Caleidoscopio di Hotaru_Tomoe (/viewuser.php?uid=2257)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 Premessa e indice ***
Capitolo 2: *** 1. Mondi infiniti ***
Capitolo 3: *** 2. Conchiglie ***
Capitolo 4: *** 3. Sorriso ***
Capitolo 5: *** 4. La pozione ***
Capitolo 6: *** 5. I'll be home for Christmas ***
Capitolo 7: *** 6. Risata ***
Capitolo 1 *** 0 Premessa e indice ***
DISCLAIMERS: “Harry Potter” e tutti i suoi personaggi appartengono a J.K. Rowling, Warner Bros, Bloomsbury, Salani Editore e a chiunque altro ne detenga i diritti. La seguente fiction non è in alcun modo connessa con il lavoro della Rowling né ha alcuno scopo di lucro.
PREMESSA: Come avevo detto nell'epilogo di "Alla fine del sentiero", questa sarà una raccolta di one-shots dedicate principalmente a Severus e al mio personaggio che ho creato in HP: Oleander (già protagonista di due fanfiction: "Il vaso di Pandora" e "Alla fine del sentiero". Le storie di questa raccolta si inseriscono quindi all'interno di quell'universo che ho creato. Pertanto, vi consiglio di leggere prima le altre long-fics, altrimenti alcune oneshot qui presenti vi risulteranno prive di senso). Non escludo di dedicarne alcune anche ad altri personaggi di HP, dipenderà dall’ispirazione del momento e quindi anche l'aggiornamento sarà molto, molto irregolare.
L'ho intitolata "Caleidoscopio" perchè sarà una raccolta non unitaria, che spazierà in vari generi e temi, frammenti di vita passata, presente e futura, come le immagini frastagliate che riflette il caleidoscopio.
Ogni one-shot avrà un suo breve riassunto ed un suo rating che per comodità trovate qua sotto (questo capitolo, quindi, verrà periodicamente aggiornato quando aggiungerò una storia). L’overall rating per il momento è verde, al limite lo modificherò in seguito.
1. MONDI INFINITI
RIASSUNTO: Oleander si sveglia nel cuore della notte, dopo aver avuto un incubo sulla morte di Severus. Solo un incubo?
RATING: Verde
2. CONCHIGLIE
Riassunto: conchiglie al posto delle mele, per una storia senza pretese, e tante scuse a Platone, che ha per protagonisti due bambini che ancora non si conoscono (Oleander e Severus hanno più o meno 6 anni di differenza), ambientata dopo la fine del primo anno scolastico dei Malandrini.
Rating: Verde
3. SORRISO
Da quando Dolores Umbridge è diventata la nuova preside di Hogwarts, l'atmosfera è tesa e pesante per tutti, per Severus in particolare. Ma forse la sua nuova e imprevedibile compagna riuscirà ad a strappargli un sorriso. Ambientata poco dopo la fine de "Il vaso di Pandora".
Rating: Verde
4. LA POZIONE
Per la piccola Orchis prendere un brutto voto proprio in pozioni è un dramma, visto quanto sono bravi suo papà e suo fratello maggiore in quella materia. Chi saprà risollevarle il morale? Ambientata dopo l'epilogo de "Alla fine del sentiero".
Rating: Verde
5. I'LL BE HOME FOR CHRISTMAS
Ne "Alla fine del sentiero" Theodore Nott e Tracey Davis si mettono insieme: questa oneshot è un missing moment, che rivela come è successo.
Rating: Verde
6. RISATA
Severus non ride quasi mai. Certo, possiede un caustico senso dell'umorismo, ma Oleander non ricorda di averlo mai visto ridere di cuore. "Penso che sarebbe più facile vedere Lucius Malfoy che partecipa ad una festa di paese babbana guidando un coro di ubriachi piuttosto che Severus farsi una grassa risata."
Ambientata l'anno successivo alla conclusione de "Alla fine del sentiero", ma prima dell'epilogo.
Rating: Verde.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 1. Mondi infiniti ***
MONDI INFINITI
"...
Ci sono altri mondi oltre a questo."
Jake
Chambers - L'ultimo cavaliere
Stephen
King
La
sfera
del serpente rotolò nell'aria, e prima che Piton potesse far
altro che urlare,
gli aveva racchiuso testa e spalle... [1]
Oleander
gridò con lui, forse più forte, ma dalla bocca
non le uscì alcun suono, nè
riuscì a slanciarsi verso di lui, come voleva fare. Era come
un fantasma,
inchiodato in un angolo di quella stanza tetra.
...
La
mano che stringeva Harry crollò a terra e Piton non si mosse
più [1]
Oleander
iniziò a piangere disperata.
Spalancò
gli occhi nel buio, annaspando tra le lenzuola come chi cerca di
restare a
galla nel mare in burrasca, il cuore che le galoppava nel petto, il
respiro
mozzo.
Le
ci vollero diversi secondi per realizzare di trovarsi sdraiata su un
letto,
ancora di più per scacciare il terrore paralizzante di
quell'incubo e ritrovare
un minimo di lucidità. Instupidita e frastornata per essersi
destata così
bruscamente si mise a sedere; sentì freddo sul viso ed
istintivamente si portò
una mano sulla guancia, trovandola bagnata: doveva aver pianto e forse
anche
urlato, prigioniera in quel sogno. E forse aveva anche svegliato
Severus.
Allungò
la mano sinistra, ma sdraiato accanto a lei non dormiva nessuno. Che si
fosse
già alzato?
"No,
non è così. Severus non è mai
stato qui. Lui è morto sul pavimento lurido e polveroso
della Stamberga
Strillante. E' morto dilaniato dalle fauci di Nagini, dissanguato,
affogato nel
suo stesso sangue. Non è mai entrato nella tua vita, non vi
siete mai
incontrati e lui è morto senza averti mai conosciuto." una voce triste, l'eco lontana di
quell'incubo che
faticava a dissolversi rieccheggiò nella sua mente.
"No,
no, non è così." sussurrò nel buio.
Appoggiò i piedi nudi sul parquet
grezzo della camera, freddo ma non gelato. "Sono nella casa di Severus
di
Spinner's End." Sebbene iniziasse a sentirsi un po' ridicola, a parlare
così a mezza voce, nel buio di una stanza vuota, avvertiva
la necessità di
confermare a se stessa la verità della realtà che
la circondava, la verità del
fatto che Severus si era addormentato al suo fianco solo poche ore
prima e non
era affatto morto per ordine di Voldemort e per mano del suo familiare.
Nonostante
il suo urlo di dolore e terrore ancora le rimbombasse nelle orecchie,
nonostante avesse visto quel sangue, troppo rosso e fluido per essere
finto,
macchiare il colletto bianco del suo vestito e spandersi in una pozza
color
cremisi sul pavimento della Stamberga.
"Insomma,
è stato solo un sogno,
perchè ti agiti così?" pensò con
una punta di rabbia.
Scese
le scale dirigendosi verso il piccolo laboratorio di pozioni nel
seminterrato,
perchè da sotto la porta chiusa si irradiava la luce delle
lanterne. Trattenne
il fiato mentre apriva la porta, per poi esalarlo in un sospiro di
sollievo
alla vista di Severus che le dava le spalle, intento a pesare qualcosa
su un
bilancino. "Ah, sei qui." disse, cercando di non apparire troppo
sollevata. O stupida.
"Considerando
che questa casa ha sole altre quattro stanze e non ero ai piani
superiori, non
c'erano molte alternative, Miss Ovvietà." L'immancabile
rimarco sarcastico
del mago vestito di nero era quasi rassicurante, tanto da strapparle
uno sbuffo
divertito.
Solo
a quel punto, dopo aver finito di pesare gli ingredienti, Severus si
voltò a
guardarla, tradendo lo stupore con una lieve alzata di sopracciglia
"Qualcosa non va?"
Non
si era preoccupata di guardarsi allo specchio ma di certo,
pensò Oleander, non
doveva avere un bell'aspetto in quel momento: la camicia da notte
spiegazzata,
i capelli in disordine e gli occhi sicuramente ancora rossi per il
pianto.
"Ho avuto un incubo. Un incubo terrificante." ammise.
Attraversò la
stanza e si lasciò cadere su un alto sgabello.
Poichè Severus non la canzonò
per essersi spaventata per così poco, si sentì
incoraggiata a raccontare.
"Anche
quando morì mia mamma, ebbi incubi per diverso tempo, ma -
si passò una mano
tra i capelli - nessuno così realistico. Era proprio come se
stesse accadendo
davvero in quel momento, davanti ai miei occhi." Tacque e, dopo un
tempo
che sembrò un'infinità, la voce calma e posata di
Severus ruppe il silenzio
"Probabilmente è così."
