NUOVI DONI

di Amerginverdistelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PARTE PRIMA - AFTER THE WAR ***
Capitolo 2: *** PARTE SECONDA - UN ANNO DOPO ***
Capitolo 3: *** PARTE TERZA - NUOVE VITE ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO QUARTO - L'ULTIMO DONO ***



Capitolo 1
*** PARTE PRIMA - AFTER THE WAR ***


CAPITOLO PRIMO

Dieci settimane dopo

La professoressa Minerva Mc Granitt fissò per l’ennesima volta le spire di vapore che ancora andavano levandosi dalla sua tazza di tè.

Seduta alla scrivania, la preside "ad interim" della Scuola di Magia di Hogwarts (come lei stessa sottolineava ad ogni occasione, utile e non) si guardò attorno, compiaciuta e preoccupata allo stesso tempo.

La soddisfazione le derivava dal fatto che in sole dieci settimane una buona parte dei danni riportati dalla scuola erano stati sanati; gran parte delle mura erano di nuovo in piedi, e nel giro di un paio di giorni anche la Sala Grande ed il suo soffitto magico sarebbero stati di nuovo agibili ed utilizzabili.

Certo, restava il problema del ponte sospeso; i sovrintendenti del Ministero della Magia stavano ancora discutendo sul numero originario degli archi di cui era composto, e se fosse il caso di cambiarne il colore… rischiando, ogni giorno di più, che gli esasperati addetti del Dipartimento Manutenzioni e Ricostruzioni del loro stesso Ministero decidessero di porre fine al dilemma trasformandoli in gargoyles per sostituire quelli andati distrutti durante la battaglia che aveva visto la caduta del Signore Oscuro.

La preoccupazione le derivava dal fatto che non bastava certo rimettere in piedi un edificio perché le cose tornassero alla normalità. L’anno scolastico perduto, i corsi da riorganizzare, nuovi professori da inserire... I Giratempo! Doveva ricordarsi di chiedere al Ministro Shacklebolt (Kingsley, Kingsley… per quanto ancora avrai bisogno di me?) se i Folletti avevano provveduto a reintegrare la scorta andata distrutta durante il duello della Sala delle Profezie.

Oh, anche i Folletti avevano i loro grattacapi: la sede della Gringott da riparare, le indagini sulla detenzione di Oggetti Oscuri nei loro forzieri... Sì, pensò Minerva prendendo un sorso di tè ancora bollente, non avrebbero fatto troppi problemi, e i Giratempo le erano necessari, per il programma di recupero corsi che aveva in mente. Come poi sarebbe riuscita a far digerire il tutto ai suoi colleghi ed agli alunni, quello era un pensiero cui, in quel momento, non voleva dedicarsi.

Ed il tutto lo doveva fare senza far trasparire il dolore che ancora le chiudeva la gola ogni volta che un particolare di ciò che andava osservando, riparando, ricostruendo, le riportava alla mente che più di cinquanta persone erano morte per difendere quel luogo e tanti di loro erano suoi alunni. Valorosi come Fred Weasley, incoscienti come Colin... Ci sarebbe voluto più tempo per piangerli, ed invece c’era tutto quel lavoro da fare: quella scuola, la loro scuola, da rimettere in piedi, anche e soprattutto perché fossero ricordati. E a lei spettava il compito più ingrato, quello di far filare tutto a dovere, di preparare tutto affinchè il ritorno alla scuola fosse un momento di gioia e di speranza in un futuro in cui anche lei avrebbe potuto lasciarsi andare. Ora non c’era tempo.

Attorno a sé intanto quello che da principio era solo un brusio era nel frattempo diventato un chiacchericcio querulo e fastidioso, tanto da costringerla ad affermare, con tono cortese ma fermo:

- Stimati predecessori, capisco che ognuno di voi desideri apportare la propria dote di conoscenza, memoria ed opinioni alla mia indegna persona, affinchè Hogwarts ritorni al più presto a svolgere attivamente il suo ruolo, ma fatelo domattina, non ora, GRAZIE! -

I ritratti dei presidi che l’avevano preceduta la guardarono con espressioni tra l’indignato e il mortificato, e tra borbottii e mormorii assecondarono la richiesta espressa con tanta grazia.

Minerva appoggiò la tazza sulla scrivania, mentre una piuma autoinchiostrante andava vergando sull’agenda dell’indomani un memorandum sul problema da sottoporre ad Hagrid (il professor Hagrid, Minerva, ricordati!) riguardo al ricostituente per i gufi della scuola, che a furia di consegnare informative agli alunni vecchi e nuovi sui tempi previsti di riapertura della scuola, sul nuovo calendario dei corsi, sui libri di testo da acquistare, erano praticamente al collasso. Qualcuno paventava, addirittura, la nascita di un Sindacato dei Gufi e di uno sciopero contro quel superlavoro, ed onestamente non ci mancava che quello: uno sciopero dei gufi.

Mrs. McGrannitt si alzò dalla sedia, prese la sua tazza ed augurò la buonanotte, ricambiata da qualche altrettanto e da qualche sonoro russare.

Anche Albus Silente era profondamente addormentato. Questo non le impedì di dedicargli un sorriso ed un pensiero particolarmente grato; in gran parte, tutte le energie che l’intero Mondo Magico stava riversando sulla rinascita di Hogwarts erano dovute al suo carisma, alla sua perseveranza, al suo rispetto per ogni creatura, magica o Babbana che fosse. Un lavoro che stava dando frutti abbondanti, per quanto pagati a carissimo prezzo.

Mentre usciva dall’ufficio del Preside, notò con la coda dell’occhio Severus Piton intento, nel suo ritratto, a pettinarsi con cura.Il ritratto le restituì un’occhiata interrogativa con uno sguardo della serie "beh, e allora?".

Stanca, Minerva, sei troppo stanca... ancora qualche mese e poi tornerò ad essere solo la professoressa di Trasfigurazione... A questo pensava la Preside (ad interim!) di Hogwarts mentre chiudeva la porta della sua stanza e si distendeva sul letto, estraendo da una tasca della vestaglia scozzese un rotolo di pergamena consegnatole quella mattina da un piccolo gufo schizofrenico (Leotordo? Era quello il nome?) direttamente nella ciotola di porridge della colazione.

Inforcò gli occhiali e cominciò a leggere. La prima cosa che notò fu che a scriverle era Hermione Granger, la sua allieva prediletta. La seconda che c’era troppo porridge sulla pergamena, quindi con un breve cenno della bacchetta ed un "Tergeo" la rese leggibile.

Le fece piacere sapere che Hermione aveva trascorso una settimana di spensierate vacanze in Australia con i suoi genitori, dopo averli liberati dall’incantesimo di memoria a cui li aveva sottoposti durante la fuga da Voldemort e la ricerca degli Horcrux. Ora era rientrata dai Weasley, e in attesa che la scuola riaprisse cercava di dare una mano ad una famiglia ancora profondamente segnata dalla perdita di Fred.

Arthur Weasley era diventato uno dei collaboratori più fidati del nuovo Ministro della Magia, ed anche Percy stava assolvendo una serie di compiti assai importanti anche se, come diceva a volte Kingsley Shacklebolt, la sua pignoleria lo esponeva al serio rischio di essere trasformato in una scaffalatura d’archivio da qualche esasperato sottoposto.

Questo, unito al fatto che Charlie Weasley stava lavorando ad Hogwarts assieme ad una squadra di draghi coibentatori per impermeabilizzare i nuovi tetti della scuola ("Anni di studi, di ricerche... e guarda che mi tocca fare!" soleva lamentarsi sottovoce Charlie, rattoppandosi le ustioni), giustificava il fatto che Hermione si fosse fermata alla Tana, per aiutare Molly Weasley nelle faccende di casa e per cercare di tenere tutti su di morale, soprattutto Ron.

Ron era rimasto particolarmente prostrato dalla morte di Fred, e l’idea di Hermione di convincerlo a lavorare con George alla "Tiri Vispi Weasley" ("prossima inaugurazione della filiale di Hogsmeade", sottolineava Hermione) era stata l’unica cosa capace di scuoterlo dal dolore e dall’apatia in cui era sprofondato dopo i funerali.

- Signorina Granger... non pensare che solo perché sono una professoressa non sappia riconoscere cosa c’è dietro le tue parole - Minerva sapeva perfettamente che Hermione aveva bisogno di Ron quanto Ron di Hermione, e saperli vicini voleva dire che la vita stava riprendendo a scorrere normalmente o, almeno, che stava riprendendo a scorrere. E non era poco.

La lettera terminava riportando i saluti della signora Weasley, i suoi ringraziamenti per tutto quello che Minerva aveva fatto per i suoi figli e che avrebbe fatto in futuro, e l’auspicio di averla presto ospite alla Tana.

- Magari, Molly, magari potessi…- Perdiana, quella donna aveva dato al Mondo Magico sei figli e una figlia uno migliore dell’altro, era stata una colonna dell’Ordine della Fenice, dando prova di una forza inimmaginabile polverizzando l’odiata Bellatrix nella battaglia finale... ed ora era tornata, come se nulla fosse, l’amabile padrona di casa Weasley, pronta ad accoglierla per un weekend di amene frivolezze (quanto tempo dovrà passare prima del prossimo Ballo del Ceppo?).

Ma c’era ancora tanto da fare ad Hogwarts, tanto da sistemare... e non c’erano più Sirius, Albus, Remus, Tonks, Fred, Severus... e Minerva Mc Granitt cominciava a sentirsi, oltre che stanca ed irritabile, anche un po’ sola.

Forse era davvero ora di dormire. Agitò noncurante la bacchetta per spegnere la lampada, trasfigurandola in una perplessa lucciola con interruttore. Ma non se ne accorse, aveva già chiuso gli occhi. Prima di piombare nel sonno pensò che nella lettera non c'era menzione alcuna di Harry Potter (beh, aveva diritto ad un po’ di pace adesso) e neppure di Ginny Weasley... E questo era più insolito, dato che lei ed Hermione erano molto, molto amiche.

"Ora basta" , si disse. All’indomani ci sarebbero stati ben più pressanti pensieri per la Preside (ad interim!) di Hogwarts. Buonanotte.

 

CAPITOLO SECONDO

 

Parla con lei

 

 

Le sei e mezzo del mattino. Harry James Potter aprì gli occhi. Un barlume di luce entrava dagli scuroni della stanza che un tempo era stata di Fred e George.

- Alla Tana… sono alla Tana.. è tutto ok, è solo maledettamente presto -.

Man mano che il risveglio procedeva, Harry cominciò a ripercorrere ciò che era avvenuto dopo il duello finale: la morte di Voldemort.. e la riconsegna della Bacchetta di Sambuco alle mani di Silente.

Tutto il Mondo Magico lo voleva abbracciare, celebrare, premiare, tutti volevano toccare il Prescelto, l’Eroe, Colui che Era Sopravvissuto… e lui voleva semplicemente stare solo.Solo.

Kingsley Shacklebolt lo aveva capito, ed aveva fatto pubblicare sulla Gazzetta del Profeta una notizia secondo la quale Harry Potter era partito per un giro di conferenze da tenersi in una serie di località non meglio precisate con non meglio precisati rappresentanti del Mondo Magico su temi ancora meno precisati (un mirabile Incanto Confundus, aveva riconosciuto compiaciuto il ministro).

Per un mese intero Harry era rimasto dentro la torre di Grifondoro; quando i restauri resero necessario che si spostasse, scelse di proseguire il suo isolamento nella vecchia sede dell’Ordine della Fenice. Il Ministro in persona aveva accompagnato Harry al 12 di Grimmaud Place, e lo aveva lasciato con un consiglio:

- Harry, inutile perdersi in parole ora. Tu sai quanto ogni creatura di questo mondo, magico o non, ti sia grata per tutto ciò che hai fatto... e che hai sacrificato. So che vuoi tempo, e silenzio. Hai persone da ricordare e dolore da cancellare. Hai scelto di venire qui e qui ti lascio, Harry, ma segui il mio consiglio, qui dentro ci sarà tempo per costruire gioia. Adesso non restarci troppo, o il dolore tornerà ancora più forte. Non dimenticare gli insegnamenti di Silente... specialmente uno, Harry. -

Una forte stretta di mano e poi Kingsley si era Smaterializzato.

A pensarci bene, le due settimane che Harry aveva trascorso in Grimmaud Place erano sembrate interminabili. E il dolore non era certo passato. Inutile! Come dicevano i suoi amici, era un testardo ostinato, e se non sbatteva la testa, non capiva.

I suoi amici... Quando Molly Weasley lo aveva invitato, o meglio pregato, o forse intimato di andare a stare da loro, alla Tana, Harry aveva pensato a Ron, alle sue terrificanti prestazioni da Portiere, a Hermione, la pedante, sgobbona, adorabile Hermione che aveva sopportato la maledizione Cruciatus per permettergli di continuare la sua battaglia. Come poteva stare lontano da loro, come poteva pensare di ricominciare a pensare alla vita da solo? E la signora Weasley... Beh, Molly Weasley era come l’odore della torta di mele appena sfornata dopo il rientro a casa alla fine di una partita di Quidditch contro Serpeverde (stravinta, ovviamente). E i suoi abbracci erano un balsamo per tutte le piaghe che Harry si portava dentro. Quindi, era stato bellissimo ritornare alla Tana... almeno fino a quando, uscito dall’abbraccio di Molly, di Ron e di Hermione, Harry aveva sentito una voce.

- Bentornato, Harry -

Ginny.

Ad Harry si era quasi fermato il cuore. Non la vedeva dal funerale di Fred; non era riuscito a parlarle, solo ad abbracciarla forte. Poi l’aveva lasciata con i suoi, a guardare ammirata gli incredibili fuochi d’artificio che George aveva organizzato per l’ultimo saluto al gemello.

- Io... ehm... Ciao, Ginny, lieto di vederti. -

Poi non era più riuscito a spiccicar parola, e Ginny gli aveva rivolto quel sorriso mezzo storto che lui conosceva bene. Ed era uscita.

Era un lunedì. Ed il resto della settimana era trascorso con Ron ed Hermione che facevano avanti e indietro tra Diagon Alley ed Hogsmeade, con Arthur e Percy che venivano coperti di improperi da Molly perché non facevano altro che discutere di procedure di sicurezza e regolamenti di tutela per i Manufatti Babbani, con Charlie che imprecava contro i Dorsorugosi di Norvegia e George che gli consigliava di rivolgersi ad Harry per consulenza, magari sarebbe andato meglio con gli Ungari Spinati. Non aveva, invece, visto Bill e Fleur, ma Molly Weasley aveva detto che stavano lavorando ad alcune modifiche resesi necessarie a Villa Conchiglia e tanto doveva bastare.

Ginny salutava Harry ogni volta che lo incontrava, ma gli rivolgeva il solito sorriso e parlava poco (di solito con Hermione). Stava molto in camera sua, studiava, ripassava, si teneva in esercizio, o almeno questo è quello che diceva.

Quella non era Ginny: beh, i capelli ramati raccolti a coda di cavallo erano i suoi, il profumo che lasciava quando gli passava vicino anche. Erano gli occhi . Gli occhi non andavano.

Se li ricordava benissimo, quando gli era andata incontro trionfante dopo la vittoria nel Torneo di Quidditch: occhi risplendenti di orgoglio, ardenti di riconoscenza e, dopo quel bacio magnifico e maledetto, e i giorni a seguire in cui aveva sognato di essere uno studente qualsiasi che viveva una banale e meravigliosa storia con una compagna di studi e non il Prescelto.

Adesso quegli occhi lo sfuggivano, e questo non andava.

Per Merlino, gli si bucassero le brache.. ma perché certe cose non le insegnavano, ad Hogwarts? Perchè non c'era una professoressa che invece di insegnare a leggere il futuro nei vapori di sherry (come va, Mrs. Cooman?), non insegnava come affrontare certi discorsi con una giovane e talentuosa strega che pretendeva di essere la miglior Cacciatrice che la casa di Grifondoro avesse mai avuto? E che come regalo di compleanno aveva dato ad Harry un bacio, un semplice bacio che da allora, dentro di lui, sussurrava qualcosa di tanto intraducibile quanto improcrastinabile?

Doveva parlarle. Voleva parlarle. Si, ma per dirle cosa?

Sei e trentacinque. E’ domenica mattina, casa Weasley ancora dorme.

Ora hai capito cosa dovevi dirle, vero Harry? Stiracchiandosi nel letto, il giovane mago cominciò a innervosirsi. Ma perché diavolo era sveglio così di buon’ora, dopo una giornata come quella appena passata? E perché si sentiva un sorriso ebete stampato in faccia?

Considerato che il sonno non aveva voglia di ritornare… tanto valeva ripercorrere quel sabato appena trascorso..

Tutto era cominciato al tavolo della colazione. Harry era intento a terminare una gigantesca fetta di torta alla melassa che la madre di Ginny gli aveva servito al termine di un pasto sufficiente per tre Hagrid. Molly sapeva quanto piacesse ad Harry quella torta. Ma rischiò seriamente di farlo strozzare quando, con tono insolitamente formale, pronunciò tre parole:

- Harry, dobbiamo parlare. -

Dopodichè si precipitò a battergli manate sulla schiena e gli fece trangugiare una mezza tazza di tè rinforzato da una generosa dose di Whisky Incendiario.

Quando il colorito di Harry passò dal porpora al carminio (colorito tipico del Potter in fase timida acuta) lo fece sedere e continuò:

- Scusami, ma dobbiamo proprio parlare. Di Ginny. -

Harry balzò in piedi farfugliando qualcosa di incomprensibile riguardo al Quidditch, al rispetto che portava a tutta la famiglia... Ron sapeva che lui era un ragazzo perbene e poi non era successo niente di sconveniente e comunque... ormai ... e poi Voldemort... Non poteva rischiare.. lui usava le persone che gli erano vicine e quindi era stato costretto...

- Finisci la tua tazza di tè, Harry James Potter. -

Per Harry sentirsi chiamare con il suo nome completo fu un segnale inequivocabile. Trangugiò il resto del tè e si preparò al peggio: le arrabbiature della signora Weasley erano famose quanto la sua ospitalità. E attese.

- Harry… - e il volto di Molly Weasley si sciolse in un’espressione tenera e dolente. Questo non era previsto. - Harry, io ho bisogno di chiederti un favore, un grosso favore. -

Il ragazzo balzò in piedi dalla vecchia poltrona, sollevato: poter fare qualcosa per Molly era un piacere, e lo espresse con voce ferma e sicura:

- Signora Weasley, nessun favore che potrò renderle sarà troppo grande per me. -

Quest’affermazione fu seguita da un abbraccio della signora Weasley, particolarmente intenso.

Poi quelle parole.

- Harry, tu devi parlarle. -

Un nodo aggrovigliò la lingua di Harry, ci volle un minuto buono a districarla.

- Eh... Signora Weasley, io dovrei parlare a... -

- A Ginny, Harry. Alla mia Ginny. -

La poltrona riaccolse Harry che vi sprofondò dentro come se fosse stato Schiantato. A confronto trovarsi di fronte al Signore Oscuro sembrava una passeggiata.

- A dire il vero - cominciò Harry - io avrei piacere di parlare con lei. E' che, dopo tutto quello che è successo, pensavo che magari avesse bisogno di stare un po’ tranquilla. Io posso aspettare. -

- No che non puoi, Harry. E neppure lei può. Soprattutto lei – affermò con tono imperioso Molly. Poi lo sollevò dalla poltrona, e lo spinse verso la scala che saliva alle stanze.

- Harry, aiutala... aiutatevi... io sono solo una povera maga madre di sette figli che vorrebbe vedere un po’ di felicità attorno a sé, ma quella non posso tirarla fuori dalla bacchetta. Quella è dentro di voi. Per favore, Harry. Adesso. -

I diciassette gradini che separavano la cucina dalla stanza di Ginny sembravano un dirupo inaccessibile. Harry li percorse lentamente, terrorizzato. Aveva paura. Ma di che? E perché? Ma, soprattutto, perché sul pianerottolo c’era Hermione?

- HERMIONE? -

- Harry, ciao. Scusa sto uscendo. Devo prendere la Metropolvere per Hogsmeade; oggi consegnano il bancone del nuovo negozio e Ron è già là completamente in preda al panico quindi io... Harry... Che hai? – disse l’amica guardandolo perplessa e preoccupata – Harry, hai un odore come di Whisky Incendiario. Non ti pare che le nove e tre quarti del mattino siano un’ora insolita per un goccetto? E poi che fai qui impalato di fronte alla stanza di Ginny? ... Ops... Scusami Harry... devo andare... è tardissimo – ed Hermione corse giù per le scale, gridando Hogsmeade per poi scomparire nel classico lampo di luce verde nel camino.

Poi accaddero due cose. La prima fu che la porta della stanza di Ginny si spalancò, e lei si stagliò sull’uscio con l’espressione di chi è stata disturbata in un momento quanto mai inopportuno. La seconda fu che per la prima volta da quando era ritornato alla Tana lei lo guardò dritto negli occhi, e sorrise. Non con il suo sorriso storto di convenienza, ma con un sorriso luminoso, come i suoi occhi.

- Harry Potter. Non mi dire, passavi di qui e… -

- Veramente, Ginny, io volevo dirti.. ehm... -

- Entra, Harry. E’ meglio. - Lo prese per mano, lo fece entrare, e chiuse la porta.

 

CAPITOLO TERZO

Gita al lago con sorpresa

La stanza di Ginny Weasley era il posto dove Harry si era rifugiato nei suoi sogni, durante i mesi passati nella ricerca degli Horcrux, quando la sua mente era libera dalle visioni dell’Oscuro Signore; aveva varcato quella soglia solo una volta prima di quel momento, ma ricordava ogni angolo, i poster, le piccole rughe delle pareti, il letto che ogni sera abbracciava Ginny quando si addormentava e... la sua foto sul comodino di Ginny... LA SUA FOTO??

- Ginevra Weasley, chi ti ha dato quella foto che tieni sul comodino? Ho un’espressione da completo idiota, e la divisa di gioco lurida... potevano farmene una migliore - concluse con espressione corrucciata.

Ginny ridacchiò, la foto gliel’aveva fatta lei anni prima durante una partita, e da allora la conservava come un talismano. Solo Hermione l’aveva vista, e concordava sul fatto che l’espressione di Harry non fosse propriamente furba.

Ma dietro quella risata il cuore le batteva impazzito.

Ginevra... nessuno la chiamava mai con il suo vero nome, a parte sua madre quando era veramente arrabbiata, ma detto da lui, era come un bicchiere d’idromele dopo un ballo, era l’attimo di trionfo dopo aver catturato il Boccino d’Oro, era... oh Harry... Harry sei qui...

- Beh, che vuoi, Potter? Una lezione di Quidditch? – buttò lì Ginny, con tono baldanzoso, o almeno così sperava.

- Veramente mi manda tua madre, Ginny – le rispose lui con aria grave.

- Oh per Merlino! Che è successo? Papà? Percy? Ron no, è uscito da poco – disse con foga Ginny afferrando la bacchetta e la scopa – Dove dobbiamo andare? Chi sono, Mangiamorte nascosti? –

Harry afferrò Ginny per le spalle, la guardò e la fece sedere sul letto. Le tolse di mano la bacchetta e ripose la scopa, poi le sedette accanto.

- Ginny? E’ tutto ok. I tuoi familiari stanno bene. Hermione anche. Molly mi ha mandato su per... perché parlassi con te.

Ginny lo fissò, sconcertata.

- Mia madre? Lei ti ha mandato qui? Ma… Harry scusami, a volte penso che i troppi impegni le tolgano lucidità. Adesso scendo a dirgliene quattro. – e fece per alzarsi. Harry la fermò e la fece sedere di nuovo, accanto a lui, e le prese le mani.

- Credo – esordì – di avere qualcosa da dirti... anzi circa un milione di cose da dirti, ma non so assolutamente da dove cominciare. Sono certo che siano successe troppe cose dall’ultima volta che siamo stati qui... insieme, Ginny, per pensare di poter riannodare quel filo che ho rotto così, in quattro e quattr’otto. Ma penso che io e te... adesso... ora che Voldemort è finito... potremmo parlare tra noi, sai, voglio dire... di noi due. -

Un lungo minuto di silenzio. Difficile dire se fossero più rossi i capelli di Ginny o il volto di Harry.

- Sono certa, Harry James Potter – disse Ginny quietamente – che continui ad essere terribilmente imbranato con le ragazze, e che parli troppo. Sai che ti dico? Oggi questa stanza mi sta stretta. Ho voglia di uscire. Ho voglia di un picnic. E tu, Harry? – gli chiese gentilmente, ma lo sguardo era quello di un tipico " non-dire-no-o-ti–squarto".

- Assolutamente appropriato, Ginevra Weasley – rispose lui, felice.

- Allora, Harry, usami la cortesia di uscire dalla mia stanza, e di chiedere a mia madre se ha sottomano qualcosa per un... come dice Flebo – cioè Fleur –Ah si, un petit dèjeuner sur l’herbe... – disse Ginny scortando uno sconcertato, esaltato, confuso Harry alla porta.

- Ma che vuol dire quella roba in francese, Ginny? – disse lui scendendo le scale di corsa.

- Che prepari quattro panini e due Burrobirre per un maledetto picnic, Harry! – le urlò lei da dietro la porta.

Stranamente, in cucina, Molly Weasley non c’era. Sul tavolo c’era, però, un cestino da picnic da cui usciva un odorino assai invitante.

"Decisamente", pensò Harry sedendosi ad aspettare la sua... oh, ad aspettare Ginny, "in quella casa doveva esserci qualcuno dotato di grande intuito.. o che aveva imparato ad utilizzare le Orecchie Oblunghe".

Non fu un’attesa lunga. Ginny Weasley scese le scale e prese sottobraccio Harry, con un sorriso pericolosamente mansueto sul volto, e con voce squillante disse –Mamma, io ed Harry andiamo a fare un picnic, ci sono problemi? Nessuno? Grazie mamma. Harry, vuoi prendere il cestino invece di restare impalato come un allocco artritico? – soggiunse poi la ragazza, prendendo per mano un sempre più confuso Harry, che si stava interrogando sul fatto che non aveva udito alcuna risposta, affermativa o negativa, da parte di Mrs. Weasley all’affermazione fatta dalla figlia.

Ecco il punto. Affermazione. Ginny non aveva chiesto il permesso, Ginny aveva deciso di andare, Ginny era uscita di casa. Missione compiuta, pensò compiaciuto il ragazzo, uscendo dalla porta assieme alla sua ragazza.

Ecco, l’aveva detto. Cioè no, non l’aveva detto, ma l’aveva pensato... ci credeva... non poteva non essere che così... ma le cose non dette sono come il vapore, sbiadiscono e scompaiono.

Devo dirglielo, devo dirglielo. Io devo...

-Harry? Scusa caro, hai capito? –

La voce un po’ sorridente un po’ preoccupata di Molly Weasley riportò Harry nel giardino della Tana... ma cosa gli stava succedendo? -

-Beh, signora Weasley, io... no, veramente non ho capito bene – mormorò Harry, contemplandosi la punta delle scarpe (erano pulite perlomeno).

- Tranquillo, Harry. Ho solo raccomandato a te e Ginny di non tardare a rientrare; stasera dovremmo riuscire a cenare tutti assieme, finalmente, e avrò bisogno di una mano, anzi quattro – concluse sorridendo felice. – Ora andate. A proposito, non allontanatevi troppo! -

Ginny era al suo fianco. Aveva lasciato da parte i jeans e la felpa consunta delle Holyhead Harpies per un vestito color dell’autunno, e i suoi capelli... i suoi capelli erano corde di un’arpa celeste, il loro profumo un sospiro caldo e suadente, i suoi occhi…

- Harry, il picnic. Non vorrei farlo qui, in giardino. Vorrei un posto... speciale. Capisci quello che ti dico? – scandì una vocina leggermente alterata.

- Sì. Capisco. Stringiti a me, Ginny. -

Lei obbedì. Obbedì, perché il tono era stato perentorio. Lei a dire il vero aveva pensato alla radura dietro al bosco di noccioli, in mezz’ora a piedi ci sarebbero arrivati, ma poi si trovò come ficcata in un imbuto di gomma, strizzata come uno strofinaccio da cucina e poi...

Hogwarts. O meglio, un sentiero vicino ad Hogwarts, lungo il lago.

- Harry, la prossima volta che intendi farmi sperimentare una Smaterializzazione Congiunta sarei lieta tu mi avvertissi prima – disse Ginny con un singulto. Si guardò intorno… il profilo della Scuola di Magia era vicino, ma non troppo. Non c’era nessuno attorno, solo loro due.

Lui le sorrise, tendendole la mano. Si incamminarono lungo il sentiero, verso il posto speciale che Ginny non avrebbe mai pensato, osato chiedere.

Fu un cammino silenzioso, il loro, ma non c’era tensione, come una quieta attesa per l’inevitabile.

Poi la radura , il boschetto, il lago. L’ora più felice della loro vita l’avevano trascorsa lì. Quell’angolo era loro, soltanto loro.

