Mahoo no Hanashi

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Brutti sogni ***
Capitolo 2: *** 1 - Una risposta importante ***
Capitolo 3: *** 2 - Dove diavolo mi trovo?! ***
Capitolo 4: *** 3 - Nel bosco di Tochi no Bannin ***
Capitolo 5: *** 4 - La liberazione ***
Capitolo 6: *** 5 - I misteri del passato ***
Capitolo 7: *** 6 - L'arrivo dei Bannin ***
Capitolo 8: *** 7 - Squilibri ***
Capitolo 9: *** 8 - L'investitura ***
Capitolo 10: *** 9 - Trame ***
Capitolo 11: *** 10- Un esercito di Oni ***
Capitolo 12: *** 11 - Luna piena, porta aperta ***
Capitolo 13: *** 12 - I demoni lupo di Jutsuhin ***
Capitolo 14: *** 13 - Strani sentimenti ***
Capitolo 15: *** 14 - Toraika ***
Capitolo 16: *** 15 - Verso Sunda ***
Capitolo 17: *** 16 - L'amore proibito ***
Capitolo 18: *** 17 - Il piano di Naraku ***
Capitolo 19: *** 18 - Gli usurpatori ***
Capitolo 20: *** 19 - Ardui confronti ***
Capitolo 21: *** 20 - Il sonno di Inuyasha ***
Capitolo 22: *** 21 - Come posso lasciarlo? ***
Capitolo 23: *** 22 - Prodigi ***
Capitolo 24: *** 23 - In mancanza di un piano ***
Capitolo 25: *** 24 - La Taiyoo no Mon è aperta ***
Capitolo 26: *** 25 - L'ultima battaglia ***
Capitolo 27: *** 26 - Hikaruku ***



Capitolo 1
*** Prologo - Brutti sogni ***


PROLOGO

BRUTTI SOGNI

Correva attraverso il forte odore della terra.
Pioveva da minuti che sembravano ore. Il profumo del terreno zuppo era diventato intossicante. Le gocce stillavano come gemme dalle fronde degli alberi, luccicavano sui frutti del sottobosco, pieni del sole di quell'estate di fuoco. Fulmini e tuoni si susseguivano come danzatori tribali sopra la sua testa, nella volta oscurata del cielo. La tempesta aveva trasformato il giorno in notte, e l’ordine delle cose pareva sovvertito.
La Terra, suo corpo e suo sangue, battito costante e profondo insito nella sua natura, linfa vitale e tesoro prezioso che sempre avrebbe protetto, lo chiamava e gridava. Un pericolo gravava su di essa, un pericolo che alle sue orecchie non aveva nome. Eppure, non poteva che dare ascolto alla voce della Terra.
La sua culla.
La sua prigione.
Avrebbe sempre amato ciò che gli aveva dato la vita, eppure…un altro sentimento altrettanto forte, altrettanto disperato, lo strappava dal grembo materno, dal suo ruolo, dai suoi doveri. La libertà. La libertà era ciò che disperatamente il suo cuore anelava. Aveva giurato di servire in eterno, ma la sua promessa vincolante gli era stata strappata quando non conosceva ancora nulla del mondo, delle meraviglie inaspettate che esso nascondeva.
Chi poteva biasimarlo se ora voleva volarsene via? Chi poteva biasimarlo se ora desiderava stringere tra le mani qualcosa che non fosse un’arma atta a difendere e distruggere? Nel suo cuore era nato un sentimento confuso e caldo, dolce come il viso di colei che lo aveva suscitato. Desiderava porre i propri sentimenti al giudizio della Luce che tutto governava, eppure un così piccolo oggetto glielo impediva. Glielo aveva sempre impedito.
Ma se fosse riuscito a convincerla…a convincerla a seguire i suoi passi, a compiere con lui quell'impresa folle agli occhi del mondo, la felicità gli sarebbe ancora stata negata? La Luce gli avrebbe voltato le spalle? Non lo credeva.
Se solo l’avesse convinta…se solo l’avesse condotta lontano dalla battaglia che sentiva stava per scatenarsi, dalle lotte di potere che da sempre dividevano quel mondo…
Ma non era destino. Lei usciva dal folto e tendeva l’arco,  puntando l’arma micidiale contro di lui, distruggendo in un istante i suoi castelli in aria.
Non sentiva le parole che gridava nel rumore della pioggia, mentre un tuono ululava di sdegno.
Non vedeva l’espressione sul suo volto, mentre rilasciava la corda tesa.
Sentì però il peso della freccia sul suo cuore, la freccia che si faceva strada attraverso il suo amore come attraverso la sua carne, e lo corrompeva in rancore…e poi odio, odio, e ancora odio, mentre il mondo si spegneva e un ultimo sussurro usciva dalle sue labbra.
Un nome. Il nome di lei…
Poi tutto fu buio.
***
«INUKI!»
Il ragazzo si svegliò con un rantolo soffocato, alzandosi a sedere di scatto sul futon e artigliando la coperta in una morsa.
«Alla buon’ora.- disse sua madre, con voce mite, scuotendo il capo- E’ almeno la terza volta che cerco di svegliarti. Arriverai tardi a scuola.»
«Ah…» mormorò il giovane, guardando la madre, ordinata e bellissima come sempre, che si alzava ed andava ad aprire le tende, facendo entrare nella stanza la luce del nuovo giorno. Inuki strizzò gli occhi, infastidito, ma la luce gli restituì una parvenza di lucidità. Aveva avuto un incubo molto vivido, di cui rammentava solo il persistente odore di terra bagnata, ed una strana sensazione di appartenenza ad essa. Buffo, visto che il nome di famiglia, Tochi, significava proprio terra!
«Hai fatto un brutto sogno? Ti agitavi nel letto.» gli chiese sua madre.
«In effetti, sì.- borbottò Inuki, passandosi una mano sulla frangia nera- Ma non me lo ricordo molto bene.»
«Capisco.- disse sua madre, con un sorriso- Io, invece, ricordo benissimo che manca meno di mezz’ora alle otto e tu sei ancora in pigiama e a digiuno.»
«Le sette e mezza passate?!- gridò Inuki, saltando subito in piedi e correndo fuori dalla stanza- Mamma, perché non mi hai svegliato prima?!»
La donna scosse il capo, divertita. Suo figlio era davvero incorreggibile.
Inuki si preparò velocemente, infilandosi la divisa nera del Liceo Haretsu e legandosi i folti capelli neri, che portava molto lunghi. Fece una linguaccia al proprio riflesso, strizzando gli occhi violetti, poi si precipitò in cucina per afferrare dal tavolo qualcosa da mangiare per strada.
«Che razza di figlio mi è capitato...» sospirò sua madre, melodrammatica, seduta al cavalletto come ogni mattina. Inuki bofonchiò qualcosa, avendo già messo in bocca una fetta di pane tostato, ma sorrise. Viveva soltanto con sua madre da quando aveva quattro anni. Suo padre, un uomo facoltoso, era morto da molto tempo, ma aveva lasciato alla famiglia una grossa somma di denaro, che aveva permesso alla giovane moglie di continuare la carriera di pittrice senza doversi preoccupare di lavorare per mantenere il figlioletto. Inuki non sentiva molto la mancanza del padre, anche perché non lo ricordava quasi per niente, ma gli era grato per ciò che aveva fatto per sua madre.
«Oggi pomeriggio ho gli allenamenti di kendo, non mi aspettare.» annunciò. Baciò la donna su una guancia e lei lo scacciò ridendo. Inuki infilò le scarpe, si mise la cartella in spalla e si precipitò a scuola. Aveva già abbastanza richiami in condotta senza dovervi aggiungere una nota per il ritardo!
Raggiunse il Liceo Haretsu in quindici minuti correndo come un forsennato tra i ciliegi in fiore, ammirandone in cuor suo la bellezza, e riuscì ad arrivare prima del suono della campana. Col fiatone, si precipitò al proprio armadietto, si cambiò le scarpe e salì con gli ultimi ritardatari al piano superiore, dove si trovava la sua classe, la 3-1.
«Ho fatto in tempo?» gridò. I suoi compagni ridacchiarono al suo ingresso.
«Sì, sei in orario Tochi. Il prof. non è ancora arrivato.» rise Mushu, suo compagno del circolo di kendo. Inuki tirò un sospiro di sollievo e si sedette al banco, sbattendo la cartella con malagrazia.
Inuki non amava molto andare a scuola. Le lezioni lo annoiavano, e se non ci fosse stato il circolo di kendo davvero non sapeva come avrebbe fatto a contenere l’impazienza che lo divorava da sempre. Era in buoni rapporti con parecchi ragazzi della scuola, che lo adoravano per il suo carattere aperto, per la sua forza ed indipendenza…e anche per un certo grado di ribellione nemmeno troppo celato. Le ragazze, al contrario, lo trovavano piuttosto repellente. Non tanto per l’aspetto fisico, di cui Inuki non si poteva proprio lamentare, quanto perché erano sconcertate dalle sue azioni stravaganti e dalla sua tendenza a sfidare l’autorità. C’era solo una ragazza che Inuki poteva affermare fosse sua amica. In effetti, era la sua migliore amica, e la conosceva fin da quando erano bambini, in quanto il tempio di Kagome Higurashi distava pochissimo da casa sua. Kagome lo capiva, forse perché anche lei era orfana di padre, e la loro amicizia durava ormai da anni. In realtà, Inuki sospettava che la presenza di Kagome in quel liceo lo spronasse a frequentarlo anche più del corso di kendo. Per il resto, le ragazze potevano anche andare al diavolo.
La cercò con lo sguardo, vedendo che il suo banco era vuoto.
«Ehi, ma dov’è…» iniziò a chiedere ad alta voce al trio di amiche che la ragazza frequentava, prima che una figura snella e armoniosa entrasse di corsa dalla porta, fermandosi quasi in scivolata, ansimante e con le guance rosse.
«Ho fatto in tempo?» chiese la ragazza, scostandosi dalla spalla la folta massa dei capelli corvini e controllando febbrilmente la cattedra. Inuki scoppiò a ridere, attirando la sua attenzione.
«E tu che hai da ridere, scemo?» chiese, facendogli una linguaccia.
«Sei la mia copia carbone, Kagome!- ridacchiò Inuki, piazzando i piedi sul banco e incrociando le braccia sul petto- In ritardo, e con la faccia tosta di chiedere se hai fatto in tempo prima ancora di guardare se c’è qualcuno in cattedra!»
«Allora dovrei frequentarti meno, Inuki. Vedi di traslocare.- borbottò la ragazza, sedendosi nel banco accanto a lui- E piantala di ridere!»
Inuki continuò a sogghignare, dondolandosi sulla sedia, e alla fine la ragazza cedette, mettendosi a ridere a sua volta. Inuki osservò, come gli succedeva spesso negli ultimi tempi, che Kagome aveva un sorriso meraviglioso.
Turbato e imbarazzato da quel pensiero, smise di ridere e si fece cupo. C’era qualcosa di sbagliato in lui, da qualche tempo a quella parte. Non avrebbe dovuto pensare a lei in quel modo…ma perché no, poi? Era come se fosse guidato da due diverse volontà. Una voleva Kagome. L’altra, se ne allontanava.
«Che hai?» gli chiese Kagome, perplessa da quel repentino cambiamento d’umore. Inuki aprì la bocca sperando che ne venisse fuori una scusa valida, ma in quel momento arrivò il professore, cosa che gli permise di evitare di risponderle e di sotterrare nell’inconscio quella strana sensazione.
Anche per quella volta, il pericolo di rendersi conto dei propri sentimenti era scampato.
***
«Quando ti deciderai a confessare il tuo amore a Tochi?» chiese la ragazza col cerchietto, scendendo le scale per raggiungere l’uscita. Kagome si voltò verso l’amica con le guance in fiamme. Ecco, stava di nuovo per partire l’interrogatorio…ma perché non si decidevano a lasciarla in pace? Aveva già abbastanza problemi a gestire i propri sentimenti senza bisogno di interventi esterni!
«Co…cosa dici, Yuka?!- balbettò, imbarazzata- Sai benissimo che io e Inuki non…»
«Non siete altro che amici, certo.- sospirò quella, scuotendo il capo- Andiamo, Kagome, a chi volete darla a bere? Avete occhi solo l’uno per l’altra, e ormai sono tua amica da tre anni. Non vuoi proprio confidarti con me?»
Kagome mise il broncio. Non voleva offendere l’amica, ma non desiderava mettere in piazza il suo amore per Inuki…che tra l’altro poteva benissimo non ricambiarla. Un brivido gelido la scosse a quel pensiero.
«Non c’è nient’altro che amicizia, fra noi.» ribadì, con voce ferrea. L’amica sospirò e lasciò stare. Quei due erano un caso disperato.
Le due ragazze si separarono all’uscita, in quanto Kagome aveva le attività del club. La giovane dai capelli corvini sospirò, intristendosi. In effetti, Kagome amava segretamente Inuki da moltissimi anni, e se non glielo aveva ancora confessato era perché aveva una forte paura di rovinare la loro amicizia.
Aveva conosciuto il ragazzo quando entrambi avevano otto anni, un anno dopo che Kagome aveva perso il padre. Inuki aveva la brutta abitudine di prenderla in giro e farla arrabbiare, ed in un primo tempo lei non lo poteva sopportare. Litigavano ogni volta che si incontravano, il che succedeva spesso.
Poi, una sera, Inuki aveva esagerato con le sue cattiverie e l’aveva fatta scoppiare in lacrime. Le labbra di Kagome si piegarono in un sorriso tenero nel ricordare il panico di Inuki alla vista delle sue lacrime, e il fatto che fosse corso via per poi tornare con un palloncino pieno d’acqua e uno zucchero filato per lei. Li aveva presi alla fiera per farsi perdonare, perciò lei non doveva piangere più.
Da allora erano diventati amici per la pelle…e dalle scuole medie, nel cuore di Kagome era nato un sentimento anche più forte. Nonostante questo, Kagome l’aveva tenuto celato. Insomma, Inuki non si comportava come un ragazzo innamorato! Non la riempiva certo d’attenzioni, anche se sapeva essere molto premuroso. Non si comportava affatto come gli altri ragazzi che facevano la corte con dolcezza e costanza. Non le aveva nemmeno mai chiesto di uscire insieme! Erano ormai all’ultimo anno del liceo, e ancora Inuki non aveva dato nessun segno positivo. Come avrebbe potuto sbilanciarsi con lui?
Kagome arrivò alla sede del circolo, si cambiò e afferrò l’arco per le esercitazioni. Sfogò la tristezza che le era montata dentro scagliando frecce contro il bersaglio, sorda agli elogi delle kohai che frequentavano il club. Kagome era ormai a livello professionistico in quanto ad abilità, ma competere non le piaceva. Inuki, al contrario, partecipava molto volentieri ai tornei annuali, e tornava trionfante raccontandole di come avesse battuto tutti gli avversari, cosa che lo interessava molto più di coppe e medaglie.
Sospirò. Non riusciva proprio a toglierselo dalla testa! Il problema era che quel giorno le serpeggiava nelle vene un senso d’urgenza…una sensazione pungente ed elettrica, che la spaventava. Sentiva che doveva sbrigarsi a confessare il proprio amore ad Inuki, prima che fosse troppo tardi. Ma tardi per cosa? Scosse la testa.
Era tutta colpa dello strano sogno che aveva fatto quella notte. Di esso ricordava solo di stare correndo tra gli alberi, nell’oscurità, mentre la pioggia cadeva con fragore. Qualcosa era alle sue spalle, ma lei non temeva per la propria vita. Sapeva che doveva morire, e la cosa non la spaventava quanto avrebbe dovuto. Piuttosto, desiderava a tutti i costi salvare la vita di colui che sarebbe stato la vittima successiva. Per questo correva ancora, per raggiungerlo e metterlo in salvo…Si era svegliata con quella terribile sensazione di panico e dolore, che era svanita in parte solo quando aveva visto Inuki ridere di lei una volta entrata in classe. Ma che razza di sogni antipatici si era messa a fare?!
Continuò a pensarci anche una volta finite le attività del club, mentre si dirigeva all’uscita della scuola nella calda luce del tramonto. Possibile che non riuscisse proprio ad essere sincera con Inuki? Aveva forse paura di perdere la sua amicizia? Ma Inuki non era tanto sciocco o cattivo da non volerne più sapere di lei solo perché aveva osato dichiararsi…o no?
«KA-GO-ME!»
Il grido la fece sobbalzare con uno squittio. Si voltò di scatto solo per vedere Inuki che la raggiungeva correndo.
«Ehi, ma sei diventata sorda?! Ti avrò chiamato almeno quattro volte!» la sgridò, sbuffando.
«Oh…scusami, Inuki. Stavo pensando, ed ero distratta.» si giustificò Kagome, arrossendo appena. Inuki la squadrò con aria critica, poi scosse la testa.
«Va bene, va bene…anch’io oggi sono un po’ svagato, ti perdono.- le disse, magnanimo, poi si sciolse i lunghi capelli corvini, passandosi una mano attraverso la frangia- Sei stata al club?»
«Sì, mi sono allenata fino ad adesso.- ammise Kagome, sorridendo- Anche tu?»
Inuki annuì, poi le prese di mano la cartella.
«Torniamo a casa insieme?» le chiese, con un sorriso che le fece aumentare i battiti del cuore. Perché sentiva con tutta quella prepotenza il fascino di Inuki? Erano tornati a casa insieme migliaia di volte…allora perché si trovava a sperare che la luce rossa del tramonto coprisse il rossore delle sue gote?
Dando per scontata la sua risposta, Inuki iniziò ad incamminarsi, e Kagome gli trotterellò a fianco.
***
Ecco, era finita. Aveva fatto ciò che doveva…ma ora il suo cuore era straziato.
Cadde in ginocchio. Acqua ai suoi piedi, acqua sul suo capo. Gelo e dolore nel suo cuore.
«Perdonami…perdonami…» gemette, trattenendo i singhiozzi. Avrebbe un giorno compreso che era stato un gesto dettato dall’amore? Avrebbe mai saputo che gli aveva soltanto salvato la vita? Chissà…Sapeva solo che lei non l’avrebbe visto mai più.
Tra le dita, il gioiello che tanti agognavano bruciava d’aspettativa. Sentiva che qualcuno stava anelando il suo potere, guidato da odio e brama bruciante. Il suo sogno, il sogno del suo amato, non si sarebbe mai realizzato se il gioiello di cui era la custode fosse caduto in mano di quell'essere immondo.
Doveva portare via il gioiello…lontano, dove il suo nemico non avrebbe potuto trovarlo.
Un canto magico salì dalle sue labbra, mentre sfoderava il pugnale.
«Un altro luogo e un altro tempo la salveranno. Che un giorno possa tornare a te, amore mio.» sussurrò tra le lacrime, che erano come pioggia. Il pugnale fu veloce e preciso.
Dopodiché vi fu solo buio.
***
Kagome si svegliò con un grido intrappolato in gola, le guance bagnate di lacrime. Si portò una mano alla bocca, sconvolta. Già le scene del sonno stavano sbiadendo nella sua memoria. Al contrario, il senso di lutto, d’urgenza e l’amore dolente che le avevano attanagliato il cuore durante tutto quel sogno buio le si radicarono nell’anima. Cosa stava per succedere? Perché faceva quei sogni così luttuosi?
“Forse…forse fai questi sogni perché non sei sincera con te stessa. Né con Inuki.” pensò. Il pensiero ebbe l’effetto di calmarla parzialmente. Sì, poteva essere. Sentiva che stava perdendo tempo prezioso, non confessandogli il proprio amore. Forse, il suo stesso cuore cercava di metterle fretta facendole vedere quelle scene così terribili.
Kagome annuì, sempre più convinta della sua ipotesi. Non poteva andare avanti così. Inuki non era tanto stupido da mettere a rischio la loro amicizia a causa di una dichiarazione, e c’era sempre la possibilità che Inuki la ricambiasse. Forse era una possibilità remota, ma c’era. Anche se litigavano spesso, si volevano un gran bene, e Inuki era sempre gentile con lei. Premuroso. E il modo in cui le sorrideva era speciale.
Kagome annuì ancora, sentendo le guance farsi di fiamma e il cuore battere a mille.
Basta con gli indugi. Quel giorno stesso avrebbe confessato il suo amore a Inuki!
Kagome si buttò sul cuscino e si costrinse a dormire ancora qualche ora. Fu uno sforzo senza risultati.

 

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Capitolo 2
*** 1 - Una risposta importante ***


CAPITOLO 1

UNA RISPOSTA IMPORTANTE

La tattica numero uno di Kagome era molto semplice.
Perlomeno, così cercava di convincersi la ragazza, mentre aspettava con il cuore in tumulto accanto al cancello della scuola, la schiena appoggiata al muro e la cartella stretta tra le mani come se se ne potesse volare via nel frizzante vento di quel martedì mattina. Era arrivata a scuola in mostruoso anticipo, quasi un’ora prima, tanto che erano solo cinque minuti che gli studenti avevano iniziato a sfilarle davanti, entrando a scuola. Anche se sapeva che Inuki era sempre in ritardo cronico, non voleva correre rischi…e in ogni caso, dopo essersi risvegliata da quel terribile incubo non era più riuscita a chiudere occhio.
Quel giorno Kagome gli avrebbe confessato il suo amore. Ormai era decisa a farlo, e si era aggrappata a quell'idea con tanta forza che la sua mente non avrebbe avuto spazio per nient’altro finché il danno non fosse stato fatto, o la sua vita avesse assunto finalmente quella sfumatura di rosa che tanto le mancava. Al solo pensiero le tremavano le ginocchia e la faccia le andava in fiamme, ma non riusciva più a contenere i sentimenti che aveva dentro, quello strano senso d’urgenza che la pervadeva. Sperava solo fosse un buon segno.
Per farla breve, insomma, Kagome aveva utilizzato le ore insonni per sviluppare alcune tattiche per far sì che Inuki la ascoltasse. La prima prevedeva un placcaggio prima dell’ingresso a scuola, con relativa dichiarazione.
Riusciva già a vedere tutta la scena con chiarezza. Inuki che arrivava a scuola, con la cartella ciondolante dietro la spalla e il viso corrucciato…che poi la vedeva, lì ad attenderlo all’ingresso della scuola. Il suo viso si sarebbe aperto in uno di quei sorrisi che le facevano battere il cuore a mille. Si sarebbe avvicinato e le avrebbe chiesto: «Ehi, Kagome, mi aspettavi?» Lei lo avrebbe guardato dritto in quei suoi fantastici occhi violetti, cercando di non arrossire, ed avrebbe annuito. «Sì, ti aspettavo.- gli avrebbe risposto- Inuki, devo dirti una cosa importante.» Lui l’avrebbe forse guardata con quella sua aria perplessa e un po’ divertita, che sempre assumeva quando lei decideva di fargli qualche confessione. Ma la sua espressione sarebbe stata sostituita da gioia e partecipazione quando lei, ignorando la folla di curiosi che si andava assiepando, avrebbe scandito le parole: «Inuki, io ti amo.» E lui l’avrebbe stretta tra le sue braccia, dicendole di amarla a sua volta da un sacco di tempo, poi l’avrebbe guardata negli occhi, le avrebbe preso il volto fra le mani, e…
Al solo pensiero, il cuore di Kagome prese a battere più forte e le guance le si fecero di fiamma, tanto da farle guadagnare qualche occhiata perplessa da parte di alcune studentesse che le passavano accanto. Era agitata fino all’inverosimile, e sapeva che era un azzardo iniziare in quel modo la giornata. Se Inuki le avesse risposto picche, come sarebbe riuscita a guardarlo in faccia per il resto della giornata scolastica (per non parlare dell’anno di scuola che ancora li attendeva?!)? Però, preferiva di gran lunga sapere subito quale fosse il suo destino, piuttosto che farsi venire le smanie ora dopo ora, rimandando il momento fatidico fino all’ultimo, con il rischio di perdersi d’animo.
Kagome annuì tra sé, corrugando la fronte e raddrizzando la schiena con piglio fiero. Doveva essere coraggiosa! Non avrebbe permesso alle proprie paure di prendere il sopravvento.
Così, Kagome rimase dov’era, scrutando la strada come un cecchino in attesa della sua preda, stringendo la cartella tanto da far sbiancare le nocche.
I minuti passarono…e passarono…e passarono ancora. Nessuna traccia di Inuki, al suono della prima campanella. Kagome gemette tra sé, lanciando un’occhiata alla scuola, e poi di nuovo alla strada. Ormai la maggior parte degli studenti era entrata. Qualche ritardatario arrivava di corsa, sfrecciandole accanto senza nemmeno perdere tempo a lanciarle un’occhiata incuriosita.
Kagome si morsicò il labbro, frustrata, dondolandosi da un piede all’altro. Che cosa doveva fare? La seconda campanella sarebbe suonata tra pochi minuti, come il suo orologio le confermava. Voleva proprio arrivare in ritardo a scuola?
«Maledizione a te, Inuki Tochi.- mormorò- Ma perché non riesci mai a svegliarti in orario, la mattina?!»
Kagome si incamminò lentamente verso la scuola, continuando a guardarsi alle spalle nella speranza di vedere arrivare di corsa il ragazzo dai capelli neri. La strada, però, rimase vuota. Sospirando desolata, alla fine Kagome rinunciò ed entrò a scuola, in concomitanza con il suono della seconda campanella.
La tattica numero uno di Kagome Higurashi era miseramente fallita.
***
Inuki corse come mai prima quella mattina, con i capelli che gli frustavano la faccia perché non aveva nemmeno avuto il tempo di legarli e una fetta di pane imburrata in bocca. Si era ridotto a fare colazione per la strada, quanto era miserevole…
Anche quella mattina si era svegliato con un ritardo mostruoso. Tutta colpa di quel dannato incubo, sempre lo stesso! Ma che diavolo significava? E poi, doveva proprio assillarlo nelle prime ore della mattina, quando avrebbe dovuto svegliarsi per andare a scuola?! Per fortuna che sua madre era una donna comprensiva…Gli aveva scritto una richiesta di permesso, che ora sporgeva tutta stropicciata da una delle tasche della sua divisa, così avrebbe potuto entrare alla seconda ora senza prendersi una lavata di capo da insegnanti e preside. Come campione di kendo lo amavano tutti, ma come studente proprio in pochi, e i suoi capelli lunghi bastavano a dimostrarlo.
Inuki ingollò la fetta di pane tutta intera, battendosi il petto col pugno per non soffocare, poi svoltò l’angolo e si trovò di fronte il cancello chiuso della scuola. Diavolo, non era mai stato in un ritardo simile…
Impiegò qualche tempo a farsi aprire, poi si diresse nella sala insegnanti e si fece convalidare il permesso. Un’occhiataccia da parte del vicepreside non gliela tolse nessuno,  ma il ragazzo poté recarsi nella propria classe senza essere coinvolto in noiose e frustranti discussioni. Non era proprio dell’umore adatto. Grazie a quel maledetto sogno, aveva i nervi a fior di pelle e una gran voglia di spaccare il muso a qualcuno.
“Proprio una giornata iniziata bene, vero Tochi?” disse a se stesso, ironico. Attese in corridoio che suonasse la campana della seconda ora, poi entrò in classe.
«Buongiorno, prof.! Buongiorno a tutti!» disse, fingendo un’allegria che non provava.
«Tochi! E’ questa l’ora di arrivare?- lo riprese subito l’insegnante, indignato- Fila subito dal preside! Tu…»
«Già fatto.» tagliò corto Inuki, lasciando scivolare sulla cattedra il suo permesso firmato e prendendo posto con malagrazia, sbuffando. Mushu, alla sua sinistra, ridacchiò.
«Riesci a fare il galletto anche in queste situazioni.» lo prese in giro sottovoce, mentre il professore scrutava il permesso scritto come a volervi trovare una pecca. Inuki sollevò appena un sopracciglio.
«Feh! Quel tizio è solo una gran rompiscatole.» commentò, con una smorfia, poi si voltò verso destra ed incrociò lo sguardo di Kagome. Le lesse sul volto una strana espressione che non riuscì a decifrare, ma che gli accelerò per un istante i battiti del cuore.
«Ehilà, Kagome!» le disse, sorridendo. Lei corrugò la fronte e non rispose al saluto. «Ehi, ma ce l’hai con me?» le chiese, perplesso.
«La prossima volta, cerca di arrivare in orario, stupido.» fu la sola risposta di lei, che arrossì in maniera sospetta e poi si mise a scrivere appunti quasi con furia, troncando la conversazione. Attonito per quel comportamento a suo avviso ingiustificato, Inuki fece per chiederle che cosa mai le avesse fatto, ma in quel momento il professore riprese la lezione.
Sbuffando di nuovo, ancora più contrariato di prima, Inuki si rassegnò ad attendere la pausa pranzo per chiedere delucidazioni a quella sciocca e permalosa ragazza di nome Kagome.
***
Era ora di pranzo, ed era anche il momento adatto per far scattare la tattica numero due di Kagome Higurashi.
Sospirando tra sé, sorda alle chiacchiere delle amiche con cui si stava recando alla mensa scolastica, Kagome cercò di raccogliere nel proprio cuore il coraggio di cui si era fregiata quella mattina. Ci riuscì con una certa difficoltà. Come prevedeva, più passava il tempo, meno si sentiva in grado di mettersi in gioco con Inuki.
Arrossì leggermente nel ripensare al modo in cui l’aveva aggredito quella mattina. Come era ovvio, Inuki non aveva capito perché diavolo lei fosse così irritata con lui…ma forse non avrebbe nemmeno dovuto spiegarglielo. Non proprio, visto che prevedeva di approfittare della pausa pranzo per dichiarare i suoi sentimenti. Kagome deglutì a fatica, mentre lo stomaco le si torceva dal nervosismo. Ma perché era così difficile fare una dichiarazione d’amore?!
La sala mensa era, come sempre, affollata all’inverosimile. In fondo alla sala, però, c’era una porta a vetri che dava sul cortile esterno, che portava al campo da pallacanestro. L’idea di Kagome era di trascinare via Inuki dal gruppo dei suoi compagni di kendo e parlargli fuori dalla mensa, nel corroborante silenzio del primo pomeriggio…godendo in questo modo di una privacy che al cancello della scuola, quella mattina, sarebbe sicuramente mancata. Kagome sospirò al pensiero che se Inuki non avesse fatto tardi, a quell'ora il suo destino sarebbe già stato deciso, nel bene o nel male.
«Kagome, ma quanto sospiri?» le chiese Yuka, dandole una gomitata.
«Quanto…oh, scusa. Non me n’ero nemmeno accorta.» disse Kagome, sorridendo con un certo nervosismo e prendendo un vassoio. Ordinò il pranzo con scarsa voglia, e lo mangiò con lo stomaco completamente chiuso. Non si accorse delle occhiate preoccupate delle sue amiche. I suoi occhi erano su Inuki, seduto due tavoli più in là assieme al suo allegro gruppo di compagni di kendo. Sussultò quando i loro sguardi si incrociarono, come se Inuki avesse sentito di essere osservato. Lo vide alzare un sopracciglio con aria ironica e sollevare le mani in un gesto interrogativo.
«Si può sapere che ti ho fatto?» era la domanda implicita. Kagome si alzò, lasciando senza una parola le sue perplesse amiche al tavolo, e si diresse da Inuki. Anche al tavolo del ragazzo si fece silenzio. Kagome registrò con un certo imbarazzo le occhiate divertite degli amici di Inuki, ma grazie al cielo nessuno diede fiato a battutine maliziose o quant’altro. Un episodio simile si era già verificato l’anno prima, e Inuki aveva insegnato loro a suon di pugni a non prenderla mai in giro.
Il pensiero la imbarazzò ancora di più, ma riuscì a mantenere un tono di voce neutrale quando chiese: «Inuki, verresti un attimo con me? Ti devo parlare.»
«Ma allora sei proprio arrabbiata?- borbottò Inuki, contrariato- Va beh, vengo. Voglio proprio sentire che cosa avrei fatto, stavolta.»
Lasciandolo nella sua errata convinzione, Kagome gli fece strada fino alla porta a vetri. Lo lasciò uscire per primo, guadagnandosi un’altra occhiata perplessa, poi si chiuse la porta alle spalle e lo condusse dove nessuno potesse vederli.
«Allora…» si schiarì la gola Kagome, faticando a guardarlo in faccia. Kami-sama…quel giorno sembrava più bello del solito! Aveva dimenticato di legarsi i capelli, che ora gli cadevano, sciolti e un po’ selvaggi, lungo la schiena. Kagome aveva sempre pensato che Inuki fosse irresistibile con i capelli sciolti. Inoltre, se avesse incrociato quegli occhi indagatori, era sicura che non sarebbe riuscita a spiaccicare parola.
«Dunque…» iniziò ancora.
«Ma si può sapere che ti ho fatto?!» sbottò Inuki, facendole alzare la testa per la sorpresa.
«Eh?» chiese Kagome. Inuki si mise le mani sui fianchi, irritato.
«Sei arrabbiata con me, no?- le chiese, sulla difensiva- Si può sapere perché?»
«Cos…no, non sono arrabbiata con te.- disse Kagome, scuotendo la testa- Non è di questo che ti devo…»
«Ma dai! E allora perché mi hai trattato così male, stamattina?» chiese Inuki, sarcastico.
«Perché…beh, perché ti ho aspettato per un sacco di tempo al cancello, se proprio lo vuoi sapere!» sbuffò Kagome, iniziando ad irritarsi. Se Inuki avesse continuato ad interromperla, il suo obiettivo sarebbe diventato sempre più difficoltoso da raggiungere.
«E chi te l’ha chiesto?» la rimbeccò Inuki, facendole una linguaccia.
«Avevo bisogno di parlarti, cretino! E tu invece sei arrivato in ritardo!» sbottò lei, sempre più arrabbiata.
«Potevi chiamarmi al telefono ieri sera. O aspettare il pranzo, come hai fatto adesso.- sbuffò Inuki- Certe volte sei proprio scema, Kagome. Che ne potevo sapere io del fatto che mi dovevi parlare?»
«Tu…tu…» balbettò la ragazza, avvolta in un’aura di fiamma. Inuki fece un mezzo passo indietro.
«Oi, adesso non ti scaldare!- disse, preoccupato- Ora sono qui, perciò puoi dirmi quello che vuoi.»
L’aura negativa di Kagome scomparve come per magia. La ragazza sembrò di nuovo turbata ed imbarazzata.
«Kagome?- la chiamò Inuki, con una traccia di sincera preoccupazione nella voce- Kagome, cosa c’è?»
Kagome si ritrovò per un attimo senza voce, né sufficiente volontà per cavarsi di bocca le parole che le giravano in testa dalla notte precedente. Strinse i pugni, segnandosi i palmi con le unghie, e prese un bel respiro.
«Ascoltami bene, Inuki.- disse tutto d’un fiato, alzando la testa di scatto- Io…»
«TOCHI!!»
Il richiamo a squarciagola fu seguito dall’arrivo di sette studenti di varie classi, provenienti dal campo di basket. Kagome gemette, coprendosi il volto con una mano, mentre Inuki si voltava verso i nuovi arrivati. Ma perché, perché la sfortuna la assillava a quel modo?!
«Che c’è?» chiese Inuki, seccato. A quanto pareva, nemmeno lui aveva gradito l’intrusione. Una piccola soddisfazione nella tragedia in atto.
«Tochi, siamo stati sfidati dalla terza classe, quarta sezione.- ansimò uno di loro, indicando il campo- Ci sono in palio le nostre paghette. Ti prego, gioca nella nostra squadra!»
«Non posso. Non mi va.- tagliò corto Inuki- In questo momento sono occupato.»
Guardò Kagome, e la ragazza sentì il cuore riempirsi d’amore per lui. Forse aveva capito di cosa doveva parlargli, dopotutto!
«Nemmeno se ti dico che nell’altra squadra gioca Hojo?» lo supplicò il ragazzo. Kagome sentì tutta la sua rabbia tornare a galla quando vide gli occhi di Inuki illuminarsi del solito bagliore combattivo che sempre lo caratterizzava quando sentiva parlare del povero Hojo, il capitano della squadra di pallacanestro, che Inuki detestava per chissà quale ragione.
«Hojo?- chiese infatti Inuki, con un sorriso maligno- Nell’altra squadra c’è quel grissino di Hojo?»
I ragazzi annuirono, e Inuki scrocchiò le nocche delle dita.
«Allora vengo subito.- ridacchiò, per poi alzare la mano in segno di saluto- Parleremo dopo, Kagome. Devo andare a distruggere un perdente.»
«Inuki!» esclamò Kagome, seccata. Inuki corse via con gli altri, senza voltarsi. «Inuki Tochi, sei solo un idiota!» strillò la ragazza, facendogli incassare la testa tra le spalle. Frustrata e con le lacrime agli occhi, Kagome corse via.
La tattica numero due era fallita, e in quel momento Kagome sentiva di detestare Inuki con tutte le sue forze.
***
Inuki corse al campo di pallacanestro con un piccolo senso di colpa, nascosto dietro lo spirito combattivo che lo aveva pervaso al solo sentire nominare quel poveretto di Hojo. Se prima Kagome non era arrabbiata, ora lo era di sicuro. L’aveva proprio piantata in asso, a ripensarci…
Azzardò un’occhiata dietro di sé, e la vide correre via. Sospirò. Non poteva neanche attenderla all’uscita, perché sua madre gli aveva rifilato la lista dei colori che le mancavano in cambio del permesso di entrata per quella mattina, e dopo l’ultima ora avrebbe dovuto fare una scappata in colorificio.
“Oh, beh…vorrà dire che stasera andrò a trovarla al tempio.” si disse, tranquillizzandosi. Ma certo! Sarebbe andato a casa sua con un regalo carino, magari qualche dolce comprato al ritorno, e Kagome l’avrebbe perdonato. Chissà cosa aveva da dirgli di così importante, poi…
«Giochi anche tu, Tochi?» gli chiese una voce irritante, che lo riportò immediatamente alla realtà.
«Ti farò vedere i sorci verdi, Hojo.» rispose, sprezzante, guardando il suo avversario con sufficienza. Nessuno aveva compreso quale fosse il motivo di tanta rivalità, e nemmeno Inuki l’aveva mai ammesso con se stesso, parandosi dietro il fatto che il giovane della quarta sezione era troppo perbenino per i suoi gusti. In realtà, quel damerino ci provava con Kagome già da due anni, chiedendole di uscire ad ogni piè sospinto, e il solo pensiero che la sua migliore amica (la ragazza che amava, forse) si potesse mettere con un tale perdente, gli faceva venire i vermi allo stomaco.
Questi pensieri rimanevano però chiusi nel profondo, in uno scrigno che Inuki non desiderava ancora portare alla luce. Irritato per il sottile senso di disagio che lo attanagliava già da due giorni, Inuki afferrò la palla e decise di sfogarsi sulla quarta sezione del Liceo Haretsu.
***
Kagome uscì da scuola e si diresse verso casa in un profondo stato di depressione.
La tattica numero tre, l’unica che le fosse rimasta, era fallita prima ancora di cominciare. Al suono dell’ultima campana, Inuki aveva afferrato la cartella ed era corso via come se avesse il diavolo alle calcagna. Alla faccia delle Infallibili Tattiche di Kagome Higurashi. La giornata si era rivelata un autentico disastro, e Kagome non aveva nessuna voglia di replicare il giorno dopo. Visto che Inuki la evitava con tanta lena, non avrebbe più detto una parola, brutti presentimenti o no.
La ragazza sbatté le palpebre, scacciando le lacrime incipienti. Le faceva male il cuore. Era mai possibile che Inuki riuscisse sempre a rovinare tutto? Era mai possibile che fosse così sfortunata da non riuscire nemmeno a trovare due minuti per dichiararsi al ragazzo che amava?
«Basta Kagome. Ti fai solo del male.» mormorò tra sé. Prese la metropolitana e rimase accanto alla porta del treno, osservando con occhi vacui la città che le scorreva di fronte. In quel momento, le sembrava meno reale dell’incubo che l’aveva assillata in quei giorni. Le sembrava quasi di sentire il suono della pioggia…ma forse era solo il rumore delle lacrime che stava trattenendo, perché il cielo era sereno e il sole stava tramontando in un tripudio di rossi.
Scese alla propria fermata, poi si incamminò verso il tempio. Si sentiva stanca come mai prima. Avrebbe rinunciato all’idea. Sì, avrebbe rinunciato. Meglio restare nella routine quotidiana, piuttosto che stare male in quel modo un’altra volta.
«Sono una stupida.» mormorò, chinando il capo.
«KAGOME!»
La voce di Inuki la colpì alle spalle, facendola sussultare. Si voltò di scatto, e vide Inuki correre verso di lei, sventolando in aria due sacchetti di carta. Aveva stampato in faccia un sorriso raggiante.
«Inu…ki?» chiese lei, incerta se quella fosse la realtà o la sua immaginazione fosse diventata ad un tratto troppo fervida. Inuki le corse accanto.
«Ehi, ma che faccia hai? Non sono mica un fantasma.- rise il ragazzo, per poi ficcarle tra le mani uno dei sacchetti- Tieni, è per te. Stavo per venire al tempio, ma sono contento di averti incrociata per strada.»
«Cos’è?» farfugliò Kagome. Era una eccezionale coincidenza che avesse incontrato Inuki sulla strada del ritorno! Forse non doveva rinunciare così presto. Le parole del ragazzo le diedero ragione.
«Beh, sono dolcetti. Una stupidata che ho comprato per farmi perdonare.- disse Inuki, ora un po’ imbarazzato, con le mani dietro la nuca- Oggi non ti ho ascoltata per andare a giocare contro Hojo, e alla fine delle lezioni sono scappato via. Mi dispiace, Kagome.»
Kagome lo guardò, sentendo di nuovo le lacrime pizzicarle gli occhi.
«Ma sai, è tutta colpa di quella schiavista di mia madre!- le confidò Inuki, con aria da cospiratore- Mi ha costretto ad andare a comprarle il materiale per dipingere in cambio del permesso d’entrata per stamattina. Però ti ho comprato i taiyaki che ti piacciono tanto, perciò sono perdonato?»
Fece gli occhioni da cucciolo, e Kagome non poté fare a meno di ridere, annuendo. Inuki sospirò platealmente di sollievo, facendola ridere ancora.
«Torniamo a casa insieme?» le chiese il ragazzo.
«Certo!» rispose lei, sorridendogli con calore. Presero a camminare fianco a fianco, costeggiando il canale. Inuki si lanciò nella descrizione della partita in cui, testuali parole, aveva convinto quel damerino di Hojo a darsi ad uno sport che non fosse la pallacanestro. Kagome si lasciò cullare dalla sua voce, godendo della sua presenza. Era così bello, così giusto stare accanto ad Inuki. Voleva che quel momento non finisse mai. Voleva camminare con lui per sempre.
«Inuki?» lo chiamò, piano, infilandosi con cautela nella sua esaltata narrazione.
«Mh?» disse lui, dandole subito la sua attenzione e sorridendo. Kagome si fermò, stringendo forte la cartella e il sacchetto dei taiyaki che lui le aveva regalato.
«Inuki…io ti voglio bene.» sussurrò, guardandolo negli occhi. Anche Inuki smise di camminare. Il sorriso scomparve in un’espressione sorpresa. «Ti voglio tantissimo bene.» disse ancora Kagome, mettendo il suo cuore in mano al giovane che le stava di fronte. Il silenzio calò su di loro, e Kagome rimase in attesa della sentenza.
***
Inuki impiegò qualche istante a recepire il vero significato delle parole.
Kagome…gli voleva bene? Come una sorella? Come un’amica? O come…come…La guardò, osservò le sue guance rosate contro la pelle pallida, guardò il luccichio delle lacrime nei suoi meravigliosi occhi, ed allora capì quali erano i sentimenti di Kagome. Si sentì riempire di dolce affetto, un doloroso desiderio di prenderla tra le braccia. Si diede dell’idiota, pensando che probabilmente Kagome aveva tentato invano di dirglielo per tutto il giorno. Lo scrigno segreto che Inuki conservava nel profondo si aprì, comunicandogli tutto il suo amore per Kagome. Non era mai stato così felice.
Aprì la bocca per rassicurare Kagome, per prometterle che sarebbero stati insieme e che non l’avrebbe mai lasciata. Voleva dirle quanto la amava, da quanto tempo pensava soltanto a lei. Dalle sue labbra, però, uscì una voce fredda e dura, sarcastica: «Ehi, non avrai travisato qualcosa, Kagome?»
La vide sussultare come se le avesse dato una scudisciata. Ma che diavolo stava dicendo?! Non era lui, non era lui a dire quelle idiozie! Lui la amava! Eppure, la voce era la sua, per quanto fredda, e il senso di rivalsa, di dolorante vendetta che si agitava sotto l’amore, sentimenti a lui estranei, lo rimandavano al terribile incubo che faceva di notte in notte. Sentiva il proprio viso atteggiato ad una smorfia di disprezzo. Possibile che qualcosa, dentro di lui, avesse associato Kagome alla misteriosa donna che lo trafiggeva sotto la pioggia?
«Che io sia gentile con te, non significa che tu possa prenderti certe libertà.- continuò quella parte di sé che non conosceva, ma che ora gli urlava di non fidarsi della donna, perché la donna era una traditrice- Santo cielo…se avessi saputo che eri così stupida, in primo luogo non ti avrei mai offerto la mia amicizia!»
Il dolore di Kagome era così evidente che l’anima di Inuki si accartocciò su se stessa. Ciononostante, la parte di lui che gridava di vendetta continuò il suo operato distruttivo. Allungò una mano, afferrò il sacchetto di taiyaki e lo gettò nel canale.
«Se uno stupido regalo ti fa montare la testa, meglio buttarlo.» furono le sue fatidiche parole, prima che Kagome lo schiaffeggiasse con tanta forza da riportarlo in sé. Si voltò lentamente verso di lei, la mano sulla guancia. Negli occhi di Kagome non c’era posto per l’ira. Erano pieni soltanto di un dolore, una pena indescrivibile. Le lacrime le rigavano le guance, la bella bocca atteggiata ad una smorfia di sofferenza. Singhiozzò.
«Ah…Kagome…io non so…non so cosa…» balbettò Inuki, terrorizzato dalle proprie azioni.
«Io ti odio, Inuki Tochi!- gridò lei, disperata- TI ODIO!»
Corse via, singhiozzando, un braccio sugli occhi per non mostrare al mondo le sue lacrime. Inuki ristette per un attimo, incapace di capire come potesse essere passato dalla gioia più assoluta a quella delirante situazione, poi si mise a correre dietro di lei.
«Kagome! Kagome, aspetta! Non so perché ho detto quelle cose!» gridò.
«Lasciami in pace!» fu la risposta di lei, che attraversò la strada per mettere maggiore distanza tra loro.
Fu allora che l’auto uscì a tutta birra dalla strada laterale, sbandando. In un istante, Inuki vide che era piena di universitari ubriachi, vide che Kagome era sulla loro traiettoria e si rese conto che quei pazzi non sarebbero mai riusciti ad evitarla.
«KAGOMEEEE!!!» urlò, straziato, cercando di correre più veloce pur sapendo che non sarebbe riuscito a fare nulla per lei. L’avrebbe persa in quel modo assurdo, senza essere riuscito a confessarle il suo amore. La vide girarsi verso l’auto e gridare, coprirsi la testa con le braccia in un disperato tentativo di difesa, mentre la sua cartella cadeva a terra. Vide le bocche degli universitari spalancarsi in mute ‘o’ di sorpresa, mettere mano al volante troppo tardi, tentando di sterzare. Il cuore di Inuki sentì di essere sul punto di scoppiare.
Poi, quando l’auto non era che ad una decina di centimetri dalle gambe di Kagome, la ragazza fu inondata da una luce rosata…e scomparve. Letteralmente, si smaterializzò. Inuki inciampò e cadde sulle ginocchia, attonito, il cuore che gli pulsava nella gola e nella testa come un mantice impazzito. Che era successo? Che diavolo era successo a Kagome?!
Ma non ebbe tempo di pensarci. Con uno stridio di gomme, l’auto perse completamente il controllo. Si abbatté su Inuki in pieno, facendogli fare un lungo volo verso il canale. Inuki vide il cielo sfrecciare sopra i suoi occhi, vide rosso e non capì se si trattava del tramonto o del suo sangue. Sentì rumore di metallo e vetro in frantumi, quando l’auto centrò infine il muro di cinta di una casa.
Poi cadde e il mondo si riempì di dolore. La tenebra lo trascinò giù e più oltre, dove nemmeno il nome di Kagome aveva più significato.

 

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Capitolo 3
*** 2 - Dove diavolo mi trovo?! ***


CAPITOLO 2

DOVE DIAVOLO MI TROVO?!

Pioveva.
Pioveva forte, forse non quanto nel suo incubo, ma abbastanza da inzupparla e farla rabbrividire. Come aveva potuto cominciare a piovere così repentinamente? E come mai l’auto non l’aveva ancora uccisa, scaraventandola chissà dove nella sua folle corsa? Non aveva sentito stridio di freni…eppure era ancora viva! O no? Aveva paura ad aprire gli occhi, perciò rimase con le braccia sulla testa, rannicchiata, ancora per un minuto. Poi per un altro.
Niente. Attorno a lei né un suono né una voce, a parte quella della pioggia. Timidamente, scossa dalle due orrende esperienze appena subite, Kagome si azzardò ad aprire un occhio per guardarsi attorno. Ciò che vide la fece sussultare così violentemente che perse l’equilibrio e cadde a sedere sull’erba zuppa.
Erba?! Ma lei si trovava in mezzo alla strada!
Eppure, i suoi occhi le comunicavano tutt’altro. Era seduta in mezzo ad una fitta boscaglia, che recava le prime tracce del risveglio primaverile. Pioveva piuttosto forte e tirava un vento più fresco di quanto Kagome avrebbe desiderato. Sopra la sua testa, si addensavano nuvole cupe, ancora più scure per l’imminenza della notte. Era completamente sola.
«Dove…dove sono?- mormorò Kagome, guardandosi attorno con ansia febbrile- Dove mi trovo?»
Si alzò in piedi con uno scatto. Il panico era dietro l’angolo, e Kagome tentò con tutte le sue forze di tenerlo a freno. Doveva esserci una spiegazione razionale se era passata dalla scena dell’incidente a un bosco sconosciuto! Peccato che la sua mente non le offrisse nemmeno una teoria plausibile.
«Ehi, c’è qualcuno?» gridò, con quanto fiato aveva in gola. Nessuno le rispose. Si strofinò le braccia, rabbrividendo e continuando a guardarsi attorno. «Inuki!» gridò, poi si morse le labbra. No, Inuki non sarebbe venuto a salvarla, nemmeno se si fosse trovato a due passi. Inuki l’aveva appena scaricata con tutta la cattiveria possibile. Trattenendo un singhiozzo, conscia che non era il momento di pensare ad Inuki, Kagome chiamò ancora aiuto, aggirandosi per la piccola radura con passi incerti.
Scivolò, e si aggrappò ad una lunga pietra che sporgeva da terra. Togliendosi l’acqua dagli occhi con un sospiro desolato, Kagome abbassò gli occhi sul suo appoggio. Subito, si fece indietro di qualche passo e gridò, strofinandosi la mano come se se la fosse scottata. Il suo appoggio si era rivelato una vecchia pietra tombale, ben curata a giudicare dall’assenza di rampicanti. Dopo un attimo di sconcerto, Kagome si avvicinò alla lapide, cercando di leggere l’epitaffio nell’incipiente oscurità.
«Qui…giace Ki…Kikyo.- riuscì a decifrare, strizzando le palpebre- Trentaduesima Hikaruku no Miko della Terra di…Terra di Honoo.» Kagome corrugò la fronte, facendosi indietro. Hikaruku no Miko? Terra di Honoo? Ma che diavolo significava tutto ciò? Non le sembrava che ci fosse mai stato un feudo chiamato Terra di Fiamma nemmeno nel periodo antico, e lei in Storia se la cavava piuttosto bene! E poi, Hikaruku no Miko…Sacerdotessa della Splendente? E a ben guardare, cosa diavolo ci faceva in un bosco?! Forse era svenuta a causa dell’incidente e quegli universitari ubriachi l’avevano caricata in macchina e portata in un bosco per farle qualcosa di terribile. Kagome rabbrividì al pensiero, ma la teoria non funzionava quel granché. In primo luogo, lei si sentiva benissimo, a parte lo spavento e il panico incipiente. E poi, dov’erano mai gli universitari? E perché Inuki non aveva almeno tentato di salvarla? Strinse le labbra, scuotendo il capo e le ciocche bagnate dei capelli neri.
“Invece di pensare a queste sciocchezze, pensa ad un modo per tornare a casa!” si disse, seccata con se stessa. Giusto, era inutile borbottare davanti a quella pietra tombale. Doveva trovare il modo di tornare a casa, e al più presto. Si guardò di nuovo intorno. Alla sua destra e alla sua sinistra si susseguivano gli alberi, ormai sagome nere e piuttosto inquietanti. Davanti a lei, una sorta di tenda naturale fatta di edera, sottobosco e rovi le impediva la vista di ciò che stava oltre la minuscola radura. Dietro di lei, al contrario, sembrava aprirsi un sentiero piuttosto frequentato, almeno a giudicare dalla profondità e dalla pulizia del solco.
Forse, seguendo quello sarebbe tornata in città…o perlomeno in un posto civilizzato dove avrebbe trovato gente. E un telefono. Anche un caffè caldo non le sarebbe dispiaciuto. A fare da contrappunto a quel pensiero, Kagome starnutì violentemente. Asciugandosi il naso sul dorso della mano, sentendosi molto miserabile, Kagome fece per incamminarsi lungo il sentiero.
Non fece che pochi passi, però, che vide avvicinarsi due o tre luci fioche.
“Allora mi stavano già cercando!” pensò con gioia Kagome, dimenticandosi di botto tutte le stranezze della sua situazione. Si affrettò verso le luci, e presto vide arrivare sei persone con in mano delle lanterne.
«Ehi! Ehi, sono qui!» esclamò Kagome, alzando una mano per farsi notare nell’oscurità. Subito, però, il suo entusiasmo scomparve, sostituito di nuovo da un assurdo senso di irrealtà. Le persone che si stavano avvicinando erano vestite in modo assurdo. Sembravano appena usciti da un cosplay, a dirla tutta.
Il gruppo era composto da quattro uomini, una ragazza giovane e una vecchia signora curva e con una benda sopra un occhio. I loro abiti rimandavano in qualche modo allo stile mediorientale, ma l’intuizione non la convinceva. La ragazza e la vecchia signora indossavano una sorta di divisa  identica, i cui colori principali, in quel buio crepuscolo, le sembrarono il giallo, il bianco e l’argento. Ai piedi avevano scarpette basse e nere.
«Kaede-sama, c’è davvero qualcuno, qui!» disse la più giovane del gruppo, allungando la lanterna con un certo timore.
«Chi osa introdursi nel bosco di Tochi no Bannin?- chiese uno degli uomini, con voce rombante- Fatevi riconoscere!»
Kagome non poté trattenersi dal fare mezzo passo indietro. Strinse gli occhi e alzò una mano a difenderli quando la luce della lanterna le fu puntata dritta in faccia.
«Io…io sono Kagome Higurashi.- rispose Kagome, stranita- Vi prego, potreste dirmi dove…»
«Per gli Shikon…Kikyo!» esclamò in quel momento l’anziana signora, lasciando cadere la sua lanterna. La donna si lanciò velocemente in avanti per quanto l’età le concedeva, e strinse Kagome in un abbraccio.
«Kikyo! Sorella, sei tornata…» disse, guardandola in volto con espressione commossa.
«Veramente io…» tentò di protestare Kagome.
«Kikyo, sono tua sorella minore, Kaede!- continuò l’anziana donna, imperterrita- E’ ovvio che tu non mi riconosca, sono passati cinquant’anni da allora…»
«La sacerdotessa Kikyo?!» esclamarono gli altri in un coro quasi perfetto. Di colpo, la confusione di Kagome si trasformò in rabbia sorda. Non ne poteva più di ciò che le stava capitando! L’avevano persino confusa con la sacerdotessa morta di cui aveva visto la pietra tombale! Si liberò con gentilezza ma con fermezza dall’abbraccio della vecchia chiamata Kaede e si piazzò in mezzo al sentiero a testa alta.
«Il mio nome non è Kikyo. Io sono Kagome Higurashi.- scandì, una mano sul petto per ribadire la questione- Qualcuno vuole spiegarmi chi diavolo siete e dove accidenti mi trovo?! Non siamo vicini a Tokyo? Io devo tornare a casa!»
Le sue parole fecero cadere un silenzio tombale su tutti i presenti.
«Non sei Kikyo?» chiese infine la vecchia, incerta.
«No, sono Kagome.- sospirò la ragazza, stufa di stare lì a discutere sotto la pioggia- Mi dispiace se ho qualche somiglianza con vostra sorella, ma io non c’entro niente. Sono qui per caso.»
La vecchia Kaede la scrutò ancora per qualche istante, poi annuì e sospirò.
«Credo che la tua sia verità, per quanto somigli all’anima di Kikyo persino ciò che vedo nei tuoi occhi.» disse, infine. Kagome sospirò di sollievo. Era stato fatto un passo avanti.
«Ma in questo caso, che cosa ci fa questa ragazza nel bosco di Tochi no Bannin?» chiese uno degli uomini, seccato.
«Sentite, non ho la minima idea di dove mi trovo.- rispose Kagome, prendendo la palla al balzo- Ho avuto un incidente, e mi sono risvegliata qui. Se mi farete fare una telefonata, sono certa che tutto si sistemerà.»
«Una…telefonata?» chiese la ragazza nell’abito cerimoniale, incerta. Gli altri si guardarono con fare perplesso.
«Da quale delle Quattro Terre provieni, mia cara?» le chiese la vecchia Kaede, con gentilezza.
«Quattro Terre?- chiese Kagome- Io vengo da Tokyo!»
Tutti si guardarono l’un l’altro, di nuovo. Kagome cominciava ad averne abbastanza di quell'atteggiamento.
«Tokyo è un villaggio?- chiese ancora la vecchia- Vuoi dirci esattamente dove si trova, fanciulla?»
«Ehi, ma mi state prendendo in giro?! Tokyo è la capitale del Giappone!» sbottò Kagome. Qualcosa dentro di lei stava facendo suonare un allarme che non voleva saperne di spegnersi. L’occhiata che i presenti si scambiarono confermò i suoi timori.
«Mia cara, questa è la Terra di Honoo, la più meridionale delle Quattro Terre.- le rispose l’anziana donna, corrugando la fronte rugosa- E per quanto ne so io, non esiste nessun paese chiamato Giappone.»
Kagome sentì qualcosa nel suo petto sprofondare.
«State scherzando?- chiese, con voce che non riconobbe come sua- Vi prego, ditemi che state facendomi un brutto scherzo…»
La vecchia Kaede si avvicinò di nuovo a lei, e la prese dolcemente per il braccio. Kagome la guardò, pallida e sul punto di perdere i sensi. La serietà, la calma che le lesse nell’unico occhio spazzarono via tutti i suoi dubbi. Quello non era uno scherzo di cattivo gusto. E nemmeno un sogno. Chissà come, era finita in un posto che non aveva nulla in comune con la sua città nativa.
«Vieni con noi, fanciulla.- le disse la vecchia- Credo proprio che io e te avremo molte cose da dirci.»
***
«Vuoi dell’altro the, Kagome?» chiese la vecchia Kaede, togliendo il bollitore dal fuoco.
«Sì, grazie, Kaede-sama.» mormorò Kagome, avvolta in una coperta, allungando verso l’anziana donna la sua tazza.
Era stata accompagnata nel villaggio in stato di shock. L’anziana Kaede si era presa la responsabilità di ospitarla e le aveva permesso di asciugarsi e riscaldarsi al fuoco, acceso al centro della casa come si usava fare nelle case giapponesi di un tempo. Kagome aveva un’idea molto vaga di come fosse fatto il villaggio, perché non aveva avuto abbastanza presenza di spirito per guardarsi attorno. Aveva appena capito di essere finita in un mondo assurdo mai sentito prima, e le curiosità sull’architettura del luogo erano all’ultimo posto nei suoi pensieri.
Avvolta nella coperta, aveva consumato la cena con la vecchia Kaede, che si era rivelata essere una sacerdotessa, e ora stava sorbendo del the caldo che le stava riportando un po’ di calma. Anche raccontare passo per passo all’anziana donna gli avvenimenti precedenti alla sua comparsa nella Terra di Honoo le aveva fatto bene, schiarendole la mente.
«E così, il trasferimento in questo luogo è avvenuto nel momento in cui la tua vita era in pericolo.- riassunse la vecchia Kaede, annuendo- So che uno spirito portato per la magia può fare cose impensate se sottoposto a forti sollecitazioni. E’ comunque straordinario che tu sia riuscita a portare te stessa fino alle Quattro Terre, ove un tempo visse una donna che ti somigliava fortemente.»
«Voi dite che…che sono stata io a teletrasportarmi qui? Che la mia presenza qui è derivata dalla mia volontà?- chiese Kagome, corrugando la fronte- Ma io non volevo andare da nessuna parte! Volevo solo salvarmi!»
«Certo, capisco…ma il tuo cuore era turbato.- continuò Kaede, rintuzzando il fuoco- Dobbiamo tenere conto anche di questo fattore.»
Kagome abbassò gli occhi sulla tazza, arrossendo. Altroché se il suo cuore era turbato! Inuki le aveva appena detto le parole più cattive e odiose che le fosse mai capitato di ascoltare! Al pensiero, gli occhi tornarono a riempirlesi di lacrime.
«Non avevi mai avuto altri episodi che dimostrassero la presenza di un potere dentro di te?» chiese ancora Kaede. Kagome scosse la testa, convinta.
«E’ vero che vivo in un tempio, ma non avevo mai creduto a questo genere di cose…fino ad oggi.» rispose.
«Vivi in un tempio?- chiese l’anziana sacerdotessa, illuminandosi- Allora sei anche tu una Me no Miko!»
«Una cosa?» chiese Kagome. Sacerdotessa dell’Occhio? E che diavolo significava?
«Una sacerdotessa di Kiiro no Me.» specificò Kaede.
«E chi sarebbe questo Kiiro no Me?» chiese Kagome, con un gemito. Stava andando in confusione. Kaede sospirò, scuotendo il capo.
«Mi pare di capire che vi siano differenze sostanziali tra la tua Tokyo e le Quattro Terre.- disse, burbera- Ti spiegherò quello che posso, poi sarà meglio che tu vada a dormire un po’.»
Kagome annuì, tentata al pensiero di un buon sonno, ma allo stesso tempo curiosa riguardo il luogo in cui era finita. Dopotutto, forse ciò che avrebbe sentito le avrebbe fornito la chiave per tornarsene a casa. Kaede si versò una tazza di the, quindi iniziò a sorbirla, riflettendo.
«Le Quattro Terre,- iniziò- sono divise tra loro da quattro grandi fiumi navigabili, che suddividono il continente in altrettante regioni corrispondenti ai punti cardinali. A nord abbiamo la Terra di Kaisui, la Terra d’Acqua. Ad ovest si estende Midoritsuchi, il Verde Terreno. Ad est abbiamo Sunda, la Limpida. Invece noi ci troviamo nella Terra di Honoo, la Terra di Fiamma, e occupiamo la regione meridionale.»
Kaede posò la tazza, controllò che la sua ascoltatrice riuscisse a seguirla, quindi continuò.
«Il nostro mondo è dominato dal numero quattro, oltre che da una potente magia. Ogni terra è sotto la diretta responsabilità di un Bannin, uno spirito guardiano molto potente. Inoltre, le nostre divinità sono quattro, i cosiddetti Shikon.» Smise di parlare, rabbuiandosi.
«In realtà, essi non sono più in quattro ma in tre.  Nemmeno i Bannin hanno mantenuto il numero magico. Ed è per questo che il nostro mondo ha perso ogni equilibrio.» Sospirò. «Due Spiriti vegliano sulla Luce, due sull’Oscurità, o almeno così è stato da sempre. Io e la ragazza che mi ha accompagnato stasera nel bosco siamo Me no Miko, le Sacerdotesse dell’Occhio.»
«Chi è Kiiro no Me?» chiese Kagome, cercando di farsi strada in mezzo a tutte quelle nozioni.
«Kiiro no Me è uno degli Shikon, il secondo per potere e grandezza.- spiegò Kaede- L’Occhio d’Ambra protegge l’astro notturno e dà a noi sacerdotesse il potere di esorcizzare il male, distruggendo gli spiriti maligni.»
«Anche le nostre miko hanno quel potere.» borbottò Kagome, riflettendo.
«Il potere che tu hai manifestato non è dato da Kiiro no Me, per quanto Egli sia grande, ma è retaggio delle Hikaruku no Miko, le Sacerdotesse della Splendente, che nascono una volta ogni cinquant’anni.- spiegò Kaede- Mia sorella, Kikyo, a cui tu somigli così tanto, è stata l’ultima Hikaruku no Miko che le Quattro Terre abbiano ospitato.»
«E chi è Hikaruku?» chiese Kagome.
«Ella è la dea del Sole e della Vita, la più potente tra gli Shikon. Solo una è la sua eletta, capace di grandi magie e di restituire la vita. Essa ha il compito di custodire la Shikon no Tama il più grande oggetto di potere del nostro mondo.- spiegò Kaede, poi si lasciò sfuggire un sospiro denso di tristezza- Kikyo, mia sorella, morì in modo atroce e misterioso, a dispetto dei suoi poteri. A causa sua, un Bannin venne sigillato e dopo poco Kurasa e Konton, i due Shikon veglianti sull’Oscurità e sul Caos, vennero soppiantati da un nuovo spirito di cui non conosciamo il nome. La Sfera degli Shikon scomparve.» Alzò lo sguardo su Kagome. Le fiamme le disegnavano sul volto ombre inquietanti. «Sei capitata in un mondo che sta morendo, mia cara. Le nostre speranze nel vedere il volto di Kikyo ti avranno di certo turbata. Ti chiedo perdono.»
«Non preoccupatevi, Kaede-sama, ci mancherebbe.» disse Kagome, scuotendo il capo. Riflettè per qualche istante in silenzio.
«Tu non possiedi la Shikon no Tama, Kagome?» le chiese la miko, con voce bassa. Kagome scosse la testa.
«Non l’ho mai nemmeno sentita nominare.» asserì, convinta.
«Sei sicura? E’ una sfera rosa di queste dimensioni, e ad occhi profani può essere confusa con un comune gioiello.» La vecchia Kaede unì pollice ed indice a formare un piccolo cerchio. «Possiede la capacità di illuminarsi in presenza di spiriti e dei.» Di nuovo, Kagome scosse la testa.
«Non ho mai visto né avuto tra le mani niente del genere, Kaede-sama.» ribadì, dispiaciuta nel vedere lo sconforto sul volto della miko.
«Capisco…speravo che essa fosse tornata con te. Anche se forse è meglio così.» Dopo queste sibilline parole, Kaede si trincerò nel silenzio. Kagome lo rispettò per qualche momento, poi chiese:
«Non c’è modo di farmi tornare a casa?»
Kaede alzò gli occhi su di lei, appena sorpresa.
«Una Hikaruku no Miko potrebbe forse riuscirci, ma non ne sono più nate dalla morte di Kikyo.- rispose- Credo che dovresti porre le tue speranze su te stessa, visto che sei riuscita già una volta a compiere un viaggio del genere.»
«Ma…Kaede-sama, vi ho già detto che non ho la minima idea di come ho fatto!- ribatté Kagome, frustrata- Ci dev’essere un altro modo per farmi giungere a casa!» Riflettè ancora un istante, poi si illuminò in volto.
«E se pregassi uno dei vostri Shikon di esaudire la mia richiesta?» chiese, gli occhi illuminati dalla sua foga. Kaede scosse il capo.
«Gli Shikon rispondono alle preghiere molto raramente, ormai, mia cara.- sospirò la vecchia Kaede- Poiché essi sono relegati oltre le Mon, il loro potere su questo mondo si è indebolito.»
«Le Mon? Le Porte?» chiese Kagome, perplessa. Kaede annuì.
«Sono antichi sigilli, che tengono distanti uomini e divinità. La Shikon no Tama era la chiave sicura delle Mon, il sigillo definitivo. Questa era la sua vera importanza.- disse, sospirando- Inoltre, mia cara, solo Hikaruku potrebbe esaudire il tuo desiderio, ed ella non comunica al mondo se non attraverso una Hikaruku no Miko.»
«Maledizione…» borbottò Kagome. La faccenda si faceva sempre più nera. «E per quanto riguarda i Bannin?» chiese, come ultima spiaggia.
«Essi non hanno questo potere.- disse Kaede, scuotendo il capo- Sono guardiani e protettori dell’Hikaruku no Miko, perciò possiedono molto potere, ma sono legati alle Quattro Terre; ne consegue che non possono avere a che fare con qualcosa che esuli da esse.»
«Ma io voglio tornare a casa!» piagnucolò Kagome, di nuovo sull’orlo delle lacrime. Kaede si alzò faticosamente e le posò una mano sulla spalla.
«Coraggio, giovane Kagome. Domani vedrai le cose con occhi diversi.- disse la miko- Ti renderai conto che la prospettiva di vivere qui non è poi così malvagia. Dovrai solo scegliere se diventare una Me no Miko, cosa che ti consiglio, o se affidarti ad un uomo del villaggio.»
«Cosa?!» chiese Kagome, spaventata.
«Nella nostra Terra, le donne sono votate al sacerdozio o al matrimonio. Tu hai già superato l’età fatidica, mia cara.- le disse Kaede, lasciandola per prepararle un giaciglio- Se non riuscirai ad usare di nuovo i tuoi poteri, ti converrà scegliere in fretta una delle due strade, prima che altri lo facciano per te.»
«Ma io…io non voglio!» replicò Kagome, inorridita. Kaede la guardò con una certa tenerezza.
«Ne riparliamo domattina, va bene?- le disse- Ora riposa un po’, Kagome.»
Approfittando del silenzio scioccato della ragazza, Kaede spense il fuoco e uscì dalla stanza, diretta presumibilmente alla propria camera da letto. Kagome, dopo qualche attimo, si sdraiò sul giaciglio, tirandosi fino al mento la coperta che le era stata data. Matrimonio o sacerdozio?! Ma la vecchia Kaede stava scherzando?!
«Cos’ho fatto di male per ritrovarmi in questa situazione?» gemette, chiudendo gli occhi con forza per impedirsi di cominciare a piangere. Il nonno, la mamma, Sota…sicuramente erano tutti preoccupati per lei. Era via di casa da troppo tempo, forse avevano già cominciato a cercarla. O forse Inuki aveva visto tutto, ed era corso a riferirlo al tempio.
Già, Inuki…che l’aveva respinta con cattiveria, trattandola come un insetto fastidioso. A dispetto dei suoi propositi, le lacrime iniziarono a scorrerle lungo le guance. Era lontana da casa, col cuore spezzato, e un orribile futuro si profilava davanti ai suoi occhi. Perché non avrebbe dovuto piangere?!
Soffocò i singhiozzi nella coperta e diede libero sfogo alla sua paura e alla sua tristezza, finché il sonno non la colse.
“Forse, quando mi sveglierò sarò a casa mia.” ebbe il tempo di pensare, prima che l’oblio scendesse a prendere possesso di lei.
Quando si svegliò, la mattina dopo, seppe che il suo desiderio non era stato esaudito.

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Capitolo 4
*** 3 - Nel bosco di Tochi no Bannin ***


CAPITOLO 3

NEL BOSCO DI TOCHI NO BANNIN

Il primo giorno di Kagome nella Terra di Honoo fu una specie di allucinazione particolarmente vivida dall’inizio alla fine.
Si destò alle prime luci del mattino, semiaccecata da un raggio di sole che penetrava dalle persiane di bambù. Si alzò a sedere, stropicciandosi gli occhi e guardandosi intorno. Sospirò nel constatare di non trovarsi nella propria camera, ma nella grande sala della casa di Kaede-sama, la quale stava uscendo in quel momento dalle sue stanze.
«Buongiorno, Kagome.» la salutò l’anziana donna, con un sorriso rassicurante.
«Buongiorno.» borbottò in risposta Kagome, passandosi una mano attraverso i capelli ingarbugliati. Kaede rintuzzò le braci e ravvivò la fiamma, mettendo sul fuoco un bollitore pieno d’acqua.
«Sei pronta per la tua prima giornata come abitante della Terra di Honoo?» chiese la vecchia Kaede, strappando una smorfia a Kagome. «Presumo che tu non abbia pensato a ciò che ti ho detto ieri sera, vero?» chiese di nuovo l’anziana, in tono comprensivo.
«Ho dormito, Kaede-sama.- mormorò Kagome- Non ho avuto tempo di pensare a niente.» Rabbrividì, rammentando la scelta a cui la vecchia miko l’aveva messa di fronte. O diventare a sua volta sacerdotessa, o sposare un uomo del villaggio. Al solo pensiero, le si chiuse lo stomaco.
«Vieni con me, mia cara.» la invitò Kaede, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Kagome la seguì docilmente attraverso le stanze, finché la miko non la condusse in una camera che fungeva da bagno. Una tinozza fumante, asciugamani e diversi catini di acqua fredda occupavano l’ambiente.
«Ho pensato che avessi bisogno di lavarti, mia cara.- le disse Kaede, gentile- Laggiù troverai dei vestiti di ricambio.»
Kagome si guardò attorno, toccata dalle premure dell’anziana donna, e Kaede le diede una materna pacca sulla spalla prima di lasciarla sola.
«Non ci mettere troppo, però. La colazione sarà pronta tra poco!» la redarguì, mentre si allontanava. Kagome chiuse la porta scorrevole alle sue spalle, si spogliò e si immerse con un sospiro di piacere nell’acqua calda.
Si lavò con cura, cercando nel frattempo di mettere ordine nella sua mente confusa. Si trovava in un mondo estraneo, che conservava solo apparentemente qualche somiglianza con l’antico Giappone. Vi era finita a causa di un incidente…per meglio dire, stando alle ipotesi della vecchia Kaede, aveva utilizzato un suo innato potere per sfuggire alla morte. Nessuno sa come, questo potere di cui non aveva mai sospettato l’esistenza l’aveva fatta finire nella Terra di Honoo. Forse occorreva uno shock adeguato per permetterle di riutilizzarlo, ma Kagome aveva il sentore di essere in trappola. Nonostante quel mondo fosse pieno di magia, né gli dei né gli spiriti delle Quattro Terre sembravano in grado di aiutarla. Che scelte le rimanevano?
Kagome rifletté intensamente, mentre l’acqua si raffreddava a poco a poco. Kaede aveva ipotizzato che il suo potere innato fosse simile a quello di alcune particolari sacerdotesse chiamate Hikaruku no Miko. Se si fosse messa a studiare con impegno la loro arte, non era possibile che scoprisse il sistema per ritornare a casa con le proprie forze?
Il pensiero aveva un suo fascino, ed anche una sua logica. Kagome si asciugò e si vestì, concentrata su tutt’altro. La sua non era una brutta idea. Anzi, forse era la migliore che avesse avuto da quando si era ritrovata nel bosco, vicino a quella tomba!
Kagome uscì dal bagno, sistemandosi addosso l’abito che le aveva lasciato la miko. Era una copia dell’abito da sacerdotessa della vecchia Kaede: pantaloni larghi gialli che le arrivavano al ginocchio, una parte superiore a doppio strato in stile giapponese, bianca e argento, e un bustino che le arrivava sopra il seno. Il busto della vecchia Kaede era d’argento, il suo di un grigio anonimo. Forse mostrava il grado della sacerdotessa, chissà.
Kagome tornò nella stanza principale senza eccessiva difficoltà di orientamento, e trovò la colazione già pronta per lei.
«Non so come ringraziarvi per le vostre gentilezze, Kaede-sama.» disse, sedendosi, guardando la vecchia miko con occhi luccicanti di lacrime di commozione. Kaede lasciò cadere l’argomento con un gesto distratto della mano.
«Kagome, stavo pensando…» cominciò a dire, ma Kagome la interruppe.
«Ho deciso di provare a diventare una sacerdotessa, Kaede-sama.- disse Kagome, d’impeto- Ho pensato alle cose che mi avete detto ieri sera e…devo ammettere che c’è della logica. Forse, imparando la vostra arte e la vostra sapienza, riuscirò a tornare a casa.»
Kaede sorrise ed annuì.
«Sei una ragazza che non si arrende, eh?- disse, poi rise, rauca- Bene, mi piace questo tuo temperamento. E apprezzo anche la tua decisione, Kagome…anche se vorrei tu potessi prendere in considerazione anche l’altra ipotesi. Stasera ci sarà una festa commemorativa, al villaggio. Si celebra il cinquantesimo anno di Sonno di Tochi no Bannin, e saranno presenti tutti i giovani del villaggio. Vorrei che tu ti guardassi un po’ attorno, prima di prendere qualsiasi decisione.»
«Non ho alcun interesse per qualsivoglia uomo.» mormorò Kagome, rabbuiandosi.
«La ferita del tuo cuore è troppo recente.- sospirò Kaede, guardandola impietosita- Ebbene, sia come deve essere. Se Kiiro no Me ti vuole a sé, mi adopererò perché questo avvenga. Parteciperai all’addestramento delle novizie, quest’oggi. E’ una cosa di cui mi occupo io stessa.»
Kagome annuì, quindi finì la sua colazione. Quando la vecchia Kaede si alzò, lei fece altrettanto, seguendola fuori dalla casa. Alla luce del sole, poté finalmente permettersi di guardarsi intorno.
«Kaede-sama, ma è bellissimo…» mormorò la ragazza, scrutando i dintorni con ammirazione.
«Hi no Bannin, il Guardiano del Fuoco, ci guarda con particolare affetto. Inoltre, siamo il centro del culto di Kiiro no Me in tutta la Terra di Honoo.» le spiegò Kaede, posandole una mano sulla schiena per esortarla a non perdere troppo tempo. Il villaggio in cui si trovava era una profusione di rossi ed oro. L’architettura era senza dubbio orientale, ma mischiava allo stile giapponese qualcosa di indiano che la rendeva particolare e affascinante agli occhi. Ovunque smalti, dorature, lamine di metallo, riprendevano la luce del sole e la restituivano in bagliori, rendendo tutto estremamente luminoso. C’era gente che andava e veniva, salutando Kaede con un inchino e scoccando a Kagome un’occhiata in tralice.
Tra le case, svettava un alto edificio cui si accedeva tramite una lunga scalinata. In cima al tetto di quest’ultima, brillava una statua di cane divino completamente ricoperta d’argento, con una falce di luna sulla fronte e due meravigliosi occhi d’ambra sopra le fauci minacciosamente spalancate.
«E’…è quello Kiiro no Me?» indovinò Kagome, sconcertata.
«E’ una delle sue forme.» ammise la vecchia Kaede, imboccando le scale.
«Ma…un cane?! E così aggressivo? Io pensavo fosse uno Shikon di quelli buoni!» ribatté Kagome.
«La sua forma è umana, ma può prendere anche la forma del Cane Lunare. Ed egli è feroce ma giusto.» spiegò pazientemente Kaede.
Kagome fu condotta all’interno del grande tempio, nel cui atrio erano raccolte una decina di ragazze più giovani di lei, vestite allo stesso modo, che chiacchieravano in toni acuti che mal si addicevano all’ambiente. Kaede batté due volte le mani con fare imperioso, riportando il silenzio immediatamente.
«Ragazze, la lezione sta per cominciare.- disse la vecchia miko- Vi pregherei di mantenere il silenzio. Questa è Kagome Higurashi, che da oggi studierà con voi. Vi prego di accoglierla come si deve.»
Kagome sopportò stoicamente le occhiate divertite e curiose delle ragazze. Dopotutto, non era molto diverso da quello che succedeva al club tutte le settimane. Kaede la esortò ad unirsi al gruppo, poi fece loro cenno di seguirla.
« Venite, ragazze. Iniziamo la lezione.» disse.
Kagome, sospirando tra sé, seguì le altre aspiranti sacerdotesse attraverso il grande atrio del tempio.
***
Le lezioni si rivelarono per Kagome molto più faticose di quanto avesse supposto.
Per prima cosa, la vecchia Kaede le riunì in una stanza piuttosto piccola, le fece sedere su alcuni morbidi tappeti, poi diede il via ad una filippica sulla religione e i simboli mistici delle Quattro Terre che durò fino all’ora di pranzo, che Kagome consumò sentendosi non poco intontita. Quella cultura le era totalmente estranea, e certo non sarebbe riuscita a capirci qualcosa in così poco tempo! La consolava un po’ il fatto che nemmeno le altre ragazze fossero troppo fresche e riposate. Evidentemente la lezione era risultata dura per tutti.
Dopo pranzo, Kaede offrì loro alcune pergamene, dei pennelli e dell’inchiostro, costringendole a ricopiare per due ore vecchie preghiere in ideogrammi per poi tradurle in simboli magici. Kagome si dimostrò non poco abile in calligrafia, ma al solo vedere tutti i simboli magici che aveva da imparare le venne un fortissimo mal di testa. Si sentiva gli occhi girare a spirale nelle orbite come fosse in un cartone animato!
Questo massacro di giovani menti ebbe termine con una prova fisica. Kagome quasi non si rese conto di cosa le avevano messo tra le mani, in un primo momento. Poi, ascoltando a metà le istruzioni della vecchia Kaede, abbassò gli occhi e si rese conto di stare stringendo un arco. Gli occhi le si spalancarono e nella sua anima passò una ventata d’aria fresca. Evviva, nell’addestramento era previsto il tiro con l’arco! Era proprio quello che le ci voleva per sfogare l’uggia di quell'assurda giornata!
«Il potere Tsuki, che caratterizza le Me no Miko, scaturisce da dentro e distrugge il Male.- stava spiegando Kaede, camminando davanti a loro con le mani dietro la schiena- Imparerete ad usarlo all’occorrenza, anche senza altre armi che le vostre mani ed il vostro corpo. E’ più facile per una novizia, però,  richiamarlo a sé attraverso l’aggressività di un’arma. Tirate al bersaglio per un’ora. Cercate di sentire la vostra forza che si concentra sotto il diaframma, nel plesso solare. Non mi aspetto che riusciate già a liberarla, ma fate del vostro meglio.»
Ciò detto, fece loro largo, cosicché nulla si sovrapponesse tra le giovani apprendiste e i bersagli appesi alla staccionata in fondo al cortile. Mentre le ragazze stavano ancora cincischiando con arco e frecce, borbottando per la stanchezza, la prima freccia di Kagome sibilò nell’aria, andando a conficcarsi nell’esatto centro del bersaglio. Tutte si voltarono verso di lei, ma Kagome non lo notò. Quando tirava con l’arco la sua mente si sgombrava da ogni pensiero. Restavano solo lei, la tensione dell’arco, la linea della freccia, il bersaglio. Tirò una freccia dietro l’altra, con una precisione quasi assurda in una ragazza così giovane. Il suo viso aveva acquistato una serietà, una bellezza ben superiori alla norma.
“Quanto somiglia a Kikyo…- non poté fare a meno di pensare Kaede, scrutandola- Possibile che…”
Scosse la testa e batté le mani due volte, riportando le altre ragazze alla realtà.
«Non siete qui per guardare, ma per lavorare.- le sgridò- Coraggio, cominciate!»
Dopo alcuni tentennamenti, l’allenamento prese il via e si protrasse per l’ora prevista. Nessuno utilizzò il potere delle Me no Miko, ma nelle giovani apprendiste nacque una fortissima ammirazione per Kagome, che non aveva sbagliato un solo colpo. Finito l’allenamento, la circondarono ed iniziarono a tempestarla di domande. Kaede batté di nuovo le mani.
«Avrete tempo di chiacchierare stasera alla celebrazione.- disse loro- Pulite il cortile e andate a prepararvi. La sera avanza.»
Le novizie, Kagome compresa, ubbidirono all’ordine senza per questo smettere di chiacchierare. Kagome scoprì di avere delle compagne simpatiche e sveglie, allegre e socievoli quanto le studentesse del suo mondo. La cosa la rallegrò, facendola sentire sempre meno estranea. Riteneva che, grazie alla loro compagnia e alla possibilità di sfogarsi con l’arco, sarebbe riuscita a mantenere sotto controllo la tristezza e il desiderio di tornare a casa il più presto possibile.
***
La celebrazione che si svolse quella sera nella piazza principale del villaggio fu solenne ma allegra. Si rendeva omaggio al cinquantesimo anno di Sonno di Tochi no Bannin, il Bannin sigillato da Kikyo. Pareva si festeggiasse in primavera per radunare in una volta sola la nascita dell’ultima Hikaruku no Miko, avvenuta sul finire dell’inverno, e il sigillo del Bannin, avvenuto all’inizio dell’estate, in maniera da creare un ponte tra i due poteri e le due ricorrenze. Kagome si trovò abbastanza spiazzata vedendo Kaede iniziare un’invocazione a cui tutti, tranne lei, rispondevano nei momenti giusti e con le parole adatte. Le apprendiste sacerdotesse le spiegarono che quella cerimonia veniva celebrata ogni anno, fin da quando la vecchia Kaede non era che una bambina. Si invocava Tochi no Bannin perché tornasse alla vita, poi si invocava Kikyo perché si recasse almeno in spirito a togliere il proprio sigillo, a dimenticare il rancore della sua strana morte. Purtroppo, fino a quel momento le preghiere non avevano dato alcun esito.
Finita la preghiera, declamata al buio con la luna e le stelle come unici testimoni, le sacerdotesse accesero numerose torce, vi gettarono del sale e bruciarono incensi, poi versarono a terra catini d’acqua. Kagome comprese che si trattava di omaggi ai quattro elementi della filosofia occidentale. Poi, la vecchia Kaede alzò le braccia al cielo e cantò con voce roca un inno all’Occhio d’Ambra, Kiiro no Me, a cui si unirono tutte le sacerdotesse.
Kagome iniziava ad annoiarsi, quando il canto finì, tutti esplosero in un grido potente, poi applaudirono, ponendo fine alla celebrazione.
«Ora si mangia e si balla, Kagome!- le disse una delle sue compagne- E’ la parte più divertente!»
Kagome venne scortata ad una lunga fila di tavole imbandite, ove la gente si sedette, dando inizio alla cena in una piacevole atmosfera chiassosa e ridanciana. Kagome si godette la cena, e batté le mani con gli altri quando alcune donne iniziarono a ballare.
«Ci siamo solo noi al corso di apprendistato?» chiese Kagome alla sua vicina, alzando la voce. Lei annuì.
«La maggior parte delle ragazze preferisce sposarsi.- rispose- Pensano che fare la sacerdotessa sia una noia, e non posso dare loro molto torto.»
Le altre risero.
«Ma noi dedicheremo la nostra vita a Kiiro no Me, e questo vale la fatica.- sospirò una delle ragazze, sbattendo le ciglia con aria estasiata- Non c’è uomo bello, fiero e affascinante come lui!»
«Ma non è un cane?» chiese Kagome, divertita da quell'atteggiamento sognante.
«Ehi, quella è solo una delle sue forme!- replicò la ragazza- Kiiro no Me è il più bello del mondo! Non hai visto le sue raffigurazioni?»
«E’ dieci volte più bello di Tochi no Bannin! E la sua bellezza non è certo da poco!» commentò un’altra, soddisfatta.
«Esagerata!» sbuffò un’altra.
«Anche Tochi no Bannin è bellissimo.» sospirò una terza, sognante.
«Tu che ne dici, Kagome?» le chiese la giovane seduta alla sua destra. Kagome le guardò, stranita.
«Beh…non lo so. Io non ho mai visto Tochi no Bannin.- disse, poi scrollò le spalle- E poi…»
«NON L’HAI VISTO?!» sbottarono in coro le ragazze, tanto forte che parecchi si girarono nella loro direzione.
«Kagome, ma Kaede-sama ci ha raccontato di averti trovata nel bosco di…»
«Sì, è vero, ma quando ho aperto gli occhi ero vicino alla tomba di Kikyo.- disse Kagome, stanca dell’argomento- A parte Kaede-sama e chi l’accompagnava, non ho visto nessuno.»
Le ragazze si guardarono, quindi annuirono.
«Già, Tochi no Bannin è un po’ più avanti.» borbottò una di loro.
«Ehi, perché non glielo facciamo vedere noi?- esclamò una ragazza dai capelli corti- Dai, Kagome! Ci defiliamo e ti facciamo vedere Tochi no Bannin.»
Kagome storse un po’ la bocca. Si sentiva già stanca, e non aveva nessun interesse sulla bellezza di chicchessia, grazie anche ad Inuki, ma infine si lasciò convincere. Non voleva certo inimicarsele alla prima occasione. Il gruppo lasciò la tavola per incamminarsi verso la foresta. Presto, le ragazze furono avvolte da un silenzio corroborante.
«In realtà non si potrebbe andare laggiù. E’ un luogo sacro.- le confidò una delle ragazze, a bassa voce- Ma noi sbirceremo soltanto. E poi Kaede-sama non ci scoprirà, non può lasciare la festa finchè non finisce.»
«E se stavolta la preghiera ha funzionato e Tochi no Bannin si è risvegliato?» disse un’altra, con un po’ di timore.
«Figurati! Se non si è svegliato in cinquant’anni, non si sveglierà certo stanotte.» borbottò quella che procedeva in testa, tenendo alta una lanterna. Di colpo, si fermò con un sobbalzo e uno strillo, facendo bloccare anche le altre dietro di lei. Tra loro e la radura della tomba di Kikyo si ergeva la figura di un uomo, che ora alzò la propria lanterna.
«Cosa ci fate qui, ragazze?» chiese, burbero.
«Ecco…noi…» borbottò l’apprendista miko in testa alla fila.
«Kaede-sama sospettava che avreste tentato qualcosa del genere.- sospirò l’uomo, scuotendo il capo- Non sapete che questo luogo è sacro? Coraggio, tornate con gli altri e…»
L’uomo non finì mai la frase. Sotto gli occhi increduli e atterriti delle ragazze, un’ombra passò dietro all’uomo. Un secondo più tardi, la testa del poveretto rotolava tra le gambe del piccolo gruppo di apprendiste. Tutte lanciarono grida acute, stringendosi freneticamente l’una all’altra. Kagome osservò la testa recisa con affascinato orrore, prima di alzare lo sguardo e perdere il fiato. Dalle ombre, si era levato un mostro che mai si sarebbe immaginata di vedere.
Un busto di donna con sei braccia si ergeva su un corpo di millepiedi di cui l’oscurità non permetteva di giudicare la lunghezza. Le orride zampe strisciavano sull’erba, dando alla parte superiore del corpo un movimento serpentino. Il viso della donna sembrava una maschera inespressiva, ma negli occhi le brillava una luce di gioiosa malignità.
«Ce l’hai, eh?- mormorò la creatura, con una risata gutturale- La Shikon no Tama.»
L’orrore di Kagome raggiunse l’apice quando si accorse che il mostro si rivolgeva intenzionalmente a lei. Si voltò di scatto, dando le spalle a quella creatura da incubo.
«Correte!» gridò, spingendo avanti le altre. Non riuscì che a fare pochi passi, però, che una mano le ghermì una caviglia, facendola cadere a terra di faccia con un grido. Fu trascinata sul terreno, e sentì su di sé anche le altre mani dell’orrida creatura…mani che frugavano.
«Kagome!» gridò una delle sue compagne, alla debole luce della lanterna caduta.
«Scappate! Chiamate aiuto!» gridò Kagome, e quest’ultima esortazione ebbe l’effetto sperato. Tutte si alzarono da terra e si misero a correre verso il villaggio.
«Resisti, Kagome!» le gridarono, allontanandosi.
Kagome venne alzata da terra di peso e scagliata contro un albero. Gemette, distogliendo lo sguardo dall’orrida faccia che le si avvicinava.
«Che fuggano. Il mio padrone distruggerà anche questo villaggio.- disse il mostro, bloccando i movimenti di Kagome con le sue tante mani- Ma tu dove l’hai nascosta? Dammi la Shikon no Tama…»
«Io non ce l’ho!» gridò Kagome, orripilata.
«Ma davvero? Allora non servi a nulla…dovrei forse mangiarti?» la stuzzicò la creatura. Il mostro aprì la bocca, estraendo una lunga lingua serpentina con cui leccò la guancia di Kagome, come se la stesse assaggiando. L’indignazione di Kagome superò il terrore. La ragazza si divincolò, liberando le proprie mani.
«Lasciami stare, schifosa!» gridò, cercando di strapparsi di dosso le mani della creatura. Una luce inondò la radura quando il mostro insetto venne scagliato lontano. Kagome cadde a terra, seduta, osservando con incredulità il mostro, ora privo di almeno metà delle braccia.
«Tu…piccola bastarda!» sibilò la creatura. Kagome scosse appena il capo. Non era stata lei…non poteva essere stata lei! Ma non ebbe tempo di pensarci, perché l’occhiata del mostro si era di nuovo riempita di cupidigia.
«Eccola! La Shikon no Tama! L’avevi nascosta nel tuo corpo!» esclamò il mostro, indicandola. Kagome abbassò lo sguardo per riflesso. Il suo fianco, appena sopra l’anca, brillava dall’interno di luce rosa.
«Ma che…» mormorò, sfiorando la fonte della luce.
«Sei mia!» gridò il mostro, correndo da lei con innaturale velocità. Kagome si alzò in piedi e corse nella radura, ma non andò lontano. Un dolore lancinante la colse al fianco tenero, facendola gridare. La donna insetto la morse e la scagliò lontano…e una meravigliosa perla rosa scaturì dalla ferita macchiata di sangue. Kagome volò oltre la tenda naturale di rampicanti, distruggendola, poi cadde a terra con un gemito di dolore, portandosi le mani alla ferita. Poco distante dal suo viso cadde la Shikon no Tama, il gioiello che tutti desideravano e che chissà come era uscito dal suo corpo.
«Sei morta, ragazzina!» gridò il mostro, avventandosi su di lei per finire il lavoro.
La paura e il dolore di Kagome si trasformarono in cieco furore. Era già la seconda volta che rischiava la morte in due giorni! Aveva il cuore spezzato, era lontana da casa ed era finita in un mondo dove vivevano persino mostri come quello! Mostri che la volevano mangiare! Kagome rotolò sulla schiena, fronteggiando la donna mostro e alzando le mani su di lei.
«Lasciami stare!- gridò, chiudendo gli occhi mentre questa si avventava su di lei- Lasciami stare, maledetta!»
Una immensa forza le percorse il corpo e si concentrò nelle mani. Kagome agì d’istinto, usando questa forza come un proiettile. Sgorgò una luce che riuscì a ferirle gli occhi anche attraverso le palpebre chiuse. Quando, dopo un minuto di silenzio, si decise ad aprire gli occhi, scoprì di essere sola. Del mostro non restavano che alcuni, disgustosi frammenti di carne.
«L’ho…uccisa?- mormorò Kagome, guardando con incredulità le proprie mani tremanti- Sono stata io?»
Strinse i denti nell’avvertire una fitta al fianco ferito. Aveva altro a cui pensare. Per ora, le conveniva rallegrarsi di essere ancora viva e rimandare le domande a dopo.
«Kagome!»
Qualcuno chiamò il suo nome in lontananza. Per fortuna, gli aiuti stavano arrivando. Credeva di avere davvero bisogno di cure. Kagome si alzò a sedere a fatica, e allungò la mano per prendere la Sfera degli Shikon, una bellissima perla rosa, che ora non riluceva più. La raccolse, poi alzò lo sguardo per cercare di capire dove era andata a finire dopo essere stata scagliata via dal mostro. Il fiato le si bloccò in gola e Kagome si portò una mano al petto, artigliando tra le dita la stoffa del vestito.
Davanti a lei si ergeva un meraviglioso albero. E inchiodato a quest’albero da una lunga freccia, perfettamente riconoscibile nonostante il buio, c’era Inuki.

