腐食 - Corrosione.

di Beliar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 〇 - Zero. ***
Capitolo 2: *** 一 – “Andrà Bene” (Rewind) ***
Capitolo 3: *** 二 – “Andrà Bene” ***
Capitolo 4: *** 三 – Rosso (Rewind) ***
Capitolo 5: *** 四 - Rosso ***



Capitolo 1
*** 〇 - Zero. ***


腐食 - Corrosione

 
 
 
 
Odiava quel posto. Il suo letto era scomodo, era obbligato ad indossare uno sgradevole camice di carta, non poteva uscire da quello che loro chiamavano ‘reparto’.
Loro sorridevano sempre. Anche quando lo infilzavano - per il suo bene, dicevano - con degli aghi grandi grandi che gli procuravano grandi grandi lividi…
Loro erano tanti, e tutti gli parlavano e gli facevano domande; lui non rispondeva. Non che non potesse,  è che non voleva fiatare con quelle persone vestite tutte uguali ma con facce diverse…sembrava come se un solo essere umano invece di cambiare abito cambiasse maschera. Era spaventoso, e la notte iniziò ad avere gli incubi.
C’erano altri bambini, lì; anche se nemmeno loro potevano andarsene, avevano il permesso di varcare la soglia del ‘reparto’ per uscire in giardino. Ridevano forte, assieme alle loro mamme e ai loro papà. Ridevano così forte che quel rumore fastidioso lo raggiungeva attraverso il vetro.
Li guardava giocare e correre. E lui non poteva correre, nel ‘reparto’. E lui non aveva nessuno con cui divertirsi. E lui rimaneva oltre il vetro, nascondendo le lacrime dietro una mano.
 
 
 
 
 

 













Angolo di L i a r:
Non so di quanti capitoli sarà composta questa long-fic, spero tanto di riuscire a portarla a termine.
Di solito non amo le AU ma ho voluto fare un tentativo; tra le altre cose, questa fic l'ho iniziata l'11 agosto del 2009 (lo stile infatti è molto diverso dal mio attuale ma non mi dispiace del tutto) e ho solo il secondo capitolo (quasi) pronto.
Spero vi piaccia. *sigh*
Edit: Ho modificato il primo capitolo - che è diventata un'introduzione.

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Capitolo 2
*** 一 – “Andrà Bene” (Rewind) ***


一 – “Andrà Bene” (Rewind)

 
 
 
L’infermiere Edgar gli stava misurando la temperatura e gli sorrideva senza guardarlo in volto – sicuramente doveva dirgli qualcosa; l’infermiere Edgar non gli era antipatico, se non capiva qualcosa cercava di spiegarglielo ed era l’unico a non fargli mai male, durante i prelievi.
Solo che odiava quel suo atteggiamento da codardo, quando doveva dire qualcosa e guardava altrove. Era fastidioso.
“Oggi verranno delle persone – disse all’improvviso, mettendo via l’apparecchio che aveva in mano  - e…beh, in effetti parleranno soprattutto con Komui, ma ci sarà anche un ragazzino della tua età. Potreste fare amicizia, no?” sorrise. Che diavolo andava blaterando?
Sospirò scuotendo la testa “Non essere scontroso con loro, ok? Andrà bene, vedrai.”
Poi l’infermiere passò alla stanza di fronte e Kanda tornò a guardare il soffitto, annoiato.
 
