Caleidoscopio

di Hotaru_Tomoe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 Premessa e indice ***
Capitolo 2: *** 1. Mondi infiniti ***
Capitolo 3: *** 2. Conchiglie ***
Capitolo 4: *** 3. Sorriso ***
Capitolo 5: *** 4. La pozione ***
Capitolo 6: *** 5. I'll be home for Christmas ***
Capitolo 7: *** 6. Risata ***



Capitolo 1
*** 0 Premessa e indice ***


DISCLAIMERS: “Harry Potter” e tutti i suoi personaggi appartengono a J.K. Rowling, Warner Bros, Bloomsbury, Salani Editore e a chiunque altro ne detenga i diritti. La seguente fiction non è in alcun modo connessa con il lavoro della Rowling né ha alcuno scopo di lucro.

PREMESSA: Come avevo detto nell'epilogo di "Alla fine del sentiero", questa sarà una raccolta di one-shots dedicate principalmente a Severus e al mio personaggio che ho creato in HP: Oleander (già protagonista di due fanfiction: "Il vaso di Pandora" e "Alla fine del sentiero". Le storie di questa raccolta si inseriscono quindi all'interno di quell'universo che ho creato. Pertanto, vi consiglio di leggere prima le altre long-fics, altrimenti alcune oneshot qui presenti vi risulteranno prive di senso). Non escludo di dedicarne alcune anche ad altri personaggi di HP, dipenderà dall’ispirazione del momento e quindi anche l'aggiornamento sarà molto, molto irregolare.
L'ho intitolata "Caleidoscopio" perchè sarà una raccolta non unitaria, che spazierà in vari generi e temi, frammenti di vita passata, presente e futura, come le immagini frastagliate che riflette il caleidoscopio.
Ogni one-shot avrà un suo breve riassunto ed un suo rating che per comodità trovate qua sotto (questo capitolo, quindi, verrà periodicamente aggiornato quando aggiungerò una storia). L’overall rating per il momento è verde, al limite lo modificherò in seguito.

1. MONDI INFINITI
RIASSUNTO: Oleander si sveglia nel cuore della notte, dopo aver avuto un incubo sulla morte di Severus. Solo un incubo?
RATING: Verde

2. CONCHIGLIE
Riassunto: conchiglie al posto delle mele, per una storia senza pretese, e tante scuse a Platone, che ha per protagonisti due bambini che ancora non si conoscono (Oleander e Severus hanno più o meno 6 anni di differenza), ambientata dopo la fine del primo anno scolastico dei Malandrini.
Rating: Verde

3. SORRISO
Da quando Dolores Umbridge è diventata la nuova preside di Hogwarts, l'atmosfera è tesa e pesante per tutti, per Severus in particolare. Ma forse la sua nuova e imprevedibile compagna riuscirà ad a strappargli un sorriso. Ambientata poco dopo la fine de "Il vaso di Pandora".
Rating: Verde

4. LA POZIONE
Per la piccola Orchis prendere un brutto voto proprio in pozioni è un dramma, visto quanto sono bravi suo papà e suo fratello maggiore in quella materia. Chi saprà risollevarle il morale? Ambientata dopo l'epilogo de "Alla fine del sentiero".
Rating: Verde

5. I'LL BE HOME FOR CHRISTMAS
Ne "Alla fine del sentiero" Theodore Nott e Tracey Davis si mettono insieme: questa oneshot è un missing moment, che rivela come è successo.
Rating: Verde

6. RISATA
Severus non ride quasi mai. Certo, possiede un caustico senso dell'umorismo, ma Oleander non ricorda di averlo mai visto ridere di cuore. "Penso che sarebbe più facile vedere Lucius Malfoy che partecipa ad una festa di paese babbana guidando un coro di ubriachi piuttosto che Severus farsi una grassa risata."
Ambientata l'anno successivo alla conclusione de "Alla fine del sentiero", ma prima dell'epilogo.
Rating: Verde.

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Capitolo 2
*** 1. Mondi infiniti ***


MONDI INFINITI

 
"... Ci sono altri mondi oltre a questo."
Jake Chambers - L'ultimo cavaliere
Stephen King

 

La sfera del serpente rotolò nell'aria, e prima che Piton potesse far altro che urlare, gli aveva racchiuso testa e spalle... [1]

Oleander gridò con lui, forse più forte, ma dalla bocca non le uscì alcun suono, nè riuscì a slanciarsi verso di lui, come voleva fare. Era come un fantasma, inchiodato in un angolo di quella stanza tetra.

... La mano che stringeva Harry crollò a terra e Piton non si mosse più [1]

Oleander iniziò a piangere disperata.
Spalancò gli occhi nel buio, annaspando tra le lenzuola come chi cerca di restare a galla nel mare in burrasca, il cuore che le galoppava nel petto, il respiro mozzo.
Le ci vollero diversi secondi per realizzare di trovarsi sdraiata su un letto, ancora di più per scacciare il terrore paralizzante di quell'incubo e ritrovare un minimo di lucidità. Instupidita e frastornata per essersi destata così bruscamente si mise a sedere; sentì freddo sul viso ed istintivamente si portò una mano sulla guancia, trovandola bagnata: doveva aver pianto e forse anche urlato, prigioniera in quel sogno. E forse aveva anche svegliato Severus.
Allungò la mano sinistra, ma sdraiato accanto a lei non dormiva nessuno. Che si fosse già alzato?
"No, non è così. Severus non è mai stato qui. Lui è morto sul pavimento lurido e polveroso della Stamberga Strillante. E' morto dilaniato dalle fauci di Nagini, dissanguato, affogato nel suo stesso sangue. Non è mai entrato nella tua vita, non vi siete mai incontrati e lui è morto senza averti mai conosciuto." una voce triste, l'eco lontana di quell'incubo che faticava a dissolversi rieccheggiò nella sua mente.
"No, no, non è così." sussurrò nel buio. Appoggiò i piedi nudi sul parquet grezzo della camera, freddo ma non gelato. "Sono nella casa di Severus di Spinner's End." Sebbene iniziasse a sentirsi un po' ridicola, a parlare così a mezza voce, nel buio di una stanza vuota, avvertiva la necessità di confermare a se stessa la verità della realtà che la circondava, la verità del fatto che Severus si era addormentato al suo fianco solo poche ore prima e non era affatto morto per ordine di Voldemort e per mano del suo familiare. Nonostante il suo urlo di dolore e terrore ancora le rimbombasse nelle orecchie, nonostante avesse visto quel sangue, troppo rosso e fluido per essere finto, macchiare il colletto bianco del suo vestito e spandersi in una pozza color cremisi sul pavimento della Stamberga.

