An unusual captain

di Embrido
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi se l'aspettava?!?.... ***
Capitolo 2: *** Una donna?!?!?! ***
Capitolo 3: *** Acqua..?!?!?! ***



Capitolo 1
*** Chi se l'aspettava?!?.... ***


“Allora Stephen, qual è il risultato della nostra follia

Capitolo 1°: Chi se lo aspettava?

 

“Allora Stephen, qual è il risultato della nostra follia?” chiese il capitano Jack Aubrey, entrando nell’infermeria dopo la battaglia, dove il dottore cercava disperatamente di curare i malati, troppo numerosi per una sola persona.

“Nove morti e ventisette feriti”, affermò il dottore, guardando verso il basso, mentre continuava a girare fra i pazienti.

“Questa volta quella maledetta nave ce l’ha fatta proprio grossa” continuò il capitano “ci ha colti alla sprovvista, ma giuro che non ce ne sarà una seconda”.

“Belle parole Jack, ma…potrei dare un’occhiata a quella ferita?”

“Quale ferita?”

“Quella che hai sulla tempia”.

Stephen esaminò il taglio del capitano, un taglio veramente brutto, ma che non aveva bisogno di particolari attenzioni, quando trovò una spina al suo interno, che faceva aumentare la quantità di sangue che colava giù.

I due rimasero per un po’ a parlare sui bilanci di quella fugace battaglia e sui danni che ne erano scaturiti, poi il dottore affermò di dover ritornare a controllare i pazienti, perché potevano aver bisogno di lui.

Ritornando nella sua cabina, Jack pensò che non potevano rimanere in mare a lungo, ma dovevano piuttosto approdare al porto più vicino, per fare rifornimenti, e per far riposare la ciurma, ormai stremata.

 

Jack si svegliò, aprì gli occhi e, dopo essersi stirato un po’ sentì il maledetto rumore della campana che equivale a dire: “Nave che sta per attaccare”.

In un minuto tutta la ciurma si alzò dai propri letti e, uscendo sguaiatamente sul ponte, gli uomini iniziarono a dirigersi verso le proprie postazioni. Il signor Pullings, non vedendo ancora arrivare il capitano, decise di prendere in mano la situazione, che poteva diventare veramente insostenibile. In teoria, anche il Signor Hollom avrebbe potuto azzardare una mossa del genere, ma per paura di incontrare la collera del capitano, non mosse nemmeno un dito, come d’altronde era solito fare.

Pochi secondi dopo, con passo molto veloce, Jack salì sul ponte, sperando ardentemente che non dovessero scontrarsi nuovamente con la nave che ieri gli aveva impartito una bella lezione.

Ma purtroppo i suoi desideri erano destinati a non avverarsi: infatti si ritrovò davanti proprio il vascello che lo aveva attaccato la sera precedente.

In un momento paragonò la sua nave, con quella che si trovava davanti a lui, una nave sicuramente francese, che faceva parte dei vascelli di Napoleone Bonaparte.

Da anni ormai si combatteva la guerra francesi-inglesi e a Jack era stato ordinato di seguire quella nave fino al Brasile, ma lui aveva superato già da molto gli ordini.

Forse per punto preso, forse per orgoglio o come diceva lui, per dovere, continuava a costeggiare quella maledettissima nave.

In confronto, il vascello di Aubrey, era come una scialuppa: oltre ad essere più piccolo e più vulnerabile dalle fiancate, possedeva la metà dei cannoni e poteva navigare a velocità molto minore rispetto all’altra. Ma Jack, nonostante l’opposizione di Stephen, pensava che una nave più svantaggiata come la sua, se fosse stata comandata e capitanata correttamente, avrebbe potuto dare del filo da torcere ad una meglio equipaggiata, ma governata in malo modo.

Jack lasciò da parte i propri pensieri, quello non era certamente il momento adatto per fare delle considerazioni e, mentre si dirigeva verso la prua della nave, sentì sul viso una leggera pioggia, accompagnata da qualche folata di vento.

“Accidenti, adesso ci si mette anche il tempaccio” pensò malinconicamente il capitano.

Mentre attraversava la nave, si accorse che i suoi uomini venivano comandati dal signor Pullings: l’uomo aveva fatto una saggia decisione, prendendo in mano quella situazione. Aveva polso, e questo era tutto ciò che la ciurma chiedeva.

Jack si avvicinò al signor Pullings ed esclamò: “Ben lavoro Tom, ne terrò di conto”.

“Grazie, capitano” rispose questo, abbassando leggermente la testa in segno di rispetto e avviandosi verso la parte opposta della nave, per controllare che gli uomini fossero tutti pronti.

Ormai avevano quasi raggiunto la nave, e gli inglesi stavano per affiancarsi al vascello francese quando questo sparò una palla di cannone. La battaglia era ricominciata.

