Please, Tell Me That Is True

di Blue Flower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Terribile e Bellissimo. ***
Capitolo 2: *** Stefan Salvatore. ***
Capitolo 3: *** La storia... si ripete? ***
Capitolo 4: *** Verità condivise ***
Capitolo 5: *** Darei la vita per te ***
Capitolo 6: *** Diversa ***
Capitolo 7: *** 7. Klaus si vendica sempre ***
Capitolo 8: *** 8. Scusa, ricordi... ***
Capitolo 9: *** 9. Mi sono perso qualcosa? ***
Capitolo 10: *** 10. E' un sì ***
Capitolo 11: *** 11. Io? Ah sì... Io. ***
Capitolo 12: *** 12. Si stava innamorando: merda! ***
Capitolo 13: *** 13. Tutte le strade portano a Klaus. ***
Capitolo 14: *** 14. Il ricordo di Bianca. ***
Capitolo 15: *** 15. Vampiro. ***
Capitolo 16: *** 16. Accettarsi. ***



Capitolo 1
*** Terribile e Bellissimo. ***


Dove sei, piccola? Bianca rimase immobile dentro l'armadio. Sapeva che non sarebbe servito a niente, ma è sempre meglio sperare... no? Aveva paura, come non ne aveva avuta mai in vita sua. Ma non era solo lui quello da cui si nascondeva. Lei cercava di nascondersi da una verità ineluttabile che aveva tenuto nascosta per così tanto tempo: non era come gli altri ed era spaventata da questo.
Era questione di secondi ed il suo incubo l'avrebbe trovata. L'incubo che tormentava le sue notti da un po' di tempo a quella parte.
Ma stavolta si era preparata.
"Eccoti..." disse aprendo l'armadio. I suoi occhi, in cui la brama di sangue si agitava come un cobra, la scrutarono per qualche secondo prima che le sue labbra si avvicinassero al collo di Bianca. Successe tutto in un secondo: quando sentì i canini che le affondavano nella carne sorrise ed impugnò con forza la siringa piena di liquido trasparente. Gliela conficcò nella schiena e quello, dopo un gemito impercettibile cadde a terra, avvolto dagli spasmi.
"Verbena..." riuscì a sibilare.
Compiaciuta si sedette vicino a lui, a gambe incrociate. "Fa male vero?" domandò sarcastica. "Piccola stronza..." sussultò. Bianca sapeva di trovarsi davanti ad un individuo potente e di sicuro centenario. "Mi devi qualche spiegazione" lui scosse il capo repentino. Insieme a lui si mossero i suoi folti capelli neri.
"Perché mi perseguiti?" con fatica quello pronunciò qualche parola biascicata: "Il tuo sangue... E'... Tu... Non... Umana". La ragazza rabbrividì. Con orrore si accorse che la verbena stava finendo l'effetto sul ragazzo.
Lo guardò negli occhi, reggendo il confronto ma rimanendone incantata. In quegli occhi di un azzurro glaciale c'era qualcosa di indecifrabile: andavano oltre all'odio e alla brama di sangue. Per un momento, Bianca avrebbe giurato di averci visto qualcosa di estramamente umano.
Era bello.
Quello non lo poteva negare nessuno. Il suo fisico tonico avrebbe fatto invidia a qualsiasi altro ragazzo della scuola. Ma era terrificante. La ragazza lo aveva impresso nella memoria come un demone, con gli occhi neri ed i canini appuntiti. "Uccidimi adesso" disse risoluto, mentre lei lo scrutava ancora. "Come?" rise amaramente. "Tanto so che lo farai... quindi tanto vale essere veloce. Dov'è il paletto?" era incredibile come quel ragazzo, quell'uomo pensava che tutti fossero come lui: cattivi e assetati di sangue. "Non c'è nessun paletto... Quello che voglio lo ottengo, ma si da il caso che il mio desiderio non sia quello di ucciderti" "Allora cosa vuoi?" lei prese un respiro. "Come ti chiami?" lui rise.
"E perché te lo dovrei dire?" ecco che sulla sua faccia apparve un sorrisetto strafottente. "Vediamo... Prima di tutto perché posso benissimo impalettarti con un'asse della mia scrivania di mogano" "Simpatica la ragazza..." l'espressione sul volto di lei si indurì. "Allora?" lui si alzò a fatica, dirigendosi verso la finestra, vicino alla libreria. Si mise ad esaminare i tomi nelle mensole bianche come se fosse stata casa sua. "Damon, Damon Salvatore"disse poi sicuro. A Bianca quel nome ricordava qualcosa ma la sua memoria negli ultimi tempi faceva cilecca. Damon, estrasse vittorioso un libro dalla mensola più in basso.
"Eccolo qui!" lo lanciò alla ragazza che lo prese al volo. "Qui puoi trovare qualche informazione sul mio conto e ora... Se non ti dispiace taglio la corda" detto questo saltò fuori dalla finestra e le fece un cenno per salutarla.
La ragazza, si rigirò tra le mani il libro che gli aveva dato il vampiro... Il Diario Del Vampiro, lo aveva ricevuto per il suo compleanno da una sua amica fissata con i vampiri, ma non lo aveva mai letto veramente. Aveva solo dato un'occhiata alla trama. In quel momento si ricordò dove aveva sentito per la prima volta il nome "Damon". Nella trama, era nella trama.
Si sedette sul letto ed iniziò a leggere avidamente.
In quel momento sapeva solo che non avrebbe scordato facilmente Damon Salvatore: terrificante e bellissimo.

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Capitolo 2
*** Stefan Salvatore. ***


Il fatto di esser stata per tutta la notte sveglia a finire quello stupido libro, dava a Bianca serissimi problemi ad alzarsi e ad andare a scuola. Inoltre, la sua ferita sul collo, era solo in parte cicatrizzata e le faceva un male cane.
Ancora sonnacchiosa, spense la sveglia che si era fatta sin troppo insistente. Buongiorno! Cadde dal letto e si guardò intorno spaventata. L'aveva sentita... Aveva sentito la sua voce. Non c'erano dubbi sul fatto che fosse stato Damon a parlare, ma la stanza era deserta se non si contavano lei e la sua gattina Nala che schiacciava un pisolino sulla poltroncina all'angolo. "Dove sei?" domandò con la voce tremante. Dentro la tua testa! Oddio oddio oddio! Che casino assurdo che stava succedendo. Non poteva essere eppure... Lo dovresti sapere se quando me ne sono andato hai letto il libro... Ma non poteva essere successo proprio a loro... Non poteva entrarle nella mente così! Certo che posso... E sei così carina quando ti incazzi! Aspetta... Come faceva lui a saperlo. STAI ZITTO! Gli urlò mentalmente. Doveva prepararsi per andare a scuola e la giornata non sarebbe stata per niente facile con quel rompiballe nel cervello. Hmm... Rompiballe non è la parola giusta le sussurrò mentre lei preparava frettolosamente la cartella e si pettinava i lunghi capelli castani. Lasciami perdere, mi hai tormentato per tutte queste notti e non ti permetterò di incasinarmi pure la vita. Un ghigno le giunse dalla sua stessa testa. Non ti voglio incasinare... Voglio solo... si interruppe. Diciamo che voglio solo conoscerti meglio. Lei sobbalzò. Sei ridicolo.
Si fiondò fuori dalla camera e prese la tazzina di caffè che sua madre le aveva lasciato sul ripiano della cucina. Eddai... Non ti costa niente. Bianca sospirò, evidentemente ad alta voce perché la sua sorellina, seduta al tavolo la guardò con aria interrogativa. "Tu stai zitta!" le disse bruscamente. Hai qualche problema di rapporti con tua sorella? Nah, nonostante tutto la ragazza voleva bene a sua sorella Mandy.
Mai quanto tu e tuo fratello... Vi siete uccisi a vicenda. Pensò lei per controbattere. Mah, è successo così tanto tempo fa... La ragazza alzò gli occhi al cielo. E dato che lui ha un minimo di senso umano adesso è con Elena e tu sei solo come un cane... Anzi no, stai rompendo a me. Sentii che rideva amaramente. Elena è morta... Nella mente di Bianca, quelle parole rimbalzarono. Impossibile. Una pausa. Anche Damon aveva amato Elena, in qualche modo. Sai, non sempre c'è un "felici e contenti" come nelle favole...
Per un attimo la ragazza dai capelli castani si ritrovò a pensare che magari Damon aveva solo bisogno di qualcuno, ma era solo. Per un attimo provò una sorta di compassione mista a pena. Una parte nascosta di lei, sapeva che se lui fosse stato materialmente lì, lo avrebbe abbracciato. L'altra, la parte più razionale, pensava di odiare con tutto il cuore quell'essere comparso come per un incubo nella sua vita.
Solo il tempo le avrebbe rivelato quale parte sarebbe prevalsa sull'altra.