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Capitolo 5
*** 4 - La liberazione ***


CAPITOLO 4

LA LIBERAZIONE

Il cuore di Kagome si fermò a quella vista. Inuki…Inuki era lì? Era finito anche lui, chissà come, in quell'assurdo mondo delle Quattro Terre? Ma qualcuno…qualcuno lo aveva ferito! Gli avevano fatto del male! L’asta di una freccia gli sporgeva dal petto, la testa era reclinata su una spalla, i lunghi capelli appena mossi dal vento.
«Inuki…» mormorò Kagome, senza che la voce le uscisse. Barcollando, ignara del dolore al fianco ferito e della Sfera che ancora stringeva in pugno, Kagome si alzò in piedi. Si avvicinò alla figura immota con passi incerti.
«Inuki…kami-sama, Inuki…» riuscì a dire con voce strozzata, le braccia allungate verso di lui mentre si avvicinava con passi barcollanti all’albero. Salì sulle radici contorte, in precario equilibrio.
«No…» gemette, gli occhi pieni di lacrime, sfiorando il petto ferito dell’amato. In quel momento, qualsiasi controversia li avesse divisi, qualsiasi dolore Inuki le avesse dato, erano svaniti nella profonda pena derivata dal terrore che il giovane fosse morto, trafitto da una freccia mentre lei se ne stava al caldo nella casa della sacerdotessa Kaede.
Se fosse stata meno sconvolta e non fosse stato tanto buio, forse si sarebbe resa conto della quantità di cose che non collimavano, della stranezza della situazione. Per come stavano le cose, però, Kagome sapeva soltanto che doveva togliere quella freccia dal petto di Inuki, e poi doveva fare in modo che gli prestassero delle cure adeguate.
«Ti salvo io.- disse, febbrile, infilandosi distrattamente la Sfera in una tasca e afferrando l’asta della freccia con entrambe le mani- Stai tranquillo, Inuki, andrà tutto bene…ti salverò io!»
Kagome chiuse gli occhi e tirò con tutte le sue forze, proprio nel momento in cui dietro di lei giungevano nella radura Kaede e le altre sacerdotesse, rischiarando il buio con le loro lanterne. Si alzò una cacofonia di grida di sdegno che Kagome nemmeno sentì.
«Cosa fai, Kagome?! E’ sacrilegio!» esclamò la vecchia Kaede.
Kagome, ancora ignara del trambusto, gridò di trionfo quando sentì la freccia cedere e lasciare la presa sulla corteccia dell’albero nonché sulla carne del giovane sventurato. Aprì gli occhi, gettandosi la freccia alle spalle, prendendo tra le mani il viso del ragazzo per cercare di risvegliarlo…e il respiro le si bloccò in gola, congelandole i lineamenti in un’espressione di sconcertato stupore. Il volto su cui i suoi occhi si posarono era indubbiamente quello di Inuki. Il giovane, che giaceva ancora immoto, aveva però sorprendenti capelli del colore dell’argento. Sul suo capo spiccavano due orecchie canine dall’aspetto vellutato.
“Questo…non è Inuki. Non può essere Inuki!” pensò Kagome, scioccata. In quello stesso istante, le palpebre del giovane tremarono appena, un angolo della sua bocca si torse come per uno spasmo, poi gli occhi si aprirono e si fissarono su di lei. Due meravigliose iridi d’ambra diedero nuova vita al ragazzo che lei aveva liberato, e il solo incrociarsi di sguardi fece tornare le lacrime agli occhi a Kagome. Quello non era Inuki…eppure gli somigliava come una goccia d’acqua.
Subito, il volto del giovane si contorse in una smorfia di ira e disgusto tali che Kagome non poté fare a meno di tentare di alzare le braccia al viso, come se lui avesse intenzione di colpirla. Quello era uno sguardo di tale disprezzo…Con un doloroso tuffo al cuore, Kagome comparò quello sguardo a quello di Inuki mentre la rifiutava, e li trovò talmente simili  da congelarle il sangue nelle vene. Mentre un ringhio gli saliva dalla gola, il giovane la afferrò per le braccia con mani forti e rudi, dai lunghi artigli, e la scagliò lontano da sé, sull’erba. Kagome cadde con un grido di dolore. Si portò una mano al fianco ferito, dove il sangue non aveva ancora cessato di scorrere, e alzò il capo, stringendo i denti. Il ragazzo con i capelli d’argento scese dalle radici dell’albero con movimenti misurati, indice di una furia trattenuta a stento, continuando a fissarla con odio.
«Kikyo…finalmente ti sei decisa a liberarmi, eh? Cos’è, ti rimordeva la coscienza? O forse ti serve di nuovo la mia forza?» disse il ragazzo. La sua voce la colpì come un colpo di sferza. Era identica a quella di Inuki! Ma perché la chiamava Kikyo? Cosa stava dicendo? Kagome aprì la bocca per replicare, ma non ne uscì nulla, era ancora troppo sconvolta. Il giovane dai capelli d’argento scrocchiò le dita, minaccioso.
«Se credi che perdonerò la tua azione, che mi farò ammansire da qualunque scusa tu abbia formulato, ti sbagli di grosso.- ringhiò- Come hai osato sigillarmi? Come hai osato farmi questo? Credi che io sia il tuo giocattolo, maledetta, da usare o mettere via quando ti pare?!» Il volume della sua voce aumentò. Ora stava quasi gridando. «Non me ne frega un accidente se sei una dannata Hikaruku no Miko!- esclamò, fuori di sé- Hai cercato di uccidermi…perciò ora sarò io a porre fine alla tua vita! Dichiaro spezzati i miei legami con te! Preparati!»
«E…ehi!- protestò debolmente Kagome- Aspetta un attimo! Io non sono…»
In quel momento, la vecchia miko Kaede si frappose fra i due, frenando l’impeto del ragazzo dai capelli d’argento e salvando al contempo la ragazza. Si inchinò profondamente, le mani giunte sulla fronte.
«Ti salutiamo Inuyasha, Tochi no Bannin delle Quattro Terre, e ti diamo il bentornato nel mondo dei vivi.- disse la vecchia sacerdotessa, parlando in fretta, mentre il resto del gruppo di salvataggio restava immobile e silente, in ginocchio,  troppo scioccato da ciò che era avvenuto sotto i loro occhi- Sono passati cinquant’anni dal giorno in cui fosti sigillato. Questa notte vede per noi un evento fausto.»
«Tochi no Bannin?!» mormorò Kagome, stupita. Quel ragazzo tanto simile ad Inuki…era dunque il Guardiano della Terra? Uno dei quattro protettori delle Quattro Terre? Una specie di divinità?! Il suo cuore comprese subito che Kaede diceva la verità. I capelli d’argento, le orecchie canine, le iridi ambrate…Un rosario gli cingeva il collo, una lunga katana era appesa al suo fianco. La smorfia di disgusto che gli segnava le labbra mostrava zanne. Quello non era Inuki…non lo era affatto. Una tristezza abissale riempì il cuore di Kagome, trasformandosi subito dopo in una rabbia sorda, che le fece pulsare la testa. Si sentiva derisa dal destino in un modo che mai avrebbe creduto possibile. Era stanca di essere preda degli eventi senza poter reagire! Era stanca di essere presa per qualcun altro, era stanca di essere sballottata e trattata male, di essere attaccata da creature che nel mondo normale non sarebbero nemmeno dovute esistere! Ed era anche ferita, maledizione, ma sembrava che la cosa non preoccupasse nessuno!
«Fatti da parte, vecchia!- intimò nel frattempo Inuyasha, spostando la miko di peso prima che potesse pensare di ubbidire all’ordine- E’ una faccenda tra me e questa sacerdotessa disonorata. Non t’immischiare.»
«Ehi, piantala immediatamente di usare quel tono minaccioso con me! Io non sono Kikyo! Mi chiamo Kagome!» protestò la ragazza, ma Inuyasha la afferrò per il vestito, sollevandola con violenza da terra.
«Cos’è, la paura di morire ti fa straparlare, Kikyo?» disse, sempre ringhiando, scrollandola.
«Tochi no Bannin, ella non è Kikyo!- intervenne ancora Kaede, quasi nel panico- Si chiama Kagome, e viene da un altro mondo! Non ha niente a che fare con il sigillo!»
«Non cercate di fermarmi con queste stupide scuse!» replicò Inuyasha, preparandosi a sferrare il primo colpo. La frase fu spezzata da Kagome, la quale perse completamente la pazienza e afferrò Tochi no Bannin, che nella sua mente era già diventato ‘quel maleducato buzzurro violento’, per il rosario, avvicinando il viso del ragazzo al suo, tanto che le fronti di entrambi cozzarono l’una contro l’altra con un suono sordo perfettamente udibile da tutti.
«Sturati le orecchie, Tochi no Bannin, o Inuyasha, o come diavolo ti chiami!- gridò Kagome, fissandolo negli occhi con tale ira e trattandolo con tanta spudorata confidenza da ridurlo senza parole- Io non sono Kikyo! Mi chiamo Kagome Higurashi! KA-GO-ME! E non me ne frega niente se quando la sacerdotessa Kikyo ti ha sigillato ha avuto ragione lei oppure avevi ragione tu. Io voglio solo che mi si lasci in pace! Lasciatemi tutti in pace!»
Inuyasha, basito, contemplò per un istante il viso di donna balenante d’ira così vicino al suo, poi si voltò lentamente verso la vecchia Kaede.
«Non è…Kikyo?- chiese, incredulo ma d’un tratto dubbioso- Il suo comportamento è strano…troppo strano per essere Kikyo.»
Kaede annuì e si inchinò di nuovo frettolosamente.
«E’ così, Tochi no Bannin, la ragazza dice il vero.- si affrettò a ribadire- Sono passati cinquant’anni da quando sei stato sigillato, e Kikyo è morta. E’ morta il giorno stesso in cui tu fosti negato al mondo. La giovane Kagome è solo una innocente straniera dai poteri misteriosi...che chissà come è riuscita a liberarti.»
Kagome vide gli occhi ambrati di Inuyasha spalancarsi di colpo nel sentire la notizia, ma non riuscì a capire se la smorfia di dolore che gli solcò per un attimo il volto fosse dovuta al lungo tempo passato nell’oblio…o alla notizia della morte di Kikyo. Per quanto potesse sembrare paradossale, infatti, a Kagome l’ira che animava Inuyasha era sembrata più dettata da un animo ferito che da orgoglio derivante dalla sua posizione. Sembrava un innamorato tradito. Forse…tra Kikyo e Inuyasha c’era stato qualcosa? Il pensiero la riempì di inaspettata pietà per il Bannin, dissipando la sua ira tanto all’improvviso che Kagome ne fu turbata.
Inuyasha la lasciò andare così bruscamente che Kagome perse l’equilibrio e cadde di nuovo seduta a terra, tenendosi il fianco ferito con le mani mentre dalla sua bocca usciva un gemito. Inuyasha si passò una mano sul volto, allontanandosi da lei di qualche passo.
«Morta.- lo sentì mormorare, poi sulle labbra gli apparve un sorrisetto forzato- E così, mi è negata anche la vendetta.»
Rise piano, dal fondo della gola, poi diede le spalle a tutti e si allontanò, andando a sedersi sulle radici contorte, tenendosi la testa fra le mani. Kaede approfittò del momento di quiete per inginocchiarsi accanto a Kagome.
«Kagome! Santo cielo, sei ferita!- borbottò, notando il sangue che le macchiava la divisa da sacerdotessa- Si può sapere che è accaduto? E cosa ti ha spinto a tentare di estrarre la freccia dal corpo di Tochi no Bannin?»
Kagome arrossì a quella domanda, ma raccontò all’anziana miko tutto ciò che ricordava, dall’attacco del mostro millepiedi al momento in cui l’aveva distrutto con una forza che le era scaturita dall’interno.
«Il potere Tsuki.- commentò Kaede, ammirata- Sei davvero una Me no Miko, mia cara.»
«Io…non capisco come ho potuto fare una cosa simile.- disse Kagome, guardandosi le mani con un certo stupore- Poi…ho alzato gli occhi e ho visto…» Arrossì vistosamente e abbassò gli occhi. «Non sapevo che fosse Tochi no Bannin. Credevo…al buio, mi è sembrato Inuki.- mormorò, a voce bassissima- Inuki con una freccia nel petto. Ho pensato solo che dovevo salvarlo.»
Kaede corrugò la fronte e le posò una mano sulla spalla.
«Nessuno di noi aveva mai potuto nemmeno toccare l’asta della freccia, Kagome. Il potere di Kikyo è sempre stato troppo forte.- disse, riflettendo- Come sei riuscita ad estrarla?»
«Non lo so.- ammise Kagome, scuotendo il capo- Ho solo desiderato di farlo. Ma vi ripeto, Kaede-sama, pensavo fosse il mio…beh, il ragazzo di cui sono innamorata.»
«Si somigliano così tanto?» chiese Kaede, stupefatta. Kagome gettò un’occhiata ad Inuyasha, ancora immobile nella stessa posizione, e sospirò, annuendo.
«Sì, si somigliano tantissimo.» disse, affranta.
Kaede sembrò piuttosto colpita dalla cosa. Kagome, dopo un istante, iniziò a frugare in una delle sue tasche.
«Dimenticavo, Kaede-sama.- disse- E’ vero che questa è la Shikon no Tama di cui mi avete parlato?»
Bastò quella frase, e il bagliore rosato che le lanterne strapparono alla sfera magica, per accentrare di nuovo tutta l’attenzione su Kagome. Inuyasha alzò bruscamente la testa, fissando la mano di Kagome con aria predatoria. Le sacerdotesse mormorarono di sgomento. Kaede rimase a bocca aperta.
«Kagome…avevi detto di non avere mai visto…» balbettò l’anziana miko, indicando la Sfera con incredulità.
«Infatti non l’avevo mai vista.- disse Kagome, corrugando la fronte- Quel mostro, però, insisteva a dire che ce l’avevo io. Quando mi ha attaccata, una luce mi è scaturita dal fianco. Il mostro si è lanciato contro di me e mi ha morsa. La Sfera è uscita dalla ferita.»
Kaede alzò lo sguardo sul volto di Kagome, stupefatta.
«La Sfera…si trovava all’interno del tuo corpo?» chiese, con voce tremante.
«Già, ma non so come sia potuto accadere.» borbottò Kagome, annuendo.
«Kagome…- mormorò la vecchia Kaede, prendendo fra le sue le mani della ragazza- Che gli Shikon ti benedicano! Tu sei la nuova Hikaruku no Miko!»
«Cosa?!» chiese Kagome, sbalordita dalla piega presa dagli eventi.
«Ma certo, mia cara! Questo spiega i tuoi poteri.- continuò Kaede, che d’un tratto pareva la persona più felice del  mondo- Non capisci? Solo l’Hikaruku no Miko ha il permesso di custodire…»
«DAMMELA!»
L’ordine perentorio e aggressivo echeggiò nella radura, facendo voltare tutti i presenti verso Inuyasha. Il Bannin si era alzato in piedi e fissava la mano di Kagome con tale intensità da poter frantumare una roccia con il solo sguardo. Sembrava quasi di vedere il bagliore rosato danzargli nelle pupille.
«Cosa?» chiese Kagome.
«Dammi la Sfera!» ripeté Inuyasha, allungando una mano e venendo avanti con passi minacciosi. Kagome corrugò la fronte e, per spirito di contraddizione, si avvicinò la Sfera al petto.
«Tochi no Bannin, è questo il modo di fare?- disse Kaede, burbera- Perché mai vuoi che Kagome ti dia la Sfera? E’ quella autentica, se temi…»
«So che è quella autentica. Mi credi così idiota da non riconoscere una Sfera vera da una falsa, vecchia miko?- disse Inuyasha, sprezzante- Proprio perché è quella vera, la voglio nelle mie mani. Hai qualche secondo di tempo per darmela di tua spontanea volontà, prima che io decida di staccarti le mani per prendermela, donna.»
«Ehi! Che modi sono?- sbottò Kagome, irritata- Non sai chiedere le cose con un po’ di garbo?»
«Tochi no Bannin, ella è evidentemente una Hikaruku no Miko.- continuò Kaede, sconcertata dall’atteggiamento di Inuyasha- Sarà tuo dovere proteggerla, e…»
«Io ho chiuso con le vostre stupide Hikaruku no Miko! E per questo potete ringraziare Kikyo.- sbottò Inuyasha, rabbioso, tagliando l’aria con un gesto secco della mano- Dammi la Sfera, ragazzina!»
Kagome guardò Kaede, titubante. Le vide sul volto un’espressione così scioccata che si strinse la Sfera al petto ancora di più.
«Qualcosa mi dice che non devo dartela. Ti stai comportando da buzzurro prepotente, e Kaede-sama non mi sembra molto d’accordo con le tue azioni.» disse, combattiva.
«Tu, maledetta…come osi?» ringhiò Inuyasha, aprendo e chiudendo i pugni.
«I Bannin non possono tenere la Sfera! E’ proibito! Sai bene che questo vi porrebbe al di fuori dell’ordine naturale delle cose, minando gli equilibri delle Quattro Terre, e…» fu la frase che Kaede pronunciò con voce scandalizzata.
«Feh! Non m’importa più niente di queste cose, vecchia. Io sarò libero…sarò libero, ti è chiaro?- gridò Inuyasha, stringendo i pugni- Basta con le vostre stupide regole! Basta con le vostre dannate sacerdotesse da proteggere! Basta con i doveri verso la Terra e le Mon! Io prenderò quella Sfera con le buone o con le cattive, e aprirò la Taiyoo no Mon! Sarò liberato da questa schiavitù!»
«Aprire la Mon? Tochi no Bannin, questo distruggerà il mondo!» rantolò l’anziana donna.
«Fesserie!» esclamò Inuyasha, scattando in un balzo e attaccando Kagome. La ragazza rotolò via con un grido, sottraendosi per un soffio all’attacco di Inuyasha. Le altre sacerdotesse fuggirono nel bosco, gridando. «Dammi quella Sfera, dannata stupida!»
«Non farlo, Kagome! L’apertura delle Mon è associata ad una maledizione!» gridò Kaede.
«Insomma, che devo fare?» si lamentò Kagome, abbassando la testa di scatto per non farsela portare via dagli artigli di Inuyasha.
«Imponigli una parola di comando!» gridò Kaede.
«Cosa?!» sbottò Kagome. Si guardò attorno, prese un sasso e lo scagliò contro Inuyasha. Lui lo schivò, ma il suo ringhio divenne più fondo.
«Sei troppo sfacciata, ragazzina.» disse, minaccioso. Kagome strisciò all’indietro, ma si trovò la strada sbarrata da un tronco d’albero.
«Maledizione!» sibilò. Si guardò intorno freneticamente e raccolse un ramo, ben sapendo che come arma si sarebbe rivelata ben misera. «Cosa devo fare, Kaede-sama?» gridò.
«Imponigli una parola di comando!- ripeté la vecchia Kaede- Il rosario che porta al collo lo pone sotto il controllo delle Hikaruku no Miko! Dovrà ubbidire al tuo ordine!»
«Sì, ma che gli dico?» gemette Kagome. Inuyasha incombeva ormai su di lei.
«Le vostre stupidaggini non avranno alcun effetto su di me.- disse il Bannin, con voce fonda e terribile- Mi mangio Tessaiga se tu sei una Hikaruku no Miko! Inoltre, ragazzina, sei stata troppo sfacciata. Ora morirai!»
«Ma io non ho nessuna voglia di morire!» replicò Kagome.
«Somigli troppo a Kikyo per poter vivere!» esclamò Inuyasha, facendole volare via di mano il ramo con un manrovescio.
«Presto, Kagome!» gridò Kaede, ormai disperata. Kagome alzò lo sguardo sul volto di Inuyasha, che si stava preparando a colpirla. I suoi occhi, non si sa perché, si appuntarono sulle orecchie canine che gli spuntavano sul capo. La parola le uscì di bocca senza nemmeno avervi dedicato una riflessione.
«O…OSUWARI!» strillò, con tutto il fiato che aveva in corpo. In meno di un secondo, Inuyasha smise di incombere su Kagome. Si appiattì invece al suolo, a braccia e gambe larghe, la faccia interrata tanto da soffocare completamente la sua esclamazione di dolore.
«Ma che…» mormorò Kagome, sorpresa, abbassando lo sguardo sulla sagoma dolorante.
«Ugh…- disse Inuyasha, alzando lentamente il viso rabbioso sporco di terra- Tu, maledetta…»
Non appena fece per alzarsi, Kagome ripeté la parola magica.
«Osuwari!» disse, d’improvviso più tranquilla.
«Guep!- gemette Inuyasha, di nuovo sbattuto a terra dalla forza del rosario magico- Dannata, stupida donna! Pagherai questo affronto!»
«Osuwari!»
«Ti ucciderò, te lo giuro su…»
«Osuwari!»
«…»
Finalmente Inuyasha parve domato. Kagome alzò lo sguardo sulla vecchia Kaede, che si alzò da terra con un sospiro.
«Ora possiamo stare tranquilli.- commentò l’anziana miko- Non potrà mai sottrarsi alla tua parola di comando. Questo calmerà i suoi bollenti spiriti. Ora, sarà meglio andare a casa e curarti finalmente quella ferita. E sarà meglio che io ti spieghi un po’ di cose sul tuo ruolo.»
Kagome si alzò in piedi e superò con cautela la sagoma di Inuyasha. Una mano la afferrò per la caviglia.
«Tu…maledetta…» ringhiò Inuyasha, apparentemente provato dall’esperienza ma non ancora arresosi.
«Osuwari.» disse Kagome, con un sorrisetto. Questo pose del tutto fine alle velleità di Inuyasha.
Kagome fu presa in consegna dalle sacerdotesse, che iniziarono a scortarla verso il villaggio. Kaede, invece, si inginocchiò vicino ad Inuyasha.
«Tochi no Bannin,  cerca di calmarti e vieni con noi.- disse la vecchia, aiutando il Bannin ad alzarsi- Credo che avremo molte, molte cose da rivelarci l’un l’altro.»
Inuyasha atteggiò il viso ad un broncio offeso, poi annuì bruscamente. Seguì la vecchia nel bosco, fissando con odio la schiena della ragazza che camminava poco distante.

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Capitolo 6
*** 5 - I misteri del passato ***


Author's note: Qui le cose cominciano a farsi complicate! Povera Kagome, in che razza di guai è andata a infilarsi? E cosa si nasconde nel passato di Inuyasha?

CAPITOLO 5

I MISTERI DEL PASSATO

«Ahi!» gemette Kagome, mentre Kaede avvicinava di nuovo il panno alla ferita.
«Mi spiace, Kagome, ma devo pulirla per bene.- disse la vecchia- I demoni possono trasmetterti veleno o sostanze dannose per il corpo.»
Kagome annuì, stringendo i denti. La ferita era meno grave di quello che si era pensato in un primo momento, ma le avrebbe comunque fatto male per diversi giorni ancora. Kaede stava ora pestando in un mortaio delle erbe da usare come impiastro. Sempre tenendo alzata su un fianco la parte superiore della sua divisa da miko, Kagome guardò con aria corrucciata la sfera rosa che riposava sul pavimento, accanto ai suoi piedi. La Sfera degli Shikon, il più potente manufatto magico e oggetto di culto di tutte le Quattro Terre, era uscita non si sa come dall’interno del suo corpo.
Per averla, un demone l’aveva attaccata, e questo aveva dato il via ad una serie di avvenimenti che l’avevano portata a trovarsi del tutto invischiata nelle beghe di quel mondo estraneo, per quanto ne capisse ancora poco.
Alzò lo sguardo. Poco distante, seduto accanto alla finestra con le braccia conserte ed un’aria cocciuta sul bel viso, stava Inuyasha, Tochi no Bannin delle Quattro Terre. Kagome trattenne un sospiro nel constatare per l’ennesima volta quanto Inuyasha fosse simile ad Inuki. Era scontato che al buio non avesse potuto notare la differenza! Al contrario di Inuki, però, Inuyasha era un violento ed un buzzurro, che aveva persino cercato di ucciderla. Prima l’aveva scambiata per Kikyo, poi voleva la Sfera…il suo comportamento era intollerabile! Inuyasha sembrava ancora offeso per il trattamento ricevuto una volta che Kagome aveva trovato una parola magica per sedarlo. Le veniva ancora da ridere se pensava che le era balzata alla mente a causa di quelle adorabili orecchie canine…che stavano su una testaccia dura che di adorabile non aveva proprio niente. Certo che era davvero particolare, con quei bellissimi capelli d’argento e gli occhi d’ambra…ma a lei sembrava solo un ragazzo maleducato, altro che una semi-divinità!
«Alza le braccia, Kagome. Ti devo fasciare.» le disse Kaede, e la ragazza ubbidì, distogliendo lo sguardo dal Bannin.
«Quando avrete finito con queste stupide cure, mi piacerebbe sapere che è successo quando sono morto, vecchiaccia.» disse Inuyasha dal suo angolo, spezzando il silenzio con voce aspra.
«Ancora un attimo di pazienza, Tochi no Bannin.» disse la vecchia Kaede.
«Ho avuto cinquant’anni di pazienza, a sentire te!» ringhiò Inuyasha, voltandosi con ira. Alla vista dei fianchi nudi di Kagome tornò subito a guardare fuori, sorprendendo la ragazza. Era così timido?
«Allora, aspettare ancora un momento non ti cambierà l’esistenza.» asserì Kaede, guadagnandosi un’occhiata ammirata da parte di Kagome e un ringhio sordo da parte di Inuyasha. La vecchia miko finì il suo lavoro con calma, poi ripose gli utensili usati per la preparazione dell’impiastro medicamentoso.
Si sedette vicino al fuoco acceso, rintuzzandolo. Ora, sia gli occhi di Kagome che quelli di Inuyasha erano puntati su di lei.
«Inizierò con lo spiegare a Kagome l’origine della Sfera degli Shikon.- esordì l’anziana miko, ottenendo di far sbuffare il Bannin di irritazione- Da lì, mi collegherò a ciò che sappiamo del momento in cui tu fosti sigillato.»
«Feh! Fai in fretta, vecchia.» brontolò Inuyasha, cupo.
Kaede si rivolse a Kagome, con un sorriso mesto.
«Kagome, mia cara…la tua venuta ha riportato alle Quattro Terre l’oggetto più prezioso che fu mai creato.» Indicò la Sfera, ma non fece alcun accenno di volerla toccare. «Ti ho già parlato degli Shikon che governano il mondo.- riprese la vecchia miko- Ciò che non sai, è che un tempo gli Shikon attraversavano liberamente le Quattro Terre, mostrandosi ai loro fedeli e donando potere e meraviglie agli esseri umani.»
Kagome annuì, e Kaede continuò.
«Un giorno, non sappiamo quando, accadde una lotta interna fra gli Shikon. Gli Shikon delle Tenebre lottarono contro gli Shikon della Luce. Il Dio degli Universi intervenne, e pose fine alle lotte sigillando ogni Spirito nel proprio mondo astrale, perché gli esseri umani non avessero a soffrirne. Egli creò le Mon, le Porte, ognuna delle quali si apre su una delle Quattro Terre. I Bannin, che già allora esistevano, furono posti a guardia di queste Porte, protette da una vincolo e sigillate dalla Sfera degli Shikon.»
«Questa…è la chiave per aprire le Mon?» chiese Kagome, prendendo la Sfera in mano. Kaede annuì.
«Ma, come capirai, non è bene aprire le Porte. Una maledizione è associata ad esse, e se pensi al potere che gli Shikon potrebbero scatenare l’uno contro l’altro, facilmente potrai capire perché.» continuò la vecchia miko. Inuyasha sbuffò tra sé e Kagome si voltò, corrugando la fronte. Inuyasha non sembrava d’accordo con le parole dell’anziana donna. Aveva sulle labbra una smorfia di disgusto.
«Comunque sia, la Sfera venne affidata ad un essere umano, una donna.- continuò Kaede- Fin dall’epoca antica, le più potenti sacerdotesse erano quelle benedette da Hikaruku, la Splendente. Da quando la Sfera degli Shikon venne creata, essa fu affidata alla Hikaruku no Miko in carica, il cui potere di distruzione e vita era il più vasto fra tutti. Solo una Hikaruku no Miko poteva avere abbastanza potere e discernimento per conservare la Sfera degli Shikon senza volerla utilizzare.»
«Feh!» sbottò Inuyasha, poi chiuse la bocca di scatto, con un lampo d’ira e frustrazione negli occhi. Kagome lo guardò, perplessa. Cos’aveva il Bannin? Perché non parlava chiaro, se c’era qualcosa che non gli andava? O forse stava pensando a Kikyo…
«La prima Hikaruku no Miko fu la grande Midoriko. Ad essa vennero affiancati i quattro Bannin in qualità di protettori.- continuò Kaede- Da allora, ogni cinquant’anni nasce una nuova Hikaruku no Miko, e il testimone viene passato insieme alle grandi responsabilità che il ruolo comporta. L’ultima Hikaruku no Miko delle Quattro Terre fu Kikyo, mia sorella.»
«Tua sorella?!- sbottò Inuyasha, a bocca aperta- Ma…non mi dirai che tu sei quella mocciosetta di Kaede?!»
«Ne è passato di tempo, Tochi no Bannin.- disse Kaede, con una risata bassa- Il tempo scorre veloce, per gli esseri umani.»
«Maledizione…non l’avrei mai detto…» borbottò Inuyasha, e Kagome vide sul suo volto un breve lampo di malinconia, di tristezza. La cosa la toccò. Non doveva essere facile vivere in quel modo, senza mai invecchiare, mentre le persone attorno a te, coloro che conoscevi, vivevano la loro vita e poi morivano.
«Ebbene, come dicevo Kikyo fu l’ultima Hikaruku no Miko. La Terra di Honoo era fiera di aver dato i natali ad una miko così potente. I quattro Bannin, Inuyasha compreso, giunsero a farle da scorta e protezione. La nostra vita era diventata gaia e onorevole.» disse Kaede, con un punta di nostalgia nella voce. Inuyasha si rabbuiò. Kaede corrugò la fronte, come riflettendo, poi sospirò.
«Non so bene cosa accadde, all’epoca ero solo una bambina. Sapevo che tra i Bannin e mia sorella vigeva un clima consono e amichevole, sereno. Poco tempo prima della tragedia, però, mia sorella cominciò ad avvertire un calo nei propri poteri.- disse Kaede, corrugando la fronte- Inoltre, sorsero alcune accese discussioni con Inuyasha.» Alzò lo sguardo ad incontrare quello del Bannin. «Era a causa della Sfera, Inuyasha?»
«Feh! Non è ovvio?- esclamò Inuyasha- Stavo cercando di convincere quella testa dura ad accompagnarmi alla Taiyoo no Mon.»
«Anche se sapevi che è proibito? Perché?» continuò Kaede, imperterrita. Inuyasha strinse i pugni rabbioso.
«E me lo chiedi?!- sbottò, quasi gridando- Voglio la libertà! Voglio essere libero da queste odiose catene! Ma quali Hikaruku no Miko?! Tutte quelle donne hanno passato il testimone non perché morivano, ma perché Hikaruku toglieva loro il potere! E sai perché? Perché non ne erano più degne! Smettevano di avere rispetto per noi e ci trattavano come schiavi, come servi!» Sputò per terra, disgustato. Kagome, che stava seguendo il suo sfogo con stupore, si guadagnò un’occhiata di odio puro. «Pensavo…tutti e quattro pensavamo che Kikyo fosse diversa. E invece, è stata la peggiore! Mi ha sigillato ad un albero approfittando di un momento di distrazione, tutto perché volevo essere libero!- esclamò Inuyasha, dando un pugno violento al pavimento e appuntando le sue iridi d’ambra su Kagome- E questa mocciosa non sarà diversa dalle altre. Io mi sono stancato!»
«Ehi!- replicò Kagome, di nuovo arrabbiata- Tu non mi conosci neanche! E poi, io non voglio avere niente a che fare con te.»
«Feh! Figurati io!» disse Inuyasha, incrociando di nuovo le braccia sul petto e guardando altrove. Kagome si sentì prudere la lingua dalla voglia di rimetterlo al suo posto, ma si trattenne. Sotto lo sfogo violento, si agitavano sentimenti che la portavano più a compatire il Bannin che a farla adirare con lui. Forse bisognava concederglielo, uno sfogo, dopo tutto quello che aveva passato. Kaede sospirò.
«Io non so cosa accadde con precisione, Tochi no Bannin, e so che le mie scuse non basteranno. Kikyo commise davvero il sacrilegio di colpirti, anche se nessuno di noi sa il perché.» disse, scuotendo il capo. Rimase per un istante in silenzio, poi riprese. «Rammento quel giorno…pioveva e tuonava, era così buio che sembrava notte. Il villaggio fu attaccato da numerosi demoni, probabilmente attirati dalla Sfera. Voi Bannin e Kikyo ci proteggeste, ma le vostre forze furono divise. Ti vedemmo sparire nel bosco, e poco dopo Kikyo ti raggiunse. Non vi vedemmo più tornare. Furono i Bannin a cercarvi…e scoprire l’orrore che era avvenuto nella radura.» Sospirò, senza accorgersi dell’improvviso pallore di Kagome. «Tu eri sigillato all’albero da una freccia che nessuno di noi poteva toccare, imprigionato in un sonno di morte. Kikyo…Kikyo era riversa a terra, in un lago di sangue. Si era tolta la vita con un pugnale. La Sfera degli Shikon era svanita nel nulla.»
Inuyasha strinse le labbra in una linea sottilissima. Kaede lo guardò con viso triste, poi spostò il suo sguardo su Kagome e la vide straordinariamente pallida.
«Kagome, ti ho turbata?» chiese, preoccupata.
«Io…- mormorò Kagome, con voce tremante- Io ho sognato tutto questo, la notte prima di essere catapultata qui!»
«Cosa?» chiese Kaede, corrugando la fronte. Inuyasha si voltò appena verso di lei, e Kagome annuì.
«Ho sognato la pioggia, e il buio. C’era una donna che correva, e credevo di essere io.- raccontò Kagome, febbrile- Lei doveva tirare una freccia…colpire qualcuno che amava per salvarlo. C’era un tremendo pericolo e lei sapeva che se non avesse agito sarebbero morti entrambi…lei e il suo amore.» La comprensione la folgorò. Guardò Inuyasha, che si alzò con movimenti rigidi e le diede le spalle, guardando fuori. Kagome si portò una mano alla bocca. Aveva sognato i pensieri di Kikyo? Allora…come aveva intuito, tra quei due c’era stato molto di più che un semplice rapporto di dovere e protezione!
«E poi, Kagome? Cosa accadde dopo?» la spronò con gentilezza Kaede.
«Lei…riuscì nell’intento. Sapeva che lui l’avrebbe odiata, che non avrebbe capito, ma era l’unica cosa da fare.- continuò Kagome, con un sussurro, sentendosi attanagliare la gola da un tremendo magone- Poi, si uccise e portò via la Sfera degli Shikon insieme alla sua anima, sperando un giorno di poter tornare.»
«E la Sfera è tornata con te.» mormorò Kaede. Kagome annuì, attonita.
Kaede rimase per un momento in silenzio, riflettendo, poi annuì tra sé.
«Tochi no Bannin, Kagome è giunta da un mondo estraneo alle nostre regole.- disse, rivolgendosi ad Inuyasha, che però non si voltò- Sapevamo che possedeva un forte potere, ma non avevamo riconosciuto in lei la nuova Hikaruku no Miko. Lei ti ha salvato la vita, anche se spinta dalla tua somiglianza con il ragazzo che ella ama.»
«Kaede-sama!» protestò Kagome, imbarazzata. Inuyasha non si mosse.
«Tochi no Bannin, io credo che ella sia la reincarnazione di mia sorella Kikyo.- continuò Kaede, zittendo Kagome e facendo finalmente voltare Inuyasha- Non solo per i suoi poteri e per la sua capacità di rimuovere il sigillo, e nemmeno per la somiglianza fisica che le caratterizza. Il fatto è che la Sfera era nascosta all’interno del suo corpo. Questa è una prova inconfutabile.»
Inuyasha guardò Kagome. La ragazza si sentì straziata da quello sguardo. Negli occhi del Bannin lottavano odio, risentimento, dolore e una nostalgia così profonda da indurre alle lacrime. Il sogno che lei aveva raccontato aveva  minato il rancore dietro cui aveva nascosto il suo profondo dolore, togliendogli parte della corazza dietro cui si nascondeva. Mai come in quel momento le aveva ricordato Inuki. E sapeva che in quel momento Inuyasha non stava guardando lei, bensì il riflesso di Kikyo, la donna che forse aveva amato e che le circostanze l’avevano portato ad odiare.
«Non m’importa chi è.» disse infine tra i denti Inuyasha, uscendo di casa e sbattendo la porta dietro di sé. Kaede sospirò. Kagome abbassò gli occhi, colpita dal dolore del ragazzo.
«Checché ne dica, gli dovrà importare.- borbottò l’anziana miko- E’ ancora sottoposto alle leggi delle Quattro Terre, e presto arriveranno gli altri Bannin. Sentiranno la Sfera.»
«Kaede-sama, io non so più cosa devo fare.» mormorò Kagome, confusa e triste. Kaede le posò una mano sulla spalla.
«Per ora, limitati a non dare la Sfera ad Inuyasha.- le disse, sorridendo- Il resto lo capirai con calma. Ora, sarà il caso di dormire almeno un po’, non credi?»
«Ma…e Inuyasha?» chiese Kagome, guardando la porta.
«Lui non ha alcun bisogno di dormire.- disse Kaede, andando a prendere le coperte- Non è umano come noi.»
La frase la colpì, facendola diventare se possibile ancora più triste.
«Sì…ma…» mormorò. Kaede tornò indietro e le prese le mani nelle sue, affettuosa come una nonna.
«Kagome, oggi ci hai donato, molto probabilmente, una visione veritiera di ciò che accadde. Concedere ad Inuyasha un po’ di tempo per ritrovare la calma mi sembra il minimo che possiamo fare.- disse l’anziana miko- E’ uno spirito forte, supererà anche questo. Inoltre, Tochi no Bannin è abituato alla profonda differenza che passa tra il suo tempo e quello degli esseri umani. Non preoccuparti per queste cose.»
Kagome, dopo un istante, annuì. In realtà, più ci pensava, meno riusciva ad essere indifferente al dolore del Bannin. Inuyasha non avrebbe mai più rivisto Kikyo…come forse lei non avrebbe mai più visto Inuki. Come lei, soffriva per amore. Un amore che aveva tradito la fiducia, forse…o forse all’origine di tutto si nascondevano assurdi malintesi. Kagome, però, non aveva ancora rinunciato a tornare a casa, non aveva perso tutte le speranze. Inuyasha, al contrario, non poteva più sperare di tornare indietro. Erano passati cinquant’anni: Kikyo era morta.
Non era il caso, però, di turbare anche Kaede, e Kagome si sdraiò sul giaciglio preparatole dalla miko. Ella le augurò la buonanotte, poi spense il fuoco e si ritirò nelle sue camere, lasciando sola la ragazza. Nonostante la stanchezza, però, Kagome non riuscì a chiudere occhio. Troppi pensieri le vorticavano nella mente, tenendola sveglia.
Alla fine si arrese e scostò le coperte con un sospiro, decidendo di uscire a fare quattro passi. Aprì la porta, rabbrividendo per l’aria frizzante che la investì. Il cielo si stava schiarendo, preannunciando l’alba. Kagome sospirò, chiudendo con cautela la porta dietro di sé. Quando si guardò attorno, notò immediatamente la sagoma di Inuyasha, che spiccava con il suo abito rosso anche con il buio. Il Bannin le dava la schiena, seduto su una botte oltre l’angolo della casa. Sembrava tremendamente solo.
Kagome si avvicinò, decisa ad instaurare un dialogo con quello strano ragazzo. Vide muoversi le sue curiose orecchie canine. Forse aveva udito i suoi passi. Non fece però alcun accenno di volersi voltare.
«Ehi, Inuyasha.» lo chiamò Kagome, piano. Silenzio. «Inuyasha, ascolta…» mormorò, imperterrita.
«Sei venuta a darmi la Sfera, donna?» chiese Inuyasha, duro. Kagome corrugò la fronte. Gli costava tanta fatica chiamarla per nome?
«Il mio nome è Kagome.- gli rammentò- E no, non sono venuta a darti la Sfera.»
«Allora puoi tornartene dentro. Non mi seccare.» fu la subitanea risposta del Bannin. Kagome si indispettì, poi si impose la calma e si affiancò a lui, cercando di guardarlo in viso. Lui si voltò dall’altra parte, come un bambino capriccioso.
«Senti, Inuyasha,- continuò Kagome, con la voce più dolce che riuscì a confezionare- questa situazione è problematica anche per me. Perché non diventiamo amici?»
«Feh!» disse Inuyasha, tra i denti.
«Ma dai, non c’è niente che ce lo impedisca, no?- continuò Kagome, sorridendo- Senti, io mi dimenticherò che hai cercato di uccidermi. E non mi devi niente per avermi liberato. Ricominciamo da capo, e diventiamo amici.»
Allungò una mano verso di lui, cordiale, ma lui non si mosse né la guardò. Le poche briciole di pazienza che Kagome era riuscita a racimolare furono spazzate via. Irritata, la ragazza afferrò il Bannin per le due ciocche di capelli argentati che gli ricadevano sulle spalle e lo costrinse a guardarla. Inuyasha guaì di dolore.
«Cos’è, non riesci nemmeno a guardarmi in faccia?!- sbottò Kagome- Sei un maleducato!»
«Ma chi ti vuole guardare?!- sbraitò Inuyasha, afferrando i polsi di Kagome per costringerla a lasciarlo andare- Lasciami, ragazzina linguacciuta e impertinente! Sei seccante!»
«E’ perché la mia faccia somiglia a quella di Kikyo?- chiese Kagome, alzando ulteriormente la voce- Beh, mi spiace! Anche tu hai una faccia che mi fa male vedere, ma non sono così maleducata da…»
«Tu non somigli affatto a lei!» fu la replica di Inuyasha. Kagome rimase per un istante a bocca aperta.
«Ma se mi hai addirittura scambiata per lei!» strillò Kagome, ormai furiosa.
«Beh, mi sono sbagliato! Kikyo era più bella e intelligente!» disse Inuyasha, facendole una boccaccia.
«E tu non hai nemmeno le unghie di Inuki!» strillò Kagome, per ripicca, stringendo i pugni.
«Ma chi vorrebbe somigliare al tuo ragazzo?» continuò Inuyasha, sempre facendo boccacce come un bambino dell’asilo.
«Non è il mio ragazzo!» sbottò Kagome, prima di coprirsi la bocca con le mani. Inuyasha assunse un’espressione sardonica.
«Ah…capisco, deve averti rifiutata, vero?» chiese. Vedendo il pallore di Kagome, rise, incrociando le braccia dietro la testa. «Forse, allora, un po’ mi somiglia davvero.- disse, sempre ridendo- Chi sarebbe tanto scemo da mettersi con una linguaccia come…» Inuyasha smise di parlare quando gli occhi di Kagome si riempirono di lacrime. Le parole gli morirono in bocca. D’un tratto, si sentì un’emerita schifezza.“Ma che diavolo faccio? Me la prendo con una ragazzina che non c’entra nulla…” si disse, mortificato. Non gli piacevano quelle lacrime. Era come vedere Kikyo stessa piangere…gli straziava il cuore.
«Ehi…» le disse, abbandonando la sua posa tronfia. «Ehi, dai…non piangere.- continuò, avvicinandosi a lei- Dai, stavo solo scherzan…» Kagome alzò su di lui due occhi densi di pianto ed odio che lo paralizzarono. Poi, un grido echeggiò per tutto il villaggio.
«OSUWARI!»
Inuyasha si trovò spiaccicato per terra, mentre Kagome correva in casa, piangendo.
«Non ti chiederò mai scusa! SCEMA!» gracchiò Inuyasha, con la faccia interrata nel cortile.
Kaede, che aveva seguito tutta la scena alla finestra, sospirò. Sembrava ci volesse ancora del tempo per appianare certe divergenze.

 

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Capitolo 7
*** 6 - L'arrivo dei Bannin ***


CAPITOLO 6

L’ARRIVO DEI BANNIN

Nel campo d’addestramento di tiro con l’arco vigeva un’atmosfera piuttosto tesa. Le giovani novizie, addestrate da Kaede-sama all’arte del potere Tsuki, erano parecchio distratte, e ben poche frecce erano state scoccate.
Di certo c’era di che essere un po’ svagati. Quel pomeriggio, poco prima del calare del sole, la ragazza chiamata Kagome Higurashi sarebbe stata insignita ufficialmente della carica di Hikaruku no Miko. Ci si aspettava l’arrivo dei Bannin da un momento all’altro, e per la maggior parte degli abitanti del villaggio sarebbe stata la prima volta in cui sarebbe stato loro concesso di vederli di persona. Nonostante questo, non erano né la cerimonia né i Bannin a turbare tanto le abitudini delle povere fanciulle.
La causa primaria di quel silenzio e del disagio era senza dubbio l’espressione marmorea di Kagome Higurashi, che, unica su tutte, continuava a tirare frecce al bersaglio, senza sbagliare un colpo. Da lei proveniva un’aura di rabbia trattenuta a stento che era quasi tangibile. Inoltre, accucciato in cima al muro di cinta, c’era Inuyasha, Tochi no Bannin, con gli occhi ambrati puntati sulla straniera. Sommesso, si avvertiva provenire da lui un ringhio basso che più che minaccioso suonava offeso.
Kaede sospirò, scuotendo la testa. Era impossibile continuare l’addestramento in quelle condizioni. Erano due giorni che Kagome e Inuyasha non si scambiavano una parola. Lei si era rinchiusa in un mutismo che celava un’ira profonda. Inuyasha faceva l’offeso e la seguiva passo passo, irritandola ancora di più, quasi aspettandosi che lei gli chiedesse scusa. La vecchia miko scosse di nuovo la testa. Il caratteraccio di Inuyasha non era migliorato di una virgola, rispetto a cinquant’anni prima!
Batté le mani, ponendo fine a quella mattinata buttata al vento. Tutte le novizie si affrettarono ad uscire dal cortile. Kagome continuò, imperterrita, ad infierire sul povero bersaglio. Kaede non la richiamò, lasciandola sola con Inuyasha. Sperava che si riconciliassero prima dell’arrivo degli altri Bannin…
Inuyasha, dal canto suo, era immensamente irritato con quella sciocca ragazza. Imbronciato, nemmeno si accorse dell’uscita di scena delle apprendiste miko, preso com’era nello studiare la figura tesa della giovane. La somiglianza di lei con Kikyo lo irritava oltre ogni dire. Provava un dolore sordo al pensiero di ciò che Kaede gli aveva raccontato, ed il suo rancore per la donna che un tempo aveva amato, perché così era, era sfumato di fronte alle rivelazioni che gli erano state fatte. Inuyasha non aveva mai espresso chiaramente il proprio amore per Kikyo, né alcuna parola era giunta da lei. Le cose che li legavano erano almeno pari a quelle che li separavano, e Inuyasha possedeva una conoscenza più che precisa di ciò che accadeva quando le leggi delle Quattro Terre venivano infrante…
Storse la bocca in una smorfia, scoprendo per un istante le zanne. Pur senza avere certezza dei sentimenti di lei,  pur senza sapere con precisione la natura di quel forte sentimento che gli aveva quasi cambiato l’anima, Inuyasha aveva un tempo votato il suo cuore a Kikyo. Ora si sentiva del tutto svuotato, e l’unica cosa che lo teneva in piedi era il pensiero che la Sfera era a due passi da lui, ed ottenerla avrebbe significato la libertà. Era l’unica cosa a cui potesse ancora aspirare.
E invece cosa gli riservava il destino? Una nuova, testarda Hikaruku no Miko, che aveva nientemeno la faccia di Kikyo, a cui carpire la Sfera, così da non permettergli nemmeno di dimenticare! Maledetta anche la sorte! In più, quella stupida faceva pure l’offesa! Era lui ad essere pieno di problemi e afflizioni! Era lui il Bannin, maledizione! Lei avrebbe dovuto portargli rispetto, chiedergli scusa per la scenata di qualche sera prima!
Inuyasha balzò nel cortile con aria cupa, le braccia conserte. Camminò con passo marziale verso di lei. La ragazza ripose la freccia che stava per lanciare nella faretra e gli diede le spalle, allontanandosi.
«Ehi! Me la vuoi dare questa Sfera o no?» la apostrofò Inuyasha, acido. Lei non rispose, né si voltò. «Finiscila con questa scena muta, ragazzina!- esclamò Inuyasha, seccato- Cos’è, il gatto ti ha mangiato la lingua? Non sono degno di ascoltare le tue parole?»
Kagome si voltò e lo fulminò con un’occhiata terribile.
«Come osi parlarmi così?!- sibilò, prima di gridare- Sei stato tu a dirmi delle cose tremende! E vuoi anche che ti parli?!»
«Io?!- sbottò Inuyasha, corrugando la fronte- Guarda che sei tu ad essere venuta a rompermi le scatole al momento sbagliato! Che diavolo pretendi? Mi sveglio dopo cinquant’anni di sonno…»
«Non vorrei fartelo notare, ma sono IO che ti ho svegliato, brutto cretino!- inveì Kagome, stringendo i pugni- Sono lontana da casa, e forse non riuscirò più a tornarci! Il ragazzo di cui ero innamorata mi ha crudelmente respinta! Sono finita in un mondo che non capisco, mi affibbiano un ruolo e responsabilità che non voglio, e dovrei pure permetterti di insultarmi?!»
«Ehi! Anch’io ho i miei problemi, sai? Non sono stati questo gran divertimento, gli ultimi due giorni!» replicò Inuyasha, seccato, perdendo foga quando vide le lacrime luccicare nuovamente negli occhi della ragazza.
«Lo so!» esclamò lei. Sospirò e sembrò afflosciarsi su se stessa. L’aura d’ira scomparve, con grande sorpresa di Inuyasha. «Lo so.- ripeté lei, piano, con gli occhi bassi- Ma questo non ti dà il diritto di farmi del male.»
Ciò detto, si voltò di nuovo e si allontanò con passi lenti. Inuyasha la osservò per un istante, attonito. La tristezza di quelle ultime parole era andata più a fondo della rabbia della ragazza. Forse…forse anche lei soffriva. Forse era stato un tantino crudele, con lei. Dopotutto, non era colpa sua se somigliava a Kikyo.
«Ti chiedo scusa.» disse, con voce secca. Lei si fermò, poi si voltò lentamente. Inuyasha guardò altrove, incrociando le braccia dietro la testa. «L’altra sera ho esagerato, lo ammetto.- borbottò- Ricominciamo daccapo, ok?»
Le lanciò un’occhiata di sbieco. Kagome, dopo un istante, annuì.
«Non parlerai più di Inuki?» chiese, con voce flebile. Inuyasha fece una smorfia.
«Se tu non nominerai più Kikyo.» ribatté. Kagome annuì di nuovo, poi le comparve sulle labbra un timido sorriso. Allungò una mano verso di lui.
«Tregua?» chiese. Inuyasha guardò quella mano per un attimo, poi annuì. Allungò la propria, poi si fermò come per un ripensamento.
«Significa che mi darai la Sfera?» chiese, sollevando un sopracciglio.
«Inuyasha, adesso non te ne approfittare.» disse Kagome, corrugando la fronte. Inuyasha sospirò e scrollò le spalle. C’era sempre tempo per convincerla a cedere. Strinse quella mano delicata e fu graziato da un bellissimo sorriso. In quel momento, un peso gli si avvinghiò alla schiena, facendogli quasi perdere l’equilibrio.
«Inuyasha!!- gridò una voce squillante, direttamente nelle sue orecchie sensibili- Allora è vero che sei tornato in vita!»
Inuyasha si voltò a metà, stupito e frastornato.
«Shippo!» esclamò, prima che il nuovo arrivato gli stringesse il collo in una morsa affettuosa.
«Siamo stati così in pena per te! Ci sei mancato!» continuò a strillare.
«Shippo! Mi stai strozzando!» protestò Inuyasha, cercando di toglierselo di dosso. Kagome osservò la scena con curiosità. Attaccato alla schiena di Inuyasha come uno zainetto, c’era un ragazzino di circa dieci anni, dai capelli sale e pepe raccolti in una coda alta. Indossava pantaloni rossi come quelli di Inuyasha, una camicia gialla a maniche larghe e una sorta di corazza rigida decorata con foglie in rilievo che a prima vista sembrava fatta d’oro. Inuyasha riuscì a scrollarsi di dosso il ragazzino, che continuò a saltellargli attorno in un parossismo di gioia.
«Non potevo crederci quando ho sentito del tuo risveglio!- continuò il ragazzino, battendo le mani- Cavoli, ci hai messo cinquant’anni per risvegliarti, dormiglione! Ma come è successo che…»
«E fai un po’ di silenzio, maledizione! Sei sempre il solito casinista!» sbottò Inuyasha, colpendolo con un pugno sulla testa. Il ragazzino si portò le mani alla parte lesa, con un sorriso un po’ lacrimoso.
«Sempre lo stesso caratteraccio, eh? Ahia…» gemette, strofinandosi il bernoccolo. Finalmente, spostò i suoi occhi ad incontrare quelli di Kagome. Impallidì visibilmente.
«Ki…Kikyo?» chiese, sbalordito, prima che un altro pugno di Inuyasha lo centrasse in pieno.
«Non nominarla nemmeno, baka!- esclamò il Bannin, seccato- Non vedi che non può essere Kikyo? Questa è la nuova scocciatura gentilmente donataci da Hikaruku.»
Shippo mise il broncio, poi guardò di nuovo Kagome, che gli stava porgendo la mano con un sorriso.
«Io sono Kagome Higurashi.- si presentò lei- Tanto piacere di conoscerti, Shippo-chan.»
Il ragazzino arrossì, stringendole la mano. Inuyasha scoppiò a ridere.
«Shippo-chan?!» esclamò, piegandosi in due dalle risate. Affibbiò una pacca sulla schiena di Shippo che quasi lo fece ribaltare. «Ti ha chiamato Shippo-chan!»
«Inuyasha! Finiscila di picchiarlo!- sbottò Kagome- Non ti vergogni a comportarti così con un ragazzino più piccolo di te?»
«Più piccolo di me! Cosa mi tocca sentire?!» disse Inuyasha, sfiatato, dando l’impressione di essere sul punto di scoppiare letteralmente dalle risate. Il volto di Shippo divenne di un rosso cupo.
«Ma che c’è da ridere?!» chiese Kagome, seccata. Inuyasha cercò di contenere le proprie risate.
«C’è che il caro Shippo-chan è Hi no Bannin, il Guardiano del Fuoco.- mormorò, riprendendo fiato- E se proprio lo vuoi sapere, nonostante l’aspetto da moccioso tra noi Bannin è il più vecchio di tutti.»
Kagome rimase a bocca aperta. Shippo corrugò la fronte e soffiò sul palmo della mano in direzione di Inuyasha, il quale fu avvolto da una fiammata non indifferente. Guaendo di dolore, Inuyasha si rotolò a terra per spegnere le poche fiammelle che avevano aderito ai suoi vestiti.
«Shippo, questa me la paghi!» ringhiò. Shippo tornò a guardare Kagome, che era molto imbarazzata.
«Mi spiace.- disse lei, inchinandosi appena- Mi spiace davvero, non volevo mancare di rispetto, Hi no Bannin. Io…»
«Quanta educazione! A me chiami per nome senza problemi, però!» osservò Inuyasha, acido.
«Mi va bene.» disse Shippo, strisciando i piedi nella polvere. Kagome si zittì e lo guardò. Sembrava proprio un ragazzino di dieci anni, con un timido sorriso sul volto. «Mi va bene se mi chiami Shippo-chan. Io posso chiamarti Kagome-chan?» chiese, con due occhioni imploranti.
“Che carino!” pensò Kagome, annuendo intenerita, mentre il ragazzino, o presunto tale, ridacchiava imbarazzato. Un’ombra minacciosa si erse su di lui.
«Ehi, cos’è tutta questa confidenza? Ti allei con il nemico?!» ringhiò Inuyasha. Shippo strillò, andando a nascondersi dietro Kagome.
«Kagome-chan! Inuyasha mi vuole picchiare!» si lamentò.
«Osuwari.» disse subito Kagome, puntando un dito su Inuyasha. Il Bannin fu scaraventato a terra dal rosario magico, stupendo Shippo.
«Ah…è questa la nuova parola di comando per lui?» chiese, interessato.
«Siete… insopportabili!- sbraitò Inuyasha, ancora incapace di rialzarsi- Appena mi alzo vi ammazzo tutti e due!»
«Andiamo a vedere i preparativi della cerimonia, Kagome-chan? Tanto è inutile parlare con Inuyasha quando è di cattivo umore.» chiese Shippo, tirando la ragazza per una mano. Kagome annuì, sorridendo, e si allontanò con lui. Inuyasha continuò ad imprecare anche una volta rimasto solo nel cortile.
***
Quando li raggiunse, più tardi, scoprì che non avevano ancora finito di prenderlo per i fondelli.
Kagome e Shippo erano seduti su una catasta di assi di legno, mentre poco distante gli uomini del villaggio finivano di addobbare la via principale per la cerimonia di quella sera. Shippo aveva appena finito una frase utilizzando il suo nome, poi entrambi erano scoppiati a ridere. Inuyasha borbottò qualcosa tra sé, contrariato dall’eccessiva familiarità di Shippo con quella Kagome. Per forza che le Hikaruku no Miko mettevano loro i piedi in testa! Non bisognava mostrarsi così amichevoli con gli esseri umani!
«Io ho il potere di creare il fuoco.- stava intanto dicendo Shippo, soffiando sul palmo della propria mano e producendo piccole fiammelle colorate- Sono nato all’inizio della Creazione delle Quattro Terre, però sono rimasto piccolo, perché lo spirito del Fuoco è uno spirito giocherellone.» Fece un’evoluzione, stando in piedi sulle mani e facendo ridere Kagome. Vide avvicinarsi Inuyasha e lo salutò, tornando a sedersi.
«Inuyasha, invece, per nascita è il terzo Bannin.- spiegò Shippo, indicando l’amico- E’ nato insieme a Kiiro no Me, infatti si può dire che sono fratelli.»
«No che non puoi dirlo. E  fatti i fatti tuoi.» sentenziò Inuyasha, con una smorfia. Si sedette ad una certa distanza, facendo finta di non notare l’occhiata incuriosita di Kagome.
«Perciò tu sei fratello di uno degli Shikon?» mormorò la ragazza, impressionata. Inuyasha fece una smorfia, lanciandole un’occhiata ammonitoria. «E qual è il tuo potere?» chiese lei, imperterrita.
«Lui muove la terra, fa crescere le cose o le distrugge, come vuole.- rispose Shippo, visto che Inuyasha non sembrava intenzionato a rispondere- Noi Bannin abbiamo poteri solo distruttivi…tutti tranne Inuyasha, e per questo lui è il più simile agli Shikon. La sua spada, Tessaiga, distrugge tutto, ma con le sue mani e la volontà può dare vita a una foresta intera!»
«Shippo, la vuoi finire?!» sbraitò Inuyasha, oltremodo seccato dall’espressione ammirata di Kagome.
«Ma è meraviglioso, Inuyasha!» esclamò lei, rivalutandolo all’istante. Inuyasha si accorse con fastidio di essere arrossito.
«Sto solo spiegandole quello che sai fare!- protestò il ragazzino- Come sei scorbutico!»
«La dovete piantare di…»
«Non è cambiato di una virgola.» disse una voce di donna.
«Già, sempre lo stesso timidone di un tempo.» aggiunse una voce maschile, con una risatina.
Kagome, Shippo e Inuyasha si voltarono in contemporanea. A poca distanza da loro, c’erano un uomo e una giovane donna, la quale dimostrava più o meno la stessa età di Kagome. La ragazza aveva lunghi capelli scuri, occhi altrettanto scuri e intensi che le illuminavano il bel viso. Indossava un lungo abito bianco, formato da diversi strati di velo, fermato su una spalla da un medaglione d’argento. L’uomo sembrava sulla ventina, e possedeva un fascino ironico, accentuato dal sorrisetto che gli stirava le labbra. Era molto bello e portava i capelli neri legati sulla nuca in un corto codino. Aveva un lungo abito viola con sopravveste nera, ed un pettorale di madreperla gli proteggeva il torace. Teneva nella mano destra, coperta da un guanto ed un rosario, un lungo tridente decorato con anelli tintinnanti.
«Ah, siete voi.» commentò Inuyasha, sbuffando.
«E’ questo il modo di ricevere i tuoi amici, dopo tanto tempo? E noi che eravamo tanto preoccupati per te!» chiese l’uomo, fingendosi scandalizzato.
«Per gli Shikon, quanto somiglia a Kikyo…» mormorò la donna, fissando Kagome e portandosi una mano alla bocca.
«Ragazzi, questa è Kagome Higurashi, la nuova Hikaruku no Miko. E’ lei che ha salvato Inuyasha, sapete?- disse Shippo, balzando dal mucchio di assi e raggiungendo i due- Kagome, questi sono Miroku, Mizu no Bannin, e Sango, Kaze no Bannin. Lui governa sull’Acqua e lei sull’Aria, come avrai intuito…»
Shippo tirò Sango per il vestito, costringendola ad avvicinarsi a Kagome, la quale si alzò subito, sorridendo con calore.
«Piacere di conoscerti, Sango!» esclamò, cordiale. Sango parve sorpresa, poi sorrise a sua volta, incerta. Strinse la mano a Kagome, che rise.
«Mi fa piacere che almeno uno dei Bannin sia una donna!- disse- Spero che diventeremo amiche!»
Sango ristette di nuovo, poi guardò Shippo, che si esibì in un’espressione di gioia pura.
«Era tanto che Hikaruku non ce ne mandava una così, vero?» chiese il piccolo Bannin. Sango annuì lentamente, poi si scostò per lasciare spazio a Miroku. Mizu no Bannin prese una mano di Kagome con estrema galanteria.
«Il fato ha voluto che Inuyasha tornasse alla vita per mano vostra, e di questo vi ringraziamo.- disse, con voce e modi da perfetto gentiluomo- Da questo momento saremo la vostra ombra e vi proteggeremo da ogni male, a voi e alla Sfera che portate.»
«Gra…grazie. Ma non c’è bisogno di darmi del voi…» rispose Kagome, imbarazzata, mentre il Bannin le baciava la mano. Non notò le occhiate consapevoli che gli altri tre si scambiarono. In un momento, entrambe le sue mani furono fagocitate in quelle di Mizu no Bannin, che si avvicinò ulteriormente a lei.
«In questo caso,- sussurrò lui- permettetemi di chiedervi di farmi dono della vostra preziosa verginità…»
Un colpo poderoso raggiunse il Bannin alla testa, schiantandolo a terra e costringendolo a lasciare andare Kagome, che era rimasta scioccata.
«Porco!- gridò Sango alla sagome inerte, tenendo ancora alzato il pugno- Sei un depravato!»
«Non preoccuparti, Kagome, lo fa con tutte le ragazze.» disse Shippo, sospirando.
«Sei un cretino, Miroku. In cinquant’anni non sei cambiato di una virgola!- sentenziò Inuyasha, il quale aveva contribuito al colpo non meno di Sango- Abbassarsi a chiederlo anche ad una umana così…»
Kagome fu subito avvolta da un’aura di ira fiammeggiante che la fece apparire molto più imponente di quel che era realmente.
«Perché, cosa vorresti insinuare? Stai dicendo che sono un essere inferiore? Che sono brutta?!» disse, con voce tremenda, facendo arretrare Inuyasha.
«Non…non mi minacciare! Non ho ancora detto niente, scema!» cercò di difendersi Inuyasha.
«Ma l’hai pensato, non è vero?- continuò Kagome, inflessibile- Sei un cretino, Inuyasha! Osuwari!»
Inuyasha finì a terra accanto a Miroku, il quale si alzò sui gomiti, all’apparenza illeso.
«Non male questa tecnica di soggiogamento, Kagome-sama. I miei complimenti.» commentò, ammirato.
«Se anche tu avessi un rosario al collo, la vita sarebbe molto più facile.» disse Sango, acida. Miroku saltò in piedi con un agile scatto e prese la mano di Sango, strofinandosela su una guancia.
«Mia cara, dolce Sango! Sai che sei solo tu la luce dei miei occhi…» cominciò a dire. Uno schiaffo lo centrò in piena faccia. La mano destra di Mizu no Bannin era scesa ad accarezzare il posteriore di Sango con una sfacciataggine incredibile. Kagome scoppiò a ridere e i Bannin si voltarono verso di lei. Inuyasha alzò la faccia da terra, imbronciato e offeso.
«Siete davvero simpatici!- disse Kagome, scuotendo la testa e sorridendo- Sono contenta. Sono contenta di avere l’opportunità di conoscervi, davvero. Ora che sono lontana da casa, sono sicura che la vostra amicizia mi sarà preziosa.»
I Bannin rimasero in silenzio, stupiti, poi Miroku sorrise e si inchinò. Shippo tornò a sedersi accanto a Kagome e le sorrise con calore.
«Saremo grandi amici, Kagome-chan.» asserì, convinto. Inuyasha guardò da un’altra parte, sibilando un: «Feh!» di disprezzo. Sango rimase in silenzio più a lungo, poi allargò le braccia in un gesto che sollevò un lieve, piacevole venticello. Alle sue spalle, Kagome fu sicura di intravedere delle ali piumate.
«Kagome Higurashi, come Hikaruku ci ha ordinato, noi saremo i tuoi protettori e consiglieri fintantoché conserverai il Suo favore e la Sfera degli Shikon.- disse Kaze no Bannin, seria ma dolce- Se questo sarà in aggiunta fonte di amicizia tra noi, l’incarico ci sarà ancora più gradito.»
Kagome sorrise. Sembrava che Sango fosse la più conscia del suo ruolo, in quel quartetto!
«Grazie.» mormorò. La presenza dei quattro Bannin le dava la sensazione che il futuro fosse più roseo di quello che le era parso negli ultimi giorni. Forse ritrovare la Sfera e liberare Inuyasha non erano state soltanto azioni portatrici di pesanti responsabilità e di un futuro incerto. La loro buona disposizione nei suoi confronti e le informazioni di Kaede e Shippo avevano contribuito alla nascita di un piano ancora grezzo per permetterle di tornare a casa propria. Le dita di Kagome salirono alla Sfera degli Shikon, che era legata al suo collo da una catenella.
Il primo passo era diventare a tutti gli effetti la nuova Hikaruku no Miko.

