Allah u Akbar!

di Niamey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il respiro prima del balzo ***
Capitolo 2: *** Tamburi di guerra ***
Capitolo 3: *** Il muro ***
Capitolo 4: *** La sortita ***
Capitolo 5: *** Giustizia Divina e giustizia umana ***
Capitolo 6: *** Chi tradisce il tradimento è un traditore? ***
Capitolo 7: *** La luce dell'alba ***



Capitolo 1
*** Il respiro prima del balzo ***


L'anno è il 1186 quella che sto per narrarvi è la storia di un giovane fante mussulmano, un proselito del grande generale Salāh al-Dīn; che compì un epico viaggio, alla ricerca di libertà e di virtù.
 
< Avanti, fissate bene quelle corde, non vorrete mica che il trabucco scagli il masso sui nostri uomini, vero? > urlò un luogotenente incitando i suoi uomini nella costruzione delle macchine d'assedio.
Le truppe del Sovrano Vittorioso erano appostate nella pianura vicino a Gerusalemme, dopo le rapide vittorie ottenute a Damasco e Aleppo, Saladino contava di annientare il regno cristiano che si era insediato nella Città Santa.
Tra i tanti uomini che correvano da una parte all'altra dell'accampamento, portando armi, legno e pece; possiamo scorgere la figura di Al-Malek, per ora nemmeno lui sa che avrà un ruolo decisivo nella guerra che sta per affrontare, e quindi più di tanto non disturbiamolo, guardiamo un po' meglio invece, la panoramica dello scontro.
Nella sala del trono di Gerusalemme i "signori della guerra" Guido di Lusignano e Rinaldo di Chatillon davano disposizioni a ogni singolo uomo che potesse brandire arma nel tentativo di resistere a quello che sembrava l'attacco più devastante che avessero mai ricevuto.
Guido di Lusignano concluse la seduta con il tipico saluto cristiano "La pace sia con voi", parecchio buffo, sopratutto per il fatto che di pace i cristiani ne avevano vista davvero poca.
Era poi uscito velocemente dalla sala per dare personalmente le direttive sulle mura, per contrastare efficientemente l'artiglieria mussulmana infatti, aveva fatto installare in ogni torre una balista e aveva munito i soldati di un secchio di pece ogni tre merli.
Rinaldo di Chatllon invece, aveva deciso di "consacrare" quella che reputava la sua ultima giornata, in compagnia di fiumi di vino e donne. Era solito, quando un ufficiale lo esortava a tornare al suo posto, rispondere: < Ma quali preparativi! La battaglia dovete farla voi straccioni, io mi godo i piaceri della vita che mi sono rimasti e poi, che vada pure al diavolo tutto questo posto! >
Ma, dopo aver dato una sbirciata al fronte cristiano forse è meglio tornare nell'accampamento del Sultano e focalizzare meglio il nostro "amico". Al-Malek è di estrazione nobile, e un tale titolo implica (come minimo) o il comando di una guarnigione di fanteria o un posto tra la cavalleria scelta di Saladino, che sia entrato nell'esercito della Jihad come semplice fante era dovuto al padre, che morendo non gli aveva né lasciato alcun titolo nobiliare, né denaro a sufficienza per comprarselo (questo era infatti stato spartito dalle mogli), l'unica eredità che aveva lasciato al figlio primogenito era una frase che, in quel contesto, assumeva un pungente senso ironico: < Se non guardi oltre alle ricchezze che hai calpestato, rimarrai povero >.
Al-Malek aveva quindi preso parte alla Jihad sia per un motivo spirituale (al quale tuttavia credeva poco) sia per una vendetta personale. Mentre entrambi gli schieramenti lavorano; nella tenda del sovrano, Saladino con il suo Stato Maggiore ha già deciso la ricostruzione e riorganizzazione della città dopo l'assedio.
< Signori > disse < Questo momento è solo transitorio, è il respiro prima del balzo, la battaglia sarà un attimo, non vale proprio la pena a pensare come combatterla, pensiamo invece cosa fare quando l'avremo vinta! >

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Capitolo 2
*** Tamburi di guerra ***