"Prego?"
Oleander lo guardò, non sapeva se più sconvolta
per quella frase o per il tono
tranquillo con cui era stata pronunciata.
"In
un altro luogo, in un'altra realtà, ciò che hai
visto è successo davvero. - con
una spatola di legno Piton versò una resina collosa nel
calderone ribollente -
Esistono altri mondi oltre a questo: mondi dove io sono morto, mondi
dove la
magia non esiste, mondi che non hanno conosciuto la minaccia
dell'Oscuro
Signore, o che hanno conosciuto di peggio. Tu, stanotte, hai
semplicemente
sfiorato uno di quei mondi."
Olander
annuì lievemente: ora capiva il perchè di quella
agitazione che non voleva
abbandonarla neanche da sveglia, il perchè di quella
sconfinata tristezza. Da
qualche parte, in un altro universo, Severus era morto e loro due non
si erano
mai amati. Lei probabilmente nemmeno esisteva in quel mondo. Dava una
strana
sensazione pensare alla propria non-esistenza.
"Ma
poichè ciò non è accaduto nella nostra
realtà, ti consiglio di non tormentarti
troppo, nè di perderci il sonno. Anche perchè non
c'è nulla che tu possa fare
al riguardo." proseguì il mago dai capelli corvini,
mescolando con
attenzione la sua pozione.
Attraverso
le parole di Severus, lucide e razionali, la realtà attorno
a lei riacquistava
man mano concretezza e spessore. Percepiva il sedile sotto di
sè e la fredda
parete di pietra a cui era appoggiata attraverso la stoffa della
camicia da
notte.
Nel
loro mondo c'erano stati lutti e dolore per tutti, c'erano cicatrici
fisiche e
dell'animo che ci avrebbero messo anni a guarire. Come quella di
Severus alla
gamba: non le era sfuggito il fatto che il suo compagno stesse
preparando una
pozione antidolorifica, l'ennesima, per alleviare il tormento del morso
di
Nagini. E di sicuro, ogni volta che Molly e Arthur passavano davanti
alle
stanze di Percy e Bill, ricordavano e soffrivano. E, ne era certa,
Harry
passava ancora molte notti in bianco, torturato dalla consapevolezza di
aver
avuto dentro di sè un frammento di anima di Voldemort.
Certo,
c'era stato tutto questo e molto altro ancora, ma poteva andare peggio.
Altrove
era andata peggio.
E
Severus era nel giusto: poteva anche piangere tutte le sue lacrime e
maledire
mille divinità, ma non aveva alcun modo di interferire con
altri mondi. Meglio
concentrare tutte le energie sulla propria, di realtà.
Quasi
le avesse letto nel pensiero, Severus la apostrofò "Dunque?
Non mi dici
che ho perfettamente ragione, come sempre del resto?"
Oleander
ritrovò il suo spirito: si alzò di scatto dallo
sgabello e si diresse verso
l'uscita senza guardarlo "In un altro mondo, magari." Aveva
già una
maniglia sulla porta, quando aggiunse "Ti preparo un tè, per
bere quella
pozione."
"Nero,
senza zucchero."
"Agli
ordini!"
Pochi
minuti più tardi il fischio del bollitore sospinse fuori
dalla casa di
Spinner's End anche l'ultima eco degli altri mondi.
-
FINE -
[1]
Citazioni letterali da "I doni della morte".
L'idea
di questa fanficion è nata da quell'unica frase citata
all'inizio, anche se ne
"L'ultimo cavaliere" ha un significato molto diverso, direi quasi
opposto alla mia storia.
Credo
che in fondo, con le nostre fanfiction, anche noi finiamo per creare
tanti
"altri mondi" che mentre scriviamo diventano veri e concreti e, per
noi, esistono sul serio. Almeno, mentre scrivo per me è
così: se non fossi
convinta di questo, non avrei mai scritto un rigo in vita mia.
Nel
libro della Rowling Severus muore. Ma possiamo ben immaginare una
realtà dove
ciò non accade, no? Bridiamo a tutti i nostri "altri mondi",
dunque! |
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 2. Conchiglie ***
CONCHIGLIE
“Oleander,
no tesoro, no!” Ortensia Silvestre tolse la paletta di
plastica dalle mani
della figlia, si guardò attorno allarmata e agitò
leggermente la bacchetta che
teneva nascosta sotto al telo da mare per cancellare
l’incantesimo che aveva fatto
la figlia.
Le
due si trovavano in vacanza in Italia, su una spiaggia babbana.
Oleander, sei anni,
era intenta nella più comune occupazione dei bambini della
sua età: costruire
un castello di sabbia. Solo che, per nulla soddisfatta
dell’anonimo cono tronco
circondato da un fossato che aveva ottenuto, aveva deciso di renderlo
più
realistico con un ponte levatoio realmente funzionante.
Le
formine magiche, purtroppo, avevano di questi inconvenienti.
“Ma
mamma…!” provò a protestare la piccola.
“Niente
‘ma’, signorinella – Ortensia mise un
dito sul naso paffuto della figlia – ti
ho già spiegato perché in luoghi come questi non
possiamo usare la magia.”
“Facciamo
il bagno?” chiese allora lei, speranzosa.
“Più
tardi.”
Mogia
mogia, la bambina tornò a dedicarsi senza troppo entusiasmo
alle formine per la
sabbia: non c’era molto gusto se non poteva costruire
qualcosa che si animasse.
Si sdraiò di fianco alla madre che leggeva un libro e
restò un po’ così, con
gli occhi socchiusi per il sole troppo forte, a fissare il mare calmo e
qualche
gabbiano che galleggiava come una paperella di gomma sulla superficie
dell’acqua. Ma durò poco e presto si
scoprì annoiata; guardò Ortensia, cercando
di leggere il titolo del libro che aveva in mano “Il
s-sin… sim…po-sio di Pl-…
Plotone!” sillabò.
“Platone.”
la corresse la mamma con una allegra risata.
“E’
una fiaba? Di cosa parla?”
La
donna si mise a sedere, chiudendo il volume “E' un libro
babbano che parla di
fatti accaduti tanto, tanto tempo fa: è la storia di alcuni
uomini molto speciali,
tanto perfetti da voler sfidare gli dei.”
“Ci
fu una guerra? Come le guerre fra troll e folletti?” la
bambina sgranò gli
occhi, affascinata dal racconto.
La
mamma prese una bella mela rossa dalla borsa ed un coltellino
“Non si arrivò
alla guerra: prima che ciò accadesse, gli dei decisero di
intervenire e
tagliarono a metà questi uomini speciali, dividendoli in due
parti, così.” Ed
affondò la posata nel frutto.
“Li
uccisero!” esclamò la bambina, spaventata.
“No,
no – sua madre scosse la testa – gli uomini vennero
semplicemente divisi in
due, perdendo per sempre i loro poteri e la loro perfezione, ma
ciò li rese
molto, molto tristi. E soli. Ed è per questo motivo che da
allora gli uomini
sono alla perenne ricerca della loro anima gemella.”
“Anima
gemella?” la bambina inclinò la testa da un lato:
chissà cos'era.
“Sì,
la metà che hanno perduto. La cercano senza sosta per
ritrovare l’antica
completezza. E se ci riescono – la donna unì
nuovamente le due metà della mela
– raggiungono la felicità.”
“Mmh…
E si trova sempre questa anima gemella?”
“No,
purtroppo no. E’ difficile, sai, perché il mondo
è tanto grande e ci sono tanti
uomini.”
“Tu
l’hai trovata, mamma?”
“Sì.”
La donna sorrise.
La
bambina sgranò gli occhi per la sorpresa
“Davveeeeroo? E chi è?”
“Oleander,
sciocchina, è il tuo papà!”
“Oh.
- fece la bimba, perplessa davanti a quella risposta, un po' troppo
ovvia. E
lei che si aspettava chissà che - Senti mamma, questa anima
gemella esiste
anche per me?”
Ortensia,
intenerita, abbracciò il suo piccolo tesoro “Lo
spero tanto per te, perché
trovarla è la cosa più bella che ti possa
capitare nella vita.”
“Ma…
ma come faccio a capire che è proprio la mia
metà?”
“Sarà
il tuo cuore a dirtelo. Forse lo capirai non appena incrocerai il suo
sguardo,
o forse ci vorrà più tempo. Chi può
dirlo? Magari all’inizio ti sarà pure
antipatico! Ma poi il tuo cuore sussurrerà il suo nome e tu
capirai.”
