Complementary

di Frances
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Town Where The Sunlight Doesn't Reach//Bodyguard ***
Capitolo 2: *** Inn//Distraction ***
Capitolo 3: *** Purple//Necessary ***
Capitolo 4: *** Train Graveyard // Beginning of Torture #1 ***
Capitolo 5: *** Torture #2 // Promise - END ***



Capitolo 1
*** Town Where The Sunlight Doesn't Reach//Bodyguard ***


One; Town Where The Sunlight Doesn't Reach//Bodyguard


Aveva sempre evitato Wall Market per semplici questioni di principio.



Non che gli capitasse spesso di avere il tempo per farsi un'allegra passeggiata in giro per le piastre di Midgar, ma - per il Pianeta - quella zona del settore 6 lo metteva in soggezione, lo ripugnava quasi, lo faceva sentire come una recluta infilata per sbaglio nella divisa regolamentare di un SOLDIER di Prima Classe. E ci voleva davvero molto perché qualsiasi cosa potesse metterlo così tanto in difficoltà.



Le insegne al neon e gli squallidi tendoni gli si aprirono davanti a ventaglio, mentre gente di ogni tipo - il tipo di gente che ci si aspetta di trovare nel quartiere più malfamato dei bassifondi - bighellonava pigramente fra le strade polverose. Pubblicità di ogni sorta gli ferirono gli occhi con i loro cartelloni abbaglianti, mentre ragazzetti sandwich e giovani avvenenti con visiere propagandistiche sulla fronte declamavano a gran voce merci, negozi, prezzi e saldi.



Traffico illegale, certo. Ma abbastanza conveniente, almeno. Ignorò volontariamente la luce viola e soffusa che colorava una piccola porzione della sua visuale, in corrispondenza di una svolta della strada, appena dietro una tenda accartocciata su sé stessa. Commerci illeciti, ovvio. E non si trattava solo di armi e Materia.



Gli venne spontaneo tendere le labbra in una smorfia, stringendo forte i pugni, i muscoli pronti a scattare verso l'elsa della Buster anche al più piccolo ed insignificante segnale. Di colpo tutti sembravano guardare lui, le Materia brillanti che aveva incastonate nella sua spada e negli accessori di protezione, la borsa gonfia in cui custodiva quelle inutilizzate e gli oggetti di supporto. Spiato di sbieco da tutti quegli occhi sgranati e avidi, gli parve di essere appena diventato il prossimo bersaglio facile - o magari così pensavano - da cui attingere nuova merce per un fiorente mercato nero.



E allora mise in moto la sua autodifesa naturale, quella che aveva imparato a sfruttare quando gli uomini che lo "assumevano" sembravano studiarlo da capo a piedi, giudicandolo in silenzio: le sue sopracciglia chiare quasi si congiunsero, mentre la sua fronte si corrucciava minacciosamente e il suo volto si rabbuiava in un'espressione inquietante. I suoi occhi artificiali al Mako fecero il resto senza che lui dovesse mutare più di tanto il cipiglio: tutti quanti parvero deglutire all'unisono e trovare improvvisamente che la lampadina fulminata di un cartello o il sasso sul loro cammino rappresentassero elementi d'interesse molto più validi.



Anche quando non si sentì più così fastidiosamente osservato non rilassò affatto i muscoli del volto.



Avrebbe davvero preferito evitare quel genere di posti. Non per sé, ovvio. Che gli importava? L'ambiente lo infastidiva, certo, ma quelli erano ladruncoli mingherlini e morti di fame, e lui sollevava una spada di quasi una tonnellata senza nessuna difficoltà, aveva una collezione invidiabile di Materia e l'addestramento di un SOLDIER alle spalle. E, cosa ancora più fondamentale, era un uomo.



Aerith sospirò alle sue spalle, raggiungendolo con passi tranquilli. Aveva appena finito di rifarsi la treccia dopo essersela rovinata inciampando su dei calcinacci arrugginiti su cui non si era accorta di aver posato il piede. Si fermò vicino a lui dando un'ultima sistemata al fiocco rosa che le si insinuava armoniosamente fra i capelli, puntellandosi sulla sua Guard Stick, battendo una mano sulla stoffa impolverata del vestito:



« Perché ti sei fermato?» domandò, ricomponendosi in un lampo « Siamo arrivati.»



Lui le riservò l'attenzione necessaria a comprendere le sue parole ed accertarsi che fosse abbastanza vicina e al sicuro, poi dedicò la percentuale rimasta - un buon settanta per cento - a far scorrere il suo sguardo accusatore su tutti quegli uomini che di colpo avevano posato i loro occhi poco raccomandabili su di lei.



« Ehi, Cloud, mi ascolti?» insistette Aerith, picchiettandogli appena un dito sul braccio « Perché ti sei fermato?»



Cloud fulminò l'ultimo ragazzetto con il volto azzannato dall'acne e posò gli occhi su di lei solo quando si fu accertato che più nessuno li stesse guardando con intenzioni di qualsiasi genere.



Detestava dover cercare Tifa in quel posto. La sola vaga e debole idea che lei fosse da qualche parte fra quelle tende flosce, se non in posti molto peggiori - cosa che temeva - gli faceva prudere le mani e informicolire i muscoli in maniera davvero poco piacevole. L'impellente bisogno che sentiva di trovarla e portarla in salvo era tanto forte che si sentiva disposto anche a strappare i picchetti di quelle catapecchie e rovesciare i capannoni di lamiera fino a che non l'avesse rintracciata.



Ebbe un leggero tic nervoso alle dita della mano destra quando il suo sguardo colse appena (e disintegrò) un tizio allampanato pieno di buchi ed anelli in faccia che si era appena irrigidito nel notare le forme gentili disegnate dal vestito di Aerith.



Odiava che anche lei fosse coinvolta e non sopportava il fatto di non essere stato in grado di imporsi, di dirle chiaro e tondo che no, non sarebbe andata con lui, sarebbe tornata da sua madre, sarebbe stata al sicuro, e lui si sarebbe occupato di tutto da solo.



Aerith lo fissava con il viso rivolto in alto, le sopracciglia leggermente aggrottate ed un pugno su di un fianco, la treccia spessa ed appena sistemata che le ricadeva sul petto e pendeva verso il basso da sopra il suo coprispalle di jeans. Gli studiò il volto per qualche istante, più perplessa che irritata, poi ne uscì con un secco:



« Ehi, perché mi guardi così? Fai paura.» glielo disse come fosse un rimprovero, chinando la testa di lato. Cloud distese lentamente i muscoli del volto, tornando di colpo inespressivo.



« Non ti sto guardando in nessun modo.» si giustificò.



Aerith sgranò gli occhi come se avesse appena assistito ad una delle manifestazioni più assurde ed inspiegabili dell'intero Pianeta, poi rimase in silenzio per qualche istante, pensosa, concentrata.



Cloud ricambiò lo sguardo senza guardarla veramente. L'atmosfera di quel posto orribile metteva in allarme tutti i suoi sensi acuiti dalle esposizioni al Mako.



Aerith distolse lo sguardo, portandosi un dito sul labbro inferiore, in delle movenze molto misurate, poi fissò gli occhi su di una pietra immobile ai suoi piedi, socchiudendoli così tanto che fra le ciglia scure non rimase altro che una sottile linea verde. Sembrava che stesse portando a termine mentalmente un lungo e complesso calcolo matematico.



« Che stai pensando?» le domandò, senza accorgersi del tono freddo che faceva rintoccare la sua voce come il cozzare del metallo contro altro metallo.



Aerith pensò intensamente per altri brevi attimi, poi gli rivolse un'occhiata veloce, massaggiandosi il mento in una curiosa imitazione di un qualche colto studioso stereotipato:



« Mi sto sforzando di capire il motivo per cui tu sia così preoccupato per me.» disse semplicemente « Preoccupato per me mentre invece dovresti correre a salvare la tua...» esitò un istante prima di aggiungere « ...Tifa? Senza perdere tempo, almeno.»



Cloud inarcò un sopracciglio. Ma cos'aveva di strano quella ragazza? Si stava sottoponendo ad un tale rischio per aiutare una sconosciuta. Una ragazza di cui ricordava a malapena il nome.



Aprì bocca per elencarle nei minimi particolari tutti i motivi che rendevano logico che fosse preoccupato, essendosi appena incastrato in un vicolo cieco di tagliaborse, assieme ad una ragazza...come lei. Ma lo sguardo con cui lei lo avvertì di pensare bene alle parole da usare - un'occhiataccia di smeraldo liquido che escludeva parole come "indifesa", "vulnerabile", "in pericolo" - gli fece rivalutare la sua scelta.



« Non sono preoccupato.» lo annunciò come se ne fosse stato certo e convinto fin dal primo istante. Era bravo in quel genere di cose. Serviva quando era necessario trattare per ottenere una buona ricompensa, dopo un lavoro svolto alla perfezione.



« Uh-uh, certo.» ma forse con Aerith non avrebbe funzionato.



La sentì sbuffare, stringendosi nelle spalle:



« Sono cresciuta qui, ex- SOLDIER.» gli fece notare, muovendo un gesto ampio davanti a sé « Sono abbastanza brava da cavarmela al Wall Market. Quindi rilassati.» glielo consigliò dandogli un debole calcio sulla tibia. Cloud rispose con quei silenzi enigmatici e severi che correvano in suo soccorso puntualmente quando non sapeva come ribattere o quando non ne aveva semplicemente la più pallida voglia. Aerith sembrò interpretarlo nella maniera giusta: una silenziosa e perplessa resa, in cui lui si rassegnava a non capire nulla dello strano e contorto modo di pensare di lei.



Si ravviò i capelli con un gesto veloce, facendo ondeggiare i boccoli che le lambivano il viso, poi esaminò l'ambiente intorno a sé, circospetta:



«...e poi ti ho assunto come guardia del corpo, non per farmi da padre ultra protettivo.» si voltò di botto verso di lui, puntandogli un dito « Ho detto tranquillo!»