“Kanda? – il Caporeparto si affacciò, sventolando una mano per attirare la sua attenzione – vieni un attimo qui, per favore”
Lo seguì in fondo al corridoio, in una stanza minuscola satura di cartelle, sedie rotte e una scrivania talmente pieno di fogli da essere praticamente invisibile; su un plico troneggiava, in bilico, lo schermo del computer.
Accanto alla finestra c’era uno strano vecchietto dagli occhi cerchiati di nero basso tanto quanto il ragazzino che aveva a fianco; il primo si inchinò lievemente, presentandosi come Bookman “E io sono Lavi! – si avvicinò saltellando il ragazzino dai capelli fastidiosamente arancioni – sono l’allievo di Bookman! Ciao, piacere!” gli tese la mano, sorridendo, e Kanda sbuffò annoiato.
“Presentati, su, per favore…” mormorò afflitto Komui, e Bookman tirò un gran pugno sulla testa del rosso “Non essere molesto, ragazzino!”
Kanda non aveva voglia di star lì a sentire, era sempre la solita storia – malattia ereditaria latente, stanno facendo degli esperimenti, i suoi genitori… - ma sarebbe stato noioso anche ricevere l’ennesima strigliata, quindi stette lì sbuffando, corrucciato, spostando il peso da un piede all’altro.
“Che cavolo guardi?” borbottò infastidito a quello stupido ragazzino, che lo fissava con tanto d’occhi e la boccuccia spalancata; l’altro sorrise “Niente, uh, volevo…”
Gli voltò le spalle per evitare qualsiasi forma di conversazione avesse in mente di iniziare – odiava quando le persone lo fissavano allibiti nemmeno fosse un mostro – e dicendo “Komui, me ne vado” varcò la porta per tornare nella sua stanza, ignorando le proteste che lo seguirono nel corridoio.

“Fare amicizia, tzè!” biascicò contro il cuscino, contrariato. Strofinò il volto contro la stoffa bagnata e sospirò il più piano possibile, per non far sentire nel silenzio della stanza l’incrinatura nella voce.
“Non ne voglio di amici. Non ne voglio.” Voglio andarmene da qui.
“Kanda, alzati. È ora.”











Note:
La struttura di questa fic è un po' particolare. Spero che col prossimo capitolo (che dovrei postare la prossima settimana) sarà più chiara. E, oh, il trattino all'inizio del titolo non è un trattino, appunto, ma il numero 1 in giapponese xD
Grazie per i commenti, grazie a chiunque abbia letto, spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
L i a r

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Capitolo 3
*** 二 – “Andrà Bene” ***


二 – “Andrà Bene”

