Strani amori

di NonnaPapera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Partecipante al contest “L’amour Toujour”

Le parti scritte in corsivo sono dei flashback

I personaggi sono tutti parto della mia mente malata, perciò ogni riferimento a persone reali è casuale.

Buona Lettura ^^

 

STRANI AMORI

 

Prologo

 

“L’ho amato troppo per non odiarlo”

Il fumo della sigaretta uscì in una nuvola candida dalle labbra di Agatha.

La donna accavallò le gambe e fissò negli occhi il suo interlocutore.

L’uomo che le stava seduto davanti, in maniera scomposta e annoiata alzò le spalle con noncuranza.

“Come ti pare… era solo così tanto per essere sicuri”.

Agatha Summers fissò con fastidio l’uomo con il quale stava parlando.

 

Fin da bambina aveva sempre visto nel padre, l’uomo perfetto, l’uomo da ammirare e sulle quali orme costruire il proprio futuro.

Quando crescendo si era resa conto che Adam Summers era uno tra i più feroci e sanguinari boss mafiosi dello stato, non aveva fatto grandi tragedie.

L’ammirazione rivolta per tutta la vita al proprio genitore, l’aveva porta a scegliere, senza esitazione alcuna, la strada più logica -per lo meno per lei-.

Così quando il suo benamato “papi” , questo era il termine con il quale si rivolgeva a lui, aveva avuto un infarto, lei gli era succeduta nell’amministrazione della “azienda” di famiglia.

In breve tempo, data la sua totale mancanza di scrupoli e la sua determinazione, tutti gli uomini, che prima erano alle dipendenze del temuto genitore, avevano cominciato a rispettarla quanto il loro precedente capo.

Poi, un giorno per caso, anche in lei l’amore aveva fatto breccia e il suo cuore aveva cominciato a pulsare unicamente per il fortunato -con forte disappunto da parte del vecchio Summers, che seppure segnato dall’infarto, non aveva perso la sua tendenza al controllo, soprattutto sulla vita della figlia-.

Con il tempo però, era stato fin troppo chiaro che il tanto sospirato uomo dei sogni altro non era che un vile arrampicatore.

Un essere immondo che si era approfittato di lei, circuendola e cercando di soppiantarla nel ruolo di capo incontrastato della malavita organizzata –o almeno era questa ormai l’idea che lei aveva di lui-.

Salvo poi lasciarla per un’altra, quando si era accorto che Agatha, era disposta a concedergli tutto fuorché la sua carica di capo clan.

 

Gli occhi di un marrone talmente scuro da risultare quasi nero, si fissarono in quelli color verde del suo interlocutore, infastiditi.

L’uomo le fece un sorrisetto sghembo e si spostò sulla sedia con indolenza, affatto infastidito dallo sguardo pieno di astio del suo capo.

“Voglio che tu esegua quanto richiesto. Non sono tipo da avere rimorsi, perciò la tua domanda di poco fa è del tutto insensata!”

L’altro la fissò con sguardo assonnato e poi sbuffò.

“Certo come ti pare, ero semplicemente curioso, fino a poche settimane fa eri la donna più innamorata… ed ora mi ordini di fargli una “serenata”!”

“Il perché non sono affari tuoi”

Il killer si alzò dalla poltrona ed appoggiò le mani –particolarmente curate- sul grosso tavolo di mogano che lo separava dalla sig.na Summers e rispose con sguardo beffardo.

“Non sarà mica perché ti ha mollata…per un’altra…”

Gli occhi di Agatha si assottigliarono pericolosamente.

“Non sei l’unico a cui posso rivolgermi… attento a non provocarmi ‘chitarrista’ o il prossimo potresti essere tu!” sibilò tra i denti.

“Calma calma, scherzavo che diamine” rispose di rimando l’altro portandosi le mani davanti in segno di una fittizia resa.

Poi si stiracchiò e con incedere elegante si allontanò richiudendosi la porta dello studio alle  spalle.

 

Adan Summers fece cigolare la sua sedia a rotelle sul tappeto orientale del corridoio.

