Gloria

di MrEvilside
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ouverture ***
Capitolo 2: *** Act First ***
Capitolo 3: *** Act Second ***
Capitolo 4: *** End ***



Capitolo 1
*** Ouverture ***


Gloria
(colonna sonora: Gloria)
 
That’s why you sleep with one eye open 
That’s the price you paid
I said, hey, girl with one eye 
I’ll cut your little heart out ‘cause you made me cry.
 
Ouverture


Paula le aveva afferrato un polso prima che potesse scendere dalla carrozza sulle strade divorate dall’incendio. « No, Lady Elizabeth, » aveva tentato di persuaderla « è pericoloso! »
Ella, tuttavia, non aveva altro negli occhi se non l’immagine di villa Phantomhive che bruciava.
Era sfuggita alla ragazza con uno strattone ed aveva lasciato la vettura che, circondata da un rogo di edifici in fiamme che le aveva impedito il cammino, avrebbe dovuto condurla alla magione per una visita al suo promesso sposo.
« Lady Elizabeth, Lady Elizabeth! »
La voce della giovane domestica fu inghiottita dal fumo nero che avvolgeva la città di Londra; Elizabeth si voltò indietro un’unica volta, preda d’un esitante senso di colpa che fu scalzato dall’irrequietezza.
Soltanto un nome emergeva chiaramente dalla nebbia delle sue confuse intenzioni, attirandola a sé pari un’indicazione avrebbe potuto fare con il superstite d’un massacro che ha perduto la via di casa: la mente lo sussurrava, il cuore lo gridava.
Ciel. Ciel!
Tuttavia, adesso che il fuoco le aveva devastate, le strade apparivano uguali l’una all’altra: presto la ragazzina non aveva più saputo dove fosse e dove si trovasse la villa.
Una trave carbonizzata le aveva sbarrato il passo e, nell’arretrare repentinamente per evitarla, aveva incespicato e rovinato pesantemente fra la polvere. La caviglia aveva emesso uno scricchiolio lugubre e non aveva potuto muoverla, alzarsi; le lacrime le avevano offuscato la vista e, sfregandosi gli occhi, aveva avvertito la cenere sparsa nell’atmosfera introdurvisi a tradimento.
Era ormai circondata dall’incendio e quella circonferenza si stringeva ogni istante di più. Già ora si insinuava nel suo corpo, ustionandole i polmoni, e l’anello di fiori blu marciva a causa dei vapori mefitici. Tossì ripetutamente.
Scorgeva a stento delle ombre al di là del fumo nero e soffocante.
E poi un paio di scarpe lucide.
« Ci… el…? » chiamò, per metà abbandonata all’incoscienza.
« Oh, ma che curiosa sorpresa. Ciao, bambina: è molto tempo che non ci incontriamo, nevvero? È un vero peccato per te che avvenga proprio nell’occasione della tua morte ».
Il clangore metallico di lame che stridevano fra loro le invase d’improvviso la mente indebolita, tanto che abbozzò un fioco grido di dolore e si sforzò di portare le mani a proteggere le orecchie. Eppure, sebbene percepisse quel rumore da qualche parte accanto a sé, lo sentiva dentro la testa e non vi era modo di scacciarlo.
« Per… favore… »
La marchesa Frances Middleford aveva insegnato a sua figlia che soltanto una donna priva di dignità avrebbe mai supplicato; per Elizabeth esisteva però un’eccezione.
« … Ciel… »
« Sei preoccupata per il tuo moccioso? » ridacchiò una voce acuta al di sopra del fragore. « Non hai motivo d’essere tanto in ansia: dopotutto, sarà al fianco del suo “perfetto maggiordomo” come di consueto… oh, dimenticavo che il Contratto dev’essere scaduto. Mi dispiace tanto, mia cara. In ogni caso, non v’è nulla che tu possa fare nelle tue condizioni, se non comportarti bene e lasciarmi fare il mio lavoro ».
La ragazzina aveva appena le forze per seguire il discorso e ne comprendeva il significato soltanto in minima parte; quanto bastava, tuttavia, per recepire quel mi dispiace tanto.
« Farei… qualsiasi cosa… Ti prego, a-aiuta… mi… » Oramai la sua voce era ridotta ad un mormorio roco ed a malapena intelligibile. « Ciel…! »
Percepì la terra a poca distanza dal suo corpo accasciato al suolo che veniva calpestata ed una presenza che le si faceva più vicina, che si chinava su di lei. « Davvero saresti disposta a rischiare ben più della tua vita per quel bambino? » volle sapere, beffardo, l’uomo, sconosciuto ed al tempo stesso in un certo qual modo familiare.
« Ti prego » poté soltanto ripetere un’ennesima volta.
L’eco di quell’ultima, disperata preghiera si perpetuò per un lungo istante, prima che il clangore l’inghiottisse. « Ma che bambina inaspettatamente interessante » commentò il suo interlocutore, interrompendosi per lo spazio d’un sorriso – od un sogghigno – prima di riprendere. « Se tu non fossi stata così giovane ed io già occupato con un’altra persona, avrei potuto innamorarmi di te, lo sai? »
Il clangore assordante si smorzò in una risata ed una lama di luce bianca sfregiò le tenebre di fumo.
Oramai incapace di seguitare ad aggrapparsi alla coscienza, Elizabeth si lasciò cullare nell’abbraccio di quella luce, che la sollevò delicatamente da terra e la strinse a sé con il fare protettivo d’una madre.
« Ti aiuterò, bambina, ed in cambio tu aiuterai me » le sussurrò, come fosse una ninna nanna. « Ti racconterò molte cose sulla dannazione di Ciel Phantomhive, questa notte, anche se temo non ti faranno piacere… »
Una dolce ninna nanna soffiata al suo orecchio dalla Signora Morte.
« … my Lady ».