Oleander
sembrava aver preso la cosa molto sul serio, infatti sedeva seria e
corrucciata, cercando di cogliere il senso di quel discorso.
“Vuoi
mezza mela?” chiese Ortensia. La polpa nel frattempo era
diventata tutta scura
e la bambina frignò dicendo che non era più
buona, quindi la mamma la lasciò
andare a giocare sul bagnasciuga, a patto che si bagnasse solo le
caviglie.
Oleander si accovacciò a osservare tutto ciò che
la risacca del mare depositava
sulla riva: sassi lucidi e perfettamente levigati, alghe e conchiglie
multiforme; si accorse, in particolare, che molte conchiglie erano
unite a due
a due, identiche e speculari: erano come le due metà della
mela. Ne prese una
coppia e la mise sul palmo di una mano “Voi siete anime
gemelle, me lo ha detto
la mamma.”
Quante
belle conchiglie c’erano su quella spiaggia, e che colori
stupendi! Quasi tutte
le varietà del marrone, del bianco e del grigio; ma in mezzo
a tutte, la sua
attenzione fu attirata da una conchiglia in particolare, appena portata
sulla
spiaggia da un’onda. Era tutta nera, lucida
d’acqua. Ed era sola. “Dov’è
la tua
anima gemella? – le chiese – Aspetta, ti aiuto io a
trovarla.”
Detto
questo si inginocchiò e iniziò a setacciare la
spiaggia, alla ricerca
dell’altra metà. C’era di tutto:
conchiglie a forma di corno, di cono, di
ventaglio, sassi, resti di crostacei, rametti, alghe… ma
nessuna conchiglia
nera.
“Poverina
– Oleander si portò la conchiglia alla guancia,
cullandola come se fosse stata
una bambola – poverina, sei tanto triste, vero?”
Alzò gli occhi e guardò il
mare, quella distesa blu luccicante, che ora le appariva più
grande che mai.
Sarebbe stato difficile trovare un’altra mezza conchiglia
nera in
quell’immensità, ma non era impossibile. La mamma
c’era riuscita. Chiuse a
pugno la mano in cui teneva la conchiglia, prese una breve rincorsa e
la
scagliò in mare con tutta la forza che possedeva;
portò le mani ai lati della
bocca e gridò “Buona fortuna, ti auguro di trovare
la tua anima gemella!”
Distante
migliaia di chilometri, su una fredda spiaggia del Cumberland, Severus
Piton
stava aiutando sua madre a raccogliere dei pitrilli, creature magiche
simili a
scaglie di pesce che servivano per la preparazione delle pozioni.
Agosto
era ormai agli sgoccioli e con esso le vacanze estive, ma in
quell'angolo di
Inghilterra sembrava già autunno inoltrato: un cielo plumbeo
e gonfio di nubi
incombeva sulla spiaggia, il forte vento increspava il mare,
l'orizzonte era
annebbiato da una bruma sottile. Chino a rovistare tra i sassi e i
frammenti di
conchiglie, Piton stava pensando che la giornata si addiceva
esattamente al suo
umore: era iniziata con il solito, violento litigio tra i suoi
genitori,
conclusosi con suo padre che usciva di casa sbattendo la porta (e
chissà quando
si sarebbe rifatto vivo). Sua mamma era più taciturna del
solito, persa in
chissà quali pensieri, mentre vagava sulla spiaggia
incurante del vento che le
arruffava i capelli.
Si
chiese perchè mai i suoi genitori stessero ancora insieme,
nonostante
l'atmosfera in casa fosse sempre greve e pesante, i silenzi tra di loro
carichi
di ostilità pronte a sfociare in rissa al minimo pretesto.
E
poi c'era lui, chiuso nella sua stanza, al buio, a desiderare di essere
ovunque, ma non lì. Quelle mura non si potevano definire una
casa, non per lui.
Hogwarts...
L'anno
prima, alla vigilia del suo primo viaggio verso la Scuola
di Magia, per la
prima volta si era sentito davvero felice, col cuore più
leggero: passava ore a
fantasticare su come sarebbe stata la sua vita ad Hogwarts.
La
sua e quella di Lily.
Nelle
sue fantasticherie loro due sarebbero finiti nella stessa Casa, ovvio,
e
sarebbero cresciuti fianco a fianco e un giorno...
Ma
nemmeno ad Hogwarts le cose erano andate come aveva sperato: lui era
finito a
Serpeverde e Lily a Grifondoro: ricordava lo sguardo di lei, sorpreso e
un po'
perplesso, mentre si allontanava verso il tavolo dei verdeargento, come
se la
ragazza vedesse di lui per la prima volta un nuovo aspetto. Che non le
piaceva.
Ed
Hogwarts, invece di unirli, li aveva allontanati: Lily, radiosa e
solare, si
era fatta molte amiche e passava tutto il tempo con loro. E poi c'erano
James
Potter e Sirius Black, il cui passatempo preferito era rendergli la
vita un
inferno anche a scuola e umiliarlo.
Piton
tirò con rabbia un calcio a un grosso sasso, che
sparì tra le onde
spumeggianti: alla fine, nemmeno Hogwarts si era rivelato il luogo che
aveva
sognato, sentiva Lily ogni giorno più distante e non sapeva
che fare per
riavvicinarsi a lei.
La
risacca portò sulla riva una conchiglia nera, che spiccava
tra i sassi
bianchicci della spiaggia: il ragazzo la osservò a lungo e
si ritrovò a pensare
che, in fondo, lui era molto simile a quella conchiglia. Un puntolino
nero,
fuori posto in un mondo di conchiglie bianche.
Solo.
Un'altra
onda, più vigorosa, si riprese la conchiglia appena
depositata sulla spiaggia,
riportandola in acqua.
Nel
mare, vasto, profondo e buio due conchiglie nere, identiche e
speculari,
viaggiano, trasportate dalle correnti, lasciando che sia il capriccio
delle
onde a decidere la loro meta. Ignorano l'una la presenza dell'altra.
Ma
forse un giorno giungeranno a toccarsi, come due anime gemelle.
-
FINE -
Scusate,
non mi sono dimenticata affatto di
questa raccolta, ma il tempo è sempre tiranno (altro che
signore). |
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 3. Sorriso ***
SORRISO
“Ehm
ehm.” Il gracchiante colpetto di tosse di Dolores Umbridge
urtò i già provati
nervi di Oleander, come unghie sadiche che grattano una lavagna. Quanto
odiava
quella donna, i suoi modi falsamente gentili e la sua smania di
controllare
ogni più piccolo dettaglio in quella scuola! In quel momento
le sedeva
appollaiata di fianco, il largo viso da rospo a pochi centimetri dalla
sua
spalla destra, e la guardava dipingere violette sulla superficie di una
teiera
di ceramica. La mano di Oleander strinse il pennellino così
forte che il
sottile manico di legno ebbe un piccolo cedimento.
“Posso
sapere cosa…”
“Restauro
un servizio da tè della professoressa Sprite.”
rispose precipitosamente la
maga, ansiosa di togliersela di torno. La vide prendere appunti sul
taccuino.
“Mi
faccia capire: lei ha una botteguccia a Londra, in Diagon
Alley.”
“Un
*negozio*, sì.” specificò Oleander a
denti stretti.
“Però
vive qui ad Hogwarts.”
Oleander
annuì senza dire nulla.
“Ma
non fa parte del corpo docenti.”
Di
nuovo la donna scosse negativamente il capo senza parlare: non era
molto sicura
di riuscire a tenere a freno la lingua davanti a quella piaga fatta a
strega.
“Contingenza
curiosa, ne conviene.” chiocciò la Umbridge:
il tono non era quello di una domanda, ma di una
affermazione.
“A
Londra non riuscivo a trovare un appartamento.”
buttò fuori Oleander tutto d’un
fiato, poi fece una pausa, cercando di articolare una scusa
convincente:
ovviamente Dolores Umbridge non era al corrente della sua relazione con
Severus
Piton e del resto la cosa era ignota a tutti.
“Così il professor Albus Silente
mi ha gentilmente proposto di restare qui. In cambio faccio qualche
lavoretto
di riparazione per professori e studenti. D’altronde, con
tutta la gente che
viene licenziata ad Hogwarts, di certo qui lo spazio non
manca!” concluse,
sforzandosi di non sembrare troppo acida. Ad ogni modo alla fine
proprio non ce
l’aveva fatta a trattenersi, d'altronde la nuova preside ai
suoi occhi era
peggio di quel famigerato dittatore babbano d'inizio secolo.
