GLI AMORI DIFFICILI

di Vivien L
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PAURE ***
Capitolo 2: *** REAL LOVE ***



Capitolo 1
*** PAURE ***



    

      
 

GLI AMORI DIFFICILI
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      La passione...
alberga in tutti noi.
Sopita, in agguato.
E, sebbene indesiderata,
sarà il fuoco che illuminerà le nostre anime.
Arde, si consuma,ma non muore.
E' la nostra stessa essenza,
senza non saremmo umani.
La passione governa e noi viviamo...
che altro ci resta?

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  Varco le grandi porte a vetro dello stabile, e immediatamente una folata d'aria calda mi colpisce in pieno viso, causandomi un violento brivido di paura lungo la spina dorsale. Intorno a me, scorgo piccoli gruppi di persone comodamente ammassati dinnazi all'imponente sala d'aspetto del "Seattle General Hospital", e una folta folla di persone che si muove freneticamente, mentre l'odore di alcol e deodorante per ambienti mi penetra violentemente le narici. Mi incammino verso la sala d'aspetto, i miei passi sono lenti e cadenzati, la paura mi attanaglia l'anima, sento uno strano senso d'inquietudine che mi destabilizza, compromettendo la mia lucidità.

Arrivata dinnanzi alla porta con una piccola targetta dorata che recita "Dott.ssa Elizabeth Crow", osservo con sguardo intimorito le innumerevoli sedie pieghevoli che si susseguono lungo il corridoio della sala d'aspetto, occupate da donne, uomini e anziani, che attendono pazientemente che venga chiamato il loro nome.

Eppure, nei loro occhi non scorgo la stessa paura che attanaglia il mio cuore, l'invalicabile ansia che opprime la mia mente, gettandomi nello sconforto più totale.

Mi appoggio a una piccola balaustra che mi nasconde agli occhi degli altri pazienti,stremata, e chiudo gli occhi quando scorgo fra la folla una giovane donna dall con le guance rosee e gli occhi lucidi, che stringe fra le braccia un pargoletto di pochi mesi, mentre lo sguardo amorevole del suo compagno si posa su di lei, e le sue labbra sfiorano i suoi capelli lunghi e setosi.

E all'improvviso, le sue parole mi ritornano in mente, scorrendo caotiche nel vortice furioso dei miei pensieri...

- Io non potrò mai darti ciò che cerchi, Isabella- la sua voce è dura, impenetrabile, ma scorgo un'inflessione addolorata nel suo tono soave e delicato. Le lacrime lottano per traboccare dai miei occhi scuri, tracciando un tortuoso sentiero di disperazione sul mio pallido volto, lacerato dalla sofferenza.

- Edward, io...-

- Non dire nulla, sai che non servirebbe- mi accarezza la schiena, il suo tocco delicato sembra bruciare a contatto con la mia pelle accaldata, e un singhiozzo di sconfitta satura l'aria, carica di tensione e aspettativa.

Lo sguardo di Edward si posa sulle lacrime che mi rigano le guance, e i suoi occhi chiari, luminosi come il sole, profondi come l'oceano, si riempono di sofferenza.

- Tu menti- sibilo, allontanandomi da lui, e lanciandogli un' occhiata disgustata - Ti nascondi dietro false pretese...sostieni di aver paura di amare, di aprirmi il tuo cuore ed essere felice- prendo fiato, scossa, asciugandomi le lacrime con le dita della mano sinistra. Il suo sguardo diviene vitreo, gelido, mentre scruta il mio pallido volto, le labbra contratte in una smorfia di sofferenza.

- Non ti permetto di giudicarmi, Isabella Swan- sibila, irato, e un brivido di terrore sale lungo la mia spina dorsale - E' stato solo sesso, e io non ti ho mai promesso niente...la colpa e soltanto tua, se ti sei innamorata di me- quelle parole, pronunciate con tanta crudeltà, sembrano infrangersi con violenza contro il cielo vuoto della mia disperazione, mentre sento il mio cuore e la mia anima lacerarsi lentamente, annientate dal dolore.