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Capitolo 8
*** 7 - Squilibri ***


CAPITOLO 7

SQUILIBRI

«Vedo che avete fatto amicizia.» disse la vecchia Kaede, avvicinandosi con passo lento al gruppetto seduto accanto al palco per la cerimonia di quella sera. L’anziana miko aveva assistito con un sorriso allo scambio di battute e insolenze dei Bannin, e alla reazione allegra e solare di Kagome. Attorno ai cinque aleggiava un’atmosfera promettente, che sembrava portatrice di luce. Sperava che ciò fosse buon segno per le Quattro Terre.
«Kaede! Buongiorno!» salutò Shippo, allegro, mentre Inuyasha si spazzolava la terra dai vestiti, seccato.
«Buongiorno a voi, onorati Bannin.- replicò lei, inchinandosi- Vedo che avete già fatto conoscenza con la nuova Hikaruku no Miko.»
«E ne siamo entusiasti.- disse Miroku, convinto, guadagnandosi occhiatacce sia da Sango che da Inuyasha- Una leggiadra, bellissima fanciulla dai grandi poteri.»
«Veramente…» mormorò Kagome, imbarazzata.
«Feh! Quella non ne ha, di poteri.» fu lo sprezzante commento di Inuyasha, che subito appiattì le orecchie sul cranio e si mise in posizione di difesa, aspettandosi la parola magica, che però non venne.
«Inuyasha, sei veramente sgarbato.» osservò Shippo, guadagnandosi un pugno sulla testa da parte dell’interessato.
«Spero non vi adirerete con me se vi chiedo il permesso di portarvela via per un po’.- disse Kaede, per poi rivolgersi a Kagome- Mia cara, devi prepararti per la cerimonia, e devi ripassare il cerimoniale.»
Kagome sospirò ed annuì. Da due giorni, la vecchia Kaede le faceva ripetere a memoria le frasi del cerimoniale dell’investitura. Shippo balzò in piedi.
«Vengo anch’io! Posso, Kagome-chan?» chiese. Kagome sorrise.
«Ma certo, Shippo-chan!» rispose. In realtà, era contenta di avere il piccolo Bannin al seguito. Le ricordava il suo fratellino, e la metteva a suo agio.
«Sango, perché non accompagni anche tu la nostra nuova miko?- disse Miroku, alzandosi in piedi e avvicinandosi ad Inuyasha- Noi maschietti resteremo qui a farci una bella chiacchierata.»
Inuyasha guardò Miroku di traverso, perplesso, e Mizu no Bannin gli fece un sorrisetto tirato. Inuyasha si rabbuiò. Miroku aveva qualcosa di importante da dirgli. Sango non sembrò sorpresa dall’atteggiamento di Miroku. Si limitò a sorridere a Kagome e ad accodarsi al gruppetto.
«Fate con comodo!» li salutò Miroku, sventolando la mano e sorridendo con calore. Non appena i quattro furono lontani, il suo viso divenne di pietra.
«Che c’è, Miroku?- chiese Inuyasha, cupo- Tutte le volte che ti vedo con questa faccia, ti porti dietro qualche disgrazia.»
«Ne porto molte, ahimè, Inuyasha.- confermò il Bannin, annuendo- Ma non parliamo qui. Andiamo alla radura…dove fosti sigillato.»
Inuyasha corrugò la fronte.
«C’entra Kikyo?» chiese, brusco.
«C’entra Kikyo. C’entra la Sfera.- disse Miroku, con un lampo impaziente negli occhi- C’entrano anche gli Shikon e le Mon. Vuoi continuare a perdere tempo, o ti interessa sapere cosa ti sei perso mentre dormivi?»
Inuyasha fece una smorfia, poi annuì. Per quanto i modi di Miroku sapessero essere molto bruschi, tra loro era sempre esistita una fortissima amicizia. Se il Bannin riteneva di avere informazioni importanti, così era sicuramente. I due si allontanarono dal villaggio, entrambi correndo a velocità che l’occhio umano faticava a percepire. Impiegarono poco più di due minuti per raggiungere la radura in cui Kikyo era sepolta. Si fermarono, restando per un attimo in silenzio come a voler omaggiare il silenzio doloroso che permeava quel luogo, poi Miroku scosse il tridente, facendone tintinnare gli anelli, e sospirò.
«Inuyasha, sono accadute molte cose durante il tuo sonno.- esordì- Vi sono molte cose da narrare…tutte iniziate in questa radura, il giorno in cui tu fosti sigillato.»
«Parla, Miroku. Non stare a cincischiare.» disse Inuyasha, brusco. Miroku corrugò la fronte e accarezzò appena la pietra tombale di Kikyo. Inuyasha compresse le labbra in una linea sottile.
«Inuyasha, cosa ricordi del giorno fatidico in cui Kikyo ti colpì?» chiese Miroku, senza guardarlo. Inuyasha si incupì, perplesso, poi si strinse nelle spalle.
«Il combattimento, ovviamente. E’ importante?» rispose. Miroku annuì.
«Potrebbe esserlo.- ammise Mizu no Bannin, sedendosi sull’erba accanto alla pietra- Dammi la tua versione dei fatti, per favore.»
«Ma perché perdere tempo con…- iniziò a protestare Inuyasha, poi vide l’espressione seria sul viso dell’amico e si sedette a sua volta, sbuffando- Va bene, va bene. Anche se non so a cosa ti servirà.»
Fece mente locale per un istante, poi iniziò a raccontare. «Era pomeriggio inoltrato, e ci trovavamo tutti al villaggio.- borbottò- Io stavo discutendo con Kikyo a proposito della Sfera, e voi come al solito non mi davate affatto man forte.» Fulminò Miroku con lo sguardo, ma vide che non raccoglieva la provocazione e proseguì. «All’improvviso, fummo attaccati da alcuni demoni.- si interruppe, corrugando la fronte- Beh…molti demoni.»
Miroku annuì.
«Ricordi bene, Inuyasha.- mormorò- Molti demoni.»
«Comunque sia, ci mettemmo a combattere. Non era la prima volta che i demoni ci attaccavano per conto di Kurasa o Konton.- continuò Inuyasha, scrollando le spalle- Scoppiò una tempesta, probabilmente causata dall’aura malefica di quelle creature. I nemici erano troppi e nemmeno delle mezze cartucce, perciò fummo divisi. Io fui costretto a spostare il mio combattimento contro due demoni serpenti…gemelli, se non mi ricordo male…nella foresta.»
Miroku annuì di nuovo. «Anche Shippo e Sango furono allontanati. Io riuscii a restare vicino a Kikyo, come mi avevi chiesto.» disse. Inuyasha fece una smorfia.
«Beh, riuscii ovviamente a sconfiggere i demoni.- riprese a raccontare, brusco- Mi misi a correre per tornare al villaggio. Avevo…un brutto presentimento.» Inuyasha rimase un attimo in silenzio, comprimendo le labbra in una linea sottile.
Già, aveva avuto un pessimo presentimento. Sentiva che Kikyo e la Sfera erano in pericolo, sentiva che tutti i progetti che aveva fatto si stavano sciogliendo come neve al sole, che qualcosa desiderava vederlo sconfitto.
Inuyasha lottava già da tre generazioni degli uomini per convincere le Hikaruku no Miko a donargli la libertà, ma con Kikyo il desiderio era stato differente. Voleva essere libero…ma libero d’amare, più che libero dalle sue responsabilità. Inuyasha adorava Midoritsuchi, il suo regno, ma le catene che lo legavano alle Hikaruku no Miko ve lo tenevano lontano per lunghissimi periodi. In quel momento però,  in quel giorno così cupo e nefasto, avrebbe consegnato tutti i suoi domini a Kikyo, se solo lei l’avesse amato. La bocca gli si torse in una smorfia.
«Fu allora che Kikyo sbucò dagli alberi, con l’arco teso e la freccia incoccata.- disse, amaro- Non feci nemmeno in tempo a reagire. La freccia mi trapassò il cuore e io morii, o mi addormentai, appeso a quell'albero.» Sputò per terra, come se avesse un sapore amaro in bocca. «Morii nell’odio e nel rancore per lei…per lei che aveva osato tradirmi in questo modo. E ora sono passati cinquant’anni, e lei è morta. Non posso nemmeno vendicarmi per essere stato sigillato.» sussurrò, così piano che un essere umano avrebbe faticato a discernere le sue parole. Miroku, però, non aveva di questi problemi.
«Sbagli, Inuyasha, perché Kikyo ha compiuto quel gesto estremo per salvarti la vita. Te lo posso assicurare.» disse.
«Allora quella ragazza diceva il vero…» mormorò Inuyasha, corrugando la fronte.
«Stai parlando di Kagome-sama?- chiese Mizu no Bannin, stupito- Cosa ti ha detto?»
Inuyasha scrollò le spalle, sbuffando.
«Pare abbia sognato i ricordi di Kikyo.- borbottò- Pensavo che le sue parole fossero campate per aria. Diceva…bah, non importa quello che diceva. Il fatto è che anche tu affermi che il suo gesto fu dettato dall’amore, e io vorrei proprio capire come può essere possibile.»
Miroku rifletté tra sé per qualche istante, poi annuì.
«Kagome-sama è un altro argomento di cui dovremo parlare.- ammise- Prima, però, permettimi di raccontarti la mia versione dei fatti, Inuyasha…e ciò che ti sei perso in questi cinquant’anni di sonno.»
«Sono tutt’orecchi, Miroku.» disse Inuyasha, sarcastico.
«Come ti ho detto, io rimasi accanto a Kikyo durante il combattimento.- disse Miroku, cupo- Eravamo in difficoltà, come è ovvio, ma non così seria da rasentare la disperazione. Come hai sottolineato in precedenza, eravamo abituati alle incursioni di Kurasa e Konton per l’ottenimento della Sfera.»
Inuyasha annuì. I due Shikon dell’Oscurità bramavano di ottenere la Sfera per aprire le Mon. La creazione delle Porte era causa loro, ma li aveva limitati molto nel potere e nel raggio d’azione. Le Mon si aprivano solo in determinate circostanze, costringendoli a restare ognuno nel proprio regno per la gran parte del tempo. Il loro piano era quello di garantirsi un accesso senza limiti alle Quattro Terre, cosa che era impossibile agli Shikon Luminosi…soprattutto ad Hikaruku.
«Cosa faresti se ti dicessi che quella volta non avemmo a che fare né con Kurasa né con Konton?» gli chiese Miroku, socchiudendo appena gli occhi violetti. Inuyasha, per reazione, spalancò i propri.
«Che vuoi dire, Miroku?» chiese, perplesso. Miroku si guardò le mani, tese e strette a pugno.
«Qualcun altro aveva organizzato quest’attacco, Inuyasha…un uomo che aveva venduto la sua anima ai demoni.» disse.
«Feh! Un uomo?!- chiese Inuyasha, perdendo interesse- Ma che diamine stai dicendo? E poi, anche se fosse, che importanza ha un misero essere umano?»
«Questo essere umano era tutt’altro che misero, Inuyasha, te lo posso assicurare.- fu la brusca risposta di Miroku- Si presentò di fronte a noi quando non rimanevano che pochi demoni a tenerci testa. Era…il suo aspetto era quello di un uomo qualunque. Era uno stregone della mia terra, un uomo di Kaisui, che si faceva chiamare Onigumo.»
«Onigumo…» mormorò Inuyasha, corrugando la fronte.
«Inuyasha, quell'uomo aveva venduto la sua anima a numerosi demoni. Il suo potere di stregone era enormemente accresciuto dalle particolarità dei demoni che aveva assorbito.- puntualizzò Miroku, alzando un dito per sottolineare le proprie parole- E intendo esattamente ciò che ho detto, Inuyasha. Quell'uomo dominava i demoni, non viceversa! E voleva la Sfera degli Shikon.»
«Che cosa?» chiese Inuyasha, in un sussurro. Miroku annuì.
«Voleva la Sfera degli Shikon, perché la sua ambizione mirava in alto.» disse. Inuyasha scosse il capo, incredulo.
«Non c’è che dire, un uomo davvero pazzo!» esclamò, sbuffando.
«Pazzo? No, Inuyasha! Onigumo sapeva bene quel che faceva!- lo interruppe subito Miroku, con una smorfia- Egli intendeva portare dalla sua parte o uccidere Kikyo e prendere la Sfera. Non avrebbe toccato noi Bannin…disse chiaramente che dei servi gli avrebbero fatto comodo.» Miroku strinse le labbra, disgustato. «Ma voleva te, Inuyasha, per inglobarti nel suo immondo corpo e ottenere una prima porzione del potere degli Shikon.»
Inuyasha rimase a bocca aperta nel sentire quelle scempiaggini.
«Feh! Aveva un bel fegato!- disse, con voce stranamente stonata- Sicché questo essere umano voleva sfidare gli Shikon? Arrivare al loro potere divino? E magari iniziare la scalata dal mio potere di creare?»
«Di agire sulle Quattro Terre, sì.- confermò Miroku- Fu molto eloquente…si aspettava in ogni caso di ottenere ciò che voleva. Kikyo si rifiutò di dargli la Sfera e Onigumo ci attaccò.» Sospirò, un suono secco. «Tentai di difendere Kikyo usando il mio Vortice e combattei contro di lui, mentre Kikyo riusciva a fuggire, dirigendosi nella foresta.- alzò la mano destra, coperta da un rosario- Quel bastardo, però, sguinzagliò alcuni insetti demoniaci, che riuscirono a trasmettermi un potente veleno. Questo mi mise k.o., e Onigumo mi lasciò perdere per inseguire Kikyo. Non mi sono mai sentito tanto miserando come in quel momento.»
Mizu no Bannin fece una smorfia, impallidendo al ricordo. Inuyasha rimase silenzioso e teso, gli occhi ambrati scintillanti di rabbia repressa.
«Quando gli altri mi recuperarono, iniziammo a dirigerci verso la foresta.- continuò Miroku- D’un tratto, però, avvertimmo una strana sensazione. La Sfera degli Shikon…era scomparsa.» Scosse il capo, come se fosse ancora incredulo. «Capimmo subito che era successo qualcosa di gravissimo. Vedemmo Onigumo e il resto della sua marmaglia levarsi in volo come una nube tossica e allontanarsi verso nord. Quando arrivammo alla radura…Kikyo era morta, ferita al ventre dal proprio pugnale, e tu eri sigillato all’albero.»
Inuyasha sibilò un’imprecazione tra i denti, stringendo le mani a pugno.
«Inuyasha, Kikyo si era resa conto di non poter competere con Onigumo. Da quando erano sorte quelle discussioni tra voi, il suo animo era turbato, e il suo potere ne aveva risentito.» disse Miroku.
«Stai dicendo che fu colpa mia?!» sbottò Inuyasha, risentito e addolorato. Miroku scosse la testa.
«Dico solo che sapeva della sua debolezza.- puntualizzò- La nostra opinione, mia e degli altri Bannin, fu che Kikyo ti avesse sigillato per non permettere a Onigumo di inglobarti al suo corpo, e che poi involò la sua anima con la Sfera degli Shikon, perché lo stregone non raggiungesse il suo scopo.»
«Si sacrificò.» finì per lui Inuyasha, con voce atona. Gli scoppiò in cuore un’improvvisa voglia di piangere. Come poteva aver dubitato di Kikyo? Come poteva averla odiata in quel modo insano, rancoroso? Si morse con forza il labbro inferiore, tagliandosi la pelle con le zanne. Che cieco era stato! Eppure sapeva che Kikyo era diversa dalle altre Hikaruku no Miko!
«Ed ora la Sfera è tornata con Kagome-sama.» finì Mizu no Bannin, lanciando un’occhiata al sentiero che conduceva al villaggio. Inuyasha annuì, tenendo lo sguardo basso. Faticò a trovare la forza per continuare a parlare.
«Se quell'Onigumo non fosse già morto, gli strapperei la testa dal collo con queste mie mani!» disse, con voce fonda e roca, quasi un ringhio.
«Ma Onigumo non è affatto morto, Inuyasha.» disse Miroku, urgente, come se fossero finalmente giunti al punto della questione. Inuyasha alzò lo sguardo di scatto, stupito.
«Ma sono passati cinquant’anni…» mormorò. Miroku scosse la testa e fece un gesto con la mano, come a voler sorvolare le sue parole.
«Non è morto, e , cosa ancora più importante, tu non puoi toccarlo, Inuyasha.» disse Miroku, convinto.
«E perché mai?» chiese Inuyasha, sprezzante.
«Perché la tragedia che si consumò qui fu solo l’inizio della rovina.- continuò Miroku, scuotendo il capo- Non credere che Onigumo abbia rinunciato al suo folle progetto solo perché la Sfera era scomparsa.»
«Che vuoi dire?» chiese Inuyasha, socchiudendo gli occhi.
«Pensaci.- gli disse Miroku, scuotendo con un gesto seccato il tridente- Onigumo non poteva aprire le Mon. In questo caso…»
Inuyasha rimase in silenzio per un istante, riflettendo, poi impallidì.
«Gli bastava aspettare che le Mon si aprissero da sole.- mormorò, scioccato, poi si riscosse- Ma Miroku, non è possibile che un essere umano batta uno Shikon!»
«Credi?! Vallo a chiedere a Kurasa e Konton.- disse Miroku, cinico- Fui io a prendermi la briga di avvisarli tutti, mentre Shippo restava a guardia di questo villaggio e Sango tornava di corsa alla Taiyoo no Mon, che grazie all’Eccelso non si aprirà mai senza Sfera. Sono cinquant’anni che studio questo nemico e le sue mosse.»
«A proposito dell’Eccelso…- disse Inuyasha, indicando il cielo mentre si riferiva al Creatore del Tutto- Non ha messo becco nella faccenda, stavolta?»
Miroku scosse la testa. «Ho paura che ci abbia abbandonati, Inuyasha…fin dalla creazione delle Mon.» disse, cupo. Inuyasha corrugò la fronte, poi gli fece cenno d’andare avanti.
«Il primo ad essere attaccato fu Kurasa.- raccontò Miroku, con voce spassionata- Come ricorderai, la sua Mon si apriva una volta l’anno, durante la notte più lunga. Lo avvisai degli intenti di Onigumo, e lui mi rise in faccia. Quella stessa notte, fu sfidato ed ucciso da Onigumo.»
Inuyasha imprecò tra i denti, spalancando gli occhi per la sorpresa. Se Onigumo aveva davvero la forza di uccidere una divinità, si trovavano di fronte ad un pericolo più grande di quanto avesse sospettato.
«Dopo averlo ucciso, Onigumo lo inglobò e ne assunse la carica, dandosi il nome di Naraku.» disse Miroku.
«Cosa?!- esclamò Inuyasha, alzandosi in piedi per la foga- Il nuovo Kurasa…» Miroku annuì e Inuyasha si risedette, avendo perso forza nelle gambe. Il cuore gli batteva furioso nel petto. Sembrava che durante il suo sonno le Quattro Terre avessero iniziato a disgregarsi.
«Subito dopo fu la volta di Konton, la cui Mon si apriva il settimo giorno di ogni mese. Cadde anche lui come un pivello nella trappola di Onigumo…Naraku.» disse Miroku. S’interruppe quando vide una domanda inespressa negli occhi di Inuyasha. «Kiiro no Me non si è fatto fregare come quei due stolti, Inuyasha.- lo avvisò, ridendo- Continua ad entrare e uscire dalla sua Mon e a fare a fette gli emissari di Naraku senza alcun problema.»
«Feh! Non te l’avevo chiesto.» ribatté Inuyasha, borbottando. Scrollò le spalle. «In pratica, questo Naraku è diventato uno Shikon, e detiene tutto il potere oscuro.» riassunse, corrugando la fronte. Miroku annuì di nuovo.
«Da qualche anno si è creato un regno celeste, e sta organizzando le proprie forze, circondandosi di alleati. Ha ancora qualche difficoltà a gestire l’enorme potere che ha assimilato, perciò non si fa più vedere in giro.- disse- Vuole diventare l’unica divinità, e desidera il potere di Kiiro no Me, ma lui è troppo furbo e forte per farsi sconfiggere. Hikaruku era fuori dalla sua portata, visto che la sua Mon è completamente sigillata, ma…»
«Ma ora la Sfera degli Shikon è tornata.» finì per lui Inuyasha, turbato. Imprecò ancora, stringendo i pugni. «E noi non possiamo attaccarlo direttamente, perché ci è proibito ribellarci a chiunque detenga il potere di Shikon!»
«Esatto.- ammise Miroku- Io…credo che solo la forza di Hikaruku potrebbe distruggerlo, visto che Kiiro no Me si è disinteressato delle Quattro Terre fin dalla creazione delle Mon.»
Inuyasha strinse gli occhi, attento. Iniziava a vedere il punto d’arrivo di quella discussione.
«Hikaruku non può uscire, se una sacerdotessa non apre la Mon.- disse, piano- Che hai in mente, Miroku?»
Miroku fece un sorrisetto astuto.
«Che ne diresti di convincere Kagome-sama ad aprire la Taiyoo no Mon?» chiese. Inuyasha rimase per un istante a bocca aperta. Era la prima volta che sentiva proporre da qualcuno degli altri Bannin la stessa impresa che lui cercava disperatamente di mettere in atto da tre generazioni.
«Bah…tu credi che lo farà?» borbottò, poco convinto. Quella testarda l’avrebbe contraddetto solo per il piacere di farlo!
«E’ una ragazza intelligente, e mi sembra che pensi con la sua testa.- disse Miroku, di nuovo allegro- Da quale Terra arriva?»
«Non da una delle nostre. Da quel poco che ho capito viene da un mondo senza Shikon.- brontolò Inuyasha- Ma Kaede le ha già riempito la testa di quelle sciocchezze sulla maledizione, e poi non mi sopporta, perciò…»
«Ma dai! Sembrate così affiatati!- lo prese in giro Miroku, ottenendo un ringhio sordo da Tochi no Bannin- Comunque sia, io mi rifiuto di sentirmi ancora legato dal giuramento delle Mon. La mia proposta è di spifferare tutta la verità.»
Di nuovo, Inuyasha rimase a bocca aperta.
«Vuoi addirittura spezzare il giuramento di silenzio?!- sbottò- Chikuso…sei proprio deciso!»
«Hikaruku è l’unica che può salvarci tutti.- disse Miroku, di nuovo serio- E poi, non ti sembra ora di farla uscire da quella prigione?»
«Sì…ma come convinciamo la ragazza?» chiese Inuyasha, perplesso. Miroku alzò un dito, sorridente, per avanzare una proposta, poi si bloccò. Evidentemente non aveva la minima idea. Guardò Inuyasha, che sospirò.
Già…come convincere Kagome ad imbarcarsi in quell'impresa?

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Capitolo 9
*** 8 - L'investitura ***


Author's note: Finalmente alcune cose si sono chiarite...l'avventura può cominciare! Ma i Bannin giureranno fedeltà a Kagome?

CAPITOLO 8

L’INVESTITURA

Era il crepuscolo. Ad ovest, il cielo era incendiato dai colori del tramonto, un saluto fastoso al sole che se ne andava. Uno spicchio di luna crescente saliva nel cielo ad est, ancora pallido e lieve come un fantasma apportatore di notte.
Il grande palco era circondato dalle torce, che rischiaravano l’oscurità incombente. Sotto ogni torcia era seduta una fanciulla in fase d’apprendistato. Davanti al palco era assiepata la popolazione dell’intero villaggio, in superstizioso silenzio. Al centro della piattaforma di legno, la vecchia sacerdotessa Kaede attendeva, avvolta in una veste sfarzosa e ricca di ricami che rimandavano alla divinità che serviva. Alla sua destra, una giovane sacerdotessa di Kiiro no Me teneva tra le mani un piccolo cuscino di raso, su cui riposava la Sfera degli Shikon. Alla sua sinistra, un’altra miko teneva tra le mani una stoffa dorata, che mandava bagliori accecanti alla luce delle torce. Ai quattro angoli della piattaforma, i Bannin delle Quattro Terre attendevano in piedi, immobili.
Kagome deglutì nervosamente, molto più agitata di quanto si sarebbe aspettata un paio d’ore prima. Tutta quella serietà nella cerimonia le aveva messo addosso un’ansia non indifferente. Iniziava ad aver paura di stare per indossare di propria volontà delle catene che l’avrebbero allontanata ancora di più dalla propria casa. Kagome strinse le labbra, e scosse appena la testa. No, non doveva farsi prendere dal panico. Il piano che aveva formulato era di certo fattibile…i Bannin le avrebbero dato una mano. Non era possibile che si fosse sbagliata nel decifrare le poche frasi che Inuyasha si era lasciato scappare. Lanciò un’occhiata verso di lui, che le dava le spalle, e sospirò. Quanto avrebbe voluto che qualcuno le infondesse coraggio, in un momento come quello! Corrugò la fronte, pensando di essere davvero sciocca a pensare che Inuyasha fosse in grado di…
In quel momento, le novizie si alzarono da terra e gettarono una polvere all’interno dei fuochi, che diventarono d’un argento spettrale. Era il segnale. Kagome prese un bel respiro e salì i pochi gradini che la separavano dal palco. Si fermò sul bordo, come Kaede le aveva insegnato. Sentì di nuovo la tentazione di guardarsi attorno in cerca d’appoggio, ma si trattenne. Kaede allargò le braccia in un gesto teatrale.
«Chi sei tu, che giungi tra noi?» chiese l’anziana miko.
«Il mio nome è Kagome Higurashi.» rispose Kagome con voce squillante, seguendo il cerimoniale che le era stato insegnato.
«Qual è la tua patria, Kagome Higurashi?» chiese ancora Kaede.
«Provengo da Tokyo, in Giappone.» disse Kagome, e non poté evitare che la voce le cedesse un istante. Quanto voleva tornare a casa!
«E cosa ti spinge a presentarti a noi?»
Kagome impiegò un istante a ricordare la frase che aveva imparato a memoria.
«Spinge i miei passi la volontà di Colei che dà la Vita, la Splendente Dea del Sole.- disse, a voce alta- Hikaruku mi ha benedetta, e desidero ora votare la mia esistenza a servirla.»
«Vieni avanti.» disse Kaede.
Kagome camminò fino a trovarsi a breve distanza dall’anziana sacerdotessa. Il sorriso che le vide aleggiare sulle labbra la mise un pochino più a suo agio. Non vedeva l’ora che quella cerimonia si concludesse! Kaede si voltò verso destra, e raccolse la Sfera degli Shikon, stando bene attenta a non sfiorarla ma facendola pendere dalla catenella a cui l’aveva assicurata due sere prima.
«Conosci quest’oggetto di potere?» chiese Kaede.
«Sì, esso fa parte di me.» rispose Kagome. Quella parte non se la sarebbe certo scordata! Kaede allungò la Sfera verso di lei. Kagome alzò le mani e accolse la Sfera nei palmi aperti, in modo che tutti vedessero. Si levò un sospiro, come il frusciare del vento fra l’erba. Qualunque uomo toccasse la Sfera senza la benedizione di Hikaruku, veniva ustionato al contatto.
«La Sfera la accetta! Questa è la prova della benedizione di Hikaruku!- gridò forte Kaede, volgendosi al pubblico ed alzando le braccia in aria- Salutate Kagome-sama, la nuova Hikaruku no Miko delle Quattro Terre!»
Il popolo del villaggio applaudì forte, gridando d’approvazione. Kagome sentì di essere arrossita.
«Voltati, mia cara.» le ricordò piano Kaede. Kagome si affrettò a darle la schiena, tirandosi i capelli su una spalla. Kaede le allacciò il magico gioiello al collo, poi la esortò ad alzare le braccia. Le tolse di dosso il corsetto grigio, e lo sostituì con uno d’oro. Kaede la fece voltare verso il pubblico. Con sommo imbarazzo di Kagome, tutti si inchinarono, d’un tratto in deferente silenzio.
«Una nuova Hikaruku no Miko è sorta, benedetta dagli Shikon.- disse ancora Kaede- Sarà compito dei Bannin proteggerla da ogni male.»
Kaede diede una spintarella a Kagome, che si ricordò all’ultimo di dover ancora raccogliere i giuramenti dei Bannin. Ah, che cosa imbarazzante!! Si voltò verso Shippo, che stava in equilibrio su un piede solo, con l’aria di divertirsi un mondo.
«Shi…Shippo, Hi no Bannin della Terra di Honoo, mi giuri di proteggermi nel nome di Hikaruku?» chiese, titubante. Il sorriso di Shippo si allargò da un orecchio all’altro. In quelle poche ore, aveva dimostrato di trovarla molto simpatica, e la sua dolcezza aveva conquistato anche lei. Kagome sentì di aver risposto inconsciamente al suo sorriso.
«Io sono Shippo, Hi no Bannin della Terra di Honoo, e giuro di proteggere Kagome-sama, la nuova Hikaruku no Miko.» disse il piccolo Bannin, con voce squillante. Kagome lo guardò con un tale commosso sollievo che Shippo ridacchiò piano, imbarazzato. Era davvero adorabile! La giovane si voltò allora verso Sango, che era in piedi all’altro angolo del palco.
«Sango, Kaze no Bannin della Terra di Sunda, mi giuri di proteggermi nel nome di Hikaruku?» chiese ancora Kagome. Fu sollevata quando un lieve sorriso comparve per un istante sulle labbra della Bannin. Sango era la più seria dei quattro, e Kagome non era ancora certa di aver capito il suo carattere, ma le sembrava che sotto la scorza si nascondesse una ragazza estremamente dolce. Sango si inchinò.
«Io sono Sango, Kaze no Bannin della Terra di Sunda, e giuro di proteggere Kagome-sama, la nuova Hikaruku no Miko.» disse, con voce melodiosa. Kagome sorrise in segno di ringraziamento, poi si voltò verso Miroku. Il Bannin aveva un lampo malizioso negli occhi che subito la divertì, mettendola a suo agio.
«Miroku, Mizu no Bannin della Terra di Kaisui, mi giuri di proteggermi nel nome di Hikaruku?» chiese. Miroku ridacchiò, piegandosi poi in un inchino teatrale e galante.
«Io sono Miroku, Mizu no Bannin della Terra di Kaisui, e giuro di proteggere questa bellissima fanciulla che ha nome Kagome-sama, la nuova Hikaruku no Miko.» disse. Sia Kaede che Sango lo guardarono con occhi di rimprovero per quella libertà sul cerimoniale…anche se Kagome iniziava a sospettare che Sango avesse altri motivi per adirarsi del comportamento sfacciato di Miroku. Sempre sorridendo, si voltò verso Inuyasha. Ormai aveva quasi finito.
«Inuyasha, Tochi no Bannin della Terra di Midoritsuchi…» iniziò, con tono allegro, prima che la freddezza negli occhi di Inuyasha la colpisse come una bastonata. Il fiato le morì in gola. Quello sguardo…quello sguardo…
Abbassò gli occhi, perdendo per un attimo il filo del discorso.
«…mi…mi giuri di…di…» balbettò, insicura. Si accorse che le mani le tremavano. Alzò di nuovo lo sguardo, l’espressione marmorea di Inuyasha le colpì il cuore come una staffilata.
“Non giurerà mai di proteggermi. Lui mi odia.” pensò. Non sapeva perché, ma il pensiero le fece venire da piangere. Il prolungato silenzio, intanto, iniziava a preoccupare Kaede. La gente del villaggio mormorava. Sango e Miroku si scambiarono uno sguardo cupo. In effetti, era probabile che Inuyasha si sarebbe rifiutato di giurare.
«…mi…mi giuri…di proteggermi?» chiese Kagome, con voce rotta. Inuyasha non si mosse né cambiò espressione, notando con blanda curiosità che la ragazza aveva dimenticato un pezzo della frase, e che non lo stava guardando in faccia, come esigeva il cerimoniale. Bah, fatti suoi. Da parte sua, non aveva la minima intenzione di…
Kagome alzò gli occhi di scatto, e Inuyasha si accorse con un tuffo al cuore che erano pieni di lacrime.
«Giuri di proteggermi, nel nome di Hikaruku?» gridò Kagome, avanzando di un passo verso di lui, in un atteggiamento quasi di supplica. Inuyasha spalancò gli occhi, stupefatto, vedendola tremare, sull’orlo del pianto. Lei…teneva così tanto ad averlo come protettore? Ma perché? Con gli altri non aveva fatto così! Perché questo ricatto morale?! Quelle lacrime…quelle lacrime gli procuravano uno strano dolore al petto…
Intercettò l’occhiata di Miroku, e ne indovinò il pensiero.
“Se vuoi aprire quella Mon, farai bene a giurarle fedeltà.”
Con una smorfia, Inuyasha chinò il capo.
«Io…sono Inuyasha, Tochi no Bannin della Terra di Midoritsuchi.- disse, alzando poi lo sguardo per guardare in faccia quella strana ragazza- Giuro di proteggere Kagome-sama…la nuova Hikaruku no Miko. Basta che non piangi!» L’ultima parte della frase la sbraitò, sull’orlo del panico nel vedere le prime due lacrime solcarle le guance come piccole perle.
Il dolore al petto scomparve quando la luce tornò in quegli occhi pieni di lacrime, e Inuyasha sospirò di sollievo quando le novizie lanciarono nelle torce una polvere che rese il fuoco del colore dell’oro e il pubblico tornò ad applaudire, mettendo fine alla cerimonia. Il cielo era ormai nero e punteggiato di stelle, e Inuyasha approfittò della confusione per scendere dal palco. Non capiva perché, ma quella Kagome lo aveva scombussolato.
Kaede si avvicinò a Kagome e la guardò, corrugando la fronte.
«Sei stata brava mia cara.- disse, burbera- Posso sapere che ti è successo alla fine?»
Kagome, che si stringeva le mani al petto per impedire loro di tremare, sorrise debolmente. Come dire alla vecchia sacerdotessa che lo sguardo di Inuyasha era stato identico a quello di Inuki quando gli aveva confessato di amarlo? Come dirle che faceva troppo poca distinzione tra Inuki e Inuyasha, quasi fossero la stessa persona? Per un istante era stata sul punto di aggiungere: “Giuri che mi amerai?” Se si fosse lasciata scappare una frase del genere, avrebbe scavato un buco e sarebbe andata a seppellircisi dentro dalla vergogna.
«E…ero molto agitata, Kaede-sama. Credo di aver dimenticato la frase proprio mentre la stavo pronunciando.» disse, con un risolino forzato. Kaede la scrutò ancora per un istante, quindi annuì e cominciò a scortarla giù dal palco, dove la gente si stava affrettando a preparare i tavoli per il banchetto.
Lasciati soli sul palco, Miroku, Sango e Shippo si avvicinarono l’uno all’altro, gli occhi fissi su Kagome.
«Notata l’elettricità tra quei due?» chiese Miroku, emettendo un fischio tra i denti. Sango annuì.
«Miroku…credo davvero che quella ragazza sia la reincarnazione di Kikyo.» mormorò.
«E’ probabile. Hikaruku non le aveva revocato il mandato…e la Sfera poteva tornare solo con lei.» disse Miroku.
«Ma allora è magnifico!- disse Shippo, battendo le mani- Inuyasha si innamorerà di nuovo di lei, e…»
«Frena, Shippo. Non è che l’ipotesi mi entusiasmi.- disse Miroku, con una smorfia- Ricorda che ci sono non pochi problemi nell’amore tra un Bannin e un essere umano.»
«L’amore, nelle Quattro Terre, non è visto di buon occhio.» disse Sango, cupa. Scambiò un’occhiata con Miroku, poi entrambi guardarono altrove, con una luce di tristezza negli occhi. Shippo li guardò e sospirò.
«Le cose cambieranno. Devono farlo.- asserì- Miroku, hai parlato con Inuyasha?»
Mizu no Bannin annuì, cogliendo la sagoma a braccia conserte di Inuyasha distante dalla folla, appoggiato con la schiena contro un albero.
«Siamo d’accordo di parlare con la giovane Kagome questa sera.- disse- In qualche modo, la convinceremo ad aprire la Taiyoo no Mon.»
Detto ciò, stese il bastone con un gesto teatrale ed un sorrisetto, invitando Sango a scendere dalla piattaforma. Un sorriso molto dolce distese le labbra di Kaze no Bannin, che approfittò del gentile invito. Gli altri la seguirono, raggiungendo il tavolo dei festeggiamenti.
Con grande soddisfazione da parte dei Bannin, e un certo imbarazzo da parte di Kagome, la quale si ritrovò a sedere di fronte ad Inuyasha, il piccolo gruppo ebbe un tavolo privato. Ogni cinque minuti erano costretti a prestare attenzione al resto dei convitati, che annunciavano un brindisi o esplodevano in grida di giubilo, ma la situazione era loro favorevole per l’attuazione del piano.
Miroku lasciò passare un paio di portate, prima di chiedere con lo sguardo ad Inuyasha se fosse ora di partire all’attacco. Inuyasha rispose con un gesto deciso, e Miroku si stampò sul viso il suo sorriso più seducente.
«Kagome-sama…» iniziò in tono discorsivo, voltandosi verso di lei.
«E’ vero che le Mon sono associate ad una maledizione?» chiese bruscamente Kagome, interrompendolo. Al tavolo si fece silenzio. A Shippo caddero persino le bacchette.
«Co…come?» chiese Miroku, preso in contropiede. Kagome posò con delicatezza le proprie bacchette, guardando il cibo con aria cupa.
«Kaede-sama mi ha raccontato qualcosa di voi e delle Quattro Terre.- mormorò- Quando mi ha raccontato delle Mon, ha accennato ad una maledizione che ne impedisce l’apertura. Però…però Inuyasha non mi sembrava d’accordo.»
«Io?!- sbottò Inuyasha, quando gli occhi si posarono su di lui- Ehi, ci tengo a precisare che non ho infranto il voto di silenzio! Non ancora, almeno!»
«E allora perché…» iniziò a dire Shippo.
«Non mi sembrava d’accordo, ecco tutto. Ha fatto delle smorfie…si è messo a guardare fuori con aria impaziente.- spiegò Kagome, scagionando Tochi no Bannin- Forse mi sbaglio, e la maledizione esiste?»
I Bannin si guardarono l’un l’altro.
«Non è esattamente una maledizione.- spiegò Sango, cauta- Gli uomini ne parlano in questi termini perché le Mon vennero create dopo una battaglia.»
«Ma perché ci fate queste domande, Kagome-sama?» chiese Miroku, perplesso. Kagome lo guardò con decisione.
«Perché voglio aprire la Taiyoo no Mon e chiedere ad Hikaruku di rimandarmi a casa. So che può farlo.- disse, stupendoli tutti- Però…non desidero fare del male a questo mondo. Se davvero c’è una maledizione…»
«Oh, Kagome! La maledizione non c’è!» disse Shippo, prendendole una mano.
«Kagome-sama, voi ci avete preceduti.- disse Miroku, soddisfatto- Avevamo intenzione di parlarvi proprio delle Mon, stasera. Il vostro desiderio ci scagiona perfino dal rompere i nostri voti.»
«Che significa?» chiese Kagome.
«Da quando le Mon sono state create, siamo sotto voto di silenzio.- spiegò Shippo, allegro- Non possiamo indurre una miko ad aprire le Mon, dev’essere una sua libera scelta.»
«Ma Inuyasha…» mormorò Kagome, guardando il Bannin.
«Non potendo parlare chiaro, lui pretendeva di avere la Sfera, comportandosi da buzzurro.» lo prese in giro Miroku, ridendo. Inuyasha ringhiò.
«Bando alle ciance.- disse, guardando Kagome dritto in faccia- Tu vuoi tornare a casa, io voglio essere libero. Per questa volta, possiamo essere alleati. Partiamo.» Allungò una mano verso Kagome. La ragazza la strinse, avvertendo un vago rossore alle gote.
«Vacci piano, Inuyasha. Ci sono anche pericoli in questa impresa, ed è giusto che Kagome-sama ne sia al corrente.» disse Miroku, guardando Inuyasha con aria maliziosa. Tochi no Bannin lasciò andare Kagome con aria seccata, fulminando Miroku con lo sguardo.
«Pericoli?- chiese Kagome- Che pericoli?»
Miroku, con l’aiuto di Sango e Shippo, raccontò a Kagome le vicissitudini degli ultimi cinquant’anni, soffermandosi in particolare sulla pericolosità del nuovo nemico: Naraku.
«Per ora, Naraku si tiene nascosto, mandando in sua vece scagnozzi demoniaci.- disse Sango- Pare che abbia difficoltà nel gestire il suo nuovo corpo, ma prima o poi ne verrà a capo. Inoltre, appena verrà a sapere del ritorno della Sfera degli Shikon, cercherà di nuovo di ottenerla.»
«Ehi, un attimo!- sbottò Kagome, stringendo in mano la Sfera- Il demone che mi ha strappato la Sfera dal fianco era stato mandato da qualcuno! Ha detto chiaramente di avere un padrone!»
I Bannin si guardarono l’un l’altro.
«Allora quel Naraku sa già della Sfera.- disse Inuyasha, tra i denti- Inutile stare qui a cincischiare. Se non andremo noi, ci verrà a prendere lui.»
«Che ne dici, Kagome-chan?- chiese Shippo- Te la senti, nonostante tutto?»
Kagome rifletté un istante, poi annuì con decisione.
«A tutti noi serve l’aiuto di Hikaruku.- disse, seria- Voi avete giurato di proteggermi. Il minimo che io possa fare è darvi una mano contro questo Naraku.» Fece un debole sorriso. «Pare che io riesca ad usare almeno il potere Tsuki.»
«Che è l’unico che ci serve. Grazie, Kagome-sama!» disse Miroku, prendendo una mano della ragazza e baciandola.
«Miroku! Non fare il porco!» sbottò Sango.
«Era solo un baciamano…»
«Miroku, piantala! Non si amoreggia con una stupida Hikaruku no Miko!» ringhiò Inuyasha.
«Ma dai, non dirmi che sei geloso…» lo stuzzicò Miroku. Inuyasha stava per scaraventare il tavolo addosso a Mizu no Bannin, quando Kagome si inserì nella conversazione, cercando di riportare la calma.
«Scusate, ma cosa diremo a Kaede-sama?» chiese.
«Beh, le diremo che andiamo a far fuori Naraku.- disse Inuyasha, sprezzante- Quella vecchia sarebbe capace di farsi venire un infarto, al solo sentir nominare la Taiyoo no Mon!»
«Inuyasha! E’ questo il tuo rispetto per gli anziani?» chiese Kagome, stizzita.
«Ehi! Io sono più vecchio di lei di millenni.» la rimbeccò Inuyasha.
«E’ vero, sei vecchio!» rise Shippo, prima che un pugno lo raggiungesse sulla testa. «Kagome-chaaan! Inuyasha mi picchia!!!»
«Inuyasha! Come osi picchiare un bambino?!» gridò Kagome.
«Ma quante volte te lo devo dire, cretina?! Lui è perfino più vecchio di…»
«Osuwari!»
SBAM!
Mentre Inuyasha si spiaccicava al suolo, Sango e Miroku si scambiarono un’occhiata eloquente. Il viaggio che si prospettava loro di fronte prometteva di essere molto, molto interessante.

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Capitolo 10
*** 9 - Trame ***


CAPITOLO 9

TRAME

«Per tutti gli Shikon!- esclamò Kaede, con voce strozzata- Intendete dire che Kurasa e Konton…»
«Sono passati a miglior vita.- ammise Miroku, annuendo- O peggiore, a seconda di come la si guardi…»
Kaede abbassò gli occhi sulle proprie mani raggrinzite, scioccata dalle notizie appena avute.
I festeggiamenti per la nomina di Kagome erano ormai trascorsi. Quella mattina il sole splendeva in una promettente giornata di primavera, come a dare il benvenuto alla nuova Hikaruku no Miko. L’anziana sacerdotessa era caduta dalle nuvole quando, quella mattina, Kagome e i Bannin le avevano annunciato la loro prossima partenza. Prossima? Imminente, a dirla tutta! Avevano intenzione di lasciare il villaggio quello stesso giorno!
Le spiegazioni erano state d’obbligo, e Kaede si era sentita narrare di un tale terremoto nella sfera delle divinità che ne era quasi rimasta sopraffatta. Un uomo, uno stregone, si era mutato in demone e quindi aveva inglobato in sé i poteri di Kurasa e Konton. Come se non bastasse, questo essere blasfemo era stato l’agente scatenante della morte di sua sorella Kikyo!
«Kaede-sama, dovete capire che quest’essere rappresenta per tutti noi una minaccia non indifferente.- disse Sango, conciliante e paziente- Egli desidera il potere assoluto, e non tarderà a mandare i suoi sicari alla ricerca della Sfera degli Shikon. Inoltre, se Naraku riuscisse a portare a termine la sua trasformazione in Shikon, noi Bannin non potremo fare nulla per salvaguardare la vita di Kagome. Non possiamo alzare la mano su chiunque ricopra la carica.»
«Mi rendo conto.» disse la miko, piano, guardando Kagome. La giovane sembrava molto meno spaventata di lei alla prospettiva, ma d’altronde non era ancora addentro ai misteri delle Quattro Terre. Non era lei a vedere crollare davanti ai propri occhi le certezze di un’intera esistenza!
«Miei Signori, di certo vi renderete conto a quale pericolo state esponendo Kagome…» tentò di argomentare.
«Oh, Kaede, non devi preoccuparti!- disse Shippo, convinto- Se partiamo subito, non credo che Naraku farà in tempo a ultimare i suoi incantesimi. E per i suoi scagnozzi, noi bastiamo ed avanziamo!»
«Ma Kagome non ha nemmeno imparato ad usare i suoi poteri…» mormorò Kaede.
«Non sarà necessario.- disse Miroku, convinto- I nostri poteri saranno sufficienti a difenderla.»
Kaede chiuse la bocca, incapace di replicare, poi guardò Kagome. La ragazza sedeva composta, ma un’eccitazione malcelata le accendeva lo sguardo. Il suo corpetto d’oro, simbolo della sua carica, scintillava alla luce del giorno.
«Kagome, mia cara,- chiese- hai un’idea precisa dell’impresa in cui ti stai imbarcando?»
Le labbra di Kagome si aprirono in un bel sorriso luminoso.
«Assolutamente, Kaede-sama.- disse- Visto che ho portato scompiglio, giungendo nelle Quattro Terre insieme alla Sfera, mi sembra che aiutare i Bannin a riportare l’ordine sia il minimo che io possa fare.»
Kaede sospirò di nuovo, scuotendo il capo. Guardò Inuyasha, che era rimasto in silenzio fino a quel momento.
«E tu che mi dici, Tochi no Bannin?- chiese di nuovo- Non avevi detto di voler uscire dal giro vizioso del tuo asservaggio alle Hikaruku no Miko?»
Inuyasha fece una smorfia, scoprendo le zanne.
«Prima di tutto, vecchia, non sono il servo di nessuno.- disse, acido- Seconda cosa, quel Naraku mi sta sul gozzo. E’ anche a causa sua se sono stato sigillato per cinquant’anni.»
Kaede annuì e Kagome guardò Inuyasha. Forse non era quello l’unico motivo del crescere del suo odio verso Naraku. Forse Inuyasha intendeva anche vendicare Kikyo, ora che aveva compreso la totale mancanza di cattivi intenti nelle azioni della donna…che aveva amato? Forse. Ciò che Kagome sapeva, era che Kikyo aveva amato Inuyasha con tutta se stessa. L’aveva sognato. La cosa la metteva un po’ a disagio.
Le spiegazioni riuscirono a dare alla loro partenza improvvisa un perché abbastanza soddisfacente da convincere Kaede a dar loro una mano per far passare il tutto sotto silenzio. Se i Bannin non desideravano che si venisse a sapere la loro intenzione di aprire la Taiyoo no Mon, certo non volevano suscitare una psicosi spargendo la voce della distruzione di due Shikon a favore di uno stregone con manie di onnipotenza! La gente del villaggio si aspettava di ospitarli per lungo tempo, e la loro partenza non sarebbe passata inosservata.
La vecchia Kaede preparò il bagaglio necessario a Kagome, le affidò un arco e una faretra piena, poi li scortò fino alla foresta.
«Troverò una scusa per giustificare la vostra partenza.- garantì loro, guardandoli schierati di fronte a sé- Mi raccomando, state attenti a Kagome. Proteggetela.»
«Grazie di tutto, Kaede-sama!» esclamò Kagome, commossa, abbracciando l’anziana sacerdotessa. In quei pochi giorni, la sua pacata sicurezza le era stata di grandissimo aiuto, e se il viaggio fosse andato a buon fine, lei non l’avrebbe vista mai più. Kaede la tenne stretta a sua volta, con le lacrime agli occhi, poi la scostò da sé, facendo cenno al gruppo di andare. Tutti i Bannin, tranne Inuyasha, si inchinarono alla vecchia Me no Miko, poi i cinque le voltarono le spalle e partirono per il loro viaggio verso la Terra di Sunda.
«Che Kiiro no Me guidi i vostri passi nella luce.» mormorò Kaede, guardandoli allontanarsi. Sentiva nel cuore che le Quattro Terre si trovavano sull’orlo del più grande sconvolgimento mai avvenuto nella sua storia. Sperava solo che la giovane Kagome non ne venisse sopraffatta.
***
Il viaggio iniziò nel modo migliore, vale a dire senza inconvenienti.
Per cinque giorni, i Bannin delle Quattro Terre e la ragazza di Tokyo camminarono nella prospera Terra di Honoo in pace e tranquillità, godendo del risveglio delle campagne e della frescura delle notti limpide, illuminati da un sole gentile di giorno, e dalla luna crescente di notte. Kagome allacciò ben presto ottimi rapporti con i suoi compagni di viaggio, cosa che distese ulteriormente l’atmosfera e la convinse definitivamente di aver preso la decisione giusta. Solo Inuyasha, cocciuto e cupo, si ostinava a restare in silenzio. Camminava avanti a tutti, a parecchi passi di distanza, senza mai prendere parte alle conversazioni. Di notte, si sistemava su un ramo d’albero, o tra le radici, distante dal fuoco e dalle loro chiacchiere. Kagome era estremamente dispiaciuta per il suo atteggiamento. Per quanto gli altri Bannin lo descrivessero testardo fino all’eccesso, le avevano altresì rivelato che Tochi no Bannin sapeva essere un ottimo amico, nel momento del bisogno. Era piuttosto deprimente rendersi conto che probabilmente lei quell'amicizia non l’avrebbe mai avuta…
Il primo segno di cambiamento avvenne al tramonto del quinto giorno, al limitare di una rada macchia d’alberi. Inuyasha si fermò, piegando appena le ginocchia e posando una mano sull’elsa della spada che portava a fianco.
«Inuyasha…» disse Shippo, correndo avanti.
«Zitto! C’è qualcosa…» ringhiò Inuyasha, guardandosi attorno con una smorfia. Miroku e Sango rimasero accanto a Kagome, scrutando i dintorni. D’un tratto, Inuyasha si voltò di scatto verso un grosso albero, la cui chioma era del verde chiaro delle foglie appena nate.
«E’ lì!» esclamò Inuyasha, sguainando la spada e spiccando un balzo verso l’albero. Prima ancora che potesse sferrare un colpo, però, dalle fronde si levò uno sciame di grossi insetti ronzanti.
«Ah! Vespe?!» esclamò Kagome, spaventata dalle dimensioni delle bestie. No, quelle non erano vespe!
«Sono i Saimyosho, gli insetti velenosi di Naraku!» gridò Miroku, alzando il bastone ad indicare lo sciame, che si andava disperdendo. «Inuyasha, ammazzali o avvertiranno Naraku!»
«Dove credete di andare?!» li apostrofò Inuyasha, sferrando un colpo di spada possente. Kagome si avvide con stupore che la sola forza del colpo era stata sufficiente a distruggere gli insetti in un raggio d’azione molto più ampio del colpo stesso. Shippo soffiò sul palmo della propria mano, e alcuni Saimyosho presero fuoco. Sango spiccò un balzo che la portò a librarsi in aria, e gridò: «Hiraikotsu!» mentre stringeva le braccia al petto. Sulla schiena le spuntarono due ali, che scagliarono penne lucenti a forma di boomerang contro gli insetti venefici, i quali furono tagliati in due parti. Altri, però, riuscirono ad allontanarsi, scomparendo presto alla vista.
«Dannazione! Con loro presenti non posso nemmeno usare il mio potere!» sibilò Miroku, schiacciando sotto il piede il cadavere semi carbonizzato di un Saimyosho. Inuyasha rinfoderò la spada, contrariato.
«Ci possono dare fastidio?» chiese.
«No, non molto…ma possono riferire la nostra posizione a Naraku.- disse Miroku, con una smorfia- E questa, se permetti, è una bella seccatura.»
«Bah! Ci fasceremo la testa se e quando ce la romperemo.- fu la risposta di Inuyasha- Procediamo. Abbiamo ancora un’ora o due di luce da utilizzare.»
Miroku scambiò un’occhiata con Sango.
«Vorrei avere la sua capacità limitata di vedere le cose. Avrei meno preoccupazioni.» borbottò Mizu no Bannin, facendo sorridere Kagome e ringhiare Inuyasha. Il fatto che Naraku avesse mandato delle spie non era un buon segno. D’altronde, l’avevano messo in conto fin dal principio. Naraku aveva saputo del ritorno della Sfera persino prima dei Bannin.
Quella sera si accamparono all’interno di una boscaglia, fiancheggiata da un torrente e da campi coltivati, più oltre. Scherzando fra loro, si misero a preparare la cena su un fuoco da campo, sereni come se stessero facendo una scampagnata. Inuyasha, contrariato, andò a sedersi distante da loro, fra le ombre, tra le radici di un grosso olmo.
Imbronciato, incrociò le braccia sul petto, abbracciando la spada Tessaiga. Gli dava un immenso fastidio che gli altri Bannin, i suoi ‘amici’, si prendessero tante confidenze con quella Kagome, che invece lui cercava in tutti i modi di tenere alla larga. Gli sembrava un tradimento da parte loro. Che divertimento provavano nel conversare con quell'umana sciocca e impertinente? Non lo sapeva. Eppure, Shippo pendeva dalle sue labbra e Miroku, quando non faceva il solito pervertito, la ascoltava con un certo rispetto. Perfino Sango, la più intelligente di tutta quella marmaglia, aveva finito con l’affezionarsi a quella ragazza e adesso la chiamava Kagome-chan. Kagome-chan?! Ma si poteva essere più ridicoli di così?
Sbuffando, Inuyasha lanciò un’altra occhiata venefica al gruppetto. Il sorriso gaio di Kagome gli trafisse il cuore, costringendolo a guardare altrove, con una smorfia. Somigliava così tanto a Kikyo! Ma non era lei…non lo era, maledizione! La donna che amava era morta, punto e basta. Questa era solo un’imitazione mal riuscita. Non gli era mai stato concesso di vedere un sorriso così sereno sul volto di Kikyo…mai…
«Cosa?!- sbottò in quel momento Shippo, scioccato- Hai un ragazzo, nel tuo mondo?!»
«Quale peccato, Kagome-sama.» sospirò Miroku. Inuyasha si sentì addosso gli occhi indagatori di tutti e strinse i denti, sentendo una certa ira montargli in corpo. E adesso che c’entrava lui? Perché lo guardavano?!
«No, no…- mormorò Kagome, senza più gioia nella voce- Non è il mio ragazzo. Inuki era mio amico…non mi ha voluta.»
Inuyasha continuò a guardare da un’altra parte, cocciuto. Inuki…l’aveva già sentito nominare abbastanza. Gli dava un grandissimo fastidio pensare a quella Kagome insieme ad un tizio che gli somigliava. Gli faceva accapponare la pelle.
«Allora è un pazzo che merita la gogna!- saltò su Miroku, melodrammatico- Non mi stupirebbe se somigliasse ad Inuyasha!»
«Miroku, finiscila!» lo rimproverò Sango, vedendo un lampo di dolore passare sul volto di Kagome. Evidentemente, Miroku era riuscito a cogliere immediatamente nel segno. Questo dava ulteriore spiegazione alla tensione che gravava sui quei due. Sango corrugò la fronte, pensando che una coincidenza del genere non potesse essere priva di significato. «Piuttosto, parliamo d’altro.- continuò, comprendendo che l’argomento faceva soffrire Kagome- Ci stavi raccontando del tempio ove vive la tua famiglia, Kagome-chan.»
Kagome colse la palla al balzo e tornò a raccontare della sua famiglia. Inuyasha fece una smorfia sarcastica e cattiva, non visto.
“Mi spiace, ragazza, ma non è destino che un uomo con la mia faccia e una donna con la tua stiano insieme.- pensò, amaro, con una punta di sadica soddisfazione- Lo so per esperienza. Meglio se ti rassegni.”
Già, non era destino. Allora perché veniva tormentato in quel modo, perché era costretto ad avere a fianco una donna che gli ricordava Kikyo in ogni fibra del suo essere? Inuyasha chiuse gli occhi, sospirando. Perché Hikaruku lo tormentava in questo modo? Possibile che proprio lei non comprendesse il dolore che…
«Inuyasha!»
Si irrigidì nel sentire la voce di Kagome così vicino a lui. Si voltò e se la trovò di fronte, con una ciotola fumante in mano.
«E’ pronto da mangiare, Inuyasha.- gli disse, con un bellissimo sorriso- Tieni!»
«Io non mangio.» borbottò Inuyasha. Gli altri lo fissavano, irritandolo.
«Ma dai, guarda che è buono!- protestò Kagome, corrugando la fronte- Miroku ha aggiunto delle erbe che…»
«Non mi interessa! Lasciami in pace!- sbottò Inuyasha, fulminandola con lo sguardo- Possibile che non sai stare al tuo posto? Mi hai stancato, ragazzina! Che tra noi ci sia tregua, non significa che voglia diventare tuo amico! Se non fosse che abbiamo un obiettivo in comune…»
Si morse le labbra prima di farsi sfuggire qualcosa di troppo spiacevole. Si aspettava che lei replicasse, da cocciuta qual’era, o che lo colpisse con quel suo incantesimo, ma Kagome non rispose. Impallidì appena, annuì, poi si alzò in silenzio e tornò al fuoco.
«Vado a prendere un po’ d’acqua.» disse, con forzata allegria, posando la ciotola e prendendo la borraccia. Scomparve oltre gli alberi a passo veloce. Inuyasha ringhiò nel sentirsi addosso gli sguardi accusatori degli altri Bannin.
«Che c’è?» chiese, aggressivo.
«C’è che sei un idiota.- disse Shippo, con una smorfia- E’ questo il modo di comportarsi?»
«Non rompete. Fatevi i fatti vostri.» fu la sua brusca risposta.
«Inuyasha, capisco che Kagome ti ricordi Kikyo e la cosa ti faccia soffrire, però…» iniziò Miroku.
«LEI NON E’ KIKYO!!» gridò Inuyasha, alzandosi in piedi di scatto, i pugni stretti per l’ira. La sua voce echeggiò nella foresta, mentre lui ansimava, preda di un profondo dolore.
«No, non lo è.- disse Sango, perfettamente calma, sorprendendolo- Anche se è la sua reincarnazione, Kagome è solo Kagome. E’ un’altra persona, con un suo carattere, le sue gioie…e le sue sofferenze. A me sembra che fra noi tu sia l’unico a fare l’errore di compararla a Kikyo.»
Le parole di Sango impietrirono Inuyasha. Era…la verità?
«Kagome soffre, Inuyasha.- continuò Sango, senza mai lasciare il suo viso con quegli occhi scuri e seri- Soffre perché è lontana dalla sua casa e dalla sua famiglia. Inoltre, soffre perché anche lei vede in te il fantasma di qualcuno che amava, e che l’ha fatta soffrire. Questo, almeno, riesci a capirlo?»
Inuyasha abbassò lo sguardo, sentendosi d’un tratto molto stupido. Era vero, anche il cuore di Kagome soffriva…per quell'Inuki. Ne aveva avuto la prova più volte, no? E allora perché si ostinava a volerla vedere sciocca e superficiale? Perché non riusciva a trattarla come una persona a se stante, senza cercare di paragonarla a Kikyo ad ogni istante? Forse perché era troppo doloroso pensare di potersi abituare alla sua presenza. Perché era troppo orgoglioso e testardo.
«Inuyasha, perché non riesci a voler bene a Kagome?- chiese Shippo, piano- Lei…è adorabile. Non riesci ad accorgertene?»
Inuyasha strinse le labbra in una linea sottile. Forse si stava comportando da stupido. Forse aveva sbagliato tutto, fin da quando era stato risvegliato. Si incamminò tra gli alberi. Gli altri non gli chiesero dove stesse andando.
***
Trovò Kagome inginocchiata sulla riva del fiume. La luna si rifletteva sull’acqua, e sui suoi capelli d’ebano. Inuyasha colse un odore di sale: la ragazza stava piangendo. Si fermò, incerto sulle parole da dire, ma lei lo precedette.
«Io sono Kagome. Non sono Kikyo. Mi spiace.» sussurrò. Inuyasha fece una smorfia. Evidentemente, la ragazza aveva udito il suo grido di poco prima. Kagome si voltò, mostrandogli occhi tormentati. «E tu non sei Inuki. Sei Inuyasha.- disse, poi fece un sorriso amaro- Ma mi disprezzi, esattamente come ha fatto lui.»
«Io non ti disprezzo.» borbottò Inuyasha. Si ritrovò a cincischiare con le mani e allungò subito le braccia sui fianchi. «E’…è difficile per me.- disse, con voce d’un tratto incerta- Quando ti guardo, vedo lei, e…»
Kagome annuì e si alzò in piedi. La postura del suo corpo, i lineamenti sfiorati dalla luce lunare, gli diedero un tale senso di tristezza e solitudine che gli fermarono il cuore.
«Lo capisco, Inuyasha.- mormorò la ragazza- E mi dispiace di darti dolore. Se tutto andrà bene, presto non dovrai più vedermi. Ti chiedo scusa se…»
«No!- esclamò Inuyasha, d’impeto, venendo avanti di un passo e interrompendola- No, sono io che ti devo chiedere scusa!»
Kagome lo guardò, sorpresa. Inuyasha abbassò gli occhi, cercando di trovare le parole giuste.
«Io ho amato molto Kikyo.- disse, amaro- Purtroppo, mi sono reso conto che il mio sentimento era immaturo, perché tanto facilmente l’ho trasformato in rancore. Non ho creduto in lei. Questo, unito alla sua morte, mi fa star male.» Riprese fiato, conscio di stare mettendo a parole una sensazione che lo stava divorando fin dal momento in cui era stato risvegliato. «Io l’ho persa per sempre, non avrò più la possibilità di rimediare.- sussurrò, e nei suoi occhi d’ambra passò un lampo di estremo dolore- Ma questo non significa che debba prendermela con te. Non ne ho il diritto. Anche tu soffri, ma io sono stato così cieco da non rendermene conto finché Sango non mi ci ha fatto sbattere il muso.»
«Inuyasha…» mormorò Kagome.
«Insomma, ti chiedo scusa per come mi sono comportato fino ad adesso.- sospirò Inuyasha, serio- Ti prometto che d’ora in avanti cercherò di smetterla di vedere Kikyo attraverso di te. Tu sei Kagome. Devo solo imparare a conoscerti.»
«Inuyasha, non sei costretto…» tentò di replicare Kagome.
«Lo so. Ma voglio farlo.- disse Inuyasha, allungando una mano verso di lei- Sono stanco di odiare. E credo…credo che tu sia una brava ragazza. Quando stai zitta.»
Kagome lo guardò, sbalordita, poi rise suo malgrado. Inuyasha sorrise. Era contento di essere riuscito a toglierle dal viso quell'espressione triste.
«Allora, mi perdoni?» la sollecitò, allungando ancora la mano per aria. Kagome annuì, stringendogli la mano. Una sensazione di calore riempì Inuyasha nel vedere il suo sorriso. Gli fece venire voglia di piangere tutte le sue lacrime e farsi consolare da lei.
«Ti perdono, Inuyasha. Diventiamo amici.» disse Kagome. Inuyasha alzò un sopracciglio, e una battuta sarcastica gli si formò automaticamente sulla punta della lingua, ma colse il suo sguardo d’avvertimento e la ingoiò. Fece un sorrisetto.
«Torniamo di là, prima che pensino che sto cercando di farti fuori?» chiese.
«Sarà meglio.» ridacchiò Kagome, recuperando la borraccia. Il movimento brusco fece cadere a terra metà dell’acqua.
«Ehi, ma sei davvero imbranata!- disse Inuyasha- Da’ qua.»
Le prese di mano la borraccia e si chinò a riempirla. Kagome osservò, affascinata, i suoi capelli d’argento scintillare come fuoco alla luce dell’astro notturno. Per la prima volta, la vicinanza di Inuyasha le diede un vero senso di protezione. Arrossì appena quando Inuyasha si voltò verso di lei, sollevandosi dalla sponda.
«To’, tieni.» le disse, lanciandole la borraccia. Kagome la acchiappò al volo con entrambe le mani. «Ehi! Nice catch!» ridacchiò Inuyasha, iniziando ad incamminarsi verso il campo. Kagome, invece, rimase per un istante impietrita sul posto.
Inuyasha aveva parlato in inglese?! Possibile che fosse una delle lingue parlate nelle Quattro Terre? Quel modo di esprimersi le aveva ricordato dolorosamente Inuki…Inuki che giocava a baseball nel campetto della scuola. Ripromettendosi di chiedere delucidazioni agli altri Bannin, Kagome seguì Inuyasha, adeguando il suo passo a quello di lui.
***
Nel gelo dell’estremo nord, sotto un cielo plumbeo che prometteva neve, esisteva una porta nera che si apriva sul nulla. Un tempo quella porta era stata chiusa da battenti di ossidiana inamovibili, ma ora era costantemente spalancata, rivelando un quadrato di tenebra insondabile. Il padrone di casa era cambiato, e quest’ultimo non vedeva la necessità di ripristinare un così fastidioso sigillo.
Accanto alla porta, seduta con una certa noncuranza, c’era una donna vestita di bianco, rosso e nero, con una tunica lunga e ricamata e corti calzoni neri, su cui portava una pelliccia cupa. Quella donna dal volto bello e crudele possedeva occhi rossi come le fiamme, e capelli neri che portava legati in un’acconciatura complicata. Immobile come una statua, il suo volto era atteggiato in un’espressione di profonda noia, che si animò solo quando l’aria fu riempita dal ronzio di grossi insetti.
La donna alzò lo sguardo e fece una smorfia nel vedere l’esiguità di quel contingente di spie.
«Che è successo?» chiese, con voce autoritaria. Il ronzio degli insetti divenne modulato, e la donna parve comprenderlo. «Bene. Lui sarà contento.» disse, soddisfatta, alzandosi dal suolo ghiacciato e congedando gli insetti con un gesto distratto della mano. La donna, il cui nome era Kagura, entrò nella tenebra della porta senza timore alcuno. Poco oltre la soglia, nel nulla, sedeva una bambina completamente bianca e inespressiva, che teneva in mano uno specchio. Kanna, l’antico spirito servitore di Kurasa, custodiva ancora la Kurasa no Mon.
«Ehi, Kanna, fammi entrare.- disse Kagura, sbrigativa- Ho notizie per Naraku.»
«Il Maestro è impegnato.» replicò Kanna, senza enfasi. Kagura fece una smorfia. Erano anni che Naraku tentava di unire il suo corpo a quello di Kurasa, di Konton, e dei vari demoni che aveva assimilato in precedenza. Era a buon punto, sebbene guardarlo fosse ancora un orrore non indifferente. Eppure era stata Kagura stessa a chiedergli di insegnarle la magia…bah, che fregatura! Ne era diventata la serva, altroché! E tanto per essere sicuro di non essere tradito, Naraku le aveva sottratto il cuore con un incantesimo, e ora lo teneva sotto chiave…
«Penso che le notizie che porto gli faranno piacere.- disse, sprezzante- Piantala di protestare e fammi entrare.»
Senza cambiare espressione, Kanna alzò lo specchio verso il viso di Kagura. La donna ne fu risucchiata e trasportata nel regno ancora in costruzione della nuova divinità delle Quattro Terre. Naraku giaceva nella sua sala del trono, creata con la sola forza della sua mente, ancora imbrigliato in una forma disgustosa. Kagura atteggiò le labbra dipinte di rosso ad una piccola smorfia, sebbene fosse ormai abituata a quello spettacolo.
Fino al plesso solare, Naraku aveva una forma umana molto avvenente. Un bel corpo muscoloso dalla pelle pallida, un viso perfetto in cui erano incastonati due occhi rossi come il fuoco. Lunghe onde di capelli neri gli scendevano lungo la schiena. Il suo aspetto era notevolmente migliorato dal tempo in cui ancora si chiamava Onigumo, e questo era dovuto all’assemblaggio che lo stregone aveva fatto tra il suo corpo umano e quello dei demoni che aveva soggiogato. Ora, però, Naraku era per metà un grande mostro pieno di oscene appendici e bubboni, derivate principalmente da un grosso ragno, il fu Kurasa, e un…bah, non era mai riuscita a discernere la vera forma di Konton, e nemmeno ne aveva voglia. Sapeva solo che l’insieme era assolutamente disgustoso, e quando il tutto pulsava e tremava nel tentativo di diventare un tutt’uno, come in quel momento, l’effetto era semplicemente vomitevole.
«Naraku!» chiamò, venendo avanti con sicurezza.
Naraku si voltò, con un’espressione che fece venire i brividi alla donna.
«Kagura.- disse lui, piano- Kanna non ti ha detto che sono impegnato?»
Una zampa di ragno rientrò nel corpo con violenza, scomparendo alla vista. Un successo del nuovo Shikon.
«Sono certo che mi perdonerai la scortesia.- disse Kagura, sedendosi con noncuranza vicino al corpo deforme e tirando fuori dal nulla un ventaglio con cui farsi aria- Sono tornati i tuoi Saimyosho. Pare che la Sfera sia in movimento.»
Il corpo di Naraku smise di fremere. L’uomo si voltò completamente verso la sua discepola. Il suo sguardo penetrante le seccò la bocca, nonostante la sua ostentata sicurezza.
«Che intendi dire?» le chiese, socchiudendo appena gli occhi. Kagura si mise dritta per riflesso.
«Pare che la miko che ha ucciso Mukadejoro abbia chiamato a sé gli altri Bannin. E Inuyasha è vivo e vegeto come dicevano le voci, deve averlo liberato lei.- spiegò velocemente Kagura- Si stanno dirigendo ad est, non si sa per quale motivo. Viaggiano soli.»
Naraku rimase in silenzio un istante, riflettendo.
«Con la Sfera?» chiese poi. Kagura annuì. Sul volto di Naraku comparve un sorriso malefico.
«Allora sarà il caso di mandare loro una delegazione come si deve.» disse, in un sussurro. Guardò il proprio corpo deforme. Il sorriso si allargò. «Già, mia cara Kagura…Chiederemo con le dovute maniere che ci venga consegnata la Sfera degli Shikon.»

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Capitolo 11
*** 10- Un esercito di Oni ***


CAPITOLO 10

UN ESERCITO DI ONI

Era una mattina piuttosto nebbiosa. Il giorno prima aveva piovuto con insistenza e ora il terreno zuppo restituiva l’acqua che aveva raccolto. Sopra la nebbia, però, di tanto in tanto si intravedeva un bel sole, che preannunciava un’altra giornata dalla temperatura piacevole.
Kagome rivolse un’ultima occhiata alla figura addormentata di Shippo e uscì dalla stanza che le era gentilmente stata offerta, respirando a pieni polmoni quell'aria corroborante. Come premura nei suoi confronti, il giorno prima i Bannin avevano deciso di chiedere ospitalità in un villaggio, per evitarle di passare la notte sotto la pioggia. Inuyasha aveva protestato in modo veemente, del tutto contrario a quella perdita di tempo, ma gli altri erano stati irremovibili. Inoltre, il corpetto d’oro di Kagome era un lasciapassare per qualsiasi agglomerato di esseri umani. Kagome ridacchiò, ripensando all’atteggiamento da cane bastonato di Inuyasha. Orecchie schiacciate sul capo, un muso lungo così e passi strascicati…e meno male che avevano in qualche modo fatto pace, altrimenti chissà che storie!
Kagome si sentiva più serena da quando si era chiarita con Inuyasha. L’atteggiamento del ragazzo non era cambiato moltissimo, lo dimostrava il fatto che dall’episodio al torrente aveva già dovuto usare la parola magica per tre volte, ma la trattava come tutti gli altri e non faceva più scena muta. Questo aveva alleggerito di molto l’atmosfera.
Uscì in veranda, passandosi le dita tra i capelli per pettinarli. Guardò più oltre. Nel cortile della casa signorile in cui erano stati ospitati,  Sango sembrava intenta a stiracchiarsi le ali, compiendo movimenti così aggraziati da somigliare a una danza. Le ali di Sango non erano sempre visibili, ma quando le spuntavano sulla schiena sembrava un vero angelo. Kagome sorrise, guardandola. Stava sviluppando una buona amicizia con Kaze no Bannin. Era una persona estremamente sensibile e intelligente, e Kagome rispettava molto la serietà con cui prendeva le sue responsabilità e il viaggio che stavano compiendo.
Il suo sorriso si allargò quando vide Miroku comparire apparentemente dal nulla di fronte alla Bannin, a braccia spalancate come chiedendo un abbraccio. Mizu no Bannin sembrava avere il potere di trasportare se stesso attraverso l’acqua da un posto all’altro. Al momento, aveva fatto il suo ingresso in scena da una pozzanghera ai piedi di Sango. Sango si voltò dall’altra parte, lasciando indietro il Bannin, che le corse dietro, imperterrito. Miroku piaceva molto a Kagome. Apprezzava la sua voglia di scherzare su qualsiasi cosa, il suo desiderio di sdrammatizzare pur essendo al contempo un grande osservatore. Miroku era astuto, e i suoi modi servivano a celare una personalità molto più complessa di quanto non apparisse. Anche le sue avance con ogni donna che incontrava (la sera prima era riuscito a fare la corte persino alla figlia del signorotto che li aveva ospitati) secondo Kagome nascondevano qualcos’altro…
«Buongiorno, Kagome-chan!» esclamò una voce gaia dietro di lei. Kagome si voltò, rispondendo con gioia al saluto. Shippo saltellò fino a lei, allegro, stendendo alte le braccia e prendendo un bel respiro. La ragazza osservò di nuovo quanto Shippo le ricordasse il fratello minore. Non riusciva proprio a capacitarsi che Hi no Bannin fosse tanto vecchio!
«Sarà una grande giornata, penso.- disse Shippo, poi guardò la scenetta nel cortile- Miroku sta per prendersi il primo schiaffo della giornata.»
Come a dargli ragione, nell’aria si alzarono il suono dello schiaffo e l’esclamazione di dolore di Miroku. Una delle sue mani si era posata dove non doveva. Sango iniziò a sgridarlo aspramente, rossa in volto, e Shippo sospirò, scuotendo la testa.
«Sempre così. Quando stanno insieme, non fanno che ripetere questa pantomima.- borbottò, con aria saccente- Saranno mille anni che…»
«Quando stanno insieme?- chiese Kagome, perplessa- Perché, voi non state sempre insieme? Io credevo…»
«Oh, non sempre.- chiarì Shippo, balzando sulla balaustra e mettendosi a sedere- Quando le Hikaruku no Miko non sono pronte e non hanno ancora fatto giuramento, noi ci occupiamo delle nostre terre e delle Mon. Anzi, ci vediamo di più da quando ci sono le Sacerdotesse! Una volta, ognuno stava nel proprio regno. Ci si poteva vedere solo dal confine.»
«Ma…è una cosa triste.» mormorò Kagome, guardando di nuovo Sango e Miroku. Shippo si strinse nelle spalle.
«Noi quattro non ci conoscevamo, perché siamo nati in posti e con modi diversi. Siamo diventati amici solo da quando le Mon sono state create. E questa è l’unica cosa buona che quegli affari abbiano portato.» disse, il faccino di bimbo atteggiato a un’espressione malinconica.
Kagome rimase in silenzio per qualche istante, poi si decise a chiedere: «Senti, Shippo…mi sbaglio, o quei due sono…»
«Innamorati?- finì per lei Shippo, con un sorriso gaio- Oh, ne sono sicuro! Il problema è che nelle Quattro Terre sono successi già abbastanza problemi a causa dell’amore e ognuno dei due ha paura per l’altro, così non dicono niente.»
Kagome corrugò la fronte.
«Che vuoi dire, Shippo?» chiese, perplessa. Shippo scrollò le spalle.
«E’ una storia lunga. Credo che Miroku o Sango te la saprebbero spiegare meglio.- disse in fretta il Bannin, come pentito di aver tirato in ballo l’argomento- E poi, guarda, arriva Inuyasha. Vorrà partire subito, come al suo solito.»
Kagome si voltò e vide Inuyasha camminare verso di loro, tallonato dal signorotto. Inuyasha aveva in faccia un’espressione davvero seccata.
«Vogliate accettare i miei ringraziamenti per la benedizione che…» stava dicendo questo, deferente.
«Sì, sì, ho benedetto la terra su cui sorge la casa.- replicò Inuyasha, aspro- Adesso, perché non vai a rompere le scatole a Mizu no Bannin e non ti fai benedire il pozzo?!»
Il signorotto, apparentemente ignaro del malumore di Inuyasha, convenne che era un’ottima idea e corse a raggiungere Miroku. Inuyasha si fermò di fianco a Kagome e Shippo, a braccia conserte.
«Ti ha chiesto una benedizione?» chiese Shippo, ridacchiando.
«Feh! Che piattola! Sempre così, con questi stupidi esseri umani! Per questo non volevo fermarmi.» ringhiò Inuyasha, lanciando un’occhiata densa di rimprovero a Kagome.
«Poverino, voleva solo una tua parola buona.» lo prese in giro Shippo, sempre ridendo. Inuyasha scoprì le zanne, minaccioso.
«Ma dai, Inuyasha, possibile che tu sia sempre di cattivo umore?- lo riprese Kagome- E’ una bella giornata, e abbiamo dormito al coperto. Non ti basta?»
«Oi! Il mio umore non è affar tuo.- replicò Inuyasha- E me ne voglio andare alla svelta. Prendi quei tuoi bagagli, mentre io recupero Sango e Miroku.»
«Che fretta c’è, scusa?» chiese Kagome, mettendosi le mani sui fianchi. Inuyasha inarcò un sopracciglio.
«Ehi, ma tu non volevi tornare a casa?- le chiese, zittendola- E poi,  anche se tu hai intenzione di prendertela comoda, io ho una gran fretta di essere libero. Fai come ti ho detto e piantala di protestare.» Si allontanò a passi marziali, deciso a recuperare i due Bannin, che erano stati sequestrati dal signorotto. Kagome guardò Shippo, che sorrise.
«Sarà meglio accontentarlo, o si renderà intrattabile per tutta la giornata.» disse, saltando giù dalla balaustra e precedendo Kagome all’interno della casa. Kagome guardò ancora per un attimo la schiena di Inuyasha che si allontanava. Già, perché non sentiva più alcuna fretta di andare a casa? Forse perché quel viaggio somigliava troppo ad una gita di piacere. Forse perché si stava facendo degli amici.
Scrollando il capo, incapace di capire se stessa, Kagome tornò in casa a prendere il proprio bagaglio.

***

«Non pensate che sia strano?» chiese Sango.
Procedevano lungo un costone di roccia. Alla loro destra si estendeva una foresta piuttosto fitta. Alla loro sinistra, dopo un volo di una decina di metri, scorreva un fiume dalla riva sassosa.
«A che ti riferisci?» chiese Inuyasha, che come sempre guidava la fila.
«Sto parlando di Naraku e delle sue spie.- spiegò Kaze no Bannin, corrugando la fronte- Non vi sembra strano che ancora non abbiano dato alcun segno di volerci attaccare?»
«Oh, lo faranno. Di questo puoi star certa.- disse Miroku, riempiendo l’aria del trillo del suo tridente- Resta solo da vedere quando e come. Io non mi preoccuperei, Sango-chan. Apprezza la calma, finché c’è.»
Sango lo guardò torva, poi scrollò le spalle.
«Miroku ha ragione. La strada è ancora lunga e di tempo per attaccarci ne avranno parecchio.» disse Inuyasha, pratico.
«Ma è veramente così terribile questo Naraku?» chiese Kagome, rendendosi conto per la prima volta del pericolo incombente.
«Assolutamente. Terribilissimo.» disse Shippo, annuendo. Kagome non poté trattenere un brivido.
«Fai bene a tremare, Hikaruku no Miko!» disse una voce di donna, dall’alto.
Il gruppo si fermò, voltandosi di scatto verso la foresta in posizione di difesa. Miroku e Sango si posizionarono subito davanti a Kagome, e Inuyasha sfoderò Tessaiga. Seduta in cima ad un albero, c’era una donna con i capelli tagliati in uno sbarazzino caschetto che indossava un vestitino nero a malapena decente. Le belle gambe accavallate si mostravano senza vergogna. Nella mano destra, teneva un teschio umano a cui erano ancora attaccati i resti della chioma.
«Chi sei?» chiese Inuyasha, aggressivo.
«Oh, ma come sei irruente!- civettò la donna, fingendosi sorpresa- Tu devi essere Inuyasha, vero? Mi hanno parlato di te.»
«Chi sei, ho chiesto!» ripeté Inuyasha, pronto ad attaccare. Sul volto della donna comparve un sorrisetto maligno, e Kagome corrugò la fronte. Sentiva che quella donna non era un essere umano.
«Io sono Yura, la Domatrice dei Capelli.- disse, passandosi le dita nel caschetto con un gesto lezioso- E sono qui per prendere la Sfera degli Shikon, ovviamente.»
«Ecco lo scagnozzo che ti aspettavi, Sango.- disse Miroku, in tono divertito- Che tempismo! Ed è anche una gran bella donna!»
«Piantala!- gli sibilò Kaze no Bannin, per poi rivolgersi alla nuova arrivata- Ti manda Naraku?»
«Ovvio!- rise quella- E chi se no?»
«Feh! Allora sei morta, donna!» disse Inuyasha, pronto a saltare addosso all’intrusa.
«Suvvia! Credete davvero che sia sola?- rise quella- Io voglio la Sfera, non certo battermi contro di voi! Siete solo seccature.»
A quelle parole, dalla foresta sbucò quello che parve un intero esercito di creature possenti e bestiali, che fu loro addosso in pochi secondi.
«Oni!- gridò Miroku- Fate largo, uso il vortice!» Sciolse il guanto che gli proteggeva la mano destra, e ne liberò il palmo. Kagome fu sorpresa di vedere un vortice d’acqua scaturire dalla sua mano, risucchiare gli oni e farli sparire al suo interno.
«Sei sicuro di volerlo fare, spirito dell’Acqua?» rise la donna, lassù in cima. Uno sciame di Saimyosho comparve alle sue spalle, dirigendosi con decisione verso Miroku. Mizu no Bannin fu costretto a sigillare la propria mano con un’imprecazione. Inuyasha si fece largo con la spada, mentre gli altri combattevano cercando di proteggere Kagome. Balzò sull’albero, alzando Tessaiga.
«Muori, strega!» disse, trionfante.
«Non ne ho voglia alcuna.» disse lei, allungando la mano verso di lui. Inuyasha si sentì avviluppare da sottili, minuscole corde che gli bloccarono i movimenti. Cadde a terra, e altri oni gli furono subito addosso. «Mi spiace, ma non sono qui per giocare con te.» disse Yura, alzandosi in piedi.
«Maledetta!» esclamò Inuyasha, strappandosi di dosso quelli che parvero semplici capelli. Non riuscì a disimpegnarsi abbastanza in fretta, e fu coinvolto in un cruento combattimento impari. Sperava solo che gli altri stessero facendo buona guardia alla Sfera.
In realtà, l’assalto degli oni era stato così violento e improvviso che stava avendo l’effetto desiderato, vale a dire dividere i Bannin dalla loro protetta. Miroku e Sango combattevano duramente, ma entrambi erano circondati da un numero impressionante di nemici. Solo Shippo era rimasto vicino a Kagome e bruciava a morte coloro che osavano avvicinarsi troppo. Kagome aveva estratto l’arco, ma si sentiva agitata come non mai. Non aveva mai ucciso nessuno usando la sua abilità…e quella battaglia improvvisa l’aveva colta alla sprovvista. Gridò quando qualcosa le si avviluppò attorno al corpo e la sollevò in aria come se fosse senza peso, facendole cadere l’arma di mano.
«Kagome!» gridò Shippo, preparandosi a distruggere la corda manovrata da Yura con il suo fuoco.
«Fallo, Bannin! Il fuoco si propagherà fino a lei e la ucciderà.» disse Yura a voce alta, sovrastando il frastuono. Shippo strinse i denti, accorgendosi di avere le mani legate, poi fu costretto a difendersi dagli oni che premevano su di lui. Sango, però, aveva assistito alla scena. Si sollevò in volo e gridò: «Hiraikotsu!» lanciando la sua arma micidiale contro la serva di Naraku. Le sue penne ricurve spezzarono le corde che tenevano ferme le braccia di Kagome, ma quei capelli vennero subito sostituiti e Sango stessa si trovò improvvisamente avviluppata da sottilissime corde, che la strinsero tanto da tagliare la pelle. Sango cadde a terra, gridando. Miroku si precipitò accanto a lei per liberarla dalla costrizione, ma gli oni ne approfittarono per soverchiarli. Inuyasha, nel frattempo, aveva i propri problemi, anche se i cadaveri a terra andavano aumentando.
Certa di avere finalmente qualche momento di calma, Yura si voltò verso la sua prigioniera. Legata a braccia e gambe larghe, Kagome non aveva nessuna possibilità di muoversi. Yura fece un ghigno.
«Ben debole, questa nuova Hikaruku no Miko.- osservò, avvicinando il proprio viso al suo- Naraku si preoccupa per nulla.» Allungò la mano per prenderle dal collo la Shikon no Tama, che brillava, appesa ad una catenella.
«No, non puoi!» gridò Kagome, quando le dita di quella diabolica donna sfiorarono il gioiello. Yura si ritrasse con un sibilo. C’era una protezione sulla Shikon no Tama. Le dita le pulsavano di dolore.
«Molto bene.- disse, seccata- Allora, per prima cosa, la separerò dalla tua testa.»
Ciò detto, fece un gesto con le dita. Kagome vide un cappio sottilissimo stringersi attorno al proprio collo, come al rallentatore.
«I…Inuyasha!!» gridò, certa di essere giunta alla fine del suo viaggio, chiudendo gli occhi per l’orrore. Sentì dolore quando l’arma di Yura iniziò ad inciderle la pelle della gola…poi, un grido.
«Non la toccare!»
Riaprì gli occhi. Davanti a lei, c’era Inuyasha, la spada sguainata macchiata di sangue. Le corde che la trattenevano si allentarono, e Kagome si avvide che Yura si era ritratta con aria seccata. Le mancava la mano sinistra. Inuyasha si voltò verso di lei, strappò i capelli che la tenevano prigioniera e la posò nell’incavo fra due rami, voltandosi poi di nuovo a fronteggiare la nemica senza una parola. Per un attimo, a Kagome parve bellissimo…un cavaliere d’altri tempi. Non sapeva se il grido di Inuyasha era riferito a lei o alla Shikon no Tama (più probabilmente alla seconda…), ma lui le aveva appena salvato la vita. Si scoprì ad arrossire.
«Miroku, occupati degli oni!- gridò Inuyasha, senza lasciare con lo sguardo rabbioso il volto di Yura- A questa strega ci penso io.»
«Come vuoi, Inuyasha!- disse da sotto Miroku, insolitamente allegro- Sango, ce la fai a mandarmeli di sotto? Poi me ne occupo in prima persona!»
Sango si alzò di nuovo in volo, comprendendo il piano di Miroku. Il Bannin voleva combattere in acqua…dove avrebbe sopraffatto gli oni rimasti senza perdere troppo tempo. Aprì le grandi ali, poi le richiuse di colpo. Il vento che se ne sprigionò era potente. Ripeté il gesto cinque o sei volte, e presto gli oni iniziarono a rotolare giù per la scarpata, nel fiume. Miroku vi si gettò di sua spontanea volontà, con un ululato guerresco, e Sango lo seguì dappresso per dargli man forte. Shippo rimase dov’era, attendendo il momento adatto per dare una mano ad Inuyasha. Con il fatto che quella donna usava i capelli contro le sue vittime, non poteva usare il fuoco in maniera incosciente. Tanto per cominciare, raccolse l’arco e le frecce di Kagome e la raggiunse in pochi balzi, fermandosi accanto a lei.
«Ora ti ammazzo, dannata.» ringhiò Inuyasha, pronto a fare a fette quella donna dall’aria strafottente. Questa si limitò a sorridere. Tenne il teschio nell’incavo del gomito, liberando la mano destra. Una katana venne sguainata da un groviglio di capelli, dirigendosi poi verso Inuyasha. Il Bannin la scostò da sé con un colpo secco, attaccando direttamente Yura. Ella saltò via, ma la spada fece un ampio giro e colpì Inuyasha da dietro, ferendolo al braccio.
«Bada, dovrai avere occhi ovunque!- rise Yura- Grazie ai miei capelli, posso attaccarti da dove voglio!»
«Non ti servirà a nulla!» replicò Inuyasha. Invece, grazie ai capelli Yura riusciva continuamente a disimpegnarsi, costringendolo a fare attenzione ai colpi che venivano da ogni dove. Inuyasha, seccato, sferrò un potente fendente. Kagome rammentò che un colpo simile era riuscito ad uccidere un gran numero di insetti demoniaci in una sola volta, ma Yura si difese con una rete intessuta di capelli. La rete venne distrutta, ma lei continuò ad essere pressocchè illesa.
«Sei seccante!» sibilò tra i denti Inuyasha, irritato per quella perdita di tempo. Sfiorò con la mano i rami dell’albero e questi, inaspettatamente, si misero a crescere, cercando di avviluppare le gambe di Yura. Questa tagliò i rami con i capelli, ma perse il controllo sulla katana. Inuyasha si scagliò contro di lei, e finalmente la centrò, trapassandole il petto da parte a parte.
«Sei morta, finalmente!» esultò Inuyasha.
«Sei grande, Inuyasha!» gridò Kagome, battendo le mani. Anche Shippo si unì ai festeggiamenti. Questi terminarono bruscamente quando Yura scoppiò a ridere, apparentemente ignara del buco che aveva nel petto.
«Cosa credi? Io sono immortale!» disse.
«Inuyasha, attento!» gridò Kagome, un secondo prima che la katana di Yura si conficcasse nella schiena del Bannin, facendogli perdere la presa su Tessaiga. La spada cadde a terra, e Inuyasha rimase appeso al ramo per un braccio e una gamba, gravemente ferito.
«Ugh…maledetta…» ringhiò, quando Yura estrasse la katana dalla sua schiena con noncuranza. Lei si inginocchiò accanto a lui, con un sorrisetto.
«Che bei capelli d’argento.- disse, prendendone in mano una ciocca- Penso che te li ruberò…tagliandoti la testa.»
«Non ci provare, maledetta…» iniziò Shippo, facendo per balzarle addosso.
«Muoviti da lì, e la tua Hikaruku no Miko sarà morta in men che non si dica.- disse Yura, in tono mellifluo, bloccando Shippo dove stava- Dicevamo, Tochi no Bannin? Oh, già! Voglio i tuoi capelli.»
Kagome, inorridita, vide Yura sollevare i capelli di Inuyasha con un braccio, e afferrare la katana con l’altra, con l’evidente intenzione di decapitare il Bannin. Inuyasha fece per reagire nonostante la terribile ferita, ma Yura lo bloccò con altri capelli. Questa vista restituì la lucidità a Kagome. Afferrò l’arco, incoccò una freccia e la scagliò con la precisione di un cecchino. La mano destra di Yura esplose in un lampo di luce.
«Ma che…» disse lei, sbalordita, mentre i capelli si accasciavano e poi cadevano al suolo. Senza mani per dirigerli, il suo controllo era perduto.
«Lo vedo! Vedo il suo cuore in quel teschio!- disse Kagome, incoccando un’altra freccia- Sei morta, Yura!»
«Dannata miko!» gridò Yura, il volto stravolto dalla rabbia. Non le servì. La freccia di Kagome spaccò il teschio che teneva sottobraccio in due, proprio mentre gli artigli di Inuyasha le staccavano di netto la testa dal collo.
Con un’espressione di vivido stupore stampata sul volto, Yura la Domatrice di Capelli si disfece in polvere davanti ai loro occhi. Sopra le loro teste, lo sciame di Saimyosho iniziò ad allontanarsi verso nord.
«Inuyasha!» gridò subito Kagome, lasciando andare le proprie armi e inerpicandosi da un ramo all’altro, rischiando di cadere nel raggiungere il Bannin. Shippo la accompagnò passo passo, aiutandola a non cadere. Inuyasha si era messo a sedere, con una smorfia.
«Inuyasha, ti ha ferito!» balbettò Kagome, pallida.
«E’ un graffio.» tagliò corto Inuyasha.
«Ma che graffio?! Ti ha infilzato!- ribatté Kagome- Devi farti vedere da un dottore! Tu…»
«Guarirò da solo, piantala di fare la scena madre.- disse Inuyasha, seccato- Sono un Bannin, non uno stupido essere umano! La mia costituzione fisica è differente.»
Kagome guardò Shippo, smarrita, e questi annuì con un sorriso rassicurante.
«Stai tranquilla, Kagome. Siamo di pelle dura.» scherzò. Kagome non parve molto convinta, ma non parlò più, scendendo con loro dall’albero. I tre recuperarono la spada e l’arco, poi raggiunsero la scarpata e guardarono di sotto. Il fiume trascinava via cadaveri su cadaveri di oni. Nulla si muoveva, a parte l’allegra mano di Miroku, che li salutava dal centro del fiume come se niente fosse, e Sango, che era zuppa fino alla cima dei capelli e non ne pareva molto contenta.
«Finito?» chiese Inuyasha.
«E’ ovvio!- disse Miroku, sogghignando- Mi spiace solo che la mia dolce Sango sia finita in acqua, ad un certo punto…»
«Ci sono finita per colpa tua!- replicò lei, fulminandolo con gli occhi e arrossendo quando si rese conto che il vestito di veli le si era appiccicato al corpo- E piantala di fissarmi, pervertito!»
«Ti asciugo io, dolce Sango!» si offrì Miroku, ma Sango volò rapidamente in cima alla scarpata, e Shippo la avviluppò di calore, asciugandola all’istante. Miroku mise il broncio.
«Shippo, sei un guastafeste.» borbottò.
«Invece di dire cretinate, torna su.- gli disse Inuyasha, con una smorfia- Il giorno è ancora giovane, e la strada è lunga.»
Borbottando qualcosa sulla totale mancanza di romanticismo di Inuyasha, Miroku li raggiunse e il gruppo riprese il cammino. Gli occhi preoccupati di Kagome non lasciarono la ferita sulla schiena di Inuyasha per tutto il giorno.

***

Quella sera si accamparono accanto alla scarpata, che ora si ergeva sul corso d’acqua per non più di tre metri. Consumarono la cena, discutendo di quanto era avvenuto nel pomeriggio.
«Mi sembra ovvio che Naraku non ci sottovaluta affatto.- disse Miroku- Inoltre, sembra che abbia a sua disposizione forze considerevoli.»
«Se ogni volta ce ne manda contro così tanti, andrà a finire che ammazzeremo tutti i demoni delle Quattro Terre.» osservò Inuyasha, sprezzante.
«Conoscendo Naraku, penso che a mano a mano i suoi attacchi si concentreranno sulla qualità, rispetto alla quantità.- disse Sango, riflettendo- Troverà il modo di inibire il nostro potere. Oggi stesso abbiamo avuto non pochi problemi.»
«Feh! Abbiamo vinto noi. Che hai da lamentarti?» chiese Inuyasha, corrucciato, infilandosi la lunga camicia rossa che portava sopra i calzoni dello stesso colore. Si era lavato il sangue di dosso, e Kagome aveva notato con sorpresa che la ferita di quel pomeriggio era già pressocchè scomparsa.
«Non fare finta che non ci sia stato rischio. A causa di quei capelli, io non ho potuto fare quasi niente!- replicò Shippo- E anche tu te la sei vista brutta.»
«Non è vero!» ringhiò Inuyasha, schiacciandogli la testa in una morsa.
«E invece sì! Se non ci fosse stata Kagome-chan…» replicò Shippo.
«Cos…Io me la cavo benissimo da solo!» ribatté Inuyasha, arrossendo appena.
«Ehi, che vuoi dire?- disse Kagome, punta sul vivo- Ti sono stata d’aiuto, no?»
«Non darti tante arie.- disse Inuyasha, polemico, senza accorgersi dell’aria sorniona di Miroku a quello scambio di battute- Ti voglio ricordare che ti ho salvato la vita.»
«E io l’ho salvata a te, perciò siamo pari.» disse Kagome, categorica, lasciando Inuyasha a boccheggiare, senza parole. Shippo e Miroku scoppiarono a ridere.
«E voi piantatela!» sbraitò Inuyasha, furibondo.
La discussione andò avanti ancora per un po’, ma ormai nessuno aveva voglia di parlare di Naraku e dei suoi prossimi attacchi, perciò molto presto andarono tutti a riposare. Inuyasha rimase di guardia, seduto a gambe incrociate accanto al fuoco.
Distesa sull’erba, Kagome ne guardò il bel profilo, rischiarato dalle fiamme. Era vero, quel giorno Inuyasha le aveva salvato la vita. Le era sembrato così bello…così protettivo, mentre si stagliava di fronte a lei, con la spada sguainata. Inuyasha usava senza remore quella forza che Kagome aveva sempre sentito in Inuki, ma non aveva mai visto esprimere. Inuki era un ragazzo…Inuyasha, nonostante i suoi modi rozzi e a volte insopportabili, era un uomo. Kagome arrossì a quel pensiero, chiedendosi da dove diavolo le fosse uscito. Inuyasha aveva salvato la Sfera degli Shikon, non lei! E poi, non si era ripromessa di non fare paragoni tra Inuyasha e Inuki?
Si somigliavano molto, ma Inuyasha…Inuyasha aveva qualcosa in più. Chiedendosi come potesse essere così volubile, Kagome chiuse gli occhi. Molto presto, il sonno venne a reclamarla, senza che si accorgesse dello sguardo di Inuyasha puntato su di lei.

