Storie di alberi

di NonnaPapera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Biancospino ***
Capitolo 3: *** Olmo ***
Capitolo 4: *** Ontano ***
Capitolo 5: *** Frassino ***
Capitolo 6: *** Pioppo ***
Capitolo 7: *** Nocciolo ***
Capitolo 8: *** Sanbuco ***
Capitolo 9: *** Quercia ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


INTRODUZIONE

Io sono l’albero senza nome, colui il quale è sempre stato dalla notte dei tempi e sempre sarà fino alla fine dei mondi.

Sono nato prima che gli uomini imparassero la parola.

Gli elfi, primi fra tutti gli esseri viventi, mi assegnarono il nome di Yára, l’antico, colui il quale è sempre esistito.

Io conosco ogni vita che si è affacciata sulla terra, ogni albero e ogni pianta che hanno cambiato le sorti dell’umanità, e sono qui per narrarvi delle loro esistenze.

Sedetevi in silenzio umani e ascoltate le mie narrazioni.

Piccolo spazio privato:

Dunque le storie che seguono sono tutte incentrate ognuna su di un albero diverso.

Sono state scritte per un progetto didattico che il Parco Nord Milano ha avviato quest’anno.

Non sono state scritte con l’idea di essere racconti esaustivi e coinvolgenti per i più piccoli, ma solo un modo originale per poter dare il la all’attività di laboratorio.

Le caratteristiche di ogni albero sono state legate alle caratteristiche caratteriali, questo appunto perché il progetto sta nell’assegnare ad ogni bambino un albero.

L’introduzione che avete appena letto invece è stata scritta per iniziare il laboratorio e per contestualizzare le storie successive… ed anche per richiamare i bambini all’attenzione e al silenzio ^^

Lo spunto per ogni storia è stato preso principalmente dalle leggende celtiche.

Credo sia tutto buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate

Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Biancospino ***


BIANCOSPINO (timidezza, solitudine)

C’era molto tempo fa un alberello che si sentiva solo e inutile.
Gli esseri umani lo evitavano, perché le sue spine erano affilate ed i suoi rami fitti e contorti.
Quella solitudine lo aveva reso timido ed insicuro di se.

Successe un giorno che le fate del bosco, a causa di un incantesimo malvagio, decisero di rapire tutti i bambini del villaggio degli uomini.
Quando gli abitanti lo scoprirono, cominciarono a disperarsi.
Infatti, nulla può un semplice essere umano contro la magia degli esseri fatati.

Fu proprio in qui giorni, che un vecchio saggio consigliò agli uomini di andare nella foresta e di cercare qualche cosa che potesse tenere lontano le fate, almeno finché l’incantesimo malefico, che le aveva colpite, non fosse svanito.
Così un gruppo s’inoltrò nel fitto della foresta come aveva detto il saggio.

Lì, nascosto e un po’ isolato trovarono il Biancospino, con i sui rami nodosi e le sue spine acuminate.
Senza esitare tagliarono dei rami dalla pianta e li portarono al villaggio.
Grazie a quel groviglio di rami, gli abitanti crearono una barriera invalicabile.
Quando le fate giunsero ai limiti del villaggio, non solo non riuscirono ad entrare ma, pungendosi con i rami del biancospino, rinsavirono liberandosi così dall’incantesimo.

Finalmente, umani e fate poterono riprendere a vivere serenamente in armonia.

E il Biancospino?
Non solo non si senti più inutile e solo, ma la sua timidezza scomparve e da allora è circondato da moltissimi amici.

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Capitolo 3
*** Olmo ***


OLMO (giustizia, pacere)

Guglielmo e Cornelio erano i due fratelli più litigiosi della contea.
Bisticciavano sempre per ogni sciocchezza e li si sentiva urlare, mentre si azzuffavano, per tutta la valle.

Quel giorno stavano litigando per delle prugne che avevano trovato lungo il sentiero.
Tra una zuffa e l’altra i due bambini si fermarono a discutere davanti ad un grande Olmo.
La pianta sentendoli urlare tanto per una sciocchezza s’infastidì.
Così senza perdere altro tempo, fece cadere i due litiganti in un sonno profondo.

Infatti, uno dei poteri delle piante di Olmo è quello di influenzare i sogni delle persone.

