Complementary di Frances (/viewuser.php?uid=50802)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Town Where The Sunlight Doesn't Reach//Bodyguard ***
Capitolo 2: *** Inn//Distraction ***
Capitolo 3: *** Purple//Necessary ***
Capitolo 4: *** Train Graveyard // Beginning of Torture #1 ***
Capitolo 5: *** Torture #2 // Promise - END ***
Capitolo 1 *** Town Where The Sunlight Doesn't Reach//Bodyguard ***
One;
Town Where The Sunlight Doesn't Reach//Bodyguard
Aveva sempre evitato Wall Market per
semplici questioni di principio.
Non che gli capitasse spesso di avere il tempo per farsi un'allegra
passeggiata in giro per le piastre di Midgar, ma - per il
Pianeta
- quella zona del settore 6 lo metteva in soggezione, lo ripugnava
quasi, lo faceva sentire come una recluta infilata per sbaglio nella
divisa regolamentare di un SOLDIER di Prima Classe. E ci voleva davvero
molto perché qualsiasi cosa potesse
metterlo così tanto in difficoltà.
Le insegne al neon e gli squallidi tendoni gli si aprirono davanti a
ventaglio, mentre gente di ogni tipo - il tipo di gente che ci si
aspetta di trovare nel quartiere più malfamato dei
bassifondi -
bighellonava pigramente fra le strade polverose. Pubblicità
di ogni
sorta gli ferirono gli occhi con i loro cartelloni abbaglianti, mentre
ragazzetti sandwich e giovani avvenenti con visiere propagandistiche
sulla fronte declamavano a gran voce merci, negozi, prezzi e saldi.
Traffico illegale, certo. Ma abbastanza conveniente, almeno.
Ignorò
volontariamente la luce viola e soffusa che colorava una piccola
porzione della sua visuale, in corrispondenza di una svolta della
strada, appena dietro una tenda accartocciata su sé stessa.
Commerci
illeciti, ovvio. E non si trattava solo di armi e
Materia.
Gli venne spontaneo tendere le labbra in una smorfia, stringendo forte
i pugni, i muscoli pronti a scattare verso l'elsa della Buster anche al
più piccolo ed insignificante segnale. Di colpo tutti
sembravano
guardare lui, le Materia brillanti che aveva incastonate nella sua
spada e negli accessori di protezione, la borsa gonfia in cui custodiva
quelle inutilizzate e gli oggetti di supporto. Spiato di sbieco da
tutti quegli occhi sgranati e avidi, gli parve di essere appena
diventato il prossimo bersaglio facile - o magari così pensavano
- da cui attingere nuova merce per un fiorente mercato nero.
E allora mise in moto la sua autodifesa naturale, quella che aveva
imparato a sfruttare quando gli uomini che lo "assumevano" sembravano
studiarlo da capo a piedi, giudicandolo in silenzio: le sue
sopracciglia chiare quasi si congiunsero, mentre la sua fronte si
corrucciava minacciosamente e il suo volto si rabbuiava in
un'espressione inquietante. I suoi occhi artificiali al Mako fecero il
resto senza che lui dovesse mutare più di tanto il cipiglio:
tutti
quanti parvero deglutire all'unisono e trovare improvvisamente che la
lampadina fulminata di un cartello o il sasso sul loro cammino
rappresentassero elementi d'interesse molto più validi.
Anche quando non si sentì più così
fastidiosamente osservato non rilassò affatto i muscoli del
volto.
Avrebbe davvero preferito evitare quel genere di posti. Non per
sé,
ovvio. Che gli importava? L'ambiente lo infastidiva, certo, ma quelli
erano ladruncoli mingherlini e morti di fame, e lui sollevava una spada
di quasi una tonnellata senza nessuna difficoltà, aveva una
collezione
invidiabile di Materia e l'addestramento di un SOLDIER alle spalle. E,
cosa ancora più fondamentale, era un uomo.
Aerith sospirò alle sue spalle, raggiungendolo con passi
tranquilli.
Aveva appena finito di rifarsi la treccia dopo essersela rovinata
inciampando su dei calcinacci arrugginiti su cui non si era accorta di
aver posato il piede. Si fermò vicino a lui dando un'ultima
sistemata
al fiocco rosa che le si insinuava armoniosamente fra i capelli,
puntellandosi sulla sua Guard Stick, battendo una mano sulla stoffa
impolverata del vestito:
« Perché ti sei fermato?»
domandò, ricomponendosi in un lampo « Siamo
arrivati.»
Lui le riservò l'attenzione necessaria a comprendere le sue
parole ed
accertarsi che fosse abbastanza vicina e al sicuro, poi
dedicò la
percentuale rimasta - un buon settanta per cento - a far scorrere il
suo sguardo accusatore su tutti quegli uomini che di colpo avevano
posato i loro occhi poco raccomandabili su di lei.
« Ehi, Cloud, mi ascolti?» insistette Aerith,
picchiettandogli appena un dito sul braccio «
Perché ti sei fermato?»
Cloud fulminò l'ultimo ragazzetto con il volto azzannato
dall'acne e
posò gli occhi su di lei solo quando si fu accertato che
più nessuno li
stesse guardando con intenzioni di qualsiasi genere.
Detestava dover cercare Tifa in quel posto. La sola vaga e debole idea
che lei fosse da qualche parte fra quelle tende flosce, se non in posti
molto peggiori - cosa che temeva - gli faceva prudere le mani e
informicolire i muscoli in maniera davvero poco piacevole. L'impellente
bisogno che sentiva di trovarla e portarla in salvo era tanto forte che
si sentiva disposto anche a strappare i picchetti di quelle catapecchie
e rovesciare i capannoni di lamiera fino a che non l'avesse
rintracciata.
Ebbe un leggero tic nervoso alle dita della mano destra quando il suo
sguardo colse appena (e disintegrò) un tizio allampanato
pieno di buchi
ed anelli in faccia che si era appena irrigidito nel notare le forme
gentili disegnate dal vestito di Aerith.
Odiava che anche lei fosse coinvolta e non
sopportava il fatto
di non essere stato in grado di imporsi, di dirle chiaro e tondo che
no, non sarebbe andata con lui, sarebbe tornata da sua madre, sarebbe
stata al sicuro, e lui si sarebbe occupato di tutto da solo.
Aerith lo fissava con il viso rivolto in alto, le sopracciglia
leggermente aggrottate ed un pugno su di un fianco, la treccia spessa
ed appena sistemata che le ricadeva sul petto e pendeva verso il basso
da sopra il suo coprispalle di jeans. Gli studiò il volto
per qualche
istante, più perplessa che irritata, poi ne uscì
con un secco:
« Ehi, perché mi guardi così? Fai
paura.» glielo disse come fosse un
rimprovero, chinando la testa di lato. Cloud distese lentamente i
muscoli del volto, tornando di colpo inespressivo.
« Non ti sto guardando in nessun modo.» si
giustificò.
Aerith sgranò gli occhi come se avesse appena assistito ad
una delle
manifestazioni più assurde ed inspiegabili dell'intero
Pianeta, poi
rimase in silenzio per qualche istante, pensosa, concentrata.
Cloud ricambiò lo sguardo senza guardarla veramente.
L'atmosfera di
quel posto orribile metteva in allarme tutti i suoi sensi acuiti dalle
esposizioni al Mako.
Aerith distolse lo sguardo, portandosi un dito sul labbro inferiore, in
delle movenze molto misurate, poi fissò gli occhi su di una
pietra
immobile ai suoi piedi, socchiudendoli così tanto che fra le
ciglia
scure non rimase altro che una sottile linea verde. Sembrava che stesse
portando a termine mentalmente un lungo e complesso calcolo matematico.
« Che stai pensando?» le domandò, senza
accorgersi del tono freddo che
faceva rintoccare la sua voce come il cozzare del metallo contro altro
metallo.
Aerith pensò intensamente per altri brevi attimi, poi gli
rivolse
un'occhiata veloce, massaggiandosi il mento in una curiosa imitazione
di un qualche colto studioso stereotipato:
« Mi sto sforzando di capire il motivo per cui tu sia
così preoccupato per me.» disse semplicemente
« Preoccupato per me
mentre invece dovresti correre a salvare la tua...»
esitò un istante
prima di aggiungere « ...Tifa? Senza perdere tempo,
almeno.»
Cloud inarcò un sopracciglio. Ma cos'aveva di strano quella
ragazza? Si
stava sottoponendo ad un tale rischio per aiutare una sconosciuta. Una
ragazza di cui ricordava a malapena il nome.
Aprì bocca per elencarle nei minimi particolari tutti i
motivi che
rendevano logico che fosse preoccupato, essendosi appena incastrato in
un vicolo cieco di tagliaborse, assieme ad una ragazza...come
lei.
Ma lo sguardo con cui lei lo avvertì di pensare bene alle
parole da
usare - un'occhiataccia di smeraldo liquido che escludeva parole come
"indifesa", "vulnerabile", "in pericolo" - gli fece rivalutare la sua
scelta.
« Non sono preoccupato.» lo annunciò
come se ne fosse stato certo e
convinto fin dal primo istante. Era bravo in quel genere di cose.
Serviva quando era necessario trattare per ottenere una buona
ricompensa, dopo un lavoro svolto alla perfezione.
« Uh-uh, certo.» ma forse con Aerith non avrebbe
funzionato.
La sentì sbuffare, stringendosi nelle spalle:
« Sono cresciuta qui, ex- SOLDIER.» gli fece
notare, muovendo un gesto
ampio davanti a sé « Sono abbastanza brava da
cavarmela al Wall Market.
Quindi rilassati.» glielo consigliò dandogli un debole
calcio sulla tibia. Cloud rispose con quei silenzi enigmatici e severi
che correvano in suo soccorso puntualmente quando non sapeva come
ribattere o quando non ne aveva semplicemente la più pallida
voglia.
Aerith sembrò interpretarlo nella maniera giusta: una
silenziosa e
perplessa resa, in cui lui si rassegnava a non capire nulla dello
strano e contorto modo di pensare di lei.
Si ravviò i capelli con un gesto veloce, facendo ondeggiare
i boccoli
che le lambivano il viso, poi esaminò l'ambiente intorno a
sé,
circospetta:
«...e poi ti ho assunto come guardia del corpo, non per farmi
da padre
ultra protettivo.» si voltò di botto verso di lui,
puntandogli un dito
« Ho detto tranquillo!»
