Amethyst

di _darkia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una realtà sconvolta ***
Capitolo 2: *** La scoperta della verità ***
Capitolo 3: *** Il vero mondo ***



Capitolo 1
*** Una realtà sconvolta ***



Salve. Questa fiction è tratta da una storia che ho scritto 3 anni fa. All'epoca sognavo di pubblicarla, ma poi ho deciso di lasciar perdere per concentrarmi poi su qualcosa di nuovo. In questi giorni mi è tornata per mano, quindi ho deciso di pubblicarla un po' alla volta. Spero la storia sia di vostro gradimento: è un classico del fantasy, ma credo possa ancora definirsi "accattivante". Spero di poter leggere i vostri commenti. Un bacio
                                                                                               _darkia_


CAPITOLO 1:

UNA REALTÀ SCONVOLTA





Gli animali scappavano dalle loro tane e correvano in grandi gruppi verso un'ignota terra dove avrebbero potuto riprendere la loro vita, dimenticando quella notte, in cui regnarono morte e distruzione. Sotto la pioggia battente, la furia degli elementi stava dando libero sfogo alla propria forza. Il vento ululava rabbioso alla foresta e le fronde degli alberi gridavano la loro risposta. Le acque di un fiume inondavano le colline e spazzavano via ogni cosa che intralciava il loro cammino. Oscure nubi avevano formato, in circolo continuo, un occhio: l'occhio di un ciclone che avrebbe distrutto tutto, a partire da un castello avvolto dalle fiamme. Nel maniero vi era gran fermento: vari uomini cercavano di spegnere quel fuoco assassino, senza riuscirci. In una stanza un neonato piangeva. Intorno al piccolo si era radunato un folto gruppo di persone. Esse, insieme con il sovrano del castello, cercavano di domare le fiamme per mezzo della magia. Inutilmente.

Davanti alla fortezza, si erano riuniti due schieramenti, separati da un ponte: uno difendeva il maniero, l'altro lo attaccava. Ricevuto l'ordine, i due gruppi si scontrarono. Dalla mischia uscì un uomo dal mantello marchiato da due cerchi tangenti esterni. Egli alimentò le fiamme in modo che non potessero venire spente. Dopo aver sussurrato alcune parole, la misteriosa persona volò agli alloggi reali. Con un incantesimo uccise tutti: guardie, servitori e la regina. Lasciò per ultimo il re, con il quale ingaggiò una furente lotta che finì con la caduta del sovrano. L'aggressore vide con orrore che, alla strage, era sopravvissuto il bambino. Gli si avvicinò, lo prese in braccio e fu allora che percepì l'enorme forza che quel neonato possedeva. Comprendendo di non poterlo uccidere, sussurrò: « Jismy aug garesh!». La parete di pietra si illuminò e da un fascio di luce emerse l'immagine di un parco, dietro al quale si ergevano alti dei grattacieli.

« Tu hai il potere di contrastarmi,» esclamò l'uomo «ma non potrai farlo da un altro mondo!».

Detto questo adagiò il neonato nel portale, che si richiuse all'istante.

Uscì con i suoi uomini e, un attimo dopo, il castello fu inghiottito dal ciclone.


Caris urlò, grondante di sudore, scossa da quell'incubo che la tormentava ogni notte. Si prese la testa fra le mani e si massaggiò le tempie. Da quant'è che sognava quella roba? Normalmente, Caris si svegliava da quell'incubo remante e, quando si riaddormentava, aveva un sonno buio, senza sogni. I suoi genitori si erano abituati, ma lei no...

La sveglia suonò alle 6:45 precise, intonando la canzone di Britney Spears "Womanizer".

La ragazza si trascinò in bagno: si lavò la faccia e si pettinò i lunghi capelli castani. Tornò poi in camera per vestirsi, poi aprì la finestra: una visione spettacolare di New York la accolse. Caris adorava quel paesaggio: il contrasto fra la natura di Central Park e la modernità dei grattacieli più alti della città la affascinava.

Corse in cucina, dove trovò la sorella Jenn: diciottenne, aveva tre anni in più di Caris, i capelli rossi le arrivavano alle spalle e gli occhi erano verdi, bellissimi. Era la ragazza più bella della scuola, ma non le importava, anzi era modesta ed umile. Aveva sempre un consiglio pronto per la sorella e, in caso di discussioni, trovava sempre quel dettaglio che serviva a scagionarle.

«Buongiorno.» disse allegra.

Quattro anni prima, i loro genitori, Eleonor e John, avevano detto a Caris, allora undicenne, di averla adottata. Il fatto la sconvolse e si chiuse in se stessa, sovrastata da una tristezza mai provata prima. Jenn, però, riuscì a farla riemergere da quel mare di depressione e, anche se non lo era, l'aveva sempre trattata da sorella.

«'Giorno.» disse Caris, sorridendo al riaffiorare dei ricordi; «Dov'è mamma?»

«È andata all'aeroporto ad aspettare papà. Finalmente oggi finisce la scuola e iniziano le vacanze!! Arriverà papà e passeremo Pasqua a Miami!»rispose, entusiasta: pensava a quella vacanza dall'inizio dell'anno.

«Muoviamoci,» disse Jenn cambiando argomento « tra poco dobbiamo andare a scuola.».

"Peccato che andiamo in scuole diverse, mi piacerebbe vederla nel corridoio..." pensò Caris.


Il suono della campanella segnò l'inizio dell'ultima ora, ossia quella di scienze. Nella classe regnava il caos: palline di carta facevano il giro dell'aula, i ragazzi pocciavano la lavagna e le ragazze spettegolavano sedute sui banchi. All'improvviso dei passi riecheggiarono nel corridoio. Tutti tornarono ai propri posti e, nel silenzio più totale, fece il suo ingresso il professor Grish, famoso e rispettato insegnante noto per la sua severità e rigidezza.

Squadrando gli alunni dall'alto al basso, prese dalla sua valigetta una pila di fogli.

«Ho corretto le vostre verifiche: una delusione! Quattro persone, solo quattro hanno un voto superiore a sette. Vergognatevi!» detto questo cominciò a distribuire i compiti.

«Ottimo lavoro, Brown: quasi nessun errore.»

Caris prese in mano il suo foglio: dieci meno.

«Che secchiona!» sussurrò Tom, il suo compagno di banco.

La ragazza si strinse nelle spalle: non era colpa sua se era brava. Non aveva chiesto lei di esserlo. Inoltre possedeva delle abilità speciali: il suo intuito non sbagliava mai, riusciva sempre a sapere la cosa giusta da dire o da fare, aveva una vista ed un udito finissimi e le sue prestazioni atletiche erano le migliori della scuola. Caris, però, non andava fiera delle sue straordinarie doti, anzi, avrebbe preferito non possederle, perché la rendevano diversa dagli altri. I compagni preferivano stare alla larga da lei, perché sarebbero stati oscurati dalle sue abilità, che suscitavano l'invidia di tutti.

Caris passò il resto dell'ora a guardare la correzione del compito alla lavagna, ripensando all'incubo. Quella notte le era sembrato diverso: per la prima volta era riuscita a capire le parole dell'uomo misterio-so. Il suono della campanella la riportò alla realtà.

Tornò di corsa a casa, impaziente di rivedere il padre e cominciare le vacanze pasquali. Salutò la sorella, ma notò una punta di tristezza negli occhi di Jenn.

«Qualcosa non va?» le chiese.

«C'è un ritardo: papà arriverà fra tre giorni, » sospirò «mi ero illusa che per una volta arrivasse puntuale...»

«Sai perché è in ritardo?»

«Doveva finire un accordo finanziario con il responsabile della catena bancaria più importante dopo quella di papà, pare che amalgameranno anche quella...»

«E la mamma?»

«È in tribunale: penso sia l'avvocato più impegnato di New York!»

Ci fu un attimo di silenzio.

«Hai urlato anche stanotte, vero?» chiese Jenn, cambiando argomento.

«Allora hai sentito: sempre il solito incubo! Credo che lo sognerò anche nella tomba!»

«Dai, non ci devi pensare. Senti, ti va se, per distrarti un po', andiamo a fare shopping?»

«No, mi dispiace, ma oggi non me la sento.»

«Vabbè, andrò da sola. Se arriva mamma dille che torno verso le sei. Ciao!»

Caris adorava lo shopping, ma era sicura che, al centro commerciale, avrebbe incontrato Alex, il ragazzo che le piaceva, e non aveva voglia di fare brutte figure. Quando lo vedeva, con quei bellissimi capelli biondi, e incontrava il suo sguardo, si sentiva persa. Ogni tanto guardava i suoi occhi verdi per pochi secondi che le sembravano l'eternità. In quei pochi istanti sbirciava nel profondo e intravedeva un pizzico di curiosità che lo stesso Alex provava nei suoi confronti. Quando le rivolgeva anche un semplice "Ciao", però, Caris passava dal rosa pelle al bordeaux. Iniziava a balbettare e quelle poche parole che le uscivano venivano sussurrate.

Accese il computer e digitò la password che le concedeva di entrare in MSN. Guardò la sua posta, quando non ricevette un messaggio istantaneo.

"Maledizione!"pensò.

LIZ4EVER: Ciao.

"Ci mancava solo Liz!"

Liz la bella e cattiva della scuola, era la nemica storica di Caris, non-ché fidanzata di Alex.

"Mi tocca pure essere gentile!"

Le due ragazze non si sopportavano, ma quando si parlavano, sembravano amiche per la pelle.

CARIS'94: Ciao, come va?

LIZ4EVER: Benissimo, sono super eccitata per la festa di stasera, ho chiamato tutti! Avrei voluto invitare anche te, ma non c'è più posto...

Non la sopportava! Faceva di tutto per emarginarla e prenderla in giro.

"Oh, no, bella: questa volta non me la fai!"

CARIS'94: Dimmi Liz, dove trascorrerai le vacanze di Pasqua?

LIZ4EVER: A casa, tu?

CARIS'94: Io e la mia famiglia andiamo a Miami, se vuoi ti mando un cartolina.

"Evvai!"

Le sembrava di sentirla fremere di rabbia.

LIZ4EVER: Devo andare, ciao.

"Presa!"

In quel momento un altro contatto le inviò un messaggio.

HARDALEX: Ehi, ciao!

"Accidenti!"

CARIS'94: Ciao.

HARDALEX: Mi dispiace che non ci sarai stasera.

CARIS'94: Ne ho appena parlato con Liz.... Tanto per cambiare me l'ha rinfacciato.

HARDALEX: Mi dispiace. Senti, te lo devo proprio dire: non la reggo più! È così egocentrica e smorfiosa... La vorrei lasciare stasera davanti a tutti, per umiliarla, come lei ha fatto al mio migliore amico.

CARIS'94: A Fred?

HARDALEX: Già, ha complottato con le sue amiche, che l'hanno abbindolato e l'hanno preso in giro davanti a tutta la scuola.

CARIS'94: Quindi la vuoi mollare per vendetta...

