An earthquake called Masaki Aiba
(#041. TERREMOTO)

Sho era completamente preso dalla lettura di un libro, quella sera.
Sentì il rumore di qualcosa che si frantumava, ma non ci fece caso; contrariamente non poté starsene fermo quando sentì un urlo di dolore ed una persona affrettarsi, quasi correndo.
Si diresse in cucina e si affacciò alla porta: quelli che erano stati piatti erano riversi a terra, ridotti in cocci; accanto la salma di un piccolo elettrodomestico probabilmente ora non più funzionante.
Fece un passo avanti, ma sentì qualcosa scricchiolare sotto la pantofola: guardandosi ai piedi trovò pezzetti di vetro ovunque.
“Che diamine è successo qui?” si domandò, osservando il completo disastro.
“Sho-chan!” Aiba entrò in cucina, sorridendo nervosamente.
“Cosa è successo?” domandò indicando i cocci per terra.
“Io…io volevo solo lavare i piatti! Ma poi ho sbattuto per sbaglio il gomito contro quello” indicò l’elettrodomestico “e poi tentando di prenderlo ho lasciato i piatti che sono caduti a terra…” cominciò a gesticolare “però ho raccolto i cocci! …ma rialzandomi ho colpito il ripiano dove stavano i bicchieri e… io…” prese fiato e mostrò il cerotto che aveva al dito.
Sho scosse il capo: perché conviveva con quel terremoto di nome Masaki Aiba?
Ah già, sospirò: ne era innamorato.

Do you wanna take this step with me?
(#053. SALIRE.)

Nonostante credesse fosse stupido, per lui c’erano dei piccoli gradini da salire nelle relazioni con le persone: lui e Masaki li avevano saliti quasi tutti. Semplici conoscenti, amici, migliori amici, amanti: piccoli gradini già scalati, ma che non erano abbastanza.
Con due dita giocherellò con i capelli di Aiba, che dormiva rannicchiato contro di lui: poteva sentire il suo respiro caldo ed il proprio cuore che batteva forte, quasi volesse balzargli fuori dal torace.
Ripensò all’ultimo gradino salito: amanti. Quando per lui era diventato qualcosa di più?
Osservò Aiba-chan e sorrise appena. Vuoi salire il gradino dell’amore con me, Masaki?

Please, I want it more
(#061. ANCORA)

Strinse le lenzuola tra le dita, mordendosi un labbro e gemendo sotto le sue spinte.
Ancora, sembrava chiedere a gran voce ogni fibra del suo essere. Ti prego, ancora, domandava in silenzio e lui sembrò sentirlo.
Il letto cominciò a cigolare più rumorosamente, mentre Masaki affondava la testa contro il cuscino sentendo i denti di Sho mordergli appena il collo e le sue mani stringere di più i suoi fianchi.
Ancora, pregò nuovamente mentre il suo intero corpo fu scosso da un brivido che gli impedì perfino di formulare pensieri incoerenti.

“Ancora” mormorò, mentre Sho lo accarezzava.
L’altro lo osservò e Aiba gli sorrise assonnato. “Accarezzami ancora, Sho-chan”

Influenza
(#016. RAFFREDDORE)

Era bastato un solo starnuto per far andare in tilt Sho-kun, che adesso parlava animatamente a telefono con il medico. Masaki pensava che quella preoccupazione quasi ossessiva verso la sua salute fosse tenera, nonostante fosse una vera rottura di scatole.
Sakurai ritornò con dell’aspirina ed un termometro e gli ordinò riposo assoluto.
Per provare che era in ottima salute nonostante il raffreddore, Masaki si alzò a sedere e baciò l’altro, che lo strinse a sé e ricambiò dolcemente.
Aiba-chan, in seguito, dovette dimostrare a Sho che se aveva il viso in fiamme e gli occhi lucidi non era per l’influenza.

'Cause he understood what frightens can be caused by wonderful things
(#033. RESPIRARE)

Masaki aveva capito da molto tempo quanto fosse importante respirare: essere in apnea o ansimare a causa di uno sforzo lo mettevano in agitazione; nonostante questo, però, ostentava un’espressione tranquilla se qualcuno gli chiedeva se stesse bene. Preoccupare gli altri era l’ultima cosa che voleva.
C’era un momento in cui era sicuro che non essere in grado di respirare correttamente non lo facesse entrare nel panico: mentre faceva l’amore con Sho.
Sentirlo muoversi dentro di lui, leggere nei suoi occhi tutto l’amore e l’affetto che provava nei suoi confronti gli facevano dimenticare ogni timore.
Perché capiva che ansimare non sempre era causato da cose negative, ma anche da cose bellissime.

Different expressions for different emotions
(#017. OCCHI.)