Cloud trattenne il respiro e con molta, molta
difficoltà distese anche i muscoli delle braccia e delle
gambe.
« Almeno non correre troppo lontano da me.» si
concesse di aggiungere,
con tono deciso. Lei annuì, soddisfatta, seguendolo mentre
si
addentrava a passo sostenuto nel labirinto confuso del mercato.
« Se rimango indietro e tutta colpa tua che hai le gambe
lunghe,
Cloud.» gli fece notare tranquillamente, già
accelerando l'andatura per
stargli dietro.
Accidenti, Strife. l'ex-SOLDIER si
passò silenziosamente una
mano sul volto, assicurandosi un'ultima volta che nessuno stesse
guardando Aerith in maniera poco decorosa Come hai potuto
permettere che lei si cacciasse in questo maledetto guaio?
Era una fioraia dei bassifondi di Midgar che inciampava nella polvere,
non aveva paura di nulla, si lasciava spintonare dalla folla e si
buttava a capofitto in missioni di salvataggio improvvisate; si gettava
in pasto ai malavitosi per il bene di una persona che non aveva visto
che di sfuggita - in piedi sul retro di un carro - e a cui teneva solo
perché era Cloud - un ex-SOLDIER precipitato
nella mezzo della sua piantagione di fiori e con cui aveva
condiviso poco più di una giornata e mezzo - a tenerci in
qualche modo.
La vide di sfuggita, alle proprie spalle, mentre si guardava attorno
con aria speranzosa e determinata, ignorando gli idioti butterati che
le passavano vicino fischiando o facendo apprezzamenti poco gentili. A
meno che non sollevasse la Buster e attirasse l'attenzione
più del
necessario sventrando una di quelle catapecchie, purtroppo non poteva
far in modo che tutti le togliessero gli occhi di dosso solamente con
l'ausilio di febbrili occhiate assassine.
« Calmati e cerchiamo Tifa.» ripeté lei,
severa, infilzandogli la schiena con il dito puntato «
Tifa!»
Cloud si arrese ad una passiva sopportazione, rimanendo all'erta,
cercando di non darlo a vedere. Anche se fu costretto ad afferrarla al
volo un paio di volte per impedire che cadesse accidentalmente su delle
insegne al neon sistemate di traverso sulle lamiere, guadagnandosi dei
ringraziamenti sereni e sinceri assieme ad occhiate verdi che lo
ammonivano di aver appena sprecato mezzo secondo del suo tempo prezioso
a preoccuparsi per lei.
Cloud cercò di concentrarsi su Tifa, anche se la sua mente
era divisa
perfettamente a metà: da una parte l'amica caduta in mano di
non sapeva
neppure chi - e non aveva la giusta pazienza per fare ipotesi -
dall'altra Aerith che lo rincorreva, impacciata dal vestito stretto.
Quanto poteva essere difficile essere la guardia del corpo di una
ragazza del genere?
Probabilmente era il compito più assurdo e difficile che
avesse mai accettato, sin da quando era diventato mercenario.
(***)
Nota
dell'autrice:
Grazie
a Youffie per il suo
supporto morale/stilistico :D
Questa
fanfiction è relativamente vecchia, l'ho scritta nel 2008 xD
Come quasi ogni mio lavoro è una storia nata per essere
one-shot e poi in seguito suddivisa in capitoli per facilitare la
lettura.
E' per Light <3 Spero che la
possiate gradire questo capitolo e anche i seguenti nonostante la loro anzianità!
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Capitolo 2 *** Inn//Distraction ***
Inn//Distraction
Guardarono entrambi la proprietaria della locanda
con diversi tipi d'imbarazzo stampati in volto. Le guance di Aerith si
erano colorate di rossore accennato, ma dal modo in cui arricciava le
labbra sembrava stesse già elaborando la giusta maniera per
uscire in
fretta da quella situazione. Cloud aveva incrociato le mani sul petto e
si limitava a fissare la tizia con gli occhi di chi si sente
leggermente più disposto a compiere un omicidio senza dover
per forza
essere pagato: però il fatto che deglutisse senza motivo e
che dovesse
mettere più impegno nel mantenersi inespressivo gli dava
l'idea che gli stesse succedendo di nuovo quella cosa fastidiosa e
sconosciuta. Palese disagio, celato molto abilmente.
« No, signorina, si sbaglia.» Aerith si
affrettò a puntualizzare, sporgendosi appena sul bancone
« Non siamo...insieme. Lui
è...» inciampò a fatica su queste
parole «...siamo amici.»
La tizia spostò lo sguardo perplesso prima sul volto
arrossato di lei,
poi sugli occhi luminosi ed rannuvolati di lui, resistendo al suo
cipiglio giusto qualche secondo prima di aprire bocca per rivolgersi di
nuovo a quella fra i due che sembrava più disposta al
dialogo.
« Oh, scusatemi.» si giustificò veloce
la proprietaria, iniziando a
giocherellare in un riflesso nervoso con la matita spuntata che se ne
stava adagiata fra i suoi capelli, dietro il padiglione auricolare
«
Devo aver frainteso.» farfugliò qualcosa mentre
fingeva di sistemare
delle cartacce sul suo bancone sbrecciato.
Aerith si rilassò, tornando composta e tranquilla al suo
fianco. In fin
dei conti non era successo niente di così terribile, erano
solo stati
scambiati per una coppietta di innamorati in cerca di un luogo
appartato in cui passare la notte. Era solo stata offerta loro una
camera con un letto a due piazze, per sbaglio.
Lo sguardo di Cloud divenne ancora più penetrante e la
proprietaria
accelerò il ritmo con cui spostava e strappava cartacce
ingiallite.
L'impressione era che quello strano uomo dai capelli biondi potesse
piombarle addosso da un momento all'altro, impugnando quell'enorme
spada dall'aspetto decisamente pesante. E la cosa
ancora più spaventosa,
a parte il taglio dei suoi occhi, era che camminasse perfettamente
diritto nonostante quell'affare smisurato gli gravasse sulle spalle.
«...allora, cosa posso fare per voi?»
azzardò ancora la donna, evidentemente nel panico.
Cloud batté velocemente le palpebre, spostando appena lo
sguardo su
Aerith. Gli aveva afferrato un polso e lo stava stringendo fra le dita
con tutta la forza di cui pareva essere capace, squadrandolo bieco con
un cipiglio che sembrava gridargli smettila di fissarla in
quel modo! Si starà convincendo che tu voglia ucciderla!
Cloud obbedì con un po' d' esitazione, ma guardò
altrove. Aerith sfoderò verso la proprietaria il migliore
dei suoi sorrisi:
« Vogliamo solo riposarci per la notte, quindi una doppia va
bene. Due
letti separati. Se ne avete libere.» postillò,
guardandosi attorno con
aria perplessa. Niente sembrava turbare Aerith più di tanto.
Lei diceva
ci sono abituata. Sono cresciuta qui. Cloud
annuiva silenziosamente con fare remissivo, pensando nel frattempo che
questo non avrebbe cambiato niente (e che quindi avrebbe continuato a
comportarsi come voleva - proteggendola - e preoccuparsi per lei quasi
quanto per Tifa.)
La donna al bancone sembrò stranamente contenta ed
impaziente di dare
loro una stanza qualsiasi e di levarseli in fretta di torno, dopo aver
intascato il pagamento anticipato - dieci gil che Aerith aveva
insistito a pagare, facendo alterare Cloud molto più di
quanto lui
desse effettivamente a vedere -
Quando poi si chiusero nella minuscola camera doppia, si ritrovarono
davanti ad un solo squallido
giaciglio con la trapunta rattoppata. L'altro letto non era un letto,
ma un materasso con una molla scoperta che spuntava dall'imbottitura,
sistemato alla meno peggio su di una branda arrugginita. Il tutto ben
stipato in un angolo invaso dalla muffa - una florida piantagione di
funghi d'umido - dove una finestrina con il vetro crepato mostrava una
squallida visuale del Settore 6.
Cloud sobbalzò nel rendersi conto che della gente accampata
là fuori - esattamente in corrispondenza di quella maledetta
finestra - aveva già iniziato ad avvicinarsi incuriosita,
magari
decidendo che quel quadrato di vetro sarebbe stato il loro
intrattenimento da lì al sorgere del sole. Cloud si
avventò sulla
finestra, abbassando in un solo gesto sia le tapparelle divelte che le
tende mangiate dalle tarme. Deglutì di un pacato sollievo,
almeno forse
in quel modo Aerith poteva dormire senza sentirsi osservata anche di
notte. Poi, quando si voltò nuovamente verso di lei, la vide
seduta
sulla brandina - tastando il materasso come se stesse valutando l'idea
di dormirci - e a quel punto gli salì di nuovo il sangue al
volto.
« Ovviamente stai scherzando.» disse,
riattraversando il misero metro quadro di stanza per andarle vicino.
Aerith lo guardò con gli occhi grandi come piattini:
« Io?»
« Alzati.» le ordinò, con tono
più brusco del necessario, muovendo un gesto rapido in
direzione del vero letto «
Lì.» non capiva il motivo per cui quella
discussione fosse anche semplicemente iniziata.
Aerith corrugò la fronte in un'espressione decisa, piantando
i piedi per terra:
« Dovresti lasciare che le pulci ti succhino il sangue fino a
prosciugarti solo perché io mi vesto di rosa?»
ribatté, sempre quel
filo più combattiva di quanto fosse giusto, dal punto di
vista di
Cloud.
« Non fare storie.» la interruppe, parecchio
acido, indicando con più vigore il letto « Tu
dormi dove io decido.»
« Non credo proprio,...ehi!» le sue lamentele ed il
suo dimenarsi non
impedirono a Cloud di avvicinarsi e di passare le braccia dietro la sua
schiena e nell'incavo delle ginocchia; la spostò di peso sul
materasso
duro ed asciutto, depositandocela sopra come fosse un prezioso e
fragile soprammobile di vetro. Aerith fece appena in tempo a
ricomporsi, tirandosi i lembi del vestito sulle gambe scoperte:
« Cloud, ma per chi mi prendi? Sono capace di camminare da
sola!»
protestò, sporgendosi oltre il bordo del letto « e
soprattutto, sono
abbastanza responsabile da capire quale sia il
modo migliore per...!»