HARDALEX: Sì, più o meno. Il fatto è che...

CARIS'94: Che?

HARDALEX: Mi piace un'altra.

CARIS'94: Chi è?

HARDALEX: Non posso dirtelo.

CARIS'94: Dammi almeno un indizio! Dai!!! Sono curiosa!!

HARDALEX: Va bene... ha i capelli castani.

La ragazza si bloccò dall'emozione.

HARDALEX: Scusa, ma ora ti devo lasciare, ciao.

Il cuore di Caris andava ai mille all'ora. Gli aveva parlato, aveva avuto una conversazione con Alex! Voleva mollare Liz! Gli piaceva una con i capelli castani! Lei aveva i capelli castani!

Aveva bisogno di urlare: doveva urlare!

«WOW!»

Si buttò sul letto, accaldata.

In quel momento le vibrò il cellulare: un SMS.

"Chi sarà?"

Era Alex.

"Grazie per avermi fatto sfogare. Non raccontare a nessuno quello che ti ho detto. Ciao."

Caris era al settimo cielo. Nulla avrebbe rovinato quel giorno.

Ad un tratto vide un'ombra guizzare fuori dalla finestra. Si avvicinò e scostò le tende: la strada era deserta.

"Me lo sarò immaginata."


Le ore trascorsero veloci e la sera non tardò ad arrivare. Madre e figlie si accinsero ad andare a tavola.

«Che sbadata!» esclamò Eleonor «Ho dimenticato la spesa in macchina! Caris puoi, per favore, andarmela a prendere?»

Le lanciò le chiavi della BMW.

La ragazza corse in garage, ma invece di trovare le borse con gli alimentari, trovò un pacchetto.

Tornò in cucina sollevando un sopracciglio.

«È opera tua?» chiese.

«No, non mia. Quando sono andata all'aeroporto ho incontrato il segretario di papà che, oltre ad informarmi del suo ritardo, mi ha affidato questo regalo per te.»

«Un regalo da papà?»

«Sì, non è così difficile da capire! Forza: aprilo! Non vedo l'ora di scoprire cosa c'è dentro!» esclamò Jenn.

Caris scartò con minuziosa attenzione il pacchetto: conteneva un astuccio nero. La ragazza esitò, poi lo aprì: conteneva una catenina d'oro ed un ciondolo d'ametista, a forma di goccia.

«É... bellissimo!»

«Ha detto che così potrai sempre pensarci, ovunque tu sarai o noi saremo.»

«Devo ringraziarlo. Dov'è il telefono?»

«Non è una buona idea chiamarlo ora, è meglio che gli mandi un messaggio.»

Caris s'infilò la collana, orgogliosa del regalo appena ricevuto.


La sera, Jenn entrò nella camera della sorella.

«Come va?»

«Benissimo: che giorno stupendo! Prima parlo con Alex, poi papà mi regala un ciondolo di ametista.»

«Già. Sai, papà ha sempre voluto proteggerti, da quando ti ha trovata a Central Park, urlante e piena di fuliggine. L'ametista è la pietra della protezione, per questo te l'ha regalata. Ha fatto così anche con me, donandomi un anello dello stesso materiale. Credo che voglia darti un ricordo di lui...»

«Di voi.»

«Sì, di noi. Ora che ci penso, è la ragione più plausibile.»

«Perché?»

«E lo chiedi anche?! Da quando sei nata, non ti sei mai ammalata, nemmeno una volta. E quando sei caduta mentre cercavi di arrampicarti su un albero? Ti sei rotta un braccio, ma dopo due giorni eri già guarita! Ammettilo: tu non hai bisogno di protezione!»

Si guardarono per un momento.

«Beh,» esclamò Jenn «quello che ti volevo dire l'ho detto e, se permetti, ho sonno e vado a dormire.»

«Buonanotte.»

«Anche a te.» rispose l'altra, uscendo.

Caris si alzò e andò alla finestra. Contemplò la luna piena, bianca, pura, e assaporò il leggero venticello che soffiava da nord.

In un attimo tutta quella tranquillità svanì. Un'ombra guizzò sulla strada e, con un balzo, raggiunse la finestra. Caris la vide appesa alla grondaia, che scrutava, spiava la stanza e la ragazza paralizzata dalla paura. Con uno scatto improvviso sparì.

"Che cos'era quello?"

Il terrore si appropriò di Caris, che chiuse la finestra e si mise a letto.

Quella notte il suo sonno fu tormentato da incubi. Non il solito sogno, ma visioni di guerre, battaglie sanguinose, torture e combattimenti magici. Dolore e disperazione lambivano le sponde oscure della sua mente e Caris viveva in prima persona quelle emozioni.


Nel parco regnava il silenzio, tutto taceva, come per paura di rompere il magico equilibrio naturale. La rugiada cristallina adornava i fili d'erba e brillava d'incanto quando incontrava i raggi del sole.

Ad un tratto si sentì un rumore: era una ragazza. Capelli castani, occhi marroni, indossava una T-shirt viola e degli shorts. Le Converse nere producevano un sommesso suono sull'erba. Caris veniva sempre a Central Park quando doveva riflettere. Le piaceva quel luogo: suo padre le raccontava che l'aveva trovata su una panchina, ricoperta di cenere. Erano passati tre giorni dall'incontro con l'ombra e una parte di lei ne era ancora profondamente turbata, ma l'altra pensava solo ad una cosa: "Oggi arriva papà!"

Continuò a girare per il parco, rimuginando su passato, l'ombra, presente, l'ansia, e futuro, la vacanza.

Si sedette su una panchina, guardando il cielo: era limpido, libero da qualunque ostacolo che poteva intralciare il calore del sole. Sorrise a quella che sembrava una bella giornata.

Improvvisamente la luce scomparve, inghiottita dalle nuvole. Iniziò a cadere una pioggia sottile.

Caris sospirò: «Uff...»

Iniziò a correre verso casa, ma ad un tratto inciampò e cadde. Si rialzò lentamente e udì un guaito. Si girò svelta: bagnato dalla pioggia diventata impetuosa, un lupacchiotto piangeva. La ragazza gli si avvicinò e lo accarezzò. Non si mosse.

"Che cosa ci farà un lupo a Central Park? Boh, sarà scappato da un parco naturale..." pensò.

All'improvviso il suo cellulare vibrò: era Jenn.

"Caris, dove sei? Papà è arrivato: SBRIGATI!!"

Che cosa doveva fare? Non poteva lasciare quel cucciolo! Lo sollevò, lo cinse fra le sue braccia e si precipitò a casa.

All'uscita dal parco, però, una sagoma scura aspettava. Scorse la ragazza e, dall'oscurità brillarono due occhi color smeraldo, frammentati in centinaia di cristalli, che riflettevano l'immagine come specchi.

Caris vide e riconobbe l'ombra della notte scorsa e interruppe bruscamente la sua corsa. Cambiò strada e scappò lungo il lato occidentale del parco. Solo quando fu davanti a casa sua ebbe il coraggio di voltarsi: dell'ombra non c'era più nessuna traccia. Nel cielo, intanto, era tornato a risplendere il sole: il pericolo era passato, o almeno così sembrava.

Sospirando, la ragazza aprì la porta e vide il padre.

John si avvicinò per abbracciarla, ma subito gli mancò il fiato.

«Caris... dove hai trovato quel lupo?»

«Era nel parco che guaiva, non potevo lasciarlo solo...»

«Bentornata C....» le parole morirono in gola ad Eleonor quando vide il lupacchiotto «Ma cosa...»

«L'ho trovato nel parco solo e impaurito» ripeté Fedrice.

«Povero...» la madre accarezzò la testa all'animale.

Questi aprì un occhio e leccò la mano della donna.

«Non è dolce?»

In quel momento comparve Jenn, che si precipitò da Caris.

«Che carino! Dove l'hai preso?»

«L'ho trovato a Central Park.»

«Che morbido...»

«Insomma John, vieni a fargli qualche coccola!» lo incitò Eleonor.

In pochi minuti si ritrovarono tutti ad accarezzare il cucciolo.

Allora Caris decise di porre la domanda che tanto la tormentava.

«Che... che cosa facciamo con lui?»

«Con lei.» precisò Jenn.

«Non lo so...» disse John.

«Potremmo... tenerla?»

«Beh, adesso è dolce ed affettuosa, ma è pur sempre un lupo.»

«Certo, ma posso educarla! Vi prego...»

«Dai John,» lo implorò Eleonor «lo spazio non manca e questa famiglia ha bisogno di un animale.»

«È un lupo! Fosse un gatto o un cane capirei, ma un lupo!!!»

«Beh, che c'è di male?» intervenne Jenn.

«I lupi vivono nella foresta. Lei è un lupo! Sua madre era un lupo! E pure suo padre! Ha ereditato dai genitori lo spirito dei lupi. Prima o poi vorrà tornare libero.»

«E allora?» esclamò Caris «Io l'alleverò, come fosse un cane, e, se poi vorrà andarsene, se ne andrà, ma per adesso rimarrà qui!»

«Ben detto!» concordò Jenn.

«Va bene, ve bene, ma la responsabilità è tua, Caris, su ogni cosa che quell'animale farà!»

Per poco la ragazza non pianse dalla gioia.

«Sì sì sì! Che bello!» gridarono all'unisono.

«Frenate l'entusiasmo: dobbiamo trovarle un nome... Scegli tu, Caris.»

«Mmh...»

In quel momento la lupacchiotta si mise a sedere e guardò negli occhi la padroncina. Le sue iridi erano del colore del ghiaccio, ma nel profondo, si intravedeva una sorta di violetto.

Quello sguardo penetrò nell'animo di Caris, e sembrò che la cucciola volesse comunicarle qualcosa.

«La chiamerò... Ylon.» disse, in balia degli occhi del lupo.

«Ylon?» ripeterono all'unisono.

«Sì, Ylon! Non vi piace?»

«No, no!» si giustificò Jenn «È bello come nome, ma anche strano...»

«Vabbè, sembra che a Ylon piaccia il suo nome!»

La lupacchiotta, infatti, scodinzolava e saltava in giro per la casa.

«Dai, falle vedere la casa, così si ambienterà. Noi andiamo a comprarle qualcosa al negozio di animali.»

La porta si richiuse alle spalle di Caris.

«Ylon, vieni, ti faccio vedere la mia stanza, così finisco di fare le valigie.»

Appena entrate in camera, la cucciola gironzolò in cerca di un odore che attirasse la sua attenzione e ringhiò quando si trovò vicino alla finestra.

«Ehi, piccina, che c'è? Hai sentito qualcosa?»

Ylon saltò sul letto e solo allora Caris poté ammirare la bellezza dell'animale. Il mantello argentato scintillava emanando bagliori d'oro.

«Sei bellissima...» e l'inondò di carezze.

In quel momento il suo cellulare intonò la canzone dei Paramore "Decode".

«Pronto?»

Si udì una risata in sottofondo.

