Huzi di Melanto (/viewuser.php?uid=11)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 (parte I) ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 (parte II) ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 (parte I) ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 (parte II) ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 (parte I) ***
Capitolo 26: *** Capitolo 23 (parte II) ***
Capitolo 27: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 28: *** Epilogo - 28 anni dopo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Huzi
- Capitolo 1 -
La Jeep inchiodò con un leggero stridio dei freni, fermandosi innanzi allo spiazzo che circondava il nuovo stadio di Nankatsu.
La vernice verde mimetico della carrozzeria era abbondantemente schizzata di fango, soprattutto sulla parte anteriore: parafango, cofano e portiere.
“Sei sicuro di volerci andare?”. Il giapponese di Ricardo era un vero spasso per le orecchie: si trascinava le parole, con la sua cadenza ispanica, sbagliando la maggior parte delle intonazioni; era al volante del mezzo ed osservava l’alta struttura in cemento, mantenendo il motore acceso ed aspettando una risposta.
“Se non ci vado, credo che Sanae vorrà il mio scalpo.” gli rispose con un sospiro, afferrando il consunto cappello da cow-boy che tante volte gli aveva evitato un’insolazione, mentre scalava le vette dell’America Centrale. Se lo calcò sui corti capelli scuri, scendendo dalla Jeep. Si portò poi le mani ai fianchi, assumendo un’espressione critica nei confronti dello stadio che era stato tirato su dal nulla, quattro o cinque anni prima, e battezzato in onore del campione Tsubasa Ozora che, proprio da Nankatsu, aveva cominciato la sua formazione che lo aveva portato ai massimi livelli.
“Santoddio se è brutto!” esclamò sollevando un po’ la tesa, mentre la risata di Ricardo lo raggiunse strappando un sorriso anche a lui.
“Dai, magari dentro è migliore!”.
Lui fece spallucce. “Ah, lo spero! Tsubasa si merita qualcosa di più di questa specie di mausoleo!" poi si volse ad osservare l’amico, richiudendo la portiera “Tu vai in dipartimento?”.
Rick annuì e lui aggiunse “Allora ci vediamo là, non credo che mi fermerò molto. Ho l’ufficio da sistemare e devo aggiornarmi sugli ultimi tre anni di monitoraggio.”.
L’altro alzò gli occhi al cielo “¡Madre de Dios! Potresti non pensare al lavoro una volta tanto? Siamo appena tornati!” esclamò contrariato “Il tuo ufficio sarà esattamente come lo hai lasciato e le scartoffie non saranno scappate all’estero quindi rilassati, per favore, e goditi la tua bella rimpatriata!”.
“Ci vediamo in dipartimento.” fu la risposta che ottenne e sbuffò rassegnato.
“¡Sì señor!” ingranò la marcia e si allontanò, sollevando una tenue scia di polvere.
Lui rimase per un attimo immobile, osservando la vettura che veniva inghiottita dal traffico cittadino per poi scomparire tra le strade della sua vecchia città cui, volente o nolente, finiva per ritornare. Si soffermò sulle case regolari e dall’architettura familiare, che risplendevano sotto il sole tiepido di quel primo pomeriggio di Febbraio, fino ad inquadrare l’imponente figura del Fuji che si stagliava, nitida ed incredibilmente elegante, ad alcuni chilometri di distanza. Sorrise abbassando la tesa del cappello e dirigendosi verso l’entrata dello stadio Ozora.
Un mostro dalla ovaleggiante struttura in cemento, con delle colonne in fuga verso l’alto, dalla forma trapezoidale, che dovevano rappresentare delle ali stilizzate.
“Hurrà la fiera del kitsch!” mormorò, trattenendo una risata. Per fortuna l’ingresso era decisamente più sobrio e moderno. L’ampio atrio aveva, nell’immediata destra e sinistra, due uscieri di guardia ai corridoi che portavano alle curve; nel centro c’era il bar. Un paio di giovani venditori di bibite avevano appena appoggiato le loro ceste sul bancone e si erano seduti a parlottare. In alto, sopra l’insegna, c’erano delle cornici con le foto di Tsubasa ed alcune magliette che erano state indossate dal campione: quella delle elementari, quella delle medie, quella del San Paolo e quella del Barcellona. In testa a tutte campeggiava una gigantografia della Nazionale e la maglia numero 10 del capitano.
Avanzò di qualche passo, con le mani nelle tasche dei pantaloni, ad osservare meglio quei cimeli.
Santo Dio, le elementari!
Quanti anni erano passati da allora? Fece un enorme balzo indietro con la memoria, rivedendosi bambino insieme a Tsubasa, Ryo, Genzo e tutti i suoi compagni di squadra alla Nankatsu, quando l’unico problema era quello di non avere paura dei tiri di Hyuga. Sorrise, osservando la foto immediatamente sotto: erano tutti lì. Dei piccoli soldi di cacio sorridenti, stringevano il trofeo della vittoria al Campionato Nazionale. Rivedersi gli fece uno strano effetto, soprattutto rivedersi sorridente. Era una sensazione decisamente malinconica, ma di quelle in senso positivo: non intristiva, ma lasciava pensieroso; con quel gusto agro-dolce nel mezzo sorriso che riusciva a strapparti.
Quando decise di aver ricordato abbastanza, si diresse all’usciere fermo alla destra della porta, e che lo guardava in modo curioso da quando aveva messo piede nello stadio Ozora. Pescò il biglietto che Sanae gli aveva mandato all’indirizzo della casa che aveva a Nankatsu, e che lui aveva trovato solo la sera prima quando era finalmente rientrato in Giappone. Tra tutta la posta che si era accumulata nei suoi tre anni di assenza era comparsa una busta con indirizzo scritto a mano in delicata grafia femminile. Quando l’aveva aperta ne aveva cavato un biglietto per lo stadio ed una breve lettera.
“Si dice che la speranza sia l’ultima a morire, ed io sono notoriamente una persona testarda. Sono anni che nessuno riceve più tue notizie e stiamo seriamente pensando di chiamare qualche trasmissione che si occupi di persone scomparse! Ma si può sapere dove sei, Prof? Avresti dovuto accettarla quella dannata cattedra all’Università, così non saresti scappato in giro per il mondo! Ok, basta paternali! Ti lascio un biglietto per la partita che la Nazionale Giapponese giocherà, tra circa un mese, contro la Germania. Sarà una pacifica amichevole, vedi di esserci (se puoi!!!). Altrimenti sguinzaglieremo l’Esercito della Salvezza!
Fai il bravo, Prof, sii prudente e metti la maglia di lana!
Con affetto.
Sanae Ozora”
Aveva sorriso, leggendo quelle brevi righe, e, per quanto lo allettasse davvero poco rivedere tutti i vecchi amici e compagni di squadra, sapeva di non poter deludere, ancora una volta, le aspettative della sua ex-manager. Per questo, ora era lì e porgeva il biglietto all’usciere.
“E’ in ritardo, signore…” disse questi, strappando lungo il bordo tratteggiato “…è appena cominciato il secondo tempo.”.
Lui sorrise “Sì, lo so, ma devo smaltire un cambio di fuso orario piuttosto consistente.”.
L’altro annuì, aprendo il cordone “Buon divertimento.” augurò, lasciandolo passare.
“Grazie.” e si avviò lungo il corridoio alla fine del quale poteva scorgere una scalinata.
Le grida dei tifosi erano un sommesso mormorio, che diveniva sempre più forte a mano a mano che si avvicinava all’uscita. Approvazione, disapprovazione, incitamenti, cori che chiamavano a gran voce Tsubasa Ozora si facevano più chiari e distinti, più trascinanti. Accidenti, aveva dimenticato la bolgia di una partita di calcio, soprattutto della Nazionale, ma, nell’ultimo periodo, a stento si ricordava come fosse fatto uno stadio.
Salì la scalinata senza troppa fretta, immergendosi lentamente in quel trambusto entusiasmante che sapevano creare i tifosi dagli spalti e che lo calarono in una realtà che, un tempo, era stata anche sua.
L’interno dello stadio era decisamente più grande di quanto avesse immaginato vedendolo dall’esterno e le gradinate erano strapiene di gente. Quanti potevano essere? Cinquantamila? Sessantamila persone? Nankatsu stava divenendo qualcosa di più di una semplice cittadina per cui le due scuole si davano aspra battaglia per accaparrarsi il campo da calcio lungo il fiume. Aveva fatto il primo passo per trasformarsi in una città vera e propria, di quelle con la ‘C’ maiuscola, dotate di traffico e smog.
Avanzò di qualche passo per appoggiarsi alla ringhiera dalla quale poteva dominare l’intero terreno di gioco su cui, le due Nazionali, cercavano di aggiudicarsi il possesso della sfera.
Vide i suoi ex-compagni correre a perdifiato da una parte all’altra, nelle loro mise azzurre ed inconfondibili, mentre la Germania, con il suo completo verde, si difendeva o cercava di rubare palla agli avversari. Vide Tsubasa saltare agilmente Schneider. Accidenti se ne aveva fatta di strada il capitano. Il Kaiser ormai non era più un nemico in grado di impensierirlo e lo diceva anche il risultato che scorse sul tabellone: un secco 3 a 0 per il Giappone.
Riconobbe Hyuga e Misaki che davano man forte al capitano; Shingo Aoi e le sue acrobazie che, con l’età, aveva affinato tecnicamente; Matsuyama che comandava la difesa insieme ad Ishizaki. Per il resto erano tutte facce nuove. Di sicuro le giovani leve che cominciavano ad emergere, la nuova Generazione D’Oro. Osservò la porta: Wakabayashi faceva da Santo protettore. Beh, se non avevano messo Ken, significava che la sfida Genzo-Karl era ancora abbondantemente aperta.
In panchina individuò il resto della truppa: Jito parlava con i Tachibana Bros.; Soda restava a braccia conserte, non gli era mai piaciuto scaldare la panca; del Trio Shutetsu era presente solo Izawa: Santo Cielo, Mamoru si era tagliato i capelli? Sorrise all’idea di lui senza la zazzera, che invece Wakashimazu aveva fatto allungare ancora di più, parlava con Sawada.
Affondò la mano in uno dei tasconi laterali del pantalone, cavandone un pacco di Marlboro. E dove l’aveva messo l’accendino? Dannazione finiva sempre per perderlo, in tre anni ne aveva persi più di un centinaio tra le battute di Ricardo e gli sbuffi di Toshi che lo accusava di essere un ‘ladro di accendini’. Si tastò la giacca trovandone uno e non era di Sugihara, ma uno degli zippo pacchiani di Rick.
“Beh, consolati Toshi…” si disse, portando la sigaretta alla bocca “…almeno non li rubo solo a te!” accese il tabacco, tirandone una lunga boccata, ed incrociando le mani sotto al mento. Con il pollice sfiorò lentamente i due cerchietti di sottile oro rosso che portava all’anulare sinistro.
“Forza papà!” incitò un bambino sui sette anni, sbracciandosi come un ossesso dalla ringhiera che separava le gradinate alte da quelle basse “Sei il migliore!”.
“Hayate Ozora!” tuonò imperiosa una voce di donna alle sue spalle “Non sporgerti troppo, signorino, e questa è la quarta volta che te lo ripeto!” ma nel suo tono non c’era rabbia, quanto una vena di preoccupazione per la paura che potesse farsi male.
“Sì, mamma.” borbottò il piccolo, assumendo un contegno mortificato, per poi tornare ad osservare il padre che volava verso la porta avversaria superando tutti gli altri giocatori. Il numero 10 oscillava sul retro della maglia.
Sanae scosse il capo con un sospiro “E’ proprio un monello!” esclamò, incrociando le braccia al petto, mentre Yukari rideva, al suo fianco, spingendo avanti ed indietro una carrozzina triposto dove tre frugoletti, imbacuccati fino ai denti, sonnecchiavano tranquillamente senza curarsi del frastuono che i tifosi, attorno a loro, stavano orchestrando, anzi avevano avuto quasi l’effetto di una ninna nanna. Sulle gambe reggeva una quarta bambina, sui quattro anni o poco più, che osservava compostamente la partita, battendo le mani entusiasta appena il padre toccava palla.
“Suvvia, è pur sempre figlio tuo e di Tsubasa e nemmeno voi, da piccoli, eravate delle acque chete!” le disse e Sanae le strizzò l’occhio.
“Anche questo è vero!”.
“Pensa a me e a quando questa specie di Banda Bassotti comincerà a gattonare per casa!” sospirò l’altra, alzando lo sguardo al cielo “Meno male che Mika è un gattino silenzioso, vero tesoro?” e le diede un bacio sulla testa dai lunghi capelli scuri che le aveva acconciato in due simpatiche codine di cavallo.
Sanae le sorrise, dando poi una rapida scorsa all’orologio che portava al polso. Inarcò un sopracciglio, sbuffando “Non è venuto.” disse attirandosi l’occhiata incuriosita di Yukari.
“A chi ti riferisci?”.
“Al Prof…”.
L’altra sembrò animarsi “Lo hai sentito?”.
Ma Sanae scosse il capo, spegnendo il suo entusiasmo “Gli ho mandato una lettera con il biglietto per lo stadio, un mese fa. Ma a quanto pare non deve ancora essere tornato in Giappone.”.
“Senti, io non vorrei fare l’uccello del malaugurio, ma non pensi che sarebbe davvero il caso di chiamare quelli che cercano le persone scomparse?”.
La signora Ozora sospirò “Quasi quasi…” e mosse il suo sguardo all’ingresso laterale, a svariati metri da loro, più in un gesto meccanico che nella speranza di vederlo comparire davvero all’ultimo momento. Ma c’era solo un tizio, con uno strano cappello da cow-boy, che fumava appoggiato alla ringhiera della balaustra.
- Bel cappello! - pensò soffocando una risata; doveva essere di sicuro uno straniero per come era vestito. Indossava dei pantaloni verde militare, strapieni di tasche, ed un giubbetto scuro pseudo-invernale, forse troppo leggero per quel periodo.
Poi inarcò un sopracciglio - E se fosse… - cominciò a formulare, credendo a stento alla sua stessa ipotesi, eppure… che le costava controllare?
“Yukari tieni d’occhio Hayate per un secondo!” disse alzandosi e cominciando ad avviarsi con fare disinvolto verso il cow-boy, mentre l’amica assumeva un’espressione interrogativa senza riuscire a capire.
Sanae camminava a passo sicuro, scrutando il profilo che lo sconosciuto le offriva, seminascosto dal cappello, e fu quando si girò di più verso di lei che lo riconobbe, dipingendo un largo sorriso ed aumentando l’andatura.
Era proprio il Prof.
Tirò un’altra lunga boccata dalla sigaretta esalando, poi, una grigia nuvoletta di fumo che si disperse rapidamente, mentre una pungente brezza se la trascinava lontano.
Beh, ora che era arrivato avrebbe dovuto cercare Sanae.
Pescò, dalla tasca della giacca, il biglietto con il numero del posto a sedere e fece per allontanarsi dalla ringhiera quando, una voce di donna, gli si rivolse con una punta di finto rimprovero.
“Allora è proprio vero che la speranza è l’ultima a morire!”.
Si volse alla sua sinistra ad incrociare una minuta figura, avvolta in un piumino nero, ferma ad alcuni passi da lui. Due vivaci occhi scuri lo osservavano in attesa di una sua risposta e manteneva le mani ai fianchi. Semplicemente inconfondibile.
“Così pare.” disse lui sorridendo, mentre le vedeva accorciare anche l’ultima distanza.
“Fatti abbracciare, straniero!” esclamò buttandogli le braccia al collo.
“E’ bello rivederti, manager.” e lo pensava davvero. Nonostante la reticenza iniziale, che aveva provato la sera prima quando aveva trovato la lettera, ora non gli dispiaceva affatto trovarsi lì.
“Bentornato a casa, Yuzo.”.
…E poi Bla bla bla…
Allora, due parole da spendere riguardo questa fanfiction, credo siano quantomeno doverose.
Erano anni, circa un paio, che pensavo di scriverne una di questo genere. Ed il motivo è semplice: fa parte di me. È l’argomento che più mi è vicino e per il quale sto studiando affinché possa diventare il mio futuro.
Probabilmente, da questo primo capitolo, non si capirà nulla. Ad ogni modo, il capitolo successivo sarà totalmente chiarificatore, fidatevi di me.
…perché ‘Huzi’?
I più informati avranno capito cosa esso significhi… eppure vi posso assicurare che lo conoscete tutti, ma, cambiando il nome, ho voluto mantenere un filino di mistero. E poi trovo che suoni meglio! XD per gli altri… capirete più avanti cosa esso sia (no, non sono deficiente! XD).
…l’idea di base…
…nasce fondamentalmente da un mio “E se…?” dopo aver letto nel manga (precisamente al volumetto n°40) che Yuzo aveva rinunciato all’Università pur di andare in ritiro con la Nazionale guidata dal neo-promosso Minato Gamo. Ecco… e se invece ci fosse andato? Abbandonando, in tal modo, il calcio?
Non ho messo AU in quanto gli eventi si svolgono alcuni anni nel futuro degli attuali Road to 2002 e Golden 23.
Ammetto di essermi divertita non poco ad ideare un probabile futuro per i cari personaggi di Zio Taka XD (Izumi se vuoi il mio scalpo, questo è il momento giusto per prendertelo! XD).
Ringraziamenti:
- Al Diofà, che una mano ti dà, e a me ne ha date due leggendo ogni capitolo in anteprima e dandomi il suo parere. Tesoro, io so quale è la fanfiction che stai aspettando: stai tranquillo, a breve riuscirai a leggere la seconda parte del capitolo due! Ti amo, Diofà. La tua Madonnafà, colei che tutto sa! XD
- A Sakura-chan, la mia ‘acchiappa-svarioni’ (ovvero: betareader!XD) di fiducia che, nonostante i tanti impegni, s’è fatta la croce ed ha ricontrollato il materiale prima della sua pubblicazione.
- Alle compagne di MSN *.*, con le quali passo i miei pomeriggi a sparare minchiate su CT! XD
- A Maki-chan, che non leggerà mai ‘sta fic a prescindere XD, ma che si merita comunque una menzione speciale perché è la mia ‘cumpagnella’ di bakate! Oibò! è_é
- A Yuzo Morisaki, il personaggio cui sono più affezionata in assoluto. Sarà perché, a livello caratteriale, siamo terribilmente simili: sfigati fin nel midollo, armati di incrollabile pazienza, buoni dentro, fuori e tutt’intorno e senza grandi potenzialità, ma che fanno il loro porco lavoro con tutto l’impegno possibile.
- A Zio Takahashi: anche se ti smadonno spesso e volentieri (XD) sappi che ti ringrazio. Grazie di aver creato Captain Tsubasa ed il mio Yu-chan. Soprattutto, grazie di averlo creato così com’è (pucciosamente sfigato!*.*)!
Credits:
- I personaggi di Captain Tsubasa appartengono al suo creatore, Yoichi Takahashi, che ne detiene qualsiasi diritto.
I personaggi che esulano dal mondo di Captain Tsubasa sono nati da me medesima e, pertanto, mi APPARTENGONO (ci vorrebbe la faccina blinko-bastarda, cazzarola! -.-').
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Huzi
- Capitolo 2 -
Sanae si sciolse dall’abbraccio, osservandolo con occhio critico. “Ma guarda come sei abbronzato! È incredibile: noi qui, preoccupati per te, e tu spaparanzato a prendere il sole!” scherzò, prendendolo sotto braccio. “E questo cappello? Non avrai rinunciato alla cattedra all’Università per correre dietro a vacche e buoi spero!”.
Lui rise, lasciandosi guidare dalla manager. “Non è il massimo del fashion, ma ha impedito che mi abbrustolissi il cervello in Guatemala.”.
Lei parve sorpresa “Guatemala? Ma non dovevi essere in Indonesia?”.
“Solo per sei mesi, gli altri due anni e mezzo li abbiamo passati nel Centro America. Il Pacaya[1] ha fatto dei bei fuochi d’artificio.”.
“Ora mi racconti tutto, ma prima vieni a salutare Yukari… e la sua prole!”.
“Prole?!” fece eco inarcando un sopracciglio. L’ultima volta che l’aveva vista, la signora Ishizaki, era in attesa del primo figlio, anzi ‘figlia’ visto che era una femmina.
Avanzarono a passo deciso fino a che Yuzo non riconobbe Yukari affiancata dalla più grande carrozzina che avesse mai visto, e si ritrovò a strabuzzare gli occhi.
“Salute!” esclamò, mentre Sanae se la rideva di fianco a lui, fino a che non furono abbastanza vicini, poi la ex-manager esordì.
“Ehi Yukari!”.
La giovane, sentendosi chiamare, si volse ad incrociare lo sguardo dell’amica, per poi soffermarsi sul suo accompagnatore. I suoi occhi si allargarono per la sorpresa appena lo riconobbe “Prof!” esclamò, prendendo in braccio la figlia per alzarsi e salutarlo. “Oh mio Dio! E dire che noi stavamo davvero per fare la denuncia della tua scomparsa, vero Sanae?”.
La signora Ozora annuì con decisione.
“Come siete esagerate, stavo solo lavorando…” tentò di difendersi.
“Ed è quello che ci preoccupa di più: lavori troppo!” lo redarguì Yukari, tornandosi a sedere.
“Oh beh, anche tu ti sei data parecchio da fare, a quanto vedo!” ed indicò i pargoli con un cenno del capo, lei arrossì.
“Scemo!”.
“Non sono bellissimi?” domandò Sanae e lui sbirciò i tre gemellini dai pugnetti stretti e le espressioni teneramente sopite.
Sorrise. “Questo lo hanno preso da Ryo.” disse sedendosi accanto alla manager, che lo separava da Yukari “Anche lui dormiva, sempre e comunque, indipendentemente dal rumore che lo circondava!”.
“E’ vero!” rise la moglie del difensore.
“E questa graziosa signorina?” domandò, sollevando leggermente il cappello in cavalleresco saluto.
