Here I Am

di EclipseOfHeart
(/viewuser.php?uid=25977)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I: Giuro che io ti troverò e non ti lascerò ***
Capitolo 2: *** II: Ed è già tardi e fuori è buio ***
Capitolo 3: *** III: Ora il mio corpo respira con te ***



Capitolo 1
*** I: Giuro che io ti troverò e non ti lascerò ***


«Direi che sarebbe meglio fermarci su quell’isola, giusto Nami

 

Here I Am

 

 

I°: Giuro che io ti troverò e non ti lascerò ~

 

«Direi che sarebbe meglio fermarci su quell’isola, giusto Nami?» chiese Usopp sporto dal ponte della nave, intento a fissare un’isola a poca distanza da loro.

« Sono d’accordo, tra poco ci sarà una tempesta, meglio evitare di essere in mare se possiamo stare sulla terraferma.» confermò Nami cominciando a dare ordini per far arrivare la Sunny su quell’isola, poi, pensierosa, prese delle cartine per controllare quell’isola.

«Come si chiama quest’isola?» chiese Robin avvicinandosi a lei.

«Non lo so, non c’è traccia di essa nelle mie cartine.» sentenziò Nami.

«Beh, poco male.»

La ciurma si diede da fare per arrivare all’isola il più velocemente possibile e, man mano che si avvicinavano, l’aspetto dell’isola metteva loro sempre più di malumore.

Era una terra arida, piena di sterpi e arbusti secchi, si poteva intuire che dentro l’isola vi fosse un piccolo villaggio in quanto sulla scogliera più alta era costruita una torre di pietre, probabilmente un faro. Dalla spiaggia, per proseguire nel cuore dell’isola, bisognava superare delle lunghe file di alberi, che erano disposti così bene da sembrare una recinzione. Non c’era un buco da cui passare se non per quella specie di bosco, di cui non si vedeva neanche la fine.

La Sunny arrivò alla spiaggia e i ragazzi la legarono velocemente, scendendo poi sulla sabbia.

V’era un silenzio quasi innaturale, pur essendoci tanti alberi non si sentiva il verso di un uccello se non, ogni tanto, il gracchiare dei corvi.

Il bosco distava un po’ di metri dalla spiaggia, per cui i Mugiwara decisero di addentrarsi verso l’isola. Era inutile stare lì senza far niente. Quindi iniziarono a camminare verso il bosco, con Rufy in testa che saltellava, Usopp e Chopper che avevano paura di quel luogo così buio. Persino il cielo non li aiutava, era diventato grigio, ma non scuro come se stesse per piovere ma un grigio chiaro che dava l’impressione che il cielo ti si stesse per chiudere addosso.

Arrivati quasi vicini agli alberi, all’improvviso Rufy, che era in testa ed era più avanti degli altri, cadde improvvisamente bocconi sulla sabbia.

«Rufy!» gridò Nami per prima correndo verso di lui. Lo sollevò da terra, notando che il volto era diventato pallidissimo, come se all’improvviso fosse stata prosciugata tutta la sua energia vitale. Nami, preoccupata, lo chiamò ancora ma lui aveva gli occhi chiusi e non dava cenni di voler rispondere. Gli altri accorsero immediatamente, soprattutto Chopper, in quanto medico, ma non appena arrivarono al punto di Rufy, il medico e Robin svenirono anche loro improvvisamente. Anche Brook lamentò di sentirsi debole, anche se non svenne.

Pallidi esattamente come Rufy, non riuscivano a muovere un passo. L’unica che non era totalmente svenuta e faceva uno sforzo enorme per tenere aperti solo gli occhi era Robin che con voce debolissima sussurrò: «Questa è l’agalmatolite… Portateci alla nave… »

Franky prese in braccio Robin, Zoro prese Brook, Usopp si mise in spalla Chopper mentre Sanji si occupò di Rufy. Fecero immediatamente come detto da Robin e li allontanarono da quel bosco. Appena dopo pochi metri tutti e quattro rinvennero e i loro visi ripresero colore.

«Ma che diavolo vi è successo?!» urlò Nami spaventata e avvicinandosi a Robin.

«Questo è l’effetto dell’agalmatolite, è la stessa sensazione solo più forte. Di colpo è come se avessi perso tutte le forze.» commentò Robin, scendendo da Franky e ringraziandolo.

«Già, è stato orrendo.» confermò Rufy che si era ripreso completamente.

«Ma dove avete toccato l’agalmatolite?» domandò Franky.

«Non credo che l’abbiamo toccata, Franky. Siamo svenuti quando abbiamo iniziato ad avvicinarci a quegli alberi, per cui suppongo che siano gli alberi la causa dell’agalmatolite.» chiarì Chopper, fissando quella strana foresta.

«Continuo a non capire. Gli alberi?» Protestò Sanji, continuando a chiedere a Robin come stesse e se avesse bisogno di qualcosa.

«Ho una teoria. Ho idea che l’agalmatolite noi la stavamo respirando.» considerò Chopper.

«Respirando?» ripeterono tutti con sguardi stupiti.

«Ma che significa? L’agalmatolite è un minerale!» esclamò Nami.

«Sì lo so. Ma pensaci, non abbiamo toccato niente e appena siamo arrivati alle vicinanze degli alberi, siamo stati male. Forse, sotto i pressi di quel boschetto inizia una specie di giacimento sotterraneo dell’agalmatolite. Forse, gli alberi avendo le radici affondate nella terra oltre a liberare ossigeno, producono anche essenza di agalmatolite.»

La ciurma era con gli occhi spalancati per le teorie di Chopper, che si era inginocchiato a terra per raccogliere alcuni frammenti di terriccio.

«Posso provare ad analizzarlo, tuttavia temo che qui non ci sia niente; ci sarebbe bisogno della terra dentro quel boschetto.» disse Chopper sospirando.

«Non è poi un così grosso problema, potrebbe prenderla uno di noi.» rispose Zoro.

«Oh, sarebbe una grande scoperta. “Essenza di agalmatolite”, anche se per noi sarebbe un grosso problema. Se la Marina venisse a scoprire una cosa del genere saremmo rovinati! E’ importante fare ricerche!» gridò Chopper con gli occhi che gli brillavano per l’emozione della scoperta.

«Dubito che sia una poi così grande scoperta, sempre ammesso che sia come dici tu. In fondo non puoi mica imbottigliare un’essenza!» dichiarò Sanji.

«Per quello, i modi esistono, in fondo un profumo è un’essenza.» rispose Usopp cominciando a pensare a qualche strana invenzione per racchiudere l’agalmatolite.

«Senza contare che mi sembra potentissima. Forse è anche perché ci sono tanti alberi e quindi l’essenza è prodotta in maniera massiccia. Però siamo svenuti tutti subito, l’agalmatolite ti priva dei poteri e la forza te la risucchia pian piano. Qui invece siamo rimasti subito senza forze!»

«Ma questo si può spiegare. Solitamente veniamo solamente a contatto con l’agalmatolite e questo già basta a farci stare male. Immagina se addirittura la respiriamo, è come se ci entrasse una manciata di acqua marina nel corpo! Oltretutto poi si propaga insieme all’ossigeno, grazie ai polmoni.» spiegò Robin.

«Ma come Brook sta meglio di noi?» chiese Rufy osservando lo scheletro in perfetta forma.

«Brook non ha polmoni. Su di lui l’effetto dell’essenza è ridotto.» rispose Nami.

«Beh, allora direi di fare come ha detto Chopper. Zoro, Sanji e gli altri che non subite l’effetto dell’agalmatolite andate a raccogliere della terra.» dichiarò Rufy, salendo sulla Sunny.