 
Sentiva qualcuno parlare appena accanto alla porta socchiusa della stanza: era notte, non poteva essere già l’ora di misurare la pressione. Strizzò di nuovo gli occhi, stringendo appena il lenzuolo fra le mani – ma lui non aveva paura, la mamma glie lo diceva sempre che era un bimbo coraggioso – e aspettò che arrivasse il sonno. Arrivava sempre, anche se avrebbe preferito una ninna nanna, anche se era un bimbo coraggioso, lui…
“Yuu.”
Spalancò gli occhi ma mettendo a fuoco l’uomo che gli scuoteva una spalla si rilassò: era solo l’infermiere Edgar.
“Yuu, devi… – l’infermiere Edgar era un po’ bianco in volto, ma forse era solo per via della luna – dovresti venire con me. Alzati, per favore.”
Si mise seduto sul bordo del letto e fissò dubbioso la sedia a rotelle che l’uomo spingeva verso di lui; a cosa serviva? sapeva camminare benissimo. Senza chiedere nulla – era un po’ intontito, avrebbe voluto dormire… - fece ciò che gli veniva chiesto, sentendosi un po’ strano a venir spinto su quella sedia scomoda. L’infermiere Edgar aveva sorriso, comunque, quindi non c’era niente di diverso, niente di male.
“Non preoccuparti – gli sussurrava, e sembrava stesse piangendo, ma quando Yuu si voltò indietro aveva gli occhi asciutti – andrà bene.”
Lui non era preoccupato, e allora perché cercava di consolarlo? Andava tutto bene; le luci strane scorrevano sopra di lui e si riflettevano sul pavimento lucido e verde, e non sapeva dove stesse andando, ma l’ospedale era un posto sicuro, non gli sarebbe successo nulla di male. Il suo papà glie lo diceva sempre, quindi andava bene. Non aveva paura.
Poi era nell’ascensore tutto grigio, e poi in un altro corridoio, e poi in una stanza piena di luci, apparecchi strani e l’aria era fredda, sapeva di disinfettante, quello che non brucia.
C’erano un sacco di persone con un camice verde di carta e una mascherina sul volto, e l’infermiere lo fece stendere sul lettino che stava proprio al centro della stanza, ed era fastidioso sentirsi osservato da tutte quelle persone insieme.
“Tu sei Yuu Kanda, vero?” chiese qualcuno che gli dava le spalle, senza curarsi di guardarlo mentre annuiva; dall’altro lato gli stavano infilando un ago nel braccio, accanto a tutti gli altri buchetti che già aveva- ma se quella era una puntura come le altre, allora perché l’avevano portato lì? perché non era rimasto nella sua stanza?
“Perché non l’avete sedato?” sentì gridare da qualche parte, lontano.
“Esca subito fuori.” Una voce secca, cattiva.
Poi era solo dolore; non aveva avuto nessun avvertimento, e in un attimo gli faceva male dappertutto, e il suo corpo gli sembrava un unico pezzo di ghiaccio, e sicuramente si sarebbe spaccato, il più presto possibile.
E tutto, tutto veniva dall’ago ficcato nella pelle, e cercando di vincere gli spasmi del braccia e delle gambe e delle dita che si tendevano e si chiudevano e scalpitavano senza che lui riuscisse a fermarsi - e qualcuno urlava legatelo, presto - cercando di strapparsi via l’ago, cercando di urlare basta, all’improvviso non poteva più muoversi, e i polsi e le caviglie bloccate al lettino lo costringevano ad inarcare la schiena dal dolore, non vedeva più niente, stava morendo, esattamente come aveva visto morire la sua mamma, non era reale, non poteva esserlo, si sarebbe rotto in mille pezzi.
“Sedatelo! Dio mio, sedatelo, vi prego!”
Poi respirava di nuovo, e non era più tanto freddo. Poi, più nulla.
                                                                                                                          
 
 
“Yuu” ripeté di nuovo, premendo un po’ più forte del dovuto il polso per misurargli il battito “Yuu, io-”
“Mi chiamo Kanda” ribadì, testardo, senza guardarlo. L’aveva tradito. L’avevano tradito tutti, e non avrebbe pianto, se ne sarebbe andato via da lì. Subito.
“Mi dispiace tanto, Y- Kanda.” mormorò allora l’infermiere Edgar, e uscì senza far rumore.
Non avrebbe pianto. Era un bimbo forte, e non avrebbe mai e poi mai pianto.
Yuu affondò la faccia nel cuscino, lasciando andare tutta insieme l’aria che gli bruciava in gola, e singhiozzò forte, a lungo.
Voleva andarsene da lì, ma non c’era nessuno che sarebbe venuto a prenderlo.



































Note:
Per prima cosa vorrei ringraziarvi per le recensioni; davvero, non sapete quanto fate felice questo piccolo cuoricino di fanwriter >\\\<
Poi, uh, qualche dato sull'età di Kanda: in questo capitolo ha all'incirca 9 anni, mentre nel primo incontro con Lavi ne ha 11. I capitolo quindi non saranno disposti in ordine cronologico, ma uno sarà un ricordo di Kanda legato a Lavi, un'altro porterà avanti la trama.
@RebychanGrazie tantissimo per i complimenti *blush* Rendere partecipe il lettore dei sentimenti di Kanda è ciò a cui tengo di più. Spero di esserci riuscita anche stavolta! E ovviamente spero di finirla, ci tengo moltissimo a questa storia...spero che a voi faccia piacere leggerla quanto a me piace scriverla!<3
@matryoshka: Oddio, grazie! Sono felicissima che la storia ti abbia coinvolta <3 In effetti la trama nella mia testa è nata nel luglio/agosto 2009, quando del passato di Kanda non si sapeva praticamente nulla! Dopo le ultime night ho riflettuto a lungo, non sapevo se inserire o meno Alma...alla fine ho deciso di buttare giù l'idea originale, perché volevo appunto conservare l'ispirazione che avevo all'inizio... Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!