Cloud trattenne il respiro e con molta, molta difficoltà distese anche i muscoli delle braccia e delle gambe.



« Almeno non correre troppo lontano da me.» si concesse di aggiungere, con tono deciso. Lei annuì, soddisfatta, seguendolo mentre si addentrava a passo sostenuto nel labirinto confuso del mercato.



« Se rimango indietro e tutta colpa tua che hai le gambe lunghe, Cloud.» gli fece notare tranquillamente, già accelerando l'andatura per stargli dietro.



Accidenti, Strife. l'ex-SOLDIER si passò silenziosamente una mano sul volto, assicurandosi un'ultima volta che nessuno stesse guardando Aerith in maniera poco decorosa Come hai potuto permettere che lei si cacciasse in questo maledetto guaio?



Era una fioraia dei bassifondi di Midgar che inciampava nella polvere, non aveva paura di nulla, si lasciava spintonare dalla folla e si buttava a capofitto in missioni di salvataggio improvvisate; si gettava in pasto ai malavitosi per il bene di una persona che non aveva visto che di sfuggita - in piedi sul retro di un carro - e a cui teneva solo perché era Cloud - un ex-SOLDIER precipitato nella mezzo della sua piantagione di fiori e con cui aveva condiviso poco più di una giornata e mezzo - a tenerci in qualche modo.



La vide di sfuggita, alle proprie spalle, mentre si guardava attorno con aria speranzosa e determinata, ignorando gli idioti butterati che le passavano vicino fischiando o facendo apprezzamenti poco gentili. A meno che non sollevasse la Buster e attirasse l'attenzione più del necessario sventrando una di quelle catapecchie, purtroppo non poteva far in modo che tutti le togliessero gli occhi di dosso solamente con l'ausilio di febbrili occhiate assassine.



« Calmati e cerchiamo Tifa.» ripeté lei, severa, infilzandogli la schiena con il dito puntato « Tifa!»



Cloud si arrese ad una passiva sopportazione, rimanendo all'erta, cercando di non darlo a vedere. Anche se fu costretto ad afferrarla al volo un paio di volte per impedire che cadesse accidentalmente su delle insegne al neon sistemate di traverso sulle lamiere, guadagnandosi dei ringraziamenti sereni e sinceri assieme ad occhiate verdi che lo ammonivano di aver appena sprecato mezzo secondo del suo tempo prezioso a preoccuparsi per lei.



Cloud cercò di concentrarsi su Tifa, anche se la sua mente era divisa perfettamente a metà: da una parte l'amica caduta in mano di non sapeva neppure chi - e non aveva la giusta pazienza per fare ipotesi - dall'altra Aerith che lo rincorreva, impacciata dal vestito stretto.



Quanto poteva essere difficile essere la guardia del corpo di una ragazza del genere?



Probabilmente era il compito più assurdo e difficile che avesse mai accettato, sin da quando era diventato mercenario.


 



(***)




 


Nota dell'autrice: 

Grazie a Youffie per il suo supporto morale/stilistico :D 

Questa fanfiction è relativamente vecchia, l'ho scritta nel 2008 xD Come quasi ogni mio lavoro è una storia nata per essere one-shot e poi in seguito suddivisa in capitoli per facilitare la lettura.

E' per Light <3 Spero che la possiate gradire questo capitolo e anche i seguenti nonostante la loro anzianità

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Capitolo 2
*** Inn//Distraction ***


Inn//Distraction





Guardarono entrambi la proprietaria della locanda con diversi tipi d'imbarazzo stampati in volto. Le guance di Aerith si erano colorate di rossore accennato, ma dal modo in cui arricciava le labbra sembrava stesse già elaborando la giusta maniera per uscire in fretta da quella situazione. Cloud aveva incrociato le mani sul petto e si limitava a fissare la tizia con gli occhi di chi si sente leggermente più disposto a compiere un omicidio senza dover per forza essere pagato: però il fatto che deglutisse senza motivo e che dovesse mettere più impegno nel mantenersi
inespressivo gli dava l'idea che gli stesse succedendo di nuovo quella cosa fastidiosa e sconosciuta. Palese disagio, celato molto abilmente.


« No, signorina, si sbaglia.» Aerith si affrettò a puntualizzare, sporgendosi appena sul bancone « Non siamo...insieme. Lui è...» inciampò a fatica su queste parole «...siamo amici.»



La tizia spostò lo sguardo perplesso prima sul volto arrossato di lei, poi sugli occhi luminosi ed rannuvolati di lui, resistendo al suo cipiglio giusto qualche secondo prima di aprire bocca per rivolgersi di nuovo a quella fra i due che sembrava più disposta al dialogo.



« Oh, scusatemi.» si giustificò veloce la proprietaria, iniziando a giocherellare in un riflesso nervoso con la matita spuntata che se ne stava adagiata fra i suoi capelli, dietro il padiglione auricolare « Devo aver frainteso.» farfugliò qualcosa mentre fingeva di sistemare delle cartacce sul suo bancone sbrecciato.



Aerith si rilassò, tornando composta e tranquilla al suo fianco. In fin dei conti non era successo niente di così terribile, erano solo stati scambiati per una coppietta di innamorati in cerca di un luogo appartato in cui passare la notte. Era solo stata offerta loro una camera con un letto a due piazze, per sbaglio.



Lo sguardo di Cloud divenne ancora più penetrante e la proprietaria accelerò il ritmo con cui spostava e strappava cartacce ingiallite. L'impressione era che quello strano uomo dai capelli biondi potesse piombarle addosso da un momento all'altro, impugnando quell'enorme spada dall'aspetto decisamente pesante. E la cosa ancora più spaventosa, a parte il taglio dei suoi occhi, era che camminasse perfettamente diritto nonostante quell'affare smisurato gli gravasse sulle spalle.



«...allora, cosa posso fare per voi?» azzardò ancora la donna, evidentemente nel panico.



Cloud batté velocemente le palpebre, spostando appena lo sguardo su Aerith. Gli aveva afferrato un polso e lo stava stringendo fra le dita con tutta la forza di cui pareva essere capace, squadrandolo bieco con un cipiglio che sembrava gridargli smettila di fissarla in quel modo! Si starà convincendo che tu voglia ucciderla!



Cloud obbedì con un po' d' esitazione, ma guardò altrove. Aerith sfoderò verso la proprietaria il migliore dei suoi sorrisi:



« Vogliamo solo riposarci per la notte, quindi una doppia va bene. Due letti separati. Se ne avete libere.» postillò, guardandosi attorno con aria perplessa. Niente sembrava turbare Aerith più di tanto. Lei diceva ci sono abituata. Sono cresciuta qui. Cloud annuiva silenziosamente con fare remissivo, pensando nel frattempo che questo non avrebbe cambiato niente (e che quindi avrebbe continuato a comportarsi come voleva - proteggendola - e preoccuparsi per lei quasi quanto per Tifa.)



La donna al bancone sembrò stranamente contenta ed impaziente di dare loro una stanza qualsiasi e di levarseli in fretta di torno, dopo aver intascato il pagamento anticipato - dieci gil che Aerith aveva insistito a pagare, facendo alterare Cloud molto più di quanto lui desse effettivamente a vedere -



Quando poi si chiusero nella minuscola camera doppia, si ritrovarono davanti ad un solo squallido giaciglio con la trapunta rattoppata. L'altro letto non era un letto, ma un materasso con una molla scoperta che spuntava dall'imbottitura, sistemato alla meno peggio su di una branda arrugginita. Il tutto ben stipato in un angolo invaso dalla muffa - una florida piantagione di funghi d'umido - dove una finestrina con il vetro crepato mostrava una squallida visuale del Settore 6.



Cloud sobbalzò nel rendersi conto che della gente accampata là fuori - esattamente in corrispondenza di quella maledetta finestra - aveva già iniziato ad avvicinarsi incuriosita, magari decidendo che quel quadrato di vetro sarebbe stato il loro intrattenimento da lì al sorgere del sole. Cloud si avventò sulla finestra, abbassando in un solo gesto sia le tapparelle divelte che le tende mangiate dalle tarme. Deglutì di un pacato sollievo, almeno forse in quel modo Aerith poteva dormire senza sentirsi osservata anche di notte. Poi, quando si voltò nuovamente verso di lei, la vide seduta sulla brandina - tastando il materasso come se stesse valutando l'idea di dormirci - e a quel punto gli salì di nuovo il sangue al volto.



« Ovviamente stai scherzando.» disse, riattraversando il misero metro quadro di stanza per andarle vicino.



Aerith lo guardò con gli occhi grandi come piattini:



« Io?»



« Alzati.» le ordinò, con tono più brusco del necessario, muovendo un gesto rapido in direzione del vero letto « Lì.» non capiva il motivo per cui quella discussione fosse anche semplicemente iniziata.



Aerith corrugò la fronte in un'espressione decisa, piantando i piedi per terra:



« Dovresti lasciare che le pulci ti succhino il sangue fino a prosciugarti solo perché io mi vesto di rosa?» ribatté, sempre quel filo più combattiva di quanto fosse giusto, dal punto di vista di Cloud.



« Non fare storie.» la interruppe, parecchio acido, indicando con più vigore il letto « Tu dormi dove io decido.»



« Non credo proprio,...ehi!» le sue lamentele ed il suo dimenarsi non impedirono a Cloud di avvicinarsi e di passare le braccia dietro la sua schiena e nell'incavo delle ginocchia; la spostò di peso sul materasso duro ed asciutto, depositandocela sopra come fosse un prezioso e fragile soprammobile di vetro. Aerith fece appena in tempo a ricomporsi, tirandosi i lembi del vestito sulle gambe scoperte:



« Cloud, ma per chi mi prendi? Sono capace di camminare da sola!» protestò, sporgendosi oltre il bordo del letto « e soprattutto, sono abbastanza responsabile da capire quale sia il modo migliore per...!»



