La dea di ghiaccio e l'incantatore di londonlilyt (/viewuser.php?uid=3436)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Ma chi ti ha dato la patente! ***
Capitolo 3: *** Chiappete gelate e notti insonni... ***
Capitolo 4: *** il gatto con il topo... ***
Capitolo 5: *** lavoriamo insieme? ***
Capitolo 6: *** Esci con me! ***
Capitolo 7: *** Esci con me o ti brucio la Ferrari! ***
Capitolo 8: *** VENEZIA..... ***
Capitolo 9: *** E' dolce sognar...... ***
Capitolo 10: *** stronza frigida! ***
Capitolo 11: *** Vi presento Cleo ***
Capitolo 12: *** La proposta...magari fosse indecente! ***
Capitolo 13: *** Il russo scoppiato. ***
Capitolo 14: *** Si entra in azione. ***
Capitolo 15: *** I like big asses...... ***
Capitolo 16: *** che fai...mi muori?! ***
Capitolo 17: *** Passeggiata lungo il fiume. ***
Capitolo 18: *** Niente piu' pazienza. ***
Capitolo 19: *** E se il cielo stesse per cadere? ***
Capitolo 20: *** Chi diavolo e' quel tizio? ***
Capitolo 21: *** I fantasmi del passato. ***
Capitolo 22: *** Ferite ancora aperte...... ***
Capitolo 23: *** Le verita' nascoste I ***
Capitolo 24: *** Le verita' nascoste II ***
Capitolo 25: *** The game is out. ***
Capitolo 26: *** Una notte buia. ***
Capitolo 27: *** Tho' guarda...... ***
Capitolo 28: *** A volte ritornano..... ***
Capitolo 29: *** Rescue me. ***
Capitolo 30: *** Serve aiuto? ***
Capitolo 31: *** EPILOGO ***
Capitolo 1 *** PROLOGO ***
Residenza dell’ambasciatore tedesco in Austria, 30km da
Vienna.
I loro sguardi si incontrano attraverso il salone
affollato: quello di lui scuro e vellutato come la notte, quello di lei terso e
chiaro come il cielo a primavera.
Lui sorrise sicuro facendo scorrere gli occhi lenti
sulle curve di lei come in una morbida carezza, mentre il sorriso sornione che
le aveva rivolto si allargava sempre più
facendogli brillare le pupille scure come il peccato.
Lei non sorrise ma ricambiò l’occhiata, tornando
poi a guardarlo in viso con un sopracciglio ben curato alzato: che avesse trovato la
merce scadente? Con una scrollatina di spalle e un’occhiata gelida riportò
l’attenzione al gruppetto di uomini con cui stava parlando pocanzi.
Lui si offese, sapeva benissimo di possedere un fisico
che avrebbe fatto invidia al migliore degli atleti e il suo sangue misto e
coloriti scuri gli davano quell’aura di magnetismo animale che attirava le donne
come le api al miele. Il suo orgoglio maschile era stato ferito mortalmente e chiedeva
vendetta: non gli
piaceva essere dismesso a quel modo.
Posò la coppa di champagne che stava bevendo e si fece
largo tra la folla, il passo sicuro e cadenzato di chi sapeva esattamente dove
andare. Nonostante la calaca, era difficile perderla di vista, era l’unica nota di colore in un mare nero formato da uomini in
smoking.
L’abito da sera che portava era una visione in celeste:
il bustino aderente che lasciava le spalle nude metteva in risalto la vita
sottile e il seno sodo, la gonna scendeva morbida e aperta a campana fino alle
caviglie, un peccato pensò con rammarico, perché di sicuro copriva un paio di gambe che non finivano
più.
Non portava i guanti e i capelli biondi erano
stati tirati su in modo da mettere in mostra il collo elegante adornato da una
collana di diamanti, veri da quello che riusciva a vedere da quella distanza,
quel collier doveva valere una fortuna.
-Credo che questo ballo sia riservato a me- disse una
volta che l’ebbe raggiunta, liberandola del bicchiere e prendendola per mano in
un unico fluido movimento.
-Se lor signori mi vogliono scusare- mascherando la
sorpresa e l’irritazione la donna si fece condurre docilmente sulla pista da ballo, non
poteva rischiare una scenata proprio ora. Ma l’avrebbe fatto amaramente pentire di
averla disturbata.
Le note di un valzer si diffusero leggere nell’aria
mentre i ballerini iniziavano a muoversi.
-Devo ancora decidere se lei è solo temerario o
completamente incosciente, mi pareva di averle fatto capire che non ero
interessata- puntualizzò fredda.
-Sa come si dice, “La fortuna aiuta gli audaci”-
agilmente le fece fare una giravolta –credevo stesse facendo la preziosa e poi
non sono un tipo che si può ignorare con tanta facilità-
Era vero, glielo leggeva negli occhi. Non era il tipo che
accettava un no come risposta non senza giocare fino all’ultima carta; ma lei
non aveva tempo di giocare stasera, in un altro momento si sarebbe anche
divertita ad interpretare la parte dell’oca ma ora aveva un impegno.
Doveva liberarsi di questo...questo...non
riusciva neanche a trovargli un nome, convinta solo che fosse pericoloso; lei li
riconosceva a pelle i tipi pericolosi, soprattutto se quel pericolo rischiava di
minacciarla da vicino, non le piaceva affatto la luce che gli aveva visto
brillare nello sguardo quando i loro occhi si erano incrociati e lei non aveva
nessuna intenzione di esplorre la causa del brivido che l'aveva colta quando si
erano guiardati.
I due continuarono a ballare, ignari dell’immagine che
stavano presentato al resto degli ospiti. Lui così scuro e attraente, lei così
chiara ed eterea: sembrava che il giorno e la notte si fossero appena
incontranti, li nel bel mezzo della pista da ballo, scatenando ogni tipo di
energia sopita presente nell’aria e caricandola di elettricità.
-Deve ritenersi davvero fortunato che al momento non mi
vada di fare una scenata e attirare l'attenzione di tutti!- gli disse dopo un breve silenzio, sperando di
raffreddargli tutti i bollenti spiriti.
-E crede davvero che non l’abbiamo già attirata?-
le rispose piano.
La donna si diede una veloce occhiata attorno, era vero
constatò,
quasi tutti gli occhi erano puntati su di loro. Maledizione! Non ci voleva, era riuscita a
non farsi notare più di tanto quella sera.
-Spero sia contento, volevo passare una serata in
incognito e lei mi ha rovinato tutto- per “sbaglio” un affilatissimo tacco dei
suoi costosi sandali si andò a infilzare sulle dita dei piedi di lui che
nonostante tutto non perse il ritmo, ma trattenne bruscamente il respiro
–ops...-
-Bisbetica, è sempre così carina con gli aspiranti
spasimanti?- era piena di spine la biondina.
-Quali aspiranti spasimanti?- chiese ironica.
-Non ha nessuna intenzione di rendermi le cose facili,
vero?- ma non si aspettava una risposta –le va di bere qualcosa insieme?-
attacco diretto, l’arma migliore.
-Mi pare di averle detto di non essere interessata- di
sfuggita vide l’ora nell’orologio di lui, doveva fare in fretta –lasci che le
dica che lei non è il mio tipo. Li preferisco magri e bassi-
-Ma davvero! E se fossi stato magro come un fuscello e
alto un metro e venti?-
-Alti con le spalle larghe, mi auguro che ci
siamo capiti?- gli disse guardandolo dritto negli occhi, grande sbaglio...il
calore che emanava lo sguardo di lui fu difficile da resistere, così intenso che
quasi le sembrava che le stesse fisicamente sfiorando la pelle con le dita.
In quel momento la musica finì e lei si volse per
andarsene
senza rinvolgergli un’altra parola. La stava facendo sentire strana, ed era meglio
lasciare certe cose nei cantucci bui dove erano state relegate.
Lui non era della stesso parere, prima che potesse
scappare le avvolse le mani attorno alla vita e se la tenne stretta
contro.
-Posso almeno sapere il tuo nome?- le bisbigliò in
un orecchio, l’alito caldo che le solleticava il collo.
-Genie- rispose lei piano, rabbrividendo
involontariamente, non si era aspettata un incontro così ravvicinato con il
corpo muscoloso di lui.
-Perché esaudisci i desideri?-
-No- più che vederlo lui percepì il suo sorriso –perché
riesco a scomparire in una nuvoletta di fumo-
Gli scivolò alle spalle e scomparve tra la
folla.
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Capitolo 2 *** Ma chi ti ha dato la patente! ***
Lui si voltò in fretta per vedere in che direzione fosse
andata ma non la vide da nessuna parte: era come scomparsa nel
nulla.
“Lasciala perdere amico mio” gracchiò l’impercettibile
auricolare che aveva all’orecchio “quella é più fredda del mare del nord, mi si
é avvizzito solo a guardarla negli occhi!”
Sempre pieno di tatto il suo amico Jules, avrebbe dovuto
fare quattro chiacchere con il ragazzo prima o poi.
“Comunque la tua preda é appena sgattaiolata sul
terrazzo” poi rise “e non intendevo la principessa dei ghiacci! Mi riferivo a
Chang”
Stronzo! Ma era venuto lì per fare un lavoro stasera e aveva
perso abbastanza tempo. Con una luce felina da predatore che gli brillava nello
sgurdo si diresse verso la terrazza pronto all'azione.
La donna camminava veloce lungo il corridoio buio
rischiarato appena dalla fioca luce lunare che filtrava dalle finestre laterali
e
cercando di fare il minimo rumore con i tacchi sul marmo lucido; la sua
destinazione era dopo il prossimo angolo ovvero: l’appartamento privato
dell’ambasciatore tedesco.
La guardia che doveva stare davanti alla porta faceva il
giro dei corridoi ogni ora e lei doveva essere ancora in tempo per trovare via
libera e non farsi scoprire. Ne avrebbe avuto
di più se non avesse perso minuti preziosi a ballare con quel sollevatore di
pesi gonfiato...accidenti a lui!
In genere le bastava sfoderare la sua occhiata gelida per
scoraggiare chiunque, ma lui no...liu doveva far prevalere il
testosterone.
Delle voci provenienti dal corridoio opposto la spinsero
immediatamente
all’azione, senza il minimo rumore scivolò nell’anticamera.
Tutto era buio, a parte il debole chiarore proveniente
dal moderno camino a gas; con gesti svelti sganciò la gonna che portava indosso che cadde a terra
con un tonfo sordo mostrando i pantaloni in pelle aderenti che portava sotto.
Tirando giù l’orlo per coprire tutta la gamba,
si diede una veloce occhiata attorno, doveva
sbrigarsi, meno stava in quella stanza meglio era.
Con passo deciso si diresse verso il comodino
sul lato sinistro del letto, la
cassaforte con gli oggetti “molto” personali dell’ambasciatore era incassata nel
muro dietro al piccolo mobile. Riuscì a spostarlo abbastanza facilmente, era
pesante per essere così piccolo pensò, mentre con una sottile pila illuminò il muro
dall’intonaco liscio...della cassaforte neanche traccia. Tastò in cerca di uno
scomparto segreto, ma nulla.
Come era possibile? Non poteva essersi sbagliata così
grossolanamente, forse aveva sbagliato lato del letto, ma neanche dall’altra
parte c’era nulla; era con la merda fino al collo e non poteva perdere tempo ad
aprire anche quella che si trovava dentro lo spogliatoio, doveva fare una
ricerca accurata e veloce.
Mise a posto i comodini, ma come faceva quello sulla
destra ad essere talmente pesante rispetto all’altro...si fermò di scatto,
troppo pesante? Forse troppo per un semplice comodino.
Lo esaminò attentamente in cerca di doppi fondi o false
pareti, ma ancora nulla, che fosse un secrétaire?
Con cautela spinse il ripiano in cima cercando la
direzione in cui dovrebbe spostarsi il pannello e infatti, lentamente, lo fece
scorrere verso sinistra trovandosi difronte la cassaforte.
-Piccola figlia di puttana.....- bisbigliò
trionfante.
L’ambasciatore era un idiota, quella cassaforte era di un
modello semplicissimo a combinazione e lei ci sarebbero voluti meno di cinque per
aprirla.
Era così concentrata che non sentì il rumore della
prima scarica di proiettili proveniente dal giardino, ma non mancò la seconda: grossi guai erano in
vista. Prese il video e i due dischetti che erano all’interno e li mise nella
fondina quadrata che aveva allacciata sulla coscia sinistra.
Doveva dileguarsi prima che qualcuno la scoprisse.
Recuperò la gonna che si era tolta poco prima visto che nascosta tra le sua pieghe c’era
la giaccha dello stesso stile dei pantaloni, fuori faceva un freddo polare e lei
doveva essere pronta all'azione non mezza assiderata! Poi
strappò la sottana semi trasparente dalla seta celeste sentendosi in colpa nel
rovinare un così bell'abito. A prima vista sembrava una normalissima
sottogonna rigida, ma era fatta di un materiale particolare, leggero e
resistentissimo cucito a spirale in modo da poter essere srotolato
all’occorenza.
Legò il lembo iniziale al parapetto del balcone e
agilmente si calò nel giardino sottostante. Una volta a terra si disfò della
parrucca bionda, liberando i suoi naturali capelli neri e delle sopraciglia
finte, i tacchi erano un problema ma aveva gli stivali nella macchina che era
parcheggiata a cento metri più in là. Doveva sbrigarsi, sembrava
che gli spari si stessero facendo più vicini.
Corse svelta sul leggero strato di neve che era caduta nelle
ultime ore, se non le veniva un principio di assideramento oggi sarebbe sopravvissuta a
qualsiasi cosa in futuro.
Era oramai vicina alla vettura quando un raggio di luce
lunare fece capolino da dietro le nuvole illuminando le curve lucide e snelle
della sua Ferrari nera nuova di autofficina, illuminando anche una figura scura accucciata vicino
alla serratura del lato guidatore. Qualcuno stava cercando di rubarle la sua
macchina nuova di zecca! Lo avrebbe ammazzato su due piedi! Ma lo sapeva quanto
le era costato farsi modificare quella macchina con tutti i suoi accessori
preferiti!
Estrasse la pistola e senza fare il minimo rumore si
avvicino.
-Ti suggerisco di togliere le tue luride zampacce dalla
mia macchina, se non vuoi che ti faccia a colabrodo!- provò con l’inglese,
sperando che il ladro fosse poliglotta, non le andava di sfoderare tutto il suo
repertorio linguistico mentre stava gelando.
L’uomo rimase immobile maledicendo la sua cattiva sorte,
era quasi riuscito ad aprire lo sportello! Proprio ora doveva arrivare il
proprietario...correzione la proprietaria, dalla voce era una donna e anche
armata se la minaccia aveva un qualche fondamento.
Si voltò lentamente e si ritrovò
davanti...catwoman?
Anche al buio i suoi occhi azzurri brillavano come fari
nella notte, da dove sbucava fuori?
Per poco la donna non gli sparò, era l’uomo della pista
da ballo! Che cosa stava combinando?
-Saresti almeno così gentile da darmi un passaggio?-
chiese con accenno di sorriso che non mancava mai di rendere il gentil
sesso più sensibile alle sue richieste.
-Scordatelo, ora muoviti lento e...-
Non ebbe il tempo di finire, un faro gli venne puntato
addosso e fù dato l’allarme.
-Cazzo!- prese le chiavi e aprì gli sportelli –Sali
idiota!-
Una volta al posto di guida fece partire il motore con un
rombo e innestò la prima, partendo sgommando mentre un esercito di guardie
partiva al loro inseguimento.
-Non credi che sia meglio che guidi io
dolcezza?- chiese preoccupato, le donne erao leggermente pericolose
dietro il volante di bolidi come quello. E poi se doveva scappare lui sarebbe
riuscito a seminare i loro inseguitori con più facilità.
-Nessuna guida la mia bambina tranne me- gli disse gelida
sorvolando sul “dolcezza” –ora renditi utile e aziona il telecomando dentro al
cruscotto-
-A che serve? Non mi ritrovo sbalzato dalla macchina con
tutto il sedile vero?- rise scherzando solo a metà.
-No...se premi il tasto giusto- spiegò sarcastica –serve
per far saltare il cancello, non vorrai che graffi la vernice nuova
vero?-
-Dio non voglia...- rispose con un
soppraciglio alzato e premento il piccolo bottoncino rosso.
Trenta secondi dopo sfrecciarono a duecento all’ora
attraverso un cancello laterale ancora fumante con i loro inseguitori alle
calcagna.
-Quanti sono?- volle sapere lei con gli occhi
incollati sull'asfalto.
-Quattro macchine e sembra che ci sia una
jeep con montata sopra una
mitragliatrice dall’aspetto minaccioso- rispose guardandola, con la netta
impressione di averla già vista –ci siamo per caso incontrati da qualche altra
parte?-
Lei fece solo un mezzo sorrisetto e aprì il
tettuccio.
-Non so che diavolo stavi facendo, ma adesso rimedi a
tutto sto casino!-
-Cosa ti fa credere che sia stato io?- chiese cercando di
mantenere l’equilibrio dopo una brusca sterzata
-Mi auguro che tu sia armato- gli disse senza
degnarsi di rispondergli -altrimenti ci sono delle
cose nello scomparto nascosto dietro al sedile che ti potrebbero essere
utili-
Spinto da un misto di curiosità e necessità messe assieme, tirò fuori
il borsone scuro da dietro al sedile e vi diede un’occhiata dentro, lasciandosi
scappare subito dopo un fischio di apprezzamento: la
ragazza sapeva di cosa stava parlando.
La borsa conteneva esplosivo C4, delle granate, una
mitraglietta automatica, una 357 magnum, di un modello che non aveva mai visto in
vita sua, e due semi automatiche.
-Ed io che ho sempre creduto che le donne mettessero la
cipria nelle borsette!- voleva essere una battuta ma lei non la trovò
divertente.
-Le sciaquette che frequenti di solito
magari...-
-Noto una punta di gelosia?- chiese con l’intento di
provocarla, prima di sparire fuori dal tettuccio a lanciare un pò di
granate.
-Ecco cos’è, dopo una notte indimenticabile mi sono
dimenticato il tuo nome e il mattino dopo non ti ho chiamato!- disse rientrando per prendere altre
munizioni.
-COSA!- gli rivolse un’occhiata omicida e poi
sbottò in tono
acido –se fosse successa una cosa del genere, credimi sarei stata io quella che
si sarebbe dimenticata il tuo nome all’alba!-
-Molto difficile...- con un sorriso malizioso scomparì
nuovamente fuori dal tettuccio.
Fumando di rabbia, non le rimase altro da
fare che schiacciare il piede a tavoletta
sull’accelleratore, ma guarda che tipo inutile!
-Senti un pò dolcezza, non sarebbe meglio che li
seminassi, non posso continuare a sventrare la campagna austriaca-
-Che cosa credi che stia cercando di fare!- quelli erano
più appiccicosi delle piattole –va bene è ora di chiudere il gioco!-
Premette un bottone al lato del volante e da sotto
l’alettone posteriose venne scaricato del liquido nero sospetto.
-Prendi una granata e lanciala!- gli
ordinò.
Lui obbedì senza protestate e poco dopo si alzò sui loro
inseguitori un muro di fiamme alto tre metri che fece saltare in aria la prima
macchina e impedì agli altri di continuare a seguirli.
-Mai visto nulla di simile! Che razza di infiammabile era
quello?- chiese con ammirazione, mai visto nulla di simile.
-Ricetta personale-
Lui tornò a guardarla osservandola con
attenzione, doveva essere una del mestiere se
aveva a disposizione delle cose così soffisticate, e chissà quali altri aggegi nascondeva
quella macchina. Non aveva fatto una una piega
durante l’inseguimento e guidava con la maestria di un pilota di formula uno, la
domanda era: per chi lavorava?
Continuò a guardare il suo profilo mentre guidava
e la
sensazione che l’avesse già vista non l’aveva ancora abbandonato; poi qualcosa che
luccicava attraverso l’apertura della giacca aderente di lei attrasse la sua
attenzione: sembravano diamanti...chiuse gli occhi a fessura, per poi
sgranarli subito dopo dalla sorpresa.
-Porca...la biondina della pista da ballo!- sussurò
sorpreso, anche se non avrebbe dovuto esserlo.
-E bravo il mio tardone!- lo congratulò
impassibile.
-Che ci facevi alla villa?-
-Non ti riguarda, tu che ci facevi alla
villa?-
-Non ti riguarda-
-Allora siamo pari- svoltò in una stradina secondaria
che portava a Vienna e che era ssempre poco trafficata –chi ti ha aiutato ad organizzare
l’operazione alla villa, il macellaio sotto casa?-
-È stato solo un piccolo errore di calcolo- rispose
seccato, l’intera serata era stata un completo fallimento, non aveva bisogno che
lei aggiungesse anche il sale sulle ferite –per chi lavori?-
-Per chi ha più soldi, costo cara io-
-Una mercenaria?-
-Di altissimo borgo- gli diresse un’occhiata obbliqua –A
differenza di alcuni principianti-
-Ehi! Senti un pò...- iniziò offeso, era il migliore
della sua sezione e non aveva nessuna intenzione di farsi fare a pezzi senza
reagire.
-No tu sentimi bene!- furibonda inchiodò la macchina
mandandolo a sbattere contro il cruscotto con la fronte –stasera mi sei quasi
costato 200mila dollari americani e hai scatenato un putiferio che se siamo
fortunati non finirà su tutte le pagine dei giornali domani!-
I suoi clienti non sarebbero stati contenti, gli aveva
assicurato che l’operazione si sarebbe svolta con il massimo della riservatezza
e che nessuno si sarebbe accorto di nulla, almeno non fino a quando fosse stato
troppo tardi, invece per colpa del tizio che ora stava seduto sui suoi
costossissimi sedili in pelle, rischiava di ritrovarsi con la reputazione
danneggiata.
-Ed ora scendi!- sibilò, tanto che lui quasi
si aspettò
di veder spuntare una linguetta biforcuta.
-Siamo nel bel mezzo del nulla, non puoi essere
seria!- cercò in vano di protestare.
-Non ho ancora provato il sedile- gli fece con voce
stranamente dolce –ma se ti vuoi offrire volontario....-
Tra i due mali scegli sempre il minore, era quello che il
suo istinto di soppravvivenza stava gridando al momento, quindi scese dalla
macchina con tutta la dignità che riuscì a mantenere visto che era fumante di
rabbia.
-Non ti preoccupare, sono sicura che il macellaio tuo
complice sarà nei paraggi, non dovrai gelarti quelle belle chiappette per
molto!-
Prima che potesse sgommare via una volta chiuso lo
sportello, lui le bussò il vetro.
-Questa me la paghi dolcezza, nessuno prende in giro
l’Incantatore in quel modo e la passa liscia-
Lei non fece una piega, non credeva ad una parola
anche se il luccichio degli occhi di lui le diede lo stesso i brividi.
-Aspetterò con il fiato sospeso!- chiuse il finestrino e
sgommò via.
L’uomo rimase sul ciglio della strada vedendola
scomparire in una nuvoletta di fumo, per la seconda volta quella
sera.
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Capitolo 3 *** Chiappete gelate e notti insonni... ***
Che stronza! Pensò, mentre attivava il segnalatore di
posizione, Jules non avrebbe impiegato molto a trovarlo.
Le avrebbe fatto rimangiare quelle parole velenose una
per volta! Aveva già fatto il primo passo, le aveva piantato una cimice nel
cruscotto ed era sicuro che lei non l’avrebbe mai trovata a meno che non la stesse appositamente
cercando, e se lo considerava un'idiota....le avrebbe fatto chiedere pietà a
quella vipera!
Poi scoppiò a ridere, così aveva delle belle chiappette!
Quando le aveva notate? Interessante, forse aveva valutato male la
situazione.
Un altro piano diabolico stava iniziando a prendendo forma nella sua
testa quando un paio di fari spuntarono all’orizzonte, sperava con tutto il
cuore che fosse Jules, era congelato.
Genie entrò nella sua camera d’albergo sbattendo la
porta, aveva appena avuto un incontro poco amichevole con il cliente che non era
affatto contento, se tutta la faccenda della villa veniva anche remotamente
collegata a lui e i suoi soci lei aveva finito di lavorare in
quell’ambiente.
Maledizione a lui! Da dove accidenti spuntava
fuori!
Piena di stizza si infilò nella doccia ma l’acqua calda
non le migliorò l’umore di molto. Chissa per chi lavorava, si chiese incuriosita suo
malgrado; anche se l’aveva insultato e trattato da incompetente, sapeva che una
giornata storta capitava a tutti e lui aveva provato di sapersela cavare dando
del filo da torcere ai loro inseguitori. Le doleva ammetterlo, ma aveva seguito
l’intera scena dallo specchietto retrovisore e ne era rimasta favorevolmente
colpita.
Avrebbe dovuto relegare il loro incontro nel
dimenticatoio ma sembrava non riuscirci, perchè?
Non era solo per il fatto che le aveva quasi rovinato il
lavoro, c’era qualcosa d’altro sotto, qualcosa che forse era meglio lasciar
perdere lei non sapeva che farsene di uno così. Con un sospiro di stanchezza, si infilò sotto le coperte
chiudendo gli occhi e imponendosi di addormentarsi, il mattino dopo aveva un
lungo viaggio da iniziare e doveva riposarsi.
Incantatore un paio di palle, pensò seccata, che razza di nome in codice
poi! Si sarebbe dimenticata di lui nel giro di dieci minuti!
Ma l’indomani era ancora più stanca e arrabbiata di
quando era andata a letto, un paio di occhi scuri come la notte le avevano fatto
compagnia fino all’alba non lasciandole un attimo di riposo.
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Capitolo 4 *** il gatto con il topo... ***
MONACO 6 MESI DOPO......
Genie ritornò nella sua stanza d’albergo quasi
strisciando quella notte, la testa le faceva un male cane e la faccia le
pulsava, maledizione a quel bastardo, era un bene che l’aveva già ucciso
altrimenti sarebbe stata tentata a tornare indietro e finirlo.
Con sollievo si chiuse la porta alle spalle, solo per
estrarre la sua pistola con scatto felino e puntarla contro la poltrona, c’era
qualcuno! Ma si blocco prima di sparare, ormai lo riconosceva dal respiro
quello!
-Ciao dolcezza!- la lampada accanto alla poltrona si
accese illuminando una parte del corpo del suo “ospite”.
-Che cosa vuoi? Sei l’ultima persona che ho voglia di
vedere al momento!- mise i documenti che aveva rubato quella sera nella
valigetta e chiuse la serratura magnetica a combinazione, non era il caso di
farsi spiare dal nemico.
-Veramente ero qui di passaggio e sono venuto a farti un
saluto- per poco non gli venne un colpo quando vide come era vestita, o per
essere più precisi come era svestita, va bene che faceva caldo....
Stivali al ginocchio dai tacchi a spillo altissimi, una
mini che sarà stata larga esagerando trenta cm e indossata bassa sui fianchi, il
seno era a malapena coperto da un reggiseno a balconcino di pelle, era tutto
nero e lucido.
-Ciao- senza degnarlo di un’altra occhiata si chiuse in
bagno.
Si tolse la parrucca e la gettò nel cestino, non la
voleva vedere mai più, poi si diede un’occhiata allo specchio.
L’occhio sinistro era gonfio e quasi chiuso, domani
sarebbe diventato di un bel viola acceso, anche il labbro era gonfio e spaccato,
sperava solo che non le rimanesse una cicatrice, un particolare del genere era
facilmente riconoscibile in caso di identificazione.
Il suo bersaglio per quel lavoro l’aveva ridotta in
quelle condizioni, gli piaceva essere violento con le sue puttane e lei si era
fatta cogliere alla sprovvista, ma un unico pugno era tutto quello che le aveva
mollato, visto che l’aveva fatto subito fuori e gli aveva svuotato la
cassaforte.
Quello che le bruciava di più era il perché si era fatta
cogliere di sorpresa, e se l’era trovato comodamente seduto nella sua stanza ad
aspettarla. Infatti se si fosse concentrata di più su ciò che stava facendo
invece di congratularsi con se stessa (e alla luce dei nuovi sviluppi
inutilmente) per essergli sfuggita per l’ennesima volta, ora non sarebbe ridotta
come una zampogna.
Il loro gioco era iniziato due settimane dopo il
fatidico incontro in Austria, lui le aveva rubato la macchina e poi le aveva
telefonato, dicendole che la prendeva in prestito per una settimana e poi gliela
riportava. Lei era andata in escandescenza, lo aveva minacciato di morte e poi
aveva riattacato, come aveva fatto a trovarla e a trovare la sua preziosa
Ferrari?
Mistero risolto quando gliel’aveva restituita,
riverniciata di un fucsia acceso, aveva quasi pianto quando l’aveva vista, le
aveva messo un trasmettitore e lei come un’idiota non aveva controllato. Inoltre
nel cruscotto le aveva lasciato un cellurare, che lei non aveva buttato ma che
aveva criptato, in modo che il segnale non venisse rintracciato, l’unico numero
in memoria era quello di lui.
L’aveva chiamato e gli aveva annunciato che se voleva la
guerra l’avrebbe avuta con gli annessi e connessi, e aveva iniziato mandando il
conto della riverniciatura al suo dipartimento, infatti aveva scoperto che
lavorava per il governo inglese, niente meno che un accanito pattriota, da
vomitare!
Quelli erano i peggiori, erano pieni di principi
morali.
Dal giorno si vedevano con una regolarità allarmante per
scambiarsi insulti e angherie.
Lei aveva cercato di farlo saltare in aria un paio di volte,
ma sempre senza molta convinzione, lui le aveva messo alcune di quelle fialette
puzzolenti che i bambini usano a carnevale, nel sistema di aereazione della
macchina, le ci erano voluti tre giorni per togliersi di dosso l’odore
(immaginatevi la difficolta del giocare a fare la femme fatale con i clienti quando puzzavi come un
lattrina a cielo aperto!) e una settimana e dieci alberelli sullo specchietto,
per toglierlo dagli interni della vettura.
Lei era riuscita a fargli arrivare una bomba sulla
scrivania dell’ufficio, era scoppiato il panico tra i colleghi, avevano cercato
di disinnescarla ma non ci erano riusciti, si erano riparati meglio che potevano
e una volta esplosa, fece solo tanto fumo, mentre un pagliacetto dondolava
avanti e indietro sulla sua molla ridendo e facendosi beffe delle grandi spie
addestrate al pericolo, con la sua veste colorata dove sopra c’erano state
scritte quattro lettere “BOOM”.
Lei aveva riso per una settimana, anche perché si era
agganciata al sistema di sicurezza e aveva assistito a tutta la scena, lui un pò
meno, era diventato mezzo sordo dopo la sfuriata del suo capo.
E così via per sei mesi, avevano giocato al gatto con il
topo. Il fatto sconcertante, che non avrebbe ammesso neanche sotto tortura, era
che lei si stava divertendo, come non le era mai capitato da tanto tempo, si
impegnava come non mai a far perdere le sue tracce, si inventava modi irritanti
per colpirlo e veniva ricambiata con la stessa moneta, era diventato una sorta
di divertimento per tutti e due.
Ma quella sera non aveva voglia di giocare, voleva solo
andare a letto e morire. Quando uscì dal bagno dopo una doccia veloce e avvolta
solo nell’accappatoio, per poco non le venne un infarto, lui era ancora
lì!
-Mi hai fatto quasi prendere un colpo! Che ci fai ancora
qui?- per fortuna da dove era seduto non le vedeva la faccia, non avrebbe retto
la sua pietà.
-Quattro chiacchere?- chiese innocente.
-Mi pareva di averti detto di andartene- si draiò sul
fianco non dolorante con un sospiro di sollievo, sperando che scomparisse e la
lasciasse in pace.
-Che succede dolcezza ti vedo fiacca!- in genere quando
la chiamava “dolcezza” era garantito di farle perdere le staffe in tempo record,
ma neanche si mosse, che le succedeva?
Senza il minimo rumore si avvicinò al letto, che stesse
male? I capelli lunghi le coprivano il viso e non riusciva a vederla bene in
faccia.
L’aveva appena sfiorata, quando lei si mise a sedere e
gli afferrò il polso in una morsa micidiale, aveva dei riflessi da invidiare, e
un occhio nero da far arrossire un pugile.
-Che cavolo ti é successo?- chiese preoccupato, e
ignorando la luce omicida dell’occhio sano.
-Ti ho detto di andartene, non tira aria- il tono di
voce era vicino all’isteria, ne aveva avuto abbastanza di dominazione maschile
per quel giorno, voleva solo stare sola a leccarsi le ferite.
Si rilassò quando lo vide muoversi senza una parola
verso la porta e chiudersela alle spalle, tornò a sdraiarsi, aveva davvero
bisogno di dormire.
Cinque minuti dopo, faticava a reprime un gemito di
sofferenza nello sentire la porta della sua camera che si apriva nuovamente, era
tornato.
Perché la torturava a quel modo? Un minimo di pietà
no?
Lui era in bagno furibondo che inumidiva un’asciugamano,
era andato a prenderle del ghiaccio, sperando che quell’occhio non fosse
conciato peggio di quello che sembrava, chi l’aveva ridotta a quel
modo?
Certo non doveva essere sorpreso, erano gli
inconvenienti del mestiere, ma non gli piaceva vedere una donna ridotta in
quelle condizioni, anche se quella donna era esasperante e molto probabilmente
se l’era meritato, ma c’erano altri modi di infliggere dolore senza lasciare i
segni!
Con un impacco freddo in mano le si sedette vicino sul
letto, pregando che non avesse nessun coltello nascosto in quell’accappatoio,
gli avrebbe tagliato la gola e arrivederci a chi ci ha visto!
-Se mi tocchi ti taglio le mani!- lo minaccio con voce
malferma.
-Ma fai silenzio! Ti ho solo portato del ghiaccio per
quell’occhio. Se non ci metti nulla, domani non sarai in grado di vedere-
ignorandola e con cautela le mise l’impacco sul viso sentendola trattenere
bruscamente il respiro.
Lei non disse nulla, non aprì l’occhio sano per
guardarlo, non lo voleva guardare, non le piaceva quando le persone erano
gentili con lei.
E il fatto che fosse lui ad essere gentile la metteva
ancora più a disagio.
-Chi ti ha ridotto in queste condizioni?- se non era
morto avrebbe provveduto lui.
-Già cadavere non ti preoccupare-
E va bene, niente divertimento per stasera.
-Come va?- il ghiaccio avrebbe dovuto alleviare il
gonfiore.
-Vattene Etienne, non mi serve il aiuto- era la prima
volta che usava il suo nome da quando si erano incontrati.
Durante una delle loro conversazioni telefoniche lui si
era stancato di sentirsi chiamare “Incantatore” da lei, con quel perenne tono di
disprezzo e le aveva detto di chiamarlo Etienne, che stranamente era il suo vero
nome, nonostante anche lui avesse diverse identità finte che usava
all’occorrenza.
-Stronza ingrata!- ma stava sorridendo –non hai un posto
dove andare per leccarti le ferite e riposare?-
-Perché che cos’ha questa camera d’albergo che non va?-
le costava una fortuna alloggiare in quel posto.
-È triste e patetica, non ti ci vedo nei panni di Oliver
Twist, orfanella senza fissa dimora-
-Ma vai a quel paese!- cerco di colpirlo ma prese solo
aria, visto che lui la teneva inchiodata al letto con l’impacco freddo sulla
faccia, che al momento aveva smesso di pulsare.
-Attenta, ho un’impacco freddo e non ho paura di
usarlo!- la vide rilassarsi nuovamente, e notò l’accappatoio, seriamente per la
prima volta, sotto era nuda e profumava come un budino al caramello ancora
caldo, doveva essere il sapone che aveva usato. Chissa perché, ma era convinto
che usasse saponi dagli odori pungenti, proprio come lei, invece eccola qui che
profumava come una caramella, cercò di ignorare l’immagine fuggevole che gli era
appena passata per la testa di lui che la scartava e la leccava
tutta.
Quella donna non smetteva mai di stupirlo.
Erano mesi che si divertiva come un matto, farla
infuriare era facile come accendere un fiammifero, e che spettacolo, gli occhi
le brillavano in un modo che non aveva mai visto prima, sembravano mandare
lampi, e quella lingua biforcuta avrebbe steso chiunque.
Era intrigato, le donne che frequentava in genere o
erano super-stronze o erano super-puttane, questa era super-stronza ma con
un’etica, e non era una super-puttana.
“La dea di ghiaccio” veniva chiamata nell’ambiente, e
lui l’aveva scoperto per caso, una volta lei glielo aveva spiattellato al
culmine di una sfuriata, pentendosene amaramente subito dopo, lui aveva iniziato
a ridere e lei aveva riattaccato offesa, non si erano parlati per tre settimane,
fino a quando non aveva deciso di andarla a stanare nel buco dove si era
nascosta.
Ora capiva perché nessuno sembrava sapere nulla di lei,
non conoscevano il suo nome ma solo il soprannome con cui veniva chiamata,
nessuno sapeva nulla delle sue diverse identità, solo una casella di posta dove
poteva essere contattata.