“Lei è Mika, la primogenita. Saluta, tesoro.”. La bambina gli rivolse un timido sorriso, arrossendo, per poi nascondersi tra le braccia della madre, che la strinse “Si vergogna.” bisbigliò quest’ultima.
“Complimenti Yukari, hai una bellissima famiglia.” lo disse senza malinconia nella voce e Sanae non seppe se sentirsi sollevata o meno per questo, ma, prima che potesse dire qualcosa, venne interrotta da una vocina squillante a lei ben nota.
“Mamma! Mamma!” il piccolo Hayate corse verso la donna, poggiandosi contro le sue ginocchia “Hai visto? Papà ha fatto una cosa bellissima!” e, mentre lo diceva, aveva gli occhi che brillavano nello stesso identico modo di Tsubasa. “Ha preso la palla, poi ha saltato tre giocatori!” e mimava l’intera sequenza. “Poi ha fatto un passaggio in rovesciata e…” solo allora si accorse dell’altra presenza accanto alla madre.
Dal canto suo, Yuzo lo osservava in attesa che continuasse la sua personale telecronaca. Hayate si mise le mani dietro la schiena, recuperando un improvviso contegno.
“Ciao.” disse rigirando la punta del piede per terra.
“Ciao a te. Vediamo se indovino, tu sei Hayate?”.
Il piccolo annuì “E tu sei un cow-boy?” domandò osservando il suo cappello.
Lui scosse il capo, sorridendo.
“Ma conosci la mia mamma?”.
“Sì, ed anche il tuo papà!” poi si tolse il vecchio copricapo e glielo mise in testa. L’oggetto era enorme e gli cadde sul viso. Hayate se lo tirò su sorridendo.
“Tu sì che sembri un cow-boy!” esclamò l’ex-portiere della Nankatsu, facendogli il segno della pistola con due dita.
“Ora corri a fare il tifo per papà, tesoro! Altrimenti non vincerà se non lo inciti!” gli disse Sanae ed il bambino annuì con convinzione, correndo di nuovo alla ringhiera, e tenendosi ben stretto il cappello sulla testa.
“Accidenti se è cresciuto anche lui.” esclamò Yuzo, con un sorriso. Quando era partito, Hayate aveva circa quattro anni e già rotolava dietro ad una palla, ora era divenuto un ometto identico a suo padre. “Ha lo stesso entusiasmo di Tsubasa. Scommetto che è già un piccolo campione!”.
“Puoi dirlo forte!” rise Sanae, scuotendo il capo “Ha il pallone incollato ai piedi! Eh, tali padri...!” poi si decise a rivolgergli uno sguardo indagatore “Bene, bene!” cominciò, pungolandogli un fianco con l’indice “Ora però non cercare di cambiare discorso: voglio il resoconto di questi anni di silenzio! A proposito, quando sei rientrato?”.
Yuzo si passò una mano tra i corti capelli scuri. “Ho messo piede in casa ieri sera e, come benvenuto, ho trovato una montagna di posta davanti la porta!” disse con un sorriso “Così l’ho passata tutta al setaccio, ed è spuntata la tua lettera… tra la partecipazione al matrimonio di Mamoru, di due anni fa, e quelle dei tre matrimoni di Genzo…” scosse il capo, incrociando le braccia al petto e rilassandosi contro lo schienale del posto su cui era seduto. Con lo sguardo osservava il portiere giapponese fermo tra i pali “Santoddio, ma la smetterà di comportarsi come un bambino? Tre matrimoni in meno di un anno…”.
“Sta preparandosi al quarto.” affermò Sanae annuendo “Lo sai che non è fatto per il matrimonio, deve solo rendersene conto.”.
“E meno male che ho saltato gli altri tre!” rise lui “E Mamoru, invece, come va?”.
“Kumi è incinta.”.
“Ah, però. Almeno lui la testa a posto l’ha messa. E si è pure tagliato i capelli!” poi sospirò teatralmente “Eh… questo è amore!”.
Sanae gli diede una gomitata, mentre lui sghignazzava senza ritegno “Quanto sei cinico!” lo rimproverò con un sorriso.
“Scusa, scusa, hai ragione.”. Poi mosse lo sguardo oltre Yukari, aggiungendo “E dov’è la futura mamma?”.
“E’ con Yayoi, stanno organizzando la festa di stasera…”.
Mentre lei parlava, Yuzo estrasse un’altra sigaretta dal pacchetto, portandola alla bocca. “A proposito di Yayoi, non ho visto Jun né in campo né in panchina.” e si mise a cercare lo zippo nelle tante tasche “Come mai? Si è ritirato dalla Nazionale?... ma dove diavolo…!”.
Sanae rimase a fissare i suoi movimenti per qualche secondo, sfilandogli poi la sigaretta dalle labbra. Lui la osservò con espressione interrogativa, senza smettere di tastare la giacca. Era divenuta improvvisamente seria.
“Ho provato a mandarti un’e-mail, ma già da un paio di anni mi ritornavano indietro perché il tuo account era troppo pieno.” gli disse, rigirando il rotolino di tabacco tra le dita. “Da quanto tempo non lo controlli?”.
Lui aggrottò le sopracciglia, alzandosi in piedi per frugare nelle tasche dei pantaloni. “Più o meno da quando sono partito. A dire il vero non ricordo più nemmeno il mio indirizzo! Ah, eccolo!” esclamò infine, estraendo lo zippo da uno dei tasconi.
“Jun è morto.”.
L’accendino gli scivolò dalle mani senza che lui nemmeno tentasse di riprenderlo e toccò terra con un secco rumore metallico. Rimase come paralizzato, mentre teneva lo sguardo fisso in quello di Sanae. La bocca semiaperta e l’incapacità di formulare alcuna domanda, tanto era lo sconcerto. Poi sbatté un paio di volte le palpebre, come a tentare di riprendersi.
“Puoi… puoi ripetere?” ebbe solo la forza di chiedere.
Sanae raccolse lo zippo, che era rimasto a marcire ai suoi piedi, e glielo porse insieme alla sigaretta. “E’ successo l’anno scorso.” cominciò la donna, mentre lui si sedeva lentamente “Il suo cuore, alla fine, ha ceduto.”.
Yuzo osservò la sigaretta per qualche secondo, facendo un paio di profondi respiri, poi se la portò alle labbra accendendola quasi con un gesto di rabbia. “Ma non lo avevano rimesso a nuovo?” domandò osservando, senza realmente vederlo, il campo da calcio.
“E’ stata una cosa improvvisa. Tutti sapevano che per lui il rischio di infarto era più alto che per altri, ma nessuno si aspettava che potesse colpirlo così presto.”.
Esalando una densa nube di fumo grigio, Yuzo cercò di fare mente locale: Jun Misugi era morto a 29 anni.
“Yayoi come sta?” ma era una domanda della quale conosceva già la risposta.
“E’ stata dura…”.
E lui poteva immaginare quanto.
“…ma ora sembra aver trovato nuova forza, per andare avanti, nei suoi figli e nell’associazione benefica che ha fondato in ricordo di Jun.”.
Yuzo si massaggiò gli occhi, che ancora non si erano abituati al cambio di fuso orario, e li sentiva pesanti per la stanchezza. “Cristo…” mormorò tra i denti in una specie di sospiro.
“Va tutto bene, Prof?”.
“Sì, sì certo.”.
Sanae gli prese una mano, attirandosi il suo sguardo “E tu come stai?”.
Ma non era una di quelle generiche domande di circostanza a cui rispondere ‘io bene e tu?’.
Lui fece un profondo sospiro, mentre cercava la risposta giusta ad un quesito al quale si era sempre sottratto ogni maledetto istante in cui non pensava al suo lavoro. “Mi avevano detto che il tempo sarebbe stata l’unica cura.” cominciò “Ma sono passati quattro anni ormai, e a me sembra ieri che le ho detto addio.”.
“Forse hai solo bisogno di ancora un po’ di tempo, non credi?”.
“Sì… ancora un po’…” fece eco, mentre un sorriso triste gli incurvava le labbra.
“Perché non ti trasferisci? Vendi l’appartamento e cambia città. È così piena di ricordi quella casa, non ti fa bene.”.
Lui fece spallucce “Figurati, tanto sono sempre fuori. E forse non sono ancora pronto per lasciarmeli alle spalle.”.
“Non sei ancora andato a trovarla?” domandò, addolcendo il tono “Zio Hiroshi se n’è preso cura durante la tua assenza e non le ha mai fatto mancare le bocche di leone che le piacevano tanto.”.
Yuzo annuì “Lo dovrò ringraziare, ad ogni modo volevo passare nel pomeriggio.” diede una lunga aspirata dalla sigaretta, alzandosi lentamente, mentre Sanae lo guardava perplessa.
“Ma come? Vai già via?” domandò dispiaciuta.
“Sì, essendo rientrato solo ieri sera, ho molte cose da fare: passare in dipartimento, disfare le valigie...” poi indicò la sua giacca “...cercare qualcosa di più appropriato da mettere! Se non mi cambio finisce che mi pianto a letto con la bronchite!”.
La manager sorrise, mettendo mano alla borsa che aveva adagiato accanto a lei. “Prima che tu vada...” disse estraendo una busta in carta di riso di un tenue color paglia “...questo è l’invito per la festa di beneficenza di stasera, Yayoi l’ha organizzata in memoria di Jun. Ovviamente tu verrai, altrimenti ti vengo a prendere fino a casa!”.
L’espressione del giovane fu piuttosto eloquente, mentre afferrava l’invito con due dita, nemmeno fosse stato un oggetto radioattivo. “Ma... devo proprio? Lo sai che gli eventi mondani non sono il mio forte...”.
“Vedi di non fare storie, Prof! Non vorrai darti alla macchia così di fretta spero! E poi hai tutti gli altri da salutare, non provare a scappare! Per non parlare del fatto che dovresti farla una visita a Yayoi, visto che non sei nemmeno andato al funerale di Jun!”.
Lui osservò lo sguardo severo che Sanae gli stava rivolgendo, emettendo un profondo sospiro: non aveva scampo. “Va bene, va bene...” acconsentì, dando una scorsa al biglietto che era all’interno della busta, per poi esclamare “Naaaa, e dove lo prendo un ‘abito scuro’? Non ho nulla di elegante!”.
“Poche storie! Per quel che mi riguarda vai benissimo anche in jeans, ma non cercare stupide scuse! Sono stata chiara?”.
“Sissignora.” e, dopo aver salutato anche Yukari, fece per allontanarsi quando Hayate lo richiamò.
“Signore! Il tuo cappello!”.
Yuzo glielo calcò meglio sulla testa. “Tienilo tu, campione, e non fare arrabbiare la mamma!” disse strizzandogli l’occhio, ed il bambino annuì energico, sorridendo. Il giovane gli volse le spalle e se ne andò, dando un’ultima occhiata al campo.
In quel momento, l’arbitro fischiò la fine dell’incontro.
Il VRC[2], Volcano Research Center, era una sezione distaccata dell’ERI[3], Earthquake Research Institute, dell’Università di Tokyo. La sede principale si trovava nella capitale, ma l’ingente quantitativo di vulcani sul territorio aveva richiesto la disseminazione di numerose stazioni di osservazione, ed anche la città di Nankatsu aveva la sua. Si presentava come uno squadrato palazzone a cinque piani, il cui tetto era stracolmo di parabole di tutte le grandezze.
Era situato in una delle zone più periferiche della città, alle cui spalle si ergeva, bellissimo, il Monte Fuji con la sua caratteristica vetta innevata.
Yuzo ne varcò l’anticamera, estraendo la sua tessera magnetica. La fece passare nella macchinetta situata accanto alla porta scorrevole, che si aprì lentamente con un ronzio dopo che ebbe riconosciuto i suoi dati presenti sul tesserino. La guardia Shiguro gli rivolse un sorriso appena lo vide.
“Bentornato, Professore Morisaki.” disse, togliendosi il cappello “Siete stato via parecchio questa volta.”.
“Salve, Shiguro.” salutò di rimando, imboccando le scale di fianco al più pratico ascensore. “Più a lungo del solito, sì.” rispose con un sorriso, eclissandosi lungo la tromba.
La sua destinazione era il terzo piano.
Salì gli scalini con il solito passo spedito, simile ad una corsetta. Da che lavorava all'FVO, Fuji Volcano Observatory, non aveva mai preso l’ascensore, per due motivi precisi: 1) era giovane e le scale le poteva fare anche ad occhi chiusi, 2) in caso di terremoto era meglio non essere nel mezzo metallico. Eppure, quando giunse al terzo piano, si disse che non era poi tanto giovane visto che aveva un leggero affanno. O era colpa del fumo degli ultimi quattro anni? Naaa era solo perché stava invecchiando, ovvio! L’anno prima, mentre osservava il Pacaya insieme alla sua squadra, Ricardo gli aveva fatto notare la comparsa del suo primo capello bianco. L’avevano ribattezzato ‘Paco’ in onore del vulcano guatemalteco.
Sorrise tra sé.
- Quante scuse pur di non ammettere che dovrei smettere di fumare! -.
E varcò la porta a vetri dalla quale si poteva vedere l’interno: numerose scrivanie erano disposte in file ordinate, ma sormontate da scartoffie e computer. Tecnici e ricercatori mantenevano sotto costante controllo non solo il gigante dormiente alle loro spalle, ma erano in contatto diretto sia con le sedi centrali – dell’ERI e del VRC – che con tutte le altre succursali sparse sul territorio, creando come un filo continuo di informazioni che attraversava l’intero Giappone: dall’Hokkaido al Kyushu.
“Ed ecco Michael Jordan, signori e signore, che tenta il tiro da tre punti!” disse Ricardo, lanciando una pallina di carta dall’altra parte della stanza, mentre Toshi gli reggeva il cestino della spazzatura adibito a canestro.
Yuzo osservò la pallina disegnare un arco sopra la sua testa e centrare il bersaglio, mentre l’esecutore del tiro balzava in piedi esultando “E segna!”.
Lui scosse il capo “Buonasera.” disse a voce alta.
“Prof!” esclamò Rick “Ma non ti avevo detto che dovevi goderti la tua rimpatriata?!”.
“Ed io non ti avevo detto che sarei passato ugualmente?”.
“Sei un dannato stacanovista!” borbottò, incrociando le braccia al petto.
“E tu uno sfaticato. Mettiti al lavoro. Voglio sapere cosa è successo al Giappone negli ultimi tre anni.” l’altro sbuffò, cominciando a smanettare sulla tastiera, mentre lui se la rideva rivolgendosi a Toshi. “Il capo ‘is in’?” domandò, mentre l’altro posava il cestino.
“Sì, ma ha detto di dirti che non c’è e che devi andartene a casa a dormire e che non ti vuole vedere al lavoro fino a domani!” .
Yuzo sorrise, portandosi una sigaretta alla bocca senza accenderla, e fece per allontanarsi quando estrasse lo zippo dalla tasca “Ehi, Rick!” chiamò, attirandosi la sua attenzione per poi lanciarglielo. Il giovane agguantò l’oggetto al volo, con espressione interrogativa, dandogli una rapida occhiata. “Toh! Guarda cosa è tornato all’ovile! L’avevo perso ‘solo’ sei mesi fa!” disse ironico.
“Muoviti con quei dati!” lo rimbeccò, dandogli le spalle ed agitando una mano, mentre passava oltre le varie scrivanie, salutando gli altri presenti.
“Sì, sì…” borbottò Ricardo.
Hideki Yoshikawa era il direttore di quella succursale del VRC, e non aveva mai avuto un bel carattere. Era un ometto basso e tondeggiante, con lo sguardo perennemente stretto in fessure, che scrutava tutti da sopra le lenti che portava sul naso. Yuzo ricordava ancora la sua prima settimana al centro. Era fresco di laurea e pieno di entusiasmo: Hideki gli aveva letteralmente spezzato le gambe, facendogli credere di essere finito in un incubo. Ma l’avere a che fare con lui gli aveva rafforzato il carattere e, alla fine, quando era stato assunto a tempo indeterminato, era divenuto perfettamente in grado di tenergli testa.
Abbozzò un altro sorriso, spostando la sigaretta spenta da un lato all’altro della bocca, mentre ormai era davanti la porta del suo ufficio.
Diede solo un colpo deciso ed entrò, senza nemmeno attendere una eventuale risposta dall’interno. L’uomo era seduto alla scrivania, intento a compilare qualche relazione. Yuzo si accomodò nella poltrona all’altro lato del tavolo.
“Toshi è un idiota.” disse Hideki senza alzare lo sguardo dalle sue carte “Gli avevo detto di rimandarti a casa.”. Tra le labbra rimestava il suo solito cubano, rigorosamente spento.
“Amo il mio lavoro.” rispose il giovane con un sorriso “Non sei felice di rivedermi vivo?”.
L’uomo gli rivolse i suoi occhi ridotti alle solite fessure. “Sei sopravvissuto al Ruiz[4]. Non mi scandalizzo più di nulla.” ma si pentì subito di aver detto quella frase, facendo trapelare un lampo di rimorso che Yuzo colse al volo, accentuando il sorriso e spostando lo sguardo altrove, mentre Hideki posava la penna incrociando le mani sotto al mento, osservandolo attentamente.
“Da quanto hai cominciato a fumare?” gli disse notando la sigaretta.
“Da un po’.” rispose vago “Divento sempre più simile a te!”.
“Per essere come me dovresti fumare cubani.”.
Lui storse il naso con ironia “Fanno venire il cancro alle gengive.”.
“E quelle il cancro ai polmoni.”.
Yuzo si rilassò contro la poltrona, afferrando la sigaretta tra due dita “A ciascuno il suo veleno.” disse con un sorriso.
“Con che testa sei tornato?” gli domandò Hideki, facendosi serio “Ho parlato con Tatsumoto dell’Università di Tokyo. Mi ha detto che ti hanno spedito un’ennesima lettera…”
Il Prof roteò gli occhi, piuttosto seccato. “E’ già finita nel cestino della carta straccia…”.
“Dovresti accettare.”.
“No. La cattedra non è il mio posto.”.
“E cosa conti di fare?”.
Lui fece spallucce. “In un mese avrai la relazione su questi tre anni, dopodichè la mia intenzione è ripartire. Voglio studiare la Rift Valley[5].”.
Hideki scosse il capo, contrariato. “Questo non è ‘amore per il proprio lavoro’, ma ‘scappare’ e lo sappiamo tutti e due. Se ti è così difficile restare a Nankatsu, per più di un mese, perché non ti fai trasferire al centro di ricerche del Sakura-Jima[6]? Potrei metterci una buona parola…”.
“E liberarti di me così facilmente? Ma smettila! E poi, se fosse solo questa città il problema, avrei potuto accettare la cattedra a Tokyo, no?”.
L’uomo si tolse il sigaro dalla bocca, con un moto di stizza “Diosanto! Tentare di ragionare con te è come parlare ad un mulo sordo!” e Yuzo rise, alzandosi in piedi; se prima usciva sempre sconfitto dai loro scontri, ora ne era sempre il degno vincitore, ma Hideki non aveva ancora finito. “Adesso apri bene le orecchie, ragazzo!” continuò, agitando minacciosamente il cubano “Gli anni passano anche per me ed il traguardo della mia tanto auspicata pensione si fa sempre più vicino, ebbene, sappi che, quando sarà il momento, io farò il tuo nome a quelli del VRC per metterti a capo di questa baracca; a meno che tu non ti decida ad accettare la famosa cattedra. Sono stato abbastanza chiaro? Ti inchioderò il culo a questa sedia!” e si scambiarono una lunga occhiata. “Ora sparisci dalla mia vista!” concluse, ritornando a dedicare le sue attenzioni alle carte che aveva sulla scrivania, mentre Yuzo lasciava lo studio sorridendo e scuotendo il capo.
Lui non voleva ‘fermarsi’. Era fatto per stare sul campo, per vedere con i suoi occhi la lava che veniva vomitata fuori lentamente oppure scagliata nel cielo con rabbia violenta tra polveri, ceneri e gas. Doveva toccare la terra con le sue mani, sentire l’odore dello zolfo, percepire il calore rovente sotto gli abiti.
E tutto per lei, solo per lei. Con cui aveva condiviso quella passione comune dai banchi universitari fino a che, quattro anni prima, quella stessa passione, che lui continuava ad inseguire e studiare in tutte le sue forme, non gliel’aveva strappata dalle mani.
La Vulcanologia era tutto ciò che gli fosse rimasto.
Con le mani in tasca osservò il Fuji, da una delle finestre, che si stagliava maestoso e tinteggiato di rosso oro per il tramonto che si stava consumando. Attraversò nuovamente la sala comune, dirigendosi alle scale. Afferrò lo zippo dalla scrivania di Ricardo che tentò di protestare “Ma… ma…”.
“Ah, Rick, voglio quei dati per domani mattina, nel mio ufficio. Buona serata!” e se ne andò, agitando una mano.
“Schiavista!” gli urlò dietro l’altro “E ladro di accendini!”.
Yuzo rise, scendendo velocemente le scale, fino a raggiungere la portineria dove Shiguro restava di guardia.
“Shiguro!” chiamò appena gli fu abbastanza vicino “Vorrei le chiavi del mio Pick-up.”.
L’uomo annuì, con un sorriso, afferrando uno tra i tanti mazzi di chiavi presenti nella bacheca alle sue spalle.
“Grazie mille per essersene preso cura, in tutti questi anni.”.
“Si figuri, professore, Dante fila che è un piacere!” e Yuzo sorrise a sua volta, ringraziandolo di nuovo, prima di inforcare la rampa di scale che lo avrebbe portato al parcheggio sotterraneo.
Quel mezzo lo aveva scelto lei e, sempre lei, aveva deciso di dargli un nome…
… “Prenderemo un Pick-up!” esordì, balzando in piedi e battendo il pugno in una mano.
Lui la osservò, inarcando un sopracciglio, fermando la macchina fotografica a mezz’aria. In lontananza le colate dell’Etna illuminavano la montagna in quello scenario notturno.
“Perché un Pick-up?” domandò incuriosito.