«Non possiamo andarcene prima di domani. Ora manca davvero poco alla tempesta, anche se non ho mai visto un cielo così opprimente.» informò Nami seguendo poi il capitano.

Robin, Brook e Chopper salirono anche sulla nave, mentre gli altri andarono al bosco per raccogliere del terriccio.

Sanji e Zoro furono i primi ad avvinarsi agli alberi e, con le bottigliette date loro da Chopper, iniziarono a mettere terra dentro le provette.

«Entriamo dentro questo bosco. Magari più ci inoltriamo più incentrata sarà l’agalmatolite.» propose Sanji cominciando ad attraversare gli alberi.

Tuttavia non andò avanti a lungo.

Appena appoggiò una mano sui rami per scostarli e per potere passare, fu come se i rami avessero preso vita.

Divennero di colore verde vivo e iniziarono a scuotersi, i lunghi rami si trasformano in liane e cominciarono a tirare colpi ai due che caddero a terra, presi alla sprovvista.

«Ma che diavolo succede? Questi alberi ci hanno attaccato!» gridò furente Zoro, avvicinandosi e iniziando a tagliarli ogni qualvolta una liana lo attaccava. Sanji lo seguì e iniziò pure a lui dare calci. Velocemente arrivarono anche Usopp e Franky che iniziarono anch’essi a lottare con le piante.

Ma capirono ben presto che era una lotta vana. Non avanzavano di un passo, le liane continuavano a riprodursi in maniera velocissima benché non venissero che tagliate, prese a calci e sradicate.

«E’ tutto inutile! Queste maledette piante devono essere stregate! Non siamo andati avanti neanche di mezzo metro da quando abbiamo iniziato a combatterle!» constatò Franky.

Zoro si allontanò velocemente dalle piante e disse ai compagni di fare lo stesso; difatti non appena furono pochi metri più in là i rami tornarono ad essere marroni, secchi e si ritirarono negli alberi.

«E’ come una forma di difesa.» costatò Usopp.

«Non ci permette di entrare dentro quel villaggio. Quest’isola fa sempre più schifo, non vedo l’ora d’andarmene domani.» concluse Zoro tornando verso la Sunny.

Tornati anche gli altri, Franky si mise a spiegare la strana “difesa” dell’isola. Nami rimaneva sempre più allibita, quell’isola era piena di sorprese. Non c’era nessun modo di entrare nel cuore del villaggio, in quanto gli alberi erano disposti come una vera e propria recinzione.

Sembravano alberi così secchi e vecchi che spezzare i rami sarebbe stato facilissimo, invece potevano rivelarsi trappole mortali. Le liane attaccavano veloci e le punte erano taglienti come rasoi.

«Per fortuna domani ce ne andremo.» concluse Robin mentre Chopper, ricevute le provette, era corso nel suo studio per esaminarle.

 

Il cielo cominciò pian piano ad incupirsi ed il grigio andava lasciando il posto al nero della notte, ma non si poteva dire che fosse meglio. Non brillava neanche una stella, era come se avessero coperto il cielo con una pezza così scura che metteva paura.

Dopo la cena e dopo esseri rimasti un po’ sulla nave a chiacchierare tutti andarono nelle loro stanze per dormire.

Dalla stanza dei ragazzi si sentiva un forte russare, cui contribuivano tutti, mentre dalle ragazze c’era il massimo silenzio.

Poi dai maschi si sentì un tonfo sordo, Rufy era scivolato dal letto.

Massaggiandosi la testa stava per rimettersi nel letto quando sentì un rumore provenire da fuori. Incuriosito uscì fuori e andò verso la parte centrale del ponte.

Sentì di nuovo il rumore, poi un’altra volta, poi una terza.

Scese dalla nave, mentre ora oltre a rumore iniziò a sentire delle voci.

 

Come to me. What's the news?
Here I'm still left lonely
.

 

Le parole erano sussurrate piano, lui non ne capiva il significato. Ma la prima parte “Come to me” si ripeteva costantemente.

Senza accorgersene proseguì verso gli alberi, attirato da quella voce. Era curioso di sapere cosa fosse, visto che più vicino andava agli alberi più la voce si sentiva distintamente.

Poi si fermò, ricordandosi cosa era successo il pomeriggio.

Ora sentiva quelle parole come se fossero cantate, una dolce nenia che non smetteva di invitarlo dolcemente.

Rufy rimase lì ad ascoltare quelle voci per almeno una buona mezz’ora finché non trovò la forza per decidersi ad andarsene.

Poi un boato si diffuse nell’isola, tutti i rami presero vita all’improvviso e si agguantarono su Rufy che, assolutamente impreparato, fu fatto prigioniero delle liane. Non lo ferivano ma l’avevano legato.

Rufy cominciò a stare molto male e non riuscì ad usare i suoi poteri per liberarsi, l’effetto del frutto del diavolo era svanito ed era debole.

In men che non si dica le liane lo tirarono verso la foresta dove sparì, ormai svenuto. Non aveva avuto neanche il tempo di urlare e nessuno dei suoi compagni si accorse della sua assenza, se non il mattino dopo.

Il giorno seguente, infatti, tutti i Mugiwara si accorsero subito dell’assenza del capitano. Preoccupati cominciarono a setacciare la parte di isola che gli era concessa ma ovviamente non trovarono nulla.

«Per me Rufy è lì dentro. Non so come sia finito lì, ma lo sento.» sussurrò Nami che continuava a fissare la foresta, temendo per la vita di Rufy. Se era veramente in quel bosco, rischiava seriamente di morire; a causa dell’effetto dell’agalmatolite diventava come un comunissimo essere umano, anzi peggio in quanto perdeva tutte le forze.

I ragazzi provarono nuovamente ad entrare nel bosco, ottenendo però i medesimi risultati del giorno precedente.

Stavolta però successe qualcosa di diverso, insieme agli altri, quel giorno si avvicinò anche Nami. Non appena i suoi piedi arrivarono presso le liane queste si ritrassero come impaurite; lei stupita continuò a camminare, notando che gli alberi la facevano passare.

Subito Zoro e Sanji tentarono di seguirla ma le piante cominciarono nuovamente a colpirli, impedendogli di raggiungerla.

Nami avanzava, finché le liane dietro di sé non si richiusero.

Era sola. Dentro un bosco da cui non sarebbe stato facile uscire. La priorità però, si ripeté mentalmente, era salvare Rufy.

Doveva trovarlo a tutti i costi e salvarlo, doveva essere lei per una volta a salvargli la vita. Non sapeva perché quell’isola fosse così terribile, né perché Rufy fosse stato prigioniero. In realtà non aveva neanche la certezza che Rufy fosse lì dentro, ma quella sensazione di pericolo e paura, per lei, era più che sufficiente.

Il suo capitano era in pericolo. Lo sentiva distintamente come i battiti del suo cuore accelerato dalla paura e come i suoi respiri affannosi.

Ma, stavolta, avrebbe potuto salvarlo lei. L’agalmatolite non aveva nessun effetto su di lei, ma aveva il sospetto che quel minerale fosse la cosa meno innocua di quel bosco. Le liane erano un’arma letale per lei, non ci avrebbero messo niente per ucciderla, quindi non capiva perché fossero così innocue e non l’avessero ancora attaccata; anzi, si spostavano quasi ad invitarla a proseguire.

Ma nulla l’avrebbe fermata.

O torno con Rufy o non torno più.

 

 

 

Fine I° Capitolo.