Cloud la ignorò, voltandole le spalle, sollevando la Buster e poggiandola in bilico sul muro, vicino all'asta che Aerith aveva già depositato là vicino. Si sfilò anche la borsa delle Materia e la lasciò cadere sul pavimento, un attimo prima di sedersi sulla brandina. Scivolò sull'imbottitura bitorzoluta fino a poggiare la schiena contro la parete e a quel punto intrecciò le braccia sul petto, assumendo una postura statica che lo faceva assomigliare più ad una statua che ad un essere umano. Non si sarebbe più mosso di lì.



Aerith protestò ancora per qualche istante, guardandolo con gli occhi verdi pieni di determinazione, ma poi sospirò e le si incurvarono le spalle.



« Sei un uomo insopportabile, Cloud.» decise, gattonando fino al bordo del letto e poi inciampando appena nel vestito quando ci si mise seduta. Lo disse con tono rassegnato e con una nota canzonatoria che dava l'idea che in fondo non ci credesse affatto.



Poi Cloud vide che stava iniziando a sciogliersi la treccia e prese a fissare molto intensamente la molla che squarciava il suo materasso.



« Non sbirciare, razza di maniaco!» Aerith lo sibilò con un accento di malcelato divertimento nella voce, mentre tirava il separè bucherellato in fondo alla stanzetta e si passava una mano fra i capelli mossi. Cloud, davvero, pensò che non l'avrebbe capita mai.



Maledetto bugigattolo pieno di ragnatele. Una donna non poteva neppure spogliarsi in santa pace senza temere che qualcuno la spiasse di nascosto. Cloud si concentrò con maggiore interesse sul metallo a spirale.



Aerith poteva star certa che lui non avrebbe smesso un solo istante di vegliare su di lei.



...maledizione, Tifa è...! Fu un pensiero d'urgenza che gli arrivò nell'eco di quelli rivolti ad Aerith, proprio mentre la sentiva camminare a piedi nudi - a piedi nudi! - e rifugiarsi sotto le coperte.



« Ora puoi guardare.» annunciò, tranquilla. Cloud sollevò gli occhi lentamente e vide che sotto quella trapunta enorme spuntava solo il suo volto ovale carezzato dai lunghi capelli sciolti. Sentì l'inspiegabile ed improvviso bisogno di guardare altrove, anche se ormai lei era al sicuro da qualsiasi occhiata indiscreta. Gli sembrava di pretendere troppo.



Ci fu qualche istante di silenzio; Aerith batteva le palpebre lentamente, avvolgendosi sempre più stretta nella coperta, mentre ciocche di capelli si distendevano disordinatamente sul cuscino. Un lungo cerotto le copriva la pelle appena sotto lo zigomo, a nascondere un graffio abbastanza brutto che si era fatta cadendo in avanti quando un tizio l'aveva malamente urtata in mezzo alla strada. Aveva rifiutato orgogliosamente l'aiuto di Cloud e si era curata da sola, usando una delle Materia che aveva preso in prestito.



L'ex-SOLDIER le studiò il volto con un nuovo, tenero interesse, mentre coglieva nei suoi lineamenti una stanchezza estrema che le impediva di tenere gli occhi aperti.



Aerith correva e cadeva, si rialzava, faceva qualche altro passo e lo raggiungeva di nuovo, senza mostrare alcun segno di affaticamento. La scrutò attentamente, credendo quasi che quel semplice contatto fra i loro occhi - perché pure i suoi, verdissimi, lo guardavano di rimando, anche se spesso le palpebre pesanti li nascondevano per lunghi momenti - potesse aiutarlo a capire qualcosa in più di quella ragazza.



« Tu non dormi, Cloud?» domandò lei dopo un po', con la voce soffocata dalla stoffa del cuscino.



Lui batté le palpebre, mettendo a fuoco non solo lei, ma anche tutto il resto della stanza. Le tapparelle e le tende erano immobili.



« Non pensare a me.» rispose, laconico, a voce bassa. Aerith ridacchiò appena, mentre si sforzava di risollevare le palpebre:



« Ehi, SOLDIER, se non chiudi quegli occhi che brillano come fari mi terrai sveglia tutta la notte...» lei non lo avrebbe mai ammesso. Non si era fermata un attimo da quando si era alzata quella mattina, vestendosi dei suoi abiti femminili fra le mura sicure di casa sua, aveva corso a perdifiato avanti e indietro nei bassifondi, senza lamentarsi una sola volta. Ora si ritrovava a dormire in una stanza squallida assieme alla sua improvvisata guardia del corpo, inseguendo dei malavitosi, invischiata in una faccenda pericolosa - per lei - quasi quanto lo era stata quella caduta dal reattore per lui.



Cloud modificò appena la posizione delle braccia. Non esisteva una sola scusa al Pianeta che potesse convincerlo a chiudere gli occhi, quella notte. Si era già preparato, immobile com'era sulla brandina - a non staccarle gli occhi di dosso neppure per un istante, sfruttando le percezioni accentuate dalla Materia che ribolliva nelle sue vene per cogliere e soffocare qualsiasi fruscio, qualsiasi scricchiolio, qualsiasi cosa che potesse disturbarla o esporla al pericolo. Una notte di veglia - o due - poteva permettersele. Anche tre. Non era di certo la prima volta.



«...scusa.» non gli venne in mente altro modo per rispondere e si limitò ad abbassare appena lo sguardo.



« Dormi, razza di zuccone in armatura...» lo ammonì, soffocando uno sbadiglio «...non sei preoccupato per Tifa? Domani dovremo svegliarci presto per cercarla.»



Gli tornò di colpo in mente la tranquillità con cui Aerith si era offerta di intrattenere gli zotici che bighellonavano di fronte all'Honeybee Manor mentre lui chiedeva informazioni al tizio di fronte all'entrata. A dire il vero aveva ascoltato e compreso metà di ciò che gli era stato detto e poi si era quasi caricato Aerith in spalla ed aveva voltato l'angolo ricordandosi appena di mormorare un ringraziamento.



Accidenti, Tifa... ! Dove ti hanno rinchiusa? Vorrei solo portare te e Aerith fuori di qui...



« Non riesco ancora a capire il motivo...» bisbigliò, un po' incerto, evitando di guardarla.



« Mmh?»



«...perché sei venuta? Tifa...è una cosa di cui dovrei occuparmi da solo...»



Aerith sbuffò appena; Cloud pensò che se fosse stata più sveglia, allora forse avrebbe iniziato un'altra delle sue offese ramanzine.



« Ci deve essere per forza un motivo?» disse lei, semplicemente, senza aprire gli occhi, con la voce che diventava sempre più lenta « Lei è amica tua e tieni a lei. Lei è in pericolo, è stata portata su di un carro nel posto più terrificante di tutta Midgar, soprattutto per una donna. Dovrei fare l'indifferente?» ma com'era possibile? Cos'aveva in testa?



Cloud scosse il capo come a scacciare pensieri spiacevoli:



« Dovresti rimanere in un posto dove io possa assicurarmi che tu stia bene.» sancì, con decisione, irrigidendosi maggiormente nella sua posizione scomoda, con le gambe incrociate.



« Sei una guardia del corpo molto apprensiva.» lo sgridò debolmente, ma poi sul volto le si disegnò un piccolo sorriso « Non che mi dispiaccia. Ma stanotte dormi, Cloud. Io sto bene.»



Cloud esitò qualche secondo prima di annuire:



«...si.» lo disse con tono convinto, anche se non lo pensava affatto.



«...domani proveremo ad andare alla Mansion del don. Non so se per fortuna o sfortuna, ma il carro aveva le insegne di Corneo...»



«...si.»



Una lunga pausa. Aerith respirava tranquillamente, Cloud la guardava tenendo gli occhi socchiusi per non disturbarla con il bagliore del Mako e per farle credere che in un modo o nell'altro, anche lui stava cercando di prendere sonno. Con gli occhi chiusi, quella ragazza sembrava così indifesa e fragile da non assomigliare neppure lontanamente a quella strana ed incomprensibile creatura che faceva far capriole - d'angoscia, di fredda e asfissiante angoscia - allo stomaco, al cuore ed ai neuroni di Cloud.



«...e guarda di non provare ad imbrogliarmi!» aggiunse lei dopo un po', nel bel mezzo del suo sfinito dormiveglia «...se rimani sveglio me ne accorgerò e allora sarò costretta a cantarti una ninna nanna fino a farti cadere morto stecchito e assonnato.»



«...si.»



Ma poi Aerith si addormentò profondamente, con la sua sagoma confusa sotto le coperte che si sollevava ed abbassava ad intervalli regolari, le labbra dischiuse, mentre la luce del neon si spegneva piano, sfrigolando.



Gli occhi di Cloud rimasero aperti durante tutta la notte, e lei non diede segno di accorgersene.

(xxx)



Nota dell'autrice:
Grazie Necrysia, zack_fair,
grazie the one winged angel, il fatto che tu segua le mie storie con così tanto interesse mi rende davvero felice e
poter leggere puntualmente le tue recensioni è il regalo più bello che tu possa farmi!
Grazie Youffie
Non ho altro da dire! - al prossimo capitolo xD 

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Capitolo 3
*** Purple//Necessary ***


Three; Purple//Necessary


Guardando Aerith come se la vedesse per la prima volta, Cloud trovò estremamente difficile mantenere fermi i muscoli del viso. Sentì le sopracciglia volare in alto fino quasi a congiungersi con l'attaccatura dei capelli mentre tratteneva le labbra serrate con uno sforzo notevole. L'unica parola che riuscì a farfugliare, in un momento di più completo smarrimento, fu un insulso:

« Cosa?»

