Capitolo
1 – Reload
“Purtroppo
non si può tornare nel passato,
devi
fartene una ragione.
Anche
se è stato il periodo più bello della nostra
vita...
il
passato è passato. “
G.T.O.
Doveva
essere
passata la mezzanotte da un pezzo. Un bel pezzo.
L'orologio
a muro
confermava, segnando le due e trentacinque.
Una
nottata
ignobile per uno straordinario, tanto più che il Festival di
Primavera si avvicinava e le giornate si stavano facendo lunghe e
calde.
Come
tutti gli
anni, il periodo coincideva con un aumento del lavoro, in quanto
tutti i possessori di ciclomotori volevano una revisione completa.
Non
che gli
dispiacesse, ma questo significava tornare a casa stanco morto,
perciò evitava sempre di prolungare l'orario lavorativo
più del
necessario.
L'eccezione
in
questo caso era rappresentata da un amico di vecchia data, un
compagno di classe.
Dette
uno sguardo
all'entrata; ovviamente la saracinesca era chiusa a chiave, ma non
riusciva ad essere totalmente tranquillo quando c'era di mezzo lui.
- Allora?
- Calmati.
Ti ho già detto (e ripetuto) che la messa a punto di questo coso
non è tra le più semplici.
Stava
mettendo
mano al carburatore. Non era certo facile (per un profano) ma lui
sapeva il fatto suo. Altrimenti, come avrebbero potuto affidargli la
direzione dell'officina?
- Doveva
essere pronta ieri.
La
figura
accucciata non si degnò nemmeno di sollevare lo sguardo. Non
ce
n'era bisogno.
-
Passami
la chiave inglese.
- Quale?
- Quella
del trenta. Dovrebbe essere qua intorno.
- Oh eccola. Tieni.
Occasionalmente,
i
lavori in corso riuscivano ancora a destare l'attenzione del
proprietario. Tuttavia, dopo pochi attimi lo sguardo si perdeva sui
montacarichi, sulle moto, sui blocchi motore, sugli strumenti e sui
calendari alle pareti. Ad essere sinceri, più sui calendari
alle
pareti che sul resto.
-Ma
perché non usi l'altra?
- Eh?
- Ti
ho chiesto perché non usi l'altra moto...
- Puoi
sempre far finta che sia un prototipo, no? Potresti, alla peggio,
volare via...nel senso letterale del termine!
- Potrei,
ma sono sempre troppo affezionato alla mia ZII. Non potrei mai
abbandonarla.
- Sei
scemo? Ma lo sai che se vado in giro con quella
attirerei troppo l'attenzione? Mi fermerebbero ad ogni incrocio! Non
farei vita.
Sul
volto del
meccanico apparve un tiepido sorriso, nostalgico; quel genere di
sorriso che compare quando due persone hanno passato molte avventure
insieme.
-
Uff...yawn. Qui ho finito. La tua moto è pronta,
Eikichi.
Fuori,
i grilli
frinivano e la luna tramontava.
***
Ormai le capitava raramente
di
svegliarsi dopo mezzanotte.
La luce argentea dell'astro
illuminava
il letto, il computer e il pavimento della camera. Era talmente
scontato che fosse solamente la luce riflessa del sole, un fenomeno
fisico assolutamente banale, che non doveva certo causarle commozione
o turbamento.
Tuttavia, solo da pochi
anni aveva
imparato ad apprezzare la luce della luna per il suo valore poetico.
"Mh mh, stanotte la luna
è particolarmente bella, certo."
Il quartiere era
silenzioso. La notte
totalmente limpida, solo qualche banco nuvoloso all'orizzonte,
probabilmente Strati o Nembostrati. Nonostante la luce, riusciva a
distinguere bene l'Orsa Maggiore, Mizar, Alcor, la linea tra Dubhe e
Merak, che prolungata per cinque volte portava alla Stella Polare, a
433 anni-luce di distanza dalla Terra. Un sistema triplo, come le
terzine in musica e i legami tripli tra gli atomi.
Si accese una sigaretta. Un
gesto
automatico, mentre divagava tra nozioni e pensieri, senza seguire una
linea precisa ma facendosi trasportare dalla casualità.
Apri la finestra che dava
sul piccolo
terrazzo, e notò che non faceva freddo, mentre il fumo
saliva
verticalmente e si disperdeva nell'aria tersa.
Tese l'orecchio. Vicino, il
frinire dei
grilli. Lontano, il rumore sordo delle auto e degli aerei da
trasporto. Ancora più lontano, il rumore dei treni. Ogni
tanto, il
canto di un uccello notturno o lo stridio dei pipistrello rimbombava
tra i muri quieti e i tetti silenti.