"Insomma, è stato solo un sogno, perchè ti agiti così?" pensò con una punta di rabbia.
Scese le scale dirigendosi verso il piccolo laboratorio di pozioni nel seminterrato, perchè da sotto la porta chiusa si irradiava la luce delle lanterne. Trattenne il fiato mentre apriva la porta, per poi esalarlo in un sospiro di sollievo alla vista di Severus che le dava le spalle, intento a pesare qualcosa su un bilancino. "Ah, sei qui." disse, cercando di non apparire troppo sollevata. O stupida.
"Considerando che questa casa ha sole altre quattro stanze e non ero ai piani superiori, non c'erano molte alternative, Miss Ovvietà." L'immancabile rimarco sarcastico del mago vestito di nero era quasi rassicurante, tanto da strapparle uno sbuffo divertito.
Solo a quel punto, dopo aver finito di pesare gli ingredienti, Severus si voltò a guardarla, tradendo lo stupore con una lieve alzata di sopracciglia "Qualcosa non va?"
Non si era preoccupata di guardarsi allo specchio ma di certo, pensò Oleander, non doveva avere un bell'aspetto in quel momento: la camicia da notte spiegazzata, i capelli in disordine e gli occhi sicuramente ancora rossi per il pianto. "Ho avuto un incubo. Un incubo terrificante." ammise. Attraversò la stanza e si lasciò cadere su un alto sgabello. Poichè Severus non la canzonò per essersi spaventata per così poco, si sentì incoraggiata a raccontare.
"Anche quando morì mia mamma, ebbi incubi per diverso tempo, ma - si passò una mano tra i capelli - nessuno così realistico. Era proprio come se stesse accadendo davvero in quel momento, davanti ai miei occhi." Tacque e, dopo un tempo che sembrò un'infinità, la voce calma e posata di Severus ruppe il silenzio "Probabilmente è così."
"Prego?" Oleander lo guardò, non sapeva se più sconvolta per quella frase o per il tono tranquillo con cui era stata pronunciata.
"In un altro luogo, in un'altra realtà, ciò che hai visto è successo davvero. - con una spatola di legno Piton versò una resina collosa nel calderone ribollente - Esistono altri mondi oltre a questo: mondi dove io sono morto, mondi dove la magia non esiste, mondi che non hanno conosciuto la minaccia dell'Oscuro Signore, o che hanno conosciuto di peggio. Tu, stanotte, hai semplicemente sfiorato uno di quei mondi."
Olander annuì lievemente: ora capiva il perchè di quella agitazione che non voleva abbandonarla neanche da sveglia, il perchè di quella sconfinata tristezza. Da qualche parte, in un altro universo, Severus era morto e loro due non si erano mai amati. Lei probabilmente nemmeno esisteva in quel mondo. Dava una strana sensazione pensare alla propria non-esistenza.
"Ma poichè ciò non è accaduto nella nostra realtà, ti consiglio di non tormentarti troppo, nè di perderci il sonno. Anche perchè non c'è nulla che tu possa fare al riguardo." proseguì il mago dai capelli corvini, mescolando con attenzione la sua pozione.
Attraverso le parole di Severus, lucide e razionali, la realtà attorno a lei riacquistava man mano concretezza e spessore. Percepiva il sedile sotto di sè e la fredda parete di pietra a cui era appoggiata attraverso la stoffa della camicia da notte.
Nel loro mondo c'erano stati lutti e dolore per tutti, c'erano cicatrici fisiche e dell'animo che ci avrebbero messo anni a guarire. Come quella di Severus alla gamba: non le era sfuggito il fatto che il suo compagno stesse preparando una pozione antidolorifica, l'ennesima, per alleviare il tormento del morso di Nagini. E di sicuro, ogni volta che Molly e Arthur passavano davanti alle stanze di Percy e Bill, ricordavano e soffrivano. E, ne era certa, Harry passava ancora molte notti in bianco, torturato dalla consapevolezza di aver avuto dentro di sè un frammento di anima di Voldemort.
Certo, c'era stato tutto questo e molto altro ancora, ma poteva andare peggio.
Altrove era andata peggio.
E Severus era nel giusto: poteva anche piangere tutte le sue lacrime e maledire mille divinità, ma non aveva alcun modo di interferire con altri mondi. Meglio concentrare tutte le energie sulla propria, di realtà.
Quasi le avesse letto nel pensiero, Severus la apostrofò "Dunque? Non mi dici che ho perfettamente ragione, come sempre del resto?"
Oleander ritrovò il suo spirito: si alzò di scatto dallo sgabello e si diresse verso l'uscita senza guardarlo "In un altro mondo, magari." Aveva già una maniglia sulla porta, quando aggiunse "Ti preparo un tè, per bere quella pozione."
"Nero, senza zucchero."
"Agli ordini!"
Pochi minuti più tardi il fischio del bollitore sospinse fuori dalla casa di Spinner's End anche l'ultima eco degli altri mondi. 

- FINE -

[1] Citazioni letterali da "I doni della morte".
 

L'idea di questa fanficion è nata da quell'unica frase citata all'inizio, anche se ne "L'ultimo cavaliere" ha un significato molto diverso, direi quasi opposto alla mia storia.
Credo che in fondo, con le nostre fanfiction, anche noi finiamo per creare tanti "altri mondi" che mentre scriviamo diventano veri e concreti e, per noi, esistono sul serio. Almeno, mentre scrivo per me è così: se non fossi convinta di questo, non avrei mai scritto un rigo in vita mia.
Nel libro della Rowling Severus muore. Ma possiamo ben immaginare una realtà dove ciò non accade, no? Bridiamo a tutti i nostri "altri mondi", dunque!

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Capitolo 3
*** 2. Conchiglie ***


CONCHIGLIE

 

“Oleander, no tesoro, no!” Ortensia Silvestre tolse la paletta di plastica dalle mani della figlia, si guardò attorno allarmata e agitò leggermente la bacchetta che teneva nascosta sotto al telo da mare per cancellare l’incantesimo che aveva fatto la figlia.

Le due si trovavano in vacanza in Italia, su una spiaggia babbana. Oleander, sei anni, era intenta nella più comune occupazione dei bambini della sua età: costruire un castello di sabbia. Solo che, per nulla soddisfatta dell’anonimo cono tronco circondato da un fossato che aveva ottenuto, aveva deciso di renderlo più realistico con un ponte levatoio realmente funzionante.

Le formine magiche, purtroppo, avevano di questi inconvenienti.

“Ma mamma…!” provò a protestare la piccola.

“Niente ‘ma’, signorinella – Ortensia mise un dito sul naso paffuto della figlia – ti ho già spiegato perché in luoghi come questi non possiamo usare la magia.”

“Facciamo il bagno?” chiese allora lei, speranzosa.

“Più tardi.”

Mogia mogia, la bambina tornò a dedicarsi senza troppo entusiasmo alle formine per la sabbia: non c’era molto gusto se non poteva costruire qualcosa che si animasse. Si sdraiò di fianco alla madre che leggeva un libro e restò un po’ così, con gli occhi socchiusi per il sole troppo forte, a fissare il mare calmo e qualche gabbiano che galleggiava come una paperella di gomma sulla superficie dell’acqua. Ma durò poco e presto si scoprì annoiata; guardò Ortensia, cercando di leggere il titolo del libro che aveva in mano “Il s-sin… sim…po-sio di Pl-… Plotone!” sillabò.

“Platone.” la corresse la mamma con una allegra risata.

“E’ una fiaba? Di cosa parla?”

La donna si mise a sedere, chiudendo il volume “E' un libro babbano che parla di fatti accaduti tanto, tanto tempo fa: è la storia di alcuni uomini molto speciali, tanto perfetti da voler sfidare gli dei.”

“Ci fu una guerra? Come le guerre fra troll e folletti?” la bambina sgranò gli occhi, affascinata dal racconto.

La mamma prese una bella mela rossa dalla borsa ed un coltellino “Non si arrivò alla guerra: prima che ciò accadesse, gli dei decisero di intervenire e tagliarono a metà questi uomini speciali, dividendoli in due parti, così.” Ed affondò la posata nel frutto.

“Li uccisero!” esclamò la bambina, spaventata.

“No, no – sua madre scosse la testa – gli uomini vennero semplicemente divisi in due, perdendo per sempre i loro poteri e la loro perfezione, ma ciò li rese molto, molto tristi. E soli. Ed è per questo motivo che da allora gli uomini sono alla perenne ricerca della loro anima gemella.”

“Anima gemella?” la bambina inclinò la testa da un lato: chissà cos'era.

“Sì, la metà che hanno perduto. La cercano senza sosta per ritrovare l’antica completezza. E se ci riescono – la donna unì nuovamente le due metà della mela – raggiungono la felicità.”

“Mmh… E si trova sempre questa anima gemella?”

“No, purtroppo no. E’ difficile, sai, perché il mondo è tanto grande e ci sono tanti uomini.”

“Tu l’hai trovata, mamma?”

“Sì.” La donna sorrise.

La bambina sgranò gli occhi per la sorpresa “Davveeeeroo? E chi è?”

“Oleander, sciocchina, è il tuo papà!”

“Oh. - fece la bimba, perplessa davanti a quella risposta, un po' troppo ovvia. E lei che si aspettava chissà che - Senti mamma, questa anima gemella esiste anche per me?”

Ortensia, intenerita, abbracciò il suo piccolo tesoro “Lo spero tanto per te, perché trovarla è la cosa più bella che ti possa capitare nella vita.”

“Ma… ma come faccio a capire che è proprio la mia metà?”

“Sarà il tuo cuore a dirtelo. Forse lo capirai non appena incrocerai il suo sguardo, o forse ci vorrà più tempo. Chi può dirlo? Magari all’inizio ti sarà pure antipatico! Ma poi il tuo cuore sussurrerà il suo nome e tu capirai.”

