Decadence of the moonlight

di shining leviathan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incarico ***
Capitolo 2: *** Nebbie ***
Capitolo 3: *** Nata tra le stelle ***
Capitolo 4: *** Scritto nel sangue ***
Capitolo 5: *** Oblivio/Incontri sgraditi ***



Capitolo 1
*** L'incarico ***


 

DECADENCE OF THE MOONLIGHT

 

 

riku Pictures, Images and Photos

 

 

 

 

 

Riku non mi piaceva.

Aveva un modo di fare molto arrogante e, sinceramente, non sopporto le persone arroganti.

Sono quelle che al minimo accenno di pericolo scappano sotto le gonnelle della mamma a  piangere come dei neonati.

Waaa,Waaa.. io non sopporto i neonati. Ma in realtà non sopporto molte cose, troppe nell’ottica di chi vuol vivere senza problemi.

Anche se non è del tutto corretto dire che voglio vivere una vita senza problemi. Non mi curo dei miei, ma di quelli degli altri.

Anche quella volta non sarebbe stato diverso. Riku rappresentava un fastidio? Bene, non c’era nessun problema per me. Lui era solo l’ennesimo della lista di mostri che tenevo accuratamente ripiegata nel tascapane. Alcuni erano già segnati da una crocetta, morti e sepolti da tempo, e io avevo già pattuito a tempo debito tutte le ricompense.

Devo ammettere che in questi due anni ho lavorato parecchio, ne ho eliminati davvero molti. Heartless più che altro.

Quando la gente ha paura è disposta a pagare qualunque somma, ma io ho sempre preteso un pagamento anticipato. Per svignarmela alla chetichella, si intende.

Non è che non sia un tipo coraggioso. Solo che gli Heartless erano avversari particolarmente ostici da eliminare con il solo ausilio di una spada senza poteri particolari.

Intendiamoci, la mia spada non ha assolutamente niente che non va.  È perfettamente bilanciata, affilata, maneggevole. Una partigiana con l’elsa foderata di cuoio, niente ninnoli, niente intarsi per accentuare una femminilità che non ho. Niente, l’essenza del nulla cosmico.

Come me.

Se dovessi trovare tre aggettivi per esprimermi direi: suscettibile, nevrotica, incontentabile. Perché descrivono  esattamente ciò che sono, non di meno non di più.

Estremamente scialba emotivamente. Ma questo può essere un bene.

Col lavoro che faccio i sentimenti contano davvero poco, e costituiscono un intralcio troppo fastidioso per desiderare qualsiasi scrupolo morale nel momento in cui premo al lama nei punti vitali della preda.

Divago, un altro difetto del carattere di merda che mi ritrovo.

Stavo dicendo? Ah sì, Riku.

Non che inizialmente mi stesse più antipatico di altri, ma qualcosa nel suo sguardo accese in me un sentimento di odio viscerale che non riuscii a scacciare per i due giorni successivi. Quella scintilla aveva un qualcosa, una nota di disgusto che non si era dato la pena di celare.  Tipica stupidità di chi è convinto di poter pesare una persona sul piatto senza nemmeno conoscerla.

Ci credo che il topo mi ha pagato per eliminarlo!

Il mandante era nientemeno che un reale. Una persona, o meglio, animale, dal nome altisonante che io ovviamente non avevo mai sentito nominare. L’importante era che avesse i soldi, tanti.

Non uccidevo detentori per un pugno di munny con tutti i rischi che mi prendevo. Volevo avere la garanzia di essere pagata tanto quanto pesava un Blu Ciccio. E i Blu Cicci pesano, lo conferma una che se le è trovato sul piede destro in un dolorosissimo secondo.

Comunque sia mi aveva convocato in una maniera davvero singolare. Appendere una busta col sigillo di ceralacca al collare di un cane non era il massimo dell’originalità, ma tutto sommato aveva centrato il bersaglio senza perdersi in noiosi giri di parole. Era stato fortunato ad avere un pulcioso tanto intelligente da non perdersi dietro ad ogni forestiero della locanda.

In compenso era bavoso.

“ Stammi lontano! Non osare leccarmi, brutto bastardo!” se pensate che esageri vi dico solo che era il cane più bavoso e giallo di tutta Radiant Garden.

Una volta arrivata al luogo dell’incontro, dopo aver attraversato un campo di asteroidi che mi aveva rigato la vernice fra parentesi, scesi in un garage bislacco quanto i meccanici che mi vennero incontro.

“ Benvenuta al Castello!” squittì lo scoiattolino più chiaro, saltellando nel tentativo di arrivare alla mia altezza, il che ci vuole davvero poco, purtroppo. È triste pensare che anche gli scoiattoli possono raggiungermi il volto con un semplice saltello.

“ Il Re ti aspetta!”

Non li degnai di uno sguardo, cominciando a salire imperterrita su per le scale.

Mi fermai all’ottavo gradino, ansimando di fatica. Il dolore alla gamba sinistra si propagava fino all’anca, scendendo gradualmente sui legamenti,paralizzandomeli. Strinsi i denti, decisa a non mostrare la mia debolezza ad un potenziale cliente. Non potevo correre il rischio di rimanere di nuovo senza incarico, quei soldi mi servivano.

E non mi sarei lasciata scappare l’occasione.

 

 

Il topo arrivò mezz’ora dopo.

Io ero entrata nel suo studio eludendo la sorveglianza di uno strano papero vestito da giullare, che fischiettava allegramente per i corridoi del castello tenendo gli occhi fissi sul suo scettro lucente, e mi chiesi seriamente come facessero a capirlo quando parlava! Dal suo becco piatto uscivano solo rantoli e gorgoglii, e dopo un attento esame conclusi che quel poveretto era dislessico.

Studiai con calma la stanza, trovando di pessimo gusto quelle decorazioni esagerate e sghembe. I ritratti del re, o dei suoi antenati, erano abbigliati in maniera ridicola, difficile da accostare ad un animale che pensavo vivesse esclusivamente nei buchi del terreno o nelle cantine. Un personaggio da ricovero come quel papero.

La porta si aprì, e mi volsi lentamente verso il nuovo venuto.

Avessi avuto le tasche piene gli avrei rimproverato il ritardo, ma dato che ero piuttosto a corto diffidai dall’offendere il possibile cliente.

“ Ah, sei già qui! Che rapidità!” esordì con una vocetta squillante e si diresse caracollando verso la poltrona di velluto dietro lo scrittoio. Io lo osservai senza rispondere.

“ Sei di poche parole,eh? Prego, siedi”

Ubbidii, prendendo posto sulla sedia di fronte a lui.

“ Veniamo subito al dunque” cominciò cancellando il sorriso dal muso “ Ti ho fatta venire qui per una questione molto importante”

“ Come sempre”

Incrociò le enormi dita coperte da guanti bianchi sotto quello che doveva essere il mento e si sporse un po’ verso di me.

Raddrizzai la schiena, cercando di darmi un tono, e assottigliai le palpebre in un’espressione truce. Se c’era una cosa che detestavo, fra le tante, era di essere osservata in maniera insistente.

“ Uhm!” esclamò all’improvviso “ Come sei giovane!”

“ Il punto?” chiesi controllando l’irritazione.

Il Re sospirò, come dispiaciuto del mio improvviso malumore, e mormorò.

“ Non avrei mai voluto arrivare a questi livelli” abbassò le orecchie “ Ma non voglio che la situazione mi sfugga di mano, e il rischio che la storia si ripeta è davvero alto”

“ Non mi sta ascoltando, Maestà” dissi riportandolo alla realtà nel modo più cortese possibile “ Vorrei sapere a chi devo dare la caccia. I dettagli non mi interessano, basata solo il minimo indispensabile per stanarlo e… farlo fuori”

“ Mio Dio! Non ho menzionato un uccisione!”

“ E allora perché mi ha chiamato?” replicai con calma, accavallando le gambe coperte dai miei stivali neri “ Non ha forse richiesto i miei servigi di cacciatrice?”

“ Sì, ma…” era in difficoltà, non aveva pensato che le clausole del mio contratto prevedevano come fine ultimo la morte della preda. Questo mi sorprese un po’.

“ Ma cosa?”

Il topo, Topolino! Ecco qual’era il suo nome, si passò una zampa sugli occhi, come a voler scacciare l’orrore che gli aveva deformato i lineamenti da roditore. Pareva indeciso, ferito, e io mi limitai a fissarlo vacua finchè non si calmò.

“ Non pensavo ad una soluzione drastica. Non posso, dopotutto sono un re! Non posso ordire complotti  a danni di detentori, di miei amici!”

“ Detentori?” lo interruppi smettendo di far dondolare il piede e rimettendo la gamba giù “ detentori del Keyblade?”

“ Sì” alzò un sopracciglio, poggiando la testa sulla mano “ Sei informata, a quanto vedo, cosa sai dei Keyblade?”

Un invisibile tremito all’altezza degli occhi mi suggerì di stare attenta.

“ Molto poco in realtà”

“ Bene” si rilassò “ Meglio così”

Sospirai, facendo roteare gli occhi.

“ Mi dica i dettagli” chiesi a malincuore.

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qua! Volevo provare a fare qualcosa di nuovo e mi è venuto in mente questo personaggio. Non so se continuarla, ma se vi interessa ditelo e io la continuerò ^_^ ciao, alla prossima!!!

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Nebbie ***


 

La senza-patria tornerà per scoprire menzogne dal passato riesumate

Nella luce le tenebre saran consumate

Ma ogni cosa ha il suo prezzo

Dovrà sacrificare ciò che ha di più caro, pezzo per pezzo.

 

Goran  (trecento anni prima degli eventi che dovranno venire)

 

 

 

 

“ Vorrei solo capire perché mi ha convocato!” sbottai sull’orlo della pazienza.

Mi aveva raccontato una storia di cui non poteva fregarmene di meno: di cuori, di luce e di principesse dai cuori di luce. Ma io non sono il genere di persona che ascolta a bocca aperta vaneggiamenti  fantasiosi  e poco plausibili. Non mi commuovo a pensare a quattro(dieci?non ero attenta) indifese fanciulle nelle mani di una strega frustrata dal tradimento più o meno voluto dei suoi alleati, non per niente è stata annientata.

