Neverending Milky Way di Claudia (/viewuser.php?uid=357)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strane inquietudini ***
Capitolo 2: *** Ritorno al Sengoku Jidai ***
Capitolo 3: *** Filosofia di vita ***
Capitolo 4: *** Dopo sedici anni, di nuovo ***
Capitolo 5: *** Incontri più o meno spiacevoli ***
Capitolo 6: *** Aki, figlio dell'autunno ***
Capitolo 7: *** Gioco scoperto ***
Capitolo 8: *** Mikujin, il Demone che gridò Vendetta ***
Capitolo 9: *** Yamata no Orochi ***
Capitolo 10: *** La Verità di Inuyasha ***
Capitolo 11: *** Il Segreto di Aki ***
Capitolo 12: *** Il Morso del Serpente ***
Capitolo 13: *** Il Fiore del Caprifoglio ***
Capitolo 14: *** Al di là del Pozzo Mangiaossa ***
Capitolo 15: *** Verità nascoste ***
Capitolo 16: *** Dentro al Ricordo ***
Capitolo 17: *** Ko-gi-ki ***
Capitolo 1 *** Strane inquietudini ***
New Page 3
Capitolo II
Strane
inquietudini
Quando uscì dalla propria stanza,
la capanna era ancora immersa nel silenzio mattutino. I primi raggi di sole
filtravano a stento dalle tende che sua madre aveva messo alle finestre, creando
un gioco di luci ed ombre quasi ipnotico. Quella mattina si era svegliata
abbastanza presto, si era lavata alla piccola pozza situata sul retro della
capanna, aveva indossato uno yukata pulito, uno tra i suoi preferiti ed aveva
fatto colazione. E tutto nel più assoluto silenzio. Suo padre, molto
probabilmente, aveva fatto ritorno a casa la sera precedente, e altrettanto
probabilmente non avrebbe gradito rumori molesti che intaccassero il suo sonno.
Kaeru lo sapeva bene. Suo padre era severo, molto più della madre. Non ammetteva
repliche e anche se era nel torto, non voleva essere contraddetto. Naturalmente,
non aveva paura di suo padre. No, perché egli sapeva dimostrarle il suo affetto.
E lei si sentiva amata, nel modo in cui lui l'amava.
Inoltre, suo padre non era un uomo
che sapesse esternare apertamente i propri sentimenti. Kaeru sapeva quanto suo
padre amasse sua madre, quanto fosse profondo il legame che li univa. Sapeva
quanto lei, per loro, fosse importante. Per questo, Kaeru desiderava essere
amata con tale intensità.
Si affrettò a mettere le sue cose
in una piccola sacca, adornata di un piccolo fiore di stoffa che sua madre aveva
cucito per lei. Calzò i suoi geta, sedendo di fronte alla porta della capanna e
attese per qualche minuto, accertandosi di non aver fatto rumore.
"Kaeru."
Le spalle della ragazza si mossero
come percorse da una scossa elettrica. Si voltò lentamente, distinguendo la
figura di Inuyasha, in piedi, esattamente dietro di lei. Il mezzo demone
indossava i pantaloni neri del suo kimono, segno che si era svegliato in quel
momento. I capelli argentati gli ricadevano, lunghi e scomposti, sulle spalle,
mentre gli occhi dorati assumevano una linea ancora più sottile.
"Mi spiace di avervi svegliato,
padre." Disse Kaeru, sinceramente dispiaciuta. Sapeva quanto fosse raro per suo
padre dormire a casa.
"Dove stai andando Kaeru? Mi pare
sia un po' troppo presto." Disse, lanciando una occhiata al paesaggio nascosto
dalle tende. Kaeru si morse il labbro inferiore, pensando alle parole più adatta
da rivolgere al padre.
"Sto andando da Kaede-sama." Disse,
alla fine.
"Tua madre lo sa?" Domandò
semplicemente Inuyasha.
"Sì, me lo ha permesso, ieri."
Inuyasha rimase in silenzio, come
per voler soppesare le parole della figlia. Intanto Kaeru si era portata in
piedi, facendo una lieve pressione sui geta, affinché aderissero bene ai suoi
piedi.
"In tal caso, vengo anch'io."
Kaeru si voltò verso di lui, giusto
in tempo per vedere le spalle del padre scomparire nella stanza adiacente. Dopo
qualche minuto, Inuyasha fece ritorno dalla figlia, indossando il suo tipico
kimono nero e con Tessaiga saldamente allacciata alla vita. Kaeru osservò la
spada che verteva nelle sue condizioni normali, ovvero quelle in cui appariva
con una semplice lama arrugginita. Kaeru sapeva perfettamente che quello non era
il vero aspetto di Tessaiga, anche se l'aveva vista rare volte nella sua forma
originale. Inuyasha notò l'insistenza nello sguardo di sua figlia, e come
intuendone i pensieri, la invitò ad uscire con una mano fuori dalla capanna.
Iniziarono a percorrere il sentiero che conduceva alla capanna della vecchia
Kaede, in silenzio.
La ragazza fremeva per sapere del
viaggio del padre e delle sue avventure. Ciò che lui le raccontava rappresentava
sempre qualcosa di diverso dalla noia quotidiana. Però rimaneva in silenzio, non
sapendo quanto suo padre fosse disposto a parlarle.
"Padre," disse infine ,"stavolta
siete rimasto via molto. Mamma era preoccupata per Voi."
"Questa assenza non era del tutto
calcolata." Le rispose, senza utilizzare alcun tipo di emozione.
"Capisco." Kaeru abbassò lo
sguardo, iniziando a fissare il terreno pietroso che andava lentamente
percorrendo. Se conosceva abbastanza bene suo padre, quella mattina non era
molto desideroso di parlare. Nemmeno con lei.
La capanna della vecchia Kaede
apparve ai loro occhi e Kaeru si sorprese di veder sporgere un piccolo filo di
fumo da una finestra. Sua madre le aveva raccontato che l'anziana sacerdotessa
era costretta a letto a causa della propria vecchiaia, ma a Kaeru parve esserci
una certa attività all'interno della dimora.
"Kaede-sama? Posso entrare?"
Domandò la ragazza, affacciandosi leggermente verso l'interno della capanna che
trovò sorprendentemente vuoto. Una risposta flebile provenne da una stanza
adiacente, che convinse Kaeru e suo padre ad entrare. Senza mostrare alcuna
esitazione, Kaeru attraversò la stanza, recandosi vicino alla porta che
comunicava con il luogo da cui proveniva la voce. Inuyasha la seguì, rimanendo
sempre e comunque dietro di lei. Kaeru lanciò uno sguardo tra l'oscurità delle
pareti, assottigliò gli occhi per poter meglio distinguere se vi fosse qualcuno
all'interno.
"Kaede-sama?" Ripetè. Kaeru fece un
passo in avanti, mostrando l'intenzione di entrare dentro la stanza, ma la mano
forte di Inuyasha la trattenne per una spalla. Senza spiegare niente alla
figlia, il mezzo demone serrò la mano attorno all'impugnatura di Tessaiga. Kaeru
udì il suono metallico della lama, mentre questa pulsava ormai di vita propria
di fronte a suo padre. Il ferro tagliente di Tessaiga splendeva, quasi
illuminando l'oscurità della capanna e Kaeru pensò a quanto si potesse sentire
forte una persona, solo impugnandola. Una volta sua madre le aveva rivelato il
segreto di quella spada: Tessaiga era stata creata da un incisivo di suo nonno,
un Demone completo, che aveva creato quella spada per proteggere la sua compagna
umana, la madre di Inuyasha. Per questo, Tessaiga si trasformava ogni volta che
Inuyasha proteggeva un essere umano, o comunque una persona per lui importante.
Kaeru udì un rumore provenire dalla
stanza, mentre Inuyasha teneva ben salda Tessaiga di fronte a sè. Una figura si
mostrò, parzialmente illuminata dalla scarsa luce che penetrava nell'abitazione.
"Sono solo una povera vecchia,
Inuyasha."
Finalmente la ragazza vide Kaede,
esattamente di fronte alla punta di Tessaiga che le sfiorava leggermente il
petto. Le labbra sottili di Inuyasha si spiegarono in un breve sorriso, mentre
con un movimento secco e preciso riponeva la propria spada nel fodero,
allacciato alla vita.
"Scusa, vecchiaccia."
"Non sei cambiato affatto Inuyasha,
non capisco a cosa possano mai servire i tuoi viaggi."
Kaeru osservò incuriosita il padre,
la cui espressione si fece un poco più cupa.
"Non sono cose che ti riguardano...
vecchia."
Kaede scrollò le spalle, invitando
i due ospiti a sedersi mentre lei si accingeva a preparar loro del tè. Kaeru si
offrì volontaria per aiutarla, ma Kaede rifiutò gentilmente il suo aiuto.
"Oggi, mi sento bene. Sono sempre
in grado di preparare del tè."
Kaeru si scusò mortificata. Rimase
in silenzio, ma gioiva nel vedere la vecchia sacerdotessa sempre pronta di
spirito. Come era felice del fatto che sua madre e Sango si era sbagliate; sì,
perché Kaede-sama non appariva per niente malata. Le sue guance piene di rughe
aveva assunto un colorito rosato, mentre gli occhi avevano riacquistato un po'
della luce che li aveva sempre contraddistinti.
"Quando sei tornato Inuyasha?"
Il mezzo demone sollevò lo sguardo
dalla ciotola che teneva in mano. Emise un piccolo grugnito e rispose alla
vecchia sacerdotessa. Fin dal momento che suo padre aveva messo piede in quella
capanna, a Kaeru parve di leggere sul volto del mezzo demone una sensazione di
disagio. Ma se era disagio ciò che suo padre provava, allora non comprendeva il
motivo della sua visita a Kaede.
"Kaede-sama, come stai oggi?"
Domandò Kaeru, distogliendo l'attenzione della donna dal padre. Kaede le sorrise
e le sue rughe divennero ancora più visibili.
"Meglio." Dopo quella risposta, la
vecchia Kaede tornò con lo sguardo fisso su Inuyasha, ma Kaeru non ne capì il
motivo. Poteva solo percepire un poco della tensione che aleggiava tra i due, in
particolar modo quella proveniente da suo padre. Era raro vederlo teso o agitato
per qualcosa. Solitamente manteneva un sangue freddo da far invidia a chiunque.
Sapeva controllarsi di fronte a tutto. Forse anche davanti alla morte.
"Kaeru, ti dispiace farmi un
favore?" L'interesse della ragazza si risvegliò, mentre con occhi curiosi
osservava Kaede di fronte a lei.
"Certo!" Disse con convinzione,
felice di poterle essere utile per qualcosa.
"Avrei bisogno di qualche erba
medicinale. Chiederlo ad altri equivarrebbe dover loro spiegare tutto un
erborario."
"Conta su di me, sarò presto di
ritorno!" Kaeru si portò in piedi raggiante ed uscì dalla capanna. Kaede osservò
la ragazza avventurarsi per i campi del villaggio alla richiesta di quanto
richiesto. La vecchia sacerdotessa voltò di nuovo lo sguardo sul mezzo demone
che, con le braccia incrociate al petto, stava ricambiando lo sguardo.
"A cosa devo questa visita
Inuyasha?" Il mezzo demone fece un mezzo sorriso, come a volersi complimentare
dell'astuzia della donna.
"Cosa credi?" Fece un secondo dopo
Kaede ,"non sei il tipo da visite. Adesso che tua figlia non c'è, puoi parlare."
"E cosa credi?" La imitò Inuyasha
di rimando ,"perché mai avrei qualcosa di cui parlarti con l'assenza di Kaeru?"
"Perché Kagome non sappia niente?"
Insinuò la vecchia sacerdotessa.
E a giudicare dallo sguardo che
Inuyasha le rivolse, aveva insinuato bene. Kaede si alzò a fatica in piedi,
tenendosi una mano all'altezza della vita.
"So che sei testardo abbastanza per
commettere delle stupidaggini."
"Bada a come parli, vecchia."
Inuyasha si era alzato a sua volta,
ma era rimasto immobile esattamente dove si trovava.
"Sto ancora aspettando." Disse
Kaede, ignorando completamente l'ammonimento del mezzo demone. Inuyasha rimase
in silenzio, come per voler trovare le parole adatte da rivolgere alla donna.
Infine, sbottò aprendo le braccia.
"L'ho trovato."
Kaede si voltò. "Trovato cosa?"
Domandò, con voce leggermente preoccupata. Inuyasha guardò la donna con le sue
iridi ambrate. Per un attimo, la risposta del mezzo demone parve dolorosamente
semplice a Kaede. Osservò Inuyasha dispiegare le labbra in un sorriso amaro.
"Lo Shikon no Tama esiste sempre."
Rispose, senza dare alla voce nessun timbro particolare. Kaede sentì il bisogno
di tornare a sedersi.
"Inuyasha," prese a dire con tono
grave ," voglio sperare che tu sappia il peso delle tue parole. Sai cosa
comporterà l'aver trovato di nuovo lo Shikon. Mi domando solo se tu te ne rendi
veramente conto." Osservava il volto del mezzo demone con sguardo sorpreso,
adirato.
"Lo so benissimo, per questo
nessuno, oltre a noi, lo sa." Mise per inciso Inuyasha, facendo comprendere a
Kaede che anche Kagome era all'oscuro di tutto.
"Lo Shikon è uno dei motivi che mi
ha spinto a viaggiare. Ho scoperto della sua esistenza esattamente tre giorni fa
in un villaggio sulle montagne Okai."
"Quel villaggio conserva lo
Shikon?"
Inuyasha si passò la mano tra i
capelli, tornando a sedersi.
"No, l'ho semplicemente visto nelle
mani di un demone uccello." Disse, quasi pentendosi per qualcosa.
"E a giudicare dal tuo sguardo c'è
rimasto... nelle sue mani." Disse Kaede, come sollevata.
"Sì, solo perché per un attimo non
ho saputo cosa fare. Non avrei mai pensato di ritrovare veramente lo Shikon."
Kaede rimase in silenzio, cercando
di ragionare con freddezza ed oggettività. Lo Shikon no Tama aveva fatto perdere
le sue tracce per quindici anni, durante i quali nessuno sembrava averlo visto o
usato. Al villaggio non era giunta nessuna voce riguardante demoni dalla forza
improvvisa. Mentre adesso, lo Shikon era riapparso e i motivi le erano del tutto
oscuri. Dagli ultimi eventi che erano capitati, Kaede aveva appreso da Kagome
che lo Shikon aveva un vita e un pensiero proprio. Sapeva essere completamente
indipendente dal corpo che lo inglobava. E Kaeru ne era stata la prova vivente.
Aveva posseduto dentro di sè lo Shikon, che l'aveva creata, generata. Gli aveva
dato un cuore, dei sentimenti e alla fine, le aveva donato la morte. Una morte
diversa dalle altre. Una morte di un essere che non era mai nato. Perché Kaeru,
la vecchia Kaeru, era stata solo una creazione ad opera dello Shikon. Ed era
stata dura andare avanti, per Kagome soprattutto. La sua pazzia aveva dimostrato
quanto potesse essere forte l'amore di una madre.
Ed era per Kagome che Inuyasha non
avrebbe mai dovuto cercare nuovamente lo Shikon.
"Adesso, cosa hai intenzione di
fare?" Domandò Kaede, con voce dura e severa. "Pensaci seriamente." Aggiunse
dopo.
Inuyasha non le rispose.
"Lascia che ti ricordi una cosa,
Inuyasha. Il dolore di Kagome e la sua pazzia dovrebbero farti ragionare. Se mai
lo Shikon coinvolgesse di nuovo le vostre vite, Kagome potrebbe reagire
diversamente. Ha sofferto parecchio e tu che le sei stato accanto, dovresti
saperlo. Quella donna era quasi morta per il dolore. Odia lo Shikon con tutta se
stessa, tanto che le da fastidio anche solo sentirne il nome. Se sceglierai di
proseguire la tua ricerca, sai bene come Kagome la prenderà. Non bene,
chiaramente. Lo Shikon vale davvero così tanto, da rischiare tutto, Inuyasha?
Anche l'amore della sola donna che ami?"
"Di cosa state parlando voi due?"
Inuyasha ebbe un moto di sussulto,
mentre Kagome si affacciò all'entrata della capanna. Non l'aveva sentita, non
aveva sentito il suo profumo, nè la sua presenza. Kagome, notando la reazione
del consorte, si sedette accanto a lui dopo aver salutato cordialmente Kaede.
"Ehi, ti ho forse fatto prendere
uno spavento?" Sorrise, divertita.
"Baka." Gli rispose Inuyasha,
fingendosi arrabbiato.
"E' raro poter spaventare il
Venerabile Inuyasha, mi sa che andrò fiera per questo... almeno per un po'."
Kaede fissava Kagome, ringraziando
il fatto che non avesse sentito niente della conversazione.
"Kaede-sama ti vedo bene, ne sono
felice." Disse Kagome alla donna, sorridendole dolcemente. Il sorriso di Kagome
era di quanto più bello una persona potesse ammirare. Trasmetteva tutto l'amore
che riempiva ogni singola fibra di quella donna. Anche il più insulso insetto si
sarebbe emozionato di fronte a lei. E il solo fatto che una donna come lei
potesse provare amore per un mezzo demone scorbutico e taciturno era di per sè
un notevole miracolo.
"Ti ringrazio, gradisci un po' tè?"
"No, grazie. Le offerte oggi al
tempio hanno compreso anche quello. Penso che non berrò tè per un po' di tempo."
Kagome fece una leggera smorfia.
"Mamma!" Kaeru, di ritorno, corse
dalla madre abbracciandola da dietro.
"Buongiorno tesoro." Disse Kagome,
accarezzando gli avambracci della figlia.
"Guarda, mamma," prese a dire Kaeru
mostrando le erbe medicinali alla madre ," mi ha chiesto Kaede-sama di
raccoglierle." Il tono infantile della ragazza, strappò un sorriso dalle labbra
di Kagome.
"Mhm, sei stata brava."
Le guance di Kaeru si tinsero di un
rosa acceso. Ricevere i complimenti da sua madre era qualcosa di fondamentale
per la ragazza.
"Io devo andare." Inuyasha si portò
in piedi. Kagome seguì con lo sguardo i movimenti del mezzo demone.
"E dove, scusa?"
"Devo incontrare Miroku. Dobbiamo
parlare."
Kagome guardò Inuyasha con un
sopracciglio sollevato.
"Spero non si tratti di porcherie."
Disse ingenuamente.
Kaeru sgranò gli occhi nel vedere
suo padre arrossire in modo tanto vistoso.
"N-non essere sciocca!" Ed era la
prima volta che lo sentiva balbettare.
"Non si sa mai, meglio mettere le
cose in chiaro." Disse, alzandosi a sua volta.
Inuyasha la guardò preoccupato.
"Dove vai mamma?" Domandò Kaeru
precedendo il padre.
"Al Tempio a pregare." Kagome si
legò i lunghi capelli dietro alla nuca.
Kaeru annuì. Almeno una volta al
giorno sua madre pregava. Pregava le divinità del Tempio. L'aveva spesso
osservata al centro della grande sala, avvolta dal più assoluto silenzio. Una
volta, si era spaventata, vedendo Kagome avvolta da spettri. Ma Kaede-sama
l'aveva rassicurata: mostrare la via verso il Nirvana era uno dei compiti di una
sacerdotessa.
"Tu puoi rimanere Kaeru. Sempre che
a Kaede non crei disturbo."
"No, tranquilla. Un po' di
compagnia dopo tutto questo tempo non può farmi che bene."
"Va bene, allora ci vediamo."
Kagome ed Inuyasha uscirono dalla
capanna. Rimaste sole, Kaeru fissò Kaede.
"Vuoi aiutarmi a preparare qualche
infuso?"
Kaeru annuì docile.
"Kaede-sama?" La ragazza si fermò,
mentre Kaede si voltò verso di lei.
"Cosa farà adesso mio padre? Ha
davvero intenzione di trovare quello Shikon?" L'ultima parola suonò tremolante.
Kaede si bloccò, come ghiacciata da
quella domanda.
"Tu..."
"Si, ho sentito quando parlavate
con mio padre... prima che mamma arrivasse."
~~~
Kagome osservò le larghe spalle di
Inuyasha, mentre il mezzo demone camminava di fronte a lei. Quando era entrata
nella capanna aveva avuto la sensazione di aver interrotto qualcosa; inoltre
aveva notato l'espressione di Kaede.
"Inuyasha?"
"Mhm?" Il mezzo demone non si
voltò, ma continuò a risalire il sentiero.
"Non... non hai niente da dirmi?"
"E che cosa?" domandò a sua volta.
"Niente. Non fare troppo tardi
stasera." Disse, prendendo una strada differente. Quando Inuyasha si voltò lei
non c'era già più.
Kagome iniziò a distinguere il
Tempio. Quel giorno era la terza volta che vi si recava a pregare. C'era
qualcosa che la inquietava e la preghiera sembrava l'unico mezzo per avere delle
risposte. Non sapeva spiegarselo, ma aveva l'impressione che ciò che la rendeva
inquieta centrasse in qualche modo con il comportamento di Inuyasha. In cuor
suo, sperava di sbagliarsi.
~~~
A/N: innanzitutto grazie per
aver commentato NMW, e sono felice che abbia accolto l'assenso generale.
Comunque, preferisco come sempre rispondere ad personam visto che alcune
di voi mi pongono delle domande.
Saffron: lascia che ti
faccia una tiratina d'orecchie ^^. Adesso ti riporto un passo del penultimo
capitolo di Ritorno al passato, ovvero le parole dello Shikon: Nuove anime
sapranno consolarvi, le percepisco, ma la mia purezza ha distrutto la
creatura nel ventre di questa donna. Presto nascerà Kaeru, così come
l'araba fenice risorge dalle sue ceneri. La vera Kaeru avrà davvero vita.
Questo dovrebbe rispondere alla tua domanda, comunque sì, Kaeru è figlia di
Inuyasha e Kagome, mentre il figlio che Kagome avrebbe dovuto avere da Kuroi
l'ha distrutto lo Shikon. Compreso?
Cri-chan: spero che questo
sequel non deluda. Sinceramente è anche il primo che scrivo in vita mia. Gosh.
Lamù: sì, in effetti prima
di scrivere NMW ho dovuto rileggere Ritorno al passato XP, nemmeno io la
ricordavò... (ovviamento scherzo, altrimenti sarei una fan-writer proprio
degenere...)
^Kia^: credo che con Kaeru
mi divertirò un mondo, nel senso che potrò darle il carattere che preferisco.
Chissà come sarà avanti nella storia!
Honey: ed ecco qua le
risposte alle tue domande. 1) Hm, non so quanto sarà la lunghezza di NMW...
sinceramente 29 capitoli mi sembrano un primato troppo duro da poter
surclassare... sinceramente, non lo so. Dipenderà dalla piega della storia. 2)
Non vorrei lasciare Kagome ed Inuyasha in disparte, anche perché adoro
descriverli nella loro vita post matrimoniale! Comunque, chiaramente il tutto è
più focalizzato su Kaeru ed un altro personaggio che i più attenti potrebbero
facilmente intuire... anche se in Ritorno al passato non è mai apparso.
Shizuka: grazie, grazie e
ancora grazie!
Kagomechan91: grazie anche a
te, ovviamente!
Lirin chan: grazie, sono
felice che tu abbia apprezzato Ritorno al passato! Aspetto tuoi commenti!
Un mega inchino alla giapponese a
Frank ed Elychan!
Davvero, mi avete commosso. Sono
felice di continuare questa fanfiction. Spero gradirete i capitoli che ci
saranno in avvenire. Continuate a sostenermi!
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Ritorno al Sengoku Jidai ***
New Page 3
Introduzione al capitolo: Neverending
Milky Way è la continuazione di
Ritorno al Passato.
Consiglio a coloro che si apprestono a leggere questa storia di leggere RP per
capire meglio il collegamento logico e gli eventi che hanno segnato in passato
tutti i personaggi.
Capitolo I
Ritorno al
Sengoku Jidai
Fece oscillare i
piedi, lambendo la superfice dell'acqua. La freschezza del liquido e il vento
tra i capelli... erano quelle le sensazioni che più desiderava in quel momento.
Ciò che bramava dopo una estenuante giornata al seguito di sua madre. Era nata
in un villaggio pacifico, dove tutti viveno dei frutti della terra, dove tutti
si crogiolavano in una tranquillità spesso noiosa. Quindici anni erano passati
dagli eventi che gli anziani raccontavano ai bambini del villaggio, storie che
anche lei aveva ascoltato con febbrile trepidazione. Ma a quindici anni, quasi
sedici, aveva smesso di ascoltare quei racconti, aveva smesso di credere alle
verità che insegnavano; li reputava racconti fantastici, anche se più volte sua
madre l'aveva rimproverata per questo. Sollevò gli angoli della bocca in un
sorriso e lanciò un ultimo sguardo al sole morente di fronte a lei; con un
scatto scese dal masso e atterrò con agilità a terra. Sistemò le pieghe del suo
yukata con un leggero movimento delle mani e prese a percorrere la piccola
salita che l'avrebbe ricondotta all'entrata del suo villaggio.
Quel giorno, il
sole estivo aveva battuto i campi brulli dei contadini, esausti al termine del
loro lavoro. Una leggera brezza sfiorava la terra, come per volerle creare
conforto per quel calore bruciante. Il suono emesso dai suoi geta contro il
suolo roccioso, richiamò l'attenzione di alcune donne, intente a lavare i propri
panni sull'ansa del fiume che attraversava il villaggio.
"Kaeru-sama,
vostra madre vi stava cercando."
"A quest'ora
dovreste essere a casa, è pericoloso uscire dal villaggio." disse una seconda
donna, mentre si allacciava in grembo un fazzoletto.
"Scusate, non
era mia intenzione farvi preoccupare." La ragazza fece loro un leggero inchino e
sorridendo, proseguì il suo cammino verso casa. Quando fu abbastanza distante,
attraversò la piazza del villaggio con al centro un grande pozzo, ritrovandosi
un poco a ridosso della palizzata di legno. Un po' più distante dall'agglomerato
di capanne, si ergeva un'abitazione di legno e paglia.
Accelerò il
passo verso l'entrata della capanna e con cautela scostò il pagliericcio che
funzionava da porta. Non vide nessuno accanto al focolare spento.
"Sango-san?"
Fece un passo avanti e dal fondo della stanza, laddove la luce non riscaldava
più le assi di legno, le giunse alle orecchie un brontolio sommesso. In pochi
secondi, un felino dal caldo manto color avorio le si avvicinò.
"Kirara-chan."
Il felino
sollevò la mano della ragazza con il muso affusolato, mentre con una docilità
impensabile per la sua grandezza, prese a emettere dei suoni che Kaeru riconobbe
come fusa. La ragazza sorrise, pensando a quanto Kirara le fosse affezzionata.
Da che aveva memoria quello strano demone-felino era sempre stato presente nella
sua vita e aveva dimostrato di poter essere un affidabile compagno di giochi.
"Kaeru-chan, sei
qui."
La ragazza si
voltò nella direzione dell'entrata. Una donna dai lunghi capelli color ebano e
dalle guance un poco arrossate, la stava osservando con cipiglio severo.
Indossava uno yukata leggero, ornato di fiori il cui colore le donava
moltissimo.
"Scusa, mamma."
L'espressione
sul volto della donna si addolcì. Sua madre era molto bella. E la sua non era
una bellezza banale, tutt'altro. Era una delle donne più bramate dai capi
villaggi, sia per il suo aspetto fisico che per le sue doti curative. Era una
sacerdotessa. Gli abitanti del villaggio veneravano sua madre come se fosse una
divinità, le dedicavano offerte ed ogni giorno si recavano al Tempio per
chiederle aiuto e consigli. E lei, in quanto sua figlia, l'assisteva in ogni sua
funzione e standole accanto aveva iniziato ad apprezzarla anche per come
appariva agli occhi degli altri.
"Va bene,
Kaeru-chan. Ma per favore, la prossima volta avvisa qualcuno prima di lasciare
il villaggio. Sai bene come la pensa tuo padre." disse, sospirando con
rassegnazione. Kaeru fece un cenno d'assenso con il capo. Benché sua madre fosse
una delle persone più dolci che avesse mai conosciuto, la sua rabbia poteva
molto spesso risultare implacabile a chiunque, perfino a suo padre.
"Kagome-chan,
Kaeru-chan?"
Dietro Kagome
comparve la figura di Sango che, felice, aveva accolto le due donne con un
sorriso. Kaeru contraccambiò il sorriso della Cacciatrice. Si, perché la donna
che le stava davanti, fasciata nel suo yukata estivo era una Cacciatrice di
demoni, una delle poche che aveva continuato a professare tale mestiere. Suo
marito, Miroku-sama, era un monaco che svolgeva i propri servigi alle corti dei
castelli, esorcizzando spettri e demoni che minacciavano il mondo degli umani.
Vi aveva parlato poche volte, e sua madre le aveva sconsigliato dal farlo perché
Miroku-sama, benché buono, aveva dei difetti a cui nessuno, nemmeno sua moglie,
sembrava aver posto rimedio. Kaeru si sedette accanto alla madre ed osservò il
volto di Sango, intenta a servire del tè alle sue ospiti.
Benché Sango
avesse la stessa età di sua madre, ella appariva molto più anziana. E Kaeru
sapeva perfettamente il motivo di quel mistero. Fin da quando era piccola, sua
madre le aveva raccontato la loro storia, la sua e quella di suo padre, la sua
nascita e gli eventi che vi ruotarono attorno. Quelle storie erano forse le
uniche a cui lei credeva ciecamente, perché non aveva motivo di diffidare del
suo stesso sangue. Quindi sapeva che lei, sua madre e suo padre erano esseri
immortali, esseri dotati della vita eterna. Il suo corpo, nonostante tutto,
aveva continuato a crescere, e nessuno poteva immaginare quando si sarebbe
fermato per rimanervi tale. Kaeru sperava e pregava ardentemente di fermarsi
all'età di sua madre; quando glielo aveva confessato, Kagome le aveva sorriso
rassicurante. Per il resto, le sue ferite impiegavano un giorno abbondante per
rimarginarsi del tutto.
"Kagome-chan,
oggi sono stata da Kaede-sama."
Il volto di
Kagome si intristì sentendo pronunciare il nome dell'anziana sacerdotessa. Kaeru
aveva sempre considerato Kaede-sama come una seconda madre, benché la vecchiaia
avanzata della donna le avrebbe reso più semplice il ruolo della nonna. In
quegli ultimi mesi, Kaede-sama era stata costretta a letto, perché gli anni che
gravavano sulle sue spalle erano diventati sempre più opprimenti per le sue
deboli ossa. Una volta al giorno andava a farle visita, ma nell'ultima
settimana, sua madre l'aveva pregata di lasciarla riposare. Gran parte di ciò
che sapeva, lo doveva a Kaede-sama e alla pazienza che aveva dimostrato fin da
quando era piccola. Non vi era erba, medicina e pozione guaritrice che non
conoscesse. Sapeva curare le ferite senza l'aiuto della magia o senza
particolari poteri innati. E ciò la rendeva particolarmente orgogliosa. Era un
modo come un altro per rendersi utile.
"Ultimamente le
sue condizioni sono molto peggiorate." Concluse Sango.
"Si, ho paura
che non vedrà il prossimo novilunio."
Kaeru strise i
lembi del proprio yukata tra i pugni, reprimendo la voglia istantanea di
piangere. Anche se le aveva insegnato tutto, Kaede-sama non le aveva insegnato
un modo per farla guarire e sembrava che nemmeno le doti di sua madre, potessero
niente per lei. Kaede-sama è ormai anziana, non soffre di alcun male.
Purtroppo, sta terminando la sua vita.
Stava morendo.
Come ogni normale essere umano. Ma lei non poteva capire. Perché a differenza di
sua madre, purché immortale, lei non era un essere umano. Era figlia di un mezzo
demone, e solo in parte aveva sangue e vita umane. Spesso si rattristava per
questo, perché non poteva capire, non poteva provare. Eppure lei si sentiva
umana, perché desiderava esserlo. Desiderava essere come gli altri. Poter dire
un semplice vi capisco senza che questo suonasse ipocrito e ironico. Ma
teneva questi suoi pensieri celati dentro di sè, in modo da risultare
inaccessibili a chiunque. Perché nessuno doveva sapere ciò che più bramava nel
cuore. A nessuno doveva mostrare la propria debolezza, degno insegnamento di suo
padre. Mostrare di essere fragili, era a un passo dall'essere deboli.
"Kaeru-chan?"
Sollevò lo
sguardo su Sango, mentre sentì le guance accendersi di un rosso scarlatto.
"Ti senti bene?"
Domandò la madre, appoggiando una mano fresca sulla gota della figlia. Kaeru
mormorò qualche parola, senza tuttavia essere compresa, accompagnando le sue
parole con un breve cenno del capo.
"Scusate, forse
sono solo un po' stanca."
"Probabilmente è
così," annuì Sango ,"tua madre ti avrà schiavizzato tutto il giorno."
Kagome gonfiò le
guance in segno di dissenso. Kaeru fece un leggero sorriso, pensando che
assistere sua madre fosse particolarmente faticoso. Tutto questo perché un
giorno prenderai il mio posto. Erano queste le parole che più soleva
ripeterle. Essere un giorno sacerdotessa. Non aveva mai pensato seriamente al
suo futuro, il loro era un villaggio talmente pacifico, che permetteva a tutti
di concedersi una vita senza troppe preoccupazioni. Ormai si era resa conto che
il suo futuro non sarebbe mai andato oltre le recinzioni di quel villaggio e,
forse, proprio per questo, aveva mostrato una placida rassegnazione. Nonostante
tutto, molto spesso si scopriva a pensare al padre, e ai viaggi che spesso le
raccontava. Non c'era romanticismo o bontà in ciò che predicava, ma aveva
imparato a custodire i consigli di suo padre, quasi come dei sacramenti
inviolabili.