Cloud la ignorò, voltandole le spalle, sollevando la Buster
e
poggiandola in bilico sul muro, vicino all'asta che Aerith aveva
già
depositato là vicino. Si sfilò anche la borsa
delle Materia e la lasciò
cadere sul pavimento, un attimo prima di sedersi sulla brandina.
Scivolò sull'imbottitura bitorzoluta fino a poggiare la
schiena contro
la parete e a quel punto intrecciò le braccia sul petto,
assumendo una
postura statica che lo faceva assomigliare più ad una statua
che ad un
essere umano. Non si sarebbe più mosso di lì.
Aerith protestò ancora per qualche istante, guardandolo con
gli occhi
verdi pieni di determinazione, ma poi sospirò e le si
incurvarono le
spalle.
« Sei un uomo insopportabile, Cloud.» decise,
gattonando fino al bordo
del letto e poi inciampando appena nel vestito quando ci si mise
seduta. Lo disse con tono rassegnato e con una nota canzonatoria che
dava l'idea che in fondo non ci credesse affatto.
Poi Cloud vide che stava iniziando a sciogliersi la treccia e prese a
fissare molto intensamente la molla che
squarciava il suo materasso.
« Non sbirciare, razza di maniaco!» Aerith lo
sibilò con un accento di
malcelato divertimento nella voce, mentre tirava il separè
bucherellato
in fondo alla stanzetta e si passava una mano fra i capelli mossi.
Cloud, davvero, pensò che non
l'avrebbe capita mai.
Maledetto bugigattolo pieno di ragnatele. Una
donna non poteva
neppure spogliarsi in santa pace senza temere che qualcuno la spiasse
di nascosto. Cloud si concentrò con maggiore interesse sul
metallo a
spirale.
Aerith poteva star certa che lui non avrebbe smesso un solo istante di
vegliare su di lei.
...maledizione, Tifa è...! Fu un
pensiero d'urgenza che
gli arrivò nell'eco di quelli rivolti ad Aerith, proprio
mentre la
sentiva camminare a piedi nudi - a piedi nudi! -
e rifugiarsi sotto le coperte.
« Ora puoi guardare.» annunciò,
tranquilla. Cloud sollevò gli occhi
lentamente e vide che sotto quella trapunta enorme spuntava solo il suo
volto ovale carezzato dai lunghi capelli sciolti. Sentì
l'inspiegabile
ed improvviso bisogno di guardare altrove, anche se ormai lei era al
sicuro da qualsiasi occhiata indiscreta. Gli sembrava di pretendere
troppo.
Ci fu qualche istante di silenzio; Aerith batteva le palpebre
lentamente, avvolgendosi sempre più stretta nella coperta,
mentre
ciocche di capelli si distendevano disordinatamente sul cuscino. Un
lungo cerotto le copriva la pelle appena sotto lo zigomo, a nascondere
un graffio abbastanza brutto che si era fatta cadendo in avanti quando
un tizio l'aveva malamente urtata in mezzo alla strada. Aveva rifiutato
orgogliosamente l'aiuto di Cloud e si era curata da sola, usando una
delle Materia che aveva preso in prestito.
L'ex-SOLDIER le studiò il volto con un nuovo, tenero
interesse, mentre
coglieva nei suoi lineamenti una stanchezza estrema che le impediva di
tenere gli occhi aperti.
Aerith correva e cadeva, si rialzava, faceva qualche altro passo e lo
raggiungeva di nuovo, senza mostrare alcun segno di affaticamento. La
scrutò attentamente, credendo quasi che quel semplice
contatto fra i
loro occhi - perché pure i suoi, verdissimi, lo guardavano
di rimando,
anche se spesso le palpebre pesanti li nascondevano per lunghi momenti
- potesse aiutarlo a capire qualcosa in più di quella
ragazza.
« Tu non dormi, Cloud?» domandò lei dopo
un po', con la voce soffocata dalla stoffa del cuscino.
Lui batté le palpebre, mettendo a fuoco non solo lei, ma
anche tutto il
resto della stanza. Le tapparelle e le tende erano immobili.
« Non pensare a me.» rispose, laconico, a voce
bassa. Aerith ridacchiò appena, mentre si sforzava di
risollevare le palpebre:
« Ehi, SOLDIER, se non chiudi quegli occhi che brillano come
fari mi
terrai sveglia tutta la notte...» lei non lo avrebbe mai
ammesso. Non
si era fermata un attimo da quando si era alzata quella mattina,
vestendosi dei suoi abiti femminili fra le mura sicure di casa sua,
aveva corso a perdifiato avanti e indietro nei bassifondi, senza
lamentarsi una sola volta. Ora si ritrovava a dormire in una stanza
squallida assieme alla sua improvvisata guardia del corpo, inseguendo
dei malavitosi, invischiata in una faccenda pericolosa - per lei -
quasi quanto lo era stata quella caduta dal reattore per lui.
Cloud modificò appena la posizione delle braccia. Non
esisteva una sola
scusa al Pianeta che potesse convincerlo a chiudere gli occhi, quella
notte. Si era già preparato, immobile com'era sulla brandina
- a non
staccarle gli occhi di dosso neppure per un istante, sfruttando le
percezioni accentuate dalla Materia che ribolliva nelle sue vene per
cogliere e soffocare qualsiasi fruscio, qualsiasi scricchiolio,
qualsiasi cosa che potesse disturbarla o esporla al pericolo. Una notte
di veglia - o due - poteva permettersele. Anche tre. Non era di certo
la prima volta.
«...scusa.» non gli venne in mente altro modo per
rispondere e si limitò ad abbassare appena lo sguardo.
« Dormi, razza di zuccone in armatura...» lo
ammonì, soffocando uno
sbadiglio «...non sei preoccupato per Tifa? Domani dovremo
svegliarci
presto per cercarla.»
Gli tornò di colpo in mente la tranquillità con
cui Aerith si era
offerta di intrattenere gli zotici che bighellonavano di fronte
all'Honeybee Manor mentre lui chiedeva informazioni al tizio di fronte
all'entrata. A dire il vero aveva ascoltato e compreso metà
di ciò che
gli era stato detto e poi si era quasi caricato Aerith in spalla ed
aveva voltato l'angolo ricordandosi appena di mormorare un
ringraziamento.
Accidenti, Tifa... ! Dove ti hanno rinchiusa? Vorrei solo
portare te e Aerith fuori di qui...
« Non riesco ancora a capire il motivo...»
bisbigliò, un po' incerto, evitando di guardarla.
« Mmh?»
«...perché sei venuta? Tifa...è una
cosa di cui dovrei occuparmi da solo...»
Aerith sbuffò appena; Cloud pensò che se fosse
stata più sveglia,
allora forse avrebbe iniziato un'altra delle sue offese ramanzine.
« Ci deve essere per forza un motivo?» disse lei,
semplicemente, senza
aprire gli occhi, con la voce che diventava sempre più lenta
« Lei è
amica tua e tieni a lei. Lei è in pericolo, è
stata portata su di un
carro nel posto più terrificante di tutta Midgar,
soprattutto per una
donna. Dovrei fare l'indifferente?» ma com'era possibile?
Cos'aveva in
testa?
Cloud scosse il capo come a scacciare pensieri spiacevoli:
« Dovresti rimanere in un posto dove io possa assicurarmi che
tu stia
bene.» sancì, con decisione, irrigidendosi
maggiormente nella sua
posizione scomoda, con le gambe incrociate.
« Sei una guardia del corpo molto apprensiva.» lo
sgridò debolmente, ma
poi sul volto le si disegnò un piccolo sorriso «
Non che mi dispiaccia.
Ma stanotte dormi, Cloud. Io sto bene.»
Cloud esitò qualche secondo prima di annuire:
«...si.» lo disse con tono convinto, anche se non
lo pensava affatto.
«...domani proveremo ad andare alla Mansion del don. Non so
se per
fortuna o sfortuna, ma il carro aveva le insegne di
Corneo...»
«...si.»
Una lunga pausa. Aerith respirava tranquillamente, Cloud la guardava
tenendo gli occhi socchiusi per non disturbarla con il bagliore del
Mako e per farle credere che in un modo o nell'altro, anche lui stava
cercando di prendere sonno. Con gli occhi chiusi, quella ragazza
sembrava così indifesa e fragile da non assomigliare neppure
lontanamente a quella strana ed incomprensibile creatura che faceva far
capriole - d'angoscia, di fredda e asfissiante angoscia
- allo stomaco, al cuore ed ai neuroni di Cloud.
«...e guarda di non provare ad imbrogliarmi!»
aggiunse lei dopo un po',
nel bel mezzo del suo sfinito dormiveglia «...se rimani
sveglio me ne
accorgerò e allora sarò costretta a cantarti una
ninna nanna fino a
farti cadere morto stecchito e assonnato.»
«...si.»
Ma poi Aerith si addormentò profondamente, con la sua sagoma
confusa
sotto le coperte che si sollevava ed abbassava ad intervalli regolari,
le labbra dischiuse, mentre la luce del neon si spegneva piano,
sfrigolando.
Gli occhi di Cloud
rimasero aperti durante tutta la notte, e lei non diede segno di
accorgersene.
(xxx)
Nota dell'autrice:
Grazie
Necrysia, zack_fair,
grazie the one winged
angel, il fatto che tu segua le mie storie con
così tanto interesse mi rende davvero felice e
poter leggere puntualmente le tue recensioni è il regalo
più bello che tu possa farmi!
Grazie Youffie
Non ho altro da dire! - al prossimo capitolo xD
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Capitolo 3 *** Purple//Necessary ***
Three;
Purple//Necessary
Guardando Aerith come se
la vedesse per la prima volta, Cloud trovò
estremamente difficile mantenere fermi i muscoli del viso.
Sentì le
sopracciglia volare in alto fino quasi a congiungersi con l'attaccatura
dei capelli mentre tratteneva le labbra serrate con uno sforzo
notevole. L'unica parola che riuscì a farfugliare, in un
momento di più
completo smarrimento, fu un insulso:
« Cosa?»