Aerith confermò le proprie parole annuendo con vigore, senza neppure degnarlo di un'occhiata e poi si voltò frettolosamente dalla parte opposta, facendo segno con la mano al tizio-armadio che se ne stava impettito davanti all'ingresso della Mansion.

Le parole che uscirono allegramente dalle labbra di Aerith suonarono a Cloud come un'orrida nota stonata in mezzo ad una composizione ancora più terrificante.

« Aspetti solo un attimo! Ho un'amica carina che vorrei venisse con me.»

L' ex-SOLDIER si emarginò per due lunghi secondi dal mondo esterno, cercando disperatamente una scappatoia che gli suggerisse che c'era almeno un venti per cento delle possibilità che Aerith avesse effettivamente un'amica carina. Poi gli sembrò che la sua testa fosse stata spaccata in due da un masso scheggiato nello scorgere l'espressione soddisfatta ed impaziente con cui lei lo scrutava.

Si, Cloud, lo sta pensando davvero.

L'amica carina sei tu.

« Aerith...io non...» non fu in grado di articolare alcun pensiero compiuto mentre lei lo trascinava via, aggrappandoglisi al braccio, tranne che forse quella ragazza aveva definitivamente dato da matto.

« Sei preoccupato per Tifa, o no?» gli disse, con le labbra distese in un sorriso e le sopracciglia aggrottate « Quindi muoviti!»

La seguì con entusiasmo leggermente maggiore, guardandola come se fosse appena diventata la cosa più spaventosa ed aliena che gli fosse mai capitato d'incontrare - e forse lo era veramente.

Prima si era proposta di entrare da sola nella Mansion di Corneo per cercare Tifa, dicendoglielo non con il tono di chi chiede il permesso, ma con quello di chi ha già preso una decisione, con la stessa tranquillità con cui avrebbe accennato l'idea di mettere l'acqua nel bollitore per preparargli un tè.

Beh, in quel caso, sorprendentemente, era bastato un "non puoi!" secco a farle abbandonare l'idea. L'idea di andarci da sola.

E' necessario Cloud. Si disse lui, fermo, mentre immagini di Tifa in pericolo e di Aerith - facevano molto male entrambe - gli si conficcavano nel cervello Se solo tu non fossi stato un uomo, saresti entrato con la stessa convinzione.

« E' necessario.» se lo disse con forza, a bassa voce, mentre seguiva Aerith dentro ad un negozio di cui non aveva neppure guardato l'insegna.

Squadrò il proprietario del negozio come se gli stesse per annunciare il giorno preciso e l'ora in cui sarebbe morto, ma poi ne uscì con un semplice:

« Mi cucia dei vestiti.» necessario necessario necessario.

Tornò in uno stato di semi-catalessi mentre ripensava ad Aerith-Tifa-Corneo-Tifa-Aerith-Aerith-Aerith e sentiva che la compagna farfugliava qualcosa di incomprensibile al commerciante, dopo che quest'ultimo aveva detto "Non mi occupo di vestiti da uomo"; si sforzò di non sembrare mortalmente pallido mentre il proprietario gli concedeva l'onore di un vestito fatto su misura, guardandolo da capo a piedi con una divertita curiosità negli occhi. NECESSARIO, NECESSARIO, NECESSARIO.

E poi, mentre, guardandosi allo specchio, si rese conto di avere la gonna - lunga, ampia e viola - al posto dei pantaloni, se lo ripeté con stoica convinzione. Necessario, necessario,  necessario, necessario.

« Come ti sta?» Aerith fece capolino da fuori al camerino di prova, affacciandosi oltre la tenda.

Cloud si sforzò di non arrossire come un perfetto idiota. Ma dopotutto non aveva ancora capito come diavolo abbottonare tutta quell'infinita fila di occhielli che il vestito - vestito...- si ritrovava sul davanti.

Aerith sbuffò d'impazienza e si infilò dentro, ordinandogli di sollevare le braccia e di stare fermo, mentre le sue mani già lisciavano la stoffa sulle sue spalle larghe, sui suoi fianchi dritti e sul suo torace piatto.

« W...Woah, che diavolo..?» a Cloud sfuggì un mugolio d'irritazione e disagio che non era certo di riuscire a nascondere perfettamente.

« Stai fermo, razza di testone. Ti sei infilato il corpetto al contrario.»

A quel punto Cloud perse completamente la capacità di intendere e di volere. Si fece vestire docilmente da Aerith e la lasciò fare quando iniziò ad unire i bottoni e le asole lungo la sua schiena. Ignorò i suoi commenti riguardo al dover mettere una qualche imbottitura da qualche parte (necessario, necessario), al dover trovare un bel fiocco rosso con cui completare l'opera, magari per poterglielo legare sui fianchi e nascondere quanto fossero maledettamente piatti (necessario, necessario, necessario) e all'idea che un po' di trucco non avrebbe fatto male (mai stato così tremendamente necessario!)

Poi si guardò timorosamente allo specchio, distogliendo gli occhi un attimo dopo perché avrebbe semplicemente preferito non essere ferito nel suo orgoglio più di come lo era già.

Aerith lo studiò per qualche istante, pensosa, poi si batté un pugno sul palmo di una mano:

« Ti serve una parrucca, Cloud. A quel punto saresti perfetto!»

Cloud annuì debolmente:

«...si.»

Si levò di dosso quella roba quasi con gratitudine, uscendo da quel camerino sacrilego in fretta e furia. Si stava già avviando verso l'uscita del negozio, grato di potersi lasciare alle spalle almeno per alcuni minuti quella terribile necessità, quando sentì che il proprietario, il sarto che gli aveva cucito il suo vestito viola, accennava ad Aerith qualcosa riguardo una palestra, parrucche e gente come lui.

Si voltò meccanicamente verso Aerith, seguendola con gli occhi spalancati ed immobili mentre gli si affiancava ed usciva dal locale.

«... Aerith...» iniziò «...cosa gli hai detto? Che voleva dire...» fece una pausa «..."gente come me"?»

Aerith tirò su con il naso e gli rispose con un sorriso.

« E' importante? Ora abbiamo un vestito grazioso!»

Cloud si schiarì lentamente la voce, seguendola.

Era necessario. Necessario. Non avrebbe mai più visto quelle persone fino a che non fosse morto.

Dopo meno di due ore, la graziosa amica di Aerith era pronta.

Cloud si guardò per un istante allo specchio del camerino prima di uscire. Ora aveva dei serici capelli biondi che gli ricadevano in trecce sulle spalle, un petto davvero molto più gonfio del solito. Non ebbe la pazienza di guardarsi negli occhi per studiare quanto rosse e carnose fossero diventate le sue labbra.

Bene, Cloud, si disse mentre immetteva aria nei polmoni, un attimo prima di spostare la tendina e mostrare al mondo il suo nuovo ridicolo essere donna Lo fai per Aerith e Tifa. Sei in grado di sopravvivere ad una cosa del genere.

...Lo sei, vero?

Quando Aerith lo vide, imbellettato e truccato, tanto irriconoscibile da sembrare davvero grazioso come avrebbe dovuto essere un'amica, l'unica cosa che gli disse fu:

« Cammina in maniera più carina, signorina Cloud.»

Poi però fu lei a sparire dentro quel camerino, afferrando frettolosamente un vestito di seta rossa ed una scatola di scarpe, intimando ai presenti di non sbirciare - esattamente come aveva fatto la sera prima.

Cloud la attese lì fuori, immobile, cercando di non fare caso al proprietario che lo fissava come ad ammirare un'insolita, ma non per questo meno bella, opera d'arte.

Gli avevano addirittura trovato delle scarpe di broccato VIOLA che gli calzassero a pennello: gli piantavano i piedi per terra, facendolo sembrare due spanne più basso nel normale. Continuò a sostenere gli sguardi con le braccia tese e le mani congiunte sulla gonna del vestito - erano movenze comprese nel "cammina in maniera più carina" di Aerith -, pensando che non si era mai sentito così disperatamente idiota come in quel momento.

Poi lei fece scorrere gli anelli della tendina sul tubo di metallo ed uscì dal camerino facendo ticchettare sul legno graffiato delle graziose scarpette bordeaux i cui lacci le si avvolgevano armoniosamente attorno alle gambe magre.

La guardò sentendosi incapace di distogliere lo sguardo mentre faceva una piroetta su sé stessa, in una danza a mezz'aria che aveva confuso i suoi capelli sciolti con gli svolazzi rossi e bianchi del suo abito brillante di payette.

« Come sto?» domandò ingenuamente, rivolgendosi alla sua amica Cloud.

Lui la fissò intensamente ancora per qualche istante, poi scosse il capo in disapprovazione, senza dire una sola parola. Questo la fece sorridere.

Quella ragazza era semplicemente pazza.

La seguì silenziosamente lungo le strade del Wall Market, ignorando le occhiate dei pervertiti che ora non sembravano interessati solo a lei ( per questo inconveniente bastava ricordarsi di essere comunque una graziosa amica che nascondeva due terrificanti occhi Mako sotto la frangetta bionda).

« Devo proteggerti.» decise alla fine, con sicurezza, con il tono incolore di chi non ha intenzione di accettare proteste.

« Sssh, cara, che voce ti ritrovi?» gli sussurrò, posandosi un dito sulle labbra « La voce, Cloud, la voce.»

« Questo non cambia il fatto che io debba proteggerti.» lo disse senza abbassare il tono di voce, né modificarne l'accento. Voleva che le fosse chiaro che quelle parole era CLOUD a dirgliele.

« E' ovvio, cara,» bisbigliò lei, cercando di non scoppiare a ridere fragorosamente - sembrava sul punto di farlo davvero - « dal momento che sei la mia attraente, appetibile formosissima guardia del corpo.»

Cloud si schiarì la voce, fissandola bieco mentre rideva, disegnando una curva morbida con la schiena, i capelli castani a nasconderle il volto mentre le scivolavano dolcemente sulle spalle nude.