Suo padre, il
Venerabile Inuyasha, era un demone. Più propriamente, un mezzo demone, in quanto
nato dall'unione di un demone ed un essere umano. Mentre lei, era nata
dall'unione di un essere umano con un mezzo demone, pertanto poteva reputarsi
come un mezzo mezzo demone. Linee genealogiche a parte, in quindici anni, quasi
sedici, non aveva mai manifestato alcuna caratteristica demoniaca. Non aveva
orecchie pelose e canine, nè artigli taglienti. I suoi capelli erano di un nero
lucente, mentre i suoi occhi di un verde pallido. Era un essere umano
nell'aspetto, ma si sentiva diversa dentro. Perché comprendeva, perché
accettava, perché forse amava la controparte del suo essere umana. Il suo essere
in parte demone.
Ma benché
l'accettasse, la sua controparte, non si era manifestata. Con grande disappunto
di suo padre.
E' solo
questione di tempo.
Forse era
davvero questione di tempo, ma fino a quel momento, non aveva sentito la
mancanza di una forza superiore. Le bastava ciò che aveva per essere
soddisfatta. Le bastava essere accettata come essere umano, anche se
parzialmente diversa. Amava suo padre, ma desiderava l'umanità all'oniricità.
"Sei molto
silenziosa oggi." Sua madre le camminava accanto, mentre accompagnate dalla luce
del tramonto, si stavano dirigendo verso la loro capanna.
"Forse sono
davvero stanca." Rispose Kaeru, sospirando.
"E' raro vederti
così abbattuta. Solitamente hai energia da vendere."
"Può accadere a
volte di avere una giornata storta, no?" Disse in un soffio.
"Si, può
capitare."
Kaeru si fermò,
lasciando che la madre la distanziasse di qualche passo.
"Mamma, pensi
che Kaede-sama, morirà?"
Kagome si
bloccò, voltandosi per osservare il volto chinato della figlia, ombreggiato per
l'assenza di luce.
"Non lo so.
Davvero, non lo so."
"Noi... non
possiamo davvero fare niente per lei?" Kaeru si morse il labbro inferiore.
Kagome osservò la ragazza e le si avvicinò, sorridendole. Kaeru sentì la mano
della madre contro la sua spalla, come per crearle in qualche modo conforto.
"Kaeru-chan,
lascia che ti dica una cosa. Gli uomini amano e odiano, combattono, provano
sentimenti benché spesso ingiusti. Sono deboli, spesso miseri. Sono poveri,
egoisti. Hanno difetti su difetti. Ma hanno un dono dalla loro: la vita. Vivono,
respirano. Nascono in questa terra per un volere del tutto sconosciuto. Possono
uccidere, ma possono provare misericordia. E tutto questo perché gli è stato
fatto questo dono. Forse immeritato, ma comunque tale. E vi è un secondo dono,
che è stato loro concesso: la morte. Perché, Kaeru, la morte può far paura.
Molta paura. Perché le persone che ami non esistono più da nessuna parte. Ma la
loro scomparsa, è una rinascita. La Morte è solo una continuazione di quella che
noi chiamiamo Vita. E per Kaede è lo stesso. Lei non muore, fintanto che
esisterà qui."
Kagome indicò il
petto della figlia.
Quelle di sua
madre erano state belle parole, ma inconsapevolmente non avevano fatto altro che
accrescere le sue convinzioni: che in fondo, poter vivere, con l'atto
conseguenziale di morire, era il destino di ciascun essere umano. Non il suo.
"Mamma, domani
vorrei andarla a trovare." Disse infine, riprendendo a camminare.
"Va bene. E'
giusto così."
Quella sera andò
a dormire molto presto, senza attendere il ritorno a casa di suo padre. Era
stanca e anche lei iniziava a non comprenderne il motivo. Il lavoro al Tempio
poteva sì, essere stancante, ma le piaceva; per questo aveva aiutato spesso e
volentieri sua madre. Inoltre vi erano state giornate ben peggiori di quella che
stava attualmente terminando. Che fossero i suoi pensieri, a renderla stanca,
era molto probabile. Kaeru chiuse gli occhi, avvolta nella calda coperta del suo
futon. Fuori, tutto il villaggio era immerso in un silenzio sovrannaturale e le
fiaccole, a stento illuminavano le piccole strade. Era diventato molto raro che
qualche demone attaccasse il villaggio durante la notte. E anche durante il
giorno. Questo perché la fama dei suoi genitori era spesso ricorrente a molte
miglia di distanza. Le frecce sante di sua madre e la spada di suo padre erano
rinomate per essere tra le armi più pericolose. Per questo il villaggio, anche
per quella notte, avrebbe dormito tranquillo. Kaeru fece un sorriso a fior di
labbra, abbandonandosi in seguito a quella pace rassicurante.
~~~
Kagome stava in
piedi alla finestra della propria capanna e con una mano, teneva scostate le
piccole tende di stoffa che aveva lei stessa cucito. Stava osservando la piccola
strada che si districava tra le capanne del villaggio. Sorrise al pensiero della
sua ostinazione. Stava spesso delle ore a quella finestra, attendendo il ritorno
di Inuyasha; del tutto inutile, visto che il mezzo demone non era avvezzo a
camminare per strada come un comune essere umano. Negli ultimi anni, quando
Kaeru era cresciuta abbastanza per essere in grado di aiutarla, Inuyasha aveva
preso a viaggiare. Non aveva mai rivelato a nessuno il motivo di quei viaggi, ma
lei, Kagome, in fondo al suo cuore, poteva vagamente immaginarne il motivo.
Inuyasha era un mezzo demone, pertanto avrebbe sempre bramato l'essere un demone
completo.
E questo lo
accettava, perché si era ripromessa di amare tutto di lui. Anche il suo lato
fortemente testardo, anche quel lato che tendeva ad allontanarlo dagli esseri
umani. In quegli anni, Kagome aveva capito che Inuyasha era uno spirito libero,
poco avvezzo ad assere incantenato in un angolo sperduto del mondo. Aveva
compreso che il mezzo demone conservava ben poco di ciò che era stato in
passato. Non era più ingenuo. Aveva coltivato un sarcasmo quasi tagliente,
velenoso. Era altero, e per questo si distingueva dal resto. Freddo, a volte,
nei confronti degli esseri umani.
Sì, sotto certi
aspetti, Inuyasha le ricordava molto Sesshomaru.
Ma da
Sesshomaru, Inuyasha sapeva anche distinguersi. Quella freddezza, che spesso le
incuteva paura, non esisteva per lei o per la loro figlia. Inuyasha, seppur
demone, amava. Ma amava solamente ciò che per lui era più caro. Nient'altro.
Rispettava ogni singolo essere umano, ma non li amava. Nemmeno li odiava,
semplicemente gli erano indifferenti: potevano esistere, come no. E questo in
parte la feriva, perché lei era un essere umano. Ma la logica seguita da
Inuyasha era troppo complicata, troppo profonda perché potesse essere ampiamente
compresa.
Si limitava
semplicemente ad amarlo. E sapere che il suo amore era ricambiato con pari
intensità, a lei bastava.
Udì un rumore
alle sue spalle, mentre una voce biascicata mormorò qualcosa di incomprensibile.
Kagome sorrise, accendendo una piccola fiamma che le permettesse di illuminare
la stanza. Di fronte a lei, a pochi metri di distanza, un uomo dai capelli
argentati, stava in piedi alla porta, quasi incerto sull'entrare.
"Bentornato."
Disse Kagome, accorciando la distanza tra loro. Posò le sue labbra gentili, su
quelle taglienti di lui, sfiorandole in un piccolo bacio. Inuyasha, forse
dimentico di quella sensazione, strinse Kagome a sè, facendola gemere per lo
stupore. Kagome affondò il volto tra le pieghe del suo kimono, assaporando il
profumo inconfondibile del consorte e si abbandonò nel suo abbraccio.
"Si, sono
tornato."
"Lo immaginavo.
Penso di avere un sesto senso." Kagome sorrise contro la stoffa delle sue vesti,
mentre le mani di Inuyasha si allacciavano saldamente dietro alla sua schiena.
"Mi spiace,
stavolta sono stato via per molto più tempo."
Kagome sollevò
il capo, immergendo i suoi occhi grigio-azzurri in quelli dorati di lui. Sapeva
quanto fosse realmente dispiaciuto.
"Non ti
preoccupare, non è successo niente. Tutto è tranquillo come sempre."
"E Kaeru?"
Domandò Inuyasha.
"Kaeru sta
bene," gli rispose Kagome, inclinando leggermente la testa ," penso che tu
domani debba trascorrere un po' di tempo con lei."
Le labbra di
Inuyasha si incresparono in un sorriso malizioso.
"Ma ciò vuol
dire non dedicare il giusto tempo a te."
"Oh, per quello
mi accontenterei di stanotte." Disse Kagome, rispondendo a sua volta a quella
frase provocatoria. Senza attendere la risposta di Inuyasha, Kagome sollevò
braccia attorno al collo del mezzo demone, aderendo maggiormente il proprio
corpo al suo. Avrebbe desiderato fargli molte domande, sui motivi che lo
spingevano a viaggiare, a stare lontano da lei. Avrebbe voluto sapere, ciò che
lui le stava tenendo nascosto. Avrebbe voluto arrabbiarsi con lui, avrebbe
voluto fare i capricci come una qualsiasi donna innamorata.
Ma alla fine,
tutte le sue intenzioni si vanificavano. E tutto per colpa del grande ascendente
che Inuyasha, forse consapevolmente, esercitava su di lei.
Sentì una mano
del mezzo demone scivolare sotto la stoffa del proprio yukata.
Sì, decisamente
le sue intenzioni avrebbero atteso.
A/N: uh,
oh, vi ricordate di me? O meglio, vi ricordate di Ritorno al Passato? Non so se
per voi sarà una disgrazia o meno, ma quello che avete terminato di leggere è il
primo capitolo dell'ormai ufficiale sequel di Ritorno al passato, anche
conosciuta come i primi-ventinove-capitoli della mia carriera da
fan-writer. Spero apprezzerete NMW esattamente come avete fatto per Ritorno al
Passato. Naturalmente, mi pare ovvio che aspetto dei commenti.
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Filosofia di vita ***
New Page 3
Capitolo III
Filosofia di
vita
Si osservò le
mani, magicamente avvolte da uno strano bagliore. Si trattava di una luce
soffusa, ma allo stesso tempo per niente accecante. Una luce che appariva ogni
qualvolta che posava le sue mani sulla pelle di un essere umano, ogni volta che
voleva curare le ferite di un sofferente. C'è chi tutto ciò lo chiamava arti
curative, chi magia bianca, ma sempre e comunque era un dono per soccorrere chi
aveva bisogno di cure. E quel dono, sorprendentemente, le era rimasto. O meglio,
le era apparso di nuovo, dopo la nascita di Kaeru. Alcune volte, scompariva,
passavano giorni in cui lei non aveva la possibilità di curare. E lo stesso
accadeva per le sue frecce: giorni in cui il bersaglio veniva centrato in pieno,
giorni in cui la sua mira regrediva come i primi tempi. Probabilmente, gli
effetti dello Shikon avevano un qualche ruolo in tutto ciò; quella volta, quando
lo Shikon le era penetrato dentro, quando era diventata tutt'uno con lui,
qualcosa dentro di lei era cambiato. Non sapeva dire se in meglio, ma senz'altro
poter essere utile per alleviare i dolori altrui era qualcosa di positivo. A
distanza di anni, credeva a stento agli effetti benefici dello Shikon. Lo Shikon
no Tama, un nome che anche in quel momento le suonava ostile... per tutto ciò
che aveva causato, per le illusioni che le aveva dato. Benché l'avesse
purificata, benché avesse permesso la nascita di Kaeru, non riusciva a perdonare
le sofferenze che la Sfera le aveva procurato. Fortunatamente per lei, e per
gran parte del mondo, lo Shikon era scomparso, forse inglobato in qualche corpo,
forse seppellito da qualche parte. Non percepiva più la sua presenza, ma era
anche molto probabile che avesse perso il potere di
sentirlo. E a lei andava
bene. Adesso, non era più la ricerca dello Shikon a tenerle impegnata la mente,
bensì Inuyasha con i suoi strani comportamenti. Da quando il mezzo demone aveva
preso a viaggiare, perdendo interesse a raccontarle le sue esperienze, il tarlo
del dubbio aveva iniziato a crescere in lei. Era possibile che fossero davvero
semplici viaggi, dettati unicamente dalla noia, come potevano essere viaggi per
tutt'altro tipo di intenti. Diventare un demone completo, ad esempio. E allora,
giunta a quelle conclusioni, non capiva più. Non capiva più perché Inuyasha si
ostinasse a raggiungere la perfezione onirica, come non comprendeva il motivo
che lo spingeva a non parlarne con lei. Aveva forse timore che s'arrabbiasse?
Che lo obbligasse a rimanere con lei e con sua figlia? Era un timore fondato;
perché se avesse avuto il potere di soggiogarlo, probabilmente lo avrebbe
fermato. Come era altrettanto probabile, che non avrebbe fatto niente, che
l'avrebbe semplicemente guardato, senza dire una parola. Debolezza? Forse. Si
arrabbiava con lui, gli gridava contro, lo minacciava, ma alla fine il risultato
era sempre lo stesso: una placida rassegnazione, forse causata da quello sguardo
ambrato, che sembrava inibire tutte le sue intenzioni bellicose. Se era la forza
ciò che Inuyasha bramava, non poteva far altro che opporsi in silenzio,
lasciando però intendere la sua disapprovazione. Per il resto, doveva pensare a
Kaeru, perché sedici anni era l'età in cui si credeva di sapere e poter fare
tutto, mentre invece, non si sapeva e non si poteva fare niente. Lei lo aveva
capito quando aveva incontrato Inuyasha per la prima volta; lo aveva capito
durante gli attacchi dei demoni, durante quelli di Naraku. Si era sentita
impotente di fronte a Kikyo. Per questo, come madre, si sentiva in dovere di
guidare la sua unica figlia, permettendole, però, di scegliere la strada da
intraprendere da sola. I piccoli successi di ogni giorno ed anche le
preoccupazioni disseminate in quel cammino che è la vita, permettevano all'anima
di una persona di crescere e maturare. Perché la vita non guardava in faccia
nessuno, ti metteva alla prova quasi costantemente e se non eri pronto per
affrontarla, ti lasciava indietro. E lei, molto spesso, si era trovata la vita
davanti, cruda e meschina. E aveva faticato non poco per andare di pari passo
con lei, per raccogliere il positivo che poteva donare. Quindi, non avrebbe mai
permesso a nessuno, nemmeno ad Inuyasha, di rovinare tutto ciò che lei aveva
ricostruito. In quei quindici anni aveva sguainato gli artigli per proteggere
ciò che aveva di più caro, si era leccata le ferite come un animale ferito a
morte, aveva rinunciato alla famiglia che l'aveva cresciuta e per cosa? Per
veder crollare, un giorno, tutto ciò che lei aveva messo in piedi? No. Se una
persona persisteva nei suoi intenti, poteva davvero ottenere ciò che voleva. La
vita poteva davvero dimostrarsi generosa nei suoi confronti. Come era accaduto
alla vecchia Kaede. Era viva, era sopravvissuta. Era stata lei a ritrovarla tra
il sangue di demoni ed esseri umani. Il petto che le si sollevava a fatica, le
ferite che aveva inferte. Il dolore poteva far nascere negli umani il desiderio
della morte, dell'annullazione completa delle sofferenze, eppure Kaede le aveva
raccontato che proprio quel dolore l'aveva mantenuta in vita. Perché le
sofferenze, benché dure e crudeli, erano una dimostrazione dell'essere vivi.
Finché il sangue scorreva nelle vene, era possibile provare sensazioni,
emozioni. Era possibile rallegrarsi alla vista di un fiore, era possibile
rattristarsi di fronte ad un evento spiacevole. Così era il mondo: bello,
triste, ingiusto. Ed il compito di ciascuno stava nel viverci. Perché vivere era
tutto quello che potevano realmente fare per dimostrare a se stessi di volersi
bene.
"Kagome-sama,
come sempre è stata la mia salvezza."
L'uomo si diede
una pacca sul punto in cui prima sorgeva la ferita. Era caduto durante la semina
del grano, ferendosi accidentalmente con l'utensile che usava per arare il
proprio campo. Non era una ferita grave, il sangue era dapprima fuoriuscito
copioso, ma alla fine si era fermato, coagulandosi con il passare del tempo.
Ferite come quelle, nel mondo in cui prima viveva, non attiravano quasi
l'attenzione di nessuno. Nel Sengoku Jidai, invece, potevano anche essere un
rischio rivelante dal momento che nessuno sapeva cosa significasse il termine
disinfettare. Fatto
stava, che in quell'epoca, i corpi crescevano possenti e robusti, proprio per
innalzare le difese immunitarie dell'organismo. In poche parole, le persone
cercavano di difendersi come meglio potevano.
"Kagome-sama?"
Sollevò le sue
iridi grigio-azzurre sulla donna che le stava di fronte.
"Kagome-sama,
forse per oggi dovrebbe riposarsi. Non crede?"
Rivolse uno
sguardo all'esterno del Tempio. L'imbrunire aveva parzialmente oscurato le
fronde degli alberi, mentre la falce lunare risplendeva in un punto privo di
stelle. Da quando Inuyasha aveva fatto ritorno a casa, ovvero la notte
precedente, la sua mente era stata invasa da una moltitudine di pensieri, di
domande che l'avevano un poco distratta dalla sua vita quotidiana. E come aveva
previsto, quel giorno era trascorso senza che lei se ne accorgesse.
"Sì.
Tsujikai-sama puoi andare, non è necessario che ti intrattenga oltre. Sistemerò
io quel che resta da fare nel Tempio."
La donna si
inchinò più volte, per poi scomparire di fronte al suo sguardo. Tornata ad
essere di nuovo sola, aveva ripreso la linea dei suoi pensieri.
***
Prima di parlare, Kaede-sama l'aveva
osservata attentamente, quasi come per volerle leggere dentro l'anima. Aveva
sostenuto il suo sguardo, seduta di fronte ad un tè ormai del tutto freddo,
tradita solamente dall'agitazione delle sue mani, che si muovevano nervose sul
suo grembo. Perché stava provando tanta ansia? Lei che nemmeno aveva conosciuto
o toccato con mano la Sfera dei Quattro Spiriti. Lei che aveva solo sentito
parlare degli eventi del passato. Cos'era stato lo Shikon per attirare così
tanto le ire di sua madre? Vediamo, cosa sapeva lei? Suo padre e sua madre erano
esseri immortali, per motivi differenti. Suo padre era un mezzo demone,
pertanto, se non veniva ferito durante le notti di Novilunio, neanche la lama di
una spada poteva ucciderlo. Sua madre era stata resa immortale, per volere di un
demone, che l'aveva rapita ed usata. Perché sua madre era capace di vedere lo
Shikon, il Gioiello bramato da tutti. E non sapeva altro. La sua immortalità,
probabilmente, derivava dal fatto che era nata da loro due.
– Kaede-sama, perché mio padre vuole
trovare lo Shikon? –
– Kaeru, cosa sai tu dello Shikon? –
– Lo Shikon... era una Sfera bramata
da demoni e da esseri umani, perché sapeva donar loro poteri immensi. –
– Con ciò che sai, tuttavia non
comprendi gli intenti di tuo padre? –
– ... –
– Come hai detto tu, la Sfera dei
Quattro Spiriti dona poteri e forza immensa a colui che la ingloba. E se colui
che la usa è un mezzo demone, egli può aspirare a raggiungere l'oniricità
completa. –
– Papà vuol diventare un demone
completo. –
– ... –
Diede un piccolo calcio ad un sasso
nelle vicinanze, lasciandolo affondare nelle calme acque del fiume. Era bastata
quella breve, ma esauriente spiegazione di Kaede-sama, per farle aprire gli
occhi sugli intenti del padre. Allora, essere un demone completo, era così
importante? Probabilmente, per una persona che non sapeva schierarsi da nessuna
parte, sì. Esattamente come lei. Nè umana, nè demone. Suo padre aveva rivisto lo
Shikon, aveva viaggiato con l'intento o meglio, con la speranza di poterlo
trovare, pur sapendo di fare un torto a sua madre.
– E mamma non approva. – Concluse,
guardando di nuovo la vecchia sacerdotessa. Kaede-sama scrollò le spalle.
– Non conosco i pensieri di tua
madre a riguardo, ma penso che non possa farle piacere. Se Inuyasha diventasse
un vero demone, potrebbe disconoscere sia te che Kagome-sama. In passato è già
successo qualcosa di simile. – La guardò, aggrottando la fronte. Kaede parve
intuire la perplessità della ragazza.
– Sicuramente conoscerai la storia
di Tessaiga, la spada di Inuyasha. Tessaiga non è solo una semplice arma da
difesa, essa placa il sangue demoniaco di tuo padre. In assenza di questa spada,
Inuyasha perde coscienza di se stesso e viene risucchiato dalla proprie indole
demoniaca. –
E adesso, comprendeva anche il
motivo per cui suo padre portava sempre appresso Tessaiga. Come le aveva detto
Kaede, l'indole demoniaca lo isolava da tutto e da tutti, perfino da sua madre.
– Il fatto è che, una volta divenuto
demone e perso il controllo di sè, Inuyasha non è più in grado di distinguere la
differenza tra bene e male. Sente solo il desiderio di uccidere, demoni od
esseri umani, chiunque si opponga lui. Mi duole dover essere proprio io a
renderti consapevole di tale cosa,ma credimi, tuo padre ti vuole bene, perché tu
sei parte di lui e parte della donna che ama. Purtroppo, comprendo l'apprensione
di tua madre. Se Inuyasha dovesse trasformarsi in un demone, è molto probabile
che smetta di ascoltare il proprio cuore. E allora, nè tu nè Kagome-sama,
sareste al sicuro. – Aveva detto quelle parole, mantenendo sempre il volto
chino.
– Se davvero è come dici,
Kaede-sama, non riesco a comprendere perché mio padre voglia diventare demone.
Se essere un demone significa smettere di amarci, può anche darsi che per lui
non siamo così importanti come mi volete far credere. Se essere un demone
significa mettere in pericolo le nostre vite, mi dispiace, ma non vedo affetto
nei nostri confronti. – A discapito delle apparenze e del tono fermo della voce,
dentro, il suo cuore era andato in pezzi.
In pezzi. Esattamente come il sasso
che aveva gettato nel fiume. Esattamente come le pietre che stava calpestando.
Perché quelle parole, l'avevano davvero distrutta; le avevano fatto dubitare
dell'amore di suo padre, che fino a poche ore prima, credeva scontato. Invece,
niente era scontato. Si vergognò della propria natura, comprendendo perché gli
esseri umani fossero tanto ripugnati dalla loro esistenza. Perché erano esseri
spregevoli, esseri capace solo di uccidere per soddisfare puro e semplice
desiderio. Lei non aveva mai sperimentato, però sapeva che era così. Nessuno le
aveva mai detto come ci si sentiva, ma sapeva che era così. Perché parte di lei
era devota al male, a quella malvagità gratuita. Quando provava odio, aveva
paura. Eppure, sua madre diceva che l'odio era una forma d'amore, perché odiando
qualcuno non si riusciva a provare indifferenza. Lei aveva paura lo stesso,
anche dell'indifferenza. Aveva paura di provare noncuranza per gli esseri umani,
per ciò che le stava attorno.
– Adesso che sai... rifletti. Sei
libera di parlarne con tua madre, ma sei anche abbastanza matura per non farlo.
–
– Voi pensate che non dovrei
dirglielo. –
–...–
– Probabilmente non lo farò. Giusto
perché non voglio mettere in appresione la mamma. Mi sembra già abbastanza
strana da quando papà è tornato a casa. Sicuramente anche lei avrà sospettato
qualcosa. Io voglio bene ad entrambi, per questo preferisco tacere. E per quanto
riguarda mio padre... se papà ne vorrà parlare, lo farà da solo, ma soprattutto
di sua iniziativa. Se ci vuole davvero bene, agirà di conseguenza. –
"Kaeru."
Si voltò, immergendo il suo sguardo
in degli occhi ambrati.
"Papà." Non lo aveva chiamato padre,
non sentiva necessario porre le distanze da lui.
"Dov'è tua madre?"
Si sollevò, assumendo un'aria
pensierosa. Era rimasta gran parte del tempo all'ansa del fiume, ma non aveva
visto sua madre passare. E considerando che quella strada era obbligatoria per
giungere a casa loro, doveva passare di lì per forza.
"Probabilmente è sempre al Tempio.
Strano, non fa mai così tardi." Aveva usato un tono di voce leggermente
preoccupato che non passò inosservato ad Inuyasha. Il mezzo demone si voltò,
dando le spalle alla ragazza, e prese a dirigersi verso la zona del Tempio.
Kaeru rimase ad osservarlo di spalle, preferiva che suo padre incontrasse la
madre da solo, nell'eventualità che volesse parlarle dello Shikon.
"Kaeru-chan, quanto tempo?"
La ragazza si voltò, sorpresa dal
constatare di non essere sola. Un uomo dal bell'aspetto stava in piedi dietro di
lei, attendendo un suo saluto. Fece scorrere lo sguardo sugli abiti che
indossava ed all'improvviso parve riconoscerlo.
"Miroku-kun!"
L'uomo aveva fatto un cenno
d'assenso col capo, sorridendole, e Kaeru arrossì un poco. "E' di ritorno dal
suo lavoro?" No. Ricordava che suo padre aveva detto di volerlo incontrare.
"Sì e no." Sorrise enigmatico il
monaco. Kaeru aggrottò la fronte in segno di perplessità. Poi, parve ricordare
gli avvertimenti della madre.
"Senza dubbio lei è una persona
molto strana." Kaeru sbottò. Il monaco rise di gusto alle sue parole.
"Sono sicuro che Inuyasha e
Kagome-sama ti hanno parlato di me."
Kaeru dispiegò le labbra in un
sorriso. Strano, ma divertente.
"Mhm, hai incontrato tuo padre?"
"Sì, è andato al Tempio dalla
mamma."
"Capisco, allora penso che tornerò a
casa."
"Mi saluti Sango-san!"
"Perché non vieni a trovarci uno di
questi giorni? Potresti ricevere una bella sorpresa!" Disse allegro il monaco.
"Sorpresa? Che genere di sorpresa?"
Domandò incuriosita Kaeru.
Miroku le strizzò un occhio, ma non
le rispose. Sollevò il bastone in segno di saluto e prese a saltellare nella
direzione opposta a casa sua. Kaeru sollevò un sopracciglio, osservando la parte
da cui era giunto il monaco.
Scrollò le spalle e prese un sasso
tra le mani, gettandolo in acqua. Come diversivo, avrebbe pensato alla sorpresa.
N/A: oh, oh, stavolta ammetto
di essermi trovata in difficoltà... avevo dimenticato che Kagome aveva perso i
poteri in RP. Mi perdonate la svista? Invece Kaede la rivolevo viva, mi serve (è
sorprendente come si possa riportare in vita i personaggi dal niente) e spero
che non sia apparsa come una forzatura. Lasciate che dimostri la mia sorpresa
alle 23 recensioni che hanno riscosso i primi due capitoli, davvero non
credevo... ma naturalmente fanno di me una donna felice. Detto questo, vi prego
di farmi notare altri errori nella trama (siete più brave di me) perché a volte
i miei tre neuroni hanno difficoltà a ricordarsi ventinove capitoli. Passiamo
quindi alle rispose ad personam.
^Kia^: le tue domande
conosceranno ben presto una risposta, anche se per una di esse, qualcuno c'ha
preso.
Cri-chan: eh, eh, me si
inchina perché l'avevo dimenticato. Però, leggendo la tua recensione, oltre ad
essermi data della scema, sono accorsa a riparare al danno.
Saffron: e ti preoccupi? Io
avevo dimenticato una cosa importante come la perdita dei poteri! E questo
errore non mi fa onore ^^
Frank: perspicace e sulla
buona strada. Sì, in effetti ho reso Inuyasha un po' freddino nei riguardi di
Kaeru, ma è pur sempre suo padre.
Rubin89: vedrai che Kaeru
saprà stupirti, perché ricordiamo che è figlia di Inuyasha, pertanto non è
totalmente umana. Comunque i tuoi complimenti mi fanno arrossire e spero di
meritarli al cento per cento.
Un mega grazie anche a
Vale_chan, Cabiria,
*Lamù*, Lirin chan, Mel-chan, Elychan e Tessa.
E alla prossima,
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Dopo sedici anni, di nuovo ***
New Page 1
Capitolo IV
Dopo sedici
anni, di nuovo
Quando anche
l'ultima fiammella fu privata d'ossigeno, il Tempio cadde nell'oscurità più
completa. Al contrario, la notte era molto più luminosa; la falce di luna
calante si impegnava a rischiarare un poco la volta celeste, aiutata in parte
dal timido tremolio delle stelle. Era una notte tranquilla, come molte altre lo
erano state in passato; in lontananza si poteva distinguere i gorgoglii
dell'acqua nei ruscelli, il fruscio diffuso delle chiome degli alberi e qualche
suono, provocato da qualche animale notturno. Niente di più, se non una calma e
rilassante serenità.
Kagome, avvolta
nel suo abito da miko, prese a scendere con cura i gradini di pietra, prestando
la massima attenzione ai sassi sporgenti che spesso attentavano coloro che si
apprestavano a scendere. Lungo la scalinata, disposte in modo perfettamente
allineato, delle fiaccole emanavano una luce calda, quasi ipnotica,
permettendole di vedere in quella notte avvolgente. I suoi passi erano
accompagnati dal suono sordo dei suoi geta, che andò pian piano mischiandosi con
un secondo rumore di passi, proveniente di fronte a lei.
Si arrestò, quasi
al centro della scalinata. A pochi metri di distanza da lei, il mezzo demone
Inuyasha attendeva con le braccia incrociate al petto. Accortosi da molto della
presenza della donna, Inuyasha aveva atteso che scendesse. Kagome osservò i
lineamenti taglienti del demone alla pallida luce delle fiaccole, che,
tremolanti, offrivano un gioco di luci sulla chiara pelle del consorte. Non si
sorprese di trovarlo lì, ad attenderla. Quando Inuyasha tornava a casa, e per
tutto il tempo che vi rimaneva, era solito aspettarla dopo le sue funzioni al
Tempio del villaggio. Perché si annoiava, le aveva detto una volta. In realtà,
Kagome sapeva che era un semplice gesto di protezione nei suoi confronti.
Così, come
sempre, la donna accorciò la distanza tra loro, piegando gli angoli della bocca
in un sorriso grato.
"E' tardi."
Inuyasha la
guardò con sguardo colmo di rimprovero, ma Kagome, per niente intimorita, si
sollevò sulle punte, sfiorando le labbra del demone con le proprie. Nonostante i
suoi pensieri e le sue preoccupazioni, non poteva fingere indifferenza di fronte
a lui. Per questo, si lasciò abbandonare tra le braccia del consorte, respirando
un poco l'aria che trapelava dalle sue vesti. Bastava un solo gesto affettuoso
da parte del mezzo demone, che tutte le sue ansie l'abbandonavano come se mai
fossero esistite. Dentro di lei dilagava una serenità quasi sovrannaturale, come
se la sua anima avesse cessato di vagare, trovando un luogo sicuro in cui
potersi rifugiare. Era ciò che tutti chiamavano Amore, del resto.
"A quanto pare,
ti stavi annoiando." Gli disse, nascondendo un sorriso tra le pieghe del suo
kimono.
"A morte."
Inuyasha continuò a mantenere la stretta attorno alla donna. Kagome sollevò lo
sguardo, tuttavia senza incontrare quello del mezzo demone, intento ad osservare
chissà quale punto attorno a loro.
"E sei tornato
solo da un giorno." Alla fine, non era riuscita a mascherare il tono ansioso
della propria voce. E come le fu prevedibile, Inuyasha se ne accorse.
"Stavolta non
vado via... per lo meno, non subito."
Kagome aggrottò la fronte, non molto
convinta delle sue ultime parole: vi era realmente qualcosa che, nonostante
tutto, Inuyasha rifiutava ancora a dirle. Ricordandosi dei propri pensieri,
Kagome si scostò un poco dal petto di Inuyasha, sciogliendo l'abbraccio che li
aveva precedentemente legati. E si sforzò di renderla un'azione del tutto
normale.
"Hai parlato con Miroku?" Domandò
Kagome, riprendendo a scendere le scalinate del Tempio.
Inuyasha la seguì, affiancandola e
tornando a incrociare le braccia al petto.
"E' da molto che non lo vedo.
Sango-chan mi ha detto che ultimamente era molto preso dal lavoro."
"Sì, l'ho incontrato e penso che a
quest'ora abbia già fatto ritorno a casa."
Kagome rimase in silenzio. Quando
giunsero in fondo alla grande scalinata, la donna si voltò a guardare il mezzo
demone, tenendo le mani incrociate sul davanti.
"Sarò sincera con te, Inuyasha.
Sento che mi stai nascondendo qualcosa." Dalla sua voce non trapelò alcuna
emozione.
Il mezzo demone la fissò per qualche
minuto, come ostinato in un silenzio forzato.
"E a giudicare dal tuo silenzio, ho
ragione." Kagome abbassò lo sguardo, tornando a camminare e voltando le spalle
al consorte.
"Non voglio di certo forzarti a
parlare, tesoro, ma non trattarmi come una stupida, perché non lo sono." E senza
attendere una risposta del mezzo demone, scomparve, come inghiottita dalla
notte.
Aveva già preso posto tra le coperte
del suo futon, ma sentendo dei passi, si era seduta prestando ascolto ad ogni
minimo rumore. Ecco, ciò che le mancava veramente era un po' di forza fisica da
usare per difendere se stessa. Suo padre non le aveva mai insegnato niente,
mentre sua madre non era propensa ad usare la forza bruta. Oh, ma a lei la forza
non serviva, perché anche senza i propri poteri, sfruttava la sua bellezza per
ammaliare gli assalitori. Dopodiché, un pugno o un calcio nei posti giusti, come
era solita dire, erano più che sufficienti.
"Amore, sono io."
Kagome si affacciò alla porta della
figlia, intuendone subito le paure.
"Mamma! Hai idea di quanto è
tardi?!" Disse Kaeru, risentita, ma anche sollevata.
"Scusami, hai mangiato?" Le domandò
dolcemente Kagome, inginocchiandosi a fianco del futon. Sollevò una mano,
andando a scompigliare la folta chioma della ragazza, che subito si rilassò a
quel contatto. Kaeru, dopo qualche minuto, si accorse dell'assenza del padre.
