Accadimenti vari ed intrecci astrusi

di Leliwen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Illness ***
Capitolo 2: *** Whisper ***
Capitolo 3: *** In volo per il New Jersey ***



Capitolo 1
*** Illness ***


Titolo: Illness
Fandom: Harry Potter + Grey's Anatomy
Personaggio/Coppia: Regulus/Draco (SI'! Avete letto bene!!!)
Prompt: Malattia per [info]bingo_italia
Rating: Pg15
Beta: momentaneamente assente, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico
Avvertimenti: Crossover, Possessione, Post 6° libro
Genere: Crossover, avventura
Riassunto: L'avevano trovato in un vicolo di Seattle, non troppo lontano da uno degli attracchi dei Ferryboat, vestito con gli abiti stravaganti ma di ottima fattura di un Halloween fra ricchi, con una febbre da cavallo e in stato di incoscienza. Ed erano quindici giorni che non apriva gli occhi se non per piccolissimi momenti ed ormai erano più di quarantotto ore che non avvenivano nemmeno quegli sporadici episodi.

 

O________O Ma perchè mi vengono in mente certe cose?! Ok, la storia SEMBRA non aver capo né coda, ma giuro, giuro! che se cercate bene ci stanno sia il capo che la coda.

Ora mi vado a sotterrare un pochino...
BUONA LETTURA

PS: sono quasi certa di aver fatto un pastrocchio coi warnings... ma è più che altro una sensazione...




La soluzione fisiologica scivolava nella flebo piano piano, una goccia dopo l'altra, senza fretta. Il monitor, accanto al letto dalle lenzuola bianche, emetteva un bip a cadenza lenta e regolare. La fresca brezza d'autunno entrava dalla finestra appena socchiusa, rinfrescando la stanza troppo calda per colpa di un impianto di riscaldamento impazzito che li stava facendo dannare ormai da un paio di giorni.
L'avevano trovato in un vicolo di Seattle, non troppo lontano da uno degli attracchi dei Ferryboat, vestito con gli abiti stravaganti ma di ottima fattura di un Halloween fra ricchi, con una febbre da cavallo e in stato di incoscienza. Ed erano quindici giorni che non apriva gli occhi se non per piccolissimi momenti ed ormai erano più di quarantotto ore che non avvenivano nemmeno quegli sporadici episodi.
Nessuno ne aveva denunciato la scomparsa. Era come se fosse apparso in quel vicolo dal nulla, per venire a farsi curare al Seattle's Grace. O almeno per farsi tenere in vita.
Le infermiere facevano la spola nella sua stanza, anche solo per osservarlo in quello stato di sonno apparente. Il Principe, così lo avevano soprannominato: biondissimo, occhi grigi, pelle pallida e dita lunghe. Bellissimo.
Quando l'avevano trovato in molti l'avevano scambiato per una donna. In ambulanza c'era stato il primo malinteso: il ragazzo respirava regolarmente e non presentava altri problemi visibili se non la mancanza di coscienza e la febbre molto alta; la lunga veste di velluto nero sormontata da una cappa dello stesso colore li aveva cosìtratti in inganno. Anche la maschera d'argento sembrava esser troppo fine per appartenere ad un ragazzo.
Oltretutto erano arrivati sul posto per una rissa sfociata nell'accoltellamento di un ragazzo e, mentre recuperavano il corpo, uno dei presenti aveva notato il Principe svenuto. Nessuno di loro lo conosceva. I paramedici l'avevano preso in ambulanza con l'accoltellato ed erano ripartiti a sirene spiegate. Quando erano arrivati il pronto soccorso era, come ad ogni Halloween, un girone infernale, ed il ragazzo incosciente era stato affidato al dottor Marck Swan, chirurgo plastico. Le infermiere che erano con lui possono giurare di averlo visto sbavare sul volto angelico del bell'addormentato. Quando, togliendogli i vestiti si erano resi conto che la stupenda fanciulla che aveva determinato una simile reazione in Mark in realtà era un uomo... beh, erano due settimane che a Seattle's Grace non si ridacchiava d'altro.
La diagnosi iniziale era stata meningite nonostante non presentasse tutti i sintomi e soprattutto non mostrasse alcun tipo di progressione né in un senso né nell'altro. Solo la febbre, dopo qualche tempo, aveva iniziato ad abbassarsi. A favore del medico sciupafemmine c'era da dire che nessun'altra diagnosi sembrava possibile dati quei sintomi e che, al momento, continuava ad essere la migliore ipotizzata, nonostante fosse palesemente errata.
C'era solo da capire cosa in realtà fosse e come fare per svegliarlo.
Meredith era lì per l'abituale prelievo di sangue, quando gli occhi del Principe si spalancarono all'improvviso e tutti i monitor impazzirono.
"Infermiera!!!" urlò per richiamare l'attenzione ma non ve n'era alcun bisogno: tre donne s'erano praticamente materializzate al suo fianco non appena le spie avevano iniziato a suonare. La siringa di ... da iniettare in vena fu pronta in un batter di ciglia e le palpitazioni del Principe cessarono in pochi secondi.
"Dove mi trovo?" tossì fuori e la voce gracchiò sulle sue corde vocali inutilizzate.
Un'infermiera fu richiamata altrove, mentre le altre due rimasero nella stanza, troppo interessate ai successivi sviluppi per perdersi il risveglio del Principe.
Meredith gli mise una mano su una spalla e sentì i muscoli sotto le sue dita tendersi "Sei al Seattle's Grace, un ospedale." specificò guardando la confusione farsi strada in quegli occhi d'argento fuso "E io sono la dottoressa Meredith Gray. Ti sei sentito male la notte di Halloween, ricordi?"
La dottoressa poteva quasi vedere le rotelle ruotare dietro quegli occhi incredibili alla ricerca del ricordo da lei evocato, senza però riuscire a trovar nulla.
"Da dove vieni?"
Un'infermiera si mise a trafficare con i monitor che controllavano l'andamento delle funzioni vitali del biondo, mentre l'altra aggiornava la cartella clinica.
"Inghilterra." ribatté lui senza timore "Come sono finito a Seattle?!" sussurrò tra sé e sé ma in modo perfettamente udibile dalla dottoressa. D'un tratto - appena un batter di ciglia - gli occhi virarono al grigio fumo, l'espressione cambiò completamente, la bocca assunse un'espressione diversa e il tracciato del battito cardiaco e delle attività cerebrali scartò "Cercavamo l'altra metà del medaglione." si rispose da solo, ma anche la voce era diversa, più bassa di parecchi toni. Qualcuno fu anche pronto a giurare che i capelli biondo platino si fossero d'un tratto scuriti.
L'infermiera fissò il monitor come se fosse stato posseduto, osservando un tracciato completamente diverso dal precedente. Immediatamente diede ordine alla macchina di stampare gli ultimi minuti di entrambe le spie mentre Meredith, che stava per firmare la cartella che gli veniva passata, sgranò gli occhi a quel cambiamento: schizofrenia? Possibile? "Dove sono le... mie cose?" chiese la voce, indugiando sul pronome.
"In quell'armadietto." gli rispose l'infermiera addetta alla cartella clinica.
Il Principe sorrise "Può controllare che vi sia anche un medaglione e un... un bastoncino di legno di biancospino?" chiese con la voce più gentile che le tre donne avessero mai sentito. Poi provò a far forza sulle braccia per mettersi seduto ma il fisico provato non gli rispose.
"Non così in fretta." lo redarguì la dottoressa avvicinandosi con cautela e azionando il dispositivo che alzava il letto permettendogli di stare in una posizione seduta senza la necessità di sforzasi "Sono due intere settimane che non ti muovi e il tuo corpo ne ha risentito."
La personalità del biondo scartò ancora: gli occhi tornarono di brillante argento liquido e la voce riacquistò tutti i suoi toni "Quando passerà?" chiese, le labbra morbide piegate in un broncio davvero tenero "Mi stanno aspettando." completò iniziando a giocherellare distrattamente col dispositivo che muoveva il letto.
Meredith sorrise comprensiva a quelle parole, mentre l'infermiera passava al malato gli oggetti che aveva chiesto "Dovremmo sottoporti ad alcuni test ed alla riabilitazione motoria, che non dovrebbe comunque durare molto." non appena il Principe afferrò il bastoncino, l'aria si fece elettrica e, ancora una volta, i monitor scartarono per un istante prima di riassestarsi sui normali valori del Principe.
Il ragazzo biondo sbuffò "Farò il bravo bambino finché non mi dimetterete, allora." continuando ad avere sulle labbra quel broncio che lo faceva sembrare davvero un bambino. Il medaglione era stato repentinamente appoggiato sul lenzuolo tra le gambe, mentre il bastoncino rimaneva tra le dita del biondo, come se fosse il suo alloggiamento naturale.
"Oh, a proposito, non avevi documenti addosso e le tue generalità ci servono per il triage." disse riaprendo la cartellina che aveva precedentemente chiuso "Nome, cognome, data di nascita, cose così."
Il Principe sbatté un attimo le palpebre, piegando lievemente la testa, prima di rispondere "Mi chiamo Draco Malfoy, sono nato il 5 giugno del 1980 e vivo in Bran Bretagna, nello Wiltshare. Serve altro?"
"No, per ora no. Riposati e non tentare di sforzarti troppo." gli diede le ultime indicazione su come fare a chiamarli, prese le stampe di encefalogramma e cardiogramma, diede istruzione affinché ci fosse sempre qualcuno a controllare il paziente e se ne andò alla ricerca di Derek e di qualcuno per un consulto psichiatrico. Quel ragazzo era... strano. Sì decisamente strano.