“Come perché? È la macchina perfetta per degli avventurieri come noi!” e, mentre parlava, era piena di entusiasmo “E’ grande, aggressiva e resiste ai terreni impervi! Perfetta, perfetta!” e prese a saltellargli intorno come una trottola. Lui rise, tornando alle sue foto.
“Va bene, vada per il Pick-up.”.
“E gli darò un nome!”.
“Addirittura?!” e tornò ad osservarla interdetto. Lei annuì con decisione.
“Ovvio! Passeremo così tanto tempo con lei che sarà come una di famiglia!”.
Lui rise sonoramente “Oh Dio, questa poi. E sentiamo: come la vorresti chiamare?”.
Lei non ebbe dubbi nemmeno su quello “Dante!”.
“Dante?” fece eco perplesso “Come Dante di Devil May Cry[7]?” in risposta ricevette una leggera spinta.
“Scemo! Parlavo di Dante Alighieri, il poeta italiano.”.
“Ah! Come omaggio al fatto che stiamo fotografando l’Etna[8]?”.
“A parte che Dante era toscano, ignorantone, e noi siamo in Sicilia!” lui le fece una smorfia, mentre lei continuava.
“Scrisse un’opera in cui raccontava di un suo viaggio all’Inferno…”.
“Accidenti, una vera botta di vita!” scherzò lui, per poi aggiungere “E che c’entra con noi?”.
“Beh, noi non abbiamo a che fare con frammenti di Inferno?” sorrise, spostando il suo sguardo sulle fluide lingue infuocate che scendevano lungo i fianchi del vulcano. Lui si ritrovò ad annuire, mentre osservava quei fiumi sanguigni scivolare lentamente a valle, sotto lo stretto controllo della Protezione Civile.
“Allora è deciso.” disse rivolgendole un sorriso “Si chiamerà Dante.”.
E lei si illuminò, felice, saltandogli al collo e facendolo pericolosamente sbilanciare. “Piano piano o ruzzoliamo di sotto tutti e due e ci rompiamo l’osso del collo! Poi non riusciremo a fare nessuna foto e Hideki te lo senti tu!”.
Lei rise, stampandogli un sonoro bacio sulla guancia “Ti amo! Ti amo! Ti amo!”…
Yuzo fece scattare l’antifurto del Mitsubishi dal fiammante colore ‘rosso magma’. Sulla portiera compariva una piccola scritta aeorografata.
Dante.
“Ehi, ciao bambinone.” lo salutò il giovane, passandogli una mano sul cofano lucido. Shiguro gli aveva davvero riservato la massima cura, sembrava appena uscito dall’autosalone. “Ti hanno trattato con i guanti, vero? Dai, al prossimo viaggio ti porto con me.”. Non si sentì stupido a parlargli come fosse stato una persona reale e non solamente un Pick-up.
Lei lo faceva sempre.
Si mise al volante, infilando le chiavi nel comando di accensione. Poteva ancora sentire il suo profumo nell’abitacolo. Sorrise, mettendo in moto.
“Andiamo Dante, Aiko ci sta aspettando.”.
[1]PACAYA: è un complesso massiccio vulcanico situato a circa trenta chilometri dalla capitale del Guatemala. E’ un complesso poiché, allo stratovulcano principale e più antico, si sono affiancate altre bocche di successiva formazione (duomi lavici e un altro stratovulcano). Presenta numerosi picchi, tra i quali: il Cerro Chino, il Cerro Grande ed il MacKenney Cone il quale è la cima attiva del Pacaya. La sua attività vulcanica è di tipo effusivo- esplosivo (stromboliana). (Fonte: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI).
[2]VRC e[3]ERI: il Volcano Research Center e l’Earthquake Research Institute esistono per davvero ed hanno sede all’Università di Tokyo. L’ERI è il nucleo composto da varie divisioni, come il VRC ad esempio, ma non solo. Lo scopo di questo centro, nato il 13 Novembre 1924, è quello di comprendere al meglio fenomeni come i terremoti e le eruzioni, in modo da ridurne al minimo i danni. Il VRC ha invece il nobile scopo di ‘prevedere’ le eventuali eruzioni tramite lo studio del magma e dei processi vulcanici. Gli osservatori del VRC sono sparsi un po’ ovunque, ed il Fuji ne ha ben cinque… ed uno ho voluto piazzarlo proprio a Nankatsu, dandole il nome fittizio di FVO, Fuji Volcano Observatory! XD (ecco che mi prendo un po’ di libertà!XD). potete trovare altre informazioni (molto poche, a dir la verità, visto che la maggior parte delle pagine sono in giapponese!O_O) cliccando sui rispettivi nomi: ERI & VRC.
[4]RUIZ: Il Nevado del Ruiz è uno stratovulcano colombiano appartenente ad una catena vulcanica composta da quattro apparati principali denominati: Nevado del Tolima, Nevado Santa Isabel, Nevado del Ruiz e Cerro Bravo. Il Ruiz si presenta come un piccolo massiccio costituito dalla sovrapposizione di colate di lava, con una sommità piuttosto pianeggiante sormontata da un ghiacciaio di 17 chilometri quadrati. La sua attività passa da eruzioni fortemente esplosive (pliniane) ad emissioni fumaroliche. (Fonte: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI).
[5]RIFT VALLEY: la Great Rift Valley è una stretta e lunga fascia (dell’estensione di circa 9000km) che taglia l’Africa orientale dal Djibuti fino al Mozambico, creando una vasta area depressa e distensiva. Questa distensione provoca un assottigliamento della crosta e, quindi, la risalita del magma, poiché presenta una densità inferiore rispetto alle rocce circostanti, che riemerge in superficie attraverso la formazione di numerosi vulcani (circa 99 al momento). Nelle depressioni della Rift Valley si possono formare anche numerosi laghi, poiché le acque discendono lungo le pareti delle scarpate raccogliendosi in suddette zone (un esempio è il lago Tanganika). Tra i vulcani più famosi della Rift Valley è possibile citare il Kilimanjaro ed il Nyragongo.
[6]SAKURA-JIMA: sito nella regione del Kyushu, il Sakura-Jima è uno stratovulcano tra i più attivi e pericolosi del Giappone. Ubicato all’interno di una baia, a soli 8 chilometri da una delle città più popolose della nazione giapponese (Kagoshima), questo vulcano viene considerato come il gemello orientale del Vesuvio, anche se è decisamente molto più attivo di quest’ultimo. L’ultima eruzione risale al 4/giugno/2006. Ha un’attività di tipo esplosivo freato-magmatica (vulcaniana) con alte formazioni di nubi di fumo e ceneri. (Fonti: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI – e VRC).
[7]DEVIL MAY CRY: per i non appassionati di videogames, Devil May Cry è un gioco per playstation ideato dalla CAPCOM. Dante è il protagonista di questo prodotto videoludico.
[8]ETNA: il noto vulcano a scudo siciliano e considerato il più grande d’Europa. Nella parte sommitale vi sono quattro strutture crateriche attive, denominate: Bocca Nuova, Voragine, Cratere di Nord-est e Cratere di Sud-est. La struttura principale del vulcano è la Valle del Bove, una depressione a forma di anfiteatro di circa quattro chilometri di ampiezza. Alterna attività eruttive effusive-esplosive (stromboliana), con ingenti emissioni fumaroliche. (Fonte: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI).
…E poi Bla bla bla…
Che vi avevo detto? XD credo che ora le cose siano decisamente più chiare!
Io AMO la Vulcanologia, non a caso studio Scienze Geologiche con indirizzo Geofisico. Il mio sogno, quindi, è divenire vulcanologa, gironzolare per il mondo e vedere quelle meravigliose montagne, e non, che sputano e sbuffano i prodotti di Madre Terra.
AMO il mio Vesuvio e voi non avete idea della sensazione meravigliosa che si prova a guardare il Golfo di Napoli dall’alto del cratere.
Potete quindi capire la mia passione per il genere catastrofico in sé, e la cinematografia offre molto, da questo punto di vista, ma, tranne… mmm… un paio di prodotti (non ho ancora visto The Day After Tomorrow, purtroppo)… il resto fa veramente CAGARE!
Non ho mai visto sparare tante cazzate immonde come in questi film: dico, ma qualcuno ha mai visto ‘Volcano’? Quello con Tommy Lee Jones? Ecco, mi spiegate come cazzo fa il capo della Protezione Civile a NON sapere cosa diamine sia un vulcano?O_O che cavolo protegge? L’aria fritta? La gente dall’abbronzatura? Ma andiamo! Ammerecani, mah!
E perché ‘The Core’? patetico.
‘Armageddon’? Terrificante!
‘Deep Impact’? Osceno!!
Gli unici due film che sono riuscita a salvare sono: ‘Twister’ (che, nonostante la mega minchiata dei due tizi dentro l’F5, si fonda su basi reali come il progetto ‘TOTO’.) e ‘Dante’s Peak’ (anche lui con qualche pecca, ma credibile!).
Ed è proprio a quest’ultimo che si avvicina Huzi (infatti, il nome del Pick-up, ha un doppio riferimento: omaggio al Poeta, ma anche al su citato film.).
Il fine principale di questa fanfiction è quello di dare, alla trama ed i meccanismi, ciò che manca in moltissimi film catastrofici: la credibilità e la verosimiglianza.
Le cose di cui parlerò non sono campate in aria, ma si fondano su libri, cinque anni di studi universitari e ricerche personali. Quando ce ne sarà bisogno, citerò anche le fonti.
Ovvio: non pretendo di scrivere la verità rivelata, anche io tirerò la corda a mio piacere, ma di certo le minchiate colossali non ci saranno (si spera! XD).
Amen.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Huzi
- Capitolo 3 -
I suoi passi riecheggiavano lentamente come unico rumore in quel luogo silenzioso.
Qualche uccello cinguettava su alberi distanti, creando un quieto sottofondo musicale. Il tramonto rosso conferiva un’aura surreale al paesaggio.
Nonostante fosse stato lontano per tre anni, ricordava esattamente la sua posizione e vi si avvicinò, tenendo tra le mani un vaso con vivaci foglie verdi e fiori dai petali di sgargianti colori giallo, fucsia, arancio, schizzati di migliaia di sfumature.
Tra le labbra stringeva ancora la sigaretta spenta.
Quando scorse la sua meta in lontananza, tacita ed immobile tra le altre dalle asimmetriche forme, sentì come se qualcuno gli avesse adagiato un macigno sulle spalle che rendeva terribilmente difficile ogni singolo passo, ma si sforzò di proseguire, affondando in quella miriade di ricordi che aveva chiuso fuori dalla sua testa per anni. Ora se n’era trovato travolto come fossero stati un’onda anomala alla quale si sforzava di resistere, con ogni singolo nervo o muscolo, ma non faceva che sprofondare inesorabilmente.
Si fermò quando si ritrovò innanzi al marmo brillante, di luci ed ombre arancio, del sole ormai scomparso oltre l’orizzonte. Si inginocchiò, lentamente, ad incrociare il suo eterno sorriso che sembrava quasi dargli il ‘bentornato’ dopo il suo lungo viaggio. Lo stesso sorriso che lo aveva come stregato all’Università e con cui avrebbe voluto condividere ogni singolo momento, attimo, secondo e fibra del suo essere, gioia, dolore e passione.
Ma Aiko Nakazawa era morta a soli ventisei anni, privandolo per sempre del suo sorriso e del suo amore.
Distese le labbra, addolcendo lo sguardo. “Ciao tesoro, sono tornato.” le disse poggiando il vaso sul marmo liscio della lapide, tra i mazzi rigogliosi, e dalle forti tinte, delle bocche di leone. “Guarda cosa sono riuscito a trovare da un fioraio di Nankatsu. Le ricordi? A Napoli le chiamavano ‘belle di notte’, se non sbaglio. Eri così entusiasta della loro fioritura serale, che ho pensato ti avrebbe fatto piacere averle qui, a farti compagnia quando il sole scompare.”.
Aiko sorrideva.
Lui si sedette per terra, rimanendo ad osservarla. “Ti avevo promesso che sarei tornato presto, ed invece sono già passati tre anni… scusami, non sono affatto un marito modello.” poi alzò la mano sinistra “Ma ti ho sempre portata con me.” e carezzò le fedi che recava all’anulare: quella di Aiko e la sua.
Aiko sorrideva.
“Sono stato sul Pacaya.” disse poi “Sono sicuro che ti sarebbe piaciuto. Era in fase stromboliana[1], ha fatto dei bei fuochi. Ricardo si è profuso in una marea di foto pittoresche, mentre Toshi stava per rimetterci la pelle mentre faceva dei rilevamenti: ad un tratto è saltato fuori un lapillo che davvero l’ha mancato per tanto così!” indicando la distanza con due dita “Rita ha riso per mezzora, sbagliando tre volte le registrazioni al sismografo. Un vero disastro!”. Lui rise, scuotendo il capo “Per non parlare della dissenteria fulminante di Hisui! Ed io che dovevo tenerli tutti a bada! Questa sì che è stata una vera impresa!” mosse lo sguardo verso l’alto, dove il cielo limpido stava imbrunendo “Sai che mi è spuntato un capello bianco? Rick lo ha battezzato Paco. Rita mi ha detto che è la maturità ed io le ho risposto che invece è la vecchiaia! Tra un po’ spunteranno anche i suoi fratelli.”.
Aiko sorrideva.
Yuzo si decise ad accendere la sigaretta, esalando una densa nuvoletta di fumo.
“Adesso mi starai criticando, ci scommetto.” fece spallucce “Ma non arrabbiarti, tanto si muore tutti, prima o poi, quindi niente paternali!” minacciò, agitando il rotolino di tabacco che disperdeva deboli scie di fumo.
Ma Aiko continuava a sorridere con dolcezza e lui non poté fare altro che rispondere a quel sorriso, senza però trattenere una triste espressione.
“Sono venuto con Dante.” disse, tirando una lunga boccata dalla cicca “Shiguro me lo ha fatto trovare in condizioni perfette. Nonostante tutto, conserva ancora il tuo profumo, ed anche la casa. Lo sento in tutte le stanze, su tutti gli oggetti. Stanotte ho dormito sul divano…” e gli sfuggì una risata ironica “…sono patetico, vero? Non me la sono sentito di restare da solo in quel letto.”. Scosse il capo “Forse Sanae e Hideki hanno ragione. Dovrei andar via, trasferirmi, magari a Tokyo ed accettare quella dannata cattedra. Ma a noi non piace affatto stare fermi, vero tesoro? Noi siamo avventurieri. Dobbiamo vedere, toccare, respirare il vulcano, lo dobbiamo vivere ed inoltre… come potrei restare in Giappone e non venire a salutarti ogni giorno? No, non mi posso ancora fermare e poi non riuscirei mai a vendere il nostro appartamento. Lo abbiamo scelto insieme, arredato insieme…” ma si fermò “…santoddio, i ricordi mi uccidono.”. Rigirò la sigaretta tra le dita, osservandola un momento prima di tirarne un’ennesima boccata.
Aiko sorrideva.
“L’anno scorso ho voluto dimostrare a me stesso di aver superato il dolore della tua perdita.” disse con serietà “Sono tornato sul Ruiz.” e rimase ad osservare intensamente i suoi vivaci occhi scuri, molto simili a quelli della cugina Sanae. “E’ tutto come allora o quasi. Si sono decisi a spostare i centri abitati più lontano e, dove eravamo noi, ci sono solo rovine sommerse e la vegetazione che tenta di riappropriarsi dei suoi spazi. Ho risalito la colata fino a dove ritrovarono te. Ero nel punto esatto.”. Accennò una smorfia ironica, spegnendo il mozzicone sul cemento del vialetto su cui era seduto. “Volevo restare lì, a braccia conserte, ed osservare con distaccata indifferenza quella maledetta montagna. Ed invece, sono caduto in ginocchio, piangendo come un bambino.” lentamente scosse il capo, rimettendosi in piedi “Sanae dice che ho solo bisogno di più tempo, mentre io… vorrei solo riaverti con me. Essendo che il mio desiderio non è realizzabile, non mi resta che aspettare. Tu che dici, tesoro?”.
Aiko sorrideva e avrebbe continuato a sorridere per sempre, in quella foto, senza mai rispondere ai suoi quesiti.
Yuzo chiuse gli occhi, emettendo un profondo sospiro. “Ciao amore, ci vediamo presto.” e fece per andarsene, quando una profonda voce di uomo lo fermò, attirandosi la sua attenzione.
“Sanae me l’aveva detto che eri tornato.”.
Il giovane si volse ad incrociare lo sguardo gentile del suo interlocutore, che recava con sé delle bocche di leone.
“Salve, Hiroshi.” salutò, mentre l’uomo gli si faceva vicino, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
“Ciao figliolo, come stai?”.
Lui fece spallucce “Bene.” ma l’altro sapeva come stesse mentendo, glielo leggeva negli occhi che, quattro anni prima, avevano perso tutta la loro vitalità e ancora non l’avevano ritrovata.
“Sei venuto a trovare Aiko?”.
Yuzo annuì “Sì e la ringrazio di essersi preso cura di lei, per tutto questo tempo.”.
“Non devi ringraziarmi, era la mia bambina.” poi lo scrutò con serietà e sincera apprensione “Lo capisco che avevi bisogno di star via per un po’ e tenerti impegnato, ma io e mia moglie ci siamo preoccupati non ricevendo tue notizie, ed anche i tuoi genitori erano in ansia per te.”.
Il giovane sorrise “Sì, lo so. Ho chiamato ieri sera mia madre e si è fatta un bel pianto per telefono.”.
Anche Hiroshi sorrise, aggiungendo “Ora che sei tornato, perché qualche volta non vieni a trovarci? Sei come un figlio per noi e Rikako sarebbe felicissima di vederti.”.
“Farebbe piacere anche a me.” disse, ma l’uomo sapeva che era già pronto per andare via di nuovo – lui ed Aiko erano uguali quando si trattava del loro lavoro – per questo aggiunse.
“Quanto ti fermi?” strappandogli un sorriso sincero al quale rispose con un leggero scotimento del capo.
“Circa un mese, poi andrò in Africa.”.
“Non ne avevo dubbi.” sospirò “E quanto starai via, questa volta?”.
“Non so. Tre, forse quattro anni…”.
L’uomo lo prese per le spalle, costringendolo a guardarlo negli occhi “Yuzo, ascoltami, io e Rikako ne abbiamo parlato molto in questi anni e siamo tutti e due giunti alla stessa conclusione: perché non ti risposi?”.
Sul viso del Prof comparve un’espressione di totale sorpresa e perplessità, mentre Hiroshi continuava “Sei giovane, hai solo trent’anni, non devi consumare la tua vita dietro un ricordo; Aiko non ne sarebbe contenta. Nessuno di noi avrà nulla da ridire, anzi, ne saremo felici…”.
Ma Yuzo scosse il capo con decisione “Assolutamente no, non ho la minima intenzione di sostituire Aiko…”.
“Ma non la devi sostituire. Noi sappiamo quanto tu abbia amato la nostra bambina e ti saremo sempre grati per averla resa felice, ma non è giusto che tu debba restare da solo!”.
Il vulcanologo si sottrasse, delicatamente, alla sua stretta, facendo un passo indietro. “Io la ringrazio davvero, Hiroshi, ma non posso accantonare Aiko e rifarmi una vita. Non me la sento e non voglio. Sto bene da solo.” e gli volse le spalle “Arrivederci.” allontanandosi definitivamente e stringendosi in quella giacca troppo leggera che stava indossando.
Hiroshi Nakazawa emise un profondo sospiro per poi osservare la foto della figlia, con affetto “Veglia su di lui, piccola mia, e dagli la forza necessaria per cominciare a guardare avanti.”.
Le belle di notte, intanto, schiudevano le loro variopinte corolle alla sera.
Salì le scale con passo deciso e nervoso.
Afferrò le chiavi di casa, con altrettanta frenesia, aprendo l’uscio ed entrando, richiudendo la porta alle sue spalle con un colpo secco che risuonò nel silenzio dell’appartamento. Poi vi si poggiò contro, emettendo un profondo sospiro.
Era arrabbiato. Anzi, era a dir poco furente. Lo sapeva che il padre di Aiko aveva detto quelle cose per il suo bene, ma a lui non era piaciuto sentirle. Ma come poteva chiedergli di risposarsi? Era assolutamente impensabile! Quattro anni prima aveva seppellito la donna della sua vita, solo quattro maledetti anni! Era troppo presto, per la miseria!
Lanciò le chiavi sul tavolino in un gesto irato, mentre le labbra erano incurvate verso il basso in un’espressione scura.
Lentamente mosse lo sguardo, sezionando l’ambiente in maniera quasi maniacale, passando, al setaccio dei suoi occhi, anche il più piccolo particolare. In quella casa c’era una parte di lei che ancora sembrava essere presente, tra i gli oggetti, nell’aria. Inspirò profondamente e percepì di nuovo il suo profumo, socchiudendo leggermente le palpebre, mentre si dava una spinta allontanandosi dalla porta di ingresso. L’espressione cupa era scomparsa lasciando posto ad una più triste che arrabbiata. Nemmeno pensava alle parole di Hiroshi.
Superò i borsoni, che aveva abbandonato nei pressi dell’uscio al suo arrivo e non aveva ancora provveduto a disfare, e sfilò l’invito, che Sanae gli aveva dato, da una delle tasche.
Che barba! Non aveva la minima voglia di andare ad una festa, desiderava solo richiudersi a riccio per un po’, ma, se non si fosse presentato, la signora Ozora non gliel’avrebbe perdonata questa volta; e poi lo faceva soprattutto per far visita a Yayoi e scusarsi con lei per aver saltato il funerale di Jun.
Diede una rapida occhiata all’orario che recava scritto. Le 21:00.
C’era ancora tempo. L’orologio al suo polso segnava le 18:00. Ora, l’unico problema, era quel dannato abito scuro: dove diavolo lo andava a pescare? L’unico completo scuro che avesse era quello del suo matrimonio e, no, decisamente non era il caso. Abbozzò un sorriso, scuotendo il capo: sarebbe riuscito a passare inosservato con un paio di jeans? Probabilmente no, ma era quanto di più elegante offrisse il suo guardaroba.