Allora, premetto che sarà una long-fic abbastanza breve (prevedo solo altri due capitoli) e che è palesemente una Runami xD

E’ anche però una storia avventurosa, mista insieme a elementi un po’ (non dico addirittura horror) ma ecco soprannaturali!

Non si capisce molto da questo primo capitolo e me ne rendo conto, però dagli altri si capirà meglio la situazione. (Sì, ci metterò poco a finirla perché ho già tutta l’idea in testa.)

L’idea dell’essenza dell’agalmatolite mi è venuta come un flash, e sì, credo sia una sciocchezza xD Ma vabbè è una fic, usiamo la fantasia e poi nel mondo di OP tutto è possibile! *tentativo di convincervi, cari lettori X°D*

 

In quanto alle citazione, il titolo del capitolo è preso dalla canzone “Io ti troverò” di Daniela Rando.

La frase in corsivo che sente Rufy è effettivamente il verso di una canzone, è “Ravenheart” degli Xandria. Canzone che userò ancora nei prossimi capitoli.

 

**Mi lasciate un commentino, vero?

Vero che me lo lasciate?

Un bacio, in ogni caso.

 

 

Marty De Nobili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II: Ed è già tardi e fuori è buio ***


Here I Am

Here I Am

 

 

 

II°:Ed è già tardi e fuori è buio

 

L’aria dentro quel bosco era malsana, sapeva di putrido e di sporco. La vegetazione era così fitta che per compiere un passo le sembrava passassero ore. Era pur vero che la sua percezione del tempo era estremamente alterata, non capiva da che parte andava né quanto avesse realmente camminato.

Aveva inizialmente tentato di tenere una sorta di sentiero ma il proposito si era rivelato ben presto impossibile. Quegli alberi erano identici fra di loro, non c’era proprio modo di trovare una particolarità da ricordare e non aveva neanche un coltello con sé, con cui magari avrebbe potuto intagliare qualche “x” nei tronchi.

Oltre al fatto di essersi persa, un’angosciosa sensazione continuava ad opprimerla e non soltanto la paura per Rufy.

Tutto, in quel luogo, emanava disperazione. Dalla terra priva di sassi e piena di foglie morte e secche, fino agli alberi con i tronchi così fragili da cadere a pezzi. Solo i rami degli alberi sembravano rigogliosi ma era sempre una vista che procurava angoscia. C’era un silenzio innaturale, tanto che sentiva distintamente ogni suo lieve passo nella terra e avrebbe saputo riconoscere il ticchettio dei suoi tacchi ovunque, ormai, di quanto attentamente l’aveva ascoltato.

Passò un’ora che poi anche lei cominciò a sentire.

Le voci cominciarono a farsi udire, prima piano con delicatezza. Poi si fecero pesanti, un coro che gridava parole che Nami ascoltava incredula ma incapace di capire.

D’un tratto le sembrò che tutto intorno a lei iniziasse a cantare. Se, infatti, prima pensava che le voci fossero solo residui di canti in lontananza, ora aveva la sensazione che tutto fosse vivo e la circondasse. Gli alberi, le foglie, la terra, i sassi.

Si tappò le orecchie ed iniziò a correre, per non sentire.

Ma vedeva.

Tutto sembrava cantare, muoversi, agitarsi. Corse più veloce che poté, così i suoi occhi non riuscivano a focalizzare ciò che vedevano.

Di colpo, poi, tutto cessò.

Quel concerto di lamenti si bloccò e, nel bosco, ripiombò la calma.

Nami si stupì ma poi capì il motivo di quell’improvviso silenzio. Era arrivata al villaggio di quell’isola. O meglio a ciò che ne rimaneva.

Avanzò cauta, sussultando per le pietre che pestava e per lo scenario di fronte a lei.

Doveva essere stato un villaggio fiorente, una volta. Quella doveva essere la piazza principale, i resti di quella che doveva essere una fontana si ergeva al centro. Intorno ad essa vi erano delle case, dove di porte non ce ne erano più e il legno era così marcio e vecchio che Nami si stupì di come ancora non fosse crollato tutto.

Si avvicinò piano alle case, sussurrando il nome di Rufy mentre camminava.

Aveva affrontato molto nemici fin da quando era piccola, aveva affrontato Thriller Bark, eppure non ricordava di essersi mai spaventata tanto.

A Thriller Bark era con i suoi compagni e poi lì la situazione era molto diversa, per quanto l’isola fosse piena di zombie e mostri.

Lì non c’erano fantasmi di quel genere, ma qualcosa c’era.

Lo sentiva e la terrorizzava. Era puro terrore che si infilava sotto la pelle, erano grida di terrore che perforavano le orecchie, era paura che la bloccava.

Soltanto il pensiero di Rufy le consentiva di andare avanti, lo doveva trovare.

Se non avesse avuto una motivazione così valida dubitava che sarebbe riuscita a proseguire. Anche quelle vecchie case distrutte emanavano così tanta disperazione solo a guardarle.

Spiriti.

Ecco!

La parole che Nami cercava da quando era arrivata lì. Erano presenze che non si percepivano con i cinque sensi ma che sentivi ad ogni passo.

«Rufy? Dove sei? Devo trovarti…» sussurrò Nami a quell’ammasso di ruderi. Temeva che la sua ricerca sarebbe stata vana, che non l’avrebbe mai trovato.

Oppure aveva timore di trovarlo… però non in buone condizioni. Quella parola non riusciva neanche a pensarla.

In fondo non sapevano nulla di quell’essenza di agalmatolite, però quanto può resistere qualcuno senza forze?

Quanto può un uomo sopportare un veleno per lui così terribile?

E se, dopo avergli prosciugato le forze, avrebbe cominciato a richiedere anche la sua energia vitale?

Nami scosse la testa. Era inutile che si preoccupasse tanto in quel momento già di per sé così sconfortante.

Tutte le case erano riunite intorno a quella piazza, come poté notare Nami. Dopo quelle casupole ricominciava il bosco qualunque direzione decidessi di prendere, tranne che per una.

La strada verso Nord non era piena di alberi ma era libera e puntava a quella torre che aveva visto con i Mugiwara dalla nave.

Forse Rufy poteva essere lì?

L’idea di ritornare tra quegli alberi non la allettava per niente e poi non era escluso che fosse nei pressi di quella costruzione.

Mosse i piedi verso quella direzione e solo quando le case erano in lontananza si accorse che sopra la porta di ogni rudere c’era una X rossa. L’aspetto inquietante era che, oltre che su ogni  porta c’era quel simbolo, il rosso di quella scritta era forte.

Era un rosso così vivido ed intenso che sembrava che fosse stato appena passato, riluceva sul legno marcio. Nami si chiese come avesse fatto a non notarlo prima, un segno così particolare.

Spaventata, corse via verso la torre.

Accelerò il passo più che poté nel tentativo di lasciarsi alle spalle quelle porte, quelle scritte, quel rosso.

Correndo non si accorse di un sasso e ci inciampò sopra cadendo rovinosamente a terra. Sentì un bruciore intenso al ginocchio e rialzandosi si accorse di esserselo sbucciato cadendo. Rivoli di sangue le scendevano piano sulla gamba.

Ancora rosso.

Nami chiuse istintivamente gli occhi, per non pensare a quelle scritte. Prese un fazzoletto dalla tasca e si tamponò il sangue che però continuava a scendere.

“Ci vorrebbe dell’acqua.” Pensò lei strofinandosi piano il sangue.

Era totalmente inutile mettersi a cercare dell’acqua in quel momento quindi si legò il fazzoletto al ginocchio, si rialzò e proseguì.