-Ti detesto, vattene, non mi sei neanche simpatico!- gli
disse con sentimento, non lo voleva vicino, non quando aveva la guardia
abbassata e non lo poteva trattare da zerbino come voleva.
-Non è vero, io sono simpatico a tutti!- le rispose
offeso, aveva una mezza idea che al momento non fosse solo la faccia ad essere
piena di lividi.
-Come hai fatto a trovarmi questa volta?-
-Jules, quel ragazzo è un fenomeno, riuscirebbe a
trovare una vergine in un bordello!-
-Dovrei convincere Jules a lavorare per me uno di questi
giorni, almeno ritroverei un pò di pace-
-Fatica sprecata mi è fedelissimo-
-Non hai l’esclusiva sulle doti ammaliatrici sai, me la
so cavare anche io, soprattuto con gli uomini, ragionate tutti dalla cintura in
giù- disse con scherno.
-Femminista o lesbica?- chiese schivando prontamente la
ginocchiata –e poi con Jules è fatica sprecata, lo terrorizzi-
-Che vuol dire?-
-Che sa di cosa sei capace e ti vuole evitare come la
peste!-
-Allora ricordami di rompergli tutte due le
gambe!-
-Mi dispiacerebbe parecchio, ci sono affezionato e poi
mi toccherebbe vendicarlo- magari poteva contemplare una vendetta che includesse
lenzuola di seta, un letto morbido e un paio di manette...valeva la pena
tentare.
-Ti vado a prendere dell’altro ghiaccio- tutte quelle
fantasie non gli facevano bene, non quando l’oggetto del desiderio ti era
sdraiato vicino con indosso solo l’accappatoio –dovresti cercare di dormire, in
un paio di giorni il gonfiore dovrebbe passare-
-È quello che cerco di fare da almeno quindici minuti,
ma tu sei qui a rompere le palle e a fare casino- rispose acida, doveva
riportare le cose alla situazione originale non voleva che diventassero troppo
intime.
Lui non rispose, in silenzio le mise un impacco fresco
sul viso. Ed ora che faceva? La abbandonava in queste condizioni? Forse era il
caso di tenerle compagnia per qualche ora.
Genie rimase immobile con l’occhio chiuso, se lo
ignorava magari andava via, anche se la solitudine non le era molto allettante
quella sera. Cosa le prendeva ultimamente? Non aveva bisogno di nessuno lei e
soprattutto non di lui, non della sua gentilezza o dei suoi occhi neri o del suo
corpo caldo e solido. Forse doveva prendersi una vacanza, una lunga vacanza.
Magari sarebbe dovuta tornare a Londra, aveva degli affari in sospeso li che
andavano controllati.
Decisa a far finta di nulla e sentendosi meglio a causa
dell’impacco freddo iniziò a contare le pecorelle, con encomiabile
concentrazione, una per volta, via che saltavano la staccionata.
Peccato che mentre si addormentava comparve nel suo
campo visivo il pastorello, alto, capelli scuri e occhi vellutati, che a petto
nudo tosava le bianche pecorelle, il sole che gli faceva brillare le goccioline
di sudore, che dal collo scivolavano lente sul torace e lungo i muscoli degli
addominali, per scomparire sotto la vita dei ruvidi pantaloni di tela grezza, la
stagione della tosatura era appena iniziata....
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Capitolo 5 *** lavoriamo insieme? ***
Al mattino dopo.....
Un odorino niente male le stava solleticando il naso,
mmmm.....pensò il suo stomaco brontolando, ieri non aveva cenato.
Stiracchiandosi soddisfatta socchiuse l’occhio sano e localizzò la fonte di quel
profumino, era il carrello con la colazione fermo accanto al letto, e tutto
sembrava ancora caldo e appena sfornato.
Si mise a sedere di scatto, pagandone il prezzo due
secondi dopo, quando una fitta di dolore le trafisse la testa, doveva stare
attenta, l’occhio non avrebbe sopportato altri abusi per qualche giorno.
Si guardò attorno, aspettandosi di vederlo spuntare da
qualche parte, come fanno i funghi in genere, ma non c’era, se ne era andato. Il
problema era, a che ora? Aveva passato l’intera notte nella sua stanza? E come
era possibile che lei avesse ugualmente dormito come un sasso?
Era stato lui ad ordinarle la
colazione?
Lei non aveva detto nulla alla portineria, quindi non
potevano essere stati loro, perché diamine l’avrà fatto?
Diede un’occhiata sotto i vari coperchi e dentro le
teiere. C’era del succo d’arancia, del caffè, del pane tostato con il burro e
tre tipi di marmellata diversi, dei croissant e una piccola brocca di latte
caldo. Ma cosa credeva che era un maiale all’ingrasso!
Prendendo la tazzina del caffè, si accorse che sotto
c’era un bigliettino ripiegato.
-Per favore fa che sia il cameriere che ci sta
provando!-
Invece no, lui le aveva lasciato un
messaggio.
“Non sapendo i tuoi gusti ti ho
fatto portare un pò di tutto quello che offriva il menú,
PREVENUTA!....”
Lo appallottolò e lo lanciò in un angolo, poteva anche
andare a quel paese per quello che le interessava!
Fece colazione, continuando a scoccare occhiatine alla
pallina di carta abbandonata nell’angolo, ma cosa le interessava cosa diceva il
resto di quella stupida lettera, erano solo poche righe! Continuò a mangiare
facendo finta di nulla, ma alla fine la curiosità ebbe la meglio.
“...Metti del ghiaccio prima di
andare a letto stasera e domani l’occhio starà meglio, anche se i lividi ci
metteranno un pó di più a sparire.
Ps: Ora sei in debito di una,
verrò a riscuotere quando meno te l’aspetti!”
Ma che coraggio! In debito per cosa poi! Molto
probabilmente a quest’ora le aveva già rubato la macchina, per la terza volta, e
la starà facendo riverniciare di chissà quale orrendo colore. Era fortunato che
ci teneva troppo a quel gioiello, altrimenti l’avrebbe fatta saltare in aria con
lui dentro!
Gettò il foglio sul letto e aprì l’armadio per vestirsi,
doveva lasciare la stanza in mattinata e non aveva ancora deciso che
fare.
Si sedette sulla sponda per infilarsi gli stivali e il
foglio scivolò a terra svolazzando. Con i gomiti sulle ginocchia rimase a
fissare la paginetta bianca dove risaltava la calligrafia di lui, forte e
decisa, esattamente come Etienne.
Le era poi così indifferente come aveva cercato di
convincersi nelle ultime settimane?
Forse no, ma lei non era materiale da relazioni stabili
o durature o che in qualche modo assomigliassero ad un legame di qualche tipo,
non dopo la Colombia...con una mano si maneggiò la fronte, meglio non andare lì,
o avrebbe iniziato ad avere di nuovo gli incubi.
Quella parte della sua vita era finita, anche se
continuava a tormentarla costantemente.
Forse doveva solo farsi una sana scopata con l’inglesino
dai coloriti mediterranei e non pensarci più, non riusciva neanche a ricordarsi
l’ultima volta che aveva fatto del sesso, molto probabilmente avrebbe trovato
polvere e ragnatele lì sotto!
Con stizza prese la borsa e ci mise tutte le sue cose
non preoccupandosi minimamente dell’ordine, un’altro lavoro era quello che le
serviva e poi se ne sarebbe andata in vacanza, e si sarebbe dimenticata di lui
una volta per tutte!
EUROPA DELL’EST......
Etienne si mosse tra gli alberi senza fare alcun rumore,
il passo leggero e felpato sulle foglie secche.
Quando Jules gli aveva detto di aver avvistato qualcosa,
aveva deciso di andare a controllare, sperando che fosse solo un grosso animale
e non uno dei soldati che popolavano la base ai piedi della collina, secondo le
loro rilevazioni non ci doveva essere nessuna sentinella da quelle parti, erano
tutte posizionate più in basso.
Si infilò gli occhiali con i sensori termici e si diede
un’occhiata attorno, non c’era nessuno, eppure Jules gli aveva dato quelle
coordinate. Che fosse uno di quegli idioti a cui piace osservare gli uccelli nel
loro abitat naturale? Magari era appollaiato su qualche ramo.
Diede un’occhiata alle fronde, che stavano immobili per
la mancanza di vento, e alla fine la vide, la macchiolina rossa, definitivamente
un corpo caldo.
Si tolse gli occhiali, terzo albero sulla sinistra,
silenzioso come una gatto si fece avanti lentamente fino a rimanere sotto la
pianta ma fuori dalla portata visiva dell’intruso.
Quando lo vide un largo sorriso gli incurvò le labbra,
avrebbe riconosciuto quel fondoschiena sodo ovunque!
Genie mise da parte il binocolo e inserì alcuni dati nel
palmare che aveva appeso alla cintura. Quando stavi legato ad un albero con
cinghie e rampini avere tutto agganciato alla cintura era una bella
comodità.
Un fruscio la fece voltare si scatto, non c’era nulla,
doveva essere un’altro uccello, una decina di minuti fa le era successa la
stessa cosa, si era messa in allerta per nulla.
Solo che ora aveva anche una strana sensazione, i peli
sulla nuca le si erano rizzati all’improvviso, aveva l’impressione di non essere
più sola...
-Ciao dolcezza!-
Lei perse la presa con gli scarponi da montagna chiodati
che teneva sul tronco e finì a penzolare come un salame dall’albero.
-Ma io ti ammazzo!-
Velocemente prese il silenziatore e dopo averlo avvitato
alla pistola iniziò a sparare, prima a destra dell’albero, poi a sinistra e
anche sui rami che stavano sopra la sua testa, fino a quando non esaurì il
caricatore.
-Andiamo era solo uno scherzo e anche
divertente!-
-Aspetta che ricarico e ti faccio vedere quanto sono
divertita!-
-Non mi vorrai davvero sparare?-
-Dammi solo altri tre secondi e vedi!-
-Mi chiedo che cosa accadrebbe se slegassi uno di questi
nodini qui...mmm- il silenzio indicava che stava seriamente ponderando la
questione.
-Cosa vuoi che...- si bloccò a metà frase, si era appena
ricordata quali nodini c’erano da quelle parti, quelli che tenevano le sue corde
allacciate ai rampini –non oseresti!-
-Tu mi vuoi sparare!-
-Va bene, per oggi non ti sparo, ora stai lontano dai
miei nodini!-
-Vuoi una mano a risalire?- le chiese sporgendosi dal
tronco con un sorriso a trentadue denti.
-No grazie!-
In poco tempo riprese la postazione e gli sferrò un
pugno dritto sulla mascella.
-Ahi! Non avevamo fatto la pace!- chiese massaggiandosi
la parte dolorante, si era impegnata in quella botta la ragazza!
-Ho solo promesso di non spararti- rispose candida
riprendendo il binocolo.
-Cavilli....- poi adocchiò l’abbigliamento di lei –lo
sai che mi piace un sacco quando ti metti il completino da catwoman per andare
in missione-
-Non ti aspetterai che miagoli per caso?- fingendo
indifferenza continuò ad osservare i movimenti alla base della
collina.
-Miagolare no, ma magari un pó di fusa- la frase venne
accompagnata da un’allusiva alzata di sopracciglia.
-Sogna-
Tra loro calò il silenzio, ma lei poteva chiaramente
sentire lo sguardo intenso di lui su di se.
-Cosa? Cosa hai da fissare a quel modo!- chiese
irritata.
-Mi chiedevo semplicemente se...dopo aver riempito la
gattina di panna sarei capace di farle fare le fusa-
Per poco non le cadde il binocolo di mano, il tono di
voce che aveva usato era quello che ti aspetteresti in una camera da letto,
basso, profondo, leggermente roco e denso di calde promesse.
-Vedo che l’occhio va meglio- le disse saltando di palo
in frasca.
-Eh?- disse guardandolo come se gli fossero appena
spuntate le ali.
-Il tuo occhio dolcezza- scandì le parole come se stesse
parlando con una mentecatta –vedo che sta meglio, è rimasto solo un leggero
alone giallastro-
-Non chiamarmi dolcezza!- si era ripresa in
fretta.
-E come dovrei chiamarti? Genie? Va bene, però ti prendi
tutte le battutacce che ne seguiranno, come “dove ti posso sfregare per fare
esaudire tutti i miei desideri Genie” oppure “perchè non usi un pó delle tua
magia su di me Genie” o...-
-Ho capito basta così!- lo interruppe secca –chiamami
Sasha se proprio ti va!-
-Mmmm...già mi piace di più, Sash, Sashy,
Sa...-
-Dimmi che accidenti ci fai qui e poi vattene!- inveì
con voce dura.
Non le piaceva come pronunciava il suo nome, la faceva
sembrare una cosa intima e le faceva venire strani brividi.
-E qui credo che abbiamo un problema- il divertimento
era sparito completamente dal suo tono di voce –credo che siamo entrambi qui per
lavoro o sbaglio?-
-Io si non so tu- quindi non era venuto a riscuotere?
Meno male! Di che si preoccupava poi!
-E che tipo di lavoro sarebbe?-
-Non ti aspetterai che ti spifferi tutti i dettagli
vero?- chiese melliflua con un sopracciglio alzato.
-Faresti meglio, altrimenti ti seguo e ti rompo tutte le
uova nel paniere, e la cosa finisce come alla villa in Austria-
Entrambi sapevano che una cosa del genere non doveva
accadere qui, la situazione era delicata, per tutti e due.
Sasha lo osservò con attenzione, il tempo le era nemico,
aveva solo tre giorni per portare a termine il lavoro, e ne aveva già perso uno,
se doveva perdere tempo ad evitarlo o a porre rimedio ai suoi sabotamenti non
avrebbe concluso nulla.
-Sai già che la base militare abbandonata qui sotto è
stata occupata da alcuni mercenari e il loro capo malato di mente?- iniziò
cedendo di malagrazia.
-Il suo nome è Sergej Karmanov,- continuò lui -è sbucato
all’improvviso otto mesi fa sulla scena internazionale e sta velocemente
diventando una spina nel fianco per tutti-
-Tutti uguali, riescono a mettere insieme tre mercenari
e quattro fucili e si credono pronti a conquistare il mondo- disse schifata –il
lascito della grande madre Russia immagino-
-Bhè l’ometto si sta impegnando parecchio. Ha rubato
qualcosa che non gli appartiene e sono stato mandato a riprenderla-
-E sarebbe?-
-Ah no, prima tu- non era mica scemo.
-Sergej ha rapito qualcuno, ed io sono stata mandata a
riprenderla-
-La biondina?- dall’espressione di lei ne dedusse di
aver fatto centro –è arrivata due giorni fa-
-E sai anche dove la tengono?- l’importante era
provarci.
-Con Jules e i suoi marchingegni che fanno la
sorveglianza? Ti posso dire anche di che colore ha le mutandine-
-Non è un informazione attinente al caso. La biondina è
la figlia diciannovenne di Roschia Rubilov, a quanto pare non ha ceduto ai
ricatti di Sergej e lui gli ha preso la figlia, ha fino a dopodomani
per...diciamo adeguarsi, altrimenti la ragazza finisce male-
-Sergej è riuscito a rubare dei progetti per un nuovo
cannone, devo riprenderli prima che riesca a farne un prototipo e a convincere
qualcuno a comprarlo. Ho carta libera posso fare tanti danni quanti mi
pare-
-Ora si spiega- interessata diede un’altra occhiata al
suo bersaglio.
-E...?- la incitò a continuare.
-Rubilov è il proprietario di una delle più grandi e
produttive acciaierie dell’Europa dell’est, mi ha detto che Sergej lo vuole
costringere ad unirsi ad un suo progetto. Non mi ha detto quale e io non ho
chiesto-
-Il nostro Sergej si tiene ben impegnato vedo- dovevano
sbrigarsi e salvare la ragazza, senza i progetti la vita della biondina non
sarebbe valsa due soldi, se volevano riuscire dovevano cooperare –allora come
procediamo?-
-Che vorresti dire?-
-Andiamo, se vogliamo uscirne vincitori bisogna che
facciamo un pó di lavoro di squadra-
-Non faccio lavoro di squadra io- puntualizzo se ancora
non l’aveva capito.
-Io e Jules siamo qui già da cinque giorni, abbiamo
raccolto una marea di utilissime informazioni, le quali tu non hai tempo di
raccogliere, io non ho fretta, ma tu si. E ti giuro che se mi metti i bastoni
tra le ruote ti lego e ti getto nel furgone fino a quando tutta la faccenda non
è conclusa-
Lo odiava a morte quando aveva ragione, le servivano
informazioni che non aveva tempo di raccogliere, lei voleva una cosa e lui ne
voleva un’altra, le possibilità di successo erano doppie se lavoravano insieme,
avrebbero potuto risolvere la faccenda nel modo più pulito possibile.
-Non ti aspettare che prenda ordini- senza guardarlo
iniziò a scendere.
-Lungi da me l’idea- agile come una scimmia atterrò sul
terreno al suo fianco –il furgone è da questa parte-
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Capitolo 6 *** Esci con me! ***
Il silenzio sceso tra loro mentre si incamminavano verso
il furgone dove stava Jules, iniziò a farsi imbarazzante, almeno per
lei.
Come mai non aveva ancora sollevato la questione del
finto debito che lei gli doveva? Era curiosa di sapere con che cosa ne sarebbe
venuto fuori.
-Così Jules è venuto in missione con te- disse di punto
in bianco, giusto per riempiere il silenzio.
-Si- la guardò in modo strano –ma ti proibisco di
rompergli qualcosa, mi serve integro!-
-Ed io che ci tenevo così tanto- disse sarcastica, si
era dimenticata che lo aveva minacciato di spezzare tutte e due le gambe a
quell’impiccione, ma visto che c’era un po di divertimento se lo poteva prendere
–lo posso almeno sapventare?-
Ma era seria? A quanto pareva si.
-Oh va bene lo puoi spaventare, ma ti avverto che
neanche infartuato mi serve a molto-
-Guastafeste!-
Continuarono a camminare in silenzio, ma quanto distava
questo stupido furgone!
-Esci con me- si era bloccato all’improvviso, con
l’espressione di uno che aveva appena troavato un tesoro di inestimabile valore
–a cena-
Lei per poco non era finita a faccia in giù nel
terriccio morbido, e quello da dove saltava fuori?
-Sei in debito di una no? Io la macchina non te l’ho
toccata dopo il tuo ultimo scherzetto, esci con me e siamo pari-
-Ma sei impazzito?- quasi quasi desiderava che le
rubasse la macchina invece.
-No, ho chiesto un appuntamento, che c’è di strano?-
sapeva benissimo che si sarebbe rifiutata, e si sarebbe opposta in tutti i modi
possibili e immaginabili, ma lui non avrebbe desistito e prima o poi l’avrebbe
incastrata nell’uscire con lui, era solo questione di tempo.
-Neanche cadavere!- lo piantò lì e continuò a camminare,
per fortuna poteva vedere il furgone in lontananza.
-Cambierai idea- le gridò dietro ridendo, gli sembrò di
sentire una specie di grugnito in risposta.
Jules stava smanettando con il computer dentro al
furgone quando sentì lo sportello aprirsi.
-Non ti crederai che cosa sta combinando la biondina!-
rise, credendo che fosse Etienne.
-No dimmi!- rispose una voce femminile.
Il ragazzo si voltò di scatto con la pistola in
mano.
-Tu da dove diavolo sbuchi fuori?- non aveva visto
Etienne che si godeva la scena da fuori.
Sasha si piegò oltre la pistola per avvicinare il viso a
quello di lui, aveva notato come gli tremavano le mani.
-Buh...- gli fece fare un salto e il caricatore caddè
pateticamente per terra con un tonfo.
-Adesso basta- entrò e si chiuse dietro lo
sportello.
-Dove l’hai trovata!- volle sapere visibilmente
sollevato, ora che anche l’amico era presente.
-Appollaiata su un albero- rispose
semplicemente.
-A testa in giù non ne dubito!-
All’occhiata interrogativa di Sasha, Etienne si affrettò
a spiegare con non poco divertimento.
-È convinto che sei una vampira succhia
sangue-
E a sottolineare il fatto Jules tirò fuori una treccia
di teste d’aglio e gliela lanciò addosso, aspettandosi di vederla davvero andare
in fumo.
-Ma è normale?- chiese preoccupata di stare per lavorare
con uno psicopatico.
Dall’aspetto lo sembrava, capelli in disordine,
occhialini, barba incolta, magrolino, sembrava una molla pronta a scattare,
chissà se era in grado di svolgere il lavoro sul campo.
-Normalissimo, quando non è nervoso- gli si sedette
accanto –che hai scovato?-
-La biondina si tiene molto impegnata, praticamente si
struscia su ogni persona di sesso maschile che entra dalla porta- a
dimostrazione fece andare il filmato che aveva raccolto.
-Ora capisco perchè paparino voleva che fosse una donna
a riportargli la figlia- i due la guardarono con fare interrogativo –mi ha
offerto una fortuna, dicendomi che ero l’unica che voleva inquanto donna, ora
capisco perchè. La ragazza è una piccola sgualdrinella-
E Jules non sembrava avere nessuna intenzione di
spegnere lo schermo.
-E voi due siete due guardoni! Spegni
quell’affare!-
-Tecnicamente- specificò Jules –siamo due spie, quindi
fa di noi due spioni!-
A bocca aperta Sasha prese una delle teste d’aglio e
gliela tirò dietro beccandolo in pieno (difficile mancare in uno spazio così
ristretto!)
-Basta così bambini, abbiamo del lavoro da fare. Non
fare quella faccia Jules, Sasha ci darà una mano in questa missione- lo
scetticcismo del ragazzo era pienamente visibile –sono sicuro che si comporterà
benissimo, non è vero?-
-Oh si, prometto di non succhiarvi neanche una goccia di
sangue!- giurò con un mezzo sorriso sarcastico, ma dove era capitata?
-Basta con il porno e via con le mappe-
I tre misero tutte le loro controversie da parte ed
iniziarono a pianificare l’attacco alla base.
Era calata la notte, il cielo nuvoloso era ideale per
una missione dove l’importante era non essere visti.
I due, completamente vestiti di nero, si muovevano
svelti tra gli alberi, avvicinandosi velocemente al loro obiettivo. Jules era
rimasto indietro, si sarebbe occupato di fornirgli una copertura per entrare e
di coprirgli le spalle durante la fuga.
Si fermarono al limite della boscaglia, tra breve Jules
avrebbe fatto saltare la corrente, avevano cinque minuti per entrare nel
perimetro e nascondersi, prima che venisse ripristinata.
Quando tutto fù buio le grida delle sentinelle coprirono
il loro ingresso attraverso la rete e nel momento in cui la luce tornò erano già
nascosti dietro uno dei camion.
Ora avrebbero dovuto separarsi, i proggetti e la ragazza
erano tenuti ai lati opposti dell’edificio, da quel momento sarebbero stati
soli, si sarebbero rincontrati nella foresta.
Etienne e Sasha si scambiarono un’occhiata, lui le fece
l’occhiolino bisbigliandole sorridendo “sta attenta”. Lei gli rispose solo “come
sempre”, ma le brillavano gli occhi, non le era mai capitato si sentirsi così
eccitata prima di iniziare un nuovo lavoro. In un battito di ciglia se ne erano
andati.
Sasha era arrivata senza problemi alla porta della
ragazza, ma la guardia non c’era, dove accidenti si era cacciata?
Dalla stanza provenivano degli strani rumori e la porta
era accostata, che razza di sicurezza!
Una volta vicina alla porta gli “strani rumori” si
fecero gemiti espliciti, speriamo che la ragazza si stia divertendo da sola,
pensò con gli occhi chiusi. Silenziosamente aprì la porta, non era il suo giorno
fortunato, la biondina ci stava dando dentro con la guardia, buon per lei visto
che le stava dando le spalle, con una botta lo fece finire disteso per
terra.
-Ehi! Io non avevo ancora finito!- protestò la
ragazza.
-Peccato, perche ora ti metti questi e mi segui!- ordinò
dandole un fagotto nero. –mi ha mandato tuo padre a riprenderti-
-Era ora!- si lamentò petulante –mi stavo annoiano a
morte!-
Ma se aveva tenuto la lingua più impegnata di quella di
un formichiere! Piccola stronzetta viziata!
Una volta vestita la prese per un gomito e la trascinò
nel corridoio.
-Non una parola ti avverto o ti lascio qui!-
Erano appena uscite fuori quando una raffica di spari
ruppe il silenzio della notte dando l’allarme.
Etienne scivolò nella stanza senza essere visto, la
cassaforte che custodiva i proggetti era sistemata in un angolo. Era un modello
moderno, con serratura a combinazione digitale e chiusura magnetica, ma Jules
gli aveva fornito tutti gli attrezzi utili del mestiere, aprirla sarebbe stato
un gioco da ragazzi.
I rotoli con i disegni erano lì come pure i dischetti
per il modello in 3D, nella cassaforte c’erano anche altri fogli, dargli
un’occhiata e sapere cosa stava combinando Sergej non avrebbe
guastato.
Ma quello che trovò non gli piacque per niente. Le carte
erano copie di documenti ufficiali provenienti da uno dei laboratori di ricerca
e sviluppo del ministero della difesa inglese. Come aveva fatto Sergej a
procurarseli? Quelle informazioni erano classificate come riservate, poche
persone ne avevano l’accesso. Le prese e le mise nello zaino che aveva in
spalla, al suo capo sarebbe interessato dargli un’occhiata.
Nello stesso modo in cui era entrato scivolò via. Sergej
era stato uno stupido a scegliere quel posto come base, era troppo grande e lui
non aveva abbastanza uomini, i quali erano costretti a fare delle ronde e a
spostarsi da una parte all’altra del perimetro.
Girato l’angolo si ritrovò faccia a faccia con una
guardia che secondo i rilevamenti non doveva trovarsi li.
-E tu chi cazzo sei?- sbraitò l’energumeno in un accento
incomprensibile.
Etienne non perse tempo, gli mollò un paio di pugni e lo
fece finire dritto disteso a terra, ma non riuscì ad evitare la raffica di
proiettili che partì dal mitra dando l’allarme.
Oramai non aveva più senso fare i guardinghi, si mise a
correre verso la rete, infilandosi come un fulmine nel bosco dove era
parcheggiata la moto di Sasha.
Visto che lei era arrivata con una moto da motocross,
avevano deciso di scambiarsi il bottino, lei avrebbe avuto più possibilita di
cavarsela senza la ragazza, e i loro inseguitori sarebbero andati dietro a
quello che ritenevano più importante, dando a Etienne una possibilità in più di
mettere in salvo la biondina.
Sasha era nel posto prestabilito che l’aspettava,
insieme alla ragazza, si tolse lo zaino e glielo passò.
-Che cosa hai combinato questa volta?- saltò in sella e
accese il motore.
-Assolutamente nulla! Sempre prevenuta tu!-
Una raffica di spari mise fine alla loro discussione e i
due si separarono in tutta fretta andando in direzioni diverse.
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Capitolo 7 *** Esci con me o ti brucio la Ferrari! ***
Era l’alba quando il furgone si fermò nel vicolo buio a
fari spenti, per permettere alla figura nascosta nell’ombra di
salire.
-Tutto a posto?- le chiese Etienne sollevato di vederla,
anche perchè da ore cercava di rifiutare gli inviti espliciti e non della
biondina che gli stava seduta accanto.
-Tenaci i segugi, ma alla fine sono riuscita a
seminarli- quindi rivolse uno sguardo omicida alla ragazza, a cui mancavano solo
pochi centimetri per finire dritta sulle ginocchia di Etienne –a cuccia
tu!-
La ragazza si rimise seduta al suo posto con espressione
scocciata.
-Ho dato istruzioni a Jules di lasciarti dove ti verrà
facile prendere un taxi e riportare Tatiana alla villa di suo
padre...-
-Ma io voglio che mi riporti tu a casa!- lo interruppe
in tono lamentoso e approffitandone per abbarbicarsi all’arto più vicino, il
braccio di lui.
-Ti consiglio, se non vuoi ritrovarti con due moncherini
al posto delle tue belle manine di startene seduta e in silenzio, ma soprattutto
con le appendici in tasca!- il tono di voce avrebbe terrorrizzato anche i morti,
e poi ad un diverito e sconcertato Etienne –e tu non farti strane
idee!-
Ci mancava solo che pensasse che fosse gelosa, perchè
non lo era! Assolutamente no!
La riunione tra padre e figlia fù stomachevole, “la
piccola principessa”, come la chiamava il padre, non aveva perso tempo ad
iniziare a frignare e a lamentarsi su come l’avevano terrorrizzata i suoi
rapitori. Sasha aveva capito dove la piccola mercenaria stava andando a parare,
paparino avrebbe dovuto sborsare una cifra di denaro in shopping, come terapia
per la poverina.
E poi chiamavano lei fredda calcolatrice!
Sasha si accomodò su una delle poltrone di cuoio che
stavano davanti alla scrivania di Rubilov, accavallando le lunghe gambe fasciate
dalla pelle nera.
-Non credevo che ci sarebbe riuscita signorina- si
sedettè e si accese un sigaro, i freddi occhi grigi puntati su di
lei.
-E per questo che mi paga un sacco di soldi, e se non le
dispiace ho fretta, mi deve ancora metà del compenso- il fatto di avere cinque
dei suoi scagnozzi che le stavano alle spalle non le piaceva affatto.
-Prima abbiamo delle questioni di cui parlare- fece una
pausa tirando una boccata –dove sono i progetti?-
-Quali progetti?- come faceva a sapere che erano spariti
così in fretta?
-Quelli che sono stati rubati dalla cassaforte del mio
amico Sergej la notte scorsa. Li rivoglio-
-Ahh quei progetti. Mi duole informarla che non li ho,
sono tornati al loro leggittimo proprietario, ovvero il governo
inglese-
-Cosa!- gridò saltando in piedi –non è
possibile!-
-Dovrebbe essere contento- gli disse lentamente, aveva
iniziato ad avere dei sospetti e voleva constatare che fossero
fondati.
-Crede davvero che Sergej mi stesse ricattando?- rise ma
senza allegria –non riuscivamo a metterci daccordo sul prezzo, per questo si è
preso mia figlia!-
I sospetti erano fondati. Avrebbe dovuto iniziare a
chiedere più informazioni ai suoi clienti d’ora in poi prima di accettare
un’incarico, errori di questo tipo potevano costarle cari.
-Quindi niente soldi immagino?-
-Immagina bene, toglietele la pistola!-
-Allora forse è meglio che vada a controllare come sta
“la piccola principessa”- gli suggerì mentre le sue due pistole finivano sulla
scrivania –le ho messo una bomba addosso-
-Non le credo, Tatiana se ne sarebbe accorta-
-È cucita nella giacca militare che indossa, la zip è
bloccata e prima che riesca a togliersela sarà troppo tardi, ha ancora quattro
minuti se non sbaglio. Non avrà davvero creduto che sarei venuta qui senza avere
un piano di riserva?-
-Puttana! Tu e tu venite con me, voi tre tenetela sotto
tiro e se alza solo un sopracciglio sparatele!-
Come una furia lasciò lo studio sbattendo la
porta.
Sasha si infilò una mano in tasca, ma prima che potesse
fare altro le venne puntata una pistola alla tempia.
-Volevo solo una sigaretta!-
L’uomo infilò la mano insieme alla sua e tolse fuori il
pacchetto controllandolo, sembrava normale, gliene porse una e lo gettò sulla
scrivania.
-E l’accendino?-
Seccato l’uomo prese quello del capo dalla scrivania e
la fece accendere, l’idiota.
Dieci secondi dopo la gettò nel castino che saltò in
aria scatenando il panico e dando il via alla sparatoria, quegli idioti non
sapevano riconoscere una sigaretta da un petardo!
Sasha si riprese le pistole fece piazza pulita delle sue
guardie, poteva sentire i rinforzi che arrivavano correndo, in fretta prese la
rincorsa e si gettò fuori dalla finestra, grazie al cielo aperta, dall’aspetto
quei vetri dovevano essere anti proiettile e anti sfondamento.
Di corsa attraversò il prato, doveva trovare riparo era
troppo esposta! Visto che il muro di cinta era vicino decise di arrampicarsi e
saltarlo, in strada avrebbe avuto più possibilità di scamparla.
Era appena atterrata sull’asfalto quando una moto le si
fermò vicino sgommando.
-Sali!- le disse il pilota alzando la visiera del
casco.
-Etienne!- non si fece ripetere l’invito due volte, gli
saltò dietro e partirono a tutta velocità proprio mentre il cancello si apriva
per lasciar passare due macchine nere pronte all’inseguimento.
Lei gli sfilò la pistola dalla fondina e cercò di
liberarsi dei loro inseguitori, ma era difficile prendere la mira come si deve
da quella angolazione.
-Cerca di seminarli!- gridò.
Lui diede un’accellerata e fece un pò si slalom nel
traffico, prima di infilarsi in una via secondaria e salire a tutta velocità su
una rampa inclinata. Il loro saltò finì dentro il vano di un camion coperto da
un telo cerato che si richiuse alle loro spalle, erano spariti dalla
vista.
Non avevano calcolato la velocità però, ed entrambi
andarono a sbattere con violenza contro la parete metallica in fondo.
Rimasero a terra storditi e doloranti per diversi
minuti, ma sentirono le macchine sfrecciargli accanto senza fermarsi.
-Questa è la cosa più stupida che ti abbia mai visto
fare da quando ti ho incontrato!- gli disse tra un gemito e l’altro.
-Ha funzionato però!- rispose nello stesso
modo.
-Già...ti meriti un dieci e lode per l’inventiva nelle
fughe!- rise.
-Riderei se non credessi di avere di tutte le costole
rotte!- gemette.
-Fa davvero così male?- chiese mettendosi a sedere con
cautela.
-Solo quando respiro-
-Come facevi a sapere che sarei stata nei guai?- era
stata davvero sorpresa nel vederlo fuori dalla villa.
-Jules ha raccolto delle informazioni su Rubilov, e la
sua reputazione non è così candida come ha cercato di farti credere con la
storia del ricatto. Sono venuto solo per accertarmi che fosse tutto
apposto-
Sasha sorvolò sul perchè avrebbe dovuto importargliene
qualcosa.
-Lui è Sergej erano in combutta, non riuscivano a
mettersi daccordo sulla spartizione dei proventi-
-Immaginavo- poi la guardò con un sorriso decisamente
inquietante –lo sai che significa?-
-Non mi piace quell’espressione e la stessa che hai
quando stai per sparare cazzate-
-Ora sei davvero in debito con me!- le rispose contento
mettendosi a sedere –ho salvato quel tuo bel culetto rotondo da fine certa,
decisamente me ne devi una! Ora sei costretta ad uscire con me!-
Lei sbattè le palpebre sorpresa, cercando di capire se
era davvero serio o se la stava prendendo in giro, ma no, sembrava serio, e
molto compiaciuto con se stesso.
-Non puoi essere serio!-
-Perchè no?-
Già perchè no?
-Perchè....perchè...perchè no!- e brava Sasha, che
argomentazioni convincenti!
-Devo dire che le tue ragioni meritano profonda
attenzione- affascinante, era come guardare un pesce fuor d’acqua che si
dimenava e boccheggiava, forse era il caso di darle una mano –facciamo così, tu
esci con me, ed io prometto solennemente di non toccarti piú la
Ferrari-
Quello catturò la sua attenzione.
-Non la tocchi piú? Neanche un graffietto? Neanche le
vai vicino?- volle sapere.
-Nulla di nulla, lo sai che non è normale questo tuo
attaccamento morboso a quella macchina?- sbotto offeso, lui era decisamente
meglio di una Ferrari.
-Ad ognuno il suo- si alzò per dare una sbirciatina
fuori, notando che si stavano dirigendo nella zona dove stava il suo
albergo.
-Allora?-
-Ci devo pensare- rispose evasiva.
-Eh no, non è un’offerte negoziabile ed è a tempo
limitato-
-È un ricatto bello e buono questo sai?- allora perchè
l’idea di uscire con lui le stava facendo le cose piú impossibili al battito
cardiaco?
-Chiamalo come ti pare se ti fa sentire meglio, il fine
giustifica i mezzi-
Il camion si fermò e lei saltò a terra.
-Ci vediamo a Venezia Sasha, in Piazza San Marco tra un
mese!- le gridò dietro.
Lei non si voltò e in risposta gli fece solo un
gestaccio con il dito, a cui lui rise di cuore.
-Verrà- si disse ancora sorridendo.
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Capitolo 8 *** VENEZIA..... ***
VENEZIA.....
Sasha sedeva al tavolino di un bar di Piazza San Marco
facendo finta di leggere il giornale. Accanto a lei i resti di un espresso e un
cornetto mezzo mangiucchiato, il fanfarone non si era ancora fatto
vedere!
Il perchè fosse venuta poi era ancora un mistero, certo
l’idea che lui non le toccasse più la macchina aveva il suo fascino, e alla fine
quella era l’unica cosa che contava. Ma gli avrebbe fatto rimpiangere di averlo
anche solo pensato un ricatto del genere!
Il cellulare squillò.
“Salve dolcezza!” la salutò la voce di lui.
-Dove sei? Sono almeno dieci minuti che ti
aspetto!-
“Addirittura! Comunque sono nella Piazza, fammi un
salutino così ti vedo!”
