Gloria di MrEvilside (/viewuser.php?uid=62852)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ouverture ***
Capitolo 2: *** Act First ***
Capitolo 3: *** Act Second ***
Capitolo 4: *** End ***
Capitolo 1 *** Ouverture ***
Gloria
(colonna sonora: Gloria)
That’s why you sleep with one eye
open
That’s the price you paid
I said, hey, girl with one eye
I’ll
cut your little heart out ‘cause you made me cry.
Ouverture
Paula le
aveva afferrato un polso prima che potesse
scendere dalla carrozza sulle strade divorate dall’incendio.
« No,
Lady Elizabeth, » aveva tentato di persuaderla «
è pericoloso! »
Ella, tuttavia, non aveva altro negli occhi se non
l’immagine di villa Phantomhive che bruciava.
Era sfuggita alla ragazza con uno strattone ed aveva
lasciato la vettura che, circondata da un rogo di edifici in fiamme
che le aveva impedito il cammino, avrebbe dovuto condurla alla
magione per una visita al suo promesso sposo.
« Lady Elizabeth, Lady Elizabeth! »
La voce della giovane domestica fu inghiottita dal
fumo nero che avvolgeva la città di Londra; Elizabeth si
voltò
indietro un’unica volta, preda d’un esitante senso
di colpa che
fu scalzato dall’irrequietezza.
Soltanto un nome emergeva chiaramente dalla nebbia
delle sue confuse intenzioni, attirandola a sé pari
un’indicazione
avrebbe potuto fare con il superstite d’un massacro che ha
perduto
la via di casa: la mente lo sussurrava, il cuore lo gridava.
Ciel. Ciel!
Tuttavia, adesso che il fuoco le aveva devastate, le
strade apparivano uguali l’una all’altra: presto la
ragazzina non
aveva più saputo dove fosse e dove si trovasse la villa.
Una trave carbonizzata le aveva sbarrato il passo e,
nell’arretrare repentinamente per evitarla, aveva incespicato
e
rovinato pesantemente fra la polvere. La caviglia aveva emesso uno
scricchiolio lugubre e non aveva potuto muoverla, alzarsi; le lacrime
le avevano offuscato la vista e, sfregandosi gli occhi, aveva
avvertito la cenere sparsa nell’atmosfera introdurvisi a
tradimento.
Era ormai circondata dall’incendio e quella
circonferenza si stringeva ogni istante di più.
Già ora si
insinuava nel suo corpo, ustionandole i polmoni, e l’anello
di
fiori blu marciva a causa dei vapori mefitici. Tossì
ripetutamente.
Scorgeva a stento delle ombre al di là del fumo
nero e soffocante.
E poi un paio di scarpe lucide.
« Ci… el…? »
chiamò, per metà abbandonata
all’incoscienza.
« Oh, ma che curiosa sorpresa. Ciao, bambina: è
molto tempo che non ci incontriamo, nevvero? È un vero
peccato per
te che avvenga proprio nell’occasione della tua morte
».
Il clangore metallico di lame che stridevano fra
loro le invase d’improvviso la mente indebolita, tanto che
abbozzò
un fioco grido di dolore e si sforzò di portare le mani a
proteggere
le orecchie. Eppure, sebbene percepisse quel rumore da qualche parte
accanto a sé, lo sentiva dentro la testa e non vi era modo
di
scacciarlo.
« Per… favore… »
La marchesa Frances Middleford aveva insegnato a sua
figlia che soltanto una donna priva di dignità avrebbe mai
supplicato; per Elizabeth esisteva però
un’eccezione.
« … Ciel… »
« Sei preoccupata per il tuo moccioso? »
ridacchiò
una voce acuta al di sopra del fragore. « Non hai motivo
d’essere
tanto in ansia: dopotutto, sarà al fianco del suo
“perfetto
maggiordomo” come di consueto… oh, dimenticavo che
il Contratto
dev’essere scaduto. Mi dispiace tanto, mia cara. In ogni
caso, non
v’è nulla che tu possa fare nelle tue condizioni,
se non
comportarti bene e lasciarmi fare il mio lavoro ».
