Alles Verloren di LaTuM (/viewuser.php?uid=30326)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Alles Verloren - Capitolo 1
Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io
non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Capitolo 1
L’aria
sapeva di pioggia.
Era da un
paio d’ore che Harry girovagava per il parco del castello, il
campo da Quidditch
era una delle poche cose che non erano andate distrutte durante la
battaglia
finale svoltasi oramai già da un mese.
Della
capanna dove per anni aveva vissuto Hagrid non erano neanche
più rimaste le
macerie… solo il terreno portava ancora chiari i segni del
fuoco che l’aveva
consumato.
Harry
sospirò e si mise il cappuccio della felpa in testa un
attimo prima che l’acqua
iniziasse a cadere: un inglese sapeva sempre riconoscere
l’esatto momento in
cui sarebbe cominciato a piovere.
Faceva
effetto essere lì e ricordarsi quando, anni prima, il
Mezzogigante stava
cercando di allevare in segreto un cucciolo di drago. O quando lui e
Ron
dovettero addentrarsi nella Foresta Proibita alla ricerca di Aragog. O
ancora
quando lui ed Hermione avevano liberato Fierobecco prima che venisse
giustiziato. Sembravano passati decenni, invece era trascorso solo
qualche
anno. L’avere una vita imprevedibile come la sua
l’aveva spinto a vivere sempre
molto intensamente ogni attimo - bello o brutto che fosse -
perché in cuor suo
c’era sempre la consapevolezza che avrebbe potuto benissimo
essere l’ultimo.
“Credo
sia meglio tornare al castello” disse la voce della sua
migliore amica,
cogliendolo vagamente di sorpresa.
La pioggia
non ci riusciva, le
persone sì.
“Non
credo di averne molta voglia” rispose lui pulendosi gli
occhiali con una
manica.
“Neanche
se ti dicessi che gli elfi domestici hanno preparato il pasticcio di
rognone
per cena?” provò a tentarlo Hermione avvicinandosi
e coprendolo con un
ombrello.
“Questo
potrebbe anche farmi cambiare idea…”
La
ragazza sospirò ma non si mosse e rimase con Harry a
guardare lo spazio dove un
tempo c’era stata la capanna di Hagrid.
“Manca
a
tutti noi, ma sono sicuro che al momento stare in Francia gli
farà solo bene”
commentò lei dopo poco.
“Magari
gli insegneranno a cucinare… o ad evitare di mettere quegli
orridi fiori
arancioni sulle giacche marroni. Non ho mai avuto il coraggio di dirgli
che la
sua cucina mi ha sempre fatto-”
“-ribrezzo”
concluse per lui Hermione, ricordando con orrore quella volta che al
quarto
anno aveva trovato un artiglio nello stufato che il Mezzogigante gli
aveva
offerto.
“Già…”
Dopo
tutti gli anni trascorsi insieme, Harry aveva capito che Hermione era
lì per
chiedergli qualcosa d’importante e che se non lo aveva ancora
fatto era perché
aveva avvertito quanto fosse malinconico quel momento.
“Harry
posso…?”
“Ho
parlato con Silente prima di venire qua” disse lui,
anticipando persino la
domanda dell’amica. Sapeva perfettamente cosa volesse
chiedergli ragazza.
“E…?”
“Ha
detto
che devo portare Malfoy a Grimmauld Place.”
“Io
volevo sapere cosa ti aveva detto riguardo a- No, aspetta, credo di
aver
sentito male.”
“Hai
sentito e compreso benissimo invece” asserì il
ragazzo serio.
“Ma…
Harry! Non puoi! Non nelle tue condizioni!” berciò
Hermione guardando
esterrefatta l’amico.
Il moro
sbuffò.
“Silente
diceva sempre che bisognava fidarsi di Piton perché lui
aveva fiducia in lui.
Cos’abbiamo scoperto? Che Piton è sempre stato
dalla nostra parte.”
“E’
vero,
ma Harry… Silente ora è un ritratto. Quanto
possono sapere ed essere affidabili
dei colori ad olio stregati?”
“Molto
più di quello che possiamo immaginare” rispose
Harry continuando imperterrito a
guardare dritto davanti a sé. In tutto quel tempo non aveva
rivolto un solo
sguardo ad Hermione.
“Non
credo che via il che sia saggio da parte tua correre un simile
rischio” gli
fece presente la ragazza, ma dal tono che aveva usato, Harry aveva
già compreso
che si era già messa il cuore in pace e che le sue proteste
erano puramente
finalizzate al non smentire il suo ruolo di Grillo Parlante.
“L’hanno
assolto.”
“Sì
lo
so” rispose Hermione “C’ero
anch’io e, come te, ho testimoniato in suo favore.
Solo che…”
“Sei
preoccupata per me. E lo è anche Ron. Ma tra qualche giorno
sarà il momento di
tornare a casa e voi dovete recuperare tutto il tempo che avete perso
litigando. E stanne certa, non voglio essere presente”
ridacchiò Harry,
chiaramente allusivo.
“Smettila
di fare il cretino” lo rimproverò Hermione senza
riuscire a nascondere un
sorriso “Te la caverai?” gli domandò
poi, palesemente ancora in ansia.
“Kreacher
ha gentilmente accettato di lavorare per me: ha già ripulito
completamente Grimmauld
Place, o almeno una buona parte. E la bacchetta di Malfoy ora
è in mia
custodia.”
“Può
procurarsene facilmente un’altra.”
Harry
sospirò, conscio che la ragazza avesse perfettamente ragione.
“Lo
so,
ma non posso pensarci” rispose lui “Ora rientriamo.
Inizia a far freddo e, sì,
non posso resistere al pasticcio di rognone!” ammise lui
avvolgendole un
braccio intorno alle spalle della ragazza via della ragazza e facendo
ritorno
verso il portone del castello.
Harry
sapeva che il suo tempo ad Hogwarts oramai era quasi finito.
**
“Cosa
diavolo vuoi da me, Potter?!” fu la prima cosa che disse
Draco Malfoy, non
appena mise piede nell’ufficio della Preside, dove Harry gli
aveva dato
appuntamento.
“Dobbiamo
discutere di affari importanti” rispose prontamente il moro,
facendogli nel
frattempo cenno di accomodarsi “Posso offrirti una tazza di
the?”
“Che
generi di affari Potter? Pensi sia in debito con te perché
mi hai salvato la
vita e il culo al processo?”
Harry
alzò perplesso un sopracciglio.
“Non
per
fare il pignolo Malfoy, ma in effetti sei
in debito con me. Comunque non sono qui per recriminarti nulla. Non
m’interessa
del debito di vita, consideralo già saldato con quello che
ha fatto tua madre
per me.”
“Non
funziona in questo modo, Potter. Dopo sette anni nel Mondo Magico sei
ancora
così stupido da pensare che possa avere lo stesso
valore?!”
“Lo
so
perfettamente che non ha lo stesso valore… Puoi sederti
Malfoy? Mi stai facendo
venire il torcicollo.”
“Oh,
scusa Potter se la mia presenza ti causa fastidio, ma ti ricordo che
sei stato
tu a farmi chiamare” lo prese in giro il biondo, che
però si accomodò
ugualmente sulla sedia offertagli da Harry “Mi spieghi per
quale ragione
avresti avuto l’ufficio della Preside tutto per
te?” domandò poi il biondo
curioso.
Harry
accennò un vago sorriso.
“Le
ho
semplicemente detto che avevo bisogno di parlarti in privato e lei mi
ha
gentilmente offerto il suo ufficio. Sicuro di non gradire una tazza di
the?”
Draco
sbuffò, ma accettò di buon grado la tazza che
Harry gli stava offrendo.
“La
circostanza comunque non ha modificato la domanda che ti ho fatto
prima: cosa
diavolo vuoi da me, Potter?”
Harry
bevve un lieve sorso di the prima che Malfoy, che ancora non aveva
osato
avvicinare la tazza alle labbra, lo imitasse.
“Dopo
il
tuo processo ti è stato concesso di rientrare ad Hogwarts
fino a che il
Ministero non avesse trovato un posto in cui farti andare durante la
chiusura
della scuola…”
“Potter,
per quanto assurdo ti possa sembrare, c’ero anch’io
e – ancor più sbalorditivo
– conosco l’inglese! Quindi so perfettamente quali
sono le mie condizioni di…
libertà vigilata.”
“Penso
che la definizione sia la più appropriata. Comunque, ho
avanzato una proposta e
il Ministero l’ha approvata.”
Il biondo
lo guardo perplesso e con stizza.
“Tu.
Hai.
Avanzato. Una. Proposta.” disse atono.
“Ehm…
già. Non che sia tutta farina del mio sacco. Ho avuto
qualcuno che mi ha
consigliato…” spiegò il moro mentre
entrambi lanciavano un veloce sguardo al
ritratto di Silente momentaneamente – e non del tutto
casualmente – vuoto.
“Che
diavoleria si è inventato quel vecchio pazzo
stavolta?”
Harry
bevve un altro sorso di the, cercando di scegliere le parole
più adatte.
“Ho
bisogno di un coinquilino, Malfoy” rispose il moro,
mettendogli la convivenza
forzata sotto un’altra luce.
Come
aveva previsto però il Serpeverde non poté fare a
meno di trattenere una
risata.
“Coinquilino?!
E avresti pensato a me?!” lo prese in giro velenosamente il
ragazzo “L’ultimo
scontro con Voldemort ti ha rincretinito più di quanto
già non lo fossi!”
Harry
s’impose di non dare peso alle parole del biondo: non sarebbe
stata una scelta
saggia.
“Allora?”
“Allora
cosa?!”
“Sì
o
no?”
“Ma
certo
che no, Potter! Sei completamente impazzito! Non ci vengo a vivere con
te!”
Harry
alzò le spalle rassegnato: lui ci aveva provato a giocarsela
da Grifondoro.
“Mettiamola
così: tuo padre è ad Azkaban, tua madre si
è esiliata in Francia di sua
spontanea volontà e il tuo Manor è stato
confiscato dal Ministero, così come la
maggior parte delle tue ricchezze. Per non menzionare il fatto che ti
è stata
sottratta la bacchetta e non puoi avvalerti dell’uso della
magia. A questo
punto – Malfoy - quali
altre opzioni
hai?” gli domandò il biondo con un ghigno saccente
dipinto sul viso.
Il biondo
sembrò colto alla sprovvista; non che non avesse mai pensato
a quello che era
successo e a quello che aveva perso – che gli era stato
interdetto – ma
trovarsi un elenco stilato così crudelmente da un Grifondoro
era stato un duro
colpo per il suo orgoglio Serpeverde e per la sua consapevolezza.
Draco
aprì la bocca e fece comunque per ribattere come sua
abitudine, ma non gli
venne in mente nessuna risposta valida.
“Una
fetta di torta al limone?” offrì Harry, cercando
di spezzare il silenzio in cui
era caduto l’ufficio. Il ragazzo aveva intimato a tutti i
presidi dei ritratti
di non scocciare, non intervenire o non disturbare mentre avrebbe
parlato con
Draco e nessuno di loro aveva osato contraddire gli ordini e le
richieste
dell’Eroe del Mondo Magico. Harry ringraziò il
fatto che il ritratto di Piton
non fosse ancora stato ultimato.
“E’
stato
il vecchio a suggerirtelo?” domandò Draco in tono
lugubre, ignorando il
piattino con la fetta di torta che Harry gli stava porgendo.
Il moro
abbassò il braccio e si grattò distrattamente la
testa.
“Qualcosa
del genere, unita alle sue lezioni sul saper distinguere i nemici dagli
amici e
dare a chi davvero la merita una seconda possibilità. E
sinceramente non so
esattamente chi dei due debba dare un’altra
possibilità a chi.”
“Sei
patetico” sentenziò Malfoy guadandolo di sbieco.
“Può
darsi. Anzi, ai tuoi occhi non sono altro che un patetico Grifondoro,
ma tu per
me sei un viscido Serpeverde, quindi siamo pari.”
“La
pianti di dire idiozie, Potter?!”
“Sei
tu
che hai cominciato.”
Draco
alzò gli occhi al cielo.
“Comunque
la mia risposta è e rimane un no” fece il biondo.
“E
come
io ti ho già fatto notare, Draco, non hai altre opzioni. O
vieni a Grimmauld
Place, l’antico palazzo della famiglia Black, o ti ritrovi ad
Azkaban. Al
momento non hai i soldi per mantenerti e – fidati –
in questo momento nessuno ti
darebbe un lavoro.”
“E
chi ti
dice che io abbia voglia di lavorare?!”
“A
maggior ragione. Io i soldi per mantenerci li ho. Ho un elfo domestico
e una
casa ora abbastanza pulita e ospitale, sicuramente più a
misura di mago.”
Draco
storse le labbra, conscio di non avere effettivamente molte altre vie
d’uscita
se non accettare l’offerta di Harry.
“Eviterò
di chiederti perché sei in possesso dell’antica
casa della famiglia Black” fece
Malfoy, scocciato.
“Sirius.
Me l’ha lasciata lui nel testamento, e con la casa anche
Kreacher, uno degli
elfi più viscidi che abbia mai incontrato, ma ora sembra
odiarmi vagamente meno.
Diventerete sicuramente grandi amici, ma se anche dovessi dargli dei
vestiti
Malfoy, non potresti liberarlo.”
“Perché
dovrei farlo?”
“Perché
tu rimani comunque un Serpeverde.”
“E
voi
Grifondoro non vi fidate a prescindere?”
“Sì,
ma
in questi anni credo di aver imparato qualcosa, nel bene o nel
male.”
Draco
sospirò.
“Quando
posso raggiungerti nella topaia dove andremo a vivere?”
Harry
sorrise.
“Tra
una
settimana. Ti farò pervenire una passaporta.”
“Bene.”
“Ok…”
“Scordati
che ti chiami per nome, comunque. Tu per me rimani sempre il patetico
Potter.”
“Non
avevo dubbi Malfoy” rispose Harry alzandosi e porgendo la
mano a Draco, come un
bambinetto biondo e impertinente aveva già fatto sette anni
prima “Prendila
come se fosse un accordo di vagamente pacifica convivenza.”
“Vagamente…?”
domandò il biondo perplesso guardandolo scettico.
“Beh,
siamo pur sempre Potter e Malfoy.”
Il biondo
alzò gli occhi al cielo ma accettò la mano che il
Grifondoro gli stava
porgendo.
E
comunque, non aveva altra scelta.
**
“Amico,
sei davvero sicuro di quello che stai facendo?” gli
domandò Ron mentre Harry impacchettava
non molto meticolosamente e sue cose recuperate insieme ad Arthur a
Privet
Drive.
“Assolutamente
no” rispose il moro, incerto sul come incastrare tutti i suoi
effetti nel baule
scolastico. Non che fossero molti, ma in sette anni aveva messo da
parte una
buona collezione di libri, vestiti e oggetti di più o meno
vaga utilità.
Possedeva ancora certe vecchie uniformi che si era dovuto far
confezionare ogni
anno. Un po’ perché cresceva e un po’
perché solitamente ne distruggeva una
all’anno.
Mise da
parte quella del primo anno, piccola e un po’ sbiadita con
addosso un vago
odore di naftalina, le altre invece le consegnò ad Hermione
perché andasse a
venderle, anzi, regalarle, al negozio degli accessori scolastici di
seconda
mano di Diagon Alley.
“Evita
di
menzionare che sono appartenute a me. Alla gente non servono reliquie
di Harry
Potter.”
“Sarò
discreta” lo rassicurò la ragazza.
“E
mia
sorella?” domandò Ron scrutando Harry, come in
qualche modo fosse compito suo
prendersi cura di lei.