Lei abbassò il quotidiano guardandosi attorno, e lo
vide, camicia bianca di lino, larghi pantaloni chiari tutti tasche e occhiali da
sole scuri, l’estate in Italia era particolarmente calda, si era tagliato i
capelli, ora li portava corti e a spazzola. Ed era circondato da una marea di
piccioni, forse doveva andare lì, spaventare i volatili e sperare che gli
scagazzassero addosso tutti insieme!
-Girati, sono dietro di te seduta ad uno dei tavoli del
bar- con quello chiuse la comunicazione.
Mio Dio! Pensò, ma era legale essere così attraenti?
Quasi rimpiangeva il brutto scherzo che gli stava per giocare, quasi.
Serrò la mascella con forza, per impedirsi di fare
qualcosa di stupido e umiliante, tipo...sbavare?
Lui l’aveva vista e le si stava avvicinando sorridendo,
mentre lei piegava lentamente il giornale e lo posava accanto alla
tazzina.
Il sorriso di lui si spense immediatamente quando la
vide da vicino.
-Mi auguro che tu stia scherzando!- il tono era piatto
ma con una punta di apprensione.
-Perchè? Non ti piace il mio vestito?- chiese con finta
innocenza, l’aveva studiato nei minimi dettagli.
-E come accidenti dovrei chiamarti?-
-Bhè al momento l’identità che sto usando è quella
di...suor Giulietta!- dovette fare una fatica immane per trattenersi dal
ridergli in faccia –quindi se vuoi puoi usare quello!-
Etienne ancora non credeva ai suoi occhi, si era vestita
da suora! L’abito grigio scuro, quelle terribili scarpe marroni con la suola
piatta, neanche sua nonna le usava più scarpe del genere, e il velo! Si era
azzardata anche a mettersi il velo!
Maledetta doppio giochista!
-Non ho nessuna intenzione di portarti in giro vestita a
quel modo!- protestò.
-Va bene, ma voglio che sia messo a verbale che sei
stato tu a tirarti indietro e l’accordo vale, la mia macchina non si tocca più,
io all’appuntamento mi sono presentata!- quel vestito avrebbe spento i bollori
di qualunque uomo, l’aveva scelto con intenzione, non le piaceva essere
costretta a fare ciò che non le andava.
-Ma che faccia tosta!-
Non ci poteva credere! Aveva trovato un modo magistrale
per evitare l’intera faccenda, mentre lui non aveva pensato ad altro per tutto
il mese passato, non si sarebbe fatto sconfiggere così facilmente, questo era un
gioco che si poteva fare anche in due.
-Va bene...suor Giulietta- per poco non si strozzò
pronunciando il nome –andiamo, facciamo un bel giretto turistico-
-Come vuoi figliolo- rispose, con un’espressione che
sperava fosse pia –osservare le meraviglie ispirate dal signore è un balsamo per
l’anima-
Le sembrò di sentirlo digrignare i denti.
Con il procedere del pomeriggio Sasha aveva smesso di
pensare alla sua trovata come geniale, ma come ad un’arma a doppio taglio che
l’avrebbe fatta sanguinare a morte, se non moriva di noia prima!
Lui l’aveva portata in ogni chiesa, cattedrale e
chiostro che avesse un qualche minimo significato storico o religioso, per non
parlare del fatto che l’aveva invitata a dire una preghiera di fronte ad ogni
statua della Madonna che trovavano per strada, davanti alla quale era sempre
riunito un piccolo gruppo di fedeli, davanti al quale era meglio non causare
nessun tipo di scandolo, dal tronde doveva pur sempre rimanere
nell’anonimato.
Toccò il fondo, quando lui la fece entrare nell’ennesima
chiesa, proprio quando stavano per iniziare i vespri, e l’anziano sacerdote
l’aveva invitata a condurre la preghiera, per poco non scoppiava, lì nella
chiesa piena di vecchiette e con il vecchio prete che la guardava speranzoso,
ora avrebbe fatto una strage!
Per fortuna Etienne decise di intervenire facendo capire
al parroco che lei non capiva e parlava una parola di italiano e così erano
scappati il più in fretta possibile.
-Ti conviene andare a cambiarti prima che ti porti a
passare la notte in un convento- le disse con una calma mortale, ma era ad un
passo dallo sbellicarsi dalle risate, l’aveva fatta ammattire oggi!
Sapeva che lei non si sarebbe ritirata dal loro
appuntamento, altrimenti l’accordo saltava e ci andava di mezzo quella stupida
Ferrari, e tutto aveva giocato a suo vantaggio.
-Stronzo!- non era brava a cedere le
armi.
In silenzio si diressero all’albergo di lei, che lo
lasciò in portineria mentre andava di sopra a cambiarsi.
Maledizione a lui! Riusciva sempre ad essere un passo
avanti!
Decise di impiegarci il più a lungo possibile, magari si
sarebbe stancato e se ne sarebbe andato, ma era sicurissima che avesse una
pazienza da far invidia a Ghandi!
Quando Etienne la vide scendere le scale, non riuscì a
trattenere un sorriso di apprezzamento, il completo era di cotone bianco
traforato nello stile zingaro come andava di moda ultimamente, trasparente il
tanto necessario per distinguere il colore della biancheria che portava ma non i
dettagli, dei sandali argentati che le fasciavano le caviglie sottili e portava
una borsettina coordinata. Semplice e pulito, la faceva sembrare una
ragazza comune pronta a godersi la serata, chi poteva immaginare che questa
fanciulla dall’aspetto innocuo potesse farti fuori in cinque modi
diversi!
-Cambia espressione sembri pronta per andare al
patibolo!- la prese in giro guidandola fuori.
Finirono per cenare in una simpatica trattoria a
conduzione familiare, dove il mangiare era buono e l’ambiente molto rustico e
caratteristico.
E dove per poco Sasha non fece gli occhi neri alla
cameriera che continuava a mandare occhiatine dolci ad Etienne, ma non lo vedeva
che era in compagnia!
E dove Sasha si chiese per la millesima volta che cosa
ci faceva lì con lui, che continuava a parlare e a raccontarle storie
incredibili sulle sue missioni insieme a Jules. Sembrava che non gli importasse
che lei non stesse partecipando in modo consistente alla conversazione, che cosa
gli poteva raccontare? Che si vendeva al migliore offerente e che nessun lavoro
era troppo basso per lei?
-Ci rinuncio!- dichiarò lui sconfitto –sono tre quarti
d’ora che hai la stessa espressione, qualunque cosa dica! Non lo sai che
corrugare la fronte a quel modo provoca rughe precoci?-
Quello le strappò una risatina.
-Lo vedi che allora sai come si sorride, ti fa sembrare
anche più carina- la complimetò con un sorriso che avrebbe sciolto il più freddo
dei cuori.
-Ho ricevuto complimenti più elaborati di quello sai- la
noia che sembrava trasudare da ogni parola, ma che in realtà nascondeva
l’effetto devastante che quel sorriso aveva avuto su di lei.
-Ma nessuno era altrettanto sincero- era possibile che
non riuscisse a farla sciogliere neanche un pochino? Era la donna più difficile
che avesse mai incontrato –ora è il tuo turno, ho parlato più che abbastanza per
una settimana-
-Vuoi che inizi a raccontarti delle mie imprese sul
campo?-
-No grazie ho appena mangiato, e visto che era
buonissimo gradirei che rimanesse dove si trova al momento! Perchè non mi
racconti invece come mai ti chiamano la dea di ghiaccio?- quella sarebbe stata
una storia interessante.
-Colpa di un balordo francese,- disse svuotando il
bicchiere del vino in un sorso solo –non è riuscito a farmi godere a letto e si
è inventato il nomignolo-
-Bugiarda!- rise dopo qualche secondo di silenzio
meravigliato, quella ragazza se ne usciva con le cose piú assurde –la versione
corretta se non ti dispiace-
-Cosa ti fa credere che non sia la verità?-
-Perchè hai l’espressione che assumi in genere quando mi
dici balle tanto per farmi stare zitto-
-Me l’ha dato un collega dopo una missione
particolarmente cruenta- voleva la verità e accontentiamolo allora –alla fine
disse che non aveva mai visto nessuno sfoggiare tanto sangue freddo, la parte
della dea viene dal lato poetico dello stronzo che sosteneva che la mia bellezza
non era terrena e altre cazzate del genere-
Quello che omise fù il fatto che il tizio per poco non
vomitò dopo averla vista ammazzare cinque persone quella notte in maniera
sanguinosa senza battere ciglio e con lo sguardo più freddo e distaccato che
avesse mai visto nel corso di tutta la sua carriera, non era normale, e si era
convinto, da buon colombiano superstizioso, che lei doveva appartenere ad una
razza non di questa terra.
Quella era stata la sua ultima missione di squadra, in
Colombia, dopo aver portato a termine la sua vendetta. Immagini di quella notte
iniziarono a vorticarle davanti gli occhi e lei le scacciò immediatamente, aveva
giurato di non pensarci mai più e fino ad ora aveva fatto un ottimo
lavoro.
-A quello posso credere- si era aspetato qualcosa del
genere.
-Ma da dove sbuchi fuori tu?- chiese al colmo della
curiosità e dopo aver ritrovato una parvenza di calma, a quest’ora un uomo
normale sarebbe già scappato a gambe levate con la paura di ritrovarsi cadavere
da un momento all’altro.
-Dal solito posto immagino, mamma non te l’ha spiegato
che la cicogna non esiste?-
-Sii serio per una volta maledizione a te!-
-Sei tu quella che prende la vita troppo seriamente
Sasha- gli occhi di lui si fissarono su quelli grandi e blu di lei –tutti
abbiamo degli scheletri nascosti nell’armadio, ma quello che ho imparato tanto
tempo fà e che non ha importanza con quanto impegno cerchiamo di tenerli
nascosti, prima o poi saltano fuori-
Sasha fù percorsa da un brivido, quello sguardo sembrava
arrivarle dritto dentro, così scuro e intenso. Se Etienne avesse visto quali
scheletri si nascondevano nel suo armadio gli si sarebbe accapponata la pelle,
avrebbe girato di spalle e non si sarebbe piú voltato indietro.
-Non ho la piú pallida idea di cosa tu stia
parlando-
-No immagino di no- aveva visto quelcosa di oscuro
agitarsi dentro i suoi occhi, forse era meglio non approfondire l’argomento per
quella sera. Cosa nascondeva quella facciata acida e inavvicinabile che mostrava
al prossimo?
-Andiamo dai, - la trascinò fuori prendendola per mano
–ti porto a fare un giro-
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Capitolo 9 *** E' dolce sognar...... ***
Lei lo senguì in silenzio, non sapeva come reagire al
suo modo di comportarsi, passava dallo spensierato al serio in un battito di
ciglia, ed ora si comportava come se nulla fosse successo tra loro al
tavolo.
Aveva fatto pochi passi quando Etienne si fermò per
salutare qualcuno.
-Marco! Ci porti a fare un giro?-
Sasha adocchiò con occhi sgranati la gondola che stava
ferma sul canale.
-Riccardo amico mio! Sali, Sali!- rispose l’uomo
gioviale.
Lei lo guardò con un soppracciglio alzato e una muta
domanda nello sguardo, Riccardo?
-Siamo in incognito suor Giulietta, non te lo
dimenticare- le bisbigliò in un orecchio prima di saltare nella barchetta
–allora, non vieni?-
Sasha guardò scettica il guscio di nocciolina che
galleggiava e il gondoliere che avrà avuto almeno cent’anni, e aveva l’aria di
uno che stava per schiattare da un momento all’altro.
-Non morde te lo posso assicurare- le tese una mano per
aiutarla a salire.
Lei la prese e saltò dentro, perdendo momentaneamente
l’equilibrio quando la gondola ondeggiò, non era facile rimanere stabili con i
tacchi che indossava, ma lui le avvolse un braccio intorno alla vita
stringendosela contro.
-Tutto bene?-
Non capì la domanda, sentiva solo l’alito caldo di lui
che le solletticava il collo e il calore del corpo solido premuto contro il
proprio, cercò di fare un profondo respiro per riprendere il controllo, ma finì
con inspirare l’odore di lui che le fece quasi girare la testa, il dopo barba
misto a quello suo personale, oh mio Dio! Come poteva un semplice profumo
stordirti a quel modo?
-Sei sei pronta possiamo andare Sasha?- le chiese
poi.
-Eh...? Si certo- in tutta fretta si mise seduta lontana
da lui, con i sensi ancora scossi e il corpo che formicolava in tutti i punti in
cui aveva toccato quello di lui, mentre un campanellino di allarme si metteva a
suonare nella sua testa segnalando pericolo.
Non avrebbe dovuto bere vino a cena, pensò, l’alcol non
fa bene, rallenta le funzioni cerebrali, ecco cosa era appena
successo.
Il gondoliere si mise a remare, portandoli lentamente
lungo i canali di una Venezia illuminata in parte dai lampioni e in parte dalla
luna piena, che brillava nel cielo estivo trapuntato di stelle, era la notte
ideale per incantare e lasciarsi sedurre.
Etienne si stiracchiò languido, allungando le braccia
sopra la testa, trucco vecchio e banale, ma vediamo se riusciva a metterle un
braccio attorno le spalle senza perderlo...
-Se solo ti azzardi te lo amputo quel
braccio!-
Apparentemente no, seccato incrociò le braccia sul petto
osservando di sbieco la sua compagna che sedeva rigida accanto a lui guardando
fisso davanti a se, come se all’orizzonte ci fosse qualcosa di estremamente
interessante. Le dava altri cinque minuti, nessuno poteva resistere alle gondole
di Venezia.
-Che ne dici di una canzone Marco?- gridò Etienne al
gondoliere che non se lo fece ripetere due volte, ed iniziò a cantare con una
voce stranamente piacevole per uno di quell’età.
“È dolce sognare e lasciarsi
cullare
nell’incanto della
notte....
Le stelle d’or con il loro
splendor sono gli occhi della notte....
Sei vicino al tuo amore che a te
si stringerà
La notte con la sua magia quanti
cuori unir saprà....”
Il suo italiano era un pò arruginito, ma aveva la vaga
sensazione di conoscere la canzone e incuriosita guardò Etienne che la
stava canticchiando sommessamente.
-Da dove le pesca Marco certe canzoni? Per quel che ne
so, questa potrebbe parlare di maiali e capre che brucano l’erba-
-Marco ha un repertorio molto variegato- rise –e no, la
canzone non parla di capre che brucano l’erba-
Silenzio.
-Allora?- chiese spazientita dalla mancanza di ulteriori
informazioni.
-È la colonna sonora del film della Disney “Lilli e il
vagabondo”-
Silenzio.
-Ti piacciono i cartoni animati?- il tono di voce
derisorio.
-No mia cara- poi puntualizzò offeso –ma è quello che ti
becchi quando vai a trovare i tuoi nipotini di tre e cinque anni, Disney fino
alla nausea-
-Hai dei nipotini?- chiese allibita.
-E una sorella, e una madre e un padre e degli zii e dei
cugini,- continuò divertito dallo sguardo sgranato di lei –davvero, da dove
credevi che venissi da sotto un cavolo?-
-No e che non credevo che un lavoro del genere ti
permettesse il lusso di una famiglia- lei la sua neanche se la ricordava più, e
il fatto che tutti la credessero morta certo non aiutava.
-In effetti no, cerco di stare lontano da loro il più
possibile- la tristezza gli velò momentaneamente lo sguardo –ma vedo di non
perdere le grandi riunioni annuali, come il Natale-
La sua fantasia infingarda scelse quel momento per
produrre un immagine di Etienne, che seduto davanti al camino, leggeva una
favola di Natale ad una bimbetta dai coloriti scuri come i suoi che beatamente
si succhiava il pollice, mentre i riflessi del fuoco innondavano entrambi di
luce dorata.
Sbatté più volte la palpebre eliminando la scenetta
dalla sua mente, da dove saltava fuori? Doveva ripristinare l’equilibrio al più
presto, le cose tra loro stavano diventando troppo intime, se continuava così
presto le avrebbe proposto di conoscere sua madre!
-Sai- le disse lui in tono casuale –dovresti venire con
me a conoscere mia madre, lei ti adorerebbe, come il piccolo cactus che ha in
cucina!-
-Eh no...-
Si girò di scatto pronta a saltare in acqua, il rischio
della salmonella era meglio di quello che stava succedendo in quella
gondola.
-Aspetta!- rise lui afferandola per la vita e
sedendosela vicino –stavo scherzando! Sei molto prevedibile lo sai?-
-Non era divertente!- lo rimproverò tagliente, mentre la
sua risata profonda le faceva correre dei brividi lungo la schiena.
-Si che lo era, solo che tu sei troppo acida per
apprezzare battute di spirito!- stava ancora sorridendo, ma dentro gli era
scoppiato l’inferno.
Le sue mani erano ancora posate attorno la vita di lei,
poteva sentire il calore della sua pelle attraverso il cotone sottile dei
vestiti, le era così vicino che avvertiva con chiarezza il suo profumo, delicato
e leggermente fruttato, da fargli venire la pelle d’oca.
Le loro teste erano a pochi centimetri l’una dall’altra,
se si fosse girata ora le loro labbra si sarebbero trovate ad un soffio dallo
sfiorarsi, gli ci sarebbe voluto molto poco per baciarla, baciarla come aveva
voluto fare da quella sera del loro incontro a Monaco, quando l’aveva trovata
con la faccia gonfia e bisognosa di cure, nonostate lei avvesse protestato a
gran voce del contrario, aveva scoperto che gli piaceva tanto quando era tutte
spine.
-Non è vero...- si bloccò a metà frase, girandosi di
scatto si era ritrovata ad un soffio dal volto sorridente di Etienne.
Mio Dio! Visto da così vicino era da togliere il fiato,
i suo occhi scuri sembravano ancora più profondi del solito, il respiro caldo di
lui le sfiorava delicatamente il viso facendola rabbrividire, all’improvviso le
venne l’impellente desiderio di accarezzare i lineamenti decisi del suo viso con
le dita, la guancia liscia rasata di fresco, i mento leggermente a punta, e le
labbra. Per quelle labbra una donna sarebbe stata disposta a vendere
l’anima.
-Cosa credi di fare?- ma era sua quella vocina
sottile?
-Nulla-
-Bene, perché altrimenti non...-
Non ebbe occasione di finire la minaccia che stava per
formulare, perché le labbra di lui l’avevano istantaneamente zittita.
Caos. Quello che le era appena scoppiato nel cervello
era caotico e incontrollabile caos, tutta l’attrazzione che provava per lui e
che aveva represso in tutti questi mesi le esplose dentro con la violenza di una
bomba.
Etienne a mala pena riuscì a trattenere un gemito di
trionfo, la stava baciando ed era ancora vivo per raccontarlo.
Lentamente con una mano le accarezzò la schiena, fino a
fargliela scivolare dietro il collo, che pelle morbida aveva, con il pollice le
sfiorò un punto sensibile sotto l’oreccchio, sentendola trattenere
bruscamente il respiro, mentre con le carezze umide della sua lingua cercava di
farle perdere completamente la testa.
Sasha era troppo sorpresa per reagire, anche se una
vocina nella sua testa gridava decisa “sparagli! Sparagli!”, il suo corpo se ne
infischiava altamente e rispondeva allegro “era ora!”, crogiolandosi nel calore
che quel bacio e quelle carezze le stavano facendo nascere dentro.
La gondola andò a sbattere con un tonfo contro la
banchina rompendo l’incantesimo, sembrava che fossero arrivati alla loro
destinazione.
Lei si staccò di scatto, guardandosi attorno con
l’espressione di un animale che si sente in trappola, il cuore le stava battendo
ad un ritmo frenetico e aveva il fiato corto, cosa diavolo le era preso? Come
aveva potuto cedere a quel modo?
-Siamo arrivati- le fece notare lui piano.
-Dove?- poi la vide, qualche metro più in fondo stava
l’entrata del suo albergo.
Districandosi dal suo abbraccio saltò fuori dalla
gondola rivolgendogli uno sguardo omicida.
-Scordatelo! Fatti a fare una doccia fredda!- elargito
il consiglio girò di spalle e si allontanò con passo instabile dalla
gondola.
-Aspetta testona!- le gridò dietro lui, cercando di
raggiungerla dopo aver pagato il gondoliere –grazie Marco, alla
prossima-
Saltò anche lui sulla banchina e le corse
dietro.
-Sparisci Casanova da quattro soldi!- era furiosa, ma
con se stessa, come aveva potuto abbandonarsi a quel modo, per un misero
bacio!
Bhè tanto misero non era visto che era riuscito ad
accenderla come un fiammifero!
-Ti vuoi fermare!-
L’afferrò per un gomito cercando di trattenerla e
preparandosi a parare qualsiasi colpo letale che gli sarebbe arrivato, e non fù
deluso, infatti nel girarsi lei cercò di sferrargli un pugno micidiale dritto in
un occhio, e lui in risposta le afferrò entrambi i polsi e glieli bloccò dietro
la schiena.
-Credi davvero che se volessi farti seriamente del male
mi fermerebbe una presa da femminuccia come questa?-
-No, ma confido nel tuo buon cuore che lascerai in pace
i gioielli di famiglia, ci sono molto affezionato-
-Lasciami andare, il nostro appuntamento finisce
qui!-
-Dimmi perchè stai scappando a questo modo?- il bacio
sulla gondola le era piaciuto tanto quanto era piaciuto a lui, ed ora non capiva
questa fuga improvvisa.
-Io non scappo- puntualizzò –solo perchè ti ho permesso
insignificanti palpeggiamenti al chiaro di luna, non significa che la serata
debba finire in una camera d’albergo!-
-Devi smettere di frequentare scaricatori di porto mia
cara. IO non palpeggio!- non gli piaceva l’idea di vedere sminuito così quello
che si erano scambiati pocanzi.
-Senti,- iniziò cercando di mantenere un tono
ragionevole –ci siamo divertiti, è stato interessante, ma ora ognuno per la sua
strada-
-Va bene- rispose prontamente lui.
Lei rimase di sasso, “va bene”? Cedeva così, senza
lottare, senza una protesta, senza...senza convincerla a passare la notte con
lui! E a che cosa era mirata allora tutta quella dimostrazione di virilità
maschile sulla gondola? A farla impazzire?
-Va...va bene?-
-Certo- poi il sorriso sornione fece la sua comparsa –ma
prima mi devi dare il bacio della buona notte no?-
Ahhh! Ecco dove stava l’inganno!
-Te lo puoi anche....- ma non finì.
Ecco, non era giornata, se diceva qualcosa che non gli
andava la zittiva in maniera molto efficace.
Etienne aveva deciso di prendersi il bacio della buona
notte nonostante tutte le sue proteste!
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Capitolo 10 *** stronza frigida! ***
La porta della camera d’albergo di Sasha si spalancò con
violenza andando a sbattere rumorosamente contro il muro, lasciando passare la
coppia che avvinghiata continuava a baciarsi.
Il bacio della buona notte iniziato in strada, era continuato nell’ascensore,
nel corridoio, diversi minuti davanti alla porta chiusa, ed ora continuava anche
mentre i due cadevano di peso sul letto.
Oramai ai campanellini di allarme che avevano iniziato a suonarle in testa si
era aggiunta una sirena con i lampeggianti rossi di estremo pericolo, la
vocina che continuava a chiedere il sangue del colpevole di tanto
sconvolgimento, era armata fino ai denti pronta a morire in battaglia, mentre
tutto il suo corpo si ribellava ignorandola e i suoi ormoni facevano
festa.
Etienne era totalmente perso nell’euforia del momento, non riusciva a
smettere di baciarla e di accarezzare ogni centimetro di pelle su cui riusciva a
posare le dita, era così morbida e calda che gli veniva voglia di urlare dal
piacere di averla tutta per se quella notte.
Senza interrompere il bacio, le fece scivolare una mano sul ginocchio
accarezzandole delicatamente la coscia e portandosi dietro la gonna
sollevandogliela intorno alla vita e scoprendo nuovi punti sensibili da
acarezzare.
Sasha cercava di riprendere fiato e rimettere ordine nella sua testa, tutto
vorticava troppo velocemente attorno a lei, aveva bisogno di qualche minuto per
pensare.
-Non credi di...stare andando un pò...troppo veloce?-
-Sono mesi che aspetto...credimi sto andando anche troppo lento!-
Lei stava per uscirsene con una battutaccia su buchi nei muri e bambole
gonfiabili, ma si trattenne, non era il momento di provocarlo a quel modo. Erano
mesi che aspettava? Pensò all’improvviso, che voleva dire? Che erano mesi che
stava in astinenza? No, non poteva essere! Non un tipo come lui! Ma se
invece...
Sasha allungò una mano cercando di aprire il casseto del comodino, se le cose
dovevano procedere alla velocità della luce era meglio tenersi pronti, ma lui
prese possesso della sudetta mano posandosela sulla schiena.
-Etienne...- lo chiamò tra un bacio e l’altro, la sua impazienza stava
diventando ridicola –il necessario è dentro il comodino...se mi restituisci la
mano...-
Lui si scostò leggermente per guardarla in viso, lo sguardo velato dal
desiderio e un’espressione ebete dipinta in faccia, fino a quando comprese
quello che lei gli stava dicendo.
Sasha lo vide armeggiare con la zip di uno dei tasconi laterali dei suoi
pantaloni, e tirarne fuori tre secondi dopo una stinga di preservativi,
ordinatamente ripiegati e avvolti nel loro pacchettino rosso lucido.
Come se nulla fosse Etienne li abbandonò sul letto e riprese da dove era
stato interrotto.
Lei dal canto suo non riusciva a distogliere lo sguardo, girava sempre con le
tasche piene di profilattici? E quel che era peggio, aveva passato l’intera
giornata in sua compagnia con le tasche piene di profilattici!
Il porco arrapato! Ma per chi l’aveva presa!
Finalmente la vocina assetata di sangue riprese controllo della
situazione.
Sasha gli assestò una ginocchiata in un rene che gli tolse il respriro, e poi
lo scaraventò giù dal letto facendogli picchiare la testa contro il
comodino.
-Ahi! Ma che ti é preso!- chissa perchè ma non credeva che quello facesse
parte del programma per la serata.
-Che mi é preso!- prese la stringa e gliela tirò addosso –questo mi é preso,
brutto porco che non sei altro!-
-Cosa?- si mise a sedere non capendoci più nulla, perché diavolo era
furibonda ora?
-Sei andato in giro per Venezia insieme a me e avevi le tasche piene di
preservativi! Schifoso maniaco!- afferrò il cuscino e glielo scaraventò
contro.
-Cosa!- ignorando il cuscino scattò in piedi –sei arrabbiata per
quello!-
-Per chi cavolo mi hai preso eh? Per una volgare prostituta!- gli sibilò
contro arrabbiata –sparisci, prima che decida di spararti!-
-Credimi se avessi pensato una cosa del genere, me ne sarei aproffittato
diverso tempo fà!- le rispose furioso, la rabbia che veniva alimentata dalla
frustazione sessuale, che al momento stava raggiungendo i livelli di
guardia.
-Vattene! Sono sicura che la cameriera del ristorante sarà ben contenta di
fornirti consolazione, visto che non ha smesso di sbavarti addosso per tutta la
sera!-
-Tu sei tutta bacata in testa!- e quello da dove saltava fuori ora? –ne ho
abbastanza dei tuoi giochetti da stronzetta frigida! Quando hai deciso se ti
piace o meno fare del sesso fammi uno squillo!-
Con quello lasciò la stanza sbattendo furente la porta e facendo tremare i
vetri.
Sasha rimase diverso tempo ferma al centro del letto, chiedendosi che cosa
aveva combinato.
Da dove era saltata fuori tutta quella scenata?
Dal tronde era solo sesso, perché farsi tanti problemi.
La rabbia sulla comparsa dei preservativi era stata solo una scusa, dentro
nel profondo lo sapeva, aveva avuto una reazione sproporzionata, sapeva che
tutta quell’emozione era venuta fuori da quel’angolino buio della suo cuore che
lei teneva sempre sotto chiave. La comparsa di Etienne nella sua vita stava
riportando in vita senzazioni che credeva morte per sempre, ma perché proprio
lui? Perché proprio ora?
Era vero che si sentiva attratta da lui come non le capitava da tempo, in
genere i pochi uomini che si era portata a letto nel corso degli anni, le
avevano suscitato un blando interresse e nulla piú. Ed uno che spariva dopo una
settimana. Accidenti a lui! Cosa aveva di tanto diverso dal resto della
popolazione maschile! Ne trovavi anche di più belli in circolazione!
Ma lei non riusciva a toglierselo dalla testa, quegli occhi così scuri e
profondi, che sembravano racchiudere misteriosi segreti, che sembravano leggerle
dentro, e non avevano paura di quello che avrebbero trovato. Che fosse quello il
motivo per cui lei era così attratta? Che Etienne fosse talmente sicuro di se e
di quello che era da non avere paura di nulla?
Al colmo della disperazione si ranicchiò come una palla sopra le coperte, il
corpo ancora le tremava al ricordo delle carezze appassionate delle mani di lui,
la frustrazione sessuale era una brutta bestia, soprattutto quando ti rendevi
conto che l’ogetto del desiderio ti era perso per sempre.
Ancora furente Etienne spalancò l’armadio della sua stanza e ne tirò fuori la
valigia, non sarebbe rimasto in quella stupida città un minuto di più. Una delle
città più romantiche al mondo un paio di palle! Non quando avevi a che fare con
un ghiacciolo frigido, che preferirebbe mettere i tuoi attributi maschili nel
frullatore piuttosto che sfiorarti anche solo con un dito.
Stronza! Aveva chiuso con lei, aveva sprecato anche troppo tempo ad andarle
dietro e cercare di sbrinarla, avrebbe avuto migliori possibilità con il freezer
di casa!
Stava ribollendo di rabbia, e di una buona dose di desiderio non appagato,
quello della peggior specie. Per quale motivo si era arrabbiata così tanto per
un paio di preservativi! Era deformazione professionale la sua, andava in giro
pronto per ogni evenienza, se per quello si era portato dietro anche la pistola,
ma non voleva dire che si aspettasse di usarla prima della fine della
serata!
Doppia stronza! L’avrebbe lasciata perdere, se era contenta di passare le sue
notti da sola a pianificare sul come ammazzare la gente erano affari suoi lui se
ne lavava le mani.
Maledizione a lei! Con un sospiro frustrato si mise a sedere sul letto,
gomiti sulle ginocchia e testa tra le mani.
Eppure...eppure quella sera aveva visto qualcosa brillarle nello sguardo,
qualcosa di turbolento, come se i ricordi che si celavano dietro la facciata
fossero troppo terrificanti da affrontare.
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Capitolo 11 *** Vi presento Cleo ***
LONDRA.....
Sasha entrò nel suo piccolo ufficio con in mano una
tazza di latte macchiato, l’aveva appena comprato in un Caffè Nero ad Oxford
Street.
Dopo essersi tolta il cappoto accese il riscaldamento,
faceva un freddo cane oggi, e si accinse a controllare la posta, durante la sua
assenza le scartoffie si erano accumulate, figurarsi se la sua socia si occupava
di cose così mondane come i conti da pagare!
Il trillo della campanella sulla porta d’ingresso,
annunciava l’arrivo della menzionata socia, non poteva essere altri che lei,
visto che non erano ancora aperti.
-Buon giorno!- esordì una voce squillante.
La voce apparteneva ad una rossa tutta curve di moderata
altezza, infatti riusciva a malapena a raggiungere il metro e settanta con i
tacchi, occhi grandi e verdissimi e un spuzzatina di lentiggini sul
naso.
Vi presento Cleo.
Cleo era una giovane stilista di talento, di origini
irlandesi, un tempo lavorava per una grossa casa di moda, ma sognava da sempre
di aprire un atelier tutto suo. Un giorno lei e Sasha si erano incontrate per
caso ad una fiera del lavoro, naturalmente Sasha era sotto copertura, e avevano
iniziato a fare quattro chiacchere.
Stranamente alla spietata mercenaria era passata la
voglia di sparare alla rossa chiaccherona dopo i primi cinque minuti,
constatando che la ragazza aveva voglia di sfondare da vendere e un buon piano
per iniziare in proprio, quello che le mancava erano i fondi.
Quindi dopo aver visto alcuni dei suoi lavori, sia sulla
carta che dal vivo, Sasha aveva deciso di finanziarla, per diverse
ragioni:
1)Doveva far sparire dei soldi dalla provenienza
sospetta alla svelta.
2)Le serviva una copertura duratura da tenere tra un
lavoro e l’altro, era faticoso crearsi una nuova identità ogni due o tre
mesi.
3)L’investimento le sembrava buono.
4)Aveva finalmente trovato il modo di sfruttare il suo
master in contabilità.
Perciò era nata la “Clash enterprise”, il nome era
pessimo ma era stata Cleo a sceglierlo, visto che era lei quella creativa Sasha
si era aspettata qualcosa di più brillante e sofisticato, ma che ci volete fare,
anche i geni hanno i loro giorni no, così le due ragazze avevano aperto il
piccolo studio di moda in Bond Street.
Tutto questo era successo tre anni fa, certo il primo
periodo avevano fatto la fame, ma negli ultimi mesi i soldi avevno iniziato ad
entrare in maniera stabile e stavano riuscendo a farsi notare nell’ambiente,
Cleo sperava di essere in grado di poter organizzare una propria sflilata
l’estate prossima.
-Buon giorno Cleo- senza alzare lo sguardo continuò ad
aprire la posta, la ragazza faceva parte di quella categoria di persone che
erano sempre allegre la mattina, quanto la detestava.
-Che muso lungo! Tieni ho io quello che ci
vuole-
Con un largo sorriso le mise sotto al naso la scatola
bianca che aveva in mano da quando era entrata, e tutta soddisfatta si sedette
sulla poltrona davanti alla scrivania della socia.
Rassegnata Sasha l’aprì, sapeva benissimo cosa c’era
dentro, tutte le mattine era la stessa storia. Infatti dentro la scatola
facevano bella mostra di se muffin al cioccolato, donuts e danish alla vaniglia,
Cleo era convinta che lei era troppo magra e aveva bisogno di mettere su un pò
di peso, quindi, da quando era tornata in città la ricopriva di dolci alla prima
occasione.
-Mi farai venire un infarto uno di questi giorni lo
sai?- tremava al pensiero di quanto burro era stato usato per fare quei
dolci.
-Ah! E quale grasso dovrebbe bloccarti le arterie mia
cara?- chiese divertita.
-Non hai nulla da fare oggi? Clienti, disegni, ecc.
ecc.-
-Nulla, ho un appuntamento con un cliente alle 11, se si
degna di farsi vedere, lo sai come sono questi ricconi, e al momento ho un
blocco creativo, quindi non ho nulla da fare per le prossime due ore!- spiegò
allegra, ignorando il gemito di sofferenza dell’altra.
Cleo oltre ad essere sempre di buon uomore, era anche
terribilmente ottimista e un’inguaribile romantica.
A Sasha ricordava un barboncino francese, avete presente
no, quelli bianchi tutto pelo, quelli che ti facevano le feste ogni volta che
entravi nel loro campo visivo, quelli che più li tratti male e più ti si
affezionano e tornano da te scodinzolando.
Lei era il tipo che prendeva a calci i bastardi che se
lo maritavano, ma non i cagnolini, quello era davvero scendere in basso, perciò
senza che lei se ne fosse resa conto Cleo si era scavata un posticino
confortevole nella sua vita e non aveva nessuna intenzione di
abbandonarlo.
-Vedo che ti sei finalmente decisa a prendere spunto da
uno dei manichini che abbiamo in vetrina- le disse indicando il maglioncino a
righe, la mini in jeans, i calzettoni a metà coscia coordinati al maglione e gli
stivali bassi.
-Ti ho già spiegato che essendo la contabile di questa
compagnia, non ho bisogno di seguire le mode, e poi lo sai che non piace dare
nell’occhio con il vestire- quella era deformazione professionale, perdersi
nella folla e vestire in maniera poco riconoscibile.
-No mia cara, tu in genere ti vesti come un pugno in un
occhio che è diverso, e questo ovviamente quando decidi di abbandonare la pelle
nera-
-Senti, ho del lavoro da sbrigare, se vuoi stare qui,
vedi di fare silenzio- detto ciò iniziò a caricare i programmi che le sarebbero
serviti sul pc.
Stranamente Cleo rimase in silenzio sulla sua sedia,
continuando a fissarla, apparentemente calma, ma potevi notare dal luccichio dei
suoi occhi che le rotelline nel suo cervellino stavano girando a pieno
ritmo.
-Cosa c’è?- chiese rassegnata incrociando le
braccia.
-Sei pronta a parlare ora?- chiese seria.
-Non capisco...-
-...di cosa tu stia parlando- finì per lei –bla bla bla,
mi ripeti sempre la stessa cosa, sei tornata da più di un mese, e sto morendo
dalla voglia di sapere cosa ti è successo-
-Cosa ti fa credere che mi sia successo qualcosa?-
chiese sulla difensiva, un’altra caratteristica snervante di Cleo era il fatto
di essere troppo percettiva nei confronti del prossimo, già un paio di volte era
andata vicino allo smascherarla.