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Capitolo 12
*** 11 - Luna piena, porta aperta ***


CAPITOLO 11

LUNA PIENA, PORTA APERTA

Nella grande sala regale echeggiavano voci e clangore di spade, come se un immane combattimento si stesse consumando al suo interno. In verità, la stanza era del tutto tranquilla, e conteneva non più di tre persone.
Una, Kagura, sedeva mollemente su una cassapanca imbottita e decorata, con l’aria annoiata di una regina. Si faceva aria di tanto in tanto con il ventaglio, svogliata, dondolando un piede nudo fino a sfiorare il pavimento. Più distante, stavano Naraku e Kanna. Kanna era in piedi, come sempre priva d’espressione, e teneva alzato il proprio specchio, da cui si propagavano quei suoni, che ormai andavano scemando. Naraku occupava quasi mezza stanza solo con la sua mole, anche se chiunque si sarebbe accorto che la quantità di appendici che gli uscivano dal corpo era notevolmente diminuita in quegli ultimi giorni. Sembrava che il nuovo Shikon avesse trovato un sistema più rapido di assorbire tutta quella massa di carne e potere. La vicinanza della Sfera degli Shikon aveva funzionato da incentivo per i suoi sforzi.
I suoni dall’altra parte cessarono, sostituiti da quelli che parvero i brusii di una conversazione, suoni troppo sottili perché lo specchio di Kanna potesse farli diventare comprensibili. Naraku tagliò l’aria con un gesto secco della mano. Kanna chinò il capo e abbassò lo specchio, che tornò vuoto.
«Li hanno battuti ancora?» chiese Kagura, mettendosi a sedere composta. Naraku nemmeno la guardò.
«E’ inutile attaccarli a casaccio. Il loro gioco di squadra non è da sottovalutare.- disse dopo un’attenta riflessione- Devo trovare un modo per neutralizzare i poteri di ognuno. Non posso ancora affrontarli di persona.»
«E come farai?- chiese Kagura, curiosa- Non esistono demoni in grado, da soli, di neutralizzare i poteri di un Bannin. E mi sembra che il numero non sia sufficiente a sopraffarli.»
«Grazie della precisazione, Kagura.- disse Naraku, sprezzante, fulminandola con lo sguardo- No, non esistono tali demoni. Almeno, non ancora.»
Kagura corrugò la fronte, perplessa, ma Naraku non parve voler approfondire.
«Non si stanno dirigendo a nord.» disse lo stregone, dopo un po’.
Kagura guardò Kanna, sorpresa, ma la bambina albina non le restituì lo sguardo e Kagura tornò a guardare Naraku.
«Quindi, cosa pensi? Che non stiano venendo quaggiù?» chiese, attonita. Quella era stata la prima e più convincente ipotesi. Per quale altro motivo i Bannin e l’Hikaruku no Miko si sarebbero messi in viaggio se non per sconfiggere l’usurpatore?
«Sembra si stiano dirigendo a Toraika, l’attracco delle barche per Sunda.» mormorò Naraku, socchiudendo gli occhi in un’espressione predatrice che fece venire i brividi a Kagura. Poi, le parole di Naraku la colpirono.
«Sunda?!- esclamò, quasi alzandosi in piedi- Vuoi dire…che stanno andando ad est?!»
Naraku non rispose né si mosse, ma Kagura comprese che in quel silenzio si celava un assenso.
«Ma…perché mai dovrebbero andare a Sunda?» continuò Kagura.
«Ragiona un po’, Kagura! Non ti ho sottratto il cervello assieme al cuore, mi sembra.» fu la risposta densa di disprezzo di Naraku, cosa che fece incupire il bel viso della donna.
«Beh, i casi sono due.- disse Kagura, trattenendo a stento la voglia di colpire Naraku, ben sapendo che sarebbe stata l’ultima azione della sua vita- O intendono venire comunque a Kaisui, ma stanno cercando di sviarti…»
«Fatica inutile e ipotesi poco plausibile.» la stroncò Naraku.
«…oppure il loro obiettivo è proprio Sunda. Forse, la Taiyoo no Mon.» finì Kagura, che non era affatto stupida.
Naraku annuì, corrugando la fronte.
«Perché una Hikaruku no Miko dovrebbe prestarsi ad aprire la Taiyoo no Mon?- si chiese, senza accorgersi di parlare a voce alta- Io ho assorbito Kurasa e Konton. So che alle Mon non è associata alcuna maledizione, perché in realtà sono il risultato di una guerra tra gli Shikon della Tenebra e quelli della Luce. Ma gli esseri umani non lo sanno.»
«Che i Bannin abbiano parlato?» chiese Kanna, inserendosi a sorpresa nella conversazione. Naraku la guardò con attenzione, suscitando un profondo fastidio in Kagura.
«Credi? Arriverebbero a tanto, pur di detronizzarmi?- chiese, poi rise con voce bassa e maligna- Sì, non è un’ipotesi da scartare. Dopotutto, Inuyasha ha tentato di convincere le Hikaruku no Miko da molto tempo, ormai.»
«Questa somiglia moltissimo a Kikyo, no?- intervenne Kagura, velenosa- Magari è l’amore per Inuyasha a spingerla. Credo che qualunque altra donna delle Quattro Terre avrebbe avuto troppa paura della maledizione perfino per dare ascolto ai Bannin.»
«Non hai tutti i torti.- disse Naraku, sorprendendola- Potrebbe anche darsi. E’ evidente che quella ragazza è la reincarnazione di Kikyo…anche se mi domando come abbia fatto a farmela sfuggire fino a questo momento. E’ come se fosse comparsa dal nulla…»
«In parole povere, che hai intenzione di fare?» chiese Kagura, mettendosi di nuovo comoda. Un sorrisetto comparve sul volto di Naraku, cosa che tolse completamente la voglia di riposare in quella stanza alla donna dai capelli neri.
«Voglio sapere quali sono i loro scopi.- rispose lo Shikon- Andrai loro incontro. Stuzzicali un po’. Soprattutto, falli parlare e carpisci le loro intenzioni.»
Kagura trattenne un sospiro e si alzò, chiudendo il ventaglio con un gesto secco.
«E’ tutto? Non vuoi che ti porti la Sfera?» chiese.
«Vedi di non farti ammazzare. Alla Sfera ci penso io.» fu la sarcastica risposta di Naraku.
Kagura richiamò Kanna e fece per intimarle di farla uscire tramite lo specchio, irata per quella totale mancanza di fiducia, poi si fermò quando sentì Naraku parlare di nuovo.
«Non avere fretta nel raggiungerli, Kagura.» le ordinò, duro. Kagura si voltò, sollevando appena un sopracciglio.
«E perché?» chiese.
«Perché domani notte si apre la Tsuki no Mon.- fu la lapidaria risposta di Naraku- E credo davvero che i nostri amici riceveranno visite altolocate.»

***

«Tra due settimane saremo a Toraika.- disse Sango, immersa insieme a Kagome in una sorgente di acqua calda- Lì prenderemo una barca e attraverseremo il fiume, verso Sunda.»
«Una traversata?- chiese Kagome, togliendosi i capelli bagnati dalle guance- Quanto è vasto questo fiume?»
«E’ molto ampio, Kagome, quasi un braccio di mare. Impiegheremo circa tre giorni per raggiungere l’altra riva.» mormorò Sango, rilassandosi nell’acqua con un sorriso felice.
Kagome la guardò con affetto. Kaze no Bannin sembrava molto felice alla prospettiva di mostrarle la sua terra. Gliel’aveva descritta come varia e maestosa, piena di praterie, steppe e montagne. Kagome era curiosa di vederla, anche se iniziava a chiedersi quanta strada ci fosse ancora prima di giungere alla Taiyoo no Mon. Non aveva mai viaggiato così a lungo, per di più a piedi! Eppure, la meta sembrava ancora tanto lontana.
Stava scendendo la sera e le affiorazioni rocciose che circondavano la sorgente termale in cui stavano facendo il bagno erano di un color arancio acceso. Sopra di loro, la volta del cielo si andava facendo blu notte. Dall’altra parte della massa di rocce, i ragazzi avevano acceso un fuoco da campo.
«Mi pare che tu e Inuyasha abbiate smesso di litigare.» osservò Sango, passandosi le dita tra i lunghi capelli. Kagome annuì, affondando nell’acqua fino al naso per poi riemergere.
«Per quanto mi riguarda, potevamo essere amici da subito.- borbottò- Ma lui è un testardo…comunque, non abbiamo più litigato sul serio. Mi dispiace se vi abbiamo disturbato.»
Sango rise, una risata bella e sincera.
«Oh, Kagome…non è per questo!- disse- E’ solo che dispiaceva a tutti noi che Inuyasha non volesse vedere le tue qualità!»
«E’ perché somiglio troppo a Kikyo.» disse Kagome, con un sorriso mesto. Sango tornò subito seria.
«Sì, è per questo.- ammise- Ma tu sei riuscita a non confonderlo con il ragazzo di cui sei innamorata, no?»
Kagome sentì le gote farlesi rosse e ringraziò il vapore, che la nascondeva.
«Beh…sì.- mormorò- Anche se si somigliano in tante cose, sai?» Si accalorò improvvisamente, parlando a briglia sciolta. «Sono tutti e due dei buzzurri, mi prendono in giro, fanno i prepotenti e adorano fare a botte con il prossimo! Hanno un’aria strafottente e fanno sempre di testa loro!»
«Questi sono solo difetti, Kagome.» disse Sango, soffocando una risata. Kagome rise con lei, allegra, poi il suo sguardo si addolcì.
«Ma Inuki sa essere anche molto dolce, e premuroso.» sussurrò.
«Anche Inuyasha, sai?- disse Sango, scrutandola- Dagli un po’ di tempo e vedrai di che gentilezze inaspettate è capace.»
«Sì, lo so.- disse Kagome, con un sorriso luminoso- Inuyasha è in grado di farti sentire protetta. Io credo che abbia un grande cuore, sotto quei modi burberi.»
Sango guardò con tenerezza Kagome, piacevolmente sorpresa da quelle parole. Inuyasha non aveva fatto grandi sforzi per dare una buona immagine di sé, ma Kagome sembrava aver capito qual’era la vera forma dell’anima del Bannin. Sango ne era lieta, perché le dispiaceva vedere quei due cuori continuare a soffrire, senza accorgersi di avere la cura a pochi passi. Distratta da questi pensieri, venne colta del tutto alla sprovvista dalla domanda di Kagome.
«Tu, Sango, sei innamorata di Miroku, non è vero?» chiese la giovane miko, con occhi attenti. Sango si sentì avvampare.
«Cos…cosa dici, Kagome?!» esclamò, fingendosi scandalizzata.
«Non è così?- chiese Kagome, scettica- A me sembra di sì…anche Shippo è della stessa opinione.»
«Shippo?!» disse Sango, esterrefatta.
«Già. Non ho chiesto ad Inuyasha, ma…» riprese Kagome.
«Io non posso essere innamorata di un baka hentai che non sa tenere le mani a posto!» si difese Sango, quasi senza fiato. Kagome si intristì.
«Scusa se ho detto qualcosa di spiacevole.- disse, contrita- E’ che mi sembrava…voglio dire, sembrate fatti l’uno per l’altra…»
Sango rimase un attimo in silenzio e Kagome ebbe paura di averla offesa. Sango aveva un carattere particolare ed era molto orgogliosa. Ciononostante, Kagome avrebbe desiderato che la Bannin si confidasse apertamente con lei. Poi, Sango sospirò.
«Davvero?» chiese, piano. Kagome annuì, riprendendo a sorridere. Sango sospirò ancora. «Miroku non mi ha mai fatto nessuna dichiarazione seria.- borbottò, gli occhi fissi sull’acqua- Fa sempre il cretino con tutte, che siano umane, demoni o spiriti. Come si fa a vivere così?»
«Ma tu lo ami?» chiese ancora Kagome. Dopo un po’, Sango annuì e Kagome si accorse del suo rossore nonostante il vapore originato dall’acqua calda. «Allora non preoccuparti, tutto si sistemerà.- le disse, allegra- Si vede lontano un miglio che Miroku è perso per te. Vedrai che…»
«No, Kagome, non vedrò proprio niente…almeno fino alla caduta delle Mon. E forse anche oltre.» la freddò Sango.
«Ma…perché?» chiese Kagome, attonita. Sango scosse il capo.
«Io sono la Bannin dell’Aria, Miroku quello dell’Acqua. Non siamo fatti per stare insieme.- spiegò Kaze no Bannin, con voce venata di profonda tristezza- Nessuno ce lo permetterà mai. Già una volta, un’unione del genere portò a una terribile guerra. Amo troppo le Quattro Terre per metterle di nuovo a rischio.»
Kagome rimase sconvolta da quelle parole. Cosa c’era di così terribile nell’amarsi? Come era possibile che l’unione di due persone potesse fare tanto danno? Stava per chiedere ulteriori spiegazioni a Sango, quando una mano la afferrò per i capelli e strattonò con violenza. Gridò. Subito, i tre ragazzi aggirarono le rocce e balzarono sul bordo della fonte termale, con le armi pronte all’uso.
«Che è successo?!» chiese Inuyasha, sfoderando Tessaiga.
«State bene?» chiese Miroku, prima di rendersi conto dello spettacolo che stava loro di fronte. Due bellissime fanciulle nude li osservavano, attonite, dalla pozza d’acqua calda. Una scimmietta tirava con insistenza i capelli di Kagome. Un sorriso ebete da maniaco gli stirò le labbra, mentre Inuyasha tratteneva il fiato, poi nell’aria echeggiò un urlo a due: «VIA DA QUI, MALEDETTI MANIACI!»
Poco dopo, Inuyasha, Miroku e Shippo erano di nuovo seduti accanto al fuoco. Shippo, che aveva avuto la prontezza di spirito di coprirsi gli occhi con le mani e fuggire subito, era illeso. Inuyasha e Miroku, invece, erano pieni di bernoccoli e lividi, dovuti alle rocce che le due avevano tirato loro dietro senza pietà.
«Io non sono un maniaco!» borbottò Inuyasha, seccato per quell'incomprensione.
«Coraggio, abbiamo solo pagato il dono che il cielo ci ha offerto.» disse Miroku, serafico.
«Miroku, se non la smetti di dire queste cose le ragazze ti picchieranno ancora.» profetizzò Shippo, giocando con il fuoco. Più tardi, Sango e Kagome li raggiunsero. La cena si svolse in un clima piuttosto ostile.

***

La luna piena era quasi giunta al centro del cielo e rischiarava la notte con la sua luce argentea. Kagome giaceva insonne vicino al fuoco, rigirandosi tra le dita la Sfera degli Shikon. Poco distante, Inuyasha e Miroku stavano di guardia, chiacchierando sommessamente tra loro.
Kagome era turbata. I pochi accenni di Sango le avevano messo addosso una brutta sensazione riguardo alle Quattro Terre. Cos’era quella storia della proibizione d’amare? Perché tali sentimenti sembravano una maledizione per quel mondo così strano? Kagome era stata tentata di chiedere ulteriori spiegazioni a Sango, ma aveva capito che l’argomento le faceva male e non voleva turbarla. Chiederlo a Miroku, o ad Inuyasha? Erano entrambi coinvolti e, anche se forse Miroku le avrebbe risposto, lei non voleva farli soffrire. Shippo? Si era già tirato fuori dalla questione, demandandola agli altri…
Kagome si incupì, stringendo nel pugno la Sfera. Era fermamente convinta di non sapere ancora nulla del passato delle Quattro Terre. Sapeva che si era svolta una guerra tra gli Shikon, ma non per quali cause, o con quali risultati. Sapeva che successivamente erano state create le Mon, ma non a cosa servissero quei sigilli, né perché si fosse diffusa la voce di una maledizione legata ad esse. Era tutto molto strano…Forse, chiedendo del passato sarebbe riuscita a capire il presente! Immersa in questi pensieri, impiegò qualche istante prima di rendersi conto che tra le sue dita filtrava un’intensa luce rosa. Si alzò a sedere di scatto, aprendo la mano. Sul suo palmo, la Sfera degli Shikon brillava.
«I…Inuyasha! Miroku!» chiamò, piano, prima di rendersi conto che anche Sango e Shippo avevano gli occhi aperti e vigili. Miroku si voltò verso di lei. «La Sfera si è illuminata!- disse Kagome, correndo da loro e mostrandola- Che significa?»
«Che si sta avvicinando qualcosa.- le disse Miroku, nei cui occhi brillava una scintilla pericolosa- Un potente demone, oppure un potente spirito.»
«O uno Shikon.» aggiunse Shippo, alzandosi in piedi.
«Uno Shikon?!» ansimò Kagome. La sua mente andò subito a Naraku. Incrociò lo sguardo con Inuyasha e vide lo stesso pensiero negli occhi di lui. Inuyasha sguainò Tessaiga, pronto alla battaglia. Sentì Sango sospirare.
«Non vorrei contraddirvi,- disse, senza nemmeno alzarsi da terra- ma non avete notato che è luna piena?»
«E che significa?» chiese Inuyasha, aggressivo, poi la sua espressione cambiò e rinfoderò la spada con un gesto seccato. Miroku schioccò le dita.
«Ma certo! Luna piena!- disse, e sorrise- La Tsuki no Mon è aperta!»
«Cos…mi volete dire che sta succedendo?- chiese Kagome- Devo preoccuparmi o no?»
«Credo che stiamo per ricevere una visita, Kagome.- disse Shippo, andandole vicino- Ma non una brutta visita.»
Kagome continuò a non capire. Inuyasha si allontanò di qualche passo, apparentemente intento a borbottare tra sé con aria scontenta. D’improvviso, un raggio di luce scaturì dalla luna e andò a posarsi sull’erba di fronte a loro, semi accecando Kagome. Al suo interno, comparve lentamente una figura umana.
Kagome rimase senza parole nel vedere comparire dal nulla un bellissimo uomo dai capelli d’argento. Era alto e ben fatto, dalla pelle chiara segnata sulla fronte da uno spicchio di luna e da linee sulle guance. Indossava una complicata veste bianco argento, che rimandava ai riflessi dei lunghissimi capelli. I suoi occhi erano due gocce d’ambra, perfetti e gelidi. Le sue fattezze sarebbero state il sogno di ogni fanciulla, se non avesse avuto un viso senza espressione.
“Ma chi è quest’uomo?” si chiese Kagome, avvertendone l’immenso potere.
«Ben trovato, Sesshomaru!- disse Miroku, andando incontro alla figura comparsa dal nulla- E’ molto tempo che non ci onori di una tua visita!»
L’uomo chiamato Sesshomaru degnò Mizu no Bannin di un freddo cenno del capo, poi spazzò l’accampamento con lo sguardo.
«Inuyasha.- disse, con voce bella e profonda, ma fredda- Allora è vero…sei tornato alla vita.»
«Feh! Perché, ti dispiace?» sbottò Inuyasha, voltandosi finalmente verso il nuovo arrivato. Questo sorrise appena, ma il sorriso non cambiò di una virgola la sua espressione marmorea.
«Constato l’evidenza.- ribatté- Pare che molte cose siano cambiate, negli ultimi cinquant’anni.»
Kagome notò allora la somiglianza che intercorreva tra i due, e rammentò le cose che le aveva detto la vecchia Kaede.
“Kiiro no Me! Questo è Kiiro no Me!” pensò, scioccata. Lo Shikon a cui era dedicato il tempio del villaggio! Come se richiamato dal suo pensiero, lo sguardo di Kiiro no Me si posò su di lei.
«Chi è quella?» chiese, con tono che Kagome trovò molto sgarbato.
«Kagome Higurashi, la nuova Hikaruku no Miko.» disse Sango. Prima ancora che Kagome potesse dire una parola, si ritrovò sollevata da terra di una decina di centimetri, afferrata per la veste con una sola mano, con quel bellissimo viso senza espressione a poca distanza dal proprio.
«E cosa farai di quella Sfera, custode?» le chiese Sesshomaru, scuotendola leggermente. Kagome rimase zitta, spaventata dal vuoto negli occhi dello Shikon, poi qualcosa si frappose tra loro. Kagome si sentì sostenuta da un braccio forte e caldo.
«La vuoi finire di fare il prepotente?!- scattò Inuyasha, irato- Che razza di modi sono? Tieni giù le mani da lei!»
Kagome guardò Inuyasha, commossa. Lui l’aveva protetta! I due fratelli, perché tali erano, si fronteggiarono in silenzio per qualche istante, poi Sesshomaru guardò Miroku.
«Che state facendo, e perché siete in viaggio?- chiese, apparentemente non scalfito dall’ira di Inuyasha- Ho avvertito che qualcosa sta cambiando.»
«Stiamo andando alla Taiyoo no Mon.- spiegò Miroku- Kagome ci aiuterà ad aprirla.»
Finalmente, un lampo passò negli occhi dello Shikon, rendendo per un istante più umane le sue fattezze. Purtroppo, com’era apparso sparì. Guardò di nuovo Kagome e dalla gola di Inuyasha scaturì un basso ringhio d’allarme.
«In questo caso, chiedo scusa per i miei modi bruschi.» disse lo Shikon. Kagome non vide traccia di pentimento in lui, ma annuì per amor di pace. Quell'uomo era inquietante.
«Ora, me ne vado.» disse Sesshomaru, voltando loro le spalle.
«Di già?!- chiese Shippo, sorpreso- Sesshomaru, sei appena arrivato…»
«Ho saputo ciò che volevo sapere.» tagliò corto lui. Inuyasha lasciò andare Kagome e avanzò di qualche passo, mentre Sesshomaru si posizionava all’interno del raggio di luce lunare.
«Ehi, Sesshomaru! Perché diavolo non hai fatto niente contro Naraku?!» chiese, aggressivo.
«Avrei dovuto?- chiese Sesshomaru, e parve annoiato- Ha ucciso Kurasa e Konton. Mi ha fatto un favore.»
«Dannato idiota!- esclamò Inuyasha, rabbioso, e tutti sobbalzarono per quell'insulto allo Shikon- Quello mira anche a te e ad Hikaruku!»
«Ti preoccupi per tuo fratello, Inuyasha?- chiese Sesshomaru, sardonico- Non vorrai farmi commuovere!»
Inuyasha digrignò i denti e strinse i pugni. Kagome sentì di comprenderlo: l’atteggiamento di Sesshomaru era davvero irritante.
«Sai quanto me ne importa di te! Puoi anche farti sbranare, per quel che me ne frega!- gridò Inuyasha- Ma ora lui dà la caccia a noi! E mira ad Hikaruku!»
Di nuovo, qualcosa passò sul viso dello Shikon. A Kagome parve il fantasma di un’ira profonda…e forse gelosia.
«Lui non sfiorerà mai Hikaruku.» sentenziò, e la sua voce sembrò più fonda, sovrannaturale.
«Lo farà, se riesce a fregarci la Sfera!» continuò Inuyasha, rabbioso.
«Sarà tuo compito che ciò non accada.- disse Sesshomaru- Se Naraku prende la Sfera e apre la Taiyoo no Mon, ti uccido.»
La serenità di quell'affermazione lasciò Inuyasha senza parole.
«Tornerò.» aggiunse Sesshomaru, prima di smaterializzarsi nella luce e scomparire alla loro vista. Inuyasha scoppiò in una serie di imprecazioni e improperi, ma ormai era troppo tardi. Kagome, smarrita, guardò gli altri. Le sembrarono tutti piuttosto usi a quelle scene.
«Non preoccuparti, Kagome. Si comportano sempre così.- disse Shippo- Il fatto è che proprio non si sopportano.»
«Ma…ma…» balbettò Kagome.
«Sesshomaru ha un caratteraccio. Ti preghiamo di scusarlo.- disse Miroku, con un sorriso- Non aveva cattive intenzioni.»
Ripensando al modo in cui l’aveva guardata inizialmente, Kagome non ne era molto sicura. In ogni caso annuì, poi andò da Inuyasha, che stava ancora ansimando dopo aver tanto gridato, guardando con astio la luna alta in cielo.
«Inuyasha?» lo chiamò, piano.
«Eh?» le rispose lui, cupo, senza nemmeno voltarsi.
«Ti ringrazio, Inuyasha. Per avermi protetta.» mormorò Kagome, sorridendo. Inuyasha si voltò. La luce della luna nascose il rossore che gli salì alle guance nel vedere quel sorriso.
«Non mi piace il suo modo di fare, ecco tutto.» borbottò, schivo. Il sorriso di Kagome divenne, se possibile, ancora più luminoso.
«Sei stato gentile.» aggiunse. Inuyasha sentì il cuore perdere un battito. La bellezza e la dolcezza di Kagome gli arrivarono al cuore, forse per la prima volta.
«Proteggerti è…è il mio mestiere.» replicò, cercando di essere brusco, e si allontanò in fretta, turbato.
Kagome, avendo compreso il suo imbarazzo, non se la prese affatto. Tornò al suo giaciglio e dopo poco si addormentò.

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Capitolo 13
*** 12 - I demoni lupo di Jutsuhin ***


CAPITOLO 12

I DEMONI LUPO DI JUTSUHIN

Inuyasha si sciacquò le mani nella corrente del fiume, disgustato. Gli ultimi orchi di Naraku avevano un sangue dall’odore vomitevole, puzzavano di fegato e inchiostro; era quasi svenuto per quella puzza orrenda, quando li aveva fatti fuori con Tessaiga! Seccato, Tochi no Bannin scosse le mani per asciugarle, poi se le passò fra i capelli selvaggi. Alzò gli occhi al caldo sole primaverile, corrugando la fronte. Dietro di lui, più lontano, si sentivano le chiacchiere allegre degli altri.
Quanto tempo era passato da quando erano partiti dal villaggio? Quasi tre settimane, se non si sbagliava. In tutto quel tempo, erano stati attaccati quasi ogni giorno da scagnozzi di Naraku. Se quello era il massimo che il nuovo Shikon riusciva a fare, però, probabilmente non c’era da preoccuparsi. Nemici del genere non costituivano un problema insormontabile. Inuyasha si osservò gli artigli, cupo in volto. Non doveva sottovalutare il nemico. Kikyo era morta a causa di quel bastardo, perciò forse dovevano ringraziare il fatto che Naraku non avesse ancora la forza di uscire dal suo nuovo regno. Non poteva certo aggirarsi per le Quattro Terre con un corpo che ancora non rispondeva ai comandi! Dovevano solo sperare di riuscire a raggiungere la Taiyoo no Mon prima che lui venisse a patti con i suoi poteri da Shikon.
Inuyasha strinse i pugni, facendo una smorfia. Purtroppo, nel caso Naraku fosse divenuto così forte da decidere di attaccarli, le cose sarebbero precipitate. Ai Bannin era proibito alzare la mano su uno qualsiasi degli Shikon. Kagome si sarebbe trovata praticamente inerme, alla mercé di quel dannato stregone. Lui avrebbe forse potuto fare qualcosa, vista la diversità che lo caratterizzava, ma da solo non sarebbe mai riuscito a sconfiggere uno Shikon…
Scosse la testa, sorridendo tra sé. Alla fine, aveva preso a cuore quella ragazza. Dopo aver urlato ai quattro venti che se ne sarebbe fregato di qualsiasi Hikaruku no Miko, ora pensava intensamente a come difendere Kagome. Si stava scoprendo piuttosto contraddittorio. Hikaruku, però, ne sarebbe stata contenta. Povera Hikaruku, più di mille anni di solitudine e prigionia…Il pensiero gli fece venire in mente la faccia assente e gelida del fratello, e l’espressione compassionevole si mutò in ira. Quel cretino di Sesshomaru stava diventando sempre più stupido col passare del tempo! Cosa credeva di fare, scrollando Kagome a quel modo?! Magari intendeva portarla a forza alla Taiyoo no Mon, fosse proibito o meno?
«In questi ultimi cinquant’anni sono impazziti proprio tutti.» sussurrò, scuotendo la testa.
«Inuyasha!»
Inuyasha si voltò e vide Kagome correre verso di lui, sorridente e serena come sempre. La divisa delle Hikaruku no Miko le stava molto bene, notò il Bannin. I suoi capelli d’ebano luccicavano al sole.
«Eccoti, non ti trovavo più.- disse lei, sedendosi sull’erba accanto a lui- Come mai sei venuto qui?»
«Avevo quello schifo di sangue sulle mani.» rispose Inuyasha, con una smorfia, facendo un gesto vago. Kagome annuì.
«Non è passato giorno, dal nostro incontro con Yura, in cui non siamo stati attaccati.» osservò, pensierosa.
«Cosa c’è, inizi ad essere stanca?- chiese Inuyasha, un po’ sarcastico- Hai paura?»
«No, non ho paura.- rispose Kagome, prendendo sul serio la domanda- Ti sembrerà strano, ma con voi mi sento davvero protetta.» Gli sorrise in quel suo modo speciale, che faceva sentire Inuyasha leggero. «Soprattutto con te, Inuyasha.» aggiunse.
Inuyasha scoprì di non sapere cosa rispondere. Si limitò ad un: «Feh!», incrociando le braccia sul petto.
«E’ vero, Inuyasha. So che lo fai perché l’hai giurato, ma io lo apprezzo davvero.- continuò Kagome, con voce dolce- Anche l’altra notte, con Kiiro no Me…mi ero spaventata, ma tu mi hai subito aiutata.»
«Non ti devi far spaventare da quell'idiota di Sesshomaru.- disse Inuyasha, deciso- Non ti farebbe del male…non a te, perlomeno, visto che lavori per Hikaruku. E’ che quel dannato non ha più sentimenti.»
«E’ molto freddo.» mormorò Kagome.
«Era già un pessimo elemento, poi è peggiorato ancora.» sbuffò Inuyasha, scrollando le spalle.
«Ma è vero che siete fratelli?» chiese Kagome. Inuyasha sollevò un sopracciglio.
«Perché mi fai questa domanda?» chiese.
«E’ che…siete molto diversi.- rispose Kagome, arrossendo un po’- Tu sei una persona piena di sentimenti, Inuyasha, sia positivi che negativi. Kiiro no Me mi è sembrato…non so…vuoto.»
Inuyasha la guardò, sbalordito per il complimento inaspettato. I suoi occhi registrarono le sue gote lievemente rosate, gli occhi luminosi, la bella bocca un po’ dischiusa. Un brivido piacevole lo colse di sorpresa. Non era mai stato così conscio della vicinanza di Kagome e della sua personale bellezza. Forse Kikyo sarebbe stata così, se non fosse cresciuta con tante responsabilità…ma aveva iniziato a vedere Kagome solo come Kagome. E stava scoprendo che gli piaceva un po’ troppo averla vicino, vederla sorridere e sentire il suo nome sulla bocca di lei. Guardò altrove, turbato da quei pensieri.
«Sì, siamo fratelli.- rispose, nemmeno conscio di farlo- Perlomeno, per qualche errore della Creazione siamo nati nello stesso momento, anche se io sono nato a Midoritsuchi e lui dalla Luna. Per qualche motivo, questo ha influenzato i nostri poteri, facendoci assorbire un po’ delle capacità dell’altro. Ci considerano fratelli per questo, ma secondo me non ci assomigliamo per niente.»
«Ma perché è così gelido?- chiese Kagome- Ho visto un lampo di vita nei suoi occhi solo quando hai nominato Hikaruku…»
«Beh, per forza.- disse Inuyasha, scrollando le spalle- E’ proprio da quel fatto che Sesshomaru è peggiorato. Da una parte lo capisco, dall’altra mi fa venire voglia di spaccargli la testa contro un sasso.»
«Quel fatto?- chiese Kagome, perplessa- Quale fatto?»
Inuyasha si accorse di aver parlato troppo. Non aveva nessuna voglia di raccontare quell'episodio. Inoltre, il cuore gli batteva un po’ troppo forte. Voleva chiudere quella parentesi con Kagome e tornare dagli altri, prima di…prima di cosa?
«Una storia troppo lunga. Magari te la racconterà Miroku, un’altra volta.- tagliò corto, alzandosi in piedi- Torniamo dagli altri e rimettiamoci in cammino. C’è ancora tanta strada da fare per arrivare a Toraika.»
Delusa, Kagome si alzò e seguì Inuyasha. Sembrava che nessuno dei Bannin volesse rinvangare il passato. Cos’era successo tra Kiiro no Me e Hikaruku? Che fossero…innamorati?! Il pensiero la colpì, fulmineo, e Kagome si portò una mano alla bocca. Ma certo, doveva essere così! I due Shikon dovevano essere innamorati! Ma…questo significava che dalla creazione delle Mon, i due non si erano visti mai più. Perché? E che ruolo aveva questo nella guerra scoppiata tra gli Shikon? Kagome si sentì d’improvviso triste per quello Shikon che qualche notte prima le aveva fatto tanto spavento. Non era così impossibile che avesse perso tutti i sentimenti, dopo essere stato separato dalla donna che amava.
Kagome alzò la testa con decisione.
«Aprirò la Taiyoo no Mon, costi quel che costi!» esclamò, decisa. Inuyasha la guardò come se fosse impazzita.
«E questa frase da dove viene fuori?» chiese il Bannin. Kagome fece per rispondere, quando Inuyasha la zittì con un gesto brusco, alzando il viso come se stesse annusando l’aria.
«Cosa c’è?» chiese Kagome, abbassando inconsciamente la voce.
«Sento odore di fumo…e di paura.» rispose piano Inuyasha, scoprendo le zanne in una smorfia. Si voltò di scatto verso di lei. «Kagome, sali sulla mia schiena! Hanno attaccato un villaggio.»
«Salgo sulla tua…?» iniziò a chiedere Kagome, sbalordita. Inuyasha non la lasciò finire. La afferrò e se la caricò sulla schiena, partendo poi di corsa verso gli altri. A Kagome scappò un grido, mentre si aggrappava alle sue spalle per non cadere.
«Ragazzi, è in corso un attacco!- gridò Inuyasha agli altri, senza fermarsi- Venitemi dietro!»
Sango, Miroku e Shippo non persero tempo in chiacchiere. Lo seguirono, mantenendo senza difficoltà quella velocità pazzesca. Kagome iniziò a rilassarsi. La presa di Inuyasha era salda e la sua schiena le infondeva sicurezza. Si aggrappò meglio, evitando di scaricare tutto il peso sulle braccia del Bannin.
«Naraku?» chiese Miroku, correndo in un frenetico tintinnio del tridente.
«Non ne ho la minima idea.- rispose Inuyasha, in un ringhio- Stavolta sono in ballo anche degli esseri umani.» Si voltò verso Shippo, alla sua sinistra. «Shippo! Possibile che tu non abbia avvertito niente di strano?- chiese- Siamo nel tuo territorio!»
«Sai anche tu che quando giuro per l’Hikaruku no Miko perdo la concentrazione sulla Terra di Honoo.- replicò Shippo, offeso- E’ inutile che mi sgridi, sai?»
«Sbrigatevi, invece di chiacchierare.- disse Sango, che volava accanto a Shippo- Inizio a vedere del fumo.»
Più avanti, oltre un declivio che celava alla vista la valle sottostante, si innalzava un pinnacolo di fumo nerastro. L’odore di bruciato colpì finalmente le narici di Kagome. Si trovò ad ammirare il fiuto di Inuyasha, che l’aveva avvertito a una distanza così grande.
“Ma allora è davvero un cane?” si chiese, divertita suo malgrado, osservando le orecchie morbide che gli spuntavano dal capo.
«Tieniti!» le ordinò in quell'istante Inuyasha. Lei gli passò le braccia attorno al collo, mentre i Bannin raggiungevano la cima del declivio. Inuyasha spiccò un balzo e gli altri con lui, scendendo a velocità pazzesca verso un villaggio circondato da un’alta palizzata.
Kagome riuscì a vedere le facce attonite degli arcieri che li puntavano. I Bannin saltarono la palizzata e toccarono terra all’interno del villaggio prima ancora che quelli avessero avuto il tempo di pensare ad attaccarli. Subito, i cinque ragazzi vennero circondati da uomini in armatura che tenevano frecce incoccate. Tremavano tutti dalla testa ai piedi.
Inuyasha lasciò scivolare a terra Kagome. I Bannin si guardarono attorno con indifferenza. Dalla parte opposta dell’agglomerato continuavano a provenire fumo e rumore di lotta.
«C’è un capo del villaggio, qui?- chiese Inuyasha, sprezzante- Che sta succedendo?»
Uno dei soldati indicò Shippo, che si guardava attorno cercando di comprendere la causa di quel tumulto.
«E’ Hi no Bannin!» esclamò, gettandosi subito in ginocchio. Il nome passò di bocca in bocca come una benedizione. Tutti i presenti si prostrarono a terra, ancora più profondamente quando compresero l’identità degli altri viaggiatori. Perfino donne e bambini comparvero e si assieparono loro attorno, disubbidendo evidentemente all’ordine di non lasciare le loro case, perché l’uomo che giunse con passo marziale da oltre la cortina di fumo le rimproverò aspramente prima di rivolgersi a loro.
«Onorati Bannin, sono a capo di questo villaggio.- disse l’uomo, che sfoggiava lunghi baffi striati di grigio- Mi è di conforto che voi siate giunti a…»
«Che sta succedendo?» tagliò corto Inuyasha, a cui quei salamelecchi stavano sullo stomaco.
«Siamo stati attaccati da sconosciuti demoni lupo.- spiegò l’uomo, inchinandosi- Non sappiamo più come contenerne la furia.»
«Demoni lupo?» mormorò Inuyasha. Guardò gli altri, che scrollarono le spalle. Ogni Terra aveva la sua tribù di okami youkai, impossibile sapere se qualcuna di loro si era alleata con Naraku.
«Direi che potremmo cominciare col chiedere loro cosa vogliono, non credi?» disse Miroku, battendogli una mano sulla spalla per fermare le sue elucubrazioni. Inuyasha annuì e il piccolo gruppo si incamminò verso il fronte della battaglia in corso. Il capo del villaggio notò finalmente il corpetto d’oro indossato da Kagome. La afferrò per un braccio.
«Voi…voi siete…la nuova Hikaruku no Miko?» balbettò, emozionato.
«Ah…sì…» mormorò Kagome, imbarazzata dall’intensità degli sguardi di chi la circondava. Inuyasha strappò il suo braccio dalla presa del capo villaggio.
«Giù le mani, uomo.» ringhiò, prima di tirarsela dietro con malagrazia. Kagome lo seguì senza fiatare, chiedendosi perché Inuyasha avesse trattato così male quel pover’uomo. Le aveva solo fatto una domanda, in fondo! Raggiunsero la palizzata e si arrampicarono sulle postazioni degli arcieri, che fecero loro spazio in fretta. Sotto di loro, ben poco scalfiti dal fuoco e dalle armi degli umani, stavano una trentina di demoni lupo in forma umana.
«Sono Hi no Bannin!- gridò Shippo con voce squillante, portandosi entrambe le mani ai lati della bocca- Chi siete voi?»
Si levò un coro di risposte, da cui emerse il nome Jutsuhin.
«Demoni lupo di Jutsuhin?- mormorò Miroku- E’ roba tua, Inuyasha. Questa è gente di Midoritsuchi.»
Inuyasha fece una smorfia, mentre Shippo tentava un’altra domanda.
«Che volete?» gridò. Stavolta il caos delle risposte fu eccessivo e nessuno capì nulla. Shippo sospirò e scosse il capo, guardando Inuyasha. «Ho paura che te ne dovrai occupare tu, sai?» disse, stringendosi nelle spalle. Inuyasha fece una smorfia, poi sguainò la spada e balzò oltre la cinta di pali, atterrando davanti agli okami youkai. Kagome, dall’alto, osservò la scena con apprensione.
«Ehi! Sono Inuyasha, Tochi no Bannin di Midoritsuchi. Chi è il vostro capo?» chiese Inuyasha, aggressivo, la Tessaiga appoggiata a una spalla. Gli okami youkai sembrarono scossi dalla sua comparsa, poi uno di loro venne avanti. A Inuyasha non piacque l’aria strafottente sul volto del demone. Sorrisetto sfrontato, occhi senza timore sotto una frangia di capelli neri, legati in una folta coda. Portava un corto abito di pelli, com’era costume della sua gente. Sembrava molto giovane per essere il capo di quel gruppo.
«Io sono Koga, capo della tribù di Jutsuhin.- disse lui, incrociando le braccia sul petto- E sono qui per riavere il nostro tesoro.»
«Che tesoro?» chiese Inuyasha, cupo. Allora quei demoni non erano sgherri di Naraku?
«L’Occhio di Lupo che ci permette di controllare i nostri territori.- disse lo youkai, sprezzante- Qualcuno ce l’ha rubato e, non si sa come, è passato di mano in mano fino ad arrivare a questo insulso villaggio di umani. Villaggio che raderemo al suolo, se non ci riconsegneranno immediatamente il nostro tesoro!»
Inuyasha si girò a metà verso il villaggio.
«Ehi! E’ la verità?- chiese, seccato- Avete davvero quest’oggetto rubato?»
«Abbiamo una reliquia santa.- replicò il capovillaggio, ad alta voce- Non può essere un oggetto dei demoni.»
«Non ha forse una luce blu nel mezzo, ningen?» chiese Koga, con disprezzo. Quello parve senza parole. «Lo dicevo, è roba nostra.- asserì di nuovo, stavolta guardando Inuyasha- E ora che lo sai togliti di mezzo, cucciolotto.»
Dietro di lui, gli altri okami youkai trattennero il fiato per quell'impudenza.
«Cos…?! Stai attento a come parli, lupastro!- disse Inuyasha, fra i denti- Ricorda con chi hai a che fare.»
Koga fece un gesto vago con la mano, come a voler scacciare una mosca.
«Sai che paura posso avere di un cane divino che lascia la sua terra per fare il servo di una donna…»
«Ripetilo e sei morto, bastardo!» esclamò Inuyasha, fuori di sé, alzando la spada. Koga si mise in posizione d’attacco, accentuando il sorriso.
«Dai, vediamo il tuo potere!- disse- Magari ti batto e prendo il tuo posto!»
La situazione stava rapidamente degenerando e Kagome se ne era resa conto già da un po’. Guardò il capo del villaggio.
«Avete intenzione di dare quell'oggetto agli okami youkai o no?» chiese, seccata.
«E’ una sacra reliquia.» ribatté l’uomo, cocciuto. Kagome imprecò tra i denti, poi guardò Sango.
«Sango, portami da Inuyasha.» disse, decisa.
«Ma…» cercò di replicare Sango.
«Ti prego, fallo subito!- insistette Kagome- Tra un minuto quei due verranno alle mani!»
Sango guardò Miroku, poco propensa a far correre dei rischi a Kagome, ma Mizu no Bannin annuì. Trattenendo un sospiro, Sango creò una corrente d’aria che sollevò Kagome e la trasportò dolcemente fino a terra, oltre la palizzata. La ragazza corse subito da Inuyasha e si appese al suo braccio, evitando che menasse il primo fendente.
«Kagome! Che diavolo fai?!» esclamò Inuyasha. Ma che ci faceva lei, laggiù?!
«E quella donna chi è?- chiese Koga, interessato- L’Hikaruku no Miko?»
Kagome lo guardò dritto in faccia, lasciando andare Inuyasha.
«Tu sei Koga, giusto?- chiese, decisa- Ti sembra che un capo possa comportarsi in modo tanto irresponsabile?»
Koga sollevò appena un sopracciglio a quel rimprovero. Che caratterino, la ragazza!
«Sono sicura che c’è un modo per risolvere la cosa pacificamente.- continuò Kagome- Sono certa che, parlandone, troveremo una soluzione.»
«Ma che dici, Kagome?!» ringhiò Inuyasha. Ormai aveva solo voglia di farlo a fette, quel lupastro da strapazzo! Koga, invece, parve riflettere. Il suo sorriso si accentuò.
«E sia, parliamone. Voglio proprio vedere come mi convincerai.» disse, e rise. La sua risata suonò sincera. Guardò con sfida Inuyasha. «Qui, però, ci sono troppi ficcanaso.»
Prima che Inuyasha potesse capire le intenzioni di Koga, l’okami youkai afferrò Kagome per un polso, strappandole un grido, e l’attirò a sé, tenendola per la vita e spiccando un balzo.
«Andiamo a parlare in un posto più intimo!» esclamò il demone, allontanandosi a tutta velocità. Inuyasha li vide sparire insieme, a bocca aperta.
«Ka…Kagome!» gridò, quando ritrovò la parola. Si voltò verso gli altri, rabbioso. «Ma perché l’avete lasciata venire qui?!- gridò agli amici, poi fulminò i demoni con un’occhiata- Pregate che quell'idiota del vostro capo non faccia del male a Kagome, o giuro che vi elimino dalla faccia della terra!»
La minaccia ebbe l’effetto di ridurre a gelatina le gambe degli okami youkai. Esibendo un’espressione di furia terribile, Inuyasha si mise a correre per raggiungere Koga e Kagome.

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Capitolo 14
*** 13 - Strani sentimenti ***


CAPITOLO 13

STRANI SENTIMENTI

Kagome smise di gridare nelle orecchie dell’okami youkai quasi subito. Non avvertiva alcun senso di pericolo, né sembrava che il demone avesse intenzioni aggressive. Tuttavia, non era affatto contenta che quel demone dai lunghi capelli neri e l’aria strafottente la stesse portando chissà dove come un pacco postale.
«Vuoi mettermi giù?» gli disse, seccata.
«Ancora un istante, donzella.» disse lui. Si avvicinarono a un impervio costone e l’okami youkai di nome Koga saltò agilmente da una roccia all’altra, finché trovò un piccolo spiazzo coperto da una rupe a becco e si fermò. La posò a terra con gentilezza, osservando con un sorrisetto la sua aria contrariata.
«Ecco, qui potremo parlare senza che quel botolo ringhioso ci rompa le scatole agitando la sua spada.- disse, soddisfatto, poi avvicinò il viso a quello di lei- Come hai detto che ti chiami?»
«Kagome.- rispose la ragazza, allontanandosi per quanto possibile- E non chiamare Inuyasha a quel modo!»
«E perché non dovrei?» sbuffò Koga, incrociando le braccia sul petto.
«Pe…perché…» balbettò Kagome, rendendosi conto di essersi inalberata in modo eccessivo. «Perché è Tochi no Bannin e gli devi rispetto.» sbottò infine, non sapendo che altro dire. Koga scoppiò a ridere. Evidentemente non aveva una grande considerazione per l’autorità altrui.
«Capisco, vuoi difendere la tua guardia del corpo.» sogghignò. Kagome arrossì vistosamente, seccata dal tono allusivo, e il sorriso del demone divenne più ampio. «Sei carina anche quando arrossisci!» le disse, deliziato. Kagome rimase basita, non sapendo più cosa pensare. Quel ragazzo era davvero sfacciato!
«Di questo, comunque, parleremo dopo.- disse lo youkai, ambiguo, sedendosi per terra e facendole cenno di fare altrettanto- Spiegami cos’hai in mente riguardo l’Occhio di Lupo.»
«Oh…è molto semplice.- disse in fretta Kagome, sedendosi a sua volta- Gli abitanti del villaggio trattengono quell'oggetto perché lo considerano una reliquia, vale a dire che pensano protegga il loro villaggio.»
Koga commentò con una parola volgare e Kagome storse il naso per l’interruzione.
«Credo che se promettiamo loro una completa benedizione da parte dei quattro Bannin, in cambio rinunceranno all’Occhio di Lupo, con la promessa che non verrete mai più ad attaccarli.»
«Non ci saremmo occupati di quel villaggio pulcioso, se non ci avessero fregato l’Occhio di Lupo.- commentò Koga, riflettendo- Comunque mi pare una soluzione accettabile. Anzi, quegli stupidi umani saranno più protetti di adesso, visto che l’Occhio di Lupo non ha alcun potere al di fuori del nostro territorio.»
«Allora possiamo concludere l’accordo?» chiese Kagome, con un sospiro di sollievo. Alla fine dei conti, sembrava che anche lei si fosse rivelata di qualche utilità, durante quel viaggio. Koga annuì, allungando la mano per sigillare il patto. Kagome la strinse a sua volta. Il problema si presentò quando lui non la lasciò andare.
«Ehi, lasciami la mano.» disse Kagome, imponendosi di restare calma. Koga, invece, strinse la mano di lei tra le sue, guardandola fisso in un modo che mise Kagome ancora più a disagio.
«Intelligente e potente, come tutte le Hikaruku no Miko.- rifletté Koga ad alta voce, scrutandola- Inoltre, estremamente bella.»
Kagome sentì di essere arrossita. Certo non si aspettava di ricevere complimenti! Koga le lasciò la mano e si batté uno schiaffo sulla coscia.
«Ho deciso. Sarai la mia donna.» disse, convinto. Kagome rimase a bocca aperta.
«Cosa?!» balbettò, senza fiato.
«Ma certo! Se la nuova Hikaruku no Miko sarà la mia sposa, la mia tribù sarà protetta da qualsiasi disgrazia.- asserì lo youkai, ridendo con soddisfazione- Inoltre, sei intelligente e bella. Ti amo già!»
Kagome si portò una mano alla fronte, stordita dall’atteggiamento del demone. La sua sposa?! Sperò che stesse scherzando. In quel momento, una voce aggressiva echeggiò in lontananza.
«E’ Inuyasha!» esclamò Kagome, sollevata, alzandosi in piedi. Inuyasha era venuto a salvarla! Vide la sagoma rossa e argento saltare sulle rocce per raggiungerli. Koga sbuffò, ma si alzò in piedi a sua volta.
Inuyasha saltò sulla piattaforma, il viso cupo di rabbia e la spada sguainata.
«Kagome, stai bene?» furono le sue prime parole. Kagome annuì, sentendosi riscaldare il cuore dall’evidente preoccupazione di Inuyasha per lei. Inuyasha si voltò verso Koga, le zanne scoperte in una smorfia d’ira.
«Dannato lupastro, come hai osato rapire Kagome?- ringhiò- Te la farò pagare!»
«Stai zitto, cagnaccio!- replicò Koga, annoiato- Mentre tu ci correvi appresso, io e Kagome ci siamo messi d’accordo riguardo il possesso dell’Occhio di Lupo.»
Inuyasha lanciò un’occhiata a Kagome per avere conferma.
«E’ vero, Inuyasha. E’ tutto sistemato.» ammise lei. Desiderava calmarlo, perché negli occhi gli brillava una sorta di furia omicida. Koga sarebbe finito male, se non la smetteva di provocarlo.
«In ogni caso, tu non dovevi permetterti di mettere le mani addosso a Kagome.- continuò Inuyasha, come se quello fosse il fatto più importante- Chiedi immediatamente scusa!»
«E perché dovrei?- rise Koga, acchiappando Kagome per la vita e stringendosela a fianco- Io amo Kagome e farò di lei la mia sposa! Perciò, posso tenerla tra le braccia quanto mi pare.»
«Koga!» protestò Kagome, indignata, cercando di liberarsi. Inuyasha sembrò impallidire, poi la sua furia crebbe tanto da togliere il fiato a Kagome. In un angolo della mente, si chiese se Inuyasha fosse in qualche modo geloso. Non seppe spiegare perché il pensiero le facesse piacere.
Inuyasha, dal canto suo, non ci vedeva più dalla rabbia. Come osava quel dannato demone rapire Kagome, trattarla con tanta confidenza…dire che la amava?! Ma se la conosceva da un’ora! Lui non si era mai preso certe confidenze con lei e viaggiavano insieme da settimane! Non aveva mai desiderato così tanto uccidere qualcuno, Naraku a parte.
«Come osi dire una cosa del genere?! Non toccarla con le tue mani luride!- esclamò, preparandosi ad attaccare- Ti uccido, bastardo!»
Kagome, in preda al panico nel vedere che Koga accettava con gioia la sfida, decise di agire. Di quel passo, Koga sarebbe stato ammazzato e gli okami youkai avrebbero attaccato il villaggio, con tanti saluti al suo piano per risolvere le cose pacificamente.
«Inuyasha, osuwari!» esclamò, decisa. Inuyasha piombò a terra a faccia in giù, sorpreso. Kagome si svincolò dall’abbraccio di Koga e si inginocchiò accanto a lui. «Inuyasha, non ti arrabbiare.- gli sussurrò, mentre lui si sollevava sui gomiti a fatica- Abbi pazienza ancora un po’ e tutto si aggiusterà.»
«Che vuoi dire? Ti sei fatta abbagliare dalle sue parole?» ringhiò Inuyasha, rifiutando di calmarsi. Anzi, l’apparente tranquillità di Kagome lo indisponeva ancora di più.
«Ma che dici?!» sbottò Kagome, prima che Koga la sollevasse di peso da terra, strappandole un gridolino.
«Noi andiamo a sbrigare i nostri affari.- disse Koga, sprezzante- Magari ci si vede un’altra volta, cucciolo di cane!»
Ciò detto, corse via con Kagome sottobraccio. Inuyasha impiegò ancora un paio di minuti per liberarsi dagli effetti dell’incantesimo di Kagome. Si mise a sedere, furioso, e sferrò alla roccia un pugno tale da riempirla di crepe. Chi si credeva di essere, quel Koga? E perché Kagome si era assoggettata a quel modo alle sue moine? E perché diavolo gli dava tanto fastidio vedere quei due così vicini?!
«Maledizione a loro!» gridò, balzando in piedi e correndo a sua volta verso il villaggio. Forse non era ancora troppo tardi per fare a fettine quel maledetto lupo da strapazzo. Poi avrebbe fatto una chiacchierata chiarificatrice  con Kagome. Una chiacchierata breve, ma intensa.

***

Quando giunse al villaggio che gli stava procurando tanti guai, la disputa sembrava risolta. Gli okami youkai attendevano pazientemente fuori dalla palizzata, chiacchierando tra loro. Il loro capo non si vedeva da nessuna parte. Inuyasha entrò nel villaggio con passo marziale, il volto marmoreo. Shippo lo avvicinò.
«Inuyasha, è tutto risolto.- disse, gioioso- Kagome ha avuto una grande idea. Certo, dovremo perdere un po’ di tempo per benedire il territorio, ma in questo modo è riuscita ad evitare lo scontro! Ora sono andati a prendere l’Occhio di Lupo, e…Inuyasha, ma mi ascolti?»
Shippo venne lasciato indietro da Inuyasha, che in quel momento non aveva abbastanza spazio nella mente per quelle informazioni. Cercava solo Koga e Kagome. Miroku, che aveva assistito alla scena, lo intercettò.
«Che c’è, Inuyasha?- gli chiese, facendo tintinnare il tridente- Sembra quasi che tu voglia uccidere qualcuno.»
«Infatti è così.- ammise Inuyasha, senza timore, una mano sull’elsa di Tessaiga- Dov’è quel lupastro?!»
Miroku lo afferrò per un braccio, trattenendolo.
«Inuyasha, qui la situazione è risolta. Non agire avventatamente solo per un’antipatia.» gli sussurrò, cercando di essere ad un tempo calmo e convincente. Inuyasha gli si rivoltò contro con un ringhio.
«Quel maledetto tratta Kagome come fosse una sua proprietà! Non la finisce di metterle le mani addosso!- sbraitò- Dovrei starmene tranquillo a guardare?!»
«E’ solo questo il problema? Ti dà fastidio la sua confidenza con Kagome?» chiese Miroku, d’un tratto malizioso. Inuyasha rimase senza parole.
«Ma dai! Kagome non può essere attratta da un tipo del genere.- disse Shippo, raggiungendoli, arrivando subito al punto- Lei è innamorata di quel ragazzo…Inuki, no?»
«Shippo, non credo che questa affermazione serva la nostra causa.» disse Miroku, scuotendo la testa con aria sconsolata. Difatti, Inuyasha aveva, se possibile, assunto un’aria ancora più cupa. Shippo guardò Miroku, sorpreso. Che Inuyasha fosse geloso? In quel momento, vennero verso di loro Kagome, Koga, Sango e il capo del villaggio. Koga aveva tra le mani una grossa gemma grigio fumo che brillava all’interno di una luce blu.
«Inuyasha, sei arrivato!» disse Kagome, facendo qualche passo verso di lui. Vedendo la luce rabbiosa nei suoi occhi, si frenò. Aveva ancora voglia di litigare?
«Bene, ognuno di noi ha ottenuto quello che voleva, ningen.- disse Koga, parlando al capo del villaggio- Per quanto riguarda te, Kagome…» Le fagocitò le mani nelle proprie, lanciando momentaneamente l’Occhio di Lupo ad un’attonita Sango. «Tornerò presto a prenderti. Aspettami qui, mia amata.» disse con passione. Kagome sorrise, incerta, non sapendo come scaricare con gentilezza l’okami youkai. Ci pensò Inuyasha, che spinse via Koga con violenza e si parò davanti a Kagome, ringhiando.
«Adesso basta dire fesserie, lupastro!» esclamò.
«Uff…ho capito tutto, vuoi Kagome per te.» disse lui, seccato, recuperando l’Occhio dalle mani di Sango. Inuyasha sentì il sangue affluire con violenza al viso.
«Cos…» balbettò.
«Ma sappi che non te la lascerò così facilmente, non importa se sei un Bannin.- continuò Koga, imperterrito, puntandogli un indice accusatorio addosso- Io amo Kagome molto più di te e lei sarà mia!»
Sotto lo sguardo attonito dei presenti, Koga spiccò un balzo e si allontanò, salutando Kagome un’ultima volta. Da lontano, si sentì l’urlo di giubilo della tribù di Jutsuhin per l’oggetto recuperato, poi i demoni lasciarono definitivamente il villaggio. Il silenzio permase per parecchi istanti.
«Inuyasha…» mormorò infine Kagome, a disagio. Inuyasha si voltò di scatto verso di lei, il volto rabbioso e i pugni stretti. I Bannin si scambiarono un’occhiata consapevole. Inuyasha stava per combinarne una delle sue.
«Perché non mi hai permesso di farlo fuori?!» esordì Inuyasha, gridando in faccia alla ragazza, che spalancò gli occhi per la sorpresa.
«Co…cosa?!» ansimò, colta di sorpresa.
«Dovevi rifiutarlo con forza!- la scaraventò lui, arrabbiato e desideroso di sfogarsi- Si è mai vista una Hikaruku no Miko che amoreggia con un demone?!»
«Ehi! Io non ho amoreggiato con nessuno!» si difese Kagome, iniziando ad arrabbiarsi a sua volta.
«Non mi è sembrato di sentirti protestare quando ha strombazzato ai quattro venti che ti voleva portare con sé.- replicò lui, acido- E tutti quegli assurdi complimenti…»
«Almeno lui me li fa, i complimenti!» gridò Kagome, indignata per le sue insinuazioni. A Miroku venne spontaneo applaudire alla sua uscita, ma smise subito quando entrambi lo guardarono male.
«Insomma, vuoi venirmi a dire che ti piace quel lupastro?!» sbottò Inuyasha.
«Non ho mai detto una cosa del genere!» strillò Kagome. Ci fu un attimo di stasi, in cui i due contendenti si scrutarono con astio, sotto lo sguardo di parecchi spettatori silenziosi.
«Feh! Bada, le Hikaruku no Miko non si possono innamorare di un demone.- pontificò Inuyasha, con tono insopportabile- E’ proibito…»
Inuyasha si zittì quando vide Kagome letteralmente fiammeggiare d’ira. Gli venne persino l’istinto di arretrare…Kagome arrabbiata faceva davvero paura!
«Io mi innamoro quando mi pare e di chi mi pare! Non darmi ordini!- gridò Kagome, furiosa- Non osare dirmi quello che devo fare!»
«Cosa?!- urlò Inuyasha- Allora avevo ragione, ti piace davvero quel tipo?!»
«No! Non hai capito niente, Inuyasha!- esclamò Kagome, pestando un piede per terra, gli occhi pieni di lacrime di frustrazione- Sei un cretino! Ti odio!»
Detto ciò, corse via, allontanandosi verso il fondo del villaggio. Inuyasha, ferito per le parole della ragazza e tremendamente imbarazzato dagli sguardi altrui, le gridò dietro: «Scema! Te lo meriti, un idiota come Koga! Arrangiati!» Poi si allontanò di corsa dalla parte opposta. Sul villaggio scese il silenzio.
«C’è…qualcosa che possiamo fare?» chiese il capo villaggio, imbarazzato. Miroku, Sango e Shippo si scambiarono un’occhiata, poi scossero la testa.
«Lasciamo che sbolliscano la rabbia.- consigliò Sango- Voi tornate alle vostre occupazioni. Noi ci dedicheremo alle benedizioni.»
Questo tranquillizzò gli abitanti, che li lasciarono soli. Sango guardò Miroku.
«Inuyasha si rende conto del fatto che ha appena dato luogo a una scenata di gelosia con tutti i crismi?» chiese.
«Non credo proprio.- ridacchiò Miroku, facendo un gesto vago con la mano- Quando ci rifletterà un po’ su, morirà di vergogna. Probabilmente si arrabbierà ancora di più.»
«Quando Inuyasha è di questo umore è insopportabile.- borbottò Shippo- Povera Kagome.»
«Kagome-sama se la saprà cavare.- disse Miroku, con un sorrisetto- Sapete? Io credo che quei due siano davvero fatti l’uno per l’altra!»
Sango e Shippo non poterono fare a meno di convenire con lui.

***

Più tardi, a sera inoltrata, Inuyasha era fuori dall’ingresso del villaggio, con il palmo di una mano appoggiato al terreno e gli occhi chiusi nella concentrazione. Dopo un po’, fece una smorfia e aprì gli occhi, borbottando un’imprecazione tra i denti. Inutile: era troppo agitato per avere la concentrazione necessaria per quella benedizione. Gli abitanti del villaggio avrebbero dovuto accontentarsi di quella degli altri Bannin. Andò a sedersi su un ceppo d’albero, sbuffando. Puntò i gomiti sulle cosce, poi appoggiò il mento alle mani, il volto atteggiato a un broncio offeso.
Kagome non gli aveva più parlato da quel pomeriggio. Anzi, l’aveva evitato del tutto. Faceva l’offesa, come se fosse colpa sua se Koga si era preso tante libertà con lei! Era stata Kagome a dargli campo libero! Come poteva, ora, atteggiarsi a parte lesa? Quel cretino di Miroku gli aveva suggerito di chiederle scusa. Anche gli altri l’avevano guardato con aria di rimprovero e compatimento.
Bah, ma che ne capivano loro?! Quello che aveva fatto non c’entrava nulla con la gelosia! Stava solo difendendo il buon nome delle Hikaruku no Miko! Che diavolo si sarebbe detto dei Bannin se avessero permesso alla Miko di allacciare una relazione con un demone?
Inuyasha fece una smorfia, riconoscendo che era caduto così in basso da mentire a se stesso. Non aveva perso la calma a causa della reputazione in pericolo, o sciocchezze del genere. Proprio lui, poi, che non ne poteva più di fare il Bannin! No, se aveva perso la calma era stato a causa del fatto che quel maledetto aveva messo le sue mani addosso a Kagome. La smorfia sul suo viso si accentuò. Gli era sembrato che il suo tocco la violasse, perfino quando la prendeva in braccio o le afferrava un polso. Poi, quando aveva cominciato a straparlare e dirle che l’amava…l’avrebbe fatto a pezzi. E Kagome glielo aveva impedito! Perché non si era rivoltata contro l’okami youkai? Possibile che parole del genere facessero tanta presa sul cuore di una donna?
Inuyasha non era geloso. Non poteva esserlo, perché non provava niente di particolare per Kagome…o no? In ogni caso, aveva iniziato a pensare che quella ragazza fosse solo sua, almeno finché non avessero raggiunto la Taiyoo no Mon. Ecco, giusto! Non voleva vedersi scappare da sotto gli occhi la possibilità di essere libero, perciò curava, forse all’eccesso, quella possibilità unica.
Inuyasha si ficcò le dita tra i capelli e se li scompigliò violentemente, frustrato. Stava mentendo ancora! Ma era mai possibile?! Il fatto era molto più semplice: il pensiero che Kagome potesse farsi conquistare da quel dannato lupastro gli aveva fatto rivoltare lo stomaco e gli aveva strizzato il cuore in una poltiglia. Ma perché mai?! Tutto ciò non aveva senso! Eppure non era la prima volta che gli accadeva di perdere la calma, no? Anche quando si era trattato di quello stupido damerino…Damerino?!
Inuyasha corrugò la fronte, perplesso. Da dove usciva fuori quel pensiero? Di che damerino stava parlando? Con Kagome, era la prima volta che si presentava una situazione del genere. Kikyo era sempre isolata dagli altri e nessun uomo si era mai avvicinato a lei. Allora, a che si riferiva? Inuyasha sospirò, scuotendo la testa. Qualunque cosa fosse, già non ricordava più. Forse era solo stanco.
Sentì dei passi leggeri sull’erba e un profumo dolce. Kagome si stava avvicinando. Inuyasha non si voltò, quando lei lo raggiunse e gli si sedette accanto. Entrambi rimasero in silenzio per qualche minuto.
«Non sono affatto innamorata di Koga.» mormorò Kagome, con voce mesta che lo fece sentire finalmente in colpa.
«Davvero?» chiese, piano. Lei annuì e lui fece altrettanto, accettando la risposta.
«Non ho urlato tanto per…insomma, gelosia, o roba simile.- borbottò, dopo un po’- E’ che non mi piaceva come si stavano mettendo le cose.»
«Avevi paura che me ne andassi e rinunciassi ad aprire la Mon?» chiese Kagome, sempre a voce bassa. Inuyasha dopo un po’ annuì, voltandosi dall’altra parte. Pur essendosi aspettata quella risposta, Kagome ne soffrì. Senza sapere perché, il giudizio di Inuyasha per lei era diventato importante. Essere così distante da lui la faceva soffrire.
“Perché?- si chiese, trattenendo lacrime incipienti- Perché ho così bisogno di una sua gentilezza? Perché vorrei che mi dicesse che era geloso di Koga?”
Forse Inuyasha iniziava a piacerle troppo. Sì, davvero troppo. Guardò il suo profilo, caratterizzato da quelle adorabili orecchie canine. I suoi capelli d’argento la sfiorarono, mossi dal vento. Kagome si sentì a un tempo piena di gioia e sul punto di morire di tristezza. Si era sentita così solo in presenza di un’altra persona, prima…ma aveva paura che il sentimento che stava nascendo nel suo cuore fosse ancora più forte.
“Mi sto innamorando di Inuyasha?” si chiese, spaventata, abbassando lo sguardo. Questo poteva essere un fatto terribile. Presto lei sarebbe tornata a casa, sarebbe stata lontana dalle Quattro Terre! Lontana da Inuyasha…
«Kagome…»
Sobbalzò quando si sentì chiamare. Alzò lo sguardo a incontrare le iridi d’ambra di Inuyasha, ora piene di una luce dolce e malinconica. Non poteva sapere che nella mente del Bannin erano appena passati pensieri molto simili ai suoi.
«Che c’è, Inuyasha?» chiese, con un filo di voce. Inuyasha abbassò un attimo lo sguardo, incerto.
«Mi odi davvero?» le chiese, in un soffio. Inuyasha rialzò lo sguardo con il timore di vedere un’affermazione sul suo volto. La vide invece sorridere dolcemente.
«Non ti odio affatto, Inuyasha.» mormorò lei, sincera. Inuyasha sorrise a sua volta.
Lo spettro di un futuro dolore e di una separazione continuò però ad aleggiare su di loro, dividendoli come una barriera.

***

«Ma tu dovevi per forza venirmi dietro?» chiese Kagura, seccata. Non ricevendo risposta, si voltò a guardare la sua silenziosa compagna con aria scura. Kanna sedeva sulla grossa piuma volante creata da Kagura, lo specchio tra le mani e l’aria assente.
«Naraku desidera…» iniziò a mormorare lo spirito albino.
«Sì, desidera controllarmi.- sbottò Kagura, tornando a guardare innanzi a sé- Come se non lo sapessi.» Fece una smorfia, seccata da quell'evidente mancanza di fiducia. «Ma tu non dovresti lasciare la Kurasa no Mon.» disse, per ripicca.
«Nessuno entrerà.- fu la pacata risposta di Kanna- Se dovesse accadere, sarei alla Mon in un batter di ciglia.»
Kagura masticò una rispostaccia tra i denti, poi scosse la testa e tornò a concentrarsi su quello che stava facendo. Sotto di loro, rischiarato solo da qualche torcia, si estendeva il villaggio di Toraika, tappa obbligata di coloro che volevano raggiungere le sponde di Sunda. Presto, entro qualche giorno, Inuyasha e compagnia sarebbero arrivati al villaggio. Il compito di Kagura era carpire loro le motivazioni di quel viaggio. Naraku era curioso. La prospettiva di un po’ di movimento avrebbe fatto piacere a Kagura, se quel maledetto stregone non le avesse appiccicato alle costole il cane da guardia!
«Cos’hai intenzione di fare?» chiese Kanna, quasi si fosse sentita tirata in causa. Kagura stirò le labbra rosse in un sorrisetto.
«Li aspetteremo qui.- disse- Ho intenzione di dare loro un benvenuto dei miei.»
«Vale a dire?» chiese ancora Kanna, sebbene senza entusiasmo. Kagura aprì il ventaglio con uno scatto secco.
«Lo vedrai.» promise, ridendo. La piuma puntò verso il villaggio a gran velocità, mentre Kagura alzava il ventaglio e sferrava il primo colpo. Presto, la notte di Toraika si trasformò in un inferno di fuoco e morte.

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Capitolo 15
*** 14 - Toraika ***


Author's note: Buon Natale a tutti!! :D

CAPITOLO 14

TORAIKA

Il gruppo di cinque viaggiatori camminava su una stradicciola che attraversava un largo territorio coltivato a riso. Il cielo sopra di loro era plumbeo e prometteva pioggia a breve.
«Dovremmo cercare un riparo per Kagome.» commentò Shippo, guardando con aria accusatoria il cielo.
«Non preoccupatevi per me.- disse Kagome- Un po’ di pioggia non ha mai fatto male a nessuno.»
«Per cercare un villaggio andremmo fuori strada.- commentò Inuyasha, brusco- Domani saremo a Toraika. Kagome può anche prendere un po’ d’acqua come tutti noi.»
«Potrebbe ammalarsi.» gli ricordò Sango, osservandolo con una certa perplessità nello sguardo.
«Non accadrà.- disse Miroku, comparendo improvvisamente a fianco di Kagome e prendendola per la vita- Se io le starò vicino, farò in modo che l’acqua non cada su di lei.»
«Giù le mani da Kagome, razza di pervertito. Nessuno ti ha chiamato in causa.» ringhiò Sango, strattonandolo all’indietro per il codino.
«Starò io vicino a lei e le creerò attorno una barriera di calore. E’ più sicuro.» disse Shippo, ridacchiando di fronte all’esagerato sospiro di dolore di Miroku.
«Grazie Shippo.» disse Kagome, con un sorriso.
Inuyasha non partecipò alla discussione, continuando a camminare davanti a tutti lungo la strada per Toraika. Gli altri viaggiatori, dietro di lui, non insistettero per coinvolgerlo nella conversazione. Erano molti giorni, ormai, che Inuyasha era taciturno. I Bannin sapevano che aveva fatto pace con Kagome. Era molto gentile con lei, anche se non esattamente premuroso. Nonostante questo, non aveva mai voglia di parlare, né di scherzare. Sembrava accogliere con gioia la prospettiva di un combattimento. Doveva esserci qualcosa che lo turbava, ma Kagome non era riuscita a scoprire cosa e gli altri non avevano ancora cercato di carpirglielo. Quella sera si accamparono a lato della strada, allo scoperto. Il cielo continuava a tuonare, ma non aveva ancora versato una sola goccia di pioggia. Accesero un fuoco e vi si sedettero attorno, consumando la cena.
«Oggi non si è presentato alcuno scagnozzo di Naraku.- commentò Miroku, guardandosi attorno- Non trovate sia una novità inquietante?»
«Forse non ha più creature da mandarci addosso, visto che ne abbiamo fatte fuori un numero non indifferente.» disse Inuyasha, sprezzante.
«O forse ha preparato qualcosa di più astuto.- mormorò Sango, riflettendo- Non sottovalutiamolo.»
«Qualcosa di più astuto?» chiese Shippo, corrugando la fronte. Sango si strinse nelle spalle. Non aveva una risposta a quella domanda.
«Forse ha capito che stiamo andando alla Taiyoo no Mon.» mormorò Kagome, riflettendo. Una luce si accese negli occhi di Miroku.
«Potrebbe essere. Segue i nostri movimenti e ormai la nostra destinazione inizia a diventare palese.- considerò- Forse sta rielaborando i suoi piani.»
«E questo come ci influenzerà?» chiese Inuyasha, cupo. Miroku scrollò le spalle.
«Difficile a dirsi. Non possiamo far altro che proseguire e tenere gli occhi bene aperti.» disse.
«Che Hikaruku vegli su di noi.- disse Sango- Se Naraku ottenesse il controllo sul proprio corpo…»
«Vedrete che ce la faremo.- disse Inuyasha, deciso- Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.»
Tutti annuirono, condividendo o meno il suo ottimismo. Presto, si stesero per dormire. Miroku rimase a far compagnia a Inuyasha, che aveva il primo turno di guardia.
«Cosa ti rode, Inuyasha?» chiese, dopo un po’. Inuyasha sollevò un sopracciglio, ironico. Miroku sospirò. «Coraggio, è evidente che qualcosa ti turba.- insistette- Di che si tratta? Hai fatto pace con Kagome-sama, no?»
«Certo!- rispose Inuyasha, guardando altrove- E non ho nulla. Solo, non vedo l’ora che questo viaggio finisca.»
Miroku storse la bocca, poco convinto.
«Ma a chi vuoi darla a bere? Conosco questo modo di fare.- sbuffò- Sei innamorato di Kagome-sama?»
Inuyasha si voltò di scatto verso di lui. Sul suo viso arrossato si alternarono la rabbia e la vergogna. Miroku sospirò dentro di sé. Centro al primo colpo!
«Assolutamente no!» sibilò Inuyasha, incrociando le braccia sul petto. Miroku lo guardò con le palpebre a mezz’asta. Inuyasha era ridicolo a negare in quel modo una verità evidente. Decise di stare al gioco.
«Beh, meglio così.- lo stuzzicò, guardando il cielo cupo- Dopotutto, Kagome-sama ama già un altro ragazzo e presto tornerà a casa…» Vide una smorfia di intenso dolore solcare il volto di Inuyasha e si irritò con lui. «Inuyasha, piantala di fingere!- sbottò- Si vede lontano un miglio che ti stai innamorando di lei!»
«Pensa ai fatti tuoi!- lo aggredì Inuyasha, zittendolo- Hai abbastanza a cui pensare con i tuoi, di sentimenti frustrati, no?!» Miroku rimase zitto, il viso teso in un’espressione sofferta. I due si fronteggiarono con lo sguardo, poi Inuyasha guardò altrove, con una smorfia. «Scusa, non volevo.- disse Inuyasha, con voce roca- Ma…io non so cosa provo! E non ne voglio parlare. Perciò, fatti gli affari tuoi, Miroku. Se avrò bisogno della balia, ti verrò a cercare.»
Miroku si lasciò scappare un sorriso a quella battuta. Conosceva Inuyasha da troppo tempo per prendere sul serio i suoi scatti d’ira. Scosse la testa, poi batté una mano sulla spalla di Inuyasha e si alzò per andare a riposare.
«Quando vuoi, Inuyasha.» disse, lasciandolo solo. Inuyasha abbracciò stretta la spada e rimase a fare la guardia in quella notte così cupa, cercando di dipanare gli enigmi nel suo cuore.