Uscì di casa barcollando. Posso farti una domanda? Lei non rispose. Perché rinneghi ciò che sei? Mi ricordi tanto mio fratello... disse saracastico. Bianca affrettò il passo per raggiungere più velocemente la scuola. Certo, non si sarebbe mai immaginata di poter incontrare un grosso corvo nero appollaiato su un cespuglio. Sapeva cosa voleva dire.
Solo guai.
Due secondi dopo, al posto del corvo si materializzò il vampiro dagli occhi azzuri che iniziò a camminarle accanto. "Sai benissimo che potrei prenderti quell'anello e farti friggere alla luce del sole" "Ma non lo farai" disse lui mostrando un sorriso abbagliante. "Hmm... Probabilmente no, ma posso sempre cambiare idea, sai?" lui rise. "Quindi... Tu sei un ibrido" a quelle parole Bianca rabbrividì, ma si ridiede subito un contegno. "E quindi tu sei uno stronzo" "Aaaaah... Questo si sapeva già. Magari ibrido è un po' offensivo, per te. Diciamo... Mezza vampira?" lei sbuffò. "Mettiamola così se proprio sei contento" era al suo fianco e la cosa le metteva i brividi. "Sai... i libri non dicono molte cose buone su di te" "Questo è perché evidentemente non sanno che io ho un lato... Come posso spiegarlo?" sembrava assorto in un ragionamento mentale di fisica quantistica. "Carino e coccoloso... Ecco" Bianca scoppiò a ridere. "Tu? Carino e Coccoloso??" "Io... Damon Salvatore. Te l'ho detto. Ti voglio conoscere" Bianca si girò per guardarlo negli occhi e dovette alzare un po' il mento. Sul suo volto era dipinto un sorriso, ma non era strafottente. Era un sorriso sincero. Come era possibile? Due secondi dopo, lo vide di nuovo assorto nei pensieri, la mascella un po' contratta. "Ehi, penso che tu sia arrivata... E anche io" "E questo significa..." "Tranquilla, non ti assillerò anche a scuola. Purtroppo per me sarà qualcun altro di mia conoscenza a farlo..." disse d'un fiato. "Quindi ci salutiamo qui?" domandò Bianca perplessa dall'affermazione di Damon. "Sì, direi di sì" lui si abbassò un po', guardandola negli occhi. Davanti all'entrata c'erano le sue amiche ad aspettarla e la ragazza era certa che la stessero guardando perplesse, anzi, che stessero guardando ammirate il lato B del vampiro davanti a lei. Il viso di Damon era così vicino al suo che un brivido la percorse interamente. Cosa aveva intenzione di fare? Sentiva il suo respiro su di lei, ma in un secondo cambiò traiettoria e le diede un bacio sulla guancia, di cui Bianca sentì lo schiocco. "Promettimi che penserai al fatto di conoscermi meglio..." lei sorrise. "Ho altra scelta, Sherlock?" "Probabilmente no, Watson!" detto ciò si dissolse nella folla di ragazzi e professori davanti al cancello di entrata.
Appena si avvicinò a loro -Stella, Erica e Ambra- la tartassarono di domande. "Uhm... Un amico" rispose dubbiosa. Amico? Così si poteva definire un vampiro che la stava costringendo a conoscerlo. Ed ecco di nuovo quella sua sensazione. Sì, voglio che sia mio amico. Lo voglio. Scacciò quel pensiero poco conveniente e disse alle ragazze: "Novità?" loro annuirono e la colse alla sprovvista una pioggia di parole da parte di tutte e tre. "Girati" disse poi Ambra. A diversi metri di distanza da lei, c'era un uomo sulla trentina, non particolarmente alto, con capelli biondo cenere e un profilo marcato. Era sicura di poterlo collegare a qualcuno ma... Nah! "Quello non è il tuo amico?" domandò Stella. Damon stava parlando con quel tizio. Sarà stata quella la persona che avrebbe dovuto dare il pilotto a Bianca in assenza di Damon? "Chi è quel tizio?" domandò curiosa. "Il nuovo prof di sociologia e filosofia... Quelli del 3B ne parlano bene. Dicono che è fuori dal comune" Bianca rise di gusto.
"Ehm... Ne ho abbastanza di cose fuori dal comune" Che ci fai lì? domandò poi mentalmente a Damon sperando che fosse in ascolto. Uhm... Niente di che. Sto salutando il mio vecchio fratello Stefan. Bianca rimase pietrificata. T... tuo fratello? Ma non doveva essere più piccolo di te? Notò che quello che doveva essere Stefan, non doveva essere molto contento di vedere il fratello. E' quello a cui sto provvedendo. Quando è morta Elena, ha chiesto a una stupida streghetta di Salem di avere di nuovo la sua umanità e di invecchiare... E... Tada! Streghe di Salem... Bianca ne conosceva solo una e si da il caso che fosse la sua migliore amica, ma non si fidava di Damon a tal punto da fargli ritrasformare suo fratello in un giovane e forte vampiro. Mio fratello non è una minaccia. Pensò risoluto lui. L'unico motivo per il quale lo rivoglio immortale è perché mi rimane solo lui. Bianca si sentì colpita da quella rivelazione. Ma si poteva fidare di uno che aveva odiato fino a quella mattina? Poteva anche minimamente pensare che fosse stato solo per amore fraterno. Ti prego Bianca, se conosci una strega di Salem dimmelo. La sua voce nei pensieri della ragazza era supplicante. Non se la sentiva di dirgli di no. Oggi, a casa mia a mezzanotte.
Detto questo Damon le lanciò un'occhiata grata da lontano.

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Capitolo 3
*** La storia... si ripete? ***


"Stella?" la ragazza brunetta si girò verso Bianca, guardandola spaventata. "Quello è un vampiro, Bianca" lei annuì. "Lo so... Ho raggiunto un accordo con lui ma ho bisogno del tuo aiuto o non mi lascerà in pace" la ragazza dalla carnagione olivastra la guardò per un lungo istante e capì che quello che diceva era vero. "Dimmi" "Devi fare un sortilegio. Un sortilegio che può fare solo una Strega di Salem" si guardarono intensamente negli occhi. Erano amiche da sempre, da quando all'asilo si erano scambiate qualche parola. "Io non ti posso assicurare che ci riuscirò" Bianca sospirò. "Sì, ma io mi fido di te" disse poi decisa. "Quando?" "Stanotte, a casa mia. Chiedi a tua madre se puoi fermarti a dormire da me. Domani è sabato e non abbiamo scuola" lei annuì.
La campanella suonò insistente.
"Bianca..." "Sì?" Stella sembrava terribilmente spaventata. "Ho bisogno di sapere chi sono i due vampiri in questione" la ragazza dai capelli castani deglutì rumorosamente e a disagio. "Ciao Bonnie" una voce dietro Bianca. Aspetta... Bonnie? Damon non rispondeva alla sua chiamata telepatica. Che non glielo volesse spiegare? Oddio, cosa stava succedendo? La faccia di Stella si indurì in un secondo e subito dopo la ragazza sibilò: "Stefan...". Dietro di loro c'era proprio il prof di filosofia. Stella si girò di nuovo verso Bianca: "Non mi avevi detto che lo avrei dovuto ritrasformare in vampiro..." "Stella, spiegami perché ti ha chiamato Bonnie" quello che uscì dalla mia bocca fu un ordine. "Perché lei è Bonnie. Bonnie Bennett" vicino al professore c'era anche Damon. "Ciao, Bianca" disse sbrigativo. La ragazza era sicura che in fondo Damon volesse bene a suo fratello e non lo voleva vedere invecchiare fino alla morte. "No, Bianca. Non sono disposta. Tu sei la mia migliore amica ma... Elena, loro la hanno uccisa" io strabuzzai gli occhi. "Cosa?!" sapevo che nel libro Bonnie era la migliore amica di Elena, ma Damon non mi aveva detto di aver ucciso Elena. "Sai benissimo che non è andata così" sibilò il vampiro dai capelli neri. "Sì, invece" insistette Stella/Bonnie. I suoi occhi verdi da strega di Salem, lampeggiavano di una luce pericolosa. Bianca sapeva benissimo che se avesse voluto, la sua amica avrebbe potuto uccidere in quel momento Stefan e Damon. O come minimo li avrebbe fatti soffrire davvero molto.
"E' stata impalettata da Isobel, sua madre vampira" disse Stefan con uno sforzo immane. Se amava quella ragazza tanto quanto diceva il libro, allora al momento della sua caduta aveva sofferto da morire. "Non è colpa né mia né di mio fratello" sussurrò Damon furioso. "Tutto ciò che è successo è colpa vostra. Perché voi siete vampiri. Stefan è tornato umano perché ha ancora l'umanità dentro di sè... E lui vuole morire" sibilò Stella inchiodandolo con lo sguardo. Bianca guardava e ascoltava sempre più confusa.
Il suo cervello cercava di elaborare tutte le informazioni, ma lei era sicura che avesse iniziato a fumare per il sovraccarico di pensieri. Oddio, non voglio morire con il cervello fritto! pensò spaventata.
"No, non più" sussultò il professore. Bianca fu sicura che il suo sguardo per un attimo si spostasse su di lei.
Stella fece per andarsene e disse: "Stanotte ci sarò... Vediamo di fare una cosa veloce" detto ciò si allontanò velocemente farfugliando qualcosa del tipo "Tsh... Alla faccia di paese in cui la storia si ripete".
Guardò Damon, in un misto tra incazzatura e altro. "Tu mi devi spiegare qualcosa prima di stasera, non trovi?" lui sorrise imbarazzato.
Damon Salvatore... imbarazzato? Oddio cosa stava succedendo? E soprattutto... Stava succedendo a Bianca. Era sicura che sugli zigomi marmorei del ragazzo fosse comparsa una punta di rossore. Possibile?
"Ti accompagno a casa... Ci dobbiamo preparare per stanotte" dettò ciò la prese per mano e si allontanò da Stefan che, a insaputa di Bianca, continuava a guardarla.

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Capitolo 4
*** Verità condivise ***


