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Sdraiato sul lettino, non sembrava per nulla distratto dal continuo
chiacchierio dei bambini che giocavano liberamente sulla s
Tradimento
d’amore
Una notizia inattesa
Capitolo 1
Sdraiato sul lettino, non
sembrava per nulla distratto dal continuo chiacchierio dei bambini che
giocavano liberamente sulla spiaggia e dalle coppiette che innamorate
camminavano lungo il bagnasciuga scambiandosi effusioni d’amore. Il tramonto
stava accendendo il mare e il cielo di colori vivi e passionali, intensi come
un turbine di emozioni. Il sole infuocato lentamente stava scendendo nel grande
mare corallino, inondandolo di oro e cremisi.
-Chissà dove sei adesso? Qualche anno fa avresti fatto di
tutto pur di starmi accanto ed io stupido che ti ho lasciata andar via…e adesso
invece, rimugino sul passato, tu hai trovato un altro…e ti sposi. Non posso
credere che quello che c’è stato tra noi, seppur breve, sia solo un ricordo per
te! Possibile che non conti più niente per te? Tu nelle braccia di Robert
Garland! Vorrei averlo qui davanti e poterlo prendere a pugni, inveire contro
di lui per poter scaricare tutta la rabbia che sto cercando di reprimere
dentro.
-Tu non lo sai, ma da quel giorno non ho mai smesso di
pensarti. Non c’è stata alba che non mi sia destato pensando a te, a cosa stavi
facendo, a quanta sofferenza ti avevo provocato. Non volevo arrecarti dolore,
desideravo solo che tu fossi libera, che realizzassi i tuoi sogni senza dover
rinunciarvi a causa mia. Come sei diventata bella: lo eri allora e lo sei ancor
di più adesso. Quanto pagherei per sfiorare ancora le tue labbra, per
accarezzare la tua pelle, per perdermi dentro i tuoi occhi. Un sogno oramai,
…una chimera irraggiungibile. – pensò riponendo la rivista sportiva sul
tavolino accanto il lettino.
-Hai intenzione di restare qui a prendere il sole del tramonto
oppure ti va di fare una passeggiata prima di andare a cena? – gli chiese l’amico
comparendo all’improvviso con il suo inseparabile berretto rosso sul capo.
-Cerco di riposarmi! – rispose non mostrando il minimo
interesse a quanto aveva appena udito. Sospirò e sedette sul lettino accanto a
quello dell’amico.
-Per quanto hai intenzione di continuare? Tutto avrei potuto
credere di te, fuorché che fossi cambiato così. Posso sapere cosa ti succede? –
domandò esasperato.
-Non mi va di parlarne. – sentenziò aggiustandosi gli occhiali
da sole sul viso.
-Assurdo. Non ci posso credere. Possibile che negli ultimi
tempi tu sia cambiato tanto? Ma cosa ti è successo? –
-Ti ho appena detto che non mi va di parlarne. –
-Sei proprio testardo e ostinato. Finalmente dopo tanto tempo
io, te e Tom ci prendiamo una vacanza lontano dalle nostre squadre e da tutti e
tu che fai? Resti qui a mugugnare e rimuginare sui tuoi problemi! Quali
problemi poi? Soldi, successo, carriera, ragazze. Vorrei proprio capire dov’è
finito il mio migliore amico e il suo proverbiale entusiasmo verso la vita. -.
Benji si sollevò il cappellino e lo sventolò cercando un po’ di refrigerio a
quel caldo torrido.
-Ma dico io…tra tanti posti in cui dovevamo andare in vacanza
dovevamo venire proprio in Egitto? Non potevamo andare in Norvegia dove non fa
così caldo a inizio luglio anche al tramonto? – gli chiese sapendo che la sua
imprecazione avrebbe avuto una semplice e muta risposta.
-Non brontolare sempre amico. Ti fa bene smaltire un po’ di
tossine sudando! – esclamò Tom sopraggiungendo con tre bibite fresche che posò
sul tavolino di legno sistemato tra i due lettini.
-Guarda chi si vede. Trovato qualche bella ragazza? – gli
chiese Benji.
-Benji è pieno di belle ragazze in questo posto, è sufficiente
solo che tu scelga la nazionalità. Non ho mai visto una località turistica
balneare con tanti stranieri tutti insieme! – disse guardando l’amico sdraiato
sul lettino.
-Vado a fare un bagno! – disse Holly alzandosi dal lettino.
-Toh…il muto ha ripreso a parlare! – esclamò ironico Benji
sorseggiando lentamente la sua bibita.
-Ragazzi, mi dispiace ma non sono in vena…non voglio rovinarvi
la vacanza. –
-Se almeno ci dicessi cos’hai, forse potremmo esserti di aiuto.
-. Holly guardò gli amici, afferrò la rivista che aveva posato sul tavolino e
la passò a Tom. Voltò loro le spalle, si tolse gli occhiali da sole e si
diresse spedito lungo il pontile di legno.
-Non capisco. Cosa dovrebbe esserci di tanto interessante su
questa rivista? – chiese Benji sfogliandola velocemente. – Parla di sport
ovviamente. -
-Guarda! – gli disse Tom indicandogli una pagina. Entrambi
erano attoniti, meravigliati da quanto stavano leggendo e ammirando. Una
splendida ragazza dai lunghi capelli scuri, in posa audace, era ritratta in una
foto alquanto ammiccante al centro della pagina.
-Nozze in vista per il celebre tennista inglese Robert
Garland che annuncia l’imminente matrimonio con la top model Patricia Gatsby.
La data delle nozze sembra essere segreta, ma molto probabilmente si
terranno tra fine luglio e inizio agosto in una località segreta.Intervistati,
i futuri sposi non hanno rilasciato commenti o altro fingendosi attoniti e
sorpresi alla notizia. Un tabloid inglese parla di un’imminente maternità della
Gatsby, prontamente smentita dalla top model. – lesse Tom scandendo bene le
parole evitando errori e omissioni.
-Adesso capisco. Holly deve essere rimasto traumatizzato da
questo articolo. Accidenti, la piccola Patty una top model di livello
internazionale e prossima alle nozze. Ci deve essere uno sbaglio. Patty è
sempre stata innamorata di Holly. –
-Evidentemente non lo è più….Che colpo per Holly! –
-Non capisco. Non sapevo che Patty fosse diventata una modella
e veramente non sapevo che non vivesse più in Giappone. Dov’ero io quando è
diventata così bella? –
-Eri in Germania, Benji. E’ andata via dal Giappone dopo il
diploma, dopo essersi rivista per l’ultima volta con Holly. –
-Vuoi dire che c’è stato un addio tra di loro? – gli chiese
incuriosito.
-Holly non ne ha mai parlato apertamente, ma a giudicare dai
suoi repentini cambiamenti d’umore, penso proprio di sì. –
-D’altronde, non me la sento di scusare Holly. Patty smaniava
per lui. Gli è stata vicino sempre, ogni attimo della sua adolescenza l’ha
spesa in sua funzione. E alla fine. All’età di quattordici anni, lui se ne è
andato in Brasile partendo direttamente da Parigi, senza neppure salutarla
personalmente. Non sapevo però che si fossero rivisti successivamente. –
-Holly mi chiese di consegnarle una lettera nella quale le
spiegava le motivazioni che lo avevano indotto a partire direttamente dalla
Francia. Tu non c’eri Benji, eri già in Germania, ma avresti dovuto vedere il
volto di Patty all’aeroporto, quando comprese che Holly non era con noi! E’
stato straziante vederla così affranta…umiliata. Nei tre anni successivi in cui
Holly rimase in Brasile, lei era cambiata. Per quanto divenisse più bella di
giorno in giorno, era divenuta più distante, sembrava quasi volersi
allontanarsi dalla squadra, da noi…era ancora innamorata di Holly e viveva
delle lettere che si scrivevano, nella più profonda malinconia e nostalgia.
Alla fine della scuola, subito dopo il diploma, lo raggiunse in Brasile. Aveva
lavorato sodo per risparmiare e pagarsi il viaggio in Sud America. Me lo
ricordo ancora quel giorno. La accompagnai all’aeroporto. Era così piena di
entusiasmo, felice di raggiungerlo laggiù, per vederlo almeno per un attimo.
Non dimenticherò mai le sue parole. “ Tom, vado in Brasile per capire se
devo continuare ad amarlo. Non posso vivere in questa incertezza. “. E
così, la vidi salire su quell’aereo speranzosa e innamorata. –
-E poi cosa successe? Cosa ti disse al ritorno dal Brasile? –
gli chiese sapendo che questo discorso lo stava intristendo. Guardò Tom e lesse
un’espressione malinconica sul suo volto. Voleva bene a Patty e sembrava
provare dolore nel raccontare l’epilogo del loro amore.
-Come mi chiese, avvertii Holly del suo arrivo. Ne fu
entusiasta. Sai Benji, anche se non lo dimostrava, il nostro capitano era
pazzamente innamorato di lei. Era timido, non capiva quale bellezza ci potesse
essere nell’esprimere liberamente i propri sentimenti. E amava troppo il suo
pallone. Non so esattamente cosa accadde in Brasile, ma ti posso dire che al
suo ritorno, Patty era a pezzi. Mi chiese di andare da solo all’aeroporto, non
voleva vedere nessuno. –
-Non capisco…lui l’amava, lei anche, perché Patty tornò così
provata dal viaggio? –
-Mi disse solo che aveva capito cosa doveva fare. Mi abbracciò
e pianse ininterrottamente, tutte quelle lacrime represse dal suo amore. Non le
chiesi spiegazioni. Qualche giorno dopo mi disse che andavaa Londra a trascorrere le vacanze a casa
della nonna paterna. Non è più tornata a Fujisawa. Da allora sono trascorsi
quattro anni nei quali io mi sono trasferito definitivamente in Francia, tu in
Germania e Holly in Spagna…ed evidentemente lei in Inghilterra. – concluse mestamente.
Benji tacque. Quelle parole avevano tanto significato quanto grande era l’amore
di Patty verso Holly. Benji era sicuro che Tom aveva provato per lei qualcosa
di più di una semplice amicizia, un coinvolgimento affettivo alla soglia
dell’amore. Sospirò guardando Holly uscire dall’acqua e incedere lentamente sul
bagnasciuga. Cosa le aveva detto di così traumatizzante e drammatico durante il
loro ultimo incontro avvenuto in Brasile? Era curioso di sapere, di capire il
perché della sofferenza del suo amico e di quel drastico cambiamento avvenuto
in Patty. Tom sembrò aver intuito le intenzioni di Benji. Gli afferrò il polso
con una mano e scosse il capo.
-Non fargli domande. Non ora! Se ho ragione, Holly prova ancora
qualcosa per la nostra cara Patty. E non penso che si tratti di semplice
gelosia. La notizia del matrimonio deve averlo scosso ed evidentemente avrà
fatto riaffiorare in lui vecchi ricordi e forse qualche batticuore messo in un
angolo del suo cuore. –
-E dire che…pensavo che alla fine quei due si sarebbero messi
insieme. Nessuno di noi si è mai avvicinato a Patty in nome dell’amore che lei
provava per lui, e dei sentimenti nascosti ma allo stesso tempo evidenti di lui
verso la nostra cara manager. Che stupido è stato Holly a farsi sfuggire Patty.
–
-Non possiamo dirlo. Non sappiamo cosa è successo quel giorno
in Brasile. Solo loro lo sanno e a giudicare da come sta male adesso Holly…sì,
sono sicuro che ne è ancora innamorato. –
-Cosa gli diciamo adesso? – chiese a Tom prima che Holly si
avvicinasse loro.
-Non so…cerchiamo di consolarlo….se ce lo permetterà, ma senza
fare domande. -. Holly raggiunse i due amici. Prese l’asciugamano da sopra il
lettino e si asciugò il capo e il torso. I lunghi allenamenti sia in Brasile
che in Spagna avevano scolpito quel corpo che oramai non era più di un
ragazzino ma di un calciatore che ad appena ventuno anni stava letteralmente
facendo impazzire gli amanti dello sport.
-Holly…senti..noi…non sapevamo! -. Buttò l’asciugamano sul suo
lettino e vi si sedette sul bordo, continuando a rimirare le onde dorate.
-Non lo sapevo neanche io. La notizia mi ha colto di sorpresa!
Volete sapere cosa provo? – chiese loro non perdendo la calma e non
distogliendo lo spettacolo da quello scenario romantico. – Un insieme di
sentimenti che non so definire neppure io. Vorrei poter capire, fermare il
tempo…soprattutto tornare indietro di qualche anno, modificare gli eventi e far
si che tutto questo non sia realtà. – aggiunse con estremo rammarico e
contrizione. Era la risposta alle supposizioni di Tom. Holly era ancora molto
innamorato di Patty, forse più di prima, con la consapevolezza purtroppo, che
non avrebbe più potuto amarla.
-Oramai è fatta. Ho commesso degli errori che mi sono stati
fatali. Ognuno di noi ha scelto la propria vita e anche lei ne aveva il
diritto. Non potevo legarla ad un sogno, chiedendole di sacrificarsi ancora per
me. Non era giusto. Sarei stato un egoista. – disse a bassa voce afferrando gli
occhiali da sole e la chiave della sua stanza. Tom e Benji lo guardarono malinconici.
I suoi occhi erano umidi, erano lacrime amare alle quali ancora una volta
avrebbe negato di rigare il suo volto. – Dovrei essere felice per lei. Non
sapevo che fosse la fidanzata di Robert Garland…e non so neanche se mi importi
qualcosa. E’ giusto che sia così, che lei sia felice. Forse lui è riuscito lì
dove ho mancato io. Scusate ragazzi, io vado in camera. – concluse voltando le
spalle agli amici e incamminandosi verso il viale che conduceva alle camere.
Benji e Tom si alzarono,
raccolsero i loro effetti personali e seguirono a distanza l’amico senza
parlare. Poi si fermarono all’improvviso imitando il loro capitano. Tom sentì
il battito accelerare notevolmente, il sangue incedere velocemente e martellare
nelle tempie. Benji guardò la figuraa
pochi passi da Oliver e pensò che il destino a volte era ingrato e malvagio,
che non aveva sentimenti ne remore nei confronti di un cuore infranto.
In un clima di estrema tensione,
continuavano a guardarsi negli occhi senza emettere il minimo sibilo. Era
vestita di un ridotto bikini verde smeraldo e un pareo di coralli avvolto in
vita. Il reggiseno sosteneva i seni maturi e sodi e la sgambatura dello slip
delineava perfettamente due gambe lunghe e ben tornite. I capelli scuri
scendevano morbidi e setosi lungo le spalle nude e ben proporzionate. La pelle
era lievemente abbronzata e brillava sotto i timidi raggi del crepuscolo. Gli
occhi. Continuava a fissarla senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi
disegnando attentamente il contorno scuro delle ciglia. Era bellissima, da
mozzare il fiato. Un sogno che si era materializzato davanti ai suoi occhi. Una
chimera oramai.
-Pa..Patty! – sibilò cercando di soffocare il nodo che aveva in
gola. Sentiva freddo. Aveva la pelle d’oca. Il cuore vibrava tumultuosamente.
Dove era finita la ragazzina in tuta da ginnastica sempre al suo fianco in ogni
occasione? Dov’era la studentessa modello vestita di una semplice uniforme
scolastica che nascondeva la parte più sensuale di lei?
Lei sospirò sollevando
leggermente il petto. Le parole gli stavano morendo velocemente in gola: tutto
quello che avrebbe voluto dirle in un solo attimo era racchiuso in una mente
annebbiata e confusa dai ricordi e dai battiti accelerati del cuore.
-Holly! – esclamò non riuscendo a dire altro. Restarono a
fissarsi ancora per qualche minuto. Sguardi che valevano mille parole. Pensieri
che andavano da l’uno all’altra provocando i tumulti del cuore, emozioni che
solo il passato aveva conservato per loro.
-Non può essere vero! Perché il destino è così crudele da
farmela incontrare proprio in questo momento, adesso che lei sta per sposarsi?
Perché? Maledizione. Cosa faccio ora? Come è bella. Amore mio vorrei stringerti
a me e ricoprirti di baci, carezze, amarti intensamente. Cosa ti dico? Cosa
faccio? – pensò non volgendo altrove il suo sguardo.
-Holly!E’ proprio lui. Com’è cambiato! E’
diventato…un uomo…il suo fisico, i suoi tratti più marcati. Sento che le gote
stanno arrossendo. Possibile che dopo tanti anni mi faccia ancora
quest’effetto? Possibile che mi succeda ancora…nonostante adesso io…no, non
devo pensare a lui. Salutarlo, come un vecchio amico. Non di più. Anzi, no,
voltare le spalle e andar via senza degnarlo neanche di una parola. In fondo è
quello che ha fatto lui con me quattro anni fa. Ha lasciato che me ne andassi
preferendo il pallone a me. All’epoca ha fatto la sua scelta…ed io non sono più
la ragazzina innamorata del suo capitano. No…devo andar via…c’è Robert adesso.
– pensò confusa e incerta su quello che avrebbe dovuto fare per uscire da
quell’imbarazzante situazione.
-Patty. Sei proprio tu! – esclamò Tom sopraggiungendo alle spalle
di Holly in compagnia di Benji. La guardò ammagliato da quella figura che nei
suoi ricordi vestiva quasi sempre l’uniforme scolastica e la tuta ginnica.
-Ehi manager, fatti vedere. Uao che schianto! Ma dove tenevi
nascosto tutto questo ben di Dio? – disse Benji andandole incontro per
abbracciarla.
-Ragazzi, che piacere rivedervi. Come state? – chiese lei
cercando di distrarre il pensiero da Holly e di rompere il ghiaccio.
Istintivamente si portò le mani ai fianchi controllando che il pareo fosse ben
annodato. Al polso sinistro brillava un bracciale di maglia morbida tempestato
di smeraldi e al dito anulare, un brillante grosso quanto un cece che sembrava
catturare in se stesso tutta la luce del sole. I ragazzi la guardavano
esterrefatti. Non ricordavano un’amica tanto bella, elegante e raffinata. Holly
non smetteva di guardarle il dito inanellato simbolo di un legame stretto che
l’avrebbe condotta ben presto all’altare. Con rammarico pensò che lui avrebbe
potuto regalarle anche un diamante più bello, ma sfortunatamente qualcuno era
arrivato prima di lui e oltre che omaggiarla di preziosi, aveva conquistato il
suo affetto e il suo amore.
-Benissimo. Facciamo carriera, siamo super pagati, sempre
circondati dalle belle donne, continuamente in giro per l’Europa…cos’altro
potremmo chiedere di più alla vita! – le disse Benji ammirandola in tutto il
suo splendore.
-Benji…se continui a guardarmi così mi farai sentire in
imbarazzo. – gli disse ironica quasi infastidita dai suoi occhi tanto
scrutatori.
-Sei bellissima! – le disse Tom guardandola con dolcezza. –
Come stai? – le chiese con il cuore in rivolta.
-Bene. – rispose in maniera coincisa ed evasiva regalandogli un
amabile sorriso.
-E’ tanto che non ci vediamo. –
-Già. Dalla mia partenza per Londra. Beh…io… poi decisi di
rimanere in Inghilterra. Mi avrebbe distratta e aiutata a ricominciare! –
sussurrò sperando che Holly non l’avesse sentita e cercando di dare all’amico
una breve spiegazione per giustificare il suo mancato ritorno in Giappone.
-Alloggi in questo resort? – le chiese cambiando discorso. Non
era il momento e il luogo opportuno per quei chiarimenti. Doveva assolutamente
cambiare discorso cercando di non alimentare un eventuale scontro tra lei e
Holly.
-Sì…io…sono insieme a Robert…! – sibilò quasi tartagliando per
l’imbarazzo. Lei, la manager della New Team e della nazionale giovanile
giapponese, insieme ad un altro ragazzo che non fosse Oliver Hutton!
-Sappiamo chi è! I giornali parlano di voi. – le disse
allontanandola gentilmente da Benji.
-Capisco. Lo sa? – gli chiese guardandolo dritto negli occhi.
Annuì col capo e lei sospirò.
-Meglio così…almeno non dovrò dirglielo io! – aggiunse
amareggiata. Holly li guardò in un atteggiamento di estrema complicità e si
sentì pervadere da un’immediata gelosia. Il suo migliore amico che parlava in
tutta confidenza con la ragazza di cui era perdutamente innamorato, la stessa
che per anni era stata al suo fianco amandolo segretamente. Benji lo guardava
di proposito. Intuì a cosa stava pensando il capitano.
-Forse è meglio andare… - gli sussurrò cercando di calmarlo. Le
sue mani erano strette in pugni desiderosi di schiantarsi contro qualcosa di
duro, qualcosa che avrebbe potuto procurargli dolore, una sofferenza tanto
lancinante da distoglierlo dal pensiero di Patty. Cercando di placare la sua
ira, senza proferire nulla, riprese a camminare lungo il viale a passo
sostenuto, allontanandosi dai compagni e da lei. Lo osservarono andar via nella
più nostalgica delle espressioni. Benji attese un attimo, poi lo seguì a
distanza sperando che non commettesse qualche atto insano suggerito dall’ira.
-Non è cambiato affatto. Non riesce ad affrontare gli ostacoli
e li aggira! –
-Perché dici questo? – le chiese sedendosi sul muretto del
viale e invitandola ad imitarlo. Una brezza calda soffiava nell’aria portando
con se il profumo del mare.
-Non ha avuto il coraggio neanche di avvicinarsi e salutarmi. –
-Ma non lo hai fatto neanche tu. – imbeccò Tom cercando di
capire la posizione della ragazza.
-Ho smesso di cercare di raggiungerlo. L’ho fatto inutilmente
per tanti anni. Il passato non si può cancellare, ma si può costruire un futuro
diverso, con persone nuove. – rispose malinconica. Non era serena e Tom avvertì
il suo tumulto interiore. Quell’incontro l’aveva scossa e probabilmente aveva
fatto riaffiorare in lei i vecchi rancori del passato.
-Mi sei mancata, sai? – le disse accarezzandole una guancia. Un
gesto troppo confidenziale che la mise in evidente imbarazzo.
-Mi dispiace esser andata via così, non averti scritto, non
aver cercato di contattarti. Eri l’unico che mi capiva e forse, anche stando a
Londra, avresti potuto aiutarmi. Quando andai in Inghilterra da mia nonna, ero
triste ed infelice. Tornare in Giappone avrebbe solo peggiorato il mio stato
d’animo. Per questo decisi che avrei dovuto abbandonare tutto, allontanarmi dal
mondo del calcio e soprattutto dal pensiero di Holly. -. Tom appoggiò
dolcemente la sua mano su quella di Patty e sorrise. Lei non la tolse. Quel
contatto era piacevole, ricco di conforto e di un’amicizia sincera.
-Avrei voluto starti accanto, consolarti, aiutarti ad uscire da
quel brutto periodo…sinceramente mi sarebbe bastato vederti, parlarti. -.
Abbassò il capo e lei si voltò verso l’amico.
-Tom! –
-Adesso posso anche dirtelo perché non ha più molto senso…beh,
manager, penso di essermi preso una bella cotta per te all’epoca. -.
Istintivamente lo baciò sulla guancia. Un bacio affettuoso con il quale
desiderava ringraziarlo per quanto aveva fatto per lei.
-Lo sapevo Tom. – rispose serena. Tom comprese tante cose
quante non avevano potuto spiegare i silenzi e le parole non dette di quei
quattro anni di lontananza.
-Sei andata via anche per questo, vero? – le chiese guardando
il profilo dolcemente illuminato dai timidi raggi del crepuscolo. Annuì
confermando la sua ipotesi.
-Non sarebbe stato giusto ne per me ne per te. Nel mio cuore
c’era solo lui e tutta la sofferenza che stavo provando. Ti avrei solo usato.
Ti ho sempre voluto bene e in te ho trovato un amico sincero. Mi dispiace
averti fatto soffrire. –
-Quando ho capito che non saresti tornata, mi sono trasferito
in Francia e adesso gioco come titolare al Paris Saint Germain. –
-Sono contenta per te. E gli altri? Dimmi come stanno? –
-Benji gioca all’Amburgo con Schneider. Non vanno molto
d’accordo ma da soli fanno la difesa e l’attacco della squadra. Bruce e Evelyn
stanno insieme da due anni. Lavorano tutti e due al negozio del padre di Evelyn
e Bruce allena i ragazzi delle scuole elementari. Philip Callaghan si è
trasferito a Manchester con Jenny. Julian ha subito un altro intervento al
cuore ma adesso sta bene ed ha ripreso ad allenarsi. Fa l’osservatore e il
preparatore atletico di giovani talenti. Lavora per la federazione. Amy studia
veterinaria e si sposeranno dopo la sua laurea. Mark Lenders si è trovato una
fidanzata, Maki e insieme si sono trasferiti in Messico. Ho sentito dire che
due note squadre italiane stanno cercando di ingaggiarlo. Sono sicuro che
presto giocherà in Europa anche lui. –
-E Holly? – gli chiese sapendo che l’aveva lasciato
appositamente per ultimo.
-Holly è sempre stato il migliore di noi. Il suo talento è
notevole e indiscutibile. Gioca al Barcellona, in Spagna. Sai, quest’anno
probabilmente prenderà il pallone d’oro. Il più alto riconoscimento per un
calciatore. A soli ventuno anni….é un gran bel traguardo! – aggiunse con
ammirazione. Tacquero entrambi sapendo di aver calcato un terreno impervio.
-Sono contenta per lui. Ha realizzato il suo sogno. –
-Dovresti dirglielo. Penso che gli farebbe piacere. -. Scese
dal muretto e si passò una mano tra i capelli. Sorrise.
-Non penso che sia una buona idea. – rispose chinando il capo.
- Adesso devo andare. Robert mi aspetta per cena. C’è una festa
nell’anfiteatro, magari ci si vede dopo! – gli disse correndo lungo il viale.
-Non è giusto che sia finita così Patty! – gli urlò sperando
che potesse udirlo. La vide allontanarsi velocemente sicuro che non aveva
ancora dimenticato il capitano della nazionale giapponese. Cosa doveva fare?
Era stato innamorato di lei, la ragazza amata dal suo migliore amico. E lei?
Lei aveva amato intensamente Holly e Tom era sicuro che Robert Garland non
aveva affatto cancellato i suoi sentimenti. Ma lei si sarebbe sposata entro
poco tempo e Holly non aveva tentato neppure di parlarle.
Affacciato alla ringhiera del
balcone, guardava il cielo blu sul deserto. La luna splendeva alta nel cielo e
rendeva quasi invisibili le stelle. La brezza calda continuava a spirare lenta
e piacevole. Udì bussare alla porta e dopo tanto insistere disse loro di
entrare. Sapeva che erano Benji e Tom.
-Holly, stiamo scendendo per cena. Vieni con noi? – gli chiese
Benji.
-Da quanto ne sei innamorato? – gli chiese senza voltarsi. Tom
sapeva che la domanda era rivolta a lui. – Allora Tom, perché non mi rispondi?
Pensi che non abbia visto come la guardavi? Avevi lo stesso sguardo mio. E se
io ne sono innamorato, evidentemente lo sei anche tu! – aggiunse tagliente
guardando l’amico dritto negli occhi. Benji non l’aveva mai veduto così. Holly
non aveva mai perso la calma ma evidentemente Patty era un discorsoche gli provocava ira e astio.
-Posso spiegarti! – esclamò Tom cercando le parole giuste da
dire all’amico.
-Cosa? Quando te ne sei accorto Tom? Quando sono partito per il
Brasile o dopo la sua partenza per l’Inghilterra? – incalzò con espressione
minacciosa. Nei suoi occhi c’erano le fiamme ardenti di un inconsolabile cuore
spezzato.
-Quando partisti per il Brasile, io e Patty ci avvicinammo
molto, ma solo ed esclusivamente come amici. Lei non vedeva altri che te,
Holly. Nel suo cuore e nella sua mente c’eri solo ed esclusivamente tu. –
-Ed io che pensavo fossi il mio migliore amico! Cosa volevi
fare? Soffiarmi la ragazza? -
-Io sono il tuo migliore amico. Ma se te la sei fatta sfuggire
la colpa è solo tua! – rispose inesorabile e secco. Gli occhi di Holly si
infiammarono. Come poteva parlargli così?
-Cosa diavolo ne sai tu? – imprecò tirandolo per la camicia. –
Tu non sai neppure quanto io ami Patty. Se l’ho lasciata andare era perché non
volevo privarla della sua libertà. Quando venne in Brasile, per me era un
desiderio che si avverava. Potevo finalmente stringerla tra le mie braccia e
dirle quanto la amavo. Ero impegnato con la fine del campionato e non potevo
assolutamente distrarmi. Sembravamo essere tornati ai tempi dei campionati
scolastici. Lei sempre accanto a me in ogni mio passo. E così, durante quei
giorni venne sempre agli allenamenti seduta sugli spalti o in panchina insieme
a Roberto. Parlammo a lungo di quelli che erano i progetti di Roberto per me.
Aveva contattato delle squadre in Europa per il mio ingaggio al termine del
contratto con il San Paolo.
-Poi, un giorno mi disse che l’indomani mattina sarebbe
ripartita. Era triste. Fingevo di non capire che la sua partenza avrebbe
rattristato entrambi. Mi feci coraggio e le dissi che l’amavo. Non volevo
aspettare altro tempo. Desideravo sapere da lei cosa provava per me. Il suo
volto era così radioso e luminoso che non potrò mai dimenticarlo. Passammo la
notte insieme. Fu bellissimo, io e lei, un corpo e un’anima. Tutto quello che
avevo sempre desiderato. Averla lì al mio fianco. Quando mi svegliai, lei era
già pronta per andare in aeroporto. Mi guardò e mi chiese cosa doveva fare. Se
continuare ad amarmi oppure prendere altre vie. Non sapevo cosa risponderle.
Per tutta la settimana avevo pensato ad una risposta plausibile ad una sua
eventuale domanda, mi ero arrovellato il cervello in cerca di una soluzione a
quell’enigma che prima o poi lei mi avrebbe posto! Se le avessi detto di
restare con me le avrei chiesto di sacrificare ancora la sua vita al mio
fianco, di seguirmi in Europa, lontana dal suo paese, dai suoi affetti, dai
suoi sogni. E non era giusto. Non potevo essere così egoista da incatenarla a
me quando il mio unico scopo era quello di divenire un calciatore
professionista. E non potevo neanche dirle di aspettare che divenissi un
professionista e che prima o poi sarei tornato in Giappone da lei. Adesso
capisci? La amavo disperatamente, e in nome della sua libertà ho rinunciato a
lei. Le dissi che l’amavo ma che volevo che fosse libera di decidere della sua
vita. Afferrò i bagagli e andò via. Sono stato un codardo. Non ho mai smesso di
amarla e non ho avuto il coraggio di dirglielo ancora. Di lei conservo ancora
il bel ricordo del nostro amore. Ma tu…come hai potuto…
-Tu sei solo uno stupido. Se solo le avessi chiesto di restare,
lei l’avrebbe fatto sacrificando la sua libertà! – inveì con disappunto.
-E ti sembra giusto che una persona debba sacrificare la
propria esistenza per un altro? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Io
ero avvilito e sfiduciato. L’avevo persa per sempre pur di renderla libera. –
urlò sempre più infervorato lasciando la presa sull’amico.
-Quando rientrò in Giappone, lei era distrutta. Decise di
partire subito per le vacanze…e non è più tornata. Ti voleva dimenticare Holly,
voleva dimenticare la persona che l’ha fatta soffrire. E’ vero, mi presi una
cotta per lei pur sapendo che ti amava intensamente. Mi vuoi punire per questo?
per averla amata? L’ho fatto segretamente per rispettare i suoi e i tuoi
sentimenti anche se a dir il vero, non so perché l’ho fatto. Avrei potuto
approfittarne, consolarla, coccolarla, ma non l’ho fatto perché vi ho sempre
voluto bene e perché lei ti amava…Lei è una ragazza fantastica e non era giusto
che soffrisse così. –
-Che cosa avrei potuto darle io a parte il mio amore? Continui
spostamenti in giro per il mondo, il calcio al primo posto fino a che non fossi
diventato qualcuno. Sono stato un egoista perché ho rinunciato a lei per i miei
sogni. E’ vero…ho sbagliato io e mi sembra che adesso ne stia pagando le
conseguenze a caro prezzo. – sentenziò prostrato e avvilito. Benji aveva
ascoltato in disparte la lite tra i due compagni. Si chiese com’era stato
possibile che una ragazza avesse potuto risvegliare i sensi di Tom e Holly a
quella maniera. Tom si avvicinò alla porta e la aprì.
-Non prendertela con me se lei sta per sposarsi, Holly. E’ solo
colpa tua…e se davvero provi qualcosa per lei, diglielo per un’ultima volta.
Non portarti dietro il rimorso di non averle parlato. E’ un peccato che il
vostro amore non trovi pace. – concluse solcando la porta della stanza e
richiudendosela alle spalle.
-Maledizione! – urlò Holly battendo un pugno contro il muro.
-Holly calmati. Non servirà a nulla arrabbiarti o farti male. –
gli disse Benji con imperturbabilità cercando di rasserenarlo.
-La pensi anche tu come Tom? – gli chiese a testa bassa. I suoi
occhi erano lucidi e disperati.
-Non sapevo nulla di questa storia. Della cotta di Tom per
Patty! Di quello che era successo in Brasile…delle tue scelte. Io ti capisco.
Ti ammiro Holly. Hai avuto il coraggio di sacrificare il tuo amore per renderla
libera…anche se forse avresti dovuto parlarne con lei e non decidere
univocamente. Comunque, sì, penso che tu debba andare da lei e dirle che la ami
ancora. Io lo farei, indipendentemente dalla sua risposta. E’ la tua ultima
chance. –
-Mi comporterei da egoista. Lei sta per sposarsi. Come posso
comparire all’improvviso nella sua vitae cercare di risvegliare in lei un sentimento che probabilmente avrà
cancellato? O dei ricordi che chissà quante volte l’hanno fatta piangere? –
-Chi ti dice che ti abbia dimenticato? Un amore intenso come il
vostro non si dimentica in poco tempo, Holly. Vi ho visti mentre vi fissavate.
Non penso che lei ti abbia dimenticato, e questo lo sai anche tu. –
-Non ho alcun diritto di rovinarle ancora la vita. –
-Forse no, ma hai il diritto verso te stesso di fare chiarezza
sui tuoi sentimenti. Cosa vuoi che succeda? Se non ti ama più te lo dirà lei, e
allora ti metterai il cuore in pace. Ma se come pensiamo noi, lei prova ancora
qualcosa per te…allora è giusto che sia lei a chiarire i suoi sentimenti, prima
di sposare un altro. – gli disse dandogli una pacca sulla spalla. – Ha detto
che stasera c’è una festa all’anfiteatro. Penso che andrà lì. E fai attenzione,
penso che con lei ci sarà Robert Garland. Adesso andiamo. Vediamo di trovare
Tom così fate pace e andiamo a cena che sto morendo di fame. – gli disse
indicandogli la porta. Incoraggiato dalle parole del portiere, Holly lo
precedette in corridoio e insieme raggiunsero il ristorante dell’albergo dove
Tom sedeva solitario vicino una finestra.
Holly guardò l’amico che triste e
sconsolato non aveva toccato cibo. Non l’aveva mai veduto così dispiaciuto,
tranne quando da ragazzini, si era trasferito con il padre in Francia. Tom era
il suo migliore amico insieme a Benji e doveva chiedergli scusa per recuperare
il loro rapporto di amicizia instaurato anni addietro e che paesi diversi e
distanti non avevano mai potuto intaccare.
-Mi dispiace per quello che è successo. Ho perso la testa,
forse per la prima volta, probabilmente a causa di quel giornale. Ti dovrei
ringraziare per esserle stato vicino fin quando hai potuto. Ti chiedo scusa
Tom. – gli disse porgendogli la mano in segno di pace. Tom lo guardò e gli
sorrise. Holly era un ragazzo buono e generoso e non avrebbe mai perso la sua
stima e la sua amicizia.
-Non preoccuparti. Anche io ho esagerato. Non avrei dovuto
dirti quelle cose….
-Lasciamo perdere. Ci ha fatto bene chiarire i nostri punti di
vista. -.
-Sono dispiaciuto per quello che sta succedendo…insomma, sapevo
che andandosene dal Giappone, Patty avrebbe cambiato stile di vita e avrebbe
cominciato a frequentare altre persone, con culture e modi di vivere diversi
dai nostri. E’ cambiata, e si vede, ma secondo me, in cuor suo è rimasta sempre
la stessa. Holly è vero quello che ti ho detto prima, che per lei ho provato
sentimenti diversi dall’amicizia, ma ne ora ne mai approfitterei dei vostri
sentimenti. E’ abbastanza grande e matura per prendere da sola certe decisioni!
–
-Come sposarsi a ventuno anni? – gli chiese sedendosi.
-Non conosciamo Robert Garland, non sappiamo nulla di lui, se è
effettivamente innamorato o se sta giocando con i sentimenti di Patty. E
comunque, a prescindere dal carattere di Garland, bisognerebbe cercare di
capire cosa vuole lei, se effettivamente si vuole sposare come titolano i
giornali o se si tratta solo di un bluff. –
-Che vuoi dire Benji? – chiese Holly con calma ma molto
interessato al discorso del portiere.
-Potrebbe trattarsi di una trovata pubblicitaria. –
-Non credo. Alla mano sinistra porta un chiaro segno di
fidanzamento…abbastanza costoso anche. – disse Tom.
-E pensate davvero che un semplice anello possa legare gli
impeti del cuore? – domandò loro enfatizzando con una smorfia la sua frase
romantica. Holly tacque. Era pensieroso.
-Quando il cuore batte per qualcuno per tanto tempo, è molto
difficile dimenticarlo, un’impresa troppo ardua per il cuore e per la mente. E
Patty ti ha amato intensamente. Mi gioco l’appartamento che ho comprato a Montecarlo,
che lei non è innamorata di Robert Garland! – sentenziò incrociando le braccia
sul petto e sorridendo sarcasticamente.
Holly non proferì parola. Forse
avevano ragione loro, ma l’evidenza riportata dai tabloid e dai giornali era
che Patty si sarebbe presto sposata e una strana sensazione gli diceva che
qualcosa sarebbe successo proprio durante quella vacanza.
-Adesso cosa facciamo? Andiamo in città a berci una birra
oppure andiamo a vedere la festa organizzata nell’anfiteatro? – chiese Benji
quando terminarono di cenare.
-Facciamo così. Avviciniamoci all’anfiteatro. Se la festa è di
nostro gradimento rimaniamo altrimenti prendiamo un taxi e andiamo in paese. –
disse Tom. Holly annuì col capo assentendo all’idea dei compagni. I tre
calciatori uscirono dal ristorante e si incamminarono verso la porta vetro che
conduceva alle piscine e all’anfiteatro. La serata era calda e nell’aria
c’erano i profumi dei cocktail e degli abbronzanti, degli incensi e delle
candele sparse qua e là lungo i muretti dei viali. Le siepi di ibisco rosse e
rosa adornavano le aiuole e incorniciavano le palme sui prati.
-Ehy guardate, c’è Patty, lì. – disse Benji alzando il braccio
per farsi vedere dalla ragazza. Se ne avvide subito e insieme al fidanzato, si
avviarono verso i tre amici. Holly li squadrò provando un’immediata gelosia
verso quell’uomo che le aveva portato via l’unico amore della sua vita.
-Forse è meglio che io vada! – esclamò Holly prima che li
raggiungessero.
-Non essere stupido. Devi parlarle. – incalzò Benji. – Non fare
il solito caprone. -.
-Non penso che sia il momento più idoneo. – gli rispose a bassa
voce.
-Salve ragazzi, come state? – chiese loro stringendosi al
braccio di Robert Garland. Era un ragazzo alto, dal fisico tonico e i capelli
biondi come il sole. I suoi occhi erano sottili e di un blu molto scuro. Aveva
cominciato quella conversazione in inglese, invitando così gli amici ad
imitarla in maniera tale che anche Robert potesse comprendere.
-Ragazzi vi presento Robert. Rob loro sono Tom Becker, Benji Price
e ….Oliver Hutton! – esclamò tradendo una certa emozione nella sua voce.
-Ma non siete i calciatori della nazionale giapponese? -. Da
quella domanda, i tre nipponici compresero che Patty non gli aveva mai parlato
del suo passato in squadra ed evidentemente tanto meno del rapporto che l’aveva
legata per anni a Oliver Hutton.
-Sì, infatti. Tu invece giochi a tennis, vero? – gli chiese
Benji cercando di infrangere il muro di ghiaccio che si era eretto tra di loro.
-Sì, mi sono preso una pausa dai tornei, sono stanco di correre
qua e là sui campi con questo caldo. Conto di partecipare a Long Island e
Flushing Meadows il prossimo mese. E’ dura, ma sono sicuro che mi piazzerò
bene. – rispose sicuro delle sue capacità tennistiche, tradendo un’insolita e
quanto mai sicurezza.
-Devo parlarti! – esclamò Holly in giapponese sapendo che Patty
l’avrebbe compreso subito. Lei non aveva distolto lo sguardo dal calciatore. I
suoi occhi sembravano infuocati, pulsanti di rancore verso il passato. Fasciata
in uno splendido abito a sottoveste bianco avorio, Patty era stupenda. Sulle
labbra risplendeva un velo di lucido che le delineava e le rendeva più corpose.
I capelli lunghi fino alle spalle brillavano di riflessi intensi.
-Le parole sono finite tra di noi…e il tempo è scaduto oramai.
– rispose in giapponese. Il suo tono era stato glaciale e avverso.
-Il tempo non scade mai e c’è sempre un momento giusto per
parlare. Ti prego. –
-Non posso. Adesso c’è lui. E tu non puoi comparire
all’improvviso cercando di farmi ripensare al passato. Se fosse stato così
importante, non avresti aspettato quattro anni per parlarmi. – gli disse
impenetrabile mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Quelle parole le
stavano costando care e il dolore era tornato inesorabile a farle battere il cuore.
-Se hai contato il tempo che ci ha separati, vuol dire che non
hai smesso di pensarmi. – rispose sicuro e in maniera secca.
-Non essere presuntuoso ed egoista. – rimbeccò evitando di
rispondere alla domanda di Holly. Robert li guardò avvertendo nella loro
conversazione un tono ostile e duro, ma troppo confidenziale per essere quello
di due semplici amici.
-Robert che ne dici se torniamo a vedere lo spettacolo? –
chiese lei continuando a guardare Holly.
-Certamente. Ragazzi, perché non venite con noi? Patricia sarà
contenta di stare insieme a dei vecchi amici. – disse loro quasi in tono
sarcastico.
-Io vado a rinfrescarmi le idee…ne ho proprio bisogno… - disse
sconsolato rivolto a Tom e Benji. - Patty, nella vita si commettono degli
errori ma si può anche perdonare qualcuno che ha sbagliato per troppo amore! –
tuonò in inglese voltandosi e imboccando il viale che conduceva alla spiaggia.
Aveva voluto che anche Robert capisse quello che voleva dirle, per ricordargli
che nella vita della sua ragazza lui era stato un capitolo molto importante.
Cercando di riparare ad una situazione quanto mai elettrizzata e tesa, Benji e
Tom trascinarono Robert e Patty verso l’anfiteatro.
-Patricia, cosa voleva da te…il tuo amico Oliver. Mi sembrava
un po’ agitato. E’ successo qualcosa? – gli chiese stringendola più forte a se
facendole sentire la sua presenza.
-Ehm…no, non preoccuparti…è solo tensione perché dovrà
disputare delle partite importanti tra qualche giorno…vero ragazzi? – mentì
chiedendo aiuto ai due amici.
-Ma certo. Non ti preoccupare Robert. -. Si sedettero nella
parte più alta dell’anfiteatro, oramai gremito dagli ospiti del resort.
-Holly…cosa vuoi da me adesso? Io non ti appartengo più, è
storia passata…perché mi fai battere ancora il cuore così forte. Maledizione, devo
sposarmi. Adesso c’è Robert. Io, non posso! Chi ti da il diritto di aver voce
in capitolo nella mia vita? – pensò non seguendo lo spettacolo. La sua
mente e il suo cuore erano altrove. Aveva provato ancora dei brividi nel
rivederlo, il cuore vibrante di emozione per lui. Sebbene nella sua mente
cercava di scacciare la sua immagine, nel suo cuore sembrava oramai indelebile
la sua voce, il suo calore…il suo amore. Quella sua improvvisa dichiarazione
l’aveva allibita. Non si sarebbe mai aspettata un comportamento tanto audace da
quello che ricordava essere un timido ragazzo innamorato solo del calcio.
-Robert, io…ho un po’ di mal di testa. Vado in camera. Tu resta
pure a guardare lo spettacolo con Tom e Benji…loro..ti saranno di compagnia. –
-No, vengo con te…- rispose serio. Sembrava aver intuito la
ragione del malessere della fidanzata e non voleva lasciarla sola.
-No, non preoccuparti. Resta qui, ti prego. – aggiunse lei con
tono supplichevole. Robert la guardò attentamente. Le prese il volto tra le
mani e la baciò ardentemente sulle labbra.
-Okay, ci vediamo dopo. -. Lei annuì e guardò i due
connazionali. Assentirono col capo e Patty andò via.
-Allora Robert…ti va una bella birra? – gli chiese Benji
sperando di distrarre il tennista da altri pensieri e dal seguire Patty. Sia
lui sia Tom avevano intuito dallo sguardo di Patty, che la ragazza fosse andata
alla ricerca di Holly. Non sapevano cosa sarebbe successo tra di loro, ma di
sicuro, lei lo avrebbe trovato e Robert doveva restare a debita distanza.
-Certamente, offro io. Aspettatemi qui, arrivo subito! – disse
alzandosi e dirigendosi verso il bar dell’anfiteatro.
-Tom, dobbiamo tenerlo a bada. Se come penso Patty è corsa da
lui, succederà qualcosa e questo deficiente di un inglese non deve
assolutamente intromettersi. –
-Già. Non mi ispira molta fiducia e simpatia. Chissà di cosa si
è innamorata Patty! –
-Beh di carino lo é…ha comunque il fascino europeo. –
-Ti sei dato agli uomini Benji? – gli chiese divertito Tom.
-Non dire sciocchezze. A giudicare da come Patty ha guardato
Robert e Holly, ci metterei la mano sul fuoco che non prova nemmeno la minima
parte dei sentimenti che prova per il nostro capitano. –
-Infatti…speriamo che riescano a combinare qualcosa di buono!
Talvolta l’orgoglio può soffocare i migliori sentimenti. Attento, sta
arrivando. Prossimo giro offri tu, poi tocca a me. Vediamo se riusciamo a farlo
ubriacare! – suggerì Tom col pensiero a Holly e Patty.
Con un gesto quasi di stizza, si
tolse i sandali dal tacco alto troppo scomodi per camminare a passo spedito. Li
afferrò per i lacci sottili provando subito un senso di sollievo per i suoi
piedi. Le numerose sfilate e i servizi fotografici che l’avevano sempre
costretta a indossare scarpe dai tacchi alti non le avevano fatto dimenticare
quale piacere si potesse provare a camminare a piedi nudi.
Cominciò a correre sul prato
inglese che costeggiava il viale di mattoni che conduceva alla spiaggia. Doveva
trovarlo. Doveva chiarire con lui le rispettive posizioni, la presenza di
Robert nella sua vita. Era adirata per quel suo comportamento. Sentiva che
quell’incontro così casuale alla soglia del suo matrimonio, avrebbe portato
scompiglio nella sua vita affettiva.
Cercò di respirare per
riprendersi dalla folle corsa nella quale si era cimentata pur di raggiungerlo.
Sapeva che era lì. Holly non era un tipo molto espansivo in fatto di sentimenti
e sicuramente aveva cercato un luogo appartato per poter pensare o
semplicemente per sfogare in maniera silenziosa la rabbia repressa.
Giunse alla fine del viale che
conduceva alla spiaggia. Si guardò intorno e vide la luna immensa e imperiosa
che troneggiava alta sul mare e sulla spiaggia. Alla sua destra, le luci del
ristorante all’aperto erano spente e gli ombrelloni coperti dalle fronde delle
palme si muovevano al dolce stormire della brezza. Vide qualcuno seduto vicino
una palma in prossimità del pontile. Si avvicinò lentamente camminando sulla
sabbia tiepida. Man mano che si avvicinava poteva disegnarne i tratti che la
sua mente e il suo cuore non avevano mai dimenticato.
Robert. La sua immagine le balenò
dinanzi agli occhi quasi a ricordarle i doveri di fidanzata. Doveva fare in
fretta. Non era quello il suo posto. Qualcosa di indefinito l’aveva spintaa correre fin laggiù per parlargli,
un’ultima volta.
-Cosa vuoi da me? Non ti è bastato avermi fatta soffrire per
tanto tempo? Chi ti da il diritto di tornare nella mia vita? Come puoi pensare
che nella mia vita ci sia ancora spazio per te? – urlò raggiungendolo alle
spalle. Holly sussultò riconoscendo la voce. Si alzò e la guardò attentamente.
Era bella e selvaggia.I lunghi capelli
mossi dalla leggera brezza estiva, i piedi nudi sulla rena dorata. Il vestito
ondeggiava al ritmo delle fronde, la luna le fendeva il volto illuminandone
solo una parte dipingendolo di colori eterei e argentati. Era stupenda, di una
bellezza inenarrabile e indefinibile. Il cuore gli batteva all’impazzata, il
sangue correva furioso nelle vene, i pensieri turbinavano veloci nella sua
mente. I suoi occhi evocarono l’immagine di quell’adolescente che aveva
affrontato un lungo viaggio dal Giappone al Brasile pur di incontrarlo. Provò
un tuffo al cuore ripensando all’emozione di quel giorno, di quel momento in
cui l’aveva vista in aeroporto ed era corsa ad abbracciarla svestendo
finalmente i panni dell’eterno indeciso. Il suo cuore sembrava lacrimare al
solo ricordo di quell’amore unico e totale che avevano scoperto insieme e che
avevano ardentemente desiderato scambiarsi.
-Allora codardo, non mi rispondi. Perché non ti volti e non te
ne vai come hai sempre fatto nella tua vita? Tu non esisti più per me, lo
capisci? – imprecò ancora additandolo. Holly la guardò quasi incredulo nello
scorgere tanto coraggio e tanta loquacità in quella che ricordava essere la
timida ragazza innamorata del suo capitano. Anego. In lei sembrava essere
risorta la parte mascolina del suo carattere, repressa durante l’adolescenza.
No, era soltanto furibonda. L’incontro le aveva riaperto ferite evidentemente
mai guarite.
-Non ti credo! – le rispose con calma.
-E perché mai dovrei mentire? – ruggì furiosa. Gli occhi le si
annebbiarono per le lacrime. Era sconvolta con il cuore che sembrava volerle
saltar fuori dal petto.
-I tuoi occhi dicono un’altra cosa! –
-E da quando hai imparato a leggere negli occhi? Tu non hai mai
saputo cosa sono i veri sentimenti…adesso ti metti a fare anche psicologia? Ma
non farmi ridere….-
-Tu non mi disprezzi come vuoi farmi credere, tu non mi odi, tu
non vuoi che io esca dalla tua vita! – rispose con tono quieto e convinto.
-Tu vaneggi. Io ti odio…lo capisci…ti odio Holly, per tutto
quello che mi hai fatto…per l’avermi fatto soffrire, per l’avermi illusa di un
amore che evidentemente non poteva e non doveva chiamarsi così. Tu non hai
neppure idea della mia sofferenza, del mio dolore! – gridò mentre le lacrime
cominciavano a rigarle il volto.
-Non è vero…tu non mi odi…non si può odiare chi si è amato. E io
ti amo Patty…non ho mai smesso di amarti, non c’è stato giorno che non abbia
desiderato tornare indietro e ricominciare tutto…sto impazzendo per te….ed io
so che tu mi ami ancora….altrimenti non saresti qui adesso! -
-Sei pazzo…come puoi pensare una cosa del genere? Hai fatto la
tua scelta quattro anni fa…e adesso io ho fatto la mia. –
-Ho sbagliato. Sono stato un egoista perché ho scelto il calcio
anziché te…ma porca miseria Patty…avevo solo diciassette anni…
-Anche io ne avevo diciassette ma avevo le idee abbastanza
chiare su quello che doveva essere il mio futuro. O con te o senza di te…- urlò
disperata interrompendolo.
-E quello che c’è stato tra noi non conta nulla per te? – le
chiese inasprito da quelle parole.
-Non farmi le prediche Holly. E’ stato… solo un errore…non
doveva succedere! –
-Ma cosa dici! – esclamò incredulo. – Aver fatto l’amore con il
ragazzo che amavi per te è stato solo un errore? Per me è stata la cosa più
bella che mi possa mai essere capitata. Ti amavo allora e ti amo adesso Patty.
Se ho lasciato che andassi via è stato unicamente perché avevi diritto anche tu
a farti una vita, alla tua indipendenza. Come avrei potuto chiederti di restare
al mio fianco sacrificando i tuoi desideri? Mi fai davvero così egoista? –
-Adesso vuoi forse farmi credere che se non mi hai fermata quel
giorno è stato unicamente per il mio bene? Stai cercando di incolpare me se le
cose non sono andate per il verso giusto? – inveì irata.
-No. Sono stato uno stupido a non parlartene, a scegliere con
te la soluzione più giusta e indolore, pensavo di aver fatto la scelta giusta
per entrambi…sapevo che se te l’avessi chiesto, tu saresti rimasta con me. –
-E’ assurdo. Tutto questo è insensato, questa discussione è
immotivata. Io non dovrei essere qui. Ho detto a Robert che avevo mal di testa,
che andavo in camera…e invece mi ritrovo qui a litigare con te! – ribatté
voltandosi di spalle.
-Dimmi perché lo sposi! – chiese Holly afferrandola per i
polsi. – Dimmi che sei felice con lui, dimmi che lo ami e ti lascerò andare per
sempre. -. Il suo sguardo era serio e irremovibile. Erano così vicini che lei
poteva sentirne il respiro, il suo calore, il suo fisico adulto, la sua
inconsueta e quanto mai travolgente passione. Non lo ricordava così. Dov’era
finito il ragazzo timido che si nascondeva dietro false situazioni pur di non
mettere a nudo i propri sentimenti? Dov’era quel ragazzo che arrossiva se solo
qualcuno dei compagni gli ricordava che le ragazze spasimavano per lui? Dov’era
il pallone, quell’ oggetto sferico che aveva sempre definito essere il suo
migliore amico? Il cuore le batteva sempre più forte, probabilmente non per la
rabbia ma semplicemente per l’aver udito il suo disperato urlo d’amore.
-Lasciami Holly…lasciami o mi metterò a gridare. –
-Lo ami? – le chiese ancora incoraggiandola ad una risposta.
-Sì…adesso lasciami…- rispose nel tentativo di liberarsi dalla
presa e cercando di non guardarlo negli occhi .
-Non ti credo. Stai mentendo…- le disse appiattendola contro il
tronco della palma.
-Cosa vuoi farmi? – chiese impaurita da quel gesto. Non
riusciva più a distogliere lo sguardo magnetico, da quegli occhi neri come
l’oscurità più profonda.
-Voglio la verità. – rispose avvicinando le labbra al suo
volto. I loro visi erano così vicini che lei si sentì penetrare dai suoi occhi
scuri, da quello sguardo coinvolgente e che pian piano l’aveva resa succube di
una forte attrazione. Sentì i brividi rincorrersi lungo la schiena. Patty si
sottrasse al primo contatto ma quando sentì le labbra morbide e calde cercare
le sue, cedette alla passione del momento e ricambiò il bacio. Lo guardò negli
occhi, neri come l’ombra della notte. Proprio come allora…come quattro anni
prima.
-Dimmi che lo ami? – gli chiese ancora Holly con tono dolce
mentre gli occhi gli si annebbiavano per le lacrime.
Patty non
rispose. Stava piangendo per lei. Era disperato. Le portò una mano al volto e
accarezzò la sua pelle liscia e vellutata con la stessa dolcezza che lei
ricordava appartenere alla loro adolescenza. Per un attimo abbassò le palpebre
per imprimere nella mente e nel cuore quell’attimo di estrema delicatezza
accompagnato dal dolce ondeggiare del mare. Le scostò dei capelli ribelli dalla
fronte non distogliendo un attimo lo sguardo dai suoi grandi occhi nocciola che
tante volte l’avevano guardato con ammirazione e affetto. Non riusciva a non
fissarla, ad ammirarla nel suo semplice splendore, a cercare il suo amore.
-Mi fai ancora quell’effetto. Holly perché…perché mi sento
ancora disperatamente attratta da te…perché il mio corpo vuole cedere alle tue
carezze…perché ti amo ancora tanto? – pensò perdendosi in un altro
passionale bacio. Le labbra di Holly sfiorarono dolcemente le sue fino a
scendere lentamente lungo il collo. Trascinata dall’emozione di quel momento,
gli gettò le braccia al collo cominciando ad accarezzargli i capelli morbidi e
disordinati. Sentiva come brividi le sue carezze inseguirsi lungo la schiena
nuda, poi avvertì un fremito quando le abbassò le strette bretelle dell’abito.
Lasciò che le sue mani gentili le sfiorassero delicatamente i seni oramai
adulti. In preda all’eccitazione, gli sbottonò velocemente la camicia di lino
accarezzandogli avidamente il petto scolpito da anni di allenamenti. Mentre la
luna brillava alta nel cielo e le onde si inseguivano scherzosamente lungo la
battigia, i loro corpi oramai nudi si unirono in una bramosa, impetuosa e
quanto mai drammatica passione. Solo quando furono sazi e privi di ogni forza,
giacquero l’uno nelle braccia dell’altra, ritrovandosi a fissare la grande luna
testimone del loro immenso amore. Si assopirono così per brevi ma importanti
istanti.
-Ma…dove sono! – esclamò portandosi una mano tra i capelli.
Schiuse le palpebre più volte per focalizzare la scena di cui era protagonista.
Si guardò rapidamente intorno scorgendo chiaramente il mare e la spiaggia. Udì
il soffio della brezza sulle onde che leggere si infrangevano sull’ arenile. Si
passò una mano al volto e poi al collo. Avvertì la pelle nuda sotto il palmo
della mano. Girò il suo profilo verso quella presenza che le dormiva accanto.Era lì steso accanto a lei mentre si destava
richiamato dalla sua voce. Sbarrò gli occhi ricordando quanto era accaduto. Si
erano appisolati sulla rena stretti in un profondo abbraccio. Nel buio della
notte arrossì per l’imbarazzo.
-Non doveva succedere! – asserì poi cercando il vestito
fomentata dal disagio di quella situazione. Holly la guardò ammutolito.
Sembrava aver realizzato anche lui cosa era successo in quei pochi attimi di
travolgente e ardente passione. – Maledizione Holly…io sto per sposarmi…e questo
non doveva accadere! – urlò in preda al panico e all’agitazione. Holly la imitò
vestendosi velocemente in silenzio. Guardò l’orologio al polso. Erano quasi le
tre del mattino.
-Cosa diavolo ho fatto…l’ho tradito prima del matrimonio! –
pensò ad alta voce. – Lui non lo deve sapere. – gli disse guardandolo con
espressione disperata e furibonda al tempo stesso.
-Già…anche questa volta io cadrò nel dimenticatoio!
Un’avventura…nient’altro che un’avventura, vero Patty? –
-Sì...no..cosa sto dicendo…non riesco neanche a pensare….io
dovrei essere in camera mia a letto con il mal di testa e non qui sulla
spiaggia a fare l’amore con te…-
-L’hai desiderato anche tu! Non l’ho fatto da solo e non ti ho
costretta. L’abbiamo fatto perché lo volevamo! – ribatté astioso oramai sfinito
dal suo comportamento avverso. Patty tacque. Aveva ragione Holly: lei l’aveva
desiderato quanto se non più di lui..un sentimento represso per anni che era
tornato travolgente e coinvolgente più che mai. Una passione e un amore totale
che non aveva mai provato con Robert, ma che per la seconda volta aveva potuto
provare con Holly e per Holly.
-Non ti preoccupare…non gli dirò nulla. Non chiedermi di far
finta che non sia mai accaduto perché non posso. Se ti chiede dove sei stata,
gli puoi sempre dire che sei andata a fare una passeggiata sulla spiaggia e se
non ti crede, digli che ti ho costretta a seguirmi. Adesso va da lui…- la
esortò con calma e tono sommesso. Le lacrime gli rigavano il volto velocemente.
Era straziato da quell’ennesimo rifiuto, dal suo rancore. Avrebbe voluto
amarla, donarle i suoi sentimenti, e lei continuava a respingerlo in nome di
una tanto declamata sofferenza. Lei non amava Robert, non come amava lui e
anche se non l’aveva dichiarato, glielo aveva dimostrato ancora una volta. Il
richiamo dei loro cuori era stato più forte dei momenti oscuri e di solitudine
che avevano vissuto entrambi. Era bastato incontrarsi per pochi attimi per
amarsi intensamente.
-Holly…- sibilò tra i singhiozzi. In cuor suo, Patty temeva che
andasse via, che le voltasse le spalle lasciandola sola su quella spiaggia
testimone del suo peccato. Tremava come una foglia.
Le si avvicinò
e si inginocchiò sulla sabbia, accanto a lei. Le sistemò le spalline del
vestito con leggerezza e le accarezzò i capelli per riordinarli. Gesti semplici
e significativi, colmi di affetto e di amarezza al tempo stesso. La guardò con
espressione nostalgica, inconsolabile, quella di un uomo che sentiva di aver
perso la sua donna per sempre. Le afferrò il viso tra le mani asciugandole le
lacrime con i pollici.
-L’hai detto prima Patty: ti devi sposare con Robert. Non
importa se lo ami o meno, se menti al tuo cuore e a te stessa… se lui riesce a
darti la felicità e la serenità che non posso darti io! Se io per te non conto
più nulla...allora va pure. Non posso costringerti ad amarmi. Ma…non chiedermi
di non amarti, di non desiderarti, perché neanche la dimenticanza e l’oblio
potranno mai reprimere le emozioni che mi dai tu. Non posso cancellarti come
un’orma sul bagnasciuga, dimenticare i tuoi sguardi, il tuo affetto. Non
posso…e non voglio dimenticarti. – aggiunse baciandola dolcemente sulle labbra.
Patty lo
guardava attonita, senza parole, persa in quegli occhi neri tristi e
inconsolabili che stavano piangendo per lei. Il cuore le batteva così forte che
il petto le faceva male. Avvertì quello che più intimamente stava provando,
quello scoramento che il suo rifiuto gli stava provocando.Ancora una volta, era rimasta lì a sentire
quello che lui aveva avuto da dirle, il suo inconsolabile grido di amore,
quelle parole che mai si sarebbe sognata potessero uscire dalle labbra di
Oliver Hutton e che adesso sembravano essere indelebili nel suo cuore.
Per anni era
rimasta silenziosamente al suo fianco, amandolo e idolatrandolo come un mito,
vivendo solo per lui, perché quel poco tempo che trascorrevano insieme riusciva
a riempirle il cuore. A distanza di quattro anni, dal giorno in cui lei era
andata via da lui, Holly era cambiato. La sofferenza forse, gli avevano donato
una maturità non sua, che lei non ricordava appartenergli.
-Perdonami se ti ho fatta soffrire…e perdonami se ti amo. – le
disse sfiorandole le labbra ancora una volta e alzandosi.
Quattro anni
prima l’aveva lasciata andare perché realizzasse i suoi sogni senza legarsi
alla vita di un calciatore all’inizio di una promettente carriera. Sotto il
cielo caldo del deserto egiziano, le aveva detto di amarla ancora ma che per la
sua felicità, se lei lo desiderava, doveva andare da Robert Garland. Lo vide
allontanarsi lentamente lungo il bagnasciuga, con i piedi lambiti leggermente
dal mare, lasciando dietro di se piccole orme che man mano venivano seppellite
dalla marea. La luce della luna sembrava accompagnare la sua ombra. Si ritrovò
sola, sfiduciata, seduta sulla rena fresca, in preda ai singhiozzi e ai rimorsi
per quello che aveva appena fatto e per quello che invece avrebbe voluto fare.
-Perché l’ho fatto? Perché sono venuta qui? Dovevo solo
dirti di non cercarmi più…e invece la nostra lite è degenerata! Ma a chi voglio
mentire? Ti ho cercato con tutto il mio cuore. Mi hai solo dato l’occasione di
tornare da te, anche se solo per un attimo…ed io…non vedevo l’ora che il mio
cuore rievocasse tutto l’affetto e l’amore che provavo per te in passato.
Maledizione: no, non mi hai costretta, hai ragione tu, io l’ho voluto anche più
di te. Se solo ti avessi detto di fermarti, l’avresti fatto senza remore,
perché tu hai rispetto degli altri, di me…perché mi ami. No, cosa sto pensando?
E’ stato un errore, non doveva succedere! Sono stata imprudente. Robert non
deve saperlo. Dobbiamo sposarci! Già, tra poco io diventerò la moglie di Robert
Garland. Devo tornare da lui e tutto si sistemerà. Mi farò una docciae andrò a dormire, e domattina non ricorderò
nulla! – pensò rammaricata e confusa cercando disperatamente di far
prevalere la ragione sui sentimenti. Si alzò e si toccò le labbra, testimoni
del suo ultimo bacio, il più dolce, il più triste, quell’infinito gesto
d’amore.
-Holly…com’è dolce il tuo nome…già, come te. Non posso
nasconderlo al mio cuore, non posso celare le emozioni e i sentimenti che provo
per te, non ci riesco…allora perché c’è Robert nella mia vita? Mi hai lasciata
andare quattro anni fa per rendermi libera, e adesso, mi vorresti al tuo fianco
per sempre…ma io sono già legata a qualcuno. Voglio bene a Robert…e dobbiamo
sposarci. – sibilò incamminandosi lentamente sul viale del ritorno.
-Benji, quanto pensi abbia bevuto? –
-Forse una decina di birre…almeno con noi. Se quando è andato
al bar ha ingurgitato altro, beh amico, questo non lo so. – rispose arrestando
il passo. – Ehi Tom, fermati un attimo. Pesa almeno un quintale ed è a peso
morto. –
-Aggiungerei che è anche ubriaco. –
-Infatti. Come puzza di alcool. Cosa ci avrà trovato Patty in
questo buzzurro, proprio non lo capisco. – ribatté Benji stizzito ricominciando
a camminare per il viale.
-Chissà se è successo qualcosa tra quei due! –
-Patricia! – esclamò Robert nel delirio della sua
sbronza. Benji e Tom si guardarono straniti. – Tanto lo so che seiandata da lui, dal tuo amichetto Oliver!
– aggiunse vaneggiando.
-Hai sentito cos’ha detto? – gli chiese Tom.
-Certo, non sono sordo. –
-Possibile che lui sappia di Patty e Holly? –
-Io non penso! Secondo me sono solo i suoi pensieri. Forse ha
intuito qualcosa quando Holly le ha risposto in inglese prima di congedarsi…o
gli è bastato notare come si guardavano. Chissà, magari non è tutto scemo! –
aggiunse guardandolo.
-Il problema non è lui ma Patty. E poi questa storia del
matrimonio. Sinceramente non li vedo insieme. Insomma, li hai sentiti i discorsi
che ha fatto prima? Si crede di essere il miglior tennista del mondo ed è solo
al diciottesimo posto nella graduatoria ATP. Gli piace fare la bella vita
trascurando anche i doveri che ha verso il suo sport. Tra lui e Holly c’è una
bella differenza! – disse Tom sollevandolo dal suo lato.
-La differenza la fanno i sentimenti amico…se Patty non mette
da parte orgoglio e rancore e non abbandona l’idea di sposare questo
rammollito…ci ritroveremo un’amica infelice e un amico distrutto dal dolore. –
-Forse stiamo esasperando questa storia. –
-Scherzi? Ma tu da che parte stai Tom? – rimbeccò stanco del
peso che trascinava.
-Ovviamente tifo per Holly e spero che si ricongiunga con
Patty, ma magari lei è felice così e a questo punto non vedo perché noi
dovremmo farle cambiare idea! –
-Ti sei ammattito? Ma li hai visti quei due? Smaniavano al solo
guardarsi, figurati poi se è successo qualcosa. Tu dovresti conoscerla meglio
di me e sapere cosa sta provando. Anche tu provi dei forti sentimenti per lei e
a maggior ragione dovresti spalleggiare la nostra causa e non dar man forte a
Garland. – ribatté Benji deciso e infervorato dalla discussione.- Adesso basta chiacchierare. Appoggiamolo
un attimo sul sofà, va alla reception e chiedi in quale stanza alloggia. –
disse esausto. Tom aiutò Benji a sistemare Robert su un divanetto nella hall e
si diresse verso il grande bancone del ricevimento.
-Mi scusi signorina, potrebbe dirmi in quale stanza alloggia
Robert Garland? – le chiese non distogliendo lo sguardo dal divanetto sul quale
riposava. La receptionist guardò nella medesima direzione e comprese il motivo
della sua richiesta.
-Attenda un attimo prego, che controllo. – rispose controllando
a video gli alloggi degli ospiti del resort. – Camera 353, terzo piano. Vuole
la chiave? – aggiunse sorridendo.
-Ehm, sì grazie! – le disse prendendo la tessera magnetica per
l’apertura della porta. Patty evidentemente non era in camera altrimenti la
chiave l’avrebbe presa lei. Dov’era? Si avvicinò ad uno scrittoio nella hall e
sollevò la cornetta sull’apparecchio. Compose il numero della stanza di Oliver.
Anche se era tardi, doveva accertarsi che l’amico fosse in camera o meno. Il
telefono squillò insistentemente ma nessuno rispose. Ripose la cornetta sulla
forcella e raggiunse Benji.
-Allora? –
-Terzo piano, camera numero 353. C’è un problema! –
-Che succede? –
-Lei non c’é. E nemmeno lui. –
-Non capisco. Chi, cosa? – chiese alzandosi.
-La chiave era ancora alla reception e ho provato a chiamare
nella stanza di Holly. Non ha risposto nessuno. Sono sicuro che non è in
camera. La camera di Robert è vuota! –. Benji tacque comprendendo la
pericolosità della situazione.
-Cosa facciamo? – chiese a Tom.
-Non ne ho idea. Potremmo portarlo in piscina, adagiarlo su un
lettino e lasciarlo lì. Nel frattempo andarea cercare Patty. –
-Fosse per me, potremmo anche buttarlo in piscina. Non piangerò
la sua assenza. –
-Benji, non è il momento di scherzare. O uno dei due salta
fuori o qui siamo nei guai. Se si sveglia, cercherà Patty e se non la trova
penserà sicuramente che sta con Holly. Li hai sentiti i suoi pensieri, no? –
-Okay, facciamo così. Portiamolo in piscina. Lo sdraiamo su un
lettino ed io resto a vegliarlo. Sbronzo com’è non penso che mi darà molto
fastidio. Tu torna qui ad aspettare Patty e la fai salire in camera. Poi mi
raggiungi e lo portiamo su. –
-Uhm…non vedo molte alternative. Non può restare qui. Vorrei
evitare pubblicità gratuita in questo posto. –
-Anzi, vediamo se riesco a portarlo da solo. Ehi Robert amico,
mettiti su, dai che ti porto a fare un giro. – gli disse tirandolo per un
braccio. Benji gli infilò il braccio sotto il torace e se lo trascinò a spalla
fuori dall’albergo, sotto gli occhi indagatori del personale dell’albergo e dei
pochi ospiti presenti nella hall. Le porte automatiche si aprirono sul grande
viale interno che conduceva anche alla spiaggia e all’anfiteatro. Ansimante e
contrariato da quella fastidiosa presenza, trascinò un barcollante Robert
Garland fino alla piscina. Lo adagiò sul lettino a peso morto oramai in preda
ad un sonno profondo e quanto mai rumoroso.
-Beh, adesso fai il bravo e dormi! – gli disse sdraiandosi sul
lettino adiacente. Il buio aveva avvolto tutto il resort e solo le luci
provenienti dalle camere e dalla hall illuminavano i viali e i giardini. Benji
rimirava il cielo stellato sperando che quella imbarazzante situazione potesse
risolversi quanto prima e nel migliore dei modi.
Continuava a guardarla e lei non riusciva a distogliere lo
sguardo da quell’espressione magnetica. Sembrava imbambolata. I suoi occhi
verde intenso come uno smeraldo raro non poterono non soffermarsi ancora una volta
sul torso nudo, bagnato da piccole stille d’acqua che le onde del mare avevano
lasciato sulla pelle abbronzata. I capelli di un nero intenso incorniciavano i
lineamenti marcati e lo sguardo duro, severo, altero. Strinse le mani nei pugni
e i muscoli delle braccia si strinsero in un fascio di sensualità. Kirsten
sembrava estasiata da quell’immagine che si materializzava sempre più vicino ai
suoi occhi. Lei, bella, audace e rampante giornalista di un noto tabloid
internazionale, sedotta in maniera quasi adolescenziale dalle belle forme di un
giocatore di calcio. Con passo incalzante le si avvicinò e la guardò senza
proferire alcuna parola. Kirsten si tolse gli occhiali da sole e scese dal
lettino prendisole. Si elevò in tutta la sua altezza lasciando che la fluente
chioma fulva inondasse di tonalità fiammeggianti la pelle chiara. Abbozzò un
lieve sorriso sulle labbra sottili e lei sentì un tumulto al cuore. Cosa stava
succedendo? Proprio lei che aveva sempre trattato gli uomini con facilità e
senza mai innamorarsene, adesso sembrava cadere ai piedi di un noto calciatore
della nazionale nipponica. L’aveva incontrato ad una festa di beneficenza nella
quale era stato l’ospite d’onore. Eppure, ricordava bene che quel giorno, lui
non le aveva fatto lo stesso effetto, non aveva sentito i brividi percorrerle
velocemente la schiena. Perle di sudore si formarono sulle tempie incorniciate
da una bandana bianca, dello stesso colore niveo del succinto bikini che
indossava. Lui schiuse la mano liberando le agili e lunghe dita. Sollevò il
braccio fino a che la sua mano non si posò sulla guancia rosea e vellutata.
Kirsten si sentiva spogliata da quello sguardo tanto sensuale quanto invadente,
lo sentiva dentro di se, infiammare i suoi sensi e far crescere una passione che
non aveva mai avvertito prima di allora. Con un gesto felino, si avvicinò al
suo volto e posò arditamente le sue labbra su quelle di Kirsten. Un bacio lungo
e passionale, istintivo e quasi sillabato sulle labbra, alla fine del quale
Kirsten provò un immenso piacere nel trovarsi stretta in quella morsa tanto
assurda quanto piacevole. Il cuore le batteva all’impazzata spinto da un moto
di innaturale emozione. Gli occhi ancora serrati e alla ricerca di un’immagine
inconsueta. Le sue braccia possenti avvinghiate al suo esile corpo. Sbatté le
palpebre nel disperato tentativo di riaversi da quello stato. La guardò ancora
e con un gesto quasi brutale la spinse sul lettino prendisole facendola cadere
sulla sabbia.
Un sogno. Era stato soltanto un bellissimo sogno nel quale
aveva vissuto l’incontro audace e seducente. Si drizzò a sedere tra le lenzuola
profumate della camera d’albergo. Voltò il capo verso la grande finestra che si
affacciava sul deserto. Era ancora buio, forse le tre del mattino. La fronte
era madida di sudore. Scese dal letto e si avvicinò al grande armadio con le
ante a specchio. Nell’oscurità della notte, vide nello specchio i riflessi
della sua nudità, il corpo tonico e asciutto di una venticinquenne che da più
di dieci anni si divertiva a giocare con i sentimenti degli uomini.
Si passò le dita sulle labbra cercando di assaporare il
calore del bacio sognato. Sorrise e tornò a letto passandosi una mano tra i
riccioli fulvi col pensiero all’uomo che aveva sognato e desiderato.
- E così, hai lasciato il segno nella mia mente…e chissà,
forse anche nel mio cuore! – esclamò poggiando il capo sul guanciale. – Allora,
sarai mio: Benjamin Price! – concluse prima di chiudere gli occhi e rimettersi
a dormire cullata dal suo dolce nome.
Tom sfogliava distrattamente una
rivista inglese nella hall dell’albergo cercando di distrarre la sua mente
dagli ultimi eventi. Era tutto inutile: i suoi pensieri erano rivolti a Patty.
Continuava a vedere dinanzi agli occhi l’immagine che la ritraeva sulla rivista
che gli aveva mostrato Holly. E poi l’incontro casuale mentre tornavano alle
loro stanze. Era stata come un’apparizione, bellissima e sensuale vestita di un
semplice bikini ed un elegante pareo, elegantemente ingioiellata come una
ragazza dell’alta società. Aveva provato quel brivido che l’aveva percorso già
anni prima, quando lei era ancora innamoratissima di Holly.
Si chiese, senza trovare alcuna
spiegazione, come fosse riuscita a smettere di amare Holly, lei che per il
giovane talento del calcio nipponico avrebbe anche dato la vita. Le porte a
vetro della hall si aprirono e la vide entrare. Sembrava agitata, forse
sconvolta, sicuramente provata da qualcosa che le era accaduto. Non era la
stessa ragazza che si era congedata qualche ora prima lamentando un’emicrania.
-Patty! – esclamò richiamandola. Si alzò in segno di educazione
e la richiamò a se con un gesto mostrandole la tessera magnetica che avrebbe
aperto la serratura della sua camera.
Man mano che si avvicinava,
cercava di disegnare quei lineamenti gentili e oramai di donna. Aveva gli occhi
gonfi, testimoni di lacrime e di sofferenza. L’espressione malinconica non
tradiva un dolore recente. Aveva un nodo in gola che pareva volergli serrare le
parole. Respirò intensamente cercando di riacquistare il suo proverbiale
autocontrollo.