- E adesso, milady Weasley, cosa le sarebbe gradito? – domandò compunto Harry.

La risposta giunse direttamente dalle labbra di Ginny: un bacio caldo come una coperta in una notte di nebbia, come una cuccia e una ciotola di zuppa per un cane randagio... Ma fu un bacio breve, seguito da un sorriso un po’ incerto, poi Ginny si tolse le scarpe e si mise a correre, a correre come una gazzella, urlando ad Harry – Mi sarebbe gradito che riuscissi ad acchiapparmi, signor Potter, se ne sei ancora capace! -

Quel giorno scivolò via come una piuma portata dal vento. Ma era un vento caldo, quello che avvolse Harry mentre appendeva le scarpe di Ginny in cima ad una quercia, per il gusto di ammirarla mentre si arrampicava a riprenderle. Aveva delle belle gambe, d’altronde era una Cacciatrice di prim’ordine, capace di restare aggrappata alla scopa anche con un piede solo... anche se in quelle considerazioni il Quidditch non c’entrava granchè.

Mangiarono con un appetito insolito, e dopo la terza Burrobirra Ginny cercò di convincere alcune sirene del lago ad imparare a ballare con lei la macarena. Per fortuna le creature ebbero il buongusto di non trasformarla in una carpa koi, ma fissarono Harry con disapprovazione. Lui non ci fece molto caso, stava cercando di non soffocare dalle risa: e poi, mentre passeggiava lì intorno (gli era venuta una bella idea, sperava) aveva trovato un angolino che non conoscevano, ai limiti della radura.

Harry condusse Ginny vicino ad un vecchio ceppo coperto di muschio. Era perfetto, sembrava un cuscino fatato. Un po’ di riposo ci voleva, prima di tornare alla Tana. Distesero il plaid (un’usanza Babbana, ma Harry non voleva che il vestito di Ginny si rovinasse) e si accomodarono, uno fianco all’altra, a fissare il cielo. Le loro mani si sfioravano, il capo di Ginny sulla spalla di Harry. Il profumo dei suoi capelli rossi. Era quello il momento giusto, pensò.

- Harry… -

Ma perché, perché, in nome di tutti gli antenati di Merlino, era sempre lei quella che riusciva a cogliere gli attimi giusti? Eh no, stavolta..

- Senti Ginny... - disse Harry mettendosi a sedere contro il ceppo, - io... -

- Come mi hai chiamata, stamattina? – replicò lei, con un leggero tremore nella voce.

- Ginevra. Ti ho chiamato Ginevra, Ginevra Weasley - , disse Harry. A lui non tremava la voce. Improvvisamente tutto era chiaro.

- Sai che non permetto neanche a mia madre di chiamarmi così, Harry? Sei l’unico... l’unico che può pronunciare il mio nome senza trovarsi un Orcovolante addosso e...e puoi chiamarmi Ginevra ogni volta che vuoi. - Poi l'abbracciò. Un abbraccio ancora troppo breve. Ancora tante cose da dirsi... ed il sole calava, si stava facendo tardi.

- Presto riprenderanno le lezioni, sai Harry? I gufi della Mc Granitt fanno la fila fuori dalla stanza di Hermione. Ci sarà da sgobbare come matti, specialmente per te, visto che l’ultimo anno te lo sei fatto a zonzo per le campagne – disse Ginny, con il suo sorriso storto – specie se vuoi diventare... -

- Auror. - Ecco, l’aveva detto. Nelle due settimane a Grimmaud Place quella era stata l’unica scelta che aveva fatto con sicurezza, ora che poteva scegliere, ora che era semplicemente Harry. - E’ quello che voglio - continuò con fermezza. - Ora che Voldemort non c’è più, resta la puzza della sua malvagità, resta il fatto che molti, troppi lo avevano seguito. Non voglio un’altra guerra, non sopporterei di perdere ancora qualcuno di caro, e ancora meno di costringere qualcuno a sacrificarsi per me. Occorrerà vigilare – soggiunse, una luce dura nello sguardo – ed essere pronti. Mi dispiace, Ginny... Ginevra, io... -

- E perché dovrebbe dispiacerti una simile scelta, Harry? Sarai un Auror fantastico, ne sono certa. Certo, dovrai essere meno indolente, e i tuoi voti in Pozioni dovranno migliorare – continuò decisa – ma per quello ci sarà comunque Hermione a darti una mano. Piuttosto, visto che a quanto pare il Quidditch non sembra interessarti più di tanto, potresti darmi qualche consiglio, ed allenarci assieme, perché le Harpies tra un paio d’anni avranno bisogno di una nuova Cacciatrice, ed in fondo io penso... oh io credo... io so di essere in gamba, ma sarebbe una maniera per passare insieme un po’ di tempo se io e te... se credi che noi… - terminò Ginny; la voce le si era incrinata.

- Ginevra Weasley, ci sono tante cose che dobbiamo dirci - esordì Harry.

- Adoro quando mi chiami così, Harry – lo interruppe Ginny. Si sentiva tremare le gambe, gli occhi le si riempivano di lacrime.

Resisti Ginny resisti ancora un po’.

- Ginny, io non credo che noi... credo che nessuno potrà mai più impedirci di stare insieme, fosse anche un triplo compito di Trasfigurazione o i tuoi fratelli intenzionati a darmi in pasto ad un Ungaro Spinato. Quello che voglio dire è che nessuno mi separerà mai più da te. Mai più. -

Due lacrime perfette sgorgarono dagli occhi di Ginny.

- Vuoi dire che mi ami, Harry? -

- Lo sai, Ginny. Lo hai sempre saputo – le sussurrò.

- No, Harry, NO! – esplose Ginny, con un tono rabbioso, quasi disperato. – Non è vero! Sono io che so.. che a dieci anni avevo una cotta spaventosa per te, io che al primo anno ti ho mandato un San Valentino che ancora adesso a pensarci mi seppellirei in una tana di Troll, io... io ho riempito di bava di lumache le scarpe di quella smorfiosa di Cho... non fare quella faccia da triglia – continuò Ginny inviperita, le lacrime come un fiume in piena - lo sapevo che ti piaceva. Come pensi che mi sia sentita quando ho saputo che vi eravate baciati? Come pensi che mi sentissi quando nella Sala Comune stavo con Dean e tu mi guardavi. Credi che non mi accorgessi di niente, Signor-So-Tutto, credevi che non pensassi all’estate alla Tana, a giocare a Quidditch con te, Ron ed Hermione, agli allenamenti e alle partite e alle tue sfuriate che mi facevano ridere, e poi tu mi guardavi con quei maledetti occhi verdi e lo stomaco mi si annodava tutto. Quante volte... quanto volevo correrti incontro ed abbracciarti e stringerti e appena ho potuto l’ho fatto, l’ho fatto, oh Harry – singhiozzò Ginny stringendolo forte - io non volevo star male, non volevo che tu stessi male, sapevo a cosa stavi andando incontro, ma non potevo stare lontano da te. Proprio non potevo - concluse, e i singhiozzi si fecero più forti.

Harry la tenne stretta a sé. Le accarezzò i capelli, sentì il suo respiro calmarsi, la sentì abbandonarsi tra le sue braccia.

- Ginny... neppure io potevo stare lontano da te. Quando Silente è... andato, ho pensato che avevo perduto i miei genitori, il mio padrino, e lui... lui che mi aveva mostrato quella che era la mia strada. Sapevo che il loro sacrificio aveva un motivo, come lo aveva il mio. Tutto, per sconfiggere il Signore Oscuro, ma non – e ad Harry tremò la voce – non potevo immaginare di dover deporre la tua bacchetta tra le tue mani fredde, senza più guardarti negli occhi prima di nascondermi tra i tuoi capelli, senza più baciarti. Se Ron non fosse entrato in camera tua, il giorno del mio compleanno, mentre mi stavi dando il tuo... uh.. regalo.. io quel giorno... -

- Tu cosa avresti fatto, Harry? Che avresti detto, Harry? – mormorò dolcemente Ginny

- Te lo avrei detto, Ginny. -

- COSA MI AVRESTI DETTO, MALEDETTO IDIOTA? – sbottò esasperata Ginny.

- Quel che ti dico ora, Ginevra Weasley... che ti amo con tutto il cuore. -

- Anch’io ti amo, Harry James Potter... mio dolce imbranato, coraggioso Harry. – e poi le lacrime di Ginny tornarono a scorrere copiose.

Non parlarono per un po’. Le loro labbra erano impegnate a cercarsi e ritrovarsi ad ogni momento, ed il vestito di Ginny finì con lo sgualcirsi un pochino e di tanto in tanto i loro occhi si ritrovavano anch’essi, colmi di lacrime e di gioia.

Fu Ginny ad alzarsi di scatto, con un’espressione di comico terrore sul volto.

- Harry.. il sole sta scendendo... - mormorò.

- Non ho intenzione di morderti alla gola, tesoro mio – le rispose raggiante Harry mentre scrollava il plaid dall’erba e lo ripiegava dentro la cesta da picnic

- Tu non hai capito, Harry. Il sole sta scendendo, saranno perlomeno le sette e mezzo di sera. Dovevamo essere a casa da almeno un’ora, Harry – concluse tetramente – Temo che mia madre potrebbe, anzi è sicuro, oh Merlino nella gloria dei suoi peli ascellari – imprecò Ginny – stasera volevo addormentarmi pensando ai tuoi baci, e invece non dormirò pensando alle sue sberle. Presto Harry – gli disse prendendolo frettolosamente per mano – torniamo a casa. -

Harry la trattenne. Si chinò dietro al ceppo, e le disse di chiudere gli occhi.

Poi qualcosa di fresco e profumato si posò sul capo di Ginny Weasley.

- Vedi, Ginevra, non ho avuto il tempo di leggere quel libro sui dodici modi per sedurre una strega che mi ha regalato tuo fratello Ron. Veramente in materia non valgo molto... Aspetta – le disse tenendole un dito sulle labbra – non aprire gli occhi ancora. Volevo solo dirti che mentre cantavi alle sirene ho preparato questa cosa per te. E' solo per te, Ginny, solo per te. Ora guarda pure, se ti va – concluse Harry con una punta di imbarazzo.

Ginny aprì gli occhi e scese verso il lago. Nello specchio fermo delle acque che andavano tingendosi in un magnifico tramonto, Ginny restò incantata, ad ammirare la corona di fiori che Harry aveva preparato per lei. C’era dentro un arcobaleno di pazienza, goffaggine e dolcezza... e cose come quelle non si riuscivano a creare con un incantesimo, andavano fatte a mano, con sentimento, con amore. Amore. Finalmente.

 

 

CAPITOLO QUARTO

L'incantesimo delle fate

- Harry, puoi farmi un piacere? – La voce di Ginny era strana, quasi timorosa... Ovvio, dato che alla loro prima uscita erano in un ritardo mostruoso, però c’era dell’altro, in quella voce, che lo incuriosì:

- Che devo fare, Ginny? -

- Beh... giurarmi innanzitutto che non racconterai a nessuno quello che sto per fare. E poi ecco, c’è una cosa che devo fare, e la devo fare da sola. Torna alla Tana ed aspettami. Tra mezz’ora sarò arrivata, non azzardarti ad entrare da solo senza di me o mia madre ti Trasfigurerà in un pitale per troll – concluse con tono perentorio la sua ragazza... La sua ragazza... che gli stava chiedendo di tornare DA SOLO?

- Ginny, Ginny, Ginny, aspetta non puoi... dove vuoi andare... Smaterializzarti prima dei diciassette anni è rischioso, ci vuole esercizio. E' vietato. - cominciò a balbettare Harry, cercando di avvicinarsi a lei.

- Tra mezz’ora, Harry. Vado – disse lei, ed era andata.

Harry si guardò intorno, fece tre respiri profondi, imprecò con variegata fantasia, e si Smaterializzò a sua volta.

Dopo quaranta minuti trascorsi dentro lo sgabuzzino delle scope, un "pop" elegante lo fece balzare fuori dal suo rifugio nel giardino dei Weasley. C’era Ginny di fronte a lui, con la coroncina di fiori in mano. Aveva un’espressione radiosa in volto, ma non stava guardando lui; il suo sguardo era perso chissà dove, ma dovunque fosse doveva essere un gran bel posto... poi si girò, prese Harry per mano, e lo baciò dolcemente.

- GINEVRA WEASLEY! –

La porta della cucina si era spalancata, e Molly Weasly sembrava l’incarnazione di Aktor, Sovrano dei Draghi... praticamente era oltre la rabbia. Era... ecco... alterata... ma una strega alterata con una bacchetta in mano può risultare letale, specie se esce di casa e vede la figlia rincasare con due ore di ritardo e la trova in giardino a baciare un ragazzo... baciare Harry... oh Merlino, se non è magia questa.

- Scusa mamma, il tempo ci è scappato via, e poi... - cominciò a dire Ginny, contrita.

- Non importa, Ginny. Harry, mi ero raccomandata. Oh beh, comunque sia, entrate. La cena è in tavola, aspettavamo voi. - disse con un tono improvvisamente quieto e gentile. – Comunque scusati con papà, ha fatto il diavolo a quattro con Kingsley per essere a casa in orario. Ginny, che hai? - continuò leggermente inquieta la madre, vedendole quello sguardo sognante.

- Harry, entra in casa con mamma. E abbassate le luci – si raccomandò Ginny.

Molly Weasley fissò dritto negli occhi Harry, che allargò leggermente le braccia. Non ci capiva niente neppure lui. Ad ogni buon conto fecero come richiesto; ci fu un po’ di trambusto dentro casa, Arthur Weasley era piuttosto affamato, Percy stanco di essere sfottuto da George, Charlie stava discutendo con Hermione sulla decisione di modificare le tribune dello stadio di Quidditch di Hogwarts, mentre Ron.. beh Ron aveva tentato di mangiarsi una focaccina d’avena che gli aveva morso la lingua ed ora giocoforza taceva.

Le luci vennero abbassate, e Ginny entrò.

La coroncina di fiori che aveva in capo illuminò la stanza come in una notte di luna piena... una luce morbida come una passeggiata nella neve... sembrava di essere attorno al camino nella notte di Natale.

- Harry.. mamma... papà... – Ginny sorrise, - Harry mi ha regalato questa coroncina di fiori, oggi. -

Arthur e Molly si guardarono, poi le sorrisero, annuendo.

- Per noi va bene, Ginny. Ma hai spiegato ad Harry come viene interpretato da queste parti un simile dono? – soggiunse serio Arthur.

Harry fissò Ginny con aria interrogativa. Che cosa aveva fatto di tanto importante?

- Harry… qui da noi fare ad una ragazza un dono come il tuo viene considerato una promessa... una promessa formale di... ecco... insomma... è come quella cosa che fanno i Babbani di regalare un anello - disse Ginny, un po’ vergognandosi, ma ancora pervasa di quella gioia innaturale – insomma, una proposta. -

- Tu l’hai accettata, Ginny – disse Harry, guardandosi attorno. Tutti gli sguardi erano su di loro (e lui che aveva cercato una giornata per loro due soli) – e io sono convinto di quel che ho fatto. -

L’abbracciò e la baciò dolcemente, un breve dolce bacio di fronte a tutte quelle persone magnifiche e care, abbracciò la sua Ginevra, la sua fidanzata, colei che accettando quel dono aveva accettato la sua promessa di vita e d’amore.

Lui ovviamente non aveva la più pallida idea che esistesse quell’usanza. Hermione lo sapeva, a giudicare da come sorrideva compiaciuta sin da quando Ginny era entrata. Ron lo guardava, guardava Ginny, guardava Hermione. Evidentemente tutto ciò non c’era nel libro che gli aveva regalato.

Poi fu proprio Hermione a porre la domanda che aleggiava sulla bocca di tutti:

- Ginny, non esistono incantesimi magici che possano creare qualcosa di simile. Che ti è successo? Che è successo a quei fiori? -

- Sono andata a Godric’s Hollow – disse Ginny, guardando fisso Harry – per portare questa corona a James e Lily -

Harry sentì di nuovo un nodo in gola, ma riuscì a mormorare – Potevamo andarci insieme, Ginny. – Stava pensando a quando l’aveva abbracciata al funerale di Fred. Non credeva sarebbe stata capace di ritornare in un cimitero per anni, ed invece c’era andata, per portare quel dono ai suoi genitori.

- Dovevo andarci da sola, Harry. Io volevo ringraziarli per averti regalato al mondo, per averti regalato a me – sussurrò Ginny – e ho pensato che questa... promessa... sarebbe stato un pensiero gentile per loro... e l’ho lasciata dove loro riposano. Ma poi – disse con voce enfatica – ho sentito come una brezza, un rumore di piccole ali, e poi ho visto la luce sgorgare dai fiori e questi sono tornati nelle mie mani, non so che sia successo ma... Ecco, ho pensato che il pensiero era stato gradito e allora ho ringraziato ancora – concluse sommessa – e sono tornata. -

Poi si tolse la corona di capo e la pose sopra il camino, in mezzo alle foto di tutti quelli che in quel momento avrebbero voluto condividere quella gioia: Remus e Tonks, Sirius e Silente, James e Lily... Ci fu un lungo istante di silenzio.

Poi Arthur Weasley prese Harry sottobraccio, e lo condusse a tavola. Lo fece sedere al suo posto.

- Ma... ehm... signor Weasley... non è questo il mio posto... – protestò debolmente Harry, mentre il padre di Ginny gli tirava fuori la bacchetta di tasca.

- Mio caro ragazzo, innanzi tutto mi chiamo Arthur, e poi è il caso che tu cominci ad imparare come si serve a tavola. Non credo che avrai tempo per dedicarti molto a questa ed altre cose, nei prossimi anni, con l’addestramento che ti aspetta. Oh, oh non fare quella faccia stupita, Harry, al dipartimento Auror ti aspettano già e,come al solito, si aspettano grandi cose da Harry Potter – disse con un tono tra il rassegnato e lo stizzito – ma per questa sera mi basta che non rovesci troppo spesso la salsa – concluse sorridendo. - Ora sediamoci e mangiamo, altrimenti i miei figli cominceranno a morderti, e mia moglie a piangere... oh beh, per quello è troppo tardi – sospirò Arthur mentre sua moglie singhiozzava nel grembiule senza più ritegno.

Così Harry Potter riuscì a trascorrere la sua prima cena in famiglia dopo tanti e tanti anni. Rovesciò la salsa solo due volte, come ebbe a notare Hermione, mentre Ginny lo consigliava sulla quantità delle porzioni e sui gusti dei presenti, invitandolo a non far sfrecciare le quaglie allo spiedo attorno a Ron, cosa che peraltro la divertì a tal punto da perdere il conto sugli Incantesimi di Rabbocco eseguiti da Harry sulla barrique d’idromele aperta alla fine della cena.

Andarono a dormire tutti alticci, Ron decisamente sbronzo, con Hermione che cercava di sollevarlo da tavola sussurrando "leviporcus" e sghignazzando poi come una pazza.

George si congedò e ritornò alla Tiri Vispi. Doveva avere qualcuno ad aspettarlo, a giudicare dal sorriso con cui salutò Harry.

Uscito dal bagno, salendo le scale, Harry aprì la porta della stanza dove il letto lo chiamava a gran voce. Prima di entrare, una carezza lo fermò.

Si girò, e vide passare Hermione e Ron diretti al piano di sopra, ma poi si rese conto che Ginny era di fronte a lui, e aspettava.

Le diede un bacio.

- Buonanotte, amore mio –

Lei mormorò qualcosa in risposta, lo abbracciò ed infilò la propria camera.

Harry chiuse la porta, si infilò a letto e pensò che fosse tutto un sogno, e che invece stava per svegliarsi. Invece s’addormentò di botto.

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CAPITOLO QUINTO

Un nuovo inizio

Harry si stava ancora rigirando nel letto. Non erano ancora le sette. Ma non era assonnato. Era... era... era come se si fosse beccato un Bolide in fronte, era frastornato, esaltato, felice, molto, molto felice, ma era successo tutto così in fretta... e poi quell’incantesimo.Possibile che i suoi genitori fossero riusciti a prevedere una situazione simile, a costruire un Incantesimo simile, capace di rimanere lì ad aspettare ed aspettare un qualcuno che forse non sarebbe mai passato a rendergli quel saluto?

E poi, prima di andare a dormire, quello che Ginny aveva mormorato... non era sembrato un semplice buonanotte, suonava come un Brevinoctis, un incantesimo per accorciargli il sonno? Era uno scherzo degno di George e Fred, non di Ginny, e allora perché non riusciva a dormire?

Poi un rumore lieve di passi. Harry non prese la bacchetta, non serviva. Quelli erano i passi di Ginny, e venivano verso la sua stanza. Il cuore gli cominciò a battere furiosamente.

I passi si fermarono. La porta si socchiuse, e Ginny scivolò dentro. Aveva un pigiama verde rana con piccoli unicorni bianchi, i capelli sciolti, gli occhi assonnati. Ed era scalza.

Harry aprì la bocca ma ne uscì solo un mormorio indistinto. Ginny scivolò sotto le coperte accanto a lui e gli chiuse la bocca con un bacio. Poi sussurrò:

- Sei un maledetto gentiluomo, Harry Potter, e so che terrai le mani a posto... purtroppo... e scusami per quell’incantesimo di risveglio, ma alla mattina dormi come un ghiro ed io ho pensato a quello che diceva mio padre ieri sera riguardo agli impegni che ti aspettano – continuò stringendoglisi contro – e ho pensato che... beh.. voglio provare cosa vuol dire dormire con la persona che ami, addormentarsi abbracciata a colui con cui dividerò la mia vita. Harry ti ho detto di tenere le mani a posto, ma abbracciami per piacere. E ti prego... non andartene via dalla mia vita, Harry. -

- Una promessa è una promessa. – mormorò lui abbracciandola.

- Grazie, amore mio. – e le lacrime tornarono a scorrere sul volto di Ginny.

Stringendola a sé, Harry le disse:

- Sai, non ti ho mai visto piangere, prima di ieri. Neppure al funerale di Fred. Tu non sei mai stata facile alle lacrime, Ginevra Weasley... ma hai pianto. Hai pianto così tanto da farmi temere che non avresti più smesso. E la mia domanda è: Perché? Perché ora, che abbiamo davanti un po’ di pace? –

- E’ una questione di spazi, imbranato – bofonchiò lei ficcandogli addosso i piedi gelati.

- Di spazi? Ginny, Non capisco. Ok, sono un ritardato, lo so... non me lo ripetere, ma spiegami questa cosa. Non dormire adesso. – le sussurrò dolcemente

- Dovevo far spazio per te, Harry. Perché ci sono lacrime che curano le ferite, ed altre che riempiono dei vuoti. Ora, io non voglio più sentirmi vuota, Harry, e tantomeno piena di lacrime, ora ci sei tu a riempire la mia vita, i miei sogni... Harry, tesoro mio... -

Ginny Weasley scivolò dolcemente nel sonno e Harry si sorprese a pensare a quello che sarebbe successo se Molly li avesse trovati così. Probabilmente avrebbe lavato piatti per un mese. O probabilmente gli sarebbe toccato qualcosa di molto peggio ma... ne valeva la pena, sicuramente.

E il sonno lo accolse, senza incubi, e senza voci a rimbombargli nella testa.

Le otto del mattino.

Molly Weasley aveva lasciato la colazione accastellata sul tavolo della cucina, e seduta in giardino dirigeva il bucato ad appendersi nello stenditoio.

Stava pensando all’incanto della sera prima.

"Hermione mi tempesterà di domande se mi trova... neppure lei può conoscere la Benedizione delle Fate, ed io ho troppo da fare per affrontare la sua curiosità", pensò tra sé.

La Benedizione delle Fate. Il dono del Piccolo Popolo, un incanto che non garantiva nulla di più che una vita serena e un’unione duratura e feconda.

Che lei sapesse, era capitato di rado che le Fate concedessero quel dono: una volta o due ogni mille anni, più o meno. Ciò che la confortava di più era il motivo per cui veniva concesso.

Era un’incantesimo che nasceva dall’amore. Solo quello più puro poteva indurre le Fate a concederlo. Per questo era una benedizione, perché non offriva una protezione da qualcosa o un vantaggio in qualcos’altro. Era un suggello a ciò che, a detta di Silente, aveva salvato il mondo Magico dalla distruzione.

Molly sospirò. L’aspettava una corsa in Metropolvere fino a Villa Conchiglia. Bill e Fleur stavano ospitando il piccolo Teddy, ed avevano aggiunto un paio di stanze alla casa. Per i bambini, avevano detto. Ma di bambini c’era solo Teddy. Poi Fleur aveva preso Molly da parte ed avevano parlato a lungo e... a Molly Weasley era occorsa una bella tazza di tè corretto, prima di riuscire a tornare a casa.

Era successo una settimana prima, e quel giorno Bill sarebbe stato informato dell’imminente arrivo di un nuovo membro della famiglia Weasley, e Fleur aveva chiesto, anzi implorato la suocera di esser lì con lei. A BeauxBatons non insegnavano come controllare la gioia di un mago Spezzaincantesimi mezzo Mannaro a cui veniva annunciata la sua imminente paternità. Avrebbe potuto demolire la casa dalla felicità, mon dieu!

Nonna Molly... oh come suonava strano. Lei preferiva ancora sentire il suo Arthur sussurrarle all’orecchio "Lollymolly" mentre era intenta a cucinare. Beh, ci avrebbe dovuto fare l’abitudine, era inevitabile.

Rientrò in casa silenziosamente; non era il caso di svegliare i ragazzi. Non pensava a Ron ed Hermione; mentre stendeva il bucato aveva sentito l’allegro chiacchericcio tipico della Granger intenta a cercare di convincere Ron ad alzarsi dal letto, ed i grugniti altrettanto noti del suo figliolo tanto caro ma tanto, tanto innamorato.. del suo letto, specialmente di domenica mattina.

Lei stava pensando ad Harry e Ginny. Non che temesse che stesse accadendo qualcosa di sconveniente.. conosceva la sua Ginny, ed Harry, come le avevano confermato Ron ed Hermione, era un bravo ragazzo... anche troppo, avrebbe detto Fred sghignazzando.

Per affrontare il futuro occorrevano spalle salde e nervi forti, ma anche momenti speciali, a cui aggrapparsi nei momenti difficili. E i suoi ragazzi ne stavano vivendo uno. E lei non era Ron, insomma.

Mentre le fiamme verdi l’avvolgevano dentro al camino e Molly Weasley scandiva - Villa Conchiglia - pensò che la giornata sarebbe stata meravigliosa. E che avrebbe potuto benissimo fare a meno di consultare il suo fedele orologio di famiglia per quel giorno... e per molti giorni a venire.

Intanto Harry stava sognando, o forse era un dormiveglia, e nel sogno passeggiava con Ginny sul sentiero del lago, mentre un gruppo di persone giocava a lanciarsi un Frisbee Zannuto. C’erano di sicuro James, Fred, Remus, e Sirius stava sdraiato con un calice di vino Elfico in mano e sorrideva, brindando con Silente. Poi Lily gli ando’ incontro, sua madre gli andò incontro e accarezzò il volto di Ginny e quando guardò Harry sorrise e gli disse:

- Abbi cura di lei - e lo baciò sulla fronte.

Harry aprì gli occhi. Ginny dormiva profondamente al suo fianco. Le otto e tre quarti. Tra poco Ron sarebbe ruzzolato giù per le scale verso la colazione, ed Hermione avrebbe tossicchiato di fronte alla sua porta prima di bussare, per invitarli a scendere. Ma c'era ancora un quarto d'ora... un quarto d’ora ancora abbracciato a lei valeva oro, quindi che aspettassero pure. Adesso non aveva compiti da assolvere, ma una vita da vivere.

E mentre, abbracciato a Ginny, scivolava di nuovo nel sonno, Harry istintivamente si sfiorò la cicatrice. Da quel giorno non gli aveva più fatto male, neppure prurito. Harry Potter prese quel ricordo e lo mise da parte. E in quell’angolo lo lasciò, per molti e molti anni. 

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Capitolo 2
*** PARTE SECONDA - UN ANNO DOPO ***


 

 

CAPITOLO PRIMO

Il giardino incantato

 

Era trascorso un anno dalla caduta del Signore Oscuro e, in una Hogwarts listata a lutto, gruppetti di persone indugiavano dentro e attorno al Giardino Incantato che la comunità magica aveva voluto quale memoriale delle vittime di quella lunga guerra e di quell’ultima notte di battaglia, disperata e vittoriosa.

La Preside (ad interim! ricordava sempre) Minerva Mc Granitt e il Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt stavano discutendo animatamente, ma a bassa voce. Sempre la solita questione... Minerva era stanca, le occorreva tempo per riuscire a sanare l’orrore e la tensione accumulata nella lunga lotta contro Voldemort. Nella sua mente il Giardino Incantato era costantemente presente: un albero magico per ogni caduto nella notte dell’ultima battaglia, un giardino di giovani alberi, molti, troppi giovani alberi.. un dolore sempre fresco, che l’amico Kingsley leniva come poteva, tenendo lontane da lei le scartoffie e la burocrazia del ruolo che la Mc Granitt ricopriva, per quanto era possibile, in modo che potesse continuare ad insegnare Trasfigurazione. Il tono della conversazione si fece più pacato, mentre i due si allontanavano verso una tazza di tè.