Stephen, che era sottocoperta, si sentì spezzare il fiato in gola: non aveva ancora finito di “risistemare” i feriti dello scontro precedente, che già se ne trovava degli altri. Ma ormai il dottore era abituato a questo genere di cose: dopo dieci anni di servizio sotto Jack Aubrey, detto il Fortunato, ne aveva viste di battaglie ed era pronto a tenere anche i ritmi più veloci, per curare ogni paziente bisognoso di aiuto.

 

***

“Batteria di sinistra, FUOCO!!” tuonò il capitano Jack. Una raffica di cannonate partì dalla nave inglese, in direzione di quella francese. Qualche palla di cannone riuscì a scalfire i bordi della nave, ma la maggior parte non arrivò neppure a destinazione. “Accidenti, siamo ancora troppo distanti” esclamò Jack “andate più in direzione sud-sudest”.

Il timoniere fece ciò che il capitano aveva ordinato: afferrò saldamente il timone e si diresse verso la rotta indicata. Il vento gonfiava maggiormente le vele, e la nave poteva navigare più velocemente.

Ma, accortisi delle manovre degli inglesi, i francesi cambiarono a loro volta direzione, ottenendo il vento in loro favore.

Il signor Pullings lanciò un grido di imprecazione: quella nave stava mettendo loro i bastoni tra le ruote come c’era riuscita soltanto l’Horizon, cinque anni fa. Anche quella guerra fu un’altalena di vittorie: una volta vinceva l’una, un’altra volta, l’altra. La fine era arrivata quando Jack riuscì a spostare lo scontro davanti alle scogliere di Dover: la sua patria, i posti che lui conosceva come le sue tasche.

Il capitano fu preso da un momento di collera e scagliò una forte pedata contro il bordo della nave, poi, ricordandosi gli insegnamenti del suo vecchio maestro, ripetè dentro di se: “Calmati Jack, è solo un caso, vedrai che riuscirai ad avere la meglio”.

La nave francese stava superando velocemente quella inglese (La Surprise) e Jack e la sua ciurma si trovavano nuovamente in una posizione di svantaggio.

Pullings si avvicinò al capitano e, con aria perplessa, chiese: “Signore, cosa facciamo? Il vascello ci ha fregato ancora una volta”.

Jack, completamente privo di idee, rispose: “Ad essere sincero, non lo so più nemmeno io. Abbiamo provato tutto, ma senza risultato. L’unica cosa da fare, è ripagarla della stessa moneta:

“Vuole dire che dovremmo passare sottovento e rifare tutte le manovre fatte dai francesi, vero?” chiese Tom, capendo al volo ciò che il capitano voleva dire.

“Esattamente” rispose Jack a monosillabi.

 

***

“Dottore, mica è grave?” chiese uno della ciurma, spaventato. Stephen esaminò con attenzione la ferita: ne aveva viste di peggiori, per esempio era molto più brutta quella del ragazzo a cui aveva poi amputato il braccio; ma anche questa non era da sottovalutare.

“Si calmi, ce ne sono di peggiori, speri soltanto che non produca pus, sennò le va amputata la gamba”.

Il paziente rimase ammutolito, la risposta lo aveva soddisfatto, ora non avrebbe dovuto far altro che pregare che qualcuno lassù nel cielo, gli evitasse tutto ciò.

Stephen stava già ricucendo un grosso taglio, provocato da una spada, con relativo paziente che soffriva per il dolore provocato dall’ago.

 

***

Il signor Pullings tornò a controllare i movimenti della ciurma, dicendo a tutti gli uomini di preparare i cannoni: appena fossero stati un po’ più vicini, avrebbero attaccato, cercando di sfondare il più possibile lo scafo della fregata rivale.

Jack impose al timoniere di cambiare la rotta per la seconda volta e poi si mise a scrutare ogni singolo movimento della nave nemica, per essere pronto in qualsiasi momento, a fronteggiare l’imminente pericolo.

Il piano di Jack sembrò funzionare: avevano riacquistato velocità e erano ormai alla stessa altezza dell’Acheron (la nave francese).Ma i francesi non si fecero intimorire: cominciarono a lanciare molte palle di cannone. Diverse riuscirono pure a sfondare lo scafo, l’acqua entrava dentro la barca e già qualche persona si era precipitata sottocoperta per cercar di far rimanere costante il livello di acqua presente nell’imbarcazione.

Appesantita dall’acqua, la Surprise rimaneva indietro alla Acheron per la centesima volta.

Improvvisamente Jack, che era rimasto a contemplare per tutto il tempo  i movimenti della nave rivale, esclamò: “Cambio di programma: disponete tutto per l’arrembaggio”.

Ma signore, non…” cercò di protestare invano Tom.