Era così...bella, che temeva che se non le fosse stato vicino, allora forse tutti gli uomini di quel maledetto posto le sarebbero saltati addosso senza per forza perder tempo a lanciarle occhiate maliziose. Era così...perfetta in quell'attillato ed elegante abito rosso, che avrebbe preferito dover indossare quell'inutile ed ingombrante gonna fino alla fine dei suoi giorni, pur di non farla entrare nel posto disgustoso verso cui stavano andando.

Lasciò che la risata di Aerith si estinguesse, poi le afferrò forte la mano, nascondendo entrambe nella manica ampia del suo eccessivo abito viola. Aerith lo guardò ammutolendo, una domanda stampata negli occhi messi in risalto da sottili linee nere.

Cloud strinse con più energia le dita di lei fra le sue.

« Non ti allontanare troppo.» bisbigliò, guardando altrove.

Lei non rispose, all'inizio. Poi Cloud la sentì accettare il consiglio con un mugolio sommesso.

Sapeva di non dare granché manifestazione di virilità, stringendole la mano così forte, con addosso quell'abito ridicolo e quella parrucca da travestito. E il fatto di averle afferrato la mano e di averle detto di volerla proteggere, gli fece improvvisamente pensare di essere impazzito quasi quanto lo era lei.

Era un contatto inaspettato ed un po' timido ma sembrò confortare entrambi, tanto che Cloud accelerò il passo, infermo nelle sue ballerine di broccato e lei lo seguì senza difficoltà. Lui avrebbe voluto semplicemente non doverla lasciare mai più.

(xxx)

Nota dell'autrice:
Colgo giusto l'occasione di ringraziare ancora tutti (alicyana, the one winged angel, zack_fair, Necrysia) per le recensioni e per esternare l'amore incondizionato che provo per questo capitolo, nonostante la sua anzianità xD E' la situazione che in assoluto mi ha divertito maggiormente scrivere, complice anche il viaggio psicologico che ho dovuto (piacevolmente) intraprendere nel cranio di Cloud Strife. Perchè, cavolo, amo quel pezzo del Wall Market.

Inoltre, YOUFFIE. So che mi senti. In un certo senso questo capitolo è tuo. Prenditelo e_e
Senza i tuoi commenti nel faticoso ongoing non sarei mai riuscita a crederci davvero.

 

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Capitolo 4
*** Train Graveyard // Beginning of Torture #1 ***


Four; Train Graveyard // Beginning of Torture #1

Il metallo opaco e marcito del treno aveva un odore pungente di ruggine e stantio, e l'interno dei vagoni era permeato di un persistente e soffocante tanfo che ricordava la plastica bruciata, il gasolio e l'acqua stagnante.

Le pesanti gocce di una pioggia violenta entravano obliquamente attraverso le finestre senza vetri, picchiettando sui sedili ammuffiti o sul pavimento corroso dal tempo, infierendo sul cadavere di quel treno immobile da chissà quanti anni.

L'eco del temporale sembrava rintoccare per miglia e miglia, battendo il tempo di un tetro lamento funebre, mentre i suoni delle gocce che s'infrangevano sul metallo si amplificavano e si sovrapponevano. Un lungo ed asfissiante gemito che rimbombava attraverso le carcasse sparse senza criterio sui binari, lungo tutto il cimitero dei treni.

"Sarà una lunga notte." Aveva predetto Tifa, lanciando un'occhiata preoccupata al cielo rannuvolato, mentre si sedeva sul sedile che sarebbe stato il suo giaciglio. Si era stretta in sé stessa ed aveva chiuso gli occhi, poggiando con cautela la testa sul vestito blu appallottolato che le faceva da cuscino di fortuna - tutto ciò che era rimasto di quella disavventura con Corneo: sia lei che Cloud avevano stropicciato i loro abiti come se fossero rifiuti radioattivi di Mako (li avrebbero volentieri buttati via se solo Aerith non avesse fatto notare che magari potevano rivelarsi utili, in un modo o nell'altro.)

Aerith aveva augurato a tutti la buona notte, dicendolo con serenità, sbadigliando appena mentre si copriva graziosamente la bocca con una mano. Era sfuggita ad una manica di pervertiti, era stata sbattuta a tradimento dentro una botola ed era rotolata malamente in mezzo all'acqua fangosa delle fogne; infine si accingeva a trascorrere una notte umida e scomoda dentro lo scheletro puzzolente di una locomotiva, nel cuore dei cimitero dei treni. Il suo vestito rosa aveva macchie d'olio e sporco lungo bordo, mentre la sua treccia si era disfatta senza che lei trovasse il tempo necessario a sistemarla.

Cloud la osservò attentamente mentre chiudeva gli occhi e rimase fermo a studiarle il volto anche per i lunghi silenziosi attimi che seguirono, pensando che veramente continuava a non afferrare quali arcani principi muovessero ogni sua azione.

Si stese supino sul pavimento in mezzo alle sue compagne e si permise di socchiudere gli occhi solo quando si fu accertato che entrambe le ragazze fossero addormentate, ignorando le gocce che battevano appena sopra la sua testa, scorrendo lentamente ad inumidire la divisa.   

Poi la sentì. La riconobbe dal frusciare degli abiti e dall'impercettibile scricchiolio che scosse il metallo marcio sotto di lei. Attese qualche istante, con gli occhi chiusi, cercando di capire quali fossero le sue intenzioni, senza fare caso allo scrosciare della pioggia che era diventato improvvisamente assordante e cercava in tutti i modi di sovrastare i suoi passi leggeri.

Poi la sentì soffermarsi su Tifa: il bagliore della Materia colorò pigramente la superficie buia delle sue palpebre abbassate. Respirò più a fondo, chiedendoselo con insistenza, quasi con rabbia, sentendo un bruciante bisogno di ricevere una risposta che placasse quel disagio che lo assaliva. Perché, perché, perché? Perché lo fai, Aerith?

« Io non ti capisco.» annunciò, senza sollevare le palpebre, quando la sentì avvicinarsi ed accovacciarsi su di lui. Lei sobbalzò, immobilizzandosi nell'atto di tendere le mani sul suo capo, il respiro mozzato ed in volto l'espressione basita di chi è consapevole di essere stato appena colto con le mani nel sacco. 

Poi Cloud aprì velocemente gli occhi, le fece battere un paio di volte le palpebre incontrando i suoi, verdi e grandi. Aerith ritirò in fretta le mani, quasi a volerle nascondere fra le pieghe del vestito.

« Eri sveglio?» domandò, con una certa tranquillità ed un sincero stupore nella voce.

« Non riesco a dormire se so che tu sei sveglia.» ribatté Cloud, del tutto inespressivo. Non mi serve un maledetto Energia. Voglio solo che tu...

Cloud la guardò mentre sorrideva, un sorriso del tutto spontaneo.

« Volevo solo aiutarvi a dormire meglio.» si interruppe un attimo prima di aggiungere, con voce leggermente meno limpida ed una luce incomprensibile negli occhi - qualcosa che mescolava tristezza, rimprovero e gratitudine - « Tu...» affondò le mani nel vestito, premendosele sullo stomaco «...hai perso molto sangue mentre...» lasciò la frase incompleta.

Cloud rimase qualche istante soprappensiero, poi gli tornò in mente, con un flash, la ferita piuttosto profonda che gli aveva segnato il fianco quella mattina, quando aveva deviato con la Buster - e con il proprio corpo, a dire il vero - l'attacco di un Eligor piuttosto agguerrito che stava calando su Aerith. Gli venne da roteare gli occhi per l'esasperazione. Aveva smesso di pensarci nello stesso istante in cui la ferita aveva smesso di dargli fastidio e non c'era neppure stato bisogno di usare le Materia - nonostante le proteste di Aerith e Tifa. Gli era capitato di perdere molto più sangue a causa di ferite molto più gravi, ma il Mako aveva fatto la sua parte e non ne aveva mai risentito più di tanto.

« Cerca di prenderti cura di te stessa, per una volta.» le bisbigliò, senza battere ciglio, facendole segno di sollevarsi « Ora l'unica cosa che puoi fare per farmi stare meglio è stenderti e dormire.»

Poi lei rimase in silenzio, con gli occhi bassi e una linea di desolazione nel volto. Per la prima volta da cui l'aveva conosciuta, a Cloud parve che lei stesse esitando, che si sentisse del tutto disorientata, che non riuscisse a scegliere quali gesti compiere o quali parole usare.

Non ti capisco, Aerith.

Vorrei disperatamente comprenderti.

La seguì con gli occhi mentre annuiva con aria rassegnata e si distendeva di nuovo sul metallo, augurandogli di riposare bene con voce più fioca.

Un'altra notte insonne per lui, un'altra notte per vegliare su di lei ed assicurarsi che stesse bene. Avrebbe continuato a stare sveglio, tutte le volte, se si fosse rivelato necessario.

 

(***)

 

Cloud non sapeva come e perché Aerith riuscisse a trascinarlo in situazioni così assurde; non capiva neppure perché lui non sapesse opporsi in alcun modo, anche quando tutto il suo essere gli gridava a gran voce che ciò che stava per fare avrebbe ferito mortalmente ogni residuo di orgoglio che poteva essergli rimasto dopo essersi infilato quello splendido corpetto viola.

Era entrata nella sua stanza d'albergo con un grande sorriso sornione stampato sulle labbra. Allarme.

« Che ne dici di un appuntamento?»

Gli occhi di Cloud brillarono (per lo sgomento):

« Come?» Il sorriso di lei si fece ancora più grande. Cloud deglutì rumorosamente. Purtroppo Aerith non poteva essere fermata: quando il suo conto alla rovescia iniziava a far scorrere i secondi, non c'era modo di disinnescare l'esplosivo. E lui sarebbe saltato in aria: sapeva che non avrebbe in alcun modo trovato la forza necessaria per allontanarsi da lei.