La notte prima dello scontro Salāh al-Dīn aveva dato disposizioni liberali nei confronti dei soldati, che così potevano godersi la nottata dimenticando per un attimo il terrore della guerra nella quale erano affondati.
Il giovane Al-Malek vagava per l'accampamento in cerca dell'uomo che aveva conosciuto nell'assedio di Aleppo e con il quale aveva poi perso i contatti.
< Al-Malek! Ah, Allah è grande, sono contento di vederti! >
Il giovane si voltò verso la figura incappucciata che lo aveva salutato; nonostante la scarsa illuminazione, egli notò subito i tratti decisi del veterano di guerra che aveva conosciuto ad Aleppo: Hamza.
I due scoppiarono in una sonora risata per poi abbracciarsi.
< Sono contento anche io di vederti Hamza, ah che consolazione vederti questa notte, prima dello scontro. > Rispose Al-Malek.
Hamza sorrise, e fece cenno di seguirlo. Lo condusse su una bassa collina dalla quale si sovrastava l'intero accampamento e si vedeva chiaramente l'estensione della Città Santa. < Vedi amico mio, non devi essere spaventato da quello che sta per succedere, ma non devi nemmeno fare come tutti gli altri, che si ubriacano di passatempi per non avere paura, vedi, noi siamo guerrieri della Jihad, noi combattiamo per Allah, è una guerra che non possiamo perdere > Riprese poi: < Sono sicuro che se scavi nel profondo della tua anima, troverai che tu sei nato per combattere questa guerra! >
Al-Malek passò il resto della serata a parlare con l'amico, ma nel profondo stava accuratamente meditando ogni singola parola. La notte fu per lui terribile, ricordava ancora molto bene, in tutte le indignazioni che aveva compiuto uccidendo, saccheggiando e rubando, non vedeva affatto la santificazione che Hamza aveva promesso.
Lasciamo il nostro "eroe" in preda ai suoi incubi ora, e spostiamoci per dare un'ultima occhiata ai preparativi sul fronte cristiano: la mattina successiva Guido di Lusignano era ormai a un passo dalla pazzia: si era finalmente reso conto che la precaria situazione in Terra Santa era sul cessare e che lui sarebbe stato ricordato come l'ultimo sovrano cristiano nella terra di Cristo.
< Dannazione! Cosa ho sbagliato??! > urlò furioso scuotendo il suo consigliere.
La piccola figura tremava ancora, quando rispose al sovrano:
< Ma, signore, questo attacco nessuno poteva prevederlo! Abbiamo fatto tutto il possibile...! >
< ... Ma non è bastato! > Stava per colpire l'uomo dalla rabbia, quando fu terrorizzato dai suoni che provenivano dall'esterno dell'edificio. Non era il solito rumore di vita cittadina, né le trombe che annunciano la visita di qualche nobile; erano tamburi, tamburi di guerra: gli Arabi erano in marcia. Usciamo subito dalla stanza del Reggente del Regno di Gerusalemme e torniamo nella tenda del nostro "amico".
Al-Malek stava ultimando la vestizione, aveva già indossato i gambali e la cotta di maglia, stava sistemando con cura le spalline mentre osservava come incantato il suo elmo magnificamente decorato. Il copricapo, una delle poche cose ereditate dal padre, era simbolo della potenza e ricchezza (ormai perduta) della sua famiglia, aveva la classica forma a cupola, era decorato sui lati con simboli e un'iscrizione nel paraguance destro, diceva: Onore ad Hashim, distruttore del male, soldato di Maometto contro gli infedeli.
Stava finendo di affilare la sciabola quando uno degli ufficiali gli intimò di sbrigarsi. Egli allora, risposta l'arma bianca nel fodero e presa la faretra si diresse verso la posizione della sua guarnigione; terzo posto nella prima fila, quella era la sua postazione: la più pericolosa, la più degna di lode.
I due schieramenti si fronteggiano, Salāh al-Dīn è pronto, i cristiani, dietro le loro alte mure lo temono. E' così che la battaglia più imponente di tutti i tempi ha inizo.     

