Blood Memories

di Violet 95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Memories 01: Seras Victoria ***
Capitolo 2: *** Memories 02: Integra Farbuke Wingates Hellsing ***
Capitolo 3: *** Memories 03: Alucard ***



Capitolo 1
*** Memories 01: Seras Victoria ***


Memories 01:

Memories 01:

Seras Victoria

 

 

 

Avevo esattamente diciannove anni quando morii. Ricordo bene il giorno della mia morte, perché fu anche quello della mia rinascita come vampiro. O draculina. Non dimenticherò mai la notte in cui conobbi l’uomo che mi avrebbe salvato la vita, e che sarebbe diventato la mia unica ragione di vivere. Era una notte con una luna meravigliosa e un cielo tinto di rosso sangue…

 

 

Corri, Seras Victoria… Corri!

La vocina dentro la sua testa continuava a urlare, disperata e spaventata, mentre correva verso quella che – sperava – fosse la salvezza. In realtà non aveva una meta precisa. Voleva solo fuggire lontano da quel luogo che puzzava di morte, lontano da quel luogo che sarebbe diventato la sua tomba se non avrebbe accelerato il passo.

Corri!

Pensava solo a quello. La ragione aveva lasciato il posto alla paura e la paura proiettava nella sua mente poco lucida immagini di morte. Vampiri, ghoul… Mostri assetati di sangue, crudeli mostri che aveva strappato la vita anche ai suoi ultimi amici.

Simon… Andrew…

Scosse la testa per scacciare i volti dei poliziotti che venivano squartati dal vampiro. Volti spaventati, piegati in una smorfia di terrore e che guardavano in faccia la morte. Una morte crudele, una morte vana per proteggere altre persone che erano già al sicuro.

Non doveva finire così!

La luna proiettava una luce macabra in una notte che non sarebbe mai finita. Continuava a correre, sfinita, con la pistola in mano. Aveva ancora un colpo, un unico colpo che avrebbe usato per uccidere chi le avrebbe sbarrato la strada: non importa se fosse stato un vampiro o un ghoul. Voleva vivere.

Le mancava il fiato, la paura inghiottiva ogni pensiero e ogni speranza. Non sapeva se ce l’avrebbe fatta ma voleva almeno tentare, voleva combattere anche per ci non era più con lei. E non solo i suoi compagni… Provò a figurarsi la sua morte: il collo squarciato, sangue ovunque che bagnava il terreno, i canini che affondavano nel suo collo, la paura che prendeva il possesso delle sue membra e la vita che, lentamente, si spegneva e lasciava spazio alla fredda e crudele morte…

Che fine misera.

Si fermò. Lo spazio circostante era abbracciato dagli alberi con ombre inquietanti che si alzavano e si allungavano verso la figura tremolante della poliziotta spaventata, un’ombra misera e piccola che viene oppressa dai più forti. Avverte un rumore e si volta.

Intorno a lei, un esercito di ghoul. Morti che camminano, che non possiedono più una propria volontà. Servi eterni di un padrone crudele. Si accorge di essere circondata, senza vie di fuga. Nelle prime file riconosce i componenti della sua squadra: anzi, fatica a riconoscere, poiché in loro non c’è più niente di umano.

Le loro teste sembrano delle zucche marce…

A guidare l’esercito, c’è il vampiro. L’obbiettivo che dovevano abbattere.

Ricorda il momento in cui l’aveva visto nella chiesa, la paura e il disgusto provato mentre divorava quella donna. La voglia di ucciderlo, di fargli saltare in aria la testa e di prendere a calci il suo corpo esangue… Ma aveva paura.

Era una vigliacca, in fondo. Era fuggita solo per salvarsi, lasciando i suoi compagni a morire. Il sentimento che provava guardando i volti dei suoi amici trasformati ne era la prova: senso di colpa e ribrezzo, soprattutto per se stessa. Per il debole umano che era e che resterà per sempre, almeno fino a stanotte.

Il volto del vampiro, piegato in un sorriso sadico, mostrava tutti i denti che l’avrebbero uccisa. Gli occhi sbarrati, rossi, che la divoravano con lo sguardo e lei si sentiva nuda e impotente. Non era pronta per affrontarlo e non lo sarebbe mai stata.

Il vampiro scoppiò in una macabra risata.

“Fuggire è inutile!”

La luna, testimone di questo fatto, nascondeva in parte la faccia e gli occhi assassini brillavano al buio codardo pregustando il sapore della preda. Seras non aspettò. Sparò il suo ultimo colpo e riuscì a colpirlo alla testa. Non fu efficace e il vampiro-prete si mosse velocemente: scomparve nell’oscurità, sua alleata, e si fermò di fronte a lei, immobilizzandole entrambe le braccia. La pistola cadde.

Ormai era inutile…

Si ritrovò a guardare negli occhi il suo assalitore.

“Le pistole sono inutili.”

Le toccò il seno. Lei si vergognò immensamente della sua debolezza, dell’impotenza di fronte al suo nemico. Non era riuscita a fermarlo e questo vampiro, dopo di lei, avrebbe ucciso altre vittime innocenti e molto presto della razza umana non sarebbe rimasto più nulla. Solo una landa desolata, città distrutte e un esercito infinito di mostri assetati di sangue. Lei non poteva fare niente.

Non è giusto!