Ecco cosa succede a credere ciecamente nelle favole.

Il topo inclinò la testa da un lato, per nulla infastidito della mia reazione.

O aveva una pazienza innata o era sordo nonostante le parabole che si ritrovava al posto delle orecchie.

Tamburellò le dita tozze sul legno chiaro dello scrittoio, fissandomi placido. Non dava alcun segno di volermi cacciare fuori a pedate, almeno questo mi avvantaggiava.

“ Siamo impazienti, signorina… ehm è imbarazzante. Non le ho nemmeno chiesto il suo nome”

Ecco. Eravamo messi bene.

“ Non posso fornire alcuna generalità” risposi gelida, piantando i miei occhi nei suoi per fargli capire che non avevo intenzione di perdere altro tempo in stupidaggini. E lui parve cogliere il bagliore omicida nelle mie iridi. Infatti distolse lo sguardo.

“ Molto bene, signorina. Ma vede, se non le spiego tutta la storia fin dall’inizio non potrà mai capire il perché della mia decisione”

“ Con tutto il rispetto, maestà, la cosa non mi interessa minimamente. Io agisco e basta, senza fermarmi a pensare chi sto uccidendo, ne il suo parere quando lo raggiungo. Nel caso non l’abbia ancora capito, sono un’assassina. Ed elimino i problemi che infastidiscono chi mi paga bene” e lo indicai col mento, trattenendomi dall’usare ancora quell’ironia pungente con cui avevo condito le ultime frasi. Volevo che capisse con chi aveva a che fare.

Un po’ di sano timore ricorda sempre che in caso di ritardo nei pagamenti  la suddetta persona avrebbe richiesto i mie servigi per la sua morte. E sono capace di farlo quindi, se mi assoldate, tenete ben in mente i soldi che mi dovete.

Il topo posò entrambe le mani sullo scrittoio,continuando a tamburellare quella insistente cacofonia sul legno. Sorrise in maniera appena percettibile.

“ Non si pone domande? E se le chiedessero di uccidere una persona che forse non ha fatto nulla di male?”

“ Bene e male perdono la loro importanza, non posso,ne voglio definirli. Se mi chiedono di uccidere lo faccio. Diciamo che se devo scegliere una parte scelgo quella dell’offerente migliore, lì non si corre mai il rischio di rimanere a mani vuote”

“ Una vera macchina per uccidere” riflettè mesto, ed io annuì.

“ Sì, qualcosa del genere” mormorai  lapidaria.

Scosse la testa, e io non capii se mi stava compatendo o disapprovando. Ad ogni modo mi irritò.

“ Peccato”

“ L’individuo è un detentore” dissi senza preavviso, cercando di ricondurre il discorso su binari a me più favorevoli “ Quindi eliminarlo non sarà una bazzecola. Voglio un anticipo e un supplemento di  tredicimila munny alla ricompensa”

“ Non chiede poco. E non ho parlato esplicitamente di eliminare” possibile che fosse così tranquillo quando il mio comportamento rasentava la maleducazione assoluta? Pensavo che, come reale,avrebbe al minimo urlato lo scandalo. Un animale strano,davvero.

“ Maestà” ripresi, simulando una pazienza che non avevo “ Sono una cacciatrice” e glielo scandii bene, in modo che capisse una buona volta chi aveva davanti “ E non mi capacito di come lei abbia potuto assoldarmi senza avere l’intenzione di ammazzare fisicamente qualcuno”

“ In realtà l’avrei richiesto,se necessario. Ma per prima cosa ho bisogno di accertare i miei sospetti”

Feci una smorfia.

“ Per questo ci sono i watchers. I cacciatori non si occupano di spionaggi”

“ Lo so. Ma non sono affidabili”

“ Nemmeno i cacciatori lo sono. Se il nemico è oltre la loro portata hanno tutto il diritto di abbandonare la missione. Fa parte delle clausole del contratto” mi stavo mettendo nei casini a parlare male della categoria di cui facevo parte.

Ma proprio non riuscivo a stare zitta, sfogando la noia accumulata in quel discorso con parole spicce tese a farlo arrabbiare. Chissà cosa si metteva a fare? Squittiva diventando tutto rosso? O mi avrebbe morso. Probabile, ma l’unico rischio con quello era di beccarsi un’infezione. Roba che avrei curato in un attimo con una pozione.

“ Per questo vi fate pagare in anticipo?”

Strinsi i pugni, incenerendolo con uno sguardo.

“ Sì,esatto”

“ Però  vi sforzate di risolvere la cosa con tutte le vostre forze”

Er…

Ripensai a quante volte me l’ero svignata prima di vedere l’ombra di un Heartless.

“ Certo” mentii “ Ma ripeto che non mi occupo di spionaggio”

“ Facciamo così” si sporse in avanti, salendo quasi sul sedile. Cos’era tutta sta’confidenza? Mi tirai leggermente indietro,facendo aderire la schiena al poggino.

“ Se tu terrai d’occhio Riku…” finalmente il primo nome! “ Ti aumenterò la ricompensa, molto più di quanto pattuito  inizialmente”

Drizzai le orecchie, visibilmente allettata da quella proposta. Non era male come sommetta, e avrei potuto bivaccare per i prossimi due anni senza patire privazioni di alcun tipo.

Rimaneva la questione che io non tenevo d’occhio nessuno. Non mi sarei degradata a semplice osservatrice come una qualsiasi spia.

“ Dovrete sborsare parecchio” interloquii con un ghigno “ E non le assicuro di continuare l’osservazione se il soggetto mi scopre o mi prende noia. Comprate una scatola chiusa,signore”

Era mia dovere avvertirlo per tempo, così non si sarebbe lamentato dell’eventuale, più che probabile, fuga. Peggio per lui,poi. I soldi sarebbero stati miei comunque.

Niente ufficio reclami, solo avvertenze: “ Fa come vuoi ma non rompere le balle alla cacciatrice se non sei soddisfatto” e nel caso di un tizio particolarmente insistente.

Sfiorai inconsciamente l’elsa della spada appesa al fianco, saggiando la morbidezza del cuoio scuro.

Il re ghignò a sua volta “ Rischierò”

Un sorrisetto sfiorò le mie labbra, e le tesi la mano, desiderosa di mettere fine a quella chiacchierata delirante. L’unica cosa buona era che avevo scoperto che c’era qualcuno che divagava più di me sulle questioni importanti.

“ Andata?”

“ Andata”

Le dita soffici e tornite strinsero le mie. Le sentii calde nonostante portassi i guanti di pelle, la stretta gentile in confronto alla mia sbrigativa e rude, da vero mercenario.

“ Ci ritroveremo ancora,signorina” disse fissandomi intensamente “ Ma per il momento aggiungo solo più questo: se Riku mostra segni di squilibrio rispetto a quello che verrà, ha il mio permesso di contrastarlo. Nel peggiore dei casi” deglutì pronunciando la parola con riluttanza “ Ucciderlo. Si limiti ad osservarlo, intesi? I miei  meccanici vi daranno le coordinate per raggiungere le Isole del Destino,state attenta! Non sarà facile”

“ Come sempre”

Ci alzammo.

Isole del destino…. Dove le avevo già sentite?

Mi  congedai con un frettoloso inchino, dirigendomi verso la porta. Quando la aprii, poco ci mancò che travolgessi il papero di prima, che emise un’esclamazione stridula scostandosi sgraziatamente. Dallo sguardo stralunato mi ricordai che non mi aveva visto entrare. Si grattò la testa quando le passai di fianco, frustrato probabilmente dal fatto che avessi eluso la sua sorveglianza. Ma se fissava solo il suo bordone sarebbe passato anche un elefante che suonava la tromba.

Patetico… con un cappello altrettanto idiota.

“ Non è niente,Paperino” la voce del re mi giunse roca quando girai l’angolo per raggiungere il garage.

Camminai lentamente, sentendo le scosse che si erano calmate stando seduta tornarmi con maggiore intensità. Sentivo l’osso grattarmi con insistenza sulla pelle,costringendomi a far ruotare la gamba in un movimento ellittico.

Sbuffai, passando le dita dove sapevo che la ferita pulsava biancheggiante. Dopo tutto quel tempo ancora mi ricordava un pezzo della mia storia che cercavo disperatamente di cancellare.

 

Cancellare cosa?

Non si può cancellare qualcosa che non è mai successo se non nella mia mente…..

C’era sangue,freddo, una voce, forse un pianto….. il mio.

Avevo paura…. Ma di cosa?

O chi?

 

 

 

 

“Fadwa?”

Un viso avvolto dalla nebbia.

“ Signor Xeanorth?”

“ Vieni con me,Fadwa”

 

 

 

Quella persona non era mai esistita

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, ammetto che mi sono sorpresa. Non mi aspettavo che piacesse a qualcuno. Grazie ^_^

Allora la continuerò!!

Come vedete la protagonista è Fadwa, una ragazza dal passato che nemmeno lei riesce a rievocare. Deve sorvegliare ed,eventualmente, uccidere Riku. Ma perché? Spero che vi interessi!

Ho intenzione di inserire alcuni mondi di Kingdom Hearts e altri di mia invenzione, ma devo vedere bene.

 

Giulia_Chan

 

La prima recensione! Sì, Topolino forse è un po’ OOC ma era necessario per far partire il tutto. Si scoprirà perché più avanti. Sono felice che ti intrighi, questo è un capitolo di passaggio però…. E Riku lo adoro, mi piace il suo lato bastardo *_* proprio come te!

Ciao, e grazie!!!

Vul95

Ti piace Fadwa? Ah, non ti preoccupare. Si farà un mucchio di seghe mentali durante queste storia. Sono felice che ti piaccia, grazie del commento!!!

 

Kas93

Grassie!! Mi sa che fra qualche capitolo ti ricrederai XD quella lì sarà sempre in contrasto con Riku, ne vedremo delle belle, voleranno botte e Keyblade(scherzo……. Mha mica tanto) grazie del commento!!!