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Capitolo 3
*** Il muro ***


Il vento soffiava impetuoso sulla pianura dominata dalla Città Santa, la giornata era asciutta: un ottimo giorno per combattere. Lo scontro fu preceduto dalle preghiere del mattino, un'ulteriore consacrazione per la Jihad.
Al-Malek era scosso, gli succedeva sempre prima di una battaglia; non ci si abituava mai. < E se per caso, uno di quei cani dovesse capitarvi tra i piedi, disarmato e terrorizzato, non esitate a trafiggerlo e non muovete alcuna pietà; loro non ne useranno alcuna verso di voi! > così il luogotenente istruiva i soldati della guarnigione, alcuni piangevano, altri erano attoniti, altri ancora rimanevano a testa bassa in costante preghiera; a "svegliarli" tutti, fu il rumore del corno, l'intensificarsi dei tamburi: lo scontro era iniziato. Mi diletterei volentieri a raccontare nei minimi particolari la battaglia e le strategie adottate dai due geni militari; ma per varie questioni, voglio mantenere lo sguardo fisso sulla figura del nostro giovane amico, questi infatti era partito alla carica come una furia; tenendo lo scudo sopra la testa aveva rapidamente raggiunto la base delle mura, dove incontrò Hamza che sosteneva le scale... 
< Buona fortuna amico mio, che Allah sia con te > gli disse questi battendogli la mano sulle spalline. Al-Malek non esitò oltre, agguantò saldamente un lato della scala e, sempre mantenendo lo scudo sopra il capo, salì rapidamente fino ai merli, compì un'azione fulminea, lasciò la presa sulla scala e saltò a piè pari sul camminamento; lì il suo sguardo s'incrociò subito con un cavaliere templare, dall'abbigliamento sembrava un novizio, questi gli venne incontro brandendo la spada e fendendo l'aria dall'alto verso il basso, Al-Malek schivò prontamente il colpo e con lo scudo spinse il corpo sbilanciato del cavaliere giù dalle mura, questi spirò dopo un terribile urlo. Il giovane augurò al suo nemico di trovare la pace nella morte; poi, subito, avanzò sul camminamento dove trovò il rinforzo dello stesso Hamza, accorso alla battaglia tramite una torre d'assedio. I due, notandosi, si sorrisero, poi tornarono concentrati sulla battaglia. Due fanti di linea, probabilmente reclutati dalle campagne, vennero addosso ai due arabi armati di coltelli, il primo fu azzoppato dallo scudo di Hamza e successivamente finito con un taglio netto all'altezza del collo, l'altro fu immediatamente trafitto al costato dalla sciabola di Al-Malek. Questi, estratta l'arma dal cadavere si rivolse al compagno dicendo < Anche questi sono venuti qui per trovare la grazia di Dio? > L'amico non sembrava affatto turbato.
Scendendo le gradinate, la resistenza si fece più intensa, i mussulmani che si erano repentinamente introdotti all'interno della città rischiavano di essere tagliati fuori, i luogotenenti si resero subito conto di ciò e gridarono ai commilitoni di muoversi in ritirata e tornare all'accampamento, Al-Malek rinfoderò subito l'arma bianca in favore della ritirata, Hamza era eccitato dallo scontro, il veterano di Saladino si era gettato tra le fila cristiane mietendo non poche vittime. Ma i difensori della Città Santa continuavano ad avanzare e finirono per tagliargli ogni possibilità di ritirata. Realizzando di essere spacciato, Hamza decise di portarsi nella fossa molti infedeli, abbandonando la spada, o meglio, abbandonando il braccio che la reggeva, iniziò a roteare lo scudo urtando le armature leggere dei fanti di mischia e infine gettandolo in testa a un lanciere che tentava di colpirlo; le forze lo stavano per abbandonare, si tolse l'elmo e iniziò a difendersi dalle punte di lancia con quello, dopo poco, Al-Malek udì l'ultima frase del Leone (Hamza in arabo significa appunto leone): < Allah è grande, Allah u Akbar! >.
Il giovane raggiunse il campo pochi minuti dopo, e fu proprio lui ad annunciare a Salāh al-Dīn che si era conclusa l'operazione di ritirata, infatti, subito dopo aver udito queste parole, il Sultano ordinò all'artiglieria di far fuoco sul muro che precedentemente era stato scalato dai suoi uomini. Il sovrano strinse la mano ad Al-Malek, < Grazie a voi, ora abbiamo l'entrata per Gerusalemme > Questi sorrideva, in segno di riconoscenza, ma nel profondo sapeva, che il loro sacrificio era stato vano, rispose: < Mio signore, ora avete messo in funzione l'artiglieria, perchè non l'avete fatto prima che i nostri uomini entrassero? >. Questi gli disse < Dovevo essere sicuro che quella fosse l'entrata giusta, non potevo certo buttar giù un muro a caso, le munizioni per l'artiglieria e i pezzi per essa costano, gli uomini no >.  