«Pronto?!» ripeté

Nulla: aveva riattaccato.

«Il numero è sconosciuto. Boh, sarà stato uno scherzo!»

Rimise il telefono in tasca e ricominciò a fare le valigie.

«Finito!» esclamò trionfante «Vieni Ylon: andiamo a fare una passeggiata!»

Appena uscite dalla porta, il cellulare di Caris suonò di nuovo.

«Pronto?»

«C-Caris, sono Jenn... Vieni a-al negozio di an-animali, subito... Sbrigati...»

«Jenn, che è successo?!»

Silenzio.

«Jenn!!! Accidenti! È caduta la linea! Andiamo Ylon!»

Corsero insieme, lungo le strade trafficate, e giunte all'angolo che le separava dal negozio, videro del fumo.

"Oh no!"

Si avvicinarono e, per un attimo, il cuore di Caris cessò di battere. La BMW della madre giaceva sul marciapiede, distrutta.

«Caris!!»

«Mamma! Papà! Jenn!!» esclamò abbracciandoli, «Come state?»

«Siamo spaventati, ma vivi.» disse John.

«Cos'è successo?!»

«Siamo arrivati al negozio» spiegò Jenn « e abbiamo parcheggiato. Siamo scesi e, dopo pochi secondi, si è sentito un fortissimo tonfo, seguito da un'esplosione... Ci siamo girati e abbiamo visto questo spettacolo.»

«M-ma...»

«E non è tutto: non so se sia stata un'allucinazione, ma, nel fumo scaturitosi, ho visto due occhi brillare, di un colore verde intenso.»

"L'ombra... allora è stata opera sua!"

Tutto quadrava: la notte scorsa aveva fatto la sua prima apparizione nella stanza di Caris, inquadrandola come vittima. Quella mattina l'aspettava al varco di Central Park e senz'altro non per farle qualcosa di buono. E adesso attentava alla vita dei suoi cari.

«L'importate è che stiate bene...» queste furono le uniche parole che riuscì a dire dopo essersi resa conto della verità.



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Capitolo 2
*** La scoperta della verità ***


Wow!! Già due recensioni! Sono commossa T.T Grazie!

RINGRAZIAMENTI

- ELYSE BRUNT : hehe tu credi che Alez e Caris si innamorino, ma.... Uffa! In che condizione che mi metti! Dopo ti anticipo la storia! >.< Va beh, non posso far altro che chiederti di avere pazienza e continuare a seguire. Un grazie immenso per la recensione e sono molto contenta che ti piaccia! ^.^
Baci =*

- HERMANA : allora, da dove devo cominciare... Grazie innanzi tutto per la recensione e sono contenta che malgrado le incongruenze ti piaccia la storia! ^.^ E ora i punti da chiarire: hai scritto giusto: aveva bisogno di una riguardata! Ti spiego: ero così contenta di pubblicarla che non l'ho neanche riletta >_> quindi ciò che hai letto è lo scritto di una dodicenne! xD in effetti, è un po' una cavolata che i genitori le lascino tenere in casa il lupo, ma tranquilla che sistemerò tutto u.ù Per quanto riguarda il comportamento di Ylon, si spiegherà, promesso *mano sul cuore* Fammi sapere cosa ne pensi del prossimo capitolo! Baci =*




CAPITOLO 2:

LA SCOPERTA DELLA VERITÀ





L'avvenimento del giorno precedente scosse l'intera famiglia, tanto da annullare la vacanza a Miami.

Caris, dal balcone di casa sua, osservava il tramonto. Il cielo, dorato, senza nuvole, era la pista di gare aeree fra uccelli che cinguettavano allegri la loro sfida ai compagni. Un leggero venticello le scompigliò i lunghi capelli.

In quel momento comparve Ylon, dimenando la coda.

La ragazza sospirò.

La lupacchiotta le si accucciò di fronte, guardandola negli occhi.

«È tutta colpa mia!» disse Caris.

"No, non è del tutto tua la colpa." una voce calma, ma dura allo stesso tempo, si insinuò nella mente della ragazza.

«Chi sei?!» chiese. Ylon iniziò a ringhiare.

"Questo non ha importanza. Vorresti sapere come sono andate realmente le cose."

«Sì, certo!» esclamò Caris.

"Allora vieni subito a Central Park." dicendo questo, la voce misteriosa scomparve, lasciando il silenzio nella mente della ragazza.

Appena fece un passo, la lupa le si parò davanti.

«Non ora, Ylon! Non ho tempo.»

Uscì e chiuse in casa l'animale. Il lupo, allora, andò sul balcone, saltò sulla ringhiera e spiccò un balzo tale che si ritrovò alla fine del vialetto. Si lanciò, poi, all'inseguimento della padrona.


Arrivata nel parco, Caris si sedette su una panchina ed aspettò per un tempo che le parve interminabile. Il sole, intanto, era stato come risucchiato dall'orizzonte e nel cielo brillavano le stelle. I lampioni creavano contorte ombre ed ogni cosa sembrava diversa da quello che era in realtà.

In quel momento sentì dei passi venire verso di lei. Si voltò svelta e vide Ylon, ansimante per la corsa appena fatta.

«Ti avevo detto di restare a casa!»

L'animale non si curò minimamente del rimprovero subito e fiutò l'aria. Improvvisamente iniziò a ringhiare all'oscurità.

«Ylon, che ti prende?» le chiese la ragazza, visibilmente preoccupata.

«Già Ylon, cos'hai?» fece eco una voce misteriosa.

"Quel tono, mi sembra di conoscerlo..." pensò Caris "Ma certo:è la voce che mi ha portata qui!"

«Chi c'è?!»

«Come Caris? Mi deludi, ti sei già dimenticata di me?»

«Come potrei, visto che non so chi lei è. Comunque sono venuta qui per sapere la verità, non mi importa chi è colui che me la dirà, ma gradirei lo stesso poterlo vedere in faccia!»

«Va bene, hai vinto: mi farò vedere, ma promettimi di non scappare o dovrò usare le maniere forti!» detto questo dall'oscurità brillarono due occhi verdi.

"L'ombra!"

Caris indietreggiò e, proprio quando stava per cominciare a correre, la sagoma urlò: «Folissa!»

La terra sotto i piedi della ragazza divenne melmosa e Caris sprofondò fino alle ginocchia, rimanendo bloccata.

«Ti avevo avvertito!» sogghignò «Ed io le promesse, a differenza tua, le mantengo, quindi ora ti spiegherò tutto, malgrado possa sembrarti impossibile da credere e da accettare.»

«Lasciami andare!» urlò la ragazza, divincolandosi.

«Reicha!» appena l'ombra ebbe pronunciato quelle parole, Caris smise di muoversi. Subito, Ylon si parò davanti alla padroncina e si slanciò sul nemico.

«Reicha!»

L'animale si bloccò, incapace di qualsiasi movimento.

«Cosa le hai fatto!?»

Lentamente, passo dopo passo, la sagoma scura lasciò alle sue spalle le tenebre, immergendosi nella luce dei lampioni. L'ombra si rivelò un uomo alto, robusto, dai grandi occhi verdi, capelli castani scuri tagliati corti, vestito di indumenti del colore della notte, le labbra formavano un sorriso beffardo.

«Un incantesimo, semplice, come ho fatto prima a te. Ti spiego: quelle parole, che ti possono suonare prive di significato, hanno racchiuso in sé un potere molto forte, che solo alcune persone possono risvegliare. Ti faccio un esempio: se un comune abitante di questo mondo pronunciasse 'Reicha', non succederebbe nulla. Se, però, lo pronuncia una persona speciale come me, l'obbiettivo su cui voglio scagliare la magia rimarrà fermo.»

«M-magia?» ripeté Caris.

«Sì, io possiedo dei poteri magici, come te, solo che i tuoi sono addormentati!»

«Io ho dei poteri?» il tono di voce della ragazza era a metà tra il sorpreso e il divertito.

«Certo, altrimenti come avresti potuto spezzare l'incantesimo che ti ho lanciato?» fece una pausa « Secondo ciò che ti ho appena detto, dovresti essere ferma e zitta, ma invece parli, come si spiega? »

« Cosa vuoi da me? Parla insomma! Perché hai voluto che venissi qui! Arriva al punto!»

«Quanta foga, mi fai quasi paura! Vuoi che arrivi dritto al punto?! Bene, ma sarò fin troppo diretto, tanto da rimpiangere di avermelo chiesto. Sarò breve:tu non appartieni a questo mondo, e neanche questo animale!»

Caris rimase impietrita un attimo, non capendo in un primo momento il significato di ciò che aveva detto il suo interlocutore.

«Il mio compito» continuò l'uomo «è toglierti di mezzo prima che i tuoi poteri si sviluppino.»

«No...» sussurrò Caris, capendo che, per quanto strani potessero essere i discordi dell'ombra, quella era seria e non pareva scherzare sul fatto che voleva ucciderla.

«Non ti preoccupare: farò in fretta!»

«No!» urlò.

Ylon, allora, aprì la bocca e delle parole uscirono da essa: «Geowr ielar.» sciolse l'incantesimo che la bloccava. La lupa, si girò verso l'uomo e, dopo aver sussurrato 'Layetra', sprigionò un'ondata di fuoco che lo imprigionò. Questi, preso alla sprovvista, si allontanò rapidamente, imprecando tra i denti. La lupa poi si avvicinò alla ragazza, che la guardava incredula, ed esclamò: «Geowr bre natirma!»

La terra tornò come era sempre stata e Caris fu di nuovo libera di muoversi.

«M-ma tu...» balbettò: “Che diamine! Ylon ha appena parlato! No, non è possibile: devo essermi addormentata sulla panchina e questo è tutto un sogno! Sì, dev'essere un sogno: i discorsi di quell'uomo erano privi di senso e di logica e Ylon non può aver generato del fuoco! Tutto un sogno, è solo tutto un sogno e tra poco arriverà il solito incubo e mi sveglierò!”

«Non c'è tempo: aggrappati a me!»

Quando la ragazza le ebbe cinto il collo con presa sicura (si fa per dire), la lupa mormorò: «Liss!»

In pochi secondi si sollevarono in aria.

"Sto volando!" pensò Caris “Questo sogno sta andando di bene in meglio!”

Con la forza della mente, Ylon le trasportò a casa. Arrivate in camera, l'animale si sedette sul letto ed aspettò. La ragazza, invece, iniziò a camminare in giro per la camera.

«Com'è possibile? È un sogno, vero? Dev'essere un sogno! Non c'è alcun...» chiese con un filo di voce.

«Se ti calmi, ti racconterò ogni cosa...»

«Sto aspettando.»

«Tu non vieni da questo mondo... Sei stata confinata qui dopo che distrussero la tua vera famiglia. Tu, però, eri solo neonata e non potevi ricordarti della strage. Quindi, una compagnia di maghi fedeli a tuo padre ti fece un incantesimo, in modo che tu sognassi quella notte portandone il ricordo.»

«È-è impossibil...»