Senza rendersene conto,
erano già
arrivati alla Festa di Primavera. Mancava circa una settimana, ma i
lavori erano a buon punto.
Prese in mano il volantino
promozionale, una realizzazione di Kikuchi. Era migliorato molto;
d'altro canto, se voleva lavorare come Web Designer aveva sempre
molto da imparare, pensò la ragazza.
Gli occhi caddero su
“La Grande
Novità di quest'anno, la Serata Danzante.”.
Ricordava la sua
perplessità.
Che aveva detto il
professore, a tal
riguardo? Ah sì: “....sicuramente si
farà vivo, così almeno
potrai ballare con lui, stargli vicino vicino, prendergli la
mano...”.
Lei non amava sentirsi a
disagio. Tanto
meno, sentirsi in imbarazzo a causa dei suoi sentimenti. Quindi,
aveva deciso di colpirlo con il taser che portava sempre con se. Ai
testicoli.
“Non ti pare di
avere esagerato un
tantino?”. Beh certo, sbavava e schiumava, ma poteva essere
tutta
una recita, no?
“Non ci sono
problemi, tanto quello
non muore, figurarsi se rimane sterile o impotente”.
Le venne spontaneo un
sorriso. Avevano
fatto tante stupidaggini insieme, in questi anni di scuola.
Dopo tutto questo tempo si
era formata
una specie di famiglia. Correzione, una famiglia
vera e
propria, oltre a quella vera che adesso (grazie a quel pervertito
maniaco di Onizuka) si poteva dire completamente rinata.
Senza contare il gran
casino dell'anno
scorso.
Tutto era cominciato due
anni fa, nella
primavera del 2004, con l'apertura del Rift, una faglia che metteva
in comunicazione due universi, localizzata tra Giove e il primo
gruppo dei Troiani (asteroidi sull'orbita del pianeta).
Poi il ritorno della GGG,
nell'autunno
del solito anno, fatto passare sotto silenzio dall'Onu.
All'inizio dell'anno
scolastico 2005,
si erano iscritti nella loro scuola due “studenti dello
scambio
culturale”. Questo era coinciso con l'arrivo di
“organismi
autonomi cybernerici”, due fazioni di robot senzienti in
lotta tra
loro.
Dopo quattro mesi,
l'invasione aliena.
Gli Yithiani erano tornati sulla terra allo scopo di impadronirsi di
un grosso monolito carico di energia mistica, in grado di resuscitare
la loro Divinità Madre tramite il sacrificio di esseri
umani.
Il Rift si era chiuso alle
loro spalle,
intrappolandoli in questo universo. Non avevano altra scelta che
conquistare la Terra.
Ovviamente, i terrestri si
erano
opposti. Era scoppiato un conflitto su scala mondiale. Nessuno
escluso.
Banalmente,
era finita con il
lancio di armi di distruzione di massa, la morte di circa 9/10 degli
esseri viventi del pianeta e la completa distruzione dell'ecosistema.
Gli Yithiani erano stati
sconfitti da
un attacco suicida contro la loro nave madre, che aveva inglobato il
monolite ed era prossima a resuscitare la Divinità madre.
Tuttavia, nonostante la
vittoria, la
fine della vita sulla Terra sarebbe risultata inevitabile, se non
fosse stato per l'atto eroico di una ragazza deceduta nelle prime
fasi del conflitto e adesso residente nel Limpid Channel, una sorta
di dimensione ultraterrena naturale dove gli spiriti potevano
comunicare con i vivi.
Un'alterazione nel
continuum
spazio-tempo indotto da un essere parzialmente asceso aveva riportato
il mondo allo stadio originario.
Contemporaneamente, i
ricordi di quello
che era successo (invasione aliena, super robot giganti, zombi
mutanti, rapimenti di massa) erano stati rimossi in tutte le persone.
Tranne lei, lui, il professore, alcuni tecnici e non si sa bene chi
altro.
Infine, aveva bloccato per
sempre
l'accesso al Limpid Channel, visto che l'energia mistica della
dimensione era stata completamente prosciugata nel ripristino delle
condizioni originarie.
Da allora non era successo
altro. Tutti
avevano ripreso a comportarsi come sempre, quindi anche a lei doveva
per forza andare bene così.
In realtà, non
le andava bene per
niente.
Non lo aveva più
rivisto, da quel
giorno di Ottobre, da quando lei e Onizuka gli avevano detto addio.