“Voglio solo dei servi devoti, non voglio fare di te una draculina a libero arbitrio. Molto presto raggiungerai i tuoi compagni…”

Adesso la immobilizzò completamente. Troppo vicino al suo collo. Sentiva il suo fetido alito di morte e la piena di scherno e vittoriosa nel suo orecchio.

“Probabilmente non ci sono vergini della tua età di questi giorni… Ti stuprerò e dopo ti succhierò tutto il sangue con calma. Alla fine diverrai un compagno ghoul! Una mia schiava fedele!”

No! No! NO! Non voglio morire… non voglio morire!

Era tutto maledettamente ingiusto…

Si immaginò i canini, li sentì sul collo. Vide il suo sangue che bagnava il terreno… si vide trasformata in un mostro… Non deve finire così… non ancora!

Lanciò un urlo, con la vana speranza che qualcuno giungesse in suo aiuto, magari quando lei era già morta ma non importava… adesso desiderava solo che qualcuno, chiunque, fermasse quel mostro!

Strozzò l’urlo. Avvertiva qualcosa… una strana presenza. C’era qualcun altro. Infatti era così. Anche il vampiro che la teneva stretta si voltò per vedere il nuovo arrivato.

Un uomo con il volto seminascosto dall’oscurità, di cui si intravedevano due enormi lenti arancione e un sorriso divertito e agghiacciante. L’uomo era vestito completamente di rosso, con un cappello dello stesso colore calato sul capo a nascondere i capelli neri. Per un attimo le sembrava un’apparizione demoniaca, un angelo caduto e maledetto che si era dato la pena di venire a salvare una povera anima infelice come lui sull’orlo della vita e della morte.

Per un attimo, quell’uomo, le sembrò il suo salvatore…

“Chi diavolo sei?” urlò il vampiro-prete.

“Un killer.”

La voce dell’uomo misterioso era calma e profonda. Non mostrava la minima traccia di paura.

Il vampiro lo prese in giro.

“Un killer? Un assassino, eh? Davvero? Stai scherzando?”

Rise e schioccò le dita, dando ai suoi eterni servitori morti l’ordine che Seras temeva. Per lei era come una condanna a morte. E anche per il suo salvatore.

“Uccidetelo!”

La raffica di pallottole arrivò improvvisa. Colpì l’uomo in tutto in corpo, riducendolo ad un ammasso di carne irriconoscibile. Macchiando i suoi abiti già tinti del rosso sangue. Il corpo si accasciò a terra dissanguato. Era morto… e insieme a lui era morta anche la speranza di Seras.

“Allora, come va, assassino?” Lo schernì il vampiro. Scoppiò nuovamente in una fragorosa risata.

Io guardavo il corpo dell’uomo, rassegnata e dispiaciuta per aver visto un’altra vita spegnersi davanti ai suoi occhi, senza poter fare niente.

Gli occhi dell’uomo steso a terra si illuminarono di un bagliore sinistro, dello stesso colore del sangue e dalla sua bocca squarciata ne uscì una risata divertita. Seras e il vampiro lo osservavano spaventati, mentre l’uomo tornava in vita sotto i loro occhi.

La luna divenne rossa e il corpo si ricomponeva, avvolto da una nube nera. Si rialzò in piedi, come se niente fosse, sempre sorridente, e dal cappotto rosso tirò fuori una pistola d’argento con una strana iscrizione. La puntò verso i ghoul e sparò diversi colpi.

L’esercito svanì come polvere nera, lasciando nell’aria un odore di carne putrefatta. Le pallottole colpivano quegli esseri e loro svanivano. In pochi minuti, non ne rimase nessuno. Unici superstiti erano il vampiro e Seras.

Non è possibile…

Giustiziava quei mostri con l’imperturbabile sorriso stampato in faccia.

“Non è possibile… perché un vampiro come noi… sta dalla parte degli umani?!”

L’uomo sorrise. Seras lo osservava con un sentimento misto al terrore e alla sopresa: ammirazione. Ammirazione per quel mostro che forse l’avrebbe uccisa.

Il prete la tenne stretta, immobilizzandola nuovamente.

No… aiutami!

“Fermati, assassino! Questa è l’unica sopravvissuta, non vuoi che resti in vita? Avanti, non è la fine del mondo, aiutami a fuggire!”

Il vampiro rosso lo guardava divertito. Seras era terrorizzata. Incontrò lo sguardo profondo del vampiro di fronte a lei. Aveva gli occhi rosso sangue, senza occhiali.

“Signorina, sei vergine?”

Seras arrossì.

Ma che razza di domanda…?!

Lui però sembrava divertirsi.

“Che diavolo stai dicendo?” sbraitò il vampiro-prete. Strinse ancora di più Seras in quell’abbraccio mortale.

“Ti sto chiedendo se sei vergine…” ribatté il vampiro rosso.

Seras tentennava a rispondere. Le parole non le venivano spontanee, come se fossero bloccate in gola da un fastidioso nodo. Aveva una grande confusione in testa e il terrore le martellava nel cervello.

La risposta alla domanda l’avrebbe aiutata?

Se dico di sì, mi violenterà dopo aver ucciso il vampiro? Mi ucciderà? Che devo fare…?

Paura. Terrore. Morte.

“Rispondi!”

L’aveva fatto aspettare.

O la va o la spacca!

