Innamorarsi

di Ezrebet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Le luci si accesero improvvisamente e illuminarono la scena. Un attimo e tutti cominciarono a muoversi come formiche impazzite, il silenzio non fu che un ricordo. L’assistente di scena la raggiunse immediatamente e la investì con mille parole, sommergendola di discorsi circa appuntamenti, cabine di montaggio, presentazioni. Tentò di sottrarsi, dirigendosi verso l’uscita dello studio, ma quello continuò a starle dietro, imperterrito. Adesso, le stava sventolando davanti un foglio pieno zeppo di numeri e lettere illeggibili.
 

“Va bene, Gordon. Ho capito. Preparami tu il planning, farò come credi meglio” tentò di dirgli, cercando di mostrarsi paziente e conciliante. Ma Gordon scuoteva la testa, fissandola da dietro le spesse lenti che portava sempre, giorno e notte. Frances era giunta alla conclusione che andasse a dormire con gli occhiali e la sua agenda degli appuntamenti.
“Non è possibile fare in questo modo, capo. Io preparo la tua agenda settimanale e tu la lasci in giro senza guardarla mai. Mai! E questo è un vero disastro. Fai saltare le riunioni, le sessioni di montaggio..”.
“Gordon, calmati, non c’è ancora niente da montare. Abbiamo appena iniziato a girare. E poi io cosa c’entro? E’ un lavoro per il regista” disse appoggiandosi alla parete “Ti ostini a coinvolgermi in qualcosa che non mi spetta”.
Il ragazzo smise di parlare, di colpo, e la fissò “Vuoi dire che.. che dopotutto non t’interessa?”.
Frances sospirò “Certo che mi interessa. Ma per quanto io partecipi a riunioni, sessioni di montaggio, briefing con la troupe, il mio parere non conta quasi niente. Anzi, non conta proprio niente, meno di zero”.
“Questo lo dici tu.. Tu sei Il Creatore” le ricordò con aria di chi la sa lunga “Senza di te tutto questo non esisterebbe e il regista sarebbe a spasso, così come tutto il cast, e i truccatori, il costumista..” fece un ampio gesto con la mano “Perciò, prendi questo planning e fa ciò che devi”.
La ragazza sorrise e lo accarezzò dolcemente “Sei molto gentile. Sei il miglior assistente che abbia mai avuto.. beh, sei anche il primo” si voltò per uscire “Ma sai anche tu che dico la verità. Potrei tranquillamente starmene in spiaggia, ad abbronzarmi, o fare il giro del mondo, per quanto servo qui”.
Si trovarono fuori, nel viale degli studi. Il tempo non prometteva nulla di buon. Grossi nuvoloni si stavano addensando all’orizzonte e il vento cominciava ad aumentare d’intensità. Si diressero velocemente all’automobile. Come sempre, Frances si sistemò al posto di guida e Gordon accanto a lei, sommerso dalla borsa, onnipresente.
Mentre s’immettevano nel traffico, le disse “Tu hai scritto un libro bellissimo, una storia d’amore e di morte indimenticabile, talmente bella che Hollywood l’ha voluta. Hai scritto la sceneggiatura, è andata bene, si sta facendo il film.. Il primo di una lunga serie, credo. Certo che il tuo parere conta”.
“Si. Dopo quello del regista, dell’assistente di scena, del tecnico del suono, della star..” brontolò, ripensando alle liti sul set, sempre più frequenti “Non dico che non sia buono il lavoro che fanno..ma vedi, l’atmosfera che volevo creare nelle pagine del romanzo e del copione..Insomma, non è esattamente quella che stanno ricreando”.
“Lo so già. Ne abbiamo parlato ore e ore e ore, anche se non ho francamente capito del tutto le tue ragioni. A me sembra un ottimo lavoro e tutti correranno al cinema a vedere il film, ne sono sicuro. E tu dirai la tua, alla prossima riunione, che sarà..” scorse velocemente il planning “..che sarà domani mattina alle dieci in punto”.
Il tono dell’amico le strappò un sorriso.
Lo lasciò sotto casa, qualche minuto dopo, Gordon scese dall’auto solo quando si fu accertato che infilasse il foglio degli appuntamenti nella borsa.
Frances abitava in un quartiere di periferia, defilato rispetto al centro o alla zona degli studi. Con i primi guadagni per le vendite del libro, aveva comprato una villetta circondata da un bel giardino, in cui si era trasferita subito, lasciando l’appartamento che aveva affittato qualche anno prima.
L’aveva sistemata con alcuni mobili nuovi ed altri che aveva ereditato dai suoi genitori ed era molto soddisfatta del risultato. La sua casa era diventata il nido che aveva sempre desiderato; si sentiva bene quando girava per le stanze e il suo sguardo si posava sull’antico sofà rosso della nonna, o sulla specchiera ovale dell’800 oppure sulla vetrina che per anni era stata nella sala dei suoi genitori. La cosa più soddisfacente era sedersi alla scrivania in mogano di suo padre e scrivere utilizzando il computer super moderno che si era regalata. Passava intere nottate davanti allo schermo del pc, scrivendo, cancellando, stampando..
Parcheggiò l’auto davanti al garage e si precipitò in casa. Aveva iniziato a piovere e lei indossava un leggero abito di lino chiaro con un paio di sandali bianchi completamente inadatti al temporale che si stava scatenando. Una volta dentro, si tolse i sandali e si diresse in cucina. Infilò la testa nel frigorifero e le brillarono gli occhi quando vide la crostata di ciliegie che aveva preparato quella stessa mattina. Ne tagliò una fetta e decise di gustarsela seduta in sala, il piattino sulla pancia e le gambe distese sul tavolino basso. Non c’era niente di meglio, in una piovosa sera primaverile.
La crostata era il dolce che sapeva fare meglio. Ma se la cavava anche con il tiramisù e le torte tradizionali, come la torta di mele e la torta di riso. Cucinare dolci era il suo hobby preferito. Aveva imparato a farli osservando sua nonna prepararne di continuo, per i parenti, per i compleanni vari, per le feste in parrocchia.. E lei sempre lì, seduta all’altro capo del tavolo, a memorizzare mosse ed ingredienti.
Accese il computer poco dopo e controllò la casella di posta elettronica. Niente di nuovo, se non una mail di Gordon che le ricordava le riunioni del giorno dopo. Sorrise fra sé. Avere un assistente ossessivo compulsivo con attacchi d’ansia era dura, a volte, ma anche terribilmente rassicurante.
Poi, aprì il file del nuovo romanzo, che aveva iniziato da poco. Sarebbe stato il terzo ed era sicura che sarebbe stato il più bello. In realtà, lo pensava sempre, di tutte le sue storie, anche di quelle che non aveva ancora chiuso in un cassetto.
Mentre si preparava per andare a dormire, si trovò a pensare al film. Di solito, cercava di non farlo per evitare attacchi d’ansia e di rabbia proprio prima di andare a letto, tuttavia quella volta fu impossibile non farlo. Forse perché alle dieci della mattina dopo avrebbe incontrato per l’ennesima volta il regista e i produttori. Sebbene non sapesse la ragione di questo nuovo incontro, era costretta a partecipare e a sopportare discorsi che nella maggior parte dei casi non comprendeva perché troppo tecnici. E poi, quanto aveva detto a Gordon nel pomeriggio era vero, il suo parere era nullo. Lo era stato nella decisione riguardante alcune scene del copione da tenere o scartare e per la scelta del cast. Tremava ancora di rabbia, al ricordo.
Avevano voluto la star hollywoodiana, a dispetto delle sue preferenze, e non c’era stato verso di farli ragionare. Si era sentita mortificata. Quando aveva scritto la storia, aveva in mente un volto che di certo non era quello del protagonista scelto dalla produzione. Si era trovata davanti un uomo bellissimo, ma che non corrispondeva affatto al “suo” personaggio.
S’infilò sotto le coperte, cercando di scacciare quei pensieri. Non aveva senso continuare a rimuginare su qualcosa che era fuori dal suo raggio d’azione. Non aveva senso, ma anche quella sera il pensiero la tenne sveglia un bel po’. 



Ciao a tutti! Ecco una nuova storia, romantica, che nasce da un sogno personale dell'autrice.. Avevo bisogno di scriverla..
Un abbraccio e un ringraziamento a chi vorrà perdere un pò di tempo a leggerla.

PS
Il titolo è un omaggio ad uno dei più bei film romantici che io abbia mai visto, appunto "Innamorarsi" con De Niro e Streep in stato di grazia. Ve lo consiglio..

A presto
Ezrebet

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Intorno al tavolo ovale c’erano tutti; il regista, immerso nella lettura di alcune carte, i produttori, che confabulavano tra loro, e Frances. Giocherellava con una penna, scarabocchiando a tratti sul notes aperto davanti a sé. Erano le dieci e mezza e di Simon neanche l’ombra. Ogni tanto, entrava la segretaria di produzione e scuoteva la testa in direzione del regista, che alzava le spalle e tornava a leggere qualcosa. Forse il copione.
 

Ad un certo punto, Frances si alzò “Signori, scusatemi, ma io ho da fare. Non posso aspettare fino a mezzogiorno . Mi dispiace, ma sto lavorando ad un altro progetto e sono venuta qui sul set unicamente per questa riunione, così..se non vi dispiace, io andrei..”.
Il regista disse “Ma abbiamo bisogno anche di te, cara. Ti prego, abbi pazienza..”.
“Non è questione di pazienza. Ho veramente molte cose da fare..” .
Ma uno dei produttori intervenne “Signorina, la prego. E’ molto importante che lei sia presente. Sa come sono gli attori..vedrà che sta arrivando..”.
Sospirando, Frances si risedette. Era troppo timida per lasciarsi andare e dire che cosa veramente pensava della star che li stava facendo aspettare da quasi un’ora. Riprese a scarabocchiare sui fogli bianchi, rassegnata.

Simon Crawford fece il suo ingresso nella sala riunioni quindici minuti dopo. Salutò tutti frettolosamente senza neanche inventare una scusa per il ritardo. Frances lo guardò distratta, cercando di non sembrare troppo ostile. Era indiscutibilmente bello. Poteva anche capire il delirio delle fan; un fisico atletico, un bel viso dagli zigomi infiniti, un paio di magnetici occhi blu, capelli castani dai riflessi chiari. Decisamente sexy anche vestito con un paio di jeans stinti e una camicia nera, come se l’avessero appena buttato giù dal letto. Magari era proprio così. Anzi, sicuramente era così, ed era di certo questa la ragione di quell’inaccettabile ritardo.
Come Frances aveva previsto, la riunione verteva su un argomento che non le competeva affatto e per la verità non competeva neanche a Crawford. I produttori parlarono a lungo sulle strategie per contenere i costi, mentre il regista spiegò quanto fosse necessario aumentare il budget per le scenografie. Il ping pong durò circa un’ora e mezza.
Stavano per salutarsi, quando l’assistente di produzione porse un foglio ad uno dei produttori che annuì dicendo “C’è un’ultima cosa, ed è veramente importante. Domani sera dovremo presenziare ad una serata di beneficenza durante la quale verrà presentato il film. Ovviamente, andrai tu, Robert” guardò il regista “Con Simon e miss Drake”.
Frances lo fissò “Ma che le viene in mente”. Tutti gli occhi si puntarono su di lei, che fu costretta ad aggiungere, in tono più calmo “Intendevo dire.. che la mia presenza non è necessaria..”.
“Al contrario. Lei ha scritto un romanzo fantastico da cui trarremo un film fantastico. Lei deve esserci, miss Drake, e dovrà firmare autografi e rispondere alle domande dei giornalisti, come gli altri” intervenne uno dei produttori “Le manderemo l’automobile alle venti. Stia tranquilla, sarà facile come bere un bicchiere d’acqua”.
Non poté ignorare lo sguardo divertito che le rivolse Crawford, prima di uscire dalla sala. Si sedette e si prese la testa fra le mani, scoraggiata. Una serata a Hollywood non era certo il tipo di passatempo che  avrebbe preferito. Non era interessata a quel tipo di occasioni. Lei voleva scrivere, lavorare, sedersi in poltrona e leggere qualche bel libro.
Gordon la raggiunse qualche minuto dopo ed era chiaramente entusiasta. Cominciò a parlare di abiti, trucco, scarpe all’ultima moda, acconciature.. Smise di farneticare soltanto quando incrociò lo sguardo di lei.
“Non mi sembra che tu sia particolarmente eccitata”.
“Infatti non la sono” gli disse “Non me ne importa niente di una serata tra gente che non conosco. Non ho niente da dire ai giornalisti”.
“Credo che tu sia l’unica a poter dire qualcosa di veramente interessante su questo film” tentò di incoraggiarla “E poi, finirai sulle riviste, con un magnifico vestito da sera”.
“Non ho abiti da sera nel mio armadio” lo redarguì.
“Ma io conosco una boutique fantastica” le sussurrò all’orecchio “Vedrai che meraviglia”.
“Tu non capisci. Io non ci voglio andare, non m’interessa, non voglio.. non voglio fare questo tipo di vita. Io sono una scrittrice” batté una mano sul tavolo e scattò in piedi “Che vuoi che m’importi di interviste, fotografie, serate!”.
Gordon le andò vicino e le sussurrò “Avanti, Frances. Si tratta di una sola uscita”.
Lasciarono il set poco dopo. Gordon si mise al volante e la riempì di discorsi sulla boutique, sulla necessità di trovare un abito adeguato, di sistemare i capelli in un certo modo, eccetera eccetera. Smise di parlare soltanto quando entrarono nel negozio e furono presi in consegna da una signorina gentile e bella come una top model.
Trascorsero il pomeriggio in sala prove. Frances entrava ed usciva dal camerino per sfilare davanti ad un Gordon su di giri, che applaudiva e faceva commenti sugli abiti, sugli abbinamenti con le scarpe e le giacche, facendo battute ed incoraggiando la commessa a svuotare il magazzino.
La scelta cadde su un semplice abito nero di raso, che si appoggiava morbido sulle ginocchia e lasciava scoperte le spalle, su cui posare una stola di pizzo nero ed argento. Quando uscirono, il portafogli di Frances era notevolmente più leggero. 
Dopo aver accompagnato Gordon e aver ascoltato le sue raccomandazioni circa la seduta dal parrucchiere fissata per il pomeriggio seguente, si diresse finalmente a casa, agognando il suo bel divano e le sue comode ciabattine.
Ma fu difficile rilassarsi. Se ne rimase sdraiata sul divano fino a notte inoltrata, nel buio. Non riuscì a scrivere né a leggere qualcosa. Ogni tanto, lo sguardo si posava sul vestito, la cui sagoma si intravedeva attraverso la custodia chiara. L’avrebbe indossato e sarebbe andata alla serata, cercando di fare una bella figura.. Il solo pensiero la agitava.
Sapeva perfettamente che si stava lentamente trasformando in un orso. A dispetto dell’improvvisa notorietà, Frances stava vivendo una vita solitaria, completamente assorbita dal suo lavoro. Poteva considerarsi fortunata, certo. La sua passione di sempre, la scrittura, era diventata il suo mestiere e le permetteva di guadagnare molto, grazie al contratto con la casa editrice ed alla collaborazione con gli studios per la realizzazione del film. Ma tutta quell’agiatezza non le aveva dato alla testa, anzi, l’aveva spinta a lavorare di più, ad immergersi nella fantasia, nelle sue storie. L’ispirazione era esplosa in lei come un fuoco d’artificio e sembrava inesauribile. Ed era tutto ciò che possedeva.
Suo padre era morto quattro anni prima, dopo una lunga malattia. In realtà, non era stato più bene dalla scomparsa della moglie, avvenuta in modo prematuro. Frances ricordava a malapena i giorni successivi all’incidente, era così piccola. Un’unica, indelebile, immagine, suo padre che piangeva accanto al feretro, stretto nel cappotto, il volto inondato di lacrime. E poi si voltava verso lei, una ragazzina di dieci anni, e tentava di sorriderle, asciugandosi maldestramente le guance.
Da allora, si erano in qualche modo sorretti a vicenda. Frances si era diplomata col massimo dei voti ed era andata al college, dove aveva studiato letteratura e filosofia, scrivendo articoli per il giornale degli studenti e coltivando la sua passione per la scrittura. Scriveva poesie e racconti che faceva leggere al padre, contenta che lui lo facesse volentieri ed esprimesse critiche. Erano andati avanti così per anni, costruendo insieme una routine affettuosa ed irrinunciabile.
Si accorse di avere gli occhi pieni di lacrime. Il tempo non aveva guarito la ferita per la perdita dei suoi genitori né mai l’avrebbe fatto. Aveva trentanove anni, ma si sentiva ancora una bambina smarrita, con una ferita al cuore che stentava a rimarginarsi. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La scena che stavano girando era molto intensa e Frances osservava tutto dal fondo della sala, in penombra. Era arrivata prestissimo agli studi ed era ferma lì fin da quando avevano iniziato a lavorare. Gordon era impegnato da qualche parte e non la stava cercando, Dio volendo, e nessuno sembrava interessato a lei. Così, si era appoggiata alla parete, in un punto poco frequentato del set, e si era calata nel ruolo dello spettatore.
 

Doveva ammettere che il regista era bravo, sapeva esattamente che cosa voleva dagli interpreti e come ottenerlo, e si era accorta che conosceva a memoria il copione, perché ripeteva tra sé e sé le battute insieme agli attori. Per lei, neofita in quell’ambiente, era tutta una scoperta. Non si era certo immaginata che su un set le cose potessero andare in quel modo.
C’erano decine di persone assiepate oltre una linea segnata col nastro rosso, alle spalle del regista, fra stuntmen, truccatori, tecnici del suono e della fotografia. Il regista, da parte sua,  si muoveva senza sosta avanti ed indietro, facendo continui cenni agli interpreti e ai cameramen, che erano disposti ai quattro lati del set. Una folla di gente in perfetto silenzio, pronta a scattare al momento opportuno.
Sorseggiò un po’ di caffè e solo allora si accorse di non essere sola.
Simon Crawford era appoggiato accanto a lei e fissava il set, serio. Frances si irrigidì immediatamente. Per quanto tentasse di essere naturale, era sempre a disagio in sua presenza. Una star adorata da fan accanite, un attore che aveva al suo attivo film dal successo straordinario.. e tuttavia, non era stata la sua, di scelta, per il film.
Troppo bello, troppo sexy, troppo tutto.
Studiò il profilo del suo volto e pensò che fosse davvero notevole. Perfetto. I suoi tratti sembravano disegnati, tanto erano regolari, e le ciglia, lunghe e scure, erano una cornice seducente per l’azzurro intenso delle iridi.
Distolse in fretta lo sguardo, dandosi della sciocca.
Certo, bellissimo. Non si vedeva che la sua faccia sulle riviste di tutto il mondo. Bastava la sua presenza per creare interesse intorno al film e questa era stata la ragione principale della decisione dei produttori. Sorrise tra sé, chiedendosi se mai si sarebbe abituata ai meccanismi degli studios.
“Ho letto il suo libro”.
La voce di lui la sorprese. Credeva che non l’avesse neanche notata. Si voltò ed incontrò il suo sguardo. Fece un breve sorriso, lievemente imbarazzata, e lo sentì dire “Mi è piaciuto molto, anche se non leggo di frequente romanzi”.
“Grazie” gli rispose cercando di essere cortese.
Simon mosse appena la testa “Oh, non c’è di che. Credo anche che lei abbia fatto un buon lavoro con la sceneggiatura. Davvero. Non mi sembra che i personaggi abbiano sofferto troppo dei tagli e cambiamenti che ha dovuto fare”.
Lo guardò, incerta. Non si era aspettata che lui conoscesse tanto bene la storia. Ammise a sé stessa che la cosa la colpiva positivamente.
“Ho cercato di rimanere fedele allo spirito della storia” gli rispose “E al carattere dei personaggi”.
 “C’è riuscita benissimo, per quanto valga il mio parere”.
La guardò e sorrise “Ho sempre invidiato gli scrittori. Inventare storie, continuamente, e renderle credibili, intense, affascinanti.. beh, il suo è un mestiere difficile e meraviglioso”.
Frances era visibilmente turbata. E dunque, c’era qualcosa oltre tutto quello charme e quella perfezione fisica? O stava solo tentando di rendersi simpatico? Perché sicuramente si era accorto dell’istintiva antipatia che lei aveva provato fin dall’inizio nei suoi confronti.
“Sa, io scrivo canzoni” si girò, appoggiando una spalla alla parete per guardarla meglio “Ma non credo che sia la stessa cosa. Non c’è un progetto, dietro, solo sensazioni. Invece, un romanzo è un progetto..E’ così o sto dicendo sciocchezze?”.
Ancora quel sorriso.
Frances cercò qualcosa di sensato da dire, ma era molto difficile. Riusciva solo a pensare che era veramente bello. Dalla testa ai piedi, e che aveva un sorriso aperto, per niente superbo. In più, le stava dicendo cose condivisibili.
Lo fissò e balbettò “No. Ha..ha ragione. Ci vogliono le idee chiare.. per scrivere una storia coerente e sensata..”.
Si rese conto di avere usato un tono da maestrina, ma tant’è.
Simon annuì “Si. Coerente, sensata e che arrivi al cuore delle persone.. Questo è un tratto che accomuna i romanzi alle canzoni, non le pare?”.
Non poté che annuire, sempre più confusa. Odiava ammetterlo, ma le cose che diceva sembravano completamente in sintonia col modo di pensare che le era proprio. Distolse lo sguardo, imbarazzata.
“E’ pronta per stasera?” le domandò un attimo dopo, cambiando completamente argomento “Oh, non che debba davvero preoccuparsi. Entrerà nel teatro, sommersa dai flash, dirà due parole, e poi uscirà, cercando di non rimanere schiacciata dalla folla di reporter e di fan” fece scuotendo la testa “Niente di complicato”.
“Niente di complicato” ripeté lei, perplessa. Improvvisamente, tutto il disagio che l’aveva tenuta sveglia quella notte le ripiombò addosso, facendola sospirare. Non riusciva neanche ad immaginarsi in quella situazione.
“Stia tranquilla” le sorrise staccandosi dal muro “Si tratta solo di prendere le cose con leggerezza. Niente di più” lanciò un’occhiata al set “Mi scusi, ma devo andare al trucco. E’ ora” e dopo un breve saluto, si allontanò in direzione dei camerini.

 La breve chiacchierata con Simon la lasciò interdetta.  E, doveva ammetterlo, piacevolmente sorpresa. Immaginava che non molti attori leggessero libro e sceneggiatura del film che avrebbero interpretato; di solito, il copione risolveva la situazione. Il fatto che il grande divo si fosse dato il disturbo di farlo le piaceva.
“Magari, un giorno o l’altro, arriverà con la copia del libro per un autografo con dedica” pensò tra sé, scuotendo la testa.
Proprio in quel momento, il regista fermò le riprese e contemporaneamente Gordon le si materializzo accanto.
“Capo, la parrucchiera verrà a casa tua alle quattro. Mi raccomando, fatti trovare. E vai a casa, altrimenti non sarai riposata per la lunga notte..” sorrise, scarabocchiando qualcosa su un foglietto “Tieni, questo è il numero della sarta, qualora ci fossero problemi dell’ultimo momento con il vestito”.
Frances lo prese “Che diavolo dovrebbe succedere?”.
“Spero proprio niente. Ma sai, meglio essere pronti a tutto”.
  

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La parrucchiera se ne andò verso le sette, con in mano la copia del romanzo firmata. Le aveva fatto molti complimenti e si era raccomandata di chiamarla, per ogni necessità. Una volta rimasta sola, Frances era volata in bagno e si era osservata allo specchio, con aria critica. I suoi capelli, lunghi e naturalmente riccioli, erano sistemati in un morbido chignon fissato da piccoli fermagli di strass, che brillavano sotto la luce. Era un’acconciatura semplice ed allo stesso tempo sofisticata, che non stravolgeva la sua immagine allo specchio. Inoltre, il trucco era leggero e sui toni del rosa, che evidenziavano il castano scuro dei suoi occhi e delle ciglia. Nel complesso, il risultato era molto soddisfacente. Sospirando, si diresse in camera e osservò il vestito. Era bellissimo, raffinato e discreto, tuttavia.. Sgomenta, si rese conto che non l’avrebbe mai indossato. Per quanto meraviglioso, e costoso, non era un abito che avrebbe mai indossato.

Si trovò a spalancare l’armadio e a scorrere i suoi completi, gonna e pantaloni, camicie, tute da ginnastica.. Alla fine, prese un paio di pantaloni che aveva indossato forse una volta, nella sua vita. Erano di taglio dritto e morbido, di un bellissimo color rosa antico. Poi, prese il top nero si seta dal cassetto e il coprispalla velato che aveva usato l’estate prima, in occasione di alcune presentazioni del libro.
Non guardò più l’abito di alta sartoria che per quella sera rimase appeso all’armadio.
Alle otto in punto la limousine era ferma davanti al cancello. L’autista le aprì la portiera e la fece accomodare sul sedile posteriore. Un attimo dopo, erano diretti all’Auditorium. Il viaggio in tangenziale durò un quarto d’ora, durante il quale Frances ripassò il discorsetto che si era preparata per la stampa e decise che si sarebbe attenuta a quella breve dichiarazione, lasciando parlare il regista o Simon Crawford, che se la sarebbero certamente cavata meglio di lei.

Davanti all’entrata dell’Auditorium c’era il tappeto rosso di rito che delineava il percorso per i protagonisti, attorniato dalle transenne e da centinaia di persone, che urlavano cose che lei non capiva. Li aveva visti in lontananza e il cuore le era saltato in gola. Mai si era aspettata di arrivare a quel punto. Un anno prima incontrava i suoi lettori in semplici librerie e firmava copie con tranquillità, ed ora.. Sapeva che tutta quella gente era lì per Simon e per il regista, ma la cosa la emozionava ugualmente. Vide che molte mani scattavano verso di lei al suo passaggio, mostrandole il libro e qualcuno anche una penna, come a richiedere un autografo. E dopo qualche esitazione, Frances si fermò e cominciò a firmare qualche copia, sorridendo al pubblico. Era così felice che il suo romanzo fosse piaciuto a tanta gente, che tutto il suo lavoro fosse arrivato al loro cuore. Non si era preparata a quella sensazione, che la investì come un uragano. Avanzò lentamente, proprio perché sommersa dalle richieste e dall’affetto della gente.. Finché non fu raggiunta dal regista, che gentilmente la prese sottobraccio e la condusse via, verso l’entrata.
“Beh, mia cara, ti aspettavi un’accoglienza così calorosa?” le domandò sorridendole.
Lei scosse la testa e lo seguì emozionata dentro un grande salone, dove una folla di reporter li attorniò cominciando a scattare foto. Una valanga di flash cominciarono a brillare all’unisono nella loro direzione, insieme a un vociare continuo. Frances si sentì chiamare da più parti, ma non riusciva a capire da quali direzioni arrivassero le grida, così si voltava a destra e sinistra, sorridendo, mentre le luci dei flash la accecavano senza soluzione di continuità. Si strinse di più al braccio di Robert, che scambiò alcune battute con i giornalisti, evidentemente abituato a quella delirante situazione.
Finalmente, furono scortati sul palco, dove era allestito un lungo tavolo di vetro e alcune sedie. Robert la fece sedere al suo posto e poi le si sedette accanto.
In quel momento, si sentì un grande trambusto all’entrata e poi un lungo applauso. Simon Crawford fece il suo ingresso nella sala, sorridendo e salutando tutti i presenti, al braccio di una bellissima ragazza bionda e giovane, fasciata in un abito rosso e scollato che le stava appiccicato addosso come una seconda pelle. Frances si accorse che Robert sorrideva, scuotendo la testa.
“Buon Dio.. quell’uomo non ha nessuna vergogna” sussurrò, sporgendosi un po’ verso di lei “Non mi meraviglierei se qualcuno gli chiedesse se è sua figlia”.
Frances lo fissò, sbalordita e poi tornò a guardare la coppia. Pensò che in effetti la ragazza non doveva avere neanche vent’anni mentre Simon era ciò che era, ossia un uomo bellissimo ed affascinante  che aveva superato da qualche anno i quaranta. Invece di farla sorridere, quest’idea la imbarazzò, e capì di essere arrossita. Che sciocca…
Simon salutò Frances e Robert con un cenno della mano e poi prese posto, mentre la bionda si sedeva in platea, proprio sotto il palco.
Un momento dopo, iniziò la raffica di domande, che si susseguì per un’ora e più. I più bersagliati furono Robert e Simon, come si era aspettata, ma qualche giornalista si rivolse anche a lei, chiedendole del libro, della sua ispirazione, dei suoi progetti futuri.. Frances rispose educatamente, col discorsetto che si era preparata, poi parlò brevemente del nuovo romanzo senza anticipare niente, e fece qualche complimento al lavoro svolto dal regista. Le sue parole sembrarono accontentare i reporter, che poi si rivolsero nuovamente a Simon, chiedendogli di tutto. I suoi progetti, la sua vita privata, i suoi figli..
Figli? Frances lo guardò meglio. Non aveva mai pensato che uno così potesse avere figli. Di certo, non aveva una moglie. Lui rispondeva a tutto, col sorriso sulle labbra, dominando la situazione. Guardando la folla che aveva davanti, Frances si trovò a pensare se per caso non li avesse ipnotizzati tutti, sembravano pendere dalle sue labbra.
Alla fine, Robert prese il microfono e si alzò in piedi. Disse che la serata era di beneficenza, oltre che di presentazione del film che stavano ultimando, e che la produzione donava cinquantamila dollari ad un istituto di ricerca per la cura dei tumori infantili. Ci fu un grande applauso e di nuovo una valanga di flash, mentre Simon lasciava la sala, al braccio della bionda.
Successivamente, uscirono anche Robert ed Frances.
Mentre entrava nella limousine, il suo sguardo si posò sull’automobile che era ferma dall’altro lato della strada. Una porche color argento circondata da una folla di persone. Guardò meglio e vide Simon, in piedi, che sorrideva e lasciava che i fan scattassero fotografie. Vide che permetteva a tutti di avvicinarsi e si metteva in posa, sorridendo all’obiettivo, mentre la ragazza lo aspettava in macchina.
In un certo senso, lo ammirava. La sua vita era in pasto alla gente e ai giornali, un’eventualità che la terrorizzava, mentre lui sembrava completamente a suo agio ed in grado di gestire la situazione. I fan si accalcavano, Simon sembrava trattarli con gentilezza e, di riflesso, loro mantenevano un atteggiamento controllato, non eccessivamente invadente.
E’ esattamente dove deve essere, nel suo elemento naturale, pensò tra sé, distogliendo lo sguardo, mentre la limousine si rimetteva in strada verso casa. 