“Niente ma, signor Pullings. Questa è l’unica soluzione: se continuiamo lo scontro in questo modo, ci rimettiamo lo scafo e la nostra pelle. Se invece ci agganciamo al loro ponte, i loro cannoni funzioneranno ugualmente, ma i nostri uomini potranno combattere e sterminare la nave nemica”.

“Come vuole, capitano” confermò Tom. Il sottoufficiale, pur non condividendo pienamente l’idea di Jack, ma realizzando che forse poteva essere l’unica via di scampo, ordinò ai marinai di non fregarsi di niente: appena fossero saliti sull’Acheron, avrebbero dovuto uccidere qualsiasi cosa ostacolasse il loro cammino e in seguito, avrebbero potuto razziare tutti gli oggetti preziosi di cui la nave era a disposizione.

La mossa degli inglesi fu così rapida che i francesi non ebbero nemmeno il tempo per accorgersene: in un secondo si ritrovarono attaccati alla nave nemica, con una marea di marinai che invadeva il loro ponte.

La ciurma della Acheron non ci mise molto a capire che quello si trattava del classico “arrembaggio”; così in un batter d’occhio, tutti gli uomini si armarono con l’artiglieria che era rimasta e si prepararono ad un tremendo scontro frontale. Se l’Acheron poteva superare la Surprise in mare, per la forma diversa e più moderna della nave, non poteva vantare però la stessa cosa per quanto riguardava gli scontri corpo a corpo, poiché gli inglesi avevano scelto tutti combattenti molto abili e temerari. Solo in questo modo Jack poteva sperare di avere la meglio sulla fregata di Napoleone, di annientare quella nave e quella maledetta ciurma una volta per tutte.

Nello scontro faccia a faccia, la maggior parte di marinai inglesi salì sul ponte della nave nemica, per cercare di porre fine a quell’interminabile inseguimento. Gli uomini della Surprise erano accompagnati e capitanati dal Signor Pullings e ovviamente da Jack, che voleva assolutamente scontrarsi con il capitano della Acheron.

No, non l’avrebbe ucciso subito, come aveva fatto con molti altri, piuttosto l’avrebbe tenuto prigioniero, per estorcergli qualche informazione in più sulle navi e tattiche francesi. Poi, alla sua fine, ci avrebbe pensato dopo. Momentaneamente, quella era l’ultima cosa al mondo che lo preoccupava.

Lo scontro si protrasse per diverso tempo, ma nessuno sapeva dire con certezza quanti minuti erano trascorsi dall’inizio della battaglia. Molti marinai, sia francesi che inglesi erano caduti nello scontro, ma gli inglesi sembravano essere ancora nel pieno delle forze. Jack era riuscito a scovare ciò che tanto desiderava: il capitano della fregata nemica, e adesso stava combattendo contro di lui, per poi trascinarlo di forza sulla sua nave e mettere in pratica tutto ciò che si era in precedenza prefissato.

Ma l’avversario gli stava dando dei seri problemi, da tanto tempo ormai non sentiva più una persona che combatteva così risolutamente, una persona che riusciva a tenergli testa per diverso tempo.

E tutte quelle tattiche che avevano reso Jack uno dei capitani più famosi del mondo, sembravano completamente inutili con quel capitano.

La leggiadria dell’avversario e la sua eleganza, si notavano anche se aveva addosso un mantello: eh si; un mantellone scuro, con tanto di cappuccio, che gli copriva completamente il viso.

Jack, messo in difficoltà,esclamò: “Complimenti, era da tanto che non sentivo una mano decisa come la vostra”.

Il capitano rispose, con una voce che sembrò strana a Jack: “Grazie, peccato che io ne abbia sentite diverse come la vostra, e devo dirle, che questo non mi sembra il momento del sarcasmo”.

“Qualcosa dobbiamo pur dirci, fa parte del gioco, no?” chiese sempre con un sorriso beffardo Jack.

“Come desidera, a me non fa differenza” rispose il capitano francese “e comunque, complimenti, avete un’ottima tattica, devo ammettere che la vostra ultima mossa mi ha spiazzato”.

“Voi mi avete spiazzato prima, sicché siamo pari, giusto?”

“Giusto” concordò il capitano francese.

“Sembra proprio che i nostri caratteri siano molto simili, potremmo andare perfettamente d’accordo”

“Si, se elimina il fatto che combattiamo per due ragioni e persone completamente diverse”.

Se non vi dispiace, come fate a vedere con quel cappuccio che vi copre la visuale?”

“Questione di abitudine e di adattamento, era una cosa necessaria, ma non vorrei dire di più”.

Appena ebbe finito di parlare, il capitano francese fu afferrato alle spalle da Tom  e da altri due marinai, che lo trascinarono di peso sulla Surprise, con i suoi inutili tentativi di ribellione.

