Un amore diviso da un filo spinato

di Nadine_Rose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La prigioniera di Ravensbrück ***
Capitolo 2: *** Amicizia o qualcosa di più? ***
Capitolo 3: *** Felici, confusi … e innamorati ***
Capitolo 4: *** La paura e il desiderio di amare ***
Capitolo 5: *** Divisi da un filo spinato, uniti dall’amore ***
Capitolo 6: *** Pazzia d’amore ***
Capitolo 7: *** Un bel sogno ***
Capitolo 8: *** Fuga da Ravensbrück ***
Capitolo 9: *** Sangue e lacrime ***



Capitolo 1
*** La prigioniera di Ravensbrück ***


La storia che leggerai è frutto di un’ispirazione avutami guardando un recente film sulla Shoah: “Il bambino con il pigiama a righe”.

I personaggi e le loro vicende sono puramente frutto della mia immaginazione, tranne che per la protagonista: alcuni suoi pensieri e stati d’animo sono, infatti, autobiografici e alcune sue esperienze prendono spunto da fatti realmente accadutimi (ma non ti dirò quali!).

Ti auguro una buona lettura …

 

Un amore diviso da un filo spinato

 

 

Capitolo 1

 

La prigioniera di Ravensbrück

 

“Riformato!”

Questo fu il responso del medico.

Che vergogna e che sofferenza per Kurt!

Scese dal lettino e, a testa bassa, uscì dalla stanza.

Un groppo gli strinse forte la gola e si morse un labbro per trattenere le lacrime.

Niente guerra per Kurt!

Ritornato in sé, considerò la sua reazione esagerata …

Sapeva, infatti, che non avrebbe mai passato la visita militare: era claudicante.

In fretta, percorse il lungo corridoio e andò via …

Un bicchiere di bock dopo l'altro, Kurt si ubriacò. “Ma ma ma ero proprio un deficiente …” stava parlando con uno sconosciuto “… Mia madre me lo diceva se sempre: Kurt non ti arrampicare sull’albero … Maledetto, fottutiiissimo albero!” Bevve l’ultimo sorso dalla bottiglia e, traballando, si allontanò dal bancone. Quel pomeriggio, vagò senza una meta …

Il buio era ormai calato sulla città; la luce dei lampioni e delle insegne lo accecava; la voce della gente, che gli passava accanto, lo stordiva.

A un tratto, si ritrovò nel buio e nel silenzio più profondi. Ebbe paura e girò velocemente su se stesso. Il respiro divenne affannoso e, spinto dall’istinto, iniziò a correre.

Finalmente vide una luce, simile a quella di un faro e le andò incontro …

Si fermò: a pochi metri da lui, c’era un fantasma.

La birra mi ha fuso il cervello! Pensò.

Il fantasma andava lentamente avanti e indietro e aveva un vestito a righe e un fazzoletto che gli copriva il capo.

Kurt si stropicciò gli occhi ma quella visione non andò via.

Il fantasma si fermò e gli rivolse lo sguardo.

Sopraffatto dalla paura e dagli effetti dell’alcol, Kurt svenne …

Quando riaprì gli occhi, era già mattino. Le nuvole si spostavano lentamente e un vento tiepido muoveva le foglie degli enormi alberi. Capì allora di trovarsi nella boscaglia e, piano piano, si rialzò. Vide che il fantasma era ancora lì, immobile ma con le braccia incrociate e al di là di un filo spinato.

Il fantasma: “Pensavo fossi morto …”

Il fantasma aveva una voce femminile e molto dolce.

Kurt: “Chi sei?”

Kurt si avvicinò.

Il fantasma: “Io … io sono una prigioniera …”

Kurt era ormai vicinissimo al filo spinato e alla prigioniera.

Il vestito era a righe bianche e blu e il fazzoletto di color marrone, come quello dei calzini.

La guardò negli occhi: erano grandi e di un bel nocciola.

Kurt: “Come ti chiami?”

Rispose: “Mi chiamo Nadine.”

Kurt: “è … è un bel nome … è particolare …”

Nadine: “Sì … grazie.”

Kurt guardò all’interno del filo spinato: c’erano numerose baracche, delle torrette e altre donne che, vestite come Nadine, scavavano con le pale. Innanzi a lui c’era un campo di concentramento.

Kurt: “Perché sei qui? Cosa hai fatto?”

“Io sono un’ebrea.”

“Non capisco …”

Nadine sospirò e gli disse: “Neanche io.”

Ne seguirono attimi di silenzio …

Kurt: “Quanti anni hai?”

Nadine: “Diciannove … Ma qual è il tuo nome?”

Rispose: “Ah … scusami … Mi chiamo Kurt e ho ventidue anni … Piacere.”

Tese la mano nella rete di filo spinato ma Nadine non si mosse. 

Era sorpresa per quel gesto amichevole e provava anche un po’ di timore verso quel giovane. In fondo, era sempre un tedesco …

Lo guardò negli occhi: sembravano sinceri. Nessun tedesco l’aveva mai guardata in un modo così affettuoso. I suoi occhi non esprimevano sdegno né superbia, non erano feroci.

Si fidò di lui e, lentamente, gli diede la mano …

Kurt: “ Caspita!”

La mano di Nadine era freddissima.

“Mi dispiace …” Nadine aveva da sempre questo problema che si era aggravato con la permanenza al campo. “Non preoccuparti …” Le strinse la mano più forte per riscaldargliela.

Per Nadine quel calore era davvero piacevole …

Lo sguardo di Nadine era perso nel vuoto e Kurt, notandone la tristezza, fece una battuta: “Allora non sei un fantasma …” La battuta era pessima, lo capì subito …

Nadine, infatti, non sorrise e lo guardò con espressione molto seria. “Ora devo andare.” Disse e gli lasciò la mano.

Kurt la guardò allontanarsi …

Dirigendosi verso casa, Kurt si poneva delle domande: Chi era Nadine?Perché era in quel campo?Era forse una ladra, un’assassina, una prostituta o un’antinazista?O forse Nadine era semplicemente frutto della sua immaginazione?

La sera stessa, decise di ritornare al filo spinato: Nadine non c’era. Deluso, si volse per andar via …

“Kurt!”

Si rigirò verso la rete: era Nadine.

Kurt: “Ah! … Eccoti!”

Nadine: “Ciao …”

Nadine accennò un sorriso, poi sedette sulla sabbia: era stremata.

Si toccò la fronte e, lentamente, tolse il fazzoletto: i suoi capelli erano corti e neri.

Anche Kurt sedette e la guardò fissamente.

Gli occhi di Nadine erano persi nel vuoto.

“Perché non mi guardi?” le domandò.

Nadine lentamente alzò lo sguardo e gli rivolse un sorriso.

“Come mai ti hanno rinchiusa qui?” le domandò.

“Te l’ho già detto: io sono un’ebrea.”

Kurt sapeva che gli ebrei erano considerati inferiori, sapeva delle leggi contro di loro: l’esclusione dalla vita politica, dal mondo del lavoro e della scuola, dai negozi, dai locali e dai mezzi pubblici … ma non sapeva della loro deportazione nei campi di concentramento.

Di nuovo, restò confuso.

Nadine distolse lo sguardo, poi alzò gli occhi: il cielo era ricoperto di stelle e la luna crescente, nella fase che lei amava.

Kurt: “Quando uscirai da qui?”

“Chi entra a Ravensbrück …” Nadine indirizzò gli occhi al comignolo, dal quale usciva fumo, e concluse dicendo: “… esce solo da lì.”

Poi toccò il triangolo giallo, cucito sul vestito e gli disse: “Sai cosa significa questa lettera? …” (in mezzo alla stella c’era la lettera U) “Significa innocente …” sorrise per trattenere le lacrime “ Io sono innocente …”

Kurt iniziò a fidarsi di Nadine per come gli aveva parlato: per i suoi occhi, per quelle lacrime trattenute …

Per un attimo, i loro sguardi s’incrociarono e il giovane provò un qualcosa mai provato fino allora.

Cominciò a sentire il battito del proprio cuore e la voglia di prenderle le mani, di abbracciarla, di confortarla … La vide bella … All’improvviso, udì un brontolio: era lo stomaco di Nadine. Quest’ultima sorrise per l’imbarazzo e avvicinò una mano alla pancia.

Kurt: “Hai fame?”

Nadine abbassò lo sguardo e, con un filo di voce, rispose: “Sì … tanta.”

“Aspetta! … Dovrei avere una barretta di cioccolato …”

Kurt iniziò a frugarsi le tasche e le domandò: “Non ti danno da mangiare qui?”

Rispose: “Pochissimo … E molte volte … alcune me lo strappano dalle mani.”

“Ah, eccola!” esclamò e le porse il cioccolato attraverso la rete di filo spinato. “Grazie …”

Le mani dei due si sfiorarono e Kurt non poté far altro che balbettare: “ Di … di ni … niente … Domani ti … ti porto … del pane.” Nadine gli sorrise divertita “Ah … grazie!” Anche Kurt sorrise poi, imbarazzato, abbassò gli occhi.

“Allora … ci vediamo domani.” ribatté Kurt che, preceduto da Nadine, si alzò. “Sì … mi farebbe molto piacere rivederti.” “Anche a me … Nadine.” Per la prima volta, Kurt aveva pronunciato il suo nome e ne fu stupito.

Il giovane, infatti, non chiamava mai per nome una persona finché questa non occupava un posto importante nella sua vita. E non era mai successo con una persona incontrata solo due volte e per pochi minuti …

Kurt: “BehAllora … ciao!”

“Ciao! A domani!” rispose Nadine con un sorriso …

La sera seguente, Kurt ritornò al filo spinato ma non trovò la ragazza.

Un sentimento di delusione lo invase: chissà per quale motivo immaginava che Nadine fosse già lì, ad aspettare trepidante il suo arrivo.

Stanco per il lungo cammino, sedette e guardò l’orologio: erano le otto in punto …

Kurt iniziò a perdersi nei propri pensieri …

Da almeno tre mesi, non scattava una foto e suo padre aveva minacciato di licenziarlo. Era stufo di immortalare quelle stupide marce, quelle stupide adunate delle SS! Burattini in nero, senza espressione, tutti uguali! … Il 12 settembre dell’anno precedente, era stato al «Raduno della Grande Germania» e, durante la permanenza a Norimberga, un senso di oppressione e una voglia di fuggire non lo avevano mai abbandonato …

Kurt non era antisemita, non si considerava un ariano e per gli altri non lo era! … L’ariano nazista, l’uomo nordico: alto circa 1,80; biondo con occhi chiari; aitante; brutale. Lui non aveva nessuna di queste caratteristiche e un po’ gli dispiaceva non averle. Poi, cosa ben più grave, il suo problema al ginocchio: l’ariano era perfetto! … Kurt non odiava gli ebrei perché anche lui, per la sua condizione fisica, era isolato e discriminato …

I suoi occhi si velarono di un’immensa tristezza e, ancora una volta, Kurt si trattenne dal piangere. Mise le mani sul volto e sospirò profondamente … “Kurt!” Nadine era finalmente arrivata. A chi altri poteva appartenere quella voce dolce e gentile? … Il giovane sollevò pian piano la testa e, accennando un sorriso, rispose: “Ciao, Nadine!” Poi si alzò quasi di scatto e, aprendo la sacca, aggiunse: “ Ti ho portato del pane … con la marmellata … ”

“ Ah … grazie! …” rispose.

Kurt le diede il pane attraverso il filo spinato.

Nadine: “ Ti senti bene?”

Kurt: “ Sì … Sono solo un po’ stanco …”

Nadine aveva notato quella profonda malinconia nel suo sguardo …

Entrambi sedettero e la ragazza cominciò a mangiare.

Da circa due mesi, Nadine non mangiava del pane decente. Il pane al campo, che consisteva in una fetta minuscola, era nero preparato apposta per le prigioniere …

Kurt: “ Da quanto tempo sei qui?”

Nadine: “ Dal due luglio … il giorno dopo il mio compleanno …”

Kurt: “ Di dove sei?”

Nadine: “ Berlino.”

Pensierosa, smise di mangiare e riavvolse metà del pane nella carta.

Kurt: “ Perché non lo finisci? … Non ti piace?”

Nadine: “ Sì … solo che … voglio conservarlo a un bambino che non sta bene …”

Kurt: “ Ci sono anche bambini qui?!” “ Sì …” rispose angosciata …

Nadine diede quel pane a un bambino zingaro di due anni molto denutrito

Il giorno dopo, Kurt si svegliò di buon’ora e, per la prima volta dopo tanto tempo, di buon umore. Preparò la colazione anche per i suoi genitori e per Nadine … Questa volta, sarebbe andato di mattina al campo con la convinzione e la speranza di trovarla, come la sera, al filo spinato …

Arrivato a Ravensbrück, con la luce del sole e da sobrio, Kurt poté notare il binario morto e i particolari del lungo viale: le piante di betulle e di conifere, le aiole curate, le casette tirolesi con i gerani alle finestre. Era bello, perfetto, quasi da sembrare uno di quei boschetti incantati descritti nelle favole … Ma terminato il viale, l’atmosfera divenne improvvisamente cupa, l’aria più fredda e si trovò di fronte all’anticamera dell’inferno. Sul piazzale del campo c’erano tantissime prigioniere in fila circondate da cani lupi, SS donne che urlavano dei numeri e, vicino a una baracca, un gruppetto di donne completamente nude …

Sul piazzale del campo si stava svolgendo la tortura dell’appello mattutino.

Nadine chiuse gli occhi per un attimo. Quante ore erano passate? Due, tre … o forse quattro? I piedi le facevano male, sentiva le gambe gonfie e le braccia pesanti, il vento freddo le percuoteva la fronte e i pensieri, che prima erano rivolti a Kurt, adesso si concentravano esclusivamente sul dolore …

Kurt era sconvolto. Cosa stava succedendo nel campo? Velocemente, prese gli occhiali dalla tasca interna della giacca e li mise … Vide una donna della prima fila piegarsi su se stessa e una SS avvicinarsi a lei con un bastone. Ciò che successe dopo fu orribile: l'aufseherin iniziò a colpirla furiosamente. La prigioniera non urlava ma, con la faccia nella sabbia, emetteva gemiti di dolore; i cani abbaiavano e ringhiavano ferocemente mentre le altre prigioniere mantenevano la loro posizione e il loro silenzio …

Nadine udiva il rumore delle percosse, l’abbaiare dei cani, i lamenti della donna e i suoi occhi si riempivano di lacrime da trattenere …

Un soldato portò via il corpo della donna trascinandolo per i piedi e Kurt, terrorizzato dalla scena a cui aveva assistito, si allontanò in fretta da Ravensbrück

L’appello ricominciò daccapo.

“ Stamattina … sono venuto al campo … ” Kurt le porse il sacchetto con i biscotti “ … Cos’è successo, Nadine? ”

Ancora una volta, i due erano seduti l’uno di fronte l’altra …

“ Una prigioniera è stata uccisa durante l’appello … forse … perché si era mossa … ” rispose, dopo un profondo sospiro.

Kurt: “ Sì … ho visto … ma perché? … Una sorvegliante non può uccidere una prigioniera! …”

Nadine: “ Loro possono tutto.”

“ … è assurdo! … Come può una donna uccidere un’altra donna?!”

“ Infatti noi non siamo donne per loro … Loro ci chiamano “pezzi”… Per loro non siamo altro che merce … o animali … Guarda … questo è il mio marchio …”

Nadine si scoprì il braccio sinistro, facendogli vedere il tatuaggio: il suo era il numero 950.

Poi gli raccontò dell’arrivo a Ravensbrück: la speranza nel percorrere il boschetto e la delusione nel vedere come fosse realmente il campo; la sottrazione della valigia e degli indumenti che teneva addosso; il taglio dei capelli; la consegna del triangolo e del numero di matricola …

E infine gli descrisse la vita nel campo, raccontandogli del lungo e faticoso appello del mattino; del lavoro inutile che svolgeva al laghetto; della brutalità delle aufseherinnen e delle kapò; dell’affollamento nelle baracche; della mancanza d’igiene e di cibo.

Nel suo racconto, Nadine alternava una profonda angoscia a un’apatia che per Kurt era disarmante.

 “ Vedi quel comignolo? …” glielo indicò con un dito “ Dove sta uscendo il fumo … Quello è un forno crematorio … Lì bruciano i corpi … Le donne più anziane o malate vengono uccise nella camera a gas, poi i loro …”

Kurt: “ Che cos’è la camera a gas?”

Nadine: “ è una camera dove ci sono le docce ma … dai rubinetti … invece dell’acqua … fanno uscire il gas.”

I due rimasero a guardarsi in silenzio con aria triste e impaurita fino a quando Kurt, poco dopo, non andò via …

“ Ehm … io vado … A domani.”

“ A domani … Ciao, Kurt.”

Il giovane era ancora molto scosso per tutto ciò che aveva scoperto su Ravensbrück, per l’uccisione della prigioniera e il tragico racconto di Nadine

Si avvolse meglio nella coperta.

Ravensbrück non era un “campo di rieducazione attraverso il lavoro” come pensava, ma un vero e proprio campo di sterminio! …

Nadine tremava per il freddo: non aveva una coperta né un qualcosa con cui coprirsi, come una giacca … non aveva niente. E si domandava come avrebbe fatto in pieno inverno …

Tentò di riscaldarsi, mettendosi in posizione fetale e alitando sulle mani gelide.

Per Nadine la giornata era iniziata e si era conclusa in un modo orribile! Tornata nella baracca, infatti, non aveva più visto il piccolo Petru, il bambino zingaro a cui era tanto affezionata, la giovanissima madre e alcune ragazzine polacche.