Grazie a tutti coloro che leggono questa storia.. che ripeto, nasce da un sogno..
Ciao, Ezrebet

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Gordon le tese il foglio “Ecco qua il foglio per domani” poi la guardò meglio “Ma che ci fai qui?”.
Se ne stava seduta in un angolo della sala trucco, un libro tra le mani, lo sguardo scontento.
Lo fissò “E’ l’unico posto che ho trovato che mi mette al sicuro dagli scocciatori” sospirò “Sto cercando di leggere questo libro. Credi che riuscirò a finire la pagina?”.
Davanti al chiaro invito a girare al largo, Gordon alzò le spalle e se ne andò.
Frances si pentì subito di averlo trattato in quel modo brusco, tuttavia si sentiva esausta. Era costretta a trascorrere tutte le sue giornate agli studios, a guardare gli attori che ripetevano all’infinito le stesse scene, a sentire il regista imprecare per qualsiasi cosa, ad assistere a riunioni che non le interessavano..
“.. sta leggendo qualcosa di interessante qui, in disparte?”.
Simon Crawford era fermo davanti a lei, ancora con gli abiti di scena addosso.
Lei annuì “Si. Le luci del set mi danno fastidio, dopo un po’..” mentì, sperando di risultare convincente.
“A chi lo dice” sorrise, sedendosi su uno sgabello “Là dentro sembra di essere in una sauna”.
Lo guardò mentre si tamponava il viso e si toglieva la camicia, mostrando un fisico scolpito che le fece strabuzzare gli occhi. Abbassò in fretta lo sguardo, sentendolo dire “Di che cosa parlerà il suo prossimo romanzo? Ne ha già un’idea?”.
“Qualcosa sui Padri Pellegrini” mormorò, facendo vagare lo sguardo per la stanza, ben attenta a non fissare il suo torace perfetto.
Si mostrò sorpreso “Bello.. Qualcosa del genere La rosa scarlatta?”.
Lo fissò, stupita “.. chi lo sa”.
“E’ uno dei miei preferiti” svelò, cominciando a togliersi il trucco dal viso con un batuffolo di cotone “Una ricostruzione storica dettagliata e una storia struggente”.
“Il fascino del proibito è sempre attraente” considerò.
Simon la guardò stupito “Proprio così. Ne metterà un po’, nella sua nuova storia?”.
Alzando le spalle, disse “Credo sia impossibile non farlo, parlando di puritani”.
Guardandola attraverso lo specchio, mormorò “Al college ho recitato nella compagnia degli studenti. Shakespeare, prima di tutto. Devo dire che mi manca molto il teatro. Ho avuto poche possibilità di farne sul serio”.
“Che cosa le impedisce di riprovarci?”.
La sua risata la colse di sorpresa. Lo sentì dire “Fare cinema a Hollywood è totalizzante. Si guadagnano moltissimi soldi, ma le assicuro che di tempo per altre cose ne rimane ben poco”.
Frances non replicò. Immaginava che Simon Crawford adorasse il proprio lavoro ed il successo che ne derivava. Quest’uomo trasforma in oro qualsiasi spazzatura Hollywood voglia produrre ed è pagato, a peso d’oro.. No, decisamente non gli credeva.
In quel momento, squillò un cellulare. Simon si allungò e prese il telefono dal tavolo del trucco.
“Mi scusi” le disse e rispose.
Con discrezione, Frances si alzò dalla poltrona e si allontanò un po’ per non ascoltare la conversazione. Ma dal tono che lui stava usando, capì subito che si trattava di una donna. Era tutto dolce e tenero.. per la prima volta, si rese conto che la sua voce era notevole. Bassa, roca, sensuale..
Roteò gli occhi, disgustata da sé stessa. Ci mancava soltanto che cominciasse a sbavare dietro alla megastar. Per l’amor del cielo..!
“Mi scusi, era un’amica” le disse “Le stavo dicendo che non ho tempo per il teatro, se non sbaglio” riprese a pulirsi il viso dal trucco “Girare sul set, fare la promozione, presenziare alle serate.. beh, di tempo ne rimane pochissimo. E a me piace anche scrivere canzoni e fare musica..”.
In quel momento, arrivò la costumista che lo invitò a provare i costumi per la scena che avrebbero dovuto girare l’indomani. Lui si sollevò e le rivolse un sorriso “Il dovere mi chiama” e le fece un breve cenno di saluto.
Rimasta sola, tornò a sedersi, ricominciando a leggere. Tentò di concentrarsi, ma ormai era distratta. Doveva ammettere che Crawford si stava rivelando diverso dal vuoto uomo immagine che aveva creduto di avere davanti. Aveva letto Hawthorne, e recitato Shakespeare a teatro. Era già qualcosa per una star del grande schermo che di solito impersonava “l’uomo che non deve chiedere mai” in ogni  film. Lo rivide al braccio della bambolina bionda alla serata di beneficenza e scosse la testa. Forse era presto per rivedere i propri pregiudizi..
Gordon la raggiunse nel parcheggio, mezz’ora dopo. Senza una parola, salì in macchina. Frances gli lanciò un’occhiata prima di dire “Cos’è, ti hanno tagliato la lingua?”.
“Credevo di scocciarti” fece guardando fuori.
Allora, lei allungò una mano e gli sfiorò una guancia “Avanti, sai quanto sono nervosa! Costretta a perdere tempo sul set..”.
“Ma io non ho colpe. Sei tu che vuoi stare là a controllare tutto, se non mi sbaglio” le ricordò polemico.
“Lo so lo so, ma questa consapevolezza non m’impedisce di innervosirmi” ammise “Mi sento tollerata.. e fuori posto..”.
“Ma se tutta quella gente lavora per merito tuo! L’hai scritto tu, il capolavoro!”.
“Va bene, mi hai convinto” lo fermò subito. “Mi perdoni per prima?”.
Gordon alzò le spalle “.. solo dopo che avrai accettato di andare alla cena del cast”.
Lo fissò ad occhi spalancati “E ora di che stai parlando?”.
“Venerdì sera il cast e la produzione ceneranno tutti insieme. E’ una tradizione. E tu ci devi essere” le puntò un dito contro “Hai detto che vuoi essere perdonata per prima, no?”.
Frances serrò la mascella, mordendosi la lingua per non rispondere male. Non distolse più lo sguardo dalla strada, tentando di non far caso al sorrisetto di trionfo di Gordon.
Quando furono davanti a casa sua, fermò l’auto e disse “E sentiamo, se vado a questa cena, smetterai di inseguirmi con le tue scartoffie almeno fino alla prossima settimana?”.
Gordon alzò le spalle “Tenterò. Ma ricordati dell’incontro con l’editore, mi telefona sette volte al giorno per parlarmi della scadenza per le bozze e non so più come quietarlo. Capo, le scuse sono esaurite..”.
Con aria afflitta, Frances appoggiò la testa al volante, chiudendo gli occhi.
Quando fu in casa, si tolse in fretta le scarpe e corse in bagno, dove ben presto si gettò sotto la doccia, cercando di non pensare più al film, al romanzo, all’editore..eccetera.. eccetera. 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


La mattina dopo, arrivò agli studios a mezzogiorno. Con stupore , si accorse che le luci erano ancora abbassate e che non si sentivano i soliti rumori e le urla assordanti del regista. Si guardò intorno, notando il set già allestito per la scena ambientata nella sala da ballo. Osservò con aria critica gli arredi, di un insulso grigio, quando lei, nel romanzo, aveva ampiamente descritto preziosi cuscini damascati e tavoli d’ebano. Sospirò, immaginando che la produzione intendesse in quel modo risparmiare.
 

“Dalla sua espressione, deduco che questa scenografia non rientra nei suoi gusti”.
Trasalì, vedendo Simon  che le sorrideva dall’altra parte della sala deserta. Lo guardò avvicinarsi e dare un’occhiata in giro “Beh, non le posso dar torto.. Potevano evitare queste tinte smorte..”.
Frances annuì “Già. Ma credo che sia un tentativo di risparmio”.
Lui fu d’accordo. Poi disse “Non mi pare proprio che nel libro fosse questo l’aspetto della sala”.
Lo fissò stupita. Aveva davvero letto la storia originale!
Simon sembrò accorgersi della sua sorpresa ed allargò le braccia, assumendo una buffa espressione “Proprio così..Ho letto sul serio il suo capolavoro!”.
La ragazza arrossì, sentendosi trasparenti davanti a lui “Ne ero certa, ovviamente.. ma il colore della tappezzeria è un particolare così.. insignificante..” tentò di rimediare.
“Davvero lo crede?” divenne serio “Secondo me, lei voleva che tutto fosse magnifico, perfetto per l’incontro che qui deve avvenire e che darà una svolta alla storia..” la scrutò “Mi sbaglio?”.
Scuotendo la testa, Frances mormorò “No, non sbaglia. Ho visitato dimore aristocratiche per mesi prima di decidere arredi e tappezzeria della sala da ballo” sbuffò “Ma evidentemente, lo show business ha altri piani e priorità”.
Ci fu qualche istante di silenzio, poi Simon fece “Gli studios vuoti e silenziosi sono un avvenimento più unico che raro, non lo sa? Non sapeva che oggi avremmo cominciato nel pomeriggio?..Per via delle luci, credo..”.
Frances ricordò improvvisamente che Gordon l’aveva avvisata del cambio di orario, ma come al solito, l’aveva ascoltato distrattamente.
“Beh.. allora credo che tornerò a casa, a lavorare” disse, guardandosi intorno. Lui le si avvicinò “Posso offrirle un caffè?..” indicò il distributore automatico “Non è gran che, ma è quello che passa la produzione..” e senza aspettare risposta, s’incamminò.
Frances lo seguì, cercando di non fissarlo troppo. La maglietta nera che indossava era così aderente da evidenziare in modo inequivocabile i muscoli definiti delle spalle e del torace. E lei trovava veramente difficile distogliere lo sguardo. Non era il protagonista che aveva immaginato, certo, ma santi numi, era proprio bellissimo e sexy. Capiva l’entusiasmo che suscitava nei fan e capiva anche il successo che aveva con le donne. Sospirò, chiedendosi quando avrebbe smesso di fare certi pensieri sul grande divo..
Le tese il caffè e si appoggiò alla parete accanto al distributore, mescolando attentamente lo zucchero nel bicchierino “Dunque, lei svolge davvero approfondite ricerche prima di scrivere..”.
“Naturalmente. Per essere credibile, la storia deve essere ambientata in modo realistico, altrimenti, i lettori non ne saranno mai coinvolti” sussurrò imbarazzata. La stava guardando con uno strano sguardo. Le pareva ammirazione, curiosità, intensità.. Oh, accidenti!
“E i personaggi? Come li costruisce?” incalzò sorseggiando il caffè.
Frances rispose senza staccare gli occhi dalle sue labbra, perfettamente disegnate e piene. Si sentiva letteralmente ipnotizzata da lui, così affascinante nella penombra della sala.
“Beh..” si schiarì la voce “In questa storia, i due protagonisti sono ispirati ad una antica leggenda..” fece un gesto con la mano “L’ho letta anni fa e quando ho deciso di scrivere una storia d’amore e morte.. me ne sono ricordata, cambiando alcune cose..”.
“Come ha fatto Shakespeare con Romeo e Giulietta” la interruppe.
Lei annuì “Esatto.. anche se il paragone è un tantino azzardato..” sorrise.
In quel momento, si accesero le luci e dalle quinte sbucarono alcuni tecnici che, salutandoli brevemente, raggiungevano le proprie postazioni.
Simon sospirò “Credo che la pace sia finita” le strizzò l’occhio “Vado a vestirmi..” mentre si avviava si voltò a guardarla, sorridendo “E’ sempre un piacere parlare con lei, Frances” e la salutò lanciandole un bacio.
Frances rimase di sasso. Simon Crawford l’aveva paragonata al grande scrittore inglese? Era troppo sbalordita per ridere. E per di più, sembrava veramente interessato al suo lavoro ed informato.. colto.. Ammise a se stessa che era piacevole chiacchierare con lui. Ecco un altro di quei momenti in cui comprendeva profondamente l’adorazione di cui quell’uomo era oggetto. 


Grazie roxb, a neviens e a mirya per i loro commenti. Mi fa piacere che la storia vi piaccia.. Grazie anche a tutti coloro che la seguono..
A presto
Ezrebet

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il locale che ospitava la cena del cast e della produzione era ovviamente il ristorante delle star. I tavoli erano stati sistemati nella grande veranda, a pochi metri dal mare, e la coreografia era veramente notevole. C’erano fiori ovunque, alle pareti, sui tavoli, in grandi vasi ai piedi delle vetrate e luci intense che variavano continuamente di colore ed intensità. Le stoviglie erano di ceramica finissima e ciascun invitato aveva cinque posate e cinque bicchieri. Frances pensò che tutto quello splendore non l’aveva mai visto.

Si trovò seduta al tavolo con il regista e altri rappresentanti della produzione e degli sponsor. Si rese conto di essere l’unica donna seduta con loro. Si guardò intorno e vide, con la coda dell’occhio, che Simon sedeva insieme agli altri attori e che accanto a lui, letteralmente appiccicata al suo braccio, c’era la biondina che l’aveva accompagnato alla serata di beneficenza. Frances indugiò con lo sguardo su di lei; aveva un ovale perfetto, due luminosi occhi verdi, labbra rosse che spiccavano nell’abbronzatura dorata del viso ed una magnifica cascata di capelli biondi che ondeggiavano sulle esili spalle. Era seduta, ma era certa che fosse inguainata in un abito strettissimo e corto, che lasciava ben poco all’immaginazione. Poi, spostò l’attenzione su Simon, intento a parlare col vicino. Indossava una camicia blu cobalto, perfettamente intonata al colore dei suoi occhi, e pantaloni chiari. Era bellissimo. Si trovò a valutare la coppia, ammise che era decisamente una bella coppia, anche se era evidente, quasi imbarazzante, la differenza d’età. La ragazza non doveva avere vent’anni.. o li aveva appena compiuti..
“E’ molto elegante stasera, Fran”.
La voce del regista la distolse dalle sue considerazioni sulla coppia più osservata della sala. Lo guardò sorridendo “E lei troppo gentile”.
Gordon l’aveva sfinita finché non aveva acconsentito ad indossare l’abito che aveva scartato per la serata di beneficenza. Secondo lei, era troppo corto e quella stola le pizzicava le spalle ed impacciava i suoi movimenti.. Per non parlare delle scarpe, troppo alte. Le aveva indossate solo perché sapeva che sarebbe stata seduta per gran parte della serata.
Piatti elaborati e vini d’annata le sfilarono davanti senza soluzione di continuità, mentre i suoi commensali si ostinavano a volerla coinvolgere in discorsi che non la interessavano proprio per niente. Parlavano di budget, metri di pellicola, stuntmen, allestimenti.. In sostanza, parlavano di soldi ed investimenti.. Decise di tenere per sé le considerazioni circa il risparmio sulle scenografie.
Dopo un ottimo tiramisù, le persone cominciarono ad alzarsi. Alcuni uscivano in terrazza, altri si misero a danzare al ritmo della musica che l’orchestrina suonava dall’inizio della cena, altri ancora si alzavano dal proprio posto per unirsi ad un altro tavolo e partecipare alla conversazione.
Frances decise di prendere un po’ d’aria. La terrazza era vasta e poco illuminata. Stringendosi nella stola, che le era finalmente tornata utile, si appoggiò alla ringhiera e chiuse gli occhi, respirando profondamente l’aria salmastra. Poi, alcune voci attirarono la sua attenzione. Si voltò appena e riconobbe il profilo di Simon. Era appoggiato ad un tavolino e ascoltava ciò che la biondina gli stava dicendo. Sorrideva, fumando distrattamente una sigaretta. Poi, lo vide alzarsi ed attirare a sé la ragazza, che gli disse ancora qualcosa, facendolo ridere più forte.
Sentendosi indiscreta, si voltò di nuovo verso il mare e poi decise di rientrare, prima che potessero vederla.
Subito, il regista le fu accanto, porgendole un bicchierino con un liquido verde all’interno “Non si spaventi, cara. E’ solo un digestivo..” e la invitò a berlo in un solo sorso. Frances lo fece, e per poco non si strozzò.. Troppo forte!

“Che ne dite di trasferirci nella mia modesta dimora?”.
La voce di Simon fece voltare tutti i presenti verso le finestre e subito un applauso entusiasta riempì la sala.
“Andiamo..” la invitò il regista, ma Frances scosse la testa “Mi dispiace, ma credo sia ora per me di rientrare. Ho molto lavoro e..”.
“Mia cara!” si mostrò stupito “Non può mancare.. proprio lei” la prese gentilmente per un braccio “Venga, e se non si divertirà o sarà troppo stanca per arrivare alla fine, la farò riaccompagnare dal mio chauffeur”.
Così, Frances si trovò a guidare nella notte seguendo il corteo di automobili fino a casa di Simon. Una villa bianca ed enorme proprio sulla collina non lontana dagli studios. Parcheggiò con gli altri nel parco e si diresse all’entrata. La musica era assordante e, come si accorse subito, il bar ben fornito. Le persone si riversarono a bordo piscina e nel grande salone, dove facevano bella mostra di sé divani in pelle nera, tavoli e ripiani di cristallo, un impianto stereo stellare e tappeti preziosi..
Questa era decisamente la dimora di una star di Hollywood. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Si fermò davanti ad un bellissimo quadro di Kandinsky e si rese conto che era un originale. Lo fissò a lungo, ammirata. Simon aveva davvero un ottimo gusto.

“A quanto pare, ha trovato qualcosa di interessante”.
La voce di lui la fece voltare di scatto. Se lo trovò a pochi centimetri, in mano un bicchiere pieno di un liquido rosso probabilmente ad alta gradazione alcolica, lo sguardo acceso. Si stava evidentemente divertendo.
“Ovviamente” gli rispose.
Fece un ampio gesto con la mano “E le piace la mia casa?”.
“Certo. Le faccio i miei complimenti”.
La scrutò un momento, bevendo, poi disse “Non so decidere se dice sul serio o se mi sta prendendo in giro”.
Frances spalancò gli occhi “Cosa?.. no, sono sincera.. e colpita” disse in fretta, maledicendosi per essere così trasparente davanti a lui.
Non si rese nemmeno conto che Simon la stava spingendo verso il bar. Una volta davanti al bancone, cominciò a trafficare con varie bottiglie e ghiaccio e in men che non si dica, le preparò un enorme cocktail più che alcolico. Sistemando una cannuccia a forma di ombrellino nel bicchiere, glielo porse “Ecco fatto. Se non beve qualcosa, non si scioglierà e non potrà divertirsi” le disse.
Frances scosse la testa “No, grazie. Non bevo alcolici”, ma lui glielo avvicinò alle labbra “Su, forza, un goccino” e quasi la obbligò a bere. Il liquido le bruciò la gola e scese nello stomaco come fuoco liquido. Dovette aggrapparsi al suo braccio per non perdere l’equilibrio, mentre tossiva. Simon sorrise e la sostenne, per poi insistere e farla bere ancora un po’. E questa volta l’alcool trovò meno resistenza nella gola di lei.
“Brava. Vede?” sollevò le sopracciglia “Un gesto semplice..” le accarezzò la guancia, consegnandole il bicchiere gelato “E quando torno, voglio vederlo vuoto” le strizzò l’occhio.
Un momento dopo, Frances uscì nel patio, e dovette sedersi in poltrona, perché l’alcool era entrato in circolo e stava già facendo i suoi effetti. Si sentiva stranamente languida, senza forze e faticava a fissare persone e cose davanti a sé. Pensava a questo mentre continuava a sorseggiare il cocktail, seduta in disparte. La musica le giungeva attutita così come le voci delle persone che affollavano patio e salone e dovette appoggiare la testa al morbido schienale del sedile per tenersi in equilibrio.
Quando sollevò finalmente le palpebre, vide che il ghiaccio nel bicchiere si era sciolto.. La sola idea di bere qualcos’altro le provocò un immediato senso di nausea. Doveva alzarsi e trovare in fretta un bagno. Barcollò verso il salone e poi nella hall. Si fermò e prese una rapida decisione. Di solito, vicino alla cucina o lì intorno c’è un bagnetto di servizio.. E fu fortunata, perché lo trovò e vi si chiuse dentro, appoggiandosi esausta alla porta. Prese un respiro e poi s’avventò sul lavandino, tentando di reprimere la voglia di rigettare. Respirò forte, a lungo. La testa le pulsava, si sentiva il volto in fiamme e le braccia deboli, tuttavia mantenne la posizione per un po’, finché non fu sicura che non avrebbe vomitato. Solo allora si mosse e si sedette faticosamente sul water, con la testa tra le mani.
Ma che diavolo.. pensò tra sé.
Con gesti lenti, slacciò le scarpe e le tolse, cominciando a massaggiare i piedi dolenti. Da dov’era non sentiva i rumori della festa, solo la musica, adesso più lenta di prima.
Si sollevò molto dopo e si guardò allo specchio. L’acconciatura stava reggendo, era il trucco che mostrava chiari segni di cedimento. Prese alcuni fazzoletti di carta dalla borsetta e si aggiustò, mentre tentava di infilarsi le scarpe.
Quando fu fuori dal bagno, cercò di orientarsi. Si accorse che a destra c’era la cucina. Si avvicinò alla porta e sbirciò dentro. Moderna, funzionale, dotata di ogni comfort elettronico. Un po’ impersonale, per i suoi gusti.. Mentre usciva, sentì un’altra fitta alla testa e rimpianse di non aver portato con sé i suoi cachet. Tornò indietro e si trovò nella hall, a sinistra c’era il salone. Con stupore, si rese conto che era deserto. Le luci erano soffuse, la musica riempiva l’aria, ma non c’era nessuno e guardando oltre le vetrate, vide che non c’era nessuno nemmeno a bordo piscina.
Guardò in direzione del bar e si bloccò, quando scorse Simon, mollemente appoggiato al bancone, che stava svuotando una bottiglia in un bicchierino. Era solo.
Oh, santo cielo, ma quanto era stata chiusa nel bagno? Eppure non era svenuta, né si era addormentata.. Fece qualche passo nella stanza e solo allora Simon si voltò e la vide. Dopo un attimo, le sorrise “Ehi, Fran” alzò una mano “Vieni”.
Non sarà ubriaco? Pensò esterrefatta. Aveva sempre pensato che le star si dividessero in due grandi categorie; quella degli alcolisti disperati e quella di chi reggeva l’alcool ad oltranza.. Ma che ne sapeva di lui? Avrebbe potuto appartenere a una qualsiasi delle due..
Si avvicinò cautamente, in parte perché le girava la testa, in parte perché non si fidava abbastanza. Ma lui le indicò lo sgabello accanto al suo “Accomodati.. Siamo rimasti noi soli. La festa è finita” sorseggiò dal bicchierino “Ne vuoi un po’?”.
“No grazie” rispose tentando di apparire tranquilla. Lo aveva guardato negli occhi e non le era parso ubriaco, ma quegli occhi la confondevano ed in più, a quell’ora della notte, non poteva fidarsi troppo dei propri riflessi, appannati dalla stanchezza e dall’alcool.
“Non preoccuparti. Non sono sbronzo” le sorrise ancora “L’alcool mi rilassa, ma non ha altri effetti su di me”.
Frances si irrigidì. Buon Dio, ma che cosa aveva, una linea diretta con la sua mente? O forse era lei, un po’ troppo ingenua..
“Vuoi riprendere quel certo discorso su te e Shakespeare?” le domandò di punto in bianco “Stava diventando interessante, l’altro giorno. Io, te, il set buio” la guardò “Molto interessante”.
Strabuzzando gli occhi, la ragazza rimase impietrita. Doveva essere completamente fuori per parlarle così. Strinse la mascella e, irrigidendosi, disse “Se non le spiace, io andrei. E’ molto tardi e devo guidare fino a casa..”.
“Perché non stai qui?” si voltò completamente verso di lei, facendo ruotare lo sgabello “Ho tante stanze per gli ospiti”.
“Non è necessario, ma grazie” fece per andare, quando lui la richiamò “Frances.. solo un momento, allora. Per il bicchiere della staffa”.
Aveva già iniziato a versare qualcosa in due bicchieri. Poi, fece qualche passo e gliene offrì uno “Ecco”.
Frances lo prese, anche se non intendeva bere altro. Sentì una strana sensazione, alla base dello stomaco, mentre lo guardava bere in un sorso tutto il contenuto del bicchiere. Guardò il suo viso, dagli zigomi infiniti, l’arco perfetto delle sopracciglia, le labbra, le mani che stringevano il vetro.. Non riusciva a smettere di fissarlo. Era così vicino, così incredibilmente vicino ed accessibile, in quel preciso momento..
Allungò una mano e gli sfiorò il petto, toccando la seta della camicia e lo sentì irrigidirsi. Ritrasse subito il braccio ed abbassò la testa, sentendosi come una bambina colta con le mani nella marmellata, come si suol dire..
“Frances” lo sentì sussurrare. Ma non avrebbe mai più alzato il viso davanti a lui, troppo imbarazzata anche solo per fiatare. Furono le sue dita a costringerla. Le sentì sul mento, che le sollevavano la testa per permettergli di guardarla dritta negli occhi. Poi, velocemente, le prendevano il bicchiere appoggiandolo sul tavolino. Sgomenta, lo vide abbassare la testa ed avvicinarsi pericolosamente. Le sue iridi azzurre si erano fatte più scure, mentre si chinava e le sfiorava la fronte con le labbra. Un brivido inaspettato la percorse da capo a piedi e prima che riuscisse a razionalizzarlo, si trovo appoggiata a lui, con le braccia intorno al suo collo, le mani affondate nei sui capelli, la bocca sulla sua, in un bacio avido ed infinito.
Dopo quella che parve un’eternità, Simon appoggiò la fronte a quella di lei e con voce roca ed appena percepibile, disse “Di sopra”.
Fu inutile anche solo cercare di opporsi. La trascinò su per le scale, tenendole saldamente la mano e facendo i gradini a due a due, voltandosi ogni tanto per guardarla. Nessuna parola, solo ansiti e fretta. Una fretta che la lasciò senza fiato quando finalmente si fermarono. Davanti a loro, un grande letto matrimoniale, le lenzuola color crema, la luce della luna.. E per quanto Frances fosse fermamente convinta che quello si sarebbe rivelato un imperdonabile errore, il suo corpo agì di volontà propria, lasciandosi abbracciare da lui e ricambiando la stretta fin quasi a sentire dolore. 


Grazie a tutti coloro che mi sguono. Se volete commentare, sarei felicissima di ricevere critiche costruttive e le vostre sensazioni. Grazie e a presto
Ezrebet

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


La bocca di Simon si appoggiò sulla sua, dapprima gentilmente poi sempre più in profondità, catturandole la lingua e le labbra, come se volesse strappargliele via. Frances si sentì morire quando le sue mani presero a torturarle i seni, seguite dalla sua bocca. In un momento, si trovò nuda davanti a lui. La guardò un momento, prima di abbracciarla stretta e sollevarla, sostenendola sulle natiche e premendo sul suo ventre. Poté così sentire la sua eccitazione e non si sorprese quando iniziò ad accarezzarla tra le gambe, lentamente e in modo sensuale. Con un movimento improvviso, lacerò la stoffa delle mutandine e approfondì le carezze, soffocando i suoi gemiti con un bacio.

“Simon..” tentò di dire, lui incrociò il suo sguardo in attesa.
“Simon..” ripeté, incapace di dire ciò che veramente sentiva e voleva.
Il suono della voce di lei e la sua eccitazione, sembrarono fargli perdere completamente il controllo. Si spinse in lei, rapidamente, come incapace di aspettare oltre. Frances gridò, stringendogli le braccia intorno al collo e chiudendo gli occhi.
“Amore mio, apri gli occhi. Guardami” le sussurrò sollevandosi un poco, e lei obbedì incontrando i suoi occhi, pieni di desiderio “Fai l’amore con me”.
E Frances cominciò a muoversi sotto di lui, aderendo completamente a quel corpo magnifico dai muscoli definiti, che la stringeva come se fosse la cosa più preziosa al mondo. E venne, così improvvisamente, totalmente, mordendogli la spalla, per soffocare almeno in parte il grido che le squassava il petto.
Un momento dopo, anche Simon si lasciò andare, cercando la sua bocca mentre raggiungeva l’apice del piacere.

Frances rimase ferma, incapace perfino di ritrovare il normale ritmo del respiro, le braccia abbandonate sulle coperte e le gambe ancora allacciate a lui. Anche volendo, non avrebbe potuto scivolare via dal letto perché il suo peso la inchiodava al materasso, e non pareva intenzionato a muoversi. Le aveva appoggiato la testa sul petto, un braccio intorno alla vita, poteva sentire il suo respiro sulla pelle. Pensò che si fosse addormentato. Appoggiò la testa al cuscino, imbarazzata e rassegnata, mentre cominciava già a pentirsi per quel momento di debolezza.
Finire a letto con Simon. Se fino a qualche giorno prima neanche incrociava il suo sguardo agli studi e aveva pensato il peggio di lui alla serata di beneficenza. Sospirò, arrabbiata con sé stessa per esserci cascata come una di quelle ragazzette che lo inseguivano ovunque. Chiuse gli occhi, cercando di immaginare come sarebbero andate le cose da quel momento, fino alla fine delle riprese. E capì all’istante che sarebbe stato un disastro.
Fu stupita di sentirlo muoversi. Vide che sollevava un poco la testa ed incontrò un attimo il suo sguardo. Dunque, era sveglio. Dapprima, si sentì imbarazzata, poi cercò di darsi un contegno e si trovò a pensare che era il momento giusto per chiedergli di spostarsi e poter così scendere dal letto. Ma non ce ne fu bisogno. Simon si mosse appena, scivolando da una parte del letto, senza tuttavia togliere il braccio dalla sua vita. Si sollevò sul fianco e la guardò. Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Frances si sedette sul materasso, avvolgendosi nel lenzuolo e si alzò. Tentò di non guardarlo, mentre cercava frettolosamente i vestiti tra quelli abbandonati a terra. Lo sentì chiedere “Devi andare via?”.
Non riusciva a guardarlo né a dire una parola. Si limitò a fare un cenno col capo.
“Pensavo che rimanessi qui stanotte. E’ tardi”.
Improvvisamente, il fiato era tornato. Disse, con un tono più stridulo di quanto avesse voluto “No” finalmente lo guardò “No, grazie” ripeté “Devo andare a casa”.
Lui annuì, muovendosi appena e lasciandosi ricadere tra i cuscini. Per qualche minuto, l’unico rumore che si sentì nella stanza fu il leggero frusciare della stoffa mentre Frances di rivestiva rapidamente. Simon fissava il soffitto, e solo quando lei fu pronta, tornò a guardarla “Ti accompagno” al suo diniego, riprese “Allora, ti faccio accompagnare dal mio autista”, ma Frances sussurrò “Ho la mia macchina qui fuori. Sono..sono a posto”.
Lo sguardo di lui non la lasciava. Sembrava che volesse dire qualcosa senza tuttavia riuscirci. Frances ringraziò il cielo che fosse così. Si voltò verso la porta della camera ed uscì sul corridoio. Si orientò subito, nonostante il buio. Trovò la scala e scese al piano di sotto, guadagnando la porta. Un attimo dopo, era nel parcheggio della villa. Salì in macchina, senza alzare lo sguardo verso la casa, e mise rapidamente in moto, sentendosi come una preda in fuga.