Prudentemente decise di andare a velocità normale e proseguì così fino quasi alla fine di quella salita.

Nami non aveva idea di che ora potesse essere, infatti se era entrata lì dentro in tarda mattinata potevano benissimo essere le sei di pomeriggio, tanto aveva perso il senso del tempo. Ed il cielo non l’aiutava, era così fitto che copriva tutto. Sapeva che non era notte soltanto perché era ancora chiaro il grigiore delle nuvole.

Quando arrivò nei pressi della torre vide che era molto più alta di quanto avesse potuto percepire da lontano, ma notò anche come era protetta da un’altra fila di alberi.

Mentre si avvicinava la sensazione schiacciante che Rufy fosse lì dentro la colpì in pieno.

Lì, dentro quella torretta, in pericolo.

Arrivò davanti agli alberi che, stavolta, iniziarono ad attaccarla come avevano fatto con gli altri Mugiwara.

 

~

 

«Ragazzi, ma possibile che non ci sia nulla che possiamo fare? Nami è lì dentro da quasi 6 ore.» chiese Brook agli altri, battendo il pugno sul tavolo della Sunny.

«Dagli alberi non possiamo passare, Zoro ha tentato per ore intere di superarle e non c’è stato nessun risultato. E non c’è altro modo per entrare lì dentro.» ripeté Sanji che fremeva anch’egli per non poter far nulla per Nami e Rufy.

«Oltretutto il problema dell’agalmatolite ci blocca.» disse la piccola renna che aveva effettuato le analisi sul terriccio.

Aveva constatato che, in quell’isola, succedeva esattamente ciò che aveva pensato. Doveva esserci un grandissimo giacimento di agalmatolite allo stato grezzo sotto il terreno, le radici degli alberi ormai erano completamente impregnate dell’essenza di questo materiale ed emettevano, insieme all’ossigeno, l’agalmatolite nell’aria.

«Sono seriamente preoccupato per Rufy. Questa forma di agalmatolite può essere letale, per lui. Per Nami, fortunatamente è innocua.» commentò Chopper.

«Potrebbe morire?» domandò Zoro a bruciapelo, turbando le menti di tutti che pensavano la stessa cosa ma non avevano il coraggio di esprimerla.

L’atmosfera si era fatta particolarmente tesa, tutti attendevano la risposta del dottore che si rigirava le zampe ansiosamente.

«Sì. Potrebbe, se respira l’agalmatolite troppo a lungo. Avete visto che siamo svenuti in pochi secondi, ho paura che dopo avergli fatto perdere i poteri e le forze, cominci a risucchiargli via anche la forza vitale. Questa è agalmatolite allo stato puro.»

«Merda!» gridò Sanji, buttando la sigaretta ed uscendo dalla Sunny.

Dopo poco gli altri sentirono che aveva iniziato ad attaccare nuovamente gli alberi.

«Lasciamolo stare. E’ il suo modo di sfogarsi.» disse Robin, con una tazza di camomilla nelle mani.

“Merda, Rufy, dove diavolo sei?” pensò Sanji continuando a calciare le liane.

 

~

 

Le liane attaccavano Nami ripetutamente che ormai era ricoperta di graffi e lividi su tutto il corpo.

D’un tratto un corvo nero si posizionò in un ramo di fronte a Nami e sembrava fissarla insistentemente.

Poi Nami ricominciò a sentire le voci di prima, solo che stavolta non era un canto ma un’unica parola che si ripeteva forte.

VIA! VIA! VIA!

Il corvo aveva iniziato a gracchiare e sembrava che fosse lui a dar vita a quella voce che le diceva così insistentemente di andarsene.

«Non posso… Rufy… Io devo salvarlo, non posso andarmene da qui…>> sussurrò Nami, sentendosi una pazza a parlare al vento – o a quel corvo. –

«Dov’è? Ti prego… Dov’è Rufy?» chiese Nami alzandosi in piede e fissando il nero uccello che non smetteva di gracchiare.

 

Will I get back who I adore?
Thus spoke the raven: nevermore

 

 

Poi sentì quella che doveva essere una risposta: MAI PIU’.

Ora insieme al VIA si era mescolata la risposta ed insieme gridavano forti. Nami doveva andarsene, non era un semplice invito.

Lei avvertiva pienamente la potenza di quegli avvertimenti.

Ma non poteva andarsene.

Rufy…

Trovarlo era il suo obiettivo, non era neanche lentamente immaginabile che lei fuggisse lasciandolo lì. Era entrata facendosi una promessa, l’avrebbe mantenuta.

Avrebbe trovato il suo capitano.

Rinvigorita da quei pensieri si avvicinò nuovamente alle liane che stavolta non l’attaccarono. Il corvo emise un ultimo straziante verso per poi alzarsi in volo e lasciarla passare.

Nami superò facilmente quella piccola fila di alberi, notando che stava iniziando a piovere. Del resto aveva lei stessa previsto una tempesta e si era stupita molto quando la sera prima non era avvenuta.

Sempre più velocemente la pioggia cadeva su una Nami che era ormai bagnata come un pulcino.

La pioggia sembrava aver lavato via anche tutta la sua determinazione. Aveva terribilmente paura di non farcela e solo il pensiero che Rufy avesse bisogno di lei la portava a spingere un piede davanti all’altro.

Poi, di colpo, alzò lo sguardo al cielo e vide scendere insieme alla pioggia qualcos’altro.

Il colore del cappello brillò in quell’oscurità e Nami fu certa che quello caduto dalla torre fosse proprio Rufy.

Presa da un terrore incontrollabile corse verso il punto nel quale le sembrava fosse caduto.

Lo vide, con la faccia a terra e il cappello staccatosi che giaceva vicino a lui.

«Rufy! Rufy!» gridò Nami scuotendolo forte. Poi urlò di nuovo, tirando pugni nelle spalle.

«Rufy! Rufy…» urlò non sapendo neanche se l’acqua che aveva nelle guance fossero lacrime o pioggia.

«No… Svegliati!»

Nami alzò gli occhi e lo rivide.

Il corvo ricominciò a gracchiare.

 

 

 

Fine II° capitolo.

Okay, non uccidetemi per avervi lasciato così appesi xD La canzone è sempre presa da “Ravenheart” degli Xandria, un po’ la colonna sonora di questa fic.

Il titolo è “Fuori è buio” di Tiziano Ferro.

Nami credo risulti un po’ pallosa ò.ò Non fa altro che avere paura tutto il tempo xD Però volevo trasmettere come fosse lei per una volta a dover soccorrere Rufy, nonostante pericoli e paure.

Ah, una cosa, si sarà capito che non è la solita Runami dolcina e melensa e romantica xD

Ringraziamenti:

 

-Akemichan: grazie mille :D L’essenza vedo che è un’idea che è piaciuta a molti, spero ti sia piaciuto pure questo!

 

-meli_mao: grazie :D Poi xD hai ragioneeeeee ç_ç Lo so, il problema delle ripetizioni so di averlo e sto tentando in tutti i modi di togliermi questo brutto viziaccio! Per il consiglio su Rufy e Nami, sì sono d’accordo con te, infatti non mi sembra di aver accelerato il loro rapporto. Fammi sapere che ne pensi xD

 

-M e l y C h a n: un grazie per tutte le letture allora :D Mmmh, mi sa che non vedrai gli stessi personaggi, qui sono tutti terrorizzati… xD Un Brook pervetito, (esempio) al momento davvero non credo c’entri. Un bacio e spero seguirai.