 

The one winged angel

You here?? O_O

Sono contentissima!!!! ^_____________^

Peccato che non conosci al storia di KH ma non importa. Riku apparirà nel prox chappy, e da subito si dimostrerà un bastardo (nell’ottica di Fadwa).

Spero di farti piacere questo gioco con la mia fic!!

Grazie del tuo sostegno!!

 

 

Non fatevi ingannare, sarò un po’ lenta ad aggiornare.

Ciaoooo!!!

 

 

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Capitolo 3
*** Nata tra le stelle ***


 

comete yakutake Pictures, Images and Photos

 

 

 

“ Coordinate 704532” dissi ad alta voce una volta tornata a bordo della mia aereonave.

Lo schermo olografico tracciò i confini della mappa , e ingrandì la destinazione desiderata in un quadrato rosso. Una breve visione dell’isola mi apparve davanti agli occhi , circondata da un mare di un azzurro accecante. Durò talmente poco che non seppi dire se era stato il frutto della mia mente o un link salvato nel database centrale.

“ Desidera raggiungere questa destinazione?” chiese il computer , gracchiando con la sua fredda voce metallica e io risposi semplicemente di “sì”.

“ Sicuro?”

“ No, l’ho detto solo per far prendere aria alla bocca. Certo che sono sicura!” sbottai sedendomi sul sedile e afferrando le maniglie della cloche.

Da quando l’avevo installata quella dannatissima intelligenza artificiale non faceva altro che chiedermi rassicurazioni su tutto: sulla destinazione, sul malfunzionamento dei flaps, se volevo andare in bagno..

No, non scherzo, è la verità.

Quel negoziante a Coloba Town mi aveva assicurato che era il migliore in dotazione, per far sentire meno soli i viaggiatori nel loro continuo peregrinare fra le stelle. Trecentoquarataquattro opzioni vocali, sei tipi di carattere.

Carattere…. Ma vi pare che io avessi bisogno di un computer con un carattere?? E già che se era ribelle io e lui avremmo finito per litigare durante il tragitto, provocando incidenti del tipo “Ma io non stavo parlando al cellulare, litigavo col computer di bordo” allora sì che la neuro sarebbe intervenuta, altro che paperi e topi antropomorfi.

Alla fine sono andata sul classico. Forse un tantino rompiballe , ma meglio della scelta gangster da strada.

“ Yo, Sorella. Dove ti porto?”

No comment.

Sospirai , stringendo meglio le manopole dei comandi. La cabina venne invasa dalla famigliare vibrazione dei motori accesi  e attivai le levette per mettere in moto i propulsori laterali. Un fruscio sommesso , poi un rombo sempre più forte riempì l’hangar del castello.

“ Partenza” proclami quasi sollevata e puntai lo sguardo verso l’apertura da cui dovevo uscire. Mi bloccai.

Niente , nemmeno un foro delle dimensioni dei meccanici.

“ Ma cosa…?” troppo tardi mi vidi venire addosso un qualcosa che non riconobbi ma che fu senza dubbio devastante.

La mia adorata Zeppelin venne spinta con una violenza atroce verso il basso , schiacciandomi sul sedile come una molla prima del balzo. Sentivo il torace incassarsi sempre più nel bacino, raggiunto dalla spiacevole sensazione che i miei organi interni si stessero liquefacendo. Mi ancorai con forza al bracciolo, ma penso che sarebbe stato lo stesso. Non sarei caduta con la forza di gravità ad appiattirmi sul sedile , poco ma sicuro .

La compressione a cui fui barbaramente esposta sparì veloce com’era venuta , e con un ultima pietosa giravolta mi accorsi di essere tornata nel mare di stelle.

Gli astri luccicarono maliziosi fuori dal vetro e io li osservai un attimo , spaesata . La testa mi girava troppo velocemente per capire chi ero e dov’ero . Tuttavia , quando mi ripresi , notai che mi avevano espulso letteralmente da dietro .

Come… no , lasciamo stare…

Scossi la testa , scacciando il fastidio che mi aveva preso allo stomaco , e grugnii arrabbiata.

Non ero venuta a farmi rigare la vernice e ad ammaccare la carrozzeria . Non ero venuta nemmeno per farmi trattare come una pallina da flipper da un topo psicotico voltafaccia . Ecco la sua vendetta tardiva , e meno male che pareva così calmo .

Roditore traditore .

Se trattava così i suoi sottoposti dopo averli abbindolati con la sua pazienza da asceta sarebbe stato davvero squallido . Fortunatamente , sarebbe stato un problema mio per poco .  Mi era scaduto il doppio di quanto lo fosse dieci minuti prima . Ma almeno pagava bene .

Anche se il detto “  Il Sovrano tiranno ha di zucchero lo scranno” poteva essere vero nel suo significato un po’ ambiguo , non mi sarei tirata indietro .

Se non le sarebbero piaciuti i miei servizi affari suoi . Non avevo paura di lui , come non ce l’avevo di Russell .

Difficilmente un cliente infuriato riesce ad intimorirmi più di tanto .

 

 

 

 

Sono venuta al mondo diciassette anni fa , in un luogo imprecisato che la mia mente annovera come “Sconosciuto” .  L’unica cosa certa è che sono nata la notte del dieci agosto , mentre una meteora squarciava il manto notturno .

Lo so per certo perché una leggenda narra che i bambini nati in quelle condizioni particolari possiedano il cielo negli occhi . In un certo senso è vero .

Le mie iridi sono di un azzurro sbiadito , con l’unica particolarità di avere un’onda viola che percorre lateralmente le pupille , come un tentacolo oscuro che lambisce l’alba prima di scomparire nella luce .

Per questa particolarità , in alcuni ambienti , sono conosciuta come “ Thigra Kajal” anche se il significato di questo nomignolo varia a seconda di come lo si vede .

Dicono che sono scattante , rapida e tagliente come una tigre . O che i miei occhi , come sfumature somigliano molto al l’occhio di tigre , il quarzo . Kajal è riferito al fatto che possiedono un magnetismo in grado di soggiogare tutti . Russell mi aveva spiegato che il Kajal è un make- up che si usa per dare un tono allo sguardo , aggiungendo subito dopo che io non ne avevo bisogno . Bastava una parola per vedere di che pasta ero fatta .

È stato l’unico complimento che mi ha fatto in due anni , forse .

Ma non importa .

Per me il tempo non fa molta differenza , dato che non riesco a ricordare la mia vita passata .

Non ho un’infanzia , famiglia o amici ad affacciarsi alla memoria ,  e oserei dire nemmeno un nome .

Potrei chiamarmi Fadwa . Ma chi ero prima? Prima della cacciatrice che tratta con topi e briganti ?

Ero una bambina? Sì , certo , ma quando ?

La mia esistenza effettiva  comincia dai quindici , quattordici anni in poi . Sono nata due volte e due volte ho dovuto sopportare l’agonia di vedere il mondo e le sue bugie .

Ora non posso dire chi sono .

Posso dirvi che sono una di quelle cose che il mondo farebbe volentieri a meno .

 

 

 

“ Puri cuori di luce? Cosa sono signor Xeanorth?”

“È quello che cerco di capire , Fadwa”

“ E cosa farà quando ci riuscirà ?”

“ Sono molto impegnato, ora , va a giocare”

Certe volte quell’uomo ti fa paura . Fino ad un attimo fa era così gentile , e ora sembra arrabbiato .

Cosa hai detto di male?

Meglio se vai a cercare Ienzo. Forse ha portato anche del gelato .

 

 

 

 

“ Destinazione raggiunta”

Sobbalzai , riaprendo gli occhi di scatto . Quel nome mi alleggiava ancora nella mente .

Xeanorth

Che fosse una persona che avevo conosciuto quand’ero piccola? Insomma mi aveva intimato di andare a giocare , quindi….

O era un adulto scortese o un amico immaginario piuttosto violento .

Anche se era stupido optai per la seconda . Io non ricordavo nessuno con quel nome , e di sicuro non era mio parente se lo chiamavo “signor” .

“ Già e Ienzo mi dice ancora meno”

Sorvolai l’isola prossima la tramonto , facendo stormire le foglie di quelle che mi parevano palme col soffio bollente dei miei motori . Cercai uno spiazzo dove atterrare , ma dato che la vegetazione ricopriva interamente il territorio , calai dolcemente  sul bagnasciuga aranciato .

Sospirai , e mi sgranchii le braccia tendendole verso l’alto . Nonostante il viaggio fosse trascorso velocemente ero tutta indolenzita . Le rotte stellari non sono un granchè per quanto riguarda la comodità . Gettai uno sguardo attraverso il vetro , godendomi i raggi solari sempre più deboli riflettersi morenti sul mare piatto . L’astro stava salutando quel mondo con evidente calma , e questo mi ricordò all’improvviso l’incarico e l’insopportabile mittente .

Non dovevo perdere tempo .

“ Al lavoro!” esclamai senza convinzione e mi diressi verso il portello che lentamente si apriva tra sbuffi di vapore .

 

 

 

 

“ Grazie per essere venuto”

Il ragazzo abbozzò un piccolo inchino , ricambiando il saluto del sovrano con formalità .

“ Il piacere è mio maestà” replico questi con voce flautata .

Topolino lo osservò bene .

Per essere un watcher era molto giovane , ma ormai doveva smettere di paragonare l’età con  la bravura . Aveva avuto mille e una dimostrazioni in passato . Sorrise inconsciamente pensando ad una chiave gigante che si abbatteva sui nemici .

“ So che sei il migliore fra tutti quelli che mi hanno consigliato , oltre che il più affidabile”

“ Lei mi lusinga” rispose il ragazzo, ignorando l’invito a sedersi del re “ Tuttavia..” cominciò a camminare avanti e indietro , sotto lo sguardo vigile di Topolino .

“ Tuttavia?”

“ Non è così semplice ciò che chiede”

“ Lo so. Il prezzo non è un problema , voglio solo sapere se accetta l’incarico”

Il giovane sorrise di sbieco “ Naturalmente”

Poteva anche essere un bel ragazzo se non fosse stato per quell’aura di oscurità che emanava . I lineamenti classici del volto erano addolciti da un naso piccolo e sottile . Gli occhi blu elettrico fissavano ogni cosa , analizzando fin nei minimi dettagli ed elaborando strategie . I capelli , di un’indefinibile sfumatura fulva  erano scomposti in riccioli ribelli , ma che non alterava il perfetto ordine dei suoi vestiti e dei suoi modi . Un po’ troppo cortesi , pensò Topolino . Ma se le sue supposizioni erano esatte non si sarebbe pentito della sua scelta .