“Ehm
ehm. – la bloccò la Umbridge
con il suo irritante intercalare – Questa è una
situazione irregolare:
naturalmente controllerò i decreti didattici, ma ne sono
quasi certa…”
“Oh,
allora ti ci vorranno mesi, con
tutti quelli che hai emanato, brutta megera!” Oleander si morse con decisione
l’interno delle guance
per dominare la voglia di dar voce a quel pensiero.
“Sa,
io ho un antico orologio magico a cucù che non funziona
più.” buttò lì
l’inquisitrice.
“Mmh.”
mugugnò l’altra, per nulla interessata alla cosa.
“Sì:
quando batte le ore, non volano più fuori stormi di
colibrì, coccinelle e
farfalline come una volta. Ci sono così tanto
affezionata… se lei potesse darci
un’occhiata e sistemarlo, forse io troverei di meglio da fare
che spulciare i
decreti didattici e compilare un’ordinanza di
sfratto.” Allargò l’enorme bocca
in un sorriso sgradevole.
Non
poteva crederci! Quella donna la stava ricattando! Oleander
avvertì la presenza
della sua bacchetta magica nella tasca posteriore dei pantaloni, mai
così reale
e concreta: un tocco veloce e la cara Dolores Umbridge sarebbe
diventata
davvero l’anfibio a cui somigliava. Poi l’avrebbe
scaraventata nel lago, tra
gli amorevoli tentacoli della piovra gigante…
“Oleander!”
Nella
sua mente risuonò il rimprovero della ragione, che - e la
cosa non la stupì poi
molto - aveva la voce di Severus, carica di disapprovazione.
Così, a malincuore
abbandonò quelle fantasie. “Sarei felice di
aiutarla.” mentì, con un falso sorriso
altrettanto sgradevole.
“Bene
bene.” concluse l’inviata del ministero, e
lasciò la stanza della giovane.
Oleander
aspettò che la Umbridge
si fosse allontanata a sufficienza, poi lasciò la stanza,
usò il passaggio
nascosto dietro l’arazzo di Consuelo,
l’affascinante divinatrice iberica per ricomparire
davanti agli alloggi di
Piton: diede una veloce occhiata per accertarsi che il corridoio fosse
deserto,
pronunciò la parola d’ordine davanti al ritratto
di Richard Howe “Ribes nigrum”
ed entrò come una furia, a testa bassa “Non dire
niente: lo so, lo so che ti ho
promesso che non avrei discusso con Dolores Umbridge, specie dopo
quanto
successo a Silente, e che non avrei fatto nulla di ostile nei suoi
confronti,
ma ti avviso, Severus, io sono al limite. Quella donna mi succhia via
la
pazienza peggio di una sanguisuga e la prossima volta ti giuro che non
rispondo
delle mie …….” arrestò il
suo sfogo solo perché si accorse che stava sbraitando
in una stanza vuota: Severus non c’era. Non aveva lezione
quel pomeriggio,
quindi o era fuori per conto dell’Ordine della Fenice,
oppure… si avvicinò ad
un armadio nell’angolo più buio della stanza e lo
aprì: conteneva il pensatoio
personale di Severus ed in quel momento diversi ricordi argentei
nuotavano
sinuosi sotto la superficie dell’acqua, illuminando la stanza
con un reticolo di
luce diafana. Piton aveva preso l’abitudine di affidare al
pensatoio i ricordi
di loro due, quando Voldemort lo chiamava al suo cospetto: aveva deciso
che era
più sicuro così. “Brutta giornata per
tutti e due, vedo.” sbuffò Oleander. In
tali occasioni non poteva fare a meno di ricordare la prima volta che
aveva
visto Severus convocato dal Signore Oscuro e come era tornato indietro
[1]. Da
allora non era più successo, ma la cosa non le era di alcun
conforto.
Richiuse
il pensatoio e cercò un metodo per ingannare il tempo. Il
professore di pozioni
aveva formato sulla scrivania una pila con i suoi personali libri di
magia per
riportarli a Spinner’s End alla prima occasione, dividendoli
in base
all’argomento e poi in ordine alfabetico. La maga dai capelli
violetti sorrise
di fronte a tanto ordine: al contrario, lei li avrebbe accatastati come
capitava.
In
alcune cose loro due erano proprio come il giorno e la notte, inutile
negarlo,
eppure... e aveva quasi paura a pensarlo, per scaramanzia, la loro
relazione
sembrava funzionare.
Decise
di riportare i volumi a casa di Severus, risparmiandogli la fatica del
viaggio;
nel cortile della scuola incrociò Goyle, un membro della
squadra di
inquisizione, che prendeva appunti di nascosto (almeno così
si illudeva) su un
ritaglio di pergamena con una penna di passero. Oleander
sospirò alzando gli
occhi al cielo: quel clima da guerra fredda che si era creato era
adatto ad un
film di James Bond, non a una Scuola di magia! Per evitare che lo
studente di
Serpeverde scrivesse chissà quali fantasticherie, gli disse
tranquillamente “Se
la
Umbridge
lo vuole sapere, sto andando nella mia botteguccia.”
Guardò il ragazzo mentre
cercava goffamente di scrivere l’ultima parola ed ebbe un
moto di pena per lui
“Due T e due C, signor Goyle.”
La
casa di Severus era piccola ma, in proporzione, aveva una libreria
enorme, che
occupava tre pareti della camera da letto. Presto Oleander si rese
conto di non
essere in grado di rimettere i volumi al proprio posto manualmente: il
sistema
di archiviazione del professore era troppo complesso ed alcuni degli
argomenti
trattati le erano del tutto ignoti (la cosa non le dispiaceva del
tutto,
riflettè, osservando un inquietante volume dalla copertina
viscida e
verdastra). Un incantesimo sarebbe stato utile: tirò fuori
la sua bacchetta, si
schiarì la voce e scandì “Ad proprium
locum!” Come sospinti da mano invisibile,
i libri iniziarono a saettare negli spazi vuoti e in breve il lavoro fu
concluso. Severus le aveva proibito categoricamente di entrare
nell'Ordine della
Fenice o di prendere parte alla guerra contro Voldemort: voleva
proteggerla a
tutti i costi, questo lei lo capiva, ma la faceva sentire inutile e
frustrata:
smaniava dalla voglia di fare qualcosa, qualsiasi cosa per aiutarlo. "Forse potrei aiutarlo evitando di
farmi cacciare da Hogwarts dalla nuova preside -
sospirò - e quindi aggiustare quel
dannato orologio a
cucù. Possa essere divorato da un esercito di termiti."
Severus
varcò i cancelli di Hogwarts talmente scuro in volto, che
anche un Dissennatore
gli sarebbe girato prudentemente alla larga. Rientrava da una riunione
di
Mangiamorte: dopo che Silente aveva lasciato la scuola per coprire
Potter per
la vicenda dell'ES, elementi come Rowle e MacNair si erano messi in
mente che
sarebbe stato un buon momento per uscire allo scoperto, magari con un
attacco
proprio alla scuola, per far capire a tutti che l'Oscuro era tornato.
Per
fortuna Lord Voldemort non era parso minimamente interessato all'idea.
Era
sempre lui, Potter, il Prescelto, a complicare la vita a tutti.
L'Esercito di
Silente... che follia! Possibile che quello sciocco ragazzino non si
rendesse
conto che mettersi così apertamente contro il Ministero non
gli avrebbe portato
altro che guai? Tale e quale a suo padre.
Che
rabbia che provava in quel momento!
Nel
bel mezzo del cortile della scuola un Grifondoro del primo anno era
intento a
pulire il manico di scopa che gli sarebbe servito per la lezione di
volo:
maneggiandolo maldestramente, lo fece cadere ed a momenti Piton ci
inciampò. Il
ragazzino si fece terreo in volto, mentre balbettava indistinte parole
di
scuse.
"Venti
punti in meno a Grifondoro, Logan. - sibilò Piton velenoso -
Forse questo le
insegnerà ad essere meno impacciato. Sempre che non l'abbia
fatto
apposta." aggiunse, chinandosi minaccioso sul ragazzino, che prese a
piagnucolare.
Più
in là, nascoste dietro una colonna del porticato (o, almeno,
così credevano),
due ragazze di Corvonero del quarto anno, guardavano estasiate una
trousse di
cosmetici che una delle due si era fatta mandare di nascosto da casa.
"Venti punti in meno a Corvonero, a testa! - esclamò
impietoso
l'insegnante di pozioni non appena le vide - Per Salazar! Credevo che
al quarto
anno almeno le regole sull'abbigliamento della scuola fossero entrate
in quelle
vostre zucche vuote." Poi si allontanò, senza lasciar tempo
alle due di
elaborare qualche patetica scusa.