«E non è tutto: dopo il colpo di stato compiuto dall'assassino dei tuoi genitori, si è instaurato un regime assoluto, dove l'omicida è il re. Quell'uomo che prima ci ha attaccato è uno dei suoi sicari. All'apparenza sembra gracile e debole, ma non lo è: con noi ha usato incantesimi deboli, ma ricorda quello che ha fatto ieri, è capace di cose che tu neanche immagini. Questa è una cosa che dovrai imparare: niente è quello che sembra.» fece una pausa. «Sono stata mandata qui per proteggerti da lui. Speravo di poterti spiegare la verità in un altro momento, ma è giusto sappia, soprattutto ora. Mi dispiace molto per ciò che sto per dirti, ma è la cosa più giusta da fare.»

«Cosa?»

«Dobbiamo andarcene.»

«Starai scherzando! Non posso lasciare la mia famiglia...»

«È troppo pericoloso stare qui! Hai visto ieri! Quello era un avvertimento!» la lupa si fermò un istante «Scrivi una lettera e racconta loro ogni cosa, capiranno. Caris, non possiamo fare altrimenti: siamo con le spalle al muro!»

« Ma questo... è solo un sogno!»

« Andiamo, Caris! Sai bene che non lo è!»

Caris tacque.

«Vuoi che te ne dia una prova?»

«Va bene, mi hai convinto, niente prova ma se il sicario attacca quando ce ne saremo andate?»

«Non ne avrebbe motivo: lui vuole te, non la tua famiglia. Comunque, per evitare complicazioni, farò un incantesimo che li salverà in caso di pericolo.»

«Ma dove andremo?»

«Al tuo vero mondo: Amethyst.»

«Amethyst? Vuol dire ametista.»

«Sì: è un mondo parallelo a questo.» spiegò Ylon «Inizialmente faceva parte della Terra: si trovava fra l'America meridionale e l'Africa. Quando i colonizzatori, nel 1568, vi sbarcarono, lo descrissero come un arcipelago fertile e rigoglioso, ma povero di risorse. Una decina d'anni dopo, vennero trovate migliaia di miniere d'ametista, e così battezzarono il luogo Amethyst. Le pietre, però, non erano come quelle europee: emanavano una forte energia. Scienziati e persone che volevano sapere di più su quei minerali si stabilirono nell'arcipelago, creando villaggi e città, trasformandolo in un regno. Arrivò poi, gente da ogni dove, soldati, marinai, contadini, per vivere in quella terra che veniva descritta come 'l'equivalente terreno del Paradiso'.»

«Perché non è più sulla Terra?» chiese Caris.

«Ti ho detto che le ametiste possedevano un'energia molto potente, quindi la gente pensò ad un modo per utilizzarle. Vennero fatti degli esperimenti, che portarono alla modifica del DNA delle cavie, prima animali, poi umane. Veniva applicato un minuscolo frammento delle pietre nel sangue dell'essere vivente che doveva sostenere la prova. Questa piccola parte si scioglieva grazie al calore interno del corpo e si mescolava con le basi azotate che univano i due filamenti del DNA. Le ametiste rendevano più veloci, più forti, più intelligenti e capaci di ricorrere all'uso della magia.»

«Wow!» esclamò Caris.

«Un giorno, però, un'esplosione dalle sconosciute origini sconvolse l'arcipelago. Fu un disastro di proporzioni epiche, che fece staccare il regno di Amethyst dal pianeta e gli aprì le porte di un nuovo tempo e di un nuovo spazio. Tutto rimase immutato, non ci furono morti, ma non si riuscì più a tornare indietro. Amethyst diventò un arcipelago isolato in un universo nascosto. Là sono il sole e la luna che girano, alternandosi, intorno al nostro mondo. Durante lo stacco Amethyst portò con sé non solo le isole, ma anche il territorio sottostante a esse, acqua compresa. Venne quindi a crearsi una grande voragine, che, in seguito, venne ricoperta dall'acqua diventando un fondale.»

«E la mia famiglia?»

«Dopo lo stacco dalla Terra» rispose Ylon «varie catastrofi si abbatterono su Amethyst. Terremoti, onde anomale, eruzioni vulcaniche, uragani avrebbero potuto distruggere la nostra civiltà, ma un tuo antenato riuscì a placare l'ira degli elementi. Gli abitanti dell'arcipelago cre-dettero che un sovrano del genere avrebbe potuto proteggerli da ogni male. La tua casata ha sempre avuto dei poteri eccezionali e con la loro guida la pace ha sempre regnato sul mondo, fino al colpo di Stato. Purtroppo, la scienza non progredì: tutto rimase come quando Amethyst si staccò dalla Terra.»

«Capisco, sono pronta a seguirti, ma...»

«Stai tranquilla: la tua famiglia capirà. A proposito, vorrei chiederti scusa: per fare in modo di entrare nella tua vita, ho fatto un incantesimo ai tuoi genitori affinché acconsentissero a lasciarmi vivere qui.»

Caris rimase un attimo in silenzio: «Quando partiremo?»

«All'alba, quando nessuno ti vedrà. Non portarti nulla, sarebbe d'intralcio.»

«Va bene.» disse la ragazza, non del tutto convinta.

«Scrivi il biglietto e non aver paura.» suggerì Ylon.

Caris prese carta e penna e, un'ora dopo, lasciò il biglietto sul comodino. Si sdraiò sul letto e si addormentò, sfinita.

Non fece il solito incubo. Sognò di trovarsi in una valle circondata da montagne, con al centro una scultura di pietra. Raffigurava un mostro alato con la testa rivolta verso l'alto, in un'espressione di rabbia mista al terrore, come se qualcosa arrivasse dal cielo. La pelle squamosa era ricoperta di cicatrici e alla bestia manca una delle quattro zampe e dell'ala sinistra rimaneva l'osso più qualche brandello di squame. La ragazza ci girava intorno, quando vide una cavità. Si avvicinò: si trovava nel petto della statua, ma non riuscì ad arrivarci, data la statura del mostro.

Fece qualche passo indietro. La valle era cinta da quattro montagne. Le cime aspre si allungavano fino al cielo e rendevano il posto nascosto da occhi indiscreti.

«Caris!!»

"Chi sarà?" pensò.

«Svegliati Caris!!»

La ragazza uscì lentamente da quel sogno.

«Che c'è?» chiese.

«Dobbiamo partire.» rispose Ylon con fermezza.

«Va bene, fammi mettere a posto alcune cose.» detto questo, Caris mise sul cuscino il biglietto, indossò delle bermuda color bronzo e una maglietta verde oliva, che unì alle sue inseparabili Converse.

«Vado bene così?» sussurrò.

«Non siamo ad una sfilata di moda!»

«No, non hai capito, mi sono messa qualcosa di comodo, ma anche che si possa mimetizzare con l'ambiente.»

«Fai come vuoi. Andiamo: non c'è tempo da perdere!» replicò seccamente la lupa.

Sgattaiolarono fuori e, arrivate in giardino, Caris si fermò. Stava per abbandonare quella che era stata per quindici anni la sua vita: i suoi genitori, Jenn, gli amici, Alex, ma soprattutto, la pace che l'aveva accompagnata per tutto quel tempo. Sapeva, infatti, che, una volta ad Amethyst, non avrebbe avuto un attimo di tregua: avrebbero dovuto scappare e combattere per salvarsi.

«Forza Caris!» l'incitò Ylon.

Nello stesso momento, Eleonor entrò nella camera di Caris, e per poco non svenne quando vide la stanza vuota. Notò l'armadio sotto sopra e il letto disfatto. Sul cuscino era appoggiato un foglio di carta. La donna si avvinò e prese in mano il biglietto. Lo lesse con voce tremante.


“Cara famiglia,

spero che riusciate a perdonarmi per il fatto di essere scappata, ma voglio rassicurarvi che la colpa non è vostra. Non provate a cercarmi, non mi trovereste, perché sto andando in un luogo dimenticato da questo pianeta. Vi prego di leggere tutto il contenuto della lettera anche se può sembrare assurdo e inverosimile. Credetemi, è la verità di cui sono venuta a conoscenza soltanto ieri. Cercherò di andare al punto velocemente, anche se non è facile. Ricordate l'incidente dell'altro giorno? Quello che ha distrutto la macchina della mamma. È stata colpa mia. Non direttamente ma sono io la causa di tutto. Chi ha attentato alla vostra vita sapeva che eravate la mia famiglia. Fortunatamente, quello è stato solo un avvertimento, e devo assolutamente impedire che si trasformi in una cosa seria.

Per evitare incomprensioni, vi dirò che la cosa, anzi, la persona, che ha tentato di uccidervi viene, come me, da un altro pianeta. Sì: vengo da un altro mondo, da cui fui esiliata subito dopo la mia nascita. Ora devo tornare nella mia terra d'origine e rivendicare il mio potere.

Vi auguro tutto il bene del mondo e spero che capiate che questa è la mia scelta. Vi ho sempre voluto bene e sempre ve ne vorrò! Un bacio e un abbraccio a tutti!

La vostra

Caris

P.S. Anche Ylon viene dal mio stesso pianeta ed è venuta sulla Terra per proteggermi.”


Eleonor si prese la testa fra le mani e pianse, svegliando con i suoi singhiozzi John e Jenn.

In quello stesso istante, a Central Park, una ragazza e un lupo stavano cercando un luogo nascosto degli alberi. Ylon avanzava con fermezza, mentre Caris camminava a testa bassa.

«Qui andrà bene.» disse l'animale, fermandosi.

Ci fu un attimo di silenzio durante il quale la lupa si concentrò per trovare l'energia necessaria per effettuare la magia.

«Jismy aug garesh!» urlò. Un lampo di luce, e il portale si aprì.

D'istinto, Caris si tocco l'ametista che portava al collo. La via per Amethyst era lì, davanti a lei. Aveva paura: le gambe le tremavano e fissava terrorizzata la finestra sull'altro mondo.

«Non devi avere timore. Sei una ragazza forte e riuscirai a reggere al viaggio.» la rassicurò Ylon.

«Non è del viaggio che ho paura, ma di quando saremo ad Amethyst. Cosa succederà? Cosa dovrò fare? Come imparerò a evocare la magia che evidentemente ho racchiusa in me? Dove andremo? Non so combattere, sarò una palla al piede! Non ce la farò, lo so!»

«Ti vuoi calmare?» disse l'animale richiudendo il portale «Non è il momento più opportuno, ma credo che potremo ritardare la partenza affinché possa spiegarti ciò che succederà.»

«Va bene...»

«Dunque: secondo i miei calcoli il passaggio ci porterà alle rovine del castello dei tuoi veri genitori. Da lì andremo all'isola dove si è rifugiata la resistenza e ti verrà insegnato a combattere e a controllare la magia. Se lungo il percorso incontreremo dei nemici, cercheremo di seminarli, altrimenti lascia a me il combattimento. Ho risposto adeguatamente alle tue domande?»