 

- NicoRobin92: Ma grazie Cara u.u So cosa preferisci, ne ho scritte tante xD Ti ho avvertito, commenta e_e

 

- gattabianca: grazie mille :D spero ti piaccia

 

-  TITTIVALECHAN91: Valeeee xD Grazie mille! Spero che questo capitolo ti piaccia q grazie davvero per le recensioni e le tue bellissime storie *-*

 

Okay, finito! xD

Un bacio.

Commentateeee xD

 

Marty De Nobili.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III: Ora il mio corpo respira con te ***


Here I Am

 

 

III°: Ora il mio corpo respira con te ~

 

 

Probabilmente fu la pioggia a svegliarla. Quelle piccole e lente gocce che cadevano sul suo corpo avevano avuto l’effetto di una spiacevole sveglia. Nami si ritrovò per terra, coricata su un lato come se si fosse addormentata nel suo letto.

C’era silenzio e, da quella posizione, lei riusciva a vedere soltanto una distesa di terra. Sembrava che l’avvolgesse il nulla, non c’era nulla a parte la terra e i sassi che si univano al cielo plumbeo. Fissando il cielo, si accorse che pioveva.

Lentamente prese anche coscienza del fatto che la pioggia le aveva inzuppato il corpo come un pulcino e che continuava a picchiettarla.

Devo alzarmi.

Ma non ne aveva la forza. Era come essere in un sogno, nessuna parte del suo corpo le doleva e quella pioggia leggera aveva quasi l’effetto di una ninna-nanna.

Non aveva idea di che giorno fosse, né perché avrebbe dovuto alzarsi quando quella posizione la rilassava tanto.

Sorrise debolmente chiudendo gli occhi.

No, non c’è motivo che io mi alzi. Vorrei riposare qui ancora qualche minuto.

Si sarebbe addormentata se il fragore violento di un tuono non l’avesse fatta sobbalzare- Nami, istintivamente, alzò la testa leggermente e in quel momento fu come se i tuoni e i lampi iniziassero a far rumore nella sua testa.

Rufy esplose con veemenza dentro di lei e così tutte le motivazioni che l’avevano portata in quel bosco.

Non poteva assolutamente dormire, doveva salvare Rufy.

Si alzò di scatto dalla terra e il paesaggio intorno a lei mutò in un istante.

Al posto del totale nulla che vedeva prima – che credeva di aver visto – era ricomparsa la costruzione in pietra.

Velocemente tornò al punto in cui c’era Rufy, pregando che fosse anche quello solo un brutto sogno.

L’ultimo ricordo che aveva era lei accasciata sul corpo inerme di Rufy e l’insistente gracchiare di quel maledetto corvo.

Poi c’era il buio.

Poi iniziava la speranza.

Arrivò in quel punto esatto ma Rufy non era lì. Sapeva di non sbagliarsi, l’immagine di Rufy le era rimasta impressa nella mente come una fotografia, rimembrava perfettamente tutte le linee imperfette della terra in quel punto e tutti i sassi che circondavano Rufy.

Lui era stato lì.

[Sicura che ci fosse davvero?]

No, non ne era per niente sicura. Ma doveva crederci o quei dubbi l’avrebbero fatta impazzire. Convincendosi che Rufy fosse vivo – malridotto magari, ma vivo – riprese a girare intorno alla costruzione di pietra in cerca di un ingresso.

Nami non era una persona che si abbandonava alle speranze, era realista, ma in quella situazione in cui non sapeva neanche se fosse vera la terra che calpestava e la pioggia che scendeva, le erano rimaste soltanto le speranze.

Doveva per forza crederci ed aggrapparsi ad esse con tutte le forze.

Dopo aver percorso qualche metro trovò una fessura nelle rocce, una specie di porta. Si infilò dentro realizzando solo in quel momento quanto rumore creasse la pioggia.

Era convinta che tutto fosse in silenzio ma, invece, la pioggia creava un fragore talmente forte che sembrava si fosse appena infilata delle cuffie.

Cominciò a tremare violentemente, scossa da brividi. Era bagnata dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi, i suoi vestiti erano così zuppi di acqua che pesavano 10 volte lei e aveva così freddo che sentiva le ossa gelarsi.

Si spogliò della maglietta e della gonna strizzandole, per poi sedersi a terra. Si rannicchiò a terra, tirando su le ginocchia al petto e strofinandosi forte le braccia nel vano tentativo di trovare calore.

Restò in quella posizione per un tempo, per lei, incalcolabile. Soltanto quando i tremiti cominciarono a diminuire e la sensazione di gelo si andava affievolendo riuscì ad alzarsi. I graffi, i lividi e le abrasioni che si era fatta si fecero risentire tutti insieme e le sfuggì un gemito.

Osservò meglio il posto in cui si era infilata. Era un spazio angusto, scavato in quella costruzione di pietra, al centro si ergeva una piccola a scala a chiocciola che saliva su verso un’apertura che conduceva in un altro piano.

Si infilò i vestiti umidi e decise di salire su per quella scala. Rufy poteva trovarsi in qualche piano di quella torretta.

[Rufy o il suo corpo.]

Salì piano le scale di legno che reggevano appena il suo peso, cigolando ad ogni movimento. Dopo dieci scalini arrivò al piano superiore che risultò essere pressoché identico a quello inferiore. Mura di pietre e nessuna finestra, l’unica differenza era nel pavimento che, invece di essere composto da terra e sassi, era di roccia.

Riprese a salire la scala, arrivando stavolta al terzo piano. Fuori impazzava ancora la pioggia ma lì dentro la sentiva come in lontananza. Anche questa stanza era identica alle due precedenti ed inoltre ormai non vedeva più nulla in quanto non c’era nessuna finestra e nessuna luce.

Nami cominciò a perdere le speranze.

Forse Rufy non era lì, forse era da tutt’altra parte e lei stava solo perdendo tempo prezioso. SI girò lentamente, decisa a non proseguire la salita.

Aveva sentito che anche la pioggia sembrava essere cessata, in quanto il picchiettio sui muri sembrava essere quasi scomparso.

Posò un piede, cominciando la discesa.

Poi, però, lo sentì.

Sbarrò gli occhi, fermandosi di colpo. Aveva sentito una voce. E non quelle che sentiva da tutto il giorno ma era certa che fosse quella di Rufy. Conosceva così bene la sua voce da essere capace di riconoscerla subito e di capire immediatamente lo stato d’animo del suo capitano.

E quel tono era quello di un Rufy solo e in pericolo.

Calmando i battiti del suo cuore, tentò di razionalizzare la situazione.

Era davvero la voce di Rufy?

Da quando era entrata in quel bosco non aveva ancora capito cosa fosse reale e cosa fosse un illusione. Sempre se non era già tutta un’illusione.

In teoria e per quello che aveva visto, Rufy era volato giù da un torre alta 5 metri. Ricordava di averlo scosso ma che lui non si fosse alzato né mosso. E poi non c’era che il nulla.

Non sapeva come aveva fatto a cadere addormentata di colpo, né dove fosse finito il corpo di Rufy.

Eppure, a dispetto di tutti quei ragionamenti logici, lei era certa di aver sentito la voce di Rufy pronunciare il suo nome.

Si girò nuovamente iniziando a correre su per le scale finché non arrivò all’ultimo piano della torre.

Riprendendo fiato notò la diversità di quella stanza rispetto alle appena percorse. Questa aveva tre finestre e su ogni finestra era poggiata una candela. Queste tre lucine illuminavano fiocamente la stanza e Nami ebbe modo di vederlo finalmente.

Gettando un urlo si inginocchiò vicino a Rufy che era con le spalle al muro e il cappello di paglia fra le gambe.