Sconvolta per queste morti, preoccupata e terrorizzata per ciò che l’attendeva, scoppiò in un pianto sommesso …

 

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Capitolo 2
*** Amicizia o qualcosa di più? ***


Un amore diviso da un filo spinato

 

 

Capitolo 2

 

Amicizia o qualcosa di più?

 

Passarono i giorni, le settimane, i mesi e Kurt, come ogni sera, ritornò al filo spinato da Nadine …

In quel periodo, tra i due stava nascendo un bel rapporto di amicizia e di affetto … Si erano conosciuti meglio e avevano scoperto di avere molte cose in comune.

Kurt era nato il 29 aprile del 1917, era segretamente antinazista e amava la fotografia. Da circa un anno, lavorava come fotografo per il giornale di suo padre, “Der Hochmann”. Hochmann era il suo cognome. Aveva una sorella più piccola, Käthe, di diciotto anni e un solo amico, Hans, partito per la guerra …

Entrambi erano di fede cattolica, adoravano scrivere racconti e ascoltare musica lirica. La loro canzone preferita era “L'amour est un oiseau rebelle”. Avevano gli stessi desideri: l’affermazione della pace e dell’uguaglianza e, per il loro futuro, metter su una grande e bella famiglia … I due si confidarono anche cose più personali, come la delusione per le amicizie false e quelle finite senza alcun motivo. Kurt raccontò a Nadine del rapporto difficile con suo padre, degli insuccessi in amore, dei tradimenti delle sue ex ragazze e lei gli confidò di non aver mai avuto un ragazzo.

Nadine era contenta di aver conosciuto Kurt e, tutto il giorno, tra fatiche e soprusi, aspettava con trepidazione il suo arrivo al campo.

Kurt era premuroso nei suoi confronti, sensibile a ciò che gli raccontava su Ravensbrück, a volte timido e infantile, simpatico, bravissimo nel tirarla su di morale …

Quella sera, infatti, la fece ridere fino alle lacrime …

Nadine: “ No … Non ci credo …”

Kurt: “ Credimi! … è tutto vero!”

I due erano stesi su un fianco.

Nadine: “ E come avete fatto a scappare dal ristorante?!”

Kurt: “ Siamo usciti dalla finestra del bagno!”

Nadine si sdraiò bruscamente e, continuando a ridere, asciugò le lacrime … Ma, quando tolse le mani dalla faccia, vide il fumo e la sua allegria svanì.

“ Kurt … ” si girò di nuovo verso lui.

“ Cosa c’è, Nadine? ”

“ Io … ho paura. ”

“ Di cosa? ”

“ Ho paura che possa capitarmi qualcosa di brutto … che possano uccidermi … di botte o … in una di quelle camere.”

“ Non preoccuparti, Nadine … A te non capiterà nulla di tutto questo!”

“ Cosa te lo fa pensare, Kurt? ”

“ Lo sento! … Non preoccuparti … Andrà tutto bene, vedrai! … ”

Kurt tese la mano attraverso il filo spinato e, accarezzandole la guancia, ripeté con più dolcezza: “ Vedrai …”

Entrambi sorrisero.

Nadine aveva davvero bisogno di parole incoraggianti e desiderava la carezza di Kurt ormai da tempo …

Si divisero e, sdraiatisi, fissarono il cielo sporco di fumo.

Tra i due cadde un improvviso silenzio …

“ Grazie per la giacca, Kurt.”

“ No … Tienila pure!”

“ Sai che non posso …”

Kurt si rimise la giacca e le disse: “ Mi dispiace, Nadine … Questa notte sarà gelida … ”

“ Dispiace anche a me … ”

“ Cosa ti porto da mangiare domani?”

Nadine alzò le spalle e rispose: “ Quello che vuoi tu.”

“ Va bene … A domani …”

“ A domani …”

“ Kurt!”

Kurt si volse. “ Cosa c’è, Nadine?!”

“ Grazie!”

“ Di cosa?!”

“ Di tutto!”

I due, contenti e divertiti, sorrisero e si salutarono agitando la mano.

“ Ciao, Kurt. ” disse Nadine a bassa voce e lo guardò andar via …

Di notte, Nadine sentiva ancora il profumo di Kurt addosso. Un profumo intenso e gradevole di muschio. Non riusciva a smettere di pensarlo e, addormentatasi, lo incontrò di nuovo nei suoi sogni …

Alle 3:30, il fischio della sirena scandì l’inizio di una nuova massacrante giornata a Ravensbrück … Nadine balzò dal letto, sistemò il vestito e legò meglio il fazzoletto in testa. Le mani erano gelate e i denti le battevano per il freddo. Molte prigioniere già tossivano e i bambini avevano già la febbre. Nadine cominciò a preoccuparsi anche per la sua salute … All’improvviso, si ricordò che quel giorno era il 15 novembre, cioè il secondo mesiversario dell’incontro fra lei e Kurt! Sorrise e, incrociando le braccia per riscaldarsi, pensò alla sera … A quando Kurt le avrebbe prestato di nuovo la sua giacca … A quando il suo profumo si sarebbe impresso di nuovo su di lei, sul suo vestito, sulla sua pelle, nei suoi pensieri … Si chiese se fosse normale e giusto pensare queste cose dato che Kurt era suo amico … Nadine fu l’ultima a uscire dal blocco …

Tutte le prigioniere si radunarono sul piazzale del campo, in ranghi di dieci e sull’attenti. L’appello di quel mattino costò la vita a ben sette donne …

Per l’ennesima volta, Nadine riempì di sabbia la carriola ma, mentre la trasportava, inciampò su una pietra e cadde a terra.

Stava per rialzarsi, quando un improvviso calcio sul fianco destro la ributtò violentemente con la faccia nella sabbia. Nadine temé per la sua vita …

Dopo l’ultima spruzzata di profumo, Kurt cominciò a tossire: forse aveva un po’ esagerato con la quantità … Avvicinò la faccia allo specchio per controllare la rasatura fatta di mattina e, in fretta, uscì dal bagno. Prese la giacca e, uscito da casa, si diresse a Ravensbrück … Arrivato al campo, sedette al solito posto e aspettò l’arrivo di Nadine …

Kurt guardò di nuovo l’orologio: erano le nove e trenta. Era trascorsa più di un’ora e di Nadine nemmeno l’ombra. Cominciò a preoccuparsi e, per scaricare la tensione e riscaldarsi, ad andare avanti e indietro … Di solito, Nadine alle otto era già al filo spinato; a volte ritardava di qualche minuto, al massimo di mezz’ora … Passò nervosamente una mano fra i capelli e riguardò l’orario. Proprio in quel momento, vide da lontano una figura avvicinarsi lenta e si calmò: Nadine stava finalmente arrivando …

“ Cosa ti è successo, Nadine?!” domandò Kurt allarmato …

La ragazza aveva dei lividi sul viso e un labbro spaccato.

Nadine sedette, seguita da Kurt e gli raccontò ciò che le era successo al laghetto …

“ … Poi la sorvegliante mi si è buttata addosso e ha iniziato a prendermi a pugni … Ho temuto veramente di morire, Kurt … Non sapevo quando … se si sarebbe fermata! … è stato orribile …” “ Mi dispiace, Nadine … Ma … adesso è tutto finito e … sei ancora viva! …”

Entrambi parlavano con voce tremante ed erano sul punto di piangere …

Si sdraiarono, per nascondere l’uno all’altra i loro volti commossi. “ Stamattina …” riprese Nadine “ … durante l’appello, sono state uccise sette donne … Una di loro è stata sparata … alla fronte … ” Deglutì mentre Kurt sospirò profondamente … Poi, pian piano, si calmarono. Il fumo iniziò a uscire dal comignolo del forno crematorio e a imbrattare il cielo sereno e stellato.

“ Perché Dio permette tutto questo?” domandò Kurt, quasi arrabbiato e Nadine, con la sua solita dolcezza, rispose: “ Io, invece, mi domando: perché l’uomo permette tutto questo? Dio non ha creato burattini ma uomini! Uomini liberi di scegliere se fare del bene o del male …”

“ E perché l’uomo sceglie il male? … Perché ha dato inizio a questo inferno?!”

“ Io …” Nadine mise le mani sulla faccia e scoppiò in lacrime “ … Io voglio andare via da qui!”

“ Nadine, scusami …” disse Kurt, girandosi verso di lei “ … è tutta colpa mia: non dovevo dire quelle cose! … Scusami!”

Nadine smise di piangere e, rivolgendogli un tenero sguardo, lo rassicurò: “ No … non è colpa tua.”

Kurt le accarezzò la guancia, asciugandole le lacrime e riprese: “ Io vorrei tanto aiutarti, Nadine … Ma non so come fare …”

“ Stai già facendo abbastanza per me, Kurt … E ti ringrazio!”

I due si scambiarono un sorriso malinconico …

Kurt trascorse la notte in bianco, pensando e ripensando al pestaggio di Nadine.

Immaginava quei brutti momenti, la sua paura, il suo dolore e la testa si riempiva di perché …

Perché tanta violenza? Perché tanto odio nei confronti degli ebrei? Perché dal disprezzo, l’intolleranza e la discriminazione si era giunti alle deportazioni nei campi di concentramento, alle violenze fisiche e, addirittura, agli omicidi? Perché l’uomo era diventato così crudele? Perché su Ravensbrück la gente comune non conosceva la verità?

Pensò di nuovo alle privazioni e ai maltrattamenti a cui erano sottoposti donne, ragazze, bambini e Nadine …

Kurt voleva fare qualcosa per lei, aiutarla in maniera più concreta. Perché non gli bastava portarle da mangiare o prestarle la sua giacca! Kurt voleva fare qualcosa di più per la sua amica: portarla via da Ravensbrück … Ma come?

Le prime luci dell’alba penetrarono dalle fessure delle persiane e Kurt sobbalzò dal letto, avendo avuto finalmente un’idea …

Kurt non si rendeva conto di ciò che di grande stesse già facendo per Nadine, con la sua sola amicizia. La stava liberando, infatti, dalla trappola della rassegnazione e dell’apatia, risvegliando in lei il desiderio di libertà e di una vita normale. Le aveva anche ricordato quanto fosse bello e importante fidarsi di qualcuno; affidare le proprie angosce, paure, aspirazioni e i propri sogni all’altro; parlare, confrontarsi, scherzare con l’altro …

In breve tempo, Kurt raggiunse la stazione di polizia.

Era soddisfatto e sicuro di sé.

Sedette su una sedia lungo lo stretto corridoio e, nell’attesa che qualcuno lo ricevesse, rifletté su come esporre la sua richiesta …

Ben presto, quell’euforica sicurezza andò via lasciando il posto alla preoccupazione e al timore.

Forse i suoi risparmi non sarebbero bastati a pagare un riscatto …

Un agente uscì dalla stanza di fronte e gli fece segno di entrare.

“ Prego, si accomodi …” disse il commissario, con tono arrogante “ Dunque, qual è il suo problema?”

Kurt non rispose subito e, per scaricare il nervosismo, iniziò a far tremare la gamba.

“ Dica! ” lo esortò il commissario.

L’autorevolezza di quel luogo e della persona che aveva dinanzi lo metteva in uno stato d’estrema soggezione. 

“ Io … vorrei sapere … a quanto ammonta il riscatto di una prigioniera … del campo di Ravensbrück. ”

Il commissario esplose in una fragorosa risata mentre l’agente sorrise.

“ Cos’ha detto?! … Il riscatto di una prigioniera del campo di Ravensbrück?! …”

Il commissario tornò serio e aggiunse: “ Non è possibile pagare nessun riscatto perché nessuno può uscire dal campo di Ravensbrück! … Poi per questa richiesta doveva rivolgersi alla gestapo e non alla polizia! Quindi se ne vada immediatamente!”

“ Scusate per il disturbo.” disse Kurt agitato e, alzatosi per andar via, rischiò d’inciampare nella gamba dell’altra sedia.

Uscito dall’ufficio, sentì il commissario ridere e immaginò che lo stesse prendendo in giro … E, purtroppo, non si sbagliava …

Kurt si sentiva offeso da quelle risate ed era arrabbiato, deluso, dispiaciuto per quel tentativo fallito.

Pensò che per Nadine non poteva far nulla e che forse aveva ragione suo padre quando gli dava dell’incapace. Sedette sul letto e mise la testa fra le mani. Per l’ennesima volta, i suoi occhi si velarono di lacrime che s’impose di trattenere …

 

“ L’amour est enfant de Bohême, il n’a jamais, jamais connu de loi …” Nadine e Kurt canticchiavano la loro canzone preferita “ … si tu ne m’aimes pas, je t’aime,
si je t’aime, prends garde à toi.” Scoppiarono a ridere sommessamente.

“ Sei stonato come una campana, Kurt!”

“ Io?!” ribatté, fingendosi offeso e risero di nuovo …

I due avevano iniziato a parlare e scherzare molto più tranquillamente, mettendo da parte anche le loro più piccole timidezze e paure.

La fiducia aumentava e si consolidava giorno dopo giorno, così come l’affetto e la complicità.

Stavano bene insieme e, per entrambi, lo scopo della giornata era quello d’incontrarsi la sera, allo stesso posto e alla stessa ora …

Prima delle dieci, la sirena fischiò e dovettero salutarsi.

Il tempo passava troppo velocemente e avrebbero voluto fermarlo …

“ Io devo andare, Kurt …” disse Nadine, con tono triste e scattò in piedi “ … Ci vediamo domani.”

“ Sì, a domani.”

Kurt odiava il fischio di quella maledetta sirena che interrompeva momenti di serenità e di allegria! Sarebbe voluto rimanere per sempre lì, al filo spinato con Nadine, nonostante le basse temperature e la sabbia umida. Con Nadine che era il suo ultimo pensiero alla sera e il primo al mattino e la ragione dei suoi sorrisi durante il giorno …

“ Ah, Kurt! Domani mi porti le caramelle? Quelle morbide alla menta?”

Nadine non aveva più vergogna di chiedere.

“ Sì, certo!” rispose Kurt e si sorrisero con tenerezza …

Per Nadine era sempre un piacere vederlo sorridere! Adorava il suo sorriso e adorava il suono della sua voce e della sua risata, il suo sguardo, le sue espressioni da bambino e soprattutto la sua dolcezza nel dirle “non preoccuparti, andrà tutto bene”…

Si volse e lo salutò di nuovo, agitando la mano.

Kurt ricambiò e, mentre la guardava allontanarsi di corsa, pensò al loro primo incontro: a quando, ubriaco fradicio, l’aveva scambiata per un fantasma. Gli scappò un sorriso … Poi, pensò agli incontri successivi: al suo imbarazzo e alla sua diffidenza; a quando non immaginava neanche lontanamente che in lei avrebbe trovato una splendida persona e una carissima amica. Gli scappò un altro sorriso …

 

“ … Sei un incapace e un immaturo, Kurt! … è da mesi che non fai uno scatto! … Ti do un’altra settimana di tempo, poi ti licenzio!”

Kurt uscì dall’ufficio sbattendo la porta.

Ancora una volta, suo padre lo aveva umiliato e stavolta alla presenza di un suo collega. Si arrabbiò profondamente e in quel momento sentì, anzi, decise di odiarlo. La sua mancanza di comprensione e di rispetto lo aveva ferito e soprattutto deluso come figlio. Non vedeva l’ora di andare da Nadine, raccontarle ciò che era accaduto con suo padre, confidarle il suo stato d’animo, sfogarsi e ricevere attenzione, conforto, sostegno … Ma quella sera piovve a dirotto e non poté recarsi al campo …

La pioggia batteva fortemente sul tetto e il vento faceva tremare la porta e la piccola finestra della baracca. Nadine si sporse dal lettuccio, aggrappandosi alla trave di legno, per guardare i vetri bagnati. Rimpianse le sere di pioggia trascorse in casa al calduccio, davanti alla sua macchina da scrivere, con una tazza di tè bollente, lo scialle di lana sulle spalle, il grammofono acceso e i suoi pensieri, sogni e preoccupazioni … Il desiderio e la speranza di trovare l’altra metà della mela, quell’anima tanto simile alla sua, il ragazzo che l’avrebbe completata; la paura e la rassegnazione di non incontrarlo mai, di trascorrere il resto della propria vita da sola, senza uno sposo e un bambino dei quali prendersi cura. Speranza e rassegnazione si alternavano continuamente. Nadine aveva gran voglia e bisogno di amare qualcuno e di essere ricambiata. Sognava un ragazzo capace di apprezzarla così com’era, confortarla e farla ridere di gusto, di trasmetterle un senso di protezione e di sicurezza, di rispettare e comprendere anche i suoi silenzi e i suoi sbalzi d’umore; un ragazzo accogliente e generoso, dolce e sincero, maturo e deciso nelle proprie idee e nelle proprie scelte; un ragazzo con cui condividere passioni e valori importanti, con cui crescere e affrontare la vita … Le tante mancanze del campo avevano offuscato quella d’amore ma, da alcuni giorni, essa era riapparsa e quel ragazzo stava acquistando un volto, un nome: Kurt. Nadine non capiva che ciò che provava per lui non era un sentimento di amicizia ma qualcosa di più: un sentimento molto più vicino all’amore … Sentì forte la sua mancanza e sperò che la sera successiva fosse bel tempo per poter rivederlo. Sperò e così fu … Kurt, con voce arrochita dalla commozione, le confidò fin nei minimi particolari quel che era successo con suo padre, del modo in cui lo aveva trattato e della sua profonda amarezza.

“ … E adesso sto pensando di dimettermi.” concluse.

“ Perché non gli parli, Kurt? … Glielo dici che non ti è piaciuto il suo comportamento e … che per il momento non te la senti di fotografare il nazismo …”

“ Il fatto è che io non voglio più fare quel genere di foto! E il giornale è di propaganda nazista! … Come faccio?”

“ E allora dimettiti …” gli consigliò Nadine “ … ma devi comunque parlare con tuo padre e risolvere la situazione.”