Prologo di una mini long-fiction classificatasi terza al Florence + The Machine contest indetto da Mistral Rapsody. Il concorso consisteva nello scegliere una citazione tra quelle proposte dalla giudice - tutte appartenenti a canzoni del gruppo Florence + The Machine, come si può intendere - e scriverci sopra una storia. Io ho scelto Girl With One Eye, la quale appartiene ai Florence + The Machine e non a me, come peraltro Kuroshitsuji appartiene a Yana Toboso e non a me ( altrimenti quanto credete che ci avrebbero impiegato Sebastian e Grell a saltarsi addosso? Io non gli darei nemmeno cinque secondi ).
Vorrei ringraziare tanto la giudice per avermi mostrato aspetti del mio stile che possono essere migliorati - e che sto cercando di migliorare - e tanti altri appunti sulle mie storie che mi aiuteranno tantissimo in futuro - e già lo stanno facendo.
Ho deciso di non modificare la storia originale, quindi, a parte gli errori di distrazione, lo stile è rimasto lo stesso di qualche mese fa, quando la scrissi.
Il titolo è ispirato alla canzone Gloria del gruppo Kalafina ed a una drammaticità maestosa e teatrale, come suggerisce la parola stessa, "gloria" ( la colonna sonora non è Girl With One Eye perché la trovavo poco adatta; Gloria, invece, l'ho ascoltata per tutto il tempo che ho scritto la fanfiction, quindi ve la consiglio ).
Grazie, se la seguirete: al prossimo capitolo.
'til next time, chu.

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Capitolo 2
*** Act First ***


« Dopo lo spettacolo del quale siete stata protagonista questa notte, avete ancora la presunzione di dire che non credete in quel che dico, per quanto assurdo possa apparire? Comunque sia, avete avuto la vostra occasione di tirarvi indietro: avete desiderato che vi salvassi e così è stato. Il patto è già stato sancito. Inoltre, non resta molto tempo prima che Sebastian reclami l’anima del vostro moccioso: siete stata molto fortunata che non l’abbia fatto oggi stesso ».
Elizabeth stringeva un lembo della tenda, di modo da poter guardare, al di là del vetro, il panorama di fiamme.
« Io voglio vedere il sorriso di Ciel: non mi tiro indietro » asserì in tono vagamente assente.
L’uomo cinse le spalle di quell’anima sperduta. « Ve l’ho già detto che avrei potuto innamorarmi di voi? » rise, canzonatorio.
 
« Dunque, signorino… »
Laddove la mano di Sebastian l’aveva sfiorato per privarlo della benda nera, avvertiva la sensazione come d’una macchia di gelo sulla pelle pallida. Si chiese come sarebbe stato quando, a breve, quelle stesse dita avessero stretto la sua anima nel loro abbraccio mortale, se avrebbe provato il medesimo disagio, quasi che una chiazza nera gli avesse sporcato lo spirito.
« … mi sembrate decisamente spossato. Purtroppo, a causa dei recenti avvenimenti, non è possibile raggiungere la vostra magione né la villa di Londra. Posso suggerirvi, dunque, la dimora dei Barnett che Lady Angelina vi ha lasciato in eredità? »
 