Il bastoncino di biancospino era appoggiato costantemente sul materasso, a portata di mano, il medaglione era finito sul comodino e, con una mappa ed una penna bic in mano, Draco Malfoy stava tracciando percorsi sulla cartina della città, apparentemente senza alcuna logica. Si era fatto anche portare una penna, della carta da lettere e una busta, ma nessuno di loro sapeva che fine avesse fatto o a chi il ragazzo avesse scritto.
La psicologa era stata da lui qualche ora prima, mentre il neurochirurgo aveva avuto un intervento d'urgenza.
Ecco perché il dottor Shepherd si stava dirigendo solo in quel momento alla porta del ragazzo: bussò prima di entrare ed il ragazzo ripiegò la mappa facendo un sorriso di circostanza. Gli occhi erano grigio fumo, i modi estremamente posati, come un lord d'altri tempi. La differenza tra quel ragazzo e il campione di hokey ricoverato un paio di stanze più in là era sconcertante, soprattutto considerando che avevano la stessa età.
Il dottore si presentò e prese la cartella clinica del ragazzo "Hai idea di come sei finito in quel vicolo?" gli chiese fissandolo negli occhi.
"Come ho detto mentre era qui la sua collega, la dottoressa Grey, stavo cercando l'altra metà del medaglione." un cenno lievissimo del capo in direzione del comodino, nulla più.
"E quando è arrivato a Seattle?"
"La notte di Halloween, ovviamente." e gli occhi divennero d'argento "Forse è il caso che continui io." sorrise, la voce molto più acuta e un sorriso più vero dipinto sul viso "Sono venuto a Seattle per cercare l'altro pezzo del medaglione, è vero, ma non avevo previsto Halloween. Devo essermi ubriacato e forse qualcuno ha messo qualcosa nel mio cocktail." Shepherd lo guardò attentamente, cercando di riconoscere tutti i disturbi comportamentali dovuti da malattie neurodegenerative, ma oltre a una straordinaria abilità alla menzogna, non riusciva a riscontrare null'altro.
"Questo spiega sicuramente molte cose." accondiscese il dottore, facendo finta di credergli mentre il paziente faceva finta di non sapere che l'altro aveva mangiato la foglia "Vorrei poterle fare degli esami, mentre è ancora qui. Giusto per assicurarmi che il qualcosa messo nel suo bicchiere non abbia creato danni"
"Mi pare una richiesta ragionevole." asserì Draco Malfoy con un cenno del capo, gli occhi nuovamente grigio fumo "Solo, potrebbe evitar... mi” nuovamente un incertezza nel pronome “una nuova visita della vostra psicologa? Davvero, non è necessaria e dubito fortemente che le sia mai capitato tra le mani un caso come il mio."
Derek Shepherd sgranò gli occhi per un istante, fissandoli in quelli color fumo dell'alter ego bastardo del Principe. O più probabilmente erano bastardi tutti e due, dato che il sorriso dolce su quelle labbra sottili non apparteneva al repertorio del secondo.
"Vedrò cosa posso fare, ma non so se mi sarà possibile, dopotutto siete un paziente di quest'ospedale."
"Dopotutto io posso sempre rifiutare le cure." il sorriso divenne ferino, quasi agghiacciante "O pensate che non abbia capacità d'intendere e volere?"
"Arrivederci, signor Malfoy."
"Arrivederci, dottor Shepherd."

"Regulus dovresti smetterla di comportarti come uno stronzo. Siamo nelle loro mani al momento e non ho intenzione di ritrovarmi con una camicia di forza all'interno di una stanza bianca a sbraitare io non sono pazzo. Sarebbe davvero seccante."
"Quella donna era noiosa. Terribilmente noiosa. E civettuola come tutte le femmine di questo posto. Sembrano non abbiano mai visto un bel ragazzo, eppure il neurochirurgo non mi pare male, no?"
"No, decisamente non è niente male. Ma non credo sia interessato al mio corpo."
"Io invece sono molto interessato al tuo corpo..."
"Regulus... ti pre-ego, potrebbero entrare da un momento all'altro..."
"E che si godano la scena."
"Oddio!"
"Ti piace essere accarezzato sul collo, vero? E qui?"
"Merlino! Merlino ancora!"
"Hai i capezzoli così duri... mi piacerebbe leccarli... ma mi sa che mi devo accontentare."
"Reg... se-ei un ba-a-stardo!"
"Sì, me l'hanno ripetuto in molti."
"Prova a fermarti e ti esorcizzo!"
"Non ne ho alcuna intenzione."
"A-ancora!"

Quando Meredith Grey entrò nella stanza di Draco Malfoy, il ragazzo stava pacificamente dormendo. Il fatto che le coperte gli si fossero attorcigliate addosso era un buon segno per il ripristino completo delle sue abilità motorie. Controllò sui monitor i valori del ragazzo e non sembravano esserci alterazioni in corso.
Non appena fece tintinnare il macchinario, sbattendoci contro per passare a chiudere la finestra, si ritrovò un paio d'iridi d'argento brunito a fissarla.
"Scusami, non volevo svegliarti." disse, imbarazzata da quegli occhi accusatori.
Il paziente scosse la testa "Da un po' di tempo ho il sonno estremamente leggero." un ghigno amaro gli incurvò le labbra.
"E come mai?" chiese lei chiudendo finalmente la finestra.
"La... ricerca del medaglione." la pausa fu troppo lunga per non far insospettire ulteriormente la dottoressa "Mi sta togliendo il sonno. Era un cimelio di famiglia."
"Ma certo, capisco perfettamente."
"No, per sua fortuna non può in alcun modo capire."
Categorico. Quasi offensivo.
"Come va la riabilitazione motoria?" cambiò argomento.
"Tra due giorni posso andarmene." ghignò. "Ci sono stati problemi per il pagamento?"
"No. Nonostante non avessimo mai visto coordinate bancarie simili, il pagamento è avvenuto senza problemi di sorta."
"Siete poi riusciti a capire cosa mi abbia mandato in come per una settimana?"
"Finiremo gli ultimi accertamenti per quando sarà in grado di lasciare l'ospedale."