“ Bene” sospirò e alzò lo sguardo su Lyam , che osservava con interesse dei volumi della libreria . teneva le dita incrociate dietro la schiena , il passo cadenzato che rimbombava per la stanza .

“ Su chi devo fare delle ricerche?”

Topolino controllò il foglietto spiegazzato davanti a se . Era un rischio che doveva correre , purtroppo .

“ Fadwa Mittal”

 

 

 

 

Bene, il topo si diverte un mondo a fare Z (Men in Black, capo di una rete di agenti che controllano l’attività aliena sulla terra , ma qui si tratta di spedire sicari e spie a destra e manca) e nel prossimo avremo già a che fare con gli scleri di Fadwa su Riku . E chi è questo misterioso e affascinante , per me , watcher di nome Lyam? Perché deve fare delle ricerche? Bho…. Chi leggerà vedrà ^_^

Sono contenta di riscuotere un simile successo, sincerante non ci speravo, molta gente guarda con diffidenza i personaggi femminili inventati , anche perché pensano che possa essere una Mary Sue che alla fine fa innamorare il protagonista ( e in questo caso Riku) e tutti quelli con cui ha a che fare.

Fadwa una Mary Sue? PFFFFFFFFFF…AH,AH,AH,AH,AH… non penso proprio!

 

Vul95

Seghe mentali a tutta dritta, capitano!! XD aiuto siamo circondati!! Sì,sì le farà spesso. Più scoprirà se stessa più ne farà. Mi aggrego: VIVA LE SEGHE MENTALI!! Per quanto riguarda il topo… mai sopportato ! Non si fa quasi mai vedere però gioca a fare il giudice , e da Riku… bhè si vedrà.

Grazie della recensione , felice che ti piaccia il mio personaggio!

 

The one winged angel

Ciao prezzemola! Vabbè anche se non conosci al storia non importa. Sono felice che ti piaccia comunque *_* e sono felice che ti piaccia Riku, perché lo adoro anch’io! E Topolino…sì è paziente ma è un’idiota, saccente,so tutto io. Mai sopportato, preferisco Pippo e Paperino. Anche se mi sento più vicina a Pippo (non è un complimento, povera me T_T  YUK!)  e le persone fredde e misteriose fanno impazzire anche me. Hanno un sacco di segreti da nascondere e si tiene il fiato per tutto il racconto.

Fadwa sarà un po’ così , ma saprà anche reagire ai problemi che la butteranno giù (la paragono un poco a Cloud ma non del tutto, sono molto differenti) .

Allora se torni informata farò un super quiz apposta per te! (sadica nda Riku) (Zitto che tu arrivi dopo! Nda io)

Allora vediamo:

Axel adora molto fare una cosa quando si presenta? Cosa?

a)      Fare lo spelling del suo nome

b)     Non si presenta ma incenerisce chi gli capita a tiro e basta..

c)      È maleducato e non si presenta mai

Potete provare tutti XDD e non fraintendetemi: IO ADORO AXEL!!

 

Ciao, grazie della recensione!!

 

Giulia_Chan

Sì è snervante e sparisce sempre nei momenti meno opportuni. Topo inutile!! Per Xeanorth lo spiegherò più avanti, ma cosa intendi per MX? O_O non ho capito. Grazie per avermi segnalato lo spazio, spero di non aver saltato qualcosa! Grazie, sono felice che la storia ti interessi. A morte Topolino!!

 

Ka93

Manca davvero poco , poi con Lyam saranno guai ancora più grossi. Le botte ci saranno sì, e devo introdurre un altro personaggio anzi , un’altra , ma verrà più avanti. Toplino è paziente ma come ho già detto lo sopporto poco, se paga bene però si può soprassedere XDDDD lieta che la mia storia ti piaccia. Grazie della recensione!!!

 

_MangaGirl_

Che faranno pace…er.. una domanda di riserva ^^”?  sono felice che ti piaccia Fadwa, anche nei suoi scleri, spero apprezzerai anche questo capitolo! Ciao e grazie della recensione !!

 

Grazie a Mikhi per aver messo la storia nelle seguite, spero mi dica anche tu il tuo parere.

Ciaooo!!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Scritto nel sangue ***


 

“ Sei stupida?”

“Umpf”

“Allora, Fadwa? Sei stupida?”

 

 

Rallentai il passo, portandomi una mano alla tempia.

Da qualche tempo soffrivo di emicranie improvvise, e una sfilza di pensieri così idioti non mi aiutava di certo. Pensavo ai giochetti stupidi di Russel, che nei giorni buoni mi attendeva dietro ad ogni porta per farmi la stessa identica domanda.

“ Sei stupida?”

Mi seguiva per casa con quel sorrisetto idiota e un po’ ebbro, testimone che si era fatto un goccio o due mentre io ero in missione.

Di solito non mi preoccupavo; l’acool lo reggeva abbastanza bene, e l’odore pungente di vino quasi non si sentiva per le stanze, ma io sapevo che alleggiava nell’aria e mi avvelenava l’umore già di per se tetro. Era bastato un altro anno per far precipitare le cose.

I gocci erano diventati bottiglie, troppe bottiglie, e non c’era volta che varcavo la soglia dell’abitazione con la nausea che mi tappava lo stomaco. Il sentore etilico mi stordiva quasi i sensi, e stavo male. Ma Russel era troppo impegnato a crogiolarsi in quel mondo di nebbia e illusione per potersene accorgere.

Stava disteso sul pavimento circondato da boccali vuoti, talvolta ridotti in pezzi sparsi sul tappeto, costringendomi a girare per il salotto con gli stivali ai piedi. Il più delle volte stava sulla soglia della cucina, alticcio da far schifo, e ansimava come un grongo fuor d’acqua, annaspando nei litri di liquori che aveva tracannato.

Quando doveva aprire a qualcuno, poi, era anche peggio. Sapevo quanto aveva bevuto semplicemente da quanto ci impiegava ad aprire la porta. Non vedeva bene, le cose risultavano sdoppiate e la maniglia aveva la brutta abitudine di essere intangibile. Nella mentalità dei sobri era completamente andato, incapace di stringere un pomello dorato che in alcune occasioni, incredibilmente, diventava materiale. Stupido Russel…

Perché abbia cominciato a bere non lo so. All’inizio pensavo fosse depressione perché il lavoro non rendeva bene, ma dopo qualche tempo sospettai che fosse per una donna, e non una qualunque.

Azeneth Suarez, il genere di persona che le mogli non vorrebbero trovare a letto coi loro mariti.

Di solito non faccio aneddoti così sciocchi, ma lei se lo merita fino alla fine.

È una donna abbastanza affascinante, il genere di fascino esotico che fa girare gli uomini per strada: attratti dalla capigliatura nero pece e da un seno piuttosto abbondante. Per il resto si tratta di curve a tutto tondo e niente riesce a spegnerle il sorriso sfacciato che ha costantemente sulle labbra.

Dio, quanto la odio. E quanto mi ama lei.

Mi trova interessante, del tutto diversa dalle ragazze di oggi dice ma io non la sopporto lo stesso. Come se non sapessi cosa fa la maggior parte del tempo. Con la sua civetteria ha rovinato più di una famiglia, l’autostima di uomini come Russel, sedotti e abbandonati alla prima occasione.

Putta..

Scossi  la testa, scacciando i fantasmi dei ricordi dalla mia mente.  Ora che ero in missione non dovevo farmi prendere dalla rabbia, dovevo concentrarmi sull’obbiettivo e andarmene il più in fretta possibile da quell’isola. L’importante si riduceva alle briciole essenziali per vivere, nulla di più.

Era ora di trovare Riku.

 

 

 

Contrariamente a quanto potessi immaginare non faceva così caldo. Calato il sole la temperatura era scesa paurosamente, e se non battevo i denti era grazie al mantello che tenevo poggiato sulle spalle. Stringevo il bavero fin sulla bocca, inumidendolo del mio fiato carico di condensa. La stoffa bagnata mi si appiccicava alle labbra, e rabbrividii.

Odio gli indumenti umidi.

C’è chi non sopporta lo stridere del gessetto sulla lavagna, o la tavoletta del water  alzata. Bhè, io non sopporto i vestiti umidi. Mi fanno sentire a disagio, sono scomodi e mi mettono di malumore. Senza contare che la mia ferita all’anca ne risente, purtroppo, e mi maledico pensando che io sia decisamente troppo giovane per avere reumatismi.

Patetico, direte voi. Col lavoro che faccio non è proprio una comodità, ma sapete ci sono anche dei vantaggi. E io sono una maga a trasformare alcuni dei miei difetti in vantaggi.

Parlo per quelli fisici. Nel caso della mia indole mi sa che avete già capito che razza di attaccabrighe rompiballe sono. E qui non c’è modo di cambiare.

I miei piedi sprofondavano nella sabbia bianca, mentre percorrevo lentamente il bagnasciuga. Le onde raggiungevano il fianco del mio stivale, balenando alla sottile luce della falce di luna. In quel mondo le stelle parevano avere vita propria talmente erano luminose, felici in quel cielo cobalto. Spandevano i loro effimeri raggi intervallando momenti di puro scintillio ad altri che sembravano scomparire inghiottite dalla volta blu,  divorate da un intera esistenza più grande di loro, da un manto celeste così profondo da potersi confondere con il mare all’orizzonte. Lo stormire delle foglie di palma frusciava nella brezza salmastra come degli enormi ventagli; salutandomi leggere e timide,simili a delle ragazzine vergognose che accennavano solo un piccolo movimento. I tetti delle case spuntavano come funghi dagli alberi, fumando dai comignoli nella tranquillità di  un autunno appena cominciato. Eppure ogni cosa trasmetteva calore nonostante il freddo. I colori che nemmeno il buio era riuscito a smorzare ammiccavano allo sguardo con malizia malcelata, invitando ad avvicinarsi e a godere di quella meraviglia.