Aerith
confermò le proprie parole annuendo con vigore, senza
neppure
degnarlo di un'occhiata e poi si voltò frettolosamente dalla
parte
opposta, facendo segno con la mano al tizio-armadio che se ne stava
impettito davanti all'ingresso della Mansion.
Le parole che uscirono allegramente dalle labbra di Aerith suonarono a
Cloud come un'orrida nota stonata in mezzo ad una composizione ancora
più terrificante.
« Aspetti solo un attimo! Ho un'amica carina che vorrei
venisse con me.»
L' ex-SOLDIER si
emarginò per due lunghi secondi dal mondo esterno,
cercando disperatamente una scappatoia che gli suggerisse che c'era
almeno un venti per cento delle possibilità che Aerith avesse
effettivamente
un'amica carina. Poi gli sembrò che la sua testa fosse stata
spaccata
in due da un masso scheggiato nello scorgere l'espressione soddisfatta
ed impaziente con cui lei lo scrutava.
Si, Cloud, lo sta pensando davvero.
L'amica carina sei tu.
« Aerith...io non...» non fu in grado di articolare
alcun pensiero
compiuto mentre lei lo trascinava via, aggrappandoglisi al braccio,
tranne che forse quella ragazza aveva definitivamente dato da matto.
« Sei preoccupato per Tifa, o
no?» gli disse, con le labbra distese in un sorriso e le
sopracciglia aggrottate « Quindi muoviti!»
La seguì con
entusiasmo leggermente maggiore, guardandola come se
fosse appena diventata la cosa più spaventosa ed aliena che
gli fosse
mai capitato d'incontrare - e forse lo era veramente.
Prima si era proposta di
entrare da sola nella Mansion di Corneo per
cercare Tifa, dicendoglielo non con il tono di chi chiede il permesso,
ma con quello di chi ha già preso una decisione, con la
stessa
tranquillità con cui avrebbe accennato l'idea di mettere
l'acqua nel
bollitore per preparargli un tè.
Beh, in quel caso, sorprendentemente, era bastato un "non puoi!" secco
a farle abbandonare l'idea. L'idea di andarci da sola.
E' necessario Cloud. Si disse lui, fermo, mentre
immagini di
Tifa in pericolo e di Aerith - facevano molto male entrambe - gli si
conficcavano nel cervello Se solo tu non fossi stato un
uomo, saresti entrato con la stessa convinzione.
« E' necessario.» se lo disse con forza, a bassa
voce, mentre seguiva
Aerith dentro ad un negozio di cui non aveva neppure guardato
l'insegna.
Squadrò il
proprietario del negozio come se gli stesse per
annunciare il giorno preciso e l'ora in cui sarebbe morto, ma poi ne
uscì con un semplice:
« Mi cucia dei vestiti.» necessario
necessario necessario.
Tornò in uno stato di semi-catalessi mentre ripensava ad
Aerith-Tifa-Corneo-Tifa-Aerith-Aerith-Aerith e
sentiva che la compagna farfugliava qualcosa di incomprensibile al
commerciante, dopo che quest'ultimo aveva detto "Non mi occupo di
vestiti da uomo"; si sforzò di non sembrare mortalmente
pallido mentre
il proprietario gli concedeva l'onore di un vestito fatto su misura,
guardandolo da capo a piedi con una divertita curiosità
negli occhi. NECESSARIO, NECESSARIO, NECESSARIO.
E poi, mentre, guardandosi allo specchio, si rese conto di avere la gonna
- lunga, ampia e viola - al posto dei
pantaloni, se lo ripeté con stoica convinzione. Necessario,
necessario, necessario, necessario.
« Come ti sta?» Aerith fece capolino da fuori al
camerino di prova, affacciandosi oltre la tenda.
Cloud si sforzò di non arrossire come un perfetto
idiota. Ma dopotutto non aveva ancora capito come diavolo
abbottonare tutta quell'infinita fila di occhielli che il vestito - vestito...-
si ritrovava sul davanti.
Aerith sbuffò d'impazienza e si infilò dentro,
ordinandogli di
sollevare le braccia e di stare fermo, mentre le sue mani
già
lisciavano la stoffa sulle sue spalle larghe, sui suoi fianchi dritti e
sul suo torace piatto.
« W...Woah, che
diavolo..?» a Cloud sfuggì un mugolio
d'irritazione
e disagio che non era certo di riuscire a nascondere perfettamente.
« Stai fermo, razza di testone. Ti sei infilato il corpetto
al contrario.»
A quel punto Cloud perse
completamente la capacità di intendere e di
volere. Si fece vestire docilmente da Aerith e la lasciò
fare quando
iniziò ad unire i bottoni e le asole lungo la sua schiena.
Ignorò i
suoi commenti riguardo al dover mettere una qualche imbottitura da
qualche parte (necessario, necessario),
al dover trovare un bel fiocco rosso con cui completare l'opera, magari
per poterglielo legare sui fianchi e nascondere quanto fossero
maledettamente piatti (necessario,
necessario, necessario) e all'idea che un po' di trucco non
avrebbe fatto male (mai stato così tremendamente
necessario!)
Poi si guardò timorosamente allo specchio, distogliendo gli
occhi un
attimo dopo perché avrebbe semplicemente preferito non
essere ferito
nel suo orgoglio più di come lo era già.
Aerith lo studiò per qualche istante, pensosa, poi si
batté un pugno sul palmo di una mano:
« Ti serve una parrucca, Cloud. A quel punto saresti
perfetto!»
Cloud annuì debolmente:
«...si.»
Si levò di
dosso quella roba quasi con gratitudine, uscendo da quel
camerino sacrilego in fretta e furia. Si stava già avviando
verso
l'uscita del negozio, grato di potersi lasciare alle spalle almeno per
alcuni minuti quella terribile necessità,
quando sentì che il proprietario, il sarto che gli aveva
cucito il suo vestito viola, accennava ad Aerith
qualcosa riguardo una palestra, parrucche e gente come lui.
Si voltò meccanicamente verso Aerith, seguendola con gli
occhi
spalancati ed immobili mentre gli si affiancava ed usciva dal locale.
«... Aerith...» iniziò
«...cosa gli hai detto? Che voleva dire...» fece
una pausa «..."gente come me"?»
Aerith tirò su con il naso e gli rispose con un sorriso.
« E' importante? Ora abbiamo un vestito grazioso!»
Cloud si schiarì lentamente la voce, seguendola.
Era necessario. Necessario. Non avrebbe mai
più visto quelle persone fino a che non fosse morto.
Dopo meno di due ore, la graziosa amica di Aerith
era pronta.
Cloud si
guardò per un istante allo specchio del camerino prima di
uscire. Ora aveva dei serici capelli biondi che gli ricadevano in
trecce sulle spalle, un petto davvero molto più gonfio
del solito. Non ebbe la pazienza di guardarsi negli occhi
per studiare quanto rosse e carnose fossero diventate le sue labbra.
Bene, Cloud, si disse mentre immetteva aria nei
polmoni, un
attimo prima di spostare la tendina e mostrare al mondo il suo nuovo
ridicolo essere donna Lo fai per Aerith e Tifa. Sei in grado
di sopravvivere ad una cosa del genere.
...Lo sei, vero?
Quando Aerith lo vide, imbellettato e truccato, tanto irriconoscibile
da sembrare davvero grazioso come avrebbe dovuto
essere un'amica, l'unica cosa che gli disse fu:
« Cammina in maniera più carina, signorina
Cloud.»
Poi però fu lei a sparire dentro quel camerino, afferrando
frettolosamente un vestito di seta rossa ed una scatola di scarpe,
intimando ai presenti di non sbirciare - esattamente come aveva fatto
la sera prima.
Cloud la attese
lì fuori, immobile, cercando di non fare caso al
proprietario che lo fissava come ad ammirare un'insolita, ma non per
questo meno bella, opera d'arte.
Gli avevano addirittura trovato delle scarpe di broccato VIOLA
che
gli calzassero a pennello: gli piantavano i piedi per terra, facendolo
sembrare due spanne più basso nel normale.
Continuò a sostenere gli
sguardi con le braccia tese e le mani congiunte sulla gonna del vestito
- erano movenze comprese nel "cammina in maniera più carina"
di Aerith
-, pensando che non si era mai sentito così disperatamente
idiota come
in quel momento.
Poi lei fece scorrere gli anelli della tendina sul tubo di metallo ed
uscì dal camerino facendo ticchettare sul legno graffiato
delle
graziose scarpette bordeaux i cui lacci le si avvolgevano
armoniosamente attorno alle gambe magre.
La guardò
sentendosi incapace di distogliere lo sguardo mentre
faceva una piroetta su sé stessa, in una danza a mezz'aria
che aveva
confuso i suoi capelli sciolti con gli svolazzi rossi e bianchi del suo
abito brillante di payette.
« Come sto?» domandò ingenuamente,
rivolgendosi alla sua amica Cloud.
Lui la fissò
intensamente ancora per qualche istante, poi scosse il
capo in disapprovazione, senza dire una sola parola. Questo la fece
sorridere.
Quella ragazza era semplicemente pazza.
La seguì
silenziosamente lungo le strade del Wall Market, ignorando
le occhiate dei pervertiti che ora non sembravano interessati solo
a
lei ( per questo inconveniente bastava ricordarsi di essere comunque
una graziosa amica che nascondeva due terrificanti occhi Mako sotto la
frangetta bionda).
« Devo proteggerti.» decise alla fine, con
sicurezza, con il tono incolore di chi non ha intenzione di accettare
proteste.
« Sssh, cara, che voce ti ritrovi?» gli
sussurrò, posandosi un dito sulle labbra « La
voce, Cloud, la voce.»
« Questo non
cambia il fatto che io debba proteggerti.» lo disse
senza abbassare il tono di voce, né modificarne l'accento.
Voleva che
le fosse chiaro che quelle parole era CLOUD a dirgliele.
« E' ovvio,
cara,» bisbigliò lei, cercando di non scoppiare a
ridere
fragorosamente - sembrava sul punto di farlo davvero - « dal
momento
che sei la mia attraente, appetibile formosissima guardia del
corpo.»
