Fragments di lilyblack (/viewuser.php?uid=3862)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il ritorno ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Note dell'autrice:
Come presentare
questa nuova long? Non saprei, sinceramente XD
E' l'unione tra
un mio progetto originale mai pubblicato e la mia 'nuova' ed insana passione per
Charlie Weasley.
Non contenta di
dover scrivere di lui nella raccolta 'Pansy per Sei' scritta in
collaborazione con LoveChild ( sotto il nome di LL production) ho
deciso di abbinarlo ad un nuovo OC, di mia invenzione e di sviscerare
la sua storia personale quanto più possibile.
Spero vi piaccia.
un abbraccio,
Lilyblack
Fragments
Prologo
La magia viaggia per il mondo, passa in ogni luogo e in ogni
angolo, permettendosi a volte di accumularsi in angoli particolari,
creando dei gioielli.
Vere e proprie pietre preziose, come Bucarest: la città
della bellezza. Misteriosa, affascinante e terribilmente sensuale,
piena di segreti e di astuzie per conquistarti, come una donna;
protettiva, come una madre che nasconde nei suoi vicoli più
bui segreti, per aiutare i figli più deboli e bisognosi di
conforto.
La guerra é comparsa più volte in quei cieli
scintillanti, incupendo il brillio delle stelle e raffreddando l'aria
calda del sud, ma non riuscendo, nemmeno con l'odio più
feroce, a spegnere la collaborazione tra gli uomini.
Bucarest e tutto ciò che la circonda appare ferma, immobile,
una perla fredda e anonima in una collana con mille altre perle, ma
nulla di tutto ciò corrisponde a ciò che
è veramente: al di sotto della patina immutata ed
apparentemente immutabile pulsa un cuore fatto di persone in perenne
movimento, instancabili e coraggiose.
La prima volta che Charles Weasley, detto Charlie, mise piede a
Bucarest per visitare la scuola per addestratori di draghi, ne rimase
totalmente affascinato, nonostante non fosse mai stato un tipo facile
agli entusiasmi.
Charlie Weasley era un ragazzo con i piedi ben piantati per terra,
nonostante la passione per i draghi, eppure la prima volta che percorse
i viali del Parco Tineretului gli sembrò di sentire la testa
scoppiare e una sorta di presagio aleggiare su di lui per poi
installarsi alla base del cervello, destinandolo a non avere tregua. Il
tempo che gli servì a capire che la sua vita sarebbe stata
lì, in quel luogo, fu veramente poco: prima della fine del
weekend aveva affittato la sua prima casa rumena, nella 'strada
secerei', a pochi passi dal parco.
La vita, in Romania, era stata da subito piena di avvenimenti e di
amici, non aveva quasi mai sentito nostalgia di casa, sbalordendo tutti
coloro che non riuscivano a spiegarsi come aveva mai potuto abbandonare
Londra e una carriera nel Quidditch per allevare draghi, lungo un fiume
qualsiasi della Romania.
'Ci sono dei posti che ti
albergano nel cuore e non puoi ignorare il loro richiamo, altrimenti
poi la malinconia ti uccide.'
Le sue parole di risposta a chiunque gli ponesse domande
sull'argomento erano sempre le stesse, rare sia per la
quantità che per la profondità; Charlie era un
giovane uomo prettamente pratico e spesso e volentieri preferiva la
compagnia dei draghi a quella delle persone, assecondando in toto il
suo spasmodico bisogno di libertà.
Cresciuto con cinque fratelli minori che gli erano nati fra le braccia,
o quasi, aveva sviluppato un amore incredibile per gli spazi ampi e
solitari e per un lavoro piuttosto individualista, dove l'unica cosa
importante era il contatto con il tuo drago.
I draghi per Charlie erano come gli incantesimi per Bill, un passaporto
per tornare a quella prima infanzia in cui erano stati soli, un modo
elegiaco di riprendersi ciò che, in fondo, non erano stati
poi così scontenti di perdere, per amore della propria
famiglia.
Bucarest, in fin dei conti, era stata Neverland, il paese dei balocchi,
il luogo in cui crearsi un suo mondo, il luogo da portarsi dentro
quando tornava casa, un mondo da raccontare a sua madre per
farla viaggiare oltre i confini della Tana.
Perché tutti nasciamo per un luogo, ma non sempre il nostro
posto è quello in cui nasciamo.