“Ah… sì! È cos…”

Le parole le morirono in gola.

La pallottola la prese in pieno petto, improvvisa e veloce, impedendole perfino di rimanere sorpresa. Il dolore arrivò dopo.

Insieme a lei, colpì anche il vampiro che la lasciò finalmente andare. Lei cadde a terra e di ciò che successe dopo non ha memoria. Vedeva solo immagini offuscate, vedeva solo un’enorme macchia nera che si avvicinava al prete. Dopo iniziò a piovere. Gocce di pioggia rosse. Sangue. Quello del vampiro appena ucciso. Riuscì a sentire le ultime parole strozzate.

“Ba… bastardo!”

Lo sentì gemere. Spirò. Poi nulla.

Silenzio.

Il silenzio prima della morte.

Sopra di lei la luna illuminava fiocamente ciò che rimaneva del suo corpo. Una figura nera le si avvicinò, la riconobbe: il suo salvatore. L’ultima persona che pensava che l’avrebbe uccisa. Le disse qualcosa che non ricorda.

Sentì qualcosa bagnarle il viso. Le sue lacrime.

Rimpianto, dolore, paura. Morte.

Fa male… tanto male…

Aiutami… ti prego…

La sua voce era scomparsa dopo lo sparo. Non riusciva a parlare.

Il vampiro parlò di nuovo. Stavolta capì.

“Che vuoi fare?”

Era in una pozza di sangue, inerme e senza vita. Confusa e incapace di pensare logicamente. La sua anima aspettava di essere accolta all’Inferno o, se sarebbe stata fortunata, in Purgatorio. Morire così, senza aver fatto niente. Si vergognò di se stessa.

Papà… mamma…!

Immagini confuse, ricordi offuscati. Ricordi di sangue, crudeli e spietati. Ricordi di un passato ormai lontano, che però le ha strappato i suoi genitori. E si è preso la sua stessa vita. Tutto questo era maledettamente ingiusto.

Tese debolmente il braccio tremante in cerca di qualcosa o qualcuno, aggrappandosi al filo della vita con tutte le sue forze e tentando di non cadere giù nell’oblio. Non voleva morire, non voleva arrendersi… non ancora!

Ti prego… salvami!

Il vampiro le prese la mano. Sorrise maliziosamente e con una punta di divertimento. Disse qualcosa che capì perfettamente e, in fondo al cuore, condivide ancora.

“Oggi… è davvero… una magnifica notte… vero, agente?”

Ultimo sguardo alla luna scarlatta.

Poi tutto divenne buio e fu cullata dalle fredde braccia della Morte.

Per pochi secondi.

 

 

 

Mi chiamo Seras Victoria e sono una draculina. Avevo esattamente diciannove anni quando morii. Mi risvegliai da quella morte apparente quasi subito: ero viva, ma una parte di me era morta. Ancora non so se sia un bene o un male. Ormai ho smesso di farmi certe domande. Sono ancora viva e voglio combattere per sopravvivere, voglio combattere per non deludere l’uomo che mi ha salvato. Io vivo per il mio signore. E non posso essere più felice di così. Quella era davvero una magnifica notte… vero, Master?

 

 

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Capitolo 2
*** Memories 02: Integra Farbuke Wingates Hellsing ***


Memories 02:

Memories 02:

Integra Farbuke Wingates Hellsing

 

 

 

L’abuso di potere porta alla morte. Gli uomini ambiziosi, pronti a calpestare ogni morale pur di raggiungere i loro obbiettivi, vanno incontro a una fine crudele e misera. Tutto questo io l’ho capito molti anni fa, poco dopo la morte di mio padre… Quando conobbi per la prima volta lui…

C’è gente che non crede nelle coincidenze e nel compimento del proprio destino, io ero una di quelle persone. Però ho scoperto che non esiste niente di certo e che la nostra realtà può cambiare in ogni momento, a seconda di come gira la ruota del fato. Io tutto questo l’ho scoperto molti anni fa, quando conobbi il mio vero destino… Sottoforma di vampiro…

 

 

“Dove sei?”

Corri!

“Dove ti sei cacciata?”

Non mi devono trovare!

“Amata e adorata nipotina… Mia adorata nipotina… Mia cara frauleinErede dei Royal Protestant Knight, l’Agenzia Hellsing… Integra Farbuke Wingates Hellsing!”

Eccoli.

Non le piacevano i luoghi bui, non sopportava l’oscurità. Eppure in quel momento voleva diventare alleata del suo nemico per poter sopravvivere, per riuscire a mettersi in salvo e attendere che arrivi Walter…

Odiava i luoghi bui.

Attraverso la grata riusciva a vedere suo zio e i suoi uomini tutti vestiti di nero. Non le piaceva neanche il nero. Era troppo tetro e le ricordava la morte… La morte di suo padre e forse la sua, se non fosse fuggita subito. Per ora non sapevano dove si trovava e non potevano neanche immaginarlo… Stavano brancolando nel buio.

Il tono falso, il sorriso finto che nasconde una maschera di follia… Aveva paura di suo zio, l’aveva sempre temuto e sapeva che lui non si sarebbe mai arreso finché non l’avrebbe trovata e uccisa. Ma lei non si sarebbe fatta trovare così facilmente. Loro non sapevano dove cercare, lei sapeva dove nascondersi!