Cloud si
schiarì la voce, fissandola bieco mentre rideva, disegnando
una curva morbida con la schiena, i capelli castani a nasconderle il
volto mentre le scivolavano dolcemente sulle spalle nude.
Era così...bella, che temeva che se non
le fosse stato
vicino, allora forse tutti gli uomini di quel maledetto posto le
sarebbero saltati addosso senza per forza perder tempo a lanciarle
occhiate maliziose. Era così...perfetta in
quell'attillato ed elegante abito rosso, che avrebbe preferito dover
indossare quell'inutile ed ingombrante gonna fino
alla fine dei suoi giorni, pur di non farla entrare nel posto
disgustoso verso cui stavano andando.
Lasciò che la risata di Aerith si estinguesse, poi le
afferrò forte la
mano, nascondendo entrambe nella manica ampia del suo eccessivo abito
viola. Aerith lo guardò ammutolendo, una domanda stampata
negli occhi
messi in risalto da sottili linee nere.
Cloud strinse con più energia le dita di lei fra le sue.
« Non ti allontanare troppo.» bisbigliò,
guardando altrove.
Lei non rispose, all'inizio. Poi Cloud la sentì accettare il
consiglio con un mugolio sommesso.
Sapeva di non dare
granché manifestazione di virilità, stringendole
la mano così forte, con addosso quell'abito ridicolo e
quella parrucca
da travestito. E il fatto di averle afferrato la mano e di averle detto
di volerla proteggere, gli fece improvvisamente pensare di essere
impazzito quasi quanto lo era lei.
Era un
contatto inaspettato ed un po' timido ma sembrò confortare
entrambi, tanto che Cloud accelerò il passo, infermo nelle
sue
ballerine di broccato e lei lo seguì senza
difficoltà. Lui avrebbe
voluto semplicemente non doverla lasciare mai più.
(xxx)
Nota
dell'autrice:
Colgo giusto l'occasione di ringraziare ancora tutti (alicyana, the one winged angel,
zack_fair, Necrysia) per le recensioni e per esternare
l'amore incondizionato che provo per questo capitolo, nonostante la sua
anzianità xD E' la situazione che in assoluto mi ha
divertito maggiormente scrivere, complice anche il viaggio psicologico
che ho dovuto (piacevolmente) intraprendere nel cranio di Cloud Strife.
Perchè, cavolo, amo
quel pezzo del Wall Market.
Inoltre, YOUFFIE. So che mi senti. In un certo senso
questo capitolo è tuo. Prenditelo e_e
Senza i tuoi commenti nel faticoso ongoing
non sarei mai riuscita a crederci davvero.
|
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Capitolo 4 *** Train Graveyard // Beginning of Torture #1 ***
Four;
Train Graveyard // Beginning of Torture #1
Il metallo opaco e
marcito del treno aveva un odore pungente di ruggine
e stantio, e l'interno dei vagoni era permeato di un persistente e
soffocante tanfo che ricordava la plastica bruciata, il gasolio e
l'acqua stagnante.
Le pesanti gocce di una
pioggia violenta entravano obliquamente
attraverso le finestre senza vetri, picchiettando sui sedili ammuffiti
o sul pavimento corroso dal tempo, infierendo sul cadavere di quel
treno immobile da chissà quanti anni.
L'eco del temporale
sembrava rintoccare per miglia e miglia,
battendo il tempo di un tetro lamento funebre, mentre i suoni delle
gocce che s'infrangevano sul metallo si amplificavano e si
sovrapponevano. Un lungo ed asfissiante gemito che rimbombava
attraverso le carcasse sparse senza criterio sui binari, lungo tutto il
cimitero dei treni.
"Sarà una
lunga notte." Aveva predetto Tifa, lanciando un'occhiata
preoccupata al cielo rannuvolato, mentre si sedeva sul sedile che
sarebbe stato il suo giaciglio. Si era stretta in sé stessa
ed aveva
chiuso gli occhi, poggiando con cautela la testa sul vestito blu
appallottolato che le faceva da cuscino di fortuna - tutto
ciò che era
rimasto di quella disavventura con Corneo: sia lei che Cloud avevano
stropicciato i loro abiti come se fossero rifiuti radioattivi di Mako
(li avrebbero volentieri buttati via se solo Aerith non avesse fatto
notare che magari potevano rivelarsi utili, in un modo o nell'altro.)
Aerith aveva augurato a
tutti la buona notte, dicendolo con
serenità, sbadigliando appena mentre si copriva
graziosamente la bocca
con una mano. Era sfuggita ad una manica di pervertiti, era stata
sbattuta a tradimento dentro una botola ed era rotolata malamente in
mezzo all'acqua fangosa delle fogne; infine si accingeva a trascorrere
una notte umida e scomoda dentro lo scheletro puzzolente di una
locomotiva, nel cuore dei cimitero dei treni. Il suo vestito rosa aveva
macchie d'olio e sporco lungo bordo, mentre la sua treccia si era
disfatta senza che lei trovasse il tempo necessario a sistemarla.
Cloud la osservò attentamente mentre chiudeva gli occhi e
rimase fermo
a studiarle il volto anche per i lunghi silenziosi attimi che
seguirono, pensando che veramente continuava a
non afferrare quali arcani principi muovessero ogni sua azione.
Si stese supino sul pavimento in mezzo alle sue compagne e si permise
di socchiudere gli occhi solo quando si fu accertato che entrambe le
ragazze fossero addormentate, ignorando le gocce che battevano appena
sopra la sua testa, scorrendo lentamente ad inumidire la
divisa.
Poi la sentì. La riconobbe dal frusciare degli abiti e
dall'impercettibile scricchiolio che scosse il metallo marcio sotto di
lei. Attese qualche istante, con gli occhi chiusi, cercando di capire
quali fossero le sue intenzioni, senza fare caso allo scrosciare della
pioggia che era diventato improvvisamente assordante e cercava in tutti
i modi di sovrastare i suoi passi leggeri.
Poi la sentì soffermarsi su Tifa: il bagliore della Materia
colorò
pigramente la superficie buia delle sue palpebre abbassate.
Respirò più
a fondo, chiedendoselo con insistenza, quasi con rabbia, sentendo un
bruciante bisogno di ricevere una risposta che placasse quel disagio
che lo assaliva. Perché, perché,
perché? Perché lo fai, Aerith?
« Io non ti capisco.» annunciò, senza
sollevare le palpebre, quando la
sentì avvicinarsi ed accovacciarsi su di lui. Lei
sobbalzò,
immobilizzandosi nell'atto di tendere le mani sul suo capo, il respiro
mozzato ed in volto l'espressione basita di chi è
consapevole di essere
stato appena colto con le mani nel sacco.
Poi Cloud aprì velocemente gli occhi, le fece battere un
paio di volte
le palpebre incontrando i suoi, verdi e grandi. Aerith
ritirò in fretta
le mani, quasi a volerle nascondere fra le pieghe del vestito.
« Eri sveglio?» domandò, con una certa
tranquillità ed un sincero stupore nella voce.
« Non riesco a dormire se so che tu sei sveglia.»
ribatté Cloud, del tutto inespressivo. Non mi
serve un maledetto Energia. Voglio solo che tu...
Cloud la guardò mentre sorrideva, un sorriso del tutto
spontaneo.
« Volevo solo
aiutarvi a dormire meglio.» si interruppe un attimo
prima di aggiungere, con voce leggermente meno limpida ed una luce
incomprensibile negli occhi - qualcosa che mescolava tristezza,
rimprovero e gratitudine - « Tu...»
affondò le mani nel vestito,
premendosele sullo stomaco «...hai perso molto sangue
mentre...» lasciò
la frase incompleta.
Cloud rimase qualche istante soprappensiero, poi gli tornò
in mente,
con un flash, la ferita piuttosto profonda che gli aveva segnato il
fianco quella mattina, quando aveva deviato con la Buster - e con il
proprio corpo, a dire il vero - l'attacco di un Eligor piuttosto
agguerrito che stava calando su Aerith. Gli venne da roteare gli occhi
per l'esasperazione. Aveva smesso di pensarci nello stesso istante in
cui la ferita aveva smesso di dargli fastidio e non c'era neppure stato
bisogno di usare le Materia - nonostante le proteste di Aerith e Tifa.
Gli era capitato di perdere molto più sangue a causa di
ferite molto
più gravi, ma il Mako aveva fatto la sua parte e non ne
aveva mai
risentito più di tanto.
« Cerca di
prenderti cura di te stessa, per una volta.» le
bisbigliò, senza battere ciglio, facendole segno di
sollevarsi « Ora
l'unica cosa che puoi fare per farmi stare meglio è
stenderti e
dormire.»
Poi lei rimase in
silenzio, con gli occhi bassi e una linea di
desolazione nel volto. Per la prima volta da cui l'aveva conosciuta, a
Cloud parve che lei stesse esitando, che si sentisse del tutto
disorientata, che non riuscisse a scegliere quali gesti compiere o
quali parole usare.
Non ti capisco, Aerith.
Vorrei disperatamente comprenderti.
La seguì con
gli occhi mentre annuiva con aria rassegnata e si
distendeva di nuovo sul metallo, augurandogli di riposare bene con voce
più fioca.
Un'altra notte insonne per lui, un'altra notte per vegliare su di lei
ed assicurarsi che stesse bene. Avrebbe continuato a stare sveglio,
tutte le volte, se si fosse rivelato necessario.
(***)
Cloud non sapeva come e
perché Aerith riuscisse a trascinarlo in
situazioni così assurde; non capiva neppure
perché lui non sapesse
opporsi in alcun modo, anche quando tutto il suo essere gli gridava a
gran voce che ciò che stava per fare avrebbe ferito
mortalmente ogni
residuo di orgoglio che poteva essergli rimasto dopo essersi infilato
quello splendido corpetto viola.
Era entrata nella sua stanza d'albergo con un grande sorriso sornione
stampato sulle labbra. Allarme.
« Che ne dici di un appuntamento?»
Gli occhi di Cloud brillarono (per lo sgomento):
«
Come?» Il sorriso di lei si fece ancora più
grande. Cloud deglutì
rumorosamente. Purtroppo Aerith non poteva essere fermata: quando il
suo conto alla rovescia iniziava a far scorrere i secondi, non c'era
modo di disinnescare l'esplosivo. E lui sarebbe saltato in aria: sapeva
che non avrebbe in alcun modo trovato la forza necessaria per
allontanarsi da lei.