«Sì, grazie Ylon. Prima di partire, posso chiederti l'ultima cosa?» chiese la ragazza.

«Certo.»

«Che cosa incontreremo ad Amethyst?»

«Aspettavo questa domanda! Vedi, quando ti ho spiegato la storia del nostro mondo ho tralasciato un particolare...»

«Che genere di particolare?»

«Dopo lo stacco, il regno è stato catapultato in un altro tempo e in un altro spazio. Si sono create nuove creature, tipiche del nuovo universo: draghi, grifoni, elfi, gnomi, orchi e altri esseri.»

«Wow!»

«Non è tutto. Ho sbagliato a dirti che la scienza non progredì. È vero: non esiste la televisione , né tanto meno il computer e la macchina; ma sono stati inventati degli strumenti per comunicare, simili ai cellulari, che vengono utilizzati dalle spie in missione. Naturalmente, questi mezzi elettronici li abbiamo solo noi: il nemico non sa nemmeno della loro esistenza. Inoltre sono stati creati i carri armati e delle astronavi da guerra.»

«Perfetto: sono pronta a partire!»

«Così presto?!» disse una voce alle loro spalle.

Caris si bloccò: la conosceva fin troppo bene.

“Il sicario!”

«Dove credete di andare!» il tono era diventato duro, e la ragazza capì che aveva intenzione di attaccare.

«Garaight!» urlò l'uomo. Dalle sue mani uscì un raggio dorato che volò nella direzione di Ylon.

La lupa, però, era pronta. «Dyrme.» esclamò. Davanti all'animale si materializzò uno scudo, che bloccò l'attacco.

Il sicario, però, non si arrese: «Garaight!»

L'incantesimo sprigionò un altro raggio, molto più potente del primo. Lo scuso cedette e Ylon incassò il colpo.

«Cai!» guaì.

«Ylon!» Caris guardò l'uomo: stava preparando un attacco, quello definitivo.

“Oh no...”

«Garaight!» urlò il sicario.

“No, no, no!”

«Layetra!» esclamò ricordandosi di quando Ylon aveva pronunciato l'incantesimo. A quella parola un'ondata di fuoco uscì dalle mani di Caris e inghiottì il raggio, andando poi a colpire il nemico, che cadde a terra, privo di sensi.

Quando anche l'ultima fiamma si dileguò, la ragazza si sedette per terra, consapevole di ciò che aveva fatto.

«Complimenti. Hai risvegliato i tuoi poteri.»

«Ylon! Allora stai bene!»

«Sì, quello era un colpo da principianti, ma sono rimasta lo stesso stordita...»

«Cosa ne facciamo di lui?»

«Mmm... non possiamo portarlo con noi: è un nemico. L'alternativa è tra lasciarlo qui e ucciderlo.»

«Ucciderlo?!» ripeté Caris, sbigottita.

«Sì. Ma suppongo che sia meglio abbandonarlo al suo destino.»

La ragazza annuì, sollevata.

«Credo che sia ora di partire. Vieni.»

Erano quasi le otto quando riaprirono il portale.

«Sei pronta?» chiese Ylon.

«Stavolta sì.» rispose Caris, sforzandosi di sembrare convinta.

«Allora, prego: vai prima tu.»

La ragazza si avviò al portale e lo sfiorò: emanava una forte energia.

“No! No devo avere paura!”

Un attimo dopo vi era dentro.


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Capitolo 3
*** Il vero mondo ***


****ringraziamenti****

Valelle96: chissà come mai, ma il tuo intuito è acuto come uno spillo xD forse perchè, in qualche modo oscuro a noi sai già come si svolgerà la storia?? vieni forse da Amethyst?? =__= ah no giusto: sai tutto perchè te ne parlavo continuamente! Ti ricordi delle storie con i pupazzi?? Mama, i tempi dell'infanzia *.* continua a dirmi che ne pensi e fammi il favore di non anticipare parti altrimenti c'è il 87% di probabilità che te ne farò pentire amaramente! xD Hahaha...Hehehe...Hihihi...HOHOHO!!!!

hermana: wow quante domande! O.o allora piano, una alla volta: come ha detto Ylon, il sicario non creerà danni, in quanto personaggio privo di intelletto e fondamentale importanza (non credo di avergli dato nemmeno un nome tanto è inutile), quindi non farà altro che tornare ad Amethyst e ricomparire prima o poi. E il sicario è andato, passiamo ad Alex: eh.... mi dispiace, ma la storia fra Caris e il ragazzo si conclude relativamente presto, ma, come ha anticipato Valelle96, "probabilmente" Caris incontrerà un altro ragazzo... Probabilmente, eh. (siiiiii, certo come no! metti probabilmente quando la possibilità è del 99.9%! nd unragazzobiondofissatoconlacioccolatachenonpossomenzionareperchèesternoallastoria) (-.-" sempre a dirmi su, te! TACI! non fai neanche parte della storia quindi MUTO! @.@ nd me). Per quanto riguarda Eleonor si scoprirà in seguito se crede o meno nella lettera, e lo stesso per quanto riguarda il sogno. ^.^ felice che ti piaccia la storia e il modo in cui ho chiarito l'anomalia della famiglia. Baci =*

CAPITOLO 3:

IL VERO MONDO





Caris credeva di sognare: tutto quello che vedeva le sembrava irreale. Vide New York farsi sempre più piccola, poi, quando stava per entrare nello spazio e nel tempo di Amethyst, svenne.

Quando riaprì gli occhi, Ylon era di fianco a lì, lo sguardo fermo che vegliava su di lei.

«Finalmente ti sei svegliata.» disse.

«Dove siamo?»

«Queste sono le rovine di Nhary, qui una volta si ergeva il castello di tuo padre. Quello che hai visto nel sogno.»

«Ah... Così era qui che regnava mio padre...»

«Già.»

Caris rimase in silenzio per un attimo, poi sussurrò: «Possiamo andare via da qui? Non mi piace stare sulla tomba dei miei genitori.»

«Oh, ma la tua famiglia non riposa qui: le loro spoglie sono situate su un'isola invisibile.»

«Un'isola invisibile?»

«Sì. Dal colpo di Stato, i seguaci di tuo padre sono stati perseguitati. Allora si sono nascosti su un'isola e, mediante una muraglia magica, l'hanno resa invisibile. Lì vengono addestrati i cavalieri e vengono preparati i piani d'attacco.»

«Sai molte cose Ylon... Chi te le ha insegnate?»

«Da giovani tutte le persone e gli animali speciali devono imparare queste informazioni. Sono lozioni di base per il ruolo che ognuno dovrà occupare.»

«E tu che ruolo occupi?»

«Fin da quando ero piccola...»

«Aspetta» l'interruppe Caris «quindi tu non sei piccola? Beh, perché lo sembravi davvero!»

«Si sono ancora una cucciola, ho solo undici mesi, ma già dal primo mi hanno allenata e preparata ai pericoli che correvo nel venire sulla Terra.»

«Che pericoli?»

«Potevo finire in un posto sbagliato, le cose nuove avrebbero potuto sconvolgermi e...» Ylon si fermò.

«E....»

«E, se fossi rimasta troppo sul tuo vecchio pianeta, sarei... morta.» concluse.

«Morta?»

«Sì, perché, Amethyst richiama a sé con forza i suoi figli, anche a costo di ucciderli.»

«Un momento! Io sono nata qui, ma non sono stata richiamata!»

«Questo perché l'assassino dei tuoi genitori ha fatto un incantesimo in modo che Amethyst non ti riportasse qui.»

«Sì, ma hai detto che la forza con la quale il nostro mondo ci richiamo è tanto potente che può ucciderci.»

«Non sempre. Evidentemente l'omicida non ha voluto tentare sia perché la possibilità di vivere o meno dipende dal caso, ma anche perché ha sentito la tua grande energia e ha creduto che avresti potuto sopravvivere.»

«Capisco...»

«Vieni: queste rovine sono state dimenticate da tutti, e l'attuale sovrano ne ha vietato la visione, perché le reputa prive di qualsiasi oggetto utile al regno e simbolo di possibili movimenti di rivolta. Non sa, infatti, dell'esistenza di un'arma appartenuta a tuo padre ed ora è giunto il momento che la sua erede la prenda in custodia.» detto questo, Ylon andò al centro delle rovine ed ululò. Dai muri distrutti apparve uno spettro: il fantasma del vecchio re. Accanto al sovrano comparve anche la regina, il cui viso si riempì di lacrime quando vide Caris.

«Bambina mia...» singhiozzò avvicinandosi.

«Re Raphael, regina Tysa, è un onore incontrarvi.» disse Ylon, inchinandosi.

«Ti ringraziamo sentitamente per aver portato qui nostra figlia, l'ultima erede del grande potere dei Vernium.» esclamò il re.

«Mamma, papà...» mormorò Caris, incredula.

La madre aveva i capelli del color del grano, che scendevano oltre le spalle creando onde perfette. I suoi occhi erano blu, come gli abissi mare, e, a guardarli, ci si perdeva nella loro profondità. La sua pelle era candida e delicata, come fosse di porcellana. Il suo sguardo infondeva dolcezza e serenità.

Raphael era alto e muscoloso, i capelli lunghi fino alle spalle erano neri come la notte, mentre gli occhi erano grigi, di forte intensità. La barba era tagliata corta e sul viso vi era una cicatrice.

Ognuno dei sovrani portava sul capo una corona. Quella del re era d'oro rosso, e, al centro, era incastonata un'ametista. Sembrava dotata di luce propria e, intorno alla pietra vi erano incise delle fiamme.

“Quello deve essere lo stemma della casata.” constatò Caris.

La corona della regina, invece, era d'oro bianco e cingeva il capo della donna come fosse stata una ghirlanda di rose.

“Sembrano così reali...”

«Dopo quindici anni, finalmente possiamo rivedere la nostra bambina...» esclamò re Raphael.

«Sei diventata una ragazza bellissima!» Tysa la guardò con la dolcezza con cui solo la madre può guardare la propria figlia.

“Non ho mai visto questo sguardo...” pensò Caris, ricordandosi di Eleonor.

«Non avrei mai immaginato che i miei veri genitori fossero...»

«Cosa? Fantasmi?» chiese il padre.

«No, questo me lo aspettavo. Non avevo nemmeno pensato, però, che fossero il re e una regina di un altro mondo. Ancora non riesco a crederci, mi sembra tutto così strano e confuso, tutto sta accadendo troppo in fretta! Di certo, non mi immaginavo di incontrarvi... Quando ho saputo che quello che è successo, mi aspettavo di vedere la vostra tomba, di sentire le vostre gesta e di...»

«Di?»

«Di riuscire a vendicarvi...»

Raphael rise, mettendo Caris a disagio. Tysa, invece, cercò di spiegare il motivo dello sfogo del marito.

«Vendicarci? È una cosa impossibile. Il tuo avversario è troppo forte: ti ucciderebbe senza pietà. Inoltre devi ancora far maturare i tuoi poteri, non sei pronta per uno scontro diretto con chi ci ha ucciso. La vendetta, poi, non ti porterebbe da nessuna parte.» le disse con dolcezza.