Rimasi ferma, in mezzo alla spiaggia, a fissare il centro abitato che si fondeva con la costa in maniera naturale, armonica. Studiai la stradina lastricata che serpeggiava fra le abitazioni, il rumore del mare che riempiva l’aria circostante col suo sciabordio delicato, aguzzai le orecchie per sentire qualcosa e la voce di un bimbo all’interno di una casa si lamentò scherzosamente,seguito dalle risate mature della madre. Una famiglia.

Strinsi il bavero con forza, tanto da farmi sbiancare le nocche tese allo spasmo sulla pelle. Per quanto avessi cercato di considerare Russel e Azeneth, sì anche lei purtroppo, la mia vera famiglia la nostalgia di qualcosa che avevo provato in un passato remoto si faceva forte  quando assistevo per caso a quotidianità del genere.

Sentivo che mancava qualcosa in me. Un pezzo di puzzle che qualcuno aveva rimosso e che rendeva incompleto un quadro altrimenti definito. Non so per quale scopo o destino, non so perché io. In un altro universo, forse, è toccato ad un altro, forse no. Io sono qui.

E non ho mai saputo il perché.

C’è Azeneth, che ogni tanto viene ancora a trovare Russel. Non so cosa vedrà quando aprirà quella porta, ma di certo non io. Vedrà solo un uomo che ha illuso tutto il tempo schiavo dell’alcool, e il vuoto. Perché ormai sono mesi che non metto piede a Coloba.

Alla fine sono scappata anche dall’ultima parvenza di famiglia.

Sbuffai, ignorando un bruciore fastidioso dietro agli occhi, e mi voltai risolutamente verso destra. Presi a camminare velocemente, quasi con furia, sollevando la sabbia polverosa. Mi diressi verso una zona a mio parere più tranquilla, avvolta da una quieta oscurità. Un avvallamento di sabbia unito con un pontile di legno alla roccia svettò davanti ai miei occhi e mi fermai. La luna stava al di sopra di  un albero ricurvo, sorridendomi sorniona, e tirai un minuscolo sospiro. L’angoscia che mi aveva bloccato stava lentamente allentando la morsa.

Una ciocca mi scivolò sulla fronte, e la tirai dietro all’orecchio con calma. Il vento mi sollevava i sottili capelli sfuggiti al nastro,avvolgendo la mia testa in una nuvola di lanuginosi capelli biondi.

Sì, sono bionda.

Platino…

Una mozzarella in tutto per tutto. Figuratevi che effetto dato che indosso quasi esclusivamente capi scuri. Azeneth mi ha addirittura suggerito dei trucchi per scurire le palpebre.

Grazie,strega, così sembro ancora uno zombie tornato direttamente dall’aldilà.

Respirai a fondo, riempiendo i polmoni fino a farli scoppiare. Avevo come l’impressione di non inalare al quantità d’aria necessaria per vivere, e temetti di avere un principio d’asma. Mi era successo già una volta, ma mai con questa intensità, e la cosa mi infastidì parecchio.

Purtroppo non sono, come si può dire, sana. Una delle poche cose che ricordo di me da bambina sono le frequenti febbri e accessi di tosse, brandelli di un’era che molto probabilmente arricchivo con dettagli suggeriti dalla mia fantasia.

Comunque sia, in barba alle mie condizioni fisiche piuttosto instabili, ho combattuto e sparso sangue. Non mi sono pianta addosso, e ora sono al punto che sono.

Nel mio lavoro devo trovare persone come Riku; farle fuori per un compenso che dividerò solo ed esclusivamente con me stessa. Basta pesi, basta alcolizzati e basta sgualdrine.

La mia vita è già abbastanza instabile.

Mi sfregai le mani, avvicinandomi all’avvallamento. Cercai un appiglio nella parete di roccia e mi ci arrampicai, spostando il peso da un piede all’altro sulla sottile bordatura che correva lungo il perimetro. Con un ultimo sforzo, poggiai il ginocchio sulla superficie battuta e rifiatai, buttando la testa in avanti. Non so per quanto osservai l’arbusto spelacchiato che cresceva sulla pendice ma quando il mio sguardo tornò a fissarsi sull’albero di Papou (ecco cos’era quell’albero! Ma..) mi accorsi di non essere sola.

A fissare il mare, dandomi le spalle, stava un ragazzo. Era ammantato da un velo di tetro, che annullava i contorni della sua figura per fonderli con quelli della luna. I suoi capelli danzavano intorno al suo capo, svolazzando omogeneamente nella brezza. Forse perché era buio mi parvero bianchi, candidi quanto la neve sporcata da un riflesso azzurro  ghiaccio. La pelle tesa delle sue braccia brillava, le minuscole goccioline di sudore imperlavano le carni lattee come una pioggia di rugiada. Sembrava una creatura dei mari, così eterea ma allo stesso tempo così irreale.

Il respiro che udii, però, mi riportò coi piedi per terra. Indietreggiai, sempre in ginocchio, e artigliai il bordo roccioso con le mani. Mi lasciai scivolare fino a toccare due crepe per infilarci la punta degli stivali e abbassai un po’ il mento per fissarlo di sottecchi, dietro l’arbusto secco.

Il respiro che mi aveva illuminato divenne sempre più frettoloso, e vidi che si portava le braccia al petto. Era asmatica anche quella misteriosa figura?

Arrischiai a tirarmi un po’ su, per spuntare dal bordo con metà petto, ma nemmeno così riuscii a capire cosa stava facendo. Le spalle gli tremarono, e abbassai lo sguardo sulle sue gambe.

Le aveva divaricate un po’, come se si preparasse per qualcosa. Qualcosa di estremamente doloroso.

Lo sfregare ferrigno di un arma nel fodero saettò improvviso, e il suono della carne recisa mi fece sussultare. Una nube di goccioline rosse colorò l’aria per depositarsi sulla sabbia, che accolse il fluido umano come un vampiro, assorbendolo all’istante.

Inarcai un sopracciglio, osservando con sincero stupore il risultato di quel gesto sconsiderato. Mi aspettavo l’ultimo spasmo di quel corpo per poi vederlo cadere a terra, ma non successe niente di tutto ciò.

La figura tremò ancora, più forte, incassando la testa nel busto e premendo gli avambracci contro i fianchi. La lama scivolò con un suono molliccio nel suo petto e un altro fiotto scarlatto partì per schizzare sull’albero di Papou. Uno dei frutti cadde, rotolando nella sabbia rosata.

Davvero incredibile.

Non un lamento, non un urlo. Eppure non moriva.

Anche se non riuscivo a vederlo congetturai che la ferita fosse abbastanza grave per mandare un uomo adulto all’altro mondo. Ma non quel tizio, o tizia che fosse. Non riuscivo a capire con la poca luce che c’era.

Un altro colpo, e stavolta un singulto soffocato gli sfuggì.

A quel punto cominciai a riprendermi dalla sorpresa, catalogando ciò che stava facendo come:

-Stupido

-Masochista

-Malato

Tre aggettivi che gli calzavano a pennello. Insomma, chi sano di mente si metterebbe a fare queste cose per procurarsi un agonia terribile come quella??

Mi chiesi seriamente in che razza di posto fossi finita. Dietro la facciata d’oro dell’isola emulo-Hawaii, si nascondevano individui talmente esaltati da giocare con i coltelli? Oh, santo…

“ Non ha senso” sussurrai inconsciamente mentre lui, congetturai fosse un lui alla fine, si infliggeva un altro colpo. Scossi la testa, disapprovando la stupidità di quella testa calda.

Ad un certo punto si fermò. Vidi i suoi muscoli tesi fino allo spasmo rilassarsi completamente. Lo spiazzetto pareva un teatro, dopo l’orgia di sangue si poteva dire che il colore naturale della sabbia fosse il rosso. E che diamine, si era quasi dissanguato.

Gemette, forse per il dolore, e si portò una mano lorda al volto. Un ringhio prolungato gli nacque dal petto, riversandosi fuori in un verso che mi parve una metà fra un lamento e un ululato. Mi mordicchiai il labbro, trepidante. La luna ora lo illuminava nella sua pienezza, e fu a quel punto che si voltò. Lentamente, molto lentamente, il volto coperto dalla cortina di capelli si rivelò.

Quando alzò gli occhi da terra venni quasi ferita dall’azzurro glaciale che balenava pericoloso nelle iridi. Una scintilla fredda e crudele che mai avrei pensato di trovare in un ragazzo così giovane, con la bocca piegata in un ghigno di disappunto. Le ferite profonde che pulsavano sulla sua carne erano come delle labbra rosse e aperte, in grado di ingoiare chiunque gli si fosse avvicinato.

La sua parvenza era così crudele che mi arrischiai a portare una mano all’elsa della spada.

Non sapevo proprio che fare. Se mi aveva vista non avrei avuto altra scelta se non quella di difendermi, e in tutta sincerità volevo vivere ancora un po’ di anni prima di finire al Creatore con quaranta coltellate al petto.

Il ragazzo rimase fermo, saldo sui piedi, senza dimostrare alcuna debolezza per quelle ferite. Anzi, sembrava quasi scocciato.  Sbuffò, come se tutta l’ira ululata qualche attimo prima fosse svanita, e fissò nuovamente il palmo della mano.

Allungai il busto in avanti, senza tuttavia alzarmi ancora di qualche centimetro. Spalancai gli occhi quando la pelle del bacino tremolò per attaccarsi alla metà squarciata, ricostituendo le fibre ad una velocità inumana. I muscoli tornarono al loro posto, coperti ubbidientemente da strati di epidermide perlacea.

Cercai di articolare un pensiero decente, ma l’incredibile spettacolo che mi si offriva davanti agli occhi impediva ogni capacità cognitiva, spenta dalla meraviglia e dall’orrore.

Diciamo che faceva abbastanza schifo vedere come tutto si riassorbiva, muscoli,sangue ,ecc.,  e alla fine notare che non gli rimaneva neanche una cicatrice. Lui non ne era minimante sorpreso, probabilmente si aspettava già una cosa del genere.