La ragazzina aveva appena le forze per seguire il
discorso e ne comprendeva il significato soltanto in minima parte;
quanto bastava, tuttavia, per recepire quel mi dispiace tanto.
« Farei… qualsiasi cosa… Ti prego,
a-aiuta…
mi… » Oramai la sua voce era ridotta ad un
mormorio roco ed a
malapena intelligibile. « Ciel…! »
Percepì la terra a poca distanza dal suo corpo
accasciato al suolo che veniva calpestata ed una presenza che le si
faceva più vicina, che si chinava su di lei. «
Davvero saresti
disposta a rischiare ben più della tua vita per quel
bambino? »
volle sapere, beffardo, l’uomo, sconosciuto ed al tempo
stesso in
un certo qual modo familiare.
« Ti prego » poté soltanto ripetere
un’ennesima
volta.
L’eco di quell’ultima, disperata preghiera si
perpetuò per un lungo istante, prima che il clangore
l’inghiottisse.
« Ma che bambina inaspettatamente interessante »
commentò il suo
interlocutore, interrompendosi per lo spazio d’un sorriso
– od
un sogghigno – prima di riprendere. « Se
tu non fossi stata
così giovane ed io già occupato con
un’altra persona, avrei
potuto innamorarmi di te, lo sai? »
Il clangore assordante si smorzò in una risata ed
una lama di luce bianca sfregiò le tenebre di fumo.
Oramai incapace di seguitare ad aggrapparsi alla
coscienza, Elizabeth si lasciò cullare
nell’abbraccio di quella
luce, che la sollevò delicatamente da terra e la strinse a
sé con
il fare protettivo d’una madre.
« Ti aiuterò, bambina, ed in cambio tu aiuterai me
» le sussurrò, come fosse una ninna nanna.
« Ti racconterò molte
cose sulla dannazione di Ciel Phantomhive, questa notte, anche se
temo non ti faranno piacere… »
Una dolce ninna nanna soffiata al suo orecchio dalla
Signora Morte.
« … my Lady ».
Prologo di una mini
long-fiction classificatasi terza al Florence + The Machine
contest indetto da Mistral
Rapsody. Il concorso consisteva nello scegliere una
citazione tra quelle proposte dalla giudice - tutte appartenenti a
canzoni del gruppo Florence + The Machine, come si può
intendere - e scriverci sopra una storia. Io ho scelto Girl With One Eye,
la quale appartiene ai Florence + The Machine e non a me, come peraltro
Kuroshitsuji appartiene a Yana Toboso e non a me ( altrimenti quanto
credete che ci avrebbero impiegato Sebastian e Grell a saltarsi
addosso? Io non gli darei nemmeno cinque secondi ).
Vorrei ringraziare tanto la giudice per avermi mostrato aspetti del mio
stile che possono essere migliorati - e che sto cercando di migliorare
- e tanti altri appunti sulle mie storie che mi aiuteranno tantissimo
in futuro - e già lo stanno facendo.
Ho deciso di non modificare la storia originale, quindi, a parte gli
errori di distrazione, lo stile è rimasto lo stesso di
qualche mese fa, quando la scrissi.
Il titolo è ispirato alla canzone Gloria del gruppo
Kalafina ed a una drammaticità maestosa e teatrale, come
suggerisce la parola stessa, "gloria" ( la colonna sonora non
è Girl With One Eye perché la trovavo poco
adatta; Gloria, invece, l'ho ascoltata per tutto il tempo che ho
scritto la fanfiction, quindi ve la consiglio ).
Grazie, se la seguirete: al prossimo capitolo.
'til next time, chu.
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Capitolo 2 *** Act First ***
«
Dopo lo spettacolo del quale siete stata
protagonista questa notte, avete ancora la presunzione di dire che
non credete in quel che dico, per quanto assurdo possa apparire?