Nami lo scosse e, notando che non rispondeva, si fece prendere dal panico.

Gridò il suo nome finché le lacrime non cominciarono a scenderle sulle guancie. Respirò e, tremante di paura, avvicinò due dita al suo collo.

E lo avvertì.

Piano, debole ma il suo cuore batteva. Era solo svenuto, da chissà quanto tempo. La faccia era pallida, aveva numerosi tagli su tutto il corpo e i suoi vestiti erano a brandelli, ma era vivo.

Lo abbracciò sentendo il suo cuore che ritornava a battere normalmente.

Ora doveva solo portarlo fuori da quel posto infernale.

 

 

Ascoltare il suo respiro lento e regolare la riempiva di gioia.

Aveva realmente temuto di perderlo, di vederlo morire. Le si era fermato il cuore quando l’aveva visto cadere da quel dirupo. Lui non poteva farle una cosa del genere.

Ora c’era da decidere cosa fare.

Dovevano uscire da lì e tornare alla nave il più presto possibile. Rufy pareva non essere grado di riprendere coscienza quindi avrebbe dovuto portarlo lei.

Era stremata e stanca e non sapeva quanto l’avrebbe retto sulle spalle ma non poteva fare altro.

Mettendosi il suo cappello sulla testa – le aveva sempre dato molto coraggio sentire la paglia nei suoi capelli – e tentò di caricarselo sulle spalle.

Fortunatamente Rufy non pesava moltissimo ma nello stato in cui era, dopo due passi era già stanca.

Mentre scendeva le scale poi lo sentì muoversi e mormorare qualcosa piano.

«Rufy? Mi senti, come stai?» chiese lei ansiosa.

«Nami… sei veramente tu? O sto ancora sognando?» replicò lui aprendo piano gli occhi.

«Sono io, Nami. E’ da ieri che ti cerco…»

«Scusami, ho ricordi molto confusi al momento. Questa agalmatolite mi sta distruggendo, non riesco ad usare i mie poteri e mi sento debolissimo.» disse lui con la voce rotta.

Era la prima volta che Nami sentiva la disperazione così chiara nella sua voce, la prima volta che era effettivamente così indifeso e in pericolo di vita.

«Ci sono io Rufy. Non temere. Non riesci proprio a camminare?» domandò lei mentre piano piano erano arrivati alla fine della scala.

Il temporale si era calmato. Nami sperava solo di riuscire a ritrovare la strada da cui era arrivata alla torre.

«Sì, ci riesco.» esclamò lui tentando di scendere. Lei lo aiutò e, per la prima volta, dopo che si era messo in piedi poté guardarlo negli occhi.

C’era tanta paura dentro. Rufy era terrorizzato.

Pregò che quella non fosse un’illusione e gli appoggiò una mano sulla guancia per constatare se era reale. Le sue dita toccarono il gelo dei suoi zigomi e poi lei gli rimise il cappello sulla testa. Quello che aveva bisogno di più coraggio era Rufy. Lui le strinse la mano, avvertendone il calore e la vicinanza.

Non avrebbe mai voluto mettere in pericolo la vita di Nami, il suo compito era di proteggere tutti i suoi nakama, non quello di essere protetto.

Ma, in quel momento, che era stanco e provato, provò una sincera sensazione di sollievo. Non era tutto perso, ce la potevano fare.

Faticava a reggersi in piedi a causa dell’agalmatolite ma era lì dentro da così tanto tempo che riusciva, anche se a stento, a sopportarla.

I due pirati uscirono dalla torretta e si inoltrarono nella direzione che Nami indicava. Il peggiore timore di Nami era rivedere quel corvo, sentiva come se incarnasse tutti i mali di quell’isola.

«Tu hai incontrato un corvo, Rufy?»

«Può essere, i miei ricordi sono molto confusi. Credo di essere rimasto svenuto per quasi tutto il tempo, tranne quando vedevo cose che non erano vere.»

«Hai avuto delle allucinazioni? Anche io.»

I loro discorsi furono interrotti dal gracchiare del corvo, che li osservava da sopra un albero.

Sembrava che volesse urlargli contro, scontento del fatto che si fossero trovati, che lei lo avesse trovato.

«Lasciaci andare! Hai perso, l’ho trovato! Smettila di farci ancora del male!» gli gridò Nami ricevendo in risposta un coro di voci che strillavano e il corvo che volava lontano.

 

~

 

«Ha smesso di piovere.» disse Brook appoggiato alla finestra in cucina.

L’attesa stava davvero logorando gli animi dei Mugiwara.

Rufy e Nami erano scomparsi da ormai un giorno. Non potevano raggiungerli, non potevano aiutarli. Sanji era ormai da ore fermo davanti a quei maledetti alberi, sotto quella pioggia così impervia.

Nessuno era riuscito a dormire e, a parte Zoro che era andato nella sua torretta, gli altri erano tutti nella cucina, consci della loro inutilità.

«Finalmente.» rispose Robin alzandosi dalla sua sedia.

«Vado nella mia stanza, è inutile stare tutti qui a vegliare. Se succede qualcosa…» disse Robin.

«Ti avvertiremo.» concluse per lei Franky mentre Robin annuiva.

Attraversò velocemente il ponte della nave, mam entre stava per superare l’albero maestro sentì il gracidio di un corvo provenire da vicino.

Alzò lo sguardo verso la fonte del verso e vide un corvo appollaiato sul bordo del ponte della nave che gracchiava.

Nel buio riusciva a distinguere perfettamente i suoi occhi, gialli e lucidi. Sembravano due pietre d’oro che si illuminavano nel buio della notte.

Robin avvertì una sensazione angosciante al sentire del canto del corvo. Presa da un terrore inspiegabile, urlò i nomi dei suoi compagni, senza riuscire a smettere di fissare quell’animale.

Emanava odio, dolore, paura.

Tutti si precipitarono da Robin e, vedendola terrorizzata, temettero un attacco nemico.

«Robin! Che hai? Sei ferita?» le chiese preoccupato Chopper.

Lei, vedendoli lì vicino a lei, provò una sensazione di calore e tentò di ritrovare la calma.

«Scusatemi. Sto bene ma quel corvo…» rispose Robin con voce fievole.

I ragazzi sollevarono lo sguardo notando solo in quel momento l’uccello corvino che aveva smesso di cantare e li fissava con quei suoi occhi gialli e demoniaci.

Le medesime sensazioni che aveva sentito Robin furono immediatamente avvertite dagli altri, anche se in maniera minore.

Franky reagì e si avvicinò di scatto al corvo che si librò nell’aria.

«Dobbiamo ucciderlo.» sussurrò Usopp guardando il corvo volare sopra le loro teste con quegli occhi gialli con cui li fissava.

«Usopp?» chiese Chopper guardando l’amico con sguardo preoccupato. Non era da lui fare quel genere di affermazioni così nette ed autoritarie.

«E’ malvagio Chopper. Non lo senti anche tu?» rispose Usopp con voce ferma.

«Sì che lo avverto. Ma tu dici che dobbiamo ucciderlo?» domandò la piccola renna.

«Sì.» dichiarò il cecchino inforcando la sua arma, il Kabuto.

«Stella di fuoco

 

~

 

 

Nami si tappò le orecchie mentre Rufy la guardava, sorpreso dal suo gesto.

«Ma tu non le senti queste voci che gridano?»

Rufy le mise anche le sue mani sulle orecchie, fissandola negli occhi.