“Ehm…
credo che tra me e Ginny le cose siano vagamente complicate”
ammise Harry
grattandosi la nuca e gettando lo Spioscopio regalatogli dal rosso
dentro al
baule.
“In
che
senso?”
“Non
ha
preso molto bene il fatto che l’abbia dovuta trascurare
quando avrebbe avuto
bisogno del mio sostegno. Soprattutto per affrontare…
beh…”
“Sì,
ho
capito” sussurrò Ron, ancora troppo sensibile per
quanto riguardava l’argomento
morte di Fred.
“Penso
che Dean la stia consolando adeguatamente”
confessò Hermione sotto gli sguardi
allibiti dei due amici.
“D-dean?
Dean chi?” domandò Ron, ottuso come suo solito.
“Dean
Thomas, quello con cui hai condiviso queste stanze per sei
anni.”
Il rosso
aprì e richiuse la bocca senza però emettere
alcun suono.
Harry
evitò di commentare acidamente che la rossa aveva trovato in
fretta come e con
chi consolarsi. Non gliene faceva una colpa, però. Lui
sapeva di aver avuto le
sue e l’aveva persa per il suo complesso dell’eroe:
lui doveva aiutare gli
innocenti e non aveva avuto tempo per lei.
“Hey,
tutto bene?” chiese Hermione notando lo sguardo assente
dell’amico.
Harry
strinse le labbra ma poi si limitò ad alzare le spalle ad
annuire.
“Ha
fatto
bene. Come dice Malfoy, soffro del
complesso
dell’eroe.”
“Questo
è
innegabile” borbottò Ron afferrando una bacchetta
di liquirizia “Non hai ancora
detto però perché l’hai fatto Harry. Lo so,
hai appena detto che soffri del complesso
dell’eroe ma ancora non capisco perché proprio
Malfoy!”
Harry
sospirò pesantemente e si sedette sul letto.
“E’
rimasto solo, senza nulla. I genitori sono spariti, Narcissa
è scappata per
dare un futuro a suo figlio, Lucius... beh, è ad
Azkaban come ha
sempre meritato. Anche se senza Dissennatori, non augurerei mai a Draco
di
andarci. I suoi amici sono spariti: Blaise è andato in
Francia a sua volta, la Parkinson, da quel che
ho capito, si è persa nelle campagne del Magdeburgo mentre i
Bulstrode e i
Greengrass sono fuggiti in America. Non essendo però
coinvolti direttamente in
attività sospette, il Ministero li ha dovuti lasciare andare
e concentrarsi sui
casi più urgenti.”
“Tiger
è
morto e Goyle è ad Azkaban anche lui” aggiunse
Hermione.
“In
questo momento io e Malfoy abbiamo più cose in comune di
quanto avrei mai
potuto sospettare.”
“Con
la
differenza che però noi siamo ancora qui” gli
fece notare Ron.
“Lo
so,
ma voi due adesso avrete davanti una vita bellissima e finalmente
insieme. Non
voglio fare da terzo incomodo!” ridacchiò Harry
ricevendo un amichevole e
docile pugno sulla spalla da parte di Hermione.
“Io
mi
fido di Silente” si limitò a dire Harry e i suoi
due amici non poterono fare
altro che annuire.
Fino a
quel momento il vecchio preside non aveva mai sbagliato.
Note
dell’autrice:
*emozione
a mille*
Ce.
L’ho.
Fatta.
Il 9 novembre (data che in qualche modo ha sempre un ruolo
importante quando si tratta di pubblicazione/ideazione delle mie
storie) Alles Verloren è finalmente online doo che l'avevo
promessa alla conclusione di The Disappeared.
Alles ha
iniziato a vedere luce su internet. Questa è la mia seconda
longfic seria del
fandom di Harry Potter, plottata ad Hamburg nell’agosto 2009 e conclusa nell’ottobre
2010. Più precisamente questo capitolo
è stato scritto il 7 marzo 2010,
dopo essere rimasta bloccata per mesi e averlo abbozzato cinque
volte, ogni volta in modo diverso. Quel giorno invece stavo
guardando un documentario sulla Scozia e ad un certo punto ho avuto la
prima
frase. Da quella sono riuscita ad aggirare lo scoglio del primo
capitolo. Mi ci
è voluto comunque un sacco di tempo per scriverla e la cosa
è abbastanza strana
perché, normalmente, le mie storie si scrivono piuttosto
velocemente. Questa
no, ma non importa. Alla fine ce l’ho fatta a finirla,
smettendo anche così di
ammorbare chi mi stava attorno XD
Il titolo
della storia è in tedesco e viene dall’omonima
canzone del rapper Bushido… il
significato magari ve lo dirò più avanti XD
Intanto
ringrazio tantissimo Meg per la sua infinita pazienza e per essersi
presa la
briga di betare questa storia. Grazie mille cara <3 Come farei
senza di te?!
<3
Al prossimo capitolo =)
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Alles Verloren - Capitolo 2
Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io
non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Capitolo 2
“Sei
in
ritardo Malfoy” disse Harry vedendo il Serpeverde atterrare
più o meno
scompostamente nel salotto di Grimmauld Place.
Draco
grugnì qualcosa d’incomprensibile, lamentandosi
per lo scomodo e poco pratico
viaggio a cui il ragazzo l’aveva costretto.
“Sei
tu
che hai riempito il baule più di quanto avresti
dovuto” disse Harry.
“Spero
vivamente che tu abbia la cortesia di sistemare i miei effetti
perché io,
sprovvisto di bacchetta, non posso fare nulla”
sibilò acido il biondo guardando
attentamente fuori dalla finestra.
“Kreacher
se ne occuperà con piacere” rispose Harry prima di
chiamare l’elfo e affidargli
lavoro mente lui avrebbe fatto fare al suo ospite – oramai
coinquilino - il
giro della casa.
“Sbaglio
o mi avevi invitato per l’ora del the?”
domandò il Serpeverde con un tono quasi
vicino a quello del rimprovero per la sua mancanza di educazione.
“Giusto”
ammise Harry, ricordandosi dell’invito che aveva allegato
alla Passaporta che
gli aveva spedito “La cucina è da questa
parte.”
Draco
seguì il Grifondoro entrando in una vecchia cucina che per
anni era stata il
regno di un elfo domestico. Harry, senza farsi grossi problemi,
afferrò un
bollitore da una credenza e, dopo averlo riempito d’acqua, lo
mise sul
fornello.
“Visto
che ora sei il mio coinquilino-”
“Ti
prego, non dirlo. È già abbastanza orrido che ora
sia costretto a vivere qua,
senza che tu necessariamente provveda di ricordarmelo ogni
volta.”
“Sempre
meglio mettere le cose in chiaro. In quella credenza dietro di te,
comunque, ci
sono le stoviglie: prendi il servizio da tè in ceramica
verde.”
“Non
ce
lo serve il tuo elfo?”
“No,
Malfoy” rispose Harry accendendo un fiammifero che
generò la fiamma del
fornello “Lui prepara se glielo chiedo io. Se non gli do
indicazioni è perché
ho voglia di cucinare io… di tanto in tanto è una
cosa che non mi dispiace
fare. L’ho fatto per anni e non sono poi così male
come cuoco. Se invece tu
dovessi aver fame, scendi in cucina e ti prepari quello che vuoi.
Kreacher non
è ai tuoi ordini e gli è stato imposto il divieto
di obbedire a qualunque tuo
ordine o richiesta. Precauzioni che sono stato costretto a prendere
contro la
mia volontà, ma-“
“Sono
un
inaffidabile Mangiamorte” sibilò Malfoy con una
punta di rancore per la scarsa
fiducia nei suoi confronti, ma Harry non se ne preoccupò.
Aveva avuto tutte le
ragioni per impartire quegli ordini a Kreacher.
“Comunque
dicevo… ah sì! Questa è una cucina
disegnata su standard magici e – anche se
probabilmente non hai mai visto le cucine di casa tua – penso
che sarai in
grado di capire da te dove e come trovare quello che ti
serve.”
“Devo
ricordarti che non mi è permesso usare la magia?” gli
fece notare velenoso il
biondo.
Harry si
voltò verso di lui e gli rivolse uno sguardo assolutamente
vuoto.
“Non
sarà
un problema Malfoy, imparerai” gli fece presente il ragazzo
aprendo un cassetto
ed estraendo una scatola in cui erano contenute bustine di diverse
varietà di
the.
“Servit-…
Tutto bene Malfoy?” domandò Harry, notando che il
biondo continuava ad avere lo
sguardo puntato sulla finestra.
“Sto
aspettando che arrivi il mio gufo. Non mi fido di quel barbagianni
mercenario
che è venuto a prenderlo” rispose lui.
“Quel
barbagianni mercenario, come l’hai definito tu, si chiama Oz
e - per tua
informazione - è mio.”
“Tuo?”
“Mio.”
“...”
“Qualche
problema?”
“Non
avevi una civetta delle nevi?” domandò perplesso
il biondo.
“Morta”
rispose Harry cercando di non fare caso a quella stretta al cuore che
sentiva
ogni volta che ripensava ad Edvige “Oz è stato un
regalo di Ron ed Hermione.”
Draco si
astenne da fare qualunque commento ma non poté fare a meno
di rivolgere uno
sguardo perplesso al moro.
“Sanno
che non mi piace comunicare via camino e vivendo qui da solo, poteva
essermi
utile.”
“E
l’hai
chiamato Oz?”
“Come
il
mago… l’hai mai letto il libro?”
“Non
leggo libri Babbani.”
Harry
alzò le spalle e versò l’acqua nella
teiera dopo che Draco ebbe aggiunto due
bustine di Prince of Wales.
“Come
mai
non hai il the in foglie?” chiese il biondo mentre entrambi
aspettavano che
l’infuso si scurisse sufficientemente.
Harry
storse il naso.
“Al
terzo
anno la
Cooman
non aveva fatto altro che predire la mia morte, iniziando proprio dalle
foglie
di the. Da quel momento ho sempre preferito le bustine”
ammise Harry facendo
sorridere malignamente il Serpeverde.
“Non
è
mai stata un granché come veggente”
constatò il biondo “Tu sei ancora qua.”
“Purtroppo,
vero?”
“Assolutamente
sì. Toglie le bustine, il the è pronto e
– ospite pezzente – offrimi almeno dei
pasticcini!”
Harry
sospirò ma, scuotendo la testa, andò a prendere
dei pasticcini che Kreacher
aveva preparato in mattinata.
Sarebbe
stata una lunga e difficile convivenza.
**
“I
piani
superiori sono ancora in fase di lavorazione, ma per adesso due sono
più che
sufficienti. Kreacher è molto lento però alla
fine qualcosa sono riuscito ad
ottenerla… I corridoi ora sono presentabili, ma dovevi
vederli anni fa! Pieni
di teste di elfo mozzate!” spiegò Harry girandosi
verso il biondo, cercando di
capire se quanto gli aveva detto avesse suscitato una qualche reazione.
Neanche
lui era felice di dover avere il Serpeverde tra i piedi ma, come aveva
detto ai
suoi amici, lui si fidava di Silente.
Aveva provato a fare buon viso a cattivo gioco, ma tutto
ciò che
ottenne fu una rispostaccia da parte di Draco che gli fece notare
quanto fosse
ignorante sulle tradizioni dei maghi Purosangue e quanto non fosse
degno di
essere in possesso di uno dei più antichi palazzi della
famiglia Black.
“Sei
noioso Malfoy, i tuoi atteggiamenti da tiranno viziato non
impressionano più
nessuno… Da questa parte comunque. Ti faccio vedere la tua
stanza.”
Malfoy
sbuffò ma seguì l’altro ragazzo su per
le scale. Soffermandosi ogni due scalini
ad osservare i ritratti appesi alle pareti, quando arrivò in
cima trovò che
Harry lo stava aspettando sulla soglia di una porta ancora chiusa.
“Non
ti
meriti questa casa Potter” borbottò il ragazzo
senza che l’altro stesse neanche
ad ascoltarlo.
“Immagino
che Kreacher abbia preso alla lettera l’ordine di mettere a
posto i tuoi
bagagli” constatò Harry notando che i vestiti di
Draco erano già stati appesi
(l’armadio lasciato aperto in modo che il biondo potesse
verificare la
correttezza dell’esecuzione dell’ordine) mentre su
un trespolo si era
accomodato un elegantissimo gufo reale dall’aria vagamente
assonnata.
“Sarpedon,
sei arrivato finalmente” mormorò Draco
avvicinandosi al gufo che aprì di scatto
gli occhi.
“E’
il
tuo?”
“Ovvio
che è mio, Potter.”
“Voglio
dire, è quello che vedevo sempre portarti i dolci di tua
madre quando eri a
scuola?”
“Spesso.
La nostra famiglia ha sempre usato gufi reali”
spiegò il biondo, afferrando da
una piccola cassettina che fuori usciva dal trespolo un biscotto da
dare al
gufo.
“Come
hai
detto che si chiama?”
“Sarpedon…
è il nome del figlio di Europa e Zeus. Fratello di Minosse e Radamanto.”
“Dovevo
immaginarlo…” mormorò Harry.
“Cosa?”
gli domandò scocciato il biondo.
“Che
voi
Malfoy non potevate usare altro che altisonanti nomi
mitologici” lo prese in
giro il moro “Ti lascio a contemplare la tua stanza. Se hai
bisogno di me, io
dormo in quella in fondo al corridoio, il tuo bagno invece è
dietro la porta
che ti trovi esattamente di fronte quando esci. Kreacher serve la cena
in
cucina alle sei e mezza” concluse Harry osservando per alcuni
secondi il
Serpeverde che non gli stava prestando la minima attenzione.
Il
ragazzo sospirò ed uscì dalla camera socchiudendo
la porta.
Capiva
che Malfoy non era molto incline al fare conversazione. Era del tutto
normale, fino
ad un paio di mesi prima erano stati nemici giurati, e ora si
ritrovavano a
dover convivere – forzatamente – sotto lo stesso
tetto. Neanche Harry si
sentiva completamente a suo agio: non aveva mai avuto una casa che
potesse
realmente definire sua e ora si ritrovava a dover condividere uno
spazio così
intimo come quello casalingo con la sua nemesi scolastica. Per quanto
sapesse –
o almeno così aveva supposto – che Malfoy in fondo
si era sempre comportato in
quel modo perché non aveva avuto altra scelta o mezzi per
confrontarsi con una
realtà diversa rispetto a quella in cui era cresciuto.
Nonostante
tutto, per quanto orribile fosse stata per Harry la famiglia Malfoy, il
ragazzo
non poteva fare a meno d’invidiare Draco. Lui, in fondo, una
famiglia – per
quanto pessima – l’aveva comunque avuta.
Entrò
nella sua stanza e chiuse la porta a chiave. Aveva bisogno di starsene
un po’
in pace e, per quanto fosse stupido quel gesto, sentiva che la
serratura creava
una sorta di barriera tra il suo spazio vitale e la realtà
in cui si era
ritrovato catapultato all’improvviso.
Kreacher
aveva pulito e riordinato la camera come era previsto che facesse due
volte a
settimana. Col fatto che ci fosse qualcuno a cui sarebbe spettato
riordinare le
sue cose, Harry aveva imparato ad essere più ordinato e, in
fondo, in quella
stanza oltre dormire, e talvolta leggere, non faceva altro.
Si
avvicinò al letto sfiorando la calda coperta di lana, uno
dei tanti recenti
acquisti che aveva fatto: i soldi non gli mancavano, ragion per cui
aveva
deciso di destinare parte dei risparmi della camera blindata che Sirius
gli
aveva lasciato all’acquisto di nuova mobilia per la casa.