In quello spazio stretto faceva caldo e si sentiva tutti gli abiti appiccicati alla umida pelle. Tratteneva il respiro. Temeva che, se si sarebbe rilassata per un attimo, l’avrebbero scovata sopra di loro. Non poteva permettersi di calmarsi, doveva restare all’erta per cogliere il momento adatta per muoversi.

Non posso morire!

“Integra, tu non capisci nulla!”

Sentii la sicura delle pistole che veniva lasciata. Deglutì a fatica, in preda all’ansia e alla paura che attanagliava le sue membra.

“Fratello, ho atteso con pazienza per vent’anni la tua morte… E hai lasciato tutto nelle mani di quell’incompetente?! Una cosa del genere non deve accadere… Una cosa simile è imperdonabile. L’Hellsing… è di mia proprietà!”

Adesso!

Erano passati avanti e lei poteva continuare. Strisciò nelle condutture verso una meta precisa, scolpita nella sua memoria. Suo padre l’aveva avvisata prima di morire e le aveva detto dove andare e cosa avrebbe trovato. Lei si fidava di suo padre… Non l’avrebbe mai tradita!

Nella sua mente cercò di recuperare quei pochi frammenti di memoria riguardanti la morte di suo padre… Avvenuta pochi giorni fa… Ricordava il volto scarno e appassito del padre, segnato da profonde rughe con gli occhi stravolti e spalancati come se fosse spaventato, la voce fioca ridotta quasi a un debole sospiro, i capelli grigi e le ciglia aggrottate… Il volto di un vecchio vicino alla morte, un volto stanco e penoso che mostra tutta la fragilità della vita umana. Nonostante suo padre da vivo sia stato una persona forte e volenterosa, a capo di una grande agenzia, in quel momento mostrava tutta la sua debolezza e il peso degli anni che passavano e che sono stati crudeli con tutti.

Ricercò le sue parole fiacche e stanche…

“Integra… Se mi accadesse qualcosa e tu dovessi essere in pericolo… Se ti trovassi di fronte a un nemico che non puoi sconfiggere… Raggiungi i sotterranei di nascosto… Lì troverai… Il frutto segreto di anni di lavoro dell’Associazione Hellsing. Qualcosa che ti proteggerà!”

Arrivò davanti alla porta dei sotterranei e deglutì a fatica. Era scesa dalle condutture poco fa e si sorreggeva a malapena sulle gambe deboli e stanche. Cercò di calmarsi e, tendendo le mani in avanti, spinse contro la porta d’acciaio per aprirla. Era pesante, dura e fredda. Pensò che dall’altra parte sarebbe stata al sicuro perché c’era qualcosa o qualcuno che l’avrebbe protetta da suo zio. Lo sapeva. Si fidava di suo padre.

La porta si aprì di uno spiraglio e sentì una debole corrente d’aria gelata, che la fece rabbrividire e le arrivò alle narici un nauseante odore di putrefatto e di morto. In quella stanza c’era qualcosa che l’attendeva.

Il cuore iniziò a batterle più forte di prima.

La porta si aprì del tutto con un cigolio inquietante e la luce entrò nella stanza divorata dalle tenebre e dagli anni. Entrò. E vide.

Si lasciò scappare un debole grido dalla gola. Il cuore smise di battere per un attimo.

Era spaventata e l’odore di putrefatto era più forte di prima.

Davanti ai suoi occhi c’era un cadavere avvolto da bende nere, completamente nascosto nel buio. Abbandonato dal mondo crudele e segregato a marcire per l’eternità in quella stanza chiusa. Una vita da segregato. Fino ad oggi.

Provò un senso di nausea e di profonda amarezza, mista a una punta di odio. L’odio verso il padre defunto che le aveva riempito la testa con una vana speranza di salvezza. Anche lui l’aveva tradita, e adesso sarebbe morta per mano di suo zio.

Una morte miserabile.

“Questo è… Colui che dovrebbe proteggermi?!”

Si avvicinò di più a quel cadavere che, in parte doveva ammetterlo, la incuriosiva.

Che ingiustizia… Papà… Sei stato cattivo… Ti odio…

Aveva voglia di piangere, ma non ne aveva il coraggio né la forza. Per un attimo si arrese al suo destino di morte.

Si fermò davanti al cadavere. I lunghi capelli neri erano sopravvissuti nel tempo, forse era l’unica cosa che aveva resistito in quel corpo marcio.

“Ti ho trovata, fraulein!”

Una debole risata di scherno, poche parole provenienti da una bocca perversa. Non fece in tempo a spaventarsi o a ripararsi, poiché il proiettile arrivò veloce e preciso alla sua spalla. Non fece in tempo nemmeno a provare dolore.

Quello arrivò dopo.

Cadde a terra e lanciò un grido acuto di disperazione e dolore. Il sangue schizzò sul pavimento e macchiò anche il volto morto del cadavere.

Suo zio si avvicinò sempre con la pistola puntata. Sorrideva sadico, con una punta di follia e scherno. Lo odiava. Odiava lui e suo padre, e tutte le persone che l’hanno abbandonata. Perfino Walter…

Ma perché deve finire così? Perché devo morire in questo modo?

“Zio… Desideri così tanto essere a capo dell’Hellsing?”