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Capitolo 2 *** Il ritorno ***
Fragments
Il
ritorno
Charlie
Weasley non amava fare le valige, tutti i suoi numerosi familiari lo
sapevano e per questo si preoccupavano di essere quanto più
distanti da lui, nel giorno in cui era prevista la sua partenza o,
almeno, quasi, tutti.
Tre
settembre 1996,
al primo piano della Tana, in una delle poche stanze da letto che non
sembravano minacciare il crollo, il secondo dei figli di Arthur e Molly
era fermo sulla soglia impegnato a guardare quei pochi centimetri
quadrati in cui sembrava essere scoppiata una bomba di vestiti; vestiti
invernali e ingombranti invadevano la sua stanza, quando sarebbero
dovuti essere nel suo baule, esattamente dove li aveva posti lui dopo
una lotta durata circa due giorni.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo, immaginando di stare per
affrontare un grande drago pericoloso e non un'innocua stanza piena di
vestiti, vestiti che non si sarebbero dovuti trovare dov'erano. Quando
le palpebre si riaprirono e svelarono di nuovo quei grandi occhi
celesti, purtroppo l'inferno era ancora pieno di maglioni fatti a mano
da sua madre.
Non era stupido, nonostante fosse una persona tranquilla e di poche
parole, e nonostante desse spesso quell'impressione era perfettamente
cosciente del perché la sua stanza era in quelle condizioni,
inaccettabili perfino per gli standard di suo fratello Ron.
Il motivo aveva un nome, anzi due.
Due nomi, trecentottanta centimetri diviso due e un'infinita
capacità di combinare guai e fargli saltare i nervi,
solitamente a prova di qualsiasi accidente.
Amava tutti i suoi fratelli e adorava Fred e George quasi quanto Bill,
ma l'idiosincrasia che provava per vestiti, bagagli e sciocchezze
simili era qualcosa di impareggiabile.
Non ebbe bisogno di chiamare a sé con un urlo cavernicolo i
due gemelli, da uno schiocco alquanto rumoroso e distratto,
seppe che erano arrivati. Negli anni aveva sviluppato la
teoria secondo la quale ogni mago si differenziava per il POP della sua
smaterializzazione e i suoi fratelli ne erano la prova vivente. Suo
madre produceva un rumore che ricordava quello delle torte quando
lievitavano, suo fratello Percy uno schiocco secco e preciso come
quello di una pistola babbana, ma niente era comparabile al rumore che
invadeva la stanza quando si materializzavano i gemelli: sembravano
fuochi d'artificio.
Si voltò lentamente, respirando e contando fino ad un numero
spropositatamente lontano dal dieci, pur di convincere sé
stesso a non arrabbiarsi, a non lanciare fiamme dagli occhi a
non impugnare la bacchetta in modo minaccioso. Purtroppo ,nonostante
tutti i suoi sforzi, lo specchio a muro rimandava l'immagine di un
ragazzo non troppo alto e dalla corporatura massiccia, dotato di mani
robuste, di cui una stretta con veemenza attorno alla bacchetta in
legno di quercia; lo sguardo non era visibile, nel riflesso, ma quello
che videro bastò a far indietreggiare Fred e George di
qualche passo, con un sorrisetto beffaro e nervoso al tempo stesso, che
nemmeno Molly riusciva a strappargli.
Charlie era, fra tutti i componenti della famiglia, quello che i
gemelli ammiravano di più, l'unico che considerassero degno
di riprenderli o sgridarli, seppure nei limiti ristretti
della loro visione del mondo.
Charlie, di contro, più li conosceva più ammirava
il loro modo, colorato e vivo, di affrontare ogni cosa a testa alta.
Non era sfrontato come loro, viveva la sua vita in maniera diversa e
non provava invidie, ma l'ammirazione per i gemelli non se l'era mai
risparmiata. Ammirare
qualcuno non significa necessariamente disistimare se stessi.
'Charlie'
'non capiamo'
'perchè'
'ci guardi'
'in questo '
'modo'
Non
sapeva se ridere, arrabbiarsi, o entrambe le cose per poi scoppiare in
un pianto isterico per la stramba comunione di emozioni, cosa
assolutamente estranea alla sua personalità.
Si avvicinò lentamente ai fratelli, che nel frattempo si
affiancavano sempre di più, fino a sembrare uniti da un
braccio; era una mossa difensiva, che attuavano fin da quando erano
piccoli. Uniti contro il mondo, un nucleo compatto all'interno di un
nido già forte e coeso come quello della loro famiglia.