Il francese protestò del loro comportamento incivile, ma dovette presto zittirsi, ripensando a tutte le cose non giuste che erano accadute per mano sua.

Terminato il combattimento, anche se dei superstiti erano fuggiti con delle scialuppe, il capitano Jack Aubrey ritenè di aver portato a buon esito la battaglia e decise di vedere in faccia chi fosse il suo rivale.

Diversi uomini si riunirono intorno a Jack, che ormai era accanto al capitano francese, legato ed imbavagliato dalla testa ai piedi.

Jack aprì la sua mano e sollevò il cappuccio, dicendo: “Finalmente ho l’onore di vedere chi sei, maledetto capitano”. Quale fu il suo stupore quando si accorse chi si celava sotto quel lacero mantello….

                                                                           TO BE CONTINUED

 

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Capitolo 2
*** Una donna?!?!?! ***


Capitolo 2: Una donna

Capitolo 2: Una donna?

 

“Una donna?!” esclamò sconvolto e con una punta di disprezzo il capitano.

Cosa? Una donna a capo di una ciurma, ma è inaudito!” aggiunse il Signor Pullings, squadrando con un’occhiata torva il volto della giovane ragazza seduta davanti a lui.

Perché? Una donna secondo la mentalità inglese non può essere degna di tale ruolo? Beh, è forse preferibile il vostro comandante, il capitan Jack Aubrey, il cosi detto Fortunato, che riesce a catturare le persone aggredendole alle spalle?” chiese con freddezza la donna.

Nessuno seppe cosa rispondere, le sue parole avevano zittito tutti, anche quelli più loquaci.  Jack capì subito che la ragazza aveva veramente un bel caratterino e voleva farsi rispettare sempre e comunque. Era molto diversa dalle donne normali che subivano le diverse sottomissioni da parte dell’uomo in silenzio. No, lei era un tipo determinato e, forse per l’istruzione che aveva ricevuto o per la sua indole, reputava che tutte le persone fossero alla pari, sia uomini che donne e che quest’ultime dovevano ribellarsi alla loro condizione di schiavitù ed inferiorità.  Il capitano valutò per un attimo quello che sembrava il carattere della donna e pensò che loro due, dal modo di fare, di agire e di pensare, fossero molto  simili, forse anche troppo. La sensazione che aveva provato in precedenza, e cioè quella che loro due sarebbero andati molto d’accordo, non lo aveva del tutto abbandonato,infatti, continuava a credere che loro due, superando le ostilità sarebbero potuti diventare nuovi amici e poi, chissà! La fanciulla che gli si presentava davanti, era in assoluto quella più bella che avesse mai visto, e sicuramente lo era anche per il resto della ciurma. I suoi capelli erano nerissimi, talmente scuri da avere dei riflessi bluastri, che ricordavano i bellissimi capelli neri delle donne indiane.

Erano mossi ma non troppo, poiché le onde che i capelli formavano erano molto morbide e le scendevano sulla schiena fin quasi alla vita. Qualche ciuffo più corto rispetto agli altri, cadeva sul suo viso, coprendole parte della fronte.

Era alta, con un gran bel fisico, snello e longilineo, ma con le sue “ciccette” nei punti giusti.

La sua carnagione era piuttosto chiara e contrastava deliziosamente con il colore dei capelli.

Il viso era bellissimo, un ovale regolare, le labbra erano piccole e leggermente carnose, in particolar modo il labbro inferiore.

Il naso era piccolo e all’insù e, sotto le sopracciglia scure che formavano un’arcuata accentuata, brillavano due occhi verde chiaro, dal taglio leggermente allungato, incorniciati da  ciglia lunghe e scure.

“Il mio comportamento non è stato leale” ammise il capitano, smettendo di osservare meravigliato la donna “ma di quando in qua ognuno di noi rispetta le regole?”

I due sembravano sfidarsi a parole, sembrava che cercassero di ghiacciarsi l’un l’altro, senza che però glielo avesse ordinato qualcuno.

“Nemmeno io mi sono comportata lealmente in mare, se questo è quello che volete dire, ma d’altronde, come avete detto voi stesso, chi rispetta le regole?”.

La donna aveva girato bene la domanda e ora toccava a Jack a trovare una risposta soddisfacente, che potesse far valere la sua causa. Ma per fortuna, questo battibecchio interminabile, fu interrotto da Stephen che, non sentendo più il rumore degli spari, era venuto ad accertarsi dell’esito dello scontro.

“Jack, allora com’è…” eclamò il dottore appena mise piede sul ponte, non finendo però il suo discorso tanta era la meraviglia di vedere una donna così attraente.

“Oh Stephen” disse il capitano voltandosi a sinistra “se vuoi sapere l’esito della battaglia, beh, sembrerebbe nostra la vittoria, anche se qualcuno qua dentro non è disposto ad accettarlo”.