Era appena uscita dalla stanza del Principe, quando s'imbatté nel dottor Shepherd "È inquietante..." bisbigliò "Forse dovremmo chiamare la polizia..."
Shepherd la guardò con un sorriso ironico sul volto "E dirgli cosa, Meredith?" chiese di rimando, mantenendo la voce bassa "Aiuto, abbiamo un ragazzino senza documenti, con un conto bancario strano che ha uno sdoppiamento di personalità particolare?"
L'espressione della dottoressa si fece imbronciata "Derek..."
"No, Meredith. Non ha senso e lo sai anche tu. Il ragazzo ha qualcosa da nascondere, e questo è palese. È perfettamente consapevole di entrambe le personalità che albergano in lui ed è talmente strafottente da sfidarci a provarlo." la superò e posò una mano sulla maniglia "E questo chiude la questione."
Entrò nella stanza e trovò il Principe in piedi, vicino agli abiti con cui era arrivato.
"Forse dovremmo procurarti qualcos'altro per quando uscirai di qui. Halloween è passato da un pezzo."
Draco Malfoy si voltò, gli occhi argentei sfavillavano di malizia "Meglio questi che le vostre tutine imbarazzanti."
"Touché."
Il ragazzo rimise le sue cose a posto poi caracollò sul letto.
"Le gambe fanno ancora un po' fatica a sostenere il mio peso."
"E' abbastanza normale vista la situazione in cui t'abbiamo trovato." prese la cartella clinica scorrendola velocemente "Devo ammettere che inizialmente ho pensato a una malattia immuno-degenerativa, ma non appena avuti i risultati della tac quest'ipotesi è immediatamente caduta. Non hai alcun tipo di malformazione degenerativa dei tessuti, e di questo dovresti esserne felice." lo guardò attentamente "Ma questo tu lo sai già."
"Sono piuttosto preparato sul mio stato di salute pre-Halloween." le iridi scintillavano di argento liquido, ricolme di sfida.
"Quindi saprai che per un caso di schizofrenia c'è necessità della firma di un tutore per poter uscire." gli chiese, sperando di coglierlo in fallo.
"Avete provato che soffro di schizofrenia?" un sopracciglio biondissimo salì fino all'attaccatura dei capelli mentre le labbra si tendevano in un sorrisino impertinente.
"Tuoché, nuovamente."
"Dottore, parliamoci chiaramente. Io ho la possibilità di uscire da qui quando voglio, senza che nemmeno ve ne accorgiate." Shephard tentò di ribattere ma Draco alzò una mano bloccando sul nascere le possibili recriminazioni del neurochirurgo "Vi ho accordato i giorni richiesti perché mi sembravano ragionevoli e utili per il ripristino delle mie abilità. Ma non ho intenzione di rimanere un minuto di più, o di favi da cavia per qualche vostra ricerca sperimentale o quel che è." parlava lentamente, scegliendo le parole accuratamente, come se stesse traducendo la frase da una lingua straniera eppure, per sua stessa ammissione, era inglese.
"Dove hai intenzione di andare una volta fuori?" decise di cambiare argomento "Ho visto che in questi giorni consultavi una cartina di Seattle."
"Seguivo il medaglione." replicò, come se non ne potesse più di ripetere a tutti la stessa cosa "Fortunatamente sembra essere ancora qui e queste tre settimane di ritardo non ne hanno determinato la perdita."
Dereck lo osservò attentamente: no, non era il Draco bastardo, era se stesso, eppure ora sembrava il suo alter-ego.
"Come fai a esser certo che sia ancora qui?" chiese, le mani sprofondate nelle tasche.
L'altro ghignò, in quel modo tipico che il suo alter-ego non aveva "Fa parte delle mie abilità, dottore."
Il dottore sospirò e fece per andarsene quando la voce dell'altro lo bloccò sulla porta.
"Sa dirmi qual'è il modo più veloce per tornare in Inghilterra?"
Shephard si voltò verso di lui "Il modo più veloce?" rimase momentaneamente interdetto "Ci dovrebbero essere dei voli diretti."
"Potrebbe procurarmi del materiale informativo?" chiese zuccheroso, sbattendo una volta sola le ciglia di miele.
Dereck corrugò le sopracciglia in un'espressione confusa "Certamente, ma non puoi tornare così come sei venuto?"
Gli occhi brillanti di Draco fecero il giro della stanza prima che le labbra si aprissero in un'espressione tra l'allibito e il divertito "Non ho intenzione di ripetere l'esperienza, grazie."
Il sopracciglio tornò tra i capelli e l'espressione del volto era più che esplicativa: niente domande, grazie.

"Non possiamo farlo andar via." sibilò Meredith per la decima volta. Solo che, questa volta con loro c'era anche il direttore.
"Dottor Shephard?" chiese il direttore, con quell'espressione di chi non ne può più.
"Il ragazzo è strano, i suoi tracciati sono strani e forse soffre di schizofrenia ma, nonostante ciò, sembra essere pienamente consapevole non solo di se stesso ma anche di tutto ciò che lo circonda."
"Avete diagnosticato la schizofrenia?"
"No. La psicologa brancola nel buio, anche perché lui non ha intensione di seguire le cure di una donna arrapata che le sbava dietro. Parole sue, non mie."
"Gli sbavava davvero dietro?!" ruggì il direttore rivolgendosi questa volta a Meredith.
A dottoressa alzò le spalle sgranando gli occhi nel tentativo di difendere una collega ed evitare comunque di mentire al suo superiore "Il ragazzo sa di essere molto bello, persino Mark se n'è accorto. Non credo che la collega si sia comportata in modo meno che professionale, ma io non ero presente durante il loro colloquio. Ad ogni modo," continuò prima che uno dei due uomini riprendesse la parola "ritengo sia pericoloso lasciar uscire il ragazzo così presto, senza alcuna garanzia che non sia dannoso per se stesso o per gli altri."
"Dereck?"
"Per me il ragazzo è perfettamente in grado di badare a se stesso. Ha solo una lingua che potrebbe distruggere l'autostima di una persona con tre parole, ma questo non è mai stato sinonimo di alcun tipo di malattia."
"Ha messo in riga anche te?" gli chiese Meredith, con un'aria a metà tra lo sconcerto e il sarcasmo.
"Ha provato." accondiscese.

"Regulus, davvero, io ti esorcizzo!"
"Vorresti dire che non ti piace?"
"Cosa? Che mi fai una sega mentre sto cercando di rivestirmi? No! Non mi pia-ace!"
"A me non sembra..."
"Dannazione a te... ora basta, non ORA!"
"Ok, ok, me ne sto buono buono allora."
"Reg, sono convinto che tu non fossi buono buono nemmeno in culla."
"Che crudeltà! Ti perdono la cattiveria solo perché sei uno schianto."
"No, non sono uno schianto. Sono solo la perfezione fatta mago."
"Egocentrico."
"Basta oziare. Andiamo a recuperare l'altra metà del medaglione e facciamola finita. Ci aspettano."
"Hai mai preso un aereo?"
"Ovviamente no!"
"Dovremo andare a fare shopping temo."
"Non credo sarà un grosso problema... e nemmeno trasfigurare questi vestiti."
"Che spreco."
"Lo so."
"Ti serve il passaporto."
"E secondo te il depliant cosa diverrà?"
"Piccolo genio."