Oleander sembrava aver preso la cosa molto sul serio, infatti sedeva seria e corrucciata, cercando di cogliere il senso di quel discorso.

“Vuoi mezza mela?” chiese Ortensia. La polpa nel frattempo era diventata tutta scura e la bambina frignò dicendo che non era più buona, quindi la mamma la lasciò andare a giocare sul bagnasciuga, a patto che si bagnasse solo le caviglie. Oleander si accovacciò a osservare tutto ciò che la risacca del mare depositava sulla riva: sassi lucidi e perfettamente levigati, alghe e conchiglie multiforme; si accorse, in particolare, che molte conchiglie erano unite a due a due, identiche e speculari: erano come le due metà della mela. Ne prese una coppia e la mise sul palmo di una mano “Voi siete anime gemelle, me lo ha detto la mamma.”

Quante belle conchiglie c’erano su quella spiaggia, e che colori stupendi! Quasi tutte le varietà del marrone, del bianco e del grigio; ma in mezzo a tutte, la sua attenzione fu attirata da una conchiglia in particolare, appena portata sulla spiaggia da un’onda. Era tutta nera, lucida d’acqua. Ed era sola. “Dov’è la tua anima gemella? – le chiese – Aspetta, ti aiuto io a trovarla.”

Detto questo si inginocchiò e iniziò a setacciare la spiaggia, alla ricerca dell’altra metà. C’era di tutto: conchiglie a forma di corno, di cono, di ventaglio, sassi, resti di crostacei, rametti, alghe… ma nessuna conchiglia nera.

“Poverina – Oleander si portò la conchiglia alla guancia, cullandola come se fosse stata una bambola – poverina, sei tanto triste, vero?” Alzò gli occhi e guardò il mare, quella distesa blu luccicante, che ora le appariva più grande che mai. Sarebbe stato difficile trovare un’altra mezza conchiglia nera in quell’immensità, ma non era impossibile. La mamma c’era riuscita. Chiuse a pugno la mano in cui teneva la conchiglia, prese una breve rincorsa e la scagliò in mare con tutta la forza che possedeva; portò le mani ai lati della bocca e gridò “Buona fortuna, ti auguro di trovare la tua anima gemella!”

 

Distante migliaia di chilometri, su una fredda spiaggia del Cumberland, Severus Piton stava aiutando sua madre a raccogliere dei pitrilli, creature magiche simili a scaglie di pesce che servivano per la preparazione delle pozioni.

Agosto era ormai agli sgoccioli e con esso le vacanze estive, ma in quell'angolo di Inghilterra sembrava già autunno inoltrato: un cielo plumbeo e gonfio di nubi incombeva sulla spiaggia, il forte vento increspava il mare, l'orizzonte era annebbiato da una bruma sottile. Chino a rovistare tra i sassi e i frammenti di conchiglie, Piton stava pensando che la giornata si addiceva esattamente al suo umore: era iniziata con il solito, violento litigio tra i suoi genitori, conclusosi con suo padre che usciva di casa sbattendo la porta (e chissà quando si sarebbe rifatto vivo). Sua mamma era più taciturna del solito, persa in chissà quali pensieri, mentre vagava sulla spiaggia incurante del vento che le arruffava i capelli.

Si chiese perchè mai i suoi genitori stessero ancora insieme, nonostante l'atmosfera in casa fosse sempre greve e pesante, i silenzi tra di loro carichi di ostilità pronte a sfociare in rissa al minimo pretesto.

E poi c'era lui, chiuso nella sua stanza, al buio, a desiderare di essere ovunque, ma non lì. Quelle mura non si potevano definire una casa, non per lui.

Hogwarts...

L'anno prima, alla vigilia del suo primo viaggio verso la Scuola di Magia, per la prima volta si era sentito davvero felice, col cuore più leggero: passava ore a fantasticare su come sarebbe stata la sua vita ad Hogwarts.

La sua e quella di Lily.

Nelle sue fantasticherie loro due sarebbero finiti nella stessa Casa, ovvio, e sarebbero cresciuti fianco a fianco e un giorno...

Ma nemmeno ad Hogwarts le cose erano andate come aveva sperato: lui era finito a Serpeverde e Lily a Grifondoro: ricordava lo sguardo di lei, sorpreso e un po' perplesso, mentre si allontanava verso il tavolo dei verdeargento, come se la ragazza vedesse di lui per la prima volta un nuovo aspetto. Che non le piaceva.

Ed Hogwarts, invece di unirli, li aveva allontanati: Lily, radiosa e solare, si era fatta molte amiche e passava tutto il tempo con loro. E poi c'erano James Potter e Sirius Black, il cui passatempo preferito era rendergli la vita un inferno anche a scuola e umiliarlo.

Piton tirò con rabbia un calcio a un grosso sasso, che sparì tra le onde spumeggianti: alla fine, nemmeno Hogwarts si era rivelato il luogo che aveva sognato, sentiva Lily ogni giorno più distante e non sapeva che fare per riavvicinarsi a lei.

La risacca portò sulla riva una conchiglia nera, che spiccava tra i sassi bianchicci della spiaggia: il ragazzo la osservò a lungo e si ritrovò a pensare che, in fondo, lui era molto simile a quella conchiglia. Un puntolino nero, fuori posto in un mondo di conchiglie bianche.

Solo.

Un'altra onda, più vigorosa, si riprese la conchiglia appena depositata sulla spiaggia, riportandola in acqua.

 

Nel mare, vasto, profondo e buio due conchiglie nere, identiche e speculari, viaggiano, trasportate dalle correnti, lasciando che sia il capriccio delle onde a decidere la loro meta. Ignorano l'una la presenza dell'altra.

Ma forse un giorno giungeranno a toccarsi, come due anime gemelle.

 

- FINE -

 

Scusate, non mi sono dimenticata affatto di questa raccolta, ma il tempo è sempre tiranno (altro che signore).

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Capitolo 4
*** 3. Sorriso ***


SORRISO

 
“Ehm ehm.” Il gracchiante colpetto di tosse di Dolores Umbridge urtò i già provati nervi di Oleander, come unghie sadiche che grattano una lavagna. Quanto odiava quella donna, i suoi modi falsamente gentili e la sua smania di controllare ogni più piccolo dettaglio in quella scuola! In quel momento le sedeva appollaiata di fianco, il largo viso da rospo a pochi centimetri dalla sua spalla destra, e la guardava dipingere violette sulla superficie di una teiera di ceramica. La mano di Oleander strinse il pennellino così forte che il sottile manico di legno ebbe un piccolo cedimento.
“Posso sapere cosa…”
“Restauro un servizio da tè della professoressa Sprite.” rispose precipitosamente la maga, ansiosa di togliersela di torno. La vide prendere appunti sul taccuino.
“Mi faccia capire: lei ha una botteguccia a Londra, in Diagon Alley.”
“Un *negozio*, sì.” specificò Oleander a denti stretti.
“Però vive qui ad Hogwarts.”
Oleander annuì senza dire nulla.
“Ma non fa parte del corpo docenti.”
Di nuovo la donna scosse negativamente il capo senza parlare: non era molto sicura di riuscire a tenere a freno la lingua davanti a quella piaga fatta a strega.
“Contingenza curiosa, ne conviene.” chiocciò la Umbridge: il tono non era quello di una domanda, ma di una affermazione.
“A Londra non riuscivo a trovare un appartamento.” buttò fuori Oleander tutto d’un fiato, poi fece una pausa, cercando di articolare una scusa convincente: ovviamente Dolores Umbridge non era al corrente della sua relazione con Severus Piton e del resto la cosa era ignota a tutti. “Così il professor Albus Silente mi ha gentilmente proposto di restare qui. In cambio faccio qualche lavoretto di riparazione per professori e studenti. D’altronde, con tutta la gente che viene licenziata ad Hogwarts, di certo qui lo spazio non manca!” concluse, sforzandosi di non sembrare troppo acida. Ad ogni modo alla fine proprio non ce l’aveva fatta a trattenersi, d'altronde la nuova preside ai suoi occhi era peggio di quel famigerato dittatore babbano d'inizio secolo.
“Ehm ehm. – la bloccò la Umbridge con il suo irritante intercalare – Questa è una situazione irregolare: naturalmente controllerò i decreti didattici, ma ne sono quasi certa…”