Comunque sia, avete avuto la vostra occasione di tirarvi indietro:
avete desiderato che vi salvassi e così è stato.
Il patto è già
stato sancito. Inoltre, non resta molto tempo prima che Sebastian
reclami l’anima del vostro moccioso: siete stata molto
fortunata
che non l’abbia fatto oggi stesso ».
Elizabeth stringeva un lembo della tenda, di modo
da poter guardare, al di là del vetro, il panorama di fiamme.
« Io voglio vedere il sorriso di Ciel: non mi
tiro indietro » asserì in tono vagamente assente.
L’uomo cinse le spalle di quell’anima
sperduta. « Ve l’ho già detto che avrei
potuto innamorarmi di
voi? » rise, canzonatorio.
« Dunque, signorino… »
Laddove la mano di Sebastian l’aveva sfiorato
per privarlo della benda nera, avvertiva la sensazione come
d’una
macchia di gelo sulla pelle pallida. Si chiese come sarebbe stato
quando, a breve, quelle stesse dita avessero stretto la sua anima nel
loro abbraccio mortale, se avrebbe provato il medesimo disagio, quasi
che una chiazza nera gli avesse sporcato lo spirito.
« … mi sembrate decisamente spossato.
Purtroppo, a causa dei recenti avvenimenti, non è possibile
raggiungere la vostra magione né la villa di Londra. Posso
suggerirvi, dunque, la dimora dei Barnett che Lady Angelina vi ha
lasciato in eredità? »
Act
First ~ She Sleeps With One Eye
Open
Per un
fuggevole momento, il volto di Sebastian si
era teso in un’espressione stupita all’udire lo
scampanellio del
portone d’ingresso.
Ciel, tuttavia, riuscì a scorgere quell’istante
di stupore. « Credevo che nessuno sapesse che mi avevi
portato qui »
osservò, torvo, posando la tazza di the sul suo piattino.
« Così dovrebbe essere, signorino »
confermò il
maggiordomo, inarcando un sopracciglio. « Mi dispiace per il
disagio: mi occuperò immediatamente di allontanare
chiunque… »
« Cieeeel~! »
« Elizabeth? » Il giovane conte
sussultò,
sgranando l’unico occhio esposto alla vista. « Come
poteva sapere
che mi trovo in questa villa? »
« Il modo migliore per venirne a conoscenza è
parlarne direttamente con la signorina » rispose il demone,
socchiudendo le palpebre sulle iridi rosse con un fare
sospettosamente assorto che il nobile gli riconosceva per la prima
volta – non era mai accaduto, nei passati tre anni, che
qualcosa
potesse cogliere il suo servitore di sorpresa.
Poi Sebastian si inchinò e gli offrì
l’unico
braccio rimastogli, di modo da nascondergli al tempo stesso il
proprio viso, affinché si alzasse dalla sedia posta dietro
la
scrivania appartenuta al signor Barnett; Ciel ignorò il
deferente
aiuto che gli veniva prestato e si lasciò precedere dal
servitore
lungo i corridoi sconosciuti, sino alla porta d’ingresso.
Infine il maggiordomo avvolse le dita attorno al
pomello rivestito di vernice dorata ed aprì il battente,
tirandolo a
sé perché celasse la sua figura a chiunque fosse
stato sulla
soglia.
« Oh, Ciel! Sono così felice di vederti!
»
Elizabeth gettò le braccia al collo del cugino in uno
svolazzo della
gonna del lungo abito rosa; il giovane conte incespicò
all’indietro,
cingendole la vita nell’istinto di difenderla da
un’eventuale
caduta, ed avvertì le sue lacrime contro la spalla nella
quale la
ragazzina affondò il volto, come un calore umido
d’affetto sulla
pelle.