Il dottor Shepherd e la dottoressa Gray lo aspettavano fuori dalla sua stanza: il primo aveva un'espressione rilassata l'altra corrucciata.
"Sei sicuro di sentirti pronto ad andare?" chiese il neurochirurgo nel vano tentativo di incitarlo a rimanere in osservazione ancora per qualche giorno, lasciando scorrere lo sguardo sulla figura ammantata di nero. Doveva ammettere che aveva ragione: il suo abbigliamento era molto meno imbarazzante delle tutine fornite dall'ospedale.
Gli occhi di Draco scintillarono "Se resto qui un minuto di più impazzisco." ghignò, più che soddisfatto della reazione della dottoressa “Oltretutto l'Ordine potrebbe mandare qualcuno a prendermi, anche se in questo momento non possono permetterselo.”
“L'Ordine?” chiese lei e il sopracciglio biondo s'inarcò nuovamente in un'espressione ironica.
Derek s'intromise tra i due cercando di cambiar leggermente argomento "Quel medaglione sembra essere veramente importante per te." constatò.
Gli occhi di fumo affondarono come lame in quelli del neurochirurgo "Non ne potete avere idea."
L'uomo deglutì prima di ritrovare il suo sangue freddo e salutare il suo paziente "Beh, signor Malfoy, spero che non ci rivedremo troppo presto."
Il ragazzo quasi rise mentre rispondeva "Lo spero anche io, dottor Shepherd. Dottoressa Gray." poi si voltò e svanì nel via vai di un pomeriggio di sole di una giornata d'autunno come tante a Seattle.

Dopo due giorni il notiziario della sera raccontava di un efferato omicidio avvenuto in un sobborgo alla periferia ovest. L'uomo era un apotecario molto conosciuto che aveva avuto nel passato qualche guaio con la giustizia, soprattutto per la sua seconda attività di strozzino e rigattiere.
Al telegiornale non passò, ma la sola cosa che si trovò sulla scena del crimine fu un lembo di una stoffa nera ricamata d'argento ed estremamente costosa.




Leli cerca di apparire indifferente... e sgattaiola via alla velocità della luce! E schiva tutti i pomodori!!! La folla applaude in delirio il favoloso gesto atletico... to faded

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Capitolo 2
*** Whisper ***


Titolo: Whisper
Fandom: Harry Potter + Ghost Wisperer
Personaggio/Coppia: Regulus/Draco (SI'! Avete letto bene!!!)
Prompt: Divergenze per [info]bingo_italia
Rating: Pg15
Beta: momentaneamente assente, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico
Avvertimenti: Crossover, Possessione, Post 6° libro
Genere: Crossover, avventura
Riassunto: Quando l'avevano convocato per una missione non pensava certo una cosa simile. Avrebbe molto volentieri gridato allo scandalo, se suo padre non fosse stato tra i promotori di quella follia.




Non ho molto altro da dire... a parte che anche questo è un Crossover... e lo è con una serie televisiva che non amo particolarmente e di cui ho visto appena una manciata di puntate: Ghost Wisperer.




 

Melinda Gordon era appena arrivata a Londra. Una mostra d'antiquariato, la più importante nel mondo per pezzi esposti e per il circolo di collezionisti che richiamava, l'aveva spinta a lasciare la sua ridente cittadina americana per quel lunghissimo viaggio verso il Vecchio Continente.

Ma l'occasione era davvero imperdibile.

Suo marito aveva deciso d'accompagnarla e così, mano nella mano, stavano superando la costa bretone, quando lei si sentì attraversare.

La sensazione durò appena un istante, ma sulle sue labbra era rimasto un nome e un luogo: Malfoy a Grimmauld Place numero 12.

 

Suo marito, come sempre, tentò di appoggiarla, andando alla ricerca, con lei, di questa piazza di periferia, cui sembravano mancare molti numeri. Melinda si era fossilizzata a controllare i numeri tra l'11 e il 13, ma quei due palazzi non nascondevano alcuna viuzza privata o stradina per la raccolta dei rifiuti, dunque, come poteva essere quello? Melinda Gordon continuava a ripetere che la voce gli avesse detto qualcosa ma, veramente, a Jim sembrava un'assurdità più grande di tutte quelle cui si erano già imbattuti. Dopo quasi un'ora passata ad osservare una piazza, lugubre ed un po' squallida, stavano per tornare verso i luoghi dove si sarebbe tenuta la mostra quando la Melinda si accorse di un piccolo pub, dall'insegna scura e dal nome accattivante: "Il Paiolo Magico". Guardò quel luogo, inclinando appena la testa, quando, con la coda dell'occhio, vide due uomini avvicinarsi. Il primo, i capelli biondo scuro, un impermeabile scolorito che era di moda probabilmente quarant'anni prima, stava gesticolando animatamente.

"Lo sai che dovete nascondervi anche voi!" stava ringhiando, decisamente preoccupato "Non è solo la vita di tuo figlio ad essere in pericolo!" sembrava completamente incurante delle persone che lo circondavano e stava veramente quasi urlando.

L'altro era un uomo distinto, vestito con abiti di sartoria, dai capelli biondo platino completamente tirati indietro "Lupin, sai bene che questo non è possibile." il bastone da passeggio con le testa di serpente intrappolata tra i guanti di pelle sembrava vivo per il numero spropositato di riflessi argentei che emanava "Se lo facessimo, ci inimicheremmo tutta una fazione politica, che non svanirà alla fine della guerra."

La ragazza sgranò gli occhi. Guerra? Nascondersi? Di cosa stavano parlando quei due uomini?

Il mondo attorno al lei sembrò fermarsi per un istante e quasi implodere, completamente concentrato sui due uomini, incurante del marito che l'aveva raggiunta e che la stava ora tenendo.

"Un'alleanza politica la puoi ricomprare, la vita tua e di tua moglie, no!" fece un passo più lungo, ormai erano a pochi metri dal Paiolo Magico e da Melinda "Ascoltami bene, Malfoy: tu non mi sei mai stato simpatico, e la tua famiglia ha fatto talmente tanti sbagli da poterci riempire gli annali di storia di tutta la biblioteca di Hogwarts, ma non ho alcuna intenzione di farti continuare con questa follia. Tu non sei adatto a fare la spia: sei troppo ricattabile al momento. Quindi se vuoi continuare a stare dalla nostra parte, dovrai venire con me a Grimmauld Place."

Melinda Gordon si divincolò dalla stratta al braccio con cui il marito la teneva per evitare che la perdesse in quella folla imponente da primo giorno di saldi. Aveva seguito anche lui il percorso fatto dai due uomini, ma non aveva sentito nulla di quello che si stavano dicendo. Ad ogni modo, sua moglie si fiondò tra i due, gli occhi piantati su quell'uomo troppo affascinante per non essere considerato una minaccia.

"Signor Malfy, suo figlio è a Grimmauld Place?" il bastone sbatté due volte per terra, mentre l'altro uomo osservava la signora Clancy con occhi sgranati.

 

Come si fossero trovati tutti a Grimmauld Place i due abitanti di Grandview non riuscivano davvero a comprenderlo: era tutto così incredibilmente assurdo! L'attimo prima erano in mezzo ad una folla di persone, trascinati verso l'entrata del Paiolo Magico. Subito dopo erano davanti al numero 12 di una piazzette sperduta della periferia londinese. O meglio, soli davanti ai numeri 11 e 13 con un biglietto in mano. Lessero ancora una volta l'indirizzo, poi si avvicinarono alla palazzina e la casa apparve, come per magia, tra i due edifici, facendosi largo mattone dopo mattone. Era stato uno spettacolo impressionante.

Jim si guardò attorno sconvolto e sua moglie non stava poi messa meglio. Avevano entrambi sentito parlare dei maghi e, considerati i poteri della donna, erano tutti e due sufficientemente convinti che il paranormale non fosse poi così... para. Ma... ma nessuno dei due avrebbe mai immaginato che la Magia esistesse ad un simile livello.

Ed ora, con gli occhi di tutta una piccola comunità magica addosso, persino Melinda aveva serie difficoltà a spiccicar parola.

Erano tutti seduti attorno ad un grande tavolo di quella che aveva l'aria di essere la casa di un'antica famiglia. Davanti a loro, un vecchio mago con una lunghissima barba bianca incastonata nella cintura delle veste più assurda che avessero mai potuto vedere stava ascoltando con attenzione le parole della donna. Accanto a lui, una signora minuta con enormi occhiali che la facevano rassomigliare ad un grosso insetto, seguiva con vivido interesse tutta la sommaria spiegazione che Melinda stava cercando di imbastire - cosa non certo facile con gli occhi di ghiaccio del biondo mago puntati contro.