Leggendo l’indirizzo, notò che il party benefico era stato organizzato a Villa Wakabayashi, quindi – per sua sfortuna – non poteva nemmeno inventare la scusa di essersi perso.
Lasciò la busta sul tavolo, accanto alle chiavi, ed afferrando le Marlboro.
Lentamente si diresse al balcone, spalancandone le imposte. Ad attenderlo c’era il Fuji, dalla vetta innevata e l’imponente struttura.
Aiko aveva amato quella montagna.
Si accese l’ennesima sigaretta di quella giornata ormai agli sgoccioli e gli sembrò quasi di vederla, accanto a lui, con lo sguardo fisso allo stratovulcano[2] dalla conica forma.
… “Guardalo! Non è magnifico?”…
Disse quell’immagine di lei, riaffiorata dai suoi ricordi, con i lunghi capelli castani oscillanti al vento.
“Sì… è meraviglioso…” rispose in un mormorio.
… “Io resterei a guardarlo in eterno!”…
“Non ti bastano… tutti quelli che vediamo?…”
… “No, no! Questo è speciale. È il nostro vulcano.”…
E la vide rivolgergli uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
… “E’ la nostra casa.”…
Sorrise a sua volta, alzando lentamente la mano come a volerle sfiorare il viso in una carezza leggera, ma non sentì il calore della sua pelle sotto le dita. Deglutì a fatica, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo.
“Dio se mi manchi, Aiko.”.
[1]STROMBOLIANA: è un tipo di eruttività classificata appena sopra a quelle di tipo effusivo. Consiste nel susseguirsi di brevi esplosioni, durante le quali i brandelli di magma incandescente vengono lanciati in aria e ricadono nelle vicinanze della bocca eruttiva. A volte si possono formare delle vere e proprie fontane di lava. Il nome, di facile intuizione, deriva dal vulcano italiano Stromboli, sull’isola omonima, che presenta, appunto, questo tipo di attività. (Fonte: Vulcanologia di R. SCANDONE e L. GIACOMELLI; edizioni: LIGUORI EDITORE).
[2]STRATOVULCANO: è una classificazione di vulcano in base alla sua forma. Si attribuisce agli edifici vulcanici formati da strati di prodotti sovrapposti che derivano da alternate fasi di attività esplosive ed effusive. Presentano pendii molto ripidi lungo i quali si depositano i prodotti emessi da un cratere centrale; la presenza di conetti laterali indica la lunga attività del vulcano. Un esempio di stratovulcano nostrano è il Vesuvio. (Fonte: Vulcanologia di R. SCANDONE e L. GIACOMELLI; edizioni: LIGUORI EDITORE).
…E poi Bla bla bla…
Parliamo un po’ dei personaggi, vi va?
Vi deve andare per forza, altrimenti saltate a piè pari! XD
Dunque…
…la squadra di Yuzo.
Ci sono molti modi per studiare un vulcano, molti elementi da analizzare singolarmente per poi ottenere un quadro complessivo della situazione. Per questo è nata la squadra sulla quale Yuzo può fare affidamento durante i rilevamenti.
Abbiamo quindi:
Yuzo Morisaki: è il vulcanologo ‘classico’. Cito testualmente da Tutto Vulcani (M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, e M. STOPPATO; edizione MONDADORI) “…nel tempo tale ruolo si è specializzato ed evoluto fino a fare del Vulcanologo di campagna una sorta di investigatore, che utilizza ogni minima traccia e ogni piccolo dettaglio contenuto nei depositi vulcanici per ricostruire gli eventi eruttivi.” A questo approccio ‘visivo’ con il vulcano si aggiunge anche la conoscenza sempre più dettagliata di quelli che sono i processi geodinamici che muovono il cuore della struttura.
Ricardo Manzanares: è l’ingegnere specializzato in modellistica. Il suo compito è quello di ricostruire, attraverso l’utilizzo di complessi programmi di calcolo matematico, quelli che sono i processi che avvengono prima, durante e dopo un’eruzione. Si passa dalla formazione di una camera magmatica al movimento del magma stesso all’interno della crosta, dalla risalita all’interazione con le rocce circostanti e così via.
Sostanzialmente, Rick è un tuttofare all’interno dell'FVO. Braccio destro di Yuzo, è un genietto troppo pigro per far lavorare tutti i suoi neuroni. Ispano-americano, è un patito di basket e ama collezionare pacchiani accendini modello ‘zippo’. Preferisce una sana canna al classico tabacco.
Toshi Sugihara: è il geochimico, il cui compito è quello di studiare il comportamento del magma a livello di composizione chimica. Ma non solo. Col tempo il compito di un geochimico si è esteso anche alle componenti volatili (i gas) che il magma stesso rilascia durante la risalita lungo il condotto vulcanico. Ed è un compito fondamentale in quanto, variazioni sulla chimica dei gas di un vulcano in quiescenza, possono fornire informazioni su di una eventuale ripresa delle attività all’interno della struttura stessa e, quindi, anticipare l’arrivo di un’eruzione.
Vorrei sottolineare come questo lavoro sia estremamente pericoloso. I geochimici restano anche ore a campionare gas venefici e lave, rischiando la salute a causa delle esalazioni e le temperature notevolmente alte. Lode a loro, quindi, per il grande ed importante lavoro che svolgono.
Toshi è una personalità pacifica, a volte fin troppo ingenua, ma è un gran lavoratore. Il suo più grande difetto è che è sempre distratto, anche quando non dovrebbe. Poco fumatore, spende una fortuna in accendini, visto che Yuzo glieli ruba sempre.
Margherita Fusco: è il geofisico specializzato in sismologia, ovvero si occupa dei terremoti legati o meno all’attività vulcanica. Tramite l’entità delle scosse telluriche si può stabilire, infatti, come il magma si stia muovendo nel sottosuolo, la sua velocità e posizione.
Margherita è italiana, precisamente campana, fin troppo chiassosa, dotata di una riccissima capigliatura color carotina accesa! XD (professoressa, sappia che stavo pensando proprio a lei! XD). Quando è arrabbiata comincia a parlare in dialetto e nessuno capisce un accidenti di quello che dice.
Il motivo per il quale ho deciso di inserire due personaggi ‘stranieri’, come Rick e Rita, è semplice: la Geologia varia molto da zona a zona, e questo può facilmente portare gli studiosi ad abbandonare il luogo natio per dirigersi altrove. Conoscendo persone che vivono questa situazione (che non riguarda solo la Geologia), Rick e Rita hanno una loro ragion d’essere.
Hisui Aoki: è il meteorologo. Il suo compito è di studiare, attraverso i venti e le correnti, la direzione e la distribuzione sul territorio dei così detti ‘depositi da caduta’, la direzione di espansione delle nubi ricolme di gas e ceneri e la balistica.
Hisui è un eterno petulante. Si lagna di ogni cosa, ha tutti gli acciacchi del mondo, l’espressione sempre sofferente e non si separa mai dalla sua mascherina che usa per proteggersi da “…smog, batteri, virus, aliti pesanti e puzze inconsulte.” Lavora in prestito all'FVO dalla Japan Meteorological Agency (Agenzia realmente esistente. Fondata nel 1887 con il nome di Tokyo Meteorological Observatory, è divenuta JMA nel 1956 con il compito di: prevenire i disastri naturali, la sicurezza dei trasporti, lo sviluppo e prosperità dell’industria e l’aumento del benessere sociale).
…Il Capo del VRC.
Hideki Yoshikawa: è il capo della baracca. Direttore di quella sede del VRC, è l’esperienza su gambe. Fa il suo lavoro in maniera meticolosa ed attenta, ma conosce anche la burocrazia che ruota attorno a lui ed il pericolo che gli allarmismi infondati possono causare.
Per quanto lui e Yuzo stiano sempre a scornarsi, Hideki considera il suo vice quasi come un figlio adottivo e tenta, con i suoi modi burberi, di mettergli in zucca un po’ di sano buonsenso… con scarsi risultati.
Orbene, se non avete già chiuso la pagina, vorrei farvi un sentito applauso per essere arrivati fino alla fine! XD purtroppo, quando parto, metto il turbo e addio! Non mi ferma più nessuno! XD
Spero che questa piccola (?!) chiacchierata sui personaggi sia stata di vostro gradimento e vi rimando quindi al prossimo capitolo.
PS: mi raccomando, fatemi notare se ci sono punti che magari possono risultare poco chiari (per quanto riguarda termini tecnici) in modo da spiegare meglio ciò che può riuscirvi ostico.
PS2: un grazie particolare a Sakura-chan, Maki-chan e Scandros per i loro commenti! Makina, mio tesor, cercherò di essere il meno traggggica possibile! XD ma non assicuro niente! *buahahah*
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Huzi
- Capitolo 4 -
Yayoi Aoba sistemò, in un gesto carico di affetto, il nastro nero che circondava la grande foto del suo defunto marito, il Baronetto del calcio, Jun Misugi.
Una morte annunciata, la sua, ma arrivata prima del previsto e che aveva avuto, in ogni caso, l’effetto di un fulmine a ciel sereno.
Era passato un anno da quel giorno e, ringraziando la sua forza d’animo – che davvero non credeva di avere – ed i suoi figli, era riuscita a ritrovare, seppur in parte, il suo equilibrio interiore. Ma non si era ancora ripresa del tutto e, spesso, la notte si trovava a piangere nel vedere il letto vuoto accanto a sé, ma era sulla buona strada ed ogni giorno era un passo avanti.
“Hai visto, tesoro, quanta gente è venuta stasera? Sono tutti qui per te, per onorare la tua memoria.” disse, lasciando che le sue labbra si distendessero in un delicato sorriso.
Con un gesto leggero, riavviò la ciocca rossiccia di capelli che era rimasta fuori dall’acconciatura e le scivolava a carezzare una parte dell’ovale del viso.
Tra tutte le donne presenti, Yayoi era sicuramente la più raffinata ed elegante. Ma lo era sempre stata, fin da quando era solo la manager della Musashi; ed ora, nonostante il pesante lutto e due bambini, rispettivamente di quattro e cinque anni, riusciva a preservare pressoché intatta la sua signorile compostezza.
“In quella foto è venuto proprio bene.” disse una voce di donna alle sue spalle, prendendola delicatamente sottobraccio.
Yayoi sorrise all’indirizzo di Sanae “Già, piace molto anche a me.”.
“La serata sta andando benissimo…” e volse il capo ad osservare la sala che potevano dominare dal palchetto allestito per l’occasione “…ho visto molte persone importanti. Sarai sommersa da fior di donazioni per la tua associazione!”.
L’altra annuì “Il modo migliore per ricordare Jun.”.
La musica della piccola orchestra, che suonava in un angolo, creava un rilassante sottofondo, mentre gli invitati conversavano amabilmente sorseggiando champagne ed addentando tartine.
D’un tratto, le due ex-manager videro arrivare Kumi di gran carriera, con un sorriso smagliante “E’ un successo!” esordì entusiasta “Continua ad arrivare gente ed ho chiesto a Yoshiko di andare a spronare quelli del catering!”.
Yayoi sorrise “E tutto questo è anche merito tuo: sei stata un aiuto prezioso, però cerca di non strapazzarti troppo nelle tue condizioni…”.
L’altra si portò le mani ai fianchi, mentre si poteva già vedere un lieve rigonfiamento del ventre “Ehi, non sono mica malata! Sono solo incinta!”.
“Appunto, non devi stancarti!” insistette Yayoi.
“Oh, andiamo! Non fatemi il predicozzo! Non me lo fa nemmeno Mamoru!”.
Sanae rise “Poverino, lui ci avrà già rinunciato, conoscendo la tua testa dura!”.
L’ex-manager le fece una linguaccia, aggiungendo “Parte del merito va anche alla sorella di Taro: l’allestimento della sala è stato ideato da lei, io ho solo dovuto contattare i fornitori…”.
“Minacciandoli di ridurre il loro onorario se avessero mancato di solerzia!” concluse Yayoi ridendo.
“A proposito di solerzia…” borbottò Sanae osservando il suo orologio da polso. Erano quasi le 22:00 e del Prof nemmeno l’ombra. La Signora Ozora assunse un’espressione minacciosa “…è già in ritardo!” esclamò contrariata “Guai a lui se tra mezzora non varca quella soglia: gli mando Jito e Takasugi a casa a prenderlo di peso!”.
Yayoi e Kumi si scambiarono un’occhiata perplessa.
“Ma con chi ce l’hai?” domandò la seconda.
La giovane dal caschetto corto le strizzò l’occhio “Sorpresa!”.
Già di per sé, Dante era una vettura che non passava inosservata, circondata da Rolls Royce, Limousine e fuori serie, poi, attirava ancora di più l’attenzione.
Yuzo lo fermò proprio davanti all’ingresso della villa, dove un giovane parcheggiatore lo osservò inarcando un sopracciglio e grattandosi la tempia.
Il vulcanologo scese, avvicinandosi al ragazzo “Spero che tu abbia la patente nautica!” disse lanciandogli le chiavi, che l’altro prese al volo con un sorriso, mentre lui continuava con tono finto minaccioso “Occhio: non ci voglio nemmeno un graffio.”.
“Non si preoccupi signore.” rispose “Ci starò attentissimo!” e montò sul Pick-up, mentre lui saliva rapidamente i gradini che conducevano all’ingresso. Alle sue spalle, altre macchine ed altri invitati si susseguivano ad un ritmo elevato, facendo sfilare donne in pellicce raffinate e uomini in soprabiti scuri.
Per quanto il cielo fosse perfettamente limpido e si vedessero nugoli di stelle brillanti, faceva un freddo cane e lui – incredibile ma vero – non aveva nemmeno un cappotto, chiaro o scuro che fosse: o giacconi supersportivi ed imbottiti o key-way leggerissimi. Entrambi per nulla eleganti e solo lui sapeva la fatica che aveva fatto per ritrovare qualcosa di simil-scuro adatto per quella dannata serata, mettendo a soqquadro l’intero guardaroba.
L’usciere, fermo vicino all’ingresso, che controllava gli inviti, lo squadrò da capo a piedi, non potendo quasi credere che qualcuno avesse avuto il coraggio di presentarsi in jeans!
“’Sera.” salutò Yuzo porgendo la busta in carta di riso.
L’uomo, che aveva abbondantemente passato la quarantina – ed era indubbiamente più elegante di lui! –, prese la lettera controllando il nominativo sulla lista che una delle organizzatrici gli aveva fornito.
Professore Morisaki Yuzo.
C’era.
Emise un leggero sospiro: uomini di cultura, terribilmente eccentrici.
Restituì il biglietto, sorridendo.
“Prego, segua il tappeto rosso, la condurrà al salone, e buona serata.”.
“Grazie.” ma l’usciere non poteva di certo sapere che lui, quella villa, la conosceva già piuttosto bene.
Infilò la busta nella tasca interna della giacca scura che indossava, camminando a passo lento, seguendo il percorso guidato che si snodava dall’ampia anticamera fin nei lunghi corridoi della villa riccamente arredati con statue e quadri. Quante serate avevano organizzato in quella casa? Ogni scusa era buona per fare rimpatriate e dare fondo alla cantina del padre di Genzo. Sorrise, salendo una lunga scalinata in marmo che lo avrebbe condotto al salone in cima al piano, dove si stava svolgendo la festa.
“Ah, perfetto!” esclamò una voce accanto a lui, ma non ebbe nemmeno il tempo di osservare con chi ce l’avesse ché si sentì afferrare per un braccio e trascinare nella direzione opposta alla sua destinazione, rischiando di perdere l’equilibrio e scapicollarsi per i gradini. La furia sconosciuta, che ancora lo strattonava imperterrita ed aveva le fattezze di una giovane avvolta da un lungo abito bordeaux, continuava a parlargli senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
“Cercavo proprio te! C’è bisogno di più gente in sala a servire gli invitati! E mi spieghi perché non hai ancora indossato la tua uniforme?”. La vide scuotere la testa di scuri capelli castani raccolti in una semplice acconciatura alta “Su forza che non hai tutta la sera! E poi, quante volte ve lo dovrò ripetere: il percorso rosso è per gli ospiti! Voi del servizio catering dovete usare quello blu!”.
“Il servizio di cosa?” sbottò Yuzo piuttosto perplesso.
“Massì, massì chiamalo come vuoi!” e continuò a tirarselo dietro, abbandonando il percorso guidato. “Santo Cielo e chi l’avrebbe detto che avrebbero aderito quasi il 90% degli invitati?! Ed il salone è pienissimo! E c’è bisogno di più champagne, più stuzzichini e, quindi, più personale! Sono stata chiara?”.
“Chiarissima!” il giovane cercò in tutti i modi di trattenersi dal non scoppiare a ridere, mentre la sconosciuta sembrava non essersi resa affatto conto di aver commesso un piccolo errore e, sempre trascinandolo come fosse stato un sacco di patate, piombò nelle cucine dove il responsabile del catering parlava con il capocuoco.
“Ah, signor Kitose, eccola qui!” esclamò la giovane, fermandosi di fronte all’uomo “Ho trovato un altro dei suoi ragazzi! Lo mandi a preparare subito perché ho bisogno di lui in sala!” perentoria, sbrigativa, diretta. Un caratterino sveglio, che lo fece annuire con decisione, mentre cercava di rimanere serio il più possibile.
Il signor Kitose osservò prima la ragazza, poi Yuzo, poi nuovamente la ragazza, piuttosto perplesso “Ma, signorina Yamaoka, lui non è uno dei miei camerieri.”.
E lì, l’ex-portiere della Nankatsu, esplose in una fragorosa risata, attirandosi lo sguardo della giovane che lo vide piegarsi in due dall’ilarità.
“Ah, no?” disse solo.
“Ehm… no!” confermò l’uomo.
“Oh, Dio! Questa la dovrò raccontare a Ricardo!” ed intanto cercava di recuperare un apparente contegno, mentre la ragazza era totalmente confusa.
“Santo Cielo! E allora chi sei?”.
“Beh, se ero sul tappeto rosso… magari uno degli invitati?” propose Yuzo con ironia e la vide impallidire, portandosi una mano alla fronte.
“Misericordia! Quale blasonato rampollo ho scambiato per un cameriere?” domandò con un’espressione che era un misto tra il disperato ed il mortificato.
“Ti è andata bene, rilassati…” la rassicurò, rivolgendole un sorriso “…sono solo un povero scienziato giramondo.”.
L’altra sospirò pesantemente “Oh Dio, che figura barbina! Mi dispiace tanto…” e, alle sue spalle, capo-cuoco e responsabile di catering sghignazzavano poco rispettosamente “…è che… ti ho visto in jeans… e non pensavo… insomma…”.
“Sì, sì ho capito, ma il mio guardaroba non offriva niente di meglio!”.
Anche lei sorrise “Se vuoi la verità: te li sto invidiando quei jeans!” poi alzò lo sguardo al cielo “Cosa non darei per un paio di pantaloni comodi!” e lo prese sottobraccio, avviandosi all’uscita della cucina. “Ti accompagno al salone: questa casa è enorme e rischieresti di perderti.”.
“Veramente la conosco già.”.
“Sei già stato a Villa Wakabayashi?”.
“Molte più volte di quelle che pensi.” .
E si lasciarono alle spalle il trambusto generato dagli schiamazzi dei cuochi, il cozzare delle pentole, il tintinnare delle posate.
A passo lento intrapresero il percorso inverso.
“Quindi conosci Genzo?”.
Yuzo annuì “Sì. Lui e tutta la vecchia Generazione d’Oro: Tsubasa, Taro…”.
“Mio fratello!” esclamò la giovane entusiasta.
“Sei la sorellina di Misaki?”.
Lei storse il naso “Il tempo dell’‘ina’ l’ho superato già da un po’, eh!”.
Il vulcanologo rise “Siamo permalosi, vedo!”.
“Ah! Non è vero!” si difese “E’ solo un dato di fatto: sono all’Università ora!” disse con orgoglio.
“Mh… vediamo… io l’Università l’ho finita secoli addietro, quindi… sì, sei ancora ‘ina’!”.
“Non sei carino! Ci siamo appena conosciuti e già mi prendi in giro?” esclamò la ragazza, tendendo la mano con un sorriso “Io sono Yoshiko Yamaoka.”.
“Yuzo Morisaki.” rispose stringendogliela.
“Morisaki…” ripeté la giovane “…l’ho già sentito…”.
“Santoddio! Spero in bene!”.
E lei sorrise per poi esclamare “Ma certo! Tu sei il Prof! Sei quello che ha piantato tutto per dedicarsi agli studi!”.
“Questo nomignolo è opera di Sanae.” precisò con un sospiro, mentre varcavano una transenna che delimitava il Percorso Rosso, camminando sul tappeto.
“E’ da molto che manchi da Nankatsu? Non ti ho mai visto in giro…”.
“Abbastanza per vedere come certe cose siano cambiate…”.
Lei sorrise con leggera malinconia “Parli di Jun, vero?”.
“Di lui, dei trecento matrimoni di Genzo, della carica dei 101 sfornata da Ishizaki!”.
Yoshiko rise di gusto alle sue parole, annuendo “E’ vero! Ryo e Yukari si sono dati parecchio da fare!”
“E poi c’è Mamoru senza la zazzera!”.
“Oh, vedrai, questo è solo l’inizio! Hai ancora molto da recuperare!”.
Lui alzò lo sguardo al cielo “Oh Dio, una serata all’insegna del pettegolezzo!” poi, con ironia “Ma non si dovrebbe commemorare il defunto?”.
Lei scosse il capo “Non solo, almeno! Si vede che non sei un tipo da evento mondano!”.
“Puoi dirlo forte! Se sono qui è solo per non incorrere nelle ire di Sanae e salutare Yayoi, vedrai sarà l’apparizione più veloce del west: ‘Ciao Yayoi, mi dispiace per Jun, bella festa, ciao Yayoi.’”.