Arretrò, sciogliendo l’inaspettato abbraccio e
riassettandosi gli abiti. « Non avresti dovuto essere in
ansia per
me, Elizabeth, io sto… » Ma s’interruppe
quando un secondo
ospite varcò l’uscio e si portò dietro
di lei per sistemarle la
veste spiegazzata.
Boccheggiò, sgomento, innanzi il cortese sogghigno
che Grell gli indirizzò. « E…
Elizabeth…? »
« Oh, che sciocca! Quasi dimenticavo di presentarti
il mio nuovo maggiordomo! » ella rammentò,
ammiccando in direzione
dello Shinigami.
« Il mio nome è Grell Sutcliffe e sono
l’umile
servitore di Lady Elizabeth. È un onore fare la vostra
conoscenza,
my Lord » si presentò questi in tono reverenziale,
profondendosi in
un elegante inchino, tanto che le punte dei suoi lunghi capelli rossi
quasi sfioravano il pavimento.
Nel silenzio raggelato, la voce del Dio della Morte
rimase come sospesa nell’aria tra loro.
Infine, la porta d’ingresso si chiuse con un
rumore secco. « L’onore è tutto nostro,
Mr. Sutcliffe: io sono
Sebastian Michaelis, il servitore di Lord Ciel » sorrise
cordialmente Sebastian, ricambiando l’inchino del mietitore.
«
Sapete, il vostro nome mi ricorda molto quello d’un altro
maggiordomo che conobbi tempo fa… » aggiunse,
pensoso.
« Chiunque fosse, oserei supporre che non fosse
affascinante quanto me » sogghignò lascivamente il
mezzo Dio,
avvolgendo una ciocca scarlatta attorno ad un indice protetto dalla
stoffa dei guanti neri.
« E nemmeno altrettanto abile, » replicò
il
maggiordomo « se, come sospetto, siete stato voi a scoprire
dove ci
trovassimo il signorino ed io ».
« Siete troppo gentile, Mr. Michaelis »
minimizzò
Grell, agitando una mano con noncuranza. « È
semplicemente il mio
lavoro, come soddisfare il volere del vostro signore è il
vostro.
Quel che my Lady desidera è un ordine per me ».
« Permettetemi perlomeno di dire che purtroppo è
raro trovare un maggiordomo tanto capace, di questi tempi »
sospirò
teatralmente il demone, socchiudendo le palpebre in
un’espressione
mesta.
« Sebastian, ti prego » intervenne Ciel, una volta
ricomposto il proprio freddo contegno. « Vi prego di
perdonare i
sentimentalismi del mio maggiordomo, Mr. Sutcliffe »
proseguì,
contraendo impercettibilmente la mascella – lui,
che doveva
delle scuse all’assassino di sua zia? «
Fortunatamente è ora
che vada a preparare il pranzo, così non vi
infastidirà più con la
sua sciocca malinconia fuori luogo ».
« In realtà, se my Lady mi consente, sarei molto
lieto di prestare il mio aiuto a Mr. Michaelis » si
offrì
generosamente lo Shinigami.
« Perché no? » interloquì
Elizabeth. « Suvvia,
Ciel caro, andranno certamente molto d’accordo! Inoltre, a
causa di
quel… » Posò lo sguardo sulla
menomazione di Sebastian con un
misto di preoccupazione e timore. « … quella
ferita – oh cielo,
Sebastian, ma come hai potuto procurartela? –, Sebastian
avrà
bisogno dell’aiuto di qualcuno, non è vero?
»
« In realtà non è davvero nulla, my
Lady, » la
rassicurò il maggiordomo « se non un piccolo
incidente, avvenuto
quando l’incendio è scoppiato, che, tuttavia, non
mi impedisce di
portare a termine i miei compiti come di consueto; in ogni caso, se
Mr. Sutcliffe fosse così gentile, devo ammettere che il suo
aiuto mi
farebbe molto comodo ».
Il giovane conte invase prepotentemente le iridi
cremisi del demone con il blu delle proprie e, malgrado
l’assenza
della mano sulla quale era stato inciso il Contratto, Sebastian
poteva percepire distintamente l’ardere del marchio apposto
sull’occhio nascosto del suo signore.