Guglielmo e Cornelio, caddero a terra addormentati e l’Olmo inviò a loro dei sogni.
Ognuno sognò la propria vita senza il fratello.
Una vita triste, senza allegria e senza risate.

Quando si svegliarono i due si fissarono negli occhi e poi si abbracciarono.
Avevano capito che avere un fratello è una cosa davvero preziosa.
Si allontanarono tenendosi per mano e mangiando le prugne che si erano divisi equamente.

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Capitolo 4
*** Ontano ***


ONTANO (comando, il capo del gruppo)

Era da moltissimo tempo che dormiva, probabilmente anni.
Nessuno da lunghi lustri aveva più avuto bisogno di lui, perciò si era assopito dimenticato da tutti.

Un pomeriggio di sole però, si risvegliò al suono triste di un bambino che piangeva.
Ci vollero alcuni attimi prima che si rendesse conto di ciò che stava accadendo.
Lentamente si sollevò ed osservò quel visino rigato dalle lacrime.

Era passato infinito tempo dall’ultima volta che si era messo a parlare con un essere umano… era fuori allenamento.
Nella speranza di non spaventarlo si schiarì la voce dicendo:

"Hem hem… perché sei così triste?"domandò preoccupato ed incuriosito.

Il piccolo alzò il volto sorpreso e fissò il vuoto cercando di scorgere, nella polverosa soffitta, da dove provenisse la voce.

"Sono qui sul tavolo… non ti spaventare sono buono non ti farò del male"

mormorò temendo che scappasse.

Con sua piacevole sorpresa il bambino si mosse verso il vecchio tavolo di ferro arrugginito.

"Chi sei domandò incuriosito?"
"Io sono un foglio, un foglio ricavato da un albero di Ontano"

rispose e poi chiese:

"Cosa ti ha fatto piangere?"
"A scuola i miei compagni di classe mi scherzano… loro sanno fare degli aerei di carta molto belli, mentre io non sono capace"

disse il piccolo riprendendo a piangere disperato.

Il foglio sorrise tra se, aveva già la soluzione al suo problema… d’altronde non era un foglio magico per nulla.

"Prendimi in mano e segui le mie istruzioni"

disse deciso.

"Ora piegami a metà… poi il lato destro in obliquo e cosi anche il sinistro… perfetto"

concluse soddisfatto del lavoro.

Ora era un magnifico aeroplano di carta.

Quando il giorno seguente Paolo, questo era il suo nome, portò con se a scuola il foglio piegato tutti si sorpresero quando iniziò a librarsi  leggero e soave nel cielo.
Tutti i compagni di classe gli fecero i complimenti e non si permisero più di prenderlo in giro.

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Capitolo 5
*** Frassino ***


FRASSINO (curiosità, spirito d’osservazione)

C’era un vecchio Frassino sul limitare ultimo del piccolo bosco.
Tutti i bambini che abitavano nei dintorni lo conoscevano e ci andavano spesso a giocare.
La particolarità di quel Frassino stava nel suo grande tronco, che era spaccato in due.
Il passatempo preferito di tutti i bambini era quello di passarci in mezzo.
Quel grosso taglio sembrava giusto una porta.

Solo a Kristian venne in mente che se c’era una porta doveva, senza ombra di dubbio, esserci una chiave per aprirla.
Così un giorno sull’imbrunire, quando tutti i suoi amici se ne furono andati a casa, si mise seduto ad osservare in silenzio il vecchio albero.
Lo osservò per svariati istanti poi, come colto da un’illuminazione, si alzò di colpo e corse a raccogliere uno dei piccoli semi che giacevano vicino alle sue radici.
Quel piccolo seme assomigliava proprio ad una chiave!

Con trepidazione, stringendo forte il semino nelle mani, si portò davanti alla grande spaccatura del tronco.
Chiudendo gli occhi, fece un passo in avanti, attraversando quella strana fessura.
Un sospiro e piano riaprì gli occhi.
Quello che gli si parò davanti era incredibile.

Lì, dove pochi istanti prima c’era solo il solito paesaggio, ora c’era un mondo diverso.
Un mondo nuovo, pieno zeppo di colori e di animali strani, tutto per se e tutto da esplorare!
Kristian sorrise felice.