Lo sguardo vivace, nonostante la malattia e l’età, corse attraverso la finestra a seguire l’allontanarsi del suo killer più efficiente.

Poi, lentamente si avviò verso lo studio.

Quando aprì il battente, lo sguardo carico di rancore della figlia lo fece sorridere.

Lei e William non erano mai andati propriamente d’accordo.

Soprattutto per la fortissima mancanza di rispetto che quest’ultimo aveva nei confronti della donna.

“Ciao tesoro”

“Ciao papi” mormorò un po’ più addolcita alla vista del padre.

“Come mai William era qui?”

Agatha sbuffò una nuvola di fumo dalla sigaretta ormai completamente consumata.

“Un incarico…” lasciò la frase in sospesa, muovendo la mano in aria, ad indicare che la cosa era di poco conto.

“Deve essere importante se hai chiamato il miglior ‘chitarrista’ della ‘banda’.”

Erano anni ormai che quelle similitudini tra musica ed assassini, risuonavano nell’immensa villa.

L’abitudine a questa pratica era stata inaugurata proprio dal vecchio patriarca, per evitare spiacevoli intercettazioni.

“Sarà anche il migliore… ma è veramente irritante”

“Oh certo, sappiamo entrambi che William ha un carattere piuttosto fastidioso. Però è sempre stato fedele e soprattutto preciso nello svolgere i compiti assegnatogli”

“Come ti pare… ma prima o poi lo ‘licenzierò’.”mormoro con astio.

Il vecchio si limitò ad alzare le spalle, la vita degli altri –anche quella dei suoi sottoposti- non gli era mai interessata troppo.

“Vieni tesoro mio, andiamo in veranda a berci qualcosa, così ti distrai” e così dicendo mosse la carrozzella in direzione della porta-finestra.

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Capitolo 2
*** Cap 1 ***


Cap 1

 

Gli occhi verdi vennero coperti da delle scure lenti da sole.

William Streed  si alzò la zip della felpa e si ficcò le mani nelle tasche.

Mentre si allontanava dalla grande villa che era la residenza dei Summers pensò che quello sarebbe stato il suo ultimo lavoro per loro.

Non voleva rischiare di trovarsi una pallottola proprio nel centro della fronte, solo perche Agatha non lo trovava simpatico.

Il ragazzo, poco meno che trentenne diede un ultimo sguardo dietro di sé, prima di salire sulla cabriolet grigio metallizzato ed ingranare la prima.

William non era mai stato un essere di grandi valori morali –in fondo faceva l’assassino di professione-, però aveva sempre ritenuto che il mantenere la parola data fosse un dovere intrinseco dell’essere uomo.

Perciò era sempre rimasto fedele al vecchio Adam… ma da quando a lui era succeduta quella donna fastidiosa, le cose avevano cominciato a prendere una pessima piega.

Ad un osservatore esterno William poteva sembrare un semplice ragazzo, che frequentava come molti altri della sua età una qualunque università del paese.

Il dubbio che potesse essere anche solo un tipo lontanamente pericoloso, non avrebbe mai sfiorato la mente neppure del più veterano degli investigatori.

In fondo era stato solo un puro caso che aveva portato quel quindicenne di dieci anni prima a diventato un efferato killer.

Anche se forse al caso non è corretto attribuire troppa importanza, più precisamente si trattava di un’eredità.

C’è chi dai propri genitori eredita una casa, chi invece –come nel caso di William- l’attività di famiglia.

Certo, non sono molte le madri che portano con sé i figli al lavoro, e forse Jenny Allister fu l’unica al mondo a considerare il proprio lavoro come un impiego qualunque.

Ma William era cresciuto tra scuola e assassini su commissione, ai quali prendeva parte seguendo la madre.

Poi in un lontano –ma quanto mai vivo- giorno di dieci anni prima, qualcosa era andato storto e la bella e fatale Jenny, in arte “Rosa d’argento”, era perita sotto gli occhi del suo unico figlio.

William era molto affezionato alla madre… per questo l’aveva vendicata portando così, tra l’altro, a termine l’incarico precedentemente affidato a lei.

Da quel tragico evento aveva preso il via la sua lunga carriera da killer professionista.