-Tutto bene? – le chiese dolcemente indicandole la poltrona
accanto al divano su cui era seduto lui.
-Ehm…certo. Perché hai tu la tessera della mia camera? Dov’è
Robert? E’ forse successo qualcosa? – domandò turbata.
-No, non preoccuparti. Calmati…e siediti, così ne parliamo. –
la invitò nuovamente. Esausta e priva di ogni forza, si lasciò cadere sulla
poltrona chiudendo gli occhi per cancellare le ultime lacrime.
-Cos’è successo? – le chiese incitandola ad aprirsi.
-Tom…io non ho voglia di parlarne. E’ tardi ed è meglio andare
a riposare, domani sarà una lunga giornata. Dov’è Robert? – gli chiese non
guardandolo negli occhi. Non voleva scoprire le sue carte.
-E’ ubriaco. Quando abbiamo cercato di riportarlo in camera ho
scoperto che tu non c’eri. Per guadagnare tempo, Benji l’ha portato in piscina.
Adesso sono lì, in attesa che io gli dica che possono salire. – rispose
guardandola dolcemente.
-Perché? –
-Cosa perché? –
-Potevate anche portarlo su in camera! – rispose amareggiata
guardando il soffitto che saliva sempre più terminando nella punta della
piramide.
-Scherzi? Se scopriva che non c’eri chissà quale storia
montava! –
-E che importanza vuoi che abbia? Avrebbe solo fatto una delle
sue solite scenate di gelosia tipiche di Robert dopo una sbronza. -. Tom
ascoltava attonito quelle parole dette senza sentimento, quasi meccanicamente.
Tacquero entrambi e Tom comprese che quel silenzio valeva mille parole e mille
lacrime.
-Ascolta Patty…io non so cosa sia accaduto di preciso tra te e
Holly quattro anni fa e se stasera avete avuto modo di parlare. L’unica cosa
che so é che vedo soffrire due dei miei migliori amici e mi sento impotente
perché non posso far nulla per aiutarli. Di voi avevo il ricordo di una coppia
inseparabile, indelebile che sarebbe solo cresciuta nel tempo e, devo ammettere
che c’è stato un tempo che ho invidiato la vostra intesa e il vostro rapporto.
Dopo il tuo viaggio in Brasile sono cambiate molte cose e non nego che questa
storia del matrimonio con Robert Garland mi ha davvero sorpreso. Tu che sposi
un altro che non sia Oliver Hutton. Riconosco che in passato lui si sia
nascosto dietro un comportamento disinteressato per proteggere i suoi
sentimenti, ma…a me sembra che sia davvero innamorato di te e…forse dovresti
dargli un’altra possibilità. –. La ragazza ascoltò distratta quelle parole non
distogliendo il pensiero dalle sensuali carezze che le avevano sfiorato la
pelle, da quel dolce calore che le aveva pervaso il corpo.
-E chi ti dice che io lo ami ancora? O che lui non stia semplicemente
mentendo? Chi mi assicura che non voglia mettermi in bacheca come un altro dei
suoi preziosi trofei? – gli chiese svogliatamente con voce tremante.
-Patty! Ma cosa stai dicendo? Un trofeo? Non penso sia giusto
che tu parli così di Holly. Non ti ha mai considerata un oggetto, e questo lo
so per certo. Lui ha stima delle persone e non le tratterebbe mai solo ed
unicamente come fossero dei trofei da conquistare. Queste cose non devo
spiegartele, perché sono certo che ne sei consapevole. Come sai benissimo in
fondo al tuo cuore, che i suoi sentimenti per te sono sinceri.
Patty, c’è
stato un tempo che ti ho amata più di un’amica, desideravo starti vicino mentre
il mio migliore amico ti faceva soffrire. Ti ho amata in silenzio sapendo che
prima o poi voi due vi sareste ricongiunti. Era scritto nel vostro destino.
Robert Garland non potrà mai prendere il suo posto, e tu lo sai bene! –
-Il tuo caro amico Holly ti ha istruito bene sul cosa dirmi per
persuadermi! –
-Non dire sciocchezze! – ribatté infastidito da
quell’atteggiamento di noncuranza e indifferenza. – Sono sempre stato un
ragazzo coerente, soprattutto quando si parla di sentimenti. Sono stato il
primo ad aggredire Holly per averti lasciata dopo la tua visita in Brasile, e
ascoltando le sue motivazioni sono portato a pensare che il suo sia stato un
gesto d’amore nei tuoi confronti. Se non ti avesse lasciata andare
probabilmente adesso saresti solo la fidanzata di un celebre calciatore non una
famosa top model. – ribatté infervorato.
-Stupidaggini. Sedotta e abbandonata. Ecco cosa è successo. Una
meravigliosa vacanza terminata con un addio. –
-Sarebbe cambiato qualcosa se lui ti avesse proposto di
scegliere se restargli a fianco o se tornare in Giappone per cercare la tua
strada? – le chiese in maniera tanto diretta quanto cruenta. Tom era
consapevole che in fondo al suo cuore, se Holly glielo avesse chiesto, Patty
quattro anni prima avrebbe rinunciato alla sua vita pur di stargli accanto. Si
voltò verso l’amico di scatto con gli occhi infiammati dalle lacrime e dalla
rabbia.
-Nessuno può sapere quanto io abbia sofferto, Tom, quanto
ancora soffra per quelle ferite che non si sono mai cicatrizzate. Quando ho
avuto bisogno di lui, non c’era. Si trovava dall’altro capo del mondo a
rincorrere un pallone a scacchi cercando di realizzare il suo sogno. E’ vero,
lasciandomi andare mi ha dato l’opportunità di cambiare, di pensare a me
stessa, ma ha tolto ad entrambi la possibilità di continuare ad amarci, di far
crescere dentro di noi un sentimento che era appena sbocciato. Sono rimasta a
Londra perché non ce la facevo a stare a Fujisawa, tutto mi ricordava la nostra
adolescenza, l’amicizia e il tempo trascorso con lui, l’amore appena apparso
nelle nostre vite, la sua partenza. Non c’era angolo o persona a Fujisawa che
non mi ricordasse Holly. Non potevo ricominciare senza di lui proprio nel luogo
in cui ci eravamo conosciuti e frequentati. Trasferirmi a Londra mi avrebbe
dato modo di rifarmi una vita, di ricominciare lontana dal dolore apparente
Tom, perché il dolore vero, quello me lo sono portata qui dentro, racchiuso nel
mio cuore, nell’eco della mia mente. Non c’è stata notte che non abbia pensato
a lui o che non abbia versato lacrime. Guardavo di sfuggita i giornali sportivi
e vedevo spesso il suo nome. Parlavano dei suoi successi. Ed io spontaneamente
sorridevo perché in fondo era quello che volevo anche io, desideravo con tutto
il mio cuore che Holly realizzasse il suo sogno. Mi iscrissi all’università di
lingue straniere dove conobbi nuove persone, dove qualcuno mi notò e ha fatto
di me una top model. Io, la piccola insignificante Anego, la poco femminile
Patricia Gatsby trasformata in una top model alla ribalta internazionale. Da
non crederci. E Holly dov’era in tutto questo? Nei miei occhi Tom. La sua immagine
sognante e serena era sempre presente nei miei occhi, nel mio cuore. Quando ho
iniziato a frequentare l’università ho pensato che sarei potuta divenire una
giornalista sportiva. In fondo sarebbe stato un modo come un altro per rimanere
vicina al mondo dello sport e forse anche un modo per rincontrare Holly.
Nonostante mi ripromettessi giorno per giorno di dimenticarlo, di farmene una
ragione, non ci riuscivo. – gli raccontò mentre le lacrime oramai inesorabili
le solcavano le gote.
-Mi dispiace Patty, ma insisto nel dire che nessuno di noi ti
avrebbe mai voluta veder soffrire, tanto più Holly che ti amava e che ti ama
ancora. –
-Per cercare di non pensarlo mi sono buttata a capofitto nello
studio e nel lavoro. La mattina frequentavo i corsi all’università e il
pomeriggio mi recavo agli studi fotografici. Tra una posa e l’altra studiavo
per gli esami. Ho dovuto superare prove alle quali non ero preparata e non
avevo il conforto di nessuno, alcuna voce amica accanto a me. Mi proposero di
fare delle foto di nudo. Rifiutai e mi ritrovai con le luride mani di un
fotografo sulle mie braccia. Cercava di trattenermi e di obbligarmi a fare
quello che non volevo. Riuscii a scappare, ma ero spaventata, e lo sono ancora.
Mi resi conto allora di quanto ero sola, non avevo nessuno che si prendesse
cura di me. Chi c’era con me Tom? Nessuno! Abbandonai per un po’ i set
fotografici preoccupandomi solo di studiare, per cercare di allontanare la
mente da quel tentativo di violenza. Non volevo che qualcuno pensasse che ero
solo una bella statuina senza un briciolo di cervello. E a fine anno otterrò la
mia laurea Tom, una mia vittoria personale. –
-Non trovo le parole per poterti dire quanto mi dispiace per
quello che hai subito. Inutile dirti che ognuno di noi avrebbe voluto essere al
tuo fianco per rassicurarti, rasserenarti, esserti d’aiuto o magari solo per un
semplice consiglio. E’ successo e ancora una volta devi ringraziare la tua
forza d’animo se sei riuscita a venirne fuori.
Patty, nessuno
può e deve pensare che tu sia una bella e sciocca statuina. Sei sempre stata
un’allieva modello e una lavoratrice indefessa. Noi lo sappiamo. Sei ammirevole
Patty perché da sola sei riuscita a realizzare qualcosa senza avere vicina a te
gli affetti più cari, ma soprattutto con una grande pena nel cuore. Tuttavia,
se mi consenti di dirlo Patty, sono sempre più certo che i tuoi sentimenti per
Holly non siano mutati. Dal tuo racconto, ho avuto l’impressione che tu abbia
realizzato tutto questo per dimostrargli che hai saputo cavartela anche senza
di lui. E sei stata bravissima Patty, come sempre. Ma non è giusto che
continuiate ad inseguire il vostro sogno d’amore per stupidi rancori. -. Patty
abbassò lo sguardo asciugandosi le lacrime con la mano.
-Adesso c’è Robert ed io devo sposarlo. – sibilò affranta. Tom
tacque esterrefatto dalle parole pronunziate da Patty.
-Se non lo ami non “devi” sposarlo. – la tranquillizzò cercando
di comprendere dove volesse arrivare sicuro che in quella frase avesse celato
il suo sentimento per Holly.
-Tu non capisci. Non è così facile. Robert ha organizzato
tutto. Domani ci sposeremo sulla spiaggia. Una cerimonia molto intima. –
-Un matrimonio un po’ troppo affrettato. Perché Patty? Perché
sposi una persona che non amerai mai? Una persona che non sarà mai quella che
ami veramente?-. La ragazza si alzò e afferrò dalle mani di Tom la tessera
magnetica della sua camera. Gli sorrise dolcemente e gli diede le spalle.
-Non andar via, Patty, dimmelo. Non è giusto che accada tutto
questo! Non puoi sposarti solo per vendicarti di lui, non puoi! – rimbeccò
afferrandola per un polso.
-Mi dispiace Tom. Io devo. -. Tom le abbrancò le braccia e la
scosse nel disperato tentativo di farla rinsavire.
-Non capisco Patty, non capisco. Se non vuoi stare con Holly
allora con qualcun altro ma non senza amore. – le disse sconfortato.
-Tom…io…aspetto un bambino! –. Quella frase continuava a
martellargli in testa indelebilmente, sembrava non voler andar via, persistere
tra i mille pensieri che sembravano rincorrersi. L’immagine straziante della
sua cara amica Patty riecheggiava nel cuore in maniera bruciante, come il
fendente di una spada.
Steso sul letto, le braccia sotto
il capo, gli occhi incollati al soffitto. La verità che le aveva confessato
circa un’ora prima l’aveva sconvolto a tal punto da fargli perdere
completamente sonno. Inerme dinanzi a quella verità, l’aveva abbracciata e
senza fiatare l’aveva accompagnata in camera.
-Non temere Patty, aggiusteremo ogni cosa! – le aveva detto
illuminando la grande suite nella quale alloggiava con Robert Garland.
Lei, a capo chino, non aveva
pronunziato altro. Era provata da quello che era successo nelle ultime ore. La
piccola Patty che aspettava un bambino da Robert Garland.
Tom l’aveva fatta sedere sul
letto e si era inginocchiato dinanzi a lei prendendole le mani tra le sue.
-Patty…io..quello che mi hai detto poco fa mi ha a dir poco
sorpreso, sconvolto forse è il termine esatto. Beh, sicuramente era una cosa
che non mi aspettavo. Nelle ultime ore le notizie straordinarie fiottano. Tu
che ti sposi, Holly stravolto per amore, tu che attendi un bambino, io che non
so come dirlo al mio migliore amico…e non so sinceramente cos’altro potrebbe
accadere. – le aveva detto con calma e con un sorriso dolcissimo. – Patty, io,
non so esattamente cosa dirti, come consolarti, perché ti vedo così turbata che
non so più cosa pensare, ho bisogno che sia tu a parlare per capire come
aiutarti. -. Aveva taciuto ancora non distogliendo lo sguardo dall’amico. Gli
occhi arrossati e gonfi che continuavano a versare lacrime.
-Robert lo sa del bambino? -. Aveva annuito col capo e Tom non
aveva compreso il motivo di quella disperazione. Istintivamente l’aveva
abbracciata ancora per farle sentire tutto il suo appoggio. – E’ per questo che
vi sposate? -. Aveva annuito ancora. – Patty, se Robert sa del bambino e vi
sposate, perché sei così triste e sconfortata? – le aveva chiese intuendo la
possibile risposta che il suo cuore gli aveva suggerito.
-Io…Tom…io ho fatto a Robert una cosa tremenda, che non avrei
dovuto fare. –
-Cosa puoi aver fatto tu di tanto grave? – aveva ribattuto
prendendole il viso tra le mani.
-L’ho ….tradito! -. Tom aveva sgranato gli occhi incredulo. La
vicenda si era complicata ancora di più. Possibile che la timida adolescente
che aveva vissuto l’adolescenza nell’innamoramento del capitano della squadra
di calcio fosse divenuta improvvisamente una donna tanto matura da commettere
gesti tanto leggeri?
-Che hai detto? – le aveva chiesto temendo di non aver udito
bene.
-Io…ho tradito Robert. Non doveva succedere ma è successo! –
aveva risposto alzandosi e avvicinandosi alla grande finestra che si affacciava
sul mare. – Dovevo solo parlargli, dirgli come stavano le cose. Aveva ragione,
aveva diritto ad una spiegazione. Ero arrabbiata, furiosa…e invece ci siamo lasciati
andare, la passione ci ha travolti. E non è giusto soprattutto nei suoi
confronti. Non meritava questo. –
-Holly! –. Patty aveva assentito chinando il capo. Lei aveva
tradito Robert, il suo futuro sposo con Holly, il grande amore della sua vita.
Tom si sedette sul letto con le braccia appoggiate sulle gambe e il capo tra le
mani.
-Dov’è
Holly ora? –
-Non so. L’ho incolpato di quello che é successo. Mi ha
lasciata andare dicendo che se quello che volevo era sposare Robert, allora ero
libera di andare, se questo poteva rendermi felice… io …devo sposarlo. –
-Perché l’hai fatto Patty? Se volevi tradire Robert, perché non
l’hai fatto con qualcun altro ma proprio con lui? -. Il silenzio era calato
gelido e pesante nella stanza.
-Perché? Perché? Cosa vuoi che ne sappia Tom! Forse perché era
una cosa che non doveva succedere, fuori dal mio controllo, dal mio pensiero! –
aveva urlato in preda al panico e all’angoscia. - Maledizione, perché lo amo
Tom! E’ questo l’unico motivo. E se proprio doveva succedere con qualcuno, è
giusto che sia successo con lui. Non ho mai smesso di amarlo e incontrarlo dopo
quattro anni ha solo alimentato il sentimento che provavo per lui, che non ho
mai rinnegato ma soltanto accantonato in fondo al mio cuore. E’ inutile che mi
nasconda dietro falsi rancori o finte remore, me ne rendo conto da sola. Ha
ragione Holly. Gli ho mentito perché io non amo Robert: sono innamorata ancora
di lui. Non nutro per Rob lo stesso sentimento che sento per lui. E so per
certo che l’amore che Robert prova per me è solo la minima parte della passione
che mi legaa Holly. –
-Allora dov’è il problema? Lascia Robert e continua ad amare
Holly! Vi state rincorrendo inutilmente facendovi solo del male. –
-E il bambino? Cosa dovrei fare, Tom? Abortire? Uccidere una povera
creatura solo perché ho scoperto di non amare il padre legittimo? Se non avessi
incontrato Holly tutto questo non sarebbe mai successo! – aveva esclamato in un
attimo di rabbia e sconforto.
-Non dire sciocchezze. – le aveva detto in tono di ammonimento.
- Prima o poi te ne saresti accorta, esattamente come eri ben cosciente di non
aver mai smesso di amarlo. Ho l’impressione che tu voglia trovare una scusa,
incolpare qualcuno per quello che è successo tra te e Robert. E Holly è la
persona che senti di accusare maggiormente perché se lui non ti avesse
lasciata, tutto questo non sarebbe mai accaduto. – le aveva risposto
sinceramente e in maniera del tutto diretta. - Senti Patty, facciamo una cosa:
adesso fatti una bella doccia e mettiti a dormire. A mente fresca cercheremo
una soluzione. Adesso devo andare a recuperare Robert. Benji lo sta
sorvegliando sul bordo della piscina. Sarebbe meglio non destare troppi
sospetti. Dobbiamo trovare anche il modo di dirlo a Holly, penso che sia giusto
che lui sappia tutto questo. Non devi lasciare che creda che non lo ami o che
addirittura lo odi. Non sarebbe onesto nei tuoi e nei suoi confronti. Deve
sapere che se sposerai Robert, sarà unicamente per il bambino. -.
L’aveva lasciata così, cercando
di chiarirle con calma quelle cose che lei evidentemente non voleva vedere in
ragione di un risentimento non ancora del tutto represso.
Ripensando a quello che si erano
detti nella camera di Patty, Tom si rese conto che non c’erano molte
alternative a quel matrimonio. In fondo, Robert Garland si stava assumendo le
sue responsabilità riconoscendo la paternità del bambino e convolando a nozze
con la futura mamma. A Benji non aveva ancora detto nulla, solo che l’indomani
avrebbero dovuto parlare a lungo.
Avevano messo Robert sul letto,
quando Patty già era sotto le lenzuola, e si erano congedati. Era stata una
notte lunga e intensa che prospettava un nuovo giorno alquanto difficile.
-Dannazione…che guaio! Come posso risolvere questo problema? -.
Ripensando e rimuginando su quello che avrebbe potuto fare per far riconciliare
gli amici e allontanare con eleganza e classe il tennista inglese Robert
Garland, Tom si addormentò.
Seduto sulla poltrona di vimini
sul balcone della sua stanza, Holly continuava a rimirare la luna che splendeva
alta sul deserto. Il cielo era talmente scuro che lontane dalla luna si
potevano scorgere piccole stelle e sembrava quasi inverosimile che entro poco
il sole sarebbe sorto tingendo la volta di tenui colori.
La vista ancora annebbiata dalle
lacrime, il torso nudo sul quale sentiva indelebili le carezze dell’unica donna
che aveva mai amato. Abbassò le palpebre ripensando a quei momenti di
perdizione, di pura passione che li aveva fatti ardere in un’unica fiamma.
Strinse i pugni soffocando in gola un grido di dolore che mai avrebbe
immaginato di poter provare. Lui, giovane stella del calcio, prossimo al grande
traguardo del Pallone d’oro, che piangeva per una donna, non per una qualsiasi,
ma per la sua Patty.
La vide nei suoi occhi come
un’adolescente vestita di una tuta ginnica, semplice e dolce, timida e
malinconica. Una ragazza che aveva scoperto di amare quando si era allontanato
da lei, un amore fatto di lettere, parole recitate sul filo di un telefono, un
viaggio che l’aveva condotta in Sud America alla ricerca di un sentimento
troppo forte per essere così distante. Cosa le aveva dato lui? Sogni e speranze
che non avevano potuto realizzare insieme. Aveva ragione quando lo incolpava
della situazione attuale. In fondo al suo cuore, Holly era conscio di non aver
fatto nulla per poter cambiare il corso degli eventi. Da ragazzo innamorato,
avrebbe dovuto prendere il primo volo per il Giappone e seguirla, gridarle di
non uscire dalla sua vita, confortarla dicendole che il loro amore avrebbe
sicuramente superato le difficoltà della distanza. E invece, era rimasto in
Brasile, telefonate alle quali lei si era negata, fino a che non si era arreso
comprendendo che probabilmente Patty aveva deciso di vivere la sua vita senza
di lui.
Adesso c’era lui nella sua vita.
Robert Garland. Se si erano scambiati il loro amore sulla spiaggia, quella
notte, non era stato per un semplice atto di pura passione, non erano stati
solo spinti da un desiderio irrefrenabile, ma si era trattato di un atto puro
scaturito dal profondo dei loro cuori, lontano dalla razionalità e dalla
consuetudine.
Poi, come un fantasma, era
riapparso lui tra di loro. L’aveva vista turbata, impaurita, angosciata.
Attribuiva quel suo stato d’animo all’atto del tradimento. Ma nei suoi occhi,
in quelle iridi nocciola, aveva letto altro. C’era qualcosa che lei non gli
aveva confessato, qualcosa che la sconvolgeva e che sembrava spingerla quasi
forzatamente al matrimonio con Robert Garland.
Doveva andar via. Non poteva
restare in quel resort dove alloggiava anche lei con il suo futuro sposo. Era
stato tutto un errore. Forse aveva avuto ragione Patty nel proferire quelle
parole.
Se la sua mente cercava
inesorabile di cacciare il pensiero di essere stato solo un manichino nelle sue
mani, il suo cuore continuava a urlargli di non mollare, di sperare ancora in
quell’amore tanto agognato.
Si alzò passandosi le mani sul volto per cacciar via lo
sfinimento e il languore di quella notte. Rientrò lasciando la vetrata
spalancata. Accese il lume e sedette alla scrivania. Afferrò la carta da
lettera e una penna e cominciò a scrivere
“ Non so perché
sono seduto a questa scrivania…a scriverti qualcosa…Lo so cosa pensi: ritieni
che non dovrei amarti ancora, mai più, che dovrei smettere di pensarti. Non so
neppure io cosa stia facendo, perché lo sto facendo. Non pensavo potesse
capitare proprio a me.
Giuro che non sto cercando di renderti la vita difficile o di ritornare al
punto di partenza, a quel dì in cui le nostre vite si sono unite o ai tempi in
cui ridevamo felici sotto il nostro albero. Te lo ricordi Patty? Quell’angolo
di intimità che era solo nostro, inconsapevolmente nascosto dietro le nostre
emozioni, la nostra timidezza. Perché sono ancora qui? Perché ti sto scrivendo?
Semplicemente, sono innamorato e…penso che lo sarò per sempre..
Lo so che ho lasciato troppa confusione e distruzione per poter tornare
indietro, che ti ho lasciata andar via senza parlarti, senza spiegarti, senza
avere il coraggio di dirti quanto ti amavo e che le mie scelte erano dettate
solo dal profondo sentimento che provavo per te. Sono cosciente di averti
causato solo problemi, di aver infranto i tuoi sogni, quell’attimo d’amore
tanto cercato quanto esasperato.
Lo comprendo se non vuoi più parlarmi o vedermi, se hai deciso che è tutto
finito, sono sicuro che c'è una ragione e che anche se non c’é…devo darti la
possibilità di uscire dalla mia vita.
So bene che quando ci
incontreremo ancora, e sono sicuro che prima o poi succederà, tutto quello che
c’è stato tra noi ci sarà di nuovo, proprio come è accaduto poche ore fa,
sentimenti ed emozioni esasperati da un amore difficile, indefinito e infinito
che echeggeranno di nuovo nei nostri cuori, nelle nostre menti..
Ci sarà ancora amore mio, ci saranno ancora questi attimi, queste emozioni, non
puoi impedirmi di amarti, di sognare di te. Se ti incontrerò, lascerò che
questi istanti passino, non parlerò, lascerò che la tua mente creda che la mia
vita sia andata avanti senza di te, lascerò che tu creda a quello che il tuo
cuore non vuole dirti.
Il sole se ne è andato bruciando
l’orizzonte e la notte è scesa ancora con tutte le sue domande. E ancora
accadrà, la luna splenderà eterea nel buio illuminando il ricordo di una
passione travolgente, di un amore drammatico. Chiudo gli occhi e sogno di te,
sempre. Come fai ad essere qui dentro di me, dentro l’aria che mi sfiora, sento
il tuo profumo. Sogno di te, giorno e notte, anche solo per un attimo
lunghissimo. Sognerò ancora il tuo ultimo bacio sulle mie labbra, il calore
delle tue carezze sul mio corpo. Ti amerò ancora, come quella volta, come
questa notte, come è stato e come sarà sempre.
Ti amo
Tuo Holly “
Terminata la lettera, piegò il
foglio in più parti, lo imbustò e lo lasciò vicino alla chiave della stanza.
Guardò ancora una volta quella busta chiusa,
Si alzò e aprì le ante
dell’armadio prendendo il borsone da viaggio che in pochi istanti fu riempito
di quasi tutti i suoi effetti personali. L’indomani mattina avrebbe contattato
il tour operator e avrebbe chiesto loro di poter anticipare la partenza in
giornata stessa. Doveva lasciare Hurghadae soprattutto doveva allontanarsi da Patty.
Stremato dai pensieri e affranto
dal dolore, si buttò a peso morto sul letto addormentandosi quasi subito.
-Driiinnnnnnn! -. Il telefono cellulare continuava a
squillare inesorabilmente e impietosamente da almeno un quarto d’ora. Muovendo
un braccio da sotto il cuscino, afferrò il piccolo telefono e pigiò sul tasto
verde che avviava la conversazione.
-Bonjour Tom! Come stai? -. La voce
dolce e decisamente francese di Gabrielle, destò Tom da un sonno fin troppo
convulso. Drizzò a sedere realizzando a chi apparteneva quella voce dolce e
particolare.
-Gabrielle, ciao. Ehm…bene, e tu? – le chiese passandosi una
mano tra i capelli scompigliati. Come aveva fatto a dimenticarsene? Lei stava
andando ad Hurghada, lo stava raggiungendo e probabilmente era già in
aeroporto. Con la mano libera afferrò l’orologio e guardò l’orario. Erano quasi
le dieci e venti. L’aereo era sicuramente arrivato e lei, la sua fidanzata, era
sola in un aeroporto egiziano.
-Sei già arrivata? – le chiese cercando mentalmente una scusa.
-Sì Tom, l’aereo è arrivato con mezz’ora d’anticipo causa
vento. –
-Scusami tesoro. Io sono ancora qui in albergo. Prendo un taxi
e ti raggiungo in aeroporto. –
-Ma no, non preoccuparti. Prendo un taxi e mi faccio portare al
resort non appena riesco a recuperare le valigie. –
-Ne sei sicura? –
-Ma certo mon amour! A dopo allora. – le disse divertita
riagganciando. Tom spense il cellulare e cadde a peso morto sul letto rimirando
il soffitto. Le tende erano chiuse ma da qualche spiraglio, facevano capolino i
raggi del sole. Sarebbe stata un’altra giornata molto calda, ne era sicuro.
Avrebbe dovuto sentire nuovamente le lamentele di Benji per il troppo caldo,
doveva assolutamente far parlare Holly e Patty e cercare di farli chiarire in
maniera civile, doveva tenere lontano Robert Garland e soprattutto doveva
pensare a Gabrielle. Sorrise pensando alla sua fidanzata francese. Erano
coetanei. Lei era l’assistente del medico sociale del Paris Saint Germain e
frequentava la squadra a causa delle visite mediche e delle fisioterapie ai
giocatori. Studentessa in medicina, prestava tirocinio presso la loro società
allo scopo di prendere la specializzazione in medicina sportiva. Una relazione
che durava da oramai un anno e di cui il giorno prima si era completamente
dimenticato preso com’era stato dagli affari di cuore dei suoi migliori amici.
Sorrise ricordando al giorno in cui si erano conosciuti. Lei ferma sotto la pensillina
di una metropolitana in attesa che spiovesse. Lui che correva sotto la
pioggiacon il pallone al piede. Gli
era rimasto subito impresso quel suo sguardo arguto, le lentiggini chiare
sparse sul nasino all’in su, i capelli corti biondissimi e quei grandi occhi
blu che gli ricordavano il mare. Nel guardarla era scivolato e lei gli era
andata incontro per soccorrerlo, ignara della pioggia. Qualche giorno dopo, il
dottor Grandier la presentò ai ragazzi come sua assistente, con grande
meraviglia di Tom. Erano entrati subito in sintonia e la scintilla era scattata
dopo poco. Stava bene con Gabrielle, con lei si sentiva al sicuro e appagato.
Si alzò velocemente e si diresse sotto la doccia. La sua giornata avrebbe avuto
almeno una nota positiva.
-Questo aeroporto puzza e io devo assolutamente accendermi una
sigaretta. –
-Frena l’entusiasmo, Cassie. Qui non puoi fumare, vedi il
cartello. Tra un po’ saremo al resort e ci godremo la nostra vacanza. –
-Speriamo bene, Bill perché non ho intenzione di star dietro a
quella ingenuotta per tutta la settimana. – disse sarcastica passandosi un velo
di rossetto sulle labbra.
-Sai cosa dobbiamo fare. Una volta che si saranno sposati, ci
potremo godere la nostra meritata vacanza. Ma come fai a truccarti con tutto
questo caldo. Sembra che tu abbia una maschera in faccia. –
-Sei proprio un cafone Bill. Non riconosceresti una bella donna
neanche ad un passo da te. Ed io ne sono l’evidenza. –
-Faccio strage di cuori io, tesoro. – ironizzò lisciandosi il
pizzetto ingrigito dall’età.
-Devo ammetterlo: certo, sei un bell’uomo e sono sicuro che con
il tuo lavoro di manager edavendo
girato il mondo insieme a Robert, ne avrai combinate delle belle…
-Sì, ma tutte ragazzine in cerca di successo…qualcuna che
vaneggiava per Robert, altre pronte a concedersi per un invito ad un party
mondano! Effettivamente è da un pò che non provo emozioni forti. E tu? – le
disse seguendola verso il nastro per il recupero dei bagagli.
-Non sono domande che si fanno ad una signora, tanto meno poi
ad una libera professionista nel fiore della sua carriera. –
-Tu non sei una donna come le altre! – esclamò sfiorandole con
una mano la folta chioma bionda. – Tu sei seducente ed ammiccante. E non ti
nascondo che mi piacerebbe continuare questa conversazione in un luogo più
appartato. – continuò accarezzandole una guancia con il dorso della mano e
scendendo sensualmente lungo il decolleté. Cassandra Hobbins era una ginecologa
del Saint Paul Hospital di Londra. Intima amica di Robert, era stata proprio
lei ad accorgersi della gravidanza di Patty, quando, dopo uno svenimento, il
tennista l’aveva condotta in ospedale e l’aveva affidata alle sue cure. Dalle
curve sinuose e la chioma bionda, Cassie, così si faceva chiamare dagli amici
più intimi, stava raggiungendo Robert a Hughada per presenziare alle sue nozze.
E nel suo viaggio, era stata accompagnata da Bill Socket, il manager di Robert
Garland.
-Già ti immagino con un attillato camice bianco con le tue
curve esplosive in bella mostra. – le sussurrò Bill all’orecchio.
-Ti ecciterà ancor di più sapere che non faccio largo uso di lingerie.
-. Bill sorrise e la trascinò via alla ricerca di un taxi che li avrebbe
condotti in un resort.
-Questo cercherò di scoprirlo più tardi. Adesso andiamo al
resort o quei due non potranno sposarsi. –
-Bella idea quella di sposarsi sulla spiaggia. – esclamò lei
inforcando gli occhiali da sole.
-Già, come no. Sotto il sole cocente dell’Egitto. Poteva almeno
organizzare il tutto in un luogo più fresco dove non si suda anche all’ombra. –
rimbeccò Bill asciugandosi il sudore dalla fronte madida.
-Ne godrà la mia tintarella integrale. -. Bill la guardò mentre
si specchiava e si aggiustava i capelli. Fingendo di non aver udito
quell’ultimo vezzo della sua vanità, entrò in macchina e comunicò all’autista
il nome del resort dove avrebbe dovuto accompagnarli.
Tom continuava a bussare dietro
la porta di Benji nella speranza che prima o poi avrebbe udito quello strano
rumore. Finalmente, dopo tanto bussare, il portiere della nazionale nipponica
si decise ad aprire.
-Ma posso sapere cosa diavolo succede. Tom, ma sei impazzito!
Non sono nemmeno le undici e tu mi svegli così. –
-Dai muoviti. – gli disse entrando e aprendo le ante
dell’armadio per cercargli degli abiti puliti.
-Ehy, ma ti ha dato di volta il cervello, amico. –
-Cos’è, tu e Holly siete caduti dal letto e avete deciso di
fare una partita sulla spiaggia. –
-Dai, non perdere tempo. Sta arrivando. –
-Chi? Chi sta arrivando Tom? –
-Gabrielle. –
-Gabrielle? – gli chiese cercando quel nome nella sua memoria.
Si passò una mano tra i capelli scuri e scomposti.
-Quella Gabrielle? La tua fidanzata? – gli chiese.
-Esatto. Quindi devi prepararti in fretta. Sarà qui a momenti.
–
-Ma non doveva essere una vacanza di soli uomini? – gli chiese
sbadigliando.
-Sì, ma quando mi ha chiesto se poteva venire, non me la sono
sentita di dirle di no. Mi sono dimenticato di dirvelo. E poi, anche se fosse
stata una vacanza di soli uomini, non avrei mai messo a repentaglio la mia vita
affettiva con qualche scappatella. –
-Sentitelo il fidanzato perfetto. E va bene, tanto non penso
che potremmo rimandarla indietro. Dov’è Holly? –
-Non lo so. –
-Come non lo sai? –
-Ho bussato anche alla sua stanza, ma non mi ha risposto. Così,
sono venuto qui. –
-Certo, a rompermi i timpani. Dammi il tempo di farmi una
doccia. Prova a telefonargli, magari stava solo dormendo. – gli disse
richiudendosi la porta alle spalle.
-Dai Holly, rispondi al telefono. – pensò Tom componendo
per l’ennesima volta il numero di interno della sua stanza. Nulla da fare. Il
telefono era muto. Chiamò alla reception.
-Ehm…buongiorno, signorina. Sono Tom Becker. Desideravo sapere se il
signor Oliver Hutton ha già lasciato in reception la chiave della sua stanza. –
chiese in tono gentile.
-Mi faccia controllare. Sì, è sceso circa un’ora ed ha lasciato
i bagagli nella zona deposito. Prenderà la navetta che parte a mezzogiorno per
l’aeroporto. –
-Ma…ne è sicura? – le chiese agitato. Holly stava
andando via senza dir nulla a nessuno. Stava scappando da Patty.
-Certamente. Questa mattina abbiamo chiamato l’agenzia viaggio
in aeroporto e mi ha chiesto di cambiare la data di rientro del suo biglietto.
Se non ricordo male, il volo dovrebbe partire per Barcellona alle due di questo
pomeriggio. –
-La ringrazio, signorina, è stata molto gentile. – concluse poi
sbattendo la cornetta sulla forcella.
-Che succede? – gli chiese Benji sopraggiungendo con un
asciugamano avvolto in vita e il torso ancora bagnato.
-Sta andando via! –
-Ma chi? Gabrielle? –
-No, lei sta arrivando! –
-Tom, per favore, posso sapere cosa sta succedendo? –
-Holly prenderà il volo delle due per rientrare in Spagna.
Gabrielle sarà qui a momenti e Patty è incinta! -. Le ultime parole
echeggiarono aspramente nella stanza.
-Cos’hai detto? –
-Che Holly..
-No. Cos’è successo a Patty? – gli chiese avvicinandosi con
tono minaccioso.
-Hai sentito bene. Me lo ha confessato stanotte. Ama alla
follia Holly ma aspetta un figlio da Garland e quindi lo sposerà. –
-Maledizione! – urlò Benji sbattendo un pugno sull’anta
dell’armadio. – E adesso cosa facciamo? – gli domandò sperando che l’amico
avesse una soluzione a tutti quei problemi.
-Sinceramente non lo so. Pensavo di parlarne a Holly. Di dirgli
che Patty lo ama ancora tanto e che si tratta di un matrimonio riparatore…forse
lui avrebbe potuto aiutarci a trovare una soluzione, a tranquillizzarla. Patty
è sconvolta da tutto questo. –
-E perché Holly dovrebbe aiutarla? Hai visto come l’ha trattato
ieri sera? – gli chiese vestendosi in fretta.
-Perché anche lui la ama e per lei farebbe qualsiasi cosa.
Patty ha raggiunto Holly stanotte..ed è successo! –
-Non dirmi che….-. Tom annuì lasciando intendere a Benji cosa
era accaduto quella notte tra Holly e Patty.
-Sì Benji. La passione è stata più forte della ragione ed hanno
ceduto entrambi. Solo che lei poi era sconvolta. Sembra che Holly le abbia
detto che se Robert poteva garantirle serenità e felicità, era giusto che
andasse da lui. –
-Quel deficiente si è tirato indietro anziché lottare per
riavere la sua donna, l’ha mandata diritta nella fossa del leone! – gridò perdendo
la ragione.
-Calmati. Avrà avuto le sue buone ragioni! –
-Ma cosa diavolo stai dicendo Tom. E’ una situazione assurda.
Si amano alla follia, ma chissà per quale strana ragione il nostro migliore
amico ha spinto la donna che ama nelle braccia di un cretino. Devo trovare
Holly e parlarci! Subito. – ribatté alterato afferrando il marsupio nel quale
aveva i suoi effetti personali. Inforcò gli occhiali da sole e precedette Tom
nell’uscire dalla stanza. Tom sospirò comprendendo che quella giornata sarebbe
stata molto più pesante della precedente.
-Buongiorno tesoro! – esclamò Robert rigirandosi nel letto e
scorgendo la figura di Patty vicina alla finestra. Lei ebbe un sussulto, come
se la voce del fidanzato l’avesse riportata alla realtà. Aveva dormito pochissimo,
un sonno agitato preda delle incertezze e dei malumori della notte precedente.
Aveva pensato intensamentea Holly e all’amore che provava per lui. A
quel bambino che si stava formando dentro di lei. A Robert che riconosceva
essere un buon amico ma sicuramente non l’amante che desiderava. A Tom e Benji
che desideravano aiutarlaa risolvere i
suoi problemi. Per quante supposizioni la sua mente riuscisse a fare, le uniche
certezze restavano l’amore nei confronti del suo capitano e la creatura che
portava in grembo.
-Buongiorno Robert. – rispose girandosi verso di lui.
-Vieni qui, che ti coccolo un po’. Devo dirti una cosa
importante. -. Con passo lento, si avvicinò al letto e si sedette accanto a
Robert. Attirò il viso al suo e le sfiorò le labbra.
-Ho una sorpresa per te. Ci sposiamo. –
-Beh…questo lo sapevo!-. Robert scosse il capo sorridente.
-Oggi tesoro. -. Le parole le si fermarono in gola. Non
riusciva più ad emettere un sibilo. Si sarebbe sposata entro poche ore. Lontana
da tutti, dalla sua famiglia ma in particolare, senza avere più scelta. Non lo
aveva ancora detto a Holly, del bambino…e adesso Robert le diceva che si
sarebbero sposati entro poco.
-Ma noi…la mia famiglia, i miei amici, io volevo un matrimonio
normale con abito bianco e tutto il resto…
-Tesoro, avremo un bel matrimonio sulla spiaggia. Quando
rientreremo festeggeremo con le nostre famiglie. Ma io desidero sposarti
adesso, non voglio che ci siano interferenze nel nostro rapporto. – le disse
insinuandole il dubbio della gelosia.
-Ma…cosa stai dicendo? –
-Ieri ho visto come ti guardava quel tuo amico. Sei una bella
donna, ma sei la mia donna e la madre di mio figlio. Ed io desidero sposarti. –
-Sei geloso di Holly? – gli chiese imbarazzata. Possibile che
avesse compreso cos’era successo? Ma se così fosse stato, non l’avrebbe sposata
di fronte a un tradimento!
-Adesso è diventato Holly…il tuo amico Oliver? – le chiese in
tono ironico.
-Robert per favore. Lo conosco da tanto tempo. Siamo cresciuti
insieme. E’ chiaro che ci sia confidenza tra di noi. –
-Okay, cambio discorso. Dunque, ci sposiamo oggi sulla
spiaggia. Ho già previsto tutto. E tua avrai il tuo abito bianco che io ho
scelto appositamente per te. Bill Socket e Cassandra ci stanno raggiungendo.
Saranno qui a momenti. E tu se vuoi, potrai invitare i tuoi amici, così avrai
una parte della tua famiglia qui. E’ una fortuna che anche loro siano ad
Hurghada, non pensi? –. Patty non parlò. La mente sembrava un vortice impazzito
nel quale dubbi e incertezze si rincorrevano senza tregua. La situazione era
drasticamente precipitata. Era tutto pronto per il loro matrimonio. Non avrebbe
più avuto modo di pensare a cosa fare della sua vita. Robert aveva pensato
anche a quello. In fondo, forse, era giusto così. Lui era il padre del bambino
e si stava assumendo le sue responsabilità.
Scese dal letto sconvolta da
quella notizia.
-Non mi sembri molto contenta! – le disse seguendola. Le
lacrime salirono rapidamente agli occhi. La vista era annebbiata. Il cuore in
tumulto, un palpitare d’amore verso qualcuno che stava uscendo per sempre dalla
sua vita.
-E’ che…io…non lo immaginavo così. Sta succedendo tutto così in
fretta. Devo ancora abituarmi all’idea del bambino e adesso…anche il
matrimonio. –
-Patricia…non si tratta di grandi cambiamenti. Potremmo a
vivere insieme nella tua villa a Londra, così non ti sentirai spaesata. In
fondo, tua nonna avrebbe voluto così, altrimenti non te l’avrebbe lasciata in
eredità. E tra poco più di otto mesi la nostra vita sarà allietata dalla
nascita del frutto del nostro amore. – le disse abbracciandola. Patty sospirò
ma non riuscì ad impedire alle lacrime di solcarle le gote. Era disperata,
irrimediabilmente innamorata di Holly. Si sentiva sull’orlo di un baratro.
Attendeva solo che il vento la spingesse in una direzione lasciando che
comprendesse quale fosse la decisione più giusta.
Il taxi si fermò dinanzi un muro
di cinta bianco che si estendeva a destra e manca a perdita d’occhio.
Antistante il cancello c’era una guardiola con due gendarmi muniti di metal e
coral detector pronti a controllare che tutto fosse in ordine. Al di là, un
lungo viale conduceva al parterre del resort sovrastato da una grande piramide
di specchi, vetri e marmi pregiati che includeva la hall, i ristoranti, la
discoteca, il centro congressi, la receptione tutti i servizi di quella struttura grandiosa. Gabrielle pagò il taxi
e scese dinanzi l’entrata. Al suo incedere le porte a vetro si aprirono e ai
suoi occhi si offrì la meravigliosa vista di luci soffuse e brillii che
sembravano far rifulgere di luce propria quella struttura imponente.
Ancora frastornata da tanto
lusso, si avvicinò alla reception seguita dal facchino che le portava i
bagagli.
-Buongiorno, mi chiamo Gabrielle Ducret e sono ospite del
signor Tom Becker. – disse alla sorridente signorina. In attesa che
l’operatrice controllasse la prenotazione ai terminali, Gabrielle continuò a
guardarsi intorno meravigliata dal lusso sfrenato di quel luogo. Dalle
ringhiere in ottone del secondo piano, scendevano fitti lungo le balaustre,
verdi cascate di rami di pothos. Al centro della reception una fontana
gorgheggiava limpida.
-Mi dispiace signorina Ducret, ma non trovo alcuna prenotazione
a suo nome. Forse c’è un errore. Attenda un attimo. Provo a chiamare il signor
Becker. Dovrebbe essere ancora in camera. –
-La ringrazio. – rispose cortese ma dubbiosa. La receptionist
vide Tom sopraggiungere verso di loro senza neppure avere il tempo di chiamare.
-Gabrielle! – esclamò attirando la sua attenzione. Aveva
riconosciuto subito la sua testolina bionda e l’esile ma aggraziato corpo
avvolto in una abitino verde acqua. La francesina si voltò e vide il fidanzato
incedere tranquillo verso di lei. Gabrielle gli corse incontro felice e
sorridente. L’abbracciò come se non l’avesse visto da tanto tempo, per poi dare
spazio ad un passionale bacio. Solo quando fu certo di aver assaporato ogni
singolo istante di quel bacio tanto atteso dal suo cuore, Tom la scostò dalle
sue labbra e le sorrise. La guardò amorevolmente, con un’espressione che lei
ricordava appartenere al cuore innamorato del suo fidanzato. Si immerse nei
profondi occhi blu di lei e l’abbracciò ancora una volta. Il giorno prima aveva
rievocato con i suoi amici, un’infatuazione appartenuta al passato, aveva
vissuto il dolore di un amore profondo ma contrastato da un’imprevista
gravidanza. Sebbene per una giornata intera l’avesse dimenticata, mai il
rivederla era stato così piacevole.
-Benvenuta, piccola mia. – le sussurrò sinceramente. Il sole
aveva colorato le lentiggini che adesso risaltavano nel loro ramato sfumato sul
nasino all’in su. Tom l’afferrò per mano e insieme tornarono alla reception per
sistemare la prenotazione. Gabrielle avrebbe diviso la suite con lui,
esattamente come doveva essere fin dall’inizio. Tom chiese al facchino di
portare le valigie in camera e condusse Gabrielle al ristorante, per fare
colazione.
-Finalmente ti ho trovato! – esclamò bruscamente Benji
fermandolo mentre si accomodava al tavolo con la fidanzata. – Ma come? io sono
alla disperata ricerca di Holly e tu trovi il tempo di sederti a fare colazione
con una sconosciuta? Tra l’altro sta arrivando anche la tua fidanzata! -
-Ehm…Benji, calmati…
-Calmarmi? Porca miseria Tom, la situazione sta degenerando e
ti metti a fare il donnaiolo….
-Benji sta zitto un attimo! – esclamò con tono severo. - Lei è
Gabrielle…la mia fidanzata, appunto! –. La ragazza lo guardò stranita. Lesse
sul volto del portiere un forte imbarazzo e gli sorrise per sdrammatizzare
quella scenetta alquanto comica.
-Non potevi dirmelo prima, cretino! Ti chiedo scusa. Io sono
Benji Price. – le disse in inglese stringendole la mano.
-E’ un piacere Benji. Finalmente conosco uno degli amici di
Tom. Parla sempre di te e di Holly. Ma, non hai il cappellino? – gli chiese
sorridente. Benji guardò Tom con aria interrogativa.
-Ehm…no, anche se può sembrare strano…ogni tanto me ne separo!
-
-Siediti con noi. – gli disse Tom indicando la sedia accanto
alla sua e coprendosi la bocca con una mano per eludere un sorriso di scherno.
-Non mi sembra il momento. Ho visto in piscina e in anfiteatro.
Sembra sparito nel nulla. –
-Prima o poi dovrà tornare in reception per prendere i suoi
bagagli. Possiamo aspettarlo qui. – rispose Tom cercando di calmare le acque e
soprattutto se stesso.
-Guarda un po’ chi sta arrivando! – esclamò indicando con il
capo Robert Garland e Patty.
Mano nella mano si avvicinavano
al ristorante. Lui alto e fiero, incedeva con passo sicuro. Lei sembrava
trascinata da quella presa. Sul volto chino si intravedeva un’espressione
mesta. Tom e Benji sapevano perché la loro amica era triste e quale grande pena
serbava nel cuore.
-Chi si rivede! Salve ragazzi. – esclamò con fare spavaldo.
-Buongiorno Robert. – rispose Benji non distogliendo lo sguardo
dal tennista. - Ciao Patty! –
-Ciao Robert, ciao Patty. –
-Salve ragazzi. – esclamò lei timidamente senza alzare il capo.
-Ehm…vi presento Gabrielle Ducret, la mia fidanzata! – disse
Tom cercando di movimentare quella conversazione alquanto sterile.
Patty sembrò ridestarsi dal suo
torpore. Guardò l’amico e poi la ragazza. Lei sorrideva felice, il suo volto
illuminato da un sentimento sincero e privo di compromessi. Si strinse a Tom
cercando protezione da quegli occhi indiscreti puntati su di lei.
-Sai Gabrielle, Patty è una nostra vecchia amica. – disse Benji
guardando tristemente la manager.
-Adesso ricordo. Certo, Tom me ne ha parlato. –
-Ed io sono Robert, il suo fidanzato…anzi quasi sposo. A
proposito ragazzi, visto che ci siete tutti, vi diamo una splendida notizia.
Oggi ci sposiamo. -. Le sue ultime parole sembrarono tuonare nella hall in
maniera fragorosa. Un ennesimo fulmine a ciel sereno. Simultaneamente, Tom
eBenji guardarono Patty. Il suo
pallore era tale che pareva aver perso tutta l’abbronzatura. Tremava come una
foglia nonostante ci fossero circa 38°C esterni.
-Ti senti bene? – le chiese Gabrielle guardandola con
attenzione.
-Io…no ho l’impressione di avere le vertigini. –
-Vieni a sederti. Tom prendile un bicchier d’acqua. – disse
Gabelle prendendola sottobraccio e aiutandola a sedersi su un sofa. Robert
guardò la futura moglie e la raggiunse al divanetto dove sedeva.
-Patricia, stai bene? –
-Ehm…sì..ho dormito male e forse è un po’ di tensione. Devo
solo riposarmi un po’. – disse guardando Gabrielle. I loro occhi sembravano
parlarsi. Il telefono cellulare di Robert squillò e interruppe quella calma
apparente.
-Pronto? –
-Ciao Robert. Siamo quasi arrivati al resort. Dove ti troviamo?
–
-Ciao Bill. Vi aspetto nella hall. –
-Ok, alloraa tra poco.
– rispose Bill riagganciando.
-Era Bill? – chiese Patty con voce flebile.
-Sì Patricia. Lui e Cassandra presenzieranno al nostro
matrimonio. Saranno i nostri testimoni. Sai, Cassie ti sta portando l’abito che
ho scelto per te. Sarai bellissima come sempre. –
-Robert…non possiamo rinviare? Io non mi sento bene! – esclamò
in preda al panico. Sentì l’ansia accrescere dentro di lei. Perché affrettare
tanto le nozze? A Londra avrebbero potuto organizzare tutto con molta più
calma.
-E’ solo l’agitazione prima delle nozze. Tutte le spose fanno
così. Non appena arriverà Cassandra le chiederò di darti uno sguardo. Ragazzi
posso lasciarla nelle vostre mani? Vado a ricevere i nostri ospiti e poi devo
ultimare i dettagli della cerimonia con il direttore dell’albergo. -. Tom e
Benji si guardarono e annuirono a Robert. Il tennista inglese si allontanò e i
due amici si avvicinarono alla manager.
-Ehy manager, come va? – le chiese Tom con tono amorevole. – E
così ti sposi oggi? –
-Tom…Benji…ho paura…io…-
-Perché sei così agitata Patty? – le chiese Gabrielle
dolcemente stringendole la mano per darle conforto. Patty chiuse gli occhi
quasi a voler raccogliere le idee e trovare il coraggio di parlare.
-Dov’è Holly? – chiese poi. Sperava di intravedere la sua
figura tra gli ospiti nella hall. Desiderava ardentemente trovare la quiete nel
suo sguardo, sentire le sue parole di conforto.
-Non lo sappiamo. Non riusciamo a trovarlo…pensiamo che voglia
andar via…- rispose Benji gelido e distaccato.
-Chi sono Bill e Cassandra? – chiese Tom cercando di cambiare
discorso per non agitare ancora di più l’amica. Aveva notato un tono astioso
nella risposta del portiere.
-Bill è il manager di Robert e Cassandra una sua cara amica. E’
la dottoressa che mi sta seguendo. –
-Sei malata? – chiese Gabrielle. – Soffri di qualche patologia
particolare? Sai, io studio medicina. Forse posso aiutarti. -. Patty scosse il
capo.
-Sono incinta. -. Benji si allontanò un attimo per non mostrare
a Patty lasua delusione. Lei lo seguì
con lo sguardo cosciente che quella notizia l’aveva sorpreso e dispiaciuto.
-Benji…io….
-Non dir nulla ti prego…-
-Mi dispiace averti deluso, aver deluso te, Tom. –
-Non noi, Patty. Holly…che ancora non lo sa, ma che
maledizione, anche se lo sapesse, se ne avesse la minima possibilità, ti
starebbe accanto ogni istante della tua vita. –
-Lo so Benji. L’ho sempre saputo. Ed io….anche io vorrei che
tutto questo non fosse accaduto, anche io avrei voluto dargli un’altra
possibilità, ma purtroppo non sono in grado di farlo. Robert si sta assumendo
le sue disponibilità e forse, - disse chinando il capo, - è giusto così…che io
lo sposi. -
-Stai male e quel bastardo di Garland pensa a organizzare un
matrimonio che sembra più una farsa che una cosa seria? Sta facendo arrivare il
manager e l’amica e non ha pensato che forse avresti voluto avere i tuoi
genitori vicino? Porca miseria Patty, ma cosa mai ci hai trovato in quel
rammollito di un inglese? Se Holly sapesse che non ti senti bene, scalerebbe
mille montagne per stare con te. – urlò adirato dall’accondiscendenza
dell’amica.
-Benji calmati…è una sua scelta e noi dobbiamo rispettarla. –
intervenne Tom per calmare l’amico e sedare gli animi. Gabrielle guardò il
fidanzato comprendendo che nelle ore antecedenti il suo arrivo, era
evidentemente successo qualcosa che inesorabilmente legava i sentimenti di
tutti i presenti e di Holly. Patty tacque. Aveva ascoltato con molta attenzione
le parole del portiere nipponico. Desiderava andar via, fuggire dagli occhi
indagatori degli amici, dalle domande che tutti le ponevano, scappare e
rifugiarsi nel caldo abbraccio del suo unico grande amore.
-Ah! – esclamò avvertendo una fitta. Si portò una mano al basso
ventre e massaggiò la zona cercando un po’ di sollievo.
-Tutto bene? – le chiese Gabrielle preoccupata.
-Sì, è solo una fitta…adesso passa…non preoccuparti. –
-Da quanto tempo le hai? –
-Da quando ho saputo di essere incinta. Circa tre settimane. –
-E’ meglio che ti stenda. Che ne dici se andiamo in camera tua
e ti rilassi un po’? – le chiese premurosa. – Dovresti fare un’ecografia. -
-Gabrielle ha ragione. Vieni, ti accompagno in camera così ti
riposi. -. Patty annuì cedendo così all’insistenza di Tom.
-Tom, io vado in camera a prendere la mia borsa. Forse trovo
qualcosa che possa alleviare il suo dolore. –
-Benji, l’aspetti tu? – chiese all’amico sempre più innervosito
da quella situazione.
-Sì certo. -. Li vide allontanarsi verso i viali che portavano
alle camere. Sospirò cercando di riacquistare la calma perduta qualche attimo
prima.
-Non ci posso credere. Benjamin Price, ma quale coincidenza. –
disse una donna destando l’attenzione del bel portiere. Dinanzi ai suoi occhi
una figura a lui familiare. La pelle chiara tipicamente nordica, i riccioli
fulvi lasciati sciolti sulle spalle. Un attillato abito a sottoveste rosso
fuoco le delineava le prorompenti forme femminili.
-Kirsten Rauch! – esclamò affascinato e sorpreso da quella
creatura di estrema bellezza e sensualità. Kirsten si sfilò gli occhiali da
sole e due smeraldi parvero brillare sul volto. L’aveva conosciuta in occasione
di una serata di beneficenza alla quale lui aveva preso parte in qualità di
ospite d’onore.
-Pensavo che un noto calciatore come te non ricordasse il nome
di una giornalista. –
-Ho un’ottima memoria in fatto di nomi. Soprattutto quelli
femminili. – rispose non distogliendo lo sguardo da quella donna, pura
esplosione di eros.
-Come mai da queste parti? –
-In vacanza con degli amici. –
-Tu e Schneider avete fatto pace? – gli chiese incuriosita.
-Ho detto che sono qui con degli amici non con un compagno di
squadra. –
-Giusto. –
-Ti va un caffè. –
-Con vero piacere. – rispose precedendolo alla caffetteria
dell’albergo.
Gabrielle aveva preso la sua
inseparabile borsa medica ed era scesa nuovamente nella hall. Si guardò intorno
in cerca di Benji Price. Aveva perduto ogni speranza di ritrovarlo prima di
scorgerlo seduto alla caffetteria in compagnia di una ragazza di sua
conoscenza. Si avvicinò lentamente sempre più certa di conoscere la donna che
sedeva accanto al portiere.
-Kirsten! Sei proprio tu? – le chiese destando l’attenzione dei
due.
-Gabrielle? Ma quale sorpresa. -. Kirsten si alzò e andò ad
abbracciare la francesina.
-Ma che bello…sembra il ritrovo dei vecchi amici. – commentò
sarcastico zuccherando il suo caffè.
-Ma che ci fai qui? – le chiese ammirandola in tutto il suo
splendore.
-Mi sono presa qualche giorno di vacanza. Anche noi giornalisti
ne abbiamo bisogno. E tu? –
-Ho raggiunto il mio fidanzato, che è uno dei migliori amici di
Benji. –
-Come vi siete conosciute? – chiese intrigato dalla loro
storia. Guardò Kirsten che stranamente aveva assunto un’espressione più dolce e
meno audace.
-Ho conosciuto Gabrielle l’anno scorso. Mi trovavo a Parigi per
fare un servizio su una casa farmaceutica che pareva dispensare anabolizzanti e
steroidi, ovviamente implicata nei casi di doping. Conobbi Gabrielle
all’università di medicina di Parigi. Stava studiando gli effetti degli
anabolizzanti sugli atleti. Ci siamo piaciute subito e abbiamo collaborato alla
stesura della sua tesina e del mio articolo. –
-E voi due invece, come vi conoscete? – chiese Gabrielle
incuriosita dalla strana coppia. Sorrise tra se pensando che Kirsten poteva
essere la compagna ideale per un burbero ma in fondo sensibile portiere.
-Ci siamo conosciuti ad una festa di beneficenza e ci siamo
incontrati casualmente pochi minuti fa. – commentò Kirsten ripensando al sogno
che l’aveva turbata quella notte. Lei in un iniziale ma quanto mai coinvolgente
amplesso d’amore con Benji Price. Il portiere la guardò incantato da quegli
occhi che sembravano pulsare come il verde cuore di una foresta amazzonica.
Bella. Era una donna molto bella e seppure più grande di lui, la pelle fresca e
curata le donava un’aria adolescenziale.
-Come mai hai la tua borsa medica? – le chiese Kirsten
sorseggiandoli caffè.
-Un’amica di Benji e Tom sta poco bene. Sto salendo un attimo
in camera sua a controllarla. Magari trovo qualche calmante o analgesico che
possa andar bene per i suoi sintomi. –
-Capisco. –
-Benji, visto che siamo stati invitati, possiamo portare anche
Kirsten al matrimonio di Patty? – chiese entusiasta alla sola idea di
trascorrere un po’ di tempo con l’amica tedesca.
-Se ci tieni tanto. Non penso che ci siano problemi. Tanto più
che non so ancora se verrò. – rispose scendendo dallo sgabello e inforcando gli
occhiali da sole. – Holly, dove diavolo sei? Patty sta per sposarsi con quel
bastardo di Garland e tu ti arrendi così? Possibile che non riescaa tirar fuori un po’ d’orgoglio? – pensò
guardandosi intorno.
-Allora Benji, io raggiungo Tom nella stanza di Patty. –
-D’accordo. Io vado a fare un giro e vedo di trovare Holly. –
-Benissimo. Ci sentiamo dopo. Kirsten non ti allontanare
troppo. Alle due ci sarà un matrimonio sulla spiaggia. –
-Okay! – rispose conquistata dall’entusiasmo e dalla dolcezza
della sua amica francese. Gabrielle si allontanò sorridente verso l’uscita che
conduceva alle camere.
-Ti va di fare un giro? – le chiese Benji sospirando. – Sto
cercando un amico. Sempre che tu non abbia altri impegni. –
-Per la verità pensavo di andare un po’ in spiaggia e poi a
fare dei massaggi. Facciamo così, ci vediamo in spiaggia per le due. Se cambio
idea ti cerco in camera o lascio un messaggio alla reception. – disse cercando
di farsi desiderare. Non voleva dare a Benji l’impressione che moriva dalla
voglia di cascare ai suoi piedi. Sperava che lui si comportasse in maniera più
ardita e sensuale nei suoi confronti e che desse inizio a qualche mascolino
rito di seduzione e corteggiamento.
-Va bene! – rispose telegraficamente firmando la ricevuta della
caffetteria per l’addebito in stanza. Alzò il braccio in segno di saluto e si
allontanò. Era preoccupato per Holly. Non poteva andarsene, non senza aver
detto addio alla ragazza che amava.
Gabrielle terminò di visitare
Patty.
-Sei sicuramente stressata per questa storia del matrimonio. Se
hai delle fitte al basso ventre, ti consiglio di fare un’ecografia. Potremmo
fare un salto in ospedale. –
-Qui ad Hurghada? – chiese timorosa della struttura alla quale
andava incontro.
-Possiamo chiedere in
reception oppure alla guida turistica se ci accompagna. Immagino che ci sia un
pronto soccorso. In fondo, con un’ecografia non corri alcun rischio. Non ha le
controindicazioni di una normale radiografia e così potresti stare più sicura.
–
-Non mi piace l’idea di andare in un ospedale. – disse Tom.
-Il tuo ritmo cardiaco è molto accelerato. Soffri di aritmia?–
le chiese
-No. Da quando ho saputo di essere incinta mi sento ansiosa e
indebolita. – rispose stanca.
-Probabilmente è carenza di ferro e magnesio. Dovresti fare
degli accertamenti. Andiamo in ospedale. Vengo io con te così posso chiedere di
monitorizzare il tutto. Ci facciamo accompagnare dalla guida turistica così non
avremo problemi con la lingua del posto. – insistette sorridente.
-Forse Gabrielle ha ragione. Se vuoi, faccio chiamare un taxi e
andiamo subito in ospedale. –
-No, non preoccupatevi. Non penso ce ne sia bisogno. Adesso
arriverà anche Cassandra. Lei mi darà sicuramente qualche calmante. –
-Come vuoi. Ma se cambi idea, fammelo sapere. Sono a tua
disposizione. –
-Ti ringrazio Gabrielle, sei molto gentile. Per favore,
potresti prendermi la borsa? – le chiese indicando la sacca di cuoio che aveva
appoggiato sulla poltroncina. Gabrielle le prese la borsa e gliela porse. Patty
rovistò nervosamente all’interno trovando finalmente un porta pillole in
metallo.
-Cosa stai prendendo? – le chiese Gabrielle avvicinandosi.
Patty ingerì velocemente la piccola pillola rosa e respirò profondamente.
-Me le ha prescritte Cassandra. Sono dei calmanti alle erbe. –
-Posso vederle? –
-Certamente. Tieni. – rispose passandole il piccolo contenitore
colorato. La francesina aggrottò il naso e Tom lesse sul suo volto
un’espressione poco felice. Qualcuno bussò alla porta della stanza e Patty
sussultò. Guardò Tom quasi in cerca di un conforto. Sembrava più agitata di
quanto già non lo era. Gabrielle fece cadere distrattamente il contenitore sul
pavimento e si inchinò a raccoglierlo. Con un abile e scaltro gesto, prelevò
una pillola e la strinse tra le mani per poi infilarla nella tasca del
vestitino.
Tom si recò ad aprire la porta.
-E lei chi è? Cosa ci fa nella stanza di Patricia? –
-E’ un mio amico Cassandra! – rispose Patty riconoscendo subito
la voce di una delle più care amiche di Robert. La sua fluente chioma dorata
svolazzò fino al letto sul quale riposava.
-Tesoro, cosa succede? Dovresti essere felice: stai per sposare
il tuo caro fidanzato….mi sembri davvero giù di morale. Adesso ti visito così
ti rassicuro io. –
-Non preoccuparti Cassandra. Mi ha visitata Gabrielle. Lei
studia medicina. Secondo lei dovrei fare un’ecografia perché ho delle fitte al
basso ventre. –
-Assolutamente no. Primo, io sono il tuo medico curante e
quindi decido io se è il caso o meno che tu faccia degli accertamenti. E poi, -
disse guardando Gabrielle in maniera sprezzante, - se proprio devo prescrivere
degli esami a Patricia, preferisco farlo in una struttura inglese come il Saint
Paul Hospital dove potrà essere seguita in maniera decente. Adesso, se
permettete, penso sia il caso che Patricia riposi un po’. Resterò io con lei.
Vi prego di uscire. -. Gabrielle volse uno sguardo interrogativo al fidanzato.
Tom annuì. La francesina raccolse la sua borsa medica e seguì il fidanzato
fuori dalla suite.
Patty seguì con lo sguardo la
coppia di amici, allontanatisi nella perplessità e nella convinzione che
Cassandra li avesse voluti congedare in maniera perentoria. Guardò la
dottoressa che fino ad allora si era occupata di lei. Si era soffermata dinanzi
uno specchio per controllare la tenuta del suo rossetto.
-Ma cosa ci faccio qui? Vorrei tanto poter chiudere gli
occhi e risvegliarmi domani, quando quest’incubo sarà finito! – pensò
guardando fuori dalla finestra.
Tom passeggiava lentamente accanto a Gabrielle, diretti
verso la stanza di Holly. Il giovane calciatore del Paris Saint Germane non
riusciva a capacitarsi circa la fuga del suo migliore amico.
-Sai mon amour, secondo me la tua amica Patty sta
nascondendo qualcosa. E’ praticamente in preda al panico. Sembra una
tossicodipendente sull’orlo di una crisi di nervi. –
-Mi sembra che tu stia esagerando Gabrielle. E’ angosciata
perché oggi si sposa. –
-Non capisco. Dovrebbe essere contenta: il padre di suo figlio
la sposa. Cosa c’è che l’affligge? – gli chiese intrecciando le sue dita con
quelle del fidanzato. Tom la guardò teneramente sapendo di aver rimandato le
spiegazioni.
-Patty non ama Robert ma Holly! – le disse secco e deciso.
Gabrielle tacque comprendendo le motivazioni che affliggevano la cara amica del
fidanzato.
-Allora è dispiaciuta perché Holly non la ama? – chiese
ipotizzando le ragioni di quel suo comportamento.
-Al contrario. Si amano molto, da quando eravamo adolescenti.
E’ una storia lunga. Holly non è mai stato bravo ad esternare i suoi sentimenti
anche se io e Benji sapevamo bene che era innamorato di Patty. E lei, che
all’epoca era la manager della nostra squadra, ricambiava i suoi sentimenti in maniera
totale. Dopo un po’ di tempo che Holly si fu trasferito in Brasile per
diventare un calciatore professionista, Patty decise di andare a trovarlo. In
quel viaggio avrebbe saputo se lui l’amava o meno. Tornò distrutta, affranta.
Avevano vissuto una settimana all’insegna dei sentimenti e dell’amore, si erano
amati intensamente proprio come avevano sempre desiderato. Tuttavia, quando
Patty chiese a Holly cosa avrebbe dovuto fare, se restare o tornare in
Giappone, lui non seppe risponderle. Il suo silenzio la ferì molto e decise di
far ritorno in Giappone e di non incontrarlo più. –
-Ma se Holly amava Patty, perché ha lasciato che andasse via? –
-Proprio perché l’amava. Negli anni trascorsi insieme in
Giappone, lei era vissuta nella sua ombra, amandolo nel silenzio di un
sentimento molto grande che andava aldilà della semplice infatuazione. Lo amava
a tal punto da non dirgli nulla perché per lei era più importante che lui
realizzasse il sogno di andare in Brasile e divenire un professionista. Holly
voleva ricambiare quello che lei aveva fatto per lui in tanti anni. Desiderava
che anche lei trovasse la sua strada e che non rimanesse solo ed esclusivamente
la fidanzata di Oliver Hutton. –
-Quindi lui ha lasciato che andasse via dal Brasile per
renderla libera, nonostante l’amasse molto? – gli chiese sempre più avvinta da
quella storia.
-Esatto. Conosco Holly e sebbene penso che abbia sbagliato a
non parlarne a Patty, lasciando che gli eventi si compissero da soli, trovo che
abbia avuto molto coraggio e so che ha sofferto molto. –
-Fino qui ho capito: ma il resto? Se Patty è fidanzata con
Robert, come fa ad amare ancora Holly? -. Tom le sorrise. La sua dolcezza era incomparabile. Riusciva a
sdrammatizzare ogni situazione. Sospirò ricordando la successione dei fatti nella
sua mente.
-Ci siamo incontrati qui. E’ stato un caso perché Holly aveva
appena letto la notizia che Patty e Robert stavano per sposarsi. Poi, dopo
pochi minuti l’abbiamo incrociati in questo resort. Sebbene all’inizio lei sia
stata molto aspra e risentita nei suoi confronti, ieri sera, è successo quello
che i loro cuori aspettavano da quattro anni. Dopo una piccola discussione,
Holly si è allontanato. Patty dopo poco, con una scusa, è andata a cercarlo e
….
-E cosa? – chiese insistente con l’emozione dipinta sul volto.
-E quella che doveva essere una discussione nella quale
avrebbero dovuto sfogare i risentimenti e chiarirsi una volta per tutte, è
sfociata in una grande passione. –
-Oh mon Dieu!Come nei film. -
-Sembra proprio di sì. Ma Holly, da gentiluomo, le ha detto che
se lei è felice con Robert è giusto che stia con lui. –
-Ma…Holly sa che Patty ne è ancora innamorata? –
-Penso che lo abbia intuito, sebbene lei non lo abbia ammesso
in sua presenza. Holly le vuole troppo bene per cercare di obbligarlaa far qualcosa, tanto meno a lasciare
Robert. –
-Se Patty lo ama, perché sposa Robert? –
-Perché lui è il padre del bambino. Ritiene sia giusto che suo
figlio cresca con il padre naturale. –
-In fondo non ha tutti i torti. Che situazione complicata. –
-Già. Solo che noi, non ci aspettavamo che si sarebbero sposati
così presto. Stiamo cercando Holly. Deve sapere che Patty lo ama ancora. –
-Non so e sia giusto. In fin dei conti, lei vuole sposare il
padre di suo figlio. –
-Già, ma se la conosco bene, non lo amerà mai, non quanto ama
Holly. Credimi Gabrielle, lei e Holly sono fatti per stare insieme. Si sono
amati inconsapevolmente per anni e il tempo che hanno trascorso seppur breve, è
stato molto intenso e significativo. -. Gabrielle lo guardò incantata dalla passione
con la quale aveva pronunziato quelle ultime parole.
-E noi? – gli chiese sorprendendolo. Tom arrestò il passo. La
tirò a se e la strinse forte al petto. Sentiva il calore di quell’abbraccio,
delle sue braccia che stringevano il torace muscoloso, il suo respiro che
ansimava sul petto. Avvertì una sensazione piacevole e rassicurante.
-Anche noi Gabrielle. Tu sei la mia metà perfetta, ed io la
tua. Noi due, siamo fatti per stare insieme. – le disse baciandola con passione
e fervore. La francesina sentì il tocco delle labbra sulle sue e ricambiò
l’ardito bacio con altrettanta foga.
Kirsten percorreva la passerella in legno che dai viali in
cemento e pietra conduceva alla spiaggia di fine sabbia dorata. Sulla destra
del viale distinse chiaramente il ristorante all’aperto, all’ombra di cannizzi
e alte palme verdeggianti. La calda brezza spirava tra le fronde facendole
ritmare in sinuose danze. Sorrise guardando piccoli riverberi di luce rifulgere
sul mare cristallino. Ombrelloni e lettini in legno erano allineati lungo i due
lati della spiaggia, mentre la passerella scendeva continua fino al pontile che
conduceva in mare aperto. Turisti in preda all’entusiasmo scendevano e salivano
continuamente dal pontile accompagnati da sorrisi e gemiti gioiosi. Il sole splendeva
alto nel cielo terso e qua e là si poteva avvertire l’intenso profumo degli
incensi orientali e degli oli abbronzanti. Era incantata dalla quiete di quel
posto che sembrava farle scordare qualsiasi impegno lavorativo. Si guardò
intorno ammirando le basse costruzioni di colore chiaro che si allungavano
ovunque lungo la costa. Quel tratto di terra e mare, un tempo sperduto, era
adesso un simbolo di occidentalizzazione e turismo in piena esplosione. I
maggiori tour operator vendevano pacchetti vacanze a prezzi irrisori nei vari
resort e hotels edificati lungo il mare.
-Ma..io quelli li conosco! – sussurrò togliendosi gli occhiali
da sole per poter meglio inquadrare le quattro persone che parlavano vicino il
ristorante. Eludendo i loro sguardi e camminando con sicurezza e noncuranza,
Kirsten si avvicinò al bar del ristorante ordinando una bibita fresca.
-Allora, avete fatto esattamente quello che vi è stato chiesto?
– chiese Cassandra all’uomo più alto dai tipici tratti somatici egizi.
-Ecco quello che ci aveva chiesto, signora! – rispose
consegnandole una busta. Bill Socket si avvicinò alla sua compagna di avventura
e insieme guardarono le foto contenute nella busta di carta.
-Ottimo lavoro. Robert si congratulerà sicuramente! – disse
Bill a Cassandra in un inglese talmente veloce che i due egiziani non
compresero il significato delle parole.
-Dove sono i negativi? – chiese Cassandra precedendo Bill.
-All’interno della busta. – rispose l’egiziano.
-Il vostro compenso! – esclamò poi Bill, consegnando all’uomo
più basso una busta contenente del denaro contante. I due egiziani
controllarono velocemente che l’importo fosse quello prestabilito e dopo averli
ringraziati, si dileguarono. Cassandra afferrò le foto e le ripose nella sua
borsa con un sorriso di compiacimento e soddisfazione.
-Manca poco, oramai. Che ne dici se ci andassimo a fare una
bella nuotata? – le chiese Bill guardandola divertito.
-Perché no! Così potrò mettere in tutta evidenza il mio fisico
mozzafiato. –
-Non vedo l’ora di vederti in bikini! –
-Se fai il bravo, più tardi potrei farti vedere anche altro! –
gli rispose dirigendosi verso la spiaggia. Sempre più incuriosita dalla strana
coppia, Kirsten firmò la ricevuta di addebito in camera della bibita, e li
seguì sistemandosi sotto l’ombrellone accanto a quello loro.
-Devo scoprire cosa ci fanno Bill Socket e Cassandra Hobbins
insieme! E poi, sarei curiosa di vedere le foto per le quali hanno pagato.
– pensò poggiando la sua borsa da mare sul tavolinetto sotto l’ombrellone. Un
addetto della spiaggia, le si avvicinò sistemandole un materassino e un telo
mare sul lettino e chiedendole se avesse avuto bisogno di altro.
Era sicura che si trattasse di
loro: Bill Socket e Cassandra Hobbins. Li aveva veduti entrambi l’anno
precedente a Parigi, durante gli Open di Francia disputati sulla terra rossa
del Roland Garros. Lei si trovava in Francia per l’indagine che l’aveva
portata a conoscere Gabrielle e in una pausa, aveva accompagnato un collega
francese ad uno degli incontri del torneo. L’incontro aveva visto opposti il
tennista inglese Robert Garland al belga Maurice Planche, poi uscito facilmente
vittorioso in tre set.
Aveva notato subito la strana
coppia che sedeva in tribuna, perché la chioma bionda e le forme procaci di
Cassandra non sarebbero comunque passate inosservate agli occhi di alcuno.
Ricordava come Bill Socket, si divertiva a giocare in maniera del tutto
confidenziale con i suoi capelli, posando lo sguardo sulla scollatura profonda
che lasciava davvero poco all’immaginazione.
Il suo collega, Bernard Puchette,
conosceva già i due volti poiché Garland soleva trascorrere molto tempo proprio
a Parigi dove sembrava fare strage di cuori soprattutto tra le giovani sportive
francesi. In quell’occasione, Bernard aveva confidato a Kirsten qualcosa circa il
declino sportivo ed economico del tennista inglese. Kirsten ricordò
improvvisamente di aver letto un articolo sul sito internet del quotidiano “Le
Monde” nel quale si parlava appunto di Robert Garland e dei suoi problemi
economici legati alla vita dispendiosa e dissipante che adorava condurre.
Inoltre, nel servizio giornalistico si evidenziava la rottura dei contratti
pubblicitari con alcuni sponsor che lo accusavano di non rispettare i termini
contrattuali. Non era andata a fondo alla questione poiché non era un argomento
che le interessava e l’aveva letto solo perché redatto e firmato dal suo amico
Bernard Puchette. Relativamente a Cassandra, in occasione del torneo, Bernard
le aveva confidato che il medico del Saint Paul Hospital di Londra, era stata precedentemente
indagata per somministrazione di agenti dopanti ad alcuni sportivi. Tuttavia,
nonostante le ricerche condotte con l’aiuto di Gabrielle, Cassandra Hobbins era
rimasta soltanto uno dei tanti nomi indiziati sulla lista di Kirsten Rauch.
