"Chi me lo manda?" gli chiesi prima che questi sgusciasse via.

"Troverete scritta ogni cosa" concluse sparendo poi dalla mia vista.

Posai il mio sguardo incuriosito sul messaggio.

Un nome scritto nella conclusione attirò subito la mia attenzione "Alfred" dissi tra me e me.

L'Anziano elfico.

"Non venite all'Enclave. Attraversate la città ed entrate nella catapecchia ad Est della piazza del mercato, stanotte. Posso aiutarvi" diceva semplicemente.

Alzai gli occhi al cielo, tirando un sospiro di sollievo.

Non ero sola a combattere.

Le mie labbra si incurvarono in un semplice sorriso speranzoso.

Non ero sola e questo per ora mi bastava.




:) Ecco un nuovo capitolo! Il termine Tayka è di mia pura invenzione, come anche il personaggio ambiguo e misterioso di Aisha. Fortunatamente però Brida ha un altro inaspettato alleato con il quale affrontare questa spinosa e sempre più complessa questione. Riusciranno i nostri eroi a farcela xD? Alla prossima puntata ahahah :P 

Ciao e a presto! :D 

ps: mille grazie a tutti coloro che continuano a leggere la mia ff nonostante la mia lentezza nell'aggiornare e la grande mole di capitoli! Ancora più speciale questo grazie alle mie affezionate recensitrici che mi aiutano sempre con pareri e consigli :D 


 

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Capitolo 43
*** Momenti: Zevran ***


 
"E' stato uno sbaglio, un errore. Non dovevamo permettergli di venire con noi" mi disse Alistair, mentre tentavo di riscaldarmi le mani col fuoco, al centro dell'accampamento.

"Forse" commentai io, lanciando uno sguardo al nuovo arrivato, che si trovava a distanza da noi, intento a sistemare la sua roba.

"Per ora è disarmato, non potrà crearci problemi" dissi al Custode, mentre lui stava ancora terminando la sua cena.

"E' un assassino di Antiva, non credo gli servano delle armi per uccidere qualcuno." e in effetti poteva non avere torto.

Oriana mi aveva parlato qualche volta dei Corvi di Antiva, e dai suoi racconti era chiaro che fossero uomini senz'anima, asserviti al soldo e letali come non mai.

"Avresti dovuto ucciderlo" mi aveva detto Morrigan, quando eravamo tornati all'accampamento in sua compagnia "Ora dovremo preoccuparci di non farci strangolare nel sonno" aveva aggiunto.

E anche lei aveva le sue ragioni.
Ma ne avevo avuto abbastanza di morti, dopo tutti quelli che avevo dovuto vedere e causare. Così, senza un motivo razionale, l'avevo lasciato in vita.

Mi ero solo opposta a Leliana "Ci sarà utile, potrà aiutarci contro la Prole Oscura" aveva detto.

"No" le avevo risposto "Non possiamo ancora fidarci di lui".

"E allora cosa ne farai?" mi aveva chiesto l'Orlesiana.

"Lo interrogherò e cercherò di scoprire se mi ha nascosto qualcosa" le avevo risposto, anche se dentro sapevo che in realtà probabilmente aveva già confessato tutto ciò di cui era a conoscenza.

Ben diverso, infatti, era il motivo per il quale avevo acconsentito a risparmiargli la vita.
Da una parte sentivo di odiarlo, perché era lui che L'Arle Howe insieme a Loghain avevano inviato ad uccidermi. Tuttavia, dall'altra, mi pareva quasi divertente, in una maniera macabra, poterlo rendere un mio alleato. Immaginavo gli occhi di Rendon Howe quando avrebbe sentito il  pugnale dell'elfo infilarsi nella sua schiena e avrebbe notato come alla fine lo avevo fregato con le sue stesse armi: l'inganno e il tradimento.
Ma erano pensieri oscuri questi, pensieri di cui dovevo liberarmi. Per ora era lì, ed era mio prigioniero.
Il suo futuro era incerto, tanto quanto il mio e quello di tutti.
Dovevo ancora comprendere se era un amico o un nemico, e se anche si fosse rivelato quest'ultimo, non dovevo dimenticare che era meglio avere i propri nemici sotto controllo, piuttosto che lontano da sé.

"Non starete pensando all'offerta che vi ha fatto?" mi domandò Alistair.

Io spostai i miei occhi verso di lui non capendo a cosa si riferisse e lo vidi arrossire leggermente.

"Di cosa state parlando?" chiesi al giovane al mio fianco.

Lui abbassò lo sguardo imbarazzato "Beh, ecco la sua proposta. Insomma, non è brutto, ecco. Io non voglio dire che voi siete tipa da... sì, però se volete la sua compagnia... è normale.. più o meno" lo vidi balbettare mentre diventava sempre più rosso ad ogni parola.

"No, ma cosa vi viene in mente" fui io stavolta ad imbarazzarmi e ad arrossire, capendo che si stesse riferendo alla proposta indecente che l'elfo Antiviano mi aveva fatto, ovvero di dividere con me la tenda e le notti del nostro lungo viaggio.

Lo vidi sospirare sollevato "Ah, ecco. Non mi sembrava in effetti una buona idea, insomma lui ha tentato di uccidervi".

"Davvero mi avreste immaginata con lui?" gli domandai un po' confusa indicando l'elfo, mentre Leliana pareva stesse parlando con lui, Zevran, così si chiamava l'assassino.

"No, certo che no. Però, ecco..."

"Sputate il rospo Alistair, prometto che non riderò" cercai di convincerlo a parlare con più decisione.

"Beh, sono solo voci, ovvio. Ma si dice che i nobili apprezzino molto avere gli elfi come amanti oltre che come servi. Pensavo la cosa valesse anche per voi, ma di certo mi sono sbagliato, perdonatemi" concluse imbarazzatissimo.

In effetti conoscevo donne e uomini, pochi, che spesso tenevano accanto a loro dame elfiche o  valletti che avevano certamente un secondo scopo, oltre a quello di rendersi utili come camerieri o domestiche.
Ma questo costume non veniva praticato nella mia casa, non dopo l'accaduto di Fergus e la mia fuga con Riddle, all'età di sedici anni, anche se in quel caso non era avvenuto niente di male.

Feci un mezzo sorriso "E' un'usanza poco comune in realtà nel Ferelden, è più Orlesiana. Comunque di sicuro non è applicata per ragazze non ancora sposate. Quindi mi dispiace deludervi, ma non ho mai avuto un amante elfico" gli dissi mentre lui non accennava ad eliminare il rossore dal suo viso.

"E voi? Niente elfette nella vostra vita?" lo presi un po' in giro.

"Solo spade e preghiere purtroppo" mi disse lui. "Erano le uniche cose che potevo avere in quanto Templare" mi confessò.

"Non avete mai avuto una ragazza, dunque?" ingenuamente gli chiesi, mentre lui abbassava un attimo lo sguardo.

"Ne ho baciata una, ma non so se conta... Ecco, ero un Templare... Non potevo, uscire con le ragazze" mi spiegò imbarazzato.

Sospirai un attimo "A quanto pare sembra che entrambi abbiamo vissuto rinchiusi in una prigione, senza aver avuto alcuna possibilità di uscirne" realizzai.

"E forse, avendone anche paura, ogni tanto" continuai le mie riflessioni, spostando i miei occhi sul focolare accesso davanti a noi, e abbassando il tono di voce.

Avevo odiato la mia casa e avevo spesso desiderato rifuggirvi eppure avevo sempre saputo, dopotutto, di appartenervi. E il mondo al di fuori, per quanto mi affascinasse e incuriosisse era comunque l'ignoto, lo era sempre stato. Solo avevo faticato a comprenderlo.
Eppure io ora dovevo affrontarlo, questo ignoto. Dovevo combatterlo e comprenderlo. 
Ma non era facile. L'impresa in quanto Custode Grigio che da poco avevo intrapreso era simile alle mille avventure che avevo sognato, durante la mia infanzia e prima adolescenza, eppure adesso che davvero ce l'avevo tra le mani sentivo di non essere pronta.
Forse non era fondamentale sentirsi all'altezza, sarei dovuta lo stesso andare avanti. Ma alcune volte diventava faticoso. Avevo già dovuto compiere una difficile scelta, per salvare Redcliffe, quante altre me ne sarebbero capitate tra le mani? Quante volte avrei sbagliato? Quante vite si sarebbero spezzate a causa mia? Pensieri cupi che alcune volte non riuscivo proprio a scacciare dalla mia mente.
Se non in un modo. Spostai miei occhi su Alistair che dalla mia ultima risposta era rimasto piuttosto silenzioso e gli lanciai un sorriso.
Solo le voci dei miei compagni, i loro sorrisi e la loro speranza riuscivano a rasserenarmi l'animo davvero. Ed anche se non li conoscevo da moltissimo tempo sentivo che non potevo arrendermi, per loro e per la fiducia che avevano riposto in me.

"Abbiamo avuto delle vite molto simili, dopotutto" commentai rivolta al giovane Custode.

"Devo immaginare dunque che anche voi non abbiate mai avuto un ragazzo" disse lui ironico, con una punta di curiosità, forse un po' troppo azzardata.

Le mie labbra si piegarono in un delicato sorriso, al pensiero degli amori passati.

"Qualcosa c'è stato" dissi vaga "Ma dopotutto, sono una Cousland" conclusi con un sorriso amaro.

"L'unica cosa che importava ai miei genitori era che mi preservassi e che trovassi marito in fretta" dissi rivelando forse più di quello che Alistair volesse davvero sapere.

"Preservarvi?" mi domandò lui scoppiando in una leggera risata. “Avete davvero usato questa parola?” scoppiò in una fragorosa risata.

"Ehi" protestai "Vi ricordo che voi siete quello che mi ha appena confessato di non essere andato al di là di un bacio" lo presi un po' in giro.

"Vero, dovrei essere l'ultimo a ridere di voi. L'importante è che non lasciate trapelare questo mio piccolo segreto con gli altri. Sono sicuro che Morrigan mi prenderebbe in giro a vita" si rivolse verso di me.

"E mi aspetto la stessa riservatezza anche da voi" aggiunsi ironica, come se i nostri due segreti fossero davvero così enormi come parevano dalle parole che utilizzavamo per descriverli.

Era strano e allo stesso tempo bello vedere come anche cose che normalmente non avrei rivelato a nessuno, dette a lui non sembravano più essere così imbarazzanti. Era una sensazione di tranquillità che avevo provato poche volte nella vita.
Era come se mi sentissi libera di parlare di tutto quello che volevo e avvertivo che anche lui sentiva qualcosa di simile nei miei confronti, una specie di sottile complicità.

"Quindi alla fine l'avete rispettato davvero il volere della vostra famiglia" commentò lui, mentre mi stavo alzando per andare a riposarmi nella mia tenda, ora che la notte pareva essere giunta al momento più oscuro e cupo.

"Già, solo qualche mese e mi sarei sposata. E sarei stata una sposa perfetta. " aggiunsi abbassando triste lo sguardo.

Nemmeno deflorata, come veniva detto di alcune Lady minori. Io la più ribelle e testarda di tutte le nobildonne alla fine ero riuscita a mantenere la virtù che veniva considerata la più preziosa.
E sarei arrivata vergine al matrimonio, pronta per iniziare una nuova vita, che non sapevo davvero se desiderassi ma che, infine, avevo accettato.

"Mi dispiace per il matrimonio" commentò lui.

Io scossi il volto "Non dovete. Sposarmi sarebbe stato l'errore più grande di tutta la mia vita" così terminai, mentre i suoi occhi nocciola si spostavano su di me, in uno sguardo carico di punti di domanda e comprensione allo stesso tempo.

"Buona notte" mi congedai poi, dirigendomi verso la mia tenda.

"Buona notte, Brida" mi salutò lui.

Mi allontanai dunque dal focolare, diretta verso il mio giaciglio.
Lanciai uno sguardo alla tenda del nuovo arrivato, ben lontana dalla mia, in cui l'elfo pareva essersi chiuso per dormire. O almeno speravo fosse per quello, dato che non avevo né la forza né la voglia di mettermi a tenerlo d'occhio quella notte.

'Ci sarà da fidarsi di lui?' mi domandai, mentre Lucky, come ogni sera, si accoccolava al mio fianco per dormire come un fedele Mabari fa, vicino alla sua padrona.

Nella mia vita mi ero sempre fidata delle persone sbagliate e avevo creduto, erroneamente, di avere ogni cosa sotto controllo e invece mi ero ritrovata a commettere un errore dopo l'altro. Ora però non potevo più sbagliare.
Ero ancora una vergine fanciulla, ma il mio cuore non era puro, era stato indurito e reso forte.
Non sapevo cosa si sarebbe rivelato Zevran, tuttavia, quella notte, mi feci una semplice promessa prima di prendere sonno "Non mi lascerò fregare, non un'altra volta".

E avrei rispettato questo giuramento, solennemente.
 
 

"Quindi la nostra prossima tappa è la magnifica e imponente Torre dei Prigionier-… Maghi?" fu la prima domanda che mi rivolse l'elfo la mattina successiva del suo arrivo, con una punta di ironia, mentre stavamo smontando il campo.

Morrigan non era l'unica a pensarla così male dei maghi del Circolo.

"A quanto pare Leliana ti ha già reso partecipe dei nostri piani" dissi lanciando un'occhiata di ghiaccio all'Asserente che non aveva esattamente compreso il senso di 'l'elfo è solo nostro prigioniero'.

Lei si scusò abbassando il capo mentre io stavo risistemando la mia sacca, pronta per un' altra giornata di viaggio.

"In pochi resistono al mio fascino" rispose lui facendo l'occhiolino all'altra ragazza.

"Mi dispiace Brida" lo ignorò lei "Dev'essermi scappato questo particolare. Lo ritenevo di poca importanza" cercò di spiegarsi.

Riteneva di poca importanza la nostra prossima meta?

"In fin dei conti questa strada porta solo verso il Lago di Calenhad, e oltre alla Torre ci sono pochi altri motivi per cui noi ci staremmo dirigendo proprio laggiù" continuò.

Io sospirai: in effetti non aveva tutti i torti su questo punto, era abbastanza semplice prevedere quale fosse la nostra destinazione finale, considerata la via che stavamo percorrendo.

'Chissà come ci accoglieranno laggiù' mi ritrovai a pensare. Sperai soltanto non dovessimo affrontare ulteriori complicazioni.

Ero piuttosto estranea al mondo della magia ed era  per questo che più di tutti, in parte, la temevo.
La rispettavo, ne ero affascinata e non potevo allo stesso tempo fare a meno di temerla.
E non era questione di magia del sangue o meno, la verità era che qualsiasi tipo di potere soprannaturale era al di là di quello a cui ero sempre stata abituata o allenata ad affrontare.

"Bene partiamo" cominciai a guidare il gruppo.

"Non mi darai nemmeno un pugnale per poterti proteggere le spalle?" domandò impertinente Zevran, lanciandomi un’occhiata che andava ben più sotto le mie spalle.

Mi girai per fulminarlo con lo sguardo "Non avrai nessun'arma e non ti conviene provare a scappare" gli dissi dura ammiccando verso il mio Mabari "Lui già conosce il tuo odore e non esiterebbe ad atterrarti se glielo ordinassi".
Dovevo mostrarmi forte e allora sarei davvero stata certa che lui non avrebbe tentato di tradirmi.

"E poi..." continuai rivolgendo un'occhiata a Morrigan che si avvicinò all'elfo, come ci eravamo precedentemente accordate.

Lui la guardò confusa, mentre la strega imprimeva una sorta di magia sulla sua fronte.

"Ahia!" protestò lui procurando un certo compiacimento negli occhi felini di Morrigan.

"E questo cosa sarebbe?" chiese lui sfiorandosi la pelle colpita dalla magia della Strega.

"Solo un modo per poterti rintracciare." spiegò lei, mentre il segno tracciato sulla fronte dell'elfo era diventato invisibile.

Lui lanciò un sogghigno verso di me "Quindi davvero non ti fidi ancora di me" disse col proprio spiccatissimo accento Antiviano.

"Ancora?" domandai divertita dalle sue parole "Ti ricordo che hai tentato di uccidermi solo ieri" aggiunsi.

"Non ti lego solo perché ci rallenteresti. E ora muoviamoci. Dobbiamo arrivare al Lago di Calenhad prima di sera" terminai la discussione mettendomi finalmente in marcia, seguita dai miei compagni.

Per un attimo regnò il silenzio tra di noi.
Sten mi aveva quasi subito superato con accanto il mio Mabari, mentre Alistair e Leliana si erano posizionati alle mie spalle con dietro la Strega a chiudere il gruppo.
L’assassino invece si era invece messo al mio fianco, ignorando il fatto che io non avessi alcun desiderio di conversare con lui.

 "Mi è sempre piaciuto il Ferelden con il suo puzzo di cane bagnato e la pioggia che viene giù dalle tre o quattro volte al giorno" cominciò cercando di fare conversazione.

"Pensi che parlare del tempo mi farà cambiare opinione su di te?" gli chiesi, notando come dietro di me anche Leliana e Alistair avevano interrotto anche loro il silenzio che per qualche tempo si era imposto tra noi.

L'elfo ridacchiò.

"No, non credo proprio. Ma per sedurre qualcuno dovrò prima studiarlo un poco, no?" mi provocò.

"Fai sempre così con tutti, non è vero? Pensi possa funzionare anche con me?" gli domandai a bruciapelo.

"La mia parlantina mi ha salvato la vita, quindi perchè non tentare di ottenere dell'altro?" continuò il suo gioco.

"Tu sei mio prigioniero e noi non siamo amici" misi in chiaro come stavano le cose.

"Magari qualcosa di più... Che ne dici?" mi fece una specie di occhiolino.

Io ignorai la sua provocazione "Ti ho tenuto in vita solo per farti delle domande" dissi dura.

"Chiedi, sono a tua disposizione" rispose scostando un ciuffo biondo che gli era terminato sulla fronte, proprio dove Morrigan gli aveva impresso il suo marchio magico.

"Come sei stato contattato da Howe? Cosa ti ha spinto ad accettare? Come avresti ottenuto il tuo pagamento?" gli domandai senza troppi fronzoli, mentre il nostro gruppo, da unito e compatto, si stava separando sempre di più.

"I Corvi sono stati contattati, non io. E anche per il pagamento ci avrebbero pensato loro" mi rispose.

"Howe non ti ha promesso nessuna ricompensa personale? Non vi sareste ritrovati dopo l'assassinio per essere certi della mia morte?" domandai all'elfo stupita.

"Non ce n'era bisogno, i Corvi avrebbero mantenuto qualsiasi comunicazione. E riguardo a ricompense supplementari, devo ammettere che il vostro nemico numero uno sia un tipo piuttosto avaro. Ha protestato a lungo riguardo al prezzo che i Corvi si erano offerti di fargli. Un prezzo molto alto, sai? Non capita tutti i giorni di dover uccidere due Custodi Grigi" mi lanciò uno sguardo come per cogliere la mia reazione.

"Ma infine ha accettato. Sembrava davvero ansioso di farvi fuori, tu e il Templare" aggiunse senza riuscire a leggere alcunché nel mio viso rigido e pensieroso.

"Mi vuole morta a ogni costo" svelai all'assassino, quasi senza accorgermi.

"Un dettaglio interessante. Un nemico per la pelle non deve mai mancare in un’impresa degna di tale nome " commentò lui ironico.

"E sarai tu a strappargliela, la pelle" provai un brivido nel sentirmi pronunciare parole così forti.

Lui scoppiò a ridere, divertito dalla mia durezza "Quindi è per quello che vuoi che ti accompagni. Per vendetta?" mi domandò.

Spostai i miei occhi sull’elfo con un enorme desiderio di dirgli qualcosa, di fermare i suoi pensieri e di costringere me stessa a rifiutare quell’opzione, che però non riuscivo per davvero ad ignorare, di nuovo.
Ma prima che potessi solamente aprire bocca, vidi il suo sguardo divenire determinato, mentre veloce come un fulmine mi strappava Fiocco dal fodero in cui era riposto e con una mezza giravolta passava dietro la mia schiena.
Sollevò rapido l’arma, ma non per colpire me, bensì l’Hurlock che aveva tentato di ferirmi alle spalle.

“Prole Oscura!!” sentì urlare Alistair.

“Grazie per il pugnale, donzella!” cominciò a muoversi velocemente tra i nemici che spuntavano dal fogliame di un folto bosco alla nostra destra, stendendone il più possibile.

Io tirai immediatamente fuori l’altra mia lama, pronta a difendermi ad ogni costo.

“Quell’arma mi appartiene!!” gridai all’elfo, mentre con uno scatto cercavo di togliermi di dosso un Genlock armato di spada e scudo.

“Non avevo molta scelta se non prendertela, mia cara. Era l’unico modo per salvarti la vita” mi rispose lui, schivando all’ultimo una freccia e puntando l’arciere che aveva tentato di colpirlo.

“Che romantico” commentai tra me e me, rispondendo colpo su colpo al Genlock che mi era ancora addosso.

“Esattamente” d’improvviso me lo ritrovai davanti con la testa del Genlock che cadeva a terra, tagliata di netto dal pugnale che Zevran teneva tra le mani.

Lo guardai stupita da come in un attimo si fosse spostato da una parte all’altra del campo di battaglia, senza quasi che me ne potessi accorgere.

“Ve l’avevo detto che ci sarebbe stato utile” si avvicinò Leliana, risistemando l’arco sulla schiena, mentre lo scontro pareva essersi concluso.

“Ridammi il pugnale” ordinai poi dura all’elfo, mentre tutto il gruppo si riuniva intorno a noi.

“Non pensi davvero ti potrei essere utile, dolce Custode?” mi chiese lui con un sorriso più che sospetto.

“Fai come dice lei” negli occhi di Alistair lessi una durezza che avevo visto solo un’altra volta. Faceva davvero sul serio.

L’elfo sembrò tentennare solo per qualche secondo, poi mi allungò Fiocco.

“Bene e ora rimettiamoci in cammino. Dobbiamo arrivare prima di sera al Lago di Calenhad” chiusi la discussione, rimettendo l’arma nel fodero.

Tutti i miei compagni si rimisero a camminare, lasciando una scia di Prole Oscura morta dietro i nostri passi.

“Avresti potuto uccidermi” dissi rivolta all’elfo, mentre avevamo compiuto solo qualche passo, lontano dal luogo dello scontro.

“Ora servo te, perché dovrei ucciderti?” domandò lui con semplicità.

Rimuginai per un attimo sul da farsi, poi compresi che, in qualche modo, dovevo fidarmi di lui.

Aprii la mia sacca e ne tirai fuori un pugnale ancora sporco di sangue “Tieni” dissi rivolta all’altro.

“Ho motivo di credere che se non ne hai approfittato prima, vuol dire che non ritenterai di farmi fuori” espressi la mia sincera opinione.

“E per quello che ho visto, potrai esserci davvero molto utile” conclusi, mentre Zevran allungava il suo braccio verso l’arma che gli avevo offerto.

“Bene, meglio due che uno” disse tirando fuori dallo stivale un altro pugnale e facendolo piroettare in aria, per poi riprenderlo sotto al mio sguardo confuso.

“Ma tu, cosa…?”

“Beh per sicurezza avevo recuperato quest’arma da un Genlock, ma è sempre bello avere una coppia di pugnali, piuttosto che uno solo” mi rispose senza curarsi del fatto che io gli avessi proibito fino ad ora di portare un’arma.

Sentii il nervoso salirmi in gola, mentre l’elfo senza preoccupazioni ridacchiava tra sé e sé.
Capii solo allora che probabilmente mi sarei dovuta sentire così parecchie altre volte, nell’avere a che fare con lui ma, infine, avevo deciso di fidarmi.
E in qualche modo avrei cercato di farlo davvero.





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Allora, come promesso rieccomi ^_^ L'avevo detto che appena avuto un attimo di tempo avrei ripreso la long. Questo capitolo l'avevo scritto molto tempo fa ma non mi convinceva :) L'ho riguardato e anche se, lo ammetto, è un po' fluffoso (esiste come termine?? LOL) ho deciso che invece va bene e lo metto :) Ora, al prossimo capitolo, visto che sono mancata per trooooppo tempo, farò un brevissimo ricapitolo di quello che stava succedendo alla nostra Brida sedicenne! E poi ricomincerò spedita (spero), visto che comunque ho altri capitoli già scritti.

Spero comunque questo piccolo capitolo non vi abbia annoiato ma, anzi, vi abbia fatto divertire con l'ingresso dell'interessantissimo Zev :) 

Alla prossima e ancora scusate davvero per la lunga, troppo lunga, pausa che mi sono presa. Sono tornata!

Ciaooo

 

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Capitolo 44
*** Dov'eravamo rimasti? ***


 
Un mistero irrisolto, vendetta, amore, tradimento...

Amici imprigionati, accusati di aver pagato degli uomini perché abusassero di un’innocente ragazza.

Petrice, la sorella di Jack, il nostro coraggioso e testardo Jack che farebbe di tutto per Brida ma che allo stesso tempo ha deciso di mettere sotto scacco suo padre, il Teyrn di Altura Perenne. Ha organizzato infatti una protesta cittadina davanti al palazzo ma è stata davvero la scelta migliore per tutti?

Bryce ha indetto un processo pubblico nel quale Kai, Steve, Lore e Flie dovranno fronteggiare la loro accusatrice.

Una Tayka, donna di malaffare, misteriosa e di sicuro poco affidabile, Aisha, che protetta da qualcuno si nasconde, pronta a pronunciarsi contro i clienti abituali de “L’Orso Sbronzo”.

Ella è molto influente in Antiva e di sicuro la situazione creatasi è più che delicata. Questo lo sa molto bene la giovane sposina di Fergus, Oriana, che teme di essere in pericolo, lei e il suo bambino, a causa delle complicazioni politiche che potrebbero derivare se Aisha venisse condannata.

Chi perderà il processo sarà condannato a morte, scelta che il padre di Brida ha dovuto compiere per poter mostrarsi forte e allo stesso tempo giusto di fronte alla cittadinanza.

Qualcuno dunque morirà, ma chi?
Come sarà possibile per Brida aiutare i suoi amici?

Ormai la possibilità di farli fuggire dal carcere sarebbe follia, suo padre li inseguirebbe e li giustizierebbe senza dover nemmeno farli processare. La loro fuga verrebbe considerata una spiegazione abbastanza eloquente per condannarli e la protesta cittadina, combinata alla posizione sociale di Aisha, impedirebbero al Teyrn di ignorare una loro scomparsa nel nulla.

Dunque non c’è scampo.

Brida vorrebbe aiutarli ma al processo non può presentarsi. Molte, troppe persone potrebbero altrimenti riconoscerla.

Come può rendersi utile, dunque? Chi saranno i suoi alleati e chi i suoi nemici?

Alfred, l’anziano degli elfi, come si rivelerà utile? E riuscirà a chiarirsi, la nostra protagonista,  con Thomas? Riuscirà a dimenticare di averlo sentito sottomettersi completamente al volere del padre che li vorrebbe presto sposi?

E non è l’unico. Anche sua madre sembra pensare solo a quello e suo padre, amico di lunga data di Howe, non ne sarebbe dispiaciuto per nulla. Brida spesso ha deluso i suoi genitori. Ultima tra le sue imprese, la fuga all’Enclave con un cameriere per la festa organizzata in suo onore, il giovane Riddle, che per questo motivo è stato licenziato. E pure adesso, con le sue numerose fughe serali verso la locanda de “L’Orso Sbronzo” non si sta certamente comportando da “perfetta Lady”.

Ma d’altronde è lì che ha trovato mille sorrisi, persone che l’accettassero e le volessero bene per quello che lei è davvero, non per il suo titolo come un tempo aveva saputo fare solo Maestro Bryce, l’uomo che lei ha considerato per molto tempo come un padre, assoldato dal Teyrn per educarla anche se in modi non del tutto “convenzionali”.

L’arrivo di una nuova Madre Venerata tra le mura del Palazzo di Altura Perenne, dopo la morte della vecchia Madre Maria, ha, tuttavia, creato conflitti e problemi e, infine, egli se n’è dovuto andare lasciando una terribile cicatrice sul cuore della piccola Brida.  

Cicatrice che è riuscita a rimarginarsi solamente dopo che lei abbia incontrato e conosciuto Petrice e Jack, i suoi unici amici dopo molto tempo di quasi in completa solitudine. Purtroppo la prima ha dovuto subire un tragico destino di cui la stessa Brida si ritiene responsabile, visto che i mercenari che l’hanno violentata cercavano in realtà Shayna, nome d’arte della giovane Lady.

La giovane figlia del Teyrn ha così compreso come la sua presenza nella vita dei suoi amici abbia creato più interferenze e problemi che reali gioie.
Il cammino è ancora lungo, mille saranno le delusioni, le illusioni e i rischi che la nostra Brida dovrà affrontare.

Amore, pericolo e tragedia si intrecceranno nella sua vita e le permetteranno di crescere facendola diventare un’eroina abbastanza forte e determinata da poter affrontare un Flagello.
 
 
 
E voi verrete con lei?




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Piccolo ricapitolo di quello che è accaduto nei precedenti capitoli :) spero in questo modo di farvi di nuovo appassionare della mia storia e, così, farvela riprendere insieme a me! :D 

Un saluto, 

Ciaooo

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Capitolo 45
*** Una baracca ***


 
 
 
Era davvero una baracca.
Questo notai nel passare davanti alla casupola mezza distrutta che pareva essere il luogo designato per l'incontro con l'Anziano dell'Enclave.
Lucky accennò ad abbaiare quando arrivammo di fronte alla porta di legno.

"Ssh" gli intimai tranquillizzandolo.

In effetti quella costruzione somigliava a quelle case dei fantasmi, abbandonate ai limitari delle città, spesso protagoniste delle storie di paura di quando ero stata più piccola.
Inspirai un po' d'aria nei polmoni.
Avevo due possibilità: bussare e lasciarmi aiutare o andarmene da lì, continuare verso il bordello, e affrontare quella donna.
E tentare di fermarla in ogni modo.

"Allora di sicuro, ehm Brida, ti piacerebbe essere un elfo." mi vennero in mente le parole di Riddle, durante la mia visita all'Enclave di qualche tempo prima. "Noi elfi siamo costantemente ignorati, soprattutto dai giovani signori e dai lord. Ignorati ovviamente sempre se non quando possiamo essere utili" le mie labbra si incurvarono in un leggero sorriso, al ripensare al suo sarcasmo sottile.

'Noi uomini siamo dannatamente egoisti' pensai mentre mi decidevo a bussare alla porta.

'Ma non sarò io a rompere la tradizione' mi dissi sarcastica, quando il viso di Alfred apparve alla soglia.

"Qualcuno vi ha seguita?" mi chiese guardandosi intorno.

"No" sussurrai, controllando anch'io che non ci fosse nessuno nei paraggi.

"Venite, allora" mi fece entrare nell'abitacolo, seguita dal mio Mabari.

Una lanterna si trovava al centro di un tavolino, illuminando l'unica stanza che sembrava avere un aspetto quasi normale.

Dalle ombre che potevo intravedere grazie a quella fioca fonte di luce, quella baracca pareva essere coperta da capo a piedi di ragnatele.
Probabilmente gli unici suoi abitanti erano ragni e topi e forse, proprio per questo, era il luogo più indicato dove un elfo e una dama si potessero incontrare indisturbati.
Ma non eravamo soli.
In mezzo alla polvere, con lo sguardo basso, come a rimirare la sporcizia e le crepe sparse per il pavimento, vi era una piccola elfetta.

"Mia signora" disse prontamente inchinandosi a me, quando poté scorgermi.

Io lanciai un'occhiata stranita ad Alfred "Vi spiegherò ogni cosa" mi disse lui, indicandomi l'unica sedia ancora intera presente nella stanza.

Io ignorai il suo invito "Voi potete davvero aiutarmi?" gli chiesi speranzosa rimanendo in piedi.

"Certo che posso... ascoltate le sue parole. Lya" la chiamò lui.

La ragazza di nuovo mi sorrise, anche se nei suoi occhi grigi potevo scorgere un'ombra di paura.