"Ehm... solo una curiosità: pretendi che io ti presenti a mia madre?" Damon fece spallucce, divertito. "Volendo..." "Tu, che non frequenti la mia scuola, che hai qualche anno in più di me, che non sei una persona esattamente raccomandabile..." lui alzò le braccia in segno di resa. "Okay, okay. So come fare... Spero per te che non ti faccia schifo tenere un animaletto domestico" Bianca rabbrividì perché aveva già capito cosa intendeva fare quel vampiro psicopatico. "No... no no no no!" lui rise. "Sì, invece" e detto ciò accanto a lei si materializzò un grosso corvo nero. Oddio... perché un corvo?? Il corvo le girò attorno e gracchiò. Fa molto film dell'orrore. Fu la risposta risoluta. Si avvicinarono velocemente alla casa di Bianca e il corvo aprì con il becco la cartella della ragazza per entrarci dentro. Sbrigati e saliamo in camera tua... Questa posizione non è esattamente comoda. Bianca aprì la porta che emise un leggero cigolio. "Ciao ma', sono tornata" sussurrò. Ma sua madre non l'aveva sentita: era occupata a fare altro. La ragazza inorridì quando vide sua madre che si.. ehm... dava da fare insieme a un tizio. "No" sussultò Bianca, e una lacrima iniziò la discesa lungo la sua pelle diafana. Si accovacciò lentamente dietro al muretto che divideva la cucina dal salotto e si portò le mani al petto. Non se ne era accorta ma il corvo-Damon era sgusciato fuori dal suo nascondiglio e con un fruscio d'ali, ecco il vampiro accovacciato vicino a lei che le asciugava le lacrime. "Bianca mi..." sussurrò. "No" lo bloccò la ragazza. "Non ho bisogno anche della tua compassione. Me ne fotto" lui le prese il volto tra le mani. "Ascoltami Bianca: non mi interessa ciò che fa tua madre. Non mi interessa, hai sentito? E non voglio compatirti. Familiari complicati? Ce ne ho e ce ne ho avuti. Spettacoli del genere? Ne ho visti un bel po'. Se un giorno mi vorrai raccontare io sono a tua disposizione" la profondità di quegli occhi la inebetiva. Ma riusciva comunque a sentire le parole del ragazzo. Erano intense, piene di sentimento. Prese una decisione repentina, senza pensarci troppo. Strinse la mano del vampiro e si alzò: "Ciao mamma. Sono tornata" la madre la squadrò per un attimo, poi vide Damon accanto alla figlia. "Lui è un mio amico di scuola... Sai, è all'ultimo anno ed è il mio mentore. Mi insegna come muovermi nel triennio" disse ancora prima che la madre potesse domandare chi fosse. "Comunque sia, noi andiamo su" trascinò il ragazzo lungo tutto il salotto e scomparirono su per le scale. Percorsero il corridoio e Bianca aprì la porta della sua camera.
"Stai bene?" le domandò Damon scioccato. "Sì, tutto a posto" e gli fece cenno di sedersi sul letto vicino a lei. "Ascolta, non so perché te lo sto dicendo, ma sento di potermi fidare di te" prese un respiro e incominciò a raccontare. "Mia madre è sempre stata così. Anche alla mia età. A sedici anni ha conosciuto mio padre... Lui era uno dei tanti e a lei non importava di conoscerlo, non le importava di sapere nemmeno di che razza fosse. Lui era un vampiro, di almeno cinquecento anni. Rimase incinta e... decise di tenermi. Non fu lo stesso per mio padre, però. Lui se ne andò poco dopo, lasciandomi solo una lettera, nascosta in un vecchio album di foto. Sapeva che prima o poi lo avrei sfogliato e infatti a dodici anni ho letto la lettera. Sono cresciuta praticamente da sola: mia madre si alterna ancora oggi tra lavoro e... quello" disse schifata la ragazza. D'un tratto sentì la stretta di Damon sulla sua mano. Il vampiro la guardava. "Come si chiamava tuo padre?" lei prese un respiro. "Klaus" tutti e due sapevano cosa significasse. "Il creatore di Katherine" Bianca annuì. "L'ho scoperto stanotte mentre leggevo il libro e... non riuscivo a crederci, tutto qua. Ma poi, ho trovato questo in un cassetto della camera di mia madre" la ragazza si alzò e prese una scatolina di velluto rosso dal cassetto del suo comodino. La aprì.
Dentro, c'era un piccolo anello tempestato dagli zaffiri. Damon lo prese, i suoi occhi si fecero d'un tratto malinconici e senza tempo. Poi tornò a fissare Bianca. "Scusa... E' che... Il primo amore non si scorda tanto facilmente. Comunque pensavo che l'anello ce l'avesse Stefan" "No" disse la ragazza scuotendo il capo. "Penso che Klaus gliel'abbia preso nel momento in cui..." deglutì. "Damon, chi ha ucciso Elena" il vampiro sbarrò gli occhi sbigottito. "Oddio... L'anello di Katherine. E poi di Elena" Bianca annuì. "E' quello a cui ho pensato anch'io. Siamo in pericolo? Klaus è ancora vivo?" Damon scosse il capo. "L'ho ucciso... Qualche anno fa. Bianca, c'è una cosa che dovresti sapere. Io l'ho scoperta adesso" la ragazza guardò negli occhi il vampiro che le restituì un sorriso. "Ho ucciso Klaus nel 1994" la mezza vampira lo scrutò ancora una volta. "L'anno della mia nascita" disse poi inorridita. 

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Capitolo 5
*** Darei la vita per te ***


"Cerca di capire, Bianca!" sbraitò Damon che rincorreva la ragazza per tutta la stanza. "Klaus era malefico. Viveva per il solo gusto di uccidere, e a me non interessava tanto questo, quanto il fatto che avesse ucciso Elena! L'unico amore di mio fratello, la mia migliore amica che speravo diventasse qualcosa di più un giorno! Lui era cattivo come Katherine, come me tanti anni fa. Ti prego, Bianca" le parole si susseguivano velocemente. "Allora perché?" domandò lei. "Perché mi ha scritto questa lettera?" disse sventolando un foglio ingiallito davanti al naso di Damon. Il ragazzo la prese e iniziò a leggere.

Figlia mia,
quando tua madre è rimasta incinta non ero consapevole neanch'io del fatto che i maschi della nostra specie fossero fertili. Sei stata un errore, ecco. Ma sei comunque mia figlia ed è per questo che voglio essere io a raccontarti la verità. Tu sei diversa da tutte le tue amichette: scometto che almeno una volta hai sentito il richiamo del sangue che pulsava sotto la pelle dei tuoi compagni di classe. Scommetto che almeno una volta hai sentito il sangue salirti alla testa e hai sentito i canini che si affilavano. Tu sei un ibrido, Bianca. Vivi sospesa tra la vita e la morte. Un giorno, avrai bisogno di qualcosa per proteggerti dal sole e sono sicuro che lo troverai. Basta cercare.
Addio, Klaus.

Quella lettera, così breve aveva fatto accapponare la pelle persino a Damon, paralizzato. Quel foglio era stato toccato da lui: il creatore della donna che gli aveva rovinato la vita inesorabilmente. "Visto?" disse Bianca. "Questo non significa che lui ti volesse bene! Non devi fidarti delle parole di un mostro del genere. Ha rovinato la mia vita, quella di mio fratello e probabilmente anche quella di Katherine! E vogliamo parlare di Elena?!" Damon cercò gli occhi di Bianca ma lei distolse subito lo sguardo. In un battito di ciglia, il vampiro era davanti alla ragazza. "Ti sto chiedendo di credere in chi ti ama" disse calcando l'ultima parola. Damon si avvicinò ancor di più alla ragazza, incerto come un ragazzino di tredici anni davanti a una bella cheerleader. Fu un attimo. Le loro labbra si sfiorarono in un gesto quasi impercettibile che fece vibrare tutto intorno a Bianca. "Io sono una di quelle persone". Lei lo guardò, impaurita. Poi lui fece un gesto che la ragazza non si sarebbe mai aspettata. "Devi essere molto debole, e mi dispiace perché è colpa mia" Damon avvicinò il suo stesso polso ai canini che si facevano affilati e si tagliò. Un rivolo di sangue scuro gli scese lentamente lungo il braccio. "Bevi" le disse avvicinando il polso ferito alla bocca di Bianca. "La ferita non sarà aperta per molto, perciò sbrigati" avvicinò ancora di pù il braccio. "Non ti preoccupare. Te lo devo" la ragazza avvicinò le labbra alla ferita e poi tutte le sue terminazioni nervose sprizzarono elettricità. Era un piacere, un inebriante piacere che le scaldava la gola e ad ogni sorso si sentiva più forte. Ed era un rapporto intimo, qualcosa di piacevole e proibito. Stava instaurando un rapporto con Damon. Si staccò dal polso del ragazzo poco dopo e, senza nemmeno accorgersene, si accovacciò vicino a lui. "Dormi un po', Bianca. E ricorda... Io darei la vita per te". 

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Capitolo 6
*** Diversa ***


Era sera.
Bianca aprì gli occhi e si ritrovò sdraiata sul letto della sua cameretta. Forse era stato tutto un sogno-incubo, forse niente di tutto quello che era successo la riguardava. Le si strinse il cuore: l'idea che Damon non fosse vero la fece rabbrividire. Poi, sentì la presenza di qualcuno accanto a lei e una parte di lei gioì silenziosamente. Damon. Era lì e dormiva come qualsiasi persona normale. Le sembrava diverso da come lo aveva visto prima: più... lucente. Splendido. Cercò di alzarsi senza svegliarlo, ma appena mise un piede per terrà, trovò il ragazzo proprio dietro di lei, seduto a gambe incrociate sul letto. Si girò e gli sorrise dolcemente. Poi, si accorse che Damon stava dormendo senza camicia, senza canottiera, solo con i jeans. "Oh, scusa. E' che... la camicia si era sporcata e... mi dava un po' fastidio. Poi mi sono messo sul tuo letto e non volevo sporcare la trapunta..." parlava a vanvera, come se fosse stato agitato. "N... non ti preoccupare" poi lui la scrutò. "Wow" lei lo guardò interrogativa, assicurandosi di avere i vestiti, dato che da Damon ci si poteva aspettare solo quello wow. No, i vestiti ce li aveva. "Wow, che?" "Guarda tu stessa" le disse portandola delicatamente vicino allo specchio della sua camera. Dapprima Bianca si concentrò solo sugli addominali scolpiti del vampiro sulla superficie riflettente. In seguito, scorse la sua immagine e rimase sbigottita. I suoi capelli neri si erano allungati ed ora le scendevano fluenti lungo la schiena, le labbra di cui si era sempre lamentata perché troppo sottili avevano quasi raddoppiato il loro volume ed erano rosse, quasi come il sangue. Gli occhi sembravano quelli di un innocente cerbiatto smarrito e il suo corpo era delineato da curve che lei non si era mai nemmeno sognata di avere. Girò un attimo su sé stessa, ottenendo un fischio di ammirazione da parte di Damon. Mise sotto esame il suo abbigliamento: maglietta e reggiseno troppo stretti, jeans troppo larghi sul girovita. Li tirò su, sicura che se avesse mosso un altro passo le sarebbero caduti a terra. "COSA. MI. HAI. FATTO?!" "Uh, non pensavo che avessi bevuto così tanto sangue" lei inarcò un sopracciglio avvicinandosi al ragazzo. "Cosa significa, Damon Salvatore?!" "Che se uno assume troppo sangue di vampiro poi... cambia. Ma non nel giro di un'ora e mezza! Ci vogliono almeno un paio di settimane, se non di mesi" "Oh, certo! Perché io sono diversa! E ora come faccio ad uscire di casa? Sai, di solito non compro roba che non sia della mia taglia" lui rise sotto i baffi. "C'è sempre il guardaroba di tua madre" "Cosa?! No, non se ne parla" "Facciamo così: prendi qualcosa da quel guardaroba e andando a casa mia facciamo un salto da H&M per rinnovare il tuo guardaroba" Bianca sbuffò e poi scomparve dentro la cabina armadio di sua madre.
Là dentro non c'era niente di decente. Cercando per diversi minuti, riuscì a trovare un maglioncino nero, un paio di jeans a sigaretta che a sua madre toglievano il respiro ma che alla nuova Bianca stavano bene e un paio di stivaletti con un tacco non troppo esagerato. Quando uscì dalla cabina armadio, Damon sembrò deluso. "Che c'è?" "Speravo in qualcosa di più scollato..." disse, e nemmeno tentando di nascondere quel sorriso malizioso. "Non serve passare da H&M... O almeno non oggi. Cosa dobbiamo passare a prendere a casa tua?" "Una maglietta per me" disse alzando il pollice. "E il cambio per il mio fratellino stanotte" terminò alzando anche l'indice. 