Grazie ancora a tutti quelli che hanno messo la storia nelle preferite e nelle seguite, davvero!
L i a r

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Capitolo 4
*** 三 – Rosso (Rewind) ***


– Rosso (Rewind)







Quella stanza era molto strana, era bianca, era enorme, non c’era nulla. Aveva un camice come quelli che indossava sempre, era rosso però. Rosso, rosso, rosso… doveva correre. Se non l’avesse fatto sarebbe morto di certo. C’era un angolo, lì in fondo, che prima non c’era. Doveva raggiungerlo perché avrebbe trovato qualcosa. Era importante. Ne aveva bisogno.
C’era un ragazzino dai capelli rossi, lì, che rideva e lo salutava, e poi scomparve, era dietro quell’angolo, ne era sicuro.
Avrebbe voluto correre più forte – doveva finire, tutto quello, sarebbe finito vero?  - e poi stava cadendo in avanti lentamente, e guardando giù alle gambe che avrebbero dovuto reggerlo si accorse che erano in frantumi, e si stava sgretolando, le  mani in pezzi, le braccia intatte per metà, e poi il busto, e la faccia era sul pavimento, e poi anche gli occhi…
Poi gli occhi erano spalancati sul soffitto. Mise a fuoco la stanza che si andava schiarendo mentre il sole sorgeva, cercando aria con la bocca spalancata.
Si tirò a sedere, la schiena contro il muro. Non aveva più sonno.
 
 
 