« A-P-P-U-N-T-A-M-E-N-T-O!» sillabò Aerith, sollevando un dito a mezz'aria, mentre la sua espressione diventava di colpo perplessa «...non vorrai dirmi di non averne mai avuti prima...?» lo bisbigliò con gli occhi sgranati, come se fosse quasi del tutto convinta che invece la sua risposta sarebbe stata - umiliante e - affermativa.

Cloud cercò in fretta un appiglio che gli permettesse di sgusciare più o meno abilmente alla larga da quella domanda, frugando nei più reconditi e bui recessi della sua mente per spolverare ricordi che riguardassero quel genere di cose.

Appuntamenti. Un SOLDIER non aveva tempo per sciocchezze di quel tipo. Una guardia del corpo ne aveva ancora meno.

Eppure ora Cloud la stava seguendo, anzi, si stava facendo trascinare da lei, stava cercando di starle dietro mentre lei si avventurava fra le luci abbaglianti del Gold Saucer, sparendo momentaneamente alla sua vista e riapparendo qualche istante dopo, chiamandolo, per accertarsi che non stesse fuggendo.

Per qualche momento fugace Cloud si sentì propenso a scegliere l'idea di girare i tacchi e andarsene, ma gli bastò incontrare ancora lo sguardo entusiasta di Aerith per cambiare -momentaneamente - idea. 

Si passò una mano fra i capelli non appena risbucò, frastornato, dal tunnel che lo aveva condotto - in un lungo e ripido scivolo che non sembrava mai avere fine - dall'atmosfera cupa e gotica dell'hotel alla luminosa e quasi accecante Station Square. Deglutì con forza, cercando di ritrovare l'equilibrio, poi cercò immediatamente Aerith con gli occhi. La vide, spensierata e radiosa, mentre zampettava verso la mappa centrale del Gold Saucer.

Grugnì appena, sbattendo le palpebre. Neppure Barrett o Cid erano rimasti impassibili dopo essere scesi lungo quello scivolo vertiginoso, anzi, il vecchio barbuto aveva trattenuto un'imprecazione ed un conato di vomito, mentre Vincent - persino Vincent- si era massaggiato la testa ed aveva impiegato qualche istante e riordinare le idee.

Lei no. Lei ridacchiava ogni volta che si lanciava in quei tunnel colorati di neon, ed alla fine si rialzava con la stessa identica espressione divertita stampata sulle labbra.

Cloud scosse il capo, raggiungendola.

« Dove vuoi andare?» le domandò con un fil di voce, osservandola mentre esaminava con occhio incerto e critico la mappa luminosa che riportava tutte le attrazioni del parco divertimenti.

« Mmh, non saprei...vorrei provare tutte le Square...» lo disse quasi soprappensiero, picchiettandosi il labbro inferiore con la punta dell'indice. Cloud rimase in silenzio, lasciando che fosse lei a decidere:

« Andiamo dove vuoi tu...» nel frattempo iniziò a contare quanti fossero esattamente i tunnel scivolosi in cui si sarebbe dovuto avventurare per ogni spostamento fra le Square.

...sarebbero stati comunque troppi - in ogni caso - per il suo stomaco già provato dal cibo semi-avariato che gli avevano servito al ristorante del Ghost Hotel.

« ...ehi, Cloud, non ti senti bene?» l'ex - SOLDIER sollevò gli occhi di scatto, senza accorgersi minimamente dell'espressione sofferente che aveva impressa in faccia. Aerith lo guardava con le mani dietro la schiena, le sopracciglia inarcate in una maschera che mescolava preoccupazione ed una leggera perplessità.

«...eh?» Cloud quasi si maledì per la propria inettitudine; era assurdo che non fosse stato in grado di rispondere in maniera leggermente più intelligente.

« ...fai paura.» gli occhi di Aerith si fecero più grandi « Non guardarmi in quel modo.»

Ancora. Cloud forzò ogni muscolo facciale nel vano tentativo di assumere un'espressione più tranquilla. Non capiva per quale motivo sentisse la necessità di mettere Aerith a proprio agio, e da dove venisse quella forza sconosciuta che lo spingeva addirittura a tentare - pateticamente - di ammorbidire il cipiglio.

Impossibile. Gli angoli della bocca rimasero ostinatamente piegati verso il basso, in due curve che sembravano scolpite nella pietra.

« Sto bene.» concluse, distogliendo lo sguardo mentre si accorgeva che i suoi difficoltosi tentativi non stavano portano a nulla di rassicurante. Per un attimo sentì quelle cosce di Cocatolis - non sapeva dire se fossero arrostite o semplicemente decomposte - che erano state la sua cena improvvisare una sorta di gara ai salti mortali nel suo stomaco. Maledetti tunnel di Gold Saucer.

Cloud Strife. Incapace. Idiota.

Aerith sospirò appena, voltando gli occhi:

« Forse allora non vuoi davvero uscire con me...»

« Non dire sciocchezze.»

Aerith si voltò di scatto, gli occhi spalancati, la bocca dischiusa.

« Andiamo dove vuoi.» Cloud lo disse con il tono autoritario con cui avrebbe imposto un ordine a dei subordinati « Scegli e ti ci porto...» fece una pausa nella quale tentò di addolcire il tono « Possiamo stare fuori anche fino all'alba.» centesimo tentativo fallito.

Aerith rimase a guardarlo per ancora qualche attimo, immobile, e Cloud desiderò ardentemente per quei due secondi di poter entrare nella testa di quella ragazza.

Poi lo sguardo di Aerith si addolcì.

« Sei davvero un uomo rozzo, Cloud.»

Cloud le restituì lo sguardo per un solo istante, poi intrecciò le braccia sul petto concentrando tutta la propria attenzione sulla mappa al neon del Gold Saucer. Sentiva che se l'avesse guardata negli occhi per un solo attimo in più, avrebbero anche potuto cedergli le gambe. Deglutì e l'unica cosa che riuscì a dire fu un laconico:

« ...dove andiamo?»

Lei sorrise e si chinò appena per cercare il suo sguardo: quando finalmente lo incrociò, Cloud si sentì per l'ennesima volta l'uomo più inadatto e fuori posto dell'intero Pianeta.

« Event Square!»

(xxx)

Nota dell'autrice:
Stavolta non ho proprio nulla da dichiarare, oltre che ringraziare ancora i gentilissimi recensori che fanno entrare un raggio di sole nella mia stanza buia xD Grazie per avermi seguita fin qui <3

E l'annuncio è il seguente: il prossimo capitolo sarà l'ultimo.

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Capitolo 5
*** Torture #2 // Promise - END ***


Torture #2 // Promise - END





« Congratulazioni! Siete la centesima coppia di oggi!» Cloud si fermò solo dopo che Aerith lo ebbe prontamente afferrato per un braccio. Avrebbe volentieri continuato ad avanzare come se niente fosse, facendo finta di non aver sentito.



Un tizio all'entrata della Event Square li aveva appena scambiati - di nuovo - per una coppietta di innamorati. Questa volta Aerith non sembrava intenzionata a negare la cosa in alcun modo, nonostante Cloud continuasse a lanciare occhiatacce assassine allo strano copricapo a forma di pennuto giallo che l'animatore portava in testa.



E guardando le piume di plastica di quell'ingombrante cappello, Cloud si ritrovò a pensare che, in fin dei conti, quel malinteso non poteva portargli granché fastidio, e che avrebbe potuto tranquillamente continuare per la propria strada - con Aerith - come se niente fosse.



« In quanto centesima coppia....»



Cloud spostò di colpo lo sguardo dritto negli occhi dell'intrattenitore, improvvisamente allarmato.



«...sarete i protagonisti dello spettacolo di stasera!»



«...cosa?» la domanda di Cloud si ridusse ad un sibilo di completa disperazione.



L'animatore sorrise in maniera affabile, e le ali gialle e sintetiche di quel suo osceno copricapo si gonfiarono come se appartenessero ad un vero Chocobo:



« Non è niente di difficile, signore, non si preoccupi.» il pennuto sulla sua testa spalancò il becco mentre lui allungava un braccio verso il palco, anch'esso circondato ovunque da grassi e panciuti uccelli dorati « Faccia e dica semplicemente quello che le viene in mente, ed il resto del cast si adatterà di conseguenza!»



L'espressione con cui Cloud rispose a quelle parole era di pura angoscia.



Che ACCIDENTI di sistema sarebbe questo...? Andando a tentoni alla ricerca di una possibile via di fuga, si voltò titubante verso Aerith, che se ne stava sorridente al suo fianco. La cercò con gli occhi, sperando in una sua parola che potesse giungere in salvo dell'unico briciolo di dignità rimastogli.



Aerith si limitò a battere velocemente le mani, entusiasta:



« Sembra divertente!» lo afferrò di nuovo per un braccio, le gote arrossate per l'eccitazione « Proviamo, Cloud! Quando ci ricapita? Dai!»



...ma in fondo non poteva sperare in nulla di diverso.



Lei era pur sempre Aerith, l'aliena in abito rosa.



Cercò di mascherare il disagio mentre annuiva debolmente e sibilava:



« ...andiamo...», poi si rifiutò di calcolare razionalmente le proprie azioni mentre scendeva assieme a lei le scale degli spalti che lo avrebbero condotto al prossimo supplizio.



 



(***)



 



Aerith osservò la sua opera ancora per qualche istante, chinando il capo prima a destra e poi a sinistra, poi, soddisfatta, mugolò qualcosa mentre si rimetteva diritta e tappava il tubetto di rossetto che aveva in mano.



« Ho finito! » annunciò, a voce alta, alzandosi in punta di piedi.



Cloud rimase stoicamente con gli occhi chiusi, seduto a gambe larghe sulla sedia, le braccia incrociate sul petto. Sentiva il tramestio provocato dagli attori che si preparavano ad entrare in scena, ma tentò di ignorarli. Se solo non fosse stato per Aerith, non avrebbe messo piede in quel camerino, dietro le quinte, neppure se gli avessero offerto una ricompensa in gil. Se solo non ci fosse stata lei, nessuno sarebbe passato vicino a loro informandoli del fatto che sarebbero dovuti entrare in scena tra pochi minuti.