C’è da dire che il biondo e bel William non era un sadico sanguinario.

Non provava piacere in ciò che faceva, semplicemente … era solo lavoro.

Lavoro che tra l’altro aveva deciso di concludere con quell’ultimo assassinio, per poi migrare verso più felici lidi, per evitare la tragica e prematura fine che era toccata a Rosa d’argento.

La mano corse sulla radio e sintonizzò una stazione –una qualunque bastava che trasmettesse musica-.

Nei suoi dieci lunghi anni di carriera, aveva fatto del lavoro di uccidere una vera e propria arte.

E questa sua destrezza era sempre stata rispettata e temuta da tutti, da tutti fuorché dalla stimata Agatha Summers.

William sbuffò infastidito per quella situazione –anche se gran parte della colpa era solo sua-.

Andarsene dal suo paese non era una soluzione che lo allettava, ma questa volta aveva tirato troppo la corda con il suo boss, e sapeva bene che una volta concluso l’incarico, lei gliel’avrebbe fatta pagare cara.

 

“Voglio che tu faccia un’ improvvisata a Mark Arrington”

La voce di Agatha risuonò dura e spietata nel silenzio della stanza e William, dapprima annoiato, si rizzò sulla sedia incuriosito.

“Il tuo amante?”

“Ex… voglio che tu gli faccia una “serenata” con i fiocchi, ma prima … cerca un modo per renderlo ridicolo davanti a tutti…”

Mai fare incazzare una donna –soprattutto se questa comandava una delle più potenti famiglie mafiose del paese- pensò il biondo tra sé.

Poi però, la curiosità –ma soprattutto l’insana voglia di punzecchiare la sua interlocutrice- gli fece domandare.

“Sei sicura di odiarlo così tanto? Non è che poi te ne pentirai?”

La risposta a quell’irrispettosa domanda era giunta gelida alle sue orecchie.

“L’ho amato troppo per non odiarlo”…

 

William cambiò nuovamente stazione, nel tentativo di sintonizzarsi su di un canale che trasmettesse musica decente.

Si, aveva decisamente esagerato nel rivolgersi così a quella donna, soprattutto dopo, quando aveva accennato al tradimento di Mark.

 

“Non sarà mica perché ti ha mollata…per un’altra…”

 

Sterzò superando una fila di macchine in coda ad un semaforo  passando poi col rosso… accidenti alla sua boccaccia.

 

Mark Arrington non era certamente uno stupido sprovveduto.

Sul suo conto si potevano dire moltissime cose ma non che non fosse un attento pianificatore.

Quando mesi prima aveva agganciato la bella e fatale Agatha Summers, sapeva perfettamente di stare scherzando con il fuoco.

Tuttavia Mark era un incallito playboy e la sfida lo aveva entusiasmato.

Il suo unico scopo nella vita era sempre stato quello di manipolare più persone possibili, a suo esclusivo uso e consumo.

Soprattutto, era sempre stato attratto dalla malia che l’amore provoca sulla gente.

Si perché un essere innamorato è quanto mai vulnerabile.

Chi guarda con gli occhi dell’amore, vede solo suo malgrado i pregi dell’amato, e nulla più.

Ecco perché da anni Mark aveva fatto di questa sua constatazione l’unica ragione di vita.

Essendo un uomo molto piacente, aveva sfruttato questa sua peculiarità per vivere la così detta “bella vita” alle spese delle e dei suoi numerosissimi amanti – il suo motto era: perché precludersi una cosa bella?-.

Poco importava se questa bellezza era legata ad un timido cassiere di un polveroso mini-market, od alla più spietata capo clan che la malavita avesse mai avuto.

Vivere sul filo del rasoio l’aveva sempre eccitato.

Purtroppo, Mark era per queste sue caratteristiche una persona altamente incostante.

Le relazioni che instaurava duravano poco più del tempo di vita della farfalla più longeva.

Uno psicologo, anche solo alle prime armi, avrebbe imputato questa sua incostanza alla tragica infanzia che aveva vissuto.

Ma Mark non si era mai preoccupato di consultarne uno, soprattutto perché non credeva che questo suo atteggiamento avesse alcunché di sbagliato.