« Come vuoi » assentì infine questi,
scrollando
le spalle. « Ad ogni modo, Sebastian, fa’ in modo
che il nostro
ospite si trovi a suo agio ».
Il maggiordomo inclinò la testa da un lato,
permettendo ad un ghigno d’increspargli gli angoli della
bocca. «
Yes, my Lord » promise, concedendo poi la propria attenzione
al Dio
della Morte. « Se volete seguirmi, Mr. Sutcliffe, le cucine
sono da
questa parte » l’invitò, precedendolo
lungo un corridoio che si
allungava dalla parete sinistra dell’ingresso.
« Vieni, Elizabeth » incalzò a propria
volta il
ragazzino, prendendo la cugina sottobraccio. « In sala da
pranzo
potremo conversare con più calma ».
« Sei arrabbiato con me, Ciel? » volle sapere lei
con quell’ingenuo fare infantile che ogni volta ricordava a
Ciel
l’età di entrambi – Elizabeth, tuttavia,
aveva ancora un’anima,
mentre a lui, la sua, non apparteneva più: era poco
più d’un
involucro dotato della volontà di muoversi; come poteva,
quella
bambina, rimanere al suo fianco? Sarebbe stata
inghiottita
dalla sua fine, quando essa fosse giunta. « È
perché ho turbato la
tua intimità, forse? »
« No, non è quello ». Il giovane conte
scosse la
testa, emergendo dalla proprie lugubri riflessioni. Poi,
accompagnandosi ad un’occhiata di sottile rimprovero nel
tentativo
di decentrare l’attenzione dalla propria persona,
puntualizzò con
vago sarcasmo: « Mi domandavo semplicemente se zia Frances
sapesse
dove ti trovi ».
La sua fidanzata arrossì violentemente. «
È… è
che, te l’ho detto, ero così preoccupata: avrebbe
potuto accaderti
qualsiasi cosa, com’è successo a Sebastian!
» si difese,
aggrottando la fronte in un’espressione di profondo
imbarazzo. «
Per favore, non dirglielo almeno per qualche giorno! Altrimenti mi
riporterà a casa ed io voglio passare un po’ di
tempo con te! »
Il nobile l’osservò severamente per qualche
momento, godendo silenziosamente del terrore dipintosi sul suo volto
dalla scompostezza inaccettabile per una donna del suo rango, ed
infine scoppiò a ridere – eppure lui, forse
egoisticamente, non
l’avrebbe allontanata, poiché era
l’unica persona che gli fosse
rimasta con la quale si sentisse a proprio agio, in famiglia, e
potesse permettersi lussi quali l’essere quasi felice
in sua
compagnia.
Era una risata ben diversa dalle sue dolci,
divertite risa di bambino – più contegnosa,
in un certo
senso, e sottilmente più canzonatoria – e
tuttavia, al contempo,
sufficientemente differente dal suo consueto sogghigno di scherno,
che quasi intimoriva la ragazzina, tanto era freddo, crudele, errato
sul viso del suo promesso.
Ella si levò sulle punte dei piedi, consapevole che
quell’eccesso di risa significava che poteva rimanere, e lo
baciò
su una guancia; improvvisamente com’era iniziata, la risata
si
spense e le gote di Ciel si imporporarono di stupore e d’una
pudicizia che strideva innaturalmente con la sua condizione di
condannato all’Inferno.
« Per… per qualche giorno ti ospiterò
qui »
concluse, tentando di darsi un contegno.
Fu Elizabeth, questa volta, a ridere, ed egli si
limitò ad un sospiro del quale sperò di poter
fare la prova del
riacquisto della propria compostezza, dissoltasi nel rossore che
ancora screziava il suo volto.