-Sei diversa, hai una strana espressione nello sguardo,
più triste,- la osservò pensierosa inclinando la testa di lato -e poi hai sempre
il muso lungo e sei sempre nervosa, ti posso assicurare che ultimamente non è
affatto divertente lavorare con te!-
-Vai a fare qualche scarabocchio Cleo. Ora!-
La ragazza sapeva quando era ora di ritirarsi, ma non
prima di averle lanciato un’ochiataccia che diceva “visto cosa
intendo?”.
Una volta rimasta sola nell’ufficetto Sasha chiuse gli
occhi e se li massaggiò con le dita, aveva abbastanza problemi nel scendere a
patti con quello che era successo a Venezia da sola, non aveva bisogno che Cleo
infilasse ulteriormente il dito nella piaga.
Non passava giorno in cui non pensasse a lui, lasciava
il cellulare acceso in evenienza che si decidesse a chiamarla, ma non era
successo, non si era fatto sentire da quando l’aveva lasciata nella camera
d’albergo.
Era ancora furente? Doveva esserlo, lei si era
comportata in maniera terribile e lui doveva essersi sentito preso in giro,
doveva averla presa per una di quelle oche che si divertivano a giocare con gli
uomini per poi mandarli a quel paese.
La cosa più triste era che le mancava, terribilmente, le
mancavano i suoi scherzi idioti, le sue battute poco divertenti, il modo in cui
la chiamava “dolcezza”, come se lo intendesse sul serio, oramai si era abituata
a ricevere le sue telefonate regolari e si ritrovava a controllare il cellulare
diverse volte al giorno, sperando di trovare una chiamata persa o un messaggio,
ma mai nulla.
Afflitta nascose la testa tra le braccia piegate, come
si era infilata in un pasticcio simile! Perchè la sua vita non era più semplice
come prima!
Di umore sempre più nero andò a pranzo da sola, Cleo era
ancora impegnata con il cliente delle 11, che a quanto pareva aveva deciso di
presentarsi. Dopo un panino veloce, ne comprò uno anche per la sua socia e se ne
tornò in ufficio, le strade erano affollate di turisti e quasi non si poteva
camminare sui marciapiedi, e il fatto che si gelasse e che il cielo fosse
plumbeo non scoraggiava nessuno.
Una volta tornata alla sua scrivania controllò la posta
nella casella criptata della “dea di ghiaccio”, forse doveva concentrarsi in
qualcosa di più impegnativo che non la contabilità del piccolo atelier, ma non
c’era nulla.
Annoiata sollevò i piedi e li mise sulla scrivania,
appoggiandosi sullo schienale della poltroncina girevole stiracchiò le braccia
sopra la testa, quel pomeriggio si prospettava lungo e noioso.
Vagamente si rese conto del trillo della campanella che
annunciava un visitatore e del suono attutito di voci, doveva essere arrivato
un’altro cliente.
Ma qualche secondo dopo la sua porta si aprì
silenziosa.
-Salve Sasha-
Sasha perse l’equilibrio e si schiantò a terra con tutta
la sedia, si era stiracchiata un pò troppo.
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Capitolo 12 *** La proposta...magari fosse indecente! ***
Atterrita Sasha guardava gli stivali marroni che
si intravedevano dalla sua postazione sul pavimento, non poteva
essere!
Invece si! Era lui! Ed ora? Si chiese presa dal
panico.
-Ti sei fatta male?- le chiese divertito, aveva fatto un
bel tonfo quando era caduta.
-Sto benissimo!- rispose, tra lo stizzito e l’umiliato,
alla faccia della sofisticazione che si era ripromessa di usare se l’avesse
rincontrato.
-Hai intenzione di stare per terra ancora per
molto?-
-Certo che no!- alla svelta si rimise in piedi
sistemando anche la sedia e cercando di trovare il coraggio di
guardarlo.
Quando infine sollevò lo sguardo quasi le mancò il
fiato, era ancora più bello di come se lo ricordava. I jeans stretti che
aderivano alle gambe muscolose, lo spesso maglione a collo alto di lana che
portava, il quale era di una sfumatura chiara che faceva risaltare ancora di più
i suoi coloriti scuri, ti faceva venir voglia di infilarti sotto alle pieghe
calde assieme a lui.
Se non avesse fatto l’idiota a Venezia magari a
quest’ora starebbe davvero dividendo quel maglione con lui.
Sbattendo più volte le palpebre si costrinse a tornare
alla realtà, notando l’espressione guardinga del suo viso, il calore spensierato
che era solito rivolgerle non c’era più. Che l’avesse davvero perso per sempre?
Ignorando la fitta di rimpianto e rimorso che le aveva serrato lo stomaco prese
posto sulla sua sedia dietro la scrivania.
-A cosa devo il piacere?- chiese mantenendo un tono che
sperava suonasse professionale, e ricevendo in cambio una strana occhiata che
sembrava dire “se vogliamo fare finta di nulla....”
-Curiosità- prese posto su una sedia difronte a lei
acavvallando le lunghe gambe e cercando di imitare il contegno freddo di
lei.
Se voleva fare finta che nulla fosse accaduto tra loro,
allora anche lui poteva stare al gioco, dal tronde non gli andava di essere
ulteriormente preso in giro, pensarci gli bruciava ancora, tra le altre cose.
Visto che più spesso del necessario se la ricordava sdraiata sul letto
dell’albrgo, con i capelli scuri sparsi sul cuscino, gli occhi che brillavano
per il desiderio e il viso arrossato dall’eccitazione.
-Curiosità?-
-Quando Jules mi ha detto dove ti potevo trovare volevo
constatare con i miei occhi che non mi stesse prendendo in giro- con un’occhiata
significativa indicò il piccolo ufficio –atelier di moda?-
-E un modo come un’altro per investire i soldi- spiegò
scrollando le spalle.
-E la rossa?- chiese con un luccichio strano nello
sguardo.
-La mia socia, quella che disegna gli abiti- se si
azzardava anche solo a fare un pensierino su Cleo lo faceva davvero
fuori!
-Interessante, e lei sa...diciamo delle tue entrate
alternative?-
-Non ne ha idea-
-E cosa le dici quando devi sparire giorni interi per un
lavoro?-
-Le ho detto che lavoro part-time per una multinazionale
nel dipartimento contabile e che mi mandano in giro per il mondo a fare
revisioni e controlli-
-Geniale!- lei si che sapeva raccontare bugie con i
fiocchi! Poi come se si fosse reso conto solo ora della cosa strana chiese
divertito –contabilità?-
-Uno dei miei tanti talenti-
Etienne rimase a guardarla in silenzio per qualche
secondo, c’erano tante cose di lei che non conosceva, ma che avrebbe tanto
voluto scoprire, se solo lei gli permetesse di avvicinarsi e la smettesse di
alzare tutte le barriere difensive ogni volta che le cose si facevano
intime.
-Sono venuto anche per farti una proposta- le disse
piano, aspettando uno scoppio che fortunatamente non avvenne.
-La risposta è no, ma vai avanti lo stesso- prendendo un
respiro profondo si mise comoda sulla poltrona, anche perchè il battito cardiaco
non si decideva a rallentare, quando lo aveva sentito pronunciare la parola
“proposta” aveva quasi sperato che fosse seguita da “indecente”.
-Voglio aiuto a catturare un latitante- ignorando il suo
rifiuto, dalla stasca posteriore dei pantaloni tolse un fascicolo ripiegato in
due e glielo porse.
Sasha lo prese cercando di ignorare come fosse ancora
tiepido dal calore del corpo di lui e come i fogli conservassero una leggera
traccia del suo profumo.
-Thò guarda il nostro amico Sergej!- esclamò
allegra.
-L’unico e il solo. Dopo il nostro scherzetto è sparito
dalla circolazione, ma a quanto pare non ha smesso di complottare. Questa volta
è riuscito a mettere le mani su una formula per un’arma batterica, se riesce a
mettere le mani anche su un chimico conseziente e sugli ingredienti giusti
provocherà una strage-
Lei fece scorrere lo sguardo sulle informazioni
contenute nel dossier, quello era toccato nel cervello! Se attivava una bomba
del genere non gli sarebbe rimasto un posto sicuro dove godersi i proventi dei
ricatti che di sicuro avrebbe attuato a spese dei maggiori governi
mondiali.
-E cosa vorresti esattamente da me?- meglio essere
specifici.
-Una piccola mano d’aiuto?-
-Che succede nel vostro ufficio? Carenza di personale?-
chiese sarcastica, era consapevole che lei non aveva aveva un’alta opinione dei
suoi colleghi.
-No, ma c’è stata una sospetta fuga di notizie e Sergej
è entrato in possesso di documenti riservati che potevano essere ottenuti solo
tramite il nostro ufficio. Mi è stata data carta bianca, e al momento solo io e
Jules siamo coinvolti nell’operazione, una persona esterna mi farebbe comodo-
senza togliere che avrebbero dovuto passare tanto tempo assieme e che
magari.....ma meglio non avventurarsi in quel territorio, non ora.
Aveva passato tre settimane ad escogitare la scusa
giusta per andarla a trovare e non aveva intenzione di bruciarsi quella
possibilità.
-Cosa ti fa credere che non sia proprio Jules il
traditore, o me se per quello. L’incontro in Austria potrebbe anche non essere
stato accidentale-
Cosa credeva che fosse, stupido? Quelle erano tutte
ipotesi che aveva già formulato e scartato.
-Jules mi è troppo fedele, per non parlare del fatto che
siamo come fratelli, non mi tradirebbe mai, e tu...e a te non importa un fico
della politica o dei giochi di potere, e inoltre Sergej non ha il denaro
necessario per comprarti-
Lei rimase qualche minuti sorpresa, ammirrando il modo
di ragionare del suo cervello, aveva fatto centro in maniera
magistrale!
Ma prima che potesse rispondere furono interrotti da
qualcuno che spalancò la porta senza bussare.
-Sasha ti devo chiedere...- la rossa si bloccò sulla
soglia fingendo contrizione –oh, non sapevo fossi ancora impegnata con un
cliente-
Piccola bugiarda! Con interesse guardò l’orologio,
mezz’ora, l’impicciona tutte lentiggini era riuscita a trattenere la sua natura
curiosa per 30 minuti tondi tondi, doveva essere un record!
Etienne si alzò immediatamente in piedi per salutare la
nuova arrivata con un sorriso accecante.
-Molto piacere io mi chiamo Etienne- esordì stringendole
la mano –e tu devi essere Cleo-
-Si- visto che lui era andato subito sull’informale
anche lei seguì l’esempio –sei venuto per affari?-
-Vermanete no, io e Sasha ci conosciamo da lungo tempo,
anche se quello che ho visto nella splendida vetrina qui fuori mi ha quasi
tentato a fare qualche acquisto, opera tua?-
-Fino a l’ultima cucitura- era leggermente arrossita
all’implicito complimento –magari c’è qualcuno speciale a cui non dispiacerebbe
qualcosa di particolare-
-Nessuno mi spiace-
Sasha guardava allibita l’incantatore all’opera per la
prima volta da quando l’aveva incontrato, in trenta nano secondi aveva ridotto
Cleo ad un ammasso di gelatina molle, con qualche battutina, un paio di
complimenti e quel sorriso micidiale. Ma esisteva davvero qualcuno che ancora
credeva a quella marea di fesserie?
Cleo da parte sua era estatica, chi era questo bel pezzo
di figliolo? Da dove sbucava fuori? E soprattutto, com’è che non l’aveva mai
visto prima da queste parti!
Era talmente affascinata che quasi si perse le
occhiatine che di tanto in tanto il fusto lanciava alla sua socia, quasi, che
succedeva qui? Intrigata si rivolse verso Sasha con una battutina e notando
l’espressione torva, che sconfinava nella furia omicida, e quella da dove
saltava fuori? Non l’aveva mai guardata a quel modo.
Fece scorrere lo sguardo da l’uno all’altra senza
mancare la conversazione e all’improvviso avvenne l’illuminazione!
Ecco cosa le era successo! Il figo da paura! Qualcosa di
tempestoso era successo tra i due!
Oh questa era troppo bella per lasciarsela scappare!
Anche se mandava in frantumi tutte le sue speranze di una serata in sua
compagnia!
-Sai è la prima volta che incontro uno degli amici di
Sasha- iniziò –vi conoscete da molto?-
-Da abbastanza-
-Bhè ora che ci siamo incontrati devi passare di qui più
spesso- guardà l’altra ragazza in maniera significativa –non vorremmo che la
nostra Sasha si sentisse sola!-
-Assolutamente no!- convenne divertito, da dove sbucava
fuori questa simpatica ragazza? E molto perspicace anche, era sicuro che avesse
capito che tra lui e Sasha c’era molto di più che una semplice
amicizia.
Terrorizzata Sasha decise che era arrivatoil momento di
interveneire e di separare i due.
-Volevi qualcosa Cleo?- chiese seccata.
-Oh si!- in effetti doveva chiederle qualcosa, si era
preparata un’ottima scusa per l’interruzzione –ho un ordine da finire a giorni
ma il materiale non è ancora arrivato, ed é in ritardo di una
settimana-
-Fammi indovinare, il signor Thomson?-
-Proprio lui- Cleo lasciava sempre che fosse lei a
vedersela con i fornitori, era stupefacente la velocità con venivano serviti, se
la socia si metteva in mezzo.
Senza aggiungere altro Sasha prese il telefono e compose
il numero dell’ufficio de signor Thomson.
-Potrei parlare con il signor Thomson per favore?- pausa
–é riunione eh- pausa -un messaggio? Ma certo! Gli dica che Sasha Logan ha
chiamato riguardo all’ordine non ancora cosegnato, di non preoccuparsi a
spedirlo, domani devo andare da quelle parti per affari e passerò io a prenderlo
di persona- pausa –si é tutto, me lo saluti-
Sasha chiuse il telefono e azionò il cronometro che
teneva nel cassetto.
Etienne era sgomento, che succedeva? Cleo sorrideva come
se sapesse che tra poco stava per succedere qualcosa di estremamente divertente
e Sasha sedeva tutta soddisfatta nella sua sedia tranquillamente ad
aspettare.
Il telefono squillò, dopo esattamente due minuti e dieci
secondi, constatò soddisfatta, l’ultima volta ne erano passati
cinque.
-Sasha Logan- pausa –non c’era bisogno che mi
richiamasse signor Thomson, ho...-pausa –ma non mi crea nessun disturbo...-
pausa –se ne é sicuro!- pausa –grazie mille e arrivederci-
-Il tuo ordine arriva domani tramite corriere
espresso-
Cleo scoppiò a ridere.
-Devi sapere Etienne- iniziò a spiegare con gli occhi
ancora umidi dalle risate –che i nostri fornitori hanno il terrore di Sasha, una
volta o l’altra li ha visitati tutti infondendogli una paura del diavolo e non
si sono più azzardati a metterci in secondo piano. Ma ogni tanto, come oggi, si
dimenticano e allora Sasha fa le sue telefonatine, che in superfice non hanno
nulla di intimidatorio, ma sotto sotto raccontano tutta un’altra storia, e
quando lei si offre di andare a prendere l’ordine di persona é probabile che il
giorno dopo te lo consegni il titolare in in carne e ossa facendoti le sue
personali scuse!-
Lui le rivolse un’occhiata che sembrava dire “perché non
sparagli direttamente?”
“Perché mi servono vivi idiota!”
-Ti trattieni ancora per molto Etienne?- gli chiese Cleo
speranzosa, moriva dalla voglia di conoscere tutti i dettagli.
-Il necessario- poi colto da un’improvvisa ispirazione
–sai sto cercando di convincere Sasha a lavorare per me!-
-Interessante! Hai avuto fortuna?-
-Al momento no, ma tu potresti aiutarmi-
Entrambi la stavano completamente ignorando, persi nella
loro piccola cospirazione.
-Se posso-
-Dimmi, com’é lavorare con un tipo come Sasha? Devi
ammettere che non é la persona più facile con cui andare daccordo-
-Ma no!- poi si rivolse alla socia come se solo allora
si fosse ricordata che era ancora nella stanza –mi ricorda tanto un
chiwawa!-
-Interessante!- con gli occhi sgranati cercò di
contenere le risate.
-Ma si, qui cagnolini piccoli, piccoli, che abbaiano in
continuazione digrignando i denti, ma che sono tanto tanto,
adorabili!-
Etienne non ce la fece più e scoppiò a ridere, avrebbe
descritto Sasha in tanti modi diversi, ma adorabile? Quella ragazza gli aveva
aperto tutta una nuova prospettiva.
Anche Sasha aveva perso la pazienza, con stizza aprì e
chiuse diversi cassetti, doveva pur avere una pistola lì da qualche parte! Gli
avrebbe sparato, ecco che cosa avrebbe fatto! E cosa saltava in mente a Cleo
poi! Le metafore canine erano di sua esclusiva proprietà!
-Oramai é tardi per il pranzo, ti va di andare a bere un
caffé?- chiese Etienne con voce dolce.
Sasha si bloccò all’istante con un mezzo infarto in
corso, la stava invitando? Poi alzò gli occhi, no, stava invitando Cleo, che al
momento saltellava di gioia accettando l’invito. Oca!
-Ci vediamo dopo Sasha!- la salutò la rossa.
-Già Sasha, ci vediamo dopo!- fece eco Etienne,
divertendosi come non gli capitava da settimane!
Lei li guardò sparire attraverso la porta, se quello era
un suo piano per farla ingelosire cascava male! Infatti non avrebbe funzionato,
lui poteva passare le sue giornate con tutte le oche di Londra se era per
quello! Lei aveva...ma chi voleva prendere in giro, era verde di
gelosia!
Mledizione! Non poteva continuare così, sarebbe
diventata matta a lungo andare! <
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Capitolo 13 *** Il russo scoppiato. ***
Nei giorni seguenti Sasha se lo ritrovò costantemente
tra i piedi, era quasi sempre in ufficio, per la delizia di Cleo, lo incontrava
al supermecato, quelle rare volte in cui si ricordava che doveva pur mangiare,
in giro per la strada.
Ed ogni volta le chiedeva se aveva intenzione di
accettare al sua offerta, il tempo stringeva e lui doveva entrare entrare in
azione non appena Jules gli avesse fornito una locazione.
Il fatto era che lei stava seriamente pensando di unirsi
a lui, lavoravano bene insieme e Sergej non le era poi così
simpatico.
Quella mattina era arrivata in ufficio più tardi del
solito, aveva dormito da schifo ed era di umore pessimo, e quando era di umore
pessimo saltava fuori la pelle nera, come testimoniavano gli stivali, la mini a
metà coscia ed uno spolverino lungo fino ai piedi, l’unica eccezzione erano le
calze coprenti e il dolce vita, che erano sempre neri, ma non erano di
pelle.
Entrando raccolse la posta da terra, Cleo non era ancora
arrivata, normale per lei, non si presentava mai a lavoro prima delle
dieci.
Una volta alla scrivania iniziò a smistare la
corrispondenza, tra le mani le capitò una di quelle buste gialle con
l’imbottitura, non c’era l’indirizzo stampato sopra ma il suo nome scritto a
penna, che strano, doveva essere stato recapitato a mano.
Dentro c’era un cd per computer, sorpreso lo inserì nel
lettore del pc, sperando che non ci fosse un virus, ma in genere quelli ti
venivano recapitati tramite posta elettronica non la buca delle
lettere.
Sempre più sconcertata vide aprirsi la finestra del
Media Player, a quanto pareva era un filmato, molto probabilmente Etienne le
aveva mandato qualcosa che trovava divertente solo lui.
Ma quello che vide sul monitor le ghiacciò il sangue
nelle vene. Cleo era legata e imbavagliata, in quello che sembrava essere un
magazzino abbandonato, gli occhi sgranati dal terrore e il volto rigato di
lacrime, indossava ancora gli abiti del giorno prima, quindi dovevano averla
rapita mentre tornava a casa, c’era qualcun’altro accanto a lei, una biondina
che non aveva mai visto prima, legata allo stesso modo.
Con la mano che tremava leggermente prese la cornetta e
fece il suo numero di casa, pregando che fosse uno scherzo di pessimo gusto, ma
rispose la segreteria.
Cercando di mantenere la calma compose allora il numero
del cellurare sperando che fosse acceso e ci fosse campo, sollevata lo sentì
squillare.
Ma la voce che rispose non era quella della sua socia,
ma quella di un uomo dal pesante accento russo.
“Allora? Hai trovato il mio regalino?”
-Sergej immagino?- chiese gelida, senza staccare lo
sguardo dalle immagini sullo schermo e azionando il piccolo registratore che
teneva sempre collegato al telefono.
Deformazione professionale.
“Non mi piace quando gli altri si impicciano dei miei
affari, non ho apprezzato la tua interferenza”
-Prenditela con Rubilov allora, era lui a finanziare la
missione-
“L’idiota, comunque, ho altre mire per la mia folgorante
carriera da terrorista, scommetto che il tuo amichetto ti ha già detto cosa sto
combinando, vero?”
-Vagamente- chi stavano spiando, lei o
Etienne?
“Mi mancano ancora un paio di cose che non sono
disponibili sul mercato nero, quindi gradirei che me le portassi, la lista è nel
cd”
-Li hai i soldi per pagarmi?- chiese
indifferente.
“Mi farai fare le cose nel modo più faticoso vero? La
tua amichetta dai capelli rossi è davvero carina”
-Non é il mio tipo-
“Bella, intelligente e anche simpatica, un’assassina
piena di qualità, mi chiedo se la tua amichetta resisterebbe ad una serata in
compagnia dei miei soldatini...”
-Fottuto bastardo!-
“Ah stiamo arrivando da qualche parte allora, la rossa
ci ha raccontato delle storielle davvero divertenti sulla vostra allegra
amicizia, é incredibile come un della droga data in quantità controllate sciolga
la lingua”
Maledizione! chissà cosa aveva raccontato Cleo, era in
una posizione pessima, se lo convinceva che la sua socia era una pedina senza
valore rischiava di vederla morta in un paio d’ore, dall’altro lato le rivoltava
lo stomaco dargli quel tipo di potere su di lei, lei li faceva i ricatti, non li
subiva.
-Taglia corto buffone, dimmi ora e luogo-
“È tutto nel cd, buon divertimento”
-Chi é la bionda?- sarebbe stato utile sapere chi stava
ricattando oltre lei.
“Chiedi al tuo amichetto lui la conosce molto
bene”
-Lo sai di essere carne morta vero?- gli disse,
ignorando l’ondata di gelosia che l’aveva assalita, chi accidenti era quella
bionda! -Qualunque cosa accada, io ti cerco e ti ammazzo, per aver anche solo
pensato di attraversarmi la strada-
“Mi dovrai acchiappare prima”
-Non sottovalutarmi, un’ultima cosa, toccala, anche solo
con un dito e ti ammazzo nel modo più violento che riesco a trovare- senza
aspettare risposta chiuse la comunicazione, non avevano più nulla da
dirsi.
Il filmato finì e lo schermo diventò nero, ma a lei non
importava, l’espressione del viso di Cleo era marchiata a fuoco nella sua
memoria, doveva tirarla fuori di lì, al più presto, prima che le facessero
irreparabilmente del male.
Si rese conto di avere il fiato corto, le mani le
tremavano e un velo di sudore le imperlava il labbro superiore, ricordi che era
meglio tenere sepolti minacciavano di riaffiorare in tutta la loro violenza,
Cleo non sarebbe sopravvissuta ad un’esperienza del genere!
Fece dei respiri profondi e si impose di calmarsi, non
era questo il momento di perdere la testa.
Prese il cd e la cassetta con la registrazione della
conversazione appena avuta con Sergej e si catapultò fuori, doveva andare a casa
a prendere la Ferrari e poi aveva una visita da fare, al diretto responsabile di
tutto questo casino, se si fosse tenuto alla larga da Cleo, non l’avrebbero
presa di mira!
Negli uffici del quartiar generale, del secondo gruppo
di spie più potenti al mondo scoppiò il caos, quando si sparse la voce che una
sventola venuta fuori dal film di Matrix era appena uscita dall’ascensore
e stava percorrendo a passo di carica il corridoio.
Alla sventola in questione poco importava dell’effetto
da infarto che stava dando in giro, aveva un bersaglio, ma non riusciva a
localizzarlo.
Si fermò di scatto avvicinandosi al primo uomo che
capitava a tiro afferrandolo per la cravatta.
-Etienne?- chiese abbassandosi gli occhiali da sole neri
sulla punta del naso in modo da guardare il tizio dritto negli occhi.
-C-chi?- balbetto quello con il terrore di diventare di
pietra sotto quello sguardo freddo.
-L’idiota che chiamano l’incantatore,- specificò –dove
lo trovo?-
-Oh Etienne! In fondo a sinistra- rispose con un
sussurro, la ragazza gli stava assottigliando la riserva di ossigeno tramite la
cravatta.
Con passo deciso si diresse verso la porta indicata
lasciando che lo spolverino le svolazzasse dietro mentre camminava.
Senza tante cerimonie spalancò la porta facendo un
ingresso ad effetto che lasciò i cinque uomini lì riuniti momentaneamente senza
parole.
Con lo sguardo inchiodò la sua preda e gli si avicinò
con passo lento.
Etienne riuscì a mascherare molto bene la sorpresa nel
vederla lì, come era entrata? Come era riuscita a passare i controlli di
sicurezza?
-Me li hai portati dritti sulla porta di casa,
incompetente!- gli disse gelida togliendosi gli occhiali con gesti
misurati.
-Ti avverto che stai cammindo su terreno instabile
ghiacciolino- lo sguardo duro e freddo quanto quello di lei, non le avrebbe
permesso di fargli fare la figura dell’idiota davanti a tutti i suoi
colleghi.
-Questo mi é stato recapitato con la posta del mattino-
il cd gli caddé davanti sul tavolo con un rumore secco, ma lui non si fece
distrarre –goditi lo spettacolo stronzo!-
Con quell’ultima frecciatina girò di spalle per
andarsene.
Aveva una missione da pianificare e non aveva tempo da
perdere, era ferma davanti all’ascensore quando una voce da sopra la spalla se
ne uscì con:
-Ti si vede la fondina della pistola legata attorno alla
coscia quando cammini-
Non ci poteva credere! Chi era questo nuovo
idiota!
-Sparisci, ho ammazzato per molto meno ti posso
assicurare!- neanche si degnò di girarsi.
-Carina e assetata di sangue, combinazione
interessante-
Lei si girò di scatto e si ritrovò a fissare due occhi
blu come i suoi che appartenevano a...ad un manichino da vetrina, l’abito che
indossava oltre ad essere firmato e di prima di qualità era impeccabile. Il
tizio che lo portava non era bello nel senso comune della parola ma trasudava
fascino e pericolo da ogni poro.
Con quali assurdi criteri reclutavano le spie in questo
posto!
-Ho detto sparisci!-
Lui semplicemente scosse la testa divertito.
-Non lo sai che si attirano più mosche con il miele che
non con l’aceto?-
-Ti posso assicurare che sono fornita di un’ottima carta
moschicida!-
In quel momento le porte si aprirono con un bling e
l’uomo scivolò nell’abitacolo.
-Sopra o sotto?- chiese con gli occhi che
brillavano.
Prima che Sasha potesse rispondere o cercare di
sparargli, fù afferrata per un gomito e immobilizzata con violenza contro il
muro.
-Etienne?- sconcertato l’uomo fece capolino dalle porte
aperte –ricordami che prima o poi dovremmo fare quattro chiacchere su come
attrarre l’altro sesso, senza ricorrerre a rituali barbarici-
-Fatti gli affari tuoi James, non hai niente altro da
fare?- disse in tono minaccioso.
-Barbaro- le porte si chiusero su un divertito
James.
Etienne spostò nuovamente l’attenzione sulla donna più
infuriante del mondo che stranamente non aveva ancora cercato di liberarsi, le
tolse gli occhiali e li gettò per terra.
Gli occhi azzurri stavano bruciando di
rabbia.
-Azzardati un’altra volta a fare una scenata simile e mi
dimentico di averti mai conosciuto- la minaccia era chiara nel tono freddo e
impersonale, non avebbe tollerato altro in futuro.
-Hai finito?- faticava a mantenere la calma,
un’Etienne così violento e spietato non l’aveva mai visto e le stava facendo un
certo effetto.
-Non ancora, immischiati in questa faccenda senza il mio
permesso e do l’ordine di spararti a vista, sono serio Sasha- aveva appena visto
il filmato contenuto nel cd, le cose si erano complicate in maniera imprevista,
il tempo dei giochi era finito –ti chiamo tra un paio d’ore-
Una volta libera si infilò tra le porte dell’ascensore
che si stavano aprendo, senza degnarlo di un’altra un’occhiata o di una
parola.
-Questa volta, preparati a prendere ordini recluta,
altrimenti te ne farò pentire amaramente-
Lei non rispose, ma lui poté vedere il lampo di
ribellione che le brillò nelle sguardo, mentre le porte si chiudevano
lentamente.
Quando finalmente Sasha arrivò alla macchina stava
tremando come una foglia, questa volta aveva superato il limite ed Etienne
gliel’aveva fatto capire, non sarebbe stato più tanto tollerante nei confronti
della sua lingua tagliente, il fatto che l’idea di Cleo in mano di quella banda
di mercenari la terrorrizzase come niente altro in vita sua non contava come
scusante.
Sapeva che le sue minacce erano fondate, non le avrebbe
permesso di buttarsi da sola in questa missione, era costretta ad accettare il
suo aiuto.
Etienne ritornò nella sala conferenze, alla riunione che
Sasha aveva così teatralmente interrotto, il rapimento di Cleo cambiava
nettamente le cose, non potevano permettere che le capitasse nulla di
male.
Sapeva di essere stato estremamente duro con Sasha, ma
non aveva altra scelta, la ragazza bionda era un suo agente, era stata mandata
sotto copertura, a quanto pareva la copertura era saltata, ora dovevano cercare
di salvare un’agente, un civile e nel frattempo fermare quel pazzoide russo,
erano nella merda fino al collo.
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Capitolo 14 *** Si entra in azione. ***
Sasha osservò con soddisfazione il suo arsenale
sistemato sopra il tavolo della cucina, si stava preparando alla battaglia,
fucili, pistole, granate e pugnali facevano bella mostra di se pronti
all’uso.
Facendo mente locale credeva di avere anche un lancia
razzi nascosto da qualche parte, valeva la pena dare una controllatina. Fù
distratta dal campanello.
Andando ad aprire sperava solo che non fosse il
brufoloso del 4G, nonostante lo ignorasse costantemente quando lo incontrava sul
pianerottolo, quello continuava a sperare.
Etienne era davanti alla sua porta completamente vestito
di nero.
-Domani all’alba si entra in azione- le disse
entrando.
-Accomodati- lo invitò sarcastica chiudendo la
porta.
-Dobbiamo chiarificare....dove diavolo credi di andare?
A iniziare la terza guerra mondiale!- aveva intravisto l’armamentario sul
tavolo.
-Devo pure difendermi in qualche modo!-
-Si ma...lasciamo perdere non ho tempo!- concentrò la
sua attenzione su di lei, quello che stava per dirle non le sarebbe piciuto
affatto –domani mattina ti rechi al luogo dell’apuntamento con Jules con quello
che il maniaco ti ha chiesto e con una squadra per guardarvi le spalle, il
vostro compito e di cercare di catturarlo-
-E Cleo?-
-Dovrebbe portarla con se, altrimenti non ha nulla da
scambiare, io mi devo occupare dell’altro ostaggio si chiama Sonia, é uno dei
miei agenti, si era infiltrata, ma a quanto pare la copertura é saltata. Il
matto non ha dato istruzioni in proposito, credo che volesse solo farci capire
di averla scoperta, la userà come merce di scambio più avanti, e non ho nessuna
intenzione che accada-
Così la bionda era una collega, da quanto lavoravano
insieme?
-Missione ben organizzata, grazie per la
consultazione-
-Mettiamo bene in chiaro alcune cose- iniziò serio –ti
lascio venire solo perché il pazzo ti ha contattata, rompimi le palle più del
necessario e ti sparo per poi mollarti nel primo buco che trovo. Ti assicuro che
Cleo o non Cleo, non mi sarei mai sognato di farti intervenire in una misione
del genere-
-Ma senti, borioso arrogante! Ti posso assicurare di
essere sopravvissuta fino ad ora senza le tue missioni salva mondo!- ribatté
punta sul vivo, poteva avere diversi difetti, ma il suo lavoro lo sapeva fare a
regola d’arte.
-Basta che ci capiamo- per lui la discussione era finita
–Jules viene a prenderti alle cinque, fatti trovare pronta-
Una volta fuori Etienne sosprirò esasperato, come si
poteva adorare e destestare qualcuno allo stesso tempo e con la stessa
intesità?
Con tutte le donne poco complicate che gli cadevano ai
piedi, doveva essere irrimediabilmente attratto da quella che sembrava non lo
volerlo e che aveva la dolcezza di un cobra!
Donne! Valle a capire! E si che lui di esperienza ne
aveva!
All’ora prestabilita Jules e Sasha si recarono
all’appuntamento, un ponte non trafficato che a quell’ora veniva avvolto dalla
nebbia e rendeva scarsa la visibilità. Luogo scontato ma ben scelto.
Sasha era armata fino ai denti, anche se non si notava,
tutte le armi erano abilmente nascoste e sperava che anche il suo improbabile
compagno d’armi fosse altrettanto fornito.
-Lo sai vero che é una trappola?- le chiese
lui.
-Certo, quello ci spara alla prima occasione, ma prima
si assicurerà che abbiamo le cose giuste in quella valigetta-
Non si dissero altro perché un’altro furgone nero si
stava dirigendo verso di loro.
Un uomo alto, biondo e sulla quarantina scese dallo
sportello laterale.
-Hai quello che ti ho chiesto?-
-Hai la mia amica?-
Sergej fece un mezzo cenno con la mano e la testa rossa
di Cleo sbucò dallo sportello, per scomparire poi altrettanto
velocemente.
-Torniamo agli affari-
Sasha si fece dare la valigetta da Jules, la posò per
terra e le diede un calcio, facendola scivolare vicino all’uomo in attesa, che
non sembrava minimamente interessato.
-Il tuo amichetto non é venuto?- le chiese
sarcastico.
-È appollaiato sopra un albero pronto a spararti, fai
venire Cleo avanti-
Un’energumeno la fece scendere e a passo lento
iniziarono a camminare verso di loro.
C’era qualcosa di strano, pensò Sasha, perché non aveva
ancora controllato il contenuto della valigetta? E cosa era quel sorriso
soddisfatto?
-Non ti interessa sapere se quello che ti abbiamo
portato é quello che volevi?- ovviamente non lo era, ma gli ci sarebbe voluto un
abile chimico e l’attrezzatura adatta per stabilirlo con certezza.
-Non al momento-
Lei sapeva che era una trappola, l’importante era
uscirne vivi, ma aveva quella strana sensazione che qualcosa non andasse per il
verso giusto, e il suo istinto non la tradiva mai.
NEL FRATTEMPO IN UN MAGAZZINO ABBANDONATO....
Etienne e la sua squadra in assetto da guerra, avevano
coperto il perimetro. Pochissime guardie erano rimaste per controllare che la
prigioniera non scappasse, sarebbe stato un lavoretto da ragazzi eliminarle e
liberare Sonia.
All’ingresso si separarono, lui e un’altro dovevano
andare dalla prigioniera, mentre gli altri si sarebbero occupati delle
guardie.
Silenziosi come fantasmi si spostarono per i corridoi
semi bui, come mai non avevano incontrato nessuno?
Qualcosa non andava dovevano sbrigarsi.
Con un calcio spalancò la porta della stanza dove
tenevano Sonia, infatti era sul pavimento legata ed imbavagliata come un salame,
sembrava che non le avessero fatto eccessivamente del male.
-Siamo venuti a prenderti- con il coltello tagliò corde
e bavaglio.
-Oh Etienne per fortuna sei arrivato! Quello é matto!-
pignucolò la donna.
-Andiamo dobbiamo sbrigarci!- l’aiutò ad alzarsi e le
girò le spalle per controllare che non ci fosse nessuno nel
corridoio.
Nessuno dei due uomini la vide estrarre due pistole
cariche di tranquillanti fino a quando non fù troppo tardi.
-Regola numero uno, mai girare le spalle- disse dopo
avergli sparato tanto tranquillante da addormentare un elefante.
-Puttana...- Etienne non riuscì a bisbigliare altro
prima di accasciarsi a terra con in mano una simpatica frecceta colorata, era
stato giocato.
-Andiamocene, prima che gli altri capiscano cosa sta
succedendo- disse ai due uomini che erano usciti da dietro una parete nascosta e
si stavano caricando Etienne in spalla –mio fratello ormai deve aver concluso i
suoi affari sul ponte-
Sasha guardò con apprensione i lenti progressi della sua
amica, mano a mano che passavano i minuti la sensazione che qualcosa fosse
terribilmente sbagliato non l’abbandonava.
Scambiò un’occhiata d’intesa con Jules se qualcosa
doveva succedere sarebbe successo ora.