Per
quanto indebolito, il Mondo Magico non era stato distrutto. La maggior
parte
delle persone si era semplicemente nascosta. La sconfitta di Voldemort
aveva
significato poter tornare a vivere.
Harry
lanciò uno sguardo veloce all’arredamento della
camera: aveva scelto il le
stesse cose sia per la sua stanza che per quella di Draco, con la
differenza
che il suo letto e le sue tende erano rosse e oro. Per il Serpeverde
aveva
gentilmente scelto l’argento e il verde. Sperò
vivamente che il biondo
apprezzasse lo sforzo che aveva fatto. Era stato un po’ il
suo modo di dire:
vengo in pace, o qualcosa del genere.
Sì
avvicinò alla finestra dove, lì accanto e con
alcuni ganci, aveva appeso la
Firebolt. Nonostante
tutte le disavventure che lui e quel manico di scopa avevano vissuto
(dalle
umide e infangate partite di Quidditch allo scappare da un Ungaro
Spinato) il
legno era ancora bello. L’aveva lucidato solo qualche giorno
prima, ma
l’operazione era stata abbastanza superflua.
Sfiorò la scopa con le dita e noto
che un po’ di polvere vi si era depositata sopra, attirata
dall’unto del
lucido. Avrebbe dovuto spolverarla, ma in quel momento non ne aveva
voglia.
L’avrebbe fatto il giorno successivo. La cena sarebbe stata
servita da lì a
mezzora e in quel momento sdraiarsi sul divano a guardare il soffitto
– in
attesa che Kreacher venisse a chiamarlo – era più
allettante.
Draco si
alzò dal letto constatando che se non altro Potter aveva
avuto un minimo di
gusto sia nella scelta dell’arredamento (temeva di ritrovarsi
in un covo
rosso-oro) e del materasso: duro ma con cuscini morbidissimi. Fece
schioccare
la lingua annotandosi mentalmente che avrebbe dovuto farsi portare
dall’elfo
una bottiglia di succo di zucca – o anche semplicemente
dell’acqua –… sempre
che quello avesse risposto alla sua chiamata.
Il biondo
si voltò verso l’armadio ancora aperto e decise
che fosse il caso di
controllare che Kreacher avesse messo tutto bene in ordine.
Evidentemente,
nonostante l’elfo fosse stato costretto ad obbedire a feccia
mezzosangue e
filo-Babbana, quello non si era dimenticato i fondamentali
dell’obbedienza che
un elfo domestico doveva ai suoi padroni. Qualcosa gli diceva che
Kreacher
sarebbe stato molto più servizievole con lui che con
Potter… o almeno lo
sperava.
Draco
odiava trovarsi in quella situazione e stava cercando di rendersi a
Potter il
più indifferente possibile. Non detestabile, indifferente.
Non
voleva suscitare alcun tipo di sentimento nei confronti del Grifondoro;
con
l’odio non sarebbero andati da nessuna parte, lui
soprattutto. E a lui Potter
serviva. Nessuno gli aveva dato una seconda possibilità e
siccome era un
Serpeverde, Draco sapeva come comportarsi. Il suo obiettivo era
ottenere sempre
e comunque l’appoggio di Potter senza però perdere
la dignità. L’indifferenza
avrebbe funzionato, l’odio no.
Si
avvicinò
agli armadi e vide che i suoi vestiti erano stati sistemati come li
avrebbe
voluti: la scala cromatica era opposta a quella che lui avrebbe scelto,
ma era
un particolare trascurabile. Probabilmente neanche se avesse avuto la
bacchetta
si sarebbe preso il disturbo d’invertirla.
L’unica
cosa che mancava all’appello erano i suoi effetti da bagno.
Potter gli aveva
detto che la toilette era dietro la porta di fronte alla sua stanza.
Ovviamente
la stanza con il bagno in camera se l’era presa quel pezzente
di Potter… si era
calato un po’ troppo nel ruolo di padrone di casa a cui certe
comodità
spettavano di diritto. Soprattutto nel confronto degli ospiti
indesiderati.
Sbuffando
e imprecando contro l’Eroe del Mondo Magico, Draco si
avvicinò alla porta e
posò l’orecchio sul legno, sperando di sentire se
per caso Potter fosse nei
paraggi. Resosi conto dopo qualche minuto delle sua azioni, si diede
dell’idiota e aprì di scatto la porta, constatando
con piacere che il corridoio
era deserto. Questo comunque non gli impedì di rifugiarsi nel bagno onde evitare di
fare spiacevoli
incontri.
Nei suoi
piani c’era quello d’incontrare Potter il meno
possibile. Odiava l’idea di
dover essere silenzioso e attento a non fare sgradevoli incontri, lui
che per
anni si era mosso come e quando voleva per il Manor.
Probabilmente
col passare del tempo (quello della cena, che a Draco pareva
più che
sufficiente) non sarebbero neanche stati costretti a mangiare insieme.
Si
sarebbe trattato solo di quella sera.
**
La tavola
era stata apparecchiata con lo stesso stile povero e minimalista della
Sala
Grande di Hogwarts e il cibo era già stato disposto nei
piatti quando Draco
arrivò.
“Accomodati
pure” gli disse il Grifondoro comparendo dietro lo sportello
di un oggetto che
il moro – nel pomeriggio – gli aveva detto essere
chiamato frigorifero e la cui
funzione era tenere al fresco il cibo.
“Succo
di
zucca va bene?” domandò Potter mostrando al
ragazzo una caraffa di vetro piena
di un liquido arancione.
Draco si
limitò ad annuire e si sedette iniziando a mangiare in
silenzio.
“Ehm…
va
bene la tua stanza?” domandò Harry lanciando uno
sguardo veloce al suo
commensale.
Draco
borbottò quello che doveva essere un ‘sì’
prima di tornare a concentrarsi sulla cena preparata
dall’elfo domestico. Per
fortuna Potter, in tutta la sua idiozia Grifondoro, non aveva
rinunciato – come
invece avrebbe voluto la Mezzosangue – alla presenza
dell’elfo in casa sua.
“Non
ho
mai avuto una casa tutta mia e non sapevo quali fossero le tue
preferenze. Così
ho seguito un po’ il mio gusto.”
“Che
è
pessimo, Potter, sappilo.”
“Ma
almeno hai una casa, una camera tutta tua e un pasto caldo ogni volta
che lo
desideri. In più ho scelto il verde e
l’argento” rispose Harry elencando i
fattori positivi della sua permanenza a Grimmauld Place con un sorriso.
Il biondo
sbuffò mentre infilzava un pezzo di carne con la forchetta.
Lo capiva, lo
apprezzava, ma non riusciva proprio a sopportare
l’atteggiamento di Potter.
La sua
vita era ancora perfetta, se non di più, visto che adesso
non c’era più nessun
mago oscuro che gli stava dando la caccia. Lui invece, Daco Malfoy, era
diventato un relitto per la società, giudicato e mal visto
da tutti e, oramai,
senza più neanche uno Zellino a sua disposizione, dato che
il Ministero aveva
confiscato tutti i possedimenti e le ricchezze della sua famiglia.
“Se
hai
bisogno di qualcosa o desideri fare dei cambiamenti basta
che-”
“Solo
per
sapere Potter… non è che vorrai mangiare sempre
insieme a me, o sbaglio? Reputo
entrambi maturi a sufficienza da sopportare l’idea di
mangiare in solitudine.
Il tuo elfo prepara e noi, quando abbiamo fame, mangiamo,
no?” propose Draco
portandosi finalmente alla bocca il pezzo di polpettone che aveva
agitato a
mezz’aria fino a quel momento.
Harry
guardò il biondo sollevando scettico un sopracciglio dietro
il bicchiere di
succo di zucca. Non che non si aspettasse una simile richiesta
– o proposta,
dipendeva da che punto di vista la si voleva interpretare –
da parte di Malfoy,
ma pensava che avrebbe avuto la decenza di aspettare almeno il giorno
successivo.
Il moro
posò il bicchiere e guardò fisso negli occhi
l’altro ragazzo.
“Io
ti
avevo detto che cercavo un coinquilino, Malfoy. Non un probabile
ex-Mangiamorte
mal riuscito che vivesse a mie spese. Ora, siccome il tuo vivere a
scrocco è
una cosa che non dipende da te e che non è mia intenzione
farti pesare – ho
sempre considerato schernire le persone per la loro povertà
alquanto stupido,
tu no – gradirei solo un po’ di compagnia. Non
necessariamente durante la
giornata, immagino che tu abbia ben altro da fare,” fece il
moro alludendo
all’assoluta nullafacenza forzata del’altro
“Ti chiedo solo di stringere i
denti e sforzarti di tirar fuori le tue doti di nobile
dell’alta società magica
e conversare almeno un minimo con il sottoscritto durante le ore dei
pasti. È frustrante
mangiare e guardare alternativamente il frigorifero e la
credenza” concluse
Harry con una smorfia che si dipinse anche sul volto del biondo.
“Guardiamoci
in faccia Potter! Tu mi odi però mi hai offerto aiuto. Io ti
odio ma ho
comunque accettato la tua proposta. Ti sono debitore, ma credo tu possa
immaginare quanto poco mi piaccia esserlo, soprattutto nei tuoi
confronti.
L’unica mia richiesta è se possiamo evitare di
costringerci ad andare
d’accordo!” chiarì Draco prima
d’infilzare un altro pezzo di polpettone.
Harry
abbassò gli occhi, sbuffando e scuotendo la testa
sconsolato. Sapeva di
doverselo aspettare, ma era sempre bello essere smentiti.
“Posso
capire che la cosa per te possa essere divertente o che tu non faccia
fatica a
trovare il lato assurdamente comico della situazione: aiutare Draco
Malfoy
privo di bacchetta che ammette di aver bisogno della tua
carità altrimenti ora sarebbe
in giro a vendere…” il biondo esitò per
un istante “…lasciamo perdere. L’unica
cosa che ti chiedo è di non farmi sentire una merda
più di quanto già non sia.
Ai vostri occhi, almeno” non mancò di sottolineare
il superbo Serpeverde.
Harry si
alzò da tavola raccogliendo il piatto ancora mezzo pieno,
posate e bicchiere.
“Hai
ragione su tutto Malfoy, tranne che sul concetto che fa stare in piedi
il tuo
discorso.”
Il biondo
rivolse al Grifondoro uno sguardo perplesso.
“Io
non
ti odio.” gli fece presente Harry prima disparire oltre la
porta e andare a
finire di consumare la sua cena in salotto.
Come
primo giorno, non era stato un grande inizio.
Note
dell’autrice:
Ok, il
gufo di Draco. Ho messo il nome in inglese, ma la versione italiana
è
Sarpedonte.
Chi mi conosce o sta ridendo o gli sono cascate le braccia, ma mi
sembrava il nome più adatto per il gufo di un Serpeverde.
Per chi non mi
conosce… beh, può capire il perché
sono legata al nome Sarpedonte da questa
foto XD
Come sempre grazie mille a Meggie per il betaggio <3
Ringraziamenti:
Veive:
spero che anche il secondo capitolo sia stato di tuo gradimento =) Ho
sistemato le correzioni che non avevo cancellato nel precedente e - mi
auguro -di non aver tralasciato nulla in questo =) Grazie mille per
aver letto e commentato, spero la storia continui a piacerti ^^
lumamo64:
no XD Posso assicurarti che questa storia finirà meglio di The
Disappeared, questo è certo XD Vi ho
già distrutte con
quella, non voglio creare ulteriori danni XD Certo,
succederà
qualcosa in questi capitoli, ma la conclusione sarà
più
piacevole =) Spero che questo ti abbia consolata un po' ^^ Grazie per
aver letto e commentato <3
sarawinky:
Harry e Draco si sono trasferiti a Grimmauld Place, dato che ora Harry
ne è il legittimo proprietario =) Ti ringrazio per aver
apprezzato le spiegazioni del 'cosa succede dopo'. E' una cosa che mi
diverte tantissimo, anche se a volte mi rendo conto che utilizzo sempre
un po' le stesse in tutte le storie =) Spero ti piaccia, grazie mille
per essere passata di qua =)
E
grazie mille alle 11 persone che hanno inserito questa storia tra le
seguite!
Alla
prossima =)
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Alles Verloren - Capitolo 3
Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io
non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Capitolo 3
Nonostante
fosse provato sia fisicamente che mentalmente, Draco si alzò
di buonora la
mattina successiva. Quando i suoi occhi focalizzarono la stanza in cui
si
trovava ebbe bisogno di qualche secondo per ricordarsi che quella era
la camera
degli ospiti di Grimmauld Place, la casa di Harry Potter.
Il biondo
sbuffò, memore di tutto quello che era successo e che
si erano detti il
giorno precedente, nonostante – per sua fortuna –
la conversazione fosse stata
molto limitata.
Io non ti odio, gli aveva
detto Potter prima di
abbandonarlo in cucina. Solo un Grifondoro poteva uscirsene con
patetiche frasi
di quel genere. Non si dice non ti odio
al proprio peggior nemico. Sempre che Potter lo considerasse tale. Per
quanto
Voldemort fosse stato il vero antagonista del moro, era lui a
considerarsi il
vero nemico del ragazzo, era lui che lo faceva disperare a scuola, era
da lui
che doveva sempre guardarsi le spalle.
Forse era
lui a darsi troppa
importanza. La verità
era che Draco Malfoy era semplicemente una spina nel fianco per Harry
Potter,
nulla di più.
Con un
gesto secco e stizzito il biondo scostò le coperte e scese
dal letto,
rabbrividendo al contatto con la pietra nuda. Avrebbe dovuto farsi
portare un
tappeto per evitare un così spiacevole contatto con la
realtà.
Si
passò
una mano sugli occhi e – dall’armadio ancora aperto
– tirò fuori un semplice
completo nero, sobrio ed elegante ma allo steso tempo comodo. Era stata
spesso
la sua informale tenuta casalinga quando ancora viveva al Manor e
trascorreva
giornate tranquille in compagnia di sua madre e, talvolta, anche di suo
padre.
Draco
prese gli abiti e, accertandosi che non ci fosse nessuno in corridoio,
andò
velocemente in bagno a cambiarsi.
Si
lavò e
si vestì con molta calma. Non aveva idea se Potter alle otto
di mattina fosse
già sveglio o cosa stesse facendo, per cui Draco decise di
seguire i propri ritmi,
magari decelerandoli di un poco, giusto
per.
Tornò
nella sua stanza, mise il pigiama su una sedia posta non troppo
distante dal
letto e, stando bene attento a dipingersi sul volto
l’espressione più snob ed
austera che possedesse, scese le scale e raggiunse la cucina.
Quando via
quando si sorprese nel vedere Potter già seduto a tavola
intento a gustarsi
uova e pancetta mentre leggeva una pagina del Corriere
del Quidditch, lasciando da parte la Gazzetta
del Profeta, che probabilmente aveva già sfogliato
distrattamente, a giudicare dall’impietoso stato in cui
versavano le pagine.
“Buongiorno…”
lo salutò Harry prima di riempiersi la bocca di una generosa
porzione di uova.
“Non
avevi detto che avremmo dovuto mangiare sempre insieme?” gli
domandò Draco perplesso,
stordito dal profumo invitante della più classica e
succulenta colazione
inglese.
“Non
sapevo a che ora ti saresti svegliato e siccome devo uscire per un
po’, avevo
optato per lasciarti un post-it” spiegò il ragazzo
mostrando al biondo un
foglietto giallo pallido.
“Un
post-che?”
“Post-it.