La fulva giornalista tedesca si
stese sul lettino, in attesa che la strana coppia inglese si allontanasse. Il
suo spirito di curiosità stava crescendo sempre più: smaniava per vedere il
contenuto della busta che i due egiziani le avevano consegnato.
Cassandra posò la sua borsa sul
tavolinetto sotto l’ombrellone svestendosi velocemente e mostrando un succinto
bikini nero. Bill Socket la guardava più eccitato che ammaliato da quel corpo
ben curato e giovane. Si alzò i capelli e li appuntò sul capo con un fermaglio.
Con la coda dell’occhio, Kirsten vide che riaprì la busta e ne tirò fuori il
contenuto. Guardò le fotografie con espressione compiaciuta; prese i negativi e
li mise in una tasca interna all’ampia borsa, riponendo le foto nella custodia
originaria.
Prese la borsa e la sistemò sotto
il lettino di legno. Se Kirsten avesse allungato un braccio, avrebbe potuto
facilmente afferrarle. Bill cominciò a svestirsi e il suo sguardo si spostò da
Cassandra a Kirsten. L’avvenente giornalista sembrava essere divenuta all’improvviso
l’oggetto del suo immediato desiderio. La ragazza tedesca sembrò accorgersene e
con fare disinteressato prese una rivista dalla sua borsa e cominciò a
sfogliarla. Bill le sorrise lisciandosi il pizzetto argenteo. Poi guardò ancora
la sua momentanea compagna che con fare estremamente sensuale continuava ad
aggiustarsi il ridottissimo costume.
Con eleganza e galanteria le
indicò la passerella in legno invitandola a raggiungerla e ad immettersi verso
il pontile. Kirsten li seguì ben contenta che finalmente si fossero
allontanati. Con un po’ di fortuna avrebbe potuto scoprire l’oggetto delle
fotografie.
Sorrise pensando a quante strane
coincidenze le stessero capitando all’interno di quel bellissimo e quanto mai
esclusivo resort egiziano.
Prima l’incontro con
l’impenetrabile Benjamin Price ed ora con una strana coppia che pareva ordire
qualcosa alle spalle altrui.
Tom e Gabrielle erano tornati a
bussare dietro la porta di Holly. All’ennesimo tentativo, Tom girò la maniglia
scoprendo che la porta era aperta. Guardò la fidanzata che chinò il capo in
segno di assenso.
Tenendola per mano, quasi a
cercare il conforto in quello che stava facendo, il calciatore del Paris Saint
Germain entrò nella stanza dove la pulizia non era ancora passata per rassettare
il tutto.
-Non è neanche qui! – esclamò Tom guardando sul balcone. Le
ante dell’armadio erano ancora aperte e prive degli abiti e degli effetti
personali di Holly. – Vorrei tanto capire dov’è andato! Non risponde neanche al
cellulare! – aggiunse componendo per l’ennesima volta il suo numero.
-Squilla? – chiese Gabrielle.
-No. E’ spento. Non vuole parlare con nessuno! Quando si mette
qualcosa in testa, diventa irremovibile. –
-Guarda Tom, c’è una lettera! – disse Gabrielle afferrando la
bustae mostrandola al fidanzato.
-E’ per Patty. – ribatté leggendo il nome scritto a penna sulla
busta. – E la scrittura è di Holly! – aggiunse mestamente.
-Portiamola a Patty, così avrò una scusa per vedere come sta.
Sperando, ovviamente, che quella signora inglese sia andata via. –
-Già. – le disse guardandola e precedendola verso l’uscio. – Mi
dispiace rovinarti la vacanza con tutti questi problemi. –
-Non dirlo assolutamente. Certo, mi dispiace non poter
trascorrere un po’ di tempo con te nel relax completo, ma comprendo esattamente
gli sforzi che state facendo tu e Benji per i vostri amici Patty e Holly. E’
bellissimo quello che state facendo, davvero Tom. Io sarei onorata di avere un
amico come te. –
-Tu hai di più Gabrielle: hai un fidanzato come me! – le disse
baciandola rapidamente. Lei sorrise contenta per quella manifestazione
d’affetto. Ogni giorno scopriva di esserne sempre più innamorato. Gabrielle era
una ragazza sprizzante, piena di vita, dolce ed espansiva. Era la ragazza
ideale e adesso che l’aveva incontrata, sperava che nulla e nessuno gliela
avrebbe mai portata via. Il suo pensiero corse a Holly e Patty. Lui, il suo
migliore amico, sembrava svanito nel nulla, in fuga da un amore disperato e
agonizzante, che lo vedeva perdere, per la prima volta. La sua prima sconfitta
di vita, quella più importante. Dall’altra parte c’era Patty, la dolce amica
per la quale un tempo aveva provato un sentimento che andava ben oltre
l’amicizia, quella ragazza a cui aveva sempre invidiato il sentimento profondo
che la legava al capitano della squadra di calcio. Pensava a lei, come ad una
creatura indifesa, piccola e fragile, tanto bisognosa d’affetto e di
protezione, quelle emozioni e quella sicurezza che solo Holly avrebbe potuto
darle. Si disperava al pensiero dell’arrendevolezza dell’amico, che ancora una
volta, sembrava voltare le spalle alla realtà rinunciando a quanto di più caro
la vita gli aveva potuto donare. Stringendo con passione la mano della
fidanzata, aumentò il passo per raggiungere al più presto la suite nella quale
alloggiava Patty.
Quando anche l’ultimo cliente del
resort fu salito, l’autobus partì alla volta dell’aeroporto internazionale di
Hughada. Seduto accanto al finestrino, Holly guardava i viali verdeggianti, la
hall a forma di piramide e le basse costruzioni nelle quali si articolavano le
camere, allontanarsi sempre di più. La sua vacanza era stata davvero molto
breve, ma non avrebbe resistito un minuto di più in quel resort dove aveva
casualmente incontrato la donna che in un modo o nell’altro sembrava modificare
la sua vita sentimentale da sempre.
-Patty…non passerà giorno senza che il mio pensiero
voli a te…la tua immagine su qualche copertina, o più semplicemente stretta tra
le braccia di Garland. Tu che sposi Robert Garland. Inverosimile. Quanto vorrei
che fosse tutto un sogno. Vorrei odiarti perché sei volata via da me…ma è me
che devo disprezzare. Se solo quattro anni fa avessi avuto più considerazione
per te, avessi lasciato che fossi tu a decidere se restare o meno al mio
fianco….se solo tutto questo non fosse accaduto, forse adesso le cose sarebbero
diverse. In questi anni ho vissuto nel tuo ricordo, rimembrando i bei tempi
trascorsi insieme, sicuro che un giorno sarebbero tornati a irrompere nella
nostra vita. E invece? Nulla di quello che è stato potrà mai tornare…tu stai
per sposare Robert Garland ed io….io esco di scena! – pensò col profilo rivolto
al finestrino.
Non l’avrebbe mai potuta
dimenticare, perché in fondo, lei era parte della sua vita, era la sua parte
migliore e niente o nessuno avrebbe mai potuto cancellare quell’emozione
indelebile e infinita che gli riscaldava il cuore.
Prima
di lasciarvi all’ottavo capitolo, è doveroso un ringraziamento a tutti coloro
che mi stanno seguendo con affetto. Inoltre, come ho già scritto nel forum la
fanfic non è ancora terminata e come sempre, si concluderà con un epilogo.
Grazie ancora a tutti.
Tradimento
d’amore
Rivelazioni
Capitolo 8
Tom e Gabrielle erano davanti alla porta della suite nella
quale riposava Patty. Appeso alla maniglia c’era il cartello “Non Disturbare”.
Evidentemente l’aveva messo la dottoressa Hobbins dopo la visita. Guardò la
fidanzata in cerca di consensi. In mano stringeva la lettera che le aveva
scritto Holly. Respirò profondamente e poi bussò. Non ebbero alcuna risposta.
Riprovò e al nuovo silenzio, girò la maniglia. La porta era aperta. Patty era
sdraiata sul balcone su una dormeuse in bambù. Tom ebbe un sussulto. I capelli
si muovevano dolcemente seguendo il lento fluire della calda brezza del
deserto. La sua bella abbronzata sembrava rifulgere sotto i raggi del sole.
Aveva gli occhi aperti, sognanti, la mente altrove, non aveva udito bussare.
Gabrielle si strinsea Tom. Aveva
timore che le fosse successo qualcosa.
Era di una bellezza indefinibile che avrebbe lasciato
chiunque senza fiato. Non era più l’innocente ragazzina innamorata del capitano
della squadra di calcio, bensì una top model di ventuno anni in preda ad una
crisi profonda che avrebbe mutato gli eventi della sua vita.
-Patty! – sibilò quasi per timore di svegliarla da
quell’apparente torpore.
-E’ andato via….- sussurrò lei in una lenta e malinconica
risposta. Il vento soffiava tra le tende in organza che danzavano sinuosamente
davanti la porta finestra. Tom le si avvicinò incurante della presenza della
fidanzata. Era distrutta dal dolore. In qualche modo, lei sapeva che Holly era
andato via. Sia Tom sia Benji non erano riusciti a trovarlo. Tom guardò
l’orologio al polso. Era mezzogiorno. Se l’aereo partiva alle due, era
evidente, che si era mosso per andare in aeroporto.
-Patty…io…mi dispiace…
-E’ colpa mia Tom! – rispose con calma inconfutabile. – ho
cercato rifugio tra le braccia di un altro dal quale adesso aspetto un figlio!
Cosa posso pretendere da Holly? Che mi ami ancora? Che resti nell’ombra di un
sentimento che dovrò segregare in fondo al mio cuore perché devo sposare un
altro? E poi…che colpa ne ha Robert in tutto questo? Nessuna. Dice di amarmi e
mi sta sposando per poter formare una famiglia nella quale far crescere nostro
figlio. Sono un’egoista Tom….ho incolpato Holly di un allontanamento durato
quattro anni,ma in fondo…lui si è sacrificato
per me! Voleva solo che io trovassi la mia strada…e aveva ragione! Se gli fossi
rimasta accanto, adesso sarei solo la fidanzata di un noto calciatore, priva di
una sua identità e di un futuro. – sentenziò alla fine.
-Io…non so cosa dire di più di quello che ti ho già detto…avrei
tanto voluto vedere Holly al posto di Robert, questo è fin troppo evidente.
Sfortunatamente, - continuò avvicinandosi alla dormeuse, - non tutto
quello che desideriamo poi si avvera. Tieni. – aggiunse porgendole la lettera.
Patty allungò il braccio senza voltarsi verso l’amico. Non voleva che la
vedesse piangere.
Tom, così gentile e disponibile, l’amico che più di ogni
altro le era stato accanto quando Holly partì per il Brasile. Gli voleva bene
ed era profondamente dispiaciuta che quella vacanza stesse prendendo una piega
poco entusiasmante. Senza proferire altro, Tom e Gabrielle si congedarono dalla
stanza dell’amica lasciandola da sola con l’ultimo grido d’amore di Oliver
Hutton.
Benji continuava a cercare Holly senza sosta. Era
l’ennesima volta che andava in spiaggia, nella speranza che si fosse ravveduto
e che di trovarlo sdraiato su qualche lettino. Il caldo era torrido. Si tolse
la maglietta oramai madida di sudore, mostrando il fisico atletico e pettorali
scolpiti. I capelli nerissimi sparsi in maniera disordinata e attraversati
dalla brezza del deserto. Gli occhiali da sole leggermente specchiati. Al suo
lesto incedere sulla sabbia calda e dorata della costa egiziana, Benji si
sentiva addosso gli sguardi languidi delle donne. Sorrise pensando al successo
che aveva con il gentil sesso e a Kirsten Rauch. Era bellissima, di una
sensualità impareggiabile, che non aveva riscontrato in alcuna che l’aveva
preceduta nella sua carriera di latin lover. Se non fosse stato tanto occupato
a cercare Holly, avrebbe volentieri approfondito la conoscenza della
giornalista tedesca dalle avvenenti curve e dagli splendidi occhi verdi.
Prima di congedarsi da lei, le aveva detto che andava a
cercare un amico e Gabrielle l’aveva invitata alle nozze di Robert e Patty.
Chissà cosa avrebbe pensato scoprendo che si trattava del tennista Robert
Garland e della top model Patricia Gatsby! Benji si fermò un attimo per
riprendere fiato in quella interminabile ed estenuante mattinata. Si passò una
mano tra i capelli e si avvicinò al bar del ristorante sulla spiaggia, per
prendere una bibita fresca che sicuramente l’avrebbe ristorato. Sentì il
cellulare squillare. Guardò il display nella speranza che si trattasse di
Holly: era Tom.
-Pronto! –
-Benji, Holly é partito. Ha lasciato una lettera a Patty e in
reception mi hanno confermato che era tra gli ospiti saliti sull’autobus
diretto all’aeroporto. –
-Maledizione! –
-Dove sei? – gli chiese.
-Al bar sulla spiaggia. Raggiungimi così vediamo se riusciamo a
trovare una soluzione. –
-Okay. Sono nelle vicinanze. Stiamo arrivando. -. Benji chiuse
la comunicazione stringendo il telefonino tra le mani.
Cassandrae Bill
continuavano a baciarsi appassionatamente tra le onde del mar Rosso. Kirsten li
guardava attentamente sperando che quel contatto fisico continuasse ancora a
lungo dandole il tempo di vedere le fotografie. Si guardò intorno verificando
la presenza di estranei nei dintorni. Non c’era nessuno. La gente cominciava ad
approssimarsi verso il ristorante o verso le camere. Il caldo era intenso e si
poteva trovare un po’ di refrigerio soltanto sotto l’ombrellone o in acqua.
Abbassandosi leggermente sulla sinistra, allungò il braccio verso il lettino
sotto il quale Cassandra aveva messo la sua borsa. Movendo agilmente le dita
all’interno della borsa, sentì un incarto lungo nel quale sicuramente c’erano
dei negativi. Lentamente, senza scomporsi troppo, sfilò l’incarto dalla borsa.
-Che stai facendo! – esclamò una voce sonora alle sue spalle.
Kirsten sussultò. Il cuore le balzò in gola, lo sentiva premere in maniera
accelerata e dolorante. Chiuse gli occhi, poi respirò profondamente senza
togliere la sua mano da dentro la borsa di Cassandra. Si voltò lentamente verso
quella voce che le aveva tolto dieci anni di meno per lo spavento.
Alto e muscoloso, il fisico statuario di un dio greco,
Benjamin Price continuava a guardarla perplesso e con aria interrogativa.
Dietro di lui, Gabrielle e un altro ragazzo che evidentemente era il fidanzato.
Lo guardò attentamente riconoscendo in lui il centravanti del Paris Saint
Germain, Thomas Becker.
-Sssstttt! Vuoi che ti sentano? – gli disse afferrando
l’incarto. Benji si portò accanto al lettino di Kirsten ammirando il suo corpo
mozzafiato coperto solo da un ridotto bikini. Sentì l’adrenalina crescere nel
suo corpo. Dacché si erano incontrati poco prima, aveva desiderato possederla e
accarezzare avidamente quella pelle candida, smaniava per poter baciare le
labbra rosse e carnose.
-Hai trovato il tuo amico? – gli chiese cercando di sdrammatizzare
la conversazione.
-No…ma si può sapere cosa facevi con le mani nella borsa di
un’altra persona? –. Kirsten guardò tutti i presenti e sorrise.
-Ehm…okay, ma non mi giudicate male. Sono una giornalista e
quindi ho una sorta di deformazione professionale che mi porta a “sentire e
vedere” più di quel che in effetti dovrei. – disse guardando Gabrielle e Tom.
-Cosa vuoi dire? – le chiese Benji sedendosi sul bordo del
lettino. Guardando oltre la spiaggia, verso il pontile, Kirsten si accertò che
Bill e Cassandra fossero ancora intenti a scambiarsi effusioni d’amore nel mare
cristallino.
-Li conosci? – chiese Benji notando l’insistenza con la quale
Kirsten continuava a fissarli.
-Più o meno. Lui è Bill Socket, il manager del tennista inglese
Robert Garland e lei è Cassandra Hobbins, sua amica. Li ho visti per la prima
volta l’anno scorso durante il torneo del Roland Garros. –
-Nonché medico di Patty! – aggiunse Gabrielle guardando Tom.
-Se li conoscete, perché me lo avete chiesto? – gli domandò non
comprendendo dove volessero arrivare.
-Sono arrivati poco fa, mentre io, te e Gabrielle eravamo alla
caffetteria. Sono i testimoni di nozze di Robert Garland. –
-Robert Garland si sposa? – gli chiese non sapendo che il
matrimonio al quale era stata invitata da Gabrielle era proprio quello del
tennista.
-Esatto. Tra circa due ore…con una nostra cara amica! –
-La Patty di cui parlavate nella hall? – chiese sempre più
sorpresa di tutti quegli eventi che si stavano succedendo in una folle corsa.
Benji assentì.
-Un momento! – riprese lei colta da un’improvvisa
illuminazione, - ma Robert Garland non era fidanzato con la top model Patricia
Gatsby? – gli chiese sapendo che la sua domanda era retorica.
-Esatto. Infatti è Patty che si sposa! – aggiunse Tom che fino
a quel momento non aveva parlato. Sul suo volto e su quello di Benji, c’era
un’espressione tutt’altro che felice.
-Questo è uno scoop. Garland e la Gatsby che si sposano su
questa spiaggia, oggi….potrei farne un servizio! –
-Non pensarci neppure! Te lo vieto rigorosamente. – la ammonì
severamente Benji. Kirsten guardò quel volto serio e duro. Involontariamente,
la sua indole giornalistica aveva leso l’affabilità del portiere.
-Ma…non capisco. –
-Ho detto di no. Ti proibisco di fare foto o servizi
giornalistici su questo matrimonio. –
-Perché? – gli chiese non comprendendone le motivazioni. – La
tua amica Patricia dovrebbe essere abituata ai servizi fotografici e agli
articoli su di lei. E’ famosa quindi non comprendo quale difficoltà possa
avere. E a Robert Garland farà sicuramente piacere un po’ di pubblicità. Ne ha
davvero bisogno ultimamente. –
-Che vuoi dire? – le domandò interessato a quell’ultima
affermazione.
-Non ditemi che non lo sapete! Il grande portiere Benjamin
Price si interessa solo di calcio? – gli chiese in tono ammiccante cominciando
a scartare i negativi.
-Smettila di ironizzare e dimmi cosa dovrei sapere su Garland.
–
-Uhmm…da come ne parli, ho l’impressione che tra voi due non
corra buon sangue. Okay, ti dirò quello che so. Pare che sia in cattive acque.
Qualche anno fa i suoi livelli erano alti e gli sponsor facevano a gara per
richiederlo come testimonial dei loro prodotti. Tuttavia, dopo un infortunio,
la sua carriera è andata lentamente declinando. Ma il problema non è solo
quello. Sembra che di tutti i soldi guadagnati in premi e sponsor, gli sia
rimasto ben poco. Praticamente sta per diventare povero. Inoltre, si vocifera
che abbia evaso in maniera colossale il fisco, tanto che le ammende che dovrà
pagare saranno molto alte e rischia perfino qualche mese in galera per
evasione. –
-Non stai scherzando, vero? – le chiese piacevolmente sorpreso
da quella rivelazione.
-Ho l’impressione di scorgere una nota di soddisfazione sul tuo
viso. Ti è proprio antipatico, vero? –
-Sì, tra di noi non potrebbe mai correre buon sangue. – ammise
Benji sarcasticamente.
-Comunque, mi spiace deluderti. Nel momento in cui sposerà la
tua amica, Garland risolverà i suoi problemi economici. –
-Che vuoi dire? – chiese Tom non afferrando il senso di
quell’ultima frase. .
-Che la vostra amica è ricca. L’anno scorso, alla morte di una
sua parente, mi sembra la nonna, ha ereditato a Londra una villa bellissima di
circa 200.000 sterline e un bel conto in banca. Senza contare ovviamente i
proventi del suo lavoro. Insomma, Patricia Gatsby è ricca sfondata ed è
sicuramente molto appetibile per chi come Garland è sull’orlo del tracollo
finanziario. -. Benji tacque. Le rivelazioni di Kirsten erano state del tutto
sconcertanti. Guardò Tom e tra loro sembrò farsi strada l’idea che Robert
stesse sposando Patty unicamente per i suoi soldi.
-Kirsten…sbaglio o Cassandra Hobbins era tra i nominativi su
cui abbiamo indagato l’anno scorso? – le chiese Gabrielle aggrottando la
fronte.
-Sì. Ma sfortunatamente le nostre indagini non hanno condotto a
molto. – disse guardando attentamente i negativi. Il suo viso cambiò
espressione. Corrugò la front e i suoi occhi si assottigliarono.
-Cosa stai guardando? – le chiese Benji notando subito il
cambiamento d’umore e di espressione.
-Sarà anche che la vostra amica si deve sposare, ma a me questo
non sembra proprio Robert Garland. – disse passando al portiere uno dei
negativi. Benji impallidì.
-O santo cielo! –
-Che ti prende Benji? – gli chiese Tom strappandogli di mano la
pellicola scura. Anche Tom, come l’amico, diventò pallido. Benji si voltò verso
Kirsten. Sperava che non pubblicasse quelle foto e che tanto meno scrivesse un
articolo su Patty.
-E’ un complotto ordito alle spalle di Patty! – esclamò poi
guardando gli amici.
-A questo punto, sono sicuro che Garland sapeva della storia
tra Holly e Patty. Ed evidentemente sapeva anche che saremmo venuti qui. Ha
pagato qualcuno per fare queste fotografie. –
-Non capisco. Se Robert deve sposare Patty per i suoi soldi,
allora perché assolda qualcuno per portargli le prove del suo tradimento? –
chiese Gabrielle ingenuamente sapendo di aver pronunciato parole molto dure ma
reali.
-Semplice. Per ricattarla. Con quelle foto in mano può
rovinarle la carriera. A questo punto, potrebbe benissimo estorcerle dei soldi
in cambio del silenzio. O più semplicemente, la sposa per entrare in comunione
dei beni con il suo patrimonio conservando queste foto come asso nella manica,
nel caso in cui lei si ravvedesse dal volerlo sposare o dal divorziare. –
rispose Kirsten con professionalità. Era disgustata da quella faccenda. Guardò
Benji la cui espressione contratta la fece preoccupare.
-A cosa pensi Benji? – chiese Gabrielle notando la stessa
espressione preoccupata e contratta dipinta sul suo volto.
-A come spaccare la faccia a quel bastardo! – disse adirato
digrignando i denti. Il corpo era teso in un fascio di muscoli e nervi. Sebbene
alquanto seducente, Kirsten comprese che Benji avrebbe voluto scaricare
quell’energia infierendo su Garland.
-Calmati Benji. Non abbiamo le prove. Sono solo congetture! –
gli disse Tom cercando di calmarlo.
-Il tuo amico ha ragione. – gli disse guardandolo attentamente
e cercando di affievolire quell’istinto che stava prendendo il sopravvento
sulla ragione. - Non guardarmi così Benji. Sono una professionista e non sfrutterei
mai una situazione del genere per scrivere un articolo, non senza il consenso
dei protagonisti. – gli disse rassicurandolo. Benji la scrutò attentamente
perdendosi nel verde scintillante dei suoi occhi. Stava dicendo la verità:
doveva crederle. Seppure in maniera del tutto casuale, le loro vite si erano
incrociate e Kirsten era risultata essere più utile del previsto.
-Dobbiamo avvertire Holly di quello che sta succedendo! – disse
Tom. La giornalista tedesca li guardò. Come aveva fatto a non pensarci prima?
Al famoso terzetto nipponico, tanto famoso e ben dipinto dalle cronache
sportive, mancava il centravanti del Barcellona, prossimo candidato al pallone
d’oro.
-Quello delle foto è Oliver Hutton? – chiese Kirsten
incuriosita. Lo sguardo di Benji parve fulminarla. Non era il momento giusto
per entusiasmarsi. Il suo silenzio valse l’assenso. Kirsten comprese che si
trattava proprio del più famoso calciatore nipponico, del giovane ventunenne
che aveva fatto impazzire gli stadi europei.
-Ho un’idea. – disse Benji guardando Cassandra e Bill ancora
intenti ad amoreggiare in acqua. – Io andrò in aeroporto a cercare di riportare
Holly qui. Nel frattempo, Kirsten, tu devi intrattenere Cassandra Hobbins e
Bill Socket. Trova una scusa tipo un’intervista estemporanea. Tom, tu e
Gabrielle andate da Patty e mettetela al corrente di quello che abbiamo
scoperto. Cercate, se possibile, di tenerla lontana da Garland e dai suoi
amici. –
-Benji…dimentichi il motivo per il quale si vuole sposare! –
esclamò Tom frenando l’entusiasmo dell’amico.
-Non l’ho dimenticato, ma dobbiamo farle capire a cosa va
incontro. –
-C’è qualcos’altro che devo sapere? – chiese Kirsten riponendo
i negativi nella sua borsa.
-Patty aspetta un bambino da Garland. Conserva quei negativi:
Kirsten mi sto fidando di te. Non deludermi! -. La giornalista non fiatò
neppure. Lo sguardo di Benji era stato alquanto eloquente. Tom e Gabrielle si
allontanarono verso le camere lasciando da soli Benji e Kirsten. Lei si alzò
dal lettino lasciando che le belle curve potessero essere apprezzate nella loro
completezza.
-Perché fai tutto questo? – gli chiese sorridente.
-Perché sono miei amici, la mia famiglia. – disse rammaricato
da quanto stava succedendo. Kirsten scorse tristezza sul suo volto. Gli portò
una mano al volto, regalandogli una dolce e inaspettata carezza.
-Attento Benji: il fatto che Garland voglia sposarla perché lei
attende un figlio, mi sembra più che onorevole. Forse le nostre sono state
tutte illazioni. –
-Io non credo. Non mi ha dato una buona impressione. Quando
Patty si è sentita poco bene, lui ha pensato ad andare a ricevere i suoi amici
e non a soccorrere la fidanzata, pur sapendo della gravidanza. Io non avrei mai
reagito così sapendo che la mia fidanzata stava poco bene. Anche ieri sera,
quando Patty gli ha detto che rientrava in camera perché aveva mal di testa,
lui è rimasto con me e con Tom.Ma
immagino che fosse tutto ben congeniato. Nel caso in cui Patty fosse andata a
cercare Holly, i fotografi di Garland sarebbero entrati in azione. –
-Cosa c’ètra Oliver
Hutton e Patricia Gatsby? Come faceva Garland a sapere che lei sarebbe corsa
tra le sue braccia? -. Benji tacque. Oramai, non poteva mantenere il silenzio
oltre. Non poteva omettere la parte principale di quell’intricato puzzle.
-Ci siamo conosciuti tutti quando avevamo più o meno undici
anni. Io, Tom e Holly giocavamo nella stessa squadra di calcio e Patty oltre
che essere il capo supporter, era anche la manager della nostra squadra. Ha
sempre avuto un debole per Holly e ben presto, quella sua passione si è
trasformata in amore. Anche quando Holly è partito per il Brasile, lei non ha
mai smesso di amarlo. E nonostante lui non l’avesse mai ammesso, amava molto
Patty. Quattro anni fa, subito dopo il diploma, Patty decise di partire per il Brasile.
Voleva sapere da Holly se doveva continuare ad aspettarlo oppure no. E dopo una
settimana ricca di amore e passione, lei andò via. Holly la lasciò andar via
per consentirle di vivere la sua vita e per non rischiare di rimanere “la
fidanzata del calciatore famoso”. -
-Un gesto nobile! –
-Già, ma Patty non l’ha interpretato proprio nella stessa
maniera. Tornò in Giappone e poi si trasferì a Londra dov’è rimasta. Col
passare del tempo ha cercato di dimenticare Holly ed ha trovato conforto in
Robert Garland. Nel frattempo è anche riuscita ad affermarsi nel suo lavoro. Ha
fatto proprio quello che indirettamente le aveva suggerito Holly: ha trovato la
sua strada. Solo che questo incontro pare aver sconvolto tutto. –
-Non conoscevo questo aspetto di te! – esclamò lei sorridente.
-Che vuoi dire? –
-Tutti ti dipingono come il grande e indistruttibile SGGK ed io
mi sono sempre chiesta se al di là di questi muscoli ci fosse un po’ di
sensibilità! –
-Preferisco non parlare di me! – esclamò ritraendosi a quegli
occhi verdi e indagatori.
-Allora è proprio vero che celi i tuoi sentimenti dietro il
cappellino. –
-Smettila di dire sciocchezze! – le disse quieto e lievemente
imbarazzato. Non aveva mai avuto occasione di discorrere con Kirsten a quella
maniera prima di quel giorno. Si sentiva fortemente attratto da quella donna,
tanto dalle belle curve quanto dalla sua sottile intelligenza.
-Non dico sciocchezze. Io sono come te Benji. Sono
apparentemente forte e indistruttibile. Molti mi chiamano “la giornalista di
roccia” perché cerco sempre di restare al di là di quello che scrivo, per poter
essere più obiettiva e non meno sensibile. E tu sei come me Bendami Price.
Tendi a occultare il tuo essere, le tue emozioni per non dover soffrire. – gli
disse seria e convinta.
Benji la guardò attentamente. Le portò una mano al volto,
proprio come lei aveva fatto prima. Con un rapido gesto, le sue labbra
premettero su quelle carnose di lei. Colta di sorpresa, Kirsten lasciò che quel
contatto improvviso continuasse ad accarezzarla dolcemente. Gli buttò le mani
al collo e ricambiò in maniera appassionata e audace il bacio del portiere.
Benji avrebbe voluto far scivolare le sue mani lungo la schiena nuda e sotto il
costume che così poco lasciava alla sua immaginazione. Richiamato dal vociare di
Cassandra e Bill, si staccò da lei. Si guardarono ancora per un lungo e
appassionato momento.
-Non nascondo i miei sentimenti, quando voglio. Ci vediamo
dopo! Mi raccomando. – le disse prima di voltarle le spalle e correre in
aeroporto.
Kirsten si sfiorò le labbra cercando la sensazione ardente
di quel bacio. Avvertiva ancora il sangue scorrere come un torrente in piena.
Il volto lievemente imbarazzato come quello di un’adolescente al suo primo
bacio. Lei, così avvenente e pronta a qualsiasi situazione, era capitolata come
una ragazzina dinanzi il portiere titolare dell’Amburgo. Lo guardò allontanarsi
sulla passerella che conduceva alle stanze e alla hall.
Aveva ragione: dietro la durezza e l’imperscrutabilità del
suo sguardo di ghiaccio, si nascondeva un cuore che batteva per i sentimenti
veri.
Tom afferrò per mano Gabrielle
cercando di affrettare il passo. Sapeva che non aveva molto tempo e in quel
poco che gli era rimasto, doveva cercare di convincere Patty a non sposarsi.
-Certo che il tuo amico Hollyè proprio un bel tipo. Il grande amore della sua vita si sta per sposare
e lui fugge con la coda tra le gambe! – asserì la francesina seguendo il
fidanzato in quella sfrenata corsa.
-Non lo giudicare male. Holly non ha mai esternato molto i suoi
sentimenti, soprattutto quelli che provava per Patty. Lei gli è stata vicina
nei momenti più difficili dell’adolescenza, vivendo di un amore a senso unico
del quale si nutriva giorno e notte e per il quale si disperava e soffriva.
Tutto sarebbe stato più semplice se Holly le avesse confessato fin dal primo
mento i suoi sentimenti visto che sapeva che quel forte sentimento che lo
legava a Patty era amore. L’ha scoperto quando è partito per il Brasile, quando
gli è venuta a mancare la figura che lo sosteneva e che amorevolmente gli era
stata vicina in tutti quegli anni. -
-Bah….- sospirò seguendolo. Tom arrestò il passo avendo scorto
nell’esclamazione della fidanzata una nota di disappunto.
-Che c’è Gabrielle? – le chiese guardandola attentamente. Lei
abbassò lo sguardo per evitare di incrociare i suoi occhi indagatori. Tom intuì
che le nascondeva ben altri pensieri.
-Cosa provi per lei? – gli chiese diretta e risoluta tornando a
guardarlo. Tom tacque. Non si aspettava quella domanda. Gli occhi azzurri di
Gabrielle sembravano pulsare nell’ardente fiamma della gelosia. La mente era
affollata da mille pensieri e dalle immagini del suo fidanzato tanto vicino a
quella ragazza da consolare.
-Perché mi fai questa domanda? –
-Non evitare la risposta Tom. Cosa provi per Patty? – gli
chiese nuovamente in maniera gelida.
-Patty è una mia amica, ed è giusto che io la aiuti. –.
Gabrielle abbassò di nuovo lo sguardo mentre le lacrime cominciavano a solcarle
le gote. Avvertiva un dolore sordo allo stomaco, una morsa che la stringeva
sempre di più. Tremava e sentiva solo il battito accelerato del suo cuore. Cosa
stava succedendo? Dov’era quell’amore tanto declamato fino a poco tempo prima?
-Ne sei innamorato, vero? – domandò guardandolo furente.
-Gabrielle, ti prego…non è il momento…
-Ho ragione! Eviti di rispondere perché ne sei innamorato! –
urlò in preda al panico.
-Gabrielle, per favore…abbassa la voce…non è il momento di fare
certi discorsi…
-Ed io che pensavo che tu…che tu provassi davvero dei
sentimenti sinceri per me! Sei come tutti gli altri…..anche Benji? Anche lui è
innamorato di Patty? – urlò disperata mentre le lacrime scendevano copiose e
incontrollabili. Tom era lì di fronte a lei, inerte, spiazzato da quella
conversazione che mai avrebbe dovuto esserci. Gabrielle era la sua fidanzata e
aveva bisogno di sentirselo dire.
Patty non sarebbe stata mai
sua….lo aveva capito quando l’aveva incontrata la prima volta a Fujisawa in
compagnia di Holly, quando partì per il Brasile e quando si erano rincontrati
il giorno prima. Lei apparteneva inconfutabilmentea Oliver Hutton, al suo migliore amico…mai e poi mai avrebbe
potuto provare sentimenti di amore per un altro uomo.
-Adesso calmati. Tu sei la mia fidanzata e non Patty! –
-Non è una risposta alla mia domanda! – infierì rossa in volto
per la rabbia. Tom le afferrò le mani tra le sue e gliele baciò cercando di
acquietare l’impeto di gelosia di Gabrielle.
-Quando Holly partì per il Brasile, io e Patty ci avvicinammo
molto. E’ vero, fui vittima di un’infatuazione. E’ difficile non volerle bene.
Stava soffrendo, si sentiva sola e per me, non fu difficile cominciare a
provare dei sentimenti che andavano al di là della semplice amicizia.
Nonostante Holly mi avesse segretamente confessato quello che provava per lei,
ritenevo ingiusto il fatto che Patty non lo sapesse e che per quelle sue
incertezze soffrisse. Lei pensava che a Holly importasse solo del calcio.
Invece no. Oltre il pallone, Holly aveva scoperto di amarla, un affetto nuovo
per lui, mai provato prima e sconosciuto…e proprio perché non sapeva come
affrontarlo, aveva deciso di vivere questa passione in solitudine, senza dirle
nulla….
-E non sarebbe stato più facile dirle che l’amava? – intervenne
non comprendendo i motivi del silenzio di Oliver Hutton.
-Tesoro, ognuno di noi è fatto in maniera diversa. Holly può
affrontare da solo una squadra di undici giocatori e vincere senza problemi…ma
l’amore per lui è sempre stato un limite invalicabile. Così vedeva Patty: per
lui era irraggiungibile. Quando ha scoperto che non si trattava più di semplice
amicizia, non ha avuto il coraggio di dirglielo e ha iniziato a diradare i
contatti con lei, assalito dalla timidezza e dall’incertezza. Ognuno di noi ha
un carattere diverso e affronta le situazioni in maniera differente. E’ stata
Patty a prendere la decisione di andare da lui in Brasile e chiarire tutto. Non
voleva più aspettare. –
-E tu? Tu ne eri innamorato nonostante sapessi che si amavano?
–
-Non è semplice spiegare il sentimento che provavo per lei. Era
sola e indifesa, insicura, triste. Io ero lì, pronto a confortarla. Prima di
andar via, Holly mi chiese di starle vicino, ma mi lasciai trasportare dai
sentimenti rimanendone coinvolto direttamente. Sapevo che Patty non avrebbe mai
potuto amare nessun altro all’infuori di Holly. Tornò dal Brasile affranta e
sconfitta: Holly corrispondeva il suo amore ma l’aveva resa libera perché
cercasse il suo futuro. Mi disse che sarebbe andata a Londra a trovare la
nonna, per le vacanze estive. Non è più tornata in Giappone. –
-E tu…? -
-Quando compresi che non sarebbe tornata, andai in Francia.
Volevo dimenticare quella parentesi malinconica della mia vita. Per tutta la
vita, lei avrebbe amato solo Oliver Hutton. Ne ero certo e lo sono tuttora. Lei
non potrebbe amare nessun altro, Gabrielle, lei è sempre vissuta per lui e di
lui. E per quanto riguarda me, quella passione amorosa adolescenziale per una
cara amica, è passata subito, esattamente come è venuta, ma è rimasto una
grande affetto fraterno. – le disse cercando più una scusa per il suo cuore che
una giustificazione da fornire alla fidanzata.
-Non mi stai mentendo, vero? –
-No. Io amo solo te, e adesso nella mia vita ci sei tu…ed è con
te che voglio stare. L’amore che ho per te non può impedirmi di aiutare una
cara amica nel momento del bisogno. Lei fa parte del mio passato, della mia
vita, di una parte di me che è stata molto felice insieme a quei ragazzi, negli
anni trascorsi in Giappone. Non posso dimenticare il passato o mettere a tacere
i miei sentimenti. Il destino ha voluto farci incontrare qui. Ci sarà una
ragione per tutto questo. E se è vero che Robert sta con lei per i soldi, noi
dobbiamo assolutamente impedire questo matrimonio. –
-E se non ci riusciamo? – gli chiese rincuorata ma non convinta
definitivamente da quelle parole.
-A costo di rapirla, impediremo questo matrimonio. – rispose
sorridente baciandola sulla fronte. – Non aver timore, tesoro, i miei
sentimenti per te non sono affatto cambiati. Per Patty provo una profonda
amicizia. Ma tu sei il mio presente e sarai il mio futuro! – concluse
abbracciandola. Era stato sincero. Provava onestamente quei sentimenti per
Gabrielle ma Patty era stata una parte importante della sua adolescenza, una
parte che gli aveva per sempre strappato un pezzo del suo cuore.
Robert camminava su e giù per la
stanza cercando di far sbollire il suo risentimento. Patty era cambiata
nell’arco di poche ore. La bella modella nipponica stava facendo ostruzionismo
alle nozze.
-Io non capisco! – tuonò guardando in direzione della dormeuse
sulla quale riposava la fidanzata. – Posso sapere cosa diavolo ti ha preso? Da
quando soffri di malinconia fino al punto di sentirti male? – le chiese
aggredendola.
-Non è malinconia, Robert, ti ho detto che non mi sento bene e
preferirei poter rinviare questa cerimonia. – rispose tranquilla.
-Non se ne parla neppure. Ho preparato tutto per farti questa
bellissima sorpresa e tu stai cercando di mandare tutto a monte per un mal di
pancia? –
-Mal di pancia? – domandò lei esterrefatta balzando ritta in
piedi e guardando il fidanzato. Era rosso in volto, la fronte madida di sudore,
gli occhi iniettati di un risentimento a lei sconosciuto. Sembrava molto
accaldato nonostante la camera fosse ben climatizzata.
-Dannazione, Patricia, io voglio sposarti! – urlò afferrandola
per le braccia. Patty sentì quelle mani possenti premere sugli avambracci.
-Lasciami Robert, mi fai male! – lo supplicò con espressione
sofferente. All’ennesimo tentativo di liberarsi da quella presa, il tennista
inglese lasciò la fidanzata guardando le impronte delle sue dita ben ferme e
premute sulla pelle bronzea di lei.
-Dopo tutto quello che ho fatto per te….mi ripaghi a questa
maniera? – le chiese scotendola senza mollare la presa.
-Lasciami Robert o chiamo aiuto! -
-Scusami…ho perso la testa…è che questo matrimonio è davvero
molto importante per me…- sillabò cercando di scusarsi per quell’improvviso
gesto di ira.
-Io non ho un volgare mal di pancia. Sto male Robert…Ed ho
delle fitte al basso ventre…e temo ci possa essere qualche complicazione per il
bambino. –
-Non dire sciocchezze…non metterti strani pensieri in testa.
Quando torneremo a Londra, Cassie ti farà visitare in ospedale dove ti
tranquillizzeranno. Cassandra dovrebbe averti prescritto delle pillole. Bene,
prendi quelle così ti sentirai meglio. –
-Non hai pensato ai miei sentimenti? Forse vorrei sposarmi
normalmente, in una chiesa accompagnata all’altare da mio padre! –
-Lascia perdere certe sciocchezze. E’ una stupida tradizione.
Per te ho organizzato un matrimonio sulla spiaggia. Ho fatto venire i nostri
testimoni direttamente da Londra. Hai idea di quanto mi sia costato tutto
questo? E tu vuoi mandare a monte le nozze per un mal di pancia e per delle
insulse tradizioni? In quella scatola c’è il necessario per la cerimonia. Alle
due dovrai essere pronta sulla spiaggia. – le disse severo e irremovibile.
Robert non avrebbe cambiato idea circa il matrimonio. Il suo desiderio di
sposarla era talmente forte che rasentava l’ossessione. Patty ne provava quasi
timore. Lo scrutò in volto cercando una minima umanità in quegli occhi adesso
divenuti gelidi.
Dov’era il ragazzo nelle cui
braccia si era rifugiata per dimenticare Oliver Hutton? Tremava come una
foglia. Il bambino. Aveva ragione Robert. Dovevano sposarsi per dare una
famiglia a quella creatura, frutto della loro unione. Era colpa sua se era
successo tutto questo. Non si era evidentemente cautelata abbastanza per
evitare una gravidanza che l’avrebbe unita indelebilmente al tennista inglese.
Si sentì pervadere nuovamente dall’angoscia e dai timori che quel matrimonio stava
comportando. Le sue incertezze si stavano trasformando in paure.
-Holly, amore mio! – pensò serrando le palpebre nel
disperato tentativo di rievocare il suo sorriso quieto e sereno. Quanto
desiderava potersi rifugiare nel suo caldo abbraccio, sentire le sue labbra
morbide sulla pelle, provare quei brividi che a diciassette anni li aveva
uniti, facendola diventare donna, provando l’essenza pura dell’amore con
l’unica persona che il suo cuore desiderava e sempre avrebbe smaniato.
-Adesso torno nella hall a sistemare le ultime cose. Comincia a
prepararti. Non manca molto. Ti manderò a prendere da Bill. Lui ti accompagnerà
all’altare che stanno allestendo in spiaggia. – le disse imperioso
richiudendosi la porta alle spalle. Patty lo vide sparire e oltre l’incessante
palpitare del suo cuore. Non udì altro. La foga e la rabbia con cui aveva
reagito Robert, l’avevano profondamente turbata.
Dall’altra parte del corridoio,
Tom e Gabrielle scorsero la figura di Robert allontanarsi dalla suite che
divideva con la fidanzata.
-Speriamo di non essere arrivati troppo tardi per fare
qualcosa. Non mi sembra abbia un aspetto piacevole. –
-Pensi che Patty crederà alle supposizioni di Kirsten? –
-Non ne ho idea, ma se non le riferiamo esattamente come stanno
le cose, molto probabilmente sposerà quel bastardo e ne pagherà le conseguenze.
–
-Che storia intricata. Pensavo esistessero solo nelle
telenovele sudamericane. –
-Errato. Sono più comuni di quanto noi si possa credere.
Speriamo che Patty sia in camera! – disse poi bussando ripetutamente all’uscio.
All’ennesimo tentativo, non ricevendo risposta, Tom girò la maniglia e la porta
si aprì.
-Patty ci sei? – chiese Tom entrando lentamente seguito da
Gabrielle. Temeva che in preda allo sconforto per la perdita di Holly, Patty
potesse commettere qualche atto insano. Guardò il corpo esanime, riverso sul
pavimento della camera da letto. Il profilo mostrava un colorito pallido. Gli
occhi sgranati e un nodo alla gola: Tom tremava pensando al folle atto che
aveva potuto compiere l’amica.
-O Santo cielo. Gabrielle corri! – esclamò poi facendo leva
sulle ultime forse rimaste.
-Patty! Patty rispondimi! – urlò Tom in preda al panico
scotendo il corpo dell’amica. Gabrielle le prese il polso tra le mani. Patty
giaceva priva di sensi.
-C’è il battito. Sembra svenuta. – disse avvicinando l’orecchio
al volto della ragazza. – Respira Tom. Mettila sul letto. – gli disse incitando
il fidanzato a prendere in braccio il corpo dell’amica.
-Holly! Holly, aiu…tami…ti…prego. Non…andar via! –
sibilò con il poco fiato che le rimaneva in corpo.
-Vaneggia. Patty, forza…riprenditi! – rimbeccò Tom movendole le
spalle. Gabrielle non staccava gli occhi dalla ragazza. Vedendola in quello
stato, in lei era scomparso tutto il risentimento e la gelosia provate poco
prima. Sentendola nominare il nome del ragazzo che amava, comprese quale
fondamento reale ci fosse nelle parole che le aveva detto Tom. Patty amava
intensamente Holly e nessuno l’avrebbe mai sostituito nel suo cuore e nella sua
mente. Non aveva mai provato una sofferenza del genere ma cominciava a
comprendere quale dolore stesse provando l’avvenente top model nel portare in
grembo il figlio di un uomo che lei non amava.
Dopo ripetuti tentativi,
finalmente Patty aprì gli occhi. Schiuse le palpebre più di una volta prima di
focalizzare i volti preoccupati di Tom e Gabrielle che la scrutavano con
sguardi inquieti e timorosi.
-Patty…cos’è successo? Come stai? – le domandò ancora tremante
per il forte spavento preso. - Ho visto andare via Robert e quando ho aperto la
porta eri riversa sul pavimento! – le disse Tom con dolcezza cercando di non
incuterle timore ed imbarazzo per una situazione si tanto spiacevole.
-Io…non lo so. Stavo discutendo con Robert. Poi lui è andato
via…sono rimasta da sola…e la stanza ha cominciato a girarmi intorno…ho sentito
un forte fischio nelle orecchie, assordante direi…la luce è venuta meno e poi
non ricordo più nulla. –
-Sei svenuta. Probabilmente l’alterco che hai avuto con Robert
ha alimentato lo stato ansioso e forse hai avuto anche un calo ipoglicemico.
Adesso…hai davvero bisogno di un controllo in ospedale. – aggiunse Gabrielle
con fare medico. Andò verso il frigo bar e ne prese un succo di frutta. Lo
aprì, ne versò una parte in un bicchiere e lo porsea Patty.
-Tieni. Hai bisogno di zuccheri. Sorseggia lentamente! – le
disse sorridendole. Patty la guardò e notò alcune ombre nei suoi occhi azzurri.
-Mi dispiace darvi tanti problemi. Vi sto rovinando la vacanza.
– pronunciò dopo due piccoli sorsi. - No…io non posso…andare in ospedale! –
esclamò drizzandosi a sedere sul letto. Si portò una mano al capo ancora in
stato confusionale.
-Tu non stai bene Patty. Da quando ti ho vista, la situazione è
peggiorata. Se non vuoi che ti ci porti di forza, andiamo in ospedale. Ti
faccio fare un prelievo di sangue…anzi…te lo faccio io e lo analizziamo subito.
E in più, faremo anche un’ecografia così ci tranquillizzeremo tutti sulla
salute del bambino. –
-Devo avvertire Cassandra. –
-No. – rispose imperioso Tom. Patty sussultò e guardò l’amico
non comprendendo quella sua esclamazione risoluta. – Ehm…volevo dire che non è
il caso. Non c’è il tempo materiale. Fidati di Gabrielle. Ha una buona
esperienza e sono sicura che riuscirà ad esserti di maggior aiuto. – aggiunse
accarezzandole i capelli. Patty lo guardò attentamente scorgendo un alone di
mistero nei suoi occhi nocciola.
-Tom…che sta succedendo? – gli chiese sapendo che era la
domanda giusta da fare in quel momento.
-Mi stai mentendo. Te lo leggo in volto. Dov’è Benji? – domandò
preoccupata. Tom guardò Gabrielle cercando complicità.
-Allora? Posso sapere cosa sta accadendo? – gli chiese
nuovamente con tono sostenuto. Il calciatore del Paris Saint Germain chinò il
capo.
-Patty…è una storia lunga…forse è meglio se chiamiamo un taxi e
andiamo in ospedale…te la racconteremo strada facendo. –
-Non posso andare in ospedale…tra un po’ devo sposarmi. – disse
intimorita dalla reazione di Robert alla sua eventuale assenza.
-La tua salute è più importante di questo matrimonio. Tom,
chiama la guida egiziana e il taxi. Verrà con noi così potrà parlare la stessa
lingua del personale medico. – rimbeccò Gabrielle mettendo a tacere Patty. Lei
la guardò meravigliata cercando spiegazioni nel mare azzurro dei suoi occhi. La
francesina le sorrise e le prese le mani tra le sue.
-Sta tranquilla. Andrà tutto bene! – aggiunse poi.
Dopo circa dieci minuti, il taxi
era fuori dall’albergo in attesa che Patty, Tom, Gabrielle e Samir, la guida
egiziana, raggiungessero il più vicino ospedale per un veloce controllo medico.
Per non destare preoccupazioni, Patty lasciò un biglietto a Robert dicendogli
che sarebbe andata a fare un massaggio prima di prepararsi per il matrimonio.
Aveva bisogno di guadagnare tempo e di non insospettire il fidanzato
ulteriormente.
Il telefono di Tom squillò.
Guardò il numero sul display e lo riconobbe immediatamente.
-Dimmi Benji! –
-Hai trovato Patty? Le hai detto della storia di Robert
Garland? –
-Non ancora! – rispose mentre le ragazze salivano sul taxi.
-E cosa diavolo stai aspettando? Che Garland se la sposi? –
-Stai calmo…sei sempre il solito impulsivo…L’abbiamo trovata
svenuta nella sua stanza. Io e Gabrielle la stiamo accompagnando di nascosto in
ospedale. –
-Adesso come sta? –
-Sta meglio. Gabrielle dice che può essere stato un calo
ipoglicemico probabilmente dovuto all’agitazione e alla gravidanza, forse anche
al caldo. Tuttavia ho notato dei segni sulle braccia. Come se qualcuno l’avesse
afferrata con forza. –
-Garland non lo sa? – gli chiese per conferma.
-No….ci manca solo quello. Non approverebbe visto che la sua
dottoressa personale è qui al resort. Prima di arrivare da Patty, l’abbiamo
visto uscire dalla sua stanza. Devono aver litigato perché non mi sembrava di
buon umore. –
-Maledetto bastardo. Trattare così una donna. Senti Tom…ho
avuto un’idea per guadagnare un po’ di tempo. –
-Che vuoi dire? –
-Affida le ragazze alla guida egiziana e mandale in ospedale.
Cerca Kristen e insieme andate dal direttore dell’albergo. Inventate una scusa,
ma fate in modo che vi dica chi celebrerà le nozze. Trovatelo e corrompetelo! –
-Tu devi essere impazzito. Vuoi che corrompa un prete? –
-Tom, siamo in Egitto, non in Europa…qui non ci sono preti.
Garland si starà affidando a qualche altro personaggio con diritto a celebrare
nozze come queste! Tipo i funzionari che ci sono a Las Vegas. Se ha potuto
pagarlo lui, tanto più possiamo noi. –
-Ho capito cos intendi fare. E’ un ‘ottima idea! – aggiunse
complimentandosi con l’amico per la brillante intuizione che aveva avuto. –
Dove ti trovi adesso? –
-Sono quasi arrivato all’aeroporto. Dannazione fa un caldo tale
che quando tutta questa storia sarà finita, ti giuro che spedisco Holly in
Lapponia vestito con le sole mutande! -. Tom rise al sarcasmo del portiere
nipponico e chiuse la comunicazione. Guardò le due ragazze a bordo del taxi
insieme a Samir.
-Samir…mi fido di te. Riportamele non appena avranno terminato!
–
-Certamente! – esclamò accettando i cinquanta euro che Tom gli
aveva offerto come mancia.
-Tu non vieni, mon amour? – chiese Gabrielle sporgendosi
dal finestrino.
-Ho appena finito di parlare con Benji. Ha avuto una bella
idea…ma ho bisogno di Kirsten per realizzarla. La tua amica sarà più utile del
previsto. Siete in buone mani. Samir vi scorterà. Non temete! – disse loro sorridendo.
Patty non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Si sentì improvvisamente
persa senza quella figura che ancora una volta era apparsa al suo fianco per
proteggerla.
Il tassista uscì dalle mura del
beach resort lasciandosi alle spalle l’imponente e lussuosa struttura
turistica.
Un ringraziamento a tutti i lettori, ke assidui stanno
seguendo la mia storia e un pensiero specialea Alex Kami e a Stormy. Per tutti: non smettete mai di scrivere, anke se
vi arrivano recensioni poco costruttive e poco piacevoli. Fatelo per voi stessi
e per non porre un veto alla libertà di espressione. Baci a tutti, Scandros
Anche questo capitolo è concluso. Ringrazio tutti coloro che mi stanno
seguendo con affetto. Un pensiero speciale ad Alex Kami ke mi sta seguendo
nonostante le sue trasferte di lavoro. Un pensiero dolcissimo a Stormy ke sta
realizzando un capolavoro! Il capitolo doveva comporsi di un’ultima parte
dedicata a Tom e Kirsten: ho desistito per non dilungarmi troppo. Li
ritroveremo nel prossimo capitolo, nel quale la nostra Patty apprenderà una
“tragica” notizia! Buona lettura a tutti, Scandros
Tradimento
d’amore
Matrimonio: atto II
Capitolo 10
L’autista egiziano, vestito dei tipici indumenti locali,
sorrideva al passeggero con espressione beata. Benji non poté fare a meno di
notare la colorita e scarna dentatura dell’uomo. Ogni tanto, eccitato dalla musica
orientale, lasciava il volante e batteva le mani allegramente. Il portiere
nipponico continuava a guardarlo in un profondo stato di agitazione, temendo
per la propria incolumità a seguito della guida spericolata dell’egiziano. (1)
-Dannazione, Holly, ti giuro che se non ti trovo adesso, ti
cercherò ovunque e quando ti troverò di metterò io stesso la testa sotto la
sabbia. Possibile mai che ti voglia arrendere a questa maniera? Proprio tu che
ti sei sempre rialzato quando tutto sembrava perduto? Stai perdendo per sempre
la donna della tua vita, stai lasciando che quel figlio di puttana di Garland
se la sposi solo per puro interesse.Non ci posso credere! E’ tutto così
assurdo. Non può finire così, non tra te e Patty! Ho sempre pensato che alla
fine avreste coronato il vostro sogno d’amore…e invece…la vostra cocciutaggine
e un orgoglio che avete tirato fuori da chissà dove, vi sta portando alla
deriva.
-Proprio come i miei genitori. E’ bastato un equivoco e
un’insulsa gelosia per farli separare. Avevo solo sette anni e da allora, vivo
per il mondo seguito solo da Freddy Marshall. Anonime e fredde cartoline di
auguri, telefonate impersonali…da quanto tempo non vedo mia madre? Tre anni. E
mio padre? E’ in giro per il mondo, sulla sua barca a vela, accompagnato da una
hostess americana conosciuta a Hong Kong. Che strazio…che schifo di vita! Holly
e Patty si amano, porca miseria, e non è giusto che tra loro finisca così!Speriamo
solo che Tom e Kristen riescano a fare quello che gli ho detto.
-Kristen. Caspita. Ma cosa mi ha preso? L’ho baciata con
tanta foga e…l’ho desiderato immensamente! Bramavo poter toccare quelle labbra
rosse così sensuali. Il corpo di quella donna mi manda in visibilio. E
poi…spero solo di non dover inseguire lei quando tutta questa storia sarà
finita. Nascondere i miei sentimenti! Cosa mi tocca sentire. – pensò mentre
cominciava a distinguere nitidamente i cartelli che indicavano l’approssimarsi
dell’aeroporto internazionale di Hurghada. Il tassista entrò nell’area
destinata alle partenze dei voli e arrestò la sua corsa; contrattò il pagamento
della tratta con il portiere, e quando quest’ultimo fu sceso, si allontanò
velocemente verso il terminal destinato agli arrivi.
Senza badare alla nutrita e
armata sorveglianza, Benji cominciò a cercare Holly tra le persone in coda ai
check-in. Correva nel limite del possibile, cercando di non destare la
preoccupazione della vigilanza e procurarsi così eventuali problemi che
avrebbero solo potuto rallentare le sue ricerche. I turisti oltre i check in si
apprestavano al controllo documenti e al passaggio nella zona di partenza.
Benji scorse tra le persone in fila, il volto mesto del suo caro amico. Si fece
strada tra la folla chiassosa cercando di fermarlo prima del suo passaggio.
-Hollyiiiiiiiiiiiiiiiiii! – urlò nel disperato tentativo di
farsi sentire. – Hollyiiiiiiiiiiiiiiii! Maledizione giratiiiiiiiiiiiii. – gridò
alzando il braccio per farsi vedere dall’amico. Attirato dalle urla di Benji,
il cannoniere del Barcellona si voltò indietro e riconobbe il portiere dallo
sguardo più adirato che contento. Benji continuò a chiamarlo con insistenza fin
quando non vide il connazionale incedere verso di lui trascinando dietro di se
il bagaglio.
-Benji! Che ci fai qui? – gli chiese con sguardo vacuo. Il
portiere sentì l’ira farsi strada dentro di se. Sentiva il sangue snodarsi
velocemente nelle vene fino a pulsare nelle tempie. Gli occhi si strinsero in
uno sguardo infiammato. Senza pensarci due volte, strinse le dita in un pugno
che colpì sonoramente l’attaccante nipponico in pieno volto facendo cadere gli
occhiali da sole sul pavimento di linoleum.
-Sei impazzito! – urlò Holly portandosi una mano alla guancia
dolorante e abbassandosi a raccogliere gli occhiali.
-Non sono impazzito ma se adesso non mi segui, giuro che
commetto un omicidio in terra straniera. –
-Ma che diavolo ti prende? Il caldo ti ha fatto male alla
testa? – chiese Holly quasi sarcastico. Il dolore sordo del pugno in volto,
cominciava a farsi strada con un lento e persistente bruciore.
-Apri bene le orecchie codardo! –
-Adesso basta! Non ti permetto di chiamarmi codardo! – rispose
colpito nel suo ego.
-A no? E come lo chiameresti tu, uno che abbandona la sua donna
e gli amici per correre a casa con la coda tra le gambe? –
-Smettila Benji. –
-No, adesso tu mi ascolti e vieni con me. –
-Devo prendere il volo che parte tra poco. Se non mi muovo
perderò l’imbarco! –
-Con i soldi che hai, puoi noleggiarti un aereo privato. – gli
rispose secco. – Tu non vai da nessuna parte se prima non torni con me al
resort! –
-Non ne ho alcuna intenzione. Voglio solo tornarmene in Spagna.
–
-Sei un vigliacco, un debole. Non credevo che fossi diventato
così Holly! Non pensavo che sarebbe stato sufficiente un bastardo come Garland
a farti scappare a gambe levate! –
-Io non sto scappando! –
-A me sembra il contrario invece! – rimbeccò sonoro. Una
piccola folla di persone li ascoltava curiosa, in un dialogo nipponico del
quale comprendevano ben poco. – Devi venire con me se non vuoi che Patty ne
paghi le conseguenze. Davvero vuoi che sposi Garland? –
-E’ una sua scelta. – rispose col capo chino e voce mesta.
Benji gli mise le mani sulle spalle cercando di tranquillizzare il suo cuore in
tempesta.
-Garland non la merita. Quel bastardo la vuole sposare solo per
interesse. –
-Ma che dici? –
-E’ così Holly. E’ vero, Patty è risentita con te perché non
l’hai fermata quando è andata via dal Brasile, ma credimi, lei ti ama ancora.
L’ha ammesso a Tom. Lei non potrà mai smettere di amarti e se solo tu credessi
nelle tue possibilità, in una riappacificazione, tutto questo non sarebbe
successo. Holly, tu devi fermare questo matrimonio. –
-Non posso. –
-Allora non hai capito niente! – urlò esasperato. - Quello se
la vuole sposare per i soldi, non per amore! Davvero vuoi che la tua Patty viva
una vita del genere? –
-Ci ho provato Benji. Le ho detto che la amo ancora…cos’altro
posso fare se nella sua vita adesso c’è Garland! – rimbeccò con gli occhi
lucidi. Stava palesemente soffrendo e non aveva più la forza per combattere.
Oliver Hutton stava deponendo le armi nella sua personale battaglia d’amore. –
Pensi che a me faccia piacere sapere che la donna che amo sposerà un altro?
Dovrei essereun sadico per trovare
piacere in una cosa del genere. Sto soffrendo come un cane bastonato, Benji e
non riesco a trovare la forza per reagire. E comunque, - aggiunse con tono più
pacato, - lei ha diritto ad essere felice e se quella gioia non gliela posso
dare io, è giusto che la trovi in un’altra persona, anche se si tratta di
Garland. – disse voltandogli le spalle. Un gelido silenzio calò tra i due
amici. Era una dichiarazione di arresa. Holly stava deliberatamente gettando la
spugna per amore di Patty. Quello che aveva fatto quattro anni prima, lo stava
facendo ancora una volta. Se in Brasile, aveva agito perché lei potesse trovare
la sua strada, in Egitto la stava lasciando a Robert Garland, che se anche non
le avrebbe dato amore, l’avrebbe quanto meno fatta vivere in un clima di
serenità.
-Holly…non commettere questo errore. Non ti arrendere! Perché
dovete continuare a soffrire inutilmente? Patty sta male! –
-Anch’io sto male, Benji…cosa credi che per me sia una
passeggiata? Avete sempre pensato che me ne fregassi della sua presenza! Vi
sbagliavate tutti quanti. Ho sempre considerato Patty come parte di me stesso.
Non volevo ammetterlo, ma lei era…era come l’aria che respiravo…non ne potevo
fare a meno. Quando sono partito per il Brasile, avete pensato tutti quanti che
l’avevo abbandonata in Giappone! Ma qualcuno di voi ha pensato che forse stavo
soffrendo anch’io per quella separazione? No, nessuno. Mi avete sempre
appellato come lo stupido della situazione, come quello che non capiva niente
di sentimenti…ma porca miseria Benji anche io ho un cuore e quella separazione
è stata dura anche per me.
-L’ho amata intensamente per anni, il nostro amore è maturato
nel tempo senza che io lo sapessi e quando finalmente l’ho avuta, quando ho
trovato lo stramaledetto coraggio per dirglielo, lei mi ha posto delle scelte.
Ed io ho scelto per lei, perché potesse essere felice e non per farla vivere
nella mia ombra.
-Cosa credi che abbia fatto in questi quattro anni? Che mi sia
sbattuto le ragazzine che ogni giorno mi si prostravano ai piedi in cerca di
qualche ora di sesso con la stella emergente del calcio internazionale? Ho
sempre sperato che alla fine noi due tornassimo insieme…..ad amarci. – gli
disse con il volto contratto dallo spasimo.
-Tu che fai tanto il saccente, hai idea di cosa abbia potuto
provare quando ho letto quella notizia sul giornale? Stanotte mi ha raggiunto
sulla spiaggia. Era arrabbiata con me…e ne aveva le ragioni…Abbiamo fatto
l’amore Benji! Tra un urlo e l’altro, abbiamo ceduto alla passione..non perché
l’ho obbligata, ma perché in fondo ai nostri cuori lo volevamo entrambi.
Desideravamo ancora possederci, essere l’uno dell’altra come era successo in
Brasile….In questi quattro anni non c’è stato giorno che non abbia desiderato
risvegliarmi con lei accanto, trovare il suo sorriso sugli spalti, sentire il
suo respiro accanto al mio. Stanotte, ho pensato che forse c’era ancora una
speranza per recuperare quel tempo perduto, la dolcezza e la complicità della
nostra adolescenza, la passione scoperta in Brasile.
-Ci siamo addormentati sulla spiaggia e quando si è svegliata,
ha pensato soltanto che aveva tradito Garland. Io sono passato in secondo
piano. Un verme, uno stupido…ecco come mi sono sentito. Folgorato da un amore
che sembra dover portare solo scompiglio nella mia vita! Mi ha ricordato, che
nonostante tutto…lei deve sposare Garland. – gli disse con sguardo adirato verso
quegli eventi che ostili continuavano ad imbattersi sul suo cammino e su quello
di Patty. Benji tacque. Non sapeva cosa dire all’amico, come convincerlo a fare
marcia indietro e a cercare di salvare Patty da quel matrimonio. Gli poggiò una
mano sul braccio. Un gesto affettuoso, poco consono al gelido e imperturbabile
portiere nipponico.
-Adesso più che mai ha bisogno di te. – sibilò guardandolo
dritto negli occhi.
-Anche io ho bisogno di lei, Benji…la amo con tutto me stesso
ma lei non mi appartiene più…non mi è mai appartenuta! – rispose soggiogato.
-Holly…Patty…é…é
incinta. -. Le sue ultime parole risuonarono forti e ridondanti nella
mente. In pochi istanti, le immagini della adolescenza, di quella ragazzina che
con amore e devozione l’aveva seguito, di quella giovane che era salita su un
volo che l’avrebbe portata in Sud America alla ricerca del suo amore perduto,
balenarono confuse dinanzi i suoi occhi. E poi…impietoso, cruento, il volto di
Patty accanto a Robert Garland e infine, quell’ultima notizia che risuonava
come un fendente mortale. Avvertì una fitta al cuore, come se qualcosa di molto
intimo, profondo, si stesse lacerando nel suo corpo. Strinse le dita in due
pugni serrati. Abbassò lo sguardo per non incrociare quello di Benji. Inforcò
gli occhiali da sole e strinse la maniglia del trolley. Senza guardare oltre
l’amico fraterno, senza indugiare ancora, si diresse verso il gate delle
partenze in attesa di prendere l’aereo che l’avrebbe riportato in Spagna. Benji
lo guardò mentre si allontanava, inerme, certo oramai, di non poter fare più
nulla per riportare Holly sui suoi passi.
-Povero capitano! – sibilò mortificato per quella notizia
sconvolgente di cui era stato messaggero.
La guida egiziana cui Tom le
aveva affidate, le condusse nel pronto soccorso dell’ospedale più vicino. Alla
sua richiesta, un’infermiera soccorse le due straniere con una sedia a rotelle.
Patty, stranita dalla tensione e dallo svenimento di cui era stata vittima, si
abbandonò sulla sedia, cercando un po’ di solitudine per poter pensare a quello
che doveva fare. Gabrielle spingeva alacremente la sedia, seguendo l’infermiera
e Samir. Entrarono in una stanza di ampie dimensioni, arredata con un lettino
medico, una scrivania e una sedia, piccola strumentazione medica idonea alle
analisi dei prelievi di sangue, alla misurazione della pressione, un
microscopio e un vecchio ecografo che in Europa era oramai dimesso da decenni.
Alcuni tavolinetti di metallo e un armadio con cassetti a vista completavano
l’arredamento. Doveva trattarsi del pronto soccorso di quel piccolo ospedale. I
muri erano rivestiti di mattonelle scadenti dalle tonalità tendenti al verde.
L’infermiera si allontanò riferendo a Samir che sarebbe andata a chiamare il
medico di turno. La guida riferì il messaggio alle ragazze e disse loro che
attendeva in corridoio fino al termine della visita.
Gabrielle si guardò intorno
cercando del panno carta per pulire il lettino sul quale far sdraiare Patty. La
top model nipponica aveva lasciato il posto ad un’adombrata donna in preda ai
malori della gravidanza e all’ansia. Samir disse loro che Patty poteva
stendersi in attesa che arrivasse un medico. La francesina stese del panno
carta sul lettino e aiutò Patty a sdraiarsi.
-Mi dispiace, Gabrielle! – esclamò chiudendo gli occhi in cerca
di quiete.
-E di cosa? – finse avvicinandosi sorridente.
-Di aver sconvolto la tua vacanza e quella di Tom. Sono entrata
burrascosamente nella tua vita destando non poche attenzioni nel tuo fidanzato
e ti capisco se provi un po’ di risentimento per me! –
-Cos’è questa? Una crisi di pessimismo o di vittimismo? –
chiese Gabrielle sarcasticamente, ben sapendo quanta verità celassero le parole
della modella orientale. Patty abbozzò un lieve sorriso.
-Già! No, non è ne pessimismo ne vittimismo. E’ solo la
consapevolezza di aver combinato un gran guaio in poche ore. Sono donna anche
io e se il mio fidanzato si preoccupasse più di un’amica che per me, beh….non
ne sarei molto contenta. Perché Tom e Benji non sono con noi? – le chiese
sperando che finalmente le raccontasse qualcosa. Gabrielle tacque e Patty
comprese che le stava nascondendo qualcosa.
-Perché penso che tutto questo abbia a che fare con il
matrimonio? – le chiese raccogliendo le ultime forze rimaste.
-Senti Patty…non è il momento giusto per parlarne. Tra un po’
arriverà il medico per visitarti. Devi stare tranquilla. –
-Mi stai nascondendo qualcosa. Allora ho ragione! Vogliono
impedire il matrimonio! – esclamò portandosi una mano alla bocca per nascondere
l’evidente sgomento verso quella sua più che fondata supposizione. La
francesina tacque ancora e Patty comprese che aveva ragione.
-Perché? Perché vogliono che io non sposi Robert? – le domandò
sperando in fondo al cuore, che riuscissero ad impedire le nozze. Lei non aveva
avuto il coraggio e la forza di opporsi al volere di Robert, di confessargli il
tradimento di cui era stata artefice.
-Ehm…non è il momento di parlarne….sta arrivando la dottoressa!
– le disse guardando la donna bionda, sulla quarantina, che aveva appena fatto
il suo ingresso nella stanza. Gabrielle scrutò la donna denotando in lei i
tratti somatici tipici europei. Alta più o meno quanto lei, fisico esile
coperto dal camice bianco, i capelli lunghi raccolti in una treccia
biondissima, gli occhi scuri e profondi. Il medico chiese a Patty come si
chiamava con un inglese vagamente francesizzato.
-Lei è francese? – le chiese Gabrielle sperando che in quella
caotica situazione, avrebbe potuto trovare un’alleata in quel medico. Durante
il tragitto dal beach resort all’ospedale, aveva pensato a cosa raccontare a
Patty per non confessarle subito le congetture e le convinzioni di Tom e Benji.
-Sì, anche lei? – chiese sorridente alla connazionale
destandole da fugaci pensieri.
-Sì, io sono di Parigi. Sono una tirocinante in medicina dello
sport e assistente alla squadra di calcio del Paris Saint Germain. –
-Mi fa piacere vedere una mia connazionale. Sono Suzanne
Verdian, responsabile di questo ospedale. E sono di Marsiglia. – le disse
tendendole la mano in segno di educazione.
-E’ strano incontrare un medico francese da queste parti! – le
disse tradendo la sua curiosità.
-Mio marito è egiziano. Mi piace vivere qui, il clima è sempre
mite e la gente è squisita. Niente globalizzazione occidentale e consumismo. Al
di là del turismo, qui si vive benissimo. Come mai siete venute? La sua amica
non mi sembra francese. –
-Infatti, dottoressa. E’ giapponese ed accusa forti fitte al
basso ventre. Circa un’ora fa è svenuta, probabilmente a causa del caldo e di
un calo ipoglicemico. –
-Capisce il francese? –
-Sì. Parla scorrevolmente sia il francese sia l’inglese. –
-Benissimo. – aggiunse avvicinandosi al lettino. - Sono la
dottoressa Verdian. Mi può dire dove sente dolore? – le chiese tastandole prima
la pancia e poi scendendo man mano verso il ventre.
-Ah! – esclamò Patty al tocco del medico.
-Dottoressa, la mia amica è in stato interessante! – disse
Gabrielle. Suzanne alzò lo sguardo verso la francesina e sospirò.
-Uhm…da quanto? –
-Tre, quattro settimane al massimo! – rispose Patty con il
volto contratto dalla sofferenza.
-Ed è sicura di essere incinta? – le chiese impensierita.
-Sì. E’ capitato per caso. Stavo seguendo una cura antistress e
un giorno sono svenuta. Il mio fidanzato mi ha portata in ospedale, e una sua
amica, medico ginecologo, mi ha fatto tutti gli accertamenti e il test di
gravidanza…da cui è risultato che sono…sono incinta! – ammise sconfortata.
-E da quanto tempo ha queste fitte al basso ventre? – le chiese
accendendo l’ecografo per controllare che la gravidanza stesse procedendo nel
migliore dei modi.
-Da quando ho scoperto di essere incinta. –
-E non si è rivolta al suo medico? – le domandò cercando di
fare una anamnesi della paziente.
-Sì, alla stessa ginecologa, amica del mio fidanzato. Mi ha
dato delle pillole omeopatiche. Mi ha detto che si tratta di uno stato ansiosi
dovuto allo stress e alla gravidanzae
mi ha prescritto una cura omeopatica. –
-Soffre di diabete? – le chiese ascoltando la paziente con
attenzione.
-No, perché? –
-Perché spesso, durante una gravidanza sopraggiunge il diabete
gestazionale. Il che spiegherebbe cali ipoglicemici, sdoppiamento di vista,
svenimento. – aggiunse in tono professionale. – Prende qualche farmaco a parte
le compresse omeopatiche? –
-Solo quelle. Continuo a prenderle perché me lo ha consigliato
la mia dottoressa. Trattandosi di una cura omeopatica, mi ha detto che non può
nuocermi. –
-Questo non è affatto vero. Se un infartuato assumesse delle
pillole omeopatiche ma eccitanti, lederebbero comunque al suo stato di salute.
Si ricorda il nome delle pillole? – le chiese facendole cenno di spogliarsi per
poterle fare un’ecografia.
-No, mi spiace….-
-Io ne ho una! -. Suzanne e Patty guardarono Gabrielle. – Ti è
caduta dalla borsa, stamattina ed io l’ho raccolta. Senza accorgermene l’ho
messa in tasca. –
-Posso vederla? – chiese a Gabrielle con sguardo indagatore.
Senza attendere, Gabrielle si avvicinò al medico mostrando il piccolo confetto
rosa che aveva sottratto a Patty.
-Ma certo, eccola! – rispose allungando la mano verso la
dottoressa. Suzanne prese tra le dite la piccola pillola rigirandola sui
polpastrelli.
-C’è qualcosa che non va? – le chiese Gabrielle denotando
un’espressione poco convinta sul volto del medico.
-Solitamente i farmaci sono contrassegnati da un marchio oppure
da un simbolo, in maniera tale da renderli riconoscibili e poter facilmente
risalire alla loro composizione. Signorina, si ricorda il nome di queste
pillole? –chiese nuovamente
rivolgendosi a Patty.
-Mi dispiace. Non le ho comprate. Me le ha date il mio medico!
– rispose pensando a Cassandra.
-Uhm…e non ricorda la confezione? –
-No, me le ha date in un portapillole da borsa. –
-Capisco. – disse poi accendendo l’ecografo. Sparse del gel sul
ventre di Patty che sussultò a quel contatto freddo. Patty aveva il cuore in
gola ed era tesissima. Temeva che quelle fitte avessero qualcosaa che fare con lo stato di salute del feto.
Gabrielle le si avvicinò e l guardò notando l’espressione angosciata del suo
volto.
-Dovrei essere arrabbiata con te perché temo che tu possa
portarmi via Tom! E’ invece, mi fai compassione e sento che hai bisogno
d’aiuto. I tuoi occhi sono così spenti e tristi. Stai soffrendo più
psicologicamente che fisicamente…ed è così evidente. Non ti ho ancora detto
quello che ci ha riferito Kirsten. Probabilmente non crederai a quello che ti
dirò. Se te l’avessi detto prima, ti saresti sicuramente opposta a questa
visita. – pensò Gabrielle non distogliendo lo sguardo dal volto contratto
della top model.
-Uhm! – esclamò la dottoressa guardando attentamente sul
monitor dell’ecografo.
-C’è qualcosa che non va? – le chiese Patty allarmata
dall’intonazione di quella esclamazione. Gabrielle guardò la collega
impensierita anche lei.
-Non capisco! – rispose in maniera riduttivae inquietante per le due ragazze. Senza
rispondere alle due straniere, Suzanne Verdian proseguì nel suo esame non
allontanando lo sguardo dal video.
-Dottoressa, per favore, mi dica qualcosa. Come sta il feto? –
le chiese ad alta voce tradendo l’ansia del momento. Suzanne guardò Gabrielle.
-Le dispiace accendere il microscopio? –
-Dottoressa, non mi ha ancora detto cosa sta succedendo! –
-Si calmi, per favore. – le disse con tono dolce e comprensivo.
-A cosa le serve il microscopio? – chiese osservandola
attentamente mentre si allontanava dal lettino e si accingeva a osservare qualcosa
all’apparecchio.
-Voglio capire se a darle queste continue fitte sono le pillole
che assume oppure no. Potrebbe anche essere intollerante ad uno degli elementi
di cui queste pillole sono costituite. E’ allergica a qualcosa in particolare?