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Capitolo 7
*** 7. Klaus si vendica sempre ***


“Posso chiederti una cosa?” domandò d’un tratto Bianca a bordo della vistosissima Ferrari color giallo canarino di Damon. “Tutto quello che vuoi” “Perché io?” il vampiro si girò lentamente nella sua direzione e parve perplesso. “Non lo so…” forse è per quegli occhi che mi fanno perdere la testa ogni volta che li incrocio, avrebbe voluto aggiungere. Ma non ci era riuscito. Con Bianca non riusciva ad essere il solito stacanovista strafottente di sempre: l’idea di farla soffrire o di offenderla gli faceva paura. E così anche l’idea di metterla in imbarazzo, anche perché non sapeva cosa fossero loro due in quel momento. “Almeno dimmi cosa… siamo” ecco la domanda tabù, un’altra domanda a cui Damon Salvatore non riusciva a rispondere. Iniziavano a diventare davvero troppe eh? “Questo è tutto da vedere. Sta a te sceglierlo” anche Bianca era indecisa e impaurita. Lui sembrava così freddo rispetto a come si era comportato poche ore prima…

Solo in quel momento la ragazza si accorse che la macchina era ferma. “Scendiamo?” domandò Bianca dato che il ragazzo non si muoveva. “Sto aspettando una risposta” lei sospirò. “Damon, ti… chiedo solo un po’ di tempo! Non voglio essere una delle tue sgualdrinelle di turno” detto ciò aprì la portiera ma lui la bloccò tenendola per una mano. “Non ti farei mai una cosa del genere… Con te è diverso. Io non sono mai stato una brava persona, e penso che questo tu lo debba sapere. Ma potessi marcire all’inferno, potesse conficcarsi un paletto nel mio cuore se io ti facessi del male!” le lasciò la mano e scese dalla macchina senza proferire parola.

Si sentiva stupido.

Con Bianca era tornato un inesperto adolescente alle prese con la sua prima cotta. E la cosa lo irritava da matti perché con lei avrebbe voluto dare il meglio di sé. Era come la cheerleader inarrivabile, che tutti i ragazzi della scuola sognano e lui di certo non si sentiva il quarterback pronto a prenderla tra le braccia alla fine di una partita!

“Questa è casa tua?” disse la ragazza guardandosi attorno. Si trovava davanti a una villa ricoperta in parte dall’edera e con un’ampia vetrata che dava su quello che doveva essere il soggiorno. Lui annuì. “Wow… non è un po’ grande per una sola persona?” “In realtà, ci abitavano anche Stefan e Elena ma poi… beh il resto è storia” disse con una punta di amarezza mentre apriva il portone di mogano con un’ingombrante mazzo di chiavi. “Scusa se ne parlo ma… Con Elena è finita la dinastia dei Petrova? Cioè, lei è stata l’ultima doppelganger?” “A quanto pare sì… Cioè, non penso che abbia fatto un figlio di nascosto” “Ma… perché Klaus la ha uccisa? Ormai era una vampira. Non gli serviva più a niente” Damon la guardò con aria di rimprovero. “Klaus si vendica sempre” “Mi dispiace” disse d’un tratto Bianca. “Non importa.. non è colpa tua” la porta si aprì con un cigolio e la ragazza si trovò davanti all’autentico soggiorno del pensionato dei Salvatore.

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Capitolo 8
*** 8. Scusa, ricordi... ***


“E’ molto luminosa per essere una casa di vampiri…” osservò lei con una punta di sorpresa nel tono. “Beh… E’ una casa di vampiri forniti di anelli!” Bianca rise mentre Damon alzava il dito medio per farle vedere l’ingombrante anello di zaffiro. “Fico…” “Vieni” le disse lui prendendole la mano e trascinandola su per le scale. Aprì una porta e si ritrovarono in una camera davvero incasinata. Sulla parete di sinistra c’era una libreria probabilmente lavorata a mano, piena di tomi che variavano dai classici di Shakespeare alla saga di Anne Rice. Nella parete centrale c’era un letto matrimoniale con una trapunta bianca e a terra erano sparse miradi di cd, dvd, magliette… “Scusa il disordine. Sai, non pensavo di avere ospiti” Damon si fece spazio e andò ad aprire un enorme armadio che occupava tutta la parete di destra. Rimase un attimo in contemplazione e poi prese una maglietta blu elettrico a maniche corte e una giacca di pelle dall’aria vissuta. “Ehm… ti dispiace?” domandò impacciato a Bianca. “Fa’ pure…” sorrise lei. Si levò la camicia e infilò subito la maglietta, come se si vergognasse. Oh, no. Questo non è per niente da me! Pensò preoccupato. Se si fosse trovato in altre condizioni, con un’altra ragazza nella camera avrebbe esibito di certo il suo fisico da modello, perché era quello il lavoro che faceva. “Okay, io ho fatto! Adesso andiamo a prendere qualcosa nell’armadio di Stefan… Ho bisogno di un tuo consiglio!” uscirono dalla stanza e Damon aprì la porta di una camera adiacente. Quando vi fu dentro, Bianca si accorse che era l’esatto contrario della camera in cui era appena stata. Ordinata ed equilibrata, con spazi ben disposti e- soprattutto- sembrava che non ci avesse vissuto nessuno per molti, ma molti anni. Un secondo dopo la ragazza realizzò che stavano proprio così le cose. Damon la sorpassò e si andò a sedere sul letto, triste. “Cosa c’è?” domandò lei intuendo già la risposta, che sarebbe stata mio fratello ha dei pessimi gusti! Quello che però non si aspettava, era che una piccola, impercettibile lacrima rigasse la guancia di quell’immortale. “Scusa” disse lui, con la voce mozzata. “Ricordi…” Bianca non riusciva nemmeno ad immaginarsi un Damon così indifeso.

Lui ha bisogno di essere abbracciato.

Così gli si avvicinò e mise le sue braccia attorno alle spalle del ragazzo. Ragazzo, perché in quel momento non poteva essere niente di più e niente di meno. Era così umano da sembrare ancora più splendido della maschera da freddo vampiro che assumeva sempre. Di nuovo tornò la sensazione che l’aveva avvolta poche ore prima nella sua camera da letto: Damon era cambiato.

“E’ da tanto che non vieni in questa stanza, eh?” disse Bianca accarezzandogli delicatamente i setosi capelli neri. Lui si limitò ad annuire. “Ti voglio bene, Damon” non riusciva ancora a dirgli con la voce quelle due parole, quelle cinque lettere che il suo cuore urlava.

“Anche io Bianca. Io ti amo” disse alzando la testa e sostenendo lo sguardo della ragazza. “Forza, dobbiamo o non dobbiamo ad andare ad uno spaventosissimo rituale condotto da una strega?” “Hai ragione, fra poco riavrò almeno mio fratello. E poi ho te” disse alzandosi e aprendo l’armadio di Stefan. “Allora? Cosa gli prendiamo? Il look da professore per bene è passato da un pezzo, non trovi?” “Oh sì” disse ridendo Bianca. “Facciamogli ritrovare gli anni della gioventù!” Damon frugò nell’armadio per poi estrarre trionfante una maglia nera dell’Hard Rock Cafè di New York, dei jeans a vita bassa, un paio di sneakers e una giacca di pelle nuova di zecca. “Ecco… Lui ed Elena erano andati a New York per una specie di luna di miele, ma Stef non ha avuto il tempo per mettersi queste cose…” Bianca annuì comprensiva ed abbracciò un’altra volta Damon, facendogli cadere tutti i vestiti per il fratello sul letto.

Bianca non lo poteva sapere, ma l’impavido vampiro stava arrossendo.

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Capitolo 9
*** 9. Mi sono perso qualcosa? ***


“E’ tutto pronto?” “Affermativo capo!” rispose Damon scherzando sul tono da militare di Stella. “Manca solo il soggetto dell’incantesimo…” osservò laconica la ragazza dal colorito olivastro. “Ehi Bianca! Ma tu e Stefan vi siete mai conosciuti? Voglio dire… a lezione, a scuola…” lei scosse il capo. “Non ho ancora avuto lezioni di sociologia e filosofia” disse lei sollevata. “Altrimenti sarebbe stato imbarazzante… non trovi?” Damon annuì divertito. “Ehi coso, hai portato una foto di tuo fratello da vampiro?” “Coso ha un nome! Comunque sì, l’ho portata Bonnie…” il vampiro sorrise sventolandole una foto davanti al naso. “A proposito di questo… Stella, mi piacerebbe avere delle spiegazioni, sai?” Stella/Bonnie stava per aprir bocca, quando una macchina si accostò sul vialetto di casa Blake. “Non ora… Ti sto facendo un favore. O meglio, lo sto facendo al tuo amichetto” disse la strega avviandosi verso la macchina. Quando arrivò dal “professore” lo prese per mano e lo guidò a passò di danza su una sottospecie di altare fatto di pietre che aveva portato lì Damon poco prima. “Salve, figlio del sole” disse Stella solenne. “Salve a te, figlia di Saturno” rispose il prof./Stefan. “Siamo tutti riuniti qui per riportare il qui presente Stefan Salvatore tra i figli di Marte come suo fratello” intonò poi avvicinando i due Salvatore. “Tu, sei disposto ad abbandonare la tua vita mortale, per diventare un dannato, bruciare al sole e bramare il sangue più di ogni altra cosa?” “Sì, sono disposto” “Allora sdraiati sull’altare” lui fece quello che la strega gli ordinava, ma Bianca percepì la crescente paura dell’uomo. Non sapeva cosa sarebbe successo a quel punto ma Stella le metteva i brividi ed era certa che non ci sarebbe stato niente di buono. “Per il potere conferitomi da mia madre Morgana, prima strega e madre di tutte quelle come me…” la ragazza fece scivolare qualcosa fuori dalla giarrettiera verde.

Un pugnale.

Bianca voleva urlare, scappare, ma magari doveva usarlo come una bacchetta magica… no? “… Io prendo questo pugnale e rispedisco te, Stefan Salvatore” l’uomo sull’altare aveva chiuso gli occhi in un evidente sforzo di restare calmo. “… Nel regno dei morti!” urlò Stella.