L’infermiere Edgar lo stava sgridando perché non aveva dormito per niente, ma il quel momento non poteva prestargli attenzione, – non che di solito desse peso alle sue ramanzine – c’era quel ragazzino fastidioso sulla soglia della sua porta, che sventolava la mano e sorrideva in modo idiota, perché era un idiota.
“-e non mi stai nemmeno ascoltando, vero, Kanda?!”
Il vecchietto di nome Bookman tossicchiò insistente, fissando seccato la schiena dell’infermiere che era chino sul lettino e non dava segno di volerlo invitare ad entrare.
L’uomo sobbalzò e si voltò indietro, rosso in volto “Signor Bookman?! Oh, Dio, mi perdoni, la prego!” si precipitò alla porta inchinandosi e biascicando altre scuse, tutto balbettii e agitamenti di mani.
“Dove posso trovare il caporeparto, quindi?” lo interruppe, stringendo le labbra e salutando Kanda con un cenno del capo.
“S-si!” i due uscirono dalla stanza – “Resta qui, marmocchio” – e il ragazzino dai capelli rossi entrò di gran carriera nella stanza, trascinando la sedia dall’angolo fino al letto, in modo da poter guardare l’altro negli occhi.
“Tzè” era così rosso, con le spalle alla finestra la sua testa sembrava la brutta copia del sole, che intanto aveva deciso di cominciare ad abbassarsi lentamente; era ancora lontano dall’orizzonte, però.
L’avrebbe totalmente ignorato, decise, e non si voltò quando trillò “Ciao! Come stai?” e attaccò a parlare, come suo solito. Era un mese esatto che, ogni giorno, era costretto a farsi venire l’emicrania grazie all’incessante ciarlare di quella testa vuota. Lo odiava, con tutto se stesso, e comunque non aveva sognato lui, nossignore.
Solo che all’improvviso si fermò, ed era molto sospetto; lo fissò dubbioso per capire cosa stesse architettando, ma Lavi lo stava solo guardando con un mezzo sorriso, le mani sulle ginocchia che reggevano un libro.
“Beh, che vuoi?” si risolse a sbottare, mettendo il broncio; guardò molto male il libro – che aveva disegnato su un tizio biondo attaccato a delle rondini – e non mosse nemmeno un muscolo quando l’altro cercò di porgerglielo.
“Ti ho portato un libro! – lo sventolò un altro po’, e poi scrollò le spalle poggiandolo sul comodino – ma, aspetta…”
Kanda lo guardò in cagnesco.
“- tu sai leggere, vero?” rise schernendolo, e il moro afferrò di scatto quel coso, risentito.
“Mi sembra ovvio, deficiente!” mise a fuoco le lettere in cima alla copertina, e non poté trattenersi dal leggere ad alta voce: “Il nic- p-… Il pic-”
“Il piccolo principe.” Lo interruppe l’altro, sorridendo come un matto.
“Mah. E che dovrei farci, io?”
“È il primo libro che Bookman mi ha fatto leggere. Ad alta voce, tutto d’un fiato, per fargli capire se sapevo leggere bene, disse. È il mio preferito – beh, non è esattamente il mio, quello, è un’altra copia – e volevo regalartelo.”
Kanda si portò le mani ai fianchi, circondandosi il torace “Non lo voglio.”
Poi la sedia strusciò sul pavimento, e il libro non era più sul comodino, e c’era quel tizio fastidioso seduto ai piedi del letto, e così doveva guardarlo per forza “Certe volte… - sussurrava, carezzando il dorso del libro quasi fosse un cucciolo – Bookman me ne legge qualche pezzo. Raramente, eh – rideva un po’ singhiozzando – perché l’hai visto vero? Quant’è scorbutico?” scosse la testa, grattandosi una guancia “Potrei leggerlo da me…ma non è la stessa cosa.”
Poi stettero in silenzio. Poi, Lavi sorrideva più di quanto aveva mai fatto.
“Posso leggertelo, Yuu?”
Kanda non diceva niente.
“È bello avere qualcuno che ti legge le storie. Un amico. No?”
“Vattene.” Aveva le unghie piantate nella carne, e perché non lo lasciavano in pace?
“Ma vol-”
“Va’ via!” digrignò i denti, guardandolo con odio.
“Lavi!” urlò il vecchio dal corridoio, e il ragazzino si alzò di scatto. Non lo salutò imboccando la porta, e il libro era rimasto sulle lenzuola.
Nessuno poteva leggergli delle storie. Scalciò il libro che cadde con un tonfo, e si voltò per affondare i denti nel cuscino. Non avrebbe pianto, perché la sua era rabbia infinita. Infinita come il vuoto della stanza.




























Note:
...non dite nulla, so di essere una persona orribile. Potrei dare mille giustificazioni per questo ritardo schifosamente enorme (per esempio Hoshino che uccide l'ispirazione) ma...anche no. Fustigatemi, non abbiate pietà.


Una piccola anticipazione: nel prossimo capitolo capiremo perché Kanda si fida dell'infermiere Edgar nonostante tutto (:

@Ory_StarDust_95: unf. pensa a leggere gli altri volumi di Dgray, piuttosto! Ho bisogno di te per odiare Hoshino in compagnia D:
@Rebychan: Grazie, grazie, grazie e ancora grazie. Non so se dopo tutto questo tempo ti farà ancora piacere leggere un altro capitolo di questa storia ma...eccolo qui!
@matryoshka: sono felicissima che il capitolo scorso ti abbia preso. Povero Kanda, è destinato a soffrire D: spero che questo capitolo non ti abbia delusa...anzi, spero tu abbia la pazienza di continuare a leggere! sono una brutta persona, l'ho già detto?