L’aveva notato mentre facevano l’amore: gli occhi di Sho erano molto espressivi: quando era felice sembravano brillare come stelle; se era triste si oscuravano, diventando di un colore freddo che lo faceva sentire infelice.
Diventavano atoni aghi se era adirato, quando era eccitato invece sembravano quasi liquidi e Sho lo osservava con quello sguardo sexy che lo faceva fremere.
Decise di scrivere su un foglio ognuno di questi mutamenti per non dimenticarli: ad ogni emozione, una reazione. Mise su un broncio di disappunto osservando lo spazio vuoto accanto ad un sentimento: fino ad allora non sapeva come gli occhi di Sho dimostrassero l’amore.
“Che fai?” avvertì le labbra dell’altro sul suo collo e si sbrigò a nascondere il foglio.
“Nulla!” mentì, godendosi poi l’abbraccio in cui il rapper lo strinse.
Il Keio-boy sorrise dolcemente, soffiandogli sul collo. “Masaki” lo chiamò.
Aiba-chan voltò il capo per guardarlo negli occhi: cosa gli prendeva?
“Cosa c’è Sho-chan?” domandò. Come risposta ebbe un bacio che lo fece sciogliere.
“Ti amo, Masaki” sentì sussurrare poco dopo.
“Anche io” mormorò per poi guardarlo negli occhi: caldi e dolci, che donavano un profondo senso di protezione. Sorrise e riprese il foglio: ora sapeva cosa scrivere alla voce “amore”.

Desire
(#008. DESIDERIO.)

Il desiderio di Sho Sakurai era da sempre stato molto semplice: avere una famiglia e dei figli per poter essere un buon padre ed un buon marito.
Era così almeno finché nell’estate dei suoi venti anni non aveva incontrato un ragazzo puro e semplice come un bambino, grazie al quale aveva capito che quelle cose non erano quello che voleva davvero.
Aveva improvvisamente deciso di occuparsi di lui, di quell’Aiba Masaki, come se fosse un fratellino, senza capire che i suoi sentimenti stavano mutando: a poco a poco il suo desiderio cambiò.
Voleva solo averlo per sempre al suo fianco.

La sua era l’unica oscurità che meritasse di essere illuminata da lui
(#100. LUCE.)

Credeva fosse egoista tenerlo tutto per sé: era sicuro che fosse ingiusto privare gli altri di quella luce.
Eppure lo custodiva gelosamente, quasi fosse un oggetto di valore, arrabbiandosi quando qualcuno tentava di attingere a quel candido chiarore.
In tutta la sua vita non era mai stato così morbosamente geloso, ma con Aiba non poteva fare a meno di esserlo né di non riuscire a pentirsene: era certo di essere l’unico capace di cogliere appieno la luminosità di Masaki e goderla come meritava di essere goduta.
In fondo, la sua era l’unica oscurità che meritasse di essere illuminata da lui.

E incolperò la notte, perché mi dà modo di fare ciò che voglio senza rimpianti.
(#007. NOTTE.)

Sho credeva fosse colpa della notte e della sua influenza.
Lui e Masaki erano così diversi che doveva essere soltanto per qualche strana chimica se ogni volta si trovava nel letto di Aiba ed era sempre per quella se ogni volta sembrava non gli bastasse; si disse di essere diventato malato: dipendente dai suoi sussurri, dai suoi gemiti, dai suoi mugolii soddisfatti, dalle sue labbra e dal suo modo di contorcersi dal piacere mentre spingeva sempre più in fondo.

Masaki, invece, non poteva non ringraziare la notte che gli dava il coraggio di fare qualcosa che non avrebbe mai fatto.

Mai può diventare sempre~
(#062. MAI, #063. SEMPRE.)

Mai avrebbe creduto di potersene innamorare; mai, si era detto, avrebbe desiderato un altro uomo né mai l’avrebbe baciato.
“Non avrei mai creduto di poterti chiedere così disperatamente di amarmi, Sho-chan” gli disse ansante, non appena abbandonò la sua bocca. “Mai in tutta la mia vita”
Il newscaster ascoltava con il fiato corto, cercando di riprendersi da tutta quell’irruenza che, come sempre, Masaki gli aveva gettato addosso.
“Masaki…” tentò di dire, ma l’altro lo fermò, baciandolo ancora.
“Non dire nulla, ti prego” gemette, abbracciandolo. “Nonostante quello che credessi, io… sono qui e ti sto chiedendo di… ricambiare quello che provo”
Sho lo osservò: lo guardò in quegli occhi che da sempre lo facevano fremere di tenerezza e lieve felicità e tacque; aveva sempre sperato di sentire quelle parole: Sho amava Masaki da sempre e da sempre sperava di poter essere ricambiato.
Tentennò appena prima di stringerlo a sé.
“Sai quanto l’ho aspettato Aiba-chan?” gli sussurrò all’orecchio. L’altro affondò il capo contro la sua spalla, emettendo un lieve suono di negazione.
Il rapper gli accarezzò il capo. “Da sempre” mormorò “Sai per quanto ho intenzione di lasciarmi sopraffare dall’uragano ‘Masaki Aiba’?”
Aiba scosse il capo, in segno di diniego.
“Per sempre”.