"Racconta a Lady Brida quanto hai raccontato a me" la incitò in tono dolce, Alfred.

"Mia signora" cominciò lei, mentre io la osservavo attentamente.

"Io sono una povera elfa, che lavora alla "Luna di giada", la casa chiusa non lontano da qui. Non faccio quel genere di lavoro" si interruppe per un attimo, mentre il suo viso era diventato rosso come per l'imbarazzo "Io, sono solo una domestica. Pulisco le camere, rifaccio i letti, insieme ad altre elfe mi occupo di tenere tutto il posto in ordine" mi spiegò intimidita, forse dal fatto di essere di fronte alla figlia del Teyrn.

"Ogni mattina mi occupo di pulire la stanza di Miss Aisha, ma in realtà è sempre in perfette condizioni. Ci ha dormito solo la notte precedente alla festa tenutasi nel vostro palazzo, mia signora. A partire da quella notte stessa in poi non si è più vista nel bordello, eppure la sua camera è stata pagata fino alla fine del mese" mi spiegò con la voce tremante.

"Fino alla fine del mese?" chiesi io, stupendomi di ciò.

Lei si limitò ad annuire.

"Le danzatrici sarebbero dovute partire tra qualche giorno, com'è possibile che lei abbia pianificato di rimanere così a lungo invece?" mi domandai stupita.

"Non è questo il punto, Lady Brida. Voi sapete cos'ha affermato esattamente quella donna?" mi domandò Alfred, interrompendo i miei ragionamenti.

Io esitai un secondo nel rispondere, dando un'occhiata all'elfa dal nome Lya che aveva appena finito di parlare. Potevo fidarmi di lei?
"Lei sta rischiando non solo il suo posto di lavoro, nel venirvi a parlare qui, ma anche la sua stessa libertà e forse la sua vita. Aisha è una donna dalla pessima fama" mi spiegò lui.

"E voi come fate a saperlo? E come siete a venuto a conoscenza di ogni dettaglio sulla faccenda?" chiesi un po' indispettita dal fatto che lui avesse più informazioni, pur abitando nell'Enclave, rispetto a me che invece vivevo in un castello.

"Vi ho già detto che ho i miei informatori e i miei modi di arrivare a conoscere la verità. E' vero, quando accadde il fatto alla taverna, la sera dopo, quando voi veniste a consegnarmi la lettera, io non ne sapevo nulla, ma solo perchè mi ero distratto un attimo da quanto stesse accadendo nel vostro mondo di umani. Ma da quel momento in poi ho cercato di seguire ogni piccolo avvenimento con la massima attenzione. Molti dei vostri problemi finiscono poi per ripercuotersi su di noi ed è questo che voglio evitare" mi disse in maniera autoritaria.

"Quella donna ha affermato di aver visto gli uomini responsabili della violenza accordarsi con quelli che ha ingiustamente accusato la sera stessa in cui è avvenuto il misfatto. Io so che Kai e gli altri, che ora si trovano nelle segrete, sono innocenti, ma non posso provarlo e non so come fare per aiutarli" spiegai la mia situazione, arrendendomi di fronte all'aria sicura dell'Anziano.

 "Io posso aiutarvi" spostò poi il suo sguardo sull'elfa che non aveva più spiccicato parola dopo che avevo interrotto il suo racconto "Lya, vai avanti a parlare" la invitò.

"Io so solo che la camera in cui dorme, anche quella notte, è rimasta vuota e che non è mai entrata all'interno della "Luna di Giada". Questo lo posso giurare sulla mia vita" e lì compresi cosa dovesse significare tutto ciò.

"Lei ha detto di averli visti parlare mentre si dirigeva al bordello. Ma non ci è mai giunta. Quindi la sua deve essere necessariamente una menzogna!" realizzai soddisfatta.

"Il processo sarà pubblico e io ho intenzione di venire con Lya a sostenere la causa dei vostri amici. Ma per farlo ho bisogno del vostro aiuto" mi confessò lui.
"Qualsiasi cosa per aiutarli" gli risposi.

"Noi elfi non veniamo creduti, ma se troverete il sostegno di qualcuno che conoscete nella taverna le cose sarebbero più semplici" mi disse.

"Sarà così facile? Basterà solo una prova del genere per incastrare la donna? E poi..." cominciai tentennando.

"Io volevo evitare l'eseguirsi del processo. Potrebbe portare a troppe spiacevoli conseguenze." spiegai.

"E cosa vorreste fare? Farli evadere o uccidere la donna in questione? Solo queste cose potrebbero impedire lo svolgersi del  processo" rabbrividii nel momento in cui pronunciò la parola uccidere e, con me, lo fece anche l'elfetta.

Alfred le lanciò uno sguardo colmo di tenerezza "Lya" poi le disse rivolgendosi in tono gentile "Credo che ora tu possa pure andare. Ti farò sapere, se ci sarà dell'altro. Lascia me e Lady Brida soli, dobbiamo parlare" concluse spostando i suoi occhi su di me.

L'elfetta fece un profondo inchino di fronte a me e, dopo aver salutato anche Alfred, lasciò la catapecchia a passo rapido, impaurita dal mio Mabari che pareva essersi incuriosito di lei.

Ma io ignorai tutto ciò, rivolgendo la mia completa attenzione all'Anziano dell'Enclave.

"Non avrete pensato a qualche pazzia, vero?" mi domandò dopo molti secondi di silenzio.

"Pensavo di andare a parlare con Aisha e di convincerla a ritirare le accuse" spiegai quanto mi fossi in messa in mente di realizzare.

"Ma allora non avete sentito nulla di quanto Lya abbia detto. La danzatrice non si trova più nel bordello, è ben nascosta, proprio per evitare che qualcuno possa mettere a rischio la sua vita prima del processo" mi rispose.

"Chi la sta proteggendo? Mio padre?" gli chiesi.

"Anche le altre sere non è tornata al bordello e questo punto va tenuto da conto. No, penso che sia stata protetta anche prima, anzi, credo che nulla di tutto ciò sarebbe mai accaduto se lei non avesse avuto la sicurezza di non correre alcun pericolo".

"E chi può averla tenuta nella sua casa, lontano da qualsiasi rischio? Un uomo che ha ammaliato o qualcuno che ha pagato?" domandai più a me stessa che ad Alfred.
"Vostro padre probabile ora ne sappia qualcosa, ma ve ne parlerebbe mai?"

Io scossi la testa "No, lui reputa tutta questa situazione come una questione d'onore. E sa bene che se io credo in qualcosa sono pronta a reagire e a mandare a monte tutti i suoi progetti" gli rivelai.

E lo pensavo davvero. Mio padre mi conosceva e sapeva che non avrei lasciato filare tutto liscio come l'olio. Avevo già fatto la mia parte quando lui mi aveva chiesto di aiutarlo, andare oltre sarebbe stato sfidarlo apertamente e avrei finito soltanto per svelare le mie fughe o, peggio, rischiare di spingerlo a condannare i miei amici.

"E non potete nemmeno farli fuggire. L'avete detto voi stessa: l'immagine di Teyrn di vostro padre ormai, dopo le proteste, è compromessa, scusatemi l'espressione poco felice, fino al collo. Se voi li lasciaste andare, lui sguinzaglierebbe tutti i suoi uomini e i vostri amici verrebbero arrestati e impiccati come traditori della giustizia del loro signore. Fuggire prima di un processo pubblico può portare a conseguenza molto gravi, e penso che anche voi ne siate consapevole" l'elfo bruno, fece luce tra i mille dubbi che albergavano nella mia anima.

"Quindi il processo ci sarà, e qualcuno dovrà morire" dissi sospirando io, avvicinandomi lentamente ad una delle finestre rotte che davano su un cielo blu, coperto di stelle, più numerose degli abitanti del Thedas.

"Temete davvero per la vita di quella donna che vi sta creando non poche difficoltà?" mi domandò stupito.

"No" dissi in maniera chiara volgendo su di lui il mio sguardo.

"Non temo per la sua vita, non più. Ho pensato molte volte che forse si trattasse di un semplice equivoco, ma ora, grazie a voi e a Lya, riesco a comprendere come le cose siano state prese in considerazione e trattate, fin dall'inizio, tenendo conto di ogni minimo dettaglio.
Questa donna vuole ingannare delle persone, per ragioni che ancora non comprendo, forse determinate da odi personali o altri motivi, vuole vendicarsi di uomini che chiamo amici. L'unica cosa che temo è di non riuscire ad arrivare alla verità, di permettere a mio padre di strapparle la vita, prima ancora che questa donna confessi le ragioni che la spingono a ciò ma, soprattutto, dove si trovino i mercenari che hanno preso Petrice. Non considero una coincidenza il fatto che lei, come loro, sia introvabile e ben nascosta. E soprattutto, se qualcuno ha bisogno di nascondersi, significa che dentro di sé, sa di essere in errore e di star agendo non per il bene, ma per delle proprie ragioni personali" la mia bocca traboccò di disprezzo nel dire questo, mentre la consapevolezza che lei fosse dietro ad ogni cosa che era accaduta ad ognuno dei miei amici si accresceva sempre di più.

"Trovate altre persone che la pensino come vuoi e le nostre possibilità di salvare i vostri amici aumenteranno sempre di più" mi disse in tono pacato.

A quel punto sarei dovuta uscire dalla casa, limitarmi a ringraziarlo di tutto e continuare per la mia strada, ma non lo feci.
I miei occhi smeraldo ai quali, fin da piccola, era stato insegnato di essere dei buoni osservatori si concentrarono sul soggetto e nella mia mente cominciarono a sorgere spontanee delle domande.

"Voi mi avete già aiutata in due occasioni, e per questo vi ringrazio enormemente. Ora, nuovamente, mi state dando una mano, mettendo a rischio uno stesso membro della vostra gente. C'è dell'altro, vero?" lui sembrò non capire.

"Non è solo perchè la questione potrebbe coinvolgere il vostro popolo. C'è qualcosa di più dietro, o no?" dentro di me sapevo di non stare sbagliando.

Lui accennò un sorriso amaro, poi allungò una mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una busta bianca.

"Voi mi dovete perdonare, ma non ho potuto fare a meno di leggerla" io lo guardai stranito.

Poi la mia mente collegò: doveva essere la risposta che mi aveva dato Riddle.

"E' di Riddle?" gli domandai, felice che lui mi avesse scritto, ma allo stesso tempo confusa dallo strano comportamento di Alfred.

"Sì, è sua" continuò dandomela tra le mani "E voi vi chiederete perchè l'ho aperta e l'ho letta" di nuovo si dipinse sul suo viso uno strano sorriso, misto di malinconia e tristezza.

"Vi ho raccontato di mia moglie, vero? E di come lei mi abbia lasciato per mio cugino?" io mi limitai ad annuire, rigirandomi la lettera tra le mani, non riuscendo a comprendere come le due cose potessero essere collegate.

"Beh la storia non termina così. Dovete sapere che il matrimonio tra lei e mio cugino è avvenuto molto in fretta. Qualche giorno ed era già stato fatto tutto. Dopo nove mesi nacque un bambino. Quando lo vidi compresi ogni cosa. Lei mi disse solamente 'Tu non saresti mai stato un buon padre per lui'. E aveva ragione. Qualche tempo fa, prima di partire, lui, mio figlio, è venuto da me, per salutarmi in quanto Anziano dell'Enclave 'Grazie per averla salvata, ve ne sarò sempre grato.' mi ha detto, riferendosi a voi. Ed è per questo che vi aiuto. Per lui il quale, pur non conoscendo la verità, si ricorderà per sempre di me come l'uomo che vi salvò. Grazie a voi ho un posto nei ricordi di mio figlio. Grazie a voi lui non si dimenticherà mai di me" i suoi occhi erano diventati lucidi, ma la sua voce manteneva una forza che mai avevo visto in nessun'altra persona.

"Posso ripagarvi solo così, aiutandovi in quello che state facendo" aggiunse "e salvando quegli uomini" concluse in tono serio.

Avrei voluto dirgli mille cose, ma ne bastò una, la più semplice "Grazie" gli sussurrai.

Lui mi accompagnò fino all'uscita e una volta varcata la soglia in silenzio, si voltò nuovamente verso di me, con il viso indurito come per trattenere le sue emozioni.
"Trovate più persone possibili schierate con noi. Fatelo per voi, per i vostri amici e per Riddle. In fin dei conti abbiamo tutti subito lo stesso destino, di essere vittima delle angherie di chi ha più potere" e sapevo quanta ragione ci fosse nelle sue parole.

"Per qualsiasi comunicazione, utilizzate lo stesso vostro servo che vi ha portato il mio biglietto" mi congedò, coprendosi la nuca, come molte volte avevo fatto io, con una cappa scura, come per nascondersi dalla vista di chi non avrebbe apprezzato la presenza di un elfo, fuori dall'Enclave, senza permesso.

"A presto" lo salutai, ricevendo come risposta un genuino "Buona fortuna" le stesse parole utilizzate da Riddle, quando aveva lasciato il palazzo.

Gli lanciai un'ultima occhiata prima che ci allontanassimo, l'uno dall'altra.

Aveva i suoi stessi occhi color miele.




Rieccomi :D Il mistero si infittisce... Aisha è protetta da qualcuno, ma chi e perchè? E cosa vuole davvero da Brida e dai suoi amici? :) Ai prossimi capitoli!!


Ciaooo :D

 

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Capitolo 46
*** Momenti: Illusioni ***


 
 
 
“Come?” faticavo a credere alle mie orecchie. Gli occhi abbagliati dalla luce del sole, l’aria tersa. Tutto era così fantastico.

“E’ finita. Abbiamo vinto, la Prole Oscura è stata sconfitta. E’ tutto vero” un luogo che non avevo mai visto si dipanava di fronte al mio sguardo.

Era lucente e massiccio. Un’immensa fortezza con i mattoni così lucidi che scintillavano accarezzati dai raggi solari.
“E dove mi trovo allora?”

“Questa è la Fortezza di Weisshaupt. Brida, voi siete stata duramente colpita durante la battaglia ma qualcuno è riuscito a salvarvi. Eravate in uno stato di sonno profondo quando questi vi ha portato qui, noi vi credevamo morta. Qualche giorno invece e vi siete svegliata, siete stata molto fortunata”.

Guardai l’uomo che mi stava parlando confusa. Mi sembrava pazzesco quanto lui mi stesse raccontando. La mia mente era piena di altri ricordi, di mille altre esperienze, che pure diventavano sempre più appannate, evanescenti. Me le ero completamente inventate? Erano state semplicemente frutto di un sonno prolungato e di un brutto colpo in testa?
Scossi la testa non sapendo cosa pensare ma infine finsi un mezzo sorriso verso il Comandante dei Custodi Grigi, Duncan.

“Già, mi dev’essere andata bene” commentai.

“Chi è stato a salvarmi?” domandai incuriosita.

“Io” una voce risuonò chiara, come se non esistesse altro suono che vibrasse nell’aria.

Mi voltai senza fiato e gli occhi mi divennero lucidi.

“Maestro…” sussurrai appena e gli corsi incontro. Lo abbracciai, mi strinsi a lui come ci si può stringere ad un padre che non vedi da molto tempo. Da anni.

Piansi come una bambina tra le sue braccia. Lui era rimasto esattamente come me lo ricordavo, lo stesso sguardo determinato, le stesse mani forti e lo stesso volto costellato da cicatrici.
Non avevo mai avuto un atteggiamento simile nei suoi confronti ma non potevo fare a meno di esternare la mia gioia in maniera così chiara. Era così genuina e così vera. Come potevo reprimerla?

“Brida… sei davvero cresciuta”.

Non sentivo il bisogno di chiedergli dove fosse stato tutto questo tempo e come mi avesse trovata. Non sentivo il bisogno di chiedere molte cose e avvertivo il passato sfumare piano piano. Forse avrei dimenticato presto pure chi fossi e da dove venissi, ma che importava? Ero felice. Odio e vendetta non animavano più il mio animo. Odio e vendetta non avevano più senso nemmeno come parole.

“Sono tutti qui, Brida. I tuoi genitori, tuo fratello e sua moglie. Tuo nipote. Pure il tuo Mabari” sentii qualcuno premere il suo muso contro il mio fianco e d’istinto carezzai quel cane riconoscendolo bene.

“Lucky ci sei anche tu” ero così felice.

“Quindi adesso potremo stare tutti insieme, vero?” chiesi a Duncan e a Bryce.

“Certo… potrete tutti rimanere qui per quanto tempo vorrete” mi rispose il Comandante.

“Potrai rimanere qui sempre” concluse con un mezzo sorriso.

Io rimasi estasiata. Sentivo che avrei amato quel posto, che mi sarei sentita finalmente a casa.
Avevo cercato per così tanto tempo questa sensazione e finalmente l’avevo trovata.
Alzai lo sguardo e ammirai il cielo. Così blu, così perfetto.
Non so quanto tempo rimanemmo in quella posizione, immobili e silenziosi, adoranti di quel luogo pieno di pace.
Ma so che dopo un po’ abbassai lo sguardo e mi rivolsi a Duncan.

“Alistair… dov’è Alistair?” chiesi desiderando vederlo. Non lo conoscevo da tanto, o forse sì, eppure mi sentivo come legata a lui.

“Alistair è a casa sua. Tornerà presto qui alla Fortezza, non temere. Basta aspettare. E lui arriverà” continuò il Comandante.

Alistair. Alistair. Una strana sensazione si impossessò di me nel pensare a lui.
Delle immagini cominciarono a cristallizzarsi nella mia mente, delle voci.

"Sono morti tutti, Cailan, Duncan…” la voce di Alistair, sì la sua.

“Siamo gli ultimi Custodi Grigi rimasti nel Ferelden".

“Voi, Custode” i miei pensieri vennero interrotti improvvisamente.

“Mi sentite non è vero? Svegliatevi, tutto questo non è reale”

Una donna mi stava fissando. Aveva capelli grigi, occhi di un grigio così profondo che comunicava saggezza. Sapevo di conoscerla, ma come? Dove l’avevo già vista? 

“Voi mi conoscete? Sapete dove sia Alistair?” le chiesi innocentemente.

“Brida con chi  stai parlando?” mi domandò Maestro Bryce.

“Stai avendo un’allucinazione? Hai preso proprio un brutto colpo durante la battaglia.” commentò carezzandomi una guancia in modo tenero.

Ma a questo gesto la donna rispose prontamente. Evocò un fuoco tra le sue mani e si avvicinò lentamente a me “Questa ti sembra un’illusione per caso?”.
Sentivo chiaramente il calore della fiamma e dentro la mia mente una confusione indescrivibile.

“Non capisco…” balbettai.

“Siamo nell’Oblio, Custode, è normale che voi non capiate. Ma l’unico modo per liberarvi da tutto questo è reagire. Ricordare. Alistair, io so dove si trova e ho bisogno del vostro aiuto per convincerlo a tornare alla realtà. Ricordate dov’eravamo, cosa stavamo facendo?” per un attimo la fissai in silenzio.

Poi lei mi sorrise e in maniera pacata disse “Sono Wynne e voi mi state aiutando a salvare il Circolo dei Maghi. Non potete dimenticarlo, molte vite dipendono da voi. Da noi tutti. Svegliatevi Custode” scandiva le parole lentamente e più sentivo la sua voce più tutto quello che diceva mi sembrava reale, vero.

Mi allontanai di un passo da Maestro Bryce, da Duncan. Da tutti quanti.

“Brida cosa state facendo? Non vorrete ascoltare una voce nella vostra testa? Voi qui potete essere felice. Per sempre” cercò di convincermi Duncan.

Ma fu in quel frangente che compresi quanto falso fosse tutto quanto. Quanto lui mi avesse mentito.

“Voi… siete morto!” rivelai. E in un attimo ogni cosa scomparve, ogni sensazione di gioia e felicità.

I loro volti si trasfigurarono e io sbigottita caddi per terra nel tentativo di allontanarmi dagli esseri che apparvero di fronte a me. Dei Demoni.

La Maga che mi aveva soccorso li sconfisse, uno dopo l’altro mentre inerme fissavo la scena. Ma quando furono eliminati ogni cosa mi tornò in mente: la mia missione, il mio desiderio di vendetta, la ricerca di mio fratello e il Flagello. Il motivo per cui ero giunta fino al Circolo, alla ricerca di aiuto da parte dei maghi, come secoli prima avevano promesso all’Ordine.
E invece avevo trovato solo morte e dolore, terrore ovunque.

Uldred e i suoi seguaci avevano iniziato ad usare la magia del sangue e da quel momento la Torre era stata infestata da terribili Demoni che cercavano in ogni modo di distruggere qualsiasi tua barriera e di soggiogarti completamente al loro volere.
E spesso, come avevo provato sulla mia stessa pelle, ci riuscivano pure.
Era mille volte peggio che a Redcliffe e io mi sentivo così stordita nel dover avere a che fare con una cosa a me così distante e sconosciuta, la magia. Un qualcosa di così terribile se utilizzata dalle persone sbagliate, che non sapevo davvero affrontare.

E che mi aveva così facilmente ingannata.

Avvertii una piccola fitta nel petto al pensiero di aver perso ogni cosa. Avrei preferito molto di più quella lucente illusione offerta dagli spiriti dell’Oblio. Avrei preferito rimanere accanto alle persone che consideravo più care, piuttosto che dover tornare alla dura realtà.

Ma Wynne aveva bisogno di me e io di lei. Questa maga che avevo già incontrato ad Ostagar, prima della grande battaglia, mi aveva fatto comprendere in un attimo cosa volesse dire essere Custode Grigio, mi aveva infuso determinazione e coraggio, e io sapevo di dover ricambiare il favore.

Forse se non fosse stato per lei avrei ceduto, avrei davvero gettato la chiave e lasciato che demoni e maghi venissero eliminati come fossero una cosa sola. Ma era stato per lei che mi ero lasciata convincere a mostrare pietà verso uomini e donne che non erano colpevoli di quanto stesse accadendo lì dentro. E nel risalire, uno dopo l’altro, i numerosi piani della labirintica Torre avevo capito di aver fatto bene.
Non meritavano di morire, non tutti, solo uno, Uldred, colui che aveva fatto precipitare il Circolo nel caos e che ora dovevo fermare a tutti i costi.

“Wynne perdonatemi, non sono stata abbastanza forte” lei mi diede una mano per rialzarmi.

“Siamo davvero nell’Oblio?” le domandai una volta riavuta la mia lucidità mentale.

“Un demone della pigrizia ci ha fatti precipitare qui. Io… all’inizio non ce l’ho fatta ma poi ho compreso che non poteva essere tutto reale. Ho già liberato il vostro amico elfo” amico era una parola grossa a dir la verità, ma sorvolai.

“Ma con Alistair è molto più difficile. Forse dovreste vedere voi stessa e cercare di aiutarci. Zevran è rimasto laggiù a sorvegliarlo. I demoni non lo lasciano andare”.

Sussultai al pensiero del Templare anche lui schiavo dei ricordi, del passato, come me.
Ma in nessun modo avrei mai pensato di ritrovare una scena simile, una volta raggiunto il luogo in cui egli si trovava.
Non vi era nessuna grande fortezza, nessun sole dalla luce accecante, nessuna ricerca del sublime, della perfezione, come nel mio caso.

La sua felicità era semplicità. Era una casa di legno, dei bambini, una donna.
Tutto qui. Mi sembrò niente per un uomo che era figlio di Re ma allo stesso tempo mi sorprese come il suo cuore non desiderasse nient’altro che una vita normale.

“Eccovi finalmente, il Templare non si vuole svegliare!” trovai Zevran a gambe incrociate, seduto di fronte ad Alistair che tuttavia si muoveva e parlava come se egli non esistesse.

“Goldanna, passami un po’ di minestra. Sto proprio morendo di fame, sorellina mia” scoppiò a ridere.

Sorella? Non ne sapevo nulla. Forse questa non era la famiglia che aveva sempre desiderato, ma la sua verafamiglia. Quella parte di famiglia rappresentata da sua madre, non nobile, non di principi e Arle, ma fatta da persone semplici con le quali vivere un’esistenza serena e umile. In parte riuscivo a comprenderlo, dopotutto anch’io non avevo mai amato lo sfarzo, la ricchezza e le mille comodità che una vita nobiliare poteva offrire.

Ero sempre stata uno spirito selvaggio e questo mi aveva portata ad annoiarmi nelle vesti di Lady. Ma allo stesso tempo non mi sarei mai potuta accontentare di un’esistenza come quella del sogno di Alistair, priva di avventure, priva di emozioni forti.

“Alistair…” sussurrai leggermente avvicinandomi a lui, ma di nuovo egli sembrò non sentire.

“Ci ho provato in mille  modi ma il tuo amico è testardo, Brida” l’elfo continuò a spiegarmi.

“Vuole viverlo a tutti i costi questo suo sogno ad occhi aperti e penso stia fingendo di non vederci” arrivava a negare la nostra presenza pur di continuare a vivere la sua illusione.

Io mi ero fatta tentate ma non ero riuscita a giungere a tanto.

Posai una mano sulla sua spalla “Alistair abbiamo un compito, salvare il Ferelden. Siamo gli unici che possono farlo, non puoi arrenderti così”.

“Oh grazie Goldanna, ne avevo proprio bisogno” cominciò a sorseggiare la minestra senza fare una piega.

“State attenta Custode. Dovete svegliarlo, non terrorizzarlo. Se agirete in maniera troppo violenta potrebbe morire qui nell’Oblio e scomparire per sempre”.

Deglutii nervosamente mentre la mia mente pensava ai momenti insieme e a come convincerlo che io fossi vera. Avevamo trascorso già molto tempo come compagni di viaggio, come amici. Non potevo permettermi di perderlo così, non perché fosse figlio di Re o l’ultimo Custode insieme a me, ma perché tenevo a lui. E non potevo lasciarlo indietro.

“Si chiamava Jack. Il mio primo ragazzo, il mio primo bacio” cominciai con tono indeciso, sperando di star utilizzando l’approccio giusto.

“Era un ragazzo del popolo, uno qualsiasi ma per me era molto speciale. Potrei raccontarti ogni cosa di lui, potrei stare qui per ore a parlarti di cose che non hai mai sentito. E lo potrebbero fare anche Zevran e Wynne.” per la prima volta vidi un bagliore di interesse illuminarsi nei suoi occhi nocciola.

“Perché siamo reali e non viviamo nella tua testa. Lo sai qual è il nome della moglie di Jory?”.

Lui mi guardò confuso. E non fu l’unico, visto che anche Zevran e Wynne si chiedevano cosa stessi cercando di fare.

“Lo sai, ma non te lo ricordi mai. Si chiama Helena, io la conosco. Sai bene che non ti sto imbrogliando, e un demone non potrebbe mai esplorare la tua memoria così a fondo da farmi pronunciare cose che pure tu stenti a ricordare.

Alistair svegliati” gli presi le mani tra le mie e in quel mentre i suoi occhi guardarono nei miei.

Io gli sorrisi per infondergli coraggio.

Poi lui si separò di scatto “No, voi non siete reali. Quello che dite non può essere vero” estrasse la sua spada e spaventò tutti noi.

“Adesso basta” Zevran prese un pugnale e lo lanciò contro la donna che Alistair aveva chiamato Goldanna. In quel mentre lei urlò e si trasformò in un demone del desiderio.

Anche i bambini cambiarono aspetto in maniera simile e per un attimo temetti che Alistair ne sarebbe rimasto così scioccato da non riuscire a riprendersi, esattamente come aveva predetto un attimo prima Wynne. Mentre lei insieme all’elfo combatteva i demoni che ci stavano attaccando, mi precipitai verso il giovane che aveva lo sguardo fisso rivolto a terra, come se fosse stato pietrificato.

Gli strinsi entrambe le braccia “Alistair riprenditi, presto! Abbiamo bisogno di te, ho bisogno di te, per favore!” gli volevo bene, questo era un dato di fatto, come un fratello, come quello che avevo perduto e che avevo ritrovato in lui.

O forse il mio bene non aveva nulla a che fare con quello che provavo per Fergus, e tuttavia non m’importava.
Solo non volevo perderlo.

Lui alzò lo sguardo verso di me.

“Duncan” gli dissi solamente “Devi farlo per lui. Devi salvarci tutti dal Flagello, capito? E’ tuo compito, nostro”.

“Brida…” avrei voluto stringerlo a me nel momento in cui gli sentii pronunciare il mio nome ma mi trattenni.

Mi accorsi che era questa però la reale gioia, molto diversa da quella falsa che mi avevano preparato alla perfezione i demoni. Il vederlo tornare in sé mi diede una scossa al cuore, un improvviso palpito, un calore che si diffondeva nel corpo. Nulla a che vedere con l’immobile serenità e pace che l’illusione può offrirti.

“Che è successo?” mi domandò mentre Wynne e Zevran avevano sconfitto i demoni e, sorridendo, mi si erano affiancati.

“Siamo nell’Oblio e dobbiamo uscirne” spiegò la maga.

“Dobbiamo farlo prima che sia troppo tardi” continuò.

“Un giretto nell’Oblio ancora mi mancava, ma che cosa divertente” commentò Zevran.

Alistair piano piano ricordò ogni cosa e si lasciò sfuggire un sospiro sommesso.
“La Torre certo… ora capisco tutto”.

“Abbiamo ripreso i sensi e stiamo tutti bene, l’importante è questo” avevo portato solo loro con me nella Torre, mentre Morrigan e Sten cercavano la spada del Qunari e Leliana si occupava del mio cane.

“Possiamo sconfiggerlo questo maledetto demone, uscire di qui e pensare ad Uldred…” sfilai Fiocco dal fodero e passai le mie dita sulla lama per accertarmi che fosse anch’essa completamente reale.

Sorrisi ai miei compagni e rimisi via l’arma.

“Basta farlo insieme”. Wynne ricambiò il mio sorriso. Mi aveva insegnato ad assumermi le mie responsabilità e a non arrendermi alle illusioni.

In poco tempo mi aveva dato molto e io di sicuro avrei fatto tesoro dei suoi consigli.
E non avrei mai più ceduto a delle effimere illusioni. 

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Ecco un altro momento di DA:O. Mi sono discostata dal videogame per presentare la scena da un altro punto di vista e smascherare così i sogni e i desideri dei due Custodi e la loro importanza nel definire il loro differente carattere :). Inoltre abbiamo la new-entry Wynne, donna, come sappiamo, saggia e coraggiosa che seguirà Brida e rappresenterà sempre un modello di riferimento per lei. Ah, spero che togliendo il grassetto anche i "Momenti" da Custode di Brida diventino più leggibili. 

Spero vi sia piaciuto il capitolo :)

Ciao!

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Capitolo 47
*** Ritorno ***


'Ti illudi, lo fai sempre' continuava a ripetere una voce dentro di me.

E io sapevo che aveva ragione.
Eppure non riuscivo a rigirarmi e a tornare nel mio castello, ignorando quanto Alfred mi avesse detto.
Avevo bisogno di aiuto e solo questo era importante.
Lui mi aveva lasciata andare, non mi aveva fermata, quando avevamo litigato, era vero.
Lui non era lì ad aspettarmi, dietro alle mura bianche dell'imponente Chiesa, anche questo era vero.
Ma potevo io davvero biasimarlo? Nessuna risposta certa si formò nella mia mente.
Eppure di una cosa ero certa: per il bene di entrambi e delle persone a cui eravamo legati, dovevo fare il primo passo.

Una sensazione di nausea mi colpì quando vidi l'insegna che recitava "L'orso sbronzo" stagliarsi al di sopra dell'apertura della locanda.
In un secondo avvertii contemporaneamente tutte le sensazioni che nel giro di poco più di un mese avevo provato venendo lì, ogni sera.