Mentre sfrecciava verso casa, non smise un momento di darsi della stupida. Accettare di rimanere sola con lui con un pretesto banale. L’errore era stato questo. Simon si era sentito così libero di muoversi come suo solito, sfoderando tutto il suo fascino e intrappolandola. Un’altra conquista per la celebre star. Il fatto che si fosse sentita attratta da lui non c’entrava niente, qualunque donna lo sarebbe stata. Era bello, famoso, affascinante e faceva l’attore. Alla fine, si trovò a pensare che per lui era roba di tutti i giorni. La vera illusa era lei, che aveva pensato di essere immune dal fascino di una patinata celebrità planetaria.
Rientrò a casa e senza neanche guardarsi intorno, salì le scale, dritta in camera. Non voleva pensarci ancora, torturare sé stessa per la leggerezza dimostrata, né voleva soffermarsi su ciò che sarebbe avvenuto sul set dopo quella notte. Perché senz’altro per Simon non sarebbe cambiato niente, probabilmente, ma per lei cambiava tutto. L’unico pensiero che la rasserenava era che il lavoro stava finendo e il suo ruolo le avrebbe permesso di assentarsi senza dare troppo nell’occhio. Tutto, pur di non dover sopportare il disagio e l’imbarazzo di trovarselo davanti tutto il giorno.
S’infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi, cercando di scacciare le immagini di lui e dei suoi occhi mentre facevano l’amore, il suono della sua voce.. Ma esse tornavano a valanga, lasciandola senza fiato. Era così tanto tempo che un uomo non la stringeva in quel modo, anzi. Forse mai nessuno le aveva fatto provare quelle sensazioni sorprendentemente intense. Non che avesse avuto tanti amanti. Oltre a suo marito, che non vedeva da oltre quattro anni, c’era stato solo Parker, il suo compagno di studio al college con cui aveva fatto coppia fissa per alcuni anni. E dunque, la sua esperienza con gli uomini era veramente ridotta. In più, c’era il fattore “star di Hollywood” che la fregava. E davvero, a trentanove anni, non aveva proprio senso cedere al suo fascino. Peraltro evidente e irresistibile. Non che questa fosse una valida scusa per il suo comportamento nella notte appena trascorsa. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Fu lo squillo del telefono a strapparla dal sonno agitato in cui era scivolata. Il sole inondava la camera e la sveglia, che segnava le dodici e trenta. Affondò nel cuscino, allungando un braccio per sollevare il ricevitore. Non ebbe nemmeno il tempo di dire qualcosa, perché Gordon la investì.

“Oh, mio Dio.. Ma ti rendi conto, capo? Non sei ancora qui! Ti ho mandato venti messaggi sul cellulare per non disturbarti, ma tu non l’ha nemmeno visti, secondo me! Ecco perché ti sto chiamando.. oh, mio Dio, non riesco a crederci. Dovevi essere qui alle undici per la riunione con i produttori e non ti sei fatta vedere..”.
“Gordon” sussurrò Frances, allontanando il ricevitore dall’orecchio, mentre quello continuava a parlare a raffica “..Gordon..” ripeté riuscendo a fermare quel flusso ininterrotto di parole “Mi dispiace..ma..stamattina non mi sento troppo bene..Ho dormito male, ho mal di stomaco e mal di testa..credo che non verrò e penso..penso che la riunione sia stata ugualmente produttiva” sussurrò “Mi dispiace ma..ma non ce la faccio..” ed interruppe la conversazione. Le dispiaceva per il suo amico-assistente, ma proprio non intendeva andare agli studi. Non ci sarebbe andata per un po’, forse fino alla fine delle riprese. In quel momento, le pareva una buona soluzione.
Si trascinò sotto la doccia e il getto dell’acqua la svegliò completamente. Alla fine si era addormentata, ma i suoi sogni erano stati agitati e confusi ed adesso era ancora più esausta e sconvolta di prima.
Bevve un caffè nero e forte, lo stomaco stretto, la testa che scoppiava, il senso di disagio che non sembrava abbandonarla. Santo cielo, era andata a letto con Simon e ancora adesso, e chissà per quanto tempo ancora l’avrebbe fatto, non riusciva a rendersene conto. Conosceva abbastanza bene sé stessa per ammettere che l’aveva desiderato. Era indiscutibilmente bello e affascinante, inoltre l’aveva frequentato abbastanza per conoscerlo un po’ e ciò che aveva visto di lui le era piaciuto. Ma c’era quel suo modo di vivere tipico di una celebrità che non conosceva direttamente ma che aveva potuto intuire. Non erano le riviste e i pettegolezzi, era ciò che aveva visto. Accanto a lui c’era sempre una ragazza giovanissima, che cambiava con frequenza impressionante. Nel tempo delle riprese, si erano avvicendate due belle ragazze, non più che ventenni, che lo avevano accompagnato nelle serate speciali e qualche volta sul set, e lei aveva capito bene qual era il suo tipo. Bella, giovane, accecata dal suo fascino.. Non sono esattamente io, pensò sorseggiando il caffè. E allora perché era accaduto.. Forse perché nel suo carnet mancava una scrittrice quarantenne all’esordio come sceneggiatrice..
L’amarezza l’assalì immediatamente. Trentanove anni, divorziata, senza figli, senza una famiglia. Si rese conto che il desiderio che aveva provato per Simon era stato forte e forse dettato anche dalla paura delle solitudine. Era stata impulsiva e superficiale, ed ora ne avrebbe pagato le conseguenze. Avrebbe dovuto accampare scuse su scuse per non andare agli studios ed incontrarlo, sorbirsi le lamentele di Gordon, perdere il controllo sulla realizzazione del film tratto dal suo primo, meraviglioso romanzo.
Sospirò profondamente, dirigendosi nel suo studio. Accese il computer, pensando che forse il lavoro l’avrebbe distolta da quei pensieri invadenti. Ci provò. Aprì il file del romanzo a cui stava lavorando  cominciò a leggere, a correggere, a stampare.. ma dopo pochi minuti era di nuovo in piedi, incapace di concentrarsi sul serio. Decise di uscire in giardino. Fece una piccola passeggiata lì intorno, poi si sedette sulla panchina accanto all’aiuola di rose che dominava quel lato del parco. C’era il sole, una temperatura sopportabile, e nessuno poteva vederla. Si sentiva un po’ meglio in quella situazione. La sua casa, il suo giardino, le sue rose.. Il silenzio..
Passò una mezz’oretta lì seduta, mentre ripensava alla cena con Simon e gli altri del cast. Era andato tutto bene, fino a quell’invito a casa, per  un ultimo bicchiere, a cui ne erano seguiti altri e poi, improvvisamente, erano rimasti soli. 


Ringrazio roxb per la recensione e concordo. Simon è un uomo sorprendente...
Ringrazio tutti coloro che leggono.
Un saluto

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***



Quando la porche argento si fermò davanti al suo cancello, Frances si rese conto di non essere troppo stupita. Era praticamente scappata dal suo letto, la notte prima… magari era incavolato ed offeso.. Lo vide entrare dal cancello, in jeans e camicia, e scrutare la casa, incerto. Ebbe la tentazione di non muoversi. Non l’avrebbe vista e così non avrebbe dovuto affrontarlo. Il suo piano per evitarlo poteva ancora funzionare.

E poi si diede della stupida. Diamine, Frances, hai quasi quarant’anni e uscirai da questa storia con maturità.
Così, si sollevò e gli andò incontro, rimanendo comunque a distanza di sicurezza.
Simon si accorse subito di lei e la guardò un momento, prima di dire “..possiamo parlare?”.
Lei annuì e lo precedette verso il portico. Entrò in casa e si fermò nell’atrio, voltandosi. Imbarazzata, gli offrì qualcosa da bere, ma lui rifiutò gentilmente.
“..non ti ho vista alla riunione e così ho pensato che.. non ti sentissi bene..Gordon sembrava preoccupato”.
“Lui lo è sempre” abbozzò un sorriso “Ma no, sto bene. Solo un po’ di lavoro arretrato” indicò il pc “E devo portarlo a termine, prima che il mio editore mi dia una multa salata”.
Simon annuì. Sembrava sulle spine e Frances si chiese se quella fosse una commedia, tanto per indorarle la pillola, o se invece davvero era imbarazzato e in cerca delle parole giuste da dire. Era così poco tempo che lo conosceva che non le era possibile decifrare i suoi comportamenti. Così, distolse lo sguardo dicendo “Vuoi una fetta di torta?”. Al suo assenso, lo precedette in cucina. Mentre preparava i piatti e le tazze, sentì chiaramente le tensione tra loro. Indaffarata tra frigorifero e caffettiera tentò di non incrociare il suo sguardo e di mantenersi calma. Ma era così difficile, dal momento che lui non le staccava gli occhi di dosso. Apparecchiò rapidamente e con un breve sorriso gli indicò la sedia.
Rigirò la forchetta sul piattino, in silenzio, mentre Simon assaggiò in silenzio la torta di mele e poi annuì.
“Ottima” la guardò “L’hai fatta tu?”.
“Si..mi piace pasticciare in cucina..” gli disse.
Un momento dopo, Simon appoggiò le posate e la fissò “Perché sei scappata, stanotte?”.
Frances, che non si era certo aspettata una domanda così diretta, ricambiò seria il suo sguardo, poi sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia “..era tardi..” ma il suo tono non convinse nemmeno sé stessa. Così, dopo un attimo di pausa, riprese “Mi sono resa conto che non era il mio posto”.
L’uomo aggrottò la fronte, fece per dire qualcosa, ma lei lo interruppe “E’ stato tutto un errore. Ci siamo lasciati prendere dal momento. E dall’alcool..Me ne sono resa conto subito e ho cercato di rimediare..”.
“Scappando” intervenne lui.
Frances non rispose, continuando il suo discorso “Non mi sono mai comportata così, in tutta la mia vita. Non ti conosco nemmeno e non sono una ragazzina disposta a tutto pur di finire nel tuo letto” gli lanciò un’occhiata “E’ stato un errore, tutto qui”.
“Va bene” disse Simon, sollevando le sopracciglia, concentrandosi sulle briciole nel piatto “Non sei una ragazzina disposta a tutto per..” fece un cenno con la mano “Non l’ho mai pensato, in effetti”.
Lo guardò cercando qualcosa da dire che non fosse banale, offensivo o fuori luogo. Ma era così difficile concentrarsi mentre lui la fissava. Si morse le labbra. L’alternativa era alzarsi ed interrompere quella chiacchierata, inventandosi una scusa seria e inoppugnabile, tipo “C’è un fidanzato, da qualche parte..”, oppure “Mi sono accorta che non mi piaci poi così tanto..”. Rinunciò subito. 
Si alzò dal tavolo, raccolse i piatti e si voltò verso il lavandino. La cosa migliore da fare era cercare di controllare la tensione e scacciare dalla mente l’immagine di loro due, nel suo letto, abbracciati e perduti nell’estasi..Oh, buon Dio!
Trasalì quando si accorse che Simon era dietro di lei, in piedi. Sentì la sua mano tra i capelli, e lo sentì sussurrare “Potremmo darci un’altra possibilità”. Lei si voltò di scatto, trovandoselo a pochi centimetri dal viso. Si rendeva conto di essere arrossita e che se avesse parlato, avrebbe di certo balbettato. Lui appoggiò le mani sul ripiano, di fatto imprigionandola, e si sporse un poco, fissando prima i suoi occhi e poi le sue labbra. Frances capì che Simon avvertiva chiaramente il suo turbamento e stava tentando di soggiogarla col suo fascino e le sue maniere sedecenti, e, santo cielo, ci stava riuscendo fin troppo bene. Anche lei si trovò a puntare lo sguardo sulla sua bocca e si schiacciò contro il legno, quando lo vide sorridere.
Un momento dopo, le sue labbra erano sulle sue e la sua lingua, lentamente, la carezzava, chiedendo il permesso di entrare. Le sue mani salirono alle spalle e la strinsero forte, facendo aderire il corpo a quello di lei. Frances temette di perdere di nuovo il controllo della situazione, quando lui le prese il viso tra le mani ed approfondì il bacio, senza trovare alcuna resistenza.
Era troppo. Tutto troppo intenso, troppo veloce, troppo confuso.
Si mosse appena, staccando le labbra e voltando la testa, sentendosi paonazza. Lui all’iniziò sembrò non volersi staccare, ma alla fine fece un passo indietro. La guardava, l’espressione perplessa in viso.
Frances sospirò e mormorò “Non sono.. non mi sento..”. 
La interruppe con un cenno della mano. Dopo un momento di esitazione, si voltò e si diresse alla porta. Solo il rumore della porche che si allontanava la convinse a staccarsi da lì e a riprendere il ritmo regolare del respiro. 


Ciao! Voglio ringraziare neviens per il commento. Spero di non deluderti.
A presto, Ezrebet

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Gordon arrivò subito dopo cena e la trovò seduta davanti al computer, che tempestava sulla tastiera, completamente assorbita dal lavoro. Si piazzò davanti alla scrivania e disse “Si può sapere dove hai lasciato i tuoi telefoni? E’ tutto il giorno che ti cerco!!”.

Frances alzò di scatto la testa e sobbalzò trovandoselo davanti.
“La porta era aperta” la informò subito “ma che cosa pensi di fare? Sparire dalla faccia della terra?”.
“Ho solo bisogno di un po’ di pace per scrivere” sussurrò, togliendosi gli occhiali “E la cosa migliore è starmene in casa, mangiare ciò che mi piace, non avere intorno gente disturbante”.
“Bene. Immagino di essere il primo della lista” alzò le sopracciglia, poi le poso sul ripiano un foglio “Ecco qui gli impegni per i prossimi due giorni”.
“Non verrò agli studi” lo informò evitando il suo sguardo “Non verrò più. Siamo quasi alla fine e la mia presenza è del tutto inutile, ormai. Non mi intendo assolutamente di montaggio, doppiaggio e quant’altro e ho da fare. L’editore si aspetta le bozze per la prossima settimana e così non ho più tempo da perdere”.
Gordon la fissò e fece un lungo respiro prima di dire “E questo quando l’hai deciso?”.
“Stanotte” disse asciutta “Ho già perso fin troppo tempo”.
“Ma santo cielo, Frances. Siamo quasi alla fine.. credevo che per te fosse importante controllare tutto il processo. E poi ci sono ancora un paio di uscite pubbliche..” allargò le braccia, deluso.
Frances scosse la testa “E certamente non intendo andare a qualche triste ed inutile serata. O, peggio, in televisione a rispondere a domande sciocche”.
L’assistente sospirò massaggiandosi le tempie “Immagino che sia del tutto inutile tentare di convincerti a cambiare idea”. Al suo silenzio, riprese “Inventiamo almeno una scusa plausibile con la produzione”.
“Non ho alcun contratto con loro. Non sono affatto obbligata a stare in loro compagnia o a lavorare con loro. Dirai che sto occupandomi del mio nuovo romanzo”.
Gordon annuì, sconsolato. Si sedette in poltrona e la guardò per un momento, prima di mormorare “Allora. Che cosa è successo, ieri sera?”.
Frances alzò di scatto la testa “Che intendi?”.
“Quel che ho detto. Che è successo ieri sera alla cena del cast. Perché, in tutta sincerità, credo che di questo si tratti” la fissò in attesa.
“Assolutamente niente” fece subito lei “E’ stata una cena noiosa, durante la quale non ho detto niente di interessante perché di niente di interessante hanno parlato..” si alzò dalla sedia e si diresse in cucina “Vuoi qualcosa da bere?”.
“Non tentare di sviare il discorso. Lavoriamo insieme da qualche anno e ti conosco abbastanza per dire con un certo margine di sicurezza che qualcosa è capitato e di abbastanza grave da farti battere precipitosamente in ritirata” la seguì e la guardò versarsi un po’ d’acqua.
Il silenzio che seguì confermò a Gordon i suoi sospetti. Si appoggiò allo stipite della porta ed incrociò le braccia “Pensi di dirmi qualcosa o dovrò tirare ad indovinare?”.
Gli lanciò un’occhiata truce e bevve d’un fiato. Poi, si appoggiò al tavolo e sussurrò “Non so se sono pronta a raccontartelo”.
“Perciò devi farlo” la incitò stringendo gli occhi “Niente uscirà dalla mia bocca”.
Le strappò un sorriso “Lo so che mi posso fidare di te” sospirò ed abbassò lo sguardo “E’ Simon”.
Gordon annuì “Si. Potevo anche arrivarci da solo. Che ha fatto o detto per scatenare questa reazione inconsulta? Sai bene chi è, qual è il suo stile.. Non devi lasciare che le sue sciocchezze ti impediscano di fare le cose che devi..”.
“No, Gordon, aspetta..” tentò di fermarlo, ma quello continuò “Sai come sono gli attori. Fanno una vita da pazzi, non sanno che cosa sia la realtà di tutti i giorni.. Non puoi lasciarti coinvolgere nelle loro beghe..”.
“Sono stata a letto con lui”.
“.. Che cosa?” sbottò Gordon “..che mi prenda un colpo”.
“Ma è stato un errore. Ho bevuto troppo e anche lui. E stamattina ho chiarito tutto..” disse precipitosamente, passandogli accanto per tornare in soggiorno “Non è stato niente, solo che non intendo incontrarlo ancora, né sul set né da qualche altra parte..”.
Ma l’assistente la fissava, ancora sbalordito. Lo poteva anche capire e certamente, non aveva tutti i torti, ma adesso non aveva bisogno di quello sguardo inebetito.
Lo affrontò “Gordon, ti prego. Mi fai sentire peggio di quel che mi sento”.
A quelle parole, lui si riscosse e disse “Mi hai lasciato senza parole”.
“Ho visto” lo redarguì, piuttosto imbarazzata “Ma ora che ti sei ripreso, riesci a capire le mie ragioni?”.
Gordon scosse la testa “Posso provarci, capo. Ma non credo che questo sia fondamentale, ora” la scrutò “..ma fra di voi c’era stato qualche..approccio, prima?”.
“Dio, no!” sbottò Frances “Ma come ti viene in mente. Si, abbiamo parlato del mio libro, del film..e di altre cose di questo genere, ma io non ho mai fatto niente per fargli credere di essere disponibile. Non sono affatto il genere di donna che ha sempre al fianco e che sembra apprezzare. Pensavo proprio di essere al sicuro da..” cercò le parole, ma Gordon intervenne “ ..dal suo tremendo fascino hollywoodiano”.
Frances quasi ringhiò nella sua direzione, prima di lasciarsi crollare sul divano e chiudere gli occhi. Riuscì a sussurrare “Non sai come mi sento.. male, per quel che è successo”.
“Beh, capo. Molte donne farebbero carte false per essere al tuo posto” considerò “Non sarai il tipo di ragazza che lui mostra di preferire, leggi piccole, bionde, pettorute, appena ventenni, ma sei bellissima, affascinante e piacevole anche tu” le sorrise “E hai fatto colpo”.
“Ma che stai dicendo” abbozzò un sorriso “Credo che gli mancasse una come me nella lista”.
“Hai detto che è finita. Che hai chiuso” le ricordò “In più, non verrai più agli studi. Che problema c’è? La follia di una notte..” s’infilò le mani in tasca e fece spallucce “Può succedere”.
Frances lo guardò, tornando seria “Non a me, Gordon. Non a me”. 


Grazie a neviens, senzafiato e a tutti coloro che leggono.
Un saluto, Ezrebet

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Il desiderio di Frances era stato quello di evitare ogni contatto con Simon e di passare oltre ciò che era accaduto tra loro. Fu accontentata, perché la produzione del film non insisté troppo per averla durante la promozione della pellicola e, cosa più importante, non ebbe più alcuna notizia da Simon né altre sue visite improvvise o telefonate. Era sparito. Per quanto una star del suo calibro potesse sparire.

Non che la cosa le dispiacesse, era proprio ciò che aveva voluto, tuttavia l’idea di essere entrata nella schiera di donne “per una notte” della grande star la indispettiva. No, ad essere sincera, la rendeva triste più del consentito. Era più che evidente che Simon Crawford aveva ripreso la sua vita da divo, la sua faccia era su tutte le riviste e su ogni canale della televisione, coinvolto in qualche intervista o show a parlare del suo ultimo, meraviglioso film. Per quanto tentasse di rimanere indifferente, troppo spesso indugiava nella lettura degli articoli o esitava a cambiare canale, e ogni volta rivedeva sé stessa persa tra le sue braccia, rivedeva i suoi occhi blu fissi nei suoi, lo rivedeva seduto in cucina.
Se lui non fosse stato Simon Crawford, se lei non fosse stata Frances.. Così, si ritrovava a fissare la pagina di Word aperta sullo schermo del computer, bianca, più spesso di quanto le fosse mai capitato.
Gordon la aggiornava quotidianamente sull’andamento del lancio del film e parlava con toni entusiastici delle serate e delle conferenze stampa che il regista ed il cast tenevano a ripetizione. Mai una volta tornò sulla confessione che lei aveva fatto o sulla sua decisione di tirarsi fuori da quel carosello mediatico, e per questo Frances gli fu grata. Le cronache di Gordon erano anche gli unici momenti in cui riusciva a sorridere; Gordon faceva commenti su tutto, dall’abbigliamento dei presenti, al trucco, alle cose che dicevano, al gossip che circondava l’intero cast. Era molto divertente e lei più di una volta gli suggerì di scrivere le sue battute, perché come autore comico poteva avere un futuro..
Una sera, mentre cenavano insieme sotto il portico, Gordon disse “Mi pentirò sicuramente di quanto sto per dirti, ma devo proprio farlo”.
Frances alzò la testa dal piatto ed aspettò, incuriosita.
“Per la verità, ho pensato un sacco se fosse il caso o meno e, a seconda dei momenti, la mia decisione cambiava..” al suo sguardo, venne subito al punto con un sospiro “Crawford oggi mi ha chiesto di te”.
Frances appoggiò la forchetta ed abbozzò un sorriso “..gentile da parte sua”.
Gordon spalancò gli occhi, appoggiandosi allo schienale della sedia, senza fiato “Oh, Gesù! Carino da parte sua? Ma, cara, da parte di quello sciupa femmine è assolutamente incredibile!”.
“”E con questo, che vorresti dirmi? Che sente la mia mancanza?” il suo tono era sarcastico “In questo ultimo mese, ha avuto il tempo di consolarsi a dovere, a quanto so”.
“Oh, che discorso assurdo” l’uomo parve infastidito “Certo, ho visto anch’io la ragazzina che si porta a spasso alle serate.. Niente di nuovo.. per quanto sia sparita, ultimamente. Ma, cara, mi ha chiesto come stai e che cosa stai facendo..” la fissò alzando le sopracciglia “A dirti il vero, nonostante i miei pregiudizi, mi è sembrato.. sincero”.
Frances annuì “Bene. Puoi dirgli che sto bene e che il mio nuovo romanzo procede…” si bloccò notando lo sguardo scettico dell’amico “Che cosa c’è?”.
“ Non dirò falsa testimonianza” sorrise “Il tuo romanzo non procede affatto e quando succede è perché tu non stai affatto bene, amica mia”.
“Ti prego” sospirò Frances alzandosi e cominciando a raccogliere i piatti “Non iniziare. Ciò che è accaduto tra me e Crawford è stato.. un errore, una cosa assurda che si è chiusa subito.. insegnandomi che non devo bere troppi manhattan, neanche a stomaco pieno” si diresse in cucina e Gordon la seguì continuando a sorseggiare il suo vino.
Dopo alcuni minuti di silenzio, Gordon, appoggiato alla porta, le disse pensoso “Magari, questo vale per te” la guardò serio “Magari per la nostra fascinosa star le cose non stanno proprio così”.
Frances si voltò “Che cosa stai cercando di dirmi?”.
L’uomo alzò le spalle “Beh, che forse assaggiare qualcosa di diverso dal solito menù gli è piaciuto” la fissò con aria maliziosa “Invece delle barbie con cui si diletta normalmente, ha avuto a che fare con qualcosa di più.. interessante?”.
“Oh, per l’amor del cielo, Gordon! E’ stato sesso, solo sesso..”.
“Ok. Conosci un modo più.. intrigante per iniziare qualcosa?”.
“Ascoltami” sospirò appoggiandosi al tavolo “Ero brilla, e anche lui. Siamo rimasti soli e.. insomma, è successo. Se al mio posto ci fosse stata.. una delle sue barbie, come dici tu, sarebbe stata la stessa, identica cosa. C’ero io. Punto. Per lui non ha avuto alcun significato.. come per me..” tornò a guardare i piatti nel lavello “..da parte sua, è stato gentile chiedere mie notizie, ma è tutto qui..”.
“Mi ha chiesto se secondo me può telefonarti” sparò allora Gordon, dopo una lieve esitazione.
Frances si voltò di nuovo ad occhi sbarrati “..che cosa..?”.
“Mi ha chiesto se può telefonarti senza rischiare di disturbarti” fece lui sospirando “E io gli ho detto..” fece una pausa “Che può anche provare, ma che non mi ritengo responsabile delle tue reazioni.. Naturalmente, non ho fatto parola delle tue.. confidenze..”.
Gordon la guardava sentendosi sulle spine. Era certo che l’avrebbe investito con la sua furia, rimproverandolo per aver preso quell’iniziativa senza essere stato autorizzato, o sbattendolo fuori di casa gridando al tradimento, invece, Frances scosse la testa “Non cambierà niente. La distanza che c’è tra me e Simon Crawford è grande più di un oceano. Saremmo lontani anche se fosse seduto lì, di fronte a me, come lo siamo sempre stati. Non sarà una telefonata a cambiare le cose”.
“.. comunque, non gli ho dato il tuo numero.. né la tua mail..” si affrettò ad aggiungere, spiazzato dallo sguardo dolente di lei.
“E tu credi che abbia qualche difficoltà a procurarseli, qualora li volesse sul serio? Dimentichi di chi stiamo parlando” gli ricordò, sistemando piatti e bicchieri nella lavastoviglie “Ma poi, perché ne stiamo ancora discutendo?” si voltò sorridendogli “Vieni, ho qualcosa da mostrarti”.
Lo precedette in sala e gli fece cenno di accomodarsi sul divano. Poi, prese un volume dalla libreria “Ho raccolto le fotografie dei miei genitori da giovani”.
Gordon rispettò la volontà di lei di cambiare argomento e fu contento di vederla così serena, mentre gli raccontava di sua madre e di suo padre. Sapeva bene quanto aveva sofferto solo pochi anni prima, per la morte di suo padre e per il divorzio, e vederla così tranquilla lo rincuorava.
Rimase con lei fino a tardi e sulla porta, uscendo, le disse “Se vuoi.. gli dico di non chiamarti.. domani lo vedrò alla riunione per il doppiaggio..”.
Ma Frances scosse la testa con un sorriso, battendogli affettuosamente sulla spalla “Non ce ne è bisogno, Gordon. Vedrai che le cose si sistemeranno da sole”. 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


La telefonata settimanale con l’editore si concluse in modo burrascoso. L’uomo l’aveva tenuta in linea più di un’ora lamentandosi del fatto che non avesse ancora consegnato le bozze per l’editing né si preoccupava di leggere le mail di sollecito che le inviava quotidianamente.
Per tutta risposta, Frances si era scusata per il ritardo, parlando vagamente di impegni, per la verità inesistenti, con la produzione del film e di un fastidioso mal di testa, anch’esso inesistente, che le impediva di stare troppe ore davanti allo schermo del computer. L’editore aveva finto di crederci e tuttavia questo non l’aveva salvata da tutta una serie di reprimende e minacce circa scadenze e tempi di pubblicazione che in verità l’avevano soltanto annoiata.
In due anni che collaborava con lui, aveva imparato a sopportare i suoi sfoghi senza dar loro troppo peso. Era perfettamente cosciente di essere la proverbiale gallina dalle uova d’oro della casa editrice, che aveva creato una collana editoriale esclusivamente per la sua produzione. Non che si approfittasse della sua posizione, tuttavia non voleva che le pretese dell’editore influenzassero la sua vita più del necessario. Quindi, cercava di scrivere con i propri tempi, sforando pochissimo le scadenze, nonostante tutto, ma senza far violenza su di sé.. soprattutto in questo momento. Come lo stesso Gordon le aveva detto, qualsiasi altro autore con un successo come quello appena pubblicato e filmato, si sarebbe preso un intero anno sabbatico in qualche isola sperduta dell’oceano pacifico..

 

Così, quando il cellulare squillò di nuovo, lo prese con veemenza e urlò nel microfono “Ho già chiarito che sto facendo del mio meglio..”.
Rimase di sasso quando, invece della voce petulante dell’editore, sentì la voce bassa di Simon interromperla “..immagino di averti preso in un momento poco opportuno”.
Dopo un attimo di silenzio, durante il quale Frances tentò di riaversi dallo stupore e riconquistare una certa dose di autocontrollo, mormorò “No.. no.. nient’affatto..” riuscì a farfugliare.
“Bene. Perché ho solo dieci minuti di pausa e volevo invitarti a colazione, domani”.
L’invito la lasciò senza fiato. Non era di certo una buona idea accettare. Un conto era una telefonata di cortesia, un conto era incontrarlo e parlare a quattr’occhi.. Simon disse  “Ho un paio d’ore di libertà domani, a pranzo. Che ne dici? Una colazione veloce”.
Il tono che usava era tranquillo, non imbarazzato o incerto come sapeva sarebbe suonato il suo.. Così, si schiarì la voce e poi rispose “Ho un’ora, verso le undici e mezza..”.
“Perfetto. Allora passo a prenderti..”.
“No. Sono in centro. Dove..?” lo fermò subito, mentre attorcigliava con forza le dita al filo del mouse. Vide che le nocche stavano rapidamente sbiancando per lo sforzo.
“Malibù Restaurant” la interruppe “Ti aspetto nella saletta del privè.. Non voglio che paparazzi o fan ci disturbino..”.
“Va bene” acconsentì respirando forte “..a domani..”.
“A domani” le fece eco, interrompendo la comunicazione.
Non aveva alcun impegno in centro. Ma rivederlo a casa sarebbe stato troppo.. Si alzò faticosamente dalla scrivania, chiedendosi se aveva fatto la cosa giusta acconsentendo ad incontrarlo. No, probabilmente sarebbe stato meglio rifiutare, ma ormai era del tutto inutile piangere sul latte versato, come avrebbe detto suo padre.. e forse anche Gordon. Questo pensiero comunque non la dispensò dal rimpiangere di aver accettato.. e si diede della sciocca per tutto il pomeriggio.
 