Jim Clancy si guardò attorno, la sua mente che cercava di mettere assieme i pezzi.

Poi il vecchio parlò, gli occhi azzurri brillarono di gioia da sopra gli occhiali a mezzaluna, e iniziarono delle farneticazioni, più o meno condivisibili su veli, tombe, corpi, anime e resurrezioni.

 

Quando l'avevano convocato per una missione non pensava certo una cosa simile. Avrebbe molto volentieri gridato allo scandalo, se suo padre non fosse stato tra i promotori di quella follia.

Una donna, una Babbana mezza Magonò con marito preoccupato al seguito, s'era presentata alla porta dell'Ordine della Fenice dicendo che Regulus Black l'aveva contattata per potersi mettere in comunicazione coi Malfoy. La faccia che aveva visto fare a Dumbledore dal suo posto nascosto di osservazione, prima quando quella donna aveva suonato il campanello - svegliando l'augusta Walburga Black - poi quando sentì quello che aveva da dire, fu impagabile. Effettivamente, rimuginò per un istante, avrebbe quasi potuto accettare senza batter ciglio anche solo per ripagare...

Scacciò quel pensiero tornando a concentrarsi sulla serie di eventi che l'avevano portato verso quel drammatico momento: la tipa aveva detto che poteva vedere e sentire i fantasmi.

Bella cosa, le avrebbe voluto dire, noi lo facciamo tutti i giorni, ma non ce ne vantiamo in questo modo e non lo diciamo con quegli occhioni da cucciolo bastonato!

Ad ogni modo, quelli che vedeva lei non erano unicamente fantasmi: lei sentiva tutta una serie di presenze di persone che ormai non erano più sul questo mondo e, tra di esse, era riuscita a sintonizzarsi sulla stessa frequenza d'onda di Regulus Black il quale... beh, in parole povere aveva tutte le intenzioni di resuscitare. Cosa in completa antitesi con ciò che solitamente faceva la bella Melinda Gordon. Da quanto si poté evincere da una conversazione non troppo sussurrata che ebbe con suo marito, lei solitamente aiutava le anime a trapassare, non a rientrare occupando il corpo di qualcun altro! Nemmeno se era per la salvezza del mondo, ecco.

Capiva, in linea teorica, il bisogno di riavere entrambi i Black tra le loro fila - nonostante si ricordasse perfettamente come Regulus fosse stato un fervente sostenitore delle idee di quel pazzo senza naso - ma davvero non capiva né come fosse possibile ritirare indietro l'anima di un morto, né perché dovesse farlo lui. Ma, effettivamente, mentre nell'ultimo paio di mesi i grandi maghi ne discutevano, lui aveva cercato di defilarsi il più possibile, evitando spiacevoli incontri che avrebbero potuto tentare di fargli pressioni per fare da cavia per qualche esperimento.

Dovette poi ammettere che la sensitiva Babbana non era tanto male: con lei sembrava che tutte le suddivisioni tra aldiquà e aldilà fossero puramente semantiche.

Ecco perché ora se ne stava lì, imbronciato, compostamente seduto al tavolo delle riunioni dell'Ordine della Fenice, con gli occhi azzurri di Dumbledore fissi sulla sua figura da sopra quelle irritanti lenti a mezzaluna.

"Perché io?" chiese a quegli occhi troppo vispi per i suoi gusti "Perché non un Weasley? È imparentato anche con loro."

Fu Narcissa a rispondere al posto del Preside con una domanda retorica "Tu condivideresti il corpo con un Weasley? Con tutto il rispetto di questo mondo, Molly cara."

Il biondo storse la bocca.

"Draco, abbiamo provato quel rituale più e più volte, l'abbiamo sviscerato così a fondo da capire come riportare indietro Sirius, ma nessuno dei presenti è mai riuscito a farsi ascoltare da Regulus." argomentò pacatamente Lucius.

"E cosa vi fa pensare che a me darà retta?"

"Forse che siete fatti della stessa pasta?" ghignò un Sirius Black completamente in forma dallo specchio della porta.

Potter, nemmeno a dirlo, si alzò senza la minima grazia per andare ad impattare tra le braccia del redivivo.

La fortuna di finire all'Inferno con tutte le scarpe era che era possibile anche uscirne con quelle stesse scarpe e non andando ad occupare part time il corpo di un altro.

Guardò i due sulla porta con la sua solita aria disgustata per poi tornare a fissarsi le mani strette in grembo. A onor del vero Potter aveva provato - molto rozzamente - a tirarlo fuori da quell'impiccio, ma la sua opinione non sembrava contare poi più della propria.

Sbuffò contrariato dall'intera situazione: lui non aveva alcuna intenzione di dividere il proprio bellissimo corpo con qualcun altro.

Suo padre lo guardò con quel cipiglio severo che lo costringeva ogni volta a mordersi la lingua prima di parlare ed esporre le proprie idee. Oltretutto al momento più che di idee si trattava di infruttuose recriminazioni.

Fu sua madre, inaspettatamente, a dargli il colpo di grazia "Draco, tesoro, lo sai, non sarebbe una cosa permanente e poi saresti comunque in grado di tenerlo a bada."

La faceva facile lei! Mica se lo doveva sciroppare lei il cugino!

Potter pensò bene che fosse giunto il momento di smolecolarizzare il suo cadavere, sganciando la propria bomba e, dalle braccia del proprio padrino, se ne uscì con un "Tu almeno non dovrai condividere la tua mente con Voldemort."

Draco rimase a guardarlo con tant'occhi. Dov'era finito il Grifondoro sempliciotto e bonaccione? Chi diamine era quella subdola serpe che aveva avuto il coraggio di rinfacciargli qualcosa che non dipendeva da nessuno dei presenti?

In quel preciso istante seppe che la propria crociata in favore della libertà della propria mente era stata definitivamente persa.

 

Il giorno appresso - tanto per lasciargli qualche ora ancora in solitudine con se stesso - lo condussero in una stanza circolare, dai pavimenti in pietra grezza, da cui si accedeva dall'unica apertura nascosta dalla tenda scura che percorreva tutta la circonferenza.

Provò per l'ultima volta a fare gli occhi dolci a sua madre, ma nemmeno quelli ebbero successo.

Si ritrovò così svestito di una tunica bianca che lasciava ben poco all'immaginazione, adagiato su un letto di petali di fiori profumati sopra la grigia pietra sacrificale dell'altare centrale, ai polsi e alle caviglie dei bracciali d'oro e una tiara dello stesso metallo a cingergli la fronte.

Cinque adulti gli stavano attorno: Sirius e Narcissa per il legame di sangue, Remus e Severus per quello affettivo - anche se non aveva la minima idea del perché il licantropo dovesse essere un legame affettivo - e Dumbledore a dare potenza al tutto. Almeno quella dannata Babbana se n'era già tornata nella sua lontana America! Draco si sentiva umiliato. Sapeva di non averne motivo, che quel rituale non serviva a togliergli la dignità, ma si sentiva inutilmente esposto.

Quando i cinque adulti iniziarono a recitare le parole in latino che avrebbero attivato la connessione, sentì il gelo penetrare attraverso il sottile strato di stoffa, mozzandogli il respiro in gola.

Si sentì annaspare, mentre il cuore iniziava a battere con più violenza, scandendo un ritmo asincrono e spezzato.

Quegli adulti erano davvero convinti che non sarebbe morto durante quel maledetto rituale?

"Fa così male solo perché non mi vuoi."

Oh, bene, ora iniziava anche a sentire le voci!

La voce rise estremamente divertita "Mi pare ovvio che tu senta la mia voce! Vorresti ospitare la mia anima e non sentire la mia voce?"