“Proprio così, fraulein…”

La canna della pistola fu puntata contro la sua fronte: sentiva il freddo acciaio dell’arma che presto l’avrebbe strappata dalla vita. Provò a immaginare il suo corpo a terra, in un bagno di sangue e la testa esplosa… Rabbrividì per un attimo. Alla fine decise di abbandonarsi fra le braccia della morte. Era finita.

Suo zio sorrise, la follia aveva ormai stravolto il suo volto rendendolo una maschera ripugnante.

Chiuse gli occhi e attese il colpo.

Che non arrivò.

Sentì un respiro affannoso in fondo alla stanza, come se qualcuno avesse trattenuto troppo a lungo il respiro sotto acqua. Poi le parve di udire qualcos’altro…

Aprì gli occhi e vide il volto dello zio stravolto dalla paura. Lei si voltò e capì la causa del terrore provocato: il cadavere si era mosso!

Adesso era in ginocchio, con le braccia legate da quella tuta nera dietro la schiena e i capelli che scendevano sul volto. La lunga lingua rossa leccava un liquido a terra che Integra riconosceva anche dall’odore: sangue, il suo.

Provò ribrezzo. Paura. E infine sollievo. Credeva, anzi, sperava, che quella creatura inumana l’avrebbe salvata.

L’essere alzò la testa e mostrò il suo volto. Un volto con un pallore inumano, come in bilico fra la vita e la morte, fra la follia e la ragione. Due enormi occhi rossi si illuminarono e guardarono le persone presenti nella stanza, come se valutassero la situazione. Infine la sua bocca si piegò in un ghigno, mostrando le zanne bianche che spesso aveva visto nei libri illustrati.

Si alzò in piedi barcollante, cercando l’equilibrio perso da tempo e con uno strattone inumano si liberò da quella camicia di forza, mostrando un atteggiamento spavaldo e folle. L’atteggiamento di una persona che ormai non teme più la morte.

Un midian… Un vampiro! Sarebbe colui che dovrebbe proteggermi?!

“S-sparate! Uccidetelo!” ordinò lo zio in preda a un folle terrore per quella vista raccapricciante. Un cadavere che ritorna in vita: una persona normale sarebbe impazzita dopo poco.

Gli uomini in nero alzarono le pistole e iniziò la strage.

O il banchetto.

Il vampiro scattò velocissimo e attaccò con voracità le gole di alcuni uomini, ad altri perforò lo stomaco con il braccio. Una pioggia rosso sangue cadeva sui pochi sopravvissuti, mentre il mostro saziava la sete che era durata da anni in un sonno simile alla morte. Molto presto, divenne una vera e propria carneficina.

Sangue ovunque. Sangue. Vedeva solo rosso.

Integra chiuse gli occhi e si trascinò il più lontana possibile dal raggio d’azione del mostro. Sapeva che prima o poi sarebbe toccato anche a lei, ma in parte era felice: quel midian avrebbe ucciso anche suo zio e a questo pensiero, il destino di morte ineluttabile le sembrava meno pesante.

I rumori delle gole stroncate, della carne strappata e divorata da una voracità inumana e il fastidioso e raccapricciante suono delle ossa spezzate e del risucchio.

Poi tutto cessò. Aprì gli occhi e trattenne il respiro e un conato di vomito.

Quel mostro teneva in mano la testa di uno degli uomini in nero e faceva scendere il sangue della gola lacerata fin dentro alla sua bocca sporco di quel liquido dall’odore nauseabondo. Di nuovo la paura si impossessò delle sue membra ed ebbe la sensazione di svenire da un momento all’altro, ma voleva restare cosciente fino alla fine. Finché non sarebbe toccato anche a lei.

Scaraventò la testa da una parte e si voltò verso suo zio che puntava ancora la pistola. L’uomo sopravvissuto tremava in preda al terrore, come se si trovasse di fronte alla morte in persona. Il mostro rise sadicamente. Lo zio gemeva come un bambino piagnucolone.

Poi il braccio che teneva la pistola puntata si staccò dal resto del corpo e cadde a terra, in un bagno di sangue. Lo zio iniziò a urlare frasi senza senso, cercando di tappare la ferita e il sangue che usciva a fiotti. Il mostro lo osservava divertito. Infine si voltò verso di lei.

Incontrò il suo sguardo e provò un brivido di paura e ribrezzo. Il mostro si avvicinò.

Integra raccolse la pistola dello zio e la puntò tremante contro il vampiro. Lui si fermò a pochi passi da lei e, con grande sorpresa della ragazza, si inginocchiò in modo servile.

Integra si sorprese e abbassò la pistola.

Che significa…?

“Lady Hellsing… Sono ai suoi ordini, padrona. Mi dia una ordine, My Master!”

Padrona? Ma cosa…?

Il vampiro aveva una voce calma, più umana e ragionevole, che stonava completamente con l’essere mostruoso che poco fa aveva fatto strage di uomini. Aveva una voce che la invitava a fidarsi. Fidarsi di lui… E di suo padre.

Lo zio si era nascosto gemendo in un angolo avvolto dalle tenebre e aspettava il momento propizio per contrattaccare, adesso che il mostro aveva abbassato la guardia. Recuperò un pistola lì vicino, la puntò e, con un ultimo disperato grido, sparò il colpo indirizzato a sua nipote. Che però non la colpì.

Il braccio del mostro incassò il colpo e si voltò nuovamente verso quel vecchio.