Nel frattempo Stephen si domandava chi fosse la donna che si trovava davanti a lui, da dove venisse e soprattutto, perché era legata in quel modo; dall’aria non sembrava assolutamente una persona pericolosa.

“Non ho detto di non essere d’accordo” controbattè la ragazza “ho soltanto constatato il modo in cui siete riuscito a vincere”.

“Ehi voi, moderate il tono, non è il modo adeguato di rivolgere la parola ad un capitano” l’ammonì il signor Pullings.

“E’ una questione fra capitani questa, non vedo il motivo del suo intervento” rispose velenosamente la donna sottolineando il grado inferiore di Tom.

Se avessero continuato a litigare, molto probabilmente sarebbero potuti arrivare a sfidarsi, perciò Stephen si mise in mezzo e disse: “Suvvia, vi pare questo il momento di litigare? Piuttosto, se non le dispiace, mi par di aver capito che voi siete un capitano, ma è vero?”

“Certamente” rispose la donna, con un tono di voce molto più tranquillo e moderato.

E com’è possibile” continuò Stephen “se da quanto ne so io, le donne non sono accettate in mare?”

“Su questo non posso rispondervi, mi dispiace, ma stiamo entrando in fatti troppo personali”.

Un altro silenzio scese sulla ciurma, ma che fu presto rotto da Jack che esclamò: “Va bene signora, siccome sarete prigioniera sulla nostra nave, è meglio andare d’accordo ed evitare situazioni sconvenienti. Inoltre, mi piacerebbe presentarle i miei compagni d’avventura: il Signor Pullings” disse  indicando verso destra “il Signor Hollom” questa volta indicò la sinistra “e infine, il nostro medico di bordo, che come avrete capito, si chiama Stephen, Stephen Maturin.” Terminò indicando una persona leggermente dietro a lui.

“Piacere” esclamò di malavoglia la donna, ancora legata, che ormai aveva capito di doversi adattare a ciò che le veniva imposto.

“E il vostro nome qual è?” chiese curioso il capitano “sicuramente sarà bello come voi”.

La ragazza arrossì un po’, e sorrise timidamente, poi rispose: “Mi chiamo Nancy Marton”.

“Ma è un nome inglese, non siete di origine francese?” chiese Stephen, che voleva saperne sempre di più.

“No, mio padre era inglese, mia madre francese. Lui era venuto in francia per lavoro, dove incontrò mia madre. Si sono innamorati, sposati ed eccomi qua. I miei genitori hanno sempre voluto rimanere in francia, ma io so parlare anche l’inglese, non vi eravate ancora chiesto perché ci siamo capiti fino ad ora?”

La ragazza aveva pienamente ragione: fino a quel momento tutti le avevano rivolto la parola in inglese, pur essendo lei di nazionalità francese.

Le ostilità sembravano cessate, ma dentro Nancy ancora qualche sentimento di odio le attraversava il cuore, uno altro sentimento di…come definirlo, forse di simpatia e ammirazione  verso il suo peggior nemico stava nascendo dentro di lei, e questo la ragazza non sapeva spiegarselo.

Poco dopo Nancy fu portata sottocoperta e venne rinchiusa in una cella stretta e buia, ma forse una delle più comode prendendo come termine di paragone tutte le altre stanze microscopiche nelle quali venivano segregati i prigionieri di guerra più importanti, quelli che, per un verso od un altro, potevano infine rivelarsi utili.

E la ragazza mora già si immaginava cosa volesse il capitano da lei: sapere i piani e le mosse del nemico.

Fino adesso era vissuta bene sulle navi perché, essendo stata nominata capitano, i marinai non potevano farle assolutamente niente, ma ora si ritrovava in mezzo ad una ciurma di persone sconosciute, che la detestavano perché era una nemica.  Nancy però non si lasciava intimorire: molte volte era scampata da situazioni difficili usando il suo influente carisma; si, perché quando voleva sapeva anche essere molto convincente, e non vedeva il motivo per cui non sarebbe dovuta riuscirci un’altra volta ancora.

In qualche modo sarebbe riuscita a farsi amare dalla ciurma, e allora da li il gioco era fatto.

Nancy si sedette su quello che in teoria, ma non in pratica, doveva essere il suo letto: una tavolaccia di legno coperta da uno straccio. Beh, per essere una prigioniera di guerra, era stata trattata anche troppo bene!

Adesso non restava altro che mettersi l’anima in pace, rimanere li ferma, seduta ed immobile ed aspettare, prima o poi la fortuna avrebbe girato anche dalla sua parte.