Sono
foglietti adesivi che principalmente i Babbani usano
per lasciarsi i messaggi se non ci sono. Scrivi qualcosa e poi li
attacchi al
frigorifero. Il più delle volte si staccano, ma solitamente
non vanno molto lontano
e abbassando lo sguardo li trovi senza troppe
difficoltà.”
Draco
alzò un sopracciglio chiaramente perplesso.
“Li
trovi
su quel ripiano accanto alla biro, tutto chiaro?”
spiegò Harry.
Il biondo
fu tentato di domandargli come avrebbero potuto funzionare delle penne
prive di
boccette d’inchiostro, ma si trattenne anche
perché Potter non gli diede il
tempo di parlare e continuò la sua spiegazione.
“Immagino
di dover rispondere di sì” rispose lui facendo una
smorfia.
Harry
sorrise e versò del the in una tazza poco distante da dove
sedeva lui.
“Penso
sia la risposta corretta”
mormorò Harry
facendogli segno di accomodarsi “Dentro queste cose
– conosciute come pentole e
padelle – c’è la colazione. Serviti
tranquillamente. Ti consiglio di provare il
pane alla pancetta di Kreacher, è squisito”
concluse il ragazzo afferrando una
borsa di tela malconcia che era appesa ad una sedia.
“Il
frigo
è quel coso lì bianco, comunque. Io ora devo
uscire, tornerò tra poco” disse
Harry raccogliendo le stoviglie e mettendole nel lavandino. A lavarle
ci
avrebbe pensato Kreacher.
“Dove
vai?”
“Commissioni
nel mondo Babbano tra cui una piccola spesa alimentare di cose che
purtroppo
non è possibile reperire a Diagon Alley. Tu hai bisogno di
qualcosa?”
“Sai
che
non ho soldi e non posso permettermi nulla.”
“Vuoi
che
ti dia una paghetta settimanale per comprarti le tue cosine?”
lo schernì Harry
prima di vedere l’espressione omicida dipingersi sul volto di
Draco “Stavo
scherzando, Draco!” lo
rimproverò il
moro chiamandolo per nome “Sei mio ospite, se ti serve
qualcosa basta che tu me
lo dica.”
“L’unica
cosa di cui avrei bisogno sarebbe tornare a vivere al Manor, ma
considerando
che tutto ciò non è possibile. No, grazie. Non ho
bisogno di nulla.”
“Ok…”
“Ok.”
“Vado,
ho
poco tempo e molte cose da fare, tornerò per
pranzo!”
“E
io
cosa faccio qua per tutto il tempo?!”
“Innanzitutto
colazione” rispose Harry fermandosi sulla porta della cucina
“Poi puoi sempre
girovagare un po’ per la casa. Diverse stanze sono chiuse a
chiave per
sicurezza, altre per scelta. Domanda a Kreacher di mostrarti la nuova
biblioteca, potresti trovarci qualcosa
d’interessante.”
Gli occhi
di Draco s’illuminarono.
“Hai
libri del nostro mondo?”
Harry
scosse la testa.
“Solo
Babbani, ma sono sicuro che saprai adattarti. Ti consiglio Il Mago di Oz, sono sicuro che ti
piacerà” rispose il moro e, con
un cenno della mano, lo salutò e sparì
nell’ingresso. Dopo due secondi Draco
sentì la porta sbattere, segno che Potter se n’era
veramente andato lasciandolo
lì con un palmo di naso.
Potter
l’aveva lasciato completamente solo senza troppe cerimonie!
Come padrone di
casa faceva davvero schifo…
Sbuffò
per l’ennesima volta in quella mattinata ma decise che poteva
anche iniziare a
mangiare.
***
Il biondo
chiuse irritato la copia di un noioso romanzo sui vampiri. La
letteratura Babbana
faceva davvero schifo. E sicuramente era quel romanzo ad essere penoso.
I
Babbani erano proprio ignoranti quando facevano della magia e delle
creature
fantastiche l’oggetto dei loro scritti.
Il biondo
aveva adocchiato poggiato su tavolino da lettura accanto alla poltrona
rossa
(quella che aveva scelto lui era verde, probabilmente Potter aveva
pensato
anche a questo… forse non faceva poi
così
schifo come ospite) la copia con la copertina sbiadita de ‘Il Mago di Oz’, ma
non avrebbe mai dato
a Potter la soddisfazione di leggerlo. Il Grifondoro doveva essere
molto
affezionato a quel libro per ridurlo in quello stato, considerando che
le
pagine erano tutte spiegazzate, ingiallite e consumate. Doveva essere
un patetico
libro per bambini Babbani che non si avvicinavano neanche per sbaglio a
quella
che era la vera magia. C’erano dei disegni sulla copertina,
ma Draco non era in
grado d distinguerli.
Il biondo
buttò distrattamente il libro che stava leggendo sul
tavolino da lettura
accanto alla sua poltrona e sbadigliò. Non poteva neanche
divertirsi a frugare
– e magari impossessarsi – delle cose di Potter.
Non senza magia, almeno, e le
chiavi per chiudere o aprire le teneva nascoste il moro da qualche
parte. Non
escludeva neppure che le avesse portate con sé, legate a
quell’enorme mazzo di
chiavi che gli aveva visto mettere nella borsa mentre usciva di casa.
Si
alzò e
provò a fare un salto in cucina ma il tono ben poco garbato
dell’elfo che gli
domandava che diavolo ci facesse lì, lo fece desistere dal
proseguire la sua
ispezione. Tornò in biblioteca e si mise alla ricerca di un
qualche titolo
interessante, lasciando perdere la patetica lettura sui vampiri su cui
si era
concentrato poco prima.
Fu una
piccola serie composta da tre libri a catturare la sua attenzione e,
mettendo
un soprammobile al posto dei volumi mancanti, li prese tutti e tre e li
portò
nella sua stanza.
Quando
Harry tornò Draco lo stava aspettando in salotto seduto su
una delle tante
poltrone verdi che Potter aveva sparso per la casa. Inizialmente aveva
pensato
che si fosse trattato di un caso, ma poi aveva notato che
più o meno in ogni
stanza – a seconda delle attività che vi
svolgevano – c’erano oggetti verdi e
rossi. Era un patetico Grifondoro, ma in quelle ore che aveva trascorso
da solo
aveva avuto tempo di notare queste piccolezze e, stranamente, Draco si
era
ritrovato ad apprezzarle, anche se non l’avrebbe mai ammesso,
nemmeno sotto
tortura.
“Kreacher!”
chiamò il moro e un sonoro crack
annunciò che l’elfo si era spostato dalla cucina
all’ingresso.
“Il
padrone ha chiamato?”
“Hai
già
cucinato?”
“Sì,
lo
stufato è pronto per essere servito, signore”
rispose l’elfo e, anche se Draco
non poteva vederlo, era certo che la creatura si fosse inchinata
davanti al
cospetto di Potter.
“Puoi
tenerlo da parte per la cena? Ho comprato qualcosa mentre ero
fuori…”
“Come
vuole il padrone” rispose l’elfo e con un secondo crack tornò in cucina.
Draco
sentì i passi del moro avvicinarsi sempre di più
a lui, finché non lo vide
comparire sull’ingresso con un sorriso soddisfatto dipinto
sul viso.
“Fame?”
domandò lui.
In
verità
Draco era vicino all’auto-digestione, ma si limitò
a rispondere che sì, quella
sarebbe anche potuta essere ora di pranzo.
“Ho
comprato il pranzo dal take-away non distante da qui, è
ancora caldo e la cola
è ancora fresca” disse Harry avvicinandosi al
tavolino davanti al camino (al
momento spento) e posando un sacchetto di plastica su di esso.
“Cos’è
un
take-away?”
“Una
specie di Paiolo Magico, solo che invece di mangiare lì,
compri il cibo e te lo
porti a casa. Ci sono cibi per tutti i gusti, ma il mio preferito
è il cinese.”
“Cinese?”
chiese Draco strabuzzando gli occhi.
“Spaghetti
di soia con verdure, riso alla cantonese, pollo alle mandorle o al
limone.
Immancabili i dolcetti della fortuna” spiegò Harry
tirando fuori degli
involucri argentati dal sacchetto “Ho preso anche le posate
perché non so come
te la cavi con le bacchette. Io queste cose preferisco mangiarle
così” continuò
a dire il moro mostrando a Draco due bastoncini di legno che avevano di
tutto,
tranne che un’aria vagamente magica.
“E
vorresti mangiare qui così, senza nemmeno i
piatti?!”
“Sì”
rispose Harry inchiodando gli occhi in quelli di Malfoy con uno sguardo
che non
ammetteva repliche.
“Ok”
poté
solo dire il biondo accettando sospettoso una cosa rossa che gli
porgeva
l’altro.
“Questa
è
Coca-Cola.”
“E
cosa
sarebbe?”
“Considerala
la Burrobirra Babbana…”
Draco non
era molto convinto di quello che gli stava offrendo Potter,
però dal canto suo
sapeva che doveva fare un piccolo sforzo. Quella sarebbe diventata la
sua vita
e non poteva cambiare le cose. E se significava accettare di buon grado
di
pranzare con un patetico Grifondoro bevendo e mangiando cibo Babbano
cucinato
da Babbani… avrebbe fatto lo sforzo.
L’anno
appena passato l’aveva costretto a rivedere le sue
priorità e le proprie
convinzioni, comprendendo che molto di quello che gli era stato
insegnato era
stato ciò che li aveva visti diventare i perderti di una
guerra senza né capo
né coda. E ora a lui, sopravvissuto e scagionato, toccava
pagarne le
conseguenze, abbassando il capo e facendo penitenza, sopportando la
convivenza
con la sua nemesi. Era bello pensare a Potter come la propria Nemesi,
riusciva
a dare un’aria più aulica alla loro inimicizia,
rendendola meno patetica di
quanto in realtà non fosse.
“Hai…”
provò a dire Draco “Hai fatto le tue
commissioni?”
Harry
smise di masticare e lo guardò quasi fosse stato posseduto.
“Sto
cercando di fare una vaga conversazione civile, non guardarmi come se
mi
fossero spuntate corna da alce sulla testa!” lo
rimbeccò Draco “Non ho alcun
tipo di corna, vero?”
Harry
rise e scosse la testa.
“Niente
corna e, sì, ho fatto quello che dovevo fare. Certo,
spendere soldi non è mai
piacevole, ma è una cosa che desideravo da anni!”
“Potter,
se volevi essere ambiguo ci sei riuscito
benissimo…” sbottò Draco infilzando in
bocconcino di pollo. Non che fosse entusiasta dell’idea di
dirlo a Potter, ma
quello che stava mangiando era abbastanza di suo gusto.
“Al
compimento dei diciassette anni* nel mondo Babbano – anche se
non sei
ufficialmente maggiorenne - puoi guidare un’automobile. Sono
sicuro che le hai
viste almeno una volta in vita tua, sono quelle scatolette di latta con
quattro
ruote che vanno in giro per le strade di Londra senza essere trainate
da
cavalli alcuni. O Thestrals, nel caso delle carrozze di
Hogwarts.”
“Sai
Potter, per quanto ignorante e tagliato fuori dal mondo Babbano, certe
cose
credo di conoscerle” disse irritato lui quando in
realtà non è che avesse avuto
ben chiaro fino a quel momento cosa fossero realmente le autonobili
“Quello che non capisco è cosa te ne
faccia…”
Harry
arricciò le labbra.
“Ehm…
andare in giro?”
“Non
hai
ancora passato l’esame per Smaterializzarti?”
Il moro
si morse nervosamente le labbra.
“Non
mi
piace smaterializzarmi, ho avuto una brutta esperienza –
anche se indiretta –
quando Ron si è spaccato lo scorso anno.”
“Passaporte?”
“Altra
brutta esperienza nel labirinto alla fine del Torneo Tremaghi. La coppa
era una
Passaporta, Voldemort è risorto e Diggory è
morto.”
“Metropolvere?”
“La
prima
volta che l’ho usata ho sbagliato e sono finito a Nocturne
Alley dove c’era tuo
padre che stava rivendendo oggetti sospetti da Magie
Sinister.”
“Merlino,
Potter! Sei assolutamente incapace di viaggiare nel mondo
magico!”
“Mi
piace
volare, ma muoversi per Londra a bordo di un manico di scopa
è un po’ scomodo.
O metropolitana o automobile, non appena riuscirò a prendere
la patente.”
“Cosa
te
ne fai della patente nel Mondo Magico?”
Il moro
sospirò
e si curò di non guardare Draco mentre rispondeva.
“Può
sempre tornarmi utile.”
“Perché
anche se non hai ancora diciotto anni, com-”
“Sai
quand’è il mio compleanno?!”
domandò Harry basito, lasciando cadere le
bacchette nella vaschetta degli spaghetti di soia.
“Tutti
sanno quand’è il compleanno di Harry Potter. Ho
sentito parlare di te per dieci
anni prima di conoscerti.”
Harry
scosse la testa, ancora adesso la cosa lo straniva sempre sapere quanto
gli
altri sapessero di lui, quando lui per quei dieci anni delle sue
origini e del
suo passato non aveva saputo praticamente nulla. Aprì la
confezione con l’altra
porzione di pollo, ma constatò con disappunto che questo si
era raffreddato.
“Kreacher”
chiamò Harry e l’elfo apparve in un istante
davanti a lui.
“Padrone…”
disse l’elfo con un inchino.
“Puoi
riscaldare questo?” gli domandò il moro
porgendogli la vaschetta d’alluminio..
L’elfo
–
con uno schiocco delle dita – fece quanto gli era stato
chiesto prima di
sparire e tornare ad occuparsi delle sue faccende.
“Perché
non l’hai fatto tu?” gli domandò Draco.
“Non
avevo a portata di mano la bacchetta” rispose prontamente
Harry.
“Potevi
andarla a prendere…”
“Se
hai
un cane non ti riporti il bastone da solo…”
mormorò il moro concentrandosi sul
pollo finalmente caldo e Draco fece lo stesso con la sua porzione di
cibo.**
“Che
frase così poco da Grifondoro” lo
schernì Draco ed Harry si limitò a scrollare
le spalle, indifferente.
Al biondo
però non sfuggì il lieve sospiro –
vagamente affranto - che poco dopo Harry soffocò
nella lattina di Cola.
***
Era un
mese che Draco viveva a Grimmauld Place e da quando era arrivato non
era uscito
di casa neanche una volta. Non che Potter non glielo avesse proposto,
ma lui
aveva sempre declinato. In realtà avrebbe fortemente voluto
uscire, ma temeva
il momento in cui avrebbe rimesso piede a Diagon Alley. Quello non era
il suo
posto, non al momento, almeno. Per quanto fosse stato scagionato da
tutte le
accuse (e dovere la sua libertà vigilata a Potter era una
delle cose che più lo
feriva nell’orgoglio) sapeva che di certo il suo nome non
avrebbe più avuto
alcuna influenza su nessuno. Cosa se ne faceva la gente del nome
Malfoy, quando
oramai l’unico valore che avevano quelle lettere era stato
aver
involontariamente prestato ad Harry Potter la bacchetta con cui aveva
sconfitto
Voldemort. Nulla di più. Il suo biancospino era stato
sequestrato, sigillato e
consegnato al suo custode. Il Grifondoro non pareva minimamente
preoccupato
dall’idea che Draco potesse trovare la sua bacchetta: era
come un cavaliere
senza spada, incapace di difendersi, incapace di attaccare. Il mese del
suo
processo (Potter aveva insistito affinché lo processassero
subito e Draco
gliene era stato molto grato) non era stato particolarmente difficile,
considerando che l’aveva trascorso nelle sue stanze al Manor
e con gli elfi a
servirlo, la magia non gli era servita poi così tanto.