Act First ~ She Sleeps With One Eye Open
 
Per un fuggevole momento, il volto di Sebastian si era teso in un’espressione stupita all’udire lo scampanellio del portone d’ingresso.
Ciel, tuttavia, riuscì a scorgere quell’istante di stupore. « Credevo che nessuno sapesse che mi avevi portato qui » osservò, torvo, posando la tazza di the sul suo piattino.
« Così dovrebbe essere, signorino » confermò il maggiordomo, inarcando un sopracciglio. « Mi dispiace per il disagio: mi occuperò immediatamente di allontanare chiunque… »
« Cieeeel~! »
« Elizabeth? » Il giovane conte sussultò, sgranando l’unico occhio esposto alla vista. « Come poteva sapere che mi trovo in questa villa? »
« Il modo migliore per venirne a conoscenza è parlarne direttamente con la signorina » rispose il demone, socchiudendo le palpebre sulle iridi rosse con un fare sospettosamente assorto che il nobile gli riconosceva per la prima volta – non era mai accaduto, nei passati tre anni, che qualcosa potesse cogliere il suo servitore di sorpresa.
Poi Sebastian si inchinò e gli offrì l’unico braccio rimastogli, di modo da nascondergli al tempo stesso il proprio viso, affinché si alzasse dalla sedia posta dietro la scrivania appartenuta al signor Barnett; Ciel ignorò il deferente aiuto che gli veniva prestato e si lasciò precedere dal servitore lungo i corridoi sconosciuti, sino alla porta d’ingresso.
Infine il maggiordomo avvolse le dita attorno al pomello rivestito di vernice dorata ed aprì il battente, tirandolo a sé perché celasse la sua figura a chiunque fosse stato sulla soglia.
« Oh, Ciel! Sono così felice di vederti! » Elizabeth gettò le braccia al collo del cugino in uno svolazzo della gonna del lungo abito rosa; il giovane conte incespicò all’indietro, cingendole la vita nell’istinto di difenderla da un’eventuale caduta, ed avvertì le sue lacrime contro la spalla nella quale la ragazzina affondò il volto, come un calore umido d’affetto sulla pelle.
Arretrò, sciogliendo l’inaspettato abbraccio e riassettandosi gli abiti. « Non avresti dovuto essere in ansia per me, Elizabeth, io sto… » Ma s’interruppe quando un secondo ospite varcò l’uscio e si portò dietro di lei per sistemarle la veste spiegazzata.
Boccheggiò, sgomento, innanzi il cortese sogghigno che Grell gli indirizzò. « E… Elizabeth…? »
« Oh, che sciocca! Quasi dimenticavo di presentarti il mio nuovo maggiordomo! » ella rammentò, ammiccando in direzione dello Shinigami.
« Il mio nome è Grell Sutcliffe e sono l’umile servitore di Lady Elizabeth. È un onore fare la vostra conoscenza, my Lord » si presentò questi in tono reverenziale, profondendosi in un elegante inchino, tanto che le punte dei suoi lunghi capelli rossi quasi sfioravano il pavimento.
Nel silenzio raggelato, la voce del Dio della Morte rimase come sospesa nell’aria tra loro.
Infine, la porta d’ingresso si chiuse con un rumore secco. « L’onore è tutto nostro, Mr. Sutcliffe: io sono Sebastian Michaelis, il servitore di Lord Ciel » sorrise cordialmente Sebastian, ricambiando l’inchino del mietitore. « Sapete, il vostro nome mi ricorda molto quello d’un altro maggiordomo che conobbi tempo fa… » aggiunse, pensoso.
« Chiunque fosse, oserei supporre che non fosse affascinante quanto me » sogghignò lascivamente il mezzo Dio, avvolgendo una ciocca scarlatta attorno ad un indice protetto dalla stoffa dei guanti neri.
« E nemmeno altrettanto abile, » replicò il maggiordomo « se, come sospetto, siete stato voi a scoprire dove ci trovassimo il signorino ed io ».
« Siete troppo gentile, Mr. Michaelis » minimizzò Grell, agitando una mano con noncuranza. « È semplicemente il mio lavoro, come soddisfare il volere del vostro signore è il vostro. Quel che my Lady desidera è un ordine per me ».
« Permettetemi perlomeno di dire che purtroppo è raro trovare un maggiordomo tanto capace, di questi tempi » sospirò teatralmente il demone, socchiudendo le palpebre in un’espressione mesta.
« Sebastian, ti prego » intervenne Ciel, una volta ricomposto il proprio freddo contegno. « Vi prego di perdonare i sentimentalismi del mio maggiordomo, Mr. Sutcliffe » proseguì, contraendo impercettibilmente la mascella – lui, che doveva delle scuse all’assassino di sua zia? « Fortunatamente è ora che vada a preparare il pranzo, così non vi infastidirà più con la sua sciocca malinconia fuori luogo ».
« In realtà, se my Lady mi consente, sarei molto lieto di prestare il mio aiuto a Mr. Michaelis » si offrì generosamente lo Shinigami.
« Perché no? » interloquì Elizabeth. « Suvvia, Ciel caro, andranno certamente molto d’accordo! Inoltre, a causa di quel… » Posò lo sguardo sulla menomazione di Sebastian con un misto di preoccupazione e timore. « … quella ferita – oh cielo, Sebastian, ma come hai potuto procurartela? –, Sebastian avrà bisogno dell’aiuto di qualcuno, non è vero? »
« In realtà non è davvero nulla, my Lady, » la rassicurò il maggiordomo « se non un piccolo incidente, avvenuto quando l’incendio è scoppiato, che, tuttavia, non mi impedisce di portare a termine i miei compiti come di consueto; in ogni caso, se Mr. Sutcliffe fosse così gentile, devo ammettere che il suo aiuto mi farebbe molto comodo ».
Il giovane conte invase prepotentemente le iridi cremisi del demone con il blu delle proprie e, malgrado l’assenza della mano sulla quale era stato inciso il Contratto, Sebastian poteva percepire distintamente l’ardere del marchio apposto sull’occhio nascosto del suo signore.
« Come vuoi » assentì infine questi, scrollando le spalle. « Ad ogni modo, Sebastian, fa’ in modo che il nostro ospite si trovi a suo agio ».
Il maggiordomo inclinò la testa da un lato, permettendo ad un ghigno d’increspargli gli angoli della bocca. « Yes, my Lord » promise, concedendo poi la propria attenzione al Dio della Morte. « Se volete seguirmi, Mr. Sutcliffe, le cucine sono da questa parte » l’invitò, precedendolo lungo un corridoio che si allungava dalla parete sinistra dell’ingresso.
« Vieni, Elizabeth » incalzò a propria volta il ragazzino, prendendo la cugina sottobraccio. « In sala da pranzo potremo conversare con più calma ».
« Sei arrabbiato con me, Ciel? » volle sapere lei con quell’ingenuo fare infantile che ogni volta ricordava a Ciel l’età di entrambi – Elizabeth, tuttavia, aveva ancora un’anima, mentre a lui, la sua, non apparteneva più: era poco più d’un involucro dotato della volontà di muoversi; come poteva, quella bambina, rimanere al suo fianco? Sarebbe stata inghiottita dalla sua fine, quando essa fosse giunta. « È perché ho turbato la tua intimità, forse? »
« No, non è quello ». Il giovane conte scosse la testa, emergendo dalla proprie lugubri riflessioni. Poi, accompagnandosi ad un’occhiata di sottile rimprovero nel tentativo di decentrare l’attenzione dalla propria persona, puntualizzò con vago sarcasmo: « Mi domandavo semplicemente se zia Frances sapesse dove ti trovi ».
La sua fidanzata arrossì violentemente. « È… è che, te l’ho detto, ero così preoccupata: avrebbe potuto accaderti qualsiasi cosa, com’è successo a Sebastian! » si difese, aggrottando la fronte in un’espressione di profondo imbarazzo. « Per favore, non dirglielo almeno per qualche giorno! Altrimenti mi riporterà a casa ed io voglio passare un po’ di tempo con te! »
Il nobile l’osservò severamente per qualche momento, godendo silenziosamente del terrore dipintosi sul suo volto dalla scompostezza inaccettabile per una donna del suo rango, ed infine scoppiò a ridere – eppure lui, forse egoisticamente, non l’avrebbe allontanata, poiché era l’unica persona che gli fosse rimasta con la quale si sentisse a proprio agio, in famiglia, e potesse permettersi lussi quali l’essere quasi felice in sua compagnia.
Era una risata ben diversa dalle sue dolci, divertite risa di bambino – più contegnosa, in un certo senso, e sottilmente più canzonatoria – e tuttavia, al contempo, sufficientemente differente dal suo consueto sogghigno di scherno, che quasi intimoriva la ragazzina, tanto era freddo, crudele, errato sul viso del suo promesso.
Ella si levò sulle punte dei piedi, consapevole che quell’eccesso di risa significava che poteva rimanere, e lo baciò su una guancia; improvvisamente com’era iniziata, la risata si spense e le gote di Ciel si imporporarono di stupore e d’una pudicizia che strideva innaturalmente con la sua condizione di condannato all’Inferno.
« Per… per qualche giorno ti ospiterò qui » concluse, tentando di darsi un contegno.
Fu Elizabeth, questa volta, a ridere, ed egli si limitò ad un sospiro del quale sperò di poter fare la prova del riacquisto della propria compostezza, dissoltasi nel rossore che ancora screziava il suo volto.
Non v’era bisogno d’insospettire la cugina con le proprie domande a proposito del suo maggiordomo – se mai era venuta a sapere qualcosa che non avrebbe dovuto conoscere –, rifletté il giovane conte nell’invitarla con un cenno a precederlo oltre la soglia della sala da pranzo: Sebastian, come da ordine, si sarebbe occupato d’ogni cosa.
 