Mentre davanti allo specchio sorrideva alla sua immagine riflessa, si ritrovò a correre con la mente alla conversazione intercorsa via telefono tra lui ed una bella voce femminile.

Certo i problemi con la sig.na Summers erano andati via via peggiorando, ma dopo quella telefonata il suo senso di paura si era notevolmente placato.

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Capitolo 3
*** Cap 2 ***


Cap 2

 

La donna attraversò l’atrio con passo spedito e spigliato.

Ondeggiando sui suoi tacchi vertiginosi come se stesse camminando in comode pantofole.

Sotto il taieur color crema, -che si intonava splendidamente con il colorito caramello della sua pelle- portava una piccola pistola ben nascosta ad occhi indiscreti –che le batteva leggermente sul seno sinistro-.

A prima vista sembra la classica donna in carriera, che spintona per farsi spazio in un mondo di uomini, per un posto di prestigio all’interno di una multinazionale.

Una donna caparbia e determinata certo, ma sicuramente non pericolosa –nel senso più stretto del termine-.

Invece Evangeline Mac Daal era una tra le più brave investigatrici private sulla piazza.

A trentaquattro anni poteva ben affermare di essere la migliore nel suo campo.

Lavorava in uno piccolo studio, situato all’ultimo piano di un alto grattacielo del centro città.

Ed era proprio lì che in quel momento, con il sorriso sulle labbra si stava avviando a passo spedito.

 

“Salve sono Mark Arrington, parlo con la signorina Mac Daal?”

“Si sono io”

“Avrei un incarico da proporle”

“L’ascolto”

 

La telefonata del giorno prima era stata davvero una manna dal cielo inaspettata.

Mark Arrington era uno degli uomini più affascinanti e conosciuti del momento, certo proteggerlo da Agatha Summers, sarebbe stato l’incarico più pericoloso della sua lunga carriera ma ne valeva certamente la pena.

Se Steven non fosse capitolato neppure di fronte a questo, allora era il caso di abbandonare ogni mira su di lui.

 

La mano curata di Evangeline si posò sulla maniglia della porta dello studio nel quale lavorava.

Fece un profondo sospiro ed entrò, sfoggiando uno dei suoi più bei sorrisi.

“Salve Steven” salutò con cordialità.

Steven Grissom sollevò il capo e lo mosse in segno di saluto.

Quarantenne dal fisico tonico e dai lineamenti marcati e virili, Steven era il socio in affari di Evangeline.

Ruolo che però alla bella e raffinata investigatrice, da alcuni anni andava un po’ stretto.

Si, perché lei dal carismatico partner avrebbe voluto molto di più di una semplice relazione lavorativa.

Però fino a quel momento le cose tra loro –nonostante le insistenze della mora-  non erano mai cambiate.

Non che Steven fosse immune al fascino felino della sua collega, però era sempre stato convinto che lavoro e vita privata non dovessero in alcun modo mischiarsi.

Convinzione che si era radicata in lui fin dagli esordi della sua carriera quando, ancora inesperto, era stato raggirato dalla sua precedente partner di lavoro.

La brutta esperienza –nonché il mese in ospedale che era seguito al tradimento di Anne- l’aveva portato a guardare con sospetto chiunque tentasse di avvicinarglisi troppo.

Per questo motivo, ogni tentativo della povera Evangeline era miseramente fallito.

Steven fissò con sguardo corrucciato il volto sorridente della collega.

“Come mai così di buon umore?”

“Ho un appuntamento a cena” chiarì lei.

“Appuntamento?” gli occhi dell’uomo si assottigliarono leggermente.

“Già con Mark… Mark Arrington, probabilmente lo conosci di nome, l’avrai sicuramente visto comparire su qualche giornale di gossip”

“E come mai ci vai a cena?” il tono della voce leggermente infastidito.

“Mi ha invitata ed ho accettato” minimizzò lei.

“Quindi non è un appuntamento di lavoro?”

“No, solo piacere!” sorrise, vedendo il movimento infastidito del collega, che pareva ora seduto su dei chiodi acuminati.