Lei piangeva, lui aveva
blaterato delle
scuse, il professore si era incazzato e lo aveva minacciato di
cambiargli i connotanti. Lui aveva fatto presente che non poteva
rimanere lì per motivi di sicurezza inerenti...boh, non
aveva
capito, qualcosa riguardante gli studenti della scuola e la sua
particolare struttura cellulare...forse.
Aveva provato a chiamarlo
più di una
volta, ma lui non aveva mai risposto. Solo gli gli auguri di Natale e
di Capodanno. Ma via SMS, mai a voce, né tanto meno di
persona.
Come mai si comportasse
così lo
sapevano solo i Kami. Sapeva, in cuor suo, che andava tutto bene,
visto che “nessuna nuova, buona nuova”, sperava di
rivederlo alla
Festa di Primavera (così aveva fatto intendere nel messaggio
di
Capodanno) ma...
...non le andava
giù.
Non era quello il modo di
trattare una
ragazza, tanto meno una compagna d'armi, tanto meno Lei. Ma chi
diavolo si credeva di essere eh? Eroico sacrificio un paio di palle!
Non si faceva così. Idiota e insensibile come tutti gli
uomini,
ecco! Se l'avesse visto alla Festa di Primavera, gli avrebbe ficcato
una vipera nelle mutande prendendolo a schiaffi, così
avrebbe
imparato a far soffrire una povera fanciulla indifesa.
Fortunatamente, il suo PDA
suonò una
volta, distogliendola dai suoi propositi omicidi.
“Ah, un SMS? A
quest'ora?”.
Com'era diversa, la luce
dello schermo
a cristalli liquidi rispetto a quella naturale della luna! Le dava
quasi fastidio. Stinse gli occhi per leggere meglio.
“
Da: Numero
Sconosciuto
Allegato: zone.jpg
Testo: Sig.na Kanzaki, la
prego di
incontrarmi domani sera alle 19.35 nella zona di Shōnan
a
queste coordinate [attach.
“zone.jpg”]. Ho da comunicarle importanti
informazioni sul
Capitano.
Cordiali Saluti,
V.
”
Venne scossa dalla malia in
cui era
precipitata dal forte rumore delle gomme che slittavano sull'asfalto
umido, giù in strada.
Il cuore le batteva forte
mentre il
suono di un motore che accelerava si stava assottigliando sempre di
più.
Con uno sforzo, si impose
la calma.
“Dunque,
ragioniamo. Non può essere
uno scherzo, perché sanno che farmi uno scherzo del genere
può
essere molto pericoloso per la loro incolumità fisica.
Inoltre,
perché inviarlo proprio ora...? A meno che non sapesse che
ero
sveglia....e quella sgommata.”
Si alzò e si
mise a passeggiare in
cerchio.
“Si è
firmato con V. E' tipico del
personaggio, certo, ma fa anche molto film di spionaggio anni 50...la
zona del rendez-vous, mh, vediamo...è
vicina ad una zona
balneare e visto che lì c'è pieno di locali e
polizia, sarà
difficile per un eventuale malintenzionato rapirmi e...va bene,
lasciamo perdere. Sarà meglio portare qualche gadget e
avvertire gli
altri...mh no, meglio di no. Dunque, che altro? Niente, quindi
sarà
bene che mi addormenti.”
Ma nonostante il buon
proponimento, non
riuscì a prendere subito sonno lo stesso.
***
Era
passato appena un minuto
da quando era entrato dentro la sala briefing, che già si
sentiva a
casa!
-
Questa è la registrazione...è di
qualità scarsa, purtroppo, ma si riesce a capire tutte le
parole abbastanza bene.
- Credevo che lo stato finanziasse i nostri gingilli, signore.
- Appunto per quello fanno pena. Con i soldi che ci arrivano riusciamo
a malapena a mandare avanti la maledetta baracca.
- Non sapevo che versassimo in condizioni così spiacevoli...
L'uomo
si guardò intorno.
Era tutto così rigorosamente anonimo che si sentiva a casa.
Un
piacevole cambio rispetto alla base Antartica dove aveva passato
l'ultimo periodo di tempo. Osservò il suo superiore,
ingrigito e
ingobbito dagli anni ma sempre lucido (non poteva essere altrimenti)
che premeva dei pulsanti su una consolle.
- Quel laburista dal naso adunco sta facendo di tutto per tagliare
questo genere di spese, comunque...questa è la
registrazione.
Poi,
rivolto allo schermo:
- Play.
“Idioti, credono
veramente che con
quell'operazione da quattro soldi, giocata da un gruppo di adulti
vestiti da cretini che hanno un sacco di soldi da spendere in
giocattoli pericolosi...credono, loro! Credono, anzi, sono fermamente
convinti di averci eliminato [risata grassa] che imbecilli, davvero!