Grazie davvero a tutti.
C'è bisogno davvero di tanta pazienza, con me, lo so...
L i a r

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Capitolo 5
*** 四 - Rosso ***


四 - Rosso

 
 
Quando vedeva la sedia a rotelle sentiva vagamente il respiro farsi più rapido, e odiava il fatto che la maggior parte delle volte non era in grado di scendere dal letto da solo o di afferrare la maniglia appesa sulla sua testa per tirarsi su; così sentiva le mani calde dell’infermiere Edgar che lo poggiavano delicatamente sulla stoffa ruvida, ma per quanto l’uomo stesse attento ogni movimento era dolore, e se lo chiamava col suo nome gli ficcava i denti nella carne con tutta la forza che aveva, fino a farsi sanguinare le gengive.
L’infermiere Edgar non diceva niente, lo spingeva piano in quella stanza, e poi- aveva gli incubi, sempre. Non piangeva più, però; era orgoglioso di se stesso, anche col cuore che sobbalzava nei momenti più improbabili, anche se vedere qualcosa di rosso lo faceva rimettere ogni singola volta.
 
 
Quella volta riusciva ad alzarsi in piedi ma erano due giorni che la gola bruciava anche solo per respirare; era in piedi al centro esatto della stanza, reggendosi all’asta su cui era attaccata la flebo, inspirando attentamente dal naso e fissando senza vedere lo schermo spento della televisione: allora sentì delle urla nel corridoio, una porta sbattuta, delle urla più forti, l’infermiere Edgar.
Gli sembrava di esser costretto a impiegare un eternità per arrivare alla maniglia della porta, cercando di ignorare il bisogno d’aria e il cuore che saltava, inspirando ed espirando, le narici dilatate, e sapeva di essere rosso in viso (ignorò quel pensiero deglutendo).
“Permettetemi di dargli un po’ di morfina – e questo era l’infermiere, che stringeva i denti e i pugni, e aveva il capo chino e il collo teso quasi fosse pronto a caricare l’altro con una testata – non potete fargli questo. È- ”
“Io non la pago per esprimere la sua opinione! Se- ” urlava, quel signore, con voce roca e i capelli grigi, e gli sembrava di aver già sentito quella cattiveria.
“-inumano! Ogni giorno, se è fortunato due, ogni giorno un esperimento! Il suo corpo cederà! E ancora prima impazzirà dal dolore, non potete più- non sopporto di-!” urlava anche l’infermiere Edgar, adesso, stringendosi i capelli, l’altro braccio tenuto dritto lungo il fianco, e che sembrava pronto a scattar su come una molla.
Era un tono di avvertimento, ora, delle parole ansimate e basse, e Kanda le udiva a stento “Lei non ha il diritto di parlare. Deve solo fare il suo dovere. Se non le sta bene, aspetto la sua lettera di dimissioni sulla mia scrivania.”
Sentiva che respirare dal naso non gli bastava più: si strappò l’ago dal braccio, incurante della goccia di sangue che sentiva scorrere fino al polso, e si avvicinò lentamente ai due uomini immobili al centro del corridoio – non doveva correre, non ancora.
Fra i due c’era spazio sufficiente, e vi si infilò senza pensarci due volte, gli occhi rivolti sull’uomo dai capelli grigi; questo, a sua volta, lo guardò con disprezzo, inarcando un sopracciglio.
Poi – non dovette pensarci nemmeno in quel caso – gli sferrò una ginocchiata con tutta la forza che aveva proprio lì, in mezzo alle gambe. L’uomo ululò e, con gli occhi appannati, cercò di afferrarlo, ma lui stava correndo, e la gola gli bruciava e non gli importava nemmeno un po’.
Si chiuse nella stanza, e poi nel bagno, e sentiva qualcuno bussare ma non vi badò: sorrise – un poco, appena, non se ne rese nemmeno conto del tutto – e aveva caldo all’altezza dello stomaco.
C’era una sensazione che gli faceva girare la testa, ed era strano, e lui – non voleva illudersi ma – lui non era più solo.

















Note di L i a r:
Scusatemi, vado di frettissima. Domani (o appena avrò tempo) metterò qui sotto le risposte ai commenti del capitolo precedente.
Comunque sappiate che mi rendete felice, non potete immaginare quanto. Grazie.

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