Entrò
di filato nei suoi alloggi: era talmente di malumore che avrebbe potuto
togliere punti al prossimo studente che avrebbe incontrato solo per il
fatto
che esisteva. Poco dopo qualcuno bussò delicatamente alla
porta "Chi
è?"
"Severus,
sono io." disse Oleander.
"Entra.
Ti ha visto nessuno?"
"No."
"Sicura?"
La
donna annuì vigorosamente "Sì, sono sicura.
Rilassati, sei nervoso come un
grillo."
"Ho
le mie buone ragioni. - ribattè l'uomo in tono lugubre - Che
cos'hai lì?"
chiese, indicando l'oggetto che la maga reggeva tra le mani.
"Stamattina
la cara, dolce e simpatica Dolores Umbridge mi ha chiesto di ripararle
questo
orologio a cucù magico, se voglio restare qui. Non ne sono
sicura, ma penso che
al Ministero della Magia ci sarà qualche decreto contro i
ricatti..."
"Oleander,
sai bene che in questo momento hanno il coltello dalla parte del
manico."
"Lo
so, lo so. Quindi ho deciso di accontentarla. Ti faccio vedere come
funziona
l'orologio." posizionò l'orologio sulle dodici ed attese.
Solo che, al
posto dei delicati campanelli che Severus si aspettava di sentire,
risuonarono
i pesanti rintocchi di una campana a morto, dalla base dell'orologio
sciamarono
fuori scarafaggi e ragni multicolore, mentre dalla cima della piccola
casetta
di legno uscì uno stormo di pipistrelli fuxia che fece
scempio degli insetti.
Il
mago si volse allibito verso la compagna in cerca di una spiegazione e
la vide
trattenere a stento una risata "E' solo uno scherzo - si
affrettò a
spiegare lei - ma te lo immagini la faccia che farebbe la Umbridge
se vedesse
questo spettacolo? Sarebbe peggio di quando i gemelli Weasley le sono
sfrecciati sulla testa." e poi scoppiò davvero a ridere,
figurandosi la scena.
"Avrebbe
poco da rimanere sorpresa, questo orologio la rappresenta
perfettamente."
poi le diede le spalle, probabilmente per nasconderle il sorriso
divertito che
gli stava nascendo sulle labbra. Pipistrelli! Rosa, ovviamente.
D'un
tratto si accorse che tutto l'astio e l'umore nero che lo avevano
attanagliato
fino a poco prima si erano alleggeriti di molto. E tutto grazie a un
banale
scherzo. Come diavolo faceva Oleander a farlo sempre sentire meglio?
Sospettava
c'entrasse qualcosa il fatto che la amava.
"Va
meglio?" chiese lei in tono casuale.
"Uh,
meglio che ti affretti a portare quell'orologio a Dolores Umbridge,
prima che
ti venga a cercare. E quando esci..."
"...
faccio attenzione a che non mi veda nessuno." concluse lei allegra.
Una
volta che fu uscita, Severus mormorò un grazie verso la
porta chiusa, il
sorriso che ancora gli aleggiava sul volto.
FINE |
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 4. La pozione ***
LA POZIONE
Orchis
fissò il foglio di pergamena e la fialetta di
pozione che l'insegnante le aveva appena consegnato.
Una D.
Aveva preso una D in pozioni.
Non riusciva a crederci.
Mentre leggeva la lunga lista di osservazioni del
professore, si andava man mano afflosciando nella sedia.
E non le era di alcuna consolazione che Sean Artichoke, il
suo compagno di casa che le sedeva di fianco, avesse preso addirittura
una T.
Suo padre era Severus Piton, uno dei migliori pozionisti
del Paese e aveva insegnato proprio quella materia fino all'anno prima,
suo
fratello aveva appena vinto un prestigioso master di studio in quella
materia,
scelto tra più di trecento aspiranti.
Non si era mai sentita così avvilita in vita sua.
Al termine della lezione si avviò con i compagni a
Trasfigurazione, ma quel brutto voto continuava a perseguitarla.
Cosa avrebbero detto i suoi genitori?
Ebbe modo di scoprirlo più in fretta di quel che pensasse,
perchè, al termine di Trasfigurazione, si era talmente
attardata a mettere le
sue cose in borsa che era rimasta sola ed ora correva trafelata verso la Sala
Comune per il pranzo.
La voce di sua mamma la raggiunse alle spalle
"Tranquilla Orchis, c'è ancora un po' tempo. Anch'io ho
fatto tardi a
lezione. Mmh? Cos'è quest'aria da cane bastonato,
è successo qualcosa?"
Oleander si inginocchiò davanti alla figlia.
"Mamma..." mormorò sconsolata la piccola.
"Sì? Dimmi."
"Ho preso una D in Pozioni." sospirò, fissando la
punta delle sue scarpe.
"Capisco. Però è solo un compito, no? Impegnati
di più
ed il prossimo andrà meglio."
Orchis sapeva che sua mamma non sarebbe stata troppo severa
con lei e poi le aveva confessato una volta di essere lei stessa una
frana in
quella materia. Stranamente, però, non riusciva a sentirsi
sollevata.
"Orchis, ehi! Coraggio, pare sia arrivata la fine del
mondo." Oleander le mise un dito sotto al mento, per indurla ad alzare
la
testa. La bambina lo fece.
E sgranò gli occhi.
Dietro sua mamma inginocchiata c'era suo papà, avvolto nel
consueto mantello nero. "Orchis, sbrigati, o farai tardi per pranzo."
le disse con voce incolore.
"Sì." bisbigliò lei e scappò via.
Oleander si tirò in piedi e lo fronteggiò
"Grandioso
davvero."
Severus inarcò un sopracciglio "Avrei dovuto farle i
complimenti per il voto, forse?"
La compagna scrollò la testa "Non dico questo, ma
Orchis è piuttosto abbattuta, avresti potuto dirle qualche
parola di
incoraggiamento."
"Non serve a nulla: se vuole migliorare, deve solo
studiare di più."
Oleander alzò gli occhi al cielo "Lo so, ma c'è
modo e
modo di dirlo!"
Ma il bello
dei bambini è che, a differenza degli adulti,
non sprecano troppo tempo a piangersi addosso: avrebbe seguito il
consiglio di
sua mamma, provando e riprovando finchè quella pozione non
fosse venuta
perfetta.
Così, quando qualche giorno dopo la incrociò nei
corridoi,
aveva recuperato il sorriso e l'aria vivace, mentre rideva con la sua
amica
Claudiette Roche di Corvonero.
"Mamma, scriverai una lettera a Sevvy?"
"Sì."
"Posso chiederti di aspettare qualche giorno? Voglio
mandargli due righe anch'io."
"D'accordo."
E
così passò molte ore in biblioteca, mettendo a
confronto
vari manuali di pozioni finchè non fu certa del
procedimento, ma quando si
trattò di mettere in pratica la teoria, si trovo davanti ad
un problema
pratico: poichè qualche anno prima, sperimentando una
pozione nella sala
comune, un Grifondoro aveva involontariamente provocato un'epidemia di
macchie
pruriginose in tutti i suoi compagni di casa, il regolamento aveva
imposto che
la preparazione delle pozioni avvenisse
solo durante le lezioni, sotto la supervisione del
professore.
Quindi c'era una sola cosa da fare, per esercitarsi: uscire
di nascosto dal dormitorio e andare nell'aula di pozioni!
Quella sera attese pazientemente che tutte le luci fossero
spente e quando Wayne McWilliam, il caposcuola, uscì per la
ronda notturna, la
bambina sgattaiolò fuori.
L'essere cresciuta ad Hogwarts le dava il vantaggio di
conoscere bene ogni anfratto, nicchia e arazzo dietro cui nascondersi.
Riuscì
anche a non farsi vedere da Pix, intento a svitare il supporto di una
torcia e
giunse trionfante davanti al laboratorio di pozioni, certa che nessuno
l'avesse
vista.
Wayne era
certo di aver visto un'ombra proiettata sulla
parete, che scivolava verso i sotterranei del castello e si diresse con
passo
deciso in quella direzione: aveva proprio voglia di vedere in faccia il
nottambulo che trasgrediva con tanta leggerezza le regole della scuola.
"Tu,
laggiù, fermo!" intimò.
"Mi auguro vivamente che il suo tono dipenda
esclusivamente dal fatto che non mi ha riconosciuto." rispose una voce
bassa e glaciale.
"Oh, pre-preside. Mi-mi perdoni, pensavo fosse uno
studente..." farfugliò il Tassorosso, producendosi in brevi
e ripetuti
inchini del capo.