–
-No, che io sappia. –
-Senta! – esclamò poi Suzanne rivolgendosi a Gabrielle. – Sa
fare un prelievo di sangue? –le chiese senza guardarla. Afferrò un piccolo
coltello e una pinzetta che aveva sul tavolo e con abilità tagliò la piccola
pillola.
-Certamente. – rispose Gabrielle, - i calciatori sono
sottoposti continuamente alle analisi antidoping e facciamo con consuetudine
l’emocromo e l’ematocrito. -
-Bene, allora mi assista. Apra il primo cassetto di
quell’armadio. Ci sono siringhe monouso, disinfettanti, laccio emostatico e
guanti in lattice. Le faccia un prelievo di sangue. –
-Adesso basta. Non mi farò torturare oltre se non mi dice cosa
sta succedendo. – rimbeccò Patty balzando a sedere. Afferrò della carta
assorbente e si ripulì il ventre. Subito dopo, senza attendere oltre si rivestì
e scese dal letto per andar via.
-Sto cercando di capire cosa sta succedendo e se ha la pazienza
di attendere…
-Attendere? Dottoressa, io devo sposarmi tra circa un’orae mi ritrovo in un ospedale di nascosto dal
mio fidanzato! Visto che il bambino è di entrambi, penso che abbia il diritto
di sapere dove mi trovo e cosa mi state facendo. – urlò sperando che quanto
aveva appena detto potesse sortire qualche particolare effetto. Suzanne le andò
vicino e la guardò attentamente sotto gli occhi straniti di Gabrielle.
-Ritengo possibile che le fitte siano causate da quelle pillole
che sta assumendo ed ho un forte dubbio. Devo farle gli esami del sangue e poi
le saprò dire. –
-Quanto dovrò attendere? – chiese impaziente passandosi
nervosamente una mano tra i capelli. I suoi splendidi occhi nocciola erano
adombrati dalla tensione del momento.
-Non molto. Se la sua amica mi aiuta, entro poco saprò quello
che sto cercando! – rispose glaciale e sicura di se. Patty la fissò cercando di
scrutare una risposta alla sua domanda, dietro le iridi scure. Gli occhi
azzurri di Gabrielle fissavano la coppia. Aveva preparato tutto quanto le
necessitava per il prelievo del sangue.
-Patty, conosci già il tuo gruppo sanguigno? –
-Zero positivo. – rispose raggiungendo la fidanzata di Tom
Becker e stendendo il braccio sul lettino. Gabrielle le strinse il laccio
emostatico sopra il gomito e disinfettò l’incavo cercando una vena da cui
prelevare un campione di sangue. Improvvisamente Patty avvertì qualcosa di
metallico pungerla e penetrarle la pelle. Sussultò lievemente più per la
tensione che per il lieve dolore procurato dall’ago nella vena. Lentamente vide
il fluido rosso risalire lungo la siringa. Avvertì una morsa allo stomaco e un
conato di vomito salire velocemente lungo l’esofago. Impallidì alla sensazione
sgradevole della risalita dei succhi gastrici nello stomaco. Non aveva fatto
colazione, non mangiava dalla sera prima, dove, al tavolo con Robert aveva
consumato una cena frugale. Non poteva vomitare e manifestare ulteriormente le
sue debolezze.
-Dottoressa! – esclamò Gabrielle sorridendo a Patty, - il
prelievo è stato effettuato. –
-Bene. Venga qui, per favore. Su questo foglio le ho segnato
gli esami che deve fare. I vetrini e le apparecchiature sono su quel tavolo. –
le rispose indicandole prima un foglietto bianco e poi alcuni contenitori su un
tavolinetto in metallo. Gabrielle la raggiunse e prese il foglietto bianco sul
quale aveva annotato alcune voci. Sgranò gli occhi quando lesse mentalmente le
analisi a cui doveva sottoporre il campione di sangue di Patty. Guardò il
medico e Suzanne ricambiò lo sguardo assentendo col capo confermandole quindi
quello che aveva scritto. Senza discutere oltre, Gabrielle eseguì la richiesta
del medico dell’ospedale e in un silenzio glaciale, cominciò ad operare vicino
i vetrini, annotando qualcosa su un foglio di carta.
Patty continuava a guardare un
orologio a muro appeso sopra la porta. Il sole filtrava caldo e luminoso da una
finestra aperta coperta da una zanzariera parzialmente arrugginita. Dal
giardinetto antistante il laboratorio, oltre la finestra, si udivano allegri
schiamazzi di bambini egiziani. Guardò oltre la finestra cercando di distrarre
i suoi pensieri. Quali pensieri? Non riusciva a coordinarli se non in un turbine
vorticoso di immagini e frasi sentite. L’attesa era estenuante. L’ecografo era
rimasto acceso e di tanto in tanto emetteva qualche bip: lo guardava quasi in
cerca di una risposta a quei silenzi. Gabrielle lavorava alacremente come un
medico professionistae la dottoressa
Verdian non distoglieva lo sguardo dal microscopio. Se voleva arrivare in
orario per l’inizio della cerimonia, doveva affrettarsi.
A quell’ora, probabilmente,
Robert si era già reso conto della scomparsa di Patty. Chiuse gli occhi, sperando
mentalmente che un intervento provvidenziale di Tom lo avrebbe fatto desistere
da qualche atto di folle gelosia.
Benji! Gli era sembrato il più
dispiaciuto da quella storia. Aveva letto sul suo volto una profonda
espressione di delusione, il tradimento di un amore, di un sentimento che
l’aveva legata al suo migliore amico. Il portiere nipponico non era mai stato
una persona espansiva e sentimentale, ma Patty sapeva benissimo che dietro
quella sua durezza, quell’intransigenza che lo caratterizzavano, nascondeva un
animo buono e gentile. Decidendo di sposare Robert, lei aveva infranto il sogno
di Benji di vederla unita a Oliver Hutton, una relazione, un desiderio che
forse gli rievocava antichi ricordi.
-Nocicle Plus! –
esclamò Suzanne Verdian. Patty e Gabrielle trasalirono a quell’urlo,
guardando esterrefatte la dottoressa sul cui volto era dipinto un sadico
entusiasmo.
-Che ha detto? – chiese Gabrielle non sicura di aver compreso
bene quanto aveva appena udito.
-Nocicle
Plus, altroché pillole omeopatiche. –
-Oh mon Dieu ! – esclamò guardando Patty. La top
model nipponica incrociò i suoi occhi azzurri. Sembravano due iridi in
tempesta.
-Cosa succede? Che cos’è il Nocicle Plus! – chiese scossa dagli
sguardi e da quelle parole.
-Ne è sicura? – domandò Gabrielle lasciando chiaramente
intendere che conosceva quel nome. Il suo volto era una maschera di dubbi e
inquietudine.
-Sì. Non ricordavo più il nome fino a che non ho ricollegato
tutto. Ha terminato con le analisi? – le chiese con uno strano trasporto.
-Quasi…un ultimo vetrino ed ho finito. –
-Bene, mi faccia vedere! – le disse avvicinandosi e guardando
gli appunti segnati sul foglietto.
-Dannazione! – urlò Patty esasperata da quel clima di
incertezza. – Volete dirmi cosa diavolo sta succedendo? Posso sapere che cosa
ho? – chiese quasi in lacrime avvicinandosi alle due donne bionde. Strappò il
foglietto dalle mani della dottoressa ma non riuscì a comprendere nulla delle
sigle annotate da Gabrielle. Terminologia medica a lei profondamente profana.
-Patty, forse è meglio che ti sieda! – le disse Gabrielle
invitandola ad accomodarsi su una sedia poco distante da lei. La dottoressa
Verdian annuì. Quasi di forza, la aiutò a sedersi. Il cuore le batteva
tumultuosamente. Quell’aria di mistero non presagiva nulla di buono. Un nodo in
gola le impediva di proferire altro. Gli occhi distanti di Suzanne Verdian
sembrarono denudarla dei suoi segreti più intimi. Serrò le palpebre cercando di
non cedere alla nauseante sensazione di vomito che si stava facendo nuova
strada dentro di lei. Intrecciò le dita quasi a voler trovare le forze da
qualche parte. Paventava d’ansia e paura, tremavacome una foglia scossa dall’impetuoso vento, temeva per il
verdetto che la dottoressa stava per pronunziare. In quel preciso momento,
chiudendo gli occhi, Patty rivide l’immagine triste di Holly, i suoi occhi che
piangevano mentre il suo cuore recitava la storia di un amore impossibile, le
parole scritte nella lettera di addio. Nei suoi pensieri, nei suoi occhi, anche
in momenti come quelli, c’era sempre e solo lui, l’unica persona che veramente
avrebbe amato. Desiderava piangere, lasciare che le lacrime cancellassero gli
ultimi eventi della sua vita, l’ultimo anno.
-Holly! – mormorò mentre una lacrima le solcava le gote. Non
era pronta ad un’altra notizia che avrebbe sicuramente cambiato il corso degli
eventi. Il destino le aveva fatto rincontrare Oliver Hutton, aveva fatto in
modo che rivivessero un intenso attimo d’amore. Adesso, oltre il peso di un
bambino il cui padre lei non amava se non in maniera fraterna, portava con se
il peso del tradimento e la sofferenza di Oliver Hutton. Riaprì gli occhi e
disgiunse le mani gelide. Le guardò cercando una risposta a tutto quello che
stava succedendo. La vista annebbiata dalle lacrime. Le labbra secche. Con le
dita sfiorò il ventre, a cercare il contatto con quel piccolo fiore che
cresceva dentro di lei.
(1) Non se qualcuno di voi è mai stato a Hurghada, Mar Rosso.
Ebbene, gli autisti di taxi e pulmini da dieci posti, hanno una guida alquanto
spericolata. Durante le ore notturne, non accendono le luci di posizione o i
fari anabbaglianti. Accendono le luci solo quando devono segnalare ad un
collega tassista, l’imminente presente di un pericolo o della polizia.
Kirsten continuava ad appuntare le dichiarazioni di Bill Socket
Grazie ancora a tutti coloro che mi stanno seguendo. Prima
di cominciare volevo fare un piccolo appunto: questo capitolo si colloca
contemporaneamente a quello precedente. Mentre Holly e Benji si trovavano in
aeroporto, Patty e Gabrielle in ospedale, Tom e Kirsten sono rimasti al Beach
Resort nel disperato tentativo di mandare a monte il matrimonio di Patty. Buona
lettura a tutti! BaciScandros
Tradimento
d’amore
Ingegno e sofferenza
Capitolo 11
Tom guardò l’uomo sulla
quarantina che sedeva allo scrittoio di fattura e stile italiano. La pelle
colorita brillava sotto le luci intense e dorate dei lumi appesi alle pareti.
Per l’ennesima volta si chiese mentalmente perché aveva deciso di assecondare
il piano di Benji, ovvero corrompere il direttore dell’albergo nella sua veste
di ufficiale che avrebbe celebrato le nozze di Patty e Robert. Sperò vivamente
di non incrociare il tennista inglese nell’ufficio del direttore o prima di
uscirne poiché facilmente avrebbe compreso le intenzioni del calciatore.
Attese che l’uomo terminasse la
conversazione telefonica della quale non comprese nulla. Si limitò a guardare
fugacemente i libri riposti ordinatamente sulle librerie a giorno che si
delineavano lungo il perimetro di quell’ufficio. Il direttore, Ossama Hamid,
terminò la conversazione e tornò a guardare l’ospite al quale aveva concesso
udienza.
-In cosa posso esserle utile signor Becker? – gli chiese
sorridente invitandolo ad accomodarsi. Sapeva che lui e i suoi due compagni
nipponici erano famosi calciatori internazionale. Tom lo guardò aprire una
scatoletta color ebano. Il profumo di vaniglia pervase l’ambiente. Girò la
scatoletta verso il suo interlocutore e gli offrì un sigaro. Era sorpreso di
come parlasse bene il francese. Questo gli avrebbe sicuramente facilitato il
dialogo.
-Ehm…grazie…ma….magari più tardi, dopo pranzo! – rispose
confuso accettando il sigaro. Non aveva mai fumato e non intendeva cominciare
in quel momento. Tuttavia, era consapevole che non era buona educazione
rifiutare un gentile omaggio offerto in terra straniera. Non voleva
indispettire il direttore dell’albergo prima ancora di avergli detto il motivo
della sua improvvisae quanto mai
inattesa visita.
-Bene, mi dica. A cosa devo il piacere della sua visita? – gli
chiese accendendosi il profumato sigaro. Tra lui e Tom salì immediata una nube
chiara dal sapore vanigliato.
-Ehm…direttore…so per certo che tra un po’ si celebrerà un
matrimonio….-
-Esatto. Il signor Garland e la signorina Gatsby. –
-Io sono un caro amico della signorina Gatsby…e mi ha
confessato che sarebbe suo grande desiderio sposarsi in una chiesa europea alla
presenza di amici e parenti. -. Ossama Hamid lo guardò attentamente cercando di
comprendere cosa volesse da lui.
-Beh…ecco…io volevo sapere, che validità, ai fini giuridici, ha
il matrimonio che lei celebrerà tra un pò? – gli chiese infine in maniera
diretta.
Il direttore si alzò e lentamente
raggiunse la porta che lo separava dall’anticamera in cui, diligentemente, la
sua segretaria continuava a lavorare in silenzio. La chiuse alle sue spalle e
guardò ancora una volta Tom. Sul suo volto era palese l’insicurezza del momento
e il desiderio di uscire incolume dal dialogo che stava per tenersi in quella
stanza. Fugacemente i suoi occhi tornarono a guardare il direttore dell’albergo.
La sua espressione era indecifrabile e Tom non sapeva in quali condizioni
sarebbe uscito da quella stanza. Deglutì. Sentì la saliva scendere lungo la
gola resa arsa dall’ansia.
Kirsten continuava ad appuntare
le dichiarazioni di Bill Socket. Per quanto fosse un uomo indubbiamente
attraente, sentiva i suoi occhi spogliarla volgarmente. Il suo sguardo era
talmente insaziabile, che ad ogni occhiata, Kirsten temeva che un lembo del suo
costume fosse venuto meno
Ancora una volta, all’ennesima
domanda, le sue iridi verdi lo fulminarono mentre il sorriso ironico e
soddisfatto di Cassandra, sembrava rinvigorirlo. Con la coda dell’occhio, la
vide slacciarsi il reggiseno del succinto costume e girarsi di spalle al sole.
Quella donna non aveva il minimo senso del pudore. L’aveva vista in mare farsi
accarezzare quasi morbosamente dalle avide mani di Bill Socket immaginando che
più di una volta avessero sconfitto la sottile barriera di tessuto posta dal
costume.
-Signor Socket! –
-La prego, mi chiami pure Bill. Visto che non è la prima volta
che mi intervista, spero che non sarà neppure l’ultima! – le disse in tono
ammiccante sporgendosi verso di lei. Kirsten abbozzò un sorriso di convenienza
maledicendosi per la menzogna che gli aveva raccontato. Per potergli parlare e
quindi distrarlo da qualsiasi altro pensiero, Kirsten gli aveva detto che lo
aveva intervistato in occasione del torneo tennistico di Colonia disputatosi
l’anno prima nella città tedesca.
-Bill…dunque…corre voce e pare che la notizia sia già stata
pubblicata da alcuni tabloid, che Robert Garland e la top model Patricia Gatsby
si stiano per sposare. – gli chiese sperando che Benji sopraggiungesse al più
presto per cavarla da quella imbarazzante situazione.
-Sì, è tutto vero. Vede quella palma alla sua sinistra? – le
chiese indicandole il fusto che alto si stagliava nel cielo azzurro. – Come può
vedere, alcuni inservienti sono già all’opera. Stanno sistemando alcune sedie
ed una passerella. Tra un po’, porteranno anche alcune composizioni di fiori. Robert
e Patricia si sposeranno oggi sotto quella palma. –
-Davvero? Questo sì che è uno scoop! –
-Già, le andrebbe di presenziare al matrimonio e di fare alcune
fotografie? -. Kirsten lo guardò attentamente e un’idea si fece strada in lei.
Avrebbe potuto chiedere l’aiuto di un fotografo locale, presenziare in qualità
di giornalista e avere quindi la possibilità di scrivere liberamente l’articolo
che avrebbe dissacrato Robert Garland. Se le sue supposizioni erano giuste,
entro un’ora, lei sarebbe stata testimone delle malefatte di Garland. Pensò a
Benji. Non voleva che sfruttasse quella situazione per il suo lavoro. Si
sarebbe comportata in maniera corretta e dopo la celebrazione, avrebbe chiesto
a lui consiglio su quello che doveva scrivere. Kirsten sperava in cuor suo che
tutte le congetture e le ipotesi fatte alla presenza di Tom, Gabrielle e Benji,
avessero davvero un minimo di fondamento. Nemmeno per un attimo aveva pensato
all’eventualità che si stessero sbagliando sul conto di Garland.
-Perché no? A che ora? – chiese mentendo ancora una volta.
-Alle due. Quindi, tra non molto. – rispose accendendosi una
sigaretta. Cassandra si girò verso di loro.
-Bill, potresti spalmarmi della crema solare, per favore? E’
nella mia borsa! – gli chiese mielosa e languida. Kirsten impallidì. Se Bill
Socket avesse messo le mani nella borsa di Cassandra, avrebbe potuto accorgersi
che i negativi erano stati sottratti.
-Le posso consigliare la mia? E’ specifica per le pelli chiare!
– intervenne la giornalista mostrandole un flacone di una nota casa cosmetica.
-E’ molto gentile, ma non deve disturbarsi. –
-Assolutamente, non si preoccupi. Mi è stata consigliata da un
dermatologo appositamente per questo viaggio. Sembra che il sole egiziano sia
molto caldo e i raggi troppo forti per i soliti solari. –
-Perché no! – rispose Cassandra acconsentendo e notando
l’ottima marca del solare.
Bill, seduto tra le due, afferrò
il flacone e si spostò sul bordo del lettino sul quale giaceva Cassandra.
Kirsten sospirò sperando che il peggio fosse passato. Quasi ipnotizzati, i suoi
occhi continuarono a seguire le carezze che bramosamente sfioravano la pelle di
Cassandra, prima sulle spalle fino a scendere sulla schiena. Lo sguardo della
donna era beatamente eccitato da quei sensuali tocchi che sembravano
risvegliare una passione momentaneamente dormiente. Bill si lucidò le labbra
con la lingua. Sembrava assaporare ogni minimo centimetro del seducente corpo
che stava carezzando. Sparse della crema sui glutei di Cassandra e li sfiorò
con il dorso delle mani. Il tocco leggero continuò lungo i fianchi e fino alle
ginocchia.
-Uhm…continua Bill…mi piace! – sospirò lei smaniando per quel
momentaneo godimento.
Lusingato dal complimento e
istigato dal desiderio della donna, il manager di Garland aprì i palmi delle
mani e le accarezzò gli interni delle ginocchia con piccoli tocchi. Lentamente,
quasi vibrando come un plettro sulle corde di una chitarra, risalì fino
all’inizio di quelle gambe flessuose e ben tornite. Kirsten vide le sue dita
insinuarsi abilmente sotto il costume facendo trasalire di piacere Cassandra.
Con un gesto rapido, impudico, senza curarsi minimamente della presenza di
Kirsten, le abbassò leggermente gli slip vezzeggiando i glutei sodi con un
massaggio lascivo.
-Ehm…io vado via. Ci vediamo dopo. –
-Aspetti…la sua crema! – esclamò Cassandra con le palpebre
serrate dal piacere.
-Non si preoccupi, può tenerla. –
-La ringrazio. – rispose Bill sorridendo. Senza neppure
rispondere, Kirsten afferrò i suoi effetti personali e si allontanò lungo la
passerella di legno che conduceva agli alloggi.
-Porco! Che schifo! – sussurrò adirata per quella scena poco
piacevole alla quale aveva assistito. Il suo pensiero corse a Benji e al
desiderio incommensurabile di ritrovarsi stretta tra le sue possenti braccia.
Sospirò speranzosa che quella strana giornata volgesse presto al termine.
-Ma che diavolo ci faccio io in mezzo a questo casino? – si
chiese sconsolata. Alzò lo sguardo al cielo e si coprì gli occhi per non
restare abbagliata dalla folgorante luce del sole.
Tom uscì dalla stanza del
direttore deciso più che mai a trovare Kirsten. Doveva parlarle e insieme
dovevano cercare Robert Garland. Dovevano assolutamente sviarlo dall’incontrare
ancora Patty. Si richiuse la porta alle spalle e afferrò il telefono cellulare.
Compose il numero di telefono di Benji. Doveva sapere se era riuscito a
rintracciare Holly.
-Sono io. L’hai trovato? – gli chiese camminando nella hall.
L’aria condizionata era talmente bassa che rabbrividì.
-Sì ma non c’è stato nulla da fare. Quando gli ho detto che
Patty è incinta mi ha voltato le spalle e ha fatto il check in. –
-Porca miseria, Benji, perché glielo hai detto? – inveì
sgridando l’amico.
-E cosa dovevo fare? Trascinarlo con la forza fino qui, fargli
assistere a questa farsa e alla fine dirgli…”a proposito Holly, la tua Patty
aspetta un bambino da Garland!”. Dato tutto quello che sta succedendo in
questa stramaledetta vacanza, penso proprio che non sia il caso. Aveva il
diritto di sapere. Dannazione Tom, sta soffrendo come un cane e non se lo
merita. Se penso a quel bastardo di Garland….-
-Se le cose fossero andate diversamente….
-Smettila con questa morale Tom. Hanno sbagliato entrambi.
Holly ha deciso per lei, ma anche Patty non gli ha dato una possibilità di
redenzione. Una cosa è certa. Gli è bastato rivedersi per far riaccendere la
passione! – continuò Benji pensando a quello che era accaduto la notte
precedente sulla spiaggia.
-Dove sei adesso? – gli chiese Tom pensieroso.
-Ho appena preso un taxi. Sto tornando al resort. E’ inutile
che io rimanga in aeroporto: qui non posso fare altro. Dobbiamo arrenderci
all’evidenza! –
-Mi chiedo quanto sia giusto quello che stiamo facendo! –
-Me lo sto chiedendo anche io. In fondo sarebbe sufficiente che
Patty si opponesse alla volontà di Garland. –
-Benji, dimentichi il bambino. Patty lo sposerà perché è il
padre del suo futuro figlio. –
-Già, maledizione! – convenne il portiere.
-Chissà cosa penserebbe, però, vedendo i negativi che la
ritraggono insieme a Holly! – sibilò Tom.
-Bisognerebbe dimostrare che le foto sono state commissionate
da Garland e dirle che Kirsten ha sottratto i negativi illegalmente dalla borsa
di Cassandra Hobbins! –
-Con tutto quello che sta succedendo, non vorrei essere nei
panni di Patty. –
-Forse però, l’unica soluzione rimasta è proprio raccontarle
tutto. – disse Beni sospirando.
-Speriamo che Gabrielle mi dia notizie al più presto. Poi
decideremo cosa fare! L’ora si sta avvicinando e devo trovare Robert Garland! –
-Per quale motivo? – gli chiese non comprendendo il fine.
-Potrebbe essere andato alla ricerca di Patty. Devo tenerlo
lontano, occupato. Forse Kirsten mi può aiutare facendogli un’intervista
improvvisa. –
-Trovala e coinvolgila. – disse Benji chiudendo la
conversazione.
Benji guardò il paesaggio fuori
dal finestrino. Il deserto roccioso costeggiava la strada coperta dalla sabbia
rossiccia. Qua e là, si ergevano costruzioni turistiche imponenti facenti capo
alle maggiori catene internazionali. Il fasto e l’austerità dei complessi
alberghieri contrastava nettamente con le baracche dalle mura in fango che di
tanto in tanto coloravano il paesaggio.
-Doveva essere una vacanza rilassante! Maledico il giorno che
ho deciso di seguirli fino qui! – esclamò adirato per l’andamento della
situazione. Guardò il cellulare. Aveva dimenticato di chiederea Tom com’era andata la conversazione con il
direttore dell’albergo. Richiamò l’ultimo numero in entrata ma il servizio
telefonico internazionale lo informò che non era disponibile. Probabilmente, si
trovava in una zona priva di segnale telefonico.
-Ci sarà una congiunzione astrale negativa! Non può andare
tutto così male, dannazione! – imprecò sbattendo il telefono sul sedile
posteriore del taxi.
Tom lesse il messaggio telefonico
che gli aveva inviato Gabrielle. Aveva provato a chiamarlo ma il telefono era
già occupato dalla conversazione con Benji.
Lo rilesse per la terza volta,
non sicuro di aver compreso quello che la fidanzata aveva scritto. Era
sconvolto! I suoi occhi nocciola guardavano, ampi e fissi, le parole sul
display che al muoversi delle freccette, scorrevano lentamente. In quello stato
di silenzio apparente, udiva solo il palpitare del cuore.
-Non è possibile! – sibilò debolmente. Aveva la gola secca.
Un’improvvisa arsura l’aveva isterilito del minimo suono. Sussultò al tocco lieve
di una mano sul suo braccio. Guardò la persona che l’aveva scosso con aria
trasalita riavendosi dall’evidente stato di trans. Perle di sudore freddo
scesero lungo le tempie. Riconobbe la capigliatura fulva e gli occhi verde
smeraldo. Kirsten, l’amica di Gabrielle e Benji. Tirò un sospiro di sollievo
constatando che non si trattava dell’ennesimo problema ma di un volto amico.
-Non volevo spaventarti! – esclamò lei con espressione
perplessa.
-Scusami. Stavo leggendo un messaggio che mi ha lasciato attonito.
Ero soprapensiero, non ti ho vista arrivare. –
-Mi consola sapere che non sia stata la mia faccia a incuterti
timore! –
-Assolutamente. Mi dispiace. Prima, in spiaggia, non ci siamo
neppure presentati. Io sono Tom Becker! –
-L’avevo capito. Sei il fidanzato di Gabrielle. Quando ho visto
i negativi, ho subito ricollegato la tua figura e quella di Benjia Oliver Hutton. I vostri nomi sono sulle
cronache sportive praticamente ogni settimana. Benji non è tornato? –
-No, ma sarà qui tra un po’. Spero almeno. A te come è andata
l’intervista? –
-Benissimo. Mi è costato un solare da 45 euro e un video
erotico dal vivo. -. Tom la fissò con sguardo interrogativo. – Lasciamo
perdere. Spero solo che questa strana storia finisca al più presto. Mi hanno
invitata al matrimonio. –
-Pensa un po’ che bello. Mi auguro che questo matrimonio non si
faccia. Ho delle novità, ma prima devo chiamare Benji. Devo avvertirlo. –
-Guarda, quello è Robert Garland. – lo interruppe indicandogli
il bel tennista inglese. Incedeva nervosamente verso il viale che conduceva
alle camere.
-Dannazione. Dobbiamo fermarlo, fargli perdere del tempo. Patty
e Gabrielle non sono ancora tornate. Se scopre che Patty non c’è, pianterà
grane a non finire. -. Kirsten emise un sospiro di rassegnazione.
-Okay. Dopo
aver intervistato il manager, forse é arrivato il suo turno. – disse lei
consenziente.
-E’ un’ottima idea. –
-Non vorrei che capisse che questa intervista non è casuale.
Sarebbe meglio se restassi con me. Potresti andargli incontro e dirgli che
Patty è andata al centro massaggi con Gabrielle. Poi sopraggiungo io e lo
intratteniamo con qualche domanda.–
-D’accordo. Devo almeno girare questo messaggio a Benji! E’
troppo importante. – rispose armeggiando con i tasti del telefonino. Dopo
qualche minuto, raggiunse Robert a passo sostenuto.
-Robert! – esclamò attirando la sua attenzione.
-Salve, Tom. Hai
visto Patty? – gli chiese voltando lo sguardo qua e là nella hall sperando di
intravedere il volto della fidanzata. Il calciatore non poté non notare
l’atteggiamento irrequieto del tennista.
-Sì, circa un quarto d’ora fa. E’ andata con la mia fidanzata a
farsi bella. –
-Che vuoi dire? – domandò perplesso.
-Centro massaggi, estetista e parrucchiere! –
-Ma se ci sposiamo in spiaggia, che bisogno c’era? –
-Dimentichi che si tratta di donne e che la tua è una top
model. Le ragazze hanno la fissa per la bellezza. –
-Sarà, ma ho uno strano presentimento! –
-Non dire sciocchezze. E’ il giorno del tuo matrimonio,
dovresti essere allegro non nervoso e pensieroso! – lo rincuorò Tom in tono
falsamente amichevole.
-Vado ad aspettarla in camera! –
-Stai scherzando? – irruppe quasi violentemente. Ken lo guardò,
allibito da quella esclamazione veemente.
-Non sai che porta sfortuna vedere la sposa prima del
matrimonio? Patty ha chiesto a Gabrielle di aiutarla a preparasi, quindi
nessuno deve avvicinarsi alla sua camera. –
-Se lo dici tu! –
-Mi sembra che tu vada bene abbigliato così, oppure preferisci
uno smoking? – gli chiese canzonandolo sfoggiando la sua miglior recitazione.
Ken lo fissò perplesso.
-Vieni, prendiamoci un
caffè al bar! – gli disse poi prendendolo sottobraccio e trascinandolo di peso
verso la caffetteria. Di lì a poco, la bella figura di Kirsten li raggiunse.
Sfoderando il suo sex appeal e la vena giornalistica, avrebbe intervistato il
futuro sposo di Patricia Gatsby cercando di fargli perdere più tempo possibile
e sperando in un rapido rientro di Patty e Gabrielle.
I capelli corti e biondi
danzavano leggermente alla brezza calda che entrava dal finestrino. Dacché
erano risalite sul taxi, non aveva distolto lo sguardo dalla cara amica di Tom.
La notizia che la dottoressa Suzanne Verdian aveva comunicato loro, le aveva
sconvolte. Patty aveva gli occhi gonfi di lacrime. Il pianto dirotto in cui era
scoppiata dopo che la dottoressa le aveva spiegato cos’era il Nocicle Plus, non
era stato abbastanza liberatorio o quanto meno sufficiente a sfogare l’ansia e
l’angoscia repressa. Continuava a muovere le dita nervosamente, quasi cercando
di formare figure astratte e con qualche minimo significato.
-Patty…senti…
-Ti prego…Gabrielle, non aggiungere altro. Sono già abbastanza
scossa da quello che mi ha detto la dottoressa…-
-Lo so, ma penso sia giusto che tu sappia alcune cose…-
-E cos’altro devo sapere che ancora non mi ha sconvolto queste
ultime ore? – le chiese guardandola con rabbia. I suoi occhi nocciola celavano
un’ira irrefrenabile verso qualcuno o qualcosa che le stavano facendo provare
un rancore e un dolore a lei sconosciuto prima di allora. Gabrielle chinò il
capo. Si chiese perché proprio lei, che era l’ultima arrivata, che non la
conosceva, avrebbe dovuto rivelarle la verità circa il comportamento di Robert
Garland.
-So bene di non essere la persona più idonea…ci conosciamo solo
da qualche ora…e devo dire che il mio è stato un modo sicuramente poco
ortodosso per entrare nella tua vita. –
-Puoi anche evitare i preamboli e i giri di parole: oramai sono
pronta a tutto. – rimbeccò in tono acido e austero. La francesina la rivide
stesa sulla dormeuse nella sua suite, quando lei e Tom le avevano portato la
lettera di Holly. La figura malinconica era stata sostituita da una persona
adirata e disperata. Gabrielle sospirò e cercò di mantenere l’autocontrollo per
non rispondere con la stessa scortesia. Da come l’aveva descritta Tom, la sua amica
Patty era la persona più adorabile del mondo. Ai suoi occhi si stava invece
rivelando tutt’altro causa sicuramente gli eventi che si stavano succedendo
freneticamente in quelle giornate.
-Come faccio a giudicarla con quello che sta passando? E’
evidente che questo suo comportamento è dettato solo dall’ira! – pensò
guardandola attentamente. Istintivamente, quasi come per riscoprire un contatto
amichevole perso tempo prima, la francesina le sfiorò una guancia con la mano,
in una leggera carezza. Patty abbassò le palpebre cercando di trattenere le
lacrime. Sentiva un vuoto dentro di lei che man mano che i minuti
trascorrevano, sembrava voler prendere il sopravvento.
-Mentre tu eri in camera, poco prima che ti trovassimo in terra
svenuta, io e Tom eravamo sulla spiaggia a parlare con Benji e con Kirsten
Rauch. –
-Chi è
Kirsten Rauch? –
-E’ una giornalista tedesca, una mia amica conosciuta l’anno
scorso in Francia, durante il torneo del Roland Garros. Anche Benji la conosce.
Ironia della sorte, ci siamo incontrate nella hall poco prima dell’arrivo di
Cassandra e del manager di Robert. –
-Capisco! –
-Dunque, quando abbiamo raggiunto Kirsten sulla spiaggia, lei
aveva seguito Cassandra e Bill Socket fino ai lettini per sottrarrea Cassandra alcuni negativi. –
-Negativi? E perché mai? Fa controspionaggio? –
-Poco prima li aveva visti parlare con due fotografi egiziani,
profumatamente pagati per aver fatto delle foto. –
-E cosa ha a che fare questa storia con me? –
-Kirsten li ha seguiti non solo per le foto, ma soprattutto perché
conosceva alcune chiacchiere su di loro e su Robert. Sembra infatti che
Robert….
-Robert cosa? – chiese iraconda al sentir nominare il
fidanzato. Chiuse le dita in due pugni serrati.
-Robert è…insomma pare che sia sul lastrico e a sentir dire
Kirsten, ti sta sposando…per..
-Per i soldi? Pazzesco! Non posso credere a questa cosa! –
esclamò rossa in viso interrompendo la sua interlocutrice. – Come potete fare
illazioni del genere? – le chiese alzando il tono della voce, incurante del
tassista e della guida turistica che li aveva accompagnati in quella insolita
escursione. Gabrielle la guardò con tono di sfida. Aveva l’impressione che
stesse cercando un pretesto per litigare o più semplicemente per sfogare il suo
disappunto. Sospirò cercando di far leva sulla sua calma e le sorrise
dolcemente.
-Dopo un infortunio, Robert ha perso alcuni dei contratti con
gli sponsor e la vita dispendiosa e l’evasione fiscale lo stanno portando sul
lastrico. E non è tutto, Patty…la nota dolente è proprio Cassandra! –
-Che altro vuoi dire? Avete per caso scoperto che è l’amante di
Robert? – le domandò sempre più adirata e sconcertata dalle notizie che
repentine si stavano susseguendo.
-Non lo so, se sono amanti o qualcos’altro e in questo momento
penso che non abbia molta importanza! Ho conosciuto Kirsten l’anno scorso
durante una ricerca per una tesi che stavo facendo sugli anabolizzanti e il
doping nel mondo dello sport. Kirsten stava svolgendo alcune indagini
giornalistiche sullo stesso argomento. Saltò fuori il suo nome ma le nostre
ricerche purtroppo non ci hanno portato ad avere prove sufficienti per far
aprire delle indagini su alcuni medici che sembrano essere coinvolti nei casi
di doping. –
-E Cassandra sarebbe uno di questi fantomatici medici? –.
Gabrielle asserì col capo senza commentare. Patty la guardò in volto,
un’espressione tagliente la sua, che chiedeva giustizia e forse vendetta.
-E’ tutto così assurdo. La mia ginecologa è immischiata nei
casi di doping…
-Patty non è assurdo se pensi a quello che ha detto la
dottoressa Verdian poco fa e…
-Dannazione lo so cos’ha detto…ma non è giusto…perché questo
stupido accanimento! Per i miei soldi? – urlò disperata gesticolando
freneticamente con le mani.
-Calmati adesso! –
-Calmarmi? Hai idea di cosa mi stai raccontando? Che il mio fidanzato
mi vuole sposare per i soldi e che la mia ginecologa è invischiata in un
traffico di doping! E questo dopo quello che ho appena saputo dalla dottoressa
Verdian? – gridò sempre più presa da una crisi isterica. – Cosa c’era su quei
negativi? – le chiese mentre le lacrime continuavano a scendere impetuose lungo
il volto.
-Mi dispiace….
-Cosa c’era su quei negativi! – tornò a chiederle in tono quasi
sferzante. Gabrielle la guardò in volto cercando un minimo segno di umanità.
Era bellissima. La sua pelle leggermente bronzata era arrossata dall’ira. Gli
occhi grandi e dolci erano adesso impenetrabili e tumultuosi. L’espressione del
suo viso era un impeto di passione. I capelli lunghi e scuri ondeggiavano al
ritmare del suo corpo. – Dimmi cosa diavolo c’era su quei negativi! –
-Tu e ….Oliver Hutton…questa notte! – rispose fugacemente
chinando il capo per non incrociare il suo sguardo. Gelida, quest’ennesima
stoccata le sferzò il cuore già ferito. Sentì forte il dolore farsi strada
dentro di lei. Chiuse gli occhi lentamente immaginando la scena in cui
Cassandra e Bill pagavano i due fotografi per avere le fotografie sue e di
Holly mentre facevano l’amore sulla spiaggia.
Chi aveva potuto fare tutto
questo? L’esito delle analisi. Robert che voleva sposarla solo per i soldi. Il
suo atto d’amore fotografato da estranei per soldi. Cassandra immischiata in
traffici illeciti. I pensieri si accavallarono nella mente susseguiti da
immagini confuse delle ultime ore. Una burrasca di emozioni che turbinava nel
suo cuore. Sentì qualcosa risalire velocemente dallo stomaco lungo l’esofago.
Il sapore degli acidi gastrici le inondò la bocca in maniera violenta. Fece in
tempo a sporgere il capo fuori dal finestrino, riversando sull’asfalto il
ribrezzo e il disgusto di quelle ultime ore. Il tassista arrestò la sua corsa
richiamato dalle urla di Gabrielle.
Il taxi arrestò la sua corsa dinanzi la grande piramide
del Mélia Pharaoh Beach Resort. La guida turistica scese dall’auto seguita da
Gabrielle. La francesina guardò la compagna d’avventura. Era molto provata da
tutto quello che stava accadendo. Lo sguardo basso, le mani incrociate sul
ventre. I capelli scendevano lunghi e scuri lungo il volto contratto da una
smorfia di dolore. Il calmante che le aveva somministrato la dottoressa Verdian
non aveva ancora lenito i dolori che Patty aveva accusato durante le ore
precedenti. Soprattutto quelli del cuore. Il caldo era torrido e la leggera
brezza del deserto aleggiava ardente nelle ore del meriggio.
-Patty, siamo arrivate! – esclamò con fare incerto. La top
model sollevò lo sguardo verso la fidanzata di Tom Becker. Incrociò i suoi
occhi azzurri, tanto simili a quelli di Robert. Il suo fidanzato. Mancava poco
alle due, all’orario stabilito per le nozze.
-Sì! – rispose con un sibilo aprendo lo sportello. Scese
dall’auto e raggiunse la ragazza verso le porte automatiche che si aprivano
alla hall del sontuoso beach resort. L’abito leggero si muoveva al lento
danzare del vento caldo del deserto e i capelli parevan seguire quell’incerto
ritmo. Due guardie con metal detector le guardarono incerti. Poi si avvidero
della guida egiziana, un breve scambio di parole nella lingua locale e
lasciarono entrare le due turiste senza fermarle per i dovuti controlli. Le
luci dei lampadari, i riflessi degli specchi e degli ottoni parvero illuminarea giorno la piramide.
-Senti…forse…sarebbe meglio se andassi a riposare. – le disse
Gabrielle cautamente non sapendo come instaurare un nuovo dialogo con lei. Le
sembrava distante chilometri. Sapeva che la sua mente era altrove. Aveva lo
sguardo vacuo, perso in chissà quali pensieri.
-No! – rispose caustica. Alzò gli occhi verso la punta della
piramide. Il suo sguardo era risoluto non più incerto.
-Ma…
-Devo sposarmi, Gabrielle. Andrò a prepararmi per il
matrimonio! – rispose perentoria.
-Ma…Patty…Robert…e tu…
-Cosa? – le chiese in tono quasi sferzante. - Non dovrei
sentirmi obbligata a sposare un uomo che pare avermi usata? Dovrei urlare a
Robert la rabbia che ho in corpo perché avete scoperto che vuole sposarmi solo
per i miei soldi? – le chiese adirata da quel continuo domandare.
-Io…io penso che non sia giusto che tu lo sposi..ecco…io non lo
so se tu provi dei sentimenti per lui che giustifichino questo strano desiderio
di sposartie…
-Vuoi sapere se lo amo? – le domandò interrompendola. Il suo
sguardo prima perso nel vuoto, era adesso freddo, risoluto, infiammato da
un’ardente passione. Gabrielle non rispose e il suo silenzio valse quanto un
consenso.
-Ho amato e amerò solo una persona nella mia vita. Non posso
rinnegare al mio cuore l’unica vera passione che abbia mai potuto provare. Io
appartengo a Holly come lui a me. Le nostre anime si appartengono al di là di
ogni mondo terreno. Non so cosa succederà ancora…solo di una cosa sono sicura:
che non smetterò mai di amarlo anche se il destino ci ha divisi ancora una
volta. –. Gabrielle la guardò attentamente sentendo crescere dentro di se una
strana energia. Si sentiva offesa dal suo comportamento mordace, dal mancato
ringraziamento verso gli aiuti che tutti loro le stavano offrendo.
-Non è giusto! – sentenziò la francese. Patty parve inasprirsi.
Non desiderava un’opposizione da parte sua, non in quel momento in cui
necessitava solo di una spalla, di un appoggio.
-Cosa non sarebbe giusto, Gabrielle? – rimbeccò la modella
nipponica.
-Non trovo giusto che tu debba sposare Robert dopo quello che
ti ha fatto. Dici di amare Holly, allora perché non corri da lui? Adesso puoi
farlo. –
-Ma cosa ne sai tu della mia vita? Come ti permetti di fare
allusioni o darmi consigli gratuiti? Tu non sai quanto io abbia sofferto per
l’amore impossibile che mi ha sempre legata a Holly e quanto adesso stia
soffrendo per Robert! –
-E allora perché vuoi sposarti? –
-Maledizione, voglio punirlo con la sua stessa arma…voglio
sposarlo e metterlo alle strette…potermi vendicare per quello che mi ha fatto!
–
-Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Vuoi sposare
Robert solo per vendicarti di lui, perché ti ha usata per raggiungere i suoi
scopi? Oppure vuoi farlo per dimostrare ad Oliver Hutton che tu sai vivere
senza di lui? – le chiese inasprita da quel duro confronto. Lo sguardo di Patty
era infiammato da un’ira repressa desiderosa di esplodere.
-Non dire stronzate! Hai capito? – urlò con le lacrime agli
occhi. Voleva sfogarsi con qualcuno ein quel momento c’era solo Gabrielle di fronte a lei. La francesina si
avvide dell’espressione sconvolta di Patty. Respirò profondamente e cercò
dentro di se la forza di reagire a quella violenza tanto espressiva quanto
verbale. Pareva poter sentire su di lei i moti che agitavano il suo cuore.
L’astio nei confronti di Robert Garland e l’amore impossibile per Oliver Hutton
le stavano facendo perdere il già precario controllo.
-Senti Patty…noi due non ci conosciamo molto: praticamente da
poche ore…nelle quali però, io mi sono trovata coinvolta nelle tue vicende
personali! –
-Che vuoi dire? -. L’espressione del suo volto era adirata. Gli
occhi nocciola erano impenetrabili, impassibili a qualsiasi altro dolore.
-Voglio dire…che capisco tutto quello che ti sta succedendo…ma
che potresti essere un po’ più gentile nei miei confronti visto che sto
cercando di aiutarti! -. Patty strinse le mani in due pugni serrati pronti a
colpire. Gli occhi si assottigliarono in un’espressione avversa. Gabrielle
indietreggiò di qualche passo quasi spaventata dalla top model.
-Ma ti rendi conto di che cazzo stai dicendo? – le chiese
digrignando i denti e utilizzando un linguaggio a lei poco consono. – Non ti ho
chiesto io di farmi da balia. Non è colpa mia se ci siamo incontrate e se hai
deciso di fare la buona samaritana. –
-L’ho fatto perché sei amica del mio fidanzato! – esclamò
giustificandosi.
-Se mi vuoi essere amica, allora non rinfacciarmi la tua
benevolenza. – rispose secca. – Cosa credi, che mi piaccia essere al centro
dell’attenzione? di aver condizionato la tua vacanza e quella di Tom?Cosa credi che abbia un cuore di pietra?
Maledizione, ma hai capito in quale casino sono cascata? Hai la minima idea di
quello che mi sta succedendo? – le chiese alzando il tono della voce. Alcuni
turisti si soffermarono ad ascoltare la conversazione, incuriositi dai toni
accesi di quella polemica.
-Patty…io capisco che tu possa essere sconvolta…ma
-Ma cosa? E’ vero, forse sono stata brusca con te e di questo
mi dispiace…ma scusami tanto, Gabrielle se in questo momento tu non sei al
centro dei miei pensieri! Tu sapevi cosa mi stava succedendo…l’hai capito
subito dai miei sintomi e dalle pillole che stavo assumendo…però non mi hai
detto nulla…esattamente come hai aspettato a raccontarmi di Robert, di
Cassandra e di Bill! Mi sento tradita, frustrata, raggirata…non so neppure io
quali termini usare. Non so più chi siano gli amici e i nemici. Quindi, non
venirmi a dire come devo comportarmi, perché ti assicuro che non ho il tempo di
pensare all’etichetta, al galateo o al bon ton. – le disse secca e incollerita.
– Nocicle Plus. E’ così che l’ha chiamata la dottoressa Verdian, vero? Delle
stupide pillole salta ciclo! Oppure dovrei dire le pillole delle gravidanze
apparenti? Per giorni ho assunto un medicinale che mi ha provocato una
gravidanza apparente, con tutti i sintomi che ne possano derivare. Cassandra mi
ha detto che ero incinta. Robert mi voleva sposare. E invece? Tutto
maledettamente falso. Io non sono incinta! – replicò additandola come se fosse
stata lei l’unica colpevole di quel raggiro. Le lacrime le stavano nuovamente
inondando le gote dando sfogo ad una sofferenza indefinita. – Per giorni ho
creduto di avere un bambino dentro di me, una creatura che si stava formando
nel mio corpo, una vita dentro la vita….e invece no….Cassandra mi ha prescritto
quelle pillole per simulare una gravidanza, in maniera tale che Robert mi
potesse sposare. Per questo ha organizzato tutto così velocemente, qui, lontani
da tutto e da tutti. Mi sento umiliata, derubata della mia anima, violentata!
Non c’è stato un giorno della mia vita che io non abbia pensato a Holly. Avrei
voluto che quel bambino esistesse davvero e che fosse il suo. Per giorni, mesi,
ho pensato che Robert fosse l’anti-Holly, la soluzione al mio mal d’amore…una
passione che avrei potuto accrescere nel tempo, un amore che avrei potuto
riscoprire standogli vicino. E invece sembra tutto dannatamente una tela
intessuta da abili mani. L’incontro con Robert, la morte di mia nonna che mi ha
resa ricca, la finta gravidanza e un repentino matrimonio celebrato qui in
Egitto. –
-Mi dispiace ma…
-Ma cosa? Fai tanto la preziosa cercando di rinfacciarmi i miei
sbalzi di umore e gli atti di insofferenza che sto avendo. Ma se solo tu
riuscissi a comprendere come mi sento io adesso, forse ci penseresti bene prima
di parlare. Guardami Gabrielle, guardami maledizione. Non sono più la manager
della squadra di calcio di cui ti ha parlato Tom, la ragazza dedita ai suoi
amici e al suo amato capitano. Sono una donna sconfitta, umiliata, che nel
momento più buio della sua vita sta cercando un appiglio per rialzarsi. Per
anni ho incolpato Holly del nostro amore impossibile. Ma forse hanno ragione
gli altri. Se non mi avesse lasciata andare, probabilmente non sarei mai
divenuta quella che sono. E stanotte l’ho cacciato, umiliato, gli ho vomitato
addosso tutto il risentimento che avevo nei suoi confronti per il nostro amore
impossibile. Ma l’ho amato. Ho ceduto alla passione, ancora una volta. Lo
volevo, desideravo tornare nelle sue braccia come non mai. Ho tradito Robert e
non me ne pento. L’ho fatto per amore, non per capriccio o per scoprire una
nuova sensazione. L’ho fatto con la persona che amo, con l’unica persona che
sia riuscita davvero a capirmi, che mi ama più della sua stessa vita e che per
il mio dannato orgoglio ho allontanato ancora una volta. – asserì Patty in una
drammatica confessione. – Adesso cosa penserai di me? Che sono una puttanella
da quattro soldi? Che mi sono fatta scopare da una vecchia fiamma per
accontentare un desiderio del mio corpo? –
-Patty…io…non penso questo di te…capisco quello che dici…ma
trovo irrazionale la tua scelta di voler sposare ancora Robert! Ti ha usata per
i suoi piani abietti, ti ha fatto credere di essere incinta e di essere il
fidanzato perfetto palesandoti la sua volontà a sposarti. Ti ha raggirata con
l’ausilio dei suoi amici. Ti ha fatta fotografare mentre eri con Holly sulla
spiaggia. Non ti basta tutto questo? Dovresti denunciarlo alla polizia, altro
che sposarlo! – asserì Gabrielle con dolcezza cercando di non infervorare
ulteriormente la discussione. – Mi dispiace vederti in questo stato. E’ vero,
non ti conosco, ma conosco bene Tom e il suo affetto per te e per Holly è molto
grande. Lui non si è sbagliato sul vostro conto. Se Tom dice che siete delle
persone speciali, io gli credo. Perché devi rovinare tutto per uno stupido
desiderio di vendetta? – le domandò.
-Non voglio la pietà o la compassione di nessuno. Andrò fino in
fondo. Vuole sposarmi? Ebbene, io lo sposerò! - aggiunse voltandole le spalle e
dirigendosi verso i viali che conducevano agli alloggi.
-Dove stai andando? – le domandò non sufficientemente colpita
dal dialogo che avevano avuto. Patty arrestò il passo. Si voltò per guardare la
francesina. Le sorrise.
La sua personalità era tanto complessa quanto
affascinante. Era come l’araba fenice. Patty stava risorgendo dalle sue ceneri
per tornarea volare. Era sorprendente
la sua forza d’animo. L’aveva veduta distrutta e prostrata da una situazione
che la vedeva al centro di un macchinoso e quanto mai ingegnoso inganno. E
adesso, a poco dalla celebrazione nuziale che l’avrebbe legata al tennista
inglese Robert Garland, stava cercando le forze per reagire e infliggere lei la
stoccata finale.
-Tu non ti arrendi mai? – le chiese sorprendendola. Gabrielle
ricambiò lo sguardo. La tempesta si stava acquietando.
-No se qualcuno ha bisogno di me! –
-Vado a prepararmi per il matrimonio. Ho poco tempo. –
-Vengo con te! – aggiunse raggiungendola e superandola. Patty
sorrise, non più un riso di scherno o ironico, ma quasi divertito
dall’atteggiamento della fidanzata di Tom.
Nel suo animo c’era un tumulto difficile da sedare, ma
doveva andare fino in fondo alla questione. Avrebbe ingannato Robert con il suo
stesso espediente.
Kirsten terminò la conversazione telefonica e tornò a
guardare un annoiato e quanto mai nervoso Robert Garland. La giornalista
tedesca aveva colto l’occasione per fare qualche domanda anche a Tom nella
speranza di perdere un po’ più di tempo. Ogni minuto era prezioso e serviva a
tenere distante Robert da Patty.
-Il suo telefono è bollente signorina Rauch! – esclamò Robert
guardando la generosa scollatura dell’attillato abito che avvolgeva il sinuoso
corpo di Kirsten.
-Sono una giornalista signor Garland. E’ naturale che debba
attingere informazioni ovunque. Anche quando sono in vacanza. Lei piuttosto, mi
sembra un po’ nervoso. E’ dovuto forse al matrimonio imminente? –
-E’ una domanda prevista dall’intervista o me la sta porgendo
in maniera confidenziale? – le chiese sorseggiando la profumata vodka alla
pesca.
-Diciamo che scorgo sul suo volto un’espressione preoccupata.
Non posso sicuramente comprendere quale stato di agitazione accompagni le fasi
antecedenti alle nozze, ma temo che i suoi timori siano eccessivi: ha la fronte
imperlata di sudore. Eppure, l’aria condizionata rende piacevole questa nostra
sosta! – gli disse guardandolo dritto negli occhi. A Kirsten non piaceva.
Quello che aveva scoperto sul suo conto aveva soltanto alimentato la sua
antipatia verso il tennista inglese.
-E’ che non sento la mia fidanzata da un po’ di tempo. Prima
l’ho cercata ma in camera non c’era. –
-Temi forse che sia scappata, Robert? – gli chiese Tom in tono
quasi di sfida. Robert guardò il calciatore nipponico intimorito da quella
domanda. Il volto si riempì di chiazze rosse denotando nel tennista una certa
tensione. Scese dallo sgabello e si avvicinò al telefono sul bancone. Compose
il numero della suite che lo ospitava insieme a Patty. Poco prima di lasciarla,
l’aveva trattata in maniera brusca e incutendole timore. Il self control pareva
averlo abbandonato. Al quarto squillo, prima che riattaccasse, la voce ferma di
Patty rispose.
-Tesoro, ci sei? – le chiese in preda ad una strana
eccitazione. Sembrava contento di aver sentito la voce della fidanzata.
-Certamente! Perché me lo domandi? Temevi fossi andata via
prima della cerimonia? – domandò Patty inasprita dalle scoperte che avevano
fatto, ma pur sempre convinta a sposare Robert Garland.
-Non scherzare su questo argomento, sai che non mi piace! –
-Già…questo matrimonio sembra essere diventato un’ossessione
per te. Comunque, come puoi vedere, sebbene ne avessi le ragioni, sono ancora
qui e mi sto preparando! -. Robert impallidì. Sentì uno strano fremito.
Appoggiò i gomiti al bancone. Sentì le gambe venirgli meno. Perché Patty gli
aveva dettouna cosa del genere?
-Patricia…che…che vuoi dire? – le chiese atterrito sillabando
quella frase.
-Perché me lo chiedi? – domandò con sottile e tagliente ironia.
Tutto sembrava girargli intorno. Possibile che Patty avesse scoperto tutto?
Doveva restare calmo. Doveva pensare a cosa risponderle nel caso in cui lei
avesse formulato precise accuse. Sentiva solo l’incessante palpitare del suo
cuore, fitte lancinanti che sembravano volergli lacerare il petto, pensieri
confusi che turbinavano nella mente disordinatamente.
-Visto come mi hai trattata prima, avrei tutti i motivi per
mandarti a quel paese! – rispose ostile. Robert non rispose. Si riferiva all’incidente occorso circa un’ora
prima, al termine del quale Tom e Gabrielle l’avevano rinvenuta priva di sensi.
-Io…mi dispiace…sai…è che sono un po’ …agitato. –
-Certo…anche a me dispiace…sai…questa storia del matrimonio
improvviso mi ha resa un po’ meno tollerante del solito! – rispose pungente.
-Ehm…forse è meglio che ti prepari! –
-Sì, certo! Tu non vieni in camera? –
-Lo sposo non deve farsi vedere dalla sposa. Ho fatto portare
qualcosa nella stanza di Bill. –
-Va bene…allora a tra poco! Ci vediamo sulla spiaggia! –
esclamò lei riattaccando senza attendere che Robert le rispondesse.
Il tennista rimase per un po’ con
la cornetta in mano, prima di riporla sulla forcella senza distogliere lo
sguardo dall’apparecchio telefonico. Tom e Kirsten avevano udito la
conversazione e avevano inteso che qualcosa aveva turbato l’animo del tennista.
Patty non è incinta. E’ stata ingannata.
Quelle parole risuonarono risolute nella mente di Tom. Il messaggio telefonico
che aveva ricevuto da Gabrielle all’uscita dall’ospedale aveva riaperto le
speranze per una riappacificazione tra Patty e Holly e soprattutto aveva dato
loro una possibilità in più per poter mandare all’aria il matrimonio.
Kirsten guardò Tom con
espressione interrogativa. Sperava che Gabrielle fosse riuscita a convincere
Patty sull’inutilità di quel matrimonio e sul pericolo cui incorreva sposando
Robert Garland. Il loro sguardo si posò sul tennista inglese. Era palesemente
nervoso, sembrava quasi sconvolto da qualcosa. Continuava a non parlare. Il suo
silenzio non presagiva nulla di buono. Il telefono della giornalista squillò
ancora. Quel suono parve far riavere Robert dallo stato di torpore in cui
sembrava esser caduto. Kirsten guardò il display del cellulare e sorrise.
-Pronto. Heinz, ciao! – esclamò in tedesco salutando il
collega. Tom la guardò. Sul suo volto era dipinto uno strano entusiasmo.
Qualcosa gli suggeriva che quella conversazione era collegata alla telefonata
precedente. Robert li fissava entrambi. Sembrava aver compreso che quell’intervista
non era del tutto casuale!
Siamo giunti alla fine di questo dodicesimo
capitolo. Devo ringraziare tutti coloro che mi seguono attivamente e cui dedico
questo nuovo capitolo (Stormy, Alex-Kami, Lili, Lady86, Reggina, Betty, Oby86,
Kaory Becker…insomma tutti/e affettuosamente).
Bip. Bip. Bip. Benji voltò
lo sguardo al cellulare disordinatamente appoggiato sul sedile del taxi. Il
suono che aveva udito gli annunciava l’arrivo di un messaggio. Finalmente c’era
campo e poteva telefonare. Sul display lampeggiava una busta da lettera che gli
indicava l’arrivo di un messaggio. Movendo agilmente le dita sulla tastiera
telefonica, lesse il messaggio di Tom. Incredulo per quello che era scritto, lo
rilesse.
-Non ci posso credere! Non può essere vero! – esclamò con un
sorriso quasi satanico sul volto. Alzò lo sguardo verso il tassista. – Si
fermi. Torni all’aeroporto! – gli disse guardando l’orologio. Mancavano venti
minuti alle due. L’aereo di Holly sarebbe partito a quell’ora e Patty si
sarebbe sposata. Il volume della radio era talmente assordante, che l’autista
non comprese quello che gli era stato detto.
-Ehy maledizione, vuoi fare inversione! – urlò assatanato e in
preda ad una strana eccitazione. – Torna all’aeroporto! -. All’ennesimo grido
del portiere, il tassista parve comprendere e arrestò la corsa dell’auto.
Guardò Benji sorridente. La pelle scura e avvizzita contrastava col bianco
copricapo che lo adornava. Pronunciò qualche parola sconnessa in inglese. Benji
parve intuire. Aprì il suo borsello e afferrò alcune lire egiziane. Gliele
mostrò sapendo bene che era ciò cui anelava il tassista. L’uomo gli sorrise e
tornò a guardare la strada davanti a loro. Il caldo era talmente torrido che il
portiere temette di sciogliersi sotto quell’afa desertica e irrespirabile.
-Dannazione Holly…non partire! – pensò componendo il
numero del cellulare del capitano nipponico. -. All’ennesimo tentativo, Benji
si arrese. – Holly, non partire! Patty è vittima di un inganno. Ha bisogno
di te Holly. Adesso o mai più! -
Rassicurato dal buon compenso che
avrebbe ottenuto, il tassista aveva invertito la rotta del suo veicolo in
direzione aeroporto.
Lo sguardo di Robert sembrava
essersi posato definitivamente su Kirsten e Tom. Una strana angoscia pareva
attanagliargli il cuore. Non si sentiva sicuro, non più come qualche ora prima.
Si avvicinò all’insolita coppia con fare minaccioso. All’improvviso pareva aver
perso la sua nota sicurezza e quell’aria spavalda che negli ultimi tempi
l’aveva contraddistinto.
-Signor Garland, mi sembra preoccupato! E’ forse successo
qualcosa? – chiese Kirsten aizzando un tormento interiore che stava pian piano
prendendo il sopravvento. Robert fissò ancora quegli occhi verdi quasi a
volerli fulminare. Per nulla intimidita, la giornalista tedesca gli sorrise e
mosse il capo invitandolo a sedersi accanto a loro.
-Preoccupato! Mah…forse…saranno le fantasie prematrimoniali! –
esclamò chiedendo al barman un’altra vodka e cercando di recuperare tutto il
self control ancora disponibile.
-Non ti farà male bere tanto prima della cerimonia? Fuori ci
sono almeno quaranta gradi! – motteggiò Tom cercando di stuzzicare l’alter ego
del tennista.
-Non preoccuparti per me Becker! – rispose acre. Tom lo guardò
con espressione interrogativa. Il suo umore era evidentemente cambiato dopo la
telefonata con Patty.Se Patty aveva
risposto a quella telefonata, anche Gabrielle era tornata al beach resort:
questo lo tranquillizzava. Nessuno sembrava essersi accorto della loro breve ma
importantissima assenza.
-Sono abituato a bere. Anche con il caldo. Io sono inglese ed
ho il fisico molto forte! – rimbeccò mostrando il fisico muscoloso. Con
sorpresa dei due interlocutori, Robert bevve in un sol sorso la sua seconda
vodka. Sentì l’alcol infiammargli prima la bocca e poi scendere ardente fino
allo stomaco. Masticò con avidità il caldo sapore della vodka e il profumo
della pesca. Sembrava rinvigorito. Per la terza volta in pochi minuti, il
telefono di Kirsten squillò e lei si apprestò a rispondere. Una telefonata che
durò pochi istanti ma che pareva avere la stessa importanza delle precedenti.
Lo sguardo di Tom si posò interrogativo su di lei, quanto quello di Robert.
-Un telefono bollente per una donna ardente! – precisò Robert.
Affondò un dito nelle poche gocce di vodka rimaste nel bicchiere e se le passò
sulle labbra. Tom si irrigidì. Quell’uomo sapeva essere abbietto e spregevole.
-Becker, come mai non vedo in giro il tuo amico Price? Anche la
tua fidanzata non è nei paragi? – gli chiese tornando a guardare il calciatore
nipponico.
-Sarà in spiaggia a fare il bagno o a corteggiare belle
donzelle. E la mia fidanzata, come ti ho detto prima, è con Patty! –
-Già…me l’avevi detto. Che stupido! – esclamò chiudendo gli
occhi per riaprirli in uno sguardo più tagliente che mai.
-Che strano! Non vedo neppure il mio manager e la mia amica
Cassandra. Sembrano essere scomparsi tutti, anche i miei testimoni. –
-Il signor Socket e la sua amica, signor Garland, sono in
spiaggia. Li ho intervistati poco fa e mi hanno anche invitata al matrimonio. –
-Bene, così avremo anche la stampa! Adesso che ci penso, manca
anche il tuo amico Hutton, vero Becker? –. Tom strinse le mani in due pugni
serrati desiderosi di colpire quel volto.
-E’ partito, Garland. E’ andato via! –
-Ah, ah, ah, ah! –
-Non vedo cosa ci sia da ridere! – ribatté Tom ferito da
quell’atteggiamento impudente ed arrogante.
-E così è fuggito con la coda tra le gambe! –
-Ma che diavolo stai dicendo? – domandòTom drizzandosi in piedi ed avvicinandosi
minaccioso al tennista inglese.
-Tom, stai calmo! – esclamò Kirsten cercando di sedare le
acque.
-Quello che ho detto. –
-Cosa ne sai tu di Holly? –
-Quanto basta per sapere che è un personaggio scomodo. Senza
lui tra i piedi, non avrò alcun problema a sposare Patty! – rispose con sguardo
trionfante.
-Prova a fare del male a Patty…e ti giuro che….- disse Tom
afferrandolo per la camicia.
-Cosa Becker? Mi spacchi la faccia? Ah, ah. Non ho paura di te
o del tuo amico Price…tanto meno di Hutton. Patricia mi ama e stiamo per
sposarci…e poi, non dimenticare che presto mi darà un erede. – rispose
sciogliendosi dalla presa e voltandogli le spalle. Kirsten raggiunse Tom in
tempo per fermarlo dall’avventarsi sul tennista inglese.
-Tom! Lascialo perdere. Cercheremo di mandare a monte questo
matrimonio e vedrai che ci riusciremo. – gli disse cercando di calmarlo.
-Maledetto. Pensi che abbia capito qualcosa? –
-E’ possibile. Ha perso la sua tranquillità…forse vede intorno
a se troppe e strane coincidenze! Ma il sapere che il tuo amico Holly è
partito, sembra averlo rasserenato e rinvigorito. –
-Dopo che questa storia sarà finita, giuro che volo in
Spagna a spaccare la facciaa Holly!
– pensò Tom cercando di acquietarsi.
-Patty e Gabrielle sono andarte in ospedale. Sono appena tornate, in tempo per
rispondere alla telefonata di Robert! – disse Tom pacato riassumendo gli ultimi
eventi che si erano succeduti. Sorrise. Un sorriso di scherno. – Sai
Kirsten…Patty non è incinta. –
-Che hai detto? – domandò esterrefatta e interessata al nuovo
argomento. Tom chinò il capo in segno di assenso, rafforzando quanto aveva già
detto.
-Vuoi dire che ha montato tutta questa storia? – gli chiese non
comprendendo cosa avesse portato Patty a dichiarare di essere incinta.
-No. Dubito che possa essere stata Patty. Non farebbe mai una
cosa del genere. Lei non è il tipo di ragazza e comunque non ha bisogno di
questo genere di pubblicità. –
-Ti fidi molto della tua amica! – esclamò Kirsten cercando la
verità in quell’ultima frase che l’aveva lasciata alquanto attonita e
perplessa.
-Non trarre conclusioni affrettate. Patty può aver commesso
tanti errori tra cui quello madornale di fidanzarsi con Robert Garland, ma non
mentirebbe mai su un evento così importante quale può essere una gravidanza.
Stava male, aveva delle forti fitte al basso ventre. Non ho idea di cosa sia
successo. Dopo che ci siamo incontrati in spiaggia, io e Gabrielle siamo andate
da lei e l’abbiamo trovata priva di sensi. L’ho costretta ad andare in
ospedale. Evidentemente è successo qualcosa di inaspettato e non mi importa di
sapere cosa esattamente. La cosa più importante é che lei non è incinta e
quindi alcun vincolo la lega a Robert Garland. –
-Non vorrei gettare acqua sul fuoco, Tom, ma dalla telefonata
che c’è stata poco fa, mi è parso di capire che lei si sta preparando per le
nozze. – asserì incrociando le braccia al petto.
-Lo so e questo mi lascia perplesso e scettico. Non ho idea di
cosa abbia in mente Patty, ma se non lo fa lei, saremo noi a mandare all’aria
questo matrimonio. – disse convinto. Kirsten rise e afferrò la sua borsa.
-Perché ridi? – le chiese Tom incuriosito dal suo nuovo
atteggiamento.
-E’ curioso Tom Becker! Sono venuta in Egitto per trascorrere
le mie vacanze e incontro Benji Price e la mia amica Gabrielle. Poi te e la tua
amica Patricia. E infine Robert Garland, Bill Socket e Cassandra Hobbins.
Eccetto Gabrielle, tutte persone alla ribalta per qualche motivo e stranamente
l’una legata all’altra. Ed io, che sono una giornalista, anziché approfittare
di tutto quello che sta succedendo, ho deposto le armi per aiutarvi nella
nobile causa di rinsaldare un vecchio amore. E’ tutto così inverosimile. Mi
sembra di essere in un film. Con scene di copione che si stanno susseguendo
velocemente senza darmi il tempo di organizzarmi o pensare al prossimo ciak.
Insomma, non ho avuto neppure il tempo di chiedermi cosa ci faccio io in tutto
questo casino! – disse facendo spallucce con una smorfia ironica dipinto sul
bel viso alemanno. Tom rise di cuore alla parte inscenata in maniera teatrale
dall’affascinante giornalista.
-Bene compagna di scena…visto che stiamo recitando nello stesso
film, prepariamoci al gran finale. – concluse invitandola a lasciare la
caffetteria.
Il tassì continuava nella sua
corsa verso l’aeroporto più spinto dal volume della musica che dal piede
sull’acceleratore. Benji aveva lo sguardo rivolto al finestrino cercando
rifugio dai suoni etnici isolandosi nei suoi pensieri.
-Fai sempre il prepotente Benji, ma chi ti credi di essere.
Solo perché sei più grande, pensi di avere diritto a maltrattare gli altri? Noi
ti batteremo e finalmente questo campo potrà essere usato da noi quanto da voi.
Adesso che c’è Holly con noi, la Newppy batterà la San Francis e tu la
smetterai di fare il gradasso. -. Benji sorrise ripensando alle parole
urlate da Anego circa dieci anni prima. Non avrebbe mai potuto dimenticare la
convinzione, la determinazione e la sincerità di Patty. Non era più la piccola
irriverente e irruente Anego, il maschiaccio della scuola, la loro prima fan,
colei che prima di tutti aveva creduto nelle potenzialità di Oliver Hutton. Ma
Patty era cambiata già dalla fine del primo campionato nazionale. Forse, erano
stati i sentimenti che provava per Holly ad aver addolcito il suo carattere
forte e deciso, forse l’inizio di un’adolescenza che l’aveva vista crescere all’ombra
della popolarità del capitano della squadra di calcio. Strinse gli occhi celati
dalle lenti scure, ricordando il giorno prima della sua partenza per Amburgo. I
ragazzi lo avevano salutato al campo. L’indomani mattina avrebbe preso il primo
volo per la Germania accompagnato come sempre dal suo tutore Freddy MArshall.
La vide appoggiataal cancello della
sua imponente e lussuosa villa di Fujisawa.
-E così te ne vai in Germania. Hai coraggio Price…un gran
coraggio a lasciare i tuoi amici per andartene in Europa! – gli aveva detto
con tono di ammonimento. I suoi occhi nocciola bagnati dai colori del tramonto.
Indimenticabili. Fermi nella sua mente come quel giorno. Non aveva mai notato
quanto Patty fosse diventata bella. Ma forse, lui non l’aveva mai notata. Patty
era stata da tutti sempre e solo associata alla figura di Oliver Hutton. E così
sarebbe stato, per sempre. Un legame indissolubile che nessuno avrebbe mai
potuto sciogliere.
-Ci lasci così…senza dire una parola. Mi dispiace che tu
vada via…e..mi dispiace per tutte le brutte parole che senza alcuna intenzione,
ti ho sempre detto. -. Si stava scusando per le numerose volte in cui, con
fare arrogante, gli aveva tenuto testa. Già, lei sapeva come tenerlo a bada. E
come ascoltare i suoi silenzi. - Dimostra a tutti quello che sa fare il
miglior portiere giapponese. Ti aspetterò Benji…come aspetterò Holly dal
Brasile. Anche lui partirà, prima o poi, andrà in Brasile, realizzerà il suo
sogno: diventerà un calciatore professionista. Allora vi incontrerete come
compagni in nazionale e come avversari sulle scene internazionali.-
-Patty…io…Anche se non te lo dimostra, Holly…ti vuole bene!
–
-Benji, io non lo so. Sono cosciente che il suo talento è
tale che sarebbe una dura privazione relegarlo qui in Giappone. Tu in Germania
e lui in Brasile. Io sono solo una ragazzina che prova dei sentimenti sinceri
per qualcuno. Ho sempre vissuto questo mio affetto a senso unico e…se Holly
vorrà partire, io capirò. – gli rispose con gli occhi lucidi dall’emozione.
-Io...noi due siamo simili, Benji. Esterniamo poco i nostri
sentimenti e celiamo la nostra rabbia e il nostro amore per le persone, dietro
un comportamento arrogante e spesso furente. Forse sbagliamo, ma lo facciamo
per proteggerci. Tuttavia, quando si tratta di aiutare qualcuno…noi siamo
sempre pronti! Anche tu Benji:sarai
sempre pronto per stare accanto ai tuoi amici e noi…ti aspetteremo a braccia
aperte. Ciao portiere! Buon viaggio! – esclamò poi schioccandogli un bacio
sonoro e impertinente sulla guancia. Lo guardò sorridente e gli tolse il
berretto rosso dal capo. Una folata di vento scompigliò i disordinati capelli
neri. Gli occhi scuri come l’onice seguirono arguti e vigili l’andatura
femminile di quel corpo che l’inizio di un’adolescenza stava già trasformando.
Con un semplice e banale gesto, Patty l’aveva denudato dei suoi intimi
pensieri, di quella corazza che si era minuziosamente e sapientemente
costruito, di quella intricata teca di pensieri ed emozioni che solo lui
conosceva.
L’aveva salutato così, con un
gesto spontaneo, affettuoso, irriverente…ma sincero. E Benji non aveva mai
dimenticato il tocco birichino e fraterno delle sue labbra sulla guancia.
All’improvviso un’immagine parve
ridestarlo dai ricordi della sua adolescenza. Continuò a fissare quel veicolo
in movimento dalla parte opposta della strada.
-Fermati! Maledizione fermati! Fai inversione! Segui quel taxi!
– urlò in preda all’agitazione e alla follia del momento. L’egiziano sussultò
destato dalle grida del suo passeggero. Si voltò verso di lui imprecando
qualcosa di incomprensibile nella sua lingua, evidentemente tediato da quel
continuo andirivieni tra il resort e l’aeroporto.
-Stai attento maledizione, frenaaaaaaaaaaaaa! – sbraitò ancora
Benji guardando il cammello avvicinarsi sempre di più al parabrezza. La sua
sagoma si ingigantì così tanto che a Benji parve poter sentire il forte olezzo,
proprio dell’animale.
Il tassista frenò di colpo e
Benji si ritrovò schiantato contro il sedile anteriore del passeggero. L’urto
contro il poggiatesta del sedile fu talmente violento che nell’immediatezza il
portiere nipponico vide tutto annebbiato attorno a sé. Il dolore fu primo sordo
e poi acuto. Era riverso sul sedile posteriore, in preda alla confusione e ad
una strana nebbia che col passar dei secondi si stava diradando dai suoi occhi.
Sbatté più volte le palpebre cercando dentro di sé autocontrollo ed energia
sufficiente per sostenere quell’attimo di defaillance. Sentì qualcosa di caldo
e bruciante scendergli lungo le narici fino a lambire le labbra. Si rimise a
sedere tastandosi il corpo in cerca di ferite o contusioni.
Continuò a fissare il vuoto
dinanzi a se. Un rumore contro il finestrino parve ridestarlo da
quell’apparente stato di shock. Si voltò lentamente verso lo sportello e il
vetro: il berbero, avvolto in una lunga tunica colorata, continuava a bussare
cercando di attirare l’attenzione del turista. Il tassista abbassò il suo
finestrino e cominciò ad emettere velocissimi e quanto mai indecifrabili suoni
accompagnati da un continuo gesticolare. Benji scosse il capo come se avesse
ricevuto una secchiata d’acqua gelata. Il taxi.
-Come sta, signore? – gli chiese il tassista accortosi delle
gocce di sangue che gli avevano unto la maglietta. Benji lo bruciò con lo
sguardo. L’egiziano parve avvedersene.
-Come sto? Come cazzo sto? Ma ti rendi conto di che cazzo hai
combinato? Potevi ammazzarmi, stronzo! Scendi dall’auto! – berciò digrignando i
denti. Dovevano inseguire quel taxi, doveva raggiungerlo a tutti i costi.
L’egiziano parve aver inteso lo sproloquio del turista e accusò il colpo sotto
gli occhi stupiti del berbero. Il cammello giaceva in terra spaventato per
l’urto ma illeso. – Metti in moto questa cazzo di macchina! – urlò sempre più
adirato. L’autista si voltò verso lo sterzo ma non avviò il motore. Infastidito
dalla sua inezia, con un rapido gesto, il portiere nipponico scese dall’auto ed
aprì lo sportello del guidatore.
-Esci dall’auto, stronzo! – gridò afferrandolo per la tunica e
sbattendolo fuori dall’abitacolo. Senza dargli alcuna possibilità di risposta o
azione, Benji girò la chiave nel quadro, innescò la prima e spinse il piede
sull’acceleratore. Era sicuro che all’interno del veicolo ci fosse qualcuno
diretto al Beach Resort. L’inconfondibile profilo del suo capitano era
sfrecciato rapido lungo la strada. Holly stava tornando da Patty. Doveva
raggiungerlo per spiegargli cosa era successo e per impedire la celebrazione di
quel matrimonio.
Mi scuso con tutti per il ritardo occorso nel pubblicare
questo capitolo. Numerosi problemi al PC mi hanno impedito di farlo prima.
Ringrazio tutti coloro che mi seguono con sincero affetto e grazie anche per le
numerose recensioni a Orchidea Selvaggia. Un mega kiss per tutti e buon week
end.
Click. Click. Il flash continuava
ad inquadrarla in pose da copertina che facevano risaltare la griffe per la
quale aveva appena indossato. Era stata una passerella molto sobria che nel
finale aveva visto le top model più in auge sfilare con abiti da sera seducenti
e sfavillanti in variopinti colori. Al termine della sfilata, i fotografi più
importanti avevano chiesto alle flessuose modelle di poter scattare qualche
foto per gli articoli che sarebbero stati redatti il giorno dopo.
-Sei proprio brava. Hai un fascino particolare. Sai,
Patricia, secondo me dovresti essere ancora più audace. Al pubblico piace
vedere le forme generose di un bel corpo. Perché non provi ad abbassare la
spallina del tuo abito? – le chiese il fotografo guardandola languidamente.