***

Il temporale scoppiò all’alba. Dalle nubi nere si riversò sulle loro teste una spaventosa quantità di acqua, corredata da fulmini e tuoni. La vicinanza dei Bannin mitigò di molto la paura di Kagome di trovarsi all’aperto con quel nubifragio. Shippo creò una barriera di calore che faceva evaporare l’acqua prima che li toccasse, avvolgendoli in una sorta di nebbia. Inoltre, Sango le disse che la presenza di Inuyasha avrebbe deviato i fulmini altrove. Potevano proseguire la marcia senza alcun pericolo. Camminarono attraverso la tempesta, ben protetti dagli elementi.
«Sarebbe il momento migliore per attaccarci.» commentò Shippo, pensieroso.
«Non portare rogna, Shippo!- disse Inuyasha, corrugando la fronte- Nel pomeriggio saremo a Toraika.»
«Una volta passato il fiume, avremo percorso più o meno la metà della strada che ci attende.- disse Sango- La Taiyoo no Mon è sempre più vicina.»
Kagome sfiorò con le dita la Sfera degli Shikon, assumendo un’espressione decisa. Le faceva piacere avere un’idea chiara di quanto sarebbe durato il viaggio. Quando era partita, la Mon era solo un miraggio lontano. Nessun attacco venne a disturbare il loro cammino. In una calma che giudicarono innaturale, i cinque raggiunsero il limitare di Toraika verso le due del pomeriggio. Solo allora si accorsero che qualcosa non andava.
«Per gli Shikon…ma cosa è successo, qui?» chiese Miroku, in un rantolo.
Il villaggio era quasi del tutto raso al suolo. Le case erano bruciate, alcune crollando in macerie, altre mostrando ancora l’instabile scheletro annerito. Il legno bruciato luccicava in maniera malsana sotto la pioggia battente. Non si vedeva un movimento. Non si sentiva una sola voce.
«Toraika…Toraika è andata a fuoco?!» balbettò Shippo, inorridito. Il più importante porto per Sunda della Terra di Honoo era ridotto a un cumulo di macerie.
«Un fulmine?» ipotizzò Kagome, scioccata.
«Impossibile.- disse Miroku, corrugando la fronte- Con questa pioggia, l’incendio non si sarebbe propagato. E poi, non c’è più fumo. L’incendio è vecchio…ma solo di qualche giorno.»
«Dannazione! Con questa pioggia non sento gli odori!- ringhiò Inuyasha, sfoderando Tessaiga- Qualcuno deve averci preparato un’accoglienza a Toraika. Mi pareva troppo strano il silenzio di Naraku!»
«Vuoi dire che c’è qualche mostro nascosto nel villaggio?» chiese Sango. Le ali le comparvero sulle spalle. Inuyasha annuì.
«Di certo. State all’erta.» tagliò corto Inuyasha, riprendendo a camminare. Guardinghi, si inoltrarono attraverso il villaggio fantasma. Kagome sentì la bocca seccarlesi dalla paura. Il villaggio, ridotto in quello stato, era terrificante. Sapeva di morte. Non appena formulato quel pensiero, si accorse che alcune delle sagome annerite a terra avevano forma umana.
«Gli abitanti…» mormorò, stringendo l’arco tra le mani.
«Spero che si sia salvato qualcuno.- disse Shippo, e a Kagome parve molto triste- Ma non ci giurerei.»
«Qui non viene fuori nessuno.» sussurrò Miroku, la mano sinistra già pronta sul rosario. Inuyasha si fermò di botto. Shippo gli andò addosso e perse la concentrazione. La barriera di calore si spezzò e l’acqua si riversò su di loro, infradiciandoli in men che non si dica.
«Abbiamo visite.» annunciò. Dal nulla, erano sbucati una trentina di abitanti del villaggio, che correvano verso di loro con in mano asce e zappe.
«Ma che…gli abitanti?!» chiese Shippo, sorpreso.
«Questi puzzano di morto! Non fatevi ingannare!» disse Inuyasha. Menò un fendente con la spada. Tre cadaveri ambulanti si ridussero in pezzi. Non per questo smisero di avanzare.
«Hiraikotsu!» gridò Sango, agitando le ali. Le sue piume taglienti fecero a fette gli aggressori. Kagome ne vide gli occhi, resi vacui e inerti dalla morte. Le salì la bile in gola nel vedere corpi ora decapitati continuare ad avanzare verso di loro.
«Spostatevi, ci pensiamo noi!» esclamò Miroku, scansando Inuyasha. Shippo gli fu a fianco. «Vortice!» esclamò Miroku, aprendo il foro nella propria mano destra e risucchiando i cadaveri.
«Kitsune no Hi!» esclamò Shippo, imponendo una mano sui corpi troppo lontani per essere afferrati dal vortice di Miroku. Questi presero fuoco e presto si accasciarono al suolo in uno scomposto mucchio annerito. Ricadde il silenzio.
«Che orrore! Usare i cadaveri degli abitanti del villaggio!- disse Sango, con voce roca- Chi può aver fatto questo?»
«Uno scagnozzo di Naraku, è chiaro!» ringhiò Inuyasha, disgustato. Si fece avanti di qualche passo, puntando la spada di fronte a sé. «Vieni fuori! Sappiamo che sei qui!- gridò Inuyasha a gran voce, irato- Non ho tempo di giocare al gatto col topo!»
Per un istante, nessuno rispose alla sfida di Inuyasha. Poi, si udì una sarcastica risata femminile. Direttamente davanti a loro, a qualche metro di distanza, una cortina di tenebra sembrò levarsi, mostrando il loro nemico. Una donna dai capelli neri raccolti e gli occhi rossi, la bocca dal taglio ironico, li guardava con sfrontatezza tenendo in mano un ventaglio aperto. Accanto a lei c’era una bambina completamente bianca, dall’aria assente, che teneva in mano uno specchio. Dietro alle due, una quindicina di persone ancora vive tremavano dal terrore, strette le une alle altre.
«Salve!- salutò la donna, con aria maliziosa- Non è stato molto carino da parte vostra fare a fette i miei adorati cadaveri...che poi non erano altro che i parenti di questi poveri topolini tremanti qui dietro.»
«Chi sei tu, maledetta?! Sei la responsabile di questo massacro?» ringhiò Inuyasha. La donna rise.
«Io sono Kagura, maestra di magia e domatrice del vento e dei cadaveri.- si presentò, beffarda- E questa è…»
«Kanna, l’incarnazione della Kurasa no Mon.- intervenne Miroku, cupo- La conosco bene.»
«Mizu no Bannin ha frequentato spesso l’oscurità, a quanto vedo.- disse la donna, con un sorrisetto- D’altronde, la Kurasa no Mon è nel suo territorio.»
«Sei uno scagnozzo di Naraku?» chiese Inuyasha, aggressivo. Tutte quelle chiacchiere lo stavano stancando. Vide il viso della donna storcersi in una smorfia di rabbia trattenuta.
«Sono una libera discepola.- puntualizzò la donna- E sono qui per farvi fuori e prendere la Shikon no Tama.»
«Non l’avrai mai!» disse Inuyasha, alzando la spada, pronto a sferrare un attacco. Kagome lo fermò.
«Inuyasha, fermati! Colpirai anche gli abitanti del villaggio!» gridò. Kagura rise.
«Dai retta alla tua miko, Inuyasha, se non vuoi avere questi esseri umani sulla coscienza.» disse. Inuyasha abbassò la spada con una smorfia rabbiosa.
«Abbiamo altri modi di fartela pagare, strega!» esclamò Inuyasha, rinfoderando Tessaiga e colpendo la terra con un pugno. Questa si sollevò in sette guglie di roccia che si ersero dal terreno nel punto in cui Kagura era in piedi. La donna spiccò un balzo, compiendo un ampio gesto con il ventaglio. Il terreno si tramutò in sabbia innocua.
«La sua magia è forte…Vortice!» esclamò Miroku, facendo per togliere il rosario. Un ronzio riempì l’aria.
«Saimyosho! Miroku, non farlo!» gridò Sango. Kagura rise di nuovo.
«Cosa c’è, Bannin? Non desideri morire avvelenato?» chiese, beffarda. Miroku strinse i denti, poi afferrò una mano di Sango e alzò una mano al cielo.
«Mizu no Uzu!» esclamò. Sango, comprendendo le sue intenzioni, gli prestò parte del suo potere. Un vortice d’acqua creato dalla pioggia e dal vento si abbatté su Kagura, che si protesse con una barriera. Barcollò per un istante, poi respinse l’attacco.
«Non è finita!» esclamò Inuyasha, comparendo da oltre la cortina d’acqua con gli artigli pronti a colpire. Kanna si pose davanti a Kagura e alzò lo specchio. Una potente energia si abbatté su Inuyasha, scagliandolo indietro. Inuyasha cadde sulla schiena, mentre Kagura rideva.
«Ora tocca a me, miei cari nemici.» disse. Alzò il ventaglio. «Danza delle lame di vento!» disse, abbassando il ventaglio con energia. Mezzelune di vento si scagliarono sul gruppo. Sango riuscì a pararle quasi tutte con il suo Hiraikotsu. Inuyasha protesse Kagome con il suo corpo, portandola in salvo, ma Kagura non diede loro il tempo di riprendersi.
«Danza del drago serpente!» disse, muovendo il ventaglio in senso circolare. Il vento si concentrò in numerosi turbini, che si scagliarono su di loro come lance. Balzarono all’indietro per evitarli. Inuyasha afferrò Kagome tra le braccia e la portò con sé. L’incantesimo di Kagura scavò buche profonde nel terreno. Di nuovo Sango gli contrappose il proprio vento, riuscendo a sedarlo. Quando si fu calmato, Kagura rise ancora.
«Dunque, onorati e potenti Bannin!- li prese in giro- E’ con questa ridicola forza che intendete sfidare Naraku?»
«Maledetta…» sibilò Inuyasha, digrignando i denti.
«Una lunga deviazione, comunque, per giungere alla Kurasa no Mon.- continuò Kagura, maliziosa, socchiudendo appena gli occhi rossi- Forse perché non è quella la Mon che cercate.» I Bannin furono colpiti dalle sue parole e Kagura fece un sorriso trionfante. «Come pensavo, state andando a liberare Hikaruku. Credete che lei combatterà Naraku? Finirà solo per farsi assorbire da lui!» disse, ridendo.
«Pulisciti la bocca, quando parli di Hikaruku!» esclamò Inuyasha, rabbioso.
«Forse Naraku ha ragione…non siete altro che i cagnolini di Kiiro no Me.- sogghignò Kagura, provocandoli- E’ già venuto a darvi ordini durante l’ultima luna piena, non è così?»
«Noi non prendiamo ordini da nessuno, dannata…» gridò Inuyasha, furente.
«Basta, Inuyasha! Ti sta solo provocando. Se c’è un cane fedele, da queste parti, quella è lei.» disse Miroku. Kagura rise, ma la sua risata fu stonata e sgradevole.
«Mi spiace che non vogliate conversare.- disse la donna, con un lampo duro negli occhi- Ciò avrebbe allungato la vostra vita.» Irata per la frase di scherno di Miroku, Kagura alzò il ventaglio. Naraku le aveva ordinato di non uccidere i Bannin, ma a quel punto aveva bisogno di sfogare la sua ira…e al diavolo le conseguenze!
«Inuyasha…»
Inuyasha distolse a fatica lo sguardo dalla maledetta strega che gli stava davanti e abbassò gli occhi su Kagome. La vide pallida e fradicia, ma negli occhi le brillava una luce dura.
«Inuyasha, Tessaiga può spezzare i suoi incantesimi?» chiese la ragazza. Inuyasha annuì.
«Sì, ma finché quella maledetta resta vicina agli ostaggi…» ringhiò.
«Dobbiamo dividerla da loro.- ammise Kagome- Ci penso io.»
«Cosa…» tentò di replicare Inuyasha. Kagome gli scivolò via dalle braccia e afferrò una mano di Shippo, parlandogli a bassa voce.
«Ora so quanto mi occorreva.- disse Kagura- Potete anche morire.»
«Dividiamoci!» esclamò Kagome, mentre la Danza del Drago Serpente si abbatteva ancora su di loro. I Bannin non persero tempo a discutere. Si sparpagliarono, evitando di essere colpiti. Shippo e Kagome si allontanarono insieme, sparendo alla vista tra gli scheletri anneriti delle case.
«Kagome vuole allontanare gli ostaggi.» disse Inuyasha agli altri, mentre Kagura iniziava un nuovo attacco.
«Allora dobbiamo fare in modo di isolare Kagura.» disse Miroku, con un sorrisetto pericoloso sul volto. Inuyasha e Sango annuirono. Iniziarono a scatenare contro Kagura gli elementi che rappresentavano, creando combinazioni sempre diverse. La magia di Kagura era forte, ma non impossibile da superare.
Mentre Inuyasha richiamava il fulmine su Kagura, Shippo e Kagome sbucarono da un cumulo di macerie, dietro al piccolo gruppo di ostaggi. Kagome corse allo scoperto, con una freccia incoccata, pronta a colpire Kagura se solo si fosse voltata indietro. Era poco plausibile, visto l’attacco dei Bannin, ma non si poteva mai sapere. Shippo le fu subito a fianco.
«Presto, scappate!- disse Kagome agli abitanti terrorizzati- Qui ci pensiamo noi.»
Occhi opachi e pieni di panico le si posarono addosso. Le sue parole non parvero recepite.
«Andate! Ci intralciate e basta!» intervenne Shippo, facendo loro gesto di alzarsi e scappare.
«Non così in fretta.» mormorò una voce atona. Kagome si trovò di fronte la bambina albina, Kanna, con uno specchio in mano. Non era intervenuta nel combattimento e la ragazza se l’era quasi scordata.
«Kanna! Levati di mezzo!» disse Shippo, facendo da scudo agli esseri umani. Kanna lo guardò, senza espressione alcuna sul volto di bambina.
«Non mi interessano gli uomini. Non mi interessi tu, che non mi puoi toccare.- disse, poi spostò lo sguardo su Kagome- Ma Naraku vuole te. Venendo a me, mi hai facilitato il  lavoro.»
Kagome sentì un brivido correrle lungo la schiena a quelle parole.
«Lascia che se ne vadano, o ti colpirò con una freccia.» disse. Non si stupì di scoprire che la voce le tremava. Un pallido sorriso comparve sul volto di Kanna.
«Tu non lo faresti mai.- disse- E’ proibito a tutte le miko danneggiare le Mon.»
«Non m’importa delle proibizioni!» esclamò Kagome, rabbiosa. Scagliò la freccia, suscitando un grido di sorpresa in Shippo. Kanna alzò lo specchio e la freccia scomparve al suo interno. Kagome arretrò di un passo, scioccata. Non aveva ottenuto alcun risultato! Per un istante, la superficie dello specchio divenne mobile come acqua e lo spirito albino contrasse il viso in una smorfia, come se provasse dolore.
«Sei…coraggiosa.- disse, con un certo sforzo, poi sorrise appena- Ecco perché Naraku ti vuole.»
Alzò lo specchio. Kagome si vide riflessa all’interno. Poi, il viso astuto e maligno di un uomo dai capelli neri e gli occhi rossi si sovrappose al suo. Con orrore, Kagome si accorse di stare vedendo il volto di Naraku. La Sfera degli Shikon al suo collo si illuminò di una luce malsana, poi Kagome si sentì trascinare verso lo specchio. Gridò e cadde a terra.
«Vieni a visitare il mondo di Kurasa…il mondo di Naraku.- mormorò Kanna- Consegnaci la Sfera.»
Kagome gridò ancora, perdendo l’arco mentre artigliava il terreno per cercare di resistere.
«Kagome!» gridò Shippo, afferrandole le mani. Non ottenne altro che di essere trascinato a sua volta verso lo specchio. In preda alla disperazione, il piccolo Bannin scagliò una sfera di fuoco su Kanna. Essa si infranse su una invisibile barriera, ma Shippo si piegò in due con un grido di dolore, artigliandosi il petto.
«Shippo!» gridò Kagome, terrorizzata, perdendo la presa sulle sue mani.
«E’ proibito, Hi no Bannin. Lo sai.» fu il freddo commento di Kanna. Kagome si accorse di non avere più speranze. Kanna voleva trascinarla dritta tra le grinfie di Naraku, Sfera degli Shikon compresa.
«INUYASHA!!» gridò, aggrappandosi a un legno carbonizzato mentre veniva trascinata via. Venne sollevata da terra. I suoi piedi erano a pochi centimetri dallo specchio. Shippo si contorceva ancora a terra, devastato dal dolore al petto. Inuyasha udì il richiamo di lei e si voltò. Inorridito, si rese conto di cosa stesse accadendo.
«KAGOME!» gridò, cercando di scartare Kagura per precipitarsi da lei.
«Non così in fretta, Inuyasha!» disse lei, scagliandogli addosso le sue lame di vento. Inuyasha fu costretto ad arretrare, disperato. Kagura non avrebbero permesso a nessuno di loro di aiutare Kagome!
Fu allora che accadde qualcosa di totalmente inaspettato. Proprio nell’istante in cui Kagome perdeva la presa sull’ultimo appiglio che aveva trovato, una bambina dal visetto sporco e i capelli scuri si staccò dal gruppo di ostaggi, si avventò su Kanna e le afferrò un braccio. Prima che l’incarnazione della Kurasa no Mon si rendesse conto di cose stava accadendo, la bambina affondò i denti nel braccio di Kanna, strappandole un piccolo grido di dolore. Lo specchio scivolò dalle mani di Kanna e cadde a terra, rompendosi. Kagome piombò a terra con un grido, finalmente libera. Sotto i suoi occhi attoniti, Kanna scomparve.
«Dannazione!» sibilò Kagura, osservando la scena. Senza specchio, Kanna era vincolata a tornare nella Terra di Kaisui. Una parte del piano di Naraku era fallita.
«Ti sei distratta, Kagura!» esclamò Inuyasha, imponendo le mani sul terreno. Kagura si vide avvolgere le gambe in spinosi rampicanti. Prima che potesse reagire, Inuyasha chiamò Hi no Bannin. Shippo,  impegnato a far  scappare gli ostaggi insieme a Kagome, impose le mani sui rampicanti, dando loro fuoco. Kagura gridò di sorpresa e dolore, e agitò il ventaglio per liberarsi dalla costrizione.
«Hiraikotsu!» gridò Sango, attaccando la discepola di Naraku. Con la veste che bruciava e le gambe malamente ferite, Kagura si protesse con una barriera. Le cose stavano volgendo al peggio. Forse era meglio svignarsela. Dopotutto, possedeva già le informazioni che Naraku voleva. Peccato che non fosse riuscita ad uccidere i Bannin!
«Danza delle lame di vento!» gridò ancora, agitando al ventaglio, mentre staccava una piuma dalla sua acconciatura. Sango la contrastò e questo non le diede il tempo di allontanarsi senza essere vista.
«Muori, Kagura!» esclamò Inuyasha, sfoderando Tessaiga e preparandosi al colpo. Finalmente gli esseri umani erano al sicuro e poteva fare ciò che voleva.
«Non ne ho la minima intenzione!» ribatté Kagura, creando un’enorme piuma, con cui tentò d’involarsi. Inuyasha sferrò ugualmente il suo poderoso attacco. Kagura si difese con una barriera. Grande fu il suo orrore quando questa si infranse sotto il fendente di Tessaiga. Il suo corpo venne martoriato dalle ferite, e gridò, ma la distanza aveva indebolito gli effetti del colpo. Sanguinante e piena di rabbia per la sconfitta, Kagura volò via.
«Andata.- disse Inuyasha, seccato- Maledizione!»
«Ho paura che la rivedremo.» commentò Miroku, andandogli a fianco. Ora che la battaglia era terminata, sul villaggio fantasma era caduto un silenzio innaturale. Anche la pioggia andava scemando.
«Inuyasha! State tutti bene?»
Inuyasha si voltò verso Kagome, la quale stava correndo verso di loro seguita da Shippo, che ancora si strofinava il petto. Più distanti, gli abitanti del villaggio si tenevano vicini, le facce bianche come maschere attonite.
«Tu piuttosto! Stai bene?- chiese Inuyasha, afferrandola per le spalle e scrutandola come cercando delle ferite- Quella dannata di Kanna…»
«Ha cercato di mandarmi nel regno di Naraku.- disse Kagome, rabbrividendo- L’ho visto in faccia.»
«Ma come ti sei salvata, Kagome-chan?» chiese Sango, ancora scossa. Kagome guardò in basso, e altrettanto fecero gli altri. Aggrappata a Kagome come se ne andasse della sua stessa vita, c’era una bambina sugli otto anni. Il visetto era sporco ma grazioso, gli occhi grandi e castani. I capelli scuri e spettinati erano ingentiliti da una codina al lato della testa.
«Questa bambina, con molto coraggio, ha fatto in modo che a Kanna cadesse lo specchio.- raccontò Kagome, sorridendole- Lo specchio si è rotto e Kanna è scomparsa. Mi ha salvato la vita.»
Tutti guardarono la bambina, sorpresi dalla sua azione intrepida. Inuyasha si accucciò davanti a lei.
«Ehi.- disse, burbero- Hai fatto un buon lavoro. Sei stata brava.»
La bambina sorrise, un sorriso luminoso e gentile, in contrasto con il suo aspetto dimesso. Inuyasha si accorse di essere stato sul punto di sorridere in risposta.
«E com’è che ti chiami, mocciosa?» chiese. Il sorriso scomparve. La bambina rimase zitta. Inuyasha alzò lo sguardo su Kagome e lei si strinse nelle spalle.
«Non vuoi parlare…o non puoi?» chiese Kagome, piano. La bambina la guardò con aria smarrita.
«Onorati signori…»
Tutti si voltarono verso una donna di mezz’età, che era venuta avanti di qualche passo.
«Onorati signori, non caverete una parola da lei.» disse la donna, torcendosi le mani. «La piccola Rin è muta dalla nascita.»

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Capitolo 16
*** 15 - Verso Sunda ***


Author's note: E' arrivata Rin!!! ^___^

CAPITOLO 15

VERSO SUNDA

«Inuyasha! Vieni a mangiare?»
Inuyasha, in piedi sulla riva dell’immenso fiume che divideva Honoo da Sunda, vicino a qualcosa che iniziava a sembrare una barca, si voltò al richiamo della voce di Kagome. La ragazza aveva organizzato quello che lei chiamava picnic, là sulla spiaggia sassosa. Si stavano raccogliendo tutti attorno a lei, mentre nell’aria continuavano a risuonare colpi di martello e frusciare di seghe contro il legno.
La ricostruzione di Toraika sarebbe stata una cosa lunga, ma gli abitanti rimasti stavano lavorando alacremente per ricostruire le proprie case, nonostante la scomparsa dei propri cari. Inuyasha apprezzava gli esseri umani e la loro forza, quando gliene davano dimostrazione. Il problema principale era che l’incendio prodotto da quella maledetta Kagura aveva fatto fuori anche tutte le barche. Si era salvata solo la banchina d’attracco, perché era stata costruita in pietra. Inuyasha raggiunse gli altri, poi si sedette tra Kagome e Shippo a gambe incrociate con un unico movimento fluido.
«Tieni, Inuyasha.» disse la ragazza, sorridendo e porgendogli il suo pasto freddo. Non c’era molto di che mangiare, da quelle parti. La bambina chiamata Rin si sporse da oltre il fianco di Kagome, dalla parte opposta rispetto a Inuyasha. Il Bannin la fissò, a disagio, scrutato da quegli espressivi occhi castani, poi la bimba gli sorrise con gioia e cominciò a mangiare come se niente fosse.
«Ma quella bambina deve per forza starti appiccicata ogni momento?» chiese Inuyasha, sconcertato. Quella mocciosa lo faceva sentire sulle spine.
«Che c’è di male?- protestò Kagome, abbracciando la bambina- Siamo diventate amiche! Vero, Rin-chan?»
La bambina annuì, ricambiando l’abbraccio. Sembravano due mielose sorelline. Inuyasha sospirò e l’occhio gli cadde sugli altri. Anche loro avevano uno strano sguardo quando osservavano Rin. Eppure, Kagome non aveva rilevato niente di malvagio in lei…perciò era ragionevole fidarsi. Se la bambina fosse stata un demone travestito, la Sfera degli Shikon avrebbe reagito. E poi, aveva salvato la vita di Kagome…
Stando a quello che avevano narrato loro gli abitanti del villaggio, la piccola Rin era l’unica superstite di una flotta di mercanti provenienti da Sunda diretti a Toraika. Le barche erano state attaccate dai demoni e i suoi componenti trucidati. Solo Rin era stata trovata viva, terrorizzata e muta. Gli abitanti avevano supposto che tra i morti vi fossero i genitori di lei e l’avevano presa con loro, occupandosene a turno. Questo risaliva a otto anni prima. Rin non aveva mai pronunciato una parola né un suono fin da quando era neonata.
Ora sembrava impossibile scollarsela di dosso, il che significava che con tutta probabilità sarebbero stati costretti a portarsela dietro durante l’ultima parte del viaggio.
«Quanto ci vorrà ancora perché la barca sia pronta?» chiese Shippo, distogliendo Inuyasha dai suoi pensieri.
«Altri quattro o cinque giorni.- sospirò Miroku, contrariato- Purtroppo abbiamo bisogno di un natante sicuro e ben fatto. Non possiamo rischiare di colare a picco in mezzo al fiume.»
«Stiamo perdendo un sacco di tempo.- ringhiò Inuyasha- Dannata sia Kagura!»
«Era il suo scopo, nel caso non fosse riuscita a ucciderci tutti.- commentò Sango, scuotendo il capo- E’ un’avversaria temibile, perché è astuta. Naraku si circonda di servitori potenti.»
«Non mi sembra fosse molto contenta di essere chiamata serva.- puntualizzò Miroku, riflettendo- Si è autodefinita una discepola; credo che ragioni con la propria testa, più che con quella di Naraku.»
«Questo non cambia la situazione, se i suoi obiettivi sono gli stessi del maestro.» disse Inuyasha, secco.
«Davvero Kanna è l’incarnazione della Kurasa no Mon?» chiese Kagome. Tutti annuirono.
«Ogni Mon ha una sua incarnazione, che di norma rimane dietro la porta per permettere l’accesso o cercare di difenderla in caso estremo.» spiegò Sango.
«Il problema è che non si è mai visto uno spirito guardiano andarsene in giro a combattere.- borbottò Shippo- Le cose stanno proprio precipitando.»
«Shippo, ti fa ancora male il petto?» chiese Kagome, preoccupata. Il Bannin scosse la testa e le sorrise, rassicurante. Per un paio di giorni Shippo aveva pagato lo scotto di aver tentato di colpire Kanna e Kagome era felice di sapere che ora stava bene.
«Insomma, stiamo perdendo una settimana di tempo e non c’è niente da fare.- sbottò Inuyasha- Quanto possiamo recuperare, in acqua?»
Miroku e Sango si guardarono. Kagome pensò che quei due facevano una coppia davvero meravigliosa. Erano in grado di comprendersi senza nemmeno dover parlare.
«Possiamo recuperare un paio di giorni, se io e Miroku ce la mettiamo tutta.- rispose Sango- Non di più.»
Inuyasha imprecò tra i denti. Rin alzò un dito e lo spostò a destra e a sinistra, come ad ammonirlo. Inuyasha rimase sorpreso e gli altri risero.
«Inuyasha, non si usa questo linguaggio davanti ad una bambina!» ridacchiò Shippo. Rin sorrise con calore. Inuyasha brontolò qualcosa e si strinse nelle spalle, poi si alzò.
«Kagome, vieni. Ti devo parlare.» disse. Kagome lo guardò, sorpresa. Era la prima volta che Inuyasha le chiedeva espressamente di parlare in privato. Si alzò e subito Rin la imitò, aggrappata alla sua manica. Inuyasha la guardò e la bambina ricambiò lo sguardo, poi le comparve sul viso un sorriso tremendamente adulto e tornò a sedersi, facendo un cenno di saluto con la mano.
Ignorando le occhiate maliziose degli altri, Inuyasha si incamminò, precedendo Kagome lungo la spiaggia. La ragazza lo raggiunse correndo, poi camminò al suo fianco per un po’, in silenzio. Raggiunsero la banchina del porto. Inuyasha si sedette sul bordo estremo della piattaforma e Kagome fece lo stesso. Si tolse le scarpe, lasciando che le punte dei piedi si immergessero in quell'acqua scura.
Inuyasha lasciò scorrere qualche istante di silenzio. Kagome lo sbirciò di sottecchi. Era molto serio, negli occhi d’ambra c’era una luce cupa che le dispiacque. Aveva scoperto che le era facile essere influenzata dall’umore di Inuyasha, come un tempo le succedeva con Inuki. Inuki…un nome e un volto che si facevano sempre più distanti, come un dolore anestetizzato.
«Kagome, stai bene?»
La domanda la colse impreparata. Inuyasha ancora non la guardava.
«Che…io sto bene.» mormorò Kagome, corrugando la fronte per la perplessità. Inuyasha si voltò verso di lei e il cuore di Kagome fece un balzo. Non le era mai parso così bello.
«Sto parlando delle tue ferite.- spiegò lui, calmo- Guariscono?»
Kagome capì finalmente a che si riferiva. Per sfuggire alla trazione dello specchio di Kanna, si era aggrappata con le mani ad una trave scorticata e bruciata, e si era tagliata entrambi i palmi abbastanza in profondità. Inoltre, cadendo si era storta una caviglia, ma se n’era accorta solo il giorno dopo. Kagome sorrise e alzò le mani, su cui erano ancora avvolte le fasce con le erbe medicamentose che Inuyasha stesso le aveva portato.
«Potrei già toglierle, Inuyasha. I graffi sono quasi scomparsi.- lo rassicurò- Tengo ancora la medicazione per precauzione, e perché…» Si interruppe, arrossendo. Come ammettere che non toglieva le bende perché dimostravano la premura di Inuyasha nei suoi confronti? Inuyasha annuì, ma sul suo viso cupo passò solo un lampo di sollievo. Kagome gli posò una mano sul braccio.
«Inuyasha, cosa c’è che non va?» gli chiese, pacata. Inuyasha strinse i pugni.
«Non sono riuscito a proteggerti. Sono venuto meno al giuramento.» disse, tra i denti. Kagome spalancò gli occhi, sbalordita.
«Cosa?!»
«Kanna ti ha quasi trascinata all’interno del mondo di Kurasa!- esclamò Inuyasha, stavolta guardandola bene in faccia- Ti rendi conto che stavamo per perderti…perdere te e la Sfera?» Questa aggiunta parve un ripensamento e Kagome non se la prese.
«Ma non è accaduto, Inuyasha. Non ti devi tormentare con…» tentò di placarlo. Inuyasha le afferrò le mani, una stretta ferma ma gentile.
«Se Naraku ti avesse messo le mani addosso, non so cosa ti avrebbe fatto.- disse, pieno di rabbia contro se stesso- Non sono stato in grado di proteggerti da Kanna e mi sono quasi fatto sopraffare da Kagura.»
«Inuyasha, tu hai sconfitto Kagura!- gli ricordò Kagome, con enfasi- E se Kanna mi ha quasi catturata, è stata colpa mia. Non sono stata prudente…»
«Non dovevo permetterti di andare a liberare gli ostaggi sola con Shippo!- disse Inuyasha, e Kagome vide brillare nei suoi occhi una tale preoccupazione da farle venire le lacrime agli occhi- Ho giurato di proteggerti!»
«E l’avete fatto. Tutti voi.- disse Kagome, poi sorrise con dolcezza- Inuyasha, non hai niente da rimproverarti.»
Inuyasha chinò il capo, mordendosi il labbro inferiore in un impeto di frustrazione. Le strinse più forte le mani.
«I miei poteri sono limitati. Ci sono creature contro cui non mi è nemmeno concesso combattere.- disse, con voce roca- Ma giuro…giuro che combatterò anche contro di loro, per non permettere a Naraku di metterti le mani addosso. Ha già causato la morte di Kikyo e io non voglio che questo si ripeta.»
Alzò lo sguardo quando avvertì Kagome diventare più fredda, distante. Vide che il suo sorriso era diventato pallido, ma non riuscì a capirne il perché. Non sapeva che Kagome, al solo sentire nominare Kikyo, aveva sentito una cortina di gelo scenderle sul cuore. Inuyasha…amava ancora Kikyo?
«Kagome, ho detto qualcosa che non va?» chiese Inuyasha, perplesso. Lei scosse la testa, nonostante le fosse repentinamente saltata addosso una gran voglia di piangere. Dopotutto, Inuyasha le aveva appena promesso che l’avrebbe protetta, anche a rischio della propria vita. Non doveva essere triste.
«Io ti ringrazio, Inuyasha.- mormorò- Ma sopra ogni cosa, desidero che non ti accada niente. Soprattutto non per colpa mia.»
«Che dici?! E’ il mio mestiere di Bannin!» sbottò Inuyasha, ferendola di nuovo senza accorgersene.
«Lo so.» disse Kagome, stringendogli per un istante le mani, prima di lasciarle.
«Kagome…» mormorò Inuyasha. Le sembrava triste…eppure aveva cercato di dirle alcune delle cose che gli si agitavano nel cuore! Quando aveva capito cosa stava cercando di farle Kanna, si era sentito morire al pensiero di Kagome nelle grinfie di Naraku. Questo aveva messo una certa chiarezza nei suoi sentimenti. Perché lei ora faceva così? Forse pensava ancora ad Inuki e non voleva incoraggiarlo? Il pensiero gli indurì il viso in una maschera. No, Kagome non era una doppiogiochista. Non l’avrebbe tenuto sulla corda per farsi condurre alla Mon, non era da lei. Di certo non aveva capito che si stava innamorando di lei. Allora, che aveva detto per farla incupire così? Cosa aveva detto di sbagliato?
«Inuyasha?»
Inuyasha si voltò a guardarla. Lei lo fissava con occhi in cui luccicavano le lacrime e il Bannin si spaventò. Si stava addirittura per mettere a piangere?! Ma che aveva detto di male?
«Promettimi che non farai sciocchezze.- mormorò la ragazza, e Inuyasha si accorse che tremava un po’- Shippo è stato tanto male per aver tentato di colpire Kanna. Se ti succedesse qualcosa, io…io…»
Un singhiozzo la scosse. Il pensiero che Inuyasha potesse essere ferito o morire le spaccava il cuore. Inuyasha in preda al panico, le strinse ancora le mani.
«Non piangere! Oi! Non devi piangere!» esclamò, forte. Le accarezzò i capelli, poi se la strinse contro il fianco. Il buon profumo di Kagome lo stordì. «Non mi succederà niente, cosa credi?! Ho la pelle dura, io.» disse, cercando di rassicurarla. Era così buona, Kagome...così dolce. La sentì rilassarsi al suo fianco, smettere a mano a mano di piangere. Per Inuyasha, fu come trovarsi in paradiso. Si sentì in pace, libero da preoccupazioni o pensieri cupi. La sola vicinanza di Kagome era sufficiente per fargli pensare che tutto sarebbe andato bene. Riusciva a fargli dimenticare la realtà…che lui era ancora un Bannin che non poteva avere legami, che lei sarebbe presto tornata a casa sua, in un altro mondo…
«Ehm…»
Inuyasha e Kagome si irrigidirono, poi si voltarono lentamente. Poco distante, all’inizio della banchina, i loro compagni di viaggio erano in piedi ad attenderli.
«Non vorrei disturbarvi,- sogghignò Miroku- ma se non lavoriamo a quella benedetta barca, alla Taiyoo no Mon ci arriviamo per il Giorno del Giudizio.»
L’incanto era rotto. Inuyasha e Kagome si separarono di scatto, rossi fino alla cima dei capelli. Inuyasha cominciò subito a sbraitare contro Miroku e il suo umorismo fuori luogo. La costruzione della barca, per quel giorno, andò molto a rilento.

***

Kagura atterrò con poca della consueta grazia davanti alla Kurasa no Mon. La piuma si dissolse sotto i suoi piedi e la donna barcollò, stringendo i denti. Grazie alla magia, le sue ferite si erano quasi del tutto rimarginate, ma ancora le dolevano ad ogni movimento. La neve e il gelo dell’estremo nord le aggredivano la carne, quasi avessero zanne e artigli.
«Maledetto Inuyasha…» sibilò Kagura, un pugno fermo sul petto, stringendosi addosso le vesti. Se fosse stata più vicina, o non avesse fatto in tempo a costruire una barriera, la spada di Tochi no Bannin l’avrebbe fatta a pezzi. Brutto modo di concludere una spedizione offensiva.
Stringendo i denti e atteggiando la bella bocca a una smorfia sprezzante, Kagura si introdusse del buio antro della Kurasa no Mon. Vide subito Kanna. Lo spirito guardiano era avvolto in un bozzolo bianco, semi cosciente. All’interno del bozzolo si andava formando una forma piatta e tonda, che presto sarebbe diventata uno specchio. Senza quell'oggetto, che rappresentava la sua essenza, Kanna non poteva muoversi né adempiere al suo ruolo. La sua fortuna era che solo uno Shikon avrebbe avuto abbastanza potere da ucciderla!
Kagura proseguì nel buio, profondamente irritata. Senza passare dallo specchio di Kanna, la strada per il nuovo regno di Naraku era più lunga…e più spiacevole. Quel buio sembrava una cosa viva, viscida, sgradevolmente tiepida. Quando sbucò nella sala del trono di Naraku, Kagura era furiosa e disgustata.
«Naraku!- esordì, guardandosi attorno- Dove ti nascondi?»
«Non c’è bisogno di gridare, Kagura.» le rispose una voce, dietro una colonna. Kagura si voltò da quella parte, inviperita, ma subito perse il fiato e le parole sprezzanti le morirono in gola. Naraku era cambiato. Terribilmente cambiato. In quei pochi giorni d’assenza, Naraku aveva acquisito un corpo umano. Perlomeno, gran parte di lui ora aveva fattezze umane.
Naraku indossava una bianca pelle di babbuino, da sotto la quale spuntavano piedi umani. Camminava ancora leggermente curvo, ma questo non sminuiva la forte personalità dello Shikon. Una grossa massa di appendici e carne priva di vera identità gli spuntava ancora dalla schiena, e sembrava un pesante carico che Naraku fosse costretto a trascinarsi dietro. Il miglioramento, in ogni caso, era evidente.
«Improvvisamente muta, Kagura?- chiese Naraku, sollevando appena un sopracciglio- Noti differenze nella mia persona?»
«Tu…- balbettò Kagura, con la bocca secca- Il tuo aspetto…è migliorato.»
Naraku rise, una risata bassa e roca.
«Migliorato? Sì.- ammise, guardandosi- Credo di aver afferrato la chiave per recuperare una normale apparenza fisica e porre sotto il mio totale controllo il potere acquisito entro breve tempo.»
«Mi fa piacere.» mormorò Kagura, senza sapere cosa stava dicendo. Era troppo sbalordita e terrorizzata per pensare.
«Davvero?- chiese Naraku, con un sorriso maligno che la fece tornare in sé- Dunque, cosa ti porta a presentarti a me starnazzando come una gallina?»
Kagura fece una smorfia, stringendo i pugni, mentre Naraku si dirigeva verso il suo trono, che ancora non aveva potuto occupare.
«Sai già come si è svolta la faccenda no? Kanna è tornata prima di me, ti avrà detto tutto.» chiese, acida. Naraku annuì.
«Si stanno davvero dirigendo alla Taiyoo no Mon. Vogliono sguinzagliarmi contro Hikaruku.- disse, riflettendo ad alta voce- Un buon piano, se non fosse che ho tutta l’intenzione di impedirlo. Peccato che Kanna non sia riuscita a condurre a me quella giovane miko…ma non importa. Li rallenterò, poi prenderò la Sfera degli Shikon e quando avrò il completo controllo del mio corpo, oltrepasserò quella porta.» Si voltò di nuovo verso Kagura. «Questo comunque non spiega il tuo fare da pescivendola.» finì, sarcastico.
«Mi hai lasciata alla loro mercé!- sbottò Kagura, furiosa- Sapevi che ero stata gravemente ferita nel combattimento! Potevi richiamarmi qui in un secondo, come è successo a Kanna, invece mi hai costretto a fare tutta questa strada con le ferite infertemi da Inuyasha! Ho fatto ciò che tu volevi…»
«Davvero?- la interruppe Naraku, socchiudendo appena gli occhi in un’espressione allarmante- Non mi sembra di averti ordinato di uccidere i Bannin, ma a quanto so hai cercato di farlo con un certo impegno.»
Kagura fece un passo indietro, accusando il colpo.
«Ti ho detto molte volte che non mi piace questa tua smania di dimostrare il tuo potere, facendo di testa tua. I Bannin mi servono: saranno miei schiavi, legati da catene che non potranno spezzare.- le ricordò Naraku- Schiavi come lo sei tu, Kagura. Non tollero che i miei ordini vengano ignorati. Pensavo che un viaggio sofferto ti avrebbe fatto ragionare, ma vedo che occorrono misure drastiche…»
Naraku allungò una mano, palmo all’insù. Al suo interno comparve un cuore pulsante. Prima che Kagura potesse fare o dire qualsiasi cosa, Naraku strinse il cuore tra le dita. Kagura gridò, afferrandosi il petto e cadendo a terra. Rotolò sul pavimento, in agonia, mentre Naraku giocherellava con quel muscolo caldo.
«Ricorda che il tuo cuore è mio, Kagura. Ti conviene non fare altre sciocchezze.- le disse, duro- La prossima volta che avrò bisogno di ricordartelo, ridurrò questo stupido cuore in poltiglia.»
Ciò detto, Naraku aprì le dita, lasciando libero il cuore di Kagura, che svanì. Kagura rimase riversa sul pavimento, gli occhi sbarrati, ansimando. Con un sorrisetto malvagio, Naraku le voltò le spalle e se ne andò.
Kagura impiegò qualche minuto anche solo per trovare la forza di mettersi a sedere. L’orribile sensazione di quelle dita attorno al suo cuore non l’avrebbe abbandonata tanto presto. Si appoggiò con la schiena a una colonna, massaggiandosi il petto con una smorfia. Maledetto Naraku! E dannata lei e la sua smania di potere! Se solo quel dannato Kiiro no Me non l’avesse rifiutata…
Era accaduto venti anni prima. Kagura studiava magia da molto tempo e tutti la ritenevano straordinariamente dotata. Lei, esaltata dai risultati, aveva iniziato a disprezzare la sua natura umana e mortale. Desiderava diventare qualcosa di più. Aveva deciso di chiedere ad uno degli Shikon di prenderla come sua discepola. La scelta era caduta su Kiiro no Me. Lo Shikon era uno dei Luminosi, ma governava la notte. Aveva dimestichezza con ogni tipo di magia ed era il dio della razionalità. Chi meglio di lui avrebbe potuto coltivare le sue doti innate?
Kagura si era recata in Midoritsuchi e quindi alla Tsuki no Mon. Sapeva che questa si sarebbe aperta con la luna piena e infatti così era avvenuto. Il guardiano, un rospo nano con un bastone, non aveva voluto farla passare, ma non era stato necessario: Kiiro no Me era andato di persona a vedere chi avesse osato oltrepassare la Mon.
Kagura strinse le palpebre e fece una smorfia nel ricordare la propria vanagloria, il modo in cui la bellezza e la freddezza dello Shikon le avevano infiammato il sangue, e il brusco diniego di Kiiro no Me. Non l’aveva accettata come discepola. L’aveva mandata via senza una parola. Quell'uomo così bello e insensibile le aveva detto di accontentarsi della sua mortalità e di non disturbarlo mai più. Kagura si era ritirata, furiosa…e spaventata. Non riusciva ancora a credere di essere stata trattata con tanta noncuranza. Aveva deciso, per ripicca verso lo Shikon, di rivolgersi ad uno degli altri. Era tornata a Kaisui e aveva scoperto con stupore che la Kurasa no Mon era sempre aperta. Aveva trovato Naraku. Lui l’aveva accettata come discepola, ma le aveva tolto il cuore con l’inganno, in maniera da farla sua schiava. Le aveva dato la giovinezza eterna, nuovi poteri…ma ora tutto ciò che Kagura anelava era la libertà.
«La libertà.» mormorò, tra le labbra. Il suo viso stava riprendendo colore, il dolore retrocedeva. Niente le era mai sembrato più dolce di quella parola e niente le era mai parso più distante. Il suo cuore sarebbe stato libero solo se Naraku fosse morto. Purtroppo, solo gli altri Shikon avevano il potere di distruggere Naraku.
Si tirò a sedere dritta, corrugando la fronte. Già…gli altri Shikon potevano uccidere Naraku? Lo stregone aveva in sé il potere di due Shikon, ma i Luminosi erano più potenti di lui. E avevano dalla loro parte i Bannin. Se il gruppo di Inuyasha avesse liberato Hikaruku, tutte le restrizioni sarebbero cadute. Ci sarebbe stata una guerra di potere…e molto probabilmente Naraku sarebbe perito. Forse non essere riuscita ad uccidere i Bannin tornava a suo favore. Per essere libera, poteva solo sperare che Hikaruku tornasse alle Quattro Terre.
Se questo fosse successo, lei si sarebbe fatta trovare pronta.

***

Naraku si allontanò ed entrò nell’antro che gli faceva da laboratorio. Pur con i poteri di Shikon, non aveva abbandonato gli esperimenti con la materia che faceva quand’era solo uno stregone umano. Il sorrisetto che gli era comparso sulle labbra durante la tortura di Kagura, si accentuò. Davanti a lui, in quattro vesciche piene di liquido, galleggiavano gli embrioni delle sue nuove creature. Il suo esperimento più ambizioso stava dando i suoi frutti, proprio davanti ai suoi occhi.
«Crescete, miei cari. Crescete.- mormorò- Molto presto non avrò più bisogno di tenere in vita i Bannin….perché ne avrò di miei»
Rise alle sue stesse parole e il suono malvagio e sprezzante si propagò nella caverna oscura. Nei loro densi liquidi amniotici, le creature guizzarono in risposta.

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Capitolo 17
*** 16 - L'amore proibito ***


Author's note: Buon anno a tutti!!! ^___^

CAPITOLO 16

L’AMORE PROIBITO

I quattro Bannin, Kagome Higurashi e la piccola Rin di Toraika, si imbarcarono per Sunda sei giorni dopo lo scontro con Kagura. Erano stati fatti miracoli per costruire una barca e rifornirla di cibo in così poco tempo, ma i risultati erano buoni e garantivano una navigazione tranquilla…Naraku permettendo. Partirono in una mattina nuvolosa, appena movimentata qua e là da qualche raggio di sole. Miroku non salì sulla barca, ma si mise a fluttuare nell’acqua, uscendone solo dal petto in su, sospingendo la barca con una mano. Sango sedeva a poppa e il vento le spirava alle spalle, gonfiando la vela quadrata dell’unico albero. Rin guardava tutto con aria affascinata, mentre Shippo le spiegava che grazie ai poteri dei due avrebbero guadagnato almeno un giorno di viaggio.
«Sperando che non abbiano raso al suolo anche Godeiri, il porto di Sunda.» brontolò Inuyasha, in piedi a prua come un condottiero. In realtà scrutava le onde davanti a sé, temendo che presto Naraku avrebbe tentato di farli affondare.
«Non credo, il danno che ci procurerebbe è relativo.- commentò Miroku- Piuttosto, ritengo anch’io probabile un attacco sull’acqua. Il che mi va benissimo, visto che sono nel mio elemento.» Sogghignò pericolosamente.
«Miroku, non ti stanchi a nuotare così a lungo?» chiese Kagome, preoccupata. Miroku rise.
«Nuotare?- chiese- Guarda bene, Kagome-sama. Non sto nuotando!»
Kagome si sporse oltre il bordo della barca. Si accorse che Miroku, dal petto in giù, era invisibile.
«Com’è possibile?» chiese, stupita e interessata.
«Sono il Bannin dell’Acqua, perciò sono in gran parte costituito dal mio elemento.- spiegò lui, con un sorriso- Mi sento a casa quando viaggio attraverso l’acqua. E’ molto meglio che camminare.»
«Non ti devi preoccupare per lui, Kagome-chan.- disse Sango, che controllava il vento- Miroku si sta addirittura divertendo.»
«Ma sto anche lavorando, mia dolce Sango.- ribatté lui- Non vedi? La mia mano sospinge dolcemente le bombate curve di questa barca…»
Il silenzio cadde tra gli occupanti della barca mentre tutti notavano che la mano di Miroku accarezzava ben altre curve bombate…curve di proprietà di Sango. La Bannin strinse il pugno, trattenendo a stento un’esplosione d’ira che li avrebbe fatti ribaltare.
«Miroku! Brutto porco!» scattò, rifilandogli un pugno sulla testa e facendolo sprofondare del tutto.
«Se lo merita.» sentenziarono Inuyasha e Shippo, in coro. Quando Miroku riemerse, poco dopo, aveva l’aria abbattuta e un gran bernoccolo sulla testa.
«Sango, sei arrabbiata?» chiese, sbirciandola da oltre il bordo. Sango era voltata dall’altra parte, con le braccia incrociate sul petto. «Saaaangooooo….» cinguettò di nuovo Miroku, riuscendo a farsi venire persino le lacrime agli occhi.
«Zitto e spingi la barca, razza di pervertito!» ringhiò Sango, voltandosi di scatto verso di lui con un’espressione di ira terribile. Miroku fece un risolino nervoso e tornò a sospingere la barca senza fare altre storie. Kagome si sentì tirare per una manica da Rin. Abbassò lo sguardo su di lei e vide che aveva un’aria perplessa. Forse non aveva capito la natura del litigio. Le sorrise.
«Non ti preoccupare.- le sussurrò- Litigano sempre, ma in realtà si vogliono molto bene.»
Rin parve capire, poi si guardò attorno per controllare di non essere vista dagli altri e disegnò in aria con le dita un grosso cuore, poi un punto interrogativo. Kagome annuì e Rin sorrise, coprendosi la mano con la bocca. Aveva capito. Kagome trovò adorabile l’atteggiamento di Rin. Le dispiaceva così tanto per quella povera bambina: orfana e muta, eppure così coraggiosa e sensibile! Forse non avrebbero dovuto portarla con loro in un viaggio tanto pericoloso, ma in fondo a Toraika nessuno poteva più prendersi cura di lei e i Bannin l’avrebbero protetta meglio di chiunque altro.
Kagome si guardò attorno, respirando a fondo l’aria fredda del primo mattino. Il fiume sembrava una distesa immensa davanti a loro, oltre la figura di Inuyasha, che le dava le spalle. La costa di Toraika si allontanava dietro di loro. Le nubi in cielo promettevano che si sarebbero sfilacciate e rarefatte entro mezzogiorno e d’un tratto Kagome si sentì paradossalmente in pace. Sapeva di trovarsi in una situazione pericolosa, ma era in un luogo bellissimo insieme a persone che ormai considerava suoi amici…grandi amici. La traversata non sembrava altro che una gita in barca. Alzò le braccia al cielo, stiracchiandosi e sorridendo. Non ricordava di aver mai provato una sensazione così bella.
«Giochiamo agli indovinelli?» chiese.
«Eh?» fece Inuyasha, voltandosi a metà.
«Sì, sì, giochiamo!» esclamò Shippo, entusiasta, saltando in piedi.
«Rin e io facciamo squadra.- disse Kagome- Poi Shippo e Inuyasha, e Sango e Miroku.»
«Ma così vinceranno Sango e Miroku.» protestò Shippo, deluso.
«Che vuoi dire, che sono una schiappa? Ha parlato il genio!- disse Inuyasha, ringhiando, afferrandogli la testa in una morsa- E poi, non mi va di fare questo gioco stupido.»
«Indovinelli? Ci sto!» replicò Miroku.
«Ma io devo proprio fare squadra con Miroku?» borbottò Sango, cupa.
«Sango! Il mio cuore non può sopportare tanto disprezzo!» esclamò Miroku, fingendo di essere ferito al cuore e inabissandosi di nuovo, facendoli ridere.

***

La prima giornata di navigazione passò senza intoppi, in un clima allegro e sereno. L’attacco previsto giunse con il favore delle tenebre, ma non li occupò a lungo. Naraku aveva mandato loro semplici demoni delle acque e Miroku da solo avrebbe potuto averne ragione in poco tempo. L’uso di Tessaiga da parte di Inuyasha aiutò a farli fuori ancora più in fretta. Il secondo giorno di navigazione fu tranquillo. Evidentemente Naraku aveva capito che sull’acqua non c’era modo di sopraffarli. Kagome chiese se non fosse possibile viaggiare in quel modo fino alla Mon, ma sembrava che le porte fossero posizionate in luoghi estremamente difficili da raggiungere, in zone con condizioni climatiche o di conformazione territoriale che scoraggiassero i viaggiatori. La Taiyoo no Mon in particolare sorgeva in mezzo a una brulla steppa, oltre una catena di montagne impervie ricche di labirintici canyons.
Attraccarono a Godeiri quando il sole era tramontato da circa due ore. Il villaggio era integro e gli abitanti indenni, e accolsero con dispiacere la notizia della distruzione di Toraika. Offrirono loro alloggio e cibo, e promisero che avrebbero mandato aiuti per ricostruire il villaggio e la flotta di comunicazione. Il giorno dopo prese il via il loro viaggio attraverso Sunda.
Kagome si accorse subito della differenza tra Honoo e Sunda. La parte di Honoo che avevano attraversato ricordava molto il Giappone, con le sue campagne coltivate, le foreste e le dolci colline. Qui la vegetazione era più cupa, il terreno in prevalenza roccioso. In lontananza, già si potevano vedere le cime montuose che presto o tardi avrebbero dovuto superare. Spesso incontravano grandi laghi cristallini, dove Rin poteva divertirsi a guardare i pesci. Era una bella terra, che ricordava un po’ l’Europa Orientale. Naraku li fece attaccare senza sosta. I nemici non erano mai molto forti, ma quegli attacchi continui rallentavano terribilmente la loro marcia.
«Vuole solo farci perdere tempo.- disse un giorno Inuyasha, rinfoderando la spada e guardando con disgusto i cadaveri dei demoni pipistrello che avevano ucciso- Non capisco che cos’abbia in mente. Gli attacchi che abbiamo subito a Honoo erano più seri.»
«Di certo ha in mente qualcosa.- convenne Miroku- Forse…»
«Forse cosa?» chiese Shippo, dando fuoco ai cadaveri.
«Non starai pensando che Naraku stia per uscire dalla Kurasa no Mon, vero?» chiese Sango, stupita. Miroku scrollò le spalle, facendo tintinnare il tridente.
«Ne so quanto voi. In ogni caso, questo atteggiamento è strano.» tagliò corto, senza davvero rispondere alla domanda.
Quella notte si accamparono sotto uno sperone di roccia, all’ombra di un grande albero che si protendeva sulla strada. La luna faceva la sua comparsa tra le nubi, che viaggiavano veloci verso ovest. Kagome e Rin si erano addormentate vicine. I Bannin erano rimasti svegli a fare la guardia.
«Pensate che Hikaruku riuscirà a riportare Kagome-chan a casa sua?» chiese piano Shippo, osservando la figura addormentata di Kagome.
«Indubbiamente.- rispose Miroku- Tendiamo a dimenticarci quanto grande sia il suo potere.»
«Potere che ci serve per far fuori Naraku.- commentò Inuyasha, secco- Kagome dovrà aspettare che la guerra fra gli Shikon finisca. Se Hikaruku inizia a usare il suo potere per queste sciocchezze e ne sottrae alla battaglia, che la liberiamo a fare?»
Gli altri si zittirono, scrutando la faccia cupa di Inuyasha. Sango gli mise una mano sul braccio.
«Potresti chiederle di restare, Inuyasha.» disse, capendo subito da dove veniva il malumore di Tochi no Bannin.
«E a che pro?- ribatté lui- E’ quella la sua casa, non le Quattro Terre. E’ giusto che vi torni.»
«Ma tu non vuoi che vada via.» commentò Shippo, guadagnandosi un ringhio minaccioso.
«Inuyasha, nessuno di noi vuole che se ne vada. E’ una fanciulla adorabile.- sospirò Miroku, paziente- Credo che non le peserebbe affatto restare qui. Mi sembra si sia ambientata bene.»
Inuyasha rifletté, tenendo basso lo sguardo, poi scosse la testa.
«C’è sempre la sua famiglia. Lei non l’abbandonerà così facilmente.- mormorò- No, Kagome tornerà a casa. Mettiamoci una pietra sopra.»
Gli altri si guardarono, dispiaciuti nel riconoscere la verità sulla bocca di Inuyasha. Era vero, Kagome aveva molti affetti nel suo mondo. Se solo si fosse innamorata di Inuyasha abbastanza da…
«Arriva lo scocciatore.» disse Inuyasha, amaro, distogliendoli dai loro pensieri. Tutti alzarono gli occhi al cielo. Una schiarita aveva rivelato la luna piena e ora un raggio ne era scaturito fino a toccare terra. Al suo interno, comparve la figura avvenente e gelida di Kiiro no Me.
«Sesshomaru! Sei tornato a farci visita?» chiese Miroku, cordiale. Sesshomaru si guardò attorno, poi li raggiunse.
«Vedo che avete perlomeno raggiunto Sunda.- disse, senza rispondere al saluto, poi appuntò i suoi occhi sulla figura addormentata di Kagome- E senza perdere la Sfera.»
«Perché, che ti aspettavi?- chiese Inuyasha, ringhiando- Se sei venuto qui per fare del sarcasmo, te ne puoi pure andare.»
«Impara a tenere a freno la lingua, Inuyasha.- lo sferzò Sesshomaru, stringendo appena gli occhi ambrati- Voi, che avete un briciolo di cervello in più, narratemi le mosse di Naraku nell’ultimo mese.»
Gli altri si scambiarono un’occhiata perplessa. In quei cinquant’anni Kiiro no Me si era sempre disinteressato a Naraku, ma sembrava che adesso volesse mettersi in pari. Forse le parole di Inuyasha riguardo a Hikaruku l’avevano messo più in allarme di quanto volesse dimostrare. Sesshomaru rimase in piedi durante la narrazione degli ultimi fatti, costringendoli ad alzarsi a loro volta o a farsi venire il torcicollo. Ascoltò con aria indifferente, ma fu attento ad ogni loro parola.
«Kagura…- disse, a un certo punto- Una stupida maga umana, con gli occhi rossi?»
«Esatto.- ammise Sango- La conosci?»
«Ebbe l’ardire di proporsi come mia discepola. La scacciai.» fu la breve risposta dello Shikon.
«E quando mai…» borbottò Inuyasha, che se ne stava in disparte.
«Mi pare evidente che lei abbia allora tentato con Naraku e sia stata accettata.- considerò Miroku- La sua magia è forte, ma non insuperabile. Il problema con gli scagnozzi di Naraku è nelle scorrettezze che commettono. Non si fanno scrupoli a farsi scudo di esseri umani o ad incendiare interi villaggi.»
Sesshomaru corrugò appena la fronte. Non si interessava quasi per nulla alla vita degli esseri umani, ma essi erano in ogni caso sotto la sua giurisdizione e non poteva gradire che venissero massacrati per ordine di uno stregone spacciatosi per Shikon.
«Questo Naraku mira troppo in alto e quando cadrà farà un bel volo.- disse con voce appena percettibile- Anche Kanna è scesa in battaglia?»
Tutti annuirono.
«Quello che ci sconcerta, è che i suoi attacchi si sono fatti meno violenti. Sembra voglia prendere tempo.» disse Inuyasha, acido.
«Temiamo che sia vicino ad acquistare il controllo sul suo nuovo corpo.- aggiunse Miroku- Questo starebbe a significare che presto potrebbe uscire dalla Kurasa no Mon e attaccarci di persona…e sai che noi non possiamo combatterlo.»
Sesshomaru corrugò appena le sopracciglia, ma questo bastò a dimostrare la sua preoccupazione.
«Finchè non esce dal suo buco, non mi è dato di cancellarlo dalla faccia delle Quattro Terre. Inoltre, sapete bene che non posso uscire se non durante il plenilunio.- disse- Quella dannata Mon mi limita i movimenti. Hikaruku è in grado di spazzarlo via con un gesto, ma…» Guardò Sango, che scosse il capo.
«Da centinaia d’anni, c’è solo silenzio oltre la Taiyoo no Mon.- ammise- Non è cambiato nulla, Sesshomaru. Kohaku dice che Hikaruku è immota.»
Sesshomaru annuì, ma nei suoi occhi non fu possibile leggere alcuna emozione.
«Allora non possiamo fare affidamento sul suo potere, almeno non dopo l’immediata apertura.- continuò, come se nulla fosse- Fate uscire Hikaruku dalla Mon. Questo libererà anche me, dopodiché a Naraku penserò io.»
«Mi sembri un po’ troppo ottimista.- disse Inuyasha- Ricorda che quel dannato ha fatto fuori Kurasa e Konton.»
«Due deboli.- replicò Sesshomaru, sprezzante- Non osare paragonarmi a loro, Inuyasha. Il lungo sonno deve averti obnubilato il cervello.»
«Bastardo…- replicò Inuyasha, mettendo mano a Tessaiga- Ma che te lo dico a fare?! Quando mai hai ascoltato i consigli altrui?!»
«Non mi interessano i tuoi consigli. Badate solo a non farvi sottrarre la Sfera.» furono le lapidarie parole di Sesshomaru. Le voci alte svegliarono Kagome e Rin, che si alzarono a sedere. Kagome si stropicciò gli occhi, poi vide la figura bianca di Sesshomaru e scattò in piedi. Non ricordava che fosse giorno di luna piena! Lo Shikon la guardò appena, poi si voltò per andarsene. Kagome sentì Rin trattenere il fiato in un ansito e abbassò lo sguardo verso di lei. La bambina corse verso Kiiro no Me, sfuggendole dalle mani.
«Rin!» la chiamò Kagome, ma la bambina non si fermò finchè non ebbe raggiunto Sesshomaru e non gli si fu aggrappata ai pantaloni. Sesshomaru si fermò, abbassando lo sguardo su Rin con aria seccata.
«Chi diavolo è questa mocciosa?!- chiese- Toglietemela di dosso.»
«E’ Rin, una bambina orfana di…» iniziò a dire Shippo, correndo a recuperarla prima che Sesshomaru si infastidisse troppo. Se c’era una cosa che detestava, era essere toccato. Si fermò, però, prima di raggiungere la bambina. Rin e Sesshomaru si guardavano fissi negli occhi. Era una scena alquanto bizzarra. Rin aveva un’espressione sbalordita sul visetto bianco, i grandi occhi spalancati come per una meravigliosa sorpresa. Sesshomaru…beh, Sesshomaru sembrava perplesso, e turbato. Due espressioni che certo non gli erano usuali. Scrutava il viso della bambina come a volervi riconoscere qualcosa. In quel momento, Rin sorrise. Fu un sorriso dolcissimo, tenero, quasi commovente. Strinse ancora più forte il tessuto tra le dita, guardando Sesshomaru con sincera adorazione. Non poterono esserne certi a causa del buio, ma sembrò che Sesshomaru fosse impallidito.
«Chi è…questa bambina?» mormorò.
«Si chiama Rin.- rispose Kagome, incerta- E’ muta, non può parlare.»
«C’è qualcosa nei suoi occhi…» mormorò Sesshomaru, stringendo le iridi ambrate in un’espressione di concentrazione. Vedendo che la situazione non si sbloccava, Kagome decise di richiamare Rin.
«Rin, vieni qui. Sesshomaru-sama deve andare.» tentò. Subito, Rin si aggrappò alla gamba di Sesshomaru come un naufrago alla nave, scuotendo violentemente la testa.
«Rin, fai la brava…» tentò Shippo, allungando una mano verso di lei. Di nuovo, Rin scosse la testa e si abbarbicò alla gamba dello Shikon, iniziando a tremare. Shippo si voltò verso gli altri, stringendosi nelle spalle, non sapendo che fare. Con grande sorpresa da parte di tutti, Sesshomaru afferrò la bambina per le braccia e la alzò a livello del proprio viso.
«Vuoi venire con me.» disse. Non era una domanda. Rin annuì con enfasi, tornando a sorridere. Sesshomaru continuò a scrutarla per qualche istante, poi se la infilò sotto il braccio, puntellandola sul fianco come fosse un pacco, e si posizionò all’interno del raggio di luce lunare.
«Ehi! Non mi dire che te la porti via!» esclamò Inuyasha, sbalordito.
«Tornerò fra un mese. Mi aspetto di vedervi davanti alla Taiyoo no Mon.» furono le uniche parole di Sesshomaru. Rin salutò con la mano, sorridendo. Un secondo dopo, entrambi erano scomparsi.
Il gruppo restò basito, a bocca aperta come tanti pesci spiaggiati.
«Diavolo!- borbottò infine Inuyasha- Questa proprio non me l’aspettavo.»
«Non avrà problemi, vero?» chiese Shippo, perplesso.
«Perché dici così, Shippo-chan?» chiese Kagome, ancora sorpresa. La gamma di emozioni che era passata per un attimo sul volto dello Shikon alla vista di Rin l’aveva turbata.
«Non te ne sei accorta, Kagome?» chiese Inuyasha, corrugando la fronte.
«Di che?» chiese lei, già agitata al pensiero che potesse succedere qualcosa a Rin.
«La piccola Rin non è una bambina comune.- spiegò Miroku- Tutti noi abbiamo sentito qualcosa di particolare in lei. Forse ha abilità magiche, o qualcosa di simile. Certo è che non ne abbiamo afferrato la natura.»
«Ma…io mi sono sempre sentita bene con Rin. Ha il potere di darmi serenità.- disse Kagome, sorpresa- Perché dite che potrebbe dare dei problemi a Kiiro no Me?»
«Perché a tutti noi è passato per la mente che potrebbe essere una nuova trappola di Naraku.- disse Sango, poi alzò una mano per frenare le proteste di Kagome- Sappiamo che non è così, Kagome. Bastava vedere come interagiva con te. In ogni caso è pazzesco che Sesshomaru abbia deciso di portarla con sé e questo ci fa preoccupare per lui. L’Eccelso sa che ne ha già passate abbastanza.»
«A causa di Hikaruku?» chiese Kagome. Gli altri rimasero in silenzio. Inuyasha, addirittura, si sedette a braccia incrociate, dando ad intendere che voleva chiudere la conversazione. Per una volta, però, Kagome non demorse. «Vi prego, raccontatemi la storia di Kiiro no Me.- chiese agli altri- Desidero sapere cosa è successo in passato! Perché furono create le Mon? Chi è la persona che stiamo andando a liberare?»
I Bannin si scambiarono un’occhiata tra loro, tutti tranne Inuyasha, che si limitò a sbuffare. Miroku annuì e fece a Kagome cenno di sedersi.
«E’ un tuo diritto sapere.- disse- Mettiti comoda, sarà una storia un po’ lunga.»
Kagome non se lo fece ripetere due volte e gli altri si sedettero in circolo vicino a lei. Miroku guardò Sango, ma lei gli fece cenno di cominciare la narrazione.
«Ebbene, Kagome-sama…noi tutti, Bannin e Shikon, siamo stati creati da un dio supremo che noi chiamiamo l’Eccelso, il quale per molto tempo ha guidato le nostre esistenze con ferree regole.- iniziò Mizu no Bannin, facendo roteare tra i palmi delle mani il tridente- Siamo nati in momenti diversi e con poteri diversi. I Quattro Shikon governavano le Quattro Terre e potevano aggirarvisi a loro piacimento. Noi Bannin, invece, fummo assegnati ognuno ad una Terra e avevamo la severa proibizione di lasciarla. La nostra presenza nei regni garantiva la stabilità degli elementi.»
«Allora è vero che un tempo non vi conoscevate.- disse Kagome- Shippo mi aveva accennato…»
«E’ così, Kagome-chan. Ognuno di noi viveva per contro proprio, conoscendo gli altri solo di nome.- asserì Shippo- In compenso, venivamo visitati da tutti gli Shikon e ci colpì molto ciò che accadde in seguito.»
«Vedi, Kagome-sama, noi Bannin siamo stati creati come tre uomini e una donna. Lo stesso valeva per gli Shikon. Hikaruku era l’unica donna del gruppo, come Sango nella nostra situazione.- continuò Miroku- Tra di noi non sono mai sorti problemi, da quando ci conosciamo, ma per gli Shikon non fu lo stesso. Hikaruku era l’incarnazione stessa della luce del sole e tutti gli altri Shikon la bramavano. Il suo potere era immenso: il potere di dare la vita, come l’Eccelso. Gli Shikon desideravano piegare Hikaruku ai propri desideri.»
«Fu allora che accadde qualcosa che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato.- disse Sango, alzando gli occhi al cielo, persa in ricordi lontani- Vedi, Sesshomaru era l’unico tra gli Shikon a stare alla larga da Hikaruku. Non riponeva alcun interesse in lei, è sempre stato fiero del proprio potere e della propria abilità nell’usarlo. Non aveva bisogno di ‘mendicare potere altrui, soprattutto da una donna’, per citare parole sue.»
«Feh! Idiota.- borbottò Inuyasha- Faceva tanto il sostenuto e poi guarda dove siamo andati a finire.»
«Che vuoi dire?» chiese Kagome.
«Che è colpa sua se le Mon sono state create!- sbottò Inuyasha- Tutta colpa sua!»
«Andiamo con calma, Inuyasha.- lo rimproverò Miroku- Kagome-sama non può starti dietro mentre salti da un punto all’altro.» Fece cenno a Sango di andare avanti. Kaze no Bannin sospirò.
«In un modo o nell’altro, accadde che Hikaruku e Sesshomaru avessero modo di confrontare le proprie opinioni e i propri modi di pensare la vita nelle Quattro Terre. Vi fu una storica litigata tra i due.- sorrise al ricordo- Hikaruku venne da me per avere qualcuno con cui inveire contro Kiiro no Me. Era uno spettacolo! Lei, sempre così dolce e ridente…era furiosa, con le guance rosse e gli occhi scintillanti!»
«Era già persa di lui.- disse Inuyasha, e Kagome sentì un leggero rimpianto nella sua voce- E lui di lei, bel cretino. Presero ad incontrarsi a Midoritsuchi, con la scusa di discutere e litigare…invece si stavano innamorando come due ragazzini l’uno dell’altra.»
Kagome non si accorse di aver stretto le mani a pugno mentre ascoltava, rapita, le parole di Inuyasha.
«Inuyasha fu l’unico ad essere cosciente fino a che punto quei due fossero sulla strada di diventare compagni di vita.- disse Miroku- Si incontravano nel suo territorio e Hikaruku amava confidarsi con lui, forse perché le ricordava tanto Sesshomaru.» Alzò una mano per prevenire le scontate proteste di Inuyasha. «Fatto sta che Inuyasha fu il custode di un segreto molto grave: il vero amore tra due Shikon. Questo era proibito.»
«Ma perché?» chiese Kagome, con enfasi.
«Perché ogni potere a questo mondo era nato diviso. Sai, troppo potere nelle mani di una sola creatura avrebbe potuto portare disastri, se male utilizzato. Questa, almeno, era la spiegazione che si celava dietro la regola ferrea.- spiegò Inuyasha, cupo- Tutti bramavano Hikaruku, fregandosene della regola. La colpa di Sesshomaru fu di riuscire dove gli altri avevano fallito. Se metti insieme il potere di Hikaruku e quello di Sesshomaru, viene fuori qualcosa che ha poco da invidiare al potere dell’Eccelso.»
«Kurasa e Konton non sarebbero mai venuti a sapere degli incontri segreti di Sesshomaru e Hikaruku, perché Inuyasha li proteggeva.- continuò Sango, scuotendo il capo- Ma sai…la felicità è difficile da celare. E Hikaruku era davvero felice. Kurasa si accorse che qualcosa stava accadendo.»
«Tentò di prendere Hikaruku con la forza.- ricordò Miroku, con una smorfia- Che essere abbietto! Sesshomaru intervenne, com’è ovvio, e salvò Hikaruku. Poco ci mancò che mandasse al diavolo tutte le regole dell’Eccelso e lo squartasse…Hikaruku riuscì a fermarlo, ma forse non avrebbe dovuto farlo. In ogni caso, dalla memoria di quel combattimento deriva la leggenda di una guerra fra gli Shikon. E forse sarebbe anche scoppiata, perché Sesshomaru era furioso.»
«Kurasa capì cosa stava accadendo?» chiese Kagome. Le sembrava di vivere ella stessa quegli avvenimenti così lontani.
«Anche troppo.- disse Shippo, il viso venato di tristezza- Strinse alleanza con Konton e si recò dall’Eccelso. Denunciò Sesshomaru e Hikaruku, e dipinse il loro amore come una alleanza volta a minare la supremazia dell’Eccelso.»
«E lui credette alle loro bugie?- sbottò Kagome- Coma ha potuto?!»
«Kagome, devi capire che l’Eccelso doveva difendere le leggi che lui stesso aveva creato.» disse Miroku. Sospirò, scrollando le spalle. «O almeno, questo è quello che ci siamo detti noi in questi anni. Egli prese severi provvedimenti. Nemmeno Kurasa e Konton, che pure avevano fatto le spie, si salvarono dalla punizione. L’Eccelso creò le Mon e i rispettivi guardiani, e confinò gli Shikon nei loro regni ultraterreni, consentendo loro di tornare alle Quattro Terre solo in determinate occasioni. Le norme che ci legavano divennero ancora più ferree.»
«Hikaruku, poverina, fu completamente rinchiusa.- mormorò Shippo- Era lei l’oggetto della contesa, capisci? L’Eccelso pensò che gran parte della colpa fosse sua, per aver incoraggiato Sesshomaru.»
«Ma è…è assurdo!» esclamò Kagome.
«Assurdo?! Altroché!- disse Inuyasha, amaro, e Kagome si accorse che stava trattenendo una profonda frustrazione- Sesshomaru era fuori di sé, ma non aveva il potere di liberarsi. Sfogò la sua ira su di me, accusandomi di aver contribuito alla diffusione del loro segreto, come se non avessi fatto i salti mortali per nasconderli agli altri! Hikaruku fu rinchiusa, e piangeva…piangeva sempre.»
«Quanto piangeva.- mormorò Sango, e gli occhi le si riempirono di lacrime- Piangeva sempre, oltre la Taiyoo no Mon. E Sesshomaru veniva a Sunda ogni notte di luna piena e si metteva a battere contro quella porta, chiamandola…» La voce le si spezzò per un istante. «Lei, però, non poteva sentirlo. E continuò a piangere tanto che il sole si oscurò.»
«Fu davvero terribile.- disse Miroku, annuendo- Questo, però, fece comprendere all’Eccelso quale dolore stesse spezzando il cuore di Hikaruku. Così, decise di darle una possibilità. Se gli uomini avessero deciso che l’amore fra gli Shikon poteva coronarsi, lui non avrebbe più messo becco nella faccenda. Creò la Shikon no Tama, la chiave di tutte le Mon, e l’affidò alla prima Hikaruku no Miko, Midoriko. Purtroppo, per rendere la cosa molto più complessa fece spargere la voce che le Mon erano associate a una maledizione legata all’oscuramento del sole, che era appena tornato alla normalità, e Kurasa e Konton contribuirono a condire le dicerie con fervore.»
«L’Eccelso non voleva che la cosa fosse troppo facile.- sbuffò Shippo, seccato- Voleva che l’apertura della Mon avvenisse per mezzo di un cuore puro senza alcuna paura, capace di scavare nel passato fino a giungere alla verità. Per questo, ci dispensò dalla regola che ci incatenava ai nostri regni e ci affidò il compito di proteggere le Hikaruku no Miko. Noi eravamo legati al silenzio, tranne nel caso in cui la miko stessa non avesse desiderato sapere del passato e aprire con le sue mani la Taiyoo no Mon.»
«Ti stupisce sapere che tu sei la prima ad aver avuto questo coraggio, in mille anni? Le altre si accontentavano di averci alle loro dipendenze.» disse Miroku a Kagome, con un sorriso mesto. Kagome abbassò lo sguardo, profondamente turbata. La terribile storia d’amore che i Bannin le avevano raccontato poneva in una luce del tutto differente Kiiro no Me e la sua freddezza. Al pensiero di quella coppia di innamorati separati da una porta per l’eternità le cresceva un grosso magone in gola. Guardò Inuyasha. Sembrava stanco, come se quella storia lo avesse costretto a ripercorrere secoli di difficoltà. La voglia di piangere crebbe.
«Kikyo fu la sola a sembrare almeno interessata all’eventualità.- disse Inuyasha, gelandola- Quanto tentai di convincerla…Ma avevo le mani legate, non potevo dire più di tanto. In ogni caso, ero così stufo di questa vita che desideravo chiedere a Hikaruku di dispensarmene. Una scusa buona l’avevo.»
«E siamo al giorno d’oggi.- sospirò Miroku- Se Hikaruku uscirà dalla Taiyoo no Mon, le leggi dell’Eccelso cadranno. Gli Shikon saranno i soli a governare…e non ci sarà più alcuna proibizione nell’amare qualcuno.»
Una mano di Mizu no Bannin si allungò, nascosta, a stringere quella di Sango. Kagome si accorse del movimento e trattenere le lacrime fu ancora più difficile. Per la prima volta si sentì felice, orgogliosa di essere entrata a far parte delle Quattro Terre. Il suo viaggio avrebbe portato più gioia in un mondo che aveva conosciuto soltanto prigionia.
«Aprirò quella porta.- mormorò, stringendo forte la Sfera degli Shikon tra le dita- Lo giuro. Dovesse costarmi la vita, io l’aprirò.»
«Finchè saremo in vita noi, niente ti toccherà.» disse Inuyasha, posandole una mano sulla spalla e fissandola con i suoi occhi ambrati. Kagome ricambiò lo sguardo, poi sorrise e annuì.
Sperava che l’apertura della Taiyoo no Mon riuscisse a sbrogliare anche i sentimenti aggrovigliati nel suo cuore.

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Capitolo 18
*** 17 - Il piano di Naraku ***


CAPITOLO 17

IL PIANO DI NARAKU

Il sole stava calando all’orizzonte quando i Bannin e Kagome raggiunsero le pendici della catena montuosa che li separava dalla Taiyoo no Mon. Alle loro spalle il sole affondava, rosso e gonfio, tingendo le cime impervie spolverate di neve di una luce color sangue.
«Sono impressionanti.- disse Kagome, trattenendo un brivido- Dovremo…scalarle?»
«Non scalarle, ma attraversarle.- disse Inuyasha, scrollando le spalle- Ci sono un sacco di canyon tra queste montagne, e tunnel. Troverò io la strada.»
«Così finalmente potrai metterti in mostra.» commentò Shippo, ricevendo come ringraziamento un pugno sulla testa.
«Ci accampiamo qui o proseguiamo ancora un po’?» chiese Miroku, scrutando i dintorni. Avevano perso tempo con il solito attacco di Naraku, quella mattina, ed erano giunti alle montagne con qualche ora di ritardo. Ormai avevano perso il conto di quanto tempo avessero sprecato a causa degli scagnozzi dello stregone.
«Cerchiamo di trovare l’imbocco di un tunnel o un canyon. Preferisco avere attorno le montagne che restare all’aperto.» disse Inuyasha, cupo.
Kagome pensò che Inuyasha aveva ragione. Era una zona era brulla e allo scoperto, e questo avrebbe reso più difficile fare la guardia durante la notte. Sentì una punta di soddisfazione nel notare che stava iniziando a entrare nell’ottica. Era sempre più conscia del suo ruolo di Hikaruku no Miko e dell’importanza che avevano la sua incolumità e quella della Sfera. Si era anche abituata a combattere e non aveva più paura, qualunque cosa le si parasse di fronte. Il desiderio di non mettere in pericolo i suoi amici, Inuyasha in particolare, per la difesa di un peso morto, le aveva dato la carica per mettere in pratica tutto ciò che aveva imparato al club di tiro con l’arco. Da quando aveva conosciuto la storia passata degli Shikon, poi, era ancora più motivata. Perfino il suo potere distruttivo era aumentato! Peccato che ancora non fosse riuscita a usare il potere Taiyoo…non sapeva nemmeno che razza di potere fosse...
«Kagome, sei stanca?»
Alzò lo sguardo alla domanda di Inuyasha e si accorse che gli altri si erano già incamminati.
«Scusa! Ero distratta!» si scusò, affrettandosi a raggiungerlo. Inuyasha la guardò con curiosità, corrugando le sopracciglia, poi scrollò le spalle. Le camminò a fianco, mentre gli altri proseguivano il cammino a una certa distanza, chiacchierando tra loro.
«Se sei stanca, ti posso portare io.» propose Inuyasha. Si stupì di vederla arrossire violentemente.
«No, no…posso camminare!» farfugliò Kagome, imbarazzata. Qualche volta Inuyasha l’aveva portata sulla schiena, quando era stato il caso di correre o di superare qualche ostacolo naturale sulla via, ma era una sensazione troppo piacevole e la turbava molto. Preferiva non mettersi nei guai senza motivo.
«Come vuoi. Volevo solo farti un favore.» borbottò Inuyasha. Kagome gli sorrise, facendogli capire che il suggerimento non l’aveva infastidita. Continuarono a camminare in silenzio per un po’. Kagome guardò Inuyasha da sotto le ciglia scure, cercando di non farsi notare. Il profilo del Bannin era così bello…giovane, ma forte, deciso. I capelli d’argento gli fluttuavano alle spalle, tinti di rosso dal sole morente. Guardava davanti a sé con determinazione, segno tangibile della sua testardaggine e del carattere forte che lo caratterizzava. La sua dolcezza, invece, era rivelata da quelle adorabili orecchie canine sul suo capo e da una certa luce sofferente nei suoi occhi ambrati. Kagome si sentì arrossire ancora e abbassò lo sguardo sui propri piedi. Era terribilmente attratta da Inuyasha. Ormai era certa di essersi innamorata di lui.
Si morsicò il labbro inferiore, frustrata. Le sembrava una cosa terribile aver dimenticato Inuki dopo così poco tempo…Beh, non che l’avesse davvero dimenticato. Inuki era una versione più…come dire…in sordina di Inuyasha. Forse era inevitabilmente attratta da quel tipo d’uomo, chissà? In ogni caso, Inuyasha era tutto ciò che lei aveva cercato in Inuki e che lui le aveva rifiutato. Kagome avvertì una grande tristezza al pensiero di quell'amore appena nato. Lei doveva tornare a casa e Inuyasha era un Bannin immortale. Non poteva funzionare tra loro. Inoltre, Inuyasha amava ancora Kikyo…no? Lo guardò ancora, timidamente.
«Inuyasha…» lo chiamò. Lui abbassò lo sguardo su di lei. «Inuyasha, vuoi ancora chiedere ad Hikaruku di sollevarti dal tuo incarico di Bannin?» chiese.
Inuyasha la guardò con una certa sorpresa, non essendosi aspettato quella domanda. Rifletté per un istante, corrugando la fronte, poi si strinse nelle spalle.
«Beh, dovrei.- rispose infine- E’ molto tempo che desidero essere libero dalle leggi di queste Terre.»
«A causa di quello che successe a Kiiro no Me e Hikaruku?» chiese Kagome.
«Anche per quello.- ammise Inuyasha, annuendo- Non mi sono mai piaciute le regole ferree. Inoltre, questa storia di dover proteggere le Hikaruku no Miko mi ha proprio cavato il sangue.»
«Mi spiace.» mormorò Kagome. Inuyasha le sorrise e a Kagome sembrò che il sole fosse sorto di nuovo.
«E perché? Tu sei l’unica Hikaruku no Miko che stavamo aspettando!- disse, sollevando un sopracciglio- Io sto parlando di quelle altre streghe, che ci trattavano come servi…a noi, i Bannin delle Quattro Terre! Se ci ripenso mi viene voglia di sfasciare qualcosa.» Fletté le dita dotate di artigli per sottolineare la frase e un lampo pericoloso gli passò negli occhi. Kagome sorrise, immaginando quanto poco gli fosse piaciuto essere costretto a servire qualcuno.
«Quindi hai cambiato idea o no?» chiese ancora. Inuyasha sbuffò, poi tornò serio.
«Sinceramente, non lo so.- rispose- In un modo o nell’altro, questa schiavitù sta finendo. Potrei anche decidere di tornare ad occuparmi di Midoritsuchi, una volta conclusa la guerra contro Naraku. D’altra parte…» Rimase zitto per un istante, poi continuò. «D’altra parte mi piacerebbe vivere come un uomo normale. Un uomo che può vivere, crescere, cambiare, e…»
«E amare?» finì per lui Kagome, arrossendo.
«E amare.- confessò lui, arrossendo un po’ a sua volta e guardando altrove- Ma forse combinerei un casino. Hikaruku sarebbe costretta a trovare un altro Tochi no Bannin per prendere il mio posto. E poi diventerei debole e mortale. Non lo so. Tu mi ci vedi, debole e mortale?»
Guardò Kagome con uno sguardo quasi implorante. Kagome non riuscì a capire se Inuyasha desiderasse una risposta positiva o una negativa. Inuyasha sorrise con cinismo e autocommiserazione. «Sono ragionamenti inutili.- disse, aspro- E’ ovvio che per me soltanto non rinuncerei ai miei privilegi. Ma per qualcuno…per qualcuno potrei anche farlo. Se me lo chiedesse.»
Kagome sobbalzò, pensando che Inuyasha stesse riferendosi a Kikyo. Certo, per stare con la donna amata Inuyasha avrebbe anche potuto fare il sacrificio di diventare un essere umano! Purtroppo Inuyasha non avrebbe mai preso in considerazione il suo amore per lui…e Kagome non gli avrebbe mai e poi mai chiesto di diventare mortale per starle a fianco. Si accorse di essere sul punto di mettersi a piangere.
“Kagome, insomma! Datti una controllata!” pensò, respirando a fondo per recuperare la calma.
«Ehi, ho trovato un canyon!- esclamò in quel momento Shippo, interrompendo la loro conversazione- Inuyasha, vieni a vedere se ti dice qualcosa di buono.»
Inuyasha fissò Kagome per un attimo, cupo in volto, poi si allontanò per esaminare il canyon e Kagome rimase a guardarlo, sentendo per la prima volta come una condanna il suo imminente ritorno a casa.

***

Kagura camminò con passo felpato fino a una colonna. Vi si appoggiò, poi sporse il capo al di là del suo nascondiglio per osservare il corridoio oltre la sala del trono. Era vuoto e buio. Naraku vi era scomparso dentro qualche istante prima. Tormentandosi le labbra dipinte di rosso, Kagura attese ancora qualche momento, poi corse con movimenti leggeri fino alla fila di colonne più vicine all’ingresso del corridoio. Sbirciò ancora nel buio. Una porta si aprì e si chiuse, più avanti. Naraku era entrato nel suo laboratorio.
Kagura appoggiò la schiena alla colonna, contando fino a dieci prima di muoversi. Era ormai chiaro che Naraku non stava trafficando a casaccio tra i suoi ingredienti di magia, trascorrendo in esperimenti il tempo che ancora gli rimaneva prima di assumere il controllo sul proprio corpo. Una smorfia le solcò il viso. Naraku stava migliorando a vista d’occhio. Le appendici che sporgevano dal suo corpo si riducevano di giorno in giorno. Di quel passo, Naraku sarebbe stato in grado di uscire dalla Kurasa no Mon entro tre settimane, un mese al massimo. Un’apparenza totalmente umana sarebbe stata il segnale di una effettiva trasformazione in Shikon. Il grande giorno era quasi giunto, proprio nel momento in cui Kagura si trovava a dover decidere cosa fare della sua esistenza.
Guardò di nuovo oltre la colonna, nel buio, poi si incamminò rasente alla parete, senza produrre il minimo rumore. Naraku era quasi pronto per uscire allo scoperto, prendere la Sfera e inglobare Hikaruku. Gli ostacoli che poneva sulla strada dei Bannin li avevano rallentati talmente che con tutta probabilità avrebbero raggiunto la Taiyoo no Mon solo per trovarsi di fronte Naraku ad attenderli. Allora la Mon sarebbe stata aperta, Hikaruku sarebbe stata inglobata, perché di certo la prigionia l’aveva indebolita, e sarebbe stata la fine di Kiiro no Me. Un solo Shikon avrebbe governato le Quattro Terre: Naraku. La visione del prossimo futuro aveva messo i brividi addosso a Kagura, che si era vista schiava dello Shikon per l’eternità.
La tentazione di cambiare bandiera era forte. Kagura voleva il potere, ma desiderava sopra ad ogni cosa essere libera. Naraku, però, aveva il suo cuore e, finchè fosse vissuto o qualcuno non avesse spezzato quel particolare incantesimo, Kagura rischiava la pelle a ogni azione sospetta o anche solo stravagante. Dopo essere stata ammonita severamente al suo ritorno da Toraika, Kagura aveva già visto la morte in faccia un’altra volta, pochi giorni prima. Insospettita dal continuo andare e venire di Naraku in quella stanza di nuova fattura, la donna aveva tentato di spiare all’interno, ammantandosi di magie d’invisibilità e di silenzio.
A quanto pareva, però, il laboratorio era pieno di allarmi che rilevavano la magia. Naraku l’aveva scoperta e le aveva dato un saggio di quanto poco avesse gradito la sua curiosità. Kagura non si era ancora arresa, in ogni caso. Quel poco che aveva visto l’ultima volta oltre la figura di Naraku stagliata sulla soglia aveva ulteriormente fomentato la sua curiosità. La fortuna era stata dalla sua parte quando aveva visto Kanna raggiungere Naraku al laboratorio. Avrebbe dovuto trovarsi in viaggio per reclutare nuovi demoni alla causa di Naraku, ma aveva posticipato di qualche ora la partenza…e aveva fatto bene. Kanna era a parte dei segreti dello stregone e aveva oltrepassato la soglia segreta senza far scattare alcun allarme. Kagura aveva compreso che la stanza era a prova di magia…ma soltanto di quella! Naraku credeva che lei non avrebbe mai avuto il fegato di avvicinarsi tanto ad un segreto che avrebbe potuto costarle la vita senza protezione magica.
Mentre si avvicinava alla porta, il viso di Kagura si storse per il disprezzo. Naraku non era andato tanto lontano dalla verità: in quel momento si sentiva vulnerabile tanto da tremare. Nonostante questo, avrebbe rischiato ancora una volta, l’ultima, per scoprire qual’era il segreto di Naraku e cercare di volgerlo a proprio favore. Si accostò alla porta. Oltre ad essa, Naraku stava dicendo qualcosa. Guardandosi alle spalle un’ultima volta per accertarsi che Kanna non stesse per arrivare, Kagura avvicinò l’occhio alla serratura della porta.
Non vide molto della stanza. A dire la verità, riusciva a scorgere solo la schiena di Naraku, ancora deturpata da zampe e appendici varie, e la candida pelle di babbuino che lo ricopriva. Lo Shikon parlava con qualcuno…ma con chi? Oltre la sua sagoma riusciva a scorgere solo due contenitori verticali di vetro in cui ribollivano strani liquidi colorati. Una luce lattiginosa illuminava la stanza. Kagura appoggiò l’orecchio alla porta, cercando di sopperire con l’udito alla visuale limitata.
«…non mi serviranno più. Quando li batterete, anche gli Elementi mi obbediranno.- sentì dire a Naraku- Le Quattro Terre avranno nuovi governatori.»
«Cosa…siamo…noi?» chiese una voce. Kagura sobbalzò, sorpresa, e tentò di nuovo di guardare dalla serratura. Naraku si era spostato un po’ e ora Kagura riuscì a vedere cosa si nascondeva nei contenitori. Una figura umana, ancora abbozzata ma riconoscibile, si andava formando all’interno di un liquido verde scuro. Kagura tornò immediatamente ad ascoltare, sconvolta al pensiero che Naraku si fosse cimentato perfino nella creazione di nuove forme di vita.
«…il loro posto.- stava dicendo Naraku, ridendo con il suo fare freddo e malvagio- Sarete Bannin, che altro? Vi ho dato la vita, vi darò anche i poteri per batterli. A questo mondo, chi uccide un Potente ne può prendere il posto.»
Kagura si mise una mano sulla bocca per soffocare un’esclamazione. Naraku aveva intenzione di far uccidere i Bannin e sostituirli con le sue creature?! L’intero creato ne sarebbe stato sconvolto!
«I vostri nomi sono già decisi: Bankotsu, Jakotsu, Suikotsu e Renkotsu. Voi mi obbedirete e governerete gli Elementi come io vi ordinerò.- continuò Naraku, e Kagura avvertì la soddisfazione nella sua voce- Ora non mi resta che illustrarvi le potenzialità dei vostri nemici…»
Kagura si alzò. Aveva sentito abbastanza e rischiato altrettanto. Senza fare il minimo rumore, Kagura raggiunse la sala del trono, la attraversò e si incamminò verso la Mon. Oltrepassò Kanna, la quale non alzò nemmeno lo sguardo.
«Vado ad organizzare un nuovo attacco.» disse Kagura, tirando fuori il ventaglio e salutando svogliatamente Kanna con una mano. Uscì all’aperto, nel gelo del nord di Kaisui. Solo allora si portò una mano al cuore che non aveva più. Ciò che aveva sentito era terribile…se si fosse avverato. Stringendo le labbra in una linea sottile, Kagura evocò una grossa piuma e si alzò in volo, diretta a sud-est. I Bannin attuali erano un ottimo appoggio per Hikaruku e Kiiro no Me. Aveva desiderato ucciderli per dimostrare qualcosa a se stessa, ma ora le loro vite erano diventate importanti. Rappresentavano una possibilità in più di riconquistare la sua libertà.
«Che faccio?- sibilò, corrugando la fronte- Che posso fare?»
Non poteva raggiungere i Bannin sulla catena montuosa di Ryuda. Naraku le aveva espressamente vietato di attaccarli di persona, perciò non poteva nemmeno fingere di volerli impegnare in combattimento. Poi le venne un’idea. Kagura staccò una piuma dalla sua acconciatura, mormorò alcune parole, poi la soffiò via dal palmo. La piuma volò nel vento e nella neve, precedendola e scomparendo alla vista. Conteneva un messaggio importante. Con un sorrisetto di soddisfazione, Kagura si mise comoda sulla sua piuma. Come prevedeva, presto i Saimyosho iniziarono a scortarla nel suo volo, controllando i suoi movimenti come Naraku aveva ordinato.