Poi, tutto si susseguì velocemente. La strega alzò il pugnale in cielo per poi piantarlo con un gesto repentino, dritto nel cuore del professore. Una chiazza rossa si propagò velocemente per tutta la camicia bianca. Il corpo sull’altare diventò bianco e duro come il marmo. Gli occhi di Damon si fecero scuri appena potette saggiare l’aria e fece per avventarsi sul corpo esanime, ma Stella lo trafisse con lo sguardo e lui cadde a terra sovrastato dal dolore. Senza nemmeno accorgersene, Bianca aveva urlato. Un urlo disumano.

Tutti si girarono verso di lei e in men che non si dica Damon le fu accanto. “Oddio! Lo avete ucciso! E tu… volevi bere il suo sangue!” sembrava una pazza isterica sull’orlo di una crisi epilettica. “Bianca…” cercò di spiegare Damon con la massima calma. “Io pensavo che fossi una persona diversa! Stavo seriamente pensando alla tua proposta e… E poi cosa fai? Uccidi tuo fratello! Un’altra volta!” “Bianca!” la richiamò all’ordine l’amica. “E anche tu! Non mi aspettavo che ti abbassassi ai suoi livelli!” la ragazza si era messa le mani nei capelli mentre Damon e Stella guardavano verso di lei, o dietro di lei, sull’altare. Sembrava che tutti e due trattenessero a stento le risate. Poi, d’un tratto scoppiarono. Ridevano così forte che Bianca ebbe paura che i vicini si venissero a lamentare e trovassero un cadavere su un’altare e la prendessero per una satanista. “Ridete?! Ridete?! Voi siete… siete…” la ragazza fu interrotta da una voce di ragazzo dietro di lei. “Buongiorno! Mi sono perso qualcosa?”

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Capitolo 10
*** 10. E' un sì ***


Dietro di lei appoggiato su un gomito alle pietre dell’altare, c’era un ragazzo a cui non avrebbe dato più di diciott’anni, con i capelli scompigliati e degli occhi verdi davvero molto seri. In quel momento però, sembrava davvero divertito. Bianca, invece, era paralizzata e rossa come un peperone.

Damon la sorpassò e diede una pacca sulla spalla al fratello, per poi consegnargli gli abiti che avevano   

scelto insieme. “Come stai, fratellino? Beh sai… Bonnie ti ha ucciso!” “Ehm… Bene, penso. Mi ero scordato come ci si sentisse. Ma… ti sembrava il caso di prendere questi vestiti?” “Eddai! Hai bisogno di una rinfrescata al guardaroba!” “Cazzone” disse ridendo. “Ehi Bianca!” disse Damon svegliandola dalla trance e prendendola per la mano. “Stai assistendo ad uno dei rarissimi sorrisi di Stefan Salvatore! Mi raccomando, non ti ci abituare o rimarrai delusa!” il ragazzo davanti a lei sorrideva radiosamente. “Oh, non vi siete ancora presentati! Stefan, lei è Bianca Blake, la mia… amica” “Piacere, Stefan” disse lui tirandosi su i calzoni cadenti. “Scusa, ma ora dovrei andare a cambiarmi… Non è che hai anche un po’ di cera in bagno?” “Ecco il ritorno di cera-man! Ti è mancata la tua dannata scatoletta eh?” domandò Damon. “Oh sì molto” “Secondo scaffale a destra” rispose Bianca.

“Ciao Stefan!” lo salutò Stella. “Ehi, Bonnie! O dovrei chiamarti Stella?” lei sbuffò e poi abbracciò il ragazzo. “Ci sei mancato quaggiù” disse con un tono cantilenante. “Io tolgo il disturbo!” disse Stella andando verso la sua macchina. Stefan andò verso la casa di Bianca, e rimasero solo lei e Damon.

“Mi hai fatto prendere davvero uno spavento!” “Beh… Hai detto che stavi seriamente pensando a quello che ti avevo chiesto…” Bianca arrossì. “Aspetta. Qualsiasi sia la tua risposta ci tengo a farti sapere una cosa. Io ti amo Bianca: ora ne sono certo. Quando ti vedo sento… le farfalle nello stomaco. Il che è strano se consideri che io sono morto! E poi molte volte se ti guardo negli occhi, non riesco più a essere coerente. Fino a poco fa non capivo perché con te non riuscissi a essere sexy e… provocante. La verità è che mi sono innamorato, Bianca. Mi sono innamorato di brutto, come non mi era mai successo in più di cinquecento anni, nemmeno con Katherine. Con te mi sento umano” Bianca lo guardò.

Poi lo baciò.

Tutte le preoccupazioni che la avvolgevano in quel periodo- Klaus, sua madre, ciò che era- sparirono in un colpo e tutti e due si sentirono completi come non si erano mai sentiti. Perché Damon completava Bianca, e Bianca completava Damon.

Lui percorse il contorno delle labbra della ragazza e poi la strinse in un abbraccio. Ma il bacio continuò. Sì, adesso si sentiva sicuro. Con Bianca sarebbe potuto essere quello che era veramente e l’impacciataggine iniziale se ne era andata via, insieme al dubbio.

“Quindi… E’ un sì?” domandò lui sfoggiando un sorriso malizioso e allo stesso tempo pieno di speranze. “Sì” disse lei. Una lacrima scese lungo la sua guancia, ma venne subito raccolta da una carezza.

E poi fu lui a baciarla, mettendole le mani nei capelli, accarezzandola, facendola sentire felice come non lo era mai stata.

Quello che però nessuno dei due sapeva, era il fatto che un certo fratello si era cambiato, e dall’ombra di un pino, li osservava. Ancora incerto sul da farsi. Perché per lui era iniziata una nuova vita, anzi, una nuova esistenza.

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Capitolo 11
*** 11. Io? Ah sì... Io. ***


Era passata una settimana.

Una settimana dalla sua nuova vita, una settimana dal suo ritorno al regno dei non-morti.

Una settimana dal suo primo vero incontro con Bianca.

Bianca e i suoi occhi grandi e spesso spaventati, Bianca e le sue labbra rosse e piene, Bianca e la sua adorabile indecisione sul da farsi.

Bianca, Bianca, Bianca.

Quel nome rimbombava nella testa di Stefan Salvatore da sette giorni ormai, senza dargli una minima tregua o un attimo di respiro. Non aveva pensato ad altro.

Nascosto sulla sommità di un pino, la osservava dormire.

La osservava e basta: come si fa con qualcosa di prezioso, da preservare a costo della vita, o della morte nel caso di Stefan. Eppure non aveva il coraggio di andare a parlarle: aveva il terrore che quella sua perfetta illusione si sarebbe spezzata in mille pezzi, rivelando una Bianca del tutto diversa da quella del suo immaginario poetico-notturno.

Doveva ancora riabituarsi al suo corpo di eterno adolescente, così perfetto e cristallizzato. Doveva ancora ritrovare i suoi occhi in quel profondo verde bosco che era il colore delle sue iridi.

Pensò ad Elena.

Dov’era in quel momento? Lo stava guardando? Lo amava?

Una stretta gli serrò il cuore: la sua Elena.

Da umano si era ripromesso di non pensarla, di dedicarsi alla sua vita che tanto prima o poi sarebbe finita in un sonoro puff! donandogli il riposo eterno una volta per tutte. Non gli importava se fosse stato tra le fiamme dell’Inferno o nei canti del Paradiso: l’importante era vivere e poi finire. Così la figura del suo primo, grande amore era sfumata nel ricordo opaco che aveva dei suoi giorni da vampiro.

Ma ora che era tornato immortale, era come se riuscisse a sentire ancora il sapore delle labbra della ragazza contrapposte alle sue. Riusciva ancora a udire i suoi dolci respiri prima di addormentarsi e quando si guardava allo specchio, vedeva il ragazzo che Elena Gilbert aveva amato alla follia fino alla fine.

Aspettavano anche… No! Non ci doveva pensare. Di sicuro al tempo si stavano sbagliando… Le vampire non sono fertili, c’è solo una possibilità su un milione di concepire un bambino.

Non doveva piangere due persone, no.

Solo una: Elena.

Bianca intanto, si stava agitando nel sonno. Quella notte non c’era Damon a farle compagnia: era impegnato con il lavoro, che lo aveva portato fino ai confini dello stato per una campagna pubblicitaria di una nuova marca della quale Stefan proprio non riusciva a ricordare il nome.

Ed era per questo motivo che lui, il fratello minore, si era offerto di fare la guardia ai sogni di Bianca Satin.

Arrossì lievemente, pensando al fatto che la ragazza, appena una settimana prima, si era tanto preoccupata per lui quando Bonnie lo aveva “ucciso”.

Bianca aveva qualcosa di diverso dalle altre ragazze e non solo perché era un ibrido, ma anche perché Stefan non sapeva nulla delle sue origini, eppure la sua aura vitale lo attirava come la luce attira una falena. Era così gonfia di potere represso, che non sembrava affatto umana. Nemmeno per metà.

Suo padre non doveva essere un vampiro normale. Forse non era nemmeno un vampiro.

Ma Damon era sempre stato vago sulla discendenza di ibridi alla quale apparteneva la sua nuova ragazza: cambiava spesso discorso e lui era così bravo in questo, che Stefan si scordava di avergli posto una domanda su Bianca.

Le stelle erano così belle quella sera d’autunno: limpide come il cielo, così blu e perfetto che sembrava avessero steso una coperta su tutto il mondo per facilitare il sonno agli umani.

Stefan paragonò le stelle agli anni che aveva passato, da umano e da vampiro. Incontabili. E tutti diversi, ma con una propria luce anche se minuscola.

Si era distratto guardando il cielo appoggiato ad un ramo di pino. Si era distratto così tanto da non accorgersi che Bianca si era alzata dal letto per andare a prendere una boccata d’aria in giardino. Non la vide arrivare, ma sentì il suo respiro proprio sotto il pino.

“S-Stefan? Cosa ci fai qui?” il vampiro fece un balzo così alto che per poco non cadde dal suo osservatorio.

“Io?” domandò incosciente che la sua bocca si fosse mossa. “Ah, sì. Io”.

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Capitolo 12
*** 12. Si stava innamorando: merda! ***


Bianca guardò sbigottita Stefan, che stava appollaiato su un grande pino nel giardino di casa. “Io… Ecco” le fece quasi tenerezza con quei capelli un po’ sparati e gli occhioni tristi.

Sembrava Bambi.

Okay, pessima battuta.

“Sembro Bambi?” domandò Stefan, ridendo. “Cosa? L’ho detto ad alta voce?!” Bianca iniziò a diventare color porpora. Adesso non riusciva neanche a trattenere i suoi pensieri all’interno del cervello?