è inutile, non mi ascolterebbe … Non mi capirebbe!”

“ Tu provaci lo stesso … Forse in quel momento davvero non ti capirà, penserà che il suo comportamento sia stato più che giusto ma … può darsi che con il passare del tempo capirà di aver sbagliato nei tuoi confronti … e sarà lui a voler parlarti.” Gli sorrise e aggiunse: “ Non aver paura di fare tu il primo passo.”

Anche Kurt sorrise e, con sicurezza, disse: “ Va bene, ci proverò!”

Improvvisamente, l’espressione di Nadine divenne triste.

“ Quanto darei adesso per poter parlare con mio padre …” affermò.

“ Ti manca, vero?”

Nadine si sdraiò e, dopo un lungo sospiro, rispose: “ Sì, mi manca … come mi mancava anche prima che ci dividessero … Non è mai stato presente nella mia vita. Sì, fisicamente c’era a casa soprattutto nell’ultimo periodo ma … per me … era come se non ci fosse. Era assente, disinteressato … inaffettivo. Non mi parlava ed io facevo la stessa cosa …”

Poi Nadine si girò di nuovo, mettendosi sul fianco e poggiò la sua mano su quella di Kurt.

Anche Kurt era steso su un fianco.

“ Devi parlargli! … Perché un giorno potresti pentirti di non averlo fatto …”

Kurt abbozzò un lieve sorriso e poi, lentamente, ritrasse la mano. Nadine si rattristì, immaginando che lui avesse sgradito o mal interpretato quel gesto.

Kurt invece aveva ritratto la mano per appoggiarla alla sua e per poi stringergliela …

“ Ringrazio il cielo di averti conosciuto. ” le disse.

Nadine sorrise e rispose: “ Anch’io. ” …

 

************

Carissimo lettore,

spero tanto che questo capitolo ti sia piaciuto e che ti abbia regalato qualche piccola, grande emozione!

Come hai ben capito, l’amicizia tra Nadine e Kurt, un’ebrea e un tedesco, si sta evolvendo in un sentimento molto più profondo e caratterizzato dall’attrazione … Ma i due quando e come lo capiranno? Oltrepasseranno il confine dell’amicizia?

Beh, lo scoprirai molto presto …                                                                

 

 

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Capitolo 3
*** Felici, confusi … e innamorati ***


Un amore diviso da un filo spinato

 

Capitolo 3

 

Felici, confusi … e innamorati

 

A Nadine cominciò a battere forte il cuore e, scioccamente, temé che anche Kurt potesse sentirlo. Abbassò lo sguardo e sorrise imbarazzata. Il giovane, emozionato e quasi turbato, le lasciò la mano con esitazione e intanto la sirena fischiò …

Andata via Nadine, il cuore di Kurt smise di battere all’impazzata e anche il respiro tornò normale. Si domandò che cosa gli stesse succedendo. Non riusciva a spiegarsi perché, da qualche giorno, lo stare con Nadine gli procurasse una sensazione di benessere mista a tensione. Forse la colpa era soltanto di quel luogo tremendo, del fumo che continuava a uscire prepotentemente dal comignolo … Kurt alzò gli occhi al cielo e sospirò … O forse era davvero la stessa Nadine a procurargli quel senso d’irrequietezza. La vedeva più carina e solare rispetto a prima; i suoi occhi brillavano di una luce intensa e non poteva fare a meno di fissarli; la sua delicatezza nei gesti e nelle parole lo rassicurava, lo faceva sentire al sicuro ma allo stesso tempo lo metteva in agitazione. Kurt era molto confuso. Forse Nadine cominciava a piacergli …

Ma no … Si disse, in modo quasi ironico.

Nadine era sua amica e non poteva piacergli … come ragazza!

Dopo un altro sospiro, Kurt andò via …

Nadine non riusciva a dormire, a causa del freddo pungente e soprattutto delle molteplici emozioni che la assalivano. Il ricordo dei momenti trascorsi con Kurt, delle parole e delle carezze scambiate quella sera la rallegrava e la confondeva, la consolava e la imbarazzava … Capì allora che Kurt le piaceva … e tanto!

Allontanò subito questo pensiero dalla mente e, dopo un po’, si addormentò …

Seduto sul letto e circondato dagli album, Kurt sfogliava e metteva in ordine i suoi primi scatti fotografici: coppie di giovani innamorati che si scambiavano tenerezze sulle panchine, sui muretti o sui bordi delle fontane; altre che camminavano mano nella mano o correvano abbracciate sotto lo stesso ombrello e bambini che giocavano alla campana, all’acchiapparella, con la corda o le biglie. Erano queste le persone e le scene di vita che voleva ancora immortalare! I gesti affettuosi e gli sguardi felici degli innamorati, la spensieratezza dei bambini ma anche le feste tirolesi, i paesaggi e i tramonti mozzafiato lo rasserenavano e gli facevano sorridere il cuore. Prese la macchina fotografica e, sdraiatosi, pensò che fosse davvero giunta l’ora di lasciare il giornale di suo padre, cercarsi un lavoro e poi aprire uno studio fotografico specializzato magari in servizi matrimoniali … Ma, in quel preciso momento, gli venne un’altra idea: quella di fotografare per “L’Hochmann” il lato oscuro del nazismo, la sua folle crudeltà, Ravensbrück … Con le sue foto e la sua testimonianza, Kurt avrebbe fatto conoscere al mondo la verità sul cosiddetto “campo di rieducazione femminile” e sconvolto l’anima della gente, soprattutto, quella di suo padre. Si chiese cosa ne avrebbe pensato Nadine …

“ Sono molto preoccupata per te. ” gli disse.

“ No, non preoccuparti … Non farò sapere di essere antinazista … Racconterò soltanto ciò che ho visto e fotografato … ”

Nadine non sembrava ancora convinta.

“ Fidati di me e non preoccuparti! … D’accordo? …”

“ D’accordo.” …

Di mattina presto, Kurt si era recato a Ravensbrück e aveva iniziato col fotografare l’ingresso del campo, le baracche, il filo spinato e le prigioniere durante l’appello e il lavoro al laghetto … Scattò altre foto al filo spinato, poi fotografò il comignolo da cui, come ogni sera, usciva il fumo. 

“ E adesso … tocca a te!” affermò, rivolgendo la macchina fotografica verso Nadine.

“ Cosa?!” esclamò lei.

“ Sì, devo fotografare anche te!”

“ Invece no!”

Kurt le scattò una foto ma Nadine mise subito le mani sulla faccia.

“ Ti prego, Nadine: fammi questo piacere! … Anzi, consideralo un aiuto! … Un tuo aiuto verso le prigioniere del campo … e verso di te. ”

“ Come fai a convincermi sempre, Kurt? ”

Lui rispose con un sorriso …

“ Mettiti in ginocchio … Scopriti il braccio sinistro in modo che si veda bene il tatuaggio …”

“ Così va bene?”

“ Sì, va bene … Inclina il capo a destra e guarda fisso a terra … Non muoverti, mi raccomando … Fatto! … Adesso siediti …”

Nadine guardava Kurt e pensava a quanto fossero più belli i suoi occhi dietro quei grandi occhiali. Non poteva fare a meno di fissare il suo sguardo serio e concentrato e le sue labbra socchiuse dalle quali usciva una nuvoletta di fumo …

“ … Togliti il fazzoletto … Ecco, abbiamo quasi finito! … Avvicinati che voglio fotografare solo il tatuaggio …”

Nadine vedeva Kurt veramente bello! …

“ Abbiamo finito, Nadine! … Sei stata fantastica!”

Questa volta, fu lei a rispondere con un sorriso …

 

Kurt mise ad asciugare l’ultima foto, poi uscì dalla camera oscura e salì nella sua stanza. Le fotografie erano venute più che bene e l’idea che da lì a poco sarebbero state pubblicate lo esaltava enormemente. Lanciò un’occhiata alla sveglia: ancora due ore e avrebbe condiviso il suo entusiasmo con Nadine. Pensò di ringraziarla di nuovo per la sua paziente collaborazione e di dirle, per la prima volta, di volerle bene … Sedette alla scrivania e, per passare il tempo, si mise a leggere un libro …

Poco dopo, qualcuno bussò alla porta interrompendo così la sua lettura.

“ Kurt, posso entrare?!” era sua sorella.

“ Sì, entra! … Cosa c’è, Käthe?”

“ Niente … Ho finito i compiti e mi annoiavo …” la ragazza sedette sulla scrivania “ … Cosa stai leggendo?”

«Die Verwandlung», di Franz Kafka. ”             

“ Ah … E di cosa parla? ”

“ Parla di un ragazzo che al risveglio si accorge di essersi trasformato in un grosso insetto.”

Käthe fece un’espressione disgustata ed esclamò: “ Che schifo!”

“ Invece è un racconto molto interessante …” ribatté Kurt “ … Parla della diversità, dell’intolleranza e dell’abbandono … anche da parte della famiglia …”

All’improvviso, Käthe gli tolse gli occhiali e, cambiando argomento, gli domandò: “ Dimmi una cosa, Kurt … Ti sei innamorato?”

“ Eh?!”

“ Sì, secondo me ti sei innamorato!”

A quest’ultima affermazione, il pensiero di Kurt corse a Nadine …

“ Tu invece sei impazzita, Käthe …” le disse con tono ironico “ E da cosa lo dedurresti? Sentiamo …”

“ Beh … è molto semplice! Si vede dal tuo sguardo … Poi perché … sei più gentile con me, ti alzi dal letto canticchiando, ti fai la barba tutti i giorni e …” divenne seria “ … non sei più sbronzo … Sei cambiato, Kurt … e in meglio! … Mi piacerebbe tanto conoscere la ragazza che ti ha fatto mettere la testa a posto … ”

Kurt pensò di nuovo a Nadine …

“ Non c’è nessuna ragazza, Käthe!” affermò indispettito.

“ Sì, sì … Come no …”

“ E poi chi ti ha detto che sono gentile con te?! … Esci subito dalla mia camera!”

Käthe, con un salto, scese dalla scrivania.

“ Uffa! …” esclamò, fingendosi offesa “ … Io volevo parlare di cose serie! … Va bene, me ne vado …”

“ Brava!”

“ … Tanto non ammetterai mai che ho ragione …”

Käthe gli fece una linguaccia e, di corsa, uscì dalla stanza …

Rimasto da solo, Kurt rifletté sulle parole di sua sorella: effettivamente, durante quegli ultimi mesi, c’erano stati dei cambiamenti molto importanti nella sua vita a cominciare dalla sua rinuncia all’alcol (rinuncia per niente sofferta), fino ad arrivare alla scomparsa (o quasi) della sua tristezza e del suo pessimismo. E tutto ciò coincideva con il suo incontro con Nadine … Capì allora che era lei la causa del suo cambiamento e si domandò chi fosse realmente per lui; quale posto occupasse nella sua vita; se la tenerezza, l’affetto e la simpatia che provava verso Nadine fossero riconducibili soltanto a una profonda amicizia. Non si diede una risposta ma, in compenso, riuscì a dare un nome a quel senso d’inquietudine che gli procurava la sua vicinanza o il suo contatto: attrazione. L’amicizia che provava verso Nadine si era trasformata in un sentimento molto più intenso e complesso ma questo Kurt non voleva ammetterlo a se stesso … Tra lui e Nadine, oltre all’affetto, la simpatia, la fiducia, l’ascolto, la complicità e il sostegno si era aggiunta una reciproca e nascosta attrazione …

Quella sera, Kurt le raccontò della sua contentezza per l’ottima riuscita delle fotografie, la ringraziò ma non le disse di volerle bene …

Kurt riguardò le foto, poi le mise velocemente in una cartella. Era un po’ nervoso non sapendo, infatti, quale fosse stata la reazione di suo padre, se gli fossero piaciute o meno …

“ Oggi è l’ultimo giorno, Kurt …” gli ricordò suo padre.

Il giovane posò la tazza e, con fierezza, rispose: “ Le foto sono già pronte … e ne sono trenta!”

“ Ah, bene! …” esclamò l’altro soddisfatto “ Dopo colazione le vediamo insieme!”

Il signor Hochmann si aspettava foto raffiguranti come sempre la superiorità della razza ariana e la maestosità degli eserciti nazisti …

“ Che significa tutto questo, Kurt?!” gli domandò stupito e arrabbiato, dopo aver visto le foto.

“ Questo è ciò che accade nel campo di Ravensbrück! … Queste sono le terribili condizioni in cui versano donne e bambini! … Guarda qui: di mattina le prigioniere sono costrette a stare in piedi per l’appello anche fino a tre ore. Qualunque siano le condizioni climatiche o le loro condizioni fisiche. Senza fiatare. Senza muoversi!  … Sono costrette a lavorare come schiave nel bosco o al laghetto tutto il giorno. Vedi? … E basta un piccolo movimento durante l’appello o una caduta durante il lavoro e le uccidono senza alcuna pietà! … Poi bruciano i loro corpi in un forno crematorio. Ecco! Questo è il comignolo …”

Agli occhi di suo padre, Kurt sembrava un esaltato.

“ Cosa stai dicendo, Kurt? … Sei impazzito?!”

“ No, papà … Non sono io a essere impazzito … Il mondo è impazzito! … Quello non è un campo di rieducazione! … È un campo di sterminio!”

Suo padre gli prese le braccia e gli disse: “ Kurt, adesso siediti e calmati …”

“ Non c’è bisogno! … Sono già calmo! …”

“ Kurt, hai detto una marea di sciocchezze! … E queste foto poi …”

“ Poi cosa? …”

“ Non potranno mai essere pubblicate nel mio giornale …”

“ Cosa?! Cosa?! …” Kurt cominciò ad adirarsi contro suo padre “ … Come fai a non capire?!! … Come fai a essere così insensibile?!! … Stanno uccidendo centinaia di persone in quel campo!!”

“ Cosa c’entro io?! … E non alzare la voce con me, Kurt!”

Il giovane non gli diede retta e continuò a urlare: “ Devi farmi aiutare quelle persone!!”

“ Aiutare?! … Persone?! … Quelle non sono persone … sono ebrei! … Ed è un bene per tutto il mondo che ne facciano piazza pulita.”

A queste parole, Kurt rimase sconvolto e gli disse: “ Ma come? … Non hai neanche un briciolo di pietà? … Tu sei un padre di famiglia … Ci sono anche bambini in quel campo che soffrono la fame e il freddo …”   

“ Il male va estirpato alla radice.” ribatté suo padre.

“ Lo sai che ti dico? … Che mi fai veramente schifo!”

Suo padre gli diede uno schiaffo.

Kurt restò immobile per qualche secondo, poi arrabbiato racimolò le foto dalla scrivania e si avviò in fretta verso la porta.

“ Non puoi immaginare quanto ti odio in questo momento …” gli disse voltatosi.

Poi uscì dallo studio sbattendo fortemente la porta.

“ Cos’è successo, Kurt?!” gli domandò sua madre, uscita allarmata dalla cucina.

Kurt non rispose poiché, se lo avesse fatto, quel nodo alla gola si sarebbe sciolto in lacrime.

“ Kurt!” lo chiamò di nuovo e invano …

Dopo aver sistemato velocemente le foto nel cassetto della sua scrivania, Kurt uscì di casa per scaricare il nervosismo.

Quella nuova umiliazione aveva risvegliato in lui il senso d'inadeguatezza e inferiorità e la voglia di sparire …

Per le strade, intanto, stavano allestendo le luminarie e gli addobbi natalizi.

Kurt avvertiva anche un senso di liberazione per le parole dette a suo padre e per avergli fatto capire di non essere nazista …

Si domandava con quale coraggio avrebbe spiegato a Nadine che le foto, a cui lei aveva collaborato, erano state rifiutate e che quindi la verità su Ravensbrück non sarebbe stata divulgata e come le avrebbe raccontato della discussione con suo padre e di quello schiaffo ricevuto … Ma, come sempre, fu molto facile e naturale parlare con lei. Su alcuni punti, Kurt drammatizzò l’accaduto, facendo di suo padre una persona ancor più autoritaria e impenetrabile. Nadine lo ascoltò con attenzione, lo confortò con dolcezza ma gli disse anche che non avrebbe dovuto usare certe parole con suo padre e di adottare nei suoi confronti un approccio più tranquillo … All’improvviso, soffiò una ventata d’aria gelida e i due cominciarono a rabbrividire. “ Fa troppo freddo qui … Forse è meglio andar via …” affermò Nadine a malincuore. “ Sì, è meglio …” ribatté Kurt …  

 

Il giorno di Natale era ormai vicino e a Ravensbrück le condizioni di vita diventavano sempre più insopportabili: il freddo e la neve aggravavano la fatica del lavoro, il cibo diminuiva di giorno in giorno così come l’igiene, mentre aumentavano le malattie e il numero delle prigioniere … In quel periodo, Nadine soffriva tremendamente anche la solitudine per la mancanza dei suoi cari e il vedere Kurt solo per qualche minuto, a causa del freddo, non l’aiutava per niente. Aveva nostalgia di lui, della sua compagnia, delle loro lunghe e, a volte, divertenti chiacchierate sdraiati sulla sabbia e aveva paura che quell’incontrarsi e parlare per così poco tempo avrebbe compromesso la loro amicizia. Anche Kurt soffriva per la mancanza di Nadine e, ogni mattina, si alzava dal letto sperando che di sera non avesse piovuto o nevicato per vederla almeno per una decina di minuti. In entrambi accresceva il desiderio di incontrarsi, parlarsi, sfiorarsi le mani e si piacevano sempre di più … Nel frattempo, Kurt aveva smesso di lavorare per “L’Hochmann” e, alla ricerca di un nuovo lavoro come fotografo ma anche come barista o lavapiatti, aveva vissuto l’amara esperienza delle porte chiuse in faccia …

“ Domani non verrai, vero? ” domandò Nadine con espressione triste e lui, sicuro, rispose: “ Come potrei lasciarti sola proprio alla Vigilia di Natale?! ”

“ Non festeggerai con la tua famiglia per venire da me? ” continuò con stupore. “ Festeggerò con te! … ” esclamò Kurt “ … E anche se dovesse nevicare tantissimo, io verrò! ” Nadine si commosse e la sua paura di perderlo, di colpo, svanì …

La sera successiva, il tempo fu clemente e i due riuscirono a trascorrere più di un’ora insieme. Mangiarono, parlarono, risero e poi, con un senso di appagamento, Nadine tornò al suo blocco mentre Kurt in città, diretto verso la chiesa …

Alle ore 23, la chiesa era già piena di gente in attesa della messa più sentita e suggestiva dell’anno. Il coro ripeteva i canti, le suore mettevano altri fiori davanti all’altare e accendevano le ultime candele, molte persone chiacchieravano mentre altre recitavano il rosario.