La mattina dopo guidò fino alla spiaggia, dove lasciò l’automobile in custodia in un garage a pagamento, poi si diresse lentamente sul boulevard che l’avrebbe condotta davanti al Malibù Restaurant. Aveva indossato un semplice abito azzurro, senza maniche, scarpe e borsetta bianca, occhiali scuri ed aveva lasciato i capelli sciolti sulle spalle. Non voleva dare l’impressione di essersi agghindata per lui, anche se aveva trascorso almeno tre ore davanti allo specchio.. Arrivò al ristorante a mezzogiorno meno un quarto. Rimase ferma sul marciapiede alcuni secondi, incerta. In fondo, poteva scappare e poi trovare una scusa.. Invece, entrò e si lasciò condurre dal maitre nel privè. Vide subito Simon, seduto ed immerso nella lettura del menù. Notò il suo abbigliamento casual e non poté fare a meno di riconoscere che era davvero bellissimo, anche in camicia e jeans. Non appena il maitre gli si avvicinò, lui alzò lo sguardo ed incontrò quello di Frances. Sorrise, sollevandosi per salutarla. Le andò vicino e le tese la mano, spostandole la sedia.
“Va bene per te la zuppa di pesce? Qui ne fanno una ottima..” disse subito e al suo assenso, fece le ordinazioni, poi tornò con lo sguardo su di lei “Sono contento di vederti. Come stai?”.
Frastornata dal suo modo, così gentile e sereno, Frances si vide costretta a rivolgergli un sorriso, sperando di risultare credibile, e rispose “Bene, grazie.. E tu?”.
L’uomo alzò le spalle “Non posso lamentarmi.. Sono sempre in giro per promuovere il film..” la fissò “E’ veramente bellissimo, lo sai questo, non è così? L’ho rivisto, dopo il montaggio, e devo confessarti che è ancora meglio di quel che credevo. I tuoi dialoghi sono perfetti”.
Arrossendo leggermente a quel complimento, la ragazza sorrise “Non è solo merito mio se è un lavoro riuscito. Anzi, per il film ho fatto davvero poco..”.
A quelle parole, seguì un momento di silenzio, poi Simon riprese “Invece sei sempre stata presente sul set. Forse ti riferisci all’ultimo periodo. Quando sei scomparsa..” la scrutò, sorseggiando un po’ di vino.
Frances lo guardò di sottecchi, senza parlare. Non voleva davvero affrontare quell’argomento né aveva creduto che lui l’avrebbe fatto.. Lo imitò. Prendendo il bicchiere e portandoselo alle labbra.
“Sono rimasti tutti stupiti della tua latitanza. Soprattutto il regista. Aveva pensato che saresti stata agli studios fino alla fine delle riprese e anche per il lavoro successivo..” continuò lui, incurante dell’imbarazzo di lei.
Appoggiando il bicchiere sul tavolo, Frances sospirò “.. non voglio davvero parlare di questo..”.
“Intendi della tua latitanza dal set..?” la guardò con aria innocente, attirandosi un’occhiata feroce.
Proprio in quel momento, arrivò il cameriere con i piatti, interrompendoli.
Ma, evidentemente, Simon non intendeva lasciar perdere, così riprese “Dunque, di che cosa non vuoi parlare, Frances?” ed intanto si sistemò il tovagliolo sulle ginocchia, senza staccare gli occhi da quelli di lei “Del fatto che mi hai cacciato fuori di casa dopo essere fuggita dal mio letto..?”.
Quell’ultima frase bloccò Frances, che si ritrovò incapace di muoversi. Le mani appoggiate sul bordo del tavolo, stringevano la tovaglia in modo spasmodico. Oh, Dio, ma perché era seduta lì, con un uomo come quello, a parlare di qualcosa che aveva voluto seppellire per sempre..?
Non voleva rispondere nè alzare lo sguardo nè rimanere un minuto di più lì seduta..
Ma il suo corpo era congelato e sembrava non voler obbedire alla sua precisa volontà.
Lo sentì sospirare e sussurrare “Va bene. Scusami. Non volevo assalirti in questo modo”.
Solo allora, riuscì a guardarlo. Fissava il piatto, le mani ferme sulla tavola, proprio come le sue. Poi, la guardò “O forse si” le sorrise nervoso “Non saprei essere più preciso. L’unica cosa che so per certo è che vorrei.. vorrei cambiare lo stato delle cose tra noi”.
Frances lo fissò, senza trovare qualcosa da dire. Credeva forse che ci fosse un “noi”? Per quell’unica notte di sesso che aveva tentato con tutte le sue forze di cancellare?
Quest’uomo dev’essere pazzo, pensò tra sé.
Ma Simon continuò “In queste settimane, mi sono mancate le nostre chiacchierate ai margini del set e in camerino. Davvero..” ribadì, notando l’impercettibile scuotere della testa di lei “Sai essere molto affascinante quando parli dell’ispirazione e della composizione così come l’intendi tu..” sorrise “E poi, quella notte, a casa mia..”.
A quell’accenno, Frances alzò una mano per fermarlo. Lo fissò seria “Non voglio parlarne”.
“Ma..”.
“Ho detto che non voglio” sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia “No. E’ stato un errore, avevo bevuto troppo.. e non sapevo ciò che stavo facendo.. e nemmeno tu” lo sbirciò “Non parliamone. E’ stato un errore”.
“Che ti ha indotto a nasconderti da me” aggiunse amaro “Per quale altra ragione non ti saresti più fatta vedere sul set?”
“Ho dovuto lavorare” lo contraddisse sperando di essere convincente “e te l’avevo già spiegato. Ho delle scadenze, con l’editore. Il film non aveva più alcun bisogno di me. E tu stesso hai detto che è magnifico, così come è venuto”.
Simon la guardava, la testa lievemente piegata di lato, gli occhi nei suoi, come a volerle leggere dentro. Frances capì che non si stava lasciando convincere, che sapeva esattamente la ragione della sua fuga dal set, ma che non voleva spingerla troppo oltre. E si diede della sciocca.
Ho davanti un uomo abituato ad avere tutti ai suoi piedi, specialmente le donne, e credo di fargliela? Sta sicuramente ridendo di me, del mio imbarazzo, della mia cotta per lui..
 Cotta per lui? Ripeté incredula a sé stessa.
Lo guardò ricominciare a mangiare e fece lo stesso. Poi, ad un tratto, “Se volessi ricominciare da zero, con te? Come se quella notte non fosse mai accaduta?” le domandò in tono serio, senza alzare lo sguardo “Tu credi che sarebbe possibile?”.
Frances spalancò gli occhi e, non appena la guardò, li distolse da lui. Non poteva davvero credere a quanto stava accadendo. Appoggiò le posate e sussurrò tentando di rimanere calma “Potrei farti la stessa domanda”.
Simon sollevò le sopracciglia “Io ti risponderei di si. Tu sei una fantastica autrice, io un meraviglioso attore che scrive canzoni.. Avremo pure qualcosa da dirci” si fermò, poi riprese “Almeno, l’avevamo”.
In quel momento, giunse il cameriere che domandò se avevano altre ordinazioni da fare. Simon ordinò il caffè per entrambi, poi tornò a fissarla, appoggiando i gomiti sul tavolo “Allora, che ne dici?”.
Accarezzando l’idea di fuggire a gambe levate senza rispondere, Frances tossicchiò pulendosi le labbra col tovagliolo, poi, alla fine, disse “Che dico di che cosa?”.
Questo strappò una risata a Simon che esclamò “Ma che osso duro che ho davanti”. Poi, ripeté, scandendo bene le parole “Credi che potremmo ricominciare dalle nostre chiacchiere su copioni e poesie?”.
Davanti a quell’insistenza, lei si lasciò sfuggire un piccolo sorriso e si trovò ad annuire.
Simon sembrò rilassarsi istantaneamente. Allungò un braccio oltre il tavolo e le sfiorò una mano “Ne sono felice”.
Ma Frances sapeva che era un rischio. Perché anche adesso, soltanto guardandolo, si sentiva attratta da lui, dal suo fascino, dalla sua indiscutibile bellezza, dal magnetismo che lo circondava. E improvvisamente si ricordò che cosa aveva sentito quella notte, da sola con lui, alla luce della luna. Era stato qualcosa di immediato e totale, che nulla aveva a che fare con la quantità d’alcool che aveva ingurgitato. Solo quella lieve carezza sul dorso della sua mano era bastata a ricordarle tutto.
Uscirono dal restaurant pochi minuti dopo. Simon aveva indossato gli occhiali neri ed un ridicolo cappellino blu con la visiera, nella speranza di non essere riconosciuto. Una volta sul boulevard, le indicò la macchina che lo attendeva poco lontano “Ti accompagno”.
Frances scosse la testa “Preferisco fare due passi..”.
La guardò, poi mormorò “Ti accompagno a piedi”.
Mentre camminavano, le chiese “Stai continuando a scrivere la storia dei Padri Pellegrini?” la guardò ammirato “Immagino che a questo punto saprai tutto di quel periodo”.
“La documentazione è il primo passo” ammise “E io sono quasi alla fine. Si tratta di confezionare il tutto. I miei protagonisti hanno a che fare con i puritani..” si voltò e vide che la stava fissando con un sorriso “Che succede?”.
Scosse la testa “E’ un’esperienza unica guardarti e sentirti mentre parli del tuo lavoro”.
Frances sentì rimescolarsi lo stomaco a quel complimento. Così, distolse lo sguardo e mormorò “E le tue canzoni?”.
Simon rise, gettando indietro la testa e il cuore di lei dette un balzo. Le parve bellissimo quel gesto spontaneo.
“Ho scritto qualcosa.. ma mi manca il tempo. Con la promozione del film, il doppiaggio.. le interviste in televisione..” sospirò “Ma si, ho scritto qualcosa. Quando sono solo, a casa, ma non capita spesso”.
Arrivarono al garage. Frances gli indicò l’automobile e disse “Beh.. grazie per il pranzo..”.
“Grazie a te per aver accettato di incontrarmi” le disse togliendosi gli occhiali scuri e subito, Frances si sentì trafitta da quegli incredibili occhi blu “Potremmo rifarlo?”.
Lei annuì, abbassando la testa. Poi, tese la mano, Simon la strinse e se la portò alle labbra. Frances arrossì a quel gesto. La ritirò avviandosi al parcheggio.
“Ti chiamerò in settimana” le disse, mentre lei saliva e partiva. Rimase a guardarla mentre si allontanava e anche Frances lo guardò nello specchietto retrovisore finché le fu possibile. Si ricordò solo allora di non avergli domandato come aveva avuto il suo numero di cellulare.
 
Gordon ascoltò con attenzione il racconto di Frances, sorseggiando il suo cocktail alla frutta. Sedevano sotto il gazebo, nel giardino di lei, inondato dalla luce del tramonto. Era contento che lo avesse chiamato, quella mattina, e lo avesse urgentemente convocato a casa per confidarsi, questo lo faceva sentire parte della famiglia. Non distolse un momento gli occhi da quelli di lei, e notò ogni minima emozione che traspariva. Gli sembrava veramente presa. Confusa, esaltata, impaurita..
Alla fine, gli domandò “ Che ne pensi?”.
“Sei cotta di lui” sentenziò ridacchiando.
“Oh, accidenti, ma che razza di risposta è?” gli lanciò il cuscino “Tutto il mondo è cotto di Simon Crawford, l’attore”.
Gordon sospirò, appoggiando il bicchiere sul tavolino “Non puoi negare il suo sex appeal”.
“Ma vuoi essere serio?” lo riprese “Credo che questa storia del ricominciare.. beh, non sia una buona idea..”.
“Oh, io credo invece che sia brillante” esclamò l’uomo “Penso che voglia provarci con te, e ha capito che tu non sei come le altre barbie che frequenta”.
Frances aggrottò la fronte “Vuole.. provarci?”.
“Ma certo! Siete già stati a letto insieme, come suo solito, probabilmente, quello è il punto d’inizio.. e con te non ha funzionato. Lui ti trova bella ed interessante, e ha capito che con te serve qualcos’altro. Che non può abbagliarti coi soldi, sol suo fascino superstar o con la sua bellezza esagerata..” si attirò un’occhiata truce “Con te, questo non basta. Mi sbaglio?”.
“Ma questo implicherebbe che lui vuole.. conquistarmi..” mormorò poco convinta.
“Infatti, è proprio questo che vuole fare. Conquistarti. Perché l’uomo è predatore e bracca la sua preda finché non l’ha in pugno..” scherzò sporgendosi verso di lei “Ma insomma, capo, che vuoi che ti dica? E’ chiaro che ti vuole”.
Lo fissò seria “In che senso mi vuole?”.
Gordon la fissò un lungo momento, prima di dire “In tutti i sensi in cui un uomo vuole una donna, credo. Anche se nel suo caso, è giusto andarci con i piedi di piombo.. magari vuole solo riportarti nel suo letto.. o forse vuole anche qualcos’altro..”.
Frances sospirò sconsolata. Incrociò le braccia, perdendo lo sguardo tra i roseti in fiore. Pensò a lungo, prima di sussurrare “Non credo di farcela”.
“Farcela?” ripeté senza capire.
“Si. Lui mi conquisterà con i suoi modi, mi farà innamorare ben bene, mi porterà a letto, e poi mi scaricherà. Come fa con le sue barbie” disse con voce tremante “E io non ce la farò. Non posso stare di nuovo male perché qualcuno se ne va via, abbandonandomi..”.
Gordon vide le lacrime fare capolino nei suoi occhi. Le accarezzò una guancia, con tenerezza “Non glielo permetterai. Non glielo permetteremo” le sorrise dolcemente “Vedi, Simon Crawford forse si è messo in testa di conquistarti e di metterti nella sua bella collezione, perché sei un pezzo raro, tanto diverso dagli altri, ma non sa davvero con chi ha a che fare, capo”.
Frances lo guardò, grata per quelle parole. Gli prese la mano e sorrise leggermente “Ok. Non glielo permetteremo..”.
“Croce sul cuore” ribadì Gordon, ponendosi la mano destra sul petto e facendola ridere di gusto.
 
Quella notte Frances non dormì neanche un minuto e terminò il capitolo. Si connesse ad Internet e lo inviò subito all’editore per la correzione bozze. Poi, all’alba, spense il computer ed uscì in giardino. Stretta nello scialle che era appartenuto a sua nonna, si sedette in poltrona e si godette il silenzio della prima mattina, quando ancora il mondo era addormentato. Si rese conto, in quella calma irreale, che le parole di Gordon l’avevano tranquillizzata ed aiutata. Si era fatto strada in lei il pensiero di poter gestire tutta quella storia, di poter affrontare una “relazione”, di qualsiasi tipo fosse, con Simon. Avrebbe solo dovuto tenere le distanze, essere onesta con sé stessa ed avere un po’ di amor proprio..
L’editore la chiamò alle nove, mentre stava prendendo il caffè. Era entusiasta del suo lavoro e si diceva sicuro che ne avrebbero fatto un altro film memorabile.. Frances sorrideva ascoltandolo, e scuoteva la testa.
Alle nove e mezza suonarono al cancello e quando uscì sul portico, vide un ragazzo che procedeva sul vialetto portando un enorme mazzo di fiori, disposti in modo artistico in un cesto raffinato. Una volta che l’ebbe appoggiato sul tavolo, le consegnò il biglietto che l’accompagnava e poi la salutò.
“Grazie per ieri, per l’occasione che mi hai concesso. A presto, S.”.
Si sedette in poltrona e rimase a fissare a lungo i fiori, in parte contenta in parte terrorizzata per la piega che gli eventi stavano prendendo. 

Vi ringrazio tantissimo perchè continuate a seguirmi.
Un lungo capitolo, con cui vi auguro un buon week end..
Ezrebet

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Simon la chiamò due giorni dopo, nella tarda mattinata. Frances stava annaffiando i roseti e quando sentì la sua voce, ebbe un tuffo al cuore. Non si era davvero aspettata che si facesse vivo così presto e inoltre aveva tentato in ogni modo di non stare in ansia, attendendo la telefonata..

“Spero che non sia un brutto momento” le disse.
“Oh, no, no. Sto lavorando in giardino” rispose subito “Ti ringrazio per i fiori..non avresti dovuto disturbarti..”.
“E perché no? Hai letto il biglietto?” le domandò “Era semplicemente la verità”.
Frances non replicò. Improvvisamente, si trovò a corto di parole. Fu Simon a dire “Mi chiedevo se domani sera fossi libera. Per una cena”.
Ancora una volta, Frances rimase in silenzio. Non che non si fosse aspettata una mossa del genere, tuttavia non poté ignorare il campanello d’allarme che aveva preso a suonarle impazzito in testa. Una cena con Simon era pericolosa, soprattutto per le sensazioni che lei stessa provava in sua presenza, nonostante tutti i suoi propositi di autocontrollo e razionalizzazione.
Come se le avesse letto nel pensiero, lui fece “E’ troppo impegnativo per te?” e nel suo tono, Frances sentì una certa dose di premura “Perché, in questo caso, potremmo fare un aperitivo, sul lungomare.. e poi vediamo..” propose.
Non aveva senso continuare ad esitare. O era un si oppure era un no, deciso e definitivo. Erano due adulti e per quanto fosse ben cosciente delle proprie paure e del rischio che correva con lui, Frances sapeva di non poter tentennare oltre, non dopo le cose che si erano detti a pranzo qualche giorno prima.
Così, accettò l’aperitivo sul lungomare, per il pomeriggio successivo alle cinque e mezza.
Quella sera ne scrisse a Gordon, sulla mail e per tutta risposta quello inviò un disegno che ritraeva Donald Duck col pollice alzato che faceva l’occhiolino. Lei sorrise, spegnendo il computer.
Non pensò molto all’appuntamento, il giorno dopo, in parte perché l’editor la contattò e la tenne occupata a lungo per discutere delle correzioni da fare al nuovo romanzo, in parte perché, come accadeva una volta al mese, dovette assistere ai lavori di potatura delle siepi del giardino. Fu molto indaffarata e soltanto alle quattro si ricordò dell’appuntamento.
“Incredibile” pensò fra sé, mentre s’immergeva nella vasca ed appoggiava il capo sul bordo, chiudendo gli occhi per godersi il momento. E lo era davvero. Stava per incontrare di nuovo Simon, che evidentemente la stava corteggiando, e non si sentiva molto nervosa. Non quanto si era aspettata.
S’infilò un abito rosso e raccolse i capelli in un grazioso chignon, lasciando cadere qualche ricciolo sulla fronte, si truccò leggermente, perché, come al solito, non voleva dare l’impressione di farsi bella per lui.. Scosse la testa alla propria immagine riflessa nello specchio e poi uscì.
Raggiunse il lounge bar sul lungomare e scorse Simon appoggiato al bancone, che sorrideva ascoltando le parole del barista. Si fermò un momento a guardarlo, dalla vetrina. Era bello in modo imbarazzante, con la camicia azzurra dalle maniche arrotolate ai gomiti e i jeans, i capelli un po’ arruffati e quell’aria sicura di sé.. E come poteva essere meno che sicuro di sé, lui, adorato da milioni di fan ovunque e ricercato come una vena d’oro dai produttori di tutto il mondo?
Scuotendosi da quei pensieri, lo raggiunse. Si accorse subito di lei, si alzò e le rivolse un sorriso smagliante, abbassandosi per baciarle entrambe le guance. Frances sentì che un certo rossore si era diffuso sulle sue gote e fu contenta di aver messo un po’ di fard.
“Stavo chiacchierando con Joe” indicò l’uomo che stava spolverando alcuni bicchieri “Ha avuto una vita molto avventurosa.. anche se non sembrerebbe..” la guardò “Sono contento di vederti”.
“Grazie.. carino, questo posto, così vicino al mare..”sorrise Frances.
“E’ quello che preferisco, tra i tanti locali qui intorno..” le disse.
Senza che avessero ordinato nulla, Joe pose sul tavolo, davanti a loro, due cocktail di colore verde, con belle foglioline di menta come ornamenti “Questi li offre la casa” sorrise.
Simon gli fece un cenno di ringraziamento, poi prese i due bicchieri e invitò Frances a seguirlo. La condusse nella veranda, dalle cui finestre ad arco si aveva una magnifica veduta della spiaggia, ancora poco frequentata in quei primi giorni di maggio. Si accomodarono ad un tavolino della sala semideserta e poi le disse “Dimmi se questo non è un posto incantevole”.
Frances era d’accordo. Il mare era ad un passo, eppure sembrava ritratto in una fotografia.. Era un panorama da mozzare il fiato.
“E poi dovresti vedere quando c’è un temporale..” parlava in tono ammirato, fissando lo sguardo tra le onde, verso l’orizzonte “E’ uno spettacolo..”.
“Non fatico a crederti” mormorò Frances sorridendo.
Guardandola, Simon fece “Spero di non averti costretto a lasciare il tuo lavoro per venire fino a qui a bere un mojito con me..” piegò la testa, con un mezzo sorriso sulle labbra “Mi sentirei in colpa”.
Lei scosse la testa “Dio, no. Stamattina sono stata al telefono per ore con il correttore di bozze e per oggi ho fatto abbastanza” sorseggiò il cocktail dalla cannuccia “Sto pensando a qualcosa di nuovo”.
Lui spalancò gli occhi “Stai dicendo che vuoi iniziare subito un altro romanzo..?”.
“Un romanzo, o una raccolta di racconti.. e chi lo sa? E’ ancora tutto qua dentro” si toccò la fronte “Niente di concreto..”.
La fissò con ammirazione e poi disse “Sei incredibile”.
Frances sentì una strana sensazione allo stomaco, mentre si domandava quanto fosse autentico ciò che le stava dicendo e quanto fosse calcolato allo scopo di sedurla.. Tentò di non soffermarsi su quei pensieri, ma si accorse che era molto difficile non pesare ogni parola che usciva da quella bellissima bocca.
“La prossima settimana volerò a New York, alla prima del film per la critica” le disse “Tu verrai con noi?”.
Improvvisamente, si ricordò dell’invito che Gordon le aveva fatto avere il giorno precedente, che aveva letto distrattamente. Come autore e sceneggiatore, era richiesta la sua presenza, ma lei pensava di declinare. Non era tagliata per quel genere di eventi..
“Non credo” disse un po’ imbarazzata “Credo che la tua presenza, quella del regista e degli altri attori sia sufficiente. Non me la sento proprio di attraversare l’America per una serata noiosa..” si bloccò “Scusami.. magari per te non lo è..”.
“Per Dio se lo è!” esclamò ridendo “Ma la mia presenza è obbligatoria..Non posso evitarla.. Ho dovuto disdire l’incontro con i miei figli..”. Dopo averlo detto, alzò di scatto la testa e la guardò “.. non so se ne sei al corrente.. ma ho due figli, qui a Los Angeles”.
Frances alzò le spalle “So quel che ho letto su alcune riviste..””.
Simon mescolò distrattamente il cocktail, pensoso, poi disse “Stanno con la mia ex moglie per la maggior parte dell’anno. Sono poco più che adolescenti, sai, e hanno bisogno di stabilità.. Laura si è risposata e ha una bella casa, con un bel giardino e dei bravi vicini..” rise tristemente “Così, io sono quello che ogni fine settimana che posso arrivo con una bella macchina sportiva e costosa e li porto in giro. Ah, e li porto a sciare e al mare, in estate..”.
“Questo ci si aspetta da un genitore” sussurrò lei, colpita dal suo tono amaro.
“Già” annuì Simon appoggiando i gomiti sul tavolo e fissando gli occhi in quelli di lei “E cosa mi racconti, invece, di te?”.
In una frazione di secondo, Frances rifletté su quanto poteva effettivamente raccontargli. Non sarebbe stato saggio aprirsi completamente con un uomo come Simon, lo conosceva da poco tempo ed era pericoloso, estremamente. Ma qualcosa doveva pur concedergli..
“Anch’io sono divorziata. Purtroppo, il mio matrimonio è finito quattro anni fa” disse velocemente, cercando di nascondere tutte le emozioni che quel ricordo risvegliava dentro di sé. Lo vide fare un cenno col capo e chiedere “Figli?”.
“Non ne abbiamo avuti” rispose in fretta, sperando che dal suo tono non trasparisse nulla, nessun indizio del marasma che quelle poche parole sapevano suscitare in lei. Abbassò lo sguardo sul liquido verde in cui galleggiava una foglia di menta.
Un attimo dopo, Simon si alzò afferrandole una mano “Vieni, andiamo a fare due passi” e la trascinò fuori dal locale, verso la spiaggia. Presto, furono sulla sabbia e lo spettacolo del crepuscolo sul mare li lasciò senza fiato. Si lasciò condurre da lui verso il bagnasciuga deserto e lo sentì dire “Non è meraviglioso qui? In questo momento?”.
Frances era completamente d’accordo con lui. Se ne stavano lì, in piedi, a guardare l’orizzonte ormai quasi immerso nel buio, entrambi consapevoli di guardare un pezzo di paradiso, forse.
A malapena si accorse che le aveva appoggiato un braccio sulle spalle, facendosi più vicino, tanto che ormai i loro corpi si sfioravano. Soltanto quando sentì la sua mano sul collo, Frances si irrigidì.
Nella sua testa riecheggiava una parola sola, pericolo. A chiare lettere. Ormai al buio, così vicino ad un uomo affascinante, che stava accorciando deliberatamente le distanze che lei aveva imposto.. Si voltò per parlare, proprio quando anche lui si volse a guardarla. Troppo, troppo vicini.
“Simon, non credo che…” iniziò lei tentando di scostarsi, ma lui, gentilmente, la trattenne appoggiandole una mano sulla schiena. La scrutò, gli occhi scintillanti nel buio. Frances sapeva che l’avrebbe baciata e si diede della stupida. Non esisteva al mondo una situazione più romantica e lei c’era caduta come una liceale al primo appuntamento.. Forse fu questo improvviso pensiero che la riscosse dalla malia in cui era scivolata in modo inconsapevole. Ma fu abbastanza. Raccogliendo le ultime briciole della sua volontà ed ignorando il cuore, che le martellava in petto, fece un passo indietro, liberandosi da quella stretta traditrice. Sospirò, tentando di sorridere, e disse “.. ho freddo..”.
Simon la imitò, allontanandosi un poco. Infilò le mani nelle tasche dei jeans e annuì, sorridendo, anche se per Frances fu evidente il suo nervosismo. Lo guardò voltarsi verso il locale che avevano lasciato poco prima “..sì.. andiamo..”.
Tornarono in silenzio, camminando vicini ma senza guardarsi. Salutarono Joe e poi si ritrovarono sulla passeggiata, illuminata dai lampioni.
“Allora.. spero che ti sia piaciuto il locale.. e la spiaggia..” le disse.
“Naturalmente. Grazie”.
Si guardarono un istante, poi Simon le prese una mano e se la portò alle labbra “Ti chiamerò ancora..”.
“Ne sarò contenta” rispose subito lei, senza staccare gli occhi dai suoi.
“Ok” fece lui, lasciandola “Allora.. buona serata..”.
Frances gli fece un cenno con la mano e si avviò al parcheggio, consapevole del suo sguardo su di sé.
 
Frances non andò a New York, ma seguì l’evento sulle cronache delle riviste. Il film fu accolto positivamente dai critici delle maggiori testate mondiali del settore e la festa che seguì la proiezione e la conferenza stampa del cast fu un successo. Pagine e pagine di rotocalchi furono riempite da foto e reportage della memorabile serata e anche in televisione si sprecarono speciali e cronache a tutte le ore.
Assistere a quel successo mediatico fu un’esperienza pressoché surreale per Frances. Se da un lato era orgogliosa e contenta dell’exploit della propria storia, dall’altro vedere Simon preso nel turbine dell’evento le provocò un certo fastidio. Chissà perché, ma durante gli ultimi incontri con lui si era quasi convinta che sotto sotto potesse essere un uomo diverso e non esaurirsi nell’immagine che aveva costruito su di sé.. Invece, guardandolo e leggendo le interviste, si rese conto che quello era il vero Simon, una star di Hollywood, che quello era il suo mondo, in cui stava bene e che, in un certo senso, riusciva anche a dominare.
Non è l’uomo che vorrei che fosse.. Eppure, che cos’era quella stretta allo stomaco che le provocava il solo pensare a lui ed allo sguardo che le aveva rivolto sulla spiaggia, pronto a baciarla? Per non parlare di quel che le scatenava dentro il ricordo della notte con lui, dei suoi baci infuocati, del suo modo di stringerla e toccarla.. Dio mio, ma che cosa mi sta accadendo?

Gordon andò da lei a pranzo e, dopo un’ora e più di discussione sull’agenda della settimana, tutta organizzata intorno al lavoro di editing che stava facendo, la trascinò in giardino, e la costrinse a sdraiarsi comoda su una delle poltrone, per rilassarsi. E lei obbedì, dopo aver tentato una debole resistenza.
“E ora dimmi a che cosa è dovuto questo nervosismo” le intimò, sedendosi a sua volta.
“Non sono affatto nervosa” ribatté lei.
“Lo sei eccome. Non è possibile discutere per un editing come fai tu. Non ti va bene niente, e non parlo soltanto delle correzioni, ma anche degli orari per gli appuntamenti.. Ti rendi conto che per stilare l’agenda ci abbiamo messo un’infinità di tempo?”.
“Non è la prima volta che succede” tentò di difendersi, ma lui la fermò subito, dicendo “So benissimo che si tratta di Crawford”.
Frances lo fissò “ Che cosa vuol dire?”.
“Che so benissimo che c’è lui alla radice del problema. Sei nervosa a causa sua” sospirò “E’ per colpa sua che non sei voluta andare a New York? E’ sua la responsabilità per tutto il tempo che ho speso nel cercare di convincere la produzione e l’editore che avevi molte buone ragioni per non andare?”.
“No” disse subito “Semplicemente, non fa per me”.
Dopo qualche minuto di silenzio, Gordon fece “Come vanno le cose con lui?”.
Frances alzò le spalle “Non so risponderti. Dal giorno dell’aperitivo sulla spiaggia non l’ho più sentito e credo che sia stato meglio così. Un po’ di tempo per riflettere e considerare lo stato delle cose mi ci voleva. Ecco io..” lo guardò seria “Sono molto attratta da lui. Mi piace, è affascinante, mi prende” accennò un sorriso “Mi rendo conto che è una cosa banale.. In fondo condivido queste sensazioni con milioni di donne nel mondo.. Ma voglio essere onesta”.
Gordon la guardò e sussurrò “Ti stai innamorando di lui?”.
“Credo di poterlo ammettere”.
Non si dissero altro, per quella sera. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


La settimana trascorse lenta. L’editore le inviava quotidianamente schede da riempire, parti da rivedere e correggere e lei spesso si trovava a discutere al telefono più di quanto avesse mai fatto. Si rendeva perfettamente conto di avere i nervi a fior di pelle, di esagerare in tutto, ma non riusciva a fare altrimenti. Aveva bisogno di dar sfogo all’ansia che sentiva dentro e sapeva benissimo che era dovuta alla paura, paura di Simon e di ciò che la legava a lui. Innamorarsi di uno come Simon era facile, tuttavia sbagliato e pericoloso, questo le era chiaro, e sebbene la sua parte razionale e auto conservativa l’avesse capito e accettato, la sua parte più profonda indugiava inesorabilmente al pensiero dei suoi occhi, della sua stretta, della sua voce, così ammaliante. Si trovava a lanciare occhiate al telefono, a controllare i messaggi in segreteria e gli sms, nella speranza che si facesse vivo. Ma per sei giorni Simon non la contattò. Certo, come lo stesso Gordon le aveva detto, il soggiorno a New York si stava protraendo per comparse in tv show, incontri con la stampa e i fan da parte del cast, tuttavia Frances era dispiaciuta.. che Simon non sentisse la necessità di inviarle un messaggio o farle una breve telefonata..
 