“Oh, allora ti ci vorranno mesi, con tutti quelli che hai emanato, brutta megera!” Oleander si morse con decisione l’interno delle guance per dominare la voglia di dar voce a quel pensiero.
“Sa, io ho un antico orologio magico a cucù che non funziona più.” buttò lì l’inquisitrice.
“Mmh.” mugugnò l’altra, per nulla interessata alla cosa.
“Sì: quando batte le ore, non volano più fuori stormi di colibrì, coccinelle e farfalline come una volta. Ci sono così tanto affezionata… se lei potesse darci un’occhiata e sistemarlo, forse io troverei di meglio da fare che spulciare i decreti didattici e compilare un’ordinanza di sfratto.” Allargò l’enorme bocca in un sorriso sgradevole.
Non poteva crederci! Quella donna la stava ricattando! Oleander avvertì la presenza della sua bacchetta magica nella tasca posteriore dei pantaloni, mai così reale e concreta: un tocco veloce e la cara Dolores Umbridge sarebbe diventata davvero l’anfibio a cui somigliava. Poi l’avrebbe scaraventata nel lago, tra gli amorevoli tentacoli della piovra gigante…

“Oleander!”
Nella sua mente risuonò il rimprovero della ragione, che - e la cosa non la stupì poi molto - aveva la voce di Severus, carica di disapprovazione. Così, a malincuore abbandonò quelle fantasie. “Sarei felice di aiutarla.” mentì, con un falso sorriso altrettanto sgradevole.
“Bene bene.” concluse l’inviata del ministero, e lasciò la stanza della giovane.

Oleander aspettò che la Umbridge si fosse allontanata a sufficienza, poi lasciò la stanza, usò il passaggio nascosto dietro l’arazzo di Consuelo, l’affascinante divinatrice iberica per ricomparire davanti agli alloggi di Piton: diede una veloce occhiata per accertarsi che il corridoio fosse deserto, pronunciò la parola d’ordine davanti al ritratto di Richard Howe “Ribes nigrum” ed entrò come una furia, a testa bassa “Non dire niente: lo so, lo so che ti ho promesso che non avrei discusso con Dolores Umbridge, specie dopo quanto successo a Silente, e che non avrei fatto nulla di ostile nei suoi confronti, ma ti avviso, Severus, io sono al limite. Quella donna mi succhia via la pazienza peggio di una sanguisuga e la prossima volta ti giuro che non rispondo delle mie …….” arrestò il suo sfogo solo perché si accorse che stava sbraitando in una stanza vuota: Severus non c’era. Non aveva lezione quel pomeriggio, quindi o era fuori per conto dell’Ordine della Fenice, oppure… si avvicinò ad un armadio nell’angolo più buio della stanza e lo aprì: conteneva il pensatoio personale di Severus ed in quel momento diversi ricordi argentei nuotavano sinuosi sotto la superficie dell’acqua, illuminando la stanza con un reticolo di luce diafana. Piton aveva preso l’abitudine di affidare al pensatoio i ricordi di loro due, quando Voldemort lo chiamava al suo cospetto: aveva deciso che era più sicuro così. “Brutta giornata per tutti e due, vedo.” sbuffò Oleander. In tali occasioni non poteva fare a meno di ricordare la prima volta che aveva visto Severus convocato dal Signore Oscuro e come era tornato indietro [1]. Da allora non era più successo, ma la cosa non le era di alcun conforto.
Richiuse il pensatoio e cercò un metodo per ingannare il tempo. Il professore di pozioni aveva formato sulla scrivania una pila con i suoi personali libri di magia per riportarli a Spinner’s End alla prima occasione, dividendoli in base all’argomento e poi in ordine alfabetico. La maga dai capelli violetti sorrise di fronte a tanto ordine: al contrario, lei li avrebbe accatastati come capitava.
In alcune cose loro due erano proprio come il giorno e la notte, inutile negarlo, eppure... e aveva quasi paura a pensarlo, per scaramanzia, la loro relazione sembrava funzionare.
Decise di riportare i volumi a casa di Severus, risparmiandogli la fatica del viaggio; nel cortile della scuola incrociò Goyle, un membro della squadra di inquisizione, che prendeva appunti di nascosto (almeno così si illudeva) su un ritaglio di pergamena con una penna di passero. Oleander sospirò alzando gli occhi al cielo: quel clima da guerra fredda che si era creato era adatto ad un film di James Bond, non a una Scuola di magia! Per evitare che lo studente di Serpeverde scrivesse chissà quali fantasticherie, gli disse tranquillamente “Se la Umbridge lo vuole sapere, sto andando nella mia botteguccia.” Guardò il ragazzo mentre cercava goffamente di scrivere l’ultima parola ed ebbe un moto di pena per lui “Due T e due C, signor Goyle.” 

La casa di Severus era piccola ma, in proporzione, aveva una libreria enorme, che occupava tre pareti della camera da letto. Presto Oleander si rese conto di non essere in grado di rimettere i volumi al proprio posto manualmente: il sistema di archiviazione del professore era troppo complesso ed alcuni degli argomenti trattati le erano del tutto ignoti (la cosa non le dispiaceva del tutto, riflettè, osservando un inquietante volume dalla copertina viscida e verdastra). Un incantesimo sarebbe stato utile: tirò fuori la sua bacchetta, si schiarì la voce e scandì “Ad proprium locum!” Come sospinti da mano invisibile, i libri iniziarono a saettare negli spazi vuoti e in breve il lavoro fu concluso. Severus le aveva proibito categoricamente di entrare nell'Ordine della Fenice o di prendere parte alla guerra contro Voldemort: voleva proteggerla a tutti i costi, questo lei lo capiva, ma la faceva sentire inutile e frustrata: smaniava dalla voglia di fare qualcosa, qualsiasi cosa per aiutarlo. "Forse potrei aiutarlo evitando di farmi cacciare da Hogwarts dalla nuova preside - sospirò - e quindi aggiustare quel dannato orologio a cucù. Possa essere divorato da un esercito di termiti." 