E avrebbe preferito davvero non dover aprire gli occhi per guardarsi allo specchio e scoprire cosa quella ragazza avesse combinato sulla sua povera faccia.



Aerith rimase in silenzio per qualche istante, quasi perplessa:



« Ehi, Cloud, ora puoi aprire gli occhi, sai? Ho finito.»



« ...preferirei non vedere...» ammise, dopo un attimo, sistemandosi in una posizione leggermente più comoda sulla sedia.



« Oooh, dai!» protestò lei, dandogli una leggera scrollata alle spalle « Siamo qui per divertirci!  Non fare il musone come tuo solito!»



Un sopracciglio di Cloud  si inarcò sui suoi occhi chiusi, in silenzio. Rimase zitto e fermo a riflettere per giusto qualche secondo, prima di arrendersi e dischiudere le palpebre.



Quella notte apparteneva ad Aerith, ormai era inutile. Gliela stava regalando. Si era lasciato trascinare e sapeva benissimo che per quanto provasse, non sarebbe mai riuscito a sfuggirle. Tanto valeva non opporsi e assecondare quella sua arcana allegria.



Il trucco che Aerith si era proposta di fargli doveva trasformarlo in un principe azzurro leggermente più credibile di quanto potesse sembrare indossando gli scarponi e la divisa viola della SOLDIER. Ma quello che Cloud vide riflesso nello specchio gli ricordò pericolosamente ciò che aveva visto quel fatidico e nefasto giorno al Wall Market, nella bottega del mercante di abiti. Trasse un respiro molto profondo e deglutì pazientemente, mentre riabbassava con lentezza le palpebre sui suoi occhi azzurri, in una silenziosa e garbata rinuncia. Per un attimo il Cocatolis sembrava aver dato dimostrazione di qualche altro articolato numero di tip tap prima di estinguersi definitivamente.



« Che ne dici allora?» canticchiò lei, mettendosi a sedere graziosamente sul bordo del tavolo stretto del camerino, davanti allo specchio.



«...mi sembrava di aver capito...di dover interpretare il principe...che salva la principessa.» pronunciò quelle parole con voce rauca, con la stessa convinzione con cui - Grazie al Pianeta, abbastanza tempo prima perché potesse fingere che non fosse mai accaduto - aveva farfugliato una risposta affermativa ogni volta che quel pervertito di Don Corneo aveva indagato riguardo l'interesse che quella "carinissima gattina bionda" provava nei confronti dell'ammasso di lardo che rotolava fra le coperte di seta rossa. Rabbrividiva ancora, ogni volta che ripensava a quei pochi istanti che aveva passato da solo nella stanza di quell'uomo.



Ed allo stesso modo, lo percorreva un brivido di soddisfazione quando però gli tornava in mente la faccia terrorizzata e sudata di Corneo mentre, dal bordo del suo schifosissimo letto, lui e Tifa gli avevano fatto sputare l'anima, le informazioni e lo avevano fatto temere ardentemente per tutto ciò che conservava con devozione fra le sue gambe grasse.



Per un attimo gli balenò in mente il ricordo vivido di quel giorno, quando Aerith, con una luce terrificante ad illuminarle gli occhi, aveva piantato il piede sul bordo di quel letto ed aveva sibilato "...te li taglio!" con una durezza ed una decisione che non avevano avuto nulla da invidiare a quelle dimostrate da Tifa e da Cloud stesso.



L'ExSOLDIER sbuffò ancora, scuotendo appena il capo, contrariato.



Riporterò questa ragazza da sua madre. Lo farò appena ne avrò l'occasione. E' quello il suo posto...



« Ehi!» Aerith lo picchiettò su di una guancia « Non azzardarti a dire che trucco male!»



Cloud dischiuse appena un occhio: lei lo fissava tenendo un broncio accennato, le sue spalle e la sua lunga e spessa treccia castana che si riflettevano sullo specchio dietro di lei.



«...non l'ho mai detto.»



« Ecco. » lei annuì con decisione, poggiando entrambe le mani sul bordo del tavolino su cui era seduta, stringendosi nelle spalle, mentre faceva dondolare nel vuoto le gambe appena scoperte dallo spacco del vestito « Se dovessi essere una principessa in pericolo, non accetterei che mi venisse a salvare un principe scontato.» rimase un attimo zitta, riflettendo sulle sue stesse parole, poi scoppiò in una risatina « Non che un principe vestito da SOLDIER sia un partito così scontato, certo...»



Cloud la osservò per qualche istante, con la coda dell'occhio, tenendo le palpebre semi abbassate. A lei non serviva certo il trucco per sembrare una principessa. Era già fin troppo bella, senza fronzoli e stratagemmi fatti di ciprie e tinture brillanti.



Una ragazza giovane, minuta ed indifesa che non poteva sopravvivere senza che qualcuno la soccorresse nei momenti di pericolo. Era l'idea che lei dava, quando si muoveva così graziosamente nel suo abito, incespicava e maneggiava impacciata la staffa, come se fosse un'arma finita nelle sue mani per puro caso.



Cloud ormai sapeva benissimo che, per quanto si sforzasse di proteggerla fino allo stremo, in Aerith non si incarnava alcuna principessa da salvare.



« Dopo vorrei andare al Wonder Square...ti dispiace?» domandò lei, alzando lo sguardo verso di lui, con un po' di timidezza. Cloud annuì richiudendo gli occhi:



« Ci andiamo appena finiamo qui.»



« Grazie. Vorrei provare lo zucchero filato di Gold Saucer.»



Cloud annuì adagio, sprofondando maggiormente nella sedia nell'udire gli applausi provenire dall'esterno, dagli spalti - il che non era affatto un buon segno. Stava per recitare su di un palco davanti a chissà quanti spettatori... DOPO la recita le avrebbe anche potuto offrire una seconda cena, sentendosi grato e soddisfatto di essere lontano da quella maledetta Event Square.



Rimasero in silenzio ancora qualche istante,  attendendo che qualcuno venisse a chiamarli, lui seduto e immobile sulla sedia, occhi stoicamente serrati, lei che continuava a far dondolare i piedi nel vuoto. A Cloud parve di sentirla trattenersi dal ridere un paio di volte, soffocando le risate nel palmo della mano. E in maniera abbastanza umiliante pensò che in fin dei conti gli strani ghirigori che attualmente gli segnavano il volto non dovevano essere granché legati al suo improvvisato ruolo di principe.



« Non mi deludere e sii ironico, mio cavaliere!» gli ordinò, balzando giù dal tavolo, mentre un altro tizio vestito da Chocobo appariva ad avvertirli dell'inizio dello spettacolo « Ti voglio valoroso e pieno di coraggio! E non attaccare il re o il giullare, chiaro? Io sarò in braccio al drago, non fra le braccia di un idiota con la barba!» gli sorrise facendogli un cenno divertito con la mano, prima di sparire dietro le quinte.



Cloud si sollevò in un solo gesto, sospirando; evitò di incontrare il proprio riflesso e si avviò direttamente verso la quinta da cui era prevista la sua entrata, chiedendosi quale fosse esattamente il motivo per cui lui ed Aerith fossero arrivati per centesimi in quella maledetta Square di Gold Saucer.



Entrò in scena di corsa, come un perfetto deficiente. Non poteva autoconvincersi e confortarsi dicendo che tutto ciò che stava capitando era necessario, ma tentò in tutti i modi di agire senza pensare a ciò che stava facendo. Così si avviò verso il primo idiota mascherato che trovò appostato sullo sfondo bidimensionale (per Aerith questo e altro, per lei questo ed altro) e diede inizio alla recita.



Inutile aggiungere che rimase abbastanza imbambolato e intontito quando vide Aerith spazientirsi, divincolarsi dalle grinfie del drago e menarle di santa ragione sia a lui che a tutti gli altri.



 



(***)



 



« E' stato divertente!» Aerith ridacchiò, poggiando la schiena alla ringhiera metallica che delimitava la terrazza sopraelevata del Wonder Square « Non avevo mai provato niente del genere!»



Cloud la seguì con lo sguardo, le mani affondate nelle profonde tasche degli ampi pantaloni viola, massaggiandosi lentamente l'incavo del collo. Lo preoccupava appena il modo sconsiderato con il quale lei si sporgeva lungo quella ringhiera, volteggiando su sé stessa in uno svolazzare di stoffa rosa, capelli castani e di zucchero filato, ma poi la guardò silenziosamente mentre gli andava incontro, sorridente, gli occhi verdi e vispi che sembravano volergli trasmettere tutta l'allegria dell'intero Pianeta.



« Sembrava davvero di scivolare sulla neve!» commentò, euforica, afferrandogli disinvoltamente il polso e tirandolo verso di sé, lungo la terrazza « Mi sono divertita tantissimo!»



Cloud lasciò che lei lo conducesse vicino alla balaustra; la guardò ancora un attimo mentre faceva ondeggiare fra le dita il bastoncino di legno a cui era avvolto un enorme batuffolo di zucchero candido; trofeo di una fila che era sembrata interminabile, davanti al carretto di un signore attempato che avvolgeva lo zucchero filato per una folla urlante di bambini. Aerith si era praticamente ripiegata su sé stessa dalle risate, poggiandosi al petto di Cloud mentre insieme commentavano - e, strano a dirsi, ma Cloud si era dimostrato particolarmente partecipe - il pon pon rosso che spuntava in cima alla testa pelata di quel tipo con i baffoni grigi, nella rivisitazione ironica di un Moguri.