Felicità, ansia, paura, senso di colpa.
In particolare mi tornarono alla memoria tutti quei pensieri che avevano occupato la mia mente la prima volta che ero entrata, intimidita, nella taverna: la felicità che avevo sentito riscaldarmi il cuore, nel sentire le risa di Kai e gli altri, l'invidia e l'ammirazione che avevo provato per Pet, il rossore che mi aveva scatenato il tocco della mano di Jack...
La soddisfazione nell'aver bevuto una birra, in un locale pieno di sconosciuti.
Un leggero sorriso occupò il mio volto, nel ricordare tutti questi momenti, ma presto svanì quando mi accorsi che proprio queste piccole cose che avevano dato un altro senso alla mia vita, si erano a poco a poco distrutte, erano scivolate via da me.
Era colpa del destino? No, sarebbe stato troppo facile dire così.
Lucky tirò su le sue zampe e le appoggiò sulla mia pancia, scodinzolando.

Io gli sorrisi e gli diedi una leggera carezza sotto la testa "Vuoi entrare, non è vero?" lui mi rispose abbaiando e strofinando, poi, il suo muso tra le mie dita.

"E sia" conclusi inspirando più aria che potessi.

Io avevo bisogno del loro aiuto e loro avevano  bisogno del mio.
Qualunque cosa fosse accaduta là dentro non avrei mai dovuto dimenticare questo punto.
 
 
"Eccola" fu il commento annoiato di Hugh, nel vedermi entrare.

Fu il primo a scorgermi e a riconoscermi.

"Che cosa vuoi ancora?" venni subito assalita da Robert, il padre di Jack e Petrice.

Anche Jared e Frank spostarono i loro occhi su di me, con profondo astio.

"Voglio solo parlare. Io, lo so che non è facile per tutti voi. So di avervi fatto del male e comprendo che non mi vorreste più qui. Ma posso esservi di aiuto ed è per questo che non me ne andrò" mi rivolsi verso di loro.

"Non sappiamo neanche chi sei" disse Jared.

Dei soldati sono venuti a chiederci dove fossi scomparsa e noi non avevamo l'idea di cosa dire. Non era molto credibile 'Shayna viene solo la sera e il giorno si dissolve nel nulla'. E ora, dopo tutto quello che è accaduto, dovremmo fidarci di te?" domandò innervosito.

"No, hai ragione Jared. Vi dirò ogni cosa su di me, solo però se mi promettete che poi sarete disposti ad ascoltare come intendo aiutare Kai, Steve, Lore e Flie ad uscire dalle gattabuie del castello" spostai gli occhi avanti e indietro, per tutto il locale, alla ricerca di una sola persona, finché questa comparve.

Jack era sceso dalle scale che portavano alle camere in tutta velocità.
Quando mi vide aprì la bocca per dire il mio nome, accorgendosi ben presto che non lo poteva dire, così si bloccò e di nuovo cercò di farfugliare qualcosa.

"Cosa stai facendo?" mi chiese, avvicinandosi a me a lunghi passi, più con aria preoccupata che arrabbiata.

"Jack è necessario" gli spiegai io.

Shayna era morta dentro di me, era fuggita via con tutti i suoi bei ricordi, e non mi serviva più.
Profonde occhiaie rendevano lo sguardo, solitamente brillante e luminoso di Jack, più tetro e stanco, quasi non lucido.
Per molto tempo i nostri occhi rimasero così, fissi gli uni su quelli dell'altro.

"Non sono chi credete che io sia" iniziai spostando lo sguardo sul resto degli interlocutori che mi squadravano diffidenti.

Lui non disse nulla.

"Vi ho raccontato molte bugie"

Di nuovo rimase in silenzio, anche se potevo scorgere dentro di lui agitarsi un mare in tempesta.

"Mi pento di ciò e di aver portato solo tristezza in questo locale, che tanto amate." abbassai gli occhi a fissare il pavimento in legno.

Tutti e cinque i miei interlocutori mi fissavano con estrema confusione e curiosità.

"Sono di Altura perenne o meglio, Altura Perenne è mia" quand'ebbi concluso questa frase, Jack si fece scappare un "No!" e si avvicinò a me, come per proteggermi dalla rabbia che avrebbero potuto causare le mie parole su Robert, suo padre, e sugli altri.

Io lo guardai un attimo, lui mi pregò con lo sguardo di non continuare: suo padre mi odiava, chiunque in quella taverna lo faceva, dopo tutto quello che era successo. Perchè dar loro un altro motivo per dividerci? Per separarci? Per odiarmi ancora di più?
Far partecipi anche loro del mio segreto avrebbe valso come mettere a rischio qualsiasi cosa fossimo diventati, io e Jack, lo sapevo bene. Eppure dovevamo rischiare.
Mi mancò il respiro quando capii che lui ancora ci teneva, che, dunque, era ancora preoccupato per me, per lui, per noi.

"Altura Perenne è tua?" interruppe questo mare di pensieri Frank.

Jack si mise accanto a me, di fronte a suo padre e parlò prima che dalle mie labbra potesse uscire alcunché "Lei è Brida, Brida Cousland. Secondogenita del Teyrn" disse con aria sicura.

Sì, io ero davvero Brida.
Brida che si era travestita, Brida che aveva cantato, che era entrata in quel locale tentando di rendersi simpatica, che si era innamorata, che aveva perso ogni cosa e mentito mille volte.
Shayna era solo un'invenzione, tutte quelle sere trascorse in quel luogo con Pet e Jack, erano appartenute solo a me, a Brida, e a nessun altro.

"Perdonatemi" sussurrai solo piano, abbassando lo sguardo, quando mi accorsi che tutti i presenti nella stanza parevano non credere alle proprie orecchie.

"La figlia del Teyrn? Stai scherzando Jack?" fu Robert a parlare per primo, incredulo.

Jack si limitò a scuotere la testa "E' la verità" aggiunse poi fronteggiando apertamente lo sguardo torvo di suo padre.

Io gli lanciai un'occhiata e mi accorsi in quell'istante che non esisteva sensazione migliore che essere protetti e appoggiati da chi si ama.

"All'inizio, in realtà, avevo pensato potessi essere una nobile" fu Frank a parlare, mostrando che non era così ingenuo come sembrava.

"Ma dopo la ballata delle api, ho riflettuto che bisognava essere matti per venire a cantare una canzone del genere e che nessuna Lady l'avrebbe mai fatto" la sua frase mi strappò un sorriso.

"A quanto pare mi sbagliavo" concluse.

"E' una canzone molto bella, folle ma spiritosa." dissi io, cercando di alleggerire l'ambiente, mentre ancora sguardi confusi erano rivolti verso di me.

"Puoi davvero aiutarci?" chiese allora Jared. "Ma se è tuo padre a tenere prigionieri Kai e gli altri!" si ritrovò a riflettere subito dopo.

"So come farli risultare innocenti al processo, in modo che venga punita soltanto la megera che li ha accusati" punita nel sangue.

"Ma ho bisogno del vostro aiuto" cominciai a presentar loro la situazione, con la speranza che capissero che ero la loro unica chiave di salvezza.

"Io sono con te" disse dopo molti secondi di silenzio Jack, stringendomi la spalla con la sua mano calda.

"Non hai riso della mia fata. Penso che potrei aiutarti per questo" io sorrisi felice, mentre anche Frank si spostava al mio fianco.

"Potrei mai lasciarti da solo, amico io?" si rivolse a lui, Jared "Combineresti solo pasticci, senza di me, lo sai" lo raggiunse, ponendosi anche lui dalla mia parte.

Il mio Mabari corse poi incontro a Hugh, che accarezzandolo si avvicinò pure lui.

Solo Robert rimaneva di fronte al figlio, con negli occhi un turbine di così tante emozioni che era impossibile comprendere cosa stesse davvero provando dentro.

"Per Pet e per Kai e per tutti gli altri, noi dobbiamo fidarci e tentare, padre" affermò in tono deciso Jack, al quale lanciai uno sguardo di ammirazione.

Il padre infine sospirò e si arrese alla saggezza mostrata da suo figlio.

"Eh va bene, piccola Lady bugiarda, cosa possiamo fare per tirarli fuori da lì?" mi domandò infine.
 
 
 
Avevo raccontato loro ogni singolo aspetto del piano.
Piano, così l'avevamo chiamato. Avevo parlato dell'elfa, e di quanto mi avesse raccontato, di Oriana e delle sue preoccupazioni, avevo parlato di mio padre, di Ser Gilmore e di mio fratello. E solo dopo  aver parlato di tutte queste cose mi accorsi di quanto la serata fosse volata e che non mancava moltissimo al sorgere del sole.

Fu in quel momento che mi alzai in piedi "Purtroppo devo andare. Ma voi dovete essere rapidi e veloci. Dovete spargere questa notizia in giro e trovare più persone possibili che vi sostengano" spiegai a Jack, suo padre e gli altri uomini.

"Noi lo faremo, ma sarà sufficiente?" domandò Robert.

"Non lo so" dovetti ammettere amaramente io.

"Domani sera tornerò, ma sarà solo per gestire gli ultimi dettagli. Fra solo un giorno si terrà il processo" rabbrividii al pensiero di non riuscire ad essere abbastanza pronti.

"No, non tornare qua. Manda un messaggio all'anziano elfo, come ci hai detto tu, attraverso una serva del tuo castello. Ci incontreremo tutti alla baracca abbandonata. Lì decideremo ogni cosa, insieme" fu Jack a dirlo e tutti noi approvammo la sua decisione.

Io presi la cappa e la indossai, coprendomi il volto con il cappuccio, temendo che qualche abitante troppo mattiniero potesse riconoscermi. Non come Brida, ma piuttosto come Shayna, il che di sicuro non sarebbe stato lo stesso piacevole.

"A domani sera" salutai i miei compagni di cospirazioni (se così si poteva definire i nostri tentativi di prepararci una strategia per l'imminente processo) quando Jack mi fermò "Aspetta. Ti accompagno per un pezzo".

Avrei creduto di vedere suo padre fermarlo, ma non fu così.

"Va bene" dissi soltanto, sorridendo al giovane, mentre il cuore cominciava ad accelerare.

L'ultima cosa che vidi prima di uscire dall'edificio, fu un luminoso sorriso di Robert, che rappresentò per me la migliore ricompensa per tutti gli sforzi che stavo compiendo per rimettere a posto le cose.

"Ciao bel cagnolone" sentii poi Hugh chiamare il mio Mabari che stava già zampettando verso la meta che aveva imparato a raggiungere a memoria.
Io e Jack lo seguivamo entrambi silenziosi, nessuno dei due con il coraggio di prendere la parola per primo.
Poi ad un certo punto arrivammo vicino alla Chiesa. Lui si fermò, io senza accorgermi continuai ad avanzare di qualche passo.

"Brida" mi chiamò lui, io mi voltai.

Tornai indietro verso di lui, per esplorare ancora meglio con lo sguardo, quegli occhi così profondi che parevano riuscire a scrutare l'anima.
Nessuno di noi disse ancora nulla per molto tempo, rimanemmo solo così, incantati a guardarci l'un l'altro, mentre il sole stava ormai cominciando la sua lunga ascesa sull'orizzonte orientale.
Fui io a distogliere il mio sguardo da lui, proprio per perdermi nei raggi che stavano spuntando ad est, come per illuminare le nostre figure, ma presto lui catturò il mio volto tra le sue mani.

"Ti amo" mi confessò e poi mi baciò dolcemente.

Era la prima volta che me lo diceva, e mentre le sue mani si aggrappavano ai miei capelli, avvicinando i nostri due voli in un bacio ora più passionale capii che davvero avrei lottato con ogni mia energia per sistemare le cose, per rimanere con lui.
Quando ci separammo gli lanciai un luminoso sorriso. Non dissi nulla, qualsiasi mia parola sarebbe stato superflua.

Fu lui però ad iniziare a parlare prima che mi allontanassi "Perdonami" mi disse.

"Sono stato uno stupido a comportarmi così con te, io... Non avrei mai dovuto...".

"Qual è il tuo colore preferito?" così lo interruppi.

Lui mi guardò sorpreso, mentre sul mio volto rimaneva dipinto un dolce sorriso.
Io accarezzai lievemente il suo volto dai lineamenti duri.

"Il mio il rosso" gli dissi, riportando alla mente quel lontano discorso in cui lui aveva smorzato la tensione tra di noi in questo modo.

Jack sorrise, capendo che non mi doveva alcuna scusa. Poi mi diede un altro bacio.

"Sarò sempre qui per te, lo giuro" mi promise mentre già stavo andando a raggiungere il mio Mabari che annoiato mi stava aspettando.

"E io verrò da te. Sempre." mi limitai a rispondergli.

E nonostante non avrei mai creduto possibile pronunciare certe parole a qualcuno, sentii che in quel momento non esisteva bugia o esitazione o dubbio in quella mia semplice frase.
Perchè lui era ciò di cui avevo avuto sempre bisogno, e io lo amavo.

'Il tuo colore preferito è il giallo' pensai nel tornare momentaneamente nella mia camera, mentre già i servitori si accennavano a svegliarsi.

Sorrisi nel sedermi a letto.

'Un colore bellissimo'.
 


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Ecco il nuovo capitolo :) finalmente tutta la verità è stata rivelata e a brevissima averrà davvero questo fantomatico processo :) Come finirà? Chi avrà la meglio? Riusciranno a farsi ascoltare i nostri amici? Alla prossima!!

Ciaoo

 

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Capitolo 48
*** Momenti: Melodie del cuore ***


 
In un angolo dell’accampamento osservavo i miei compagni. Eravamo stanchi e desiderosi di riposo ma, infine, eravamo riusciti tutti a riunirci di nuovo qui, intorno al fuoco.
L’accampamento stava diventando quasi una seconda casa. Lanciai uno sguardo in alto e vidi in lontananza la Torre dei Maghi. Era stata una battaglia terribile quella che avevamo dovuto affrontare là dentro. Ripensai al momento in cui ero scivolata nell’Oblio e a quello che era accaduto dopo che ne ero uscita. Ripensai a cosa fosse diventato Uldred, un semplice mago che desiderava la libertà troppo ardentemente.

“Ha corrotto la sua anima, aspirando a ciò che non avrebbe mai potuto avere” aveva commentato il Primo Incantatore Irving dopo che l’avevamo liberato e portato di fronte al Comandante dei Templari, Greagoir.

“E così ha condannato tutti noi”.  Il suo pensiero ossessivo verso la libertà l’aveva condotto a questo. Non era qualcosa che per molto tempo avevo sentito bruciare anche dentro di me?

Cercai di respingere quei pensieri e voltai lo sguardo intorno a me. Il campo era tranquillo. Zevran chiacchierava con i due mercanti nanici;  Sten stringeva teneramente la sua spada appena recuperata, sentendosi completo solo dopo averla avuta tra le mani; il mio cane annusava le pozioni che Morrigan stava preparando, innervosendola visibilmente e Leliana e Alistair chiacchieravano intorno al focolare.
Ultimamente passavano molto tempo insieme e non avevo potuto fare a meno di notarlo.

“Forse dovreste chiederglielo” una voce interruppe i miei pensieri.

Una voce di una donna anziana che io avevo pregato di non unirsi alla nostra disperata missione, invano.

“Chiedere cosa, Wynne?” domandai alla maga.

Aveva scelto di seguirci comprendendo l’importanza della nostra missione ovvero unire popoli e razze differenti per combattere un nemico comune, la Prole Oscura. Aveva dimostrato di essere molto forte durante i combattimenti nella Torre, tuttavia non potevo fare a meno di sentire una sorte di preoccupazione nei suoi confronti. Era una donna anziana in cui leggevo spesso stanchezza nello sguardo. Era proprio necessario che si unisse? Non sarebbe stato più prudente per lei restare al Circolo? In alcuni momenti mi pareva così fragile e debole, mi ricordava tanto la vecchia Madre Maria, che aveva abitato nel castello di Altura Perenne quando ero ancora molto piccola. Saggia e gentile come lei. Ma avevo visto nella Torre che era in grado di cavarsela perfettamente nel combattimento e di mostrare delle potenzialità senza precedenti.

 “Chi è Goldanna. Dovreste domandargli della sua famiglia. Lui sa quello che avete visto e ve ne parlerebbe se voi solo osaste chiederglielo, esattamente come ne sta parlando con Leliana adesso”.

Avvertii una punta di gelosia per quella ragazza con la quale Alistair si stava confidando.

“Wynne, Alistair è figlio illegittimo di Maric. E’ l’ultimo erede della dinastia Thierin” non so perché glielo dissi.

Si era appena unita a noi ma sapevo di potermi fidare. Fu la prima a saperlo del gruppo ma di sicuro non fu l’ultima.

Un luccichio di sorpresa illuminò il suo sguardo grigio “Figlio di Maric… Quel ragazzo è più importante di quanto sembrerebbe, di quanto, forse, lui stesso vorrebbe”.

“Già” commentai io. Ripensai a quel sogno che avevo visto nell’Oblio.

E non potei fare a meno di chiedermi se si sarebbe mai potuto realizzare qualcosa di simile. Poteva l’ultimo erede della dinastia regnante davvero ottenere un destino così ordinario e qualsiasi? Alistair non era solo uno degli ultimi Custodi Grigi, lui era anche figlio di Re.
Era più importante di tutti noi nel gruppo, perché se si fosse arrivati ad uno scontro con Loghain, il suo sangue sarebbe stata la nostra arma più forte.

“Gli chiederò di Goldanna” promisi a Wynne “Ma voi ricordate questo: non so quale sarà il nostro destino, ma Alistair non deve morire. Costi quel che costi. Lui deve sopravvivere”.

Non sapevo cosa davvero sarebbe accaduto a tutti noi, ma comprendevo l’importanza politica che Alistair poteva avere. E comprendevo che andava protetto in qualsiasi modo. Wynne annuì e si allontanò.
Fissai ancora i due giovani che chiacchieravano e di nuovo mi sentii leggermente infastidita.  Alistair mi era sempre stato al fianco, fin dall’inizio di questa strana avventura.
Chissà se forse un giorno mi sarei dovuta separare da lui. Forse sarebbe diventato Re, avrebbe intrapreso tutta un’altra esistenza. Che pure, dopo aver visto il suo sogno, sapevo non desiderasse.
Non avrebbe mai desiderato.
 
 

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Una dolce melodia stava propagandosi dentro di me. La voce di Leliana era così soave ed era quello che tutti noi avevamo bisogno di udire, elfi e umani. Lanaya la nuova Guardiana aveva gli occhi chiusi e tutti, riscaldati dal fuoco, ci lasciavamo cullare da quell’armonia.
Presto mille voci elfiche si unirono a Leliana, quella era originariamente una loro canzone che noi uomini avevamo rubato e fatto nostra, come quasi tutto ciò riguardasse la razza elfica. Ma adesso nulla di questo aveva importanza. Ci sentivamo tutti sporchi di sangue e morte e quella canzone così pura pareva l’unica cosa in grado di unirci davvero.
Sangue e morte… Nuovamente avevo dovuto combattere, anche presso gli Elfi Dalish che mi avevano implorata di risanare la foresta, distruggere la minaccia dei lupi mannari che avevano cominciato ad aggredire il loro accampamento, in cambio del rispetto dei trattati dei Custodi Grigi. Ma nulla è mai come sembra, il bene non è mai da una parte sola, e anche questa volta avevo dovuto compiere una terribile scelta. Avevo ucciso Zathrian, il Guardiano Secolare di questo Clan Dalish, per liberare la foresta e i lupi dalla maledizione forgiata da Zathrian stesso. Di nuovo sangue, vendetta e dolore…
Di nuovo magia.

Aggiunsi la mia voce al gruppo e cantai come non avevo fatto da tempo, fin da quei giorni quando a sedici anni fuggivo di casa e mi esibivo in una piccola Taverna. Mi lasciai andare completamente e seguii quel ritmo che da lento incalzava, sentendomi parte di qualcosa.
Sentendomi per un attimo solo serena. Molti elfi erano morti, molti avevano dovuto scontare la pena di un’antica e terribile maledizione voluta per odio e vendetta. Ora però la foresta era libera, ora ogni cosa era di nuovo al suo posto.
Solo nel mio cuore continuava a persistere un turbinio di sentimenti che non riuscivo a governare. Mi ero di nuovo dovuta schierare ma soprattutto avevo compreso con i miei stessi occhi l’inutilità della vendetta. Chi compie il peccato forse la merita, ma addirittura la loro progenie? Potrei mai io desiderare qualcosa di simile?

‘Sì, lo desideri. Non mentirti’.

Era la verità, avrei voluto distruggere la vita di Eamon nello stesso modo in cui lui aveva distrutto la mia e questo mi faceva sentire sporca.
Mi faceva sentire in errore.
La musica smise e la Guardiana si rivolse a noi tutti con un accorato discorso per ringraziarci dell’aiuto dato a lei e al Clan.
Eppure io non stavo nemmeno ascoltando davvero le sue parole. Il mio sguardo di nuovo cercava i membri del mio sgangherato gruppetto.
Vidi Wynne, insieme al suo ex-discepolo Aenerein che avevamo trovato nella foresta e che ci aveva aiutato a superare parecchie difficoltà. Tutti sbagliano, anche i migliori, anche coloro che sono per noi degli esempi da seguire e rispettare, come lo era Wynne per me. Ma non per tutti può esistere un perdono, non per tutti può esistere la redenzione.
Per Wynne certamente sì.

Mi tornò alla mente il suo sguardo nella foresta, lei che rifulgeva come luce.
Uno spirito le aveva permesso di vivere ancora, questo mi aveva confessato poco dopo, le aveva dato una seconda possibilità. E lei l’avrebbe usata per combattere la Prole Oscura, la terribile minaccia che incombeva sul Ferelden, sul Thedas intero.
E che io e Alistair dovevamo sconfiggere. Lei credeva in noi, credeva in me, e questo mi dava molto coraggio.
In quel momento un fragoroso applauso interruppe i miei pensieri. La Guardiana aveva concluso il suo discorso e Alistair si era avvicinato a lei per ringraziarla personalmente. Mi feci avanti anch’io.

“Il vostro aiuto sarà davvero importante contro la Prole Oscura. Ogni popolo, ogni individuo dovrà rendersi utile, nonostante i nostri attriti, per poter metter fine al Flagello” stava spiegando alla Guardiana.

Io mi limitai a sorridere. Sapevo che stavamo chiedendo moltissimo a quel Clan visto che avevamo ucciso noi stessi il suo Guardiano, eppure Alistair aveva ragione. Ognuno di noi doveva collaborare, non c’era altra soluzione.

“Venite, voglio farvi vedere una cosa” Lanaya ci guidò lontani dal focolare centrale dell’accampamento Dalish. Io mi guardai intorno estasiata mentre passavamo vicino alle statue e alle costruzioni degli elfi della foresta.

Uno strano silenzio si era materializzato tra noi, un silenzio che sapeva di pace ma anche di saggio e antico. Le statue che i Dalish adoravano come Dei brillavano sotto la luce della luna ed emanavano un fascino senza uguali. Pareva di essere precipitati in un altro mondo e nonostante avessi già trascorso più di un giorno in quel luogo, era la prima volta che avevo avuto l’occasione di osservare così bene il campo.
Un rumore catalizzò la mia attenzione: in breve tempo avevamo raggiunto il recinto degli Halla, strane creature cavalcate dagli elfi. Lì vi era anche Elora, l’elfa del Clan che si occupava di questi bizzarri e misteriosi animali.
Creature che si facevano avvicinare e toccare solamente dagli elfi.

Difatti cominciò a serpeggiare una certa agitazione in mezzo a loro mentre due umani, io e Alistair, si avvicinavano.
Ma non erano gli Halla ciò che la Guardiana voleva mostrarci.
Elora era infatti inginocchiata ed intenta ad occuparsi di un altro essere.
Un animale che io riconobbi. ‘Quel lupo’ pensai nel vederlo.
I nostri occhi si incrociarono per un secondo. Occhi verdi, come lo erano i miei.

L’avevo trovato nella foresta, ferito e malandato. E nonostante io stessi dando la caccia a dei lupi, dei lupi mannari, avevo chiesto ad Aenerein di riportarlo al campo. Solo per quegli occhi, così uguali a quelli di mio fratello. Una sciocca coincidenza aveva commosso il mio cuore, ed ora era lì, curato e riportato in forze da degli elfi che avrebbero dovuto odiare quell’essere, considerato quanto dolore dei lupi avevano causato al loro Clan.
E invece no, sapevano rispettare la natura, amarla così com’è, senza volerla piegare a sé, senza voler interferire. Era un sentimento così estraneo alla razza umana, così lontano dalla nostra perfetta società civile. Eppure anch’io l’avevo avvertito nel cuore, un giorno molto lontano.

Mi piegai verso l’animale e d’istinto lo carezzai. “Brida, attenta…” Alistair cercò di fermarmi ma subito si bloccò vedendo che l’animale non era spaventato da me, anzi. Parve godere del mio gesto di tenerezza.

“Elora l’ha curato. In poco tempo tornerà in forze, volevo solo farvelo vedere visto che siete voi che l’avete salvato” gli occhi della Guardiana mi scrutarono nel profondo mentre pronunciava queste parole.

Si rivolse a me “Voi, Brida, siete diversa da molti umani che ho incontrato. Avete rispetto per cose che gli uomini di solito non rispettano”.

Io le sorrisi per ringraziarla. Lei continuò “E’ raro che un animale si comporti così con un umano, ma sapete… lui vi deve la sua vita e farebbe di tutto per sdebitarsi con voi. Vi seguirebbe ovunque, per questo ho voluto mostrarvelo”.

“E’ un lui?” domandai continuando a coccolare l’animale che non mostrava alcun segno di aggressività nei miei confronti.

“Un giovane lupo maschio” confermò Elora.

“Che dite Alistair? Nella nostra bizzarra compagnia ci starebbe bene anche un lupo, no?” ridacchiai mentre vidi il mio amico Custode impallidire al pensiero.

“Ehm… Non sono sicuro sia proprio una buona idea” commentò preoccupato.

Io di nuovo spostai il mio sguardo sugli occhi verde smeraldo dell’animale. Erano vividi e pieni di giovinezza, di speranza. Fecero tornare a galla un vecchio ricordo. Mi alzai in piedi.

“Sapete Alistair… Un giorno un ragazzo mi definì come un lupo selvaggio” ridacchiai al pensiero di quel confronto, era stato Thomas a chiamarmi così, molto tempo fa.

“Disse che ero nobile e fiera e questo, secondo lui, mi rendeva simile ad un lupo. Ma un lupo non è questo. Un lupo è libero e privo di vincoli. Imprevedibile forse, impulsivo e sempre istintivo. Ed è questo che anch’io sono” spostai il mio sguardo su Lanaya.

“Fergus deve essere libero. Non lo priverei mai di questo dono”.

“Fergus?” domandò incuriosito Alistair sapendo che era il nome di mio fratello.

“Ha i suoi occhi, i miei occhi… E chissà, forse vagando nella foresta lo troverà. Per quanto sia assurdo io sento che lui è ancora vivo. Là fuori, da qualche parte” spostai il mio sguardo in direzione della fitta boscaglia.

Non eravamo troppo lontani da Ostagar e, tuttavia, non avevamo il tempo per davvero metterci a cercare mio fratello. Anche la sua vita era passata in secondo piano rispetto al Flagello e alla Prole Oscura. Era qualcosa che avevo imparato ad accettare e che non potevo mai permettermi di dimenticare.

“Se è questo quello che volete, lo lasceremo andare appena sarà in forze. Se tuo fratello è scomparso, qui nei dintorni, lui lo troverà. E’ suo dovere ricambiare il favore che tu gli hai due volte concesso, salvandogli la vita e lasciandolo libero. Lui non lo dimenticherà mai” disse la giovane, eppure già molto saggia, Guardiana.

“Grazie Lanaya”.

“Io, se non vi dispiace, rimango qui un attimo con Elora. Voi potete pure raggiungere i vostri amici”.

“Certamente, grazie di tutto” di nuovo espressi la mia gratitudine verso la Guardiana.

Poi io e Alistair ci allontanammo diretti di nuovo verso il focolare.
Camminavamo silenziosi, uno al fianco dell’altra.
Io, quasi per sbaglio, lanciai uno sguardo nella sua direzione e per la prima volta notai i suoi occhi nocciola, così brillanti nonostante fossimo immersi nell’oscurità. Così veri.
 Arrossii un attimo accorgendomi cosa stava accadendo, in che modo sognante lo stessi fissando, e velocemente distolsi la vista.

 “Alistair” presi parola per cercare di distogliere la mia attenzione da quanto era appena accaduto.

“Sì?”

“Io… posso chiedervi una cosa?”

C’era una questione che ancora tormentava il mio cuore, qualcosa che dovevo chiedergli.

“Certo” disse sorridendo.

“Chi è Goldanna?”

“Mia sorella” rispose semplicemente e cominciò a raccontare.

E mentre parlava lo osservavo, sorridendo. Fingendo di non capire, di non avvertire quello dentro di me cresceva piano piano.
Fingevo perché ne avevo paura, perché riportava a galla ricordi lontani.
Di quando ero stata più giovane e ingenua e avevo creduto nell'amore, nonostante io e lui fossimo così diversi, appartenessimo a due mondi così distinti. 
Ma Alistair? Era un Custode o un Re? 
Era simile a me o completamente diverso? 
Mi facevo queste domande, credendo fosse semplice curiosità. 
E invece non lo era, e presto l'avrei capito da sola.


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Ah l'amour :) scusate il ritardo. Ho voluto dedicare questo capitolo ad un ricordo, uno dei primi momenti con Thomas, e ad Alistair e Brida, mentre si conoscono e si legano sempre di più... 


Spero vi sia piaciuto, ciaoo!

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Capitolo 49
*** Storie del passato ***


 

L'aria era calda quella mattina. Gli uccelli parevano intonare i loro canti migliori e le piante risplendevano di verde vivo, alla chiara luce del sole.

Io intanto tenevo ancora la lettera di Riddle tra le mani. Lui non era a conoscenza di tutti gli ultimi trascorsi, nemmeno immaginava quante cose fossero accadute rispetto a quanto gli avessi scritto nella lettera che gli avevo inviato settimane prima. Non sapeva di quanto era successo a Petrice e del processo eppure nella sua lettera avevo potuto scorgere parole che mi avevano dato forza. "Non temere nulla" c'era scritto.

"Agisci come credi e cerca di essere meno impulsiva".

Sorrisi tra me e me nel leggere queste frasi. Ormai era troppo tardi per questo, ma certo era un consiglio che forse avrei dovuto sempre tenere in mente.

Dalle mie azioni spesso impulsive e affrettate le conseguenze erano state disastrose e catastrofiche eppure... nel leggere il messaggio di risposta di Riddle mi accorsi che non rimpiangevo tutto, o almeno non completamente.

Ora lui aveva trovato un lavoro, stava anche uscendo con Nigella, l'elfetta che l'aveva fatto arrossire durante la mia "gita" all'Enclave.

Avevo davvero sbagliato così tanto? In fin dei conti la sua vita stava migliorando, e se fosse potuto accadere lo stesso a me, a Jack, a Kai e agli altri? A Pet?

'No' pensai dentro di me.

Mi bastava pensare alla lettera fredda e glaciale di Petrice per capire che la sua vita era stata stravolta, che non sarebbe mai più stata come prima, e che era stata solo colpa mia.

'Alcune cose migliorano, altre peggiorano. Ma è inutile piangersi addosso, i sensi di colpa non servono a nessuno' mi dissi nel piegare la lettera e nel riporla dentro una delle tasche del vestito che indossavo quel giorno.

Mi girai poi verso la grande finestra della balconata e rientrai nel castello.

'Ora devo rimanere concentrata' mi ordinai.

Perchè mancava poco, meno di un giorno al processo e io non sapevo ancora cosa davvero potessi fare. Avevo già consegnato il messaggio diretto all'Anziano dell'Enclave, allo stesso servo elfico che Alfred aveva utilizzato per mettersi in contatto con me il giorno precedente, e ora non riuscivo più a trovare un'occupazione per trascorrere la giornata senza sentirmi inutile

Avrei dovuto solo aspettare ma non era semplice. Aspettare che anche questa giornata terminasse.

'E poi?' mi chiesi dentro, mentre silenziosa scendevo le imponenti scale del mio castello.

'Al processo non potrò mostrarmi in pubblico o mi riconosceranno, ma non posso neanche nascondermi, di nuovo'.

'Cosa posso fare?'