Severus varcò i cancelli di Hogwarts talmente scuro in volto, che anche un Dissennatore gli sarebbe girato prudentemente alla larga. Rientrava da una riunione di Mangiamorte: dopo che Silente aveva lasciato la scuola per coprire Potter per la vicenda dell'ES, elementi come Rowle e MacNair si erano messi in mente che sarebbe stato un buon momento per uscire allo scoperto, magari con un attacco proprio alla scuola, per far capire a tutti che l'Oscuro era tornato. Per fortuna Lord Voldemort non era parso minimamente interessato all'idea.
Era sempre lui, Potter, il Prescelto, a complicare la vita a tutti. L'Esercito di Silente... che follia! Possibile che quello sciocco ragazzino non si rendesse conto che mettersi così apertamente contro il Ministero non gli avrebbe portato altro che guai? Tale e quale a suo padre.
Che rabbia che provava in quel momento!
Nel bel mezzo del cortile della scuola un Grifondoro del primo anno era intento a pulire il manico di scopa che gli sarebbe servito per la lezione di volo: maneggiandolo maldestramente, lo fece cadere ed a momenti Piton ci inciampò. Il ragazzino si fece terreo in volto, mentre balbettava indistinte parole di scuse.
"Venti punti in meno a Grifondoro, Logan. - sibilò Piton velenoso - Forse questo le insegnerà ad essere meno impacciato. Sempre che non l'abbia fatto apposta." aggiunse, chinandosi minaccioso sul ragazzino, che prese a piagnucolare.
Più in là, nascoste dietro una colonna del porticato (o, almeno, così credevano), due ragazze di Corvonero del quarto anno, guardavano estasiate una trousse di cosmetici che una delle due si era fatta mandare di nascosto da casa. "Venti punti in meno a Corvonero, a testa! - esclamò impietoso l'insegnante di pozioni non appena le vide - Per Salazar! Credevo che al quarto anno almeno le regole sull'abbigliamento della scuola fossero entrate in quelle vostre zucche vuote." Poi si allontanò, senza lasciar tempo alle due di elaborare qualche patetica scusa.
Entrò di filato nei suoi alloggi: era talmente di malumore che avrebbe potuto togliere punti al prossimo studente che avrebbe incontrato solo per il fatto che esisteva. Poco dopo qualcuno bussò delicatamente alla porta "Chi è?"
"Severus, sono io." disse Oleander.
"Entra. Ti ha visto nessuno?"
"No."
"Sicura?"
La donna annuì vigorosamente "Sì, sono sicura. Rilassati, sei nervoso come un grillo."
"Ho le mie buone ragioni. - ribattè l'uomo in tono lugubre - Che cos'hai lì?" chiese, indicando l'oggetto che la maga reggeva tra le mani.
"Stamattina la cara, dolce e simpatica Dolores Umbridge mi ha chiesto di ripararle questo orologio a cucù magico, se voglio restare qui. Non ne sono sicura, ma penso che al Ministero della Magia ci sarà qualche decreto contro i ricatti..."
"Oleander, sai bene che in questo momento hanno il coltello dalla parte del manico."
"Lo so, lo so. Quindi ho deciso di accontentarla. Ti faccio vedere come funziona l'orologio." posizionò l'orologio sulle dodici ed attese. Solo che, al posto dei delicati campanelli che Severus si aspettava di sentire, risuonarono i pesanti rintocchi di una campana a morto, dalla base dell'orologio sciamarono fuori scarafaggi e ragni multicolore, mentre dalla cima della piccola casetta di legno uscì uno stormo di pipistrelli fuxia che fece scempio degli insetti.
Il mago si volse allibito verso la compagna in cerca di una spiegazione e la vide trattenere a stento una risata "E' solo uno scherzo - si affrettò a spiegare lei - ma te lo immagini la faccia che farebbe la Umbridge se vedesse questo spettacolo? Sarebbe peggio di quando i gemelli Weasley le sono sfrecciati sulla testa." e poi scoppiò davvero a ridere, figurandosi la scena.
"Avrebbe poco da rimanere sorpresa, questo orologio la rappresenta perfettamente." poi le diede le spalle, probabilmente per nasconderle il sorriso divertito che gli stava nascendo sulle labbra. Pipistrelli! Rosa, ovviamente.
D'un tratto si accorse che tutto l'astio e l'umore nero che lo avevano attanagliato fino a poco prima si erano alleggeriti di molto. E tutto grazie a un banale scherzo. Come diavolo faceva Oleander a farlo sempre sentire meglio?
Sospettava c'entrasse qualcosa il fatto che la amava.
"Va meglio?" chiese lei in tono casuale.
"Uh, meglio che ti affretti a portare quell'orologio a Dolores Umbridge, prima che ti venga a cercare. E quando esci..."
"... faccio attenzione a che non mi veda nessuno." concluse lei allegra.
Una volta che fu uscita, Severus mormorò un grazie verso la porta chiusa, il sorriso che ancora gli aleggiava sul volto. 

FINE

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Capitolo 5
*** 4. La pozione ***


LA POZIONE

Orchis fissò il foglio di pergamena e la fialetta di pozione che l'insegnante le aveva appena consegnato.
Una D.
Aveva preso una D in pozioni.
Non riusciva a crederci.
Mentre leggeva la lunga lista di osservazioni del professore, si andava man mano afflosciando nella sedia.
E non le era di alcuna consolazione che Sean Artichoke, il suo compagno di casa che le sedeva di fianco, avesse preso addirittura una T.
Suo padre era Severus Piton, uno dei migliori pozionisti del Paese e aveva insegnato proprio quella materia fino all'anno prima, suo fratello aveva appena vinto un prestigioso master di studio in quella materia, scelto tra più di trecento aspiranti.
Non si era mai sentita così avvilita in vita sua.
Al termine della lezione si avviò con i compagni a Trasfigurazione, ma quel brutto voto continuava a perseguitarla.
Cosa avrebbero detto i suoi genitori?
Ebbe modo di scoprirlo più in fretta di quel che pensasse, perchè, al termine di Trasfigurazione, si era talmente attardata a mettere le sue cose in borsa che era rimasta sola ed ora correva trafelata verso la Sala Comune per il pranzo.
La voce di sua mamma la raggiunse alle spalle "Tranquilla Orchis, c'è ancora un po' tempo. Anch'io ho fatto tardi a lezione. Mmh? Cos'è quest'aria da cane bastonato, è successo qualcosa?" Oleander si inginocchiò davanti alla figlia.
"Mamma..." mormorò sconsolata la piccola.
"Sì? Dimmi."
"Ho preso una D in Pozioni." sospirò, fissando la punta delle sue scarpe.
"Capisco. Però è solo un compito, no? Impegnati di più ed il prossimo andrà meglio."
Orchis sapeva che sua mamma non sarebbe stata troppo severa con lei e poi le aveva confessato una volta di essere lei stessa una frana in quella materia. Stranamente, però, non riusciva a sentirsi sollevata.
"Orchis, ehi! Coraggio, pare sia arrivata la fine del mondo." Oleander le mise un dito sotto al mento, per indurla ad alzare la testa. La bambina lo fece.
E sgranò gli occhi.
Dietro sua mamma inginocchiata c'era suo papà, avvolto nel consueto mantello nero. "Orchis, sbrigati, o farai tardi per pranzo." le disse con voce incolore.
"Sì." bisbigliò lei e scappò via.
Oleander si tirò in piedi e lo fronteggiò "Grandioso davvero."
Severus inarcò un sopracciglio "Avrei dovuto farle i complimenti per il voto, forse?"
La compagna scrollò la testa "Non dico questo, ma Orchis è piuttosto abbattuta, avresti potuto dirle qualche parola di incoraggiamento."
"Non serve a nulla: se vuole migliorare, deve solo studiare di più."
Oleander alzò gli occhi al cielo "Lo so, ma c'è modo e modo di dirlo!" 

Ma il bello dei bambini è che, a differenza degli adulti, non sprecano troppo tempo a piangersi addosso: avrebbe seguito il consiglio di sua mamma, provando e riprovando finchè quella pozione non fosse venuta perfetta.
Così, quando qualche giorno dopo la incrociò nei corridoi, aveva recuperato il sorriso e l'aria vivace, mentre rideva con la sua amica Claudiette Roche di Corvonero.
"Mamma, scriverai una lettera a Sevvy?"
"Sì."
"Posso chiederti di aspettare qualche giorno? Voglio mandargli due righe anch'io."
"D'accordo." 

E così passò molte ore in biblioteca, mettendo a confronto vari manuali di pozioni finchè non fu certa del procedimento, ma quando si trattò di mettere in pratica la teoria, si trovo davanti ad un problema pratico: poichè qualche anno prima, sperimentando una pozione nella sala comune, un Grifondoro aveva involontariamente provocato un'epidemia di macchie pruriginose in tutti i suoi compagni di casa, il regolamento aveva imposto che la preparazione delle pozioni avvenisse  solo durante le lezioni, sotto la supervisione del professore.
Quindi c'era una sola cosa da fare, per esercitarsi: uscire di nascosto dal dormitorio e andare nell'aula di pozioni!
Quella sera attese pazientemente che tutte le luci fossero spente e quando Wayne McWilliam, il caposcuola, uscì per la ronda notturna, la bambina sgattaiolò fuori.
L'essere cresciuta ad Hogwarts le dava il vantaggio di conoscere bene ogni anfratto, nicchia e arazzo dietro cui nascondersi. Riuscì anche a non farsi vedere da Pix, intento a svitare il supporto di una torcia e giunse trionfante davanti al laboratorio di pozioni, certa che nessuno l'avesse vista. 

Wayne era certo di aver visto un'ombra proiettata sulla parete, che scivolava verso i sotterranei del castello e si diresse con passo deciso in quella direzione: aveva proprio voglia di vedere in faccia il nottambulo che trasgrediva con tanta leggerezza le regole della scuola. "Tu, laggiù, fermo!" intimò.
"Mi auguro vivamente che il suo tono dipenda esclusivamente dal fatto che non mi ha riconosciuto." rispose una voce bassa e glaciale.
"Oh, pre-preside. Mi-mi perdoni, pensavo fosse uno studente..." farfugliò il Tassorosso, producendosi in brevi e ripetuti inchini del capo.
Piton chiuse il discorso con un cenno della mano.
"Uhm... allora, col suo permesso, preside, io riprendo il mio giro di ispezione."
Ma il preside lo bloccò "No, non di lì: già che sono in piedi, i sotterranei li controllo io." 