«Corri! Non c’è nessuna voce, è tutto finto!» le disse tirandola per una mano e iniziando a correre, benché sapesse che non avrebbe resistito molto quel ritmo. Ogni respiro gli tagliava la gola e i polmoni e i suoi muscoli li sentiva come se andassero a fuoco.

Nami continuava a sentire le voci che urlavano dentro la sua testa, se Rufy non l’avesse tirata non sarebbe riuscita a muovere un passo, assordata da quel caos sonoro.

Arrivarono al villaggio abbandonato quanto, di colpo, cessò ogni voce. Nami respirò forte mentre Rufy cadeva bocconi sul terreno.

Sentiva che stava per svenire mentre vedeva puntini bianchi che gli coprivano la visuale. Nami gli si avvicinò notando poi che stava fissando la fontana al centro della piazza.

Si era fatto pallido di colpo – benché non avesse mai avuto un colorito roseo da quando l’aveva trovato – e gli occhi erano fissi e vitrei.

Si sollevò e lo vide che tirava un pugno alla fontana che, vecchia e lisa, cedette al colpo seppur senza forza di Rufy. La sua mano iniziò a gocciolare, mentre Nami lo fissava tremante, dare altri colpi a quella fontana.

«Rufy smettila! Cosa vedi? Non c’è niente in questa fontana!»

Lui si riscosse al suo urlo, guardandola come se la vedesse di nuovo.

«Non stai sanguinando… C’era il tuo sangue su questa fontana… Il tuo corpo… Non ti vedevo più» disse lui tremante mentre la mano continuava a sanguinare.

Nami si strappò un pezzo di maglietta e tentò di fasciargliela nel miglior modo possibile.

«Sono qui, sono viva. Dobbiamo fare affidamento uno sull’altro, altrimenti non usciremo mai di qui.»

Se i suoi cinque sensi la tradivano doveva fare affidamento su quelli di Rufy e lui sui suoi. Non c’era altro modo di uscirne.

Nami gli indicò il bosco da cui era passata. Ora non sapeva cosa fare, all’inizio quei rami l’avevano fatta passare ma ora?

«Andiamo.» disse Rufy sconvolto che quella fontana così rossa fosse solo frutto di un’illusione.

«Appena ti avvinerai a quegli alberi perderai conoscenza, ma ti giuro che ci porterò fuori di qui.»

Lui le strinse la mano, sapeva che respirando da così vicino l’agalmatolite sarebbe svenuto. Ma avrebbe tentato di proteggerla, finché ce l’avrebbe fatta.

Arrivarono davanti agli alberi che prevedibilmente iniziarono ad attaccarli. Rufy tentò di resistere il più possibile ma crollò al suolo dopo pochi colpi. Nami, gridando, gli si accovacciò vicino, sussurandogli di resistere.

Stavolta provò lei ad andare avanti, ma stavolta, queste liane non si fecero pietà di lei ed iniziarono ad attaccarla esattamente come avevano fatto con Rufy.

Tentò di difendersi meglio che poté ma sentiva che non sarebbe resistita a lungo. Difatti cadde a terra, ai piedi di quelle liane, mentre si chiedeva il motivo di tutto quell’odio e violenza.

Rufy, a furia di respirare quell’aria tossica, si era fatto nuovamente pallidissimo e Nami temette che stesse per morire.

«Basta! Vi prego, voglio solo salvarlo! Lasciate andare almeno lui!»

Al sentire quelle parole fu come se le liane perdessero tutta la forza e smisero di attaccarla.

Poi un boato tremendo si diffuse su tutta l’isola, davanti agli occhi di Nami gli alberi appassirono di colpo diventando secchi e logori, le case del villaggio si ridussero in briciole come spazzate da un vento invisibile. Da lontano poté vedere la torre di pietra che crollava su se stessa come se fosse fatta di carta.

Si avvicinò a Rufy, sconvolta da quegli eventi. Stanca svenne cadendo sopra il suo petto.

 

I Mugiwara, dopo aver sentito l’enorme boato, videro gli alberi mutare forma e immediatamente si diressero verso di loro.

Arrivati notarono che ora le liane non li attaccavano più in quanto gli alberi sembravano essere come morti.

«Dopo che il tuo proiettile di fuoco ha colpito il corvo, l’isola ha subito questo mutamento!» esclamò Chopper.

«Inoltre noi non ci sentiamo male. E’ come se avessi ucciso tutti gli alberi Usopp.» costatò Robin notando che riuscivamo a stare vicini agli alberi.

«Certo, un albero appassito non produce né ossigeno né niente.» esultò Chopper mentre Zoro e Sanji si precipitavano dentro il bosco.

«Forza, ora che possiamo! Dobbiamo trovare Rufy e Nami!» esclamarono i due seguiti subito da tutti gli altri.

Attraversarono il bosco velocemente e li ritrovarono appena fuori dalla fine degli alberi. Nami era stretta a Rufy e gli stringeva forte un lembo della maglietta. Erano entrambi ricoperti da graffi e abrasioni e la fasciatura di Rufy era completamente zuppa di sangue.

«Portiamoli subito alla nave!» esclamò Franky mentre Zoro prendeva in braccio Rufy e Brook prendeva Nami.

 

Chopper, nell’infermeria della Sunny, curò tutti i loro tagli mentre i due dormivano. Finite le cure andò dagli altri per aspettare che si svegliassero.

Robin decise che dovevano andarsene immediatamente da quell’isola e furono tutti assolutamente d’accordo per cui partirono dopo un’ora che avevano ritrovato Rufy e Nami.

La notte la passarono sul mare, allontanandosi il più possibile dall’isola.

Nami fu la prima a svegliarsi e quando la prima cosa che vide fu Rufy che dormiva saporitamente al suo fianco, non poté che riempirsi di gioia.

Rufy era salvo.

Scese dal suo letto andando poi verso il ponte dove fu accolto dai compagni che la salutarono e cominciarono a domandarle ogni dettaglio su ciò che era successo.

Nami rispose che il tempo di mangiare qualcosa e avrebbe raccontato tutto, poi notò che in cima all’albero maestro era poggiata una colomba bianca.

Era così pura. I suoi occhi fissavano Nami penetrante e lei avvertì sensazioni forti, come nel caso del corvo, ma  stavolta erano buone.

Non ci badò e scese in cucina per mangiare qualcosa.

Dopo pochi minuti anche Rufy si era svegliato ed era subito andato da Sanji, visto che stava morendo di fame.

«Rufy! Come ti senti? Hai respirato agalmatolite a quintali, come stanno i tuoi poteri?» gridò Chopper preoccupato per sollevarsi quando Rufy gli mostrò i suoi arti che si allungavano perfettamente.

«Meno male! Abbiamo seriamente temuto per te, testa vuota!» lo rimproverò Zoro che cercava di nascondere la contentezza.

Dopo che il capitano e Nami ebbero mangiato a sazietà, tutti uscirono sul ponte per ascoltare la vicenda.

Rufy chiarì come si fosse avvicinato perché sentiva come se ci fosse qualcosa che lo chiamava dentro quel bosco e poi, senza rendersene conto, era svenuto e le liane lo avevano trascinato dentro il bosco. Gli altri invece gli spiegarono come se ne fossero accorti soltanto al mattino e che le piante non li facevano passare, soltanto Nami era riuscita ad attraversarle.

Rufy non seppe dire cosa era successo da quando era svenuto e come si fosse ritrovato nella torre di pietra dove lo aveva trovato Nami. Aveva soltanto dei flash di ricordi che non sapeva neanche se fossero veri.

Anche Nami confermò che lei aveva subito un sacco di allucinazioni, le era sembrato perfino di vedere Rufy volare dalla torre di pietra.