 

***

Dopo aver lasciato la donna nella sua stanza e aver ordinato alla ciurma di frenare i bollenti spiriti e trattarla con gentilezza, Jack si recò da Stephen che, come suo solito si era recato nell’infermeria. D’altronde era un dottore, era logico che trascorresse gran parte del suo tempo laggiù, no?

Jack aprì la porta, senza bussare. Non era un comportamento giusto da tenere, ma il capitano conosceva così bene Stephen, che poteva permettersi certi comportamenti meno eleganti e formali.

Jack, ditemi, come mai qui?” chiese il dottore incuriosito; si erano lasciati soltanto poco tempo fa e non pensava di rivedere già l’amico.

“Così, avevo voglia di sfogarmi..anzi, più che altro volevo scambiare quattro parole con voi…”

“E’ per la ragazza?” domandò Stephen, anche se era quasi sicuro della risposta affermativa del capitano.

“Già..”

“Su, ditemi” lo sollecitò il dottore “potete confidarmi tutto, oppure è qualcosa di troppo personale?”

“Beh, ecco, intanto mi domandavo coma abbia fatto a diventare un capitano, ma non è questo quello che mi preoccupa…” il capitano lasciò cadere il discorso, che però fu prontamente ripreso da Stephen.

“Io ho provato a chiederglielo, ma non ha voluto rispondere, ci possono essere miliardi di motivi..e comunque c’è da sperare che col tempo magari si aprirà un po’ nei nostri confronti”

“E’ inutile sperare, è una prigioniera, e come tale non stringerà nessun rapporto di amicizia con noi”.

Stephen aveva capito al volo, al capitano in un modo o in un altro interessava essere in buoni rapporti con la ragazza, e forse anche di più, ma come Jack, pensava che sarebbe stato difficile, data la condizione in cui l’avevano messa; ci sarebbe voluto soltanto un miracolo.

“Jack, vi interessa la sua amicizia, vero?” chiese il dottore con aria inquisitoria.

“In un certo senso..va be’, facciamola breve: quando combattevamo sulla nave, prima che scoprissi che è una donna, le ho detto che, se non fossimo stati nemici a causa del destino, sicuramente saremmo andati molto d’accordo. Mentre discutevamo con lei sul ponte, ho continuato a pensare la medesima cosa..

E allora? Non vedo cosa ci sia di male”

“Il punto è che Nancy è una nostra nemica! Hai mai visto un inglese che voglia accattivarsi l’amicizia di una francese?!”.

Il capitano si stava sfogando, sembrava stesse perdendo le staffe, ma Stephen sapeva come farlo calmare: in tutti quei dieci anni trascorsi assieme a lui, molte volte aveva dovuto calmarlo per diversi motivi, e tutte quelle volte ci era riuscito perfettamente.

“Jack, ascoltatemi” cominciò Stephen “non è il momento adatto per arrabbiarsi questo..avete pensato che forse anche altre persone vorrebbero essere amiche di un francese? Non importa se siamo in guerra oppure no, siamo tutti uguali, capisci?”

Il capitano non rispose, accenò un si con un movimento della testa, ma rimase completamente muto; poi alla fine disse: “Stephen, avete di nuovo ragione”

“Una domanda, se è troppo personale non rispondetemi, vi piace Nancy?”

Jack ci pensò un po’ su poi disse: “Ad essere sincero, Stephen, se proprio devo dirvi la verità, ecco…forse…”

Ma non riuscì nemmeno a finire il suo discorso, la porta dell’infermeria venne sbattuta così forte che, sia Stephen, che il capitano si voltarono a guardare.

 

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Capitolo 3
*** Acqua..?!?!?! ***


3° Capitolo: Acqua

3° Capitolo: Acqua?!

 

“Capitano” esclamò il Signor Pullings, con ancora il fiatone per la corsa “il buco nello scafo si è ingrandito, stiamo imbarcando veramente molta acqua, troppa direi”.

Stephen e Jack, che si erano voltati per il rumore violento, tirarono un sospiro di sollievo: entrambi pensavano infatti che Nancy potesse già essere scappata, d’altronde non era del tutto da escludere l’ipotesi di un suo tentativo di fuga, anzi, era piuttosto logica: era una prigioniera appena catturata, qualche scialuppa era rimasta attaccata alla sua nave, l’Acheron, che non distava molto dalla Surprise e per giunta, sembrava che tutti avessero “abbassato la guardia”…quale momento migliore?

Il capitano si alzò in piedi, si avvicinò a Tom, che non era ancora entrato nell’infermeria e disse: “Quanto è grande questo buco? Non possiamo ripararla in fretta?”

“E’ grande quanto basta” replicò il sottoufficiale “e poi la sua posizione è in un punto critico; è difficile ripararlo con la nave in mare. Dobbiamo per forza approdare subito da qualche parte”.