La famiglia Weasley si era incamminata verso il castello, dopo aver finito di sistemare il prato attorno ad un magnifico Acero Camaleonte; a Fred sarebbe certo piaciuto ammirare quello snello fusto a sostegno di una vigorosa chioma rossa... blu, gialla... lillà. E invece dei frutti, bignè ripieni di crema, ovviamente all’ortica. Un magnifico albero pazzo, senza dubbio adatto a lui.

Bill e Fleur passeggiavano con la piccola Victoire.

– Nonno Arthur ti vizia troppo – disse Bill divertito alla figlia, che strepitava dentro al passeggino che Fleur conduceva a mezz’aria, cullandolo avanti e indietro a ritmo di bacchetta, accompagnandolo con una dolce nenia. Anche lei stava pensando la stessa cosa, Arthur non avrebbe dovuto darle tutti quei dolcetti di Mielandia.

I coniugi Weasley in quella giornata avevano altri pensieri, ben lontani dagli innocenti vizi della loro prima nipotina; Arthur era con George, intento a convincerlo a raggiungere Charlie da Hagrid, assiduamente impegnato nella cura del suo ultimo cucciolo (ovviamente un drago, un Uncinato Mediterraneo, specie rarissima e particolarmente delicata da crescere, anche alla luce della sua tendenza a contrarre sindromi di raffredamento in quel clima così umido). E così papà Weasley cercava di spiegare al gemello superstite come fosse importante evitare gli starnuti di drago, a meno che non si avesse un particolare interesse per la cremazione istantanea... tutto per allontanare da George quell’ombra assente ma pur sempre così vicina.

Molly Weasley era diretta verso il castello, passeggiando di fianco ad Hermione. Stava sorridendo, ma il suo sguardo era preoccupato, fissato su Ron che le precedeva di un centinaio di metri, bacchetta alla mano e testa infossata tra le spalle.

- Allora, Hermione? Sei veramente convinta? – domandò per l’ennesima volta Molly.

- Si, Mrs. Weasley. Credo che la scelta di Ronald di terminare l’anno sia stata giustissima. Da quello che ho capito avrà degli ottimi M.A.G.O. e quindi... poi si sa che è George il genio degli affari in famiglia, quindi la Tiri Vispi Weasley potrà privarsi di uno dei suoi soci. – concluse la giovane maga, assai poco convincentemente.

- Sono sincera, Hermione, mia cara – disse Molly, con la sua voce calda, anche in quel momento così particolare – non ho preoccupazioni per Ron. E’ sopravvisuto a Voldemort, una carriera negli Auror non lo ucciderà di certo; e tre anni passano in fretta, credici. E per te passeranno ancora più in fretta, visto che frequenterai il più prestigioso Master in Magisprudenza che ci sia al mondo – la canzonò dolcemente la madre del suo fidanzato, mentre Ron continuava a camminare spedito, a testa china, senza voltarsi neppure a controllare che lo stessero seguendo.

Mentre Hermione stava aprendo bocca per risponderle, Molly soggiunse – Comunque, io non mi riferivo alle scelte professionali di mio figlio. Sai cosa intendevo – e la osservò mentre portava istintivamente lo sguardo alla piccola vera costellata di brillanti che le sfavillava al dito.

- Molly... – mormorò la giovane maga, con voce incredula – io non... mai avrei creduto che Ron fosse capace anche solo di immaginare di fare quello che ha fatto. Ma si rende conto? – esclamò, fissandola – Avevo appena finito l’esame di Babbanologia Applicata, il giorno prima quello di Artimanzia, ero... ero isterica, distrutta, volevo solo tornare in Torre, ficcarmi nel pigiama e dormire. E lui... lui arriva, con quella faccia da Prendimi-a-schiaffi-Hermione, mi blocca in mezzo alla Sala Grande... ci saranno state cento persone almeno, come minimo, oh Merlino... aiutami tu io non ci riesco... si mette in ginocchio, mi porge... mi porge l’anello e – a questo punto, pensò la signora Weasley, tutte le volte succedeva la stessa cosa, Hermione ridacchiava e le scendevano i goccioloni – e mi dice "Hermione Granger, vuoi sposarmi" –

- Se mi permetti, cara, è stato un gesto impeccabile, da vero Galantuomo, con una scelta dei tempi spaventosamente poco adatta – le replicò Molly ridendo – e su questo concordiamo. Peraltro, mi sembra che tu abbia accettato entusiasticamente... almeno, prima di svenire – la canzonò, con voce fintamente tetra.

La risposta di Hermione giunse dopo un attimo, con tono leggermente piccato – Beh, non me l’aspettavo. Anche se avrei dovuto immaginare che dopo quello che è successo con Harry e Ginny, anche lui avrebbe studiato qualcosa di... sopra le righe, ecco. E poi è stato solo un piccolo mancamento e d’altronde – e qui il tono tornò ad essere sognante – signora Weasley... oh Molly, neppure nei miei più sfrenati sogni di bambina avrei potuto chiedere una cosa più inaspettata, più pazza, più bella... E comunque non sono svenuta, è stato solo un capogiro. –

Molly la guardò di sottecchi, e con un mezzo sorriso mormorò – Hermione, il piccolo mancamento, mi diceva Madama Chips, è durato quasi tre ore, ed ogni volta che accennavi a riaprire gli occhi guardavi l’anello, poi mio figlio, ripetevi "Si, si, si", ti tiravi su dal letto per baciarlo e... risvenivi – concluse mentre il viso della fidanzata del figlio si imporporava di nuovo, prima di scoppiare entrambe in una risata.

- Lo ammetto, come mancamento è stato un po’ prolungato, ma d’altronde non capisco. Perché lo ha fatto proprio adesso, Molly? – chiese Hermione, preoccupata e sconcertata – Non riesco a capire. Trascorriamo insieme ogni momento libero che abbiamo, sappiamo che le nostre due famiglie sono felici per noi e che c’è pieno accordo su ciò che ci unisce e lei conosce bene Ron, sa quanto ancora sia legato alla Tana, ma malgrado questo ha fatto questo scriteriato quanto magnifico gesto. – Il tono si fece pensieroso, un po’ inquieto. – E’ come se mi vedesse come un bel palloncino, pronto a volar via nel vento, a perdersi lontano da lui –

Molly Weasley non replicò; in quella giornata le era particolarmente difficile concentrarsi sui turbamenti della futura nuora. Si era scoperta più di una volta a fissare George, ed a pensare che le fosse stato fatto uno scherzo pesante, tanto stupido quanto ben riuscito. Poi vedeva le lacrime che segnavano il volto del gemello e la realtà tornava a schiacciarla.

La sua risposta giunse inaspettata, ferma, quasi brusca.

- Vedi, Hermione, penso che tu conosca Ron almeno quanto me. Guardalo ora e dimmi se ricordi di averlo mai visto andare via così, camminando tutto solo. Pensi che lo faccia per consentirci di fare una libera chiaccherata lontano da lui, proprio oggi, con tutti i momenti che abbiamo avuto e che potremmo avere? No, mia cara – e qui il tono di Molly si fece cupo – lui non pensa ai palloncini volati via, ma a quelli esplosi sotto il suo naso. Pensa a quello che è successo a George, pensa a... a Fred, ovvio. Ma so anche che Harry mi ha descritto la sua reazione quando quella cagna di Bellatrix ha cercato di farti parlare con la maledizione Cruciatus – la mano di Molly si strinse istintivamente sulla bacchetta, ma la Mangiamorte era solo uno dei tanti brutti ricordi da tener chiusi nel cassetto, sottochiave – e quindi penso di capire. Penso che sarebbe il caso, Hermione, che anche tu, come dissi ad Harry un anno fa, cercassi di risolvere la questione con una bella chiaccherata tra i diretti interessati. –

Ad Hermione venne spontaneo stringersi alla signora Weasley, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per un senso improvviso di paura che l’aveva presa dritta allo stomaco.

Più per smorzare la tensione che per altro, chiese a Molly – Dove sono Harry e Ginny? Ho fatto appena in tempo a salutarli prima e non li vedo qui intorno. – poi seguì lo sguardo della madre di Ron, che indugiava di nuovo sul Giardino Incantato, dove due sagome ben note erano intente a cercare di controllare le scorribande di un bimbetto, sotto lo sguardo divertito di un’anziana signora.

- Stanno facendo giocare Teddy. Povera Andromeda, quel bimbo è una forza della natura, non può farcela da sola, e a quanto pare Harry prende molto responsabilmente il suo ruolo di padrino, anche se secondo me si sta solo divertendo un mondo – sorrise Molly – e riesce a stare un po’ di tempo con Ginny. Non ne hanno molto da dedicarsi, eppure guardali, ogni giorno li vedo più forti, – e il suo sorriso si allargò – capisci cosa intendo? –

Continuò a fissare sua figlia ed Harry, mentre Teddy Lupin faceva capriole sull’erba in mezzo a due magnifici Salici Ridenti. Remus e Tonks li avrebbero sicuramente apprezzati.

- Ora però sbrighiamoci, voglio raggiungere Ron – esclamò accelerando il passo – non mi piace vederlo così. Stammi vicino, Hermione – concluse un po’ affannata Molly Weasley, risalendo verso le mura del Castello, desiderosa del calore di un camino e di una poltrona dove affondare, dove poter restare in pace per un po’ con il suo Fred, con quel che che le rimaneva di Fred. Un po’ di tempo, ne aveva diritto.

 

CAPITOLO SECONDO

Muoviti, Ron!

-Harry! – La voce di Ron fu forte quanto l’abbraccio che rivolse all’amico; non avevano spesso occasione di vedersi, da quando Harry aveva conseguito il suo M.A.G.O. dopo aver sostenuto una sessione straordinaria concordata con il Ministero. Già da sei mesi era alle prese con il tirocinio per diventare Auror, un Cacciatore di maghi oscuri. A giudicare dal poco che Harry raccontava, si trattava di un addestramento davvero infernale.

- Ron, scusa, non respiro – ansimò il giovane mago, sorridendo felice all’amico – Se devo essere sincero il tuo entusiasmo mi preoccupa – continuò osservandolo dritto negli occhi. – Mi par di capire che tu sia ansioso di comiciare, ecco. – Non smise di fissarlo.

- Harry ne abbiamo già parlato. Impegno gravoso, risultato non garantito, difficile farcela, ma se non lo faccio adesso passerò il resto della vita a vendere Merendine Marinare e la cosa non mi alletta affatto! – rispose Ron, esasperato e supplichevole allo stesso tempo – Inoltre tu ce la stai facendo alla grande. Dai, raccontami – continuò con tono infervorato – mi hanno raccontato che sei riuscito a contrastare due maledizioni Imperius congiunte e... ops scusa – si tappò la bocca – papà mi aveva fatto giurare di stare zitto. –

- Lascia perdere – replicò stancamente Harry – non è stato nulla di importante. –

La sala comune dei Grifondoro era deserta, i membri della Casa erano ancora al banchetto, il fuoco scoppiettava gioiosamente nel camino.

"Non sarei dovuto venire qui oggi, fa troppo male", pensò Harry, "e poi che cosa vuole Ron? Che accidenti ancora gli dovrei raccontare, delle notti passate a volare in pantaloncini con dieci gradi sottozero, dell’addestramento alla difesa contro la magia dei Folletti? Beh," si disse Harry tracannando l’ultimo sorso di Burrobirra "meglio si sbrighi a sputar fuori il rospo". Aveva solo sei ore prima di ripartire, e voleva un altro po’ di tempo per Ginny.

Poi il giovane Weasley mormorò, in un singulto – Harry io... io mi sposo, con Hermione... e... -

- Che novità, Ron... come se non lo sapessi. Lo sa tutta Hogwarts, tutto il mondo magico a dire il vero. Va bene che ti avevo suggerito un gesto ufficiale, la tua fidanzata lo avrebbe apprezzato, ma non erano necessari cento testimoni, no? E comunque Hermione mi ha spedito una decina di gufi di fila per raccontarmi tutto nei particolari, quindi... – Harry si zittì, dato che gli occhi di Ron erano fissi sulle fiamme del camino, stralunati. Troppa Burrobirra?

- Senti, Ronald, tu hai qualcosa che ti rode. Io non sopporto di vedere il mio migliore amico stare sulle spine, quindi ti sarei grato se... avanti, dimmi che c’è? – scandì Harry, prendendolo per le spalle.

- Harry Potter - quando la voce di Ron prendeva quell’inflessione greve e solenne, ad Harry costava fatica non ridere. Quel disgraziato non riusciva ad essere drammatico, sembrava un Troll intento a recitare Amleto – Io… vorrei... tu fossi il mio testimone. - disse prima di afflosciarsi sulla poltrona di fronte al fuoco.

- Ah beh, si certo, io... Dannazione, Ron, ovviamente sono felice, anzi mi sarei arrabbiato se non me lo avessi chiesto, ma sapevi che avrei accettato subito quindi, per le calze bucate di Merlino, mi dici CHE DIAVOLO HAI!? – sbottò Harry alzandosi dalla poltrona e misurando la sala a lunghi passi.

Non era quello il problema, non era quello.

- Sei emozionato, in un giorno come questo è normale, è un giorno particolare per... per tutti noi, ne parlavo con Andromeda oggi pomeriggio – proseguì mentre percorreva nervosamente la stanza – e perfino Teddy è rimasto per due ore di fila con i capelli blu, e quando fa così qualcosa non va. Lo sente anche lui – concluse sedendo di nuovo di fianco all’amico. – Senti, negli Auror è dura. Molto. Ma non è una condanna. Se non ce la fai, stop. Nessun Mangiamorte in agguato, nessun serpente nei tuoi sogni. Capito? – gli chiese con voce calma.

- Oh, lascia perdere – replicò Ron – non sono Auror o Mangiamorte a spaventarmi. Si tratta di Hermione… - sussurrò Ron voltandosi a guardarlo.

Quella era una crisi di panico di portata colossale, pensò Harry, e incombeva come un uragano.

Fu con tono conciliante e preoccupato che si rivolse all’amico. - Ron, paura della donna che hai appena chiesto in moglie? E tu pensi che io ti creda? Ma piantala con quel maledetto senso di inadeguatezza che ti porti dietro ogni volta che le parli o pensi a lei. E' fantastica, è in gamba, un genio ma Ron, lei ti adora e non vede l’ora, insomma... sai che anch’io sarei disposto a calarmi in un covo di Troll solo con te, quindi se dici di aver paura di lei, scemo, non ti resta che una sola strada da seguire – disse mentre si alzava dalla poltrona rifilandogli una pacca sulla spalla.

- E quale sarebbe questa strada, Harry? – chiese Ron speranzoso.

- Beh, semplice: affronta la tua paura. Vale a dire, parla dei tuoi problemi e dei tuoi assilli con la tua futura moglie. E fallo al più presto, anche perché io adesso – soggiunse dirigendosi verso l’uscita – voglio recuperare due calici di vino Elfico e tua sorella, oltre a una mezz’ora per parlare con lei... da solo. Sai com’è – disse sulla porta – sono due mesi che non ci vediamo e certe cose non puoi dirle con un gufo. – e con una strizzata d’occhio varcò la soglia, mentre Ron bofonchiava – Io... beh certo... ok, seguirò il tuo consiglio – per niente convinto di quello che si era sentito dire.

"Parlare con Hermione. Parlare con lei. Beh, e che ci vuole?" Pensò Ron avviandosi verso la Sala Grande. "Magari un po’ di Whisky Incendiario, un paio di galloni, giusto per raccogliere il coraggio necessario".

Ma, come al solito, Harry aveva ragione. Bastava parlarle. Parlarle...

- Meglio tre galloni - concluse Ronald Weasley scendendo velocemente le scale.

 

 

CAPITOLO TERZO

I falò della memoria

La Sala Grande del castello di Hogwarts sembrava essere diventata un immenso salotto all’aperto, quella sera.

Minerva aveva optato per un banchetto piuttosto sobrio: si era brindato agli amici presenti ed a quelli caduti, ed ora che la cena era finita, le tavole erano sparite e nel salone si erano materializzati grandi e bassi bracieri colmi di ceppi scoppiettanti. Non vi era altra luce se non quella di qualche sporadica candela e dello spicchio di luna del Soffitto Magico, ricolmo anch’esso di stelle e attraverso da qualche sporadica nube vagabonda.

Attorno ad ogni fuoco capannelli di alunni, parenti ed amici raccontavano ed ascoltavano qualcosa legato al ricordo di chi era venuto a mancare. Sembrava di essere ad un convegno di fuochi da campeggio, con tanti amici a raccontarsi storie, solo che quelli narrati erano ricordi, e non fantasie.

Ron si diresse verso uno dei gruppi più numerosi, dove riconobbe molti Grifondoro; George e Charlie stavano narrando le prime esperienze di Fred nel campo degli scherzi, magici e non: a sei anni aveva costruito un aquilone con le mutande degli gnomi del giardino della Tana, lasciandolo poi librarsi come un fiero stendardo.

Ginny era seduta sulle ginocchia di Harry, abbracciata a lui, e stava ridendo di gusto, per quanto le sue guance fossero segnate da lacrime. Ron si avvicinò per darle la buonanotte, stringendo una spalla ad Harry che gli strizzò l’occhio di rimando.

Hermione, seduta accanto a loro, sembrava assorta nella contemplazione del fuoco. Ron le sedette accanto e la prese per mano; lei lo guardò, e insieme si alzarono silenziosamente, uscendo dalla sala.

Lui la condusse attraverso scale e corridoi, sempre salendo, fin sulla torre di Astronomia, che in quella notte di densa nebbia sembrava galleggiare sopra un mare di ovatta grigia.

- Ron - mormorò Hermione stringendosi a lui, non solo per la brezza tagliente che spirava in cima alla torre – finalmente ti sei ricordato di me. Sai è stata davvero una serata speciale, era come se ci fossero tutti, lì con noi, ad ascoltarci, a ridere delle nostre idiozie. E poi – continuò con una voce strana, a tratti triste, a tratti eccitata – mi sono ritrovata a pensare a quanto è stato pazzesco tutto quello che ci è successo, eppure adesso siamo qui. -

Lo abbracciò, e tacque.

- Hermione, durante la ricerca degli Horcrux quante volte hai avuto paura? – le chiese lui, con un tono stranamente neutro e distaccato.

Dopo un minuto che sembrò dilatarsi a lungo, Hermione rispose, interdetta ed esitante – Non so, ero troppo terrorizzata o preoccupata per avere veramente paura, almeno credo. Perché questa domanda, Ronald? – replicò levando lo sguardo su di lui.

Ron si sciolse dal suo abbraccio, appoggiandosi al parapetto della torre.

- Beh, non è che anch’io abbia trovato molto tempo per avere veramente paura. Il mio problema è un altro, a dire il vero. Io ho paura. E tanta... adesso - continuò, prendendole le mani – ora che tutto è finito e che abbiamo anche il tempo di fare una festa per ricordare chi non c’è più. Io penso e ripenso a quante volte ho rischiato di perderti, a quanto sono stato vicino a non rivederti più. Tu potevi essere morta, noi potevamo essere morti, e neppure ci saremmo potuti dire quanto... – la voce di Ron esitò, prima di deglutire e riprendere – quanto siamo importanti l’uno per l’altra. Non avrei mai potuto dirti quanto ti amo, Hermione. – e rimase a fissarla, come in attesa.

- "Ti amo." Onestamente tutto quello che ho passato l’ho fatto anche perché sognavo che mi dicessi queste due piccole parole, tesoro mio. - sussurrò Hermione.

Buona parte della serata l’aveva trascorsa rimuginando su quello che le aveva detto Molly, e adesso riusciva a capire molte più cose – Adesso capisco perché mi hai chiesto di sposarti, Ronald Weasley, mio imbranato, buffo, fiero, magnifico eroe – continuò con voce rotta da un’emozione incontrollabile – adesso so che non posso farne a meno neppure io. Noi due non siamo come Harry e Ginnt. Io non riesco a pensarti lontano da me ad imparare a disarmare Troll o a volare in mutande su una scopa in mezzo ai fulmini. Non così, non come siamo adesso. – concluse lei, abbracciandolo, gli occhi fissi nei suoi.

Ron le accarezzò il viso.. ogni volta era come vederla per la prima volta, pensò.

- Sai, sono fortunato ad avere un genio come te accanto, perché per dire quello che hai appena detto tu, ti avrei fatto fare mattina quassù. Hermione, non ho paura dell’addestramento da Auror, Harry se la cava benone ed io valgo quanto lui, insomma, più o meno. No, - continuò, arrossendo in volto – io semplicemente non posso pensare a noi due se non come a Bill e Fleur, a Remus e Tonks. Io voglio sapere che ci sarà sempre un po’ di te a farmi forza e tenermi compagnia, a darmi un pensiero felice a cui aggrapparmi se tutto dovesse cadere. Tu ci sarai, ci sarai – e la baciò con una tenerezza mai sperimentata prima.

Hermione, dopo quel bacio, si accorse per la prima volta in vita sua di non trovare nulla di appropriato od utile da aggiungere a quelle parole. Annuì, con un sorriso raggiante sul volto, le guance imporporate e solcate di lacrime.

L’aria si era fatta più fredda; Ron la prese sottobraccio e s’incamminarono per tornare alla Grande Sala. Hermione, più che altro per togliersi di dosso un po’ d’emozione, domandò ironicamente – E quando, mio caro Ronald, avresti intenzione di concedermi l’onore di diventare la signora Hermione Weasley? –

Lui rispose con estrema serietà – Beh, sai, ho pensato che sarebbe molto bello che io e te facessimo un piccolo viaggio insieme, dopo le... dopo le nozze, ecco, e visto che tra un mese comincerò l’addestramento... insomma a conti fatti tre settimane dovranno essere sufficienti ad organizzare tutto anche perché non vorrei niente di sfarzoso, solo le persone più care. Hermione, tesoro... che ti succede? Perché stai lì impalata? – le disse Ron divertito e preoccupato allo stesso tempo, guardandola ferma su un pianerottolo, fremente.

- TRE SETTIMANE?! – Lo strillo di Hermione rimbombò in tutta la Scuola, e poi Madama Chips fu costretta a recarsi nuovamene in infermeria, dove accolse Ron con la futura signora Weasley tra le braccia. Ovviamente, era di nuovo svenuta.

 

CAPITOLO QUARTO

Amici, pazzi amici

 

- Non si preoccupi, signora Weasley. E' solo una festicciola tra amici, Molly, veramente – ridacchiò Harry mentre Charlie e Bill portavano fuori di casa Ron, bendato e vestito da Portiere di Quidditch – tanto per non far rimpiangere troppo a suo figlio la tranquilla vita da scapolo. Bill attento, non deve assolutamente togliersi la benda – esclamò rivolto allo Spezzaincantesimi della Gringott, che piegato a metà dal ridere cercava di guidare il fratellino sul taxi prenotato per la serata.

Molly Weasley, mani sui fianchi, osservò la scena rassegnata. Inutile: in certe cose gli uomini non crescevano mai, non ne erano proprio in grado. Ad ogni buon conto, prima che i ragazzi fossero tutti a bordo, decise di dare ad Harry qualcosa su cui riflettere.

- Signor Potter, tra due giorni quel pagliaccio bendato del mio figlio minore si sposa, quindi confido in te perché ritorni a casa intero e senza nulla di cui vergognarsi... troppo – disse cercando di trattenere una risata, mentre l’espressione di Harry passava dall’allegro all’inquieto.

- Sai perfettamente che non potrà non raccontarmi tutto quello che gli combinerete e quindi attenti a non esagerare, Harry. Inoltre... beh, il prossimo a trovarsi in quelle condizioni potresti essere tu, e sai che la mia Ginny non è indulgente come Hermione in materia di addii al celibato. Attento a te, Potter, e buona serata – concluse con un amabile sorriso la madre di Ron.

- Si... ecco, io... certo, signora Weasley, stia tranquilla. Solo una serata tra amici. A presto. -

- Oh per Merlino in preda alla flautulenza – borbottò Harry, chiudendo la porta del taxi mentre la madre di Ron rientrava in casa – vostra madre sa essere barbaramente efficace, nel mettere a disagio le persone. Oh piantatela – disse poi rosso in viso, mentre i tre fratelli sghignazzavano senza ritegno; la pinta di Whisky Incendiario che Charlie aveva versato nella caraffa di succo di zucca mezz’ora prima stava producendo i primi deleterei effetti.

- Dove mi portate, eh? Perché la divisa da Quic... da Duich... da Quidditch? – biascicò Ron tra una risata e l’altra – Non credo di essere all’altezza. Cioè, in grado di proporre una prestazione sportiva accettabile. – e concluse la sua affermazione con una risatina preoccupante.

Mentre il taxi si alzava in volo dal giardino della Tana, avvolto in un impeccabile Incantesimo di Disillusione, Harry replicò placido a Ron – Non è un problema, Ronald, quale tuo ex Capitano ho capito, in questi anni, che le tue prestazioni sono influenzate ben poco dalla tua condizione fisica. Ora come ora, a mio parere potresti giocare titolare in una finale di Coppa del Mondo, se solo riuscissi a reggerti sulla scopa. – Poi si chinò verso Bill, sussurandogli – Ma Ron non regge nemmeno la BurroBirra, non riuscirà a godersi la festa, così sbronzo. –

Il volto sfregiato di Bill Weasley fu percorso da un sogghigno. George era ad Hogsmeade, intento a terminare i preparativi per la festa che si sarebbe tenuta alla Testa di Porco. Molto, molto meglio che Ron non fosse troppo lucido, visto quello che avevano in mente per lui.

- Rilassati, Harry, è il nostro fratellino, non permetteremo che gli succeda nulla di male o, almeno, nulla di irreparabile. – affermò agguantando la fiaschetta che Charlie gli aveva passato, prendendone un sorso e passandola ad Harry, che annusò il contenuto, dall’odore bizzarro.

Charlie frequentava la Romania da anni per i suoi studi, e in tutto quel tempo aveva arricchito la sua cultura anche in ambiti diversi dai draghi; in quella fiaschetta c’era un distillato di Ginepro Transilvano a centotrenta gradi alcolici, che però scese nella gola di Harry liscio come olio. Un piccolo sorso che fece tossire e sobbalzare Harry, mentre i suoi capelli assumevano un bel colore blu.

- Effetto collaterale di breve durata, caro Potter – bisbigliò Charlie, la cui chioma aveva assunto una vigorosa gradazione di azzurro ghiaccio puntinato di rosa – ma di notevole effetto scenico. Lo usavo spesso quando lavoravo sui Dorsorugosi di Norvegia. A loro questo colore piace, li mette a loro agio, e poi mi aiutava a non farmela sotto mentre gli facevo i prelievi di sangue. – concluse cercando di scrollarsi di dosso Ron, che ostinatamente cercava di raccontargli per la sesta volta consecutiva la sua parata più bella in punta di scopa.

Il viaggio proseguì tra battute e risate, mentre Harry scrutava il paesaggio sotto di loro. Ecco il castello di Hogwarts, ed il campo di Quidditch, la loro prima meta, verso la quale planarono sino ad atterrare placidamente.

- Capolinea, Ronron – esclamò Bill saltando fuori dal taxi. Si scrollo la chioma fluente, color verde pisello, e trascinò fuori il fratello minore e la sua Tornado 2000. – Ecco, ora vedrai che ti riprendi, bravo. Metti i guanti, non sulle orecchie Ron, sulle mani – e pazientemente continuò ad aiutare il fratello a riassestarsi la divisa da gioco, ficcandogli poi in testa un caschetto di protezione da rugby.

- O cavolo, Bill. Levami questo coso. Charlie, non è regolamentare – farfugliò Ron mentre il fratello continuava imperturbabile a fissargli la protezione. Fu Harry a prendere la parola a quel punto.

- Ronald Weasley, stasera è l’ultima occasione che ti si offre per mettere alla prova il tuo talento - declamò con voce stentorea, nel disperato tentativo di non ridere – e non parlo solo del Quidditch , parlo di affrontare con coraggio e valore situazioni imprevedibili e rischiose, financo mortali! - esclamò ormai incapace di trattenersi oltre. – Forza, in aria! – e i quattro si levarono in volo.

Un atterrito Ron andò a posizionarsi di fronte agli anelli, mentre l’amico e i due fratelli cominciavano a lanciargli contro Pluffe che... incredibilmente, vennero tutte intercettate senza la benchè minima difficoltà; strano a dirsi, ma sembrava che gli fosse passata la sbornia d’un colpo, e la sua concentrazione era diventata totale.