-Lo sapete vero che non ne uscirete vivi?- disse l’uomo
beffardo.
-Questioni di punti di vista, di al tardone di
sbrigarsi-
-Ehi Roski, la signora ha fretta!-
In quel momento l’estremità del ponte alle loro spalle
saltò in aria compromettendo la metà dove stavano loro, che si stava velcemente
sbriciolando, il bastardo aveva calibrato l’esplosione da professionista, a lui
non sarebbe successo nulla, e se la stava già dando a gambe.
Quello diede il permesso a Sasha e Jules di aprire il
fuoco, e di darsela a gambe sfuggendo al crollo del ponte. Il quale li aveva
tagliati dal resto della squadra, non sarebbero potuti intervenire.
Ma fù inutile, sgommando il furgone si mise tra loro e i
il bersaglio, aiutandoli in una fuga veloce e lasciandoli a mani
vuote.
-Non ci posso credere! Come abbiamo fatto a farci
fregare come pivelli!- gridò furibonda.
-Hai notato anche tu qualcosa di strano?- le chiese
Jules perplesso.
-Spiegati- se l’aveva notato anche Jules
allora...
-Come se non gli interessasse che ci fossimo presentati,
o del contenuto della valigetta-
-C’é puzza di bruciato, andiamo e scopriamo se Etienne
ha avuto più fortuna-
Come un leone in gabbia, Sasha camminava avanti e
indietro nell’ufficio di Etienne.
Come era potuto andare tutto talmente storto?
Non solo non era riuscita a liberare Cleo, ma ora anche
Etienne era disperso e l’unico in grado di fare luce sulla faccenda era l’agente
che ora dormiva come un angioletto nell’infermeria, imbottito di
tranquillanti.
-Non potresti sbrigarti!- scatto contro Jules, che stava
seduto davanti ad una serie di apparecchiature per la localizzazzione
satellitare e due computer, cercando di scovare il luogo dove si erano nascosti
i terroristi con gli ostaggi.
-Sto facendo il meglio che posso! E se la smettessi di
agitarti a quel modo saresti più di aiuto, mi rendi nervoso!-
-Com’é allora che sei sempre riuscito a trovare me in
pochissimo tempo?-
-Tu mia cara dopo le prime volte non ti sei più presa la
briga di coprire le tracce in maniera effettiva, era un gioco da ragazzi
scovarti-
-Non é vero!- possibile che avesse fatto una cosa del
genere?
-Se ti fa piacere crederlo- poi senza alzare lo sguardo
dallo schermo puntò il divano che stava nell’angolo –ed ora siediti e fai
silenzio, mi deconcentri!-
Sasha decise di obbedire, se voleva avere l’aiuto di
Jules era meglio seguire le sue regole, e quel divano aveva un aspetto molto
comodo.
Certo rimanere a guardare il soffito non era il massimo
per contenere il nervosismo che rischia di scoppiare, quindi fù sorpresa quando,
con in sottofondo i bip ipnotizzanti dei macchinari si Jules, scivolò nel
sonno.
Qualche ora dopo si svegliò di soprassalto, con la
pistola in mano puntata dritta in mezzo agli occhi di Jules.
-La prossima volta evita di toccarmi, potrei prima
sparare e poi chiedere chi va la!-
-Li hai trovati!-
-No, ma ci sono vicino, le cose si sono complicate
ulteriormente nelle ultime ore però-
-Santo cielo che é successo ora?- di certo peggio di
così non poteva andare.
-L’agente che era con Etienne ha ripreso conoscenza,
apparentemente era una trappola organizzata da Sonia per catturare
Etienne-
-Cosa!- apparentemente poteva invece.
-Sonia era la talpa che passava le informazioni, tu,
Cleo, le armi batteriche erano tutte fumo negli occhi, apparentemente il
bersaglio fin dall’inizio era lui-
-Che cosa vogliono da lui?-
-Presumiamo codici di accesso, ad una particolare
sezione del nostro sistema, codici che possiedono solo il responsabile e il suo
vice, al momento il nostro responsabile non é disponibile, ed Etienne era un
bersaglio migliore-
-E cosa conterrebbe questa sezione particolare?- ma in
realtà non voleva saperlo...
-L’ubicazione di alcuni laboratori dove si sviluppano
armi particolari e i luoghi dove prototipi e prodotti finiti sono
custoditi-
Ecco perché avevano Cleo, la volevano usare come
incentivo se Etienne non si decideva a parlare, e lei era stata coinvolta per
assiccurarsi che lui andasse a salvare la bionda invece che la
ragazza
-Li devi trovare Jules! E in fretta, se riescono a
estorcergli quei codici prima che li salviamo, saranno solo dei cadaveri
ambulanti!-
Senza ulteriori indugi si rimise al lavoro, era vicino
orami a scovare dove si trovavano, era sicuro che ancora non avessero lasciato
il paese, non ne avevano il tempo, e il campo di ricerca era ristretto alle zone
facilmente raggiungibili dal ponte dove avevano avuto lo scontro.
-Fammi un favore Jules, quando li hai trovati, non dire
nulla-
-Ma sei impazzita!- esclamò allibito –potrei essere
accusato di tradimento per una cosa del genere lo sai?-
-Mi serve solo un vantaggio di un paio d’ore- gli si
avvicinò per poterlo guardare dritto negli occhi –sai di cosa sono capace Jules,
posso portarli fuori senza sparare neanche un colpo se ne avessi l’opportunità,
non te lo chiederei se non lo ritenessi importante-
L’altro rimase a guardarla a lungo, sapeva che Etienne
si fidava di lei, lo portava a limiti di sopportazione estremi, e lo faceva
uscire di testa, ma sapeva che nel suo lavoro era fenomenale, forse doveva darle
quel vantaggio e poi far arrivare una squadra in tempo per portarli tutti in
salvo.
Fù il computer a scegliere per lui, li aveva
scovati.
-Sono in una fabbrica abbandonata sulla costa est, tre
ore di macchina, ma con quella Ferrari che ti ritrovi ci arrivi in metà tempo-
le diede un foglio con i dettagli –di do un’ora, non di più, si tratta del mio
migliore amico!-
-Sarà sufficente-
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Capitolo 15 *** I like big asses...... ***
Sasha diede un’ultima occhiata all’edificio tramite il
binocolo, munito di sensori per la visione notturna e quelli termici, aveva
tutte le informazioni che servivano, l’esatto numero di guardie, la loro
postazione, l’ubicasione delle stanze che al momento erano in uso, e quella
della stanza dove tenevano i prigionieri. La quale si trovava sul retro
dell’edificio, per fortuna al pian terreno, era riuscita ad intravedere Etienne
ma non Cleo, sperava solo che stesse bene.
Con gesti sicuri sistemò tutte le armi in modo che non le
fossero d’intralcio ma che fossero pronte all’uso e si calò il passamontagna in
testa, contava sull’effetto sorpresa, non si aspettavano certo di essere
localizzati tanto velocemente, e soprattutto si aspettavano che un’esercito gli
andasse dietro, non una sola persona.
Era arrivato il momento di entrare in azione.
Silenziosa come un’ombra si mise a correre tra la folta
vegetazione che era cresciuta attorno alla fabbrica, il sole stava per
tramontare e le forniva un’ottima copertura, presto sarebbe arrivata la squadra
con Jules, doveva fare in fretta.
Evitando le due guardie che stavano di vedetta scivolò
dentro la finestra mancante della stanza accanto a quella dove stava Etienne.
Rimase accucciata sul pavimento per qualche secondo in
ascolto, cercando di capire se qualcuno l’avesse vista, ma sentiva solo il
silenzio della notte e...qualcuno che cantava? Sembrava la voce di Etienne, e
sembrava che stesse canticchiando un rap. Qualcosa che suonava come “I like big
asses...”
Sempre senza fare rumore si avvicinò alla porta che
comunicava quelli che una volta dovevano essere stati degli uffici, sperando che
non si fosse bloccata con il tempo, non le andava di dover passare per il
corridoi, avrebbero poturo vederla, soprattuto se l’entrata era
sorvegliata.
Con cautela cercò di aprirla, era dura ma non
eccessivamente danneggiata.
Etienne era seduto su una sedia, con le mani legate
dietro la schiena e le caviglie immobbilizzate contro le gambe e stava ancora
canticchiando. Notò che aveva un occhio nero e il labbro gonfio da dove colava
un rivoletto di sangue rappreso, ma per il resto sembrava stare bene.
E notò con apprensione che di Cleo non c’era traccia
nella stanza.
-I like big asses and I cannot lie...all my brothers cannot
deny...- finalmente
si accorse di non essere più solo –ehilà catwoman!-
-Shh!- gli tappò la bocca con la mano scoprendosi il viso
–zitto altrimenti ci scoprono!-
Lo sentì sorridere sotto il palmo, lo prese come un segno
che aveva capito.
-Però come sei ingraassata dall’ultima volta che ti ho
visto con quel completino!-
-Cosa!- gli bisbigliò offesa.
-Ma non fà nulla, tanto sai che I like big asses and I
cannot lie...-
Lei lo guardò in maniera strana, che gli era preso? Gli
diede un’occhiata alle pupille, dilatate tutte e due. Etienne era
irrimediabilmente fatto, che gli avevano dato?
-Etienne che ti hanno dato?-
-Non lo so, ma mi fa tanto tanto contento!- le disse con
un largo sorriso.
Quello complicava leggermente le cose, lui sarebbe stato
completamente inutile.
-Etienne ascolta bene- gli prese il viso tra le mani per
cercare di catturare la sua attenzione per più di due secondi –gli hai per caso
dato i codici di accesso?-
-Si!- rispose tutto allegro –quando scopriranno cosa
aprono gli verrà un colpo!-
Non ci voleva, appena avranno ottenuto quello che
vogliono lo faranno fuori e così Cleo.
-Spero che muoiano per l’odore!- disse con un’espressione
che doveva essere sadica, ma non sortiva l’effetto desiderato –gli ho dato il
codice segreto che apre il mio armadietto nella palestra, sono settimene che ci
tengo le scarpe senza lavarle!-
Era totalmente andato, ma con ancora un briciolo di
coscienza.
-Ora ti libero, ma prometti di stare zitto e
buono-
-Si mamma!-
-Dov’é Cleo?- chiese mentre cercava di aprire le manette,
non potevano usare della corda!
-Tanto carina la tua amica rossa!- uno strattone violento
ai polsi lo fece sussultare –sadica, l’ho sempre detto! Quello che ti ci vuole é
una bella sbattuta! Ma tu non sembri interessata, mi chiedo perché-
-Magari é con te che non mi interessa- fatto o non fatto
non era il momento di toccare certi argomenti.
-Nha, sono troppo affascinante! Allora? Cos’hai che non
va? La cellulite? Non ti fai la ceretta? Le ginocchia storte?-
-Basta così!- le manette si aprirono con uno scatto –sai
se c’e una guardia alla porta?-
-Un’energumeno di poche parole e ancora meno pazienza, mi
ha preso a pugni solo dopo la seconda volta che l’ho fatto correre qui dentro,
dopo di che mi ha completamente ignorato!- il labbro inferiore sporgeva triste
–non avevo nulla da fare, che cosa si aspettava!-
-Sei libero, fai finta di non esserlo e vedi di chiamare
l’energumeno dentro, dobbiamo andare a cercare Cleo e non ci servono testimoni-
con quello scomparve dietro la porta socchiudendola solo in parte.
-Ehi energumeno! La mia amica con le chiappe grandi é
venuta a prendermi!-
Nulla.
-Ti avevo avvisato che non gli sono
simpatico!-
-Ritenta e questa volta senza distribuire
insulti!-
-Non é colpa mia se hai mangiato come un maialino in
questi ultimi tempi!-
La porta si saplancò senza preavviso e un’energumeno
dall’aspetto poco raccomandabile si avvicinò ad Etienne.
-Ora hai rotto, ti faccio stare zitto una volta per
tutte!-
Ma prima che potesse colpirlo, Sasha lo tramortì da
dietro con una spranga di ferro.
-Così impari!- gli disse alzandosi, mossa azzardata,
perché l’intera stanza prese a girargli attorno.
-Stai bene?- gli chiesse sorreggendolo con un braccio
attorno alla vita.
-Gira tutto e ti vedo doppia, ma non mi lamento-
-Riesci a venirmi dietro?-
-Certo per chi mi hai preso!-
-In silenzio!-
-Quello mi verrà un pochino più difficile, qualunque cosa
mi abbiano dato, non riesco a stare zitto per più di due minuti alla
volta-
Dovevano avergli dato qualche tipo di siero della
verità.
-Dobbiamo andare, non ci vorrà molto prima che si
accorgano che l’energumeno é sparito-
Una volta nel corridoio cercarono di fare il meno rumore
possibile, impresa non facile, visto che Etienne non riusciva a smettere di
sghignazzare.
Passarono di fronte ad una porta dalla quale filtrava
della luce, dall’esterno non le risultava che ci fosse qualcuno in quella stanza
e da dentro non proveniva nessun rumore.
-Rimani qui- gli ordinò estraendo la pistola con il
silenziatore.
Riducendo il rumore al minimo spalancò la porta
assicurandosi che la stanza fosse vuota.
Lo era, a parte Cleo, che era sul pavimento legata e
imbavagliata, e che la guardò con gli occhi sgranati non appena la vide
entrare.
-Stai bene?- per fortuna gli idioti avevano usato della
corda questa volta.
-Sono quasi morta di paura!- di slancio e con le lacrime
agli occhi l’abbracciò –credevo che dopo il fiasco sul ponte non mi avresti più
trovato!-
-Donna di poca fede!- tentò di scherzare ricambiando
brevemente l’abbraccio –dobbiamo andare, tra poco qui scoppiera il putiferio e
non vogliamo ritrovarci nel mezzo-
-Abbiamo compagnia, qualcuno sta venendo dall’altra parte
del corridoio!- l’avvertì Etienne dalla porta.
-Maledizione!- dove era la squadra di Jules?
Sentì una voce che conosceva bene.
-Questa volta lo ammazzo! Portate la ragazza, vediamo se
gli passa la voglia di scerzare!-
La finestra della stanza dove stavano era stata sbarrata
con delle assi, da lì non c’era via di fuga, non gli restava che correre dalla
parte opposta e sperare di poter scappare da lì.
-Ascoltare bene, ora li distraggo e voi vi mettete a
correre e cercate di uscire da qui, oramai Jules non dovrebbe essere lontano-
estrasse due pistole e ne porse una ad Etienne –riesci ad usarla?-
-Certo!- sorridendo tolse la sicura.
-Centrando il bersaglio intendo-
-Come siamo pretenziosi!-
-Lasciamo perdere. Cleo stai ataccata ad Etienne come una
sanguisuga e non smettere di correre qualunque cosa accada- da una tasca tolse
due granate –appena queste saltano, si inizia a scappare-
-E tu che farai?- le chiese Cleo, che stranamente stava
prendendo tutta la faccenda con filosofia.
-Non ti preoccupare vi seguo subito dopo-
-Bene! Perché hai una marea di spiegazioni da
darmi!-
-Dopo- se ne usciamo vivi pensò tirando la linguetta e
gettando le granate nel corridoio, ora iniziava lo spettacolo.
Si potevano già sentire delle grida, avevano scoperto che
il prigioniero non era più dove l’avevano lasciato.
L’eplosione gli fornì la copertura ideale per la fuga,
fumo e detriti impedivano la visuale, Etienne e Cleo si misero a correre, mentre
Sasha, con una pistola per mano sparava qualche colpo in direzione delle voci,
con un pò di fortuna ne avrebbe beccato qualcuno, poi si girò e si mise a
correre dietro gli altri due.
Non aveva la più pallida idea di dove portasse quel
corridoio, ma sperava che non sarebbero finiti dalla padella nella
brace.
Erano finiti nel magazzino della fabbrica dove la
copertura in caso di sparatoria era minima, qualche cassa abbandonata e dove vi
era un’unica entrata.
-Merda!- Sasha si guardò velocemente attorno, non gli
restava che fare lo slalom fra le casse e sperare che dietro la porta
dell’ingresso ci fossero i rinforzi.
Si scambiò un’occhiata con Etienne, avrebbero dovuto
correre verso la porta cercando di non fare da facile bersaglio, facile più a
dirsi visto che avevano Cleo con loro.
Dovevano anche sbrigarsi, passi veloci potevano sentirsi
nel corridoio dal quale erano arrivati e le passerrelle in metallo sopra alle
loro teste iniziavano a popolarsi di soldati.
Sotto una pioggia di proiettili e cercando di restituire
il fuoco si gettarono al riparo dietro uno scatolone di legno, sperando che
reggesse.
-Se vogliamo avere una minima possibilità di cavarcela,
bisogna far saltare la porta!- gli gridò sopra gli spari-
-E come pensi di fare senza farti ridurre ad un
colabrodo?- le possibilità di rimanere in vita si assottigliavano ogni minuto
che passava, si erano infilati in un vicolo cieco e sarebbero morti come topi in
gabbia, ma avrebbero lottato fino all’ultimo respiro.
-Con questo- da una tasca laterale tirò fuori un panetto
grigio che assomigliava tanto ad esplosivo al plastico.
-Tesoro ti adoro!- l’afferrò per il collo e premette
brevemente le labbra contro le sue.
-Ti sembra il momento!- ma sotto sotto si era goduta ogni
secondo.
-Con te non é mai il momento! Uno impara a prendersi
quello che gli capita! Ora vai e fai saltare in aria cose!-
Lasciandogli caricatori e pistole, estrasse la
mitraglietta e si mise a correre verso l’ampia porta alla fine del magazzino,
cercando di coprirsi le spalle, rischiò quasi di inciampare quando sentì una
fitta al fianco, questa volta si era giocata il fegato, se lo sentiva.
Con un salto si nascose dietro un’altra cassa e preparò
il suo pacchetto esplosivo, sperava solo che da quella distanza sarebbe
scoppiato al momento giusto.
Tirò la linguetta e lanciò tutto contro la porta, il buco
che ne venne fuori era troppo piccolo, sarebbero dovuti passare uno alla volta,
accidenti!
Dovevano tentare comunque, fece cenno ad Etienne di
raggiungerla, mentre con la mitraglietta cercava di coprirgli le spalle,
un’altra fitta al braccio la fece sussultare, ma non cercò di non
badargli.
-Non ci passeremo tutti insieme, dobbiamo tentare uno
alla volta!- le disse non appena l’ebbe raggiunta.
-Lo so- poi vide il sangue che ancora gli usciva dal
sopracciglio –ti sei fatto beccare-
-Inconvenienti del mestiere, e poi non lo sai che ne
vengono fuori cicatrici molto sexy!- poi come se nulla fosse si rivolse a Cleo
–al mio tre ti metti a correre e ti infili in quel buco, capito?-
-E voi due?- chiese preoccupata.
-Ce la caveremo-
-Fai come dice Cleo!- le mise in mano delle chiavi –una
volta fuori corri verso sinistra al riparo nei cespugli, fai il giro
dell’edificio e raggiungi il viale di ingresso, costeggialo e dopo due km
troverai la Ferrari, prendila e scappa a tutta velocità!-
-Ma...-
-Niente ma! Fallo e basta!-
-Uno...due...tre!-
Ma prima che la ragazza potesse muovere un muscolo la
porta del magazzino esplose con un boato e furono investiti da una pioggia di
schegge di legno, a quanto pareva i rinforzi erano arrivati.
E come i ratti che abbandonano la nave che sta per
affondare, non appena si furono resi conto di essere in inferiorità numerica,
Sergej e compagni se la diedero a gambe.
Mentre da dietro una linea di soldati in assetto da
combattimento sbucava fuori Jules con un ghigno soddisfatto stampato in
faccia.
-Il capo e dall’altra parte che aspetta che i ratti
escano fuori!-
-Ve la siete presa comoda!- lo sgridò Etienne.
-Non dirlo a me, dillo a wonder woman qui, era ansiosa di
venire a salvarti!- poi specificò –da sola-
-Non sai mai quando chiudere quella boccaccia non e vero
Jules!- chissa ora cosa andava a pensare quello, con quel cervello rattrappito
dalla droga!
-Scusate ma...- li interruppe la vocian sottile di Cleo
che si osservava le mani sporche di sangue -...credo di stare per
svenire-
Jules la acchiappò al volo prima che si schiantasse per
terra.
-Alla rossa non piace il sangue eh?- però la rossa era
carina, chissa se l’aveva il ragazzo.
-Deve essere stata colpita- preoccupato le diede
un’occhiata al braccio –non é nulla solo un graffietto, sei fortunato, prima che
questa mi svenga tra le braccia me le ritrovo avvizzite!-
-Ehi!- protestò la donna in questione, poco ne sapeva
lui, che se stava in piedi per altri cinque minuti si sarebbe cimentata pure lei
nel primo svenimento della sua vita, il fianco le faceva male, il braccio le
pulsava e la testa iniziava a ronzarle per la perdita di sangue.
-Andiamo, l’elicottero ci aspetta, vediamo di sparire
prima che compaia la polizia locale, se riusciamo a convincerli con la solita
scusa dell’esercitazione siamo a posto, ma é meglio che non vedano
civili-
Una volta seduta sull’elicottero accanto ad Etienne,
Sasha riuscì a stento a trattenere un sospiro di sollievo, aveva bisogno di un
dottore e subito, senza accorgersene posò la testa sulla spalla di lui, cercando
di non svenire.
-Che c’é dolcezza, sei in vena di coccole dopo una
missione ben riuscita?- chiese con tono provocatorio.
-Non mi sento per niente bene- e gli svenne dritta tra le
braccia.
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Capitolo 16 *** che fai...mi muori?! ***
Etienne sedeva in silenzio su una sedia accanto al letto
di Sasha, l’unico rumore che gli teneva compagnia era il lento e regolare
respiro di lei e i bip delle macchine che monitoravano le sue funzioni
vitali.
Non si era ancora svegliata, non appena erano tornati
alla base aveva subito un’operazione urgente per rimuovere il proiettile dal
braccio e quello dal fianco che per poco non le aveva spappolato il fegato, i
medici l’avevano salvata per miracolo
Anche lui era stato fuori combattimento per diverse ore
una volta che gli effetti della droga erano scomparsi, ma non appena ritornato
in se, si era posizionato al suo fianco e non si era mosso, così come non si era
mossa lei.
-Andiamo dolcezza- sussurrò piano –non vorrai tirare le
cuoia per così poco-
Senza disturbarla fece scivolare la mano nella sua, era
fredda e pallida, sperando di infonderle un pò di calore le strinse piano le
dita sfregandole il dorso con il pollice.
Non lo poteva lasciare proprio ora! Avevano ancora tante
cose in sospeso da risolvere loro due!
Doveva ancora convincerla che loro due insieme avrebbero
fatto scintille, doveva ancora convincerla a fidarsi di lui, doveva ancora
scoprire i suoi segreti, come mai ogni tanto il suo sguardo diventava cupo e
pieno di dolore, doveva ancora scoprire un sacco di cose su di lei.
Le dita strette tra le sue ebbero un fremito, speranzoso
aspettò che anche le iridi blu facessero la loro comparsa da dietro le palpebre
chiuse.
-Ciao dolcezza- la salutò piano.
-Sei ridotto da schifo- gli rispose senza preamboli, con
la voce leggermente roca,
-Tu sei ridotta peggio, una vera ciofeca!- puntualizzo
sorridendo, al colmo della felicità che si sentisse in vena di
insultarlo.
-Cosa é successo?- si ricordava di essere salita
sull’elicottero e poi tutto nero.
-Mi sei svenuta dritta tra le braccia!- disse soddisfatto
–e dopo sei dovuta andare d’urgenza in sala operatoria, sei viva per miracolo,
per poco non ti giocavi il fegato-
-Ha! Lo sapevo!- ecco perché era tutta un dolore
–Cleo?-
-Sta bene, si é fatta solo un graffietto, e credo che
Jules le stia tenendo compagnia, sembra piuttosto affascinato-
-Se se la porta a letto e non la chiama digli che lo
faccio finire in un coro di voci bianche!-
-Riferirò-
-Sergej?- volle sapere.
-Ho paura che sia riuscito a scapparci- vide il lampo di
rabbia che le passò nello sguardo –credimi il sentimento é reciproco. Sonia é
rimasta uccisa nella fuga, ci crederesti che quei due erano fratello e sorella!
Lei lo credeva morto per mano degli agenti inglesi, per quello si é infiltrata
nelle nostre file, per scoprire il colpevole, ma quando lui é ricomparso ha
sfruttato la sua posizione in diverso modo-
-Mi auguro che Jules riesca a rintracciarlo al più
presto, appena lo trova lo faccio secco! Il piccolo topo di fogna!-
-Pensa a resuscitare dai morti prima- possibile che
quella ragazza non pensasse ad altro!
-Credo che mi farò un pisolino allora, tu fai quello che
ti pare- e con quello chiuse gli occhi, dandosi della stupida, proprio non ci
riusciva a non trattarlo come uno zerbino?
Era rimasta sorpresa nel vederlo seduto accanto al suo
letto, per quanto era rimasto lì? Voleva dire che gli importava ancora qualcosa
o che si sentiva solo in colpa perché era rimasta ferita cercando di
salvarlo?
E qualunque fosse il motivo le importava
davvero?
Etienne sospirò sconfitto, a quanto pareva era stato
appena dismesso e invitato ad andarsene, accidenti a lei!
Si stava alzando per andar via, quando la stretta attorno
alle sue dita si accentuò, stupito la guardò in viso.
-Rimani- gli bisbigliò così piano che lui credette di non
aver capito bene.
Stando attento a non farle male le si sdraiò accanto
avvolgendola in un caldo abbraccio.
-Testona- le disse baciandola piano sulla fronte –non lo
sai che basta chiedere-
Oramai dovrebbe aver imparato che tutte le sue arie da
spaccona nascondevano ben altro.
Lei non disse nulla, non aveva nulla da dire, un nodo le
si era formato in gola, stava risentendo di tutte le emozioni estreme provate
nelle ultime ore, il terrore per il rapimento di Cleo, loro due ai ferri corti,
il salvataggio sul filo del rasoio, il sollievo nel vederlo ancora tutto d’un
pezzo, non era brava con le parole, non lo era mai stata, quindi decise di non
rovinare quel fragile momento di tregua tra loro e di rimanere in silenzio,
affondando il viso nella sua spalla e godendo della sua vicinanza.
Arrivavano certi momenti nella vita dove l’unica cosa di
cui hai bisogno é il calore di una persona amica.
Nessuno dei due notò la porta della stanza che si
chiudeva silenziosamente.
Cleo rimase a lungo a fissare l’uscio chiuso, voleva
sapere come stava Sasha, ma non voleva interrompere quello che sembrava un
momento intimo fra innamorati, un’attimo quei due si odiavano e quello dopo
erano abbracciati in un letto, valli a capire.
-Che ci fai fuori dal letto ricciolina?-
Lei si girò di scatto con un sussulto, era stata talmente
assorta che non l’aveva sentito avvicinarsi.
-Ciao Jules, volevo vedere come stava Sasha, ma non é il
momento adatto- ammise a malincuore.
-Con la vampira? Vallo a trovare un momento adatto!-
all’espressione confusa della ragazza scosse il capo divertito –lascia perdere,
é una storia lunga-
-Questo posto sembra pieno di storie lunghe, ma nessuno
che voglia raccontarle, perché non inizi con il dirmi cosa succede tra quei
due-
-Perché non ne ho la più pallida idea- dall’espressione
di lei capì che non se la sarebbe cavata con così poco –diciamo che Etienne non
é abituato ad essere attratto da donne che non se lo filano di striscio, almeno
in apparenza e la tua amica non sa cosa vuol dire cedere ai compromessi, non so
esattamente cosa sia successo tra di loro, ma ogni volta che si trovano nella
stessa stanza volano scintille. Ti basta?-
-Per il momento-
-Ora tornatene a letto- girandola verso la sua porta le
diede una leggera spintarella, anche perché la vista da quella angolazione era
niente male.
-Veramente il dottore ha detto che me ne posso andare
quando voglio- gli disse rientrando nella sua stanza e gettandosi sul
letto.
-Va tutto bene?- un pò era preoccupato per lei, quello
che le era capitato negli ultimi giorni andava fuori ogni schema, e anche se non
si era abbandonata ad isterismi, non voleva dire che non fosse
scossa.
-Vuoi sapere come mai non mi sono abbandonata a scene
madre di isteria dopo aver scoperto che la mia socia, non che amica é una spia,
il suo quasi fidanzato é una spia, gli amici del suo quasi fidanzato sono tutte
spie, dopo essere stata rapita da terroristi russi fuori di testa e agenti
traditori? Mha, come dice mia mamma “quello che non ti uccide ti rende più
forte” no? O ti fa ingrassare? Non mi ricordo con esattezza! E poi lo choc non é
ancora passato, richiedimelo domani- non fece una piega quando lo sentì ridere,
messa così la situazione sembrava quasi assurda –credo che in fondo lo
sospettassi, Sasha é parecchio strana per essere normale, doveva per forza
nascondere qualcosa-
Jules decise di sorvolare sul fatto che tecnicamente
Sasha era una mercenaria a pagamento, stava dalla parte di chi aveva più soldi,
ma forse quello era meglio non dirlo a Cleo.
-Una volta mentre tornavamo a casa completamente andate
alle prime luci del mattino, siamo state accostate da un tizio losco, che se l’é
data a gambe cinque minuti dopo, Sasha l’aveva pestato per bene, e mi aveva
detto che aveva fatto un corso di autodifesa- si alzò dal letto e prese i
vestiti che erano stati lavati e asciugati, ma che avevano visto tempi migliori,
li avrebbe buttati una volta a casa –forse é meglio che mi prepari e me ne
vada-
-Vuoi che ti accompagni a casa?-
-Lo faresti davvero?- chiese guardandolo con
gratitudine.
-È il minimo- per quello sguardo solo sarebbe andato
dietro a Sergej disarmato! E poi doveva aproffittare dell’aura da salvatore che
lo circondava al momento.
-Grazie, non mi va di tornarci da sola- gli disse
sorridendo.
Jules era completamente andato.
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Capitolo 17 *** Passeggiata lungo il fiume. ***
Sasha guardava con aria distratta il traffico che
scorreva lento sotto la finestra del suo appartamento, la giornata grigia si
adattava perfettamente all’umore tetro in cui era piombata negli ultimi
giorni.
Il dottore l’aveva spedita a casa dopo due settimane di
degenza che avevano rischiato di farla impazzire, prescrivendole assoluto
riposo. Aveva una avversione mortale per gli ospedali, tutta quella inattività
ti costringeva a pensare e pensare non era una buona cosa, ti portava a fare
delle conclusioni e a prendere decisioni.
E lei di decisioni ne aveva prese parecchie mentre era
impegnata a fissare il soffito, non era convinta che fossero quelle giuste, ma
una situazione come quella appena passata non doveva ripetersi.
Una riguardava l’allontanarsi definitivamente dalla sua
socia, era meglio inscenare un’altra morte e tagliare tutti i legami, e poi
c’era Etienne.
Le cose quando si trattanevano di lui si complicavano
inevitabilmente, sarebbe stato un pò più difficile sparire senza che lui
iniziasse a cercarla in ogni angolo sperduto del mondo, con la perseveranza di
un segugio.
Con un sospiro prese la busta gialla da sopra il divano e
si infilò la giacca, doveva andare a parlare con Cleo, avevano rimandato troppo
a lungo una discussione faccia a faccia mentre era ancora in ospedale, ma ora
non poteva più, presto Jules sarebbe riuscito a localizzare Sergej e lei aveva
tutte le intenzioni di unirsi ad Etienne per la caccia.
La trovò alla sua scrivania intenta a disegnare
svogliatamente un nuovo modello, dalle pallottole di carta sparse in giro,
deduceva che non stava avendo molto successo.
Sembrava essersi ripresa bene, a parte i segni ancora
evidenti lasciati dalle corde sui polsi, avrebbero impiegato diverso tempo a
sparire completamente.
-Ciao Cleo-
L’interessata per poco non cadde dallo
sgabbello.
-Mi hai fatto prendere un infarto! Che bisogno hai di
strisciarmi alla spalle così!-
-Tecnicamente, non ti sono striasciata alle spalle, e poi
la campanella che abbiamo sulla porta fa un rumore del diavolo, eri talmente
assorta che non avresti sentito un’orda di barbari che ti passava
acccanto-
-Cavilli!- il fatto era che ultimamente sembrava essere
sempre nervosa, lei e Sasha aveva diverse cose da discutere, ma l’argomento non
era mai stato toccato nelle poche volte in cui era andata a trovarla.
-Dobbiamo parlare Cleo, verresti un attimo nel mio
ufficio-
Una volta dentro chiuse la porta.
-Quando parti?- le chiese sedendosi sulla poltroncina per
gli ospiti.
-Cosa ti fa credere che stia per partire?- non si sedette
dietro la scrivania ma sul ripiano davanti all’altra ragazza, quelle che doveva
darle non erano buone notizie.
-Quando hai quella luce negli occhi e inizi con “dobbiamo
parlare”, vuol dire che devi sparire per settimane-
Troppo dannatamente perspicace la ragazza!
-Jules non é ancora riuscito a produrre risultati quindi
per il momento non si va da nessuna parte- anche perché le veniva il fiatone
solo all’idea di doversi alzare dal letto, figuriamoci correre dietro ad un
terrorista –volevo solo che avessi questa-
-Di che si tratta?- chiese aprendo la busta gialla che le
aveva dato.
-La cessione della mia parte della nostra società, se
dovesse succedermi qualcosa passa tutto a te-
-Oh...- sorpresa lesse brevemente i fogli, sembrava tutto
in regola ed estremamente formale –questo Sergej deve essere davvero un
avversario temibile-
-Una spina nel fianco nulla più- rispose con una
scrollatina di spalle, non aveva voglia di parlare di quel parassita.
-Allora come mai mi dai questi documenti proprio ora?-
chiese sospetta guardandola con attenzione.
-Solo una precauzione, avrei dovuto farlo tempo
fa-
-Solo una precauzione eh....- ripeté distratta tornando a
guardare i fogli erano tre anni che lavoravano assieme e lei sentiva il bisogno
di prendere questa “precauzione proprio ora, strano –quanto tempo pensi di dover
stare via?-
-Difficile dirlo, tutto dipende da dove il ratto é andato
a nascondersi...- calò il silenzio tra loro, forse era meglio smettere di girare
intorno all’argomento –Cleo...mi dispiace per quello che é successo, non sarebbe
mai dovuto accadere-
-Jules dice che sono gli inconvenienti del mestiere, ed é
per quello che risulta molto difficile avere una vita privata-
-Jules ha ragione, ma ti assicuro che non accadrà più-
aveva iniziato a prendere le precauzioni necessarie –inoltre, gradirei che non
ne facessi parola con nessuno-
-Anche Jules mi ha chiesto la stessa cosa, particolare
scontata direi, chi vuoi che mi creda? Rischio di ritrovarmi con in mano una
bella ricetta per il prozac- le spiegò mezza divertita.
-Dì un pò, ma con quanta frequenza vedi Jules?- che
stesse davvero nascendo del tenero tra i due, o la sindrome del salvatore aveva
messo radici?
-Oh bhé...- stava per dire “non tanto spesso quanto
vorrei” ma si trattenne, chissà perché ma non era sicura la socia avrebbe
approvato –abbastanza spesso, é stato molto gentile con me e poi é tanto
carino-
-Dovresti stargli alla larga, ormai dovresti sapere che
non é salutare stare vicino a tipi come noi- ci mancava solo che ora la
collegassero a Jules oltre che a lei.
-Tanto il danno é fatto, perché non aproffittare della
situazione- Jules le piaceva davvero, con quell’aria da scienziato pazzo e un
senso dell’umorismo niente male –così invece di una mi ritrovo con due guardie
del corpo! Che vuoi che mi capiti!-
Cleo aveva cercato di fare una battuta ma vide che Sasha
non era affatto divertita.
-Non capisco il perché di tutta questa agitazione, se non
é un problema per me, perché lo deve essere per voi!- sbotto scocciata, per chi
l’avevano presa!
-È questo il problema Cleo, non capisci- possibile che
trovasse tutta la situazione eccitante invece che preoccupante? –il tipo di
gente come quel russo é all’ordine del giorno per noi, non c’é nulla di
emozionante in quello che facciamo solo pericolo...-
-Non sono una bambina Sasha! Non c’é bisogno che mi si
debba insegnare la differenza tra bene e male, se decido di continuare a
frequentare sia te che Jules, sono affari miei!-
-È qui che ti sbagli...- si bloccò prima di dire cose che
Cleo non dovrebbe sapere.
-Cosa vuoi dire? Non mi puoi impedire di vedere Jules se
mi va...- ma l’epressione chiusa di lei non prometteva nulla di buono –ma non é
di lui che stiamo parlando, non é vero?-
-Non so di che diavolo parli-
-Che cosa stai tramando Sasha?- chiese con un brutto
presentimento.
-Assolutamente nulla, ora se non ti spiace, me ne vado a
casa a riposare- e senza aggiungere altro lasciò l’ufficio chiudendo piano la
porta.