***

L’attraversamento delle montagne di Ryuda si rivelò più complicato del previsto per Kagome.
Il terreno era aspro e difficile, e spesso la ragazza era costretta a farsi portare da Inuyasha per non intralciare il cammino e  non far perdere altro tempo. Il fatto che spesso dovessero viaggiare sottoterra non aiutava. Inuyasha scovava lunghe caverne che consentivano loro di tagliare dritto attraverso più montagne di seguito ma, sebbene in quei casi di solito il cammino fosse più agevole, trovarsi sotto tonnellate e tonnellate di roccia metteva i brividi addosso a Kagome. Shippo illuminava costantemente la via, così da non aggiungere il buio agli altri disagi. Nel complesso, la settimana di viaggio appena trascorsa pareva interminabile.
«Ti avrei portata in volo, Kagome, ma gli altri…» diceva ogni tanto Sango, dispiaciuta per lei.
«Ci mancherebbe altro, Sango!- rispondeva sempre Kagome, sorridendo- Non preoccuparti per me.»
In fondo, non le dispiaceva così tanto essere portata sulla schiena da Inuyasha, o essere presa tra le braccia quando si trovavano a dover superare una polla d’acqua un po’ profonda, o tenere la sua mano quando si facevano largo tra le rocce nei canyon. Inoltre, da quando si trovavano sulle montagne erano stati attaccati solo un paio di volte. Nel complesso, i vantaggi bilanciavano i fastidi. Quella mattina stavano camminando lungo un cunicolo buio dal soffitto basso, dopo aver passato la notte in una grossa aula di pietra, in cui scintillavano cristalli di quarzo.
«C’è una luce più avanti.- disse Inuyasha, che faceva strada- Siamo quasi fuori.»
«Meno male.» sospirò Kagome, plateale, facendoli sorridere.
«Mi rendo conto che questo viaggio è disagevole per te, Kagome-sama.- disse Miroku- Purtroppo questi monti ci faranno compagnia ancora per lungo tempo.»
«Oh, non importa, Miroku.- disse Kagome, scuotendo il capo- Mi sento tranquilla, perché Inuyasha riesce sempre a trovare la strada giusta. Non so come faccia, ma…»
«Le montagne mi parlano e mi tengono lontano dai vicoli ciechi.» spiegò Inuyasha, tagliando corto.
«Inuyasha, trovo che questo sia un potere meraviglioso.- disse Kagome, ammirata, sorridendogli con calore- Davvero senti le montagne parlare? Com’è la loro voce?»
Kagome guardò le pareti buie con nuova curiosità e Inuyasha scoccò un’occhiata a Miroku in cerca d’aiuto.
«Ci credi se ti dico che non te lo so spiegare in parole?» disse, quando Miroku si tirò fuori dalla discussione alzando entrambe le mani all’altezza delle spalle.
«Oh…- mormorò Kagome, delusa, poi sorrise di nuovo- Non importa, non fa niente. E’ comunque una cosa bellissima. Le montagne che parlano…come vorrei sentirle anch’io!»
Inuyasha tornò a guardare di fronte a sé, imbarazzato. Lo turbava l’entusiasmo che Kagome manifestava per i suoi poteri. Le altre Hikaruku no Miko li avevano sempre presi per scontati e lui non aveva alcun motivo per vantarsi di qualcosa che sapeva fare fin dalla nascita. Le parole di Kagome, però, riuscivano a fargli provare un certo orgoglio, una certa stima di sé. E gli facevano battere il cuore come ad un pivello. Era imbarazzante. Sguainò la spada, tanto per fare qualcosa.
«State all’erta, siamo quasi all’uscita.» disse. La forte luce del giorno entrava da un’apertura semicircolare, il luogo ideale in cui tendere un’imboscata. Non aveva bisogno di ricordarlo agli altri, ma la frase gli servì per riprendere il controllo di sé. Uscirono nella luce del sole, sotto un cielo così azzurro da sembrare finto. Le rocce li circondavano su tutti i lati, cosparse di cespugli dalle radici robuste picchiettati di fiori gialli, che spandevano un profumo dolce.
«Che meraviglia!» esclamarono in coro Kagome e Shippo, respirando l’aria pura a pieni polmoni. Inuyasha guardò avanti e corrugò la fronte nel notare che la via si faceva insidiosa.
«Da qui in avanti sarà meglio che ti porti io, Kagome.- disse- Faremo pri…» Non poté finire la frase. Fece appena in tempo a vedere una piuma bianca volteggiare a qualche metro da terra, che Kagura gli comparve davanti agli occhi. «Kagura! Di nuovo tu?!» ringhiò, mettendosi subito in posizione di attacco, mentre gli altri si paravano davanti a Kagome e si preparavano a combattere.
«Metti via quella spada, Inuyasha.- disse la maga, tenendo il ventaglio davanti alla bocca- Non puoi farmi niente con quella. Io non sono nemmeno qui.»
«Cos…che stai dicendo, dannata?» esclamò Inuyasha, stringendo più forte l’elsa di Tessaiga.
«Guarda bene, sciocco.- disse lei, sollevando un sopracciglio- Questa è soltanto una mia immagine. La spada non ti servirà a niente.»
Inuyasha aguzzò lo sguardo, scrutando con sospetto la figura della donna.
«E’ vero, Inuyasha.- mormorò Sango- Vedo la strada attraverso di lei.»
Inuyasha si accorse a sua volta che attraverso il vestito della donna riusciva a vedere le rocce e i cespugli. Non per questo accennò a metter via la spada
«Che diavolo vuoi, strega?» chiese, duro. Kagura piegò la testa sulla spalla, ironica.
«Ma che brutte maniere. Forse non meritate di sapere ciò che sono venuta a dirvi.» commentò.
«Parla o vattene, Kagura.- disse Miroku, corrugando la fronte- Ciò che Naraku può farci riferire, non ci interessa.»
«Quello che vi dirò non viene da Naraku.- mormorò Kagura, socchiudendo gli occhi rossi- Se sapesse che vi sto parlando, mi ucciderebbe.»
I Bannin si guardarono, increduli. Kagura chiuse il ventaglio con un gesto secco.
«Bene, sappiate questo: Naraku ha creato quattro creature con la sua magia oscura e presto ve le sguinzaglierà contro.- disse, brusca- Il corpo di Naraku è quasi perfetto, ormai. Una volta inglobata Hikaruku, per Kiiro no Me sarà la fine. Voi vi siete schierati apertamente contro Naraku, perciò lui cercherà di sostituirvi con le sue creature.»
«Cosa?!» ansimò Sango.
«Che stai dicendo, maledetta?!- ringhiò Inuyasha- E’ impossibile che…»
«Chi uccide uno Shikon ne prende la carica.- disse Kagura, sprezzante- Stessa cosa per chi ammazza un Bannin, se vuole. E queste creature sono nate apposta. Cercate di preparare i vostri poteri allo scontro, se volete sopravvivere.»
«Perché ci dici questo, Kagura?- chiese Miroku, cupo- Naraku è il tuo padrone.»
Il viso di Kagura fu sfigurato da una smorfia di tale odio che nessuno più dubitò della veridicità delle sue parole.
«Naraku mi tiene prigioniera, perché mi ha tolto il cuore.- sibilò- Non lo tradirò apertamente…l’unica cosa che posso fare è avvertirvi, e come vedete non di persona. Se avete un briciolo di cervello, date credito alle mie parole. Ed ora, addio.»
«Aspetta, Kagura!» esclamò Inuyasha, ma era troppo tardi. L’immagine di Kagura si dissolse e una piuma si sollevò nel vento, scomparendo presto oltre le rocce. Inuyasha mise Tessaiga nel fodero con un gesto secco.
«Nientemeno adesso vuole sostituirci.- disse tra i denti- Dannato Naraku…quanto vorrei strappargli la testa dal collo!»
«Davvero può fare ciò che Kagura ci ha raccontato?» chiese Kagome, preoccupata.
«Dipende dalla forza delle sue creature.- disse Miroku, corrugando la fronte- Se le ha fatte abbastanza potenti, e ci sopraffacessero, diventerebbero Bannin al diretto servizio di Naraku. Le opere della magia non durano mai a lungo, ma se Naraku dovesse inglobare Hikaruku potrebbe perfezionarli e farne dei veri esseri immortali.»
«E in quel caso, ogni cosa nelle Quattro Terre sarebbe sotto il suo controllo.» finì per lui Shippo, cupo. Kagome alzò lo sguardo su Inuyasha, il quale sbuffò.
«Bah! Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.- disse, le mani sui fianchi- Siamo noi i Bannin, fin dalla creazione, e non ci faremo spaventare né mettere sotto da stupide imitazioni create con la magia. Cerchiamo di non fare il gioco di Naraku.»
«Inuyasha ha ragione.- disse Sango, convinta- Di certo Naraku non li manderà ad attaccarci prima di aver superato le montagne. Abbiamo tempo di prepararci e rafforzare il nostro potere.»
Miroku, Inuyasha e Shippo annuirono. Kagome sperò in cuor suo di essere in grado di dar loro una mano.
Più tardi, quella sera, il gruppo si accampò all’aperto, tra due costoloni di roccia rosata. Kagome si addormentò quasi subito. I Bannin, invece, iniziarono la lunga serie di meditazioni che li avrebbe portati a rafforzare il loro potere. Era molto tempo che non si preparavano ad una vera e propria battaglia e non avevano mai dovuto utilizzare i poteri al massimo delle loro forze. La minaccia delle nuove creature di Naraku, però, esigeva provvedimenti straordinari. Così, mentre Shippo si prendeva il primo turno di guardia, gli altri si sedettero ad una certa distanza, a gambe incrociate e gli occhi chiusi, cercando con la mente l’essenza del proprio regno e la forza dell’elemento a cui appartenevano.
Inuyasha cadde in trance più velocemente di quanto si era aspettato. Forse l’esperienza del lungo sonno a cui l’aveva costretto la freccia di Kikyo c’entrava qualcosa. Spinse la propria mente verso Midoritsuchi, nella terra bruna e fertile che governava. Sfiorò le sue creature, i germogli, gi alberi antichi che aveva visto nascere. Si nutrì del buio delle foreste e si dissetò nel fresco limo dei suoi fiumi. Sfiorò anche la Tsuki no Mon e sorrise nel sentire il borbottio di Jaken, il guardiano, che forse era indispettito dalla novità costituita da Rin.
Midoritsuchi gli riempì il cuore, entrò in risonanza con il suo spirito, e Inuyasha attinse liberamente alla sua fonte di potere.
Non seppe individuare il momento in cui la trance si trasformò in semplice sonno. Il mento gli ricadde sul petto, ma nessuno se ne accorse, ognuno impegnato nei propri pensieri. Nel nero del sonno, Inuyasha avvertì una vaga paura…un sottile timore di non risvegliarsi. Il sonno era amico, ma ne aveva paura. Aveva dormito così a lungo, una volta…Aveva desiderato a lungo che qualcuno lo svegliasse, che qualcuno lo scuotesse. Nessuno voleva chiamarlo per nome? Nessuno voleva tirarlo fuori da quel limbo?
«Kagome.» mormorò nel sogno, e le sue labbra sillabarono in silenzio quel nome. Lei l’aveva risvegliato dal sonno. Lei gli aveva tolto la freccia dal petto e il suo viso era stata la prima cosa che aveva visto quando aveva aperto gli occhi…il suo bel viso…

“Sveglia, dormiglione!” esclamò una voce allegra, e nel sogno Inuyasha spalancò gli occhi. Sopra di lui c’era il volto sorridente di Kagome, con i capelli corvini che le scendevano ai lati del viso. Indossava uno strano vestito. Una luce gli ferì gli occhi. Kagome rise. “Tua mamma mi ha avvisata che non riusciva a svegliarti. Non vuoi venire a scuola, oggi?”
Inuyasha la guardò andare alla finestra e scostare le tende. Era così leggera e graziosa, qualunque movimento facesse! Lei si voltò di nuovo verso di lui, inondata di sole.
“Allora, pigrone?! Ti decidi o no?!” lo esortò. Inuyasha non capiva cosa stesse dicendo Kagome. Non riconosceva la stanza in cui si trovava…eppure gli era familiare. Nonostante questo si alzò a sedere e rise.
“Mi alzo, mi alzo.- disse, senza sapere che diavolo gli stesse uscendo di bocca- Ma sei sempre così allegra la mattina presto, Kagome? Anche con il compito di matematica alle porte?”
Kagome gemette e Inuyasha rise di nuovo, senza sapere cosa fosse un compito di matematica, né perché vedere Kagome fingere sofferenza dovesse farlo ridere. Purtroppo, non aveva alcun controllo sul suo corpo. Cercò di spiegarlo a Kagome, ma dalla sua bocca non venne un fiato. Kagome gli si inginocchiò a fianco e Inuyasha lesse nei suoi occhi un sentimento così tenero da fargli balzare il cuore in petto. Possibile che Kagome provasse qualcosa di speciale per lui?
“Dai, te la preparo io la colazione.” disse Kagome, tirandogli affettuosamente una ciocca di capelli. Fu nell’accorgersi di avere i capelli neri come il carbone che Inuyasha si svegliò.

Inuyasha tornò in sé con un ansito, sollevando la testa di scatto. Si portò una mano alla fronte, sconvolto, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Cos’era successo? Cosa aveva sognato? Sembrava un ricordo…ma un ricordo di qualcosa che non era mai avvenuto!
«Inuyasha…»
Inuyasha si voltò, cercando di atteggiare il volto a un’espressione neutra.
«Inuyasha, stai bene?» gli chiese Shippo, corrugando la fronte con aria interrogativa. Poco distante, Sango e Miroku erano immersi nella trance.
«Sto…sto bene.- disse Inuyasha, riuscendo a confezionare un sorrisetto- Pensa a fare la guardia e non mi scocciare.»
«Uno si preoccupa e questi sono i risultati.» sbuffò Shippo, incrociando le braccia sul petto. Inuyasha tornò a dargli le spalle, mentre il suo cuore riprendeva un ritmo normale.
Era stato un sogno. Solo un sogno stupido, che lo aveva messo a disagio. Non aveva nessun significato. Ma perché aveva sognato una cosa del genere? Poteva spiegarsi la presenza di Kagome, ma non tutto il resto. Da dove giungevano quelle stravaganze che lo avevano tanto turbato?
Imponendosi di dimenticare l’accaduto e di non cedere di nuovo a quello strano sonno, Inuyasha chiuse di nuovo gli occhi per tornare in trance.

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Capitolo 19
*** 18 - Gli usurpatori ***


Author's note: Arrivano! Arrivano! Gli Shichinin-Tai!! XD

CAPITOLO 18

GLI USURPATORI

Il giovane uomo dai lucenti capelli neri legati in una treccia e l’enorme alabarda assicurata sulla schiena si portò sull’orlo del precipizio, osservando il territorio sotto di lui. Le montagne impraticabili della catena di Ryuda andavano digradando, pur restando impervie. Si voltò ad est. Le colline erbose che segnavano la fine di quel territorio aspro non erano lontane.
«Sono là sotto, Bankotsu?» chiese una voce annoiata, dietro di lui. Si voltò.
Poco distante, seduti sulle rocce, i suoi tre fratelli attendevano la risposta. Renkotsu, con la testa rasata e le guance tatuate, sedeva diritto, l’espressione severa e sfuggente. Suikotsu tradiva l’impazienza nell’aprirsi e chiudersi delle mani dotate di artigli, nel continuo guizzare degli occhi sanguinari di qua e di là. Jakotsu, nel mezzo, sedeva a braccia incrociate e le gambe accavallate, nude sotto la veste ambigua che portava. Sotto i suoi occhi, sbadigliò con gusto, rivelando una totale mancanza di preoccupazione. Era lui ad aver posto la domanda.
«Sono qui sotto.- rispose Bankotsu, dando un’ultima occhiata sotto di sé- Ma non in superficie. Percorrono qualche tunnel.»
«La tua percezione si è affinata.» commentò Renkotsu.
«Già. I poteri stanno crescendo.» ammise Bankotsu, con un sorrisetto confidenziale.
«Quando ingaggeremo battaglia?- ringhiò Suikotsu, rabbioso- Voglio il loro sangue!»
«Li ammazzeremo fuori da queste montagne. Non appena raggiungeranno le colline, li assalteremo. Non avere fretta, Suikotsu.» disse Bankotsu.
«Naraku avrà la pazienza di aspettare?» chiese Renkotsu, senza cambiare espressione.
«Dovrà averla.- fu la lapidaria risposta di Bankotsu- Ci ha creati da poco e già ci manda allo sbaraglio. Non ho intenzione di schiattare per nulla, né di perdere questa occasione. Che vada a farsi…»
«Attento. Ci spiano.» disse Jakotsu, mettendo il broncio e indicando il cielo. Sopra di loro volavano alcuni Saimyosho. Bankotsu sputò a terra in segno di dispregio, ma si zittì. Non era il caso di inimicarsi Naraku, per quanto i suoi atteggiamenti da padrone gli stessero sul gozzo. Dopotutto, quel maledetto stregone aveva dissotterrato le sue ossa e quelle dei suoi tre fratelli più forti e aveva dato loro nuova vita.
Bankotsu ricordava vagamente la sua vecchia vita da mercenario, condotta insieme ai sei fratelli, e non ne provava alcun rimpianto. Naraku li aveva imbottiti di potere e aveva ridato loro la vita, e questo gli andava benissimo. Purtroppo, il bastardo si atteggiava troppo a padrone delle loro esistenze.
«La cosa che mi secca è combattere contro una donna.- si stava intanto lamentando Jakotsu, sospirando con fare melodrammatico- Sono certo che Inuyasha e Miroku siano degli uomini bellissimi! Non è giusto che Suikotsu e Bankotsu mi rubino tutti i begli uomini!»
«Per carità, Jakotsu!- esclamò Renkotsu, disgustato- Non siamo tutti deviati come te!»
Bankotsu guardò ancora oltre il precipizio, avvertendo con ogni fibra del proprio corpo i meandri delle montagne e le cinque presenze che le stavano attraversando. Presto avrebbero ingaggiato battaglia con i Bannin e li avrebbero fatti fuori, prendendone il posto. Una volta assurti a quel livello, avrebbe deciso che peso dare agli ordini di Naraku.

***

Kagome mandò giù l’ultimo boccone di carne secca facendo fatica a ingoiare. Le provviste di cui si erano riforniti prima di intraprendere l’attraversamento delle montagne di Ryuda erano agli sgoccioli e la varietà del cibo si era ridotta alla carne secca già da qualche giorno. Ormai a Kagome bastava guardarla e sentirne l’odore per avere lo stomaco che si ribaltava.
«Non ne posso più di carne salata.- sbuffò Shippo, dando voce ai suoi pensieri- E noi non siamo costretti a mangiare tutti i giorni! Chissà Kagome com’è stufa di questa roba…»
«Non preoccuparti per me, Shippo.- si schermì lei, intenerita dalla sua premura- L’importante, in fondo, è avere qualcosa da mangiare.»
«Dopodomani lasceremo i monti e sulle colline troveremo del cibo più adatto.- li rassicurò Sango- Il periodo di ristrettezze è quasi concluso.»
«Ho voglia di pesce.» sentenziò Miroku.
«Miroku! Sentirlo dire da te, che sei il Bannin dell’Acqua…» disse Sango, con una smorfia.
«Perché, tu non mangi volatili?» chiese Miroku, sollevando un sopracciglio.
«Ma certo che no!» esclamò Sango, arrossendo. Miroku scrollò le spalle.
«Beh, non vedo cosa ci sia di male se mi piace il pesce.- disse, serafico- E scommetto che piace anche a Kagome-sama.»
«Sì, mi piace.» disse Kagome, sorridendo a quello scambio di battute. Da quando le avevano raccontato la storia di Sesshomaru e Hikaruku, Sango e Miroku erano un po’ meno restii a dimostrare l’attrazione e il profondo affetto che c’erano tra loro. Forse, vedendo la possibilità di amarsi così vicina, iniziavano a gioirne nel loro cuore. Kagome guardò Inuyasha e il sorriso le morì sulle labbra.
Inuyasha sedeva un po’ distante da loro, con le braccia incrociate e la Tessaiga appoggiata ad una spalla. Era molto cupo e non aveva detto nemmeno una parola per tutto il giorno. Tochi no Bannin aveva iniziato a comportarsi stranamente da quando avevano incontrato Kagura…o meglio, la sua immagine, e avevano ricevuto da lei le informazioni sul nuovo piano di Naraku.
Kagome capiva che Inuyasha era preoccupato, ma questo non giustificava il suo mutismo, né il fatto che fosse sempre distratto, perso in pensieri suoi. Addirittura, un paio di giorni prima li aveva condotti in un vicolo cieco. Nessuno aveva detto una parola, ma Kagome aveva visto lo sguardo perplesso e preoccupato che si erano scambiati gli altri. Nonostante da giorni i Bannin stessero cadendo in trance per aumentare i propri poteri, sembrava che Inuyasha non ne stesse giovando. Anzi…
«A te piace il pesce, Inuyasha?» chiese, cercando di inserirlo nella conversazione. Inuyasha la guardò con aria stranita, come se non sapesse di che diavolo stesse parlando, poi scrollò le spalle.
«Io mangio di tutto.» disse soltanto, tornando zitto. Miroku gli scoccò un’occhiata di rimprovero, ma non lasciò cadere la conversazione e continuò a scherzare e a stuzzicare Sango, vedendo che Kagome si stava preoccupando e necessitava distrazione. Più tardi, quando Kagome si sdraiò per dormire e Sango si mise di guardia per consentire agli altri di entrare in trance, Miroku si accostò a Inuyasha.
«Si può sapere che c’è?- gli chiese, corrugando la fronte- Sei svagato in questi giorni e, scusami se te lo dico, ma così spaventi Kagome-sama…e anche noi.»
Inuyasha abbassò lo sguardo, borbottando qualcosa d’intelleggibile. Miroku roteò platealmente gli occhi, poi lo colpì alla testa con il tridente.
«Ahio!- sibilò Inuyasha, portandosi le mani alla testa e scoccandogli un’occhiata astiosa- Che diavolo fai, cretino?!»
«Che diavolo fai tu?! Non ti ho mai visto sbagliare strada, Inuyasha!- disse Miroku, cercando di parlare piano- Il tuo potere non è cresciuto affatto in questi ultimi giorni. Anzi, oserei dire che è perfino diminuito! Che combini, quando vai in trance?»
«Non riesco a concentrarmi, va bene?!- lo aggredì Inuyasha, poi vide l’occhiata interrogativa di Sango e abbassò la voce- Ho…dei problemi a entrare in risonanza con Midoritsuchi. Lo so anch’io che mi sto indebolendo e credimi se ti dico che sono più preoccupato di te.»
Miroku lo fissò, sbalordito.
«Hai difficoltà…Inuyasha, ma com’è possibile?» chiese.
«Non lo so.- ammise Inuyasha, passandosi una mano sul volto mentre la bocca gli si piegava in una smorfia- Quando vado in trance, cado in una specie di sonno comatoso. Faccio un sacco di sogni strani. A volte sogno il giorno in cui venni sigillato, a volte la creazione delle Mon. E a volte…» Si guardò alle spalle, e Miroku seguì la direzione del suo sguardo.
«Sogni Kagome-sama?» chiese, conoscendo già la risposta.
«Sì, la sogno.- ammise Inuyasha, dopo un istante- Ma i sogni su di lei sono i più inspiegabili, Miroku. In quei sogni, io non sono io!» Vedendo che Miroku non seguiva il ragionamento, la smorfia di Inuyasha si accentuò. «Faccio e dico cose che non capisco! Mi trovo in posti in cui non sono mai stato!- sibilò, frustrato- Questi sogni mi turbano e io…non riesco più a raggiungere Midoritsuchi.» Si diede una manata sul ginocchio, irato con se stesso. «Non riesco a cadere in trance senza abbandonarmi ai sogni! Non so cosa farci, Miroku.»
Miroku rimase per un istante in silenzio, riflettendo. Le cose che Inuyasha gli aveva detto erano molto gravi e rivelavano un suo forte turbamento mentale. Purtroppo, non aveva idea di cosa fare per aiutarlo.
«Inuyasha…tra pochi giorni potremmo essere attaccati.- mormorò- Se non sarai nel pieno delle forze, la creatura di Naraku potrebbe batterti.»
«Lo so anch’io.» disse Inuyasha, duro.
«Allora, Inuyasha, cerca di reagire. Fallo almeno per Kagome-sama.- continuò Miroku- Se tu dovessi essere battuto, noi non potremmo più garantire la sua incolumità.»
A questo, Inuyasha non poté o non volle rispondere. Dopo qualche istante di silenzio, Miroku lo lasciò solo.

***

Tornarono in superficie due giorni dopo. Uscirono da una grotta umida per ritrovarsi nella luce del sole. Davanti a loro, le montagne avevano lasciato il posto ad alte colline ricche di vegetazione.
«Abbiamo oltrepassato Ryuda.- disse Sango, sorridendo- Entro due giorni saremo sulla piana di Tsuruma, che ci condurrà alla Taiyoo no Mon.»
«Non manca molto, allora.» disse Kagome, ammirata, schermandosi gli occhi con una mano mentre guardava le colline.
«Ancora tre settimane, calcolando il tempo che Naraku ci farà perdere.» disse Sango, soddisfatta. Inuyasha scrutò i dintorni, cupo.
«C’è un brutto odore da queste parti.- disse, mettendo mano all’elsa di Tessaiga- Teniamo gli occhi aperti.»
Si incamminarono con prudenza lungo un pendio ripido, costellato di fitto sottobosco. Inuyasha prese Kagome sulla schiena e la discesa si fece più veloce. Sango, dopo essere stata costretta a viaggiare sottoterra tanto a lungo, volava loro accanto, godendo del contatto con il proprio elemento. Librandosi a una certa altezza dal gruppo che camminava lungo il pendio, fu la prima ad avvistare la combriccola che li attendeva a valle.
«Li ho visti.- disse, dura- Ci attendono ai piedi della collina.»
«Ci attendono addirittura?- scherzò Miroku, sarcastico- Mi sembra una cortesia eccessiva.»
«Inutile farli aspettare.» disse Shippo, il faccino atteggiato a un’espressione molto seria. Inuyasha si limitò ad annuire e i quattro aumentarono l’andatura, tanto che Kagome fu costretta ad aggrapparsi con forza alle spalle di Inuyasha. Lo guardò, preoccupata, poi spostò lo sguardo sul fondovalle. Ora riusciva a vederli anche lei: quattro uomini, di cui uno con la testa rasata, tutti perfettamente armati. Per quanto si sforzasse, Kagome non riusciva a percepire la loro aura demoniaca.
«Sembrano uomini.» le sfuggì dalle labbra.
«Ma puzzano di morte.» disse Inuyasha fra i denti, sorprendendola. Kagome non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni. In pochi balzi, i Bannin raggiunsero i piedi del colle e si fermarono. Inuyasha fece scendere Kagome, ma la tenne dietro di sé con un gesto protettivo. Uno dei quattro giovani uomini venne avanti di qualche passo. La sua aria strafottente e l’enorme alabarda che teneva con una sola mano facevano capire chiaramente che comandava quel piccolo gruppo di guerrieri.
«Chi di voi è Inuyasha?» chiese, ironico.
«Io sono Inuyasha.» rispose Tochi no Bannin, venendo anch’egli avanti di qualche passo e sguainando Tessaiga. Il sole fece rilucere le due lame, come ad anticiparne lo scontro. Il sorrisetto sulla faccia dell’uomo dai capelli neri si accentuò.
«Non mi chiedi chi sono…chi siamo? Né cosa vogliamo da voi?» Fece un ampio gesto, includendo gli altri tre nella domanda. Inuyasha fece una smorfia.
«Siete schifose creature di Naraku e puzzate di morte. Inoltre, mi intralciate il cammino. Tanto mi basta per farvi fuori.» disse, con disprezzo. L’uomo parve piacevolmente sorpreso, poi rise.
«Naso fino, eh? Sarà un piacere prendere i tuoi poteri.- disse, poi si voltò verso gli altri- In ogni caso, mi sembrate poco sorpresi di vederci. Voi che ne dite, ragazzi?»
«Qu…quello è Inuyasha?- chiese uno di loro, dall’aspetto ambiguo, arrossendo e mettendosi le mani a coppa sulle guance- Per gli Shikon, quant’è carino!!!»
Sui Bannin scese un comune senso di disgusto. Ma che diavolo stava dicendo quel…quel deviato?!
«Dai, Bankotsu, fallo uccidere a me!- stava intanto supplicando quello- Voglio le sue orecchie! E’ trooooppo carino!!»
«Calmati, Jakotsu. Lui è mio.» rispose il capo, e Jakotsu si zittì, mettendo il broncio. Bankotsu tornò a guardare i Bannin. «Beh, come avrete capito io sono Bankotsu e lui Jakotsu. Vi presento anche Suikotsu e Renkotsu, che tra poco diventeranno Mizu no Bannin e Hi no Bannin delle Quattro Terre. Siamo fratelli e presto saremo anche Bannin al posto vostro.»
«Dovranno passare sui nostri cadaveri.» disse Shippo, battagliero.
«Precisamente ciò che faremo.» ringhiò Suikotsu, come pregustando la battaglia.
«Basta con le chiacchiere.- intervenne Miroku, stendendo il tridente- Toglietevi di mezzo, o fatevi uccidere. Per noi non fa differenza.»
«Quest’oggi erediteremo le vostre cariche.- disse Renkotsu, freddo- Avete tutta questa fretta di morire?»
«Ho detto basta con le chiacchiere. Se dobbiamo combattere, combattiamo.» ripeté Miroku, colpendo il suolo con il tridente. Una grossa pozza d’acqua ne sgorgò e Miroku vi saltò dentro, scomparendo. Subito, Suikotsu lasciò i fratelli con uno slancio e si tuffò a sua volta nella pozza magica.
Shippo seguì l’esempio di Miroku e corse verso i nemici, trasformandosi in una sfera di puro fuoco. Bankotsu e Jakotsu si scostarono al suo passaggio, lasciando Renkotsu al suo avversario. L’uomo alzò le mani e centinaia di fili infuocati si dipartirono dalle sue dita, cercando di imprigionare Shippo. Hi no Bannin rallentò, ma non si fece intimidire. Incalzato, Renkotsu arretrò un po’, poi investì Shippo con una vera e propria ondata di fuoco nero.
Sango si alzò in volo come un proiettile e Jakotsu, dopo un’ultima occhiata piagnucolosa a Bankotsu e una di desiderio a Inuyasha, la seguì in aria con un balzo, sfoderando una sciabola. Bankotsu, con il sorrisetto insolente stampato in faccia, puntò la propria alabarda verso Inuyasha.
«Questa è Banryu.- disse- Ti farò assaggiare la sua potenza, Tochi no Bannin.»
«Tessaiga la spezzerà, Bankotsu. E a quel punto ti ucciderò.» disse Inuyasha. Non era tranquillo come voleva dimostrare, ma non l’avrebbe certo fatto capire a quell'insulso essere umano con la testa montata! Sperava solo che i poteri magici dati loro da Naraku non fossero sufficienti a battere un Bannin.
«Kagome, trova un posto sicuro e restaci.» disse, preparandosi ad attaccare.
«Ma Inuyasha…» protestò lei.
«Fai come ti dico! Non hai potere contro di lui!- ringhiò Inuyasha- Combatte per il mio titolo. Sono costretto a ucciderlo io.»
«Ascolta le sue sagge parole, Hikaruku no Miko…perché saranno le ultime.» disse Bankotsu, prima di attaccare. Inuyasha gli andò incontro alzando la spada. Kagome si fece da parte, pregando in cuor suo che tutto potesse finire bene.

***

Shippo si fece largo attraverso la fitta rete di fili infuocati di Renkotsu e cercò di arrivare a uno scontro corpo a corpo. Renkotsu arretrò, mantenendo tra loro una certa distanza, e impose la mano su di lui, facendone sgorgare del fuoco nero. Shippo alzò le mani per deviare il colpo e fu più che stupito nel rendersi conto che le scintille di quel fuoco malsano lo bruciavano.
«Questo fuoco è malefico!» esclamò.
«E’ magia, Bannin…magia di Naraku.- disse Renkotsu, con espressione decisa- E’ veleno puro, per te.»
Creò una sfera di fuoco tra le proprie mani e la scagliò contro Shippo. Hi no Bannin saltò con un agile balzo, scansando l’attacco, ma Renkotsu fu su di lui con sorprendente agilità, sferrandogli un pugno. Shippo fu colpito di striscio alle costole. Sentì la carne bruciare sotto quel tocco violento e fece una smorfia.
«Hi no Yari!» esclamò, allargando le braccia davanti e dietro di sé. Una lancia di fuoco gli si formò tra le mani e Shippo fu lesto a scagliarla contro Renkotsu, che stava venendo avanti. L’uomo creò una barriera di fuoco nero. La lancia ne fu rallentata, ma non fermata. Riuscì a rompere la barriera e a ferire Renkotsu ad un braccio.
«Per quanto facciate, noi siamo i Bannin da quando il mondo è nato.- disse Shippo, puntando il dito contro Renkotsu- Non riuscirete a batterci.»
Renkotsu si strinse il braccio ferito con una smorfia. Una delle panzane di Naraku si era appena rivelata. Aveva garantito loro che la magia che aveva iniettato nei loro corpi avrebbe superato di molto quella dei Bannin. Invece, Renkotsu riteneva di essere pari a quel ragazzino millenario, a voler essere ottimisti. Al contrario di Bankotsu, che preferiva ottenere le cose combattendo, Renkotsu avrebbe preferito avere con il Bannin uno scontro breve e dal facile esito.
«Prendi questo!» ringhiò, allargando le braccia. Dalle sue mani partirono innumerevoli proiettili di fuoco nero. Shippo tentò una barriera, ma essa venne superata da molti di quei proiettili. Il Bannin fu colpito alle gambe e alle braccia, e uno dei proiettili gli perforò il ventre.
«Hikawa!» gridò, imponendo i palmi delle mani a terra mentre tentava di resistere al dolore. Una corrente di fuoco rosseggiante sgorgò dalle sue mani e avviluppò Renkotsu in lunghe spire. Renkotsu si dibatté, preda del dolore, mentre i suoi vestiti prendevano fuoco. Come la magia di Naraku era veleno per Hi no Bannin, così la magia di Shippo era nefasta al corpo di Renkotsu, ricreato da Naraku.
Renkotsu alzò lo sguardo e vide un ramo d’albero sopra di sé. Vi lanciò i suoi cento fili di fiamma e li usò per issarsi fuori dal fiume di fuoco di Shippo, appena prima che il ragazzino lo centrasse in pieno con un pugno al ventre. Il colpo di Shippo finì a vuoto e Renkotsu si portò a una certa distanza usando l’albero come perno. La pianta  andò subito in fiamme ed esse iniziarono ad attecchire anche sui molti cespugli. Renkotsu atterrò sull’erba con un agile salto e arrischiò un’occhiata oltre la figura infuocata di Shippo.
Da lontano giungevano clangori di metallo l’uno sopra l’altro, segno indiscutibile della battaglia tra Inuyasha e Bankotsu. Non riusciva a vedere nulla,  né riusciva a intuire come se la stessero passando i fratelli. Non era quello, comunque, il momento per pensare ai fatti altrui.
Shippo lo incalzò, forzandolo a un corpo a corpo. Il Bannin si muoveva con agilità innaturale e, per quanto Renkotsu fosse un guerriero esperto, non riusciva a prevedere tutti i suoi movimenti. Tentò di nuovo di costringerlo tra i suoi cento fili di fuoco, ma Shippo aveva ormai capito l’antifona.
Si fece largo tra di essi e gli sferrò un fortissimo pugno all’addome, bruciando la carne fino a vedergli le costole. Renkotsu trattenne un grido di dolore e sferrò un pugno al viso di Shippo per toglierselo di dosso. Shippo cadde a terra di schiena, poi sollevò lo sguardo su Renkotsu. L’uomo si teneva il ventre con una mano, il volto distorto dal dolore, ma non sembrava in punto di morte.
“Com’è possibile?!- si chiese Shippo, stupito- Chiunque avesse ricevuto una ferita del genere sarebbe morto!” Una fitta atroce gli sconvolse le viscere e Shippo abbassò lo sguardo sulle proprie ferite. Sembrava che le bruciature infertegli dal fuoco di Renkotsu stessero scavandogli la carne.
«Sorpreso, Bannin?- chiese Renkotsu con un sorrisetto, avendo indovinato il suo pensiero- Mi spiace, ma non morirò così facilmente. La magia mi ha riportato in vita…molto più forte di com’ero!»
Renkotsu sferzò l’aria con i suoi fili infuocati e Shippo dovette saltare indietro sulle mani per non farsene avviluppare.
“Come faccio?- si domandò, preoccupato- Devo ucciderlo per forza, o questo combattimento non finirà mai! Come uccido un essere creato con la magia?”
La risposta era molto semplice. Per quanto magico, un corpo aveva bisogno di una testa attaccata al collo. Se fosse riuscito a recidere la testa a Renkotsu, probabilmente questi sarebbe morto.
“Devo tentare.” pensò Shippo, preparandosi ad attaccare. Spiccò un balzo, avventandosi su Renkotsu senza circondarsi di alcuna barriera. Aveva bisogno di tutti i suoi poteri concentrati nelle mani.
«E’ la tua fine, Hi no Bannin!» esclamò Renkotsu, stupito ma non dispiaciuto per quell'apparente gesto incosciente di Shippo. Shippo affrontò coraggiosamente i proiettili di fuoco nero che gli si avventarono addosso. Alcuni riuscirono a farsi strada nella sua carne, bruciandolo e corrodendolo tanto da riempirlo di un dolore quasi obnubilante. Ma ormai era a un passo dalla meta e il dolore non significava nulla.
«Hi no Katana!» gridò, alzando le mani a pugno, come brandendo l’elsa di una spada. Una fulgida lama di fuoco gli scaturì dalle mani, accecando Renkotsu. Shippo abbatté la lama sul collo di Renkotsu. La testa del guerriero, ancora congelata in un’espressione stupefatta, rotolò a terra. Il fuoco nero si spense ovunque, lasciando scheletri fumanti al posto delle piante viventi. Shippo crollò in ginocchio con un grido di dolore, afferrandosi il ventre con le braccia, la fronte imperlata di sudore. Davanti ai suoi occhi, il corpo di Renkotsu si disfece in polvere. A terra rimasero due frammenti di pietra nera, divisi a metà.
Shippo, pur devastato dal dolore provocato dalla magia nera, allungò una mano tremante sui due frammenti. Si trovò in mano una tessera da mah-jong su cui era dipinto il kanji della parola ‘Hi’. La sua lama di fuoco l’aveva spezzata a metà.
“Allora Renkotsu non è morto per il taglio della testa!- pensò Shippo, sorpreso- E’ morto perché ho spezzato il sigillo magico che lo teneva in vita!»
«Devo dire agli altri…di colpire al collo.» rantolò, cercando di alzarsi in piedi. Lo sforzo fu eccessivo. Con il veleno di Naraku che gli scorreva nelle vene, Shippo vide diventare tutto buio davanti ai suoi occhi e cadde a terra privo di coscienza.

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Capitolo 20
*** 19 - Ardui confronti ***


CAPITOLO 19

ARDUI CONFRONTI

«Simeru!» esclamò Miroku, ansante, facendo compiere una veloce rotazione al tridente, che si lasciò dietro una miriade di bollicine d’argento. Una corrente sottomarina avvolse la barriera protettiva di Suikotsu, allontanandolo da Miroku e dando al Bannin un attimo di respiro. La battaglia era più difficile del previsto.
Miroku aveva subito scelto il proprio elemento come campo di battaglia. In acqua poteva dare il suo meglio e le ultime settimane di allenamento avevano restituito nuova freschezza alle sue forze, dandogli la relativa certezza della vittoria. Aveva notato con occhio critico che la creatura di Naraku, Suikotsu, non poteva vivere e respirare nelle profondità del mare come era normale per lui. Il guerriero era circondato da una solida bolla d’aria, che anche se attraversata dai colpi non si dissolveva mai, né permetteva che l’aria necessaria alla sopravvivenza di Suikotsu si dileguasse. Miroku aveva già tentato più volte di soverchiarlo con la potenza delle grandi masse d’acqua che poteva muovere, ma senza risultati apprezzabili. Sembrava che quella barriera sarebbe rimasta integra fino alla morte di Suikotsu. Ciò che Miroku non si aspettava, era l’incredibile forza bruta della creatura di Naraku. Suikotsu gli lasciava pochissimo tempo per usare la magia. L’incontro tra loro si stava consumando quasi tutto venendo alle mani e Miroku doveva ammettere che la prestanza fisica di Suikotsu era di molto superiore alla sua. Se non si spicciava a farlo fuori, probabilmente sarebbe finito a brandelli sui quei maledetti guanti artigliati .
«Muori, Bannin!» ringhiò il guerriero, liberandosi dall’attacco di Miroku e scagliandosi contro di lui, le mani incrociate a pugno pronte a farlo a fette.
Miroku alzò il tridente, parando il primo e il secondo colpo, con un ovattato rumore di metallo contro metallo. I colpi gli riverberarono nelle braccia, facendogli stringere i denti. Alla terza artigliata, Miroku si abbassò con uno scatto. Gli artigli di Suikotsu gli tagliarono qualche ciocca di capelli, mentre Miroku affondava in avanti il tridente. Suikotsu parò il colpo incastrando tra i propri artigli l’arma di Miroku, quindi colpì il Bannin con violenza al volto, scagliandolo lontano e facendogli perdere il tridente, che iniziò a cadere con lentezza verso il fondo. Miroku sentì il dolore salirgli fino all’occhio, mentre lo zigomo sembrava andare in fiamme. Vide lenti rivoli di sangue, il suo sangue, diluirsi nell’acqua scura. Suikotsu doveva averlo sfregiato. Ovviamente non era quello il problema più grave, al momento. Miroku si raccolse su se stesso e si diede una spinta verso il basso, proprio un istante prima che Suikotsu completasse l’opera. Si lanciò verso il fondo, nuotando a velocità pazzesca, ma Suikotsu non cessò di attaccarlo.
«Dove scappi, bastardo?» ringhiò la creatura di Naraku, afferrandogli una caviglia.
Miroku si voltò con uno scatto felino e gli sferrò un doloroso calcio al fianco. Suikotsu fu costretto a lasciare la presa e Miroku ne approfittò per dargli un’altra violenta pedata sul volto.
«Stai attento a chi chiami bastardo, feccia!» sibilò, battendo una volta le mani e imponendo poi i palmi su Suikotsu, che venne investito da una tale massa d’acqua da essere scagliato a metri di distanza. Miroku non perse tempo. Si voltò di nuovo e riprese a nuotare il più velocemente possibile verso il fondo. Non si illudeva. Anche se il colpo che aveva sferrato contro Suikotsu avrebbe sfondato la cassa toracica di qualunque essere vivente, uccidendolo all’istante, di certo Suikotsu non era morto. In parte il colpo doveva essere stato assorbito da quella barriera perenne. In parte, Miroku iniziava a pensare che, essendo stato creato con la magia, Suikotsu non poteva morire come un qualunque essere umano, per quanto potente. Occorreva trovare un modo per spezzare la magia di Naraku. Come fare?
Si voltò per un istante. Come prevedeva, Suikotsu lo stava seguendo. Non sarebbe riuscito a raggiungerlo prima che avesse recuperato il tridente, ma a quel punto l’arma serviva solo a prendere tempo. Vide finalmente il lucore del lungo bastone, i cui denti si erano infilzati nel fondale sabbioso. Allungò la mano per afferrarne il manico, quando la voce di Kagome gli rimbombò nella testa.
«La gola! Colpite alla gola!»
«Kagome-sama?» mormorò Miroku, stupefatto. La ragazza stava di certo usando la Shikon no Tama…ma cosa significava quel suggerimento?
«Nella gola è nascosto ciò che li tiene in vita! Spezzate il loro sigillo e moriranno!»
La voce si spense, ma ormai aveva svolto la sua funzione. Con un sorrisetto velenoso, Miroku si voltò di scatto, il tridente in mano, e nuotò incontro a Suikotsu.
Suikotsu era pronto a colpire. Miroku evitò le sue mani mentre portava il tridente dietro di sé, dando al colpo la carica necessaria.
«Sei morto, Suikotsu!» esclamò, facendo compiere al tridente un arco micidiale. Suikotsu tentò di nuovo di parare il colpo con i suoi artigli metallici, ma la forza che Miroku aveva messo nel colpo era tale da rompere le lame e scostare con violenza la mano di Suikotsu. I denti dell’arma affondarono nel collo del guerriero e gli recisero la testa. Un rettangolo di pietra nera uscì fluttuando dal collo di Suikotsu, ancora integra. La mano sana di Suikotsu afferrò il collo di Miroku e lo strinse in una morsa, mentre il volto dell’uomo decapitato si storceva in una smorfia terribile. Miroku afferrò la piccola pietra tra le dita e la frantumò. La presa di Suikotsu venne meno, la sua barriera d’aria si dissolse e il corpo di Suikotsu iniziò lentamente ad affondare. Miroku riuscì a vedere l’espressione incredula nei suoi occhi prima che anche la testa finisse oltre l’oscurità degli abissi.
Mizu no Bannin si concesse allora un sospiro di sollievo. Aprì la mano, disperdendo nell’acqua i frammenti della pietra magica, poi si passò il palmo sulla gola e sulla guancia ferita. Fece una smorfia nel sentire la scabrosità dei tagli e i piccoli lampi di dolore in loro concomitanza. Grazie agli Shikon, sarebbe guarito e il suo viso non sarebbe stato deturpato dalle cicatrici. Chissà come si sarebbe preoccupata Sango! Il pensiero degli altri fece tornare in lui l’agitazione. Se Kagome aveva mandato loro quell'avviso, significava che almeno un altro dei guerrieri era stato ucciso. Chi dei Bannin aveva già adempiuto al suo dovere? Ansioso di sapere il risultato degli altri scontri, memore della conversazione avuta con Inuyasha qualche notte prima, Miroku roteò il tridente sopra la propria testa e si teletrasportò sulle colline, ove la battaglia infuriava ancora.

***

Kagome non avrebbe voluto allontanarsi da Inuyasha. Aveva un brutto presentimento…i guerrieri di Naraku le erano sembrati troppo sicuri di sé, soprattutto quello che aveva sfidato Inuyasha. Avrebbe voluto dar loro una mano, ma a quanto pareva i combattimenti per la successione di un ruolo importante come quello di Bannin erano a loro volta legati da rigide norme che imponevano agli altri di non immischiarsi. Pure, avrebbe fatto a meno di mettersi al riparo come una vigliacca, ma le fu presto chiaro che quella battaglia non era fatta per gli esseri umani. Inuyasha e Bankotsu iniziarono utilizzando le armi, che si scontrarono con gran clangore. Tessaiga incrociò il filo della lama con quello di Banryu, e i due contendenti si ritrovarono a fissarsi a breve distanza, Inuyasha ringhiante e Bankotsu con un sogghigno. La forza del colpo fu pari e costrinse i due a retrocedere, per poi iniziare una serie di parate e affondi da entrambe le parti.
«Sembra che la mia Banryu non sia inferiore alla tua Tessaiga.» disse Bankotsu, soddisfatto.
«Non è nemmeno da paragonare, idiota.» disse Inuyasha, fra i denti, rinnovando la forza dell’attacco. Evitò un affondo, spiccò un balzo atterrando alle spalle di Bankotsu e tentò di colpirlo alla schiena. Bankotsu si girò appena in tempo e intercettò il colpo.
«Vuoi puntare sull’agilità?» lo beffeggiò.
«Stai zitto!» esclamò Inuyasha, rabbioso. Continuò ad incalzare Bankotsu, senza però riuscire ad averne ragione. Inuyasha era cocciuto, ma non era uno stupido. La sola forza bruta non avrebbe avuto ragione di quel tizio: gli era stata instillata in corpo la forza della terra. Era necessario spostare lo scontro sul piano magico e sperare di trovare inferiore l’avversario. Lanciò un’occhiata nel luogo in cui si allargava la pozza d’acqua in cui Miroku era scomparso, seguito da Suikotsu. Kagome era ancora là, che osservava lo scontro con viso teso, le mani strette sotto il seno.
«Ti ho detto di metterti al riparo, Kagome!» le gridò, abbassandosi poi di scatto per evitare di farsi tranciare la testa. Non poteva usare la magia con lei così vicina allo scontro! Kagome parve capire. Si guardò attorno, poi corse con decisione più in alto, verso alcune sporgenze nella roccia ricoperta dalla vegetazione. Inuyasha ritenne che a quel punto Kagome fosse al sicuro. Raccolse tutte le sue forze nelle braccia e sferrò a Bankotsu un colpo tale che Tessaiga vibrò, emanando una nota acuta e lunga. Bankotsu fu momentaneamente scagliato a qualche passo di distanza, riuscendo però a non perdere l’equilibrio. A Inuyasha non interessava.
«Hakai!» esclamò, infilzando il terreno con Tessaiga.
Dal punto in cui la lama incontrava il terreno, il suolo tremò e con velocità spaventosa enormi crepe si dipartirono dai piedi di Inuyasha e sollevarono il terreno e le rocce, sconvolgendolo in una terribile devastazione. Quel colpo, il colpo della distruzione, destabilizzava il contatto fra la terra e l’essere vivente che ne era vittima, entrando in dissonanza con la sua essenza e troncando di netto il filo della sua vita. Era un colpo micidiale, che Inuyasha aveva usato pochissime volte nella sua esistenza. Certo di aver già posto fine al combattimento, rimase basito quando le creste di roccia create da Tessaiga andarono a cozzare contro un analogo terremoto, proveniente dalla direzione opposta. Le due forze si scontrarono con un grande boato e quando la terra cessò di muoversi l’aspetto della collina era completamente sconvolto. Guglie di pietra si ergevano ovunque in un caos desolante, in una nube di polvere. Quando questa si sollevò un po’, Inuyasha poté vedere Bankotsu al di là delle macerie.
«E’ una sfortuna per te che Naraku conoscesse questo tuo colpo.- commentò Bankotsu, che teneva Banryu sulle spalle- E’ stata una delle prime cose che mi ha insegnato.»
«Tu…- sibilò Inuyasha, stringendo l’elsa di Tessaiga in un impeto di rabbia- Come osi prendermi in giro?!»
«Se questo è il massimo che puoi fare, Inuyasha, allora sei già morto.» sentenziò Bankotsu, puntandogli contro la sua alabarda. Inuyasha digrignò i denti, poi gli si scagliò di nuovo addosso. L’Hakai era forse il suo colpo migliore…cos’altro poteva contrapporre alla magia di Naraku?
Nel frattempo, Kagome era rimasta sbalordita nell’assistere alla manifestazione del potere di Inuyasha e l’aveva riempita di sgomento l’apparente facilità con cui Bankotsu ne aveva imitato il colpo. Sembrava che le forze dei due si equiparassero e questo non la tranquillizzava affatto.
“Inuyasha, forza!” pensò, stringendo i pugni tanto da far sbiancare le nocche. Lanciò un’occhiata alla pozza d’acqua in cui Miroku era scomparso, ma la vide immota. Alzando gli occhi al cielo, non riusciva più a vedere Sango e Jakotsu, a causa del polverone sollevato dai due colpi incrociati. Più in là, Shippo stava ancora combattendo contro Renkotsu. Proprio mentre guardava, Kagome vide il fuoco nero di Renkotsu spegnersi e Shippo cadere in ginocchio.
“Shippo ha vinto!” pensò, gioiosa. Renkotsu non si muoveva più. Shippo, invece, si voltò verso Inuyasha e Bankotsu…poi cadde a terra, a faccia in giù. Il cuore di Kagome perse un battito. Cos’era successo al povero Shippo? Kagome lanciò un’occhiata timorosa a Inuyasha e Bankotsu. Combattendo, si stavano allontanando dal luogo dello scontro di Shippo e Renkotsu. Kagome calcolò di avere tutto il tempo di raggiungere Hi no Bannin senza essere d’intralcio a Inuyasha. Stringendo forte il suo arco, Kagome corse lungo il crinale, saltando poi fuori dai cespugli e correndo da Shippo, che giaceva immobile. Bankotsu, però, in quel momento guardava nella sua direzione. Il guerriero scansò la Tessaiga con un forte colpo di Banryu, poi spiccò un balzo e oltrepassò Inuyasha.
«Scappi, dannato?!» esclamò Inuyasha, voltandosi di scatto. Con orrore, vide Bankotsu avventarsi su Kagome con l’alabarda pronta a colpire. «KAGOME!» gridò, lanciandosi in uno scatto disperato. La ragazza si voltò e si vide incombere addosso Bankotsu.
«A noi non servirà una Hikaruku no Miko, dolcezza.» disse Bankotsu, ridendo mentre calava l’arma su di lei. Kagome si fece indietro e chiuse gli occhi, con un grido strozzato. Udì Inuyasha gridare ancora il suo nome, poi un’esclamazione soffocata da parte di Bankotsu. Kagome riaprì gli occhi con cautela. Inuyasha le stava di fronte, protettivo. Il viso di Bankotsu era sfregiato e sugli artigli della mano destra di Inuyasha c’era del sangue.
«Uh uh…niente male!- disse Bankotsu, asciugandosi il sangue dal viso e guardandosi il palmo macchiato di rosso- Diventi svelto per quella donna, eh?»
«Prova ancora ad avvicinarti a Kagome e giuro che ti uccido!» esclamò Inuyasha, glaciale. Lanciò un’occhiata a Kagome e la ragazza vi lesse rimprovero, preoccupazione e un sollievo così palese da farle battere il cuore più forte. «Che stai facendo?» sussurrò Inuyasha. Kagome guardò Shippo. Inuyasha, seguendo il suo sguardo, annuì. «Non perdiamoci in chiacchiere, Bankotsu!» disse, scattando in un poderoso attacco, che costrinse Bankotsu ad allontanarsi da Kagome. La ragazza ringraziò mentalmente Inuyasha per aver subito compreso, quindi raggiunse Shippo e gli si inginocchiò a fianco. Hi no Bannin era ferito in più punti e stringeva qualcosa nella mano destra. Kagome rovesciò il suo corpo e lo adagiò sulle proprie ginocchia. Fece una smorfia nel vedere tra le tante ferite quella al ventre, la più grave.
«Shippo!- sussurrò, accarezzandogli il viso- Shippo-chan, stai bene? Parlami, ti prego!»
Shippo contrasse il volto in una smorfia, poi aprì gli occhi e li fissò su Kagome. Non sembrava stare bene.
«Ka…Kagome.- balbettò, quasi senza fiato dal dolore- Gli altri…»
«Stanno ancora combattendo, Shippo.- lo informò Kagome, preoccupata- Senti molto dolore?»
Shippo annuì e indicò il proprio ventre ferito. Kagome, con le lacrime agli occhi, sfiorò la ferita, desiderando fare qualcosa per aiutarlo. Fu con somma sorpresa di entrambi che sotto il suo tocco la bruciatura iniziò a regredire.
«Il potere Taiyoo…Kagome!» mormorò Shippo, stupefatto. Il dolore diminuiva di secondo in secondo. In poco più di un minuto, Shippo si ritrovò pressocchè guarito. Kagome si fissò la mano, basita. Aveva guarito Shippo…con il solo tocco? Era quello il famoso potere Taiyoo? Shippo le afferrò le mani con forza, distogliendola dai suoi pensieri.
«Non è il momento di essere sorpresi, Kagome-chan.- disse Shippo, svelto- Bisogna subito avvertire gli altri!»
«Cosa…che stai dicendo, Shippo?» chiese Kagome, non riuscendo a capire. Shippo le mostrò cosa teneva in mano: una tessera nera spezzata.
«Ognuno di loro ha una cosa come questa nel collo. Li tiene in vita.- spiegò Shippo, quasi tremando per la fretta- Spezzarla è l’unico modo per ucciderli. Io sono stato fortunato a scoprirlo. Devi dirlo agli altri, prima che accada qualcosa di brutto!»
«Ma come faccio a dirlo agli altri?» chiese Kagome. Guardò oltre le spalle di Shippo e vide Inuyasha ancora impegnato nello scontro. Da qualche parte nel cielo venne un sordo grido che Kagome temette essere di Sango.
«Tieni la Sfera degli Shikon tra le mani e manda loro il tuo messaggio.- disse Shippo, deciso- Vedrai che ti sentiranno!»
Kagome annuì, decisa. Si sfilò la Sfera dal collo, la tenne fra le mani e si concentrò con tutte le sue forze.

***

Sango non fu sorpresa di trovarsi inseguita fino all’altitudine da lei scelta per il combattimento. Dopotutto, se quello strano tizio era stato creato per diventare Kaze no Bannin, come minimo doveva essere in grado di volare. Lo vide apparire pochi istanti dopo, con un broncio sul bel viso imbellettato e una sciabola sguainata appoggiata con aria svogliata alla spalla. I suoi piedi poggiavano su una sorta di disco luminoso, che il giovane ambiguo sembrava dirigere con il movimento del corpo.
«Una donna…una dannatissima donna.- lo sentì borbottare tra sé- Mai una volta che io possa divertirmi!»
«Non ti consiglio di sottovalutarmi, uomo.» disse Sango, ad alta voce. Quel tizio le metteva i brividi e l’occhiata di disprezzo che ricevette la indignò.
«Stai zitta, stupida femmina.- disse Jakotsu, fermando il suo volo a una certa distanza da lei- Vedi soltanto di morire alla svelta. Non mi dà nessun piacere giocare con te.»
«Puoi anche fare dietro-front, se non ti va di combattere.- disse Sango, sarcastica- Te lo concedo.»
Jakotsu storse la bocca in una smorfia, offeso.
«Con chi credi di parlare? Anche se non mi va di combattere con te, sono sempre pronto a spillare il sangue di una nuova vittima.» disse, con un sorrisetto molto simile a quello di Bankotsu.
«Prima di parlare, prova a battermi!» disse Sango, seccata, incrociando le braccia sul petto e allargando le ali. «Hiraikotsu!» esclamò, abbassando le ali di scatto e facendo partire un nutrito gruppo di micidiali penne taglienti.
Jakotsu alzò la sciabola con un gesto che parve svogliato e inutile di fronte a un attacco di quel tipo. Sotto gli occhi sorpresi di Sango, qualcosa rigettò al mittente tutti i ‘proiettili’ della Bannin, che dovette sollevarsi con un poderoso colpo d’ali per evitarli. Guardò Jakotsu, stupefatta, e gli vide un sorriso soddisfatto sul volto.
«Non credere che i tuoi trucchi valgano con me, donna.- disse questi, lanciandolesi contro- Jakotsuha!»
Di nuovo, Jakotsu mosse la sciabola con un minimo movimento del polso. Sango si trovò impreparata all’effetto di quel colpo. Improvvisamente, una serie di lame tagliarono l’aria attorno a lei, avvolgendola in un abbraccio serpentino e letale. Sango fece appena in tempo a tirarsene fuori, prima che la morsa la stringesse, tagliandola a fette. Guardò Jakotsu, vagamente conscia dei molti tagli che le segnavano la pelle un po’ dappertutto. L’arma di quell'uomo non era comune! Se fosse stata appena più lenta nel tirarsi fuori da quella serie di lame, il combattimento sarebbe stato già concluso!
«Jakotsuha!» gridò ancora Jakotsu, inseguendola nella sua ascesa. Sango tentò di opporre alle lame il suo colpo Hiraikotsu, ma invano. Allargò le braccia, scatenando un vento che entrò in collisione con il movimento delle lame, frenandole e destabilizzandole. Jakotsu, seccato, si ritrovò a tenere in mano la lunga spada a più lame penzolante nel vuoto.
“Vediamo quanto bene sa volare, questo tizio.” pensò Sango, scendendo in picchiata su di lui. Purtroppo, sembrava che Jakotsu se la sapesse cavare piuttosto bene. Forse era un pelo più lento di lei, ma non ne ricavava grande svantaggio. Lo costrinse a picchiate, voli veloci e scattanti cambi di direzione, carambole e rotazioni di tutti i tipi, ma Jakotsu si muoveva su quel disco magico con disinvoltura, pur senza essere in grado di usare la spada volando a quella velocità.
«Ti vuoi star ferma, donna?- sbottò infine Jakotsu, irritato- Come faccio ad ammazzarti se continui a scappare?»
«Scappare?!- disse Sango, sarcastica- Vedo chiari i tuoi limiti, Jakotsu, nessuno di voi è in grado di uccidere un Bannin.»
«Gi altri, forse. Ma io combatto contro una stupida donna, che soccomberà alla mia Jakotsuha non appena deciderà di star ferma.» disse Jakotsu, con un sorrisetto.
«Mi sembri poco preoccupato per la sorte dei tuoi fratelli.» commentò Sango, fermandosi e fronteggiandolo. Jakotsu scrollò le spalle.
«Mi spiace un po’ per Bankotsu, ma d’altronde siamo già morti tutti una volta.- disse, prima di assumere un’aria sognante- Ah…viaggiare fianco a fianco con Inuyasha e Miroku sarebbe una tale gioia!»
«Che…che vuoi dire?» chiese Sango, sbalordita.
«Ma dove li hai gli occhi?!- sbottò Jakotsu- Non hai visto che bei visini…che corpo…che potere! Ah, quanto darei per dividere con loro i giorni…e le notti!»
Sango arrossì fino alla cima dei capelli, indignata.
«Tu…tu…» balbettò, incapace di dire altro.
«Che c’è, Kaze no Bannin? Ti secca che io possa arrivare ad avere ciò che tu non sei stata capace di prenderti?» la prese in giro Jakotsu, maligno. Sango fu d’improvviso ricolma di una tale ira che l’aria iniziò a vorticare paurosamente attorno a lei, mentre gli occhi le si scurivano da castani a neri. Come osava quel tizio prenderla in giro? Come osava denigrare i suoi sentimenti per Miroku?! Come osava pensare di potergli mettere le mani addosso?! Quasi non sentì le parole che le echeggiarono nella testa con la voce di Kagome. Furiosa oltre ogni limite, Sango scatenò tutta la potenza del suo elemento contro Jakotsu.

***

Lo spettacolo che si presentò di fronte agli occhi attoniti di Miroku, una volta che questi saltò fuori dalla pozza d’acqua da lui stesso creata, era quello di un vero e proprio cataclisma. Almeno due delle colline che li attorniavano erano ridotte ad aridi ammassi di guglie rocciose e crepacci, tra cui Inuyasha e Bankotsu combattevano ancora. Inorridito, Miroku si accorse che Inuyasha aveva perso la spada e arretrava incalzato dall’alabarda di Bankotsu. Spostò lo sguardo quando colse con la coda dell’occhio la caduta di qualcosa dal cielo. Una forma umana si schiantò a terra con un boato, aprendo un cratere, seguita da un tale spostamento d’aria che Miroku dovette voltare il viso dalla parte opposta per riuscire a respirare. Tornò a guardare di fronte a sé e vide Sango atterrare sull’orlo del cratere, ansimante e con le guance rosse.
«Sango!» esclamò, raggiungendola. Lei si voltò a guardarlo e parve riconquistare una parvenza di calma…anche se Miroku apprezzò quella sua aria aggressiva, che le dava una nuova bellezza al viso.
«Sango…e Jakotsu?» chiese, notando i molti tagli che le segnavano la pelle. Sango accennò con il mento al cratere e Miroku abbassò lo sguardo. Jakotsu giaceva al centro della fossa circolare, con i resti della sua sciabola in mano. Era ancora vivo e questa era la cosa più terribile, in quanto lo schianto doveva avergli frantumato tutte le ossa; ora giaceva immobile ma cosciente, respirando a fatica. Miroku fischiò piano.
«Però!- mormorò- Deve averti fatta proprio arrabbiare, Sango-chan.»
Un rossore sospetto inondò il volto di Sango, che raggiunse Jakotsu e gli affondò due dita nella gola, per estrarne la tessera magica e spezzarla. Jakotsu si disfece in polvere.
«Sango! Miroku!»
Entrambi i Bannin si voltarono al suono della voce di Kagome, che correva verso di loro con Shippo alle calcagna.
«Kagome-sama!- disse Miroku- Devo ringraziarti, il tuo aiuto mi è stato prezioso.»
«Sono contenta.- ansimò lei, fermandosi accanto a loro e guardandoli con ansia febbrile- State tutti bene?»
Sango e Miroku si guardarono, poi annuirono. Le ferite che avevano sul corpo erano superficiali e sarebbero guarite presto.
«E Inuyasha?» chiese Sango, ormai calma. Kagome si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo. Brutto segno.
«Inuyasha è debole.- intervenne Shippo, preoccupato- Non so cos’abbia, ma non l’ho mai visto così. Bankotsu ha fermato il suo Hakai con un colpo identico e da quel momento in avanti Inuyasha è sembrato sempre in difficoltà.»
«Adesso ha anche perso la spada.- disse Kagome, affranta- Miroku, Sango…non potete aiutarlo?»
«Purtroppo no, Kagome-chan.- disse Sango, preoccupata- Se ci si gioca la carica di Bannin…»
Un boato li riscosse, facendoli scattare in corsa fino ad un luogo in cui potessero assistere al combattimento. Una grossa sezione di terreno era crollata, facendo barcollare Bankotsu sull’abisso e dando a Inuyasha il tempo di correre verso Tessaiga, che era infilzata nel terreno qualche decina di metri più in là.
«Corri, Inuyasha!» gridò Kagome, esultante, vedendo Inuyasha lanciarsi verso l’elsa della spada. Purtroppo, Bankotsu non cadde, né perse tempo nel ritrovare l’equilibrio. Sferrò un pugno al terreno e di nuovo questo si sconvolse in un sollevamento sempre crescente, che colse Inuyasha a metà del balzo. Lunghe stalagmiti di roccia si innalzarono verso il cielo, ferendolo in più punti, scagliando lontana Tessaiga e imprigionandolo in una morsa. L’ultima di esse gli perforò il ventre da parte a parte. Inuyasha perse il fiato, poi tossì sangue. Le sue mani, bloccate dalla roccia, annasparono invano.
«Inuyasha!» gridò Kagome, inorridita, mentre gli altri trattenevano il fiato.
«E’ ora del colpo di grazia, Bannin!- disse Bankotsu, soddisfatto, alzando Banryu- Prendi il tuo stesso colpo mortale! Hakai!»
Bankotsu abbassò di scatto la lama, infilzandola nel terreno. Un’ondata di distruzione si abbatté su Inuyasha, spaccando le guglie di roccia e riempiendo l’aria di un tremendo boato, in mezzo a cui il grido disperato di Kagome si perse.

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Capitolo 21
*** 20 - Il sonno di Inuyasha ***


Author's note: Ecco un nuovo capitolo, per non farvi soffrire...o forse sì? Vi prego, non uccidetemi ^__^

CAPITOLO 20

IL SONNO DI INUYASHA

Pochi centimetri. Pochi dannatissimi centimetri e le sue dita si sarebbero chiuse su Tessaiga, con cui avrebbe bloccato l’attacco di Bankotsu come una diga spezza il corso di un fiume. Invece era stato troppo lento…come si sentiva fin dall’inizio di quel maledetto duello. Si sentiva debole, stanco, poco presente. Come fosse riuscito fino a quel momento a non farsi spillare sangue dalle vene non lo sapeva. Forse lo doveva alla sua innata cocciutaggine, perché il potere di Midoritsuchi non lo stava aiutando per niente. Persino il suo Hakai era stato bloccato! Che onta tremenda, vedere una creatura di Naraku che copiava le sue mosse quasi con noncuranza! E ora, di nuovo, era stato anticipato.
Inuyasha e la spada furono scaraventati in due direzioni diverse. Le guglie di roccia gli bloccarono i movimenti, stringendogli in una morsa i polsi e le caviglie. Perse il fiato e boccheggiò quando una di esse lo colpì al ventre, trapassando la carne e infilzandolo come un pollo su uno spiedo. Udì distintamente, attraverso il boato, il grido di Kagome.
“Devo vincere. Devo farlo per lei.” pensò, faticando a rimanere cosciente. Lasciò ciondolare la testa sul petto, rabbrividendo per l’immenso dolore, mentre una bava sanguigna gli colava dalla bocca, lungo il mento. Se i guerrieri di Naraku avessero vinto, questi avrebbero ucciso Kagome e preso la Sfera. Non si sarebbero mai assoggettati al ruolo di protettori della Hikaruku no Miko.
“Puoi anche morire, dopo, ma non azzardarti ad arrenderti lasciando Kagome nei guai!” pensò, rabbioso con se stesso. Non avrebbe mai potuto perdonarsi di non essere riuscito a proteggere la donna che amava. Ecco, non era una rivelazione così difficile da farsi, vero? Lui amava Kagome. L’avrebbe protetta a costo della vita.
«E’ ora del colpo di grazia, Bannin!- disse Bankotsu, da lontano- Prendi il tuo stesso colpo mortale! Hakai!»
“Idiota.” pensò Inuyasha, ma Bankotsu non vide le sue labbra macchiate di sangue piegarsi in un sorrisetto di scherno. La distruzione si abbatté su Inuyasha, la roccia si frantumò, poi si ricompose in forme nuove e ancora più sconvolte di prima. Inuyasha fu scaraventato in alto, poi atterrò malamente su uno scivolo naturale di pietra. Rimase dov’era, fingendosi incosciente, con il sangue che gli fiottava dal ventre e gli macchiava il mento e il collo. Kagome gridò di nuovo. Il dolore nella sua voce fece male al cuore di Inuyasha. Attese, respirando a malapena, che Bankotsu si avvicinasse per finirlo. Sapeva che l’avrebbe fatto. Bankotsu non era tipo da lasciarlo morire senza umiliarlo.
E Inuyasha pregò. Pregò come non faceva da centinaia, forse migliaia di anni. Pregò lo spirito tormentato e ormai ridotto al silenzio di Hikaruku, perché lo perdonasse e gli infondesse nuova forza. Forse il suo legame con la terra si era logorato quando aveva deciso di abbandonare il suo ruolo, sbraitando ai quattro venti che non ne poteva più di fare il Bannin. Forse si era lacerato quando un sonno magico l’aveva tenuto distante dal suo stesso corpo per cinquant’anni. Di fatto, il suo potere era spaventosamente diminuito e forse anche i sogni che erano venuti a turbarlo erano una punizione per aver dubitato dei suoi doveri, degli impegni che si era preso tanto tempo prima.
“Eppure, Hikaruku, esaudisci questo mio egoistico desiderio.- pensò, prendendo silenziosamente fiato- Concedimi la forza di usare il potere che mi fu dato ancora una volta. Fammi adempiere al mio ruolo…di protettore dell’Hikaruku no Miko.”
«Lascia che io protegga Kagome.» mormorò, poggiando i palmi delle mani sulla pietra e concentrandosi.
«Non sei ancora morto, Bannin?- disse intanto Bankotsu, ormai a breve distanza da lui, con un filo di insicurezza nella voce- Ma no, che dico…l’Hakai è un colpo che non dà scampo.»
La forza fluì in Inuyasha, scuotendo il suo corpo prima di riversarsi nella terra. Tochi no Bannin aprì gli occhi ambrati ad incontrare quelli stupefatti di Bankotsu, che storse il volto in una smorfia.
«Sei ancora vivo?!» sbottò, incredulo. Fece cenno di scattare in avanti, alzando Banryu, ma qualcosa lo frenò, facendolo quasi cadere a terra di faccia. Bankotsu abbassò lo sguardo. Vegetazione stava crescendo attorno a lui, a velocità spaventosa. Erbe, rami, rovi, gli si stavano abbarbicando alle caviglie, stringendole in una morsa.
«Che diavolo…» imprecò, guardando di nuovo Inuyasha.
«Io sono Tochi no Bannin, Bankotsu.- disse Inuyasha, con voce spezzata ma decisa, tendendo le labbra insanguinate in un sorrisetto- Il mio legame con la terra non può essere spezzato con l’Hakai. La mia vita dipende dalla terra…ma anche la vita della terra dipende da me.»
«Bah! Ti finirò subito con Banryu!- esclamò Bankotsu, seccato- Non saranno due fili d’erba a fermarmi.»
Bankotsu si abbassò per strappare le piante verdi, che erano già arrivate a serrargli le ginocchia. Purtroppo per lui, la loro velocità di crescita era ben superiore a quella con cui le strappava. Ben presto rami ed erbacce gli cinsero le anche, poi gli risalirono sul petto. Bankotsu gridò di frustrazione quando i rovi gli risalirono lungo le braccia, bloccandogli i movimenti e facendogli cadere Banryu a terra.
«Che diavoleria…che magia è mai questa?!- disse Bankotsu, muovendo la testa a scatti a destra e a sinistra, incalzato da quell'apoteosi di vita che lo stava facendo prigioniero- Naraku…» Anche attorno a lui la terra sconvolta si stava rivestendo di verde, risanandosi.
«Naraku non può comprendere questo potere, né avrebbe potuto donartelo.- disse Inuyasha, alzandosi a fatica dal suo appoggio, tenendosi un braccio attorno al ventre- Tu non avresti mai potuto ricoprire la mia carica, Bankotsu.» Barcollò quando l’emorragia riprese a fluire copiosa. Per un attimo tutto si fece scuro davanti ai suoi occhi. La crescita della vegetazione si interruppe, appena sotto la linea del mento di Bankotsu, che rimase immobile come una sorta di albero dalla testa umana.
«Perché dici questo, Inuyasha?- ansimò Bankotsu, e sembrò più incuriosito che irato o impaurito- Ormai mi hai battuto, vedi di spiegarmi questa faccenda.»
«Naraku ti ha costruito per dare morte.- disse Inuyasha, fermandosi faccia a faccia con il guerriero- Ma l’essenza del potere della terra non è questa.»
Bankotsu scrutò il viso di Inuyasha. Con una certa sorpresa da parte del Bannin, Bankotsu sorrise.
«E qual è, Inuyasha?» chiese.
«E’ la vita, Bankotsu. Mai sentita nominare?» mormorò Inuyasha, prima di alzare una mano e trapassare con un solo colpo la gola di Bankotsu, il cui viso si irrigidì. Inuyasha ritrasse la mano, tenendo in mano la tessera nera. Bankotsu, con una voragine in gola e il sangue che gli sgorgava dalle labbra, sorrise ancora.
«No, Bannin…penso di non essere mai riuscito a capirla, la vita.» disse con voce roca, prima che Inuyasha riducesse a pezzi la tessera magica. Bankotsu e la sua Banryu si ridussero in polvere sotto il sole. Inuyasha si concesse un pensiero di rammarico per la morte di quello strano personaggio, poi si voltò verso i suoi amici, che stavano correndo verso di lui lanciando grida di giubilo. Miroku teneva in mano Tessaiga. Vide Kagome, in lacrime ma con uno stentato sorriso sulle labbra, precedere tutti nella corsa. Cercò di sorridere, di fare un passo verso di lei. Invece, cadde al suolo, chiudendo gli occhi. E quando toccò terra non se ne accorse nemmeno, perché continuò a cadere nella tenebra, sempre più giù, più giù, più giù…
«Inuyasha!!!» gridò Kagome, inorridita, quando vide Inuyasha perdere ogni colore in volto e cadere a terra come un sacco di patate, con i capelli sparsi tra l’erba appena cresciuta. Si precipitò da lui, seguita dagli altri, poi si inginocchiò accanto al corpo di Inuyasha e cercò di voltarlo.
«Lascia, Kagome-sama, faccio io.» disse Miroku, sbrigativo, voltando Inuyasha sulla schiena. Mandò un sibilo nel vedere la terribile ferita del Bannin. «In circostanze normali non sarebbe mortale.- disse, cercando il supporto di Sango- Ma l’incantesimo che ha manipolato la terra era malvagio.»
«Prova con il potere Taiyoo, Kagome-chan!- disse Shippo, incalzando la ragazza- Io sono guarito dalle ferite e anche dal veleno della magia nera.»
«Proverò.» disse Kagome, decisa, imponendo le mani sulla ferita di Inuyasha senza nemmeno far caso al sangue. Chiuse gli occhi, concentrandosi. “Ti prego, Inuyasha, non morire!- pensò, con tutto il suo cuore- Ti prego, guarisci!”
«Funziona! Funziona!» strillò Shippo, saltando e battendo le mani per la gioia. Sotto le dita di Kagome, la ferita di Inuyasha stava regredendo. Presto si chiuse del tutto.
«Sia ringraziata Hikaruku…» sospirò Sango, mentre Kagome apriva gli occhi, affaticata.
«Ce l’ho fatta?» chiese, stranita.
«Sì, Kagome-chan. Ora non ci resta che svegliarlo.» disse Shippo, ridendo.
«Inuyasha…Inuyasha, svegliati.» disse Sango, colpendo piano la guancia di Inuyasha con il palmo della mano. Inuyasha non diede alcun segno di essere sul punto di destarsi. Sango guardò Kagome e, accorgendosi del suo crescente stato di ansia, tornò a scuotere Inuyasha e a chiamarlo, con sempre maggior vigore.
«Forse ci vorrebbe uno schiaffo, Sango.» propose Shippo, con voce incerta, quando Inuyasha non rispose alle sollecitazioni per la quarta volta. Sango guardò Kagome.
«Prova, Sango.- disse lei, con le mani strette al petto- Mi fa paura il fatto che non si sia ancora svegliato.»
Sango corrugò la fronte, poi alzò la mano per schiaffeggiare Inuyasha, ma Miroku, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, le bloccò il polso.
«Non servirà, Sango.» disse Mizu no Bannin.
«Che vuoi dire, Miroku?» chiese Sango. Un brivido inatteso le corse lungo la schiena.
«Non sentite nulla?» continuò Miroku, serissimo. Sango e Shippo si guardarono, poi scossero il capo. «Appunto.- sospirò Miroku, grave, abbassando lo sguardo sul volto di Inuyasha- Non sento la presenza dell’anima di Inuyasha.»
I Bannin trattennero il fiato. Kagome afferrò una mano di Miroku, spaventata.
«Miroku…che vuoi dire?- chiese, e nella sua voce si udì un principio di pianto- Inuyasha non sta bene?»
«Il suo corpo sta bene.- disse Miroku- Ma…ho paura che non sia lo stesso per la sua anima. Ho ben presente questa sensazione. E’ la stessa che sentii quando Kikyo colpì Inuyasha con una freccia.»
Kagome impallidì mortalmente. La mano di Miroku scivolò via dalle sue, che ricaddero inerti.
«Miroku…vuoi dire che…» balbettò Sango.
«Voglio dire che la magia di Naraku ha spedito l’anima di Inuyasha da qualche parte.- tagliò corto il Bannin, dando un pugno frustrato al terreno- Dove il nostro amico sia finito, o come fare a riportarlo qui…beh, amici miei, su questo non ho la minima idea.»

***

Quando si svegliò si rese immediatamente conto di non essere in grado di muovere il proprio corpo. Tentò un paio di volte, ottenendo a malapena un guizzo nelle dita. Respirò a fondo, imponendosi calma e concentrazione. Se aveva la magia nera di Naraku che gli scorreva nel corpo, era ovvio che facesse fatica a muoversi. Si sentiva accaldato. Trovò molto strano non sentire l’alito del vento sul viso, sudato com’era. Non sentiva alcun suono, né le voci dei suoi amici.
“Dev’essere passato del tempo da quando ho perso conoscenza.” pensò. Forse qualcuno aveva proposto di tornare alla galleria, per farlo stendere al chiuso. Magari era notte e gli altri dormivano. Avvertì tonfi ovattati avvicinarsi e poi sparire in lontananza. Passi. Passi di chi? Poi, un fruscio. Inuyasha riconobbe il suono di dita su una pagina di carta. Inaspettatamente, il suono all’apparenza innocuo lo gelò. Era troppo estraneo al contesto. Sforzandosi, Inuyasha si impose di aprire le palpebre.
Dapprincipio la luce, gialla e calda, gli ferì gli occhi, e dovette richiuderli. Strizzò le palpebre, le sbatté qualche volta e finalmente tutto si fece chiaro. Era in una stanza. Una stanza in penombra, illuminata da una…lampada? Come faceva a sapere come si chiamava quell'aggeggio? Forse gliel’aveva detto Kagome? Un tonfo gli fece spostare lo sguardo. Il cuore gli si fermò. Una donna dal volto pallido e segnato, eppure bellissimo, era seduta su una sedia, con le mani a mezz’aria come a trattenere un libro che ormai doveva essere caduto per terra. Inuyasha conosceva quella donna…e non la conosceva affatto.
«Sei sveglio…» mormorò la donna, e Inuyasha riconobbe la sua voce. Tentò di parlare, ma non poté. «Sei sveglio…oh, mio…- balbettò la donna, prima di portarsi le mani alla bocca e iniziare a piangere di gioia- Oh mio Dio! Sei sveglio!» Allungò le mani verso di lui, poi si ritrasse prima di toccarlo, come per un ripensamento, e si alzò di scatto, rovesciando la sedia e precipitandosi alla porta, che aprì di slancio. «Infermiera! Infermiera! Mio figlio…Inuki…si è svegliato!»
Mio figlio…Inuki! La consapevolezza colpì Inuyasha con la forza di un maglio, mentre ricordi che arrivavano da un pallido sogno appartenente ad un sonno di cinquant’anni gli si riversavano nella memoria, mettendo al loro posto tutti i pezzi del puzzle. Fu troppo. Prima che sua madre o l’infermiera avessero raggiunto il suo capezzale, Inuyasha aveva perso di nuovo conoscenza.

***

Il grigiore dell’alba trovò Inuyasha seduto sul suo letto d’ospedale, in un pigiama pulito, con i piedi nudi penzolanti a un paio di centimetri dal pavimento. Dalle tendine tirate entrava la fredda luce del primo mattino, ma Inuyasha non se ne rese nemmeno conto. Non aveva più chiuso occhio da quando si era svegliato per la seconda volta, tre ore prima di mezzanotte. Si guardò le mani. Mani forti, per un umano, ma deboli e senza artigli per il Bannin che era. Strinse i pugni e storse la bocca. Era sempre Inuyasha, ma in un corpo umano. Quello che aveva sempre desiderato, no? Abbatté i pugni sulle cosce, mordendosi il labbro inferiore in un impeto di frustrazione. Com’era possibile? Come era stato possibile che si fosse incarnato in un umano, mentre il suo corpo giaceva nel sonno magico indottogli da Kikyo?
Eppure, questo era avvenuto. Ora Inuyasha ricordava bene la sua vita come Inuki. Ogni singolo dettaglio era chiaro in lui, nonostante fosse svanito come un semplice sogno al momento del suo risveglio nelle Quattro Terre, quando la freccia era stata tolta dal suo corpo in stasi. Seguendo Kagome…sempre seguendo Kagome.
Probabilmente era proprio questo ciò che era avvenuto. Perso in un limbo, era stato attratto da quel mondo così diverso con la speranza di ritrovare Kikyo. Aveva trovato invece Kagome, la sua reincarnazione…e anche qualcosa in più. La vera essenza del suo carattere continuava a dormire dentro Inuki, ma quel poco che si manifestava si era infatuato di Kagome. Poi, quando lei era stata chiamata nelle Quattro Terre, era avvenuto l’incidente. Sua madre gli aveva raccontato che era giaciuto in coma per mesi. Gli universitari erano morti nello scontro. Lui, chissà come, si era salvato. Costole fratturate, un polmone bucato, una gamba e un braccio rotti, trauma cranico. Durante il sonno quasi tutte le sue ferite erano guarite e ora conservava solo una fastidiosa bendatura rigida alla gamba destra e doveva spostarsi con un bastone. Difetti dell’essere umano. I medici ritenevano un miracolo sia la sua guarigione che il suo risveglio.
Piangendo, sua madre gli aveva anche rivelato la scomparsa di Kagome da casa, nello stesso giorno del suo incidente. Nulla di lei era stato ritrovato, nemmeno la cartella di scuola. Si era volatilizzata e la madre gli aveva chiesto se ne sapesse nulla. La famiglia Higurashi era in lutto. Inuyasha, assorto e pallido, aveva negato con un cenno del capo, tenendo gli occhi bassi e stringendo le coperte in una morsa. Sua madre aveva letto in questo atteggiamento il profondo dolore per una notizia così scioccante. Per lei non era mai stato un mistero il sentimento che legava il figlio alla giovane erede di sacerdoti.
I medici avevano sgridato la donna, ritenendo che certe notizie fossero troppo dure per un giovane appena uscito dal coma. Un giovane ancora debole e in fase di riabilitazione, che invece sapeva molto più di quanto loro potessero sospettare. Come avrebbe mai potuto dimenticare il momento in cui Kagome gli aveva dichiarato il suo amore? A Inuki…non ad Inuyasha. Ma era stato il rancore di Inuyasha a parlare, ad aggredirla, a creare la situazione che aveva portato a quel fatale incidente stradale.
Inuyasha allungò una mano per prendere lo specchio che sua mamma gli aveva lasciato dopo le analisi che gli avevano fatto al risveglio, prima di andare a casa a riposare un po’. Si guardò, scrutando i propri occhi violetti e i capelli neri. Il viso era sempre lo stesso. Aveva avuto ragione Kagome, a confondere Inuki e Inuyasha. I lineamenti e l’anima erano gli stessi. Il pensiero gli fece male e Inuyasha mise da parte lo specchio, chiudendo gli occhi su lacrime incipienti. Kagome e gli altri…chissà cosa stava accadendo nelle Quattro Terre? Non poteva abbandonarli così, vicini alla meta eppure più minacciati che mai da Naraku! Se uno dei Bannin non era presente, questo indeboliva gli altri. Non sarebbero riusciti a proteggere Kagome senza il suo supporto. Naraku li avrebbe sorpresi e sopraffatti, e la rovina sarebbe stata completa.
Cosa poteva fare? Era ovvio che se era rientrato nel corpo di Inuki significava che quello di Tochi no Bannin era di nuovo caduto in un sonno magico, forse dovuto al fatto che era stato colpito dalla magia nera di Naraku. Ugualmente, se aveva potuto tornare ad essere Inuyasha quando Kagome aveva tolto la freccia, era solo perché Inuki era caduto in coma. Un’anima divisa in due corpi. Non c’era modo di muoverli entrambi e Inuyasha già sapeva di non poterne sceglierne uno a piacimento, altrimenti avrebbe lasciato le sembianze di Inuki seduta stante, per quanto potesse dispiacergli il dolore della sua umana genitrice. A meno di un miracolo, non c’era modo di tornare nelle Quattro Terre.
Stringendo i denti con rabbia, Inuyasha afferrò il bastone che l’infermiera gli aveva lasciato per i brevi spostamenti e si alzò in piedi, barcollando. Non si sarebbe arreso senza fare un tentativo. Dopotutto era un Bannin e conosceva la magia. Un miracolo si poteva anche fabbricare. Uscì dalla sua camera muovendosi in silenzio nonostante la menomazione. Non possedeva né il fiuto né i sensi derivanti dalla sua condizione di Bannin, ma il suo intuito era rimasto invariato. Anche Inuki, per quanto modesto, era un combattente. Riuscì a districarsi tra i corridoi dell’ospedale senza farsi vedere, eludendo le infermiere di turno. Scese ai piani inferiori, poi dovette nascondersi nella reception momentaneamente deserta al passaggio di due medici, che confabulavano su una serie di diagrammi. Attese di vederli scomparire dietro l’angolo, poi uscì.
Fuori, il sole stava per sorgere. Inuyasha si affrettò, inoltrandosi nel giardino dell’ospedale. Se voleva attuare ciò che aveva in mente aveva poco tempo. Il momento magico era quello del sorgere del sole. Zoppicando pietosamente sulla gamba malferma, ignaro dei messaggi d’allarme che il suo corpo intorpidito da più di due mesi di sonno gli mandava, Inuyasha raggiunse una quercia, che copriva con le sue fronde una panchina. Quando aveva avuto l’incidente, gli alberi erano in fiore. Ormai la primavera stava cedendo il passo all’estate. Inuyasha gettò il bastone di lato, noncurante, poi appoggiò entrambe le mani al tronco rugoso, chinando la testa tra le braccia tese.
«Terra, mia terra.- invocò, in un sussurro- Dona la forza a questo corpo indegno. E’ l’anima di un Bannin che te la chiede.»
Inuyasha sapeva che quel mondo non era governato né dagli Elementi né dagli Shikon, eppure conteneva a sua volta molta magia. Inuki non poteva accogliere in sé il potere della terra, ma la sua anima era in grado di rafforzarsi. Ed era questo che Inuyasha voleva. La tenera, materna forza della terra insinuò le sue dita incerte dentro di lui. Inuyasha strinse a sé ciò che riceveva, poco ma prezioso. Si voltò ad est. Il primo barlume di rosso screziava le nubi. Ancora nessun uccello aveva cantato. Tutto era perfetto per l’invocazione che aveva in mente. La Dea della Vita andava invocata prima dell’alba, quando il sole entrava nel mondo e il silenzio regnava ancora, inviolato. Inuyasha non poteva garantire che quelle condizioni fossero rispettate alla regola, in quell'ambiente cittadino, ma avrebbe fatto del suo meglio. Finché il sole non fosse diventato giallo, dando inizio al nuovo giorno, avrebbe avuto tempo di invocarla ed essere ascoltato…o almeno così funzionava nelle Quattro Terre. Hikaruku era l’unica che poteva aiutarlo, l’unica con abbastanza potere da trasportare un’anima da un mondo all’altro. Chiedeva solo che venisse riportato ordine a tutte le cose. Hikaruku non glielo avrebbe negato. Dopotutto, la sua liberazione dipendeva anche da lui!
«Hikaruku!- esclamò, con tutta la voce del suo corpo e della sua anima- Dea del Sole! Dea della Vita! Ascolta la preghiera di colui che sempre ha servito i tuoi desideri!»
Sapeva che presto sarebbe accorso qualcuno, sentendolo gridare tanto forte, ma in quel momento le abitudini del mondo di Inuki erano l’ultima cosa che lo preoccupasse. Lo credessero pure pazzo, se volevano.
«Hikaruku!- gridò ancora, gli occhi fissi ad est- La mia forza deve tornare alle Quattro Terre! Se ancora detieni il potere che fu donato agli Shikon, riportami a Sunda!» Si staccò dal tronco, barcollando paurosamente, gridando a pieni polmoni al sole, che ora, gonfio e rosso, si stava levando. «Riportami a casa! Portami da loro, a finire ciò che ho cominciato!- disse- Non ce la faranno senza di me, e tu lo sai.»
Inuyasha avvertì una presenza…una sorta di attenzione attorno a sé. Non riconobbe Hikaruku, ma questo non significava nulla. Era un’attenzione inerte, priva di volontà. Inuyasha si sentì pervadere dalla disperazione. E se Hikaruku avesse perso ogni potere? Se la sua voce non l’avesse mai raggiunta?
«Io devo tornare da lei!!» gridò più forte, e perse l’equilibrio, cadendo malamente sulla gamba non ancora guarita. Sentì qualcuno affacciarsi alla finestra, chiedergli che diavolo aveva da urlare. Presto sarebbe arrivato qualche infermiere a prenderlo. Il sole stava vertendo all’arancio. Non aveva più molto tempo. «Fammi tornare da lei! Ho giurato di proteggerla!- singhiozzò, frustrato, tirando un pugno al suolo- Dannazione, tu sai cosa significa soffrire per amore! Fammi questa grazia, Hikaruku!»
Lui doveva tornare da Kagome! Sentiva che se non fosse tornato presto l’avrebbe persa per sempre, non l’avrebbe vista mai più. L’aveva rifiutata come Inuki, spinto dal rancore di Inuyasha. Come Tochi no Bannin, non aveva avuto il coraggio di confessarle i propri sentimenti. Se le fosse accaduto qualcosa non sarebbe mai riuscito a perdonarselo.
«HIKARUKU! Ascoltami, dannazione!» gridò, afferrando il bastone in un parossismo d’ira e scagliandolo contro il sole, che si liberò da una nube, facendosi giallo. Il tempo era concluso. Nella mente gli echeggiò un sospiro…poi un suono come di pianto.
“Kagome?” pensò.
Senza badare agli infermieri che correvano verso di lui, Inuyasha chinò la testa, mentre una spossatezza mai provata prima gli riempiva le membra, rendendole pesanti come piombo. Si coprì gli occhi con una mano e rimase in ginocchio, immobile. Non aveva nemmeno la forza di piangere.