Allora la cosa era solo una: lo faceva per divertimento. O perché era stressato, o masochista.

Bho..

Fuori di testa, però, lo era di sicuro. Anche se in quel momento non si sarebbe detto.

L’unica traccia della sua opera era rimasta sulla guancia, dove poco prima si era toccato. Una manata di sangue un po’ secco. Per il resto non rimaneva nulla. Solo la canottiera sbrindellata in più punti. E il coltello che scivolava dalle sue dita fino a terra.

Sospirò tristemente, guardando oltre la sua spalla il mare agitato dai cavalloni. Il vento si era alzato, e di molto.

E mi portava l’aroma dolciastro del suo sangue. Scrollai le spalle, disgustata e mi lasciai cadere sulla sabbia di sotto.

Non era prudente rimanere lì, prima o poi mi avrebbe beccato, e allora una volta alzata mi mossi rapida verso le abitazioni.

Quando reputai di essere abbastanza lontana, chiusi gli occhi. E risi, risi fino a sentir male alla gola, poggiando le mani sulle ginocchia.

Ora capivo perché.

Perché io.

Riku,eh?

Mi calmai, raddrizzando la schiena. I miei occhi brillavano di luce nuova, soddisfazione.

Finalmente una preda degna di quel nome, interessante.

Ma soprattutto pericolosa.

Non ero spaventata.

Ero eccitata. Quella fu l’unica volta che promisi a me stessa di non scappare.

Quella volta ero pronta.

Sogghignai, rivolgendo il mio sguardo un po’ folle verso la collinetta.

“ Sarà maledettamente divertente”

 

 

 

 

“ Così, e a Coloba che si nascondeva”

“ S-sì signore, abitava insieme ad un fabbro del luogo”

“ Lo so,lo so” liquidò Lyam, annoiato “ Nient’altro?”

“ C-c-c’è n’è un'altra con lei..”

“ Davvero? Chi?”

Argus deglutì, sperando che le sue informazioni fossero esatte. Non voleva provocare l’ira funesta del padrone.

Si torse le mani scure, biascicando un nome a lui sconosciuto. Ma che per Lyam voleva dire tutto.

“ Azeneth Suarez”

“ Azeneth?” Gli occhi elettrici del Watcher brillarono, in un modo che Argus non aveva mai visto.

Annuì, e la trecciolina fermata da una piuma di fagiano ballò pigramente “ Sì”

“ Questa è una fortuna”

Si volse, con le dita intrecciate dietro la schiena. Dalla torre dell’orologio Radiant Garden sembrava un minuscolo formicaio variopinto. Sorrise maligno.

“ Allora eri lì” mormorò più a se stesso che allo scagnozzo. Trattenne una risatina.

“ Oh, sorellina”

Argus deglutì nuovamente.

“ È  tempo che tu mi restituisca il favore”

 

 

 

 

 

Er, non aggiornavo da un po’. Ma ora sono qui! Ultimamente la voglia di scrivere mi è un po’ calata, ma non demordo.

Ed ecco che Riku fa la sua comparsa!

Ma perché fa così (non fare sciocchezze Rikuccino)?  Cosa farà Fadwa? E la sorella di Lyam, Azeneth?

Vi avevo detto che ci sarebbe stato un altro personaggio, ed è proprio lei: Azeneth.

Non è tanto più grande di Fadwa, ma è.. bhè, avete capito.

 

The one winged angel

Ciao, prezzemolo! Eccomi qui, sono ancora viva purtroppo! La trovata del computer mi è arrivata così, ed in effetti ce lo vedo litigare con Fadwa (quella litiga con tutti) e come vedi qui si mostra un lato un po’ più fragile di lei, sempre condito dal suo sarcasmo pungente. Che razza di donna -___- ( Non è cattiva però, hai detto bene)

Sono contenta che ti piaccia Lyam. Invece lui è tutto il contrario di come si mostra: gentile ed educato in superficie, cinico e crudele sotto. Come testimonia la paura morbosa di Argus, il suo braccio destro-galoppino.

Per la domanda dell’altra volta: mi dispiace ma è errata! Ma hai comunque il premio di consolazione: Un peluches Genesis, eh, che ne dici?

Xeanorth è il cattivo di KH mentre Xemnas lo è del due e, sì, è il nessuno di Xeanorth. So che a quest’ora ti sarai già risposta da sola ma ho voluto dirtelo lo stesso. Però sono cento euro.

Scherzo ^_^

Ci vediamo alla prossima, grazie per la recensione!!

 

_MangaDarling_

Grazie per la recensione! Questo capitolo è ancora un po’ serio ( niente computer rompiballe) e come vedi ci sarà Azeneth. Tutto il contrario di Fadwa, e comparirà fra poco.

Ciao, grazie della recensione!

 

Ka93

La navetta era stata affittata per farci la casa del prossimo Grande Fratello (^_^)  quindi la privacy è solo un opinione! ( Vieni un po’ qui nda Fadwa) ( No! Aiuto!!!)

Lyam sì, è un figaccio (Ah-ehm) ( Ma mai quanto te Riku ^/////^)

Topolino è proprio deficiente, sarà che non lo sopporto, ma hai ragione. Cattivo topo!!!!!

Grazie per la recensione ^_^

Mikhi

Grazie, mi hai fatto molto contenta *_*

Sono felice che la storia ti intrighi e che ti piaccia il mio personaggio.

La vera natura di Lyam è venuta un poco fuori qui, ma credimi farà di peggio, anche a sua sorella. Topolino è malato di potere, ma vedi che calci nelle real-chiappe si prenderà (faccina malefica)

Spero che ti piaccia anche questo capitolo.

Ciao, un bacio!!

 

Lyssa

Sì e… no. Cioè un poco, ma verrà fuori più avanti. Grazie per avermi illuminato! Non avevo capito che quelle lettere erano il suo nome  0_0 ( che baka..)

Diciamo che anche per Fadwa il suo peregrinare bisogna dare la colpa a Xeanorth.  Quando era ancora un apprendista! Tutto più avanti, naturalmente.

E Topolino è un idiota, l’ho detto e lo ripeto. Per quanto riguarda Zexion apparirà solo nei ricordi di Fadwa quando era ancora umano. Lo vedremo parecchio da bambino con la giovane cacciatrice e Ansem avrà un ruolo fondamentale in questa storia.

Ciao, grazie della recensione.

 

Bene, alla prossima!!!!!

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Capitolo 5
*** Oblivio/Incontri sgraditi ***


 

La mia anima è vuota, il mio cuore è spento…

Chi ci salverà dall’eterna dannazione? Chi ci salverà dal male che ci siamo inflitti?

Perché sono qui?

Cosa mi hai fatto… Xeanorth?

 

 

Amica mia, ti prego, se un giorno ci rincontreremo … fai in modo che io possa riposare in pace.*

 

 

 

“ C’è qualcuno nel castello”

“ Come sempre”

“ Non sto scherzando Zexyon! Pensi che sia talmente sprovveduto da non accorgermene? Chi hai fatto entrare?”

Il numero VI fissò Vexen con noia, provando una sottile scossa a livello dello stomaco quando il vecchio Nessuno si avvicinò ulteriormente a lui. Non aveva paura, Vexen d’altronde era molto più debole di quanto ammettesse in realtà, ma il modo in cui atteggiava il volto gelido gli fece venire voglia di scomparire. Lui non avrebbe esitato a chiamare qualcuno per il lavoro sporco, non avrebbe esitato a urlare tradimento se l’occasione gli si presentava propizia.

Pensò che non l’avesse mai perdonato l’ingratitudine mostrata, dimentico del fatto che l’avesse tirato su alla meglio quando i suoi genitori erano morti. Allora aveva a malapena sette anni, e già dopo un anno il viso di suo padre pareva sbiadito, una macchia di acquarello sulla tela immacolata della sua non vita. Ogni voce distorta dal metallico oblio che rimbalzava nelle pareti del suo io per smarrirsi in un nulla cosmico. Quello era il prezzo, si disse, quello era il prezzo per aver voltato le spalle al vecchio davanti a lui. Nessun crimine era rimasto impunito dopo; se ne erano aggiunti altri ma il peso della vergogna levitava sulla sua testa senza posarsi nel suo inconscio e di questo ne era grato, grato di essere un mostro vuoto e fittizio. Grato alla persona che gli aveva rovinato la vita, tolto l’adolescenza. Da una parte gli era debitore.

Dall’altra avrebbe desiderato non esitare.

Forse era per questo che l’aveva fatta entrare, solo per questo.

“ Sì,Vexen. In effetti, qualcuno è entrato” rispose vago, attento a non mostrare troppo o troppo poco. Ma Vexen non era contento, ovvio che volesse sapere di più. Se il suo protetto navigava per altre acque sarebbe stata la fine. E uno scienziato non poteva morire per beghe così subdole.

“ Perché?”

“ Cosa?”

“ Perché  l’hai fatto entrare?”

“ Credimi, ha insistito talmente tanto che non ho potuto far altro. Gli ospiti vanno trattati con riguardo, caro Vexen”

“ Solo quelli graditi” rispose Vexen con stizza “ E lei non è gradita”

“ Lei? Pensavo che stessi parlando del detentore del Keyblade. Chi è lei?”

“ Se non lo sai tu”

Vexen fece un sorrisetto.

“ Se non lo sai tu, Zexyon”

Il ragazzo assottigliò le palpebre, ma non mostrò alcun segno di squilibrio.

“ Infatti non lo so” rispose insolente “ Di chi stai parlando, vecchio? Non voglio tanti giri di parole oggi”

Vexen scosse la testa, ignorando lo sguardo di gelido odio del più giovane. Delle volte si divertiva con questi teatrini, e stuzzicare la pazienza di Zexyon gli sembrava un ottimo modo per dimostrare fino a che punto poteva essere il pacato ragazzo con cui avrebbe scalato la vetta dell’Organizzazione. In altri tempi avrebbe definito questo gioco irritante, ma ora gli era indispensabile.