Quando realizzò il tipo di idee che le stavano riempiendo la testa, rise di sé stessa. Oh, per l’amor del cielo, ma che voleva da lui? Che pretendeva da Crawford, la stella del firmamento hollywoodiano? Pretendeva forse che lui la chiamasse per farle un saluto o darle il buongiorno..? Forse aveva una bella ragazza bionda che riscaldava il suo soggiorno a New York e lo aspettava nel lussuoso hotel che di certo lo ospitava.. Ma certo che era così.
Per questa ragione, si trovò del tutto impreparata quando, un pomeriggio, uscendo sul portico, lo vide appoggiato alla sua porche, che fissava casa sua. Quando incontrò il suo sguardo, dopo un primo momento di sorpresa, le sorrise e fece qualche passo verso il cancello, si fermò e le chiese “Che ne dici di fare un giretto?”.
Presa alla sprovvista, Frances non seppe rispondere niente. Egli dovette prenderlo come un si, spalancò il cancello e le andò incontro, stampandole due baci sulle guance e afferrandole la mano “Andiamo”.
L’automobile sfrecciò lungo le strade della città, costeggiò la spiaggia e poi prese a salire. I tornanti si susseguivano rapidi e Frances si accorse che stavano raggiungendo il parco dei laghi, dove molte famiglie trascorrevano ore piacevoli nel fine settimana. Era però certa che fosse chiuso di giovedì. Glielo disse, ma Simon sfoderò un sorriso birichino “Beh, varrà qualcosa essere Simon Crawford..”. Ed infatti, il custode aprì i cancelli per loro, raccomandando solo di uscire entro le ventidue.
Frances gli passeggiò accanto, ancora frastornata. Come dal cilindro di un mago, Simon aveva preso dal baule dell’auto un cestino, dicendole che aveva preparato tutto l’occorrente per una cenetta nella natura selvaggia e lei aveva annuito, rapita dal suo entusiasmo. Mentre percorrevano il sentiero che conduceva al lago, le raccontò della serata per la prima del film, facendo considerazione divertenti sui presenti, sul regista, sull’intero cast. Lei capì che si era divertito, proprio come aveva supposto. Era il suo mondo, un mondo che lo idolatrava.. Chi, al suo posto, non avrebbe adorato quel continuo flusso di ammirazione ed affetto che lo circondava?
Giunti in riva al lago, Simon si fermò e mormorò “Ogni volta che vengo, rimango meravigliato.. E’ così bello qui”.
Un momento dopo, stese una copertina e la invitò a sedersi, seguendola. Poi, dal cesto, prese una bottiglia di vino e due calici, riempiendoli. Le tese il flute e disse “Vorrei dedicarti questo brindisi. Sei una fantastica scrittrice e il tuo film è bellissimo”. I bicchieri si toccarono e Frances non riuscì a dire molto. Una situazione del genere andava oltre ogni sua aspettativa e paura. Si, paura, perché con Simon e quel suo modo stava camminando sull’orlo di un baratro..
“Immagino che ti sarai chiesta la ragione del mio silenzio” sussurrò guardandola.
Lei non rispose. Era anche un po’ infastidita dal fatto che lui sembrava leggerle dentro.
“Ho preferito..” fece una pausa “Ho preferito lasciarti un po’ di tempo” si sollevò seduto e guardò dinanzi a sé, un punto imprecisato del lago “Non voglio correre il rischio di essere.. come dire, assillante. Ho pensato che sarebbe stato utile prendere fiato”.
“Non devi giustificarti. Eri a New York. Avevi da fare e anch’io.. ho lavorato parecchio”.
La fissò serio annuendo “Si. Ma non è per questo che non ti ho mai chiamato”.
Frances trattenne il fiato, spaventata da quanto avrebbe potuto dirle. Sembrava davvero un momento sospeso nel tempo. Quando Simon riprese a parlare, lo fece così piano che per poco lei non lo udì.
“Ho avuto paura di.. di averti spaventato, l’altra sera, sulla spiaggia. Ho visto come hai reagito. E stavolta non voglio.. sul serio, non voglio fare passi falsi. Così ho creduto di.. lasciar passare un po’ di tempo.. Ho sbagliato?” le chiese socchiudendo gli occhi.
La risposta a quella domanda era ardua. Da un lato, Frances apprezzava quel suo chiarimento e capiva perfettamente le sue ragioni, ma dall’altro non poteva negare che tutto quel silenzio l’aveva scaraventata nel pozzo delle sue paure.. Così, preferì semplicemente sorridere e sussurrare “..credo che le cose stiano andando nel modo giusto. Ed è una buona cosa agire secondo coscienza..”.
Simon sospirò “Mio Dio, che risposta diplomatica” la sbirciò “Tuttavia, ottima..”.
Poi, le prese il bicchiere dalle mani e lo appoggiò sulla coperta, insieme al proprio. Si sporse verso di lei e la guardò a lungo. Frances si sentì rapita dai suoi occhi blu e non riuscì a scostarsi, quando lui le sfiorò le labbra con le proprie, lievemente. Lo guardò allontanarsi appena, come in attesa di una sua reazione, e lo guardò piegarsi ancora e baciarla di nuovo, stavolta più decisamente. Le passò prima una mano dietro al collo, attirandola a sé ed in seguito, l’altro braccio attorno alla vita, facendo aderire il suo corpo al proprio, mentre il bacio si approfondiva. Frances si ritrovò in braccio a lui, coinvolta in una stretta così intensa e calorosa da lasciarla senza fiato. Dovette staccare le labbra dalle sue un attimo, prima che lui le ricercasse, riprendendo la lenta ed inesorabile esplorazione della sua bocca.
La trascinò con sé sulla coperta, stringendosela addosso. Incontrò i suoi occhi ed Frances vide chiaramente quanto la desiderava. Non riusciva a pensare bene, in quella posizione, con il suo sguardo puntato addosso e, quando lui iniziò a baciarle il collo, boccheggiò. Si rese conto che se non si fosse fermata ora, non sarebbe stato più possibile farlo. Così, si staccò leggermente e tentò di divincolarsi dalla sua stretta, lasciandosi cadere di lato. Il petto le si alzava ed abbassava in fretta, mentre fissava il cielo striato di rosso del tramonto. Simon l’aveva lasciata andare ma stringeva ancora la sua mano. Capì che anche lui stava provando a riprendere il controllo.
Lo sentì sollevarsi a sedere e sbirciandolo, vide che stava guardando il lago, le cui acque ferme si stavano rapidamente scurendo. Lei fece altrettanto e solo allora, Simon si voltò. Le stava sorridendo. Frances avrebbe voluto dire qualcosa, ma lui la precedette. Indicò il cestino chiedendo “Non hai fame?” ed il suo tono era sereno.
“Certo, si” rispose un po’ insicura. Si era aspettata un’altra reazione, invece Simon era tranquillo mentre le porgeva un sandwich e un tovagliolo di carta “Spero siano di tuo gradimento”.
Con naturalezza, le iniziò a raccontare alcuni aneddoti accaduti a New York con i fan più affezionati e con le guardie della security, strappandole qualche sorrisetto. Le pareva incredibile che riuscissero a parlare serenamente dopo quanto accaduto solo poco prima. Ma così fu. Ed arrivarono le nove e mezza, il buio era fitto mentre si avviavano sul sentiero del ritorno.

Quando scorse la luce della casetta del guardiano accanto ai cancelli, Simon si fermò e la guardò “Sei stata bene, oggi?”.
Frances annuì “Si. E’ stato un pomeriggio fantastico..”. E non si stupì affatto quando lui si piegò a cercarle le labbra. Lo vide appoggiare a terra il cestino ed abbracciarla stretta, coinvolgendola in un bacio indimenticabile. Staccarsi da lui fu estremamente faticoso.
Il tragitto verso casa fu silenzioso. Frances aveva appoggiato la testa allo schienale del sedile ed aveva chiuso gli occhi.. era immersa completamente nelle sensazioni che Simon le aveva regalato ed era imbarazzata. Si, perché non sapeva come affrontare quanto stava rapidamente accadendo. Si sentiva come una biglia su un piano inclinato. Stava scivolando in modo inesorabile e non esisteva niente che potesse fermare la sua corsa verso un epilogo che forse era già stato scritto.. da cui, alla fine, tutto era iniziato. Quella attrazione così forte, così sfacciatamente carnale che la spingeva verso Simon come la luce abbaglia ed attira la falena.. Era abbastanza onesta con sé stessa, a questo punto, da ammetterlo senza riserve. Si sentiva proprio come quella prima notte, un pezzo di creta che lui avrebbe potuto modellare a suo piacere, per quel potere assoluto che sembrava esercitare sui suoi sensi.
Sollevò le palpebre solo quando l’automobile si fermò. Erano già arrivati davanti a casa. Simon la guardò “.. spero di non aver sottratto troppo tempo al tuo lavoro”.
“Ma che dici. Ho passato un bellissimo pomeriggio..” si voltò verso la casa, immersa nel buio “Devo ricordarmi di far mettere qualche luce notturna..” disse chiaramente imbarazzata.
“Frances”.
Lei si girò di scatto e si trovò vicinissima al suo volto, i cui lineamenti perfetti tradivano l’urgenza del desiderio. Non le lasciò il tempo di dire nulla perché la tirò a sé e la baciò, in quel modo assoluto, di chi pensa che sia l’ultima volta che potrà farlo. E mentre tentava di ricambiare quel trasporto, Frances pensò se fosse giusto invitarlo dentro, concedersi finalmente ciò che l’intero suo corpo stava disperatamente reclamando per sé.
Ma fu lui a staccarsi. Le prese le mani, evitando di guardarla negli occhi “Credo.. di dover andare”.
Lei ricambiò la stretta, reprimendo la voglia di trascinarlo fuori dall’abitacolo e gettarsi su di lui come un assetato si getta nell’acqua dell’oasi in mezzo al deserto. Realizzò in quell’istante che stava morendo di desiderio.. che lui aveva invaso la sua mente, il suo cuore, i suoi sensi in un modo così totale ed improvviso da provocarle un dolore quasi fisico. Capì di voler ricoprire il suo viso perfetto di baci, di voler appoggiare labbra e mani ovunque su di lui, di stringerlo fino a togliergli il fiato..
Ma reprimendo tutto questo, si sentì dire “Allora.. ci sentiamo presto”.
“Prestissimo” le fece eco, guardandola uscire dall’automobile. La seguì con lo sguardo mentre entrava in casa e poi, Frances poté sentire il motore della porche che si allontanava velocemente.
Non seppe mai quanto tempo era rimasta appoggiata alla porta chiusa, incapace di muoversi e di credere sul serio ai sentimenti che aveva per Simon Crawford.
 
Gordon le versò una bella tazza di caffè nero e poi le si sedette di fronte. Le esaminò il volto e notò le occhiaie, le labbra curvate in una smorfia dolente, i movimenti a scatti delle sue mani che tentavano di stringere la tazza e portarla alle labbra. Erano le undici della mattina e Frances era ancora in pigiama. Cosa assolutamente inusuale. Non si era nemmeno ricordata del loro appuntamento delle dieci e mezza.. Così l’aveva trovata seduta in pigiama in terrazza, lo sguardo perso davanti a sé, in assoluto silenzio, e, sebbene potesse facilmente immaginare che Crawford avesse una qualche responsabilità in questo, preferì non indagare e lasciare che fosse lei a confidarsi.
“Ho trascorso un pomeriggio.. incredibile” sussurrò sospirando, senza guardarlo “E stanotte non ho chiuso occhio..”.
“Avete dormito insieme?” chiese in modo schietto, ma lei scosse la testa “No. Ma se fosse stato per me, l’avremmo sicuramente fatto”.
“Allora, sei dispiaciuta perché non è accaduto?” sollevò le sopracciglia, reprimendo un sorrisetto malizioso.
“Non è questo. O forse è proprio questo” esclamò appoggiandosi meglio alla sedia “Oh, mio Dio, ma che mi sta succedendo?  Ero così sicura di quello che volevo.. e non volevo innamorarmi di lui”.
Gordon alzò le spalle “Cose che capitano. Che cosa c’è che non va, allora? Ti piace, sei innamorata.. prenditelo, ragazza mia!” le diede un colpetto sulla spalla “Vai a letto con lui.. sono certo che non aspetta altro”.
“So già che quando sarà accaduto, tutto finirà. Il pensiero di non vederlo più..” non finì la frase, puntando lo sguardo a terra “Insomma, quando questa.. questa cosa finirà.. io so già come mi sentirò. Mi sentirò usata e buttata via, come una cosa vecchia. So che accadrà, perché non sono per niente ciò che lui vuole”.
“Ma come puoi esserne certa, capo? Voglio dire, magari lui non la pensa così  e poi” le si fece più vicino, quasi a parlarle nell’orecchio “.. anche tu ti sarai presa ciò che volevi..”.
A quelle parole, Frances si coprì il volto con le mani “Oh, santo cielo, la fai sembrare una cosa.. una cosa sessuale…”.
“E non la è? Sei attratta da lui, lui è attratto da te.. e in fondo, che male ci sarebbe? Siete due adulti, liberi di decidere con chi passare qualche ora di sano sesso..” si attirò un’occhiataccia “Magari, non sarà solo sesso.. ma per ora” sussurrò “.. per ora, è di questo che stiamo parlando, non è vero? Tu lo desideri, ti piace, lo vuoi. Ho ragione?”. Al suo silenzio, riprese, fregandosi le mani “E ora, diamoci da fare, abbiamo molto da lavorare..”.
 
Il nuovo romanzo sarebbe uscito nelle librerie nel giro di una settimana. L’editore aveva già dato il via alla campagna pubblicitaria, in cui aveva deciso di fare sfacciati riferimenti al film in circolazione. Frances non aveva alcun potere in quei piani, la distribuzione e la pubblicità era completamente nelle mani dell’editore, che sapeva fare il suo lavoro in modo ineccepibile. Mentre leggeva la mail che le annunciava la data esatta dell’uscita del libro, pensò che il carosello di incontri, conferenze e riunioni non era di certo ancora finito. La sola idea di ricominciare quella trafila la depresse. Non aveva abbastanza resistenza per girare nelle librerie per le presentazioni, né per discutere eventuali partecipazioni a programmi radiotelevisivi per la promozione, ma sapeva benissimo che su questo il suo editore sarebbe stato irremovibile.
Così, rispose al messaggio sforzandosi di mostrare entusiasmo e ringraziandolo per il magnifico lavoro che stava facendo per lei. Poi, mandò la mail per conoscenza anche a Gordon, sperando che non le riempisse l’agenda settimanale di impegni straordinari.
Fu distratta dal suono del cellulare. Il nome di Simon lampeggiava sul display e lei aspettò un attimo prima di accettare la chiamata.
Era davvero pronta per parlargli ed affrontare quanto stava succedendo tra loro? Era certa che lui l’avrebbe coinvolta in qualcosa di quel genere e l’idea la metteva a disagio, nonostante fosse ormai sicura di ciò che sentiva nei suoi confronti.. Ma qui non erano i suoi sentimenti in questione..
Quando gli rispose, Simon la salutò calorosamente, con la sua voce affascinante e andò subito al punto, come si era aspettata. La invitò infatti a cena a casa sua. Disse che intendeva cucinare con le sue stessi mani in occasione dell’inaugurazione della sua nuova piscina.
“Sai, ho voluto rinnovarla. Ed è molto meglio di prima” le spiegò “Allora, che ne dici?”.
Frances sospirò “Sei molto gentile ma non so se sarò libera, domani sera. Sto iniziando la promozione del nuovo romanzo..” ma era una bugia. Non c’era ancora alcun calendario ma al momento non riuscì a pensare ad un’altra scusa.
Simon, però, non si fece incantare. In qualche modo, la convinse e quando Frances ebbe riattaccato, aveva appuntamento con lui la sera dopo, a casa sua, alle otto.
A casa sua!
Buon Dio, se ripensava a quanto era accaduto là l’unica volta che c’era stata, si sentiva rimescolare qualcosa sotto pelle e le idee le si confondevano in testa, impedendole di connettere. L’immagine di loro due, avvinghiati tra le lenzuola del suo letto, e di ciò che era successo subito dopo durante la notte era ben viva nei suoi ricordi e dubitava che se ne sarebbe dimenticata tanto presto.. Il corpo di Simon, perfetto, appassionato, avvolgente.. Arrossì e si diede subito della sciocca ragazzina. Eppure, sotto sotto, sapeva che era proprio questo il suo stato d’animo più autentico.
Così, trascorse il pomeriggio successivo a cercare la mise adatta per andare ad incontrare lui e gli altri amici che aveva invitato all’inaugurazione. Pensò che avrebbe rivisto il cast, il regista, gli altri della troupe.. Scartò vari abiti, dopo infinite prove davanti allo specchio, ed alla fine riuscì a decidere per un abito che ricadeva morbidamente sulle ginocchia, color champagne. Le spalle erano scoperte e così la schiena. Decisamente sexy.. Optò per uno scialle di un tenue color glicine da appoggiare sulle spalle e un paio di decolleté dello stesso colore. Raccolse i capelli ai lati del viso con fermagli di strass e lasciò le chiome libere. Nessun gioiello, a parte un braccialetto del genere schiava d’argento e madreperla.
Uscì di casa poco prima delle otto e guidò con calma, tentando di darsi delle regole per la serata. Prima di tutto, vietato stargli troppo vicino, è una festa, si disse, ci sono vari ospiti. Poi, non lasciar trapelare niente di quel che sto provando, né davanti a Simon né davanti agli altri. Ed infine, non bere. Non bere alcun tipo di alcolico. Ricordati che cosa è accaduto l’ultima volta, proprio in quella casa. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Simon le aprì la porta e le rivolse un affascinante sorriso. Poi, la abbracciò. Il suo gesto fu talmente imprevisto che Frances non riuscì ad opporsi e si trovò avvolta da lui, dal suo profumo e dalle sue braccia.. Sentì le sue labbra tra i capelli. Senza dire niente, la prese per mano, attraversò la hall e la guidò oltre l’immensa porta finestra che conduceva nell’enorme parco sul retro. La piscina era ovale ed era circondata da una fila di candeline che ne illuminavano il perimetro senza soluzione di continuità. In fondo, sul pavimento di cotto, Frances notò un tavolino apparecchiato per due, al cui centro c’erano candele e fiori.

Si rese conto immediatamente che aveva sbagliato su tutta la linea. Capì di aver sottovalutato il seduttore con cui aveva a che fare. Quella era una festa privata, una festa per due.. Si voltò leggermente per guardarlo e vide che la stava fissando a sua volta, sembrava in trepida attesa di una sua reazione. Frances prese un respiro e disse “Non mi aspettavo.. niente di tutto questo” ammise, cercando di non svelare il marasma emotivo che la stava sommergendo. Era un’impresa difficile e non riuscì a capire se lui avesse afferrato o meno quanto aveva voluto dirgli. Lo seguì con lo sguardo mentre la precedeva a bordo vasca, verso il tavolo e le tese una mano “Vieni. Non hai nemmeno un po’ di appetito?”.
La aiutò ad accomodarsi, senza darle il tempo di dire qualcosa o di manifestare il suo disagio, poi si avvicinò al carrello sistemato a lato del tavolo e le servì un perfetto cocktail di scampi.
Per gran parte della cena, condusse lui la conversazione, parlando del suo prossimo progetto cinematografico, mentre continuava a servirle piatti elaborati e gustosi, di cui, per la verità, Frances riuscì ad assaggiare poco. Era frastornata.. Sembrava che la più grande abilità di Simon fosse quella di sorprenderla e di costringerla a fare i conti con il suo fascino. Ogni volta che lo incontrava, lei si sentiva sopraffatta. Che armi poteva avere per combattere tutto questo..?
Soltanto davanti ad un’invitante millefoglie ai frutti di bosco, Simon le domandò “Allora, hai pubblicato il racconto ambientato ai tempi dei padri pellegrini. Dev’essere una soddisfazione, per te, sapere che stai per mettere in cantiere un altro best seller e ovviamente un altro film”.
Frances sorrise “Beh.. per ora, ci stiamo occupando della promozione e distribuzione”.
“Naturalmente. Ma sai che andrà così..” la guardò e Frances credette di affogare nella dolcezza di quelle iridi “Tu sei un portento”.
Se in quel preciso momento Simon fosse stato accanto a lei e non dall’altra parte del tavolo, l’avrebbe sicuramente abbracciato e baciato per l’espressione rapita che le stava regalando, come se stesse al cospetto di una dea e volesse venerarla.
Dunque è così che si sentono le ragazze che hai intorno, pensò tra sé. Le fai sentire uniche, come se il tuo solo scopo nella vita fosse di regalare loro il mondo dentro una scatola rosa.. Oh, Dio, come posso combattere tutto questo.. Ripensò alle ragazze bellissime e giovani che gli aveva visto accanto da che lo conosceva e capì la ragione di quel successo. E’ questa malia che ti circonda, che attira le donne come le api al miele.
Inaspettatamente, sentì le lacrime pungerle gli occhi. Se aveva creduto in qualcosa di diverso, beh, questa serata era la prova che stava sbagliando tutto. Simon stava mettendo in campo l’artiglieria pesante, per così dire, voleva vincere, riportarla nel suo letto, cancellare  la sua fuga ed il rifiuto del giorno dopo, a casa sua. Voleva vincere. Come gli succedeva sempre.
In un attimo, si trovò in piedi. Il tovagliolo le cadde dalle ginocchia, la sedia per poco non si rovesciò alle sue spalle. Lo fissò, registrando il suo stupore, poi si voltò e scappò, verso la casa, via da quegli occhi e da quel viso.
Sebbene le lacrime l’accecassero riuscì a tornare nella hall e stava già per uscire, quando si sentì prendere per un braccio e tirare indietro.
“Lasciami!” esclamò senza guardarlo, ma lui la costrinse a voltarsi. Vide che aveva la mascella serrata e lo sguardo duro, così diverso da quello adorante di poco prima. La fissò un istante che parve eterno, poi si chinò e schiantò le labbra su quelle di lei, stringendola in un abbraccio invincibile.
Frances serrò le labbra, tentando di opporsi a quell’intrusione, ma lui insisté e ben presto le invase la bocca, come sempre aveva fatto. In preda all’agitazione, la ragazza tentò di divincolarsi, riuscendo a staccarsi da lui ed appoggiandogli entrambe le mani sul petto. Lo spinse, ma Simon non mollò la presa sulle sue braccia.
“.. che stai facendo..” disse, e lei stessa non riconobbe il proprio tono di voce. Lo fissava ad occhi spalancati, combattuta fin dentro le ossa..
Quando Simon parlò, la sua voce era alterata, come non gli aveva ancora sentito “Non so che cosa ci voglia con te, Frances. Che cosa?” la strattonò senza distogliere lo sguardo.
Tremante, lei lasciò che una lacrima le rigasse la gota prima di dire “Voglio che tu sia onesto”.
Un istante dopo, Simon la lasciò ed Frances si allontanò di un passo, appoggiandosi alla porta chiusa. Lo guardò respirare a fondo, chiudere gli occhi, e poi fissare di nuovo lo sguardo nel suo.
“Tu vuoi che io sia onesto” disse “Se vuoi questo da me, significa che tu senti di esserlo. Non potresti chiedermi qualcosa che non ti appartiene, non è così, tesoro?”.
Fece un cenno con la testa, incapace di guardarlo negli occhi e massaggiandosi le braccia laddove lui l’aveva stretta.
“Allora, dimmi, Frances. Puoi onestamente sostenere di non essere attratta da me? Di non aver provato, quella notte e tutte le volte che ci siamo visti, anche stasera, il bisogno urgente di me? Di stringermi, baciarmi.. fare l’amore con me?”.
Frances lo fissò sbalordita. Ma come osava chiederle una cosa simile? Come osava, lui, chiederle di ammettere di essere nient’altro che un’altra vittima del suo fascino da star? Come osava anche solo tentare di umiliarla in quel modo?
Stava per rispondergli, quando sentì che diceva “Sai che cosa credo? Credo che tu mi desideri, almeno quanto ti desidero io, e sono certo che hai solo paura di..” le ringhiò contro. Ma Frances non lo lasciò terminare la frase, perché raccolte tutte le forze, lo schiaffeggiò a mano aperta.
Resasi conto di quel che aveva fatto, si portò una mano alla bocca per reprimere un grido di frustrazione, ansia, rabbia e chissà cos’altro. Nel profondo di sé non aveva mai voluto che le cose andassero in quel modo. Ma non ebbe il tempo di dire o fare niente, perché Simon si avvicinò e la schiacciò contro la porta con il proprio corpo, senza riguardo.
Lo choc la annientò. Non per il dolore, né per l’umiliazione. No. Era solo per il contatto.. Le sue mani l’avevano toccata, sebbene in quel modo così violento, ed ora si sentiva esausta e disgustata di sé stessa, perché voleva quelle mani, le voleva addosso, così o come lui avrebbe voluto.. E si ripresentò prepotente la certezza di desiderare Simon, di volerlo così prepotentemente da averne la mente annebbiata.
La sua voce le giunse come da dietro un muro “Ecco che cos’è. Tu hai paura di..” ma anche stavolta non riuscì a finire la frase, perché lei gli strinse le braccia e cercò le sue labbra, avventandosi su quel corpo che da troppo accendeva i suoi sensi in modo incontrollabile.
In un attimo, la rigidità di Simon si trasformò. Lo sentì afferrarla e stringerla, ricambiando quel bacio famelico che ferì le labbra di entrambi. Le mani di lui percorsero l’intero suo corpo, sollevandola e lasciando che lei gli circondasse la vita con le gambe. Interruppero il bacio e si guardarono solo un istante, prima che Simon la schiacciasse completamente contro il legno freddo del portone.
Senza fiato, Frances gli circondò il collo con le braccia, cercando un appiglio mentre sprofondava in lui, nella sua passione, nel suo corpo, nella sua presenza. Si abbandonò a quell’abbraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi, mentre una sensazione di assoluto benessere e sicurezza si impossessava di lei. Mai si era sentita così tra le braccia di un uomo, così.. giusta..
Quando sentì che Simon si appoggiava sulla propria spalla,  gli accarezzò tremante i capelli. Un momento dopo, la sistemò meglio tra le braccia e cominciò a salire le scale. Si appoggiò a lui, chiudendo di nuovo gli occhi. La sua resistenza si era sciolta come neve al sole, i dubbi sembravano essersi volatilizzati davanti alla forza della passione che sentiva di aver condiviso. E quando si ritrovò distesa sul letto dove tutto era cominciato, sospirò, guardandolo ad occhi socchiusi, mentre gentilmente le toglieva il vestito e a sua volta si spogliava, mostrandole il suo fisico scolpito e tutto il suo charme.
Si stese accanto a lei, nel buio, e la strinse con dolcezza, affondando il viso tra i suoi capelli e ripetendo all’infinito il suo nome, come se quella parola fosse la caramella più gustosa che avesse mai assaggiato. Le accarezzò il viso, le labbra, gli occhi e le permise di fare altrettanto. In quel momento, mentre con le mani tracciava i contorni del suo viso e del suo corpo perfetto, Frances sentì di amarlo, e di non avere paura se lui se ne fosse andato domani mattina, se anche l’avesse sostituita domani stesso con una ragazza più bella di lei.. Sentì che avrebbe potuto vivere una vita intera di questa notte con Simon. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Svegliandosi, lo vide aggirarsi per la stanza vestito unicamente dei suoi jeans. Vide che si avvicinava al letto e solo allora Frances si accorse del vassoio appoggiato sulle coperte. Lasciò scorrere lo sguardo sulla tazza bianca, sul tovagliolo e sul cucchiaino, poi tornò su Simon ora seduto sul bordo del materasso intento a spalmare marmellata su una fetta di pancarrè. Lo guardò mettere lo zucchero nel caffè e mescolarlo e poi porgerglielo, insieme al pane.

Frances si sollevò un poco sui cuscini e sorseggiò il caffè sbocconcellando qualcosa. Si era appoggiato in fondo al letto e la guardava mangiare, serio. Ogni tanto, lei gli lanciava un’occhiata, ma non disse niente. In verità, si sentiva imbarazzata. Non doveva essere un bello spettacolo, con tutti i capelli arruffati e i residui di trucco sul viso. Una volta finito il caffè, spostò di lato il vassoio e si strinse nel lenzuolo.
“Hai bisogno di altro? Vuoi farti una doccia?..” le domandò.
“Si..” fece lei.
Simon le indicò la porta del bagno “Dentro c’è un telo per te e tutto ciò che può servirti”.
Frances annuì, a disagio. Cercò con lo sguardo la sveglia e vide che erano le otto e mezza. Avrebbe dovuto essere al lavoro già da un po’.. ma che diavolo ti metti a pensare, disse a sé stessa, sei nel letto di Simon e hai fatto l’amore con lui per tutta la notte!
E ora, che cosa sarebbe successo? Stavolta non era fuggita nel cuore della notte, ma aveva dormito con lui e lui le aveva preparato il caffè.. e la stava ancora fissando, con un’espressione indecifrabile sul viso.
Magari vuole che sloggi, pensò. O forse è imbarazzato e non sa che cosa dire.
Come leggendole nel pensiero, Simon ruppe il silenzio dicendo “Sono contento che tu non sia andata via, stanotte”.
E questo che vuol dire, si domandò confusa. Forse vuoi ricordarmi che hai vinto e che hai soggiogato col tuo fascino un’altra donna? O che è ora di andare, per me?
Visto che lui non riprendeva il discorso, Frances fece “..grazie per la colazione.. e per la cena..”.
Non era certo la cosa più adeguata da dire, ma si sentiva davvero confusa ed incapace di reagire in altro modo. Lui era bellissimo, fermo lì a guardarla, e già era difficile non saltargli addosso e baciarlo. Non che l’avrebbe fatto sul serio, troppo era il timore di essere gentilmente respinta.
“Se me lo permetterai, Frances, farò ben altro per te” sussurrò “Colazioni, cene, pranzi, tutto quello di cui avrai bisogno. Mi permetterai di provarci? Di provarci sul serio con te?”.
Quella richiesta, sparata improvvisamente, colpì Frances fin dentro le ossa. Voleva provare a razionalizzare, a pesare attentamente la frase, tentando di capire quanto ci fosse di autentico e quanto di costruito, come sempre aveva fatto con lui. Ma il suo corpo, le sue cellule si ribellavano a quel tentativo. Non trovò altro da fare che tacere. Gli rivolse un timido sorriso imbarazzato, sperando che lui capisse la sua situazione, ma ancora una volta, il suo corpo tradì la volontà. Sollevandosi, gli andò vicino e lo abbracciò,  lasciando che anche lui ricambiasse la sua stretta, fin quasi a toglierle il fiato.
 