« Credi che Ciel sospetti qualcosa? » chiese Elizabeth, seppur timorosa della possibile risposta.
Grell sorrise, rassicurante, ai suoi grandi occhi sgranati dalla paura. « Avete dei bellissimi occhi quando siete preoccupata, Lady Elizabeth » commentò, rimboccandole con cura le coperte. « Ad ogni modo, non dovete temere: il vostro promesso sposo non sospetta nulla » le mentì con disinvoltura, sfiorandole una guancia con il dorso della mano ed al tempo stesso chinandosi su di lei. « Proprio dei bellissimi occhi… » Si leccò le labbra, come se stesse pregustando il suo sapore.
La ragazzina si ritrasse al contatto, volgendo il volto da un lato; lo Shinigami sorrise nuovamente e si raddrizzò. « Buonanotte, my Lady » le augurò, pur cosciente, mentre abbandonava la camera da letto, che la sua signorina avrebbe dormito con un occhio aperto a causa sua.
Hai così tanto timore di me, bambina? Rise tra sé, chiudendo la porta alle proprie spalle. Fai bene, anche se inconsciamente: non ci si può fidare di Jack lo Squartatore.
« Buonasera, Mr. Sutcliffe ». Dietro di sé, il viso pallido di Sebastian sembrava galleggiare alla luce tremolante delle candele del candelabro che aveva in mano: il resto del suo corpo, nero quanto le tenebre che lo circondavano, avrebbe potuto esser divenuto parte di quell’oscurità. « Anche voi vi siete occupato di far coricare la vostra Lady? »
« Oh, perché continuare a fingere anche quando siamo soltanto tu ed io? » Il Dio della Morte gli gettò le braccia al collo, aderendo al suo petto e ripiegando vezzosamente una gamba verso l’alto, sino a che il tacco della sua scarpa quasi non toccò la sua stessa coscia. « Proprio adesso che possiamo trascorrere del tempo da soli, non dovremmo sprecarne in questi giochi sciocchi, non trovi? »
« Sai bene per quale motivo sono qui » l’assecondò il maggiordomo, sottraendosi al suo abbraccio. « Il mio signorino desidera alcune informazioni su questo tuo inaspettato… rapporto con Lady Elizabeth ».
« La bambina? Non è nulla di molto eclatante, ad essere sinceri. Semplicemente, lei mi ha chiesto un favore ed io ho deciso d’aiutarla » scrollò le spalle il mietitore. « È una così bella, triste bambina: come avrei potuto negarle la mia assistenza? »
« Sarebbe molto nobile, » lo canzonò il demone, incurvando gli angoli della bocca in un sorriso sardonico « se Grell Sutcliffe facesse mai qualcosa che non fosse per il proprio tornaconto ».
« Io e te ci somigliamo molto, Sebastianuccio » commentò il mezzo Dio, fingendo un’espressione d’innocente, sognante infatuazione, sgradevolmente distorta dal ghigno che gli incavò le labbra. « Siamo proprio fatti l’uno per l’altro, non pensi anche tu? »
« Gradirei che non manipolassi la conversazione a tuo piacimento, quando ti faccio una domanda » ribatté cordialmente Sebastian, deliziandolo d’uno dei suoi affascinanti sorrisi cortesi.
Grell agitò leziosamente un indice innanzi il suo volto. « I segreti di una fanciulla hanno un prezzo, mio caro Sebastianuccio » sentenziò, subdolo, portando quasi casualmente una mano al nodo della sua cravatta. « Ti racconto quello che vuoi, se sei disposto a pagare… »
« Sei caduto così in basso da proporre i medesimi compromessi d’una sgualdrina? » lo schernì il maggiordomo, accostando la bocca al suo orecchio ed al tempo stesso sincerandosi che il candelabro rimanesse ad ostacolare un più intimo contatto fra i loro corpi. « Non me lo sarei mai aspettato dalla dama che dichiari di essere ».
« Sei caduto così in basso da dover accettare i compromessi d’una sgualdrina per compiacere il tuo padrone? » gli rinfacciò lo Shinigami, improvvisamente acido, punto sul vivo. « Non me lo sarei mai aspettato dal gentiluomo che fingi di essere ».
Il demone sbatté violentemente il palmo contro la parete dietro il Dio della Morte, ad una distanza effimera dal suo viso contorto in un sogghigno.
« Non ho mai detto d’essere un gentiluomo » precisò, soffiando sulle candele.
 
Era buio, nel corridoio, quando Elizabeth uscì dalle sue stanze.
Nell’attraversarlo, aveva paura che ogni ombra potesse essere Grell o Sebastian ed ad ogni più insignificante rumore sussultava, stringendosi nelle spalle.
Infine le sue dita sfiorarono il pomello della porta che cercava, lo strinsero e spinsero il battente, che si dischiuse con un silenzioso scatto. Varcata la soglia, chiuse nuovamente la porta e si arrampicò sul grande letto matrimoniale al centro della stanza, lasciandosi scivolare accanto a Ciel, sotto le lenzuola.
Accompagnandosi ad un mugugno assonnato, il giovane conte si volse su un fianco nella sua direzione. « Che cosa c’è, Elizabeth…? »
« Ho avuto un incubo » rivelò la ragazzina, tremando al semplice ricordo.
Il nobile emise un lieve sospiro. « Resta qui, per questa notte » sbadigliò, richiudendo le palpebre sull’occhio che aveva sforzato per guardarla. La sua mano ricadde morbidamente sul dorso di quella della cugina, coprendola totalmente – Ciel era cresciuto tanto, era quasi un uomo, pensò lei.
Elizabeth sorrise, confortata da quel contatto, e si assopì poco dopo.
Ed il sogno nel quale Grell l’accarezzava e la baciava con le sue mani imbrattate di sangue e le sue labbra tinte di follia non la tormentava più.