- Charlie, volteggiando all’altra estremità del campo, gridò, rivolto ad Harry – Pensi che sia pronto? –

- Pronto per cosa - chiese di gran voce Ron, ma in quel momento Harry alzò la bacchetta, urlando – LUMOS EXTENSOR! – e i pennoni dello stadio si accesero, e dal bagliore accecante sbucarono tre figure incappucciate che indossavano i colori verde e argento di Serpeverde e che filarono dritte verso Ron, scagliandogli contro Pluffe di un bizzarro colore.

Lui ne intercettò una, d’istinto. Si ritrovò avvolto in una nube fetida, maleodorante, ma quell’odore gli era ben noto. Aveva appena parato una Caccabomba gigante, ed i tre Cacciatori continuavano a scagliarle senza sosta, non verso gli anelli, ma verso di lui!

- Cavoli... basta... fateli smettere, accidenti a voi! - urlò Ron cercando di evitare quella sgradevole pioggia, mentre Charlie e Bill ridevano a crepapelle reggendosi a fatica sulle scope, ed Harry gridava - Sei stato determinato nella tua scelta, Ronald Weasley, quindi non lamentarti... il tuo addestramento da Auror è appena cominciato!! -

Dopo un quarto d’ora abbondante di bombardamento, i tre misteriosi giocatori si eclissarono, lasciando Ron semisoffocato dalle Petopluffe (George lo aveva tenuto all’oscuro del progetto proprio in previsione della serata, evitando di pubblicizzarle) e con la sua Tornado 2000 decisamente a corto di fiato.

I suoi tre compagni lo cacciarono vestito sotto le docce, guadagnandosi dal festeggiato una varietà di insulti imprevedibile nella sua abbondanza e fantasia, aiutandolo quindi ad indossare un antiquato abito da cerimonia che suscitò in Ron atterriti ricordi del Ballo del Ceppo.

Poi, scope alla mano, si prepararono a raggiungere Hogsmeade, dove il resto della comitiva li attendeva per proseguire i festeggiamenti.

Mentre i tre fratelli si levavano in volo, Harry esclamò all’improvviso – Accidenti, dimenticavo. Devo spegnere i pennoni e dare una ripulita. Andate avanti, arrivo subito! - e ritornò velocemente allo stadio.

Vicino agli anelli, sul campo perfettamente pulito, tre persone si stavano liberando della divisa da gioco, mentre una quarta scuoteva la testa sorridendo.

I tre Cacciatori mascherati si rivelarono essere George Weasley, che salutò Harry entusiasta per il positivo collaudo delle Petopluffe e si Smaterializzò all’istante per precedere i fratelli alla Testa di Porco, uno sghignazzante Oliver Baston (ancora sconvolto dal fatto che la casa di Grifondoro fosse stata talmente disperata da ricorrere a Ron come suo sostituto) che ripartì per il ritiro del Puddlemere United, e una divertita Gwenog Jones.

Con la Capitana delle Holyhead Harpies Harry chiaccherò fitttamente pochi minuti, prima che la stessa salutasse e ritornasse a casa. In quel mentre la quarta persona presente, che aveva pazientemente atteso la fine dei saluti, rivolse ad Harry la parola.

- Bene, signor Potter. Spero che questa... ehm... esibizione sia riuscita secondo i vostri desideri. – borbottò un’insonnolita Minerva Mc Granitt. – No, no, non si affanni a ringraziare se ho dato una ripulita. In fondo questa è la mia scuola e, quindi, questo è il mio stadio. Era intollerabile che restasse inzuppato dei residui di quelle Pluffe spiacevolmente olezzanti. Che succede, Potter, qualcosa non va? – soggiunse poi la Preside di Hogwarts di fronte allo sguardo imbarazzato di Harry.

- No, signora, volevo dire, professoressa, è stato davvero un gesto molto generoso da parte sua concederci il permesso per fare questa cosa. Non volevo arrecarle disturbo. Ero tornato per ripulire e sistemare le cose, non doveva disturbarsi, lei ha mille cose più importanti da fare. Grazie, Minerva. Grazie di tutto, davvero di tutto – disse Harry tutto d’un fiato.

- Sempre galantuomo, Harry, mi compiaccio. – disse l’anziana professoressa prendendolo sottobraccio ed incamminandosi verso l’uscita – Comunque sia, Hogwarts ha sempre accondisceso ad un po’ di sana goliardia. Stasera uno strappetto alle regole era ampiamente giustificato. Per quanto, ora che l’ho visto bene, rabbrividisco all’idea che quel povero ragazzo sia stato il Portiere titolare di Grifondoro... Faceva davvero orrore, e d’altronde cosa aspettarsi da chi tifa per i Cannoni di Chudley? Come abbiamo fatto a vincere la Coppa di Quidditch con lui in squadra? Ma ora – disse la Preside rivolgendosi al suo vecchio allievo – non perdere tempo qui. Raggiungi i tuoi degni compari, o ti perderai il meglio della festa. -

Harry la ringraziò con un ampio sorriso, balzò sulla Firebolt e decollò. Osservando quel giovanotto schizzar via come un Bolide verso Hogsmeade, Minerva non potè evitare di pensare a suo padre. James sarebbe stato fiero di lui anche in questo, pensò, mentre con uno svolazzo della bacchetta spegneva i pennoni dello stadio, ricordando quante volte si era trovata a mettere in punizione il padre di Harry a causa degli scherzi indicibili inflitti ai compagni.

Mentre la Preside (ad interim!) di Hogwarts richiudeva il portone della Scuola, Harry entrava alla Testa di Porco. Dopo aver parcheggiato la sua Firebolt aveva udito dall’interno della taverna eccheggiare il noto ritornello "Perché Weasley è il nostro re" e quando varcò la soglia fu accolto da un coro di "Era ora!"e da un intenso odore d’idromele.

Mentre si sedeva, Bill gli ficcò in mano un boccale della succosa bevanda e lo aggiornò sugli avvenimenti; George aveva accolto Ron con un inchino, gli aveva drappeggiato addosso un mantello rosso ed oro e lo aveva condotto a capotavola facendolo accomodare su di uno scranno dorato, incoronandolo poi con una treccia di Radigorde e ponendogli in mano una Pluffa (l’orbe) e una mazza da Battitore (lo scettro); quindi tutti avevano intonato il coro che Harry aveva udito arrivando.

Nel frattempo, visto che l’illustre ritardatario era arrivato, Aberforth cominciò a servire la cena e... per Ron cominciarono i guai.

La prima portata consisteva di una cremosa ed allettante zuppa di piselli con bacon croccante. Purtroppo per Ron, quando vi affondò il cucchiaio, le fette di bacon lo avvilupparono e gli ficcarono la testa nel piatto, dal quale riemerse adorno di una graziosa tonalità verdognola.

Poi vennero gli arrosti, nel senso che dalla cucina fecero irruzione in sala un nutrito stormo di quaglie allo spiedo e di polli ben arrostiti, inseguiti da un cinghiale magnificamente rosolato che li rincorse tutto attorno allo scranno di Ron, impegnatissimo a cercare di acchiappare qualcosa da mettere sotto i denti, con risultati tanto infruttuosi quanto esilaranti.

Il purè di patate arrivò come un’onda di piena; i ragazzi estrassero la bacchetta esclamando –Protego! – e l’incantesimo Scudo fece rimbalzare il contorno nei loro piatti, mentre Ron agitò la mazza da Battitore ed ottenne in cambio un turbante di purea.

La cena continuò così tra pietanze incantate e nuovi scherzi, tra brindisi e cori, mentre il festeggiato, di tanto in tanto, in risposta alle battute più mordaci, scagliava la Pluffa o la mazza verso il responsabile dell’oltraggio; invariabilmente, i due oggetti gli ritornavano contro, bersagliandolo di nuovi colpi, insensibili alle sue proteste.

- Incanto BBP, mio caro Harry – rispose George ridacchiando soddisfatto all’interrogativo postogli dall’amico – vale a dire Incantesimo Boomerang Blandamente Punitivo. Come vedi, i miei anni di studio non sono stati del tutto inutili. Ed ora – ruggì levandosi in piedi – l’ospite d’onore della nostra serata. Aberforth, la prego, introduca la nostra cara amica – concluse strizzando l’occhio al divertito oste.

Le luci si abbassarono, un po’ di fumo si levò dal basso, e una sagoma prosperosamente femminile ancheggiò in direzione di Ron che la fissò dapprima incuriosito, poi preoccupato e, alla fine, decisamente allucinato.

- Ciao, Ronron - tubò la voce di Lavanda Brown, inguainata in un abitino nero con spacco assassino sulla coscia e scollatura abissale – che carino ricordarti di me. Non ti preoccupare, sono venuta solo per farti un saluto, da vecchi compagni e... a ricordarti quel che ti perdi – sussurrò poi sistemandosi a cavalcioni delle sue ginocchia. – Ti ho riportato questa - disse mettendogli al collo una catena d’oro con appese le lettere "Amore mio" – Non l’hai mai messa, sciocchino. – continuò dandogli un buffetto sul naso che era color porpora, come il resto del volto.

La prosperosissima ragazza si assestò meglio sulle ginocchia di Ron e con voce suadente mormorò - Sai, vorrei che ti fosse ben chiaro ciò a cui rinunci... tutto quanto... Bill, mi aiuti con il vestito – disse occhieggiante, e lui, con una smorfia di esilarata sofferenza sul volto, fece scorrere la zip dell’abito.

- Merlino mi protegga! No no no Lavanda, per piacere Lavanda evita... ma che fai – gracchiò Ronald distogliendo lo sguardo. Lei cominciò ad abbassarsi il vestito e lui serrò con forza gli occhi; poi la sentì agitarsi sulle sue ginocchia e, d’un tratto, il peso che gravava sulle stesse si fece più consistente, mentre un silenzio interrotto da qualche risatina aleggiava sulla tavolata.

Quindi una voce ben nota, per niente sensuale, sussurrò all’orecchio del festeggiato – Su, da bravo, timidone, apri gli occhioni belli... – e Ronald Weasley si trovò a fissare ad occhi sbarrati il torace discretamente villoso e decisamente non attraente di un sorridente Neville Paciock, mentre una risata colossale erompeva nel locale.

- Neville... tu... voi... Harry, per il sospensorio sudato di Merlino, sei stato TU, incommensurabile bastardo... NEVILLE SCENDIMI DI DOSSO!! – esplose Ron, mentre Paciock si liberava del vestito e raggiungeva il suo posto, dove i suoi abiti lo attendevano e dove, per prima cosa, ingurgitò un intero boccale di idromele.

- Ugh, mi ci voleva proprio, Harry – disse Neville , guardando Charlie, Bill, Seamus, Dean e gli altri che raggiungevano Ron per aiutarlo a riprendersi e continuare a sfotterlo, con George che, magnanimo, lo liberava dall’Incanto BBP. – la Pozione Polisucco di Lavanda era... bleah... appiccicosa come melassa stracotta – continuò versandosi un altro boccale. – Tra parentesi, come vi siete procurati quel capello della Brown? – chiese poi ad Harry mentre Ron cercava inutilmente di farsi consegnare una foto magica che lo ritraeva intento a fissare come un ebete la falsa Lavanda appollaiata su di lui.

- Oh, è stato semplice. Ginny ne aveva uno impigliato in una spazzola che una volta le aveva prestato. A dire il vero è stata lei a darmi l’idea. – rispose lui mandando giù un bicchierino di Ginepro Transilvano.

- No, non per me grazie. Comunque il blu ti dona, Harry – ridacchiò Neville mentre il distillato produceva i suoi effetti. – A proposito di Ginny, ti ha detto niente di cosa avevano in programma loro per stasera? –

Harry abbassò la voce ad un bisbiglio. – Fleur le ha portate in un localino che conosce vicino a Beauxbatons. Mi pare che si chiami La Cage aux Folles. Non penso che la loro serata sarà molto diversa dalla nostra, anche perché – e a questo punto il sorriso di Harry si allargò – Ginny mi ha chiesto di recuperare dal cassetto dei cimeli del Quidditch di Ron la pergamena con l’autografo di Viktor Krum e, guarda caso, anche lì c’era un capello. – concluse strizzando l’occhio a Neville.

Nel frattempo Ron, adeguatamente corroborato, aveva intonato, con voce profonda e totalmente stonata, "Odo l’eroe", accompagnato da Charlie, Seamus e Dean: era ubriaco come lo gnomo delle favole, caduto in un secchio di Vino Elfico ed uscitone bevendo. Bill stava parlottando con Aberforth, che gli consegnò di soppiatto una piccola ampolla, annuendo.

A quel punto l’oste annunciò che era ora di chiusura, e andò alla porta a salutare tutti i ragazzi che uscivano; aiutò un barcollante Ron ad arrivare all’uscio e lo congedò con una poderosa pacca sulla schiena che lo indusse ad un conato represso... Aveva bevuto decisamente troppo.

Tutti uscirono nel piazzale di fronte alla Testa di Porco, compreso Aberforth che rideva di gusto ma nessuno capiva il perché. Poi George annunciò trionfante - Ed ora, in onore del mio tenero fratellino Ronald... non vomitare qui per piacere... terremo una sensazionale esibizione degli inimitabili, superlativi, fenomenali Furibondi Fuochi Weasley! –

Uno scrosciante applauso dei presenti si spense mentre lo stesso George si accostava con espressione fintamente preoccupata a Ron, in piena crisi da overdose d’idromele.

- Bevuto troppo eh, fratellino? Fa niente, abbiamo il rimedio pronto. Bill l’ampolla grazie. Ron girati da questa parte per piacere – disse George voltando il fratello in direzione di un ampio spazio erboso – adesso bevi questo, manda giù bravo... un... due... tre.. e adesso UN RUTTINO!! - concluse con due vigorose pacche sulla schiena di Ron, il quale ruttò... ad onor del vero. O meglio, eruttò una vampa di fiamma di circa una ventina di metri, investendo in pieno lo spiazzo dal quale all’istante sfrecciarono verso il cielo una impressionante moltitudine di fuochi d’artificio uno più bello dell’altro, sino a culminare in una gigantesca sagoma di Portiere a cavallo di una scopa, compreso di zazzera di capelli rossi, il tutto incorniciato da un cubitale "Ronald Weasley è il nostro re".

Alla fine di quello spettacolo si levò un ultimo fragoroso "hurrà" in onore di Ron che sedeva, sobrio ed esausto, sui gradini di una casa di fianco alla taverna.

Mentre molti ragazzi, dopo gli auguri di rito, cominciavano a salutarsi e a ripartire verso casa, Harry chiese ad Aberforth cos’era quella pozione che aveva trasformato il suo migliore amico, per dieci secondi, in un surrogato di drago.

- Mio caro signor Potter, quello è Ardeliquio, Ardemonio Depotenziato Liquido, o qualcosa del genere, inadatto ai compiti che le erano stati affidati da mio fratello, ma ottimo per curare una sbornia, a patto di non agitarlo troppo o di trovarsi in traiettoria di scarico, ovviamente – rispose, con una breve risata. – Ora buonanotte, è arrivato il taxi, cacciateci sopra quel poveraccio e riportatelo a casa prima che realizzi tutto quel che gli avete combinato. –

Mentre Harry si avviava verso Ron, dall’auto scese a sorpresa una nota figura, il volto incorniciato da occhiali con la montatura di corno, che dopo essersi guardato intorno, borbottò – Maledizione... ecco a cosa conducono senso del dovere e dedizione al lavoro. Il Ministro (Merlino lo illumini sempre) mi ha lasciato via libera solo venti minuti fa. Harry, Aberforth, salute a voi. Ma dov’è il mio fratellino, dov’è il festeggiato? – domandò Percy Weasley prima di incamminarsi verso Ron, ancora inebetito dagli effetti dell’Ardeliquio e circondato da un fumo azzurrino che gli colava dalle orecchie.

- Bill, Charlie, George, ho visto i fuochi mentre arrivavo, fantastici. Sei il solito genio.. ma cos’è che ha causato quella vampata gigantesca prima che cominciasse lo spettacolo? Accidenti, sapete che ogni movimento di draghi o animali potenzialmente pericolosi va preventivamente comunicato al Dipartimento per il Controllo delle Creature Potenzialmente Pericolose? Comunque non importa, per una sera il Ministero può anche fare a meno di me. Raccontami, Ronald, com’è andata? Ne avete combinate di tutte i colori, eh? Comprensibile, comprensibile. Per quanto, te ne renderai conto, il matrimonio non è assolutamente uno scherzo, nulla di tutto questo, anzi comporta numerose responsabilità di cui devi essere ben cosciente, tu... -

Mentre Percy tirava dritto con il suo predicozzo, Charlie Weasley, un’espressione nauseata sul viso, rifilò un’occhiata eloquente quanto una gomitata a Bill, che alzatosi in piedi raggiunse l’occhialuto fratello tutto intento ad illustrare i doveri insiti nelle Unioni Magiche e lo interruppe porgendogli la fiaschetta di Charlie.

- Percy, un abbraccio sarebbe stato più appropriato comunque, ti ci vuole un sorso, prima che ti si inaridisca la lingua. -

Lui prese la fiaschetta, dubbioso, ma dopo una breve annusata sorseggiò compiaciuto, facendo sì che la propria corta chioma prendesse immediatamente un bel colore fucsia con striature tinta senape.

- Ottimo... per fortuna i bizzarri effetti secondari del distillato di Ginepro Transilvano sono assai rapidi a dileguarsi. Ora Ronald su, in macchina, tra due giorni a quest’ora starai danzando con la tua novella sposa... Guarda in che stato sei. Bill, Charlie, aiutatelo a salire in macchina, andiamo, è tardissimo. Tu sali con noi, George? Harry? – chiese con tono affabilmente perentorio Percy.

Harry declinò l’invito. Alcuni dei ragazzi erano ancora lì, voleva salutarli, se non si fossero rivisti al matrimonio chissà quanto sarebbe passato prima che si incontrassero ancora.

George ringraziò per la gentile offerta, ma passò la mano adducendo ulteriori impegni poi, mentre Percy si girava per controllare che le cinture di sicurezza di Ron fossero allacciate, il gemello agitò la bacchetta verso di lui con un movimento bizzarro, mormorando qualcosa d’incomprensibile.

Il taxi, di nuovo celato dall’Incantesimo di Disillusione, ripartì alla volta della Tana e George attaccò a ridere, ridere a crepapelle mentre Harry gli chiedeva divertito – Non perdi mai un’occasione. Che tiro gli hai giocato, questa volta? –

George faticò a riprendere fiato, prima di rispondergli – Gli ho rifilato una Fattura Acconciante Fissativa a medio termine, così i capelli gli resteranno di quel colore fino a lunedì mattina. Spero per lui che qualcuno lo aiuti nella scelta dell’abito, non sarà semplice trovarlo intonato. – A quel punto riprese a sghignazzare, seguito da Harry e da Neville, che li aveva raggiunti per ascoltare l’ennesimo scherzo rifilato dal Signor Tiri Vispi all’azzimato fratello.

- Scusate ragazzi – disse Paciock quando le risate si furono un po’ placate – ma Aberforth ci ha lasciato qualcosa per il bicchiere della staffa, Dean e Seamus sono rimasti ad aspettarvi per metterci d’accordo per domenica, quindi è il caso che ci muoviamo, prima che faccia mattina. –

George e Neville presero sottobraccio Harry, incamminandosi verso gli altri che li attendevano; Harry fece i complimenti a Neville per il suo travestimento – Per quanto – disse – tu come ragazza sia attraente quanto due femmine di Troll che lottano nel fango. Ma sei stato perfetto, perfetto – sottolineò divertito.

- Niente di che, Harry; tu lo sai, per gli amici questo ed altro – disse tranquillamente Neville.

Amici.

Tutti loro erano amici, pensò; certo, alcuni erano speciali, come Ron, altri a malapena sopportabili, come Percy, ma quella catena di affetti, complicità, rispetto e simpatia rappresentavano al meglio tutto quello che Silente gli aveva insegnato in quegli anni. Quella era la vera, invalicabile barriera che li proteggeva dall’oscurità.

I pensieri di Harry indugiarono riconoscenti per qualche istante su Albus prima che George e Neville lo acchiappassero e lo scaraventassero dentro una gigantesca tinozza d’idromele.

Lui annaspò, cercando di uscirne... inutile... bordi troppo alti. Poi, mentre anche gli altri si tuffavano, gli tornò in mente la vecchia favola dello gnomo caduto in un secchio pieno di vino Elfico, e di come fosse riuscito a salvarsi.

Così, insieme agli altri, cominciò a bere.

 

CAPITOLO QUINTO

Il matrimonio

- Il padrone oggi è davvero impeccabile. L’abito che indossa rende giustizia al valore del padrone. – gracchiò soddisfatta la voce di Kreacher, intento a spazzolare con cura il mantello da viaggio di Harry Potter.

Il sole dell’alba inondava di una luce tenue la casa al 12 di Grimmaud Place. Domenica, a quell’ora Harry era solito dormire profondamente, ora invece era intento ad aggiustarsi il nodo della cravatta grigia che lo faceva sentire come un condannato in fila per il patibolo.

- Kreacher, grazie per il tuo apprezzamento, la tua opinione mi conforta. Ora, se non ti spiace, smetti di spazzolare il mantello, o lo consumerai. No, non ho fame, una tazza di tè andrà benissimo – disse lievemente stizzito al vecchio Elfo Domestico. Quella mattina Harry era particolarmente nervoso, eppure lui era solo il testimone, mica lo sposo, ma il nodo della cravatta gli era riuscito decentemente solo dopo quattro tentativi, aveva lo stomaco chiuso come un'ostrica e si sentiva, dentro quell’abito grigio da cerimonia, totalmente fuori posto.

Il sabato appena trascorso non lo aveva certo aiutato a rilassarsi, peraltro. La festa di Ron aveva lasciato postumi devastanti, quali un mal di testa opprimente e la sensazione di aver masticato un calzino non propriamente fresco di bucato. Nulla che non si potesse risolvere con una sana dormita, ed invece la giornata era cominciata alle sette e mezzo, appuntamento con Malcom Swordfish, suo Auror Supervisore, per discutere di una richiesta inusuale che aveva fornito frutti insperati; alle nove meno un quarto un incontro a quattr’occhi al Paiolo Magico con Gwenog Jones, anche questo andato a buon fine; quindi era passato alla Gringott, poi da Madama McClan a ritirare l’abito da cerimonia per poi consegnarlo a Kreacher perché lo stirasse, di nuovo alla Gringott (che prezzi la McClan) dove aveva salutato di sfuggita Bill, poi un veloce caffè con George (o meglio con un mago color muffa di formaggio nascosto dietro ad occhiali scuri che rispondeva al nome di George, a patto che lo si pronunciasse a voce bassa) e poi Smaterializzazione fino alla Tana per la... ventunesima o ventiduesima prova della cerimonia.

Molly Weasley aveva già varcato a grandi passi la soglia che divide l’apprensione dall’isteria, e continuava a studiare la disposizione dei tavoli, i tempi per il rinfresco, la gestione dei parenti Babbani di Hermione, per i quali fortunatamente erano stati messi a disposizione da Kingsley due Obliviatori abili e discreti, che avrebbero provveduto a modificare i ricordi Babbani di quel matrimonio magico in una sobria e zuccherosa cerimonia tradizionale.

Nonostante ciò, Molly ne aveva per tutti, ed il fatto che Harry si fosse presentato con la divisa da apprendista Auror invece che con l’abito da cerimonia non aveva certo aiutato a stemperare il clima.

- Ecco, il mio bambino domani si sposa, poi via qualche giorno con lei, poi via con... con un branco di pazzi a tuffarsi in tane di Troll. Harry, è tutta colpa tua, e ti presenti anche così conciato, come se non me lo ricordassi già da sola. Arthur, i gufi hanno portato tutte le risposte? Oh eccovi, ciao Hermione cara, Ginny... COSA DIAVOLO HAI ADDOSSO? IO BRUCERO’ QUELLA FELPA, TI AVEVO DETTO L’ABITO SUL TUO LETTO!! – sbraitò la signora Weasley inferocita.

Ginny ed Hermione erano appena uscite di casa, e a giudicare dal loro aspetto dovevano avere avuto una gran serata. Sembravano entrambe vittime di un vampiro tanto erano pallide, Ginny con delle occhiaie impressionanti ed un’espressione da vittima sacrificale, Hermione... beh, sembrava un catino di fango rovesciato sul selciato.

- Mamma... tutto quello che vuoi ma non alzare la voce – gemette la giovane, prendendo Harry sottobraccio come per sostenersi. In realtà non riusciva a stargli lontano, in quelle rare occasioni in cui entrambi trovavano un fazzoletto di tempo per vedersi.

Il pranzo non fu nemmeno nominato; le prove procedettero spietate fino alle otto di sera, con gli addetti all’allestimento del padiglione nuziale che lavoravano sorridendo delle loro espressioni disfatte. Ron apparentemente era quello fisicamente più in forma, ma il panico lo aveva già conquistato, e questo non aiutava affatto. Il giovanotto sbagliò a ripetere la formula del rito per sei volte di fila; Hermione era ormai rassegnata a fare notte, mentre Ginny, in preda a reflussi di vapore d’idromele che la facevano ingiallire in volto, stentava palesemente a stare in piedi.

Nel frattempo, in casa, Arthur e suo figlio Charlie terminavano di sistemare le ultime cose, George riceveva i pochi ospiti arrivati in serata per la cerimonia dell’indomani (Hagrid aveva già piantato la sua tenda poco lontano) e Bill ,in procinto di rientrare a Villa Conchiglia, tentava di rimuovere a Percy l’Incantesimo Fissativo senza troppa convinzione, riuscendo ad eliminare le strisce color senape ma lasciando la base fucsia inalterata.

Dulcis in fundo, cena veloce con bombardamento di raccomandazioni per l’indomani, bacio fin troppo veloce a Ginny, e un passaggio ad Hermione sino all’alberghetto nelle vicinanze dove alloggiavano i genitori di lei, occasione nella quale dovette stringere i denti e frenare l’ennesima nevrotica ripetizione dei passaggi delle cerimonia da parte dell’amica, augurandole con un abbraccio la buonanotte.

Poi di corsa a casa a dormire... male e poco.

Ora era domenica, aveva ripensato a tutto quello che aveva fatto il giorno prima, si era rifatto per la quinta volta il nodo alla cravatta, si era scottato bevendo il tè, e sentiva crescere il disagio.

Stava pensando a Ron ed Hermione, all’amicizia che gli legava, ed ora il loro matrimonio. Le cose sarebbero cambiate, ma come? Sarebbe stato tutto stravolto, o sarebbe stato solo un tassello in più nel loro puzzle?

Quando il giorno prima aveva espresso i suoi dubbi a Ginny, lei aveva riso di cuore, gli aveva stampato un bacio sulle labbra ed era tornata da Hermione che stava provando ad acconciarsi i capelli a colpi di bacchetta. L’odore di bruciato che aleggiava nell’aria lo aveva indotto a non proseguire la conversazione in quel momento.

Kreacher annunciò, facendo trasalire Harry – Stanno bussando alla porta, padrone. –

L’elfo scese ad aprire ed annunciò l’arrivo di Charlie Weasley, cucito dentro un abito scuro gessato, tuba alla mano.

- Scusa se sono arrivato così presto Harry... Wow che damerino... ma sai com’è mia madre, finchè non saremo tutti là, continuerà a urlare e prendersela con tutti. E' completamente sconvolta, per Bill non era stata così, come dire, mordace – disse Charlie mentre Harry salutava Kreacher ed indossava il mantello da viaggio.

- Oh no... sai che detesto viaggiare in auto, Charlie – borbottò Harry salendo sulla Mini Cooper del corpulento dragologo che all’interno, ovviamente, era ampia ed accogliente come una Rolls – è un modo di spostarsi dannatamente lento. – concluse sprofondando nel sedile, attento a non sgualcire il vestito, rimuginando anche sui duecento galeoni che la McClan gli aveva estorto per quel gabbanino da scimmia.

Charlie mise in moto e partì a razzo, pestando forte sull’accelleratore, un sorriso beato stampato in volto. - Se vuoi un po’ di velocità, caro Potter, ti accontento – disse schizzando follemente nel poco traffico di quell’ora.

Harry, schiacciato nel sedile, grugnì con voce soffocata – Non... intendevo... questo... rallenta, accidenti, intendevo che è un modo di muoversi che lascia troppo tempo per... per pensare, tutto qui. – mormorò mentre l’auto tornava ad una velocità decorosa e Charlie gli gettava un’occhiata divertita.

Harry, guarda che oggi i tuoi migliori amici si sposano, non è che andiamo ad un funerale, sai? - esordì schivando un autobus per un pelo ed imboccando una stradina che portava verso l’aperta campagna. – Però ti capisco.. Anch'io, quando Bill si è sposato, non so, è stato come se... beh non so spiegarti con precisione, solo mi sono reso conto che il tempo passa molto più in fretta di quanto non si vorrebbe, e d’altronde è anche vero che l’altra sera lo hai visto anche tu, è sempre pazzo. Insomma oggi è un giorno per essere felici, poi per te è facile, devi solo stare in prima fila e mettere una firma, insieme a mia sorella. Non venirmi a dire che questo ti dispiace. – disse Charlie agitando la bacchetta ad evocare un Incanto di Disillusione sulla piccola vettura.