Cleo le avrebbe volentieri tiranto il ferma carte in
testa! Che modo di finire le discussioni! Praticamente era scappata, voltando le
spalle ad una confrontazione in piena regola, da cosa stava scappando? Con aria
assente tornò a guardare la busta, era sempre più convinta che quei documenti
non fossero solo una precauzione, sembrava quasi che...sembrava quasi che la sua
socia si stesse preparando a scomparire.
Etienne rimase immobile davanti alla porta di Sasha
indeciso se bussare o meno.
Era andato li con il desiderio di vederla, di verificare
come stava, e se stava seguendo i consigli del medico, ed anche perché aveva
avuto una strana conversazione con Jules. A quanto pareva Cleo era preoccupata
per la sua socia, si stava comportando in maniera strana ed era sicura che
stesse per combinare qualcosa che non sarebbe piaciuto a nessuno di loro. Quindi
lo aveva mandato in missione da Etienne.
E lui per mascherare il tutto le aveva portato un’offerta
di pace, le chiavi erano in tasca, non gli restava che bussare.
Quando Sasha sentì il campanello ebbe un sussulto,
sdraiata sul divano, era stata così immersa nei propri pensieri che
l’interruzione le aveva fatto prendere un colpo, chi poteva essere? Non aveva
proprio voglia di vedere nessuno.
Con il morale a terra e un’espressione poco allegra aprì
comunque e rimase sorpresa nel vedere Etienne fermo nel corridoio, non lo vedeva
da quando aveva lasciato l’ospedale.
Il ricordo del loro tenero abbraccio impresso in maniera
indelebile nella mente.
-Etienne...-
-Ciao dolcezza- la salutà sorridendo, almeno non gli
aveva sbattuto la porta in faccia –ti ho portato una cosa-
-Davvero?- incuriosita lo fece entrare chiudendo la
porta, segretamente contenta che avesse ripreso a chiamarla
“dolcezza”.
-Tieni- dalla tasca tolse le chiavi.
-Le chiavi della mia Ferrari?- le aveva credute perse,
anche se ne aveva un’altro mazzo, inoltre non aveva fatto ancora in tempo ad
andare a riprendersela.
-È parcheggiata nel garage del palazzo, sono andato a
riprendertela- come era carina quella sera, gli occhi luminosi e i morbidi
capelli che le incorniciavano il viso delicato, anche se ancora un pò
pallida.
Era andato a riprenderle la macchina e gliel’aveva
riportata sin sulla porta di casa? Tra tutti i gesti carini che avrebbe potuto
rivolgerle quello era forse il più dolce.
-Grazie- non sarebbe riuscita a fermare il sorriso caldo
e compiaciuto che le era salito sulle labbra, neanche se ne andava di mezzo la
sua vita.
Icoraggiato dal successo appena avuto Etienne decise di
sfidare ulteriormente la sorte.
-Oggi fanno i fuochi d’artificio sul Tamigi vicino a
Waterloo Bridge, ti va di andare a dare un’occhiata?-
Lo guardò perplessa e confusa, che ci doveva fare con
lui? In ospedale si era ripromessa di stargli alla larga, ma averlo di fronte
con quell’aria sexy ed uno dei suoi meravigliosi maglioni a collo alto che la
facevano impazzire, mandava tutto a monte, come resistergli? E poi le aveva
portato la Ferrari, non poteva trattarlo a pesci in faccia dopo qualcosa di così
gentile.
-Perché no, tanto non ho nulla da fare- si infilò il
cappotto e lo seguì fuori dalla porta.
L’appartamento di Sasha era nella zona di Pimlico, quindi
prendendo un bus, in una ventina di minuti arrivarono in una delle zone a più
elevata densità turistica di Londra, quella attorno al parlamento.
Camminando in silenzio l’uno accanto all’atro si
diressero lungo il fiume verso il London Eye. Faceva un freddo terribile ma come
al solito nessuno sembrava badarci, visto come erano gremiti i
marciapiedi.
Pensieroso Etienne si fermò sotto la ruota gigante che si
muoveva lenta.
-Che succede?-
-Aspetta qui- rispose semplicemente sparendo tra la
folla.
Quindici minuti dopo lo vide tornare tutto sorridente e
prenderla per mano per mettersi in fila.
-Ma sei serio?- gli chiese sconcertata.
-Assolutamente, lo spettacolo da là sopra sarà
sensazionale!- l’ispirazione gli era venuta all’improvviso, la vista delle luci
di Londra da quell’altezza doveva essere da togliere il fiato, e poi quella sera
era in vena di romanticherie.
Dopo una fila interminabile, saltarono al volo in una
delle capsule e si prepararono a godersi lo spettacolo, se tutto andava bene
avrebbero visto anche i fuochi pirotecnici da lì sopra.
-È buffo sai, ma ho vissuta a Londra per tre anni e non
mi é mai neanche passato per la testa di salire su questo affare- ammise
sorpresa con lo sguardo perso nelle acque scure del fiume.
-Certe cose é meglio farle in compagnia-con un dito le
sfiorò il braccio che era stato ferito –come ti senti?-
-Mi sto riprendendo, il braccio non fa più male, ma il
fianco non smetterà di darmi fastidio per parecchio-
Notò che erano quasi arrivati in cima e d’impulso le
disse:
–Chiudi gli occhi-
-Cosa?-
-Accontentami chiudi gli occhi- la incitò.
Decise di assecondarlo, non sapendo neanche lei il
perché, forse quella sera non aveva voglia di litigare e di mettere in
discussione ogni minima cosa. Era piombata in un umore strano e atipico per
lei.
Trattenne il respiro quando lo sentì muoversi alle sue
spalle e circondarle la vita con tutte e due le braccia, avvolgendola con il
calore del suo corpo, avrebbe dovuto dire qualcosa, intimargli di
spostarsi....ma che diavolo! Stava benissimo così!
-Aprili ora- le sussurò piano all’orecchio.
E quando lo fece li sgranò dalla sorpresa.
Ai suoi piedi era distesa la città illuminata a giorno da
luci multicolori, i riflettori puntati sul Big Ben lo facevano brillare di
diverse sfumature dorate, affianco l’Abazia di Westminster sembrava essere
avvolta da un’aura di mistero e micistimo, i lampioni illuminavano i margini del
fiume delimitanto la sua serpentina, se sapevi dove guardare in lontananza
riuscivi addirittura ad intravedere il cupolone della cattedrale di St.
Paul.
Quelle strade che di giorno erano solo gremite di gente e
di traffico caotico ora sembrava permeate di magia, non si sarebbe mai aspettata
nulla di simile.
-È meraviglioso...- bisbigliò incantata, intrecciando le
dita con le sue senza rendersene conto.
-Speravo che ti sarebbe piaciuto-
Con un sorriso soddisfatto se la strinse ancora più
vicina con fare casuale, meglio non attirare troppo l’attenzione verso
atteggiamenti sospetti, visto che la ragazza aveva deciso di collaborare
sull’andamento della serata.
Lei sembrava talmente rilassata e contenta che non voleva
rischiare di spezzare l’incanto e portare a galla l’acida con la lingua
affilata, stasera aveva voglia di starsene tranquillo e magari scambiare qualche
effussione con la moretta che se ne stava silenziosa tra le sue
braccia.
Sasha chiuse gli occhi con un sospiro, come era possibile
che ancora non gli avesse staccato la testa a morsi? Non doveva sentirsi bene,
non aveva un briciolo di furia combattiva stasera, se la vicinanza di una
ragazzo belloccio...belloccio? ma chi voleva prendere in giro, Etienne trasudava
virilità da ogni poro, era per quello che rientrava nella categoria degli
estremamente pericolosi.
Sentiva la sua vicinanza con ogni centimetro di pelle,
neppure si ricordava l’ultima volta in cui aveva provato nulla di simile, e se
solo per questa volta si lasciasse trasportare dal momento?
In quel momento un botto soffocato ruppe il sommesso
vociare all’interno della capusula e furono innondati dai colori, i fuochi
d’artificio erano iniziati.
-Hai freddo?- l’aveva sentita tremare, e non voleva che
abusasse delle poche forze appena riaquistate –forse é meglio che ti riporto a
casa, hai bisogno di riposare-
-Va bene- non le riuscì di dire altro, magari poteva
invitarlo a tenerle compagnia per un pò, si era appena resa conto che non le
andava di stare da sola quella sera.
Per tornare a casa presero un taxi, non piaceva a nessuno
dei due l’idea di stare ad aspettare al freddo l’arrivo dei mezzi
pubblici.
Il silenzio tra loro stava lentamente cambiano, man mano
che si avvicinavano all’appartamento di lei, che fare?
Etienne non aveva voglia di lasciarla, ma a seconda di
come andava la serata era possibile che si sarebbe ritrovato preso a calci e
buttato per strada, d’altra parte, poteva anche prepararsi per colpire molto
basso, visto che apparentemente tutte le difese erano state
disattivate.
Sasha continuava imperterrita a guardare fuori dal
finestrino, acutamente consapevole dell’uomo seduto accanto a lei sul sedile, il
suo calore, il suo odore, il modo casuale con cui la sua coscia solida
strusciava contro la sua.
Chiuse gli occhi colta improvvisamente dal panico, non
voleva che le restasse vicino, ma ne aveva anche abbastanza di restare sola, che
fare?
Ben presto si ritrovarono faccia a faccia sotto il
palazzo di lei.
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Capitolo 18 *** Niente piu' pazienza. ***
-Grazie per la passeggiata- banale ma era un inizio –é
stato carino-
-Il piacere é stato tutto mio- scambiarsi banalità era
l’ultimo dei suoi pensieri, ma con il ricordo di quello accaduto a Venezia non
era sicuro se il metodo “o la va o la spacca” avrebbe funzionato. Ma d’altra
parte, la serata era stata un pò particolare, e il fatto che avesse ancora tutte
le sue appendici attacate prometteva bene.
-Forse é meglio che vai a casa, fa un freddo terribile,
ti congelerai- ma che diceva! E anche con quel tono preoccupato! E se lui la
prendeva davvero sul serio e la piantava li come una fessa?
-Credo che riuscirò a sopravvivere al principio di
assideramento- quanto era zuccona quella ragazza! Lui moriva dalla voglia di
baciarla e lei invece continuava con le banalità! Rimasero per qualche minuto a
guardarsi in faccia in silenzio, non sicuri su cosa dire.
Va bene, piano d’azione B, visto che la pazienza non ci
porta da nessuna parte, attacca e non darle il tempo di pensare!
Lentamente, in modo da darle il tempo di protestare,
voleva tentare ma non morire provando, le fece scivolare una mano dietro il
collo posando le labbra sulle sue, lei si era irrigidita ma non gli aveva ancora
sparato, buon segno.
Decise allora di trasformare quel bacio in qualcosa di
più intimo, accarezzandola con la lingua e invitandola schiudere le
labbra.
Sasha non si fece ripetere l’invito, e ben presto quel
primo bacio casto diventò qualcosa di rovente, gli si fece più vicina per
aderire meglio al suo corpo nonostante lo spesso cappotto di lana, lasciando che
i suoi sensi venissero sommersi dal suo sapore, dal suo calore, dal suo respiro
che sapeva di menta.
Lo stava baciando di nuovo, si stava facendo trsportare
nuovamente dalle circostanze, come le era accaduto a Venezia, ma ora non era
sicura di avere la forza di mandarlo via o di trovare una scusante per fargli
una scenata. Perché no? Si chiese, perché non lasciarsi trasportare sempre più
in alto, entrambi sapevano che non c’era nessun futuro per loro, allora perché
non godersi il presente?
Con un sospiro di resa gli fece scivolare le braccia
attorno al collo, aggrppandosi a lui come se fosse un salva vita, e sentendo la
sua mano che le accarezzava lenta la schiena.
“Salve ti ricordi di me!” squillò la vocina stronza che
appariva nei momenti meno opportuni e armata fino ai denti.
“Andiamo lo sai che stai facendo uno sbaglio madornale,
non costringermi a tirare fuori le armi pesanti”
Sasha chiuse gli occhi ignorandola e approfondendo ancora
di più il bacio con Etienne.
“Non me ne vado tanto facilmente. Cosa ne é stato del
proposito di continuare la nostra vita, senza un uomo tra le scatole eh? O senza
nessuno se é per quello! Forza, non iniziare qualcosa che tanto non porterà a
nulla”
Ci furono due minuti di meraviglioso silenzio nellla sua
testa, destinato a non durare naturalmente.
“Da quale parte credi che scapperà il tuo attraente
incantatore una volta che avrà scoperto tutti i tuoi sporchi
segreti?”
Sconvolta Sasha si staccò da lui senza avere neanche il
coraggio di guardarlo in faccia o di fornirgli una qualunque
spiegazione.
-Lascia perdere Etienne- gli disse invece con il fiato
corto –é meglio se mi stai lontano!-
-Cosa!- ma era ammattita –Dio Sasha! Ma che ti prende! Un
minuto ti stai sciogliendo tra le mie braccia e quello dopo sei fredda come il
ghiaccio e mi dici di starti alla larga! Me la vuoi dare una
spiegazione!-
-Non ti devo nessuna spiegazione!- gli disse fredda, ma
con un groppo in gola che le stava rendendo difficile respirare, lei non
piangeva e non avrebbe di certo iniziato ora –dammi retta e stammi alla
larga-
Prima che il povero ragazzo potesse riprendersi dallo
choc lei aveva aperto il portone d’ingresso ed era sparita dentro l’androne
buio, correndo verso il suo appartamento come se un branco di lupi selvaggi le
fosse alle calcagna.
Tremando si ranicchiò sul divano abbracciandosi le
ginocchia.
Cosa aveva combinato anche questa volta? Etienne non si
meritava di essere trattato a quel modo.
Desolata chiuse gli occhi cercando di calmare il battito
irregolare del cuore, avrebbe mai smesso di avere paura e di diffidare sempre
del prossimo? Anche quando l’altra persona non aveva fatto altro che dimostrare
di essere degna di fiducia.
La vocina stronza si ritirava sempre in buon ordine a
questo punto, lasciandola ad affogare nell’autocommiserazione e a chiedersi per
quale motivo non fosse sul letto, in camera sua, ad esplorare nuove posizioni
insieme all’uomo che aveva appena piantato al freddo e al gelo sotto
casa.
Sasha non seppe per quanto tempo rimase ranicchiata sul
divano insensibile a quello che le stava attorno, ma ad un certo punto fù
bruscamente riportata alla realtà da un violento bussare alla porta.
Decise di ignorarlo, non era in casa.
Ma il bussare si fece ancora più rumoroso, un’altro paio
di colpi e la porta sarebbe volata dai cardini.
Lentamente prese la pistola, non si sapeva mai, e vi si
avvicinò.
-Metti via quella pistola e apri questa stramaledetta
porta!- tuonò Etienne dall’altro lato.
Sasha sbiancò e la pistola le cadde di mano, finendo con
un tonfo sul pavimento. Cosa ci faceva lui di nuovo lì?
-Aprimi o ti butto giù la porta a spallate!-
Raccogliendo quel poco di coraggio che le era riamasto
gli aprì, anche perché stava facendo tanto di quel baccano che presto avrebbe
fatto accorrere tutto il piano.
Lui entrò senza guardarla e si bloccò vicino al divano
passandosi una mano prima sul viso e poi tra i capelli, un gesto che aveva
compiuto spesso nelle ultime ore visto il loro stato.
-Ho passato l’ultima ora a vagare per i vicoli bui di
questo quartiere, cercando una spiegazione logica a questo tuo comportamento ma
credimi,- allora si voltò a guardarla, lei non si era mossa dalla porta e
sembrava aver appena visto un fantasma –non sono riuscito a venir fuori con
nulla di plausibile!-
Era sconvolto pensò lei, gli occhi gli brillavano di
furia, ma di quella che in genere nasceva dal dolore, lei l’aveva sperimentata
spesso per non riconoscerla in altri, quella sera l’aveva ferito con il suo
rifiuto.
-Perché sei tornato qui Etienne?- gli chiese
piano.
-Perché!- ripeté quasi gridando –perché devo sapere la
verità dannazione! Calda, fredda, calda, fredda, é un gioco che non mi va più
Sasha, le cose si chiariscono qui una volta per tutte, stasera!-
Lei deglutì a vuoto e si preparò alla battaglia, quanto
le sarebbe stato difficile convincerlo di non provare la minima attrazzione per
lui? Dirgli la verità era fuori questione, anche perché dopo tutto questo tempo
i contorni di tutta la sua situazione erano diventati incredibilmente
sfumati.
-Dimmelo una volta per tutte! Sei lesbica?-
Presa in contro piede Sasha non poté fare altro che
guardarlo sbattendo ripetutamente le palpebre.
-No- sbottò, rendendosi conto solo dopo di aver appena
gettato al vento un’ottima scusante.
-Ermafrodita?-
-No-
-Eri per caso un uomo prima?-
-No-
-Sei frigida?-
-No-
-Non sarai di quelle a cui piacciono i sedicenni mi
auguro!-
-Ma la vuoi smettere!- vagabondare per i vicoli di
Pimlico con la sola compagnia del suo cervello gli aveva decisamente fatto
male.
-E allora maledizione dove lo tieni!-
Sasha lo guardò scomparire nella sua camera da letto a
bocca aperta, era uscito fuori di testa.
Quando lo raggiunse vide che le stava meticolosamente
svuotando i casseti, gettando per aria tutto il loro contenuto.
-Cosa diavolo stai cambinando?- ora iniziava a
scaldarsi.
-Voglio sapere dove lo tieni!-
-Ma di che parli!- con orrore vide tutta la sua
biancheria intima volare sul pavimento.
-Voglio sapere dove tieni quel maledetto vibratore che ti
piace più della cosa vera! Perché credimi, quella é l’unica spiegazione che sono
riuscito a trovare che avesse un pò di senso!-
Se la situazione non fosse seria gli avrebbe riso in
faccia tanto era assurdo, mio Dio cosa gli aveva fatto? Possibile che la
frustrazione sessuale lo avesse ridotto a questi livelli?
Prima che arrivasse all’armadio e iniziasse a portare
devastazione anche lì, decise che era arrivato il momento di intervenire e con
una mossa fulminea gli fece perdere l’equilibrio scaraventandolo sul letto e
piazzandosi a cavalcioni sul suo addome.
-La vuoi smettere e ti calmi- gli disse incrociando le
braccia e guardandolo seria.
-Calmarmi!- l’afferrò per le spalle e la scosse con
delicatezza –mi stai facendo diventare matto! Ho tutto il diritto di essere
furibondo!-
-Se mi avessi dato retta e mi avessi lasciato perdere non
saresti in queste condizioni- gli disse cercando di essere ragionevole, non era
il caso di arruffargli ulteriormente il pelo.
-Ha! Che colpa ne ho se sono uno stronzo masochista,
irrimediabilmente attratto da una che a mala pena mi fa avvicinare alla porta di
casa, figuriamoci ad un letto!-
-Siamo in un letto, fino a prova contraria- era così
carino che non riuscì a trattenersi dal prenderlo in giro.
-Bella botta di culo!-
-Hai mai pensato che magari...- deglutì a vuoto –il gioco
non vale la candela?-
-Inizio a pensare di no, ma non lo sapremo mai con
certezza vero?- la provocò con un sopracciglio alzato.
Sbagliava o la sua vanità femminile aveva appena ricevuto
un’insulto?
-Ma davvero- cambiando espressione gli si avvicinò
posando i palmi delle mani sul letto ai lati delle sue spalle –stai cercando di
provocarmi per caso Etienne?-
-Sta funzionando?- chiese guardingo, questo era uno
sviluppo della situazione che non aveva previsto.
-Forse- con labbra leggere come ali di farfalla lo baciò
sulla bocca, per poi scivolare sulla mascella liscia rasata di fresco fino ad
arrivare alla zona sensibile vicino all’orecchio.
-Se credi che basti così poco, caschi male- con fare
petulante incrociò le braccia sul petto –ha mal di testa!-
Lei non poté fare a meno di ridere.
-Poverino, dove ti fa male, qui?- chiese baciandogli la
fronte –qui?- gli baciò una tempia –qui?- le sue labbra si posarono sullo
zigomo.
Etienne l’afferrò per la vita facendola rotolare in modo
da invertire le loro posizioni e la baciò, quasi con violenza, un uomo aveva dei
limiti di sopportazione e lui aveva appena raggiunto i suoi.
-Il tempo dei giochi é finito Sasha- le disse con il
fiato corto e guardandola dritta negli occhi azzurri che avevano iniziato a
brillare di desiderio –hai passato mesi a scappare e a tenermi a distanza, a
Venezia ti sei inventata una scusa per poter fare una scenata megistrale, voglio
sapere perché! Ormai sono a corto di idee e di pazienza-
-Cosa ti fa credere che...- ma si bloccò,
dall’espressione dei suoi profondi occhi neri capì che non si sarebbe
accontentato di nulla che non fosse la verità.
Era serio questa volta, a seconda della sua risposta lui
sarebbe sparito e non l’avrebbe più cercata, definitivamente, non ci sarebbero
stati altri cambi di programma. Ma alla fine, non era questo che voleva, che lui
sparisse e la lasciasse in pace?
L’idea di non vederlò più non le piaceva per niente, le
faceva strane cose alle valvole del cuore, non le restavano che le mezze
verità.
Etienne aspettò paziente che lei si decidesse a parlare,
con il cuore che batteva ad un ritmo forsennato, se quello che sentiva stasera
non gli piaceva, possedeva davvero il coraggio di girare di spalle e andarsene?
Molto probabilmente si, non aveva senso stare dove non si era voluti o sperare
in qualcosa che era morto in partenza.
-Il fatto é che...io non...- con un sospiro chiuse gli
occhi e ritentò, non era facile ammettere le proprie debolezze, non per lei
almeno –non sono molto brava con le relazioni interpersonali...per necessità ho
imparato a tenere il prossimo a distanza e a non fidarmi di nessuno, ed ora mi
viene spontaneo come respirare. Anche con Cleo é la stessa cosa, cerco di non
starle troppo attorno e di mantenere il rapporto ad un livello superficiale, per
evitare di ...di...-
-Affezionarti?- finì per lei, aveva notato quanto le
stava costando l’ammissione e la capiva.
Faceva da troppo tempo lo stesso lavoro per non sapere
quanto ne risentissero i rapporti personali e come certe cose cambiassero il tuo
atteggiamento verso il mondo, vedevi ombre anche dove c’era il sole.
-Già...come vedi non vale la pena essere coinvolti con un
tipo come me, porto solo guai- voleva essere un avvertimento per lui e
un’ammonizione per se stessa, era inutile sperare nell’impossibile, la sua vita
non sarebbe cambiata da quello che era.
-Ma davvero- disse pensieroso, convinto che sotto ci
fosse dell’altro ma restio ad approffondire, aveva ottenuto parecchio quella
sera potevano iniziare a costruire da li.
Prima doveva convincerla a rettifficare l’assurda
convinzione che era meglio stare da soli.
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Capitolo 19 *** E se il cielo stesse per cadere? ***
-Etienne per favore, cerca di ragionare,
se...-
Non finì mai la frase, lui l’aveva zittita con le sue
labbra, accarezzandole in maniera suggestiva l’interno della bocca con la lingua
e incitandola a rispondere.
-Ci sono quelle occasione mia cara- le disse intercalando
ogni parola con breve bacio –in cui parli troppo-
-Etienne- sospirò piano, non certa se stava sospirando di
piacere o di rassegnazione.
-Perché non ne parliamo domattina a colazione?-
deliberatamente spostò le labbra sul suo collo, risalendo fino all’orecchio e
iniziando a mordicchiarlo.
-A colazione?- chiese tremando per il subdolo assalto
–no, no, no, tu ora te ne vai- ma non c’era un briciolo di convinzione nella sua
voce.
-Va bene- la sua mano ne aproffittò per scivolare sotto
l’orlo del maglioncino azzurro e peloso che indossava, facendo scorrere le dita
su ogni centimetro di pelle calda che riusciva a raggiungere.
-Sono seria Etienne- intimò alzando obbediente le braccia
mentre lui le sfilava l’indumento da sopra la testa e lo gettava da qualche
parte.
-Anche io- rispose adocchiando un pò deluso il semplice
reggiseno nero di cotone che portava –vedo che non avevamo in mente la seduzione
quando hai accettato di uscire con me!-
Ridendo schivò lo schiaffo poco convinto di
lei.
-Se sei davvero convinto di voler andare avanti con
questa...cosa- non sapeva neanche che nome dare al loro rapporto tanto era
strano –dobbiamo mettere in chiaro alcune cose-
-Sarebbe?- chiese affondando il viso nell’incavo dei suoi
seni morbidi, notando con piacere che quell’insignificante reggiseno si apriva
sul davanti.
-Che tra noi c’é solo sesso, che non ti aspetti
nient’altro- l’idea le dava un pò di sicurezza in un certo qual modo, niente
legami sentimentali e non ci si aspettava nulla da lei.
Lui si irrigidì e sollevò il capo.
-Un pò squallida come premessa per una relazione non ti
sembra?- ma era normale quella ragazza?
-P-prendere o lasciare-
-Come vuoi- ma non era molto contento –ad una
condizione-
-Cioé?- chiese sospettosa, cosa poteva volere? Gli aveva
appena offerto il sogno di ogni uomo, sesso senza attacamenti di nessun
tipo.
-Che non scappi- vedendo l’espressione confusa di lei
spiegò –se le cose iniziano a mettersi in un modo che non ti aggrada rimani e ne
parliamo, non te la dai a gambe come tuo solito-
Era una promessa difficile da fare, visto che stava già
pianificando la fuga, ma le promesse erano fatte per essere infrante no?
-Quante storie che fai! Va bene, niente più fughe in giro
per il mondo-
-Bene- tanto se scappava l’avrebbe trovata in qualsiasi
buco in cui sarebbe andata a nascondersi.
-Bene-
Silenzio. I due rimasero a guardarsi.
-Cosa...mmm...stai aspettando?- gli chiese
sconcertata.
-Non saprei- era pensieroso –non siamo mai arrivati a
questo punto e sinceramente non so come procedere-
Lei sgranò gli occhi sorpresa, che fine aveva fatto la
reputazione di incantatore, seduttore, idolo delle donne ecc. ecc.?
-Non in quel senso!- precisò offeso, aveva capito dove
stavano andando a parare i pensieri di lei.
-Oh...vuoi un incentivo?- chiese maliziosa.
Senza mai staccare lo sguardo dal suo aprì il reggiseno e
se lo sfilò gettandolo per terra, vide gli occhi di lui incupirsi per il
desiderio, mio Dio pensò, era come guardare nell’infinito, così scuro e pieno di
misteri.
-Ti serve altro?- senza aspettare una risposta gli
circondò il collo con un braccio e lo baciò, fino a quando sentì la mano calda e
ruvida di lui scorrerle sulla schiena nuda in una lunga carezza e arrestarsi
dietro al collo.
Sasha cercò di non irrigidirsi, sapeva benissimo che lui
doveva essersi accorto delle brutte cicatrici che le solcavano la schiena, ma
sperava che non facesse domande, non le andava di mentirgli proprio ora, decise
invece di concentrarsi sulle sue labbra deliziose.
Etienne continuò a baciarla e ad accarezzarla a lungo,
aprendo la zip della gonna al ginocchio che portava e facendogliela scivolare
sui fianchi. Portava il reggi calze! Pensò soddisfatto, odiava i collant non li
trovava per niente sexy, con i denti le stuzzicò la pelle sensibile appena sopra
l’orlo delle mutandine, aveva notato le piccole cicatrici ormai sbiadite, così
come aveva sentito quelle sulla schiena, ma non aveva fatto domande, un giorno,
si ripromise, si sarebbe fatto raccontare tutta la storia, ma non stasera.
Stasera aveva tutte le intenzioni di avvolgerla in una fitta rete di piacere e
calore dalla quale non sarebbe scappata tanto facilmente.
Lasciandola per qualche istante si tolse il maglione e le
scarpe, voleva stare pelle contro pelle, con gesti sicuri slacciò i gancetti che
tenevano su le calze e dopo avergliele lentamente sfilate dalle gambe se le
avvolse attorno ai fianchi, tornando a baciarla senza darle un momento di
tregua.
Gli piaceva ogni centimetro del corpo di lei, anche se
magari era un pò troppo magra, fece scorrere la bocca più in basso fino ad
arrivare ai suoi seni rotondi, certo che quel reggiseno ne aveva nascosto di
curve!
Osservando attentamente ogni sua più piccola reazione, le
lambì un capezzolo con la lingua per poi asciugare la scia umida con il suo
alito caldo, con piacere vide il piccolo bocciolo scuro farsi duro,
riservò lo stesso trattamento all’altro, vedendola chiudere gli occhi trattentdo
il respiro e inarcando la schiena come per offrirsi ad altre carezze,
afferrandogli le spalle per trattenerlo, definitivamente la ragazza non era
frigida!
Stava per spostrsi più in basso quando fù colpito da un
pensiero terribile.
-Maledizione!- sbottò frustrato.
-C-cosa succede?- non capiva cosa stesse accadendo, ma se
si fermava ora gli avrebbe sparato!
-Non sono venuto preparato- ammise triste –dopo la
scenata che mi hai fatto a Venezia ho quasi paura a mettermene uno in
tasca-
Quando finalmente il cervello confuso dal desiderio di
Sasha registrò quello che le stava dicendo, non era sicura se ridergli in faccia
o baciarlo per essere stato attento.
-Non importa ho cambiato metodo- quasi si sentì offesa
dall’espressione scettica di lui –non crederai davvero che sia così stupida da
mentire su una cosa del genere?-
-Lungi da me l’idea!- e prima che lo potesse buttare
fuori a calci riprese a baciarla, con quella non si sapeva mai!
Il suo diabolico assalto ai sensi di lei riprese in tutto
il suo splendore, mani, labbra, ogni centimetro di pelle che aderiva a quello di
lei era uno strumento usato per farla perdere nei meandri del luogo magico in
cui Etienne voleva portarla quella notte.
Con il fiato corto finì di spogliare entrambi, ora erano
pelle contro pelle, senza impedimenti o barriere che li separassero, le curve di
lei si adattavano morbide a quelle più solide di Etienne, finalmente insieme,
come se fossero i pezzi combacianti di un puzzle, quella sera, si ripromise lui,
le avrebbe fatto toccare il cielo con un dito.
La vocina stronza si era rintanta nel suo angolo
sconfitta, la signora sapeva perdere con grazia.
Aprendo gli occhi Sasha si ritrovò davanti un solido
muro, costituito da muscoli, ricoperti da una pelle liscia e abbraonzata. Come
erano arrivati nel suo letto?
Lui era ancora lì! Pensò subito allerta, con il minimo
movimento alzò il capo, sperando con tutto il cuore che stesse ancora dormendo.
Assolutamete partito, tanto che non era sicura stesse ancora
respirando.
Cercò di muoversi, e si rese conto le sarebbe stato
alquanto difficile, lui le stava praticamente dormendo avvinghiato addosso, come
aveva fatto ad addormentarsi in quella posizione proprio non lo sapeva, la gente
normale in genere dormiva ad angoli opposti del letto.
Lentamente si sciolse dal suo abbraccio infilandogli un
cuscino al suo posto, che lui nel sonno abbracciò stretto.
Si sedette sul bordo del letto, guardandosi attorno nella
fioca luce del giorno che filtrava dalle tende, sembrava che fosse appena
passato un tornado, c’erano vestiti da per tutto, inquieta raccolse la prima
cosa che le capitò a tiro e se la fece scivolare sopra la testa, solo una volta
fuori dalla stanza si rese conto che era il maglione di lui.
Con un sorrisino affondò il viso nelle pieghe morbide,
profumava come lui, chiuse gli occhi per qualche secondo, come destava il
mattino dopo, quando bisognava scendere a patti con le stupidaggini fatte la
sera prima.
Che poi fosse o meno una stupidaggine era ancora tutto da
decidere, quello che aveva provato la notte scorsa era qualcosa che non sentiva
da tempo immemorabile e che non era sicura di voler sperimentare nuovamente.
Etienne aveva cercato di farle capire in ogni modo che tra loro c’era qualcosa
di più che semplice attrazione fisica, ogni carezza, ogni bacio, erano stati
permeati di una passione e di una tenerezza che aveva rischiato di farla
crollare...non ci voleva pensare!
Con decisione attraversò il salotto e aprì la finestra,
fuori facevano cinque gradi ma non le importava, l’aria fredda le avrebbe
schiarito i pensieri.
Era ancora lì a fissare il traffico, quando due braccia
muscolose l’afferrarono da dietro stringendola contro il corpo caldo che aveva
appena imparato a conoscere.
-Che ci fai con la finestra aperta fa un freddo cane-
allungò una mano e la chiuse.
-Riattivo la circolazione- scherzò adagiando la testa sul
suo avambraccio.
-Qualunque cosa sia, ti proibisco di pensarci!- ordinò
affondando il viso nei suoi capelli scompigliati.
-Cosa ti fa credere che stessi pensando a qualcosa di
brutto?-
-Con quell’espressione? Ormai ho imparato a riconoscerla,
porta solo guai, per fortuna sono un maestro nell’arte dei
diversivi!-
E con destrezza la fece voltare sempre tenendola tra le
braccia per baciarla, fino a che non la sentì ammorbidirsi contro di
se.
-Ti avverto che nel palazzo difronte abita un vecchietto
che é un guardone recidivo, é persino munito di binocolo- cercando di fermarlo
prima che provasse ad andare oltre, o che portasse altro caos nelle sue emozioni
già sottosopra.
-Oh...allora quello cambia tutto!- esclamò.
-Sono contenta che finalmente sei ragionevole-
-Certo!- ma con un luccichio sinistro nello sguardo la
sollevò per il sedere bloccandola contro la parete e facendosi abbracciare dalle
gambe di lei –vediamo se riusciamo a dare al vecchietto un
bell’infarto!-
-Etienne!- ma subito dopo scoppiò a ridere, chi era lei
per rovinare un piano così geniale.
Quando la tempesta finalmente si placò entrambi erano
senza fiato, e nel momento in cui i piedi di Sasha toccarono nuovamente il
pavimento, lei si accorse che le ginocchia si rifiutavano di cooperare, per
fortuna il braccio saldo di lui le circondava ancora la vita, altrimenti sarebbe
finita a terra come una pera cotta.
-Buon giorno- le bisbigliò in un orecchio, facendola
rabbrividire.
Lei si limitò a sorridere soddisfatta, che altro poteva
dirgli? Le sue grida di poco fa avevano detto abbastanza.
-Ho bisogno di una doccia- disse allora.
-Mmmm....anche io- il tono era talmente sensuale che
bisognava essere sordi per mancare l’implicita richiesta.
-Nooo, tu te ne stai buono qui- gli disse sorridendo e
allontanandosi verso il bagno –anzi meglio, riordina il casino che hai combinato
in camera mia in preda alla follia della notte scorsa-
Guastafeste, pensò lui sorridente, mentre con la testa
inclinata di lato si godeva lo spettacolo del suo fondoschiena, che ondeggiando
provocante spariva dietro la porta del bagno.
Tornando in salotto dopo essersi vestita, Sasha trovò
Etienne assorto in una convesazione telefonica al cellulare, l’espressione seria
di lui non prometteva nulla di buono.
-Cosa succede?- chiese quando ebbe finito.
-Jules ha trovato una pista- annunciò baciandola piano
sulle labbra –fai le valigie dolcezza, tra poco si parte-
-Dove si é nascosto il verme?-
-Washington D.C. USA-
-Interessante- si abbandò tra le sue braccia, solo per
avere la scusa di nascondere il viso contro la sua spalla, non voleva che
vedesse l’ondata di panico che quelle parole le avevano appena
procurato.
Mio Dio! Di tutti i posti disponibili al mondo proprio
quello doveva scegliere!
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Capitolo 20 *** Chi diavolo e' quel tizio? ***
Sasha passeggiava avanti e indietro nella piccola stanza
dell’albergo di terz’ordine in cui erano andati a stare, mentre Jules trafficava
con i suoi marchingegni informatici e Etienne se ne stava bello rilassato sopra
il letto.
-Com’é possibile che non l’hai ancora trovato!- chiese
per l’ennesima volta, erano arrivati negli Stati Uniti già da una setimana e
ancora non avevano concluso nulla, la pista che li aveva condotti lì si era
raffreddata ed ora era come se dovessero rincominciare tutto da capo.
-Se continui ad importunarmi in questo modo non lo
troveremo mai- le fece notare in tono saccente, senza mai staccare gli occhi
dallo schermo.
-Se ti impegnassi un pò di più magari....fammi vedere che
stai combinando!- e quando vide cosa c’era sullo schermo per poco non lo fece
fuori –stai chattando con Cleo! Ma non ci posso credere!-
-Impicciati degli affari tuoi!- poi ad Etienne –portala
via prima che le pianti un paletto nel cuore!-
Divertito Etienne si affrettò a dividere i due mocciosi,
prima che se le dessero di santa ragione.
-Andiamo lascialo stare, se lo innervosisci non ragiona
più-
La prese per un braccio e la portò nella stanza affianco,
quella che loro due dividevano, Jules preferiva stare con i suoi giocattolini.