“Le pistole non hanno effetto su di me… Inoltre il tuo sangue puzza: una persona come te non merita di essere a capo di una grande agenzia come l’Hellsing”.

“No! L’Hellsing è mia, mia! È solo MIA!!!”

La pallottola lo colpì alla fronte ma bastò a zittirlo per sempre. L’uomo che sognava l’Hellsing si abbandonò sul pavimento sopra i corpi martoriati dei suoi uomini, ormai privi di vita.

Integra, con la pistola ancora puntata e calda, era cambiata. Non sapeva come ma, in quei pochi minuti che hanno segnato per sempre la sua vita, era maturata e diventata più forte: come ci si aspetta da una degna erede dell’Hellsing.

Adesso era da sola, con quel mostro come unico alleato e unica persona di fiducia. Il vampiro che l’aveva salvata. Un vampiro.

Grazie, padre…

“Come ti chiami?”

Adesso che è entrata a far parte della partita del destino, intendeva giocare tutte le sue carte e raccogliere, nel corso degli anni, i migliori alleati. Lui sarebbe stato un di loro. E sapeva che se avesse chiesto il suo nome, non sarebbe potuta tornare indietro. Ormai aveva deciso. Così sarebbe stato.

Vide di sfuggita il sorriso sadico del midian. Sembrava divertito.

“Tuo padre, per chiamarmi, usava… Alucard”.

Adesso siamo nel gioco.

 

 

 

Quel giorno mi sono proprio comportata come una bambina terrorizzata dalla propria ombra. Mi sono comportata da sciocca. Ma forse anche adesso non sono cambiata molto… Chissà come mi vedi, adesso, Alucard…

Però non sono mai riuscita a dirti ciò che ho pensato quando sono uscita da quella stanza, scortata da un vampiro appena risvegliato. Credo che adesso sia troppo tardi per perdersi nei ricordi ma… Non è mai troppo tardi per dirlo: grazie, Alucard… Anzi, no… Colui che una volta era un Conte.

 

 

 

 

SPAZIO DELL’AUTRICE:

è stato molto divertente scrivere il capitolo riguardante Seras, mi è piaciuto molto immedesimarmi in quel personaggio e riuscire a capirne tutte le debolezze e i pensieri… O almeno provare a immaginarmeli. È stato faticoso andare a ricercare tutti i dialoghi e le scene che mi servivano per la scrittura ma alla fine devo ritenermi soddisfatta per questo lavoro! Ne sono molto fiera!

Con Integra è stato più difficile, nonostante sia un personaggio chiave di cui possiamo sapere tutto fin dai primi episodi ma… All’inizio non ha mai attirato la mia attenzione e forse non volevo neanche farlo il capitolo su di lei. Però non mi sembrava giusto nei suoi confronti…

Adesso la vera sfida inizia con quello di Alucard e forse ci impiegherò più tempo del previsto. Comunque credo che verrà fuori qualcosa di decente, almeno spero…

Ringrazio ancora chi mi segue attraverso questa fitta rete di ricordi! A presto!

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Capitolo 3
*** Memories 03: Alucard ***


Memories 03:

Memories 03:

Alucard

 

 

 

Gli esseri umani sono creature deboli, che si rassegnano facilmente e si abbandonano fra le fredde braccia della morte. Si riconosce l’uomo forte solo quando decide di non arrendersi davanti al pericolo, fino a tal punto da abbandonare la sua vecchia vita e rinascere sotto nuove spoglie. Come una fenice rinasce dalle sue stesse piume. Anch’io ero così. Ero debole. Forse lo sono ancora, ma sono troppo orgoglioso per ammetterlo o rendermene conto. Prima ero un debole essere umano… E ora? Che cosa sono?

Io sono solo un mostro. Un mostro folle e assetato di sangue, che si abbevera alla fonte della vita eterna come ossessionato dalla immane distruzione di se stesso. Sono morto e rinato in nuove spoglie. La mia morte… è stata forse un sogno? Talvolta mi sembra di essere restato così per l’eternità… Di non essere mutato… Sono sempre stato un mostro. E non me ne pento.

 

 

 

“La carne è come l’erba appassita. E la gloria degli uomini è come fiori nell’erba. L’erba avvizzisce e il fiore appassisce, cadendo lontano… Ma le mie parole resteranno per sempre”.

Questa voce… Questa fioca luce…

Il colpo arriva improvviso. Preciso. Doloroso. Dritto al cuore, come se lo aspettava dall’inizio. Il sangue esce a fiotti dalla ferita e la sua bocca vomita quel liquido rosso che tanto desiderava e divorava voracemente.

Il paletto di frassino è riuscito nel suo intento: trafiggere il cuore del Conte.

Ma non l’anima. Quella resterà per sempre.

Dolore! Cosa mi succede…?! Cos’è questa fitta che provo?!

Un rantolo strozzato esce dalla sua gola. Finalmente si decide ad aprire gli occhi e guardare il volto del suo assassino. Un volto che conosceva molto bene.

Ma vede solo un’enorme ombra indistinta che lo sovrasta. L’ombra copre tutto. Perfino la luna.

Tu…

Trova la forza di parlare.

“Io… Sono stato… sconfitto?”