A Grimmauld
Place le cose non erano andate molto diversamente: Kreacher lo serviva
e
Potter… beh, Potter faceva quello che gli pareva. Facevano
colazione, passavano
il tempo in biblioteca o nelle loro camere e il pomeriggio Potter
usciva. Da
quel che aveva capito, tre volte a settimana andava a scuola per
imparare a
guidare le autonobili, mentre gli
altri giorni… gli andava semplicemente di uscire.
Draco
apprezzava molto quando il moro tornava a casa con il cibo Babbano che
acquistava
ai take-away. Ne avevano provati di diversi, da una strana cosa di
carne
chiamata kebab che però
si era
rivelata troppo speziata per il suo fine e nobile palato inglese,
passando per
l’esotico sushi (ma anche lì Draco aveva
declinato: il pesce crudo lo
disgustava) all’indiano. Ma alla fine il palato del
Serpeverde era stato
catturato dal cibo cinese che Harry gli aveva portato a casa il suo
secondo
giorno di permanenza a Grimmauld Place. Quel pranzo aveva in qualche
modo
sancito una sorta di resa – soprattutto da parte sua
– nei confronti del moro.
“Posso
mandare Sarpedon in Francia con una lettera per mia madre?”
chiese Draco un
venerdì pomeriggio, giorno in cui solitamente passavano
tutto il tempo a casa e
di rado Harry usciva.
“Non
vedo
perché no…” rispose il ragazzo alzando
gli occhi dal Times. Una cosa che
gli piaceva fare era leggere sia la stampa
magica che quella Babbana e – a detta del moro – il
Times era l’unico giornale
che facesse il suo lavoro e non fosse
una semplice raccolta di gossip.
“Sai,
complotti da Mangiamorte.”
“Gli
Auror francesi sanno perfettamente dove si trova tua madre,
intercetteranno
sicuramente il tuo gufo e si assicureranno che sia la lettera del
figlio a cui
manca la sua famiglia. Se così non fosse la lettera
sarà opportunamente
distrutta” rispose Harry quasi totalmente privo di tono. La
guerra l’aveva
cambiato e per quanto non avesse perso il suo spirito da buon
Grifondoro, la
freddezza e l’apatia di certi suoi commenti e risposte
riuscivano a
terrorizzarlo. Ma in fondo la guerra aveva cambiato anche
lui… se gli avessero
detto che sarebbe riuscito a convivere – per quanto fosse una
convivenza
alquanto fredda – con Harry Potter, si sarebbe messo a ridere
in faccia a
chiunque avesse osato predire qualcosa di così apocalittico
per il suo futuro.
“Non
ho
intenzione di tramare alle tue spalle, voglio soltanto farle sapere che
sto
bene, più o meno.”
“Deve
mancarti molto” constatò il moro.
“Ovviamente.
Ma ti posso assicurare che, pur essendo cresciuto con una madre, non ho
ricevuto tutte le attenzioni o l’affetto che possono aver
ricevuto i Weasley.”
“Che
intendi dire?”
“Che
noi
Malfoy siamo nobili e questo fa sì che dobbiamo rispettare
un’etichetta, che ci
piaccia o meno.”
“E
l’etichetta dice anche che le madri non devo amare i propri
figli?”
“Mia
madre mi ama a sufficienza, e l’ha anche pienamente
dimostrato.”
“Mentire
a Voldemort per salvarti è stata un’azione molto
Grifondoro…”
“Non
insultare mia madre, Potter!”
Harry
sbuffò ma sorrise divertito.
“Manda
pure il gufo a tua madre.”
“Stasera
le scriverò allora” disse Draco mentre Harry
annuiva.
“Bene!”
fece allora il moro “Direi che allora possiamo
uscire!”
“Possiamo?”
“Non
ti
va di mettere il naso fuori di casa?”
“Non
sono
il benvenuto…”
“Ma
nella
Londra Babbana nessuno sa chi sei e ora ti sei fatto una cultura
sufficiente
per sopportare un giro a Candem e un salutare pranzo da
McDonald’s…” disse
Harry squadrandolo da capo a piedi “Prima però
è meglio se facciamo sistemare
da Kreacher alcuni dei miei vestiti, ho idea che – per quanto
le stranezze
siano ben accette – le vesti da mago siano un po’
eccessive.”
“Non
mi
metterò i tuoi vestiti Potter!”
“Oh,
sì
che lo farai” rispose Harry afferrandolo per un braccio e
trascinandolo fino in
camera sua, dove chiamò Kreacher, affinché
l’elfo – una volta individuati dei
jeans e una semplice t-shirt – li adattasse a Draco.
“Non
sono
mai stato bravo con gli incantesimi casalinghi” si
giustificò il moro.
L’altro
sbuffò mentre l’elfo prendeva le sue misure con la
magia. La stanza di Potter
era esattamente come aveva immaginato che fosse: identica alla sua, con
l’unica
differenza che tende, lenzuola, cuscini e poltrone erano rossi, gli
inserti dei
mobili invece dorati (a differenza dei suoi che erano argento). Quella
era
indubbiamente la camera di un Grifondoro e la cosa lo fece
rabbrividire. A casa
sua il rosso e l’oro erano colori che, accostati, erano
praticamente proibiti e
ritrovarsi circondato da queste tonalità lo mise quasi a
disagio.
Con un
semplice schiocco di dita, il biondo vide i vestiti di Potter
trasformarsi e
cambiare dimensione, prima che Kreacher, a seguito di un inchino, si
congedasse.
“Perfetti!”
gli disse Harry mettendogli tra le braccia un paio di scarpe da tennis,
dei
jeans blu con un taglio sul ginocchio e una maglietta nera. Con un
sorriso
d’incoraggiamento gli indicò la porta, invitandolo
cortesemente a lasciare la
stanza.
“Usciamo
tra venti minuti”
Draco
annuì anche se ai suoi occhi non sfuggì il fatto
che la Firebolt del moro fosse
attaccata al muro e coperta di polvere.
Note
dell’autrice:
* In
Inghilterra i ragazzi possono
guidare dal compimento dei diciassette anni d’età.
Fonte Wikipedia.co.uk.
** Questa
battuta la pronuncia Arthur nella puntata 1x10 di Merlin
Questo
capitolo ha finalmente visto la luce - dopo mesi e mesi di pausa dai
primi due - grazie al pensiero del pane alla pancetta.
Scritto non so quando, a luglio 2010 probabilmente, a 11 mesi
dall’ideazione
della storia. Questo mi convince sempre di più che
è cosa buona e giusta - almeno per la sottoscritta - avere
quasi tutta la storia finita prima di pubblicare, onde evitare blocchi
come questi XD
Come al solito un grande grazie a Meg per il betaggio <3
RINGRAZIAMENTI - IMPORTANTE!
Le risposte ai bellissimi commenti che mi avete lasciato al capitolo
precedente le trovate direttamente nella pagina del commento, grazie
alla funzione da poco inserita nel sito e che spero rimanga, data
l'immensa comodità anche per poter rispondere velocemente e
a
mente fresca =)
Grazie
mille a tutti quelli che hanno commentato e alle 14 persone che hanno
inserito questa storia tra le seguite <3
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Alles Verloren - Capitolo 4
Mi
scuso per il ritardo, ma ho avuto una settimana di esami/parziali/prove
in itinere all'università e ho dovuto rimandare
l'aggiornamento.
Per
il prossimo non dovrete aspettare a lungo, promesso =)
Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Capitolo 4
“C’è
una
cosa che non mi spiego” esordì Draco un sabato a
mezzogiorno mentre stava
pranzando insieme ad Harry in salotto, come facevano da che il
Serpeverde era
arrivato a Grimmauld Place.
“Cosa?”
replicò Harry afferrando una fetta di pizza dal cartone che
aveva posato sul
tavolo da caffè.
“Come
riesci a non essere tempestato da gufi ad ogni ora del giorno e della
notte o
non passare tutto il tuo tempo al Ministero, assediato dai
giornalisti?”
Per un
secondo Malfoy giurò di aver visto un lampo di terrore negli
occhi di Harry.
Il
Grifondoro deglutì e osservò attentamente
l’altro ragazzo, quasi stesse
cercando le parole giuste da rivolgere al suo interlocutore.
“Ho
fatto
degli accordi con Kingsley” spiegò “Un
pomeriggio alla settimana lo passo al Ministero
tra giornalisti e tutto il resto. Il resto del tempo lo posso gestire a
modo
mio. Kingsley ha anche vietato l’utilizzo di qualunque
Incantesimo Tracciante
su di me. Non che qualcuno non ci provi, ma non hanno molto successo.
Ho
imparato a nascondermi.”
“Come
avresti fatto?”
Harry
alzò le spalle e sorrise.
“Dopo
aver passato l’ultimo anno errando per i boschi della Gran
Bretagna
nascondendomi dai Ghermidori, ho imparato molto da Hermione.”
Draco
annuì, per quanto strano gli sembrasse. Non che la cosa lo
interessasse
realmente (o per lo meno, non più di tanto) però
considerando tutto il tempo
libero che aveva, gli capitava di ritrovarsi a riflettere sulle cose
più
assurde.
“E
la mia
magia?”
“E’
al
sicuro anche la tua. Potrebbero incontrarci solo per caso, ma nessun
mago
potrebbe localizzarci mentre giriamo per la Londra Babbana.”
“Hai
protetto anche me dagli Incantesimi traccianti?!”
domandò stupito Draco.
“Certo
che l’ho fatto! Altrimenti ogni volta che metti il naso fuori
di casa
troverebbero subito anche me.”
“Credi
che siano in molti a volere la mia testa?”
Harry
scosse la testa. Sapeva che in fondo il Mondo Magico non poteva
avercela troppo
con Draco, però aveva preferito che Kingsley proteggesse il
biondo. In caso di
pericolo, sarebbe stato difficile aiutarlo. Il rischio più
grande per Harry era
essere inseguito da qualche mago eccessivamente riconoscente (le tracce
del
male nel Mondo Magico erano quasi del tutto scomparse) e quindi si
sarebbe
facilmente potuto confondere tra la folla. Ma per Draco sarebbe stato
più
difficile e siccome – essendo già il Serpeverde un
mezzo prigioniero – non
voleva che qualcuno disturbasse la quiete delle ore d’aria
che riusciva a
concedergli.
“Sai
Potter, sono indeciso tra il cinese e l’italiano”
disse il biondo cambiando
discorso e riscuotendo Harry dai suoi pensieri. Il biondo sapeva
perfettamente
che ricordare l’anno appena trascorso non piaceva
né a lui né al Grifondoro. Le
domande che avrebbe voluto porgli le avrebbe tenute per sé.
Non era necessario
discuterne in quel momento, anzi. Forse non sarebbe servito discuterne
affatto.
“Io
voto
per l’italiano,” rispose il moro,
“Andiamo, a chi non piace la pizza? Credo che
sia la cosa universalmente più amata. I maghi italiani hanno
una fortuna non
indifferente…”
“Non
mi
piacciono. I maghi italiani intendo. Troppo confusionari e
zoticoni.”
“Hai
troppi pregiudizi” lo rimproverò Harry.
“Giusto,
voi Grifondoro siete zotici quanto gli italiani.”
“Hey!
E
voi Serpeverde cosa sareste, sentiamo?! Gli inglesi sono
esclusi.”
Draco parve
rifletterci mentre masticava lentamente un piccolo morso della sua
fetta di
pizza chiedendosi intanto da dove fosse nato quello strano gioco,
però la cosa
sembrava divertente.
“Francesi”
asserì il biondo deciso “Nobili, d’elite
e un po’ con la puzza sotto al naso.”
“Assolutamente
d’accordo. I Corvonero invece? Spagnoli?”
“Sia
mai!” replicò Draco “I Corvonero sono i
tedeschi. La Germania è la culla della
cultura, della musica e della filosofia e per dei cervelloni come i
Corvonero
non c’è nazione più calzante!”
Harry
alzò le spalle. Aveva completamente rimosso tutto
ciò che aveva studiato prima
di essere ammesso ad Hogwarts. Lui non era come Hermione, le nozioni a
lui non
necessarie venivano automaticamente eliminate dal suo cervello.
“E
i
Tassorosso?” domandò il moro osservando
l’altro ragazzo.
I due si
scrutarono per un istante prima di asserire con un ghigno ‘Gli irlandesi!’*
Sì,
forse
per quanto Draco non amasse dividere la casa con Harry Potter, pian
piano stava
imparando a farci l’abitudine.
***
“Venerdì
è il mio compleanno” disse Harry una domenica
mattina a colazione
“Auguri.”
“Grazie,
ma non era questo lo scopo.”
“Non
posso farti regali, non ho soldi e mai te ne chiederei per comprarti
qualcosa.”
“Squisito
come sempre. Ad ogni modo, te lo sto dicendo perché volevo
festeggiare
invitando a cena da noi Ron ed Hermione.”
“…
da
noi?” chiese perplesso Draco, inorridendo leggermente per
quel pronome.
“Beh,
intendevo qui. E siccome qui ci viviamo entrambi… Per te va
bene?”
“E’
casa
tua, Potter.”
“Nostra,
direi.”
Draco
storse il naso.
“Ok,
è
casa mia” si corresse Harry comprendendo da cosa derivasse
l’espressione
vagamente disgustata del biondo “Però ci vivi
anche tu, e se non ti va di
vedere i miei amici, posso andare fuori con loro.”
Il
Serpeverde scosse la testa.
“Io
resterò tranquillo in camera mia, facendo come se non
esistessi.”
Harry lo
guardò terrorizzato per un istante prima di abbassare lo
sguardo.
“Che
ti
prende, Potter?”
“Harry,
il mio nome è Harry razza d’idiota”
rispose il moro mordendosi nervosamente il
labbro inferiore.
“Ok,
ok…
cosa ti prende, Harry?!”
“Nient-”
“Non
ci
provare” sibilò il biondo.
“Quando
mio zio aveva ospiti a casa dovevo sempre fingere di non esistere. Non
è mai
una bella cosa.”
Draco
sbuffò.
“Sono
io
a decidere, falli venire qua” asserì lui
stupendosi di se stesso e della sua
accondiscendenza.
Harry
sorrise sinceramente mimando un grazie con le labbra. Non lo disse, ma
Draco lo
lesse chiaramente e chinò il capo in segno di gentilezza,
come gli era stato
insegnato da piccolo.
“Ho
voglia di uscire” mormorò poi il moro.
E
l’altro
fu ben felice di seguirlo.
***
Draco non
poteva credere alle assurdità che Potter aveva acquistato.
Erano
andati in un negozio di elettronica,
così l’aveva definito il Grifondoro, ed erano
tornati con un sacco di scatole,
anche parecchio pesanti.
Il moro
aveva giustificato gli acquisti come oggetti utili a combattere la
noia, ma
Draco non riusciva assolutamente a capirne il funzionamento.
“Non
mi
hai spiegato a che cosa servono!” piagnucolò il
Serpeverde.
Harry
rise divertito.
“Non
potevo farlo, la gente si sarebbe posta troppe domande.”
“Perché?”
“Perché
non crederebbero mai che un ragazzo di diciotto anni ignori
l’esistenza di uno
stereo” spiegò Harry prendendo uno scatolone che
aveva posato in terra.
“Questo
è
l’ultimo modello. Riesce anche a leggere i CD, dei dischi con
su la musica… li
avete anche voi nel Mondo Magico, no?”**
Draco
annuì.
“Sì,
li
abbiamo anche noi” mormorò il biondo non capendo
perché Harry si fosse in
qualche modo escluso con quel ‘voi’.