«Ma voi potete seguirmi e aiutarmi a diventare forte!»

«No, noi possiamo apparire solo sul luogo della nostra morte, e per farlo, abbiamo bisogno di Ylon. È lei che ha il potere di parlare con i defunti.»

«Capisco, ma dov'è?»

«Ylon? Starà controllando che non ci sia nessuno in giro. Siete nel bel mezzo del regno, dopotutto. È sempre stata molto circospetta e diffidente. Ha imparato che non bisogna fidarsi di nessuno, prima di conoscerlo bene. Sai, da quando è nata, è stata addestrata per proteggerti e portarti qui. È venuta a parlare con noi e abbiamo riconosciuto in lei una compagna fedele che ti potrà assistere in questo viaggio.» spiegò Raphael.

«Inoltre, come te, porta dentro un desiderio di vendetta.» aggiunse la regina.

«Perché?»

«L'accompagnavano sempre i suoi genitori nelle sue visite qui. Erano due lupi molto potenti.»

«Erano?» chiese Caris, cominciando a capire.

«Sì, erano. Vedi, suo padre era colui che l'allenava e la preparava fisicamente, la madre le dava l'aiuto interiore. Purtroppo, durate una loro spedizione qui, prima che potessero evocarci, furono attaccati da uno dei battaglioni d'attacco del regno. Ylon era piccola, aveva solo quattro mesi, non sapeva ancora padroneggiare bene la magia, quindi si fece da parte, come avevano prestabilito. Tra i soldati, però, vi erano dei veterani, cioè dei maestri nell'arte del combattimento magico. Erano troppi. La piccola lupa dovette rimanere nascosta, impotente, perché sapeva che non sarebbe riuscita a battere gli avversari. Quando questi se ne andarono, Ylon ci chiamò, per sapere se potevamo fare qualcosa. Inutile. Rimase lì, per due giorni, senza toccare né cibo né acqua. Quando ci richiamò, all'alba del terzo, era diversa. La perdita dei suoi cari l'aveva cambiata, l'aveva resa più seria e più propensa a compiere ciò che doveva. Ci rivelò che, ingenuamente, aveva detto ad un altro lupo che stava andando qui con i suoi genitori. Abbiamo dedotto che l'animale di cui Ylon si era fidata fosse una spia. Quando le abbiamo detto la nostra teoria, lei è corsa nella foresta ed è tornata solo la notte, tutta sporca di sangue. La spia non sarà più un problema, ha detto.»

«Non ne avevo idea.» disse la ragazza, rendendosi conto di non sapere nulla della compagna.

«Evidentemente non vuole perdere anche te, mi sembra di capire che vi siate affezionate l'una all'altra.»

Caris sorrise a quella frase: era vero.

«Purtroppo il nostro tempo stringe. Dobbiamo darti ciò che ti spetta.» disse il re. «Ylon, vieni: è ora.»

La lupa si avvicinò e guardò Caris negli occhi, dandole forza.

La ragazza la vide ululare e, pochi attimi dopo, dalle macerie, emerse una spada, nel fodero, che era allacciato ad una cinta di cuoio, l'elsa dell'arma che brillava alla luce di un sole di un altro universo.

«Questa era la mia spada, l'abbiamo tenuta nascosta per tutto questo tempo in attesa che tu arrivassi per diventarne la padrona.» spiegò Raphael.

«I-io?»

«Sì, questa spada è appartenuta a tutti i Vernium da quando il nonno di tuo nonno l'ha forgiata da un blocco di ametista.»

Caris tolse il fodero bianco e prese in mano l'arma: riusciva a tenerla in mano con facilità. L'elsa era bianca, mentre la lama era del tipico colore della pietra da cui era nata. L'impugnatura era comoda e dava la possibilità di ruotare il polso. La ragazza se l'era immaginata diversa: credeva che avesse una lama lunga e larga, come quelle che aveva visto in televisione; invece era una specie di sciabola, esile, ma al tempo stesso spessa, dava l'idea di poter tagliare ogni cosa. Sull'elsa era inciso il simbolo della famiglia Vernium.

«Ti aiuterà ad attaccare e difendere, la sua lama può reggere a qualsiasi colpo.»

«Ma non so usarla...»

«Imparerai, come abbiamo fatto tutti. Ce la farai, ne siamo sicuri.» disse Tysa.

Caris annuì: era lusingata della fiducia che i genitori riponevano in lei.

«Il tempo a nostra disposizione è terminato, ma prima» annunciò Raphael «vogliamo farti un altro dono.»

«Hai un ciondolo molto bello» fece la madre.

«Me lo ha regalato John, sulla Terra era lui mio padre.»

«Allora permettimi di farci un incantesimo. Era una specialità delle ninfe d'acqua: farò in modo che amplifichi i tuoi poteri.» detto questo Tysa passò la mano sull'ametista, quasi toccandolo, poi, a incantesimo ultimato, si accasciò, sfinita.

«Fare una magia ci costa molta energia.»

«Vi ringrazio, con tutto il cuore, è stato bellissimo potervi conoscere e vi prometto che diventerò forte e che tornerò a trovarvi il prima possibile.»

«Ti aspetteremo.»

I sovrani sorrisero e scomparvero.

«Non sapevo che mia madre fosse una ninfa d'acqua.» disse la ragazza, legandosi la spada in vita.

«Ci sono tante cose che non sai, ma stai tranquilla, te le spiegherò tra poco. Ora dobbiamo andare all'isola.»

«Ha un nome?»

«No. Adesso muoviamoci, desidero arrivare entro notte nella foresta di Kiram.»

Camminarono per una mezz'ora, poi si fermarono in prossimità di un fiume.

«Questa è la Samla, uno dei fiumi più grandi di Amethyst.»

«E dobbiamo attraversarlo?!»

«Se preferisci usare la via lunga... Ti consiglio di fare così: Liss!» Ylon si alzò in aria e camminò sopra il fiume come fosse la cosa più naturale del mondo.

Arrivata all'altra sponda, la lupa si girò, vedendo Caris ferma dove l'aveva lasciata.

«Non ci riesco!» piagnucolò la ragazza.

«Concentrati.»

Passarono alcuni istanti.

«Non succede niente! Non riesco più ad usare i miei poteri!»

Ylon volò verso di lei.

«Probabilmente l'altra volta si sono rivelati perché era una situazione che li richiedeva, ma ci vuole del tempo affinché rinascano completamente.» disse.

«Vuoi dire che...»

«Voglio dire che ora non hai poteri, sei una ragazza normale, e che ti porterò io dall'altra parte del fiume. Liss.»

In poco tempo si ritrovarono tutte e due al di là della Samla, e ripresero a camminare per le colline che circondavano le rovine. Di tanto in tanto, tra le vaste distese d'erba, spuntavano dei cespugli e degli arbusti, altre volte degli alberi. Le due avventuriere si tenevano lontano dai sentieri e dalle strade e quando dovevano attraversarle, facevano finta di niente, attente a non dare nell'occhio.

Quando, però, erano da sole nei campi, correvano, scherzando e buttandosi nell'erba, dando le basi alla loro amicizia. Proseguirono così per due giorni.

Al calare della sera erano giunte al margine di una foresta.

«Questa è la foresta di Kiram. È pura, i suoi alberi sono molto alti e contano milioni di anni. Di giorno è chiara e cristallina, si dice che gli alberi parlino ai passanti, narrando le loro storie e quelle di altri: secondo le voci che girano per Amethyst, i loro mormorii risvegliano il vento. Le versioni sul bosco di notte, però, sono opposte: molti sostengono di aver sentito delle urla e dei lamenti provenire dagli alberi, seguiti da un susseguirsi di ombre che si dirigono verso il centro della foresta. Personalmente, non credo ad una sola parola: ho passato diverso tempo in questo bosco e non ho mai avvertito niente di sinistro. Vieni, prima che faccia troppo buio troveremo un posto per dormire.»

S'inoltrarono nel folto della foresta e le tenebre le abbracciarono, felici di avere nuovi ospiti.

Caris procedeva con prudenza. Ovunque posasse lo sguardo le sembrava di vedere un paio di occhi spiarla, e la luna le appariva diversa, più cattiva, decisa a interferire con quella che la ragazza avrebbe desiderato fosse una bella serata.

“Forse i racconti di Ylon mi hanno impressionato troppo.” pensò quando le parve di vedere un'ombra sgusciare svelta fra un albero e l'altro.

«Dormiremo su questa quercia.» disse improvvisamente la lupa, facendo prendere alla ragazza un colpo. Le stelle inondavano il velo notturno.

«Eh?»

«Non sono sicura che non facciano delle ronde nella foresta, quindi è meglio dormire sugli alberi.»

«Ah, va bene.»

«Non avrai paura?» la punzecchiò Ylon.

«No, figurati» rispose la ragazza scrollando le spalle.

«Allora muoviti!»

Si arrampicarono sulla quercia secolare, o, per meglio dire, Caris si arrampicò, mentre la lupa volò direttamente in cima e si sdraiò in un nido d'aquila abbandonato. Quando la giovane giunse fino all'animale si mise comoda fra i rami, decisa a fare a Ylon diverse domande.

«Scusa, ma perché non hai fatto salire anche me?» chiese la ragazza, indignata.

«Semplice: devi allenarti e sviluppare la resistenza, e poi volevo vedere come te la cavavi.» aggiunse sogghignando.

«Beh, ti è andata male: è da quando che avevo sei anni che mi arrampico. Adoro farlo. Una volta ho persino scalato un monte.» disse compiaciuta.

«A mani nude?»

«No! Scherzi?»

«Te lo anticipo: dovrai imparare a farlo.»

«Oh...»

Restarono in silenzio per una decina di minuti.

«Raccontami dei miei genitori.» disse Caris ad un certo punto.

«Cosa vuoi sapere.»

«Tutto.»

«Va bene. Tuo padre è cresciuto a corte fin da piccolo, figlio del re che governava prima di lui, William. Ha mostrato subito una predisposizione per il combattimento: governava con impressionante bravura il potere del fuoco, come ogni Vernium. Che dire? Ha partecipato a diverse spedizioni e in una di queste ha incontrato tua madre. Splendida ninfa d'acqua, la sua padronanza dell'elemento lo colpì tanto da volerla conoscere meglio. Tysa si era già innamorata di tuo padre da tempo: un giorno, era stata mandata come commerciante per contrattare con re William. Mentre era nel giardino reale, vide di sfuggita Raphael allenarsi nel combattimento con le spade e ne rimase affascinata. Da allora sfruttava ogni occasione per vederlo. Puoi immaginare la felicità quando fu lui stesso a venire da lei.»

«Capisco. Come governava mio padre?»

«Era un re gentile e benevolo, prima di qualsiasi decisione si consultava con la sua regina, che lo proiettò sull'essere un punto di riferimento per un popolo libero.»