Jack ci pensò un po’ su, valutando tutte le possibilità, poi rispose: “Va bene, è ovvio che dobbiamo fermarci in un’isola…ma quanto dista da qui un porto che possa accoglierci?”

Stephen osservava i due che decidevano sul da farsi, lui non voleva assolutamente mettere bocca su queste cose: era un lavoro da capitani e marinai, quindi non stava a lui decidere. E poi, parliamoci francamente: era un bravo medico, questo non è possibile negarlo, ma non dovevate parlargli di andature, barche, venti, perché sennò era il panico più totale.

“Un porto, dite?” molte isole sono vicine a noi, ma tutte quante sono completamente disabitate”.

“Accidenti…e quanto ci vorrà per arrivare sull’isola più vicina a noi, che sia abitata ed attrezzata per questo genere di cose?”

“Stando alle cartine, più o meno..tre- quattro giorni”.

Jack si voltò a guardare Stephen: cercava un consiglio negli occhi azzurri del dottore, ma sapeva che quest’ultimo non poteva darglieli. Tre giorni erano troppi, decisamente.

Era impossibile che si trovassero in un luogo così isolato, eppure era proprio così. Lontano da tutto e da tutti.

Ok” proruppe Jack “attraccheremo in un’isola sperduta…vedremo cosa potremo trovare laggiù di materiale e la ciurma farà del proprio meglio per riparare lo scafo”

“Ma Jack” si intromise Stephen, anche se un attimo fa pensava di non farlo “questa sarà soltanto una cosa temporanea…ci vogliono persone esperte per un lavoro simile, la riparazione che verrà fatta dai tuoi uomini potrà durare al massimo una settimana”.

“Stephen ha ragione” commentò Tom “come faremo poi?”

“E’ semplice” rispose Jack “dopo essersi fermati per…boh, il tempo che occorrerà per risistemare tutto, riprenderemo il mare e approderemo ad un’isola attrezzata e quindi abitata, e ci faremo fare un bel lavoro, che ci permetterà di continuare il nostro viaggio contro i francesi”

“E’ giusto” concordò Stephen “se avete detto che impiegheremo solo tre- quattro giorni per arrivare in quest’isola, la nave potrà resistere facilmente, ora non ci resta altro che mettere in pratica quello che abbiamo detto”.

“Allora, se così è deciso,io me ne andrei…capitano, dottore” disse il signor Pullings chinando leggermente il capo in segno di rispetto.

“Aspettate Tom, vengo anch’io con voi, voglio controllare le condizioni della nostra prigioniera”.

I due uomini uscirono dalla stanza, chiudendo la porta con poca delicatezza.

Stephen era rimasto solo, e pensava…Jack non aveva risposto alla sua domanda, non c’era stato abbastanza tempo, e adesso se ne andava..ma prima o poi sarebbe tornato a sfogarsi, e di questo il dottore era sicurissimo, e allora forse gli avrebbe confidato qualcosa.

Si, sapeva che Jack si fidava di lui, erano diventati da molto tempo migliori amici. E’ vero che alla fin fine i cosi detti “amici del cuore” sono quelli che per primi ti pugnalano alle spalle, ma per il momento, non sembrava che ci fossero motivi per tradirlo.

 

***

Jack aprì la porta della stanza dove si trovava Nancy. Vide la ragazza che, non voltandosi, stava sdraiata sulla schiena a fissare un punto nel vuoto su soffitto, teneva le mani dietro la testa e le gambe incrociate, come se non prestasse attenzione alla situazione in cui si trovava e come se non si curasse minimamente delle persone che le stavano intorno.

Il capitano rimase un po’ a osservarla: gli abiti maschili che indossava, non mettevano bene in risalto le sue forme, eppure si vedeva già la stoffa sotto quelli abiti laceri: era chiaro che una ragazza come lei avesse un bellissimo fisico, snello e abbastanza formoso, ma per dirlo con precisione occorreva vederla in un abito femminile, cosa molto difficile visto che si trovavano in mare, con un ciurma composta ovviamente soltanto da uomini.

Poi Jack, riprendendosi e abbandonando i suoi pensieri, esclamò: “Allora signorina, come vi trovate?”

Nancy si voltò a malapena, lasciando un po’ quell’indifferenza e rispose: “Bene, grazie. Non posso certo lamentarmi tutto sommato.

“Già…molti altri capitani, fatti nostri prigionieri si sono ritrovati in condizioni peggiori delle vostre..