"Mamma, papà non è con te?"
"Mhm, no. Penso che papà stasera non
tornerà a casa."
Kagome si fece forza sulle ginocchia
e si portò in piedi, fissando la figlia ancora semi seduta nel proprio letto.
Kaeru sollevò lo sguardo alla ricerca di quello della madre, cercando di
mostrare alla donna la perplessità che trapelava dai suoi occhi.
"Avete litigato?"
Forse papà le ha parlato dello
Shikon. Un pensiero legittimo, visto il comportamento della madre. Kagome
distolse lo sguardo, lasciandolo vagare nella stanza.
"Mhm, può darsi. Lo facciamo tanto
di frequente che non so se si tratti di una vera litigata."
"Ma... sei arrabbiata?" Domandò
Kaeru titubante, perché nonostante tutto, la freddezza di Kagome era qualcosa di
sconvolgente.
"Non lo so. Ma so che vorrei
dimostrarlo apertamente... invece, a quanto pare non mi riesce."
"Sei arrabbiata, mamma." Concluse
Kaeru. Ed era normale che lo fosse, no?
Kagome piegò il capo di lato.
"Chiunque può arrabbiarsi: questo
è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, e al momento
giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità
di chiunque e non è facile." Ed infine, emise un sospiro rassegnato.
"Oh."
"Sono parole di Aristotele." Kagome
sorrise all'espressione sbalordita della ragazza.
"Aristo- cosa?" Domandò confusa.
Kagome scrollò le spalle.
"Un filosofo greco, ma tu non puoi
sapere."
Kaeru assunse un'aria imbronciata.
"Sai sempre cose che mi lasciano
interdetta mamma... non è che nascondi chissà quale segreto?"
Kagome guardò la figlia, sorpresa, e
dopo qualche secondo, realizzata la domanda, si mise a ridere.
"Che sciocchina!" Si chinò, dandole
un piccolo buffetto sul naso ", ricorda che la tua mamma non è nata nel Sengoku
Jidai!"
"Certo che lo ricordo!" Disse Kaeru,
scostandosi e fingendosi arrabbiata.
"Sù, adesso dormi." Disse Kagome,
baciando la fronte della ragazza.
Kaeru rispose al saluto della madre,
cacciandosi di nuovo tra le pieghe del proprio futon. Già, molto spesso
dimenticava che sua madre era originaria di un altro posto, o come amava
definirlo lei, un'altra dimensione. Quando parlava del mondo in cui era nata,
sua madre usava termini complicati, a lei completamente ignoti. Le raccontava di
come le persone vivevano, dell'assenza dei demoni. Un mondo solo popolato da
esseri umani. E lei, ogni volta, fantasticava sulle parole della madre.
"Televi-visione?"
"Sì, gran
bella invenzione." Sua madre si era lasciata andare in un sospiro. La stava
osservando con tanto d'occhi, non avendo compreso affatto il significato di
quella parola. Sua madre era una donna strana, se non addirittura bizzara.
Spesso farneticava parole senza senso, rimpiangendo comodità che nel Senjoku
Jidai le erano precluse. Sbuffava annoiata, si arrabbiava per un nonnulla,
divenendo intrattabile. Tutto questo perché sua madre proveniva da un altro
mondo, dal futuro.
"Con quella,
raramente ci si annoiava."
"Mhm, ma cosa
è esattamente?" Domandò, sapendo già in anticipo che non avrebbe compreso.
"Una scatola
con dentro delle immagini che si muovono, con persone che parlano, che in realtà
possono trovarsi anche a grandissima distanza."
"Uao." Aveva
capito, o meglio, non aveva capito, ma poteva lavorare di immaginazione.
"Mamma, sei
più tornata a casa? Nel tuo mondo, intendo?" Aveva osservato lo sguardo della
madre diventare sempre più triste.
"No."
"E perché?"
"Perché non è
così semplice. Inoltre, non saprei come tornarci." Le aveva sorriso, ma aveva
capito che lì, nel Sengoku Jidai, sua madre non era completamente felice.
Un boato tremendo ferì le sue
orecchie, mentre con una velocità sorprendente per il suo stato di sonno, si
portò a sedere sul letto. Borbottò qualche domanda confusa, mentre a fatica si
portava in piedi verso la finestra. Ogni suo tentativo fu, infine, vanificato da
una profonda scossa, che fece tremare la terra fino allo spasimo. Cadde
indietro, dopo aver tentato inutilmente di afferrarsi a qualcosa; ma la sua
stanza era tanto spoglia da offrire ben pochi appigli. La finestra di legno si
spalancò all'improvviso, facendo entrare un'ondata di luce e calore, e qualcosa
che Kaeru riconobbe come cenere. Kagome corse dentro la stanza della figlia,
abbracciandola da dietro.
"Mamma?! Che succede?!" Kaeru si era
aggrappata alle vesti della madre, terrorizzata dall'intera situazione.
"Stai tranquilla, tesoro! Vieni con
me!" Kagome si sollevò in piedi, affacciandosi alla finestra della stanza e
guardando con sguardo preoccupato ciò che stava accadendo all'esterno. Fuori,
laddove sorgeva la Foresta del villaggio, una piccola parte degli alberi era
avvolta dalle fiamme, mentre la parte restante della boscaglia sembrava
addormentata in un placido sonno. La donna si scostò, sollevò in piedi la figlia
e, tentando di mantenere un equilibrio, si recò con lei nella stanza adiacente.
Kaeru osservò la madre mentre spostava violentemente il proprio futon, liberando
da qualsiasi ostacolo un piccolo quadrato di legno.
"Vai qua dentro!" Le gridò, cercando
di farsi sentire da Kaeru, mentre con una mano aveva scoperto qualcosa che aveva
l'aria di essere una botola. La ragazza guardò la madre e il suo viso contratto
in un espressione indecifrabile. Le afferrò un lembo dello yukata ed urlò con
altrettanta forza.
"Mamma! Che cos'era quella luce
viola? Quella sulla Foresta?!"
Kagome osservò la figlia, con
sguardo sorpreso. Fece per parlare, ma le grida degli abitanti del villaggio
attirarono la sua attenzione; sentendo il proprio nome gridato dall'esterno,
Kagome afferrò le spalle di Kaeru.
"Ascolta, promettimi che non uscirai
da lì dentro."
Kaeru abbozzò a un cenno d'assenso,
mentre si calava in quel buco, buio quanto la notte. Quando scivolò
completamente, sua madre le richiuse la via d'uscita sopra il capo, lasciandola
un poco sgomenta ed impaurita. Kaeru distolse lo sguardo dal punto in cui prima
stava Kagome, lasciandolo vagare attorno a lei. L'oscurità completa.
"Kagome-sama!" Una donna con in
braccio un bambino l'aveva chiamata con voce strozzata ed impaurita. Aveva i
lembi delle vesti bruciate, mentre il bambino, apparentemente sano, piangeva a
dirotto tra le sue braccia.
"Kagome-sama! Il fuoco sta divorando
la Foresta!"
"Kagome-sama!" Un gruppo di uomini,
armati di falci e zappe, accorse dalla sacerdotessa. "Che si tratti forse di
demoni?!" Kagome li aveva osservati, impugnavano armi rudimentali, che avrebbero
avuto poco effetto sul nemico, qualora ci fosse stato. La sacerdotessa rivolse
uno sguardo alla Foresta, mentre una smorfia distorse le sue labbra rosate. Si
osservò le mani, imprecando subito dopo. I suoi poteri erano scomparsi ed un
ulteriore prova era il fatto che non vedeva l'aura maligna sopra la Foresta. E
lei sapeva che c'era, dato che Kaeru l'aveva vista.
"Ascoltate!" Kagome gridò a pieni
polmoni alle persone che la circondavano.
"Dobbiamo salvare il villaggio, per
questo dobbiamo usare l'acqua del fiume per spegnere il fuoco!"
"Ma Venerabile Kagome, se si
trattasse di demoni?!" Un vecchio stava brandendo un bastone scarno.
"Il Venerabile Inuyasha! Lui
potrebbe sconfiggerli!" Una seconda voce si sollevò dalla folla. Kagome strinse
i pugni lungo i fianchi.
"Andrò a cercarlo! Voi fate come vi
ho detto! State tranquilli, andrà tutto bene." Kagome sorrise, e tutti parvero
ricambiare il gesto della donna.
Kaeru colpì con i pugni serrati il
piccolo quadrato appena visibile in quell'oscurità; benché sua madre le avesse
raccomandato di restare in quel luogo, Kaeru sentiva una forte preoccupazione
crescere dentro di lei, accompagnata dal fatto che non amava per niente il buio
che la circondava. Con un ultimo sforzo, sollevò la botola e a fatica ritornò
nella stanza di sua madre. Come le fu prevedibile, la donna non c'era,
probabilmente era accorsa all'esterno chiamata dagli abitanti del villaggio. La
terra sembrava essersi calmata, emanando di tanto in tanto piccoli rantoli
sofferenti. La porta della loro capanna era aperta, permettendo a Kaeru di
vedere il movimento frenetico che vi era all'esterno. Fece forza sui propri
piedi, sollevandosi. Quando sollevò di nuovo lo sguardo verso il rettangolo
della porta, una figura oscurò la scarsa luce che da esso vi penetrava.
"Papà!" Quasi pianse nel vedere il
padre.
Inuyasha corse verso di lei,
avvolgendola tra le braccia. Kaeru, confortata da quel gesto, sentì le proprie
membra rilassarsi. Poi, il pensiero di sua madre tornò a farsi vivido nella sua
mente. Afferrò le braccia del padre, stringendo la stoffa del suo kimono tra le
dita.
"Papà! La mamma-!"
"Lo so, sta tranquilla." Gli occhi
ambrati del mezzo demone trasmisero un poco di calma alla ragazza.
"Qualunque cosa succeda, tu rimani
qui e aspetta Kagome." Detto ciò, sciolse l'abbraccio da Kaeru.
"Papà? Non avrai mica intenzione di
andare là, vero?!" Kaeru ebbe paura al pensiero che suo padre si sarebbe diretto
verso la Foresta. Inuyasha, per tutta risposta, le rivolse un leggero sorriso. E
ciò la preoccupò ulteriormente. Il mezzo demone fece per andarsene, ma Kaeru gli
afferrò un lembo dei pantaloni. Stava piangendo e nemmeno se ne era resa conto.
Non voleva che suo padre se ne andasse, perché quell'ansia che stava provando e
che non riusciva a spiegarsi, l'aveva terrorizzata. Come la terrorizzava il
fatto che lui e sua madre potessero esservi in qualche modo coinvolti. Inuyasha
osservò le guance bagnate della figlia e sollevò una mano sul capo della
ragazza. Nel sentire il calore del padre, Kaeru sbarrò gli occhi sorpresa.
"Adesso, fa come ti ho detto."
Kaeru osservò il padre uscire dalla
capanna, in silenzio, esattamente come vi era entrato.
"Inuyasha!" Kagome era accorsa verso
di lui, respirando a fatica, anche a causa del fumo che stava soffocando l'aria
del villaggio. Il mezzo demone brandì Tessaiga, che subito prese a palpitare tra
le sue mani. La sacerdotessa osservò il consorte con accentuata preoccupazione,
probabilmente, avevano pensato alla stessa cosa.
"Fa attenzione." Aveva sussurato.
Inuyasha rivolse lo sguardo su di lei e, con velocità sorprendente, le diede un
bacio sulle labbra arrossate. Dopodiché, prese a correre in direzione della
boscaglia.
"Mamma!" Kaeru era uscita,
raggiungendo la madre, ma si era bloccata. Kagome si asciugò velocemente gli
occhi, tornando ad assumere uno sguardo determinato.
"Ti avevo detto di non muoverti!" Il
tono arrabbiato della sua voce fece un poco indietraggiare Kaeru. La ragazza
abbassò lo sguardo, stringendo i pugni lungo i fianchi. Si inchinò di fronte a
Kagome, mentre quest'ultima la guardava perplessa.
"Gomen ne, mamma."
Detto ciò, scappò, nella stessa
direzione che aveva preso suo padre. Kagome, colta di sorpresa, gridò il suo
nome, ma Kaeru non accennò a fermarsi. Sentiva il suo cuore batterle
all'impazzata nel petto, mentre andava accorciando la distanza con la Foresta.
La luce viola sopra le chiome scure degli alberi andava via via aumentando
d'intensità, mentre il respiro si indeboliva a poco a poco per l'odore acre del
fumo. Si portò una mano sul volto, cercando di trattenere più aria possibile.
Non sapeva spiegarsi il motivo di quel gesto, del perché volesse con tutta se
stessa seguire suo padre. O forse, dentro di sè, poteva esistere una risposta a
quella sua perplessità...
Il calore di quella mano.
N/A: allora, innanzitutto
come molti di voi sapranno gomen ne è traducibile con scusa. Detto
questo, spero abbiate gradito il capitolo! Volevo poi farvi sapere una piccola
cosa che a suo tempo dimenticai di dire in Ritorno al Passato. Ovvero il
significato del nome Kaeru. Kaeru è un verbo giapponese traducibile con
il nostro ritornare. Da qui, il collegamento con Ritorno al passato. Eh,
sì, perché non scelgo i nomi a caso, inoltre 'kaeru' era un termine abbastanza
carino per essere adottato come nome... se poi in Giappone qualcuno ha questo
nome... non lo so. Bene, ringrazio per le recensioni e rispondo a vostri dubbi e
perplessità:
Elychan e ^Kia^:
curiose. Rispondendo a Kia: si, Sango e Miroku vivono nello stesso villaggio di
Kagome, ma più a ridosso, verso la palizzata che ne stabilisce il perimetro.
Shizuka: meno male, sono
felice che per te non sia apparsa una forzatura. Spero che sia così anche per
gli altri!
Frank: dunque, premetto che
non ho i capitoli di RAP alla mano, quindi cercherò di risponderti senza prove
concrete. Sì, avevo parlato di questa catastrofe e del fatto che i demoni periti
avrebbero avuto di nuovo vita... questo per diversi motivi. Il primo era per
spiegare la comparsa del padre di Inuyasha in uno dei primi capitoli. Secondo,
quando Kuroi assume la sua forma finale esso ingloba gran parte dei demoni
periti (mi sembra di averlo detto in qualche frase). Non ho parlato di
Sesshomaru e Naraku perché altrimenti la trama si sarebbe fatta troppo
complicata e come hai detto tu, ho preferito limitarmi a Kuroi. Spero di aver
chiarito i tuoi dubbi.
Cri-chan: grazie, anche
perché ultimamente sono un po' stanca per esami e tutto quanto. Comunque, dimmi,
dimmi, come è stato Inuyasha in questo capitolo?
Per ultime, anche se non meno
importanti, ringranzio Rory, Honey, Rubin89.
Mhm, dunque, non so se prima di
giovedì potrò postare un nuovo capitolo, visto che in tale data devo dare un
esame e che quindi i miei neuroni sono in stress mode. Però sappiate che dopo
sono finalmente libera, lavoro a parte, e posso oltre che scrivere, godermi
anche un po' l'estate! Quindi, ci si sente.
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Incontri più o meno spiacevoli ***
Capitolo V
Incontri più o
meno spiacevoli
Arrestò la
propria corsa, riprendendo un poco di fiato. I suoi occhi l'avevano tratta in
inganno, perché la Foresta era molto più lontana di come appariva. Sentiva il
calore delle fiamme sulla sua pelle, man a mano che si avvicinava alla fitta
boscaglia; il fumo, con il suo odore acre, aveva quasi completamente coperto il
cielo stellato di quella notte, mentre la Foresta emetteva dalle sue profondità
rumori striduli e agghiaccianti. La maggior parte dell'area era sommersa da
scricchiolii violenti, provacati dai legni degli alberi, piegati di fronte a
quelle fiamme voraci. Fece scorrere lo sguardo lungo tutto il perimetro visibile
della Foresta, cercando anche una sola piccola fessura, tra le sterpi, in cui
poter passare. Non sapeva esattamente quale direzione avesse preso suo padre,
semplicemente, avrebbe usato il proprio intuito. Durante la sua corsa, aveva
ulteriormente pensato a ciò che aveva fatto; e tutto le era apparso assurdo. Per
una sola, semplice conferma, aveva deciso di buttarsi alle spalle la sicurezza
del villaggio; era scappata davanti a sua madre, senza darle nessuna spiegazione
in merito e aveva seguito suo padre, senza nemmeno sapere la direzione esatta
che aveva preso. E solo perché voleva sapere da lui il significato di quel
gesto, di quella dimostrazione di affetto. Se Inuyasha avesse davvero voluto
riportare alla luce lo Shikon, a scapito di lei e sua madre, non avrebbe mai
agito a quel modo, nè avrebbe baciato la madre prima di dirigersi verso la
Foresta. A parte questo, lei continuava a darsi della stupida, avendo scelto il
momento meno appropriato per trovare una risposta a simili interrogativi; e in
quel momento, mentre osservava la luce violastra a poca distanza, si sentiva
inerme.
Kaeru sospirò,
infondendosi un poco di coraggio prima di riprendere a camminare. La Foresta non
era propriamente un luogo tranquillo, nascondeva insidie e pericoli... o almeno
questo era ciò che raccontavano i vecchi del villaggio. Ma lei non aveva nessun
motivo per non credergli, visto quanto cupa e tetra quella sterpaglia appariva.
Osservò che l'erba, nelle vicinanze del bosco, diveniva sempre più rada,
lasciando posto a un terreno brullo e secco. A detta di alcuni, la Foresta aveva
una vita propria, pertanto anch'essa traeva in qualche modo il proprio
nutrimento. A detta di altri, era talmente intrisa di malvagità che tutti gli
esseri deboli perivano sotto l'influsso dell'aura negativa.
"Trovato!"
Con le mani,
allargò un gruppo di sterpi che, come comprese dopo, era dotato di spine aguzze.
Imprecò, notando il sangue fuoriuscire dalle piccole ferite, ma prestò solo
attenzione al passaggio che si stava costruendo. In fondo, essere immortale non
era poi qualcosa da disprezzare. Fece un passo in avanti, lasciandosi indietro i
rovi. Osservò il mondo dentro quella boscaglia: benché notte, i suoi occhi erano
in grado di distinguere la forma degli alberi ed eventuali percorsi da
intraprendere. E ciò la lasciò un poco perplessa, mentre si stroppicciava gli
occhi con veemenza. Poteva vedere e questo, al momento, le era sufficiente.
Poi, un pensiero
improvviso, le fece fare una smorfia. Aveva totalmente dimenticato che, in caso
di attacco, era completamente indifesa e ancora meglio, non aveva la minima idea
di come difendersi. Anche se non poteva morire, poteva soffrire e il dolore era
l'ultima cosa che voleva sperimentare. Abbassò lo sguardo alla ricerca di
un'arma, pur sapendo che era impossibile trovarla. Difatti, non la trovò.
"Magnifico."
Sbottò, decidendo comunque di proseguire.
Si mosse con
cautela, tentando di evitare i profondi avvallamenti del terreno, cercando di
scorgere i tranelli che la Foresta offriva ai suoi visitatori, illudendoli con
il suo manto di foglie morte. Le radici degli alberi fuoriuscivano a tratti dal
terreno, rendendolo difficile da percorrere. La parete legnosa degli alberi
gemicava, lasciandole le mani bagnate di una sostanza vischiosa che a stento
riusciva a sopportare. Di tanto in tanto, il suo cuore mancava di un battito nel
sentire fruscii sommessi o il verso emesso da gufi e civette notturne.
Nonostante tutto, continuava a camminare, dimostrando di avere una
determinazione a lei del tutto sconosciuta.
Infine,
raggiunse le rive di un piccolo ruscello. L'acqua vi scorreva tranquilla, come
incurante del fuoco che divampava dal lato opposto della Foresta. Si guardò ai
lati, cercando di scorgere una fila di sassi che le permettese di attraversare
quel fiordo.
Perfetto,
dovrò bagnarmi sospirò, costatando di non avere altra scelta.
Sollevò un poco
la parte inferiore del proprio yukata, sentendo l'acqua gelida bagnarle un poco
i piedi. Fu una sensazione che la fece rabbrividire. Cercò di mantere un
equilibrio stabile, evitando di scivolare.
Dopo un po' che
camminava, Kaeru si fermò, afferrandosi le braccia con entrambe le mani.
Improvvisamente, aveva iniziato a tremare, la schiena, le gambe, venivano scosse
da tremiti che non comprendeva. Era quanto mai assurdo, il fuoco divampava e
lei... come poteva sentire freddo?
Stette assorta,
come in trance, e comprese che la Foresta, attorno a lei, era calata in un muto
silenzio. Se prima potevano udire deboli sussurri, i sensi di Kaeru in quel
mentre non percepivano niente se non il suono emesso dal respiro della ragazza.
Infine, una
sferzata di aria gelida le sfiorò il viso, accompagnata da un piccolo dolore
alla tempia destra. Per lo spavento, Kaeru cadde a terra e raggiunta la testa
con una mano, vide un poco di rosso macchiarle le dita.
Sangue?
Realizzò.
Si strusciò la
mano sul fianco, lasciando una piccola striscia rossa sulla stoffa del proprio
yukata. Il liquido scarlatto scivolò lungo il suo viso, fino a raggiungere la
base del collo. Infastidita, si pulì con un lembo della manica.
Sollevò lo
sguardo, cercando di intravedere cosa l'avesse ferita.
Il cuore era in
un tumulto di battiti, troppo forti per essere calmati. Kaeru decise di rimanere
immobile, sentendo i capelli aderire alla fronte a causa della sudorazione
improvvisa. Attorno a lei, solo il silenzio vigilava. Eppure, non aveva sognato
quella sensazione gelida. Ed il sangue non poteva che essere reale.
Le foglie
bagnate sopra cui stava, le trasmisero una sensazione fastidiosa. La mano,
parzialmente coperta da esse, testava il suolo bagnato e vischioso.
"Ma cosa
abbiamo qui?"
Kaeru si voltò
di scatto, verso la direzione da cui aveva sentito parlare. Si innervosì
ulteriormente, non vedendo nessuno. Eppure l'aveva sentita. Una voce melliflua,
flebile, quasi impercettibile.
"C-chi è?"
Affondò i denti nel labbro inferiore, cercando di mantenere una calma sempre più
vacillante. Spostò lo sguardo ai piedi di un albero; vicino ad una grande
roccia, un minuscolo animale sembrava osservarla attentamente.
E' solo una
donnola. Kaeru emise un sospiro di sollievo. Infine notò due strisce nere
che solcavano, ai lati, il muso del piccolo essere.
Un po'
strana, ma pur sempre una donnola. Il suo autoconvincimento era spinto a
livelli massimi.
"Un essere
umano, allettante." Kaeru sbarrò gli occhi, vedendo la bocca dell'animale
aprirsi, per poi richiudersi al termine della frase. La donnala, con un balzo
agile, fu sopra il masso.
"Gli essari
umani sono sempre così sciocchi, ma estremamente appetibili."
Kaeru aggrottò
la fronte, realizzando.
"Sei un
demone..."
Una risata molto
bassa si elevò nel silenzio, deridendo volutamente la ragazza.
"Mi spiace,
tesoro, ma dal momento che mi sei capitata davanti," La donnola prese a
crescere, dalle piccole zampe fuoriuscirono artigli molto più affilati, i
piccoli denti, dapprima nascosti, fuoriuscirono, mostrando la natura spaventosa
di due canini. Il muso dell'animale si allungò, crescendo con il resto del
corpo. Gli occhi, dapprima vivaci puntini neri, divennero rosso sangue.
"E' un
peccato lasciarti morire. La carne fresca è senz'altro più eccellente di un
corpo putrefatto."
"Spiacente di
dissentire," Kaeru si alzò ", ma dubito che potrai farmi seriamente qualcosa."
Il demone
donnola non si scompose, nè mostrò interesse per le parole della ragazza. Si
limitò a sorridere, pregustando le bianche carni di Kaeru. La ragazza, invece,
contrariamente alle apparenze, si domandò fino a che puntò potesse spingersi la
sua immortalità. Difatti, non si era mai posta l'interrogativo, visto che non
era mai stata considerata come nutrimento per demoni.
"Avanti,
ragazzina. Se non sarò io a mangiarti, sarà qualche altro animale della foresta.
Personalmente, non vorrei privarmi di un pasto così inaspettato."
"Io sono un
demone, esattamente come te." Aveva cercato di dare a quelle parole tutto il
convincimento possibile. Il demone donnola la scrutò, mettendosi a ridere dopo
qualche secondo.
"Non ho
voglia di giocare, ragazzina. Ma se proprio ci tieni, dimostramelo."
Kaeru si diede
mentalmente dell'idiota. Non poteva dimostrare un bel niente, dal momento che
non aveva mai dimostrato di possedere chissà quale forza. E non aveva nemmeno i
poteri di sua madre.
Notando la
ragazza recalcitante, il demone si mosse verso di lei.
"Come
immaginavo, adesso facciamola finita."
Con un balzò, il
demone fu sopra di lei. Kaeru sentì la schiena aderire contro il terreno
bagnato, mentre il dolore di artigli conficcati le fece mancare il respiro.
Liberò un piccolo grido, molto più simile ad un rantolo sofferente. La presa del
demone era troppo forte, e lei troppo debole. Socchiuse gli occhi, cercando di
attuare una minima resistenza, ma tutto ciò che provò fu l'odore fetido del
demone ferirle le narici, mentre gli orifizi del mostro le parvero immensi tanto
erano vicini.
Chiuse gli
occhi, attendendo da un momento all'altro di sentire quei denti nella carne, ma
un leggero tonfo e un peso eccessivo, le fecero aprire le palpebre. Si sorprese
nel constatare che il suo sguardo non aveva incontrato quello sanguinario del
demone. Abbassò le iridi verdi lungo il suo corpo e osservò il muso dello
spettro, appena sotto i suoi seni. Sentì una sensazione di calore invaderle il
ventre, infine, realizzò che del sangue scarlatto le stava impregnando le vesti.
Si sollevò di scatto, impaurita, ma non sentì alcun dolore. Quel sangue non era
suo.
A causa di quel
movimento brusco, la testa del demone le rotolò a un fianco, staccandosi
completamente dal corpo. Kaeru emise un grido, misto a terrore e sorpresa. Si
portò le braccia al petto, fissando con sconcerto quello spettacolo deprorevole.
Costatando quanto le sue mani fossero macchiate di sangue, si ritrasse indietro,
come se il demone fosse ancora vivo ed intenzionato a divorarla. Sentì le
lacrime scenderle lungo le guance.
Possibile? Era
salva.
"Tutto bene?"
Una voce biascicata la fece sobbalzare.
Kaeru sollevò lo
sguardo, notando su un ramo la sagoma di una persona. Senza attendere una
risposta da parte della ragazza, l'ombra saltò giù, cadendo di fronte a Kaeru
che, per la paura, chiuse gli occhi con forza.
Non succedendo
niente, Kaeru riaprì gli occhi dirigendoli verso due iridi di un freddo grigio.
"Tutto ok?" Un
ragazzo si era leggermente chinato, offrendole una mano. Kaeru lo osservò
titubante, rifiutò l'aiuto e si portò in piedi da sola.
"Prima di
ringraziarti, hai intenzione di uccidermi?" Domandò fredda.
Il ragazzo la
guardò sorpreso, mettendosi a ridere un secondo dopo.
"Non credo. O
meglio, non è nelle mie intenzioni. Sei un essere umano, no?"
Kaeru rimase in
silenzio. "Sì." Ma non lo credeva veramente.
"E allora il
problema non esiste."
Kaeru osservò il
suo salvatore. Il grigio freddo dei suoi occhi era stato il primo particolare
che l'aveva colpita. Per il resto, sembrava un ragazzo normale. I capelli neri,
scompigliati e leggermente ribelli gli davano un' aria trasandata. Indossava
abiti molto simili a quelli di suo padre, a differenza che non erano neri, ma di
un viola scuro. Lo sguardo di Kaeru cadde sul braccio destro del ragazzo,
avvolto da una strana armatura che partiva dalla spalla fino al polso. Il color
argento rendeva luminosa tale corazza . La sua mano, invece, impugnava un'arma
molto simile a una falce, una lama dall'aspetto ricurvo, a mezzaluna. E doveva
essere stata quell'arma a tagliare la testa del demone donnola visto il sangue
che la intaccava.
"Allora,
grazie." Mormorò, non del tutto convinta di potersi fidare.
"Semplicemente
hai un debito con me."
Kaeru aggrottò
la fronte. Ok, l'aveva salvata, ma da parte sua finiva lì. Decise di non dare
peso alle parole del ragazzo e prese a camminare nella direzione che voleva
prendere prima dell'incontro col demone.
"Ehi, ragazzina,
l'uscita è di qua."
Kaeru si voltò
guardando il ragazzo con sufficienza. "E chi ti ha detto che voglio uscire?" Il
ragazzo, a quelle parole, rimase col braccio sollevato nella direzione che aveva
indicato come uscita. Sembrava perplesso.
"Credevo che ti
fossi persa." Disse, non nascondendo il suo disappunto.
"Bè, non mi sono
persa... per lo meno, non ancora." Kaeru si voltò nuovamente, procedendo come
era nelle sue intenzioni. Dopo nemmeno qualche metro, si voltò infastidita.
"Si può sapere
perché mi segui? Ti ho ringraziato mi pare."
"Sono
semplicemente curioso di sapere dove è diretta una ragazzina come te ."
"Non credo che
ti riguardi." Kaeru cercò di essere gentile. Sorrise pure.
"Ti faccio
presente che la Foresta sta bruciando e che non è l'ideale per una passeggiata."
Disse, incrociando le braccia dietro alla testa. Poi abbassò lo sguardo sulla
ragazza. Kaeru sentì le guance improvvisamente calde.
"Inoltre stai
perdendo sangue."
"Gran parte non
è mio." Gli rispose fredda. Il sangue non le importava, in fondo di lì a qualche
ora le sue ferite si sarebbero rimarginate. Inoltre aveva detto di essere
un'umana, pertanto non poteva mostrare gli effetti della sua guarigione a
nessuno... tanto meno ad uno sconosciuto.
Il ragazzo parve
perplesso, osservando la ragazza tanto ostinata. I lunghi capelli neri le
ricadevano in modo scomposto sulle spalle, la sua pelle bianca e leggermente
arrossata era impregnata di sangue. Era convinto che fosse stata ferita. Invece
si era alzata come se niente fosse accaduto e se non fosse stato per il suo
sguardo impaurito, avrebbe perfino dubitato di aver ucciso un demone. Pur
essendo stata salvata, aveva mostrato una certa reticenza nei suoi confronti.
Non che gli importasse, ma la cosa lo incuriosiva parecchio.
"Potresti
incontrare altri demoni. Il fuoco li spaventa, li rende più violenti del
normale."
"Lo so."
Il ragazzo
sollevò un sopracciglio. "Non cred-"
"Lo so e basta."
Disse con tono di voce determinato. Certo che lo sapeva, condivideva con quegli
esseri parte della sua natura. Perché anche lei era spaventata dal fuoco, non
mostrata atteggiamenti violenti, ma si stava dimostrando parecchio scontrosa,
perfino nei riguardi di un essere umano. Per questo voleva allontanarsi da lui
al più presto. Le metteva addosso una strana sensazione, e lei aveva troppa
paura.
"Voglio essere
sincera." Prese a dire, voltandosi e guardando fisso gli occhi gelidi del
ragazzo. "Preferirei stare da sola. Ti ringrazio per l'interessamento, credimi,
ma non ne ho bisogno."
"Se incontrerai
altri demoni, che farai?" Gli domandò lui, sorprendendosi per tale
interessamento.
"Mi lascerò
mangiare."
"Spero tu voglia
scherzare, ragazzina."
"Smettila di
chiamarmi ragazzina, avremo si e no la stessa età."
"Ma non so il
tuo nome, ragazzina." Disse, sorridendo provocatorio.
"Infatti,
nessuno ti ha chiesto di saperlo."
Fredda la
mocciosa, pensò il ragazzo, sollevando gli angoli della bocca.
N/A:
niente domande sul boy, please. Tutte le vostre curiosità e perplessità saranno
risolte nel prossimo capitolo. Allora, mi piace l'atteggiamento che ho dato a
Kaeru, troppo mielosa o disponibile sarebbe stata noiosa, spero conveniate.
Questo è quanto è successo nella Foresta-prima parte, difatti, vedremo le
vicessitudini della ragazza nel sesto capitolo. Sesto, e ancora non ho inziato a
raccontare niente di ciò che vorrei raccontare. Comunque, alla fine, il numero
dei capitoli sarà irrivelante, quel che conta è rendere interessante questa
storia per non farvi annoiare. Spero di poter riuscire nel mio intento, ma
prima, le risposte come sempre ad personam:
Cri-chan:
uhm, ora che mi ci fai riflettere hai ragione. Ma ti assicuro che far
assomigliare Kagome a Kikyo non era nelle mie intenzioni. Contrariamente a molti
a me Kikyo piace abbastanza, anche se non relazionata a Inuyasha, chiaro. Con
lui ci vedo solo Kagome. Ma Kikyo benché sia cattiva nei riguardi della nostra
eroina, nasconde sfaccettature caratteriali a mio avviso molto interessanti.
Rubin89:
la frequenza con la quale posto ultimamente sconvolge anche me, credimi. In
realtà non ho scritto tutta la storia, diciamo che sono avanti di un capitolo e
tendenzialmente posto solo quando ho iniziato a scrivere il capitolo successivo,
se possibile ogni due giorni. Ma tutto questo perché la mia ispirazione è buona.
Elychan:
anche in questo capitolo non comprenderai molto di ciò che è successo, perché
non ho detto niente a riguardo, però nei capitoli avvenire troverai le risposte
alle tue domande.
Mel-chan:
con questo capitolo, attacco demoniaco a parte, la tua inquietudine dovrebbe
essere leggermente diminuita. Spero sia così, perché non vorrei essere la causa
di malori psico-fisici. ^^ Troppo modesta, non trovate?
Imy-chan:
sì, questo titolo naturalmente centra con la storia, ma solitamente non tendo a
darne un significato diretto nei primi capitoli, perché amo farlo con l'andare
della storia. Neverending significa senza fine, infinito
(difatti il titolo originale della fantomatica "La storia infinita" è The
Neverending Story, se non erro) mentre Milky way altro non è che la
Via Lattea, la nostra galassia. Quindi, nel complesso, il titolo suona come La
Via Lattea senza fine/infinita.