Era sconcertato dal comportamento di lei, era sempre nervosa, sembrava che non
vedesse l’ora di andarsene da quel paese e la notte non dormiva, passava le ore
a passeggiare o se riusciva ad addormentarsi il suo sonno era particolarmente
agitato. Cosa stava accadendo?
-Allora?-
-Allora cosa?- voltandogli le spalle si avvicinò alla
finestra, come per controllare che nessuna persona sospetta si stesse
avvicinando all’edificio dalla strada.
-Cosa ti prende, stai facendo impazzire sia me che Jules,
e voglio saperne la ragione-
-Sono sempre di pessimo umore quando mi si sta facendo
perdere tempo-
-Sei strana da quando abbiamo lasciato Londra- le andò
accanto e la fece voltare –dimmi cosa succede-
-Nulla, devi sempre dare un secondo significato ad ogni
mio comportamento, stronza e acida, lo sapevi come era la situazione prima di
farti coinvolgere- rispose secca e cercando di sviare la sua
attenzione.
Cosa gli poteva dire? Che stava vivendo nel terrore di
incontrare qualcuno che avrebbe potuto riconoscerla? Era vero che la città era
grande, ma per quello che erano venuti a fare era possibile che qualcun’altro
stesse cercando Sergej, e se incappava in qualche vecchio collega, come
l’avrebbe spiegato ad Etienne senza raccontargli la verita?
Si rendeva conto di essere sempre tesa e insopportabile,
ma non ne poteva fare a meno, in tutti questi anni si era tenuta alla larga
dagli Stati Uniti, non accettava lavori che l’avrebbero portata li. O altri che
erano anche remotamente connessi con il paese, aveva deciso di non metterci più
piede, ed era riuscita a mettere in atto il suo proposito, finora per lo
meno.
-Lo stai ancora facendo, mi stai tenendo a distanza,
credevo che l’avessimo superata quella fase- con quella ragazza riusciva solo a
fare un passo avanti e due indietro.
-Io ho i miei segreti e tu hai i tuoi Etienne, facci il
callo!-
-Con l’unica differenza che io sono pronto a raccontarti
i miei, ma tu sembri particolarmente attaccata ai tuoi- con tenerezza le
accarezzò il viso con il dorso della mano –da cosa stai scappando esattamente
Sasha?-
-N-nulla- poteva anche evitare di starle così vicino,
quando lo faceva non riusciva a pensare con chiarezza, ci mancava solo che si
scambiassero confidenze, il loro rapporto era già abbastanza ravvicinato così
come lo era al momento.
-Bugiarda- glielo leggeva dritto negli occhi, teneva
qualcosa nascosto.
-Facci il callo anche con quello- si allontanò da lui
dirigendosi verso la porta, doveva allontanarsi in fretta.
Ma quando l’aprì si trovò quasi naso a naso con
Jules.
-Che c’é? Cleo si é rotta un’unghia?- gli chiese
asciutta.
-Certe volte sei davvero antipatica lo sai?- ribatté il
ragazzo con lo stesso tono.
-Bhé nessuno ti ha detto di venire!- non é che Jules le
desse sui nervi, anzi, ma non era dell’umore adatto per essere
gentile.
-Ma quanto sei stronza, comunque ero venuto a dirvi che
ho trovato qualcosa mentre stavo facendo una ricerca con le impronte vocali,
tramite il sistema di comunicazione satellitare-
-Dove?- chiese subito dirigendosi nell’altra
stanza.
-Periferia sud della città- spiegò una volta ripreso il
suo posto davanti al monitor e aperto la finestra con la mappa.
-Conosco la zona e so come arrivarci, andiamo-
Senza ulteriori commenti lasciò la stanza.
-Rimani qui Jules, se abbiamo problemi ti contatto nel
solito modo e organizzi la missione di salvataggio-
Con passo moderato seguì la ragazza che si era appena
fiondata fuori dalla camera, e non fù affatto stupito nel vederla fuori
dall’albergo con il motore acceso che aspettava impaziente.
-Cammini come una vecchia signora!- con quello partì
sgommando immettendosi nel traffico.
Quella era un’altra delle cose che l’avevano sorpreso,
Sasha sembrava conoscere la città come il palmo della sua mano, e il fatto che
sapesse esattamente dove fossero diretti, ne era ulteriore prova. Che avesse
vissuto lì per diversi anni? Magari ci era scresciuta, il suo comportamento era
quello di una persona sicura di ciò che la circondava e completamente a suo
agio, avrebbe dovuto approfondire l’argomento.
Nel giro di venti minuti arrivarono in una zona
industriale brulicante di attività, dovevano solo trovare il luogo esatto, e
sperare che non fosse troppo tardi e Sergej non avesse già abbandonato il
perimetro.
Tenendo il motore al minimo,aggirarono un’edificio di
mattoni che a prima vista sembrava essere abbandonato e parcheggiarono l’auto in
un vicolo.
Senza dare troppo nell’occhio decisero di entrare
passando per la scala antincendio, qualche finestra doveva essere per forza
accessibile da li. Con passi felpati e cercando di mantenere l’anonimato, fecero
una brave ispezzione dell’area in cui si erano intruffolati, che risultava
essere un deposito per macchinari edili, se le sagome che riuscivano ad
intravedere dal finestrone dell’ufficio in cui erano finiti erano di qualche
indizio.
-Cerchiamo di dare un’occhiata attorno,- suggerì lui
piano -se la situazione si complica c’é la diamo a gambe dritti per la macchina
e riprendiamo le ricerche in un secondo momento-
Quando uscirono sulla passerella esterna si resero conto
di essere molto in alto e che, se camminavano chini e rasenti al muro, non li
avrebbe visti nessuno da sotto. Erano quasi arrivati dall’altra parte, quando
sentirono delle voci provenire dal basso, ma erano troppo lontani per capire
cosa stessero dicendo.
Di comune accordo decisero di scendere di un piano,
usando la scala a pioli ancorata al muro e sperando che reggesse. Quello che non
si apsettavano di trovare, una volta girato l’angolo, era l’agente in tenuta
d’attacco della NSA.
L’uomo li guardò esterreffatto per qualche secondo, prima
di dare l’allarme nella ricetrasmittente che portava all’orecchio.
Quello spinse Etienne all’azione, con gesti rapidi
disarmò l’agente e lo tramortì, non ci si ammazza tra colleghi.
-Separiamoci é meglio, ci vediamo alla macchina come
stabilito- Sasha non aspettò risposta e si allontanò estraendo al pistola,
poteva già sentire le voci degli uomini che di sotto tentavano la fuga, e non
erano neanche sicuri se la loro preda era tra i fuggitivi.
Cosa ci faceva la NSA in quel posto? Se gli agenti erano
lì pronti ad entrare in azione doveva esserci sotto qualcosa di grosso. In che
razza di guaio si erano cacciati inavvertitamente? Ora l’agenzia li avrebbe
cercati, anche solo per interrogarli.
Al pensiero fù percorsa da un brivido freddo, non lo
poteva permettere, sarebbe stato disastroso.
Riuscì ad arrivare ad una finestra virtualmente
indisturbata, infatti aveva dovuto tramortire solo un’agente, dopo averla
sfondata, si calò sul cornicione, camminando piano verso il tubo di scolo della
grondaia. Scelta azzardata ma nei film funzionava sempre, no?
Con un salto atterrò sul cassonetto e poi per terra,
doveva al più presto raggiungere Etienne.
Non aveva fatto un solo passo quando sentì la canna di
una pistola premerle contro la schiena.
-Voltati lentamente- le ordinò una voce maschile, che le
risuonava vagamente familiare.
Sasha fece solo un mezzo giro, sistemandosi nella
posizione ideale che le avrebbe permesso di disarmarlo, ma lui riuscì a
prevedere e neutralizzare ogni sua mossa, alla fine si ritrovarono in una
posizine di stallo, pistole puntate l’uno contro l’altro.
Formidabile, pensò lei, solo Etienne riusciva a tenerle
testa a quel modo, ma quando sollevò lo sguardo su di lui, le si ghiacciò il
sangue nelle vene.
-Mark....?- le scappò, con tutti gli agenti disponibili
all’NSA, proprio lui doveva capitarle!
Vide la sua mano tremare leggermente e gli occhi castani
che lentamente si dilatavano per la sorpresa.
-Vivian...?-
Una macchina arrivò a tutta velocità e si fermò con un
stridio di gomme vicino a loro, costringendo i due a saltare si lato su una pila
di rifiuti.
-Sali!- gridò Etienne aprendo la portiera.
Sasha non se lo fece ripetere, saltò dentro e gli ordinò
di partire. Mio Dio non ci poteva credere. Non lui! Eppure quella stupida città
era grande!
Una volta tornati in albergo si chiuse in bagno,
non era nelle condizioni di affrontare le domande di Etienne, in macchina era
stato impegnato a controllare che nessuno li stesse seguendo e non aveva detto
nulla, ma si era accorto che qualcosa non andava.
Non lui maledizione! Mark sapeva che era in città, ora
l’avrebbe cercata, l’avrebbe cercata finché non l’avrebbe trovata e allora...e
allora sarebbe stata costretta ad affrontare tutti i demoni dal quale aveva
cercato di scappare negli ultimi anni.
Lo stomaco le si strinse al pensiero e non resistendo più
Sasha si chinò sul water e iniziò a vomitare.
Etienne rimase sbigottito a fissare la porta del bagno,
sensazione non nuova per lui da quando aveva incontrato Sasha, cosa accidenti
era appena successo? Chi era il tizio che per poco non le sparava per averla
ridotta in quello stato?
Con un sospiro si mise comodo sedendosi sul letto, chissà
perché ma aveva la strana sensazione che non sarebbe uscita tanto presto dal
bagno.
La sentì vomitare, sentì l’acqua che scorreva, poi capì
dal rumore che si stava lavando i denti, e poi nulla, nessuna intenzione di
uscire da lì.
Passò quasi un’ora prima che la porta si aprisse, giusto
in tempo, la sua pazienza era agli sgoccioli.
Sasha non si sorprese affatto nel vederlo seduto sul
letto dritto davanti alla porta del bagno, non se la sarebbe cavata tanto
facilmente, chiuse la porta e vi si appoggiò contro in silenzio, non sapeva da
che parte iniziare.
-Chi era quel tizio?- vista l’espressione cadaverica,
decise di renderle le cose più semplici facendo tutte le domande.
-Un ex collega di quando lavoravo alla NSA- rispose
lanciandoli un’occhiatina in tralice, come avrebbe reagito a questa nuova
informazione?
-Lavoravi per la NSA?- quella si che era una
sorpresa.
-Dove pensavi che avessi imparato il
mestiere?-
-Non mi sono mai soffermato a pensarci, per riuscire ad
entrare li devi essere cittadino americano e parecchio dotato. Le cose sono due,
o hai fatto un formidabile lavoro di falsificazione, o possedevi tutti i
requisiti adatti-
-Diciamo che possedevo tutti i requisiti adatti- se solo
avesse saputo l’intera verità gli sarebbe caduta la mascella dalla
sorpresa.
-E rivedere un ex collega ti ha sconvolto a quel modo?-
ecco la domanda che avrebbe scatenato il putiferio.
-No e che...ero...- mentire o non mentire?
-Non mentirmi, tanto me ne accorgo- non voleva altre
bugie.
All’improvviso Sasha si rese conto che non voleva dirgli
la verità per non ferirlo, come era possibile? Eppure...
-Il suo nome é Mark Hamilton- si lasciò cadere
pesantemente sul letto vicino a lui, detestava quando decideva di scavare nel
suo passato con la stessa tenacia di un cane attaccato all’osso –siamo stati
insieme per un periodo, tanto che...tanto che avevamo deciso di sposarci-
assoluto silenzio accolse quella notizia.
Etienne rimase immobile, convinto di non aver sentito
bene, lei che si sposava? E cosa aveva fatto questo Mark per convincerla? Di
sicuro doveva averla drogata per farla acconsentire.
Già lo detestava, con tutto il cuore.
-E cosa é successo per impedire la coronazione del grande
sogno?- non riuscì a non usare un tono sarcastico, lo faceva infuriare che
esistesse qualcuno che non aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti per
ogni più piccola concessione che la riguardava.
-Ho scoperto che la vita matrimoniale non faceva per me e
me ne sono andata- una versione riveduta e corretta dei fatti ma per quel giorno
non gli avrebbe detto altro, sentiva il terreno sotto i suoi piedi iniziare a
franare e non era piacevole –andiamo, Jules si aspetterà un reso
conto-
Seguendola Etienne capì che c’era dell’altro, i segreti
stavano lentamente venendo a galla, e se la sua reazione alla vista di questo
Mark era stata talmente violenta, voleva dire che gli stava nascondendo qualcosa
di molto importante.
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Capitolo 21 *** I fantasmi del passato. ***
Mark Hamilton entrò nel suo ufficio chiudendo piano la
porta dietro di se, aveva ancora indosso il giubotto anti proiettile, non aveva
pensato a toglierselo tanto era ancora sconvolto.
Quando quella mattina avevano organizzato la missione non
si era aspettato che si concludesse in un tale disastro, e non si era aspettato
di trovarsi faccia con lei, non più, non dopo tutto questo tempo.
Si sedette dietro la sua scrivania e si tolse il
giubetto, era incredibilmente ingombrante l’affare, agitato si passò più volte
le mani tra i corti capelli scuri, quando era nervoso lo faceva sempre. Fece
scorrere lo sguardo sulla fila di cassetti che stavano alla sua immediata
sinistra, ed i suoi occhi si posarono sull’ultimo. Titubante l’aprì e prese uno
dei due fascicoli che vi erano conservati, un fascicolo che non vedeva da cinque
anni.
Sulla copertina color crema c’era un nome: “Vivian
Trent”
Sapeva a memoria quali informazioni erano contenute lì
dentro, certificato di nascita, la lista delle varie scuole frequentate dalla
ragazza, il suo curriculum nell’esercito, le varie specializzazzioni, esplosivi,
armi, combattimento a mani nude, erano le cose che le riuscivano meglio, poche
persone sapevano che lei quelle cose le sapeva fare già da quando aveva quindici
anni.
Lentamente Mark continuò a sfogliare le pagine, sapeva
anche cosa conteva l’ultimo foglio.
L’ultimo foglio era un certificato di morte, Vivian Trent
era morta di incidente stradale il 12 Aprile del 1999, la sua macchina era
volata dentro al fiume e il cadavere non era mai stato trovato.
Colpa delle correnti, aveva concluso la polizia e il caso
era stato chiuso.
Prese la fotografia che era nascosta sotto al foglio,
ritraeva lui e Vivian al mare, il sole splendeva e loro due ridevano spensierati
mentre provavano ad abbronzarsi, lei cercava sempre di stare sotto al sole il
più possibile.
Gli occhi le brillavano caldi in quella foto, di una
vitalità che lui aveva visto scomparire senza che potesse fare nulla per
evitarlo, lei non gliel’aveva permesso, aveva preferito scappare e lui era
rimasto mesi ad affoggare nel senso di colpa.
Non aveva mai creduto alla storia dell’incidente, l’aveva
cercata per diverso tempo dopo, ma senza risultati, era sparita e non aveva
nessuna intenzione di farsi trovare.
Gli si era accapponata la pelle, quando, dopo due mesi,
la storia di quello successo in Colombia alla villa di Ortega aveva iniziato a
circolare, sapeva che era stata lei, era stata la messa opera della sua vendetta
personale contro il trafficante, ma non credeva che sarebbe stata così
sanguinosa, aveva fatto una strage.
Il bastardo se lo meritava però, chiuse gli occhi
cercando di scacciare le immagini che avevano iniziato a vorticargli in testa,
quelle di quando l’aveva salvata dopo tre settimane di prigionia per mano dei
colombiani. Lo faceva ancora stare male pensarci.
Se Simon Kay non fosse già morto l’avrebbe ammazzato con
le sue mani, quel verme schifoso! Era stata tutta colpa sua se le loro vite
erano state sconvolte.
Mise il fascicolo da parte e prese l’altro, sulla
copertina c’era scritto: “La Dea di Ghiaccio”
In quel fascicolo invece, erano contenute tutte
informazioni non ufficiali, che aveva raccolto nel corso degli anni, era quasi
sicuro dell’identità di questa spietata mercenaria comparsa sulla scena quattro
anni fa, ma le descrizioni che aveva non riusciva a farle combaciare.
La Dea di Ghiaccio era fredda, crudele, senza un briciolo
di compassione, si faceva pagare profumatamente per il suo aiuto ed erano pochi
i lavori che disdegnava, una volta incontrato lo sguardo dei suoi occhi gelidi,
non la si dimenticava facilmente, ed era un tipo di persona a cui non volevi
assolutamente attravversare la strada.
Che cosa era diventata Vivian una volta lasciati gli
Stati Uniti?
L’idea che lei facesse quel tipo di lavoro non faceva
altro che aggiungere alle sue colpe, avrebbe dovuto salvarla, non solo dalla
prigionia ma anche dai demoni che ora la perseguitavano.
Lo squillo del cellulare lo fece sussultare.
-Pronto- la voce gli tremava leggermente.
“Ciao amore! Come va in ufficio?”
-Annie- non riuscì a trattenre un sorriso di gratitudine,
sua moglie l’aveva appena tirato fuori dal baratro dei ricordi.
“Hai una voce strana tesoro tutto bene?”
-Il solito non ti preoccupare, tu piuttosto come stai?
Nausea?-
“Ho appena finito di vomitare mio caro se é quello che mi
stai chiedendo” rispose allegra.
-Mi spiace amore, prova con del pane tostato-
suggerì.
“Era del pane tostato quello che é appena finito nello
scarico, comunque, mi chiedevo se ti andrebbe di non cenare stasera, in queste
condizione la sola idea di preparare da mangiare mi fa aumentare i
conati!”
-Non ti preoccupare- rispose ridendo –prendo qualcosa
sulla via di casa-
“Mio eroe! Cosa farei senza di te!”
-Ti amo tanto lo sai?- disse all’improvviso.
“Anche io ti amo tanto...sei sicuro di stare
bene?”
-Si sono solo molto impegnato, tutto qui-
“Allora ci vediamo stasera?”
-Certo a stasera-
“Non tardare, qui ci sono due persone...anzi, una e
mezzo, che hanno assolutamente bisogno della tua presenza”
Mark chiuse la comunicazione e rimase qualche secondo a
fissare la foto del suo matrimonio con Annie che teneva sulla
scrivania.
Stavano aspettando il loro primo bimbo ed entrambi erano
al settimo cielo.
La scomparsa di Vivian gli aveva spezzato il cuore, e gli
ci erano voluti anni prima di decidersi ad uscire con un’altra donna, poi era
comparsa Annie, era stata la sua salvezza, non le aveva mai raccontato i
dettagli di cosa era successo, ma solo che la sua fidanzata era morta in un
incidente, e lei aveva fatto di tutto per lenire le ferite che si era portato
dentro per tanto tempo, e che ora minacciavano di riaprirsi.
Ma questa volta avrebbe fatto qualcosa di più, questa
volta non le avrebbe permesso di tagliarlo fuori, ed avrebbe iniziato con lo
scoprire cosa ci faceva in quell’edificio dove un gruppo di sud americani
pericolosi stavano avendo un’incontro.
Etienne era sdraiato al buio a fissare il soffito, non
riusciva a dormire, Sasha invece russava piano ranicchiata al suo
fianco.
Era ancora pallida e due occhiai scure facevano bella
mostra di se, aveva mangiato pochissimo nelle ultime ore, parlato ancora meno e
in silenzio era andata a letto.
Non avevano avuto occasione di approfondire la
conversazione avuta quel pomeriggio, erano stati impegnati a discutere la loro
prossima mossa e le opzioni a disposizione, le quali non erano rosee al
momento.
Ma lei era stata distratta e poco propensa a fornire un
punto di vista, sembrava essere lontana chilometri. Chi era questo fantomatico
fidanzato sbucato dal nulla?
Oggi si era drammaticamente reso conto di quanto poco la
conoscesse, di come il suo passato era avvolto nel mistero e di quanto lei fosse
restia a parlarne, se la comparsa di questo Mark, l’aveva fatta reagire in quel
modo, quali altre sorprese l’aspettavano?
Istintivamente allungò un braccio e se la strinse
contro.
I suoi limpidi occhi azzurri erano stati velati da
qualcosa di cupo e turbolento per tutta la sera e lui, la grande spia, si era
ritrovato a non sapere che pesci prendere.
Forse era arrivato il momento di guardare in faccia la
realtà, ci teneva a lei e parecchio anche, l’aveva fatto ammattire come nessuno
in vita sua, e anche se certe volte le avrebbe volentieri spaccato quel delicato
cranietto, si era anche divertito, e si era trovato sempre più
affascinato.
Quando si era svegliato nel letto di lei, aveva pensato
contento che non gli sarebbe dispiaciuto svegliarsi a quel modo tutte le
mattine, e poi quando l’aveva vista vicino alla finestra con indosso il suo
maglione, i capelli arrufati, le guance rosse e quell’espressione assorta, gli
si era fermato il cuore talmente era bella.
Provava la strana voglia di tenersela vicina e di
proteggerla, una specie di “Tu Jane io Tarzan”, voleva saperla sana e salva e al
sicuro, non gli andava di riprovare il senso di impotenza e disperazione che
aveva sperimentato in ospedale, quello che voleva era che lei lo facesse entrare
nel suo piccolo mondo e che non lo tenesse più a distanza.
Ia cosa stava iniziando a farlo arrabbiare, fino ad ora
l’aveva solo infastidito, perché si era convinto che con un pò di persuazione
avrebbe abbattuto tutte le sue difese, ma ultimamente... ultimamente si era reso
conto che qualcosa di più profondo le si agitava dentro. Quali segreti stava
cercando di nascondere con tanta tenacia?
Una cosa gli era chiara però, una volta venuti a galla
avrebbero scatenato l’inferno tra loro due, e quello che sinceramente sperava di
più era che lei gli consentisse di rimettre insieme i pezzi. Perché arrivati a
questo punto, era sempre più convinto di essersi innamorato.
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Capitolo 22 *** Ferite ancora aperte...... ***
Sasha non poteva credere di star facendo
una cosa del genere, ma dopo due giorni di inutili ricerche aveva deciso che
era arrivato il momento di sbloccare la situazione, anche perché c’era mancato
poco che li scoprissero.
Jules aveva pensato di agganciarsi al
sistema della NSA, voleva scoprire se avevano delle informazioni che gli
sarebbero potute risultare utili, come una spiegazione sulla loro presenza in quell’edificio,
ma gli era stata tesa una trappola informatica e se non avesse avuto i riflessi
pronti, ora si sarebbero trovati tutti e tre amanettati nelle celle
dell’agenzia.
Le erano venuti i sudori freddi quando
quell’idea aveva fatto capolino nel suo cervello, aveva inventato mille scuse
per non metterla in pratica, ma poi alla fine aveva deciso di prendere il toro
per le corna, non voleva trovarsi faccia a faccia con il suo passsato in un
momento in cui si sarebbe trovata in svantaggio, se doveva affrontarlo lo
avrebbe fatto a modo suo.
E poi non avrebbe avuto bisogno ri
rinvangare nei ricordi, era venuta per un motivo e non si sarebbe fatta sviare.
Con decisione prese posto sulla comoda poltrona in pelle dietro la scrivanie e
si accinse ad aspettare il suo obbiettivo, sapeva che era nell’edificio e
presto sarebbe dovuto tornare nel suo ufficio.
Con una punta di curiosità lasciò vagare
lo sguardo per la stanza, spartano come ufficio, ma era sicura che il suo
proprietario non ci passasse molto tempo, quando aveva chiesto di lui era
rimasta colpita dal fatto che avesse ottenuto una promozione, da semplice
agente era passato a vice direttore operativo, non esisteva nessuno che se lo
meritasse più di lui.
Gli occhi le caddero sulla cornice che
conteneva una fotografia, quella di un matrimonio, si era sposato!
Involontariamente provò una stretta al
cuore, che cosa si aspettava? Sembrava così felice in quella foto e l’amore per
la donna che gli stava al fianco gli brillava negli occhi castani, non poteva fargli una colpa per aver deciso di
continuare la sua vita.
Stava ancora osservando la foto quando
dalla porta le arrivò un sorpreso:
-E tu come sei arrivata fino a qui?-
-Ciao Mark- la battaglia era appena
iniziata.
Furibondo Mark si diresse a passo di carica
verso il suo ufficio, era circondato da incopetenti! Pensò per La centesima
volta, si erano lasciati sfuggire la preda proprio quando l’avevano dentro la
rete, ed ora chissa se avrebbero avuto un’altra opportunità come quella appena
persa.
Fù molto sorpreso nel vedere qualcuno
comodamente seduto sulla sua poltrona che ammirava assorto la foto del suo
matrimonio, chi diavolo era!
Poi quando lei sollevò lo sguardo per
poco non gli venne un’infarto, non l’aveva riconosciuta, con gli occhiali
spessi, i capelli tirati su e la semplice gonna e camicetta, avrebbe benissimo
potuto passare per una delle tante segretarie e assistenti che giravano per i
piani. A quanto pareva nel corso degli anni era diventata una maestra anche
nell’arte del travestimento.
-E tu come sei arrivata fino a qui?-
-Sai benissimo che sono cresciuta in
questi corridoi, li conosco come le mie tasche- molto lentamente rimise la
cornice al suo posto, non voleva che vedesso quanto il suo matrimonio l’avesse
colpita.
Con passo misurato e le mani in tasca,
ostentando una calma che era ben lontano da provare, l’uomo si avvicinò alla
scrivania, per quale motivo era venuta da lui?
-Mi servono informazioni- disse, andando
subito al punto e prima che lui potesse sollevare qualche argomento privato.
-E cosa ti fa credere che sono disposto
a dartele?- avrebbe davvero avuto il coraggio di lasciare quell’ufficio senza
parlargli?
Lei sollevò un soppracciglio con fare
sarcastico che sembrava prenderlo in giro “oh puoi stare certo che me le
darai”. Un gesto così tipico e così familiare per lei che Mark ebbe un brivido.
Si sentiva come se stesse davanti ad uno spettro, sapeva che era sciocco e
assurdo, ma la sensazione non se ne voleva andare.
-Equo scambio- con fare sobrio e
distaccato incrociò le braccia sul petto, era sicura che anche lui avesse delle
domande da farle sulla sua comparsa in quell’edificio –cosa ci faceva l’NSA in
quell’edificio?-
-Eravamo dietro ad un gruppo di sud
americani che si divertono a trafficare in armi e che ultimamente hanno preso
di mira i depositi dell’esercito. Tu che ci facevi li?-
-Ero sulle tracce si Sergej Karmanov, lo
conosci?-
Senza dire una parola Mark aprì
l’archivio e dopo aver tirato fuori un fascicolo glielo mise davanti.
-È questo il tuo uomo?-
-Decisamente lui- rispose guardando con
attenzione le foto contenute nella cartella –che ci fa con questa gente?-
-Ancora non ne siamo certi, é appena
arrivato. Chi era il tizio alla guida della macchina?- se voleva l’equo scambio
non le avrebbe dato pace.
Lei sollevò lo sguardo al suo tono di
voce.
-Un collega- rispose vaga.
-Un collega?- ripeté per nulla
soddisfatto –di che tipo?-
Forse era meglio raccontargli qualcosina
in più se voleva convincerlo ad aiutarla.
-Lavora per il governo inglese-
specificò in tono incolore.
-Sei passata a lavorare per la
concorrenza?- chiese stupito.
-Non proprio, ma Etienne sa essere convincente-
-Ci vai a letto?- non aveva voluto usare
il tono dell’amante geloso, ma era uscito fuori lo stesso e soprattutto non era
stata sua intenzione fare una domanda del genere.
-Non hai nessun diritto di farmi quella
damanda- replicò fredda, i suoi rapporti con Etienne non riguardavano
nessun’altro che non fosse lei.
-Giusto, ho perso tutti i diritti il
giorno del tuo finto funerale, non é vero?- chiese sarcastico.
-Mark non mi sembra il caso di
rinvangare storie sepolte da tempo- disse, cercando freneticamente una via
d’uscita da quella conversazione che si stava facendo scomoda.
-Sepolte?- ripeté esterrefatto, aveva
davvero intenzione di ignorarlo dopo tutto –ti sei mai soffermata un minuto a
pensare, quali conseguenze le tue azioni avrebbero avuto sulle persone che ti
sei lasciata dietro?-
-No-
rispose piano, tutto ciò che si ricordava di quel periodo era la rabbia, il
dolore, la disperazione e il desiderio feroce di scappare e vendicarsi, di
allontanarsi da tutti e di punire le persone responsabili di averle rovinato
l’esistenza.
-Infatti dannazione!- gridò -come credi
mi sia sentito quella mattina, quando arrivando in ufficio ho trovato il tuo
anello sulla mia scrivania? E quando poche ore dopo mi é arrivata la notizia
del tuo presunto incidente?-
-Non potevo rimanere, non più, non
dopo...- non riuscì a finire, ricordi che credeva sepolti per sempre stavano
tornando a galla, dall’angolo buio in cui erano stati relegati tanto tempo fa.
-Ed io Vivian? Contavo davvero così poco
per te che hai sentito il bisogno di allontanarti anche da me- ogni parola era
carica della pena provata tanti anni fa, che il tempo aveva lenito ma che in
realtà non era mai stata dimenticata –é stata come una pugnalata dietro la
schiena constatare che non avevi nessuna fiducia in me, che non hai creduto,
neanche per un secondo, che avrei voluto starti vicino nonostante tutto-
-Mark...- con le ginocchia che le
tremavano leggermente Sasha si alzò dalla poltrona, era arrivato il momento di
porre fine alla discussione –Vivian Trent non é morta in quell’incidente
stradale, ma in una piccola cella in Colombia tanti anni fa, la ragazza che hai
creduto di salvare non esisteva già più-
-Non ti credo- la smentì sicuro.
-Le persone cambiano Mark- con passo
deciso si diresse verso la porta, decidendo vigliaccamente di non guardarlo in
faccia.
-La strada che ti sei scelta non porta
da nessuna parte, solo verso l’autodistruzione, non puoi continuare a scappare
per sempre-
-Stammi lontano- gli intimò con un tono
duro che non aveva mai usato con lui –non hai la minima idea di cosa sia capace
ora-
Preoccupato Mark si voltò a fissare la
porta chiusa dalla quale lei era appena uscita, chiedendosi vagamente come si
salvava qualcuno che credeva di non meritare di essere salvato?
Sasha rimase a lungo seduta in macchina
con gli occhi chiusi, le mani strette sul volante, in un flebile tentativo di
calmarne il tremito, l’incontro non era andato esattamente come aveva pianificato.
Come aveva potuto pensare di poterlo affrontare con calma e razionalità?
Era stato uno sbaglio, tutta questa
faccenda era stata uno sbaglio, avrebbe dovuto lasciare che Etienne andasse da
solo dietro a Sergej mentre lei abbandonava Londra e in silenzio spariva
nell’ombra per l’ennesima volta.
Ma non era mai troppo tardi, ora tornava
in albergo, lasciava il foglio con l’indirizzo che aveva sotratto dal file di
Mark, una missione era pur sempre una missione dopo tutto, e poi prendeva il
primo aereo che lasciava il paese, senza guardarsi indietro.
Accese il motore e sgommando uscì dal
parcheggio, con la strana sensazione di stare per compiere un’enorme sbaglio.
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Capitolo 23 *** Le verita' nascoste I ***
Etienne non poteva credere di essere caduto talmente in
basso, entrare con scasso nella casa di un ex della sua ragazza, davvero
patetico, ma a mali estremi estremi rimedi, ne aveva abbastanza di bugie e mezze
verità, quella sera si sarebbe fatto raccontare tutto, era convinto che questo
Mark avrebbe potuto fornirgli i tasselli mancanti del passato di Sasha, che lei
custodiva così gelosamente.
La casa era buia e vuota, aveva visto una donna uscire
una ventina di minuti prima, sperava che sarebbe stata via a lungo, o almeno il
necessario per consentirgli di fare quattro chiacchere con il fidanzato
misterioso.
Mark era stanco morto, non vedeva l’ora di sedersi sul
suo comodo divano con in mano una birra fredda e rilassarsi, la giornata non era
stata delle migliori.
Quando aprì la porta di casa si meravigliò nel trovarla
completamente al buio, dove era finita Annie?
-Annie?- ma non ricevette risposta, forse era
uscita.
Trovò un biglietto sul frigo “Mia sorella ha avuto
un’altra delle sue crisi, la cena é nel microonde, ti chiamo appena posso”,
chissà quale perdente l’aveva mollata questa volta, pensò lui, aprendo il frigo
e stappandosi la tanto agognata bottiglia, dopo il primo sorso si sentì subito
meglio, fù allora che ebbe la netta sensazione di non essere solo.
Lentamente estrasse la pistola e rasente al muro si
diresse nel salotto.
-Oh andiamo, se avessi voluto ammazzarti l’avrei già
fatto!- spiegò una voce dal buio e dal vago accento britannico.
Sempre con la pistola puntata Mark accese la luce, per
trovarsi davanti uno sconosciuto, che se ne stava tranquillo seduto su una delle
sue poltrone con le braccia conserte e le gambe accavvallate.
-Chi sei?- se muoveva solo un capello gli
sparava.
-Il tuo incubo peggiore?- al momento era ciò che
desiderava essere per il suo avversario, ma dalla sua espressione capiva che non
era il caso di tergiversare –non la bevi eh? Un collega in cerca di informazioni
suona meglio?-
-Che tipo di informazioni? E soprattutto come sei
entrato?- chiese senza abbassare la pistola.
-Trucchi del mestiere, ora abbassi il cannone o mi devo
vedere costretto a farti del male?- non era certo un comportamento
professionale, ma avrebbe goduto nel dargli un paio di pugni.
Lui geloso, da non credere!
-Non usare la tattica del duro con me, non funziona- e
poi in tono freddo –cosa vuoi?-
-Informazioni, mi pare di avertelo già detto- ripeté
scocciato –informazioni su Sasha-
-Chi?-
-Sasha, la moretta a qui per poco non sparavi l’altro
giorno- che gli avesse raccontato l’ennesima bugia? Si chiese con un moto di
rabbia, gliela avrebbe pagata molto cara.
-Oh....- abbassando la pistola e domandò –il tizio della
macchina?- sempre con l’arma pronta si prese la birra dalla cucina e si
stravaccò sul divando, a debita distanza dal suo “ospite”.
Etienne lo guardò sorpreso, niente più paura dello
sconosciuto nel salotto di casa? Ma erano normali questi americani?
-C’é un codice di comportamento tra colleghi, mi auguro
che lo rispetterai- spiegò bevendo un sorso dalla bottiglia, e notando
l’occhiata che gli lanciò l’altro continuò con –la mia ospitalità non si estende
ai rinfreschi, dimmi cosa vuoi sapere e poi sparisci, prima che mia moglie torni
a casa-
Così facile? Si chiese Etienne sconcertato, che fosse
davvero pronto a dirgli tutto quello che voleva sapere?
-Non é che stai per raccontarmi un mucchio di bugie
vero?- chiese sospetto –perché allora mi incazzo maledettamente!-
-Dipende da cosa vuoi sapere- non era ancora sicuro, se
la presenza dell’agente britannico nel suo salotto fosse una cosa buona o
meno.
Etienne rimase interdetto per un attimo, cosa voleva
sapere? Dannazione! Lui voleva sapere tutto!
-Con quale nome la conoscevi?-
-Quello vero-
-Quello vero!- ripeté sorpreso –perché l’ha un nome
vero?-
-Vivian Trent- rispose, ancora combattuto sulla decisione
di accontentarlo e dargli le informazioni che chiedeva, di certo Vivian non
gliene sarebbe stata grata.
Vivian, che nome pensò lui, gli piaceva di più Sasha,
Vivian ti faceva pensare ad una ragazza piccola e dolce, non ad una che aveva
tante spine quanto un cactus!
-Come mai non lavora più alla NSA? Ha tradito o é stata
buttata fuori?- volle sapere.
-Ha semplicemente lasciato l’incarico- rispose
vago.
-E i suoi superiori l’hanno “semplicemente” lasciata
andare? Una con le sue abilità!- esclamò incredulo, c’era dell’altro sotto se lo
sentiva.
-Si se...se tutti fossero stati convinti che Vivian Trent
é morta in un incidente stradale-
-Spiegati-
-Vivian ha inscenato la sua morte per poter lasciare il
paese senza destare sospetti-
Molto teatrale come uscita di scena, ma efficace se si
voleva sparire.
-Andiamo, non costringermi a strapparti di bocca ogni
minimo dettaglio!- disse esasperato all’espressione ancora circospetta di
lui.
-Sono cose molto private quelle che vuoi sapere, non mi
piace spettegolare sulle altre persone. Perché non chiedi a lei i dettagli?- che
alla fine fosse venuto da lui per avere informazioni che potessero nuocerle?
Allora gli avrebbe sparato, qui nel salotto di casa sua.