«E mio nonno?»

«Sinceramente non conosco molto la storia di re William. Di una cosa però sono certa: non voleva che tuo padre sposasse Tysa.»

«Cosa?!»

«Già. Aveva progettato il futuro di tuo padre e tua madre non ne faceva assolutamente parte. Secondo lui non era degna. Quindi, quando Raphael gli disse che l'avrebbe sposata, lui rimase sconcertato. Come poteva suo figlio, unico erede della famiglia Vernium, voler sposare una qualunque. Allora, certo che suo figlio ci avrebbe ripensato, gli spiegò esplicitamente che se avrebbe sposato tua madre, re William avrebbe negato l'eredità a tuo padre. Nonostante ciò, Raphael la sposò lo stesso. Tuo nonno, visto l'amore che provava il figlio, decise che avrebbe comunque ereditato il titolo di re.»

«Allora è finito tutto bene.»

«Sì.»

Dopo un po', entrambe si appisolarono. Caris si addormentò cullata dei mormorii della quercia, e questa, era decisa a raccontarle tutta la sua storia, sveglia o addormentata che fosse. Le sue parole, quindi, entrarono nella mente della ragazza, trasformandosi in sogni.


“La foresta di Kiram: questa sarebbe stata la mia casa.” la voce della quercia entrò nel sogno di Caris e lo modificò, rendendolo coerente alla storia che l'albero le stava per raccontare. Si creò un'immagine sfocata, che si rese via via più nitida: un campo verdeggiante, come quelli che Caris e Ylon avevano percorso il giorno prima. Al centro di quel campo, c'era un germolio. Passarono le stagioni, e quel bocciolo divenne un albero, una quercia precisamente.

“Questa sono io: come vedi sono stata il primo albero della foresta.”

Il tempo passava, e intorno alla pianta ne nacquero altre, fino a creare il bosco.

La luce del sole filtrava fra i rami alti e si posava dolcemente per terra, creando bellissimi riflessi. Fra gli alberi correvano sereni vari tipi di animali: cervi, lepri, lupi, orsi, alci e tantissimi uccelli.

“Questa foresta è vissuta per millenni, crescendo e generando, finché...”

Comparsi dal nulla, iniziarono ad avventurarsi nella boscaglia degli uomini.

“Stavamo così bene senza di loro, ma con il tempo abbiamo imparato ad apprezzarli. Il tempo continuò il suo regolare corso e, una notte, si avvertì un fortissimo botto, seguito da un'esplosione e da terremoti e tsunami. Tutta la foresta si addormentò e, al risveglio, si trovò modificata: alcuni animali si erano trasformati, diventando mutanti e la luce del sole li feriva, li indeboliva. Aspettarono allora la notte per uscire, ma, quando gli uomini li videro, li cacciarono, minacciando di ucciderli. Allora si nascosero, dando alla foresta due volti: il primo, diurno, di splendore e pace, e il secondo, notturno, caratterizzato dalla fuga e dalla segretezza.”

Si videro ombre sguscianti saettare fra gli alberi.

“Visto che gli uomini ci avevano rovinato con i loro esperimenti e ci avevano rinnegato, dichiarammo guerra alla razza umana. Vi fu, però, un re, William credo si chiamasse, che riuscì a porre fine alle battaglie che si erano create, e instaurò una pace fra il loro regno e il nostro. Rivedo quell'uomo nel tuo sangue. Era molto potente e riusciva a comunicare con la terra in maniera speciale. Quando morì, salì al trono il figlio, Raphael, e anche lui cercò di tenere saldo il legame creato dal padre. Dopo il colpo la sua morte, però, si è creata un'ostilità fra il popolo di Kiram e quello di Amethyst. Scina si è dimostrato interessato solo a sfruttare le nostre risorse. E noi non possiamo permetterlo.

Ho saputo del tuo arrivo e ho voluto raccontarti la nostra storia, in modo che non ti dimenticherai di noi durante la tua missione. Il popolo della foresta vuole davvero far parte di quello di Amethyst, ma non sotto Scina.” detto questo la voce si spense.


Caris si svegliò di soprassalto. La luna era al centro del cielo ed emanava una candida luce, che sembrava stendere sulla foresta un velo incantato. Ylon era ancora addormentata, e la ragazza lanciò il suo sguardo intorno alla quercia. Pensò a quello che le aveva detto la pianta e d'un tratto le sembrò di vedere la foresta dall'alto, e con lei tutta la vita in essa racchiusa. Sentì i fruscii e lo scorrere lento della Samla. Caris si lasciò cadere dalla quercia e si incamminò, decisa a scoprire i segreti della foresta, la mano sulla spada.

Quando passò davanti a dei fiori rampicanti, li sentì muovere, girarsi a guardare quella sconosciuta che si avventurava sola nel bosco. Arrivò al fiume e seguì il suo corso, quando notò che alcuni punti dell'acqua brillavano. Si chinò e allungò la mano nella loro direzione. Ne prese uno e se lo portò davanti in modo da riuscire a vederlo: era un piccolo, minuscolo, luminoso pesce blu, che, svegliatosi, aprì gli occhi e spalancò quattro lunghe ali celesti. Emise un grido acuto con cui svegliò tutti i suoi simili e li chiamò da lui. In pochi minuti Caris si ritrovò circondata da migliaia di piccole luci sospese. La ragazza lasciò andare la creatura e questa le si posò sulla spalla, mentre le altre si disposero una dietro l'altra, a formare una fila lunga quanto il fiume.

“Ma cosa?”

Incerta seguì la via a lei indicata, camminando per ore, fino a trovarsi alla sommità di un cratere naturale, al cui interno sorgeva una città, tagliata dalla Samla.

Si sporse per vedere meglio, ma perse l'equilibrio e cadde. Iniziò a rotolare e finì ai piedi di un alto palazzo. Era di un colore grigio cupo e alcuni mattoni sporgevano, come a formare una scalinata alternativa. Lo sfiorò con un dito: anche se era lì e riusciva a vederlo, non riusciva a percepirne il tatto. Appena lo toccò, infatti, la superficie sparì, come si fosse fusa con l'aria.

Caris si girò: alla sommità del cratere vi erano ancora i pesci luminosi, che la osservavano e aspettavano.

«Ehi, tu! Che cosa ci fai qui?!» gridò una voce alle sue spalle.

La ragazza si sentì afferrare per le spalle e sbattere contro la parete inesistente.

Davanti a lei vi era un giaguaro.

“Un mutante!”

L'animale, infatti, era sì un giaguaro, aveva dei tratti umani, come il fatto che riusciva a stare in piedi e non aveva lo sguardo da cacciatore, piuttosto da preda, da chi è stato maltrattato per qualcosa che non aveva fatto. Caris riconobbe in quegli occhi qualcosa di John.

«Chi sei?» chiese la bestia avvicinandosi.

La ragazza si coprì d'istinto il viso con le braccia, i palmi voltati verso l'interlocutore, che fece un salto indietro. Solo allora, la giovane si rese conto che tremavano, sia lei che lui. Avrebbe voluto tranquillizzarlo, ma non aveva idea di come fare. Lo guardò negli occhi: sentì una profonda nostalgia per il patrigno. Una lacrima, una sola, le rigò il viso. Senza dir niente si alzò in piedi e si voltò decisa verso l'animale, che la guardava preoccupato.

«Sono Caris, figlia di Raphael e ultima Vernium in vita. Ho risposto alla tua domanda?»

La bestia annuì.

«E tu? Tocca a te darmi una spiegazione.» disse la ragazza mettendo da parte la paura.

«I-io? Mi chiamo Goyv, sono la guardia orientale della città di Feid» rispose fieramente.

«Non mi sembri molto coraggioso per essere una guardia...» sogghignò Caris.

«Questo perché non vedo spesso degli umani, e quelle poche volte ci hanno attaccato. Come hai fatto a raggiungere Feid?»

«Mi ci hanno portato dei pesci luminosi.»

«Oh, i Nul...»

«Come mai questa casa scompare quando cerco di toccarla?»

«Perché è un'illusione.»

«Cosa? Voi abitate nelle illusioni?»

«Sì. Le nostre case sono così: quando arriva il giorno, noi dobbiamo nasconderci, quindi queste case devono sparire.»

«Ma perché vi nascondete?»

«Siamo ricercati. Ai tempi del dominio di tuo padre, vivevamo in pace con il resto della popolazione di Amethyst. Poi, con il dominio di Scina...»

«Aspetta! Scina? Chi è?»

«È l'assassino dei tuoi genitori.» disse una voce alle sue spalle.

Ylon apparve dal nulla, seria in volto.

«Mi sono svegliata e mi sono ritrovata da sola. Ho visto una scia di luce, per poi scoprire che era stata creata dai Nul apposta per te. Infine ti ritrovo qui a parlare con uno sconosciuto! Come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere?! E se fossi stata attaccata? Avresti potuto compromettere la nostra missione!»

«Anch'io sono felice di vederti, Ylon. Lui è Goyv, una delle guardia di Feid e mi stava raccontando la loro storia.»

La lupa fremette di rabbia, poi si acquietò e si sedette.

«Bene, quando avrà finito di raccontarti una storia di cui tu non conosci le fondamenta, potremo proseguire.»

Caris sbuffò, ma fece segno a Goyv di continuare.

«Stavo dicendo che Scina, una volta conquistato il trono, ci mise la popolazione contro incolpandoci di crimini mai commessi. Fine della storia.» replicò la guardia, titubante.

«Oh... Questo è successo perché non volevate condividere le vostre risorse con Scina?»

«Condividere! Lui ce le stava rubando! Comunque sì, è andata così.»

«Bene,» interruppe Ylon «si sta avvicinando l'alba. Non vogliamo farti passare dei guai, quindi ce ne andremo prima che qualcun altro possa accorgersi di noi. Sono contenta che tu sia stato così gentile con Caris, e soprattutto che tu non le abbia fatto del male.»

«Non ho fatto niente...»

«Speriamo che nessuno vi scopra.»

«Caris, è ora di andare...Goyv, speriamo di poter rivederci quando sarete liberi.»

«Sì, speriamo. Fate buon viaggio.»

«Grazie. Arrivederci!» salutò Caris.

«Vieni, risaliamo il cratere. Liss!»

In pochi secondi si ritrovarono sulla sommità. Ylon indicò il branco di Nul.

«Ora dì loro di andarsene. Tu li hai chiamati e tu li mandi via.»

La ragazza si avvicinò ai pesci.

«Vi ringrazio davvero tanto per avermi condotto fino a qui, ma ora potete tornare a casa. Grazie di nuovo.»

Il branco di luci si spense e si buttò nel fiume.

Giunse l'alba e ben presto il cratere tornò come doveva essere, brullo e deserto.

«Sono andati via...»

«Già, e dovremmo seguire il loro esempio.»

Caris le sbarrò la strada.

«No! Prima mi hai detto che della storia che Goyv mi stava raccontando io non conoscevo le fondamenta. Bene ora dimmele!»