Lezioni
etimologiche a parte, voglio ringraziare tutti voi, non vi potete rendere conto
di quanto sia felice per l'apprezzamente che state dimostrando nei confronti di
NMW. Le vostre recensioni, oltre ad essere state illuminanti vista la serie di
errori commessi *^_^*, sono anche molto stimolanti per continuare questa storia.
Pertanto, vi invito sempre a scrivere le vostre opinioni. Fondamentalmente sono
una persona molto pacifica, pertanto non do addosso a chi recensisce
negativamente, purché tali recensioni siano in polite mode, ovviamente...
perché nessuno vuole rovinarsi l'esistenza per qualcosa che, come una
fanfiction, deve far divertire o per lo meno far trascorrere qualche minuto di
relax a persone dalle membra stanche. Ok, dopo questo inutilissimo sproloquio,
vi dò appuntamento al prossimo capitolo.
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Aki, figlio dell'autunno ***
Capitolo VI
Aki, figlio
dell'autunno
Sbottò per la
quarta volta. Non riusciva a credere che esistessero persone così caparbie e
testarde, all'infuori di suo padre. Camminava con passo deciso, reprimendo la
stizza che stava pian piano traboccando; per un attimo, perfino la Foresta le
parve meno minacciosa. Aveva parlato in modo chiaro, diretto e coinciso, ma
sembrava non aver affatto funzionato.
"Ehi, ragazzina,
di questo passo andrai a sbattere da qualche parte."
"Oohh, ma la vuoi
pianta-"
"Appunto." Il
ragazzo scrollò le spalle, mentre la ragazza si massaggiava la fronte, dopo aver
urtato un ramo basso. La sua ira stava salendo a livelli esorbitanti,
sorprendendola non poco, visto che la sua calma era ben conosciuta da tutti.
Eppure c'era qualcosa in quell'essere umano che le stava facendo perdere
letteralmente la pazienza. Inoltre, stentava ancora a capire il motivo per cui
la seguisse. Non poteva trattarsi di pura e semplice cavalleria.
"Non capisco
perché ti ostini a seguirmi, umano." Borbottò contrariata, senza nemmeno
far caso a come si era appellata a lui.
Kaeru lo vide
fermarsi a pochi passi da lei, rivolgendole uno sguardo confuso che la ragazza
non comprese.
"Umano?"
Kaeru sbarrò gli
occhi, comprendendo il grosso e terrificante errore che aveva commesso. "Nemmeno
io so il tuo nome, e a meno che tu non sia un demone, sei un essere umano! Per
inciso - non mi interessa sapere come ti chiami."
Riprese a
camminare, sperando con tutto il cuore che il ragazzo non dubitasse della sua
natura. Aveva visto molto bene come aveva ucciso il demone che l'aveva assalita.
Ma, fondamentalmente, non era quello che la stava preoccupando in quel momento.
Umano. Non si era mai sognata di chiamare a quel modo qualcuno, nè tanto meno
con l'intento di provare disprezzo o fastidio. Non era questo il modo in cui
l'aveva cresciuta sua madre.
Immersa com'era
nei suoi pensieri non si accorse di un fiordo d'acqua, che scorreva tranquillo a
pochi passi da lei. Senza prestare la minima attenzione al ruscello, Kaeru
scivolò a causa del muschio che copriva, completamente, ogni sasso presente.
Kaeru emise un piccolo grido di sorpresa, infine chiuse gli occhi, provando una
fitta all'avambraccio. Da un taglio prese a fuoriuscire del sangue, che andò
pian piano a impregnare la manica del suo yukata.
Di questo
passo morirò dissanguata, sbuffò osservandosi la ferita.
"A quanto pare
non fai altro che cacciarti nei guai, mocciosa." Il ragazzo dai capelli neri
fissò Kaeru con una leggera espressione divertita, mentre con un abile salto,
atterrò nella sponda opposta.
Kaeru si portò in
piedi, imitando il gesto del ragazzo.
"La cosa ti
diverte?" Sibilò, guardando il ragazzo con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Quello fece un cenno d'assenso, allungando infine una mano per catturare il
braccio della ragazza.
"Fa vedere."
Capendo le sue
intenzioni, Kaeru strattonò l'avambraccio lasciandolo ricadere lungo un fianco.
"Non è niente." Passerà, come sempre del resto.
Lo sguardo del
ragazzo si fece serio, mentre mescolava il grigio dei suoi occhi con il verde di
quelli di lei. "Sei davvero strana."
"E se così fosse?
Nessuno ti obbliga a seguirmi, mi pare." Disse con tono sarcastico. Si stava
stancando di quella situazione. Doveva trovare suo padre, non poteva perdere
tempo in quel modo, non poteva perdersi a fare conversazione.
Fece di nuovo per
parlare, ma una mano alzata del ragazzo le fece cenno di rimanere in silenzio.
Kaeru mormorò appena, pentendosi per essersi dimostrata tanto remissiva. Non era
sola ad apparire strana, anche quel ragazzo nascondeva qualcosa, ne era certa.
Osservò i movimenti del giovane, la sua mano era tornata ad afferrare l'arma che
gli pendeva da un fianco.
"Cammina e stà
zitta." Le disse, senza guardarla.
Kaeru roteò gli
occhi, esausta, ma fece come le era stato detto; solo perché non aveva nè la
voglia nè il tempo per stare a ribattere. Mentre camminava notò lo strano
silenzio del giovane, per questo di tanto in tanto, si voltava leggermente per
studiarne le mosse. Forse era un errore averlo alle spalle, in fondo, non
conosceva affatto la sua natura, nè i suoi intenti. Il ragazzo parve capire i
suoi pensieri e le sorrise ironico, facendola arrossire violentemente.
"Ragazzina, non
so e non voglio sapere cosa ti spinge a camminare nella Foresta, ma dammi retta
è meglio se troviamo un posto per dormire."
Kaeru sollevò un
sopracciglio. "Prego? E' notte da un pezzo, prima o poi sarà giorno."
"Ne dubito."
Rispose vago lui, incrociando le braccia al petto ed assumendo un'aria
dannatamente seria.
"V-vuoi
scherzare?" Sbottò Kaeru ," da che mondo è mondo il sole arriva sempre."
Il ragazzo le
rivolse uno sguardo che la fece sentire immensamente sciocca. "Il fumo e l'aura
malvagia che avvolgono la foresta nasconderanno il sole per qualche giorno. Ciò
vuol dire che sarà sempre notte e il buio è la migliore arma d'attacco per un
demone."
Kaeru lo guardò
perplessa, sapeva troppe cose per essere un semplice essere umano. Inoltre,
anche lui si trovava nella foresta e non certo per piacere.
"Non mi fido di
te." Disse atona.
"Fa come credi,
io non ho intenzione di morire." Detto ciò spiccò un salto su un ramo. Kaeru lo
osservò scomparire tra gli alberi, incredula nel vedere quanta agilità
possedesse per essere un semplice essere umano. Assurdo. Era impossibile non
vedere il sole, l'astro più luminoso tra tutti. Sollevò il capo, scrutando il
tetto della Foresta alla ricerca di una piccola porzione di cielo... le chiome
degli alberi erano tanto intricate tra loro che, anche se un piccolo pezzo di
cielo ci fosse stato, lei non lo avrebbe visto.
Abbassò
nuovamente gli occhi, era tornata ad essere sola. Trasse un sospiro di sollievo.
Non si fidava di lui, ma soprattutto non si fidava di se stessa quando era con
lui. Quel ragazzo era stato la prima persona a confonderla così tanto; per un
brevissimo istante, aveva provato insofferenza per un essere umano, fatto che
non le era mai accaduto.
Continuò a
camminare, con la speranza di scorgere o sentire suo padre. Non sapeva da quanto
stava procedendo, ma sicuramente il confine con la Foresta doveva essere
abbastanza lontano. Sperò solo di non fare altri incontri spiacevoli, nè con
demoni, nè con esseri umani. Appena finito di formulare tale pensiero, vide uno
strano movimento di fronte a sè; si bloccò, trattenendo il fiato più a lungo
possibile, mentre il verde dei suoi occhi si spostava in modo frenetico cercando
di cogliere ciò che aveva scorto.
Si rannicchiò tra
le radici di un grande albero e afferò le ginocchia con le braccia, premendosele
al petto. Lupi. La lista completa degli indesiderati era, per l'esattezza:
demoni, esseri umani, animali selvaggi.
Kaeru trasformò
il suo corpo in una palla raggomitolata, maledicendo tutto il sangue che la
ricopriva e che avrebbe attirato di lì a poco i lupi affamati. No, decisamente
non stava avendo fortuna in fatto d'incontri.
Un ringhio
sommesso le fece sollevare di scatto la testa. Si scoprì a tremare in modo
convulso, mentre i suoi battiti acceleravano ogni secondo di più. Di lì a poco,
un lupo dal manto nero, saltò su una radice, mostrando i suoi denti aguzzi e
straordinariamente bianchi. Kaeru ingollò pesantemente, aderendo sempre di più
la sua schiena con la corteccia d'albero dietro di lei. Senza accorgersene si
era sollevata in piedi, scorgendo così altri tre lupi, pressoché uguali.
Un immortale
che ha paura di morire pensò ironica. Il fatto era che non immaginava come
poter tornare in vita dopo esser stata fatta a pezzi nello stomaco di un lupo. E
anche se si fosse davvero rigenerata, non considerava quell'esperienza per
niente piacevole.
Poi, forse presa
dal panico più totale, le venne in mente che suo nonno era un potente cane
demone. Cani e lupi avevano delle differenze? Ricordò come una volta suo padre
era riuscito a scacciare alcuni animali selvaggi usando solamente il suo
sguardo. Quella volta aveva intravisto lo spirito di un cane dietro di lui,
probabilmente la sua parte demoniaca. Esistevano, però, parecchie differenze con
la situazione che stava vivendo: lei non era suo padre, aveva paura e la sua
parte demoniaca dormiva beata nei recessi della sua anima. Di fronte a quei
lupi, appariva come un umano impaurito, utile solo per saziare le loro
esistenze.
Che faccio,
che faccio?
"Ragazzina, la
mano."
Alzò la testa.
Sopra l'albero a cui stava addossata, il ragazzo dagli occhi grigi le stava
tendendo una mano. Si era calato giù e stava dondolando sopra di lei, con le
gambe ben salde attorno a un ramo. Kaeru non se lo fece ripetere due volte, si
allungò per afferrare l'arto del giovane, giusto in tempo per non essere
attaccata dal morso del primo lupo. Con sua grande sorpresa, si ritrovò sopra
l'albero senza aver realizzato l'intera azione. Abbassò gli occhi, rimanendo
totalmente immobile. I lupi tentarono più volte di salire, mai loro artigli
furono capaci solo di intaccare la possente corteccia. Sentì le membra
abbandonarsi al sollievo, fino a quando non comprese la sua situazione.
Aveva serrato le
braccia attorno al torace del ragazzo, che sedeva tranquillamente sul ramo, con
le mani impegnata a reggere la presa. Quando infine si accorse di essergli in
braccio, arrossì violentemente, ma chinò il capo per non darlo a vedere. Forse
erano meglio i lupi.
"Ci conviene
aspettare," prese a dire lui indifferente ," prima o poi si stancheranno e se ne
andranno. Spero il prima possibile, perché sei pesante."
Kaeru, dissolto
qualsiasi imbarazzo, sollevò lo sguardo arrabbiata. Arrogante e presuntuoso
sopra tutta linea. Stava detestando l'idea di avere debiti di vita nei suoi
confronti.
"E così me ne
devi due." Disse, sghignazzando.
"Nessuno ti ha
obbligato ad aiutarmi!" Gridò Kaeru ostinata. Il ragazzo roteò gli occhi.
"Sei noiosa, lo
sai? Sai bene che se non fossi intervenuto saresti cibo per lupi. Potresti
almeno ringraziarmi."
"Grazie." Gli
rispose Kaeru senza molto sentimento. Di tutta quella situazione, detestava il
fatto di non potersi staccare da lui.
"Mentre tu ti
stavi divertendo a farti mangiare, io ho trovato una caverna." Disse, senza
accennare al minimo movimento.
"Buon per te."
Rispose acida la ragazza.
"Ma vuoi sempre
avere l'ultima parola?" Domandò stizzito il giovane.
"Gran parte delle
volte." Sbuffò lei.
"Non so se hai
compreso la situazione, mocciosa. Ti sto offrendo un modo per non essere uccisa,
non so quanto ti convenga farmi arrabbiare."
"Mhm, perché? Ti
faccio arrabbiare? Mi fa piacere." Davvero, quel ragazzo sapeva tirarle fuori il
peggio di sè.
Uno strattone
violento scosse Kaeru, mentre osservava il ramo, che li aveva ospitati,
allontanarsi sempre più velocemente. Si aggrappò istintivamente al collo del
giovane, intimandolo a farla scendere. Notando, infine, il suolo a parecchi
metri sotto di loro, Kaeru decise di rimanere in silenzio, onde evitare che il
ragazzo la prendesse alla lettera.
"Eccoci!"
L'esclamazione
del giovane fu accompagnata dal tonfo dei suoi piedi, finalmente a terra.
"Mi-mi sento
male."
Kaeru si portò
una mano alla bocca, mentre il suo stomaco stava attuando una vera e propria
ribellione. Avevano saltato di ramo in ramo ed ogni volta, le era sembrato di
cadere nel vuoto. Bruttissima sensazione.
"Si-si può sapere
chi diamine sei?" Sbottò, notevolmente pallida. Il ragazzo, che le dava le
spalle, le fece cenno di seguirlo con una mano.
"Potrei farti la
stessa domanda, mocciosa."
Kaeru imprecò
sottovoce, mentre con gli occhi percorreva l'altro della caverna. Non aveva per
niente un aspetto invitante. Ma tra i lupi e la caverna avrebbe senza dubbio
preferito quest'ultima. Dopo pochi passi, il freddo delle rocce le penetrò nelle
ossa, facendola rabbrividire. Kaeru seguì il giovane fino a quando questo non si
sedette su uno spuntone roccioso. La ragazza osservò attentamente le mosse del
ragazzo, infine si accovacciò nel lato opposto.
Lui sollevò un
sopracciglio, notando la voluta distanza della ragazza. Infine, sorrise. "Aki."
Kaeru sollevò lo
sguardo su di lui, perplessa. "Prego?"
"Il mio nome è
Aki."
"Ah."
"Il tuo
mocciosa?"
Kaeru assottigliò
lo sguardo, indecisa se parlare o meno. "Kaeru."
Aki trattenne a
stento una risata, attirando su di sè la disapprovazione della ragazza. "Kaeru?
O meglio, rana?"
La ragazza
divenne livida di rabbia, mentre scattava in piedi sulla difensiva. "NO. Si
scrivere in modo diverso!" Odiava essere derisa per il proprio nome.
"Va bene, va
bene, non ti scaldare... rospo."
Kaeru strinse i
pugni lungo i fianchi. Autocontrollo, autocontrollo.
"Bando alle
sciocchezze, rospo, se vuoi laggiù in fondo c'è una sorgente." Aki le indicò con
un dito la gola della caverna. Kaeru osservò l'oscurità non molto entusiasta.
"Per lo meno
potrai levarti di dosso tutto quel... sangue." Disse il ragazzo con una smorfia.
Era la prima cosa
sensata che aveva detto, da quando l'aveva incontrato. Esisteva solo un
problema. Aveva paura. Ma non avrebbe mai dato soddisfazione a quell'essere.
"Ok, ma tu non
spiare." Kaeru arrossì per il tono infantile con cui aveva parlato.
"Tranquilla, le
mocciose non mi interessano."
"Perfetto." Disse
lei, irritata da quell'osservazione.
Aki la seguì con
lo sguardo e quando scomparve, si passò una mano nei capelli puntellando i
gomiti sulle ginocchia. Il suo atteggiamento era ridicolo. Non solo le aveva
salvato la vita due volte, non solo l'aveva seguita, ma l'aveva anche portata in
quel rifugio e il tutto, senza una ragione precisa. Senza sapere chi fosse. Ma
non poteva che essere umana, testarda, strana, ma umana.
Scosse la testa,
alzandosi un attimo dopo. Afferrò la sua arma e, dopo aver lanciato un ultimo
sguardo all'esterno dell'antro, prese a camminare verso la gola. C'era spazio a
sufficienza anche per lui; quando aveva visitato la sorgente per la prima volta
aveva notato un posto allettante dove potersi bagnare, lavandosi da tutta quella
sporcizia.
Sangue di demoni.
Sangue immondo,
di cui si macchiava pressoché ogni giorno.
A poco a poco, la
caverna si allargò, mostrando un enorme cava sotterranea formata da stallattiti
e stallagmiti, quest'ultimi che emergevano da un laghetto di acque emerse.
Scrutò con attenzione la zona; benché il buio fosse in gran parte presente, una
fioca luce penetrava da delle fessure in superficie. Notò uno yukata su un masso
poco distante. Intuendo che la ragazza si trovava nei paraggi, prese a camminare
verso la parte opposta della sponda.
L'acqua fredda fu
un vero sollievo per la sua pelle. Abbassò gli occhi verdi sul suo petto,
notando i segni lasciati dal demone donnola. Il sangue era completamente
scomparso, mentre le ferite già mostravano una piccola cicatrice. Sollevò
l'avambraccio ferito durante la sua caduta: metà della ferita era pressoché
risanata. Il tempo di guarigione era stato molto rapido, meglio del solito.
Infine si toccò la tempia, il taglio era completamente scomparso dal momento che
la sua pelle era tornata ad essere perfettamente liscia.
Meglio così.
Kaeru avvertì un
rumore alle sue spalle, uno sciabordio d'acqua insolito. Si voltò lentamente, ma
non vide nessuno. Ingollò aria e lentamente tornò alla sponda verso le proprie
vesti. A pochi passi dalla riva, un'ondata d'acqua la investì e fece in tempo
solo ad emettere un grido.
Quando aprì gli
occhi, percepì la roccia fredda sotto di lei. La vista, dapprima un poco
appannata, era tornata ad essere nitida. Si portò a sedere, afferrandosi il capo
con una mano. Sentiva gran parte del suo corpo indolenzito; cercò di ricordare
cosa le fosse successo e il pensiero improvviso dell'onda, la riscosse del
tutto.
"Hai preso una
bella botta."
Kaeru si voltò,
Aki stava seduto di fianco a lei.
"Ehm,
potresti..." La indicò imbarazzato. Kaeru abbassò lo sguardo e solo in quel
momento parve comprendere l'imbarazzo del ragazzo. Si afferrò lo yukata,
coprendosi con vistoso rossore la parte superiore del corpo. Simulò un colpo di
tosse e guardò oltre le spalle di Aki.
"C-cosa è
successo?"
Kaeru sbarrò gli
occhi, notando il corpo di un demone galleggiare sull'acqua del laghetto.
"No, non me lo
dire. E con questo siamo a tre."
Aki annuì,
sogghignando divertito.
"Non credere che
ti contraccambi tutti questi favori."
"Ooh, quanta
freddezza... sono impressionato." Finse lui.
"Fino a prova
contraria, sei stato tu a mandarmi in quell'acqua. Manca poco che non venissi
mangiata."
Era già la terza
volta che rischiava di finire nello stomaco di demoni e animali che fossero,
stava iniziando a stancarsi. Kaeru tornò a posare lo sguardo sul ragazzo. Aveva
il torace scoperto e Kaeru non potè fare a meno di guardare le numerosi
cicatrici che lo intaccavano, inoltre, qualche ferita sembrava recente. Notando
di essere osservato, Aki sorrise.
"Demoni."
"Fanno male?"
Domandò semplicemente lei.
Aki sollevò un
sopracciglio. "Perché me lo domandi? Anche tu sei stata ferita, se non sbag-"
Kaeru notò gli
occhi grigi del ragazzo soffermarsi su di lei. Aki le prese con violenza un
braccio, fissandolo sorpreso.
"Cos-?"
Kaeru strattonò
l'arto, liberandolo dalla presa del ragazzo. Abbassò lo sguardo e senza alcuna
espressione costatò che la ferita era completamente scomparsa. Le venne
spontanero sorridere.
"Tu- tu eri
ferita."
Kaeru fissò il
grigio dei suoi occhi, quasi con freddezza.
"Può darsi."
Si alzò,
avvolgendosi lo yukata attorno al corpo. Si spostò i capelli bagnati da un lato
e prese a camminare in direzione dell'entrata. Aki rimase immobile, sorpreso.
Era sicuro, dopo la caduta l'aveva vista sanguinare. Invece, entrambe le braccia
erano intatte. Il suo sguardo divenne improvvisamente duro.
A/N:
Finiti! Gli esami, intendo ^^. Finalmente anche per me inizia l'estate (mentre
per i miei tre neuroni è iniziata da un pezzo). Ok, è vero, a metà agosto e giù
di lì devo riprendere in mano i libri per settembre, ma c'è tempo, adesso mi
godo il sano e meritato riposo. Mhm, piaciuto il capitolo? Eh, eh, ancora non si
sa chi è il giovincello, ma voi siete intelligenti ed io molto prevedibile... vi
lascio il beneficio del dubbio! Considerando che tutto è calmo, passerei, come
al solito alle risposte ad personam (che tra l'altro mi diverto a scrivere :D)
In generale, mi
piace aver scatenato una discussione (per modo di dire) su Kikyo. Interessante,
interessante.
Partiamo da
Elychan: si, ammetto per due volte che... sì, stranamente Kikyo sta
mostrando del rispetto per Kagome, naturalmente a modo suo... l'avevo notato
anch'io, ma non c'avevo riflettuto poi molto. Inoltre, qui lo dico qui lo nego,
mi sembra che in un capitolo abbia chiesto anche il suo parere o comunque una
conferma su qualcosa che aveva visto. E la mia espressione fu -> O.o
Frank: se
prima Kaeru poteva assomigliare a sua madre, adesso è sconvolgentemente (esiste
questo termine? Se no, passatemelo) simile ad Inuyasha... ma questa è condizione
necessaria, visto che la lotta umano-demone dentro di lei è il perno principale
della storia. Mhm, quello che succede ad Inuyasha sarà più chiaro nei prossimi
capitoli, don't worry.
^Kia^: sì,
a ragion di logica dovrebbe essere più umana che demone, d'altronde ho usato il
termine mezzo mezzo-demone anche se forse non rende la matematica esatta.
Comunque, Kaeru ha qualcosa di demone, quindi ci giocherò parecchio su questa
cosa. Perché, vedete, considero la personalità demoniaca, anche se
matematicamente in minoranza, a pari livello se non più forte della personalità
umana. Logica personale.
Tessa: la
tua opinione è ben accetta, non ti preoccupare... tutti i noi (o quasi) anche se
la possiamo "capire" non sbaviamo certo per lei. Io no. Questo capitolo dovrebbe
aver soddisfatto per metà la tua curiosità sul boy.
Shizuka:
mhm, per quanto riguarda l'immortalità ho un concetto tutto mio, alquanto
contorto, ma posso provare a spiegarlo. Inuyasha lo considero immortale nella
sua forma di mezzo demone, mentre non lo considero immortale da essere umano.
Però, in generale, ho preferito estendere il concetto di non mortalità ad
entrambe le due forme d'essere, perché non mi piaceva utilizzare il termine
semi-immortale riferito a lui. Comunque sì, non è immortale da umano. Mentre
Kagome, pur essendo umana, è immortale e per questo rimando a Ritorno al
Passato. Kaeru è immortale sempre, visto che è una mescolanza tra padre e madre.
In realtà sarebbe poco più immortale di Inuyasha e meno immortale di Kagome,
ma... fate finta di niente, ok? Perché a volerci ragionare si rischia un
tracollo. XD
Cri-chan:
eeeeeehhhhhhhhh... *Claudia espira*, in realtà non dovrei risponderti, ma ti
dico che hai posto un quesito interessante, a cui, naturalmente, risponderò nei
prossimi capitoli! Comunque sono particolarmente ispirata per questa storia,
fintanto che la mia immaginazione lavora, tenderò a sfruttarla al massimo.
Grazie anche a
Mel-chan e Kagomechan91.
Infine, alcune
cosucce. Siccome lo spazio per le recensioni vale solo per le recensioni, pongo
una domanda. Se qualcuno può darmi una delucidazione in merito, lo prego di
contattarmi via email, oppure anche attraverso la recensione ma solo come
addizione al commento del capitolo, ok? Bene, qual è il film di Inuyasha in cui
Kagome e il mezzo demone si baciano? Il secondo? Perché avrei intenzione di
scaricarmelo.
Ah, piccola
annotazione sul titolo di questo capitolo: il nome Aki avrebbe una marea di
significati a seconda di quali kanji vengono usati, ma io gli darò in questa
storia ufficialmente il significato di autunno. A mio parere, i nomi
giapponesi sono molto belli, perché hanno significati decenti. Volendo anche
quelli italiani hanno un significato, ma mentre i cognomi in italiano non
significano niente, quelli giapponesi sì. Inoltre sarebbe bellissimo dare un
nome al proprio figlio a seconda di quando è nato, ad esempio. Però, non potrei
dare a mio figlio un nome giapponese... mhm, su questo sono parecchio
tradizionalista. Io, intanto, mi sono beccata Claudia, ovvero claudicante e
zoppa.... non vado molto fiera del significato del mio nome :(
Uh, ultima cosa.
Visitate il mio account, ci sono un paio di indirizzi che vi potrebbero
interessare (ad esempio il mio dominio è caldamente consigliato per sapere cosa
sto facendo in caso di ritardi nel postare incluse amenità varie!)
A presto,
Claudia in relax mode.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Gioco scoperto ***
Capitolo VII
Gioco scoperto
Si infilò la
parte superiore della sua veste, facendo attenzione alle ferite non del tutto
cicatrizzate. Affondò la lama della propria arma nell'acqua, tingendola
lievemente di un colore rosato. Infine, allacciata alla vita, lanciò un ultimo
sguardo alla carcassa del demone che aveva ucciso. E con quello il numero delle
sue vittime aveva raggiunto un valore elevato, mentre lui era sempre vivo e
vegeto. Fortuna e abilità nel maneggiare un'arma gli avevano spesso salvato la
pelle da scontri molto più pericolosi. Andava fiero delle proprie vittorie,
perché esse contribuivano a sanare la vendetta che pretendeva da quegli esseri
immondi. Sua madre e suo padre affermavano che non tutti i demoni uccidevano per
piacere. Ma le loro parole gli erano del tutto indifferenti, perché lui credeva
solo a ciò che vedeva e ciò che vedeva erano esseri demoniaci che ammazzavano,
godendo del sangue delle loro vittime.
Fissò
infastidito l'armatura che avvolgeva il proprio braccio. Sì, il suo era un odio
profondo e difficilmente cancellabile.
Con quei
pensieri tornò all'entrata della caverna, ma non si sorprese di trovarla vuota.
Quella ragazza aveva agito in modo molto strano, facendo crescere in lui uno
strano sospetto. Non sapeva nemmeno cosa sospettasse di lei e questo, l'aveva
parecchio infastidito.
Si lasciò cadere
a terra; l'esterno appariva tetro e scuro come quando erano entrati nell'antro.
Se lei era davvero là fuori, avrebbe incontrato un destino molto amaro. Ma non
gli importò, in fondo gli aveva salvato la vita per ben tre volte, senza
ottenere dei ringraziamenti decenti. Inoltre, l'aveva avvertita sui pericoli che
si celavano in quelle profondità selvagge, quindi tanto peggio per lei.
Smise di
pensare, sentendo un rumore esterno. Si alzò in piedi, mentre le catene che
legavano l'arma al suo fianco presero a tentennare ritmicamente. Probabilmente
si trattava di un demone in cerca di un rifugio. Ghignò, non era disposto a
condividere quella caverna con nessuno. Si appoggiò alla parete rocciosa,
adagiandovi con cura la propria schiena e attese l'entrata del demone, per
coglierlo alle spalle.
"Vuoi uccidere
anche me?" Kaeru osservò la punta della lama a pochi centimetri dal suo collo.
Aki si riscosse
completamente, lasciando cadere a terra la falce e si ritrasse di un passo. Si
lasciò cadere all'indietro, scivolando a terra con la schiena premuta contro la
roccia. Kaeru osservò i suoi occhi grigi, atoni e sorpresi. Infine spostò lo
sguardo sulla mano che aveva impugnato l'arma: tremava leggermente.
La s-stavo
per-
"Tieni." Kaeru
si era chinata verso di lui, porgendole l'arma. Aki la guardò maggiormente
sorpreso... stava per essere uccisa per mano sua, nonostante tutto aveva
mantenuto un'aria di assoluta freddezza.
"Io-"
"Non fa niente,
dopo oggi non mi sorprendo più di niente." Kaeru sorrise al ragazzo.
"Mi dispiace."
Cazzo, mi dispiace? La stavo per ammazzare!
"Spogliati."
Aki sollevò
imbarazzato lo sguardo su Kaeru, ma non notò lo stesso rossore nel viso.
"C-che... se ti
vuoi vendicare sappi che-"
Solo allora Aki
notò che la ragazza stringeva un fascio di erbe in una mano. Alzò un
sorpracciglio perplesso.
"Queste sono
erbe curative," disse Kaeru adagiandole a terra ," se messe a contatto con le
tue ferite, possono rimarginarle."
"Guarda che-"
"Sono esperta in
queste cose." Lo precedette Kaeru. "E se ti dico che funzionano... puoi
crederci."
"E' per questo
che sei uscita?" Domandò stralunato Aki.
"No, per
prendere una boccata d'aria. Certo che sono uscita per raccogliere queste!
Consideralo un modo per sdebitarmi. Non posso offrirti altro."
Il ragazzo
rimase in silenzio, vergognandosi per i brutti pensieri che aveva formulato su
di lei. In fondo, era tornata nella foresta, rischiando nuovamente di essere
attaccata da qualche demone e tutto, solo per prendere delle erbe con cui curare
le sue ferite. Ferite che, tra l'altro, aveva intravisto per breve tempo. Si
sfilò la maglia, stringendo i denti quando la stoffa ruvida sfregò contro le
ferite vive. Obbedì al comando della ragazza di voltarsi, dandole le spalle.
Sentendo il tocco gentile delle sue dita sulla sua pelle, ebbe come la
sensazione di sentirsi molto bene. Probabilmente era solo suggestione,
suggestione dettata dallo stato confusionale in cui era sprofondata la sua
mente.
Kaeru fece
scorrere lo sguardo sulla schiena di Aki. Erano ferite parecchio diverse da
quelle che era solita curare. I contadini riportavano molto raramente simili
tagli, ma era sicura delle proprie doti curative. Separò il fascio di erbe in
singoli mazzetti, ne avvolse uno attorno alle dita e toccò una delle ferite.
"Forse ti farò
un po' male."
"Non importa."
Disse Aki, rilassando le spalle.
Kaeru annuì non
vista, e prese a strofinare leggermente le dita sopra il taglio. Sentì i muscoli
del ragazzo irrigirsi sotto al suo tocco. Ripetè quell'azione su gran parte
delle ferite della schiena, infine chiese ad Aki di voltarsi.
Sul petto erano
presenti un numero di tagli di gran lunga superiore.
"Quanti ne hai
uccisi di demoni per essere ridotto così?" Domandò, senza sollevare lo sguardo.
"Parecchi. Ne ho
perso il conto."
Kaeru si inumidì
le labbra, chissà come avrebbe reagito, sapendo della sua natura. O almeno,
parte della sua natura. Ma non poteva fidarsi completamente di lui, benché gli
dovesse la vita per ben tre volte. Perché aveva visto, aveva visto una delle sue
ferite rimarginarsi del tutto. E aveva letto il sospetto nei suoi occhi. Certo,
con quell'aspetto nessuno avrebbe mai pensato che era figlia di un mezzo demone.
"Uccidi demoni.
Conosco una persona che lo fa, conosco il motivo che la spinge a farlo. Il tuo
quale sarebbe, se è lecito saperlo?" Domandò Kaeru, facendo incontrare il suo
verde con il grigio di lui. Lo vide sorridere divertito.
"E ti
importerebbe?"
"Curiosità." In
realtà, voleva solo conoscere il motivo che spingeva gli esseri umani a odiare
quelli della sua specie. Perché uccidevano esseri deboli come loro? Non era solo
per questo. Sapeva che ognuno aveva una motivazione personale che lo spingeva a
comportarsi in quel modo ostile. Non si aspettava di essere accettata,
semplicemente voleva sapere e, possibilmente, comprendere.
"Spiacente, ma
preferisco non parlare." Disse infine lui, distogliendo lo sguardo. Kaeru toccò
l'armatura argentata che copriva per intero il braccio del giovane.
"Questa, centra
qualcosa?"
Aki ritrasse il
braccio, sottraendosi al tocco della ragazza. Rimase a fissare Kaeru, mentre una
sensazione di sconcerto prese a sommergerlo. Cosa c'era in quella ragazzina che
non andava? Perché aveva lo sguardo di chi sembrava averlo dannatamente
compreso? Ebbe paura. Ma non la stessa paura nel ritrovarsi di fronte a un
demone più forte, la paura di sapere i propri sentimenti scoperti, nudi, di
fronte a una persona conosciuta sì e no qualche ora prima.
Kaeru, intuendo
l'agitazione nel ragazzo, tornò alle sue ferite.
Aveva notato la
sua reazione. La reazione di una persona che non voleva scoprirsi di fronte a
nessuno. Lo stesso comportamento che spesso assumeva suo padre... dimostrarsi
forti, privi di debolezze, solo per soppianare l'ondata dei propri sentimenti.
Cosa che più o meno faceva anche lei.
"Invece tu che
facevi da sola?"
"Spiacente, ma
preferisco non parlare." Lo imitò, senza nemmeno guardarlo.
Aki rimase in
silenzio. In realtà non era quella domanda che voleva rivolgerle. Voleva sapere
se si era ferita veramente e se sì, perché quel taglio era completamente
scomparso.
"Fatto!" Esclamò
Kaeru, dando una piccola pacca sulla spalla di Aki.
"AHIO! Mi fai
male!"
Kaeru lo guardò
perplessa. "Strano, quale ferita ti fa male?"