Piton chiuse il discorso con un cenno della mano.
"Uhm... allora, col suo permesso, preside, io riprendo
il mio giro di ispezione."
Ma il preside lo bloccò "No, non di lì:
già che sono
in piedi, i sotterranei li controllo io."
Orchis nel
frattempo aveva messo a bollire l'acqua nel
calderone e aveva iniziato ad aggiungere gli ingredienti.
"Sei zampe di tarantola, aggiunte una ad una. Lasciar
bollire due minuti, poi aggiungere gli occhi di tritone e la pelle di
iguana e
mescolare con decisione per un minuto in senso antiorario." col mestolo
di
legno mimò il gesto nell'aria.
"Dall'altra parte."
La voce di suo papà, proveniente dall'ingresso, per poco
non la fece incanutire precocemente.
Eccola
lì, il suo scricciolino, che lo fissava con quello
sguardo, quello del cucciolo che ha appena combinato un disastro,
quello
sguardo che...
... non mancava mai di fare presa su di lui.
"Quello è in senso orario - proseguì il genitore
-
l'antiorario è dall'altra parte."
"Ah, ok." rispose Orchis, già più calma.
"E i due minuti stanno per scadere, preparati ad
aggiungere gli altri ingredienti."
La bambina eseguì, e per un po' nessuno dei due
parlò, il
solo rumore udibile era quello della pozione che sobbolliva piano.
"Mi dispiace." disse Orchis all'improvviso,
sollevando il capo dal calderone."
"Hai infranto ben due regole della scuola, dispiacerti
direi che è il minimo." le rispose il padre.
"No, non per quello."
Piton sollevò un sopracciglio con aria interrogativa.
"Mi dispiace di aver preso un brutto voto in pozioni e
di non essere all'altezza delle tue aspettative. Mi spiace di non
essere brava
come Sevvy.
A sua figlia
non importava di essere rimproverata o di
subire una punizione. Le importava solo di averlo deluso. Severus tese
un
braccio verso di lei "Vieni qui."
Con la bacchetta magica, spostò un pesante armadio carico
di ingredienti ed ampolle. La manovra rivelò la presenza di
un grosso buco
proprio lì sotto.
"Questo è il risultato di una pozione malriuscita. -
spiegò - Attraversa il pavimento e arriva fino al magazzino
sotterraneo. Abbiamo
provato a sigillarlo in ogni modo, con altre pozioni, con incantesimi,
riempiendolo
di terra e sassi, ma non c'è nulla da fare, si riforma
sempre. E sai chi ha combinato
questo disastro?"
Orchis scosse la testa.
"Tuo fratello."
"Mi prendi in giro!"
"No, affatto."
"Ma Sevvy è troppo bravo in pozioni, non può..."
"Tuo fratello è diventato bravo - la corresse Piton -
provando e riprovando e... facendo degli sbagli, ogni tanto. Tutti
possono
sbagliare."
"Quindi... non ti ho deluso?"
Severus le accarezzò i lunghi capelli lilla "Al
contrario, Orchis, sono molto orgoglioso di te e dell'impegno che
dimostri."
"Grazie papà!" la piccola si avvinghiò alla sua
gamba.
"Ora però è tardi, riprenderemo ad esercitarci
domani
sera, dopo cena."
"Va bene, buonanotte papà."
"Aspetta, ti accompagno al dormitorio."
"E se qualche caposcuola ci vede?"
"Voglio proprio vedere chi avrà il coraggio di dire
qualcosa." le rispose, rispolverando il suo ghigno sadico.
Si
congedò dalla figlia e tornò nelle sue stanze,
sedendosi
sul letto. Oleander era girata su un fianco e gli dava le spalle, ma
avrebbe
giurato sulla testa dei quattro fondatori di Hogwarts che la compagna
era
sveglia. E, Merlino, poteva quasi vedere, attraverso la nuca, il
sorriso
stampato sul suo volto.
"Puoi anche smetterla di fingere di dormire."
sbuffò.
Oleander si girò subito. E sorrideva, ovviamente.
"Sei un padre modello. Scusa se a volte me ne
dimentico." e appoggiò la testa sulla sua spalla.
"Allora - concluse Severus chinandosi sulle sue labbra
- vedi di farti perdonare."
FINE
Dedicata a Sheilin, che ama il personaggio di
Orchis.
Vi
assicuro che non
sono defunta. Oberata come non mai per via del lavoro, ma sempre con un
taccuino e una penna in tasca pronta a raccogliere idee per nuove
storie.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 5. I'll be home for Christmas ***
I'LL
BE
HOME FOR CHRISTMAS
"Vediamo chi di voi sa dirmi quale
ingrediente essenziale ho usato per annullare gli effetti di quel
particolare
distillato della morte vivente." seduto sull'espresso per Hogwarts che
riportava i ragazzi a Londra per le vacanze natalizie, il professor
Lumacorno
guardava con aria compiaciuta gli studenti del Lumaclub.
Tracey Davis approfittò della copertura
offerta dalla selva di braccia alzate per abbandonare il vagone: quella
riunione si stava prolungando un po' troppo per i suoi gusti e lei era
solo
ansiosa di arrivare in fretta a casa per trascorrere il Natale in
famiglia.
Adorava il Natale più di ogni altra festa: se
solo chiudeva gli occhi, le passavano nella mente le immagini di lei
bambina
che addobbava l'albero o che cucinava i biscotti al cioccolato ed il
pudding
con sua mamma. Quella magia non l'aveva mai abbandonato, il Natale
riuniva in
sè tutto ciò che Tracey considerava "bello".
Quasi tutti i vagoni erano pieni, o comunque
troppo affollati di studenti schiamazzanti per i suoi gusti.
Evidentemente, i
prefetti avevano di meglio da fare che mantenere una parvenza d'ordine.
Dovette
percorrere quasi tutto il treno per trovare uno scompartimento
semideserto,
occupato solo dal suo compagno di casa, Theodore Nott, intento a
completare una
relazione di astronomia.
"Wow, come hai fatto a non far sedere
nessuno qua?"
Il ragazzo si strinse nelle spalle "Ho
minacciato di affatturare chiunque osasse farlo."
"Capisco, allora mi cercherò un altro
posto." Tracey fece per richiudere la porta dello scompartimento,
quando
le parve di udire un flebile "no". La riaprì, per vedere il
compagno
di casa sgomberare il sedile di fronte dalle carte astrali. "No,
resta...
puoi restare... se vuoi. - parlava piano, scegliendo e soppesando con
cura le parole
- Tu non mi dai fastidio." concluse.
Fastidio? Era questo che provava Nott nei
confronti degli altri? Sembrava proprio di sì e Tracey si
accorse che quel
sentimento li accomunava: anche lei provava molto fastidio quando Pansy
Parkinson diceva a voce alta a Millicent Bulstrode che lei proprio non
riusciva
a capire come ci potessero finire dei mezzosangue a Serpeverde.
Fastidio quando
nel silenzio che la circondava, Tracey capiva che quello era il
pensiero
dominante. E non importava quanto lei potesse schiacciarli a terra e
farsi
invidiare per i suoi voti pressochè perfetti, quella latente
sensazione di
fondo restava.
E allora, come doveva interpretare il gesto di
Theodore, quell'invito a restare? Che la capiva?
Per un po' restarono in silenzio a guardare il
paesaggio innevato che sfilava davanti ai loro occhi, poi Tracey
tirò fuori
dalla tasca l'ultima lettera di suo papà e sorrise: basta
con i brutti
pensieri! Tra poco sarebbe stata dai suoi per Natale.
"Sei contenta di tornare a casa."
osservò Nott in tono asciutto. Non era una domanda, ma una
semplice
constatazione.
"Certo che sì. - la ragazza inclinò
leggermente la testa - Tu no?"
"Non particolarmente, per me un posto
vale l'altro. - si appoggiò allo schienale, fissando il
soffitto - Sì, per me
non ha alcuna importanza."
"E allora perchè non sei rimasto a
scuola?"
"Sono costretto a tornare a casa, di
tanto in tanto. Ci sono sempre carte da controllare e gli elfi
domestici da
tenere in riga. Non hai idea di quanto possano diventare anarchici,
quando non
ci sono. Una vera seccatura, credimi."