«
A-P-P-U-N-T-A-M-E-N-T-O!» sillabò Aerith,
sollevando un dito a
mezz'aria, mentre la sua espressione diventava di colpo perplessa
«...non vorrai dirmi di non averne mai avuti
prima...?» lo bisbigliò
con gli occhi sgranati, come se fosse quasi del tutto convinta che
invece la sua risposta sarebbe stata - umiliante e - affermativa.
Cloud cercò in fretta un appiglio che gli permettesse di
sgusciare più
o meno abilmente alla larga da quella domanda, frugando nei
più
reconditi e bui recessi della sua mente per spolverare ricordi che
riguardassero quel genere di cose.
Appuntamenti. Un SOLDIER non aveva tempo per sciocchezze di quel tipo.
Una guardia del corpo ne aveva ancora meno.
Eppure ora Cloud la stava
seguendo, anzi, si stava facendo
trascinare da lei, stava cercando di starle dietro mentre lei si
avventurava fra le luci abbaglianti del Gold Saucer, sparendo
momentaneamente alla sua vista e riapparendo qualche istante dopo,
chiamandolo, per accertarsi che non stesse fuggendo.
Per qualche momento
fugace Cloud si sentì propenso a scegliere
l'idea di girare i tacchi e andarsene, ma gli bastò
incontrare ancora
lo sguardo entusiasta di Aerith per cambiare -momentaneamente -
idea.
Si passò una mano fra i capelli non appena
risbucò, frastornato, dal
tunnel che lo aveva condotto - in un lungo e ripido scivolo che non
sembrava mai avere
fine - dall'atmosfera cupa e gotica dell'hotel alla luminosa e quasi
accecante Station Square. Deglutì con forza, cercando di
ritrovare
l'equilibrio, poi cercò immediatamente Aerith con gli occhi.
La vide,
spensierata e radiosa, mentre zampettava verso la mappa centrale del
Gold Saucer.
Grugnì appena, sbattendo le palpebre. Neppure Barrett o Cid
erano
rimasti impassibili dopo essere scesi lungo quello scivolo vertiginoso,
anzi, il vecchio barbuto aveva trattenuto un'imprecazione ed un conato
di vomito, mentre Vincent - persino Vincent- si era massaggiato la
testa ed aveva impiegato qualche istante e riordinare le idee.
Lei no. Lei ridacchiava ogni volta che si lanciava in quei tunnel
colorati di neon, ed alla fine si rialzava con la stessa identica
espressione divertita stampata sulle labbra.
Cloud scosse il capo, raggiungendola.
« Dove vuoi andare?» le domandò con un
fil di voce, osservandola mentre
esaminava con occhio incerto e critico la mappa luminosa che riportava
tutte le attrazioni del parco divertimenti.
« Mmh, non
saprei...vorrei provare tutte le Square...» lo disse
quasi soprappensiero, picchiettandosi il labbro inferiore con la punta
dell'indice. Cloud rimase in silenzio, lasciando che fosse lei a
decidere:
« Andiamo dove
vuoi tu...» nel frattempo iniziò a contare quanti
fossero esattamente i tunnel scivolosi in cui si sarebbe dovuto
avventurare per ogni spostamento fra le Square.
...sarebbero stati
comunque troppi - in ogni caso - per il suo
stomaco già provato dal cibo semi-avariato che gli avevano
servito al
ristorante del Ghost Hotel.
« ...ehi,
Cloud, non ti senti bene?» l'ex - SOLDIER sollevò
gli
occhi di scatto, senza accorgersi minimamente dell'espressione
sofferente che aveva impressa in faccia. Aerith lo guardava con le mani
dietro la schiena, le sopracciglia inarcate in una maschera che
mescolava preoccupazione ed una leggera perplessità.
«...eh?»
Cloud quasi si maledì per la propria inettitudine; era
assurdo che non fosse stato in grado di rispondere in maniera
leggermente più intelligente.
« ...fai paura.» gli occhi di Aerith si fecero
più grandi « Non guardarmi in quel
modo.»
Ancora. Cloud forzò ogni muscolo
facciale nel vano tentativo
di assumere un'espressione più tranquilla. Non capiva per
quale motivo
sentisse la necessità di mettere Aerith a proprio agio, e da
dove
venisse quella forza sconosciuta che lo spingeva addirittura a tentare
- pateticamente - di ammorbidire il cipiglio.
Impossibile. Gli angoli della bocca rimasero ostinatamente piegati
verso il basso, in due curve che sembravano scolpite nella pietra.
« Sto
bene.» concluse, distogliendo lo sguardo mentre si accorgeva
che i suoi difficoltosi tentativi non stavano portano a nulla di
rassicurante. Per un attimo sentì quelle cosce di Cocatolis
- non
sapeva dire se fossero arrostite o semplicemente decomposte
- che erano state la sua cena improvvisare una sorta di gara ai salti
mortali nel suo stomaco. Maledetti tunnel di Gold Saucer.
Cloud Strife. Incapace. Idiota.
Aerith sospirò appena, voltando gli occhi:
« Forse allora non vuoi davvero uscire con me...»
« Non dire sciocchezze.»
Aerith si voltò di scatto, gli occhi spalancati, la bocca
dischiusa.
« Andiamo dove vuoi.» Cloud lo disse con il tono
autoritario con cui
avrebbe imposto un ordine a dei subordinati « Scegli e ti ci
porto...»
fece una pausa nella quale tentò di addolcire il tono
« Possiamo stare
fuori anche fino all'alba.» centesimo tentativo fallito.
Aerith rimase a guardarlo
per ancora qualche attimo, immobile, e
Cloud desiderò ardentemente per quei due secondi di poter
entrare nella
testa di quella ragazza.
Poi lo sguardo di Aerith si addolcì.
« Sei davvero un uomo rozzo, Cloud.»
Cloud le restituì lo sguardo per un solo istante, poi
intrecciò le
braccia sul petto concentrando tutta la propria attenzione sulla mappa
al neon del Gold Saucer. Sentiva che se l'avesse guardata negli occhi
per un solo attimo in più, avrebbero anche potuto cedergli
le gambe.
Deglutì e l'unica cosa che riuscì a dire fu un
laconico:
« ...dove andiamo?»
Lei sorrise e si
chinò appena per cercare il suo sguardo: quando
finalmente lo incrociò, Cloud si sentì per
l'ennesima volta l'uomo più
inadatto e fuori posto dell'intero Pianeta.
« Event Square!»
(xxx)
Nota dell'autrice:
Stavolta non ho proprio nulla da dichiarare, oltre che
ringraziare ancora i gentilissimi recensori che fanno entrare un raggio
di sole nella mia stanza buia xD Grazie per avermi seguita fin qui
<3
E l'annuncio è il
seguente: il
prossimo capitolo sarà l'ultimo.
|
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Capitolo 5 *** Torture #2 // Promise - END ***
Torture #2 // Promise - END
« Congratulazioni! Siete la centesima coppia di
oggi!» Cloud si fermò solo dopo che Aerith lo ebbe
prontamente afferrato per un braccio. Avrebbe volentieri continuato ad
avanzare come se niente fosse, facendo finta di non aver sentito.
Un tizio all'entrata della Event Square li aveva appena scambiati - di
nuovo - per una coppietta di innamorati. Questa volta Aerith
non sembrava intenzionata a negare la cosa in alcun modo, nonostante
Cloud continuasse a lanciare occhiatacce assassine allo strano
copricapo a forma di pennuto giallo che l'animatore portava in testa.
E guardando le piume di plastica di quell'ingombrante cappello, Cloud
si ritrovò a pensare che, in fin dei conti, quel malinteso
non poteva portargli granché fastidio, e che avrebbe potuto
tranquillamente continuare per la propria strada - con Aerith - come se
niente fosse.
« In quanto centesima coppia....»
Cloud spostò di colpo lo sguardo dritto negli occhi
dell'intrattenitore, improvvisamente allarmato.
«...sarete i protagonisti dello spettacolo di
stasera!»
«...cosa?» la domanda di Cloud si ridusse ad un
sibilo di completa disperazione.
L'animatore sorrise in maniera affabile, e le ali gialle e sintetiche
di quel suo osceno copricapo si gonfiarono come se appartenessero ad un
vero Chocobo:
« Non è niente di difficile, signore, non si
preoccupi.» il pennuto sulla sua testa spalancò il
becco mentre lui allungava un braccio verso il palco, anch'esso
circondato ovunque da grassi e panciuti uccelli dorati «
Faccia e dica semplicemente quello che le viene in mente, ed il resto
del cast si adatterà di conseguenza!»
L'espressione con cui Cloud rispose a quelle parole era di pura
angoscia.
Che ACCIDENTI di sistema sarebbe questo...?
Andando a tentoni alla ricerca di una possibile via di fuga, si
voltò titubante verso Aerith, che se ne stava sorridente al
suo fianco. La cercò con gli occhi, sperando in una sua
parola che potesse giungere in salvo dell'unico briciolo di
dignità rimastogli.
Aerith si limitò a battere velocemente le mani, entusiasta:
« Sembra divertente!» lo afferrò di
nuovo per un braccio, le gote arrossate per l'eccitazione «
Proviamo, Cloud! Quando ci ricapita? Dai!»
...ma in fondo non poteva sperare in nulla di diverso.
Lei era pur sempre Aerith, l'aliena in abito rosa.
Cercò di mascherare il disagio mentre annuiva debolmente e
sibilava:
« ...andiamo...», poi si rifiutò di
calcolare razionalmente le proprie azioni mentre scendeva assieme a lei
le scale degli spalti che lo avrebbero condotto al prossimo supplizio.
(***)
Aerith osservò la sua opera ancora per qualche istante,
chinando il capo prima a destra e poi a sinistra, poi, soddisfatta,
mugolò qualcosa mentre si rimetteva diritta e tappava il
tubetto di rossetto che aveva in mano.
« Ho finito! » annunciò, a voce alta,
alzandosi in punta di piedi.