"Uh?" Aki
concentrò tutti i suoi sensi sulla parte superiore del proprio corpo,
sorprendendosi non poco. Sia i bruciori che le fitte provocate dai tagli erano
completamente spariti.
"P-pazzesco!
Come ci sei riuscita?!"
Kaeru si alzò.
"Basta conoscere le erbe giuste. Ho imparato da una brava maestra." Al pensiero
di Kaede, Kaeru sorrise dolcemente.
"Maestra?"
Domandò Aki, notando l'espressione della ragazza.
"Sì, una vecchia
sacerdotessa."
"Oh."
"Inoltre sono
abituata a prendermi cura della gente, mia madre è una sacerdotessa." Si
sbilanciò Kaeru.
Aki la guardò,
parzialmente ammirato. Così la madre di questa mocciosa è una sacerdotessa,
eh? In effetti, osservandola attentamente, emanava una luce strana, quasi
pura. Davvero, non poteva essere chissà quale essere malvagio. Adesso ne aveva
avuto anche conferma. Apprezzando il fatto che la ragazza si fosse sbilanciata
così tanto, decise anche lui di parlare.
"Stavo tornando
al mio villaggio... La Foresta è la via più breve per raggiungerlo. Poi ho visto
il fuoco e ho pensato che poteva trattarsi di un demone."
"Davvero?!"
Aki alzò un
sopracciglio perplesso, mentre Kaeru tossicchiò, spostando lo sguardo. "Cioè,
pensi davvero che tutto questo sia opera di un demone?"
"Quasi certo."
Si corresse lui.
"Per quale
motivo un demone dovrebbe infiammare la foresta?"
Aki sorrise
emblematico. "Per la stessa ragione per cui esiste."
Stavolta fu
Kaeru ad osservarlo perplessa. "Quindi pensi che i demoni esistino
esclusivamente per uccidere gli esseri umani." Il ragazzo non rispose, si limitò
a farle un cenno con il capo.
Kaeru fece un
passo indietro. Quel ragazzo, Aki, sembrava conoscere molte cose sui demoni, su
di loro. Mentre lei non sapeva niente, ignara di tutto. Come doveva sentirsi?
Adirata, rattristata?
"Forse...
dovremmo dormire."
Il tono freddo
di Kaeru non passò inosservato al ragazzo. Si sedette dalla parte opposta,
raccogliendosi le gambe al petto. Abbassò il volto, posando la fronte sulle
proprie ginocchia, chiuse gli occhi, lasciando che i lunghi capelli le
avvolgessero le spalle.
Doveva dormire,
altrimenti i pensieri avrebbero preso il sopravvento.
***
Fu svegliata da
una mano forte attorno al suo braccio. Aprì gli occhi, non del tutto desti,
cercando di mettere a fuoco il volto di colui che la stava strattonando. Non si
sorprese di incontrare gli occhi grigi di Aki. Quando si accorse di averla
svegliata, riuscendo nel suo intento, il ragazzo fece un passo indietro
osservadola con disapprovazione.
"Muoviti."
"Buongiorno
anche a te." Disse Kaeru con tono sarcastico. Il ragazzo rispose con una
smorfia. La ragazza sollevò lo sguardo, percependo la strana agitazione di Aki e
non poté fare a meno di domandarsi cosa turbasse il ragazzo di prima mattina.
Oh, perché credeva che fosse mattina. Lanciò uno sguardo all'esterno, trovandolo
esattamente come quando si era addormentata.
"Dobbiamo
andarcene, non siamo al sicuro."
"Motivo?"
Domandò lei, rassettandosi lo yukata polveroso.
"Sopravvivere,
ti sembra valida come motivazione?" Kaeru sollevò un sopracciglio. Tutta
quell'ironia non le andava molto a genio appena sveglia. Scrollò le spalle,
portandosi dei ciuffi di capelli dietro alle spalle.
"Come vanno le
ferite?" Domandò ad Aki, mentre quest'ultimo si affacciava con circospezione
all'entrata della grotta. Il ragazzo non le rispose, si limitò a farle un cenno
con la mano. Uomini, pensò Kaeru. Pur di non ammettere che stava bene,
grazie al suo aiuto, si sarebbe fatto uccidere da un demone. Ne era certa.
"Quando dormivi
un gruppo di demoni è passato davanti alla caverna."
"Demoni?"
"Sì, demoni."
Disse Aki scocciato.
"E non ci
hanno... percepito?" Domandò Kaeru, fingendosi interessata.
"No, ma è stata
solo una questione di fortuna. Quindi dobbiamo andarcene."
Kaeru sorrise a
quell'affermazione. "Perché parli al plurale? Mi sono forse persa qualcosa?" Aki
si voltò a guardarla, per la prima volta senza sapere cosa rispondere.
"Bè... io..."
Kaeru sollevò nuovamente gli angoli della bocca, soddisfatta.
"Lascia perdere.
Vogliamo andare?" Domandò tranquillamente. Benché l'idea di rimanere ancora con
Aki non l'allettasse poi molto, aveva dovuto ammettere che il ragazzo era forte
e tale forza poteva essere sfruttata a proprio vantaggio. Entrambi uscirono
dalla caverna, Aki camminava di fronte a lei con l'arma saldamente impugnata
nella sua mano, per prevenire l'attacco a sorpresa di qualche demone.
"Il fuoco... ho
come l'impressione che il calore sia diminuito." Alle parole di Kaeru, Aki
sollevò lo sguardo verso l'alto.
"Può darsi, ma
il cielo non accenna a farsi vedere."
Kaeru abbassò lo
sguardo e parve riflettere. "Dove stiamo andando di preciso?" Dopotutto, lei era
sempre alla ricerca di suo padre.
"Al centro della
foresta c'è un lago. Ho intenzione di andare lì." Aki non si voltò,
semplicemente continuò a camminare.
"Pensi che lì ci
sia il demone che ti interessa?"
"No, è solo un
modo per potermi orientare. Non arriveremo mai a niente continuando a girovagare
in questo modo."
Kaeru osservò le
spalle muscolose del giovane. Si stava non poco sorprendendo del fatto che Aki
includesse anche lei nei suoi discorsi, in fondo, il ragazzo non poteva certo
avere idea delle sue intenzioni. L'unica cosa di cui era certa, era il fatto che
doveva mantenere la propria identità demoniaca ben nascosta, solo per evitare di
essere attaccata una quarta volta.
Immersa in tali
pensieri, non si accorse che Aki si era fermato e, di conseguenza, andò a
sbattere contro la schiena del ragazzo.
"AHI! Perché ti
sei fermato?!" Disse, strofinadosi con una mano la punta dolorante del naso.
Senza ottenere alcuna risposta, Kaeru si sollevò un poco sulle punte dei piedi,
per vedere oltre la schiena del giovane. Si allarmò nel constatare che un enorme
essere, demone probabilmente, stava tagliando loro la strada con un ghigno non
del tutto amichevole.
"Mhm, due
mocciosi soli soletti..." Cantilenò il demone.
Kaeru ingollò
pensantemente. Adesso che lo guardava attentamente, il demone era di dimensioni
molto grandi e stava comodamente seduto su un qualcosa molto simile ad una
nuvola. Aveva un occhio bendato da una toppa nera, mentre l'altro, scoperto, era
di un rosso accesso. Mostrava una fila di denti molto aguzzi, alcuni dei quali
parevano marci. Il suo corpo era protetto da un'immensa corazza verde che lo
rendeva invincibile. Kaeru non capiva a quale spirito tale demone appartenesse.
Non aveva orecchie canine come suo padre, nè le fisionomie di una semplice
donnola. Solo una coda, che a malapena si poteva distinguere da dietro la sua
schiena.
Aki impugnò la
sua arma, mostrando un sorriso di sfida.
Il demone parve
intuire le sue intenzioni, ma non si mostrò molto preoccupato. "Uh, uh,
giovanotto... pensi forse che una simile arma sia in grado di battermi?"
"Non pretendo di
sapere," sorrise di rimando Aki ," so solo che ne ha fatti fuori parecchi."
Kaeru guardò
allarmata il ragazzo, non le sembrava il caso di provocarlo.
"Mhm, c'è
anche una mocciosa."
Kaeru, dietro
Aki, si bloccò di colpo, sentendo l'attenzione del demone concentrata su di sè.
Aki osservò lo sguardo lascivo del demone, intuendo probabilmente le intenzioni
del demone.
"Se vuoi
salva la vita, moccioso, potresti cedermi quella ragazzina." Disse il
demone, osservando di nuovo Aki.
"E cosa se ne
farebbe uno come te di un essere umano?"
Il demone
osservò Aki per qualche secondo, scoppiando poi a ridere. Il ragazzo lo guardò
confuso.
"Moccioso,
non dirmi che non ti sei accorto di niente."
Kaeru, a quelle
parole, si morse il labbro inferiore.
Aki aggrottò la
fronte. "E di cosa, sentiamo."
Il demone parve
sorridere, mostrando la sua fila di denti. Fissò Kaeru con molto interesse. "Tu
sei la figlia del demone Inuyasha, non è vero?"
Aki nemmeno si
voltò.
Notando il
silenzio della ragazza, il demone continuò. "Tu non sei affatto un essere
umano."
Mhm, qual era
quell'espressione che sua madre era solita usare, delle volte?
Ah, sì, adesso
ricordava.
"Touché."
A/N:
benché il capitolo fosse pronto da tempo, ho dovuto attendere la formattazione
completa del computer prima di poterlo postare. Purtroppo in questo capitolo non
posso scrivere i ringraziamenti ad personam perché non ho molto tempo a mia
disposizione, quindi, scusatemi. Ma sappiate che apprezzo tutte le recensioni
che mi avete lasciato e ringrazio coloro che hanno risposto alla mia domanda sul
film, nonché quelli che mi hanno direttamente scritto una mail. Volevo solo
pregarvi di una cosa... so che l'identità di Aki è facilmente intuibile, ma vi
pregherei di non spoilerare e in questo caso mi riferisco a Cri-chan e a
Mel-chan (e altri che possono essermi sfuggiti). So che non è vostra intenzione,
ma capite bene che se qualche lettore ne era completamente ignaro, leggendo le
vostre recensioni si è rovinato il gusto della suspance (anche se ribadisco che
in fin dei conti l'identità di Aki è facilmente intuibile). Naturalmente non mi
riferisco solo a questa circostanza, ma anche in futuro.
Ok, spero che
anche questo capitolo sia di vostro gradimento. Attendo fiduciosa le vostre
impressioni.
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Mikujin, il Demone che gridò Vendetta ***
Capitolo VIII
Mikujin, il
Demone che gridò Vendetta
Era stata scoperta. In realtà, non
aveva ben compreso come. Non aveva mai visto quel demone, visto e considerato
che per molti anni il suo villaggio aveva vissuto in pace, senza conoscere altro
sangue inutile. Invece, quel demone sembrava conoscerla molto bene, o per lo
meno, sembrava conoscere suo padre. Notò che Aki era rimasto immobile, dandole
le spalle.
"Sì, sono la
figlia di Inuyasha."
Il demone parve
sorridere all'affermazione della ragazza.
"Ma io non ti
conosco, nè ci tengo a sapere chi sei." Kaeru incrociò le braccia al petto, in
segno di sfida.
"Uh, uh, se
sei davvero figlia di quel demone, allora ho trovato la mia prossima vittima."
Kaeru aggrottò la fronte, sentendo la risposta del demone. Non comprendeva
affatto le sue parole, aveva solamente la certezza di trovarsi nuovamente nei
guai.
"Io sono
Mikujiin, Demone delle Montagne di Okai. E devo vendicare l'oltraggio che quel
bastardo di un demone mi ha fatto."
I denti di
Mikujiin produssero un suono metallico, mentre il demone li stringeva con quanta
più forza possedeva. Solo allora, Kaeru notò che la parte inferiore del suo
corpo era stata tranciata di netto e a coprirla, vi era una specie di corazza,
dalle fattezze molto simili a quella che ricopriva la restante parte del corpo.
Parve subito comprendere il danno che suo padre gli aveva arrecato, e, ancora
una volta, si sorprese della potenza di Tessaiga.
Nonostante tutto, non capì come
Mikujiin potesse conoscere lei.
"Prima di
morire," prese a dire con tono ironico ," potrei sapere come fai a conoscere...
me?"
"Hai lo
stesso odore disgustoso di quel bastardo."
Oh, e il
bastardo doveva essere suo padre, probabilmente.
Kaeru sospirò,
non sapendo più quale fosse il suo stato d'animo. Paura? Rassegnazione? Davvero,
non sapeva più quale fosse il sentimento più appropriato da adottare. Il suo
sguardo cadde, infine, su Aki. Il ragazzo, da quando Mikujiin aveva svelato la
sua natura, non si era più voltato, nè aveva mostrato segni di reazione alcuna
alle parole del demone. E in un certo modo, Kaeru lo comprese. Fin dal giorno
precedente, aveva protetto una ragazza in parte demone, quando erano proprio i
demoni gli esseri che più odiava.
"Tu..."
Kaeru aggrottò
la fronte, sentendo la voce del ragazzo, completamente atona e priva di
emozioni.
"... sei un
demone?" Infine si era voltato, inondandola con il grigio pallido dei suoi
occhi. Kaeru vi lesse disprezzo e confusione.
"No." Aki,
udendo la risposta negativa della ragazza, assunse un'espressione sbalordita.
Kaeru accennò ad un sorriso.
"Ma non sono
nemmeno umana."
"E allora che
diavolo sei?" Le aveva fatto quella domanda, alterando il tono della voce. Kaeru
sostenne il suo sguardo, senza chinare il capo. Già, cos'era lei? Molto spesso
si era rivolta quella domanda. Non era nè demone, nè essere umano.
Probabilmente, un essere che aveva attinto un po' dell'uno e un po' dell'altro.
E non le piaceva essere giudicata così, non le piaceva trovarsi al centro di due
estremi. Non piaceva a nessuno, accidenti. Non voleva essere guardata con
disprezzo, lei che disprezzo non ne provava. Voleva solo che qualcuno
l'accettasse, ma nessuno, a parte i suoi genitori, era disposto a farlo. Gli
esseri umani l'additavano come un demone e ai loro occhi lo era. I demoni la
consideravano un tentativo mal riuscito, un povero essere umano che aveva in
piccolissima parte sangue di demone. Una parte tanto piccola da non essere presa
nemmeno in considerazione.
"Anche se te lo
dicessi... ti cambierebbe qualcosa?"
Il ragazzo non
rispose, e lei sorrise. "No, infatti. Perché ai tuoi occhi sarei sempre
"qualcosa" di diverso. Qualcosa di non umano."
In più, non
aveva bisogno affatto di quello sguardo. No, non aveva bisogno del disprezzo che
vi trapelava.
"Non vorrei
interrompere questo idillio, ma penso che sia venuto il momento di prendermi la
mia vendetta."
Mikujiin si
mosse, sopra la propria nuvola. Un mano brandiva una spada, molto simile a
Tessaiga, l'altra era posta in modo da potergli permettere un valido equilibrio.
La sua mole rallentava i suoi movimenti, rendendoli prevedibili agli occhi di un
osservatore attento. Ma lei, per quanto avesse notato quella piccola debolezza
di Mikujiin, non poteva fare assolutamente niente. Non aveva la forza necessaria
per fronteggiare un simile nemico. La sua ostentata sicurezza derivava dal fatto
che sapeva essere immortale.
Mikujiin sollevò
la spada, lasciandola ricadere con tutto il suo peso verso di loro. Il fendente
andò a vuoto, Kaeru si era lanciata a terra, mentre Aki era saltato su un ramo
d'albero nelle vicinanze. La ragazza si sollevò dolorante, notando i graffi e le
abrasioni sugli avambracci che quella caduta le aveva procurato. Era un dolore
sopportabile, nonostante tutto.
Puntellò le mani
a terra, cercando di sollevarsi. Poteva solo scappare in quella situazione.
Doveva nascondersi agli occhi di Mikujiin, sfruttando la sua lentenzza. Si portò
in piedi, attirando su di sè l'attenzione del demone.
"Uh, uh, alla
fine sia il moccioso che tuo padre ti hanno abbandonato, piccola."
Kaeru sollevò
gli angoli della bocca in un sorriso. "Non ho bisogno di nessuno. Posso badare a
me stessa." Grande bugia, in realtà. Ma se poteva contribuire a renderla più
tranquilla, l'avrebbe detta fino a renderla vera. Vide Mikujiin sorridere
beffardo, non credeva minimamente alle parole della ragazza.
"Un essere nè
umano nè demone ha un solo destino di fronte a sè. La morte. E sarò io a
prendermi questo privilegio."
Prima di
assistere alla nuova offensiva di Mikujiin, Kaeru prese a correre verso
l'interno della Foresta, lasciandosi il demone alle spalle. Sentì la sua risata
metallica sollevarsi e raggiungerla, mentre correva, tentando di evitare gli
spuntoni delle radici sotterranee. La Foresta con le sue braccia intricate
avrebbe potuto assicurarle la salvezza.
Si nascose
dietro ad una quercia, tentando di riprendere fiato il più velocemente
possibile. Con una mano sul petto, si sbilanciò un poco per osservare il punto
da cui era scappata. Udì la risata di Mikujiin e si gelò nel sentirla molto
vicina, troppo vicina. Un rumore assordante le ferì le orecchie, mentre le
chiome degli alberi vennero squarciate da un fendente del demone. Kaeru sollevò
lo sguardo, notando con paura, che attorno a lei si era creata una radura di
alberi recisi.
"Nasconderti
non ti servirà, mocciosa. Posso trovarti quando voglio."
Non sembrava
aver motivo per dubitare delle parole di Mikujiin. Kaeru indietreggiò, cercando
con lo sguardo una possibile via d'uscita. Infine cadde a terra, ostacolata da
una radice che le annientò l'ultima speranza di una via di fuga. Quando aprì gli
occhi, vide la lama della spada sferzare l'aria verso di lei; come unico gesto
di protezione, sollevò il braccio davanti al volto, emettendo un grido
terrorizzato.
Un suono
metalico e una sferzata d'aria la costrinsero a guardare di fronte a sè.
Inuyasha, suo padre, aveva bloccato il fendente di Mikujiin con Tessaiga. Kaeru,
riconoscendo il padre, sorrise, mentre una felicità inestimabile prese a
colmarle il cuore.
"Papà!" Sentì le
lacrime pungerle gli occhi, tanto era felice.
"Cosa avevi
intenzione di fare a mia figlia, Mikujiin?"
Con un poderoso
movimento del braccio, Inuyasha allontanò la spada di Mikujiin, costringendo il
demone ad arretrare con la propria nuvola. Il volto di Mikujiin si contrasse in
una smorfia feroce e allo stesso tempo impaurita; a quanto pare, l'intervento di
Inuyasha non era stato previsto nei suoi piani d'annientamento.
Kaeru si portò
in piedi, afferrando da dietro il kimono del padre. Il suo arrivo era stato
provvidenziale, inoltre, alla vista di Inuyasha, tutte le sue paure si erano
sollevate come le foglie al vento. Sentendo la presa della figlia, Inuyasha la
intimò ad andarsene, a nascondersi da qualche parte. Kaeru fece un cenno
d'assenso col capo: gli era d'intralcio e questo lo sapeva. Per poter difendere
lei, suo padre non sarebbe stato libero di combattere con Mikujiin, inoltre, non
poteva essergli in alcun modo di aiuto.
Prese di nuovo a
correre in un punto imprecisato, lasciandosi il padre alle spalle.
Inuyasha,
sentendo Kaeru allontanarsi, impugnò Tessaiga con entrambe le mani, sorridendo
beffardo a Mikujiin.
"Avrei dovuto
ucciderti quando ne avevo la possibilità. Ma si può sempre rimediare."
Mikujiin
arretrò.
Inuyasha
assottigliò gli occhi dorati, quasi come a voler scrutare il suo avversario nel
profondo. Gli angoli della bocca sottile accennarono un sorriso.
"Come era
prevedibile, hai perso lo Shikon."
A quelle parole,
una strana espressione balenò nello sguardo di Mikujiin. "Ho ucciso quel
demone uccello, non avrò certo problemi ad uccidere un mezzo demone come te,
Inuyasha."
"Lo hai ucciso
solo dopo aver inglobato lo Shikon." Lo corresse Inuyasha. Colto sul vivo,
Mikjiin arretrò ancora. "E poi hai perso la Sfera."
Inuyasha si
portò Tessaiga su una spalla. "Sento la tua dannatissima debolezza Mikujiin,
puzzi di paura fino alle viscere. Per quanto ancora vuoi fingere, bastardo?"
Per tutta
risposta, Mikujiin sollevò la sua arma, mancando il suo obbiettivo. Con un salto
poderoso, Inuyasha si scagliò verso il demone dall'alto, trapassandolo da parte
a parte con Tessaiga. Quando atterrò, il corpo straziato di Mikujiin cadde
rumorosamente a terra, inondando il terreno del suo stesso sangue. Inuyasha
guardò il demone spirare in un ultimo rantolo, mentre con freddezza tranciava di
netto la mano di Mikujiin che ancora brandiva la sua arma.
"Pessima
decisione." Disse Inuyasha, annientando sul nascere l'offensiva del demone.
Tessaiga tornò
alle sue dimensioni originali, mentre con un movimento secco, Inuyasha la ripose
nel fodero. "Povero idiota, lo Shikon ti ha solo usato."
Mikujiin era
solo uno dei tanti demoni che lo Shikon era tornato ad usare. Sì, se prima erano
i demoni a volersi impossessare della Sfera, adesso sembrava che le carte in
tavola si fossero capovolte. Lo Shikon, volutamente, si innidiava dentro demoni
ed esseri umani. Inuyasha non riusciva a comprenderne pienamente il motivo, ma
azzardava un'unica ipotesi: nella sua forma originale, quella di una sfera, lo
Shikon non poteva trarre vantaggio alcuno dai suoi immensi poteri, per questo,
si impossessava di corpi robusti, dominando lo spirito dei loro possessori.
Nonostante tutto
era giunto ad una conclusione, la più vera. Lo Shikon non racchiudeva più la sua
controparte pura, come se qualcosa o qualcuno avesse innestato nella sfera
un'unica fonte malvagia, che lentamente aveva soppresso ciò che di buono vi era
nel gioiello.
Supposizioni,
certo, che però sembravano essere più vere che false.
***
Kaeru si fermò,
ormai del tutto sicura di essersi allontanata dal luogo del combattimento.
Nonostante conoscesse le doti del padre, non potè fare a meno di provare un poco
di inquietudine. Mikujiin, benché lento, possedeva una mole che avrebbe messo in
difficoltà qualsiasi demone. Scosse il capo, scacciando quei pensieri
deprimenti. Strinse un pugno davanti al petto, convincendosi sempre più della
forza del padre.
Si sedette su
una radice, attendendo il ritorno di Inuyasha. Era sicura che suo padre
l'avrebbe trovata senza alcuna difficoltà grazie al suo fiuto eccezionale.
Sovrappensiero, prese a giocherellare con una foglia. Le tornò alla mente Aki.
Non seppe spiegarsi il motivo per cui l'immagine del ragazzo fosse così vivida
dentro di lei, nè perché si fosse sentita ferita per quello sguardo colmo di
disprezzo. Di una cosa era certa: avrebbe preferito non rivederlo mai più.
Era il primo
essere umano che l'aveva sconvolta nel profondo, benché avesse cercato di celare
il suo stato d'animo dietro alle apparenze. Pensava, inoltre, di essere abituata
al disprezzo delle persone, alla distanza che queste tenevano volutamente da
lei, ai falsi sorrisi che celavano ingiurie ben peggiori.
Al contrario,
tutto ciò non le era del tutto indifferente, come lei desiderava. E quell'Aki lo
aveva ampiamente dimostrato.
Quando realizzò
il punto focale dei suoi pensieri, sentì una stretta poderosa circondarle le
spalle e la lama tagliente di un'arma leggermente premuta contro la pelle del
suo collo.
Una falce a
mezzaluna.
Sorrise
beffarda, avrebbe dovuto immaginarselo.
"Adesso ti
libero da tutte le tue sofferenze, vedrai, basta poco." La voce di Aki suonò
ferma e sicura.
"Preferirei
tenermele... grazie." La voce di Kaeru suonò tagliente e per niente impaurita.
Aki, in tutta
risposta, marcò la presa su di lei, facendola gemere. Un rigolo di sangue prese
a sgorgare dal collo bianco della ragazza.
"Spiacente di
deluderti, ma non puoi uccidermi."
Kaeru sentìi
muscoli del ragazzo contratti dietro la sua schiena. Sorrise, sapendo di potere
avere la meglio su di lui.
"Anche
ferendomi, non otterrai niente. Se non mi credi, libero di provare."
Notando che Aki
aveva allentato la presa, Kaeru scattò in piedi, trascinando con sè l'arma del
ragazzo. Con un gesto repentino, affondò leggermente la lama nella pelle del
braccio, lasciando che il sangue sgorgasse libero dalla ferita. Aki non fece
alcun tentativo di riprendere l'arma, bensì fissò l'arto della ragazza. Di lì a
un minuto, la ferita scomparve.
Kaeru fu felice
nel constatare che la sua dimostrazione aveva avuto una conclusione in breve
tempo. La ragazza lanciò l'arma contro Aki, che l'afferrò al volo.
"Adesso puoi
lasciarmi anche in pace, che ne dici?"
Osservò gli
occhi grigi del ragazzo rivolti unicamente verso di lei. Era impossibile
stabilire la freddezza che celavano. Kaeru attese qualche reazione del giovane,
rimanendo immobile, senza riuscire in realtà a muoversi. I suoi piedi parevano
inchiodati a terra.
"Come vedi,"
disse lei, rompendo il silenzio tra loro ,"sono differente sia da un demone che
da un umano. A differenza di loro, non posso morire."
"Tuo padre,"
disse Aki con un tono freddo della voce ,"è un demone."
Kaeru sbuffò
infastidita. "E mia madre una sacerdotessa."
"Allora, tu sei
un mezzo demone."
Kaeru fece un
gesto esasperato con le braccia. "Innanzitutto, non vedo perché dovrei stare qui
a parlare di me con uno sconosciuto, comunque sappi che non è affatto semplice
capire la mia situazione."
Riprese fiato.
"E siccome non pretendo affatto che tu la capisca, vorrei semplicemente essere
lasciata in pace."
Dopo un attimo
di esitazione, Aki puntò nuovamente la sua arma contro di lei.
"Spiacente, ma
la parola demone ha comunque a che fare con te. Come, non mi interessa."
Kaeru osservò la
punta della mezzaluna. "E tu credi di avere il diritto di uccidere tutti coloro
che hanno a che fare con dei demoni?"
"Sì." Aki non
mostrò alcuna espressione, nè sul volto, nè nella voce. Kaeru fece un sorriso
amaro.
"A quanto pare
voi esseri umani non siete poi molto diversi dai demoni. Uccidete chi vi
minaccia, senza provare pietà. Amate il sangue e la morte degli altri,
esattamente come i demoni." Quelle parole le aveva sussurate, ma sembrarono
rimbombarle nella mente come un eco lontano. Tuttavia, fu sicura che Aki, di
fronte a lei, le aveva percepite alla perfezione.
"Comunque,"
mormorò Kaeru abbassando lo sguardo, "poco importa."
Fu in quel
mentre, che Kaeru vide l'arma di Aki volare lontano, infilzando il suolo erboso
a pochi passi da lei e dal ragazzo.
"Cosa avevi
intenzione di fare, moccioso?"
Inuyasha, rigido
nel suo portamento, teneva Tessaiga davanti a sè, a pochi centimetri dal volto
di Aki che, per la sorpresa, era indietreggiato di qualche passo. "E che sia una
risposta convincente."
N/A:
bentornati a voi, ma anche a me. Come ho scritto nell'account, sto nuovamente
studiando per gli esami di settembre, per questo motivo le pubblicazioni vanno
un poco a rilento. Tuttavia con NMW sono sempre avantaggiata di un capitolo, al
momento la mia vena ispiratrice è comunque buona. Oltre a studiare (che porta
via del tempo) sto continuando numerose storie, tra cui NMW e alcune di Harry
Potter che, nonostante tutto, non ho ancora pubblicato. Nello scorso capitolo mi
ero scusata per non aver risposto alle vostre recensioni, quindi, come doveroso,
lo faccio adesso.
Recensioni per
"Aki, il figlio dell'autunno".
Keira-chan: molto spesso mi
viene da sorridere al pensiero di aver costretto molti di voi a leggere una
mattonata di capitoli come quelli di Ritorno al Passato. Purtroppo, senza
leggere prima quella storia, non potreste affatto capire le connessioni logiche
con NMW. Quindi, ti ringrazio per i complimenti che rivolgi ad entrambe le
storie. A me fanno molto piacere.
Kagomechan91: Aki sta
diventando molto gettonato nelle recensioni! Comunque, ti posso dire con
sicurezza che la sua identità sarà svelata nel prossimo capitolo.
Tessa: ed io non vedo l'ora
di descrivere il momento in cui ciò avverrà. Sono sicura che descrivere Kaeru in
versione non donzella in pericolo sarà un compito molto arduo. Bè, ne
riparleremo quando ci arriveremo.
Un ringraziamento va ^Kia^,
Mel-chan, Frank e Cri-chan.
In più rispondo alle domande di
Elychan: io ho 20 anni, compiuti a maggio. Per quanto riguarda il padre di
Kagome, è uno dei tanti misteri che, a quanto pare, non c'è dato di sapere...
per lo meno, non ora. Potrebbe anche darsi che la Takahashi abbia in mente
qualcosa, perché è strano che non citi mai tale personaggio quando la sua
assenza è quanto mai evidente.
Recensioni per "Gioco scoperto".
Shinji: quasi mi commuovo
nel sapere che un ragazzo legge le mie storie, davvero. A parte questo, il
capitolo qui presente deve averti illuminato riguardo alle tue perplessità, ma
penso che il prossimo divamperà qualsiasi tuo dubbio. Dunque, storia d'amore
dici? Può darsi, ma ammetto che non sono molto da scene romantiche, difatti
anche in Ritorno al Passato ho cercato di introdurle prima che la relazione tra
Inuyasha e Kagome potesse fare concorrenza ad un cubetto di ghiaccio. A me
piacciono anche le scene d'azione, con un po' di sangue anche. Mah, staremo a
vedere.
Elychan: don't worry, ci
saranno nel prossimo capitolo. Comunque, state tranquilli, non mancheranno le
scene tra Inuyasha e Kagome. Promesso.
Mel-chan: ti ringrazio per
aver compreso.
Ruka88: posso assicurarti
che Aki è un essere umano, almeno per nascita. Pertanto non è un mezzo demone.
Inoltre, apprezzo la fantasia (come dici tu), ma ho in mente qualcosa di
diverso, forse di più banale. Comunque, se continuerai a leggere avrai le
risposte alle tue domande.
Cri-chan: ringrazio anche
te, come Mel-chan, per aver compreso. Visto che posto questo capitolo a fine
agosto, spero di leggere una tua recensione almeno a settembre. Inoltre
rispondere individualmente alle vostre domande, o semplicemente, alle vostre
recensioni, non mi pesa affatto.
Frank: non voglio
contribuire al tuo snervamente, pertanto eccoti qui l'aggiornamento!
Un grazie doveroso a ^Kia^,
Giodan, Keira-chan, Tessa.
Come avrete notato sono più lunghe
le risposte alle recensioni che la fanfiction in sè. XD
Adesso che da brava fan-writer ho
fatto tutto, vi aspetto al prossimo capitolo. Siate numerosi, mi raccomando.
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Yamata no Orochi ***
Capitolo
IX
Yamata no Orochi
"E che sia
una risposta convincente."
Kaeru provò un
enorme sollievo nel vedere suo padre dinnanzi a lei, con Tessaiga puntata contro
Aki. E' andata, disse, rilassando a poco le spalle e strofinandosi con
una mano il rigolo di sangue che aveva preso a scenderle lungo il collo. Non
riuscì a scorgere l'espressione di Aki oltre le spalle del padre, ma Kaeru giurò
di percepire un vago sentimento di astio provenire dal ragazzo. Si sbilanciò
leggermente, guardando oltre il braccio teso del padre e vide l'arma di Aki
abbandonata lungo un fianco, ma stretta possentemente nella mano del ragazzo.
"Siete demoni."
A tale
affermazione, Inuyasha arcuò un sopracciglio, lasciando che un ghigno gli
attraversasse il volto affilato.
"Interessante.
Tu, quindi, saresti uno di loro." Fu Kaeru, stavolta, ad aggrottare la
fronte, puntando lo sguardo sulla figura di schiena del padre. Non immaginava a
chi quel loro si riferisse, nè tanto meno perché suo padre avesse
pronunciato quelle parole. Rivolse la sua attenzione su Aki e ne studiò
l'espressione totalmente seria che trapelava dal suo volto.
"In tal caso,"
disse Inuyasha, immobile nella sua posizione. "Ti consiglio di sparire se vuoi
continuare a vivere."
Kaeru spalancò
gli occhi verdi, puntandoli di nuovo sul proprio genitore. Era molto raro che
Inuyasha intimasse qualcuno ad andarsene per aver salva la vita, come
altrettanto strano era che suo padre minacciasse di sua sponte un essere umano,
seppur armato. Solitamente il mezzo demone attaccava per difendersi o per
difendere, mai per altri scopi. "Papà?"
Kaeru vide le
orecchie canine del padre muoversi in modo impercettibile, segno che aveva
sentito la sua voce; tuttavia, non si era voltato per non abbassare la guardia
di fronte ad Aki.
"Tu non dovresti
essere qui." La voce severa e tagliente di Inuyasha fece chinare il capo di
Kaeru. La ragazza si bagnò le labbra con la punta della lingua, dimentica
completamente di ciò che stava accadendo. Sentì le guance bruciare lievemente,
mentre il suo volto iniziò ad arrossarsi a poco a poco. Non riuscì a confessare
al mezzo demone il motivo reale che l'aveva spinta a seguirlo, perdendosi nella
Foresta. Inuyasha non amava alcun tipo di sentimentalismo, e la figlia lo sapeva
molto bene.
"Scusa." Disse,
sollevando lo sguardo.