“Capisco” sibilò a mezza voce Steven.

Il tarlo della gelosia aveva cominciato la sua opera –Evangeline si complimentò con se stessa per la sua brillante idea-.

 

“Salve sono Mark Arrington, parlo con la signorina Mac Daal?”

“Si sono io”

“Avrei un incarico da proporle”

“L’ascolto”

L’uomo dall’altro lato del filo, senza attendere oltre, si lanciò nella descrizione del problema.

Evangeline ascoltò attentamente e prese la sua decisione.

“Accetto l’incarico… ma ad una condizione”

“Dica”

“Io la proteggerò dai sicari della Summers, ma lei dovrà fingere di essere il mio amante…”

Mark sorrise divertito a quella proposta e poi prontamente rispose.

“Andata, non sarà certamente difficile aiutarti a far ingelosire il tuo lui” dichiarò passando ad un tono più confidenziale.

“Ok allora a domani Mark” replicò Evangeline, passando anch’essa ad un meno formale ‘ tu’.

 

Decisamente un’idea geniale.

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Capitolo 4
*** Cap 3 ***


Cap 3

 

William entrò nella grande hall dell’albergo più rinomato della città.

Aveva seguito Mark Arrington senza farsi scorgere e lo aveva visto incontrarsi con una bella donna mora.

Certamente molto meglio quella mulatta della perfida Agatha si era ritrovato a ghignare tra se.

Più volte però, si era anche accorto di fissare troppo intensamente la sua vittima.

Il fascino che emanava da quell’uomo aveva un qualcosa di magnetico.

William infastidito ripassò –nel tentativo di distrarre la mente da quei pensieri- il piano che aveva in testa.

In fondo era molto semplice.

Mark era rinomato per la sua passione per le sfide.

Lui l’avrebbe sfidato a carte e certamente ridotto in mutande, se possibile portandosi via anche la sua donna, ed il giorno dopo avrebbe concluso il “lavoro”.

In fondo non c’era possibilità alcuna di perdere.

Le carte truccate che il vecchio Hank gli aveva lasciato in eredità dopo la morte, e la sua innata bravura al poker, lo avrebbero facilmente condotto alla vittoria.

Così la prima parte dell’incarico affidatogli si sarebbe conclusa con successo –avrebbe umiliato di fronte a tutti il sig. Arrington-.

Il giorno dopo, o addirittura la sera stessa lo avrebbe ucciso, così come richiesto da Agatha.

Aspettò con pazienza che i due amanti –perché erano certamente tali- finissero la loro cena.

Quando si spostarono al piano bar, decise che era arrivato il momento di farsi avanti.

 

Mark aveva passato una piacevole serata.

Evangeline era una bella compagnia, peccato che le cose tra loro non si potessero approfondire.

Se la bella investigatrice non avesse avuto già il cuore completamente impegnato lui non avrebbe certo disdegnato una relazione amorosa.

Però era chiaro che alla donna –per quanto fosse affascinante- lui non interessava minimamente.

Pazienza, alle volte neppure il suo fascino poteva nulla.

In più il tanto sospirato collega di Evangeline era già da un bel pezzo che se ne stava in disparte ad osservarli.

Almeno questo era quello che immaginava, dato l’enormità di occhiate che l’uomo rivolgeva alla loro direzione.

Comunque doveva ammettere che la donna aveva buon gusto nella scelta dei compagni.

Il biondo in questione era veramente affascinante, e se non fosse stato certo che era l’obiettivo della mora, sicuramente ci avrebbe fatto su un pensierino.

Un sorriso si allargò sul viso di Mark quando ad un certo punto della serata, vide il biondo marciare sicuro nella loro direzione.

Di certo stava venendo a reclamare per se le attenzioni della graziosa collega.

Quando l’uomo fu ormai molto vicino a loro, si sorprese però a constatare che era molto più giovane di quanto avesse immaginato.

 

William simulò un sorriso cordiale, mentre avanzava gli ultimi due passi che lo separavano dal tavolo del suo obiettivo.

“Salve, scusate se vi importuno”

“Prego dica pure” rispose la donna.