Yoshiko lo osservò con espressione incredula, dandogli poi un buffetto sul braccio “Non provarci sai!” lo minacciò con un sorriso, mentre cominciavano a salire la scalinata, alla cui sommità c’era l’entrata al salone.
La ragazza attirò la sua attenzione, mentre salivano anche gli ultimi scalini. “Ti prego, non dire a nessuno che ti ho scambiato per un cameriere o mi prenderanno in giro per tutta la vita!”.
“Tranquilla.” annuì lui, sorridendo “Sarò muto come un pesce!”.
Yoshiko emise un sonoro sospiro sollevato e, afferrati rapidamente due bicchieri di champagne dal vassoio di un giovane domestico, gliene porse uno “Sii disinvolto!” ed insieme varcarono l’ingresso all’enorme stanza che era stata adibita al ricevimento.
Vennero immediatamente avvolti da una rilassante musica di sottofondo, che l’orchestra continuava a suonare dal suo angolino. Le luci erano soffuse quanto bastava per ricreare un ambiente di rassicurante intimità, all’interno del quale gli invitati si trovavano subito a proprio agio conversando, danzando e degustando qualche tartina. Lo champagne innaffiava le loro chiacchiere.
Yuzo diede una lenta squadrata alla stanza, inarcando un sopracciglio. “Oddio, ma quante gente c’è?” con un tono di chi avrebbe preferito sicuramente essere altrove. Lei, invece, parve soddisfatta da tutto questo.
“Sono venuti quasi tutti gli invitati, un vero successo per Yayoi!”.
“Se conosco un decimo dei presenti è tutto il mondo!”.
Yoshiko sorrise, guardandosi intorno alla ricerca di Sanae. La vide sul palco in compagnia di Yayoi e Kumi.
“Rilassati, Prof, e vieni a salutare la Signora Ozora.” gli disse strizzandogli l’occhio e tirandolo leggermente in direzione della ribalta.
“Sorpresa?” fece eco Kumi e Anego annuì, volgendo lo sguardo alla sala. E lì li vide, mentre scivolavano tra gli invitati e sembravano dirigersi proprio verso di loro.
Sanae si portò le mani ai fianchi, annuendo soddisfatta. “Allora le mie minacce continuano a sortire lo stesso effetto di quando eravamo a scuola!” esclamò rivolgendosi alle altre due ex-manager “Guardate un po’ chi c’è in compagnia di Yoshiko!”.
Yayoi fu la prima a vederlo “Oh Dio!” esclamò “Ma come hai fatto a rintracciarlo? Sono anni che nessuno ha sue notizie!”.
La signora Ozora rise “Sono una persona terribilmente insistente.” poi scese dal palco per andare loro incontro, allargando le braccia. “Eccoti! Cominciavo a temere che fossi scappato di nuovo per non venire a questo gala!”.
Lui fece una smorfia “E perdermi la fiera del pettegolezzo? Giammai!”.
“Scemo!” lo ammonì Sanae, rivolgendosi poi a Yoshiko che rideva “Ma lo conoscevi già?” le domandò perplessa “Eppure non ti eri ancora trasferita qui quando lui è partito…”.
“Oh, beh…” tentennò la giovane prima di scambiare una rapida occhiata con Yuzo “…è una lunga storia!” e risero entrambi, mentre la signora Ozora li osservava interrogativa.
“Adesso però devo scappare a strigliare quelli del catering.” spiegò la sorella di Misaki, cominciando ad allontanarsi.
“Sì, ma vedi di prendertela con le persone giuste, questa volta!” le fece eco l’ex-portiere della Nankatsu, sghignazzando. Yoshiko rispose con una linguaccia “Spiritoso!” e scomparve tra gli invitati.
“Prof!” esclamò Kumi, allargando le braccia “Che bello rivederti! E chi se l’aspettava?”.
“Ecco qui la signora Izawa.” ricambiando l’abbraccio “E così Mamoru si è deciso, alla fine. Congratulazioni.”.
Lei rise “Già! Ci ha messo un po’, ma poi ha dovuto cedere innanzi al mio indiscusso fascino.” e sbatté velocemente le palpebre in modo scherzoso.
“Non lo metto in dubbio, soprattutto adesso: sei splendida.”.
“Trovi?” domandò, carezzandosi il ventre rigonfio “Si vede ancora poco, ma già mi dona!”.
Yuzo annuì, notando che stava sopraggiungendo anche Yayoi.
“Questa sì che è una sorpresa.” cominciò la giovane “Ma quando sei tornato?”.
“Ieri sera e Sanae ha ben pensato di braccarmi prima che potessi scappare di nuovo.”.
“Ed ha fatto bene.” lo ammonì con decisione, prendendolo sottobraccio e ritornando in direzione del palco. “Non si scompare in questo modo.”.
“A tal proposito…” la interruppe Yuzo, assumendo un tono più serio “Mi dispiace per Jun. L’ho saputo poche ore fa da Sanae… è soprattutto per questo che sono venuto stasera.”.
Un cameriere si avvicinò a loro, porgendo un vassoio con sopra flute di champagne. Yayoi ne prese delicatamente uno tra le dita avvolte in neri guanti di raso. Il vulcanologo mostrò il suo, ancora pieno per metà, ed il giovane si allontanò con un inchino.
La signora Misugi sorrise. “Sanae aveva provato in tutti i modi a rintracciarti, ma tu dovevi essere sperduto chissà dove.”.
“Centro America.” spiegò Yuzo e lei gli rivolse un sorriso ironico.
“Sei tornato a pochi passi dal Ruiz, nonostante tutto?”.
“Nonostante tutto.” ammise “Ho cacciato i fantasmi per un po’.”.
E si fermarono davanti la grande foto del Baronetto. Nell’osservare quel viso sorridente e sereno, a Yuzo sembrò quasi impossibile che fosse morto davvero.
Yayoi sospirò “Devo dedurre che questo ‘esilio auto-imposto’ non sia riuscito a sortire l’effetto sperato, vero?”.
Lui si schermì con ironia “No, ma cosa dici? Non vedi come sono in perfetta forma?” e bevve un lungo sorso di champagne; sentì le bollicine solleticargli il palato, poi continuò “Ma lasciamo perdere me, che sono un caso raro, tu come stai?”.
Lei sorrise, scuotendo il capo, per poi aggiungere “E’ stato difficile, ma questo lo sai anche tu. Anche io avrei tanto voluto scappare, ma avevo i bambini a cui pensare… e loro avevano già perso il papà, non potevano perdere anche la mamma.”. La vide rivolgergli un dolcissimo sorriso sereno di chi, anche se ci sarebbe voluto dell’altro tempo, stava superando il dolore della perdita. “E poi devo molto anche ai miei genitori, ai genitori di Jun, ai ragazzi e, soprattutto, a Sanae. Lei mi è stata vicinissima e di grande conforto.”.
“Lo immagino.”.
Yayoi lo osservò in silenzio per qualche secondo. “Avresti dovuto permetterci di fare lo stesso con te...” disse poi con serietà, mentre lui abbozzava un sorriso rigirando il calice; gli occhi seguivano il percorso delle bollicine che salivano fino in superficie “…invece di fuggire in giro per il mondo. Non è scappando che si risolvono i problemi e non prenderlo come un ammonimento.”.
“Lo so, Yayoi, ma non sarei mai potuto rimanere… o avrei finito col tirarci le cuoia anche io. Dovevo… dovevo rimettermi in moto, anche per Aiko. Questo era il nostro lavoro e solo continuando a svolgerlo riesco a sentire come se fosse ancora viva.”.
“Ma lei non c’è più…”.
“Lo so.” e sorrise, vuotando il flute “Ad ogni modo, vorrei che mi indicassi dove è stato sepolto Jun, in modo da potergli fare una visita prima di ripartire.”.
Yayoi sgranò gli occhi “Ma come? Sei tornato ieri sera e parti di nuovo?”.
“Te l’avevo detto che sono un caso raro, no?”.
Lei sospirò pesantemente, riprendendo a camminare “Vieni, andiamo dai ragazzi, non vuoi salutare la vecchia Generazione d’Oro? Stasera ci siete davvero tutti.”.
...E poi Bla bla bla...
Ed eccoci ritrovati nell'angolino che solitamente mi riservo per fare quattro chiacchiere. Stavolta niente particolari elucubrazioni sulla Vulcanologia, Geologia et similia!XD
Vi siete salvati, va!XD
Preferisco prendere un paio di righe per ringraziare, bene, tutti coloro che finora hanno letto e - soprattutto - commentato Huzi. Davvero, grazie di cuore a tutti per apprezzare questa fanfiction in cui c'è decisamente la parte più consistente del mio mondo.
Grazie a Sakura-chan, che continua a farmi da beta con tantissimo entusiasmo.
Grazie ad Alex_Kami, alla quale dedico la Sanae-non-zerbina!XD perché noi la vogliamo più 'Anego'! E, soprattutto: no! Non smetterò mai di scrivere sui miei 'sfigatelli'! XD
Grazie a Maki-chan, per la quale cercherò di dosare al meglio la traggggedia!XD
Grazie a Scandros, che non mi sarei mai aspettata di ritrovare tra i recensori, e ne sono davvero molto contenta!
Grazie a Cloud, per i suoi complimenti e per il fatto che riesca a trovare utili le mie elucubrazioni geologiche!XD
Grazie a tutti coloro che leggono, ma non recensiscono. Sappiate che non mordo!XD Abbaio, ma non mordo!XD
Grazie a tutti voi, quindi, e vi rimando al prossimo capitolo... decisamente movimentato!XD
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Huzi
- Capitolo 5 -
“Ryo, per la miseria, piantala di tampinare la signorina con il vassoio delle tartine!” esclamò Yukari, portandosi le mani ai fianchi “Sei il solito incorreggibile!”.
“Lascia perdere, Yukari, ormai siamo abituati al suo modo di abbuffarsi.” se la rise Urabe, ma lei scosse il capo.
“Lo so, Hanji, ma il problema è che il ‘signorino’ dovrebbe essere a dieta: ordine del mister!”.
“Tesoro, sono solo due tartine!” cercò di difendersi il giocatore dello Jubilo Iwata.
“Due?! Erano due venti tartine fa!”.
Ed il gruppo si animò con rumorose risate.
C’erano tutti.
Ed era molto raro vederli al gran completo in un unico posto. Eppure, quella sera, la Generazione d’Oro del calcio giapponese era finalmente riunita. O, almeno, la Vecchia Generazione d’Oro. Ormai trentenni, presto avrebbero dovuto fare posto alle nuove leve che già si stavano inserendo nella Nazionale e nelle squadre di J-League. Anche in quel momento, molti di quelli che sarebbero stati i campioni di domani, erano presenti alla serata di beneficenza organizzata in memoria di colui che era stato soprannominato il ‘Baronetto del Calcio’ per la sua classe e tecnica strabilianti. Ed anche se non ci sarebbe stato più, fisicamente, il suo ricordo sarebbe rimasto indelebile.
“Che cosa avete tanto da ridere?” Sanae attirò la loro attenzione, raggiungendo il gruppo in compagnia di Kumi “Che ha combinato Ryo, stavolta?” e l’interpellato le fece una smorfia, mentre gli altri continuavano a ridere.
“Uh! Salmone!” esclamò la Signora Izawa, fregando la tartina dalle mani del marito, trangugiandola in un sol boccone. “Mh! Che bontà!” esclamò, per poi rivolgere lo sguardo al difensore dei Marinos che era rimasto piuttosto perplesso. “Oh, scusami tesoro, ma lo sai che ho le voglie!”.
L’altro sospirò “E meno male che non sei in vena di fragole e panna.”.
“Ah, Sanae!” esclamò Yukari, rivolgendosi alla Signora Ozora “Ma ‘tu-sai-chi’ è venuto?” ma fu Kumi a rispondere, entusiasta.
“Sì, sì!” disse agitando una mano “Io l’ho già salutato!” e Sanae annuiva soddisfatta di sé stessa.
La Signora Ishizaki sorrise incredula “Ma come hai fatto a convincerlo? E dire che io ero sicura di aver visto un fantasma oggi allo stadio.”.
“Beh, sai che novità!” intervenne Genzo “Nell’arte della ‘rottura’ nessuno è più bravo di Anego.”.
Sanae incrociò le braccia al petto “Il tuo humor è pessimo come al solito, SGGK!” poi, in direzione della futura quarta moglie, che faceva bella mostra attaccata al suo braccio, aggiunse “Nastja[1], mia cara, fossi in te ci penserei bene prima di sposare siffatto comico!”.
“Ehi! Non inculcare strane idee alla mia fidanzata.” rimbeccò l’altro “Tu non lo sai, ma io ho uno spiccato senso dell’umorismo.”.
E Kojiro Hyuga scoppiò a ridere senza ritegno “Questa sì che è buona!” attirandosi un’occhiata sghemba da parte del portiere dell’Amburgo.
“Ma chi è ‘tu-sai-chi’?” domandò Ryo all’indirizzo di Urabe “Voldemort?”. Il suo compagno di squadra si limitò a tirare un profondo sospiro, scuotendo il capo.
Intanto, il SGGK fece per rispondere a tono alla Tigre della Juventus, quando abbandonò ogni proposito restando ad osservare oltre la spalla del cannoniere, con la bocca semiaperta, ma senza emettere alcun suono. Lentamente inarcò un sopracciglio, reclinando leggermente il capo di lato.
“Ti ho lasciato senza parole, Wakabayashi?” incalzò Kojiro, non potendo quasi credere che non gli avesse ancora lanciato contro qualche ingiuria, come al solito. Ma Genzo non lo sentì nemmeno, rivolgendosi alla sua futura quarta moglie “Nat, tesoro, scusami un momento…” e si liberò dal suo braccio, cominciando ad abbozzare quello che sembrava essere un sorriso. La minuta ragazza, dai capelli biondi, lo osservò allontanarsi dal gruppo, per dirigersi verso colei che aveva organizzato la festa, ma non per salutare Yayoi. Lo vide allargare le braccia e salutare il giovane che si accompagnava alla moglie del defunto Baronetto.
“Yuzo!” lo sentì esclamare “Santo Cielo, non ero sicuro che fossi tu! Credevo di aver avuto un’allucinazione!” e gli circondò le spalle con un braccio, rivolgendosi alla Signora Misugi. “Permetti Yayoi?”
La ragazza rise “Prego, è tutto tuo Genzo!” ed il SGGK lo sequestrò, trascinandoselo verso la Generazione D’Oro.
“Adesso non fingere di essere sorpreso di vedermi.” rimbeccò l’altro “Non dirmi che Sanae non vi aveva detto nulla?”.
“No!” sbottò energico il portiere, prima di piombare in mezzo al gruppo, esclamando “Signori, abbiamo un redivivo.”.
A Ryo per poco non andò la tartina di traverso, cominciando a tossire, mentre Urabe gli dava dei colpetti sulla schiena.
Gli altri ex-compagni, invece, ebbero più o meno la stessa reazione di incredulità di Genzo, convinti anche loro di aver avuto una strana allucinazione. Ma poi si riscossero, ben felici di ritrovarlo ancora tutto intero, dandogli un caloroso benvenuto. Abbracci di rito, pacche sulle spalle, e tutti che cercavano rigorosamente di tenere alla larga ogni argomento che potesse far spuntare fuori il nome di Aiko. Accortezza di cui, il Prof, fu profondamente grato.
Dal canto suo, Yuzo esibì il più classico dei suoi sorrisi, rispondendo alle loro battute, domande e quant’altro, fino ad incrociare lo sguardo pessimo che Izawa gli stava lanciando.
“Non guardarmi a quel modo.” disse l’ex-portiere della Nankatsu, avvicinandosi a lui.
“E tu non provare a rivolgermi la parola.” rispose di rimando Mamoru, incrociando le braccia ed abbozzando un leggero sorriso risentito “Ce l’ho a morte con te.” facendolo sospirare sonoramente e fare ‘mea culpa’.
“Hai ragione…” cominciò il Prof.
“Certo che ho ragione!” lo interruppe il difensore dei Marinos, dandogli una sonora pacca sul braccio “Non ti sei fatto vedere al mio matrimonio! Questa me la sono legata al dito!”.
Yuzo tentò di difendersi “Ma io nemmeno lo sapevo che ti sposavi!”.
“E’ colpa tua! Se non te ne fossi andato a zonzo per tutto questo tempo, senza nemmeno fare uno straccio di telefonata per giunta, l’avresti saputo!” ma il Numero Otto della Nazionale non era seriamente arrabbiato con il suo ex-compagno di squadra, però si era ripromesso di bacchettarlo a dovere il giorno in cui si sarebbero rivisti. E così aveva appena fatto.
“Ed io che dovrei dire?” intervenne Genzo, facendo spallucce “Se ne è saltati ben tre!”.
“E meno male.” rispose il Prof ridendo, mentre il portiere dell’Amburgo continuava.
“Ah, ma il quarto non te lo perdi! Parola mia!” e, presa la sua giovane fidanzata per mano, aggiunse “A tal proposito, ti presento Nastja.”.
Yuzo osservò la giovane dai lunghi capelli biondi ed il viso pulito ed innocente. Vispi occhi chiari lo osservavano sorridenti, mentre tendeva una delicata mano dalla chiarissima pelle.
Lui la strinse con un sorriso “Ochen prjatno, Nastja.” disse, cercando di ricordare quel poco di russo che aveva forzatamente imparato durante una spedizione in Kamchatka[2].
Al suono della lingua della sua terra natale, lo sguardo della ragazza si illuminò di una genuina felicità “Ty govòriesh pa-ruski?”.
“Ja njemnogo goborju pa-ruski.”.
E lei rise allegra “Luchsche Genzo, konjechno![3]” facendo ridere anche lui, mentre il suddetto portiere inarcava un sopracciglio.
“Non so cosa avete detto, ma perché ho la sensazione che mi stavate prendendo in giro?”.
Nastja si strinse al suo braccio, rivolgendogli uno dei suoi spiazzanti sorrisi ingenui che lo avevano letteralmente folgorato il giorno in cui l’aveva conosciuta, dicendo “Ma non ti prendevamo in giro, Zoshen’ka.” lasciandogli un delicato bacio sulla guancia, prima di allontanarsi per raggiungere Sanae e Kumi. Il SGGK la seguì con lo sguardo, lasciando che un leggero sorriso si dipingesse sulle sue labbra.
Yuzo lo inquadrò con la coda dell’occhio, sorridendo a sua volta. “Ahia.” disse, bevendo un sorso di champagne “Hai un’espressione che la dice davvero lunga…”.
“Credo che lei sia quella giusta.” e lo affermò con una semplicità che faceva uno strano effetto se ad usarla era una persona come Genzo.
Mamoru ed il Prof si scambiarono un’occhiata di intesa, mentre il SGGK si rivolgeva al vulcanologo “E tu vedi di esserci, stavolta. Questo sarà il matrimonio definitivo.”.
Ed il difensore dei Marinos annuì “Come spero sarai presente alla nascita di mio figlio: ho intenzione di festeggiare e guai a te se ti dai alla macchia un’altra volta!” con un tono che non ammetteva un ‘no’ come risposta.
“Ma ci vorranno ancora dei mesi al lieto evento!” puntualizzò il Prof.
“Con te è meglio partire in anticipo. Almeno non potrai fingere di non saperlo.” si difese l’altro con non-chalance.
D’un tratto, Shingo Takasugi attirò l’attenzione dei suoi compagni. “Ragazzi, ma non l’avete notato? La Nankatsu è di nuovo al gran completo…” ed alzò il flute con solennità “…bisogna brindare!” venendo imitato da tutti i membri della ex-squadra liceale.
“E’ vero!” disse qualcuno.
“Alla salute!” esclamò qualcun altro.
“Prosit.” si limitò ad annuire Yuzo, mentre i calici tintinnavano sonoramente gli uni con gli altri.
Il fumo della sigaretta si disperse trascinato dal freddo di quella notte di Febbraio.
Mosse lo sguardo ad inquadrare la limpida volta celeste sopra la sua testa, puntellata di stelle, mentre alle sue spalle provenivano gli schiamazzi del salone in festa. Con i gomiti poggiati sulla ringhiera dell’ampia terrazza, rigirava l’ennesimo flute di champagne di quella serata che sembrava interminabile. Mentre il suo desiderio di essere altrove si faceva sempre più insistente.
“Scommettiamo che indovino quello che stai pensando?”.
Una voce allegra lo raggiunse, facendolo voltare. Yoshiko camminava nella sua direzione, stretta nello scialle abbinato al vestito, oscillando il flute che recava in una mano.
Yuzo le rivolse un sorriso “Ah, sì? Sentiamo, dunque, quali sarebbero i miei pensieri?”.
Lei gli fece il verso, appoggiandosi alla ringhiera, accanto a lui. “Mh, da quale uscita di sicurezza me la svigno? Quella di destra o quella di sinistra?”.
Il Prof rise, alzando le mani in segno di resa. “Touché!”.
“Ti si legge in faccia che non vedi l’ora di tagliare la corda.” continuò Yoshiko, poggiando il viso in una mano.
“Dici che è troppo lampante?”.
Lei annuì lentamente “Non ti piace proprio la mondanità, eh?”.
“Fosse solo quello.” sospirò l’altro, osservando Nankatsu e le sue luci notturne, mentre la sigaretta continuava a disperdere fumo tra le sue dita. “I ragazzi portano avanti sempre gli stessi discorsi: calcio-mercato, campionato... e chi diavolo è Rivaul? Oddio, non riesco a star loro dietro e di certo non posso passare l’intera serata a fingere di capire quello che dicono.” scosse il capo “No, decisamente io ed il calcio abbiamo separato le nostre strade in maniera definitiva, ormai.”.
Yoshiko sorrise “Senti, non ci crederai, ma la tua disgrazia è la mia fortuna: finalmente ho trovato qualcuno con cui scambiare davvero quattro chiacchiere!” disse entusiasta “Non fraintendermi, sono molto affezionata ai ragazzi della Nazionale ed i compagni dello Jubilo Iwata di Taro, ma parlano di calcio a colazione, pranzo e cena! Mentre le rispettive consorti, se non parlano di calcio anche loro, allora discorrono di pappe e pannolini.” e sospirò, vuotando il calice, per poi poggiarlo sulla ringhiera.