Le dita di Simon scivolavano sulle corde della chitarra e la sua voce cantava di amore, perduto e ritrovato, come le onde del mare perdono e ritrovano la riva con incessante forza. Lo ascoltava, seduta sul divanetto dello studio, invaso da libri, spartiti, chitarre e quadri. Le aveva detto che quello era il suo angolo privato, dove nessuno poteva entrare senza espresso invito.
“Scrivo le canzoni qui, e qui compongo qualche musica..” aveva sorriso, mentre accordava la chitarra per farle ascoltare qualcosa “Non scrivo nulla a caso” sussurrò.
Frances trovava incredibile la naturalezza con cui stava scorrendo quella mattinata. Dopo aver fatto la doccia, si era rapidamente vestita, un paio di suoi boxer e una maglietta che le sfiorava le ginocchia, e lo aveva raggiunto al piano inferiore, trovandolo alle prese con la lavastoviglie.
“I domestici sono in vacanza, fino a domenica.. e devo almeno provarci” le aveva sorriso, facendole l’occhiolino. Poi, le aveva mostrato il parco dalla veranda e lei era rimasta allibita di fronte all’estensione della sua proprietà.
“L’ho comprata per i miei figli. Voglio che si sentano bene, quando stanno qui con me” le aveva detto circondandole la vita con un braccio e stringendola a sé.
Infine, lo studio e la sua musica. Intensa, romantica, coinvolgente. La sua bella voce era affascinante anche quando cantava.
Quando lo vide riporre la chitarra, disse “Ti andrebbe una fetta di crostata?”.
La guardò spiazzato “Si, certo, ma non credo che la cuoca..”.
“”Se hai uova farina burro e qualche tipo di marmellata, ci penserò io a prepararla..” gli andò vicino e gli sfiorò le labbra con un dolce bacio. Lui la bloccò a sé, baciandola ancora ed appoggiando la fronte alla sua “Puoi preparare tutto ciò che vuoi, tesoro”.
E così si ritrovarono a mangiare un’ottima crostata di mele seduti a bordo della piscina, dove ormai la cera delle candele si era completamente sciolta.
“Ieri sera non ti ho detto che la tua cena era splendida” gli sussurrò, guardando l’acqua azzurra della vasca.
“Lo riferirò a Marcus” disse subito lui.
“E chi sarebbe questo Marcus?” si voltò ed incrociò il suo sguardo divertito.
“Oh, beh, lo chef del Malibù Restaurant” confessò, scoppiando in una fragorosa risata.
Dopo un momento di stupore, Frances rise a sua volta e in un attimo si ritrovò nel suo abbraccio.
“Non potevo in alcun modo deluderti. Non potevo rischiare di avvelenarti con le mie prelibatezze..” sussurrò serio, facendola sedere sulle proprie ginocchia “Volevo che tutto fosse perfetto” si fermò un attimo e riprese “Che tutto fosse alla tua altezza”.
Frances lo guardò, il cuore che le martellava impazzito nel petto. Cercò di capire, di scandagliare, di fare ipotesi sull’onestà di quelle parole che le erano entrate istantaneamente dentro.. ma ci rinunciò. Se anche tutto questo fosse stato un gioco, un altro spettacolo nella sfavillante vita del grande Crawford, in quel momento, Frances decise che l’avrebbe giocato fino in fondo. Pur nella precarietà che avvertiva chiaramente in quella serena “mattina dopo”, volle abbandonare qualsiasi reticenza e starci, assumere il suo ruolo completamente.
 
Era rimasta con lui tutto il giorno e tutta la notte successiva. Avevano fatto il bagno in piscina, mangiato ciò che era avanzato della sera precedente, ascoltato musica. Era parso naturale ad entrambi restare insieme ed addormentarsi abbracciati, nel grande letto di Simon.
A svegliarla fu proprio lui, con una lieve carezza sul braccio. Frances aprì gli occhi e gli sorrise.
“Che ore sono?” domandò, vedendo che indossava i jeans e sedeva sul bordo del letto.
“Sono le sei..” la guardò senza smettere di accarezzarla “..abbiamo soltanto un’ora”.
Lei si sollevò sui gomiti, confusa “In che senso?”.
“Tra meno di un’ora qui davanti ci saranno molti reporter appostati per riprendere chi uscirà da queste mura” le sussurrò “Non ne abbiamo parlato, ieri.. ma io..ecco, sarei più tranquillo se non ti vedessero, se questa cosa tra noi rimanesse.. privata” la guardò dritta negli occhi “Sei d’accordo?”.
Frances annuì e lui riprese “Ma perché sia così è necessario che tu vada a casa adesso.. Ti accompagno”.
Ma la ragazza scosse il capo “No, non occorre. Ho la macchina qui davanti..” si guardò intorno “Piuttosto.. dov’è finito il mio abito?..”.
Un po’ scossa, si rivestì in fretta, sotto lo sguardo di Simon, e quando discesero al piano inferiore le chiese “Ti preparo un po’ di caffè?” ma lei lo fermò “Non occorre. E’ meglio che mi sbrighi..”.
Si diresse al portone, ma lui la fermò, facendole segno di seguirlo. La accompagnò in cucina e da lì, attraversarono una piccola porta laterale che introduceva in garage “La tua auto è qui. Ce l’ho portata io, ieri sera” le diede le chiavi “Sono capaci di fotografarla e indagare sulla targa” spiegò.
Frances, sempre più confusa, annuì e le prese. Stava per salire, quando si sentì abbracciare e baciare sulle labbra “Ti chiamo in giornata” le sussurrò accarezzandole i capelli, ancora arruffati.
Dopo di che, azionò il dispositivo automatico per aprire la saracinesca del garage e la guardò partire.
 
Nella segreteria telefonica c’erano dieci messaggi di Gordon. In alcuni, esprimeva chiaramente la sua preoccupazione per l’impossibilità di contattarla, in altri si limitava a sospirare, rassegnato. Frances si sentì in colpa, avrebbe dovuto informarlo..
Ma non ebbe nemmeno il tempo di digitare il suo numero telefonico, che lo vide attraverso i vetri della finestra, in piedi in mezzo al portico. Si precipitò alla porta e lo spinse all’interno.
“Sei già in piedi? A quest’ora?” gli disse sorpresa.
In effetti erano appena le sette. Gordon le lanciò un’occhiata, notando subito il vestito da sera e l’aria arruffata della donna. Gli sfuggì un sorrisetto “Santi numi! Lui è qui..?” accennò alle scale.
“No” fece subito, dirigendosi in cucina “Vuoi fare colazione?”.
Mentre sedevano intorno al tavolo, gustando una fetta di torta al limone ed un thè, Frances gli raccontò quanto era successo nel week end, di come aveva trascorso il sabato e la domenica, di come si sentiva, esausta e felice allo stesso tempo. Gli confidò ciò che era accaduto un’ora prima, quando Simon l’aveva svegliata e praticamente buttata fuori di casa.
Gordon scosse la testa “Non è andata così, lo sai bene, capo. Anch’io, nella sua posizione, l’avrei fatto. Ti andrebbe di finire su qualche rivista di gossip additata come la nuova amante del bell’attore?”.
“No, certo che no” ammise sconsolata “Ma ciò non toglie che mi sono sentita.. un’intrusa..”.
“Questo perché a te non capita normalmente di scovare gente che ti punta addosso obiettivi e flash alle sette di mattina dal cespuglio dietro casa” le puntò un dito contro “Stavolta, devo proprio dare ragione al tuo Simon. Ha fatto la cosa giusta”.

Gordon si mise al lavoro davanti al computer mentre Frances s’infilava sotto la doccia. Rimase sotto il getto dell’acqua tiepida una buona mezz’ora, persa nel ricordo delle braccia di Simon attorno a sé e dei suoi baci, tentando di chiudere in fondo alla memoria la sgradevole sensazione che l’aveva sfiorata al risveglio.
Sono innamorata di lui, disse a sé stessa guardandosi nello specchio, mentre asciugava i capelli e li raccoglieva in una coda, e desidero il suo corpo in modo assurdo, ammise sospirando ed arrossendo.
Oh, si, era proprio questo che sentiva. E sentiva che non aveva in verità alcuna certezza che per Simon fosse la stessa cosa, nonostante tutte le sue belle ed appassionate parole.
Ho a che fare con un attore. E che attore. Ma se mente su tutta la linea, beh, stavolta l’oscar non glielo leva nessuno..
Raggiunse Gordon poco dopo e cominciarono a studiare il calendario promozionale inviato dall’editore, accettando alcuni appuntamenti, scartandone altri e mettendone in forse alcuni. Discussero a lungo, dal momento che l’assistente ed amico voleva che lei apparisse più spesso in televisione, mentre Frances desiderava l’opposto ed avrebbe voluto dare la precedenza agli incontri pubblici nelle librerie e alle interviste radiofoniche registrate. Non si accorsero nemmeno che era arrivata l’ora di pranzo.
Preparò velocemente insalata e uova con bacon, mentre Gordon, appoggiato al tavolo della cucina, le rileggeva tutto daccapo. Impegnata tra lavello e stufa del gas, faceva fatica a seguirlo. L’unica cosa che aveva chiara era che stava per iniziare per lei un periodo massacrante, durante il quale avrebbe vissuto più sull’aereo e sul treno che in casa sua. E la cosa non l’entusiasmava affatto, dal momento che adesso c’era Simon.. Sì, ma per quanto ci sarebbe stato?
Mangiarono nel portico e per qualche minuto, Gordon dimenticò gli impegni di lavoro, per tornare all’argomento che più gli stava a cuore. La fissò e chiese “Dunque, avete una relazione a tutti gli effetti?”.
Frances alzò lo sguardo “Se intendi quello che credo tu intenda, si” gli fece una linguaccia “Te l’ho detto. Certo, non nel modo assurdo dell’altra volta.. così improvviso.. e io non sono scappata”.
“Però, da lì tutto è partito” considerò “Non disprezzare troppo quella pazza notte alcolica”.
La sua espressione sognante infastidì Frances, che si alzò cominciando a sparecchiare.
Gordon la seguiva con lo sguardo. Nonostante il suo modo scherzoso di affrontare la cosa, sapeva bene quanto lei avesse sofferto in quegli ultimi anni. Il divorzio e l’improvvisa morte del padre l’avevano annientata, costringendola a fare i conti con la solitudine affettiva. Non era una donna che s’infatuava né si entusiasmava facilmente e se questo Crawford era riuscito a fare breccia in lei significava qualcosa. Se davvero lui l’avesse abbandonata, confermando il suo stile, beh, sarebbe stato rovinoso per Frances. Era preoccupato, perché già una volta l’aveva dovuta aiutare a risalire la china.
Si salutarono nel tardo pomeriggio. Frances lo accompagnò alla macchina e lo guardò partire. Adesso che era rimasta sola, tornò col pensiero a Simon e si rese conto che non l’aveva ancora chiamata.. Potrei farlo io, disse tra sé rientrando. Ma scartò subito quell’idea. Non ne aveva la forza, in realtà aveva proprio paura di sentirlo..
Il rumore di un motore attirò la sua attenzione. Guardò dalla finestra e vide la porche di lui ferma nel vialetto. Lo guardò scendere ed avviarsi rapidamente verso il portico. Corse ad aprirgli, col cuore in tumulto. Non fece a tempo a salutarlo, che lui l’aveva abbracciata e baciata, chiudendo con un tonfo la porta alle spalle. La baciò e baciò, senza lasciarla respirare.
“..mi sei mancata così tanto” sussurrò affondando il viso tra i suoi capelli.
Un attimo dopo, erano sprofondati sul divano e Simon l’aveva spogliata completamente, senza staccare gli occhi dai suoi.
“Ti ho pensato ogni secondo, e ogni secondo ho voluto questo..” le baciò i seni, facendola tremare. Poi, scese a baciarle il ventre, stringendole i fianchi e dolcemente entrò in lei, facendola sussultare. Frances cercò le sue spalle e le circondò, stringendosi di più a lui, affondando le mani nei suoi capelli, mentre si lasciava avvolgere dal suo ritmo appassionato, che la trascinava lontano, così lontano dal soggiorno di casa sua...
Le sembrò passata un’eternità quando lo sentì crollare. L’intero suo corpo era appoggiato a quello di lei, la testa teneramente abbandonata sulla sua spalla, le mani ancora strette intorno alla sua vita. Non si sarebbe mossa da lì per niente al mondo.
Quando si sollevò per incontrare gli occhi di lei, Frances vide che brillavano nella luce del tramonto che filtrava attraverso le tende. Le sfiorò le labbra “..amore.. hai una fetta di torta..?”.
Lei scoppiò a ridere, stringendolo più forte. In quei momenti, le pareva che il mondo intero non potesse contenere tutti i sentimenti che aveva per lui. 

  
Ciao a tutti!
Grazie per i vostri commenti, sempre graditi ed auspicati..Ecco un nuovo capitolo..
A presto
Ezrebet

  

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


“Giovedì sarò a Phoenix, per la presentazione in due librerie con relativa sessione autografi, venerdì a Philadelphia per un’intervista radiofonica, sabato sarò a..” Simon le prese la mano attraverso il tavolo e le sorrise dolcemente “Beh, sono gli impegni standard per una scrittrice di talento”.
Lei sospirò “Eppure, non riuscirò mai a farci l’abitudine”.
“Posso aiutare, in qualche modo?” il suo sguardo era malizioso “Magari, posso raggiungerti e farti dimenticare tutto lo stress.. conosco un paio di trucchi..” scherzò e lei gli diede uno schiaffetto sul dorso della mano “Santo cielo!” scosse la testa “Sarebbe bellissimo vederti, nonostante la distanza” mormorò, impaurita per essersi lasciata andare in quel modo. Invece, Simon annuì “Mi sembra giusto. Credo che sarò nel tuo hotel di Phoenix, giovedì..” le strizzò l’occhio.
Il senso di sollievo e beatitudine che provò per tutta la sera era qualcosa che aveva sperimentato poche volte nella vita. Averlo lì intorno, che l’aiutava a rimettere in ordine, che curiosava nella sua libreria, che guardava con lei il telegiornale alla televisione era un’esperienza dolce ed esaltante allo stesso tempo. Pur sentendo ben presente in lei la paura che fosse tutta una parentesi che Simon si era concesso dal suo solito stile di vita, tuttavia non potè impedirsi di godere di quelle ore in cui lui, bellissimo e perfetto, era solo per lei.
Si accoccolò vicino a Simon sul divano, beandosi della sua mano che le accarezzava lievemente il braccio. Era così tanto tempo che non si sentiva così vicina a qualcuno..
Non si rese conto di essersi addormentata. A svegliarla fu Simon, che le sfiorò le labbra con le proprie, prima di sedersi sul tavolino di fronte a lei “Forse è meglio che ti porti a letto..” le sussurrò.
Alzandosi, Frances vide l’album delle fotografie del suo matrimonio sul tavolo. Si voltò verso Simon “Hai visto le foto..”.
“Oh, si” alzò le spalle, infilando le mani nelle tasche dei jeans “Tu dormivi e io ho curiosato un po’.. Spero non ti dispiaccia” la fissò.
“No” disse subito “Così, hai visto Paul..e me più giovane” sorrise.
“Sei molto più bella adesso” mormorò “.. so che sono domande che non si dovrebbero fare.. ma perché è finita con lui?”.
Imbarazzata, Frances incrociò le braccia e si appoggiò al tavolo, abbassando lo sguardo “beh.. dopo che ebbi l’aborto..”.
“Mi dispiace” disse subito lui, assumendo un’espressione seria.
“.. sì, ebbi un aborto e i medici mi dissero che difficilmente avrei potuto avere altre gravidanze. C’erano state varie complicazioni e tutto era compromesso, così.. Credo che non abbiamo superato la cosa” sospirò guardandolo “Paul desiderava dei figli”.
Simon piegò la testa da un lato e le chiese “E tu? Come hai reagito.. a tutto questo?”.
“Ho sofferto molto. Improvvisamente il mio mondo è crollato, ho perso l’amore di mio marito, la speranza di un figlio..” s’interruppe, cacciando indietro le lacrime “Non è stato facile”.
Dopo un momento, le si avvicinò e la abbracciò dolcemente, cullandola. Frances affondò il viso nel suo petto e rimase ferma ad assorbire tutto quel calore, che improvvisamente era entrato nella sua vita.
 
Simon mantenne la promessa e la serata a Phoenix fu speciale, come tutte quelle che la precedettero e seguirono. Finalmente libero dalla prima parte del tour promozionale del film, poté stare con lei più spesso di quanto avesse pensato e per Frances le due settimane successive furono un vero paradiso. Simon la lasciò sola soltanto di domenica, per raggiungere i suoi figli.
Gordon assisteva all’evoluzione della loro storia, dando consigli e commenti se richiesti e sperando con tutto sé stesso che le cose andassero sempre bene e che Frances non dovesse risvegliarsi in un incubo. Sentiva di essere l’unico che in quei giorni si ricordava della fama da playboy di Crawford, dal momento che Frances sembrava in pieno idillio e completamente dimentica dei dubbi iniziali.
La vedeva attendere con trepidazione una telefonata di Simon, il suo arrivo negli hotel, le cene private che si concedevano in camera, lontane dalle telecamere e dai paparazzi. Perché, a dispetto di tutte le precedenti storie del divo, questa era segreta e destinata a rimanere tale per loro volontà.
Qualche volta Gordon aveva dovuto reprimere battute sarcastiche e risatine alla vista di Simon che imbacuccato dalla testa ai piedi scivolava nella camera di Frances sfuggendo all’assedio di fotografi e fan, oppure al loro tentativo di mescolarsi agli altri clienti degli alberghi nella sala da pranzo o al bar.. Di solito, comunque, mangiavano in camera e non si vedevano fino alla mattina successiva.
Contento per il suo capo, Gordon aveva tentato di darsi un contegno, limitandosi a consegnarle ogni sera la lista delle cose da fare il giorno dopo ed inviandole alcune mail come promemoria. Voleva darle un po’ di respiro, permetterle di godersi quella nuova situazione, che la rendeva più bella, più simpatica e sì, anche più puntuale.
L’ultimo appuntamento di quella parte della promozione del nuovo romanzo fu un incontro con i lettori presso una grande libreria di Los Angeles, durante il quale Frances firmò molte copie del libro e rispose a varie domande del pubblico, che dimostrava di essere molto affezionato alla donna. Lei appariva disinvolta e felice, e rispondeva in modo diretto, dicendo sempre la verità. Anche quando qualcuno le chiese della sua vita privata, lei, illuminandosi, disse “Beh, sì, ho una persona vicino.. sto molto bene.. ma non dirò altro..” e con questo si era guadagnata applausi e fischi di approvazione.
Mentre la riaccompagnava a casa, Gordon le domandò “Adesso, hai ventiquattr’ore di tranquillità, capo. Poi, vedrai che l’editore verrà all’attacco per gli incontri con le case di produzione”.
Frances lo fissò “Mi stai dicendo che c’è già qualche contatto..?”.
“Ovvio. Già da prima che tu iniziassi a scrivere la storia” le strizzò l’occhio “Vedi, ora come ora, basta il tuo nome per garantire un certo successo”.
Appoggiando la testa allo schienale, chiuse gli occhi e sospirò “Non capirò mai i meccanismi del cinema..”.
“Mia cara, tu ora vali tanto oro quanti pesi..” sorrise fermandosi davanti alla sua villetta “Perciò, riposati e preparati psicologicamente alle insistenze dell’editore..” la sbirciò “..vedrai Crawford?”.
Si voltò a guardarlo sospettosa “Mi stai dicendo che non dovrei farlo per.. riposarmi?”.
“Sarebbe una buona idea” confermò, sapendo già che erano parole sprecate.
“.. farò finta di non averti sentito” lo rimproverò “E comunque, non credo che ci vedremo. Ha da fare.. Serata di beneficenza” lo informò uscendo “Perciò..”.
 
Dopo una veloce doccia, Frances si preparò un the, gustò alcuni biscottini che aveva preparato qualche giorno prima, e si sdraiò sul divano, guardando il canale satellitare su cui trasmettevano la serata di beneficenza a favore dell’ospedale pediatrico della città. Mentre il commentatore raccontava la festa d’apertura e l’arrivo delle star sul tappeto rosso, guardò attentamente le immagini che scorrevano sul video sperando di scorgere Simon. E lo vide, scendere dalla limousine, bellissimo in camicia bianca e vestito scuro, che sorrideva e salutava i fan, fermandosi un momento davanti alle transenne. Sentì a malapena lo speaker commentare stupito il fatto che Crawford si fosse presentato da solo, contrariamente alle sue abitudini, era troppo presa da lui che, affascinante come al solito, si avviava all’entrata dell’auditorium fra i mille flash e le urla dei fan.
La telecamera continuò a riprendere la festa, mostrando il grande buffet e la famosa band inglese che intratteneva gli ospiti con le sue canzoni. Frances beveva quelle immagini sperando di rivedere Simon.. Oh mio Dio, pensava intanto, sono come un’adolescente in crisi ormonale.. ma questo pensiero la faceva sorridere.
La trasmissione continuò per tutta la sera e molte celebrità si avvicendarono al microfono dello speaker. Verso mezzanotte, fu la volta di Simon. Tra le domande che gli furono rivolte, ci fu ovviamente quella relativa alla mancanza di una ragazza al suo fianco. Sorridendo, lui disse “Beh, un uomo può desiderare una serata da single?” strizzò l’occhio alla ragazza che lo stava intervistando “In realtà, ho già avuto una moglie e due figli.. quindi.. posso anche vivere felicemente la mia esistenza da scapolo perché ho realizzato tutto quanto volevo..”.
Frances si sollevò a sedere, aggrottando la fronte ed alzando il volume della televisione. L’espressione beata sul suo viso era scomparsa mentre si piegava in avanti, per vedere ed ascoltare meglio. L’intervistatore riprese, chiedendogli se c’era la possibilità di un fidanzamento o di una relazione impegnata nel suo futuro, e Simon alzò le spalle “Beh.. ho già provato a percorrere quella strada e a quanto pare, non è andata bene.. quindi..”. Poi, con un sorriso ed un ammiccamento alla telecamera, si era allontanato.
Dopo alcuni secondi di immobilità, Frances allungò un braccio e spense l’apparecchio, lasciandosi poi ricadere sui cuscini del divano. Le parole di Simon le erano arrivate come proiettili in un’imboscata, inaspettate, micidiali, a tradimento. E dunque, era questo per lui.. Una storia disimpegnata per un single che non voleva impegnarsi.. Contro la sua volontà, le lacrime cominciarono ad appannarle la vista, mentre si alzava in piedi e rimaneva ferma per un secondo, mentre rivedeva come in un film i loro momenti insieme e cercava di capire, freneticamente, dove si fosse ingannata. Dove.
Si rendeva conto si essere sotto choc e che probabilmente qualsiasi cosa avesse pensato in questo momento poteva non essere logica, tuttavia le immagini si susseguivano nella sua mente senza che riuscisse a trovare alcun indizio dell’ipocrisia di lui..
Si asciugò le lacrime che silenziose le erano scese sulle gote e, dopo essersi guardata intorno, decise di uscire in giardino, perché improvvisamente l’aria le mancava. Corse fuori e a passo veloce, raggiunse il gazebo, fermandosi solo quando il suo corpo sbatté contro la ringhiera. Solo allora prese fiato, stringendo forte il metallo e chiudendo gli occhi, nel vano tentativo di scacciare l’immagine di Simon che parlava alla televisione.. Ma sono arrabbiata con lui o con me stessa, per essermi illusa..?
In quel preciso momento, capì di aver sbagliato tutto, fin dall’inizio, abbassando la guardia e lasciandosi ipnotizzare dalla fascinosa star.
Tornò in camera molto dopo, come in trance. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi, sapendo già che non si sarebbe mai addormentata. D’un tratto, sentì il suono del cellulare che annunciava l’arrivo di un messaggio. Guardò distrattamente il display, che giaceva tra le lenzuola.
“Simon”.
Strinse la mascella e lentamente, prese il telefono in mano. Lesse. “Serata noiosa. Mi manchi. Un bacio”.
Lo rilesse, almeno dieci volte, prima di cancellarlo e spegnere il cellulare. Poi, si voltò affondando il viso tra i cuscini.
 
Il cellulare rimase spento per tutta la mattinata. Frances non si alzò dal letto, esausta per la notte insonne. Aveva ventiquattr’ore di riposo, come aveva detto Gordon, e li avrebbe trascorsi così, a letto, a sbollire lo choc. Non voleva piangere, né cedere all’autocommiserazione, e questo implicava isolarsi da tutto e da tutti.
Decise di scendere in cucina verso l’ora di pranzo a prepararsi svogliatamente un panino. Mentre lo faceva, sentì il rombo della porche di Simon e si bloccò all’istante. Il cuore perse un battito, mentre sentiva i suoi passi sulle scale e il lieve bussare. Si voltò appena, incapace di muovere un muscolo, incapace di decidere che cosa fare. Non era pronta al confronto con lui.
Infine, si trovò davanti a Simon, che la guardava sorridente.
“Ciao, tesoro” le disse abbracciandola.
Frances rimase senza fiato. Avrebbe voluto scappare di lì, ma ciò che riuscì a fare fu di divincolarsi e spostarsi di lato, per farlo entrare e richiudere la porta. Vi si appoggiò ed abbassò lo sguardo, tentando di cacciare indietro le lacrime. Simon si accorse immediatamente del suo umore e le rivolse un’occhiata perplessa “Amore.. è capitato qualcosa?..” fece per avvicinarsi, ma lei lo fermò con una mano. Poi, si staccò dalla porta e si diresse alla scrivania riuscendo a malapena a guardarlo in faccia.
“Ma..” riprese Simon corrugando la fronte “Vuoi spiegarmi?”.
Faticosamente, lei ricambiò lo sguardo e sussurrò “Ti ho visto in televisione, ieri sera. E ho sentito l’intervista in diretta” sentì che il mento le tremava, mentre cercava di rimanere impassibile.
L’espressione di Simon passò dalla confusione alla comprensione nel giro di pochi secondi. A Frances non sfuggì il lampo di consapevolezza che attraversò il suo sguardo e che lo indusse a stringere impercettibilmente la mascella.
Cadde un silenzio di pietra, e passarono alcuni momenti prima che lui sussurrasse “Era una stupida risposta ad una stupida domanda, Frances”. La guardò ancora, in evidente difficoltà di fronte all’immobilità di lei.
“Io non intendevo offenderti. Non mi riferivo a te. Era un discorso..sciocco, va bene? Senza alcun senso”.
Frances non si mosse. Non riusciva a capire con chi aveva a che fare davvero. L’uomo che aveva davanti, così sorprendente in alcuni momenti, così scontato e volgare in altri, incapace di mordersi la lingua prima di parlare e dire sciocchezze. L’aveva quasi convinta che i suoi pregiudizi non fossero altro che questo, appunto, pregiudizi, ed ecco che ribaltava tutto, con poche parole dette con incredibile superficialità.
Simon la fissava, in attesa di una risposta, o di un’altra domanda. Insomma, di una qualsiasi reazione. Ma lei non sapeva proprio che cosa dirgli. Sapeva che la propria espressione non lasciava spazio ad alcun fraintendimento. Aveva sussultato, sentendogli dire quelle parole, ed ancora adesso si sentiva turbata e reggeva a malapena il suo sguardo.
“Ti prego, dì qualcosa” le disse.
La donna si appoggiò al tavolo, le braccia incrociate, gli occhi puntati a terra. Le parole che avrebbe voluto pronunciare le affollavano la mente, ma si scontravano con qualcosa..Non riusciva a dire niente, non voleva parlargli. Si rese conto di essere offesa, molto più di quanto avesse fino ad ora compreso. Offesa da quello che aveva detto in pubblico, pur non riferendosi direttamente a lei. Aveva toccato un filo scoperto ed ora niente più funzionava. Corto circuito.
“Frances” sussurrò, cercando inutilmente il suo sguardo “Non so perché ho detto quelle sciocchezze. Non lo so, non pensavo a noi. Non pensavo a niente, in quel momento”.
Sentì se stessa ridere. Una risata breve, secca, amara. Non si riconosceva in quel rumore sarcastico. Da quando le parole di una vuota e viziata star di Hollywood potevano toccarla fino a quel punto? Sapeva chi era Simon e come aveva condotto la sua esistenza. Niente storie impegnative, bastava l’adorazione delle fan a scaldargli il cuore e il letto. Lo sapeva. E allora perché adesso si sentiva così profondamente ferita?
Senza guardarlo, sussurrò in tono duro “Non sono arrabbiata con te. Sono in collera con me stessa per averti creduto... Ho sbagliato. E’ questo che mi fa star male”. Finalmente riuscì a guardarlo. Sembrava sconvolto, ma Frances non voleva cadere in quella trappola. Doveva ammettere che era un ottimo attore, se riusciva ad incantarla in quel modo.
“Ti sto dicendo la verità. Non era a te che pensavo. Io..io l’ho soltanto detto..” s’interruppe spalancando le braccia. Non le staccava gli occhi di dosso, incapace di trovare le parole e le mosse giuste per venire fuori da quella situazione. Ma sembrava impossibile.
“E’ questo. Parlare, parlare..senza fermarsi un momento a riflettere. E’ questo, Simon, non è così? E’ così che vuoi vivere? Perché per te le parole non hanno significato e non possono ferire” sussurrò, sentendo le lacrime pungerle gli occhi “Hai parlato dell’amore, del matrimonio e dei figli..” riprese fiato “Non hai pensato neanche per un momento a chi ti stava ascoltando. Non hai pensato a me. Le parole sono il mio pane. Lavoro con le parole, vivo, di parole..” si accorse che le mancava il fiato “Le parole, per me, sono tutto..”.
E quelle, di parole, arrivarono dritte come pugnali. Simon sembrò vacillare, come sotto un bombardamento. Si mosse appena, l’espressione sgomenta, incredula. Ciò che gli stava dicendo suonava strano alle sue orecchie, temeva di non aver capito, ma non aveva fiato per chiederle. Riusciva soltanto a fissarla.
“Ed il bello è che dal tuo punto di vista è vero. Hai dei figli. Li ami e sono la cosa più importante della tua vita e non sai che cosa significhi perderne uno e non riuscire a..” la voce le morì in gola “Sentirsi in colpa per questo e vedere un matrimonio finire per qualcosa su cui si hanno ben poche responsabilità”.
“Oh, Dio, Frances..” cercò di dire, ma lo sguardo di lei lo bloccò. Non c’era rabbia, c’erano soltanto  sofferenza e delusione. La consapevolezza di essere lui la causa di tutto questo lo annientava. Perché lo distruggeva? Quante volte aveva risposto a domande a raffica di giornalisti o fan e se l’era cavate egregiamente, usando il suo fascino e la superficialità che sembrava accontentare tutti, ogni volta? Ma adesso, sentì che avrebbe dovuto voltarsi e scappare, per nascondersi ed espiare.
Frances scosse la testa “Io non..non ho più voglia di parlarne” gli diede le spalle dirigendosi nello studio “Ho da fare”. Raggiunse il tavolo, decidendo all’istante che l’avrebbe ignorato fin tanto che  non se ne fosse andato. Sapeva che non si era mosso da dov’era e che la seguiva con lo sguardo, sgomento. Sembrava non avere capito. O forse aveva capito fin troppo bene. Ma per una star come lui era impensabile essere cacciato fuori.
“Però mi devi dare la possibilità di spiegare” le disse infatti “In quelle situazioni, ti fanno un sacco di domande, piuttosto personali, e tu devi riuscire a rispondere in modo soddisfacente per loro senza tuttavia svelare troppo di te stesso..” gli mancò il fiato “Ce l’ho sempre fatta. E anche stavolta ho tentato di farlo..”.
Frances accese il computer fingendo di non ascoltarlo, gli occhi fissi sullo schermo illuminato. In realtà non sentiva tutto quello che le stava dicendo. Era in un certo senso immersa nel passato, ad una conversazione simile che aveva avuto con Paul, prima che lui se ne andasse, schiacciato dalla tensione tra loro. Invece di sorreggersi a vicenda, dopo l’aborto e quanto ne era seguito si erano colpiti e offesi, finché la distanza era stata incolmabile.
Non poteva lasciare che lui la trascinasse dentro a quel delirio, di nuovo.
“Frances” lo sentì dire “Frances”. Si accorse che Simon le era così vicino, con lo sguardo atterrito. Incontrò i suoi occhi e sussurrò “Lasciami sola, per favore”.
Quando si ritrovò sola, nello studio, si alzò di scatto dalla sedia e corse in bagno, riuscendo a malapena a non inciampare sulle scale. Vomitò, e poi si lasciò cadere spossata sul pavimento.
  