Mark si ritrovò a constatare sorpreso che i due non si conoscevano affatto –le sue supposizioni erano del tutto errate-

Meglio per lui –pensò contento-.

“Come possiamo esserle utili?” continuò Evangeline, fissando il biondo con sospetto.

Certo era poco probabile che quello fosse un killer inviato dalla Summers, però la prudenza non era mai troppa.

William sorrise.

“Il suo compagno è molto rinomato per la sua abilità al poker… mi sono permesso di disturbarvi, nella speranza che accettasse una sfida…”

La donna si rilassò sulla sedia –quel ragazzo non poteva essere un pericolo-

Poi fissò con sguardo seducente il suo protetto e disse.

“Caro se vuoi cimentarti fa pure!”

Il moro non se lo fece ripetere due volte e facendo segno affermativo col capo si alzò prendendo sotto braccio Evangeline, e seguendo William al tavolo da poker.

 

William si maledì mentalmente per la sua leggerezza –anche se ancora non si capacitava di come l’altro lo avesse battuto-.

Certamente il buon Hank si era rivoltato nella tomba, alla vista di tale scempio.

Per non parlare delle conseguenze ingloriose alle quali la disfatta lo aveva portato.

Raccattò in fretta la giacca ed uscì dalla stanza d’albergo in tutta fratta, per poi precipitarsi subito fuori e respirare al freddo della notte, una boccata di aria fresca.

Le gambe tremanti inciamparono nella stringhe delle scarpe slacciate, incespicando e imprecando si diresse verso il suo appartamento.

 

“Sig. Arrington, siamo alla fine, ormai non ha più nulla… eccetto lei…” mormorò beffardo indicando con la testa la bella donna mora.

Mark sorrise.

“Se perdo tu l’avrai… ma se vinco… tu per questa notte farai tutto ciò che ti chiedo”

Strana proposta per uno che ormai aveva perso tutto, si era ritrovato a pensare il biondo.

Però stavano giocando con le sue carte, perciò con sicurezza rispose:

“Accetto” tanto sapeva già che l’altro stava solo bleffando.

Il povero Mark aveva in mano solo due misere coppie, mentre lui teneva tra le dita un full.

La sua disfatta era certa.

William scoprì con sicurezza le sue carte sul tavolo, attendendo con un pizzico di sana crudeltà la faccia distrutta del suo avversario.

Però sorprendentemente Mark sorrise, mentre lentamente poggiava sul tavolo una scala.

William si sentì il sangue gelare nelle vene, ed inghiottì a vuoto.

Aveva perso.

 

Mark si rigirò nel letto della sua suite ed allungò un braccio.

Nel dormiveglia si accorse che qualcosa di imprecisato stonava, perciò si costrinse ad aprire le palpebre.

Al suo fianco, lì dove doveva trovarsi il bel viso addormentato del biondino senza nome, c’erano solo le lenzuola scomposte dalla notte di passione.

Nessuna traccia del suo occasionale amante.

Un senso di fastidio lo assalì.

Non gli piaceva risvegliarsi da solo.

Anche se era solo stato del sesso occasionale, il risveglio senza il partner di turno che lo fissava, lo aveva sempre infastidito.

Era una sensazione spiacevole… si sentiva abbandonato –un po’ come quando da piccolo si alzava nel cuore della notte e si ritrovava da solo in casa-.

Scacciò con forza il ricordo del padre ubriacone e decise di farsi una doccia ristoratrice.

Uno strano senso di vuoto lo assalì al pensiero che non conosceva neppure il nome di quello strano ragazzo.

 

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Capitolo 5
*** Cap 4 ***


Cap 4

 

Le tende della stanza erano aperte ed il panorama della città, illuminata a giorno dalle luci notturne, toglieva il fiato per quanto era bello.

Mark si richiuse la porta alle spalle, concedendosi un istante per osservare meglio il ragazzo biondo che lo aveva seguito in camera da letto.

“Sicuro che non ti tirerai indietro” chiese in un sussurrò abbracciandolo da dietro.

“Io non mi rimangio mai la parola data” ringhiò tra i denti William.

La mano del moro scese ad accarezzare la vita sottile ma forte del compagno.