“No, no. Penso di averlo… sentito. Nel flusso dei tuoi pensieri” le sorrise e lei respirò. “Comunque… tu sei qui per…?” Stefan, che intanto aveva ripreso la padronanza delle parole, disse: “Mio fratello non c’è e quindi… pensavo di farti da guardia io. E poi avevo bisogno di un po’ di compagnia” stavolta fu Bianca a ridere. “Beh, se avevi bisogno di compagnia potevi svegliarmi. Entrare in casa…” lui fece spallucce. “Non sono stato invitato… E tua madre potrebbe svegliarsi, no?” un’ombra coprì il volto radioso di Bianca come una nuvola oscura il sole in un giorno d’estate. Indesiderata.

Stefan si era accorto di aver toccato un argomento tabù.

“Sotto questo punto di vista, la mia vita fa schifo” sussurrò lei. “No, mia madre non c’è. Come quasi tutte le sere” concluse.

La avrebbe voluta abbracciare, e lei avrebbe voluto abbracciare lui.

Bianca non sapeva perché, ma riusciva a fidarsi di quel ragazzo.

Pur non conoscendolo.

Eppure nessuno dei due si mosse, per paura di fare un enorme, tragico passo falso.

“Ti va di parlarne davanti a una tazza di cioccolata calda?” azzardò Stefan, con un piccolo sorriso che affiorava sulle labbra.

“Accetto. Entra, in casa dovrebbero esserci due di quelle bustine di Ciobar… E lo zucchero è sullo scaffale” Bianca aprì la porta, e con un cenno invitò Stefan Salvatore ad entrare.

E parlarono, parlarono per tutta la notte senza tregua.

Fino a quando non sorse il sole della domenica.

 

 

Poche ore prima, Stefan aveva paura che parlando con Bianca avrebbe infranto una volta per tutte l’ideale romantico e immaginario che aleggiava intorno a quella ragazza.

Ma non era stato così.

Era successo di peggio.

Lui, Stefan Salvatore, si era accorto di iniziare a provare qualcosa di più che la compassione nei confronti di quella fragile ragazza dal passato nascosto nella nebbia.

Era la peggiore delle ipotesi: si stava innamorando di lei.

Merda!

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Capitolo 13
*** 13. Tutte le strade portano a Klaus. ***


Bianca era confusa.

Molto confusa.

Stefan era un ragazzo così dolce che, nonostante tutto, si era preoccupato per lei così tanto da starla a sentire silenziosamente per tutta la notte, commentando ogni tanto e dandole qualche consiglio, raccontando aneddoti di epoche diverse da quella.

Comunque, lei continuava a non capire.

Pensava che Stefan Salvatore fosse l’ultima persona cui sarebbe interessato il suo stato d’animo, considerando che lei era la figlia di colui che aveva distrutto il suo unico grande amore.

La figlia di Klaus, l’ibrido metà vampiro e metà licantropo.

Aveva supposto che il ragazzo, dopo la notte del sacrificio, fosse andato a parlare con Damon e avesse capito che lei era la figlia di Klaus. Così, vederlo seduto sulla cima del pino di casa sua quella notte, l’aveva sconvolta e costretta a rivalutare la bontà d’animo di quel ragazzo. Quale cuore poteva perdonare un gesto del genere? Certo, non era stata Bianca ad aver ucciso Elena, ma se lei fosse stata Stefan, non avrebbe avuto pietà per la figlia di un mostro del genere.

Ogni tanto, si constringeva a rileggere la lettera di suo padre. Sembrava così sincero, che lei si dimenticava sempre che quell’uomo aveva rovinato tante vite, compresa quella di sua madre.

Immersa nei suoi pensieri, guardava il soffitto della sua camera, in attesa che Damon tornasse. Doveva essere lì a momenti, dopo tre giorni interi che non lo vedeva. Riusciva a sentire la sua presenza, la sua essenza che si avvicinava lentamente ma che comunque era sempre un passo più vicina a dove si trovava lei.

Fremeva d’emozione, sperava che il tempo passasse in fretta, ma ogni minuto sembrava un’eternità. E non stava più nella pelle.

In quei tre giorni di noia, era andata a fare shopping con Stella - o forse adesso la doveva chiamare Bonnie?- dato che nessuno dei suoi vestiti le stava più bene dopo il piccolo… cambiamento. In quel momento stava indossando una camicia a quadri di Abercrombie & Fitch e dei jeans, mentre faceva rimbalzare una pallina di gomma sul soffitto.

Toc, toc!

Qualcuno aveva bussato alla porta, ma non era Damon. Ormai lo conosceva: sarebbe passato direttamente dalla finestra, senza preavviso e soprattutto sotto forma di corvo e non di garbato umano che bussa.

“Avanti” disse Bianca. Era sua madre. “Tesoro, c’è qualcuno al piano di sotto per te” la ragazza sembrò sbalordita, ma poi si alzò e andò verso le scale.

Ad aspettarla c’era… sì.

Era Damon.

Vestito di tutto punto, ancora con lo smoking. Questo le faceva pensare che lui non fosse tornato a casa, ma che fosse venuto direttamente da lei subito dopo aver finito la cena il giorno prima.

Gli occhi di Bianca si fecero grandi per lo stupore e poi gli saltò addossò. Lui, senza sforzo, la prese in braccio. In quel momento a nessuno dei due importava che la madre di Bianca li stesse osservando da sopra le scale.

“Mi sei mancata” le sussurrò posandole un dolce bacio sul collo e appoggiando la testa alla sua. Era un gesto senza alcuna malizia, ma così pieno di passione che fece rabbrividire Bianca.

“Anche tu” rispose lei.

“Ho una sorpresa per te… ma dobbiamo andare a casa mia” disse lui posandola con i piedi per terra. “Ci sto. Mamma, noi usciamo!” urlò, sicura che sua madre fosse ancora nei paraggi. “Okay, fate attenzione!” e così Bianca corse verso l’uscita, prendendo Damon per mano.

Felice. Stavolta felice davvero.

Sentiva di appartenere a qualcuno. No, non a qualcuno.

A lui. E lui apparteneva a lei.

Uscendo di casa però, Bianca urtò qualcosa e inciampò. Damon fu svelto a prenderla prima che finisse con la faccia a terra.

Era un pacco, e al pacco era attaccata una lettera.

C’era scritto per Bianca, così lei la aprì.

 

Bianca,

il papà sta per venire a farti visita per vedere quanto sei cresciuta. Intanto, stai attenta a quel che fai e considera questo come un regalo per liberarti dei malintenzionati.

 

-K

 

Bianca rimase immobile.

Fu Damon ad aprire il pacco.

Dentro c’era un paletto appuntito e ben levigato che giaceva in bella mostra sul cartone appena aperto.

“Klaus” sussultò la ragazza.

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Capitolo 14
*** 14. Il ricordo di Bianca. ***


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Le acque si erano placate e ora Damon la stava rassicurando, sussurrandole parole dolci all’orecchio e accarezzandole i capelli.

“Sai, è come si ci conoscessimo da secoli…” osservò Bianca sicura di quello che diceva. Damon rimase in silenzio a guardarla. “Sì, a questo proposito…” lei gli tappò la bocca. “Ora voglio solo riposare. Buonanotte” e si addormentò tra le sue braccia.

 

A Damon Salvatore non sembrava vero riaverla lì, dopo tutti quegli anni di assenza.

Ignorava il perché del fatto che Klaus si fosse presentato come suo padre e non come quello che era in realtà, ovvero suo… Oh, no. Non ci doveva pensare.

Bianca era umana, e tale sarebbe rimasta.

Il fato aveva dato loro una seconda possibilità di amarsi e non l’avrebbero sprecata. Per nessun motivo.

Damon decise di tacere ciò che sapeva per rendere la vita più facile a tutti, ma non immaginava che un altro vampiro stava tornando e che voleva solo il bene della sua cara sorellina.

In quel momento, la sorvegliava da dietro le tende in attesa che si addormentasse, in modo da diffondere i ricordi in quel suo corpo incosciente.

 

 

 

 

Era l'agosto del 1352.

Sentivo un caldo atroce sotto il pesante e ampio vestito di mussola che portavo. Ed ero in viaggio. Di nuovo. La nostra vecchia casa in Francia era già diventata troppo sospetta: la gente iniziava a domandarsi perché nessuno della nostra famiglia non invecchiasse, perché i segni del tempo sembravano non scalfirci.

Così eravamo tornati in Italia, la patria nella quale ero nata, alla volta di Firenze.

Vedevo la campagna toscana che sommergeva il panorama notturno, quasi a voler abbracciare la nostra carrozza che correva velocemente alla volta della città nella quale avremmo passato gli anni successivi.

Guardai i miei fratelli: Elijah e Nikolaus.

Nonostante la loro somiglianza fisica, erano molto diversi caratterialmente e ogni volta che io e Klaus, afflitti da anni di solitudine, ci presentavamo al mondo come moglie e marito e non come fratello e sorella, vedevo Elijah che storceva il naso. Lui riteneva i nostri giochi di Potere qualcosa di estremamente stupido e effimero, di certo non degno di essere ricordato.

Il punto è che, per quasi quattromila anni, l'unica cosa alla quale mi ero interessata veramente era appunto il Potere. Non mi importava che per averlo avrei dovuto uccidere qualcuno, scavalcare persone o usarle: mi importava solo di me stessa.

Ripensadoci, ero terribile. Ma quelli erano gli anni con meno rimorsi, senza alcun rimpianto e nei quali potevo saziare la mia sete in qualsiasi modo possibile.

La carrozza si fermò.

Qualcuno era sulla nostra stessa strada: riuscivo a sentirne il pulsare ritmico del cuore, il sangue che scorreva nelle vene, il respiro quieto... E altri cavalli. "E' un'altra carrozza" osservai ad alta voce, rivolgendomi ai miei fratelli. "Sì, e ora tocca a te... Non ci hanno ancora visti: ti va di fare il nostro giochetto?" domandò ammiccante Klaus. Io annuii e scesi dalla carrozza. Lui si stese a pancia in su sul terreno brullo, mentre io già correvo verso il veicolo ancora in movimento.

"Aiuto! Aiuto!" urlai, fino a quando qualcuno mi sentì e arrestò la carrozza. Era un uomo con una pancia prominente e il fiato che puzzava di birra. "Signorina, voi cosa ci fate su una strada deserta a quest'ora della notte?" "Oh, io e mio marito stavamo tornando verso casa, quando dei briganti lo hanno assalito! Vi prego, aiutateci. E' steso lì per terra" indicai mio fratello, che fingeva perfettamente di essere morto. Non vedevo nemmeno l’alzarsi e l’abbassarsi del petto.