Dichiarazione
(#037. ESTREMO.)

Come dichiararsi in modo originale a Sho Sakurai?
MatsuJun gli aveva detto di ragionare con il proprio cervello e Riidaa era troppo preso dalla sua nuova canna da pesca per pensare ad un modo per aiutarlo.
Nino, invece, gli aveva malignamente suggerito un modo davvero estremo: lanciare il poverino con il paracadute e scrivere sul terreno “Sho mi piaci”. L’avrebbe presa in considerazione, se il rapper non avesse potuto morire dalla paura prima di leggere la scritta.
Alla fine aveva deciso: lo avrebbe scritto su una delle torte fatte da lui; e mentre Masaki saltellava per il camerino contento, Nino dichiarò che la sua idea era meno rischiosa per Sakurai.

Sin decir una palabra
(#057. CODARDO.)

Sho e Masaki erano rimasti da soli in camerino ed ora il più grande non riusciva a parlare o a chiarirsi con l’altro. Dopo quello che era successo una settimana prima – quel bellissimo bacio – Sho aveva cominciato ad evitare Aiba-chan.
Troppo duro ammettere di essersi innamorato di un compagno di gruppo, difficile dire ad alta voce di non poter far altro che pensare alle labbra di Masaki che si strusciavano contro le sue.
E quando, invece di aprire la bocca, prese la propria borsa ed uscì Masaki capì che l’altro non aveva alcun coraggio. Capì che Sho Sakurai era solo un codardo…

Scappare non sempre è la cosa giusta da fare.
(#009. PAURA.)

Sapeva di aver sbagliato a scappare, ma non era riuscito a fermarsi.
Vederlo lì, in piedi dinanzi a sé, sentire il proprio cuore battere all’impazzata ogni volta che i loro occhi si incontravano e patire quella sensazione che gli impediva di respirare…lui non poteva riuscirci.
Sho non sarebbe mai riuscito ad abituarsi a quelle sensazioni, all’essere innamorato di Masaki.
Lui, non voleva riuscirci. Anche perché stentava a crederlo: innamorarsi di un altro uomo era così…sbagliato. Lui si sentiva così strano e stupido e diverso.
Sospirò, mordendosi un labbro: in realtà l’unica cosa che lo fermava era quella dannata paura di essere rifiutato.

Trovare il coraggio molto spesso dona sollievo.
(#085. SOLLIEVO)

Sho credeva che quel bacio e quelle emozioni che lo avevano scosso durante quell’atto non fossero altro che dei pesi di cui liberarsi subito. Era stato codardo, aveva avuto paura di quello che provava e di come l’altro avrebbe reagito; un giorno si era fatto forza e si era dichiarato.
“Ho faticato davvero tanto ad accettare quello che sto per dirti, ma ora sento che devo farlo” aveva cominciato “Tu… io… credo che… tu mi piaccia, Masaki. Mi… piaci sul serio”
Quelle parole, il battito irregolare del suo cuore e quell’ “anche tu” di Aiba sussurrato tra i singhiozzi gli avevano donato un senso di sollievo, una sorta di liberazione.

A cat named Masaki-nyan

(#018. ORECCHIE)

Si strozzò con il caffè che aveva appena bevuto, quando Masaki gli si presentò davanti vestito da gattino.
Baffi, coda, orecchie… persino quel miagolio – Nyaa~ - che sapeva fare dannatamente bene. Tossì e tentò di mantenere un po’ di compostezza, quando Aiba gli si avvicinò.
“Sho” sussurrò ammiccando in modo equivoco, mentre le orecchie da gatto sembravano muoversi come se fossero state reali.
“S-Sì, Masaki?” domandò, preparandosi a sorreggere l’altro quando si mise a cavalcioni sulle sue gambe, sbattendo per poco i talloni contro il tavolino che sostava davanti al divano.
Aiba sorrise felino e ripeté quel nyaaa, accarezzandogli il petto. “Non è carino questo vestito?”

(#019. MANI)

“Ugh… sì” rispose Sho, mentre le mani di Masaki scorrevano sulla camicia immacolata del newscaster, indugiando sugli addominali. Si lasciò scappare un sospiro, quando Aiba racchiuse a coppa quelle stesse mani intorno al suo viso, avvicinandosi pericolosamente.
“Nyaaaa” sussurrò sulle sue labbra prima di leccarle lentamente per assaporarle.
Sho posò la tazza di caffè accanto a sé e afferrò i fianchi di Masaki, facendo in modo che gli fosse molto più vicino di quanto non fosse già. “Masaki” deglutì appena, quando l’altro lo guardò in modo innocente.
“Nyaa?” domandò divertito, strusciandosi appena contro di lui come se stesse facendo le fusa.