“Ottimo”

William si voltò per fissarlo in faccia.

Mark come pegno per la sua vittoria, l’aveva condotto nella sua camera da letto.

Era una situazione veramente incresciosa.

William non era mai stato con un uomo –anzi la cosa lo disgustava anche leggermente- ma aveva dato la sua parola che per quella notte avrebbe fatto tutto ciò che l’altro voleva –non si sarebbe rimangiato tutto-.

 

I corpi nudi lottarono per la supremazia –ma l’esito era già scontato, William aveva promesso, perciò fu lui ad accogliere il partner-.

Un ansito di dolore gli uscì dalle labbra.

Mark lo fissò compiaciuto, mentre stingeva i denti nel tentativo di non dare a vedere la sua sofferenza.

Il biondo si ritrovò a pensare che quella situazione era ridicola.

Si stava facendo possedere praticamente da un morto che camminava –anche se questo Mark non poteva saperlo-.

Il giorno dopo lo avrebbe ucciso –in modo molto doloroso, si ripromise-.

Il moro continuava però la sua danza, incurante di ciò che attraversava la mente del suo concupito, andando a toccare un punto che fece gemere di piacere William.

E quei pensieri di vendetta-che fino a quel momento avevano affollato la mente del killer- furono soppiantati da uno strano senso di piacere.

Al culmine dell’amplesso Mark si riversò in William, che- sorprendendo se stesso- raggiunse anch’egli l’orgasmo, bagnando i loro ventri.

 

 

Evangeline si rigirò nelle lenzuola, accorgendosi nel dormiveglia, che qualcosa era diverso.

Si guardò attorno, gli occhi ancora accecati dal sonno.

Era a casa di Steven!

Un sorriso si dipinse sul suo bel volto, quando il viso dell’uomo si fece largo tra le federe del cuscino.

“Come stai?” domandò subito pentendosi della banalità della domanda.

Evangeline gli sorrise, se possibile con maggiore intensità.

“Benissimo “ rispose raggiante… ci era riuscita, aveva coronato il suo sogno d’amore con Steven.

Il moro la fissò con sguardo innamorato e la baciò con dolcezza.

“Che idiota quel Mark… preferire un ragazzetto scialbo a te…”

La bella mulatta non replicò, crogiolandosi sotto le carezze del compagno.

Per quella volta, avrebbe taciuto la piccola bugia.

 

Quando Steven, due giorni dopo, vide entrare dalla porta a vetri dell’edificio dove lavorava, la faccia del suo –supposto- nemico, si scurì in volto.

Si fece più vicino alla sua bella collega e l’abbracciò con fare possessivo attorno alla vita.

Mark fissò con occhi furbi il movimento –evidentemente Evangeline era riuscita nel suo intento-

La ragazza, senza farsi scorgere dal partner gli strizzò l’occhio con fare goliardico, ad indicargli di tacere il loro piccolo accordo.

Mark mosse lievemente la testa in segno d’assenso, infondo non aveva più necessità della protezione di una guardia del corpo.

Infatti aprì la conversazione dicendo:

“Mia dolce Evangeline, sono qui per salutarti, io parto”

La donna lo fissò un poco accigliata, ma al contempo sollevata della notizia, proteggere un uomo come lui dalla vendetta di Agatha non sarebbe stato affatto semplice.

Perciò si limitò ad accennare con la testa al suo ufficio.

Si staccò dall’abbraccio di Steven e fece strada a Mark.

Quando il collega non poté più seguire la conversazione lei chiese:

“Preferisci rivolgerti ad un’altra agenzia?”

“No mia cara mi trasferisco…”

“Scappare non servirà a proteggerti dalle mire di vendetta della Summers”

“Tranquilla mia cara, so cavarmela… ti auguro ogni felicità” aggiunse infine strizzando guardando verso la porta chiusa, in direzione di Steven.

“Grazie” si limitò a sussurrare lei.

Poi si avvicinò e lo baciò sulla guancia.

 

Mark Arrington attraversò l’atrio spedito ed uscì nella strada trafficata.

Evangeline l’aveva baciato come se fosse giunta la sua ora.