Harry deglutì. – Hai intenzione di volare fino alla Tana? – chiese nella speranza di una smentita. Ma l’auto si levò in un decollo quasi verticale, mentre Charlie rispondeva – Mi spiace Harry, ma siamo in anticipo di tre ore il che, per mia madre, equivale ad un’ora di ritardo. Poi credo sia meglio che ci spicciamo anche per te, Harry; hai bisogno di un goccio e di qualcuno che sappia metterti a tuo agio più di quanto sia in grado di fare io con la mia guida. – concluse con voce tranquilla, continuando la vertiginosa ascesa.

- Gra... Grazie, Charlie, scusami. Non so che mi prende oggi. – mormorò Harry con voce flebile; per fortuna quella mattina non aveva fatto colazione. Odiava i decolli verticali a stomaco pieno.

L’autista gli diede una pacca sulla spalla, e non disse altro sino a quando il volo non si concluse sul prato antistante la Tana, dove il padiglione della festa incombeva come una condanna, e dove furono accolti, invece che da una Molly Weasley furibonda, dal mite Arthur, cosa questa davvero inaspettata.

- Charlie, tutto a posto? Il testimone è intero? Molto bene, raggiungi George e Bill. Gli invitati tra un po’ cominceranno ad arrivare e gli servirà una mano. Harry, un abbraccio.. sei perfetto, mille volte meglio di me, per fortuna, ma d’altronde io con questi abiti non mi trovo, non fanno proprio per me – sentenziò il capofamiglia Weasley, infilato in un tight un po’ abbondante per lui, gli immancabili occhiali sghembi sul naso.

- Grazie, signor Weasley... l’abito le sta benissimo, è veramente elegante – mentì spudoratamente Harry, guardandosi attorno. – Ehm... ma dov’è sua moglie, pensavo ci fosse lei ad aspettarci, anzi mi spiace, sono in ritardo rispetto alla sua tabella. Ho perso tempo con il nodo della cravatta e... - le scuse di Harry si spensero in un farfuglio mentre l’ansia riprendeva possesso di lui.

Arthur Weasley lo prese sottobraccio. – Non preoccuparti, Molly sta aiutando Ron a prepararsi. Praticamente un cieco che aiuta lo zoppo ad attraversare la strada. Meglio che vieni dentro a mangiare un boccone, sei a stomaco vuoto e questo non aiuta certo a predisporsi allo stato d’animo consono alla giornata – lo esortò giovialmente, conducendolo dentro casa. – A proposito, Ginny dovrebbe arrivare tra qualche minuto, è dovuta scappare a dare una mano ad Hermione. – continuò ficcando in mano ad Harry un gigantesco tramezzino ed un boccale di Burrobirra corretta robustamente.

- Ah... capifco... ma non ci fono... scusi... Non ci sono i genitori di Hermione per aiutarla nei preparativi? – chiese Harry azzannando il tramezzino e mandando giù il boccone con un bel sorso di Burrobirra; aveva scoperto di avere una fame da lupo.

- Oh, certo, ma diciamo che si tratta di una mano... o meglio, un sostegno morale. Insomma tu conosci Hermione, la solita crisi di panico, e comunque a mia figlia è venuta un’ottima idea per l’acconciatura della sposa, quindi... Ah - soggiunse Arthur alzando la testa in ascolto – penso che Molly si sia accorta del tuo arrivo, mi pare di sentire la sua voce. Meglio che la raggiungiamo. – ed insieme salirono le scale verso la camera di Ron, mentre l’urlo "Arthur Weasley dove accidenti sei" rimbombava nella casa.

Quando si presentarono nella stanza dello sposo vi trovarono Molly seduta sul letto, bacchetta in mano, processioni di lacrimoni a percorrerle le guance paffute, intenta a fissare Ron, assolutamente impeccabile in un completo blu doppiopetto, rigido come se fosse stato colpito da un Petrificus Totalus. Appena notò Harry, girò leggermente la testa e mormorò – ‘Giorno, Harry... papà, penso che mamma abbia urgente bisogno di un cordialino... accompagnala di sotto prima che faccia esplodere la casa. –

Il padre di Ron, sorridente, prese sottobraccio la moglie e la fece alzare; lei squadrò Harry da capo (capelli insolitamente in ordine) a piedi (scarpe da cerimonia nere e lucide) sorridendo soddisfatta.

- Vedi, Arthur? Un perfetto testimone, perfetto... come il nostro Ronald, il mio Ron che oggi si sposa... – e Molly lasciò la stanza, prima che i singhiozzi ricominciassero, accompagnata dal marito, lasciando i due amici soli.

Si squadrarono, imbarazzati. Poi un sorriso si fece rapidamente strada sui loro volti e nel giro di un secondo stavano ridendo come matti, abbracciandosi e rimirandosi, impegnatissimi a sfottersi a vicenda; poi Harry estrasse dalla tasca della giacca una piccola pergamena e la consegnò a Ron.

- Questo è il mio regalo di nozze per voi, Ron. Aspetta, - disse interrompendo l’amico che stava già balbettando un ringraziamento – ascoltami e ricorda bene: quella pergamena va aperta da te, sarò io a dirti il momento giusto per farlo, e comunque Hermione dovrà essere accanto a te mentre la leggi. Immagino che questa sia la minore delle preoccupazioni. – ridacchiò Harry mentre Ron riponeva con cura in una tasca la piccola pergamena ed insieme lasciavano la stanza.

Quando varcò la soglia, Ronald Weasley si girò a guardare la stanza, sospirò e scese le scale incontro a sua madre, agli invitati... ad Hermione.

In cucina trovarono Percy con un sobrio completo nero ed una bombetta in testa. Stava bevendo del punch e imprecava contro la "deprecabile mania degli scherzi" che affliggeva i suoi fratelli; da sotto il copricapo qualche ciuffo fucsia faceva capolino, creando un azzeccato abbinamento con la cravatta del medesimo colore che il fratello di Ron aveva scelto suo malgrado. Neppure il tempo di prenderlo in giro, e nella stanza irruppero Molly Weasley e Ginny.

Molly spedì immediatamente Percy a controllare se i camerieri avevano cominciato a servire bibite fresche agli ospiti, requisì Ron per i saluti ai parenti e lasciò soli Harry e Ginny, non senza avergli ricordato con tono perentorio che nel giro di mezz’ora la cerimonia sarebbe cominciata. Poi borbottò qualcosa riguardo a ritardi e minacce di trasfigurazione in puzzole dei Pirenei, ed uscì.

Harry era rimasto incantato; fissava Ginny come se non l’avesse mai vista prima... eppure era vestita semplicemente, con un bell’abito verde smeraldo che le lasciava scoperte le spalle ed uno scialle in tinta, i lunghi capelli fulvi, lisci e lucenti fino a metà schiena. Riusciva a sentirne il profumo... i suoi occhi luminosi, il suo sorriso...

- Harry sei splendido. - la voce di Ginny ruppe il silenzio un attimo prima che si abbracciassero e un lungo bacio li trasportasse nel loro personale angolo di paradiso.

Dopo pochi minuti stavano passeggiando in giardino, salutando amici e parenti. Tenendola per mano, Harry le disse – Ginevra, temo che farai sfigurare la sposa. – sorridendole divertito.

- Tu invece rischi di far passare mio fratello per un bruco di falena. – rispose lei, continuando di tanto in tanto a fissarlo. Misericordia, due anni e mezzo alla fine del suo addestramento, come poteva sperare di resistere a quell’attesa? Lui era impegnato da mattina a sera, anche troppo, ma per lei le giornate erano davvero interminabili. Se il provino che aveva sostenuto con le Harpies la settimana prima era andato bene aveva qualche speranza di farcela a impiegare diversamente il tempo altrimenti... quando se l’era trovato davanti non era riuscita a trattenersi dal saltargli tra le braccia per più di dieci secondi. – Comunque – lo rimbeccò Ginny – per quanto mi riguarda non ci sono rischi, quando vedrai la sposa capirai, anche Fleur a confronto sfigurerebbe. – concluse avviandosi verso il padiglione nuziale, dove Molly Weasley attendeva l’arrivo dei parenti della sposa scrutando ansiosamente il cielo.

- Eccoli! – esclamò quando nello spiazzo erboso ad un centinaio di metri dalla Tana apparve dal nulla un piccolo bus che si posò delicatamente al suolo, e dal quale scesero una trentina di persone, una delle quali… vestita di bianco.

Mentre Molly ed Arthur si affrettavano verso gli ospiti Babbani , i due testimoni entrarono nel padiglione, trovandosi di fronte Ron, con un boquet di piccole rose in mano e lo sguardo ansioso.

- E’... è arrivata? – chiese con un filo di voce. – Com’è, Harry? Ginny? Oh scusate... meglio raggiungiate i vostri posti, io aspetto, sapete. – Ginny filò via mordendosi la lingua, Harry, invece, prima di avviarsi, sussurrò - Bah, come dico io, tutto è meglio di una femmina di Troll... Ronald, penso che oggi sarai invidiato da tutti. Me compreso. – concluse lasciando l’amico ancora più agitato e correndo a raggiungere Ginny che, nel frattempo, aveva avuto il buonsenso di recuperare l’anziano mago addetto ai riti nuziali, ancora intento a detergersi i lunghi baffi dai residui dell’idromele ingurgitato.

Una volta sistematisi, Harry si guardò intorno, riconoscendo Dean e Seamus, Luna con un magnifico abito color terra bruciata ed una gerbera all’orecchio, il solito sorriso sognante sul volto, poi Neville, assieme alla nonna. In fondo alla sala, sulla sua solita panca rinforzata, la mole inconfondibile di Hagrid che, vedendosi osservato, gli rivolse un cenno tipo "Dopo ho qualcosa per te".

In quel momento, i parenti di Hermione cominciarono ad entrare, prendendo posto e guardandosi attorno, con aria piacevolmente perplessa e sorpresa; poi entrò Arthur, che accompagnava la madre di Hermione, una signora graziosa, dal sorriso un po’ timido, e mentre andavano a sistemarsi vicino ad Harry e Ginny passò accanto al figlio, dandogli un colpetto sulla spalla, un gran sorriso in volto e gli occhi un po’ lucidi.

Molly Weasley entrò dopo di loro e prese Ron sottobraccio, con un espressione di felicità assoluta in viso, mentre Hermione Granger, accompagnata dal padre, alto e dal volto gioviale, faceva il suo ingresso nel padiglione nuziale.

Il ritmo cardiaco di Ron andò in vacanza per qualche secondo. Ginny non aveva detto bugie, Hermione sembrava una ninfa delle sorgenti, vestita d’un abito bianco che sembrava nascondere, nelle pieghe, arcobaleni e riflessi d’alba e tramonto; a coprirle le spalle un velo ricamato, simile ad una nuvola, dono di Fleur e degno di una Veela.

I capelli della sposa, solitamente ribelli, erano stati raccolti in una sola, lunghissima treccia, intessuta di fili d’oro e trapuntata di una moltitudine di piccoli fiori dai colori tenui: sembrava che la primavera fosse entrata in mezzo a loro, merito di Ginny, che aveva offerto quell’interminabile lavoro quale regalo di nozze alla sua amica più cara.

Ronald Weasley sgusciò dalla stretta di sua madre e le andò incontro. Sorrise al padre di lei e la guardò dritta negli occhi, intuendo subito che le battute carine che si era preparato non occorrevano affatto; nello sguardo di Hermione c’era tutto quello che gli occorreva sentire e capire, e dopo averle offerto l’omaggio dei fiori, la prese semplicemente per mano e con lei s’incamminò verso il maestro dei riti, mentre dentro di lui un torrente di gioia spazzava via paura, ansia ed ogni dubbio.

Quando espresse la sua promessa, ed ascoltò quella di lei, non si stupì di risentire, dentro di sé, l’eco delle parole di Silente e mentre una pioggia di scintille erompeva dalla bacchetta del celebrante avvolgendoli in una spirale di luce, Ron ed Hermione si scambiarono un lungo, interminabile ed applauditissimo bacio.

L’amore era davvero la magia più grande, invincibile, inarrestabile, inestimabile... come il sussurro che Hermione gli rivolse, alzando gli occhi verso i suoi.

- Grazie, amore mio. –

E Ronald Weasley si sentì davvero un re.

 

CAPITOLO SESTO

Luna di miele a sorpresa

- Harry! Ehi, Harry! – il vocione di Hagrid sovrastò la musica ed attirò l’attenzione del preoccupatissimo giovane mago, che controllava con apprensione l’orologio. Ron ed Hermione non la finivano più di scattare foto con parenti ed amici, almeno quelli che non si stavano lentamente avviando verso la pista da ballo ed il tavolo del buffet, il tutto con un ritardo talmente grande sui tempi immaginati da Harry che rischiava di mandare a monte la sorpresa che aveva organizzato per i due sposini.

- Hagrid... accidenti mi ero scordato. Dimmi, tutto a posto? Sei in gran forma. Come sta Fierobecco? – domandò mentre veniva stritolato da un abbraccio del suo vecchio amico e professore, cosa che lo aiutò a non far trasparire la sua apprensione.

- Oh sta benone, grazie. E' rimasto a casa con Groppino che ci fa compagnia intanto che io sono qui, e mi dispiace per la festa di venerdì sera ma sai, Romeo è ancora raffreddato e non ci sono potuto proprio venire – rispose lui, mentre Harry continuava a controllare l’evoluzione della situazione.

- Romeo? Chi è Romeo, Hagrid? – gli domandò mentre si dirigevano verso il tavolo del buffet. Gli sposi ancora intenti a fare foto, Ginny sul bordo della pista da ballo a squadrarlo, gelida. Si, decisamente la situazione stava scivolando moderatamente ma inevitabilmente verso il disastro.

- Ma Harry, Romeo è il mio cucciolone di drago, l’Uncinato Mediterraneo! Per fortuna che Horace ci ha trovato una pozione che gli fa bene al respiro. Oh dimenticavo - e pescò da una tasca del pastrano peloso una grossa ampolla sigillata – il professor Lumacorno mi ha detto di darti questa, diceva che immaginava che tu ci tenessi che la festa oggi andava bene, e questa poteva aiutare. –

Harry stappò il contenitore, annusò e un sorriso salì ad illuminargli il volto, mentre scattava verso la gigantesca boule di punch al centro del tavolo dei rinfreschi, gridando ad Hagrid di scusarlo.

"Merlino faccia campare quel Serpeverde mille anni e piovere idromele su casa sua" pensò Harry rovesciando l’ampolla di Felix Felicis dentro il bacile di bibita senza farsi notare; un po’ di pozione rimase sul fondo del recipiente e lui la mandò giù d’un fiato, umettandosi le labbra con le ultime gocce. Poteva ancora riuscirci. corse da Ginny che lo aspettava ancora furibonda e gli appioppò un bacio appassionato alla Felix, bacio che lei accolse con occhi sbarrati per uno.. due.. tre secondi, prima di chiudere gli occhi e ricambiarlo con ardore; un piccolo applauso sottolineò quell’inaspettato scambio di effusioni, e Ginny si aggrappò ad Harry sussurrando – Wow, che strano sai essere, Potter, mi lasci piantata qui come una petunia nel vaso, fai avanti e indietro guardando l’orologio come se ti partisse il treno, e quando ti interessi a qualcosa non è a me, ma ad Hagrid e al punch, poi arrivi e mi... Mi scombussoli quando fai queste cose Harry, io... senti – proseguì poi prendendogli la mano con un sorrisetto sul volto – se sparissimo nel bosco di noccioli per una mezz’oretta nessuno si accorgerebbe che non ci siamo e anche se ci facessero caso che importa, in fondo... –

- In fondo è impossibile, mia cara Ginevra, - rispose lui con un’espressione serena sul volto – purtroppo sta per scatenarsi un brutto temporale. Meglio rientrare nel padiglione – affermò conducendola verso il tavolo del buffet, verso il punch corretto alla Felix Felicis. Ci siamo, ci siamo quasi, pensò Harry, mentre Ginny lo seguiva interdetta borbottando – Temporale? Ma sei ammattito, oggi c’è un sole che spacca le... le nuvole... o cavoli, qui vien giù il finimondo! – concluse correndo al riparo del tendone, mentre un turbine di nuvole si addensava sopra di loro e cominciavano a cadere goccioloni grossi come cappelli da gnomo.

In un attimo il padiglione si riempì di gente, ed Harry e Ginny si ritrovarono appiccicati a Ron ed Hermione, un po’ bagnati e comunque divertiti da quanto stava accadendo.

Harry colse al volo l’occasione. Molly nei paraggi, Hermione e Ron che lo guardavano come in attesa di qualcosa. Lui riempì due grosse coppe di punch e le porse alla coppia esclamando – Sposi bagnati sposi fortunati! Un brindisi. Ron, Hermione, coraggio! –

I due non se lo fecero ripetere, avevano la gola secca a forza di sorridere, salutare e ringraziare. Il punch andò giù a meraviglia; Harry controllò l’orologio e, appoggiata la bacchetta alla gola, esclamò – SONORUS! – azzittendo il fitto cicaleccio della piccola folla riunita.

Il picchettare della pioggia creò l’atmosfera ideale, e attorno al quartetto formato dalle due coppie si era fatto un po’ di spazio, esattamente quello che occorreva.

- Se non vi dispiace, vorrei dire due parole. – esordì Harry, sotto gli occhi curiosi dei presenti. – Tutti voi sapete che Ron ed Hermione sono gli amici più cari che ho al mondo, e non riuscirei ad esprimere, solo con le parole, tutta la gioia che ora sto provando per loro. Così, - continuò avvicinandosi alla coppia – ho pensato che un piccolo pensiero fosse più indicato. Hermione chiudi gli occhi e non aprirli finchè non te lo dico, stai abbracciata a Ron. Molly, la borsetta. Pensa Hermione – sogghignò mettendole in mano una borsetta di perline che lei ben conosceva – tua suocera è anche riuscita a prepararti i bagagli sotto il naso. Allora per farla breve, ad ogni apprendista Auror dopo sei mesi di corso è concessa una settimana di licenza. Da quando Voldemort... Zitti... Voldemort è dipartito, molti dei nostri presidii di guardia in giro per il mondo non sono più occupati in permanenza, ed anche un apprendista, se lo desidera, può trascorrervi una licenza. Così mi sono informato e, sapendo che c’è un presidio libero e che tra dieci giorni Ron comincia l’addestramento... insomma... avete una settimana per voi. Io posso aspettare la prossima. Ora toccate entrambi la pergamena, è una Passaporta e si sta accendendo. Ron, quando arrivi, leggi la pergamena e poi distruggila, ovviamente il luogo è protetto da un Incanto Fidelius. –

La pergamena si illuminò d’azzurro – Ragazzi vi voglio bene, felice luna di miele! -

Un applauso scaturì dai presenti, e Ron, un attimo prima di svanire, gridò – Harry Potter sei un GENIO! Ciao a tutti! – seguito da un "Evviva!" generale degli invitati, che incominciarono a loro volta a servirsi di punch e a fare onore al buffet, complimentandosi con Harry per la splendida trovata.

Lui stava pensando che aveva rischiato di combinare un bel disastro e, senza Lumacorno, la sua pozione lo sarebbe sicuramente stata... ma che importava, era andata. Erano andati.

La voce di Ginny lo scosse dal limbo in cui era piombato.

- Harry, è stata una trovata... accidenti, è stato fantastico, hai organizzato tutto senza dirmi niente, sono rimasta più sorpresa io di loro – gli disse la fidanzata, mentre lo faceva sedere sui gradini di casa e si sedeva sulle sue ginocchia. La pioggia era cessata e la festa continuava il suo corso, tutto filava ovviamente alla perfezione.

- Ma posso chiederti una cosa, Harry? Dov’è che hai mandato mio fratello e... e sua moglie? –

Lui si chinò verso di lei e glielo sussurrò all’orecchio; lei lo fissò esterrefatta, mormorando – Fantastico. Fantastico. Io, però... MA PERCHE' NON NOI? - proruppe poi, anche se il tono era adirato solo per finta.

- Beh, Ginevra. Una settimana in quella città con te, da soli... Chi sarebbe riuscito a convincermi a tornare all’addestramento? – soggiunse Harry – E poi - proseguì – da quel che ho capito, in cucina c’è un gufo per te. Forse porta buone nuove – le gridò dietro mentre Ginny scattava come una molla dentro casa, uscendone dopo pochi minuti con una lettera in mano, mezza esaltata, mezza furibonda.

Si sedette al suo fianco, respirò a fondo, e con gelida calma gli disse – Bastardo impiccione ficcanaso. Tu sapevi del mio provino con le Harpies, tu hai parlato con Gwenog Jones... tu... tu... – e tacque, fissandolo torva.

- Insomma, che dice quella lettera? - chiese lui divertito dal suo cipiglio.

- Dice che... non ci credo, no... Harry, tra una settimana devo presentarmi alla sede delle Holyhead Harpies per firmare il contratto ed iniziare gli allenamenti per la prossima stagione di Campionato come Cacciatrice titolare. MAMMA! PAPA’! – strillò Ginny correndo verso di loro con la lettera in mano, e per un buon quarto d’ora la convocazione di Ginny tenne banco.

Quando tornò da Harry, rimase in piedi di fronte a lui, decisa.

- Sii sincero, Harry. Qui c’è il tuo zampino, non negare. Mi hai raccomandata? – gli chiese bruscamente.

- Mi sono raccomandato. Non ti ho raccomandata, Ginny. -

- Che intendi dire, Potter? – rilanciò lei, irritata ma incuriosita.

- Ecco... la Jones mi ha contattato appena le è arrivata la tua domanda per il provino. Non le pareva vero di poter avere la fidanzata di Harry Potter in squadra, pensa tutta la pubblicità che avrà quando volerai con le Harpies, per loro è un lusso; ti avrebbe presa subito, anche se fossi stata una schiappa. Però, Gwenog non è stupida, ha pensato di chiedere un consiglio a Lumacorno, e lui l’ha indirizzata da me ed io le ho fatto capire che un simile comportamento sarebbe stato l’errore peggiore che poteva fare, con te. E di conseguenza – continuò facendola sedere di nuovo sulle sue ginocchia – ti hanno fatto quel provino che se non ho capito male è stato piuttosto... intenso. – concluse accarezzandole i capelli.

- Intenso?! Ho avuto dolori dappertutto, per giorni, ma credevo che quelli fossero i loro standard, ora mi spiego tutto quell’agonismo. Insomma, vuoi dire che è solo merito mio? Non racconti frottole? – ribadì Ginny ancora incredula.

- Amore mio, non ti mentirei mai su questioni serie come il Quidditch, dovresti saperlo. Sai di essere in gamba, almeno quasi quanto me. – concluse ridendo, mentre veniva travolto da un turbine di schiaffi e pizzicotti che si trasformarono presto in carezze.

Gli ospiti stavano andandosene. Anche per Harry si stava facendo ora di rientrare a Grimmaud Place. Mentre si accingeva a salutare Ginny, sentì una mano posarglisi sulla spalla: Arthur e Molly Weasley si sedettero accanto a loro, esausti, con una coppa di punch semivuota in mano.

- Harry, - esordì Arthur – sei stato davvero generoso con i nostri ragazzi. Io e Molly non ci saremmo mai potuti permettere di offrirgli un simile viaggio anche perché... beh, assieme ai genitori di Hermione abbiamo messo insieme una discreta somma e l’abbiamo investita nell’acquisto del vecchio cottage sulla collinetta a tre miglia da qui. Sarà perfetto per Ron ed Hermione, ne siamo certi, figurati che anche zia Muriel, quando l’ha saputo, ha voluto contribuire con una bella somma, proprio pochi minuti fa... Le cose vanno davvero a meraviglia – constatò, scolando i residui del punch, imitato dalla moglie che, guardando Harry, disse – Mio caro, non vorrai rientrare a casa da solo proprio oggi? Puoi tornare al quartier generale degli Auror domattina con Arthur, e per stasera basterà aggiungere un letto in camera di Ginny. Avvisiamo noi Kreacher, non ti preoccupare. – e detto questo lo baciò sulle guance e si allontanò ridacchiando divertita del marito che imitava l’espressione del figlio al momento della partenza.

Ginny era in piedi di fronte a lui.

- Uh... si? Scusami ma... dormire in camera tua? E lo ha detto tua madre? – si chiese lui perplesso; qui si andava oltre la perfezione, si sconfinava nei sogni .

- Harry non so che succede e penso che tu c’entri qualcosa. Anzi sono sicura che c'entri qualcosa. Ma vieni ad aiutarmi ad aggiungere il letto, prima che mia madre cambi idea – disse lei raggiante, trascinandolo su per le scale.

Nello stesso momento, a qualche migliaio di miglia di distanza, Hermione stava terminando di mettere in ordine vestiti e biancheria estratti dalla capiente borsetta con Incantesimo Estensivo Irriconoscibile.

Il loro alloggio era un’ampia mansarda con un cucinino, un bel letto, un comodo divano e un bagno piccolo, ma funzionale ed assai grazioso.

Ai quattro lati, nessuna finestra; Hermione aveva subito curiosato individuandone una per lato, protette da Incantesimi di Disillusione, e stava attendendo che Ron finisse di leggere le istruzioni riportate sulla pergamena, che finì dentro ad un piccolo caminetto andando allegramente in fiamme.

- Che ore sono, signora Weasley? – chiese sorridente alla moglie.

- Le sette e un quarto, signor Weasley. – rispose lei, fremente d’impazienza; si sentiva solo un tubare di piccioni.

Dove diavolo erano?

- Allora – disse Ron brandendo la bacchetta – Finitus Incantatem - e un fiume di luce rossastra eruppe dalle finestre. La stanza parve incendiarsi: all’orizzonte il sole scendeva tra antichi palazzi, tutto attorno chiese, acqua, canali.

- Ron. Oh Ronald. Harry ci ha... ci ha regalato una settimana a Venezia. Venezia, capisci? Guarda, - disse correndo da una finestra all’altra – quella è piazza San Marco con la basilica, e il palazzo Ducale... là... là in fondo c’è il Ponte di Rialto... quella là è l’isola di San Giorgio, il Canal Grande, le gondole... Oh Ron, voglio fare un giro in gondola. Mio dio, che panorama! Ma... ma noi... siamo in una stanza segreta in cima al campanile di San Marco?! Non ci credo. – e si sedette sul letto, incredula.

Ron continuò a guardare a lungo fuori delle finestre, affascinato. Pian piano la luce cedette il passo alla sera, il cielo si trapuntò di stelle, e Ron sedette sul letto, di fianco ad Hermione, che gli abbandonò la testa sulle spalle, esausta, ubriaca di gioia.

Sul tavolo della cucina, due coperti, una piccola cena già apparecchiata e un biglietto: "Con gli omaggi di padron Harry, da Kreacher". A coronare il tutto vi era un vaso pieno di fiori profumati.

- Hermione – disse Ron quietamente – non mi basterebbero sette vite per ripagare Harry di tutto questo. –

- Penso che l’essere i suoi amici più cari per lui basti e avanzi. – rispose lei alzandosi per gustare il profumo dei fiori. Era riuscita di soppiatto a salire in camera di Ginny per lasciarle il suo boquet nuziale, corredato da una piccola spiegazione del significato di quell’usanza Babbana. Ritrovare quel profumo lì dentro la fece sentire strana, gioiosamente, irresistibilmente.

Andò verso Ron, che nel frattempo si era liberato di scarpe, giacca e cravatta, visibilmente più a suo agio.

- Visto che ti sei messo comodo, mi aiuti con il vestito, Ron? – mormorò lei un po’ rossa in viso.

- Si, certo tesoro... ecco... – farfugliò Ronald Weasley mentre cercava di destreggiarsi tra bottoni, gancetti e lacci.

Dopo un paio di minuti di infruttuosi tentativi, Hermione prese dalla tasca della giacca di Ron il Deluminatore e lo fece scattare. Poi un tramestio di abiti scaraventati qua e là, inframmezzati da alcune blande imprecazioni e rimproveri, seguiti da un lungo silenzio, fino a quando...

- Ron. -

- Hermione. -

E due voci all’unisono

- Ti amo. –

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Capitolo 3
*** PARTE TERZA - NUOVE VITE ***


 

 

 

1 Capitolo: JAMES

 

Un vento teso da Ovest gonfiava le onde che cavalcavano l’Oceano Atlantico in quell’alba limpida di novembre, sulla spiaggia di Inch.

Ad Harry il mare era sempre piaciuto; gli ricordava il fuoco in un caminetto, si poteva restare ore a fissarlo e lo spettacolo rimaneva sospeso tra la semplicità di un ciocco ardente e l’irrequieta mutevolezza delle fiamme lingueggianti.

Seduto tra le dune, il giovane Auror si beava di quell’ansito salso, quel respiro possente come fiato di drago…i suoi sensi sempre all’erta gli preannunciavano un evento imminente.