* Sapete, il vostro nome mi ricorda molto quello d’un altro maggiordomo che conobbi tempo fa…: qui ho voluto utilizzare a mio favore l’errore di traduzione del nome “Grell”, che inizialmente sembrava essere “Greil”. Ho pensato che, quando si presentò come maggiordomo di Madame Red, Grell potesse essersi denominato “Greil” anziché con il proprio nome di battesimo; in questa storia, poi, per “fingere” – poiché Ciel e Sebastian conoscono già il suo precedente travestimento – di non aver nessun legame con “quel” Greil, “rivela” il proprio vero nome. Poi però, proprio perché sa che Sebastian e Ciel sono a conoscenza di tutto, in parte si tradisce – Chiunque fosse, oserei supporre che non fosse affascinante quanto me.
* a proposito del fatto che Elizabeth si fa male alla caviglia: non se l’è rotta, quindi per il giorno dopo le è già passata. Mi sembrava doveroso chiarirlo per non far apparire la situazione irreale.



Scrivere "act first" anziché "first act" o "act one", la forma più corretta, è una mia personale scelta.
Grazie ad Aya Lawliet, Aphrodite e Rota: prometto che al prossimo capitolo mi prenderò più tempo per rispondere come si deve ai gentili commenti dei lettori!
Per il momento vi lascio, al prossimo capitolo<3. Stay with me!
'til next time, chu.

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Capitolo 3
*** Act Second ***


« Ho capito molte cose, questa sera, » ribatté Elizabeth, concedendogli infine la propria attenzione « ma non so nulla di te. So chi è davvero Sebastian, eppure non so chi sia tu e come tu faccia a conoscere questi fatti. O perché non dovresti mentirmi ».
Grell scoppiò a ridere. Una risata che provocò un brivido lungo la schiena della ragazzina. « Siete più sveglia di quanto non avessi pensato al principio, dovete scusarmi » commentò. « Ad ogni modo, come avrete già potuto intuire, il mio lavoro è guidare le anime nell’aldilà: io sono un Dio della Morte, l’emissario di Signora Morte, il Tristo Mietitore o come dir si voglia in una qualsiasi mitologia, e possiamo dire che ho avuto diverse… occasioni d’incontro con Ciel Phantomhive e Sebastian Michaelis. Perché non provate a pensarci? »
« Grell… » La sua signora saggiò quel nome con la lingua, riflettendo. Poi sgranò gli occhi, e comprese. « Greil? Il maggiordomo di zia Angelina? »
« Il fedele maggiordomo di Madame Red » la corresse lo Shinigami – premurandosi di non rivelarle che era stato anche il suo fedele assassino.
 
Ciel aggrottò la fronte, levando lo sguardo sul suo assurdo maggiordomo. « Di che cosa stai parlando, Sebastian? » gli intimò di spiegare. « Il Contratto non è terminato? »
« Molto acuto, signorino » sorrise argutamente il demone. « In realtà sarebbe così, non fosse che a causa di una sfortunata circostanza, » ammiccò al braccio mancante « non mi è possibile tenere fede al patto, almeno per il momento. Avete ancora del tempo da trascorrere su questa terra, mio signore, sino a che non avrò ricostituito perfettamente il legame che ci unisce ».
« Perché mostrarmi i miei ricordi, allora? Non capisco » obiettò il giovane conte.
« Oh, una prassi noiosa che ho voluto sbrigare il prima possibile » scrollò le spalle Sebastian in un gesto noncurante. « Non ho mai compreso perché un essere umano dovrebbe voler ripercorrere le atrocità che ha commesso od i dolori che ha sopportato in vita, quando potrebbe semplicemente lasciarsi cadere fra le braccia d’una morte più dolce ».
 