Yuzo volse le spalle alla città, rimanendo poggiato contro il marmo della balaustra, tirando una lunga boccata dalla sigaretta e ridendo dell’espressione afflitta della sua interlocutrice.
Quest’ultima continuò “Allora, Prof, cosa fai nella vita?”.
“Sono un vulcanologo. Lavoro per l’FVO di Nankatsu.” disse, esalando una grigia nuvoletta di fumo.
“L’FV… che?” fece eco lei, inarcando un sopracciglio.
“Fuji Volcano Observatory.”
“Ah! Allora sei il guardiano del Fuji!”.
“Più o meno...” obiettò rigirando il suo bicchiere “...non sono stato molto presente nell’ultimo periodo.”.
Yoshiko ci pensò un po’, osservando il silenzioso giardino, perfettamente curato, che si stendeva alle spalle della Villa di Genzo e che potevano dominare dalla loro posizione. “Vulcanologia...” fece eco, scandendo lentamente quella parola “...materia interessante. Scommetto che sei sempre in viaggio, per questo non ti ho mai visto.”.
Yuzo annuì “Sì, abbastanza. Sono tornato proprio ieri sera.”.
“Ah sì? E dove sei stato?”.
“Guatemala. A studiare un vulcano in eruzione.”.
Lei si volse ad osservarlo “Accidenti! Certo che tu ne avresti di cose da raccontare!” disse con sincera ammirazione “Sei per caso parente di Indiana Jones?” scherzò poi, pungolandogli un braccio e volgendo anche lei le spalle al panorama che aveva osservato fino a quel momento.
“Mi manca la frusta…” rise il Prof “…ma ho una collezione di cappelli da cow-boy, che potrei fargli concorrenza!”.
Rise anche Yoshiko prima di continuare “Toglimi una curiosità…”.
“Anche due.” e spense il mozzicone in un vaso adibito a grande posacenere per l’occasione.
“Magari è la classica domanda alla quale ti sarai sicuramente stufato di rispondere, ma volevo sapere come mai hai lasciato il calcio. Insomma, eri un membro della Generazione D’Oro...”.
Yuzo bevve un piccolo sorso di champagne. “Domanda interessante.” ripensando alle volte in cui se l’era chiesto anche lui, tempo addietro, ma rispose con assoluta sincerità “Volevo rendermi utile. Fare qualcosa che potesse aiutare gli altri, anche se indirettamente. E continuando a giocare non avrei mai potuto farlo.”. Poi sorrise “Ad ogni modo, non sono stato una grande perdita per il mondo dello sport.”.
“Che coraggio… dovevi essere davvero determinato...”.
“No, affatto.” scosse il capo “Ci ho pensato fino all’ultimo.”.
“E cosa ti ha permesso di decidere?”.
“L’ultima persona dalla quale mi sarei aspettato un discorso serio e posato: Genzo Wakabayashi.”.
Yoshiko strabuzzò gli occhi “Che cosa? Oddio, no! Questa la voglio sentire, racconta!”.
Yuzo rise, puntando lo sguardo sulle figure danzanti all’interno del salone, che poteva scorgere dalla terrazza. “E’ stato all’ultimo anno di liceo. Bisognava cominciare a prepararsi per il diploma e, mentre tutti gli altri sapevano esattamente cosa fare dopo, io non ne avevo la minima idea.”. Cominciò, rigirando il flute, prima di poggiarlo sulla ringhiera accanto a quello di Yoshiko. “Mi era sempre piaciuto studiare e la Geologia aveva stuzzicato il mio interesse già dal liceo. Però...”.
“Però c’era il calcio.” concluse la sorella di Taro per lui e Yuzo annuì.
“Già. Il calcio. E avevo lottato così tanto per ottenere determinati risultati, che piantare tutto per andare all’Università mi sembrava un po’ un fallimento. Poi arrivò la convocazione, da parte di Mikami, per il World Youth e a quel punto non potevo tergiversare oltre. Così chiesi consiglio alla persona che consideravo come un riferimento, calcisticamente parlando, e telefonai a Genzo.”. Incrociò le braccia al petto, inquadrando la figura del portiere che, all’interno della sala, discorreva amabilmente con persone a lui sconosciute, accompagnandosi con la graziosa Nastja.
“E cosa ti disse?”.
Yuzo sorrise “Mi fece tutto un discorso sul futuro, chiedendomi come mi vedessi da lì ad una decina d’anni. Se il mio primo pensiero fosse stato rivolto al calcio, allora la risposta ai miei dubbi era semplice: non dovevo fare altro che rispondere alla convocazione e presentarmi al ritiro. Ma se, invece, il mio primo pensiero non avesse avuto nulla a che vedere con lo sport, beh, allora la mia strada era sicuramente altrove.”.
“Parole di Genzo?” chiese in conferma Yoshiko, con un sorriso incredulo.
“Parole di Genzo.”.
“E tu, cosa hai fatto?”.
“Il giorno seguente telefonai a Mikami, dicendo che lasciavo il calcio, e, dopo il diploma, venni ammesso all’Università di Tokyo.”.
Yoshiko osservò in silenzio il suo profilo, con interesse “Ed è così che sei diventato un eroe.”.
“Eroe?!” fece eco Yuzo, incrociando il suo sguardo e scoppiando a ridere “Eroe è una parola troppo impegnativa ed io non credo affatto di esserlo.”.
“E perché no?” si impuntò la ragazza “In fondo fai la guardia al Fuji-san, tutelando la sicurezza di coloro che vivono accanto a lui.”.
“Yoshiko, il Fuji non erutta da circa trecento anni.” sottolineò il Prof.
“Embeh? Sei un eroe in stand-by!” sghignazzando con poco velata ironia.
“Ah ah, molto spiritosa!” le fece il verso lui, inarcando un sopracciglio “Ma veniamo a te Miss ‘non darmi dell’ ‘ina’, vado all’Università!’” strappandole una smorfia ed un sorriso, prima di rispondere.
“Allora...” cominciò, sistemando lo scialle troppo leggero perché la proteggesse adeguatamente dal freddo notturno, ma Yoshiko sembrò non farci troppo caso “...ho ventidue anni...”.
“Allora lo vedi che sei ‘ina’?” la interruppe lui, facendole storcere il naso.
“Non parlare come se fossi mio nonno!” esclamò contrariata “Dovresti avere l’età di mio fratello e trent’anni non sono tanti!” poi gli diede un paio di colpetti sul braccio “Su, non farmi perdere il filo!” e riprese da dove era stata interrotta. “Come ho detto, ho ventidue anni e a venti sono letteralmente scappata da Sendai.”.
“E perché?”.
Lei sospirò con espressione rassegnata “Mia madre.” disse “E’ una persona meravigliosa, ma decisamente troppo apprensiva nei miei confronti.”.
Yuzo fece spallucce “Trovo che sia normale, lo sono un po’ tutti i genitori...” ma lei scosse il capo.
“Nel mio caso l’effetto è decuplicato! Non si è mai perdonata di aver abbandonato Taro, senza fargli nemmeno una visita, per quasi sette anni. E, non volendo far mancare a me quello che è mancato a mio fratello, mi ricopre di attenzioni... troppe.” sorrise “Mi tratta sempre come se fossi una bambina, ma la maggiore età l’ho passata già da un po’...”.
“Così sei venuta a Nankatsu.”.
“Sì, avevo bisogno di staccare la spina e dimostrarle di essere perfettamente in grado di badare a me stessa. Taro mi aveva parlato così bene di questa città, che ho voluto verificare i suoi racconti.”.
“Cosa studi?”.
“Arte. Nelle sue forme più classiche: scultura, pittura. Sono una fan del signor Misaki e venero il Rinascimento Italiano. Mi diletto in computer grafica.” poi incrociò le braccia, assumendo una postura impettita “Non per vantarmi, ma: l’allestimento di questo salone è opera mia!” e sospirò teatralmente “Eh! Sono un genio!”.
E Yuzo cominciò a ridere “E anche tanto modesta!” mentre lei gli strizzava l’occhio, agitando l’indice.
“Eccome se lo sono!” ridendo a sua volta.
Fu in quel momento, quando il Prof fece per prendere il pacchetto di sigarette, pronto per fumarne l’ennesima, che un brillio improvviso, alla sua mano destra, attirò lo sguardo di Yoshiko.
“Sei sposato?” domandò la giovane, notando solo allora i due cerchietti all'anulare. Lui fermò la mano a mezz’aria, seguendo il suo sguardo.
“Lo ero.” precisò con un sorriso appena accennato.
“Oh-oh! Sento odor di terreni pericolosi!” esclamò la ragazza, attirandosi lo sguardo del Prof. “L’ho capito da come hai cambiato espressione. Non dirmelo, anche tu un cuore infranto?”.
“In che senso?” domandò l’altro con espressione interrogativa.
Yoshiko scosse il capo, prendendolo sotto braccio “Adesso ti faccio un po’ di ‘scuola del pettegolezzo’.” disse con solennità “Altrimenti che serata mondana sarebbe?”.
E Yuzo sorrise, prestandosi al gioco “Avanti, sentiamo, chi è il cuore infranto?”.
“Hikaru Matsuyama.” esclamò lei, annuendo “L’anno scorso, prima della morte di Jun, l’Aquila dell’Hokkaido ha preso il ben servito dalla sua fidanzata storica, nonché mia omonima, Yoshiko.”.
“Stai scherzando?!” fece l’altro incredulo.
“No, affatto! Lei lo ha mollato per l'ex-compagno di squadra di Hikaru, tale Kazumasa Oda.”.
“Per Oda?!” ripeté interdetto “Questa poi! Povero Matsuyama.”.
Yoshiko annuì “Eh già, non l’ha presa tanto bene.”.
“Beh, ci credo!” e scosse il capo, portando la sigaretta alla bocca, mentre la ragazza rimase ad osservare i suoi movimenti per qualche istante prima di esclamare: “E lei?” attirandosi il suo sguardo “Anche lei ti ha lasciato per un altro?”.
Il Prof non rispose subito, rimanendo ad osservare i suoi occhi nocciola, in silenzio, per alcuni istanti. Yoshiko era una ragazza vitale e spontanea, sarebbe stato giusto intristirla con i suoi dolori? No, decisamente no.
Abbozzò un sorriso a fior di labbra. “No.” disse accendendo il tabacco ed esalando una densa nube di fumo “E’ solo… andata via.”. E, nel dire quelle parole, nel ricordare a sé stesso di non averla più vicino, sentì la gola divenire improvvisamente secca. Afferrò il flute che aveva poggiato sulla ringhiera, vuotandolo definitivamente.
“Ti ha lasciato da molto?”.
“Quattro anni.” mantenendo fisso lo sguardo sui due cerchietti d’oro.
“Oddio, scusami, forse non dovevo chiedertelo!” esclamò Yoshiko “A volte so essere davvero poco discreta. Ti prego, dimmi che non pensi che io sia un’impicciona!”.
Lui sorrise, scuotendo il capo e posando nuovamente il bicchiere sul bordo della terrazza “No, non lo penso.”.
“Ah! Meno male!” sospirò l’altra, stringendosi nello scialle.
Yuzo inarcò un sopracciglio “Non starai prendendo troppo freddo? Forse dovremmo rientrare in sala…” e fece per muoversi, quando lei lo trattenne, attirandosi la sua attenzione. “No, non preoccuparti, non fa poi così freddo…”
“Come no? Siamo a Febbraio e l’inverno non è ancora trascorso… sul Fuji c’è addirittura la neve!”.
“Sì lo so, però… sei il primo amico di mio fratello che riesce a non parlarmi di calcio. Ti spiace se ti monopolizzo per qualche altro minuto?” e gli rivolse un grazioso sorriso al quale non seppe dire di no.
“Va bene… ma solo qualche minuto, altrimenti rischi di prenderti un malanno.” acconsentì, ciccando nel vaso .
“Grazie!” annuì entusiasta, poi gli si avvicinò con espressione risaputa “E poi… non vorrai essere braccato dai tuoi ex-compagni così presto, vero?” prima di ridere e volgere lo sguardo ad osservare il salone ed i suoi occupanti che continuavano a conversare tranquillamente.
Osservando la sua espressione allegra, Yuzo notò come fosse molto diversa da Taro. Yoshiko era intraprendente, spigliata e gran chiacchierona, mentre Misaki era molto più pacato e riservato. Però dovette ammettere che non gli dispiaceva affatto la sua compagnia, anzi, era da parecchio che non si sentiva così a suo agio in una conversazione; o, meglio, era da parecchio che non intratteneva una conversazione con qualcuno che non fosse della sua squadra all'FVO. E che la trovasse piacevole era addirittura un miracolo.
“Ad ogni modo…” riprese lei, tornando a guardarlo “…ti rivelerò il ‘Metodo-Yoshiko’ contro il mal d’amore.” facendolo ridere di gusto a quelle parole.
“Il ‘Metodo-Yoshiko’?!”.
“Sì!” accordò energica “Ti dico che è infallibile! Sono riuscita a consolare tutte le mie amiche disperate.”.
“Ed in che cosa consiste?”.
“Oh, è molto semplice.” annuì la ragazza, agitando l’indice con solennità “Basta una sana e calorica vaschetta maxi di gelato al giorno, da gustare lentamente a grandi cucchiaiate.”.
E Yuzo rise ancora più forte, mentre lei storceva il naso “Ehi! Guarda che è scientificamente provato contro i dolori del cuore!”.
“Sostituendoli con quelli di pancia?!”.
Rise anche Yoshiko, dandogli un buffetto sul braccio “Ovvio! Alla fine starai così male, che le altre pene ti sembreranno superflue!”.
“Dovrei provarlo… chissà, magari funziona.” ma sapeva che niente sarebbe mai riuscito a lenire le sue sofferenze, ma non riuscì a non ringraziare mentalmente la sua interlocutrice per quel po’ di buon umore che era riuscita a trasmettergli.
D’un tratto, uno stormo di uccelli si librò all’improvviso dalle fronde scure del giardino, facendo sonoramente frusciare le foglie ed emettendo allarmati versi gracchianti.
Yoshiko sobbalzò, girandosi di scatto, mentre Yuzo osservava la loro fuga improvvisa, divenendo serio ed inarcando un sopracciglio.
“Mamma mia che spavento!” esclamò lei, portandosi una mano al petto “Dannate cornacchie!” quando si sentì prendere per un braccio e sospingere leggermente, rivolgendo un’occhiata interrogativa al Prof, che le sorrise.
“Credo sarebbe meglio spostarsi dalla ringhiera e mettersi sotto l’arco del balcone…”.
Lei lo osservò confusa, lasciandosi guidare “Perché? Cosa sta…”.
Il tintinnare improvviso dei due flute appoggiati sulla ringhiera, attirò il suo sguardo. Poi, il tremore si trasmise anche al pavimento sotto i suoi piedi, dandole un improvviso senso di vertigine, facendole perdere l’equilibrio. Yuzo l’afferrò saldamente, impedendole di cadere.
“Attenta!” esclamò, mentre lei si sentiva sorreggere dalla sua stretta, realizzando cosa stesse succedendo. Consapevolezza che la mandò in panico.
“E’ un terremoto?!” domandò e non, con voce allarmata, mentre anche dal salone cominciavano a levarsi esclamazioni concitate e l’orchestrina smise improvvisamente di suonare.
“Tranquilla, va tutto bene.” le disse Yuzo, continuando a sorriderle ed accompagnandola fin sotto l’arco della terrazza, che era quanto di più simile ad un riparo vi fosse.
Yoshiko, appena furono al sicuro, afferrò un lembo della sua giacca, stringendolo con forza, continuando a guardarsi intorno terrorizzata ed osservando come gli oggetti e le persone tremassero ed oscillassero pericolosamente davanti ai suoi occhi.
“Io… io… detesto i terremoti…” mormorò vibrando, non solo per la scossa, ma soprattutto per la paura.
I bicchieri, abbandonati sulla ringhiera, caddero sul cotto della terrazza, andando in mille pezzi e strappandole un gridolino, mentre, intorno, qualche altro coccio rovinava al suolo, disperdendo contenuto e vetro sul pavimento.
Yuzo attirò l’attenzione della ragazza “Yoshiko, guardami.” ordinò in tono calmo, costringendola ad alzare il viso verso di lui. “Fai un bel respiro profondo.” inspirando a pieni polmoni e venendo imitato dalla sorella di Misaki “Ed ora espira. Va tutto bene…” e, mentre diceva quelle parole, le vibrazioni scemarono fino a cessare del tutto. “Hai visto? È finita. Non è successo niente.” e le sorrise, togliendo solo allora il braccio che aveva tenuto poggiato contro la parete per proteggerla da eventuali crolli.
Lei annuì lentamente, continuando la respirazione e cercando di sedare l’ansia.
“Forse è meglio se ti siedi per qualche minuto e bevi un bicchier d’acqua.” propose il Prof e Yoshiko accennò un sorriso.
“Sì, credo sia il caso…” accordò con voce incerta.
“Yoshiko!” la voce preoccupata di Taro attirò la loro attenzione e, appena lo vide insieme ad Azumi, la ragazza gli si fece contro, abbracciandolo.
“Tutto bene?” domandò il giocatore dello Jubilo Iwata, accertandosi che non si fosse fatta nulla, poi notò anche la figura di Yuzo e sorrise sollevato. “Ah beh, ma eri in compagnia dell’esperto.” scherzò, stemperando la tensione, e facendola sedere.
“Ti porto dell’acqua, tesoro.” le disse Azumi, prima di allontanarsi rapidamente. Tutt’intorno, i presenti erano ancora leggermente turbati, per quanto non fossero estranei a simili fenomeni geofisici. Yayoi, Yukari e Sanae erano andate ai piani superiori per vedere se i bambini stessero bene, mentre Mamoru cercava in tutti i modi di convincere Kumi a sedersi per qualche secondo, con scarsi risultati, visto che la ragazza non voleva saperne e andava a tranquillizzare gli ospiti.
“Ah! Sapori di casa!” esclamò Yuzo con ironia “Non mi sarei mai aspettato un simile comitato di accoglienza.”.
Ma Taro scosse il capo, allontanandosi di qualche passo, mentre Azumi era tornata con l’acqua e si prendeva cura di Yoshiko.
“Non ti nascondo che comincio a preoccuparmi sul serio.” gli disse smorzando il tono della voce, mentre il Prof inarcava un sopracciglio.
“Parli del terremoto? Beh, siamo in Giappone, praticamente siamo cresciuti a suon di scosse…” ma l’altro lo interruppe.
“Sì lo so, ma stavolta è diverso.”.
“Di cosa stai parlando?”.
“Questo è il terzo in una settimana, non sono un po’ troppi?”.
Yuzo rimase perplesso, riflettendo sulle sue parole. Effettivamente tre terremoti di magnitudo superiore alla soglia di percezione, in una sola settimana e con epicentro piuttosto circoscritto, erano inusuali, ma per nulla impossibili. Senza contare poi tutte le scosse rilevate esclusivamente dai sismografi.
“Da quanto tempo va avanti così?”.
E Taro fece un’alzata di spalle “Venendo a Nankatsu solo saltuariamente, mi baso sui resoconti di mia sorella…” premise prima di pensarci su “…e lei mi ha parlato del primo terremoto circa tre settimane fa.”.
La cosa destò il suo interesse, lasciandolo visibilmente pensieroso.
“Che sta succedendo?” gli domandò Taro, con voce preoccupata, e lui scosse il capo abbozzando un sorriso.
“Non saprei, sono tornato solo ieri sera e negli ultimi tre anni non ho la minima idea di quello che sia successo al Giappone. Ma credo non sia nulla di grave, altrimenti sarebbero già scattati gli allarmi.” disse, cercando di convincere l’amico di un qualcosa di cui era il primo a dubitare, ma, per il momento e fino a che non si fosse accertato di persona che fosse tutto a posto, preferì evitare inutili allarmismi.
D’un tratto, un improvviso trillare animò il suo cercapersone.
Afferrò l’oggetto attaccato alla cintura, dando un rapido sguardo al numero: la sede dell'FVO.
Evvai! Poteva darsi alla fuga!
Yuzo sorrise “Comincerò ad accertarmi subito della situazione.” disse, incamminandosi verso l’uscita “Salutatemi Yayoi!”.
“E tu facci sapere se sta per arrivare la fine del mondo!” scherzò Ryo, facendolo sorridere.
“Non mancherò!” rispose, estraendo il satellitare ed accendendolo, quando incrociò Sanae che era appena rientrata in sala dopo aver lasciato Yayoi e Yukari con i bambini.
La ex-manager lo squadrò perplessa “Ma, Prof, te ne stai andando?”.
“Oh, perdonami Sanae, ma sono stato richiamato in dipartimento.” e le mostrò il cercapersone.
“Ti sei portato il cicalino?!” sbottò indicando l’oggetto con fare inquisitorio.
Yuzo divenne improvvisamente serio “Sanae, in questo lavoro devo essere sempre reperibile.”.
E rimasero a fissarsi in silenzio, mentre lei incrociava le braccia al petto, osservandolo con sufficienza “Come se non l’avessi capito che non vedevi l’ora di dileguarti.” gli disse, facendolo scoppiare a ridere. “Scommetto che questo terremoto è opera tua!” aggiunse prima di superarlo, dandogli una pacca sulla spalla e sospirando rassegnata “Buon lavoro, Prof.”.
Yuzo scese rapidamente le scale, cominciando a comporre il numero del telefono sulla scrivania di Rick. Ciò di cui gli aveva parlato Taro gli aveva messo una dannata pulce all’orecchio e, arrivato all'FVO e stimato l’entità del sisma, avrebbe cominciato a guardarsi tutti i dati relativi al monitoraggio giapponese degli ultimi tre anni; magari erano davvero solo delle semplici scosse di natura tettonica, ma era meglio controllare.
Era quasi arrivato nei pressi dell’atrio della villa, quando si sentì richiamare da una voce femminile.