Erano vicini, molto e pericolosamente vicini. Patty sentiva il suo respiro
alitare sul corpo da modella. – Avanti, solo un poco! – le disse
slegandole lentamente le strisce che sorreggevano il corpetto. In un attimo,
senza che lei potesse minimamente reagire, l’obiettivo fotografò l’attaccatura
dei seni oramai evidentissima. Solo un altro centimetro e avrebbe immortalato
buona parte di un seno già abbastanza scoperto. Le si avvicinò ancora di più. –
Non avrai paura di me, vero? – le chiese sorridendole con malizia. Lo
sguardo privo di espressione. Gli occhi scurissimi nei quali non riusciva a
vedere altro che lussuria. Il dorso della mano le sfiorò la guancia e scese
lentamente lungo il collo. Un brivido le percorse veloce la schiena. – Sei
proprio sexy, sai! Mi piacerebbe conoscerti meglio! – le sussurrò
all’orecchio mentre la sua mano abbassava completamente il corpetto denudandola
fino all’ombelico. Patty sussultò spaventata, continuando a guardare il soffitto
per evitare i suoi occhi infuocati di un ardore privo di passione. In un solo
attimo, si era ritrovata impotente e sovrastata da quella figura che man mano
aveva preso possesso della sua mente e del suo corpo. Sentì avide le grandi
mani cercare i seni perfetti e ben torniti: gli occhi sbarrati dalla paura. Non
riusciva ad emettere alcun suono: le parole sembravano esser morte in gola,
come l’urlo che dal profondo dell’animo avrebbe voluto emettere. Quasi come se
avesse intuito il pericolo, il suo corpo tentò una reazione improvvisa
cominciando a dimenarsi silenziosamente cercando di allontanare quelle avances
pericolose e quegli assordanti gemiti di passione. – Avanti, non fare la
preziosa. Siete tutte delle puttanelle. Su, vieni qui che ci divertiamo. –
le disse umettandosi le labbra con la lingua e stringendole le braccia con
forza. Sentì la presa delle sue mani sugli avambracci.Con un gesto rapido, la spinse sul divanetto
alle sue spalle e le fu subito sopra. Solo allora, realizzò nella sua mente quel
tentativo di violenza. Leste e avide, le sue mani iniziarono a scrutarle il
corpo insinuandosi velocemente sotto la gonna: lo sentì gemere di un forte
piacere quando la mano robusta sfiorò la sua femminilità. Gli occhi iniettati
di avida brama, il volto imperlato di una maschera di sudore e desiderio: in un
attimo, l’elastico degli slip scivolò sulla pelle trascinato da quella insana
frenesia. Facendo leva su tutte le sue forze, mentre le lacrime le avevano
inondato il volto sgomento e atterrito, Patty alzò il ginocchio colpendo il
fotografo in mezzo alle gambe. Tramortito dal dolore, forte e acuto, l’uomo si
chinò su se stesso cercando di lenire la contusione. Patty si alzò dal
divanetto con gli occhi ancora sbarrati dalla paura e le gambe tremanti. Trascinandosi
lentamente lungo il muro, ascoltando in maniera sorda gli improperi e gli
epiteti offensivi che il fotografo gemeva, la modella aprì la porta scappando
via da quella scena di quasi consumata violenza.
Una lacrima le rigò il volto. L’immagine di quella sera la
fece rabbrividire e riaprì una ferita mai rimarginata. Si strinse
nell’accappatoio cercando il conforto di un abbraccio oramai lontano da lei.
Un’amarezza che lei legava all’incontro con Robert Garland. Nel momento in cui
avrebbe maggiormente necessitato di un amico e ancor di più dell’amore profondo
del suo capitano, il tennista inglese era comparso nella sua vita aiutandola a
superare quegli attimi di incommensurabile sconforto. Il destino. Ecco cosa
aveva pensato. Il fato aveva deciso di farli incontrare nel momento più
tormentato della sua vita. Sospirò chiudendo gli occhi e cercando di scacciare
dai suoi occhi, l’immagine del fotografo che come una fiera assetata di sesso,
la divorava con lo sguardo e con affilate fauci.
Gabrielle era tornata nella sua
stanza. Mancavano pochi minuti e sarebbe divenuta la signora Garland. Smise
l’accappatoio e indossò la veste nuziale, regalo di Robert.
-Perché Robert? Perché prima mi hai aiutata e poi raggirata in
una maniera tanto vile? Possibile che siano davvero i miei soldi ad
interessarti? Possibile che la tua brama di potere arrivi fino a questo punto?
Come hai potuto farmi credere di essere incinta? Come hai potuto farmi seguire
e fotografare in un atto di passione? Sembrava quasi che tu…sì, che ti aspettassi
che io avrei potuto incontrare Holly. Sembra tutto coincidere perfettamente con
una laboriosa trama ordita alle mie spalle. Come ho potuto credere che tu mi
amassi e respingere il sentimento profondo che Holly prova per me? – si chiese
riaprendo gli occhi e guardandosi allo specchio.
Era bellissima ma inespressiva.
Sul suo volto c’era stanchezza, amarezza, sconforto e tristezza. Nulla in quel
momento, avrebbe potuto rasserenarla. L’abito, che le aveva fatto recapitare
Robert, metteva in risalto tutta la sua femminilità e il suo essere donna. Un
abito diverso dal solito, lontano dagli stereotipi nuziali, di una sensualità
rara che evidenziava le sue curve perfette.
Un bikini ricamato con
minutissime perline bianche e sopra una sottana in organza dello stesso colore.
Un abito particolare per una cerimonia sulla spiaggia. A Robert piacevano le
belle donne, e lei era una di quelle. Afferrò la spazzola e cominciò a lisciare
i capelli in ordinate ciocche scure. Sospirò ancora. Pochi attimi la dividevano
da un anello che l’avrebbe consacrata quale signora Garland. Si specchiò ancora
sfiorandosi il ventre con il palmo della mano. Piatto come sempre e adesso
ancor di più.
-Mi ero abituata all’idea
di averti qui, dentro di me, come un piccolo fiore di cui prendersi cura giorno
per giorno. Il frutto di un amore che non c’è mai stato. Forse è un bene che tu
non ci sia. Se non altro, non farò l’errore di mettere al mondo il figlio di un
uomo che mi sta usando per i suoi sconcertanti scopi personali. Non so se è giusto
quello che sto per fare, ma almeno, in tutto questo caos, tu non ci sei…c’è
ancora una timida speranza in me, di poter avere un giorno un figlio per amore.
– pensò continuando a massaggiare il ventre.
I suoi occhi caddero sulla sua
borsa, a poca distanza, dalla quale usciva un lembo bianco. La lettera di
Holly. Gli occhi le si riempirono di lacrime e una profonda fitta al cuore la
colpì. Parole sincere e innamorate, il verbo di un uomo timido che aveva
trovato il coraggio di esprimere la sua passione e il forte sentimento che lo
legava a lei. Mai avrebbe immaginato che Holly avrebbe potuto essere travolto
dall’impeto della passione, cedere all’ardore della notte precedente e
scriverle frasi che mai nessun altro le avrebbe potuto dedicare. Lei aveva sempre
saputo che dietro il sorriso e il comportamento schivo, si nascondevano dei
sentimenti sinceri che andavano oltre l’apparenza.
-Holly! Chissà dove sei. Io…amore mio…ho tanto bisogno di te e
la mia sete di vendetta ti ha allontanato per sempre…Holly dove sei? Perché
anche adesso che ho bisogno di te, tu non ci sei? Perché il destino mi è tanto
avverso? Perché non ho capito prima, disperato bisogno che ho di te, dei tuoi
occhi, del tuo amore…del tuo essere! – sibilò mentre lacrime amare imperlavano
le gote abbronzate. L’improvviso bussare alla porta, la ridestò dalle
rimembranze di un amore che sembrava averla abbandonata ancora una volta.
-Avanti! – esclamò spazzando via le lacrime con le mani.
-Patty! – disse Gabrielle incedendo verso di lei. – Sei bellissima.
– aggiunse stupefatta dall’immagine che si stagliava di frontea lei. I lunghi capelli scuri contrastavano
con il niveo dell’organza sotto la cui trasparenza si intravedeva il bikini
imperlato. La francesina la guardò con ammirazione e dispiacere. Stava per
compiere un atto che l’avrebbe legata ad un uomo che non amava e che l’aveva
brutalmente raggirata. Perché si ostinava a voler proseguire in quella messa in
scena?
-E’ ora! – disse Patty accennando un timido sorriso alla
fidanzata di Tom Becker.
-Sì. Beh…anche se inusuale, ogni sposa che si rispetti dovrebbe
avere un bouquet. Ti ho fatto preparare questo! – le disse porgendole un
bouquet di hybiscus rosso fuoco incorniciate da larghe e lucide foglie verde
smeraldo.
-Grazie Gabrielle…non solo per i fiori…ma per tutto quello che
hai fatto per me! –
-Patty…io…sei sicura di volerlo fare? –
-Se Robert vuole sposarmi…io lo farò…voglio illuderlo come lui
ha fatto con me…fargli trascorrere momenti di esasperazione, fino a gettarlo
nella disperazione e a indurlo a scappare da me! – rispose risoluta e con
sguardo infiammato.
-Comprendo che tu possa essere arrabbiata, ma non penso che un
matrimonio…
-Che non sia giusto sposare Robert per tutto quello che mi ha
fatto? Voglio sentir la verità dalla sua voce, desidero che implori il mio
perdono per avermi raggirata in maniera tanto plateale. Ho preso la mia
decisione Gabrielle, e andrò fino in fondo. Adesso, andiamo…è tardi! – concluse
allacciandosi i sandali alla schiava con lo stesso motivo di coralli del
bikini. Precedendo l’amica, Patty aprì la porta diretta alla spiaggia che
l’avrebbe consacrata sposa.
Guardò il cesto di frutta fresca
che troneggiava sul tavolino della stanza di Bill Socket. Un’esplosione di
tinte ardenti circondate da flessuosa paglia intrecciata. Un pantalone e una
camicia di lino bianchi fasciavano un corpo scultoreo e abbronzato. Tra i
capelli ancora bagnati sprizzavano qua e là ciuffi di un angelico dorato.
Nervoso e irascibile, Robert si avvicinò al paniere e ne afferrò una mela.
Perfetta nella forma, di un rosso vellutato, priva di ammaccature.
-Il frutto del peccato. Mia povera piccola Patty. Ti ho voluta
bene ma a me servono i tuoi soldi. Non ho bisogno dei tuoi stupidi sogni
d’amore. Tra un po’ sarai la signora Garland e se non vorrai fare quello che
vorrò, allora chiederò il divorzio e dovrai sborsare un’ingente quantità di
denaro per il tuo tradimento. Un piano ben congeniato che risanerà tutti i miei
debiti e dal quale ne uscirò pulito. Il tuo insensato sentimento per quel
calciatore da strapazzo, mi ha consegnato tra le mani la chiave del tuo futuro.
Quelle foto ti legheranno a me fino a che non deciderò che sarà il momento
dichiudere questa farsa. Non senza
averti prima depauperata. Io sarò la vittima e tu una faina mangiatrice d’uomini
al cospetto dell’opinione pubblica. E’ stato tutto così semplice. Sei proprio
un’ingenua, una bambola priva di cervello. Oliver Hutton. Dovrei ringraziarti
per quello che hai fatto. Senza volerlo, mi hai regalato la possibilità di
incastrare la tua amichetta e chiederle un risarcimento milionario. – sussurrò
digrignando i denti. Nei suoi occhi balenò la malizia e la spietatezza di un
uomo privo dei più nobili sentimenti. Afferrò il coltellino che portava sempre
con se e tagliò in due la mela con proverbiale precisione.
-E’ ora! – esclamò richiudendo il piccolo utensile affilato e
infilandolo nella tasca del pantalone. Si passò una mano tra i capelli, inforcò
gli occhiali da sole e uscì dalla stanza. Un esotico profumo di sandalo ed
essenze orientali aleggiò al suo incedere.
Il taxi continuava a percorrere
quella lunga strada costeggiata da un deserto brullo e roccioso che
dall’aeroporto conduceva al resort più famoso e lussuoso di Hurghada. Qualche
centinaio di metri in avanti, si intravedevano le mura bianche che cingevano il
grande complesso turistico e la cima della piramide di specchi che ospitava la
hall e parte dei servizi del resort.
Guardò l’orologio al polso. Erano
le due. Di lì a qualche istante avrebbe visto la sagoma imponente dell’aereo
sorvolare quella babele di strutture turistiche che impiegavano oramai la
maggior parte della popolazione cittadina.
E se da un lato il cielo terso
baciava il suo orizzonte nel deserto, dall’altro si specchiava nelle limpide
acque del Mar Rosso.
Quando Tom gli aveva proposto
quella vacanze all’insegna del divertimento e neppure troppo distante dalle
loro attuali residenze, si era fatto trascinare dall’entusiasmo del compagno
con l’intento di rilassarsi dopo una stagione frenetica e piena di successi.
-Patty…amore della mia
vita. Tu sei la porta dei miei sentimenti: sei la rabbiae il dolore, la dolcezza e la passione,
sei…sei la mia ragione di vita. Continuo a domandarmi perché sia successo tutto
questo tra di noi. Come è potuto accadere? Corro da te nel disperato tentativo
di oppormi alle tue nozze: ma cosa possa fare io contro di te? Contro la tua
ferrea volontà di sposarti? Non lo so. Non so ancora cosa farò e quali parole
dovrò gridare al tuo cuore. Lo so che mi ami quanto io amo te, ma Robert Garland
ci divide! Lui e il bambino che tu porti in grembo. Perché sto facendo tutto
questo? Il tuo cammino è già segnato dalla presenza di una vita che sta
nascendo in te. Un figlio. Non ci ho mai pensato, ma penso che si ala cosa più
emozionante che possa succedere ad una donna…e ad un uomo. Dare la vita a
qualcuno. Patty, Patty, Patty…come ti vorrei stringere tra le mie braccia, come
vorrei che quel figlio fosse mio, che fosse il frutto di un amore che seppur
contrastato, è sincero e privo di interessi. - pensò guardando la strada
che ancora lo divideva dal resort. All’improvviso il tassista arrestò la corsa.
Holly parve riaversi dai suoi pensieri e guardò l’egiziano.
-Che succede? - gli domandò cercando di comprendere il motivo
di quella sosta.
-C’è taxi che mi abbaglia! – esclamò scendendo dall’auto. Il
veicolo li raggiunse arrestando la sua corsa a pochi centimetri. Holly si girò
cercando di scrutare il volto dell’uomo dal lunotto posteriore.
Impallidì riconoscendo l’uomo che
era appena sceso dal taxi. Imitò il tassista e scese dall’abitacolo. Si
trovarono di fronte, ancora una volta.
-Benji! – esclamò sempre più attonito dalla presenza
dell’amico. Il volto del portiere era preoccupato e tesoe un rivolo di sangue gli imporporava la
pelle.
-Ciao Holly! Devo parlarti. – gli disse secco entrando nel taxi
dell’amico. Holly fece cenno all’autista di rientrare nell’abitacolo e
riprendere la loro corsa verso il Melia Pharaoh Beach Resort. Benji abbandonò
sulla strada il taxi sottratto all’egiziano.
Ci stiamo avvicinando alla fine di questa storia.
Ringrazio tutti per le numerose recensioni. Mi scuso con le altre autrici se
non riescoa recensire come vorrei, ma
sfortunatamente i miei impegni di lavoro non mi consentono di leggere in tempo
reale i vostri aggiornamenti. Complimenti a tutti e a presto.
Capitolo 15 *** Io vi dichiaro, marito e moglie ***
Tradimento d’amore
Tradimento
d’amore
Io vi dichiaro marito e moglie
Capitolo 15
-Domani parto! –.
Quell’improvvisa esclamazione lo fece trasalire. Lo sapeva. Se lo
aspettava. L’avrebbe detto prima o poi. Quel suo viaggio, seppur breve, era
stato determinante per i suoi sentimenti, per ritrovare se stesso, per capire
quali veramente erano i valori che nella sua vita aveva segretamente
accantonato nel cuore.
Alzò lo sguardo verso di lei. Il raggi del meriggio esplodevano di
colori nell’immensità del cielo. Appoggiata alla ringhiera dell’attico, lei
continuava a guardarlo. Le sue parole brevi e risolute gli erano arrivate con
un soffio dritte al cuore.
La brezza improvvisa scivolò lentamente tra le ciocche scure
scompigliandole. Sul volto in penombra brillavano grandi occhicastani screziati di polvere d’oro. Era
bellissima. Un nodo alla gola gli impediva di parlare. Continuava a guardarla
incessantemente cercando sulle labbra le più piccole e semplici parole da
pronunciare. Avvertì un fremito. Il vento bizzarro alzò dolcemente l’ampia
gonna dell’abito di lino mostrando le gambe lunghe e tornite.
Era un uomo oramai. L’aveva dimenticato per troppo tempo. La
desiderava, più di ogni altra cosa, nel corpo e nell’anima. Fremeva per
abbracciare quel corpo flessuoso e perfetto, bramava al sol pensiero di baciare
la pelle nivea e candida. Sentì le gote imporporarsi di quel rossore tipico
dell’imbarazzo adolescenziale, il suo essere uomo risvegliarsi nei sensi e nel
corpo. Dopo tanto tempo, lei gli faceva ancora quell’effetto.
Nei giorni precedenti, aveva dormito poco temendo di risvegliarsi e non
trovarla più nella stanza attigua alla sua. Troppo tempo era trascorso. Lento e
inesorabile, aveva diviso i loro cuori in una triste rimembranza colorata di
ricordi e sguardi condivisi in una non più vicina adolescenza.
Chiuse gli occhi immaginando le dita affusolate carezzare il petto poco
celato da una camicia sbottonata. Sussultò alla dolce sensazione faticando a
riaprire gli occhi. Era ancora lì, ferma in attesa di una risposta. La
bretellina dell’abito scese lieve sulla spalla pronunciando sensualmente il
perfetto decolletè. Dov’erano finiti i principi su cui era sempre stata basata
la loro splendida amicizia? Perché il suo corpo reagiva agli impulsi
pronunziati in maniera naturale dal corpo femminile?
Non era più la timida ragazzina che lui aveva conosciuto, colei che
arrossiva ad un semplice sguardo. Era un’adolescente consapevole delle sue
debolezze e delle sue virtù.
Tutto taceva attorno a loro. Sentiva solo l’incessante palpitare del
suo cuore. Un battito veloce e ardito per una giovane donna oggetto da sempre
dei suoi sogni e dei più insiti desideri.
Respirò profondamente lasciando che il corpo lo guidasse verso quella
creatura quasi eterea che non aspettava altro che essere carezzata. Adagio,
incedette verso di lei attirato dal magnetismo dei suoi occhi sibillini. Cosa
nascondeva l’enigma di quell’espressione celata nei colori più caldi della
terra? Non voleva saperlo. Seguiva il linguaggio del suo corpo, quelle orme che
in pochi passi l’avrebbero condotto tra le sue braccia. Pochi passi. Un soffio
soltanto li divideva. Alzò la mano verso il volto eburneo. Lievemente, l’indice
prese a disegnare i contorni perfetti dell’ovale, le sfiorò gli occhi
accompagnandosi con il pollice. Sentì sotto le dita, il candore della sua pelle
intinto delle note floreali del suo profumo. Una lacrima le imperlò la gota. La
sentì tremare. Non per l’imbarazzo, ma per una situazione a lei nuova, anelata
e finalmente realizzata.
Si sentì attore di quella scena. Sul palcoscenico c’erano solo un
giovane uomo e la sua compagna in cerca di se stessi, di quell’amore per troppo
tempo soffocato.
Avvicinò le sue labbra alle piccole gocce che brillavano sulle guance.
Lei avvertìil calore del bacio sulla
pelle. Una sensazione inspiegabile, un’emozione che partiva dal cuore. Si sentì
stordita e ammagliata dai suoi teneri gesti. Il petto le doleva per il
soffocante pulsare. Tornò a sfiorarle il viso avvicinando il volto. I loro
occhi erano gli uni negli altri. Parole che si rincorrevano nel silenzio
profondo di uno sguardo. Abbassò leggermente le palpebre lambendola con un
bacio a fior di labbra. Sentì la sua mano farsi strada tra gli scompigliati
capelli corvini. La sentì più vicina, raccolta nel suo abbraccio d’amore. Un
altro bacio a fior di labbra. E un altro ancora. Riaprì gli occhi e le sorrise.
Le sue iridi castane erano inondate di lacrime gioiose. Le prese il volto tra
le mani avvicinandolo al suo. Con la lingua le sfiorò le labbra. Lei lo guardò
e sembrò comprendere. Con fare sapiente, si scambiarono i loro primo vero
bacio, travolti da un’inesorabile passione e da carezze che sempre più vogliose
presero a inseguirsi sui loro corpi. Poi lui si staccò da quell’immagine che
gli tormentava il cuore e la mente. Stringendola forte nel timore di perderla
ancora, le donò un sorriso dolce e rassicurante. Lei si perse nella quiete di
quel volto e nell’emozione che solo lui riusciva a farle provare.
-Finché il mio respiro
sfiorerà le tue labbra, resta con me. - le sussurrò prima di donarle l’ennesimo
di un’infinità di baci.
Persa nell’inebriante crepuscolo e avvolta da un’indefinita
trepidazione, Patty si lasciò cullare dal suo abbraccio d’amore verso quella
porta che la divideva dal divenire donna.
Patty scosse il capo cercando di
tornare alla realtà. Ai suoi occhi si offrì l’immagine nitida della spiaggia
del Beach Resort. Una piccola folla di curiosi si era riunita vicino la palma
sotto la quale il direttore dell’albergo, in veste di ufficiale, avrebbe celebrato
le sue nozze con Robert Garland. Sotto il maestoso albero che la notte
precedente l’aveva vista amante passionale, che l’aveva iniziata al tradimento,
avrebbe detto il fatidico sì al fidanzato inglese suo compagno negli ultimi
mesi.
Sapeva che accanto a lei c’era
Gabrielle. In lontananza, distinse la figura conosciuta di Tom accanto al quale
risaltava la chioma fulva di una giovane donna dai tratti europei. Vide Robert
poco distante dal calciatore nipponico, intento a parlare con Cassandra e Bill.
Cassandra e Bill. Una strana e
inedita coppia. Coloro che probabilmente avevano ordito la trama della sua vita
più recente. Avevano scritto per lei un copione difficile da interpretare, il
ruolo di una donna angosciata dai fantasmi del passato, ritrovatasi ricca per
lavoro e per l’inattesa eredità, fuggita dal suo paese d’origine per cercare
una strada diversa e lontana dall’ombra del calciatore nipponico più famoso del
mondo. L’ingente fortuna che aveva accumulato era divenuta la preda agognata
del fidanzato che, improvvisamente, si era trasformato da principe azzurro in
lupo cattivo.
I due volti della stessa
medaglia. Robert Garland. Aveva provato per lui sentimenti di sincero affetto e
in pochi giorni si era abituata all’idea di quell’inattesa gravidanza perché
suggellata dal sorriso e dall’amorevole conforto che il tennista le aveva dato.
-Cosa sarebbe accaduto se non avessi incontrato Tom, Benji e
Holly? E se Gabrielle non avesse insistito per farmi visitare? Avrei sposato
Robert convinta di essere incinta. Probabilmente, dopo qualche giorno,
Cassandra mi avrebbe somministrato qualche suo strano medicinale simulando un
aborto spontaneo. Ed ecco che il bambino sparisce nel nulla ed io mi ritrovo
con l’anello al dito e con un marito squattrinato che cerca di dilapidare il
mio patrimonio per pagare i suoi debiti. Ma come ci sono finita in questa
trappola? – si chiese incedendo lentamente sulla passerella che l’avrebbe
condotta verso la palma.
Al suo sfilare leggiadro, come si
trattasse del palco di una sfilata, i turisti si voltavano a guardarla
incuriositi dalla sua bellezza e dal particolare abito nuziale che indossava.
Il sole torrido baciava ardentemente la sabbia dorata. Il cielo era terso e dal
deserto giungeva una brezza calda che sfiorava la pelle abbronzata. Il profumo
degli oli solari si mescolava all’intenso olezzo degli incensi accesi e
sistemati sotto la palma.
Tom la guardò con espressione
interrogativa. Seguì silente i suoi passi fino a quando non le fu vicina.
-Patty! – sibilò nel farfugliare curioso della folla.
-Tom….io…dov’è Benji? – gli chiese guardandosi intorno.
-Io…non saprei…doveva essere già di ritorno ma…Senti Patty, tu
non devi sentirti obbligata a sposarlo! – le disse in giapponese sicuro di non
essere compreso da altri.
-Lo so Tom, ma io devo farlo! –
-Ma tu…tu non sei incinta! Perché vuoi accondiscendere ai
desideri di quel farabutto? Ti rendi conto del male che ti ha fatto? – le
chiese accalorato dalla discussione. Lei chinò il volto e gli sorrise
amabilmente. I suoi occhi erano tristi e imperscrutabili. Dietro il castano
delle iridi, celava la sofferenza e la disperazione per quello che avrebbe
dovuto essere un giorno di festa. Tra la folla si fece largo un uomo dai tratti
egiziani munito di macchina fotografica. Tom lo seguì con lo sguardo mentre si
accostava a Kirsten e le mormorava qualcosa.
-Io…devo andare. –
-Patty aspetta….- le disse afferrandola per un braccio.
-Tom, ti prego…non rendere tutto più difficile di quanto già
non lo sia. –
-Perché? Dimmi perché diavolo vuoi sposare quel bastardo! – le
domandò soffocando l’urlo di sofferenza in gola.
-Perché se adesso rinuncio, mi mostrerò debole agli occhi di
tutti. Penserete che ho avuto una di quelle crisi che solitamente attanagliano
le ragazze prima delle nozze. Io voglio essere forte, Tom. Ho imparato ad
esserlo quattro anni fa quando ho abbandonato Holly in Brasile. E poi…voglio
vendicarmi di Robert, di quello che mi ha fatto. Ma se non lo sposo, non
vanterò più alcun diritto di rivendicare i miei diritti. Lo sposerò e lo
priverò anche dell’aria che respira, se necessario. Mi ha fatto credere di
amarmi, di essere il padre di una creatura nata solo nella fantasia sua e dei
suoi amici. Senza di voi non avrei avuto modo di capire…ancora una volta mi
siete stati vicini. Grazie Tom. – gli disse sfiorandosi le labbra e soffiando
un bacio verso di lui. Si girò dandogli le spalle.
-E Holly? –. Arrestò il passo. Il cuore le batteva per
l’emozione che quel nome le provocava sempre.
-Lui, è e sarà sempre nel mio cuore. Ovunque io sia e qualsiasi
cosa faccia. – sussurrò alzando il capo e guardando Robert.
Raggi dorati imbiondivano il capo
già chiaro. Gli occhi brillavano della stessa intensità del cielo. Era bello
come un adone. Il principe azzurro delle favole. Abbozzò un sorriso e continuò
a camminare verso di lui.
-Forza Patricia. Pochi passi e sarai nella mia rete. Vedrai
come ci divertiremo. Avanti, muoviti. – pensò contando i passi che ancora
la separavano da lui. Kirsten e il fotografo furono raggiunti da due figure
abbigliate con la divisa da receptionist. Gli schienali delle sedie disposte
sulla sabbia erano adorni di fiori colorati. La risacca giungeva dolce alle
loro orecchie. L’inconfondibile profumo del mare olezzava nell’aria. Patty
tremava. Sentiva le forze venirle meno per quel gesto sconsiderato che stava
compiendo sposando un uomo che non amava.
Il direttore dell’albergo si
aggiustò la cravatta e tossì per attirare l’attenzione dei presenti. Nella sua
insolita veste avrebbe ufficializzato le nozze con un rito breve e del tutto
formale, lungi dai fasti e dai dogmi religiosi degli sposi e dei presenti. Di
religione musulmana, lui non avrebbe mai potuto celebrare il sacro rito del
matrimonio tra due giovani di altra religione. Aveva comunque acconsentito alla
richiesta di Robert di celebrare le nozze. Istintivamente guardò Tom Becker,
con il quale durante la mattinata aveva avuto una discussione alquanto
particolare. Sembrò quasi cercare il conforto per quella celebrazione cui
avrebbe dovuto dare inizio. Si asciugò il sudore che imperlava la fronte e si
schiarì la voce.
Robert sfiorò con il dorso, la
mano di Patty. Aveva evitato di guardarlo in volto nel timore di tradire altre
emozioni. Si voltò verso di lui. Gli occhi pieni di lacrime e di incertezza. Il
tennista fu colto da una strana sensazione e si irrigidì. Nello sguardo della
fidanzata c’era amarezza e sconforto.
-Bene, signori presenti, sono qui dinanzi a voi per celebrare
le nozze tra Robert Garland e Patricia Gatsby. – disse il direttore
dell’albergo sorridendo ai due convenuti. Dopo una breve omelia basata sul
significato del matrimonio e dell’amore, procedette alle formule di rito.
-Robert, Patricia, siete venuti in pace ad unirvi nel sacro
vincolo del matrimonio? – domandò loro semplificando il rito. Gli sposi
assentirono dinanzi quella che divenne una più fitta folla di curiosi.
-Bene. Giurate dinanzi a questi testimoni di amarvi, onorarvi,
nella gioia e nel dolore, nella salute enella malattia,e rispettarvi
finché morte non vi separi? – chiese sorridente.
Patty chiuse
gli occhi nella speranza che un miracolo o un qualsiasi segnale propiziatorio
le impedissero di assentire a quella nuova domanda.
All’affermazione
di Robert, si sentì spinta ad imitare il fidanzato. Strinse tra le mani il
bouquet di fiori che le aveva regalato Gabrielle. Sentiva su di lei, i flash di
alcuni curiosi improvvisatisi fotografi e gli occhi di tutti i presenti.
-Tom, fa qualcosa. Non può sposarlo! – esclamò Gabrielle
intimorita.
-E’ quello che vuole. Spero solo che ci perdoni per quello che
abbiamo fatto! – rispose sconfortato. La fidanzata lo guardò non comprendendo
la ragione di quell’affermazione.
-Se qualcuno ha motivo di obiettare circa l’unione di questi
due giovani, parli ora o taccia per sempre! – intimò il direttore dell’albergo.
-Finché il mio respiro
sfiorerà le tue labbra, resta con me. – la dolce frase mormoratale da Holly
in occasione del suo viaggio in Brasile, si fece strada nella mente e si
scagliò nel cuore come un dardo infuocato. Sentì i brividi percorrerle veloci
la schiena e le gambe. Chiuse gli occhi cercando nei ricordi il calore del suo
abbraccio. – Mamma, papà, Holly, perdonatemi! -
-Bene, visto che nessuno ha motivo di opporsi, procedo ad
unirvi in matrimonio. Prenda la mano della sposa. Gli anelli per favore! –
rimbeccò guardando Bill Socket. Il manager si avvicinò con una scatola di
velluto rosso all’interno della quale brillavano due semplici cerchietti
dorati. Robert aveva pensato a tutto. Anche alle fedi nuziali. Quel matrimonio
non era stato preparato improvvisamente ma organizzato nei minimi particolari,
alla stregua di un rinfresco principesco.
-Robert vuoi tu prendere la qui presente Patricia come tua
sposa? – chiese sorridente al tennista. Innervosito dal protrarsi di quella che
doveva essere una breve cerimonia scandita da poche frasi di rito, Robert
assentì col capo e con la voce. Strinse nella sua, la mano di Patricia. Lei
alzò lo sguardo verso di lui.
-Non sei incinta! Ti ha fotografata mentre eri sulla
spiaggia con Holly! E’ sull’orlo del fallimento. Ha bisogno dei tuoi soldi per
risanare la sua situazione economica. Lui non ti ama! – quelle parole
echeggiarono nella mente risolute e violente. Le voci dei suoi amici si
sovrapposero ai pensieri.
-Vuoi tu Patricia prendere Robert come tuo sposo? – le chiese
il direttore dell’albergo. Le lacrime cominciarono a rigarle il volto. Il
tennista la fissava non comprendendo quel dolore dipinto sul volto. Il suo
esitare lo fece innervosire. Patty chiuse gli occhi cercando di raccogliere
quante più forze le erano rimaste in corpo. Sospirò cercando di trovare il
coraggio di pronunziare quell’assenso che l’avrebbe coniugata a Robert Garland.
Riaprì gli occhi e guardò l’ufficiale.
-Sì, lo voglio! – scandì tremante e fortemente emozionata.
-Bene, con l’autorità conferitami, vi dichiaro marito e moglie!
– sentenziò il direttore sospirando per il caldo e per la tensione
accumulatasi.
-Nooooooooooooooooooo! – l’urlo deciso e fragoroso ruppe la
curiosità dei presenti intenti ad udire il celebre sì.
Patty chiuse
gli occhi riconoscendo l’inconfondibile timbro di voce. Nonostante la sua
decisione, nulla avrebbe fermato i suoi amici dal cercare di ostacolare quel
matrimonio. Il grido di dissenso aveva squarciato l’aria come un fulmine a ciel
sereno.
Ma oramai, la
formula era stata pronunciata e Patty e Robert erano sposati.
Ad Alex-kami: sei
dolcissima e mi lusinga quanto tu scrivi di me. Sei un’amica sincera e
corretta. Quando hai bisogno di qualche consiglio, do not worry! Contattami e
cercherò di aiutarti quanto più potrò! Ho scaricato l’aggiornamento della tua
storia e spero di leggerla entro la settimana.
Grazie per l’amare come
me Gocce di Memoria. E non preoccuparti per il numero di recensioni. E’
una storia un po’ particolare, che esce dai canoni del manga/anime basata
sull’aspetto introspettivo dei personaggi. E’ una storia tormentata e che
tormenta. La passione per un amore represso e rubato! Thanks
a lot!.
A Stormy: Hi
Gipsy! Grazie per I complimenti che sento di doverti girare non per dovere ma
per piacere. La tua fic è molto bella e intensa. Spero di risentirti al più
presto vestita del tuo entusiasmo e della tua voglia di vivere. Un bacione
grande quanto la distanza dall’Italia al Sud America.
A Sabry: anche se
non ti conosco, ti ringrazio molto per le recensioni e per quanto hai scritto
sul forum e su Gocce di Memoria. Mi lusinga quanto scrivi su di me. Grazie
davvero dal profondo del cuore.
A Luxi, Betty, Meiko,
Reggina e tutte le altre
autrici/lettrici: ragazze continuate così con le vostre storie. Esprimete
quanto più potete le vostre emozioni e le sensazioni che provate. Siete tutte
in gambissima.
A Sara: sapere
che uno dei miei capitoli è stato un gradito regalo di compleanno mi ha molto
emozionata. Dedico a te e alla tua dolcissima amica questo capitolo.
Grazie a tutti per il
vostro affetto. Baci Scandros
Il venticello estivo sfiorava impertinente le tende accompagnandole in
una sinuosa danza. In piedi, affacciato alla balaustra, continuava a rimirare
la luna specchiarsi sulla città dormiente. Solo l’eco della notte faceva
compagnia alla dama del cielo. Si voltò verso il letto e i suoi occhi
incontraronoil suo profilo perfetto,
quella pelle eburnea su cui contrastavano le labbra scarlatte che solo le
braccia di Morfeo gli avevano impedito di baciare ancora. Ciocche di capelli
incorniciavano qua e là l’ovale perfetto in un disegno dall’aria ribelle ma
buffa. Era bella, bellissima, vestita di una semplicità disarmante, della
grazia di un’adolescente cresciuta nei profumi e nelle tradizioni d’oriente.
Era stata la sua amante, la donna che per anni aveva sognato di poter sfiorare,
colei di cui bramava un abbraccio o un semplice sguardo.
Nelle ultime ore del meriggio, si era crogiolato nel bagliore delle sue
iridi nocciola mentre minuscole pagliuzze dorate balenavano al ritmare del
cuore.
I loro sguardi persi nel cremisi e nel porpora del cielo, l’uno dentro
l’altra a scrutare la parte più intima, quella più vera, alla ricerca della
fiamma della passione.
Un bacio a fior di labbra, un abbraccio, un lento singulto di gioia ad
aprire la danza di quell’amore; una passione ardente, una bramosia tanto
inesperta quanto desiderosa di scoprire quel sentimento che va oltre i confini
del definito, fino a raggiungere l’orizzonte dell’infinito, quando un uomo e
una donna si uniscono in un solo fremito d’amore.
Dalle prime luci dell’alba, aveva iniziato a fissarla, carezzandole
lievemente i capelli prima, il profilo dopo. Si erano desiderati spinti da un
irrefrenabile trasporto, spinti in quell’impeto inarrestabile che è l’amore.
Poi, spinto dal rimorso di quel che sarebbe stato, si era alzato con dolcezza e
si era spostato in terrazza, lì dove qualche ora prima, avevano scoperto
l’amore.
Questo amore
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore cosí bello
Così felice
Così gaio
E così beffardo
Tremante di paura come un bambino al buio
E così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che impauriva gli altri
Che li faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo amore spiato
Perché noi lo spiavamo
Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Questo amore tutto intero
Ancora così vivo
-Amore mio. E’ tutto così
irreale. Tu qui, tra le mie braccia. Quanto di più io abbia potuto desiderare
negli ultimi anni. Piango Patty, d’amore per te, di tristezza perché oggi mi
lascerai. Non posso impedire ad una porta di spalancarsi ad un universo di
stelle, ad un bocciolo di schiudersi e divenire un meraviglioso fiore.. così,
io non posso trattenerti, non posso frenare il tuo desiderio di realizzarti.
Cosa posso offrirti io, piccolo amore mio? Nulla. La promessa di un amore che
porterò sempre con me, l’incertezza di un futuro che mi vuole sempre più
presente qui in Sud America. Ti amo Patty, più della mia stessa vita, più di
quei sogni per i quali ho abbandonato te e la mia famiglia. Penso adesso quelle
parole che non avrò il coraggio di sibilarti…quelle frasi che mai vorrei dirti
ma che accompagneranno il nostro addio. Mi dispiace amore mio…non posso
permettere che una creatura speciale come te viva all’ombra dei miei sogni. Hai
già sofferto abbastanza a causa mia. Ti amo troppo per farlo ancora.
-Cerco inutilmente una
ragione plausibile. Tra qualche ora partirai…lo so, mi chiederai di scegliere,
di decidere se proseguire nella nostra storia o meno...lo so che me lo
chiederai Patty. L’ho pensato dal primo momento che ti ho vista qui. Il mio
cuore voleva cancellare queste ombre dalla mente…ma tutto è stato inutile. La
ragione torna inesorabile a ricordarmi i miei doveri…il tuo futuro…noi. Noi!
Chi siamo noi? Un uomo e una donna con i loro sogni, con il loro amore che per
anni è stato soffocato da me…E’ solo colpa mia se siamo arrivati fino a qui.
Come posso farti questo? Ti amo da impazzire Patty eppure non ti chiederò di
restare, non posso farlo! Che ne sarà di te se rimarrai al mio fianco? E’
giusto confinarti al ruolo di eterna seconda? No amore mio…non posso farlo, non
a te! Hai già sacrificato tanto per me, come posso pretendere che tu lo faccia
ancora? Come posso essere così egoista e cinico? Come ho potuto illuderti di un
amore che non avrà mai pace nei nostri cuori? –
La calda e leggera brezza del deserto spirava tranquilla
tra le fronde verdi della palma. Il mare rientrava con le sue piccole onde
verso il bagnasciuga: la risacca era l’unica armoniosa melodia che risuonava.
Al grido di dissenso e dolore, il silenzio era calato sulla spiaggia.
Patty era rimasta immobile, come colpita da un fendente
lungo la schiena. Il capo chino e gli occhi persi nei colori del bouquet che
brandiva tra le mani. Le lacrime che contigue scendevano in silenzio senza
emettere alcun dolore. Sentì su di se lo sguardo attonito di Robert. Non
riusciva neppure a sillabare il suo nome per cercare una spiegazione a quanto
appena accaduto. Nessuno proferiva parola. L’unico rumore che si udiva era il
lento ma inesorabile singulto della sposa. Tremante, incapace di una reazione
immediata, Robert serrò prima le mani per poi chiuderle in due pugni saturi di
forza e di ira. Le nocche bianche dalla rabbia, lo sguardo fisso sulla
compagna, gli occhi iniettati di risentimento. Era colpa sua se qualcuno aveva
osato disturbare la cerimonia nuziale cui tanto aveva anelato. Il click di un
flash parve distoglierlo da quell’apparente stato di torpore.
Patty levò il capo lentamente
alzando gli occhi al cielo nelle sembianze di una condannata in cerca del
perdono celeste.
-Grazie. – pensò credendo che un cenno divino avesse
posto termine al suo tormento.
-Cosa diavolo succede, Patricia? – le chiese digrignando i
denti e afferrandola per un braccio con sprezzo. Patty sussultò a quel contatto
rabbioso. Si voltò verso di lui con gli occhi immersi in un lago di lacrime
amare e incertezza.
-Io…non lo so. – rispose con un fil di voce e una smorfia di
dolore dipinta sul volto.
-Come sarebbe a dire che non lo sai? Non l’hai riconosciuta la
voce che ha gridato? – urlò inasprito dall’espressione mesta e inconsolabile di
lei.
-Lasciami Robert, mi fai male! – esclamò facendo cadere il
bouquet sulla sabbia. Sentiva la morsa al braccio sempre più stretta. –
Lasciami Robert, ti prego, mi stai facendo male! – chiese ancora sperando che a
quella sua richiesta ci fosse qualche esito.
-Ti rendi conto che qualcuno ha deciso di mettersi ad urlare
durante la nostra funzione nuziale? – inveì adirato additando la compagna.
Sentì il suo volto molto vicino,
l’indice che minaccioso le puntava contro il viso improvvisamente impallidito.
Gli occhi azzurri privi di qualsiasi dolcezza affondare nei suoi nocciola
spauriti e imprecanti grazia. Patty fece per retrocedere di qualche passo ma lui
l’afferrò anche per l’altro braccio aumentando l’intensità della presa. La
fissò in maniera sprezzante per poi volgere il suo sguardo alla piccola platea
di curiosi che si era riunita attorno alla palma. I suoi occhi sfiorarono i
volti dei presenti alla ricerca di quella voce che sembrava averlo colpito alle
spalle nel momento in cui stava per raggiungere il suo scopo.
Poi lo vide. La sagoma alta, il
fisico affinato da anni di allenamenti, affannato per la corsa, rosso in volto
per il caldo e lo sforzo, i suoi occhi ardesia tracotanti e infervorati di una
passione esaltante . I turisti parvero comprendere l’importanza del momento e
silenti si disposero in due gruppi lasciando libero il passaggio. Un apparente
sentiero di sabbia ardente divideva Robert da suo avversario. Aveva intuito
subito quale pericolo avrebbe potuto costituire la sua presenza. La sua
temporanea assenza aveva lasciato ben sperare per un andamento tranquillo della
cerimonia. Al contrario, si era presentato più insolente e impudente che mai.
Avvertì un brivido freddo sentendosi oltrepassare il volto da quegli occhi
incandescenti.
Robert Garland lo guardava
timoroso nel suo lento incedere verso la coppia di sposi.
-Che diavolo vuoi? Sei arrivato troppo tardi Hutton. -. Patty
sussultò a quel nome. Aveva riconosciuto il timbro della voce ma, obbligata
dalla stretta di Robert, non aveva ancora avuto la possibilità di voltarsi a
guardare a chi appartenesse. Sentì le gambe sciogliersi come neve al sole, il
cuore fermarsi per l’emozione. Era tornato. Per lei. Solo per lei. Questa
volta, non l’aveva lasciata andare: lui l’amava.
-Finché il mio respiro
sfiorerà le tue labbra, resta con me. – sussurrò mentalmente serrando gli occhi per non incontrare lo
sguardo infuriato di Robert.
-Spiacente Hutton, ma
il tuo grido disperato non ha potuto impedire nulla. Io e Patricia siamo
sposati. Adesso lei è la signora Garland. –. Incurante di quanto il tennista
inglese aveva appena proferito, Holly continuò nel suo incedere fermandosi a
pochi passi dall’amata e dal suo boia.
-Fermati Hutton. Non
fare un passo in più. Tu non vanti alcun diritto, ne su di me ne su mia moglie!
–
-Lasciala andare! –
esclamò glaciale indicandogli la presa con la quale stringeva le braccia di
Patty.
-Non sono affari che
ti riguardano Hutton. Vattene, tu e i tuoi amici avete già fatto fin troppo in
due giorni. Toglietevi dai piedi prima che…
-Prima che…cosa
Garland? -. L’ennesimo click di una macchina fotografica sembrò attirare la sua
attenzione.
-Che cazzo fotografi,
stronzo. – urlò alla volta di un uomo che affiancava Kirsten. – Sparite
tutti. Bill, manda tutti via. Abbiamo diritto alla nostra privacy. Direttore,
finisca questa cerimonia e ci faccia firmare il certificato di nozze. –
-Non ci sarà alcun certificato Garland! – sbottò Benji
facendosi strada tra la folla. Robert sentì la calma venir totalmente meno.
Anche Price era tornato. Era evidente che aveva convinto Hutton a tornare sui
suoi passi per cercare di mandare a monte la cerimonia. Ripensò alle strane
coincidenze di quella mattina. La prolungata assenza di Patty giustificata con
i trattamenti di bellezza in compagnia della fidanzata di Tom. Lo stesso Becker
in compagnia di quella giornalista che qualche attimo prima aveva intervistato
anche Bill e Cassandra. L’allontanamento improvviso di Price. La freddezza con
cui Patty gli aveva parlato quand’era al bar con Tom e Kirsten. Sudore freddo
gli imperlò la fronte e prese a rigargli il volto. Lo sentì gelido carezzare il
collo e umettare la camicia di lino. Era palesemente nevrastenico. Era sulla
strada del non ritorno. Possibile che avessero scoperto qualcosa? Cercò gli
occhi di Bill e Cassandra. Voleva una conferma del loro silenzio. Voltandosi
distrattamente a destra e manca, non trovò gli sguardi dei suoi preziosi
alleati e sentì il cuore balzargli in metto a forte velocità. Si sentiva
soffocare. Aveva bisogno di andar via, di evadere da quella situazione quanto
mai compromettente.
-Che cazzo dici Price! Ma siete tutti impazziti? – urlò
accompagnando la gran voce da un riso beffardo. I suoi occhi blu erano
sprofondati nel plumbeo della rabbia e dell’inquietudine.
-Non penso proprio! – esclamò una voce serafica. - Direttore
perché non dice al signor Garland che queste nozze sono nulle? – gridò Tom
facendosi strada tra la folla fiancheggiato da Benji Price. Quelle ultime
parole riecheggiarono sonore nella sua mente. Il volto divenne cereo per
l’angoscia che sempre più veloce stava prendendo il sopravvento. Sempre più
tormentato, Robert guardò Patty. Lei ebbe un sussulto non riconoscendo più i
lineamenti angelici che un tempo erano appartenuti al suo fidanzato. Quei
tratti un tempo gentili avevano ceduto il posto ad una maschera furiosa e
desiderosa di vendetta.
-Ah! – urlò Patty sentendo la presa farsi sempre più fitta e
lancinante. – Ti prego Robert, lasciami! – sibilò trattenendo le lacrime per il
supplizio e il tormento del momento.
-Lasciala Garland. Lei non ti ha fatto nulla. Lasciala andare!
– gli intimò Holly avvicinandosi sempre di più alla coppia. Con il palmo sfiorò
il braccio di Patty. Robert la ritrasse verso di se. La fece voltare verso il
calciatore tenendole le braccia serrate dietro la schiena per impedirle di
muoversi.
-Guardala Hutton, un’ultima volta. Lei non è più la tua
amichetta. E’ mia moglie. Basta solo una firma sul certificato di nozze. Tu non
puoi impedire più nulla! – urlò più per convincere se stesso che l’attaccante
nipponico.
Holly guardò Patty tremante di dolore e paura. Si mordeva
le labbra nervosamente celando il ribattere frenetico dei denti. Sulle sue braccia,
i segni inconfondibili della presa di Robert, adesso a impegnati a serrarle i
polsi dietro la schiena, come si trattasse di una prigioniera. Holly si sentì
avvampare per la rabbia. Cosa poteva fare per salvarla? Lei schiuse le labbra e
lo guardò alla disperata ricerca del suo aiuto. Sibilò il suo nome, un suono
impercettibile a chiunque: non a lui. Il capitano serrò i pugni pronto a
dimenarsi per la sua amata.
Grazie
a tutti per il continuo sostegno e per l’affetto che numerosi mi date.
Un
bacione a Stormy, Alex Kamy, Laurachan, Kla, Rossy, Lady Nanto, Patty, Kaory
Becker, Sheria, Betty e tutti coloro che mi seguono con passione.
I versi sono tratti dalla poesia QUEST’AMORE di Jacques Prèvert
-Direttore, sto aspettando! Finisca di celebrare queste nozze.
– sbraitò in direzione dell’uomo. Il direttore del resort lo guardò
esterrefatto da tale comportamento e dalle circostanze che si erano create in
pochi minuti. Tremante per l’incertezza guardò Tom Becker.
-Non puoi fare nulla Garland. Questo matrimonio è nullo fin
dall’inizio. –
-Che cazzo stai dicendo Becker! –
-Che abbiamo scoperto quello che volevi fare e abbiamo pagato
il direttore dell’albergo per celebrare una farsa. –
-Che…che hai detto? – chiese titubante ed evidentemente scosso
da quell’affermazione. Patty sembrò rinvigorirsi a quella dichiarazione. Tom
non avrebbe potuto dire cosa più bella. Lei non era e non sarebbe mai stata la
signora Garland. Le aveva dato conferma di quello chepoco prima aveva pronunziato: il matrimonio era nullo.
-Stronzate! Non ci credo! – rimbeccò guardando il distinto uomo
egiziano. Il direttore si allontanò di qualche passo evidentemente teso e
imbarazzato da quello che stava succedendo.
Quando quella mattina Tom Becker
l’aveva pregato di celebrare delle finte nozze di fronte al cospicuo pagamento
di una somma di denaro, non avrebbe mai immaginato che quella farsa si sarebbe
trasformata in un problema molto grosso da risolvere.
Il trambusto e le urla avevano
attirato molti turisti che incuriositi sembravano non voler lasciare il
palcoscenico di quello che aveva assunto le sembianze di un dramma teatrale.
In un istante, complice lo
sguardo risoluto di Tom Becker,riaffiorarono alla mente le parole con le quali il calciatore nipponico
l’aveva convinto a onorare delle finte nozze. All’ennesimo rifiuto di non dar
luogo a quella funzione, posando lo sguardo su una copia del Corano appoggiata
sullo scrittoio del direttore, Tom aveva avuto come un’illuminazione: il
direttore era musulmano, Patty buddista e Robert presumibilmente di un’altra
religione.
Era sicuro di aver letto da
qualche parte che i musulmani non potevano celebrare nozze con persone di
religione differente dalla loro. Quel ricordo, riaffiorato dal nulla, si era
dimostrato il suo asso nella manica. Si era rimesso a sedere cercando di
calmarsi. Nella momentanea quiete, nel silenzio interrotto solo dal suono delle
cicale proveniente dai giardini, Tom aveva riorganizzato velocemente le idee
cercando il modo di addurre al direttore delle motivazioni plausibili.
-Direttore, sappiamo entrambi che lei non ha l’autorità per
celebrare delle nozze tra una buddista e un cattolico. Lei è di religione
musulmana e non può farlo. – gli aveva detto risoluto e serafico. Aveva visto
l’uomo impallidire, i suoi occhi neri stringersi in sottili fessure dietro le
lenti da vista. Si era alzato in piedi e si era silenziosamente avvicinato alla
finestra alle spalle dello scrittoio. Palesando una calma fittizia, aveva
ripreso il discorso evitando di guardare l’uomo in maniera diretta. Doveva
assolutamente motivare quella sua affermazione e cercare un compromesso.
Sospirò guardando degli uccelli alzarsi in volo.
-Tuttavia, immagino che
il cospicuo assegno elargitole dal signor Garland, ha reso fattibile il
matrimonio! – esclamò all’improvviso raggelando l’uomo. Con la coda dell’occhio
lo vide irrigidirsi sulla poltrona. - Adesso sono io che le offro dei soldi,
una cifra superiore a quella da lei ricevuta da Robert Garland. Vuole sposarli?
Per me va bene,ma deve essere un
matrimonio finto! – sentenziò guardandolo negli occhi. L’egiziano scrutò il
volto del ventunenne nipponico. Seppur giovane, quel ragazzo con il quale stava
intrattenendo la conversazione, sapeva esattamente quello che stava
dicendo.
-Far finta? Cosa vuol dire signor Becker? Perché mai dovrei
celebrare delle false nozze? – sibilò intimorito.
-Perché Robert Garland ha organizzato tutto questo per sposare
in comunione dei beni Patricia Gatsby e poter così mettere le mani sull’ingente
fortuna da lei accumulata. –
-Tutto questo è assurdo. – esclamò sinceramente stupefatto
dall’ultima frase udita.
-Lo pensavo anche io ma grazie all’aiuto di una giornalista
tedesca, abbiamo scoperto cose losche su Robert Garland. –
-Non posso farlo. – disse interrompendo un breve silenzio.
-Certo che può! – insistette Tom non distogliendo lo sguardo
dal suo. I suoi occhi nocciola avevano perso la dolcezza che da sempre aveva
contraddistinto il suo sguardo e la sua indole.
-Ho promesso al signor Garland che avrei celebrato queste
nozze! – rispose alzandosi a sua volta e dando le spalle al giovane calciatore.
Tom seguì i suoi movimenti con circospezione. Doveva pensare a qualcosa. Aveva
poco tempo per farlo. Come scosso da un baleno, sussultò e riprese a parlare.
-Solo verbalmente. Mi lasci indovinare, direttore. Poiché la
vostra religione e i vostri obblighi morali non vi permettono di celebrare
nozze tra persone di religione differente dalla vostra (*), lei celebra i
matrimoni e poi fa convalidare il certificato da qualche alta sfera di un’altra
religione e nel contempo incassa i lauti compensi elargiti da ricchi viziati
che desiderano sposarsi sulle rive del mar Rosso. Giusto? –
-Io…veramente…signor Becker mi sta mettendo in una posizione…
-Posizione? Direttore, lei deve assolutamente fare quello che
le ho detto! Ne va della vita di una donna e del buon nome del suo resort! Ha
idea dello scandalo in cui potrebbe essere coinvolta la sua struttura? Le ricordo
inoltre che ho una cara amica giornalista prontaa scrivere un articolo a tal proposito. Non penso di doverle
rammentare che la pubblicità è l’anima del commercio e sicuramente se qualcuno
pubblicasse questa storia, il suo resort non ne trarrebbe alcun vantaggio. –
-Lei non può farmi una cosa del genere. –
-Senza contare, direttore, - gli disse continuando e non
lasciandosi intimidire dalle parole dell’egiziano, - che trattandosi di uno
strano traffico non autorizzato, potrei anche chiamare le autorità competenti e
far fare accurate indagini. Ho tanto l’impressione che lei pensa di essere a
Las Vegas. L’unico problema è che nel Nevada sono autorizzati a celebrare
questo tipo di matrimonio, qui a Hurghada no, vero?Aldilà di tutto, direttore,
stiamo parlando di salvare l’esistenza di una giovane donna circuita dagli
scopi abbietti di uno spiantato accecato dai vizi e dai debiti. Vuole davvero
che succeda una cosa del genere? -. Tom aveva addotto delle motivazioni serie e
plausibili.
Il direttore non poteva far altro
che accettare la proposta del calciatore. Barcollando per l’imbarazzo e un
improvviso calo di pressione, cercò appoggio alla sedia.
Messo alle strette dalle
dichiarazioni del giovane nipponico e da quanto aveva asserito, il direttore
aveva dato la sua parola d’onore a Tom Becker, che le nozze diRobert e Patty sarebbero state del tutto
fittizie e che nessuno avrebbe convalidato il loro certificato.
-Direttore, prima di congedarmi da lei, desidero informarla che
durante la cerimonia presenzieranno alcuni poliziotti in borghese. Se qualcosa
dovesse andare storto, se per caso quelle nozze dovessero risultare valide,
farò di tutto perché la giustizia faccia il suo corso. – gli disse ultimando
quello strano ma convincente discorso. Se Tom Becker avesse bluffato o meno,
una cosa era certa: tutte quelle parole corrispondevano alla realtà. Non sapeva
dove aveva attinto notizie del genere, ma di certo lui non aveva l’autorità per
ufficiare le nozze e i precedenti matrimoni erano stati convalidati da personaggi
della chiesa cattolica, protestante e buddista, suoi intimi conoscenti e attivi
collaboratori. Sospirò vedendo uscire il calciatore per poi sprofondare nella
sua poltrona. Quella mattinata sarebbe stata la più lunga dei suoi ultimi anni
trascorsi al resort. Non c’era stato bisogno che il calciatore rilasciasse
alcun compenso poiché le sue parole erano state fin troppo convincenti.
Se Becker e la sua amica
giornalista avessero pubblicato la storia dei matrimoni, ne avrebbe pagato le
conseguenze in primis. Già immaginava i titoli dei giornali. “Matrimoni
celebrati sul Mar Rosso. Il direttore li sposa ed esponenti di altre religioni
convalidano i certificati di nozze dietro pagamento di lauti compensi!”. Un
traffico quello che gli aveva portato considerevoli e inaspettati guadagni ma
che Robert Garland e Patricia Gatsby stavano mettendo a repentaglio.
Afferrò il fazzoletto candido e
lo passò con forza sulla fronte madida di sudore. L’aria condizionata era
inefficiente.
Aprì il primo cassetto della sua
scrivania e ne estrasse l’agenda. All’interno, in bella vista, troneggiava
l’assegno in sterline, rilasciato dal tennista inglese. Con un gesto di stizza
richiuse l’agenda e la ripose nel cassetto. Quella mattinata sarebbe stata la
più lunga della sua carriera di direttore d’albergo.
-Allora direttore, che diavolo sta aspettando? Ci fa firmare i
certificati? – urlò Robert sempre più teso dai momenti convulsi e per nulla
intimidito e scoraggiato dalle parole di Tom Becker.
-Io…ehm signor Garland…io veramente…
-Che diavolo sta blaterando! Si muove o devo indurla con la
forza? –
-Robert calmati! Lasciami andare! –
-Taci Patricia. –
-Ehi Garland…lasciala andare! Le stai facendo male. – lo intimò
Holly additandolo e guardandolo con disprezzo.
-Sta zitto Hutton. Tu non dovevi neppure esserci qui. Allora
direttore, cosa sta aspettando? –
-Cos’è sei sordo Garland? – gli chiese Benji riferendosi al
diniego del direttore.
-Muoviti stronzo! Sto aspettando. – urlò stringendo la presa
intorno ai polsi di Patty.
-Ahhhhhhhhhhh – l’urlo di dolore echeggiò tra i presenti.
-Lasciala Garland! –
-Niente da fare. Prima ci sposa e poi la lascio andare! Sto
aspettando direttore! – rimbeccò sfidandolo con sguardo truce.
-Ehi Garland, le nozze sono nulle! – gli rinfacciò Benji
cercando di porre fine a quel tentativo di violenza.
-Non potete impedirmi di sposarla. E’ la madre di mio figlio! –
gridò accompagnando la sonora voce da una risata perversa. – Vero piccola dolce
Patricia? – le domandò attirandola a se. Patty sentì il dolore ai polsi divenire
sempre più lancinante. Lo sguardo empio di Robert aveva la stessa efferatezza
di quella presa che le stava procurando la sofferenza fisica.
-E’ la madre di mio figlio! E’ la madre di mio figlio! E’ la
madre di mio figlio! -. Dure, sprezzanti, quelle parole riecheggiarono
nella sua mente senza sosta. Correvano sullo stesso cerchio, compiendo sempre
lo stesso inevitabile percorso. Holly deviò il suo sguardo da Robert a Patty.
Avvinta da uno stato di torpore, la vide distaccarsi da quello che la circondava,
assalita dai pensieri e dai dubbi che sembravano avvilupparla in un labirinto
senza uscita.
-Nocicle Plus. E’ così che l’ha chiamata la dottoressa
Verdian, vero? Delle stupide pillole salta ciclo! Oppure dovrei dire le pillole
delle gravidanze apparenti? Per giorni ho assunto un medicinale che mi ha
provocato una gravidanza illusoria, con tutti i sintomi che ne possano
derivare. Cassandra mi ha detto che ero incinta. Robert mi voleva sposare. E
invece? Tutto maledettamente falso. Io non sono incinta! – le parole che
aveva urlato a Gabrielle al rientro dall’ospedale, risuonarono vere, caustiche
nella sua mente. Lei non era incinta. Non aveva alcun obbligo nei confronti di
Robert Garland. Era colpa sua se si trovava in quella situazione. Avrebbe
potuto desistere dall’idea di sposarlo per vendetta, invece era andata avanti
con quella pantomima pur di dimostrare a tutti che Patricia Gatsby non era più
la piccola e innocente manager di una squadra di calcio, ma una donna sicura
della sue azioni.
-Io non porto in grembo alcun bambino…in me c’è solo il
risentimento verso una persona che mi ha usata per i suoi scopi più abbietti.
Come ho potuto essere così cieca? Davvero pensavo di sposare Robert per
vendicarmi di quello che mi ha fatto? Holly, aiutami amore mio! Lo so che forse
non merito il tuo aiuto, ma ti prego, fa qualcosa per liberarmi da Robert!
– pensò serrando le palpebre per celare il dolore nei suoi occhi.
-Adesso basta, Garland, lasciala andare o chiamo la polizia! –
urlò Benji cercando di intimidirlo.
La brezza calda mosse la chioma
fulva in una danza fluente e sensuale. Kirsten guardò il portiere rapita da
quell’espressione dura e affascinante. I suoi occhi neri brulicavano di
risentimento verso un uomo che non poneva limiti alla sua codardia. Sul suo
volto, la passione nei confronti di un’amicizia più forte di qualsiasi altro
sentimento. Le labbra le si unirono in un dolce sorriso. Era affascinata da
quanto stava accadendo. La sofferenza di Patricia, la furbizia di Robert e dei
suoi complici, l’amicizia di Benji e Tom, l’amore di Oliver. E lei, per una
volta, con suo sommo piacere e consapevolezza, si faceva spettatrice di un
simile dramma. Non avrebbe scritto nulla di quello che stava succedendo, non
senza il consenso dei diretti interessati. I suoi occhi verdi stavano passando
in rassegna tutte le immagini di quella insolita pellicola, ma l’immagine del
fisico scultoreo del numero uno giapponese era ferma e vivida. Incessante,
vivo, il battito del suo cuore parve ricordarle che era una donna oltre ad
un’affermata giornalista. L’attrazione verso quell’uomo più giovane di lei
sembrava non darle tregua.
Il direttore dell’albergo si
guardò intorno in cerca dei gendarmi in borghese prospettatigli da Tom Becker
durante il loro colloquio.
-E per cosa? Non farmi ridire, Price! Ho diritto a sposare la
madre di mio figlio! –
-Lei non è incinta, maledizione! – urlò Holly inasprito da
quella falsità.
La sua voce sembrò udirsi a
perdita d’occhio. Chiunque avrebbe potuto sentire quel grido quasi di gioia. La
sua Patty non era incinta. Aveva commesso l’errore di fidarsi d Robert Garland
e di provare sentimenti d’affetto per lui. L’idea che fosse realmente in attesa
di un bambino di Garland lo fece sussultare. Parve estraniarsi dalla scena e
immaginare le mani avide del tennista inglese cercare piacere nel carezzare
bramosamente lo splendido corpo di Patty. Sentì la rabbia accrescere verso quel
pretendente tanto scomodo quanto abietto. Come aveva potuto pensare di
abbandonarla nelle fauci del leone?
-Che cazzo dici! Siete impazziti tutti? Diglielo Patricia che
sei incinta! – berciò afferrandole il volto con una mano e mostrandolo a tutti
i presenti. Con lo sguardo cercò Cassandra e Bill, i fidati complici che
l’avevano aiutato ad ordire quell’intricata trama.
-Smettila Garland, non vedi che le stai facendo male! – urlò
Tom guardando il volto paonazzo dell’amica. Gabrielle si strinse al braccio del
fidanzato, quasi accusando su se stessa il dolore dipinto nell’espressione di
Patty.
-Allora Patricia, cosa aspetti? Dillo che sei incinta e che
vuoi sposarmi! – continuò accompagnando le parole con una risata bieca indice
di un self control oramai perduto. Sentiva il sudore lambirgli ogni singola
parte del corpo, la camicia di lino bianca oramai divenuta una seconda pelle
sul torace. Tremava. Patty comprese che Robert aveva paura e che si era reso
conto che i suoi tentativi estremi erano risultati fallimentari. Quella
sensazione di timida vittoria le incusse coraggio. Di fronte all’evidenza, la
baldanza di Robert era svanita nel nulla. Raccolse le forze rimaste e cercò di
riorganizzare la mente per un attacco diretto al fidanzato.
-No. Non sono incinta Robert! – esclamò sicura fondando le
iridi nocciola in quelle blu del fidanzato.
-Hai perso il bambino? – le chiese continuando la sua commedia.
Patty sentì il fervore accrescere dentro di lei. Come poteva continuare quella
pantomima? Come poteva utilizzare una vita umana per i suoi scopi più abbietti
e sordidi?
-Non dire stronzate Robert, io non sono mai stata incinta, non
c’è mai stato nessun bambino. Ahhhhhhhhhhhhhh! Lasciami, dannazione! – urlò
dimenandosi e cercando di liberarsi.
-Sei una puttana Patricia, un stupida e insulsa donnaccia!
Chissà cosa penserà la gente quando vedrà le tue foto! Avanti Cassandra, perché
non mostri alla nostra santarellina le foto del suo tradimento? Pensavi non lo
sapessi Patricia? Come ho potuto fidarmi di te? Sono io la parte lesa in questa
stupida arringa senza senso, non tu! Sono io quello tradito! Gli esami clinici
parlavano chiaro: tu eri incinta prima di venire qui. Vuoi farmi credere
adesso, di aver perso il bambino? E questo dopo che mi hai anche tradito?
Nonostante il tuo tradimento, io ti ho dimostrato di avere intenzione di
sposarti! E invece no…dovevamo per forza inscenare quest’insulsa commedia!
Volevi rendermi ridicolo? – gridò cercando un’ultima ancora di salvezza in
quelle foto che lui stesso aveva commissionato, sicuro che la fidanzata non
avrebbe mai potuto resistere agli impeti del cuore. Cassandra gli si avvicinò
con fare sicuro, ancheggiando nel ridottissimo costume che metteva in risalto
le forme prorompenti. Con espressione soddisfatta e maliziosa, rovistò nella
borsa e prese la busta con le foto. Senza neppure controllare il contenuto, le
passò a Robert, ritornando al suo posto, in prima fila accanto a Bill Socket.
Il tennista brandiva la busta con sicurezza, rimirando con astio la fidanzata
oramai sull’orlo di una crisi nervosa.
Patty si sentì avvampare. Ricordò
le parole di Gabrielle durante il tragitto di ritorno dalla clinica. Quando le
aveva detto delle fotografie scoperte da Kirsten. Da un lato sentì accrescere
la vergogna per essere stata spiata da qualcuno mentre si concedeva all’unico
uomo che aveva mai amato in vita sua, dall’altro la consapevolezza di quel
tradimento tanto prevedibile e semplice da commettere. Robert aveva assoldato
qualcuno per scattare quelle foto che declamavano un tanto evidente adulterio.
Si sentiva denudata della pelle, spiata nell’animo; le sue sensazioni, quelle
meravigliose emozioni che solo Holly riusciva a trasmetterle, strappate via
cruentamente dal suo cuore. Un’efferatezza tale che le provocò una fitta
improvvisa. Stava perdendo il controllo…sentì venir meno quegli ultimi, pochi
sprazzi di energia.
-Ha ragione. Io l’ho tradito. Ho sbagliato! Ero legata a lui
…invece alla prima occasione, ho lasciato che il passato mi rapisse, mi
portasse via l’ anima e la ragione. – pensò guardando Holly. Nei suoi occhi
l’insicurezza del momento. L’esitazione verso un presente del quale oramai non
aveva più alcuna certezza.
Il capitano parve comprendere
quell’attimo di smarrimento. Patty stava per cedere alle accuse di Robert
Garland. L’aveva marchiata di disonore dinanzi a tutti. Doveva proteggerla.
Doveva fare qualcosa. L’avevano voluto entrambi. Si erano amati intensamente,
schiavi solo di una passione emersa dal profondo delle loro anime, avevano
provato ancora una volta le sensazioni indefinite che quattro anni prima
avevano suggellato il loro amore. Per sempre.
-Patty!Non cedere proprio ora. Non farlo. Vuole solo
incastrarti. Amore, resisti. Farò qualcosa per tirarti fuori da questa
situazione! E’ colpa mia. Se solo non avessi seguito il mio istinto e mi fossi
tenuto a distanza da te…adesso non saresti in questo guaio…come ho potuto
essere tanto prevedibile e stupido da trascinarti in quest’umiliazione? –
pensò non distogliendo lo sguardo dalla ragazza. Vide le sue labbra tremare
sotto l’impeto dei timori infusi dall’atteggiamento vile di Robert. Resistette
all’impulso di correre da lei e baciarla per comunicarle tutto il suo amore o
solo per infonderle quella sicurezza oramai perduta. Sospirò profondamente poi
tornò a guardare il tennista sicuro su quello che avrebbe detto.
-Lei non ha colpa. L’ho costretta io! Ero ubriaco. Arrabbiato
perché avevo letto la notizia del vostro matrimonio….- disse con esitazione. -
Quando l’ho vista che passeggiava sola sulla spiaggia, non ho potuto resistere
alla sua bellezza! Le ho detto che dovevo parlarle. L’ho indotta a seguirmi e…a
spogliarsi per me…poi, senza più dare ascolto alla ragione, mi sono lasciato
andare e le ho ordinato di…di fare l’amore con me! – sentenziò abbassando lo
sguardo per non incrociare quello incredulo di Patty e dei suoi amici. Il cuore
gli era rimbalzato in gola. Sentiva una fitta lancinante nel petto. Una lama
sottile e tagliente pareva avergli inequivocabilmente lacerato l’animo.
Il mio giorno è cominciato in te
la mia notte mi verrà da te
un sorriso ed io sorriderò
un tuo gesto ed io piangerò
La mia forza me l’hai data tu
ogni volta che hai creduto in me
tu mi hai dato quello che
il mondo, non mi ha dato mai!
Il mio mondo è cominciato in te
il mio mondo finirà con te
e se tu, mi lascerai
in un momento così,
tutto per me finirà con te…
Ovunque sei, se ascolterai…
accanto a te, mi troverai
vedrai lo sguardo
che per me parlò
e la mia mano, che la tua cercò
Ovunque sei, se ascolterai…
accanto a te, mi rivedrai!
E troverai, un po’ di me (**)
Grazie ancora per seguirmi
tutti con molto affetto e per i messaggi/commenti che mi arrivano da tutti voi.
Thanks a lot.
Un ringraziamento
particolare a:
Stormy(scusami se non ho recensito la lettera
di Samiah. Quando l’ho letta la prima volta ho pianto, questo lo sai, vero?
Grazie Angie, per le emozioni che mi ha regalato la tua storia. Thanks a lot from my
heart, sweetie)
Alex
Kami (visto che l’aggiornamento é
arrivato prima di settembre? E non solo, se il PC funzionerà senza darmi
problemi, pubblicherò a breve il diciottesimo capitolo. Attendo il seguito del
Viale dei Ricordi, nella speranza che prima o poi quell’iceberg di Patty decida
di confessare a Holly i suoi timori e i rancori del passato! I hope so.)
Sheria(a te dedico questo capitolo, con i
migliori auguri per la tua laurea. Spero che la vita possa riservarti il meglio
e che i tuoi sogni possano realizzarsi al più presto)
E grazie ancora a Gemini, Lady86, Lurachan, Reggina,
Evy, Mystic Moon, Kla87, Rossy, Betty, Lady Nanto, Patty, Kaory Becker o e a
tutti coloro che mi seguono attivamente.
(*)non
sono esperta in celebrazioni, ma da quanto suggeritomi da un amico somalo, i
musulmani possono celebrare solo matrimoni tra gente della stessa religione e
sposarsi tra di loro. Se non lo prevede il Corano, è comunque loro
consuetudine.
(**)
I versi appartengono ad una canzone di Renato Zero
Capitolo 18 *** A carte scoperte - prima parte ***
Tradimento d’amore
Tradimento
d’amore
A carte scoperte….(prima parte)
Capitolo 18
- Lei non ha colpa. L’ho
costretta io! Ero ubriaco. Arrabbiato perché avevo letto la notizia del vostro
matrimonio.
Quando l’ho vista che
passeggiava sola sulla spiaggia, non ho potuto resistere alla sua bellezza! Le
ho detto che dovevo parlarle. L’ho indotta a seguirmi e…a spogliarsi per
me…poi, senza più dare ascolto alla ragione, mi sono lasciato andare e le ho
ordinato di…di fare l’amore con me! –
Insolite, dure, sprezzanti,
incerte, le sue parole risuonavano nella mente dei presenti. Desiderava andar
via, fuggire dagli sguardi indagatori e sconcertati di quanti lo conoscevano e
soprattutto di coloro che lo amavano. Balzare sulla calda brezza estiva e
lasciarsi trasportare via, aldilà dell’orizzonte. Aveva proferito quelle poche
parole con voce incerta, denotando una insicurezza non sua…macchiando per
sempre l’anima pulita che l’aveva da sempre contraddistinto.
Kirsten sgranò le iridi smeraldo.
Era quello il tanto declamato capitano della nazionale nipponica? L’unico dei
tre campioni che in quella strana mattinata non aveva avuto ancora il piacere
di conoscere? Possibile che il più titolato calciatore giapponese di tutti i
tempi, dipinto sempre come un ragazzo integerrimo e altruista, fosse in realtà
un essere iniquo e turpe da indurre una donna ad acconsentire ai suoi biechi
scopi sessuali? Cercò conferma negli occhi di Benji.
Il portiere la guardava attonito,
nella speranza forse di comunicarle qualcosa.
Ebbe subito la risposta che
cercava. No. Non era l’essere nefando nel quale si era momentaneamente
trasformato. Dal racconto che le avevano fatto, Holly era un ragazzo innamorato
della sua migliore amica, al punto tale da lasciarla pur di non costringerla a
vivere nella sua ombra o a macchiarsi di disonore pur di difenderla. Sì, la
stava difendendo a spada tratta, stava cercando di salvarla dall’umiliazione
del tradimento, dalle foto che se fossero cadute in mani sbagliate, l’avrebbero
per sempre etichettata come una poco di buono.
Vide le mani di Benji chiudersi
in pugni serrati. Le nocche avevano assunto un colorito bianco e lucido; i
pugni si erano trasformati in magli metallici pronti a braccare la preda. Chi
voleva colpire? Robert per l’umiliazione che stava infliggendo a Patty? Oppure
Oliver che stava mettendo a repentaglio una brillante carriera pur di salvare
la sua adorata amica?
-E’ impazzito. Holly deve aver perso il senno. Come ha potuto
dire una cosa del genere? – sussurrò Benji digrignando i denti. Kirsten al suo
fianco ascoltò quella fioca voce, comprendendo il disappunto del portiere.
Aveva ben compreso che il calciatore numero dieci della nazionale nipponica si
era sacrificato per Patricia Gatsby, la sua Patty, quella donna dalla
personalità complessa, al momento in balia della pazzia di Robert Garland.
Gabrielle non staccava gli occhi
da Tom. Il volto era improvvisamente impallidito, aveva perduto
quell’abbronzatura dorata che lo aveva leggermente colorito fino a pochi
istanti prima. Guardò gli occhi nocciola del fidanzato comprendendo quale
dilemma assillasse la sua mente. Le labbra tremavano come le sue mani. Il suo
migliore amico si era cacciato in un brutto guaio senza considerare le
conseguenze dei suoi atti.
-Tom…- sibilò temendo di disturbare il turbinio di pensieri che
sicuramente affollavano la sua mente.
-Holly è fuori di se. Lui non sa cosa ha detto. Si è accusato
di violenza sessuale….per salvare Patty! – ammise con un fil di voce.
La bionda francesina avvertì un
tuffo al cuore. Il suo fidanzato non l’aveva neppure guardata incantato dal
legame che univa Holly e Patty. Non importava cosa fosse accaduto anni prima,
la timida adolescenza che li aveva accompagnati, i segreti e i dubbi non
svelati…tutto si era trasformato in amore, puro e passionale, nella notte
magica trascorsa in Brasile. Un amore che si era ritrovato sulla rena dorata
del Mar Rosso, purtroppo al centro di inevitabili contrasti e di un matrimonio
di convenienza.
Oliver Hutton si stava
sacrificando per la ragazza che amava. Non aveva esitato, non aveva mostrato
remore: era andato avanti per la sua strada senza pensare alle inevitabili
ripercussioni che quella dichiarazione avrebbe potuto comportare.
E lui? Gabrielle ebbe un flash.
Cosa sarebbe accaduto se al posto di Patty ci fosse stata lei?Avrebbe mai
compiuto un simile gesto per lei? Gli occhi le si riempirono di lacrime
rievocando alcune immagini di quella vorticosa e veemente mattinata. I dubbi
sul suo amore tornarono a lacerarle il cuore e la mente.
- Mio Dio! E’ assurdo quello
che sta succedendo. Io…io dovrei essere in spiaggia a prendere il sole e invece
mi trovo mio malgrado coinvolta in questa situazione. Tom. Non hai occhi che
per i tuoi amici. Possibile che l’amicizia che ti lega a loro sia tanto forte
da mettermi in secondo piano? O sono io, così egoista da pretendere che in
momenti di estrema tensione come questi, ti stringa al mio fianco cercando quel
calore e quell’amore che ti ho sempre donato. O Tom, perché guardi Patty con
quegli occhi ardenti di un’emozione che non ho mai visto dipinta prima sul tuo
volto?