Kurt raggiunse la sua famiglia e sedette vicino a suo padre.

“ Kurt … Dov’eri finito? … Ti abbiamo aspettato per un’ora prima d’iniziare la cena.” gli disse nervoso.

“ Sono fatti miei.” rispose con arroganza.

“ Kurt … Friedrich … Per favore …” intervenne sua madre con tono fermo “ … Siamo in chiesa.”

In prima fila, c’erano anche degli ufficiali delle SS e Kurt s’indignò. Come potevano, infatti, macchiarsi di crimini orrendi contro la dignità e la vita umana e poi presentarsi nella casa del Signore? …

Intanto, anche a Ravensbrück si attendeva il Santo Natale, il primo Natale per tutte le donne e tutti i bambini in un campo di concentramento, con preghiere e canti. Nella baracca di Nadine, c’erano molte cattoliche e tutte le altre prigioniere, ebree, ortodosse, protestanti, testimoni di Geova e zingare con i loro bambini, partecipavano. Appartenevano a etnie, culture e religioni diverse ma tutte erano accomunate dalla stanchezza, la fame, l’angoscia, la paura, la speranza di essere liberate da quell’inferno e il desiderio di ritornare a vivere con la dignità di persone e di donne. Nadine recitava il rosario, tenendo in braccio un bambino e, dentro di sé, pregava per la fine dell’antisemitismo, delle loro sofferenze e della guerra, per la sua famiglia imprigionata chissà dove e per il suo futuro affinché anche lei un giorno avesse avuto un figlio … Terminato il rosario, due bambine iniziarono a canticchiare una canzone natalizia e Nadine ricordò le Vigilie di Natale trascorse con i suoi cari: la tavola imbandita, i regali sotto l’albero, il camino acceso, le risate con suo fratello e i suoi cugini, la messa di mezzanotte … Una lacrima le rigò il viso mentre un’altra ragazza esplose in un pianto isterico. Quando sarebbe finita quell’agonia? …

Durante la messa, Kurt non fece altro che pensare a Nadine e pregare per lei, per la sua salute e la sua vita. Anche Nadine pregò per Kurt, per la sua fragilità e la sua vulnerabilità spesso celate dietro silenzi, battute e atteggiamenti da spavaldo …

 

Per Kurt e Nadine, il 1939 era terminato portandosi via sogni irrealizzati, progetti falliti, parole non dette, separazioni dolorose, mancanze incolmate, momenti di sconforto e paura e cominciava un nuovo anno con ferite ancora aperte ma anche con piccole, grandi attese e speranze. Per il 1940, Kurt desiderava soltanto un’indipendenza economica e un dialogo pacifico con suo padre mentre Nadine sopravvivere al campo e ritrovarsi con la sua famiglia. Entrambi non desideravano altro che essere liberi, felici e amati.

Molto spesso, Nadine e Kurt turbati continuavano a domandarsi se le tante emozioni che provavano stando vicini fossero dovute all’amicizia o a qualcosa di ancor più importante e, in loro, cresceva impetuoso il desiderio di avere accanto una persona da abbracciare, accarezzare, baciare e amare …

A Fürstenberg/Havel, non pioveva da quasi una settimana e, quella sera, il clima era abbastanza mite. Verso le sette e mezza, Kurt uscì per recarsi a Ravensbrück ma prima entrò nel negozio di dolciumi sotto casa. “ Mi dia 250 grammi di caramelle alla menta. No quelle! Queste morbidi. ” Le caramelle preferite di Nadine. All’improvviso, una mano sulla spalla gli fece distogliere lo sguardo dal bancone e si voltò.

“ Ciao, Kurt!”

Non la riconobbe subito.

“ Ah, Marleen! … Ciao, come stai?!”

Si strinsero la mano.

“ Bene, grazie! … E tu?!”

“ Idem!”

Sorrisero.

Marleen abitava a soli due isolati da casa sua ma era da molto tempo che non la incontrava.

“ Allora, Kurt … Mi offri un caffè?”

“ Sì! … Certo!”

Andarono al caffè lì di fronte e sedettero a un tavolino accanto alla finestra.

Kurt aveva conosciuto Marleen un anno prima a una festa di compleanno e, per ben cinque mesi, le aveva fatto inutilmente la corte. Marleen aveva ventiquattro anni; un fisico armonioso e slanciato; la carnagione chiara; uno sguardo e un sorriso accattivanti; le labbra carnose; i capelli color biondo dorato e gli occhi azzurrissimi. Insomma, era la classica ragazza che rispettava i canoni di bellezza ariana e che non passava di certo inosservata. Dall’atteggiamento frizzante e seduttivo, su di lei circolava la voce che si concedesse facilmente a uomini belli e maturi …

“ Allora … Cosa mi racconti, Kurt? … Novità? …”

“ No … nessuna novità.”

“ Tutto bene a lavoro?”

“ Sì, tutto bene.” Kurt mentì un’altra volta.

“ E in amore?”

“ Beh … non ho ancora incontrato la ragazza giusta …”

“ La incontrerai … la incontrerai … E poi … un ragazzo come te: bello, intelligente, simpatico … chissà quante ragazze avrà dietro!” Marleen si espresse con tono ruffiano.

“ Modestamente! …”

Risero.

Poi Marleen bevve un sorso di caffè e gli disse: “ Domani è sabato … Ti va di uscire? … Io e te … da soli? …”

Kurt non rispose subito poiché non gli piaceva più Marleen e non voleva rinunciare a un’altra serata con Nadine.

Marleen lo guardò con aria seducente e bevve un altro sorso di caffè …

“ Ah, Nadine! … Ti ho portato anche le caramelle che ti piacciono tanto.” disse Kurt, porgendole il sacchetto attraverso il filo spinato.

“ Grazie, Kurt!”

“ Nadine …” Kurt riprese a parlare.

“ Sì?”

“ … Domani non vengo.”

“ Perché?” domandò Nadine con stupore.

“ Ho un appuntamento con una ragazza.”

Nadine rischiò di strozzarsi e tossì pesantemente.

“ Ehi, Nadine! … Cosa ti succede?!” esclamò Kurt preoccupato.

“ Mi era …” Nadine tossì per l’ultima volta e deglutì “ … Mi era andata di traverso la caramella.”

“ Tutto bene, Nadine?”

“ Sì!”

“ Sicura?”

“ Sì, sì! …” confermò.

Il suo sguardo e la sua voce erano cambiati e lei sembrava essersi alterata.

“ … E … come si chiama questa ragazza?”

“ Marleen …”

“ Ah … Marleen …” Nadine sorrise per nascondere il suo profondo malessere e, fingendosi contenta, esclamò: “ … Come la canzone!”

“ Sì … come la canzone …” ribatté Kurt perplesso e Nadine ostentò un altro sorriso …

Durante la notte, il tarlo della gelosia s’insinuò e crebbe nella testa di Nadine impedendole di dormire. Era tormentata dal pensiero che Kurt, la sera successiva, non sarebbe ritornato da lei per uscire con una ragazza e dalla paura di perderlo, ricomparsa più forte. Era arrabbiata nei confronti di Marleen e si sentiva tradita da Kurt. Provava una sensazione di oppressione al petto e alla gola e aveva una grandissima voglia di piangere. Si domandava il motivo della sua gelosia e del suo malessere poiché lei non era la fidanzata di Kurt, ma la sua amica e, in quanto tale, doveva essere felice per lui, incrociare le dita per l’ottima riuscita della serata e sperare con tutte le sue forze che Marleen fosse la ragazza che tanto desiderava e cercava ma non ci riusciva …

Nonostante non provasse più nulla, Kurt decise di uscire ugualmente con Marleen per riscattare se stesso dai rifiuti e dai disinteressi subiti da parte sua e delle altre ragazze. Il pensiero di trascorrere la serata con Marleen, a stento, lo entusiasmava ma lo incuriosiva parecchio e, con un po’ di stupore, si domandava per quale motivo gli avesse proposto di uscire. Forse perché era stata colta da un fortissimo colpo di fulmine o più semplicemente perché non aveva nessuno con cui passare il sabato sera, dato l’allontanamento di quasi tutti i giovani dalla città a causa della guerra … Ben vestito, incravattato e pettinato con la riga di lato, Kurt alle sette era già davanti casa di Marleen. Dopo un quarto d’ora di attesa, sedette sui gradini del portone, sbuffando e dicendo tra sé: “ Uffa … Incominciamo bene … ” Aspettare i ritardatari gli metteva addosso nervosismo e ansia. Alle 19:30, con mezz’ora di ritardo, Marleen finalmente uscì dal palazzo e Kurt, vedendola, ne rimase incantato. La ragazza indossava un cappotto aderente nero e delle scarpe decolté dello stesso colore; aveva i capelli raccolti in un perfetto chignon impreziosito da tre piccoli fermagli argentati a forma di fiori e le labbra colorate di rosso … Kurt scattò in piedi e la salutò stringendole calorosamente la mano. Si scambiarono sguardi e sorrisi d’intesa poi Marleen gli diede un inaspettato bacio sulla guancia.  “ D … dove … pre … preferisci andare? ” domandò Kurt, balbettando. “ Pensavo a un ristorante qui vicino: è molto tranquillo e si mangia bene! ” rispose e il giovane, trattenendo a stento l’agitazione provocata da quel bacio, affermò: “ Beh … allora andiamo! ” …

Nadine si strofinò gli occhi che erano stati costretti a guardare lo stesso punto per quasi due ore e fece un lungo sospiro di sollievo: era sopravvissuta a un altro appello e a un’altra giornata di lavoro. Ringraziò il cielo che durante l’appello serale non c’era stato nessun evento tragico come ribellioni, uccisioni, punizioni o errori nella conta. Poi, improvvisamente, il suo pensiero corse di nuovo a Kurt: chissà se aveva già incontrato Marleen, dov’era andato con lei, cosa stava facendo con lei, di cosa le stava parlando, in che modo la stava guardando … Li immaginava in un ristorante dall’atmosfera romantica, riservato agli innamorati: Kurt che, da gentiluomo, le spostava la sedia per farla accomodare; Marleen che lo ringraziava sorridendogli languidamente; lui che cercava e sfiorava la sua mano, poggiata sul tavolo; lei che sfoderava un sorriso malizioso e Kurt che la guardava con profonda ammirazione … La gelosia di Nadine si era ridestata, carica più che mai e pronta a non darle pace per tutta la notte …

Per la serata, Marleen aveva scelto un bel ristorantino accogliente e romantico, dalle tende e dalle tovaglie color rosa antico e dalle decorazioni dorate alle pareti. Kurt l’aveva fatta entrare per prima e, dopo aver consegnato i cappotti alla guardarobiera, gli sguardi dei presenti si erano posati su di lei e sul suo vestito rosso, lungo fino al ginocchio. Mentre raggiungevano il tavolo, Kurt si sentì a disagio a causa dell’attenzione che inevitabilmente anche lui stava ricevendo ma, allo stesso tempo, soddisfatto: era con una delle ragazze più belle e desiderate della città … Se solo i suoi amici lo avessero visto … I due sedettero e cominciarono a ordinare del vino bianco …

A Ravensbrück, intanto, si era formata una nuova e interminabile fila di donne che, silenziose e dolenti, attendevano la loro esigua razione di zuppa. Nadine pensò di avanzare e d’intrufolarsi nel mezzo ma, immobilizzata dalla stanchezza e dall’angoscia, rimase tra le ultime prigioniere. Il silenzio del campo era interrotto da colpi di tosse e gemiti di dolore, dal rumore degli zoccoli di legno, dalle voci delle SS e dall’abbaiare dei loro cani. Le mani di Nadine, gonfie e ferite dal freddo e dall’impugnatura della pala con cui era stata costretta a raccogliere sabbia per ore e ore, intrecciate, stringevano con forza la ciotola, un po’ per riscaldarle e un po’ per scaricare il nervosismo. Non sopportava l’idea che Kurt stesse con quella ragazza, che il suo sguardo, la sua voce e il suo sorriso fossero destinati a un’altra e non perché fosse sua amica …

“ Cosa fai nella vita? ” domandò Kurt e Marleen rispose: “ Mi sono appena laureata in Scienze della Comunicazione e adesso sto cercando lavoro come giornalista … E … mi chiedevo se …” la sua voce era diventata particolarmente ammaliante “ … potresti parlare di me a tuo padre.” “ Sì! Non preoccuparti!” affermò Kurt sicuro e lei gli sorrise largamente. Il cameriere, intanto, versò loro il vino …

Nadine ricevette il mestolo di zuppa (una brodaglia color giallastro sulla quale galleggiavano dei microscopici pezzi di carne) e andò a sedersi per terra, vicino alla sua baracca. Con sguardo afflitto, fissava quel liquido giallo e in lei si faceva strada la paura che tra Kurt e Marleen potesse nascere qualcosa. Il suo stomaco cominciò a chiudersi. Se Kurt si fosse fidanzato, non sarebbe più andato da lei. E avvertì una sensazione di nausea. Avrebbe, così, perso per sempre una delle persone più importanti della sua vita. Nadine distolse lo sguardo dalla zuppa e si voltò. “ Joanna! … Prendi …” le porse la ciotola “ … dalla a tua figlia.”

La donna meravigliata le domandò: “ Sei sicura?”

“ Sì … Questa sera non ho fame.” rispose.

Joanna prese la ciotola e la diede a sua figlia, sussurrandole qualcosa in polacco.

Dzięki, Nadine!” le disse la bambina.

“ Significa grazie nella nostra lingua.” spiegò la donna.

La tenerezza di quella bambina riuscì a strappare a Nadine un lieve sorriso …

Mentre mangiavano, Kurt sentì la scarpa di Marleen sfiorargli lentamente la caviglia e, per controllare il suo imbarazzo, bevve un sorso veloce di vino. “ è molto buono questo vino, eh?! ” esclamò, sorridendo. La giovane annuì lievemente con la testa e, con aria provocante, continuò a sfiorargli la caviglia …

Seduta con la schiena poggiata al muro esterno e gelido della baracca, le ginocchia strette tra le braccia e lo sguardo perso nel vuoto, Nadine immaginava ancora gli occhi e le mani di Kurt su quell’altra e viceversa e provava tanta rabbia verso di lei e verso se stessa. Marleen era di sicuro una ragazza piacente e disinibita, decisamente il suo contrario …

Finita la cena, Kurt accompagnò Marleen sotto casa.

“ Ti andrebbe di salire? … A casa non c’è nessuno e … potrei offrirti qualcosa da bere … ” Kurt, che non si aspettava una proposta del genere da parte di Marleen, rimase per alcuni secondi a fissarla immobile e senza parole. “ Certo! ” rispose poi contento …

Nadine, intanto, andò a sedersi vicino al filo spinato …

Seduto sul divano, aspettando la vodka, Kurt si domandava perché avesse accettato la proposta di Marleen: già uscire con lei lo aveva annoiato e a tratti fatto sentire a disagio, proprio come in quel momento. Non era mai stato, infatti, da solo in casa con una ragazza e la situazione lo imbarazzava non poco.  Avrebbe preferito stare al filo spinato con Nadine, a parlare, ridere e scherzare con lei, senza disagio o l’ansia di dire o fare qualcosa di sbagliato e di apparire stupido. 

“ Eccomi qua!” esclamò Marleen e, poggiati bottiglia e bicchieri sul tavolino, sedette accanto a Kurt …

Nadine, angosciata, fissava la rete di filo spinato oltre la quale Kurt non c’era. Quella sera, in quel piccolo angolo del campo, avvolto da una luce fioca, non echeggiava il suono sommesso delle loro voci e delle loro risate … Quella sera era diversa dalle altre … La ragazza continuava a immaginare Kurt in intimità con Marleen: le sue mani e le sue labbra che le accarezzavano dolcemente il corpo e lei che si concedeva con estremo piacere …

Intanto nella realtà, Marleen, con sfacciataggine, si faceva sempre più vicina a Kurt …

Nadine desiderava tanto soffocare quei sentimenti di gelosia, rabbia, paura e angoscia e far così riposare la sua anima e il suo corpo ma, per quanto si sforzasse di provarci, non ci riusciva …

“ Ehi …”esclamò Kurt con voce flebile e roca, dopo aver ricevuto un bacio sul collo da Marleen.

“ Rilassati, Kurt.” ribatté lei che, inginocchiata sul divano con le braccia strette attorno alle sue spalle, continuava a baciargli lievemente il collo.

“ Marleen … non mi sembra il caso …”

Shhh … silenzio.”