Inuyasha rimase
in silenzio, volgendo di nuovo i suoi occhi dorati sull'essere umano che,
immobile, continuava a fissarli con palese odio. Disegnò un piccolo cerchio
d'aria con la punta di Tessaiga, come per attirare l'attenzione del ragazzo.
"Hai deciso cosa
fare, moccioso? Non ho intenzione di accudire anche te." Disse, sbuffando. Kaeru
posò una mano sul braccio del padre.
"Papà,
andiamocene. La mamma... la mamma avrà sicuramente bisogno d'aiuto."
"Mikujin."
"Mikujin?"
Domandò perplessa Kaeru.
"E' stato
Mikujin ad incendiare la Foresta. Adesso è andato all'altro mondo, esattamente
come il resto dei suoi seguaci." Kaeru fissò la striscia nera che sembrava
dipingere una guancia del padre. Molto spesso dimenticava che Inuyasha uccideva,
che suo padre uccideva. Aveva le vesti imbrattate di sangue, probabilmente non
suo, ma dei suoi avversari. Era una realtà che spesso le sfuggiva di mano. Suo
padre era capace di affondare Tessaiga nelle viscere del proprio avversario e
poi di estrarla, lasciando che la lama lambisse le pelli recise.
All'età di sei
anni si era allontanata dal Tempio del villaggio, mentre sua madre svolgeva i
compiti che, come sacerdotessa, le erano stati assegnati. Non ricordava il
motivo preciso che l'aveva indotta ad uscire dalle recinsioni protettive del
villaggio, ma si ricordò del demone che l'aveva braccata con l'unico intento di
divorarla. Era un demone lupo, o comunque un essere che assomigliava ad una
creatura selvatica. Anche allora, se non fosse stato per l'intervento di suo
padre, Kaeru avrebbe avuto molte più cicatrici di quante già ne aveva.
E fu in quella
circostanza, che Kaeru vide suo padre con occhi totalmente diversi. Sentì
l'uggiolio di dolore del demone, mentre Tessaiga si faceva strada nel suo ventre
e il sangue carminio colava, impregnando il manto peloso dell'essere. L'odore
acre della linfa rossastra le era penetrato nelle narici tanto violentemente da
farle provare un moto di disgusto. E mentre osservava l'ultimo rantolo del
demone, steso ai piedi del padre, Kaeru si meravigliò nel sentire una piccola
gioia nei recessi del suo cuore; come se la morte provocata dal padre l'avesse
in qualche modo allietata.
Gli occhi di
Kaeru balenarono a quel ricordo in parte sepolto dal tempo. Provare gioia per la
morte di un essere, comunque vivente, non era corretto, non era affatto giusto e
poco... forse, poco umano.
"Ma-," prese a
dire la ragazza, come per scacciare quel pensiero improvviso ", il fuoco non si
è fermato. Ed il villaggio rischia di essere bruciato!"
Kaeru notò di
non avere l'attenzione del padre. Inuyasha abbassò di colpo Tessaiga, scrutando
il volto del giovane di fronte a lui.
"Tu," disse,
accennando ad Aki ", sicuramente saprai difenderti alla perfezione, ma ho la
netta sensazione che tu non sappia ritrovare l'uscita."
Inuyasha
accompagnò tali parole con un sorriso volutamente di scherno. Kaeru osservò la
stretta di Aki attorno alla sua arma diventare sempre più forte. Il ragazzo
rimase in silenzio e, dopo molto tempo, fissò Kaeru dietro ad Inuyasha. La
ragazza, notando quello sguardo puntato su di lei, ebbe come la sensazione di
sentirsi una preda, braccata dal proprio cacciatore.
"Precisamente."
Sussurò Aki, allentando la presa sulle mezzelune.
"Bene," Inuyasha
sollevò Tessaiga, riponendola con un gesto secco nella fodera alla vita.
"Potremmo anche giungere ad un compromesso."
Sia Aki che
Kaeru guardarono Inuyasha con un'espressione vagamente perplessa.
"Io ti porterò
fuori da qui," disse, rivelando i canini demoniaci ", ma tu non alzerai un dito
contro di lei." E con quelle ultime parole, Inuyasha indicò sua figlia. Aki
dovette ammettere che il demone dai capelli argentati non mancava di furbizia;
sapeva alla perfezione che lui era troppo debole rispetto alla forza che, al
contrario, scorreva nelle sue vene non umane. Inoltre, con tale proposta, gli
impediva di uccidere la ragazza strana di cui aveva fatto la conoscenza. E tutto
perché lui, effettivamente, aveva perso l'orientamento dopo l'incontro con
Kaeru.
"Si può fare."
Disse, con tono piatto.
"Bene, allora
camminerai tra me e Kaeru. Non fare scherzi, perché non ci metto niente a
tranciarti in due."
Kaeru rabbrividì
nell'udire tali parole, tanto era la verità di cui esse erano impregnate.
Tuttavia, la ragazza non condivise affatto la proposta del padre, nè, tanto
meno, il dover aprire la fila con gli occhi freddi di Aki puntati contro le sue
spalle. Dietro al ragazzo, suo padre le diceva dove svoltare e quale sentiero
intraprendere, benché spesso le frasche e i rovi rendessero difficile il loro
cammino. Kaeru trovò la preoccupazione di suo padre del tutto inappropriata,
visto che, fondamentalmente, entrambi erano immortali. Ebbe la sensazione che ci
fosse molto non detto sia nelle parole di Inuyasha che in quelle di
Kagome.
Un moto di
felicità interiore colse Kaeru alla vista di una piccola apertura che dava ad
una distesa di erba. Inuyasha era stato di parola e li aveva condotti ai confini
della Foresta; non avevano incontrato ostacoli, forse per la presenza del padre.
Kaeru si fece largo tra i rovi, incurante che questi le graffiassero le mani;
quando abbandonò il fogliame della Foresta dietro di sè, respirò una boccata
d'aria che, seppur ricca di fumo, le parve di quanto più salutare esistesse. La
ragazza osservò le fiamme che, lentamente, si erano avvicinate al villaggio,
unicamente ostacolate dal fiume che passava attraverso. In lontananza, le grida
e gli incitamenti degli abitanti risuonavano forti e decisi.
"Ma questo villaggio─"
Kaeru si voltò
verso Aki con sguardo interrogativo, mentre non riuscì ad impedire che le sue
labbra articolassero un eh? sorpreso. Da quando Mikujin aveva rivelato la
sua vera natura, Kaeru non si era più rivolta al ragazzo. Aki, capendo di non
aver pensato, ma detto tali parole, discostò lo sguardo dalla ragazza, tornando
ad assumere un cipiglio freddo ed indifferente.
"Bene," la voce
atona di Inuyasha fece voltare Kaeru. "Andiamo a casa." Disse, rivolto alla
figlia. Kaeru fece un cenno d'assenso col capo, prendendo a camminare dietro al
padre. Improvvisamente, Kaeru si sentì afferrare violentemente un braccio e
trascinare all'indietro, fino a che la schiena non venne in contatto con
qualcosa di caldo. Quando poté comprendere meglio la situazione, Kaeru sentì la
fredda armatura che ricopriva il braccio di Aki attorno al collo e la punta
della mezzaluna premuta alla base di esso. Infine, la lama di Tessaiga le stava
a pochi centrimetri da una guancia, con la punta indirizzata contro il ragazzo.
Kaeru percepì la
tensione dei muscoli di Aki, premuti contro la sua schiena. Gli occhi del padre,
completamente inespressivi, non stavano guardando lei ma il suo assalitore.
Bastava una
mossa falsa o un movimento minimamente accennato, che tutto si sarebbe risolto
in tragedia. Kaeru immaginò che non ci volesse molto per perforarle il collo con
la mezzaluna, ma se Aki avesse agito, suo padre lo avrebbe ucciso. In quel
momento si trovò a pensare alla stupidità del ragazzo che non aveva affatto
assimilato il concetto di immortalità.
Infine, con suo
grande terrore, Kaeru comprese che l'aveva assimilato anche fin troppo bene.
"Anche gli
immortali possono morire, non è forse vero?"
A quelle parole,
Kaeru guardò confusa Inuyasha. Il mezzo demone non rispose a quella voluta
provocazione. La ragazza sentì la presa fredda attorno al collo diventare sempre
più salda. Dal tono di voce di Aki, Kaeru intuì che il ragazzo stava sorridendo
in modo sinistro.
"Basta un taglio
netto alla testa e... puff, addio essere immortale."
Kaeru pensò di
morire in quel preciso momento. Le suonava ridicolo che un essere umano potesse
sapere cose che la riguardavano, mentre lei, invece, era all'oscuro di tutto.
Per questo rivolse uno sguardo impaurito al padre che le stava di fronte. Lei
poteva morire. Poteva essere uccisa, semplicemente decapitandola. Era disgustoso
e pensò di svenire.
"Come fai ad
esserne convinto?" Inuyasha sembrava comunque tranquillo.
Aki sorrise,
vedendo la fortuna rivolta a lui. "Me l'hanno insegnato, tutto qua. Ma se vuoi,
possiamo fare una dimostrazione."
"Non so quanto
ti convenga farlo. Anche se taglierai la testa di mia figlia, io farò
esattamente lo stesso con te."
Aki scrutò la
figura di Inuyasha e la punta di Tessaiga. Probabilmente lo avrebbe fatto
davvero. Mantenne la presa attorno al collo di Kaeru, mentre la ragazza non
sembrava affatto intenzionata a muoversi. Infine, sciolse la stretta attorno a
Kaeru, colpendola leggermente ad una spalla di modo che si allontanasse. Kaeru,
frastornata per la spaventosa rivelazione, rimase in piedi tra Aki e il padre,
fissando il terreno con ostinazione.
"Saggia
decisione." Detto ciò, Inuyasha afferrò un braccio della figlia, trascinandola
di peso verso l'entrata del villaggio. Kaeru si lasciò condurre dal padre senza
protestare, benché desiderasse con tutto il cuore sapere di più riguardo alla
rivelazione che aveva ascoltato un attimo prima da Aki. Quando sollevò lo
sguardo, intravide sua madre correre verso di loro. Aveva i lembi dello yukata
bruciati, un po' di cenere sulle spalle e qualche taglio sanguinante sulla
pelle. Tentò di dire qualcosa, quando uno schiaffo le ferì una guancia.
"Dove sei
stata?"
La voce di sua
madre suonava strozzata, incline a diventare un pianto, mentre i suoi occhi
grigi screziati di azzurro la fissavano con rabbia mista ad apprensione. Teneva
ancora il braccio sollevato quando Inuyasha fece un passo verso di lei. Kagome,
notando il consorte, fece per parlare, ma le parole le morirono dentro.
"Il fuoco non
accenna a fermarsi." Disse, senza nemmeno attendere che Kaeru o Inuyasha
parlassero. Il suo sguardo cadde su Aki, poco distante da loro. Aggrottò la
fronte, facendosi strada tra Inuyasha e Kaeru, fermandosi esattamente di fronte
al ragazzo. Aki osservò la donna di fronte a lui, in parte sorpreso. Adesso che
poteva vederla chiaramente, Aki ricordò di averla già vista o conosciuta.
"Ci conosciamo?"
Sbottò, arrossendo leggermente allo sguardo fisso di Kagome. La sacerdotessa
assotigliò lo sguardo, scrollando, infine, le spalle.
"Può darsi di sì
come può darsi di no." Fu la vaga risposta di Kagome.
"Inuyasha,"
disse, tornando a guardare il consorte. "Al villaggio hanno bisogno del tuo
aiuto."
Senza parlare,
il mezzo demone fissò la donna, sfoderò Tessaiga e prese a correre nella
direzione delle capanne. Kaeru osservò suo padre scomparire, sentendosi
improvvisamente a disagio. La guancia le pulsava ancora.
"Kaeru." Nel
sentire il proprio nome, la ragazza si irrigidì nelle spalle, fissando la madre
come in attesa di una punizione.
"Con te parlerò
dopo." Disse, realizzando le preoccupazione della figlia. "Intanto va insieme a
lui alle palizzate del villaggio."
"Ma―" Kaeru
tentò di parlare, ma la madre voltò loro le spalle, senza alcuna intenzione di
replicare. Kaeru abbandonò le braccia lungo i fianchi, cercando di arrestare la
voglia di piangere che stava provando in quel momento. Non solo l'avevano
lasciata sola con Aki, che aveva tutta l'intenzione di tagliarle la testa, ma
l'avevano anche tagliata fuori da qualsiasi piano per salvare il villaggio.
Inoltre, non capiva affatto perché sua madre le aveva chiesto di rimanere col
ragazzo.
Fece un ampio
respiro, voltandosi verso Aki. "Tu, naturalmente, non mi seguirai."
Il ragazzo
abbozzò ad un sorriso di scherno. "Non hai sentito cosa ha detto la tua
mammina?"
"Sì," Kaeru
tentò di controllare il proprio tono di voce ", ma non ho nessuna intenzione di
farmi ammazzare da te."
Aki sollevò le
spalle con gesto incurante. "A quanto pare adesso posso farlo... dov'è finita
tutta la tua convinzione?"
Kaeru strinse i
pugni, tanto da farsi male. "Va all'inferno." Sbottò, con rabbia.
"Spiacente,
mocciosa," disse, afferrando la sua mezzaluna, "ma ci sono già stato."
Non fu l'arma di
Aki a reciderle un lembo dello yukata, bensì una freccia che Kaeru aveva visto
conficcarsi nel terreno a pochi metri da lei. Entrambi fissarono l'arma
appuntita, per poi volgere lo sguardo nella direzione da cui era stata
scagliata. Sospeso in aria, un essere dalle vaghe sembianze umane, stava
cavalcando un destriero nero, dagli occhi iniettati di sangue. Teneva ancora in
mano l'arco possente, mentre da dietro le spalle spiccava una faretra argentata,
colma di frecce appuntite.
Kaeru osservò il
demone, il terzo che li aveva attaccati nell'arco di tutto il giorno. Aki,
accanto a lei, teneva salda la propria arma e gli occhi grigi puntati
sull'essere che aleggiava sopra di loro.
Kaeru osservò
stupita il demone abbassare l'arco e portarsi una mano alla bocca, gridando a
pieni polmoni un nome che le risultò incomprensibile. Di lì a poco, uno sciame
di spiriti a forma di serpente, prese ad avvolgere la figura del demone,
muovendosi sinuosamente attorno al cavallo. Il demone, infine, tornò a rivolgere
il proprio sguardo verso il basso, emettendo un piccolo verso.
"Ti avevo
detto che sarebbe stato del tutto inutile scappare."
Kaeru osservò
Aki afferrarsi il braccio coperto con l'armatura, mentre il volto del ragazzo
andò contorcendosi per il dolore. La mezzaluna cadde a terra, mentre Aki iniziò
a piegarsi su se stesso, fino ad inginocchiarsi sull'erba umida. Kaeru, senza
neanche pensare, si chinò su di lui, ottenendo solo un commento aspro da parte
del ragazzo. Kaeru, infastidita, si affrettò ad alzarsi, rivolgendosi al demone
sopra di lei.
"Posso sapere
chi sei?"
Il demone la
guardò, per la prima volta, mentre un sorriso perfido prese ad alleggiargli sul
volto. "Il mio nome è Yamata no Orochi." [1]
Kaeru trattenne
il respiro, udendo il nome del demone. Sentì la testa diventarle pesante, come
se quella rivelazione avesse provocato in lei un mancamento di ossigeno. Non
poteva credere ai propri occhi, nè a tali parole. Se ciò che il demone andava
decantando era verità, Kaeru stava dinnanzi ad uno dei demoni leggendari. "Il
Serpente dalle otto teste e dalle otto code." Bisbigliò.
Il demone,
udendo alla perfezione le parole della ragazza, sorrise in modo beffardo.
"Esattamente."
Kaeru impallidì,
mentre la gola le si serrò in una morsa. Yamata no Orochi tornò a fissare Aki,
mentre con una mano aveva iniziato ad accarezzare lo spirito di un serpente.
Vestiva un'armatura nera, dall'aria molto possente. I capelli lunghi gli
ricadevano sulle spalle in parte bianchi e in parte di un colore verdastro. Il
volto affilato, nonché i lineamenti, lasciavano trasparire una certa bellezza,
mentre gli occhi, dal taglio affillato, lasciavano risplendere due iridi verdi
screziate di oro. Il volto era segnato da due strisce nere, una su ciascuna
guancia, mentre sulla fronte il simbolo di un piccolo serpente rendeva più
verosimile il suo nome.
Kaeru si domandò
quale connessione poteva esistere tra Yamata no Orochi ed Aki. Quest'ultimo era
rimasto a terra, col respiro pesante e il capo chino. Si stava ancora stringendo
il braccio, come se questo fosse la reale causa del suo dolore.
"Sai qual è
la pena che spetta ad un traditore."
"Fino a- a prova
contraria," disse Aki, sollevando lo sguardo a fatica, "non- non è certo per mio
volere che mi- mi sono unito a... Voi."
Il volto di
Yamata no Orochi si indurì, fissando il corpo del ragazzo con disprezzo. Il
demone sollevò nuovamente l'arco, posizionandovi una freccia e tendendo la corda
argentata. Kaeru notò che, rispetto alla freccia precedente, quella tesa contro
Aki emanava uno strano bagliore verdastro. Il ragazzo, accortosi di avere l'arma
puntata contro, si sollevò a fatica e afferrò violentemente un braccio di Kaeru.
"Lei- lei è
immortale ed è capace di vedere lo Shikon."
Nello sguardo di
Yamata no Orochi balenò un'espressione interessata, mentre Kaeru, sconvolta,
fissò Aki. Non era assolutamente capace di vedere lo Shikon, inoltre, non capiva
affatto cosa intendesse dire per vederlo. Kaeru strattonò il braccio,
indietreggiando sconvolta, sentendo lo sguardo del demone fisso su di lei.
"Dimmi,
mocciosa. E' vero quello che dice?"
Benché
desiderasse gridare un no a pieni polmoni, la sua bocca si rifiutò di
articolare qualsiasi tipo di suono.
"Certo che ne
sei capace," Aki fece una smorfia e guardò la ragazza, "quella donna è tua
madre, no?"
Kaeru rimase in
silenzio, aggrottando la fronte. Stava vagamente comprendendo l'intenzioni di
Aki.
"Io," prese a
dire terrorizzata, "Io non so niente! Non ho mai visto lo Shikon!"
L'espressione di
Yamata no Orochi si rabbuiò. "Non mi piace essere preso in giro." Sibilò.
Il demone spostò la traiettoria della freccia contro Kaeru. Quando lasciò andare
la corda argentata, la freccia emise un sibilo tranciando l'aria attorno a lei.
Il bagliore verde iniziò ad aumentare per via dell'attrito dell'aria che
ostacolava il moto della freccia.
Impreparata,
Kaeru si coprì il volto con un braccio, emettendo un grido impaurito.
"HIRAIKOTSU!"
Un possente
boomerang deviò la direzione della freccia, che andò a incastrarsi nella
corteccia di un albero. Kirara planò a terra, portando in groppa l'agile figura
di Sango. Dopo averla riconosciuta, Kaeru si affrettò a correre verso di lei,
affondando le mani nel folto pelo del demone. Sango, con un scatto poderoso
delle anche, toccò terra, afferrando al volo la propria arma.
"Kaeru, va via
con Kirara."
"Ma tu―" Sango
incitò Kaeru a salire sulla groppa dell'animale. La ragazza fece come le era
stato ordinato e si trattenne dal cadere, quando Kirara balzò, rimanendo sospesa
in aria. Da quell'altezza, Kaeru riuscì ad osservare meglio il volto di Yamata
no Orochi.
"A quanto pare
sei tornato."
Kaeru vide che
le parole di Sango erano dirette ad Aki; il pensiero che la cacciatrice
conoscesse il ragazzo la incuriosì parecchio.
"Madre." Aki
fissò la donna, mentre lo sguardo di Kaeru si fece palesemente sorpreso.
Nota
[1] Letteralmente 'Il grosso
serpente dalle otto biforcazioni'. Si tratta del mostro della leggenda
giapponese, il gigantesco serpente con otto teste e otto code che fu sconfitto
dal dio Susanoo. (da
Nipponico.com). Io non sono al corrente degli eventi che riguardano questa
leggenda, pertanto mi limito unicamente ad utilizzare il nome di questo mostro.
A/N: ordunque, prima che mi
dimentichi volevo mettere in luce una cosa. Come avete letto, se un essere
immortale viene privato della propria testa può morire. Questa idea naturalmente
non è mia, ma l'ho presa da "La Saga delle Sirene" trilogia della stessa Rumiko
Takahashi. Il motivo è presto detto: scrivendo le scene in cui Kaeru si trova di
fronte a un nemico, ho pensato che fosse inverosimile che Kaeru non pensasse
almeno una volta di aver paura di morire. Pensiero inutile se sa di essere
immortale. Molte volte sono stata tentata a commettere tale errore, quindi,
d'ora in avanti ci sarà questo piccolo difetto nell'immortalità dei nostri eroi.
Comprenderete, che questo cambiamento rende le cose molto più stimolanti e meno
scontate.
Cri-chan: dunque, quando
scrivo che gli esseri umani allontanano Kaeru non faccio un discorso generale,
mi riferisco solamente a quegli esseri umani che la conoscono e che quindi sanno
di chi lei è figlia. Ad esempio gli abitanti del villaggio. Non ho mai
approfondito questa particolarità, ma grazie per avermelo fatto notare.
Keira-chan: grazie per gli
auguri (ne ho proprio bisogno!).
Mel-chan: sì, non
preoccuparti. La relazione coniugale tra Inuyasha e Kagome continuerà ad essere
trattata, in fondo loro sono comunque personaggi di sfondo molto importanti. E
comunque, non ti correggere! Sono i nostri coniugi, io ne scrivo le
vicessitudini, voi le leggete :)
^Kia^: no, non sbagli.
L'intento di rendere Kaeru simile ad Inuyasha c'è, come ci sarà l'intenzione di
renderla molto simile a sua madre.
Giodan: uh, adesso come
giudichi Aki? Tutto sommato se l'è cavata.
Tessa: però è sopravvissuto
:D. Non so se attribuire ciò alla fortuna di Aki o alla commiserazione di
Inuyasha.
Ariel87: oddio, grazie.
Questo genere di complimenti fa sempre piacere! Comunque puoi tranquillamente
svegliarti, non si tratta di un sogno. :)
Shinji: ed ecco qui il
nostro ragazzo. Innanzitutto grazie per i complimenti, ma credimi, i congiuntivi
sono una spina nel fianco e tipo uno lo becco quattro no. Comunque questo
capitolo è parecchio rivelatorio (anche se in molti ormai davano per scontato -
a ragione - che Aki fosse figlio di Sango e Miroku) e per niente romantico, ma
state tranquilli, ci sarà anche il tempo per i sentimenti.
Erato: il motivo per cui Aki
prova risentimento nei confronti dei demoni è appena accennato in questo
capitolo, ma naturalmente devo approfondire molto di più le cause. Grazie per il
tuo tentativo di non spoilerare riguardo l'identità di Aki.
Adesso che sapete chi è Aki potete
liberamente additarlo come figlio di Sango e Miroku, ma mi raccomando non
congetturate nelle recensioni (nessuno l'ha più fatto, ma io lo ripeto, non si
sa mai).Bene, adesso torno a studiare o meglio a ripassare per l'esame di domani
:/
Mi dico un In sella al riccio
da sola, và.
Alla prossima,
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** La Verità di Inuyasha ***
Capitolo X:
La verità di
Inuyasha
La sua rabbia si
stava lentamente affievolendo, mentre, con passo sicuro, camminava nella
direzione del villaggio dove poteva chiaramente distinguere le voci degli
abitanti. Alcuni uomini correvano verso le case, con grandi recipienti di legno
colmi dell'acqua fangosa del fiume. Giungevano alle case, buttavano l'acqua per
domare le fiamme, tornando infine sui loro passi, affrettandosi verso il fiume.
Alcune donne tenevano a bada i bambini del villaggio, impedendo loro di entrare
nelle case avvolte dalle fiamme, altre, le più giovani, aiutavano gli uomini
portando loro altri recipienti o colmando gli stessi d'acqua. Quando fu
abbastanza vicina, Kagome capì che il fuoco continuava a divampare imperterrito,
corrodendo il legno delle capanne e bruciando l'erba, nonché gli alberi nelle
vicinanze. Accorse al fianco di un uomo, caduto all'indietro a causa di una
lingua improvvisa di fuoco.
“Kagome-sama. Finalmente è
tornata.”
La sacerdotessa sorrise all'uomo, passando un braccio dietro al capo del
contadino. Sentì la mano impregnarsi lentamente del sangue dell'individuo,
mentre l'ustione su una guancia diventava via via più evidente. Fissò l'uomo con
le sue iridi grige, sorridendogli di nuovo rassicurante. “Sì, sono tornata.”
Il contadino
emise un flebile respiro, che colmò Kagome di un lacerante senso di colpa. Si
era allontanata dal villaggio, tentando di rincorrere sua figlia. Quando l'aveva
vista fuggire davanti agli occhi, aveva avuto la tremenda sensazione di non
poterla vedere più da viva. E come è risaputo, il cuore di una madre spesso
dimentica i propri doveri. Sentì il suo braccio afferrato in una morsa, mentre
tornava ad abbassare lo sguardo. L'uomo stava lentamente chiudendo gli occhi, il
respiro che diventava sempre più calmo, quasi fermo. Lentamente, Kagome abbassò
le braccia, adagiando il capo dell'uomo sulle propria ginocchia. Lui tentò di
parlare, benché con fatica.
“Kagome-sama....
io- io ho... commesso tante cose... sbagliate. ”
La donna toccò
una guancia dell'uomo, facendo un leggero cenno d'assenso col capo. Pulì con il
lembo della propria manica il fiotto di sangue uscitogli dalla bocca e tornò a
sorridergli, l'unica cosa che potesse fare, oltre a perdonare i peccati che
l'uomo confessava di avere. Stava cercando di redimersi, cosciente del fatto che
erano pochi i minuti a dividerlo dal sonno eterno.
“Sono certa che
nient'altro che il Nirvana l'attende. ”
Kagome sentì la
presa dell'uomo diventare sempre più debole, fino a quando non vide l'arto
abbandonato sul grembo. Sollevò una mano, chiudendo gli occhi del contadino e
mormorò qualche parola per accompagnare l'ascesa dell'uomo al Nirvana.
“Kagome-sama,
è...? ”
Una donna si era
inginocchiata davanti a lei, afferrando una mano dell'uomo nelle sue. Era
giovane, probabilmente si trattava della figlia. Kagome annuì, alzandosi
delicatamente. Notò che, come il resto degli altri abitanti, aveva i vestiti
bruciati e lesi, mentre la cenere dell'aria posava inesorabile sulle loro pelli.
Osservò il corpo minuto della ragazza incurvarsi sul corpo disteso dell'uomo,
mentre dei leggeri singhiozzi presero il posto delle parole. Avrebbe voluto
posarle una mano sulle spalle, consolarla, ma cosa poteva realmente fare? Quella
era la Morte. La stessa Morte che non guardava le sue vittime negli occhi, che
le attendeva al varco della loro esistenza. Tutto ciò che andava fatto era
rassegnarsi e domare l'animo dal dolore. Certo, lei non era la persona giusta
per pensarla a quel modo visto cosa lo Shikon aveva fatto a sua figlia. Quando
Kaeru era scomparsa dalle sue braccia, dai suoi occhi era stata dilaniata dal
dolore e non voleva sentire le parole di chi tentava solo di confortarla.
Continuava a ripetersi che nessuno poteva capire, comprendere il suo dolore. Si
era autoconvinta che Kaeru fosse sempre viva, illudendosi unicamente del ricordo
della sua esistenza.
"Kagome-sama!"
Il suo nome,
gridato a pieni polmoni, la destò dai suoi pensieri e la portò a sollevare lo
sguardo dal corpo chinato della ragazza. Osservò un uomo giovane avanzare verso
la sua direzione, incespicando nei suoi stessi passi, mentre tentava di
mantenere un equilibrio stabile.
"Kagome-sama, il
Venerabile Inuyasha–"
Il ragazzo si
arrestò di fronte alla sacerdotessa, tentando di riprendere il respiro che aveva
usato per la corsa. Nel sentire il nome del mezzo demone, lo sguardo di Kagome
si accese di apprensione e la donna fu svelta a chinarsi verso l'uomo. "Cos'è
successo a Inuyasha?" Domandò, incurante di mostare la propria apprensione.
"La diga..."
Sussurrò l'uomo. Kagome sollevò un sopracciglio.
"Il Venerabile
Inuyasha ha distrutto la diga che raccoglieva le acque tormentose del fiume per
spegnere le fiamme, ma–"
Kagome sussultò
nel sentire quel "ma" finale che interrompeva la frase dell'uomo. La diga era
una struttura completamente ignota agli abitanti di quell'epoca, ma lei aveva
permesso al suo villaggio di conoscere in anticipo qualcosa che apparteneva
unicamente il futuro. Aveva leggermente modificato il passato, ma pur sempre per
fare del bene. Nessun professore di Storia Giapponese l'avrebbe redarguita per
questo. In quel momento, comunque, si sentì in apprensione.
"Ma?" Domandò,
non certa di voler sapere realmente la risposta.
"L'acqua l'ha
travolto."
Kagome trattenne
un gemito, ma non potè fare a meno di sgranare lo sguardo.
"Si-sicuramente
è stato trascinato dalla corrente. Non può essere-"
Non può
essere morto. Concluse Kagome, mentalmente. Certo che non poteva. Inuyasha
era un demone. Un mezzo demone. E non poteva morire così facilmente. E allora
perché il suo cuore non la stava ascoltando? Perché sembrava ragionare in
tutt'altro modo?
Ancora prima di
dar modo alla propria testa di decidere sul da farsi, prese a correre nella
direzione dove un tempo era stata costruita la diga. Sentì le grida degli
abitanti che la incitavano a fermarsi, cercando di convincerla con frasi
spezzate a tornare indietro. Ma realmente non poteva, non poteva rischiare di
perdere Inuyasha. Non l'avrebbe sopportato e la scena di quella figlia china sul
proprio padre tornò prepotentemente alla sua mente. Non aveva mai pensato a
vivere da sola, senza Inuyasha e Kaeru. Anche se il mezzo demone aveva preso a
viaggiare, allontanandosi così da lei, aveva sempre il filo della speranza di
saperlo vivo. E vederlo tornare, varcare la porta della loro capanna, era
qualcosa che la inondava di un sollievo immenso.
Cercò di non
perdere l'equilibrio quando un sasso minacciò di farla cadere. La diga era
ridotta ad un cumulo di legname, mentre dalle acque sorgevano palizzate aguzze
atrocemente spezzate. Parte dell'acqua che era stata liberata continuava a
fluire, bagnandole i piedi e rendendo il terreno impantanato. Si guardò
freneticamente attorno, nella speranza di scorgere il proprio compagno.
"Inuyasha!"
Gridò, sentendo
la propria gola bruciare per il fumo che continuava ad intossicare l'aria. Tossì
violentemente, portandosi ad una distanza considerevole dal letto del fiume.
Continuò a gridare il nome del mezzo demone, nella speranza che le sue orecchie
canine captassero la sua voce. Tuttavia, non udì alcuna risposta al suo
richiamo, fatto che la fece sprofondare nella paura più nera.
Raggiunse a
corsa una capanna non ancora attaccata dal fuoco e tentò di ripararsi sotto alla
tettoia di paglia che funzionava da protezione. L'acqua non aveva travolto
niente in quel punto, vi erano solo pezzi di rami che l'ondata aveva portato fin
là. Appoggiò la schiena contro il legno della capanna, cercando di riprendere
fiato e di liberarsi dall'odore acre e intossicante del fumo. Quando sollevò di
nuovo il capo, giurò di vedere qualcosa, in parte coperto dal fango, scintillare
in lontananza. E quando realizzò che era Tessaiga il suo cuore mancò di un
battito.
Raggiunse la
spada, afferrandola, incurante che la lama, adesso arrugginita, potesse in
qualche modo graffiarle la pelle. Sentì il proprio cuore incerto se battere o
meno, mentre la sua testa diveniva pesante ogni secondo che passava. C'era
Tessaiga ma non Inuyasha.
Tornò alla
capanna, stringendo Tessaiga al petto come una reliquia sacra. Senza
accorgersene, capì che le lacrime si stavano facendo lentamente strada sulle sue
guance. Non voleva piangere, perché Inuyasha non poteva essere morto. Era
assurdo, quanto mai inaccettabile.
Nessuno era
riuscito a privare il mezzo demone della propria vita. E non poteva essere
un'ondata d'acqua a portarlo lontano da lei per sempre.
Lentamente, si
trovò la schiena puntata contro il legno, quasi come se questo fosse l'unico
sostegno in grado di sorreggerla. Scese giù, lasciando che la sua pelle
sfregasse contro la parete. Si abbandonò a sedere, stringendo Tessaiga in modo
convulso.
Se Inuyasha era
morto, lei lo avrebbe seguito. Esisteva un metodo per uccidere un essere
immortale. Avrebbe chiesto a qualcuno di farlo, o l'avrebbe fatto lei stessa.
Trovare il mezzo per impugnare l'arma era l'ultimo dei suoi problemi. Non le era
mai mancato il coraggio, lo avrebbe fatto. Un taglio, un semplice colpo di spada
e tutto sarebbe finito. La favola della tanto decantata Immortalità avrebbe
avuto una sua conclusione. Nemmeno Kaeru, sarebbe stata l'ancora a trattenerla
in quel mondo. No, perché sua figlia era cresciuta abbastanza per cavarsela.
Avrebbe sempre e comunque avuto l'appoggio degli abitanti. Non sarebbe mai stata
sola. No, e questo l'aveva pensato quando aveva visto quel ragazzo. Aki, se ben
ricordava. Il figlio per cui Sango aveva versato calde lacrime. Sapeva che
poteva fidarsi di lui e questo lo aveva letto nei suoi occhi.
Si lasciò
sfuggire un gemito, fissando Tessaiga ancora tra le sue mani. Quella lama poteva
essere la soluzione a tutto, la soluzione alla perdita di Inuyasha. Era felice
se Tessaiga avrebbe reciso la sua pelle. Non era una spada qualunque, ma era la
sua spada e tanto le bastava.