(#021. BRACCIA)

Strinse le braccia intorno al collo del più grande, per sorridergli di scherno poco dopo.
“Che… perché sei vestito così?” soffiò a voce bassa, non nascondendo un tono imbarazzato.
Aiba strusciò le labbra contro il mento dell’altro e alzò le spalle. “Pensavo che ad un concerto potremmo vestirci tutti e cinque così: non lo troveresti carino? Insomma… i gattini sono carini, no?”
Sakurai represse un mugolio, lasciando che le dita dell’altro gli accarezzassero la nuca. “Mhm… la trovo un’idea imbarazzante, credo che neanche MatsuJun sarebbe d’accordo”.
“Junji ha detto che certe cose dovremmo lasciarle ai juniors” riferì sospirando triste, mentre Sho annuì.

(#032. STRINGERE)

“Quindi” continuò Masaki “ho pensato di indossarlo soltanto per te. Sapevo che l’avresti trovato carino” sorrise, ripetendo – nyaaa~ -.
Il rapper lo strinse a sé, annuendo ancora, come se avesse capito d’un tratto tutto ciò che passava per la mente di quel ragazzo – missione alquanto impossibile.
“Quindi…” disse stavolta lui, tentando di mantenersi razionale almeno per formulare una frase con tanto di soggetto e predicato. “…ora che l’ho visto e l’ho trovato carino… cosa ne dovremmo fare?” si finse ingenuo, deglutendo leggermente non appena le mani di Masaki si addentrarono nel collo della sua maglietta.
Più l’altro si stringeva a lui, più avvertiva tutt’altro tipo di stretta attanagliarlo.

(#034. MARE)

Sentì il fiato mancargli e le parole uscire con difficoltà dalla sua bocca: si sentiva stretto da una morsa incontrollabile, come se intorno a lui ci fosse il mare. Come se quel mare lo stesse inghiottendo.
“Secondo te, Sho?” il più alto si leccò le labbra con un sorriso sornione, mentre risaliva il collo dell’altro con le mani, affondandole poi nella chioma scura.
“Potremmo… fare delle foto?” azzardò scherzosamente, allungandosi a dargli un bacio veloce sulle labbra.
Masaki mantenne il sorriso, baciandolo e sospirando. “Acqua” mormorò, baciandogli la punta del naso.
“Forse c’entra qualcosa il letto?” domandò ancora, guadagnando una risata complice come risposta.

(#005. POMERIGGIO)

Il pomeriggio era passato velocemente, mentre le idee di Aiba venivano completamente soddisfatte.
Non ricordava più quanto tempo era passato dal momento in cui Aiba gli si era presentato con un vestitino addosso: forse era davvero molto.
Masaki Aiba non era affatto portato per il cosplay e questo lo sapeva bene: in confronto agli altri Johnny’s, lui non era poi così estremamente simile ad una ragazza o altro.
Però tutto quel travestirsi lo divertiva un sacco e Sho non poteva dire di esserne infastidito: tutto quello rendeva molto più eccitante il sesso, senza che loro ne sapessero il perché.

A new life in their house: how Masaki became a daddy~
(#001. NASCITA; #040. GRAZIE.)

Aiba Masaki gemette agitato, mentre correva avanti e indietro per la stanza cercando degli asciugamani, una bacinella e tutto il necessario per un parto.
Si sentiva come un neo-papà nella sala d’aspetto al di fuori della sala parto: il suo cervello ripeteva a manetta solo la parola “terrore”.
Era nervoso e aveva voglia di piangere – oltre che di saltellare di gioia.
“Masaki, ci siamo!” la voce di Sho lo portò alla realtà: Aiba corse accanto a lui “Il primo sta per uscire” lo avvisò ancora il giornalista per poi trovarsi tra le mani un’adorabile creaturina.
“Brava piccola” Aiba accarezzò la propria gatta e continuò a riempirla di complimenti e di parole di supporto, tentando di non piangere quando vide il primo gattino. “Che carino” affermò commosso; le lacrime gli rigarono il viso non appena vide tutta la cucciolata sana e salva cominciare ad essere allattata dalla mamma.
Sho lo osservò sorridendo intenerito. “Masaki ora va tutto bene, sono vivi e sono qui”
L’altro sorrise felice ed annuì, asciugandosi le lacrime. “Arigatō Sho-chan” mormorò appoggiandosi a lui.
Emise un sospiro pieno di contentezza: senza Sho probabilmente sarebbe ancora in preda al panico.
“Di nulla, devi solo ringraziare lei” rispose l’altro, accarezzandolo.