Il Frassino offriva le sue chiavi, per innumerevoli mondi a tutti, ma solo pochi le riuscivano a riconoscere e usare… Kristian era uno di quei pochi.

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Capitolo 6
*** Pioppo ***


PIOPPO (pazienza, attesa)

Il canto del grande Pioppo risuonava chiaro e melodioso nel silenzio del villaggio.
Il vento era tornato e il grande albero scosso da esso aveva ripreso a cantare la sua melodia.
Gli abitanti erano tutti muti e ascoltavano con trepidazione la fine della stupenda canzone.
Era il soffio morbido del vento che, passando tra i delicati rami del Pioppo, produceva quelle splendide melodie.

Era un albero davvero speciale!
Adorava cantare alla gente del villaggio le canzoni che, il vento venuto da lontano, gli suggeriva.
Tuttavia, quel soffio delicato spesse volte rimaneva assente anche per lunghi periodi e il povero Pioppo non poteva cantare.

Alla gente che passando di lì lo interrogava, chiedendogli se quella mancanza di rispetto del vento, che veniva ed andava come gli pareva, non lo infastidisse, lui rispondeva sempre placido:

"Io resto qui ed aspetto… prima o poi lui torna sempre da me"

E le persone si sorprendevano sempre, di quelle sue risposte pacate e tranquille.
Però solo il Pioppo sapeva la verità.
Il vento era costretto ad assentarsi perché, solo così, viaggiando in lungo e in largo per il mondo, riusciva a scoprire nuove melodie da fargli cantare.
Per questo lui rimaneva sempre ad attenderlo, certo che sarebbe tornato, con nuove canzoni ancora più belle delle precedenti, da intonare insieme a lui.

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Capitolo 7
*** Nocciolo ***


NOCCIOLO (saggezza, intelligenza)

I vecchi di un piccolo villaggio di montagna hanno l’abitudine di narrare una strana storia ai loro nipoti.
I nonni fanno sedere tutti i bambini in circolo e poi iniziano a narrare:

“Un giorno, da un paese lontano, arrivò un uomo con la folta barba bianca a ricoprirgli il viso ed un lungo bastone per aiutarlo nel cammino.
Questo strano personaggio, attraversò la fitta foresta impervia piena di insidie e di pericoli che c’era al limitare del paese.
Camminò per giorni, fintanto che, nel bel mezzo della foresta si aprì una radura.
In quel grande prato così ben nascosto e custodito, il vecchio piantò nove semi, fino a creare un cerchio perfetto e poi svanì nel nulla, così come era apparso.
Passarono gli anni e quei nove semi si trasformarono in piante forti e rigogliose.
Nove piante di Nocciolo.

Si narra da tempo immemorabile che esiste un posto speciale, dove chi vi entra, durante le notti di luna piena, riesce a trovare la pace completa e la saggezza.
Quel posto è appunto il cerchio dei nove Noccioli, piantati dal vecchio mago.
Non a tutti è dato trovarlo, solo i più fortunati riescono nell’impresa.
Ma quei pochi eletti, che hanno l’onore di riuscire a raggiungere il cerchio magico e ad entrarvi, potranno tornare alla civiltà con occhi nuovi.

Però, la saggezza acquisita non va tenuta per se stessi.
Quelli che l’hanno fatto l’hanno persa per sempre.
La saggezza va donata al prossimo.
Solo così rimarrà, per tutta la vita, attaccata a chi ha avuto la fortuna di ottenerla.”

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Capitolo 8
*** Sanbuco ***


SAMBUCO (sbadataggine, poca attenzione)

Si stava facendo ormai sera e Gilberto iniziava a preoccuparsi.
Quel giorno, lui e la sua famiglia erano andati a fare una passeggiata nel bosco.
La mamma lo aveva avvertito di non allontanarsi troppo, perché altrimenti si sarebbe perso.
Gilberto però aveva iniziato a rincorre una farfalla variopinta.
Era così bella, così colorata e leggiadra, che gli ammonimenti della mamma vennero subito scordati.
Corse felice per un po’ però, quando ad un certo punto, stanco ed affamato si volò per  tornare dai genitori, si accorse con spavento di essersi smarrito.
Chiamò a gran voce, ma nessuno rispose alle sue grida.
Si mise allora a camminare senza una meta nella speranza di ritrovare la mamma e il papà.
La ricerca fu infruttuosa ed alla fine esausto si sedette sotto un albero.
Iniziò a piangere piano, spaventato ed affamato.
La notte stava calando e lui non sapeva cosa fare.
Al sentire i lamenti sconsolati del bambino una voce chiese.