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Gordon la ascoltò a lungo, sprofondato nella poltrona della sala, mentre lei camminava avanti ed indietro, e parlava con voce frenetica. Sapeva che non esisteva un modo per consolarla e che la cosa migliore che poteva fare per lei era ascoltarla e lasciarla sfogare finché non si fosse sentita svuotata ed esausta. E così fece, addolorato per il suo stato.
 

Era quasi il tramonto quando Frances si lasciò andare sul divano e tirando su col naso lo sbirciò “.. penserai che sono stata un’illusa, no? L’hai sempre pensato. Io, Fran Drake, che si innamora dell’incredibile Crawford, re del cinema e.. per di più, crede che lui la ricambi.. in qualche modo”.
“Vedo che hai un’alta opinione di me” sospirò ironico “Non ti dirò queste cose, capo, perché anch’io ho creduto che tra voi stesse andando tutto bene..” le sorrise dolcemente “Mi rendo conto che per te deve essere stato terribile..” giocherellò col cuscino “Ma dagli la possibilità di spiegarsi”.
“Mio Dio, non c’è nulla da spiegare!” scosse la testa “Lui è libero, non vuole impegni.. e dunque, io non sono altro che.. una delle tante..” la voce le si spense in gola.
“Ne sei sicura, capo?” si sporse un poco “Come può essere così.. ipocrita? Nessun essere umano sarebbe in grado di reggere una commedia del genere..”.
“”Oh, lui è un attore!” fece sarcastica “E poi sono io che mi sono illusa ed ho visto e capito ciò che ho voluto… Quel suo corteggiamento, così insistente.. mi aveva convinto..ed invece voleva soltanto concludere la sua conquista” chiuse gli occhi, disgustata. Ben presto, la nausea l’assalì, costringendola a correre in bagno. Si trovò spossata, appoggiata alle piastrelle del bagno, la fronte imperlata di sudore. Non si accorse nemmeno di Gordon che la guardava dal corridoio.
“Capo.. non sarai incinta?”.
Frances lo fissò ad occhi spalancati “E’ impossibile” si sollevò faticosamente “Sai che non posso..”.
Ma lo sguardo di Gordon era serio “Da quando hai queste nausee?”.
“Da qualche giorno.. io.. sono esausta..” gli passò accanto dirigendosi in camera. Si sdraiò a letto, chiudendo gli occhi “..voglio solo stare qui, così, per sempre..” si coprì il volto con le braccia.
L’assistente disse “Vado in farmacia a comprarti un test”.
Cercò di fermarlo, tentando di spiegargli che era del tutto inutile, ma lui era già uscito. Sentì il rumore dell’automobile che si allontanava..
 
Gordon la guardava, incapace di dire qualcosa di intelligente. Stava fermo a fissarla, osservando sul volto di lei le emozioni che si susseguivano senza sosta. Sgomento, incredulità, tenerezza, rabbia.. Poteva a malapena immaginare ciò che le stava succedendo dentro.
Era incinta, dopo che per anni le era stato detto in modo categorico che non avrebbe potuto avere figli..
“Devi parlare a Simon” riuscì a dire, cercando di apparire convincente.
Frances respirò forte “Non lo so.. non dopo quello che ha detto e che è accaduto..”.
“Ma lui è il padre” obiettò “E quelle cose, in verità, non le ha dette a te, ma in una stupida intervista televisiva”.
Il tono di lui la colpì. Lo guardò a lungo prima di dire “Non servirà a farlo stare con me. Lui mi lascerà per un’altra avventura.. Lui non vuole impegni”.
“Non puoi sapere come reagirà al fatto di diventare ancora padre” cercò di dirle “Capo. Io.. vi ho visti, e ho visto lui. Dagli una possibilità. Digli del bambino”.

Furono le parole di Gordon a decidere per lei.
La mattina dopo, si trovò a comporre il numero di cellulare di Simon.
Egli rispose subito e in tono angosciato disse “Amore… Ti ho chiamata decine di volte ma avevi sempre il telefono spento” sembrava veramente angosciato “Voglio.. voglio parlarti.. e spiegarti.. e dirti che cosa sento per te..” ma lei lo interruppe “Simon. Aspetta” tentò di mantenere la voce ferma “Lo so che ci sono molte cose da chiarire. Voglio farlo, sul serio. Ti voglio vedere e parlare” strinse di più il telefono. E lui sembrò tranquillizzato all’istante “Oh, Dio, certo. Vengo lì subito..”.
“No..  Vengo in città.. al locale sulla spiaggia”.
 
Mezz’ora dopo era in macchina, ancora troppo frastornata. L’idea di essere incinta non era ancora perfettamente chiara dentro sé, ma aveva l’urgenza di dirglielo, di vedere la sua espressione.. di capire che cosa avrebbe significato per lui questo fatto, al di là di tutte le parole..
Arrivò al luonge bar e si affrettò all’entrata, ma proprio mentre varcava la soglia, alzò lo sguardo e si bloccò, gelata. Davanti al bancone, c’era Simon che sorrideva ad una ragazza languidamente appoggiata al suo braccio che lo guardava adorante.
Per Frances, esausta e ancora sconvolta da quanto stava succedendo, fu un colpo.
La notizia della gravidanza, l’incoraggiamento di Gordon, l’idea che le cose potessero essere diverse davvero tra loro, l’avevano illusa dandole la forza di guidare fino lì perché aveva sinceramente creduto di poter chiarire e ricominciare.. ma adesso. Era come se qualcuno le avesse tirato dell’acqua gelida addosso, strappandola dalla tenue speranza che si era fatta strada in lei. Si sentì precipitare e precipitare, mentre si apriva un buco al centro del suo petto che la dilaniava.
Rimase lì ferma, a guardare ad occhi spalancati la scena che le si presentava davanti.
Nel profondo di sé sapeva che c’erano mille interpretazioni per quella scena, ma era così stanca.. Così stanca di interpretare, sperare, soppesare..cercare significati..e sforzarsi di capire..era così stanca..
Si scosse soltanto quando Simon si voltò e la vide a sua volta. Divenne serio, alzandosi di scatto dallo sgabello e muovendosi per andarle incontro. Allora, lei gli diede le spalle ed uscì precipitosamente, ma non abbastanza in fretta per sfuggirgli.
Una mano fermò la sua fuga e in un attimo si trovò faccia a faccia con lui.
I suoi occhi erano tristi ed arrabbiati e scavavano nei suoi. Quello sguardo e la stretta che le riservava, le fecero capire, nel marasma in cui era caduta, che anche Simon era sconvolto.
Si guardarono in silenzio, poi lei sussurrò “Non voglio parlarti”.
“Avanti, amore.. dobbiamo chiarire molte cose..”.
“Non chiamarmi così” sbottò, sciogliendosi dalla stretta “E non ho voglia di parlare con te”.
“Ma sei venuta per questo.. Io.. io voglio spiegarti..” il suo tono sembrava disperato.
Frances prese fiato e facendo un enorme sforzo su di sé parlò con una voce che non pareva nemmeno la sua “Ho detto che non intendo parlare con te, adesso” lanciò un’occhiata alla ragazza, ferma la bancone del bar che li stava guardando “Non è proprio il momento”.
Detto questo, fece per voltarsi, ma lui la trattenne ancora “Non devi fraintendere, Frances. Lei non è.. non è ciò che pensi.. Non puoi davvero pensare che..”.
“Non penso niente Simon. Non sono affari miei, non più”.
Lo sguardo che gli rivolse lo costrinse a mollare la presa. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma sembrò rinunciarci. Allora, Frances si voltò e cominciò ad allontanarsi, mentre le lacrime, fino a quel momento trattenute, cominciarono ad appannarle gli occhi.
 
I dottori le dissero che per portare a termine la gravidanza avrebbe dovuto riposare. Così decise di annullare tutti gli impegni e prendersi un periodo lontana da tutto e tutti. Fu Gordon che le propose di trascorrere qualche mese nella sua casa di New York, di cui nessuno conosceva l’esistenza e dove nessuno l’avrebbe cercata.
Frances accettò subito. Chiuse la casa, assumendo un giardiniere che venisse a curare il giardino una volta a settimana, imballò le sue cose e partì.
Una volta giunta a New York consegnò a Gordon il proprio cellulare.
“Avrò bisogno di un altro telefono e di un altro numero” gli disse, decidendo di ignorare lo sguardo dolente che l’uomo le rivolse. Entrambi sapevano che quell’accorgimento sarebbe stato inutile.. Simon non l’aveva più cercata, nemmeno una volta dall’ultimo scontro.
Il soggiorno a New York si protrasse a tempo indefinito e Tommy nacque lì, in una clinica privata poco fuori città. Il fatto che Simon fosse sparito dalla sua esistenza non le impedì di stringere il bambino e di amarlo profondamente, totalmente..e di ricordare a se stessa che, nonostante tutto, amava anche Simon, che le aveva dato questa seconda, insperata, possibilità.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


L’abito che indossava le lasciava scoperte le spalle e la schiena ed i suoi bellissimi capelli scuri erano raccolti da fermagli di madreperla. Si aggirava tra gli invitati dispensando sorrisi e saluti, tenendo d’occhio Gordon, intento a discutere, come al solito, con l’editore. Neanche una serata come quella riusciva a distoglierlo dal lavoro.. Rise tra sé. Finalmente, festeggiavano la pubblicazione del nuovo romanzo anche nell’est Europa, dove una casa editrice l’aveva tradotto e distribuito con ottimi risultati, ed una casa di produzione televisiva ne avrebbe realizzato un serial. Era stato un successo improvviso e per questo l’editore aveva voluto organizzare una vera e propria festa internazionale, invitando tutte le principali personalità del mondo della cultura.

Frances ne era stata lusingata e non si era opposta. Sebbene la sua vita sociale fosse praticamente inesistente e mai avesse preso parte agli eventi mondani, questa volta aveva accettato. In fin dei conti, non poteva deludere l’editore né Gordon, il cui lavoro duro e costante aveva portato a quel successo.
Così, reggendo tra le dita un flute ancora pieno di champagne, Frances vagava per la sala gremita di gente famosa e di addetti ai lavori, sorridendo ogni tanto alla telecamera che riprendeva l’evento per poi trasmetterne alcune parti in televisione.
Fu in un momento di relativa calma, che trovò il tempo di fermarsi, sedendosi su una delle poltroncine in un angolo appartato della sala, proprio sotto la grande stampa di Monet che dava il nome alla sala, “Le Ninfee”.
Fece scorrere lo sguardo sulle persone, eleganti ed ingioiellate che gremivano ogni metro quadrato del locale, sorseggiando dal bicchiere ed appoggiandosi allo schienale morbido della poltrona. Se qualcuno le avesse detto che la sua passione per la scrittura l’avrebbe condotta fin lì, non ci avrebbe mai creduto. Solo pochi anni prima non era altro che una ragazza con tanti sogni e poche concretezze.
                                   
“Ciao, Frances”.
Un colpo al cuore. La voce. La sua voce. Dopo tutto quel tempo.
Si voltò di scatto e scorse, appoggiato alla parete di lato, Simon. In smoking, i capelli più corti, ma sempre lui. Incontrò il suo sguardo e dovette reprimere un gemito. Perché continuava a farle quell’effetto devastante..
“Ti faccio i miei complimenti per questo successo” le disse sollevando il bicchiere “L’ennesimo”.
Lei fece un cenno col capo, troppo impegnata a dominarsi per poter parlare. Stava a fissarlo, incapace di fare qualsiasi cosa. Erano passati  due anni dall’ultima volta che l’aveva incontrato, ma niente era cambiato. Lui era Simon,  l’unico, per la grande scrittrice.
“Posso ballare con te? L’orchestra sta cominciando a suonare” le domandò.
In effetti, la musica di un lento struggente stava riempiendo la pista da ballo. Senza lasciarle il tempo di rispondere, le tolse il bicchiere dalle mani e la aiutò ad alzarsi, conducendola al centro della sala. La strinse, iniziando a muoversi a tempo. Un braccio le cingeva la vita, una mano stringeva la sua all’altezza delle spalle. Non si guardavano. Frances era troppo scioccata per poter dire o fare qualsiasi cosa. Sperò soltanto di poter mantenere quella distanza tra loro fino alla fine della canzone.
Lo sentì dire al suo orecchio “Sono molto felice di vederti”.
Era emozione quella che avvertiva nel suo tono? Non sapeva decidere. Era troppo tempo che non lo aveva accanto in carne ed ossa, così tanto che quasi aveva dimenticato quali sensazioni quella voce evocava in lei.
E’ una bugia, ricordo benissimo. Ricordo ogni cosa.
Muovendosi lentamente, lui riprese “Credevo che non ti avrei mai più incontrata”.
Frances si staccò un poco e questa volta lo guardò negli occhi. Da così vicino notò piccole rughe ai lati di quegli stupefacenti pezzetti di cielo e una spruzzata di grigio sulle tempie. Le sembrò ancora più affascinante.
“Però sei venuto, stasera. Sapevi che la festa era per me” lo scrutò.
“Non me la sarei persa per niente al mondo” confessò con un sorriso.
“Che stai dicendo” lo interruppe, quasi infastidita.
“La verità” alzò le sopracciglia, in quel modo che ricordava bene “Volevo rivederti e parlare ancora con te. Vedere se eri cambiata o..”.
In quel momento la musica cessò. Frances si divincolò dall’abbraccio e fece un passo indietro “Ora che hai avuto ciò che volevi, possiamo salutarci”.
Un sorriso amaro distese i lineamenti di lui “Non preoccuparti. Non voglio rovinarti questa serata. Ma voglio parlarti”.
La ragazza si guardò intorno, temendo che le altre persone si accorgessero della tensione tra loro. Disse “Non abbiamo niente da dirci”.
“Invece credo di si. Ma non qui, non adesso. Troveremo un altro momento, Frances” la guardò ancora, fece un piccolo inchino e sparì tra la folla.
Frances non ebbe il tempo di pensare a quanto accaduto, perché fu subito assorbita dagli ospiti, che la fermavano per sapere dei suoi nuovi progetti, dei suoi libri, della sua inesauribile ispirazione. E lei si stampò in faccia un bel sorriso rassicurante, sentendo dentro di sé, invece, che una ferita, che credeva di aver chiuso, stava per sanguinare ancora.
 
Gordon la riaccompagnò a casa molto dopo mezzanotte. Si accorse subito del suo umore nero anche se non riusciva ad immaginarsene la causa. Glielo chiese soltanto quando fermò l’auto di fronte al vialetto d’ingresso della villa.
Frances alzò lo sguardo e lui poté leggere paura, disperazione, tristezza in quegli occhi grandi e scuri.
“C’era Simon, stasera” mormorò in tono sommesso “..è stato un incubo”.
Dopo un primo momento di sorpresa, Gordon disse “Non devi avere paura o soggezione di lui” tentò di essere rassicurante “Una storia dolorosa, certo. Ma finita. Due anni fa”.
Lei lo fissò. Gordon sapeva esattamente che c’era dell’altro e conosceva bene la ragione dell’ansia di Frances. Era Tommy. Di cui Simon, ovviamente, ignorava l’esistenza.
Decise di non esplicitare i suoi pensieri. Le strinse con dolcezza un braccio “Non avere paura. Non succederà nulla. Sei una donna adulta, capo, ed hai superato prove molto dure. Non lasciarti prendere dall’angoscia”.
Prima di andare nella propria stanza, andò da Tommy. Il bambino dormiva tranquillamente nel suo lettino, a pancia in giù come sempre. Gli sistemò le coperte e gli sfiorò la guancia con la mano, in modo da non svegliarlo.
Ma non riuscì a lasciarlo. Si sedette sulla sedia a dondolo accanto alla finestra e rimase a guardarlo per tutta la notte, mentre le immagini di Simon in smoking si sovrapponevano a quelle di due anni prima, quando tra loro sembrava tutto così perfetto.
 
 “Se vuole parlarti, ti troverà. Troverà anche il tuo numero privato” le disse Gordon.
A Frances parve di rivivere una scena di molto tempo prima. Sapeva che il suo amico assistente aveva ragione. Aver cambiato casa, numeri telefonici, indirizzo email non sarebbe servito a niente se quell’uomo si metteva in testa di venire a parlarle.
“Ed è perfettamente inutile che tu spenga i cellulari e non esca di casa” si sporse verso lei con aria comprensiva “Capisco come ti senti, ma forse affrontarlo sarebbe meglio. Qualsiasi cosa voglia dirti, tu sarai perfettamente in grado di affrontarla. La vostra relazione è finita per buone ragioni, se le ricorda lui come lo fai tu.. Non hai nulla da temere”.
“Non voglio che sappia di Tommy” fece lei, cupamente.
“Lo comprendo. Ma anche se lo facesse? Che cosa vuoi che succeda?” scosse la testa “Magari vorrà incontrarlo, qualche volta, e contribuire economicamente.. Potresti dargli torto?”.
“Ho paura della sua reazione al fatto che non gliel’ho mai detto” confessò con voce tremante.
“Si arrabbierà. Farà l’offeso, la voce grossa, magari minaccerà chissà che” la scrutò “Capo. Ha rinunciato a qualsiasi pretesa su di te da quando è successo.. quel che è successo”.
“Ma è il padre di mio figlio”.
Gordon annuì “Lo è. Ma la decisione è tua. E’ sempre stata tua”.

Tentò di ricordarsi le parole di Gordon la mattina in cui, pochi giorni dopo la festa, uscendo presto per annaffiare i fiori del giardino, trovò Simon seduto sulle scale dell’entrata. Si guardarono un lungo momento, prima che lui dicesse “Aspettavo un’ora ragionevole per suonare il campanello”.
Frances incrociò le braccia sul petto, imbarazzata. Era ancora in vestaglia e questo la metteva a disagio. Tutta l’intimità che c’era stata tra loro era svanita, rimpiazzata dal disagio e dal rancore. O così sentiva lei, mentre lo guardava, affascinante e all’apparenza sicuro di sé.
“Vorrei parlarti” disse subito alzandosi in piedi “E’ possibile, adesso?”.
Senza rispondergli, Frances si voltò e rientrò in casa, lasciando che la seguisse. Si sedette in poltrona e lasciò che lui facesse lo stesso. Lo guardò ed improvvisamente le parve nervoso. Almeno quanto lo era lei. L’idea che da un momento all’altro Tommy si svegliasse la preoccupava..
Lo vide passarsi le mani alcune volte sulla stoffa dei jeans, mentre iniziava a parlare “Per quanto è successo l’ultima volta che ci siamo visti..io..”.
“No, Simon. Sono passati due anni. Non ho voglia né bisogno di rivangare” lo fermò subito.
“Eppure, dovremmo farlo” la sua voce adesso suonava più sicura. Aveva alzato lo sguardo e la fissava, con la mascella contratta. Frances conosceva quello sguardo, sapeva tutto di lui, anche se erano stati vicini per così poco tempo. Si stava preparando alla battaglia, ne era sicura.
“Dopo un’iniziale ovvio sbalordimento, ho cominciato a provare rabbia” disse “Sì, rabbia per il modo in cui tu hai agito, senza darmi alcuna possibilità di spiegare e di giustificarmi. Hai semplicemente deciso che ero un bastardo bugiardo che ti aveva ingannata per molte settimane” adesso il suo tono era decisamente minaccioso “Hai deciso che ero colpevole senza neanche darmi il beneficio del dubbio”.
“Oh, Dio.. quale dubbio, Simon?” fece sarcastica “Ti ho visto con una bella ragazza bionda in atteggiamenti inequivocabili dopo la discussione che avevamo avuto. Questo è quanto” sospirò “Non voglio ripensarci, né parlarne”.
“Hai visto ciò che hai voluto vedere” ringhiò scattando in piedi. La guardò “Avevi deciso da chissà quanto tempo che avrei sbagliato con te, che ti avrei fatto qualcosa di terribile, non è così? L’avevi deciso dall’inizio. Non hai mai avuto fiducia in me e una sciocca intervista e quella bella scenetta ti hanno solo fornito l’occasione per confermare tutto..” si piegò lievemente, con aria dura “Dimmi, quante volte hai soppesato ogni mia parola, ogni mio gesto..ogni mio sguardo? Quante volte hai deciso quando credermi o no?”.
Colpita profondamente, reagì come meglio poté fare. Attaccando.
Si alzò a sua volta per affrontarlo “No, non girerai la frittata in questo modo subdolo! Io....” prese fiato “..è stato orribile vederti.. vedere ciò che ho visto e sentire.. ciò che ho sentito” abbassò lo sguardo e sentì le lacrime pungerle gli occhi al ricordo delle braccia di Simon che stringevano quella ragazzina e dello sguardo che le aveva rivolto prima che lei scappasse.
“Sei scappata” il suo tono, adesso, era derisorio “E non era la prima volta che lo facevi”.
Prima che potesse rispondere qualsiasi cosa, si sentì un tonfo provenire dal piano superiore.
Il cuore di Frances perse un colpo, mentre Simon guardava verso le scale. Lo sentì dire “Non sei sola.. certo..”.
Non ebbe il tempo di riflettere sul tono sarcastico che aveva usato. Corse su per le scale e spalancò terrorizzata la porta della camera di Tommy, pronta ad uno spettacolo tremendo.. Invece, il piccolo era seduto a terra, sul tappeto, e giocava con il suo orsetto di peluche. Evidentemente, si era arrampicato sulle sbarre del lettino ed era sceso, perdendo l’equilibrio. Non appena la vide, le sorrise “Mamma..” fece un po’ incerto e poi batté le mani.
Frances gli si avvicinò e lo prese in braccio, per controllare che non si fosse fatto male, mentre il suo respiro riprendeva il ritmo normale.
“Monello..” lo rimproverò dolcemente baciandolo “Credo che mamma dovrà comprare un lettino per bambini grandi..”.
Si accorse solo allora di Simon, fermo sulla porta della stanza. Li fissava con una strana espressione. Indeciso, stupito, a disagio.. Frances rimise sul tappeto il piccolo e fissò Simon “Mio figlio, Thomas” lo presentò.
Sentendosi chiamare, il bambino alzò la testa ed incontrò lo sguardo dell’uomo fermo sulla soglia.
Simon rimase senza fiato. Gli parve di vedere se stesso a pochi anni, gli occhi azzurri curiosi e divertiti, il viso paffuto.. La sensazione che provò lo annientò completamente. Frances lo vide tenersi allo stipite della porta, mentre il suo sguardo vagava da Tommy a lei, sbalordito.
Il bambino gli sorrise e gli fece un saluto con la manina, prima di ricominciare i suoi giochi.
Frances non sapeva che cosa dire o fare. Ora che era accaduto quanto aveva voluto evitare per tanto tempo, si sentiva sollevata da un peso che, ora se ne rendeva conto, era diventato insostenibile.
Che Simon dica quel che vuole.. che faccia quel che vuole.. Niente più segreto, niente più timore.
“Ti aspetto giù..” le disse a mezza voce, voltandosi e sparendo alla sua vista.
Col bambino in braccio, scese e lo trovò seduto in poltrona, la testa tra le mani, immerso nei suoi pensieri. Dopo una breve occhiata, entrò in cucina, mise Tommy nel seggiolone e iniziò a preparargli la colazione.
Un momento dopo, Simon entrò a sua volta e si sedette al tavolo, proprio di fronte a suo figlio. Lo guardava serio, incapace di agire in qualche modo. Guardò Frances dare a Tommy il biberon col succo di frutta e rimase a lungo ad osservarlo bere avidamente, tranquillamente appoggiato allo schienale del seggino.
“Perché” sentì che faticava a parlare, come se gli mancasse il fiato “Perché non me ne hai parlato”.
Non c’era ombra di rabbia o risentimento nel suo tono. Era serio, a quanto le pareva.
“Stavo per farlo” gli confessò “Ma ti ho visto con…” fece un cenno con la mano.
Simon la guardò, realizzando solo in quell’istante come doveva essersi sentita nel vederlo in atteggiamenti affettuosi con un’altra donna proprio in un momento così importante..
“Credevo.. che tu non potessi avere figli..” sussurrò.
“Lo credevo anch’io” disse asciutta “Ma per qualche ragione che i medici hanno definito “un caso su un milione” è successo”.
Simon si schiarì la voce e disse “Credi che potrò.. vederlo? Qualche volta?”.
Una morsa invincibile strinse lo stomaco di lei. Non sentiva prepotenza nel suo tono.. stava andando in un modo che nemmeno aveva preventivato. Si trovò ad annuire, incapace di parlare.
“E provvedere a lui..” aggiunse l’uomo mestamente.
“Non ho bisogno di niente, Simon”.
“Lo so” annuì “Ma lo farò ugualmente, se me lo permetterai”.
In quel momento, Tommy finì il suo succo e tese le braccia per essere preso. Frances si mosse, ma lo sguardo di Simon la bloccò. C’era una muta richiesta, in quegli occhi che aveva adorato, e lei si fermò. Rimase a guardare mentre sollevava il piccolo e lo stringeva, lasciandosi scompigliare i capelli dalle sue manine. Tommy mise alcuni gridolini divertiti e si abbandonò a quell’abbraccio.
Quella visione la scombussolò, ricordandole improvvisamente che cosa aveva perso, facendole vedere ciò che avrebbe potuto essere.. Non resse oltre. Uscì dalla cucina quasi correndo, rifugiandosi in giardino. Si lasciò cadere in panchina e si prese il viso tra le mani, cercando di cacciare indietro le lacrime.
Non seppe quanto tempo fosse trascorso. Quando sollevò il viso, trovò Simon in piedi davanti a lei e Tommy che gattonava sull’erba. Si alzò e fronteggiò Simon “Abbiamo parlato” sussurrò “.. ma se vuoi restare un po’ con Tommy..beh.. andrò a farmi una doccia e a vestirmi..” balbettò.
Fissandola, disse “Devo andare agli studios” sospirò “Posso passare stasera? Per vederlo?”.
Lei annuì. Dopo aver salutato il bambino con un buffetto sulla guancia, Simon si diresse all’automobile e partì, senza essersi voltato nemmeno una volta. 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


 

Era già buio quando Simon arrivò. Tommy si era addormentato, così si accontentò di vederlo nel lettino, alla luce della luna. Rimase a fissarlo per qualche minuto, poi scese e raggiunse Frances nel portico.
“Ho iniziato le pratiche per il riconoscimento” le disse sedendosi sulla panchina accanto a lei “Sei d’accordo?” la scrutò.
La ragazza annuì, stringendosi nello scialle “Non vuoi fare un accertamento..”.
“Dovrei?” sollevò il sopracciglio.
Lei scosse la testa sospirando.
Rimasero lì seduti in silenzio per un po’, finché Simon non disse “So che avrei dovuto rincorrerti, fermarti, spiegarti quel che hai visto.. ma Frances” la prese per le spalle e la guardò “Non ti ho mai tradito. Mai. Sono.. sono stato un codardo, questo si. E tu hai fatto senz’altro bene a lasciarmi ed andartene il più lontano possibile” la lasciò “Ero venuto per dirti questo”.
“Ti prego, Simon” mormorò “Non occorre riparlarne”.
“E invece si!” esclamò saltando in piedi “Ti volevo. Sempre, sempre, ogni minuto..ed era una cosa così nuova per me che..” s’interruppe un momento, poi riprese “..che mi ha..sconvolto. Non sapevo realmente come maneggiare i sentimenti che avevo per te.. ciò che volevo con te..”.
Gli pose una mano sul braccio “Basta” abbozzò un sorriso “Basta, adesso”.
Si voltò e la fissò, prima di afferrarla e stringerla a sé, eludendo le sue proteste. La strinse forte, fino a quando lei si abbandonò nell’abbraccio, mentre combatteva con le lacrime.
“Sono stato uno sciocco” sussurrò tra i suoi capelli “Ti ho persa così..senza lottare per tenerti vicino.. per tenervi, vicino a me..” le baciò la testa “Ma non ti ho mai tradito né ho mai pensato a te come.. come ad una storia senza importanza, Frances. Devi credermi”.
Erano due, a questo punto, le possibilità: chiudere i sentimenti in fondo al cuore e permettergli di vedere suo figlio, continuando la sua vita come se tra loro fosse veramente finita.. oppure, poteva semplicemente credergli. Poteva credere alle sue parole, senza più pesare i più e i meno di ciò che diceva. Credere nel suo amore..
“Io ti amo” le disse staccandola un poco per guardarla “Io ti amo.  E ti amavo anche allora. Non è cambiato niente, per me”.
Frances alzò lo sguardo e Simon vide chiaramente quanto era combattuta..
Così, la lasciò e disse “Non intendo forzarti, Frances” si diresse al cancello “Ma aspetterò il tempo necessario che tu chiarisca i tuoi sentimenti per me. Se ci sono ancora”.
Lo guardò andare senza dire una parola.
Aveva pianto così tanto in due anni che si stupì delle lacrime che riuscì a versare durante la notte. Il dolore che le trafiggeva il petto la schiacciava, riportandola costantemente a quell’orribile periodo, quando era tutto finito, e nel peggiore dei modi.
Aveva creduto sul serio nel cambiamento di Simon o lui aveva ragione quando lo metteva in dubbio? L’aveva accusata di aver tratto conclusioni affrettate, aveva negato ciò che lei aveva ritenuto lampante davanti ai suoi occhi.. Oh mio Dio, non poteva arrivare e, come se niente fosse, buttare all’aria la vita che pian piano si era ricostruita insieme a Tommy.
Le aveva detto di amarla. Le aveva detto che niente era cambiato nei suoi sentimenti.. ma lei? La domanda non era se l’amava ancora o meno, era ovvio di si. Aveva capito ed accettato che Simon sarebbe stato l’unico, ma era disposta a rimettere in gioco tutto per lui, anche sé stessa? Per averlo di nuovo con sé?
Farlo significava credergli e dargli fiducia. Smettere di giudicare ogni parola o azione che venisse da lui. Significava ricominciare daccapo, senza pregiudizi, abbandonandosi ai sentimenti..
 
