Non appena i miei occhi si adattarono alla bianca luce
del mondo esterno cominciai a guardarmi attorno, ero in un ospedale?!
Ma c’era qualcosa di strano in tutto ciò, in quel luogo
non c’era nessuno, le porte erano visibilmente sigillate… Che era successo in
quel posto?
Un macabro suono si fece avanti pian piano nella bianca
sala, il suono di un paio di tacchi a spillo che si avvicinavano al corridoio
su cui si affacciava la stanza del ragazzo. -Ah, ti sei svegliato.-
Disse una sensuale voce femminile. La figura che si stava
avvicinando però, era tutt’altro che spaventosa, lo capì subito, il moro,
appena riuscì a scorgerla bene. Era una semplice donna dai lunghi capelli neri,
un occhio blu e uno bendato, con un vestito da infermierina, i tacchi a spillo
e due grandi… Grandi… Un gigantesco seno. La donna si piazzò davanti al giovane
esaminando la sua cartella clinica del ragazzo, parlandogli nel mentre.
–Allora, com’è stato il tuo riposo, Smemorino?-
-Smemorino?- Chiesi, si stava riferendo a me in quel modo
per un qualche motivo? Lei sapeva forse qualcosa?
-Il mio nome è Chiyo, sono
l’incaricata ad occuparmi di te per i primi periodi post risveglio.- Alzò lo
sguardo dal blocco di fogli che teneva in mano.
-Perché hai l’occhio bendato?- Le chiesi.
-Uhm? Ah, è un segreto.- Rispose semplicemente la donna.
-Questo posto è disabitato? Perché sono qui? Cosa sai su
di me?- Chiesi curiosamente.
-Quante domande che fai, accidenti! Sei una vera
seccatura! Avrai tutte le risposte a tempo addebito, ora seguimi.- Mi rispose
con aria brusca, avviandosi poi verso una grande porta, anch’essa bianca, al
termine del lunghissimo corridoio candido.
Una volta giunti dinanzi alla porta mi chiese se fossi pronto,
così feci segno di assenso con la testa.
Lei aprì la porta provocando un grande cigolio. Dietro
quella porta vi era una grandissima stanza bianca, quadrata, dove chiunque
avrebbe saputo perdersi. Era completamente vuota, non vi era nulla di nulla, ne
finestre, ne alcun tipo di arredo, solo una giovane bambina nell’esatto centro
della stanza. Mi avvicinai a piccoli passi finchè non
le fui davanti. Aveva lunghi capelli bianchi e teneva gli occhi chiusi. Indossava
un camice bianco e non aveva espressione. La pelle era pallida e debole. Era
magrolina, di corporatura assai minuta, come un tenero ramoscello.
-Chi è questa bambina?- Chiesi a Chiyo
-Questa stanza è dove teniamo chiusi i Paralleli quando
sono ancora deboli, quando non si sono ripresi dall’operazione- Mi rispose.
-Operazione?-
-Sì, presto capirai, ora resta pure qui con lei, vado a
prendere delle sedie.- Disse lei poco prima di uscire dalla sala chiudendo la
porta.
Mi voltai verso la ragazzina, mi sedetti per terra, così
da vederle il viso da di fronte. Era davvero una bimba carina, di una bellezza
pura, unica, come quella dei diamanti.
-Hey piccina… Come mai sei in
un posto come questo?-
Lei non rispose, solo girò la testa verso di me.
-Non vuoi parlare con me? Non vuoi nemmeno guardarmi?-
Lei mosse la testa quasi meccanicamente, cercava forse di
farmi capire che non voleva avere a che fare con me?
-Posso chiederti di aprire gli occhi?-
Lei fece sì con la testa e ne aprì appena uno, il
sinistro. Aveva l’iride bianca e la pupilla pari ad un piccolissimo pallino
nero, appena visibile.
-Qual è il tuo nome?-
-B-A01…-
-Ma è una numerazione… Non hai un nome tuo?-
Fece segno di no con la testa –Solo B-A01- Disse con voce
timida.
-Che cosa fanno qui? Cosa ti hanno fatto?-
-Qui…- La porta si aprì ed entrò di nuovo la mora,
portando con se due sedie impilate una sull’altra. Appena la bimba la sentì
chiuse gli occhi e tornò seduta al suo posto, quasi come fosse sotto contratto
scritto.
-Senta signorina Chiyo… Che è
successo a quella bambina?-
-…Assolutamente nulla, è qui solo perché è malata, così
noi la curiamo-
-Che malattia ha?-
-Non sono affari tuoi.- Così chiuse la conversazione.
Posò poi le sedie una difronte all’altra, sedendosi su
una delle due. –Accomodati pure- Disse.
Mi sedetti e mi guardai attorno, cosa succedeva veramente
là dentro? Perché una tenera bambina era chiusa in una stanza bianca e perché le
era stata affibiata una numerazione a sostituzione
del suo nome? Anche lei aveva perso la memoria?
-Vuoi che risponda ad alcune tue domande?- Mi chiese
allora la donna.
-Certo, mi pare ovvio!-
-Prego, fammi pure tutte le domande che vuoi, ma una alla
volta.-
-Cosa sai di me?-
-Veramente nulla, non so il tuo nome, non so da dove
vieni, ma so che come la maggior parte delle persone che passano di qui non
ricordi nulla di te e vieni buttato fuori non appena qualcuno viene a
prenderti.-
-Sono mai venuti a prendere qualcuno?-
-Qualcuno sì, ma quasi tutti restano chiusi qui dentro finchè non ricordano tutto o non sono in grado di vivere
fuori da qui.-
-Non credo di capire bene…-
-Affari tuoi, melanzano.-
-Melanzano?- Mi scappò una
risata, non sapevo perché, ma quella parola mi suonava alquanto familiare.
-CHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIYO!-
Un urlo isterico squarciò l’attimo di silenzio che si era creato nella sala,
qualcuno sembrava molto molto arrabbiato.
La porta si spalancò quasi venendo buttata giù e un’altra
giovane albina dagli occhi blu elettrico e quindici-sedici anni circa fece la sua comparsa. –Ti
avevo detto che il nuovo arrivato doveva stare a riposo! Non gli hai chiuso la
stanza?!- Chiyo si spostò leggermente di lato,
lasciando intravedere che anche io ero là. –Oh! Scusa ragazzo, non ti avevo
visto!- Corse dov’ero io e si chinò leggermente in segno di saluto. –Piacere di
conoscerti, sono Karol, una parallel autorizzata- Mi
prese la mano e la strinse forte sorridendo. –Io non so chi sono… Ne cosa sono…-
Dissi malinconicamente. –Ah, un altro Smemorino! Credo che per ora ti
chiameremo proprio così, Smemorino!- Disse soddisfatta mettendosi le mani sui
fianchi e ridacchiando in modo abbastanza traente sull’assurdo e lo
psicopatico. –Vuoi uscire di qui?-
-Magari potessi- Dissi semplicemente. Lei mi guardò
ridacchiando. Anche le sue pupille erano piccole palline scure… O la luce
bianca mi giocava brutti scherzi, oppure in quel posto c’era qualcosa che non
andava… Decisamente che non andava…