Act Second ~ That’s The Price She Pays
 
Elizabeth dormiva profondamente.
Nell’assonnata, soffusa luce del sole che, proveniente dalla finestra nascosta dalle tende, avvolgeva la camera da letto, Ciel la guardava.
Guardava i suoi lineamenti serenamente distesi, le sue labbra leggermente dischiuse che cedevano all’etere i suoi respiri lenti ed infine la mano che stringeva delicatamente la propria. Con dolcezza, quasi temesse di poterla rompere – no, in realtà il giovane conte sapeva che non poteva essere così, eppure quest’impressione seguitava ad insistere nella sua mente.
D’improvviso la ragazzina sbadigliò sonoramente, si stiracchiò e levò le dita, che sino ad allora erano state intrecciate a quelle del cugino, a sfregarsi gli occhi. Borbottò qualcosa d’indefinito e poi, incrociando il suo sguardo perplesso, ripeté: « Buongiorno, Ciel ».
« Che cosa avevi sognato ieri sera? » chiese il nobile.
Elizabeth distolse gli occhi dai suoi. « Ah, niente » minimizzò, stringendosi nelle spalle. « È stato soltanto un brutto sogno, come quelli che a volte facevo da bambina, ti ricordi? » Un sorriso le bagnò la bocca di malinconia – era per il ricordo d’un sorriso rassicurante, dopotutto, che aveva accettato di vivere nel timore. « Dicevi sempre che mi avresti difeso da qualsiasi incubo ».
« Me lo ricordo » confermò Ciel, laconico.
Scivolando silenziosamente sui cardini, la porta interruppe la loro conversazione nel rivelare la figura di Sebastian, che mosse qualche passo all’interno della camera e concesse loro di scorgere – il tempo che impiega una farfalla a bruciare su una fiamma – un vago accenno di stupore nella sua espressione, quando la sua attenzione color del sangue si posò sulla ragazzina.
« Buondì, signorini » disse infine, arcuando le labbra in un cortese sorriso. « Non mi aspettavo di trovarvi entrambi… Avete avuto un piacevole sonno? »
« Il solito » tagliò corto il giovane conte, gettando le gambe oltre il bordo del materasso. « La colazione è pronta? »
« Mr. Sutcliffe si sta occupando di disporla in sala da pranzo » rispose il maggiordomo. « Se i miei signori mi permettono, mi occuperò di vestirli entrambi… » Elizabeth arrossì. « Ovviamente, » si premurò di precisare il demone « l’uno dopo l’altra. Ma forse è a me che Lady Elizabeth ha pudore di mostrarsi? »
« N-no, no » farfugliò la ragazzina con fare impacciato, affrettandosi in direzione della porta che dava sulla stanza del guardaroba. « Allora, io… aspetterò Sebastian qui » si congedò goffamente, varcandone la soglia.
« Forse Elizabeth preferirebbe essere vestita da Grell » commentò Ciel, stendendo le braccia perché Sebastian potesse avvolgerle nelle maniche della camicia. « Sembrava molto imbarazzata: l’avrai messa a disagio con i tuoi suggerimenti inadeguati, idiota » lo rimproverò acidamente.
« Io? » replicò innocentemente il maggiordomo, incurvando gli angoli della bocca in un sorriso da vampiro. « Non credo sia così, signorino… Sospetto, invece, che potesse essere imbarazzata all’idea di vestirsi con voi. Di vedere voi e di farsi vedere da voi ». Si leccò le labbra, gustandosi l’implicita vittoria, quando il giovane conte avvampò.
« Se… Sebastian! Anziché formulare simili pensieri, sarebbe meglio se tu ti rendessi utile comunicandomi quanto hai scoperto! »
Egli sorrise di dolce crudeltà.
« Datemi soltanto un altro po’ di tempo, my Lord, e saprete tutto quel che desiderate ».
Infine, il nobile lasciò le stanze per scendere al piano inferiore, nella sala da pranzo, ed il demone entrò nella camera del guardaroba, dove Elizabeth stava ammirando gli abiti un tempo appartenuti a Madame Red.
Sebastian le si accostò silenziosamente e si chinò sul suo orecchio. « Vi piacciono, my Lady? Volete che vi aiuti ad indossarne uno? » sussurrò gentilmente; la ragazzina sussultò e si voltò repentinamente, lasciando quasi che la veste che stringeva cadesse sul pavimento.
« Oh… oh, sì » assentì in un balbettio, tendendogli il vestito. « T-ti ringrazio molto, Sebastian ».
Il maggiordomo considerò il rossore sulle sue gote con un’espressione preoccupata. « Forse il mio signorino aveva ragione » commentò tra sé. « Probabilmente vi trovate maggiormente a vostro agio se è un vostro servitore a prestarvi aiuto: vi prego, attendete qualche momento, di modo che vada a chiamare Grell ».
« No! » Elizabeth portò un palmo a nascondere la bocca quando il demone le indirizzò un’occhiata perplessa – ed al contempo impercettibilmente compiaciuta – e ribadì, in un tono più controllato: « No, non è necessario. Va bene così, davvero ».
« Ne siete certa, Lady Elizabeth? » volle sapere Sebastian nello stringere il nodo del corpetto. « Ultimamente mi sembrate un po’… agitata. È accaduto qualcosa? Se posso esservi utile in qualche modo, non avete che da chiedere ».
« Tu trovi? Ah, ti metteresti a ridere se te lo dicessi! » scherzò la ragazzina, pur con un sorriso tirato. « In realtà non è davvero nulla, soltanto un brutto sogno che ho avuto questa notte, che è poi la medesima ragione per la quale stamane mi hai trovata qui ».
« Un incubo, hm? » Il maggiordomo le sistemò con cura le sottovesti e l’aiutò ad indossare l’abito, che Angelina doveva aver conservato dalla sua infanzia, poiché era soltanto leggermente più lungo del necessario. « Sì, devono essere davvero fastidiosi, talvolta… Oh, siete davvero bella, sapete, my Lady? Certamente il signorino converrà con me nel dire che questo vestito vi dona molto ».
« Grazie » sorrise cortesemente Elizabeth. « Vogliamo dunque raggiungerlo dabbasso? » aggiunse, sfuggendo con casuale disinvoltura alla mano che ancora si posava sul suo braccio – gelida quanto quelle di Grell erano calde: l’una fredda delle molteplici anime che aveva ghermito, le altre accalorate dal sangue.
« Come desiderate ». Il demone la precedette sulla soglia e si volse un’ultima volta, contorcendo le labbra in un ghigno sgradevole. « Un unico commento, se my Lady fosse così gentile da prestare attenzione ad un umile servo: una signorina non dovrebbe temere così tanto il proprio maggiordomo ».
La ragazzina boccheggiò, in un misto d’incredulità e terrore che tentò di dissimulare quanto più rapidamente possibile – non che i suoi sforzi furono in grado d’ostacolare minimamente Sebastian. « Non capisco a che cosa tu voglia alludere: io non temo affatto il mio maggiordomo – perché mai sarebbe il mio servitore, altrimenti? » mentì con quanto più realismo potesse – com’era ingenua, la piccola Elizabeth, pensava il corvo, affondando il becco nelle sue carni; troppo emotiva, troppo buona, per poter ingannare il diavolo.
« Mia cara bambina, » osò apostrofarla il maggiordomo, spostando l’intero suo peso sulla spalla sana, che premette contro il legno della porta, affinché la ragazzina non potesse uscire sino a che non fosse stato lui a dargliene il permesso « siete troppo gentile, come spesso “accuso” d’essere anche il mio signorino, per potermi mentire e sperare che io vi creda. Grell Sutcliffe deve avervi rivelato molti segreti, cose che non avreste mai dovuto sapere sul vostro promesso e su di me. Eppure, sebbene vi abbia giurato fedeltà, non sapete quasi nulla di lui, se non che trascina le anime dei mortali nella morte, e per questa ragione ne avete paura. Io potrei soddisfare la vostra curiosità, potrei salvarvi, Lady Elizabeth: malgrado il disprezzo che dovrete provare ora nei miei confronti, sono sicuro che abbiate sufficiente buonsenso da voler accettare la mia proposta ».
« Come mai un simile interessamento nei miei confronti? » volle sapere Elizabeth, arretrando d’un passo. « Perché dovresti volermi aiutare? »
« Perché io posso porre fine ad ogni vostra sofferenza » mormorò il demone, prendendole delicatamente il viso fra le dita. Si chinò su di lei, accarezzandole la pelle con il fiato, e le sorrise con quella sua affabile, sensuale dolcezza che catturava inesorabilmente. « Basterebbe una vostra richiesta, my Lady, perché quest’incubo tormentoso termini. Ciel Phantomhive potrebbe essere felice, sorriderebbe, voi potreste rimanere al suo fianco per l’eternità in qualità di sua sposa, ogni vostro disagio svanirebbe… Dovete soltanto chiedere ».
La ragazzina chiuse gli occhi.
Una parte di lei non credeva a quel che Sebastian le stava offrendo – ma era una parte così piccola, oramai; la sua gemella, al contrario, era ben consapevole che le stava dicendo la verità – glielo aveva fatto presente lo stesso Grell – e voleva accettare quella proposta che, dopotutto, racchiudeva l’esaudirsi d’ogni suo desiderio.
« Voglio… vedere Ciel sorridere. Per favore ».
Il maggiordomo le cinse la vita con l’unico braccio rimasto, attirandola a sé: l’avvertì tremare, osservò la sua bocca serrarsi per trattenere la paura, la negazione di quanto aveva appena espresso, il desiderio che lui la lasciasse andare, ed il suo sogghigno si ampliò sul viso affilato mentre inclinava la testa da un lato.
« Yes, my Lady ».
Non aveva mai baciato la portatrice d’un’anima tanto immacolata: le sue labbra avevano toccato quelle di innumerevoli altre donne prima di lei, tuttavia ognuna di esse, persino quelle legate alla Chiesa e destinate a salire al Cielo, era macchiata d’una profonda, divorante brama di possederlo ed essere possedute da lui; Elizabeth, al contrario, permetteva a fatica che egli indugiasse sulla sua bocca dolce, che apparteneva all’uomo per il quale stava subendo quell’atto disgustosamente lurido di peccato, ed impercettibilmente si ritraeva dalla sua persona, intimorita, accoccolandosi in un angolo oscuro dove poter singhiozzare, disperata, e dar voce alla sofferenza che, per amore, aveva costretto a tacere per tanto tempo.
Nemmeno tu hai il dono dell’ubiquità, Sebastianuccio.
Un rivolo di sangue scorreva lungo il mento della ragazzina, quando inaspettatamente il demone la lasciò andare. « I demoni non mentono, ve l’hanno già detto » affermò, enigmatico, quasi con tristezza.
« Mi ha promesso che, se ti avessi tenuto occupato, avrebbe salvato Ciel! » si difese Elizabeth, quasi che si stesse scusando – davvero troppo buona persino con i suoi nemici, quando li ingannava; e, tuttavia, forse era per questo che il diavolo era rimasto impigliato nella sua ragnatela.
Sebastian scosse la testa quasi con benevola mestizia, sospirando. « Ma gli Shinigami lo fanno. E, per tener fede alla promessa che vi ho fatto poc’anzi, sappiate che questo Shinigami in particolare non si fa scrupoli nel mentire… o nell’uccidere ».
Il tempo che ella battesse le palpebre ed il maggiordomo se n’era andato; al suo posto, soltanto una porta aperta – come se non fosse stato già troppo tardi.
La ragazzina si accasciò a terra, abbandonandosi pesantemente contro una parete. Tossì: un fiotto di sangue schizzò il pavimento ed il suo corpo tremò, devastato dallo spasmo. Era come se fosse tornata a quel momento, due notti prima, quando il fuoco ed il fumo la stavano soffocando – adesso, però, era avvenuto a causa del bacio d’un demone.
Questa volta non sarebbe arrivato nessun Dio della Morte disposto a fare un patto con lei: questa volta sarebbe morta davvero e Ciel con lei – che fosse per mano d’un mietitore o d’un demone, non l’avrebbe mai saputo –, per quanti sforzi avesse potuto fare perché avvenisse il contrario.
Chiuse gli occhi. Non respirava quasi più, oramai. Era stanca di farlo.
Quando moriremo, a qualsiasi luogo verremo destinati… l’anima di Ciel sorriderà?