La voce gli esce a stento. Debole e strozzata. Molto diversa da quella che usava alcuni giorno fa: la voce sicura e altera di un sovrano, profonda e decisa, di chi è abituato ad affermare la propria autorità.

E adesso… Si sente così debole… Le forze iniziano a mancargli.

Qualcosa bagna il suo volto: lacrime. Quelle che non versava da tempo e che non è mai riuscito a versare… Lacrime rosso sangue che hanno un sapore salato. Lui non piangeva mai. Non era un debole umano, ormai non lo era più. E si vergognava ad apparire in un aspetto così misero davanti al suo acerrimo nemico.

Lui, il Conte Dracula, piangeva. Lui poteva provare dei sentimenti così infimi come il dolore, o la paura? Paura di cosa? Della morte che lo aveva già accolto fra le sue braccia una volta?

No. Non era quello.

Non aveva mai compreso che cosa fosse la paura. Aveva solo provato nuovi dolori che continuavano a persistere nel corso degli anni che si succedevano e che per lui non sembravano passare mai. Il dolore – quello sì – sapeva che cos’era. Ormai non ci dava più molto peso.

L’uomo-ombra di fronte a lui lo guarda. Il Conte riesce a immaginare benissimo la sua espressione: una smorfia di disprezzo e di vittoria, una smorfia che prova una riluttante pietà per quell’essere che adesso giace nella tomba in un lago di sangue. Adesso quell’uomo, Abraham Van Helsing, si sentiva inebriato dalla vittoria e dalla buona riuscita del suo intento, si sentiva potente su quel mostro che molto tempo fa lo terrorizzava anche a sentirne solo il nome.

Il Conte sapeva perché era venuto.

“Proprio così. Hai perso”.

Quelle parole, pronunciate con la massima calma e freddezza, facevano sentire Dracula ancora più debole. Non voleva più ascoltare, desiderava che quell’uomo se ne andasse e lo lasciasse in pace a morire. Invece no. Vuole pregustarsi questo momento di gioia, in cui le forze del bene sovrastano quelle del male. Come è giusto che sia.

Ma è davvero giusto che le cose vadano così…?

Lui non lo sapeva. Non conosceva questa differenza. Non gliene è mai importato niente di questa contrapposizione che si ponevano gli esseri umani. Finora.

Io sono il male… Ed è giusto che muoia… è davvero questa la legge universale?

Lui ha sempre ballato sul confine fra la vita e la morte, fra la ragione e la follia. Senza mai preoccuparsi di nessuno. Lui uccideva gli esseri umani, si nutriva del loro sangue, della loro anima e dei loro ricordi perché era giusto così. Non poteva fare altrimenti, se voleva sopravvivere nell’arco dei secoli. Lui viveva, gli altri morivano. Questa cosa non l’ha mai disturbato.

Poi… Sono arrivati loro

“Non c’è incubo dal quale non ci si possa risvegliare”.

Non è vero… Dal mio incubo non mi sono mai svegliato…

“Il tuo castello e il tuo casato sono ormai in rovina”.

Lo so… Non ho più niente, ho perso tutto. Per colpa della mia stessa voracità, della mia follia, che è diventata causa della mia rovina.

“Anche i tuoi servi sono tutti morti”

Tutti…

Forse è solo un sogno… Forse è la fine del mio incubo…

“La ragazza che hai marchiato ha abbandonato la sua preziosa carne… Lei non sarà mai tua!”

Lei… Mina!

Quella donna… La sua ultima draculina, l’ultima persona con cui ha parlato prima di nascondersi come un vigliacco nella sua bara e aspettare il suo destino di morte. La donna che era riuscita ad affascinarlo, incuriosirlo fino al punto di trasformarla in un suo simile. E condannarla. Per l’eternità.

Perché l’aveva fatto… Non lo sapeva nemmeno lui. Per capriccio, per follia o forse per un altro sentimento a lui sconosciuto… Lui non lo sapeva ma… Temeva che le avessero fatto del male.

Io che mi preoccupo… Sono davvero caduto in basso…

Ma ormai non gli importava più niente. Aveva perso

Van Hellsing alzò il pugno e si preparò a colpire il paletto. La fitta di dolore arrivò subito, immediata e mortale, come la lama della falce che strappa l’anima dal corpo e la porta all’Inferno. Il paletto si conficcò ancora di più nella carne, lasciando scorrere nuovo sangue dal cuore che aveva ormai smesso di battere gli ultimi rintocchi dell’orologio della sua vita.

Un grido strozzato uscì dalla sua gola ormai secca e nuove lacrime scesero a macchiare il volto scarno e bianco, ormai prossimo alla fine. Il volto stravolto dal dolore, dalla rabbia e dalla paura. Paura di una morte che aveva già conosciuto, ma che stavolta lo colpiva con il suo ultimo fendente di spada. Condannandolo definitivamente.

L’uomo lo prese per la collottola dell’abito e lo strattonò ripetendo delle parole ormai vuote e prive di senso, parole che risultavano insignificanti e fastidiose al Conte. La sua testa stava per esplodere, un nuovo grido di dolore proveniva dal posto più profondo della sua anima dannata e si ripeteva come un eco infinito. Guardò gli occhi del suo assassino, desiderava vedere lo sguardo dell’uomo che è riuscito a sconfiggere il Mostro.