Riuscì a non sorridere intenerito, si fermò
appena in tempo tentando di visualizzare con la mente un Ungaro Spinato
e non quelle due canaglie che si ritrovava come consanguinei; non
poteva e non voleva perdere il suo ascendente su di loro e sorridergli
dopo un'apocalisse di quella portata, non era il modo migliore per
tentare di educarli, indubbiamente.
'Zitti.'
Un
sibilo ben assestato aiutava, decisamente, ad arrrivare allo scopo.
Un sibilo e gli occhi ben piantati in quelli del nemico, sebbene
sostenere quattro occhi contemporaneamente possa risultare
difficile: una tecnica che non gli aveva mai causato problemi.
Charlie avrebbe messo una mano sul fuoco, forse anche tutte e due, per
scommettere sul volto indignato che i Fred e George avrebbero messo su,
su quel passo mezzo avanti e mezzo indietro che avrebbero mosso,
indecisi sul da farsi. Furbi e sfrontati, ma non così tanto
da disturbare il drago nella sua tana.
Curiosi fino alla morte; Lui li aspettava al varco, qualche passo prima
dell'uscio, pronto a mettere il suo piano.
'che
'
'vuol'
'dire?'
Un
passo in avanti di troppo e la porta che si chiudeva alle loro spalle,
solo in quel momento si concesse di ghignare soddisfatto e tronfio e
poi, forse, di sorridere loro.
'Vuol
dire zitti ed aiutatemi a mettere in ordine.'
A
quella frase quasi sbiancarono. Charlie era l'unico in famiglia che
fosse mai riuscito ad obbligarli a fare qualcosa, subdolo come un
Malandrino mancato e furbo esattamente come loro due. Combatteva sul
loro stesso terreno, ma aveva dalla sua l'esperienza e
l'abilità di maneggiare creature pericolose come i draghi.
Avevano imparato da tempo, oramai, che discutere con lui era pericoloso
e quanto di meglio potevano fare era tentare di trarre qualcosa di
buono dalla situazione in cui si erano, 'innocentemente', cacciati.
'Solo'
'ad una'
'condizione.'
'Non
siete in grado di dettare condizioni.'
Aveva
voltato loro le spalle e si era impegnato a scavalcare cumuli di
maglioni, pantaloni e quant'altro, per poi fermarsi dall'altra parte
della stanza, da dove poteva guardarli e controllare che non tentassero
di violare la restrizione che li voleva lì dentro
finché tutto non fosse stato riordinato.
George si lasciò cadere su alcune vecchie tute di Quidditch,
Fred si sedette con una grazia invidiabile sulla sua sedia preferita,
che puntualmente viaggiava, rimpicciolita, dalla Romania in Inghilterra
e viceversa.
Iniziarono, malvolentieri, a ripiegare con le bacchette ciò
che una qualche loro invenzione aveva fatto saltar fuori dai bauli; non
avevano rinunciato a parlare, a chiedere e ad immischiarsi della sua
vita, Charlie non si illudeva minimamente e probabilmente, se loro un
giorno avessero finito di immischiarsi di quello che faceva, avrebbe
pensato di aver perso due fratelli.
Le loro chiacchierate apparentemente forzate erano tra i momenti
passati in Inghilterra che, una volta tornato in quella che chiamava
casa, gli mancavano di più.
'solo'
'se ci'
'parlerai'
'delle donne'
'in Romania.'
Charlie
scosse il capo e una piccola risata gutturale gli uscì dalle
labbra, quella risata che sapeva di calore, di terra, di tempo passato
sulla groppa di un drago senza badare alle condizioni metereologiche.
La sua risata parlava di lui, del suo modo di vivere così
istintivo eppure contenuto, al tempo stesso, così simile e
diverso da quello di Bill o dei gemelli.
Non rispose, ovviamente. C'era un copione fra di loro, che
comprendeva delle regole che, nonostante non fossero mai state scritte,
erano inviolabili: i gemelli dovevano insistere, altrimenti non si
divertivano e lui era quello che doveva rifiutare le loro domande.
Un pò come quando erano bambini e insistevano per volare
sulla sua scopa.
'eh
eh?'
'che combini?'