Orchis nel frattempo aveva messo a bollire l'acqua nel calderone e aveva iniziato ad aggiungere gli ingredienti.
"Sei zampe di tarantola, aggiunte una ad una. Lasciar bollire due minuti, poi aggiungere gli occhi di tritone e la pelle di iguana e mescolare con decisione per un minuto in senso antiorario." col mestolo di legno mimò il gesto nell'aria.
"Dall'altra parte."
La voce di suo papà, proveniente dall'ingresso, per poco non la fece incanutire precocemente.
 

Eccola lì, il suo scricciolino, che lo fissava con quello sguardo, quello del cucciolo che ha appena combinato un disastro, quello sguardo che...
... non mancava mai di fare presa su di lui.
"Quello è in senso orario - proseguì il genitore - l'antiorario è dall'altra parte."
"Ah, ok." rispose Orchis, già più calma.
"E i due minuti stanno per scadere, preparati ad aggiungere gli altri ingredienti."
La bambina eseguì, e per un po' nessuno dei due parlò, il solo rumore udibile era quello della pozione che sobbolliva piano.
"Mi dispiace." disse Orchis all'improvviso, sollevando il capo dal calderone."
"Hai infranto ben due regole della scuola, dispiacerti direi che è il minimo." le rispose il padre.
"No, non per quello."
Piton sollevò un sopracciglio con aria interrogativa.
"Mi dispiace di aver preso un brutto voto in pozioni e di non essere all'altezza delle tue aspettative. Mi spiace di non essere brava come Sevvy. 

A sua figlia non importava di essere rimproverata o di subire una punizione. Le importava solo di averlo deluso. Severus tese un braccio verso di lei "Vieni qui."
Con la bacchetta magica, spostò un pesante armadio carico di ingredienti ed ampolle. La manovra rivelò la presenza di un grosso buco proprio lì sotto.
"Questo è il risultato di una pozione malriuscita. - spiegò - Attraversa il pavimento e arriva fino al magazzino sotterraneo. Abbiamo provato a sigillarlo in ogni modo, con altre pozioni, con incantesimi, riempiendolo di terra e sassi, ma non c'è nulla da fare, si riforma sempre. E sai chi ha combinato questo disastro?"
Orchis scosse la testa.
"Tuo fratello."
"Mi prendi in giro!"
"No, affatto."
"Ma Sevvy è troppo bravo in pozioni, non può..."
"Tuo fratello è diventato bravo - la corresse Piton - provando e riprovando e... facendo degli sbagli, ogni tanto. Tutti possono sbagliare."
"Quindi... non ti ho deluso?"
Severus le accarezzò i lunghi capelli lilla "Al contrario, Orchis, sono molto orgoglioso di te e dell'impegno che dimostri."
"Grazie papà!" la piccola si avvinghiò alla sua gamba.
"Ora però è tardi, riprenderemo ad esercitarci domani sera, dopo cena."
"Va bene, buonanotte papà."
"Aspetta, ti accompagno al dormitorio."
"E se qualche caposcuola ci vede?"
"Voglio proprio vedere chi avrà il coraggio di dire qualcosa." le rispose, rispolverando il suo ghigno sadico.

Si congedò dalla figlia e tornò nelle sue stanze, sedendosi sul letto. Oleander era girata su un fianco e gli dava le spalle, ma avrebbe giurato sulla testa dei quattro fondatori di Hogwarts che la compagna era sveglia. E, Merlino, poteva quasi vedere, attraverso la nuca, il sorriso stampato sul suo volto.
"Puoi anche smetterla di fingere di dormire." sbuffò.
Oleander si girò subito. E sorrideva, ovviamente.
"Sei un padre modello. Scusa se a volte me ne dimentico." e appoggiò la testa sulla sua spalla.
"Allora - concluse Severus chinandosi sulle sue labbra - vedi di farti perdonare." 

FINE

Dedicata a Sheilin, che ama il personaggio di Orchis.

Vi assicuro che non sono defunta. Oberata come non mai per via del lavoro, ma sempre con un taccuino e una penna in tasca pronta a raccogliere idee per nuove storie.

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Capitolo 6
*** 5. I'll be home for Christmas ***


I'LL BE HOME FOR CHRISTMAS

 
"Vediamo chi di voi sa dirmi quale ingrediente essenziale ho usato per annullare gli effetti di quel particolare distillato della morte vivente." seduto sull'espresso per Hogwarts che riportava i ragazzi a Londra per le vacanze natalizie, il professor Lumacorno guardava con aria compiaciuta gli studenti del Lumaclub.
Tracey Davis approfittò della copertura offerta dalla selva di braccia alzate per abbandonare il vagone: quella riunione si stava prolungando un po' troppo per i suoi gusti e lei era solo ansiosa di arrivare in fretta a casa per trascorrere il Natale in famiglia.
Adorava il Natale più di ogni altra festa: se solo chiudeva gli occhi, le passavano nella mente le immagini di lei bambina che addobbava l'albero o che cucinava i biscotti al cioccolato ed il pudding con sua mamma. Quella magia non l'aveva mai abbandonato, il Natale riuniva in sè tutto ciò che Tracey considerava "bello".
Quasi tutti i vagoni erano pieni, o comunque troppo affollati di studenti schiamazzanti per i suoi gusti. Evidentemente, i prefetti avevano di meglio da fare che mantenere una parvenza d'ordine. Dovette percorrere quasi tutto il treno per trovare uno scompartimento semideserto, occupato solo dal suo compagno di casa, Theodore Nott, intento a completare una relazione di astronomia.
"Wow, come hai fatto a non far sedere nessuno qua?"
Il ragazzo si strinse nelle spalle "Ho minacciato di affatturare chiunque osasse farlo."
"Capisco, allora mi cercherò un altro posto." Tracey fece per richiudere la porta dello scompartimento, quando le parve di udire un flebile "no". La riaprì, per vedere il compagno di casa sgomberare il sedile di fronte dalle carte astrali. "No, resta... puoi restare... se vuoi. - parlava piano, scegliendo e soppesando con cura le parole - Tu non mi dai fastidio." concluse.
Fastidio? Era questo che provava Nott nei confronti degli altri? Sembrava proprio di sì e Tracey si accorse che quel sentimento li accomunava: anche lei provava molto fastidio quando Pansy Parkinson diceva a voce alta a Millicent Bulstrode che lei proprio non riusciva a capire come ci potessero finire dei mezzosangue a Serpeverde. Fastidio quando nel silenzio che la circondava, Tracey capiva che quello era il pensiero dominante. E non importava quanto lei potesse schiacciarli a terra e farsi invidiare per i suoi voti pressochè perfetti, quella latente sensazione di fondo restava.
E allora, come doveva interpretare il gesto di Theodore, quell'invito a restare? Che la capiva?
Per un po' restarono in silenzio a guardare il paesaggio innevato che sfilava davanti ai loro occhi, poi Tracey tirò fuori dalla tasca l'ultima lettera di suo papà e sorrise: basta con i brutti pensieri! Tra poco sarebbe stata dai suoi per Natale.
"Sei contenta di tornare a casa." osservò Nott in tono asciutto. Non era una domanda, ma una semplice constatazione.
"Certo che sì. - la ragazza inclinò leggermente la testa - Tu no?"
"Non particolarmente, per me un posto vale l'altro. - si appoggiò allo schienale, fissando il soffitto - Sì, per me non ha alcuna importanza."
"E allora perchè non sei rimasto a scuola?"
"Sono costretto a tornare a casa, di tanto in tanto. Ci sono sempre carte da controllare e gli elfi domestici da tenere in riga. Non hai idea di quanto possano diventare anarchici, quando non ci sono. Una vera seccatura, credimi."
"Ma di queste cose non se ne occupa..." lasciò la frase a metà, consapevole di aver deto una sciocchezza. Era noto che la madre di Theodore era morta partorendolo ed il padre, mangiamorte, era rinchiuso ad Azkaban. Non conosceva bene la casata dei Nott, ma le sembrava di ricordare che il padre, già anziano, fosse uno degli ultimi rimasti. "Scusa." bisbigliò. Ora le sembrava di comprendere meglio il carattere schivo e taciturno del suo compagno di casa: se non si interessava più di tanto alle bravate della cricca di Malfoy, se non era mai partecipe e sembrava sempre con il pensiero rivolto altrove, non era perchè si sentisse superiore agli altri, come gli aveva abbaiato in faccia una volta Montague (ma quanto poteva valere l'opinione di uno ritrovato con la testa incastrata in un water?).
No, la verità è che Theodore aveva ben altre e più serie preoccupazioni per la testa, responsabilità che i suoi coetanei nemmeno immaginavano. "Vive trattenendo costantemente il respiro. - pensò - Vive nell'attesa del momento in cui gli comunicheranno che suo padre ad Azkaban è morto e lui è rimasto solo. Vive e si prepara a quel momento. Ma continua a fare finta di niente. Non si lamenta mai, non dice mai niente a nessuno." Solo a pensarci sembrava doloroso. Le parole che seguirono le uscirono di getto, spontanee, senza che Tracey potesse fermarle "Senti, uhm, allora se... se non hai niente di meglio da fare... e se ti va... pensavo che, sì, potresti venire a trovarmi durante queste vacanze."
"Perchè?" chiese lui, sulla difensiva "Ti faccio pena?" era la domanda che aleggiava, neanche tanto inespressa, tra di loro, tanto che Tracey rispose "No. Cioè, scusa, io stavo solo pensando che dopo un po' deve iniziare a far male. Trattenersi, dico. Trattenersi sempre. E fingere che niente ci tocchi. Io lo so. Lo capisco." si morse le labbra e lo guardò, lanciandogli quel sentimento appena nato, che non era compassione, ma comprensione, unita ad una strana tenerezza.
Nott non le rispose, limitandosi a ricambiare lo sguardo.