No..non voglio e non devo
lasciarmi sopraffare dai dubbi e dalle incertezze. Tu sei il mio fidanzato Ami
me, vero Tom? – si chiese spinta da un moto di gelosia. Mentre silenziose,
le lacrime cominciarono a rigarle il volto, lo sguardo si posò inevitabilmente
su Patricia. Era come una sirena ammaliatrice. Tutti ai suoi piedi. Tutti per
lei, non per la sua bellezza, ma per quel rapporto che negli anni passati
l’aveva legata ai maggiori esponenti del calcio nascente giapponese. Benji, Tom e Holly. Tre cuori
che battevano per lei, ognuno in un modo particolare, ma assoluto.
Il tennista guardò il capitano
esterrefatto. Era ben conscio che stava mentendo. Il suo era un tentativo
estremo di salvare l’onore di quella ragazza che amava profondamente.
Il silenzio calò sui presenti.
Nessuno si aspettava un’ammissione del genere. Cosa sarebbe accaduto adesso?
Tom e Benji lasciarono cadere il loro sguardo attonito sul compagno di
nazionale. Patty alzò gli occhi sull’agognato capitano. Nella mente, le sue
ultime parole rincorse dall’incessante palpitare del cuore.
-Holly! Perché? Perché hai mentito? Adesso ti tacceranno di
violenza! Perché Holly? – pensò disperata con gli occhi inumiditi dalle
lacrime.
Abbassò le palpebre cercando di trattenere
quell’attimo di esasperazione. Si stava sacrificando per lei. Stava rischiando
la carriera. Lei sapeva che una chiacchiera banale, seppur successivamente
smentita, avrebbe inevitabilmente marchiato Oliver Hutton. Era sempre così. La
gente si lasciava abbindolare dai mass media e dall’opinione pubblica. No.
Holly non era mai stato violento. Al contrario, era la persona più dolce e
altruista che lei conosceva. La sua onestà era encomiabile. Holly non sarebbe
mai stato capace di fare del male.
“Il sole se ne è andato bruciando l’orizzonte e la notte è
scesa ancora con tutte le sue domande.
E ancora accadrà, la luna splenderà eterea nel buio illuminando il
ricordo di una passione travolgente, di un amore drammatico.
Chiudo gli occhi e sogno di te, sempre.
Come fai ad essere qui dentro di me, dentro l’aria che mi sfiora,
sento il tuo profumo.
Sogno di te, giorno e notte, anche solo per un attimo lunghissimo.
Sognerò ancora il tuo ultimo bacio sulle mie labbra, il calore
delle tue carezze sul mio corpo.
Ti amerò ancora, come quella volta, come questa notte, come è stato
e come sarà sempre.”
(*)
-No amore, il sole non è andato ancora via per noi…non dopo
oggi – pensò rimembrando le parole della lettera che Holly le aveva scritto
prima di andar via. -io...come ho
potuto essere così stupida e cieca, trattarti come un essere lercio…perdonami
amore mio, ero offuscata dal risentimento, dal rancore che ho provato quando
hai lasciato che andassi via…quando non hai permesso che condividessi con te
questo splendido sentimento…come ho potuto essere tanto sciocca da non
comprendere quanto grande fosse il tuo amore per me…come ho potuto farti tutto
questo male? Perdonami, Holly, perdonami! –. Frasi d’amore vivide negli
occhi e che le avevano toccato immensamente il cuore a conferma di quel
sentimento che li univa dall’adolescenza.
Un unico grido voleva
riecheggiare. Alzò le palpebre per tornare a fissare irosa il fidanzato
inglese. Per tornare ancora una volta, in quella mesta e dura realtà.
-Lasciami Robert! Lasciami ti ho detto o ti denuncio per
tentata violenza! E’ questo che vuoi? –
-Ahhhhhh…non farmi ridere! Violenza è quella che ti ha fatto il
tuo adorato capitano. Non è così? Non ti ha costretta con la forza a
concedergli le tue grazie? Non ti ha forse stuprata?– le chiese sadico sapendo
di aver colpito Patty in quello che aveva di più caro: l’amore verso Oliver
Hutton.
-Maledetto. Mi fai schifo Robert! Come ho potuto soltanto farmi
sfiorare da un essere spregevole e pusillanime come te? Sei un verme, un parassita.
Mi hai irretita e raggirata con l’unico scopo di avere i miei soldi. Lasciami
Robert Garland. Sei in una posizione scomoda. Non aggravarla perché ti assicuro
che il mio avvocato si divertirà a trascinarti in tribunale! – urlò sputandogli
in volto. Un gesto spontaneo, colmo di rabbia e di quel risentimento che col
passare dei minuti cresceva sempre di più. Con un rapido riflesso, il tennista
evitò che il getto di saliva lo colpisse in pieno volto. La fissò sempre più
adirato nei suoi confronti. Il padrone e la sua schiava. Era così che si
immaginava in quel momento. Lui che dominava la debole preda. Si passò la
lingua sulle labbra quasi a voler pregustare gli atti finali di quel dramma.
-Stupida che non sei altro! – urlò perdendo completamente la
pazienza. Patty guardò i suoi occhi blu iniettati di odio e astio. Avevano
perso qualsiasi barlume di lucidità e umanità.
-Ho una proposta da farti, Patricia. Tu mi sposi ed io non
faccio pubblicare le tue foto mentre ti fai fottere da quel calciatore da
quattro soldi. – le disse alzandole il mento con un dito e costringendola a
guardarlo dritto negli occhi. Patty lo divorò con gli occhi sdegnata e
inasprita da quel dialogo disumano.
-Sei un lurido porco Robert. Non acconsentirò mai a sposarti. I
miei soldi! Sono quelli che ti interessano, vero? Avresti potuto chiedermeli ed
io ti avrei aiutato, invece hai preferito raggirarmi. Prima mi hai fatto
credere di essere incinta e poi…- disse voltandosi verso Bill e Cassandra, - e
poi…voi sapevate che Holly sarebbe venuto qui! Vero Robert? – gli domandò
mentre una fosca sensazione le illuminava la mente. – Ma certo…avevate previsto
tutto! Ed io ci sono cascata come una stupida. Tu sapevi di me ed Holly. Hai
solo avuto l’occasione per circuirmi. Sicuro. Patty incontra Holly e non riesce
a frenare una passione mai sopita.Nel
frattempo organizzi un matrimonio sulla spiaggia anticipando i tempi previsti e
facendo arrivare Cassandra e Bill dall’Inghilterra. Ma loro naturalmente sapevano
tutto perché si sono presentati con abito e fedi nuziali.
-Le foto. Il tuo asso nella manica per ricattarmi. Se avessi
scoperto che non ero incinta, Cassandra avrebbe trovato una delle sue scuse
mediche plausibili per giustificare la gravidanza interrotta, magari
addormentandomi con un sonnifero, facendomi risvegliare in un letto d’ospedale
e dicendomi che avevo avuto un aborto. Alla fine di questa messinscena, tu mi
avresti consolata sposandomi in comunione dei beni per poter mettere le mani
sui miei soldi! – berciò convinta di quanto aveva appena proferito. – E’ così,
vero Robert? Un piano ingegnoso. Solo che la fidanzata del mio amico Tom si sta
laureando in medicina ed ha capito subito che non stavo bene. Vuoi sapere dove
sono stata stamattina, Robert? Mentre tu credevi che io fossi andata a farmi
bella per le nozze, ero in ospedale a sottopormi ad alcuni esami. -. Robert la
guardò irrigidendosi. La sua espressione convinta, risoluta, carica di odio gli
incuteva timore. Sentiva il cuore accelerare sempre di più e il sangue scorrere
nelle vene velocemente, come un torrente in piena. Il sole era proprio sopra di
loro e a nulla serviva la penombra creata dalle larghe fronde della palma.
-Dopo che sei andato via dalla suite sono svenuta a causa delle
fitte procuratemi dalle pillole prescritte da Cassandra e dello stress
accumulato nelle ultime ore. Stavo male Robert, fin da stamattina, ma tu hai
preferito andare avanti con questa finzione non curandoti minimamente del mio
stato di salute! -. Il tennista la guardava allibito. Aveva scoperto il piano.
Lo stava mettendo alle strette. Il pubblico seguiva interessato il monologo
della modella recitato in un impeccabile inglese. Impressionato e sperso dal
fiotto di parole che sentiva fondargli sul petto, mollò la presa sulla
fidanzata inconsapevolmente. Approfittando di quell’attimo di defaillance,
Patty si liberò dalla sua morsa e indietreggiò di qualche passo.
Adesso si trovava tra i due
uomini più importanti della sua vita. Il bene e il male, il bianco e il nero,
giusto e cattivo, Holly e Robert. Abbassò lo sguardo massaggiandosi i polsi
cianotici e doloranti. Alzò nuovamente gli occhi verso il fidanzato,
un’espressione carica di odio e acredine.
-Già. Avevi previsto l’arrivo di Holly, ma non quello di Tom e
Benji. O di Gabrielle, o di Kirsten Rauch. Hai sottovalutato i miei amici,
Robert, proprio come me. Non ho voluto credere a quelle che mi sembravano
illazioni sul tuo conto, invece avrei dovuto prestare attenzione a quello che
mi stavano raccontando loro. Sono stata una sciocca, fin dal principio. Come ho
potuto credere, anche solo per un attimo, che tu avresti potuto sostituire
Holly nel mio cuore…come ho potuto credere a Cassandra e non a Tom e Benji?
Quandoè cominciata la storia della
finta gravidanza? Quando mi sono sentita poco bene e mi hai condotta da
Cassandra per fare degli accertamenti? E’ lì che è scattato il vostro piano? E’
colpa mia se è successo tutto questo! Mi sono lasciata trarre in inganno da te.
– rimbeccò sconfortata da quell’ammissione di colpa. Robert sembrava
paralizzato. Era stato denudato di tutte le sue difese. Non poteva fare altro
se non arrendersi all’evidenza. Il sipario stava lentamente calando sulla scena
del delitto.
-Ah…ridicolo. Tutta questa storia è ridicola. Non ditemi che
credete alle baggianate di una ragazzina che si è lasciata circuire dal suo
primo amore. Tesoro, sono io che ti devo trascinare in tribunale. Hai idea di
quanto ti costerà ricostituire la mia immagine pubblica? Il mio avvocato si
divertirà con le foto del “tentato stupro” da parte del calciatore più famoso
del Giappone. Ci sarà da ridire Patricia, vedrai! Con queste foto nelle mie
mani, saprò ben vantare i miei diritti. E citerò in giudizio anche il direttore
del Resort per non aver adempiuto al contratto contravvenuto questa mattina! –
urlò voltandosi verso l’uomo sull’orlo di una crisi nervosa. Patty strinse gli
occhi in sottili fessure cariche di astio nei confronti del tennista.
-Maledetto. Dammi quelle dannate foto, Robert! –
-COSAAAAAA? Ti permetti anche di darmi degli ordini? Tesoro non
è con me che te la devi prendere, ma con il tuo stupratore. Certo signori,
perché di stupro si è trattato. Avete sentito anche voi? Ed io che pensavo
fosse un semplice tradimento! Già, pura violenza sessuale. – berciò ridendo
avidamente e guardando un Holly dal capo chino. Patty girò lo sguardo verso il
capitano. Era colpa sua se adesso Robert lo stava platealmente diffamando e lo
stava schernendo dinanzi a tutti.
-NOOOOOOOOOOOO! HOLLY NON MI HA STUPRATA. Lui non ha commesso
nessuna violenza…Si è incolpato per non infangare il suo nome! Il suo unico
peccato…. è quello di amarmi. – gridò cercando di convincere i presenti
dell’onestà del capitano, digrignando i denti e assottigliando gli occhi in un
moto di estrema e convulsa ira. Senza accorgersene, le lacrime avevano
cominciato a rigarle inesorabilmente il volto. Quell’ultimo grido era stato
profondamente liberatorio. Si sentiva meglio dopo che aveva urlato al mondo
intero che Oliver Hutton era innocente.
-Assurdo! In queste foto siete stati ripresi mentre litigavate
e poi mentre lui ti accarezza avidamente! – esclamò provando quasi gusto nel
descrivere, con una nota di voyeurismo, il contenuto della busta. Non le aveva
neppure viste, ma da come gliele avevano descritte Cassandra e Bill, non gli fu
difficile immaginare il corpo sinuoso di Patty giacere accanto a quello
atletico del calciatore giapponese.
-E chiamavi violenza la mia? Cosa si prova Patricia ad essere
stuprati? Le mani di Oliver Hutton che prima ti palpano con irrefrenabile
desiderio e poi man mano ti sfiorano avidamente fino a strapparti gli abiti. Le
sue dita che si insinuano sotto la tua pelle, sfiorando la tua intimità,
lacerando la tua femminilità, il suo corpo sul tuo che si muove convulsamente
in cerca di quel piacere che solo la violenza gli può dare! -.
Patty e Holly erano allibiti. Le
parole di Robert esulavano dal piacere da loro provato in quell’atto di puro
amore che avevano commesso la notte prima sulla spiaggia. Il tennista lo aveva
dipinto come un cacciatore alla ricerca della sua preda, come un uomo vile
spinto dall’impeto sessuale, come un essere privo di qualsiasi sentimento e la
cui mente era stata offuscata da un puro desiderio carnale. Benji fece un passo
avanti deciso ad andare incontro al tennista. Aveva ascoltato abbastanza. Era
il momento di intervenire. Non poteva lasciare che continuasse in quella
tortura psicologica, in quell’arringa pubblica nella quale cercava una
scappatoia.
Kirsten gli posò una mano sul
braccio arrestando la sua corsa e senza distogliere lo sguardo dalla bella top
model nipponica.
-BASTAAAAAAAAAAAAAA! – urlò Patty scagliandosi contro Robert. –
Sei un bastardo Robert! Uno stramaledetto bastardo. – gridò cercando di
afferrare le foto testimoni di quel tradimento. Le mani si strinsero sulla
camicia di lino oramai madida di sudore mentre con i piedi cercava di
infliggergli calci pesanti.
-Sta zitta puttana! – rimbeccò schiaffeggiandola in volto.
Patty cadde sulla sabbia rovente sconvolta e atterrita da quanto era appena
accaduto e dalle parole udite mentre l’ombra imponente del tennista la
sovrastava. Robert aveva perso completamente la ragione. Avvertì l’odore e il
sapore acre di un rivolo di sangue misto alle lacrime. Si era morsa il labbro,
improvvisamente coloratosi di un color porpora acceso.
(*)il paragrafo è tratto dalla lettera che Holly scrive a
Patty (vedi capitolo 5 – Mille Pensieri)
Il diciottesimo capitolo era
molto lungo quindi ho preferito dividerlo in due parti. La seconda la
pubblicherò entro martedì salvo imprevisti.
Colgo l’occasione di
salutare con affetto tutti coloro che si sono appassionati alle vicende dei
personaggi di Captain Tsubasa e auguro a tutti buone vacanze. Grazie a tutti
per il vostro affetto.
P.s.
Stormy: Sua
Eccellentissima Le ho inviato una nuova missiva
Alex Kami: ho letto
il post nel forum. Come sempre grazie per l’affetto e l’amicizia. Sai che sto
rileggendo Gocce di Memoria? Lo so che è una mia storia, ma ci sono cose alle
quali sono particolarmente affezionata. Ed è così per Trish. Nostalgia, forse.
Tantissimi complimenti per il Master e ho incrociato le dita dei piedi nella
speranza che tu possa ottenere la borsa di studio negli States. Have good luck, baby!
Sheria: ancora
tanti complimenti per la laurea. Spero tu abbia ricevuto la mia cartolina. E
grazie anche per il post nel forum.
Capitolo 19 *** A carte scoperte - seconda parte ***
Tradimento d’amore
Tradimento
d’amore
A carte scoperte….(seconda parte)
Capitolo 19
-BASTARDOOOOOOOOOOOOO! NON LA TOCCAREEEEE! – inveì Holly
avventandosi sul corpo del tennista. – Come hai potuto! Maledetto stronzo!
Toglile le mani di dosso! IO TI AMMAZZO! HAI CAPITO? – continuò ad urlare
colpendo. Robert fu travolto dall’impeto furioso di un urugano. Senza neppure
rendersene contro, sentì sugli zigomi alti e ben definiti, la forza e la rabbia
dei pugni di Oliver Hutton.
Era la prima volta che succedeva.
Lui che aveva sempre avuto come motto e stile di vita il fair play,
adesso si ritrovava a ridosso di una persona, intento a sfogare la rabbia
repressa e covata in una situazione degenerata, sospinto da un’innaturale forza
fisica e da un’iraa lui sconosciuta.
Il dolore che sentiva alle mani
era di gran lunga inferiore a quello che gli stava lacerando il cuore. Nei suoi
occhi, ferma e risoluta, l’immagine di Robert che schiaffeggiava Patty e le sue
ultime e provocanti parole, colme di astio e disprezzo! Senza dar adito alla
ragione, non frenando quell’istinto troppo represso nelle ultime ore, Oliver
trascinò Robert sulla sabbia e continuò a colpirlo in volto e nello stomaco
lasciando esterrefatti i suoi amici. Tom, Benji e le ragazze non staccavano gli
occhi da quel giovane uomo in preda alla frenesia e all’iracondia, incerti su
quello che sarebbe accaduto entro pochi istanti e su come avrebbero potuto
porre fine ad una scena di tale violenza.
-Avrei dovuto farlo ieri quando ti ho incontrato. Non avrei
dovuto cedere alla ragione! Dannato verme! Non osare toccarla, hai capito? –
urlò Holly rotolandosi sulla rena ardente avvinghiato al corpo del tennista che
provava inutilmente ad opporre resistenza.
-Io ti ammazzo, hai capito Garland? TI AMMAZZO! – continuò ad
inveire mentre Tom e Benji si avvicinavano lentamente all’amica tremante. Come
silenti spettatori, assistevano alla scena senza proferire parola, alquanto
atterriti da quegli eventi che si stavano susseguendo in un turbine di
incontrollabili emozioni. Holly, il loro capitano, si dimenava su un altro uomo
in uno scontro fisico che avrebbe visto vincere solo il più forte accantonando
il minimo barlume di ragione e buon senso.
-Qualcuno chiami la polizia! –
-Aiutoooooo! -.
-Quei due si ammazzano! Fate qualcosa!!!! –
-Basta! Divideteli! –
Urla di disappunto e timore si
innalzarono dalla folla ai margini di quell’insolito palcoscenico.
Con un gesto rapido, tornando
alla realtà e approfittando della defaillance del tennista, Tom raccolse
la custodia delle foto dalla sabbia e la buttò in mare. Trascinate dalla
corrente, le stampe oramai sbiadite dall’acqua salmastra, si allontanarono dal
parterre di quell’ inconsueto e anomalo teatro. Tornò a guardare
l’irriconoscibile amico, coinvolto in una colluttazione che sembrava non avere
termine. Quante volte aveva veduto Benji nella medesima situazione? Era tutto
così strano e crudele. Avevano invertito le parti, le identità. Il carattere
dolce e altruista era stato soppiantato dalla rabbia verso un perduto amore,
verso l’efferatezza di un essere abbietto. Per la prima volta dacché lo
conosceva, Holly si batteva aspramente per qualcosa che esulava dal calcio, per
un sentimento che l’aveva sfiorato all’inizio dell’adolescenza e che l’aveva
travolto come un fiume in piena in pochi anni.
Negli occhi scuri come la pece,
scorgeva le fiamme della collera, un furore quasi inumano, il desiderio di
rivendicare l’onore della donna amata, di riscattare gli anni in cui aveva
erroneamente precluso Patty e a se stesso, l’ardore e la passione di un amore
reciproco.
-Fermi tutti! Che sta succedendo? – chiese un uomo facendosi
strada tra i curiosi. Benji lo guardò e lo riconobbe subito: l’aveva visto
vicino a Kirsten al suo arrivo in spiaggia.
Holly e Robert parvero non udire
il richiamo del poliziotto finalmente giunto sulla scena del dramma. Un altro
uomo, ma in divisa si avvicinò ai due sportivi completamente assorbiti da
quella cruenta lotta. Benji e Tom guardarono l’egiziano in divisae compresero che era giunto il momento di
porre fine a quella colluttazione. Lentamente, cercando di non compromettere
ulteriormente la situazione, afferrarono il capitano per le braccia
trascinandolo via di forza mentre Gabrielle e Kirsten si avvicinavano ad una
Patty sconvolta dagli eventi.
-Va a farti fottere Hutton, tu e la tua puttana! - strillò
trattenuto con forza dal poliziotto. – E tu lasciami, stronzo! Bill fa
qualcosa? Fa pubblicare quelle dannate foto! – continuò dimenandosi tra le
braccia dell’agente. Il bel volto europeo di Robert, stava lentamente lasciando
il posto ad una maschera di lividi ed escoriazioni, ricordi evidenti di un
Oliver Hutton in inconsueta veste.
-Quali foto Garland? Quelle trascinate via dalla corrente? –
chiese Benji indicando con un rapido gesto il mare.
-Maledetto. Abbiamo ancora i negativi, vero Cassie? – chiese
rivolgendosi all’amica cercando di liberarsi dalla presa del poliziotto. La
bionda e provocante dottoressa inglese indietreggiò denotando una palese
insicurezza. Guardò Bill cercando conforto nell’amico e amante occasionale.
Entrambi non sapevano cosa fare. Erano stati indicati come complici in quel
losco affare, e come tali si stavano comportando. In un processo penale
intentato nei confronti di Garland, sarebbero stati chiamati in causa anche
loro e ne avrebbero sicuramente pagato le conseguenze. In particolar modo
Cassandra, avrebbe dovuto rispondere della finta gravidanza di Patty.
-Io non penso proprio Garland! – esclamò Kirsten con sguardo
trionfante. Gli occhi brillavano di intensi riflessi smeraldini sotto i lucenti
riccioli fulvi. Il sorriso si accese in volto di un malizioso porpora. - I
negativi li ho io. E sarò ben lieta di pubblicare le foto del disperato amore
di Oliver Hutton e di Patricia Gatsby. Sarà un ottimo scoop per la cronaca
rosa. Inoltre, sarò ancora più contenta di rendere note le fotografie di questa
farsa, dei tuoi complici e di divulgare la registrazione di questa insolita
mattinata! – esclamò Kirsten in tono vincente brandendo i negativi e un piccolo
registratore tascabile. La sua vena giornalistica non l’aveva abbandonata
neppure in quegli istanti incandescenti. Aveva scrupolosamente registrato ogni
singola parola recitata in quella drammatica pantomima. Le prove inconfutabili
della trappola ordita dal tennista inglese e dai suoi due complici. Benji le
sorrise rilassato e soddisfatto per quanto aveva appena asserito la giornalista
tedesca.
-E non è tutto. La mia fidanzata e il medico che ha assistito
Patty questa mattina saranno molto contente di far aprire un’inchiesta sulla
dottoressa Cassandra Hobbins! – aggiunse Tom. Robert sentì le forze venir meno.
Avvertì uno strano groviglio allo stomaco. La gola era secca e sentiva la bocca
ardere di quelle parole oramai scomparse. Il sudore gelato gli imperlava la
fronte alta mentre gli occhi azzurri erano offuscati dall’evidente nervosismo.
Vide appena accennati i volti di Cassie e Bill allontanarsi dalla scena.
Stavano cercando di dileguarsi tra la folla nel disperato tentativo di fuggire
e non essere attivamente coinvolti in quella storia.Lo stavano abbandonando senza remore, al destino di un uomo
oramai sconfitto. Come un castello di sabbia, i suoi piani si erano sgretolati
in un attimo. Tanto tempo per ordire la vischiosa trama e pochi istanti per
lacerarla.
-Voi due non andate da nessuna parte! – esclamò il direttore
dell’albergo imitato da alcuni collaboratori con l’uniforme del resort. Aveva
evidentemente intuito le intenzioni dei due turisti inglesi ed aveva pensato di
porre fine a tutta quella storia, collaborando in prima persona. Altri
poliziotti giunti sul luogo iniziarono a disperdere la folla accorsa a
presenziare alle nozze. In men che non si dica, sul palcoscenico di
quell’insolito teatro, erano rimasti solo gli attori principali.
-Signor Garland, le consiglio di cercarsi un legale, un ottimo
avvocato perché con quello che ha combinato, penso che il carcere egiziano sarà
contento di accogliere un ospite straniero per almeno vent’anni. –
-Lei non sa chi sono io! – sbraitò verso il poliziotto in
borghese.
-Non mi serve conoscere il suo nome per sbatterla in cella. –
rispose l’ufficiale di polizia in tono acre..
-Non avete prove sufficienti per incriminarmi di qualcosa. –
-Intanto la fermo per accertamenti e per tentata violenza nei
confronti di Patricia Gatsby! –
-Sta scherzando? – rimbeccò adirato. – Dovrei essere io a
denunciare Oliver Hutton per violenza. Guardate come mi ha ridotto! – urlò
additando il volto tumefatto.
-Signor Garland, non pretenda di insegnarmi il mio lavoro. So
bene quello che faccio e le consiglio vivamente di avvalersi del diritto di non
parlare se non in presenza del suo avvocato. Altrimenti, tutto quello che dirà
potrà essere usato contro di lei! – aggiunse lapidario.
-Io dico quello che voglio, hai capito stronzo? – sbraitò
Robert in tono volutamente offensivo.
-Bene! Alla tentata violenza e alla truffa nei confronti di
Patricia Gatsby, e a quanto ovviamente ne deriva, aggiungo anche oltraggio a
pubblico ufficiale.
Forse lei non
se ne è accorto ma noi siamo sempre stati qui. Una telefonata ci ha avvertiti
che sarebbe successo qualcosa di strano. Siamo venuti a controllare e abbiamo
seguito questa storia fin dal primo minuto. Non dovremo lavorare molto per
farla incriminare. Inoltre, da quello che ho sentito prima, c’è una
registrazione che la incrimina, nonché la testimonianza di un medico e le
analisi cliniche che testimoniano la falsa gravidanza della signorina Gatsby.
Quindi, la
prego di seguirmi in commissariato senza opporre resistenza e di collaborare
con la giustizia. La avverto: non faccia mosse false o sarò costretto a condurla
in commissariato in manette. – concluse voltandogli le spalle. - Ahmed, porta
in commissariato anche i due complici. – disse ad un poliziotto additando Bill
e Cassandra. – Per quanto riguarda voi, - esclamò indicando Benji, Tom,
Kirsten, Gabrielle, Holly e Patty, - vi aspetto tutti nell’ufficio del
direttore tra cinque minuti. Ho bisogno delle vostre deposizioni. Non lasciate
il paese fino a che non avremo effettuato tutti gli accertamenti del caso.
Ossam, - disse poi richiamando l’attenzione di un altro agente, - Segnati le
generalità dei turisti. Non dovremmo aver bisogno di ulteriori testimonianze
visto che eravamo presenti, tuttavia preferisco fare tutto con la massima
precisione. Ho l’impressione che andremo incontro ad una pratica di estradizione
e il consolato e il governo britannico ci chiederanno tutti i dati per poter
procedere. –
-Io ho bisogno di un dottore. Quel bastardo mi ha ferito! –
replicò Robert gesticolando in maniera convulsa.
-Tu hai bisogno di una bella cella. Andiamo! – rispose l’agente
spingendolo di qualche passo dinanzi a lui.
Benji e Tom trattenevano Holly
ancora sconvolto per quello che era successo a Patty e per la reazione che
aveva avuto nei confronti di Robert. Kirsten e Gabrielle assistevano la top
model cercando di rincuorarla. Robert, visibilmente investito dalla furia di
Oliver, continuava a rimuginare ed imprecare volgarità alla volta dell’ex
fidanzata e dei suoi complici che nel momento più cruciale avevano deciso di
abbandonarlo a se stesso.
-Va da lui! – le sussurrò Kirsten sfiorandole il braccio. Patty
la guardò ammirandola in tutta la sua bellezza nordica. La chioma fulva
rifulgeva al sole come la pelle nivea. - Non vi conosco, ma di una cosa sono
sicura: ti ama profondamente e merita tutto il mio rispetto. – le disse
indicando con il volto il capitano giapponese.
Alzò gli occhi verso di lui.
Un’aura bianca sembrava dipingerne l’ombra e i lineamenti perfetti. Gli
indumenti estivi macchiati di sabbia e sudore. Piccole gocce di sangue
imperlavano la maglia aderente al torace muscoloso. Era bellissimo. Il suo
adone, quel principe azzurro tanto sospirato anni prima e mai dimenticato.
L’aveva desiderato e amato fin dal primo giorno in cui l’aveva visto.
Udiva i cori di assenso e gli
applausi della folla spersa e che già amava Oliver Hutton e gridava all’eroe
dell’amore.
Come un’adolescente in preda agli
spasimi del primo amore, avvertì le gote imporporarsi di quell’imbarazzo
d’amore a lei tanto comune. Si rivide nei panni di una Anego oramai cresciuta e
più femminile. Ma questa volta, lui non camminava avanti a lei con al piede la
sfera a scacchi, non indossava la divisa della squadra, non stava salendo le
scale di un aereo che l’avrebbe condotto in un altro continente. Era di fronte
a lei. I capelli neri scompigliati dal vento e dalla colluttazione, il volto
madido di sudore e con piccoli tagli a conferma dell’avvenuta lotta. Le mani
aperte e non più chiuse in pugni desiderosi di colpire, morbide e sicure lungo
i fianchi. Continuava a guardarla come ammaliato dalla sua bellezza, dal dolce
nome, da quello che era stata e che ancora era.
Tutte le barriere che avevano
erto in quegli anni, soprattutto dopo che si erano lasciati, erano
improvvisamente crollate sotto la coltre di sabbia e le parole di infamia
pronunciate da Robert Garland.
La brezza estiva sollevò
bizzarramente il leggero vestito di organza delineando le lunghe e tornite
gambe. Il bikini di coralli e paillettes riluceva sotto i raggi intensi del
sole di primo pomeriggio. Non riusciva a proferire parola, completamente rapito
da quella bellezza semplice e raffinata allo stesso tempo, da quella ragazza la
cui immagine era sempre vivida nei suoi occhi.
Un lento incedere di qualche
passo: poi si fermarono, l’uno dinanzi all’altra, finalmente spogliati di quei
rancori e dei falsi fantasmi che li avevano accompagnati negli ultimi quattro
anni.
Holly levò una mano gentilmente
verso il suo volto. Con un gesto tenero e affettuoso, le sistemò una ciocca di
capelli dietro l’orecchio. Lei tremava, visibilmente emozionata. Non riusciva a
proferire nulla se non il linguaggio del cuore.
-Guarda capitano, guarda
le nuvole. Non trovi che siano bellissime? Mi piacerebbe un giorno, poter
cavalcare su quelle soffici montagne bianche, trascinata via, sulle ali del
vento. Deve essere emozionante. Certo, bellissimo. Passerei ore ed ore a
guardare le nuvole che si rincorrono in una danza che non ha nulla di
predefinito ma che si ripete quasi ciclicamente. Non c’è nulla di razionale,
solo la passione che le spinge a nascere, crescere e morire.. Guarda i loro
colori…tanti, infiniti, variopinti. E tutto in funzione del cielo e del suo
umore.
Le nuvole sono un po’ come i
nostri cuori. Si lasciano trascinare via trasportati degli eventi, si
emozionano allo stormire dell’amore e si infuriano sconvolti dalla
sofferenza…oppure, oppure si gongolano sulla brezza leggera, seguendo
l’innaturale danza della monotonia…come quando due cuori vivono un sentimento
incerto nutrendosi di timidi barlumi d’affetto, di frasi non dette, di sguardi
intensi ma mai intriganti…sono belle le nuvole…sono un po’ come noi. – disse
guardandolo.
Due grandi occhi nocciola
sognanti, un brillio intenso al loro interno, cosparso di pagliuzze dorate e di
una luce immensa. Lentamente, i suoi occhi disegnarono i lineamenti dell’ovale
e del corpo sinuoso. Il sogno più ricorrente degli ultimi anni si era
materializzato dinanzi a lui. Patty era a pochi passi dal suo cuore, da
quell’anima turbata che quotidianamente gli ricordava quanto la amasse.
-Domani parto! –.
Quell’improvvisa esclamazione lo fece
trasalire. Lo sapeva. Se lo aspettava. L’avrebbe detto prima o poi. Quel suo
viaggio, seppur breve, era stato determinante per i suoi sentimenti, per
ritrovare se stesso, per capire quali veramente erano i valori che nella sua vita
aveva segretamente accantonato nel cuore.
Alzò lo sguardo verso di lei. I raggi del
meriggio esplodevano di colori nell’immensità del cielo. Appoggiata alla
ringhiera dell’attico, lei continuava a guardarlo. Le sue parole brevi e
risolute gli erano arrivate con un soffio dritte al cuore.
La brezza improvvisa scivolò lentamente tra
le ciocche scure scompigliandole. Sul volto in penombra brillavano grandi occhi
castani screziati di polvere d’oro. Era bellissima. Un nodo alla gola gli
impediva di parlare. Continuava a guardarla incessantemente cercando sulle
labbra le più piccole e semplici parole da pronunciare. Avvertì un fremito. Il
vento bizzarro alzò dolcemente l’ampia gonna dell’abito di lino mostrando le
gambe snelle.
Era un uomo oramai. L’aveva dimenticato per
troppo tempo. La desiderava, più di ogni altra cosa, nel corpo e nell’anima.
Fremeva per abbracciare quel corpo flessuoso e perfetto, bramava al sol
pensiero di baciare la pelle nivea e candida. Sentì le gote imporporarsi di
quel rossore tipico dell’imbarazzo adolescenziale, il suo essere uomo
risvegliarsi nei sensi e nel corpo. Dopo tanto tempo, lei gli faceva ancora
quell’effetto.
Nei giorni precedenti, aveva dormito poco
temendo di risvegliarsi e non trovarla più nella stanza attigua alla sua.
Troppo tempo era trascorso. Lento e inesorabile, aveva diviso i loro cuori in
una triste rimembranza colorata di ricordi e sguardi condivisi in una non più
vicina adolescenza.
Chiuse gli occhi immaginando le dita
affusolate carezzare il petto poco celato da una camicia sbottonata. Sussultò
alla dolce sensazione faticando a riaprire gli occhi. Era ancora lì, ferma in
attesa di una risposta. La bretellina dell’abito scese lieve sulla spalla
pronunciando sensualmente il perfetto decolletè. Dov’erano finiti i principi su
cui era sempre stata basata la loro splendida amicizia? Perché il suo corpo
reagiva agli impulsi pronunziati in maniera naturale dal corpo femminile?
Non era più la timida ragazzina che lui
aveva conosciuto, colei che arrossiva ad un semplice sguardo. Era
un’adolescente consapevole delle sue debolezze e delle sue virtù.
Tutto taceva attorno a loro. Sentiva solo
l’incessante palpitare del suo cuore. Un battito veloce e ardito per una
giovane donna oggetto da sempre dei suoi sogni e dei più insiti desideri.
Respirò profondamente lasciando che il
corpo lo guidasse verso quella creatura quasi eterea che non aspettava altro
che essere carezzata. Adagio, incedette verso di lei attirato dal magnetismo
dei suoi occhi sibillini. Cosa nascondeva l’enigma di quell’espressione celata
nei colori più caldi della terra? Non voleva saperlo. Seguiva il linguaggio del
suo corpo, quelle orme che in pochi passi l’avrebbero condotto tra le sue
braccia. Pochi passi. Un soffio soltanto li divideva. Alzò la mano verso il
volto eburneo. Lievemente, l’indice prese a disegnare i contorni perfetti
dell’ovale, le sfiorò gli occhi accompagnandosi con il pollice. Sentì sotto le
dita, il candore della sua pelle intinto delle note floreali del suo profumo.
Una lacrima le imperlò la gota. La sentì tremare. Non per l’imbarazzo, ma per
una situazione a lei nuova, anelata e finalmente realizzata.
Si sentì attore di quella scena. Sul
palcoscenico c’erano solo un giovane uomo e la sua compagna in cerca di se
stessi, di quell’amore per troppo tempo soffocato.
Avvicinò le sue labbra alle piccole gocce
che brillavano sulle guance. Lei avvertìil calore del bacio sulla pelle. Una sensazione inspiegabile,
un’emozione che partiva dal cuore. Si sentì stordita e ammagliata dai suoi teneri
gesti. Il petto le doleva per il soffocante pulsare. Tornò a sfiorarle il viso
avvicinando il volto. I loro occhi erano gli uni negli altri. Parole che si
rincorrevano nel silenzio profondo di uno sguardo. Abbassò leggermente le
palpebre lambendola con un bacio a fior di labbra. Sentì la sua mano farsi
strada tra gli scompigliati capelli corvini. La sentì più vicina, raccolta nel
suo abbraccio d’amore. Un altro bacio a fior di labbra. E un altro ancora.
Riaprì gli occhi e le sorrise. Le sue iridi castane erano inondate di lacrime
gioiose. Le prese il volto tra le mani avvicinandolo al suo. Con la lingua le
sfiorò le labbra. Lei lo guardò e sembrò comprendere. Con fare sapiente, si
scambiarono i loro primo vero bacio, travolti da un’inesorabile passione e da
carezze che sempre più vogliose presero a inseguirsi sui loro corpi. Poi lui si
staccò da quell’immagine che gli tormentava il cuore e la mente. Stringendola
forte nel timore di perderla ancora, le donò un sorriso dolce e rassicurante.
Lei si perse nella quiete di quel volto e nell’emozione che solo lui riusciva a
farle provare.
-Finché il mio respiro sfiorerà le tue labbra, resta con
me. - le sussurrò prima di donarle l’ennesimo di un’infinità di baci.
Persa nell’inebriante crepuscolo e avvolta
da un’indefinita trepidazione, Patty si lasciò cullare dal suo abbraccio
d’amore verso quella porta che la divideva dal divenire donna.
In un gesto spontaneo ma ricolmo
di amore, senza alcun sibilo, cercò conforto sul suo petto. Sentì subito il
calore delle sue braccia attorno all’esile corpo. In un moto di nostalgia e
sofferenza, lasciò che le lacrime inondassero il torace di Holly che
amabilmente continuava a carezzarle il capo, in un silenzio ricolmo di parole e
sospiri.
-Mi dispiace, Holly….mi dispiace! – sussurrò implorando il suo
perdono. Voleva scusarsi per il rancore provato in quegli anni, per non aver
capito il motivo della sua scelta, per non aver compreso quanto grande fosse
sempre stato il suo amore e per non aver ascoltato il suo cuore.
-Ssssttt! Va tutto bene amore mio. – sibilò dolcemente non
aggiungendo altro. Poche parole per definire un grande e nobile sentimento. Le
parole e l’abbraccio che da adolescente aveva anelato più di ogni altra cosa.
Sentire il suo respiro, il profumo della sua pelle. Adesso era lì, e la
proteggeva. Patty comprese che quell’incubo durato quattro anni finalmente
volgeva al termine.
Holly era consapevole che aveva finalmente scontato il debito con le
sue paure, con quei timori che l’avevano relegato al ruolo dell’eterno secondo
in amore, con quelle incertezze che gli avevano fatto perdere la donna che
amava. Nulla adesso, avrebbe più potuto fermare la corsa verso la felicità. Si
liberò dall’abbraccio e con piccoli gesti, le prese il volto fra le mani. Patty
sentì le sue dita carezzare le gote per asciugare le lacrime. Si specchiò nei
suoi grandi occhi neri. La tempesta era passata. Non c’era più quella vena
violenta che aveva veduto qualche attimo prima. Era tornato insé, era tornato ad essere il ragazzo di cui
era sempre stata innamorata. Abbassò adagio le palpebre percependo
l’avvicinarsi del suo profilo. Avvertì, il sonoro battito del cuore, oramai
all’unisono, il lieve sospirar sulle labbra. Tutto ricominciava. Come quattro
anni prima.
-SE NON POSSO AVERTI IO, ALLORA NON POTRA’ NEMMENO
LUI!!!!!!!!!!!!!! –. L’ urlo disperato di Robert spezzò l’incanto dell’attimo,
sopraggiunse come un fendente velenoso.
Nelle iridi
nere come la pece, Holly vide la sagoma di Robert Garland avvicinarsi
velocemente verso di loro come sollevato dal torrido vento del deserto, spinto
da un’insana e incontenibile follia. Gli occhi si sbarrarono quando distinse in
maniera definita il coltello che brandiva tra le mani. Holly ne era sicuro: non
avrebbe mai potuto dimenticare il luccichio della lama, gli occhi iniettati di
sangue, quella maschera di violenza dipinta su un volto dai tratti angelici.
Si strinsero
l’un con l’altro. Un unico suono. Forte, acuto. Il battito accelerato dei
cuori. La paura dipinta in volto. Nei loro occhi, il timore di un perduto
amore.
Un grido.
Indefinito, assoluto echeggiò nell’aria. Il silenzio scese come un sipario
sulla scena del delitto. Tramortiti, atterriti, tanti occhi sgranati guardavano
il suo corpo che lentamente si abbandonava all’abbraccio.
Il calore
improvviso sul petto. Una goccia rossa che pulsava, viveva, ingrandendosi
sempre di più. Il sapore acre sulle labbra, oramai di un vivido porpora. Un
sorriso appena accennato. Le palpebre a serrare lentamente gli occhi.
Ebbene,
la storia sta volgendo davvero al termine. Non ho ancora deciso se ci saranno
uno o due capitoli a concludere questa mia storia.
Ringrazio
tutti coloro che mi stanno seguendo assiduamente. Un bacio a tutti con affetto.
(**) La seconda parte del flash back che
rivive Holly (quella scritta in verde) è tratta dal 15^ capitolo “ Vi dichiaro
marito e moglie”.
Adagio, con movimenti quasi irreali, il corpo si abbandonò
lentamente dall’abbraccio ricadendo su se stesso. Le iridi nocciola prive di
qualsiasi vitalità si infrangevano come flutti indelebili nell’azzurro dei suoi
occhi.
Costantemente, rivedeva
quell’immagine mentre un profondo tumulto agitava il suo cuore e brividi
intensi si rincorrevano lungo la schiena.
Come la scena di un film già visto, come in uno stato di
apparente quiete, riviveva quei momenti oramai lontani eppure disperatamente
vicini. Il dramma di quell’attimo sembrava non voler cessare di vivere nei suoi
occhi e nel suo animo. Aveva come somatizzato la tristezza, l’esasperazione e
la tragicità di quel giorno.
Non ne conosceva il motivo, era anzi consapevole che la
ragione le sarebbe rimasta estranea o che era troppo insita dentro se stessa
per vederla emergere, ma non riusciva a scrollarsi quell’aria opprimente, quei
momenti di panico in cui due vite erano state drammaticamente spezzate.
La vista le si annebbiò per l’ennesima volta.
Ripensare a loro le provocava un’inesprimibile malinconia.
Insieme alle immagini, la sua mente riecheggiava le parole, le urla ma
soprattutto la disperazione e la consapevolezza di non aver potuto far nulla
per evitare l’inevitabile. Sentì rivoli aspri rigarle le gote mentre le
immagini degli aeromobili in sosta sulle piste dell’aeroporto Roissy - Charles
de Gaulle si sfuocavano e deformavano velocemente. Più colori passarono
velocemente dinanzi le sue iridi: ad ognuno, un significato unico legato a quel
giorno, incondizionatamente legati l’uno agli altri come un tetro arcobaleno.
Bianco. Il sole brillava intensamente nell’azzurro
e terso cielo egiziano. Il suo rifulgere era tale che era impossibile
distinguerne i contorni se non quelli di una folgorante e luminescente sfera
bianca.
Bianco come l’organza che velava il sinuoso corpo che
lentamente incedeva sulla pedana di legno. Di una bellezza atipica, del tutto
particolare, Patricia aveva lentamente raggiunto il suo altare sulla spiaggia,
dove l’arrivo inaspettato di Oliver Hutton aveva frantumato i sogni ambiziosi
di Robert Garland.
Era accaduto tutto in poco tempo: il sì di Patty che li
aveva uniti in matrimonio, gli interventi di Tom e Benji ad inasprire i toni di
quella farsa nel tentativo di rendere nulle le nozze. L’arrivo di Holly che
aveva fatto perdere del tutto il controllo a Robert. L’inspiegabile e folle
gesto del tennista inglese che, mal sorvegliato dalle forze dell’ordine, aveva
afferrato un coltellino e si era avventato su Patty e Holly stretti in un
abbraccio che sembrava averli finalmente riuniti dopo interminabili
vicissitudini.
-Nooooooooooooo! Hollyyyyyyyyyyyyyyyy! -. Il grido
disperato di Patty rimbombò nella sua mente sprezzante e violento. Gli occhi
sembravano aver scandito in vari fotogrammi tutta la scena. Aveva intravisto
Robert avanzare nella folle corsa e aveva abbracciato istintivamente Patty per
proteggerla. Un gesto che aveva colto alla sprovvista il tennista che inasprito
dall’atto di amore di Holly, non aveva esitato a infierire. Con lo sguardo
incollato ai due corpi abbracciati, aveva avvertito la piccola lama dal colore
metallico penetrare con forza e scendere con efferatezza lungo la schiena. La
voce subito dopo rotta dai singulti, mentre il corpo di lui, si accasciava
stretto dall’abbraccio di lei.
-Hollyyyyyyyyyyyyyyyyy! Noooooooooooooooo!
Perchéééééééééééééééé! -. Si portò istintivamente le mani al petto cercando
di lenire l’esplosione di emozioni che aveva nel cuore. Le lacrime si fecero
sempre più costanti mentre i suoi occhi rivivevano l’immagine di Patty con
Holly sanguinante tra le braccia.
L’aveva conosciuta quella mattina: l’aveva amata e odiata
contemporaneamente per la sua forza e per la sua debolezza. L’aveva metaforicamente
vista come una medaglia da due facce, una opposta all’altra. Da un lato il
passato che sempre più inesorabile riemergeva per coesistere nel presente.
Dall’altro il futuro che l’aveva condotta ad un altare da pantomima e che
purtroppo, l’aveva condannata ad un dramma senza fine.
Non riuscivaa
smettere di pensare a quel giorno, a non vivere in maniera ossessiva quella
scena di profonda contrizione, a rivederla chinata sul suo amato stretta in una
disperazione assoluta.
Perché si era ritrovata a provare uno stato di simile
ansia? Come si era riscoperta avviluppata nella storia di Holly e Patty e del
loro disperato sentimento? Lentamente fece risalire le mani dal petto verso il
volto chiudendo gli occhi e coprendoli con le dita. Un disperato tentativo di
rifuggire a quell’incubo che ricorrente riemergeva dentro di lei. Ancora un
colore vivido nella sua mente.
Rosso. Smosse il corpo ripetutamente mentre un nodo
serrato in gola le impediva di emettere qualsiasi suono. L’espressione di
sgomento e scoramento del suo viso era voce di mille parole.
La smorfia di dolore dipinta sul volto del giovane era
un’eloquente prova della sofferenza e del tormento.
Continuava a vedere l’immagine di una giovane sposa
chinata sul corpo dell’amato. Poi i suoi occhi sembrarono spostarsi con
repentinità su un altro particolare. Un vivido rosso aveva macchiato la veste
nuziale: per sempre.
Patty si portò le mani al petto sfiorando con la punta
delle dita quell’alone carminio che si ingrandiva sempre di più.
-Ahhhhhhhhhhhhhhhhhh! -.
Un urlo lancinante, un acuto lacerante udito fino in fondo
ai cuori. Le iridi nocciola sgranate a cercare la mano che aveva ferito. Lo
vide immobile, dinanzi alla scena, le mani tremolanti, gli occhi persi nel
vuoto e tutti i presenti allibiti e inermi.
-Perché? Perchéééééééééééééé? Perché mi hai fatto
questo???????? – gridò al cielo inveendo contro quel truce destino.
Nessuno muoveva un passo per avvicinarsi a Robert Garland
oramai in preda ai fantasmi di quell’ego che aveva sopraffatto la ragione.
Patty guardò Holly mentre, in preda a forti dolori perdeva
i sensi disteso sulla rena dorata. Ne seguì i movimenti lenti senza riuscire a
parlare, mentre l’atletico corpo le scivolava dalle braccia. Tremante di paura
e rabbia, tornò a fissare prima un Robert sempre più sgomento e incredulo,
fortemente attratto dalla macchia rossa sull’abito della sposa e poi ancora
Holly.
In pochi attimi, che parvero essere lunghissimi, spostò
celermente lo sguardo dall’amato al tennista senza trovarne ragioneo sollievo.
Accadde all’improvviso. Si chinò sulla sabbia e afferrò
l’oggetto metallico che aveva ferito.
Impassibile, con sguardo vacuo, continuò a fissare quel
coltellino la cui lama era screziata di gocce rosse. Inaspettatamente, una
scossa parve scuoterla da quello stato di placido torpore. Afferrò la lama tra
le dita chiudendo gli occhi, avvertendo il sapore acre del sangue che era stato
versato, l’efferatezza di quella lama che aveva volutamente colpito.
Si rialzò con capo chino mentre la brezza estiva accarezzava
i lunghi capelli bruni. Come un qualsiasi ornamento, la macchia scura risaltava
sul candore della veste nuziale. Le braccia si irrigidirono lungo i fianchi e
dalla mano destra, chiusa in un pugno, caddero alcune gocce di sangue che si
posarono sonoramente sui granelli bianchi. Alzò il volto verso colui che aveva
colpito degnandolo del più empio degli sguardi. Nei suoi occhi nocciola
fiammeggiava l’ardore e la rabbia di un profondo dolore.
Era bellissima. Anche in un momento angosciante e di profonda
prostrazione, Patty le sembrava la donna più affascinante e forte che avesse
mai conosciuto. Come l’eroina di un romanzo passionale, in un batter d’occhio,
come trascinata da una leggera folata solcò la pedana di legno avventandosi sul
traditore Robert Garland.
-Perché? Perchéééééééééééééé? Perché mi hai fatto
questo???????? – urlò ancora con occhi iniettati di odio e tormento.
La reazione del tennista, dapprima stupita, fu subito dopo
tempestiva e reattiva. Prima che il coltello potesse colpirlo in petto, le
afferrò le braccia e con violenza inaudita la scagliò sulla battigia.
Nero. Rivide in lenti passaggi il ricadere del
corpo sulla sabbia mentre il capo violentemente batteva contro la pedana di
legno.
Le palpebre si abbassarono velocemente mentre le mani si
intrecciavano ai corti capelli in cerca di un appiglio sicuro. Sconforto e
scoramento. Prostrazione e inezia di fronte a una simile violenza.
-Ahhhhh! -. Corta, esauriente, ricolmo di dolore,
quell’esclamazione echeggiò tra i presenti mentre ancora una volta si consumava
una scena drammatica. Patty si era avventata contro Robert per vendicare
l’amore ferito ma lui, prontamente, si era difeso scagliando l’esile corpo con
impeto e veemenza. Non aveva esitato a commettere, ancora una volta, un gesto
di cui solo dopo ne avrebbe realizzato le conseguenze.
-Noooooooooooooooooo! -. L’urlo contemporaneo di Benji e
Tom spezzò il silenzio e il mutismo nel quale era calata la scena. Senza
attendere che le forze dell’ordine, inaspettatamente basite e immobili
intervenissero, il portiere si avventò su Garland evitando che quella sua mano
potesse colpire ancora.
-Un medico! Chiamate un medicooooooooooooo! – urlò Tom
soccorrendo l’amica.
-Ho….Holly! -. Il suo sibilo risuonò più
tormentato di un urlo. Con le poche forze rimaste, le ultime, voltò lentamente
il suo sguardo al corpo riverso del capitano nipponico, cercando di allungare
una mano verso di lui.
Vide Tom atterrire mentre gli occhi di lei si
socchiudevano in un lento adagio. Non riusciva a muoversi, a sibilare un sol
soffio. D’improvviso, immerso in un sonoro silenzio, lo vide scrollare
ripetutamente il corpo flessuoso della modella in cerca di una timida reazione.
-Non morire! Non morire Patttttyyyyyyyyyyyyyyy! – gridò
stringendo a se l’esile corpo ancora una volta testimone di una violenza. Alzò
gli occhi al cielo implorando grazia verso quella donna oramai priva di sensi.
Mentre nell’azzurro mare dei suoi occhi comparivano onde
di smarrimento, vide del carminio dipingere la pelle dorata del fidanzato.
Cominciò a tremare. Udì quello strepito lacerarle il cuore
avvertendo nelle note di sofferenza, la disperazione di qualcosa che si era
perduto per sempre. Per sempre, indelebili nei suoi occhi, sarebbero rimaste le
immagini di quel giorno, della violenza cui aveva assistito e dello sguardo
perso di Tom Becker.
-Gabrielle! -. Un nome dolce e amabile, sospirato in un
francese quasi perfetto.
Senza voltarsi, scossa dai suoi
pensieri, continuò a guardare oltre il vetro che divideva il terminal dalla
pista degli aeromobili. La vide irrigidirsi pur non accennando a muoversi dalla
sua posizione. Rimase dietro di lei, a fissarla in uno strano silenzio che
pareva accompagnare quel loro momento.
Aveva riconosciuto la sua voce
che entrata a picco nel cuore, le aveva provocato un indicibile tumulto. Era
assordante, il rumore del battito. Temeva potesse udirlo. Temeva poterne
rimanere assordata.
-Gabrielle! – sibilò ancora con la medesima dolcezza.
Il tono della sua voce era sempre
gaio e pacato e sapeva che mai l’avrebbe potuto dimenticare. Amava crogiolare i
suoi pensieri nel tintinnio melodioso della sua voce, al ricordo di immagini
vissute in una romantica Parigi.
-Piove! – esclamò lei quasi ridestata da un breve letargo. Udì
i suoi passi farsi più vicini, ma non si voltò.
-Gabrielle! – esclamò ancora avvicinandosi alla ragazza. Con
esitazione e timore, le sfiorò la mano ma lei la ritrasse subitaneamente come
se la punta gelida di un iceberg avesse lambito la calda e morbida pelle.
Aguzzò lo sguardo fissando il profilo delicato ed eburneo. Quel gesto poco
affabile lo deluse e fu come una stoccata in pieno petto.
Come se la stesse guardando per
la prima volta, Tom disegnò con gli occhi i tratti gentili e gradevoli del suo
ovale soffermandosi sul mare in tempesta rinchiuso nell’azzurro delle iridi.
Avrebbe voluto sollevare la mano e portarla al volto, delicatamente carezzare
le gote e sfiorarle le morbide labbra che tante volte aveva baciato. Chiuse gli
occhi deliziandosi di immagini poco recenti e avvertendo sulla pelle il calore
del suo abbraccio. Uno stato di momentanea beatitudine spezzato dall’eco di un
altoparlante che annunciava il volo per Il Cairo.
-Perché? – le chiese con pacatezza continuando a guardarla.
Lei non rispose abbassando
lievemente le palpebre. Sul volto si dipinse uno sguardo a eloquente
dimostrazione di uno stato d’animo in piena agitazione.
-Gabrielle! Per favore, guardami! – aggiunse con un lieve tono
di implorazione. Lei non si smosse dalla posizione e i suoi occhi continuarono
a guardare oltre il cristallo.
-Piove! – esclamò ancora una volta. Quella parola parve
risuonare come un’eco assordante nella mente del calciatore. Stizzito e ferito,
Tom le afferrò un braccio costringendola a voltarsi verso di lui.
-Maledizione Gabrielle guardami! Lo so benissimo che sta
piovendo! – rimbeccò ad alta voce. Lei abbassò lo sguardo verso il pavimento
per non incontrare i suoi occhi.
-Guardami Gabrielle! Guardami, dannazione! – urlò afferrandola
anche con l’altro braccio. Avvertì la disperazione di quella presa come un
marchio a fuoco sulla pelle, con un’intensità maggiore alla forza usata. Irato
e concitato. La scosse ancora cercando di ottenere una risposta o almeno uno
sguardo. Sentiva i suoi occhi scrutarla profondamente alla ricerca di una
risposta o forse, solo di un timido sorriso. Non accennò a smuoversi e lui,
spinto dallo sconforto, le lasciò libere le braccia. Rimase a fissarla per
qualche istante, in un mutismo fatto di dolore composto. I capelli dorati, come
i suoi occhi, parevano aver perduto la loro naturale lucentezza quella vivacità
che li aveva sempre contraddistinti.
-Ti prego Gabrielle, parlami! – esclamò avvilito e oramai
avvinto da quell’aura triste.
Non rispose. Un altro lungo e
infinito silenzio accompagnato da piccole lacrime che lentamente scendevano
dall’azzurro cristallino alle gote rosate.
Sollevò la mano ma, come scosso
da un’indecisione, la ritrasse prima che potesse carezzarle il viso. In maniera
del tutto naturale, se la portò al cuore e chinò lo sguardo sofferente.
Non può essere mai come ieri
mai più la stessa storia
Non può essere mai come ieri
mai quella stessa gloria
…
Ci sono infinite cose deliziose
così vicine agli occhi
che non le sai vedere
Alzò il capo e la guardò ancora
una volta, avvolta in un’atmosfera di inenarrabile mestizia.
Tic. Tic. Tic. Tic. Tic. Tic. Tic. Tic.
La pioggia ticchettava sui vetri
in un lento ma placido corso naturale come piccole e silenziose lacrime.
Proprio come allora! Proprio come
quel giorno in cui si erano incontrati. La prima volta. Quel giorno in cui lui
aveva visto il suo sorriso brillare sotto il plumbeo cielo parigino. In cui un
raggio di sole aveva fatto breccia nel cuore.
Tic. Tic. Tic. Tic. Tic. Tic. Tic. Tic.
Sospirò! Senza attendere oltre,
con indefinita pena nel cuore, Tom Becker la guardò ancora una voltae poi le voltò le spalle.
Nessuna parola.
Un silenzio lungo quanto un addio
accompagnato dal lento incedere dei passi
(*)
da Mai come ieri
Salve
a tutti ragazzi/e. In primis, perdonate il terribile ritardo con il quale
pubblico il capitolo. Vi prometto che per il prossimo non vi farò attendere
molto.
Un’infinità
di vicissitudini tra cui il server rotto, mi ha impedito di pubblicare prima
questo capitolo e il successivo che sarà online entro poco.
Ringrazio tutti quanti, nessuno escluso, per l’affetto
che mi date, per le vostre recensioni e per le e-mail. Se tutto procede come
spero, vi comunico che terminerò la fanfic per Natale e poi riprenderò con
Orchidea Selvaggia.
Sospirò! Senza attendere oltre, con indefinita pena nel
cuore, Tom Becker la guardò ancora una voltae poi le voltò le spalle.
Nessuna
parola.
Un
silenzio lungo quanto un addio accompagnato dal lento incedere dei passi
-Mi dispiace! -.
Quella breve frase ruppe il
silenzio di quella strana conversazione e la teca di cristallo che pareva
averla serbata da qualsiasi emozione.
Il calciatore arrestò il passo
sicuro di aver udito il leggero soffio della sua voce.
-…che sia finita così! – continuò lei non mutando la posizione.
-Perché? – le chiese riproponendole la medesima domanda che le
aveva già fatto. – Perché vuoi andare via? -.
-Perché ho bisogno di cambiare qualcosa nella mia vita! –
-Non dire stronzate, Gabrielle! – tuonò voltandosi verso di lei
con gli occhi fiammeggianti di disperazione. Il tono di quelle parole non
scalfì minimamente la maschera di freddezza dipinta sul volto della ragazza.
Era adirato per la sua scelta, profondamente sconfortato da quella sua
decisione improvvisa.
-Ne abbiamo già parlato e ti avevo detto che volevo andare via!
–
-Ma io non ero d’accordo. Perché, dannazione, non riusciamo più
a parlare come persone civili senza rincorrerci da una parte all’altra? –
-Perché noi non riusciamo più a parlare! – rispose serafica. –
Non importa dove o quando: il problema è che noi non riusciamo più a parlare!
–. Un gelido silenzio calò nuovamente tra loro.
-Possiamo parlare adesso! – aggiunse Tom incedendo lentamente
verso di lei. Gabrielle arretrò di qualche passo lasciando palesemente
intendere di non gradire quel suo avvicinamento.
-Ci siamo già detti quello che dovevamo dirci! –
-Non dire sciocchezze! Non ci siamo detti proprio niente.
Presentarti agli allenamenti dicendomi che stai partendo per un po’ di tempo
perché vuoi cercare te stessa ti sembra un dialogo? Ti sembra normale tutto
questo? Ti sembra normale fuggire via all’improvviso? – rimbeccò acido. I suoi
occhi sembravano delle sottili lame pronte a ferire.
-Non rendere tutto più difficile! – disse con una calma che
inquietò il giocatore.
-E cosa dovrei fare? Dovrei comprendere questo tuo strano modo
di pensare? Dovrei far finta di niente se la mia ragazza all’improvviso decide
di mollarmi e trasferirsi all’estero? – urlò con occhi ossessi allargando le
braccia. Avvertiva il forte pulsare delle tempie. Un battito ossessionante e
indefinito.
-Ti prego Tom…
-Ti prego un cazzo, Gabrielle. Ma ti rendi conto che mi stai
mollando senza una spiegazione plausibile? Senza capire dove diavolo ho
sbagliato? Cosa ti ho fatto Gabrielle? COOOOSAAA? – sbraitò rosso in volto
senza più fiato in gola. Forti contrazioni gli indolenzirono l’addome
provocando una smorfia di dolore sul volto. Lo scontro ravvicinato con un
avversario nella partita della sera precedente, si stava adesso manifestando in
maniera sonora e palese.
Alcuni passanti si fermarono
sulla scena, curiosi e attenti alla battuta successiva di quel dramma.
-Allora Gabrielle! Cosa dovrei capire! Spiegamelo perché
evidentemente non comprendo più la tua lingua! O forse non capisco più un cazzo
di quello che sta succedendo! –
-Tom…per favore, stiamo dando spettacolo! –
-Non me ne fotte un cazzo dello spettacolo: lo vuoi capire? E’
di te che mi importa e non riesco a comprendere questa tua decisione! – le urlò
contro portandosi una mano all’addome cercando di alleviare il dolore.
Gabrielle spostò velocemente i suoi occhi dal volto del fidanzato al suo torace
fino a scendere all’addome
-Si è infortunato! – pensò trattenendosi dall’esprimere
quel pensiero ad alta voce. Il cuore le batteva così veloce che le doleva in
petto. Avrebbe voluto buttare alle spalle il raziocino e buttarsi tra le
braccia di quel calciatore che amava perdutamente.
-Tom…io devo andare…io devo farlo per me…e per te! –
sibilò guardandolo dritto negli occhi. Il ragazzo la fissò basito cercando una
risposta nel mare azzurro delle sue iridi. – Mi dispiace! – esclamò
continuando, - Mi dispiace andar via, ma questa è l’unica soluzione! –
-A cosa? A COSA! – urlò ancora sentendo le gote inumidite dalle
lacrime.
Gabrielle si portò una mano alla
bocca temendo di scoppiare in un pianto dirotto. Un moto di emozioni e
sentimenti lottavano arditamente nel suo cuore. Una parte di lei voleva restare
e continuare a vivere quella storia d’amore; l’altra parte, insisteva per andar
via, in un paese lontano dove forse avrebbe ritrovato se stessa e il perduto
amore.
-Io…ti prego Tom, non urlare! Mi fai paura! – sussurrò appena
ma tanto quanto bastava perché il calciatore udisse le sue parole!
-Paura? Tesoro, io sono disperato! Te ne stai andando e
io….dopo quello che è successo…- le disse avvicinandosi di qualche passo. Il
suo tono era madido di scoramento e la voce quasi rotta dalle lacrime.
-E’ proprio quello il punto Tom! –
-Quale? Dimmelo, perché non riesco a capirlo! –
-Quello che è successo quest’estate! Sono cambiata! Siamo tutti
cambiati, la nostra vita è cambiata da quest’– rimbeccò imperturbabile. Negli
occhi del calciatore balenarono, in rapida sequenza, le immagini di
quell’estate che aveva visto un triste epilogo nella storia d’amore tra Oliver
Hutton e Patricia Gatsby.
Tom parve rimanere assordato
dall’eco di quei ricordi, accantonando il presente in un angolo della sua mente
per tornare a rivivere ancora una volta il dolore di quell’estate.
Le menzogne e la trappola di
Robert Garland.
Il gesto eroico di Holly. Il suo
corpo riverso sanguinante sulla sabbia.
L’immagine di Patty gli tornò
cruenta negli occhi mentre disperata stringeva a se l’amato calciatore.
Il gesto impulsivo di Patty
mentre vendicava Holly.
Il suo corpo disteso tra la
sabbia e la pedana, oramai privo di sensi.
Sentì solo il tocco gelido delle
lacrime inumidire ancora le gote. Senza un perché. Senza una particolare
emozione. Solo nel ricordo di una triste vicenda che aveva coinvolto tutti
loro.
Gabrielle. Immobile, quasi
paralizzata, di fronte la scena del delitto.
Da quanto tempo era lì?
Dall’inizio di quella farsa. Non
se ne era accorto. Avvinto dagli eventi, non ne aveva avuto il tempo. Era
accaduto tutto troppo in fretta. Troppo perché il suo cuore confuso avesse il
tempo di avvertire la presenza della giovane francese in quel mesto contesto,
lì dove la bellezza di Patricia Gatsby aveva inebriato gli sguardi e le menti
di tutti.
Lei era rimasta nella medesima
posizione in attesa che la vicenda si concludesse. I suoi occhi sgranati e
languidi poggiati su di lui, su quel fidanzato che irrimediabilmente prostrato,
guardava il cielo continuando a scrollare il corpo esanime di Patricia Gatsby
in cerca di una spiegazione a tanta efferatezza.
Era cambiata da quel momento. Il
loro rapporto era cambiato. La loro vita sentimentale era cambiata.
Qualcosa, in quel torbido luglio,
si era irrimediabilmente spezzato. Udì il cuore lacerarsi e le immagini
confondersi in una torbida nebbia.
-Io…Tom, dimmi la verità, - iniziò con palese imbarazzo
abbassando lo sguardo, - Tom, avresti mai fatto quello che ha fatto Holly per
Patty? Avresti mai messo in gioco la tua vita per me? – gli chiese rompendo
definitivamente il sottile legame che ancora li univa.
Le sue parole arrivarono dritte
alla mente creando un varco nel fitto turbinio di voci e pensieri. Assottigliò
gli occhi cercando di focalizzare l’immagine della ragazza, di definirne i
tratti una volta gentili e amabili, adesso più spigolosi e cruenti.
Aveva alzato il capo drizzando
uno sguardo duro e quasi spietato nei suoi occhi. Come un dardo lanciato da un
arco teso, quella domanda gli aveva trafitto il cuore lasciando che il barlume
di rapporto ancora esistente tra loro, vacillasse definitivamente.
Patty. La sua immagine si
sovrappose a quella di Gabrielle come un’ombra.
Udì un battito. Il suo cuore.
Lento, adagio palpito di una vita latente e recondita.
Negli occhi nocciola dell’amica,
uno sguardo assente, triste e un timido sorriso accennato sulle labbra rosse
che dolci scandivano un breve saluto accompagnato da un accenno di mano.
Istintivamente, sollevò la mano,
quasi a voler trattenere quell’immagine che sfumava nelle iridi azzurre di
Gabrielle.
Un’ossessione. Patty era diventata
l’ombra scura nel loro rapporto. Schiuse le palpebre cercando di cancellare
l’alone di angoscia che sembrava avviluppargli il cuore, di tornare a vedere,
ancora una volta la bella figura della francese.
-Il tuo silenzio è stato alquanto eloquente! – aggiunse
Gabrielle continuando a fissarlo. Tom parve riaversi da quello stato di sopore.
Focalizzò la figura della
fidanzata provando un profondo senso di scoramento quando vide le lacrime
rigarle il volto e le mani stringersi in pugni dalle bianche nocche. Non era
dispiaciuta. Era adirata e forse rassegnata.
Perché non aveva risposto alla
suadomanda? Perché l’aveva fatta
piangere? Era quello dunque il motivo per il quale Gabrielle fuggiva da lui?
Aveva messo in dubbio l’amore che li legava?
Aveva compreso che il legame
infinito che esisteva tra Oliver e Patricia era inesistente tra lei e Tom.
Sebbene il sentimento che li aveva uniti era stato sicuramente amore, non
sarebbe mai stato così infinito e inscindibile come tra la bella modella e il
campione nipponico più blasonato.
So little time (**)
Try to understand that I'm
Trying to make a move
just to stay in the game
I try to stay awake and remember my name
But everybody's changing
And I don't feel the same
Non sapeva cosa risponderle. Il
fiato gli mancava. Sentiva la gola secca e priva di parole. Perché non parlava?
Perché non le diceva che non era vero? Che lui l’amava?
-Io…ma cosa dici? – intervenne Tom guardando le spalle della
ragazza. Lei si irrigidì e drizzò il capo. Si voltò verso di lui con sguardo
aspro, evidentemente intenzionata a non lasciare che i suoi sentimenti fossero
calpestati oltre.
-Cosa dico? – gli chiese assottigliando gli occhi. – Cosa dico
Tom? – strepitò incredula a quella sua affermazione. – Dico che è questa
l’evidenza dei fatti. Tu non mi ami abbastanza ed è per questo che me ne vado!
–
-Non è vero che non ti amo! – rimbeccò il giovane calciatore
ferito nell’amor proprio.
-Allora perché non hai risposto alla mia domanda? Pensi abbia
scordato tutto quello che è accaduto in Egitto? Pensavi davvero che non avessi
compreso che avevi dimenticato del mio arrivo in aeroporto? Pensi che non abbia
inteso tutto quello che celavano i tuoi sguardi a Patricia Gatsby? Davvero mi
fai così stupida Tom? -. Il giovane era basito. Quella valanga di parole si
schiantò contro il suo cuore abbattendo ogni difesa.
Era vero, era tutto dannatamente
vero. Tutto era andato male in quella vacanza. Si era lasciato trasportare dai
ricordi legati a Patty, dalla sua bellezza, da Holly e da Robert Garland. E si
era dimenticato di lei. Aveva messo da parte i loro sentimenti in nome
dell’amicizia e di quello che in passato aveva provato per l’amica.
-Non hai parole, vero Tom? Certo che non le hai! In Egitto hai
cercato di tranquillizzarmi, mi hai detto che c’era spazio solo per me nel tuo
cuore e invece? Dacché siamo tornati, poi, sei diventato il fantasma di te
stesso. Non abbiamo più modo di parlare e quando ci proviamo finiamo per
discutere e litigare. Non c’è più sintonia tra noi, sei succube dei tuoi più recenti
ricordi e di quello che è accaduto a Holly e Patty! –
-Come faccio a non pensare a loro dopo quello che è accaduto?
Come fai ad essere così cinica e a pensare solo a te stessa? Chi ti da il
diritto di psicanalizzarmi traendo inutili conclusioni? – le gridò contro non
trovando giusta motivazione a quelle illazioni.
-Cinica? Psicanalizzarti? – obiettò sgranando gli occhi. – Non
dire sciocchezze Tom Becker! Quello che ho detto è la mera verità! Ti sei
dimenticato di me perché eri troppo impegnato a pensare ai tuoi amici, a
risolvere i loro problemi sentimentali e a trascurare i nostri. Ecco cosa
penso. E non venirmi a dire che sono cinica. E’ ovvio che mi dispiace per
quello che è accaduto a Holly e Patty. Dove pensavi che fossi quando Holly è
stato accoltellato e Patricia malmenata? Ero lì, ma non ti sei accorto della
mia presenza. Tom ho sentito e sento ancora sulla mia pelle la disperazione dei
loro sentimenti. Un amore che sembra non avere pace e tregua. Holly l’ha difesa
pur sapendo di compromettere la sua vita. E quando è caduto esanime, lei ha
cercato di vendicarlo. Una passione infinita oppure il gesto estremo di una
donna adirata? – gli chiese puntandogli il dito contro.
Lui chiuse gli
occhi e sospirò. Rimase così per qualche istante, con le mani intenta a cercare
qualcosa nelle tasche del giubbotto. Poi, drizzò il capo e la guardò. La pelle
di un bianco etereo era accesa di piccole macchie rosse dovute all’agitazione.
La vide mordersi le labbra per il nervosismo. Le si avvicinò a piccoli passi e
prima che lei potesse rendersene conto, le afferrò il viso tra le mani e la
baciò dolcemente. Un tocco lieve, gentile, a fior di labbra. Gabrielle non ebbe
neppure il tempo di pensare a quello che era accaduto. Tutto in un attimo.
Aveva avvertito il tocco morbido e caldo di quelle labbra, la leggera pressione
di quel bacio nel suo cuore.
-Addio Gabrielle! – esclamò guardandola. Il viso ancora nelle
sue mani. Quei profondi occhi nocciola immersi nell’azzurro delle sue iridi.
Silenzio. Solo silenzio attorno a
loro. Tremava come una foglia al vento, mentre la tempesta imperversava dentro
di lei. Il cuore in tumulto le ricordava le emozioni che solo Tom Becker
riusciva a darle, anche solo con un semplice sguardo. Cos’era accaduto?
Lo aveva aggredito colpevolizzandolo
di inezia e di mancato amore nei suoi confronti. E lui, dopo un breve ma aspro
dialogo, le si era avvicinata e l’aveva baciata.
Qualcosa era cambiato in quel
lieve tocco. I suoi occhi. Inumiditi in lacrime amare, preludio di una
separazione che proprio lei aveva cercato.
Perché le faceva male? Perché il
cuore le doleva così tanto? Perché non riusciva a togliersi dagli occhi lo
sguardo assente e al tempo stesso disperato di Tom? Perché erano arrivati a
quel punto?
Lo vide allontanarsi adagio.
Piccoli ma sonori passi impressi sul sentiero del suo cuore.
-Te ne vai così? Come un codardo? – gli urlò contro
accompagnando il lento incedere del giovane con parole di diniego. Si fermò di
scatto e la guardò con espressione rilassata e convinta.
-Io codardo? E’ il contrario mia cara. Ti stai arrampicando
sugli specchi Gabrielle.
Il problema
non sono io o il mio sentimento per te. E’ vero, in passato ho provato qualcosa
di più per Patty, ma quello è il passato. Il mio presente sei sempre stata tu.
All’epoca era
sola e si struggeva per l’amore impossibile per Holly.
Eravamo due
adolescenti in cerca della propria strada. Ma lei non mi amava, non avrebbe
potuto mai perché il suo sentimento per Oliver andava oltre la semplice
infatuazione. Lei si è annullata per lui sapendo, in fondo al suo cuore, che
Holly l’amava e stimava profondamente. Ne ebbe la conferma andando in Brasile
ma era troppo arrabbiata con lui per averla indotta a seguire una strada tutta
sua per non vivere nell’ombra di un calciatore agli inizi di una promettente
carriera. Io e nessun altro avrebbe mai potuto competere con Holly. Nessuno.
Robert Garland
è stato solo una parentesi negativa nella sua vita, lei pensava di poter
ricominciare, che lui potesse darle quell’affetto tanto agognato. Nessuno
Gabrielle, né io né Benji, ne altri, avremmo mai potuto prendere il posto di
Holly nel suo cuore. Con questa convinzione e soprattutto per la stima che ci
lega al nostro capitano, nessuno di noi ha mai pensato di corteggiare Patty.
Nessuno Gabrielle, nessuno!
Hai travisato
tutto. Hai pensato che il mio affetto, la mia amicizia per lei celassero un
sentimento simile all’amore. Patty è molto bella ed ammetto che è difficile non
restarne affascinato, ma ti ripeto, per il legame che ci unisce, mai e poi mai
ho pensato di abbandonare te per corteggiarla. Tu sei entrata nella mia vita
offrendomi il tuo amore ed io ho sempre ricambiato questo sentimento. E’
naturale per una coppia vivere dei momenti di crisi ma non fuggire o
colpevolizzare il partner per le proprie paure! – sentenziò sicuro di quello
che aveva appena proferito.
-Colpevolizzare? Che vuoi dire? Che mi sto nascondendo dietro
le parole o le mie paure cercando di colpevolizzare te per la mancata riuscita
della nostra storia? – gli chiese sempre più inasprita da quella conversazione.
-Esatto! – rispose serafico. Gabrielle non rispose. Era
esterrefatta da quella sicurezza, dalla sua espressione distante e
impenetrabile. Il volto dolce e comprensivo di Tom ostentava ora una maschera
di indifferenza e diffidenza.
-Io…faccio bene ad andar via! – tartagliò a bassa voce non
sapendo più come giustificare quella scelta o come contrastare le parole del
fidanzato.
-Non è quello che voglio io, Gabrielle! Quello che è successo
rimarrà sempre nei nostri cuori e nella nostra mente, ma non è giusto
coinvolgere la nostra storia in quella degli altri. – le disse in tono più
dolce. – Gabrielle, non lo so se farei quello che ha fatto Holly per Patty ma
sono certo che tu non lo faresti per me! -. L’azzurro delle sue iridi si sciolse
in due pozze ricolme di lacrime. Le labbra rosse iniziarono a tremare al ritmo
delle gambe e delle mani. Schiuse le palpebre più volte cercando di riprendersi
dal colpo appena accusato. Un nodo in gola le impediva di emettere qualsiasi
suono. Con la mano, cercò tastoni una superficie d’appoggio per non perdere
l’equilibrio.
-Ho ragione, vero Gabrielle? E’ questo il tuo problema: ti sei
posta il dubbio se in una situazione analoga tu avresti messo a rischio la tua
vita per la mia. E la risposta è stata NO. E’ questo che ti ha fatto paura e ti
ha indotta a fuggire. Ma per non ammetterlo hai ribaltato la domanda su di me.