Continuai a camminare in lungo e in largo per le varie sale del palazzo con questi frustranti pensieri in testa mentre i vari servitori e tutto il castello si muoveva intorno a me, come invisibili spettri che nemmeno riuscivo a scorgere.

Solo ad un certo punto avvertii di aver calpestato i piedi di qualcuno "Lady Brida!" mi sgridò una familiare, irritante voce.

"Scusatemi Madre Mallol" spostai i miei piedi dalle sue scarpe lucide e ben curate.

"Come al solito distratta, a camminare avanti e indietro. Possibile non possiate stare ferma per un attimo?" mi sgridò la donna.

Non ero proprio dell'umore adatto, anche se stavolta ero io nel torto.

"Starò più attenta, scusate" le dissi cercando di evitare di prolungare una conversazione che di sicuro non avrebbe fatto piacere né a me né a lei.

"Non dovete preoccuparvi così tanto" continuò lei, mentre io la stavo già per superare.

"Come?" le domandai girandomi verso di lei.

"Il Creatore non ama questo tipo di avvenimenti. Domani qualcuno morirà e a nessuno fa piacere ciò. Ma vostro padre deve giustizia al suo popolo, e il popolo l'avrà" si rivolse verso di me, con un tono meno rigido del solito.

Stava cercando di... consolarmi?
"E se mio padre si sbagliasse? E se tutto ciò fosse solo un terribile errore?" chiesi alla giovane donna di fronte a me.

"Il Creatore guiderà le sue decisione e vostro padre agirà nel migliore dei modi" mi rispose lei, senza mostrare alcuna indecisione.

"Voi non avete risposto alla mia seconda domanda" le feci però presente, senza distogliere i miei occhi dai suoi.

Di un castano intenso, brillavano di decisione e determinazione. Perché quella donna riusciva sempre ad essere così certa nelle sue posizioni? Così assolutamente sicura nelle sue risposta e nei suoi pensieri?

Inaspettatamente avvertii dentro quasi dell'invidia. Non per il suo carattere, non per il suo essere completamente odiosa e nemmeno per avermi portato via Maestro Bryce. Queste erano le ragioni che la rendevano insopportabile ai miei occhi. La invidiavo solo perché avrei voluto avere anch'io tutte le sue certezze e la sua determinazione, una volta nella vita.

"Lo sapete meglio di me che qualcuno deve essere colpevole di qualcosa, che non può trattarsi di un errore. E sono sicura che la risposta meno probabile sia quella più veritiera" disse facendo qualche passo verso una finestra laterale dalla quale entrava una luminosa luce primaverile.

"Cosa intendete dire?" le chiesi, cercando di scrutare per la prima volta in vita mia tra i suoi pensieri.

"Una donna arriva alla nostra corte, con una fama che certo non lascia indifferenti. E improvvisamente tutto ciò accade, coincidenze?" si voltò verso di me, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso amaro.
La bocca mi rimase aperta per qualche secondo mentre mi stupivo che lei stesse suggerendo che la vera colpevole di questa storia fosse Aisha, la Tayka.

Esattamente come la pensavo io.

"Chiudete la bocca o vi entreranno delle mosche" disse lei tornando ad assumere le sue solite maniere antipatiche.

Poi fece qualche passo per allontanarsi da me "Quegli uomini sono innocenti" le dissi in aria decisa costringendola a girarsi ancora nella mia direzione.

"Ne sono consapevole" ammise lei.

"Perché allora? Perché tutto questo?" chiesi più a me stessa che a lei.

"Vostro padre è stato costretto. E ora non c'è più nulla da fare, se non pregare" mi rispose.

"Ma domani potrebbero morire degli innocenti. E se così non accadesse, se fosse quell'altra donna a morire, i nostri rapporti con Antiva verrebbero completamente compromessi e poi..." cominciai a farneticare.

"Pregate, è l'unica cosa che potete fare." mi fermò lei. "Pregate per gli uomini nelle segrete, per coloro che domani li sosterranno. Pregate per Oriana, per Fergus e per loro figlio ancora in grembo. Pregate per vostra madre e per vostro padre. Pregate affinché la luce della verità rischiari il suo cuore, nella mattina di domani. Ma soprattutto pregate per quella donna, colei che ha dato vita a tutto questo." si rivolse a me solennemente.

Io la guardai confusa.

"Pregate affinché il Creatore la perdoni. Pregate perché vi salvi dal divenire come lei. La libidine e la lussuria, gli inganni e i tradimenti l'hanno forgiata e saranno queste a punirla infine" concluse con aria dura.

Madre Mallol era sempre stata una giovane donna severa e autoritaria. Con una forza nella voce che in pochi potevano possedere e io l'avevo sempre odiata per questo.

Eppure era la prima volta che le sentivo dire tali parole.

"Voi... voi la conoscete?" le domandai, senza nemmeno lamentarmi del fatto che non pregavo più da tempo e difficilmente l'avrei fatto. Per odiare così tanto quella Aisha doveva per forza conoscerla o no?

"Nessuno può davvero conoscere donne del genere, non fino in fondo. Ad Antiva le chiamano Tayke, qui nel Ferelden non hanno un nome. Eppure sono sempre presenti. Nobili o contadine, non ha importanza sono tutte uguali. Ingannatrici e seduttrici, strisciano in mezzo alle famiglie altrui e le rovinano" rispose alla mia curiosità.

"Voi ne avete mai incontrata una? Avete mai incontrato una donna simile?" continuai a domandare.

Lei abbassò per un secondo lo sguardo e mi parve di leggerci qualcosa che non era odio, che non era tristezza, era solo la completa consapevolezza che non valesse la pena provare nulla. Nulla nei confronti di certe persone.

Vi era anche la sua durezza, la durezza che l'aveva sempre contraddistinta e che ora si dipingeva di ricordi e lontane immagini.

"La incontrai. Era abile con la lingua, selvaggia e capace di ottenere tutto quello che desiderava con un sorriso. Vestiva come voleva, preferiva le armi all'ago e gironzolava intorno a tutti gli uomini del mio villaggio. Mi portò via mio padre, e l'amore che lui provava per me e per mia madre" mi rivelò, inaspettatamente.

"Era?"

Lei spostò i suoi occhi sui miei e piegò le labbra sottili in un amaro sorriso "Il Creatore la punì, punì entrambi, mio padre e lei. Il fiume che avevano tentato di navigare per fuggire li riportò a riva, senza vita. Avevo pregato per la loro morte e il Creatore mi aveva regalato questa soddisfazione. Da quel giorno chiedo sempre perdono per aver desiderato una cosa così terribile. Sono entrata a far parte delle Venerate Madri solo per espiare questa mia colpa. Ma da tutto ciò mi è stata insegnata una cosa fondamentale: infine il Creatore punirà tutti coloro che lo meritano. Pregate Brida e verrete esaudita, pregate." concluse allontanandosi da me a passi veloci.

Io non riuscivo quasi a credere alle mie orecchie. Era questo il passato dell'odiosa Madre Mallol? Di colei che mi aveva rovinato la vita?

Provai pena per lei. Aveva commesso molte colpe nei miei confronti e mi era sempre stata avversa. E per qualche motivo?

Mossi i miei occhi verso la finestra in cui la giovane donna si era riflessa prima di allontanarsi 'Abile con la lingua, selvaggia... vestiva come voleva, preferiva le armi all'ago' sentii risuonare nella mia testa le sua parole. E improvvisamente compresi, mentre osservavo l'immagine del mio volto riprodotto sul vetro della larga finestra.

'Ma questa... sono io'.

Mi girai indietro improvvisamente come se volessi sfuggire da me stessa, alla ricerca del suo viso, ma Madre Mallol si era già allontanata da tempo.

Per un attimo scusai la sua determinazione, il suo odio. Per un secondo mi parve di capire perchè mi avesse sempre disprezzato.

Ma io non ero una Tayka, non ero seducente e nemmeno mi interessava impossesarmi degli occhi e dei cuori degli uomini. Io ero diversa e non avevo mai meritato tutto quello che Madre Mallol mi aveva fatto.

Non potevo però negare di essere abile nel mentire e nell'ingannare gli altri. L'avevo fatto, lo stavo facendo tutt'ora verso la mia famiglia.

'Io non sono come Aisha. Io non sono come la donna che ha rovinato la vita a Madre Mallol' mi dissi con forza.

Le mie bugie erano sempre state a fin di bene e non erano mai servite per il male di qualcuno. Anche se, senza volerlo, lo avevano spesso causato. Toccai la tasca in cui portavo la lettera e mi ricordai improvvisamente della promessa silenziosa che mi ero fatta prima del dialogo con Madre Mallol.

'Devo rimanere concentrata'.

Dovevo solo stare attenta e sperare in bene.

'Forse pregare?' mi chiesi per un attimo dentro la testa.

No, quella non sarebbe stata la risposta. Madre Mallol aveva ottenuto vendetta così, ma non sarebbe accaduto lo stesso anche con me.

Dovevo agire e non piegarmi.

Dovevo credere nei miei amici e ottenere giustizia.

Perchè quella donna meritava di essere punita.

 

 

 

 

Nessuna insegna mi salutò quella sera.

Fu una catapecchia quella in cui entrai, la stessa in cui mi ero incontrata con Alfred la sera precedente, accompagnata dal mio fedele e, ormai silenzioso, Mabari.

Eppure al suo interno la trovai molto più piena.

C'erano proprio tutti, Hugh, Robert, Jared, Frank, Alfred e Lya, l'elfetta che aveva tra le mani la prova più schiacciante della falsità delle affermazione della Tayka, Aisha.

E sembravano già essere immersi in una discussione abbastanza animata.

"Non potevamo fare di più di così, alla gente davvero non gli importa nulla di chi si trovi in prigione, di chi finisca impiccato!" protestò Jack ad alta voce.

"Sì, lo so... Ma li avete guidati una volta, potevate di nuovo..." cominciò Alfred con aria più rilassata.

"Abbiamo anche promesso dei soldi, abbiamo fatto davvero di tutto. Io sono un mercante, ho contatti e abbastanza denaro ma non posso fare i miracoli" cercò di spiegare Jared.

"E poi senza Steve le cose stanno andando solo peggio. Grazie ad una donna ci siamo messi in affari e ora per colpa di un'altra finiremo per chiudere tutto. Maledizione!" terminò sbattendo violentemente la mano chiusa a pugno sul tavolo e facendo così sussultare la povera Lya che si trovava seminascosta, in un lato in ombra della stanza.

"Manteniamo la calma vi prego" cercò di ricomporre la situazione Alfred, nel mentre in cui il mio Mabari si avvicinava incuriosito ad ognuno dei presenti ed io mi dirigevo verso il tavolo intorno al quale erano tutti seduti. Al centro vi erano due candele ormai in parte  consumate che illuminavano fiocamente il piccolo abitacolo.

"Ehi" salutai, cercando uno sgabello in cui sistemarmi anch'io "Le cose vanno davvero così male?" domandai mentre Jack mi lanciava uno sguardo carico di preoccupazione.

"Non siamo riusciti a trascinare la gente come abbiamo fatto il giorno della protesta. Il problema è..." cominciò lui senza finire la frase.

"Il fatto che siamo degli elfi, non è vero?" terminò per lui l'Anziano Alfred, che nonostante il titolo era tutt'altro che un vecchio indifeso.

"Le persone non vogliono credere alla parola di Lya. Finché abbiamo urlato che Aisha è una bugiarda e che sta mentendo tutti ci hanno ascoltato, ma poi... Quando ci hanno chiesto come facevamo a dirlo, nessuno ha più voluto crederci" spiegò Jack.

"Ci hanno riso in faccia" concluse amaramente Frank.

"Non avete trovato proprio nessuno ad aiutarvi?" chiesi temendo davvero che avremmo dovuto affrontare il processo senza neanche l'alleanza del popolo.

"Qualcuno sì. Famigliari, amici. Ma non so quanti siano davvero disposti ad andare fino in fondo. Temo pochi" amaramente si ritrovò a riconoscere Jared.

"Nemmeno la mia fata ha voluto ascoltarmi" aggiunse Frank, ricevendo un'occhiataccia da parte di tutti gli altri presenti.

"C'era anche lei tra la folla, ne sono sicuro!" protestò lui.

"Mia moglie ha parlato in giro" intervenne il silenzioso Hugh dicendo un numero di parole, una dopo l'altra, che raramente si udiva uscire dalle sue labbra.

"Ma forse non basterà" commentò Jack. La moglie di Hugh era una famosa pettegola, tuttavia non era detto che fosse riuscita davvero a convincere qualcuno a seguirci.

"Dobbiamo comunque provare" intervenne deciso Alfred, prima che qualcuno replicasse alle parole di Frank.

"Avete avvertito i vostri amici di quanto accadrà domani?" mi chiese l'Anziano dell'Enclave.

"Ho detto loro ogni cosa. Erano stupiti, ma anche felici di sapere che non li avevamo abbandonati" risposi.

Avevo riacceso la speranza nei loro volti e nei loro animi, promettendo loro che avremmo avuto alleati, prove.

Ma non ero più così certa che ce l'avremmo fatta, almeno non con il piano che stavamo mandando avanti.

Improvvisamente era calato il silenzio in mezzo all'intero gruppo di persone, interrotto solo dai respiri veloci del mio Mabari che gironzolava tranquillamente per l'abitacolo.

Io guardai i miei compagni confusa "Allora?" ad un certo punto domandai.

"Io sono qui, ditemi cosa devo fare. Ditemi come posso aiutarvi" per quale altro motivo ero giunta se non per discutere con loro di quanto ognuno di noi avrebbe dovuto fare per il giorno successivo?

"Lady Brida" cominciò Alfred a parlare ma da come aveva pronunciato il mio nome capii cosa volesse dire.

"Posso esservi utile! Posso fare davvero qualcosa. Non vorrete dirmi che il piano è solo questo, vero? Vi presentate lì, fate parlare Lya e sperate che mio padre vi creda mentre io osserverò il tutto dalla finestra della mia camera?! Dobbiamo fare di più" mi accorsi solo in ultimo di essermi ormai alzata in piedi e di star urlando ogni singola parola.

"Non fate rumore, vi prego. Qualcuno potrebbe sentirci" cercò di riportare la calma nella stanza l'elfa.

"Non c'è nient'altro che possiamo fare giovane Lady." per la prima volta da quando ero arrivata nella vecchia catapecchia Robert cominciò a parlare "Questo è tutto quello che abbiamo in mano, le parole di un'elfetta".

"Avete il mio sostegno e anche quello di alcune persone all'interno del castello" continuai, non arrendendomi al fatto che davvero dovevamo farci bastare solo la testimonianza di Lya.

"Qualcuno ci appoggia?" chiese stupito Jack.

"Madre Mallol e anche la moglie di mio fratello. Entrambe credono che Kai e gli altri non siano colpevoli. Anche Ser Gilmore, il capitano delle guardie e il Primo Cavaliere di mio padre, ha qualche sospetto nei confronti di Aisha" spiegai.

"E ci aiuteranno?" chiese con voce calma ma allo stesso tempo ferma, Alfred.

Avrei tanto voluto dire di sì, ma sapevo non era così. Mia cognata aveva troppa paura di quanto sarebbe potuto accadere con la morte di una sua connazionale così importante, Madre Mallol si sarebbe limitata a pregare e Ser Gilmore, così devoto e fedele a mio padre, non avrebbe in nessun modo cercato di offuscare il giudizio del Teyrn con i suoi dubbi personali.

Abbassai lo sguardo sconsolata e scossi il capo lentamente.

"Come pensavo" si ritrovò a concludere l'elfo.

Solo a quel punto io rialzai i miei occhi, accesi nel loro verde intenso di determinazione.

"Voi avete me. Sono la figlia del Teyrn e so cosa è accaduto. Io sono Shayna, io so che quella donna mente" dissi certa nelle mie parole.

"Non dirai nulla" mi intimò Jack, con forza. Guardai dentro il suo sguardo cupo.

"Sì, invece. Io vi posso aiutare, sono la vostra ultima speranza" conclusi spostando poi i miei occhi su Alfred e Robert.

"Shayna non sa dove sono i mercenari, Shayna non era lì quella sera e non sa cosa può essere accaduto." cercò di farmi ragionare Alfred.

"Se anche tu rivelassi chi sei stata, cosa cambierebbe?" domandò poi Jared rivolto verso di me.

"Cambierebbe tutto! Imporrei ad mio padre un ultimatum, o la vita di quella donna o la mia. Lui non avrà scelta" continuai decisa.

"Pensi che tuo padre accetterebbe un tale ricatto? Proprio lui che, a detta tua, crede nella giustizia" mi rinfacciò senza troppi complimenti Jack.

"Mio padre non metterebbe mai a rischio la mia vita" risposi.

"No, lui ti rinchiuderebbe nella tua casa. Obbligherebbe tutti noi all'esilio e tratterrebbe Kai e gli altri in prigione insieme alla megera" parlò Robert.

"E nel momento in cui venisse fuori che anch'io ti ho aiutata, non esiterebbe a punire severamente tutti gli elfi. Finirei anch'io probabilmente nelle segrete del tuo castello" aggiunse Alfred.

"E io verrei giustiziato" concluse Jack.

Io lo guardai senza capire "Non gli direi di noi" cercai di spiegare.

"Ma lo farei io. Confesserei di averti sedotta o ingannata e di averti obbligata a venire ogni sera alla taverna a cantare per il piacere degli ospiti" continuò con lo sguardo perso nel vuoto mentre io non riuscivo a vederne il motivo.

Poi spostò i suoi occhi su di me "Credi davvero che permetterei a tuo padre di rinchiuderti e di trattarti come se fosse colpa tua? Preferirei morire che saperti lontana e costretta a piegare la tua volontà a quella di tuo padre" mi rivelò lasciandomi senza parole.

Era disposto addirittura a morire solo per evitare che mio padre si infuriasse con me, era disposto a morire per me.

Eppure io avevo promesso. Avevo promesso ai miei amici che me ne sarei uscita dalla loro vita, l'avevo fatto in un momento in cui credevo Jack mi odiasse, questo era vero, però dentro di me sapevo che forse era la scelta migliore.

La più dolorosa, la più terribile e l'unica che tuttavia sapevo non avrei mai avuto la forza di prendere. Non sarei davvero mai riuscita a lasciarlo.

"E allora cosa posso fare? Cosa possiamo fare?" domandai scoraggiata.

Nessuna risposta giunse alle mie orecchie.

"Rinuncerei ad ogni cosa. Al mio titolo, al mio nome a ogni cosa per poter mettere fine a questa storia nel modo migliore" mi ritrovai ad ammettere ad alta voce, con lo sguardo basso.

"Lya farà il possibile, tutti noi lo faremo" cercò di farmi forza Alfred, con la sua voce calda e sempre serena.

"Lo sai giovane Lady perchè la mia taverna si chiama 'L'orso sbronzo?'" domandò rivolto a me Robert dopo che noi tutti avevamo trascorso un interminabile numero di secondi in silenzio.

Io lo guardai con aria interrogativa.

"Perchè?" gli chiesi.

"Non lo sa nessuno. Questa locanda era appartenuta a mio padre e al padre di suo padre, e così per molte generazioni. Per un periodo l'ho lasciata, andando con i miei fratelli a Denerim, forse mio figlio te ne avrà parlato" io annuii, lanciando uno sguardo a Jack, di fianco a me.

"Ecco. Nessuno sa da dove provenga questo nome. Probabilmente un mio antico parente deve essere stato un tipo come Hugh, silenzioso e burbero. Potrebbe essere, che ne dici vecchio mio?" andò avanti a raccontare dando una forte pacca sulla schiena poderosa di Hugh che reagì con un semplice suono gutturale che doveva essere una specie di affermazione.

"Ma di ipotesi se ne possono fare un milione di altre, nessuno sa la verità" continuai ad ascoltare le sue parole, incuriosita da quale fosse il punto di tutto quel discorso.

"Dove vuoi arrivare, padre?" lesse i miei pensieri Jack, formulando i miei interrogativi ad alta voce.

"Fra anni e anni forse tutta questa storia andrà dimenticata, la gente non si ricorderà di questo processo qualsiasi siano le conseguenze. Perchè noi siamo persone povere e umili e veniamo facilmente dimenticati. Ma lo stesso non accadrà se si scoprisse di te, giovane Lady, e di come tu sia entrata a far parte di tutta questa vicenda" io continuai ad osservarlo silenziosa, leggendo una grande amarezza nelle sue parole.

"Tu sei la figlia del Teyrn. Se tuo padre venisse a sapere di te e di mio figlio, di noi, degli incontri e di tutte queste cose, non solo ognuno di noi rimarrebbe segnato  a vita, ma anche il tuo nome e il nome di tuo padre. Gli scandali rovinano i paesi e le persone. Non potresti più sperare in un matrimonio o in un futuro da Lady." concluse.

"Non voglio sposarmi e riguardo al resto, ci rinuncerei tranquillamente" ribattei "Se davvero servisse lo farei" continuai decisa.

"Forse tu rinunceresti a tutto ciò, non lo nego. Ma neanch'io posso permettertelo. Ho già perduto una figlia, vittima di uomini crudeli. Non perderò Jack, non perderò la mia vita. Tu questo ora devi promettere davanti a tutti noi, che non compirai gesti sconsiderati, che non intralcerai in nessun modo i nostri piani. Perchè se si scoprisse delle tue fughe e di quello che stai facendo, qualsiasi posto ci accoglierebbe come coloro che hanno ingannato la giovane ingenua Lady, per ottenere il suo aiuto, e i nostri nomi, se forse non diverrebbero eterni, resterebbero comunque per tutto il tempo della nostra vita legato allo scandalo che ne risulterebbe e a te" rispose in tono severo.

"E non è questo che desidero. Voglio che la mia taverna rimanga anonima e con un nome dalle origini sconosciute. Voglio tornare alla mia vita di prima, in qualche modo. Lo devo a Pet, ai miei fratelli e a mia moglie" disse con tono sentito, mentre il suo volto rimaneva duro e determinato.

Non si trattava di rinunciare ad agire, era solo provare a comprendere quale fosse la via migliore per tutti.

E se volevo veramente rendermi utile dovevo fidarmi dei miei amici.

Di Jack e di suo padre, di Alfred e della giovanissima Lya.

Di tutti loro che avevano fatto tanto per me e che continuavano a starmi al fianco nonostante tutto.

“Agisci come credi e cerca di essere meno impulsiva” mi vennero d’improvviso in mente le parole di Riddle. Aveva ragione, dovevo cercare di essere più razionale e di affidarmi a chi cercavo di aiutare, invece di comportarmi in maniera istintiva e sciocca.

Quindi annuii semplicemente, rivolta a Robert, e ascoltai silenziosa il piano che avevano deciso di mettere in atto. Decisi, per una volta, di farmi da parte.  

Per loro, per Petrice, per Jack.

Per non combinare altri guai e salvare la vita dei miei amici imprigionati.

Il processo incombeva e noi eravamo pronti. 



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Scusate se tiro un po' in lungo ma bisognava aggiungere ancora qualche pezzettino al puzzle ;) Ormai siamo agli sgoccioli... finirà bene per i nostri amici? Riusciranno a salvarsi? E Brida si terrà davvero fuori dai guai come dice? :) 

Alla prossima! 

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Capitolo 50
*** Momenti: Ingannatori e Assassini ***


 
Mi accostai al bancone e sorseggiai della birra che mi era stata da poco portata.
Era stata una lunga giornata e faticavo ad accettare il fatto che mi sarei dovuta trattenere più a lungo di quanto pensassi, nella lucente e pietrosa Orzammar, la città dei nani.

Il trono era vacante e la scelta tra i due candidati, Bhelen e Harrowmont, pareva sarebbe durata ancora a lungo.
Nemmeno il fatto che io avessi sconfitto Javia, una delinquente che aveva cominciato a guadagnare troppo potere nelle strade di Orzammar, aveva cambiato di molto la situazione. Di nuovo non ero stata ascoltata, quando avevo avvertito tutti della pericolosità di un Flagello e della rinascita di un Arcidemone. Di nuovo dovevo combattere per poter ottenere l’aiuto che spettava a me, ai Custodi, di diritto.

‘Come fanno a non capire? Come possono non realizzare l’importanza della nostra missione? Dobbiamo essere tutti uniti, soprattutto ora, soprattutto qui’.

Le Vie Profonde, infatti, non distavano moltissimo dalle porte della città, eppure questa, non curante, continuava a dare importanza a futili questione politiche, senza nemmeno considerare che i suoi cittadini sarebbero stati i primi a venir spazzati via se l’Arcidemone non fosse stato sconfitto in tempo.

“Hanno il cervello di pietra, questi nani, non ci ascolteranno mai” aveva commentato sprezzante Morrigan quando gli esponenti più importanti della città avevano ignorato la nostra richiesta di aiuto.

E forse non aveva tutti i torti.

“Birra nanica. Cosa si può chiedere di meglio?” un accento Antiviano, molto noto, risuonò nelle mie orecchie.

Sorrisi nella sua direzione.

“Pensavo avresti utilizzato questa pausa per esplorare i bassifondi, non per bere una birra” commentai sorridendo all’elfo che si era seduto di fianco a me.

Avevamo infatti deciso di separarci un attimo, il nostro solito gruppetto, per prenderci un po' di respiro dalle questioni odierne.
E nonostante il mio primo intento fosse stato quello di godermi qualche momento di pace da sola, io col mio Mabari e una birra, non ero poi davvero così dispiaciuta che l’elfo mi avesse raggiunta e mi facesse compagnia.
Era più simpatico di quello che lasciava immaginare, anche se quando avevo a che fare con lui stavo comunque sempre in guardia. Era un assassino, e non lo dovevo dimenticare.

“Bassifondi?” domandò lui mentre sorseggiava la sua birra chiara.

“E’ lì che si trovano le prostitute” risposi senza troppi peli sulla lingua.

Lui scoppiò a ridere “Pensi che essere un assassino faccia di me un uomo che va a prostitute? Sei proprio ingenua cara mia, è questo che vi insegnano nei vostri castelli, eh?”

“Beh, non mi sembri uno che va troppo per il sottile, visto che ti sei offerto pure a me” rammentai la sua proposta, e il modo con cui l’aveva presa Alistair, e d’improvviso arrossii. Forse avevo sbagliato a portare avanti proprio quel discorso.

“Prima che tu diventa color porpora fammi dire che c’è una sottile differenza tra chi va a prostitute e chi fa la prostituta, e devo ammettere di far parte più del secondo gruppo che del primo. Non che me ne sia mai lamentato, se devo essere sincero” spostai il mio sguardo sugli occhi elfici di Zevran.

Ridacchiava ma sentivo che dentro la sua voce non c’era della completa sincerità. Non doveva aver avuto una vita facile.
Forse non potevo nemmeno immaginare le sofferenze che lui aveva patito, forse non le avrei mai potute capire.

“Tu nascondi un segreto” gli dissi solamente.

“Come tutti qui, d’altronde. Questo fa di me una cattiva persona?” mi domandò.

“No, certo” scossi il volto e mi concentrai sul boccale davanti a me.

“Perché non ti fidi di me? D’altronde non sono proprio tutti dei bravi ragazzi nel nostro gruppo, eh?” mi chiese sinceramente.

“Sto imparando a fidarmi. E poi chi ti dice che io non mi fidi di te?”.

“Non sono un idiota, capisco che non sono ancora riuscito a farmi accettare. Ho tentato di ucciderti, è vero, ma ti ho salvato la vita in altre occasioni. L’ho salvata ad Alistair quando eravamo nell’Oblio, questo non basta?” il suo tono era stranamente serio.

“Io… non lo so” ammisi sinceramente.

“E’ per il mio passato, è perché sono un Corvo?”.

“No… E’ perché sei Antiviano” spostai il mio sguardo su di lui.

“Una donna Antiviana mi ha procurato grande dolore e sofferenza, in passato, a causa sua… ho perso molto” abbassai gli occhi un secondo, al ricordo di un’antica sofferenza.

“Una Tayka, così veniva chiamata. Mia cognata era d’Antiva, ma anche lei una volta ammise che nel suo paese crescevano e diventavano potenti troppi ingannatori e assassini. Per questo non ho mai amato particolarmente la vostra gente”.

“Ingannatori e assassini sono ovunque, e tu dovresti saperlo meglio di qualunque altro. Il fatto che a noi sia dato un nome, Tayke e Corvi, non cambia molto. Non cambia niente”.

Zevran aveva ragione. Persone simili erano dappertutto ed era stupido da parte mia giudicare un popolo partendo dall’esempio di un solo individuo.

Ingannatori e assassini.

Gente come Loghain, e l’Arle Howe. Non avevano un nome, eppure avevano tradito i loro amici, il loro popolo, senza alcuna remora. E io mi ero sempre circondata di certi individui, non ero mai riuscita davvero a liberarmene.
Ecco perché ero diffidente nei confronti di Zevran, temevo di venire raggirata nuovamente, proprio da un Antiviano.
Ingannatori e assassini.

Bhelen e Harrowmont. Chi di loro non rappresentava uno di questi?
Di chi mi sarei dovuta fidare? Ed era poi davvero così importante?
Improvvisamente mi venne un’illuminazione.
No, non lo era. 

Non dovevo fidarmi io di loro, ma sarebbero stati loro a doversi fidare di me.
E non solo loro. Orzammar necessitava di un Re e io gliel’avrei dato, io li avrei costretti a dover ascoltare la mia parola, perché io gli avrei fatto un favore immenso.
Bisognava solo capire quale favore, bisognava solo capire cosa cercare.

“Zevran tu hai perfettamente ragione, e io ho avuto un’idea geniale”.

Mi alzai in piedi e in quel mentre una ciotola di terracotta mi venne lanciata contro.
La schivai appena in tempo, mentre questa si andava a schiantare contro un muro.

“Maledetti Custodi, *hic*, venite qui a bere la nostra birra e a sedere ai nostri tavoli *hic* e poi non servite mai a niente” un nano visibilmente ubriaco si rivolse a me, continuando con il suo lancio di oggetti.

“Ehi Oghren piantala, prova ancora a lanciare qualcosa e ti caccio fuori a calci!” lo minacciò l’oste.

“Vengo qua tutti i giorni a bere la tua birra *hic* e osi trattarmi così, brutto… grrr *hic*”.

Zevran intanto si era alzato pure lui e stava guardando abbastanza divertito il nano ubriaco, mentre invece Lucky aveva cominciato a ringhiargli contro.

“Buono, buono” dissi io avvicinandomi al mio Mabari.

“Ingannatori e assassini, ecco cosa siete tutti. I Custodi, Harrowmont, Bhelen, tutti. Bastardi, che la Pietra vi cada sopra e sia la vostra tomba” continuò a borbottare mentre io mi avvicinavo.

“Ti ringrazio per la ciotola” cominciai a rivolgermi a lui.

“Non so chi tu sia ma devo chiederti un paio di cose” continuai, ignorando la sua aggressione.

“Proprio a lui dobbiamo fare delle domande?” mi si affiancò l’elfo.

“Andiamo… ci odia ed è completamente ubriaco” fece notare.

“Odia noi, ma pare odiare di più coloro che dovrebbero occuparsi di questa città e che invece non lo stanno facendo, dico bene?”

“Quei bastardi mi hanno tolto ogni cosa *hic*, il mio nome, le mie armi e la mia Branka… Dicono che è morta, morta! Ma io so che non è vero. So che mentono” urlò colmo di rabbia.

“Branka? Chi è?” chiesi incuriosita.

“Qualcuno che li metterebbe tutti a posto *hic*, se solo fosse qui”.

“Qualcuno… che è più importante di loro? Che conta di più?” domandai.

Era quella la mia idea, non avevo bisogno di ottenere la loro fiducia, ma dovevo costringere tutti a doversi fidare di me, ottenendo qualcosa, o qualcuno, che fosse più in alto di loro, di Bhelen e Harrowmont, e che mi avrebbe, finalmente, ascoltato.
La questione si sarebbe risolta così.

“Certamente, lei è un Paragon *hic*, ed è anche mia moglie”

“Bene, portami da lei… come hai detto di chiamarti?”

“Oghren.”