Il signore si avvicinò a mio fratello, cercando di sentire il battito cardiaco. Di sicuro non si aspettava che il morto lo agguantasse e gli perforasse il collo.

Bevemmo tutti e due, uno a sinistra e uno a destra. Il suo sangue, non era dei migliori ma di sicuro era meglio di niente. Elijah si rifiutò di scendere: pensava di dare nell'occhio.

"Signor Lombardi? Cosa succede là fuori?" era la voce di un ragazzo.

Scappammo velocemente dietro agli alberi, in modo che il garzone che stava scendendo non ci potesse vedere. Mi pulii il sangue dalle labbra con il fazzoletto da taschino di mio fratello e poi, coperta dall'oscurità che avevo attirato a me, osservai silenziosamente il garzone.

Rimasi stupita quando vidi che non era vestito da umile ragazzo fiorentino, ma con un ampio mantello rosso e pregiati stivali di pelle. Aveva i capelli biondo scuro e due magnetici occhi verdi, vivi e accesi.

Ogni tanto, mi mancava essere propriamente viva... Soprattutto quando vedevo ragazzi pieni di vita proprio come quello. Immaginai il sapore del suo sangue sulla lingua e questo quasi bastò a farmi saltare la copertura. "Damon! Vieni subito fuori!" dalla carrozza uscì un altro ragazzo ben vestito... avrà avuto circa due anni in più di quello con gli occhi verdi, ma ciò che mi stupì a quel punto non fu il mantello, ma il suo viso.

Era perfetto, fin troppo per un ragazzo umano. E i suoi occhi erano di un azzurro così chiaro che faceva quasi paura: occhi di ghiaccio, più chiari dei miei. Mi venne voglia di mettere le mani nei folti capelli scuri di quel ragazzo e poi di morderlo e prosciugarlo fino all'ultima goccia di sangue.

 

E' ora di fare la parte dei buoni samaritani, mi sussurrò mentalmente Nikolaus.

Io annuii e piombammo al di fuori dell'oscurità.

"Bontà divina, cos'è successo a quest'uomo?" domandai fingendomi terrorizzata. "E' il nostro cocchiere, il signor Lombardi... qualcosa lo ha assalito" disse il ragazzo con gli occhi verdi. "Oh, quindi non sapete come tornare a casa?" quando pronunciai quella frase, mi accorsi che occhi di ghiaccio mi stava fissando in maniera strana.

Certo, era ovvio che con il mio aspetto attirassi l'attenzione, anche perché al tempo le donne non avevano molto tempo per badare alla loro immagine. Avevo capelli castani mossi come un mare in tempesta, occhi azzurri e un fisico che le "ragazze" di diciott'anni - tutte ormai maritate e con almeno due figli- non potevano neanche fantasticare di possedere.

Ma il modo in cui mi osservava, mi scrutava l'anima, mi mise quasi in imbarazzo.

"Dove siete diretti?" domandò Klaus. "A Firenze" rispose occhi di ghiaccio continuando a perforarmi l'anima con lo sguardo. "Perfetto. Vi potremmo accompagnare noi... Ci stiamo trasferendo lì perché nostro padre ci ha lasciato un feudo" esclamai cercando di non interessarmi al ragazzo che ancora mi guardava. Ma qualcosa mi spingeva a guardare anche lui, come se fossi stata obbligata da qualcosa con più Potere di me.

"Permettete di presentarci. Io sono Niklaus Djokovic e questa è mia..." "...sorella" conclusi io, dando ragione per una volta ad Elijah. "Il mio nome è Bianca" strinsi la mano a tutti e due. Quando toccai la pelle di occhi di ghiaccio, ebbi una scossa.

L'attimo durò un'eternità.

Poi mi riavvicinai a Nikolaus, mentre loro si presentavano. A parlare fu proprio occhi di ghiaccio. "Il mio nome è Damon Salvatore e questo è mio fratello, Stefan Salvatore. E' una vera fortuna che ci siamo incontrati... Il nostro feudo è vicino al nostro e stavamo tornando verso Firenze proprio perché ve lo avremmo dovuto mostrare l'indomani" li guardai.

Occhi di ghiaccio, Damon.

Di sicuro non mi sarei scordata mai quel nome.

 

 

Mi svegliai di soprassalto, con il fiatone e gli occhi grandi di paura.

Urlai.

Damon corse vicino a me, abbracciandomi e dicendo che andava tutto bene. “Klaus…” sussultai io, con gli occhi sbarrati. “Lui… mio fratello” riuscii a dire.

Non so come, ma avevo capito subito che quello non era un sogno, ma un ricordo.

E Damon, il mio dolce, impulsivo Damon, mi aveva mentito per tutto quel tempo.

Con una rabbia che non pensavo di custodire in corpo, presi la giacca e corsi fuori da quella casa.

 

Quando mi sbattei la porta alle spalle, mi accorsi di essere triste.

Non sapevo nulla del mio passato.

Ed ero sola.

“Non proprio sola…” sentii una voce provenire da dietro una quercia secolare. Lo vidi e lo riconobbi all’istante.

Elijah.

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Capitolo 15
*** 15. Vampiro. ***


Damon era distrutto.

Ormai Bianca era scomparsa da due settimane e Stefan non stentava ad immaginare dove fosse diretta: stava cercando Klaus per capire chi fosse lei e che cosa ne avrebbe dovuto fare della sua vita.

Dopo la sua dipartita nel 1353, Bianca era apparsa solo una volta a Stefan e lui se la ricordava come se fosse passato solo un giorno… del resto, la ragazza era stata la sua unica migliore amica.

 

 

 

Quel giorno, lui si era saziato con qualcosa di simile a undici giovani vergini fiorentine e Damon era già partito per cercare la redenzione che ovviamente non avrebbe trovato.

Nel momento in cui stava per prosciugare la dodicesima, il suo volto mutò e si ritrovò davanti a quello di Bianca Djokovic che lo guardava supplichevole. “Che cosa stai facendo, Salvatore?” gli domandò con un tono freddo come il ghiaccio, mentre prendeva possesso del corpo della ragazza morente. “B… Bianca?” lei annuì, mentre si alzava dal sofà e passava attraverso i cadaveri disseminati nella stanza a casaccio.

Ad un certo punto, si avvicinò ad una delle tante e le sfiorò il collo intriso di sangue. “Oh Stefan, Stefan… anche io sono stata tentata dal sangue in vita” “Di cosa parli? Tu non puoi sapere… eri umana” “Oh sì, lo sono stata… Ma ti ricordi il signor Lombardi? Indovina un po’ chi ha assaggiato il suo sangue?” Stefan scosse la testa. “No, non è possibile… Tu…” “Sì che è possibile, mio dolce bignè alla crema! Sei sempre stato così ingenuo e alla fine ti sei fatto soggiogare da una stupida, insulsa doppelganger… Ti facevo più furbo” Bianca si portò il dito sporco di sangue alle labbra e gli occhi della ragazza, ancora posseduta dallo spirito dell’amica di Stefan, si fecero neri come la pece: erano gli occhi di un demone. “Non può essere…” “E invece è così. Ma io mi sono pentita delle mie azioni… E infatti non ho trasformato né Damon né te… Mi sono trasformata per voi. E infine sono morta” silenzio. “Ma non siamo qui per parlare di me. Sei tu quello che ha un problema” si sedette ancora una volta vicino a Stefan e i suoi occhi, che fino a quel momento erano stati di ghiaccio, si sciolsero e tornò l’amica di un tempo. “Che cosa stai facendo Stefan?” la sua voce era rotta dal pianto. “Non finire come me. Non farlo!” urlò aggrappandosi alla camicia sporca di sangue dell’amico. “No, aspetta!” ma il viso della ragazza posseduta stava diventando grigio e marcio in un modo rivoltante e l’urlo di Bianca rimase impresso nelle pareti del casato Salvatore.

Della ragazza rimase solo un mucchio di polvere.

Questo ti aspetta se continui a uccidere. La voce di Bianca rimbombò nella sua mente come una eco in stanze grandi e deserte.

Da quel momento in poi, Stefan bevve solo sangue animale e tutte le volte che si sentiva tentato, pensava a Bianca.

 

 

All’insaputa del fratello, uscì dalla loro casa nella disperata ricerca di Bianca.

Sperando che non fosse stato troppo tardi.

Sperando di darle la salvezza, come lei l’aveva data a lui anni prima.


 

“Stefan sta arrivando” disse Elijah mentre entrava nella stanza in cui la sorella stava sorseggiando una tazza di thè.

“Che venga pure” disse lei.

Ora si ricordava tutto, grazie a suo fratello.

Lei era Bianca Djokovic, una degli Originari e Klaus era suo fratello così come lo era Elijah.

Nel 1352 si era perdutamente innamorata di Damon Salvatore, un giovane signore italiano che però era decisa  a non trasformare. Così, decise di diventare lei un’umana per vivere una vita felice insieme a lui, ma il Potere di una Originaria era troppo da incanalare in un corpo umano così è morta l’anno seguente.

Si ricordava di aver vagato sulla Terra per diversi anni, nella spasmodica speranza di salvarsi dall’Inferno che la attendeva a braccia aperte. E aveva visto Stefan tornare sulla giusta via, Damon passare all’oscurità  dopo una serie di tragici eventi… Era stata spettatrice passiva della vita dei fratelli Salvatore per tutti quegli anni, fino al momento nel quale la sfortunata combinazione di sua madre con suo fratello l’aveva riportata in vita.

E Damon le aveva mentito, aveva omesso tutto ciò che sapeva di lei.

Un ricordo la assalì: risaliva alla primavera nella quale Damon era ritornato dall’esercito. Quando lo aveva conosciuto, lui ancora non aveva perso i classici tratti del ragazzino e non si era innamorata esattamente dal primo istante, ma conoscendolo. Per lei era stato un duro colpo lasciarlo andare verso la guerra.

 

 

Guardavo la mia immagine riflessa nel sontuoso specchio della mia casa.