A un bacio dietro l’orecchio, un brivido di piacere gli attraversò velocemente tutto il corpo e fu spinto verso di lei. Con impeto, si svincolò dal suo abbraccio, le prese la faccia e la baciò sulle labbra. Poi, nella sua mente, riapparve Nadine, il suo sorriso, la sua buffa smorfia che anticipava una risata e si staccò di colpo da Marleen …

Nadine, intanto, si domandava perché non riuscisse ad allontanare quell’insensata gelosia nei confronti di Kurt …

Mettendogli le mani dietro la nuca, Marleen spinse Kurt di nuovo a sé e, emettendo un lieve sospiro, lo baciò con passione. Il giovane ricordò la voce e le carezze rassicuranti di Nadine, il loro primo incontro, la loro prima vigilia insieme ma ricambiò Marleen baciandola con più trasporto di prima …

Nadine capì finalmente che la sua gelosia non era insensata perché lei era innamorata di Kurt …

Cosa sto facendo? … Io non la conosco … Io non provo nulla per lei! Pensò Kurt ma continuò a baciarla.

Io sono innamorato di Nadine. Finalmente lo ammise a se stesso ma non si separò da Marleen, anzi la fece coricare sul divano e la baciò ancora.

Poi Kurt si tolse in fretta il maglione, Marleen sfilò decolté e vestito lanciandoli chissà dove e, intanto, Nadine esplose in un pianto disperato …

 

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Capitolo 4
*** La paura e il desiderio di amare ***


Un amore diviso da un filo spinato

 

Capitolo 4

 

La paura e il desiderio di amare

 

“L’amore è un uccello ribelle che nessuno può domare. Egli non conosce leggi, frulla le ali via dalla gabbia, quando vuoi prenderlo ti sfugge via di mano libero nel cielo, non ti aspetta, non ti spiega dove va, quando torna. L’amore è un uccello ribelle.”
Habanera di Carmen
Georges Bizet (1838-1875)

 

Kurt diede a Marleen un bacio sul collo poi, spostandole un po’ la sottoveste, lasciò le labbra scivolare veloci sul suo seno. La ragazza gli mise le mani sui fianchi mentre lui si slacciò le bretelle. Poi, di colpo, Kurt s’immobilizzò: non poteva fare l’amore con Marleen, pensando e amando Nadine. Balzò dal divano e, con espressione sconvolta, disse: “ Marleen, io non posso! ” La ragazza, mezza nuda, con i capelli spettinati e il trucco sbavato, si alzò lentamente e, stupita, gli domandò: “ Perché non puoi?! ”

“ Perché … io sono innamorato di un’altra.” rispose.

Marleen alzò le spalle e ribatté: “ E allora?!”

Gli poggiò una mano sulla spalla poi, come una carezza, scese sulla pancia e, prima che potesse raggiungere qualche altra cosa, Kurt si distanziò.

“ Ma chi ti credi di essere?!” fece lei arrabbiata.

Kurt, evitando di guardarla, si diede una sistemata alla camicia e ai capelli e raccattò le sue cose.

“ Mi dispiace, Marleen.” disse mortificato e lei esplose in una chiassosa risata.

“ Ma tu davvero pensavi che una donna come me si concedesse a uno come te perché le piacesse o perché fosse innamorata?! … Ah! … Io volevo una raccomandazione! …”

Quelle parole per Kurt furono un pugno allo stomaco, forte e doloroso.

La guardò. Marleen non era poi così bella: sotto la maschera di trucco e sensualità si celava la bruttezza dell’arrivismo e della cattiveria.

Offeso e arrabbiato, le disse: “ Avevano ragione su di te! … Sei una puttana!”

Si avviò verso la porta mentre la ragazza, per niente dispiaciuta, continuò a ridere istericamente …

Nadine sentiva le lacrime scendere calde e pesanti lungo il suo freddo viso e raggiungere veloci il suo seno. Neanche dopo che era stata picchiata a sangue dall’aufseherin, aveva pianto in quel modo. Non era quello il tempo e il luogo in cui innamorarsi, non era Kurt il ragazzo per cui poteva provare questo sentimento! Perché Kurt era suo amico, perché il loro limpido e profondo rapporto non poteva essere inquinato dall’amore! Asciugò l’ultima lacrima e, sconvolta, ritornò di corsa nella baracca …

Kurt corse in bagno e, crollando in ginocchio davanti al water, vomitò. Sentiva ancora sulle labbra il sapore del vino e del profumo di Marleen e ne era fortemente disgustato. Allentò di più la cravatta e tolse la giacca, lasciandola scivolare sul pavimento. Vomitò ancora. In lui era nato ciò che non sarebbe mai dovuto nascere: l’amore verso Nadine, verso la sua migliore e unica amica. La loro splendida e pura amicizia era compromessa per sempre! Kurt era disperato temendo, infatti, che il suo amore avrebbe rovinato ciò che di bello aveva costruito insieme a Nadine; che lei, sentendosi tradita e confusa, si sarebbe allontanata e non avrebbe mai capito e ricambiato questo sentimento. Lentamente, si sollevò e raggiunse il lavandino. Aprì il rubinetto e, lasciando scorrere l’acqua, si guardò allo specchio. Il suo viso, sporco di rossetto e segnato dalla recente umiliazione inflittagli da Marleen e dalla non accettazione dei propri sentimenti verso Nadine, si stava bagnando di lacrime. Kurt che, “da vero uomo e da vero tedesco”, aveva imparato a non piangere più; Kurt che, sforzandosi, ingoiava sempre le lacrime; Kurt che non aveva mai gli occhi bagnati, adesso, stava piangendo. Dopo essersi sciacquato e asciugato la faccia, tentò di ricomporsi ma invano: le lacrime sgorgavano impetuose, incontrollabili dai suoi occhi. Cosa poteva fare adesso? Confessare a Nadine di aver oltrepassato il confine, rotto l’equilibrio, che la sua amicizia era diventata amore? Oppure tacere e aspettare che il fuoco che sentiva ardere dentro di sé si spegnesse? Scegliendo la prima opzione, avrebbe perso per sempre l’amicizia di Nadine e non avrebbe mai ricevuto il suo amore. La perdita e il rifiuto, questa volta, lo avrebbero ucciso per davvero. Scelse quindi la seconda: da vero amico avrebbe allontanato certi pensieri su Nadine e taciuto a lei e, in primis, a se stesso i suoi reali sentimenti. Ma questo forse non l’avrebbe fatto soffrire lo stesso? Kurt, piegatosi sul lavandino, pianse più forte …

Nadine diede le spalle a Joanna, sua compagna di letto e, nascondendo la testa sotto la leggera coperta divisa per due, si rannicchiò. Si tappò fortemente la bocca con entrambe le mani per evitare di piangere ma fu del tutto inutile. L’amicizia era rovinata, l’amore di sicuro non corrisposto. Come poteva trattenere le lacrime?

Sentendola piangere, la donna le mise una mano sulla spalla e tentò di confortarla, dicendole: “ Non piangere, Nadine. Presto tutto questo finirà e saremo di nuovo libere, ritorneremo a casa, riavremo le nostre famiglie, le nostre vite, le nostre cose …”

Ma Nadine non si volse e, con la voce rotta dai singhiozzi, rispose: “ Io piango … per qualcosa che … non avrei avuto … neanche fuori di qui!”

L’amore …

Dopo la notte trascorsa insonne, Nadine decise di non presentarsi al filo spinato, di non incontrare Kurt, almeno per quella sera. La decisione era stata molto sofferta ma, in quel momento, la più giusta e ragionevole. Perché Nadine non aveva ancora trovato la forza necessaria per ascoltare e affrontare una possibile, dolorosa verità: Kurt che cominciava una nuova vita insieme alla Marleen … Nadine si nascose dietro la baracca dell'infermeria e, di tanto in tanto, sbirciava verso la rete di filo spinato per non perdere l’arrivo di Kurt. Non appena lo vide arrivare e fermarsi al filo spinato, sentì una fitta al petto e, di scatto, tornò a nascondersi. Si chinò leggermente e mise le mani sul cuore come se volesse reggerlo per non farlo cadere e frantumarsi sotto il peso di quel dolore troppo grande. Aveva perso Kurt ancor prima di capire i suoi veri sentimenti verso di lui. Gli rivolse un rapido sguardo e poi si nascose di nuovo, sbattendo la schiena al muro. Avrebbe voluto andargli di corsa incontro, urlare a lui, a se stessa e a tutto il campo di essersi innamorata ma non poteva farlo. Ricominciò a piangere. Il suo non era più un pianto convulso di disperazione bensì un pianto sommesso di rassegnazione …

Passò mezz’ora, poi un’ora e Kurt, imperterrito, aspettava sempre l’arrivo di Nadine. Quell’ora divenne due ore mentre la sua ansia si evolse in panico e cominciò a temere che le fosse successo qualcosa di grave … Nadine lo fissava da lontano, seminascosta dietro la baracca: Kurt sembrava agitato, muoveva le gambe, incrociava le braccia, sussultava e alzava la testa a ogni minimo rumore, faceva qualche piccolo passo e poi tornava al suo posto. Forse era preoccupato per lei o più semplicemente aveva freddo … L’acuto fischio della sirena fece tremare entrambi, tanto concentrati nei loro pensieri, nella loro paura di perdersi, nel loro dolore, nel loro desiderio d’incontrarsi … Nadine rivolse a Kurt l’ultimo sguardo e, di corsa come ogni sera, ritornò nella sua baracca …

La sera successiva, l’afflitta e coraggiosa Nadine riuscì a trovare quella forza necessaria per affrontare la peggiore delle verità.

Nadine, all’apparenza timida e fragile, possedeva una resistenza tanto disarmante da suscitare stupore e ammirazione da parte delle altre prigioniere del campo.

Nadine, che molto spesso cadeva sotto il peso delle mancanze materiali e affettive, che si disperava e piangeva, riusciva subito a rialzarsi e a tendere anche la mano a chi, come lei, era sul punto di cedere alla paura e alla rassegnazione.

La sua forza, sostegno ed esempio soprattutto per le prigioniere più giovani, le permetteva di affrontare con orgogliosa dignità quella situazione che non aveva nulla di dignitoso.

Nadine aveva sempre avuto questa forza ma soltanto dopo sette lunghissimi mesi di detenzione e sofferenza a Ravensbrück incominciava a prenderne coscienza. Era sempre riuscita ad affrontare e a superare le piccole, grandi delusioni della vita: prese in giro, maldicenze, rifiuti, tradimenti, amicizie finite pietosamente, sentimenti non corrisposti. E sempre era riuscita a ricominciare con dignità e indulgenza, a volte più verso gli altri che con se stessa. 

Nadine, la dolce e forte Nadine, che era in grado di affrontare le torture fisiche e mentali di Ravensbrück, come poteva non reggere qualunque cosa le avrebbe detto Kurt circa lui e Marleen? …

A passo spedito, Nadine si diresse verso il filo spinato dietro il quale l’attendeva Kurt e il suo cuore cominciò subito ad affollarsi di svariati sentimenti: gioia, paura, tenerezza, rabbia, impazienza, sfiducia, ottimismo, tristezza. E in questa lotta interiore prevalsero i sentimenti più belli e puri. Nadine, con il cuore che le batteva a mille, salutò Kurt sfoderando un vero e largo sorriso. Nel rivedere l’amato, la gelosia e tutti i suoi sintomi si erano arresi e avevano lasciato il posto di comando all’emozione e alla contentezza. Anche Kurt sorrise ma lievemente. Nadine lo guardò con la solita dolcezza e, dalla sua espressione triste, capì subito che tra lui e Marleen non fosse successo nulla di bello. 

“ Ieri sera ti ho aspettato …” disse Kurt con voce afflitta.

“ Mi era salita la febbre e … sono dovuta rimanere nella baracca …” mentì Nadine con lo stesso tono di voce “ … Mi dispiace di averti fatto aspettare.”

“ Non preoccuparti … Adesso stai bene?”

“ Sì, mi è passata …”

I due, fortemente innamorati e impauriti di esternare senza nemmeno rendersene conto i propri sentimenti, si scambiarono un tenero e inquieto sguardo seguito da un malinconico sorriso. Kurt temeva la fatidica domanda da parte di Nadine, domanda che non tardò ad arrivare.

“ … Com’è andata sabato?”

Per alcuni istanti, Kurt la guardò in silenzio: era bella Nadine, con la testa un po’ inclinata sulla sinistra, gli occhi lucidi a causa della febbre e quell’espressione dolce eternamente stampata sul pallido viso. Gli dispiaceva non poterle dire la verità, non poterle raccontare ogni cosa, ogni minimo particolare di quel penoso sabato sera.

Nadine, intanto, aspettava con impazienza che Kurt aprisse la sua bocca, che le desse finalmente una risposta.

“ Bene … ma non ci sarà nessun … cioè io e lei non ci vedremo più. ”

All’udire ciò, Nadine provò un immenso sollievo ma allo stesso tempo, leggendo la tristezza nei begli occhi marroni di Kurt, si dispiacque tantissimo per lui.

Ignorando il vero motivo del malessere di Kurt (ovvero il non accettare di essersi innamorato della sua migliore amica), Nadine era arrivata perfino a rammaricarsi del mancato avvenire tra lui e Marleen.

Da quella sera, i due, per non lasciar trasparire le proprie emozioni e i propri sentimenti, cominciarono a parlare sempre di meno. Nadine cominciò a non ridere più alle battute di Kurt e lui a non farle più. Un triste silenzio si abbatté fra di loro che tentavano, in difesa dell’amicizia, di nascondere, allontanare, frenare, sopprimere ciò che provavano l’uno verso l’altra ma inutilmente. Ben presto, appresero sulla propria pelle la veridicità delle parole della loro canzone preferita: l’amore che provavano l’uno per l’altra era davvero ribelle, impossibile da domare e irrispettoso della legge. Nel loro caso della legge dell’amicizia.

Nadine e Kurt avevano paura di quest’amore, considerandolo il vero e proprio attentatore della loro amicizia. L’ostinato attentatore era già riuscito a sabotare la loro amichevole intimità, il loro confidarsi, il loro accarezzarsi …

In realtà, in tutta questa storia, il vero e proprio attentatore della loro intimità era la paura di amare. Perché l’altro non avrebbe ricambiato; perché l’altro, con il suo rifiuto, avrebbe procurato solo dolore! Desideravano tanto confidarsi ciò che stava succedendo nel loro cuore, dirsi di quel grande amore che era appena nato in loro, ma erano bloccati da tante paure.

Kurt aveva paura di essere deluso e di soffrire; di doversi, ancora una volta, chinare a raccogliere i pezzi del proprio cuore infranto, rimetterli insieme e ricominciare con ferite difficili da ricucire. Il giovane tentava di convincersi che se Nadine, dopo averle dichiarato ciò che nutriva veramente per lei, gli avesse risposto di non corrispondere il suo amore lo avrebbe fatto con una delicatezza tale da non causargli poi tanto dolore e magari, con il suo conforto, gli avrebbe anche disinfettato quella nuova ferita. Perché Nadine non era Marleen, Julia, Wanda o Beatrix né tantomeno Susanne, Lydia o Viktoria (le sue ex).

Nella testa di Kurt aleggiavano ancora i fantasmi delle sue ex e delle ragazze che avevano lasciato un segno negativo nella sua vita. Era zittito e impietrito dal loro ricordo e non riusciva a lasciarsi andare a questo nuovo e vero amore.

Tutte le ragazze che aveva conosciuto nella sua vita erano state soltanto delle comparse, nessuna era restata e non voleva che Nadine diventasse una di loro. Non voleva aggiungere anche, proprio lei alla sua penosa lista di delusioni e fallimenti!

Kurt non aveva amato nessun’altra quanto Nadine. Per la prima volta, iniziava a proiettarsi nel futuro con una ragazza: era Nadine che voleva sposare, era Nadine che voleva quale madre dei suoi figli, era insieme a Nadine che voleva trascorrere il resto della sua vita e oltre …

In entrambi, la paura di amare era grande quanto il desiderio di amare.

Kurt e Nadine si parlavano pochissimo, si guardavano con la coda dell’occhio ma sapevano che prima o poi il loro amore si sarebbe liberato dalla gabbia in cui era rinchiuso e si sarebbe scagliato contro la loro amicizia.

Quando incrociava lo sguardo di Kurt per poi distoglierlo immediatamente, Nadine sentiva che fosse lui l’uomo della sua vita. Desiderava tanto confessargli i suoi sentimenti ma temeva una reazione negativa e un rifiuto. Temeva che Kurt si arrabbiasse, sentendosi tradito come amico e che le dicesse: <> … Quello fisico.

Nadine non si riconosceva più in quel corpo che sentiva smagrire e indebolirsi giorno dopo giorno e incominciava perfino ad avere nostalgia del suo fisico ante Ravensbrück. Solo un anno prima dell’arresto, all’età di diciotto anni, aveva iniziato ad accettare i difetti del proprio corpo e a valorizzarne le parti che riteneva più gradevoli, a prestare maggior cura ai capelli e a truccarsi lievemente il viso. Arrivata a Ravensbrück, Nadine era stata rasata quasi a zero, avendo capelli folti e in ottimo stato e ciò l’aveva traumatizzata quasi più delle visite. Senza capelli, senza trucco, senza vestiti, senza scarpe, con un corpo sgraziato e trascurato, si chiedeva angosciata come sarebbe potuta piacere a Kurt …

 

Ad aprile, mentre la Germania si preparava ad attaccare la Norvegia e la Danimarca, tra Nadine e Kurt la situazione cominciò a stabilizzarsi. I due ripresero a parlare e a scherzare come prima, a confidarsi e a confrontarsi, ma evitando qualunque contatto fisico. Entrambi s’incoraggiavano pensando e dicendo a loro stessi: <> oppure <>. Le paure s’indebolivano mentre si rafforzava il desiderio di amare liberamente e di esprimere all’altro i propri sentimenti, soprattutto in Nadine …

 

Sabato 20 aprile, esattamente una settimana prima del suo compleanno, Kurt come ogni sera uscì di casa per raggiungere Nadine ma stavolta con addosso uno strano presentimento. Sentiva che al campo di Ravensbrück sarebbe successo qualcosa ma non riusciva a capire se bella o brutta, qualcosa che avrebbe riguardato anche la sua vita, qualcosa che l’avrebbe cambiata in meglio o in peggio. Kurt era estremamente turbato. Arrivato nei pressi del campo di concentramento, vide da lontano che Nadine era già al filo spinato e le andò incontro a passo spedito. Stranamente, dal comignolo del forno crematorio non usciva il nero e maleodorante fumo e i rami degli alberi che aveva lasciato alle sue spalle erano scossi da un insolito vento tiepido, proprio come quella mattina in cui parlò con Nadine per la prima volta. I due si salutarono con un malinconico ciao e sedettero lentamente l’uno di fronte l’altra. Poi Kurt diede a Nadine il pacchetto con dentro la cena. Lei non lo aprì subito come faceva di solito, ma lo pose a terra alla sua destra. Si guardarono per alcuni istanti con espressione triste e confusa senza fiatare, fin quando Nadine non ruppe quel silenzio, sussurrando piano piano: “ Kurt, io credo di essermi innamorata. ”

Di colpo, il cervello di Kurt andò in tilt e disse una delle cose più stupide e assurde che gli potessero passare per la testa.