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Capitolo 22
*** 21 - Come posso lasciarlo? ***


CAPITOLO 21

COME POSSO LASCIARLO?

Sango diede un’ultima occhiata ai dintorni, mentre un tuono rombava sopra la sua testa. Trattenendo un sospiro e guardando il cielo con aria contrariata, la Bannin scese in una veloce picchiata, atterrando poi con agilità accanto a Miroku e Shippo, che sedevano in silenzio accanto a un fuoco da campo.
«Hai visto qualcosa?» chiese Shippo, rintuzzando il fuoco.
«Niente in ogni direzione.- disse Sango, facendo scomparire le ali e sedendosi con grazia- Nessuna traccia di nemici o di demoni.»
«Il che dà ulteriore corpo alle mie ipotesi.» disse Miroku, secco. Sango scrollò le spalle, ma annuì.
«Kagome?» chiese.
«E’ sempre là. Non lo lascia un istante.» disse Shippo, sospirando e voltandosi a guardare dietro di sé. Sia Miroku che Sango seguirono il suo sguardo.
Poco distante, nella luce del giorno che si faceva sempre più fievole, Kagome sedeva sull’erba accanto al corpo addormentato di Inuyasha. Tochi no Bannin giaceva dov’era caduto più di una settimana prima, immoto come se fosse morto. Come le radici dell’albero a cui era stato sigillato nel suo sonno cinquantenario erano cresciute e si erano avviluppate attorno al suo corpo, così erba, fiori e pianticelle avevano iniziato a ricoprirlo ora, avvolgendolo in una morbida e profumata coperta da cui spuntavano solo le mani, i piedi e il viso immobile.
«Questa attesa non mi piace.- mormorò Miroku- Non mi piace per niente. Sento nelle ossa che stiamo sbagliando a soffermarci tanto.»
«Avresti il coraggio di allontanarla da lui?» chiese Sango. Miroku alzò le mani in segno di resa.
«Mai più.- borbottò- Ma Kagome ha perso totalmente di vista il nostro obiettivo…e Naraku si fa più pericoloso.»
«Non possiamo sapere che cosa stia combinando.» disse Sango, più per il gusto di ribattere che altro. Sapevano tutti che quell'improvviso silenzio significava solo una cosa: Naraku si stava preparando ad affrontarli di persona. E senza Inuyasha, non c’era alcuna speranza di farla franca con lui.
«Deve soffrire molto.» mormorò Shippo, triste.
«Chi, Inuyasha?» chiese Miroku, cupo.
«No, intendevo Kagome.- disse Shippo, scuotendo il capo- Inuyasha dorme. La sua anima è chissà dove e probabilmente non sente nulla. Kagome invece soffre moltissimo.»
«E’ proprio per riguardo alla sua sofferenza che siamo ancora qui.- disse Miroku, serio- Eppure, i suoi sentimenti la portano a sbagliare, e l’affetto che noi abbiamo per lei ci porta a sua volta all’errore.»
«Perché dev’essere tutto così complicato? Perché Inuyasha è caduto in questo strano sonno?» mormorò Sango, guardandosi le mani abbandonate in grembo.
«Ho paura che non lo sapremo mai per certo.» disse Miroku, corrugando la fronte. Miroku aveva diviso con gli altri la conoscenza degli strani stati di sogno di cui Inuyasha era stato vittima e che avevano preceduto il duello contro i quattro falsi Bannin. A causa di questa incapacità di controllare la trance, Inuyasha aveva visto diminuire il proprio potere e questo spiegava la fatica sopportata per battere Bankotsu, che si era comunque rivelato un avversario formidabile.
Parlandone insieme, avevano concluso che la confusione emozionale di Inuyasha, che si era evidentemente innamorato di Kagome, unita al lungo distacco dai suoi doveri causato dal lungo sonno indottogli da Kikyo, dovevano averlo spossato a tal punto che l’anima del Bannin si era distaccata dal corpo martoriato dalla battaglia  prima di soccombere. Questa ipotesi prevedeva che prima o poi Inuyasha avrebbe recuperato le forze e si sarebbe svegliato…ma potevano volerci anni, e loro non avevano tutto quel tempo. Miroku, inoltre, aveva formulato un’altra ipotesi. I suoi risvolti erano peggiori e l’aveva tenuta per sé. Si era chiesto, infatti, se la debolezza di Inuyasha non fosse da correlare con la totale mancanza di segni di vita da parte di Hikaruku. Per quanto Inuyasha fosse nato in concomitanza con la divinità lunare Kiiro no Me, l’esistenza stessa della Terra dipendeva dal Sole. E se fosse accaduto qualcosa ad Hikaruku, all’interno della sua prigione? Questo non avrebbe forse destabilizzato la forza di Inuyasha? Non avrebbe sconvolto i legami dei Bannin con le Quattro Terre? L’ipotesi era così orribile che Miroku aveva deciso di non condividerla con nessuno. D’altra parte, presto avrebbero raggiunto la Taiyoo no Mon e avrebbero scoperto ciò che riservava loro il futuro…sempre che Kagome si fosse decisa a riprendere il cammino.

***

Poco distante, Kagome osservava in silenzio il viso di Inuyasha, senza lasciarlo un attimo. I suoi occhi erano asciutti, ma tumefatti per il troppo pianto. Sapeva che gli altri stavano parlando di lei e sapeva anche che cosa stavano dicendo. Si rendeva anche conto che erano nel giusto, ma questo non mutava i suoi sentimenti. Kagome accarezzò con il pollice il dorso della mano di Inuyasha, che stringeva tra le sue. Inuyasha dormiva dello stesso sonno che lo imprigionava quando lo aveva incontrato per la prima volta. Al contrario di allora, però, non c’era alcuna freccia da togliere per svegliarlo. Non c’era niente da fare, nessun potere da usare. Inuyasha non rispondeva ai suoi appelli. Sospirando, Kagome accarezzò la fronte di Inuyasha, scostandogli un filo d’erba dalla frangia argentata. Era quasi commovente come la terra fosse prodiga nel proteggere il corpo del suo Signore. Miroku le aveva spiegato che Inuyasha era al sicuro da qualsiasi magia, protetto dalla Terra stessa. Ovviamente, Mizu no Bannin gliel’aveva detto nella speranza di smuoverla dal suo capezzale, ma a Kagome non bastava sapere che Inuyasha era al sicuro da Naraku. No, non le bastava affatto.
«Torna da me, Inuyasha.» mormorò, forse per la centesima volta. Quante volte l’aveva chiamato? Ormai aveva perso il conto. Kagome sapeva di dover continuare il viaggio. Inuyasha dormiva un sonno magico, ma era vivo. Miroku le aveva garantito che Naraku non sarebbe mai riuscito a toccarlo finché restava in stasi. La giovane capiva di dover ultimare il viaggio, di avere un dovere che si era accollata giurando come Hikaruku no Miko. Di certo, tutti erano stati concordi su questo, una volta liberata Hikaruku sarebbe stata in grado di richiamare lo spirito di Inuyasha da qualunque limbo lo avesse imprigionato. Hikaruku era l’unica speranza di risveglio per Inuyasha, a conti fatti.
Kagome, però, non poteva lasciare Inuyasha. Non poteva lasciarlo per due motivi, che poi erano uno soltanto. Lei amava Inuyasha. Lo amava con tutta l’anima, lo amava così profondamente da sentirsi a sua volta staccata dal corpo mentre lo guardava giacere immobile. Una volta riconosciuto questo amore, Kagome non poteva più separarsi da lui. Non poteva più andare da Hikaruku, non così. Se la regina degli Shikon, la Dea del Sole, avesse esaudito il desiderio che l’aveva spinta a partire, Kagome sarebbe tornata nel proprio mondo e non avrebbe mai più visto Inuyasha. Avrebbe portato con sé come ultima immagine di lui quel corpo immoto.
Kagome strinse più forte la mano del Bannin, serrando i denti. Non sarebbe stata presente al suo risveglio, non avrebbe più sentito la sua voce, ricevuto i suoi sorrisi, sopportato i suoi borbottii. Non le sarebbe rimasto nulla di Inuyasha. Kagome non poteva sopportare una cosa simile. E se anche Hikaruku non avesse mai sentito le sue vecchie preghiere, non era possibile che decidesse di mandarla via comunque? Dopotutto, lei non apparteneva alle Quattro Terre! Questo dubbio atroce, la possibilità di essere per sempre separata da Inuyasha, la inchiodavano lì, al capezzale dell’uomo che amava. Il desiderio di salvarlo si scontrava con il terrore di perderlo per sempre. Pietrificata da questa ridda di sentimenti che non sapeva appianare, non riusciva a fare altro che continuare a stargli a fianco e chiamarlo per nome, nella speranza che la forza del suo amore fosse sufficiente a svegliarlo.
«Torna da me, Inuyasha.» ripeté.

***

Inuyasha allacciò i bottoni della giubba nera, soffermandosi incerto sull’ultimo, quello più vicino alla gola. Lasciò ricadere le mani senza compiere su di esso alcun atto. Per un attimo aveva avuto la tentazione di chiuderlo, quasi in dispregio dell’uso disordinato di Inuki di tenere il colletto aperto, ma aveva subito desistito. Nemmeno lui avrebbe tollerato di sentirsi stringere la gola. Era una cosa che avevano in comune. Inuyasha trattenne un sospiro, appoggiandosi con le mani al lavandino e scrutando con aria truce il viso che gli rimandava lo specchio. La sua stessa faccia, ma con occhi violetti e capelli di un nero profondo. La sua faccia come Inuki. Non riusciva a guardarla senza farsi venire la voglia di tirare un pugno allo specchio. Stava arrivando a detestare profondamente quest’altra sua forma.
Non riusciva a farci niente: purtroppo vedeva Inuki come una persona diversa da sé. Sapeva bene che Inuyasha e Inuki erano la stessa, identica persona, eppure Inuyasha vedeva ora lo spensierato e scapestrato Inuki come il suo peggior nemico. In parte questo derivava dal fatto che tornare in quel corpo umano era stato uno shock terribile. In parte, perché finché restava in quel corpo non poteva tornare nelle Quattro Terre. Esisteva anche un altro motivo, ma per evitare che venisse a galla Inuyasha distolse bruscamente lo sguardo e uscì dal bagno, dirigendosi a grandi passi verso la scala per accedere al piano inferiore.
Non zoppicava più e si era ripreso completamente dai postumi dell’incidente e del coma. I medici continuavano a valutare sorprendente la velocità della sua ripresa, ma per Inuyasha era stata fin troppo lenta. Per fortuna, il potere della sua anima ormai desta aveva agito per il meglio anche sul corpo. Era tornato nella casa di sua madre – della sua umana genitrice- solo la sera prima.
«Santo cielo, Inuki…dove credi di andare?» esclamò lei, vedendolo comparire in cucina così presto e con addosso la divisa scolastica.
«A scuola, mamma. Direi che sono stato assente abbastanza.» rispose Inuyasha, serio, sedendosi al tavolo. Sua madre ristette, poi si affrettò a mettere del pane a tostare.
«Inuki, non credi che sia un po’ presto? Sei appena guarito, e…» tentò di protestare. Inuyasha fece una smorfia e la vide sussultare. Sua madre era preoccupata per lui. Sensibile com’era, aveva notato i cambiamenti nel suo carattere e nelle sue reazioni.
«Preferisco andare a scuola, mamma, piuttosto che stare qui con i miei pensieri.» rispose Inuyasha, passandosi una mano sulla fronte quasi con violenza. Aveva paura della tranquillità di quella casa. Voleva lasciarsi paure e dolore alle spalle almeno per qualche ora. La scuola gli avrebbe impedito di pensare. Si accorse dell’occhiata improvvisamente luccicante di lacrime della madre, prima che lei si voltasse per finire di preparargli la colazione. Sua madre pensava che Inuki fosse così sconvolto a causa della scomparsa di Kagome…e non si poteva dire che avesse sbagliato di molto nella sua ipotesi. Un’ondata di affetto per quella donna così bella e coraggiosa, la donna che lo aveva generato, assalì Inuyasha, creando un punto di contatto con la sua seconda identità. Inuyasha si alzò e andò ad abbracciare la madre.
«Ti voglio bene, mamma. Non devi preoccuparti per me.- disse, spremendosi un sorriso- Me la caverò, come sempre.»
«Se solo riuscissero a trovare Kagome…» singhiozzò la donna, ricambiando l’abbraccio.
«Kagome…tornerà, vedrai.» mormorò Inuyasha, sentendo la gola occludersi di pianto. Non era così sicuro come voleva far credere. Il suo brutto presentimento non l’aveva ancora lasciato e l’evidente impossibilità per lui di tornare al suo corpo di Bannin lo aveva riempito della disperazione più nera. Non si sentiva molto portato a consolare qualcuno, in quel momento. In ogni caso, sua madre si fece forza e smise di piangere, poi fece colazione assieme a lui e lo accompagnò fin fuori dalla porta quando Inuyasha se ne andò. Inuyasha percorse la strada verso la scuola, con la cartella penzolante da una spalla, guardando il cielo chiaro del mattino. Il sole splendeva, ma i suoi raggi non lo scaldavano.
“Perché Hikaruku non mi ha risposto?- si chiese- Che sia…”
«…morta?» gli sfuggì dalle labbra. Subito, il sangue gli si gelò nelle vene. Il pensiero era così orribile che il cuore gli si fermò per un istante e lui dovette smettere di camminare. L’ipotesi che gli era venuta alle labbra era la più terribile, la più terrificante che gli avesse mai sfiorato la mente. Eppure…non era forse possibile che si fosse spenta? Senza più contatto con le Quattro Terre, segregata, sola nel suo mondo per millenni a struggersi d’amore…non poteva essersi spenta, come una stella morente?  Scioccato, sentendosi del tutto sperduto, Inuyasha si guardò attorno, come aspettandosi di vedere la Dea del Sole comparire e dargli la conferma di essersi sbagliato. Si accorse invece si trovarsi nel punto esatto in cui Kagome era scomparsa, ormai tanti mesi prima. Come un automa, Inuyasha camminò fino al ciglio della strada, guardando in basso verso le acque del canale. In quel punto, sotto la luce rossa del tramonto, Kagome una volta aveva detto di amarlo.
Il cuore di Inuyasha riprese a battere e per un istante si librò su ali d’angelo. Era vero! Aveva sentito quelle parole uscire dalla sua bocca! Le uniche parole che potevano ridargli le forze, costringerlo a combattere anche senza il supporto di Hikaruku! Kagome lo amava! Kagome amava…Il viso che vide riflesso nell’acqua gli fece di nuovo il sangue amaro. Kagome amava Inuki! Inuki, maledizione…non Inuyasha!
Inuyasha strinse i pugni e serrò i denti tanto forte da farli scricchiolare. Una volta di più, sentì di odiare il suo alter ego, senza rendersi conto che Inuki era parte di sé. Provò una tremenda, divorante gelosia per quel ragazzo senza troppi pensieri che aveva avuto l’onore di essere amato da Kagome. Una perversa soddisfazione gli montò in corpo al pensiero di avergli rovinato la piazza mettendogli in bocca parole non sue.
“E se lo uccidessi?- pensò d’un tratto, sull’orlo della follia- Se ammazzassi questo corpo inutile, tornerei a quello originale! E allora addio a Inuki!”
Fece un passo verso l’acqua, con uno sguardo malato negli occhi. Poi, la ragione riprese il sopravvento e Inuyasha si fece indietro, portandosi una mano alla bocca per impedire a un improvviso fiotto di bile di risalirgli in gola. Ma che diavolo di pensieri gli stavano girando per la testa?! Ammazzare Inuki?! Ammazzare Inuki era ammazzare se stesso! E chi gli garantiva che sarebbe tornato dall’altra parte? L’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stato morire nel disonore…e non vedere mai più Kagome. Non poteva fare nulla per cambiare la sua situazione. Kagome era lontana ed era affidata agli altri Bannin. Hikaruku forse era morta e la cosa avrebbe senz’altro fatto impazzire Sesshomaru. Che senso aveva prendersela con quella parte di se stesso che aveva cercato in ogni modo di raggiungere l’amore perduto? Pensare ad Inuki come a un terzo incomodo era da pazzi e mai come in quel momento lui doveva costringersi a ragionare.
«Ma non è facile.- mormorò- Non è facile per niente.»
Rimase ancora per qualche istante ad osservare il suo riflesso sull’acqua, poi si voltò e tornò a incamminarsi verso la scuola.

***

Trascorse un’altra lunga giornata nelle Quattro Terre, senza che il gruppetto dei Bannin riuscisse in alcun modo a smuovere la situazione. Kagome restava inginocchiata accanto a Inuyasha. I suoi amici non sapevano che fare, né osavano torturare la ragazza con richieste pressanti. Nel pomeriggio, Sango era andata a parlare con lei. Kagome si era sfogata, confidandole il suo tremendo dilemma, ma con una voce così flebile e lontana che Sango si era preoccupata ancora di più per lei. Sembrava che la salute di Kagome stesse risentendo di quella vita. Era terribilmente pallida e smagrita.
«Inuyasha ci sgriderebbe.» mormorò quella sera, senza accorgersi di aver parlato ad alta voce.
«Cosa?» chiese Shippo. Sango scosse la testa, sospirando.
«Dicevo che Inuyasha ci sgriderebbe, non stiamo affatto proteggendo Kagome come abbiamo promesso.» ripeté.
«Cosa può pretendere, in queste condizioni?- mormorò Shippo, triste- Come facciamo a dare a Kagome la risposta che cerca?»
«Non possiamo decidere per lei.- sospirò Miroku, seduto a braccia conserte- Se resta, Inuyasha non si sveglia. Se libera Hikaruku, nove su dieci che verrà rimandata nel suo mondo e non vedrà più Inuyasha. Non è un dilemma da poco.»
«Riesco a capire la sua angoscia.- disse Sango, portandosi una mano al cuore- Lasciare l’uomo che ami in queste condizioni…Ci vuole un coraggio, una freddezza, che una persona sensibile come Kagome non può trovare da sola. E poi, se non dovesse vederlo mai più…»
«Ma perché Hikaruku dovrebbe riportarla subito indietro?!» sbottò Shippo, contrariato.
«Dipendesse da lei, sono certo che non lo farebbe.- disse Miroku- Ma pensaci, Shippo: noi sappiamo se davvero tutte le regole, e sottolineo tutte, cadranno in disuso una volta liberata Hikaruku? Le vecchie leggi non ammettono la presenza di creature evocate da altri mondi…e Kagome è paragonabile a questo.»
«Ma in Kagome c’è l’anima di Kikyo!» sbuffò Shippo.
«Già, ma tu hai il coraggio di darle la certezza matematica di non dover temere nulla?» insistette Miroku, socchiudendo appena gli occhi. Shippo aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse di scatto. No, non aveva quel coraggio. Se si fosse sbagliato, non se lo sarebbe mai perdonato. «Perciò,- concluse Miroku, avendo decifrato il suo silenzio- non ci resta che aspettare che il cuore di Kagome formuli da solo la risposta.»
«Sempre sperando che qualcuno non venga a metterci becco.» aggiunse Sango, seccata. Di fronte all’occhiata perplessa di Shippo e Miroku, indicò l’orizzonte con un cenno del capo. La luna stava sorgendo ed era piena. Miroku fischiò piano, poi si voltò per controllare che Kagome non avesse sentito.
«Non apprezzerà il nostro ritardo.» mormorò, sulle spine. Non dubitò nemmeno per un istante che Sesshomaru avrebbe fatto loro visita entro qualche ora. Quello che lo turbava erano i suoi timori riguardanti Hikaruku. Sperava che Sesshomaru, con quel carattere diffidente che si ritrovava, non riuscisse a leggere nulla attraverso i suoi occhi. Poche ore dopo, come previsto da Sango, un raggio di luce pallida si fece strada dall’astro notturno alla collina su cui giaceva Inuyasha. Kiiro no Me si manifestò a pochi passi di distanza dai Bannin. Accanto a lui, saldamente aggrappata a una gamba di Sesshomaru con un sorriso gaio sul volto, c’era la piccola Rin.
«Rin-chan!» salutò Shippo, mentre la bambina correva da loro ad abbracciarli.
«Rin! Sei stata bene con Sesshomaru-sama?» chiese Miroku, scherzoso. Rin sorrise, con quel suo sorriso luminoso come il sole, poi tornò saltellando da Sesshomaru e abbracciò con foga la sua gamba, dando ad intendere quanto fosse forte quel suo stravagante affetto per lo Shikon. Sesshomaru non ricambiò né disse una parola, ma nemmeno la scostò da sé quando avanzò con passi lenti, scrutandoli con occhi così cupi da mettere i brividi.
«Sesshomaru…» salutò Miroku.
«Perché siete ancora qui? A quest’ora avreste dovuto trovarvi davanti alla Taiyoo no Mon!» li aggredì subito lui, brusco, ponendo fine alle cortesie. I Bannin si scrutarono. Rin perse il sorriso e si voltò verso Sesshomaru, tornando da lui e guardandolo con aria preoccupata. Forse non le era piaciuto il tono con cui la domanda era stata rivolta.
«Abbiamo avuto dei problemi. Problemi seri.» disse Shippo.
«Vale a dire?» chiese Sesshomaru. Era evidentemente irato e nessuno riuscì a dargli torto. In gioco c’era la salvezza della donna che amava.
«Naraku ci ha mandato contro delle creature nate dalla magia nera.- spiegò Sango, piccata per l’atteggiamento dello Shikon- Il combattimento è stato cruento, e…»
«Li avete sconfitti o no?» tagliò corto Sesshomaru.
«Sì, ma il problema è un altro.» ammise Sango, con una smorfia. Sesshomaru si guardò attorno, annusando l’aria.
«Dov’è quell'idiota di Inuyasha?- chiese, aspro- Non sento la sua presenza.» Si accorse che Rin lasciava il suo fianco e correva via, ma non badò a dove andasse. Il suo sguardo era fisso sull’improvviso pallore dei Bannin, sul senso di incompletezza che pesava su di loro. «Non ditemi che si è fatto ammazzare.» disse, con disprezzo. Un profondo senso di irritazione lo pervase, ma non seppe darvi un nome.
«No.» disse Sango, secca.
«Non proprio.» aggiunse Miroku.
In quel momento Rin tornò, trafelata. Agguantò una mano di Sesshomaru e lo tirò, indicando poco lontano. Sul suo visetto era presente una profonda agitazione.
«Cosa c’è, Rin?» chiese Sesshomaru, e tutti si stupirono per il tono sommesso con cui le parlò. Sembrava proprio che Kiiro no Me avesse un debole per quella bambina.
«Sesshomaru, Inuyasha è caduto in un sonno da cui non si risveglia.- disse Miroku, e il suo tridente tintinnò- E’ passata più di una settimana. Non c’è stato modo di svegliarlo.»
Sesshomaru rimase in silenzio, resistendo a tentativi di trascinarlo di Rin. Guardò Miroku negli occhi.
«Si è indebolito a tal punto?» chiese. Gli altri annuirono. «E le preghiere della Hikaruku no Miko?» chiese. Miroku strinse i denti e represse un sibilo, avendo sperato di non sentirsi rivolgere quella domanda, ma dovette scuotere il capo. Sesshomaru impallidì talmente da far temere sarebbe svenuto. Rin lo fissò con occhi attoniti e strinse più forte la sua mano. Sesshomaru guardò la bimba per alcuni istanti, poi parve riprendersi.
«E da allora mi state dicendo che siete fermi qui?» chiese, con voce aspra.
«Cerca di capire, Sesshomaru.- intervenne Shippo- Kagome è molto provata. Lei ama Inuyasha, come possiamo chiederle di lasciarlo e…»
Sesshomaru non lo fece finire. Iniziò a camminare con decisione verso la figura di Kagome, mentre Rin lo precedeva di corsa, sordo ai richiami dei Bannin. Si fermò alle spalle della ragazza, che si voltò solo dopo qualche istante. Vide il corpo di suo fratello giacere immoto, come morto, sotto una coperta di vegetazione e la sua furia esplose. Con somma sorpresa di tutti, afferrò Kagome per il vestito e la sollevò da terra, fino ad avere il suo viso a pochi centimetri dal proprio.
«Che razza di Hikaruku no Miko sei tu?!- sibilò, mentre i suoi occhi diventavano rossi di furia- Come osi anteporre i tuoi sentimenti personali al giuramento che hai fatto?!» Scrollò Kagome, che afferrò la mano che la teneva con una presa terrorizzata.
«Io…non voglio spezzare il giuramento, ma…» balbettò Kagome, sentendo le lacrime salirle agli occhi. Il volto irato di Sesshomaru era spaventoso, ma attraverso vi vedeva un dolore che rivaleggiava con il suo.
«Non ci sono ma, vigliacca e stupida donna umana!- ringhiò Sesshomaru- Credi forse che Inuyasha si sveglierà mentre stai qui a perdere tempo?»
«So che non lo farà!- gridò Kagome, affranta- Ma come faccio a lasciarlo? Come faccio?!»
«Devi farlo!- disse Sesshomaru, tra i denti, con un lampo d’odio negli occhi- Se non apri quella Mon, giuro che non ti darò pace! Implorerai per avere la morte!»
«Sesshomaru, smettila!» gridò Sango, ma lui non la ascoltò.
«Non capisci…- singhiozzò Kagome- Se lo lascio…non lo vedrò mai più! Io…io lo amo…»
«Lo ami?- disse Sesshomaru, con disprezzo, abbassando la voce- Allora faresti tutto per lui, non è così? Amare non è forse sacrificarsi per la persona a cui è votato il tuo cuore?»
Kagome cessò di piangere, fissando Sesshomaru con espressione stupefatta. Il volto di Sesshomaru era calmo, ora, pervaso da un dolore e una pena così profondi da esaltare ulteriormente la sua fredda bellezza. Le sue parole la colpirono al cuore, dipanando tutti i dubbi che l’avevano immobilizzata. Annuì.
«Allora la tua scelta è facile.» mormorò Sesshomaru, prima di lasciarla cadere a terra come un sacco di patate e voltarle le spalle. Si incamminò verso il raggio di luce, passando attraverso il gruppo dei Bannin circondato da un improvviso silenzio. Kagome si asciugò le lacrime dal volto, poi guardò Inuyasha. Ora sapeva ciò che doveva fare. Con la coda dell’occhio, vide Rin inginocchiarsi accanto a Inuyasha e baciargli una guancia. Quella tenerezza le rinnovò il pianto, poi la bimba si alzò e andò da lei. La abbracciò e Kagome ricambiò la stretta, sentendo l’intenso calore della bambina contro il corpo.
«Andiamo, Rin!»
Al richiamo di Sesshomaru la bimba si scosse. Sorrise a Kagome e la baciò a sua volta su una guancia, poi corse via per raggiungere lo Shikon. I due, una coppia ben strana, si fermarono all’interno della luce lattiginosa.
«Attendete il mio arrivo prima di aprire la porta.» ordinò Sesshomaru.
«Naraku potrebbe uscire dal suo mondo molto presto.» disse Sango, scuotendo la testa.
«Un motivo in più per attendermi.- ribatté Sesshomaru, secco- Soprattutto se davvero lei è…» Strinse i denti e non continuò, ma un vago senso di lutto pervase i presenti. «In quel caso, gli sottrarrò almeno il potere di lei.  Alla prossima luna piena.» mormorò lo Shikon, con voce gelida.
«Sesshomaru…grazie!» esclamò Kagome, alzando una mano in un gesto di saluto. Lui non rispose né diede segno di averla sentita. Scomparve insieme a Rin nella notte.
Kagome si voltò verso Inuyasha e gli prese una mano, accarezzandola. Si sentiva serena e in pace per la prima volta da giorni. Le parole di Sesshomaru le avevano tolto un terribile peso dal cuore.
«Kagome…cosa ti ha detto Sesshomaru?» chiese Sango, avvicinandosi.
«Mi ha fatto capire che stavo comportandomi da egoista.» mormorò la giovane miko, continuando a guardare Inuyasha con occhi colmi d’amore.
«Cosa vuoi dire?» chiese Shippo.
«Voglio dire che la cosa più importante è che Inuyasha si svegli.- disse lei, decisa- Se per garantirgli questo devo andarmene per sempre dalle Quattro Terre, che sia.»
«Ma Kagome…» mormorò Sango. Kagome si voltò verso di loro e sorrise. Un sorriso triste, ma che rivelava una nuova sicurezza.
«Io voglio che Inuyasha sia salvo. Tutto il resto non ha importanza.- disse- Come ha detto Sesshomaru, la scelta è facile.»
Miroku si fece avanti e s’inchinò a Kagome.
«Dunque qual è la decisione dell’Hikaruku no Miko?» chiese, ben sapendo quali sarebbero state le parole di Kagome. Lei ricambiò lo sguardo, poi tornò a fissare il volto di Inuyasha. Strinse più forte la sua mano inerte, come a darsi coraggio.
Prese un bel respiro, poi disse: «Andiamo a salvare Hikaruku.»

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Capitolo 23
*** 22 - Prodigi ***


CAPITOLO 22

PRODIGI

L’alba giunse tingendo d’oro un cielo limpido come uno specchio d’acqua montana. Il grigiore della fine della notte si tinse di colori caldi e intensi, mentre il sole faceva capolino all'orizzonte, prendendo il posto della luna appena tramontata ad ovest. I primi cinguettii ruppero il silenzio, dando inizio al nuovo giorno. Sulle colline ai piedi della catena montuosa di Ryuda, tre Bannin e una sacerdotessa si stavano preparando a partire. Miroku, Sango e Shippo non avevano bagaglio. Si limitarono a cancellare ogni traccia della loro permanenza in quel luogo e a concedersi una breve meditazione per calmare lo spirito e prepararlo di nuovo al viaggio. L’ultima tappa, la più importante e forse quella decisiva, era ormai vicina. Tutti loro sentivano incombere la presenza di Naraku e in mancanza di Inuyasha dovevano essere pronti a difendere l’Hikaruku no Miko e la Sfera degli Shikon con le unghie e con i denti.
Kagome non aveva dormito, ma il suo volto stanco denunciava solo una profonda decisione. Controllò che arco e faretra fossero a posto e se li assicurò in spalla, stringendo poi le cinghie del suo zaino da viaggio. Efficiente e precisa, si muoveva in silenzio. Non aveva più detto una sola parola dopo aver annunciato la sua intenzione di partire verso la Taiyoo no Mon. Quando fu pronta, tornò al capezzale di Inuyasha. Gli altri non la disturbarono e si tennero discosti, lasciandole la possibilità di congedarsi da lui come preferiva, senza doversi imbarazzare per la loro presenza. Capivano che quello era un momento molto difficile per Kagome. Rischiava di non vedere mai più Tochi no Bannin.
«Capisco cosa prova il suo cuore.» mormorò Sango. Miroku la guardò e si accorse che gli occhi di Kaze no Bannin luccicavano di lacrime. Miroku le sfiorò una mano e se la portò alla bocca, posandole un bacio dolce e rispettoso sul dorso dalla pelle serica.
«Questo mondo ha tanti difetti, Sango.» disse, serio e intenso.
«Primo fra tutti queste catene che portiamo.» disse lei, amara, lasciando però che Miroku continuasse a tenerle la mano.
«Farò di tutto.- sussurrò Miroku, fissando Kagome e Inuyasha e stringendo più forte la sua mano- Te lo giuro, Sango…farò tutto ciò che è in mio potere per spezzarle.»
Sango lo guardò, vide la tensione sul suo viso e avvertì la profondità del sentimento di Miroku. Si avvicinò a lui e poggiò la fronte sulla sua spalla. Miroku le circondò la vita con un braccio e la tenne così, stretta a sé. Shippo si allontanò scuotendo il capo. Si sentiva il cuore piccolo piccolo nel vedere tanto amore andare sprecato. L’Eccelso aveva fatto tanti, troppi errori con le Quattro Terre. E sembrava che i guai fossero appena cominciati. Si voltò di nuovo a guardare Sango e Miroku, che erano rimasti mano nella mano ad osservare Kagome e Inuyasha da lontano. Quei due soffrivano moltissimo. Shippo sapeva che ogni volta che una Hikaruku no Miko era morta e ognuno era dovuto tornare ai suoi domini, sia Miroku che Sango avevano a malapena tollerato gli anni di lontananza. In quei mille anni, avevano stretto un legame così forte, benché mai espresso a parole, che per loro i periodi in qualità di protettori della Hikaruku no Miko dovevano essere benedizioni, perché permettevano loro di vedersi ogni giorno e di stare insieme. Purtroppo, le vite umane erano sempre così brevi da lasciarli con l’amaro in bocca e l’impazienza per una nuova investitura. Forse i Bannin non erano chiusi in mondi lontani oltre le Mon…ma essendo legati alle rispettive terre non possedevano a loro volta alcuna libertà. Sango e Miroku si amavano. Perché non potevano dirlo ad alta voce, dimostrarselo l’un l’altro? Perché doveva essere tutto così maledettamente difficile? Shippo sospirò e alzò gli occhi sull’orizzonte, scrutando il sole che si levava come a volerne cavare dei presagi.
Kagome, intanto, guardava il volto di Inuyasha, tenendo come sempre una mano di lui tra le sue. Il corpo di Inuyasha conservava il calore, comunicandole che era indubbiamente vivo, ma in lui non c’era alcuna reazione. Tochi no Bannin continuava ad essere profondamente addormentato.
«Inuyasha…noi ce ne andiamo.» sussurrò, imprimendosi nella mente l’immagine del suo volto. La bella linea del suo naso, della sua bocca…le palpebre orlate di ciglia nere, la fronte alta coperta dalla frangia argentata. Allungò una mano per accarezzargli una guancia, poi salì ai suoi capelli e sfiorò un orecchio canino, registrandone la vellutata morbidezza. Doveva lasciare tutto questo. Probabilmente, per non vederlo mai più.
«Non devi pensare che io desideri andarmene, Inuyasha.- gli parlò, in tono sommesso- Il mio cuore resta con te, proprio qui dove mi trovo adesso. Tutto il resto, però, deve andare alla Taiyoo no Mon. L’ho promesso, senza contare che solo Hikaruku può svegliarti da questo sonno. Anche se non desidero più tornare a casa, sai?» Sorrise, stringendosi nelle spalle. «Io vorrei restare, Inuyasha. Restare con te e con tutti gli altri.- mormorò- Purtroppo non credo che sarà possibile. In ogni caso, sono certa che Hikaruku potrà svegliarti dal sonno, e a me basta che tu stia bene.»
Trattenne un sospiro, mentre sorrideva con espressione mesta.
«Hikaruku…hanno tutti il timore che le sia successo qualcosa di grave, sai?- mormorò, abbassando lo sguardo- Io non so se sia la verità. Le mie preghiere hanno funzionato su Shippo, e anche su Miroku e Sango. Se non fosse rimasto niente di lei, credo che quel potere non mi sarebbe stato concesso.»
Guardò ancora il suo viso immoto, che mostrava un’innocenza che l’atteggiamento brusco di Inuyasha mascherava durante la veglia.
«Io non credo che sia morta.- disse infine, dopo aver riflettuto- Ma credo…credo che potrebbe esserle successo quello che è accaduto a te. Credo che possa essere…andata altrove.»
Alzò lo sguardo al cielo, come se lo spirito di Inuyasha si librasse sopra di lei. Già, quella era l’ipotesi che aveva formulato quella notte. Hikaruku non poteva essere morta. Se ciò fosse avvenuto, come si spiegava la sua nuova capacità di guarire usando il potere Taiyoo? Kagome non capiva ancora tante cose di quelle terre, ma era certa che con la scomparsa di uno degli Shikon,  anche il potere che ne derivava sarebbe scomparso. Naraku aveva assorbito Kurasa e Konton, prendendo il loro posto. In questo modo, i due seggi oscuri non erano mai rimasti vacanti. Ma se Hikaruku fosse morta sarebbe scomparsa l’unica divinità solare delle Quattro Terre. Questo non avrebbe forse destabilizzato qualsiasi cosa, compresa la presenza di una Hikaruku no Miko e i doveri dei Bannin? Certo, la debolezza di Inuyasha e il suo sonno erano indice che qualcosa di grave era accaduto. Pure, Kagome non credeva che Hikaruku fosse morta. Altrimenti, lei non sarebbe mai stata catapultata nella Terra di Honoo e Inuyasha non si sarebbe mai risvegliato sotto il suo tocco.
«D’altronde,- riprese a dire, come se Inuyasha avesse potuto avvertire i suoi pensieri precedenti- se per qualche motivo Hikaruku fosse impossibilitata a lottare, saremo nei guai. Hai sentito cos’ha detto Sesshomaru? E’ già pronto all’eventualità di dover essere lui ad ereditarne il potere.»
Quella prospettiva le metteva addosso una gran voglia di piangere. Erano stati gli occhi di Sesshomaru, i sentimenti che ne erano traspariti per qualche istante, quella notte, a renderle chiaro ciò che doveva fare. Più che le parole, era stato il dolore di un uomo che soffre per amore a svegliarla dal suo torpore. Sesshomaru pativa le pene dell’inferno da mille anni, mentre la donna che amava era chiusa in un luogo lontano. Non poteva né vederla né sentire la sua voce. Ed ora che sembrava vicina una loro prossima reunione, la terribile prospettiva di trovarla morta doveva farlo impazzire. Se Sesshomaru era stato in grado di patire tanto per la donna che amava e nonostante questo trovare il coraggio di contemplare la prospettiva di averla persa e dover comunque combattere Naraku, lei non poteva essere da meno. Continuare a comportarsi da debole non avrebbe fatto altro che svilire il suo amore per Inuyasha.
«Pensare che l’ho giudicato una persona fredda e vuota, Inuyasha.- mormorò, scuotendo il capo- Sesshomaru ama Hikaruku così tanto che darebbe la vita per lei. Invece, deve già pensare all’eventualità di assorbire il potere dal suo corpo vuoto, per poter sconfiggere Naraku. Tuo fratello è molto coraggioso e farò in modo che tu venga a sapere che gli devi la vita. E’ lui che mi ha mostrato la via, Inuyasha…la via che deve percorrere chi ama.»
Si abbassò su di lui e i capelli corvini le scesero ai lati del viso come una cortina serica e nera.
«Addio, Inuyasha.- sussurrò, accarezzandogli il viso- Riuscirò a riportarti indietro, vedrai. Non ti verrò meno.»
Tentennò, d’un tratto sull’orlo delle lacrime, poi sorrise.
«Ti amerò sempre.» disse, sfiorandogli appena le labbra con un bacio. Una lacrima le scese lungo la guancia e cadde sulle labbra del Bannin, ma Kagome non se ne accorse. “Avrei tanto voluto sentire ancora la tua voce…almeno una volta.” pensò, aggrappandosi al suo abito rosso. Si strinse a lui ancora per un istante, con la fronte appoggiata alla sua spalla come per trovare la forza di staccarsene, poi si sollevò da terra con decisione. Controllando le cinghie del bagaglio, si voltò verso gli altri, che la attendevano poco distante.
Kagome vide la preoccupazione sul volto degli amici e sentì per loro un tale impeto d’affetto da farle scaturire sulle labbra un sorriso bellissimo nonostante le piangesse il cuore.
«Possiamo andare.» asserì, dando le spalle a Inuyasha. In quel momento, la Sfera degli Shikon si accese di un intenso bagliore, quasi accecandola. «Ma…cosa…» balbettò Kagome, prendendola in mano.
«Kagome!- rantolò Sango- Per gli Shikon…presto, guarda Inuyasha!»
Kagome si voltò di scatto verso il Bannin, mentre gli altri la raggiungevano di corsa. Il volto di Inuyasha era soffuso di un bagliore rosato del tutto simile a quello della Sfera degli Shikon, un bagliore che si stava rapidamente propagando per tutto il suo corpo.
«Miroku…Miroku che significa?» chiese Shippo, attonito.
«Miroku, che sta succedendo ad Inuyasha?!» chiese Kagome, aggrappandosi a un braccio del Bannin con una stretta disperata. Miroku non ebbe tempo di rispondere e comunque non ne sarebbe stato in grado.
In quel momento il bagliore congiunto della Sfera e del corpo di Inuyasha divenne talmente forte da accecarli.

***

In casa Tochi l’alba stava facendo capolino dalle finestre, dando inizio a una domenica che per Inuyasha rappresentava una sorta di tortura. Sveglio da alcune ore, il Bannin era seduto accanto alla finestra, con un gomito sul davanzale. La finestra di camera sua dava ad est e aveva seguito con espressione cupa il lento avvicinarsi del giorno. La casa era silenziosa, segno che sua madre stava ancora dormendo. Inuyasha espirò rumorosamente dal naso, nervoso, mentre l’orizzonte si tingeva d’oro.
Erano parecchi giorni che aveva ripreso il normale tran tran della vita da studente di Inuki Tochi. Scuola, kendo, cena con la madre, videogiochi e poi a letto…dove non riusciva assolutamente a dormire. Finché si rimbambiva ascoltando lezioni di cui non gli importava niente o dando corda ai suoi compagni di scuola, ben felici di averlo di nuovo tra loro, riusciva a non pensare alle Quattro Terre e alla situazione disastrosa che aveva lasciato laggiù. Spesso il pensiero di Kagome gli si affacciava alla mente, ma quello era un dolore dolceamaro in cui si crogiolava più volentieri. A scuola erano ancora tutti sconvolti per la scomparsa della ragazza, che era benvoluta sia dagli studenti che dagli insegnanti. Insomma, durante il giorno, in un modo o nell’altro, riusciva a entrare nella parte di Inuki, che soffriva per la mancanza di Kagome ma riusciva a sopravvivere.
Di notte, invece, i pensieri prendevano il sopravvento e Inuyasha si lambiccava il cervello per trovare un sistema per tornare a Sunda. La preghiera a Hikaruku aveva fallito, riempiendogli il cuore di orridi presentimenti. Poteva fare affidamento solo su se stesso…ma come fare? Trasportarsi da un mondo all’altro non era certo prerogativa dei Bannin! A quanto ne sapeva, solo Hikaruku e la sua Miko potevano fare una cosa del genere, e Kagome ne era un caso lampante.
“Eppure anch’io ho fatto una cosa del genere, nascendo qui come essere umano.- sbuffò Inuyasha, facendo scivolare la fronte nell’incavo del braccio e nascondendovi gli occhi- Pensa, Inuyasha! Maledizione, spremiti quel cervello inutile!”
Per quanto si sforzasse, però, non riusciva a trovare una soluzione. Erano diverse notti che cercava di cadere in trance, tentando di lasciare il corpo con la meditazione. L’unica volta che aveva ottenuto un risultato, si era trovato a guardare il proprio corpo umano dall’alto, ma senza libertà di movimento. Di un passaggio per le Quattro Terre, nemmeno l’ombra. Non c’era niente da fare, quel mondo aveva tutta l’intenzione di tenerlo imprigionato. Inuyasha lasciò cadere il braccio lungo il fianco e guardò fuori. Il disco del sole si stava facendo largo attraverso i tetti delle case.
«Hikaruku, che diavolo ti è successo?» borbottò, corrugando la fronte. “La mia preghiera è fallita…e credo che anche Kagome abbia tentato di usare il potere Taiyoo senza successo.- pensò, incrociando le braccia sul petto mentre il sole gli tingeva il viso d’oro- Se Hikaruku è così debole, non potrà combattere Naraku, il che significa che aprire la Taiyoo no Mon è un grosso rischio.”
Il silenzio della dea non preannunciava nulla di buono. Inuyasha si era spaventato nel rendersi conto che la sua invocazione a Hikaruku non aveva avuto alcun effetto. Aveva sì avvertito una debole attenzione su di sé, ma se quella era tutta la forza rimasta a Hikaruku, allora la dea del sole era morente. Non morta…non lo credeva possibile.
«Le Quattro Terre sprofonderanno negli abissi quando lei sarà morta.- borbottò- Senza contare che il sole sarebbe diventato nero. No, Hikaruku non è morta, non ancora.»
Nonostante questa certezza, Inuyasha era molto preoccupato per lei. Era affezionato alla dea e mille anni prima aveva accolto con grande sgomento la creazione delle Mon. Hikaruku era una persona splendida, al pari di Kagome, ed era riuscita a fare di Sesshomaru un uomo con dei sentimenti…cosa questa che aveva instillato in Inuyasha un riluttante affetto per quel ghiacciolo. D’altra parte era anche logico che si fosse indebolita, lontana dalle Quattro Terre per così lungo tempo. Nonostante questo, Inuyasha dipendeva direttamente dal potere solare e in sua mancanza era il primo a risentirne. Prova ne era il fatto che ora si trovava in quel corpo umano. Guardò di nuovo il sole e questo gli riportò alla mente i sorrisi luminosi di Kagome.
«Kagome…- mormorò, e i tratti del suo viso si addolcirono- Sarà preoccupatissima.»
Aveva una voglia così intensa di vederla da star male. Gli mancavano i suoi sorrisi, la luce che le brillava negli occhi quando le parlava, la sericità dei suoi capelli, quando fortuitamente riusciva a toccarli. Gli mancava perfino quella maledetta parola magica che lo scaraventava a terra! Temeva per lei, sentendo in ogni fibra del suo essere il pericolo in cui l’aveva lasciata. Avevano avuto prova del potere di Naraku e ancora non l’avevano affrontato in prima persona. I Bannin non avrebbero potuto alzare un dito contro Naraku, se quel maledetto fosse riuscito ad uscire dalla Kurasa no Mon. Nessuno sarebbe riuscito a proteggere Kagome da lui. Inuyasha era stato certo di poter fare qualcosa contro lo stregone, sia a causa della completezza del suo potere, sia perché Naraku era in parte al di fuori delle ferree regole dell’Eccelso, perché era un uomo che aveva rubato il potere a due Shikon, non un dio creato come tale. Senza la forza di Tessaiga, però, Inuyasha non pensava che gli altri sarebbero riusciti ad opporsi a Naraku.
«Kagome…spero non ti accada nulla.- disse, poi tirò un pugno frustrato al davanzale- Se solo fossi certo che il tuo viaggio fino alla Taiyoo no Mon non celasse il rischio di incontrare Naraku, non sarei tanto sulle spine. Mi basterebbe aspettare qui il tuo ritorno…»
Invece questo non era proprio possibile. Kagome aveva bisogno del suo aiuto. Lui DOVEVA tornare alle Quattro Terre! Strinse le labbra, guardando di nuovo il sole, come sperando di scorgervi il viso di Hikaruku, o un suo segno. Sesshomaru sapeva già cos’era successo? Se il tempo trascorreva alla stessa velocità nei due mondi, sicuramente sì, perché quella era stata una notte di luna piena. Come aveva preso la sua scomparsa dalle scene? Che ipotesi aveva formulato? Di certo doveva essersi sorpreso e contrariato non poco nel notare la sua mancanza nel gruppo in cammino.
“Non se la sarà mica presa con Kagome, quel dannato?” si chiese, corrugando la fronte, seccato. Inuyasha riteneva che il solo modo di garantire l’incolumità di Hikaruku e avere qualche speranza di uccidere Naraku stava nell’aprire la Mon in presenza di Sesshomaru. Stando ai suoi calcoli, però, i suoi amici dovevano essere ancora a una certa distanza dalla Mon. Si sarebbero potuti permettere di bivaccare davanti alla Mon per un altro mese in attesa di Sesshomaru? E Naraku, non ne avrebbe approfittato? Quesiti su quesiti, che non facevano altro che mettergli addosso una tremenda agitazione. Fare ipotesi senza avere la minima idea di cosa stesse succedendo dall’altra parte lo stava facendo impazzire. Sospirò, scompigliandosi i capelli neri, quando avvertì un lieve formicolio alle labbra, come se fossero state sfiorate da una piuma. Distratto, vi passò sopra la lingua per eliminare il fastidio e fu stupito di avvertire un sapore metallico e salato…sapore di lacrime. Inuyasha si passò una mano sulla bocca, guardandosi le dita come aspettandosi di vedere qualcosa, poi si umettò di nuovo le labbra e avvertì ancora quel sapore: lacrime.
«Ma che…io non sto mica piangendo!» borbottò. Un pensiero gli si insinuò nella mente, facendolo impallidire. «Kagome?- chiamò, nella stanza vuota- Kagome…sta piangendo?»
Si alzò in piedi di scatto, sentendosi riempire dal terrore al pensiero che potesse esserle successo qualcosa, poi un grande calore lo invase, una sensazione dolce che lo avviluppò dalla testa ai piedi, concentrandosi all’altezza del suo cuore. Inuyasha si sfiorò il petto, stupito, sentendo pulsare le tempie mentre il sangue veniva pompato più in fretta nel suo corpo.
«Che sta succedendo?» mormorò, mentre il suono del battito del proprio cuore gli riempiva le orecchie. Quel calore era bruciante ma piacevole, invitante, confortevole. «Kagome?» chiese ancora, d’un tratto certo che quella strana sensazione provenisse dalla ragazza. Ma…era possibile che fosse ancora presso il suo corpo addormentato?! Un brivido lo scosse dalla testa ai piedi e Inuyasha cadde sulle ginocchia, preda di una vertigine. Alzò gli occhi e la luce del sole lo accecò.
«E’ ora di tornare a casa, Inuyasha.» sussurrò una voce nelle sue orecchie, una voce che non era quella di Kagome e che certamente era debole e lontana, ma che il cuore del Bannin riconobbe con un senso di trionfo. Inuyasha chiuse gli occhi. Subito, il suo spirito venne trascinato via e il corpo di Inuki cadde riverso sul pavimento della sua stanza, di nuovo sprofondato in un sonno profondo.

***

Viaggiò attraverso un tunnel di luce dorata, trascinato verso le Quattro Terre mentre un senso di esultanza prendeva possesso di lui.
«Hikaruku! Sei viva!» esclamò al nulla. Non gli giunse risposta, ma era sicuro di non ingannarsi. La voce che aveva sentito, dopo mille anni di silenzio, era proprio quella di Hikaruku! Alla fine aveva risposto alle sue preghiere!
«Grazie! Grazie, Hikaruku!» gridò alla luce, ridendo di gioia mentre si catapultava verso il suo mondo d’origine. Uscì dal tunnel di luce e i suoi occhi contemplarono le Quattro Terre dall’alto, uno spettacolo di inimmaginabile bellezza. Fece per dirigersi su Sunda, ove il suo corpo giaceva addormentato, quando una orribile sensazione di gelo lo colse da settentrione. Ormai nelle Quattro Terre, libero dalla trazione della luce e ancora slegato dal corpo, Inuyasha rallentò la sua caduta e si voltò verso nord, usando tutte le sue facoltà per scrutare il territorio ove sorgeva la Kurasa no Mon. Vide il buco di tenebra ergersi nel nulla delle nevi di Kaisui, una bocca malefica che presto avrebbe vomitato il suo veleno. Un brivido terribile lo scosse e finalmente ne vide la causa. Stagliato sulla soglia della Kurasa no Mon, avvolto in una bianca pelle di babbuino, c’era un uomo. Un uomo dai capelli neri e la pelle chiara, alle cui spalle si intravedevano appendici estranee alla natura umana…ma non molte, né eccessivamente pronunciate.
«Naraku!» sibilò Inuyasha, fra i denti, guardando il nemico in faccia per la prima volta. Come richiamato dalla voce di Inuyasha, Naraku alzò lo sguardo al cielo, uno sguardo di odio, malizia e trionfo che gelò Inuyasha e alimentò in lui la convinzione che quel dannato dovesse essere distrutto. Naraku non poteva ancora uscire dalla Kurasa no Mon…ma mancava poco. Molto poco!
«Non lasciare che entri nella Taiyoo no Mon.» gli sussurrò all’orecchio la voce di donna, fattasi ancora più flebile e incerta.
«Mai! Hikaruku, fidati di noi.» giurò Inuyasha, prima di voltare le spalle a Naraku e guardare verso est. Sentì la presenza di Hikaruku svanire del tutto e non indugiò oltre. Si lasciò cadere su Sunda, attirato dal suo corpo di Bannin. Vi entrò in un lampo di luce rosata, che riconobbe per quella della Shikon no Tama.
“E’ anche opera di Kagome, allora.” fu il suo primo pensiero, quando riprese possesso del suo corpo. Sorrise e aprì gli occhi ambrati, mentre avvertiva la barriera che la terra aveva creato a protezione del suo corpo farsi indietro e lasciarlo libero. Tochi no Bannin si alzò a sedere e si voltò verso destra. Impietriti e senza parole, i suoi migliori amici lo fissavano, con gli occhi spalancati. Kagome, la sua dolcissima Kagome, aveva le mani schiacciate sulla bocca e gli occhi pieni di lacrime.
«Ciao, ragazzi! Che facce avete?!» disse Inuyasha. Questo li sbloccò e tutti si precipitarono verso di lui. Inuyasha aprì le braccia per accogliere Kagome, che gli si gettò addosso con tale impeto da farlo di nuovo cadere lungo disteso.
«Inuyasha! Inuyasha!» singhiozzò Kagome, aggrappata al suo petto.
«Inuyasha! Per gli Shikon!» disse Sango, mentre Shippo lanciava un grido di gioia.
«Sono tornato, ragazzi.» disse Inuyasha, guardandoli a turno.
«Era ora, deficiente!» esclamò Miroku, dandogli un lieve colpo di tridente sulla testa. Gli altri risero, e Inuyasha con loro. Fece alzare il viso a Kagome e la guardò negli occhi, asciugandole le lacrime dal volto.
«Tutto bene in mia assenza, Kagome?» scherzò, per mascherare la fortissima tentazione di gridare ai quattro venti quanto la amava. Kagome sorrise.
«Bentornato, Inuyasha.» disse. Inuyasha annuì, stringendola più forte.
«Finalmente sono a casa.» mormorò.

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Capitolo 24
*** 23 - In mancanza di un piano ***


Author's note: Inuyasha è tornato, Hikaruku è ancora viva (più o meno) ma Naraku è sul piede di guerra! La fine di questa fanfiction si avvicina...

CAPITOLO 23

IN MANCANZA DI UN PIANO

Naraku entrò nella sua sala del trono come una furia, in uno svolazzare di pelliccia bianca e capelli neri. Kagura, che sedeva in un angolo in ombra intenta a riflettere, alzò lo sguardo corrucciato.
«E’ successo qualcosa?» chiese, con tono svogliato. Era nervosa e cupa fin dalla morte degli Shichinin-Tai, i guerrieri creati da Naraku per soppiantare i Bannin. Paradossalmente, quella sconfitta aveva fatto più dispiacere a lei che a Naraku stesso. Difatti, i quattro prodotti della magia avevano fallito la loro missione, ma Inuyasha era sprofondato in un sonno magico, spezzando la forza dei Bannin.
Naraku era rimasto soddisfatto del risultato. Inuyasha era l’unico ad avere la possibilità di nuocergli, anche se poco, e la presenza degli altri tre Bannin non lo turbava affatto. Nessuno di loro avrebbe potuto alzare la mano su di lui, quando avesse deciso di andare a prendersi la Shikon no Tama, e tanto gli bastava. A suo modo di vedere, la spedizione degli Shichinin-Tai si era risolta con una vittoria.
Per Kagura, al contrario, la situazione non era affatto rosea. Aveva rischiato grosso nell’avvertire i Bannin dell’imminente arrivo degli Shichinin-Tai. Aveva puntato tutto sulla loro forza millenaria…e il risultato? Quello stupido di Inuyasha si addormentava come un bambino che è stato alzato fino a sera tarda! E adesso come avrebbero fatto gli altri a sconfiggere Naraku? Che possibilità aveva lei di recuperare la propria libertà? Scarse…scarsissime possibilità.
Kagura aveva imprecato contro Inuyasha, contro gli altri Bannin, contro quella sacerdotessa incapace e contro Hikaruku che non rispondeva alle preghiere. Questo particolare, poi, aveva talmente soddisfatto Naraku che Kagura non era più riuscita a sopportare la vista del suo trionfo. L’unica speranza rimasta a Kagura era Kiiro no Me…ma di quel passo, Naraku avrebbe preso la Sfera molto prima della prossima luna piena. Il corpo di Naraku era quasi a posto, ormai. Lo stregone, in quei giorni, si spingeva spesso fino alla soglia della Kurasa no Mon, ad ammirare con aria di possesso le terre che presto sarebbero state sotto il suo dominio. Ancora un paio di settimane, a voler essere pessimisti, e Naraku avrebbe potuto uscire dal suo regno quando e come gli fosse stato gradito. Non era una prospettiva incoraggiante per il futuro. Rimase perciò piuttosto stupita nel vedere un lampo tempestoso passare sul viso di Naraku, quando lo Shikon tornò dalla Kurasa no Mon. Non lo vedeva contrariato da settimane. Una fievole speranza aumentò la sua ansia.
«E’ successo qualcosa?» ripeté in un ansito, senza mascherare l’agitazione.
Naraku si sedette sul trono con malagrazia, senza risponderle, quindi gridò il nome di Kanna. Lo spirito albino apparve accanto al nuovo padrone, con lo specchio in mano.
«Mostrami Sunda, muoviti.» ordinò Naraku, gelido. Lo specchio si illuminò e Kagura si avvicinò con circospezione al trono, gettando un’occhiata allo specchio. Ciò che vide le fece perdere il fiato.
«Inuyasha?!» sbottò, stupefatta. Quello era proprio Tochi no Bannin! Vivo e vegeto, discuteva con i suoi compagni. Su di loro aleggiava un’atmosfera gioiosa che faceva a pugni con quella tenebrosa della sala del trono.
«E’ tornato.» disse Naraku, tra i denti, corrugando la fronte.
«Come facevi a saperlo?» chiese di nuovo Kagura, che fino a quel momento era stata del tutto ignorata.
«Ho percepito il suo spirito che tornava alle Quattro Terre.- le rispose Naraku, evidentemente perso in altri pensieri- Dannazione!»
Kagura mantenne sul viso un’espressione corrucciata, ma nell’intimo esultò. Le sue speranze di libertà tornavano a nuova vita, con il ritorno di Tochi no Bannin. La strada verso la Taiyoo no Mon era ora per Naraku meno facile e questo spiegava il suo corruccio.
«Come credi sia potuto accadere?» indagò, curiosa.
«Hikaruku, è ovvio.- rispose Naraku, facendo cenno a Kanna di abbassare lo specchio- Non so come abbia trovato la forza…ero ormai certo che fosse sul punto di tirare le cuoia.» Naraku riflettè per qualche istante, in silenzio, e Kagura decise di non aggiungere altro. Disturbare Naraku nei momenti in cui era contrariato era sempre e comunque deleterio.
«In fondo non è un gran male.- disse infine Naraku, socchiudendo gli occhi rossi- Inuyasha non può nuocermi…non abbastanza da impedirmi di prendere la Shikon no Tama, in ogni caso. In quanto a Hikaruku, presto pagherà questa ultima impresa a mio danno.»
«E Kiiro no Me?» chiese Kagura, sollevando un sopracciglio. Naraku fece un sorrisetto malvagio che le mise i brividi addosso.
«Manca un mese alla prossima luna piena.- osservò Naraku- Tra venti giorni i Bannin saranno davanti alla Taiyoo no Mon…e io potrò uscire di qui. Kiiro no Me non arriverà in tempo per aiutarli.» Si guardò la mano destra, poi la strinse a pugno. «E quando avrò il potere di Hikaruku, anche il superbo Kiiro no Me cadrà vittima di Naraku.» mormorò, pregustando l’evento.
Kagura strinse le labbra dipinte di rosso. Il piano di Naraku era ottimo e aveva buone possibilità di realizzarsi. Avrebbe dovuto stare all’erta e approfittare di qualsiasi occasione per aiutare la causa dei Bannin. Era la sua unica speranza di essere di nuovo libera.

***

Quando l’entusiasmo per il risveglio di Inuyasha si trasformò in un sentimento di gioia più pacato, il piccolo gruppo si sedette in circolo attorno a lui, perché c’erano molte spiegazioni da scambiarsi. Miroku offrì Tessaiga a Inuyasha. La spada era rimasta abbandonata al suolo dopo la battaglia e gli altri l’avevano raccolta, pensando di lasciarla accanto al corpo di Inuyasha una volta che se ne fossero andati. Tessaiga sarebbe stata al sicuro, perché solo Inuyasha era in grado di brandirla. Tochi no Bannin strinse l’elsa della spada, assaporandone il contatto dopo quei quindici giorni di tortura, ammirando la lucentezza della lama.
«Chi me l’ha pulita?» chiese.
«Il qui presente.- si vantò Miroku, facendo tintinnare il tridente- Faremo un conto unico alla fine del viaggio.»
«Molto spiritoso.» commentò Inuyasha, con un sorrisetto, infilando Tessaiga nel fodero con un movimento fluido. Guardò Kagome e le sorrise, subito ricambiato. Non riusciva a smettere di guardarla e scoprì che non gli importava niente nemmeno delle occhiate maliziose degli altri.
Ci fu un istante di silenzio gradevole, poi Sango disse: «Abbiamo molte cose di cui parlare. Chi comincia?»
«Iniziate voi.- disse subito Inuyasha, deciso- Sono sicuro di portare con me più novità di quante potreste immaginare. Iniziate con il dirmi come mai siete ancora qua dopo tanto tempo.»
Vide Kagome arrossire violentemente e un gioioso sospetto gli nacque in cuore.
«Abbiamo cercato in tutti i modi di svegliarti, Inuyasha.- disse Kaze no Bannin- Non potevamo andarcene senza averle provate tutte. Durante la battaglia, Kagome era riuscita ad utilizzare il potere Taiyoo di guarire le ferite, ma quando ci siamo accorti che non ti svegliavi, nonostante il tuo corpo fosse guarito, abbiamo iniziato a preoccuparci seriamente.»
«Ho notato subito che il tuo sonno era di tipo magico, che la tua anima era altrove.- disse Miroku, serio- Occorreva il potere di resurrezione di Hikaruku, ma Kagome non è mai riuscita a usarlo.»
«Fino ad oggi.» aggiunse Shippo.
«Non è stato un bel momento per lasciarci, Inuyasha.- disse Miroku, ironico- Pare che Hikaruku sia…morente.»
«Ma non morta.» disse subito Inuyasha.
«Ne sei certo? Sai qualcosa?» chiese subito Sango, incalzandolo. Inuyasha le fece cenno di continuare, facendole capire che ne avrebbe parlato dopo.
«Siamo rimasti qui, non sapendo cosa fare.- mormorò Kagome, torturandosi le dita- Miroku diceva che il tuo corpo era al sicuro, ma…mi sembrava così orribile lasciarti qui da solo…»
«Kagome…» mormorò Inuyasha, sorpreso.
«Fatto sta che siamo rimasti qui a vegliarti e a tentare di svegliarti.- disse Miroku, venendo incontro alla ragazza- Kagome-sama non si è arresa, ha continuato a richiamare a sé il potere Taiyoo, ma senza successo. Sarebbe stato in ogni caso inutile andarsene, Inuyasha. Senza di te, siamo alla mercé di Naraku.»
«Tanto valeva cercare di svegliarti in tutte le maniere, visto che non potevamo essere alla Taiyoo no Mon in concomitanza con la luna piena.» borbottò Shippo, tirando poi un lungo sospiro.
«Avete visto Sesshomaru?» chiese Inuyasha, indagatorio.
«Sì.- disse subito Kagome- Lui…mi ha aiutata a decidere. Era giusto andare alla Mon e chiedere a Hikaruku di svegliarti, anche se questo significava lasciarti da solo. Noi stavamo…stavamo per partire, stamattina.»
«Ma come è evidente, l’ultimo tentativo di Kagome-sama ha funzionato.» disse Miroku, soddisfatto, con un sorrisetto che nascondeva qualche doppio senso.
«In pratica, che piano avevate formulato?» chiese Inuyasha, proponendosi di indagare successivamente con Kagome sui lati nascosti di quella faccenda.
«Piano? Non lo chiamerei con un nome così altisonante.- disse Sango, scuotendo il capo- Sesshomaru ci ha detto di attenderlo prima di aprire la Mon, e così avremmo fatto. Durante il cammino avremmo cercato di difendere la Shikon no Tama e Kagome-chan in ogni modo, finché ci fossero durate le forze.»
«Sesshomaru era disperato al pensiero che Hikaruku fosse morta.- disse Kagome, con un lampo di tristezza negli occhi- Eppure…ha detto che avrebbe almeno sottratto il suo potere a Naraku, se non avesse potuto fare altro.»
«Feh! Pratico anche nel dolore, quel dannato.» disse Inuyasha, incrociando le braccia sul petto.
«Non dire così, Inuyasha! Io gli devo molto!» esclamò Kagome. Inuyasha sollevò appena un sopracciglio, interrogativo, ma Kagome non aggiunse altro.
«Questo è quanto, Inuyasha. Stavamo per partire, ma Kagome-chan ha usato il potere Taiyoo e inaspettatamente tu ti sei svegliato.- riassunse Shippo- Coraggio, ora tocca a te raccontarci che cosa ti è successo.»
Inuyasha annuì, raccogliendo le idee. Decise di non dire agli altri dove era stata la sua anima in quei giorni. Ne avrebbe parlato solo con Kagome, in privato. Era giusto che le dicesse che lui e Inuki erano la stessa persona. Questi pensieri gli soffusero un leggero rossore sugli zigomi, cosa che rese gli altri perplessi, poi Inuyasha scosse la testa con decisione e prese a parlare.
«Dopo la mia battaglia con Bankotsu, mi sono sentito sprofondare.- disse- Non mi sono nemmeno accorto di lasciare il corpo. Sono precipitato nel nero e lì sono rimasto…a lungo.» Pensò a come adattare la sua storia, poi riprese. «Ero comunque cosciente di me stesso e ho capito subito di essere in un brutto guaio. Ho cercato di tornare con le mie forze, ma non c’era verso. Ho pregato anche Hikaruku…niente.» Sospirò, ricordando quel momento così frustrante. «La cosa mi ha spaventato molto. Anch’io, come voi, ho pensato che Hikaruku fosse morta.»
«Un tempo Hikaruku rispondeva sempre alle vostre preghiere?» chiese Kagome.
«Sempre. Siamo Bannin, abbiamo un rapporto speciale con gli Shikon.» disse Sango, annuendo.
«In ogni caso, mi sono scervellato per capire come diavolo fare a tornare al mio corpo.- borbottò Inuyasha, cupo- Immaginavo che da questa parte steste tentando con il potere Taiyoo…ma se Hikaruku non aveva risposto a me, certo non avrebbe risposto a Kagome.»
«Difatti.» disse Shippo, guardando la ragazza.
«Quindi è un mistero perché Hikaruku abbia risposto solo all’ultima invocazione.» disse Miroku, perplesso.
«In effetti, sì.- mormorò Inuyasha, pensieroso- Forse la mia e quella di Kagome hanno coinciso temporalmente e questo è riuscito a scuoterla abbastanza da riportarmi indietro. Chissà?»
«L’importante è che tu sia qui, Inuyasha.» disse Kagome, sfiorandogli una mano e sorridendo. Inuyasha le sorrise e tenne la mano di lei nella sua.
«Tutto qui?» chiese Shippo dopo un attimo, spezzando l’incanto.
«Macché, questo è solo il principio!- esclamò Inuyasha- Prima di tornare al mio corpo, ho sentito la voce di Hikaruku!»
«Davvero?!» sbottò Miroku.
«Davvero, Inuyasha? Che sollievo!» disse Sango, con un sorriso. Inuyasha alzò una mano per zittirli.
«Sollievo fino ad un certo punto, la sua voce era così debole da essere poco più di un sussurro.- disse, cupo- Hikaruku non è morta, questo è certo, ma credo che il suo tempo sia quasi concluso. Dobbiamo sbrigarci a salvarla, o non ci sarà più niente da fare.» Tutti annuirono, decisi. «Comunque, mentre cadevo sulle Quattro Terre, diretto al mio corpo,- aggiunse Inuyasha- ho avuto modo di vedere in faccia quel bastardo di Naraku.»
«Dove l’hai visto?» chiese Miroku, corrugando la fronte.
«Era ancora dentro l’oscurità della Kurasa no Mon.- disse Inuyasha, abbassando lo sguardo sulle mani con un lampo d’odio negli occhi- Quel maledetto…il suo corpo è quasi riuscito ad assorbire il potere degli Shikon. Tra poco sarà pronto per uscire, l’ho visto chiaramente.»
«Allora avevamo ragione.» mormorò Kagome.
«Ha sentito la mia presenza. Sa che sono tornato alle Quattro Terre.- disse Inuyasha, con una smorfia- D’ora in avanti, rischiamo di trovarcelo davanti in qualsiasi momento, quando meno ce l’aspettiamo.»
«Questo è un gran male.- disse Miroku, facendo tintinnare il tridente per sottolineare le proprie parole- Se Naraku ci si parasse di fronte prima della prossima luna piena, faremmo una fatica immane ad impedirgli di prendere la Shikon no Tama.»
«Dobbiamo fare in ogni caso tutto quello che possiamo.- disse Inuyasha, deciso- La prossima luna piena è lontana. Cercheremo di aspettare quello stupido di mio fratello per aprire la Mon, ma se vedremo che il rischio è troppo alto, saremo noi ad andare a liberare Hikaruku.»
«Sesshomaru ti farà a fette.» sogghignò Miroku.
«Ci deve solo provare.» disse Inuyasha, con un sorrisetto.
«D’accordo, faremo del nostro meglio!- esclamò Shippo, pieno d’energia, saltando in piedi- Daremo a Naraku del filo da torcere.»
«E se Naraku ci intercettasse per strada?» chiese Sango, pratica. Questo smorzò un po’ i toni trionfali. Inuyasha strinse l’elsa di Tessaiga.
«Gli renderemo la vita difficile.- disse, minaccioso- Farò di tutto perché non metta le sue sporche mani sulla Sfera…e perché non tocchi Hikaruku.»
Miroku annuì, poi si alzò.
«Bene, mi pare che siamo d’accordo. Non abbiamo un vero piano, ma siamo di nuovo in quattro…cinque, con Kagome-sama.- disse, con un sorrisetto- Le cose non potranno che andare al meglio, nonostante il pessimismo di Sango.»
«Pessimista a chi, maniaco depravato?» esclamò Sango, arrossendo. Miroku ridacchiò, facendo lo gnorri. Inuyasha si alzò in piedi e guardò Kagome.
«Kagome…ti posso parlare in privato?» chiese. Kagome lo guardò, perplessa, poi sorrise e si alzò.
«Io controllo i bagagli.» disse subito Shippo, dando ad intendere che i due potevano appartarsi con la sua benedizione.
«Sarà meglio rifornirsi di acqua per il viaggio.» osservò Miroku, noncurante, voltando loro le spalle e allontanandosi.
«Ti aiuto.» disse Sango, sorridendo a Kagome e allontanandosi con Miroku.
Kagome arrossì e Inuyasha borbottò qualcosa, seccato per quella evidente condiscendenza, poi prese una mano di Kagome e si allontanò con lei nella direzione opposta. Quando fu certo di essere lontano dalla vista e dalle orecchie di quei ficcanaso dei Bannin, Inuyasha si fermò e guardò Kagome. Non riusciva ancora a credere di essere riuscito a tornare da lei, di avere di nuovo la possibilità di vederla, parlarle, tenere la sua mano. Un grande pericolo incombeva su di loro, ma Inuyasha sentiva di poterlo affrontare. Poteva proteggere Kagome e questo gli avrebbe dato tutta la forza di cui avesse avuto bisogno.
«Kagome…» iniziò.
«Sì, Inuyasha?» chiese Kagome, sorridendo. Anche lei era completamente presa nella contemplazione di Inuyasha. Era sveglio, vivo…le stava vicino! Non avrebbe mai cessato di ringraziare Hikaruku per quel miracolo. Avere di nuovo accanto Inuyasha la riempiva di gioia.
«Kagome…volevo farti una domanda.- disse Inuyasha, prendendole anche l’altra mano fra le sue- Perché siete rimasti così a lungo accanto al mio corpo?»
Kagome arrossì. I ragazzi avevano dato una loro versione dei fatti, ma evidentemente Inuyasha non ci aveva creduto.
«Pe…perché me lo chiedi?» balbettò Kagome.
«Non mi fraintendere. Io vi ringrazio di non avermi lasciato.- si affrettò a dire Inuyasha- Però, non mi sembra logico che i Bannin abbiano deciso di lasciarti tentare così a lungo. Una volta superate le montagne di Ryuda e spezzato il nostro legame, Sango avrebbe potuto lasciare gli altri e portarti alla Taiyoo no Mon in tempo per la scorsa luna piena. Hikaruku avrebbe potuto essere già libera.»
«Ecco perché Sesshomaru era così arrabbiato.» mormorò Kagome, dispiaciuta. Sango, avendo compreso il suo dolore al pensiero di lasciare Inuyasha, non le aveva nemmeno illustrato quella possibilità.
«Ti ha fatto qualcosa?» ringhiò Inuyasha, seccato. Kagome scosse la testa, ritrovando il sorriso.
«No. Mi ha solo fatto capire cosa era giusto fare.» disse, poi abbassò lo sguardo, imbarazzata, chiedendosi come spiegare a Inuyasha che non era riuscita a staccarsi da lui, che si era sentita morire al solo pensiero di non rivederlo mai più.
«Kagome, io non so se ho il diritto di sperare.- continuò Inuyasha con voce bassa, facendole alzare di nuovo lo sguardo- So solo che…che se ti fosse successo qualcosa durante la mia assenza, mi si sarebbe spaccato il cuore.»
«Inuyasha…» mormorò Kagome. C’era una luce particolare negli occhi del Bannin, qualcosa che rendeva dolcissimi quegli occhi color ambra.
«Kagome, io ti amo.» disse Inuyasha, in un soffio.
Per un istante, Kagome rimase basita, incapace di assimilare quello che Inuyasha aveva appena detto. Il Bannin attese una qualunque reazione e quando questa ritardò un po’ troppo si fece preoccupato.
«Kagome? Hai capito cos’ho detto?» chiese, timoroso di sentirsi rispondere picche. Era sempre possibile che Kagome preferisse Inuki a Inuyasha…Kagome aprì bocca e dalle sue labbra sgorgò un grido acuto di esultanza che trapanò i timpani di Inuyasha, ma il Bannin quasi non se ne accorse, perché Kagome gli gettò le braccia al collo e gli si strinse contro, saltando di gioia.
«Ehi, Kagome!» protestò Inuyasha, con una risata nervosa, abbracciandola a sua volta con fare titubante. Kagome lo guardò negli occhi e Inuyasha registrò le sue guance arrossate, gli occhi brillanti e un sorriso così luminoso da gareggiare con il sole.
«Anch’io ti amo, Inuyasha!- disse lei, preda di una gioia incontenibile- Non sono mai stata così felice!»
«Da…davvero, Kagome?» chiese Inuyasha, incredulo. Kagome, alla fine, si era innamorata di lui nella sua vera forma! Era troppo bello per essere vero! Inuyasha la strinse in un abbraccio e lei fece altrettanto, aderendo al suo corpo con entusiasmo. Inuyasha inalò il dolcissimo profumo che si propagava dalla sua persona, affondò le dita in quei meravigliosi capelli d’ebano.
«Se fossi un po’ più felice di così, penso che morirei.» disse, senza accorgersi di parlare ad alta voce. Kagome rise piano, commossa, e Inuyasha la scostò un po’ da sé per guardarla in volto. La sua Kagome…la sua meravigliosa Kagome. Inuyasha si abbassò su di lei e Kagome chiuse gli occhi. I due innamorati si scambiarono un dolce, casto bacio sulle labbra, troppo emozionati per riuscire a reggere qualcosa di più profondo. Kagome affondò il viso nel petto di Inuyasha, felice e imbarazzata fino all’eccesso. Inuyasha posò il capo su quello di lei, stringendola forte. Perché la sua felicità fosse completa, mancava soltanto la prova del fuoco. Era suo dovere dire a Kagome la verità riguardo a Inuki. Doveva dirle che non aveva fatto altro che innamorarsi di nuovo della stessa persona.
«Kagome, ascolta.- disse, sciogliendosi dall’abbraccio e mettendole le mani sulle spalle- C’è una cosa di cui ti devo parlare.»
«Di cosa, Inuyasha?» chiese Kagome. Non voleva che l’apprensione sciupasse quel momento, ma non poté fare a meno di sentirsi improvvisamente agitata.
«Devo raccontarti dove sono stato durante il mio sonno.» disse Inuyasha, deciso. Kagome spalancò gli occhi, sorpresa.
«Ma…hai detto di essere finito nel buio, e…» replicò.
«Non è la pura verità. Io sono andato…in un posto.- disse Inuyasha, tentando di contenere l’agitazione- Vedi Kagome, io…»
La voce morì nella gola di Inuyasha. Il Bannin corrugò la fronte, poi ritentò. Voleva dire a Kagome di essersi svegliato in un ospedale, nel corpo di Inuki. Di nuovo, non un filo di voce uscì dalla sua gola.
«Inuyasha, cosa c’è?» chiese Kagome, preoccupata per quel prolungato silenzio.
«Non lo so.- disse Inuyasha, con una smorfia, toccandosi la gola- Ogni volta che provo a cominciare, mi va via la voce.»
«E’ strano.- considerò Kagome, perplessa- Ritenta.»
Inuyasha prese un bel respiro e riprovò, anche se in cuor suo cominciava a farsi un’ipotesi.
«Quando sono uscito dalla tenebra, mi sono ritrovato…»…nel corpo di Inuki, avrebbe voluto dire, ma di nuovo la voce gli si strozzò in gola, stavolta tanto bruscamente da costringerlo a tossire. «Dannazione…» ringhiò Inuyasha, seccato.
«Forse Hikaruku non vuole che tu lo dica?» ipotizzò Kagome, titubante. Inuyasha scosse la testa, sbuffando.
«Ho paura che sia una costrizione dell’Eccelso.- ringhiò- I Bannin non dovrebbero uscire dal loro corpo, nemmeno nel sonno. Qualcosa non vuole che io ne parli.»
Kagome abbassò lo sguardo, e sul suo viso passò un velo di tristezza. Inuyasha sospirò, contrariato, ma poi scrollò le spalle. In fondo, presto Kagome l’avrebbe saputo comunque. Quel silenzio forzato non lo danneggiava, visto che Kagome si era innamorata di lui nelle sembianze di Inuyasha.
«Non era molto importante, alla fine.- sospirò- Non ci pensiamo più, Kagome.»
«Inuyasha…- mormorò lei- Pensi che…ci permetteranno di stare insieme?»
«Cosa?» chiese Inuyasha, sorpreso. Kagome lo guardò, e Inuyasha vide brillare nei suoi occhi un principio di pianto.
«Ho paura che mi manderanno via.- disse lei, tra le labbra tremanti- Ho paura che ci divideranno. Se mi costringeranno a lasciare le Quattro Terre…»
Inuyasha la zittì abbracciandola forte e cullandola tra le braccia. Le accarezzò i capelli, posandole un bacio sulla sommità della testa.
«Andrà tutto bene.- mormorò- Non preoccuparti di nulla, Kagome. Nessuno ci separerà mai.»
«Dici davvero?» chiese lei, desiderosa di conferme, eppure preda di un brutto presentimento.
«Tutto si sistemerà, Kagome.- asserì Inuyasha, che aveva già ben chiaro il desiderio del suo cuore- Te lo giuro. Farò in modo che tutto vada per il meglio.»
Kagome si strinse a lui, desiderando con tutto il cuore credere alle sue parole. I due rimasero così, abbracciati e silenziosi, finché gli altri non si decisero ad andare a vedere dove si fossero andati a cacciare.

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Capitolo 25
*** 24 - La Taiyoo no Mon è aperta ***


Author's note: Vedo che le ipotesi su Hikaruku si stanno accumulando...chissà chi di voi avrà ragione e l'avrà pensata giusta? Eh eh! Intanto, tornando alla storia, i due piccioncini e i Bannin si dirigono verso la Mon...ma Naraku è sul piede di guerra...