* « No, no » accettò la ragazzina, affrettandosi in direzione della porta che dava sulla stanza del guardaroba: capitolo 43, pagina 15: in una vignetta compare una piantina delle stanze da letto di Ciel; questa non è villa Phantomhive, ma quella piantina mi ha aiutato molto, poiché non sapevo che una camera da letto fosse formata da così tante stanze diverse.
* […] le sue labbra avevano toccato quelle di innumerevoli altre donne prima di lei, tuttavia ognuna di esse, persino quelle legate alla Chiesa e destinate a salire al Cielo […]: accenno alla puntata nella quale, per ottenere informazioni, Sebastian seduce e porta a letto una suora.




La fanfiction volge al termine: con il prossimo capitolo, infatti, si concluderà definitivamente.
Grazie per tutti voi che avete seguito la breve storia del sempiterno amore di Elizabeth - nel prossimo capitolo i many thanks to saranno di qualità migliore, lo prometto; nel mentre, rispondo alle recensioni:

Rota: Eh, no, mi spiace, per questa volta niente lemon. ùu L'idea mi aveva tentato, ad essere sinceri, ma volevo mantenere l'attenzione focalizzata sulla Ciel/Elizabeth. Quindi, sarà per la prossima ( molto sicuramente ). XD
Sono così felice che ti piaccia la "mia" Elizabeth: tengo molto al suo personaggio - diciamo che l'adoro - e se tu mi dici così, mi sciolgo. :meltedontheground:
Aphrodite: Sulla questione dello stile sono una persona piuttosto ostica. XD Per Kuroshitsuji non mi vedrai mai usare uno stile meno ricercato di questi - anzi, più è ricercato meglio è °o° - perché lo ritengo il più adatto in assoluto. Mi spiace, de gustibus non est disputandum. ^^''
Però sono contento d'essere riuscito a farti piacere Ciel ed Elizabeth insieme: spero che questo capitolo non ti deluda, allora!
Aya Lawliet: Cielo, volevo un po' di suspence, ma non pensavo che nessuno avrebbe capito che si trattava proprio di Grell. XDD Oh, be', evidentemente ho delle doti per il mistero che non sapevo di possedere. ùu :simontalatesta: XD
Grazie dei complimenti<3. Quando me ne si fanno troppi, poi ho il terrore di deludere... °° Spero non sia così!