Cloud rimase stoicamente con gli occhi chiusi, seduto a gambe larghe
sulla sedia, le braccia incrociate sul petto. Sentiva il tramestio
provocato dagli attori che si preparavano ad entrare in scena, ma
tentò di ignorarli. Se solo non fosse stato per Aerith, non
avrebbe messo piede in quel camerino, dietro le quinte, neppure se gli
avessero offerto una ricompensa in gil. Se solo non ci fosse
stata lei, nessuno sarebbe passato vicino a loro
informandoli del fatto che sarebbero dovuti entrare in scena tra pochi
minuti.
E avrebbe preferito davvero non dover aprire gli occhi per guardarsi
allo specchio e scoprire cosa quella ragazza avesse combinato sulla sua
povera faccia.
Aerith rimase in silenzio per qualche istante, quasi perplessa:
« Ehi, Cloud, ora puoi aprire gli occhi, sai? Ho
finito.»
« ...preferirei non vedere...» ammise, dopo un
attimo, sistemandosi in una posizione leggermente più comoda
sulla sedia.
« Oooh, dai!» protestò lei, dandogli una
leggera scrollata alle spalle « Siamo qui per
divertirci! Non fare il musone come tuo solito!»
Un sopracciglio di Cloud si inarcò sui suoi occhi
chiusi, in silenzio. Rimase zitto e fermo a riflettere per giusto
qualche secondo, prima di arrendersi e dischiudere le palpebre.
Quella notte apparteneva ad Aerith, ormai era inutile. Gliela stava
regalando. Si era lasciato trascinare e sapeva benissimo che per quanto
provasse, non sarebbe mai riuscito a sfuggirle. Tanto valeva non
opporsi e assecondare quella sua arcana allegria.
Il trucco che Aerith si era proposta di fargli doveva trasformarlo in
un principe azzurro leggermente più credibile di quanto
potesse sembrare indossando gli scarponi e la divisa viola della
SOLDIER. Ma quello che Cloud vide riflesso nello specchio gli
ricordò pericolosamente ciò che aveva visto quel
fatidico e nefasto giorno al Wall Market, nella bottega del mercante di
abiti. Trasse un respiro molto profondo e
deglutì pazientemente, mentre riabbassava con lentezza le
palpebre sui suoi occhi azzurri, in una silenziosa e garbata rinuncia.
Per un attimo il Cocatolis sembrava aver dato dimostrazione di qualche
altro articolato numero di tip tap prima di estinguersi
definitivamente.
« Che ne dici allora?» canticchiò lei,
mettendosi a sedere graziosamente sul bordo del tavolo stretto del
camerino, davanti allo specchio.
«...mi sembrava di aver capito...di dover interpretare il
principe...che salva la principessa.»
pronunciò quelle parole con voce rauca, con la stessa
convinzione con cui - Grazie al Pianeta,
abbastanza tempo prima perché potesse fingere che non fosse
mai accaduto - aveva farfugliato una risposta affermativa ogni volta
che quel pervertito di Don Corneo aveva indagato riguardo l'interesse
che quella "carinissima gattina bionda" provava nei confronti
dell'ammasso di lardo che rotolava fra le coperte di seta rossa.
Rabbrividiva ancora, ogni volta che ripensava a quei pochi istanti che
aveva passato da solo nella stanza di quell'uomo.
Ed allo stesso modo, lo percorreva un brivido di soddisfazione quando
però gli tornava in mente la faccia terrorizzata e sudata di
Corneo mentre, dal bordo del suo schifosissimo letto, lui e Tifa gli
avevano fatto sputare l'anima, le informazioni e lo avevano fatto
temere ardentemente per tutto ciò che conservava con
devozione fra le sue gambe grasse.
Per un attimo gli balenò in mente il ricordo vivido di quel
giorno, quando Aerith, con una luce terrificante ad illuminarle gli
occhi, aveva piantato il piede sul bordo di quel letto ed aveva
sibilato "...te li taglio!" con una durezza ed una decisione che non
avevano avuto nulla da invidiare a quelle dimostrate da Tifa e da Cloud
stesso.
L'ExSOLDIER sbuffò ancora, scuotendo appena il capo,
contrariato.
Riporterò questa ragazza da sua madre. Lo
farò appena ne avrò l'occasione. E' quello il suo
posto...
« Ehi!» Aerith lo picchiettò su di una
guancia « Non azzardarti a dire che trucco male!»
Cloud dischiuse appena un occhio: lei lo fissava tenendo un broncio
accennato, le sue spalle e la sua lunga e spessa treccia castana che si
riflettevano sullo specchio dietro di lei.
«...non l'ho mai detto.»
« Ecco. » lei annuì con decisione,
poggiando entrambe le mani sul bordo del tavolino su cui era seduta,
stringendosi nelle spalle, mentre faceva dondolare nel vuoto le gambe
appena scoperte dallo spacco del vestito « Se dovessi essere
una principessa in pericolo, non accetterei che mi venisse a salvare un
principe scontato.» rimase un attimo zitta, riflettendo sulle
sue stesse parole, poi scoppiò in una risatina «
Non che un principe vestito da SOLDIER sia un partito così
scontato, certo...»
Cloud la osservò per qualche istante, con la coda
dell'occhio, tenendo le palpebre semi abbassate. A lei non serviva
certo il trucco per sembrare una principessa. Era già fin
troppo bella, senza fronzoli e stratagemmi fatti di ciprie e tinture
brillanti.
Una ragazza giovane, minuta ed indifesa che non poteva sopravvivere
senza che qualcuno la soccorresse nei momenti di pericolo. Era l'idea
che lei dava, quando si muoveva così graziosamente nel suo
abito, incespicava e maneggiava impacciata la staffa, come se fosse
un'arma finita nelle sue mani per puro caso.
Cloud ormai sapeva benissimo che, per quanto si sforzasse di
proteggerla fino allo stremo, in Aerith non si incarnava alcuna
principessa da salvare.
« Dopo vorrei andare al Wonder Square...ti
dispiace?» domandò lei, alzando lo sguardo verso
di lui, con un po' di timidezza. Cloud annuì richiudendo gli
occhi:
« Ci andiamo appena finiamo qui.»
« Grazie. Vorrei provare lo zucchero filato di Gold
Saucer.»
Cloud annuì adagio, sprofondando maggiormente nella sedia
nell'udire gli applausi provenire dall'esterno, dagli spalti - il che
non era affatto un buon segno. Stava per recitare su di un palco
davanti a chissà quanti spettatori... DOPO la
recita le avrebbe anche potuto offrire una seconda cena, sentendosi
grato e soddisfatto di essere lontano da quella maledetta Event Square.
Rimasero in silenzio ancora qualche istante, attendendo che
qualcuno venisse a chiamarli, lui seduto e immobile sulla sedia, occhi
stoicamente serrati, lei che continuava a far dondolare i piedi nel
vuoto. A Cloud parve di sentirla trattenersi dal ridere un paio di
volte, soffocando le risate nel palmo della mano. E in maniera
abbastanza umiliante pensò che in fin dei conti gli strani
ghirigori che attualmente gli segnavano il volto non dovevano essere
granché legati al suo improvvisato ruolo di principe.
« Non mi deludere e sii ironico, mio cavaliere!»
gli ordinò, balzando giù dal tavolo, mentre un
altro tizio vestito da Chocobo appariva ad avvertirli dell'inizio dello
spettacolo « Ti voglio valoroso e pieno di coraggio! E non
attaccare il re o il giullare, chiaro? Io sarò in braccio al
drago, non fra le braccia di un idiota con la barba!» gli
sorrise facendogli un cenno divertito con la mano, prima di sparire
dietro le quinte.
Cloud si sollevò in un solo gesto, sospirando;
evitò di incontrare il proprio riflesso e si
avviò direttamente verso la quinta da cui era prevista la
sua entrata, chiedendosi quale fosse esattamente il motivo per cui lui
ed Aerith fossero arrivati per centesimi in quella maledetta Square di
Gold Saucer.
Entrò in scena di corsa, come un perfetto deficiente. Non
poteva autoconvincersi e confortarsi dicendo che tutto ciò
che stava capitando era necessario, ma
tentò in tutti i modi di agire senza pensare a
ciò che stava facendo. Così si avviò
verso il primo idiota mascherato che trovò appostato sullo
sfondo bidimensionale (per Aerith questo e altro, per lei
questo ed altro) e diede inizio alla recita.
Inutile aggiungere che rimase abbastanza imbambolato e intontito quando
vide Aerith spazientirsi, divincolarsi dalle grinfie del drago e
menarle di santa ragione sia a lui che a tutti gli altri.
(***)
« E' stato divertente!» Aerith
ridacchiò, poggiando la schiena alla ringhiera metallica che
delimitava la terrazza sopraelevata del Wonder Square « Non
avevo mai provato niente del genere!»
Cloud la seguì con lo sguardo, le mani affondate nelle
profonde tasche degli ampi pantaloni viola, massaggiandosi lentamente
l'incavo del collo. Lo preoccupava appena il modo sconsiderato con il
quale lei si sporgeva lungo quella ringhiera, volteggiando su
sé stessa in uno svolazzare di stoffa rosa, capelli castani
e di zucchero filato, ma poi la guardò silenziosamente
mentre gli andava incontro, sorridente, gli occhi verdi e vispi che
sembravano volergli trasmettere tutta l'allegria dell'intero Pianeta.
« Sembrava davvero di scivolare sulla neve!»
commentò, euforica, afferrandogli disinvoltamente il polso e
tirandolo verso di sé, lungo la terrazza « Mi sono
divertita tantissimo!»
Cloud lasciò che lei lo conducesse vicino alla balaustra; la
guardò ancora un attimo mentre faceva ondeggiare fra le dita
il bastoncino di legno a cui era avvolto un enorme batuffolo di
zucchero candido; trofeo di una fila che era sembrata interminabile,
davanti al carretto di un signore attempato che avvolgeva lo zucchero
filato per una folla urlante di bambini. Aerith si era praticamente
ripiegata su sé stessa dalle risate, poggiandosi al petto di
Cloud mentre insieme commentavano - e, strano a dirsi, ma Cloud si era
dimostrato particolarmente partecipe - il pon pon rosso che spuntava in
cima alla testa pelata di quel tipo con i baffoni grigi, nella
rivisitazione ironica di un Moguri.