Apro gli occhi, scossa, tentando di reprimere le lacrime che lottano per traboccare dal mio sguardo, mentre sento il familiare senso di inquietudine insinuarsi nelle piaghe più oscure della mia anima, lacerando i recessi del mio cuore, ormai distrutto dalla sofferenza.

Edward...perchè mi hai fatto questo? Ostinandoti a sopprimere l'amore che provavi per me, hai rovinato per sempre il nostro rapporto, ma sarò io l'unica a pagarne le conseguenze, da oggi in poi.

Annientato dall'insulsa paura di amare, giorno dopo giorno ti sei allontanato da me, nascondendoti dietro una mascherà di imperturbabile indifferenza che non riusciva però a nascondere ciò che provavi per me...perchè le mie non erano semplici illusioni.

Ricordo ancora le tue carezze proibite sulla mia pelle, i tuoi baci appassionati, le tue parole sussurrate sul mio collo...in ogni tuo singolo gesto c'è stato amore, nonostante tu ti ostini a voler negare di provare qualcosa per me...qualcosa che oltrepassi l'inarrestabile desiderio che ha invaso le nostre anime.

Eppure le nostre scelte condizionano inevitabilmente il nostro destino...e tu hai scelto di non esserci, di allontanarti da me, di sopprimere i tuoi sentimenti, rinunciando a lottare per il nostro amore, scoppiato all'improvviso, ma che si è consumato come il più impetuoso arder dei fuochi.

- Isabella Swan!- una voca stridula e insistente mi distoglie dal vortice furioso dei miei pensieri, facendomi sobbalzare. Alzo lo sguardo, scossa, incrociando gli occhi chiari e luminosi della Dottoressa Crow, che osserva il mio pallido volto con espressione invadente. Mi riscuoto, asciugando le lacrime che si erano cristallizzate sul mio volto con la manica della camicia, incamminandomi lentamente verso la donna che, giunta alla porta d'entrata del suo studio, mi fa un cenno distaccato, intimandomi di accomodarmi.

Varco la soglia, intimidita, e il leggero scricchiolio dell'uscio che si chiude alle mie spalle mi causa un violento sobbalzo d'apprensione.

- Ho appena ottenuto i risultati delle analisi- esordisce Mrs Crow, la voce ridotta ad un sussurro concitato. Annuisco, seria, accomodandomi su una piccola poltrona girevole in pelle scura, mentre scorgo i lineamenti del suo volto divenire preoccupati.

- Signorina Swan, sarò breve e concisa- continua, sedendosi di fronte alla scrivania in mogano che capeggia al centro dello studio.

- Ho notato, il giorno delle sue analisi, il suo timore riguardante un ipotetico esito positivo dei risultati- il mio colorito diviene cereo, quasi cadaverico, mentre sento il mio cuore accelerare il suo lento intercedere. Elizabeth sospira, distogliendo lo sguardo dal mio volto intimorito, e la sua voce, quando parla, sembra penetrare la mia mente, come il peggiore dei tormenti.

- Isabella...lei aspetta un bambino- le sue parole mi incendiano l'anima, e il dolore diviene acuto, insopportabile, quando il mio cervello ingloba il reale significato di quella nuova, inaspettata rivelazione.

Edward,aspetto un bambino...e tu non ci sei.

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Sei giorno dopo
 

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-Signorina Swan!- la voce dolce e sensuale di Edward mi distoglie dai miei pensieri. Alzo lo sguardo, sorpresa, interrompendo lo scorrere frenetico delle mie dita sulla tastiera del computer, incrociando gli occhi chiari e luminosi del mio dirigente. Occhi vitrei, gelidi come l'inverno, ma negli anfratti più oscuri del suo sguardo scorgo un fuoco ardente, che brucia e consuma le piaghe più oscure della sua anima.

Tu non sai amare, Edward...ma ciò che colgo nel tuo sguardo non è passione, ne' semplice libidine...è un sentimento più oscuro, lacerante, che ti impedisce di respirare...e la paura di ciò che accadrebbe se tu ti ci abbandonassi è troppo radicata nel tuo animo, e ti impedisce di vivere seneramente il nostro amore...ma è tutto finito, Edward. Domani sarà tutto finito... per sempre.