Mentre continuava a fissare l’incessante teoria di frangenti che andavano a scaricare la loro rabbia lungo l’immensa spiaggia, sussurrò con voce chiara; - Ronald, vieni a sederti.-

Da una macchia di arbusti distante un centinaio di metri si levò un sospiro di delusione, ed il più giovane dei fratelli Weasley sgattaiolò chino fino a raggiungere l’amico.

-Accidenti Harry, ma come fai? Mi sono Materializzato ad un miglio da qui, sono sicuro di non aver fatto rumore, ho strisciato in mezzo alle dune come un dannato Basilisco..come hai fatto a capire che ero dietro di te?- brontolò Ron sedendosi vicino a lui; erano in Irlanda da quasi tre mesi, impegnati a rincorrere dubbi e false piste riguardo alle nuove, contradditorie attività intraprese da gruppi di Folletti, ed ogni giorno di più scopriva quanto fosse difficile stare al passo di Harry, quanto egli fosse capace nel cogliere intorno a sé i segnali di un cambiamento, piccoli o grandi che fossero.

-Ron.. tre grouse sono volate via dieci minuti fa, dirigendosi dalle dune verso la scogliera, e quegli uccelli non volano mai incontro al vento a meno che non siano state spaventate da qualcuno. E poi,-soggiunse mentre con un colpetto distratto di bacchetta si ripuliva gli occhiali dalle goccioline di pulviscolo salato- ti stavo aspettando e quindi sapevo che avresti cercato di cogliermi in fallo.- Si girò verso di lui un attimo, e con un mezzo sorriso continuò:- Inoltre, ho sentito l’odore di biancheria pulita che hai addosso.. non so come faccia Hermione a farti arrivare cambi freschi di bucato sin qua. Comunque sia, che novità da casa?-

-Nulla di che,- rispose Ronald intento a sua volta a scrutare la riva, un ciuffo di capelli svolazzante sotto il cappuccio; il resto sembrava scolpito nella pietra – Hermione e mamma ti salutano, Ginny ha mandato una lettera per te ed ha aggiunto altri due Boccini alla collezione.. ancora uno e batterà Viktor Krum nella classifica Cercatori della Lega Europea.-

Harry indugiò un attimo al pensiero di Ginny… con i capelli immersi in quel vento sarebbe stata splendida.. e mentre finiva di pensarlo estrasse la bacchetta, imitato da Ron.

Da un frangente particolarmente possente era emersa sulla spiaggia una creatura bizzarra; assomigliava ad un grande cavallo nero, ma la sua criniera era fatta d’alghe, come pure la sua coda: aveva occhi rossi, senz’iride, e la bocca irta di denti aguzzi.

-Ma..- sussurrò Ron, interrotto da una decisa stretta di Harry sul braccio; poi il Mantello dell’Invisibilità li celò alla vista dei due Folletti sclivolati fuori da una grossa bolla fissata sul dorso della loro cavalcatura, che riguadagnò prontamente i flutti mentre i suoi passeggeri s’incamminavano guardinghi verso la corona di dune e la sua relativa protezione dal vento sempre più forte e gelido.

Giunti ad una cinquantina di metri dalla barriera di sabbia, uno dei Folletti s’arrestò bruscamente, grugnendo un’imprecazione in Goblinese e cercando di afferrare qualcosa che portava in un voluminoso involto; ma sia lui che il compagno crollarono a terra completamente paralizzati, mentre i due Auror uscivano da sotto il Mantello e si avvicinavano a loro.

-Incarceramus- scandì Ron, avviluppando i Folletti in solidi legami, mentre Harry esaminava l’involto che i due trasportavano. Lo controllò per qualche secondo, prima di passarlo a Ron e far levitare i due prigionieri fino alle dune, ove li depositò con garbo prima di avvolgerli in una rete iridescente come vetro e robusta come acciaio: occorreva portarli subito al Quartier Generale, senza perdere altro tempo.

-Harry.. questo è un brutto affare, bruttissimo,- borbottò Ron, mentre si preparavano ad una Smaterializzazione Congiunta – non sono Folletti di qui, i Leprecauni li detestano, eppure sono venuti allo scoperto in pieno giorno, solo in due, e avevano modificato un Incantesimo Testabolla in un modo che non avevo mai visto prima, per poter viaggiare su quel.. quel.. che cavolo di creatura era quella?- chiese preoccupato all’amico che stava riponendo il fagotto sequestrato ai Folletti in una capace tasca del suo abito.

-Quella cavolo di creatura era un Kelpie, Ron, un demone delle acque. Non so come abbiano fatto a corromperlo, di solito sono creature piuttosto scontrose, tendono a cercare di sedurre giovani donne per condurle nel loro regno d’acqua mentre con gli uomini, beh, diciamo che il loro appetito è un argomento di cui mi preoccuperei. Ed ora andiamo. – ed in un istante si ritrovarono al Quartier Generale degli Auror d’Irlanda, sito nella Hammertower di Dun Laoghaire, vicino a Dublino; il bastione aveva un piano magico, inaccessibile ai Babbani ma fondamentale punto di riferimento per i Cacciatori di Maghi Oscuri del Ministero.

Il Sovrintendente Malcom Swordfish li accolse soddisfatto e preoccupato allo stesso tempo; la fiducia che aveva riposto nei due giovani veniva costantemente premiata, ma quella cattura portava in sé la certezza che quella dei Folletti non era una banale protesta di un gruppo di arrabbiati, tanto più dopo aver esaminato il contenuto del fardello sequestrato ai prigionieri.

-Potter, Weasley.. vorrei congratularmi con voi ma temo che queste trenta bacchette costituiscano un argomento più urgente da trattare. Dicevi che prima di Schiantarli hai visto uno di loro cercare di afferrarne una, esatto? – continuò pensieroso il corpulento Auror, esaminando una delle bacchette sequestrate, di fattura rozza ma comunque funzionale.

- Sicuro, Signore, -rispose prontamente Harry- e comunque, c’è anche il fatto che.. beh, nell’ultima settimana ho trovato decine di pecore morte, tutte presentanti tracce di Magia Oscura. Penso.. almeno una deve essere stata soppressa dall’Anatema che uccide, Signore.-concluse torvo in viso. Si preparavano guai. Guai seri.

Swordfish riflettè per un minuto buono; un’eternità, per maghi guerrieri chiamati di solito ad agire quasi senza preavviso.

Poi tornò a rivolgersi ai due;- Potter, prenda un paio di queste bacchette. Lei parte tra.. sedici minuti da ora con la Passaporta Diplomatica, riferirà direttamente al Ministro. Penso di non sbagliare se dico che è già in atto una violazione del Trattato di Non Belligeranza tra Creature Magiche.. una guerra, signori. Quanto a lei, Weasley, -proseguì il Supervisore – effettuerà una perlustrazione accurata delle venti miglia attorno alla spiaggia; prenda con lei quattro colleghi e due Obliviatori, di questi tempi la zona è piena di turisti Babbani. Cerchi tracce di attività magiche e.. oh si, si procuri un Nanobassotto di York, sono fenomenali per fiutare i Kelpie; entro ventiquattro ore mi aspetto un rapporto dettagliato. Ora vada, Weasley, e anche lei, Potter.. ha rimasto tredici minuti e si deve rimettere in ordine, Shacklebolt sarà anche un suo caro amico ma non apprezzerebbe un Auror coperto di sabbia e con il mantello infangato. La aspetto di ritorno tra massimo trentasei ore. E’ tutto signori, arrivederci.- ed il loro superiore li congedò, cominciando a dettare dispacci urgenti per il Quartier Generale di Londra.

Harry e Ron uscirono dall’ufficio, affrettandosi verso i loro alloggi; il giovane Weasley era incredulo, lo avevano messo a capo di una pattuglia, ma mentre si voltava verso l’amico per condividere quella situazione lo vide cupo, come arrabbiato.

-Harry.. accidenti, capo pattuglia.. e che devo fare? Io.. tu lo hai già fatto, insomma non è difficile, no? Basta stare ad occhi aperti e ah, vigilanza costante.. insomma, che hai, non mi dici niente? – disse Ron con il tono querulo che gli veniva spontaneo quando era agitato, il che avveniva spesso in quei giorni.

Harry si stava ripulendo e cambiando d’abito; terminò di sistemarsi e rispose a Ron con tono fermo e pacato.- Tu sai cosa fare, Ron. Tieni sempre la bacchetta pronta , tu e gli altri, e certo, vigilanza costante. Costante, Ronald: questi le bacchette le sanno usare fin troppo bene, anche con le Maledizioni senza perdono. Fatti trovare in forma quando torno.. ti saluto i tuoi. – e si avviò verso un boccale da birra vuoto piazzato su di un tavolino in mezzo al salone centrale della Torre.

-Harry? Aspetta un secondo.. perché non dovrei essere in forma? I Folletti non sanno usare la bacchetta, ce l’hanno insegnato a scuola, la loro magia prende altre direzioni.. guarda che hai dimenticato la lettera di Ginny.. Harry accidenti vuoi rispondermi? – ma l’unica risposta che ottenne dall’amico che andava scomparendo nel brillìo della Passaporta che si apriva fu uno sguardo fin troppo eloquente..Ad Hogwarts era ora di aggiornare i testi.

Dopo un batter di ciglia, a Londra, un sorridente Kingsley Shacklebolt accolse il giovane Auror e mutò immediatamente espressione alla vista delle due bacchette. Le esaminò con cura, poi ne puntò una contro un cioccolatino appoggiato alla scrivania, mormorando “Engorgio”: il dolcetto si gonfiò da un un lato, come una bolla impazzita, salvo poi esplodere in mille pezzetti.

-Fattura rozza, Harry, non ci vedo certo la mano dei nostri artigiani, ma questo non vuol dire che non siano efficaci… Malcom fa bene a stare all’erta, però temo che sia giunto il momento di fare qualcosa di più. Ovviamente sei sicuro che quegli animali di cui mi parla nel rapporto siano morti a causa di Maledizioni senza perdono, vero? – fu la domanda formulata da un pensieroso Ministro della Magia. – Oh, certo, ora sottoporremo questi attrezzi alla Prior Incantatio, sapremo gli ultimi incantesimi che ne sono scaturiti; ma preferisco le impressioni di un esperto, e tu ne sai più di gente con cinquant’anni di esperienza. Quindi? – soggiunse il Ministro continuando a fissare Harry.

-Ministro.. Kingsley, un gregge di pecore non si scapicolla tutto insieme giù dalla muretta di un ponte, e non ci sono lupi che possano straziarne una peggio di un hamburger in offerta, e poi è vero.. si, sento il puzzo dell’Anatema che Uccide, lo conosco da quando avevo un anno, sono decisamente un veterano in materia. Questi Folletti si allenavano insieme ad altri. Stanno preparandosi ad uccidere.. ad una rivolta-

La nota inquieta nella voce di Harry non sfuggì al suo interlocutore, che continuò:- Harry, questa non è una rivolta. Temo sia una guerra; ho da giorni contatti con i Saggi della Gringott, dalle notizie che mi hanno dato si ricava che questi sbandati hanno trovato molti, troppi discepoli disposti ad ascoltarli ed a seguirli. Pertanto il mio consiglio è di andare a casa a riposarti, temo che per un po’ faticherai a trovare il tempo per rivedere tua moglie.. questi pazzi sarà dura fermarli, molto dura. – concluse il Ministro scrollando impercettibilmente la testa. – A proposito,- riprese poi mentre Harry si accingeva a salutarlo – ho avvisato Malcom che non rientrerai domani, occorreranno almeno tre giorni per radunare il contingente necessario ed ottenere il benestare all’azione dal Consiglio Ristretto del Wizengamot; inoltre ti occorrerà almeno una giornata per familiarizzare con i tuoi nuovi assistenti, prima di rientrare sul campo. Quindi.. dopodomani vi ritroverete al comando degli Auror, il vecchio Dawlish sarà lieto di organizzare il tutto e.. ehm.. Harry, come mai quell’espressione stupita? – domandò Shacklebolt fissando incuriosito il giovane mago.

-Ecco Signore, io.. non capisco, di quali assistenti parla? E poi Malcom.. voglio dire, il Sovrintendente Swordfish mi ha detto di rientrare entro trentasei ore, ed inoltre se occorrono tre giorni per recuperare qualche collega stiamo freschi, quei Folletti ora che sanno di essere stati scoperti saranno in subbuglio e noi dobbiamo scoprire cosa stanno architettando, insomma dobbiamo .. muoverci.. Ministro, - chiese poi Harry disorientato dal sorriso di Kingsley che si era seduto alla sua scrivania – io mi debbo esser perso qualcosa. Da quando in qua un Auror di pattuglia ha degli assistenti? –

Il Ministro della Magia rise brevemente; reggeva in mano una pergamena. – Decisamente sto invecchiando, Harry.. questa doveva essere sulla scrivania di Malcom da due giorni, immagino gli accidenti che mi manderà. Ad ogni buon conto, ho il privilegio di informarti che su proposta del Sovritendente Swordfish ti è stata assegnata la guida di ottanta Auror che costituiranno la nostra forza di pronto intervento in Irlanda. Purtroppo ho scordato di trasmettergli tempestivamente il mio benestare, -proseguì sigillando la pergamena ed affidandola ad un solerte gufo reale che spiccò immediatamente il volo- per cui ti prego, Harry, la nomina ufficiale a Sovrintendente la riceverai da lui, mostrati incredulo ed entusiasta.. quel vecchio pancione stravede per te, ci tiene ad essere lui a renderti edotto dei nuovi, numerosi doveri e dei pochi privilegi che il tuo nuovo ruolo ti riserva. –

Harry Potter deglutì rumorosamente. – Kingsley.. signor Ministro.. io ho venticinque anni, il Sovrintendente più giovane che conosco ne ha quaranta.. ho fatto in tutto tre volte il capo pattuglia, e in due occasioni eravamo in due.. che ci faccio con ottanta Auror? – chiese visibilmente a disagio.

-E’ semplice, Harry: ci risolvi il problema dei Folletti, o almeno ci provi, dato che dubito si tratterà di un affare semplice. Quanto ai tuoi venticinque anni,- continuò Shacklebolt compiaciuto, accompagnandolo verso un camino della Metropolvere- rappresentano indubbiamente un record. Non finisci mai di stupirci, mio giovane amico. E comunque non è un regalo che ti è stato fatto, Harry.. ma questo lo sai sin troppo bene. Ora vai a casa, la tua splendida signora ti aspetta; portale i miei saluti e dille di non strapazzare tanto i Cannoni di Chudley, la prossima volta che ci gioca contro.-

Mentre le fiamme verdi l’avvolgevano, e la sua voce mormorava –Grimmaud Place, 12- Harry rimase incredulo. Sovrintendente, ottanta Auror da schierare sul territorio, Folletti ribelli.. le sue idee vorticavano quanto lui quando un premuroso Kreacher ricevette il suo mantello e lo invitò ad accomodarsi in cucina. –Padron Harry, che lieta sorpresa.. la padrona è un attimo alla toilette, è arrivato un Gufo dal Ministero poco fa che avvisava del suo rientro.. vado ad accendere il fuoco in salotto.- disse il vecchio Elfo Domestico allontanandosi dopo aver servito ad Harry una Burrobirra fresca e un paio di grossi tramezzini che lui, affamato, aggredì a grandi morsi, sporcandosi di salsa. Stava masticando compiaciuto quando Ginny entrò in cucina, piuttosto pallida in volto.

I due si fissarono, lui con il tramezzino in mano e una goccia di salsa sul mento; poi lei mormorò – Scusami – e si fiondò verso il bagno.

Passarono dieci minuti buoni, che Harry trascorse trangugiando l’altro tramezzino e bevendosi di gusto la sua Burrobirra, indi si ripulì con cura il volto dai residui del fiero spuntino e raggiunse la porta della toilette, che era aperta, e vuota; dalla loro stanza da letto proveniva una luce, e lui si affrettò in quella direzione.

Ginny era seduta in poltrona; stava sorseggiando un infuso violetto ed il suo colorito non era migliorato. Sul letto, una comoda veste da casa. Harry si liberò soddisfatto degli abiti eclissandosi poi per una rapida doccia, godendosi immensamente l’idea dei due giorni interi che aveva davanti a sé, insieme a Ginny.. la prima cosa che aveva fatto uscendo dal camino era stato rimettersi al dito la fede, dato che in missione la portava appesa al collo per timore di perderla.

Mentre indossava i comodi abiti, rimase esposto allo sguardo torvo di Ginny, che continuava a sorseggiare l’infuso di Mirtillo Patagonico preparatole dal solerte Kreacher, e che quando si chinò a baciarla gli sfiorò appena le labbra, prima di rituffarsi disgustata nella sua fumante tisana.

-Ugh..odio la tua maledetta abitudine di mettere cipolla cruda nei tramezzini, puzzi come i calzini sudati di un troll… e smettila di sorridere, sto uno schifo- borbottò la signora Potter sotto lo sguardo divertito del marito, che replicò – Ginevra, inutile che ti arrabbi con me se ieri sera hai fatto baldoria con le ragazze della squadra.. immagino ci fosse scritto quello nella lettera che mi avevi mandato, perdonami, ma sono partito talmente di corsa; e comunque so tutto, altre due partite vinte , prima nella classifica dei Cercatori.. senza dubbio un valido motivo per sbronzarti orrendamente e poi tenermi il muso.- concluse allungandosi sul letto.

Lei lo fissò perplessa, quasi interdetta, prima di terminare di bere la tisana e di raggiungerlo, sistemandosi accanto a lui e posandogli il capo sul petto; dalla cucina si udiva il tramestio ed il parlottio affaccendato di Kreacher, intento ad approntare la cena.

Rimasero in silenzio per un po’, quindi Harry , accarezzandole i capelli, le disse:- Immagino che le tue fonti del Ministero ti abbiano già informato sull’avvenuto, mia cara.. e prima del gufo di stasera, se non sbaglio.-

-Naturale,- soggiunse lei- papà me ne ha parlato stamattina; a quanto pare sono la moglie del più giovane Supervisore Auror di tutti i tempi, pronto a partire per una nobile missione che rischia di rendermi la più giovane vedova di Supervisore che si ricordi dai tempi di Merlino.. una lieta prospettiva, davvero. – concluse borbottando e sisemandosi più comodamente nel letto.

-Avanti, Ginevra, non ricominciamo con questa storia.. non ho nessuna intenzione di renderti vedova, questa situazione è imparagonabile a quello che abbiamo passato, sarà solo una questione di qualche mese; le acque si calmeranno presto, lo scontro aperto non conviene a nessuno. – Poi Harry l’abbracciò con forza, prima di mormorarle.- Non credi che potremmo lasciare queste amenità per il dopocena? Adesso preferirei mi raccontassi come hai fatto a stracciare il vecchio Viktor.. poveretto, dovrà rassegnarsi, in fondo l’età avanza e gli impegni crescono, ormai ha due marmocchi a cui pensare.. altro che Quidditch..-

Ginny scattò a sedere sul letto, fissandolo inviperita. Poi, mangiucchiandosi un’unghia, gli chiese con tono aspro:- Non hai letto la mia lettera, eh? Però devi aver chiaccherato con qualcuno, magari con Hermione, eh? Io che le ho detto di stare zitta, zitta, - proseguì alzandosi e passeggiando irrequieta per la stanza – ma lei niente.. Oppure è stato Ron? Il mio riservato fratellino? No.. impossibile, non può avergliene già parlato..- Il suo nervoso incedere fu bloccato dalla stretta ferma del marito che la fissò dritta negli occhi prima di domandarle :- Ginevra, che ti prende? Non ho letto la tua lettera, non vedo Hermione da mesi, e Ron ha ricevuto sue notizie ieri mattina.. cos’è che non avrebbe dovuto dirmi, cosa c’è che non va, ci sono problemi? –

Lei non si accorse subito di quanto fosse teso suo marito, sino a quando non sentì le sue mani tremare; a quel punto prese un bel respiro e disse:- E’ che.. insomma, la mia stagione di Quidditch è finita, tutto qui, sono in congedo adesso. Peccato.. ero in gran forma. – sospirò guardando la fila di Boccini che decorava una mensola lungo tutta la parete della camera.

Harry la fissò ancora più interdetto.. che accidenti era successo? – Ginny, tesoro, hai litigato con Gwenog? Oppure è stato un infortunio, un incidente… spiegati, anche perché non capisco che c’entri Hermione.. e comunque, che è successo di tanto grave perché ti riducessi così? Posso sapere che diamine c’è che non va? – le chiese con tono decisamente esasperato.

Lei gli elargì un sorriso radioso. – Harry.. sei un marito magnifico, ma babbeo come tutti gli uomini. Un infortunio, dici? Beh, mettiamola così.. sarà un infortunio piuttosto lungo, sui sette mesi se non ho fatto male i conti, e credo che dovrai spostare il tuo studio in soffitta, caro, avremo bisogno della stanza qui di sotto. – Poi gli diede un bacio e lo prese per mano , avviandosi verso la sala da pranzo.- L’infuso di mirtillo fa miracoli per la nausea, stasera dovrei riuscire a tenere qualcosa nello stomaco; me l’ha consigliato Gwenog, anche lei ha avuto gli stessi problemi nei primi mesi. –

Per l’ora che seguì cenarono tranquillamente, con Ginny che raccontava gli strilli di gioia di Hermione, la festicciola improvvisata dalle compagne di squadra che l’avevano fatta piangere come una fontana, le molteplici idee per arredare la cameretta.. Harry la guardava trasognato, ingurgitando meccanicamente ciò che gli veniva messo nel piatto e bevendo sicuramente più vino del lecito, il tutto senza riuscire a spiccicar parola. Solo prima del dessert riuscì a mormorare:- Che ha detto tua madre? – per poi risprofondare in un silenzio imbarazzante alla notizia che il lieto annuncio sarebbe stato fatto l’indomani , dato che la signora Weasley li aveva invitati a pranzo alla Tana.

Toccò di nuovo alla giovane maga prendere l’iniziativa; si avvicinò al marito, gli sedette sulle ginocchia e dopo avergli preso la mano se la poggiò sul ventre, guardandolo a lungo, con un sorriso sconfinatamente compiaciuto in volto, prima di dirgli:- Harry.. guarda che non sta succedendo nulla di strano. Semplicemente, non sarò mai più sola ad aspettarti, e tu avrai un motivo in più per tornare da me.. da noi.- concluse decorandogli il naso con un ciuffo di panna.

-Sai Ginny.. è un po’ come prendersi un Bolide in testa,- mormorò lui, ripulendosi il naso, un sorriso sempre più largo sul volto – ma è innegabile, hai ragione, non sta succedendo nulla di strano, nulla che non desiderassimo, che non sognassi da quel giorno in riva al lago. – La felicità gli montava dentro a vampe, non sapeva se piangere o mettersi a ballare; era come se da quella mano che teneva in grembo a sua moglie qualcuno gli pompasse dentro un flusso di ebbrezza. –A questo punto, signora Potter, sarà il caso di pensare ad un nome o due. – disse accarezzandole i capelli, con un tono formale e sussiegoso che la fece ridere di gusto, tanto assomigliava a Percy. – Mio caro, - rispose lei divertita – abbiamo ancora molto tempo per ragionarci, anche se qualche idea ce l’avrei, ad esempio..-

Ma l’apparizione di una lontra d’argento sul tavolo della cucina li fece ammutolire. Il Patronus di Hermione scandì, con voce alterata. – Venite al San Mungo. Ron è ferito. Genitori avvisati. – e svanì.

Si fissarono un istante, increduli. Poi una corsa affannosa a vestirsi, una fiammata verde nel camino della Metropolvere, e nel giro di dieci minuti furono accolti da Molly Weasley che conducendoli lungo i corridoi dell’ospedale li rassicurò un po’; Ron non era in pericolo, ma i tagli di cui era coperto risultavano recalcitranti ai comuni incantesimi di guarigione. Quando arrivarono vicino alla stanza, trovarono la sala d’aspetto invasa da una trentina di persone, tra le quali spiccava il Sovrintendente Swordfish; Arthur e George Weasley uscirono dall’ambulatorio in quel momento, salutarono Harry e Ginny e cofabularono un attimo con Malcom.

Il corpulento Auror si avviò verso la stanza, seguito da Harry e Ginny; all’interno trovarono due guaritori intenti ad incerottare Ron, coperto di ferite da capo a piedi, come se fosse caduto in un pozzo pieno di schegge di vetro; Hermione, che stava fissando il marito mordicchiandosi nervosamente le unghie, sorrise ad Harry prima di abbracciare Ginny e scoppiare in lacrime.

Poi la voce di Ron, fioca ma chiara:- Hermione, non è nulla, gli altri sono messi peggio, O’Connell ha delle ossa rotte, Sandgrass ha perso due dita.. ti preoccupi troppo. Accompagnala fuori, Ginny, devo fare rapporto. – Il giovane Weasley cercò di mettersi a sedere, mentre Hermione e Ginny uscivano dalla stanza, seguite dai guaritori; fu Harry a farlo ridistendere borbottando:- Ma che fai, razza di idiota, stai fermo, sembra che un Kneazle ti abbia usato come arrotaunghie.. che ti è successo, quanti erano? – lo incalzò poi, prima di volgersi verso Swordfish, dicendo: - Mi scusi, signore, è meglio che le domande le faccia lei..- ma il vecchio Auror scrollò il capo con un mezzo sorriso in volto:- Sovrintendente Potter.. lascia perdere le formalità, ascoltiamo quello che può riferirci e poi lasciamolo alla sua signora. –

Ron sgranò gli occhi:- Cavolo.. Sovrintendente Potter.. per le natiche di Merlino.. complimenti Harry, cioè signore, io.. – Harry si sedette sul letto sbuffando.- Lascia perdere Ron, non c’è tempo. Avete trovato le tracce dei Folletti e le avete seguite, e presumo che li abbiate anche incontrati.. dove? – Ron prese fiato, prima di rispondere:- Sulle alture vicino alla baia di Bantry.. il Nanobassotto segue ottimamente anche le loro tracce, ma quando siamo sbucati da dietro la collina ci siamo trovati allo scoperto, loro erano una trentina; siamo riusciti a Schiantarne uno e l’ho fatto subito portare via da Dean e Chandra assieme agli Obliviatori, poi.. beh, - sospirò Ron, stanco e dolorante – loro avevano quasi tutti la bacchetta, per fortuna non funzionavano un granchè, ma l’Incantesimo Tagliuzzante.. si, ammetto che quello gli riesce bene. Ne abbiamo Schiantato una decina, poi si è messa male e dopo.. dopo non ricordo bene Harry, mi spiace.- concluse allungandosi nel letto.

Fu Malcom a prendere la parola: - Dopo, signor Weasley, lei ha recuperato i suoi due colleghi e li ha ricondotti alla Hammertower, un atto di indubbio valore che le sarà riconosciuto. Ora, - proseguì aprendo le porte per lasciare entrare i Guaritori – pensi a rimettersi in fretta, avremo presto bisogno di lei. Quanto a noi, Harry, - mormorò uscendo dalla stanza mentre il giovane Auror salutava l’amico ricoperto di bende – tra quattro minuti abbiamo una Passaporta speciale in partenza per l’Irlanda; i primi cinquanta uomini, mi perdonerai, ho pensato di mandarli direttamente a circoscrivere il perimetro della zona e cercare d’installare un Campo di Inibizione delle Smaterializzazioni.. il Ministero ci ha dato carta bianca, abbiamo l’avvallo del Wizengamot. Qualche suggerimento? – concluse mentre si dirigevano verso un lungo tavolino, che doveva essere la Passaporta appena menzionata.

Harry incrociò lo sguardo di Ginny, poi si rivolse al Sovrintendente. – Nessuno, Malcom, ovviamente sai meglio di me cosa fare; saluto mia moglie e sono subito da voi. – Si diresse quindi verso il gruppetto di parenti che attendeva un po’ in disparte, rassicurando i genitori di Ron, salutando Hermione che ritornò subito dal marito e prendendo poi le mani di Ginny.

-Ginevra… devo andare. – Il suo tono diceva esattamente il contrario, ma quella era la realtà. Lei sorrise, tranquilla:- Lo so, Harry. Abbi cura di te. Ti aspettiamo. – e lo abbracciò forte: in quel momento Harry avvertì una bizzarra sensazione, come se qualcuno stesse facendo scorrere una registrazione con l’avanzamento veloce: vide Ginny chiaccherare con sua madre ed Hermione nel salotto di Grimmaud Place, di fronte al fuoco acceso, con le mani intrecciate sul pancione; il volto di lei sudato, tirato in una smorfia di sforzo e dolore; poi un lampo, un’immagine fugace, una creaturina strepitante con radi capelli neri.. – Harry, è ora di andare. – La voce di Malcom lo riportò alla realtà.