Per il resto del viaggio nessuno dei due aprì più bocca e, giunti a destinazione, Tracey recuperò la valigia e si accinse ad uscire senza aver ottenuto una risposta al suo invito. Il che, probabilmente, equivaleva ad una risposta negativa.
"Casa tua ha il camino?" chiese Theodore, le mani infilate nelle tasche del cappotto.
"Uh? Sì." rispose lei, senza capire.
"Ed è collegato alla metropolvere?"
"Certo, ma perchè..." non potè completare la frase, perchè Theodore si chinò su di lei per baciarla sulle labbra.
"Grazie per l'invito. Va bene se passo il 26 verso le tre di pomeriggio?"
Tracey era consapevole che stava sorridendo come un'ebete, mentre annuiva vigorosamente.
Contagiato, anche Theodore accennò un sorriso "Buon Natale, Tracey."
 

FINE

 
Sì, teoricamente questa avrei dovuto pubblicarla per Natale, ma è venuta pronta solo ora.

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Capitolo 7
*** 6. Risata ***


RISATA

"... e il folletto rispose: 'Bacchetta? Quella non è la mia bacchetta!' " dopodichè Hagrid scoppiò in una risata pantagruelica, battendo energicamente le mani sulla tavola.
A stretto giro di posta anche tutti gli altri docenti si misero a ridere forte.
Solo Severus Piton non rise. Non sorrise neppure, limitandosi a sollevare il calice di vino dalla tavola, per evitare che venisse rovesciato dal piccolo terremoto provocato dalle manate di Hagrid e lanciando occhiate gelide ed incredule ai suoi colleghi, compresa la preside McGranitt. Era una battuta stupida e decisamente volgare, che diamine avevano tutti da ridere?
Nessuno fece caso più di tanto al fatto che si alzasse di scatto da tavola abbandonando infastidito la Sala Grande, ma Oleander gli rivolse una lunga occhiata pensosa.

Un paio d'ore più tardi la maga bussò alla porta dell'aula di pozioni, dove Severus stava preparando la lezione del pomeriggio "A Hogsmeade c'è una fiera di oggetti magici, pensavo di farci un salto. Ti va di accompagnarmi?"
"Effettivamente sono a corto di radici di doronico [1]." rispose Severus, e raccolse il bastone al quale doveva ancora appoggiarsi per camminare. [2]
Lungo il tragitto Oleander continuava a scoccargli occhiate di sottecchi.
"Che hai?" le chiese il mago.
"Nulla di che. Mi stavo solo domandando cosa bisogna fare per farti ridere."
"Sicuramente NON raccontare barzellette da cerebrolesi."
"Suvvia, era simpatica!"
"Invoco il diritto di dissentire."
"Andiamo! Ci sarà pur qualcosa che trovi divertente."
"Ci sono cose che trovo idiote, fa lo stesso?"
"Sei impossibile." Oleander scosse la testa "Penso che sarebbe più facile vedere Lucius Malfoy che partecipa ad una festa di paese babbana guidando un coro di ubriachi piuttosto che Severus farsi una grassa risata." concluse tra sè, mentre entravano nell'unico villaggio inglese abitato esclusivamente da maghi.
"E poi, si può sapere perchè ti interessa così tanto?" domandò Piton.
"Perchè ridere fa bene."
"Sposati un clown, allora." le disse, gelido.
Oleander gli si parò davanti, mani sui fianchi. In quella posa a Severus ricordava un po' Molly Weasley, anche se non glielo avrebbe mai detto. Aveva affrontato il Signore Oscuro e il suo animale da compagnia, ma non aveva velleità suicide fino a quel punto.
"Severus Piton - attaccò la sua compagna - tu sei, senza alcuna possibilità di errore, l'uomo più indisponente che..."
"SILVESTRE! OLEANDER SILVESTRE!" Oleander non potè completare la frase perchè un mago alto e massiccio, avvolto in una veste color vinaccia decorata con motivi rosa e marroni le posò le mani sulle spalle, facendola ruotare di centottanta gradi. Forse fu la manovra, o la sgradevole combinazione di colori del vestito dell'altro, ma Oleander restò frastornata e incapace di articolare parola. "Ma sì che sei tu - proseguiva l'altro mago in un italiano fluente - ero certo, certo di averti riconosciuto. Il viso di una bella ragazza non lo scordo mai."
Severus nel frattempo si era come congelato sul posto, la mano che era corsa immediatamente alla bacchetta, fermata solo dal buonsenso che gli suggeriva che non poteva vaporizzare all'istante lo sconosciuto.
Non lì: c'erano troppi testimoni.
Oleander corrugò la fronte: quel viso non gli era del tutto sconosciuto, in effetti, ma non riusciva ad associarlo a nessun nome "Scusi, lei sarebbe...?"
"Ma come, non mi riconosci? Dai, non prendermi in giro. Bello scherzo." ed esplose in una risata asinina che morì pian piano quando si rese conto che, no, la sua interlocutrice non stava affatto scherzando.
"Istituto Mediolanensis [3]. Alberto Delle Penne." proruppe, quasi indignato.
"Oh sì, ora ricordo. - si voltò verso Piton - Severus, questo è un mio ex compagno di scuola. Alberto, questo è Severus Piton, il professore di pozioni di Hogwarts." li presentò giostrandosi tra le due lingue.
Il mago italiano lo salutò sbracciandosi, Piton si limitò a bofonchiare qualcosa, tradendo irritazione a vagonate. L'altro parve non darci peso o, più probabilmente, non se ne era accorto. D'altronde, con un unico neurone a coordinare un intero corpo, non si poteva pretendere più di tanto, pensò il professore di pozioni.
Oleander, invece, si era resa conto del fastidio di Severus; lo attribuì principalmente al carattere fin troppo mediterraneo dell'altro mago. "Alberto, che fai qui ad Hogsmeade?"
"Sono qui per la fiera, lavoro... work!" abbaiò in direzione di Piton, additando la sua bancarella di stoviglie magiche: paioli automescolanti, pentole e padelle autopulenti, cose così. Severus non mosse un muscolo, ma dalla sua espressione facciale trapelava chiaramente cosa pensasse del lavoro dell'ex compagno di scuola di Oleander. Anzi, a dire il vero, era quasi sorpreso che un unico neurone potesse fare tanto.
Visto? Non aveva bisogno di barzellette per divertirsi, quel giorno il suo sarcasmo era in piena forma.
"Ma quindi tu parli inglese?" chiese Oleander ad Alberto.
"Nah."
"E allora come fai a farti capire dalle clienti?"
"La lingua non serve, quando si ha charme." e sfoderò un sorriso esagerato che Oleander ripescò dalle sue memorie scolastiche e le fece ricordare come mai conservasse dell'altro un ricordo tanto sbiadito: figlio unico di una famiglia di maghi bene in vista, borioso, vanesio, convinto che bastasse un suo cenno del capo per far cadere ai suoi piedi tutte le studentesse. Incoraggiato dal fatto che effettivamente molte sue ex compagne lo idolatravano. Nel frattempo il mago si stava esibendo in una specie di balletto, facendo finta di suonare una padella come se fosse un mandolino per una cliente.
"Severus, ti prego, non dire nulla..." mormorò Oleander a labbra strette al suo compagno.
"In effetti volevo dire qualcosa per umiliarlo, ma vedo che ci sta riuscendo benissimo da solo. Pittoreschi, i tuoi amici."
"Non era un mio amico - protestò lei - non era nemmeno in classe con me. E comunque attento, potrebbe sentirci."
"Ma se non capisce una parola di ciò che diciamo."
"Però non è gentile."
"Ehi Oleander, perchè non andiamo a prendere qualcosa da bere in quel bel localino laggiù e ricordiamo i tempi della scuola?" le chiese Alberto, prendendola contemporaneamente sottobraccio per trascinarla verso Madame Piediburro.
Oleander non era molto entusiasta dell'idea, ma nemmeno voleva apparire cafona e si voltò verso Severus "Che ne dici, andiamo a bere un tè?"
"Scherzi, vero?"
"Beh, non posso andarmene e basta. Dai, magari sarà divertente."
"Tu fa come vuoi, io me ne vado, il livello di idiozia qua attorno è salito troppo." le sibilò, e fece ritorno al castello.