«Te le dirò durante il viaggio.»

«Io non ti capisco, prima fai tutta la simpatica e l'amica, poi ti trasformi in una specie di tutore severo e rigido!»

«Perché tu devi rimanere con i piedi per terra ed evitare inutili pericoli.»

Caris rimase in silenzio: non sopportava quando si comportava così!

Ylon sospirò.

«Allora, ciò che ti ha detto Goyv è vero, ma devi sapere che il vero motivo per cui Scina dà loro la caccia è che il Popolo di Kiram, così si fanno chiamare, lo ha rinnegato, si è opposto con tutta la sua forza al suo esercito e ne ha distrutto un terzo. Per questo ha inventato quelle fandonie per riuscire a catturarli. Quindi il Popolo ha deciso di vivere di notte, costruendo l'illusione di una città, in un cratere formatosi all'epoca dello stacco dalla Terra.»

Proseguirono in silenzio, quando iniziò a piovere.

«Non possiamo fermarci?»

«Sei stanca?»

«No, ma non dovremmo cercare un riparo?»

«Non c'è tempo, ieri abbiamo percorso metà della foresta, e oggi dovremmo fare altrettanto.»

«Puoi almeno far smettere questa pioggia?!»

«No, nessuno ha il potere di controllare il tempo.»

«Uff...»

Caris guardò il cielo: cupo, le nuvole coprivano completamente il sole, la pioggia cadeva forte, ogni tanto un lampo abbagliava la foresta, seguito da un tuono, che la faceva tremare. Le nubi apparivano come il sipario di un teatro: dietro di esse si vedevano fulmini saettare da una parte all'altra del cielo.

«I fulmini...» mormorò la ragazza «sono... diversi da quelli che ho visto sulla Terra, sono più potenti.»

«Già, » concordò Ylon «sai, è uno dei cinque elementi che un mago deve imparare, per riuscire a diventare un maestro. Ogni mago ha la predisposizione per un elemento: i Vernium sono molto forti a padroneggiare il fuoco, ma ci possono essere delle eccezioni, per esempio tuo nonno, che era in contatto con la natura come nessun altro. Nessuno, Vernium o mago comune, però, è mai riuscito a diventare maestri nell'arte del fulmine: un'arte micidiale, basata sulla distruzione. Solo una persona è quasi riuscita a diventarne padrone: Scina.»

«Lui?»

«Sì, ma l'impresa si rivelò più grande del potere che possedeva, quindi rinunciò, ma le conoscenze apprese lo hanno reso molto potente.»

«Che rapporto aveva con mio padre, prima di ucciderlo?»

Caris si era fermata: il suo volto era buio.

Ylon si voltò a guardarla: «Nessuno.»

«Nessuno?!»

«Già, nessuno la conosceva, ma, nei mesi prima dell'attentato, molti uomini erano scomparsi. Si venne a scoprire che lui li aveva resi schiavi e aveva creato un esercito con cui una notte attaccò il castello di tuo padre, sbucando dall'ombra. Il resto lo sai.»

La ragazza rimase in silenzio, gli occhi fissi su un albero, ma che guardavano oltre.

«Come farò a risvegliare completamente i poteri?» chiese improvvisamente.

«Questo dipende da te.» rispose Ylon

«Non lo so...» aggiunse la lupa.

«Muoviamoci, voglio arrivare a quest'isola senza nome e capire come posso diventare forte.» detto questo iniziò a correre.

La velocità era sempre stata il suo forte, e riusciva a tenere quel passo per circa mille metri. Schivò i rami, le radici sporgenti e i sassi che ogni tanto le sbarravano la strada. Correva non pensava ad altro, la spada alla cintura. D'un tratto Ylon la affiancò: correva senza fatica, senza spingere.

All'alba del giorno dopo arrivarono ad un bivio del fiume.

«Strano» disse la lupa «la Samla non ha affluenti né deviazioni.»

«E allora da che parte andiamo?»

«A saperlo...»

«Io andrei a destra.»

«Tu non conosci questo mondo, e non puoi basarti su una semplice impressione!»

«Fidati. Il mio intuito non ha mai sbagliato.» la ragazza guardò in faccia la compagna: le sorrise con un sorriso che solo lei sapeva fare, innocente e fiducioso. Ylon si addolcì e, per un attimo, si chiese come mai non riusciva a credere completamente in lei.

“Forse per la giovane età...” pensò “O forse sono io... forse mi manca la forza di decidere o forse ho paura di fallire il mio compito, di perdere lei, la nostra salvezza... e la mia amica... No! Mi devo fidare! Sì: crederò in Caris!”

«Va bene: andiamo a destra.» disse avviandosi per prima.

La pioggia cadeva copiosa. Il fiume si stava ingrossando. Le fronde degli alberi erano scosse dal vento che ululava rabbioso. Nonostante le intemperie Caris correva veloce, seguendo Ylon. Il sole stava calando e ben presto scese la notte sulla foresta di Kiram.

«Fermiamoci qui per la notte, così per il mezzogiorno di domani saremo arrivate al mare.»

«Va bene.»

Passarono la notte su una betulla, e il mattino arrivò presto. Come Ylon aveva previsto, quando il sole si alzò al centro del cielo, all'orizzonte scomparvero i cespugli e gli alberi, sostituiti da scogli isolati e da piccole onde che vi si infrangevano.

“Wow!” Caris era rapita da quel panorama: il mare, così cristallino, e il cielo, spoglio di ogni nuvola.

«È bellissimo! M-ma come lo attraverseremo?»

«Vieni.»

Si avvicinarono all'acqua calma, resa tiepida dal sole.

«Ci resta un altro giorno di viaggio. Ora dipende da te: puoi farti il viaggio a nuoto, altrimenti...»

«Altrimenti?»

«Gyramiss.» mormorò Ylon, appoggiando il piede sull'acqua, e non sprofondò, anzi, sembrava che stesse camminando normalmente sulla terraferma.

Caris non restò molto impressionata dalla magia della compagna: «Quindi l'incantesimo Gyramiss ti fa camminare sull'acqua?!»

«No: dà il controllo sull'elemento. Io l'ho solo resa solida al mio passo, come fosse ghiaccio.»

«Non facevi prima a congelare la strada?»

«Non è così semplice: il dominio sul ghiaccio si ottiene dopo aver ottenuto quello sull'acqua, ma è, come dire, facoltativo. Io, per esempio, non ne sono padrona.»

La ragazza sogghignò, poi si avvicinò al mare.

«Una nuotata mi farà bene, poi quando sarò stanca camminerò.»

«Fai come credi.» La lupa scosse il capo, divertita dall'ingenuità della compagna. “Anche se sa di essere in un posto a lei nuovo, pieno di insidie, non ne sembra spaventata. Vuole proprio godersi questi ultimi momenti di pace... E fa bene.” pensò.

Caris, senza pensarci, si buttò, e una sensazione di quiete la avvolse, in un dolce abbraccio da cui lei non avrebbe mai voluto liberarsi. Nuotò, andando in profondità e osservando il mondo sottomarino. Gli abissi erano popolati da miriadi di specie diverse di pesci che giocavano fra gli anemoni. La ragazza li guardava divertita, ma a un tratto le mancò l'aria e riemerse. Si guardò intorno: Ylon aveva iniziato a percorrere il mare. Caris le si affiancò: il suo sguardo era perso all'orizzonte.

«C'è qualcosa che non va?» le chiese.

«Nulla d'importante: è solo che non riesco a trovare risposta a una domanda che mi tormenta da un po'.»

«Da quanto tempo di preciso?»

«Da quando siamo arrivate ad Amethyst.»

«Quindi riguarda me?» era più un'affermazione che una domanda.

«Sì.»

«Allora, avanti: spara!»

«Mi chiedo come mai tu non sia rimasta sconvolta quando ti ho detto la verità, e come mai non hai opposto resistenza quando ti ho detto che dovevi venire qui.»

«Beh, qualche sfogo l'ho avuto...» ribatté Caris abbassando lo sguardo.

«Si, ma nulla di serio, non sei rimasta, non so, turbata?»

«Certo. Però sono venuta qui per salvare la mia famiglia, ma non solo...»

«C'è dell'altro?»

«Sì. Vedi, io ho sempre desiderato vivere un'avventura come questa. A casa leggevo tantissimi libri, la maggior parte fantasy, e mi impersonavo nella storia, da quella di Eragon a quella di Twilight, sognando di averne, un giorno, una mia.»

«Quindi stare qui e vivere la tua avventura, per quanto pericolosa essa sia, è ciò che davvero vuoi?»

«Si! Poi, ora che sono qui, non è che ho malta scelta: questo è un posto fantastico, magico, e non posso lasciare che si rovini in una guerra!»

«Beh, in questo caso sei arrivata tardi...»

«Cosa?!»

«La guerra c'è da anni, e non ne fanno parte solo umani, ma anche creature magiche.»

«In questo caso farò cessare la guerra!»

«Un passo alla volta: per ora devi imparare a usare dei poteri che non si sono ancora risvegliati del tutto. » rise Ylon e Caris la spruzzò, bagnandola da capo a piedi.

«Ci metterò comunque poco tempo!» sogghignò la ragazza.

«Lo vedremo. Ti devo mettere al corrente di una cosa...»

«Si?»

«Quando arriveremo a destinazione, io e te ci separeremo.» la lupa pronunciò le ultime parole con sofferenza, fermandosi.

«Cosa?! Perché?»

«Tu dovrai imparare a combattere, sia con la spada che con la magia. Ti verrà affidata una guardia del corpo che ti farà anche da tutore. Io dovrò occuparmi di organizzare le truppe di spionaggio.»

«Posso camminare sull'acqua?»

«Gyramiss.»

Caris si sollevò, appoggiandosi a Ylon, e si alzò in piedi, la punta della spada in acqua.

«L'hai tenuta tutto questo tempo?!» chiese la lupa.

«Sì, che c'è di strano?»

«E non ti ha dato fastidio?»

«No.»

«Neanche mentre nuotavi?» Ylon era stupefatta.

«No, non l'ho sentita.»

Avevano percorso molta strada, e il sole stava tramontando.

«Proseguiremo finché non saremo giunte a destinazione.»

Camminarono fino all'alba, poi:

«Siamo arrivate!» disse la lupa, trovandosi di fronte a quattro scogli, ognuno alla stessa distanza dall'altro, come a formare un quadrato invisibile.

«Sicura?» Caris non riusciva a capire: davanti a lei c'era solo acqua, acqua e acqua, nient'altro.

«Si, guarda.» Ylon fece qualche passo e si posizionò tra due delle rocce.

«Jismy!» urlò.

«Cos'è successo?» chiese la ragazza, a cui il paesaggio sembrava lo stesso di prima.

«Vieni...» le rispose sorridendo.

Caris avanzò, fino a trovarsi un passo oltre Ylon e allora capì: davanti a lei vi era l'isola invisibile.

 

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