“ E di chi? …” fece con tono ironico “… Non ci sono ragazzi nel campo.”

Nadine, disperata, alzò gli occhi al cielo e, dopo un profondo sospiro, rispose: “ Allora non ti sei accorto proprio di niente? … Io mi sono innamorata di te.”

Kurt non riusciva a credere alle proprie orecchie. Forse quello era soltanto un bel sogno e, a breve, si sarebbe svegliato con un senso di delusione e di vuoto … E invece no! Quella era la pura realtà …

Nadine aveva gli occhi lucidi per la commozione e, visibilmente intimorita, attendeva una risposta seria da parte di Kurt che arrivò dopo alcuni interminabili secondi.

è vero, Nadine … Non mi sono accorto di niente ma … anch’io mi sono innamorato di te.” …

 

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Caro lettore,

stai per inoltrarti nel cuore pulsante della storia. Dopo mesi fatti di dubbi e paure, speranze e desideri, parole e carezze trattenute, Nadine e Kurt hanno finalmente trovato il coraggio per rendere manifesti i propri sentimenti ma non finisce mica qui! … Mi auguro con tutto il cuore che questo capitolo ti sia piaciuto e che continuerai a seguire la mia storia.

 

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Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito i precedenti capitoli. Vi ringrazio per i vostri apprezzamenti e soprattutto per i vostri consigli che mi hanno aiutata - almeno spero! - a migliorare. A tutti voi mando un calorosissimo abbraccio.  

 

 

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Capitolo 5
*** Divisi da un filo spinato, uniti dall’amore ***


Un amore diviso da un filo spinato

 

 

Capitolo 5

 

Divisi da un filo spinato, uniti dall’amore

 

Nadine asciugò, con le punte delle dita di entrambe le mani, gli occhi inumiditi dalle lacrime. Il cuore le batteva così forte da farle temere che potesse esplodere da un momento all’altro mentre nella sua testa echeggiavano le dolci e rassicuranti parole di Kurt: Anch’io mi sono innamorato di te.

I due si guardarono e, per trattenere la fortissima commozione, abbozzarono un lieve sorriso. Poi, di nuovo, fu Nadine a rompere il loro silenzio, dicendo con estrema tenerezza: “ La nostra amicizia è diventata qualcosa di più. ”

Nadine, lentamente, allungò il braccio attraverso il filo spinato in cerca della mano di Kurt. Trovatala, gliela strinse delicatamente e, con la voce rotta dall’emozione e gli occhi velati dalle lacrime, concluse dicendogli: “ Io ti amo, Kurt.”

Una grossa lacrima rigò velocemente la guancia di Kurt il quale, dopo alcuni istanti, rispose: “ Anch’io ti amo, Nadine. ” E iniziò a piangere e a ridere contemporaneamente.

“ Cosa c’è?” gli domandò Nadine con un mezzo sorriso.

“ C’è che … ho una gran voglia di baciarti.”

A queste parole, Nadine non riuscì più a trattenere la commozione e, come il suo amato, scoppiò a piangere e ridere allo stesso tempo …

I due – dapprima Nadine e poi Kurt – avevano ormai superato l’ostacolo della paura, accettando e poi dichiarandosi che la loro profonda amicizia era diventata un profondo amore ma adesso si presentava sulla loro strada un nuovo e più difficile ostacolo, un ostacolo materiale, l’ostacolo materiale rappresentato dal filo spinato e quindi dal campo di concentramento. I due si amavano ma adesso come avrebbero vissuto il loro amore non potendo stare fisicamente vicini, non potendo baciarsi e abbracciarsi come una normalissima coppia di fidanzati? Forse avrebbero vissuto il loro amore soltanto tra parole, carezze e strette di mano? Per Kurt e Nadine si prospettava un altro periodo di angoscia e frustrazione …

La sera successiva, per i due fu molto strano ed emozionante rivedersi. Dopo qualche attimo di silenzio fatto di sguardi e sorrisi scambiati, si confermarono l’un l’altra il loro amore e si accarezzarono a vicenda le braccia e il viso. Per Nadine e Kurt fu uno dei momenti più felici e, allo stesso tempo, più malinconici della loro vita. Era, infatti, straziante non poter dare libero sfogo al loro amore con veri abbracci e baci appassionati, soprattutto per il giovane.

“ Kurt …” disse Nadine mentre lui dolcemente le accarezzava la guancia con le punte delle dita.

“ Dimmi, Nadine.”

I due erano sdraiati su un fianco e si guardavano profondamente negli occhi.

“ … Quando hai capito di esserti innamorato di me?”

Kurt si perse per un attimo nei begli occhi nocciola di Nadine che brillavano per l’emozione e nella sua espressione ingenua, poi rispose: “ Forse sarebbe meglio se mi chiedessi quando ho accettato di essermi innamorato di te … Nadine, io ti ho sempre amato … Sin dal primo momento in cui ti ho vista …” 

“ Quando? … Quando mi hai scambiata per un fantasma?” lo interruppe Nadine con ironia ed entrambi risero.

“ No … No, Nadine … La mattina dopo!”

Risero di nuovo.

“ No, Nadine … A parte gli scherzi …” Kurt tornò serio e Nadine fece altrettanto “ … Dal momento in cui ti ho conosciuta, non sono riuscito più a fare a meno di te … di pensarti … di vederti … e sono cambiato … Io ero già innamorato di te … lo sentivo … lo capivo! … Ma non riuscivo ad ammetterlo a me stesso … Avevo una disperata paura di perdere la tua amicizia, Nadine!”

La giovane gli trattenne la mano e gliela baciò lievemente.

“ Anch’io, Kurt …” gli stampò un altro lieve bacio sul palmo della mano “ Kurt, tu sei il ragazzo che ho sempre pensato per la mia vita … Io ti ho amato ancor prima di conoscerti …”

Gli occhi le si velarono di lacrime e non riuscì ad aggiungere nient’altro che: “ Ti amo tanto, Kurt.”

Il giovane le asciugò la grossa lacrima che si apprestava a rigarle la guancia e, sorridendole con tenerezza, rispose: “ Anch’io ti amo tanto, Nadine.”

Lei gli sorrise contenta.

Kurt la guardò con profonda ammirazione e, in quel largo e bel sorriso, vide tutto ciò che Nadine da quel momento in poi sarebbe stata per lui: amica, donna, sorella, amante; ragione e speranza di vita; fonte di ottimismo e coraggio …

Anche Nadine lo guardò con ammirazione ed entusiasmo e, con gli occhi della mente, rivide il loro primo incontro, quando per la prima volta si ritrovò faccia a faccia con Kurt.  Kurt, il suo principe azzurro, che non era arrivato cavalcando un cavallo bianco né tantomeno guidando una Rolls-Royce ma trascinandosi a fatica; che non si era presentato con un aspetto curato e con addosso un profumo inebriante ma trasandato e maleodorante di alcol. Kurt, il suo principe azzurro, che aveva avuto il coraggio di non conformarsi all’ideologia del mondo ma di diventare amico di una prigioniera ebrea e d’innamorarsene; che aveva trovato la forza di non sedare più le sue paure con l’alcol ma di affrontarle e vincerle … In quel momento, Nadine sentì forte il desiderio di saltargli al collo, di abbracciarlo, di baciarlo ma poté solo accarezzargli la guancia.

“ Adesso come faremo? …” domandò Nadine con tono triste “ … Io sono qui … e tu sei là … La nostra sarà una storia d’amore un po’ particolare.”

“ Non lo so, Nadine …” rispose Kurt abbattuto.

I due dovevano prepararsi a vivere il loro amore in maniera diversa da tutte le altre coppie, andando oltre la fisicità, oltre il desiderio di contatti fisici più complessi, oltre quel maledetto filo spinato che li divideva; dovevano essere forti e pazienti per vivere il loro amore in maniera quasi platonica, spirituale e, in un primissimo momento, ci riuscirono. L’entusiasmo per aver compiuto il tanto atteso e sperato passaggio dall’amicizia all’amore; per aver costatato che la loro ironia non era andata perduta e che l’ascolto, il sostegno, il confronto, la simpatia reciproci si erano rafforzati; per la novità di parole ardenti e di promesse d’eternità; fece credere ai due innamorati che fosse possibile andare avanti escludendo la fisicità.

Sdraiati sulla fredda sabbia di Ravensbrück e tenendosi per mano, con le dita saldamente intrecciate tra la libertà e la prigionia, sotto un’invalicabile rete di filo spinato, Kurt e Nadine guardavano in silenzio il cielo, quel cielo perennemente imbrattato di fumo, quel cielo spettatore involontario e impotente di soprusi e morte, guerra e devastazioni ma anche del miracolo del loro amore. Un amore che non teneva conto delle distanze e dei pericoli, un amore che se scoperto sarebbe costato caro, un amore che li faceva sentire uniti più che mai. Non erano soltanto le loro mani a essere intrecciate ma anche le loro anime. Lo sentivano: era come se l’una fosse dentro l’altra ed era una sensazione piacevole e ineffabile. A questi due pazzi innamorati non serviva alcun tipo di bacio o abbraccio e, in quel momento, anche le carezze, gli sguardi e le parole sarebbero stati inutili e superflui. Rimasero quindi in silenzio e fermi in quella posizione per tutta la sera, guardando inquieti il cielo deturpato dal fumo nero della morte e ascoltando appassionati l’uno il dolce ritmo dei respiri dell’altra …

Ma ben presto, il loro grande entusiasmo mutò in tormento e il loro casto piacere in tortura. Perché Nadine e Kurt non erano due santi ma una ragazza e un ragazzo che si amavano e desideravano esprimere i loro sentimenti anche fisicamente.

Camminando per le strade dell’apparentemente tranquilla Fürstenberg/Havel, Kurt sembrava scorgere a ogni angolo della città coppie di giovanissimi innamorati che si scambiavano effusioni, gettandogli in faccia ciò che non avrebbe mai potuto fare con la sua amata Nadine.

Era una vera ingiustizia! Perché quei ragazzi potevano e loro due no?

A distanza di un mese, a Kurt non bastava più soltanto guardare o accarezzare Nadine attraverso la rete di filo spinato. Adesso voleva anche baciarla, abbracciarla e unirsi completamente a lei.

Quanto gli sarebbe piaciuto almeno passeggiare con lei mano nella mano lungo quel marciapiede alberato, sedersi poi su una panchina e respirare insieme l’aria della primavera, lasciandosi sfiorare dai tiepidi raggi del sole pomeridiano! Kurt si sorprese a sognare come un adolescente questi momenti impossibili da realizzare …

Il sole cominciò pian piano a calare, l’aria a rinfrescarsi, i lampioni della stradina che aveva appena imboccato ad accendersi quando improvvisamente risuonò nel silenzio un urlo straziante e prolungato di donna seguito da un rumore di vetri rotti e di oggetti - forse libri, ipotizzò Kurt - che cadevano al suolo. Il giovane sussultò, domandandosi cosa stesse succedendo e seguì quei rumori.

Più avanzava e più i rumori diventavano riconoscibili: lamenti di donna, voci intimidatorie di uomini, vetri di una qualche vetrina rotti, libri e oggetti che cadevano e ancora gemiti e urla. Poi davanti ai suoi occhi la scena e tutto gli fu chiaro: un gruppo di uomini, probabilmente membri delle SA o delle SS in borghese, armati di manganelli, stavano distruggendo una libreria antiquaria e pestando il proprietario ebreo. Una donna, di certo la moglie dell’uomo, poggiata al muro, teneva la testa fra le mani e, disperata, li pregava di fermarsi e invocava loro pietà ma inutilmente. Non c’era nessuna pietà per quell’uomo inerme né per le lacrime struggenti della moglie. Kurt si fermò a guardare sconvolto la scena: era forse quella la civiltà superiore, fatta da esseri insensibili e spietati? Era forse quello il modo per far rinascere la Germania, saccheggiando e picchiando? Forse il mondo avrebbe aperto gli occhi troppo tardi o forse non l’avrebbe mai fatto. L’uomo, nella violenza, nel conformismo al nazismo e nell’indifferenza aveva ormai perso la sua umanità e nella banalizzazione del male aveva smesso di sorprendersi dinanzi a scene come questa. Kurt temeva che un giorno anche lui non si sarebbe più indignato e arrabbiato di fronte alla follia dell’ideologia nazista.

Il proprietario del negozio adesso era a terra: i quattro uomini avevano fermato i loro manganelli e saziato la loro fame d’ingiustizia e di oppressione. Pian piano, questi criminali si allontanarono e salirono in una macchina nera, lasciando alle loro spalle uno scenario di distruzione e disperazione. La donna poté finalmente correre dal marito e aiutarlo a rialzarsi. Continuando a piangere, lo strinse in un abbraccio e accennò un debole sorriso. Kurt pensò che la donna fosse felice poiché il marito era uscito vivo da quel feroce pestaggio e si rasserenò per loro. L’uomo, col volto tumefatto e claudicante, si resse alla moglie e insieme rientrarono nel negozio. Dopo pochi secondi, la donna tornò in strada e si chinò a raccogliere i libri e tutto ciò che i nazisti avevano buttato fuori e distrutto. Kurt decise di andare ad aiutarla: poco importava se qualcuno lo avesse visto, anzi desiderava proprio questo! Con fierezza, raggiunse quindi la donna …

Kurt era contento per la buona azione appena compiuta e pensava che mai avrebbe dimenticato lo sguardo riconoscente di quella donna.

Come ogni sera, il giovane passò accanto al binario morto e percorse il viale fiorito di Ravensbrück. Ancora un po’ e avrebbe visto da lontano la sua amata: il cuore gli batteva più forte e l’emozione cresceva. Ed eccola, al solito posto, in piedi, nel suo vestito a righe, col fazzoletto tra le mani, bella. Avvicinandosi al campo, Kurt notò che c’era qualcosa di nuovo e di strano davanti alla piazza dell’appello e, spinto dalla curiosità e dalla voglia d’incontrare Nadine, accelerò il passo. Il giovane non riuscì a credere ai propri occhi: quel qualcosa che aveva visto da lontano, dietro la sua amata era un patibolo dal quale pendeva una prigioniera. Un’altra raccapricciante scena di morte assistita a Ravensbrück. Kurt ne rimase estremamente scioccato: perché quella donna era stata impiccata e perché il suo corpo esanime era rimasto lì, dondolato dal vento della notte?

I colpi di bastone sui letti e le urla delle aufseherinnen avevano interrotto bruscamente il sonno di Nadine e di tutte le altre prigioniere del campo. Stordita, confusa e impaurita, la ragazza era scattata sull’attenti e aveva rivolto un rapido sguardo alla finestra del blocco: nessun raggio di sole vi entrava poiché fuori era ancora notte. Con spintoni e colpi di bastone, le donne erano state costrette a uscire in fretta dalle baracche e a raggiungere ordinatamente il piazzale del campo, dove alcune SS stavano allestendo un patibolo mentre altre, sulla torretta di controllo, stavano puntando un faro verso di esso. Nadine tremava per la paura e desiderava sparire pur di non assistere a quell’esecuzione pubblica, all’ennesimo supplizio di un’innocente. La luce si era accesa violentemente sul patibolo e sulle prigioniere e Nadine aveva chiuso per un istante gli occhi. Poi il bagliore era diminuito e una voce maschile aveva iniziato a parlare. La prigioniera numero 2021 era stata sorpresa a rubare durante la notte il latte destinato ai soldati del campo. Nadine conosceva quella donna, anche se non era del suo blocco: si chiamava Grâce ed era una ragazza francese di ventisei anni. Molte, come Nadine, conoscevano Grâce poiché aiutava i neonati del campo procurando loro il latte che rubava alle SS e forse anche l’ipotetica spia la conosceva. Nadine, con terrore, l’aveva vista portare le mani al collo nel disperato e inutile tentativo di allargare la corda; dimenare furiosamente i piedi coperti solo da calzini marroni; estroflettere gli occhi e infine morire. Una scena atroce. Il suo corpo poi doveva rimanere lì sul patibolo per ventiquattro ore come monito per tutte le altre prigioniere …

Kurt si ritrovò faccia a faccia con Nadine. Non le disse una parola né la salutò, limitandosi a guardarla negli occhi con espressione sconvolta e lei fece altrettanto. Nadine era paralizzata dall’immagine straziante della ragazza che lottava per vivere tentando di allargare la corda che le stringeva il collo e Kurt immobilizzato dalla macabra scena di morte che vedeva a pochi metri da lui. Poi, lentamente, Nadine prese le mani di Kurt e gliele strinse fino a fargli male. “ Kurt …” la giovane, ormai specializzata a rompere i silenzi, si fece forza e iniziò a parlare trattenendo il pianto “ … Kurt … ti prego … portami via da qui! ” Nadine sapeva bene che la sua richiesta, dettata dalla disperazione, era impossibile e lei stessa non avrebbe permesso al suo amato di esaudirla. Mai e poi mai avrebbe messo a repentaglio la vita di Kurt per riscattare la propria! Scoppiò quindi in lacrime mentre il giovane rivolse uno sguardo abbattuto al patibolo e infine a lei …

L’impiccagione di quella donna aveva provocato ai due innamorati un forte trauma emotivo. Un senso di paura e fragilità, infatti, li accompagnò nelle ore successive e una domanda riprese a tormentare Kurt: Perché? La stessa domanda che in futuro avrebbe accomunato migliaia di persone sparse in tutto il mondo e che mai avrebbe trovato risposta.