« Un giorno vorrei davvero andare alla pista sciabile di
Icicle.» aggiunse lei d'un tratto, guardando il cielo
notturno con aria sognante, dove la luce delle stelle si confondeva con
quella caleidoscopica dei fuochi d'artificio. Diede un'occhiata
divertita alla sua guardia del corpo, poggiando giocosamente la testa
sulla sua spalla « Mi ci porterai, vero, Cloud?»
Lui rimase a fissarla lì ferma, così piccola, la
guancia premuta contro il suo braccio; in un istante gli
tornò in mente il momento in cui lei aveva perso
l'equilibrio mentre stava sull'asse di plastica del videogioco di
Snowboard, dentro l'impianto di Sala Giochi del Wonder Square. Era
scivolata all'indietro dopo essersi inclinata eccessivamente in quello
che lo schermo luminoso proponeva come un accidentato slalom fra
pupazzi di neve e palloncini colorati. Ovviamente l'aveva presa al volo
prima che potesse cadere: lei lo aveva ringraziato brevemente,
ridacchiando, con un leggero rossore ad imporporarle le guance e poi
gli aveva chiesto di continuare la partita. Aveva sentito lo sguardo
divertito ed orgoglioso di Aerith alle sue spalle, mentre la gente si
affollava intorno a lui per ammirarlo mentre,
inaspettatamente, tagliava il record più alto registrato da
quel videogioco.
Beh, di sicuro non avrebbe permesso che Aerith cadesse da sola nella
neve, se mai fosse andata ad Icicle Inn. Lei sarebbe stata capace di
rialzarsi e riprovare, ridendo della propria imbranataggine, rischiando
anche di farsi molto male.
« Ci andremo insieme, prima o poi.» le
assicurò, poggiando i gomiti sulla balaustra, vicino a lei. Aerith
da sola a fare snowboard. Non sia mai.
« Guarda che l'hai promesso! Ci tengo!»
postillò lei, tornando a concentrare l'attenzione sul
panorama dorato di Gold Saucer, sfilando un piccolo pezzo di zucchero e
portandoselo delicatamente fra le labbra.
Dalla terrazza del Wonder Square si vedevano benissimo i fuochi
artificiali: avevano già iniziato a spararli in cielo mentre
raffiche di palloncini multicolore si innalzavano e si disperdevano fra
le scintille infuocate e fra le stelle.
« Vuoi assaggiare?» chiese Aerith d'un tratto,
facendo riscuotere Cloud da pensieri contorti che tentavano di
ricapitolare in breve quante pazzie avesse compiuto fino a quel
momento, da che quella ragazza assurda era entrata nella sua vita.
Voltò appena gli occhi verso di lei, e vide il suo volto
pallido ed i suoi occhi sereni riflettere a tratti le luci policromi
dei fuochi. Gli stava porgendo la nuvola di zucchero, sistemandogliela
perfettamente sotto il naso.
« E' buonissimo come ho sentito dire...prendine un
po'.»
Aerith Gainsborough. Che creatura sconosciuta.
« Non mi piacciono molto i dolci.» rispose lui con
tono obbiettivo, brevemente, senza battere ciglio. Lei
sembrò intristirsi e prese ad offrirglielo con maggiore
impeto, strappandone un pezzo ed avvicinandoglielo al volto:
« Avanti, solo un pezzetto! Non sai cosa ti perdi,
Cloud!»
Si fece pregare solo qualche altro istante prima di cedere. Si
avvicinò titubante alle dita zuccherate di Aerith e
lasciò che lei lo imboccasse, poi tornò
immediatamente a guardare dall'altra parte, mentre lasciava che lo
zucchero gli si sciogliesse in bocca.
Ancora. Gli stava ricapitando quella cosa non
più così tanto sconosciuta. Il volto gli divenne
più caldo del solito e non a causa di un semplice
surriscaldamento da Mako.
La fioraia mugolò qualcosa in approvazione, poi si sporse
appena verso l'exSOLDIER.
« Com'è? Ti piace?»
Cloud si schiarì appena la voce, stringendo le mani attorno
alla balaustra con tanta forza che per un attimo gli parve di sentire
il metallo piegarsi contro i suoi palmi:
«...molto.»
Aerith gli indagò il volto, sospettosa:
« Che hai alla faccia?»
Cloud mandò giù tutto lo zucchero:
« E' la luce dei fuochi...»
Cloud Strife. ExSOLDIER. Imbecille.
Riuscì a ritrovare il controllo di sé stesso in
un solo, difficoltoso istante. Aerith non sembrava del tutto convinta,
ma tornò al suo dolce, adagiandosi di nuovo sulla balaustra.
« Eeeh, lo so, poverino...» bisbigliò,
fra un piccolo morso e l'altro « Il primo appuntamento
è sempre scioccante per chiunque.» fece una pausa
nella quale sembrò studiare un'altra piroetta artificiale,
sopra di lei, sollevando un dito « Soprattutto se ti tocca
portare una ragazza graziosa come me sulle montagne russe del Gold
Saucer. Mica capita a tutti...» lo aggiunse con aria
divertita, accennando una smorfia complice nella sua direzione.
Cloud non riuscì a rispondere con niente di meglio che un
mugolio soffocato.
Che gli succedeva quando stava con lei? Che
succedeva al suo autocontrollo? Se ne andava tutto a farsi benedire
come un lavoro miseramente fallito? Si passò ancora la mano
sul volto, massaggiandosi stancamente l'attaccatura del naso fra due
dita.
Ricordi come ti comportavi quando lei non c'era, Cloud
Strife? Riesci a ricordare quante volte hai riso, prima che lei
arrivasse? Quante volte ti è stato detto che eri un uomo
insopportabile?
E ora cosa ti dicono gli altri? Cosa ti dice lei?
« Sai una cosa, Cloud?» il tono di Aerith era
improvvisamente cambiato; le sue parole fecero voltare la sua guardia
del corpo nello stesso istante in cui il botto seguì
l'esplosione di una nuova pioggia di scintille colorate.
« Io ho sempre sognato, fin da piccola, di poter vivere in
una città luminosa.» i riverberi del neon
assunsero improvvisamente un'ombra malinconica lungo le sue guance
« Dai bassifondi di Midgar non si vedeva mai il cielo, solo
le luci fioche che filtravano oltre le piastre dei settori.»
addentò piano, con delicatezza, l'ultimo pezzo di zucchero
« Com'era Nibelheim?» glielo domandò
gratuitamente, all'improvviso, voltandosi appena verso di lui
« Si vedevano le stelle?»
Sul volto di Cloud si disegnò un'evidente disorientamento,
ma poi non gli fu difficile frugare nella memoria per risponderle: i
ricordi legati al suo villaggio d'origine erano fin troppo vividi:
« ...c'era un pozzo, nel centro. Mi ci rifugiavo spesso,
prima di andare a dormire.» fece una pausa « ...Mi
piaceva contare le stelle prima di tornare da mia madre.»
Aerith sorrise appena, tornando a guardare davanti a sé,
senza commentare. Cloud le studiò il volto in silenzio,
chiedendosi cosa stesse pensando in quel preciso istante. Ma il volto
di lei era insondabile, misterioso come sempre.
Quando lei riaprì bocca, la sua voce era leggermente
tremula:
« Cloud, quando saremo vecchi...»
iniziò, senza guardarlo «...vorrei davvero tornare
qui a guardare questi stessi fuochi d'artificio, insieme a te. Non so
se in futuro resteremo in contatto, dopo tutte queste cose che stanno
capitando al Pianeta...» un sorriso leggero le
increspò le labbra « ...però vorrei
venire qui di nuovo, con te che mi tieni per mano come hai fatto quella
volta al Wall Market. E poi...»
Il boato di un ennesimo fuoco artificiale sovrastò ed
interruppe la sua voce: palloncini di ogni colore iniziarono la loro
risalita verso il cielo, mescolandosi in tonalità miste
davanti ai loro occhi, lasciati liberi dalla Square sottostante alla
terrazza.
Aerith trattenne il respiro per la sorpresa, poi spalancò
gli occhi ed allungò le braccia per indicare lo spettacolo
al suo compagno, la voce che rasentava l'euforia, leggermente
più acuta del solito:
« Hey, hai visto? Cloud, hai...?»
Interrompendosi, sentì la mano grande di Cloud avvolgere la
sua, in un gesto delicatissimo; si voltò appena, leggermente
stupita, gli occhi gli ponevano una domanda silenziosa.
Che fai, SOLDIER?
Cloud batté le palpebre. Non ne aveva idea.
Si chinò su di lei senza alcun preavviso, lentamente,
sfiorando con le dita indurite dalla spada quella mano piccola e
pallida abbandonata nella sua. La baciò socchiudendo gli
occhi, con impaccio, mentre i palloncini coloravano il cielo ed i botti
riempivano loro le orecchie. E quelle di Aerith erano labbra che
sapevano di zucchero; gli risposero con quasi la stessa incertezza,
giocando timorosamente con le sue mentre lei si stringeva nelle spalle.
Forse non sarebbe davvero mai riuscito a comprendere quella strana
creatura.
Ma in fin dei conti, questo non gli impediva certo di amarla con tutto
sé stesso.
E poi lei gli sorrise, alzandosi in punta di piedi per baciargli la
fronte: nonostante i suoi sforzi per mantenersi impassibile, doveva
essere abbastanza evidente la tonalità accesa di cui si
stava colorando il suo volto.
« Facciamo un giro in Gondola?» propose lei,
tirandolo via dalla balaustra, intrecciando forte le dita con le sue.
Cloud la guardò ancora, chiedendosi quanto potesse essere
imbarazzate fare un giro sulla ruota panoramica assieme a lei, senza
nessun'altro.
Molto imbarazzante. Ma per sopportarlo gli sarebbe
bastato trovare un altro modo per auto convincersi.
«...andiamo.»
Tu la ami, exSOLDIER. La ami, la ami, la ami.
END.
Nota dell'autrice:
Già,
avete capito bene. Aerith
non vedrà mai più i fuochi d'artificio.
Grazie per aver letto fino alla fine e aver apprezzato questa
fanfiction anziana <3
Alicyana, the onewingedangel, zack_fair, Necrysia
e i vostri commenti dell'amore!
Ve ne sono incredibilmente grata ;D
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