'til next time, chu.

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Capitolo 4
*** End ***


« In ogni caso, proprio non capisco » scosse la testa Elizabeth. « Non mi hai ancora detto che cosa vuoi in cambio del mio aiuto ».
« Oh, dunque è una mera questione materiale » si pronunciò teatralmente Grell, falso quanto la più penosa delle attrici. « Dunque, my Lady, v’è un’unica cosa che io desidero voi mi diate quando avrò rispettato per intero i termini del nostro accordo ».
« Ebbene? » l’incalzò la ragazzina.
« Quel che voglio è il cuore di Sebastian » sentenziò lo Shinigami. « Non è molto, in confronto a quel che siete voi a domandarmi, non trovate? »
Elizabeth si limitò a scrollare le spalle, sfuggendo al braccio che gliele stringeva, e a commentare che impedire a Sebastian di fare del male a Ciel sarebbe stato semplice, poiché – come il mietitore le aveva rivelato – il maggiordomo era rimasto ferito.
Comprendeva soltanto in quel momento d’aver fatto un patto con una creatura orribile al pari di quella che avrebbe voluto distruggere.
 
« Forse » rispose Ciel, assorto, all’implicito dubbio espresso dal maggiordomo « è perché gli esseri umani sono immensamente sciocchi ».
Sebastian sorrise, in parte derisorio in parte bonariamente divertito, come un assassino perverso che dice al figlio che lo scarabocchio che egli orgogliosamente gli mostra è un’opera d’arte. « Oh, mai come ora mi sono trovato d’accordo con voi, signorino ».
« Così sciocchi » ribatté il giovane conte, scoccandogli un’occhiata avvelenata di sarcasmo « che non ebbero paura di chiedere il dono delle emozioni nel momento in cui Adamo morse la mela proibita da Dio; quello stesso frutto che fu Lucifero ad offrirgli e che, tuttavia, egli temeva. Perché la conoscenza porta consapevolezza di sé, del mondo, del bene e del male e, dunque, la capacità di provare emozioni, quella capacità che angeli e demoni rifuggono: non ti sei mai chiesto che cosa avresti pensato d’ogni tuo atto crudele, se avessi avuto un cuore? »
« State dicendo che sono uno stupido codardo? » volle sapere il demone, pacato.
Il nobile distese le labbra in un sorriso. In uno di quei suoi rari, splendidi, beffardi sorrisi.
« Esattamente ».
 
End ~ He Says, “Hey, Girl With One Eye”
 
Rannicchiato in un angolo, il piccolo spirito gemeva.
Indossava una veste scarlatta lunga sino ai polpacci e, laddove era stata stracciata da una lama, s’intravvedeva la pelle incorporea macchiata di sangue. Teneva le gambe strette al petto ed il mento sulle ginocchia e guardava senza davvero vedere, masticando a fatica le parole con le labbra martoriate dai tagli e l’estremità della lingua mozzata.
« “Oh, Ciel, Ciel” » le fece il verso lo Shinigami, degnandola appena d’un’occhiata stillante puro disprezzo. « Non hai proprio nient’altro da dire, mocciosa? Il tuo Ciel non c’è, non tornerà mai da te: ho distrutto la sua anima ed il suo corpo, come tu stessa avevi richiesto. Desideravi che non finisse all’Inferno, come sarebbe accaduto se Sebastian l’avesse divorato, e così è stato: non vedrà mai né l’Inferno né il Paradiso. Io ho rispettato il patto e che cosa mi hai dato in cambio? » Sputò il proprio disgusto a poca distanza da lei. « Hai fatto la sgualdrina con la mia ricompensa! »
Perché ha baciato te e non me?
« E non ho più potuto avere il suo cuore » sospirò. « Non voglio il cuore d’un traditore: come ho reciso quello di Madame Red, che mi tradì per il suo caro mocciosetto, così ho strappato quello di Sebastian ed anche il tuo, che hai osato violare l’accordo ».
Mi ha accolto nel suo letto, eppure ha baciato una stupida mortale. Perché non ha toccato le mie labbra nemmeno una volta?
« Credevi davvero che avrebbe mantenuto la sua promessa di rendervi felici? Che avresti vissuto in pace con il tuo adorato fidanzatino? » Fece una smorfia. « Sei patetica. Ho commesso un errore: non potrei mai innamorarmi di una donna così penosa ».
Perché per te ha scelto una tortura così dolce, mentre a me ha riservato poco più che nulla?
 
… “I’ll Cut Your Little Heart Out ‘Cause You Made Me Cry”.

* e a commentare che impedire a Sebastian di fare del male a Ciel sarebbe stato semplice, poiché – come il mietitore le aveva rivelato – il maggiordomo era rimasto ferito.: ecco perché Elizabeth non è rimasta più di tanto stupita parlando della menomazione di Sebastian nel primo capitolo.




E si conclude qui questa breve long-fiction, chiudendo in bellezza (o almeno credo) con un breve soliloquio di Grell, l'unico rimasto in vita - ma non per questo il più fortunato.
Oramai ci avrete fatto l'abitudine, agli hints di Sebastian/Grell che adoro inserire nelle mie storie, no?
Prima di concludere, rispondo al commento allo scorso capitolo:

Aphrodite: Anzitutto, grazie d'aver voluto seguire questa storia fino alla fine: è una fanfiction molto importante per me.
In secondo luogo, rinnovo i miei ringraziamenti per i complimenti di cui mi ricopri ogni volta: spero davvero che le mie storie siano sempre così belle come ti aspetti, non vorrei mai deluderti!
Ed ora, tremo in attesa del tuo "giudizio finale". :)

Grazie ancora a tutti. :bows:
Cala il sipario.

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