Nadine e Kurt si presero di nuovo le mani ma stavolta fu il ragazzo a interrompere il loro silenzio, dicendo: “ Come stai, amore mio? ” Era la prima volta che la chiamava in quel modo. “ Bene … adesso che ti rivedo. ” rispose Nadine accennando un dolce sorriso. L’incrociare lo sguardo di Kurt, lo sfiorare la sua pelle, l’udire la sua calda voce e la consapevolezza del suo grande amore per lei, le facevano dimenticare ogni male visto e subito, donavano sollievo alla sua stanchezza fisica e mentale e colmavano le tante privazioni. Nadine avrebbe tanto voluto sormontare quel filo spinato e gettarsi tra le braccia di Kurt ma poté soltanto immaginarlo. D’altra parte, anche lui non desiderava altro e si domandava per quanto tempo ancora avrebbe sopportato questa situazione: amare Nadine e sapere che non sarebbe mai stata sua, completamente. Quella sera, Kurt l’aveva lasciata baciandole la mano e un senso di eccitazione l’aveva pervaso e accompagnato lungo la strada del ritorno. Prese una scorciatoia, spinto dalla convinzione che una volta tornato a casa quella sensazione fosse svanita e tentò di essere più svelto possibile. La via era particolarmente buia e stretta tanto che neanche un’automobile sarebbe riuscita a passarvi e, in lontananza, si udiva l’allegro motivetto della canzone “ Rosamunde ”.  Kurt sorrise poiché quella canzone gli piaceva molto. Avanzando a passo meno spedito, vide un’insegna luminosa rossa e capì allora che la musica proveniva da lì: un bordello. Si fermò davanti all’entrata e lesse l’insegna: “ Die Herberge der Begierde ”, L’ostello del desiderio. Un giovane soldato, ubriaco fradicio e con una bottiglia in mano, vi uscì rischiando di cadergli addosso. “ Attento a dove vai! ” gli disse il soldato che subito si allontanò barcollando. Un brusio di risate e voci femminili faceva da sottofondo alla musica e oltrepassava le mura del piccolo ed esternamente mesto edificio. Kurt rilesse la scritta dell’insegna e la sua attenzione cadde sull’ultima parola: Begierde, desiderio. Disperato, alzò gli occhi al cielo e pensò a quanto desiderasse Nadine. Ed ecco che un’idea si fece spazio nella sua mente: sarebbe entrato in quel bordello e stato con una di quelle donne; avrebbe lavorato di fantasia, immaginando che la sconosciuta fosse Nadine e dato così sfogo alla sua libidine. Sarebbe stato un errore, certo, ma alla giovane età di ventitré anni lui poteva permetterselo e poi Nadine non l’avrebbe mai saputo! Salì con decisione i tre bassi gradini ma, nel momento in cui stava per toccare la maniglia della porta, ebbe un ripensamento: quello sarebbe stato un tradimento a tutti gli effetti e come poteva macchiarsene nei confronti di Nadine? Un tradimento anche verso se stesso, alla sua promessa di donarsi soltanto alla donna che sarebbe poi diventata sua moglie e verso i suoi valori, al non considerare la donna come un oggetto da mercificare; un oltraggio all’amore che provava per Nadine e a quel “ per sempre ” che più volte le aveva giurato; la fine di un sogno diventato realtà. Lentamente, Kurt si lasciò cadere su quei gradini e mise la testa fra le mani. In fondo non sarebbe mai riuscito a fare l’amore con una donna che non fosse Nadine. Non c’era riuscito quand’erano ancora amici, figuriamoci adesso! Una lacrima di pentimento per la sua sudicia idea gli scivolò dall’occhio destro, cadendo sul suo ginocchio …

Tornato a casa e chiusosi nella sua stanza, Kurt si disse che il sesso non era la cosa fondamentale in un rapporto; che non faceva nulla se lui e Nadine non l’avrebbero mai fatto perché c’erano tante altre cose che li univano; che non faceva nulla se non si sarebbero mai dati neppure un bacio, quel bacio che segnava l’inizio del loro rapporto non più come amici ma come fidanzati. Sì, non faceva nulla … Ma Kurt non lo pensava davvero e, arrabbiatosi con se stesso, diede un forte calcio al cestino buttandolo al muro e facendo andare le carte dappertutto. A chi voglio prendere in giro?! Si domandò e sedette sul letto, deciso a calmarsi. Vicino ai suoi piedi, vide una fotografia tutta stropicciata caduta dal cestino e cominciò a fissarla. Essa raffigurava un reparto di SS impegnato nel passo dell’oca. Gli venne un’idea, questa volta limpida ma più folle rispetto alla precedente: avrebbe raggiunto la sua Nadine entrando nel campo di Ravensbrück travestito da SS. Uscì dalla camera e corse al telefono, cercò nella rubrica e compose il numero della fidanzata di Hans, sarta.

“ Ciao Franka, sono Kurt …

Ho bisogno del tuo aiuto …

Mi servirebbe una divisa da SS per fare alcune foto …

Ehm … sergente! …

Sì, domani andrà benissimo …

Grazie …

Ciao. ”

Finalmente, il sorriso riapparve sul volto di Kurt …

 

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Capitolo 6
*** Pazzia d’amore ***


Capitolo più piccolo, spero vi piaccia.

 

Capitolo 6

 

Pazzia d’amore

 

Kurt si chiuse in camera e, messosi davanti allo specchio, provò per la seconda volta e con soddisfazione la sua divisa da SS-Unterscharführer. Franka aveva fatto davvero un bel lavoro. Per ultimo, indossò il berretto mentre la radio trasmetteva la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia e alla Gran Bretagna. Un’altra nazione si apprestava a fare il suo ingresso sullo spietato palcoscenico della guerra. Era trascorsa più di una settimana dalla sua folle trovata ma Kurt non ne aveva ancora parlato con Nadine, volendo farle una sorpresa e si domandava in che modo l’avrebbe presa, se con apprensione o contentezza. D’altra parte, lui stesso cominciava a preoccuparsi: entrato nel campo di concentramento, sarebbe bastato un gesto, una parola sbagliata rivolta a un soldato per essere scoperto e arrestato o peggio ucciso. Spense la radio sulla notizia della traversata dell’esercito tedesco nella Senna e, in gran fretta, si cambiò, mise la divisa nello zaino e uscì di casa, diretto verso Ravensbrück.

“ Nadine, ho una sorpresa per te! ” fece Kurt entusiasta, aprendo lentamente la cerniera dello zaino marrone. “ Fammi vedere, fammi vedere! ” esclamò Nadine come una bambina. Il giovane portò lo zaino verso di lei, tenendolo aperto ed esibì un largo sorriso mentre quello di Nadine si spense. Nello zaino c’era un berretto nero con l’aquila e il teschio, una fascia da braccio rossa con la svastica, una divisa delle Schutzstaffeln. La ragazza impallidì e gli domandò: “ Cos’è questa, Kurt? ” “ Una divisa da sergente delle SS. ” rispose con tono estremamente calmo e Nadine preoccupatissima continuò a domandare: “ Dove l’hai presa? Cosa vuoi farci? ” “ L’ho fatta cucire da Franka, la fidanzata di Hans e con questa domani sera entrerò nel campo … ” il tono di Kurt divenne sicuro “ … durante il vostro rientro dal laghetto. ” Nadine, sconvolta, disse di no con la testa e poi con le parole: “ No, tu non lo farai. ” “ Perché? Non vuoi che io venga da te, che ti abbracci?! ” fece Kurt concitato e lei, scoppiando in lacrime, rispose con lo stesso tono: “ Non voglio che ti ammazzino, Kurt! ” “ Ehi, Nadine … ” il giovane tese la mano attraverso il filo spinato e le accarezzò la guancia, asciugandole le lacrime “ … Nadine, ascoltami: non mi succederà nulla di male. Te lo prometto, Nadine. Devi solo fidarti di me, va bene? ” Questa volta, Nadine con la testa annuì.

Oramai mancavano poche ore al tanto desiderato abbraccio dei due innamorati. Kurt si stava occupando delle ultime cose per completare il suo travestimento da SS, acquistando un fucile e una pistola, entrambi senza munizioni mentre Nadine, trascinando a fatica la carriola stracolma di sabbia, stava tentando di allontanare la paura per il rischio che a breve il suo amato avrebbe corso entrando nell’inferno di Ravensbrück. Si fidava di lui e lo amava con tutta se stessa, per questo temeva per la sua incolumità. Anche Kurt aveva paura ma era sicuro che valesse la pena rischiare la propria vita pur solo per un bacio di Nadine.

Il giovane lasciò cadere lo zaino con dentro i suoi indumenti vicino all’albero e, nell’attesa che passassero le prigioniere e gli aguzzini per confondersi tra loro ed entrare così nel campo, incominciò ad aggiustarsi nervosamente il cinturone, la pistola, i bottoni della giacca, il berretto e il fucile dietro le spalle. Pensava che, se qualcuno gli avesse domandato il perché del suo zoppicare, lui avrebbe risposto “ infortunio in guerra ”. Ma per adesso tra i suoi pensieri doveva prevalere il come non farsi notare nel suo accodarsi al gruppetto di SS. Nascosto dietro il grosso albero, Kurt iniziò a sudare udendo l’avvicinarsi delle prigioniere che poco dopo passarono seguite dalle SS e, con un lieve sospiro, si accodò.

Adesso, i piedi di Kurt incedevano sul suolo fangoso del campo di Ravensbrück e i suoi occhi potevano assistere da vicino all’umanità mortificata e resa schiava, al degrado e a tutto ciò che di crudele l’uomo era stato capace di fare nei confronti del proprio simile. Era qualcosa di peggiore dei racconti di Nadine, qualcosa che faceva velare gli occhi di lacrime e sentire impotente e colpevole. Nell’attesa che passasse un’ora dalla distribuzione della cena per incontrare Nadine al filo spinato come d’accordo, Kurt girò per le baracche del campo: sgomento, ne vide l’interno e ne sentì l’odore. Fuori a una di esse, sostavano alcuni bambini dell’età compresa tra i due e i dieci anni dall’aspetto emaciato, l’espressione assente, sporchi e immobili. Uno di loro, il più piccolo, seduto a terra, piangeva disperato e chiamava la mamma. Bambini a cui avevano strappato violentemente l’infanzia con i suoi affetti, i suoi giochi e il suo entusiasmo e finanche l’aspetto stesso di bambini. Allora Kurt considerò la sua infanzia felice e, di colpo, l’incidente avuto da bambino e l’inaffettività di suo padre persero la loro gravità. All’età di quei bambini, lui aveva una madre che – soprattutto dopo l’incidente – accorreva a ogni suo minimo lamento e accontentava i suoi capricci e un padre che, nonostante tutto, gli permetteva una vita serena e agiata. In quel momento, Kurt ringraziò il cielo per tutto ciò che aveva avuto, affetti e cose, e che da sempre aveva dato per scontato. Per le baracche del campo, si aggiravano donne con le gambe sporche di fango, anch’esse dall’aspetto emaciato e l’espressione stravolta, che si scansavano impaurite al passaggio di Kurt. Intanto, il sole calò su Ravensbrück e il giovane la vide: Nadine era ferma al solito posto e guardava al di là del filo spinato; poi si volse e gli sorrise. “ Kurt. ” sussurrò mentre egli ricambiò il sorriso e le andò velocemente incontro. Non la paura, non il filo spinato, ma adesso solo un passo lo divideva da Nadine. Quest’ultima gli si gettò al collo e rimasero a lungo stretti nell’abbraccio che era stato negato loro in amicizia. Poi le mani di Kurt salirono pian piano sul viso di Nadine e le loro labbra si unirono in un bacio appassionato. In quel momento, tutto ciò che li circondava sparì, le baracche, le torrette di controllo, il filo spinato, le guardie e le prigioniere che avrebbero potuto scoprirli, il campo stesso. In quel momento, rimasero soli circondati dal loro grande amore finalmente esprimibile. Il berretto di Kurt cadde, spinto dalle carezze di Nadine che in un sospiro gli disse: “ Ti amo. ” “ Nadine. ” sussurrò il giovane e la baciò con delicatezza. Ma, di colpo, i due innamorati tornarono nella realtà e la paura di essere scoperti li assalì. “ Nell’infermeria non c’è nessuno: andiamo lì. ” propose Nadine indicandogli una baracca poco lontana e Kurt, annuendo con la testa, la seguì.  L’infermeria era una baracca più piccola e buia rispetto alle altre, con al centro due brandine e alla parete destra un mobiletto dalle porte di vetro dietro le quali s’intravedevano una cassetta di pronto soccorso e pochi medicinali sparpagliati. Kurt si chiuse la porta alle spalle mentre Nadine si strinse fortemente ai suoi fianchi. Si baciarono di nuovo con passione, finendo così su uno di quei letti, Kurt sopra Nadine. La ragazza perse il fazzoletto a righe che le copriva i capelli, adesso non più cortissimi, mentre l’altro continuava a baciarla e ad accarezzarle il viso. Poi le mani di Nadine cominciarono a stringere più forte i fianchi di Kurt che si sbottonò velocemente i pantaloni.

“ No! ” fece di colpo Nadine e si guardarono entrambi con aria confusa. “ Kurt, io non sono ancora pronta. È successo tutto così in fretta. ” Le sue mani caddero pesanti sul letto mentre il giovane rimase per un po’ immobile in ginocchio su di lei. “ Va bene. ” le disse poi sdraiandosi accanto e, abbracciandola, aggiunse: “ Almeno possiamo restare qui? … Abbracciati? ” “ Sì. ” rispose Nadine, poggiando delicatamente la testa sul suo petto. Kurt si accontentò di quell’abbraccio: avrebbe aspettato i tempi della sua amata.    

 

 

 

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Capitolo 7
*** Un bel sogno ***


Capitolo 7

 

Un bel sogno

 

E i tempi di Nadine furono molto brevi. La sera successiva, infatti, su quello stesso letto dell’infermeria, lei e Kurt consumarono il loro amore. “ Sei sicura, Nadine? ” le chiese Kurt, guardandola negli occhi lucidi per l’emozione. “ Sì. ” rispose, poggiando le mani sul petto del giovane che era sospeso a mezz’aria su di lei.  Tra un bacio e una carezza, i due innamorati rimasero presto senza vestiti. “ Amore. ” disse Nadine, trattenendo un gemito e accostò il capo di Kurt al suo seno. “ Ti amo. ” ribatté l’altro in un sospiro e poi i loro corpi si unirono. Kurt si fermò per un attimo nei suoi movimenti armonici e continui per riprendere fiato e Nadine, prendendogli la faccia bagnata di sudore, l’avvicinò alla sua. Ansimante, lo baciò sulle labbra e Kurt riprese a entrare lentamente in lei.  Nadine mise le sue mani, fredde anche in estate, sulle natiche nude di Kurt e da quel momento in poi fu lei a guidarne i movimenti, ancora lenti e continui, spingendolo verso di sé. La baracca si riempì di sospiri e gemiti trattenuti per timore dei due di essere scoperti. Alla fine, Kurt accostò la guancia a quella di Nadine e, con un fil di voce, le disse: “ Qualunque cosa accadrà, io ti sarò sempre vicino, non ti lascerò mai. ” In un singhiozzo, Nadine esplose in lacrime – per la prima volta – di gioia e, stringendosi fortemente al suo amato, rispose: “ Ed io ti amerò per sempre, fino all’ultimo respiro della mia vita e anche dopo, io ti amerò per tutta l’eternità. ” E, di nuovo, i due amanti unirono le loro labbra in un bacio appassionato. 

“ Amore, ricordi quella sera che non venni al filo spinato? ” domandò Nadine, poggiando la testa sul petto di Kurt che subito annuì con un sorriso. “ Non avevo la febbre. Ero nascosta dietro questa baracca e ti guardavo. ” confessò la ragazza dispiaciuta. “ Perché? ” fece Kurt, coprendole le nudità con la sua giacca da SS. “ Stavo morendo di gelosia. ” rispose Nadine e Kurt, accarezzandole i corti capelli, disse: “ Nadine, io stavo per andarci a letto con quella, ma poi io pensavo a te. ” Tra i due seguirono alcuni istanti di silenzio, poi il giovane abbracciò la sua amata e concluse: “ Sono contento di non aver mai fatto l’amore con nessun’altra prima di te. ” Nadine si strinse forte al petto di Kurt che la baciò sul capo e, la mattina dopo, l’acuto fischio della sirena li sorprese addormentati, ancora stretti in quell’abbraccio. 

Di sera, Kurt – accodandosi al reparto di SS, travestito da nazista – riuscì a entrare di nuovo nel campo di concentramento e a incontrare Nadine nella baracca dell’infermeria. I due fecero l’amore, così come la sera successiva, di nuovo con passione e dolcezza.