« Un giorno vorrei davvero andare alla pista sciabile di Icicle.» aggiunse lei d'un tratto, guardando il cielo notturno con aria sognante, dove la luce delle stelle si confondeva con quella caleidoscopica dei fuochi d'artificio. Diede un'occhiata divertita alla sua guardia del corpo, poggiando giocosamente la testa sulla sua spalla « Mi ci porterai, vero, Cloud?»



Lui rimase a fissarla lì ferma, così piccola, la guancia premuta contro il suo braccio; in un istante gli tornò in mente il momento in cui lei aveva perso l'equilibrio mentre stava sull'asse di plastica del videogioco di Snowboard, dentro l'impianto di Sala Giochi del Wonder Square. Era scivolata all'indietro dopo essersi inclinata eccessivamente in quello che lo schermo luminoso proponeva come un accidentato slalom fra pupazzi di neve e palloncini colorati. Ovviamente l'aveva presa al volo prima che potesse cadere: lei lo aveva ringraziato brevemente, ridacchiando, con un leggero rossore ad imporporarle le guance e poi gli aveva chiesto di continuare la partita. Aveva sentito lo sguardo divertito ed orgoglioso di Aerith alle sue spalle, mentre la gente si affollava intorno a  lui per ammirarlo mentre, inaspettatamente, tagliava il record più alto registrato da quel videogioco.



Beh, di sicuro non avrebbe permesso che Aerith cadesse da sola nella neve, se mai fosse andata ad Icicle Inn. Lei sarebbe stata capace di rialzarsi e riprovare, ridendo della propria imbranataggine, rischiando anche di farsi molto male.



« Ci andremo insieme, prima o poi.» le assicurò, poggiando i gomiti sulla balaustra, vicino a lei. Aerith da sola a fare snowboard. Non sia mai.



« Guarda che l'hai promesso! Ci tengo!» postillò lei, tornando a concentrare l'attenzione sul panorama dorato di Gold Saucer, sfilando un piccolo pezzo di zucchero e portandoselo delicatamente fra le labbra.



Dalla terrazza del Wonder Square si vedevano benissimo i fuochi artificiali: avevano già iniziato a spararli in cielo mentre raffiche di palloncini multicolore si innalzavano e si disperdevano fra le scintille infuocate e fra le stelle.



« Vuoi assaggiare?» chiese Aerith d'un tratto, facendo riscuotere Cloud da pensieri contorti che tentavano di ricapitolare in breve quante pazzie avesse compiuto fino a quel momento, da che quella ragazza assurda era entrata nella sua vita. Voltò appena gli occhi verso di lei, e vide il suo volto pallido ed i suoi occhi sereni riflettere a tratti le luci policromi dei fuochi. Gli stava porgendo la nuvola di zucchero, sistemandogliela perfettamente sotto il naso.



« E' buonissimo come ho sentito dire...prendine un po'.»



Aerith Gainsborough. Che creatura sconosciuta.



« Non mi piacciono molto i dolci.» rispose lui con tono obbiettivo, brevemente, senza battere ciglio. Lei sembrò intristirsi e prese ad offrirglielo con maggiore impeto, strappandone un pezzo ed avvicinandoglielo al volto:



« Avanti, solo un pezzetto! Non sai cosa ti perdi, Cloud!»



Si fece pregare solo qualche altro istante prima di cedere. Si avvicinò titubante alle dita zuccherate di Aerith e lasciò che lei lo imboccasse, poi tornò immediatamente a guardare dall'altra parte, mentre lasciava che lo zucchero gli si sciogliesse in bocca.



Ancora. Gli stava ricapitando quella cosa non più così tanto sconosciuta. Il volto gli divenne più caldo del solito e non a causa di un semplice surriscaldamento da Mako.



La fioraia mugolò qualcosa in approvazione, poi si sporse appena verso l'exSOLDIER.



« Com'è? Ti piace?»



Cloud si schiarì appena la voce, stringendo le mani attorno alla balaustra con tanta forza che per un attimo gli parve di sentire il metallo piegarsi contro i suoi palmi:



«...molto.»



Aerith gli indagò il volto, sospettosa:



« Che hai alla faccia?»



Cloud mandò giù tutto lo zucchero:



« E' la luce dei fuochi...»



Cloud Strife. ExSOLDIER. Imbecille.



Riuscì a ritrovare il controllo di sé stesso in un solo, difficoltoso istante. Aerith non sembrava del tutto convinta, ma tornò al suo dolce, adagiandosi di nuovo sulla balaustra.



« Eeeh, lo so, poverino...» bisbigliò, fra un piccolo morso e l'altro « Il primo appuntamento è sempre scioccante per chiunque.» fece una pausa nella quale sembrò studiare un'altra piroetta artificiale, sopra di lei, sollevando un dito « Soprattutto se ti tocca portare una ragazza graziosa come me sulle montagne russe del Gold Saucer. Mica capita a tutti...» lo aggiunse con aria divertita, accennando una smorfia complice nella sua direzione.



Cloud non riuscì a rispondere con niente di meglio che un mugolio soffocato.



Che gli succedeva quando stava con lei? Che succedeva al suo autocontrollo? Se ne andava tutto a farsi benedire come un lavoro miseramente fallito? Si passò ancora la mano sul volto, massaggiandosi stancamente l'attaccatura del naso fra due dita.



Ricordi come ti comportavi quando lei non c'era, Cloud Strife? Riesci a ricordare quante volte hai riso, prima che lei arrivasse? Quante volte ti è stato detto che eri un uomo insopportabile?



E ora cosa ti dicono gli altri? Cosa ti dice lei?



« Sai una cosa, Cloud?» il tono di Aerith era improvvisamente cambiato; le sue parole fecero voltare la sua guardia del corpo nello stesso istante in cui il botto seguì l'esplosione di una nuova pioggia di scintille colorate.



« Io ho sempre sognato, fin da piccola, di poter vivere in una città luminosa.» i riverberi del neon assunsero improvvisamente un'ombra malinconica lungo le sue guance « Dai bassifondi di Midgar non si vedeva mai il cielo, solo le luci fioche che filtravano oltre le piastre dei settori.» addentò piano, con delicatezza, l'ultimo pezzo di zucchero



« Com'era Nibelheim?» glielo domandò gratuitamente, all'improvviso, voltandosi appena verso di lui « Si vedevano le stelle?»



Sul volto di Cloud si disegnò un'evidente disorientamento, ma poi non gli fu difficile frugare nella memoria per risponderle: i ricordi legati al suo villaggio d'origine erano fin troppo vividi:



« ...c'era un pozzo, nel centro. Mi ci rifugiavo spesso, prima di andare a dormire.» fece una pausa « ...Mi piaceva contare le stelle prima di tornare da mia madre.»



Aerith sorrise appena, tornando a guardare davanti a sé, senza commentare. Cloud le studiò il volto in silenzio, chiedendosi cosa stesse pensando in quel preciso istante. Ma il volto di lei era insondabile, misterioso come sempre.



Quando lei riaprì bocca, la sua voce era leggermente tremula:



« Cloud, quando saremo vecchi...» iniziò, senza guardarlo «...vorrei davvero tornare qui a guardare questi stessi fuochi d'artificio, insieme a te. Non so se in futuro resteremo in contatto, dopo tutte queste cose che stanno capitando al Pianeta...» un sorriso leggero le increspò le labbra « ...però vorrei venire qui di nuovo, con te che mi tieni per mano come hai fatto quella volta al Wall Market. E poi...»



Il boato di un ennesimo fuoco artificiale sovrastò ed interruppe la sua voce: palloncini di ogni colore iniziarono la loro risalita verso il cielo, mescolandosi in tonalità miste davanti ai loro occhi, lasciati liberi dalla Square sottostante alla terrazza.



Aerith trattenne il respiro per la sorpresa, poi spalancò gli occhi ed allungò le braccia per indicare lo spettacolo al suo compagno, la voce che rasentava l'euforia, leggermente più acuta del solito:



« Hey, hai visto? Cloud, hai...?»



Interrompendosi, sentì la mano grande di Cloud avvolgere la sua, in un gesto delicatissimo; si voltò appena, leggermente stupita, gli occhi gli ponevano una domanda silenziosa.



Che fai, SOLDIER?



Cloud batté le palpebre. Non ne aveva idea.



Si chinò su di lei senza alcun preavviso, lentamente, sfiorando con le dita indurite dalla spada quella mano piccola e pallida abbandonata nella sua. La baciò socchiudendo gli occhi, con impaccio, mentre i palloncini coloravano il cielo ed i botti riempivano loro le orecchie. E quelle di Aerith erano labbra che sapevano di zucchero; gli risposero con quasi la stessa incertezza, giocando timorosamente con le sue mentre lei si stringeva nelle spalle.



Forse non sarebbe davvero mai riuscito a comprendere quella strana creatura.



Ma in fin dei conti, questo non gli impediva certo di amarla con tutto sé stesso.



E poi lei gli sorrise, alzandosi in punta di piedi per baciargli la fronte: nonostante i suoi sforzi per mantenersi impassibile, doveva essere abbastanza evidente la tonalità accesa di cui si stava colorando il suo volto.



« Facciamo un giro in Gondola?» propose lei, tirandolo via dalla balaustra, intrecciando forte le dita con le sue.



Cloud la guardò ancora, chiedendosi quanto potesse essere imbarazzate fare un giro sulla ruota panoramica assieme a lei, senza nessun'altro.



Molto imbarazzante. Ma per sopportarlo gli sarebbe bastato trovare un altro modo per auto convincersi.



«...andiamo.»



Tu la ami, exSOLDIER. La ami, la ami, la ami.



 



 



END.











Nota dell'autrice:
Già, avete capito bene. Aerith non vedrà mai più i fuochi d'artificio.
Grazie per aver letto fino alla fine e aver apprezzato questa fanfiction anziana <3
Alicyana, the onewingedangel, zack_fair, Necrysia e i vostri commenti dell'amore!
Ve ne sono incredibilmente grata ;D

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