“Questo
fa esattamente la stessa cosa.”
“Come
può
funzionare in una casa piena di magia?” chiese Draco.
“Diciamo
che mi sono fatto aiutare dal signor Weasley ad installare alcuni
collegamenti
elettrici che mi permettono di far funzionare questi cosi. Deve anche
aver
fatto un qualche incantesimo per non fare entrare in conflitto le due
fonti
d’energia.”
“Ingegnoso.
Non pensavo che il capo dei pezz- il signor Weasley” si
corresse Draco venendo
fulminato dallo sguardo del Grifondoro “fosse così
sveglio.”
“Ti
stupiresti di quanto” rispose Harry acidamente.
Passarono
il resto del pomeriggio e della serata – interrotti solo
dalla cena – a
sistemare i vari oggetti che erano entrati a far parte
dell’arredamento di Grimmauld
Place. Nonostante la diffidenza iniziale, Draco apprezzò lo
stereo, ma quello
che lo stupì e colpì maggiormente fu il
televisore. L’idea che qualcuno potesse
raccontare storie, parlare e fare cose strane che esattamente non
capiva cosa
fossero, come insegnare a cucinare, avevano il loro fascino.
Harry
aveva voluto piazzare lo stereo nella sua stanza per fargli compagnia,
mentre
il televisore e il videoregistratore erano stati messi in salotto, dopo
aver
rimosso il ripiano di una libreria mezza vuota si era rivelata perfetta
per
ospitare i due oggetti.
Il moro
aveva mostrato a Draco come si poteva utilizzare il tutto per dargli un
qualcosa che gli facesse compagnia quando lui non c’era o
aveva voglia di fare
altro. Gli fece presente che al momento le videocassette in suo
possesso erano
poche – e composte solo da due cartoni animati (delle storie
raccontate senza
persone ma con dei disegni) di Walt Disney – ma che avrebbe
provveduto a
comprarne delle altre.
Notarono
che ogni tanto l’immagine tendeva a saltare o ad
accartocciarsi su se stessa,
ma la cosa era facilmente imputabile all’energia magica
presente in casa.
“Grazie
Potter” mormorò Malfoy quando decisero che avevano
giocato a sufficienza con il
televisore.
“Di
nulla. Ah! Ho una cosa per te” disse il moro prima di
congedarsi.
“E
sarebbe?”
chiese il Serpeverde tradendo una curiosità non indifferente
dai suoi occhi.
Harry
sorrise e gli allungò un sacchetto di HMV.***
Draco
aprì velocemente il sacchetto e scartò
l’involucro che conteneva la sorpresa di
Harry. Quando il libro – di bella edizione, con la copertina
rigida e i colori
vivaci – fecero la comparsa davanti ai suoi occhi, lui non
poté trattenersi dal
fare una smorfia.
“Non
lo
leggerò mai Potter” sibilò il biondo.
“Invece
so che lo farai” ghignò Harry salutandolo e
lasciandolo lì Draco con la sua
copia personale – fresca di stampa – de ‘Il
mago di Oz’.
***
Quando
Draco si svegliò quel venerdì mattina, Harry non
era in casa. Scese a far
colazione e mentre prendeva il latte vide un post-it firmato dal
ragazzo che lo
avvisava che sarebbe tornato entro l’una. Il biondo
controllò l’orologio
(semplice e Babbano munito di sole tre lancette) appeso su una parete e
constatò che erano solo le nove. Evidentemente quella
giornata sarebbe stato
destinato a passarla da solo. Odiava rimanere da solo in casa, ma aveva
imparato a chiudersi in camera sua mentre Oz ogni tanto si fiondava in
cucina
gracchiando fastidiosamente nella speranza che Harry prendesse la
lettera che
l’animale aveva in consegna. E quel giorno sarebbe stato
peggio. Non aveva idea
di quanti gufi potessero trovarlo, ma erano comunque troppi
probabilmente, e il
ragazzo non aveva voglia di fare colazione circondato da uccellacci del
malaugurio. Così, dopo aver recuperato un vassoio, vi
posò sopra una teiera, una
tazza, il bricco per il latte e un piattino con quattro piccoli muffin
che
aveva preparato Kreacher durante la notte.
Salì
fino
alla sua stanza e posò il tutto sulla scrivania guardandosi
intorno e
rendendosi conto che non aveva la benché minima idea di cosa
fare. Notò con
disappunto che la saga dei libri dei
draghi – che per altro non è che avesse
amato poi così tanto – l’aveva
già
riportata in biblioteca e che l’unico volume disponibile era
quella maledetta
copia del libro così tanto amato da Potter. Storse il naso
ma decise di
provare. Non si fidava minimamente del gusto del Grifondoro, ma il
fatto che il
protagonista – almeno all’apparenza - fosse un mago
– lo convinse a provare. E
i titoli della biblioteca di Potter facevano schifo, quindi quella
pareva
l’alternativa migliore. Così, tra una tazza di the
velata di latte e un muffin,
Draco iniziò a percorrere il sentiero di mattoni gialli
senza riuscire a
staccare gli occhi da quelle pagine, deciso a non far sapere nulla ad
Harry. Si
sarebbe morso la lingua piuttosto che ammettere che alla fine aveva
ceduto.
Fu solo
all’una – e quando Draco era oramai ad un terzo del
libro – che il Grifondoro
fece ritorno a casa chiamando il suo coinquilino in salotto.
Il biondo
sbuffò e, prendendo il vassoio su cui c’erano
oramai solamente le stoviglie da
lui usate per fare colazione, scese al piano inferiore. Con calma mise
gli
oggetti nel lavandino (ovviamente li avrebbe lavati Kreacher, lui non
si
sarebbe mai abbassato a tanto, anzi!, aveva già fatto fin
troppo per una persona
del suo rango) e raggiunse Harry in salotto.
“Che
vuoi
Potter?”
“Ce
l’ho
fatta!” disse l’altro mettendogli sotto il naso una
tessera rosa con la sua
faccia sopra.
“Cosa
sarebbe?”
“La
patente! Ora posso tranquillamente guidare
un’automobile!”
“Quand’è
che te l’hanno data?”
“Questa
mattina ho fatto l’esame. Avevo superato lo scritto la
settimana scorsa e
adesso sono finalmente abilitato alla guida.”
“Ma
non
hai l’autonobile”
constatò Draco con
un ghigno.
“Ancora
per poco! Il signor Fitch, il proprietario di quel negozio di
alimentari che
ogni tanto ai visto all’angolo della via dove viviamo, sapeva
che volevo
prendere la patente e mi ha detto che se fossi stato interessato, era
disposto
a vendermi la sua vecchia utilitaria per cinquecento sterline
più le duecentocinquanta
per il trapasso di proprietà. Siccome è un
po’ difficile spiegare alla
motorizzazione – il luogo in cui vengono registrate le
proprietà
automobilistiche – perché non ci sia traccia della
mia casa, gli ho detto che
l’avrei pagato mille sterline per tenerla intestata a
sé. Ovviamente poi
pagherò io l’assicurazione o le multe che spero di
non prendere” disse Harry
quasi tutto d’un fiato, ricordandosi molto Hermione quando
doveva ripetere una
lezione.
“Molto
Serpeverde da parte tua, Potter” constatò Draco.
“Grazie
per il complimento.”
“Lo
era!”
Harry gli
sorrise.
“Lo
so.”
***
Draco non
era del tutto certo di voler sapere quello che accadde in cucina nelle
ore
pomeridiane.
Potter
sembrava essere stato colpito da un Incantesimo Rallegrante: forse era
stato
l’entusiasmo per poter finalmente guidare, o forse
semplicemente per il fatto
che fosse il suo compleanno, ma tutta quella felicità
tendeva a dargli sui
nervi.
Draco
cercò
d’ignorare la voce fastidiosa del Grifondoro che canticchiava
motivetti
palesemente Babbani e a lui ovviamente sconosciuti.
L’odore
di cibo che pian piano raggiungeva il piano superiore gli metteva
sempre di più
l’acquolina in bocca ma, deciso a mostrarsi freddo ed
impassibile, ignorò i
morsi della fame e proseguì la lettura di quel libro che
– seppur con suo
grande rammarico – l’aveva conquistato.
C’era
qualcosa d’indescrivibile nel leggere un libro per bambini
capace di
affascinare anche le persona più scettiche come lui. Non
riusciva a capacitarsi
di come una bambina col suo cane, un omino di latta, un leone fifone
– e qui
non poteva fare a meno di ridere per le somiglianze con Paciock
– e uno
spaventapasseri apparentemente idiota fossero riusciti a trasportarlo
ed
appassionarlo a un qualcosa che aveva così tanto disprezzato
e che avrebbe continuato
a disprezzare, se la noia non avesse avuto la meglio su di lui.
Nel
momento in cui il mago imbroglione riuscì a lasciare il
paese a bordo della sua
mongolfiera, qualcuno bussò alla porta. Il biondo nascose
velocemente il libro
sotto il cuscino e sdraiandosi con l’aria di uno che aveva
passato con gioia il
pomeriggio a non far nulla, diede il permesso a Potter o Kreacher di
entrare,
strascicando se possibile ancor di più la sua voce.
La chioma
incolta del Grifondoro fece la sua comparsa e Draco notò che
reggeva tra le
mani un vassoio.
“Ti
ho
portato la cena” disse Harry posando il tutto sulla scrivania
“Tra dieci minuti
arriveranno Ron ed Hermione e ho pensato – visto che non vuoi
mangiare con noi
– che la cena in camera ti avrebbe fatto piacere.”
“E’
bello
vederti nei panni di un elfo domestico, Potter” lo
schernì Draco alzandosi dal
letto e avvicinandosi al moro “Avresti fatto
carriera.”
L’occhiata
di Harry fu abbastanza eloquente e il profumo troppo invitante
perché Draco
perdesse altro tempo ad insultare il ragazzo.
“Cos’è?”
si ritrovò invece a domandare il biondo indicando il piatto
coperto da uno
spesso coperchio.
“Steak
pie con patate. Dolci non ne ho fatti perché la torta la
porterà Hermione”
spiegò il moro rabbrividendo all’idea
“Ma siccome la conosco ho fatto preparare
a Kreacher dei biscotti d’emergenza. C’è
un incantesimo riscaldante sulle
pietanze, potrai mangiarle quando vorrai. E il succo di zucca invece
è freddo”
concluse Harry arricciando le labbra.
Draco
annuì e prima che Harry se ne andasse mormorò un
flebile grazie che però il
moro riuscì comunque ad udire e questo, con un sorriso, si
chiuse la porta alle
spalle lasciando il Serpeverde da solo con i suoi pensieri. E un libro da finire.
***
I Babbani
facevano veramente ridere quando nei loro racconti descrivevano la
magia, si
ritrovò a pensare Draco finendo di masticare un biscotto
mentre terminava
l’ultima pagina de Il Mago di Oz.
Non
poteva certo dire che il libro gli fosse piaciuto; sicuramente era
avvincente e
ben scritto, ma l’unica cosa che aveva guadagnato da esso era
sentirsi
ribollire il sangue nelle vene e la sua magia implorare di uscire.
Leggere di
quel patetico mago – così rinominato per puro
diletto – del tutto privo di
magia l’aveva frustrato. Lui in quel momento era un mago
pieno di magia
repressa ma non aveva modo di utilizzarla. La sua bacchetta era nelle
mani di
Potter e non aveva idea di dove il ragazzo la custodisse. Non poteva
fare nulla
per cercarla perché era solo attraverso di lei che la sua
magia poteva venir
sprigionata.
Posò
il
libro sulla scrivania – controllando che i segni della
lettura non fossero
troppo visibili – e bevve l’ultimo sorso di the che
aveva nella tazza. La
teiera era piuttosto grande e sarebbe riuscito a farsela bastare per il
resto
della serata.
Dal piano
inferiore provenivano le risate, le voci e gli schiamazzi del magnifico
trio,
ma il biondo stava facendo di tutto per ignorare la loro presenza.
Concentrarsi
sulla lettura era stato d’aiuto, ma a libro ultimato le
alternative erano
poche. Così decise che, anche se erano solo le dieci e un
quarto di sera,
sarebbe andato a dormire nella speranza che il giorno successivo
arrivasse
velocemente, senza Donnole e Mezzosangue tra i piedi.
Si
alzò
dalla sedia stiracchiandosi leggermente ed uscì dalla
stanza, raggiungendo il
bagno, uscendone solo una mezzora dopo.
“Hai
fatto qualche incantesimo?”
Draco
venne colpito dalla voce di Weasley che celava un vago timore. La
risposa di
Potter non gli pervenne, ma il commento della Granger fu sufficiente.
“Dovresti
farlo amico. In fondo è Malfoy, è vincolato a te.
Non direbbe nulla a nessuno.”
“Ho
detto
di no!”
Questa
volta la risposta di Harry giunse forte e chiara alle orecchie del
Serpeverde
che sentì salire un moto di rabbia improvviso.
I
Grifondoro erano più viscidi dei Serpeverde. Il fatto che
lui fosse vincolato a
Potter in qualche modo avrebbe giustificato la sua
impossibilità di svelare al
Mondo Magico eventuali incantesimi che il moro avrebbe fatto su di lui?
Se
l’avesse costretto a stringere un Voto Infrangibile nessuno
sarebbe venuto a
conoscenza della loro meschinità. Potter non voleva fare
nulla, ma questo lo
fece sentire anche più debole perché lui sarebbe
stato totalmente incapace di
difendersi da qualunque attacco, se non sperando in qualche scatto di
magia
involontaria. E questo Draco non poteva accettarlo.
Tornò
in
camera infuriato sbattendo la porta, non curandosi del fatto che il
magnifico
trio potesse farsi qualche domanda. I due pezzenti sapevano
perfettamente che
lui viveva lì.
A quel
punto i suoi buoni propositi di abbandonarsi al sonno scemarono. La
rabbia di
sicuro non gli avrebbe permesso di dormire.
Gliel’avrebbe
fatta pagare a Potter.
Non
appena Weasley e la Granger se ne fossero andati, però.
Lui era
da solo. E senza bacchetta.
***
“Lo
fai
perché sei in Grifondoro, vero?”
domandò Draco raggiungendo Harry in salotto
dove stava radunando i bicchieri e i piatti che avevano usato lui, Ron
ed
Hermione durante le ore passate a chiacchierare davanti al fuoco freddo
evocato
dalla ragazza. Data la stagione, accendere il camino non era
necessario, ma ai
tre era sempre piaciuto chiacchierare davanti al fuoco e
così, per restare
fedeli alla tradizione, Hermione aveva mormorato un semplice
incantesimo e un
fuoco freddo, che non necessitava di nulla per ardere, era sgorgato
dalla sua
bacchetta.
“Cosa?”
chiese il moro smettendo di canticchiare un motivetto sconosciuto.
“Ho
sentito quello che hai detto ai tuoi amici.”
Harry
smise di raccogliere gli oggetti e si voltò verso Draco.
“Cosa
vorresti dire?”
“Sei
tu
che mi devi delle spiegazioni Potter. Ho sentito per caso quello che
stavate
dicendo. Non hai ancora fatto un incantesimo da che io sono arrivato.
Non ti ho
mai visto con la bacchetta in mano! Mi credi tanto cretino?!”
Il
Grifondoro deglutì spaventato.
“Pensi
che non possa sopportare l’idea di Harry Potter che usi la
magia quando il
povero Draco Malfoy è segregato in questa casa senza la sua
bacchetta che è
custodita nelle stanze dell’Eroe del Mondo Magico! Pensi che
leggere quel tuo
maledetto libro in cui un mago riesce a fare tutto senza avere un
briciolo di
magia mi consoli?!”