Ero bella. E i sei terribili mesi di solitudine erano passati. O quasi. Damon sarebbe tornato la settimana dopo, ma non sapevo cosa aspettarmi. Era cambiato? Non mi voleva più come amica? Volteggiai dentro al mio abito rosso fuoco, con tanto di corpetto ricamato. Quel giorno sarei andata a pranzo insieme alla mia famiglia a casa dei Salvatore, anche se l’idea di Klaus ed Elijah seduti allo stesso tavolo di comuni umani mi inquietava non poco. Avevo passato molto tempo lì durante gli ultimi anni. Stefan era l’unico che, ogni tanto, mi faceva sorridere. Io avevo diciott’anni, lui sedici ma mentalmente era più grande… Sembrava che fosse nato adulto.  Tra di noi si era instaurata una bella amicizia e ci eravamo convinti ad andare avanti l’uno con l’aiuto dell’altra. Strinsi il nastro del mio vestito ed ero pronta. Qualcuno bussò alla porta. Io aprii e mi trovai davanti a Stefan, che aveva un sorriso smagliante. “Ehi!” mi salutò con un cenno del capo ed entrò trotterellando nella camera. Era cresciuto molto negli ultimi tempi e sfiorava il metro e ottantacinque. Aveva messo su delle spalle larghe e in confronto a me sembrava un grandissimo armadio. “Ti va di parlare un po’?” domandò. Io annuii e ci sedemmo sulle due poltrone della camera. “Mi manca tantissimo…” dissi abbassando il capo. Le lacrime stavano affiorando lentamente. “Magari si è scordato di me e tornerà con una stupida provinciale” “No. Lui non si scorderebbe mai di te” il mio amico sembrava risoluto. “Oh, l’esercito cambia le persone… Non mi sorprenderei se non volesse più tornare” sussultai. “Non lasciarti andare proprio adesso… Manca poco più di una settimana. E poi oggi ci divertiremo” sorrise dandomi una gomitata scherzosa. Cercai di non annientare la sua felicità. Ma le persone cambiano durante sei mesi di assenza. Cambiano e magari non in meglio. “Ti voglio bene… So che anche a te è mancato Damon” gli misi una mano sulla spalla e lui sembrò apprezzare il gesto. Nella stanza irruppe Giacomo, il maggiordomo che sussurrò qualcosa all’orecchio del mio amico. I suoi occhi verdi si fecero grandi e brillanti. “Ci vediamo più tardi, Bianca” detto ciò corse verso l’uscita con una foga che non avevo mai visto in lui. Che maleducazione! Non feci in tempo a chiedere cosa stesse succedendo perché era già lontano e il mio vestito impediva i movimenti. Sbuffai. Mancava poco all’ora di pranzo ed io non ero ancora uscita di casa. Decisi di fare una passeggiata nel giardino, dato che mi stavo annoiando a morte. Uscii dalla villa e mi diressi verso lo stagno, quello percorso da un incantevole ponte che portava con sé mille ricordi. Al di là del ponte c’era il giardino dei Salvatore, dove avevo corso tante volte. Okay, il vestito che indossavo non era esattamente da passeggio ma mi potevo adeguare. Il corpetto era troppo stretto e le scarpette facevano un male tremendo. L’erba del prato, durante quel marzo del 1353 era d’un verde simile agli smeraldi e le rose rosse crescevano nelle siepi. Mi avvicinai per godere del loro profumo quando sentii delle voci concitate dall’altra parte del laghetto.

Andai in quella direzione, soffermandomi all’inizio del ponte. “E’ un gioco che loro chiamano calcio” qualcuno stava parlando con Stefan. “Ma questa palla è troppo pesante per essere lanciata” si lamentava il mio amico. “Infatti, va calciata” a parlare era un uomo dai folti capelli neri, vestito di tutto punto. Era alto circa come Stefan e… “Ehi!” esclamò il mio amico. Si voltarono entrambi verso di me. Quel ragazzo… Quell’uomo, più che altro… Chi poteva essere? Anche lui sembrava perplesso quanto me. Poi, i nostri sguardi si incrociarono.

Occhi azzurri e profondi.

Era lui.

Il respiro si mozzò sul colpo e per un istante che parve interminabile tutto fu avvolto da una calma inverosimile. “Bianca” sussurrò lui. “Damon” ribattei io. Mossi il primo passo, lui il secondo e in meno di un attimo ci trovammo avvinti in un abbraccio. Non avevo immaginato che quel momento sarebbe stato così… commovente. I miei occhi si fecero umidi e sprofondai nell’incavo della sua spalla. Anche lui si commosse, ma non pianse. “Come fai a non piangere?” gli domandai tra le lacrime. “Ti avevo promesso che non sarei più stato il Dan fifone. Mantengo le mie promesse nei confronti di una persona importante” e mi strinse ancor di più nel suo forte abbraccio. Stavo scomparendo tra quelle braccia muscolose e inaspettatamente mi ritrovai a volerlo baciare. No, lo volevo tempestare di baci. Volevo affondare le mani in quei capelli neri come la notte e perdermi negli occhi azzurri di un tempo. Mi vergognai anche solo di averlo pensato. Di sicuro lui non provava lo stesso per me… L’abbraccio si sciolse lentamente.

Solo a quel punto mi accorsi quanto fosse grande, con dei tratti… adulti. Mi sembrava quasi impossibile che fosse lo stesso bambino singhiozzante che avevo salutato sei mesi prima. “Non sei più il bambino paffuto eh?” gli domandai sorridendo. “E tu sei sempre la stessa, bellissima donna Bianca Djokovic” “Io sono nella norma Damon” ribattei. “Ah sì? E chi è il fortunato che si è aggiudicato la tua mano?” arrossii di colpo davanti a quel Dan rinnovato. “Nessuno” lui sembrò quasi sollevato.

Mi sorrise e una rughetta d’espressione comparse vicino agli occhi.

A quel punto capii una verità inequivocabile: mi ero innamorata.

 

Quel ricordo le provocò un vuoto al petto, dove una volta il suo cuore batteva grazie al suo sangue e non a quello di altri.

“Bianca? Ti ha trasformata?” Stefan. La guardava dall’entrata e Bianca sentiva che aveva ricollegato la sua immagine di vampiro a quella di cinquecento anni prima. Sorrise di nascosto vedendo quel faccino sempre tormentato e triste.

Era stata lei a renderlo così?

Lo stava facendo soffrire ancora?

“Stefan, possiamo parlarne?” domandò incerta. “No, capisco perfettamente” e corse fuori dalla stanza. “No, Stefan!” gli urlò mentre lo rincorreva. Era già in strada e non la ascoltava.

Lo raggiunse in un secondo e lo abbracciò da dietro, sentendosi minuscola rispetto a lui che era una montagna di muscoli e folti capelli biondi.

“Stefan?” lo chiamò, rimanendo stretta a lui. “Continuo a volerti bene” lui si girò e la abbracciò normalmente, sovrastandola e dandole un senso di pace che mai aveva provato da quando era diventata una vampira, da quando era tornata a rivestire il suo ruolo di Originaria. “Anche io te ne voglio” sorrise lui. “Pensavo che per una volta sarei stato io a salvarti da un’eternità di sofferenza” lei scosse il capo, rimanendo attaccata a lui. “Non lasciarmi, ti prego” “Non lo farei mai, ma tu devi tornare da Damon” “Lui mi ha mentito” “Lo ha fatto per il tuo bene” si guardarono. “Non mi accetterebbe mai come vampiro” disse infine lei. “Tu almeno provaci” Stefan sorrise.

“Lo farò” concluse Bianca, mentre i suoi occhi si illuminavano di speranza.

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Capitolo 16
*** 16. Accettarsi. ***


Damon fissava la parete davanti a lui.

Era immobile e pensava che avrebbe dovuto dirle la verità dal principio. Doveva dire che l’amava, che l’aveva sempre amata con tutto sé stesso e che avrebbe solo voluto averla tra le sue braccia per sempre.

Se era diventato un vampiro dopo la morte della ragazza, era solo perché non aveva potuto proteggere Bianca con le sue forze umane e sentiva il bisogno di proteggere Katherine con una potenza in più, che avrebbe voluto anche prima, quando il suo unico amore era ancora vivo.

 

Sentì Stefan che rientrava in casa.

Per fortuna aveva ancora lui: quel fratello che aveva disprezzato per tempo immemore, ma al quale sentiva di essere legato più di quanto pensasse prima.

“Ciao Dam…” aveva una voce strana. “Cià” rispose lui, senza dargli tanta importanza.

“Va meglio?” “Ovviamente no” Stefan sospirò. “Ti va di sfogarti?” “Non lo so” probabilmente gli andava, ma non voleva far vedere quel lato del suo carattere a nessuno.

 

“Cosa diresti a Bianca se in questo momento lei ti stesse ascoltando?” Damon sospirò, con lo sguardo perso nel vuoto cercando di concentrarsi sull’immagine di Bianca da umana.

“Le direi che la amo più di quanto abbia mai amato me stesso o qualsiasi altra persona. Le direi che senza di lei, per me non avrebbe senso vivere o continuare ad esistere, ma mi basta sapere che lei sta bene. Se è felice senza di me, va bene ma nessuno si deve azzardare a farla soffrire, perché lei è stata la mia nascita e in seguito la mia rinascita. A questo punto potrebbe essere anche uno schifoso licantropo con cinque zampe pelose, ma io continuerei ad amarla, perché è sempre lei: Bianca” silenzio.

 

Bianca sentì il suo cuore battere all’impazzata, come se si fosse alzato in volo e fosse diretto proprio sul divano dove era seduto Damon.

Damon.

Damon.

Damon.

Il suo nome, la certezza che lui l’amasse riempiva tutti gli spazi vuoti della sua vita e del suo essere, che sin dall’albore dei tempi era stato incompleto. Lui era il suo mare, l’aria che respirava, il suo prato fiorito dove andare a rifugiarsi, il suo porto sicuro.

Lui era il sangue che nutriva la sua anima.

Il sangue della sua anima.

 

“Purtroppo non mi sono trasformata in uno schifoso licantropo con cinque zampe… Spero che tu ti possa accontentare di una mediocre vampira di soli quattromila anni” Damon si voltò verso di lei e i suoi occhi si fecero grandi e lucidi mentre le correva incontro.

Le sue braccia circondarono il corpo esile ed etereo di Bianca.

Ora lui sentiva di poter amarla, di poterla proteggere.

Lei sentiva la sicurezza sotto quelle grandi spalle fredde e capì di aver trovato il suo posto nel mondo, per sempre.

“Grazie al cielo, mio piccolo amore!” la voce del grande vampiro spaventoso era rotta dal pianto. “Avevo paura di averti persa per sempre” rimasero avvinti in quell’abbraccio per diverso tempo.

“A quanto pare staremo insieme ancora per molto tempo” disse lei dopo un po’. “E abbiamo così tante cose da raccontarci ora che tu ricordi” concluse lui baciandola teneramente a fior di labbra.

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