“ Te l’ho detto. Io non la conosco, ma dato che tu le hai aperto la porta immagino…”

“ Immagini male” lo interruppe Zexyon prontamente. Incrociò le braccia la petto, carezzandosi pensosamente il mento. Il ciuffo bluastro gli scivolò sul volto.

“ Ignoro la sua identità, ma in compenso il suo odore non lascia dubbi. Te ne sarai accorto anche tu, somiglia molto…”

“ In effetti è stupefacente. Forse non hai avuto tutti i torti, Zexion, me ne compiaccio”

Gli diede le spalle.

“ Tuttavia, non ho tempo per occuparmene. Ho già il mio bel daffare con quel ragazzino. Vuoi occupartene tu, sì?”

Aprì un varco oscuro e ci scomparve dentro. A Zexyon, però, parve di sentire la sua voce mugghiare come le onde, spandendo il suono sgradevole per tutti i sotterranei.

Non mi è piaciuto il tono con cui ti sei rivolto a me prima, vedi di moderare i termini se non vuoi finire radiato.

“ Che paura” mormorò ironicamente.

Volse lo sguardo verso il corridoio buio, per controllare che non ci fosse nessuno, poi si sedette sulla sedia di plastica accantonata in un angolo insieme al tavolo sbreccato. Oggetti di pessima fattura per i peggiori, pensò amaramente. Si accomodò meglio, incrociando le braccia sul piano di plastica. Respirò profondamente una, due,tre volte calcolando mentalmente quanto ci avrebbe messo una come lei a perdere metà dei suoi ricordi nelle prime stanze. Sperò solo che non incontrasse ne Marluxia ne Axel, o nel migliore dei casi Larxene. Quei tre le avrebbero dato del filo da torcere e ringraziò mentalmente il piccolo detentore per il diversivo che stava creando.  Almeno poteva agire quasi indisturbato, se non contava  l’isteria mestruale di Vexen. Lui era il male minore per il momento.  Schioccò la lingua, spazzando le briciole dal tavolo con noncuranza.  Un tonfo lo fece scattare in piedi, libro alla mano, ma quando dall’ombra fuggì un minuscolo topo si rilassò. Rialzò la sedia, caduta nell’impeto del momento, e si risedette. Era talmente nervoso da dimenticarsi del tutto chi era. I Nessuno non provavano nulla.

O fingono di non provare nulla?

Scostò i capelli dal viso e posò il suo fidato libro sulle ginocchia. Lo aprì piano, con cautela, sfogliando le pagine con la delicatezza di un soffio di vento, fissando le parole impresse a china sulla carta svolazzare da una riga all’altra in un’allegria che a lui mancava da tempo. Una in particolare attirò la sua attenzione. Scritto con calligrafia rotonda e infantile, leggero nel significato pesante che conteneva in ogni sillaba.

Oblivio

Neanche a farlo apposta, neanche l’avesse sospettato quando era ancora un bambino. Il tempo dell’infanzia era talmente lontano e inesistente da scomparire insieme a tutto il resto, e Zexyon non aveva mai avuto l’intenzione di ricordare. Fino a quel momento.

Lei.  Ultimo brandello di memoria scampato alla follia.

Zexyon aveva trovato qualcosa nei suoi tratti, qualcosa che non fosse sbiadito come tutto il resto. Nell’attimo stesso in cui l’aveva vista entrare la verità si era infranta su di lui in modo devastante, riemergendo dal magma denso dei suoi pensieri, scollandosi pezzo per volta fino a ricostruire quello che credeva dimenticato per sempre.

Oblivio. Dimenticanza, abbandono da parte del pensiero ma anche da parte dei sentimenti e degli affetti.

Niente di più azzeccato.

Per me non era solo un’amica, la bambina spocchiosa che ammiravo e compativo. Era molto di più.

Me ne ero dimenticato.

Chiuse gli occhi, abbassando lentamente la testa. No, non poteva essere malinconico.

Non adesso. Doveva solo aspettare, attendere paziente l’occasione giusta per entrare in scena. Domare l’impazienza era di sicuro la cosa più difficile, controllare il nervosismo nei suoi gesti, eppure era l’unico modo per dimostrarsi di essere pronto.

Riuscissi a ricordare il nome. Il nome dannazione!

“ Chissà dove è finito Laxaeus?” si chiese ad alta voce.

Il silenzio rispose per lui. Nessuno spostamento d’aria, nessun grugnito.

No, era solo. E questo lo fece scattare nuovamente in piedi.

“ Dannazione!” strinse il libro e cominciò a correre come un forsennato, scivolando ad ogni deviazione del dedalo di corridoi oscuri, depositari dell’affanno del giovane Nessuno. Un piede davanti all’altro, lo scalpiccio frettoloso dei suoi stivali sul marmo polveroso, il respiro corto dovuto al fatto di essere poco avvezzo a quel genere di fatica. La rabbia, bruciante nel petto, e l’angoscia nei suoi occhi onice nel comprendere che forse era troppo tardi. O forse no.

Non poteva permetterlo. Non stavolta.

Presto!

No,no…

Aysel!!!!!

 

 

 

 

 

Aprii lentamente gli occhi, fissando il soffitto sfocato della mia cuccetta con un lieve malessere all’altezza delle tempie. Me le massaggiai, gemendo di fastidio per i raggi di luce che battevano sull’oblò di fronte alla branda. L’alba rosseggiava sul mare come un fuoco incandescente, spandendo la sua luce in ogni angolo dell’isola.

Chissà quanti posti in ombra c’erano, in un luogo così luminoso.

L’esperienza mi ha sempre insegnato che luce e buio vivono in stretta simbiosi uno con l’altro, ed è impossibile scinderli per creare due entità separate. Se vuoi una parte devi prenderti anche i rischi della metà indesiderata, ecco come funzionava.

Bella fregatura. Io che volevo ancora un po’ di oscurità per dormire sono stata brutalmente svegliata da una luce dispettosa. Dettagli, dettagli trascurabili,no?

Balzai giù dalla branda, facendo due o tre piegamenti per sgranchirmi le giunture, poi afferrai l’asciugamano buttato per terra e mi diressi nella cabina bagno. Una vera pacchia, credetemi: doccia, vasca,cesso…

Quando uno è in viaggio non c’è niente di più bramato di un bagno in cui rifugiarsi. Un getto d’acqua calda sul corpo e tutti i problemi fuori. Non so voi, ma per me è così.

Non vi siete scandalizzati per la parola “cesso”, vero? Io tendo ad essere piuttosto sboccata delle volte, dico le cose senza pensare. In tal caso chiedo scusa.

Ho perso il filo. Dicevo? Ah,sì!

Quel giorno sarei andata dal sindaco per convalidare la mia situazione sull’isola. Le solite scartoffie e rassicurazioni che uno fa per non inquietare gli idilliaci abitanti, poi avrei avuto via libera per fare il mio lavoro. Cioè osservare il pazzo scatenato, che già dalla scenetta della sera prima mi aveva fatto una pessima impressione. Eppure non potevo che trovarci una certa attrattiva, anche nel modo in cui si faceva del male. Malato lo era di certo, ma io non avevo paura.

Ho preso a schiaffi colossi il doppio di lui. Con lividi inclusi, beninteso, ma per avere fifa di un tipo così… anche no!

Mi sciolsi i capelli con una spazzola, mugugnando di dolore. Quando furono completamente snodati li tirai all’indietro, raccogliendoli nella mia solita coda alta. Il nastro nero lasciò sfuggire alcune ciocche che mi incorniciarono il viso come un’aureola.

Cavolo, che brutto paragone…

Osservai le ombre violacee che insistevano perennamente sotto le palpebre, accostandosi a meraviglia col taglio purpureo che mi attraversava l’iride. Ero terribilmente pallida, il naso sottile che volgeva all’insù mi sembrava ancora più da vomito di altre volte e quel brufolo?? Quando mi era spuntato quel brufolo sul mento?? Piegai la bocca in una smorfia amara e ci ficcai lo spazzolino con rabbia, sfregando via il tataro come se fosse stato il mio peggior nemico. Preferivo non soffermarmi troppo, non avevo molto tempo e qualcuno di sicuro mi aveva già notato. Non tanto per l’aereonave quanto per il mio colorito cadaverico, che poco si confaceva a quell’isola dal sentore tropicale.

Uscii dal bagno, asciugandomi il viso con l’asciugamano fradicio e aprii il baule dove tenevo il mio scarso bagaglio. Frugai per un po’, le ciocche ribelli ballavano davanti agli occhi per prendermi in giro, e alla fine dal mare di stoffa e armi emerse un vestito  azzurro. Era tarmato ma buono e naturalmente non era mio. L’avevo preso per sbaglio quando me ne ero andata da Coloba, e penso che Azeneth non si sia accorta che al suo guardaroba mancasse un vestito così semplice per una meretrice della sua fama. Peggio per lei, di sicuro neanche si ricordava di averlo. Per me era un modo come un altro per passare inosservata (per quanto potessi riuscirci in quel momento) e per non esternare troppo il mio lavoro.

Soprattutto, attenzione prego, non trovavo affatto carino quel colore. Per niente.

Non mi piaceva il pizzo sul corpetto, il fatto che scivolasse come spuma sui fianchi fino a metà coscia. Nha! Troppo… troppo!

Una volta pronta uscii. Avevo nascosto un pugnale sotto le pieghe del vestito, assicurandomelo alla gamba con un laccio stretto, e tuttavia camminavo tranquilla senza badare al fatto che l’elsa sfregasse sulla pelle. Meglio essere preparate, con uno come quello non si poteva mai sapere e volevo evitare una coltellata in pieno petto. O un Keyblade in testa.

Mi avrebbe rovinato la settimana.

Camminavo a piedi nudi sulla sabbia calda, quando all’improvviso sentii dei passi pesanti dietro di me.  Rallentai impercettibilmente, socchiudendo gli occhi. Drizzai le orecchie, era sempre più vicino, e allora mi fermai. Piegai il busto, ruotando all’indietro col pugno caricato. La mia mano colpì qualcosa di morbido, che emise un rantolo soffocato prima di cadere in una nuvola di sabbia. La figura stesa a terra rotolò gemendo dal dolore, e mi accorsi che era un ragazzino dagli spettinati capelli castani.