“Certo che cammini veloce! E poi con i tacchi è ancora più difficile starti dietro!” Yoshiko lo raggiunse, accorciando anche l’ultima distanza “Ti sei allenato con le escursioni ci scommetto!”.
“Yoshiko? Ma non eri con Azumi?”.
“Sì, ma tu sei scappato via e non ho avuto modo né di salutarti, né di ringraziarti.”.
Il Prof sorrise “E di cosa? Piuttosto, va meglio ora?”.
Lei annuì “Sì. Scusami, i terremoti mi terrorizzano…”.
“Ma non devi mica scusarti. È normale averne paura.”.
“Ad ogni modo, grazie. Sei stato davvero gentile.”.
“Di nulla, ma cerca di non farti prendere dal panico la prossima volta…” poi cominciò a tastare la giacca alla ricerca di qualcosa “…ero sicuro di averlo…” e lei lo osservò interdetta fino a che non sembrò trovare ciò che stesse cercando. Da una tasca interna, Yuzo cavò un bigliettino con una penna.
“Se dovessi essere nuovamente in difficoltà e avessi bisogno di aiuto…” disse, cancellando il numero segnato sul cartoncino e scribacchiandone rapidamente un altro “…questo è il numero del mio cellulare: è un satellitare, quindi prende dovunque.”. Le porse il bigliettino da visita che lei prese delicatamente tra le dita.
“Davvero… posso?” domandò titubante “Non ti disturbo?”.
Ma lui scosse il capo “Non preoccuparti. Se hai bisogno puoi chiamarmi a qualsiasi ora, dormo relativamente poco.” disse con un sorriso “Solo… tieni questo numero lontano da Sanae o sono un uomo morto!”.
E lei sorrise, annuendo “Ok, stai tranquillo! E grazie ancora!”.
“Grazie a te per aver salvato una serata altresì terrificante.” le disse infine, prima di volgerle le spalle ed attraversare l’atrio, esclamando “Buonanotte, sorellina di Misaki.” che gli valse una linguaccia.
[1]NASTJA: un mio piccolo omaggio ad una autrice del fandom di Captain Tsubasa, Izumi, ed al suo personaggio di ‘Sotto la pioggia camminava la primavera’, che io, personalmente, ho adorato!*_*
[2]KAMCHATKA: estrema penisola russa che si affaccia sull’Oceano Pacifico ed il Mare di Okhotsk. Relativamente giovane, geologicamente parlando, vanta un elevato numero di vulcani (circa 160, dei quali 79 sono attivi) e geyser (circa 200).
[3]“OCHEN… KONJECHNO”: il dialogo sarebbe “Piacere di conoscerti, Nastja.” / “Parli il russo?” / “Molto, molto poco.” / “Più di Genzo di sicuro!” Si ringrazia la bravissima Izumi, traduttrice inconsapevole del suo omaggio! XD *_* sono stata brava a non farmi scoprire? Ehhhh?*.*
…E poi Bla bla bla…
Qualcuno è probabile che possa restare molto, molto stupito o addirittura sbottare con un ‘Massè! E prima il Guatemala e dopo la Kamchatka… che più?!’, orbene: questo non è solo possibile, ma POSSIBILISSIMO.
E vi spiego perché.
La maggior parte dei miei professori universitari ha girato mezzo mondo (ed ho visto le foto! XD), uno di loro è stato Capo della Protezione Civile alcuni anni fa. Ma l’esempio che più mi preme illustrarvi, riguarda un professionista che venne con noi in escursione.
Lui era il nostro ‘fuochino’, ovvero preparava gli esplosivi per fare indagini sismiche.
Il Signor E. è un mito! Ci ha fatto morire dalle risate e ci ha raccontato tantissimi aneddoti, soprattutto, ci ha parlato dei suoi tantissimi viaggi.
Quest’uomo si è girato la Cintura di Fuoco, l’Africa, l’Australia e posti stranissimi che credo io riuscirò a vedere solo tramite foto. Ci ha raccontato dell’alba sulle Ande, di quando è stato fatto prigioniero da alcuni guerriglieri africani insieme ad un suo collega, e di quando ha incontrato – per puro caso – il parente di un suo amico a Sidney. E tutto questo grazie al suo lavoro.
Quindi, i tanti viaggi di Yuzo, non sono che la realtà di moltissimi geologi.
Concludo citando il mio professore di Geofisica Applicata: “Per essere dei buoni geologi, non bisogna soffermarsi solo sulla realtà nazionale, ma conoscere la geologia del mondo. Quindi, dovete viaggiare.”.
Ed ora i ringraziamenti dovuti!
la mia Sakura-chan: *_* tesssssora. Mi sto armando per creare il bannerino per il Club-Sanae-no-Zerby! XD abbi fede! *_* e sono contenta di esser riuscita a farti piacere Yuzo. Attendo, piena di curiosità, di sapere bene ciò che pensi di lui!*_*
NOTA MOLTO IMPORTANTE: Non ci saranno aggiornamenti per le prossime due settimane. Questo perché: la settimana del 1° Maggio la devo dedicare tutta al completamento della fanfiction partecipante al concorso indetto da Lisachan sul forum di EFP. Quindi, ha la priorità. Mentre dal 7 al 14 Maggio, non sarò in sede: *_* vado a trovare il Diofà.
Inoltre, sono ormai arrivata a pubblicare quasi tutti i capitoli già conclusi (manca solo il 6, mentre il 7 è in lavorazione.), quindi, per prendermi anche maggiore tempo per la stesura, alternerò la pubblicazione di Huzi a quella per la storia del concorso (se i risultati saranno già usciti). E questo è davvero tutto ^_^ grazie mille per la cortesissima attenzione!
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Huzi
- Capitolo 6 -
La prima cosa che disse, appena varcò l’ingresso del centro operativo dell’FVO, fu “Profondità dell’ipocentro?”.
Ricardo alzò lo sguardo dal monitor. “Sei già qui?” domandò, squadrandolo da capo a piedi “Hai avuto anche il tempo di andarti a cambiare?”.
Yuzo inarcò un sopracciglio. “No, veramente sto arrivando direttamente dalla festa.”.
“¡Madre de Dios! Sei andato vestito così?!” sbottò l’ingegnere portandosi una mano alla fronte.
“Sì, perché?”.
“Mi lasci senza parole. Già immagino: gli altri vestiti di tutto punto e tu come l’allegro contadino!”.
Il Prof alzò lo sguardo al cielo, scuotendo il capo. “Abbiamo altro a cui pensare.” disse cambiando discorso “Allora? Questo ipocentro? Hai chiamato Rita?”.
“17 km, 3.7 Richter. Sì, l’ho chiamata: prima mi ha bestemmiato in napoletano, poi ha detto che arrivava.”.
Yuzo mugugnò qualcosa, riguardo la profondità dell’ipocentro, ed aggiunse “Hideki?”.
Rick fece spallucce “Ha chiesto se fosse necessaria la sua presenza, io gli ho detto di no e lui, dopo avermi mandato a quel paese per averlo svegliato inutilmente, mi ha detto di fargli trovare un rapporto per domattina.”. Poi si alzò, esibendo un largo sorriso “Quindi, in assenza del burbero, sei tu il grande capo.” e gli diede una sonora pacca sulla spalla “Forza, facci vedere come comandi l’FVO!”.
L’altro abbozzò un sorriso “Non credo ti convenga.” lo avvertì, afferrando il pacchetto di sigarette e portandosene una alla bocca, senza accenderla.
Un’esclamazione di forte disappunto attirò la loro attenzione “Che puozz jett’o’sanc[1]!”.
“E’ arrivata anche Rita.” notò Ricardo, riconoscendo una delle tipiche espressioni in dialetto della sismologa campana, e si volse ad osservare la giovane dall’inconfondibile massa riccia color carotina. “Oh, mia principessa!” esclamò andandole incontro, ma lei lo fermò sollevando una mano e osservandolo da sopra le lenti con uno sguardo omicida.
“A’ Riccà! Se vuoi rompere, cambia soggetto, ché oggi non è aria!”.
“Querida, sei di pessimo umore?” incalzò l’altro, prendendole la mano e rivolgendole uno sguardo da triglia.
“Solo ‘pessimo’?” fece eco “Di’ pure che sembro una iena! Siamo tornati solo ieri sera e sto ancora litigando con il fuso orario, ok? E come se non bastasse, mentre sono nel meglio del mio sonno ristoratore, un ispanico rompiballe mi chiama perché devo analizzare un terremoto talmente scemo che io nemmeno ho avvertito!” e Ricardo sbatté velocemente le palpebre, esibendo un sorriso a trentadue denti, mentre lei sospirava e scuoteva il capo. “Cos e’ pazz![2]” borbottò, ritraendo bruscamente la mano e dirigendosi verso l’uscita per scendere al primo piano dove c’erano i sismografi. Ed intanto continuava a rimbrottare “Con tanti sismologi che ci sono, vorrei proprio capire perché devono rompere le scatole sempre a me! O’ vulesse sapé[3]!”.
Yuzo e Rick sghignazzarono appena mise piede fuori dagli uffici.
“E’ la migliore, non c’è niente da fare.” disse Ricardo.
“Già. Dovremmo dirglielo, così la smetterebbe di borbottare.” accordò il Prof, ma l’altro scosse il capo incrociando le braccia al petto.
“Ma scherzi? È italiana: se non si lagna di qualcosa, poi si annoia!” e risero ancora più forte, fino a che Yuzo non gli mollò una sonora pacca sulla spalla, esclamando.
“A proposito di annoiarsi, non avevi detto di volermi in versione ‘grande capo’?” ma l’altro assunse un’espressione di poco velata preoccupazione, che lo fece sghignazzare in maniera subdola.
“Esatto, mio caro, comincia a sfacchinare: ricordi quel file sul monitoraggio che ti avevo commissionato oggi pomeriggio? Ecco, hai dieci minuti per farmelo trovare sulla mia scrivania. Giusto il tempo che mi prenda un caffé e fumi una sigaretta.” e si allontanò, diretto ai distributori automatici.
“La sai una cosa?” urlò Rick alle sue spalle “Preferisco Hideki!”.
La camera era avvolta da una rassicurante penombra, schiarita da qualche sottile raggio luminoso che riusciva a filtrare tra le fenditure delle persiane chiuse.
I rumori esterni, della città già sveglia, erano un conciliante mormorio di sottofondo. Poi, un mugolio ovattato arrivò da sotto il pesante piumone, che copriva il letto, e qualcosa si mosse, cambiando posizione.
E, nuovamente, solo il traffico cittadino divenne l’unico rumore percepibile.
D’un tratto, due braccia emersero da quella cacofonia di coperte, stiracchiandosi nell’aria, accompagnate da un sonoro sbadiglio. Una mano tastò il comodino alla ricerca di uno strano oggetto, tutto rosa, a forma di maialino, sulla cui pancia vi era un quadrante con le lancette fosforescenti. Le dita studiarono per bene le varie forme, cercando di riconoscere quella giusta e poi si fermarono, trovandola.
Agguantò la sveglia che le aveva regalato suo fratello, facendola scomparire sotto il piumone.
E, di nuovo, il silenzio regnò per cinque secondi.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
“Maledizione!”.
Puntuale come un orologio svizzero, Yoshiko si svegliò che era in ritardo cosmico.
“Eccheccavolo! Ma come ho fatto a non sentire il suo grufolare convulso?!” si domandò, mandando all’aria le coperte e tirandosi a sedere nel letto, passandosi una mano tra i capelli super impicciati e duri come tavole di legno a causa dei chili di lacca che la parrucchiera le aveva messo il giorno prima, in modo che l’acconciatura tenesse per tutta la serata.
Sbuffò contrariata, non riuscendo ad affondarci nemmeno metà dita. “Devo sembrare un porcospino con la permanente riuscita male, accidenti!” poggiò i piedi al suolo, tastando alla ricerca delle moppine a cagnolino, con tanto di orecchie.
Le infilò con lentezza, dandosi un’ennesima stiracchiata e nascondendo uno sbadiglio in una mano.
“Dio, che sonno... e meno male che c’è stato il terremoto, altrimenti la serata sarebbe finita ancora più tardi.” disse a sé stessa, spalancando la finestra ed alzando la persiana, permettendo alla luce del giorno di invadere la camera da letto del piccolo appartamento che aveva allo Studentato. Con il sole, entrò anche il freddo pungente di Febbraio, che la fece rabbrividire e richiudere i vetri alla velocità del fulmine.
“Accidenti! Sembra di essere in Siberia!” esclamò, dirigendosi velocemente nel cucinino-salotto per prepararsi un bel caffé caldo e darsi una sonora svegliata. Caricò rapidamente la macchinetta all’americana, che faceva un caffé lungo davvero vomitevole, ma che aveva la santa capacità di resuscitare i morti di sonno come lei, e si sedette al tavolino in attesa che uscisse.
Certo che aveva dormito proprio bene, quella notte, per quanto l’ultima settimana fosse stata terribilmente stancante: tra l’organizzazione del gala e le tre scosse sismiche, aveva accumulato uno stress davvero notevole. Eppure, differentemente dalle altre nottate, il cui sonno era stato poco ristoratore ed agitato, stavolta si era coricata con un senso di rilassatezza e compiacenza che l’avevano aiutata a dormire come un ghiretto in letargo. Forse era dovuto al fatto che ormai la serata fosse finita, e tutta la preoccupazione, affinché la sala fosse perfetta, si fosse esaurita con la ottima riuscita del gala... oppure...
Distrattamente afferrò la borsetta che aveva lasciato sul tavolo quando era rientrata e la aprì, cavandone il bigliettino da visita che le aveva lasciato il Prof, mentre stava andando via.
Yuzo Morisaki.
Vulcanologo.
Campeggiava al centro, mentre in basso, da un lato, vi era l’indirizzo ed il numero di telefono della sede dell’FVO e dall’altro il suo vecchio numero di cellulare, cancellato, con sopra, a penna, quello attuale.
Sorrise.
Certo che era carino, accidenti! Un vero peccato che non fosse comparso prima. Si ritrovò a pensare, rigirando il cartoncino tra le dita, e si ricordò di quando aveva distrattamente captato il suo nome, durante qualche conversazione di suo fratello o gli altri membri della Nazionale. Il suo primo pensiero, scoprendo che questo strano soggetto aveva mollato la Generazione d’Oro per dedicarsi agli studi, era stato: folle! E di certo non si sarebbe mai immaginata che, proprio quel ‘folle’, avrebbe magneticamente catturato la sua attenzione.
Il forte aroma di caffé invase la stanza, distraendola dai suoi pensieri, e si mosse per prendere una tazza e versarsene fino all’orlo in modo da reggere per tutta la giornata, quando qualcuno bussò con decisione alla porta dell’appartamento.
“Yoko[4]!” chiamò una voce femminile “Yoko, ma stai ancora dormendo?”.
Yoshiko sorrise, andando ad aprire “Che hai da urlare? Sono sveglia.” rimbrottò, mentre l’amica, e vicina di stanza, sgattaiolava all’interno, osservandola con occhio critico e picchiettando il pavimento con la punta del piede.
“Sei ancora in pigiama?!” notò, inarcando un sopracciglio ed abbozzando un sorrisetto ironico “Non dirmelo: ti sei alzata dieci minuti fa.”.
“Cinque.” corresse l’altra, versandosi il caffé.
“Cinque?! Sei in ritardissimo!”.
Yoshiko sbuffò “Saya, non ripetermi quello che so già!”.
“Tesoro, repetita juvant.” affermò, annuendo con severità “Ommioddio! Guarda i tuoi capelli! Sono un disastro!”.
“Sì, sì... ora vado a farmi una bella doccia e torneranno decenti.” e vuotò la tazza, assumendo un’espressione di puro disgusto.
“Ok, ma spicciati! O finisce che facciamo tardi alla lezione di Storia dell’Arte Italiana e lì sì che sono guai! Lo sai come è puntiglioso quello!” e lei mugugnò qualcosa di affermativo, eclissandosi all’interno del bagno il cui ingresso era nella sua camera da letto.
Saya osservò il letto sfatto e scosse il capo, posando la borsa con i quaderni su di una sedia, provvedendo a sistemarglielo.
“Allora?” domandò a voce alta, per sovrastare lo scrosciare dell’acqua della doccia “Come è andata la serata di beneficenza?”.
“E’ stata un successone!” rispose Yoshiko, strofinando per bene i capelli affinché tutto lo schifo, con cui erano stati incollati, venisse lavato via “C’erano tantissime persone e le donazioni sono state estremamente generose! Yayoi era davvero contenta!”.
“Perfetto!” convenne, ripiegando le lenzuola “E dimmi... c’era anche quel gran figo di Hyuga?” domandò con un sorriso, sbattendo il cuscino.
“Certo!” confermò Yoshiko “Con la sua amatissima fidanzata.” e sottolineò sia la parola ‘amatissima’ che ‘fidanzata’, scoppiando a ridere.
Saya sospirò affranta, sistemando il piumone. “Dio, come invidio la Akamine! Credo che Hyuga sia il più gran bel pezzo di carne che io abbia mai visto! Che darei per essere al suo posto!” e sospirò ancora più sonoramente, sedendosi sul letto che aveva appena finito di rifare.
Ignorando le sue parole, Yoshiko esclamò “Ho conosciuto una persona.” attirando la curiosità dell’altra, che abbandonò per un momento le sue pene d’amore-impossibile, domandando “Un calciatore?”.
“No.”.
“No?!” fece eco con perplessità.
“Strano, ma vero.”.
“E allora cos’è? Un manager? Un riccastro?” e lo scosciare dell’acqua cessò, venendo richiusa. Poco dopo, la sorella di Misaki uscì avvolta dal suo accappatoio di spugna rosa, frizionando i capelli con l’asciugamano.
“Nessuna delle due.” rispose sorridendo “E’ uno scienziato.”.
“Ommioddio no!” scattò su l’altra, balzando in piedi con espressione terrorizzata, facendole inarcare un sopracciglio “Gli scienziati sono pazzi!” esclamò con convinzione “Che ne sai che non sta progettando di conquistare il mondo?!”.
Attimo di profondo e sacrale silenzio.
“Saya... stai vedendo Dragon Ball, per caso?”.
“Sì! E c’è quel Dottor Gelo che è raccapricciante!”.
E Yoshiko alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo “E’ solo un vulcanologo...” disse, afferrando il phon e tornando nel bagno per asciugarsi i capelli “...ed è carino e gentile.”.
Saya comparve sulla porta, poggiandosi contro lo stipite. “Quanto carino e quanto gentile?” domandò con un sorriso e le braccia conserte.
“Molto carino e molto gentile.”.
“Da 1 a 10?” insistette l’altra e Yoshiko rimase per un momento in silenzio, con la testa all’ingiù, a pensarci.
“Direi 10 a tutte e due.” e Saya fischiò.
“Cavolo! Il massimo al primo colpo! Allora lo devo conoscere! Come si chiama?”.
La sorella di Misaki rialzò il capo, buttando i capelli all’indietro e finendoli di asciugare con la spazzola. “Yuzo, ma tutti lo chiamano ‘il Prof’... ed ho il suo numero di cellulare.”.
L’amica fece schioccare le dita “Ottimo lavoro, ragazza! Allora ti ho insegnato bene!” poi si fermò, assumendo un’espressione criptica. “Aspetta. Quanti anni ha?!”.
“Ehm... è un po’ più grande...” tergiversò.
“Più grande... di quanto?”.
“...otto... è un amico di Taro.”.
“Trent’anni, Yoko?! È vecchio!” sbottò contrariata.
“Non è vecchio!” si impuntò con decisione “E’... maturo! Ecco!” e spense il phon, dando un’ultima spazzolata a quei capelli, lisci come spaghetti, che le arrivavano sulle spalle. Poi si diresse in camera, cavando gli abiti dai cassetti, mentre l’altra continuava a fare la sua arringa.
“Gli uomini, a quell’età, hanno esigenze diverse. E poi... a trent’anni non è né sposato, né fidanzato? Allora è un farfallone!” ed annuì con convinzione.
“Saya, risparmiami le tue perle di vita.” sbuffò Yoshiko “E poi non è un farfallone: è divorziato.”.
“Divorziato?!”, e la sorella di Misaki le fece il verso, “Oddio: uno scienziato divorziato... una catastrofe!”.
“No, te lo dico io cos’è una catastrofe: arrivare tardi al corso di Storia dell’Arte Italiana, ecco, quella è una catastrofe!” e tornò nel bagno, richiudendole la porta ad un palmo dal naso.
Sbuffò nuovamente, rilassandosi contro lo schienale della poltrona del suo ufficio, e si tolse gli occhiali che metteva solo quando lavorava al computer, lanciandoli con un gesto seccato sulla scrivania.
Gli occhi gli bruciavano a causa di tutta la stanchezza accumulata, sommata alla notte trascorsa davanti ad un monitor ed il riposo praticamente nullo. Li massaggiò con lentezza, mentre aveva l’impressione che venissero trafitti da migliaia di spilli.
In quel momento, avrebbe gradito volentieri un caffé. Fu il suo primo pensiero, al quale seguì subito quello di una sigaretta: Santa Nicotina e Santa Caffeina erano le sue protettrici fidate. Con gesto lento, afferrò il rotolino di tabacco spento, che le sue labbra avevano trattenuto fino ad allora, reclinando il capo all’indietro e mantenendo gli occhi socchiusi per qualche secondo.
Aveva vagliato il primo dei tre anni di monitoraggio e gli era sembrato che fosse tutto piuttosto regolare: i soliti vulcani in eruzione avevano mantenuto il loro stato pressoché immutato, alternando periodi di maggiore e minore intensità. La sismicità era nella norma: terremoti associati a fenomeni eruttivi, terremoti tettonici. Niente di rilevante o anomalo. Aveva osservato i sismogrammi degli eventi più significativi, intensità, velocità, con scarsi risultati.
Andava tutto bene.
E allora perché una vocina, fastidiosa come il Grillo Parlante di Pinocchio, continuava a sussurrargli all’orecchio “c’è qualcosa che non va!”?