- Ho bisogno di un caffè doppio...- ordina perentorio, ma la sua voce è diversa...quasi addolorata.

Chiudo gli occhi, tentando di scacciare il ricordo del suo sguardo tormentato fisso sul mio volto intimorito e,facendo leva sul mio invalicabile autocontrollo, mi alzo in piedi, lanciandogli una breve occhiata e incamminandomi verso la macchinetta del caffè.

All'improvviso, sento le sue mani afferrare con forza la mia vita, costringendomi a scontrare la mia schiena contro il suo torace. Trattengo il fiato, sconvolta, mentre il mio cuore accelera il suo lento intercedere, rimbombando nella cassa toracica e compromettendo la mia razionalità.

- Bella...- il suo tono è dolce, ma scorgo un dolore straziante intriso nelle sue parole, che scatena in me una sofferenza talmente acuta da mozzarmi il respiro. Istintivamente mi porto una mano al ventre, sfiorando la mia pelle accaldata attraverso il tessuto della mia camicetta, e un piccolo rigonfiamento si fa spazio sotto il mio tocco delicato...ma tutto ciò che conta è che lui non mi vuole più...lui mi ha abbandonata.

- Non toccarmi, Edward- sibilo con voce disperata, allontanandomi da lui con un movimento brusco. I miei occhi brillano nei suoi; cielo e terra, fuoco e ghiaccio si fondono un un connubio di sensazioni contrastanti, che lacerano il mio animo corrotto come il peggiore dei persecutori.

Lui abbassa le braccia, rassegnato, e io mi volto, incamminandomi lentamente verso il tortuoso corridoio del tredicesimo piano, finchè la mia schiena non incontra la fredda superficie di una piccola colonna in marmo bianco. Mi accascio al suolo, dando finalmente sfogo ai singhiozzi disperati che mi opprimono il petto.
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          -La sala d'aspetto è gremita di persone. La maggior parte di loro sono donne, comodamente ammassate dinnanzi alla piccola porta in faggio del terzo piano. I loro volti sono spaventati, uno strano luccichio alberga nei loro sguardi disperati. Alcune si torcono nervosamente la mani , altre ancora lanciano occhiate furtive lungo il corridoio, l'espressione intimorita e, a tratti, rassegnata.

Il mio cuore accelera il suo lento intercedere quando, con uno scatto improvviso, l'uscio della porta che ho di fronte si apre, facendo spazio al volto di un giovane uomo dagli occhi stanchi, le labbra piegate in un impercettibile smorfia di frustrazione.

E la paura, irreversibile e istintiva, si fa strada lentamente nel mio animo corrotto, causandomi un violento brivido d'apprensione lungo la spina dorsale.

E' tutto finito...ciò che accadrà oggi, fra le mura spoglie di questa scarna sala d'attesa, segnerà inevitabilmente il mio destino, lacerando il mio cuore e la mia mente.

- Marie McCarley!- la voce tonante dell'uomo mi fa sobbalzare, mentre scorgo una ragazza minuta e dal volto infantile alzarsi con lentezza dalla piccola poltrona in pelle, lo sguardo intimorito e l'espressione dilaniata dal dolore.

Si sfiora il ventre con delicatezza, lanciando un' occhiata disperata ai genitori che, con un cenno freddo e privo d'emozioni, intimano la giovane donna di varcare la porta dello studio.

Istintivamente rilascio un sospiro di sollievo, accarezzando con dolcezza la piccola sporgenza dove, in quel momento, il mio bambino sta crescendo, inconsapevole che la sua vita sarà presto brutalmente troncata, per colpa del terrore che opprime il mio animo al pensiero che non avrei mai potuto donare a mio figlio una vita felice.

Mai.

Perchè suo padre mi ha abbandonata, ci ha abbandonati entrambi, fuggendo da un amore proibito, che ci ha resi entrambi prigionieri del nostro desiderio...