Gli
si erano avvicinati di pochissimo, uno strisciando per terra e l'altro
usando la bacchetta per far lievitare la sedia.
'Fred,
pensa a piegare i maglioni.'
'
I maglioni sono noiosi, un racconto dettagliato...'
'ma non troppo'
'della tua vita sessuale, potrebbe esser un buon anti-noia.'
Rise,
di nuovo, non perché ci fosse realmente qualcosa
di esilarante o estremamente strano nella loro richiesta, ma
perchè quel loro alternarsi le frasi in maniera
così naturale e perfetta, era sempre stata un'iniezione di
buonumore per lui, dal carattere solitmente più contenuto.
Pensò realmente alla domanda che gli era stata posta, ma non
nel modo in cui i gemelli potevano immaginare.
Charlie Weasley era spesso confuso con un donnaiolo dalle tresche
segrete o con un asessuato totale, non essendo né l'uno
né l'altro; aveva avuto, anni prima, una grossa delusione e
dopodiché si era concentrato su tutt'altro, essendo arrivato
alla conclusione che, nella vita, le cose importanti erano altre.
Niente di originale o di eccessivamente deprimente, ma la figura di un
domatore di draghi era così esotica, per la maggior parte
delle persone che lo conoscevano, che risultava difficile accettare la
realtà; in quel momento della sua vita era tutto,
fuorché un uomo interessato a relazioni sentimentali.
Le sue donne si limitavano, escluse sua madre e sua sorella che erano
perennementenel suo cuore, a: Adeliana
Cartarescu,
la sua corpulenta e temibile padrona di casa che controllava ogni due
giorni se il suo inquilino preferito era finito in pasto ad un drago, Alexia
Blaga, padrona
del ristorante in cui andava regolarmente a mangiare, data la sua
totale incapacità nel cucinarsi qualcosa da solo; ultima, ma
non ultima, la regina incontrastata del suo cuore: Alexandra, la
femmina di Lungocorno Rumeno che gli era stata affidata da poco.
'Charlie!!!!'
L'urlo
arrivò, possente, diritto nelle sue orecchie; non si era
reso conto, mentre elucubrava sulla sua vita in Romania, che i gemelli
si erano avvicinati, armati di maglioni e calzini in via di ritorno
verso il fondo del baule in ciliegio. La sua famigerata occhiata di
fuoco non bastò, questa volta, per allontanarli.
'Allora?'
'Bionda, rossa, mora?'
' a chi stavi pensando?'
'A
nessuno...'
'Non
ci crediamo...'
Alzò
gli occhi e li vide li, con le bacchette che piegavano i maglioni senza
rivoltarli dal lato giusto e gli enormi occhi celesti fissi sul suo
volto, in attesa di una risposta. Avevano un'innocenza d'animo,
nonostante la fama che si portavano dietro, incomparabile. Lui era
molto più cupo e traumatizzato di loro, ricordava
tremendamente bene la prima guerra ed era felice ogni volta di
più quando vedeva che loro due riuscivano a farsi scivolare
tutto addosso.
Chi era lui, per riportarli alla cruda realtà?
'
Una rossa che si preoccupa per me, una bionda che cucina per il mio
stomaco e una mora che mi scalda e mi tiene sul filo del rasoio.'
'Hai
visto fratello?'
'Avevamo ragione!!'
Lo
schiocco delle loro mani che si scontravano in un gesto di gioia, la
risata che ne conseguì, gli riempirono il cuore; e non aveva
nemmeno detto una bugia, le parole che aveva lanciato nell'aria,
incoscienti, erano intrise di verità.
*°*°*°*°*°*°
Charlie
amava Bucarest, la Romania, i draghi e la vita che conduceva li.
Amava la sua vita e smaniava sempre per ritornarvi, quando vi si
allontanava per qualche motivo, ma se c'era un solo motivo per il quale
sarebbe rimasto in inghilterra, quello era sicuramente il pranzo prima
della partenza.
Nella cucina della tana faceva più caldo di quanto avrebbe
dovuto e solitamente si potevano portare le mezze maniche anche in
pieno inverno; sua madre si affaccendava ai fornelli con una foga
inaudita, preoccupata che lui potesse rimanere a digiuno per i seguenti
mesi e suo padre controllava ogni cinque minuti che la passaporta fosse
attiva: se Charlie fosse arrivato in un punto sperduto della
transilvania, sicuramente Arthur sarebbe stato il primo imputato del
tribunale speciale di casa Weasley, composto unicamente dalla padrone
di casa.