"Ma di queste cose non se ne
occupa..." lasciò la frase a metà, consapevole di
aver deto una
sciocchezza. Era noto che la madre di Theodore era morta partorendolo
ed il
padre, mangiamorte, era rinchiuso ad Azkaban. Non conosceva bene la
casata dei
Nott, ma le sembrava di ricordare che il padre, già anziano,
fosse uno degli
ultimi rimasti. "Scusa." bisbigliò. Ora le sembrava di
comprendere
meglio il carattere schivo e taciturno del suo compagno di casa: se non
si interessava
più di tanto alle bravate della cricca di Malfoy, se non era
mai partecipe e
sembrava sempre con il pensiero rivolto altrove, non era
perchè si sentisse
superiore agli altri, come gli aveva abbaiato in faccia una volta
Montague (ma
quanto poteva valere l'opinione di uno ritrovato con la testa
incastrata in un
water?).
No, la verità è che Theodore aveva ben altre e
più serie preoccupazioni per la testa,
responsabilità che i suoi coetanei
nemmeno immaginavano. "Vive
trattenendo costantemente il respiro. - pensò - Vive nell'attesa del momento in cui gli
comunicheranno che suo padre ad
Azkaban è morto e lui è rimasto solo. Vive e si
prepara a quel momento. Ma
continua a fare finta di niente. Non si lamenta mai, non dice mai
niente a
nessuno." Solo a pensarci sembrava doloroso. Le parole che
seguirono
le uscirono di getto, spontanee, senza che Tracey potesse fermarle
"Senti,
uhm, allora se... se non hai niente di meglio da fare... e se ti va...
pensavo
che, sì, potresti venire a trovarmi durante queste vacanze."
"Perchè?" chiese lui, sulla
difensiva "Ti faccio pena?" era
la domanda che aleggiava, neanche tanto inespressa, tra di loro, tanto
che
Tracey rispose "No. Cioè, scusa, io stavo solo pensando che
dopo un po'
deve iniziare a far male. Trattenersi, dico. Trattenersi sempre. E
fingere che
niente ci tocchi. Io lo so. Lo capisco." si morse le labbra e lo
guardò,
lanciandogli quel sentimento appena nato, che non era compassione, ma
comprensione, unita ad una strana tenerezza.
Nott non le rispose, limitandosi a ricambiare
lo sguardo.
Per
il resto del viaggio nessuno dei due aprì
più bocca e, giunti a destinazione, Tracey
recuperò la valigia e si accinse ad
uscire senza aver ottenuto una risposta al suo invito. Il che,
probabilmente, equivaleva
ad una risposta negativa.
"Casa tua ha il camino?" chiese
Theodore, le mani infilate nelle tasche del cappotto.
"Uh? Sì." rispose lei, senza capire.
"Ed è collegato alla metropolvere?"
"Certo, ma perchè..." non potè
completare la frase, perchè Theodore si chinò su
di lei per baciarla sulle
labbra.
"Grazie per l'invito. Va bene se passo il
26 verso le tre di pomeriggio?"
Tracey era consapevole che stava sorridendo
come un'ebete, mentre annuiva vigorosamente.
Contagiato, anche Theodore accennò un sorriso
"Buon Natale, Tracey."
FINE
Sì,
teoricamente questa avrei dovuto pubblicarla per Natale, ma
è venuta pronta
solo ora.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 6. Risata ***
RISATA
"...
e il folletto rispose: 'Bacchetta?
Quella non è la mia bacchetta!' " dopodichè
Hagrid scoppiò in una risata
pantagruelica, battendo energicamente le mani sulla tavola.
A stretto giro di posta anche tutti gli altri
docenti si misero a ridere forte.
Solo Severus Piton non rise. Non sorrise neppure,
limitandosi a sollevare il calice di vino dalla tavola, per evitare che
venisse
rovesciato dal piccolo terremoto provocato dalle manate di Hagrid e
lanciando
occhiate gelide ed incredule ai suoi colleghi, compresa la preside
McGranitt.
Era una battuta stupida e decisamente volgare, che diamine avevano
tutti da
ridere?
Nessuno fece caso più di tanto al fatto che si
alzasse di scatto da tavola abbandonando infastidito la Sala
Grande, ma Oleander gli rivolse una
lunga occhiata pensosa.
Un
paio d'ore più tardi la maga bussò alla porta
dell'aula di pozioni, dove Severus stava preparando la lezione del
pomeriggio
"A Hogsmeade c'è una fiera di oggetti magici, pensavo di
farci un salto.
Ti va di accompagnarmi?"
"Effettivamente sono a corto di radici di doronico
[1]." rispose Severus, e raccolse il bastone al quale doveva ancora
appoggiarsi per camminare. [2]
Lungo il tragitto Oleander continuava a scoccargli
occhiate di sottecchi.
"Che hai?" le chiese il mago.
"Nulla di che. Mi stavo solo domandando cosa
bisogna fare per farti ridere."
"Sicuramente NON raccontare barzellette da
cerebrolesi."
"Suvvia, era simpatica!"
"Invoco il diritto di dissentire."
"Andiamo! Ci sarà pur qualcosa che trovi
divertente."
"Ci sono cose che trovo idiote, fa lo
stesso?"
"Sei impossibile." Oleander scosse la
testa "Penso che sarebbe più
facile
vedere Lucius Malfoy che partecipa ad una festa di paese babbana
guidando un
coro di ubriachi piuttosto che Severus farsi una grassa risata."
concluse
tra sè, mentre entravano nell'unico villaggio inglese
abitato esclusivamente da
maghi.
"E poi, si può sapere perchè ti interessa
così tanto?" domandò Piton.
"Perchè ridere fa bene."
"Sposati un clown, allora." le disse,
gelido.
Oleander gli si parò davanti, mani sui fianchi. In
quella posa a Severus ricordava un po' Molly Weasley, anche se non
glielo
avrebbe mai detto. Aveva affrontato il Signore Oscuro e il suo animale
da
compagnia, ma non aveva velleità suicide fino a quel punto.
"Severus Piton - attaccò la sua compagna - tu
sei, senza alcuna possibilità di errore, l'uomo
più indisponente che..."
"SILVESTRE! OLEANDER SILVESTRE!"
Oleander non potè completare la frase perchè un
mago alto e massiccio, avvolto
in una veste color vinaccia decorata con motivi rosa e marroni le
posò le mani
sulle spalle, facendola ruotare di centottanta gradi. Forse fu la
manovra, o la
sgradevole combinazione di colori del vestito dell'altro, ma Oleander
restò
frastornata e incapace di articolare parola. "Ma sì che sei
tu - proseguiva
l'altro mago in un italiano fluente - ero certo, certo di averti
riconosciuto.
Il viso di una bella ragazza non lo scordo mai."
Severus nel frattempo si era come congelato sul
posto, la mano che era corsa immediatamente alla bacchetta, fermata
solo dal
buonsenso che gli suggeriva che non poteva vaporizzare all'istante lo
sconosciuto.
Non lì: c'erano troppi testimoni.
Oleander corrugò la fronte: quel viso non gli era
del tutto sconosciuto, in effetti, ma non riusciva ad associarlo a
nessun nome
"Scusi, lei sarebbe...?"
"Ma come, non mi riconosci? Dai, non
prendermi in giro. Bello scherzo." ed esplose in una risata asinina che
morì pian piano quando si rese conto che, no, la sua
interlocutrice non stava
affatto scherzando.
"Istituto Mediolanensis [3]. Alberto Delle
Penne." proruppe, quasi indignato.
"Oh sì, ora ricordo. - si voltò verso Piton -
Severus, questo è un mio ex compagno di scuola. Alberto,
questo è Severus
Piton, il professore di pozioni di Hogwarts." li presentò
giostrandosi tra
le due lingue.
Il mago italiano lo salutò sbracciandosi, Piton si
limitò a bofonchiare qualcosa, tradendo irritazione a
vagonate. L'altro parve
non darci peso o, più probabilmente, non se ne era accorto.
D'altronde, con un
unico neurone a coordinare un intero corpo, non si poteva pretendere
più di
tanto, pensò il professore di pozioni.
Oleander, invece, si era resa conto del fastidio
di Severus; lo attribuì principalmente al carattere fin
troppo mediterraneo
dell'altro mago. "Alberto, che fai qui ad Hogsmeade?"
"Sono qui per la fiera, lavoro... work!"
abbaiò in direzione di Piton, additando la sua bancarella di
stoviglie magiche:
paioli automescolanti, pentole e padelle autopulenti, cose
così. Severus non
mosse un muscolo, ma dalla sua espressione facciale trapelava
chiaramente cosa
pensasse del lavoro dell'ex compagno di scuola di Oleander. Anzi, a
dire il
vero, era quasi sorpreso che un unico neurone potesse fare tanto.
Visto? Non aveva bisogno di barzellette per divertirsi, quel giorno il
suo
sarcasmo era in piena forma.