Non v’era bisogno d’insospettire la cugina con
le proprie domande a proposito del suo maggiordomo – se mai
era
venuta a sapere qualcosa che non avrebbe dovuto conoscere –,
rifletté il giovane conte nell’invitarla con un
cenno a precederlo
oltre la soglia della sala da pranzo: Sebastian, come da ordine, si
sarebbe occupato d’ogni cosa.
« Credi che Ciel sospetti qualcosa? » chiese
Elizabeth, seppur timorosa della possibile risposta.
Grell sorrise, rassicurante, ai suoi grandi occhi
sgranati dalla paura. « Avete dei bellissimi occhi quando
siete
preoccupata, Lady Elizabeth » commentò,
rimboccandole con cura le
coperte. « Ad ogni modo, non dovete temere: il vostro
promesso sposo
non sospetta nulla » le mentì con disinvoltura,
sfiorandole una
guancia con il dorso della mano ed al tempo stesso chinandosi su di
lei. « Proprio dei bellissimi occhi… »
Si leccò le labbra, come
se stesse pregustando il suo sapore.
La ragazzina si ritrasse al contatto, volgendo il
volto da un lato; lo Shinigami sorrise nuovamente e si
raddrizzò. «
Buonanotte, my Lady » le augurò, pur cosciente,
mentre abbandonava
la camera da letto, che la sua signorina avrebbe dormito con un
occhio aperto a causa sua.
Hai così tanto timore di me, bambina? Rise
tra sé, chiudendo la porta alle proprie spalle. Fai
bene, anche
se inconsciamente: non ci si può fidare di Jack lo
Squartatore.
« Buonasera, Mr. Sutcliffe ».
Dietro di sé,
il viso pallido di Sebastian sembrava galleggiare alla luce
tremolante delle candele del candelabro che aveva in mano: il resto
del suo corpo, nero quanto le tenebre che lo circondavano, avrebbe
potuto esser divenuto parte di quell’oscurità.
« Anche voi vi
siete occupato di far coricare la vostra Lady? »
« Oh, perché continuare a fingere anche quando
siamo soltanto tu ed io? » Il Dio della Morte gli
gettò le braccia
al collo, aderendo al suo petto e ripiegando vezzosamente una gamba
verso l’alto, sino a che il tacco della sua scarpa quasi non
toccò
la sua stessa coscia. « Proprio adesso che possiamo
trascorrere del
tempo da soli, non dovremmo sprecarne in questi giochi sciocchi, non
trovi? »
« Sai bene per quale motivo sono qui »
l’assecondò
il maggiordomo, sottraendosi al suo abbraccio. « Il mio
signorino
desidera alcune informazioni su questo tuo inaspettato…
rapporto
con Lady Elizabeth ».
« La bambina? Non è nulla di molto eclatante, ad
essere sinceri. Semplicemente, lei mi ha chiesto un favore ed io ho
deciso d’aiutarla » scrollò le spalle il
mietitore. « È una
così bella, triste bambina: come avrei potuto negarle la mia
assistenza? »
« Sarebbe molto nobile, » lo canzonò il
demone,
incurvando gli angoli della bocca in un sorriso sardonico «
se Grell
Sutcliffe facesse mai qualcosa che non fosse per il proprio
tornaconto ».
« Io e te ci somigliamo molto, Sebastianuccio »
commentò il mezzo Dio, fingendo un’espressione
d’innocente,
sognante infatuazione, sgradevolmente distorta dal ghigno che gli
incavò le labbra. « Siamo proprio fatti
l’uno per l’altro, non
pensi anche tu? »
« Gradirei che non manipolassi la conversazione a
tuo piacimento, quando ti faccio una domanda »
ribatté cordialmente
Sebastian, deliziandolo d’uno dei suoi affascinanti sorrisi
cortesi.