Il tempo scorre lentamente, le sue lancette sembrano arrestarsi, la tensione si è cristallizzata nell'aria,come il peggiore dei tormenti...la mia mente è concentrata su un unico particolare, che si insinua con brutalità nelle piaghe più oscure del mio cuore, lacerando la mia razionalità.

Il mio bambino sta per morire...sto per uccidere il mio bambino...il frutto del nostro amore, del mio amore per lui, non diverrà altro che il labile ricordo di un passato tormentato, in cui dolore e confusione si ammassano nel cielo vuoto della mia disperazione...

Dopo quelle che a me sembrano ore, l'uomo dagli occhi scuri apre la porta dello studio, e lo sguardo scorre febbrilmente dinnanzi a un piccolo porta-appunti in plastica.

E, quando la sua voce risuona nel lungo corridoio che mi ospita, cristallizzandosi nell'aria, sento il mio cuore accelerare il suo ritmo cadenzato, rimbombare con forza nella cassa toracica, mentre i miei passi frenetici frantumano l'assordante silenzio che invade la mia mente.

- Isabella Swan!-

Il momento è giunto...è il mio ultimo pensiero, prima di varcare la soglia del piccolo studio...e con esso, l'estinguersi di tutte le speranze per una vita migliore.

Mia, e di Edward.
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Questa flash-fic ( composta da due capitoli), è nata alcune settimane fa...soltanto oggi ho trovato il tempo e la voglia di ricorreggerla e sistemarla. Come alcuni di voi già sanno, a me piace trattare argomenti "impegnati"...anche se non sempre riesco ad esprimere al meglio la potenzialità emotiva dei miei personaggi. L'aborto è un tema piuttosto complicato, sul quale preferisco non pronunciarmi in un sito di pubblico dominio qual'è Efp...tuttavia è anche un argomento molto attuale, considerando i dibattiti accesi che si stanno affrontando, non soltanto dal punto di vista politico ma anche istituzionale ( fattore da  non sottovalutare, considerando che, purtroppo, al giorno d'oggi molto spesso la legge si distacca notevolmente dalla moralità delle persone).Se la storia vi piace pubblicherò al più presto il secondo- e ultimo- capitolo. Un bacio, Eli.




 

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Capitolo 2
*** REAL LOVE ***



    

      
 

GLI AMORI DIFFICILI
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4 ANNI DOPO
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- E' ormai divenuto di pubblico dominio la notizia dell'imminente matrimonio del noto imprenditore Edward Cullen, principale esponente delle maggiori case editrici del nord degli States, nonchè membro attivo di numerose associazioni a carattere economico del paese, con la figlia maggiore del senatore del partito dei Repubblicani, Kate Denali. La notizia è stata divulgata...- spensi l'interruttore del piccolo televisore con uno scatto secco, volgendo il capo verso un punto indefinito della stanza, lo sguardo vitreo e l'espressione assente. Erano passati quattro anni dall'ultima volta che avevo visto Edward Cullen, eppure il suo ricordo imperversava ancora nella mia anima come il peggiore dei tormenti.

Era strano pensare a ciò che avevamo condiviso in passato, a tutto l'amore che gli avevo così scioccamente donato, senza avere mai la presunzione di essere ricambiata, e rapportarlo con ciò che stava succedendo in quel momento: lui avrebbe sposato un'altra donna, senza in realtà sapere che ciò che si era così brutalmente lasciato alle spalle non era soltanto il ricordo svanito di un puerile sogno d'amore, sfumato al vento e sopito nei recessi più oscuri della mia memoria...no, perchè il nostro sentimento aveva generato qualcosa di più importante delle nostre stesse vite, qualcosa che aveva inevitabilmente condizionato il mio destino, regalandomi le gioie più profonde che avessi mai provato, ma anche il dolore più straziante che potesse esistere. E in quel momento lanciai un'occhiata intenerita al piccolo pulcino che sedeva sul tappeto del minuscolo soggiorno dell'appartamento, in mano una macchinina verde che faceva slittare sul pavimento, gli occhi verdi e luminosi incantati sul giochino che stringeva fra le mani.