Patty, Patty e solo Patty. E’ questo che c’è nella tua mente adesso. Sei
offuscata dal suo fantasma, dal suo carisma e dalle sue debolezze, da quello
che lei e Holly hanno fatto l’uno per l’altra, dalla passione della loro
storia. Ne temi il confronto Gabrielle. Io non ho mai fatto confronti tra te e
lei o tra te e qualcun’altra. Ti ho accettata per come sei e ti amo per questo
non per quello che il tuo ego vorrebbe essere. E’ così difficile per te
accettarti? –. Le chiese non ricevendo risposta.
Nei mesi che si erano susseguiti
a quel drammatico luglio, Gabrielle aveva ripetutamente pensato a se stessa, ai
suoi comportamenti e aveva immaginato di essere la protagonista di quel dramma
che aveva vissuto da spettatrice. Era giunta esattamente a quelle conclusioni.
Quello che lei aveva tentato di capire in tante settimane, lui l’aveva inteso
in pochi minuti. Pochi istanti erano stati sufficienti a metterla a nudo.
Gabrielle avvertì qualcosa
lacerarsi definitivamente. Tom, che prima si era offerto di continuare ad
amarla, adesso la stava definitivamente lasciando.
Cosa aveva fatto? Possibile che
le sue incertezze l’avessero condotta fino al punto del non ritorno.
-Vai Gabrielle. Vai dove desideri volare, se è questo che vuoi.
– le disse voltandosi definitivamente. – Quando tornerai…chissà…chissà!
-.
Con quell’ultima frase, si
allontanò da lei mentre le lacrime continuavano a rigargli il volto malinconico.
-Addio piccola mia. Forse non ci siamo amati
abbastanza…forse, era giusto così! Oggi, comincia un nuovo giorno. –
pensò uscendo dal terminal che l’avrebbe portata via per sempre.
I lembi del camice bianco
svolazzarono al lento incedere. Ai passi contigui si alternavano i gesti
eloquenti delle mani e un continuo sciorinare di termini tecnici e medici di non
facile comprensione.
- Certezze,
dottore! Vogliamo sapere se esiste ancora…- disse esitante, - qualche
speranza!-.
L’uomo arrestò la corsa poggiando
la mano sulla maniglia della porta. Tornò a fissare quella donna dallo sguardo
inquietante. La osservò in tutta la sua figura. L’ovale regolare reggeva
perfetto sul collo privo di rughe nonostante, con tutta probabilità, aveva
superato i quarant’anni. I suoi occhi castani parevano scrutarlo nel profondo,
quasi a volerlo spogliare di qualsiasi segreto. Una marcata riga di kajalsottolineava la curva
perfetta delle palpebre circondate da folti ciglia perfettamente allungate dal
mascara nero. Il rossetto, di un rosa velato, disegnava morbidamente le labbra
sottili e brillava discretamente sulla pelle chiara..
Con lo sguardo scese lentamente
lungo i seni, ben torniti, fasciati da una maglia nera aderente a collo alto
indossata su una morbida gonna in tweed. Le calze settificate dello stesso colore del maglione
scendevano sulle gambe slanciate fino a un paio di scarpe di pregevole fattura
italiana.
Approfittando del silenzio, in attesa di una risposta, si portò una mano allo zigomo e
con un movimento dolce e veloce, riportò una ciocca di capelli scuri dietro
l’orecchio. Era perfetta. Era bellissima. Una donna dalla sensualità orientale
e dal fascino cosmopolita. Il medico si rese conto che i suoi occhi stavano
andando ben oltre le immagini che le iridi gli proponevano.
In un ambiente poco consono, in un contesto
quanto mai discutibile, aveva lasciato che la bellezza ammaliatrice della donna
potesse distrarlo dal suo dovere.
Era un medico…e lei era una
donna, sposata e madre.
-Dottore, sto aspettando una sua risposta! – lo intimò
pretendendo quello che aveva chiesto. La guardò ancora negli occhi. Non era
adirata. La sua era una comprensibile ansia che di
minuto in minuto cresceva sempre di più.
-Signora, le ripeto quello che oramai le dico da cinque mesi. Noi abbiamo fatto il possibile. I
nostri colleghi, prima di noi, hanno fatto quello che andava fatto. Le
procedure sono state eseguite scrupolosamente. Ma
sfortunatamente è in coma da quel giorno e sinceramente, a questo punto,
ritengo che solo un miracolo potrebbe risvegliare sua figlia. –. Le ultime parole del medico risuonarono glaciali nella
mente di Maya. Le aveva avvertite come un’inesorabile
e struggente verità. Si portò una mano alla tempia, forse vittima di
un’improvvisa vertigine. Si voltò verso la finestra cercando di eludere
quell’attimo di defaillance.
-Quanto potrebbe durare? – gli chiese guardando oltre i
vetri. Gli alberi della clinica si specchiavano sulle placide acque del mare mentre gli ultimi tocchi di cremisi davano spazio
all’indaco e all’azzurro della notte. Il dottor Nicholson
non si aspettava quella domanda, ma già altre volte l’aveva
udita. Cosa poteva rispondere a un genitore in
apprensione per la vita del proprio figlio? La guardò ancora delineando
la curva delle spalle fino a scendere lungo i fianchi. Chiuse gli occhi nel
disperato tentativo di ricacciare pensieri peccaminosi.
-Io…non lo so! Mesi, anni…o giorni. Se dovesse
sopraggiungere il collasso degli organi interni la situazione
si aggraverebbe al punto tale da dover essere necessario l’ausilio di
macchinari appositi che possano tenerla in vita. –
-Capisco! – sussurrò non distogliendo lo sguardo da
piccoli uccelli che libravano liberi nell’aria. - Ha visto quegli uccelli
dottore? Sono liberi di volare. Lei invece…è
incatenata ad un letto, per sempre…- sibilò mentre il castano delle iridi si
scioglieva compostamente in un oceano di nebbia. Si portò una mano al collo e
infilò le perle tra le dita giocherellando nervosamente con le sfere bianche.
-Lei invece non è più libera! Perché
dottore? Perché proprio mia figlia? Non è forse giusto
darle la possibilità di rinascere? – gli chiese improvvisamente con voce rotta
dalle lacrime.
Il volto
dell’uomo divenne pallido. Parve avvertire la gelida folata che aveva sollevato
le foglie morte tra le aiuole. Rabbrividì alla domanda della sua avvenente
interlocutrice.
-Non é forse
giusto darle la possibilità di rinascere? -.Quella frase continuava a martellargli in
testa di secondo in secondo. Cosa voleva dire?
-Signora, comprendo il suo stato d’animo…ma
le ripeto che in situazioni del genere, l’unica cosa da fare è sperare…e
aspettare. Noi…
-Noi, cosa? Dottore, io sono disperata! Si rende conto
che mia figlia sta morendo ed io ho le mani legate? Che
non posso fare niente? Che, dannazione, sono stanca di
attendere e di vederla stesa in quel maledetto letto? – rimbeccò furente. La
pelle nivea si era ricoperta di piccole macchie rosse sollecitate
dall’eccitazione improvvisa. Il medico si specchiò nei suoi occhi e provò un
profondo stato di contrazione verso quella madre in pena per la propria figlia.
Senza attendere un’ulteriore risposta, che
probabilmente non sarebbe neppure arrivata, Maya fece scivolare la mano lungo
la maniglia satinata e aprì la porta.
Bip. Bip. Bip. Bip. Bip.
Inutile opporre resistenza: quello strano suono, simile anche ad un gracidio
lontano, continuava a echeggiare sinistro nella
stanza.
Si lasciò scivolare lungo il muro
di fronte al letto: l’unica parete disadorna, vuota di macchinari o
suppellettili. Lasciò che i muscoli si ripiegassero su se stessi abbandonando
il corpo in una posizione seduta. Con un movimento meccanico attirò le
ginocchia verso il torace e le strinse tra le braccia, facendo volutamente
cadere il capo all’interno di quella strana morsa.
Avvinghiato su se stesso, il
corpo aveva assunto una conformazione quasi fetale e solo
un insieme di folti capelli neri gli donavano una parvenza leggermente umana.
-Bip. Bip. Bip. Bip. Bip! – esclamò fievolmente imitando
il rantolo dell’elettroencefalogramma. Alzò lo sguardo verso la pediera metallica sulla quale una cartella di fogli bianchi
con grafici e dati era l’unico ornamento. Rimase a
guardare quegli schemi incomprensibili, numeri di colore rosso e nero che si
alternavano in una particolare danza, una linea retta
che da settimane continuava la sua corsa, senza discese o salite, indice di una
situazione stazionaria.
Un improvviso fascio di luce
parve ridestarlo da quello stato embrionale. Alzò lo sguardo verso la porta che
silenziosamente veniva scostata all’interno. Dalla sua
posizione, nascosto dalla penombra e dal letto, vide la sagoma di una donna
avvicinarsi al letto.
Tum.
Tum. Tum. Tum.
Il battito del suo cuore era
accelerato. Lo sentiva battere con forza contro il torace, nel disperato
tentativo forse, di farsi udire più dalla paziente che dalla visitatrice.
Aguzzò la vista verso la fievole luce in cerca dei lineamenti femminili.
Nell’aria sentiva un dolce profumo di vaniglia, inusuale
per quella stanza asettica. Il rumore dei passi e l’incedere lento, gli diedero
la conferma del nome che si celava dietro la sagoma scura.
Maya si avvicinò al letto adagio,
nel tentativo quasi, di non destare la figlia dal sonno.
La sua bella figura si ergeva
solenne vicino le sponde del giaciglio sul quale la giovane donna riposava; con
cautela e tremolante, le prese una mano tra le sue. Era
tiepida, segno che in qualche modo, in quel corpo scorreva ancora qualche
rantolo di vita.
-Ciao piccola mia….- sussurrò nella commozione del
momento. Con l’altra mano le riavviò i capelli scuri sulla fronte.
-Come sei bella! – le disse restando in silenzio. In un attimo, le parve di esser tornata indietro di quindici anni,
quando era una bambina, la sua bambina. Quando con
premura le rimboccava le coperte e l’assisteva come un’infermiera per una
banale influenza.
-Perché il destino è stato così
crudele con te, bambina mia? – si chiese tornando a parlarle. – Vorrei tanto
che gli ultimi quindici anni non fossero mai trascorsi. Vorrei tanto che il
tempo potesse tornare indietro per impedirti di fare certe scelte….o tesoro
mio, perché è successo? Perché proprio a te? Io…dov’ero quando tu soffrivi? Dov’ero quando
hai deciso di trasferirti in Europa? E’ colpa mia…è
solo colpa mia! Come ho potuto abbandonarti proprio quando
tu avevi più bisogno di me? Perché? Perché?
– continuò con la voce impastata da miriadi di lacrime che sempre più contigue
solcavano le guance lisce. Prima una, poi un’altra, e
un’altra ancora, le lacrime caddero tra le giovani dita prive di qualsiasi
movimento.
-Non è giusto che tu resti, qui, in questo letto di ospedale per sempre…non è giusto! -.
-Signora, forse è meglio lasciarla riposare…
-Ma che dice dottore? Non lo
vede che mia figlia è come una foglia morta? come un
fiore in una teca di cristallo, priva di vita? – gli urlò contro in un gesto
impulsivo, con impeto e impazienza.
-Mi spiace ma…
-Ma cosa? Lei è un medico e fa
il suo lavoro e non mi può impedire di disperarmi per mia figlia. Le ho chiesto quanto tempo le rimane! Lei continuaa dirmi che la
situazione è stazionaria. Che potrebbe risvegliarsi ora come
mai. Non me ne faccio nulla di queste parole, ha
capito dottore? NIENTE! Vorrei solo che qualcuno mi dicesse quello che devo
fare! – aggiunse adirata tornando a guardare la figlia.
-Signora…lei…
-Dottore, sta soffrendo? – gli chiese improvvisamente
senza scostare lo sguardo dalla ragazza.
-No. Sua figlia è entrata subito in uno stato di coma.
Il coma può essere irreversibile come temporaneo. –
-E il suo? – domandò ancora una
volta certa della risposta oramai retorica.
-Allo stato attuale, dopo mesi, purtroppo mi sento di dire che è irreversibile! – sentenziò lisciandosi i baffi
argentati.
-Quante speranze ci sono di risvegliarsi da un coma
irreversibile? –. Il suo tono era più pacato, pronto
all’ennesima sconfitta, ad un’altra risposta retorica.
Il dottor Nicholsondelineò quella figura che improvvisamente gli parve
essere invecchiata di almeno dieci anni. Allungò le mani nelle tasche del
camice bianco. Sperò che il cercapersone vibrasse per avere una scusa
plausibile e andar via da quella stanza dove l’aria sembrava venir meno
velocemente. Chiuse gli occhi quasi a cercare nella completa oscurità una
risposta da darle. Quando li riaprì incrociò il suo
sguardo fisso sul macchinario che registrava l’attività cerebrale della
paziente.
Ebbe un sinistro presentimento e
rapidamente spostò lo sguardo sulle dita affusolate della donna. Lambivano
gentilmente i tubi trasparenti che aiutavano la degente a respirare.
-Signora, non lo faccia! – le intimò gentilmente
sperando che quel sinistro presentimento non prendesse forma.
-Sto aspettando una risposta da lei! – gli ricordò
dimostrando di non aver perduto la lucidità.
-Poche…poche speranze di
risvegliarsi da un coma irreversibile…in alcuni casi è l’anticamera della morte
cerebrale. Il coma irreversibile è uno stato vegetativo. Ma noi crediamo che un
atteggiamento più positivo, un’atmosfera meno
ospedaliera, che la faccia sentire come a casa sua…
-Dottore, non dica sciocchezze! Mia figlia non sente
nulla! – decretò serafica senza voltarsi.
-Se lei…adesso stacca quei tubi…non ci
sarà più nulla da fare. – aggiunse chinando il capo incredulo di fronte
all’idea che era balenata nella mente di Maya.
-NO! -. Un’esclamazione dura, secca,
sonora che tagliò la tensione nella quale erano piombati.
Il dottore si voltò celermente
verso l’angolo della stanza dal quale avevano udito l’esclamazione.
Maya abbassò le palpebre
riconoscendo quella voce che tante volte aveva udito.
-Non lo faccia! Non le tolga la speranza di vivere! –
-Vattene! – rispose veemente evitando il suo sguardo. Il
giovane si avvicinò lentamente alla pediera del letto
visualizzando l’immagine intera della donna, quasi misurando i passi che lo
dividevano da quel muro di ostilità.
-Non me ne andrò da qui! – rispose
risoluto.
-Ti avevo già detto di andartene. Hai già fatto
abbastanza! – continuò Maya non distogliendo lo sguardo dalla figlia dormiente.
-Non andrò via fino a che lei non avrà riaperto gli
occhi! – sentenziò ardito.
-Ah…aprire gli occhi! – esclamò ironica accompagnando le
parole con un ghigno di sconforto. - Non hai sentito quello che ha detto il
dottore? E’ in coma irreversibile e le speranze che possa risvegliarsi sono
legate ad un miracolo! –
-Fino a che c’è speranza….
-NON DIRE SCIOCCHEZZE! – urlò furiosa voltandosi verso
il giovane. Lo vide nel suo splendido fisico atletico, per nulla indebolito o
cambiato dalla prolungata assenza di attività
agonistica. I capelli scuri come la notte gli ornavano distrattamente il volto
smagrito e stanco per la mancanza di un sonno
ristoratore. I suoi occhi, che una volta ricordava
essere sempre allegri e emozionati, erano adesso spenti, privi di qualsiasi
eccitazione.
-Tu devi andartene. Se lei è in
questo stato, la colpa è solo tua! Lo capisci? – continuò parlando con le
ultime forze che le erano rimasti. Il volto di Maya era una maschera di rabbia
e ira.
-NOOOOO! Io non me ne vado e lei non farà quello che ha
in mente…dovrà prima passare su di me per farlo…- gridò
balzando dinanzi a lei con un rapido scatto. Maya non ebbe neppure il tempo di
controllare il suo spostamento. Accadde tutto in un attimo.
-E’ mia figlia e decido io per lei! Capito? – ribatté
additandolo in petto e digrignando i denti come una belva in gabbia e
desiderosa di fuggire. Nei suoi occhi c’era l’ira furente di una madre
angosciata edisperata.
-Signori…calmatevi, vi prego! –
intervenne il medico nel tentativo di mediare quella angosciante e
compromettente situazione.
-Dottore, non può permetterle di
staccare i macchinari…non può permetterle di ucciderla! – echeggiò il
giovane terrorizzato alla sola idea che Maya potesse
compiere un atto del genere. – Ha sentito cosa ha detto il dottore? Bisogna
rendere l’atmosfera più personale, bisogna farle
sentire che lei è a casa…
-Lei non è a casa, dannazione! E’ in un letto di ospedale e sta morendo! – urlò sempre più inasprita e
dilaniata da un dolore troppo forte da poter sopportare.
-NON STA MORENDO! – rimbeccò guardandola con decisione.
– E lei non ha il diritto di ucciderla, anche se è sua
madre. Se avesse voluto morire, allora non sarebbe
ancora viva. Fino a che respira, lei è viva, lo capisce! – continuò con la
disperazione dipinta nel tono della voce. – Lei…ha solo bisogno d’affetto,
d’amore…
-E tu pensi di potergli dare
questi sentimenti? – lo accusò continuando ad
additarlo sotto lo sguardo sconvolto del medico che assisteva alla scena
silente.
-Io amo sua figlia! – insistette rivelando a Maya quei
sentimenti che con tanta timidezza aveva sempre celato
in adolescenza.
-Ah…e da quando? Da quando si è ridotta così per te? Tu
sei solo un ragazzino viziato che non sa cosa sono i sentimenti. Tu hai
rovinato mia figlia. Se lei si trova in questo letto,
in coma…se lei sta morendo, la colpa è tua! Dov’eri quando
da ragazzina spasimava per te, ti faceva da manager, ti passava i compiti, pur
di stare insieme al suo amato capitano. A pensare al tuo pallone? al tuo stramaledetto pallone che ti ha portato in Brasile?
Sai quante notti l’ho sentita piangere mentre tu
giocavi in Sud America? Mentre aspettava una tua
telefonata o una tua lettera? Hai idea di quante lacrime abbia
versato per un amore disperato? Dei soldi che ha
messo da parte per venire in Brasile a trovarti e tornarsene in lacrime? –
esclamò con la voce rotta dal pianto.
-IO L’AMAVO…L’HO SEMPRE AMATA!
– urlò disperato mentre le pozze di onice si
scioglievano in un mare di lacrime. La fronte imperlata di
sudore freddo, il volto contratto in una maschera di sofferenza estrema.
-Se l’amavi dove diavolo eri mentre
quello scellerato l’ammazzava? – gridò accecata dal dolore afferrandogli i
polsi in un gesto impulsivo.
Le ultime parole furono come tagli di un fendente al cuore. Sentì il petto lacerarsi e le
ferite mai richiuse bruciargli intensamente. Holly
chinò il capo con gli occhi sbarrati, con le braccia bloccate da quella rigida
presa. Nel suo sguardo, l’immagine indelebile di quegli
ultimi attimi trascorsi su una soleggiata spiaggia egiziana.
Maya Gatsby
aveva ragione. La colpa era solo sua. Se quattro anni
prima non avesse consentito a Patty di uscire dalla
sua vita, lei non avrebbe mai conosciuto RobertGarland e nulla sarebbe accaduto.
Lui era responsabile di averla amata abbastanza da lasciarla volare libera, nel
suo cielo, di poter splendere come una stella di luce propria e non di restare
l’ombra di qualcuno.
Ma il
destino le aveva fatto incontrare una persona empia e spietata che l’aveva
usata come un burattino organizzando per lei la scena drammatica di una
tragedia.
Era forse una
colpa amare? O amare abbastanza? Quando aveva deciso di correre di nuovo da lei, per
sottrarla alle nozze con Robert, lui non sapeva che
il tennista aveva organizzato una falsa gravidanza. Era corso a salvare la sua amata, inconscio di quanto Robert
volesse celare dietro le nozze. Era corso da lei perché l’amava, unicamente nel
nome di quel sentimento che avevano riscoperto la
notte prima, quando lei non aveva esitato a tradire il futuro sposo nel nome
del vero sentimento.
E lui,
l’amante disperato, l’aveva difesa a costo della sua vita. Le aveva fatto da scudo per salvarla dall’ira funesta del giovane
inglese oramai preda della follia.
Ma non
era bastato a proteggerla. Patty, la sua Patty
lo aveva imitato e aveva voluto dimostrargli il suo amore avventandosi su RobertGarland. Ma lui era stato spietato e l’aveva sbattuta violentemente
sulla pedana.
Un urto secco,
un trauma violento che le aveva fatto perdere i sensi immediatamente.
Dalla sua posizione, riversa sulla spiaggia, con gli indumenti testimoni delle
ferite, l’aveva vista accasciarsi al suolo mentre con
le ultime stille di vita, recitava il suo nome. Un ultimo soffio d’amore verso colui che le era entrato nel cuore e che non aveva mai
dimenticato.
E
adesso, Maya Gatsby voleva porre fine alle sue
sofferenze…per sempre!
- Dovrà
passare su di me, per toccarla! – sibilò senza alzare lo sguardo. – Ho difeso Patty con tutto me stesso, e il Cielo sa se è vero che
vorrei essere io al posto suo! Non me la porti via, signora,
la prego! – aggiunse mentre fiumi di lacrime
scendevano velocemente lungo gli zigomi fino a fermarsi sugli indumenti.
- Non
abbandoni la speranza! Mi aiuti, signora Gatsby,
mi aiuti a riportarla in vita. Io sono disperato. Se
lei muore, io mi ammazzo! – le disse scivolando sulle ginocchia e prostrandosi
ai piedi della donna. Maya lasciò la presa abbandonando le braccia lungo i
fianchi. – Non me la porti via…mi aiuti, signora, mi
aiuti a credere che lei tornerà a vivere. La prego. Io non ce la
faccio da solo! – terminò coprendosi il volto con le mani
mentre i singulti avevano oramai preso il sopravvento.
Maya Gatsby tacque. Le sue lacrime scorrevano silenti lambendole
le labbra e scivolando lungo la maglia nera. Non ne sentiva più il sapore.
Erano le ennesime lacrime amare. Si allontanò di qualche passo lasciando il
giocatore riverso sul pavimento, in ginocchio, in un disperato tentativo di
fermarla nell’atto estremo che avrebbe messo fine alla giovane
vita di Patricia Gatsby.
Il dottor Nicholson
seguì con lo sguardo i passi della donna, estenuata da quella guerra
psicologica. Poi, senza indugiare oltre, le aprì la porta e la accompagnò in
corridoio, richiudendo l’uscio alle sue spalle. Aveva bisogno di sedersi e di
riordinare le idee. Di respirare e allontanarsi da quella alcova
triste e malinconica.
Aveva incontrato uno scoglio
insormontabile. L’amore disperato di un giovane per sua
figlia, quel sentimento che lei aveva tanto cercato nell’adolescenza ma che la
distanza le aveva impedito di poter godere.
In
primis, colgo l’occasione (seppure in ritardo) per augurare a tutti/e un
meraviglioso 2005 ricco di soddisfazioni, energie positive
e buoni propositi.
Mi scuso
per il ritardo occorso nell’aggiornamento. Avevo promesso di pubblicare a
breve, ma vi assicuro che il nuovo anno è arrivato con
tutto il suo impeto.
A parte
il PC riformattato per l’ennesima volta, l’ufficio
nel quale lavoro è stato praticamente decimato
dall’influenza (di cui peraltro sono rimasta anche io vittima nello scorso
week-end)! Quindi, ho dovuto sopperire alla mancanza
di due colleghe, di uno sfrenatissimo centralino telefonico e del mio capo (la
cui segretaria era ammalata)! Perdonatemi!
Ringrazio
tutti, ma proprio tutti, coloro che continuano a
recensirmi e a inviarmi e-mail…i vostri commenti e complimenti mi giungono
sempre molto graditi e affettuosi. Grazie a tutti dal profondo
del cuore.
Specialthanksto
Alex:Kami:amica mia, grazie ancora della tua
inesauribile stima. Grazie per l’aver parlato di me sul forum e per la tua dedica
Sheria: sono in debito con te. Avevo promesso di scriverti al più presto, ma
credimi, ultimamente non riesco a fare quasi nulla di
quello che vorrei. Ti scriverò
as soon as possible. Ho lettoiltuo
post sul forum. Grazie per quellochehaiscritto.
Stormy: Angie, I always think of you. Let me have fresh news!
Kristal:
A tedicoquelloche ho detto
a Sheria. Sono talmente oberata che sto completando
la fanfic negli “sprazzi” notturni. Abbi pazienza! Ti
scriverò appena posso.
A tutti gli altri, grazie ancora
e continuate a seguirmi. Il prossimo aggiornamento arriverà a breve.
I rintocchi dell’orologio
continuavano a scandire i minuti con minuziosità, ignari di quel che accadeva,
delle situazioni che si creavano, degli stati d’animo.
Non sapeva perché, ma quel giorno
il corridoio gli sembrava particolarmente lungo, infinito.
Da quanto tempo c’era un orologio
all’interno del tunnel che dall’aeromobile conduceva al terminal? Si soffermò
distrattamente a fissarlo. Tondo, metallico, con numeri esposti in bella vista
a caratteri cubitali. Neri. Su fondo bianco. Bianco e nero, l’ineluttabile
realtà dipinta in due colori. Amore e odio, sacro e profano, luce e oscurità.
-Ehi portiere, tutto bene? – chiese Thomas Schulz affiancato da
Karl Heinz Schneider. Il portiere si voltò verso il capitano e il difensore
della squadra di calcio nella quale militava e li guardò senza proferire nulla.
Uno sguardo assente, vacuo, privo di qualsiasi emozione, un’espressione di
piena indifferenza verso una domanda retorica.
-Certo, come sempre. – rispose risoluto senza protrarre oltre
quella conversazione. Non indugiando ulteriormente, abbassò la visiera del
cappellino e riprese il suo cammino verso l’uscita del tunnel.
-Senti Benji! – esclamò ancora Schulz riproponendosi al suo
fianco. Benjamin Price arrestò il passo irrigidendosi per quella nuova e
imprevista fermata. – Ascolta Benji, so a cosa stai pensando e…
-No Schulz, non lo sai a cosa sto pensando e non ho voglia di
dirtelo! Sono i miei pensieri e tali rimangono. – rispose serafico.
-Ascolta Benji, io sono tuo amico! –
-Davvero? E da quando? – gli chiese sarcastico drizzando gli
occhi scuri nelle pozze chiare del calciatore tedesco. Thomas avvertì un gelido
brivido lungo la schiena. Come se il buio all’improvviso avesse eclissato la
luce delle sue iridi.
-Aspetta, fammi pensare…forse ricordo bene! Da quando ti ho
salvato il culo parando tre tue autoreti sicure in una sola partita. – aggiunse
evidentemente tediato da quella inaspettata conversazione.
-Ragazzi calmatevi. Non vorremo dare spettacolo? – intervenne
gelido Schneider con l’autorità di cui la società l’aveva investito.
-Ehi Price modera i termini, capito? – lo intimò Schulz rosso
in volto per l’imbarazzo.
-Amico. Puah! Fammi il favore. Milito nella vostra squadra da
quest’estate e nessuno di voi si è mai preoccupato di chiedermi se mi serviva
qualcosa o se mi trovavo bene. All’improvviso spuntano le frasi fatte. Ma
fatemi il favore! – esclamò sistemandosi il berretto e proseguendo di qualche
passo lungo il tunnel.
-Volevo solo sapere se stavi bene ma la tua boria ti ha
annebbiato il cervello. –
-Thomas smettila! – esclamò imperturbabile Schneider cercando
di sedare gli animi.
-Sei un irriconoscente Price, hai la sindrome del primo della
classe. Era meglio se rinnovavi il contratto con il Bayern. Potevamo cavarcela
benissimo anche senza di te! – gli urlò contro nel tentativo di restituirgli
l’offesa ricevuta.
-Thomas, ti ho detto di darti una calmata! – lo intimò
nuovamente il capitano comprendendo quanto quel dialogo fosse stato oramai
compromesso dall’astio. Benji arrestò il passo desideroso sentendosi avvampare
di un’ira incontrollabile, bramoso di colpire quella bocca che continuava a
sciorinare sciocchezze in maniera del tutto gratuita.
-Fatti una doccia gelata Schulz, ne hai bisogno. Forse ti
tornerà un po’ di lucidità e comincerai a capire le regole del gioco. Anzi,
forse è il caso che tu prenda ripetizioni di calcio perché non hai ancora
imparato come si fa il difensore. – rispose il portiere nipponico con l’intenzione
di ribattere alle offese.
-Che cazzo dici, stronzo! I problemi di cuore del tuo amico
muso giallo ti hanno scioccato il cervello Price? – gli chiese diretto
colpendolo nel punto in cui era più fragile.
Silenzio. Un improvviso e
tagliente silenzio calò tra i tre rappresentanti dell’Amburgo. Benji alzò lo
sguardo verso il difensore. Thomas Schulz indietreggiò di pochi passi
intimorito dalla lava ardente che bruciava negli occhi scuri del portiere. Il
suo volto era una maschera di impenetrabile ira celata tra i muscoli tesi.
-Che hai detto, stronzo? -. Le parole di Benji, pronunciate con
astio e sillabate tra i bianchi denti digrignanti, spezzarono quel silenzio.
Karl le percepì violente nello stomaco. Sembrava ipnotizzato dall’espressione
truce dipinta sul volto del numero uno della squadra. I suoi occhi avevano
qualcosa di diabolicamente magnetico, un’espressione che avrebbe intimorito
chiunque. Avvertì un fremito, comprendendo la tensione in cui oramai versava la
conversazione.
-E’ questo che ti
brucia Price? Il fatto che Karl abbia soffiato il Pallone d’Oro al tuo
amichetto del cuore? – continuò Schulz inasprito dalle parole di Benji e
fomentando nel portiere un’ira indicibile.
Karl si passò una mano tra i
folti capelli biondi evidentemente imbarazzato per quella situazione
sconveniente e imprevista.
Bello come un adone, l’ovale
chiaro incorniciato in folti fili d’oro e due chiarissime iridi a risplendere
tra lineamenti regolari e perfetti, Karl Heinz Schneider era l’idolo di casa,
tanto delle adolescenti tedesche quanto degli sportivi. Tutti stravedevano e
vaneggiavano per l’Imperatore, l’astro del calcio tedesco sempre alla ribalta
sulla scena internazionale.
Erano in due in lizza per
l’ambito riconoscimento. Lui e Oliver Hutton, stella del Barcellona.
Gli altri, tutti dietro di molti
punti, infinite cifre senza speranza di riavvicinamento alla vetta. Solo loro
due, appaiati come duellanti in attesa dell’ultimatenzone.
-Schulz! Ti ho detto di smetterla! E anche tu Price, datti una
calmata! – tuonò Karl ammonendo verbalmente i due giocatori. Non è il momento
né il luogo adatto per perderci in queste inutili disquisizioni. Se avete altro
da dirvi, potrete farlo domattina insede di allenamento. E relativamente al pallone d’oro, Thomas, non è
stato ancora assegnato e non mi sembra il caso che tu faccia illazioni su
quest’argomento. Ad ogni modo, se sono in lizza lo devo alle mie potenzialità e
sicuramente non a regali gratuiti di qualcuno. – rispose sottolineando i meriti
di quell’annata che l’aveva visto protagonista sulle scene europee.
-Ti brucia questo, vero Price? Povero Hutton! Ha perso il
Pallone d’Oro per correre dietro i capricci di una ragazzina e …-. Schulz non
terminò neppure la frase che si ritrovò in terra con un labbro sanguinante.
Alzò lo sguardo verso il portiere, incapace di emettere qualsiasi suono. Con il
dorso della mano cercò di asciugare il sangue che sgorgava rosso e caldo dal
labbro rotto, mentre il sapore acre si impastava alla saliva.
-Non ti azzardare più, mai più a nominare invano i nomi di
Oliver Hutton e Patricia Gatsby! Sono stato chiaro Schulz? MAI PIU’! Tu non sai
un cazzo di quello che è successo! Nessuno lo sa. Non eravate presenti, quindi
non ti permettere di parlare, capito? – urlò con sguardo fiammante.
-Price calmati o sarò costretto a riferire al mister e far
prendere provvedimenti... –
-Non me ne frega un cazzo Schneider dei tuoi provvedimenti. –
lo interruppe iroso additando il capitano. - Metti a tacere questo stronzo o
gli chiudo la bocca per sempre, sono stato chiaro? Se qualcun altro prenderà il
Pallone d’Oro al posto di Holly sarà solo perché lui adesso è fuori dai giochi.
Solo per questo! – aggiunse afferrando il borsone e voltando le spalle ai due
compagni.
-Benji, aspetta! – esclamò Karl Heinz raggiungendolo. – Senti,
non dar peso a quello che ha detto Schulz. Dispiace anche a noi quello che è
successo. Ma la vita va avanti nonostante tutto! – aggiunse sfiorandogli
amichevolmente la spalla con una pacca amichevole.
-Ti dispiace? DI COSA CAZZO TI DISPIACE SCHNEIDER! – imprecò
afferrandolo per la cravatta. - Tu non sai niente di quello che è successo! Tu
non c’eri, cazzo. Nessuno di voi c’era! E non venirmi a dire che la vita va
avanti lo stesso quando è la vita dei tuoi migliori amici ad esser stata
distrutta. Chiaro? – urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Il volto era
una maschera di muscoli contratti in un dolore lampante e struggente. I suoi
occhi bruciavano come ardesia pura e parevano dover schizzar fuori dalle
orbite.
Non l’aveva
mai veduto in quello stato. Conosceva bene il carattere difficile e introverso
del portiere, le sue pretese di assoluta concentrazione in allenamento e
durante i match, le noie derivanti da uno spogliatoio che non l’aveva ancora
accettato. Ma era consapevole, Schneider, che Benji Price era il miglior
portiere in circolazione e grazie alla sua giovane età e alle grandi
potenzialità di cui disponeva, sarebbe stato ricordato negli annali
internazionali molto a lungo.
Benji Price e
Oliver Hutton. Due stelle di assoluta grandezza che dal Sol Levante avevano
invaso le scene europee riempiendo le testate giornalistiche.
Le nocche
delle dita risaltavano nel loro pallore. Karl avvertì quell’impeto di
distruzione nella morsa che lo legava al portiere. Sentì la disperazione in
quell’atto estremo. L’impenetrabile e imperscrutabile SGGK si chinava di fronte
al dolore assoluto che aveva legato per sempre le vite di Holly e Patty.
Lo guardò
negli occhi chiari con espressione sprezzante. Odiava quel falso buonismo e il
comportamento saccente del capitano. Non c’era nulla da chiarire o toni da
ammorbidire. L’avevano disturbato mentre cercava di dare una certa compostezza
al dolore che avvertiva in fondo al cuore.
Non c’era
giorno che le immagini di quella tragica vacanza non riaffioravano dinanzi agli
occhi, che l’eco di quelle urla non gli assordava la mente. Sentiva quelle
parole, quelle grida disperate, rimbombare continuamente in tutto il corpo come
vibrazioni di vita, come a volergli ricordare che lui c’era ancora.
Rinsaldò la
presa con l’altra mano sotto lo sguardo esterrefatto di Schulz e di alcuni
passeggeri che avevano distrattamente assistito alla scena.
Karl scorse in
quello sguardo infuocato, il desiderio di colpire ancora per poter sfogare
l’ira repressa. Continuò a guardarlo senza proferire nulla, con una calma che
lo contraddistingueva da sempre.
Driin! Driin! Driin!
Il ripetuto
trillo del cellulare sembrò distoglierlo dai cattivi pensieri. Senza attendere
oltre, mollò la presa, afferrò il borsone e diede le spalle ai due compagni
basiti.
-Maledetto Price, questa me la paghi! – esclamò Schulz
avvicinandosi al capitano.
-Taci Thomas. Stasera hai solo detto un mucchio di stronzate! –
sibilò Karl furente nei confronti del difensore. Senza indugiare ancora,
afferrò i suoi effetti personali e raggiunse il resto della squadra verso
l’autobus che li avrebbe riportati alla sede del club. Thomas Schulz lo seguì
nel completo silenzio, obbedendo al categorico ordine dell’Imperatore.
L’ automobile grigia metallizzata
era parcheggiata a pochi passi dall’autobus della società dell’Amburgo.
L’allenatore in seconda e il preparatore atletico attendevano fuori dal mezzo
il resto della squadra per poter ripartire alla volta del club. Herr Yurghen,
l’allenatore, vide le porte automatiche dell’uscita delterminal aprirsi al cospetto di una sagoma.
Scorse Benjamin Price dirigersi verso l’auto sportiva senza alcun indugio. Il
preparatore atletico rimirò la scena non comprendendo quel comportamento
indisciplinato. Poi il suo sguardo fu catturato dall’arrivo del capitano e di
Schulz.
-Che diavolo è successo? Schulz hai un labbro che ti sanguina!
– gli disse estraendo un kleenex e porgendoglielo per tamponare le rosse
stille.
-Lascia stare! – digrignò salendo sul bus.
-Price? – chiese Herr Yurghen a Karl mentre saliva a bordo.
-Mi ha chiesto il permesso di rientrare a casa con un mezzo
privato. – lo scusò Karl accomodandosi nella poltrona dietro il mister.
L’allenatore non proferì verbo. Dagli sguardi eloquenti dei due giocatori e
dall’atteggiamento indisciplinato di Benji aveva compreso che all’interno del
terminal qualcosa aveva ulteriormente lacerato i rapporti interni alla squadra.
Karl aveva spontaneamente messo a tacere i dissapori scusando il portiere di
quell’ennesimo comportamento negligente. L’Imperatore era ben conscio che
raccontando la verità all’allenatore, la squadra non ne avrebbe giovato poiché
nell’incontro successivo, probabilmente Benji Price non sarebbe stato convocato
per punizione. Non poteva correre sicuramente il rischio di perdere il suo
miglior difensore in vista dell’importante incontro casalingo con il Borussia
Dortmund. Abbassò le palpebre con l’intento di scacciare quegli ultimi eventi,
ma il brusio delle chiacchiere tra Schulz e gli altri compagni, gli impedirono
di assopirsi, seppure per qualche breve istante.
La corvette lasciò velocemente il
parcheggio dell’aeroporto internazionale e fu inghiottita dal traffico dalla
statale che collegava l’arteria esterna al cuore cittadino. Un fiume di luci e
automobili proseguiva in un celere incedere verso i vari rioni.
Senza chiedere la destinazione al
passeggero, senza emettere alcun sibilo, l’autista condusse il portiere in un
quartiere tranquillo di periferia immerso tra il rigoglioso verde degli alti e
profumati abeti. Una scarna conversazione fatta solo di silenzi e fuggenti
sguardi eloquenti.
Quando furono dinanzi al cancello
automatico, premette il pulsante del telecomando che aprì le pesanti inferriate
di metallo.
Beandosi di quella quiete,
procedette all’interno del cancello fino a raggiungere il posto assegnato nel
garage coperto. Parcheggiò con una manovra da manuale e spense il motore. Solo
allora voltò il suo sguardo verso il passeggero.
Benji era rimasto intricato nei
pensieri sgradevoli legati ai ricordi estivi e a quello che era accaduto poco
prima nel terminal dell’aeroporto. Smosse il profilo verso l’autista degnandolo
finalmente di un timido sorriso.
-Saliamo? – chiese aprendo lo sportello dell’auto. Con un breve
cenno del capo annuì e spalancò lo sportello abbandonando nell’auto il borsone
della società sportiva.
Si avviarono verso l’ascensore
come due perfetti estranei, illuminati dai bianchi neon appesi ai pilastri.
Parve avvertire effettivamente la
sua presenza solo quando la serratura dell’appartamento al quindicesimo piano
di quel moderno palazzo, scattò e la porta si aprì.
Con un lieve tocco sulla tastiera
numerica disattivò l’allarme e accese la luce illuminando il salotto arredato
con mobili classici in uno lineare stile inglese. Le luci soffuse degli abat
jours e la vista panoramica donavano all’appartamento un’atmosfera sensuale
e calda.
Benji si sfilò la giacca
buttandola su una poltrona, lasciandosi cadere pesantemente sui morbidi cuscini
del divano frontale al camino.
Chiuse gli occhi abbandonando il capo
sul bordo del sofà unicamente per cercare ristoro e un rifugio da quei pensieri
che sembravano inseguirlo come ombre.
Piccola premessa prima di lasciarvi al
nuovo capitolo.
Le scene di Tom e Gabrielle (aeroporto
Charles de Gaulle, Paris), di Benji (Amburgo) e di Holly e Patty (New York) si
svolgono tutte nello stesso giorno, ma in orari differenti. Adesso vi lascio al
nuovo chappy che spero essere di vostro gradimento. Besos por todos!
Tradimento
d’amore
Romeo and Juliet
Capitolo 24
Romeo and Juliet. Il titolo oramai ricorrente sui tabloid e sui
magazine di settore, il titolo con cui i mass media si riferivano alla vicenda
di cronaca che aveva visto testimoni una delle coppie più belle del jet set.
Lui il prodigioso calciatore arrivato dal Sol Levante che in poco tempo aveva
conquistato le scene europee; lei, la bellissima top model, ambita indossatrice
delle più note griffe mondiali e
corteggiata dagli scapoli d’oro dell’Europa mondana.
Maya aveva letto più volte i
referti della polizia egiziana. Aveva letto anche quello che avevano scritto i
giornalisti sulla vicenda.Tutti
inneggiavano all’amore disperato di Oliver Hutton e Patricia Gatsby, che come
Romeo e Giulietta, avevano cercato di sottrarsi alla violenza di qualcuno
lottando con le proprie anime, l’uno per l’altra, con l’unico scopo di veder
trionfare un amore disperato.
Le prove erano evidenti. Non era
stata colpa di Holly se Patty era in quelle condizioni, ma lei, Maya, aveva la
spasmodica necessità di incolpare qualcuno dell’infelice destino occorso alla
figlia.
Lei aveva segretamente gioito
quando Patty aveva deciso di stabilirsi in Europa per dimenticare Holly al suo
ritorno dal viaggio in Brasile.
Col senno di poi aveva compreso
le scelte che avevano indotto il calciatore a lasciar libera da qualsiasi
vincolo la figlia, e lo aveva ammirato per quel altruismo che altrimenti
sarebbe stato soffocato dall’amore di Patty.
Ma in un momento in cui il fato
sembrava così avverso, lei aveva la necessità di additare un colpevole, un reo
che pagasse per le sofferenze che stava provando la sua famiglia.
Erano bastati pochi istanti per
farla ricadere in un tetro limbo dal quale non riusciva a ridestarsi.
Vedere Holly in ginocchio, ai
suoi piedi, pregarla perché non compiesse quell’ultimo atto dettato dalla
disperazione, l’aveva fatta cadere in uno sconforto inenarrabile.
Riviveva nei suoi occhi le
immagini vissute poco prima. Rivedeva l’aitante giovane, osannato dal mondo
calcistico e oggetto di desiderio di adolescenti fanatiche, prostrato da una
sofferenza che li accomunava da mesi, scivolare ai suoi piedi per avanzare una
tragica richiesta.
Improvvisamente, come un
flashback, nelle iridi le riapparvero le immagini di un’adolescenza appena
iniziata in cui la sua giovane figlia spasimava per un gracile ragazzino amico
del pallone. E poi la carriera agonistica che dalle scuole medie l’aveva
lanciato nel mondo dello sport come uno dei talenti più promettenti. E lei
sempre al suo fianco con l’insaziabile sentimento che solo un cuore realmente
innamorato può donare. I loro sguardi, fuggitivi, emozionati, imbarazzati di
una timidezza che celavano dietro i sorrisi. Un amore nascosto l’uno all’altra
che lui aveva da sempre accomunati. Quel viaggio in Brasile, che lei aveva
intrapreso con speranza, quel ritorno in Giappone che l’aveva allontanata da
tutti, alla ricerca di una nuova identità, di una indipendenza che solo così
avrebbe potuto conquistare. Tutte le immagini si sovrapposero fino alla
telefonata che aveva ricevuto da Tom Becker, che le annunciava dell’incidente
occorso ad Hurghada e che aveva ridestato in lei l’antico sentimento materno
che la lontananza dalla figlia aveva assopito.
Sospirò e abbassò le palpebre.
Quel breve buio non fu sufficiente a cancellare le immagini che da luglio si
ripetevano sempre uguali. La sua piccola, bellissima Patty dormiente in un
letto di ospedale.
-Signora! – esclamò il dottor Nicholson sperando di poter
consolare quella madre in apprensione.
-Si conoscono da quando avevano undici anni. Patty se ne
innamorò subito. E lui, celava i suoi sentimenti dietro il sorriso. Erano così
spensierati. Erano destinati a restare insieme, anche dopo che Holly partì per
il Brasile. Un giorno Patty mi disse che sarebbe volata in Sud America per
andare da Holly. Aveva bisogno di dirgli che era innamorata di lui. Non
riusciva più a trattenere quel segreto dentro il suo cuore. Mi opposi con tutta
me stessa a quel viaggio ma non servì a nulla. Risparmiò del denaro per
realizzare il suo progetto e così un giorno partì. Quando tornò, dopo circa una
settimana, era distrutta dal dolore. Compresi che era accaduto qualcosa che
l’aveva irrimediabilmente gettata nello sconforto. Solo dopo conobbi la verità:
Holly l’amava ma aveva deciso di lasciarla libera da qualsiasi vincolo perché
anche lei, come già lui aveva fatto, trovasse la sua strada. Vedendo soffrire
mia figlia,da madre impulsiva e
addolorata, lo giudicai come uno stupido seduttore che aveva approfittato dei
sentimenti nobili di un’adolescente che per anni gli era stata devota. Poi
Patty decise di trasferirsi in Inghilterra dai nonni. Pensai che in fondo era
giusto così. Aveva bisogno di allontanarsi da un paese che le ricordava la
persona che più amava e che maggiormente l’aveva delusa.
-Non vedevo mia figlia da due mesi. Sapevo che si era fidanzata
con Robert Garland ma ero altresì conscia che quella momentanea passione non
sarebbe servita a oscurare il profondo amore che nutriva per Oliver Hutton. E a
quanto pare il destino la pensava come me. Ho letto i referti della polizia,
dei medici, ho ascoltato più volte le testimonianze dei loro amici e dei
presenti. Le prove accusano palesemente Robert Garland. –
-Ma ancora prima di conoscere i fatti, lei aveva già deciso il
nome del colpevole! – aggiunse il medico anticipando la frase di Maya.
-Le aveva già rubato il cuore anni prima. –
-Ma l’ha difesa mettendo a rischio la sua vita! – ribatté in
difesa dell’eroico gesto di Holly.
-Ne sono consapevole ma io…ho bisogno di un colpevole…qualcuno
da additare, qualcuno cui gridare contro per il male che è stato fatto a mia
figlia! –
-E nessuno può e potrà mai negarglielo. Ma un colpevole c’è e
non è Oliver Hutton. Mi creda signora, sono anni che lavoro in questo centro
traumatologico e ogni giorno sono chiamato a soccorrere casi disperati, a
incoraggiare famiglie che hanno oramai perduto la speranza. Lei è fortunata. La
sua Patty ha attorno a se persone che la amano, che vorrebbero vederla
risplendere nella sua giovinezza. Quel ragazzo si sta lacerando giorno per
giorno. Ci sono notti che rimane qui, nascosto in un angolo della stanza e lo
si sente lamentarsi per quanto accaduto. Credo che lei, come madre stia vivendo
un dolore inesauribile, unico e infinito, ma non creda che Oliver non stia
provando le stesse sofferenze. Lui era su quella scena e solo il caso ha voluto
che Patty fosse oggetto di tanta violenza, solo l’atto di un folle cui lui
aveva cercato di sottrarla. Non lo osteggi. Avete bisogno l’uno dell’altra, di
credere nelle vostre forze e in quelle di Patty, di sperare che tutto possa
tornare come prima. Non lo condanni per una colpa che non ha e non colpevolizzi
se stessa per quanto accaduto. – le disse poggiandole una mano sul braccio. Lei
abbassò nuovamente le palpebre quasi a volersi cullare di quell’improvviso
calore umano.
-E’ tardi. La faccio accompagnare in albergo! -. Maya assentì e
seguì il medico camminandogli a fianco. Il dottor Nicholson le aveva ricordato
qual era il suo ruolo di madre e le aveva chiaramente detto che Oliver Hutton
non era l’imputato di quel processo che aveva indetto.
Holly si rialzò quasi ridestato
dal continuo suono dell’elettroencefalogramma. Maya era andata via turbata da
quello che era accaduto. Lentamente si avvicinò al letto e le prese una mano
tra le sue.
La fioca luce della porta a vetro
proveniente dal corridoio, le fendeva il volto tagliandolo in due profili
perfetti. Avvicinò una mano al volto carezzandole lievemente una gota. Con
cautela, quasi con timore di poter frantumare quella pelle di porcellana,
disegnò i contorni dell’ovale con un dito soffermandosi sulle labbra vermiglie.
-Patty, amore mio, fa qualcosa! Reagisci, Patty. Sto
impazzendo…non so più cosa devo fare. Ti prego amore, non mi lasciare. Ti
prego. – la supplicò teneramente continuando ad accarezzarle la candida mano e
a ricoprirla di baci. – Ti ricordi la notte trascorsa insieme in Brasile? La
nostra prima volta, io e te, due corpi e un’anima. Se solo ti avessi detto
quanto ti amavo già da allora, su quei campi di calcio che ci hanno fatto
crescere insieme, se solo…tu avessi saputo…se fossi stato meno egoista…ti
prego, amore svegliati da questo torpore. Torna alla vita…torna a sorridermi.
Io ho bisogno di te. Ho bisogno di sapere che sei ancora viva. Ho bisogno delle
tue carezze, dei tuoi baci, ho bisogno Patty...ti prego! – la implorò mentre le
lacrime bagnavano la mano della ragazza.
Poi, all’istante terminò il suo
monologo come scosso da qualcosa. Tornò a guardarle le dita affusolate,
tremando come una foglia al vento, incerto su cosa pensare e su quello che
avrebbe dovuto fare.
-Hai…hai mosso un dito, vero amore mio? Sei viva, vero Patty? –
le sussurrò baciandole il volto ripetutamente.
-Oliver! – esclamò il medico rientrando in quell’istante. – Mi
spiace interromperla, ma l’orario delle visite è terminato! – proseguì
troncando quello spasimo d’amore.
-Dottore, ha mosso un dito. Patty ha mosso un dito…forse si sta
svegliando! – tartagliò eccitato dal momento di euforia. Il dottor Nicholson,
alquanto sorpreso e scettico da ciò che aveva appena udito, si avvicinò al
letto. Estrasse una piccola torcia a forma di penna dal taschino del camice e
le alzò le palpebre per controllare il movimento oculare. Quand’ebbe terminato,
inforcò lo stetoscopio, le aprì leggermente la camicia da notte di seta e
auscultò i battiti del cuore. Scostò il lenzuolo scoprendole le gambe e con un
martellino batté più volte sul ginocchio senza ottenere alcun risultato
positivo. Infine sospirò a decretare l’insuccesso di quell’ennesima prova.
-Oliver…mi dispiace, non è per non crederle…ma temo si sia
trattato di un semplice riflesso del sistema nervoso. Patricia non è lucida e
non si è ancora risvegliata dal coma! – rispose sconsolato passandosi una mano
tra i capelli brizzolati.
-Ma…dottore, io glielo giuro…lei ha mosso un dito! – gli disse
disperato.
-Le credo, ma ha visto lei stesso: non ha reagito alla luce o
ai colpi sul ginocchio. E’ ancora…beh, profondamente addormentata. – aggiunse
con una dolcezza a lui poco affine ma che sentiva necessario esprimere. Quella
vicenda aveva scalfito la rigida barriera di indifferenza che l’aveva da sempre
contraddistinto.
Brad Nicholson rimembrava vivide
le immagini dell’arrivo di Patricia Gatsby nella clinica di New York nella
quale era primario.
La bellissima top model, reduce
da un incidente sulla costa assolata del Mar Rosso, dopo un primo intervento
negli ospedali egiziani, era stata trasferita dai genitori al Centro
Traumatologico dellaSaint Hope Clinic
di New York. E dopo di lei, a breve, era arrivato anche un claudicante e
alquanto scosso Oliver Hutton.
Le condizioni di Patty non era
mai mutate. Era arrivata in coma e nel medesimo stato era rimasta. Non si era
mai ripresa da quel lontano giorno di fine luglio. Lui, invece, aveva riportato
una ferita molto seria alla schiena che lo aveva costretto ad una degenza di
due mesi. Nonostante fosse oramai guarito, il calciatore aveva rinunciato a
tornare in Spagna presso il club calcistico nel quale era ingaggiato, per poter
vigilare al capezzale della fidanzata.
Era stato proprio il
comportamento di Oliver Hutton a far crollare quella teca di cristallo che
s’ergeva attorno al cuore del medico. Lui che aveva sempre creduto che tutto si
potesse spiegare solo ed esclusivamente con la ragione e la scienza, adesso
chinava il capo alla forza dei sentimenti, a quella disperazione che
quotidianamente vedeva dipinta sul volto di un innamorato.
Holly vegliava la sua Patty di
ora in ora, allontanandosi solo per poche ore nelle quali, tormentato dagli incubi di una dura realtà,
cercava invano un sonno ristoratore.
Poi aveva conosciuto Maya Gatsby
ed era rimasto subito affascinato dalla sua avvenenza e dalla sua disperata
forza d’animo.
Il dottor Nicholson mise una mano
sulla spalla di Holly in un segno di profondo rammarico e infinita tenerezza
verso quei sentimenti che il destino continuava ad osteggiare.
-Oliver….
-Dottore, ho bisogno di sentire che è viva…o io impazzirò! –
sibilò prostrato da quella situazione.
-Amala Oliver. E’ l’unica cosa che puoi fare. Questo è un
centro specializzato nella cura di traumi da coma temporanei e irreversibili.
Anche se va contro la scienza, sono certo che lei possa sentirti…-
-Già…- rispose sempre più affranto.
-Adesso devi andare. Gli orari di visita sono terminati! -.
Holly scosse il capo dissentendo.
-La prego, dottore, mi faccia rimanere qui. –
-Oliver…c’è un regolamento da rispettare…
-Non mi importa del regolamento! Ho bisogno di restare qui, da
lei…ho bisogno di saperla ancora viva o impazzirò! L’infermiera di turno è già
passata. Non verrà più nessuno fino all’alba e se dovesse venire qualcuno, dirò
che sono entrato di nascosto…
-Oliver, mi metti in una situazione imbarazzante…
-Dottore, se non mi da il permesso, lo farò ugualmente…come ho
già fatto! troverò il modo anche questa volta! Io stanotte resto qui! – rispose
lapidario allungando un braccio in direzione della porta, indicando l’uscita al
primario.
Brad Nicholson guardò quel
ragazzo e alzò le spalle. Era inutile contraddirlo. Aveva già deciso. Senza
remore. E in fondo, aveva ragione. Oliver accudiva Patty da settimane e
conosceva esattamente gli orari di visita dei parenti e dei medici. Nessuno
sarebbe entrato nella stanza a meno che non fosse suonato l’allarme collegato
all’elettrocardiogramma o all’elettroencefalogramma.
Delineò perfettamente la sagoma
del giocatore ammirandone il fisico atletico che tanto contrastava con
l’espressione stanca e demotivata del suo volto, ma ancor più con la morte
fredda che portava nel cuore.
Dopo che il medico ebbe richiuso
la porta alle sue spalle, attese ancora prima di sfilarsi la giacca per
abbandonarla sulla sedia. Si avvicinò all’uscio e abbassò la tendina veneziana
per coprire il vetro. Solo una fioca luce proveniente da un lampione esterno
illuminava quell’oscurità. Si sedette sul ciglio del letto e le prese la mano
tra le sue.
-Sono qui amore. – esclamò pronunciando un lungo silenzio cui
faceva eco solo un lento singulto. – Io non mi arrendo Patty! Non ti lascio
così, non ti lascio morire. Ho bisogno di te, amore. Ho bisogno del tuo
sorriso, della tua voce, delle tue carezze, di perdermi nei tuoi occhi. Ti
prego Patty, perdonami per il male che ti ho fatto, per averti allontanata. Se
solo non ti avessi lasciata partire, tutto questo non sarebbe mai accaduto. Se
fossi stato meno egoista, se avessi pensato a te…perdonami Patty! Ho bisogno di
sentirti mia…delle tue carezze sul mio corpo! – esclamò portando la mano di lei
al petto.
-Lo senti Patty? E’ il mio cuore! Batte ancora, amore, solo per
te, con te…voglio sentire anch’io il tuo cuore palpitare. Fallo per me! Non ti
arrendere. Muoviti Patty…dammi un segno di vita, ti prego! – la scongiurò
tornando a baciarle le mani e portandosele al volto per avvertire ombre di
lontane carezze.
-Alzati Patty…muoviti da quello stramaledetto letto. Dammi un
segno di vita…amami Patty, amami come solo tu sai fare…come desidero. Fammi
sentire ancora uomo! – sibilò coricandosi accanto a lei, su quel giaciglio che
da settimane l’ospitava. – Mi senti amore, sono qui accanto a te. Voglio
stringerti tra le braccia. Fammi sentire le tue carezze, per favore! – implorò
gemente non smettendo di sfiorarle la pelle eburna.
Adagio, in un’inesorabile
inseguirsi di carezze, fece scivolare la mano dal profilo al collo. Chiuse gli
occhi respirando l’inebriante profumo di un ricordo che li vedeva coinvolti in
abbracci e spasimi d’un amore disperatamente cercato e fugacemente ritrovato.
Le immagini di quella notte d’estate trascorsa sulla rena egiziana gli appassionarono
la mente rimembrandogli improvvisamente il suo essere uomo.
In un gesto impulsivo, privo di
qualsiasi ragione, avvicinò il suo profilo a quello della giovane dormiente e
indugiò fino a che il suo respiro non lambì le labbra di lei. Accalorato da un sentimento
che sentiva accrescere dentro di se, lasciò che le palpebre gli velassero gli
occhi e avvicinò le labbra fino a sfiorare le sue. Le sentì fredde e
distaccate, prive anche di un rantolo di vita, come una rosa dai petali di
cristallo. Non pago di quel breve contatto, spinto da una strana fiamma che
lentamente aveva ripreso ad ardere nel suo cuore, sfiorò ancora quei freddi
petali con maggior fervore cercando ripetutamente una minima traccia di calore.
La sua mano scese velocemente dalla gota al collo, dall’incavo della spalla
fino a blandire il seno coperto da un velo di seta. Un brivido intenso percorse
velocemente la schiena provocandogli un breve ma inebriante sussulto. Sollevò
le palpebre mentre l’onice nera dei suoi occhi si sperdeva in un oceano di
lacrime.
-Patty…perché non rispondi? Perché non mi accarezzi? – le
domandò con voce rotta dal pianto. – Perché … non vuoi fare l’amore con me? –
le chiese ancora mentre le lacrime copiose rigavano le gote imporporate
dall’improvvisa veemenza. Il corpo di Patty non rispondeva ai gesti d’amore, a
quel grido disperato da lui tanto anelato.
-Perché? Perché? Perché? – ripeté più volte lasciandosi
scivolare giù dal letto e ricadendo sfinito e provato sulle ginocchia. Le mani
stringevano i lembi delle lenzuola bianche con una forza tale che avrebbe
potuto lacerarle. Sentì la fibra di cotone stridere sulla cute e la pelle
stessa infiammarsi mentre i muscoli si tendevano in un nervoso groviglio.
-Perché! Perché non ti ho amata quando avrei dovuto! – esclamò
ancora chinando il capo sul petto accettando quell’ennesimo rifiuto alla vita.
Lasciò che le lacrime continuassero a ricadere, quasi a voler sfogare l’immane
dolore che quel silenzio comportava. L’amava disperatamente, al punto tale di
tentare di amarla riscaldandola col calore del suo corpo, un esperimento che
sembrava essersi ritorto contro di lui e che l’aveva gettato in una profonda
disperazione.
Ti sto pensando,
in questo momento e ti parlo
solo per dirti che
Non ci può essere abitudine
nel nostro modo di comunicare
e se è una scelta da difendere
non ci dobbiamo scordare che...
Noi siamo vicini anche in questo momento
noi siamo come le onde del mare
in continuo movimento...
(Da “Le Onde” dei Tiromancino)
Non sono solita dilungarmi in dediche e
ringraziamenti, ma questo chappy è dedicato a tutti gli amanti della coppia
Patty/Holly. Una dedica speciale alla mia amica Alex Kami, un bentornato a
Stormy (Angie, thanks a lot for your mails: I’ll write you soon),a Krystal, a Sheria (prima o poi scriverò
almeno una one piece con Genzo e/o Mark) e grazie a tutti coloro che mi
recensiscono con grande affetto.
p.s.
Graziea tutti coloro che mi hanno
“nominata” sul forum con stima e affetto.
Stammi vicino
stanotte
non riesco a dormire,
troppi pensieri si affollano
nella mia mente...
non mi lasciano stare
non mi fanno sognare,
voglio solo abbandonare la realtà
e seguire la mia anima
che uccide l’inquietudine
di vivere,
di essere soli e cambiare,
per tornare leggeri come l’aria
come ieri...
Vorrei non essere costretto a fingere
per rimanere ancora qui
perché mi sono perso in questo posto
ma non voglio andare via così.
E torneremo leggeri come l’aria
come ieri........
Il vuoto regnava sovrano nella
stanza. Si era allontanata rapidamente nella sua camera da letto prima e in
bagno poi. Nella taciturna quiete, sentiva l’acqua scorrere nella doccia e
immaginava miriadi di piccoli cristalli inseguirsi sulla sua pelle eterea.
Sedette sul divano poggiando i
gomiti sulle ginocchia, fissando inesorabile il camino spento. Con un balzo
felino, in meno di un lampo fu ai suoi piedi.
La serata era gelida e il plumbeo
cielo che sovrastava la città prometteva un’intensa nevicata da tipica
atmosfera natalizia.
Afferrò l’occorrente da una
scatola di legno poggiata sul davanzale del camino, sistemò alcuni pezzi di
legno all’interno della scura cavità e accese un fiammifero sistemandolo sotto
i tizzoni. Prima delle spaurite scintille, poi un rossore rovente sotto i tizzi
e infine le fiamme, che una dopo l’altra presero ad ardere i legni emanando un
gradevole e intenso profumo.
Si drizzò nella perfetta figura
dalla parvenza greca tendendo i muscoli del torace. Incedette di qualche passo
verso l’interruttore che comandava l’accensione delle lampade e lo spense
facendo calare la stanza in un tiepido notturno illuminato da sprazzi di calore
fiammeggiante.
Aveva bisogno di tranquillità.
Avvertiva la necessità di un clima intimo, di una serata a due priva di
qualsiasi intromissione. Con piccoli e taciturni passi, si spostò nella camera
da letto e si ripropose nelle operazioni di accensione del camino. Giochi di
vampe si seguivano come ombre indiscrete sui muri. Vide un foglio di carta
smesso e lo arrotolò in un lungo bastoncino. Lo avvicinò a una lingua ardente
baciandola con dolcezza e lo allungò sulle candele sistemate sul camino,
illuminandole di una fiamma dolce e profumata.
Lasciò cadere il bastoncino di
carta tra i tizzoni e sedette sul bordo del letto continuando a fissare le
fiamme che salivano verso l’alto disperdendosi in ardenti sfumature cremisi.
Era tardi. Lui aveva consumato
uno spuntino frugale sull’aereo, lei sicuramente si era intrattenuta in ufficio
e aveva mangiato un toast freddo.
Voltò il profilo verso la
finestra. La luce fievole del camino e quelle fioche delle candele e dei
lampioni in strada, parevano mescolarsi in una tavolozza di rossi vellutati e
ori di rara intensità e calore che aveva veduto sfumarsi solo nel crepuscolo
del deserto.
Il delicato tocco di un dito
sulla guancia sembrò riportarlo alla realtà. Si girò lentamente verso quella
mano che aveva avuto l’ardire di accarezzarlo. Raggiunse le dita intrecciandole
alle sue e portandosele alle labbra. Un lieve tocco a sigillare quell’unione
silente.
Silenzio. Solo parole sussurrate
negli sguardi. I colori intensi delle fiamme ardenti si riflettevano come ombre
cinesi su quel corpo dalle linee morbide e delicate.
Ancora un bacio a quelle dita,
stavolta ricco di una passione nascosta che attendeva solo di essere esternata.
Abbassò le palpebre per un attimo
cercando conforto nel profumo esotico emanato dal sinuoso corpo in piedi di
fronte a lui. Gentilmente sciolse l’intreccio delle dita e avvicinò il capo al
suo grembo. Le cinse dolcemente la vita restando con gli occhi chiusi. Sentì le
sue mani accarezzargli il capo come ad un bambino, le dita confondersi con i
morbidi ciuffi scuri, un piacevole solletico che dal collo saliva lungo il capo.
Sussultò lievemente quando le
parve di avvertire una piccola goccia inumidire il kimono di seta che
indossava.
Benji stava piangendo. Lo sapeva.
Lo capiva. Succedeva ancora.
Di scattò alzò il capo a
guardarla quasi a cercare conforto nella sua presenza.
Lui era lì, abbracciato a lei.
Immerso, nella sua magnetica bellezza, nel mare smeraldo delle sue iridi che
ricordavano isole lontane immerse negli infiniti oceani.
Lei era lì. Al centro dei suoi
occhi ardenti. Lo guardava con un’espressione serena, cercando, con piccoli
cenni del viso, di trasmettergli la sicurezza e la tranquillità che tempo prima
aveva perduto.
La pelle bianca dell’ovale
perfettamente incorniciato da una miriade di riccioli fulvi, gli occhi d’uno
scintillante verde smeraldo che neppure la penombra riusciva ad oscurare, le
labbra sensualmente disegnate da un velo di lucido, il kimono di seta d’un
rosso carminio che evidenziava la carnagione eburnea.
Si perse nel suo sguardo,
sperando potesse durare a lungo, infiniti attimi ricchi di parole non dette.
Lei smise di accarezzargli i capelli e ne approfittò per avvicinare il suo
corpo a quello del ragazzo che divaricò leggermente le gambe fino a circondarle
le ginocchia. Erano vicini, molto e pericolosamente vicini. Gli occhi di onice
nera persi negli smeraldi di lei. Le labbra a sfiorare sibili del cuore mentre
un brivido di eccitazione percorreva entrambi.
Allungò le dita verso i laccetti
del kimono che con dolcezza si sciolsero scoprendo leggermente le sue nudità.
Con un tocco impalpabile scostò leggermente i lembi della vestaglia orientale
trasalendo alla perfezione di quelle forme che generosamente gli si offrivano.
Le cinse ancora il ventre
riscoprendo il piacere di quel contatto intimo e importante, quell’affetto
materno che a lui era sempre mancato, ma al quale lei non si era mai sottratta,
un abbraccio caldo che ogni volta gli infondeva sicurezza.
Lei lasciò che le sue grandi mani
le sfiorassero la schiena in carezze gentili e amabili. Sentiva l’emozione
crescere dentro, il desiderio accendersi in quei preliminari di puro e
simbolico affetto che nulla avevano a che fare con la mera passione un tempo
bramata.
Sapeva che anche quella notte,
con lui avrebbe scoperto una nuova passione, un sentimento che giorno per
giorno fioriva sempre di più colmando il vuoto che prima d’allora aveva
albergato nei loro cuori.
Benji era lì, da lei. Era con
lei. Era per lei. Erano insieme e ogni volta era come la prima volta.
Si scostò leggermente e lei sentì
un tocco umido sull’ombellico, un bacio a fior di pelle che la inebriò. Avvertì
un brivido di eccitazione percorrerla lungo la schiena. Chiuse gli occhi
nell’intento di assaporare ogni singolo gesto e palpito che quel nuovo contatto
avrebbe comportato.
Lui riprese a baciarle il ventre
piatto delicatamente salendo fino ai seni prosperosi e ben torniti. Rimase
incantato ancora una volta dalla perfezione di quel corpo, dall’avorio di
quella pelle liscia che sembrava seta preziosa sotto le sue carezze.
Benji si alzò dal letto e le
sfilò il kimono che ricadde sul tappeto ai piedi del letto, svelando la sua
bellezza eterea..
Senza alcuna inibizione,
continuando a perdersi nella vellutata onice dei suoi occhi, trascinata dal
piacere, con pochi ma accurati gesti, gli sbottonò la camicia e gli slacciò i
pantaloni.
Ebbe quasi un turbamento quando
il corpo scultoreo del portiere le apparve in tutta la sua magnificenza. Era
bellissimo, un Adone. Benjamin Price non era solo uno dei portieri migliori del
mondo, era soprattutto un giovane di quasi ventidue anni per il quale qualsiasi
donna avrebbe provato un’immediata attrazione fatale.
Ed era così anche per lei. Era
rimasta folgorata dal bel portiere sin dal primo momento in cui l’aveva visto e
la passione nei suoi confronti era cresciuta conoscendolo. Quel suo carattere
indomito e ribelle avevano solo fomentato il suo desiderio di conoscerlo.
Eppure, qualcosa su quella
spiaggia aveva indiscutibilmente mutato il suo atteggiamento, ciò che
all’inizio di quella vacanza si era auspicata. Il suo proverbiale carattere
forte e risoluto, il suo sguardo ammaliatore erano scemati nel momento stesso
in cui era rimasta coinvolta in prima persona nel drammatico amore di Patty e
Holly.
In pochi istanti aveva conosciuto
il vero volto di quei ragazzi tanto osannati dai mass media quanto declamati e
pubblicizzati dai gossip. Aveva visto la tragedia consumarsi su una spiaggia
assolata, mentre i sentimenti, quelli veri, erano stati violentemente
calpestati dall’arrivismo e della malvagità di qualcuno. E in quel contesto,
aveva conosciuto il vero volto di Benjamin Price, quello a tutti celato dalla
boria e dalla smania di protagonismo che da sempre avevano contraddistinto il
bel portiere.
Dietro il suo sguardo magnetico,
dietro quegli occhi simili a onice nera ardente, pulsava un animo pronto a
prodigarsi per i veri sentimenti.
In poche ore, il piedistallo sul
quale Benji si era eretto come forma di autodifesa, era sfumato come un
castello di sabbia.
Ed era stato proprio il suo vero
volto, quell’ombra celata dietro il sorriso beffardo, a farle battere il cuore
ancor prima di accendere la passione dei sensi.
Benji le prese il volto tra le
mani drizzando gli occhi in quelli di lei. Sentiva il cuore battere con forza
contro il petto, un dolore piacevole, parole silenziose strette nell’acuto eco
di quell’emozione.
Abbassò leggermente le palpebre e
le sfiorò le labbra. Un lieve bacio, un altro e un altro ancora: poi la
passione, le schiuse e trovò quelle carnose e ardite di lei ad accoglierlo in
una sinfonia di impeto e voluttà.
Seguendo quella melodia, il
portiere fece scorrere le sue mani tra i riccioli fulvi fino a scendere lungo
la schiena e a sfiorarle ancora i fianchi snelli. Riaprì gli occhi incontrando
due smeraldi rifulgenti che lo scrutavano con estremo sentimento. La baciò
appassionatamente vinto dalla smania cercando continuamente le labbra
voluttuose e le gote candide e profumate. Aprì le mani e fece scendere i
polpastrelli dai lobi delle orecchie fino alla base del collo, con un movimento
lento e sensuale che la inebriò.
Kirsten si sentì avvampare d’un
desiderio che pareva alimentato da una forza straordinaria che nulla riusciva a
domare. Sentiva i brividi rincorrersi lungo il corpo e smaniava per ricevere
dentro di se il frutto di quella passione. Mentre le mani di lui si chiudevano
gentilmente sui seni sodi, lei riprese a baciarlo con brama al ritmo di quelle
carezze che si susseguivano sull’ampio e tonico torace.
Trascinata dai fremiti d’amore,
lo spinse sul letto denudandolo anche degli ultimi indumenti che scivolarono
malamente sul parquet.
Senza attendere oltre, come una
strega ammaliatrice, Kirsten fece di Benji il suo amante perfetto, colui al
quale voleva donare non solo il corpo, ma soprattutto un’anima felice di aver
trovato, forse, la parte mancante di una vita quasi perfetta.
Rotolarono avvinghiati sulle
coperte di seta scambiandosi effusioni d’affetto e gemiti d’amore, e quando
finalmente furono l’uno dell’altra, sospirarono appagati di un sentimento che
ogni volta si ripeteva con maggiore intensità.
Le fiamme continuavano a
sciogliersi in una danza di vividi colori. Cremisi e oro si baciavano al ritmo
di zampilli brillanti e profumi intensi. La penombra illuminava appena i
contorni della stanza e si rifletteva sulla pelle eburnea del suo viso. Il profilo
appoggiato sul torace era seminascosto dai riccioli intensi, mentre un braccio
si allungava ad avvolgere il corpo muscoloso fino a lambirne il fianco. Benji
continuava a guardare quella creatura cerea che riposava silente su di lui,
ascoltando l’eco del suo cuore che batteva intensamente per lei.
Non gli era mai accaduto. Ne era
certo, era la prima volta. Lui la cercava. Lei lo cercava. Si cercavano anche
solo con il pensiero. Poi si incontravano, e senza perdersi in dialoghi scarni,
erano vinti da una passione che andava oltre la pura passione per due
bellissimi corpi. Che Kirsten fosse una donna bellissima, ne era cosciente e
soprattutto ne era geloso. Dacché l’aveva incontrata su quella spiaggia, lei
era entrata nella suavita come un
fulmine a ciel sereno, una certezza in quel mare tempestoso che da sempre
agitava i suoi sentimenti.
La sua ancora. L’unica spiaggia
sulla quale arenava in cerca di sollievo e di una terra da calcare. Dopo quello
che era accaduto, lei gli era rimasta accanto senza che lui le chiedesse nulla,
dando vita ad un rapporto insolito ma fondato su solide fondamenta.
Alzò un dito e cominciò a
carezzarle la gota. Oltre i vetri, la bianca neve scendeva contigua a ricoprire
il notturno di un candido manto.
Tirò le lenzuola e le coprì il
corpo cercando di proteggerla dal freddo. Lei si scosse e lui si riscoprì a
baciarle la fronte in un gesto di istintivo affetto.
-Ehi….- sussurrò ridestandosi dal sonno leggero.
-Ehi…- le rispose fissando gli smeraldi incastonati nel suo
ovale perfetto. Erano due pozze verdi ammaliatrici, il colore della speranza e
della natura rigogliosa. Kirsten era così. Era bagnata di una naturalezza
insita in ogni gesto che compiva, e in lei aveva trovato la speranza di
ricominciare una vita migliore dopo gli eventi che lo avevano scosso in estate.
Kirsten era incredula! Insolito
da parte sua trattenersi dopo una notte d’amore. Solitamente attendeva che lei
si fosse addormentata per dileguarsi in silenzio, in attesa dell’incontro
successivo e di vivere un’altra intensa passione. Quando si destava, il letto
era vuoto di quella presenza tanto rassicurante quanto sfuggente. Ed ogni
volta, rimuginava su quel suo comportamento particolare, su quell’essere così
ostinatamente introverso e poco loquace. Tuttavia, in quei mesi aveva imparato
ad accettarlo così com’era, con le sue paure celate dietro sguardi malinconici,
o l’ ira sfogata sui compagni inetti, aveva imparato ad apprezzare quel mondo
nascosto dietro i suoi occhi, i sentimenti allontanati in fondo al cuore. E desiderava
ardentemente poter sciogliere quel muro di cristallo che aveva innalzato come
una teca invisibile attorno a se. Benji era cambiato da quell’estate. Non era
più l’osannato portiere del Sol Levante noto per le sue doti di amatore e per
le bellezze europee che lo affiancavano nelle uscite mondane e non.
-Che ore sono? – gli chiese accoccolandosi sul suo torace,
mentre lui la stringeva a se compiacendosi di quel contatto femminile.
-Le quattro, circa. –
-Uhm…sei pensieroso? – gli domandò socchiudendo le palpebre
cercando di imprimere nella mente quel dolce risveglio.
-Ehi….- lo incitò ascoltando quel suo eterno silenzio nel quale
adorava perdersi. Non era mai stato un ottimo oratore, al contrario suo che
della loquacità aveva fatto mestiere, maa lei piaceva rimanere accoccolata tra le sue braccia, assorta
nell’ascoltare quei lunghi monologhi fatti di sussurri e sibili.
-Mi ha chiamato Tom, prima della partita! – proferì continuando
a guardare i lembi infuocati che danzavano verso l’alto.
-Ah….capisco! – rispose conoscendo il contenuto di quella
conversazione telefonica.
-Gabrielle è andata via, lo sai, vero? – le domandò intuendo la
risposta retorica. Kirsten non rispose limitandosi ad annuire col capo. In quel
semplice gesto aveva rinchiuso la sofferenza della decisione dell’amica.
-Tom sta male! – continuò deciso ad intavolare il discorso
sull’amico.
-Lo immagino…ma…forse è giusto così! – sibilò pensando
sinceramentequello che aveva appena
asserito.
-Dici? – le chiese lambendole la fronte con un lieve bacio. Lei
si strinse ancor più temendo che potesse fuggire e in cerca forse della sua
celata dolcezza. Quel contatto lieve la fece trasalire e un radioso sorriso le
comparve in volto. Desiderava bearsi di quelle timide effusioni di cui
raramente lui la rendeva partecipe.