Volerti? Ma chi ti vuole? Sono stato costretto!

La stessa risata di prima riecheggiò tra le pareti della propria mente, rimbalzando sul dolore sordo che sentiva invadergli il corpo ad ondate sempre crescenti "Pensi davvero che la coabitazione sia così terribile?" l'ombra di un sorriso aleggiò attorno a Draco che si sentì per un istante meglio prima che capisse che quella era la stessa sensazione di quando lui stesso sorrideva. Quel bastardo aveva già iniziato ad occupare i suoi spazi, prima ancora che lui gli desse il consenso!

"Scusami, hai ragione, non è stato molto educato da parte mia. Ma meno ne sei consapevole, meno dolore sentirai per questa transizione."

E questo dovrebbe tranquillizzarmi?

Una carezza: Draco sentì come se lunghe dita sconosciute lo stessero accarezzando in ogni punto più sensibile "No, ma dovresti distenderti."

Il corpo del biondo s'inarcò dal piacere, sotto l'assalto onirico di quelle dita, accogliendo un altro poco quell'anima estranea dentro di sé.

Smettila... smettila non ti... voglio...

"Lo so. Ma non sono mai stato un ingrato e il peso della mia presenza sarà ampiamente ricompensato." la sensazione di piacere dilagò nel corpo di Draco senza che questi riuscissa a far nulla per impedirlo, mentre gli ornamenti d'oro che gli avevano fatto indossare si scaldavano tanto da esser quasi fastidiosi "Vedrai, conosco un modo infallibile per appianare tutte le nostre divergenze!"

Un urlo strozzato fece inarcare il corpo longilineo mentre veniva su un altare, davanti a tutta una serie di persone che mai avrebbe voluto assistessero ad un simile evento. Il pensiero fastidioso venne però immediatamente accantonato da una presenza diversa dalla propria mente. Un sorriso malizioso incurvò le labbra di Draco, mentre i suoi capelli e i suoi occhi si oscuravano, prima di tornare del loro colore originale.

"Non vedo l'ora."

Regulus sapeva come farlo rilassare!




Ok... ehm... ciao ^_^

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Capitolo 3
*** In volo per il New Jersey ***


Titolo: In volo per il New Jersey
Autore: Leliwen
BetaReader: Billaneve
Personaggi:
Draco Malfoy, Regulus Black, Dr Gregory House
Pairing: Draco/Regulus
Prompt: Magia in pillole per l'omonimo Contest
Genere: Erotico
Rating:
R
Avvertimenti:
Crossover(Harry Potter / Dottor House), Scena di sesso(?), post 5° libro
Conteggio parole: 2.893
Sommario:
Draco aveva l'emicrania. O forse, era più giusto dire che Regulus soffriva d'emicrania; Draco non aveva mai avuto nulla più che un po' di mal di testa adeguatamente ingigantito dalle sue formidabili doti melodrammatiche. Il problema era Regulus...

NdA: Questa storia è INTERAMENTE dedicata a Nasreen, con tutto il mio affetto!
Tempo fa scrissi, sulla mia bacheca di Facebook, che avevo l'emicrania e Nasreen, tranquilla e beata come sempre, mi consigliò: fai sesso.
Ecco, l'idea mi è nata da quel consiglio. Peccato che quando io abbia l'emicrania sono in coma e la sola idea di spostare la testa di un millimetro mi fa venir una nausea assurda e la voglia di vomitare... altrimenti potrebbe essere un buon consiglio...

Ad ogni modo, Nasreen, puoi considerare questa mia storia un regalo di compleanno per te ♥

 


 

L'aereo per il New Jersey era pieno di passeggeri, la maggioranza vacanzieri che avrebbero fatto scalo prima di tornare in Europa. Il Dottor House, invece, stava rientrando da un seminario - estremamente noioso - pieno di dissertazioni - troppo approssimative - sulle malattie degenerative autoimmuni. Considerati gli oratori, avrebbe dovuto capirlo che non sarebbe stato così interessante, ma la Caddy aveva insistito e lui non aveva potuto far altro che accontentarla. Al posto di una settimana di ambulatorio, ovviamente.

In fila al check in per i passeggeri di prima classe c'erano solo quattro persone, oltre al dottore: un uomo con una ventiquattrore, un'anziana coppia texana, un ragazzo con uno zaino rattoppato della Pickwick e con un paio di Converse sfondate ai piedi.

Stava per consegnare i propri documenti alla hostess quando, nell'alzare lo sguardo per restituirgli il passaporto, la vide arrossire violentemente. Guardò oltre le proprie spalle: lei, per sommo disgusto del proprio ego, non lo stava guardando ma osservava un nuovo passeggero, un ragazzo dai capelli biondi, occhi freddi e lineamenti lunghi ed appuntiti, marcatamente inglesi, vestito con un completo di sartoria interamente nero e una cravatta troppo lucida e troppo morbida per essere acrilica. Non aveva borse, il passaporto venne estratto dalla tasca interna della giacca senza che questa risentisse della differenza di peso. Le dita erano lunghe ed aggraziate, curate meglio di quelle di molte donne. Alla hostess non rivolse altro che un cenno col capo dopo che questa gli augurò buon viaggio.

Una piccola navetta, diversa da quella straripante riservata ai passeggeri di seconda classe, li stava aspettando. La coppia passò tutto quel breve tragitto a chiacchierare ed a tenersi per mano, il ragazzo con le Converse cercò di intavolare una mezza conversazione col coetaneo ultimo arrivato, mentre l'altro uomo estraeva il proprio palmare digitando velocemente con il pennino.

House, dal canto suo, osservava il tutto divertito ed annoiato al tempo; era un gruppetto di persone interessanti ma, fosse stato per lui, avrebbe preferito mischiarsi a quelli della seconda classe: è lì che poteva spiare i casi umani più interessanti. L'organizzazione dell'evento, invece, aveva pensato anche al rientro e lui era stato così sfortunato da non poter tornare con gli altri colleghi al proprio ospedale e gli era toccata la prima classe.

Una volta a bordo uno stuart controllò i biglietti ed indicò loro i rispettivi posti. Il ragazzo biondo era alla sua sinistra, oltre il corridoio: entrambi avevano ricevuto la grazia di poter viaggiare soli.

L'aereo partì con sette minuti di ritardo a causa di un passeggero che aveva imbarcato il proprio bagaglio dimenticandosi, però, di seguirlo a bordo dell'aereo. Alla fine partirono senza passeggero né bagaglio.

Il decollo fu tranquillo nonostante le nubi e House, guardandosi attorno, si rese conto che la signora ed il biondo avevano la pelle delle nocche bianca e tirata. Non fu la vecchia a sorprenderlo quanto il ragazzo. Aveva l'aria di uno abituato a viaggiare su un aereo privato anche per andare a fare la spesa, se mai ne avesse avuto bisogno, e quella paura era... atipica.

Una volta presa quota la signora sembrò tranquillizzarsi, il ragazzo no. Ordinò un whiskey alla hostess ma nemmeno l'alcol sembrò aiutarlo a star meglio.

Era appena passata un'ora e mezza dalla partenza che House lo vide accasciarsi su se stesso, tenendosi la testa con entrambe le mani.

Subito dopo un vuoto d'aria fece singhiozzare la signora Texana.

 

Draco aveva l'emicrania.

O forse, era più giusto dire che Regulus soffriva d'emicrania; Draco non aveva mai avuto nulla più che un comune mal di testa adeguatamente ingigantito dalle sue formidabili doti melodrammatiche. Ora invece, il fatto che quello sarebbe dovuto essere il suo corpo - e non quello dell'altro - non sembrava incidere minimamente sulla sua percezione del dolore. Il problema era Regulus, sempre e solo lui.

"Speravo di essermene liberato..." mormorò iniziando ad ansare piano rimediandosi un'occhiataccia mentale di Draco.