Odiava il pranzo d'addio perchè lasciare sua madre in quelle
condizioni e temere per l'incolumità di suo padre era
estremamente vicino al limite massimo che, da buon figlio devoto,
poteva sopportare.
'Mamma...'
'
si Charles?'
I
gemelli erano andati via, da circa una mezz'ora e sapeva quanto la
madre soffrisse anche del loro vivere metà della loro vita a
Diagon Alley, nel centro del mirino.
Le si era avvicinato dalle spalle e l'aveva abbracciata lentamente, per
non farla scottare; una padella caduta sarebbe stata l'inizio
anticipato della seconda guerra magica. Inspirare il profumo di casa,
di biscotti e di buono che sua madre portava con se gli apriva il cuore
e gli ricordava quanto fosse fortunato ad avere una famiglia incasinata
come la sua.
'Mamma
non c'è bisogno che cucini così tanto...ho da
mangiare a casa..'
Fu
quando la sentì agitarsi nel suo abbraccio debole
come se fosse uno di quelli stritolatori di Hagrid, che si rese conto
dell'errore. Sua madre si crogiolava nell'illusione che prima o poi,
lui sarebbe tornato a vivere in inghilterra e, per quanto fosse
abbastanza intelligente da rendersi conto che era
un'eventualità estremamente remota, era buona regola non
ricordarglielo.
Le lacrime di Molly Weasley ferivano quasi come le sue urla e
lui, in fondo, era un bravo figlio.
'Volevo
dire, a Bucarest'
'Sicuro?'
Sapeva
benissimo che non poteva permettersi di andare oltre, di scavalcare
quel imite che permetteva alla sua famiglia di restare serena, ma non
era perfetto, non lo era mai stato qualunque cosa pensasse sua madre;
gli capitava di sbagliare innumerevoli volte.
'Sicurissimo
mamma. Ora però dobbiamo mangiare, altrimenti perdo la
passaporta...'
'Si
hai ragione, come ho fatto a non pensarci prima. Avrai tante cose
importanti da fare lì.'
Non
riusciva a dire, dopo tutti quegli anni, il nome della città
dove viveva, ma se non fosse stata così piena di
testardaggine, non sarebbe stata la Molly Prewett in Weasley che tutti
amavano, temevano
e rispettavano.
Il pranzo passò in allegria, nonostante la capatina di una
tristissima Tonks che sua madre continuava a voler far fidanzare con
Bill, convinta che prima o poi si sarebbe stancato di Fleur; peccato
che lui non avesse mai visto una coppia più innamorata di
suo fratello e della mezza veela.
Sembrò un attimo, ed era già in piedi vicino alla
porta, con il suo zainetto pieno di oggetti rimpiccioliti sulle spalle
e il giornale-passaporta in mano.
'E'
arrivato il momento...'
'Fai
il bravo e scrivimi.'
'Tutti
i giorni, promesso.'
Un
bacio, un abbraccio e qualche convenevole, frasi già dette e
già ascoltate, di quelle che si pronunciano quando
non si vuole realmente abbandonare qualcuno.
Ma si abbandona poi qualcuno, quando lo si porta nel cuore?
Erano anni che tentava di sciogliere l'enigma di Silente, ma si rese
conto nel momento esatto in cui poggiò i piedi sul selciato
della Strada Pajistei.
Respirò l'aria frizzante e tiepida della sera a pieni
polmoni, gli ci volle poco per realizzare che finalmente, dopo
più di un mese di lontananza, era tornato dall'unica donna
che, al di la di sua madre, amasse realmente: la sua città.
'Forza
Charles Weasley...una bella doccia e poi via, da Alexandra!!'
Il
giornale con Scrigemour fu abbandonato sul marciapiede, oramai
inservibile, mentre il sole baciava Bucarest, che salutava il figlio
ritornato.
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Note dell'autrice:
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto *_*
A
me ha aperto il cuore, scriverlo. E' totalmente diversa dall'altra long
che sto scrivendo, è molto più Gryffindor, questo
è innegabile XD
Non riesco a rispondere a tutte e UNDICI ( wow *_* per me è
un numerone) anche perchè vi ho man mano risposto su FB, ma
spero vogliate recensire ancora.
*_*
Un
bacio 'bucarestoso'.
LilyBlack
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