Derek...mio figlio. Mio, e di Edward.

Quel figlio che un tempo avevo desiderato non nascesse mai ma che, una volta scoperto che cresceva nel mio ventre, non ero riuscita ad uccidere...non avrei mai potuto. Ricordo ancora l'espressione stranita del medico quando, poco prima di sottopormi all'operazione che avrebbe troncato la crescita del mio bambino, avevo deciso che no, non potevo farlo, non potevo togliergli il diritto di vivere.

A costo di crescerlo da sola, di allevarlo come una ragazza madre, di stringere i denti e sopportare tutti i sacrifici che avrei dovuto affrontare per poterlo avere con me, lui avrebbe dovuto vivere perchè, nonostante tutto, era il simbolo dell'amore che avevo provato per Edward...un amore che ancora oggi non riuscivo a reprimere, e che mi causava un dolore atroce, ogni volta che sentivo lo spettro del suo ricordo insinuarsi con violenza nella mia mente.

Edward Cullen...colui che, a quattro anni di distanza, era ancora ignaro che, a pochi chilometri da lui, suo figlio stesse crescendo senza l'amore di un padre.

Edward Cullen...l'uomo che aveva rifiutato il mio amore, perchè aveva paura di soffrire e di affezionarsi realmente a me. Sapevo bene che il matrimonio con Kate Denali era una farsa: un patetico spettacolo organizzato per rendere felici i giornali scandalistici e accrescere il patrimonio delle loro famiglie...d'altronde Kate non era come me: io ero soltanto una segretaria senza il becco di un quattrino, una donna che non aveva nulla da offrire agli altri, se non il suo cuore e la sua più incondizionata fedeltà.

Crescere Derek in questi anni era stato difficile: in seguito alla mia decisione di tenerlo, ero stata costretta ad allontanarmi da Edward; non volevo che lui scoprisse della mia gravidanza e che, di conseguenza, si sentisse in dovere di provvedere a noi, anche se nei miei confronti non nutriva quell'amore destabilizzante che mi lacerava l'anima quando incontravo i suoi occhi chiari e penetranti.

Mi ero licenziata, ignorando i suoi vani tentativi di convincermi a continuare a lavorare per lui, e avevo trovato un lavoro come segretaria in una redazione di un piccolo giornale della weast-coast. E da quel giorno non l'avevo più rivisto.

Mai più.

Affrontare la gravidanza da sola mi faceva paura; nonostante tutto, i problemi fisici e psicologici che avevo dovuto affrontare in seguito al suo abbandono avevano avuto un forte impatto sulla mia vita e, cosa ancora più importante, su quella di mio figlio.

Il lavoro era sempre stato molto impegnativo, e la paga misera; ragion per cui, non avevo potuto essere particolarmente presente nella vita di Derek, e donargli tutto l'amore e gli agi che necessitava per crescere...ricordo ancora la mia angoscia ogni volta che nella nostra famiglia si presentava qualche imprevisto, che andava indiscutibilmente a gravare sul mio bilancio economico:le visite mediche, l'asilo nido, e tanti altri piccoli particolari che a molte donne sarebbero potute sembrare cose di poco conto, ma che io spesso non riuscivo a permettermi. Il pensiero di non poter offrire a mio figlio un futuro economicamente sereno mi angosciava.

E in quell'immenso oceano di dolore che aveva ormai irrimediabilmente avvolto la mia vita, l'unico spiraglio di luce era proprio lui:il mio piccolo e adorabile bambino dagli occhi verdi.

Verdi...esattamente come quelli del padre.

Scossi il capo, tentando di scacciare quegli incresciosi pensieri dalla mia mente, quando Derek proruppe in vagito irritato.

Lanciai un' occhiata nella sua direzione, e sorrisi: era talmente bello da sembrare un angelo, con quei capelli scuri, le labbra rosee e carnose, le gote colorate di un pudico rossore...era il mio tesoro, la mia unica e inestimabile ragione di vita. Avrei dato tutto, per lui: avrei sacrificato la mia stessa esistenza per saperlo felice.