“Perché piangi?”

Gilberto si guardò attorno spaventato.

“Chi ha parlato?”

domandò ricominciando a singhiozzare.

“Io… sono il Sambuco”

affermò la pianta scuotendo leggermente le fronde a mo di saluto. Gilberto si voltò verso l’albero e disse:

“Mi sono perso, inseguivo una farfalla e mi sono allontanato troppo”
“Oh cielo che bambino distratto che sei”

lo redarguì il sambuco. Poi con voce più dolce aggiunse:

“Non ti disperare, ti aiuterò io! Stacca uno dei mie rami”

Gilberto fece come gli era stato detto e, con grande meraviglia, si accorse che il ramo era vuoto all’interno.

“Soffia nel ramo”

disse poi il Sambuco senza perdere tempo.

Il bambino soffiò e dal ramo uscì un suono forte e chiaro, che si propagò per  tutta la foresta.
A sentire quel richiamo, i genitori di Gilberto accorsero subito e lui poté finalmente ricongiungersi con i suoi cari.
Mentre si allontanava, Gilberto alzò una mano e salutò l’albero di Sambuco che era stato tanto gentile con lui.
Il Sambuco allora, scosse un po’ i rami salutandolo a sua volta e mormorando un ciao, prima di riassopirsi nuovamente.

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Capitolo 9
*** Quercia ***


QUERCIA (coraggio, aiutare gli altri)

Tutti gli alberi della foresta erano spaventati.
Il vento soffiava prepotente tra le loro fronde.
Un temporale, molto forte, di lì a poco si sarebbe abbattuto su di loro.
Tuoni e lampi si intuivano già all’orizzonte e gli alberi, terrorizzati, cercavano il più possibile di rannicchiarsi su se stessi, per sfuggire alla furia della tempesta.

Ciò che spaventava tutti, erano i fulmini.
Se il vento soffiava forte, al massimo si rompeva qualche ramo… nulla di grave, in primavera sarebbero rifioriti.
Con i fulmini il discorso era diverso.
Quei lampi che abbagliavano il cielo e lo coloravano di una luce strana e spaventosa, finché rimanevano tra le nuvole non erano pericolosi però, delle volte capitava che i fulmini cadessero a terra e colpissero alcuni di loro.
Sopportare la scossa di un fulmine non era semplice, molti di loro non ne erano capaci.

Successe che, mentre tutti gli altri urlavano spaventati, la grande Quercia che stava nel centro esatto del bosco, iniziò ad allargare il più possibile le sue fronde.
Continuò a tirarsi e a stirarsi fintanto che non coprì tutti i suoi compagni alberi.
Il temporale era ormai sopra la foresta, ma tutti gli alberi erano coperti dall’abbraccio protettivo della grande Quercia.

“Perché lo fai? Così rischi di farti male”

domandò un Salice dando voce ai dubbi di tutti.

“Io sono forte, se un fulmine mi colpisce non morirò!”

tutti la guardarono sorpresi.

“E’ compito dei più forti proteggere i più deboli”

spiegò la Quercia con un sorriso.

La tempesta infuriò per ore: l’acqua cadeva, i tuoni rombavano, il vento ululava ed un fulmine cadde.
La Quercia venne colpita e il suo forte tronco si spaccò a metà.
Quando il temporale ebbe fine tutti la fissarono preoccupati.

“Come state?”

chiese la Quercia agli altri, mentre ritirava le sue grandi fronde.

Tutti la guardarono sorpresi, nonostante tutto, la grande Quercia si preoccupava ancora per loro.

“Bene”

mormorarono in coro.

La Quercia annuì contenta.
Ci vollero alcuni mesi perché le sue ferite guarissero.
Però, passato quel periodo, ricominciò a svettare come prima.
Anzi, ora era anche più rigogliosa e forte… pronta a proteggere ancora i suoi amici se ce ne fosse stato nuovamente bisogno.

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