"Forse è l'influenza del medaglione," aggiunse subito dopo, stringendo con più forza i braccioli della poltroncina su cui era seduto. Il metallo attorno al collo sembrava pesare terribilmente e il calore quasi ustionante che esso sprigionava si fece sempre più intenso provocandogli un insano ed impellente desiderio di toglierlo e di gettalo il più lontano possibile. Con un ultimo sforzo di volontà chiuse gli occhi e fece fina di nulla.

L'aereo incontrò una seconda turbolenza e Draco gemette insieme alla cicciona dai capelli tinti. "Forse è questo dannato aggeggio!" Tentò di ruggire Draco senza riuscirvi: il corpo si accasciò, la testa s'incastonò tra le spalle mentre i gomiti si puntavano sulle ginocchia, pronte a ricevere la fronte. Le parole abbandonarono le labbra come un gemito di dolore.

Sentiva i muscoli del volto tirare, le ossa stridere e gli zigomi, proprio sotto gli occhi, esplodere in mille schegge acuminate. Un dolore intenso e prolungato che in ogni istante aumentava, espandendosi fino alle tempie, per farle pulsare più forte, sempre più forte.

"Fallo smettere..." iniziò a cantilenare Draco, mentre i sobbalzi dell'aeroplano si facevano più violenti ed una coppia di fulmini, fuori, illuminò le nubi fosche.

Regulus gemette insieme al suo ospite. "Temo sia colpa mia," ammise sentendo come se i denti si stessero avvicinando dolorosamente gli uni gli altri e la lingua si fosse fatta grossa come un pompelmo. "Devo scaricarmi."

L'hostess si avvicinò in quel momento, posando una mano sulla spalla fasciata dal tessuto nero.

"Signore, si sente male?" Provò a chiedere, ma la sua voce svanì, soffocata da un urletto spaventato: una scarica elettrica era partita dal corpo del giovane e le aveva intorpidito la mano.

Draco si strinse i palmi contro le orecchie, non appena lei urlò, poi, dopo un tempo che parve infinito, voltò la testa e fissò i suoi occhi, dilatati, freddi, immensi, in quelli anonimi e spaventati di lei. "No," le rispose tentando di infondere nelle parole tutto il sarcasmo possibile. "Semplicemente mi piace star raggomitolato sotto un sedile," terminò ansando.

 

Il sorriso di House si allargò, a quelle parole. Aveva notato il malore e inizialmente aveva pensato ad una sbornia ben celata, ma la cosa che l'aveva sorpreso ed incuriosito era stata quella scintilla ad alto voltaggio, considerato come la signorina si stesse ancora tenendo e massaggiando la mano.

"Gli potrebbe, magari, portare un bicchier d'acqua?" Ordinò, senza alcuna gentilezza.

Lei lo guardò per un momento stupita, poi fece come richiesto. Un attimo dopo tornò un suo collega. House allungò al biondo l'acqua ed una delle sue pastiglie di Vicodin, borbottando allo stuart di essere un medico.

"Cos'è?" Domandò il ragazzo, sospettosamente.

"Un antidolorifico," spiegò il medico. "Da quanto soffri di emicranie?"

"Mai... da sempre." Un passaggio repentino, prima in inghiottire acqua e pillola. Le luci avevano avuto un sobbalzo e i capelli del ragazzo ora sembravano appena un po' più scuri. "La prima che mi ricordi avevo tre anni e avevo litigato con mio fratello," sillabò, nel tentativo di rimanere lucido, pesando ogni singola parola come se le andasse a cercare nei meandri più nascosti della sua mente.

"Non ti sei mai andato a far visitare?"

"Era... disdicevole," spiegò sdrucciolando sulla parola.

Un lord, proprio come aveva immaginato. Solo un nobile avrebbe usato una simile parola.

"Siete... sicuro che funzioni?" Chiese mentre la testa tornava tra le ginocchia, stretta nella morsa delle proprie dita.

 

Aveva inghiottito la medicina senza pensarci due volte, il maledetto. Era questo che si era trovato a pensare Draco, quando Regulus aveva preso il sopravvento. Dividere il corpo con un altro era parecchio stancante, soprattutto se la testa sembrava volersi spaccare da un momento all'altro e tutto il corpo iniziava pian piano a risentirne. Un fuoco. Sentiva un fuoco divampargli dentro, bruciandolo dall'interno, mentre quell'intenso calore alimentava la sua magia.

Il Babbano stava dicendo qualcosa sul tempo di azione del medicinale, ma lui non lo ascoltò, il dolore era troppo forte. Sentì gli occhi inumidirsi mentre il suo corpo continuava a caricarsi.

"Ho bisogno di un mago..." sussurrò piano Regulus, mentre una seconda scintilla partiva dal suo corpo ed arrivava allo stuart che si era avvicinato per recuperare il bicchiere vuoto. Un nuovo vuoto d'aria fece ballare l'aereo. "Cazzo!"

Draco tentò di emergere dalla bolla di dolore che l'aveva annichilito. "È colpa nostra?"

"Probabile."

"Di cosa parli, ragazzo?" Chiese il medico. "E con chi parli?" Aggiunse poco dopo.

Regulus, gli occhi foschi appannati dal dolore, alzò appena un po' la testa, voltandosi verso il Babbano e tentando di guardarlo altezzosamente. "Quanto ancora devo aspettare?"

"Non senti alcun miglioramento?" Chiese aggrottando le sopracciglia quando il ragazzo scosse appena un poco la testa. "Dovrei toccarti per cercare di fare una diagnosi." Guardò lo stuart, "avete dei guanti di lattice?"

 

Quando lo stuart tornò coi guanti, House prese il volto del ragazzo tra le mani, sentendolo rigido: i tendini erano tirati, alcune ghiandole del collo si erano ingrossate e la pupilla era completamente dilatata, le palpitazioni erano troppo violente e ravvicinate. La pelle sembrava scottare. Non era solo un'emicrania, questo era certo.

"Cosa fai, di solito, per farla passare?"

Il giovane Lord lo osservò, gli occhi traballarono un po' per metterlo a fuoco. Poi le labbra si stirarono in una sorta di ghigno: "sesso," spiegò scandagliando gli occhi azzurri del medico, alla ricerca di... qualcosa. Imbarazzo, probabilmente. Ma il ghigno ancora più divertito di House lo indusse ad aggiungere, "o mi rinchiudo nella mia stanza sperando che non duri a lungo."

"Lanci sempre queste scariche elettriche?"

"Solo ai Babb... ad alcuni." Si corresse, fingendo un gemito di dolore.

Gli occhi azzurri si assottigliarono. "Ragazzo, come ti chiami?"

Lo sguardo del biondo si spense un istante: "Draco Malfoy," disse. "Mi hanno ricoverato al Seattle's Gray una settimana fa. Ora, questo mal di testa... io voglio solo tornarmene a casa."

"Sintomi?" Chiese ignorando le proteste dello stuart e attivando il cellulare. Mentre Draco faceva mente locale, tentando di articolare un discorso la persona chiamata rispose: "Foreman, prendi appunti." Ordinò House mettendo il vivavoce.

Draco arricciò le sopracciglia, facendo una smorfia di dolore. "Sento le palpebre pesanti e la destra fa male, come se avessi un ferro arroventato infilato nell'occhio. Mi sento rigido e sovraccarico. La pelle è ipersensibile, la lingua ingrossata e una nausea non indifferente mi attanaglia lo stomaco. Devo continuare?" Domandò lanciando un'occhiata scura al dottore.

"Se c'è dell'altro," rispose questi mentre l'apparecchio nella sua mano gracchiava, con voce bassa e profonda, "House, cosa sta succedendo?"

Il ragazzo chiuse quei fanali dilatati, arricciando un po' il naso. "Sono eccitato, mi prudono le mani, la sua pillola non ha fatto il minimo effetto e diamine mi fanno persino male i capelli!" Finì per urlare. Un baluginio azzurro sfrigolò sulla sua pelle, ma lui non ci fece quasi caso.