“Piacere, io sono Brida” evitai di stringergli la mano, visto che la sua era sporca di sudore e birra.

"E ho bisogno che tu mi porti da tua moglie"

Lui ruttò. “Sarà un lungo viaggio, un viaggio molto pericoloso”.

“Sicuramente meglio che rimanere qui a far nulla, mentre Bhelen e Harrowmont si scannano” commentò Zevran che aveva capito il mio piano.

“Perfetto, meglio questo che niente” conclusi sorridendo.

“Quindi ci fidiamo di lui?” mi domandò l’elfo.

“Certo, sembra un tipo affidabile, no?” e in quel mentre il nano mi vomitò sulle scarpe.

Una volta era capitata anche a me una cosa simile, ma a parti invertite.
Ed era molto meglio a parti invertite.

“Ti fiderai mai di me?” mi chiese Zevran con il sorriso, mentre il nano rideva e io guardavo schifata le mie calzature.

“Non lo so Zevran, non lo so” dissi solo sorridendo.

Sperando a lui bastasse così.


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Capitolo abbastanza breve che vuole, da una parte richiamare alcuni momenti del passato di Brida, dall'altra analizzare velocemente il suo rapporto con Zev. Zevran non avrà molto spazio in questi flash, purtroppo, ma il problema della fiducia sarà una faccenda molto interessante per Brida e per l'elfo, come potrete vedere prossimamente ;). Brida, inoltre, si rammenta della nostra terribile Aisha, la Tayka che lascia nell'animo della Custode un ricordo incancellabile, e ciò ci prepara al Processo che avrà luogo nel prossimo capitolo. 
Infine, abbiamo il primo incontro con Oghren, uno dei personaggi che io più adoro :D. In primis, come avrete notato, ho voluto distaccarmi dal videogioco, riguardo ai motivi che portano la Custode a cercare Branka. Mi sembrava più intrigante così, piuttosto che la solita missioncina data da qualcuno :) 
In secondo luogo chiedo scusa se ho utilizzato un termine inglese, Paragon. Non mi ricordo, purtroppo, come venisse tradotto nei sottotitoli italiani, quindi per ora ho lasciato la parola in lingua originale. Per chiunque sapesse la traduzione, me lo dica che cambierò al volo il termine! 

Grazie a chiunque mi continui a seguire e a leggere, in mezzo a misteri, amori, e tanti, troppi, pensieri che affollano la mente della nostra Brida, Lady disubbidiente e Custode coraggiosa. 
Ho postato quest'ultimo capitolo un po' frettolosamente (conto di ricontrollarlo nei prossimi giorni). Se trovate degli errori, non esitate a farmeli notare, mi fate solo un piacere :) 

Ciao! 

Ps: probabilmente pubblicherò anche la prossima settimana, nel caso, a causa delle vacanze natalizie, non ce la facessi, auguro già adesso un BUON NATALE a tutti :D 

 

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Capitolo 51
*** Giudizio finale ***


 
 
 
“Questa situazione mi sembra di averla vissuta almeno un migliaio di volte” le tende vennero scostate violentemente, e come feci qualche mese prima, storsi gli occhi e mi voltai dall’altra parte.

“Tu che rimani a dormire, Nan che cerca di svegliarti e che disperata viene da me, esattamente come prima della festa in tuo onore. Quando imparerai che in certe occasioni non si può essere pigri?” mi lamentai rumorosamente, ignorando i suoi rimproveri.

Com’erano cambiate le cose da allora, dal giorno della festa. Era cambiata ogni cosa, eppure mia madre era ancora lì, pronta a svegliarmi, pronta a dare vita alla giornata di oggi.
Una giornata che difficilmente avrei dimenticato, ben diversa da quella della festa.
Tutto era diverso.

“Madre non me la sento proprio di alzarmi… mi gira la testa e mi fa male la pancia. E’ così importante che ci sia anch’io?” chiesi con tono ancor più lagnoso.

“Beh certo che è importante. Un processo pubblico non è una cosa che si tiene tutti i giorni, soprattutto qua ad Altura Perenne. Saranno anni che non succede qualcosa di simile” si sedette sulle lenzuola guardandomi in maniera dolce, come poche, pochissime volte, era capace di fare mia madre.

“A quanto pare dovremo fare a meno della tua presenza” commentò sorridendo per confortarmi.

“Speriamo vada tutto bene” mi lasciai scappare io, mentre lei si alzava e si dirigeva verso l’uscita della mia stanza.

“Cosa potrebbe andare bene, mia cara? E’ un processo, vincerà come sempre chi si sa difendere meglio” commentò lei senza troppi giri di parole, lasciandomi veramente sconvolta dal sapere che quello era il suo punto di vista.

Mia madre sicuramente era molto diversa da mio padre, lo era sempre stata. Molto più realistica e pragmatica.
Ma non avrei mai creduto davvero che lei avrebbe messo in discussione il senso di giustizia di mio padre, perché era quello che stava facendo con quel commento.

“Madre” la bloccai prima che uscisse.

“Sì?” lei mi guardò un secondo, con quegli occhi verde intenso che io e mio fratello condividevamo con lei.

Avrei voluto dirle mille cose, avrei voluto dirle che credevo in mio padre, ma non lo feci.
Feci ben altro.
Feci molto di più.

“Io non mi sposerò mai con Thomas, mai” le dissi freddamente.

Vidi dello stupore nel suo viso. Aprì gli occhi e la bocca con l’intenzione di dirmi qualcosa.

Ma non parlò.
Fredda, lasciò per sé le sue emozioni e ignorò le mie parole.

Solo sorrise  “Spero tu ti riprenda presto. Riposati” e se ne andò.

Fui io alla fine quella che rimase senza parole per la sua reazione.
Ma potei pensarci davvero poco. Appena se ne uscì, sgattaiolai verso la finestra.
Il cortile del castello era pieno di persone di ogni tipo.

Le porte erano state aperte e la popolazione di Altura Perenne era quasi tutta lì presente.
Un palchetto, con un semplice trono di legno e altre varie sedie, era stato costruito.
Era ben protetto da guardie di ogni tipo e lì mio padre e i nobili più importanti si sarebbero seduti per ascoltare le persone coinvolte e chiunque volesse testimoniare a favore di una, o dell’altra parte.
Lì si sarebbe discusso del destino dei miei amici.
Loro sapevano quello che sarebbe accaduto, Jack e gli altri erano pronti, e io ero uscita di scena come programmato.
Quella era la parte più straziante di tutte.

‘Andrà tutto bene, andrà tutto bene…’ cercai di farmi forza, mentre attendevo il momento in cui mio padre, la mia famiglia, e tutti i membri più importanti di questo castello, sarebbero comparsi.

Fu una lunga e snervante attesa.

Ma infine mio padre salì sul palchetto e salutò la folla di fronte a lui che lo accolse con favore. Sembrava che le proteste di qualche giorno prima fossero già passate in second’ordine. Qualcuno sarebbe stato impiccato e solo questo sembrava contare per il popolino.

‘Non dire sciocchezze, questo è quello che ti hanno insegnato qui al castello, non la verità. Non tutti sono uguali, nemmeno là sotto’ mi redarguii da sola.
Eppure la gente continuava a lanciare rumorose risa e nessuno pareva davvero dispiaciuto che non lontano dal palchetto, sempre in posizione rialzata, fosse stata eretta una forca.

Segno che davvero sarebbe morto qualcuno quel giorno, e bisognava stabilire solamente chi.
Vidi sedersi proprio tutti.
Mia madre, mio fratello, sua moglie, l’Arle Howe, Thomas, Madre Mallol.
Ser Gilmore, poco più in là, stava in piedi accanto alle guardie del castello.
Tutto era veramente pronto.
Era il momento giusto per sgattaiolare via.
Non sarei davvero rimasta lì tutto il giorno, a guardare il processo svolgersi, impotente.

Riddle aveva ragione nel dire che ero troppo impulsiva, ma aveva detto anche un’altra cosa, più che giusta: Agisci come credi.
Ed era quello che avevo intenzione di fare.

Mi nascosi nella mia solita cappa e scesi veloce le scale. Lanciai un’occhiata verso le cucine e mi accorsi che ero stata fortunata: nessuno era lì dentro, tutti se n’erano usciti per osservare il processo.
Così percorsi per l’ennesima volta il mio amato passaggio segreto.

“Non lasciarti mai influenzare da nessuno, mai. Tu sarai molto di più di una lady, lo so. “ le parole del mio vecchio Maestro Bryce mi tornarono alla mente.
Mi mischiai alla folla, senza timore.
 
 
 


 
“… e voi, il mio popolo, sarete testimoni della mia e della vostra giustizia. Oggi vi ascolterò, ascolterò gli uomini imprigionati, ascolterò la donna che li accusa e insieme a voi prenderò questa decisione, e insieme a voi toglierò la vita a chi si è macchiato con l’inganno…” mio padre stava già parlando da un po’, cercando di portare la folla dalla sua parte, cercando di mostrarsi giusto come lo era sempre stato.

Io avevo ascoltato ogni sua parola col fiato sospeso, mentre il popolo continuava a rumoreggiare ad ogni pausa, inneggiando a lui e mostrandosi favorevoli a quanto stesse accadendo quel giorno, in quel cortile.
Ormai però era giunto al finale del suo discorso, lo compresi mentre lo vidi sorridere, di quel suo sorrisino a metà, mai del tutto sereno, mai del tutto in pace.

“Che il Creatore ci guidi oggi, nel prendere la giusta decisione” mise fine al discorso, e un boato di applausi e grida di giubilo si alzarono per mio padre.

Mi guardai intorno e vidi che, non lontanissimo da me, si erano radunati il padre di Jack, Hugh, Jared, Frank e qualche elfo, tra cui Lya e Alfred.
Non erano soli, erano circondati da amici e parenti e costituivano un gruppetto non indifferente, ma se confrontato alla massa festante era nulla.
Loro erano gli unici ad avere un aspetto tormentato e per niente allegro.

‘Jack?’ mi accorsi che lui non era in mezzo a loro.

‘Dov’è andato?’ mi strinsi ancora di più temendo fosse alla mia ricerca, ma ciò era insensato.

Lui aveva fomentato la prima protesta, non poteva rimanere nascosto. Era necessario rimanesse lì, insieme ai nostri amici!
Prima che potessi mettermi alla sua ricerca, però, mio padre parlò.

“Questi uomini…” cominciò facendo avanzare i miei amici imprigionati: Lore, Flie, Steve e Kai.

“Sono accusati di aver architettato una terribile vendetta, nei confronti di due ragazze e di una famiglia intera. Avete comprato dei mercenari che facessero il lavoro sporco al vostro posto. Cosa rispondete?” con voce tonante si rivolse a loro.

Io pietrificata li guardavo.

“Noi siamo innocenti” disse Steve.

“Non abbiamo mai voluto fare del male né a Pet, né a Shayna, lo giuriamo!” cercò di risultare convincente.

La folla però stava completamente ignorando il suo intervento.

‘Maledizione non funziona, per nulla’.

Mi sentii la testa girare mentre mi accorgevo che mio padre li stava riempiendo di domande, come aveva fatto nell’interrogatorio a cui ero presente anch’io qualche giorno prima, e le loro risposte sembrano non convincere nessuno.
Niente pareva accadere, niente pareva cambiare quanto già era avvenuto nel castello e, silenziosi, i miei parenti e coloro seduti al loro fianco seguivano tutto senza nemmeno fiatare, anche mio fratello che solitamente chiacchierava fin troppo, aveva capito che era meglio lasciare tutta la questione nelle mani di mio padre.
Io mi sentivo così impotente. Ma sapevo cosa fare, cosa avrei dovuto fare se tutto fosse andato storto.

“Bene, ora farò venire in avanti la donna che vi accusa, che si mostrerà a voi per presentare la sua versione dei fatti”.

Il mio cuore cominciò a battere veloce. Desideravo da molto tempo capire chi fosse quest’arpia e perché avesse deciso di realizzare qualcosa di simile. Da chi fosse protetta e che cosa avesse in mente.
Quasi rimpiansi di non aver portato con me delle armi. Perché non appena vidi il suo volto riuscii a comprendere molte cose.

Quel volto l’avevo già visto, quella ballerina bruna, bella e affascinante più che mai che Howe aveva fissato durante i festeggiamenti in onore della gravidanza di mia cognata.
Mi mancò il fiato nell’osservare la sua bellezza, il suo sorriso enigmatico. Portava un velo scuro, come per nascondersi, come per apparire meno splendente, ma era impossibile celare la perfezione del suo corpo e del suo volto.

Howe… non era possibile. C’era lui dietro tutto questo? Lui l’aveva protetta? Ma cosa vedeva nei miei amici di così minaccioso?
Possibile che sapesse…?

“Lord Cousland, io posso ripetere qui in questa piazza quello che ho già ripetuto a voi” cominciò con voce suadente la donna, interrompendo i miei pensieri.

“Ho visto questi uomini comprarne altri, gli ho visti ridere insieme e progettare cose inaudite. Ho visto tutto questo con i miei occhi, la sera della festa. Non li ho mai incontrati prima e non avrei motivo di inventarmi qualcosa di simile, quindi vi prego di credermi e di lasciarmi tornare a casa, ad Antiva, dove potrò lodare il vostro senso del dovere e come voi amministrate la giustizia, qui ad Altura Perenne”.

Oriana levò lo sguardo dalla donna, che consapevole della forza delle proprie parole, fissava mio padre.
Io invece guardavo Howe. E mi sentivo schiumare di rabbia al pensiero di lui che architettava tutto questo contro di me.
Forse per allontanarmi dai miei amici? Forse perché io mi avvicinassi a Thomas?
Non avrei mai creduto sarebbe potuto arrivare a tanto.
Non avevo certezze, ma sentivo fosse tutta colpa sua.

“Avete delle prove a favore di quanto voi dichiarate, Miss Aisha?” domandò mio padre.

“Ovviamente” la donna chiamò a sé varie persone. E io li ascoltai mentire senza poter fare nulla.

Noi avevamo faticato così tanto per trovare qualcuno che raccontasse la verità, e lei invece, così facilmente, si era circondata di persone che mentissero per lei.

“Britt, Jane… andiamo! Cosa state dicendo? E’ vero, sono un buon a nulla, ma non farei mai qualcosa di simile, no?” era Kai ad urlare.

Compresi quanto stesse accadendo. Kai era di sicuro un guastafeste, soprattutto con le donne e qualcuna di queste, a quanto pareva, aveva deciso di vendicarsi.
Erano infatti tutte donne le testimoni, tutte conoscenti di Kai.

“Ah davvero, io non mi stupirei dato il tipo che sei. Ti ricordi almeno il mio nome, eh?” una di queste si avvicinò minacciosa all’uomo. Ser Gilmore, che custodiva i prigionieri, stava guardando tutta la scenetta con gli occhi spalancati.

“Ehm… Juliet, vero? Guarda che mi ricordo di te…” lei gli diede uno schiaffo, al che la folla divenne ancora più festante nel vedere l’uomo umiliato.

“Juliet è mia madre, porco!” lo insultò mentre ciò che ne risultò fu una completa pagliacciata.

“Basta, basta così. Che vengano portate via queste donne” mio padre era decisamente nervoso e sapevo che dentro di sé non credeva nemmeno ad una parola di quelle donne gelose e arrabbiate. Ma ora era il nostro turno.

“Lord Cousland” fu Robert a prendere parola, quando la calma era tornata a regnare tra la gente.

“Io sono il padre di Petrice, una delle ragazze coinvolte e so che questi uomini sono innocenti. Terminate questa follia, mettete fine a questa farsa. Loro non c’entrano e noi ne abbiamo le prove” il silenzio divenne ancora più assoluto mentre tutto il popolo guardava il gruppetto intorno a Robert con occhi curiosi.

“Sono dispiaciuto di quanto accaduto a vostra figlia, di quanto accaduto a voi. E vi sono vicino nel vostro dolore” commentò mio padre, visibilmente colpito dal fatto che ad aver preso parola fosse stato proprio il padre della vittima.

“Miss Aisha” si rivolse direttamente l’uomo alla donna che lo guardò, dall’alto del palchetto, con atteggiamento superiore.

“Ditemi, quando avete visto questi uomini contrattare con i mercenari… dove stavate andando?”

Lei sorrise. “Alla Luna di Giada, io e le mie compagne abbiamo prenotato lì delle stanze” rispose senza esitazione, suscitando fischi volgari per via della nomea di quel luogo, fischi che in realtà  diedero fastidio solo a mio padre, non alla donna coinvolta.

“Quello che dite sembra sensato. Eppure è una bugia. E io ne ho le prove” scorsi Lya fare un passo in avanti. Era sola, anche Alfred era scomparso, ma dov’erano finiti lui e Jack?

Scorsi Jared, Frank e gli altri dare una pacca di incoraggiamento alla giovane elfetta la quale però senza paura prese parola.

“Io lavoro laggiù, signore, come domestica” cominciò tenendo gli occhi bassi.

“E vi posso assicurare che ella non ha mai dormito nella sua stanza.” l’elfa deglutì agitata, mentre un brusio di fondo aveva interrotto la sua testimonianza.
“Inoltre aveva pagato le stanze fino alla fine del mese, a differenza delle altre ballerine che avevano prenotato solo per qualche giorno” terminò dopo che mio padre le avesse fatto un cenno di incoraggiamento.

Aisha scoppiò in una risata falsa, ma per nulla nervosa “Sappiamo tutti quanto siano abili a mentire gli elfi, e quanto siano ricattabili. Ho dormito alla Luna di Giada ogni notte, tutti lì lo possono confermare, e certamente ho pagato le stanze fino alla fine del mese, visto che sapevo non avrei potuto vivere senza prima non aver portato a galla questa terribile verità. Ho lasciato che le mie compagne partissero e io sono rimasta, per ammirare la famosa giustizia dei Cousland e vedere puniti coloro che hanno potuto agire in maniera così crudele contro due povere ed ignare giovani ragazze” recitava in maniera perfetta, non c’era dubbio.

La vidi abbassare il volto e assumere un atteggiamento disperato e affranto.

“Un tempo anch’io ero come loro, ingenua e libera, credevo negli uomini e non li temevo. Ma la vita ci insegna un’altra storia. Ho subìto in giovane età delle atrocità, mio Lord, ho dovuto subìre una sorte simile a quella di Pet. Voglio almeno che le venga fatta giustizia, quella giustizia che io non ho potuto ottenere per me stessa” bugiarda e ingannatrice.

Ricorreva pure al sentimentalismo. Nessuno alla Luna di Giada avrebbe parlato, né in suo favore, né contro. In un bordello ogni segreto deve essere mantenuto tale, nessuno si sarebbe esposto.
La nostra testimonianza non valeva nulla, perché nessuno l’avrebbe confermata.
Era davvero giunta la fine.
Robert e gli altri non sapevano cosa rispondere, il silenzio era davvero calato tra la folla.
Il silenzio che precede un giudizio finale.

“Penso che a questo punto io possa pronunciare il mio verdetto” il sangue mi si gelò a sentire mio padre che pronunciava queste parole.

Non potevo permetterlo, non potevo lasciarlo uccidesse i miei amici.

Eppure ero come pietrificata, non riuscivo a muovermi. Non trovavo il coraggio per affrontare lui, e tutta quella folla. Avevo fallito, tutti avevamo fallito.
Scorsi Ser Gilmore che si avvicinava a mio padre, forse in ultimo tentativo per convincerlo a pensarci ancora un po’.
Invece l’unica cosa che ottenne fu un cenno, da parte di lui, l’Arle Bryce Cousland, che fece salire un uomo incappucciato di nero sulla forca.

Il boia.

Era il momento, dovevo correre. Dovevo salire sul palco di legno, togliermi la cappa e rivelarmi.
Mi sarei inginocchiata di fronte a mio padre e gli avrei chiesto perdono, lui avrebbe capito.
Dovevo fare tutto ciò. Sentivo che era quanto dovesse accadere.

Ma non lo feci.

La paura mi attanagliò il cuore.
Mi voltai, come se non volessi vedere. E fuggii, facendomi largo tra la gente. Questa si accalcava sempre di più contro il palco e io mi muovevo invece nella direzione opposta.

“Scusate” mi ritrovai addosso ad un grosso uomo che voleva vedere meglio l'impiccagione e, senza accorgermi, il cappuccio della cappa mi si spostò: per un attimo il mio volto fu rivelato. Per un secondo, un impercettibile secondo, Shayna e Brida furono davanti agli occhi di tutti, pronte ad essere svelate, pronte a poter dire la loro. Ma non accadde nulla di simile.
Lui non mi degnò nemmeno di uno sguardo e la folla mi passò a fianco come se fossi stata invisibile.

“Io, Signore di Altura Perenne, Arle Bryce Cousland…” mio padre cominciò a parlare, e la concentrazione di tutti rimase incollata al palchetto di legno, lontana dai miei occhi e dal mio volto.

Mi rimisi in fretta la cappa, non volendo sentire il giudizio ultimo di mio padre, volendo scappare da tutto quello e notai solo di sfuggita lo sguardo di qualcuno su di me: Robert.
Lui mi aveva riconosciuta.

Presa dal panico mi spostai ancora più veloce: non volevo sapere, non volevo sentire. Ero solo una ragazzina, una sciocca ragazzina vigliacca. Mi salirono le lacrime agli occhi: degli uomini stavano per morire a causa mia e io non avevo fatto nulla per impedirlo.

“Dichiaro  questi uomini…”

‘Perché…?’ avrebbe detto la parola colpevoli e io, così, avrei mancato alla promessa fatta loro.

Io li avevo abbandonati, li avevo traditi.

“NO!!” una voce tuonò, bloccò ogni cosa. Un urlo, un grido. La sua voce.

Io mi fermai e tutti si voltarono sconvolti verso colui che aveva urlato.
Verso Jack.

Mio padre si alzò indignato “Come osi fermare tutto questo? Proprio tu!” l’aveva riconosciuto. Aveva capito che davanti a lui si trovava il ragazzo che qualche tempo prima aveva guidato la folla inferocita contro il castello.

“Domando perdono Mio Signore, ma prima che voi pronunciate il vostro giudizio, qualcuno deve parlare. Qualcuno che vi spieghi cosa sia accaduto davvero” rimasi senza fiato.

Dietro di lui c’era Alfred e di fianco a lui… una donna, che mi pareva di non avere mai visto.
Ma mi sbagliavo.

“Voi chi siete?” le domandò mia madre, interrompendo il silenzio che aveva mantenuto per tutto il tempo precedente.

Probabilmente questa entrata di scena di Jack aveva sorpreso anche lei.

“Il mio nome è Helena. E sono una ballerina di Antiva, compagna di Aisha” era molto bella, con un aspetto molto più semplice di Aisha, ma non meno grazioso.

“La mia fata…” mi voltai verso Frank che aveva detto ad alta voce questa frase, attirando contro di sé delle risate incontrollate da parte della folla lì riunita.

“Mi trovo da qualche tempo qua ad Altura Perenne” spiegò lei, ignorando il commento di Frank, senza però riuscire a nascondere il suo rossore.

“Sono originaria di qui e avevo deciso di passare un po’ di tempo con la mia famiglia, quando Oriana mi ha contatta e mi ha chiesto se potevo portare ad Altura Perenne, presso di voi Lord Cousland, il corpo di ballerine nel quale lavoro da qualche anno”.

“Confermate tutto questo, Oriana?” lei si limitò ad annuire. Io non capivo nulla di quanto stesse accadendo, ma pregai che questa Helena, la fata di Frank, ci salvasse tutti.

“Non comprendo come questo dovrebbe avere a che fare con quanto accaduto… Cosa ci fai ancora qui Helena? Perché non sei tornata a casa?” chiese nervosa Aisha.

La fanciulla la guardò senza mostrare timore: era una ragazza molto giovane, che ispirava innocenza e purezza coi suoi occhi azzurri, e i suoi capelli biondo chiaro, vestita con un abito semplice di color crema.

“Aisha, io sono tornata a casa. Ho deciso di abbandonare la vita da ballerina, ho deciso di rinunciare a dover ancora avere a che fare con i tuoi inganni e le tue bugie. Mio Signore, questa donna è un’ingannatrice, e io posso svelarvi per filo e per segno ciò che ha tentato di fare Aisha alle vostre spalle!” alzò la voce e tutti la guardarono pendendo completamente dalle sue labbra.

“Non volevo espormi, perché desideravo costruirmi una nuova vita, senza dover incorrere nell’ira di Aisha, ma Jack, il fratello della donna violentata mi ha convinta a venire qui e a dirvi tutta la verità” la vidi tirare fuori da una borsa che portava sulle spalle, della carta ingiallita.

“Aisha costringeva me e altre delle mie compagne ad agire come messaggeri. Per questo ho potuto raccogliere molti biglietti suoi e dei suoi vari contatti, biglietti di cui non mi ero ancora liberata. Ella ha cospirato con qualcuno e tramite servi e messaggi comunicavano. Tutto ciò lo troverete scritto qua dentro” fece scorrere tra le dita molti fogli.

E in quel momento compresi che gli inganni di Aisha erano venuti a galla.

Avevamo vinto.

“Portateli qui da me” ordinò mio padre, facendo cenno alla ragazza di avvicinarsi ma qualcosa accadde e nulla andò come pianificato.

“Non ti permetterò di rovinarmi tutto quanto” Aisha buttò a terra qualcosa, più di qualcosa, come delle boccette, che dischiusero un fumo accecante.

Tutti noi ne fummo sommersi e io mi strinsi nella mia cappa per non inalare il fumo e cominciare a tossire, come altri stavano facendo.
Avvertii la voce di mio padre che urlava alle guardie di inseguirla, poi sentii anche mio fratello urlare e, in ultimo, una voce femminile strilllò.
Coperta dalla cappa cercai di farmi strada e di comprendere cosa stesse succedendo, e la vidi, davanti a me.
Proprio davanti a me.

“Fermati!!” le urlai, costringendola a voltarsi per guardarmi.

Aveva in mano delle carte, le stesse carte che la incriminavano, quelle che Helena aveva portato contro di lei.
Era riuscita a recuperarle.

“Addio Brida” disse ad alta voce prima di lanciare un’altra boccetta e scomparire definitivamente dalla mia vista.
Io provai a correre dietro di lei, ma qualcuno afferrandomi dalle spalle mi bloccò.
Mi trascinò violentemente e mi sbatté la schiena contro un muro.
Io cominciai a dimenarmi, per allontanare l’aggressore, col pensiero rivolto a quella donna che scappava, a quella donna che dovevo fermare a tutti i costi.

“E’ finita”  una voce conosciuta, si rivelò di fronte a me.

“E’ tutto finito” il fumo scuro si diradò.
Mi ritrovai lontana dalla folla, nascosta dietro ad un muretto che celava me e il ragazzo che mi accarezzava dolcemente. Jack.

“Ce l’abbiamo fatta”. 



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Buone feste ragazzi :D Questo è uno dei capitoli più importanti della storia, per questo, purtroppo, doveva essere per forza così corposo. Il caos si è quasi tutto districato, anche se non conosciamo ancora bene le ragioni dietro le accuse, apparentemente insensate, di Aisha e ogni cosa sembra essersi risolta per il meglio... per ora. 

Vi dico solo una cosa: prestate attenzione a due cosette. Brida che dice di non voler sposare Thomas, e Brida che, infine, fugge. 
Determinata e vigliacca allo stesso tempo, o semplicemente... umana e fragile? 


Buon 2014 a tutti e non fate come me che ho già messo su mezzo chilo ahah 

Un bacioneeee :D

 

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Capitolo 52
*** Momenti: Sangue, Follia e Perdono ***


Il primo giorno giungono, e ci catturano tutti’

Puzzavo. Ero sporca. Sangue di Prole Oscura ovunque.

‘Il secondo giorno ci picchiano, e si nutrono di alcuni di noi, come carne’.

I miei compagni non erano messi meglio, li sentivo tremare. Avvertivo i loro respiri nervosi.
“Non rifarò la mia proposta” mi sorrise, era sicura di sé.

‘Il terzo giorno ogni uomo viene torturato, e morso ancora, e ancora’.

“Hai davanti la possibilità di distruggere la Prole Oscura per sempre, di liberarci tutti dall’oppressione che questi esseri hanno rappresentato per secoli, millenni” continuava a parlare, senza accorgersi che avevo gli occhi stanchi, non riuscivo davvero a pensare.
Ma dovevo farlo.

Il quarto aspettiamo e tremiamo per il nostro destino’.

“Sei un Custode Grigio e hai bisogno di me, dovresti sapere cosa vuol dire sacrificare ogni cosa per una giusta causa. Dovresti rispettarlo” toccai il mio medaglione, quello col sangue di chi non ce l’aveva fatta. Compresi che lei aveva ragione.

 ‘Il quinto giorno ritornano ed è il turno di un’altra ragazza’.

“Branka, quello che dici è vero” presi parola. Ero stanca, volevo solo terminare questo viaggio. Volevo solo che tutto finisse.

“Non lasciarti convincere così facilmente. Non lasciare che vengano compiuti gli stessi errori del passato. C’è sempre un altro modo, un’altra via” fu la Roccia, il Golem a parlarmi.
L’immensa Roccia che avrebbe dovuto diventare l’arma più letale ed invincibile nelle mie mani, nelle mani dei Custodi, nelle mani di chi era nemico dei Prole Oscura.

 ‘Il sesto sentiamo le sue grida, anche nei nostri sogni’.

Avevo compiuto un lungo viaggio, accanto ad Oghren e a tutti i miei compagni.
Uniti, avevamo attraversato le Vie Profonde.
Ci era costata molta fatica, molta paura, molto terrore. Avevo visto pure lui.
Il nemico, l’Arcidemone.

E ora dovevo scegliere tra morte e altra morte. Che senso aveva? Che senso avrebbe mai avuto?
Eppure era potente quello che mi offriva. L’Incudine del Vuoto, l’unico arnese in grado di creare migliaia e migliaia di Golem di pietra.
Ma a che prezzo?

‘Il settimo giorno lei cresce, mentre vomitano nella sua bocca’.

Anime di nani sacrificati per possedere pezzi di Roccia immensi, ai miei ordini.
Camminai, qualche passo, per rischiarare la mente. Dovevo scegliere. Non ero sola.

“Fallo, accetta la proposta di Branka” mi suggerì Morrigan.

Non era l’unica a pensarlo. Anche l’elfo era della stessa idea. Oghren mi guardava come se non esistesse altra scelta.
Ma Wynne, Alistair e Leliana non reputavano possibile accettare un simile compromesso, un simile sacrificio.

 ‘L’ottavo giorno li odiamo, mentre l’aggrediscono, la violentano’.

 “Perché lo fate?” mi voltai verso i miei compagni, la voce mi tremava.

“Io non sono meglio di voi. Perché devo scegliere?”.

Non c’era motivo. Ero un Custode ma lo era anche Alistair. Cosa avevo di speciale?
Nulla.

‘Il nono giorno sul suo viso un ghigno, mentre divora i suoi compagni.

Wynne mi sorrise, ma fu Sten a parlare. A parlare in nome di tutti.

“Noi ci fidiamo di te, Kadan”.

“Perché hai paura?” concluse, guardandomi dritta negli occhi.

Io mi voltai, a fronteggiare il Golem e la Nana.

‘Lei ora banchetta…’.

“Hai ragione Branka” ripetei ad alta voce.
“Hai ragione, un’arma del genere è ciò di cui tutti noi avremmo bisogno. E io sono un Custode e saprei come usarla” la Roccia era pronta a combattere, lo eravamo tutti.
“Ma non tu” sguainai la mia spada e il mio pugnale, Fiocco. Il mio cane ringhiò.

‘Perché lei è diventata la bestia’.

“Tu sei una bestia, hai ucciso tutto il tuo Clan senza battere ciglio. Noi Custodi difendiamo i popoli, non li sterminiamo. Non ti darò questa possibilità. Noi non te la daremo. Perdonami Oghren, siamo con te Caridin” il nano mi guardò sconvolto, mentre tutti ci armavamo.