Con
grande sorpresa del Serpeverde, il moro iniziò a ridere. Una
risata nervosa che
non aveva nulla di realmente divertito.
“Tu-tu
sei davvero un idiota Malfoy!” balbettò il ragazzo
non riuscendo a frenare quel
riso isterico.
“Sei
un
codardo Potter! Potrei benissimo difendermi anche se mi
attaccassi.”
“E
come?!
Con una bacchetta del ristorante cinese?!”****
Draco, a
quelle parole, reagì d’istinto e
afferrò Harry per la maglia e lo spinse a
terra, iniziando a colpirlo in malo modo mentre questo reagiva con
altrettanta
feroce incoerenza.
Era una
rabbia repressa, un odio fino a quel momento taciuto e che entrambi
avevano
cercato di soffocare e che prendeva il sopravvento sulla loro ragione.
Le
braccia si muovevano scompostamente, colpendo a caso il corpo
dell’altro,
spesso fallendo, incontrando o l’aria o il tappeto. Con un
colpo di bacino
Harry ribaltò le posizioni, trovandosi al di sopra di Draco
con le mani strette
attorno al suo collo.
“Non
provocarmi Malfoy” disse il moro senza riuscire a celare la
rabbia e l’amarezza
dietro i suoi occhi.
“Allora
fa qualcosa! Cruciami! Impastoiami! Schiantami!”
“Vorrei
tanto Malfoy! Tu non hai idea di quanto vorrei schiantarti in questo
momento!”
sibilò Harry a pochi centimetri dal volto del biondo
“Ma non posso…”.
E Draco, in
quell’istante, capì.
Gli occhi
di Harry, la luce oramai spenta di quello sguardo gli disse tutto
ciò che
l’altro non gli aveva mai rivelato in quei due mesi.
Capì
perché il manico di scopa del Grifondoro era appeso alla
parete e perché il
ragazzo avesse voluto tanto un mezzo di locomozione Babbano. Comprese
la
ragione dell’affidare a Kreacher ogni compito e qualunque
attività potesse
richiedere l’uso della magia.
E
capì
perché Harry si fosse così tanto affezionato a ‘Il Mago di Oz’, quel libro
che raccontava di come un mago senza magia fosse riuscito a stregare
un’intera
città.
Draco
afferrò i polsi del moro, riuscendo così a
bloccarlo. Lo fissò negli occhi per
un lungo istante prima di trovare le parole giuste per porgli
l’unica domanda
che avrebbe spiegato tutto.
“Com’è
successo Potter? Com’è che hai perso la tua
magia?”
Note
dell’autrice:
*
La
battuta sull’Irlanda è un po’ cattiva,
ma essendo sia Harry che Draco inglesi,
mi sembrava appropriata.
** Tenendo
conto che teoricamente la vicenda è ambientata nel
1998… io ricordo che in
quegli anni andavo ancora di walkman e cassette XD
***
Negozio di libri e cd. Un po’ la Feltrinelli&Ricordi
della Gran Bretagna.
****
Questa battuta fa il verso alla storia fluff, non-sense, Harry/Draco
– Wands
in
Disguise - che scrissi con l’intenzione
poi di ricavarci una trama
seria, che era appunto quella di questa storia ^^
Spero che
l’ultima frase sia riuscito nell’intento di
sorprendervi, rivelando il perché
Harry non fa ma mai magie o trova metodi alternative per fare le cose.
E
inoltre quella frase vi rivela anche il significato del titolo della
storia.
Alles Verloren
– che si traduce con tutto
perduto – altro non
che la scomparsa
magia di Harry. Ulteriori spiegazioni ve le darà il diretto
interessato nel
prossimo capitolo ^^
Ovviamente, come sempre, grazie mille a Meg per il betaggio <3
Vi
ricordo che le risposte ai bellissimi commenti che mi avete lasciato le
trovate direttamente nella pagina delle recensioni =)
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Alles Verloren - Capitolo 5
Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Capitolo
5
Con un
gesto secco e rapido Harry si liberò dalla presa del biondo.
Scese dal corpo di
Draco e si sedette sul pavimento, appoggiando la schiena alla poltrona
che
aveva dietro di sé.
Il biondo
si alzò da terra, rimanendo però seduto a gambe
incrociate davanti all’oramai
inerme Eroe del Mondo Magico.
Il
Grifondoro chiuse gli occhi evitando di guardare l’altro,
senza che però questo
gli impedisse di sentire lo sguardo indagatore di Draco su di
sé.
“E’
così,
Potter, non è vero?” domandò cautamente
il Serpeverde ed Harry fu costretto ad
aprire gli occhi e a guardarlo.
I loro
occhi rimasero incatenati per qualche secondo prima che Harry
abbassasse il
capo e annuisse.
“Com’è
successo? Chi-”
“Era
scritto nella profezia” rispose il moro togliendosi gli
occhiali e pulendo le
lenti con il lembo della maglietta che indossava “Quella che
tuo padre cercò di
rubarmi prima di venire arrestato alla fine del nostro quinto
anno.”
Draco si
sarebbe sentito in dovere di ribattere, rinfacciargli quanto le sue
azioni gli
avessero rovinato la vita, ma in quel momento sapeva di dover stare
zitto ad
ascoltare e basta.
“Voldemort
aveva scelto me come suo nemico e così io ero destinato ad
affrontarlo,
uscendone o vincitore o morto.”
“Penso
non ci sia bisogno di spiegarmi come sia andata a finire”
disse Draco cercando
di spezzare la tensione.
“Già.
E
così è andata. Ero il Prescelto per affrontare
Voldemort e l’ho fatto. Peccato
solo che c’era una sorta di clausola nella profezia che non
riguardava un
dopo.”
Draco
arricciò le labbra mentre Harry si stropicciava stancamente
gli occhi.
“Temo
di
non aver capito.”
Harry
inforcò nuovamente gli occhiali e guardò il
biondo, sperando nel fatto che
proferire ad alta voce quella scomoda verità
l’avrebbe (forse) fatta sembrare
meno cruda e pesante di quanto in realtà non fosse.
“E’
come
se io fossi nato per questo! Solo per
questo! Come se l’unica ragione per cui ero un mago
fosse… distruggere
Voldemort! Lui è morto e dopo quell’Expelliarmus
ho fatto solo un altro incantesimo. Un Reparo
sulla mia vecchia bacchetta. Da quel momento in poi non ho
più sentito la
magia” spiegò velocemente Harry. Vista da quella
prospettiva e con quelle poche
parole era ancora peggio.
“E
Silente?” domandò cauto il biondo.
“Ne
capisce quanto me, ovvero nulla.”
“Tu
non
hai mai capito nulla,
Potter” lo
prese in giro il Serpeverde con un ghigno che però non parve
risollevare di
molto l’umore dell’altro.
“Stavolta
ancor meno del solito. Ho sconfitto Voldemort e
all’improvviso mi sono
ritrovato ad essere un Babbano, bell’affare, eh?”
concluse il ragazzo con uno
sbuffo.
Draco
sentiva che Harry stava cercando di fare ironia e dimostrarsi comunque
oramai
abituato alla cosa, ma il biondo sapeva che quella era una facciata.
Non era
mai stato bravo a capire le persone, concentrato com’era solo
su se stesso, ma
Harry Potter era sempre stato la sua nemesi, sapeva come scalfirlo,
ferirlo ed
umiliarlo. Conosceva ogni suo punto debole. Forse, fossero stati ancora
ad
Hogwarts e nulla fosse cambiato, lo avrebbe deriso davanti a tutti, ma
ad Harry
doveva la vita. E la libertà. E per quanto lui fosse la
più maligna e velenosa
tra le Serpi, vi era un codice che anche i cattivi erano tenuti a
rispettare.
E dopo
aver convissuto per due mesi con Potter, aveva quasi avuto
l’impressione di
essere stato contaminato da qualche virus del senso
dell’onore dell’orrenda
casata rosso-oro.
“Significa
che dentro di te non c’è più traccia di
magia?”
Harry
emise uno sbuffo divertito che cerava di mascherare la sua frustrazione.
“Neanche
una briciola…”
Draco
scosse la testa ancora incredulo.
“Io
continuo a non capire, Potter.”
“Nessuno
lo capisce. Ne ho parlato con il ritratto di Silente molte volte. Era
presente
nel momento in cui la mia magia è venuta a meno.”
“Chi
altro lo sa?” chiese il biondo.
“Pochi:
Silente, la McGrannit, Kingsley e, naturalmente-”
“-gli
altri due membri del Magico Trio” concluse per lui Draco
vedendo l’altro
annuire.
“E
Kreacher” si sentì in dovere di aggiungere il moro.
“E’
per
questo che l’hai voluto accanto a te?”
“E’
sotto
giuramento e per questo non potrà mai tradirmi o rivelare ad
altri il mio… piccolo
problema. E sicuramente avere con me qualcuno che può fare
magie mi è d’aiuto. Semplicemente
sono tornato ad essere ciò che ero prima che Hagrid venisse
a prendermi dai
Dursley.”
“Sì…
ho
letto l’edizione speciale de La
Gazzetta
del Profeta che riportava l’intera biografia
riassunta del grande Harry
Potter.”
Il
Grifondoro sospirò.
“Il
loro
Eroe del Mondo Magico che da mesi non è e non
sarà mai più in grado di
trasformare uno stuzzicadente in uno spillo. Anche se, effettivamente,
non sono
mai stato un asso in Trasfigurazione.”
“Nemmeno
in Pozioni.”
“Quelle
sarebbero le uniche cose che sarei in grado di fare, ma se non voglio
far
saltare in aria qualcosa, meglio evitare.”
“E’
per
questo che non riescono a trovarti?” chiese Draco osservando
attentamente il
moro “Il Mondo Magico, intendo. So che Grimmauld Place
è sotto Incato Fidelius,
ma tu?”.
“Gli
Incantesimi Traccianti non hanno alcun effetto. Non avendo
più la magia non c’è
nulla nella mia persona che possa essere tracciato. Con i Babbani
infatti non
funzionano.”
Il
Serpeverde guardò attentamente il ragazzo che aveva di
fronte e rimase
spiazzato dal comprendere che ora il grande Harry Poter, Eroe del Mondo
Magico,
altro non era che un semplice Babbano.
Rimasero
in silenzio per alcuni minuti finché il ragazzo non
capì che probabilmente
Harry in quel momento aveva bisogno di restare solo. Confidare a
qualcuno che
non faceva parte della sua stretta cerchia di amici il suo segreto, che
se svelato
avrebbe compromesso la sua influenza nei processi e – per vie
traverse – anche
la sua protezione, non doveva essere di certo stata una cosa facile.
“Io
vado
a dormire” fece il biondo alzandosi e avviandosi verso
l’uscita, ottenendo come
una risposta un indecifrabile mugugno da parte dell’altro.
Un tempo
ne avrebbe riso, sfruttando l’occasione per deriderlo ed
umiliarlo, ma ora…
qualcosa nel suo carattere si era spezzato e avere davanti ai suoi
occhi le
debolezze così palesi di quel ragazzo che tanto aveva odiato
ai tempi della
scuola l’aveva portato a riflettere e vedere le cose sotto
una luce diversa.
Era convinto che il Grifondoro fosse riuscito a trasmettergli
quell’orrenda
cosa chiamata ‘buoni sentimenti’ per osmosi. Se non
fosse stato che Harry faceva
schifo in pozioni, avrebbe detto di aver bevuto un infuso di patetismo
del buon
Grifondoro aggiunto giorno per giorno al the che beveva a colazione.
“Potter?”
Il moro
non rispose ma alzò lo sguardo verso il biondo fermo
sull’uscio della porta.
“Mi
dispiace”
mormorò Draco. C’erano altre domande che voleva
fare, altre cose che voleva
sapere, ma non era quello il giorno. Forse domani.
“Anche
a
me…”
***
Passarono
due giorni senza che né Harry né Draco tornassero
nuovamente sull’argomento
‘perdita della magia’. Un po’ anche
perché il signor Fitch aveva consegnato ad
Harry la sua prima autonobile e il
Grifondoro aveva passato fuori di casa quasi l’intero weekend
con la scusa di
voler provare l’auto e godersi finalmente la patente. Non che
non avesse offerto
a Draco di andare a fare un giro insieme per la città, ma il
biondo tendeva a
diffidare dalle cose troppo Babbane. Televisore
e stereo esclusi, ovviamente.
Tutto
sembrava essere tornato alla normalità, a prima che Draco
scoprisse che l’altro
era rimasto senza magia. Fu solo quando lunedì il Grifondoro
accennò al biondo di
dirgli se avesse avuto bisogno di qualcosa dal Mondo Magico, dato nel
pomeriggio sarebbe dovuto andare a Diagon Alley, che al biondo vennero
in mente
le mille domande che si era tenuto per sé durante quei due
giorni.
“Come
ci
riesci?”
“A
far
cosa?” chiese Harry perplesso imburrando una fetta di pane.
“Ad
andare a Diagon Alley. Voglio dire… il muro.”
“Ci
sono
anche i camini che ti portano direttamente lì, anche se
ammetto che la
Metropolvere non è il mio modo preferito di viaggiare.
Preferisco passare dal
Paiolo Magico, ma non è un problema. Voglio dire, i mattoni
riconoscono il
cuore della bacchetta.”
“Vuoi
dire che un Babbano qualunque in possesso di una bacchetta magica
potrebbe
entrare nel nostro mondo?”
“E’
quello che faccio io ogni volta, Malfoy. Anche se non ci vado poi
così spesso. Non da solo almeno, potrebbe essere
rischioso.”
"Cosa intendi?"
"Che è meglio non
si sappia in giro e Kingsley ci tiene a tenermi al sicuro" rispose
Harry facendogli intendere, con un gesto della mano, che non era una
cosa importante.
“Ma
scusa" proseguì Draco, tornando al discorso precedente "A
rigor di logica non dovresti vederlo il Paiolo Magico, o
sbaglio?” chiese mentre aggiungeva un velo di latte alla sua
tazza di the.
Harry
storse le labbra riflettendo su quanto il Serpeverde gli aveva appena
detto.
Era vero, se lui fosse diventato un Babbano non avrebbe neanche potuto
vederlo
il Paiolo Magico. Ma per la stessa logica allora anche Gazza non
avrebbe potuto
lavorare ad Hogwarts. Ne aveva discusso ampiamente con Ron ed
Hermione ma
prendere in considerazione l’ipotesi l’aveva sempre
demoralizzato. Detta dal
Serpeverde quella teoria però pareva davvero
l’unica possibile.
“Probabilmente
sono diventato un Magonò, più che un
Babbano.”
“Come
Gazza?”
“Immagino
di sì. Io vedo la magia, vedo i luoghi, posso viaggiare con
la Metropolvere – e
i Babbani non possono farlo – riesco ad accedere a molti
luoghi protetti da
incantesimi Respingi Babbani. Non posso volare, questo no.”
“Hai
un
futuro come custode ad Hogwarts!” lo prese malignamente in
giro il Serpeverde,
pentendosi immediatamente di quanto detto.
“Meglio
che niente” borbottò il moro.
“E
la mia
bacchetta Potter?” domandò l’altro per
cambiare discorso mentre aggiungeva un
cucchiaino di zucchero al suo the, iniziando a mescolare la calda
bevanda.
“La
tua
bacchetta ce l’ho io.”
“Questo
lo so.”
“Te
la
ridarò quando starai per tornare ad Hogwarts.”
Draco a
quella frase – se possibile - impallidì ancor di
più.
“In
che
senso ‘tornerò ad
Hogwarts’… cosa
significa?” fece il biondo posando il cucchiaino.