"E' furioso. - pensò Oleander, maledicendosi per aver avuto l'idea di andare a vedere quel mercatino - sarà già tanto se mi rivolgerà la parola tra un mese."
Un paio d'ore e diverse tazze di tè dopo la maga era più che mai pentita di non aver imitato Severus, dato che il suo ex-compagno di scuola non aveva smesso un attimo di parlare di sè. Ed era arrivato solo alla sua seconda ex-moglie. Per tutti i fondatori di Hogwarts, si rischiava di fare notte e il livello di idiozia dell'altro toccava veramente picchi inimmaginabili, altro che divertimento!
Approfittò di un attimo di pausa di Alberto per guardare la grossa pendola di fianco al bancone del bar "Ma guarda come si è fatto tardi! Devo scappare, tra poco ho lezione."
"Lezione?"
"Sì, insegno cristallogia ad Hogwarts. Mi ha fatto piacere rivederti, ma ora devo assolutamente..."
"Seeeenti - iniziò Alberto, disegnando cerchi attorno alla sua tazza da tè - io mi fermo per la fiera fino a domani. Possiamo rivederci stasera, che ne dici? Io penso alla cena e tu al dopocena." concluse ammiccando.

"Oh Merlino misericordioso, non può intendere che... - lo guardò in faccia - Circe e Morgana, intende proprio quello." "No - rispose categorica - non sono libera."
"Ma non sei sposata, non porti la fede." disse lui, il cui sorriso si stava mutando in un'attonita espressione interdetta che, a giudizio di Oleander, si confaceva molto di più alla sua personalità. Non considerava possibile che una donna gli dicesse di no. Beh, pazienza, si sarebbe adattato.
"No, non sono sposata, ma sono assieme a un uomo."
"Ed è una storia seria?"
"Assolutamente sì."
"Tanto da non fare neanche un'eccezione."
"No." tagliò corto lei, sperando di potersi sganciare.
"Vorrei proprio vederlo in faccia, questo fortunato."
"In realtà l'hai già visto, è Severus. Sai, l'uomo con cui ero insieme prima."
Alberto si appoggiò allo schienale della sedia e questa volta, più che ridere, ragliò "Oh, spiritosona!"
Oleander si irrigidì sulla sedia, nemmeno fosse stata vittima di un Petrificus Totalus "Prego?"
"Oddio, finiscila di prendermi in giro! Sei così seria che per poco non ci cascavo." e si asciugò gli occhi con un tovagliolo.
"Non.sto.affatto.scherzando. - parlava a scatti per la rabbia - Io e Severus stiamo insieme."
Alberto si bloccò con la tazza di tè a mezz'aria "E tu rinunceresti ad una notte con me per quello storpio? E dire che porti anche gli occhiali."
Ad Oleander spiacque moltissimo di aver rotto la bella vetrata del locale facendoci volare attraverso il suo ex compagno di scuola, ma dalla porta stavano entrando delle persone e lei era una maga civile: non scaraventava sacchi di letame sulla gente.
Non sapeva nemmeno che avesse tanto da strepitare il sacco di letame in questione, visto che era atterrato proprio sulla sua bancarella e non doveva nemmeno fare la fatica di tornarci con le sue gambe. Che razza di ingrato.

Rientrò al castello portando un sacchetto di radici di doronico, entrò nell'alloggio che condivideva con Severus e li posò sulla scrivania. Lui era intento a far sanguinare di correzioni rosse un compito di pozioni e non diede alcun segno di averla notata.
"Nah, non c'è bisogno che mi ringrazi."
Nessuna reazione. Era proprio furibondo: probabilmente non si aspettava che accettasse l'invito dell'altro a bere un tè. "Andiamo, che altro potevo fare? Volevo semplicemente essere educata, nulla più. Anche se poi, visto com'è andata a finire, era meglio se non mi fossi fermata."
"Cos'è, non era abbastanza spiritoso per te?" sibilò lui, acido.
Oleander ci mise un po' a realizzarlo "Eri geloso?" chiese, incredula.
"Sciocchezze." sbuffò Piton.
"Esattamente. - Oleander si chinò sulla scrivania, ad altezza compiti, per poter intercettare i suoi occhi - Non hai motivo per esserlo. Sai bene che sei tutta la mia vita."
Piton si voltò dall'altra parte, infastidito. La odiava quando faceva la romantica, o quando aveva ragione. O tutte e due le cose insieme.
"Certo che hai proprio una bassa opinione di me..."
Severus tornò a guardarla e aprì bocca per protestare, ma Oleander lo precedette "Sappi che per nessuna, e dico nessuna, ragione al mondo ti tradirei. Specialmente con uno che, da ragazzo, ficcò per scommessa la testa nell'orifizio di un vermicolo. E non sto parlando della bocca."
Forse fu il tono serio e l'aria inappuntabile con cui la sua compagna pronunciò quella frase, forse fu l'immagine, troppo assurda per essere vera, che gli balenò nella testa, fatto sta che per la prima volta in vita sua, Severus Piton scoppiò a ridere.
All'improvviso, senza potersi trattenere, si abbandonò ad una risata davvero divertita, viscerale.
Oleander per la sorpresa era scattata in piedi e in breve, anche lei si unì alla risata senza alcun ritegno.
Forse il mondo avrebbe continuato a vedere in Severus solo un tetro ed inquietante professore di pozioni (o un gran bastardo, secondo il punto di vista dei suoi studenti), ma non importava. Che il mondo pensasse ciò che voleva, non erano problemi loro, pensava Oleander, mentre lo vedeva ridere di gusto, con la testa appoggiata al dorso della mano.
Quei momenti preziosi erano solo per loro due.

 


= = = = = = =

NOTE
[1] Doronicum grandiflorum: fiore di alta montagna dall'intenso color giallo. Un tempo si credeva che l'infuso delle sue radici curasse le vertigini.
[2] Nella mia fanfiction "Alla fine del sentiero", Severus viene morso al femore, e non alla gola, da Nagini.
[3] La scuola di magia della città di Milano.

Lo so, alla fine il personaggio di Alberto è venuto fuori un po' troppo somigliante ad Allock. Non era mia intenzione, volevo semplicemente uno belloccio, vanesio e molto stupido. A dire il vero la prima idea mi è venuta da Upchuck, uno dei personaggi minori del cartone animato di Daria, con i suoi patetici tentativi di far colpo sulle ragazze.

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