“No, tu avevi promesso di aiutarmi. Avevi promesso di ritrovare Branka e di salvarla. Hai mentito, umana, hai mentito!!!” mi urlò contro, puntandomi addosso il dito e sputandomi addosso tutta la sua ira e la sua rabbia. E io sapevo che al suo posto mi sarei comportata allo stesso identico modo.

“Perdonami” ripetei e Zevran fece la cosa più saggia che potesse fare.

Da dietro, gli diede un colpo in testa, gli fece perdere i sensi.
“La pagherai Custode, la pagherete tutti voi!!” Branka era pronta a combattere.

Anche il Golem e pure noi.
Sorrisi ai miei compagni, fu un attimo. Loro credevano in me.
Questo mi dava la forza di battermi e di compiere scelte anche al posto loro, anche al posto del mondo intero.

Perché volente o nolente ero la loro guida e mi stavo impegnando per salvare il Thedas. Non potevo avere paura, non potevo permettermelo.

“A noi due Branka”.

 
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Avevo le gambe a pezzi. Mi sdraiai sul materasso dietro di me realizzando solo dopo qualche secondo quanto fosse la cosa più dura su cui mi fossi mai appoggiata.
Mi sentivo senza energie.

‘E’ finita’ dentro di me pensai e una sensazione di pace invase il mio spirito.

Mi rigirai sopra al letto e mi venne in mente quello più morbido dove avevo dormito lungo i miei 23 anni trascorsi ad Altura Perenne.
Chiusi gli occhi e in un attimo rividi le mura bianche, la luce del sole che penetrava attraverso i vetri della mia finestra.
Ma non sorrisi al pensiero di questi ricordi. Era come fossero appartenuti ad un’altra persona. Chi era quella Brida?
Non la riconoscevo quasi più.

“Shayna” dissi  ad alta voce. Forse avrei dovuto chiamare così il mio passato. Forse.

Era stata solo una storia, la realtà vera era quella che avevo di fronte, fatta di sangue e di dolore.
Avevo vissuto separata, nascosta, riparata ed ero annegata per così tanto nel mio egoismo che quasi non mi ero accorta che intorno a me c’era un mondo. Un mondo che non seguiva le mie logiche, e che pure ora dovevo difendere.
La porta della camera in cui stavo riposando improvvisamente si spalancò, sbattendo.

Io scattai in piedi e immediatamente mi misi in allarme. Presi il primo oggetto contundente che mi capitò a tiro, ovvero una lampada, e lo puntai contro al nuovo arrivato nella stanza.
Nuovo arrivato che mi salutò con un vigoroso rutto.

“Sei minacciosa con quell’arma, te lo concedo” borbottò poi ridacchiando.

Io rimisi a posto la lampada stupita che fosse entrato proprio lui.

“Oghren, che ci fai tu qui?” gli domandai a bruciapelo. Zevran l’aveva fatto svenire durante la battaglia contro Branka e noi l’avevamo riportato ad Orzammar, affidandolo alle cure di qualche guaritore nanico.

Non credevo l’avrei mai più rivisto, non dopo quello che era accaduto.
Avevo ucciso sua moglie e l’avevo fatto per salvaguardarci tutti dalla sua follia, ma non mi aspettavo che lui mi capisse o mi comprendesse. Per questo mi sorpresi nel vederlo ubriaco e sorridente di fronte a me.

“Lo so cosa è successo, lo so quello che hai fatto” barcollava ma pareva serio.

Io mi aspettavo che da un momento all’altro mi aggredisse o qualcosa di simile.

“E non mi odi?” gli domandai.

Il nano sputò per terra “Branka era una cagna che mi aveva pure tradito e abbandonato. Non meritava di morire, forse, ma non merita nemmeno la mia compassione. Ho perso tutto per lei, pure la mia dignità di guerriero, e lei era solo ossessionata dalla ricerca di quella stupida Incudine” mi confessò tutta l’amarezza che teneva dentro, forse da molto tempo.

“Qui ad Orzammar non posso combattere, sono quasi peggio di un Senza Casta. Non ho più motivo per restare” io lo osservavo senza capire.
I suoi occhi chiari luccicavano, seppur nascosti dietro una lercia barba rossa.

Vi lessi determinazione.

“Che intendi dire?” chiesi al nano.

“Tu hai fegato umana e te la cavi bene con le armi. Io me ne frego di questa stupida città sotterranea, me ne frego dei loro re e delle loro regole. Voglio venire con te e combattere la Prole Oscura. Combattere… è l’unica cosa che so fare e sarebbe inutile sprecare il mio tempo qui sotto dove non posso usare la mia ascia” con la voce impastata mi dichiarò così la sua fedeltà e la sua volontà di seguirmi, contro l’Arcidemone, contro la Prole Oscura.

Io mi avvicinai di qualche passo e posai la mia mano sulla sua spalla.
Sorrisi “Sei il benvenuto fra noi Oghren. Ti prometto molti combattimenti e molte occasioni in cui potrai impugnare le tue armi. Ma sei sicuro di quello che vuoi? Se uscirai da Orzammar con noi sarai un Senza Casta per sempre. Non è così che funziona ad Orzammar?”.

“Ad Orzammar tutto funziona da schifo. Mi mancherà questo letamaio, ma è ora che il vecchio Oghren lasci la Pietra e trovi la sua strada più in alto”.

Un uomo fiero e feroce. Ecco chi era Oghren.
Per i più sembrava un semplice ubriacone, senza speranze.
Ma io capivo che dentro di lui c’era un coraggio senza uguali.
E anche il perdono. Perché sapevo che soffrisse ancora per la perdita di Branka, nonostante fosse abile a simulare.

Eppure non aveva esitato a seguire me, la persona che aveva ucciso sua moglie.

‘Io sarò mai capace di perdonare? Sarò mai capace di dimenticare?’.
 
 
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“E se adesso cadessimo tutti nel cielo? Oh, maledetta Pietra. Questa cosa azzurra è immensa” queste furono le prime parole che sentii quando i miei piedi lasciarono Orzammar, la città dei nani, il luogo in cui avevo combattuto più di tutti, e mi ero coperta di sangue di Prole Oscura come non mai.

Leliana scoppiò a ridere e cercò di spiegare al nuovo arrivato che non si poteva cadere nel cielo, era impossibile.
Io inspirai profondamente l’aria fresca.
L’avevo desiderata per molto tempo, avevo desiderato così ardentemente di uscire fuori da quelle immense gallerie e poter rivolgere la mia attenzione altrove.
Orzammar aveva stremato il mio corpo e il mio spirito.

“Va tutto bene?” mi chiese Alistair. Ultimamente avevamo parlato poco, tutti noi a dir la verità.

Non c’è posto per parole e attenzioni reciproche quando ti trovi in guerra, e noi eravamo stati proprio nel mezzo di un combattimento senza fine nelle Vie Profonde.

“Ora sì, non amo gli spazi chiusi” sorrisi al mio compagno mentre cominciavamo a muoverci.

“Harrowmont sarà un Re saggio, ne sono sicuro” commentò lui.

“Bhelen non meritava di regnare. Era un assassino” risposi.

‘E lo sono pure io, dopotutto’ mi tornarono alla mente i volti di coloro che avevo sacrificato con le mie scelte.

Branka, Zathrian, Lady Isolde. Ma anche Caridin e la stessa Signora della Natura. E molti, molti altri. 
Alcuni di loro avevano scelto la morte, altri l’avevano cercata, altri ancora, seppur non del tutto decisi, l’avevano accettata.
Ma con Branka era stato diverso. Avevo dovuta combatterla, fino in fondo, fino alla fine.
Lei era  folle, certo. Ma questo non rendeva me meno assassina.
Questo non mi rendeva migliore.

“Certo” concluse Alistair con un sorriso.

“Ora si va a caccia di Chimere, giusto?” chiese sarcastico Zevran.

“Non puoi chiamare la Sacra Urna di Andraste… una Chimera! Esiste e noi la troveremo” lo redarguì Leliana.

“Tu ci credi?” sussurrai ad Alistair per non essere sentita dal resto del gruppo.

“Devo” mi sorrise e compresi. La vita dell’uomo che l’aveva allevato era appesa ad un filo e solo le Ceneri di Andraste potevano salvargli la vita.

Io, in realtà, non ci credevo. Ma dovevo cercarle, non avevo altra scelta.
Avevo ottenuto l’appoggio di tutti i popoli e di tutte le razze nominati nel trattato dei Custodi Grigi, solo gli uomini, Loghain e l’Arle Howe, rappresentavano ora una minaccia.
E non potevo sconfiggerli, non da sola.

Dovevo almeno provarci a salvare l’Arle Eamon, se anche avessi fallito Bann Teagan mi avrebbe aiutato a portare avanti la nostra causa, anche se non so come.
Finché non ci avessi provato, in ogni caso, non avrei avuto alcuna possibilità di successo.
Ero ancora così debole, nonostante i risultati ottenuti, ero ancora ricercata in tutto il Ferelden. E il tempo stringeva, sempre di più.

“Fratello Genitivi ci aspetta a Denerim, lì ne sapremo di più di queste Ceneri” annunciai ai miei compagni di viaggio.

“Denerim…” commentò Zevran, uno strano sorriso occupava le sue labbra.

“Davvero andremo laggiù, nella bocca del nemico, solo per una sciocca Leggenda?” io lo guardai.

“Sì, Zevran. Proprio così, hai qualcosa da ridire per caso?” lo provocai, dura, cercando di mostrarmi sicura.

Lui non rispose. Solitamente reagiva con una battutina o con qualche commento sarcastico.
Ma questa volta rimase silenzioso.

Forse avrei dovuto capire che qualcosa non era a posto.

Ma invece non lo capii.


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In primis un augurio a tutte le befane che domani è la nostra festa :D Per il resto, capitolo conclusivo di Orzammar. 
Quando finisci le quest nella città dei Nani ti vien proprio da pensare: "Oh mamma, ok, ce l'abbiamo fatta finalmente". Questo ho cercato di trasmettere :) 

Riguardo al poema di Hespith, che ho riportato in corsivo, l'ho tradotto liberamente. Quindi se qualche frase secondo voi doveva essere  tradotta diversamente o nello stesso gioco, nei sottotitoli, era riportata in maniera differente, non importa :) Ho preferito, appunto, una mia traduzione libera, in primo luogo perché non ricordavo quella dei sottotitoli e poi perché mi pare comunque di aver rispettato l'aspetto macabro e terrorizzante che deve avere il canto dell'amante di Branka. Per chi vuole sentirselo (è sempre di grande effetto): http://www.youtube.com/watch?v=VjGR5mL1ipk

Sulla conclusione del capitolo non dico nulla ;) Capirete nella prossima parte dedicata ai Momenti da Custode di Brida. 

Un bacio! 

Ciaooo





 

 

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Capitolo 53
*** La felicità, una rosa ***


 
Risa, birra. Tanta birra. Tanti brindisi.

La taverna era stata chiusa, ma i parenti e gli amici più cari si erano tutti riuniti per festeggiare.
E tra loro c’ero anch’io. Non tutti sapevano esattamente chi fossi, ma tutto ciò non importava quel giorno.
Quella sera era fatta di gioia e di felicità. Nient’altro contava.

“Un brindisi a noi, alla grande impresa!” gridò qualcuno e io d’istinto sollevai il bicchiere.

C’erano anche Alfred e Lya. Pure la bella salvatrice, Helena, che Frank guardava sognante, senza riuscire a spiccicare parola .
Le lanciai uno sguardo di riconoscenza che lei contraccambiò.
Forse mi aveva riconosciuta, doveva avermi vista durante il ballo al castello, ma aveva scelto da che parte stare e sapevo avrebbe mantenuto il segreto. Non le importava scombussolare la mia vita, non le importavano più segreti e sotterfugi.
Non avrebbe mai voluto ascoltare la mia storia e farsi carico delle mie bugie, quindi potevo fidarmi della sua discrezione. D’altronde neanch’io volevo sconvolgerle l’esistenza.
Volevo che lei vivesse in pace, volevo che tutti vivessero in pace. Ora.
Mi sedetti in un angolo della sala a guardarli tutti.

E col sorriso sul volto mi sentii un attimo sopraffatta da oscuri pensieri.
Avevo di fronte a me Kai, Steve, Lore e Flie, liberi e allegri, che festeggiavano tutti insieme, eppure non riuscivo a fare a meno di pensare alle mille promesse che mi ero fatta.
Di allontanarmi, di lasciarli stare.
Che diritto avevo io di scombussolare le loro vite? E sarebbe mai finita?

“Tutto si è sistemato per il meglio, eppure voi siete triste” una voce mi interpellò, ormai la conoscevo bene.

“Alfred” sorrisi sconsolata.

“Non sono triste, sono pensierosa” gli spiegai seguendo con lo sguardo i festeggiamenti, gli scherzi, le canzoni stonate e i balli sui tavoli.

“Lo so cosa state pensando. Il tuo mondo può divenire crudele con chi non ne segue le regole” mi comunicò serio.

“Avete intenzione di continuare quello che avete iniziato?” mi domandò scrutandomi intensamente.

‘E io verrò da te. Sempre’ ripensai alle parole che gli avevo sussurrato, non molto tempo fa. A Jack.

 “Ho promesso tutte cose che non posso mantenere. Ho promesso di restare e di andarmene, e ora non so cosa fare” con un filo di voce confessai.

A Kai e agli altri avevo detto che sarei uscita dalle loro vite per sempre, una volta conclusasi questa storia, eppure ora non riuscivo a prendere una decisione, e quella serata mi pareva sempre meno luminosa e piena di felicità, rispetto a come sarebbe dovuta essere.

“Dovete fare quello che è giusto, dovete chiudere il cuore e usare la mente” lo fissai sconvolta che mi avesse detto certe cose.

Pensavo, speravo almeno, che avrebbe incoraggiato il mio amore, non so perché, insensatamente.
Ma evidentemente non era possibile.
Alfred aveva accettato di negarsi un figlio in nome della logica, io… potevo perdere chi amavo?
Girai lo sguardo attraverso la sala, persa.

Il cuore mi batteva all’impazzata.

Dovevo fuggire? Dovevo fuggire…
Volevo solo scorgere i suoi occhi.
Ancora, un’ultima volta.

Lo sguardo divenne buio mentre ricordi di poche ore prima mi scivolavano dentro.
Chiusi gli occhi appena prima di ritrovarli immersi nel suo volto.
Dovevo fuggire ancora?

Nascondermi, scivolare nell’oscurità e, semplicemente… scomparire?
 

 
 
Prima…
 
 
“Brida, ma dove eravate scomparsa?”.

“M-maestro Aldous” imbarazzata balbettai.

Era davanti alla porta della mia stanza, con una pila di vecchi libri in mano, e uno sguardo infuriato.

“Volevo portarvi qualche libro per passare il tempo, ma a quanto pare non siete così ammalata come vostra madre mi ha fatto capire” mi redarguì.

“Ho solo fatto quattro passi per il castello” lui lanciò uno sguardo alla mia cappa marrone.

“E anche nei giardini” mi inventai.

“Nan è tutta la mattina che urla contro al vostro Mabari perché crede che voi siate troppo stanca per occuparvene. A quanto pare si sbaglia” commentò.

Io mi limitai ad alzare le spalle con un mezzo sorriso stampato sul viso.
Lui scosse la testa e mi fece entrare nella stanza. Io trafelata mi tolsi la cappa e mi buttai letteralmente sul letto, sorridendo ancora di più.

“Maestro Aldous perché mi date del voi? Mi conoscete da quando ero solo una bambina”.

“E allora leggevi spesso e mi ascoltavi. Più o meno…” mi sgridò, ma scorsi nel suo volto segnato dal tempo un debole sorriso che mi diceva fosse ironico.

“Maestro voglio che prendiate questo libro”  mi alzai in piedi di scatto e mi avvicinai allo scaffale dove erano riposti alcuni testi.

Senza esitazione presi tra le mani La Leggenda di Calenhad.

“L’ho letto e… non mi serve più” sopra alla pila che teneva tra le mani aggiunsi anche quello.

“Curioso che tu me lo consegni proprio oggi, il giorno del processo”.

“Ah sì?” domandai.

“Ho sentito che la ragazza che è scomparsa, quella che non riescono a trovare, si facesse chiamare Shayna” mi spiegò.

“Che scelta bizzarra” mi spostai verso la finestra.

“Già… Chissà dov’è ora. Almeno il processo si è concluso e pare che sia stata presa la decisione giusta. Gli uomini innocenti sono stati liberati e le guardie sono alla ricerca della donna che li accusava, quella che ha causato tutto questo caos”.

“Speriamo la riacciuffino presto” lanciai uno sguardo fuori dai vetri, verso il cortile, ora vuoto.

Niente sangue bagnava la forca, niente lacrime o grida di dolore si erano avvertite in quella mattinata.
La donna era sfuggita, insieme alle carte che la inchiodavano, le quali Helena non aveva mai osato leggere, così mi aveva brevemente spiegato Jack, ma almeno Kai e gli altri erano stati liberati.

 E solo questo importava.

I segreti di Aisha erano rimasti tali, non avrei mai scoperto chi l’avesse protetta e aiutata, nonostante avessi dei sospetti.
Quello che contava però era che nessuno fosse morto, nessuno dei miei amici si fosse fatto male.
Mi lasciai scappare un sospiro di sollievo e passai poi la mia lingua sulle labbra secche.

Sapevano ancora dei suoi baci.

“Certo, ti sei persa uno spettacolo di quelli che ti sarebbero sicuramente piaciuti. Io non ero sul palco con i tuoi genitori, ma mi hanno detto che il processo è stato particolarmente… sorprendente!” sorprendente era dir poco.

In un attimo le sorti di Kai, Steve, Lore e Flie si erano capovolte.
Jack li aveva salvati, e tutto questo per un colpo di fortuna.
Lui e Alfred avevano deciso di fare qualche domanda in più alla ‘Luna di Giada’ la sera prima e avevano così scoperto che non tutte le ballerine avevano prenotato una stanza lì.

Trovare Helena non era stato semplice e neppure lo era stato convincerla a schierarsi dalla loro parte, ma infine, proprio all’ultimo momento, erano riusciti a far breccia nel suo cuore e a portarla al processo per testimoniare contro Aisha.
Un colpo di fortuna o meglio una grande impresa che Jack era riuscito a compiere praticamente da solo.

Era davvero un ragazzo pieno di risorse di coraggio.
A differenza mia che sapevo solo scappare di fronte al pericolo.

“Maestro io vorrei un attimo riposarmi. Lasciatemi qualche libro, mi è venuta voglia di leggere” tornai al centro della stanza.

‘Tutto tranne la Leggenda di Calenhad’.

Chissà se avrebbero ancora cercato Shayna, una ragazza che nessuno conosceva e che nessuno desiderava così tanto cercare.
Nessun parente, nessun amico.
Shayna era scomparsa e probabilmente lo sarebbe rimasta per sempre.
Il suo tempo era finito.

“Ti lascio questi due, anche se non sembra che tu abbia davvero bisogno di riposarti” il suo sguardo indagatore, un po’ storto, si posò su di me.

“Ma che dite Maestro?” gli domandai con uno sguardo falsamente sconvolto.

“Io sto malissimo!” continuai la mia recita scoppiando a ridere e scivolando poi sul letto, come fingendo di star svenendo.

“Certo…” grugnì lui prima di uscire dalla stanza richiudendo la porta dietro di sé.

Io risi, risi ancora.
Ancora e ancora.

Presi un libro tra le mani e davvero cominciai a leggerlo in attesa che tramontasse il sole.
Allora sarei ancora sgattaiolata fuori e avrei urlato al mondo la mia felicità.
Io desideravo solo quello.

Volevo essere felice.
 
 
 
 
Ora…
 

Perché non riuscivo ad essere felice?
Perché per una sera non potevo accantonare decisioni e ansie inutili?
La testa mi girò per un attimo, poi avvertì una pressione sul palmo della mia mano.

“Ehi, va tutto bene?”.

La sua voce.
Alzai lo sguardo.

“Jack” sussurrai e gli sorrisi forzatamente.

“Ho una sorpresa per te, dobbiamo uscire però”.

“Ti seguo. Lucky” richiamai il mio fedele Mabari, che mi venne dietro scodinzolando.

Come faceva sempre.

Uscendo dal locale avvertii come l’aria fosse ormai diventata quella tipica di inizio estate.
Quella che ti preannuncia l’avverarsi dei tuoi sogni e dei tuoi desideri.

Sembrava quasi mi stesse prendendo in giro.

Mano nella mano, silenziosamente, lo seguii.
Non gli chiesi dove stavamo andando perché ne riconobbi la strada.
Verso la Chiesa, con le grandi mura di pietra che ci aveva nascosti per molto tempo.
Ma stavolta lui deviò, leggermente. E si fermò improvvisamente.

“Perché ci siamo fermati qui?” gli chiesi confusa.

Eravamo di fronte all’entrata principale, ora chiusa, mentre le stelle luminose risplendevano sopra alle nostre teste.

“Pensavo volessi portarmi dietro” con una mano indicai il percorso che di solito seguivamo per raggiungere il retro dell’imponente struttura.

“No, non voglio nascondermi” mi confessò con aria seria, scostando dal mio viso una ciocca di capelli bruni.

“E’ qui che voglio portarti, Brida. Voglio entrare con te, in quella Chiesa, molto presto.
Voglio pronunciare solenni promesse e voglio rimanerti accanto. Per sempre.” non riuscivo a credere alle sue parole.

Io stavo meditando di andarmene, di liberarli tutti della mia presenza e lui… lui mi chiedeva di sposarlo?
Mi immaginai in un attimo di fronte a mia madre.

‘Non mi sposerò mai con Thomas… perché sono già sposata’. Mi sembrò folle, pazzesco.

Vidi nella mia mente lo sguardo sconvolto della mia famiglia, lo sguardo di Tom.
Tom. Le sue parole, così simili.

“Voglio solo… rimanerti accanto”.

Avrebbe mai capito? L’avrebbe mai fatto?
 

 

Prima…
 
 
“Sì?” qualcuno aveva bussato alla porta e dovetti interrompere la mia lettura.

“Sono io, Thomas”.

‘Thomas?’.

Non si era mai spinto a venire a chiamarmi direttamente in camera.
E la cosa mi parve molto strana, improbabile.
Richiusi il volume e mi avvicinai alla porta.

La aprii “Che succede?” gli chiesi senza troppi giri di parole.

Io e lui, a livello teorico, eravamo ancora in rotta, seppur erano successe così tante cose da quando avevo deciso di troncare la nostra amicizia.

Uno sguardo serio e preoccupato si materializzò sul suo viso “Tua madre mi ha detto che non ti sentivi molto bene… Volevo tirarti su di morale” mi sorrise e mi offrì delle rose che teneva nella mano sinistra.

“Ricordi?” continuò.

“Le rose appassiscono ma il tuo ricordo rimane” sussurrai piano.

Era il primo verso della canzone che gli avevo fatto sentire, non molto tempo prima, quando ero ancora Shayna e cantavo sempre, nascosta nel roseto.

Un’eternità fa.

Guardai le sue rose e mi sembrarono fin troppo eloquenti. Era venuto per dichiararsi per caso?
Ero stufa di evitarlo, di far finta che lui non esistesse, solo per sfuggire a questo momento.
Avevo detto a mia madre cosa pensavo, se anche lui si fosse dichiarato io gli avrei risposto.
Non avevo più paura di dirgli di no.

“Thomas, ascolta… io…” cominciai ma lui subito mi bloccò.

Parve avere un’aria allarmata.

“Senti, posso entrare un attimo? Ti devo parlare” avrei dovuto dirgli di no, sapendo già dove sarebbe voluto arrivare. Ma non lo feci.

Vedevo una strana preoccupazione riflessa nei suoi occhi e nonostante fossero centinaia le ragioni per le quali io lo dovessi detestare, considerato anche le implicazioni che suo padre poteva aver avuto nella questione di Aisha, mi feci da parte e gli permisi di varcare la soglia.
Lui appoggiò le rose su un ripiano che sporgeva dal muro.
Io lo guardavo senza capire.

“Non so come iniziare” mi confessò.

“Io ti devo dire una cosa, una cosa molto importante. Riguardo ad oggi e a quest’ultimo periodo” gli tremava la voce.

Tutto lasciava pensare al fatto che mi volesse dire qualcosa di romantico, ma sentivo che non lo era.
I miei occhi brillarono. Voleva dirmi di suo padre, me lo sentivo, di Aisha e di tutte le terribili cose lui aveva pianificato, forse per colpire me.

Mi avvicinai a lui “Dimmi tutto Thomas, ti prego”.

“Io oggi ero al processo e ho visto una cosa magnifica” i suoi occhi erano quasi lucidi, trasparenti come l'aria.

“Un gruppo di amici, uniti, che sono riusciti a salvare degli innocenti e a portare a galla la verità”.

Si fermò un attimo e poi riprese.

“Non so cosa sia accaduto, non so cosa ci abbia allontanato, ma non voglio che la nostra amicizia finisca. Non senza prima parlarne” rimasi a bocca aperta nel sentirgli pronunciare questo.

Abbassai lo sguardo.

“E’ da un po’ che cerchi di evitarmi ma… io ci tengo davvero a te” piano piano le sue guance si arrossarono.

“Ci tengo davvero, Brida” e con un gesto involontario sfiorò il ciondolo che portava al collo, un mio antico regalo.

Le rose appassiscono ma il ricordo rimane.

Mi sbagliavo, voleva parlarmi dei suoi sentimenti, non di suo padre.
Ma non mi fece arrabbiare questa cosa, anzi.

“Ti prego, dimmi come posso rimediare”.

Rimasi un secondo a rimuginare, colpita dal tono sincero che dimostrava quanto lui davvero mi volesse bene.
Non era solo un giochetto di suo padre, Tom non sapeva mentire così bene.
Era venuto lì di sua spontanea volontà, ne ero sicura.
E non potevo essere arrabbiata con una persona che ci teneva così tanto a noi, alla nostra amicizia.

Non lo amavo, non volevo sposarlo, ma perché distruggere quello che c’era di così prezioso tra noi, un rapporto di amicizia che durava da una vita, solo a causa dei miei genitori e di suo padre?
Ero stufa di sottostare alle loro regole, ora volevo giocare con le mie.

“Thomas” mi avvicinai velocemente e per la prima volta in vita mia lo abbracciai.

“Hai rischiato la vita per me contro un orso e mi hai sempre sostenuto, mi sei sempre rimasto vicino” Thomas era diverso da suo padre e per questo sentivo anch’io di tenere davvero a lui.

Lui ricambiò l’abbraccio.

“Perdonami se ti ho trattato male ultimamente “ mi staccai dal suo petto notando che era diventato tutto rosso in volto. Ignorai la cosa.

“I miei genitori, i nostri genitori, mi mettono sempre sotto pressione e io non voglio questo. Capisci? Odio le imposizioni e le regole, dovresti saperlo bene anche tu” ridacchiai e pure lui lo fece.

“Io non voglio che tu ti senta soffocare, voglio solo… rimanerti accanto” mi disse dolcemente.

Non so cosa provasse davvero lui per me, forse era più di amicizia.
Ma non volevo comunque ferirlo, non volevo fargli male.
Non volevo sposarlo, ma nemmeno dimenticarlo o perderlo.
Volevo averlo accanto, come amico.

“Anch’io” sorrisi.

Rimanemmo per qualche secondo così, senza dirci nulla.

“Che ne dici di sgattaiolare in cucina e mangiare qualcosa di nascosto? Non ho messo in bocca nulla per pranzo e ora muoio di fame” gli proposi.

“Ma non stavi male?” mi domandò.

Lo presi per mano “Sì, beh… più o meno” e facendogli l’occhiolino lo trascinai via con me.

Aprii la porta di scatto e lasciai che sbattesse nel richiudersi.

Non vidi la folata di vento che questa mia azione generò nella stanza, non vidi che una rosa si era separata dalle altre e stava cadendo, lentamente, dal ripiano sul quale Thomas l’aveva appoggiata.

Non la vidi toccare il pavimento e scivolare vicino all’uscio della camera, pronta quasi per sfuggire da quella gabbia, per raggiungere la libertà che si trovava dall’altra parte.
Ma no, non era possibile. Degli spifferi che penetrarono da sotto la porta le impedirono di raggiungere il mondo che stava al di fuori, la fecero scivolare indietro, la stropicciarono.

Andò a sbattere contro un lungo armadio, scivolò rasente al muro e colpì anche una gamba del letto.
Poi, finalmente, si fermò in mezzo alla stanza.
Rimase lì, per molto tempo, sola.
Ad attendere che qualcosa accadesse.
Lei, la rosa più coraggiosa, che era riuscita a separarsi dalle altre, rimase immobile per molto, molto tempo. Ma poi davvero qualcosa cambiò.

L’uscio di nuovo si spalancò e una domestica entrò.

Quella mattina Rose, così si chiamava la ragazza, aveva un forte mal di testa e si era pure dimenticata di pulire e lucidare le sue scarpe.
Probabilmente a causa della bravata che aveva combinato la sera prima con Jenny.
Aveva deciso di dimenticare Tray, quello stupido di Tray, ridendo tutta la notte e buttando giù  qualche sorso di troppo dell’idromele che si trovava riposto nelle cantine del palazzo.
Nessuno l’avrebbe mai scoperto.

Fu così che avvenne, fu così che la rosa andò contro al suo destino.

Venne calpestata da delle suole sporche di terra che frettolosamente si muovevano da una parte all’altra della stanza.
Perse i suoi petali e si ritrovò sgraziata, piena di fango, senza più nulla di bello che la potesse far splendere.

Era diventata un semplice gambo, pieno di spine, infelice e privo di vita.

Ma io non vidi tutto questo, io non seppi del destino della rosa.

E non conoscevo nemmeno il mio.



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Capitolo molto particolare :) Si fanno un po' di salti temporali per esplorare dei momenti chiave della giovinezza della nostra Brida. 
L'amore, l'amicizia, la paura, il senso del dovere. Tutti intrecciati nella vita della nostra eroina. 
La parte finale, dedicata alla rosa, è un indizio, o forse solo una metafora che può ritrovarsi definita in questa storia in più modi, in più personaggi e situazioni. 
E' la descrizione della vita, quella che ci separa dal gruppo, ci fa sentire speciali, e poi ci punisce. Può capitare, può non capitare. 
Ma quando succede nulla è più come prima. :)

Alla prossima settimana!

 

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Capitolo 54
*** Momenti: Tradimento ***


 
 
 
“Per la barba di Andraste, ma che freddo fa in questi monti gelati??” la voce di Oghren ci scosse tutti mentre percorsi da tremiti continuavamo a salire, sempre più in alto, verso Haven.

Mi sentivo una stupida a credere che proprio laggiù, nel mezzo del nulla, si potesse trovare la più celebre delle reliquie, eppure continuavo a camminare.
‘Andraste… davvero sei esista?’ mi chiedevo mentre avvertivo il freddo penetrarmi nelle ossa e farmi quasi male.

“Che il Creatore ci protegga e vegli su di noi mentre cerchiamo di raggiungere la sua Sacerdotessa. Andraste sorridici e non nasconderti a noi  che ti veneriamo…”
riprese a pregare Leliana che, forse, sopraffatta dalla stanchezza si era fermata giusto un attimo.

“Santarellina risparmiaci per favore, non riuscirò a sopportarti un altro attimo se continui a farneticare ad alta voce” protestò la Strega. Leliana non cedette alle sue provocazioni.

“Stiamo cercando le Sacre Ceneri di Andraste, dunque siamo in pellegrinaggio verso una santa reliquia, per questo mi sento più che giustificata nel continuare con le mie preghiere” affermò sicura di sé guardando Morrigan con i suoi occhi limpidi, resi quasi bianchi dalla neve che scendeva  dal cielo.

“Ah sì? E’ buffo come tu sappia fingere così bene… Eppure fino a poco tempo fa eri così diversa. Pensi di riuscire ad ingannare proprio me? Davvero lo credi, Bardo d’Orlais?” l’espressione di Leliana si fece di ghiaccio. Rimase come impietrita e io guardavo le due donne preoccupata.

“Tu… come osi…” le puntò contro un dito la rossa.