“ Nadine, raccontami com’eri quando sei arrivata al campo. Com’eri vestita, com’erano i tuoi capelli. Lunghi, vero? ” domandò Kurt, continuando ad accarezzarle i capelli. Nadine gli rivolse un rapido sguardo prima di accoccolarsi di nuovo al suo petto e, con voce malinconica, rispose: “ Beh, non ti sarei piaciuta. ” “ Perché?! ” fece Kurt meravigliato. “ Perché ero un po’ … diciamo rotondetta. ” ribatté la giovane, ricordando in quel momento tutti gli sguardi e i commenti negativi ricevuti in passato. “ Mi saresti piaciuta lo stesso. ” affermò Kurt con tono deciso. “ Era brutto sentirsi dire frasi del tipo: Se non dimagrisci, non trovi marito … ” cominciò a raccontare Nadine e Kurt, a questa prima frase, sbuffò “ … perché agli uomini non importa dei buoni sentimenti; oppure: Se dimagrisci, puoi trovare più facilmente lavoro. ” “ Che gente ignorante! ” intervenne Kurt sdegnato. “ Poi quelle battutine … ” riprese a dire Nadine “ … e quegli sguardi strani. ” “ Ti capisco, Nadine. Anche a me succedeva e succede tuttora a causa del mio problema. So benissimo ciò che si prova. ” affermò Kurt con voce triste e la ragazza continuò: “ Poi a volte per consolarmi mi dicevano: Però hai un bel viso; Però sei bella dentro. ” Kurt capì che Nadine era sul punto di piangere e allora decise di tirarla su di morale, di farla ridere. “ E non avevano tutti i torti! ” disse e, prendendola su di sé, con tono scherzoso, aggiunse: “ Sei bella dentro e fuori, sopra e sotto! ” Nadine fece un’espressione di finto rimprovero e gli diede un buffetto sulla guancia. “ Ma che volgare! ” esclamò poi ridendo. “ Tu hai pensato male! ” ribatté Kurt e iniziò a farle il solletico. “ Basta, Kurt! ” diceva Nadine trattenendo le risate “ Altrimenti ci scopriranno! ” Kurt smise di farle il solletico e adagiò le mani sui suoi fianchi. I due innamorati risero un’ultima volta prima di tornare seri e guardarsi profondamente negli occhi. Le loro labbra erano vicinissime ma non tentarono nemmeno di sfiorarsi. Poi Nadine poggiò lentamente la guancia sulla spalla di Kurt e, con dolcezza, gli chiese: “ Kurt, ti prego, dimmi qualcosa che mi faccia sognare. ” Il giovane si prese qualche secondo di tempo per mettere insieme le idee, per ricordare ciò che da sempre la sua amata gli aveva raccontato di desiderare e ciò che lui stesso voleva per il loro futuro, poi disse: “ Quando la guerra sarà finita, ci trasferiremo a Berlino e andremo ad abitare in una casetta dal tetto rosso con fuori un grande giardino. Ci sposeremo e tu entrerai in chiesa vestita di bianco accompagnata dalle note dell’Ave Maria di Schubert. Quello sarà il giorno più felice della nostra vita. Io aprirò un piccolo studio fotografico, lavorerò sodo tutto il giorno, poi la sera tornerò a casa e, scherzando, ti dirò: Amore, sono a casa! Cosa c’è per cena?! … ” Nadine sorrise malinconicamente. “ … Poi una sera tu mi dirai: Amore, presto saremo in tre. Ed io impazzirò di gioia, ti prenderò in braccio e urlerò: è magnifico! ” “ è davvero un bel sogno. ” intervenne Nadine e Kurt – anche lui con voce malinconica – confermò: “ Sì, davvero un bel sogno. ” I due avrebbero tanto voluto crederci per davvero.

“ Io proprio non ti capisco, Kurt … ” cominciò a dire il signor Hochmann a suo figlio, portando una mano alla fronte “ … Perché non torni a lavorare al giornale? ” “ Sto cercando un altro lavoro. ” rispose Kurt con aria quasi di sfida. “ Ancora? Kurt, hai ventitré anni. Te ne rendi conto? Dovresti lavorare e avere già una famiglia tua da mantenere. Io alla tua età ero già andato via di casa da due anni. ” Parlava il signor Hochmann senza sapere che questo era il desiderio di Kurt, trovare lavoro e metter su famiglia con la sua Nadine. “ Non preoccuparti, presto toglierò il disturbo! ” affermò il giovane, mentre nella sua testa prendeva forma un’idea. “ E sarebbe ora! ” Queste parole dall’accento ironico non fecero altro che incoraggiare Kurt a metterla in pratica al più presto possibile.

Di sera, Kurt fece l’amore con Nadine sfogando su di lei tutto il nervosismo causatogli dalla discussione con suo padre. “ Cosa c’è, Kurt? ” domandò Nadine con fastidio e apprensione. “ Va tutto bene, va tutto bene. ” rispose il ragazzo, dandosi una calmata per timore di farle del male. Poi Kurt si fermò e, guardando negli occhi la sua amata, con voce ancora affannata, le disse: “ Nadine, ho bisogno di sapere una cosa. Ti fidi di me? ” La giovane rispose con meravigliata dolcezza: “ Sì, Kurt. Lo sai già che mi fido di te. ” “ Domani ti porterò via da qui. ” A queste parole, Nadine sgranò gli occhi.  

 

**********

 

Caro lettore,

manca poco alla fine di questa triste e avvincente storia. Il giovane Kurt ha finalmente trovato il coraggio di portare la sua Nadine via dall’inferno di Ravensbrück. I due riusciranno a scappare e a coronare il loro sogno d’amore? Beh, non ti resta che aspettare il prossimo capitolo.

A presto.

Nadine

 

 

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Capitolo 8
*** Fuga da Ravensbrück ***


Capitolo 8

 

Fuga da Ravensbrück

 

Kurt aveva già preparato tutto per la fuga, mettendo nel suo zaino un po’ di cibo e un vestito a mezze maniche per Nadine rubato dall’armadio di sua sorella. Un’ora prima, a cena, il giovane aveva provato un morso allo stomaco pensando che quelli sarebbero stati gli ultimi istanti vissuti con la sua famiglia. Kurt chiuse la cerniera dello zaino e uscì dalla sua camera per entrare in quella di Käthe e parlarle per l’ultima volta. Nonostante le prese in giro reciproche, le discussioni e i litigi immancabili tra fratello e sorella, lui le voleva un gran bene e gli dispiaceva non rivederla mai più. “ Che fai, Käthe? ” le domandò, vedendola con la testa china sui libri. “ Studio! ” “ A metà giugno? ” replicò Kurt con tono meravigliato. “ Certo! Se voglio diventare una giornalista di fama. ” Il giovane le sorrise teneramente e Käthe, rivolgendogli lo sguardo, notò lo zaino. “ Dove vai? ” gli chiese un po’ stupita. “ Starò fuori un paio di giorni per lavoro, al massimo tre, non ti preoccupare. ” “ Fuori dove? ” continuò a domandare sospettosa. “ A Berlino. Devo scattare alcune foto per un giornale. ” “ Bene! ” affermò la ragazza contenta per suo fratello che, inaspettatamente, l’abbracciò e disse: “ Ti voglio bene, sorellina. ” “ Anch’io, fratellone. ” rispose dopo un primo istante di perplessa meraviglia dovuta a quel gesto e a quelle parole d’affetto, insoliti per uno come Kurt. “ Mi stai strozzando, Kurt! ” esclamò Käthe ridendo. “ Scusa, scusa. ” disse il giovane con un sorriso e la lasciò.

Kurt aveva salutato sua sorella e adesso non gli restava che una cosa da fare prima di uscire di casa: prendere i soldi di suo padre. I suoi non sarebbero bastati per il viaggio verso la tranquilla e neutrale Svizzera. Il giovane entrò nell’ufficio del padre e si mise a frugare nei cassetti della scrivania, finché non trovò ciò che stava cercando: un bel mazzo di banconote. Lo prese e, mettendolo lentamente nello zaino, disse: “ Perdonami, papà. ”

Nadine, intanto, andava avanti e indietro per la baracca dell’infermeria domandandosi se Kurt sarebbe riuscito a passare sotto il filo spinato senza essere visto dalle SS. Poi, stanca di quell’incedere, si fermò e sedette su una delle due brandine. Ma, dopo un po’, Nadine balzò in piedi: la porta dell’infermeria si era improvvisamente aperta. “ Kurt! ” esclamò e corse ad abbracciarlo. “ Ce l’ho fatta, Nadine. ” ribatté l’altro commosso mentre la ragazza, scoppiando in lacrime, disse: “ Io non voglio più farlo, ho paura. ” Nadine aveva infatti capito che tentare la fuga da Ravensbrück sarebbe stato un vero e proprio suicidio. Kurt, però, le prese il viso e la rassicurò dicendo: “ Andrà tutto bene, ce la faremo. Tra poco saremo liberi, vedrai. Andrà tutto bene. ” Le asciugò le lacrime e la baciò sulla bocca. “ Ora mettiti questo. ” aggiunse Kurt con dolcezza, dandole il vestito. Nadine, in fretta, si tolse il suo camicione a righe, buttandolo a terra e indossò il vestito beige di Käthe. I due innamorati si presero per mano e uscirono dalla baracca dell’infermeria. Con passo felpato, s’inoltrarono nel buio del campo e si diressero verso la rete di filo spinato. Finalmente raggiunta, Kurt si chinò di scatto e – per la seconda volta – si mise a scavare a mani nude la terra di sotto il filo spinato. “ Così dovremmo farcela. Vai prima tu, Nadi … ” Il giovane non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che la sirena del campo fischiò, i cani cominciarono ad abbaiare e la luce del faro si accese violentemente su di loro accecandoli. Nadine e Kurt erano stati scoperti. La ragazza, tremando, si strinse al suo amante pietrificato dalla paura e, in meno di un secondo, furono accerchiati da SS, guardie donne e kapò. I due non avevano alcuna via di scampo. Immobili e ansimanti, Nadine e Kurt fissavano le figure che avevano dinanzi e sentivano sempre più vicina l’ombra della morte e che quelli sarebbero stati gli ultimi istanti della loro vita. Del gruppetto di SS, si fece avanti il capitano che con violenza li divise spingendo Nadine a terra. “ Cosa avevi intenzione di fare, puttana di un’ebrea? ” le domandò la SS con tono ironico. Kurt non riuscì a trattenersi e, non appena il capitano si volse di nuovo verso di lui, gli sferrò un pugno in faccia. “ No! ” urlò Nadine poiché sapeva che con quel pugno Kurt aveva firmato la sua condanna a morte. Il nazista si toccò le labbra e poi, guardandosi le dita sporche di sangue, sorrise sarcasticamente. Nadine si alzò, pronta a correre verso il suo amato in pericolo. “ Kurt! ” esclamò ma una kapò la trattenne per le braccia e, con tono malvagio, le disse: “ Guarda, guarda come muore il tuo amichetto. ” Nadine emise un urlo disumano e scoppiò in lacrime. Kurt la guardò per un istante con le lacrime agli occhi per poi rivolgere di nuovo lo sguardo alla SS. Deglutì per trattenere il pianto e nascondere così la sua paura, assumendo un’espressione fiera. Il nazista lo colpì in viso con un pugno tanto forte da farlo cadere a terra, poi allo stomaco con un calcio fortissimo. Dalla bocca insanguinata di Kurt fuoriuscì un gemito di dolore e Nadine si dimenò furiosamente. “ No! Kurt! ” urlò mentre la SS continuò a colpirlo con calci. Quand’ebbe finito, il capitano si avvicinò a un suo sottoposto lasciando Kurt mezzo tramortito a terra e gli sfilò il manganello dal cinturone. Il giovane rivolse uno sguardo disperato alla sua amata. “ Kurt. ” sussurrò Nadine e, in quel momento, sentì come se qualcuno le stesse strappando il cuore dal petto. Kurt, colui che era stato suo amico, colui che l’aveva aiutata materialmente e moralmente, colui che era stato il suo primo amore, colui che amava con tutta se stessa, a breve, sarebbe morto atrocemente. “ No! Lui non c’entra niente! Prendete me! ” urlò la ragazza “ è tutta colpa mia! ” Ma fu inutile: il nazista cominciò a colpirlo col manganello. A un colpo alla testa, seguito da un altro alla faccia, Kurt quasi svenne e anche Nadine rischiò di perdere i sensi per lo shock.

La SS fermò la sua furia e, asciugandosi il sudore dalla fronte, si avvicinò alla kapò che teneva Nadine stretta e disse: “ Tu occupati di lei. ” Il nazista andò via seguito da guardie e soldati, lasciando lì il giovane Kurt agonizzante, Nadine e la kapò. Quest’ultima, mossa a pietà, lasciò la ragazza cadere a terra e le permise di raggiungere il suo amato. Stremata e senza più lacrime, Nadine strisciò verso Kurt che emise un profondo respiro e iniziò a tremare. Il giovane stava per morire. “ Sono qui, amore, sono qui. ” gli disse Nadine, prendendogli la mano. Quelle parole portarono Kurt indietro con la mente, al giorno del suo incidente, erano le stesse che gli aveva pronunciato sua madre in ospedale. Nadine lo guardò in viso: Kurt era irriconoscibile; i suoi bellissimi occhi marroni erano pesti e stentavano ad aprirsi; il suo naso, dalla forma greca, era rotto e le sue labbra perfette erano impastate di sangue. “ Oh, Kurt. ” disse la ragazza, scoppiando in lacrime. “ Nadine. ” sussurrò l’altro e, aprendo gli occhi, vide su di sé, in un’immagine sfocata, il volto della sua amata. “ Perdonami. Non sono riuscito a salvarti. ” le disse a fatica. Non c’era una parte del corpo che non gli facesse male. “ Shh … ” fece Nadine “ … Presto, presto saremo via da qui. ” “ No, tu devi vivere … ed io ti sarò sempre vicino … Ricordi? … Non ti lascerò mai. ” rispose Kurt e la giovane annuì con la testa.  “ Nadine. ” Kurt respirò di nuovo profondamente. “ Sì, Kurt, sono qui. ” rispose Nadine, accarezzandogli i capelli. “ Nadine, ti prego, dimmi qualcosa che mi faccia sognare. ” La ragazza trattenne le lacrime e gli ripeté parola per parola: “ Quando la guerra sarà finita, ci trasferiremo a Berlino e andremo ad abitare in una casetta dal tetto rosso con fuori un grande giardino. Ci sposeremo ed io entrerò in chiesa vestita di bianco accompagnata dalle note dell’Ave Maria di Schubert. Quello sarà il giorno più felice della nostra vita … ” Dagli occhi tumefatti di Kurt scivolarono delle grosse lacrime. “ … Tu aprirai un piccolo studio fotografico, lavorerai sodo tutto il giorno, poi la sera tornerai a casa e, scherzando, mi dirai: Amore, sono a casa! Cosa c’è per cena?! Poi una sera io ti dirò: Amore, presto saremo in tre … ” Ma, prima che Nadine potesse terminare, Kurt chiuse gli occhi, per sempre. Il giovane morì il 16 giugno del 1940, all’età di soli ventitré anni. Nadine si calò su di lui e, baciandogli lievemente le labbra, esplose in un pianto disperato.

 

“ Lascia ch'io pianga mia cruda sorte e che sospiri la libertà ”.

Rinaldo

Georg Friedrich Händel (1685 - 1759)

 

 

 

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Capitolo 9
*** Sangue e lacrime ***


Capitolo 9

 

Sangue e lacrime

 

Nadine fu sollevata bruscamente dal corpo esanime e deturpato di Kurt. Non mostrò resistenza, essendosi distaccata dalla realtà e permise alla kapò di portarla via senza alcuna difficoltà. Anche il corpo di Kurt fu portato via, trascinato per i piedi da un soldato delle SS e questa fu l’ultima immagine che vide Nadine prima di chiudere gli occhi e perdere completamente padronanza di sé. La ragazza non era svenuta ma, dato il forte shock per la perdita del suo amato, aveva perso la capacità di percepire ciò che le accadeva attorno.

Quando rinvenne, Nadine si ritrovò circondata da donne completamente nude. Si guardò: anche lei era nuda. Confusa, portò le mani sulla faccia bagnata di lacrime e sporca del sangue di Kurt. Poi, alzando di colpo lo sguardo, vide un soffitto color grigio con un grosso tubo nero e un getto proprio sopra la sua testa e capì allora di trovarsi in una camera a gas. Nadine – non ancora ventenne – fu invasa da paura e disperazione, sapendo che presto sarebbe morta. “ Tranquille, è solo una doccia! ” Una voce femminile risuonò nel silenzio dell’umida stanza ma Nadine non credé a quelle parole, come molte altre donne che erano lì. La giovane, presa dal panico, cominciò a tremare e a girare su se stessa andando a finire prima addosso a una ragazza poi contro le gelide mattonelle. Non voleva morire e ricordava ininterrottamente le parole di Kurt: Tu devi vivere.

Ma, all’improvviso, le luci si spensero e Nadine non riuscì a trattenere un urlo acuto e straziante di terrore mentre i rubinetti si aprirono.

 

fine

 

“ Vedo il mondo che si trasforma gradualmente in una terra inospitale; sento avvicinarsi il tuono che distruggerà anche noi; posso percepire le sofferenze di milioni di persone; ma, se guardo il cielo lassù, penso che tutto tornerà al suo posto, che anche questa crudeltà avrà fine e che ritorneranno la pace e la tranquillità ”.

Anna Frank ( 1929 - 1945 )

 

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Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito la mia storia; tutti coloro che l’hanno inserita tra i preferiti, le seguite e le ricordate.

A tutti voi, un calorosissimo abbraccio.

La vostra Nadine

 

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