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Capitolo 4
*** La sortita ***


Al-Malek stringeva ancora la mano al Sultano mentre questi stava disprezzando esplicitamente i suoi stessi uomini, il giovane quindi ritrasse in fretta la mano e andò alla sua tenda senza voltarsi. I bombardamenti non cessavano, Saladino aveva perso molte torri, sia a causa del sistema a baliste sia per la pece, e non poteva quindi più sperare in un aggressione come quella del giorno che era sul terminare, doveva assolutamente creare una breccia sul sistema di cinta muraria. Proiettili pietrosi si alternavano ininterrottamente a quelli incendiari devastando mura e città. Al-Malek guardava l'opera del Sovrano Vittorioso dalla soglia della porta, mentre si asciugava la fronte madida di sudore con una pezza. Salāh al-Dīn si ergeva in tutta la sua magnificenza nelle retrovie dell'artiglieria araba, tanto per essere scambiato per un dio orientale, aveva (non a caso) indossato l'armatura da parata, confidando di cogliere la vittoria il giorno stesso, ma non era stato così. E mentre Al-Malek piangeva ancora la scomparsa di Hamza il Sultano si ergeva come se avesse colto una grande vittoria. < Questo sarebbe il Sultano che dovrebbe portarmi alla salvezza? > pensava tra se e se il giovane. < Allah mi perdoni se sto muovendo calunnia ma Hamza è morto non per Jihad, ma per brame di un re accecato dalla cupidigia >. Proprio mentre era assortito nei suoi pensieri, un coro si alzò altro tra i commilitoni, dicevano: < Allah, Al-Fattâh! (trad. Allah, il Conquistatore) > Al-Malek gettò la pezza a terra e si alzò di scatto, salì su una piccola altura e vide nitidamente il motivo del giubilo dei soldati: Saladino, dopo ore di bombardamento aveva aperto la strada per Gerusalemme; ritenendosi soddisfatto, interruppe i bombardamenti poco dopo. Era sull'imbrunire, ma nonostante ciò, esaltato dal successo, decise di compiere una sortita per indebolire ulteriormente le difese cristiane senza correre "troppo" rischio. Fu così che convocò nella tenda dello Stato Maggiore i luogotenenti della guarnigione di Al-Malek, questi fu interrogato da un giovinetto che gli aveva salvato la vita durante la ritirata dalle mura, aveva detto di essere egiziano e di chiamarsi Amid, null'altro, che gli chiese < Pensi che Salāh al-Dīn abbia intenzione di premiarci per il lavoro svolto questa mattina? >. Al-Malek trattenne a stento la risata per poi rispondere: < Penso che il sacrificio svolto dalla nostra guarnigione non sia ancora bastato, tieniti sveglio, probabilmente questa notte avremo da fare > E detto ciò si diresse all'entrata della tenda del Sultano, un po' per tentare di origliare, un po' per aspettare le nuove disposizioni.
Il comandante della guarnigione uscì dopo circa mezz'ora con un aria soddisfatta e ordinò ai legati di preparargli i dieci uomini più preparati e robusti di cui disponeva la guarnigione. Tra gli altri, furono scelti proprio Al-Malek e Amid, il comandante fu molto esplicito e spense subito nei soldati ogni ipotesi di premio, quella notte dovevano invece compiere un'impresa ciclopica: era stato a loro affidato il compito di introdursi nella città ed eliminare Guido di Lusignano. Inutile dire l'incredulità e la paura che si diffuse in un momento tra i soldati, Fares, che aveva ricevuto un riconoscimento in terre dallo stesso Sultano, dopo Aleppo, si mise a gridare come un pazzo dicendo che solo un folle avrebbe preteso di compiere un'azione di questo calibro rimanendo in vita.  Il comandante gli rispose con freddezza dicendo che non era tenuti a rimanere in vita necessariamente. 

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Capitolo 5
*** Giustizia Divina e giustizia umana ***