Leliana divenne colma di rabbia “Non osare parlarmi così Morrigan. Io… è vero. Sono stata un Bardo e ho imparato così a combattere e a difendermi. Ma ho lasciato perdere quella vita molto tempo fa. Andraste mi ha chiamata a sé, mi ha detto di seguirvi e ora questo è il mio unico interesse” .

“Non mi sembra il momento giusto per litigare, che ne dite di continuare a camminare?” cercai di chiudere la discussione. Sapevo del passato di Leliana, lei stessa me ne aveva parlato in una notte piena di stelle. Ma era cambiata e solo questo era importante.

“Solo se l’Orlesiana chiude il becco ed evita di assillarci con le sue false preghiere” di nuovo provocò Morrigan.

“Io la smetterò quando tu  rinuncerai a spargere odio e discordia. Il percorso che stiamo seguendo è uno di pace e di amore. Tu non sai nemmeno cosa siano queste cose, Morrigan” parole dure uscirono dalle labbra delicate di Leliana.

Pace e amore…
Guardai il cielo, bianco e candido come la neve che mi circondava.
‘Come sono giunta fino a qui? Com’è potuto accadere?’. Mi chiesi in un attimo di sconforto.

Eppure ero stata così vicina, Denerim, la città dove si trovavano Loghain e l’Arle Howe.
La città dove avevo rischiato di perdere tutto, ogni cosa…
 
 
 
“Sten? Sten stai bene??” sporca di sangue e polvere mi avvicinavo al Qunari, sdraiato per terra, inerme. 

“Wynne, ti prego…” richiamai la maga che mi si affiancò velocemente.

“Ha delle ferite gravi…” commentò lei avvicinandosi al gigante. Le ginocchia mi cedettero, e sentii la testa girarmi “E anche tu…” aggiunse lei.

“Ci penso io” la voce di Leliana, mentre intorno si faceva tutto sempre più scuro, sempre più lontano.

La mia mano, la osservai: era sporca di sangue.
“Che cosa è successo? Che cosa è successo?” un’altra voce conosciuta.. ma  non riuscivo bene a distinguere chi fosse.
“Una trappola” mugugnai solo.

“Dov’è? Dov’è?” sollevai lo sguardo e cercai una persona. Lui.
“Chi? Chi cerchi?” occhi felini, Morrigan.. Le sue mani, la sua magia su di me.
“Z…” provai a dire.

“Brida resta con me!” un’altra voce, ma chi?
“Ze…” crollai a terra.
“Zevran!” dissi e tutto improvvisamente svanì davanti al mio sguardo.
Soprattutto lui.
 
Urla, intorno a me… che stava succedendo?

“No, non possono restare, non potete restare! Io non vi conosco…”.

Avvertii ancora un forte mal di testa, mentre cercavo di mettere a fuoco la stanza in cui mi trovavo.
“Non ti conosco!”.

“Ti prego, Goldanna, non sappiamo dove andare, sono feriti!”.
“Quello specie di mostro io non lo tengo in casa, con i miei bambini!”.
“E’ ferito molto gravemente… ti prego, siamo fratelli”.

“Non provare nemmeno a nominare questa parola in fronte a me, andatevene tutti o chiamo le guardie, ora!”.
Cercai di alzarmi in piedi “Alistair” riconobbi l’uomo di fronte a me.
“Ecco, lei si è alzata, ora potete pure…”.

“Ma stai zitta” le mani di Morrigan si illuminarono per un secondo, di un azzurro che si diffuse in tutta la stanza e in quel mentre la donna dai capelli rossicci che stava parlando con Alistair crollò a terra.
“Mamma!!” un miliardo di bambini mi sfrecciò accanto mentre Alistair fulminava con lo sguardo la Strega.
“Sta solo dormendo, non sopportavo più la sua voce petulante”.

“Bambini aiutatemi a portarla a letto, mamma è solo molto stanca” vidi Leliana che si dava da fare per sollevare la donna lanciandomi un debole sorriso.
Mentre lei scomparve dalla mia vista mi accorsi di avere una benda sul fianco destro e di essere in una casa di legno mai vista prima.
“Brida stai bene? Wynne è andata a comprare delle erbe che potranno servire a te e a Sten” si avvicinò Alistair.

“E Oghren è con il tuo Mabari alla ricerca di quel traditore” aggiunse Morrigan con evidente disprezzo.
“Traditore? Che è successo?”.
“Come non ricordi?” mi domandò Alistair.
Scossi la testa confusa.

“Tu e Sten eravate con Lucky quando sono spuntati i Corvi, gli assassini di Antiva, volevano Zevran… ricordi?”.

Alle porte di Denerim certo, eravamo avanzati noi per primi e di nuovo ero cascata in una trappola di quei delinquenti Antiviani.
Ma stavolta non avevo guadagnato un alleato, ma l’avevo perduto.
“Zevran… mi ricordo ora. Lui non si trova?” chiesi ai miei due amici.

“No, è scomparso”.

I Corvi erano venuti per lui, per riprenderselo, per ributtarlo in quella vita di massacri gratuiti per sopravvivere. E lui non aveva mosso un dito per fermarli, anzi.
Era stato lui a farli venire lì.

“Sorpresa” ricordavo ancora il suo sorriso, la sua evidente sensazione di vittoria, mentre mi voltava le spalle.

Mi tradiva.

Di nuovo mi ero fatta ingannare, così facilmente…
“E noi siamo ricercati” Alistair mi mostrò un foglio dove erano disegnati i nostri due volti.
“Siete dei fuorilegge” commentò Morrigan “ e a quanto pare Loghain paga bene per avervi, vivi o morti”.
“Non ci avrà” affermò deciso il Custode.

“Ma noi non possiamo rimanere qui” non avevo bisogno di parole per capire che anche lui, in qualche modo, era stato tradito. Tradito da ciò che si ha più caro: il proprio sangue, la propria famiglia.

Fissai per un lungo istante i suoi occhi color nocciola, quasi scordandomi che nella stessa stanza c’era anche la Strega.

“Siamo noi la tua famiglia Alistair, troveremo un altro posto, troveremo una soluzione… Dobbiamo solo scoprire dove abita Fratello Genitivi e poi faremo finta non sia successo nulla di tutto questo” gli dissi cercando di rincuorarlo.

“Grazie” rispose lui sorridendomi, mentre i suoi occhi mandavano un dolce bagliore.

“Siete davvero patetici, ve lo trovo io quest’uomo di Chiesa fanatico e credulone. Non ringraziatemi” sia io che Alistair scoppiammo a ridere mentre Morrigan si trasformava in un Corvo e usciva dalla finestra ancora gracchiando.

Mi sedetti un attimo sul letto in cui ero stesa precedentemente, guardando l’enorme gigante sdraiato su una branda di fronte a me. Pareva così calmo e rilassato, lui che era sempre così duro, lui che sembrava sempre pronto a combattere e a non arrendersi alle emozioni.
Ora pareva così fragile e debole.

‘Quante cose si possono capire in una notte, quante…’
Alistair si sedette di fianco a me mentre la voce melodiosa di Leliana risuonava dalla stanza accanto. Stava raccontando una storia ai figli di Goldanna, i nipoti di Alistair.
Una famiglia che non avrebbe, molto probabilmente, mai più rivisto.
Lui mi prese per mano e me la strinse, sorridendo appena.

“Resisti Sten, resisti” sussurrai, aspettando che Wynne tornasse per curarlo.

Ma non pensavo davvero a lui, non pensavo nemmeno a Morrigan che volava nel cielo, in una notte buia come non mai.
Non prestavo attenzione all’affetto che mi dimostrava Alistair, o alla storia che raccontava Leliana.
Vedevo il mio cane e Oghren vagare per le vie, e l’elfo. Quell’elfo a cui mi ero, dopotutto, affezionata e che mi aveva abbandonata.

Volevo solo avergli potuto chiedere una cosa, un’ultima cosa. Prima che scomparisse, prima che la polverosa Denerim l’avesse inghiottito e gettato lontano da me.
 
 
 
“Avete un Padre? Credevo esistessero solo Madri nella Chiesa” la voce di Alistair risuonò dietro alle mie spalle.

I bambini a cui avevamo chiesto fecero spallucce e subito dopo svanirono dalla nostra vista.

“Qualcosa non quadra” commentò Leliana “Sono sicura che non esistano Padri in seno alla nostra Santa Chiesa”.

“Beh almeno sono originali qui sulle montagne” la Strega cercò di nuovo di mettersi in urto con l’Asserente.

“Ho bisogno di birra, caldo.. fuoco e tanta birra!”.

“Dobbiamo trovare questo… Padre Eirik e chiedergli se ha visto Fratello Genitivi. E magari anche un poco di ospitalità”.
Il freddo mi era ormai entrato nelle ossa.

“Questo luogo… è protetto da un qualche incantesimo, lo avverto. Stai attenta Brida, non fidarti di questo uomo, di quest’uomo, Eirik…”.

“Io non mi fido di nessuno” risposi all’anziana donna.

‘Come può non congelarsi, lei che è già morta?’ mi chiesi un attimo guardando la chioma canuta della maga e il suo aspetto debole.

“Andiamo” avevo un brutto presentimento.

La testa sembrava faticare a mantenere la sua concentrazione, la tormenta di neve pareva sempre più violenta.
‘Non posso fermarmi, non posso arrendermi’ mi dicevo nella mente come se quei pochi passi che mi separavano dalla Chiesa locale fossero pesanti e difficili da portare a termine.

“So chi sei. E non ti permetterò di fermarmi” una voce mi penetrò nella testa mentre varcavamo la soglia. Improvvisamente vidi uno ad uno i miei amici cadere a terra, svenuti, anche il mio cane.

Solo io e Sten rimanemmo in piedi.

Lui impugnò l’arma spaventato, mentre un anziano uomo di fronte a noi brandiva un bastone magico, minaccioso.

‘Magia del sangue’ compresi guardando come fluiva dalle sue braccia un liquido rosso, il suo sangue, da cui traeva potere.

“Custode, le tue recenti ferite hanno protetto tu e il tuo amico, ma non potranno proteggerti di nuovo. Brida Cousland, so cosa vuoi e non permetterò a nessuno di disturbare la Sacra Andraste” rimasi a bocca aperta mentre lui pronunciava queste parole.

Guardai il gigante per un attimo e poi entrambi caricammo il mago di fronte a noi.
“Tu non mi puoi fermare!” tuonò la sua voce nella mia testa.

‘Ti sbagli’ pensai.

Quello stesso gesto, quella carica piena di rabbia era avvenuto non molto tempo prima, in tutt’altro luogo.
Ero sola allora, spaventata e ancora dolorante, ma il mio cuore pulsava di risentimento.
 
 
 
“Non ti lascerò scappare!” urlai al mio avversario.

“Credo tu non abbia molta scelta. Un combattimento attirerebbe troppe guardie, e questo lo vogliamo evitare entrambi, quindi la soluzione migliore è che io me ne vada e che tu smetta di cercarmi” mi rispose l’elfo. Io di nuovo tentai di colpirlo con un fendente laterale, ma Fiocco lo mancò di un soffio.

Era quasi l’alba e avevo passato la notte intera a cercare una risposta, vagando per Denerim. Non pensavo davvero che l’avrei trovato ancora lì, mi sembrava sciocco e scontato, dopo tre giorni …

E invece mi era comparso davanti, improvvisamente, quasi mi avesse cercato.
“Riponi la tua arma e lasciami andare” di nuovo mi suggerì.
“Ne vale la pena uccidere un elfo divertente come me?” ironizzò.

“Se non vuoi che ti uccida fermati e dammi delle risposte” lo sfidai.

I primi raggi illuminavano il suo volto che in quel momento si piegò in un misterioso sorriso.
“Per quale motivo credi che io sia ancora qui, a Denerim”.

“Ti stavo cercando” mi disse. Quindi non voleva davvero scappare.

“Vuoi finire il tuo lavoro?” gli domandai con gli occhi iniettati di risentimento.

“No e sapevo Taliesen avrebbe fallito. Non ce l’ho fatta io, come poteva lui? Ma dovevo liberarmi”.

“Se volevi andartene potevi chiedere” gli risposi.

“Davvero? Eppure pensavo di essere tuo prigioniero Brida, cosa ti ha fatto cambiare idea su di me?” mi provocò, pur sapendo che ormai avevo imparato a fidarmi di lui. A torto.

Mi avvicinai a lui pericolosamente “Sono quasi morta. Zevran, il tuo amico stava per uccidere Sten e me. Perché? Perché ci hai traditi? Volevi soldi? Volevi davvero tornare indietro?”.

“Certo che no, non voglio tornare ad essere un Corvo e anche se Taliesen ti avesse uccisa io me ne sarei andato lo stesso, sparito nel nulla”.
“ E allora cosa ci fai ancora qui?” non capivo.

“Potevo andarmene senza salutarti?”  mi fece un occhiolino.

“Non voglio scherzare Zevran, non voglio che tu mi tratti così… Qual è la verità?”.

“Davvero non capisci? Più andiamo avanti peggio è, come puoi non vederlo?”.

“Di cosa stai parlando?”.

“La missione, distruggere l’Arcidemone, salvare il mondo. Io non sono fatto per questo genere di cose, io non sono un eroe. E nemmeno tu lo sei… Hai mai pensato a cosa farai dopo? A cosa accadrà se davvero riuscissi nell’impresa?” le sue parole mi lasciavano basita.

Dopo qualche secondo di silenzio riprese “Tenevi me tuo prigioniero, meditavi vendetta contro il nemico della tua famiglia e non ti sei nemmeno accorta di star costruendo la tua prigione dorata. Chiusa dietro quattro mura dovrai ricostruire l’Ordine, dovrai impegnarti a ricoprire il tuo ruolo di Eroina. E io so che non è questo che vuoi”.
“Che cosa vuoi dire?”.

“Non c’è felicità per te tra i Custodi, non ce ne sarà mai. Il mondo andrà avanti, Alistair lo può salvare, e oltre a lui scommetto che ci sarà qualche altro eroe disposto a sacrificare tutto per la causa, ma quella non sei tu. Vieni con me, abbandona tutto, e tutti e lascia da parte questo fardello. Fingerò di averti ucciso e di essermi sbarazzato del corpo, sarà facile...” non riuscivo a credere alle sue parole.

“Uccideremo l’Arle Howe e ce ne andremo da qui… Lontano dalla Prole Oscura, lontano dalla tua vecchia vita nobile che non hai mai amato, vicino a quello che hai sempre desiderato: la libertà” mi aveva letto, in tutto quel tempo, in quelle poche parole che mi ero lasciata sfuggire. Mi aveva conosciuto meglio di chiunque altro.
E sapeva che più di ogni cosa desideravo davvero andarmene e abbandonare tutto e tutti.

“Io… non posso Zevran” balbettai confusa.

“Certo che puoi. Io e te siamo uguali” i suoi occhi foglia e sempre svegli e attenti si posarono sul mio volto.

“Abbiamo vissuto costretti in un rigido sistema a cui non siamo mai appartenuti veramente. E adesso ci troviamo qui, catapultati in un’assurda avventura che non c’entra nulla con noi. Non so cosa ci accadrà, non posso assicurare che viaggiando con me vivrai una vita lunga e morirai in un letto caldo, ma posso dirti per certo che non ti annoierai e che finalmente potrai vivere fino alla fine senza obblighi o doveri di sorta”.

“Perché mi offri questo?” gli chiesi dopo qualche secondo di silenzio.

“Per ripagare la tua fiducia. Mi hai risparmiato la vita e ora anch’io voglio offrirtene una nuova e migliore. Allora? Vuoi continuare a fingerti l’eroina che non sei? O vuoi finalmente abbracciare la vera Brida che sai di essere?”.

La ragazzina selvaggia, quella che Madre Mallol aveva tanto criticato e che aveva provocato così tanti dispiaceri ai suoi genitori. Quella che amava correre nei prati, buttarsi nel fango, cantare e bere birra in compagnia. Ero io quella? Era quella la vita che mi sarebbe aspettata insieme a Zevran?
Guardai la mia armatura, la ferita profonda che ancora mi segnava e avvertii come la mia esistenza stava mirando nella direzione opposta rispetto ai miei desideri più nascosti.

Aveva ragione l’elfo: non ero più prigioniera del mondo dei nobili, ma essere Custode mi poneva all’interno di una gabbia ancora più stretta. Avevo un dovere, pressante, dovevo salvare il mondo. E anche una volta compiuto questo nulla mi avrebbe mai più potuto separare dal destino dei Custodi. Ero di nuovo intrappolata nella mia stessa esistenza.
Ma non ero sola.

Ripensai al sogno di Alistair, al suo desiderio nascosto di vivere semplicemente accanto a sua sorella. Sogno che non si sarebbe mai realizzato.
E ripensai a tutti i miei compagni di viaggio, e anche alle persone che avevo incontrato durante il mio percorso: il Primo Incantatore Irving,  Bann Teagan, Lanaya, Lord Harrowmont, Flemeth, Duncan… Tutte persone che avevano riposto in me la loro fiducia.
Non potevo abbandonarle, non potevo tradire il loro sostegno. Forse Alistair li avrebbe salvati, forse il mio aiuto sarebbe stato superfluo ma io non ero come Zevran o l’Arle Howe, io non sceglievo il tradimento e la fuga.

In questo l’elfo si sbagliava terribilmente.

“Noi non siamo uguali Zevran. Simili in alcune cose, ma non identici. Ho promesso a molte persone che farò di tutto per fermare questo Flagello e sebbene questa non sia la vita che ho sempre desiderato comunque devo combattere. Lo devo fare, capisci? Per chi ha creduto in me, per chi mi ha dato fiducia”.

“Immaginavo avresti risposto così, ma dovevo provare…” di nuovo un sorrisetto accattivante si dipinse sul suo volto spigoloso.

“Questo è un addio, dunque? Non vuoi provare davvero a rimanere?”.

“No, io non sono così Brida e forse un giorno rimpiangerai questa tua scelta, rimpiangerai di non aver lasciato ogni cosa. Mi verrai a cercare e chiederai il mio aiuto, perché avrai bisogno di un modo per sentirti viva, di un modo per evadere dalla gabbia dorata che ti stai costruendo. Addio Cousland e Custode. Non ci rivedremo più fino ad allora, ma io sentirò parlare di te, ne sono certo. Così tanto che non mi sembrerà di averti mai abbandonato”.

“Addio Zevran Arainai…” sussurrai appena mentre l’ombra dalla bionda capigliatura scivolava per le vie.

Tremai ascoltando la sua profezia e sospirai sommessamente.
Avevo ormai deciso. Ero un Custode e avrei combattuto per l’Ordine, per il Thedas, fino alla fine.
 
 
“Fratello Genitivi, Fratello!” diedi delle scosse all’uomo che si trovava sdraiato di fronte a me.

“Che succede? Padre Eirik.. dov’è?” ero sporca di sangue e con me Sten.

“E’ morto” risposi semplicemente.

“Avete delle ferite gravi Fratello, permettetevi di curar…” Wynne si era risvegliata e con lei gli altri miei compagni.

“Non abbiamo tempo. Il tempio, sulla vetta, dobbiamo andare laggiù. Lì si nascondono le Sacre Ceneri, ne sono certo!” la interruppe lo studioso.

Un terribile ruggito risuonò in quel momento. Proveniva dal cielo, sopra di noi.
Il sangue mi si gelò all’istante.
Niente riposo, niente caldo, niente ospitalità, niente birra.

Ci aspettava un terribile drago e un intricato labirinto tra i ghiacci.
Ma quella strada avevo scelto, quella via. Salvare il mondo, quello era il mio dovere.

Quella la mia strada.




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Ebbene sì, dopo moooooooolto tempo torno a modificare e riscrivere un capitolo che, essenzialmente, avevo pubblicato di tutta fretta e non ero riuscita a costruirlo come volevo. Purtroppo quando si inizia l'università il tempo scappa e bisogna cercare di concentrarsi su una cosa alla volta. Questo mi ha aiutato, infatti adesso ho finito gli esami e fino ad inizio Ottobre sarò libera di dedicarmi a quello che voglio, compreso leggere e scrivere su EFP, e sono davvero soddisfatta dei miei risultati anche se hanno implicato l'abbandono momentaneo del sito (purtroppo non sono brava ad usare le cose con parsimonia, sono più da 'o tutto o niente'. 

Parlando del capitolo :) L'abbandono di Zevran, che in media lo si vive solo se non si riesce a legare col pg, e i ghiacci di Haven. Ho unito i due momenti perché Brida, dopo l'addio del compagno, avverte dentro sé un freddo sferzante che, tuttavia, può combattere, può allontanare, come fa con Eirik.  
La domanda vera può essere... perché ho voluto che Zev se ne andasse? Perché non gli ho permesso di diventare il miglior amico di Brida e di godersi onore e gloria? Perché per me Zevran non è quel tipo di personaggio, non lo vedo come un eroe. Lui è un animo libero, un fuggitivo, e questo è il suo lato bello e anche il suo lato triste. 
Non riuscirà mai davvero a fermarsi, a legarsi e ad essere pienamente felice. Questo è il suo fascino. 

Ora per me inizia un momento di viaggi che durerà fino a Settembre quindi, purtroppo, sia nella lettura che nella scrittura dovrò, nuovamente, fermarmi. Ma mi piace aver ripreso questo racconto e sentire che, nonostante il tempo passato, ancora ho voglia di continuarlo, ancora ho voglia di concludere le vicende di Brida, giovane e fragile, forte e speranzosa. Pronta ad affrontare ancora molte sfide e a combattere per quello in cui crede. 

Un saluto a chiunque mi sta ancora leggendo o mi leggerà :) Buona estate!

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Capitolo 55
*** Cambio di direzione ***


 
 
Le nuvole. Si muovevano così velocemente.
Ecco cosa scoprii quella calda mattinata di sole. Sdraiata con i capelli bruni sparsi sul prato oziavo e fissavo il cielo sopra la mia testa.

‘Ma dove corrono, dove scappano? Quante persone avranno guardato queste stesse nuvole, quante stanno ammirando ora questo cielo?’ mi chiesi tormentata.

Cercavo  di svagare la mente ma era davvero difficile. Troppe cose erano accadute. Il processo, la verità che era venuta galla, la mia codardia nel momento più cruciale…
Ripensai allo sguardo di Robert, fisso su di me, mentre scappavo dalla folla. E poi il trionfo, la gioia, io e Thomas che ci chiarivamo e Jack.
Jack.

‘Vuole sposarmi’.

Questo mi aveva chiesto la sera prima e io non avevo saputo dargli una risposta.

“Ma come faremo? La mia famiglia e tuo padre?” gli avevo solo domandato.
“Troveremo un modo” mi aveva risposto e con un bacio, lì nel sagrato illuminato dalla luna, aveva concluso la sua proposta.

Mi aveva detto che avevamo tempo, che potevo pensarci, ma la verità era che non potevo. Non potevo pensarci perché mi faceva soffrire troppo.
Perché sapevo che non sarebbe mai avvenuto nulla di simile.

‘Pensa con la mente’ le parole di Alfred.
“Chiudi il cuore”.

‘Ma come farò a trovare il coraggio di dirgli una cosa simile, come?’ mi domandai senza trovare risposta.

“Fate bene a rilassarvi” una voce mi fece improvvisamente sussultare, soprattutto considerato a chi appartenesse.

“Ho sentito che ieri non eravate in forma, il giorno del Processo. Che peccato…” commentò in tono tagliente. Io mi alzai fissando l’uomo di fronte a me.

Era la prima volta, da quando lui e suo figlio si erano trasferiti al castello, che mi trovavo faccia a faccia con lui, l’Arle Howe.
“Adesso sto un po’ meglio” gli risposi senza nascondere troppo il mio disprezzo nei suoi confronti.

Non era la prima volta che si interessava alla mia salute o che notava qualche occhiaia di troppo.
Che forse sapesse delle mie fughe notturne?

“Scusatemi ma se sono venuto qua a parlarvi da solo non è per assicurarmi della vostra salute, se devo essere sincero” continuò mentre il suo sguardo vacuo si posava sul mio volto.

‘Non oserà davvero…?’. Non poteva chiedermi lui di sposare suo figlio, era… profondamente sbagliato!
Rimasi rigida ma mantenni la mia lucidità “Di cosa volete parlarmi?”.

“Voglio essere franco Brida, io so che voi, come molti altri nobili, non siete una mia ammiratrice. Ma volete bene a mio figlio” non riuscivo a credere alle mie parole. Stava davvero succedendo, avrei ricevuto dopo pochissime ore un’altra proposta di matrimonio… tramite il padre dell’eventuale sposo?

“Spero che in nome di questo bene voi mi ascolterete e cercherete di capire il mio punto di vista”.

Che cosa stava succedendo?

“Va tutto bene?” mi domandò.

“Certamente… io non capisco però…” balbettai confusa.

“Vedete, sono venuto qui, da qualche mese ormai ma vostro padre non mi ascolta”.

Non potevo fuggire, non c’era modo di evitarlo. Dovevo affrontare l’Arle Howe. Da sola.

“Per questo mi sto rivolgendo a voi, sperando possiate capire. La mia famiglia e la vostra si conoscono da molto tempo e molti momenti, tristi e felici, ci legano. Per questo sarebbe auspicabile…”

‘Che le nostre casate si uniscano?’ conclusi nella mia mente.

“Che ancora una volta possiamo rimanere uniti nei nostri principi e nei nostri doveri. Sto parlando di Orlais”.

Guardai sconvolta l’Arle, senza capire. Non voleva parlare di me e di suo figlio dunque?

“Tuo padre è sempre stato fin troppo aperto con gli stranieri, vedi tua cognata e vedi quello che è appena accaduto qui ad Altura Perenne, per colpa di un’Antiviana” gesticolava animatamente mentre cercava di dipingere una situazione che ben conoscevo pure io.

“E ora vuole concludere degli accordi commerciali con Orlais che io non approvo. Per questo sono venuto qui, per provare a convincerlo e per questo motivo mi sto rivolgendo a voi, Lady Cousland”

“Io?” domandai incerta.

“Certamente, vostro padre ha un’alta opinione di voi e, se devo essere sincero, l’ho visto tenere più in considerazione le vostre idee rispetto a quelle di vostro fratello. Per questo spero che in nome dell’amicizia che vi lega con mio figlio voi accettiate di aiutarmi” le sue parole sembravano assurde nella mia testa.
Accordo commerciale? Non era possibile, io l’avevo sentito parlare con suo figlio, lui era venuto solo per farmi sposare con Thomas, ne ero sicura!
Era un inganno questo? O forse… il matrimonio era un modo per guadagnarsi il mio favore?

“Che cosa ci perderemmo siglando questo accordo con Orlais?” volli approfondire.

Lui sorrise, capendo che mi stavo interessando alla vicenda e mi fece segno di fare quattro passi con lui mentre ne discutevamo.

“Io e vostro padre abbiamo combattuto a lungo e duramente Orlais e trovo prematuro che si trovino certi accordi. Orlais è un Impero popolato da spie e ingannatori, i celebri Bardi, e io non mi fido di loro. Ho cercato di parlarne a lungo con Bryce ma non mi vuole ascoltare. Centinaia di Fereldiani sono morti per rendere noi e il nostro popolo liberi. Non possiamo permetterci di dimenticare questo sacrificio”.

Già, anche Maestro Bryce aveva combattuto in quel periodo, in parte facendo del doppio gioco. Mi aveva parlato lui per primo dei Bardi ed ero a conoscenza di quello che erano in grado di fare, in parte ciò era stato insegnato anche a me tramite il mio Maestro.

“Proverete a parlarne a vostro padre? Molti Fereldiani ci potrebbero perdere da questo accordo. Se Altura Perenne cominciasse a commerciare di più con l’estero che con i propri connazionali questo porterebbe, evidentemente, ad una crisi” sembrava esperto in materia economica più di quanto avessi mai saputo.
Io certamente  non lo ero ma da quel discorso avevo compreso una cosa: assecondarlo, forse, mi avrebbe permesso di guadagnare un poco di tempo e di rimandare la questione del matrimonio.

“Certamente, vedrò di parlarne con lui” pensavo di aver così chiuso il discorso, mentre ci fermavamo vicino a due alte betulle.

Ma lui di nuovo ricominciò a parlare “Se mi permettete di nuovo di essere franco con voi, voglio dirvi questo: vostro padre spera che voi sposiate mio figlio, lo desidera molto. In nome della nostra antica amicizia. Anch’io devo ammettere ho creduto per molto tempo e ho… più volte tentato di chiedere a Thomas di dichiararsi a voi. Alcune volte, forse, sono stato fin troppo brusco e di ciò sono molto dispiaciuto”.

Ripensai alle parole che gli avevo sentito dire, una delle sere in cui avevo cercato di sgattaiolare fuori dal castello. Brusco era dire poco. Avevo odiato Thomas per come si era piegato alla volontà del padre, ma in fondo, dopotutto, ciò che avvertivo di più era un profondo senso di pena.

“Voglio però dirvi questo ora: desidero lasciare a mio figlio piena libertà e non farlo sentire obbligato di prendere una simile decisione. E anche con vostro padre, cercherò di parlargli e di convincerlo a permettervi di decidere voi quando e con chi vorrete sposarvi” rimasi senza parole nel sentirgli pronunciare ciò.
“Voi… parlate sul serio?” mi lasciai scappare.

“Beh, voi aiutate me e io aiuto voi. Un patto, no? Che ne dite Lady Cousland?” il suo sorriso mi mise i brividi ma non vedevo alternative.
“Mi posso fidare di voi?” mi chiese ancora.

‘Ecco la mia scappatoia’.

Annuii “Certo, avete ragione. Vi ringrazio Arle” quello che stava accadendo pareva impossibile eppure era vero.

Avevo appena scansato il matrimonio con Thomas, proprio il giorno in cui Jack mi aveva chiesto di sposarlo.
Era forse un segno?

“Ora penso tornerò al castello. Vi auguro  una buona giornata” si congedò Rendon Howe.
Avevo appena siglato un accordo segreto con lui e non riuscivo quasi a crederci.

‘No’ mi dissi continuando a camminare e ripensando a Jack.
‘Non può essere un segno. Non posso sposarmi’.

E presi la mia decisione.
 
 
---
 
 
“Adoro queste sere” la sua voce, noi due, mano nella mano.

E Lucky che ci seguiva come mille altre volte.

 “Le sere in cui le zanzare torturano la nostra pelle?” scherzai, ma ero nervosa.

Non sapevo come dirglielo. Non sapevo come spiegargli che non sarei potuta più venire lì, che era finita.

Improvvisamente mi ritrovai le sue labbra sulle mie e non feci nulla per respingerle. Era così bello, così vero quello che sentivo quando lui si avvicinava così.

“No, le sere in cui vieni a trovarmi. Sono passati già cinque giorni dall’ultima volta, dalla sera dopo il Processo. Non resistevo più” mi diede un altro lungo bacio e poi ci sedemmo: eravamo arrivati al nostro luogo magico, il nostro luogo segreto.

“Hai pensato a quanto ti ho detto? Scusa se te lo chiedo, forse è troppo presto…” cominciò subito, mentre Lucky si accucciava di fianco a lui. Ormai aveva imparato a conoscerlo.

“Non devi scusarti Jack” rividi nella mia mente ogni momento che avevamo trascorso insieme.

Quando avevo sfiorato la sua mano, quella sera di molto tempo fa, la prima volta che ci eravamo conosciuti. E i canti con Petrice, le nottate trascorse insieme, alla Taverna, allegramente.
Io che stavo male, lui che mi confessava il passato doloroso della sua famiglia, e di nuovo il nostro primo bacio, quando mi aveva rivelato di sapere chi fossi veramente.
Ne avevamo passate così tante insieme, così tante.
Il tempo volava quando ero con lui ma non ero mai davvero completamente felice, no…
Forse Shayna poteva esserlo, ma non Brida Cousland. Perché avevo provocato troppo dolore alla sua famiglia, a lui, e infine non ero stata capace di farmi avanti, al Processo, quando avrei invece dovuto.