Sollevò la mano
che impugnava Tessaiga, mentre la scarsa luce del giorno donava alla lama uno
strano colore imperlato. Si accorse che la sua presa era tutt'altro che stabile,
ma non gli diede importanza. Serrò la bocca, come per farsi coraggio e trovare
il momento per affondare Tessaiga nel suo collo.
"Sarebbe un
azione stupida, quanto mai inutile."
Kagome sollevò
lo sguardo. Inuyasha era in piedi, davanti a lei, mentre si teneva saldamente un
braccio lungo un fianco. I suoi occhi dorati apparivano più opachi del solito,
ma comunque vivi. A giudicare dal suo sguardo, poco approvava la decisione di
Kagome di recidersi il capo con la sua spada.
"L'avresti fatto
anche tu," sbottò Kagome, singhiozzando. Abbassò nuovamente il capo, chinandosi
su Tessaiga.
"Non credevo di
amare una stupida." Disse, tagliente.
Kagome, ferita
da quel tono di voce, scattò in piedi, lasciando che le lacrime la bagnassero
nuovamente. Stava stringendo Tessaiga al petto, incurante che la lama stava
lentamente affondando nel palmo di una mano, mentre esercitava su di essa una
certa pressione.
"Dammela."
Inuyasha allungò un braccio per avere di nuovo Tessaiga.
"No." Disse
secca Kagome.
"Dammela, ho
detto."
"Ti credevo
morto." Sussurrò Kagome.
"Come vedi non
lo sono." Rispose Inuyasha, senza alcuna intenzione di abbassare il braccio.
"Ho temuto di
non vederti più Inuyasha. Riesci a capire come mi sia minimamente sentita?"
Stava alzando il tono della voce.
"Lo capisco."
Kagome aggrottò la fronte, irritata. Con un gesto rapido la donna puntò Tessaiga
contro la gola del mezzo demone che, leggermente sorpreso, aprì la bocca per
parlare. "No che non capisci!" Disse irritata Kagome, mentre le lacrime andavano
via via asciugandosi.
"Kagome, ti
stavi per ammazzare. E io la reputo un'azione sciocca."
"Sciocca?" Gridò
arrabbiata. "Credevo che tu fossi morto e stavo morendo anche io, lo sai vero?"
"Tu saresti
morta, mentre io avrei continuato a vivere. Cosa credi che avrei provato io?"
Inuyasha sollevò il tono della voce. Kagome parve sorpresa, ma non abbassò la
spada.
"L'amore può
uccidere, lo sai Inuyasha?"
"Sì."
"Ed io ti amo
Inuyasha, lo sai vero?" Disse Kagome con voce strozzata.
Inuyasha
aggrottò la fronte. Non capiva dove volesse arrivare con quel ragionamento.
"Ma tu non mi
ami allo stesso modo. Tra due persone ce n'è sempre una che ama più dell'altra.
E quella persona non sei tu Inuyasha."
Kagome convalidò
la presa di Tessaiga, costringendo Inuyasha a sollevare il mento per non essere
toccato dalla punta della sua spada. "Io morirei per te, tu non faresti lo
stesso per me."
"Ma cosa-!"
"Dimmi il motivo
dei tuoi viaggi, Inuyasha!" Gridò ad un tratto Kagome. "Dimmi perché stai
cercando di nuovo lo Shikon!"
Inuyasha la
guardò sorpreso. "Ma come-?"
Kagome abbozzò
un mezzo sorriso. "Allora è vero," sussurrò. "Stai cercando lo Shikon."
"No,
nient'affatto." Disse glaciale. Kagome assotigliò lo sguardo.
"Smettila di
mentire Inuyasha! Sono stanca di essere ingannata! Dimmi perché lo stai
cercando? Dimmi che non è per diventare di nuovo demone!" Kagome gridò con tutto
il fiato che aveva in gola, sentendo le lacrime bruciarle gli angoli degli
occhi. "Dimmi la verità Inuyasha! Crederò solo a quella."
Con un gesto
veloce, Inuyasha scansò la lama della Tessaiga lasciando che questa cadesse
rovinosamente a terra. Sorpresa da quel gesto, Kagome si ritrasse, ma le braccia
di Inuyasha si serrarono attorno al suo corpo. "Cosa?!"
Inuyasha, senza
darle ascolto, affondò il volto nei capelli corvini della compagna. "Sta zitta!"
Kagome non si
mosse e rimase in silenzio.
"E' vero. Sto
cercando lo Shikon." Sentì il corpo di Kagome irrigidirsi nella sua presa. "Ma
non per diventare demone." Aggiunse poi.
Tra i due calò
in silenzio, mentre Kagome appoggiò stancamente il mento sulla spalla di
Inuyasha.
"Senza volerlo,
ho trovato lo Shikon no Tama nelle montagne di Okai, all'interno di un demone
uccello. Da allora ho seguito ogni suo spostamento."
Kagome non ebbe
il coraggio di scostarsi, ma parlò comunque. "Inuyasha, stai parlando come se lo
Shikon avesse una sua volontà."
La donna sentì
la stretta di Inuyasha diventare sempre più salda. "Perché è vero."
La donna sollevò
un sopracciglio, mentre Inuyasha continuò a parlare. "Lo Shikon, da allora, non
è più una semplice Sfera. Da allora sembra aver acquisito una volontà propria
che lo porta a scegliere i demoni a lui più convenienti. E' lui a comandare e
non il demone che lo ingloba. Ha risvegliato demoni morti e sepolti sotto ai
miei occhi, ha donato loro una forza inaudita. E' tornato ma non per salvare, ma
per distruggere."
Kagome rimase in
silenzio, assimilando ogni parola del demone.
"Ed io lo voglio
distruggere."
Kagome sospirò.
"Perché non
voglio che distrugga nuovamente le nostre vite, la tua e quella di Kaeru."
Kagome si scostò finalmente dal mezzo demone. Aveva uno sguardo interrogativo.
"Perché ti amo,
Kagome."
"Inuyasha, io-"
"Mi credi?"
Domandò con un filo di voce. "Mi credi, Kagome?"
La donna lo
guardò, accennando ad un sorriso. "Ti credo." E gli sfiorò le labbra con un
bacio.
A/N:
capitolo dedicato ai miei recensori romantici che tanto mi hanno domandato sul
destino della coppia Kagome/Inuyasha. Ho pensato di creare un capitolo
appositamente per voi, spero non me ne vogliate. Tuttavia, non disperate, questa
coppia continuerà, come logico che sia, ad esserci all'interno di questa storia.
Dal prossimo capitolo torneremo a leggere le vicende di Aki, Kagome e Sango.
Bene, lasciatemi qualche commento su questo capitolo, mentre adesso io mi
appresto a fare il mio dovere di fan-writer, rispondendo alle vostre recensioni.
Tessa:
diciamo che Aki ha delle valide (?) ragioni per comportarsi a questo modo.
Keira-chan: innanzitutto,
grazie per l'in bocca al lupo per l'esame, perché è andato molto bene. ;D Poi,
vediamo, sulla questione "A chi assomiglia Aki?" effettivamente non c'ho ancora
pensato, difatti ho scritto prima questo capitolo.
Shinji: adesso voglio fare
un sondaggio, secondo voi "Da uno a dieci quando giudicate scemo Aki?". Domanda
da un millione di dollari. Scherzi a parte, grazie per i complimenti, sono
felice che questa storia abbia un po' di suspance dalla sua anche se io non ho
la minima capacità di crearla!
Mel-chan: essendo l'autrice,
posso spoilerare! Sì, è arrivata la mammina, ma saran dolori!
Un grazie, naturalmente, va ad
^Kia^ e Alia_chan!
Buon fine settimana e alla
prossima,
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Il Segreto di Aki ***
Capitolo XI
Il
Segreto di Aki
Kaeru li osservò
entrambi sorpresa. C'era stato un punto, in quello scambio di battute, che non
aveva ben compreso. Sbattè le palpebre un paio di volte, infine, voltò il capo
nella direzione di Yamata no Orochi. Il demone continuava a galleggiare in aria
sopra il proprio destriero, per niente scosso o sorpreso dall'azione difensiva
della Cacciatrice. Probabilmente, aveva compreso chi fosse Sango e quale lavoro
svolgesse, perché non accennò a parlare, tanto meno ad attaccare di nuovo.
Tuttavia, Kaeru non potè fare a meno di pensare che tutta quella situazione
aveva dell'incredibile. Se aveva ben compreso, Aki era figlio dell'unica persona
che mai avrebbe sospettato. Conosceva Sango e Miroku dal giorno stesso in cui
era nata, eppure non ricordava affatto che loro avessero un figlio. Anche quando
era abbastanza grande per riconoscere o ricordarsi delle persone, non aveva mai
visto Aki. Mai.
"Alla fine, sei
tornato di nuovo."
Kaeru sollevò un
sopracciglio nell'udire l'indifferenza nella voce della donna. Non era
esattamente l'accoglienza che una madre poteva offrire al proprio figlio.
"Sì," rispose
Aki scrollando le spalle. "La cosa ti infastidisce, forse?"
"Sì, dal momento che non fai altro
che attirare sventura su questo villaggio."
Aki, in tutta risposta, sbottò
qualche parola incomprensibile, facendo una smorfia tutt'altro che dolce. Kaeru
trattenne il respiro. Ok, c'era decisamente qualcosa che non le quadrava. A
stento credeva che fossero realmente imparentati tra loro. In più quella scena
era del tutto fuori luogo vista la presenza del demone Yamata no Orochi. Eppure,
non aveva il coraggio di aprir bocca o emettere suono. Sapeva benissimo che
stava assistendo a qualcosa che non le competeva, tanto meno la
riguardava. Tornò con la mente a sua madre e suo padre. Erano spariti entrambi
in direzione del villaggio, lasciandola sola con l'unica persona che desiderava
ardentmente la sua testa. Era stato un comportamento non poco sconsiderato da
parte loro.
"Non vorrei intromettermi,"
sibilò Yamata no Orochi, "ma non posso perdere del tempo con miseri esseri
umani. Ragazzina, sei veramente capace di vedere lo Shikon?"
Nel sentire il nome della Sfera,
Sango si avvicinò a Kaeru, rivolgendo il proprio sguardo al demone sopra di
loro.
"Cosa sai tu dello Shikon?"
"Quanto basta per volerlo." Yamata
no Orochi sorrise, un ghigno che lasciava poco all'immaginazione.
Sango fece il gesto di raggiungere
la propria arma con una mano.
"Nessuno è più
capace di vederlo, ormai." Sibilò la donna.
"Non dire
fesserie madre!" Sango si voltò verso Aki. "La madre di questa mocciosa è la
sacerdotessa che custodiva lo Shikon, non è forse così?"
Lo sguardo della
Cacciatrice si rabbuiò nell'udire il tono di voce che il figlio le aveva
rivolto. Poteva vagamente immaginare ciò che aveva in mente il ragazzo. Cercava
di salvarsi a scapito delle vite altrui. "Non dire cose che non sai." Ribattè
gelida.
"Io non sono in
grado di vedere lo Shikon." Proferì Kaeru con tono deciso. "Nemmeno mia madre è
più capace di vederlo."
"Se è vero,
non mi servite a niente. Aki, pagherai per la tua infedeltà."
Dopo quelle
parole, dal suolo si sollevò un vortice che strappò erba e polvere. Sango
strinse a sè Kaeru, cercando di proteggere se stessa dietro al corpo di Kirara
che era giunta in loro soccorso. La donna guardò nella direzione del figlio,
combattuta se aiutare o meno Aki, quando una figura scattò da sopra un ramo,
atterrando esattamente di fronte al ragazzo. Sango osservò sorpresa Miroku
afferrare le vesti del figlio per trascinarlo in cima all'albero da cui l'uomo
era giunto. Il vortice d'aria che si venne a creare non era dei più potenti,
tanto che durò pochi minuti. Quando tutto tornò alla normalità, di Yamata no
Orochi non vi era traccia.
"Stai bene?" La
voce di Sango non appariva minimamente scossa.
"Si-si, credo si
sì."
Kaeru si strinse
le braccia al petto. Da quando aveva scoperto che la sua immortalità aveva un
difetto, la sua paura di morire era notevolmente aumentata. Sango si sollevò,
dando una leggera pacca sulla schiena di Kirara che, a sua volta, si sollevò di
fianco alla padrona.
"Ehm, Sango."
Kaeru osservò i lunghi capelli della donna ondulare sulle sue spalle, mentre si
voltò al suo richiamo. "Lui è davvero vostro fi–"
"Sì, lo è."
Sango la precedette, tornando a darle le spalle. Kaeru si sentì un poco offesa
per quel trattamento. La vide tornare verso il villaggio, seguita a poca
distanza dal demone felino. Il boomerang, benché grande, non sembrava
impacciarla nei movimenti. Kaeru sollevò un sopracciglio, osservando la chioma
dell'albero su cui Miroku aveva trascinato Aki e si preoccupò del silenzio che
aleggiava. Per questo si trovò a sbirciare dai piedi dell'albero, quando un
movimento improvviso la fece spaventare. A nemmeno un metro da lei, a terra, Aki
si stava massaggiando la schiena. Kaeru ebbe l'impulso di porgergli la mano, ma
memore del suo comportamento, preferì rimanere in piedi a fissarlo. Di lì a
pochi secondi, Miroku atterrò esattamente accanto a lei.
"Tutto bene
Kaeru-chan?" Il monaco le rivolse un caldo sorriso.
"S-sì."
"Bene, adesso
possiamo andare al villaggio." Detto ciò, diede una piccola pacca sulla spalla
della ragazza invitandola ad andare. Infine si fermò voltandosi indietro.
"Hai intenzione
di venire?"
Kaeru notò che
la voce del monaco, seppur non espressiva, non era glaciale come quella di
Sango. Aki, da parte sua, non rispose ma si limitò a seguirli fino all'entrata
del villaggio. Pochi metri li separavano dalla loro meta, tuttavia Kaeru non
poté fare a meno di percepire una leggera tensione attorno a loro. Camminavano
lentamente, lei al fianco di Miroku, Aki esattamente dietro di loro. Di tanto in
tanto la ragazza sbirciava oltre la sua spalla per vedere il volto del ragazzo
sempre chino e fisso a terra. Tornò con la mente alla sua infanzia, cercando di
ricordare un bambino che potesse vagamente somigliare a lui. Se davvero era
figlio di Miroku e Sango, se davvero era nato in quel villaggio, non poteva non
averlo visto. Era quanto mai impossibile. Inoltre, durante il loro primo
incontro, prima che tutto avesse inzio, aveva avuto una strana sensazione nel
trovarselo davanti. Immersa in tali pensieri, a stento si accorse che Miroku
aveva smesso di camminare. Kaeru sollevò lo sguardo e si lasciò sfuggire un
sospiro mozzato. Sgranò gli occhi, posando lo sguardo sulle capanne che il fuoco
aveva dilaniato con la sua forza, sui corpi privi di vita di alcuni abitanti,
sui cumuli di cenere che probabilmente ospitavano ossa umane. Si portò entrambe
le mani all'altezza della bocca, trattenendo un gemito. L'odore di bruciato
stava lentamente scemando, lasciando il posto a quello altrettanto soffocante
dei cadaveri.
"Dovremo rendere
onore ai corpi." Bisbigliò Miroku, di fianco a lei.
Kaeru fece un
debole cenno col capo, incapace di strappare la vista a quella dimostrazione
gratuita di morte. Poi, come un fulmine a ciel sereno, prese coscienza dei
propri genitori. Prese a guardarsi attorno freneticamente, con il cuore che le
batteva forte nel petto, alla ricerca di un kimono nero e di uno yukata bianco e
rosso tra i corpi distesi, vicino al fiume. Sentì un tocco leggero sulla propria
spalle, che la fece sobbalzare un poco. Miroku le aveva posato una mano,
sorridendole rassicurante.
"Kagome-sama ed
Inuyasha stanno bene, ne sono certo."
Kaeru deglutì a
fatica, impotente di pensare diversamente. "Sì," sospirò "mamma e papà stanno
bene... sì, ne sono sicura."
Miroku sorrise,
puntando il proprio bastone nel terreno. Abbassò lo sguardo ed abbozzò un
sorriso. "Questa dev'essere senz'altro opera di tuo padre."
Kaeru fece
altrettanto, osservando il terreno fangoso e ricco di bozze d'acqua. "Inuyasha
deve aver distrutto la diga. Molto bene, torniamo alla tua capanna."
La ragazza non
disse niente, ma si limitò a seguire il monaco, certa che anche Aki avrebbe
fatto suo malgrado lo stesso. La casa di Kaeru non era molto distante
dall'entrata del villaggio. Era situata nelle prossimità del Tempio, vicino ad
un piccolo lago che Kaeru adorava. Sango e Miroku, invece, abitavano a ridosso
del villaggio, vicino alle palizzate di legno che ne contornavano i confini.
Attraversarono silenziosi le piccole vie che dividevano le capanne del
villaggio, in parte distrutte e divorate dalle fiamme. Le porte di legno erano
aperte e lasciavano intravedere l'interno delle stesse. Gruppi di uomini e donne
avevano gli sguardi fissi sui propri averi, altri entravano nelle loro
abitazioni per controllare ciò che si era salvato. Kaeru osservò rattristata le
donne raggomitolate a terra che versavano lacrime e sprigionavano suoni
gutturali e acuti. Altre piangevano di fianco ai propri figli, altre accanto ai
loro compagni. C'erano uomini che sollevavano pesanti assi di legno, altri che
curavano le ustioni sulla pelle delle vittime.
"Kaeru-san!"
Kaeru si voltò
indietro, osservando una donna raggiungerla a fatica. A parte la cenere sul
volto, sembrava godere di ottima salute. La ragazza le sorrise, invitandola a
parlare.
"Kaeru-san, sua
madre l'aspetta al Tempio. Tutti noi stiamo andando da lei per curare le nostre
ferite."
"E' stata
Kagome-sama a dirvelo?" Domandò Miroku, facendo un passo avanti.
La contadina,
per niente sorpresa dalla sua presenza, fece un leggero cenno col capo. "Sì,
anche il Venerabile Inuyasha è là."
A quelle parole,
il volto di Kaeru si distese notevolmente, mentre l'ultimo rimasuglio di paura
scomparve dal suo sguardo verde. Suo padre e sua madre erano vivi. Non avrebbe
dubitato della loro salvazza due giorni prima, ma adesso, tutto le sembrava
diverso. Tutto era diverso. Sorrise, felice per quella buona notizia e prese a
camminare con passo veloce verso il Tempio. Sollevò lo sguardo oltre i tetti
delle capanne per vedere la sacra struttura ergersi con tutta la sua maestosità
tra gli arbusti. Prese a correre gli scalini, sollevando un poco il proprio
yukata. In quel momento sembrò dimenticare la presenza di Aki e Miroku alle sue
spalle. E quando anche l'ultimo gradino di pietra fu superato, Kaeru vide un
gran numero di abitanti, in piedi o seduti, davanti al grande portone. Insieme a
loro, un numero cospicuo di sacerdotesse apprendiste e non stava apportando le
prime cure ai feriti. Kaeru sentì uno strano calore accendersi nel petto, mentre
desiderò con tutta se stessa di fare altrettanto. La ragazza, seguita dai due
uomini, si avvicinò all'entrata, osservando stupita che la fila di persone
proseguiva anche all'interno del Tempio. Notando che era quanto mai impossibile
entrare da quella direzione, fece gesto a Miroku di seguirla.
Avendo spesso
aiutato la madre, Kaeru conosceva bene il Tempio. Lo considerava come una
seconda casa; il che effettivamente lo era. La ragazza entrò in un piccolo
boschetto, seguendo un sentiero che non sembrava molto utilizzato. Come spiegò a
Miroku, solo le sacerdotesse o coloro che prestavano lavoro al Tempio erano a
conoscenza di quella piccola scorciatoia, che si rivelò essere molto utile. I
tre arginarono la folla, procedendo verso un fianco del Tempio. Quando gli
alberi iniziarono a diradarsi, Kaeru scorse una porta secondaria.
Aki sollevò un
sopracciglio, notando che Kaeru si era fermata davanti alla porta senza avere
alcuna intenzione di aprirla. Notò che una mano della ragazza era premuta contro
il legno rosso dell'entrata, all'altezza di una intarziatura che rappresentava
una fenicie dalle ali spiegate. Le labbra rosee e sottili di Kaeru si mossero in
modo impercettibile, ma ad Aki non passarono inosservate. Il punto su cui posava
la mano della ragazza prese a splendere di una luce fioca, fin quando un debole
clack fu udibile a tutti e tre.
"Andiamo." Disse
Kaeru, facendosi strada per prima.
Miroku posò la
punta del suo bastone a terra, prendendo a guardarsi intorno, mentre le pareti
del Tempio si ergevano alte sopra di loro. "Non sapevo di questa entrata,
interessante."
"Questa è una
porta secondaria, ne esiste una identica nel versante opposto. Come il portone
principale, non può essere aperta senza il giusto... incantesimo." Spiegò Kaeru,
cercando di trovare le parole adatte per descrivere la luce che era stata emessa
dalla sua mano.
"E scommetto che
solo gli addetti ai lavori possono entrare in questo modo."
"Precisamente."
Disse Kaeru, dirigendosi verso la Grande Sala. Vi era una grande apertura,
adornata verso l'alto da una volta decorata. Ai piedi di essa, Kaeru vide la
figura di Inuyasha, con le braccia conserte e il volto rivolto verso la parte
opposta.
"Papà!" Gridò
Kaeru, correndo verso il mezzo demone. Inuyasha si voltò verso la figlia,
rimanendo esattamente fermo nella sua posizione.
"Papà, sei
vivo!" Sospirò Kaeru, riprendendo fiato.
"Certo." Fu la
semplice risposta di Inuyasha. Il mezzo demone spiegò le labbra alla vista di
Miroku.
"Inuyasha, vedo
che sei riuscito a salvare la tua pellaccia anche stavolta." Disse il monaco,
ricambiando il ghigno del mezzo demone.
Inuyasha non
ribattè, ma si limitò ad emettere un piccolo sbuffo. "Mamma?" Domandò Kaeru,
esitante. Inuyasha sollevò un braccio, indicando con una mano, la Grande Sala.
Kaeru si sporse, notando che al centro di essa sedeva sua madre, curando le
ferite degli abitanti. Sorpassò la figura del padre, inginocchiandosi accanto a
Kagome. La donna, per niente sorpresa di vedere la figlia, le sorrise
dolcemente.
"Stai bene...
meno male." Disse, sospirando e tornando a guardare la benda che stava
avvolgendo attorno al braccio di una donna.
"Sì, Sango-san
mi ha protetto." Kaeru sorrise alla donna che stava all'altro fianco della
madre.
"Protetto? E da
cosa?" Domandò sorpresa Kagome. Sango posò una mano su quella di Kagome.
"Kagome-chan,
dobbiamo parlare." Disse Sango a bassa voce. La sacerdotessa guardò la
cacciatrice per qualche secondo, terminò la fasciatura e chiamò dieci donne,
vestite di uno yukata bianco. Si portò in piedi e pregò le donne di sostituirla.
Queste annuirono e presero a lavorare, rivolgendosi con gentilezza alle persone
bisognose di fronte a loro. Kagome si diresse verso l'apertura dove Inuyasha,
Miroku e Aki attendevano silenziosi.
Quando fu vicina
ad Inuyasha, seguita da Sango e Miroku, Kagome sorrise ad Aki che, sentendosi
osservato, sollevò lo sguardo.
"Bentornato,
Aki-chan." Disse Kagome, sorridendogli dolcemente. Kaeru si sorprese della
confidenza che sua madre sembrava avere col ragazzo e non poté fare a meno di
provare una punta di gelosia. Aki, da parte sua, arrossì violentemente,
balbettando un poco.
"Questo non è un
posto adatto per parlare, seguitemi." Disse Kagome, andando dalla parte opposta
della Grande Sala. I quattro la seguirono, silenziosi, finché non giunsero in
una sala più piccola che Kaeru sapeva essere la stanza di sua madre. Kagome andò
verso le finestre, spalancadole e lasciandovi penetrare la luce fioca che
proveniva dall'esterno. Quando si voltò, notò che tutti si erano disposti in
terra, con i ginocchi puntati contro dei cuscinetti bianchi. Solo Inuyasha si
era accontentato dello stipite della porta.
"Bene, qui non
verremo disturbati."
Miroku simulò un
colpo di tosse, smorzando la tensione. "Domani seppellirò i morti e farò loro
una funzione."
"Giusto," disse
Kagome " io mi occuperò dei feriti. Mi vuoi dare una mano Kaeru?"
La ragazza
annuì. "Certo, conta pure su di me, mamma."
Kagome sorrise,
infine puntò gli occhi su Aki. "Sei cresciuto molto, Aki-chan. Assomigli tanto a
Sango, per fortuna."
Miroku le
rivolse uno finto sguardo offeso, mentre Kagome emise una leggera risata. Sango
però non rideva. Non rideva affatto.
"Perché sei
tornato?" Domandò gelida, senza nemmeno guardalo negli occhi. Aki non rispose,
si limitò a fissare il legno del pavimento. Kagome, invece, apparve leggermente
preoccupata. Con uno scatto di rabbia, Sango afferrò un braccio del figlio che
le sedeva accanto. "Ho detto perché-sei-tornato."
"Non sono affari
tuoi." Mormorò il ragazzo, distogliendo lo sguardo. Sentì la stretta della madre
diventare più forte e un dolore soffuso alla guancia. La cacciatrice teneva
ancora il braccio sollevato, dopo aver schiaffeggiato il figlio. Tutti rimasero
in silenzio, sapendo che non era compito loro trattare con Aki.
"Hai tentato di
uccidere Kaeru e hai attirato Yamata no Orochi in questo villaggio... questo è
un valido motivo per rispondere alla mia domanda!" Ringhiò Sango.
"U-uccidere
Kaeru?" Balbettò Kagome, cercando lo sguardo di Inuyasha.
"Venderti a
quell'essere spregevole.... è stato un gesto ignobile!" Sbottò disgustata Sango.
"Non mi sono
venduto!" Gridò Aki, stringendo i pugni attorno alla propria veste.
"Lavorare per
quel demone non vuol dire forse vendersi?! Uccidere per appagare i desideri di
qualcun'altro è un atto che ritengo disgustoso! Io NON ho insegnato questo a MIO
figlio!" Gridò, con le lacrime agli occhi. "Il NOSTRO lavoro è uccidere i demoni
che divorano, uccidono e portano distruzione, NON servirli!"
Aki si alzò in
piedi, con uno scatto che sorprese Kaeru, di fianco a lui. "LEI è una di loro!
Suo padre è un demone che ha ucciso un sacco di gente e TU sei loro amica! Non
farmi la predica quando anche tu hai torto marcio, madre!" Prima che
Sango potesse ribattere, Kaeru si alzò, strattonando il braccio del ragazzo.
"Io non sono un
demone! Non OSARE paragonarmi a loro, bastardo!" Kaeru ignorò il
tentativo di riprenderla da parte di Kagome.
"Sì che lo sei,
tu e tutta la tua maledetta razza! Vi ucciderò con le mie stesse mani!" Urlò,
sollevando la propria mezzaluna. Kaeru chiuse gli occhi, ma il bastone di Miroku
impedì ad Aki di mettere a segno il proprio attacco.
"Figliolo, non
sei nelle condizioni per prendere certe iniziative. Siediti." Aki abbassò
l'arma, rafforzando la presa su di essa. Chinò il capo e con uno scatto, corse
fuori dalla stanza, spalancando le porte di legno. Kaeru sentì la tensione
scivolarle dal corpo, mentre la rabbia prese di nuovo il sopravvento su di lei.
"Maledizione!"
Sango imprecò, affondando le mani tra i capelli corvini. Kagome si inginocchiò
di fronte alla cacciatrice. "Calmati, Sango-chan. Andrà tutto bene, vedrai."
"Come ho potuto
mettere al mondo un bambino come lui?"
"Sango!" La
riprese Kagome.
"Se-se è vero
che ha servito quel Yamata no Orochi... pe-perché odia i demoni?" Balbettò
Kaeru, insicura se voler sapere o meno la risposta alla sua domanda. "Perché non
mi ricordo di lui, perché?"
Sia Kagome che
Sango sollevarono lo sguardo su Kaeru.
Miroku fece un
passò in avanti, posando il proprio bastone a terra. "Dieci anni fa Aki fuggì di
nascosto nella foresta, con altri bambini del villaggio."
"Di nascosto?"
Kaeru domandò.
Miroku fece un
cenno d'assenso col capo. "Non tornò per tre giorni. La mattina del quarto
giorno lo trovammo disteso alle porte del villagio. Insieme a lui c'era solo una
bambina. Degli altri non se n'è saputo più niente, purtroppo."
"Continuo a non
capire." Sbottò Kaeru.
"Hai notato
l'armatura che porta ad un braccio, vero Kaeru-chan?" Kaeru spostò lo sguardo
sulla madre annuendo.
"Quell'armatura
lo protegge."
"Ma da cosa?!"
Domandò Kaeru, esasperata. Non stava capendo niente di ciò che le stavano
dicendo.
Sango si portò
in piedi, facendo un lungo respiro, prima di rispondere. "Mio figlio è posseduto
dallo spirito di un serpente."
A/N: uh,
oh, ah. Ed eccoci alla fine dell'undicesimo capitolo. Mhm, sorpresi dal segreto
di Aki? Spero di aver reso al meglio questo capitolo. Il passato di Aki inizia
lentamente a venire alla luce, anche se altri particolari verranno svelati nel
prossimo capitolo. Stavolta non ho molto da dire, quindi passerei subito alle
ultime recensioni che mi avete fatto :)
Keira-chan:
eccoti accontentata! Spero tu sia rimasta semi-soddisfatta. Semi perché
nel prossimo capitolo se ne scopriranno delle altre.
Alia_chan:
approfitto della tua recensione per fare un discorso in generale. Ho letto che
in molti sono rimasti soddisfatti dal capitolo dedicato a Kagome ed Inuyasha e
sinceramente sono contenta dei riscontri positivi che ha avuto. Questo perché
credevo di averlo reso troppo tragico rispetto al capitolo precedente e che
stonasse un poco con la storia in generale. Comunque, ormai è stato scritto e
postato, quindi niente!
Mel-chan:
ok, direi che questo capitolo risponde a gran parte delle tue domande.
Elychan:
oh, non ti preoccupare. A me basta vedere le hits delle letture che raggiunge
ogni capitolo per essere felice. Diciamo che mi accontento di poco.
Ariel87:
ti ho fatto attendere, uhm, vediamo, otto giorni! No, dai, credo che rientri nei
miei standard X') Comunque, Inuyasha mi piace freddo, stile calippo. Ho sempre
identificato Inuyasha come un uomo (permettemi di usare questo sostantivo) che
non esterna apertamente i propri sentimenti, ma dimostra comunque di averli
difendendo le persone che ama. Penso ormai di essermi fossilizzata su questa
costante del suo carattere.
Cri-chan:
oh, oddio, i computers! Se mi metto a parlare del mio, dovrei trattenermi dal
gettarlo contro un muro. E sono sicura che non si farebbe niente, proprio per
farmi uno spregio. Comunque, non hai fatto delirato, perché ho colto
perfattamente ciò che hai voluto dirmi attraverso la tua recensione e sono
felice che abbia provocato in te tali sentimenti. Ne sono onorata.
Un dovuto grazie
a Shinji, ^Kia^.
Ecco, dovreste esserci tutti. Bene,
bene, torno nella mia comunissima quanto banalissima vita universitaria con la
speranza di riemergere con un nuovo capitolo. Voi attendete fiduciosi che sarete
ripagati! Ah, anche se ormai a me non tocca più personalmente, faccio un in
bocca al lupo a tutti coloro che quest'anno dovranno affrontare la maturità.
Capisco benissimo l'apprensione che avete in corpo (o che per lo meno avrete tra
qualche mese), ma non lasciatevi travolgere dagli eventi! :D
A presto,
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Il Morso del Serpente ***
Capitolo XII
Il Morso
del Serpente
“Po-posseduto da un demone?”
Kaeru aveva lo sguardo più
sorpreso che mai. Era raro sentir parlare di persone possedute. Possedute…
poteva solo immaginare ciò che significasse e neanche Kaede, durante i suoi
lunghi racconti, le aveva mai parlato di possessione. No, e non certo riferita
ad un essere umano. Al contrario, Sango stava in piedi, il volto leggermente
chinato verso il basso, con una smorfia indecifrabile che turbava i suoi
lineamenti delicati. Sì, sì, era certa di aver compreso bene.
“Uno spirito, Kaeru-chan.”
Disse Kagome. “C’è differenza. Allo stato delle cose solo uno spirito può
entrare nel corpo di un altro essere, umano o non. Non hanno corpo, né sostanza.
Sono solo anima.”
“Vuoi dire che chiunque può
essere posseduto?”
Kagome sorrise
all’incredulità della figlia. “Chiaramente no. Solo in determinate
circonstanze.”
“Determinate circonstanze?”
Kaeru sollevò un sopracciglio, perplessa. Non stava afferrando il significato di
quelle parole.
Miroku tornò a sedere,
posando il proprio bastone esattamente di fronte a sé. Incrociò le braccia al
petto, sollevando lo sguardo in un punto imprecisato della parete. Alcune
ciocche di capelli gli ricaddero sugli occhi, mentre un sospiro si liberò dalle
sue labbra.
“Forse,” prese a dire, “è
giunto il tempo delle spiegazioni.” E con quelle parole, rivolse uno sguardo
alla propria compagna.
Sango annuì. “Kaeru-chan,
noi, di fatto, non sappiamo molto di ciò che successe ad Aki nella Foresta. Quel
giorno di sei anni fa, la nostra unica preoccupazione fu quella di vedere nostro
figlio, all’entrata del villaggio, steso a terra con un braccio sanguinante.”
“Il braccio che è circondato
dall’armatura?” Domandò Kaeru, bagnandosi le labbra con la punta della lingua.
Sango annuì. “Inizialmente,
nessuno di noi si accorse quanto grave fosse in realtà quella ferita. Kaede
stessa lo medicò e a distanza di un giorno, Aki si svegliò completamente. Con
l’unica differenza che a guardarci, a parlarci non era più lui, ma uno spirito
malvagio.”
Kaeru sussultò, mentre Sango
riprese il proprio racconto.