"Ho un ragazzo che emette fulmini." Rispose House a Foreman avvicinando il cellulare alle labbra.

Draco si accorse in quel momento che tutti i passeggeri della prima classe lo stavano osservando e, nonostante il dolore, la sua rabbia esplose. "Ah, già, mi sto irritando ad avervi tutti addosso!" Urlò nell'esatto momento in cui un fulmine spaccò il cielo proprio accanto all'aereo, facendolo tremare.

Gli occhi del dottore si allargarono per la sorpresa mentre, sopra il frastuono del tuono, urlava al suo sottoposto, "e li attira."

"Chiamo Chase."

 

"Ho bisogno di un mago. Possibilmente potente, preferibilmente maschio." Un quarto fulmine li colpì, scivolò sulla scocca esterna e cadde poi a terra, seguito dai gridolini - un po' impauriti un po' eccitati - dei passeggeri di seconda classe. Quelli di prima erano tutti concentrati sul dottore e sul recalcitrante paziente.

"House, ho trovato un riscontro, ma, onestamente, mi sembra assurdo." La voce di Chase si alzò dall'altoparlante del cellulare e Draco spinse ancor più forte i palmi contro gli occhi. "È in un forum accreditato di un prestigioso ospedale francese."

"Oh, conosci il francese, Chase?" lo prese un po' in giro il dottor House, facendo, a detta di Draco, del basso sarcasmo.

Persino dal cellulare si sentirono gli occhi dell'altro dottore ruotare nel tentativo di non cedere alla provocazione. "Lì si parla di Nyphaléà*: una cefalea che, non si capisce bene se è causata o se causa forti pulsioni sessuali." Dal tono non sembrava, però, molto convinto.

Il dottor House rimase in silenzio per un momento, guardando Draco alzare appena la testa con occhi colmi di dolore. "Fonti?"

"Nemmeno una," disse la voce un po' disturbata. "Il dottore che ha scritto il post e che ha risposto è morto l'anno scorso e dice di aver sentito di questa malattia ad un congresso in Inghilterra, ma di non avere altre notizie più specifiche in proposito."

"E dice anche che attira i fulmini?"

"Più o meno. Dice che il corpo del paziente si carica elettricamente e che sembra aver bisogno di sempre maggior energia. Il solo modo per placarlo è scaricare la tensione accumulata. Lo sai che senza analisi più approfondite non possiamo fare di più."

Draco diede una piccola botta contro il sedile di fronte. "Fanculo a tutti!" Sibilò tra i denti. "Regulus, non so come, ma questa me la paghi!" Si sfilò la maglietta con un gesto di stizza scivolando sulla poltrona ed inarcando la schiena per esporre il petto bollente al getto freddo della bocchetta dell'aria. Il medaglione gli scivolò oltre la linea rigida delle spalle, lasciando la pelle lievemente arrossata ed andandosi ad appoggiare sulla seduta del suo posto comodo. Chiuse gli occhi e mosse la testa, sentendo il dolore spargersi lungo il collo teso, quasi fosse la carezza di un amante. La mano dalle dita affusolate seguì quel dolore, scivolò sul petto e s'incastrò sul capezzolo, pizzicandolo.

Il cuore, sotto le sue dita, viaggiava sostenuto, rimbombando nel cervello.

Draco sentì Regulus prendere il possesso della propria mano, farla viaggiare per quel corpo di latte e miele che avrebbe voluto assaggiare, pizzicandogli la carne laddove le ondate di nausea prodotte dall'emicrania sembravano fluire. Draco spostò l'altro braccio a coprirsi gli occhi, schiacciandosi appena un po' il naso. Serrò le palpebre, concentrandosi unicamente su quello che Regulus stava facendo al suo addome con la propria mano: era strano dividere un corpo, ma fortunatamente sembrava che il redivivo avesse molta esperienza riguardo il far gemere di piacere gli altri solo col tocco delle sue dita.

Le sentì scendere, fino a stuzzicargli piano la pelle grinzosa dell'ombelico, affondando nella piccola cavità, grattando un po' con l'unghia, ma proprio mentre il respiro stava per divenire gemito, la mano risalì verso l'altro capezzolo, per andare a torturarlo. Dalle labbra fuoriuscì un lieve lamento quando due polpastrelli lo pizzicarono senza pietà.

Qualcuno, da qualche parte, in un qualche luogo che non era quell'alcova di dolore e piacere che l'avvolgeva, protestò vivamente, qualcun altro, con voce più cinica e tranquilla, asserì che gli sembrava un ottimo metodo per risolvere il problema.

l braccio che teneva sugli occhi ebbe uno spasmo, come se qualcuno l'avesse strattonato e, presto, entrambi i palmi iniziarono ad esplorare l'epidermide, i dieci polpastrelli titillarono ogni sporgenza e le unghie lasciarono scie rosse di dolore e piacere.

 

House si sistemò comodo, il cellulare ancora in mano, mentre osservava rapito le mani del ragazzo biondo fare prodezze su quella pelle morbida, quasi come quella di una donna. La coppia texana era tornata al suo posto, o meglio, l'uomo aveva trascinato via la moglie che probabilmente sarebbe volentieri rimasta a godersi lo spettacolo. Lo stuart aveva sigillato, meglio che poteva, le tende che dividevano le due classi, sperando ardentemente che la lieve musica che aveva proposto ai passeggeri riuscisse a coprire i gemiti di piacere del passeggero. L'uomo con il palmare non aveva badato a loro nemmeno per un momento, mentre il ragazzo che indossava le Converse aveva deciso che quello non era uno spettacolo da poter dimenticare. Dopo un attimo era lì, telecamera alla mano, per riprendere le prodezze sessuali delle mano del biondo su se stesso.

Il dottore lo osservava, anche se la sua era più un'esigenza clinica che non un piacere personale. L'elettricità azzurrina gli brillava sulla pelle del giovane, gli occhi lucidi non sembravano riflettere questa realtà mentre le mani, che sembravano dotate di vita propria, iniziavano a slacciare i pantaloni.

La stoffa svelò, lentamente, altra carne bianca, coperta da sottili peli dorati che parevano morbidissimi. Le dita pizzicarono l'interno coscia, ignorando l'erezione svettante e le labbra, divenute rosse come ciliegie, emettevano mugolii disperati provenienti direttamente dalla gola reclinata ed esposta. Draco alzò una gamba, andando ad incastrarla contro il sedile davanti al suo, dando maggior visibilità al ragazzo con la telecamera. Da qualche parte, le hostess avevano ricominciato a distribuire merendine nella speranza di distrarre gli altri passeggeri da quello che stava succedendo in prima classe.

Quando un pollice di Draco scese a sfiorarsi l'apertura rilassata, House si sentì, più che invaso da un fuoco, seduto nel bel mezzo di un incendio.

Ok, beh, forse non era un'esigenza solo clinica.

 

 

 

Draco aveva l'emicrania.

Di nuovo. O forse, al solito, era più corretto dire che il problema era Regulus. Regulus e quella sua dannata compulsione che lo prendeva quando aveva l'emicrania. Sirius, con un lampo di disperazione nello sguardo, aveva affermato come il fratello soffrisse di Nyphaléà* anche da vivo. Particolare che tutti, nessuno escluso, s'erano guardati bene da riferirgli quando l'avevano obbligato ad accettare l'anima del piccolo di casa Black.

"Bene," rinfacciò loro, infischiandosene della presenza di genitori, bambini o ex professori, ma interessato unicamente a far passare quel dolore atroce. "Dato che ne eravate tutti consapevoli," continuò guardando storto il gruppo di adulti coetanei dei malandrini, "chi ci scopa?"

 

 

* tanto per esser sicuri: la malattia è una mia invenzione.

 

 

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