Mi rilassai.

“ Ahio!!” esclamò dopo un attimo, tenendosi la parte dolorante “ Che male. Si può sapere perché l’hai fatto?” a quella domanda stupita mi irritai. Non ero io quella che arrivava alle spalle della gente come un assassino. Cioè… in un certo senso sì ma… oh, non importa.

“ Mi hai spaventato” mentii “ Di solito le brave persone non piombano alle spalle di indifese fanciulle”

“ Tu non sei indifesa” replicò guardandomi negli occhi “ Non con quell’uppercut micidiale”

“ Mi stavi seguendo? Immagino sia così dato che avresti potuto benissimo rivelare la tua posizione”

Sbuffò, mettendosi in ginocchio con espressione colpevole. A vederla da lontano quella scena doveva risultare piuttosto patetica, inginocchiato come un idiota davanti ad una sconosciuta.

“ Mi hai beccato” ammise con un sorriso sincero “ In effetti ti stavo seguendo da un po’”

Strinsi gli occhi “ Quanto “un po”?”

“ Oh,no…” mise le mani in avanti, come a volersi difendere “ Non è come pensi. Ti ho vista dall’albero di Papou laggiù e volevo solo sapere chi fossi” riprese fiato, aveva parlato senza interruzioni “ Solo questo. credimi , non sono quel tipo di persona”

Incrociai le braccia al petto, decisa a non mostrare più di tanto il mio sospetto. Non ne avevo alcun motivo, d’altronde, quel ragazzo pareva il solito scemo del villaggio e se era così debole per capitolare con un uppercut potevo stare tranquilla.

“ Ok” decisi infine “ Per stavolta passa”

Il suo sorriso si ampliò, e finalmente si decise ad alzarsi in piedi. Non l’avevo notato, ma era abbastanza alto. Più di quanto potevo esserlo io.

“ Meno male. L’ultima cosa che voglio è essere scambiato per un pervertito” si schiarì la gola “ Mi chiamo Sora. Piacere di conoscerti… ehm”

“ Fadwa”

“ Che razza di nome è Fadwa?”

“ Che razza di nome è Sora?”

“ Ok,ok… mi sa che ho capito di che pasta sei fatta.  Comunque non ti ho mai visto da queste parti, vieni da fuori?”

Dovevo essere prudente.

“ Ssssì. In un certo senso”

“ A me puoi dirlo. Ho sufficiente esperienza per mantenere il tuo segreto”

Esperienza in cosa?

“ Bhè, in effetti sono una,uhm, studiosa. Sì, una studiosa”

Sora si fece più attento. I suoi occhi sembravano due bocce di pesci rossi talmente erano grandi e tondi. Molto Bambi,poco svegli perciò decisi di tenerlo presente. Magari aveva qualche informazione interessante che potevo carpirgli con facilità.

“ Che genere di studiosa?” chiese con genuino interesse e a me venne quasi da ridere.

“ Studio… biologia marina” improvvisai, vedendo con la coda nell’occhio un paguro che annaspava sul bagnasciuga. Sora tacque un attimo.

“ Biologia marina?”

Temetti di essere stata poco credibile, e sostenni fieramente il suo sguardo.

“ Sì, biologia marina”

Mi bastò poco per capire che raccontare balle sarebbe stata una passeggiata. Sora credeva ad ogni mia singola parola, e mi chiesi seriamente se potevo convincerlo che la luna è rossa. Pendeva dalle mie labbra, e inconsciamente sorrisi.

“ Qualcosa non va?” domandai ironicamente e lui trasalì.

“ Come? No. Anzi, trovo che sia fantastico”

Portai una mano alla bocca, mascherando una risata con un colpo di tosse.

“ Conosco l’isola come le mie tasche. Ci sono degli angoli bellissimi, davvero, se vuoi ti ci porto”

Dho! La guida no!!

“ Grazie” lo interruppi “ Ma preferisco esplorare da sola”

“ No,no” incrociò le braccia al petto, scuotendo penosamente la testa “ Insisto. Potresti scivolare su uno scoglio e farti male. Fidati, è meglio se ti accompagno” Sorrise cospiratorio “ Lo faccio volentieri”

“ Grrrrazie” mormorai piegando gli angoli delle labbra all’insù. Dovevo essere terribile, perché alzò un sopracciglio con fare confuso.

“ Non c’è di che…. Oh, Riku! Qui” sollevò un braccio, salutando la persona dietro di me. Mi irrigidii quando avvertii lo spostamento d’aria sulle braccia nude. Riku si fermò al mio fianco, silenzioso e altero come una statua. Abbassai lo sguardo sui piedi, lanciando occhiate di sbieco al corpo del ragazzo. Nessuna ferita, nessuna cicatrice. Nessun segno nemmeno sulle braccia pallide.

I capelli che la notte prima mi parevano di ghiaccio alla luce del mattino intrappolavano sottili riflessi arancioni. Emanava una freddezza tale che rabbrividii, angosciata che potesse riconoscermi e scoprirmi. Intrecciai le mani dietro la schiena e mi decisi a guardarlo direttamente. Mi voltai del tutto, e quasi caddi. Mi stava fissando intensamente, soppesando ogni parte del mio copro con pesi e misure, scandagliando i recessi della mia anima coi suoi occhi color alga marina. Tale era la ferocia del suo sguardo che mi arrabbiai. Mi arrabbiai soprattutto per il tic disgustato che gli deformò l’espressione del viso.

“ Sai, hai un brufolo proprio qui”

Sobbalzai, portandomi la mano al foruncolo fetente. Lo sapevo, dannazione, e lo fulminai con un’occhiataccia degna di un demone. Lui ricambiò indifferente, spogliandomi ad ogni battito di ciglia. Alzò le spalle, rivolgendo la sua attenzione ad un imbarazzato Sora.

“ Lei chi è?” domandò con sufficienza, come se non le importasse veramente il mio nome. Strinsi i pugni, infuriata per quella maleducazione. Se voleva saperlo poteva chiederlo a me, no? Ero lì di fianco!

Che stronzo! Pensai giustamente.

“ Oh, il suo nome è Fadwa ed è una…”

“ Non mi interessa il suo lavoro” lo interruppe stizzito “ Volevo solo sapere il suo nome”

A quel punto non potei più stare zitta.

“ Sora stava solo specificando. E in ogni caso, potevi chiederlo a me dato che sono qui a pochi centimetri”

Riku inclinò la testa di lato e non mi rispose.

“ Fa un po’ come vuoi” proclamò a tutti e a niente, poi fece un cenno a Sora “ Io vado all’isola. Vieni con me?”

“ Oh, sì. Vuoi venire con noi, Fadwa?” l’entusiasmo nei suoi occhi si spense quando rifiutai.

“ Peccato. Oh bhè, ci vediamo in giro!” e seguì il maleducato albino verso il molo qualche metro più in la.

Ciao,eh? Razza di cafone.

Non mi piaceva. Non mi piaceva per niente.

Uno: perché mi ha trattato come una pezza senza conoscermi.

Due: Lo sapevo che avevo un brufolo grosso come una casa, ma non era stato carino a farmelo notare.

Tre: Avevo come l’impressione che il suo amico ci stesse provando con me.

Ma cavolo!

Ora avevo un motivo in più per restare. E quel pensiero mi ossessionava.

Dare una lezione a quel buzzurro patentato. Una vendetta da gustare fredda.

Ero pronta.

“ Preparati,idiota” ringhiai al vento “ Perché presto andrai a piangere da mammina” e detto questo mi diressi verso la casa del sindaco.

 

 

 

 

 

 

 

*Kingdom Herats Birth By Sleep(Ventus)

 

 

Hola, sono di nuovo qui! Fadwa ha incontrato Riku, e non è stato molto gentile perciò… aspettatevi di tutto. A quanto pare ci sono altri misteri da risolvere.

Di chi parlava Zexyon? Chi è Aysel?

Mistero!!!

 

 

Mikhi

Azeneth è un po’… facile. Sì, in effetti dovrei menarla per come tratta Russel ma tutto a tempo debito. Riku impazzito? Sì! E ne farà di peggiori aspetta e vedrai!! ^_^

Grazie per il tuo sostegno, alla prossima!!

_MangaGirl_

Ero finita nello spazio profondo giocare al tabellone con balena Gantu. Però mi sono persa T_T anche perché dopo la scuola mi ha ripescato insieme al blocco dello scrittore. Riku non è emo, ma ci sta seriamente pensando( scappa inseguita da fan inferocite) no, lo spiegherò più avanti. Grazie del sostegno, alla prossima.

 

Deby92

Un nuovo arrivo!  *_*

Sono contenta, figurati se me la prendo! Mi fa piacere che ti interessi, in effetti Fadwa è particolare. Me ne sono resa conto anche io e aspetta di vedere il resto. Litigi a non finire.

Grazie della recensione!!

The one winged angel

Ho il potere della pazzia (svussssshhhhh)

Che pena che sono… davvero ti è piaciuto l’altro capitolo? E al fic? *_* sono davvero molto contenta, credimi. E per la descrizione di Riku ero lì che sbavavo a immaginarmelo con la canotta sbrindellata ( PENSIERI OSè= On) ( Ci saranno dei minorenni maiala 0_0 nda Vanitas) uhm, spero che la fic continui a piacerti, ora si entra nel vivo! Ciao e grazie, prezzemolo!!! ^_^

Ka93

Lyam stavolta non c’era. Ma apparirà all’inizio del prossimo capitolo. Figaccione, vieni qui!!! Eh,eh Riku psicopatico mi piace un sacco. Qui è un bastardo, ma poi si capirà.

Ciao, grazie della recensione!!!

 

Catherina Eearnshaw

Nuovo arrivo! Troppo contenta *_*

Sono felice che ti interessi, davvero mi ha fatto molto piacere la tua recensione e sono d’accordo sul punto sei: trappola gigante? Sì!!!!!!!!!!!

Topolino must die!!!

Ah,ahaahaha. Ciao a presto!!!!

 

 

 

Scusate gli errori non ho avuto tempo di correggerlo!

 

 

 

 

 

 

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