Un qualcosa che, però, sembrava sfuggirgli. O forse il suo intuito era rimasto ad abbronzarsi sul Pacaya alla faccia sua?
Non era un’ipotesi da scartare a priori, quella. E poi, alla fine aveva controllato solo il primo anno, ne restavano altri due e magari qualcosa sarebbe saltata fuori.
Un paio di colpetti alla porta gli fecero aprire gli occhi di scatto ed inquadrare la figura sorridente di Rita, che restava ferma presso l’uscio aperto del suo ufficio.
“Ti ho pizzicato.” esclamò lei, avvicinandosi alla scrivania “Sei cotto dalla stanchezza come tutti i comuni mortali, Stachanov.”.
Lui abbozzò un sorriso, negando l’evidenza “Ma che stanco! Dammi un caffé e torno fresco come una rosa.”.
Rita scosse il capo “Sei un masochista della peggior specie, lo sai?”.
“Piuttosto, dimmi che hai delle notizie interessanti…”.
“Spiacente di deluderti, Yuyù, ma non ne ho nemmeno mezza.” e gli allungò una serie di fogli pieni di schemi, diagrammi e grafici vari, ai quali lui diede una rapida occhiata, mentre lei continuava “Me lo sono rigirato come un calzino questo terremoto, l’ho praticamente sezionato, ma non ho trovato niente di anomalo… è una banalissima scossa tettonica.”.
Yuzo sospirò, inarcando un sopracciglio “E come ti spieghi la distanza ravvicinata di tutti questi eventi?”.
Rita fece spallucce “Avvisaglie di un fenomeno di dimensioni maggiori?”.
“Sì, ci avevo pensato anche io… eppure non mi convince del tutto…”.
La sismologa lo guardò con occhio critico “Yuyù…” esordì, attirandosi il suo sguardo “…non ti starai mica incaponendo nel cercare un qualcosa che non esiste?!”.
L’altro sorrise, posando i fogli sul tavolo ed agguantando il telefono “E’ ancora presto per dire che non c’è nulla.” si giustificò, facendola sospirare. “Facciamo così: fai un’indagine comparata degli ultimi tre terremoti, io chiamo l’ERI e mi faccio inviare dati più specifici…” ma lei lo fermò prima che potesse iniziare a comporre il numero, tenendo premuto il tastino del ricevitore.
“Facciamo che, invece, io comincio l’indagine e tu vai a casa a dormire.” disse con decisione “Chiamerai l’ERI dopo che ti sarai riposato o non riuscirai a cavare un ragno dal buco.”.
Yuzo osservò attentamente il suo sguardo severo e poco conciliante, capitolando e posando la cornetta.
“Vabbuò![5]” disse in un napoletano dall’accento nipponico, che fece sorridere Rita “Hai vinto, me ne vado a casa.” e spense rapidamente il portatile, lasciando poi l’ufficio seguito dalla vigile sismologa, che non lo mollò fino a che non lo vide inforcare le scale, per essere sicura che non facesse una finta e ritornasse, alla chetichella, sui suoi passi per rimettersi a lavorare.
Ricardo comparve di fianco a lei, che annuiva soddisfatta.
“Dove sta andando?” domandò perplesso.
“A farsi un bel sonno.”.
“E come lo hai convinto?!”.
La ragazza lo inquadrò con la coda dell’occhio, da sopra le lenti da vista “Riccà, staje parlann co’ Rita![6]”.
“Sono le 8:20, se abbiamo fortuna ed il professore ritarda, forse ce la facciamo ad arrivare prima che cominci la lezione.” disse Saya, dopo che ebbe controllato l’orologio.
Yoshiko annuì, aumentando il passo, mentre zig-zagavano tra le persone che camminavano nella direzione contraria. La borsa pendente dalla spalla, ed un paio di libri sottobraccio. Si strinse ancora di più nel corto cappotto nero e la pesante sciarpa multicolore, per contrastare il freddo, mentre, nel cielo, alcune nuvole cominciavano a chiazzare di grigio l’azzurro.
Il palazzo dello Studentato non era uno solo: oltre quello che rientrava nel Campus, ce n’erano altri due, ed il loro distava una ventina di minuti, a passo sostenuto, dall’Università.
“Ehi, ma l’hai sentita la scossa, ieri?” domandò Saya ad un tratto, facendola rabbrividire al solo pensiero.
“Certo che sì!”.
“Io ero in camera con un paio di ragazze francesi che fanno l’Erasmus, quando ha cominciato a tremare tutto.” spiegò “Non ti dico: hanno preso a strillare come aquile! Dio, che sceme.”.
Yoshiko inarcò un sopracciglio, abbozzando un sorriso ironico “Mentre tu, immagino, mantenevi i nervi saldi e rassicuravi tutte da buon Cuor di Leone, n’est-ce pas?”.
“Ovvio.” sbottò l’altra “Non potevo certo far vedere che me la stavo facendo sotto, davanti a quelle due ochette?!”.
E la sorella di Misaki cominciò a ridere come una matta, provando ad immaginare la scena, quando l’amica aggiunse “Io ho pensato subito a te, e ai tuoi attacchi di panico-da-terremoto, e mi sono un po’ preoccupata, poi, però, ho pensato che fossi con tuo fratello e la cosa mi ha rassicurata…”.
Yoshiko sorrise con affetto, prendendola sottobraccio “Oh, che carina!” per poi continuare “E’ stato un momento pessimo, ero terrorizzata…”.
“Meno male che c’era Taro…”.
L’altra le lanciò un’occhiata da furbetta “E chi ti dice che sia stato proprio lui ad aiutarmi, in quegli attimi?” facendo assumere un’espressione di puro stupore a Saya, che disse “Non mi dirai che…”
“Proprio così.” confermò “Lo scienziato divorziato.”.
“E che facevi in compagnia di Dott. Frankestein?” domandò maliziosa, facendola arrossire.
“Scema! Stavamo solo parlando sulla terrazza della villa!” si difese con foga “Non incominciare a macinare pensieri strani, tu!”.
“E perché non dovrei? Sei già nella fase ‘mi si fanno gli occhi a cuoricino appena lo nomino’!”.
“Non è vero! Ci ho parlato solo una volta!”.
“Beh, ma la frase ‘colpo di fulmine’ ti dice niente?”.
Yoshiko sbuffò, guardando altrove, per poi bloccarsi di colpo, mormorando un “Oddio!” allarmato e nascondersi dietro ad un muretto, sotto lo sguardo perplesso di Saya che esclamò “Ma che diavolo stai facendo?!”.
“Oddioddio!”.
“Questo l’ho capito, e dopo?”.
“Presto, nasconditi!”.
“Nascondermi?!”.
E vedendo che l’amica continuava a restare immobile, la agguantò per una mano, trascinando anche lei dietro al muretto.
“Ehi!” protestò, ma venne ignorata di sana pianta.
“E’ qui!” mugolò Yoshiko.
“Ma chi?!”.
“Come ‘chi’?!” le fece eco con ironia e Saya esibì un sorriso entusiasta.
“Doktor Terror[7] è qui?! E dov’è?!” alzandosi di scatto, ma venendo immediatamente trascinata giù.
“Non farti vedere!” la ammonì, mentre i passanti le osservavano perplessi.
“Yoko, sembriamo due cretine.” sbuffò l’amica e l’interpellata le fece segno di affacciarsi pian piano oltre il muretto.
Lentamente, una testa castana ed una corvina emersero come periscopi.
“Allora?” domandò la seconda.
“Lo vedi il Pick-up rosso, davanti al bar?”.
“Sì…”.
“E lo vedi il tipo appoggiato alla portiera, che fuma con l’aria distratta?”.
“Sì!”.
“Ecco. Saya, ti presento Yuzo.”.
“Oddio quanto è carino!” sbottò entusiasta, mentre Yoshiko le lanciava un’occhiata ironica.
“Ed io che ti avevo detto?!”.
“Me lo immaginavo diverso, che so: con l’espressione folle da conquistatore spietato.”.
“Dio, Saya, guarda meno cartoni animati.”.
Ma l’altra la ignorò “La sigaretta gli conferisce quell’aria da uomo vissuto, davvero affascinante.”.
“Secondo me gli fa male: sapessi quanto fuma.” e Saya abbozzò un sorriso ironico “Oh, che premurosa!” ottenendo una gomitata come risposta, che la fece ridacchiare.
“E adesso? Che faccio?” domandò Yoshiko.
“Ma che domande fai? Ti alzi e lo vai a salutare, mi sembra scontato.”.
“No! Non ci penso nemmeno! Ci siamo visti solo ieri… sembra che l’abbia fatto apposta!”.
“Ma cosa dici?! È stato un caso!” e poi, con maggiore solennità “Magari è destino.” ma, vedendo che l’amica non aveva la minima intenzione di uscire allo scoperto, assunse un’espressione severa. “Smetti di comportarti come una bambina ed usciamo da questo stupido nascondiglio. Ora, io e te lo andremo a salutare, sono stata abbastanza chiara?!”. Saya sapeva bene quali note toccare con Yoko: bastava solo che sentisse la parola ‘bambina’, per farle prendere il coraggio a due mani e dimostrare di non esserlo più.
La ragazza, dai capelli castani, sospirò pesantemente, assumendo un’espressione finto-decisa che fece sorridere l’amica.
“Ok, andiamo.”.
Rita aveva terribilmente ragione. Era a pezzi.
Gli occhi si tenevano aperti per puro miracolo e vedeva sismogrammi ovunque. Stavolta aveva chiesto un po’ troppo a sé stesso, non riposando per circa 24 ore consecutive e con i fusi orari che continuavano a cozzare tra di loro.
Ma prima di collassare sul divano, si concesse un caffé al primo bar che trovò lungo la strada.
Parcheggiò Dante e scese rapidamente, ordinando un caffé nero, forte e amaro come il veleno; una roba che avrebbe tenuto allegramente sveglio anche un narcolettico, ma lui era così stanco che avrebbe potuto berne anche due di fila, senza che questi gli facessero effetto.
Lo mandò giù velocemente, per poi uscire e cavare il pacchetto di sigarette dalla tasca. Caffé chiamava sigaretta: era un binomio indissolubile nel suo cervello.
Si poggiò contro la portiera del Pick-up, accendendo il tabacco ed esalando una grigia nuvoletta di fumo, rimanendo piuttosto pensieroso.
Se era vera l’ipotesi di un imponente evento sismico, perché l’ERI non aveva comunicato nulla agli osservatori disseminati nella zona interessata? E qual era la genesi di tale fenomeno? E, soprattutto, quale sarebbe stata l’intensità?
Aveva un bel po’ di domande in testa, ma avrebbe ripreso le sue elucubrazioni dopo aver dormito, a mente fresca.
“Posso dirti che non hai affatto una bella cera, Prof?”.
Un’allegra voce femminile gli si rivolse, attirandosi la sua attenzione. Due ragazze lo stavano osservando sorridenti, ed in quella con i capelli castani riconobbe la sorella di Taro.
“Di’ pure pessima.” scherzò con un sorriso “Ciao Yoshiko, la serata si è conclusa bene ieri?”.
Lei annuì “Grazie al sisma, è finita leggermente in anticipo: meglio così, altrimenti stramattina non mi avrebbero svegliato nemmeno le palle di cannone. Però è stato un successo!”.
“Ne sono contento. È una bella soddisfazione anche per te: allestitrice modesta.”.
Yoshiko arricciò il naso, sorridendo “Tu, invece, hai l’aria di chi ha passato la nottata a lavorare.”.
Yuzo rise, grattandosi un sopracciglio “Sembro così stravolto?”.
“Io direi anche di più.” poi aggiunse, in tono più serio “Scoperto qualcosa di importante?”.
Il Prof scosse il capo “No, niente di particolare.”.
“Capisco…” annuì pensierosa “…beh, è un bene no?”.
“Sì…” - Peccato che io non ne sia convinto nemmeno un po’! - “…è un buon segno.”.
Poi, Yoshiko si sentì pizzicare il sedere con insistenza e si ricordò di essere in compagnia.
“Ah! Ti presento Saya.” esclamò ad un tratto “E’ la mia vicina di stanza.”.
E la giovane interpellata tese una mano “Piacere.” che Yuzo strinse, sorridendo.
“Piacere mio, solitamente non sembro appena uscito di galera…” si giustificò “…ma non ho ancora dormito.”.
L’altra rise “Oh, figurati: Yoshiko stamattina non era messa meglio di te. E dire che lei se l’è fatto un bel sonno!” la prese in giro, attirandosi un’occhiata omicida-anzicchennò che fece ridere sia lei che il Prof.
“State andando all’Università?” domandò quest’ultimo, notando come fossero cariche di libri.
“Sì…” annuì Yoshiko, osservando distrattamente l’orologio da polso, per poi sgranare gli occhi “…e siamo anche in ritardo pauroso!” le lancette segnavano le 8:30.
“Volete un passaggio?” propose Yuzo “Andavo comunque in quella direzione…”.
“Non è un problema?”.
“Affatto, nessun disturbo.”.
E la sorella di Misaki lanciò un’occhiata a Saya, la quale sembrava dirle ‘cavolo ma ci pensi pure? Accetta, muoviti!’, e lei sorrise “Allora approfitteremo della tua cortesia.”.
Il Prof sorrise, indicando la vettura alle sue spalle “Dante è a vostra disposizione.” e rapidamente montarono sul Pick-up, allontanandosi in direzione dell’Università.
“Hai dato un nome alla tua macchina?!” rise Yoshiko e lui scosse il capo.
“E’ una lunga storia.”.
“Beh, trovo che sia un bel nome…” annuì con decisione “…come il poeta italiano.” e Yuzo la guardò, inarcando un sopracciglio.
“Possibile che solo io abbia pensato a Devil May Cry la prima volta che l’ho sentito?!”.
Yoshiko scoppiò a ridere divertita, agitando l’indice con l’aria da saputella “Ahi ahi, Prof, siamo ignoranti in letteratura straniera, eh?” e lui sospirò.
“Lo so, le materie letterarie non sono mai state il mio forte.”. Accostò al marciapiede, appena furono innanzi all’ingresso del cortile universitario. “Eccoci qua, siete in orario?” domandò, rivolgendosi alle occupanti della vettura, e la sorella di Misaki annuì.
“Sì, grazie mille: se non fosse stato per te, saremmo arrivate ancora più tardi.”.
Intanto, Saya era già scesa rapidamente “Yoko, io ti precedo e vado ad occupare dei posti decenti…” poi si rivolse al Prof, facendo un inchino “…piacere di averti conosciuto e grazie del passaggio.”.
“Di nulla.”.
Per poi allontanarsi rapidamente, sotto il secondo sguardo omicida di Yoshiko che aveva immediatamente capito la tattica dell’altra, che era scappata in modo che lei potesse salutarlo da sola e con maggiore tranquillità.
- Oggi sta dando proprio il meglio di sé, accidenti! - pensò - Ma dopo mi sente! - e scese anche lei dal Pick-up, fermandosi di fronte al finestrino abbassato del guidatore.
“Allora…” tentennò “…grazie ancora.”.
Lui scosse il capo “Non ringraziarmi. Per così poco, poi.” ed aggiunse “Ricorda che hai il mio numero, per qualsiasi cosa tu abbia bisogno non esitare.”.
Per quanto non avrebbe mai potuto dimenticarlo, sentirselo ripetere le fece un immenso piacere, come fosse stato un incentivo in più a chiamarlo sul serio, se fosse riuscita a farsi coraggio. Yoshiko si limitò a sorridere ed annuire “Buon riposo.” augurò, facendo qualche passo indietro.
“Buono studio.” rispose il Prof, effettuando la manovra e venendo inghiottito dal traffico cittadino.
Le chiavi rigirarono nella toppa, facendo scattare il meccanismo della serratura.
Con movimenti lenti, Yuzo varcò la soglia dell’appartamento, richiudendo l’uscio alle sue spalle.
I borsoni erano ancora dove li aveva lasciati e li osservò per un attimo, con occhio critico, dicendo a sé stesso che avrebbe dovuto disfarli in tempi non sospetti. Ma non l’avrebbe fatto quel giorno, poco ma sicuro: con il sonno che aveva arretrato, non avrebbe avuto il tempo di sistemare anche le valigie.
Avanzò con passo stanco verso il divano, evitando accuratamente di guardarsi troppo intorno, soprattutto di inquadrare la sua camera, il cui letto era ancora perfettamente intatto. Non era più stato toccato da quando era partito, tre anni prima: non aveva il coraggio sufficiente per dormirci da solo, senza Aiko rannicchiata al suo fianco o che leggeva qualche rivista, appoggiata alla testiera, o, ancora, che lavorava al portatile.
Era anche per quello che passava tanto tempo all’FVO: rientrare in casa era come tuffarsi nei ricordi, proprio ciò da cui tentava di fuggire, per non rimanerne schiacciato. Quasi quasi avrebbe dovuto portarsi una branda in ufficio, così avrebbe dormito lì. Hurrà, cosa chiedere di più alla vita: il lavoro sempre con sé ed Hideki perennemente nelle orecchie.
Sorrise con ironia, togliendosi le scarpe e gettandosi sul divano, lentamente si coprì gli occhi con una mano.
“Grazie a Dio sono troppo stanco per poter pensare…” mormorò, socchiudendo le palpebre “…troppo, troppo stanco…” ed in pochi minuti si addormentò.
[1]“CHE… SANC!” : esclamazione dialettale di disappunto, “Che tu (tu ipotetico, in questo caso) possa buttare il sangue!”. Rita, da buona napoletana DOC, non ci va tanto per il sottile! XD.
[2] “COS… PAZZ!” : “Cose di pazzi!” quando una situazione è assurda.
[3] “O’… SAPE’!” : “Lo vorrei sapere!”
[4]YOKO: il diminutivo che ho scelto per ‘Yoshiko’, prendendo l’inizio e la fine del nome; sinceramente, non avrei usato ‘Yoshy’ nemmeno per tutto l’oro del mondo!O_O essendo che lo detesto! XD
[5] “VABBUO’!” : “Va bene!”
[6] “RICCA’… RITA!” : “Ricardo, stai parlando con Rita!” in senso molto ironico.
[7]DOKTOR TERROR: questo l’ho preso da Dylan Dog! XD
...E poi Bla, bla, bla...
Dopo due settimane di stop, di cui una l'ho trascorsa in compagnia del mio Diofà (*_*) a fare incetta di fumetti al Torino Comics 2007 (XD), ritorno con a voi con un nuovo capitolo di Huzi.
Capitolino abbastanza leggero, non trovate?XD Ho cercato di venire in contro alla pucciosa richiesta Makinika di stemperare la tragggggedia!XD Ho un cuore anche io!*_* seppur moooolto piccino ed incline al traggggico profondo! XD
In questo capitolo avete fatto la conoscenza di Rita e Saya, entrambi personaggini che ho in profonda simpatia!XD La prima, diciamo che ha la sua controparte reale: una delle mie professoresse universitarie!XD E non le somiglia solo di aspetto, ma anche nei modi di fare. La seconda... beh... Saya si commenta da sola, o no? XD
Per quanto riguarda il Capitolo 7 è in lavorazione e spero di finirlo al più presto. Diciamo che è già ad un buon punto, devo solamente organizzare la... mhh... parte 'tecnica'!XD E non è una cosa facile!
Ora, passo ai ringraziamenti come sempre doverosi!*_*:
Cloud: prima di tutto, volevo ringraziarti dei complimenti: super-apprezzatissimi!*.* Fa sempre un piacere enorme sapere che riesco a farvi appassionare ad una storia!*.* (Ego e Autostima sentitamente ringraziano!XD) Poi, volevo rassicurarti!XD Tre scosse di magnitudo 5 in un mese, non sono avvisaglia di catastrofe!XD Ovvio... dipende anche dall'epicentro e ipocentro!XD Però ora la domanda mi sorge spontanea: sei in Giappone?*_* se sì: beata teeeeeeeeee!! *zig*
Hikarisan: XD grazie mille anche a te per i tuoi complimenti! Ero un po' stanca del 'Jun miracolato' e così mi son detta: "Massì, facciamolo schiattare per una volta!"XD (sempre sadica-mode-on) così ho frantumato anche l'altra coppietta mielosa! Però la riuscita di Yayoi mi ha soddisfatta abbastanza, chissà... magari sta meglio in vedovanza!XDDDDDD. Per quel che riguarda Genzo... essendo che nel manga non lo si è mai visto in 'atteggiamento amoroso' (e correggetemi se sbaglio), ho voluto 'giocarci' un pochino!XD Solitamente, nel fandom ha sempre tristi vicende travagliate: anche qui la situazione non è stata tanto rosea (tre divorzi, mica cotica!XD), ma presa molto alla leggera (di tragggggedie ce ne sono - e saranno - già tante, almeno lui facciamolo risposare allegramente, va!XD).
Maki-chan: BUAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAH! O' Ingenua! Sono o non sono una delle 'Donne della Tragggica Tragggedia'?XD Tranquilla, il Giappone non si affosserà: te l'ho detto che mi sono tenuta più alla larga dai film iper-catastrofici, eh! Però, mi preparo pissicologiamente alla sputazzata nell'occhio!XD Quale mi ciccherai? Il destro o il sinistro?XD ti consiglio il destro, è quello che ci vede peggio!XD *____* ai lovv iù, mai Giangyna!
Sakura-chan: *__________________________* oh darling!*_* sei troppo buona con me, eh!XD *_* e sono contenta di sapere che questo Yuzo, decisamente il più maturo che sia mai uscito dalla mia tastiera, ti stia piacendo così tanto!*.* Ma dico: come farei senza la mia Be(t)ta? Ehhhhhhhh? Grazie mille per tutto il lavoro che fai per me e che apprezzo tantissimo!*_* Spero di riuscire a mantenere fede alle tue aspettative anche per i successivi capitoli! *.*Ti voglio bene tesssssssssora!
Ed anche per questo capitolo è tutto, grazie mille a chi continuerà a seguire questa storia. Grazie davvero.
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