Harry
alzò perplesso un sopracciglio.
“Mi
sembra abbastanza ovvio.”
“…tornerò?”
Il
Grifondoro annuì.
“Tu
sì,
io no” ammise con un po’ di rammarico.
E Malfoy,
in quell’istante, sembrò rendersi conto di cosa
volesse dire per Harry aver
perso la sua magia. Quella forza fondamentale che fino a quel momento
lo aveva
tenuto in vita, non tanto a livello fisico, ma quanto moralmente, era
venuta a
mancare. Non aveva più quella stessa forza che
l’aveva sempre spinto ad andare
avanti, conscio dei suoi poteri, deciso a sfruttarli in nome del Bene,
della
Pace, della Luce e di quegli altri perbenismi a cui Draco non si
sarebbe mai
veramente abituato. L’unica cosa che al momento riusciva a
comprendere era che
il suo ultimo anno ad Hogwarts l’avrebbe trascorso senza la
sua nemesi.
“Perché?”
Il moro
gli lanciò un’occhiataccia.
“Lo
so il
perché! Quello che intendo è che… non
puoi, Potter!”
“Sono
io
che non posso venire con voi. Non voglio che gli altri mi
vedano… così.
Oltrepasserei la barriera, ma a
cosa serve un Magonò ad Hogwarts? E non dire che
c’è sempre Gazza, sarei
disposto a diventare un eremita piuttosto che vivere il suo destino e
rimanere
frustrato a vita nel vedere generazioni su generazioni diventare maghi
e io
rimanere lì, a lavare i pavimenti.”
“Non
laveresti mai i pavimenti, sei pur sempre Harry Potter!”
“Harry
Potter non serve più a niente, adesso…”
Draco
deglutì.
“E
io?
Cosa farò senza di te, Potter?” chiese il biondo
guardando l’altro con uno
sguardo carico di malinconia e tristezza.
“Cos’è,
una
specie di dichiarazione?” provò a scherzarci su
Harry versandosi un po’ di the.
“A
chi
rovinerò la vita se non ci sei tu?!”
brontolò il biondo ignorando la
provocazione del Grifondoro.
“Sai,
non
credo mi dispiacerà poi così tanto rimanere
qui” ridacchiò Harry portandosi
alle labbra la sua tazza.
“Allora
ridammi la bacchetta.”
Il moro
allontanò la tazza dalle labbra. Sapeva che Draco prima poi
glielo avrebbe
chiesto - anche se forse ordinato rendeva meglio l’idea.
“Non
posso” rispose semplicemente Harry.
“Tu
e la
tua etica Grifondoro! Credevo avessi imparato a fidarti di me e che
avessi
capito che in fondo non sono così inaffidabile! Se lo fossi
avrei provato a
strangolarti nel sonno o avvelenarti la cena, eppure sei ancora qua!
Vorrà pur
dire qualcosa!”
Harry
ridacchiò.
“Solo
perché non vuoi sporcarti le mani!” gli fece
notare il moro con un sorriso.
“Tzè…”
“Sei
ancora sotto esame Malfoy. Ho il compito di controllarti e riferire a
Kingsley
dei tuoi progressi. Se verrai considerato inoffensivo –
perlomeno, in quanto
Mangiamorte – allora mi consegneranno la chiave magica con
cui hanno chiuso il
cassetto in cui custodisco la tua bacchetta.”
“Quanto
tempo ho?”
“Per
far
cosa?”
“Per
diventare un bravo ragazzo?”
“Lo
sei
già.”
Harry
arrossì lievemente mentre pronunciava quella frase e
affondò il viso nella
tazza di the, bevendone l’intero contenuto, in modo da poter
accusare la
bevanda di avergli imporporato le guance. Draco, dal canto suo, non
aveva idea
di cosa replicare.
“C’è
un’altra cosa che non ho capito Potter…”
disse il biondo cambiando discorso,
vagamente imbarazzato.
“Tu
non
hai addosso alcuna protezione contro gli incantesimi Traccianti,
giusto?”
“Una
cosa
lieve, giusto l’essenziale per non far individuare il cuore
della mia
bacchetta.”
“Ma
se io
sono ancora un mago e tu no, chi ha protetto me dagli-”
“Lo
so
che lo sei. La protezione te l’ha fornita Kingsley. Non
volevo che uscendo di
casa qualcuno ti trovasse. Io posso difendermi scappando: conosco
Londra e la
metropolitana. So come passare per un Babbano, in fondo è
quello che sono
tornato ad essere. Ma per te poteva essere un pericolo e io non potevo
permettere che – per qualche stupido rancore di guerra
– qualcuno ti facesse
del male.”
Draco
chinò il capo. Più il tempo passava,
più si rendeva conto che a Potter doveva
praticamente e completamente la sua vita.
“Grazie…”
mormorò il biondo, sperando che quella parola non fosse
arrivata troppo
chiaramente alle orecchie del Grifondoro. Quest’ultimo
però sorrise.
“Hai
tempo fino al trentuno agosto in mattinata.”
“Per
fare
cosa?”
Harry
ridacchiò alzandosi dal suo posto.
“Per
diventare un bravo ragazzo!”
“Non
avevi detto che lo ero già?”
“Solo
per
me. Per convincere gli altri dovrai rigare dritto ancora per un
po’.”
Draco gli
lanciò uno sguardo truce e il moro scoppiò a
ridere.
Gli
sarebbe mancato. Molto.
Ma Draco
aveva un futuro e lui stava facendo di tutto affinché
nessuno gli impedisse di
viverlo. Non doveva scontare gli errori della sua famiglia. Una
famiglia che
era disposto a proteggere con tutto se stesso, ma in fondo Harry non
aveva
fatto la stessa cosa?
Con la
differenza che se un Serpeverde aggira l’ostacolo e cerca di
nascondersi dal
colpo della Falciatrice, un Grifondoro l’affronta di petto.
Tra
coraggio e pazzia, in fondo non c’era molta differenza.
Note
dell’autrice:
Nonostante
questo sia il capitolo più importante di tutta la storia, mi
è uscito breve e
coinciso. Oddio, coinciso mica tanto – e meno
d’effetto di quanto in realtà
sperassi – però c’è e i nodi
sono venuti al pettine, con spiegazioni annesse un
po’ campate in aria nella speranza di giustificare pienamente
alcune attitudini
di Harry rimaste invariate nonostante la perdita della magia.
Ci vediamo,
penso abbastanza presto con l'epilogo =)
Eh
sì, siamo già alla fine, o quasi, ma non
disperato, davvero, il finale è comunque un finale felice XD
|
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Capitolo 6 *** Epilogo ***
Alles Verloren - Epilogo
Disclaimer: Tutto
appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.
Alles Verloren
Epilogo
1 settembre
1998 – Grimmaud Place
“E’
ora
di andare” disse Harry alle dieci e venti di mattina dopo che
lui e Draco
ebbero finito di fare colazione.
Nelle
prime due settimane successive alla scoperta della verità
sull’Eroe del Mondo
Magico, le loro conversazioni spesso sfociavano in litigate, non si
parlavano
per giorni, poi riprendevano, chiacchieravano e quando il discorso
cadeva
accidentalmente sulla magia, sulla bacchetta di Draco o il ritorno ad
Hogwarts,
i loro rapporti peggioravano nuovamente.
Solo
negli ultimi quattordici giorni le cose erano migliorate. Certo,
talvolta Draco
non riusciva a trattenersi dal fare domande riguardo la sua bacchetta,
ma dopo
che Harry – esasperato dalle sue richieste – gli
assicurò per certo che il
primo settembre allo scadere delle dieci e mezza – secondo
quanto stabilito dal
Voto Infrangibile che aveva stretto con Kinsgley – avrebbe
potuto restituirgli
il mal tolto, il biondo smise di tormentalo.
“Prima…”
iniziò a dire Draco venendo però interrotto
dall’altro che gli fece segno di
seguirlo.
Il biondo
annuì e seguì il ragazzo sulle scale che
conducevano al piano superiore dove si
trovava la camera di Harry. Questo aprì la porta con una
semplice chiave di
metallo – niente Alohomora
– e si
diresse verso un vecchio scrittorio di legno massiccio. Con un'altra
chiave,
molto piccola e comunque dall’aria consunta, aprì
il terzo cassetto, rivelando
che in esso erano contenute solamente due scatole, esattamente
identiche.
Con mano
sicura Harry prese quella sulla destra e la consegnò a
Draco. Lui l’aprì
rivelando il suo biancospino adagiato su uno strato di velluto verde
scuro che
l’aveva protetta per tutti quei mesi.
Nel
momento in cui la prese in mano, Draco sentì il legno
scaldarsi e la magia
fluire dalle sue mani fino alla bacchetta che, dopo tanto tempo
desiderava
essere nuovamente utilizzata.
Harry al
tempo stesso prese la sua – l’unica differenza era
il velluto rosso all’interno
della scatola in cui essa era contenuta – e si mise a
tracolla una borsa di
tela in cui nascose la sua oramai inutile arma.
“E’
ora
di andare” disse Harry e Draco non poté fare altro
che seguirlo fino in
salotto. Davanti al camino attraverso il quale avrebbero raggiunto
King’s
Cross, c’era già il baule del Serpeverde che
Kreacher aveva trasportato di
sotto.
In meno
di due minuti arrivarono in stazione. Nonostante Harry odiasse
ammetterlo, non
potendo smaterializzarsi, la Metropolvere era il mezzo più
veloce per arrivare
dove voleva senza perdere un’intera mattinata ad aspettare i
- per quanto
efficienti - mezzi pubblici londinesi.
“Eccoci”
mormorò il moro uscendo dalla piccola saletta che era
predisposta per l’arrivo
con la Metropolvere. Erano tutti sporchi di fuliggine e solo dopo che
furono lontano
dagli occhi dei Babbani, Draco ripulì entrambi con un lieve
colpo di bacchetta.
“Non
ho
capito perché non hanno fatto una connessione diretta col
binario” constatò
Harry ringraziandolo con un cenno del capo.
“Perché
è
sempre stato così” si limitò a
rispondere il biondo osservando la massa di
Babbani che andava avanti e indietro correndo perché erano
in ritardo. Non
c’era da stupirsi che nessuno notasse la presenza di gente
strana che spariva
dentro una colonna tra due binari.
I due
percorsero il breve tratto di strada che li separava dai binari nove e
dieci
finché Harry non si fermò dietro ad un tabellone
che lo celava alla vista di
coloro che erano sulla banchina tra i due binari in attesa di
oltrepassare la
barriera magica.
“Credo
tu
debba andare” fece Harry controllando l’ora
dall’orologio appeso al muro.
“C’è
una
cosa che non mi hai permesso di chiederti” iniziò
a dire Draco, approfittando
di quell’ultimo momento in cui avrebbe potuto conversare con
Potter.
“Perché
allora lo fai adesso?”
“Perché
per un anno – e forse per molto di più, magari per
sempre – non ci vedremo,
quindi esigo una risposta come sorta di addio. O arrivederci.”
Il moro
annuì. Sapeva di aver precluso molte conversazioni con il
suo atteggiamento, ma
parlare del suo futuro senza magia era ancora troppo doloroso per lui.
“E
vorresti sapere…?” lo incoraggio, rendendosi conto
che la proposta di Draco era
anche sì fattibile.
“Cosa
farai?”
Harry
sospirò. In fondo un po’ se l’era
aspettato.
“Ho
preso
accordi con Kingsley” rispose lui “Siamo riusciti a
circoscrivere – non lo so
con esattezza perché non mi sono occupato io in prima
persona della cosa,
probabilmente l’hanno falsificato – il problema del
diploma Babbano.
Ufficialmente in questo mondo ho finito i miei studi e sono pronto per
andare
all’università.”
“Lo
farai?”
gli chiese Draco a bruciapelo, conscio di avere ancora solo pochi
minuti a
disposizione.
Harry
annuì.
“Sì.
Andrò a studiare storia alla University
College London. Non è lontano da qua, giusto un
paio di fermate di
metropolitana I soldi per pagarmi gli studi non mi mancano di certo e
sono
sicuro che – in caso di estremo bisogno –
avrò appoggi sufficienti nel Mondo
Magico. E poi chissà, potrei andare a fare
l’insegnante o magari il semplice
commesso in un negozio e durante le pause pranzo starò
lì a farmi aria con la
mia laurea…”*
“Vale
la
pena provarci?”
“A
far
cosa?”
“A
vivere
nel Mondo Babbano?”
“Non
ho
molte alternative” gli fece notare Harry.
“Potresti
vivere come un re senza alzare un dito per il resto della tua
vita” cercò di
farlo ragionare Malfoy ma l’altro scosse la testa.
“Non
posso farlo, non riuscirei a stare con le mani in mano. Sono
sopravvissuto a
tutto e devo provarlo a me stesso, anche se non ho più la
mia magia ho ancora
la mia vita e voglio viverla, provando a godere di quelle cose Babbane
che ad
Hogwarts mi sono sempre state precluse. Voglio farmi nuovi amici,
andare con
loro la sera al pub, ubriacarmi fino a non capire più nulla,
fumare un
pacchetto di sigarette in poche ore… fare la persona normale
senza dovermi
confrontare con gente intimidita solo dal mio nome. Non mi aspetto che
tu
capisca questo modo di fare, ma dopotutto non siamo di due casate
opposte mica
per nulla.”
Draco si
ritrovò inaspettatamente a ridere davanti a
quell’affermazione.
“E’
davvero ora che tu vada” disse Harry vedendo che
l’orologio oramai segnava le
undici meno sei minuti.
Draco
annuì.
“Divertiti,
non fare il fottuto Serpeverde e non prendere di mira gente che non
sono io.
Sei sempre stato il mio nemico preferito!” lo
schernì Harry con un sorriso e
porgendogli la mano.
Draco
accettò e rivolse all’altro un ghigno come unica
risposta.
“E’
stato
un piacere Malfoy.”
“Per
me
no…”
Harry lo
guardò male e l’altro sbuffò.
“Potter?”
lo chiamò Draco.
“Uhm?”
“Riuscirò
a riavere la mia casa?”
“A
Grimmauld
Place ci sarà sempre un posto per te”
rispose il moro aspettandosi di veder comparire sul volto
dell’altro la
ben nota smorfia di disgusto che era sempre solito riservargli.
“Buon
viaggio!” lo salutò Harry voltandogli le spalle
sentendogli sussurrare un
debolissimo ‘grazie’
provenire dal biondo.
“Buona
fortuna” fece poi il Grifondoro, celando un triste sorriso.
“Anche
a
te” rispose Draco prima di allontanarsi verso la barriera che
divideva il Mondo
Babbano da quello della Magia.
-Fine-
Note
dell’autrice:
* Questa
battuta è di Meg, le è uscita un po’ di
tempo fa in occasione del grande
evento: il mio ritorno in università XD Il copyright
è suo u.u
No, non
è un finale triste! Si salutano e Harry ricorda a Draco che
a Gimmauld Place (come nella sua vita XD) ci sarà sempre un
posto per Draco. Vi prego, non ditemi che è angst
altrimenti... non posso nemmeno darmi all'ippica, visto che do
già abbonatemente tutti i giorni!
Per me questo
è un finale felice, ecco =)
Ringrazio
tantissimo tutti quelli che hanno commentato, le 30 persone che hanno
seguito storia, le 7 che l'hanno tra le loro preferite e le 3 che
l'hanno aggiunta tra le storie da ricordare =)
Un enorme grazie anche alla mia beta Meg, senza la quale questa storia non sarebbe stata così leggibile XD
Grazie
di cuore a tutti quelli che hanno letto questo racconto =)
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