Grell agitò leziosamente un indice innanzi il suo
volto. « I segreti di una fanciulla hanno un prezzo, mio caro
Sebastianuccio » sentenziò, subdolo, portando
quasi casualmente una
mano al nodo della sua cravatta. « Ti racconto quello che
vuoi, se
sei disposto a pagare… »
« Sei caduto così in basso da proporre i medesimi
compromessi d’una sgualdrina? » lo
schernì il maggiordomo,
accostando la bocca al suo orecchio ed al tempo stesso sincerandosi
che il candelabro rimanesse ad ostacolare un più intimo
contatto fra
i loro corpi. « Non me lo sarei mai aspettato dalla dama che
dichiari di essere ».
« Sei caduto così in basso da dover accettare i
compromessi d’una sgualdrina per compiacere il tuo padrone?
» gli
rinfacciò lo Shinigami, improvvisamente acido, punto sul
vivo. «
Non me lo sarei mai aspettato dal gentiluomo che fingi di essere
».
Il demone sbatté violentemente il palmo contro la
parete dietro il Dio della Morte, ad una distanza effimera dal suo
viso contorto in un sogghigno.
« Non ho mai detto d’essere un gentiluomo
»
precisò, soffiando sulle candele.
Era buio, nel corridoio, quando Elizabeth uscì
dalle sue stanze.
Nell’attraversarlo, aveva paura che ogni ombra
potesse essere Grell o Sebastian ed ad ogni più
insignificante
rumore sussultava, stringendosi nelle spalle.
Infine le sue dita sfiorarono il pomello della porta
che cercava, lo strinsero e spinsero il battente, che si dischiuse
con un silenzioso scatto. Varcata la soglia, chiuse nuovamente la
porta e si arrampicò sul grande letto matrimoniale al centro
della
stanza, lasciandosi scivolare accanto a Ciel, sotto le lenzuola.
Accompagnandosi ad un mugugno assonnato, il giovane
conte si volse su un fianco nella sua direzione. « Che cosa
c’è,
Elizabeth…? »
« Ho avuto un incubo » rivelò la
ragazzina,
tremando al semplice ricordo.
Il nobile emise un lieve sospiro. « Resta qui, per
questa notte » sbadigliò, richiudendo le palpebre
sull’occhio che
aveva sforzato per guardarla. La sua mano ricadde morbidamente sul
dorso di quella della cugina, coprendola totalmente – Ciel
era
cresciuto tanto, era quasi un uomo, pensò lei.
Elizabeth sorrise, confortata da quel contatto, e si
assopì poco dopo.
Ed il sogno nel quale Grell l’accarezzava e la
baciava con le sue mani imbrattate di sangue e le sue labbra tinte di
follia non la tormentava più.
* Sapete, il vostro nome mi
ricorda molto quello d’un altro maggiordomo che conobbi tempo
fa…: qui ho voluto utilizzare a mio favore
l’errore di traduzione del nome “Grell”,
che inizialmente sembrava essere “Greil”. Ho
pensato che, quando si presentò come maggiordomo di Madame
Red, Grell potesse essersi denominato “Greil”
anziché con il proprio nome di battesimo; in questa storia,
poi, per “fingere” – poiché
Ciel e Sebastian conoscono già il suo precedente
travestimento – di non aver nessun legame con
“quel” Greil, “rivela” il
proprio vero nome. Poi però, proprio perché sa
che Sebastian e Ciel sono a conoscenza di tutto, in parte si tradisce
– Chiunque
fosse, oserei supporre che non fosse affascinante quanto me.
* a proposito del fatto che Elizabeth si fa male alla caviglia: non se
l’è rotta, quindi per il giorno dopo le
è già passata. Mi sembrava doveroso chiarirlo per
non far apparire la situazione irreale.
Scrivere "act first"
anziché "first act" o "act one", la forma più
corretta, è una mia personale scelta.
Grazie ad Aya Lawliet,
Aphrodite e Rota:
prometto che al prossimo capitolo mi prenderò più
tempo per rispondere come si deve ai gentili commenti dei lettori!
Per il momento vi lascio, al prossimo capitolo<3. Stay with me!
'til next time, chu.
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