CAPITOLO 24

LA TAIYOO NO MON E’ APERTA

I Bannin e l’Hikaruku no Miko ripresero il cammino, lasciandosi alle spalle le aguzze cime della catena montuosa di Ryuda e inoltrandosi fra le colline, in attesa di raggiungere la piana di Tsuruma. Non procedevano a tappe forzate, ma nemmeno perdevano tempo per strada. Come aveva sottolineato Inuyasha prima della partenza, mancavano ventisette giorni prima della prossima luna piena, mentre la Taiyoo no Mon distava soltanto venti giorni di cammino. In un modo o nell’altro sarebbero arrivati alla Mon in anticipo.
«A quel punto vedremo il da farsi.- aveva ribadito- Se Naraku non avrà ancora mostrato il suo brutto muso, Kagome cercherà di sapere a che punto è quel bastardo con la Shikon no Tama. Se ci accorgeremo di essere in immediato pericolo, apriremo noi la Mon, senza aspettare l’arrivo di Sesshomaru. Se invece Naraku non avrà ancora risolto i propri problemi, attenderemo quell'idiota di mio fratello.»
Era un piano rischioso, che si reggeva sull’ipotesi che l’apertura della Mon infondesse nuove forze ad Hikaruku, cosicché lei stessa potesse sconfiggere Naraku, nel malaugurato caso che lo stregone li seguisse nel mondo celeste. In ogni caso, non avevano la minima idea del tempo che ancora occorreva a Naraku per avere il totale controllo sul proprio corpo e tornare ad aggirarsi per le Quattro Terre, perciò ogni giorno tranquillo di viaggio era un piccolo miracolo. Quel maledetto poteva essere loro addosso in qualsiasi momento. I Bannin erano tesi, profondamente consci della responsabilità che pesava sulle loro spalle e sull’impotenza che aleggiava su di loro come uno spettro malefico. Nessuno era così sciocco da dimenticare di non poter agire in maniera offensiva contro chiunque detenesse il ruolo di Shikon. Inuyasha non toglieva mai la mano dall’elsa di Tessaiga, pronto a sguainarla in qualsiasi istante. Pur con gravi danni alla sua persona, lui aveva il potere di opporsi a uno Shikon. Era l’unico ad essere in grado di nuocere a Naraku.
Il nuovo livello su cui si era spostata la relazione tra Kagome e Inuyasha, pur non sbandierata ai quattro venti, divenne per tutti ovvia. Il fatto che si fossero chiariti fu di conforto per gli altri Bannin, soprattutto per Miroku, che prese a dileggiare Inuyasha con battute maliziose ogni volta che gli capitava, grato di avere un sistema con cui alleggerire l’atmosfera troppo cupa. Kagome, dal canto suo, si trovava in uno stato d’animo alquanto strano. Ogni volta che posava gli occhi su Inuyasha sentiva il cuore librarsi fino al settimo cielo, dandole la sensazione di camminare sulle nuvole e facendole venire la tentazione di guardarsi le spalle per controllare che non le fossero spuntate ali come quelle di Sango. Di notte, però, quando cercava di riposare mentre gli altri facevano la guardia, dubbi e paure la assalivano, rendendo amaro quel momento altrimenti così prezioso. La giovane sentiva sul collo il fiato malefico di Naraku. Come e più degli altri, avvertiva l’attenzione dello stregone concentrata su di loro, su ogni passo, su ogni metro che li avvicinava alla Taiyoo no Mon. Era una sensazione terribile e intensa, un’orribile certezza di essere spiati. Kagome sapeva che la sua vita e quella dei suoi amici erano in serio pericolo. Avvertiva il potere maligno di Naraku pur con lo Shikon ancora prigioniero di un corpo imperfetto. Si chiedeva come avrebbero fatto i Bannin a proteggere la Shikon no Tama e cosa avrebbe potuto fare lei per aiutarli. Inuyasha avrebbe rischiato più degli altri, in quanto era l’unico a poter arrivare ad uno scontro corpo a corpo con lo stregone. La sola ipotesi la faceva rabbrividire, ma non era soltanto questo a turbarla.
Kagome continuava ad avere il serio timore di dover essere rimandata a casa, una volta espletato il suo dovere di Hikaruku no Miko. La sua famiglia e il mondo in cui era nata le mancavano, questo era innegabile. Tuttavia, si era affezionata alle Quattro Terre, che nella personificazione dei Bannin l’avevano accolta con così tanto affetto e amicizia. Inoltre, non poteva nemmeno pensare di separarsi da Inuyasha. Lo amava così profondamente che il desiderio che l’aveva spinta a mettersi in cammino era ora il suo timore più grande.
“Chiederò a Hikaruku di esaudire un mio desiderio. Le chiederò di farmi restare.- pensava, durante le notti di veglia- Me lo deve, in fondo…Noi la libereremo, le permetteremo di vivere e di amare. Perché lei non dovrebbe fare altrettanto per me…per noi?”
Detto così sembrava tutto molto semplice e logico, ma Kagome non era così sicura di sé come cercava di raccontarsi. Aveva tentato di nuovo di parlarne con Inuyasha, ma lui le era sembrato così calmo, così tranquillo sull’argomento, che era stata zitta, non desiderando di metterlo in agitazione. Forse Inuyasha riponeva tutta la sua fiducia in Hikaruku.
“Vorrei essere sicura quanto lui.” pensava spesso, sospirando, ma senza che questo riuscisse ad aiutarla.
Dopo otto giorni di cammino, raggiunsero finalmente la piana di Tsuruma, una prateria di erba rada che si estendeva a perdita d’occhio fino all’orizzonte.
«Sembra non finire mai.» disse Kagome, rabbrividendo.
«E’ vasta, ma non quanto potrebbe sembrare.- disse Sango- Dopo trentaquattro giorni di viaggio si giunge all’oceano che circonda le Quattro Terre, quindi come vedi anche Sunda ha una fine.» Sorrise all’amica, che le rispose allo stesso modo. Kagome tornò a guardare di fronte a sé, avvertendo una forza che la spingeva a proseguire.
«Sento la Taiyoo no Mon.- mormorò- E’ come se mi stesse chiamando.»
«E io sento gli occhi di Naraku.- disse Miroku, amaro, sfiorandosi la nuca- Me li sento qui, sul collo. Una sensazione schifosa. Si affaccia alla Kurasa no Mon ad ogni ora, a quanto pare.»
«Allora andiamo.- disse Inuyasha, deciso- Se l’Eccelso ci sarà favorevole, tra dodici giorni saremo alla Mon.»
Il viaggio in quella prateria sempre uguale a se stessa fu reso difficoltoso dalla mancanza di cacciagione per nutrire Kagome, che si dovette accontentare di radici scovate da Inuyasha e da piccoli uccelli catturati dall’ingegno di Miroku. L’immensità di quella landa annichiliva il pensiero e presto le loro conversazioni divennero più rare. Le giornate passavano in un silenzio quasi totale, ma il legame che li univa si stringeva sempre più a mano a mano che si avvicinavano alla meta.
Una notte, poco prima del sorgere del sole, Inuyasha e Kagome sedevano accanto al fuoco da campo, stando vicini in un tenero abbraccio. Kagome non riusciva a dormire e aveva raggiunto Inuyasha. I due erano rimasti a lungo vicini, senza parlare, godendo semplicemente della vicinanza l’uno dell’altra mentre il fuoco si spegneva sulle braci.
«Tre giorni.» mormorò Kagome, scrutando l’orizzonte, che andava colorandosi di chiaro.
«Cosa?» chiese Inuyasha, perso in tutt’altri pensieri.
«Tra tre giorni saremo alla Mon, Inuyasha.- gli ricordò Kagome, mentre gli accarezzava distrattamente un orecchio morbido- E la luna piena è ancora lontana.»
«Già.- borbottò Inuyasha- Vorrà dire che faremo da soli. Sempre se la Shikon no Tama non ti dice il contrario.»
Kagome lo guardò e vide nei suoi occhi un’inquietudine inespressa. Anche Inuyasha avvertiva una crescente tensione, come se stesse per scatenarsi una tempesta. Gli scoccò un sonoro bacio sulla bocca, facendolo arrossire.
«Ehi…» protestò debolmente lui.
«Ne avevo voglia.- ridacchiò lei, scherzosa, nel tentativo di farlo pensare ad altro- Perché, ti dispiace?»
Vedendo la luce birichina nei suoi occhi, Inuyasha sogghignò.
«Adesso te la faccio pagare.» sussurrò, preparandosi a renderle pan per focaccia. Kagome, felice si essere riuscita nel proprio intento, gli porse la bocca e chiuse gli occhi. Fu in quell'istante che la Tessaiga si mise a vibrare. «Che diavolo…» esclamò Inuyasha, posando una mano sull’elsa. La vibrazione gli entrò nelle ossa.
«Inuyasha! La Sfera!» ansimò Kagome, tenendo sul palmo la Sfera degli Shikon. Il gioiello magico era illuminato di una vivida luce, che si stava velocemente venando di nero. Imprecando tra i denti, Inuyasha balzò in piedi e gli altri Bannin fecero altrettanto, rivelando che il loro stato di veglia durava già da un po’.
«Pensate che sia…» iniziò a chiedere Shippo, guardandosi attorno.
«Lo scopriremo subito, temo.» disse Miroku, indicando il cielo. Una massa biancastra formata da spire di una sostanza sconosciuta stava piombando su di loro, seguita da uno sciame di Saimyosho e da una piuma su cui viaggiava una donna che non poteva essere che Kagura.
«E’ lui! Fate barriera attorno a Kagome!» gridò Inuyasha, sguainando Tessaiga ed ergendosi protettivamente davanti alla ragazza.  «Quel bastardo non deve toccare la Sfera!»
I Bannin si posizionarono in circolo attorno a Kagome e innalzarono una barriera. Pochi secondi dopo, la sostanza malefica fu loro addosso, colpendo la barriera con violenza. Ci fu un boato e un lampo di luce, e i Bannin barcollarono attorno a Kagome, poi tornò la calma.
Poco distante da loro stava in piedi un uomo dai lunghi capelli neri e gli occhi di un rosso tanto acceso da sembrare di sangue. Il volto perfetto era distorto da un sorrisetto crudele. Indossava una veste viola e nera, come Miroku, e sulle sue spalle poggiava una pelliccia bianca. Sulla sua testa volavano i Saimyosho, riempiendo l’aria del loro sgradevole ronzio. Più distante, con il volto per metà nascosto da un ventaglio, stava Kagura.
«Naraku!» sibilò Inuyasha fra i denti, stringendo l’elsa di Tessaiga con tanta forza da far sbiancare le nocche.
«Finalmente ci conosciamo, Tochi no Bannin.- esordì Naraku, con voce beffarda- Il nostro incontro di cinquant’anni fa fu rovinato, purtroppo…»
«So bene cosa volevi da me cinquant’anni fa!» ringhiò Inuyasha.
«Tu non mi servi più, ora.- disse Naraku, con noncuranza, appuntando le sue iridi rosse su Kagome, che sobbalzò involontariamente- Né mi servite voialtri pagliacci. Ciò che voglio è quella ragazza…lei, o la Sfera.»
«Ne le avrai mai!» esclamò Miroku, puntando il tridente contro Naraku. Lo Shikon rise, una risata gutturale e malvagia.
«E chi me lo impedirà? Voi, miseri Bannin?- chiese, sprezzante, allargando le braccia- Chi vi sta davanti ha assorbito e posto sotto controllo il potere di due Shikon. Non potete nulla contro di me e lo sapete anche voi.»
«Non cantare vittoria troppo presto, dannato!» ringhiò Inuyasha, scattando in avanti alzando Tessaiga. Naraku alzò una mano e colpì Inuyasha con una invisibile energia. Inuyasha cadde in piedi, dopo un’atletica capriola, senza perdere la presa sulla spada. Gli altri non osarono prendere parte allo scontro. Sapevano che era loro concesso soltanto di difendersi. Naraku sogghignò.
«Idioti. Non ho tempo da perdere con voi.» mormorò. Fece un gesto imperioso verso Kagura, che abbassò di scatto il ventaglio.
«Danza del Drago Serpente.» ordinò l’usufruitrice di magia, pur con tono privo d’entusiasmo. I turbini letali di Kagura si scagliarono contro di loro, costringendoli ad arretrare. Inuyasha prese Kagome tra le braccia e balzò via con lei, ma fece appena in tempo a toccare di nuovo terra, mentre Sango tentava di contrastare il vento di Kagura, che una massiccia emissione di energia malefica lo colpì alla schiena. Inuyasha e Kagome caddero al suolo, strappando l’erba della pianura e spargendo ovunque il terriccio scuro.
«Inuyasha! Stai bene?» chiese Kagome, febbrile. Inuyasha aveva preso il colpo in pieno, ma era ancora cosciente e non aveva perso la presa su Tessaiga.
«State resistendo troppo per i miei gusti.» commentò Naraku, socchiudendo appena gli occhi. Dalla sua persona proruppe una quantità spaventosa di miasma biancastro.
«Tutti attorno a Kagome!» gridò Inuyasha con tutto il fiato che aveva in gola, rotolando su un ginocchio e infilzando il terreno con Tessaiga. Mentre Sango continuava a scontrarsi con Kagura, Shippo e Miroku si fiondarono al fianco di Inuyasha, richiamando a raccolta i propri poteri per dare più forza alla barriera di Inuyasha. Il miasma di Naraku si scontrò contro la barriera, dividendosi in due violente correnti attorno ai Bannin e alla loro protetta.
«La pressione…è spaventosa!» disse Miroku, tra i denti, imponendo le mani di fronte a sé.
«Questa è la forza unita di due Shikon?!» disse Shippo, il cui volto era contratto dallo sforzo. Inuyasha, con le zanne scoperte in un ringhio ed entrambe le mani sull’elsa di Tessaiga, cercava intanto di pensare a come aggirare quel fiume velenoso per attaccare Naraku.
«Non mi piacciono le perdite di tempo, amici miei, e dal mio punto di vista ne abbiamo sprecato abbastanza. Morite.» disse Naraku, dall’altra parte di quel mare bianco, facendogli alzare la testa di scatto.
D’improvviso, la violenza dell’emissione di miasma, magia nera allo stato puro, raddoppiò…triplicò…Gridando per la sorpresa e la rabbia, i Bannin vennero scagliati lontano e la loro barriera si infranse come vetro. Il veleno passò sopra Kagome, appiattita al suolo per lo spostamento d’aria, ma colpì Sango, che perse i sensi e cadde vicino al piccolo Shippo. Inuyasha, dolorante, si alzò faticosamente sui gomiti, mentre attorno a lui Miroku gemeva e Shippo giaceva in silenzio.
«Ka…Kagome…» chiamò Inuyasha, con voce rauca, voltandosi lentamente. Sbiancò, e i suoi occhi si spalancarono per l’orrore, quando vide Naraku tenere Kagome sollevata per la gola, mentre sfiorava con le dita la Sfera degli Shikon, che pendeva da una sottile catenella sul petto della ragazza.
«Quanto tempo…- sentì dire a Naraku- Quanto tempo per ottenere una cosa così piccola.» Le dita di Naraku si chiusero sulla Shikon no Tama.
«Lasciami andare!» gridò Kagome, scalciando, senza ottenere alcun risultato. Inuyasha fu invaso da una furia omicida che non aveva mai sperimentato prima. Dimentico del dolore e dei colpi ricevuti, balzò in piedi con un vero e proprio ruggito, raccogliendo da terra Tessaiga mentre si scagliava contro Naraku.
«Non osare toccarla, maledetto bastardo!!» gridò, spiccando un balzo e alzando Tessaiga. Naraku si voltò verso di lui con noncuranza e di certo l’avrebbe bloccato con una barriera se Kagome non avesse scelto quel momento per tentare di colpire Naraku con il potere Taiyoo. Mentre Inuyasha abbassava la lama in un arco lucente, Kagome affondò le unghie nella mano che la teneva sollevata e vi infuse tutto il potere benefico che poteva. Con un’esclamazione soffocata, Naraku vide la propria mano esplodere.
«Muori, dannato!» esclamò Inuyasha, sferrando il colpo. Tessaiga tagliò il braccio destro di Naraku all’altezza del gomito e l’arto cadde al suolo insieme alla Sfera degli Shikon, accanto a Kagome. Sia Naraku che Inuyasha gridarono, l’uno spargendo sangue nero e odoroso di morte, l’altro lasciando cadere la spada e stringendosi le braccia, che parevano essere trafitte da mille pugnali.
«Inuyasha!» gridò Kagome, portandosi accanto a lui, mentre Naraku si allontanava di qualche passo sotto lo sguardo sorpreso e ansioso di Kagura, che rimase in disparte. Kagome si aggrappò alle spalle di Inuyasha, cercando di vederlo in viso. Lo vide pallido e sudato, ma cosciente.
«Sto solo pagando lo scotto.- disse lui, fra i denti- Sono pur sempre un Bannin, non uno Shikon.»
«Inuyasha…» mormorò Kagome, ma fu interrotta da una risata sgradevole. Sia lei che Inuyasha alzarono lo sguardo. Videro Naraku ancora piegato e sofferente, ma con un sorriso malvagio sul viso.
«Hai recuperato la tua preziosa miko. Suppongo che sarai soddisfatto.- disse Naraku- Lo ammetto, avevo dimenticato di trovarmi di fronte ad un personaggio tanto ostinato.»
«Cosa…» ringhiò Inuyasha.
«Inuyasha! Guarda!» strillò Kagome, terrorizzata, indicando il braccio tranciato di Naraku. Sotto gli sguardi attoniti dei due, l’arto si sollevò in aria e andò a ricongiungersi con il corpo di Naraku. Lo stregone mostrò tra le dita, perfettamente funzionanti, la Sfera degli Shikon.
«Grazie per la Sfera.» disse, ridendo.
«No!» esclamò Inuyasha, tentando senza successo di alzarsi, mentre Kagome si schiacciava le mani sulla bocca, inorridita. Dal corpo di Naraku proruppe del miasma, che lo circondò.
«Vado ad aprire la Taiyoo no Mon.- rise lo Shikon- Avrò tempo di uccidervi dopo aver assorbito il potere di Hikaruku.»
«Fermati, bastardo!!» gridò Inuyasha, mentre dietro di lui Miroku, che si era svegliato, guardava inorridito la scena. Kagura, con un’ultima occhiata di rimprovero ai Bannin, staccò una piuma dalla sua acconciatura e seguì Naraku nel suo volo verso est.
«Inuyasha…- mormorò Miroku, nell’improvviso silenzio- Naraku ha preso la Sfera?»
«Sì, dannazione.- disse Inuyasha, alzandosi in piedi con l’aiuto di Kagome- Sveglia Sango e Shippo, subito! Non abbiamo tempo da perdere.»
«Ma come faremo, Inuyasha?- chiese Kagome, con le lacrime agli occhi- Naraku può spostarsi in volo! Inoltre, hai visto cosa ti è accaduto quando hai provato a colpirlo…»
«E’ nostro dovere tentare di salvare Hikaruku con tutte le nostre forze.- disse Inuyasha, deciso- E per quanto riguarda il volo…è il momento che Sango ci mostri quello che sa fare.»

***

Naraku giunse alla Taiyoo no Mon nel giro di poche ore. Il sole era coperto da nubi pesanti e questo gli andava benissimo. Gli sembrava un presagio adatto a ciò che stava per accadere. Atterrò sull’erba rada, con il vento che gli fischiava nelle orecchie, e dietro di lui giunsero Kagura e i Saimyosho.
«State lontani dalla Mon.» ordinò Naraku, senza degnarli di un’occhiata. In quel momento, i suoi servi non rivestivano per lui alcuna importanza. Quasi sarebbe stato tentato di mandarli a Kaisui, pur di godersi appieno quel momento di trionfo. Aveva impiegato anni per giungere a questo risultato, anni di sofferenza fisica e di sforzi mentali per assorbire il potere degli Shikon Oscuri. Anni di isolamento forzato nel regno che si era costruito a Kaisui, mentre si trascinava dietro un corpo scombinato e ancora inutile. Quanti sforzi aveva fatto per combinare il suo cuore umano con il potere divino? Non meritava ora, alla luce dei risultati ottenuti, il dominio completo delle Quattro Terre? La risposta era sì, e adesso se lo sarebbe preso.
Si fermò davanti alla Mon, osservandola con occhi rapaci. La porta, alta poco più di due metri, aveva due battenti di purissimo diamante, su cui erano state incise rune magiche di protezione. Scintillava nonostante la carenza di luce diurna, ma a Naraku parve nient’altro che una debole membrana che lo separava dal successo. Si ergeva nel nulla, una porta all’apparenza inutile, ma dietro cui si celava il potere più grande che le Quattro Terre conoscessero.
«Hikaruku…sei mia.» mormorò Naraku, a bassa voce. Gli scappò una breve e roca risata al pensiero di ciò che avrebbe provato Kiiro no Me di lì ad una settimana. Quando sarebbe uscito dalla Tsuki no Mon e si fosse accorto che la sua Hikaruku era ormai perduta, che faccia avrebbe fatto? Con quale reazione inconsulta lo avrebbe deliziato, prima di soccombere e farsi a sua volta assorbire? Il pensiero era tremendamente allettante. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Una di esse stava ricrescendo dopo che la ragazza, quella miko così simile a Kikyo, l’aveva fatta esplodere grazie al potere Taiyoo. Ora sembrava la mano di un neonato, ma quell'handicap non lo turbava. Hikaruku non sarebbe stata in grado di combatterlo.
Naraku fece un sorriso che era in realtà una smorfia. Era curioso che le miko della Dea Splendente fossero sempre riuscite a mettergli il bastone fra le ruote. Molto più dei Bannin, per quanto la cosa potesse sembrare un controsenso. Ma ora non più…ora non c’era più niente che potessero fare. Naraku alzò la Shikon no Tama, che brillava di una luce fattasi malsana, davanti al viso. Eccola, la chiave per aprire tutte le Mon. Il grande momento era finalmente giunto. Allargò le braccia, richiamando a sé il proprio potere oscuro. Una nebbia velenosa lo avvolse da capo a piedi e Kagura si fece da parte, imprecando tra sé. Davanti ai suoi occhi stava accadendo proprio ciò che non avrebbe mai voluto vedere: il trionfo di Naraku. Perché quei dannati Bannin non ci avevano messo un po’ più di impegno nel contrastarlo?
“Sarò schiava per tutta l’eternità.” si disse, amara, stringendo violentemente il ventaglio.
Naraku sollevò la Sfera degli Shikon, poi pronunciò una formula magica di passaggio. Non essendo una Hikaruku no Miko, era costretto ad usare la magia, pur possedendo la Shikon no Tama. Con grandissimo orrore di Kagura, la Mon rispose all’appello. I battenti chiusi da mille anni iniziarono a schiudersi, facendo filtrare una luce celestiale sulla figura scura di Naraku.
«Finalmente!- esultò Naraku, a bassa voce- Finalmente è mia!»
La porta si aprì completamente, rivelando un luogo di luce in cui comparve la figura di un ragazzino, che teneva in mano una falce scintillante, la quale pendeva da una catena di diamanti. Kagura non poteva esserne certa, ma quello doveva essere Kohaku, il Guardiano della Mon.
«Chi sei tu?» chiese il ragazzino, in realtà uno spirito millenario, fronteggiando Naraku con un coraggio ammirevole. Naraku sorrise appena.
«Sono il nuovo padrone di casa. Fammi passare.» mormorò.
«Chiunque tu sia, vaneggi.- replicò il ragazzino, approntando l’arma- Questa è la dimora della Somma Hikaruku e tu non passerai senza il mio permesso.»
«Il tuo permesso non mi serve, bamboccio.» disse Naraku, alzando una mano per spazzare via quella seccatura. Fu in quell'istante che Naraku avvertì l’avvicinarsi delle pulci fastidiose che si era lasciato alle spalle. Si voltò, irato di essere disturbato ad un passo dalla meta.
Con la velocità di una cometa, i cinque nemici di Naraku piombarono sullo stregone guidati dai venti di Kaze no Bannin. Naraku li respinse con una barriera e i Bannin atterrarono a pochi passi di distanza.
«Naraku! Non credere di averla avuta vinta!» esclamò Inuyasha, la Tessaiga già in pugno.
«Ha già aperto la Taiyoo no Mon!» ansimò Shippo.
«Kohaku, non farlo passare! Quello è Naraku!» gridò Sango, e il guardiano della Mon annuì, preparandosi a fare a fette il nemico se solo avesse osato mettere un piede oltre la soglia.
«Come osate ostacolarmi?» sibilò Naraku, alzando una mano per investire il gruppo con il suo miasma. La miko, però, incoccò una freccia e la tirò verso di lui. Fu con stizza e una certa sorpresa che Naraku vide la freccia purificare il suo veleno e colpirlo alla mano alzata, cosa che gli fece saltare due dita e gli fece perdere la presa sulla Shikon no Tama, che cadde a terra.
«Non sottovalutarci, Naraku! Noi ti sconfiggeremo!» esclamò la ragazza, che pareva soffusa della luce rosata propria della Sfera degli Shikon. Naraku sentì l’ira montare dentro di lui. Come osavano quegli insetti ostacolarlo? Come osavano fargli perdere tempo quando la Mon già lo invitava ad entrare? E come osava quella stupida donna umana colpirlo?!
«Va bene. Mi sono stancato di giocare con voi.» disse fra i denti, attivando la propria trasformazione.
Sotto gli occhi inorriditi di tutti i presenti, Naraku si trasformò, prendendo la nuova, gigantesca forma nata dalla fusione del potere di Kurasa e di Konton. Il corpo di Naraku si gonfiò, diventando nero ed enfiato. Le braccia e le gambe si fecero sempre più lunghe, ricoperte da setole nere e spesse. Altre due paia di zampe spuntarono con orribile velocità dai suoi fianchi, mentre il viso si schiacciava e gli occhi si moltiplicavano in otto gocce sanguigne. Una coda segmentata terminante con un pungiglione gli crebbe dalla base della schiena, deturpata da una cicatrice, arcuandosi sul corpo gigantesco e orribile.
In pochi secondi, davanti ai Bannin e alla Hikaruku no Miko si erse un orrendo ragno dalla coda di scorpione, alto almeno una decina di metri e lungo quindici. La miko soffocò un grido d’orrore e Naraku rise prima di avventarsi su di loro con tutta la propria mole, emanando miasma.
Nessuno si accorse che Kagura era improvvisamente scomparsa insieme alla Shikon no Tama.

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Capitolo 26
*** 25 - L'ultima battaglia ***


Author's note: Ci siamo quasi! Naraku contro tutti!! ^__^

CAPITOLO 25

L’ULTIMA BATTAGLIA

La barriera dei Bannin stava rischiando di cedere. Naraku li aveva colpiti con il suo miasma, poi, accorgendosi che riuscivano a contenerne gli effetti devastanti, si era risolto ad attaccarli fisicamente. Stava bombardando la barriera di colpi, con la coda a pungiglione e con le lunghe zampe irsute, due delle quali erano ferite in profondità, testimonianza delle volte in cui Kagome era riuscita a fargli dei danni. Dopo quasi mezz’ora di combattimento, o per meglio dire di resistenza, i Bannin erano in ginocchio, facendo cerchio attorno a Kagome. La loro barriera si era rimpicciolita, perché lo sforzo che dovevano fare per tenere fuori dal cerchio quel concentrato di malvagità stava prosciugando i loro poteri. Naraku incombeva su di loro, sferrando colpi sempre più violenti, che i Bannin si sentivano vibrare nelle ossa.
«Vattene!» gridò Kagome, incoccando di nuovo una freccia e scagliandola contro il ventre dell’orrido ragno demoniaco. Ormai preparato a questo attacco, Naraku si fece indietro quel tanto che bastava per non essere scalfito, poi tornò ad accanirsi contro la barriera. Non avrebbe desistito finché non avesse potuto stritolarli tra le sue zampe, o vederli contorcere dagli spasmi mentre li trapassava con il pungiglione. La Taiyoo no Mon era aperta e lo attendeva. Naraku aveva tutto il tempo del mondo e se li avesse fatti fuori niente si sarebbe frapposto fra lui e la sua meta: il potere di Hikaruku.
Se solo Kiiro no Me avesse potuto aiutarli…
«Mi restano soltanto due frecce.» annunciò Kagome, con voce resa tremante dalla tensione. Vedersi incombere addosso una creatura mostruosa che significava morte certa non era una cosa a cui potesse abituarsi.
«Maledizione, non c’è altra scelta.- sussurrò Inuyasha, fra i denti- Proverò con l’Hakai.»
«Inuyasha!» esclamò Kagome.
«Inuyasha, hai visto cosa ti è successo colpendolo con la Tessaiga. Ancora adesso muovi quel braccio a malapena.» mormorò Miroku, corrugando la fronte, senza distogliere la concentrazione dalla barriera.
«Non ha importanza. E’ l’unica cosa che posso fare.» asserì Inuyasha, deciso. Kagome gli strinse un braccio. Nei suoi occhi brillava una profonda preoccupazione.
«Inuyasha, aspetta! Forse stavolta riuscirò a colpirlo…» ansimò, febbrile.
«No, Kagome.- disse lui, scuotendo la testa- L’Hakai non mi ucciderà, nemmeno per riflesso. E se dovrò sopportare un po’ di dolore, pazienza. Inoltre, devo almeno tentare di togliercelo di torno. Ormai la barriera sta per cedere.»
«Parole sante.» disse Shippo, con una smorfia di fatica sul volto.
«Se devi farlo, Inuyasha, fallo subito.- disse Sango, decisa- Siamo agli sgoccioli.»
Come a darle ragione, un nuovo colpo di Naraku trovò resistenza ad appena pochi centimetri dalle loro teste. Comprendendo che non c’era altra scelta, Kagome lasciò Inuyasha, che alzò la Tessaiga, tenendo l’elsa con entrambe le mani.
«Assaggia questo, bastardo!- ringhiò- HAKAI!»
Inuyasha affondò la lama di Tessaiga nel terreno. Guglie di roccia si innalzarono al cielo in lunghe ferite nere, scagliando Naraku lontano. Sango, Miroku e Shippo poterono riprendere fiato mentre tutt’intorno alla Mon si operava la devastazione e Naraku scompariva per qualche istante alla loro vista. Inuyasha impallidì e strinse i denti, tremando in tutto il corpo. Gli sembrava di essere trafitto ripetutamente da mille lame. Era una sofferenza fisica insopportabile. Kagome, vedendo la sua fronte imperlarsi di sudore e le dita stringersi come una morsa attorno all’elsa di Tessaiga, lo abbracciò, appoggiando la fronte alla sua schiena. Questo contatto parve sopire il dolore e presto Inuyasha riprese a respirare normalmente.
«Grazie, Kagome.» disse, con voce rauca.
«Stai meglio?» chiese lei, preoccupata. Inuyasha annuì, sorridendo debolmente. Miroku si alzò in piedi, cercando di vedere qualcosa oltre il polverone, reso dorato dalla luce che usciva dalla Taiyoo no Mon.
«Non lo vedo.»  disse.
«Aspetta.- disse Inuyasha, alzandosi a fatica a sua volta- Sono sicuro di averlo centrato, ma…»
«…ma questo non significa che sia morto.» finì per lui Sango.
I Bannin e Kagome attesero per qualche istante. Non si udì alcun suono.
«Forse…» iniziò a dire Shippo. Fu in quel momento che si levò la risata maligna di Naraku. Inuyasha imprecò e gli altri racimolarono le poche energie rimaste, pronti a difendersi di nuovo, mentre l’enorme corpo di Naraku si inerpicava sulle guglie di roccia, mostrando loro quanto poco danno gli avesse fatto un colpo micidiale come l’Hakai.
«Povero stupido.- rise Naraku, agitando la coda di scorpione- Suppongo ti abbia fatto piacere tentare con l’Hakai…peccato che tu non sia in grado di spezzare il legame di uno Shikon con le Quattro Terre!»
«Dannato!» ringhiò Inuyasha. Aveva giocato la sua ultima carta, la migliore, sperando che l’origine umana di Naraku fosse ancora abbastanza forte da renderlo vulnerabile al colpo. Ormai aveva la certezza che non sarebbero mai riusciti a sconfiggere Naraku con le loro sole forze.
Il grosso ragno si sollevò sulle zampe posteriori, agitando in aria gli orrendi palpi in una dimostrazione di trionfo. Il sole, facendo capolino tra le nubi, fece luccicare la sua nera corazza, prima di essere di nuovo inghiottito dalle coltri scure e pesanti.
«Morite, sciocchi!» esclamò Naraku, preparandosi ad inondarli del suo miasma velenoso.
Fu in quell'istante che l’aria fu squarciata da un possente, terrificante ululato, che mise i brividi addosso a tutti i presenti.
«Non è possibile.» mormorò Inuyasha, voltandosi verso ovest, presto imitato dagli altri Bannin. Perfino Naraku tentennò, voltandosi nella direzione in cui il sole tramonta. Ciò che videro tolse loro la capacità di proferire verbo, mentre Naraku esplodeva in un’esclamazione di frustrazione e rabbia…e forse paura.
Dal cielo, veloce come una meteora, giunse un enorme cane dal pelo folto lucente d’argento, un cane dalle lunghe orecchie e le terribili zanne scoperte in un ringhio sanguinario, che aveva uno spicchio di luna tatuato sulla fronte. Il sole, come richiamato da quell'ululato possente, squarciò le nubi, illuminando la figura elegante e micidiale.
«E’ Sesshomaru!» esultò Shippo, il primo a ritrovare la parola, prima che il cane d’argento piombasse su Naraku, impegnandolo in una terrificante battaglia tra giganti.
«Com’è possibile che sia Sesshomaru?» chiese Kagome, terrorizzata, guardando i due esseri mostruosi che si colpivano a vicenda con furia omicida. Non aveva mai visto la forma canina di Sesshomaru, se non in una raffigurazione all’entrata del tempio del villaggio della vecchia Kaede. Era impressionante.
«Come ha fatto a uscire dalla Tsuki no Mon?» balbettò Inuyasha, attonito, stringendo a sé Kagome in un inconscio gesto di protezione. Davanti ai suoi occhi stava accadendo l’incredibile! Sesshomaru sembrava essere stato evocato dal loro desiderio di poco prima…ma questo era impossibile! Sesshomaru non avrebbe mai, in nessun caso, potuto uscire alla luce del sole!
«Se aspettavo voi, stavo fresca!»
I Bannin e Kagome si voltarono al suono della voce di donna secca e ironica che si fece sentire alle loro spalle. Dietro di loro stava Kagura, con un sorrisetto sul volto. Si erano dimenticati tutti di lei.
«Kagura?- chiese Miroku, corrugando la fronte, poi spalancò gli occhi nel vedere in mano alla donna la Shikon no Tama- Tu…»
«Sì, ho aperto io la Tsuki no Mon.- disse Kagura, sollevando appena un sopracciglio- Eravate tutti così occupati che nessuno si è accorto della mia scomparsa. Tanto meglio. Un viaggetto veloce sulle ali della magia e se gli Shikon vogliono potrò ritenermi libera.» Guardò distrattamente la Sfera, poi la lanciò a Kagome con un gesto annoiato. «Penso che ormai questo oggetto non serva più a niente, miko. Te lo puoi tenere.»
Kagome acchiappò al volo la Sfera, senza parole.
«Kagura, perché ci hai aiutati?» chiese Sango, sospettosa. Kagura rise, sarcastica.
«Io non ho aiutato voi. Ho aiutato me stessa.- disse, sprezzante- Voglio che Naraku muoia e Kiiro no Me può ucciderlo. Solo così sarò libera.» Guardò alle proprie spalle con aria seccata. «Ora, qualcuno vuole togliermi di dosso questa mocciosa? Mi si è attaccata al vestito da quando ho oltrepassato la Tsuki no Mon!»
Da dietro le gambe di Kagura fece capolino una testolina castana e un sorriso luminoso.
«Rin-chan!» esclamò Kagome.
«Attenzione!» gridò Inuyasha, afferrando Kagome e saltando via per evitare di essere travolto da Naraku e Sesshomaru, che si stavano rotolando sul terreno, avvinghiati l’uno all’altro con ferocia. Gli altri fecero lo stesso, mentre Shippo prendeva Rin in custodia. Il gruppetto si assiepò davanti alla Taiyoo no Mon aperta.
«Kohaku, allarga la barriera della Mon.» disse Sango al ragazzo che sostava oltre la soglia, il quale annuì. I Bannin erano troppo stanchi per creare una barriera decente. Quella della Mon li avrebbe protetti dal combattimento dei due Shikon.
«Io mi difendo da sola.- disse Kagura, sprezzante, allontanandosi un po’- Non vorrei mai che Kiiro no Me soccombesse. Posso ancora nascondere il mio tradimento.»
I Bannin guardarono Kagura con aria disgustata, ma non replicarono. Aveva fatto loro il favore di liberare Sesshomaru, ma nessuno aveva dimenticato lo sterminio degli abitanti di Toraika e le capacità di voltagabbana della donna erano ormai ben conosciute. Tornarono a rivolgere la loro attenzione al combattimento in corso, che si era fatto quanto mai cruento.
Kagome si strinse ad Inuyasha, tesa e preoccupata per l’esito dello scontro. Sesshomaru combatteva con una ferocia sanguinaria che le metteva i brividi, nonostante sapesse che l’odio che riempiva gli occhi del cane argentato derivava dal pericolo che correva la creatura che si celava oltre la Taiyoo no Mon. Kiiro no Me era circondato da una luce fredda e bianca, mentre Naraku emanava miasma e una nebbia nera e rossa che dava la nausea. I due si stavano combattendo sia fisicamente che chiamando a raccolta tutto il proprio potere, che era uno l’antitesi dell’altro.
Naraku si abbassò di scatto per evitare una zampata di Sesshomaru, poi scagliò il pungiglione della coda in avanti, sperando di colpire il cane sbilanciato alla nuca. Sesshomaru si tirò indietro di scatto, poi aprì le fauci ed azzannò con violenza la coda chitinosa, scuotendo ferocemente il capo fino a strapparne l’ultima parte. Naraku si fece indietro e il suo grido di dolore e rabbia echeggiò nelle orecchie dei presenti, mentre il suo sangue nero e vischioso si riversava sul terreno. Kiiro no Me balzò addosso a Naraku, deciso a finirlo, ma il ragno emise una grande quantità di miasma, agitando al contempo le zampe anteriori, taglienti come lame.
Sesshomaru dovette ripiegare e tutti videro aprirsi sul suo fianco due grosse ferite slabbrate in cui il miasma velenoso produceva una schiuma malsana. Sesshomaru ringhiò e per un momento fu instabile sulle zampe. Naraku ne approfittò per riprendersi dalla ferita e tornare ad attaccare.
«Il veleno di Naraku fa effetto su Sesshomaru.» mormorò Sango, preoccupata. Il cane argentato stava perdendo in velocità, per quanto continuasse ad attaccare senza sosta. Le ferite sul fianco sembravano allargarsi di minuto in minuto.
«Dopotutto, Naraku ha in sé il potere di due Shikon, unito alla magia nera.- disse Miroku, stringendo il tridente- Sesshomaru non può farcela da solo.»
«Non può?» chiese Kagura, intervenendo, con voce in cui si avvertiva una nota di ansia.
«Per chi sei preoccupata? Per Kiiro no Me o per te stessa?» chiese Sango, sarcastica.
«Umpf!» sbuffò Kagura, aprendo il ventaglio e coprendosi il volto con esso.
«Dobbiamo fare qualcosa.» disse Shippo, e proprio in quell'istante Naraku riuscì a colpire Sesshomaru al muso, facendolo cadere a terra di schiena e strappando un grido a tutti. Kiiro no Me riuscì a rotolare via prima che Naraku gli fosse di nuovo addosso, ma era evidente che il veleno gli era entrato in circolo. Ansimava e le ferite non volevano smetterla di sanguinare.
«Se va avanti così si farà ammazzare.» ringhiò Inuyasha, stringendo i pugni.
«Inuyasha, cosa facciamo?- chiese Kagome, febbrile, mentre Rin le si stringeva addosso con aria terrorizzata- Non possiamo lasciarlo combattere da solo.»
«No, non possiamo.» ammise Inuyasha. Abbassò lo sguardo su Tessaiga, poi alzò la lama all’altezza del proprio volto. «Tenterò di nuovo con l’Hakai.» disse infine.
«Inuyasha!» esclamarono in coro Sango e Shippo, sorpresi. Avevano visto i risultati dell’ultima volta che Inuyasha aveva usato quel colpo ed era più deleterio a lui stesso che a Naraku.
«Inuyasha, non risolverai niente.- disse Miroku, corrugando la fronte- Hai visto anche tu che l’Hakai non ha alcun potere su Naraku.»
«Non hai torto, ma io vorrei tentare una variante dell’Hakai.» disse, sorprendendoli, poi si rivolse a Kagome. «Kagome, mi presteresti il potere Taiyoo?» chiese.
«Cosa?» chiese Kagome, sorpresa.
«Che stai dicendo, Inuyasha?» chiese Sango, perplessa.
«Naraku è vulnerabile al potere Taiyoo e i fatti ce lo hanno dimostrato.- disse Inuyasha- Se creo un Hakai pervaso di potere Taiyoo, non credo proprio che Naraku ne uscirà di nuovo illeso.»
Gli altri Bannin si guardarono, perplessi, ma Kagome prese in mano la situazione.
«Cosa devo fare?» chiese, decisa. Inuyasha sorrise. Era sicuro che avrebbe avuto il suo appoggio.
«Stringi le mie mani sopra l’elsa di Tessaiga…ecco, così.- disse, mentre Kagome posava le sue mani pallide su quelle di lui- Ora concentra tutta la tua forza nella lama di Tessaiga. A dirigere l’Hakai ci penso io.»
Kagome annuì, guardandolo negli occhi con decisione. Inuyasha tornò a guardare i due contendenti. Prese fiato, scoprendo le zanne in una smorfia.
«HAKAI!» gridò, con tutto il fiato che aveva in gola,  trafiggendo il terreno con Tessaiga usando tutta la sua forza. La presa di Kagome sulle sue mani tremò, ma non cedette. Inuyasha sentì un’enorme calore fluire attraverso le sue mani e riversarsi nella spada, mentre il terreno si sollevava e sconvolgeva sotto l’impeto del colpo.
L’Hakai si abbatté su Naraku cogliendolo alle spalle. Lo stregone non poté fare nulla per sottrarvisi e ne fu colpito in pieno. Diversamente dalla prima volta, l’effetto fu devastante. Mille ferite si aprirono sul suo nero carapace deturpato da una cicatrice, sprizzando sangue nero verso il cielo. Il grido di Naraku fu terribile…e così il dolore provato da Inuyasha. Grazie al potere di Kagome, però, esso rimase in secondo piano, come anestetizzato.
«Sesshomaru, spostati!» gridò Inuyasha, cercando di farsi sentire sopra a quel frastuono. Per quanto il potere Taiyoo non fosse rivolto contro Kiiro no Me, lo Shikon poteva comunque rimanere danneggiato da quel colpo combinato. Sesshomaru, invece, approfittò della devastazione di Naraku per porre fine al combattimento.
Saltando sulle guglie di roccia con velocità sorprendente, Sesshomaru raggiunse Naraku, lo azzannò alla testa e gli sfondò il torace con una zampa artigliata, che tutti videro spuntare dalla schiena del ragno. Un organo nero e pulsante venne espulso da quel corpo orribile, mentre l’urlo d’agonia di Naraku si spegneva in un gorgoglio. Kiiro no Me ritirò la zampa, mentre l’Hakai raggiungeva il suo culmine, e il corpo di Naraku si accasciò, scomparendo alla loro vista.
«Testardo di un idiota!- sbraitò Inuyasha, vedendo che anche Sesshomaru era scomparso- Se si è fatto colpire, se lo merita!»
Ciò detto, iniziò a correre verso il luogo dello scontro, subito seguito dagli altri. Kagura e Rin rimasero alla Mon, l’una tastandosi il petto con fare assorto e l’altra al riparo nella barriera, tremante di preoccupazione.
Kagome guardò in volto Inuyasha e vi lesse una forte tensione. Evidentemente non era così in rotta con il fratello come voleva far intendere. Si fecero largo tra le formazioni rocciose di nuova creazione, impediti nei movimenti dai molti crepacci che l’Hakai aveva scavato. Si accorsero presto di non doversi preoccupare per Sesshomaru. Lo Shikon era tornato in forma umana, per questo non erano più riusciti a vederlo. Era in piedi e guardava qualcosa a terra, poco distante, con aria mortalmente gelida. Il fianco destro era ferito e i vestiti bianchi erano scuri di sangue.
«Sesshomaru!» chiamò Inuyasha. Lo Shikon si voltò verso di loro, mentre lo raggiungevano correndo trafelati.
«Sesshomaru…che ferite!- disse Sango, preoccupata- Il miasma…»
«Sciocchezze.» la freddò Sesshomaru, rifiutandosi di dare importanza alle proprie ferite.
«Dov’è Naraku?» chiese Miroku. Sesshomaru indicò di fronte a sé con un cenno del mento. Gli altri seguirono con lo sguardo la direzione indicata. Parzialmente nascosto da una roccia appuntita, c’era il corpo supino di un uomo. Era nudo e cosparso di ferite, ma i suoi occhi erano aperti e respirava. Una voragine gli si apriva all’altezza del cuore.
«E’ ancora vivo?» chiese Kagome, stupita.
«Gli ho strappato il potere degli Shikon. Li conservava in quell'organo inutilizzato che era il suo cuore.- disse Sesshomaru, sprezzante- Ora è un semplice essere umano.»
Inuyasha annusò l’odore di Naraku al di sopra di quello metallico del sangue e convenne con il fratello. Naraku era tornato un semplice essere umano, ma la sua magia lo teneva ancora in vita.
Si avvicinarono al corpo, a disagio di fronte a quel nemico ormai inerme. Sesshomaru fissò in volto colui che aveva osato tentare la scalata al potere delle Quattro Terre con totale indifferenza.
«Questa è la fine dei tuoi piani, Naraku.- disse Miroku, corrugando la fronte- Avresti fatto meglio a rimanere uno stregone di Kaisui.»
Naraku sorrise con disprezzo, ancora orgoglioso e sprezzante perfino in punto di morte.
«Io ero destinato a governare.- disse, tra le labbra macchiate di sangue- Chi vi rimane ora? Questo cane dal pelo lungo? Lui non basterà a governare le Quattro Terre.»
«Dimentichi Hikaruku.» disse Sango, dura. La risata di Naraku si fece più maligna, tanto che dovette interrompersi per tossire.
«Hikaruku è morta, o incapace di usare il suo potere.- disse Naraku, con un sorriso di soddisfazione di fronte ai loro visi marmorei- Lo sapete quanto me. Il tempo di Hikaruku è finito.»
Inuyasha alzò Tessaiga, furioso con Naraku, colui che gli aveva portato via Kikyo e che ora sputava veleno sulla fine di Hikaruku. Poi ristette, d’un tratto a disagio al pensiero di uccidere un essere umano, per quanto malvagio. Aveva davanti una creatura che non poteva più nuocere, se non con le parole.
«Inuyasha.- disse Sesshomaru, con voce così fonda da farli voltare tutti verso di lui- Spostati.»
Tochi no Bannin non fece in tempo a decidere se ubbidire o meno all’ordine. Sesshomaru lo spinse via, poi estrasse dal fodero una spada lucente.
«Non rivedrai mai più la donna che amavi, Sesshomaru. Impazzirai e le Quattro Terre andranno a catafascio.- promise Naraku, con un sogghigno che era una maschera di morte- Ho vinto comunque.»
«La tua bocca non è degna di pronunciare il suo nome.» mormorò lo Shikon, con un lampo omicida negli occhi.
Sesshomaru abbassò la lama. Un secondo più tardi, la testa di Naraku rotolava via dal corpo. Kagome affondò il viso nel petto di Inuyasha per non vedere quello spettacolo macabro.
«Così finisce l’avventura di Naraku.» disse Miroku, alzando due dita alla fronte per benedire quella morte. Purtroppo, le ultime parole dello stregone li avevano riempiti di ulteriore angoscia, tanto che la morte di quel maledetto non aveva dato loro alcun sollievo. Sango si avvicinò a Sesshomaru, il cui sguardo era ora puntato sulla Taiyoo no Mon.
«Sesshomaru…andiamo a vedere.» disse.
«E’ l’unica cosa da fare. Non possiamo fidarci delle parole di Naraku.» disse Shippo.
«Io…io ho appena usato il potere Taiyoo.- esclamò Kagome, desiderosa di portare conforto allo Shikon- Non avrei potuto farlo se Hikaruku fosse morta, no?»
Sesshomaru si voltò per un attimo verso di lei e Kagome vide i suoi occhi ambrati velati dalla prospettiva di una prossima sofferenza. Gli parve talmente simile a Inuyasha da farle venire le lacrime agli occhi. Poi, lo Shikon annuì, dirigendosi verso la Taiyoo no Mon. Gli altri lo seguirono.
Quando vi giunsero, Rin corse loro incontro, andando ad abbracciare Sesshomaru, stringendosi a lui con il corpicino tremante. Sesshomaru ristette abbastanza da farle una carezza sul capo, una tenerezza di cui nessuno avrebbe potuto crederlo capace dopo averlo visto combattere. Accanto alla porta, c’era Kagura, che aveva un sorrisetto trionfante sul volto.
«Non vieni con noi, Kagura?» chiese Miroku, socchiudendo appena gli occhi.
«No, la Taiyoo no Mon non m’interessa.- rispose lei, con voce in cui vibrava una nota di profonda soddisfazione- Ho riavuto la mia libertà.» Si sfiorò il petto con una mano, quel petto in cui finalmente era tornato a battere un cuore.
«Allora addio, Kagura. Torna a Kaisui ed evita le brutte compagnie.» tagliò corto Mizu no Bannin, con un saluto ironico. Kagura non se la prese a male. I suoi occhi si fissarono su Sesshomaru e quel cuore appena tornato al suo posto ebbe un balzo, mentre lo Shikon si avvicinava alla Mon, entrando nella sua luce.
Attese di vederlo voltarsi verso di lei almeno una volta, di sentirsi almeno ringraziare per averlo liberato dalla Tsuki no Mon. Invece, Kiiro no Me oltrepassò la soglia tenendo per mano la bambina senza mai guardarla. I Bannin sfilarono dietro di lui e le parole che avrebbe voluto sentire dalla bocca dello Shikon giunsero da quelle dell’Hikaruku no Miko.
«Grazie di tutto, Kagura.» disse lei, prima di seguire Inuyasha oltre la Mon.
«Kohaku, conducici da Hikaruku.» disse Kaze no Bannin, oltre la soglia.
«Subito!» asserì il Custode della Mon. Una luce bianca e calda ferì per un istante gli occhi di Kagura, poi cadde il silenzio.
Kagura sospirò, scuotendo il capo e cercando di scacciare gli strani sentimenti che la vista di Kiiro no Me le provocava. Ora tutto sarebbe tornato come prima.
“Ho conservato la vita e recuperato la libertà.- si disse, alzando il mento in segno di sfida- Che m’importa di Kiiro no Me? Sono libera e potente nella magia. Non desidero altro.»
Staccò una piuma dalla sua acconciatura, pronta a volare via da quel luogo devastato, quando un lucore poco distante attirò la sua attenzione. Kagura si avvicinò all’oggetto luccicante e subito lo riconobbe per quel che era. Il cuore di Naraku, diventato il ricettacolo del potere di Kurasa e Konton, una volta estratto dal corpo dello stregone si era trasformato in una grossa gemma sfaccettata di colore nero e rosso. Kagura si piegò e raccolse l’oggetto. Subito, un brivido la colse. In esso era racchiuso abbastanza potere da farla tremare.
Un’idea le fiorì nella mente. Un sorrisetto le stirò le labbra dipinte di rosso, poi soffocò una risatina. Le Quattro Terre erano a corto di Shikon Oscuri…perché non approfittare di quel dono del cielo? Di certo, aveva abbastanza potere da sottomettere quella gemma e lei non avrebbe fatto lo stesso errore di Naraku. Non le interessava governare sulle Quattro Terre…ma essere sullo stesso piano di Kiiro no Me e di quella Hikaruku non sarebbe stato poi così male. Naraku le aveva rubato il cuore e ora lei gli avrebbe restituito il favore. Una nuova Shikon stava per sorgere dai resti di quello vecchio.
Kagura strinse la gemma al petto e si alzò in volo, diretta verso Kaisui. Aveva un'intera dimora da riorganizzare, oltre la Kurasa no Mon!

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Capitolo 27
*** 26 - Hikaruku ***


Author's note: Ci siamo! La Mon è aperta!!

CAPITOLO 26

HIKARUKU

«Kohaku, vuoi condurci da lei?» chiese Sango al custode della porta. Il ragazzo annuì, alzando il falcetto, mentre Kagome lanciava un’ultima occhiata dietro di sé. Vide una piccola frazione di territorio devastato, un cielo che si schiariva a poco a poco. In lontananza, le parve di riconoscere la piuma di Kagura che si allontanava. Kagome sentì stringersi lo stomaco per la tensione. Quella poteva essere l’ultima volta che posava lo sguardo sulle Quattro Terre.
«Kagome, tutto bene?» le chiese Inuyasha, accanto a lei, facendola voltare di nuovo. Sorrise e annuì, cercando di farsi coraggio. Non poteva perdere in determinazione proprio in quel momento. Kohaku alzò il falcetto, legato ad una catena di piccoli diamanti, e gli fece compire un ampio arco, apparentemente nel nulla. Invece, la dolce luce dorata che li avvolgeva si aprì come un telo di stoffa, rivelando loro un sentiero d’oro che si perdeva in una vera nebbia, bianca e spessa.
«Una volta, quella strada attraversava un giardino rigoglioso e il cielo era azzurro.» borbottò Shippo, corrugando la fronte.
Kagome lesse una forte apprensione sui volti di tutti. Non poté osservare l’espressione di Sesshomaru, in quanto lo Shikon si incamminò senza indugi sul sentiero, con Rin alle calcagna, senza attenderli. Inuyasha prese Kagome per mano, poi si avviò dietro il fratello, seguito dagli altri Bannin e da Kohaku stesso. La visibilità era scarsa e si spingeva a pochi passi di distanza. Il terreno che si vedeva ai lati del sentiero era spoglio. Inuyasha si fermò un attimo per sfiorare con la mano quella terra scura.
«Non è morto. Sta dormendo.» mormorò Tochi no Bannin.
«E questo cosa significa?» chiese Miroku, cupo. Inuyasha scosse la testa e si alzò.
«Vorrei saperlo.- sospirò- Raggiungiamo Sesshomaru, quello non ci aspetta di sicuro.»
Difatti Sesshomaru aveva allungato le distanze ed ora era appena discernibile nella nebbia, con Rin a fianco. Kagome osservò che per lui doveva essere una tortura essere costretto a camminare come un normale essere umano, ora che si trovava a così breve distanza dalla donna amata, ma Kohaku spiegò che camminare lungo quel sentiero era l’unico modo per raggiungere la dimora di Hikaruku.
«Pensare che qui attorno tutto gridava di vita…» mormorò Sango, con le lacrime agli occhi. Miroku le strinse forte la mano, anche lui perso in ricordi terribilmente antichi. D’improvviso, la nebbia attorno a loro si dissolse, lasciandoli sorpresi. Kagome si guardò alle spalle, constatando che la nebbia finiva di netto, come se vi fosse una barriera di qualche tipo. Tornò a guardare di fronte a sé quando sentì Inuyasha irrigidirsi al suo fianco.
Kagome non poté fare a meno di spalancare la bocca per la sorpresa e l’ammirazione. Di fronte a lei si ergeva la più superba dimora su cui avesse mai posato gli occhi. Era un’enorme magione, che si innalzava in centinaia di torrette e guglie, nonostante il corpo centrale non andasse oltre il secondo piano. Era una costruzione aggraziata ma forte, interamente dipinta di verde, azzurro e oro. Le rifiniture erano di metallo e pietre preziose, che in situazioni normali dovevano far risplendere quella dimora come un gioiello. In quel momento, però, la luce grigia spegneva qualsiasi bellezza e il castello appariva disabitato. Attorno ad esso si ergevano tronchi spogli di alberi secolari e il terreno era brullo e nero, come morto. Non c’era un alito di vento. Nel complesso, quella visione comunicava un’immensa tristezza e un pesante senso di solitudine. Hikaruku era vissuta laggiù, completamente sola, per mille anni…
«Sesshomaru! Ehi, vuoi aspettarci o no?!» sbottò in quel momento Inuyasha, correndo verso la porta e tirandosi dietro Kagome, che dovette tornare bruscamente alle questioni pratiche. Sesshomaru e Rin avevano già raggiunto la porta principale, un’enorme porta a due battenti laccati di azzurro e decorati con disegni di fiori in smalto dorato. Sesshomaru aveva aperto quella porta imponente con una sola mano ed ora stava entrando nel cortile interno. Rin riusciva non si sa come a tenere il suo passo, trotterellandogli instancabile al fianco. Forse per lei era un’avventura come tutte le altre.
Giunto nella corte centrale, Sesshomaru si fermò, guardandosi attorno come smarrito.
«Non sento il suo odore.» mormorò.
«Di qua.- disse Inuyasha, precedendolo sempre tenendo stretta la mano di Kagome- Le stanze di Hikaruku sono da questa parte.»
Kagome guardò Sesshomaru e vide passare sul viso dello Shikon un’ombra di contrarietà…forse di gelosia. Era evidente che Inuyasha aveva visitato quel luogo più volte, mentre Sesshomaru probabilmente non aveva mai potuto mettervi piede prima. Kagome sentì una stretta al cuore al pensiero di cosa dovesse provare lo Shikon in quel momento, poi le sovvenne che nemmeno lei aveva da stare troppo tranquilla. Tra poco si sarebbe giocato il suo futuro con Inuyasha e lei doveva ad ogni costo far valere le sue ragioni.
Entrarono nel castello al seguito di Inuyasha, che li condusse lungo una interminabile serie di scale, che li portavano sempre più in alto. Sesshomaru prese in braccio Rin, evitandole quella fatica eccessiva. Quando Kagome guardò da una finestra, si accorse di essere ormai a parecchi metri dal pianoterra.
«Ma dove si trova Hikaruku?» chiese, stupita.
«Nella torre più alta del castello.» rispose Inuyasha.
«Come una principessa delle favole…- mormorò Kagome, poi inciampò in un gradino- Ma non c’è altro modo di raggiungerla che facendo le scale?»
Vide Inuyasha stringere le labbra e da dietro le giunse la risposta di Miroku.
«In situazioni normali, Hikaruku stessa ci avrebbe trasportati magicamente al suo cospetto una volta giunti al cortile. Per come stanno le cose, però, non ci rimane che salire le scale.» disse. Kagome si morse un labbro, conscia del vero significato di quella frase. Hikaruku non aveva reagito al loro ingresso nel castello. Questo non era affatto un buon segno. Inoltre, il fatto che quella grandiosa dimora fosse completamente vuota metteva i brividi.
«Ecco, ci siamo.» disse d’un tratto Inuyasha, indicando sopra di loro, ove saliva una singola scala a spirale, che portava alla torre più alta. Il Bannin dovette scansarsi in fretta per evitare di essere mandato a gambe all’aria da Sesshomaru che, tenendo sempre stretta Rin, corse lungo le scale con un’espressione dura sul viso. Gli altri gli corsero dietro, ma prima che lo potessero raggiungere, Sesshomaru aveva già aperto la porta con uno schianto.
«Hikaruku!» chiamò Inuyasha, correndo con Kagome in spalla.
«Speriamo stia bene…» disse Shippo, così preoccupato da avere le lacrime agli occhi. Giunsero alla soglia e lì dovettero fermarsi bruscamente, rischiando di caracollare l’uno addosso all’altro, in quanto Sesshomaru non era entrato nella stanza ma si era bloccato un passo oltre la soglia, immobile come una statua, con Rin a fianco. Tutti guardarono oltre la sua figura, desiderosi di sapere la verità.
Ad una prima occhiata, il loro cuore si aprì di gioia e sollievo. La sala circolare in cui si ergeva il trono di Hikaruku non aveva l’aria spenta del resto del castello, ma conservava una luce calda e confortante che strappava riflessi alle pareti, che sembravano di puro cristallo. Sul trono, bellissima e regale, sedeva una donna la cui perfetta bellezza toccò il cuore di Kagome. Un viso di porcellana, fine ma pieno di carattere, su cui spiccavano occhi di un azzurro intenso che li fissavano. Sulla fronte era tatuata una fiamma dorata, che simboleggiava la Vita. Lunghi capelli d’oro le scendevano lungo le spalle e le braccia appoggiate ai lati del trono, in un atteggiamento di paziente attesa. Indossava una veste gialla ricca ma non opulenta, totalmente ricamata con motivi naturali in azzurro e verde. Era una donna splendida.
Kagome avvertì una grande gioia per Sesshomaru, lieta che il suo amore potesse finalmente coronarsi, e ripassò mentalmente il discorso che avrebbe fatto alla dea per convincerla a lasciarla vivere nelle Quattro Terre. Si accorse dopo un istante dell’improvvisa tensione dei Bannin e guardò ancora Hikaruku, chiedendosi perché non avesse ancora proferito parola. Il suo sguardo era fisso su di loro. Troppo fisso…fisso come quello di…di un cadavere! Il fiato lasciò i polmoni di Kagome, mentre la ragazza spalancava gli occhi per l’orrore e si aggrappava al braccio di Inuyasha, come se il Bannin avrebbe potuto cambiare qualcosa di ciò che vedevano. Hikaruku non si muoveva, né parlava. Giaceva inerte su quel trono, con gli occhi aperti che non vedevano più nulla.
«No…» mormorò Kagome, scuotendo la testa in una negazione inutile. Sentì Sango, dietro di sé, soffocare un singhiozzo. La guardò, smarrita, e la vide piangere in silenzio sulla spalla di Miroku, che era pallidissimo. Shippo e Kohaku non erano da meno, e le lacrime rigavano il volto di entrambi. Kagome guardò Inuyasha e lo vide teso e addolorato, le labbra tanto compresse l’una sull’altra da risultare pressocchè invisibili.
«Mi dispiace.- disse il Bannin, con voce roca, rivolgendosi a Sesshomaru- Non sai quanto mi dispiace.»
Sesshomaru entrò nella stanza, sordo alle parole di condoglianze di Inuyasha, lasciando Rin dietro di sé. Raggiunse il corpo inerte della dea della Vita e la guardò a lungo.
«Hikaruku…» mormorò, tanto piano che la sua voce fu appena discernibile, mentre sfiorava con le dita il volto immoto. Si ritrasse subito, sentendo la pelle gelida sotto il suo tocco. Poi, con una delicatezza che fece piangere Kagome, si inginocchiò davanti a lei, prendendole le mani e appoggiando la fronte al suo grembo, senza più pronunciare una parola. Vedere l’orgoglioso Shikon in ginocchio di fronte alla donna amata, ormai morta, era più di quanto chiunque potesse sopportare. Chi era riuscito a non piangere non poté più trattenere le lacrime. Erano arrivati troppo tardi. Tutto ciò per cui avevano combattuto era andato perduto.
Abbracciata ad Inuyasha, soffocata dal pianto nel tentativo di non disturbare il dolore dello Shikon con il proprio, dapprincipio Kagome non sentì la mano che le tirava con insistenza la manica. Si accorse di qualcosa quando quella stessa mano iniziò a frugarle in tasca. Si sciolse dall’abbraccio, con il viso inondato di lacrime, solo per vedere la piccola Rin estrarre la Shikon no Tama dalla sua tasca e farle un sorriso, prima di voltarle le spalle e dirigersi verso il trono.
«Rin!» chiamò Kagome, cercando di fermarla. Non era il caso che Rin disturbasse Sesshomaru in un momento del genere. Inaspettatamente, Inuyasha la fermò, afferrandola per le braccia.
«Aspetta.» disse il Bannin, corrugando la fronte nel guardare Rin che si avvicinava ad Hikaruku. Di fronte allo sguardo interrogativo di Kagome scosse la testa. Aveva uno strano presentimento. Rin gli era sembrata particolare fin dal principio…forse aveva una parte da giocare in quella storia.
Rin si fermò accanto a Sesshomaru. Lo Shikon non alzò la testa per guardarla, ma sul viso della bimba c’era una tale espressione di amore incondizionato da rendere giusta e appropriata la sua presenza in quel momento di dolore. Sesshomaru si accorse di lei solo quando la bambina sottrasse alla sua presa una delle mani inerti di Hikaruku. Alzò gli occhi ambrati su di lei e Rin sorrise. Sotto gli occhi attoniti di tutti, Rin si mise in bocca la Shikon no Tama e chiuse gli occhi, stringendo forte la mano di Hikaruku. Un lampo di luce forte e improvviso li accecò e tutti dovettero proteggersi gli occhi, con esclamazioni di sorpresa. Sesshomaru si voltò dall’altra parte, mentre il lampo bianco si spegneva, poi si girò subito verso Rin. Con sua somma sorpresa e dolore, la bambina non c’era più. Sembrava scomparsa nel nulla. Quella strana bambina che lo aveva stregato, che provava per lui un così evidente affetto, era scomparsa. Stanco, afflitto e sul punto di perdere il controllo, Sesshomaru chiuse gli occhi, ma subito li riaprì quando le dita sottili che stringeva ricambiarono la stretta in una morsa dolce ma possessiva. Sesshomaru alzò lo sguardo di scatto.
Hikaruku lo guardava con occhi luminosi di vita, le labbra schiuse in un sorriso. Gli occhi dello Shikon si spalancarono per la sorpresa, mentre il suo cuore perdeva un battito. Non percepì lo stupore degli altri. Non gli era rimasta abbastanza presenza di spirito per farlo.
«Hikaruku.» disse, con voce resa roca da qualcosa che gli stringeva la gola.
«Sì.» disse lei, e il suo sorriso divenne più splendido.
«Hikaruku.» ripeté lo Shikon, come se non fosse in grado di dire altro.
«Sì!» ribadì ancora lei, e dalla sua gola sgorgò una piccola, gioiosa risata che sapeva di ruscelli di montagna e del canto degli uccelli. Il suono di quella risata finalmente riportò alla realtà Sesshomaru, il quale scattò in piedi, trascinando Hikaruku con sé e stringendola furiosamente tra le braccia, affondando il viso tra i suoi capelli d’oro.
«Mi sei mancato, amore.» sussurrò la donna, sfiorandogli una guancia con le labbra.
Sesshomaru sentì qualcosa di caldo scendergli lungo le guance e non si accorse di stare piangendo. Guardò in viso la donna che amava, la donna che l’Eccelso gli aveva sottratto da mille anni, poi la baciò, con tutto il dolore e la speranza che aveva alimentato in quei secoli di distanza. Ancora sulla soglia, i Bannin, Kagome e Kohaku assistettero al miracolo senza proferire verbo, troppo commossi e pieni di gioia. Tutto era andato per il meglio. Le Quattro Terre avrebbero ritrovato l’equilibrio e l’amore che univa i due Shikon ne era la prova evidente. In quel momento, Sesshomaru si staccò da Hikaruku, sempre scrutandola in volto come se non fosse ancora certo di non stare sognando. Hikaruku gli sorrise, poi volse per la prima volta lo sguardo agli altri occupanti della stanza.
«Amici miei…- mormorò la donna, con voce musicale- Non so come ringraziarvi per il coraggio che avete dimostrato in questi molti anni.»
Si staccò da Sesshomaru, che la lasciò andare con riluttanza, e andò da loro a braccia aperte, come una madre verso i figli. Baciò sulla fronte ognuno di loro e Kagome vide che tutti avevano le lacrime agli occhi. Inuyasha fu l’ultimo ad essere baciato. Sesshomaru rimase ad una certa distanza, evidentemente contrariato da quelle manifestazioni d’affetto.
«Rin eri tu.- borbottò Inuyasha, mentre Hikaruku gli stringeva ancora le mani, cercando di nascondere la propria commozione- Avresti potuto dircelo.»
Hikaruku rise, scuotendo il capo.
«Rin era una parte di me.- disse, e nei suoi occhi passò un lampo birichino- Sentivo approssimarsi l’oscurità di Naraku e avvertivo che eravate tutti in difficoltà. Mi sono incarnata in un essere umano, lasciando qui il mio corpo ed il mio potere, e vi ho attesi.»
«Sentivamo qualcosa in Rin, ma non ti abbiamo riconosciuta.» disse Sango, sorpresa.
«E come avreste potuto? Nulla del mio potere scorreva nel mio corpo umano.- sorrise Hikaruku- Incarnandomi ho violato una regola. Se avessi usato il mio potere avrei rovinato tutto.»
«Somma Hikaruku,- disse Miroku, con una punta di divertito sarcasmo- se vi eravate incarnata per aiutarci, come mai ci avete presto lasciati per seguire Sesshomaru?»
Kagome fu deliziata nel vedere Hikaruku arrossire. La Shikon si voltò verso Sesshomaru, allungando timidamente una mano verso di lui.
«La mia anima tendeva a lui.- mormorò, mentre lui le si affiancava e le prendeva la mano- Non ho potuto farne a meno.»
«Come io non ho più potuto separarmi da quella bambina silenziosa.» disse Sesshomaru, guardandola negli occhi. Hikaruku sorrise, abbassando lo sguardo. A Kagome la donna non sembrava una creatura millenaria, ma solo una giovane innamorata. Iniziava a pensare che Hikaruku avrebbe compreso e apprezzato il desiderio del suo cuore. Proprio in quel momento, Hikaruku si voltò verso di lei.
«Kagome, l’ultima Hikaruku no Miko delle Quattro Terre.- disse, andandole incontro- Colei che mi ha liberata.»
«Sono stati i Bannin e Kiiro no Me a liberarti.» si schermì Kagome, imbarazzata. Hikaruku sorrise.
«Nessuno si sarebbe mosso se tu non fossi stata decisa a recarti alla Taiyoo no Mon.- disse la Shikon- Nemmeno Inuyasha, per quanto il suo carattere sia turbolento.»
Inuyasha fece per replicare, ma vide le due ridere e si zittì, fingendo un broncio offeso. Hikaruku prese le mani di Kagome tra le sue.
«Io ti ringrazio per aver liberato Inuyasha…per due volte.- disse la dea- Ti ringrazio per aver usato il giusto rispetto nei confronti dei Bannin e di aver stretto con loro legami di affetto. Ti ringrazio per aver capito il cuore dell’uomo che amo.»
«Come…» iniziò Kagome, sorpresa, poi si ricordò di Rin e chiuse la bocca. Era ovvio che Hikaruku sapesse ogni cosa.
«Ti ho condotta qui strappandoti a ciò che ti è caro.- continuò Hikaruku- Ora che il tuo scopo è raggiunto, leggerò nel tuo cuore i desideri che vi sono custoditi. Forse potrò fare qualcosa, per te.»
Il cuore di Kagome perse un battito. Il momento era giunto. Kagome lanciò un’occhiata a Inuyasha, che però stava guardando Hikaruku. Poi prese fiato e iniziò: «Io…»
«Non parlare.» mormorò la dea, socchiudendo gli occhi e posandole due dita sulla fronte. Kagome ubbidì, chiudendo gli occhi e lasciando che la sua mente venisse riempita dal suo più grande desiderio: vivere insieme a Inuyasha. Presto, Hikaruku ritrasse la mano. Kagome la guardò, e la vide annuire con aria grave, ma la sua esultanza si placò quando la dea le voltò le spalle e andò da Inuyasha.
«E cosa dice il tuo cuore, amico mio, fratello mio?» chiese Hikaruku, fermandosi di fronte a lui. Inuyasha sorrise e le prese le mani.
«Sentilo tu stessa.» disse, posandosi una di quelle mani delicate sulla fronte. Hikaruku chiuse gli occhi, in ascolto, poi un dolce sorriso le comparve sul viso.
«Il tuo cuore è una terra rigogliosa, Inuyasha.- disse, piacevolmente sorpresa- Hai fatto tuoi i tesori più preziosi.»
Hikaruku guardò ancora una volta Kagome, poi indietreggiò di due passi, mettendo una certa distanza fra lei e i Bannin. Il suo volto assunse un’aria seria e decisa, che mise in evidenza l’aura di potere che la circondava, esaltandola.
«Ho ascoltato i desideri del vostro cuore.- disse, con un tono di voce che mise i brividi a Kagome- Nonostante  quanto io vi ami, c’è solo una cosa che posso fare. La tua missione è conclusa, Kagome.»
Kagome spalancò gli occhi, certa che stesse per accadere qualcosa di terribile. Non fece in tempo ad aprire bocca. Hikaruku la guardò fissa con i suoi occhi azzurri, d’un tratto terribili, e alzò di scatto una mano, imponendola su di lei. Kagome si sentì colpire da una tremenda energia, che non riuscì a contrastare. Con un grido, perse contatto con il terreno e iniziò a cadere nel vuoto che si era formato alle sue spalle. Le figure dei suoi amici, delle persone con cui aveva condiviso i suoi giorni ormai da mesi, divennero piccole sagome lontane.
Hikaruku la stava mandando via dalle Quattro Terre! Il suo incubo peggiore si stava avverando…sarebbe stata separata da Inuyasha!
«No! NO!- gridò Kagome, allungando una mano mentre continuava a cadere- Non desidero tornare a casa! Vi prego, no! Io voglio stare con lui! Inuyasha, aiutami! INUYASHAAAAAAA!!!!!!!!!»
Il suo appello non venne ascoltato. La tenebra si chiuse su di lei e sul suo tremendo dolore.

***

Quando si risvegliò, capì subito di essere sdraiata in un letto. Sopra di lei, un anonimo soffitto grigio. Accanto al letto, un suono regolare che denunciava la presenza di macchinari medici. La stanza era rischiarata da una lampada accesa. Doveva trovarsi in un ospedale, nel suo mondo. Chissà dove era ricomparsa, priva di coscienza? Dopo mesi d’assenza, era naturale che l’avessero ricoverata in ospedale…sempre che il tempo, da questa parte, non fosse differente e non l’avessero portata lì a seguito dell’incidente.
Kagome alzò le mani e se le premette sugli occhi, disperata. Hikaruku non aveva ascoltato il suo desiderio. Aveva ubbidito alle regole delle Quattro Terre e l’aveva rimandata a casa…senza farle salutare gli amici…senza permetterle di dire addio ad Inuyasha. Fuori dalla stanza, qualcuno parlava a bassa voce. Kagome riconobbe la voce di sua madre e del nonno. Un’ondata di tristezza la avvolse. Desiderava rivedere la sua famiglia, ma la mancanza di Inuyasha era insopportabile.
«Venite, venite! Si è svegliato!» esclamò in quel momento qualcuno, nel corridoio. Kagome sentì tramestio di passi che si allontanavano. Era sola.
«Inuyasha…» gemette, mentre le lacrime iniziavano a sgorgarle dagli occhi, bagnandole i palmi e scivolando lungo le guance. Non l’avrebbe visto mai più. Il ragazzo che amava con tutta se stessa era perduto per sempre. Kagome si alzò a sedere, mentre si strappava quasi con ira dal petto e dalla testa i rilevatori delle pulsazioni e delle onde cerebrali. Si alzò dal letto, scostando bruscamente le coperte, poi uscì con cautela dalla stanza. Un istinto irrazionale le diceva di correre fuori da quel posto per accertarsi che Inuyasha non fosse venuto con lei. Non poteva credere che Hikaruku avesse ignorato in quel modo il suo desiderio. Le era sembrata tanto dolce…poteva davvero rivelarsi così crudele? Kagome scosse il capo, poi corse lungo i corridoi, in pigiama. Scoccando un’occhiata fuori da una finestra, vide nel giardino un grande albero.
“Sarà lì sotto. Non sarebbe mai entrato nell’ospedale.- si convinse, stringendo i denti- Sono sicura che mi sta aspettando sotto quell'albero. Lui non mi abbandonerà. Non mi lascerà qui da sola.”
Era un pensiero senza senso, ma a Kagome non importava. Doveva aggrapparsi a qualcosa, oppure si sarebbe accasciata a terra e sarebbe scoppiata in singhiozzi. Kagome riuscì a nascondersi alla sorveglianza delle infermiere e ad uscire nella notte. Sotto i piedi nudi sentiva l’erba umida, mentre correva affannosamente verso l’albero.
“Ti prego! Ti prego, fai che sia lì.” pregò, più intensamente di quanto aveva mai fatto. Una grossa fetta di luna brillava nel cielo, riempiendo il terreno attorno all’albero di ombre cangianti. Continuò a sperare finché non fu che a pochi passi da esso. Quando dovette rendersi conto che sotto la grande quercia non c’era anima viva, si fermò, senza fiato, senza più forza nemmeno per piangere.
«KAGOME!!»
Il grido, lanciato da una voce familiare, le fermò per un attimo il cuore. Kagome si voltò verso l’ospedale e vide qualcuno lanciarsi da una finestra al primo piano. Quei movimenti…quell'agilità…quella voce! Ma la sagome era oscura. Non c’era traccia d’argento nei capelli di colui che l’aveva chiamata. Attonita, Kagome si vide correre incontro Inuki Tochi, anch’egli vestito solo di un pigiama, segno evidente del suo ricovero nella struttura ospedaliera.
«Inu…ki?» chiese Kagome, senza forza nella voce. Non desiderava rivedere Inuki, non così presto. Vederlo in faccia era troppo, dolorosamente simile a guardare il volto di Inuyasha.
«Kagome…» mormorò il ragazzo, ansimando, mentre si fermava a pochi passi da lei. I suoi occhi brillavano alla luce della luna di una tale gioia che Kagome dovette distogliere lo sguardo. I ricordi facevano troppo male.
“Hikaruku è crudele, dunque.” pensò, amara. Quando aveva desiderato Inuki, era stata portata da Inuyasha. Ora che amava Inuyasha, le veniva restituito Inuki.
«Kagome…sono io.» mormorò Inuki, costringendola a guardarlo.
«So chi sei, Inuki. Non ho perso la memoria.» disse, sempre senza tono nella voce.
«No, non lo sai.- disse il ragazzo, con un sorriso trionfante- Non lo sai, perché io non ho potuto dirtelo. Se lo sapessi, adesso non avresti quell'espressione sulla faccia.»
Kagome era stanca, troppo stanca e triste per ascoltare quello che Inuki le stava dicendo. Aprì la bocca per chiedergli di lasciarla sola, quando Inuki aggiunse: «Hai davvero creduto che Hikaruku ci avrebbe separati? Scema!»
Kagome alzò lo sguardo di scatto, attonita. Come sapeva Inuki di Hikaruku? E perché…perché la sua voce era così maledettamente simile a quella di…
«Inuyasha?» mormorò, tra le labbra insensibili.
«Sono io, Kagome.- disse lui, d’un tratto incerto e titubante- Quando Bankotsu mi ha ferito, mi sono risvegliato qui…e mi sono ricordato di essere nato in questo mondo come Inuki Tochi. Ti sono sempre stato a fianco, Kagome…solo che non lo sapevo. Volevo confessartelo, quando mi sono risvegliato a Sunda, ma…»
Non poté finire la frase. Kagome, improvvisamente piena di una felicità che non aveva confini, si gettò tra le braccia di Inuki, stringendolo forte.
«Inuyasha! Inuyasha!» singhiozzò sul suo petto. Oh, era troppo bello per essere vero! Lui la strinse forte, affondando il viso nei suoi capelli corvini.
«Hikaruku ha esaudito il desiderio di entrambi, Kagome.- disse Inuyasha- A meno che a te non diano fastidio le mie sembianze umane.»
Kagome gli tirò un debole pugno nelle costole, borbottando: «Scemo.» e facendolo ridere. Inuyasha le alzò il viso alla luce della luna, sfiorandole la guancia con le dita. Tutto sarebbe andato bene. Erano insieme. Avrebbero vissuto come due normali esseri umani…insieme. Inuyasha abbassò il capo e la baciò.
Ben presto, parenti e infermieri giunsero di corsa per acchiappare i due malati fuggitivi, e li trovarono teneramente allacciati sotto le ombre della grande quercia.

***

«Non credevo che li avresti mandati via.»
Hikaruku alzò lo sguardo sull’uomo che amava, mentre se ne stava nel suo abbraccio, tranquilla e felice come non le accadeva da mille anni. Erano alla finestra, nella stanza più alta del castello. Oltre ad essa, grazie ad un incantesimo, vedevano le Quattro Terre nella loro interezza. Erano soli, visto che i Bannin si erano congedati da loro già da qualche tempo, tornando ognuno alle proprie incombenze. Sango e Miroku erano stati separatamente benedetti da Hikaruku, la quale si aspettava da un momento all’altro di vedere coronarsi un altro amore millenario. Hikaruku rise piano, nel vedere la perplessità sul viso di Sesshomaru per il suo lungo silenzio.
«E cosa credevi che avrei fatto?- mormorò, posando la fronte contro la linea della sua mandibola- Credi che non sia in grado di comprendere due cuori innamorati?»
«Non dico questo.- disse Sesshomaru, prendendosi qualche istante per sfiorarle la pelle con le labbra- Tuttavia, hai negato alle Quattro Terre la presenza di un Tochi no Bannin.»
«E ancora non mi è arrivata nessuna ramanzina dall’Eccelso, ti vorrei far notare.» disse Hikaruku, con un sorriso birichino.
«Le Quattro Terre sono nostre, ora.- disse Sesshomaru, con voce gelida e dura- Saremo noi a decidere come gestirle, d’ora in poi.»
«Forse non saremo solo in due.» sospirò Hikaruku. Di fronte al viso incupito di Sesshomaru, sorrise con aria mesta. «Non l’hai avvertito? Il potere degli Oscuri è ancora vivo. Se non erro, sarà una donna che conosci a gestirlo, molto presto.»
«Che donna?» chiese Sesshomaru, corrugando la fronte.
«Kagura, la maga di Kaisui.- disse Hikaruku, con una breve risata- Ma sono contenta che tu l’abbia già dimenticata.»
Sesshomaru alzò appena le spalle, in un gesto di totale indifferenza.
«Se mi metterà i bastoni tra le ruote, la ucciderò.» sentenziò, duro. La sua gratitudine non era profonda per natura. Hikaruku sorrise, mesta. Nelle sembianze di Rin aveva avuto modo di notare cosa celava lo sguardo di Kagura su Sesshomaru. Si aspettava che l’ambiziosa maga di Kaisui non cedesse le armi tanto facilmente e questo faceva presagire problemi per il futuro.
«Non mi hai ancora spiegato perché hai mandato via Inuyasha.» ribadì Sesshomaru, che non si era fatto sviare. Hikaruku sospirò.
«Non l’ho mandato via. Non proprio.- disse, poi passò una mano sulla visuale di cui godevano dalla finestra- Guarda.»
Sotto gli occhi di Sesshomaru, apparve la visione di un mondo differente. In un cortile antistante un tempio non dissimile da quelli della terra di Honoo, due figure camminavano sotto il sole estivo, tenendosi per mano. Avevano entrambe i capelli neri e Sesshomaru faticò un istante a riconoscere nel ragazzo umano suo fratello Inuyasha. Fece per dire qualcosa, ma Hikaruku gli fece cenno di ascoltare. I due innamorati nel cortile del tempio risero forte.
«Rimarrai per sempre famosa come ‘la ragazza che è scomparsa per tre mesi ed è tornata senza memoria’.» rise Inuyasha.
«E che dovevo fare? Raccontare loro delle Quattro Terre?- chiese Kagome, arrossendo- Meglio dire di non ricordare nulla, non ti pare? Ai miei parenti basta che io sia tornata…»
«Ma i tuoi non sono curiosi per natura.» osservò Inuyasha.
«E tu rimarrai famoso come ‘colui che è caduto in coma due volte in rapida successione’.» lo rimbeccò Kagome, tirandogli una ciocca di capelli.
«Come se fosse colpa mia.- disse Inuyasha, con una smorfia- A ben vedere, anzi, forse la colpa è addirittura tua…»
«Inuyasha, osuwari.» disse Kagome. Inuyasha rimase in tensione per un istante, poi entrambi risero. «Peccato che quel rosario non ci sia più…»
«Oi! Kagome, non dirlo nemmeno per scherzo!» disse Inuyasha. Si zittì quando la vide incupirsi. «Cosa c’è?» le chiese, premuroso. Kagome ristette un momento prima di decidersi a rispondere.
«Sai…sono grata ad Hikaruku per quello che ha fatto per noi.- disse lei, tormentandosi le mani- Però non ho potuto salutare nessuno dei nostri amici. Non li vedrò mai più…e volevo molto bene a tutti loro.»
Inuyasha, con un sorrisetto, prese una mano di Kagome.
«Vieni con me.» le disse, trascinandola fino al piccolo tempietto dell’Hokora. Inuyasha aprì la porta scorrevole, entrò nella stanza buia e si fermò dietro al pozzo, appoggiando una mano sul bordo. Kagome, rimasta sulla soglia, lo guardò con perplessità.
«Questa è la risoluzione a tutto, Kagome.» disse Inuyasha, sibillino, con un lampo allegro negli occhi violetti.
«Che dici, Inuyasha? Che c’entra il pozzo?» chiese Kagome, perplessa.
«Ci sono molte Mon anche in questo mondo, Kagome.» disse Inuyasha, accentuando il sorriso. Per un attimo, Kagome non capì. Poi afferrò il concetto e le si illuminarono gli occhi, mentre le compariva sul volto un grande sorriso.
«Vuoi dire che…» balbettò, emozionata.
«Hikaruku non mi ha sollevato dall’incarico come Bannin.- disse Inuyasha, trattenendo un sospiro- Perciò, ogni tanto mi toccherà andare a vedere come se la cavano quegli altri stupidi dall’altra parte. Quando ha ascoltato il desiderio del mio cuore, mi ha accennato a questo pozzo, che potremo usare con ogni comodità…»
Kagome gli si buttò fra le braccia, piena di gioia. Avrebbero potuto tornare in quel luogo che aveva imparato ad amare ogni volta che avessero voluto! Era troppo bello per essere vero!
«Ti amo tanto, Inuyasha!» disse, piena di gioia. Inuyasha rise, stringendola a sua volta.
«Anch’io, Kagome.» disse, sorridendo.
Hikaruku sollevò una mano e la scena disparve, lasciando di nuovo il posto alle Quattro Terre.
«Perciò farà avanti e indietro?» chiese Sesshomaru, che esibiva un’aria disgustata a causa della scena d’amore a cui era stato costretto ad assistere.
«Almeno finché non decideranno entrambi di restare.- disse Hikaruku- In quel caso, tornerò a dare a Kagome i poteri che le spettano e tutti saremo felici.»
Sesshomaru la guardò con perplessità e Hikaruku sospirò.
«Credevi davvero che avessi lasciato tutto in mano all’Eccelso?- chiese, sollevando un sopracciglio- L’anima di Kagome è stata creata da me. E’ nata dapprima come Kikyo e poi è tornata in Kagome. Era la mia ancella, secoli fa, ed era piuttosto potente per un semplice spirito della luce.»
Sesshomaru osservò con stupore Hikaruku, colei che tutti avevano sempre pensato una vittima inerme, la quale invece cercava già da tantissimo tempo di liberarsi con le proprie forze. La propria stima per la donna che amava crebbe di nuovo.
«Guarda! Miroku deve essersi deciso, finalmente!» disse Hikaruku, con la sua risata argentina, indicando un luogo poco lontano dalla catena di Ryuda. Un grande arcobaleno splendeva e sui loro visi poterono sentire un vento caldo e leggero, che testimoniava la felicità di Sango, Kaze no Bannin delle Quattro Terre.
Sesshomaru costrinse Hikaruku ad allontanarsi dalla finestra.
«Abbiamo visto abbastanza della gioia altrui.- disse, guardandola negli occhi- Sarebbe il caso di preoccuparci della nostra, ora, Hikaruku…o preferisci che ti chiami Rin?»
Hikaruku sorrise e arrossì, stringendosi a lui.
L’Era delle Mon, della Shikon no Tama, delle regole e delle separazioni era finita. Una nuova Era fatta di amore stava finalmente sorgendo oltre la linea dell’orizzonte.
Sesshomaru condusse Hikaruku lontana dalla finestra, tenendola stretta per la vita, pronto a vivere l’eternità accanto a lei e a governare le Quattro Terre nel segno della Luce.

FINE

Author's note: E' finitaaaaaa!!!!! Grazie, grazie a tutti voi che avete seguito e commentato questa storia. Mi avete scaldato il cuore, vi sono profondamente grata. Le avventure nelle Quattro Terre sono giunte alla conclusione e ognuno di voi ora avrà tirato le somme riguardo le opinioni che si era fatto sull'identità di Hikaruku, eh eh! Spero che la fic vi sia piaciuta fino in fondo!
Chiusa una parentesi, se ne apre un'altra. Tra un paio di giorni inizierà la fanfiction "Gli Echi della Memoria", il seguito della saga di Cuore di Demone! Spero che la leggerete, ci sarà da versare qualche lacrima!! Un bacione a tutti!!!

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