Mentre scivolava fuori dall’abbraccio della moglie e correva ad afferrare la Passaporta, Harry riflettè su quella visione; poi, mentre il tavolo cominciava lentamente ad illuminarsi d’azzurro, le si rivolse dicendo: - Ginevra, chiamalo James. James Potter. – Lei lo guardò perplessa: - James? Certo amore, va bene, ma se è una femmina? –

Poi lo guardò meglio, e annuì sorridendo: anche a lei qualcuno aveva mandato in onda una registrazione a passo veloce, ed aveva visto Harry accanto a lei, con ancora la divisa addosso, accarezzare il fagottino che teneva in braccio mormorando un nome, quel nome…

L’ultima cosa che il Sovrintendente Auror Harry Potter vide, prima di partire, fu l’espressione di gioia che esplose sul volto dei coniugi Weasley, ed il sorriso forte e sereno della sua Ginny.

Poi cominciò la Guerra dei Folletti.

 

 

2) ALBUS SEVERUS.

L’alba stava levandosi livida, ed una bava di vento rendeva il freddo ancora più pungente, sulle desolate colline del Burren.

Harry Potter sigillò con cura la pergamena appena asciugata e l’affido al vecchio barbagianni che aspettava silenzioso di fronte a lui, e che altrettanto silenziosamente scivolò nella bassa luce di quel mattino invernale. Maledizione, pensò il giovane Sovrintendente, queste alture sono peggio di una groviera, si rischia sempre di cadere in un pozzo, o peggio, in un’imboscata dei folletti ribelli, a pregare di essere uccisi subito, senza venir fatto goffamente a pezzi da bacchette adulterate ed incantesimi mal pronunciati. Presto sarebbe cominciato l’andirivieni degli Auror che rientravano a rapporto dalla guardia notturna, pronti a riferire ogni movimento del nemico; ma a dire il vero, la guerra che stavano combattendo era una delle più incerte che il Mondo Magico avesse mai conosciuto, tanto erano sfuggenti quelle creature.

E dire che quel paesaggio offriva ben pochi luoghi adatti a nascondersi, tanto era brullo, arido e privo di vegetazione, come se il Creatore, nella sua opera di edificazione del mondo, avesse lasciato distrattamente cadere una palata di cemento su di un verdissimo prato.

Inutile crucciarsi, sospirò Harry; la magia non era prerogativa di un’unica razza, e quei Folletti sapevano sfruttare la loro al meglio. Il problema era semmai la consapevolezza che l’unico scopo che animava quel gruppo di ribelli era uccidere, sterminare maghi e streghe, dare sfogo all’odio maturato nei secoli contro i “portatori di bacchetta”, come li chiamavano con disprezzo quando venivano interrogati.

Uccidere… continuava ad essere il limite invalicabile che Harry non intendeva oltrepassare: non esitava a pietrificare, Schiantare, ferire, ma stroncare consapevolmente una vita, mai. Mai.. e se qualcuno avesse minacciato Ginny, o il piccolo James? Se sacrificarsi fosse stato inutile? Avrebbe varcato quella soglia, si sarebbe piegato all’inevitabile?

L’arrivo di due giovani Auror riscosse il Sovrintendente Potter dai suoi dubbi amletici.. il rapporto non lo sorprese, nessun movimento, nessuna traccia dei Folletti. Spedì i ragazzi esausti a riposare, controllando la mappa della zona e rimuginando su come stanare il nemico; non poteva permettersi di allentare la pressione, doveva forzarli a commettere un errore, a scoprirsi, gli occorreva un prigioniero su cui sperimentare il nuovo Veritaserum arrivato via Passaporta la sera prima. Le informazioni erano vitali, e se quella pozione avesse funzionato come il vecchio Lumacorno aveva promesso, ad Harry sarebbe toccato saccheggiare le cantine del Ministero per ricompensarlo adeguatamente.. mentre sogghignava a quel pensiero, un’ombra fugace ed un battito d’ali lo distolsero dalle sue elucubrazioni: un pulcinella di mare si era posato vicino a lui, fissandolo con aria interrogativa.

-Peonia, non ho tempo da perdere.. Finitus Incantatem – borbottò Harry puntando la bacchetta contro il buffo uccello, che si trasformò in una sbigottita ragazza che balzò in piedi all’istante dicendo.- Auror Animagus Peonia Caramell a rapporto, signor Sovrintendente! – salvo ripiombare a terra un istante dopo, trascinatavi da un furibondo Harry che l’apostrofò seccamente:- Peonia, ti ho perdonato di essere figlia di tuo padre, il mio .. stimato amico Cornelius – le disse ironicamente mentre si spostavano dietro la cortina di rocce che fungeva da trincea di fortuna – ma non tollero che rischi di farti fulminare per la tua goffaggine, facendoci anche scoprire. Ad ogni buon conto, la tua mascheratura ha consentito una ricognizione soddisfacente?-

La giovane tornò a scusarsi per l’ennesima volta della sua poca esperienza ( in quel periodo i corsi di addestramento duravano tre mesi, invece che tre anni) e riferì l’esito della sua missione aerea; Harry annotò con cura i particolari sulla mappa, salvo fermarsi di botto per chiedere: - Scusa Peonia, hai detto Leprecauni? Una decina di Leprecauni due miglia ad est di qui? E che accidenti ci fanno qui? Loro odiano i Folletti, non sono mai andati d’accordo… a meno che.. Caramell, raduni una pattuglia di quattro elementi lei inclusa entro.. sette minuti da ora. Andiamo a vedere che combinano quei mezz’Elfi pazzerelli, magari ci stanno dando una mano. Forza Peonia, forza.. il tempo sfugge! – la spronò Harry; nel giro di cinque minuti la giovane ed altri tre Auror stavano seguendo il loro Sovrintendente in direzione della piccola dolina dove i Leprecauni erano stati avvistati.

Giunti sul posto, apparvero evidenti i segni di una breve ma intensa lotta, qualche traccia di sangue ed un Folletto accuratamente impacchettato in un mazzo di ortica gigante, strettamente legato con cordami in crine di unicorno; accanto a lui, una bacchetta spezzata. I Leprecauni non si erano mai schierati apertamente a favore dei maghi, temendo le ritorsioni dei Folletti ribelli, ma in quel caso avevano trovato l’occasione appropriata per fare ad Harry un regalo di Natale in anticipo.

-Voi due, campo di inibizione Smaterializzazioni, veloci; Drake, controlla il perimetro, e lei Peonia, induca quest’insaccato di goblin ad aprire la bocca – ordinò Harry stappando la fiala di Veritaserum potenziato speditagli da Lumacorno e versandola nella gola del Folletto, indotto ad aprir la bocca in uno sghignazzo dalle sollecite premure della giovane Auror, che gli stava solleticando i piedi con una piuma di pavone.

Harry attese pazientemente un paio di minuti poi, in un discreto Goblinese, cominciò ad interrogarlo, ma le risposte erano difficili da interpretare; a quanto pareva certi ricordi erano stati inibiti, ed anche se il Folletto voleva parlarne non ci riusciva: a quel punto, pensò Potter, se non si riusciva a tirargli fuori quello che occorreva sapere, tanto valeva andare dentro a dare un’occhiata.

Fissò negli occhi la creatura che gli stava di fronte e puntata la bacchetta scandì – Legilimens! – e i ricordi del Folletto si dispiegarono di fronte a lui come una mappa ben disegnata: ecco le prime proteste, le riunioni clandestine, i litigi con i colleghi ed il licenziamento dalla Gringott, poi la fuga, un nascondiglio nei meandri di una palude (roba da Indicibili capire dov’era) ed i primi tentativi con la bacchetta, un’imboscata ad una pattuglia di Auror, una mappa dettagliata della sede della Gringott a Londra, con accessi principali e segreti..

Harry si riscosse. Altro che sbandati in fuga, gruppuscoli senza contatti.. polvere, fumo negli occhi, per potersi preparare indisturbati all’azione simbolo, impossessarsi della sede della Banca Gringott, il totem del potere e della ricchezza della razza Folletta. – Tutti intorno a me.. Incarceramus.. accidenti, ma neppure a questo avete pensato? – disse avvolgendo d’incanto il prigioniero in una solida gabbia di catene, prima di rimuovere il campo inibitore e Smaterializzarsi per riapparire poco fuori Dingle, dove era stato installato un campo operativo.

-Drake, Peonia, consegnate il Folletto agli Indicibili, vediamo di fare un’analisi più approfondita delle informazioni. Voialtri, di corsa da Swordfish a fare rapporto, ditegli che sto partendo con la Passaporta delle otto per Londra, Ministero della Magia. Signor Crouch, - continuò Harry rivolto ad un quadro, ripulendosi gli abiti, afferrando una valigia e dirigendosi verso un rotolo di carta igienica appoggiato sopra ad un muretto – mi usi la cortesia di comunicare al suo ritratto di Londra che occorre convocare immediatamente una riunione con il Ministro Shacklebolt, per comunicazioni essenziali da riferire. – L’austera figura sul dipinto annuì e scomparve, diretta ad avvisare la sua omologa al Ministero, mentre Harry, afferata la Passaporta che cominciava ad illuminarsi, gridò:- Weasley.. Ronald Weasley.. dove accidenti è?-

Nessuna risposta giunse in tempo, e dopo pochi spiacevoli istanti il Sovrintendente si ritrovò nell’anticamera del Ministro della Magia, dove Kingsley lo accolse cordialmente ed ascoltò con particolare attenzione il rapporto di Harry, non senza interromperlo talvolta per farsi chiarire meglio alcuni punti, vergando nel contempo una lettera che, al termine del colloquio, fu sigillata ed affidata ad un possente gufo reale, che spiccò seduta stante il volo, diretto alla Gringott.

Poi il Ministro si alzò e chiese ad Harry di accompagnarlo all’Ufficio Misteri.. aveva bisogno, a suo dire, di una consulenza.

-Ma.. Kingsley, scusa, ti porto la notizia di un piano dei Folletti ribelli per impadronirsi della Banca Gringott e tu pensi a.. consulenze? – esclamò il giovane mago, tra l’indignato e lo stupito. Ma il Ministro non si scompose e sorrise appena: - Caro Harry, di solito alla Gringott abbiamo in servizio sei Auror, ma da quando è iniziata questa crisi ne abbiamo distaccato trenta, ed altrettanti saranno dispiegati in mattinata; non sei l’unico dotato di cervello , dovresti ricordartene. Piuttosto, pensi che questa potrebbe tornarti utile per stendere un Kelpie o una banda di Troll? – disse porgendogli quella che ad Harry sembrò una stecca da biliardo; lui maneggiò titubante quell’attrezzo, pronunciando poi . – Lumos! – e nella stanza esplose un bagliore accecante.

- Direi che potrebbe tornare utile, Ministro.. sicuramente veicola con potenza il flusso magico. Quercia e crine di unicorno.. ottima, anche se un po’ ingombrante. – concluse Harry, ricevendo in risposta un elegante astuccio con tracolla e l’invito a recarsi al San Mungo per recuperarvi Ron per l’ennesima volta.. quindi una rapida corsa in Metropolvere e nell’androne del San Mungo trovò il giovane Weasley con una gamba dei pantaloni aperta ed una vistosa fasciatura sul polpaccio.

Ron fu alquanto stupito dalla comparsa di Harry, in fondo il suo problema era semplicemente un morso di Nanobassotto che continuava a suppurare.. e poi perché era lì, e non con Ginny?

-Ginny? Perché dovrei essere con lei, che cosa è successo a mia moglie? – lo incalzò immediatamente Harry, preoccupato.

Ricevette in risposta lo sguardo stupefatto dell’amico:- Ma.. ma come, nessuno ti ha avvisato, nessuno ti ha detto nulla? Avevo mandato un Gufo al campo.. oh beh, a farla breve Ginny sta benone, ed anche James, anzi lui è al settimo cielo, insomma: sei diventato di nuovo papà, Harry. – disse Ron con un largo sorriso. – Ci pensi? Un mese fa la mia piccola Rose, e adesso il tuo secondo.. Hogwarts, tra undici anni tremerai! – concluse il rosso Auror facendo salire Harry assieme a lui su di una macchina del Ministero, diretti a Grimmaud Place.

-Ron, il tempo di Ginny scadeva il mese prossimo. Sicuro che stia bene? Non mi state nascondendo nulla.. no, tu non sei capace, tua sorella si ma non tu.. dove cavolo è la mia famiglia, insomma! – sbottò Harry, incredulo, felice e furibondo allo stesso tempo. Ron scoppiò a ridere, prima di rassicurarlo:- Tranquillo, un anticipo può sempre capitare; anche con Hermione è successo, aspettavamo Rose due settimane dopo. Ora sono tutti alla Tana, mamma ha messo su un giardino d’infanzia ormai, e non voleva che tua moglie rimanesse sola con due marmocchi e Kreacher, sai che bella balia.. adesso passiamo da casa tua, prendiamo un po’ di cose per Ginny e James e poi andiamo a pranzo dai miei, prima di rientrare in Irlanda.

L’auto li scaricò a Grimmaud Place; entrarono in casa ed Harry riempì una borsa con quello che Ginny aveva chiesto, lasciando istruzioni a Kreacher per alcune opere da fare in casa in vista del nuovo arrivato. Poi stappò due Burrobirre e ne offrì una a Ron, bevendo di gusto la propria.. mi manca stare qui, ho voglia della mia famiglia, pensò sorseggiando la bevanda, che Ron aveva scolato in un baleno.

Poi uno sfolgorio rossastro alla finestra, e due case più in là un avvampare incalzante di fiamme.

-Maledizione..- I due Auror scattarono all’unisono, mentre Kreacher sbirciava atterrito dalla finestra: due Folletti cercavano di raggiungere un tombino aperto per dileguarsi, dopo aver compiuto quell’atto inspiegabile di violenza.

Uscito all’aperto, Harry brandì la Stecca Spingarda (il nome l’aveva trovato Ron, che ne pretendeva una anch’egli) e tuonò due volte: - Stupeficium! – spedendo i fuggitivi lunghi distesi contro un muro.

Ron corse a sorvegliarli, mentre Harry faceva scaturire dalla grande bacchetta un fiotto d’acqua che in un paio di minuti placò le fiamme; non si spense però il furore che aveva invaso il Sovrintendente, il quale afferrò per le vesti uno dei Folletti gridandogli:- Che Merlino vi accechi, cosa c’entrano i Babbani in questa guerra? Perché bruciate le loro case, perché ferite ed uccidete animali? Per allenamento? Pensate che qualcuno vi amerà di più per questo, assassini? – urlò Harry, ed in quel mentre l’altro Folletto cercò stolidamente la fuga: Ron inorridì quando il suo amico gli consegnò l’altro Folletto e, inquadrata la figura del fuggitivo, lo fece volare lontano dalla strada con un terrificante:- CRUCIO!!- che fece urlare di dolore e terrore il patetico essere, piegandone ogni resistenza e precipitandolo a terra completamente inebetito dalla spaventosa sofferenza.

Ron si affrettò verso il Folletto immobilizzandolo, consegnandolo assieme all’altro alla Squadra di Pronto Intervento Magico che si era Materializzata in quel momento all’altro capo della piazza; quindi accompagnò Harry a sedersi su una panchina, preoccupato ed impaurito dalla rabbia che ribolliva schiumante sui lineamenti del giovane Sovrintendente: certo, era sempre stato facile a sbalzi d’umore, ma non a quella furia spietata.

Rimasero in silenzio per un po’, fissando gli Obliviatori intenti a ripulire la memoria dei Babbani presenti, mentre la Squadra di Manutenzione Magica riparava i danni causati dai Folletti; poi il giovane Harry lasciò il posto al Sovrintendente Potter, che salì in casa a recuperare il borsone con le cose di Ginny e lo consegnò a Ron.

-Io vado al Ministero, debbo parlare con Kingsley e riferirgli quello che è successo; questo non è un caso, quando torchieranno quei due scopriranno che stavano cercando me.. o casa mia. Quindi porta i miei saluti a tutta la famiglia Weasley, dai un bacio ad Hermione e Rose e.. Ginny la vedrò appena posso , non so quando, dille che dopo il rapporto riparto subito per l’Irlanda, se non eliminiamo i loro campi d’addestramento questa sarà solo la prima di tante incursioni. Mi raccomando, - sottolineò Harry – dille di non tornare qui se non l’avviso che il pericolo è passato. Fatela restare alla Tana, tenete mia moglie ed i miei figli al sicuro.. al sicuro.- concluse con voce cupa, dirigendosi verso un Camino Mobile della Metropolvere.

Ron rimase allibito.- Harry.. per le basette di Merlino, mia sorella ha partorito, neppure l’hai vista, neppure hai abbracciato il tuo piccolino.. come fai a pensare alla guerra, adesso?-

Gli occhi di Harry erano gonfi di stanchezza, di rabbia, di odio per tutto quel tempo che era costretto a sottrarre alla sua vita per dedicarlo a quell’ assurda caccia, ma la sua voce era ferma mentre diceva a Ron:- Lo sai, no? Si pensa quel che si vuole, poi si fa quel che si deve. Non voglio altre situazioni come questa, Ronald, nessuno può pensare di mettere a rischio la vita di chi mi è caro senza poi rendersi conto che non avrò scrupoli di sorta quando andrò a cercarli. Dai tu un bacio a Ginny, a James e.. ad Albus Severus. Capiranno. – soggiunse a bassa voce.

-Albus ..Severus? Certo che ne hai di coraggio, Harry.. è un nome impegnativo, non trovi? E neppure tanto amabile.. il ricordo di Piton mi fa ancora venire i brividi. – replicò Ron; per lui era una situazione assurda, aveva fatto di tutto per restare un po’ con Hermione e la sua bambina, era normale che si pensasse alla propria famiglia.. perché il suo migliore amico doveva avere quell’ipertrofia del senso del dovere, non era sufficiente il suo caratteraccio?

Harry, già sul punto di infilarsi dentro il camino, lo fulminò per un secondo con lo sguardo; poi, con un trono stranamente dimesso, mormorò: - A Ginny piace molto, lo trova.. ah, cavalleresco. E su Severus, Ron, sono d’accordo con te, eravamo davvero in tanti a detestarlo , lui per primo non si sopportava. Però ha dimostrato più coraggio di tutti noi messi insieme, ed i suoi debiti sono stati tutti ampiamente sanati. Senti Ron,- sbottò poi accorato – avvisa Bill di stare molto attento quando va al lavoro alla Gringott, state all’erta tutti quanti, senz’altro il Ministero vi darà una mano ed io tornerò il prima possibile.. –

Ronald Weasley lo strinse in un fermo abbraccio. – Non è solo la tua famiglia, Harry. E’ anche la mia, la nostra. Vigilanza costante, non temere. – gli disse mentre il Sovrintendente spariva nella fiammata verde del camino.

Quando si guardò attorno, Ron scoprì di avere la piazza tutta per sé. I Babbani erano tornati a casa, i danni riparati, nulla era rimasto dell’attentato compiuto neppure un’ora prima. Con un sospiro, si preparò a rientrare alla Tana; nessuno si sarebbe curato di lui, se non avesse prima rassicurato tutti e dato dettagliate informazioni all’intera famiglia sull’avvenuto, tenendo presente che Ginny avrebbe comunque avuto inevitabilmente da ridire sull’avvenuto.

Ci sarebbe voluto un buon bicchiere di Whisky Incendiario.. beh, poteva sempre chiedere a Kreacher. In fondo, pensò tra sé dirigendosi verso il 12 di Grimmaud Place, erano quelli i momenti in cui si era lieti di avere degli amici affezionati, e con il bar ben fornito.

 

 

3) LILY

 

In quella calda domenica mattina di maggio, un’intensa attività pervadeva il 12 di Grimmaud Place.

-James, lascia in pace Arnold.. le Puffole non possono mangiare dieci volte al giorno – disse Harry divertito al figlio maggiore, intento a rimpinzare la Puffola di Ginny con un avanzo di Zuccotto di zucca della colazione. Poveretta, aveva raggiunto le dimensioni di un pallone da football, e non aiutava il fatto che Albus Severus la chiamasse ostinatamente Pluffola..l’importante era che non pensassero di giocarci a Quidditch, pensò finendo di aggiustare la veste da mago e spazzando via le briciole della colazione.

Albus stava esaminando incuriosito i pezzi degli Scacchi Magici; li estraeva con cura dalla scatola, li studiava e li riponeva con cura, con un sorriso compiaciuto ogni volta; suo fratello, pensò Harry pulendosi gli occhiali, aveva cercato di mangiarseli fino a sei mesi prima.

Ginny si affacciò in cucina, con una stupenda bambina in braccio, ed un Elfo domestico visibilmente imbronciato alle spalle. – Harry, tua figlia ha di nuovo disegnato i baffi a Kreacher mentre dormiva; tienila d’occhio tu, debbo finire di prepararmi. Kreacher, di nuovo le nostre scuse.- disse con tono affettuoso al vecchio Elfo, che si deterse puntigliosamente il viso prima di tornare alle sue incessanti pulizie.

Ecco qua, pensò lui mentre la piccola Lily Potter gli copriva beatamente di ditate gli occhiali appena puliti, si sta preparando da quasi tre ore, e solo per il pranzo della domenica alla Tana.. comunque James continuava imperturbabile ad ingozzare la Puffola, Albus a rimirare e sistemare gli scacchi, e Lily..Lily lo guardava con i suoi occhioni verde smeraldo, sorridendo divertita e tirandogli i capelli: a quelle condizioni era disposto ad aspettare Ginny anche un’altra ora.

Naturalmente dopo pochi minuti sua moglie irruppe in cucina, raccogliendo prole e marito e sistemandoli in fila di fronte al camino per l’ultimo controllo prima della partenza.

-Ginny, lascia perdere il vestito di James.. faremo tardi – borbottò Harry spazientito, con Lily in braccio.- Andiamo semplicemente a pranzo dai tuoi, non ad un ricevimento del Ministro, e poi sai che a tua madre non piacciono più di tanto le formalità. –

Lei gli rispose piccata, come suo solito: - Se ben ricordi, da quando ho cominciato a lavorare per la Gazzetta del Profeta è difficile trovare una domenica senza Quidditch, quindi non è un semplice pranzo, e poi dobbiamo festeggiare la tua promozione. No Harry, - disse poi interrompendo la protesta del marito – a te forse non importa, ma a me sì; sono orgogliosa di te, e questa tua ostinata modestia è piuttosto irritante, visto quello a cui hai rinunciato per fare il tuo dovere. Ora muoviamoci, è tardissimo – e senza ulteriori indugi la Metropolvere li recapitò alla Tana, dove una chilometrica tavolata li attendeva in giardino.

Il pranzo fu particolarmente allegro e chiassoso, vista la folla di nipotini e nipotine che in regime di assoluta anarchia assediavano nonna Molly per servirsi di pollo arrosto, roastbeef, patate al forno e legioni di dolci, compresa una gigantesca torta di melassa che fu servita ad Harry per festeggiare la sua nomina a Vice Sovrintendente Capo del Quartier Generale Auror di Londra.

Forse fu quel dolce così amato sin dall’infanzia, oppure quell’atmosfera di festa così informale, familiare.. fatto sta che mentre si stappava ancora l’idromele spedito apposta da Aberforth Silente, Harry andò a farsi una passeggiata, con un bisogno assoluto di isolarsi, anche solo per cinque minuti.

Sfuggendo ai bambini che rincorrevano gli gnomi da giardino, si ritrovò nella rimessa dei Weasley, dove la carcassa semirimontata della moto che lo aveva condotto incontro alla sua esistenza da mago riposava serenamente. Nodi di ricordi si scioglievano nella sua mente..i primi libri, Edvige che gli mordicchiava un dito, l’Espresso per Hogwarts al binario 9 e ¾.. le foto dei suoi genitori, il sorriso di Sirius Black e di Albus Silente, mille altre immagini ad affollarsi, a cercarsi una casella, un posto dove stare in quel marasma di sentimenti ed emozioni contrastanti. Per anni aveva ammucchiato alla rinfusa nella soffitta i propri ricordi, ora per non farla esplodere occorreva mettere ordine, e buttare quello che non serviva più.

Questo era ciò che Harry temeva; ricordare faceva male, ogni anno era più difficile recarsi ad Hogwarts al Giardino dei Caduti senza piombare in terra e piangere la rabbia di tutte quelle vite immolate, quegli anni bruciati.. Mentre passava la mano sulle cromature un po’ macchiate di ruggine, le lacrime si fecero strada in lui; ora che le guerre erano finite, ora che la tensione dell’azione e della battaglia se n’era andata, non poteva più sfuggire alla marea di emozioni che gli montavano dentro. Detestava piangere in pubblico, detestava qualsiasi cosa che gli attirasse attenzione o compassione, lui non ne aveva bisogno, era vivo; e non capiva quel suo sentirsi in colpa, come se non meritasse la stima degli amici, l’amore della sua Ginny e dei loro tre bambini… dov’era quella pace che cercava, dov’era Silente con la sua smisurata saggezza e la sua grande, impacciata umanità, ora che aveva bisogno di capire, o di urlare..

Un colpetto discreto di tosse lo fece sobbalzare, la mano gli volò alla bacchetta. Ma si trattava di suo suocero Arthur, con i radi capelli ritti in testa ed uno sguardo comicamente spaventato sotto gli immancabili occhiali sghembi; Harry gli si fece incontro, asciugandosi il volto e cercando di mascherare l’angoscia che lo attanagliava, il tutto con scadenti risultati dato che il signor Weasley lo prese sottobraccio e dopo averlo condotto in cucina versò con un elegante svolazzo della bacchetta due robusti bicchieri di Whisky Incendiario, prima di esordire con un :- Beh, sarà simpatico incontrarci tutte le mattine al lavoro, dato che il tuo ufficio ed il mio sono nello stesso corridoio; un bel cambiamento, non c’è che dire. – assentì soddisfatto sorseggiando il potente distillato.

Harry mandò giù il suo tutto d’un fiato. – Arthur, non so come potrò abituarmi a .. una scrivania, ecco. Ho combattuto tutta la mia vita sino ad ora, non credo di saper fare altro. Questa carica.. insomma, sa come la penso sul Ministero, non mi piace fare il mago immagine, non so proprio chi abbia avuto questa pensata. – Continuò a rigirarsi nervosamente in mano il bicchiere vuoto, mentre da fuori il chiacchiericcio di Ginny ed Hermione era intercalato di tanto in tanto dalle risate dei bambini.

Arthur Weasley attese un po’, prima di rispondere.- Harry, ovviamente la decisione è venuta dal Ministro, da Kingsley. Sa che non sei capace solo di combattere, si ricorda molto bene dell’Esercito di Silente, e molti di quelli che hanno combattuto Voldemort lo possono testimoniare. Quindi, per addestrare nuovi Auror, ora che Malcom è diventato Primo Sovrintendente, chi meglio di te? Inoltre, - soggiunse protendendosi verso di lui – sino ad ora hai meravigliosamente difeso il Mondo Magico e la tua famiglia.. e penso che sia giunto il momento che tu te la goda un po’, questa famiglia, credo che troverai tutti d’accordo su questo. –

Nel sorriso storto di Arthur Weasley, così simile a quello di sua figlia, Harry lesse molte cose: c’era la stanchezza di una vita passata a cercare di sopravvivere al male celandosi dietro abitudini buffe ed un’aria mite, c’era l’orgoglio di aver contribuito alla caduta del Signore Oscuro e soprattutto c’era una gran voglia di smetterla di guardarsi alle spalle e di fare qualcosa di estremamente futile, privo di profondi significati, ma irresistibilmente divertente.

-Arthur.. pensa davvero che potrò avere una vita normale? Che la gente si dimenticherà di me e potrò andare un giorno a fare spese a Diagon Alley senza trovarmi circondato da cento persone? Io vorrei che i miei gigli potessero crescere come semplici maghi, non come i figli di Harry Potter, l’uccisore dell’Oscuro Signore, il Ragazzo che è sopravvissuto.. odio tutto questo parlare di me specie da chi di me non sa niente, niente di tutto quello che abbiamo passato. – Dopo quel fiotto di parole Harry rimase silenzioso, attendendo la risposta di Arthur: ma fu la voce di Molly Weasley a farlo sobbalzare.

- Harry, la gente non si dimenticherà mai di te. Sei il mago più famoso di tutti i tempi, quanto Merlino se non ancor di più. Hai sempre combattuto ed hai sempre vinto , dimostrando tutte le doti che un grande Mago dovrebbe possedere. Pavoneggiarsi sarebbe sbagliato, ma anche nascondersi lo è. James e Lily sono orgogliosi di te, Albus Severus racconta ai suoi cugini tutte le tue imprese, la tua famiglia è fiera di averti al loro fianco.. mia figlia lo è, e lo siamo anche noi.-

-Però,- disse poi Molly, facendolo alzare dalla poltrona e conducendolo verso la cucina- finchè ti nascondi, finchè sfuggi agli altri, sarai un mito, una celebrità come quegli attori Babbani… vivi la tua vita, e vedrai che passerai di moda.. almeno, la smetteranno di chiederti autografi. – concluse accompagnandolo in giardino.