I dieci uomini scelti per quel rischioso compito furono zittiti da quella risposta tagliente e tornarono in silenzio ai loro rispettivi alloggi. Al-Malek prese la sua borsa e la svuotò da tutte le erbe mediche che si era portato da casa, ci mise invece, una daga corta, un boccetta di veleno paralizzante, un coltello cavo all'interno con il quale poteva iniettare la sostanza alla sua vittima e un corno, con il quale avrebbe comunicato con Salāh al-Dīn se l'operazione fosse fallita.
Terminati i preparativi andò ad aiutare il giovinetto egiziano e poi si presentarono davanti al Sultano in persona, che doveva dare le direttive per l'operazione.
< Le guardie sono concentrate unicamente in due punti: la porta principale e i camminamenti adiacenti alla breccia che abbiamo appena fatto, voi entrerete in città tramite una scala posizionata a ovest delle mure, una volta entrati, eliminate le poche guardie che sono sulla torre per poter entrare indisturbati in suolo cittadino. Le spie che abbiamo all'interno della città ci dicono che Guido di Lusignano alloggia nel palazzo di Gerusalemme, dovete fare molta attenzione, per prima cosa a non farvi riconoscere mentre andate, in secondo luogo a eliminare silenziosamente le guardie all'entrata, oppure trovare una via più percorribile; per facilitarvi il lavoro, potete indossare questi... > e detto questo fece schioccare le dita: due soldati portarono una cassa con dei vestiti da cavalieri ospitalieri. < Che Allah sia con voi > con questa formula congedò infine i soldati rientrando nella sua tenda.
Indossati i vestiti dei cristiani si appostarono alla base delle mura, dove era stata posizionata la scala. Per mantenere il silenzio più assoluto adottarono un linguaggio a gesti e fu così che toccò ad Al-Malek salire per primo e dare il via libera, questi, salite le scale e arrivato alla porta della torre, estrasse la daga e fissò il fodero di questa alla cintola, dopo di che, accertatosi che i soldati stessero dormendo, aprì silenziosamente la porta, tagliò la gola al primo tappandogli la bocca e la stessa sorte toccò al secondo poco dopo, ripulita l'arma e riposta nel foderò, si diresse rapido sui merli della cinta muraria e fece il segnale di "via libera" ai commilitoni.
I dieci così avevano messo piede in città, per non dare dell'occhio avevano deciso di seguire delle vie secondarie, che, come si suol dire, richiedevano più tempo, ma erano più sicure. E mentre "passeggiavano" in una strada che percorreva la città per il centro e portava al palazzo, ecco che si incontrarono con una ronda della guardia della città, erano venti uomini o più e in qualunque caso, non sarebbero riusciti ad ucciderli senza fare rumore. Il loro peggiore incubo si realizzò, il capitano della milizia si avvicinò agli arabi camuffati chiedendo qualcosa o semplicemente salutando, di fatto però, il piccolo plotone di arabi rimase attonito; se non che prontamente Fares, che masticava un poco il latino poichè suo padre era stato mercante in Europa, si fece portavoce del gruppo dicendo al capitano < Amici sumus, Guido di Lusignano imperavit nos curant saucios > Inutile dire quanto sia raccapricciante questa frase (grammaticalmente parlando) ma, considerando che è pronunciata da un arabo, in un contesto da cui dipendeva la vita o la morte del gruppo, è più che accettabile. Il capitano guardò il gruppo di traverso, poi non volendo discutere con un pazzo per tutta la notte, fece cenno ai suoi uomini di seguirlo, quando ebbero girato l'angolo, il gruppo di arabi si abbandonò a una risata isterica abbracciando Fares. Ma non era il momento delle "smancerie" così, proseguirono in frette, proprio per evitare altri incontri di questo genere, che avrebbero potuto avere un esito meno felice.
Arrivarono pochi minuti dopo a una biforcazione... e decisero che entrando in dieci nello stesso punto avrebbero potuto dare dell'occhio, si divisero così in due, un gruppo decise di tentare l'entrata dall'ingresso, ed era capeggiato da Fares, l'altro che puntava a trovare un ingresso secondario, da Al-Malek, i due "leader" improvvisati si salutarono con un cenno del capo e si separarono con i rispettivi gruppi, Fares aveva in mente di eliminare in fretta le guardie all'entrata, per poi piombare nella camera del reggente. Fu così che fece appostare i suoi uomini dietro il muretto adiacente all'entrata, indicò ai suoi che erano presenti quattro guardie dopo di che prese in mano il suo arco e incoccò la freccia, aspettando che anche gli altri lo imitassero, quando furono pronti, i cinque si alzarono di scattò e scoccarono la selva micidiale sulle guardie, non ci fu né grido né gemito, i soldati cristiani spirarono pietrificati. Erano a un passo dal compiere la missione e Fares non voleva assolutamente che andasse a monte proprio ora. Diede disposizioni affinchè i suoi quattro subordinati si sostituissero alle guardi che avevano appena ucciso, in modo da allontanare ogni sospetto. Dopo di che piombò all'interno dell'edificio brandendo la sua daga, incontrò la "resistenza" di un messo che mise a