Alle cinque era già in cucina a sorseggiare un caffè nero ed amaro nel tentativo di rimettersi dalla notte insonne. Sapeva già che sarebbe stata una giornata difficile.
Si fece una lunga doccia e si infilò una comoda tuta, decisa ad assolvere ugualmente tutti gli impegni programmati per la giornata. Così, uscì in giardino e cominciò ad annaffiare le siepi, dopo di che infornò una torta al cioccolato e alla fine, sedette al computer rispondendo alle mail di Gordon e dell’editore, che la ragguagliavano circa le novità editoriali provenienti dall’Europa.
Simon si presentò alle dieci. Le disse che aveva tutta la mattina libera per stare con Tommy, il quale stava giocando sul prato. Frances lo prese in braccio e lo consegnò al padre, notando che il bambino sembrava riconoscerlo.
“Gli piace giocare con l’acqua” gli disse imbarazzata “Devo fargli il bagnetto.. Ci vuoi pensare tu?”.
Dieci minuti dopo, Tommy sguazzava nella vasca, sotto lo sguardo divertito di Simon, seduto sul pavimento del bagno.
“Non ho mai fatto il bagnetto ai miei figli” disse accorgendosi della presenza di lei sulla porta “Ero così occupato a costruire la mia carriera che il tempo è volato” sollevò Tommy dall’acqua e lo asciugò chinandosi alla sua altezza “Mi rendo conto che mi sono perso qualcosa di splendido”.
In silenzio, Frances lo aiutò a rivestirlo, poi insieme scesero in soggiorno.
Simon rimase ancora un’ora, durante la quale Tommy lo coinvolse in vari giochi, dalle costruzioni alle gare con le macchinine, ad una lotta con i cuscini.. Frances, che si era chiusa nello studio, non poté fare a meno di sentirli giocare e si sentì felice per Tommy.. era giusto che avesse suo padre accanto.
Dopo aver sistemato il bambino nel seggiolone per il pranzo, gli chiese se voleva aiutarlo a mangiare e Simon accettò. Per Frances fu molto divertente vedere Simon intento a schivare la minestrina che Tommy allegramente schizzava dal piatto. Gli sporcò la maglietta e i pantaloni, ridendo felice.
“Vuoi che te li sistemi?” gli chiese “Con l’asciugatrice faccio in poco tempo”.
“Non c’è bisogno” fece lui, abbassandosi a baciare la testa di Tommy “Immagino che sia normale che un padre si sporchi con la pappa di suo figlio..” scherzò sospirando. Poi, si voltò a guardarla e s’infilò le mani in tasca “Credi che potrò passare a salutarlo stasera?”.
“Certo” gli sorrise, sentendo chiaramente insicurezza ed imbarazzo nel suo tono. Lo accompagnò alla porta. “Cercherò di fartelo trovare sveglio”.
Simon la guardò in modo indecifrabile, poi disse “Mi basterà guardarlo dormire. Se sarà troppo tardi”.
Lo seguì con lo sguardo, mentre si allontanava nel vialetto e poi partiva con la sua fiammante auto sportiva.
 
Gordon la chiamò qualche ora dopo, mentre era immersa nella composizione del discorso che avrebbe dovuto aprire la conferenza stampa per il nuovo contratto di distribuzione nell’Europa dell’est.
L’amico le domandò gentilmente come stavano andando le cose con Simon e lei si trovò a parlargli della sua reazione, del riconoscimento, della piega inaspettata che avevano preso gli eventi.
“Beh, capo, ti ha detto che ti ama. Che l’ha sempre fatto” considerò Gordon, rilassandosi sulla poltrona “Meglio di così non poteva andare”.
“Gordon!” sbottò lei “Non è questo il punto. Non stiamo parlando di Simon e me, ma di Simon e Tommy. Forse, le cose non sono del tutto perdute e mio figlio avrà un padre”.
“Naturalmente. Ma non puoi ignorare ciò che ti ha detto. Non puoi proprio farlo, dal momento che anche tu l’hai sempre amato e lo ami ancora”sparò, rimanendo in attesa della sua probabile, esplosiva reazione.
Invece, Frances rimase in silenzio. E il silenzio si protrasse a lungo, tanto da costringere Gordon a richiamarla “Ci sei ancora, capo?”.
“Non so davvero se le cose possono tornare come prima” sussurrò stringendo con forza il ricevitore “E’ così difficile credergli. Lo è sempre stato e dopo.. dopo quel che sai..beh..” la voce le mancò, rivedendosi disperata nei giorni successivi alla rottura con lui.
“Non sei disposta a concedergli il beneficio del dubbio?” le sussurrò “In fondo, Frances, lui continua a negare la tua versione.. Perché non provare ad accettare la sua spiegazione? Ho detto, provare” ribadì, prevenendo la sua protesta.
“Quando ne parli tu, sembra tutto così facile” abbozzò un sorriso.
“Non è facile, ma, in tutta sincerità, credo che la vita ti stia presentando un’occasione, capo. E tu saresti folle a perdere questo treno”.
Il tono grave che aveva usato zittì la donna, che non trovò una risposta adeguata. 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Simon arrivò verso le otto. Fu lui a mettere a letto Tommy e rimase nella sua stanza un bel po’. Frances lo aspettò in sala e quando lo vide scendere le scale gli chiese “Vuoi cenare qui? Ho appena apparecchiato..”.
 

Un po’ sorpreso, accettò. La seguì in cucina dicendo “E c’è anche una fetta di dolce?”.
Lei sorrise, facendogli cenno di sedere. Servì il pollo e le patate, mentre Simon si occupava di stappare la bottiglia di vino. Mangiarono tranquillamente, parlando di Tommy e delle sue abitudini, fra cui quella di nascondere i giochi nei posti più impensabili, di inseguire i gatti dei vicini spaventandoli ed altre buffe routine che lo contraddistinguevano.
“Penso che lo iscriverò all’asilo, l’anno prossimo” gli disse “Ho una tata, che lo tiene quando sono in giro per lavoro, cosa che capita molto di rado.. Una signora meravigliosa, a dire la verità, che lo fa filare” sorrise “E meno male, perché se fosse per me..” scosse la testa “Gliele do tutte vinte”.
Simon la ascoltava, intervenendo pochissimo. Frances sapeva che si stava bevendo ogni singola parola che le usciva dalla bocca, che era così curioso ed avido di informazioni sul bambino che l’avrebbe fatta parlare ininterrottamente fino alla mattina dopo. Lo comprendeva e forse, al suo posto, avrebbe agito nello stesso modo. Tuttavia, si sentiva un po’ imbarazzata, perché i suoi occhi non la mollavano un minuto. Le pareva ancora impossibile di averlo a casa, seduto a mangiare con lei, dopo tutto quel tempo passato a piangere per aver perduto l’amore della sua vita.
L’amore della mia vita, pensò agitandosi all’istante. Dovette bere un altro sorso di vino per calmarsi e mantenere un’espressione serena.
“Credo che tu abbia fatto un ottimo lavoro con Tommy” le disse dolcemente “E’ sereno, sicuro, divertente..” considerò “Sei stata brava”.
Quel complimento le parve sincero e lo accolse arrossendo un po’. Distolse lo sguardo “Grazie.. è facile con lui..” si alzò “Volevi la torta al cioccolato?”.
Ne tagliò due fette e le sistemò nei piattini, tentando di ignorare il suo sguardo su di sé. Sapeva che lui avrebbe potuto leggerle negli occhi ciò che neanche lei aveva ben chiaro e non si sentiva pronta a lasciar precipitare gli eventi.. D’altra parte, le aveva detto di non voler forzarla in niente..
“Questa torta è deliziosa” le disse quando l’assaggiò. E si lanciò nella descrizione di alcuni suoi antichi tentativi culinari finiti miseramente. Frances fu invasa dal sollievo, l’atmosfera si era decisamente alleggerita.
Dopo cena, uscirono in giardino a bere il caffè. Frances sedette, mentre Simon rimase in piedi e si accese una sigaretta. Guardò il suo profilo  alla luce della luna e ammise a sé stessa di essere ancora attratta da lui come il primo giorno. Pensò che anche fra mille anni,  Simon sarebbe stata la luce e lei la falena e lo sarebbero stati per sempre…
La sorprese a fissarlo ed abbozzò un sorriso “Non riesco a smettere” le mostrò la sigaretta.
“.. un po’ di forza di volontà..” scherzò lei “Conosco molte persone che ce l’hanno fatta. Ci vuole motivazione”.
“Se vivessi con un bambino..beh, credo che smetterei” disse, abbassando il tono e diventando serio.
Frances ricambiò il suo sguardo, colpita. Era così chiaro che cosa stesse dicendo, che cosa le stesse proponendo.. Si alzò “Sarebbe una buona motivazione” fece lei, sospirando . Si voltò verso l’entrata, massaggiandosi le braccia “E’ ora che rientri.. Ho ancora qualcosa da fare per Gordon..”.
Simon annuì. Spense la sigaretta nel portacenere e le si avvicinò un poco “Va bene se vengo anche domani, in mattinata?”.
Lei annuì e poi, stupita, lo vide abbassarsi e sfiorarle le labbra con le proprie.
“Buonanotte” le sorrise, avviandosi all’automobile.
 
Le visite di Simon erano quotidiane. Veniva alla mattina, per colazione o per pranzo e poi la sera, per mettere Tommy a letto, ma non si fermò più a cena. Frances glielo aveva proposto, un paio di volte, ma lui aveva sempre rifiutato, dicendole che stava incontrando alcuni produttori per il film che avrebbe iniziato nei prossimi mesi. Lei aveva accettato la giustificazione, in effetti non aveva alcuna ragione per dubitarne, tuttavia un fastidioso pensiero si era intrufolato in lei, dopo il secondo rifiuto.
Forse stava succedendo quel che si era aspettata fin dall’inizio. Simon aveva perso interesse per lei, concentrando tutte le attenzioni su Tommy. Magari, i discorsi che le aveva fatto all’inizio non aveva sottointeso alcun che, e forse aveva frainteso le sue parole.. Aveva parlato di sentimenti…
Certo, sono la madre di suofiglio, pensava. E rimproverava sé stessa per non aver capito subito..
“Oh, mio Dio, capo, non puoi fare così”, Gordon la rimproverò quando lei gli disse quel che stava accadendo “Stai continuando a farlo..” e davanti al suo sguardo confuso, disse “Stai pesando e valutando ogni cosa.. Non puoi continuare così”.
“Ma ho creduto che..” tentò di dire e subito Gordon la interruppe “No, non è vero. Non hai creduto a niente di quello che ti ha detto e questa è l’occasione buona per trovare le tue conferme.. Mi sbaglio?” la fissò “Non ti sembra un deja vu?”.
“Oh, no. Non è la stessa cosa!” scattò in piedi e cominciò a fare avanti ed indietro davanti ad uno sbalordito Gordon.
“ok, ok..” cercò di calmarla “Ma te l’ho già detto, capo. Devi pensarci bene, prima di rinunciare”.
E ci pensò per tutta la notte senza riuscire a chiudere occhio. Rimase seduta in terrazza, alla luce della luna, rivivendo per l’ennesima volta tutta la sua storia con Simon, i momenti splendidi che avevano condiviso, la sua felicità quando aveva scoperto di essere incinta, la disperazione quando tutto era finito in una bolla di sapone. Lasciò che le lacrime le scivolassero sulle guance, mentre la sommergeva un profondo senso di tristezza e sconfitta.
 
Simon telefonò quella mattina, alle otto, avvisandola che non sarebbe passato per un impegno improvviso.
“Domani sarò di nuovo in città” le disse “Va bene se passo in giornata?”.
“Si.. quando vuoi” gli rispose sospirando. Lui dovette cogliere qualcosa nel suo tono “Frances, c’è qualcosa che non va?”.
Cercando di  mantenersi calma sussurrò “No, tutto a posto” s’interruppe. Improvvisamente, le lacrime le pungevano gli occhi, costringendola a trattenere il respiro.
“Tesoro, se è successo qualcosa..a te o a Tommy..” fece allarmato, ma lei, dopo aver preso un respiro profondo “No, solo mi sono appena alzata da letto e così..” tentò di abbozzare un sorriso.
Simon rimase in silenzio un momento, poi mormorò “..allora.. a domani”.
Lo salutò rapidamente ed interruppe la conversazione, lasciandosi cadere sulla sedia e nascondendo il volto tra le mani.
Mio Dio, ma che cosa le stava succedendo? Innamorarsi ancora e ancora una volta soffrire per lui.. No, no…
Nel pomeriggio, lasciò Tommy con la tata e andò a comprarsi l’abito per conferenza stampa, cedendo alle pressioni di Gordon. Le aveva detto che doveva distrarsi dai lugubri pensieri su Simon e per farlo non c’era niente di meglio di un tour nelle più esclusive boutique di Bel Air.
Certe persone non cambiano mai, sorrise tra sé mentre provava un bellissimo tailleur giacca e pantaloni color lavanda, decidendo all’istante che era la mise giusta per l’occasione. Prese anche un paio di sandali color avorio ed una borsetta coordinata, firmando un notevole assegno alla bella commessa. Una volta fuori dal negozio, guardò il mare e d’impulso, si diresse alla spiaggia. Si tolse le scarpe ed affondò i piedi nella sabbia calda, cominciando a camminare. Fece una lunga passeggiata e senza rendersene conto, arrivò davanti al lounge bar dove aveva preso un mojito con Simon, più di due anni prima, e rivisse tutto come fosse accaduto poche ore prima.. Rimase seduta a lungo sulla panchina di fronte al mare, chiedendosi che cosa fosse giusto fare. Abbandonarsi ai sentimenti accordandogli fiducia, o scappare sperando di non soffrire troppo..?
Quando rientrò, la tata aveva già messo a letto Tommy e le aveva preparato la cena. Mangiò da sola, in cucina, ripensando alla sera in cui era stata seduta lì, con Simon, dopo tutto quel tempo.. 



Ciao!
Vorrei ringraziare tutti coloro che seguono la storia di Frances e Simon e commentano.. Grazie.
Spero che continui a piacervi..
Ezrebet

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


La macchina di Simon si fermò sul vialetto. Frances la vide dai vetri dello studio. Con stupore, si accorse che non era solo. Dopo di lui, scesero un ragazzo alto dai capelli ricci e scuri, e dietro una ragazza, più bassa ed esile, dai lunghi capelli castani. Si alzò ed andò ad accoglierli sulla veranda.

Simon le sorrise e le diede un bacio sulla guancia, poi le disse “Questi sono i miei figli” e il suo tono tradiva una certa agitazione.
Il cuore di lei dette un balzo. Allargò gli occhi, sbigottita. Li guardò, fermi in fondo alle scale, e notò il loro imbarazzo.
“Ho parlato loro di Tommy” la fissò dritta negli occhi “Credi che.. potrebbero conoscerlo?”.
La tensione era chiara, nella sua voce.
Frances, dopo un momento, abbozzò un sorriso “Ma certo” si voltò e fece strada “Accomodatevi”.
Jack e Connie, così si chiamavano i due ragazzi, si sedettero sul divano ed accettarono il thè che offrì loro, insieme ad alcuni biscotti che aveva preparato di prima mattina.
“Tommy è di sopra.. Vai a prenderlo, se vuoi, è sveglio.. ma gli piace stare nel lettino..” si rivolse a Simon, che annuì, cominciando a salire le scale.
Rimasta sola con i ragazzi, Frances cercò qualcosa da dire che rompesse il ghiaccio, ma era molto imbarazzata. Non si era aspettata quella visita e perciò non era assolutamente preparata.

Questi sono gli altri figli di Simon, disse a sé stessa, i fratelli di Tommy.. Guardò Jack, dagli occhi azzurri così simili a quelli di suo padre, e poi lasciò vagare lo sguardo su Connie, i cui occhi verdi spiccavano su un viso dagli zigomi infiniti, uguali a quelli di Simon.
Si accorse che la ragazza stringeva un libro tra le mani. Con stupore, si rese conto che era il suo ultimo romanzo. La ragazza sembrò prendere un profondo respiro, poi disse “Signora Drake, sono una sua lettrice.. Mi chiedevo.. so che non è certo il momento, ma mi chiedevo se potesse autografare la mia copia..” la fissò speranzosa.
Sorridendo, Frances annuì. Prese una penna dalla scrivania e le sedette accanto “Va bene.. ma niente signora Drake, per piacere.. Frances va bene”.
In quel momento, Simon arrivò col piccolo Tommy in braccio, e guardò emozionato i ragazzi, che in un attimo gli furono accanto.
Sapeva di avere gli occhi di Simon puntati addosso mentre i fratelli parlavano col bambino e gli facevano mille complimenti, che Tommy sembrava apprezzare molto, ma lei cercò di non ricambiare. Era turbata, commossa, imbarazzata.. Non capiva davvero che cosa stesse provando ed era certa che il marasma che l’aveva assalita era ben evidente nella sua espressione, non l’avrebbe ingannato.
Così, per togliersi da quella situazione, si sollevò e sorridendo disse “Che ne dite di provare a dargli la colazione? Succo e biscotti..?” li precedette in cucina.
Mentre i ragazzi si affaccendavano intorno al bambino, Simon le andò accanto e le toccò lievemente il braccio “Vuoi venire un momento di là?”.
Sospirando, lo seguì. Lo guardò accorgendosi che era evidentemente preoccupato. Una volta nello studio, le disse “Avrei voluto chiedertelo.. ma ho avuto paura..” la scrutò ansioso “Ho avuto paura che tu.. e io..”.
“Va bene così, Simon” lo fermò “E’ giusto che si conoscano..”.
Immediatamente, l’uomo si rilassò. La sua espressione mosse qualcosa dentro Frances. Sembrava come se un peso gli fosse stato tolto dalle spalle ed era sicura che stesse trattenendo le lacrime.. Allungò un braccio e gli accarezzò la guancia “Sono io che ti devo ringraziare. E anche Tommy dovrebbe farlo. Quella è la sua famiglia”.
Lo vide allargare gli occhi e sentì un lieve tremito sotto le dita. Un momento dopo, si trovò seppellita nel suo petto, stretta nelle sue braccia, il volto di lui affondato tra i capelli. Non si oppose a quell’abbraccio e lo ricambiò, circondandogli a sua volta la vita.
“Oh, Dio, Frances” fece lui con un filo di voce.
Adesso era lei che dovette fare uno sforzo immane per trattenersi dal piangere. E non sapeva nemmeno perché d’un tratto quell’urgenza..

Ad interrompere quel momento, fu Jack che li richiamò. “Forse è necessario cambiare il piccolo”, disse imbarazzato quando corsero in cucina.
“Simon” gli domandò mentre li accompagnava al cancello “Mi domandavo se domani pomeriggio..” sospirò lievemente imbarazzata “Dal momento che sarò impegnata alla conferenza stampa e la tata non è disponibile.. se ti portassi Tommy..”.
Lui la scrutò, e Frances si accorse della sua emozione. La voce gli uscì incerta “.. sì, certo..” riuscì a dire.
“ Bene” gli sorrise. Poi, salutò alle sue spalle i ragazzi e rimase a guardare mentre Simon entrava in macchina, visibilmente scosso. 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


L’automobile di Gordon si fermò davanti alla grande villa di Simon. Frances scese, prendendo Tommy ed una borsa.
“Arrivo subito” avvertì, dirigendosi all’entrata. Non aveva ancora suonato che lui comparve sulla soglia . Le sorrise, prendendole la borsa.
“Vieni, ho preparato qualcosa da bere..” ma lei scosse la testa “Grazie.. ma è già tardi e Gordon mi aspetta in macchina..” lo guardò “Nella borsa c’è la sua merenda ed il latte per dopo, i pannolini e tutto l’occorrente..” baciò Tommy e lo mise a terra “Verrò a prenderlo intorno alle nove e mezza.. va bene”.
Lui annuì “Certo..allora.. in bocca al lupo” le sussurrò.
Frances fece un cenno col capo e si voltò per raggiungere Gordon.
In macchina, ci fu un lungo silenzio. Gordon le lanciava occhiate preoccupate, mentre lei continuava a guardare fuori dal finestrino, immersa nei suoi pensieri. Alla fine, sussurrò “Sono innamorata di lui..” finalmente voltò lo sguardo “..proprio come due anni fa”.
Gordon annuì “E allora, capo.. accetta il rischio”.

La conferenza terminò nei tempi previsti e, dopo un veloce brindisi, Frances lasciò Gordon in pasto all’ufficio stampa dell’editore e si allontanò in taxi. Arrivò da Simon alle dieci. Quando lui aprì la porta iniziò a scusarsi freneticamente per il ritardo, lasciandosi condurre in sala.
“Va bene.. ehi, sei in perfetto orario..” la tranquillizzò, mentre riprendeva fiato. Ma Frances non voleva avere il tempo di guardarsi intorno. Non era più entrata in quella casa da allora e non voleva essere sommersa dai ricordi proprio adesso. Lo ascoltò dire che Tommy era stato un angioletto ed era crollato alle otto.
“Dorme su, nella camera di Connor.. Ho sistemato il letto con dei cuscini, per sicurezza.. e dorme..” la informò, infilando le mani in tasca.
“Oh” fece lei “Bene..” sospirò.
“Hai mangiato? Ti preparo qualcosa..” le disse premuroso, ma le lo fermò “No, ti ringrazio. Sono a posto..”.
Ci fu un momento di silenzio, poi Simon mormorò “Forse puoi fermarti qui. Voglio dire.. per non svegliare Tommy. Ho una comoda stanza per gli ospiti..”.
Frances stava per rifiutare, quando si rese conto quanto sciocco sarebbe stato da parte sua impuntarsi a voler star lontano da lui... Era completamente inutile mantenere una distanza di sicurezza che appariva ridicola ai suoi stessi occhi..
“Va bene”. Non le sfuggì il lampo di sorpresa che gli attraversò lo sguardo. Sembrò voler dire qualcosa, ma poi, come ripensandoci, annuì “Ok.. allora.. una camomilla? Un cocktail?..” si diresse in cucina “Stavo riordinando.. Jack e Connie mi lasciano sempre un campo di battaglia”.
Lo guardò mettere i filtri nelle tazze e versare l’acqua bollente. Era evidentemente stanco, spettinato e la camicia azzurra era sporca di latte. Sorrise, riconoscendo l’opera di Tommy. Ma anche in quello stato, era affascinante da lasciarla senza fiato. Represse l’istinto di infilare le dita tra i suoi capelli ed accarezzarli. Dovette distogliere lo sguardo.
Le chiese della serata e gli raccontò tutto, dalle domande più sciocche a quelle più interessanti, strappandogli qualche risata, e sentendo un tuffo al cuore ogni volta che lui rideva, in quel modo così coinvolgente.
La accompagnò al piano di sopra un’ora dopo.
“Vuoi vedere Tommy?” le domandò e senza aspettare risposta, la condusse verso la stanza di Jack.
Il bambino dormiva tra due guanciali, sotto le coperte, a pancia in giù come al solito. Frances lo accarezzò lievemente e poi uscì, seguendo Simon lungo il corridoio.
Le mostrò la stanza e il bagno attiguo. Poi, mentre lei si toglieva i sandali alti e si massaggiava i piedi indolenziti, sparì e riapparve poco dopo, con una maglia bianca “Questa è per la notte. Puoi usarla come pigiama” la appoggiò sul letto “..se hai bisogno di qualsiasi cosa..”.
“Sto bene, grazie” sussurrò “.. buonanotte”.
Lui le fece un breve cenno con la mano e si diresse alla porta, e dopo un ultimo sguardo, si chiuse la porta alle spalle.
 
Frances non riuscì a prendere sonno. Si girò e rigirò nel letto, poi ai alzò e si affacciò alla finestra, guardando il grande parco che circondava la villa, poi tornò tra le coperte, ma niente. Sentiva come un pugno che le stringeva lo stomaco, torcendolo senza riguardo. Era una situazione così strana, passare una notte agitata nel luogo dove non avrebbe mai voluto tornare..
D’un tratto, sentì un lieve rumore e puntando lo sguardo davanti a sé vide Simon fermo sulla soglia. Si sollevò a sedere, cercando di distinguere la sua espressione nel buio, ma ciò che riuscì a vedere fu soltanto la sua sagoma farsi più vicina, finché non si fu fermato ai piedi del letto.
Solo allora riuscì a distinguere il suo viso. Era teso e la fissava. Notò che era ancora vestito come qualche ora prima. Senza toglierle gli occhi di dosso, girò intorno al letto e si sedette sul bordo.
Frances non sapeva esattamente che cosa fare. Era come ipnotizzata da lui e dalla tensione che c’era tra loro. Non voleva parlare e spezzarla, o forse era quello il momento di dire la verità.
Lo vide trattenere il respiro e poi sdraiarsi accanto a lei  trascinandola in un abbraccio stretto. Lei alzò la testa e lo fissò, sentendo immediatamente gli occhi lucidi. Se ne rimase tra le sue braccia, investita dal suo calore e dal suo profumo. E poi, lentamente, incontrò le sue labbra, senza trovare alcuna resistenza.
E quando le mani di lui si avventurarono sulla sua pelle, lo lasciò fare, trovandosi a sua volta intenta ad accarezzarlo ovunque, ancora incredula di poterlo fare nonostante tutto.
“Amore mio” le sussurrava all’orecchio, liberandola dalla maglietta e svestendosi rapidamente, per cercare un maggior contatto col suo corpo. Lo aiutò frenetica, spaventata ed esaltata nello stesso tempo per quanto stava accadendo. C’era Simon, lì con lei, e non erano parole.. lui la voleva.. la voleva davvero, come era già accaduto.. proprio come lei lo desiderava..
Poi, quando lui incontrò i suoi occhi, Frances smise di pensare in modo coerente e si perse nel mare di sensazioni che le stava donando.
 
Lo trovò in cucina, intento a dare la colazione a Tommy. Si fermò sulla porta e ricambiò il sorriso, quando Simon sollevò lo sguardo e la vide.
“Ciao” le disse.
“Ciao..” fece lei, avvicinandosi a Tommy  e baciandolo sulla testa.
“Il caffè è pronto. E ci sono dei biscotti in quella scatola” indicò il tavolo.
Frances si sedette e si servì. Sentiva il suo sguardo su di sé e avrebbe voluto dire qualcosa, ma era atrocemente imbarazzata. Tuttavia, sapeva che forse un momento come quello non si sarebbe più ripresentato.. Così alzò la testa e disse precipitosamente “Io ti amo, Simon. E onestamente, non c’è altro posto al mondo in cui vorrei stare se non qui, con te e Tommy e..” ma lui le era volato accanto, l’aveva fatta alzare e la stava guardando intensamente. Sotto quello sguardo, le parole le si mozzarono in gola. Strinse le sue braccia, sentendo chiaramente il suo respiro pesante.
Un istante dopo, Simon mormorò “Dimmelo di nuovo”.
“Ti amo, Simon. E’ che.. che avevo così paura..” ma lui la attirò contro di sé e la baciò, impendendole di continuare. Solo allora, ricambiò quella stretta, abbracciandolo e trovandosi a sorridere sulle sue labbra. 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Tommy dormiva tranquillamente sul plaid, dopo aver trotterellato tutto il pomeriggio per il parco all’inseguimento di grilli e farfalle. Frances lo guardava, sorseggiando un po’ di succo di frutta, mentre Simon tentava di raccogliere i giochi che il piccolo aveva sparso in giro e li sistemava nella capiente borsa di plastica.

“E’ un terremoto” considerò, stipando macchinine e peluche nel sacco “Temo che lascerà qualche traccia del suo passaggio” si guardò intorno “Ha seminato costruzioni ovunque..”.
Si lasciò cadere accanto ad Frances che gli porse un po’ d’acqua, poi allungò le gambe avanti a sé e fissò l’acqua immobile del lago.
Per Frances era incredibile assistere alla piega che aveva preso la sua vita. Adesso, era normale per loro trascorrere i sabati e le domeniche insieme, spesso anche in compagnia di Jack e Connie, che adoravano letteralmente Tommy. Simon era una costante nella vita del bambino. E nella sua.
La loro rinnovata relazione continuava da qualche mese e scorreva tranquilla. Lui, impegnato sul set, si assentava solo per lavoro o per impegni ufficiali, lei aveva iniziato un nuovo libro e continuava a collaborare con Gordon.. Nessuno dei due si era più interessato alle attività dei reporter.
Che ci vedano.. Il mondo saprà quanto siamo felici, aveva detto Simon abbracciandola, un giorno che un flash li aveva accecati all’uscita di un locale.
Frances sorrise, a quel ricordo.
Lui la vide, le si fece più vicino e sussurrò “Stai pensando a qualcosa di divertente, amore?”.
Voltandosi, disse “.. niente di particolare..” sospirò “C’è una tale pace qui.. se fosse possibile, costruirei una casa e vivrei qui.. per sempre..”.
Il silenzio che seguì le sue parole, la indussero a guardarlo ancora. Lo sorprese pensieroso “Ehi..” gli sfiorò una mano con la propria.
Simon aspettò un momento e poi disse “Sposami”.
Gli occhi di Frances si allargarono per la sorpresa. Si alzò a sedere e cercò freneticamente le parole, ma non le venne niente.
“So che abbiamo avuto entrambi un’esperienza sbagliata, in questo senso, e la nostra relazione è stata a dir poco burrascosa.. ma io ti amo e voglio stare con te” riprese lui senza muoversi “Sposami”.
La donna decise di ignorare le lacrime che le pungevano gli occhi e si voltò a guardarlo abbozzando un sorriso timido “Stai parlando sul serio?”.
Alzando le sopracciglia, Simon fece “Mai stato più serio in vita mia, tesoro.. e mi stupisco che tu in un momento come questo mi faccia una doman..” ma non finì la frase, perché Frances gli volò nelle braccia, stringendolo così forte da non lasciarlo respirare. Quando riuscì a farlo, mormorò “Immagino di poterlo considerare un sì”.
 Frances lo baciò, interrompendolo di nuovo. Un bacio rapido e dolcissimo, e quando si fu staccata, lo guardò negli occhi che l’avevano stregata fin dall’inizio e gli sussurrò sulle labbra “Ti amo”.
Questa volta fu lui ad abbracciarla, emozionato e senza parole. 

Ed eccoci alla fine di questa storia d'amore.. Spero che il finale non vi deluda..ma il cuore mi diceva così.. A prestissimo..e buon 2011 a tutti..!
Ezrebet


Ringrazio tutte coloro che hanno seguito e commentato, offrendomi spunti di riflessione e approfondimento.. grazie davvero...a Mirya, Rox_b, Sognatrice..Kiba e tutte le lettrici che con pazienza hanno seguito la storia d'amore di Frances e Simon..

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