Sguardo disgustato. Bocca piegata in una smorfia di commiserazione, occhi illuminati dalla luce dell’odio e un enorme senso di nausea per quella creatura abominevole, che giaceva ormai inerme fra le sua mani sporche di sangue. Sangue non umano, sangue che era giusto far scorrere: sangue di un assassino nelle mani di un assassino. Ecco come lo vedeva.

“Conte… Non ti è rimasto più nulla. Oh, povero No Life King...”

Dracula lo guardava. Sentiva nuove lacrime pronte a scorrere ma le trattenne, poiché non ne valeva la pena e voleva mantenere un certo ritegno, almeno alla fine. Per la prima volta, provò stima e odio verso gli esseri umani, che da anni lo braccavano per avere la sua testa e da anni lo temevano.

Lo odiava. Ed era per questo che lo considerava un degno avversario.

“Non ti è rimasto più nulla… Nulla!”

Parole che si perdevano nel vuoto.

Sentiva le palpebre farsi più pesanti, sentiva il gelido fiato della morte sul suo collo. Ormai era pronto a lasciare tutto e non tornare. Ormai non aveva più niente per continuare a esistere.

Volse lo sguardo, per un’ultima volta, al cielo tinto di un colore roseo, pronto a lasciare il posto all’alba. Non aveva mai visto il sole sorgere. Non poteva. Perché lui era un vampiro. Osservò con tristezza e un senso di malinconia il disco luminoso che sorgeva oltre le colline e tingeva il cielo blu della notte: guardò per l’ultima volta l’alba e ne assaporò tutta la sua bellezza. Osservò la sua ultima alba e pensò che non ce ne erano mai state di così belle come quella, per un’unica volta il suo cuore ormai spento si sentiva appagato e felice. Libero di abbracciare una vita che a lui non era mai toccata.

Mai.

Chiuse gli occhi e si abbandonò al dolce sonno della morte, che lo accolse felice fra le sue fredde braccia che da tempo lo attendevano.

Sorge l’alba della vita, tramonta l’esistenza del Conte.

 

 

 

“Tu non sei più un re… Non sei nemmeno un servitore di Dio… Non sei neppure più un essere umano!”

Allora dimmi tu cosa sono: io combattevo per la Gerusalemme Celeste, per donare agli uomini il loro Paradiso… Quello che a me non è mai toccato. Avanti, dimmelo!

Che cosa sono io? Dillo! Dillo! Esegui il tuo verdetto su di me!

“Hai ucciso tutti, nemici e amici… Hai ucciso anche te stesso. Sei un abominio… Sei solo un mostro degenere… Conte!”

Sì… è vero. Sono un mostro.

Ma io ho combattuto e non mi sono mai arreso… Perfino ora, che mi trovo ad un passo dalla morte, non posso arrendermi. Non posso abbandonare il mio regno, non posso abbandonare il mio sogno.

Io voglio vivere!

Attendo la lama funesta dell’arma che mi strapperà la vita. Il corpo appassirà, morirà… Ma l’anima resterà per sempre.

Strisce di sangue, del mio e di altri colpevoli, scorre davanti ai miei occhi e mi invita con voce suadente ad abbeverarmi dell’elisir di lunga vita. A cibarmi di altri uomini e donne, vecchi e bambini, per poter sopravvivere e realizzare il mio regno.

Il destino mi sta cedendo una seconda possibilità.

Voglio approfittarne. La Morte dovrà attendere ancora molto per avere la mia anima. Non sono ancora pronto a morire. Non ancora.

La lama scende e taglia.

Il resto è silenzio e buio.

 

 

 

 

 

Talvolta penso di vivere in un sogno, temo di svegliarmi da un momento all’altro e di scoprire che tutto questo è una mera illusione del mio folle desiderio. Ogni notte questi incubi, anzi, questi frammenti di memoria, mi perseguitano come se volessero avvertirmi di qualcosa. Purtroppo, sono troppo orgoglioso per perdermi nel passato e piangere una vita distrutta dalle mie stesse mani. Io vado avanti, non mi fermo e non mi arrendo: la rassegnazione porta gli uomini alla distruzione di se stessi.

Ormai l’ho imparato. Non penso di dimenticarlo facilmente, ho ancora una lunga vita davanti e sono ben lontano dal pensare già alla fine.

 

 

 

SPAZIO DELL’AUTRICE:

finalmente ho terminato. È finita.

Sono soddisfatta dal lavoro che ne è venuto fuori. Ora che ho messo la parola “fine” a questo ultimo capitolo, mi sento svuotata: mi succede spesso, come se un frammento della mia anima è scivolato fra le righe di questo racconto, lasciando la sua impronta indelebile. Lo so che è strano pensarlo, ma io mi sento così…

Per questo capitolo avevo già iniziato a rifletterci fin dall’inizio, perché sapevo che sarebbe stato quello più difficile e complicato di tutti: entrare nella mente di Alucard e analizzare i suoi ricordi… Che fatica…

Nell’ultima parte ho ripreso un pezzo che c’era nel manga n. 8, riguarda la morte del Conte Vlad prima di diventare Dracula… Credo… Se ho sbagliato vi autorizzo a correggermi.

Comunque non voglio dilungarmi troppo e ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito fin qui e che hanno commentato le mie storie. Grazie di cuore! Vi prego, lasciate commenti anche a questa, perché temo che non sia venuta un granchè…

 

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