tacere con un colpo al ventre, a passi veloci entrò nella stanza dove dormiva il reggente e, nel letto appoggiato alla parete in fondo vide una figura accovacciata. Estrasse la sciabola e decapitò la figura assopita in men che non si dica. Compiuta la macabra esecuzione, prese la testa e la ripose nel suo zaino, uscì dall'edificio e sorrise ai suoi in segno di trionfo. Stava per andarsene quando uno lo interruppe < Signore, il resto della squadra? > Fares voltò il capo e rispose < Che Allah li protegga >. Detto questo, scomparirono nel buio della città. Dall'altra parte il resto del contingente ha trovato il modo di entrare nel palazzo, attraverso una finestra nel lato sud. Al-Malek era entrato nell'edificio, ma non era passato oltre, infatti, era stato bloccato da un ufficiale dello Stato Maggiore e, questa volta, era stato riconosciuto come arabo; inutile dire che il generale cristiano, dopo essersi accorto degli intrusi che aveva di fronte, aveva svegliato l'intera guarnigione con le sue urla. In poco tempo, i mussulmani capeggiati da Al-Malek erano stati circondati e costretti a lasciare le armi.Il giovane capì subito che ai cristiani non interessava negoziare, infatti dopo un cenno del luogotenente le guardie reali avevano iniziato a uccidere i membri della squadra, in poco tempo, Al-Malek realizzò di essere in trappola, agguantò così la sua daga per proteggersi dai fendenti dei nemici e preso il corno dalla borsa, vi soffiò dentro con tutta la sua forza. Al campo del Sultano, ogni singolo individuo percepì quel suono, che, se da una parte aveva richiamato anche l'attenzione delle guardie della Città Santa, aveva così permesso a Fares e al suo gruppo di lasciare indisturbati la città.
Il capitano strillò qualcosa al soldato più vicino al mussulmano e poco dopo, questi colpì Al-Malek alla testa con l'asta della lascia, tramortendolo.
Il giovane si vegliò qualche minuto (o qualche ora?) dopo in una fredda cella nei sotterranei di un edificio che sarebbe potuto essere il palazzo o meno. 
< Dormito bene? > Chiese una voce nella cella adiacente con un tono ironico.
Il giovane arabo fu subito diretto: < Che posto è questo? >. La figura della quale Al-Malek non riusciva a demarcare i connotati si alzò da terra e si avvicinò alle sbarre < Ma come? Non lo sai? Qui siamo a Gerusalemme > e scoppiò in una risata. < Perchè sei qui allora? > Questi rispose < Ah non lo so' io passeggiavo per strada quando questi mi hanno colpito e buttato qua dentro > continuando a ridere.
< Ah, davvero? E come mai parli la mia lingua? >. La figura appoggiata alle sbarre si alzò tutto d'un tratto e iniziò a girare per la stanza farfugliando frasi un po' in latino, un po' in francese, un po' ancora in arabo. L'attenzione di Al-Malek fu subito attirata dal rumore che fece la porta d'ingresso dei sotterranei, cigolii di armature preannunciarono guai per il giovane. Il capitano dello Stato Maggiore, che poco prima aveva sterminato il suo gruppo, era ora accompagnato da un interprete davanti alla sua porta. Quest'ultimo iniziò a porre ad Al-Malek domande inerenti alla posizione del campo e a una stima delle forze arabe. Questi guardando l'interprete dritto negli occhi disse < Per quanto ti sei venduto cane di un infedele? > Egli non fece caso all'insulto e sussurrò qualcosa all'orecchio del cristiano che, con uno schioccare delle dite, fece prendere Al-Malek da due guardie; mentre veniva trascinato a peso dai due energumeni, l'interprete sussurrò al suo orecchio: < Vedi, tra poco scoprirai che tu in fondo non sei molto diverso da me > e passò oltre.
Il giovane arabo fu subito diretto: < Che posto è questo? >. La figura della quale Al-Malek non riusciva a demarcare i connotati si alzò da terra e si avvicinò alle sbarre < Ma come? Non lo sai? Qui siamo a Gerusalemme > e scoppiò in una risata. < Perchè sei qui allora? > Questi rispose < Ah non lo so' io passeggiavo per strada quando questi mi hanno colpito e buttato qua dentro > continuando a ridere. < Ah, davvero? E come mai parli la mia lingua? >. La figura appoggiata alle sbarre si alzò tutto d'un tratto e iniziò a girare per la stanza farfugliando frasi un po' in latino, un po' in francese, un po' ancora in arabo. L'attenzione di Al-Malek fu subito attirata dal rumore che fece la porta d'ingresso dei sotterranei, cigolii di armature preannunciarono guai per il giovane. Il capitano dello Stato Maggiore, che poco prima aveva sterminato il suo gruppo, era ora accompagnato da un interprete davanti alla sua porta. Quest'ultimo iniziò a porre ad Al-Malek domande inerenti alla posizione del campo e a una stima delle forze arabe. Questi guardando l'interprete dritto negli occhi disse < Per quanto ti sei venduto cane di un infedele? > Egli non fece caso all'insulto e sussurrò qualcosa all'orecchio del cristiano che, con uno schioccare delle dite, fece prendere Al-Malek da due guardie; mentre veniva trascinato a peso dai due energumeni, l'interprete sussurrò al suo orecchio: < Vedi, tra poco scoprirai che tu in fondo non sei molto diverso da me > e passò oltre.