Certo lei pensava che ormai senza alcuna protezione ben presto lo avrebbero ucciso… ed effettivamente era quello che William stava per fare la sera precedente…

 

“Ciao, pensavo che non ti avrei mai più rivisto” un bel sorriso si allargò sul volto di Mark.

Quel ragazzetto della notte prima era ritornato, ed ora si parava davanti alla porta della sua suite.

Senza attendere risposta, si scostò dalla soglia allargando il braccio e facendogli segno di accomodarsi.

William entrò senza esitazione, marciò fino al centro della stanza e poi si voltò a fissare l’uomo.

Quando Mark Arrington si giro, si trovò a specchiarsi nella fredda canna di una pistola.

“Siediti” disse semplicemente il biondo.

Mark con il cuore fermo per la paura, fece quanto gli era stato ordinato.

“Mi chiamo William Streed, sono un killer professionista al soldo della famiglia Summers”

Mark lo fissò sbalordito, boccheggiando senza parole.

Il biondo sorrise a quella faccia tanto sconvolta e poi riprese.

“Agatha mi ha incaricato di ucciderti…”

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Epilogo

 

…fortunatamente William aveva cambiato idea…

Mark si guardò intorno ed attraversò la strada richiamando un tassì.

“Mi porti all’aeroporto”

 

Il moro si mosse agitato sulla sedia, ormai era la fine.

L’altro continuò:

“Per tua fortuna non ho intenzione di portare a termine il compito, anche perché se lo facessi il prossimo bersaglio di quella donna sarei io”

Così dicendo infilò la mano libera nella tasca del giubbetto e ne estrasse un biglietto aereo.

“Domani mattina parti e non farti più vedere”

Lanciò il pezzo di carta addosso a Mark e poi uscì dalla porta senza dire nulla.

 

Il rombo assordante del motore fece vibrare i vetri del Jumbo Jet.

Ancora pochi istanti e l’aereo sarebbe decollato, portandolo in salvo.

Sospirò e si mise a fissare fuori dal finestrino.

Una mano candida gli si strinse attorno alla spalla e lui sussultò per la sorpresa.

Quando si voltò incrociò lo sguardo con due occhi verdi che lo fissavano sornioni.

“W-William…” lasciò la frase a metà, pregando mentalmente che l’altro non avesse cambiato idea e non fosse stato lì per ucciderlo.

Il ragazzo sorrise, mostrandogli il suo biglietto aereo.

“Parto anch’io”

Mark si rilassò e ben presto la sua naturale baldanza riemerse.

“Visto che faremo il viaggio assieme… che ne diresti di una rivincita a poker” domandò con sguardo furbo.

Il viso di William si colorò di porpora.

“L’altra volta hai barato…” ribatté infastidito.

“Anche tu se è per questo, solo che io baro meglio di te!” nel dire quella frase Mark si avvicinò provocante al volto del compagno.

“Comunque sono un ottimo maestro ti potrei insegnare molte cose…” concluse lascivo, parlando del poker ma intendendo ben altri insegnamenti.

William scoppiò a ridere e poi poggiò la testa contro il sedie –mentre l’aereo decollava-.

Il futuro era quanto mai incerto, però ad entrambi sembrava un po’ meno tetro del solito.

 

End

 

PICCOLO SPAZIO PRIVATO:

 

Dunque premetto che i personaggi mi sono un poco sfuggiti di mano.

Ad un certo punto del racconto hanno preso vita propria, ed ho fatto veramente fatica a gestirli.

Il titolo “Strani amori” non è riferito solo ed unicamente alla relazione che nasce tra William e Mark, bensì a tutti gli altri amori sotterranei e per nulla sani che si sviluppano tra i vari personaggi della vicenda.

L’affetto talmente cieco di Agatha nei confronti del padre la porta a diventare un capo clan.

L’amore ossessivo della madre di William lo fa diventare un killer.

L’insistenza di Evangeline nei confronti di Steven ha un non so chè di persecutorio.

Infine la trama della storia è stata sviluppata attorno alla canzone di Ivan Graziani “Il Chitarrista”.

 

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