Fuori l’atmosfera era rilassata, tutti erano intenti a digerire il lauto pranzo, almeno quelli che non erano intenti a rincorrere uno dei bambini o come George Weasley, che stava insegnando a Teddy i rudimenti del volo.. vedere il piccolo Lupin sfrecciare sopra la Tana con la chioma violetta di quando era felice fece ricordare ad Hary che presto un gufo avrebbe bussato alla finestra del figlio di Remus e Ninfadora.. un giorno che Teddy aspettava con ansia, per recarsi con Harry a comprare la sua prima bacchetta, i libri, ed un bel barbagianni.

Hogwarts..Harry non ci andava da un sacco di tempo. Ad essere onesto, dal giorno del suo matrimonio; lo ricordava per certi versi come un incubo, quando aveva scoperto che invece di una tranquilla cerimonia alla Tana era stata organizzata , su pressioni dell’intera Comunità Magica, una celebrazione solenne con oltre mille invitati, presieduta dal Ministro della Magia ed officiata da una emozionatissima Minerva Mc Granitt, che alla sua vetusta età aveva ritenuto doveroso, oltre ai suoi impegni di Preside e professoressa di Trasfigurazione, sobbarcarsi tre mesi di corso intensivo per diventare Celebrante di riti nuziali.

Di quel giorno Harry non ricordava molte cose. Troppe persone, troppe strette di mano.. era stato piacevole l’incontro con gli allievi, la chiacchierata con i ritratti di Albus Silente e Severus Piton, il bicchierino bevuto nella capanna di Hagrid, che gli aveva regalato un unicorno a dondolo per i bambini che sarebbero arrivati.. bellissimo, anche se nitriva un po’ troppo spesso per essere di legno. Poi, il sorriso felice e gli occhi lucidi di Minerva mentre accoglieva lui e Ginny, e lo sguardo che sua moglie gli aveva rivolto mentre le scintille dorate li avvolgevano.

Sorridendo a quel pensiero, s’incamminò verso il fondo del giardino. Di tanto in tanto raccoglieva qualche fiore dalle aiuole, e mentre le sue mani lavoravano, il suo sorriso si fece più disteso, il suo passo più leggero.

Quando Ginny sollevò lo sguardo dalla Gazzetta del Profeta se lo trovò accanto; lo fissò con aria interrogativa e divertita allo stesso tempo, sbirciando quello che Harry teneva dietro la schiena. Lui le sedette a fianco, cercando sua figlia con lo sguardo: era lì vicino, intenta a rincorrere un po’ esitante uno gnomo da giardino che aveva rubato una grossa carota dall’orto e cercava di fuggire con il suo ghiotto bottino.

-Lily, vieni da papà.- La piccola interruppe la sua caccia e corse verso di lui felice, col nasino un po’ sporco di fango; poi spalancò gli occhi stupita quando Harry le posò in testa una coroncina di fiori, e con un sorriso estasiato gli stampò un bacio sulla guancia prima di correre verso Molly gridando :- Nonna! Nonna! Anch’io sono una fata! –

Mentre la nipotina mostrava euforica il suo regalo a nonna Weasley,Harry si allungò sulla sedia. James ed Albus stavano costruendo una trappola per gnomi, disertando animatamente sulla tecnica migliore e su chi dovesse essere a capo dell’impresa; Ginny gli porse un bicchiere di limonata, borbottando con aria fintamente contrariata:-Vedo che la tua tecnica è migliorata..sembra che in Irlanda tu abbia fatto molto allenamento. –

-In effetti, Ginevra, ne ho intrecciate molte; ogni volta che trovavo un boschetto delle Fate ne lasciavo una, perché ricordassero e vi proteggessero. Un buon esercizio, ne convengo.- le rispose lui, bevendo un sorso e facendosi più vicino.

Ginny rimase soprappensiero per un attimo, poi ripose la Gazzetta e si voltò a guardarlo. Gli anni erano passati, ma in fondo lui era sempre lo stesso Harry che aveva conosciuto, permaloso, timido, affascinante, con lo stesso sorriso che la faceva sciogliere come un panetto di burro al sole. Passandogli la mano tra i capelli eternamente spettinati, non potè fare a meno di chiedergli:- A volte mi trovo a pensare come ho fatto ad essere tanto fortunata.. cosa abbiamo fatto per meritarci tutto quello che abbiamo ora, quando era quasi un’illusione solo la speranza di sopravvivere. E’ stata una magia? – concluse sorridendo.

Harry continuò a fissare Lily che giocava con la nonna, mostrando a tutti il suo regalo. Poi le rispose, con voce quieta: - Non so se sia magia, Ginevra. So che se vivi senza pensarci troppo su, facendo quel che è giusto.. troverai sempre nuovi doni, lungo il cammino. –

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Capitolo 4
*** CAPITOLO QUARTO - L'ULTIMO DONO ***


 

 

 

 

Un profumo sottile, evanescente.

Un tocco delicato, come la carezza di un fiore.

Harry aprì gli occhi, pigramente. Quella mattina aveva più sonno del solito.

Il cielo lo salutò, con le sue nubi rosse ed il blu plumbeo stemperantesi nella gloria rifulgente dell'aurora.

Il cielo. Non c'erano soffitti magici a casa Potter; non c'era erba sotto le lenzuola, quell'erba che Harry sentiva tra le mani. Un sogno, pensò; che strano, vivido sogno. Continuò per un po' a fissare il morbido galoppo delle nubi in quel cielo assurdamente bello, perfetto: gli ricordava tantissimo un mattino irlandese, durante la Guerra dei Folletti, un risveglio dopo le brevi ore di tregua seguite ad un inseguimento e ad una spietata battaglia. Anche quel mattino aveva un profumo leggero, limpido come le fonti dello Shannon.

Si rizzò a sedere, e si guardò attorno. La sua stanza da letto era ora un'ampia radura in un bosco di querce, un bosco imponente e cupo, come l'erba viola che gli faceva da tappeto. Tutt'attorno, un silenzio assoluto ed alieno, che inquietò il mago inducendolo a levarsi in piedi e ad avviarsi verso il limitare della radura, scrutando l'oscurità della foresta come a cercarvi la fiammella di una risposta.

Poi alle sue spalle un refolo intenso di vento, un lamento lontano ma crescente. Si volse e vide corrergli incontro sulle ali di un vento nero una figura di donna, scarmigliata e abbigliata di ondeggianti, lacere vesti. Una Banshee che gli ululò contro il suo vaticinio, il suo dolore, la sua tremenda verità, una figura di donna con il volto di

 

“Lily.. Lily Potter ora basta per piacere, per piacere.. non c'è più nulla che si possa fare, che tu possa fare. E' andato. Papà è andato oltre. Non è colpa sua, o tua, non è colpa di nessuno... calmati Lily..

  • ”BASTA?? BASTA?? NO, NO, NOOO!!! - Ginny sobbalzò, allontanandosi dalla figlia che stringeva ancora convulsamente le mani di suo padre, di Harry; nessuno era riuscito ad allontanarla, se non i guaritori del San Mungo che avevano cercato di fare l'impossibile.

     

Quella mattina di tardo aprile Harry aveva accompagnato la figlia a King's Cross, a prendere il treno che la riportava ad Hogwarts ove era divenuta titolare, a soli trentadue anni, della cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, straordinariamente giovane ed altrettanto preparata ed apprezzata. Mentre Lily osservava una vetrina e suo padre pagava il taxi, un bimbo era sfuggito all'attenzione della madre, correndo sulla strada. L'autista di un piccolo furgone aveva sterzato bruscamente e violentemente per evitarlo, ma aveva investito in pieno il taxi parcheggiato.. ed Harry.

Lily aveva conservato la lucidità per agire con straordinaria prontezza, in pochi attimi aveva liberato il padre scaraventando via il furgone, aveva applicato un Incanto Tamponante Curativo d'emergenza e poi si era Smaterializzata congiuntamente con lui riapparendo dritta nella sala di pronto intervento del San Mungo. Pochi attimi, ma comunque sarebbe stato troppo tardi lo stesso.

  • Non è possibile. Mamma.. non è possibile. - Lily alzò gli occhi verso la madre, stravolta, furente, incredula. Non suo padre. Non a lei, non questo.

     

Ginny ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di sommergerla e prese le mani della figlia. Non aveva parole che potessero servire a qualcosa in quel momento, o incantesimo che potesse mutare quella situazione. La guardò, la strinse a sé, ed entrambe lasciarono fluire liberamente il dolore.

 

Harry riprese fiato. Sogno nel sogno, anzi incubo.. perchè non riusciva a svegliarsi? Era caduto in ginocchio in quell'erba violetta, e ancora il respiro gli mancava; tutta quell'angoscia, quella rabbia dolorante lo aveva quasi schiacciato.

Poi lo riscosse un rumore lieve, conosciuto, quasi dimenticato. Uno schioccar lieve di becco, un potente, quieto palpito d'ali.

  • Edvige... - E mentre l'immacolata civetta delle nevi mordicchiava dolcemente le sue dita,

    Harry cominciò a capire. Quello non era un sogno, quello era un nuovo viaggio e lui era in partenza: senza conoscere la strada, senza avere il biglietto, con un gran bisogno di andare in bagno. E aveva bisogno di parlare di tutto questo con qualcuno. Aveva bisogno di parlare con Silente.

  •  

Si alzò in piedi e si rivolse ad Edvige : - Amica mia, grazie per essermi venuta incontro, per avermi trovato anche qui.. tutti questi anni senza rivederti, e già sono a chiederti di volare ancora per me. Ho bisogno di Albus, Albus Silente. Puoi condurmi da lui, indicarmi la via? Ci vorrà tempo.. maledizione se avessi la mia scopa.. - Un tonfo sommesso, e la vecchia Firebolt di Harry cadde ai suoi piedi. Però.. niente male, pensò inforcandola.

  • Vai Edvige.. guidami, portami da Silente, vola!! - ed entrambi sfrecciarono nel cielo ormai pieno di luce.

 

Alla Tana una piccola folla vagava nel giardino intorno alla casa; quando la notizia dell'incidente occorso ad Harry si era diffusa, ad amici e familiari era venuto spontaneo darsi convegno là, da nonna Molly, attendendo novità più precise. Una volta giunto l'annuncio, ognuno di loro aveva cercato di prodigarsi come poteva per confortare Ginny e sua figlia. James Potter era da qualche parte nel deserto del Gobi insieme a Bill Weasley, impegnati a scovar tesori per la Gringott, ma alcuni velocissimi falchi delle steppe erano stati inviati con messaggi che riportavano l'accaduto e l'invito ad un celere rientro, mentre Albus Severus stava dando una mano a Ron, che in qualità di vicedirettore dell'Ufficio Auror si era trovato di punto in bianco a doversi far carico, pur con la morte nel cuore, di tutte le incombenze sino ad allora spettate al suo più caro amico.

La sera era ormai scesa; Charlie e Percy stavano aiutando la sorella nel gravoso compito di ricevere le manifestazioni di dolore e d'affetto di tutte le persone che si erano date lì convegno, Arthur e George cercavano di distrarre un po' i nipotini da quel clima cupo. In un angolo, Fleur sedeva rassegnata accanto a Teddy Lupin, che continuava a singhiozzare senza sosta, con la folta chioma che continuava a mutar colore ogni pochi istanti.

Hermione salì le scale diretta verso la vecchia stanza di Ginny; Molly Weasley, tanto affranta quanto indaffarata a gestire quella mesta invasione, l'aveva inviata a sincerarsi delle condizioni di Lily, che dopo esser rientrata dal San Mungo recando la notizia del decesso si era rifugiata lassù senza più dar segno di vita. Giunta alla porta, bussò ed entrò nella piccola camera, trovando Lily seduta sul letto, pallida e silenziosa. Levò appena gli occhi quando la zia le sedette accanto, poi le appoggiò la testa in grembo, ricominciando a piangere.

Trascorsero alcuni lunghi minuti, poi Lily si tirò su, cercando di ricomporsi, e si accostò alla finestra. Qualcuno ancora indugiava in giardino, ma il buio stava gentilmente prendendo possesso di quei luoghi: buio e quiete, quiete e vuoto.

  • Hermione.. perchè proprio a lui? Come è possibile che sia successo a papà? Queste cose fan fatica ad accadere ai Babbani. Non doveva succedere, dovevo essere pronta a proteggerlo . - Lily si tormentò una treccia mezza disfatta, lasciando poi che Hermione si prodigasse per sistemargliela. Mentre le intrecciava i capelli, la zia prese a parlarle sommessamente, quasi con quieto pudore: - Nessuno poteva proteggere Harry meglio di se stesso, cara. A volte fatti del genere semplicemente succedono, succedono e causano dolore e rabbia e tanta tanta frustrazione. E' inutile – continuò Hermione – che cerchi di incolparti o di incolpare qualcun altro per quanto è successo.. ormai fa parte del passato, e in casi come questi non si torna indietro, neppure con una Giratempo. Il tessuto della sua vita aveva tanti, troppi rammendi ormai. Ecco qua, - concluse - ora i capelli sono a posto. Scendiamo di sotto ora, tua madre è esausta, non può reggere ancora a lungo. -

     

Mentre si avviavano verso le scale, Hermione soggiunse : - Dimenticavo, è venuto a portarci il suo cordoglio anche Scorpio Malfoy; suo padre è all'estero ma si è raccomandato che passasse immediatamente. -

  • Ah...Scorpio è qui? - disse Lily, la voce ancora rotta dal dolore.. ma accellerò il passo lungo le scale, sistemandosi meglio le pieghe del vestito.

 

Sembrava essere trascorso un mese intero da quando Harry si era lanciato al seguito di Edvige, sfruttando i poteri velocistici della sua Firebolt; colline, laghi, boschi e quiete valli eran volati via sotto di loro, in quel perfetto, bizzarro susseguirsi di paesaggi tanto magnifici da sembrare finti.

Mentre seguiva il morbido volo della sua guida, l'aria frizzante sul viso e l'eccitazione che lo pervadeva gli trasmisero sensazioni talmente intense da fargli fortemente dubitare di essere.. andato oltre. Era dunque questo, pensò immergendosi in un gigantesco batuffolo di nubi bianche e spumose, quello che tutti temevano? Era quella la sponda dove ci si ritrovava una volta scesi dal vecchio traghetto?

La risposta rimase ferma da qualche parte, inespressa, dato che all'uscita dalla nuvola Harry si ritrovò in un luogo a lui familiare: la candida, immensa sala d'aspetto della King's Cross d'oltreconfine.

Atterrò con disinvoltura, rendendosi conto che il suo aspetto era tornato indietro, indietro a quel giorno in cui aveva riaperto gli occhi in quel medesimo luogo. Neppure se ne stupì, non c'era tempo per sorprendersi.. o forse, rimuginò fissando la bianca civetta delle nevi che roteava sotto l'immensa cupola, la verità era che di tempo ormai ce n'era fin troppo.

Con un ultimo volteggio Edvige scese a posarsi su di un corrimano lì vicino, ed in quel momento un richiamo ben noto fece sobbalzare e sorridere Harry allo stesso tempo.

Albus Silente lasciò che la sua fenice, Fanny, raggiungesse Edvige sul posatoio; si diresse verso Harry e lo strinse in un intenso abbraccio.

  • Mio caro. Giungi inaspettato.. e mille volte benvenuto. Spero che il tuo passaggio.. ehm, il tuo risveglio non sia risultato particolarmente sgradevole. Gradisci una tazza di the?-

soggiunse materializzando un tavolinetto barocco e due sedie, nonché un ricco spuntino pomeridiano. I due sedettero, l'uno rilassato e sorridente, l'altro assai disorientato ma non impaurito, non nervoso. Non ricordava neppure che gli era successo, com'era arrivato a varcare quella soglia, ma perchè preoccuparsene? Che altro potrebbe accadermi, pensò Harry abbozzando un sorriso.. alla fine, sono morto.

  • Morto. Silente, io non mi sento morto. Penso e parlo, e mangio e bevo.. come può essere, come posso essere certo che non si tratti di un sogno? -

Il vecchio preside gli prese la mano, ponendogliela poi sul petto all'altezza del cuore; restarono così per un mazzetto di secondi, in silenzio. Silenzio, come quello che albergava nel torace di Harry: inutile illudersi, meglio finire il the.

-Professor.. ehm, Albus, grazie per il rinfresco di benvenuto, ma ora, ora che dovrei fare? Davvero non so che fare ora. Nessuno ci prepara a queste cose, e non vedo libretti di istruzioni qui in giro – borbottò Harry guardandosi attorno, in quel nitore candido così liscio ed asciutto, così innaturale. Lui sapeva come pochi altri seguire una traccia, una strada, un sentiero: ma lì non c'erano che luce bianca e silenzio. E Albus.

  • Sai Harry, qui alla fine non è che ci siano molte regole. Gazza poveretto ci impazzirebbe.. troppo poco da far rispettare. Qui non hai possibilità di far del male neppure se riuscissi a desiderarlo, e non ci sono gerarchie o governi, tanto meno capi. C'è questo posto, e i treni che vanno e vengono.. ricordi, te ne parlai quella volta. - mormorò Silente, prendendo Harry sottobraccio ed avviandosi verso una sterminata fila di binari.

  • Ricordo perfettamente quel giorno: mi sconsigliasti di prenderne uno. Cos'è cambiato, rispetto ad allora? - domandò Harry, stupito per l'assenza di altre presenze oltre a loro due ed ai rispettivi messaggeri alati.

  • Sei cambiato tu, Harry. Quel giorno sei diventato una persona libera, se tornato padrone della tua anima: hai potuto scegliere, una volta, da quale lato del Velo stare. Allora eri imprigionato, legato al tuo compito: ora non più. Ora puoi scegliere che fare, puoi partire alla scoperta di queste terre o, se vuoi, raggiungere le persone che qui ti hanno preceduto. - Silente si accarezzò la barba, pensieroso; poi guardò l'amico dritto negli occhi, intensamente.

  • Sono tutti qui, tutti. Lili e James e Sirius e Remus, e Tonks, Fred che continua ad inventare scherzi, Severus ed il buon vecchio Horace che ci ha raggiunti non molto tempo fa.. ancora discutono di Amortentia e Felix Felicis.. Dobby continua a chiedermi se ti ho visto, poi prende a capocciate le colonne perchè dice che ti porta male. - Il vecchio Preside ridacchiò. - Le abitudini sono dure a morire: infatti, ci sopravvivono. Puoi vederli quando vuoi, Harry; anche subito, oppure mai, come preferisci. Hai tutto il tempo. -

In un altro momento sarebbe corso sul treno all'istante, spronando il macchinista a suon di Schiantesimi per volare a raggiungere tutte quelle magnifiche persone.. i suoi genitori, Lily e James, da quanto sognava di riabbracciarli veramente? Eppure in quello strano giorno nessun fremito, nessuna ansia lo travolse.

  • Albus, ma tu perchè sei rimasto, perchè non hai preso uno di quei treni, tu che hai sempre sognato di viaggiare senza fardelli o responsabilità? Cosa ti ha trattenuto qui? -

    Non c'era nebbia, quel giorno, nella bianca King's Cross. Albus sorrise appena: - A volte ho viaggiato, su queste terre; ma mi piaceva, era bello tornare qui. Ad ascoltarvi, a vedervi al di là del velo: il mio vecchio fratello e voi, che siete sopravvissuti a Voldemort, che avete cresciuto i vostri figli lontano dall'Ombra, senza più paura. A volte uno sguardo alle persone care può essere un balsamo miracoloso per le piaghe dell'anima. A proposito.. se vuoi seguirmi, vorrei mostrarti una cosa. Vieni – disse Silente avviandosi verso una porticina, che spalancò lestamente.

Si ritrovarono in una radura tappezzata di quella bizzarra erba viola, circondati di splendidi fiori: nel centro, un antico e consunto arco in pietra, attraverso il quale danzava nell'aria immota.. - Il Velo. - Harry si accostò con cautela, timoroso ed affascinato allo stesso tempo.

  • Silente.. oltre il Velo si vede un sacco di gente, colleghi, e c'è.. Albus Severus, e James, li ho visti! E quello è Ron! Ma che accidenti succede, per Merlino? Stanno facendo una festa? C'è tutta la mia famiglia là.. -

    Albus Silente materializzò altre due sedie e fece accomodare il suo ospite. Estrasse una scatola di liquerizie dalla veste e, offrendone ad Harry, soggiunse: - Beh, non sei in effetti molto lontano dalla verità, mio caro amico. Quello a cui stai assistendo è il tuo funerale. -

 

Un filo di vento fresco spazzava i fili d'erba delle aiuole, mentre gli ultimi ospiti lasciavano il cimitero di Godric's Hollow. Un gruppetto di persone indugiava ancora vicino ad una tomba.

  • Non preoccuparti, Victoire.. vai avanti con Teddy, James ed Albus Severus hanno ancora persone da vedere e penso dovranno rientrare direttamente a Londra. Nonna Molly rientra con Fred e Charlie.. povera mamma, è stremata. Tuo padre sarà felice se vi fermate da lui, poi io ho Lily e Scorpio a farmi compagnia. Su, avviati tranquilla. - la esortò Ginny, salutando la splendida nipote e rivolgendosi poi dopo un poco alla figlia, ancora stretta al suo biondissimo compagno.

  • E così, - soggiunse sistemandosi l'impermeabile e raccogliendo i capelli in una crocchia grigia e rame – mi portate in questa giornata buia un raggio di luce. Pensavate di tener segreta questa cosa ancora a lungo, non fosse stato per.. insomma per il ritrovarci qui? - Il suo sorriso smentiva in parte il tono burbero della voce, pure Lily ne rimase talmente intimidita da non riuscire a replicare. Fu Scorpio a risponderle: - Avremmo aspettato ben poco, presto non ci sarà granchè da nascondere, e poi perchè nasconderlo? - continuò sorridendo. - In effetti Lily pensava di informare suo marito proprio quella mattina, senonchè.. - e la voce del giovane Malfoy si spense-

Ginny li prese per mano, raggiante, con sua figlia che non riusciva a capire come avesse fatto, durante tutta la cerimonia, a non versare che poche lacrime. Poi con voce sorniona disse ai due giovani : - Ah, ragazzi.. tanto cresciuti ma pur sempre ragazzi. Non occorre un mago per capire certe cose, non credete? Lily, è stato tuo padre a dirmi di come ti illuminavi in volto quando parlavi di Scorpio, e tu, giovanotto, pensavi che non mi fossi accorta della tua assiduità alle serate a cui partecipava mia figlia? Per non parlare, figlia mia, dei tuoi pietosi tentativi di occultare le nausee mattutine.. beh, l'infuso di Mirtillo Patagonico ti gioverà, saranno mesi lunghi i prossimi, molto lunghi. - mormorò poi, lo sguardo fisso altrove, lontano.

  • Mamma? Ti senti male, che succede? - esclamò Lily stringendole più forte le mani, mentre Scorpio si toglieva il mantello poggiandoglielo sulle spalle. Ginny le rispose con un tono pacato, quasi assurdamente sereno: - Figlia mia, non ti sembra anche in questo momento di essere osservata? Non senti quasi la sua voce, il calore della sua risata? E' vero, non ha mai lasciato il mio fianco, mai ci lascerà soli, mai, mai... -

  • NO! - L'urlo secco di Lily fece trasalire Scorpio e volar via spaventate un gruppo di cornacchie appollaiate lì vicino. - Mamma lui è morto, morto e sepolto, è andato via, lo abbiamo salutato, gli ho restituito il suo dono più bello, quella ghirlanda di fiori che fece per me un pomeriggio alla Tana, quando ero piccola.. lui non c'è più, più non tornerà più – e la sua voce ruppe ancora nel pianto.

Passarono lenti i minuti, e le onde del tramonto presero a lambire quel terzetto, immoto accanto ad una lapide.

 

  • Silente, io non so come fare, non ne ho la più pallida idea.. ma non posso lasciarla così, Ginny ha capito ma lei no.. - disse Harry, gli occhi fissi oltre il Velo, mentre le sue mani lavoravano quasi d'istinto.- come posso dirgli quando sono felice di lei e Scorpio, di quanto mi riempie di gioia, di quanto l'amo? Perchè non mi ascolta?- Nella sua voce c'era ora un'urgenza che lì, sotto quel cielo come dipinto, suonava insolita, illogica.

Il vecchio Preside guardò il suo antico allievo, il volto increspato da un'onda di sorriso,e la sua risposta fu semplice: - Tu sei il Padrone della Morte. Hai riunito i suoi doni, ed hai rinunciato ad essi. Solo il ritorno ti è precluso, ogni altra cosa è in tuo potere, qui: e vedo – soggiunse fissando il lavoro che Harry aveva appena terminato e che reggeva tra le mani – che il tuo cuore ti ha già dato la giusta idea. -

Toccò ad Harry sorridere. Si accostò emozionato al Velo, aspirò la brezza fragrante di vita che lo attraversava e, con un soffio e una lieve spinta delle mani, lasciò che il suo ultimo dono varcasse la soglia.

 

  • Mamma, è ora che andiamo ora. Sono stanca, voglio dormire per un anno di fila, .. mamma? Che sta succedendo ancora? - disse Lily guardandosi intorno, turbata, mentre la madre fissava intensamente la tomba di famiglia dei Potter, poche decine di metri dietro di loro.

Il viso di Ginny si illuminò in un sorriso radioso; due lacrime rotonde le solcarono il volto, mentre sospingeva la figlia verso la sepoltura: - Te l'avevo detto. Lo sapevo.. è per te, per te, vai ora, sbrigati. -

Lily Potter percorse esitante quei pochi metri fino al modesto monumento funebre, fece un verso strano, qualcosa a mezza via tra una risata ed un singhiozzo, poi si chinò e sollevò dal tumulo una piccola ghirlanda di fiori bianchissimi, intessuti come gemme in una trama d'erba viola, viola come un bacio tra due fanciulli dopo una scorpacciata di more mature.

Si volse intorno, come a cercare qualcuno: poi si pose la ghirlanda in grembo, mormorando semplicemente. - Grazie.. oh papà, grazie di aver capito. Grazie – e si volse verso Scorpio che le si era fatto appresso, e abbracciati andarono incontro a Ginny, incamminandosi poi con lei, serena, lei che da sempre sapeva, da quel giorno in cui aveva visto Harry ai piedi dell'Oscuro Signore. Aveva sentito il suo cuore battere ancora allo stesso modo, aveva capito che una faccenda come la morte non avrebbe mai scalfito quel che c'era tra lei ed Harry.

 

  • Silente, tu non vieni?- Harry si voltò sul predellino del vagone, fissando il vecchio sorridente Albus, quasi si aspettasse un suo ripensamento.

    - No, non a questo giro, mio caro. Ho ancora voglia di riposare un po' qui; ora vai a sederti e non temere, ci rivedremo. Buon viaggio! - gridò mentre le porte si chiudevano ed il treno cominciava a muoversi.

Harry fissò quella figura scomparire lentamente e poi si avviò lungo il vagone, conscio che Edvige lo stava seguendo in volo, ripensando a quel che aveva visto al di là del Velo, ed a quello che avrebbe trovato al di qua. D'un tratto, una voce ben nota lo bloccò di colpo.

  • Potter. Insolito incontro. - Severus Piton era seduto in un comodo scompartimento, solo: indossava le consuete vesti nere ed il suo taglio di capelli non era migliorato.

  • Professore.. non mi aspettavo di vederla. Comunque è un piacere ritrovarla. - Le parole uscirono ad Harry d'un fiato, mentre attendeva sulla porta, indeciso.

  • Il piacere è reciproco. Accomodati, con due chiacchere il tempo non scorrerà più veloce ma certo non sarà monotono. - Quel tono affabile convinse Harry ad accomodarsi, e fu così che andò incontro al suo ultimo viaggio.

O forse, fu il primo di mille nuovi viaggi?

 

A casa Potter il camino era acceso. Ginny leggeva la pagina sportiva della Gazzetta del Profeta, mentre sua figlia Lily, col ventre ormai decisamente prominente, correggeva alcuni compiti sulla difesa dai Vampiri.

  • Mamma, oggi sei rimasta parecchio alla tomba di papà. Ingorghi in Metropolvere o qualche problema? -

Ginny fissò sua figlia, le porse una tazza di infuso di Mirtillo Patagonico e rispose: - Sai, in tutto quel parlare e celebrare nessuno si è degnato di prendere la bacchetta e vergare un epitaffio decente per tuo padre. Così ho dovuto provvedere io, come al solito. - concluse sorseggiando anch'essa un sorso della bevanda calda e dolce.

  • Capisco – soggiunse Lily. Poi si avvicinò alla madre e le chiese: - E cosa hai scritto per papà? -

Ginny la guardò dritta negli occhi, e rispose:

  • La morte vince ogni cosa. L'amore vince la morte. -

    Per qualche istante restarono a guardarsi, poi Lily sobbalzò, le prese la mano ponendosela in grembo e disse :

  • Senti.. si sta muovendo. -

Restarono così, nel silenzio operoso della fiamma che scoppiettava lietamente, in quel camino nella casa al 12 di Grimmaud Place.

 

 

FINE.

 

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