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Capitolo 6
*** Chi tradisce il tradimento è un traditore? ***


Al-Malek fu così trascinato fino allo stanzino buio che fungeva un po' come laboratorio anatomico, molto come sala delle torture; ad attenderli un medico, probabilmente di origini germaniche, affilava il suo coltellino con un sorriso agghiacciante.
Era alto, come tutti quelli della sua razza, calvo, con la pelle di un pallido terribile e, cosa ben peggiore, gli occhi rosso fuoco. < Legatelo pure lì > disse indicando la colonna al centro della stanza che serviva per la reggenza dell'intero edifici. I soldati obbedirono e poi se ne andarono, lasciando così l'arabo esclusivamente in compagnia del "medico", dell'interprete e, ovviamente, di Guido di Lusignano.
Il germanico lasciò il coltello sul tavolo e impugnò saldamente una martelletto con la punta in acciaio, facendo passare una stringa di cuoio nell'avambraccio. 
< Voglio essere per te un amico, inizio con il presentarmi, il mio nome è Frodemund e a breve, mi parlerai con una tale confidenza che ti sembrerà di avermi sempre conosciuto > disse sbattendo il ferro con forza sul ginocchio dell'arabo. Questo urlò per il dolore stringendo i denti, per poi tornare in silenzio totale.
< Sai, io ne ho visti molti di "stoici" come te > disse l'albino schernendolo. Capendo l'inefficacia del suo strumento, lo appoggiò a sua volta sul tavolo sporco ancora del sangue della vittima precedente e impugnò un ferrò che era diventato rovente perchè appoggiato nella forgia. Era lungo più di un metro e l'estremità incandescente era con la forma di una croce latina.
< Vedi... noi in un certo senso tentiamo di aiutarti... > Al-Malek era terrorizzato, aveva la fronte madida di sudore e freddo, tanto freddo... < ... tutti prima o poi dobbiamo morire, se poi tu te ne andrai, magari dopo averci detto quanti sono i piccoli bastardi del vostro accampamento, con una croce stampata a fuoco nel petto; sicuramente avrai qualche possibilità di salvezza divina. > Al-Malek percepiva un leggero allentamento delle corde che costringevano le sue mani dietro alla schiena e poi, ad abbracciare la colonna; iniziò a divincolarsi con tutte le forze.
< Avanti, tu sai che nel profondo... puoi anche darci queste informazioni, inizia a cantare e io riporrò il ferro ardente nella forgia >.
Al-Malek lasciò l'idea di fuggire: era assurdo. Decise però che, se è vero che si viene ricordati per ciò che si fa prima di morire, lui voleva essere ricordato come un fiero difensore dell'Islam, e non uno dei tanti torturati e poi uccisi per le informazioni belliche. Raccolse tutto il suo coraggio e intonò il canto di lode ad Allah.
Il medico maledisse l'arabo e poi appoggiò il ferro ardente sul petto del prigioniero, questo interruppe la lode e le sue urla raggiunsero il cielo; il tedesco quindi tolse il ferro con il quale colpì alla nuca Al-Malek; questi, provato dal dolore e colpito alla testa, crollò.
Al suo risveglio si accorse di essere nella fredda cella di prima, già, c'era ancora quel pazzo che girava dentro la cella adiacente.
< Uh! Bentornato > disse questo facendo un profondo inchino.
< Ma, non metterti troppo comodo, hanno appena iniziato con te, è così ogni giorno > poi iniziò a battere le mani e a cantare una canzone in francese. 
Al-Malek si toccò il ginocchio, quell'affare infernale gli aveva rotto l'osso e spostato la rotula, riusciva a malapena a camminare, zoppicando. Si trascinò fino alla brandina sotto la piccola finestra della sua stanza per potersi finalmente stendere; credendo di diventar pazzo anche lui, disse al suo compagno < Ho consacrato tutta una vita ad Allah, questa è la fine? >. L'altro lo guardò sorridendo, poi tornò a cantare.
Il suo fragile sonno fu interrotto una mezz'ora dopo, al suo risveglio si trovò l'interprete ad accoglierlo. < Ancora deciso a rimanere in silenzio? >. < Parlare con te mi disonora infedele > rispose Al-Malek.
< Sul serio credi ancora nella morale che ti hanno messo intesta questi sultani santoni? ... Hahahaha! La verità la so io, qui non è Dio o Allah o Budda o chiamalo come vuoi che decide. Qui è questione di riuscire a sopravvivere, è questione di sapere chi è il più forte e ingraziarselo. >
< Allora non mi pare tu abbia capito molto dalla vita >
< Ah, taci! I cristiani saranno pure stupidi ma quando si tratta di salvare la pelle, sono ben attrezzati >
< A cosa ti riferisci? >
< Mi riferisco al fatto che nel cuore della notte, i Signori della Cristianità, lasceranno il popolo alle lame dei tuoi amichetti mentre loro se ne andranno tranquillamente a cavallo >
< E' normale che fuggano, loro non conosco l'onore di Allah >
L'interprete scoppiò in una sonora risata
< Non credi in Allah il Vittorioso? >
< Io credo solo in me stesso, ecco, questa a pensarci è un'ottima moralità >
< Sei un verme e basta, cosa pensi di fare quando Salāh al-Dīn inseguirà il tuo padrone? >
< Oh be', probabilmente sarò al suo fianco > e con questa frase troncò la conversazione, risalendo le scale che l'avevano condotto alla cella di Al-Malek ridacchiando. 