-Perché se la conosci bene quanto credo, sai benissimo
che le sue labbra sono cucite, e a doppio filo direi- rispose sarcastico e a
corto di pazienza, non era abituato a giustificare le sue
motivazioni.
Si quella era delle caratteristiche di Vivian che
riconosceva, se aveva un segreto se lo sarebbe portato fino alla
tomba.
Chi era questo tizio per lei?
-Che tipo di rapporti ci sono tra voi due?- chiese a
brucia pelo –se siete solo colleghi come dice lei, allora...-
-Come dice lei?! Quando vi sareste incontrati
esattamente?- chiese minaccioso, ecco dove era sparita! L’idea che fosse
andata ad incontrarsi con un vecchio amante non gli piaceva affatto.
-Non te l’ha detto?-
-È stata molto evasiva come al solito- anche perché non
l’aveva ancora vista da quando aveva lasciato la loro stanza d’albergo quella
mattina.
Mark osservò con attenzione l’uomo, era arrabbiato per
l’omissione di informazioni da parte di una collega in missione, oppure, era
arrabbiato come solo un fidanzato geloso lo poteva essere? Per la prima volta da
quando lui era comparso, si chiese se magari non avesse trovato un’alleato.
Qualcuno che avrebbe potuto convincere Vivian a districarsi dal tipo di vita in
cui era finita e che magari l’avrebbe aiutata a chiudere ferite, che anche a
distanza di anni, stavano ancora sanguinando. Era disposto a correre dei rischi?
Dopo tutto non sapeva nulla di lui.
-Sei al mia ultima spiaggia- gli disse allora Etienne,
avvertendo la reticenza dell’altro –altrimenti non mi sarei mai sognato di fare
questa visita, la trovo alcuanto degradante viste le circostanze. Sono mesi che
le corro dietro, ma vengo sempre tentuto e debita distanza, ho provato in tutti
i modi ad abbattere le barriere che si é costruita attorno con tanto
accanimento, ma con scarsi risultati, mi servono le munizioni giuste-
I due si scambiarono un lungo sgurdo
silenzioso.
Mark in quel momento prese una decisione
-Ci sono delle premesse da fare prima- iniziò piano –il
padre di Vivian é stato il direttore operativo della NSA per diversi anni. Dopo
la morte della madre, quando lei aveva poco più di sei anni, lui iniziò a
portarsela in ufficio, dal principio di nascosto, ma con il passare del tempo la
bambina divenne una specie di mascotte, e praticamente venne cresciuta tra spie,
agenti e intrighi internazionali.
Mentre le sue coetanee andavano a lezione di balletto,
lei imparava arti marziali letali e come montare e smontare armi, prima dei
diciotto anni aveva ricevuto l’addestramento base che in genere si da ad un
marines-
-Entrando all’NSA voelva seguire le orme del padre
allora?- dire che era sorpreso era un eufemismo, lui aveva avuto un
addestramento meticoloso, ma non ci era praticamente cresciuto
assieme.
-Non proprio, ha tentato di fare carriera altrove prima,
l’esercito, qualche anno nella CIA, solo dopo la scomparsa del padre durante
un’operazione si é decisa a fare domanda, e con le referenze di cui disponeva é
stata subito accettata- inquieto Mark lasciò il suo posto sul divano e si
diresse alla finestra, osservando il vicinato, ma senza realmente vederlo, ora
avrebbe dovuto raccontargli la parte difficile della sua storia –io e lei ci
conoscemmo tramite il padre, quando finalmente venne a lavorare all’agenzia, ci
frequentevamo già da tempo-
-Fammi un favore, sorvola sui vostri rapporti romantici
se non ti dispiace!- ci mancava solo che gli raccontasse quanto erano stati
felici insieme.
Al tono duro Mark gli rivolse un’occhiata strana,
definitivamente un fidanzato geloso, pensò, ma bene.
-Nell’ufficio venne prontamente accettata, e quasi tutti
la consideravano un’agente eccellente-
Etienne dedusse che la parola chiave della storia era
quel “quasi”, ma rimase in silenzio ad aspettare che Mark finisse il suo
racconto.
-C’era qualcuno che invece la detesta cordialmente e non
ne faceva mistero, Simon Kay. Simon era un maschilista puro, e non gli andava
giù che Vivian fosse riuscita ad entrare tanto facilmente tra le fila della NSA,
la considerava una raccomandata e poco affidabile inquanto donna.
Le cose degenerarono quando un giorno Vivian gliele ha
suonate nella palestra, difronte ad una schiera di spettatori, era stanca
del suo spettegolare alle sue spalle e gli intimò di lasciarla in pace e di
starle alla larga. Inutile dire che Simon iniziò ad odiarla seriamente dopo
l’episodio, ma nessuno si aspettava che lui sarebbe sceso talmente in
basso-
-Cosa accadde?-
-Kay venne incaricato di dirigere una missione di
recupero di alcune armi, sottratte da un deposito americano per mano di un
cartello di trafficanti colombiani, gli Ortega- lo sentì trattenere il respiro
al nome, allora la storia aveva fatto il giro anche oltre oceano –i migliori
furono scelti per quella missione e Vivian era tra loro, sarei dovuto andare
anche io, ma ero impegnato altrove, e quando tornai era troppo tardi, erano già
partiti.
Il gruppo riuscì a recuperare le armi, ma qualcosa andò
storto, non tutti rientrarono alla base...quel bastardo di Kay aveva lasciato
Vivian in mano ai colombiani-
-No!- nel silenzio della stanza il sussurro pieno di
angoscia di Etienne rimbombò come uno sparo.
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Capitolo 24 *** Le verita' nascoste II ***
Mark rimase perso nei ricordi per
qualche minuto, la disperazione che aveva provato quando gli avevano dato la
notizia, la rabbia nel sapere che Kay aveva architettato tutto sin dall’inizio
e il dolore che ne era scaturito per lui e per Vivian, tutto per colpa di quel
geloso figlio di puttana!
-Kay non pagò mai le conseguenza delle
sue azioni, aveva fatto tutto secondo il manuale e aveva portato a termine la
missione con minime perdite, ed anche se tutti sapevano cosa c’era sotto, la
commissione non lo poteva condannare senza prove più concrete-
-Quanto tempo é rimasta prigionira dei
colombiani?- chiese con difficoltà.
-Quasi tre settimane- rispose mesto.
-Mio Dio!- doveva esserle accaduto di
tutto in un periodo talmente lungo, era un miracolo che fosse sopravvissuta.
-In quel periodo il direttore operativo
era un vecchio amico del padre di Vivian, in una missione non ufficiale mi
accompagnò in Colombia per cercare di salvarla- chiuse gli occhi tremando al
ricordo –quando la trovammo, desiderai con tutto il cuore che l’avessero
ammazzata, sarebbe stato più misericordioso-
All’improvviso Mark si ritrovò
nuovamnete in una cella buia e fetida, con davanti il corpo nudo e martoriato
della donna che amava, con gli occhi pieni di lacrime l’aveva coperta,
sollevata delicatamente tra le braccia e l’aveva portata in salvo.
-Le cicatrici sulla schiena- sussurò,
inconsapevole di aver parlato a voce alta e strappando l’altro a ricordi
dolorosi.
-Ortega aveva un tirapiedi abile con la
frusta- se le aveva notate voleva dire che i loro raporti erano davvero intimi
–la riportai a casa non appena possibile e rimase due settimane in ospedale-
-Che fina ha fatto questo Kay?- il tono
era piatto, ma la mente stava già elaborando dieci modi diversi per ammazzarlo.
-Morto- rispose con un sospiro –una
settimana dopo essere uscita dall’ospedale Vivian decise di ritornare a
lavorare, feci di tutto per convincerla a prendersi un periodo di pausa, ma non
mi stette a sentire, una luce strana le brillava nello sguardo, fredda, calcolatrice,
ed io ero terrorrizzato; aveva iniziato a tenermi a distanza, non voleva che le
parlassi anche solo velatamente, di quello che era successo in Colombia, si
comportava come se nulla fosse accaduto.
Iniziò a peseguitare Kay, non in maniera
aperta, ma in modo subdolo e terrificante, una specie di gioco del gatto con il
topo, lo stava facendo impazzire, lui non la poteva attaccare apertamente,
perché dopo quello che aveva fatto, i colleghi non lo vedevano di buon occhio,
e fuori non riusciva mai a coglierla sul fatto o ad anticipare le sue mosse. In
ufficio lei lo ignorava, ma Dio solo sa cosa gli combinava fuori. Il gioco andò
avanti per due settimane, fino a quando Vivian decise di finirlo, lo fece fuori
facendolo sembrare un incidente e procurandosi un alibi di ferro.
Sapevo che sarebbe andata a finire a
quel modo ma non ho mai fatto nulla per fermarla, non seriamente per lo meno,
nel profondo ero convinto che il bastardo si meritasse tutto quello che gli
stava accadendo, ma non mai soffermato a pensare a cosa stesse accadendo a lei.
Eravamo diventati due estranei,
raramente mi faceva varcare la soglia di casa, non sapevo da dove iniziare a
sciogliere il muro di ghiaccio che aveva eretto tra di noi, non mi ha mai
permesso di aiutarla, nonostante sapesse che avrei fatto di tutto per lei-
Etienne rimase sconcertato dal tono
sofferente, lui aveva i sudori freddi solo a sentire il racconto, cosa dovevano
aver passato invece i diretti interessati?
-Vivian mise in vendita la casa dove era
nata e cresciuta,- continuò a raccontare -non riuscivo a capacitarmene, sapevo
come era affezzionata a quel posto, ho chiesto spiegazioni, cercando ancora una
volta di starle vicino, ma fù molto evasiva e una setttimana dopo la
finalizzazzione della vendita capii il perché-
-Il finto incidente?- chiese, ma sapeva
già la risposta.
-Fù archiviato come incidente, ma tutti
furono convinti che si fosse trattato di suicidio, un’esperienza come quella
avrebbe provato il più duro dei combattenti, figuriamoci una ragazza come
Vivian. Ma io sapeva che non era vero, la mattina dell’incidente trovai
l’anello di fidanzamento che le avevo regalato sulla mia scrivania, e con
qualche ricerca scoprii che i soldi ricavati dalla vendita della casa erano
scomparsi nella rete bancaria in una serie di trasferimenti, così Vivian Trent
riuscì a sparire senza lasciare traccia-
-Mio Dio!- ripeté Etienne ancora una
volta.
-Non é finita qui- se voleva sapere la
verità dietro al comportamento freddo e distaccato di Vivian, tanto valeva
dirgliela tutta –hai mai sentito la storia riguardante la scomparsa della
famiglia Ortega?-
-Chi non l’ha sentita, gli Ortega erano
una delle famiglie più ricche e potenti del Sud America, trafficavano in tutto,
droga, prostitute, persone, ma soprattutto armi- rispose automaticamente con la
mente impegnata altrove.
-È stata lei- con le gambe leggermente
instabili si risedette sul divano, mettendo da parte la birra ormai calda.
-Scusa?- di sicuro non aveva capito
bene.
-Sono sicurissimo che é stata lei-
ripeté.
-Ma é stato un massacro! La villa di
Ortega venne rasa al suolo con tutti i suoi occupanti ancora dentro, e tutte le
sue guardie trucidate da un piccolo drappello di uomini. La convinzione
generale al tempo, era che si fosse trattato di una rappresaglia da parte di
una famiglia di avversari-
-Già, quello é lo stile di Vivian, si é
vendicata di quello che le avevano fatto con gli interessi-
La storia aveva suscitato scalpore e
preoccupazione al tempo, ci mancava solo che si iniziasse un feudo tra
trafficanti per rendere il clima internazionale ancora più teso, ma quando poi
non successe nulla di altrettanto cruento e non si riuscirono a trovare tracce
degli autori della carneficina, tutti avevano tirato un sospiro di sollievo.
Etienne era senza parole, poteva solo
indovinare quanta rabbia e quanto dolore si era celato dietro azioni talmente
estreme, non poteva condannarle, c’era un verme in meno al mondo, ma quali
conseguenze avevano avuto su di lei? Sapeva un paio di cose sulla sete di
vendetta, e una di queste era che non ti portava la pace che uno si sarebbe
aspettato.
-La mercenaria che chiamano la dea di
ghiaccio é lei non é vero?- volle sapere allora Mark.
-È lei-
-Santo cielo, qualcuno la deve fermare
rpima che si faccia ammazzare!- lo guardò con un’occhiata significativa, voleva
fargli capire l’urgenza della situazione –la strada che sta percorrendo é stata
scelta per disperazione, un modo per tenere a bada i fantasmi, non perché fosse
allettante o perché si fanno ottimi guadagni, si sta distruggendo.
Vivian era...era diversa prima della
Colombia, sapeva come mitigare parole dure con un gesto gentile, i suoi occhi
brillavano di una luce calda, invece che duri e vuoti come ora. Quando si é
risvegliata in ospedale, mi sono accorto che la persona che conoscevo non c’era
più, ma ero e sono ancora disposto a fare di tutto per riportarla indietro!-
Etienne lo guardò sconcertato a quel
discorso, e non tanto sicuro che stessero parlando della stessa persona, stavano
davvero parlando del suo piccolo cactus?
Ma non ebbe tempo di formulare una
risposta perché i fari di una macchina che parcheggiava nel vialetto
d’ingresso, illuminarono la stanza.
-Dannazione! Quella è mia moglie Annie,
devi....sparire-
Quando si era voltato verso la poltrona
il posto era già vuoto, Mark pregò per l’ennesima volta di aver fatto la scelta
giusta.
Etienne camminava con passo lento per i
vicoli bui della città, il racconto di Mark che gli vorticava in testa come un
mare in burrasca, mentre cercava di rimettere ordine nel caos, impresa non
semplice. Era andato in cerca di risposte e le aveva trovate, solo non sapeva
se erano quelle che si aspettava. Come si si aiutava qualcuno a scendere a
patti con qualcosa di talmente doloroso? Con qualcosa dalla quale si è cercato
di scappare, ogni giorno per anni, ora
il fatto che Sasha non avesse una fissa dimora acquistava tutto un’altro
significato e dava concretezza a quello che già sospettava da tempo, che stesse
scappando, ma ora sapeva da cosa.
Con lo sguardo vuoto alzò gli occhi
verso il cielo, il cuore che batteva dolorosamente nel petto, aveva delle
decisioni da prendere e un piano da formulare, se non stava attento l’avrebbe
persa per sempre, ma non ci teneva neanche a rigirare il coltello nella piaga,
che disastro, pensò con un sospiro.
Voleva andare da lei ora, stringerla tra
le braccia e convincerla che con lui sarebbe stata al sicuro, che avrebbe
sconfitto i demoni che la perseguitavano da anni, ma lei non glielo avrebbe mai
permesso, lei doveva sempre fare la fredda e distaccata mercenaria, quella che
non aveva bisogno di nessuno, tanto meno di lui.
I ricordi della loro prima notte insime
si fecero strada con forza nella sua mente, era stata diversa quella
notte, quella notte era riuscito a
toccare e a far emergere quella parte di lei che veniva tenuta sempre sotto
stretto controllo, per un breve momento passione e tenerezza avevano fatto
crollare la maschera di indifferenza che era diventata una seconda natura per
lei.
Come sarebbe stato vederla sempre a quel
modo? Vederla rilassata e sorridere più spesso? Perchè ora che ci faceva caso,
l’aveva vista sorridere raramente da quando l’aveva incontrata, forse era
arrivato il momento di rischiare tutto e sperare che la fortuna fosse dalla
sua, se l’aveva vinta, il premio avrebbe
surclassato di gran lunga ogni sua più fervida immaginazione.
Con passo svelto e sicuro, si diresse
verso l’albergo, pregando tutti i santi che lei non se ne fosse già andata.
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Capitolo 25 *** The game is out. ***
Sasha stava saltellando su e giù, cercando di infilarsi
lo stivale, quando la porta della stanza si aprì e Etienne comparve sulla
soglia.
Maledizione! Era quasi riuscita a svignarsela senza dare
nell’occhio, aveva incaricato Jules di controllare l’indirizzo che gli aveva
dato e lui non si sarebbe minimamente preoccupato di dove andava lei, allora si
era cambiata e si era preparata ad andarsene, sperando che Etienne non
arrivasse, ora avrebbe dovuto iniziare ad inventare una serie di bugie per
toglierselo dai piedi.
-Era ora!- sperò che il tono di voce suonasse
adeguatamente seccato –Jules ha trovato qualcosa, sta controllando un indirizzo,
credo siamo sulla pista giusta-
Pronta a sfruttare al meglio le sue doti di attrice, si
voltò a guardarlo, ma le parole le si strozzarono in gola alla vista della sua
espressione.
-Che c’é?- sembrava che gli fosse morto
qualcuno.
-Dobbiamo parlare- le disse chiudendo piano la porta e
rimanendovi appoggiato contro, bloccandole così una via di fuga.
-Dall’espressione che hai sembra che sia successo
qualcosa di irreparabile- cercò di mantenere un tono leggero, ma dentro tremava,
sopraffatta da uno strano presentimento.
-Ho appena avuto un’interessante conversazione con il tuo
amico...Mark Hamilton- la bomba era esplosa, sperava solo di riuscire a limitare
lo spargimento di sangue.
-C-cosa?- sgranò gli occhi e istintivamente fece un passo
indietro, allontanandosi da lui.
-Sono andato a trovare il tuo amico Mark- chiarì
guardandola dritta negli occhi –e mi ha raccontato una storia molto
interessante-
-No...- sapeva tutto! Glielo leggeva in faccia, Mark gli
aveva raccontato ogni cosa!
-Sasha, perché non mi hai mai...- iniziò, ma lei non lo
fece finire.
-Come ti sei permesso!- lo interuppe furiosa –non avevi
nessun diritto di intrometterti nei miei affari privati!-
-Ero preoccupato- ribattè calmo –ti stavi comportando in
maniera strana, anzi ti sei sempre comportata in maniera strana con me. Tutti
quei tira e molla, il tenermi sempre lontano, non mi hai mai offerto una
spiegazione che avesse senso!-
-Allora hai deciso di andare a ficcanasare per conto tuo!
Non posso credere che Mark abbia spiattellato tutto!- poi colta da un sospetto
gli chiese –l’hai per caso pestato a sangue?-
-Non gli ho torto un capello- rispose, un pò annoiato che
lei si preoccupasse ancora per lui.
-Non ne avevate dirito! Nessuno dei due! La mia vita
privata non è cosa che vi riguardi!- ribadì.
-Come puoi dire una cosa del genere, dopo quello che c’é
stato tra di noi!- invei staccandosi dalla porta e andandole vicino.
-C’è stato solo sesso Etienne, senza significato- ma
erano solo parole vuote e prive di fondamento e lei ne era consapevole
–piacere senza legami, era quello che abbiamo stabilito nel mio
appartamento-
-Tu l’hai stabilito, io ho accettato solo per farti stare
più tranquilla- chiarificò serio –basta nascondersi Sasha, non ti sei ancora
stancata di tutti questi sotterfugi? Perché io sono sicuro di averne avuto
abbastanza-
-Ti è andato in pappa il cervello!- lo prese in giro, ma
con l’espressione di un animale braccato, che si era appena reso conto di non
avere nessun altro posto in cui scappare–ti comporti in maniera talmente
appiccicosa con tutte le ragazze che ti scopi per una notte?- domandò
caustica.
Capì immediatamente di aver detto la cosa sbagliata,
quando vide i suoi occhi scuri accendersi di furia.
-Dannazione a te!- le gridò contro, afferandola per le
spalle e scuotendola –io ti amo maledizione!- gli sfuggì
innaspettatamente.
Silenzio assoluto accolse la notizia, Etienne si pentì
subito di averglielo detto a quel modo, con un tono rabbioso che non quel tipo
di dichiarazione non aveva niente a che fare.
-Tu sei impazzito- gli disse a voce bassa e scostandosi
le sue mani da dosso con un gesto brusco.
Sasha non aveva intenzione di rimanere un minuto di più
in quella stanza, quasi correndo si diresse verso la porta, ma la mano di lui
premuta contro il pannello di legno non le permise di aprirla.
-Lasciami passare- gli intimò minacciosa, cercando di
controllare l’ondata di panico e paura che minacciava di sommergerla.
-Io ti amo dolcezza- le ripetè piano tra i capelli –passa
il tuo tempo a scappare se ti va, ma non scappare da me-
No, no, no....gridava il suo cervello, mentre il battito
del cuore le rimbombava nelle orecchie, facendosi quasi assordante, come era
possibile che le stesse capitando una cosa del genere, lei era la dea di
ghiaccio, non aveva bisogno dell’amore di nessuno!
Ma in un angolino buio del suo cuore, il germoglio della
speranza era appena sbocciato, nutrito dal calore irradiato dalle parole di
lui.
-Come puoi dire di amarmi se non sai nemmeno chi sono?-
gli chiese con voce malferma, e cercando di sciogliere il nodo che le si era
fermato in gola.
-So quello che mi basta- le braccia di lui le cinsero la
vita abbracciandola –sei la ragazza che ha rischiato tutto per venirmi a salvare
in quella fabbrica abbandonata, sei la ragazza che ho baciato al chiaro di luna,
in una delle città più romantiche del mondo, sei la ragazza che ho tenuto
stretta a me in una fredda notte d’inverno, sei il mio piccolo cactus tutte
spine...-
-Oh smettila!- tremando si scostò da lui, allontanandosi
di qualche passo, per pochi istanti si era fatta sedurre dalla sua voce morbida
e bassa che sussurrava parole dolci e appassionate, parole in grado di aprire
quelle porte che credeva chiuse per sempre.
-Così sei in vena di sentire storie stasera, non é vero?-
gli chiese spavalda, gli avrebbe raccontato esattamente come stavano le cose e
gli avrebbe fatto capire che lei era solo una finzione, che non era la persona
che credeva –perchè allora ti posso riferire la mia versione dei fatti. Mark ti
ha raccontato che fine ha fatto la famiglia Ortega? Credo di si, dal tronde è
una storia che ha fatto il giro del mondo, nessuno é mai riuscito a
scoprirne gli artefici, ma sono sicura che almeno lui è riuscito a fare
2+2.
Vuoi sapere i dettagli Etienne? Vuoi sapere come sono
stata fortunata ad avere tutta la famiglia sotto lo stesso tetto per una bella
riunione? O come il piccolo drappello di uomini che ero riuscita a mettere
insieme si è infiltrato nella casa ammazzando chiuque gli capitasse
davanti?-
-Sasha...- gli si spezzò il cuore alla vista del profondo
dolore che le si leggeva negli occhi.
-Ora viene la parte interessante, c’erano cinque bambini
alla villa quando l’ho fatta saltare in aria, lo sapevi? Ho ammazzato Enrique
Ortega con le mie mani, e poi ho fatto saltare le cariche di esplosivo che avevo
posizionato in tutte le possibili vie di fuga, intrappolando tutti i suoi
occupanti e lasciandoli morire come topi!-
-Sasha no...-
-Ora dimmi ancora che mi ami Etienne!- la sua risata
amara gli fece accapponare la pelle –un’assassina spietata e dal sangue freddo,
ecco quello che sono diventata quella notte, senza anima e senza
morale-
Questa volta quando Sasha si accinse ad aprire la porta
lui non la fermò.
-Sai perchè ho lasciato l’NSA Etienne?- chiese
all’improvviso enza voltarsi –perchè non sopportavo più il modo in cui i miei
colleghi avevano iniziato a guardarmi, con lo stesso sguardo carico di pietà che
hai tu in questo momento-
E se ne andò chiudendo piano la porta.
-Non è pietà dolcezza- bisbigliò lui alla stanza vuota
–ma comprensione e amore-
Sconfitto si lasciò cadere sul letto, aveva giocato
d’azzardo e aveva perso, lui non era bastato per sconfiggere i fantasmi del
passato.
Non le sarebbe andato dietro, non ora, nello stato
d’animo in cui era, molto probabilmente questa volta, gli avrebbe sul serio
piantato una pallottola dritta in mezzo al cuore, avrebbe portato a termine la
sua missione e poi l’avrebbe inseguita fino in capo al mondo, non se la sarebbe
lasciata scappare.
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Capitolo 26 *** Una notte buia. ***
La macchina sfrecciava nel traffico
cittadino senza una meta precisa, sotto la luce artificiale dei lampioni le vie
sembravano tutte uguali e senza importanza per la persona che stava al volante.
Sasha cercava invano di concentrarsi
sulla guida, per impedire di venir soprafatta dalla disperazione, nella sua
mente continuava a rivivere la scenata appena svoltasi nella stanza d’albergo,
mentre pezzi di ricordi sepolti dagli anni, tornavano a tormentarla
crudelmente.
Quasi a corto di benzina, frenò di botto
inchiodando la macchina in una strada poco illuminata, tremante incrociò le
braccia sul volante e vi posò sopra la testa con un singhiozzo sofferente, gli
occhi le bruciavano, ma le lacrime non volevano scendere, neanche se la
ricordava più l’ultima volta che aveva pianto.
Sentendosi come una tigre in gabbia,
scese dalla vettura e ad occhi chiusi respirò a pieni polmoni l’aria fredda
della sera, dandosi un’occhiata attorno si accorse con sorpresa di essere in
una zona familiare, non si era resa
conto di aver imboccato l’uscita che l’avrebbe portata fino a quel posto.
Fece qualche passo lungo il muro di
mattoni rossi e si fermò davanti ad un cancello, era chiuso, lo immagginava
vista l’ora, lo sguardo le scivolò lungo il viale rischiarato debolmente dalla
luce della luna e quella tenue dei lampioni sulla strada.
Colta da un impulso improvviso lo
scavalcò, e pochi secondi dopo atterrò con un salto dall’altra parte, anche al
buio sapeva in quale direzione andare.
Ignorando l’atmosfera tetra e surreale,
si incamminò tra le file di lapidi fino a che trovò quello che cercava, due
croci su un piedistallo, la scritta su una diceva:
“Jessica
Trevor Trent
Madre devota”
Mentre sull’altra:
“Jack Trent
Collega
stimato e padre affezionato”
Accanto ad ognuna c’era un mazzo di
fiori appassiti da tempo, molto probabilmente opera di Mark.
Come una arrivata allo stremo delle
forze, Sasha si lasciò cadere sull’erba accanto alle due tombe, non aveva
visitato quel luogo da quando aveva lasciato gli Stati Uniti, non che
importasse, visto che era convita che suo padre si stesse rivoltando nella bara
e sua madre non doveva essere affatto orgogliosa di quello che la loro bambina
era diventata.
Aveva rinnegato tutti gli insegnamenti
impartiti da suo padre, difendere i deboli, lottare contro le ingiustizie e
mantenere l’ordine e la sicurezza nel paese, suo padre era stato orgoglioso del
suo lavoro, lo svolgeva con diligenza e impegno, e nel corso degli anni aveva
cercato di trasmetterle la stessa passione, lei invece si era rivelata una
delusione.
La sua vita stava andando a rotoli, gli
anni passati a costruirsi un’esistenza ordinata erano stati cancellati dalle
poche parole che lei ed Etienne si erano scambiati in albergo. Quelle poche
parole erano state capaci di ridurre il suo piccolo mondo preciso in un cumulo
di macerie, catapultandola nuovamente nell’incubo che aveva cercato con tutte
le forze di dimenticare.
Non erano i ricordi della prigionia a
tormentarla, ma quello che era successo in Colombia dopo, se chiudeva gli occhi
riusciva ancora a vedere le fiamme che si alzavano alte dalla villa, le grida
di terrore e l’odore del sangue, e lei che con lo sguardo impassibile,
completamente ricoperta del sangue delle sue vittime, fissava fredda il
risultato della sua opera.
Si ricordava la voce di Gonzales, il
mercenario che l’aveva aiutata a reclutare il resto del gruppo, che le diceva
spaventato; “Ricordami di non pestarti mai i piedi chica”, tutti erano rimasti sconcertati dalla crudeltà dimostrata
dalla donna che li aveva assunti, e in quel momento neanche lei si era
riconosciuta.
Chi era quell’essere calcolatore senza
nessun rispetto per la vita umana? Chi era quella donna acceccata dalla sete di
vendetta? Pronta a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo.
Quello che era diventata quella notte le
aveva fatto venire la nausea, non aveva guardato in faccia nessuno o fatto
distinzioni, tutti dovevano morire e così era stato, ed alla fine si era chiusa
nella piccola casetta dalle tegole rosse che aveva affittato, e non era uscita
per tre giorni.
Tre giorni in qui aveva sperato di
morire e di non sentire più il dolore sordo che le pulsava in petto, tre giorni
in cui la sua mente, ormai diventata insensibile, aveva finalmente registrato la
sua condotta barbarica, e tre giorni in cui si era resa conto che la sua
vendetta non aveva portato nessuna parvanza di pace ma solo altro dolore, e
rimorsi che si sarebbero affievoliti con il tempo ma non sarebbero mai
scomparsi.
Quando era uscita dal suo isolamento, le
erano state riferite le storie che avevano iniziato a circolare approposito
della “dea di ghiaccio”, le ci era voluto un pò per capire che stavano parlando
di lei, all’inizio si era fatta un paio di risate sarcastiche sulla cosa, ma
poi aveva deciso che le si addiceva, Vivian Trent era scomparsa per sempre, se
le serviva una nuova identità perché non
quella?
Gonzales le aveva proposto di entrare in
società con lui e lei aveva accettato, le aveva permesso di entrare
nell’ambiente dei mercenari a pagamento, di farsi conoscere e di crearsi un
nome, e che nome, uno dei più ricercati e temuti.
Un rumore improvviso, proveniente dal
folto degli alberi la fece irrigidire, drizzando le orecchie fece scivolare una
mano allo stivale, dove teneva il coltello.
-Porti ancora uno dei tuoi affilatissimi
coltelli legati alla caviglia?- chiese una voce dall’oscurità.
-Cosa ci fai qui?- lui era l’ultima persona che aveva voglia di
vedere al momento.
-Speravo di trovarti in questo posto, ho
pensato che magari una visita alle loro tombe era in programma, specialmente
stasera-
-Come hai potuto Mark?- lo attaccò
arrabbiata –non avevi nessun diritto di raccontargli nulla!-
Mark fece qualche passo titubante sul prato
buio e le si sedette accanto, riusciva a malapena a vederla, ma forse per
quello che dovevano dirsi era meglio così, l’oscurità ti dava un senso di
anonimato e sicurezza.
-Si é presentato nel salotto di casa e
ha preteso informazioni, che potevo fare, sparargli?-
-Sarebbe stato preferibile!- sbottò
senza convinzione.
-Chissa perché, ma non credo che me ne
saresti stata grata-
-Non sai quello che hai fatto Mark, non
era il caso di coinvolgere Etienne in qualcosa che non lo riguarda-
-Forse ho pensato che avevi bisogno di
un pò di compagnia, nel piccolo inferno privato che ti sei creata con le tue
stesse mani-
-Risparmiami la tua filosofia spicciola
ti prego!-
-In efetti la mia filosofia non ti é mai
piaciuta- ammise con un vago sorriso –gli ho raccontato tutto perché mi è
sembrato uno con il fegato necessario per contrastarti e perché mi é sembrato
di capire che a te ci tenga parecchio, altrimenti non sarebbe venuto da me-
-Ma proprio a me dovevano capitare tutti
gli uomini deviati!- sussurrò abattuta sfregandosi gli occhi con il palmo della
mano.
-Spiegami perchè l’idea di farlo
avvicinare a te ti terrorrizza così tanto? Eppure se la memoria non mi inganna,
uno amazzerebbe per stare al fianco di una donna come te-
-La filosofia spicciola sta riaffiorando
Mark, ed io non ho voglia di starti ad ascoltare stasera, hai combinato già
abbastanza danni-
Sasha stava per alzarsi e andarsene,
quando la mano di lui scattò e le afferrò il polso in una morsa micidiale
trattenendola.
-Questa volta non te ne vai, é ora che
abbiamo quella discussione che avremmo dovuto avere quasi sei anni fà- aumentò
la stretta, rendendo inutili i flebili tentativi di fuga di lei.
-Basta scappare- le intimò deciso –ormai
dovresti aver scoperto che non importa quanto corri lontano o veloce, il tuo
passato riuscirà sempre a starti dietro-
-Va al diavolo!-
-Insultarmi non ti servirà a nulla-
-Mio Dio Mark, come fai a non capire!-
gli gridò contro con voce rotta, era arrivata al punto di rottura, non avrebbe
retto ancora per molto.
-Spiegamelo-
Per diversi minuti gli unici rumori
attorno a loro furono il vento freddo, che soffiava leggero tra le fronde degli
alberi, e il suono attutito del traffico cittadino.
Quando alla fine Mark si convinse che
lei non gli avrebbe raccontato nulla, il suono improvviso della sua voce lo
fece quasi sobbalzare.
-Quello che sono diventata quella notte
mi terrorrizza- ammise per la prima volta a voce alta –sapevi che nella villa
c’erano cinque bambini?-
Lo sapeva, aveva letto tutti i rapporti
delle autorità del luogo e quelli del medico dell’obitorio.
-Tu lo sapevi?- volle sapere.
-No, ma non fa alcuna differenza...-
-Avresti attaccato lo stesso la villa se
l’avessi saputo?-
Ci pensò sù, sarebbe andata avanti con
il piano se avesse saputo che nella villa erano presenti dei bambini? Non ne
era sicura, magari sarebbe stata più cauta e scelto i suoi bersagli con più
cura, ma ora non c’era modo di esserne certi.
-Onestamente? Non lo so- lo sguardo le
si perse nel buio mentre i ricordi di
quella terribile notte le scorrevano vividi davanti agli occhi –ero come
impazzita quella notte, l’unico pensiero riccorrente era quello di farli fuori tutti,
senza eccezzioni, dal primo all’ultimo e ci sono riuscita, solo che sono
riuscita anche a coinvolgere persone innocenti nel processo-
-Ti sei sentita meglio dopo?-
-Ho avuto incubi per mesi!- rise, ma
senza allegria –e li ho tuttora adesso. Tu ed Etienne credete di conoscermi, ma
siete due poveri illusi, non sapete che
razza di mostro possa diventare-
Mark non le aveva ancora lasciato il
polso, percepiva chiaramente i violenti tremiti che le stavano scuotendo il
corpo, doveva aver raggiunto il limite, tenersi dentro cose del genere per
tutti questi anni ti logorava.
-Magari credi che nessuno possa capire
cosa hai passato in quei momenti, ma non hai mai dato a nessuno la possibilità
di provare a comprendere, non sei un’assassina capace solo di atti brutali
Vivian...-
-Come puoi dire una cosa del genere,
dopo...dopo...- detestò con tutto il cuore la voce incrinata che ne era venuta
fuori.
-Un mostro senza anima a quest’ora non
sarebbe qui a crogiolarsi nei sensi di colpa, ripensando al passato- le disse
cercando di confortarla –é per questo che ti sei attaccata con tanta tenacia
alla tua immaggine di mercenaria fredda e spietata? Per tenere sotto chiave
quelle emozioni oscure che credi ora facciano parte di te?-
Sasha ebbe un sussulto, come aveva fatto
ad andare così vicino al centro del bersaglio?
Era per quello che cercava di non
lasciarsi andare, di tenere sempre sotto controllo, quello che la circondava e
i minimi dettagli del suo lavoro, una dimostrazione di violenza come quella
accaduta in Colombia non avrebbe più dovuto ripetersi, ma facendo così aveva
allontanto il resto del mondo da lei, le mura che si era costruita attorno tenevano
tutto dentro, ma allo stesso tempo tenevano anche tutto fuori, tenendo tutte le persone a debita distanza.
Ed era quello che aveva sistematicamente
fatto con Etienne, negando la sua attrazione per lui, relegando la loro notte
insieme ad un insignificante interludio piacevole, tenendolo lontano, ma
segretamente desiderando che tra loro ci fosse qualcosa di più e quello la
spaventava, se fosse esplosa di nuovo, sarebbe stata capace di fargli del male?
Il solo pensiero la terrorrizzava come poche cose in vita sua, trovarsi davanti
il corpo esanime di lui come conseguenza di un suo scatto d’ira l’avrebbe
annienatata.
-Non accadrà più- le disse come se le
avesse letto nel pensiero.
-Ne sembri estremamente sicuro-
-Sono sicuro che spesso, il dolore e la
sofferenza ci portino a compiere azioni che in genere non ci sogneremo mai di
fare, non condono ciò che hai fatto Vivian, ma credo che ti meriti delle
attenuanti, e sono sicuro che non avresti mai fatto del male a degli innocenti
deliberatamente- le lasciò il polso e si mise in piedi, avrebbe voluto
abbracciarla e consolarla in qualche modo, ma non era più un compito che
spettava a lui, forse era arrivato il momento di rimandarla dall’inglese –il
tipo di assoluzione che cerchi non te la può dare nessuno se non tu stessa,
credo che ti sia punita abbastanza in tutti questi anni. Perché non torni da
lui?-
-Perché a quest’ora sarà di sicuro
sparito dalla circolazione- rispose amara.
-Non ci scommetterei se fossi in te-
Pochi istanti dopo Sasha si ritrovò
sola.
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