A ripensarci aveva ancora i brividi, per quanto reale era stata la sensazione di vederlo morto.

Poi la navigatrice parlò agli altri del corvo che l’aveva perseguitata nell’isola e loro di come Usopp l’avesse ucciso.

«L’hai ucciso?» chiese sbalordita lei.

«Sì, sentivo che andava fatto ed infatti non appena è morto gli alberi sono appassiti e tutto è crollato.»

«E’ vero, il boato… Le case in polvere e la torre a pezzi. Quel corvo era la causa di tutti i mali.»

«Non è propriamente esatto.» disse una voce limpida e cristallina.

I pirati alzarono la testa per osservare la colomba bianca scendere verso di loro. Lei si voltò verso Usopp.

«Grazie. Facendo morire il corvo con il fuoco mi hai dato modo di rinascere dalle sue ceneri.» disse la colomba inclinando la testa verso di lui mentre Usopp ringraziava a sua volta, imbarazzato.

«Il corvo è solo l’animale in cui si era raccolto tutto il male dell’isola. Nami avrai notato le case. Una volta nell’isola c’era un villaggio con degli abitanti che vivevano felici e protetti, grazie al recinto naturale di alberi, che appunto li difendeva soprattutto da chi possedeva poteri dei frutti e voleva usarli a scopi malvagi.»

«Allora quelle case erano veramente abitate… E tutte quelle X?» chiese Nami stupefatta.

«Un giorno il dottore del villaggio impazzì. Si narra che forse in uno dei suoi numerosi viaggi fosse venuto a contatto con i frutti e che, quindi, l’esposizione con l’agalmatolite gli fece perdere il senno della ragione. Uccise tutti gli abitanti e con il sangue di ognuno scrisse quelle X. Il fatto che le vedessi rosse e vivide era solo un’illusione.»

I Mugiwara ascoltavano la storia stupiti ed increduli, comprendendo pian piano tutta la storia.

«Ma perché hanno preso Rufy? E perché solo io sono riuscita a passare?» chiese Nami.

«Con calma Nami. Dopo aver ucciso tutti, catturò un corvo, lo uccise e poi si suicidò nell’ultimo piano della torre. Gli spiriti di tutti i poveri innocenti che uccise si inglobarono nel corvo e covavano solo rabbia, rancore e brama di uccidere.

Solitamente si limitavano a scacciare i visitatori ma si vede che in Rufy hanno visto un cuore particolarmente puro, che ha alimentato la loro voglia di uccidere. E Nami è stata l’unica a cui è stato consentito passare perché semplicemente non hanno potuto contrastarla. Voleva troppo ardentemente salvarlo.»

«Ma poi le altre piante, vicino alla torre, quelle ci hanno provato a contrastarmi.» constatò Nami.

«Sì, è vero, ma eri più debole e poi il potere degli spiriti vicino alla torre era più intenso. Ma, alla fine, quando ti sei riscossa e hai desiderato nuovamente solo salvare Rufy ti hanno lasciata passare.»

«E tutte quelle cose che ho creduto di vedere e di sentire? Rufy che vedeva il sangue nella fontana, le voci nella mia testa?» domandò la navigatrice.

«Erano solo illusioni prodotte dagli spiriti. Credo che volessero spingerti a tornare sui tuoi passi e a lasciare Rufy morire. Volevano destabilizzarvi, confondervi, ingannarvi. Per fortuna alla fine siete riusciti a fare affidamento l’uno sull’altra e a salvarli. L’intervento di Usopp è stato vitale per uccidere tutto il male dell’isola ma le liane si erano già arrese a Nami e alla sua disperata richiesta. E’ solo grazie alla tua determinazione e al vostro spirito di gruppo che siete salvi.»

Ci fu silenzio per molti minuti finché Robin non chiese: «Ora riposano in pace?»

«Sì, ora sì. Ora stiamo tutti bene.» disse la colomba prima di spiccare il volo e disperdersi nell’orizzonte.

Tutti la video volare via in silenzio, consci che la brutta avventura era finita.

Chopper chiese a Rufy e Nami di seguirli nello studio dove avrebbe voluto visitarli di nuovo e, non senza protestare, furono costretti a seguirlo.

Dopo la visita e dopo aver constatato che si stavano riprendendo si allontanò lasciandoli nello studio.

«Mi hai salvata la vita Nami. Grazie, io non ho saputo fare nulla. Ho solo provocato guai.» iniziò lui calcandosi il cappello sulla testa.

Nami gli mollò uno schiaffo nella guancia per poi rimproverarlo violentemente: «Smettila di dire queste sciocchezze, non è stata colpa tua! E poi non avrei mai potuto abbandonarti, sei troppo importante per me.»

«L’unica illusione che ricordo bene eravate voi che mi lasciavate morire, dandomi dell’idiota. Anche tu ridevi ed eri felice di vedermi morire. Ma io sapevo che non potevi essere tu, che non potevate essere voi.»

Nami gli si avvicinò alzandosi in punta di piedi per appoggiare la sua fronte su quella di Rufy.

«Io sono qui, vicino a te e ti proteggerò finché potrò. Tu mi salvi la vita sempre, io quando posso. Sarò sempre qui, finché mi vorrai.»

Rufy sorrise per poi abbracciarla.

«Allora temo che sarai sempre qui.»

E sorrisero mentre un raggio di sole penetrava nella finestrella della stanza.

Un nuovo giorno iniziava.

 

 

Fine.

 

 

Finita! xD

Ce l’ho fatta, scusate tanto per l’attesa. ^^’

Dunque intanto il bellissimo verso del titolo è della canzone “Continuamente” di Valentina Giovagnini, mi è venuto in mente quando Rufy e Nami devono fare ricorso uno ai sensi dell’altro **

Mi è uscita più lunga di quanto mi aspettassi ma non volevo tagliare ancora.

Dunque che dire… L’idea lo so era molto particolare, spero di averla resa bene ed aver fugato tutti i dubbi xD Ho amato questi Rufy e Nami che sono allo stesso livello e lottano insieme per sopravvivere *_*

Secondo voi come ho reso l’horror?

 

Infine dedico quest’ultimo capitolo (soprattutto la parte finale) a TITTIVALECHAN91. Spero tanto ti sia piaciuto ^O^

 

Ringraziamenti time:

 

-      Tabas: Nono, niente del genere xD Era solo un’isola di spiriti xD;

 

-      NicoRobin92: tu hai letto la storia in anteprima quindi non puoi proprio lamentarti cara v.v Voglio un mega-commento xD;

 

-      Akemichan: Grazie =) Bhe, un po’ di romanticismo finale non guasta, ci stava dai xD Nono, spero di non fatto Nami OOC né Rufy (anche se lui forse lo è leggermente) ma in fondo sono disperati e pieni di panico, soprattutto per le illusioni;

 

-      TITTIVALECHAN91: Sì Nami super grintosa ** Grazie mille per la recensione e la dedica alla tua fic super-meravigliosa. Sì, un po’ di romanticismo non esagerato l’ho inserito! ^O^

 

-      gattabianca: oddio non uccidermi X°D Rufy è vivo, vivo! Grazie della recensione

 

     -  VidelB: studi geologia? *O* a una mia amica piace moltissimo xD Grazie dei complimenti e grazie della recensione =)  Spero che la storia ti sia piaciuta =)

-       

 

 

Infine ringrazio quelli che hanno letto, commentato, inserito nei preferiti/ricordati/seguiti (rispettivamente 5, 2, 8).

Spero vi sia piaciuta.

Un bacio.

 

 

 

Marty De Nobili

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=569173