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Capitolo 7
*** La luce dell'alba ***


Nello stato confusionale nel quale si trovava Al-Malek, sia per le ferite che per la serie di "scoperte" che avevano scosso nel profondo le sue convinzioni; fu facile per il giovane mussulmano cadere tra le comode braccia di Morfeo.
La mattina dopo (mattina o sera? e di quale giorno?) fu svegliato dalla solita canzone della figura nella cella a canto.
< Mi chiedo se non ti abbiano messo qui per far impazzire anche me > disse Al-Malek
< Mi credi forse pazzo? > disse questi grattandosi la testa
< Pensa che un tempo ero il più temuto e rispettato soldato di questa prigione >
< Si, e io ero Maometto >
< Ah! Non ti sto raccontando frottole! Vuoi una prova? >
< Perchè dovrebbe importarmene qualcosa? >
< Perchè io so come farti rivedere la luce del sole! > disse ridacchiando.
Al-Malek si drizzò in piedi... < parla >
< Allora oggi è il quinto giorno che sei qui > disse "consultando" alcuni segni che aveva fatto con le unghie sulla sua parete.
< Quindi probabilmente verranno a torturarti ancora >
< Grazie tante... >
< Aspetta!... le guardie che verranno a prenderti però... sono quelle che lavorano per il tuo padrone, potrei decidere di liberarti pronunciando la parola d'ordine >
Al-Malek non si fece tante domande, dopotutto preferiva tentare e rimanere deluso, piuttosto che non tentare affatto.
Come previsto si presentarono alla cella due energumeni. Il pazzo ne avvicinò uno e gli disse: < La Faièn > Questi annui con il capo e fece un cenno al suo commilitone. Quest'ultimo si diresse alla porta per fare da palo, mentre veniva liberato Al-Malek.
< Che Allah ti protegga fratello. > disse la guardia.
< Per raggiungere il vostro campo devi riuscire ad arrivare al mercato, nel cuore di Gerusalemme, li sarà per te facile trovare un travestimento adeguato; finito il lavoro qui, io sarò di guardia nella torre a nord-ovest, appena sei pronto ad uscire... sali sulla torre e batti sette volte sulla porta. > Al-Malek fece intendere di aver capito, poi fu calato dentro un cesto, dalla finestra del palazzo, in mezzo alla strada.

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