E tutto questo mi portava ad una conclusione, a qualcosa che mi sembrava assurdo ma che dentro sapevo fosse vero: non lo amavo davvero. Amavo essere amata, fuggire, nascondermi, fare tutto questo in segreto. Amavo il fatto che lui fosse diverso da qualsiasi altro ragazzo avessi mai conosciuto.
Shayna amava Jack, ma non Brida. Ecco la verità.
Io non potevo sposarlo.
Gli occhi mi divennero lucidi.

“Jack…” sussurrai mentre nel suo viso si dipingeva un senso di paura.

‘Addio Jack, addio amici’ rividi ognuno di loro nella mia mente. Sapevo che non sarei più tornata lì, li avrei abbracciati tutti alla Taverna e avrei augurato loro di essere felici.

Sapevo che Jack avrebbe pianto prima di allora e che si sarebbe stretto a me pregandomi di cambiare idea.
Sapevo che avrei pianto anch’io e avremmo urlato e avremmo sofferto mentre la notte era sempre più scura e noi sempre più soli.
Sapevo che sarebbe dovuto accadere tutto questo prima che io fossi potuta tornare a casa per voltarmi solo un’ultima volta e guardare i suoi occhi scuri, un ultimo istante.
Ma tutto ciò non accadde e non sarebbe mai accaduto.
Un urlo squarciò il silenzio della notte, voci e grida improvvisamente si fecero sentire nell’aria. 

“Che sta succedendo??” si alzò in piedi Jack e io dietro di lui.

Il cuore cominciò a battermi fortissimo quando mi accorsi da dove provenisse questo strano baccano.

“La Taverna” disse solo Jack ed entrambi cominciammo a correre, senza capire cosa davvero stesse accadendo.

Poi li vidi: uomini armati che urlavano, ridevano e sbraitavano.

“No, non di nuovo…” disse Jack bloccandosi, prima che ci fossimo avvicinati.
“Sorpresa” una voce alle mie spalle e poi delle braccia possenti che mi bloccavano.
Cosa stava succedendo?? Chi erano??.

“Lasciatela! Lasciatela!!” anche Jack era stato afferrato ed entrambi fummo trascinati all’interno della Taverna dell’Orso Sbronzo. Fui gettata a terra violentemente e intorno a me vidi tutti gli amici che avevo conosciuto nell’ultimo periodo: Lore, Flie, Frank, Kai, Jared e Robert. Erano tutti lì. Circondati da uomini che sbraitavano e urlavano. Soli ed indifesi, come lo ero io.

“E’ un piacere rivedervi” una voce sgraziata si fece avanti. Mi accorsi che mi sanguinava un labbro mentre mi voltavo per guardarlo in faccia.
‘No, non può star accadendo davvero’.

“Sapete… Mandare in giro delle guardie a cercarci non ci è piaciuto molto, ora nessuno vuole più assoldarci. E tutto questo per colpa vostra, per colpa sua” e indicò me suscitando risa nei suoi compagni.

“Lasciatela stare, lasciatela!” negli occhi di Jack c’era lo stesso dolore, la stessa sofferenza che aveva già vissuto per sua sorella.
Tutti erano terrorizzati e io più di loro.

“Shayna” si avvicinò a me il capo dei mercenari che avevano violentato Pet e che  non sapevo cosa avrebbero fatto a me. “Sei tu non è vero?”

Con una mano afferrò il mio mento “E’ il momento che paghi il tuo prezzo. La tua amica non aveva colpa, noi volevamo te. E ora ti avremo”.

Tremai e sentii che davvero stava accadendo. Ciò che era accaduto a Petrice ora sarebbe successo a me.
Gli occhi si riempirono di lacrime.

“Non toccarla, non osare!” la voce di Jack ma non era l’unica.

“Mascalzoni, lasciatela!” si unì Robert e poi tutti gli altri con lui.

“Silenzio!” l’uomo puntò la sua spada contro il petto di Jack.

“O morirete tutti. Ci avete ridotti al verde, ci avete fatto patire la fame in queste settimane, lo sapete? E ora la pagherete. Kurt, Gary e voi altri, teneteli fermi” altre spade scintillarono e io cominciai ad urlare mentre l’uomo si avvicinava a me.

La mia voce, quella di Jack, e il terrore che quell’uomo mi toccasse di nuovo, e Jack e ogni cosa scompariva, sangue.. sangue…
Chiusi gli occhi e in quel momento sentii un vetro distruggersi, avvertii un ringhio  e subito delle urla, ma erano loro ad urlare questa volta.
‘Lucky’ non l’avevo visto più da quando avevamo lasciato il retro della Chiesa.

Aprii gli occhi e vidi di fronte a me lui e non solo, delle frecce penetravano all’interno dell’edificio, qualcuno stava combattendo. Qualcuno mi stava salvando.
Mi alzai in piedi con l’idea di fuggire. “NO!!” sentii che urlava il capo dei mercenari dietro di me. Il mio cane uggiolò improvvisamente e mi accorsi che era stato appena colpito da un calcio.

“Lucky!” ma prima che potessi avvicinarmi a lui l’uomo mi afferrò da dietro e mi trascinò via con lui, fuori dalla Taverna, usando un’uscita che nemmeno conoscevo.
“Ragazzina te ne pentirai” disse soltanto. Ma io reagii, con una gomitata mi liberai momentaneamente da lui e afferrai Fiocco e Treccia, che mi portavo sempre dietro.
Le stelle illuminavano i nostri volti mentre più distante, all’interno della Taverna, i suoi uomini combattevano.

“Quei coltellini non ti aiuteranno!!” anche lui afferrò la sua spada, molto più possente delle mie lame.

Sentivo i rumori dello scontro, lontani, ma lì c’eravamo solo io e lui. Non potevo esitare: dovevo vendicare Petrice.

 ‘Ricorda gli insegnamenti di Maestro Bryce, ricordali’ cominciai ad affrontarlo ma lui schivò ogni mio colpo.
Volevo essere più veloce di lui ma non ci riuscivo.

“Volevamo solo sentirti cantare, volevamo solo divertirci” intanto lui diceva mentre io mi stancavo, mentre cercavo di aggredirlo inutilmente.

“Ma tu non c’eri. Shayna. Hai dato fastidio a qualcuno di potente” si lasciò sfuggire mentre di nuovo mi gettavo contro di lui.

“Io sono un mercenario dopotutto, uccidere una ragazzina… cosa sarà mai??” tentai di nuovo un assalto laterale ma stavolta qualcosa andò storto. Lui riuscì a bloccare il mio colpo e a gettare lontano Treccia. Poi mi afferrò violentemente trattenendomi da dietro e puntandomi la spada contro il collo.

Mi ricordai di aver già provato quella sensazione, di essere già stata così, con una lama puntata alla gola.
Avrei dovuto pensare alla morte, avrei dovuto piangere ed implorarlo di lasciarmi andare e invece mi venne in mente solo di quel pomeriggio, all’Enclave, quando mi ero ritrovata nella stessa posizione, e allo stesso modo vicina alla fine.
Era iniziato tutto da lì, da quella fuga, da quella mia piccola avventura nel tentativo di scoprire cosa volesse dire essere davvero liberi. Era iniziata ogni cosa allora.
E in quell’attimo compresi che era stato tutto un errore, che avevo sbagliato. Ogni cosa che avevo fatto da allora mi aveva portato sempre più dolore, sofferenza, a me e non solo. Mi aveva trascinata sempre più in basso.

E ora mi avrebbe fatto anche morire.

“Addio ragazzina!” la sua lama stava quasi per tagliarmi la gola quando qualcosa accadde.

Non era Alfred questa volta, qualcun altro si era gettato contro di noi.

Caddi e mi sembrò quasi durare un secolo quella caduta. Poi un sibilo ed un urlo.
Volevo fosse la voce di quell’uomo, quell’uomo che aveva fatto del male a Petrice e che stava per farlo a me. Ma non fu la sua voce che avvertii, non lo sentii gridare a squarciagola percorso dal dolore.
Quella era la voce di Jack e nel suo petto c’era qualcosa.
Il sibilo.
Una freccia.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime mentre alzai lo sguardo per capire chi l’avesse lanciata.
E incontrai un viso, confuso e spaventato, un viso che conoscevo molto bene.

“Thomas…”.

Thomas aveva colpito Jack.

Aveva sbagliato mira. Voleva difendermi e salvarmi, e invece aveva colpito Jack nel momento in cui si era buttato contro il mercenario per combatterlo.  

“Ragazzina!!” una voce dietro di me, ancora quell’uomo. Ma stavolta non ebbi paura, non tremai.
Non esitai.

Avevo ancora Fiocco tra le mani e con tutta la rabbia che avevo in corpo pugnalai il mio avversario, nel ventre.
Estrassi la lama e di nuovo lo copi un poco più sopra. Lui intanto fece cadere la sua spada e si piegò a terra.

“Petrice” dissi soltanto mentre lui moriva, come per ricordargli cosa avesse fatto e perché stava morendo. Come per vendicare la morte della mia amica.

Non seppi mai il suo nome. Non seppi mai chi fosse davvero quell’uomo che l’aveva violentata.
Ma non avrei mai dimenticato quella notte, i suoi rantoli mentre la vita lo lasciava.
Lui era il primo uomo che uccidevo.

Scoppiai a piangere a dirotto mentre di fianco a me il corpo di Jack era coperto di sangue.
Thomas da lontano ancora ci guardava, senza sapere cosa fare, immobile e terrorizzato.

“Jack.. Jack..” presi il suo viso tra le mani. Degli uggiolii si sentirono da dietro di me.
Anche Lucky era venuto a dirgli addio. Perché Jack stava morendo.

“La freccia… posso togliertela”.

“No” lui afferrò la mia mano.
“Lasciami andare”.

“Thomas, presto! Vai a chiamare aiuto!” urlai al mio amico. All’assassino di Jack.
Lui corse via, senza dire nulla.

“Le guardie del castello… ce l’hanno fatta, ti hanno salvata” disse Jack sorridendo.

“Ci hanno salvati” aggiunsi ma continuavo a piangere.

“Io ti amo… Io… Ti prego non dimenticarti… Non dimenticarti di me, promettimelo…” il suo respiro era sempre più debole.

“No, non andartene. Jack, Jack!!! Non mi lasciare!” urlavo a squarciagola.

Ma a nulla servì. La freccia aveva colpito proprio il suo cuore e in poco tempo lo aveva spezzato.
Era morto.

“No.. no.. no” continuai a ripetere tra i gemiti.

“Milady!” delle persone intanto si avvicinavano e con loro Thomas.
I miei salvatori.
Mi alzai in piedi guardando ancora una volta il corpo di Jack sdraiato al suolo.

I suoi assassini.

‘No, non tornerò indietro’.
Non so cosa accadde, non so cosa mi prese.
Non fu la paura per quello che avrebbe pensato mio padre, non fu per l’umiliazione che ne sarebbe seguita.
Fu per il dolore che provavo dentro, per la terribile sensazione di aver sbagliato tutto.
Fu per quella freccia che in un attimo aveva trasformato il mio migliore amico in un omicida, e il ragazzo che mi amava più di ogni cosa al mondo in un rigido e freddo corpo senza vita.

E come una freccia anch’io mi alzai e corsi via, lontano da quegli uomini, lontano da Thomas.

“Lucky!” estrassi il pugnale, Fiocco, dal corpo dell’uomo che avevo ucciso e richiamai il mio cane.
Poi corsi, veloce, corsi, corsi e corsi ancora.
Sapevo dove andare, sapevo cosa fare anche se forse non aveva alcun senso, anche se forse era pazzo e folle.
‘Maestro Bryce, io ricordo’ dissi nella mia mente.
E mi diressi proprio là.
Al nascondiglio che anni prima lui mi aveva mostrato.
Lì volevo fuggire.
Lì volevo nascondermi. 





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Dopo troppo tempo (come sempre) ritorno :) purtroppo avrei voluto recuperare anche i capitoli delle ff che stavo/sto seguendo ma con la gamba di mia mamma ancora ingessata e tante (troppe) cose da fare a casa, un lavoro da gestire, l'università che sta per iniziare non è facile trovare lo spazio anche per questo magico sito e le sue storie. 

Capitolo svolta, Brida che scappa. D'altronde ne aveva combinate davvero tante e questa era solo... la ciliegina sulla torta. 
Come mi sono sentita mentre lo scrivevo? (mi faccio anche le domande da sola adesso, ottimo!).
L'incontro con l'Arle e tutto quello che è successo, pure il processo, hanno generato in Brida la sensazione di un bisogno di " cambiare direzione". Basta cose a metà, basta bugie. 
Ma ciò si scontra con la realtà dolorosa dei mercenari arrabbiati che tornano ed incasinano tutto. Così il cambio di direzione è differente, non è un tornare alla vita di prima con una nuova consapevolezza, ma è allontanarsi da se stessi. Nascondersi da tutti, scappare verso un rifugio segreto. 

E' sempre brutto quando muore un personaggio a cui ti affezioni e Jack era uno di questi.
Un ragazzo forte, con una triste storia alle spalle e un'ancora più triste dipartita.
Dicono che ci siano persone che hanno tutto nella vita e persone che non hanno mai nulla, e forse era questa la più terribile delle differenze tra lui e Brida. 
Così lei scappa e forse si comporta ancora da codarda, o magari solamente da ragazza spaventata. 
Tornerà indietro? Cosa accadrà nella foresta a lei e al suo fedele Mabari? 

Alla prossima ;) (che spero non sia fra un mese ma un po' prima ^^) 

Ciaooo!

 

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Capitolo 56
*** Momenti: Andare Avanti ***


 

“Non farci perdere tempo spirito, dobbiamo entrare e trovare le ceneri” ero stanca e sporca di sangue. Non volevo rimandare ancora.

Dovevo riuscire nella mia missione.

“Io sono il Guardiano, il protettore dell’Urna di Andraste e ho aspettato anni per questo momento, pellegrino”.

Guardai confusa i miei compagni. Non tutti erano venuti fino a lì, avevamo dovuto separarci.

E tutto questo per colpa della setta di Eirik, che adorava un drago credendolo la reincarnazione di Andraste.

‘Assurdo’ avevo pensato quando in mezzo ai ghiacci mi ero ritrovata davanti Kogrim , un violento guerriero, furioso per la morte del loro prete e desideroso di vendicarsi.

‘Qui sono tutti pazzi’. D’altronde non era così assurdo pensare di diventare folli ad Haven dove draghi e spiriti vivevano quasi tranquillamente a fianco dei mortali. E proprio uno spirito mi stava ora rivolgendo la parola.

“Ci stavi aspettando?” la voce di Alistair, il mio più fedele compagno in tutto questo viaggio, si rivolse a colui che aveva detto di essere il Guardiano.

“Siete i primi ad arrivare, da molto tempo ormai. Il mio compito è mostrarvi la via per le Ceneri e difendere l’Urna dall’Impero e dalla sua sete di potere. Fino ad allora rimarrò qui, fino ad allora continuerò a compiere la mia missione”.

Impero… il Tevinter. Quello strano essere, vestito in armatura ed immortale, doveva essere lì da molto tempo.

“Senti perché non tagli corto e ci dici come arrivare all’Urna?” stavolta ad aggredirlo fu la Strega, dietro di me.

Eravamo giunti fino a lì io, lei, Alistair e ovviamente Leliana, la più eccitata e la più felice rispetto a ciò che stava accadendo.

Oghren, Sten e Lucky erano poco dietro di noi, pronti a difenderci contro Kogrim e i suoi fedeli. Wynne aveva invece deciso di occuparsi delle ferite di Fratello Genitivi.

“Vi farò entrare ma solo se vi mostrerete meritevoli” annunciò il Guardiano.

“Non abbiamo molto tempo da perdere.. Guardiano. Dietro di noi ci sono degli adoratori di un Drago che probabilmente ci uccideranno, se non ci sbrighiamo. Abbiamo bisogno di entrare, o forse mi confermerai che davvero lì fuori si trova la Divina Andraste sottoforma di lucertolone?” mi rivolsi nuovamente allo spirito.

“Brida!” si scandalizzò Leliana “Ovviamente quel drago non è Andraste” protestò indignata.

“Hai ragione” disse l’immortale verso la mia amica.

“Un tempo quegli uomini dovevano proteggere il tempio e l’Urna. Ma dopo molte generazioni hanno perso la via, hanno paura e necessitano che Andraste abbia una presenza fisica e potente. Hanno scelto un drago e così hanno rivelato le loro debolezze. Ma non potranno mai raggiungerci, non potranno mai farci del male, non temere” aggiunse poi.

L’Urna… stentavo ancora a credere di essere davvero lì, alla ricerca di qualcosa che non pensavo nemmeno esistesse.

Forse Andraste era vissuta davvero, forse avremmo trovato davvero una reliquia all’interno di questo luogo, ma non avevo mai creduto nel Creatore e nell’esistenza di una divinità. Potevo iniziare ora? Quell’essere eterno ed immortale era la prova che io avessi torto?

Lanciai uno sguardo alla Strega. Tutto ciò non bastava a convincere me, figuriamoci lei.

“Guardiano come possiamo guadagnarci la tua fiducia?” domandò Alistair.

“Non sarò io a decidere. Una sfida vi attende, molteplici prove. Se riuscirete a mostrarvi degni agli occhi di Andraste potrete raggiungere l’Urna e trattenere per voi un pizzico delle sue Ceneri. Altrimenti non tornerete più indietro”.

“Meraviglioso” commentò sarcastica la Strega.

“Ma prima che andiate, dovrete rispondere a qualche mia domanda. Per poter arrivare all’Urna dovrete mettere alla prova il vostro coraggio, la vostra determinazione e anche… la vostra amicizia”.

“Amicizia? Non esageriamo” commentò di nuovo Morrigan.

“Noi ce la faremo” disse sicura di sé Leliana.

“Dunque, sarete in grado di rispondere a delle semplici domande?”.

Noi tutti ci guardammo senza fiatare e senza capire.

“Chiedi e noi ti ascolteremo” dissi io, con aria più insicura delle mie parole.

“Tre di voi hanno fede, tre di voi credono che esista un Dio che tutto e tutti ha creato. Chi sono?”.

“Beh io certamente” affermò Leliana.

“Non avevamo dubbi sulla tua fede, tranquilla” commentò Morrigan.

“La risposta mi sembra facile” disse Alistair “Io, Leliana e Brida. Non credo che una Strega mutaforma possa credere in qualcosa eccetto il suo sconfinato ego”.

“E ti sbagli Alistair” abbassai lo sguardo.

Guardai lo spirito “I miei tre amici credono, io no. Questa è la risposta Guardiano, non è vero?”.

Lui mi sorrise.

“Esatto. Tanto dolore e tanta tristezza ci sono state nella tua vita, seppur tu sia nata circondata da affetto e ricchezze. Ma non hai mai avuto fede, né nel Creatore, né nel tuo mondo. Ma credi invece in te stessa e nelle tue decisioni? La tua famiglia, ti è stata strappata. Hai dovuto abbandonare a morte sicura i tuoi genitori. Dimmi Brida Cousland, rimpiangi questa decisione? Vorresti mai tornare indietro e rimanere accanto a loro, fino alla fine?”.

Rimasi senza parole nell’ascoltare le sue parole e anche i miei compagni mi guardarono confusi. Sapevano che avevo perso la mia famiglia ma non ne conoscevano i dettagli. Ora ascoltavano senza fiatare, tutto il mio dolore e il segreto che mi portavo dentro.

“Tutti abbiamo dei rimpianti… pure io.” Iniziai intimidita.

“Ma so che quella volta feci la cosa giusta, ciò che desideravano i miei genitori, ciò che desideravo io. Andarmene e trovare mio fratello. Per Fergus, dovevo lasciarli” parlai sinceramente. Sapevo che lui era in grado di leggermi dentro, come poteva sennò conoscere tutto il mio passato? E solo la verità lo avrebbe soddisfatto.

Alistair mi lanciò uno sguardo pieno di compassione, io voltai il capo. Non volevo essere compatita. Non volevo sembrare folle.

Nonostante tutto credevo ancora nella possibilità di trovare Fergus, credevo ancora lui potesse essere vivo. E non volevo che Alistair mi guardasse così.

“Molto bene… un’altra domanda allora. Tutti avete ucciso, tutti avete salvato. Ma solo uno di voi l’ha fatto per mettersi in mostra, per eccellere, come se la morte potesse portare premio e riconoscenza. Solo uno di voi ha provato gioia nell’uccidere. Chi?”.

Questa volta rimanemmo tutti molto più sbalorditi di fronte a questa domanda.

Come poteva essere possibile che la morte rendesse.. felici? Certo, avevo spesso desiderato che delle persone scomparissero dalla mia vita, morissero. Ma non mi ero mai spinta tanto oltre dal provare gioia nel distruggere l’esistenza di qualcuno.

“Morrigan confessa, era per far felice tua madre o qualcosa di simile?” chiese Alistair alla strega.

“Io che faccio qualcosa per mia madre? Ma per chi mi hai preso?”.

“Beh, tecnicamente ci hai accompagnato in un viaggio molto pericoloso solo perché te l’ha chiesto tua madre…”.

“Ok, va bene. Alcune volte ho ascoltato mia madre, ma non ho mai cercato il suo amore o la sua approvazione. Per favore, stiamo parlando della stessa Flemeth?”.

“Già quella che ci hai fatto uccidere e non sappiamo nemmeno perché” andò avanti a discutere Alistair.

“Oh per caso ti eri innamorato di lei cavaliere senza macchia e senza paura? Direi che il mondo non la rimpiange e nemmeno io. Il resto non conta”.

“Sono stata io” fu Leliana ad interrompere il litigio tra Morrigan ed Alistair.

Io la guardai e mi venne in mente quello che aveva detto riguardo al suo passato, quello che avevo sentito rispetto ai Bardi.

Eppure mi sembrava impossibile.

“Quando ero ad Orlais, Marjolaine si chiamava. Io… l’amavo. E ho ucciso per lei, ho ucciso per sembrare sempre la migliore ai suoi occhi. Ho provato gioia” Alistair rimase a bocca aperta e probabilmente io con lui. Morrigan soltanto la guardava con un mezzo sorriso sapendo di aver sempre capito che tipo fosse davvero.

“Guardiano non ho forse ragione, sono io la persona di cui parli, vero?” disse Leliana imbarazzata, gli occhi bassi e la sensazione di essere sporca sul suo viso.

“Esattamente. Leliana, hai un passato travagliato e un presente illuminato dalla fede. Eccellere, distinguersi, essere speciale. Questo ti è sempre importato. Anche nel Chiosco, a Lothering. Dici di aver sentito il Creatore parlarti, ma egli ha parlato e ha potuto parlare solo alla Divina Andraste. Le altre novizie ti guardavano male per questo, ti disprezzavano, ma ti facevano anche sentire speciale. E’ questo che quindi cercavi? Volevi solo guadagnarti l’attenzione altrui? O davvero ti senti al pari di Andraste?”.

La voce del Guardiano era calma e pacata ma più parlava più il viso di Leliana si faceva rosso e nei suoi occhi si poteva leggere solo rabbia ed imbarazzo.

“Io non ho mai detto una cosa simile, non mi sono mai paragonata ad Andraste” cominciò incespicando, alzando la sua voce acuta.

“Non volevo attenzioni dagli altri… Io so quello che ho visto e so cosa significa per me. Il Creatore mi ha voluto dare una seconda possibilità e io la sto sfruttando, qui, ora. Io non ho mentito sul mio sogno” affermò evidentemente dispiaciuta che il Guardiano l’avesse posta sotto accusa, proprio lei che era così fedele.

Evitai di raggiungere il suo sguardo ma sapevo che era sconvolta. Mi chiedevo se il Guardiano avesse ragione su di lei, o se forse era solo un modo per farci vacillare, come aveva provato con me facendomi pensare alla perdita dei miei genitori.

‘Leliana. Bardo, amante, ingannatrice…’ nulla di quel viso che avevo davanti mi poteva far pensare ad un simile passato.

“Ogni giorno ognuno di voi rischia la propria vita e vede la morte farsi sempre più vicina. Tutti voi la temete e nessuno l’ha mai desiderata. Ma solo uno di voi si ucciderebbe qui, ora per cambiare il passato. Chi?”

“Sai già la risposta, non è vero?” parlò Alistair senza che nessuno di noi potesse davvero pensare alle parole dello spirito.

“Duncan… Lui meritava di vivere molto più di quanto lo abbia meritato io. Avrei fatto di tutto per salvarlo, lo farei ancora…” guardavo affascinata gli occhi del Templare. Li avevo visti ridere, li avevo visti arrabbiarsi, essere timidi ed impauriti. Li avevo visti imbarazzarsi e vergognarsi.

Ma non li avevo mai visto così pieni di dolore, e allo stesso tempo determinazione.

Era pronto a morire per qualcuno. Io non avevo mai provato qualcosa di simile e forse non l’avrei mai sentita nel mio cuore.

“So che pensi che se lui fosse ancora tra noi il percorso dei Custodi, la loro missione per salvare il Thedas sarebbe stata più semplice ma non bisogna indugiare negli errori del passato” e con queste parole lo Spirito si rivolse a me e a Leliana che in qualche modo avevamo deciso di guardare avanti, avevamo scelto di dare una svolta alla nostra vita.

In quell’attimo io e Alistair ci guardammo e mi sentii risucchiata nei suoi occhi color nocciola.

“Uno di voi…” ricominciò il Guardiano

“Uno di noi non risponderà alle tue domande spirito, fatti da parte e lasciaci passare. Non mi farò torturare dai tuoi giochetti” lo interruppe Morrigan.

La guardai per un attimo sconvolta, temendo avesse mandato tutto all’aria e invece la creatura davanti a noi si limitò a sorridere.

“Altre prove vi attendono dunque, ma questa è stata superata. Vi parlerà il passato e il presente. Dovrete guardarvi allo specchio e combattere il vostro lato peggiore. Incontrerete uomini e donne che sono stati e dovrete confrontarvi con la loro saggezza. Il percorso diverrà ancora più arduo allora, e dovrete di nuovo fidarvi l’un l’altro per scovare la giusta via. Ma infine, una volta liberatevi da ogni indecisione, di ogni esitazione, di ogni cosa, potrete raggiungere l’Urna.

Buon viaggio!” ci salutò il Guardiano mentre mi sentivo in parte presa in giro dal fatto che bastasse soltanto rifiutarsi di rispondere per superare la prova ma avevo poco tempo per rimuginare.

Ripetei nella mente le parole dello spirito mentre tutto intorno si faceva scuro.

‘Fede devo trovare la fede… ma come?’ pensavo titubante senza accorgermi che i passi dei miei compagni al mio fianco si facevano sempre più tenui.

Sempre più lontani.

Camminavamo ma in direzioni diverse.

“Brida” ad un certo punto avvertii una voce.

“Brida” di nuovo disse. Mi voltai ma vidi solo nero, non c’era più nessuno di fianco a me eppure non avevo paura.

Quella voce mi era familiare.

‘Non è possibile’ pensai realizzando nella mente a chi dovesse appartenere.

Erano passati così tanti anni da allora, dall’ultima volta che l’avevo sentita.

“Jack” gli occhi mi divennero lucidi mentre la sua figura mi comparve di fronte, esattamente come me la ricordavo.

Giovane e fresco, con i muscoli tesi e gli occhi neri come una notte senza stelle.

“Shayna” si rivolse a me, come spesso aveva fatto anni prima. Avevo solo 16 anni allora.

“Cosa ci fai qui?” gli domandai. Sapevo che era morto e non ero prigioniera dell’Oblio com’era accaduto con Duncan e Maestro Bryce nella Torre dei Maghi.

Ero sveglia e lucida e sapevo che non era vero.

“Solo qui, al cospetto di Andraste, i morti e i vivi possono incontrarsi. Un’ultima volta” mi spiegò.

“Tante persone hai perso, tanti cari ti sono stati strappati via ma ho deciso di venire io a salutarti in nome di tutti loro”.

“Jack mi dispiace, mi dispiace così tanto di non essere riuscita a salvarti” gli dissi, confessai per la prima volta dopo tanti anni quella sensazione di errore che mi ero portata dentro per molto, troppo tempo.

“Mi dispiace di non averti amato come avrei dovuto, di essere stata egoista e sciocca” una lacrima mi solcò il viso e in quell’attimo avvertii la sua mano stringere la mia. Quel contatto, il primo, ancora lo ricordavo da quella notte lontana, lontanissima, in cui per sbaglio ci eravamo sfiorati, proprio i palmi.

“Tu non mi hai dimenticato. Questo ti avevo chiesto di promettermi e solo  questo per me era importante” mi consolò con un sorriso.

“ Cosa devo fare ora?” gli chiesi semplicemente.

“Ama” mi rispose.

“Lo puoi fare, e questa volta sarà per davvero. Questa volta non avrai paura e non tremerai.

Questa volta sacrificherai tutto, ogni cosa, per amore. Ma per fare questo devi uscire da questa stanza e combattere”.

“Jack…” sussurrai soltanto.

“Perché tremi?” mi domandò lui.

“Perché non credo, nel Creatore, in Andraste. Da quando Madre Maria è morta… io non penso basti. Non penso riuscirò a raggiungere l’Urna” gli confessai.

“La fede non è importante Brida, quel che conta è qui dentro” e mi sfiorò il petto, sopra al cuore.

“Se sarai capace di amare, Andraste vedrà oltre il tuo dolore, vedrà oltre i tuoi pensieri e i tuoi timori” mi spiegò.

“Guarda” indicò con la mano una porta.

“Quella è la via, ricorda la voce del Guardiano e le sue parole. Il segreto per superare le prove è ascoltare e non dimenticare. Ma tu questo lo hai già fatto e io lo so bene” mi sorrise.

“Vorresti chiedermi tante cose, vorresti sapere della tua famiglia e di chi hai voluto bene e ora non c’è più” riprese lui mentre avevo lanciato uno sguardo rapido in fondo alla stanza per poi tornare a guardare lui.

“Ma non c’è tempo. Devi andare Brida, Shayna. Devi voltare pagina e lottare per quello in cui credi. Solo così potrai salvarti, solo così potrai salvare tutti” feci qualche passo in allontanamento da lui. Verso la porta, verso quell’Urna che esisteva e io ora lo sapevo, lo sentivo dentro.

Nel cuore, come lui mi aveva indicato.

‘Non è importante la mia fede, importa quello che faccio. Le mie azioni’ compresi in quell’attimo mentre mi trovavo ad un passo dall’uscita.

Mi voltai solo un secondo, prima di varcare la soglia.

“Jack” cominciai rivolgendomi al mio primo amore.

“Sì?” chiese lui.

“Non mi dimenticare” gli dissi come lui aveva fatto con me prima di morire.

“E io non scorderò le parole che mi hai detto stasera”.

Lui di nuovo piegò le sue labbra.

“Te lo prometto” pronunciò e in quel momento io mi voltai e proseguii.

Iniziai così le prove che Andraste aveva riservato a me e al mio gruppo sapendo che solo una cosa era importante lì dentro.

‘Andare avanti’.

E quello avevo intenzione di fare.


Buon Natale e felice Anno Nuovo :D 
Ne son successe di cose in questi mesi di mia assenza (purtroppo ho avuto molto da fare),è uscito DA:I, sono arrivate le vacanze natalizie, ... :)

Brida e il suo viaggio intanto continuano. Ho voluto un po' romanzare la parte delle domande del Guardiano, una delle scene più interessanti di Origins che ricordo piacevolmente, solo per rendere la lettura un po' meno ripetitiva del "a domanda rispondo". 
Brida non prova rimpianti nonostante tutto, e questo credo sia un bene perché legarsi al passato e torturarsi nel presente in nome di questi non ha alcun senso ed è solo dannoso. Ha superato molte difficoltà, tra cui la perdita di Jack quando era poco più di una ragazzina, ma queste esperienze l'hanno resa più "saggia", più forte, una Custode Grigia tutta di un pezzo al quale manca solo... un po' di amore :) 

Beh, spero presto di poter mettere le mani su DA:I anche se mi sa dovrò giocarci su x-box 360 e ho letto solo cattive recensioni di DA:I sulle piattaforme old-gen.. Mah, vediamo.. 

Un bacione e buone vacanze!


 

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