“Quello non lo metto in dubbio…ma credo di potermi immaginare il perché di tutto questo riguardo nei miei confronti…”

“Allora, se già ne siete a conoscenza, sarò breve: sapete, mi interesserebbe sapere il nome delle altre  navi francesi che solcano i mari, e soprattutto la loro posizione…ormai siete prigioniera, e poi credo che vi piacciano un po’ gli inglesi, quindi potreste dirmelo”

La ragazza pensò: “Come volevasi dimostrare…ipotesi azzeccata…però, sono un genio!”; poi rispose: “Li conosco, si, e non posso dire di non sapere all’incirca anche la loro posizione, tuttavia non vi dirò mai niente su questo argomento, non posso tradire così la mia patria natale. In quanto agli inglesi, non li detesto, è vero, ma non ci andrei sicuramente a magiare insieme...questo non è per offendervi, ma per esempio, non vorrei mai un marito inglese, d’altra parte credo che anche voi non desideriate sposare una donna francese”

“In parte avete ragione…è un piacere parlare con voi perché mettete in luce certi aspetti del mio carattere e certe mie idee…ma va , lasciamo perdere...credo sia meglio per voi confidarmi i piani di Napoleone, ve lo assicuro..”

“Io non cedo mai ai ricatti” rispose la ragazza voltandosi dall’altra parte, dando così le spalle al capitano.

“vedo, ma vi sembra questo il modo appropriato di rivolgersi a me? D’altronde voi siete mia prigioniera, potrei fare di voi ciò che voglio..

“Questo non lo metto in dubbio, ma vedete, tutti mi hanno sempre insegnato a far valere in ogni occasione i miei diritti e le mie idee, e non vedo perché non dovrei farlo persino nella condizione in cui mi trovo”

“Sapete rispondere bene, mia cara…beh, visto che però continuate a ribattere e a non volermi dire assolutamente nulla,spero proprio che tre settimane di lavori forzati,facciano uscire qualcosa dalla vostra bocca”

“Non ci giurerei,capitano”continuò Nancy, per niente sconvolta all’idea di dover pulire la nave per 21 lunghissimi giorni. Certo, non era esattamente quello che avrebbe voluto fare quotidianamente, ma non poteva rifiutarsi: Jack era stato anche troppo magnanimo con lei, che non poteva permettersi altri litigi.

“Non scherzate con il fuoco, signorina…perché prima o poi, vi scotterete”

Jack lasciò da sola la ragazza,il suo colloquio era durato già abbastanza a lungo. Nancy sapeva sempre come rispondere, e questo lo metteva in difficoltà: lui non era da meno,questo sia chiaro, ma non era abituato a trattare con persone di quel tipo…l’unico che potesse confrontarsi con Jack, era solamente Stephen…beh, adesso aveva trovato chi gli avrebbe dato del filo da torcere.

 

***

Jack si svegliò che erano circa le otto del mattino, un po’ tardi per le sue medie.

Subito si alzò e, come uno zombie, si diresse verso la parte della sua stanza nascosta da un separè.

Là, sopra ad un comodino, era appoggiata una bacinella dove potersi lavare e poco distante erano appesi anche due “asciugamani” che, pur essendo piccoli, dovevano servire ad asciugare tutto il corpo.

Il capitano riempì la bacinella quasi fino all’orlo.

La prima cosa che fece fu lavarsi il viso: il contatto con l’acqua fredda cancellò definitivamente le tracce del sonno, ancora evidenti sul suo viso.

Poi, a pezzi, si diede una sciacquata generale e, dopo essersi vestito come al solito con camicia, pantaloni, stivali e giacca, uscì sul ponte dove già tutta la ciurma era in piena attività.

Abituato all’oscurità, il sole gli ferì lo sguardo e, mentre stava coprendosi gli occhi con il braccio, scorse Nancy, anche lei già occupata nella pulizia del ponte.

Tom si diresse verso di lui, dicendo: “Buon giorno, capitano! Dormito bene?”

“Insomma…non sono riuscito ad addormentarmi fino a tardi, e quando mi è venuto sonno, era già mattina…questo spiega perché ho dormito fino ad ora…” rispose il capitano, sbadigliando.

“Beh, non è sicuramente tardi come orario, ma per lei che è abituato ad alzarsi presto forse si..”

“Già…sentite, come procede la rotta verso la nostra isola indefinita?”

“Bene capitano. Credo che verso le due saremo laggiù..

“Perfetto”

 

Ps: e così, dopo diversi mesi di assenza, sono ritornata sulla pubblica piazza!

Sapete, siccome sto progettando di scrivere anche un’altra storia, devo riuscire a dare del tempo sia all’una che all’altra…e poi, sinceramente, mi era preso un momento di crisi…non sapevo più cosa scrivere…infatti, se notate, questo capitolo è venuto più corto del solito…ma vi prometto che rimedierò, scrivendone uno adeguato alle mie medie!!

Per favore commentate, che mi manca il sostegno morale…sennò sono capace di smetterla e di non scrivere più questa fanfiction che, a dirvi la verità, non mi sembra poi un granché…ma questo spetta a voi deciderlo…Ciao a tutti, by Embrido!!

 

 

 

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