-Dico. La loro relazione è entrata in crisi subito dopo
l’incidente di Holly e Patty. Gabrielle aveva solo bisogno di capire se lei,
per prima, avrebbe mai potuto amare abbastanza Tom come Holly ama Patty e
viceversa! –
-Quando l’hai sentita? –
-Mi ha chiamata stamattina. Stava andando in aeroporto decisa a
partire e ad allontanarsi da lui. –
-Tom mi ha detto che Gabrielle ha messo in dubbio il suo amore
per lei. –
-Gabrielle si è lasciata vincere dai sensi di colpa e dalle
emozioni. Non ha creduto abbastanza nel loro rapporto. Le avevo già detto che
il problema non era Tom ma lei. Era gelosa del rapporto che legava Tom a Patty
esattamente quanto invidiava l’amore tra Holly e Patty. Lui che mette a rischio
la propria vita per lei e viceversa, come gli amanti disperati di un romanzo di
Shakespear. –
-Tom l’ha raggiunta in aeroporto per cercare di fermarla…
-Ma lei è partita lo stesso! –
-Già! – rispose lui serafico.
-E’ meglio così, al momento. Quello che è accaduto in Egitto ha
cambiato la vita di molti. Gabrielle vuole bene a Tom, ma adesso deve
comprendere se il sentimento che sente è amore o semplice affetto. Sono certa
che Tom comprenderà. -
-Infatti. – concluse tornando a guardarla mentre lei si
specchiava nell’ebano dei suoi occhi.
-Holly è disperato! –
-Posso immaginarlo. –
-Non penso…non penso che qualcuno di noi possa solo lentamente
comprendere quello che sta provando in questo momento. Si sente responsabile di
quantoè accaduto e non riesce ad
accettare lo stato dicoma in cui versa
Patty. Quando l’ho chiamato ieri, balbettava frasi incerte e prive di senso.
Sta impazzendo! –
-E’ innamorato ed è disperato perché questa tragedia sembra non
aver fine. – rispose ripensando all’atto di amore che si erano scambiati su
quella spiaggia. In un attimo rivide i gesti convulsi che avevano portato al
ferimento di Holly e di Patty. Lei così bella e eroica aveva lottato fino
all’ultimo per il suo grande amore, esattamente come poco prima aveva fatto lui
per lei.
-Mi chiedo se si poteva far qualcosa per evitare tutto ciò! –
esclamò Benji.
-Non fartene una colpa. Abbiamo tentato tutti di fare qualcosa
non appena abbiamo intuito del pericolo cui andava incontro Patty. Ma il
destino è stato avverso. Se la polizia fosse intervenuta prima e avesse
arrestato subito Robert, lui non avrebbe avuto il tempo di estrarre il coltello
e di inveire ancora contro Holly e Patty. –
-Già! Questo però non mi rincuora. Non trovo giusto che sia
accaduto tutto questo! –
-Lo so, ma sfortunatamente, l’unica cosa che possiamo fare per
loro è pregare che Patty si risvegli dal comae che tutto possa tornare come prima! – rispose sapendo che era una
speranza quasi vana.
Un lungo silenzio ricco di
significato. Benji sentì le dita affusolate di lei confondersi tra i capelli
scuri, desiderose di donargli una carezza di conforto o semplicemente di
ricordargli che lei era lì, tra le sue braccia. Avvertì un dolore acuto,
lancinante nel petto. Il suo cuore non smetteva di palpitare per la donna che
gli era accanto quella notte.
-Quella spiaggia ha cambiato molte cose…- sussurrò conscio che
parlava di loro.
-Anche piacevoli! – gli disse sorridendo avvicinandosi più a
lui e posandogli un lieve bacio sul naso. – Molto piacevoli! – continuò
contenta di quello scambio di parole. I loro volti erano l’uno sull’altro. I
riccioli fulvi gli inondavano il petto soffici e profumati. Li sentiva morbidi
e leggeri sulla pelle nuda. Avvertì il contatto dei seni sul torace e trasalì
d’eccitazione. Con movimenti lenti e leggiadri, senza che neppure lui se ne
rendesse conto, si spostò sul corpo scultoreo che parve avvertire subito e
pericolosamente quella vicinanza. Non riusciva a non guardarla come attratto da
uno strano magnetismo. Udiva solo lo scoppiettio dei tizzi ardenti e il
rimbombare del suo cuore in petto. La sua pelle d’avorio pareva seta su quella
ambrata di lui. Le circondò la vita con le braccia attirandola ancora di più a
se per timore, forse, che potesse scappare.
-Kirsten…
-Sì! – sibilò nascondendo il profilo alemanno nell’incavo della
spalla e inalando quel profumo maschile che emanava la sua pelle dorata.
-Non andare via! – mormorò riscoprendosi romantico e incapace
di sopportare la sola idea di una sua eventuale fuga.
-Non voglio andare via. – ribatté subitaneamente con gli occhi
inumiditi dalle lacrime. Poteva sentire i sentimenti di lui lambirle il cuore.
La felicità era tale che temeva di potersi svegliare da quel meraviglioso sogno
e scoprire che anche quella notte lui era andato via.
Ancora un lungo silenzio accompagnato solo dalla timida
eco dei fiocchi che imbiancavano le strade e dal battito dei loro cuori. Lui
schiuse le palpebre e voltò il profilo verso quello di lei. Sentiva il soffio
del suo respiro sulle labbra. La vide sorridere mentre calde lacrime le
rigavano le gote leggermente imporporate. Avvicinò le labbra sulla guancia e la
baciò per asciugare quelle piccole perle di pura emozione. Poi tornò a
guardarla incapace di staccarsi da quel volto. La strinse ancora sentendo le
braccia di lei avvinghiarsi a lui. A quel movimento le coperte scivolarono in
fondo al letto lasciando scoperti i loro corpi nudi, l’uno cinto all’altro in
cerca di un’unione destinata a volare oltre la mera passione.
Forte, quasi sprezzante, il vento
continuava da ore ad imperversare sulla città con la sua folata gelida. I
colori delle luminarie natalizie contrastavano con il rosso plumbeo del cielo.
Si portò la bottiglia alla bocca assaporandone il liquido con brama e dolore,
un gusto acre e deciso che gli riempì prima la bocca e poi, bruciante si
abbandonò nello stomaco.
Avvertì subito una sensazione di
calore invadere ogni singola fibra del suo corpo, riscaldare i muscoli tesi,
un’ apparente, languida fiamma che parve riscaldarlo nella gelida sera di
inizio inverno. Strinse forte le palpebre in cerca di un sogno, della fine di
quell’incubo, semplicemente di un barlume di speranza…o di un istante, un
brevissimo attimo che l’avrebbe portato a vivere una chimera.
Smosse le labbra unendole in un
timido sorriso, quasi di scherno. Un accenno ad una illusione, a un qualcosa
che da giorni anelava e che sempre più pareva allontanarsi. Alzò il capo e
spalancò gli occhi al cielo, due esangui pozze nere oramai prive di qualsiasi
anima.
-Maledizione! Aiutatemi…non ce la faccio più! Aiutatemi, vi
prego! – urlò disperato. Le gote gelate si imperlarono di piccole lacrime che
lente iniziarono una inesorabile discesa. Le sentì ricadere pacatamente quasi a
voler calcare le orme di quel dolore che non accennava ad assopirsi.
-Dannazione! Perché non meeeeeeeeeeee! – gridò nervosamente
sbattendo la bottiglia contro un muretto. Il vetro si infranse in mille e più
frammenti che sotto le fievoli luci dell’imbrunire si posarono sull’asfalto.
Una coppia di passanti osservò la scena silente, atterrita dal gesto violento.
Sul suo volto era dipinta la
disperazione più profonda non l’ubriachezza donata dall’alcool, quel breve
momento di perdizione rivenente da una falsa estasi. Aprì le braccia quasi a
voler spiegare le ali e alzò ancora lo sguardo al cielo, per l’ennesima volta.
-Parlami! Dimmi qualcosa! Se esisti, maledizione, dimmi
qualcosa! – rimbeccò mentre le lacrime contigue sgorgavano dagli occhi oramai
ridotti a due lontane scintille. Strinse le dita contraendo le mani. Le nocche
biancastre contrastavano con il rossore della cute infreddolita dalla
temperatura rigida. - PRENDI ME! PRENDI MEEEEEEEEEEEEEEEE! – gridò con tutto il
fiato che aveva in gola mentre i fiocchi iniziarono a scendere lentamente. –
Prendi me! – sibilò con un fil di voce cadendo a peso morto sulle ginocchia. Il
capo chino sul petto celava l’espressione di immenso scoramento e i lividi di
ferite indelebili che per sempre avrebbe portato dentro di se.
-Non doveva succedere! Non a te! Non dovevi farlo. Tu sei
così…indifesa..tu non puoi lasciarmi. Ti prego, dalle ancora una
possibilità…non puoi lasciarla morire così! – sussurrò con il poco fiato
rimasto tra i singulti di un pianto fin troppo represso. Si portò le mani al
capo scotendolo in senso di dissenso e diniego verso quella cruda realtà che
ancora una volta l’aveva messo alla prova. La più dura.
-Dalle un’altra possibilità, ti prego! – implorò guardando
ancora la fitta volta che sovrastava la città.
-Ti senti bene, ragazzo? – chiese una voce seguita da un sonoro
colpo di tosse. Non aveva udito il passo lieve velato dalla soffice neve e la
presenza dello sconosciuto lo colse di sorpresa. Quasi come scosso da quel
suono, alzò lo sguardo incrociando due grandi occhi vitrei. Come rapito da
quello sguardo placido e quieto, non distolse gli occhi dai suoi, mentre l’uomo
gli tendeva la mano in segno di aiuto. Quando vide il sorriso abbozzarsi sul
viso aggrinzito dall’età, cominciò a delinearne i tratti anziani e a dare un
volto a quelle pozze di serena trasparenza. In un’atmosfera ovattata, dove nei
suoi occhi vedeva lo spettro riflesso di qualcuno estraneo al suo essere e
quella dell’anziano che gli tendeva la mano, l’unica cosa che si udiva era la
risacca del mare.
-Se resti così prenderai freddo e gelerai! – gli disse con un
soffio di voce, facendo seguire un altro colpo di tosse alle parole. Intontito
dall’alcool ingerito e dal freddo, non badò molto alle parole dell’uomo
restando in ginocchio sul manto bianco. Il vecchio allora, non desistendo dalla
sua offerta, si chinò verso il ragazzo imitandone la posizione. Rimase lì a
guardarlo per qualche istante, interminabili attimi in cui non smise di fissare
quel volto vacuo e sperduto.
-Non puoi rimanere così! Prenderai freddo! – gli disse
continuando a tossire. Fiato bianco uscì dalla sua bocca a evidenziare la
temperatura rigida di quel dicembre.
-Capitano vieni dentro!
Prenderai freddo! -. Come cullate dal vento, le parole che tante volte le
aveva sussurrato durante gli allenamenti invernali, riecheggiarono nella mente
infliggendogli una sonora pugnalata al cuore. Stille di sangue lentamente
iniziarono la discesa su un corpo privo di ogni vitalità.
-Patty! – sibilò chiudendo gli occhi per rivedere vivida la sua
immagine più bella.
-Avanti ragazzo, alzati. Accompagnami a fare una passeggiata!
Tra poco è Natale e tutti a Natale sono felici! – esclamò l’anziano sorridendo.
Holly lo guardò stranito per
nulla divertito da quella sua insolita richiesta. Chinato sulla neve,
profondamente scoraggiato e avvilito dagli ultimi eventi che lo avevano
coinvolto, fissò sgomento l’uomo che gli si parava di fronte. Come poteva
chiedergli di essere felice nel momento stesso in cui la donna che amava viveva
i suoi ultimi istanti di vita? Si sentì mancare il fiato, un nodo in gola gli
impediva di parlare mentre una morsa continuava a contorcersi nello stomaco.
-Guarda il mare com’è bello! – esclamò voltando lo sguardo
vitreo verso le tinte cremisi che brillavano sui flutti metallici. - Non trovi?
– aggiunse alzandosi e indicandogli la grande distesa ricoperta di incredibili
colori che dai muretti di delimitazione si estendeva fino all’orizzonte.
-Mi dispiace…io non posso venire! – ribatté seccato alzandosi.
La coppia di passanti che fino ad allora aveva assistito in disparte alla
singolare scena, si allontanò dall’insolito palcoscenico. Erano rimasti solo
loro due…e il mare, testimone, ancora una volta di un infinito dolore.
-Certo che puoi! Avanti ragazzo, non vorrai restare qui sotto
la neve? Non preoccuparti, non voglio nulla da te, solo un po’ di compagnia! –
ribadì sorridente. Il suo sguardo placido era ammagliante. Oliver continuò ad
osservare quel volto corrugato, gli occhi infossati nei quali brillavano due
preziosi cristalli, le labbra sottili unite in un timido ma sincero sorriso. Un
pesante ma dimesso cappotto in panno sembrava coprirlo dal freddo pungente e
celava un pigiama di flanella. Ai piedi calzava un paio di scarpe consunte di
almeno un numero più grande.
-Ho detto che non voglio venire. Hai capito? – urlò fissandolo
con sguardo sdegnoso perdendo qualsiasi traccia di gentilezza e cortesia.
-O certo che vuoi venire! Non puoi fare altro! Hai bisogno di
me! –
-Ma chi diavolo sei? Per chi mi hai preso? Per il buon
samaritano? Cosa cazzo vuoi da me! Lasciami in pace! – rimbeccò sempre più
inasprito dal sorriso quieto dell’anziano, voltandogli le spalle. Per nulla
intimorito o scoraggiato dal suo comportamento, gli posò una mano sul braccio,
giusto in tempo per reggere il peso di un corpo barcollante.
-Visto che avevo ragione e che avevi bisogno di me? – gli
ricordò l’uomo aiutando Holly a rimettersi in posizione eretta. Il calciatore
lo guardò avvilito tirando verso di se il braccio.
-Lasciami in pace! Cosa diavolo vuoi da me? Non lo vedi come
sono ridotto? Cosa vuoi? Dei soldi? E’ questo che vuoi? Dei soldi? Al diavolo
tu e i miei maledetti soldi? –. L’anziano scosse il capo non perdendo la sua
inverosimile calma. Lentamente alzò un braccio verso il giovane che si ritrasse
per timore di uno schiaffo. Sorprendendolo ancora una volta, posò gentilmente
il palmo rugoso sulla guancia e gli accarezzò il volto.
-Hai bisogno di un amico! – aggiunse annuendo.
-Io non ho bisogno di nessuno! – rispose scrutandolo attentamente
digrignando i denti. Holly non riusciva a comprendere perché quell’uomo volesse
ostinatamente fargli compagnia o parlargli. Nonostante l’asprezza delle sue
parole, l’atteggiamento empio, quasi efferato assunto nei suoi confronti,
l’anziano non desiderava andar via. Senza degnarlo di una risposta per non
concedergli l’opportunità di una nuova parola, gli voltò ancora le spalle e
mosse qualche passo verso la strada. Si avvicinò alla ringhiera che delimitava
il confine tra la strada e il mare. Chiuse gli occhi assaporando il profumo di
quella massa liquida che si muoveva con fare tetro sotto i suoi occhi. Tra le
ciglia scure gli pareva veder fluttuare l’oro e il carminio stemperarsi in una
sinuosa danza mentre il sole bruciava l’orizzonte in una silenziosa maestosità.
-Dovresti cercare il momento perfetto! – gli disse accostandosi
alla bella figura del calciatore.
-E per cosa? Per buttarmi nel mare? Aspettare di raggiungere il
fondo e espiare le mie colpe laggiù? E’ questo che dovrei cercare? – chiese
senza guardarlo. L’anziano sospirò e appoggiò le braccia tremanti alla
balaustra ghiacciata.
-Se fosse così facile, pensi che non l’avrei già fatto? Se
avessi l’opportunità di ritornare indietro nel tempo e cercare quel momento,
l’attimo solo e unico, pensi che non lo farei? – urlò voltandosi verso di lui!
Desiderava guardare ancora quegli occhi, specchiarsi in quei cristalli sinceri
e trovarvi il conforto che il tempo non riusciva a dargli.
-Se davvero potessi afferrare il tempo e riportarlo indietro,
lo farei, te l’assicuro, adesso e sempre! -.
-I tuoi occhi esprimono una profonda sofferenza! – asserì
pacatamente portandosi le mani alla bocca e soffiandovi all’interno per
riscaldare i palmi col fiato. Holly chiuse gli occhi e si passò le mani tra i
capelli disordinati afferrando quei ciuffi neri ribelli quasi a volerli
strappare.
-C’è astio in te! Molta rabbia, l’ira verso la vita! Cosa ti ha
fatto la vita per odiarla così tanto? La vita dovrebbe essere vissuta al
meglio, attimo per attimo. -.
Sgranò gli occhi a quella domanda
e inorridì al pensiero di rievocare per un estraneo i passi salienti di
quell’estate, quei momenti che lentamente lo stavano conducendo dal limbo
all’oblio.
-COSA MI HA FATTO? MI STA PORTANDO VIA LA PERSONA PIU’
IMPORTANTE! – gridò con tutto il fiato che aveva in gola afferrando l’uomo per
il bavero del cappotto. Negli occhi neri stretti in sottili fessure scure, il
vecchio vide due lampi balenare veloci, il colore dell’ira dipingerne i
contorni, l’animosità fiammeggiare all’interno delle pupille. Senza proferire
nulla, attese che la morsa si attenuasse e che lo sciogliesse da quella presa.
Il silenzio scese ancora una volta tra di loro, a dominare il singolare
incontro di quella giornata. Holly sembrava confuso e stordito da quello che
aveva appena fatto. Ritrasse le mani quasi inorridito dal suo gesto.
-Cosa vuoi dalla vita? – gli chiese infrangendo ancora una
volta il muro di cristallo che il calciatore stava ergendo tra di loro. Holly
lo fissò ancora una volta esterrefatto e quanto mai disorientato. Desiderava
colpire la sua insolenza, quella mancanza di discrezione che sembrava
schiaffeggiare il suo dolore, ma qualcosa lo inibiva. L’uomo, allora, posò
leggermente le mani sui suoi polsi non a volerne impedire la corsa o la rabbia,
ma semplicemente per infondergli calore e beatitudine. Fu quella la sensazione
insolita che il calciatore provò. Un calore immediato e una dolcezza infinita.
Imbarazzato più da quella dimostrazione d’affetto che dal gesto commesso
qualche attimo prima, si voltò nuovamente verso il mare, con la consapevolezza
che qualsiasi atto compiuto con irruenza non avrebbe condotto alla soluzione
dei suoi malesseri.
-Vorrei ridarle la vita che aveva, scordare il mondo crudele
per un attimo, dare alla brezza calda dell’estate la possibilità di
accarezzarla ancora una volta, prima che il sole tramonti per accogliere una
nuova luna. Vorrei sedere con lei sulla rena dorata, aspettare in silenzio che
le onde cancellino le nostre orme, attendere che il mare trascini con se i
nostri nomi. Vorrei stringerla in un abbraccio infinito, sconfinato come
l’orizzonte, come l’eternità del nostro amore. Vorrei che le stelle tornassero
a sorriderle, che il vento le accarezzasse ancora i capelli. -raccontò ad occhi chiusi mentre le lacrime
avevano ripreso a scendere lungo le gote arrossate e la voce tremava
dall’emozione. Il vecchio lo fissava laconico, mentre in quelle parole,
avvertiva tutto il dolore di una grave perdita.
-Vorrei portarla ancora al mare, su una spiaggia lontana, dove
il paradiso bacia la natura, dove il sole e la luna fanno l’amore mentre il
tramonto disegna il suo volto nel cielo. Vorrei che il vento portasse queste
mie parole al suo cuore, che una stella cadente esaudisca questo mio desiderio,
che con la sua magia nasconda per sempre gli attimi di pena in cui la vita si è
scordata di noi. Vorrei che potesse ascoltare il silenzio delle mie parole,
guardare ancora in cielo il sorgere delle stelle, dare a loro il nome delle
persone care e ricordarle…vorrei che la pioggia le bagnasse la pelle e che
sorridente attendesse lo scorgere dell’arcobaleno. Vorrei un altro, unico
momento per anelare tutto questo per lei, perché nulla possa, almeno per un
attimo, rubarci l’istante di un’eternità. E invece….- sibilò sfinito da
quell’irrealizzabile desiderio.
Il vecchio si
strinse nel cappotto profondamente provato da quelle parole d’amore che gli
avevano dato l’unica certezza di un sentimento infinito votato ad un’anima in
pena. Solo un animo puro e sincero poteva sentire un simile ardore, desiderare
tanto amore per un altro simile.
-E invece…vedo quello che mi circonda e mi dispero. Guardo il
cielo e il mare, tutto così perfetto e surreale, il sole brilla mentre lei si
sta spegnendo, mentre io vorrei che le bruciasse la pelle di quell’amore che desidererei
donarle. Vorrei avere un attimo, un momento per donarle la vita, la mia, mentre
la realtà me la sta portando via…per sempre! – concluse lasciando libero spazio
ai singulti. Senza timore o riverenza, cadde nuovamente su se stesso in preda
allo sconforto cupo e alla chimera più lontana.
-Non ce la faccio! Non ce la faccio senza di lei. Non può
lasciarmi! Non deve morire…per me! Non deve! – rimbeccò tra lacrime strazianti
e immagini confuse di un’estate drammatica. L’anziano gli si avvicinò e silenziosamente
si adagiò vicino il giovane calciatore. Non proferì alcuna parola nel profondo
rispetto che aveva verso il suo dolore e quel monologo di lacerante sofferenza.
Lo guardò sinceramente commosso e lo strinse in un caldo abbraccio.
-Non voglio che muoia…non voglio! RIDATEMI LA MIA
PATTYYYYYYYYYYYYYYYYYYY! – urlò disperato in un lamento sofferto. – Voglio solo
che viva. Non portatemela via…non lei! Prendete la mia vita! – rimandò alzando
prima gli occhi al cielo e guardando poi la clinica privata dall’altra parte
della strada.
Dolci fiocchi bianchi
continuavano a posarsi sul manto etereo lontani dal dramma di un amore
spezzato. Il paesaggio trionfava nella magia dei colori di inizio inverno,
rinchiuso in una eterea atmosfera ovattata.
-Vorrei che potesse vederli…vorrei che potesse, ancora una
volta, toccare con mano la neve…ti prego Patty, non lasciarmi! NON MORIRE
PATTYYYYYYYYYYYY!- urlò in uno straziante pianto abbandonandosi nell’abbraccio
di uno sconosciuto.
L’anziano lo strinse tra le
deboli braccia avvertendo sul suo petto il dolore infinito del giovane
campione. Posò il palmo sul capo accarezzandogli i capelli con l’affetto di un
genitore. Avvertì le lacrime salire agli occhi, la vista annebbiarsi e lo
stomaco stringersi in una morsa senza fine. Sentì sulla sua pelle,
l’immediatezza, la profondità di quella disperazione.
Passanti curiosi continuavano a
rimirare la scena come un’immagine del tutto estemporanea al clima e alla
città. Mentre il rosso del cielo si spegneva lentamente in un placido indaco,
Holly sembrava aver trovato conforto, per la prima volta dopo settimane,
nell’abbraccio consolatore di quell’insolita figura sulla quale riversare le
infinite lacrime.
LO STUPORE
[...]
Ed era solo, col suo stupore,
tra le creature senza meraviglia
- per le quali esistere e trascorrere
era sufficiente.
L'uomo, con loro, scorreva sull'onda
dello stupore!
Meravigliandosi, sempre emergeva
dal maroso che lo trasportava,
come per dire a tutto il mondo:
"fermati! - in me hai un porto,
in me c'è quel luogo d'incontro
col Primordiale Verbo" -
"fermati, questo trapasso ha un
senso,
ha un senso... ha un senso... ha un
senso!"
Karol Wojtyla
da Trittico romano, 2003, raccolta di
dodici poesie
Edizione speciale alla memoria di
Papa Giovanni Paolo II (1978-2005)
….e non
ci resta
che dipingere la scena con l'ultimo sguardo
come mettersi di schiena a quel falsario del ricordo
quanto abbiamo corso insieme per tagliare già il traguardo
tanto vincitori o vinti ci stringiamo in un accordo
se non
siamo più come ci siamo amati
e non sapremo mai quel che saremmo stati
io non
lo so com'è ma è successo
mentre prendo te col tuo braccio
con lo stesso impaccio allora e adesso
non so dire no uno straccio in più di parola
una sola no
sulle labbra dure di ghiaccio
morire un po'
come avessi un laccio sulla gola
ma tanto poi
tutto il resto è tutto in un abbraccio
tra di noi
da
come in un abbraccio di C. Baglioni
L’uomo continuava a stringerlo a
se con quell’affetto che un buon genitore avrebbe voluto dare al figlio, nel
disperato tentativo di consolare quell’anima profondamente in pena.
-Devi farti coraggio ragazzo! Non abbatterti! –
-Non ce la faccio. Sono solo a lottare. Lei non mi vuole
ascoltare. Non vuole più sentire la mia voce. Non vuole lottare più. Si sta
lentamente lasciando morire ed io non voglio! Voglio che lei rimanga qui,
voglio che torni a fiorire…voglio che torni ad essere la mia Patty. –
-Devi trovare la voce che è in lei! Devi starle accanto e dirle
di trovare la forza dentro di se! Solo se ricomincerà a lottare potrà
sopravvivere. Non lasciarla andare! – gli sussurrò sciogliendosi dall’abbraccio
e alzandosi lentamente. Gli pose ancora una volta la sua tremolante mano in
segno di aiuto e di amicizia.
-Va da lei. Hai bisogno di lei quanto lei di te. Torna da lei e
aiutala a riscoprire la voce che alberga nel suo cuore. Alimenta la fiamma
della sua vita. Non la abbandonare. Non dovresti essere qui ad ubriacarti in
preda allo sconforto. Il tuo posto è accanto a lei, come è stato in passato.
Lei non ti ha mai abbandonato. Non farlo tu, in questo momento in cui ha un
disperato bisogno di sentirti accanto. – gli disse dolcemente accompagnando le
parole con un’espressione serena che Holly aveva oramai dimenticato.
-La senti questa musica? – aggiunse aprendo le braccia come
grandi ali spiegate al vento. Holly lo guardò stranito e imbarazzato.
Quell’uomo era alquanto stravagante e il suo comportamento insolito e quasi
irreale. Musica? Quello che riusciva a sentire era unicamente il dolore del suo
cuore, lo scrosciare infinito del sangue da ferite mai rimarginate.
Incapace di proferire la benché
minima parola o semplicemente di emettere un suono a difesa del suo diritto di
soffrire, Holly si drizzò sulle gambe e non smise di fissarlo.
Il vecchio alzò lo sguardo al
cielo spiegando ancora di più le braccia, quasi a voler raccogliere i morbidi
fiocchi bianchi che dolcemente continuavano a posarsi. Chiuse gli occhi
beandosi del fresco tocco della neve sulle guance avvizzite dalle rughe. Sulle
labbra scomparve il tenero sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel
momento nel triste dialogo che aveva avuto con Holly.
-E’ bella la neve. Non pensi? E’ fredda e può essere
pericolosa, ma non la temiamo. Al contrario, la amiamo. Gli uomini sono così
strani. Amano le cause impossibili, quelle che la vita non può offrire loro con
semplicità e naturalezza. Sono egoisti: vogliono sempre primeggiare, anche
andando contro natura. Oppure, accade talvolta, che vedono quell’unica
possibilità, come un barlume di speranza per realizzare il loro sogno
impossibile andando anche contro la vita, contro la natura più ostile. – disse
con tono più acre.
-E tu sei così. Vai contro corrente, contro tutti quelli che ti
dicono di mollare, di lasciarla morire. Perché non vuoi lasciarla andare? Non
pensi che sia più naturale che lei oltrepassi quella soglia? Non pensi che la
sua anima abbia il diritto di lasciare questo limbo? Di abbandonare in pace
questa vita terrena che le ha portato tante sofferenze? – gli chiese spezzando
definitivamente l’incanto di quella conversazione dai toni familiari.
Le sue parole, quelle ultime
sillabe scandite senza alcun sorriso, piovvero come una doccia gelida in
quell’atmosfera che precedeva il Natale. Incredulo, Holly si portò le mani
prima al volto e poi tra i capelli. Sgranò gli occhi sconvolto da quello che
aveva udito, sentendo accrescere l’ansia dentro di lui. Inabile a continuare
quella conversazione, emise un lungo gemito accompagnato dallo scuotere della
testa, mentre fiotti di lacrime inondavano la pelle gelida.
-Nooooooooooooooooooooo! Nooooooooooooo! No, lei non deve
morire! NON DEEEEEEEEEEEVEEEEEEEEEEEEE! –
-Perché no? Perché sei così egoista? – domandò con un tono
carico di quella forza che non aveva esternato prima. Il calciatore
indietreggiò di qualche passo quasi timoroso della reazione del vecchio. Il suo
volto gentile si era improvvisamente trasformato in una maschera imbronciata e
aspra.
-Non può morire. Non può lasciarmi! – urlò in risposta alla
provocazione afferrandolo per il bavero del cappotto.
-Non può lasciarti? Perché? Perché altrimenti resteresti qui,
incatenato ad una vita terrena colpevolizzandoti della sua morte? E’ per questo
motivo che non deve morire? Per evitare a te l’ennesimo senso di colpa? Per
evitare che qualcuno ti indichi come unico colpevole della sua morte? – gli
urlò contro cercando di reggere il confronto con l’imponente figura del
calciatore. Sempre più sgomento e turbato da quelle parole dure e sprezzanti
come dardi infuocati, Holly continuò a scuotere la testa e tirare animosamente
il bavero scotendo il corpo del vecchio animosamente.
Avevano forse ragione il vecchio
e Maya Gatsby? Era forse giusto lasciare che il cuore di Patty si fermasse per
sempre? Perché? Perché doveva lasciare che morisse senza poter far nulla?
Perché voleva continuare ad accanirsi contro quel destino che stava cercando di
portargliela via per sempre?
Davvero desiderava che lei
continuasse a vivere o, come aveva detto il vecchio, voleva solo mettersi
l’anima in pace? Voleva solo far credere a se stesso che lui non aveva colpa in
quello che era accaduto?
-No! No! No! No! Non per me! Lei non deve morire perché deve
vivere! Ha poco più di vent’anni e non può morire! NON E’ GIUSTO! Patty é solo
un bocciolo e non si può impedire ad un bocciolo di fiorire! No, lei deve
vivere per se stessa, non per me. Non m’importa se poi non mi amerà più. Io
vivrò sempre nel rimorso di quello che è stato ma lei…no, non posso concepire
una vita senza il suo sorriso, cercando ad ogni alba di capacitarmi della sua
assenza, non riuscirò mai ad attendere un tramonto senza piangere della sua
lontananza. Lei deve lottare, deve vivere, deve trovare la forza per andare
avanti e se potessi….se qualcuno mi desse una maledettissima possibilità, scambierei
la mia vita per la sua. HAI CAPITO? DAREI LA MIA VITA PER LA SUA! ANCHE ADESSO!
– vociò sbattendo l’esile corpo dell’anziano sul manto nevoso.
Continuò a guardarlo esitante e
frastornato per quello che aveva appena fatto.
Aveva volutamente provocato la
caduta di quell’uomo che in un primo momento gli aveva offerto solo aiuto e
compagnia. Continuava a rimirare la sua sagoma malamente seduta sul freddo
biancore, incapace di sibilare una scusa o una benché minima parola. Il cuore
gli batteva così forte che il petto gli doleva, di un dolore sordo che riusciva
ad ascoltare, rimbombante e assillante nella sua mente.
Silenzio. Le auto in corsa per la
strada, le voci dei passanti: tutto sembrava lontano. Su quel lungomare, di
fronte la clinica dove lei giaceva, si stavano consumando scene di isterismo
compagne di un dramma di vita. Si fermò a rimirare ancora il corpo del vecchio
incapace di porgergli una mano in segno d’aiuto.
Il mare. Ecco cosa sentiva. La
risacca del mare. Le onde, attutite dai frangiflutti, ribattevano contro i
muretti delle banchine. Il sapore estivo del mare si mischiava a quello freddo
della neve. Estate e Inverno. Come il bianco e il nero. Come il bene e il male.
Come la vita e la morte. Tutto si alternava in un circolo naturale.
Vorrei imparare dal vento a
respirare, dalla pioggia a cadere
Dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare
E avere la pazienza delle onde di andare e venire
Ricominciare a fluire
(da
imparare dal vento dei Tiromancino)
Ancora un suono.
Tum. Tum. Tum.
Il suo cuore. Il suo respiro.
Quel nodo in gola che gli impediva di parlare.
-Io…io…mi dispiace! Io non volevo! – tartagliò imbarazzato e
sempre più sconvolto. Rimase immobile a fissare l’uomo, in attesa di un
qualsiasi gesto. L’uomo scosse il capo e gli sorrise. Holly parve comprendere
che le sue ultime parole eran servite solo ad esternare il dolore che sentiva
dentro, quell’implacabile moto di sofferenza e malinconia che albergava dentro
di lui. E il vecchio lo sapeva. Lui pareva sapere tutto. Pareva conoscere quel
patimento, i pensieri angoscianti e l’ansia di vivere.
-La ami talmente tanto che rinunceresti alla tua vita per lei?
– domandò serio. Sul suo volto non c’era più l’espressione acre degli ultimi
minuti. Lentamente, il fervore degli ultimi attimi andava spegnendosi nel
chiarore della sua pelle.
-Sì, anche subito! – rispose secco senza pensare a quello che
aveva appena detto.
-E non pensi che qualcuno potrebbe soffrire per la tua morte? –
gli chiese in quella incredibile e incomprensibile conversazione.
-Non mi importa. Il dolore che proverebbero i miei genitori per
la mia perdita sarà sempre inferiore in confronto a quello che sto provando io
adesso! –
-Sei ingiusto ed egoista. Pensi solo al tuo dolore. – ribatté
con espressione placida.
-Forse è vero, ma se potessi donarle la mia vita, da lassù
potrei continuare a sorriderle e a starle accanto. E lei lo saprebbe. – rispose
sicuro come un uomo che si abbandonava alla tenerezza di un dolore
incomprensibile e indefinito.
-Se lei dovesse lasciarti, la sua anima resterebbe sempre
accanto a te! -. Oliver scosse ancora il capo. Sul suo volto non c’era più
astio, solo la placida convinzione di un’idea, di un sentimento infinito cui il
destino voleva tarpare le ali impedendogli di spiccare il volo.
-Preferisco che lei viva al posto mio. Non riesco ad immaginare
una vita senza di lei! Per anni ho ignorato i sentimenti che ci legavano e
quando tutto finalmente stava per ricominciare, qualcuno ha deciso che uno di
noi doveva morire. Dovevo esserci io al posto suo. –
-Anche lei avrebbe provato disperazione per la tua scomparsa! –
-Non sopporto questo dolore! E’ un peso troppo grande per me.
Forse è egoistico, ma non ce la faccio e se lei dovesse morire…io…la seguirei!
–
-Ti comporti come un codardo: preferiresti morire pur di non
affrontare la realtà! – rimbeccò mentre Holly gli offriva un aiuto per alzarsi.
Per la prima volta, durante quell’incontro, gli sorrise e lo guardò con
espressione diversa. Convinto di quello che pensava, delle sensazioni che provava,
delle sue azioni. In quella stretta di mano avvertì senso di sollievo.
-Non mi importa di essere un codardo. Preferisco non vivere una
realtà dove non ci sia lei! –
-La vita è un dono prezioso che non andrebbe mai sciupato. -.
Holly annuì col capo.
-Ne sono consapevole ma parlo da uomo ferito: non riesco a
vedere oltre il palmo della mia mano. Mi è tutto così oscuro. Se lei se ne va,
anche l’ultimo barlume di luce andrà via dalla mia vita. – ribatté limpido e
pacato. - Ma questa volta non la lascio andare da sola! – concluse sorridendo.
L’anziano sostenne il suo
sguardo, timidamente sereno, per qualche istante. Poi gli voltò le spalle
diretto verso la clinica di cui era ospite anche lui.
-Aspetti! – lo fermò sfiorandogli la spalla con una mano.
Ritrasse subito la mano temendo di aver ecceduto in quel contatto
confidenziale.
-Qual è il suo nome? – gli chiese realizzando solo in quel
momento, che non si erano neppure presentati. Il vecchio si girò verso il
giovane regalandogli un caldo e amichevole sorriso. Holly si specchiò nei suoi
occhi vitrei e parve rivedere un barlume di speranza nel chiarore di
quell’animo. Un riverbero aureo sembrava ombreggiare la sua figura. Sul volto
aggrinzito, spiccava la dolcezza del suo sorriso paterno.
-Mr. Phoenix! -. Holly lo guardò senza aggiungere altro.
Allungò la mano verso di lui attendendo che gliela stringesse in segno di
ringraziamento e amicizia.
-Sei un ragazzo in gamba. Ricorda però, che non si può vivere
nel ricordo del passato ma nella luce del futuro! Torna da lei. Ha bisogno di
te. – gli disse voltandosi ancora una volta per andar via.
-Mr. Phoenix! – esclamò il calciatore richiamandolo. Senza
voltarsi, l’anziano arrestò il passo. Era prossimo al cancello della clinica.
-Grazie. – disse con commozione, afono di altre parole, ma
certo che quell’unica pronunciata avrebbe ricompensato l’anziano dell’aiuto che
gli aveva prestato.
-Ciao Holly! – rispose alzando un braccio in cenno di saluto.
Lo vide, così, scomparire lungo
il viale di quella clinica privata, mentre la neve continuava a scendere sempre
più copiosa.
Holly continuò a guardarlo
stranito, seguendo le invisibili orme inverosimilmente tinteggiate di non ti
scordar di me.
Ad Alessandra
Ed ecco il nuovo capitolo.
Ringrazio tutti coloro che mi esprimono continuamente sostegno e allegria.
Grazie infinite a tutti/e.
I don't know where to find you
I don't know how to reach you
I hear your voice in the wind
I feel you under my skin
Within my heart and my soul
I wait for you
Adagio
All of these nights without you
All of my dreams surround you
I see and I touch your face
I fall into your embrace
When the time is right, I know
You'll be in my arms
Adagio
I close my eyes and I find a way
No need for me to pray
I've walked so far
I've fought so hard
Nothing more to explain
I know all that remains
Is a piano that plays
If you know where to find me
If you know how to reach me
Before this light fades away
Before I run out of my faith
Be the only man to say
That you'll hear my heart
That you'll give your life
Forever you'll stay
Don't let this light fade away
No No No No No
Don't let me run out of faith
Be the only man to say
That you believe,
Make me believe
You won't let go
Adagio
-Holly! – sussurrò la voce cercando di ridestare il giovane
supino accanto a se. Allungò una mano verso il volto smagrito chiudendo gli
occhi in due strette e sofferte fessure. Le dita esitarono prima di lambire la
guancia. Sbatté le palpebre per poter distinguere meglio i lineamenti
malinconici ma piacevoli del ragazzo. Poi, senza indugiare oltre, appoggiò le
dita sulla gota assaporando sulla pelle il calore di quel volto dormiente. Un
sorriso dolce e rassicurante si dipinse sulle labbra scarlatte. Si protese
verso il torace scolpito appoggiando il profilo cereo sul petto.
-Ti sento Holly. Sento il tuo cuore palpitare. Amore mio…ti amo
più della mia stessa vita, ti ho sempre amato Holly, dall’istante in cui ti ho
incrociato per quella via…Ricordi Holly? Eravamo così spensierati,
felici…innocenti, pieni di sogni e speranze. Amore mio, avrei voluto amarti fin
dall’inizio. Quanto tempo perduto, Holly, troppo e inutilmente. Noi, le nostre
ambizioni, un futuro incerto che ci voleva divisi, noi così stupidamente
caparbi. Frasi! Quante parole mai sussurrate, frasi nascoste nei nostri cuori
per paura di farci male. Le nostre strade, divise ma indelebilmente unite.
Quanto tempo sprecato..quanto Holly, solo per farci del male. – sibilò con la
vista annebbiata dalle lacrime.
Alzò il volto verso quello del
giovane. Così vicini, stretti l’uno all’altra sullo stesso giaciglio. Levò un
dito sulla sua fronte e scese lungo il naso fino alle labbra disegnandone il
profilo.
Lui smosse il sorriso e le
ciglia, avvertendo la presenza accanto a lui. Patty sorrise di quella smorfia
buffa dipinta sul suo volto. Mosse la mano verso i capelli arruffati e serrò
gli occhi nell’attimo in cui le sue dita sfiorarono il velluto nero del capo.
Serenamente alzò le palpebre e le
sue iridi parvero dipingersi d’oro. Si allungò verso quegli occhi scuri che la
scrutavano e sfiorò le sue labbra. Non pago di quel timido bacio, lui la cinse
stretta a sé trascinando l’esile corpo sul suo. I loro profili erano uno
sull’altro, l’uno dentro l’altro. L’ebano dipinto negli occhi di lui pareva
poter toccare le scintille dorate che tempestavano come preziosa ambra il
nocciola delle iridi di lei. Spontaneamente, senza proferir nulla, le loro
bocche sorrisero di un sentimento che li accomunava. Morbidi e setosi i capelli
di Patty scivolarono lungo il volto fino a sfiorare il petto di lui. Era bella,
di una beltà eterea e impari. Era la sua Patty, la sua donna, l’unica che aveva
mai amato in tutti quegli anni.
La sola per la quale avrebbe
donato la sua vita.
La vita.
Cosa sarebbe stata la sua vita
senza Patty? Quel tormento prese voce dentro di lui. Il timore che il dubbio
divenisse certezza apparve chiaro nei suoi occhi. Si strinsero come fessure
oscure e impenetrabili. Le iridi erano divenute dure e profonde come due
imperscrutabili onici nere. Lei parve avvertire quel cambiamento e comprese.
Sentì la sua presa più forte e bramoso il suo desiderio di trattenerla in
quell’abbraccio che avrebbe voluto essere eterno.
Un velo gli annebbiò la vista e
avvertì piccole e aspre perle rigargli il volto. Scesero indisturbate e silenti
fino alle labbra e lui ne assaporò il gusto malinconico.
Lei non smise di guardarlo fino a
che non si chinò per baciare quelle lacrime.
Il tocco fu lieve, leggero come
una calda brezza estiva, ma non parve colmare il vuoto che lui già sentiva nel
cuore.
-Patty, non andare! – le sussurrò appena. Gli occhi della
ragazza si adombrarono celando così la serenità del volto serico. Il sorriso si
fece quasi impercettibile e lo sguardo mesto.
-Holly, ti prego…-
-No Patty…non puoi! –
-Io devo, Holly…-
-Non puoi andartene! Non puoi lasciarmi solo! –
-Holly…io, tu…
-No amore…io non posso vivere senza di te…-
-Puoi Holly, e tu devi…devi ricominciare…
-Non senza di te! – lo interruppe drizzando a sedere sul letto.
Il volto era una maschera scarlatta di emozioni evidenti e contrastanti. Si
alzò dall’alcova e cominciò a camminare nervosamente nella stanza. Quasi
istericamente, prese a guardarsi le mani. Prima i dorsi e poi palmi. La guardò
ancora, mentre angelica sedeva sul giaciglio scrutandolo con amore.
-Holly! – esclamò dolcemente nel tentativo disperato di sedare
l’anima in pena.
-NO! – urlò quando la vide scendere dal letto e avvicinarsi
adagio.
-Amore…io ci sarò sempre! – gli disse afferrando la sua mano e
portandosela al petto. – Lo senti amore? E’ il mio cuore che batte per te. –
-NOOOOOOOO! – gridò inconsolabile e sgomento. – Non capisci
Patty? – ribatté sconfortato afferrandola per le spalle. – Non capisci? La mia
vita non ha senso senza di te. Io non sono nessuno senza di te…io ti amo e tu
non puoi andartene così…non puoi lasciarmi solo! Hai capito Patty? NON PUOI! –
rimbeccò crollando sul pavimento e coprendo con le mani il volto distrutto dal
dolore.
Lei si abbassò sulle ginocchia e
lentamente avvicinò la sua mano al capo affranto. Il lamento era l’unico suono
percettibile oltre i singulti irregolari e gli spasimi d’amore. Nel momento in
cui le esili dita sfiorarono il capo chino, lui si ritrasse guardandola
adirato.
-Te ne vuoi andare? Allora vattene Patty…lasciami solo!
VATTENE!!!! – sbraitò. Ma lei non si scostò e continuò a rimirarlo con
incolmabile affetto.
-Holly…- sibilò quando il pianto divenne più sostenuto. – Holly
non puoi continuare così! –
-E come dovrei? Dovrei essere felice perché te ne vai? E’
questo che vuoi, Patty? E’ questo? Vuoi andar via sapendomi felice? Non potrò
mai…finché avrò vita….la mia vita sei tu e se tu vai via…muoio anch’io. -.
Lei lo guardava affascinata dalle
parole d’amore che solo un cuore colmo di sentimento poteva sussurrare. Holly,
il suo Holly, l’unico che aveva mai veramente amato e per il quale aveva tanto
sofferto.
La stanza si inondò di luce, un
abbaglio talmente rifulgente che i contorni erano appena percettibili.
-Patty….- balbettò col cuore in gola.
Il timore di quell’attimo gli
serrò qualsiasi altra parola in gola. Sentì uno sfarfallio nello stomaco, il
corpo in preda ad un insolito tremore e comprese che non avrebbe potuto fare
più nulla. I pensieri sembravano scomparsi dalla sua mente. Solo un turbinio di
parole, immagini, ricordi, sensazioni ed emozioni si rincorrevano oltre le
iridi in un soffocante e inesplicabile vortice.
La vide sollevarsi e sorridergli
amabilmente. La luce si fece più forte ed accecante e lei era al centro di
quell’unico fascio bianco.
Le sue labbra ne scandirono
ancora il nome, ma in un suono impercettibile. Le lacrime scendevano copiose
inun torrente di frustrazione e
tristezza.
-Non farlo…no Patty…non andare! – le disse in tono
supplichevole.
-Holly, amore, è giunto il momento…ti prego…
-No, non puoi farlo. Non puoi lasciarmi! – ribatté levandosi in
piedi. Senza esitare la raggiunse e la strinse a se.
-No..non andar via..no Patty…abbracciami, resta qui…baciami! –
la supplicò lambendo le sue labbra. Fu un tocco veloce ma caldo, in cui lui
assaporò ancora la dolcezza di quel contatto, di quel gesto di complice
affettuosità. Lentamente, senza che neppure lui se ne accorgesse, lei si
sciolse da quell’abbraccio e tornò a guardarlo.
-Portami con te…io non vivo senza di te…
-Holly, devi andare avanti! – gli disse cercando di
rincuorarlo. – Puoi farlo! -. Lui scosse il capo mentre il corpo lottava per
non cedere alla convulsione dell’attimo. Tremava per la paura e per quanto
stava accadendo. La finestra si spalancò e una gelida folata di vento li
investì.
-Lasciami andare….il mio cammino è terminato…non ti
dimenticherò Holly, non potrei mai…nel mio cuore, adesso e sempre ci sarai solo
tu. Perdonami Holly, per quello che ti ho fatto, per l’amore che non ti ho
donato e per averti fatto soffrire, perdonami, se puoi…
-Pa..Patty..non andare…amore mio sono io a doverti chiedere
scusa…perdonami per non averti amato abbastanza..per non aver capito…per averti
lasciato morire! -.
-Addio amore mio…-. Lei si portò le dita alle labbra e soffiò
su quel bacio nell’attimo in cui il vento, così com’era entrato, usciva dalla vita
di quel giovane portando via con se l’anima del loro disperato amore.
Immobile, resto qui,
Impossibile andar via
Impossibile vivere senza te,
Dimmi dove sei, dove trovarti
Sento la voce, la tua, il vento canta il
dolce suono delle tue parole,
La notte è qui, senza te,
senza la luna che bacia i tuoi occhi,
senza la tua anima che sfiora lamia pelle,
Come fare.
Non so.
Chiudo gli occhi. Ti vedo,
La mia mano verso la tua
Il sole lentamente si spegne e l’oro si
tinge d’indaco.
Sei qui..tra le mie braccia.
La tua pelle che sfiora la mia.
I tuoi occhi nei miei
Le tue labbra sorridono in un dolce
sussurro.
Ti accarezzo,
Ti bacio.
Rispondimi.
Dammi la possibilità…
ancora una volta,
l’ultima,
rispondimi, dimmi ancora che mi ami,
dimmelo e sarò tuo…
ora e sempre.
(*) I versi in azzurro in apice
sono tratti dalla canzone Adagio di Lara Fabian
(**) I versi in verde li ho
scritti io a completamento dell’epilogo
Guardò ancora una volta fuori
dalla finestra. Nulla era mutato da pochi istanti prima, tranne l’immagine
quasi soffusa che si rifletteva alle sue spalle. Il candore della neve contrastava
con la tormenta aspra che imperversava nel suo cuore.
Alzò lo sguardo quasi a voler
meglio definire quei contorni ambrati, a voler comprendere come mai quegli
occhi scuri puntavano su di lui.
Abbassò le palpebre e sospirò.
-Signor Becker! – lo richiamò la voce. Un suono dolce e
materno, di un affetto sconosciuto ma palese. – Dobbiamo andare. – aggiunse
cercando di smuoverlo dal torpore in cui sembrava essersi calato.
Tom annuì col capo e si voltò
verso la donna.
Il tailleur grigio argento le
fasciava le morbide curve eludendo appena il corpo snello e dalle forme
tornite. Era così bella che i suoi occhi non potevano restare immuni al suo
cospetto. L’ovale regolare color ambra brillava intensamente tra i riccioli
scurissimi e fitti di cui il capo era adorno. Un velo di ombretto chiaro
illuminava il taglio orientale dei suoi occhi neri, perfettamente delineati dal
kajal, e le labbra, velate di un rosso intenso, sembravano anelare un
bacio passionale.
Avvertì un brivido intenso lungo
la schiena.
Maila Hossam, tirocinante presso
lo studio associato Alexander & Spencer, non aveva, neppure per un istante
distolto lo sguardo dal calciatore del Paris St. Germain. Nonostante la giovane
età, Tom sapeva che l’avvocato Herbert Spencer l’aveva scelta per assisterla
nel difficile caso che vedeva opposti Garland a Gatsby.
Quello che era stato
denominatoil caso G&G, dal mese di
luglio, riempiva le pagine dei quotidiani e dei magazine di settore.
Un’estradizione immediata aveva portato Robert Garland dall’Egitto in Inghilterra,
sua madre patria e paese nel quale la vittima di turno, l’avvenente modella
Patricia Gatsby, risiedeva da qualche anno.
Tom incrociò ancora una volta gli
occhi neri di Maila, la cui mano, con gesto aggraziato, gli indicava la porta
dell’aula nella quale entro pochi minuti sarebbe ripresa l’udienza.
Il giudice Guy Hamilton aveva
sospeso l’udienza per un break di un’ora, nel quale Tom non era riuscito
a consumare neppure un pasto frugale e nel quale la sua mente non era riuscita
a liberarsi dei fantasmi opprimenti di quella lunga estate calda.
-Signor Becker, dobbiamo proprio andare adesso! – gli disse
voltandogli le spalle e precedendolo verso l’uscio semichiuso.
-Avvocato! – esclamò destando tutta la sua attenzione. Maila si
girò verso l’aitante giovanotto con le guance imporporate dall’imbarazzo. La
sua voce dolce, le sue labbra che scandivano un inglese dall’accento francese,
non potevano che emozionarla e provocarle dolci sussulti. Ogni qual volta lo
vedeva, era inevitabile non provare la medesima sensazione di coinvolgimento.
-Sì, signor Becker..mi dica! – rispose cercando di eludere quel
rossore appena percettibile sulle gote ambrate.
-Mi dica che giustizia sarà fatta! – le chiese categorico,
quasi rude, ma con il desiderio di sapere che qualcuno avrebbe posto fine alla
libertà di Robert Garland.
-Signor Becker, stiamo facendo il possibile perché Robert
Garland possa esser incriminato di omicidio, ma c’è la possibilità che la
difesa proponga l’incapacità di intendere e di volere dell’assistito in quel
determinato momento in cui ha compiuto il gesto efferato. – rispose cosciente
della delusione che le sue parole avrebbero comportato nel calciatore. Vide le
mani serrarsi in pugni infuocati e dalle nocche bianche. Poteva avvertire il
desiderio di vendetta e quanto quei pugni anelassero di colpire il volto
angelico di Robert Garland.
-Non può finire così! Quel pazzo ha tentato di uccidere Oliver
Hutton e poi ha colpito la sua stessa fidanzata. A cosa valgono le
testimonianze della gente? Eravamo tutti presenti su quella scena. Tutti!
Garland dovrebbe andare sulla sedia elettrica e non cavarsela con un ospedale
psichiatrico. – ribatté acceso in volto. I suoi occhi nocciola, sempre così
quieti e sereni, sembravano due tizzoni ardenti e in attesa di esplodere in
zampilli incandescenti.
-Signor Becker, lei può aver ragione a sostenere determinate
colpe, ma le assicuro che se la difesa riesce a dimostrare che Robert Garland
era incapace chiedendo una perizia psichiatrica, tutto quello che rischia è
l’internamento in un istituto di igiene mentale. –
-E magari tra qualche anno sarà fuori? Le ricordo che
quell’infido di Garland ha ordito un complotto ai danni di Patricia Gatsby
facendole credere di aspettare un figlio da lui per poterla sposare e sanare i
suoi debiti con i soldi di Patty! –
-Sicuramente il giudice terrà in considerazione
quest’aggravante e l’intenzione dell’imputato di aggirare la vittima. Signor
Becker, - gli disse poi in tono più cheto e sereno, avvicinandosi e
poggiandogli una mano sul braccio, - probabilmente non immagino neppure
lontanamente quanto dolore lei avverta, ma lotterò fino in fondo per onorare e
riabilitare il buon nome dei suoi amici. Comprendo anche il disappunto provato
leggendo i rotocalchi che tuttora, a distanza di mesi, continuanoa scrivere su questa vicenda e sulle
presunte colpe dell’uno e dell’altro. Signor Becker, per quel che mi riguarda,
sono convinta della verità, delle colpe, dei raggiri e di quanto accaduto
grazie anche al supporto delle testimonianze e delle prove. Ma l’esperienza,
seppur breve, mi insegna che nulla deve essere lasciato al caso e nulla deve
esser dato per scontato. Io credo che lei, e i suoi amici, stiate soffrendo
molto per questa vicenda. Il dolore è palese nei vostri sguardi e nelle vostre
parole. E’ evidente in quel letto d’ospedale e negli strascichi inevitabili di
tutta la vicenda. Sicuramente, se Garland si dichiarasse colpevole, la sentenza
sarebbe immediata e la difesa cadrebbe immediatamente. Faremo il possibile
perché la Corte decida in merito a omicidio di primo grado. Per la
premeditazione, non so se si potrà fare qualcosa. Sinceramente stando a quanto
acquisito, ritengo che Garland non avesse intenzione di colpire la Gatsby ma
semplicemente sposarla per interesse e per pagare i suoi debiti. Penso che
Garland abbia perso la ragione nel momento in cui è apparso Oliver Hutton. Ha
ordito il complotto facendo scattare delle fotografie che avrebbero incastrato
Hutton e Gatsby, sicuro di un ritorno di fiamma tra i due; foto che avrebbe
utilizzato dopo il matrimonio per divorziare da lei, chiedendo sicuramente una
buona uscita alla ricca moglie. Non aveva previsto il vostro intervento, che la
storia della falsa gravidanza fosse scoperta, e che tutti voi avreste trovato
il modo di impedire il matrimonio. Senza le nozze con Patricia Gatsby, lui
sarebbe stato rovinato. Da quello che hanno scoperto i nostri informatori, non
solo Garland è sul lastrico,ma pare essere invischiato nel riciclaggio. Forse,
se riusciamo a sbatterlo in galera con l’ergastolo, gli salviamo la vita dagli
strozzini. -.
Tom guardò ancora quegli occhi
d’onice nera e un guizzo parve balenare nella sua mente. Se le prove non
avessero incastrato Robert Garland, fosse stata anche l’ultima cosa che avrebbe
fatto, ci sarebbe riuscito lui. Aveva fiducia nello studio legale che stava
seguendo il caso e soprattutto nell’affascinante avvocatessa. Aveva letto nei
suoi occhi buoni propositi e l’intenzione di perseguire il colpevole per
assicurarlo alla giustizia. Sì, si fidava di Maila. Ad ogni modo, se qualcosa,
nell’ingranaggio burocratico della Legge, fosse andato storto, lui avrebbe
provveduto ad assicurare Robert alla giustizia.
-Adesso dobbiamo proprio rientrare. L’udienza sta per
riprendere! – aggiunse Maila sorridente. Tom ricambiò il sorriso cordiale e con
uno sguardo di complicità, la seguì all’interno dell’aula.
-Avvocato…
-Sì! – rispose sull’uscio voltandosi verso Tom
-Grazie! – le disse sorridente e fiducioso. La giovane donna
ricambiò il sorriso e tornò a precederlo all’interno dell’aula ma fu subito
destata dallo squillo del cellulare. Si girò verso Tom che continuava a
guardare il display del telefono. Con mano tremante, un nodo in gola a
serrargli le parole, premette un pulsante verde sulla tastiera e si portò il
cellulare all’orecchio. Senza proferire verbo, lasciò che una voce raggiungesse
la mente prima e il cuore poi. Come una freccia avvelenata che prima ferisce e
poi uccide.
-Garland! – esclamò sonoro incrociando l’imputato scortato da
due agenti in divisa. Robert e Tom erano faccia a faccia, in quello che
probabilmente sarebbe stato il loro ultimo incontro prima della sentenza.
Il calciatore assunse
un’espressione tanto spontanea quanto truce, desueta per lui. Sentiva un
groviglio nello stomaco, il cuore accelerare i propri battiti, il fiato
mancargli.
D’un tratto, nella sua mente
balenarono le immagini di quell’estate. Patty vestita da sposa che incedeva
verso quell’inconsueto altare. E poi Holly, Benji, Kirsten e Gabrielle.
Gabrielle. Robert Garland aveva inconsapevolmente rovinato anche la sua
relazione. Aveva fatto del male a tante persone, troppe. Doveva essere
giudicato per quello che aveva commesso. Ma poteva lui, piccolo uomo, ergersi a
giudice supremo? Chiuse gli occhi per un istante quasi a voler trovare nuove
forze dentro di se.
Li riaprì sbattendo le palpebre
più volte nel disperato tentativo di diradare la nebbia, che sempre più fitta,
gli impediva di avere una visuale nitida del suo interlocutore, di sciogliere
il gelo che gli attanagliava il cuore. Troppo breve un istante per parlare, per
ricordare…per amare e morire.
Occhi senza ritorno è arrivato il mio giorno
occhi senza parole io non so più aspettare
scioglierò questa neve questo aprile sarà breve
e il mio amore lo ricorderà
Scioglierò questa neve il dolore sarà lieve
e il mio amore lo ricorderà
Scioglierò questa neve il dolore sarà lieve
e il mio amore mi ringrazierà
-Se esci indenne da questa corte, se prima non ti troverà
qualcun altro, ci penserò io! Sarò il tuo tormento, sentirai il mio fiato alitare
sul tuo collo ogni giorno e ogni notte di questa maledetta vita, sarò la tua
ombra e la tua coscienza, ti assillerò fino a che non dirai la verità e non ti
dichiarerai colpevole. Ti assicuro Robert Garland, che io sarò l’unica persona
che vedrai da adesso in poi se questa Corte non ti sbatte dentro a vita. –
affermò con tono serafico e risoluto.
Tom recitò quelle parole in
francese sicuro che il tennista potesse comprenderlo perfettamente. Lo guardò
ancora in quegli occhi azzurri dove, per la prima volta, scorse un baleno di
timore. Sul volto di Garland erano palesi imbarazzo e incomprensione. Poi
sbarrò gli occhi e parve comprendere il significato di quelle parole,
pronunciate da quello che sembrava essere l’amico più sereno e tranquillo della
sua ex fidanzata. Vide Tom chinare il volto, un peso insormontabile sembrava
gravare sul suo capo. Poi, con un gesto che sorprese Maila, il tennista e gli
agenti di polizia, strinse in un pugno il suo cellulare e lo schiantò ai piedi
dell’imputato con una violenza a lui sconosciuta. Solo le lacrime lo
accompagnarono nella furiosa corsa verso l’uscita. Maila, esterrefatta dalla
reazione di Tom Becker, si chinò sulle gambe e afferrò il cellulare la cui
batteria era scivolata via dall’apparecchio. Sul display danneggiato dalla
rovinosa caduta appariva ancora il nome della persona che lo aveva chiamato.
Alzò lo sguardo verso il corridoio, ma la sagoma del calciatore era già troppo
lontana per poterla raggiungere o semplicemente richiamare. Il clamore del
corridoio aveva richiamato le persone che avevan già fatto il loro ingresso
nell’aula. Tutti si riversarono in quel piccolo spazio e cercarono sui volti
dei presenti le spiegazioni. Maila incrociò gli occhi dell’avvocato con il
quale collaborava e gli porse il cellulare danneggiato.
Herbert Alexander lesse il nome e
guardò Robert Garland.
I suoi occhi eran vacui, privi di
vita o di forma. Scrutò attentamente quel volto cercando di comprendere il
motivo del suo timore o la ragione di quanto accaduto. D’improvviso, lo videro
crollare sulle ginocchia e abbassare il capo come a volersi prostrare dinanzi
l’estremo giudizio.
-Patty! – sibilò con un soffio di voce appena percettibile ma
tale da esser ascoltato.
Maila si portò una mano al volto
con un nodo in gola a serrarle le parole.
Le lunghe e affusolate dita
continuavano a danzare sulla tastiera del computer con la stessa agilità con
cui un pianista soffiava sull’avorio melodioso di un pianoforte.
La cascata di riccioli fulvi
riluceva ai raggi cremisi del sole celato dagli ultimi bagliori della sera. La
vetrata dell’ufficio pareva un rifulgere di colori e guizzi oro che, puntuali,
al crepuscolo inondavano con magnificenza i grattacieli che ospitavano gli
uffici più importanti della città.
Sul video del computer continuavano
a susseguirsi le frasi che avrebbero composto il redazionale del giorno dopo.
Il volto eburneo non smetteva di
riflettersi sullo schermo, rimandandole un’immagine dalla pelle diafana e priva
di qualsiasi pathos. Perfino il suo sguardo pareva sfavillare senza alcun
sentimento sul cristallo frontale. La lampada bianca illuminava appena la
tastiera mentre, senza posare gli occhi sui tasti, continuava a scrivere fiumi
di parole.
Nell’open space di grandi
proporzioni che ospitava la redazione del quotidiano per il quale scriveva, non
c’era quasi più nessuno. Le varie postazioni erano separate da quelle attigue
da pannelli di vetro lattei dietro i quali si distinguevano appena i contorni
dei colleghi.
Udì un telefono squillare lontano
ma non fece alcun movimento per rispondere a distanza a quella chiamata. Una
voce sonora continuava ad urlare ininterrottamente da dieci minuti, senza
lasciare che l’interlocutore potesse in qualche modo ribattere a quell’insolito
monologo. Il redattore capo era in preda ad una delle sue consuete crisi
isteriche di fine giornata quando qualcuno, dalla tipografia, gli comunicava
che mancava qualche titolo, che alcuni pezzi non corrispondevano ai parametri
stabiliti o semplicemente che erano a corto di carta o inchiostri.
E a fine giornata, doveva
ragguagliare i suoi superiori sui budget, sulle sponsorizzazioni, sui vari
contratti pubblicitari che garantivano al giornale stesso di essere stampato
quotidianamente.
D’improvviso la luce della
lampada divenne più forte sulla tastiera. Qualcosa ombreggiava sulla sua
postazione rendendo più intenso il piccolo raggio luminoso.
Alzò gli occhi verso la lampada e
notò la sagoma alta e imponente del portiere.
Benji era in redazione, luogo dal
quale manteneva le distanze per non essere continuamente assediato dai
giornalisti e dai freelance che bazzicavano a tutte le ore tra le scrivanie di
quell’ufficio.
I suoi occhi di smeraldo incontrarono quelli scuri e
impenetrabili di lui.
Avvertì un brivido alla schiena intuendo il motivo della
sua insolita presenza.
.
-Benji! Che ci fai qui? Perché sei venuto in redazione? Tu
odi questo luogo! Quando dobbiamo incontrarci, ben lungi dal farlo qui o nelle
vicinanze. Tutto quanto potrebbe attirare giornalisti tediosi o fans scatenati,
ti allontanano da quest’ufficio e dall’intero palazzo. I tuoi occhi! Cos’hanno
Benji? Occhi di un bruno tanto scuro da sembrare infinitamente distanti, occhi
magnetici come calamite, occhi di inenarrabile coraggio e impenetrabili come
diamanti, occhi di una bellezza impari, impazienti di comunicare o di vivere,
occhi sempre attenti e vibranti, come due acuti falchi, sempre pronti a
spiccare il balzo. Mi lasciano senza parole, senza fiato, mi sento come
tramortita dal tuo sguardo e non comprendo il perché…sembrano così infiniti.
Benji, non guardarmi così! Cosa celano quegli occhi senza parole? Guardo una
luce spenta balenare nell’onice scura delle tue iridi. Non riesco a parlarti.
La mia bocca, le mie parole, sembrano catturate dal tuo sguardo. I tuoi
occhi…sembrano senza ritorno ed io ti guardo, li fisso senza poter far
nulla…Dove vanno i tuoi pensieri, Benji? Dove? Oltre quest’inverno? Oltre ogni
tempo?Vorrei fermarli, vorrei
allungare la mano verso i tuoi occhi, ai tuoi pensieri, ma sei così
fuggevole…anche adesso che sei qui, di fronte a me. Parlami…dimmi che non è
successo! Dimmi che non è vero? Dimmi che non è quello che penso! – pensò
non distogliendo lo sguardo dal suo.
Poi vide e il cuore le si gonfiò
in un patema mai provato prima. Una perla di acre bellezza scivolò giù da
quegli occhi da lei tanto amati e bramati, e comprese. Senza smettere per un
solo attimo di condividere con il suo uomo quell’attimo di struggente dolore,
le sue dita ripresero a calcare i tasti rispondendo al breve messaggio sul
quale si era interrotta prima del suo arrivo.
-Gabrielle, Patty…ha spiegato le sue ali! -.
Premette il tasto invio e il
messaggio si materializzò su un altro computer, da qualche parte nel mondo,
sotto gli occhi sconcertati e addolorati della persona che lo aveva ricevuto.
Si alzò e senza alzare il capo,
lo raggiunse abbracciandolo. Rimasero così, stretti l’uno nel dolore
dell’altra, mentre gli ultimi bagliori, doravano le loro belle figure.
Laggiù si muore
senza un perché
Non vidi più il sole
Fra l’odio e il rancore
La vita si arrese
E il cielo mi prese con se
La neve bianca aveva coperto
anche la collina del tempio e il bosco sembrava decorato di zucchero a velo.
Così dolce, così impalpabile, in un’atmosfera ovattata. Non sapeva da quanto
tempo fosse lì, forse da pochi minuti o forse da ore. Continuava a rimirare
l’immenso con il vuoto nel cuore.
L’infinito si estendeva oltre i
suoi occhi. Il buio oscurava il suo cuore.
Non gli importava.
Nulla gli importava più.
Aveva visto Maggie e Maya
sorridere e piangere dinanzi il piccolo ritratto avvolto da un nastro nero,
mentre gli incensi bruciavano i loro profumi e le persone continuavano ad
alternarsi in un lento camminare e silenzioso vociare. Le aveva viste inermi,
svuotate, smagrite. Maya non parlava, alcun cenno, nessuna reazione, solo il
suo volto cereo e un’espressione priva di vita.
Non sapeva per quanto tempo fosse
rimasto lì, a guardare quella donna che in un tempo non molto lontano aveva
osteggiato. Non lo sapeva. Poi, si era ritrovato lì, su quel colle dove tutto
era iniziato.
-Ciao Holly! – esclamò la voce.
Era seduto sulla ringhiera che
delimitava il percorso del tempio dalla ripida discesa della collina. Riconobbe
subito quella voce, ma la ignorò quasi offeso dalla sua presenza. Come un dardo
violentemente scagliato, aveva penetrato il suo cuore, ma nessuna stilla di
sangue era sgorgata.
-Pensi che ti abbia abbandonato! Vero? – gli disse insistendo
in tono quasi sarcastico avvicinandosi al ragazzo. – Allora? Non mi strattoni?
Non vuoi farti giustizia? Non vuoi dirmi che ho sbagliato? Non è questo che
pensi di me Holly? Che ti abbia solo raccontato idiozie? -. Il ragazzo socchiuse
gli occhi e digrignò i denti nel disperato tentativo di sedare l’impulso
aggressivo che stava lentamente e inesorabilmente prendendo il sopravvento. Il
sangue aveva ripreso il suo lesto fluire nelle vene. Poteva avvertirlo risalire
fino al cuore, scatenare nella sua mente un turbinio di immagini testimoni
degli ultimi eventi. Sentì un nodo alla gola, una morsa allo stomaco, un lento
singulto nascere dentro di se.
-Girati Holly…guardami…io sono qui. Mi puoi parlare, ti puoi
disperare… -
-Bastaaaaaaaaaaaaa! Cosa diavolo vuoi da me, vecchio pazzo! Non
ti basta? Me l’hai portata via, bastardo! – urlò afferrandolo per il bavero. I
suoi occhi ardevano come tizzoni incandescenti in una maschera di accesi
vermigli. I denti serrati in un bianco digrignare appena velato da rivoli di
sangue. Sentiva il suo battito, avvertiva quel palpito tanto veloce quanto
doloroso.
-Voglio che tu capisca! – sillabò il vecchio sfiorando la presa
che gli serrava il fiato.
-Cosa? COSA? COSA? – sbraitò ancora mentre l’ira l’aveva oramai
pervaso.
-Lei rimarrà sempre una parte di te…
-LEI NON C’E’ PIU’! – gridò scotendo iroso quel corpo
incanutito dall’età avanzata senza alcuna remora di fargli male.
-Lei è dentro di te! – insistette il saggio tentando di sedare
l’impeto.
-Stronzate. Lei non c’è più ed io non ho più niente dentro di
me. – rispose in tono più sommesso, celando appena una sconfitta fin troppo
palese.
Il vecchio, a sua volta, scosse
il capo e sorrise gentilmente al dolore immane di quel giovane uomo. Nei suoi
occhi vitrei vedeva riflessa l’immagine di una disperazione, che sapeva, non
avrebbe mai trovato pace.
-No Holly…e tu lo sai meglio di me…non la perderai mai. Lei è
vicino a te, anche adesso. Lei è parte di te e tu sei parte di lei…ed io sono
solo il messaggero del vostro amore…io dovevo darti la speranza di continuare a
vivere anche senza di lei, la speranza che forse il vostro amore avrebbe potuto
salvarle la vita ma…non potevo salvarla da un cammino già designato. Il filo
della sua vita era già stato reciso e un soffio di vento l’ha spezzato…ma prima
di andar via, lei ti ha amato e ti ha donato il sentimento più grandee nobile che nessuno potrà mai sottrarti.
Lei non vorrebbe mai vederti così Holly. Lei ti ama ancora e desidera che tu
torni ad amare, come una volta…devi amare te stesso e la tua vita, per andare
avanti! –
-Mr. Phoenix…lei era me…lei era la mia vita…per amare me stesso
e la mia vita, devo continuare ad amare lei. – sussurrò sporgendosi dalla bassa
ringhiera e aprendo le braccia come fossero ali spiegate al vento. Il corpo era
pericolosamente in bilico, protratto verso le pendici del colle che lente e
impervie si snodavano celate dalle fitte chiome degli alberi.
-Mr. Phoenix, ha visto che bel tramonto? Accade tutto quando il
sole sta per calare! Forse è un segno del destino..già, il destino…così aveva
già deciso per Patty, vero?. E per me? Cos’ ha deciso per me Mr. Phoenix? -. Il
vecchio non parlò ma sul suo volto comparve una risposta tanto eloquente quanto
urlata. Holly gli sorrise.
-Grazie Mr .Phoenix. Per i suoi consigli, per quello che ha
fatto, per la speranza…guardi lì…verso il sole! Il cielo è magnifico oggi.
Guardi i raggi come dipingono il paesaggio immacolato dalla neve. Che
spettacolo è la natura. Chissà come dev’essere …vederla con occhi diversi! –
-Holly! – il suono femminile e melodioso di quel sussurro, gli
giunse come un moto di beatitudine che gli investì il corpo.
Si sentì pervaso da una pace e da
una serenità che da tempo non ricordava. Un dolce tepore che gli riscaldava il
cuore.
Guardò ancora quella sagoma e
allungò una mano verso la sua. Avvertì il calore delle lunghe dita affusolate
intrecciarsi alle sue. Avvertì il suo profumo, il suo sorriso spontaneo e la
sua eterea bellezza. Sentì il suo amore rinascere dentro e finalmente una gioia
investire il suo cuore malato.
-E’ venuta a prenderti! – sibilò Mr. Phoenix con la
rassegnazione dipinta tra le bianche rughe del volto.
-Andiamo! – sussurrò Holly sorridente. Lacrime di pace e
serenità sgorgavano silenti dai suoi occhi neri.
-Non aver paura…amore mio! – disse con fioca voce accompagnando
quelle poche parole con gli occhi dell’amore.
Si lasciò guidare dalla sua luce
verso quel sole che per l’ultima volta tramontava per lui.
“Supino,
su questa terra umida delle
tue lacrime,
mi vedo…perso nell’azzurro,
Le sento,
lacrime che scendono
le sento sulla pelle, mi
sfiorano…
fiocchi bianchi d’amore e
dolore
Vedo gli uccelli librarsi in
volo,
sento un brivido che mi
attraversa,
che mi accarezza il cuore
Il cielo…
Lo guardo…è sempre più blu.
Le vedo…
Due ali
Si avvicinano
Mi portano via…
Via da qui…lontano da questa
terra!
Dolcemente, amabilmente…lì
dove il mondo è ancora per noi,
dove il blu non c’é più….
Cos’è la vita se non ci sei
tu?
Un volo, immobile, che non
libra…
Fantasia ostinata, inutile chimera
…chiudo gli occhi
…e poi…
tu,
leggermente, lassù dove non
c’è alcun limite,
dove il mondo non c’è più,
dove ci sei
TU
Il sibilo del vento era leggero e
appena percepibile. Un soffio velato che lambiva la pelle e carezzava
dolcemente i capelli. Il sole splendeva alto in un cielo terso e sgombro dal
bianco perlaceo delle nuvole.
Come richiamati da un suono o da
una voce lievemente sussurrata, levarono il capo verso l’alto. I raggi tiepidi
di primavera erano accecanti. Il buio oscurò le iridi per un istante, il minimo
necessario perché quell’immagine si imprimesse oltre gli occhi bruni.
Sussultarono percorsi da un violento fremito.
I loro sorrisi innamorati li
guardavano.
Alzarono la mano in cenno di
saluto, poi voltarono le spalle e mano nella mano si allontanarono oltre
l’azzurro.
Il telo bianco con impresso il
Sol Levante ondeggiava sinuosamente sul verde prato dello stadio.
Gli spettatori tacevano
all’incedere di quei passi ordinati, tutti in piedi per l’evento. Le due
squadre erano oramai schierate per le foto di rito avvolte da uno strano
silenzio e da un’emozione fortemente tangibile.
Benji guardò Tom e insieme
sospirarono.
Al centro del campo, un ramo di
ciliegio in fiore disperdeva il suo roseo profumo nell’aria mite, mentre i
petali dolcemente si posavano sulla maglia bianca.
Tutti chinarono lo sguardo, quasi
guidati da un comando, e lacrime di dolore presero a rigare le loro gote mentre
l’applauso scrosciante del pubblico salutava il capitano e la sua manager.
Per sempre.
Ringraziamenti:
Prima di passare ai ringraziamenti volevo solo dire una cosa.
Scrivere Tradimento d’Amore è stato difficile, molto più
complesso di quanto potesse sembrare.A
margine di capitoli precedenti, come il 14esimo, avevo scritto che eravamo in
dirittura d’arrivo. Ed effettivamente in prima stesura avevo pensato di
terminarlo con il matrimonio sulla spiaggia. Poi, qualcosa è cambiato nei miei
pensieri forse volutamente influenzato da alcuni eventi.
Forse, andando contro corrente, ho voluto dare loro l’amore
eterno, un sentimento infinito di cui solo pochi possono godere…ho voluto
segnare una svolta in un rapporto oramai maturo ma di difficile percorso. Non
vogliatemene per questo.
Tanti, ma proprio tanti ringraziamenti a tutti voi, a coloro che
hanno lasciato recensioni e/o commenti, a coloro che mi hanno scritto e-mails
in merito a questa storia, a coloro che hanno parlato e scritto di me tra i
commenti alle altre fanfic e sul forum. Grazie, di cuore a tutti.
Un ringraziamento speciale va ad un’amica speciale,
che leggendo in anteprima l’epilogo mi ha chiamata in preda all’eccitazione
confessandomi di aver pianto. Grazie perché ci sei e per essere un’amica
speciale.
E poi ancora grazie alle care Angie, Ornella, Alice e
Milena e a tutti…siete tantissimi e temo di dimenticare qualcuno. Grazie grazie
e ancora immensamente grazie.