Mi alzai dalla piccola poltrona del soggiorno, avvicinandomi al centro della stanza e inginocchiandomi di fronte al mio pulcino, che osservava il mio pallido volto, l'espressione curiosa e gli occhietti teneramente spalancati, come se stesse analizzando qualcosa di incredibilmente interessante.

- Cosa c'è, amore?- sussurrai con voce dolce, prendendolo in braccio. Lui pigolò, appoggiando una manina sul mio petto e seppellendo il volto nei miei capelli.

-Pacco...- la sua voce melodiosa sembrò far accelerare il ritmo cadenzato del mio cuore, mentre il suo profumo mi penetrava violentemente le narici.

-Mmm...- mormorai sorridendo, accarezzandogli la testolina scura - vuoi andare al parco?- continuai, e lui annuì vigorosamente, indicando con le manine rosee e paffute la sua macchinina, che giaceva abbandonata sul pavimento.

Ridacchiai, avvicinandomi al divano e facendolo sedere sulla piccola poltroncina.

- Mamma si veste, e andiamo...prendiamo anche il gelato, va bene?-

-Coccoato-mi rispose lui, e io risi, baciandogli le manine rosee.

-E cioccolato sia!-
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 Macy Gray, Real Love 

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-Derek, non correre!!-urlai, rincorrendo il mio pulcino che, le guanciotte rosse e l'espressione estasiata, scorazzava allegramente attraverso il tortuoso sentiero in sassolini del parco.

Lui rise, una risata acuta e squillante, e io sbuffai, divertita, reggendo il gelato che mi aveva tanto pregato di comprargli, ma che poi non aveva neanche assaggiato...gelato al cioccolato, proprio come piaceva a lui.

Quel giorno il sole splendeva alto nel cielo, illuminando, con il suo dolce baluginio dorato, le creste frastagliate degli alberi, mentre la fresca brezza primaverile sfumava nel vento, soffiando sui tetti delle case e trainando la leggera fragranza salmastra che spumava dall'oceano.

Derek mi corse incontro, il viso teneramente arrossato e le labbra piegate in un sorriso dolcissimo...quando fu a pochi metri da me lo raggiunsi, prendendolo fra le braccia e ridendo, felice come mai lo ero stata...era questa la mia vita, ormai...

Forse non avrei mai trovato il vero amore, ma ciò che mi legava al mio bambino era qualcosa di più forte del tempo, della distanza, della vulnerabilità dell'essere umano...eravamo un incastro perfetto, Derek e io.

Due anime fuse in un solo corpo.

Soltanto questo contava.
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NOTE: Spero davvero che abbiate letto la seconda parte del capitolo ascoltando il brano che vi ho consigliato; era necessario, perchè quella canzone esprimeva tutto ciò che volevo dire in questo capitolo: il dolore dei ricordi, che continuano a vivere nella memoria di Isabella attraverso suo figlio, il sacrificio che si cela dietro ogni suo gesto, l'amore che nutre per Derek, e la felicità che prova nell'averlo accanto.Questa shot avrà un seguito di cinque capitoli ( sempre se vi è piaciuto quest'ultimo...), che si distaccherà da ciò che ho voluto affrontare in questa brevissima stesura: l'aborto prima, e la situazione che, purtroppo, oggigiorno vivono molte ragazze madri. La vita reale non è mai una favola, non ci sono sempre i lieto fine, e soltanto le persone più forti riescono a sopravvivere in quest'arena infinita di nome mondo. Il seguto verrà pubblicato quando avrò terminato tutte le altre mie storie in corso.Ringrazio tutte le persone che hanno letto e commentato questa breve storia:so che non ha avuto il finale che desideravate, ma delle volte bisogna anche essere realisti, nonostante tutti avremmo desiderato un lieto fine. Dedicato a tutte quelle donne che, purtroppo, hanno dovuto crescere i loro bambini da sole, senza l'aiuto delle persone che amano.


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