"Ma quindi tu parli inglese?" chiese
Oleander ad Alberto.
"Nah."
"E allora come fai a farti capire dalle
clienti?"
"La lingua non serve, quando si ha
charme." e sfoderò un sorriso esagerato che Oleander
ripescò dalle sue
memorie scolastiche e le fece ricordare come mai conservasse dell'altro
un
ricordo tanto sbiadito: figlio unico di una famiglia di maghi bene in
vista,
borioso, vanesio, convinto che bastasse un suo cenno del capo per far
cadere ai
suoi piedi tutte le studentesse. Incoraggiato dal fatto che
effettivamente
molte sue ex compagne lo idolatravano. Nel frattempo il mago si stava
esibendo in
una specie di balletto, facendo finta di suonare una padella come se
fosse un
mandolino per una cliente.
"Severus, ti prego, non dire nulla..." mormorò
Oleander a labbra strette al suo compagno.
"In effetti volevo dire qualcosa per
umiliarlo, ma vedo che ci sta riuscendo benissimo da solo. Pittoreschi,
i tuoi
amici."
"Non era un mio amico - protestò lei - non
era nemmeno in classe con me. E comunque attento, potrebbe sentirci."
"Ma se non capisce una parola di ciò che
diciamo."
"Però non è gentile."
"Ehi Oleander, perchè non andiamo a prendere
qualcosa da bere in quel bel localino laggiù e ricordiamo i
tempi della
scuola?" le chiese Alberto, prendendola contemporaneamente sottobraccio
per trascinarla verso Madame Piediburro.
Oleander non era molto entusiasta dell'idea, ma
nemmeno voleva apparire cafona e si voltò verso Severus "Che
ne dici,
andiamo a bere un tè?"
"Scherzi, vero?"
"Beh, non posso andarmene e basta. Dai,
magari sarà divertente."
"Tu fa come vuoi, io me ne vado, il livello
di idiozia qua attorno è salito troppo." le
sibilò, e fece ritorno al
castello.
"E'
furioso. -
pensò Oleander, maledicendosi per aver avuto l'idea di
andare a vedere quel
mercatino - sarà già
tanto se mi
rivolgerà la parola tra un mese."
Un paio d'ore e diverse tazze di tè dopo la maga
era più che mai pentita di non aver imitato Severus, dato
che il suo
ex-compagno di scuola non aveva smesso un attimo di parlare di
sè. Ed era
arrivato solo alla sua seconda ex-moglie. Per tutti i fondatori di
Hogwarts, si
rischiava di fare notte e il livello di idiozia dell'altro toccava
veramente
picchi inimmaginabili, altro che divertimento!
Approfittò di un attimo di pausa di Alberto per
guardare la grossa pendola di fianco al bancone del bar "Ma guarda come
si
è fatto tardi! Devo scappare, tra poco ho lezione."
"Lezione?"
"Sì, insegno cristallogia ad Hogwarts. Mi ha
fatto piacere rivederti, ma ora devo assolutamente..."
"Seeeenti - iniziò Alberto, disegnando cerchi
attorno alla sua tazza da tè - io mi fermo per la fiera fino
a domani. Possiamo
rivederci stasera, che ne dici? Io penso alla cena e tu al dopocena."
concluse ammiccando.
"Oh
Merlino misericordioso, non può intendere che... - lo
guardò in faccia - Circe e
Morgana, intende proprio
quello." "No - rispose categorica - non sono libera."
"Ma non sei sposata, non porti la fede."
disse lui, il cui sorriso si stava mutando in un'attonita espressione
interdetta che, a giudizio di Oleander, si confaceva molto di
più alla sua
personalità. Non considerava possibile che una donna gli
dicesse di no. Beh, pazienza, si sarebbe adattato.
"No, non sono sposata, ma sono assieme a un
uomo."
"Ed è una storia seria?"
"Assolutamente sì."
"Tanto da non fare neanche
un'eccezione."
"No." tagliò corto lei, sperando di
potersi sganciare.
"Vorrei proprio vederlo in faccia, questo
fortunato."
"In realtà l'hai già visto, è Severus.
Sai,
l'uomo con cui ero insieme prima."
Alberto si appoggiò allo schienale della sedia e
questa volta, più che ridere, ragliò "Oh,
spiritosona!"
Oleander si irrigidì sulla sedia, nemmeno fosse
stata vittima di un Petrificus Totalus "Prego?"
"Oddio, finiscila di prendermi in giro! Sei
così seria che per poco non ci cascavo." e si
asciugò gli occhi con un
tovagliolo.
"Non.sto.affatto.scherzando. - parlava a
scatti per la rabbia - Io e Severus stiamo insieme."
Alberto si bloccò con la tazza di tè a mezz'aria
"E tu rinunceresti ad una notte con me per quello storpio? E dire che
porti anche gli occhiali."
Ad Oleander spiacque moltissimo di aver rotto la
bella vetrata del locale facendoci volare attraverso il suo ex compagno
di
scuola, ma dalla porta stavano entrando delle persone e lei era una
maga
civile: non scaraventava sacchi di letame sulla gente.
Non sapeva nemmeno che avesse tanto da strepitare
il sacco di letame in questione, visto che era atterrato proprio sulla
sua
bancarella e non doveva nemmeno fare la fatica di tornarci con le sue
gambe. Che
razza di ingrato.
Rientrò
al castello portando un sacchetto di
radici di doronico, entrò nell'alloggio che condivideva con
Severus e li posò
sulla scrivania. Lui era intento a far sanguinare di correzioni rosse
un
compito di pozioni e non diede alcun segno di averla notata.
"Nah, non c'è bisogno che mi ringrazi."
Nessuna reazione. Era proprio furibondo:
probabilmente non si aspettava che accettasse l'invito dell'altro a
bere un tè.
"Andiamo, che altro potevo fare? Volevo semplicemente essere educata,
nulla più. Anche se poi, visto com'è andata a
finire, era meglio se non mi
fossi fermata."
"Cos'è, non era abbastanza spiritoso per
te?" sibilò lui, acido.
Oleander ci mise un po' a realizzarlo "Eri
geloso?" chiese, incredula.
"Sciocchezze." sbuffò Piton.
"Esattamente. - Oleander si chinò sulla
scrivania, ad altezza compiti, per poter intercettare i suoi occhi -
Non hai motivo
per esserlo. Sai bene che sei tutta la mia vita."
Piton si voltò dall'altra parte, infastidito. La
odiava quando faceva la romantica, o quando aveva ragione. O tutte e
due le
cose insieme.
"Certo che hai proprio una bassa opinione di
me..."
Severus tornò a guardarla e aprì bocca per
protestare,
ma Oleander lo precedette "Sappi che per nessuna, e dico nessuna,
ragione
al mondo ti tradirei. Specialmente con uno che, da ragazzo,
ficcò per scommessa
la testa nell'orifizio di un vermicolo. E non sto parlando della bocca."
Forse fu il tono serio e l'aria inappuntabile con
cui la sua compagna pronunciò quella frase, forse fu
l'immagine, troppo assurda
per essere vera, che gli balenò nella testa, fatto sta che
per la prima volta
in vita sua, Severus Piton scoppiò a ridere.
All'improvviso, senza potersi trattenere, si
abbandonò ad una risata davvero divertita, viscerale.
Oleander per la sorpresa era scattata in piedi e
in breve, anche lei si unì alla risata senza alcun ritegno.
Forse il mondo avrebbe continuato a vedere in Severus
solo un tetro ed inquietante professore di pozioni (o un gran bastardo,
secondo
il punto di vista dei suoi studenti), ma non importava. Che il mondo
pensasse
ciò che voleva, non erano problemi loro, pensava Oleander,
mentre lo vedeva
ridere di gusto, con la testa appoggiata al dorso della mano.
Quei momenti preziosi erano solo per loro due.
= = = = = = =
NOTE
[1] Doronicum grandiflorum: fiore di alta montagna
dall'intenso color giallo. Un tempo si credeva che l'infuso delle sue
radici
curasse le vertigini.
[2] Nella mia fanfiction "Alla fine del
sentiero", Severus viene morso al femore, e non alla gola, da Nagini.
[3] La scuola di magia della città di Milano.
Lo
so, alla fine il personaggio di Alberto è
venuto fuori un po' troppo somigliante ad Allock. Non era mia
intenzione,
volevo semplicemente uno belloccio, vanesio e molto stupido. A dire il
vero la
prima idea mi è venuta da Upchuck, uno dei personaggi minori
del cartone
animato di Daria, con i suoi patetici tentativi di far colpo sulle
ragazze. |
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=579875
|