Non conoscono forse la mitologia? Presto ci sarà una sola
Razza
[rumore statico]. Non sanno che ci sono animali, animali! Il dottore
è un genio! Animali che sono in grado di rigenerarsi come la
fantomatica Idra? Ed adesso torniamo a te, dimmi un po', caro [rumore
di schiaffo]...qual'è il tuo segreto? Eh? Dimmelo! Non vuoi
dirmelo
eh? Allora te lo STRAPPERÓ
dalle viscere senza PIETÁ
[urlo]...ma...cosa...Bip.”
- La registrazione finisce
qui. Abbiamo perso contatti con l'agente, supponiamo sia morto.
- Capisco, signore. A quando risale?
- Quarantotto ore fa. Sapevamo che l'operazione per la distruzione
della base operativa aveva ottenuto un certo successo, ma non ci
aspettavamo che le attività riprendessero così
velocemente.
- Quali attività?
- Sembra che il professor Hilmeninskj abbia sequestrato il soggetto A1
per scopi scientifici. In particolare, sembra sia interessato alle
proprietà Evoulder del soggetto.
L'uomo che aveva posto le
domande si
alzò in piedi, digitò qualcosa alla tastiera
richiamando la scheda
del capo dell'organizzazione criminale.
- Un tipo interessante,
questo Hilmeninskj. Laureato in Medicina prima della Seconda Guerra
Mondiale, ex-Nazista, scappato in Uruguay dopo la guerra, vissuto
nell'ombra da allora. Dovrebbe avere una bella età. Che cosa
sa riguardo al profilo psicologico di questo delinquente?
- Intelligenza emotiva sottosviluppata, grande capacità di
concentrazione sull'obiettivo prefissato, fino al punto di dimenticarsi
di mangiare o dormire. La sua empatia è estremamente
limitata, vede le persone come cavie da laboratorio o strumenti: se
inutili, devono essere gettate via.
- Comprendo. Il classico killer gelido.
L'uomo seduto dietro la
scrivania
sbuffò, passandosi una mano tra i radi capelli grigi. Poi
tornò a
guardare l'altro.
- Fondamentalmente
sì, se non fosse che questo bastardo è supportato
da alcune organizzazioni criminali.
- E' quello che abbiamo ascoltato nella registrazione?
- Quello? Dai dati in nostro possesso non risulta niente.
-Si è accorto della microspia dopo pochi minuti che era
entrata in funzione. O c'è un sistema di allarme anti
intrusione o non saprei...
- Thomas ha riferito nulla a riguardo?
- Sembra che la base sia sorvegliata 24/7. Nel rapporto si fa menzione
di sentinelle umane ed animali. Probabilmente cani.
Quando parto?
John ascoltami...forse dovrei affidare questa missione a qualcun altro.
Il suo volto si
scurì, fece un
vigoroso cenno di diniego con gli occhi completamente gelidi.
- Ho un debito con quel
ragazzo, signore.
- Lo so, è per questo che lo dico. Sei coinvolto
emotivamente. Ho paura che il tuo giudizio possa risentirne e quindi
mettere in pericolo il recupero.
- Beh, se avete questa paura chiedete all'America che mandino i...
- Ascolta, ci vuoi pensare?
- Ci ho già pensato. Io conosco
la zona dell'operazione come le mie tasche. Ho portato a termine
ventidue missioni di spionaggio, recupero ostaggi e sabotaggio. Con
successo.
L'uomo
seduto
chiuse gli occhi e si passò le mani sul viso. Percepiva ogni
ruga e
ogni dolore reumatico, in momenti come quello. Rimase immobile per
una decina di secondo, un tempo che sembrò
un'eternità all'agente
in piedi.
- Va
bene. Sai quello che devi fare e cosa ti serve. Parti tra un'ora con un
volto speciale. Hai 24 ore di tempo, una volta giunto a destinazione,
per tirarlo fuori. Dopo il termine il comando dell'operazione passa
alle forze speciali. Puoi andare.
- Grazie, signore.
Salutò
e uscì.
Adesso,
nella
stanza c'era una sola persona, immersa in una oscurità a
tratti
rotta dalla luce dei monitor. Si accese una sigaretta, a che se era
contro ai regolamenti, ma che diavolo, il direttore dell'MI6 poteva
anche permettersi qualche lusso, no? Tuttavia non riusciva a
togliersi di dosso la sensazione che qualcosa sarebbe andato male.
“Beh,
John sa
quello che fa. Devo fidarmi di lui. Dove ho messo la mia bottiglia di
Bunnahabhain?”
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