“Era stato posseduto e la
sua aura era decisamente cambiata.”
“Ma come è successo? Voglio
dire, come ha fatto ad essere posseduto?” Kaeru guardò sua madre.
Kagome, notando lo sguardo
addolorato di Sango, decise di ripondere alla domanda della figlia.
“E’ stato morso da un
serpente, Kaeru. O meglio, dallo spirito di un serpente.”
“Probabilmente uno spirito
identico a quelli di Yamata no Orochi.” Aggiunse Sango.
Kaeru richiamò alla mente
l’immagine del demone. Ricordò vagamente gli spiriti che alleggiavano attorno al
destriero di Yamata no Orochi e il pensiero di essere morsa da uno di loro, le
fece gelare il sangue nelle vene.
“Quell’armatura,” prese a
dire Miroku “Fu il tentativo di soggiogare lo spirito. Il materiale di cui è
composta, è lo stesso che forma il mio rosario.” Spiegò, aprendo il palmo della
mano dove Kaeru sapeva esserci il Foro del Vento. La ragazza parve incredula.
“Perché non avete liberato
Aki da quello spirito?”
Miroku guardò Sango e
rispose. “In realtà, non era possibile.”
“Non era possibile?!”
“Liberando Aki dallo
spirito, avremmo ucciso anche lui. E’ per questo che Aki indossa
quell’armatura.”
“E’-è assurdo.” Balbettò
Kaeru.
“E’ la verità.” Disse sua
madre.
Dentro Aki… dentro quel
ragazzo dimorava uno spirito malvagio. Non riusciva a crederci.
“A quanto pare, l’armatura
non è mai stata tolta, altrimenti Aki non avrebbe sembianze umane.”
Kaeru deglutì pesantemente.
“Tuttavia,” disse, “Non comprendo il motivo di tanta freddezza.”
“Freddezza?” Domandò Kagome,
aggrottando la fronte.
Sango parve capire a cosa la
ragazza si riferisse. “Esattamente due mesi dopo, Aki scomparve. Quando lo
trovammo, stava dilaniando un intero villaggio.”
“Di-dilaniando?” Kaeru
tremò.
“Sì, lo vidi tagliare teste,
corpi con l’arma che tutt’ora possiede. Gliela diedi io, pensando che con quella
avrebbe potuto difendersi, senza correre il rischio di morire per mano di un
demone. Solo adesso, realizzo di essere stata una sciocca! Quell’arma è fatta
per uccidere demoni, non esseri umani. Quel maledetto giorno, lo vidi correre al
fianco di quel demone!”
“Yamata no Orochi.” Disse
Kaeru.
“Sì, lui. Il fatto che
Yamata no Orochi abbia assoldato mio figlio, mi porta a pensare che quel morso
sia opera di uno dei suoi spiriti.”
“Ma perché Aki avrebbe
dovuto unirsi a dei demoni?”
“Tzè, questo non lo so. E
non intendo affatto saperlo.”
Sango afferrò la propria
arma, riposta in un angolo della stanza e se ne andò, sbattendo violentemente le
porte di legno. Kaeru seguì la figura della donna, fino a quando non rientrò più
nel suo campo visivo.
“Scusatela.” Mormorò Miroku.
“Non preoccuparti
Miroku-san. E’ comprensibile che Sango-chan si comporti a questo modo.” Disse
rassicurante Kagome.
“Piuttosto, non capisco il
motivo per cui sia tornato.”
“Perché è stato costretto.”
Inuyasha si staccò dalla
parete, raggiungendo il fianco di Kagome. Miroku lo guardò con sguardo
interrogativo. “Che intendi dire?”
Il mezzo demone scrollò le
spalle. “Era assieme a Kaeru nella foresta, probabilmente si era perso quando ha
incontrato lei. E dalle parole di quel demone, penso che non abbia fatto
esattamente ciò che Yamata no Orochi si aspettava che facesse. L’ha chiamato
traditore.”
“Vuoi dire che è scappato?”
“Non lo so, può darsi.”
“Pensi che lo Shikon centri
in qualche modo?” Domandò Kagome, sorprendendo non poco Kaeru.
Inuyasha guardò la compagna,
infine spostò lo sguardo. “E’ un’ipotesi che non sento di escludere.”
“Q-quel demone, credeva che
fossi in grado di vedere la Sfera.” Disse Kaeru tutto d’un fiato.
Kagome, Miroku ed Inuyasha
si voltarono a guardarla, sorpresi.
“La sta cercando. Così ha
detto.” Finì di dire la ragazza.
I tre rimasero in silenzio,
scambiandosi occhiate veloci. Infine, sua madre le venne incontro posandole una
mano sulla spalla.
“Tesoro, che ne dici di
andare a cercare Sango?”
Kaeru arricciò il naso. “E’
un modo educato per dirmi che devo andarmene?”
Kagome sorrise. “Scusa,
amore, quando tornerai ti spiegherò tutto.”
Kaeru sospirò, ma fece come
le era stato chiesto. Ancora una volta, era stata esclusa.
***
Kaeru camminava velocemente
all’interno del boschetto del Tempio. Di tanto in tanto, gonfiava le guance
indispettita dal comportamento dei suoi genitori. Benché Sango e Miroku le
avessero raccontato brandelli del passato di Aki, Kaeru continuava a non capire
il perché non si ricordasse affatto di lui. Erano eventi accaduti sei anni fa,
quando lei, seppur bambina, era pienamente in grado di intendere e di volere.
Tentò di ricordare qualcosa nel suo passato, ma una fitta dolorante la costrinse
ad arrestarsi, mentre con una mano prese a massaggiarsi inutilmente una tempia.
Dovevo
chiederlo in quel momento,
pensò Kaeru.
Quando abbandonò tali
pensieri, Kaeru intravide le sponde del laghetto che adornavano l’interno del
boschetto. Sorrise. Il lago era il luogo più pacifico che esistesse in quel
villaggio. Un luogo ancora più pacifico del villaggio stesso. Kaeru adorava
quella piccola oasi di quiete. Rappresentava l’unica forma di distrazione e di
pace che conosceva. La ragazza prese a percorrere il piccolo vialetto che
portava direttamente alle sponde, mentre i raggi del sole presero a ferire il
cielo fino ad allora infuocato. Una leggera brezza, in parte sempre intossicata
dall’odore acre del fumo, la investì, sollevando i lembi dello yukata e alcune
ciocche di capelli le ricaddero dietro alle spalle. Kaeru sorrise nuovamente,
sentendo ogni fibra del suo essere rilassarsi alla vista di quelle acque calme e
calde.
Con un gesto esperto, Kaeru
si sfilò i geta e immerse i piedi nell’acqua della riva. Il liquido trasparente
e vitale prese a lambirle i piedi con una dolcezza che aveva dell’incredibile se
comparata agli eventi di qualche ora prima. Deliziata, Kaeru mosse qualche passo
fino a quando l’acqua non le lambi la pelle poco sopra le ginocchia. I lembi del
suo yukata, bagnati, presero a galleggiarle attorno.
Chiuse gli occhi
abbandonandosi a quella sensazione, quando uno sciabordio sinistro delle acque
la riscosse da quella pace.
Kaeru guardò nella direzione
di un grande masso, esattamente al centro del piccolo lago. La riva era
costellata da pietre più o meno grandi, che creavano sicure insenature per
l’acqua cristallina.
“Cosa ci fai qui?” Una voce
sprezzante le giunse da dietro.
Kaeru si voltò spaventata,
ma quel gesto repentino e il fondo scivoloso del lago, la fecero cadere nelle
acque del lago. La ragazza sentì l’acqua, improvvisamente gelida, impregnarle le
vesti e la pelle sotto ad esse. Kaeru rivolse uno sguardo adirato ad Aki su cui
aleggiava un sorriso di scherno.
“Potrei farti la stessa
domanda.” Replicò stizzita la ragazza.
Solo allora, Kaeru si rese
veramente conto della situazione ed arrossì di colpo. Aki stava di fronte a lei,
a dorso nudo e con i pantaloni totalmente bagnati che lasciavano intravedere le
gambe magre ma muscolose. I capelli corvini, anch’essi bagnati, aderivano alla
pelle del volto e all’incavo del collo. Aveva le guance leggermente arrossate,
ma il perché Kaeru non seppe intuirlo.
La ragazza fece per alzarsi
di scatto, tentando di mettere fine al disagio che provava, ma un allentamento
improvviso delle sue vesti la fece desistere. Arrossendo ancora più
violentemente, Kaeru vide la fascia che teneva in vita galleggiare sull’acqua.
Fece per afferrarla, ma la sua mano cadde inutilmente in acqua, mentre la
corrente trascinava il pezzo di stoffa verso il centro del lago.
Tornò a voltarsi
imbarazzata, incrociando l’estremità, adesso libere, del suo yukata di fronte al
petto.
“Stavo facendo un bagno.”
Disse Aki, senza prestare molta attenzione al disperato tentativo della ragazza
di corprirsi.
“Sapevi dell’esistenza di
questo lago?” Domandò sorpresa Kaeru. In quel boschetto vi si addentravano solo
persone che conoscevano le entrate alterne del tempio. Aki osservò la ragazza
con aria di sufficienza.
“Fino a prova contraria sono
nato anch’io in questo villaggio e sono stato bambino.”
Con quelle parole, Aki si
diresse verso Kaeru, che rafforzò la stretta delle braccia davanti a sé. Il
ragazzo, totalmente incurante della sua presenza, le passò accanto inondandola
volutamente d’acqua.
“Brutto—“
Kaeru non terminò la frase
dal momento che Aki si tuffò in acqua, bagnandola ancora di più. Approfittando
dell’assenza del ragazzo, Kaeru si scostò indietro i capelli bagnati, liberando
la fronte da essi.
Quando Aki riemerse, Kaeru
l’osservò con attenzione.
Al pensiero del loro
dibattito verbale e della tranquillità da lui ostentata, Kaeru sollevò un
sopracciglio.
Aki scosse la testa,
liberandosi fronte e capelli dalle goccioline di acqua dolce.
“Quando ero bambina, anch’io
giocavo al Tempio.” Disse Kaeru, con gli occhi puntati contro Aki. “Perché
allora non mi ricordo di te?”
Aki aggrottò la fronte,
assimilando la strana domanda della ragazza.
“Probabilmente perché non ci
siamo mai incontrati.”
“Impossibile.” Ribattè
subito Kaeru. “Sango e Miroku mi hanno raccontato tutto. Inoltre il villaggio è
molto piccolo e da bambini si giocava tutti quanti assieme.”
Aki rimase in silenzio. “Sai
anche di questa?” Domandò, puntando un dito contro la propria armatura. Kaeru
fece un semplice cenno col capo.
Aki sospirò, passandosi una
mano nei capelli madidi d’acqua. “In realtà, io mi ricordo di te.”
Kaeru sgranò lo sguardo
sorpresa. Fece per parlare, ma il ragazzo lo precedette.
“Ma tu non di me.”
Kaeru si alzò in piedi di
scatto, dimentica delle proprie condizioni. L’acqua scivolò lungo il suo corpo,
lasciando aderire la stoffa dello yukata sulla sua pelle. Notando che lo sguardo
di Aki non era affatto rivolto all’altezza del suo volto, arrossì violentemente
e tornò a inginocchiarsi in acqua. Dopodiché, si mosse con delicatezza e si
fermò a due metri di distanza dal ragazzo.
“Se ci conoscessimo, mi
ricorderei di te anche a distanza di anni.”
“Non credo, non dopo quello
che è successo.” Ribattè, sprezzante, Aki.
Kaeru sollevò un
sopracciglio. “Successo? Cosa sarebbe successo?” Domandò confusa.
“Non puoi ricordarti di me,
semplicemente perché non hai più ricordi di me.” Disse Aki, come se la questione
fosse banale. Kaeru si accigliò, ancora più confusa. Si sbilanciò in avanti,
afferrando le spalle bagnate del ragazzo. Aki allargò le braccia, staccandosi
dalla presa della ragazza.
“Non toccarmi.” Ribattè
gelido.
“Voglio sapere la verità.
Perché non mi ricordo di te?”
“Quel giorno, quando fui
morso dallo spirito di un serpente c’era una bambina con me.” Aki rivolse un
sorriso beffardo allo sguardo sorpreso della ragazza. “Sì, esatto, quella
bambina eri tu. Quella maledettissima bambina eri tu!”
Con uno scatto iroso, Aki si
diresse verso la riva, scostando l’acqua con le braccia. Kaeru lo osservò
sorpresa, non riusciendo a formulare alcuna parola.
“Ma—“
“Non ricordi niente perché
hai rimosso tutto ciò che hai visto.” Disse Aki con tono seccato, afferrando la
propria veste da sopra una roccia.
“ E COSA avrei visto
esattamente?!”
Aki si rivolse nella sua
direzione, rivolgendole una smorfia sprezzante.
“Se sono così, se la mia
vita è un completo fallimento, è solo colpa tua. E’ dannatamente colpa tua!”
Gridò con quanto più fiato avesse in gola, lasciando stupita Kaeru. Infine se ne
andò, lasciando la ragazza sgomenta.
Kaeru si portò le mani alle
tempie.
Perché non ricordava niente?
Perché era colpa sua?
***
“Non
possiamo farlo, Aki-chan.”
“Se
hai paura, allora non venire, stupida.”
“Se
scoprono che ci siamo allontanati, ci puniranno.”
“E che
vuoi che me ne importi. Andare a caccia di demoni è di gran lunga più
esaltante.”
“Siamo
troppo piccoli, ci mangeranno!”
“Basta, mi sono stancato di sentirti frignare!”
Una
bambina osservò le palizzate del proprio villaggio.
“Insomma, ti vuoi muovere Ka-chan?”
Trattenendo le lacrime, la bambina mosse un passo, seguendo l’amico.
Kaeru si sollevò di scatto,
mentre la coperta del proprio futon le cadde con un tonfo sul grembo. Si guardò
intorno realizzando che si trattava di un sogno. Assottigliò lo sguardo, ferito
da un raggio di luce che prepotentemente filtrava nella sua stanza.
Il sole di un nuovo giorno
era alto nel cielo.
N/A:
ecco qua il dodicesimo capitolo. Scusate l’attesa, ma come ho scritto nel mio
account, sono un po’ presa in questo periodo. Vorrei specificare una cosa che a
suo tempo, forse, dissi anche per Ritorno al Passato. Naraku è chiaramente
morto, ma Miroku continua comunque ad avere il proprio Foro del Vento. E’ una
scelta che ho fatto, visto che ancora, di fatto, non sappiamo se alla vera morte
di Naraku, la maledizione di Miroku cesserà. Volevo fare di questo capitolo un
capitolo chiaritore ma credo di aver aggiunto altri misteri, messi alla
luce i primi. Perdonatemi, ma la mia mente è più contorta di quanto credessi.
Naturalmente grazie per le
101 recensioni. Ne sono veramente onorata, dato che siamo solamente al
dodicesimo capitolo. Per questo capitolo non rispondo ad personam, dato che non
ci sono quesiti che necessitano di risposte immediate! Ma naturalmente ringrazio
tutti coloro che hanno recensito.
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Il Fiore del Caprifoglio ***
Capitolo XIII
Il Fiore del
Caprifoglio
“Cosa
c'è che non va Kaeru? ”
La ragazza sollevò improvvisamente
lo sguardo su Kaede, apparendo mortificata per la scarsa attenzione che mostrava
alla vecchia sacerdotessa. Kaeru sospirò, abbassando nuovamente lo sguardo e
terminando di frammentare le erbe medicinali che aveva raccolto la mattina
stessa. Si morse il labbro inferiore, incerta se parlare o meno della
conversazione avuta con Aki il giorno precedente.
“Kaede-sama, sei anni fa è forse
accaduto un evento che mi riguarda?”
La vecchia sacerdotessa aggrottò la
fronte, sorpresa nel vedersi rispondere con un'altra domanda. Notò il pallore
accentuato della ragazza e i suoi occhi, solitamente vivaci ed allegri, colmi di
stanchezza. “Evento? ”
“Sì, ” Disse Kaeru. “Sono forse
sparita dal villaggio? ”
L'espressione sorpresa di Kaede
accrebbe. La donna si alzò in piedi, tenendo ben saldo il bastone di fianco a
sè. “Perché mi fai questa domanda? ”
Kaeru abbassò le iridi verdi sulla
ciotola che teneva in grembo.
“Aki, il figlio di Miroku e Sango,
mi ha incolpato di essere la causa della sua possessione. Ma io non capisco! Non
ricordo di averlo mai conosciuto fino ad oggi. Invece, lui afferma tutt'altro.
E' per questo che le domando se è accaduto qualcosa che non rammento. ”
Kaeru vide la sacerdotessa
osservarla attentamente. Eccezion fatta che per un brandello di sogno durante
quella notte, non sapeva dare un significato alla rabbia del ragazzo nei suoi
confronti. Tuttavia, aveva la sensazione che qualcosa fosse realmente successo e
che l'ira di Aki non fosse del tutto ingiustificata. Quella mattina, durante la
raccolta delle erbe medicinali per Kaede, la ragazza aveva più volte tentato di
ricordare eventi che, una volta cresciuta, non si era riuscita a spiegare.
Questo suo tentativo, purtroppo, era stato del tutto inutile: la sua mente si
rifiutava di tornare indietro negli anni e il suo senso di colpa nei confronti
di Aki stava pian piano emergendo.
Kaede sospirò. “Aki ha vissuto in
questo villaggio fino al giorno della sua scomparsa. Fui io stessa a medicarlo
quando tornò dalla Foresta. ” Allo sguardo ansioso di Kaeru, la vecchia
sacerdotessa sorrise dolcemente.
“Da bambini, tu ed Aki eravate
estremamente vivaci. Ricordo che venivate spesso al Tempio. ”
“Vuol dire che lei sa cosa è
successo Kaede-sama? ” Domandò Kaeru speranzosa.
Al cenno di diniego dell'anziana
donna, Kaeru si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato.
“So che quando fu rinvenuto Aki
all'entrata del villaggio anche tu eri assieme a lui. Eri svenuta, ma stavi
bene. Ricordo che dormisti per tre giorni; però, cosa successe nella Foresta
nessuno di noi lo sa. Solo Aki e tu.”
“Io non ricordo affatto. ” Disse
decisa Kaeru.
“Non ricordi perché probabilmente
hai perso la memoria.” Kaede tornò a macinare le erbe nel suo contenitore di
legno.
Kaeru posò sul pavimento la propria
ciotola e si sollevò di scatto, lasciando che i capelli le inondassero il petto.
Kaede seguì il movimento della ragazza, per niente sorpresa dalla determinazione
che leggeva nei suoi occhi.
“Esiste un modo per ricordare? ”
Domandò, mordendosi con decisione il labbro inferiore.
Kaede sorrise. “Sì, esiste. ”
Kaeru sorrise a sua volta.
“Potrebbe mostrarmelo? ”
“Ci tieni davvero, Kaeru-chan?
Potresti ricordare cose spiacevoli. ”
La ragazza annuì con veemenza. “Ho
bisogno di sapere cosa accadde sei anni fa. ”
“Allora, ” Disse Kaede sospirando.
“Trova il Caprifoglio.”
Kaeru sollevò un sopracciglio,
perplessa. Da ciò che sapeva, il Caprifoglio era un fiore rosso. Ne aveva
sentito parlare come una leggenda. Si risentì parecchio urtata all'idea che quel
fiore costituisse l'unica apparente soluzione ai suoi problemi e non capì
affatto come potesse aiutarla, effettivamente, a risolverli. Non aveva mai
scorto quella piccola piantina nelle pianure dove soleva cogliere le erbe
medicinali per Kaede, pertanto, vide quella proposta già persa in partenza.
Notando l'espressione dubbiosa della ragazza, la vecchia sacerdotessa sorrise.
“La leggenda narra che il
Caprifoglio è capace di far rivivere il passato ad una persona. Collega il
presente al passato, riportando alla mente ricordi dolorosi o felici.”
“Se si tratta di una leggenda, vuol
dire che sarà impossibile trovarlo.” Sospirò Kaeru.
“Perché non provi a domandarlo a
tua madre, Kaeru?”
La ragazza guardò la vecchia
sacerdotessa, sollevando un sopracciglio, perplessa. Non capiva come sua madre
potesse conoscere tale leggenda o quanto meno sapere dove si trovasse quel
fiore.
“Non credo che mamma saprebbe
rispondermi.”
“Kagome proviene da un mondo
diverso da questo. Ciò che sa lei, tu nemmeno lo immagini.” Affermò Kaede,
tornando al proprio lavoro.
*
“Caprifoglio, hai detto?”
Kagome osservò la figlia, mentre si
raccoglieva i lunghi capelli neri con un fiocco bianco. Kaeru fece un debole
cenno col capo, nascondendo l'agitazione delle proprie mani dietro alla schiena.
Kagome si diede una leggera pacca sulle ginocchia, portandosi in piedi.
“Certo che lo conosco.” Disse,
ravvivandosi lo yukata.
“Davvero lo conosci?!” Esclamò
Kaeru con enfasi, guadagnandosi un cipiglio sorpreso da parte della madre.
“Sì, ce n'erano molti vicino al
Tempio.” Mormorò pensierosa Kagome, puntando un obbiettivo fuori dalla finestra.
Kaeru aggrottò la fronte.
“Io non li ho mai visti.” Disse
Kaeru, vagando con la mente ai dintorni del Tempio in cui esercitava sua madre.
“Non li hai mai visti,” disse
sospirando, “Perché intendo il Tempio nel mio mondo.”
Kaeru non disse niente, cercando di
afferrare il significato di quelle parole e le ci volle un po' per ricordare che
sua madre non era originaria di quell'epoca. Il volto della ragazza si rabbuiò.
Perfetto, pensò. Se dapprima aveva immaginato di avere quel fiore tra le
mani, in quel momento tutte le sue speranze andarono in frantumi. Non esisteva
posto più irraggiungibile di quello da cui proveniva Kagome.
“Perché mi domandi di questo
fiore?” La voce di Kagome rimosse Kaeru dai suoi pensieri.
“Niente, mi interessava per poterci
ricavare qualche medicazione.” Farfugliò la ragazza, poco convinta di quella
scusa.
Kagome rimase per un secondo in
silenzio, soppesando le parole della figlia, poi aggiunse.
“Credimi,” sospirò, “Se sapessi il
modo per tornare indietro, l'avrei già fatto da tempo.”
Kaeru sollevò lo sguardo, notando
il tono nostalgico assunto dalla madre. Kagome era uscita dalla stanza e si
stava preparando per uscire al Tempio. Kaeru non poté leggere l'espressione nel
viso della donna, ma capì perfettamente che a sua madre mancava quel mondo che
per lei era completamente sconosciuto. Si pentì quasi subito della sua domanda,
dispiaciuta di aver rievocato nella madre ricordi tanto tristi.
Si affrettò a correre verso
l'uscita dell'abitazione, riuscendo a scorgere la madre, voltata di spalle, in
fondo al vialetto.
“Scusami!” Esclamò, rossa in volto.
Kagome si voltò, sorpresa. Kaeru
pensò a quanto fosse adorabile sua madre in quelle vesti. E a quanto fosse
adorabile il suo sorriso. Il sorriso che in quel mentre aveva portato le sue
stesse labbra a inclinarsi verso l'alto.
Quando Kagome scomparve alla sua
vista, Kaeru tornò nella sua stanza, stendendosi sul futon azzurro che tanto
adorava. Puntò le iridi verdi contro il soffitto di legno, abbandonando
lentamente l'idea di trovare quel fiore. Di tanto in tanto, assottigliava lo
sguardo, sforzandosi di recuperare quei ricordi perduti, ma invano. L'unica
persona che avrebbe potuto rivelarle la verità era, al contempo, la persona che
più la odiava.
*
Più volte si era trovata a pensare
a quel mondo che sua madre tanto amava e che per lei rappresentava un'incognita
quasi da temere. Fin da piccola, Kaeru aveva sempre ascoltato affascinata ciò
che Kagome soleva raccontarle sul Giappone del futuro. Si alimentava di ogni
annedoto che usciva dalle labbra di sua madre, immaginando cose o persone che,
probabilmente, sarebbero rimasti solo racconti. E per quanto si sforzasse, per
quanto non capisse, Kaeru non era mai riuscita ad immaginarsi un mondo diverso
dal suo, un mondo in cui le persone l'avrebbero additata come qualcosa di antico
e vecchio. Un mondo ignaro di demoni e mezzi demoni, un'epoca dove erano gli
esseri umani a dominare su tutto, perfino sulla natura.
Tuttavia, il mondo che per lei
rasentava la perfezione, non era totalmente in pace con se stesso. Più di una
guerra deturpava le sue terre e molto sangue veniva versato tra le popolazioni
umane. Kaeru non poté non sorprendersi nel sentir paragonare i demoni del
Sengoku agli esseri umani di quella epoca. Era un paragone che per lei giungeva
nuovo e quanto mai paradossale.
Gli esseri umani spesso sono
molto più malvagi e subdoli dei demoni, Kaeru.
E ancora stentava a credere a
quelle parole.
Come stentava a credere a ciò che
stava per fare.
Kaeru abbassò lo sguardo sul
rettangolo di mattoni accanto a lei. L'edera rampicante si era aggrappata ad
ogni singola pietra, avvolgendola completamente quasi in modo possessivo. Delle
assi di legno, marce, ricoprivano quel buco scavato nel terreno, abbandonato e
dimenticato da tutti.
Dubitava fortemente di riuscire nel
suo intento e il suo intento, allo stesso tempo, la terrorizzava.
Kaeru scosse il capo,
allontanandosi di qualche passo e volgendo le spalle al Pozzo Mangiaossa.
“Non ce la faccio.” Farfugliò,
convinta di essere sola.
“Che ci fai qui?”
Quella domanda inaspettata la fece
sobbalzare e raggiungendosi il petto con una mano, Kaeru si voltò per
riconoscere la figura del padre.
“Pa-pà...”
Inuyasha fissò la figlia, dopodiché
spostò lo sguardo sul pozzo sigillato.
“Perché sei qui?” Domandò,
nuovamente, tornando a fissare la figlia con ostinazione. Kaeru si sentì
intimorita da quello sguardo dorato, a prima vista così gelido. Se Inuyasha non
fosse stato suo padre, avrebbe avuto sicuramente paura nel ritrovarselo a pochi
passi di distanza.
“Cercavo delle erbe.” Disse Kaeru,
tentando di far suonare la sua voce più sicura possibile. Ciò che più la turbava
in suo padre, era la capacità di quest'ultimo di non mostrare, nel volto, alcuna
espressione che potesse comunicare agli altri il suo stato d'animo. Per questa
ragione, gli altri avevano l'arduo compito di intuire ciò che erano i pensieri
del mezzo demone. E a parte sua madre, nessuno ci riusciva.
“Non crescono erbe in questa zona.
L'aura malefica della Foresta lo impedisce.”
Kaeru si morse il labbro inferiore.
Lo sapeva perfettamente. Difatti,
anche le vicinanze del pozzo erano prive di verde ed erano dotate solo della
nuda terra.
“E tu lo sai perfettamente.”
Aggiunse Inuyasha.
Kaeru rimase in silenzio,
inghiottendo aria. Non ottenendo risposta dalla figlia, Inuyasha incrociò le
braccia al petto, tornando a guardare il pozzo sigillato.
“Come fai a sapere del pozzo
Mangiaossa?”
“Me ne ha parlato mamma.” Rispose
timorosa Kaeru.
“Lo immaginavo.”
Kaeru sollevò un sopracciglio.
“Non tornare mai più qui.” Disse
Inuyasha con tono perentorio.
“Perché non dovrei?” domandò Kaeru,
risentita, “In fondo è stato sigillato.”
“Solo per impedire che i demoni
invadano l'altro mondo.” Sbiascicò Inuyasha, con una punta di risentimento.
Kaeru fissò quel cumulo di pietre.
“Perché mamma non può tornare
indietro?” Domandò, in un soffio.
Inuyasha rimase in silenzio, poi
prese a parlare. “Perché l'unico tramite che univa i due mondi non è più in suo
possesso.”
“Lo Shikon.” Farfugliò Kaeru, ma le
sue parole furono perfettamente udibili. Inuyasha sollevò, difatti, lo sguardo
sulla ragazza.
“L'altro mondo non deve
interessarti. Tu non gli appartieni.” Inuyasha non nascose il tono alterato
della voce.
“E perché mai?” Domandò Kaeru,
sapendo di osare oltre il massimo richiesto da quella conversazione. “Mamma
vorrebbe tornare indietro.”
Quelle parole provocarono uno
scintillio sinistro nello sguardo di Inuyasha che sorprese non poco Kaeru.
“Fa come ti ho detto.” Le rispose
duro, voltandole le spalle. “Se la prossima volta ti troverò da queste parti,
non sarò così indulgente.” Detto ciò, Inuyasha se ne andò, lasciando la figlia
altamente sconvolta. Kaeru sbatté più volte le palpebre, per capacitarsi del
tono tagliente del padre. Un sentimento di rabbia mista a sorpresa, prese ad
avvolgerla. Più volte aveva sospettato che fosse suo padre il vero motivo per
cui Kagome si ostinava a rimanere in quel mondo. Detto meglio, per cui si
ostinava a non trovare un modo per tornare indietro.
Sua madre stava sacrificando se
stessa in modo inimmaginabile. Per tutta la vita, sarebbe rimasta segregata in
quel mondo che non era il suo. E non lo trovò affatto giusto.
“Kaeru?”
La ragazza si voltò di scatto.
Kagome era a poco più di due metri di distanza da lei, con un'espressione
sorpresa in volto. “Perché ti trovi qui?”
“Potrei farti la stessa domanda,
mamma.” Rispose, pentendosene subito. “Scusa.” Aggiunse poi.
“Non è un posto adatto per una
ragazza. Potresti essere attac-”
“Sono qui per il pozzo, mamma.” Si
affrettò ad aggiungere Kaeru.
Kagome sbatté le palpebre,
sorpresa.
“Voglio andare nel tuo mondo.”
Dopo un attimo di silenzio, Kagome
si fece improvvisamente seria. “Kaeru, non credo che sia il momento di
scherzare.”
“Non sto scherzando!” Ribatté la
ragazza, risentita.
Kagome fece un passo verso la
figlia.
“Kaeru.”
“Deve pur esistere un modo per
tornare indietro.” Disse convinta Kaeru, camminando verso il pozzo.
Kagome afferrò il braccio della
figlia, strattonandola indietro. “Credimi. Non c'è.” Disse, con tono
pericolosamente serio. “E desidererei che tu tornassi a casa.”
“No!”
Quel rifiuto secco, sorprese la
donna e la stessa ragazza. “Kaeru! Sto perdendo la calma.” Proferì Kagome, con
voce controllata.
Kaeru si morse il labbro inferiore
con forza. “Non vuoi tornare nel tuo mondo, mamma? Non vuoi?”
“Certo che lo voglio. Ma è
impossibile. Ho già provato, ma senza lo Shikon mi è impossibile tornare. E ti
pregherei di non parlare più a sproposito.”
“Invece ci dev'essere un modo! Hai
provato a domandare a Kaede-sama?”
“Kaeru, per favore.”
“E' colpa di papà, vero? E' colpa
tua se sei così triste.” Disse Kaeru, reprimendo le lacrime.
Kagome aggrottò la fronte.
“Non essere sciocca, Kaeru.
Inuyasha non può essere incolpato di qualcosa totalmente irrealizzabile.”
“Stavolta potrebbe funzionare,
mamma.”
“Non capisco da dove derivino tutta
questa tua ostinazione ed accanimento.”
Kaeru lasciò cadere il braccio e
Kagome lasciò la presa.
“Devo trovare quel Caprifoglio.”
“Si può sapere cos'ha quel fiore di
così importante? E' tutto il giorno che ti comporti in modo strano.”
Kaeru osservò il pozzo a poco più
di un metro da lei.
“Voglio quel fiore e la tua
felicità.”
Kaeru afferrò il braccio della
madre, strappò il sigillo sulle assi di legno e le calciò lontano. Kagome, presa
alla sprovvista, poco realizzò i movimenti della figlia. Solo quando sentì il
vuoto sotto di lei, capì ciò che stava accadendo.
Kaeru ebbe come la sensazione che
qualcosa la trapassasse da parte a parte, senza tuttavia, procurarle il minimo
dolore. Sentì il proprio corpo leggero e quella caduta, che doveva durare al
massimo pochi secondi, le parve più lunga del normale.
Gemette, cadendo in malo modo sul
fondo del pozzo. Accanto a lei, sentì sua madre sollevarsi.
“Kaeru, non è stato affatto
divertente. Ti rendi conto che-” Kagome si interruppe nel notare il volto della
ragazza rivolto verso l'alto.
“E' notte.” Sussurrò Kaeru,
insicura se sorprendersi o meno.
Kagome sollevò di scatto il capo,
notando una volta colma di stelle.
“No-non è possibile.” Sussurrò con
voce strozzata.
Kaeru sorrise.
N/A: spero che questo
capitolo abbia compensato un poco l'attesa.
Detto ciò, vorrei aggiungere che il
caprifoglio è un fiore giapponese realmente esistente, usato nella cosiddetta
'fitoterapia'. In poche parole, dovrebbe essere un prodotto presente nelle
erboristerie. La sua 'cura' è indicata per coloro che sono affetti da quanto
segue:
E' il fiore di chi soffre di
rimpianti, di amarezza per i sogni non realizzati, di nostalgia, che pensa e
parla ed è intrappolato dal passato, che vorrebbe poter ricominciare da capo ma
non ci riesce perche' pensa che niente sarà più come era prima, per chi vive di
ricordi e vorrebbe sfuggire il presente, non affrontarlo, ha una visione
romantica della vita popolata da fantasmi indimenticabili ingigantiti ed
idealizzati nella memoria.
Fa da tramite tra il passato e il
presente, ed aiuta meglio comprendere il primo.
Bene, spiegazione a parte,
ringrazio coloro che mi hanno recensito: _Ceres_, Keira-chan, mewrobby, cri
chan, Elychan.
Al prossimo capitolo,
Claudia
14/12/06: questa storia è
MOMENTANEAMENTE sospesa per impegni universitari. Sarà ripresa non appena
possibile! ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Al di là del Pozzo Mangiaossa ***
Kaeru aveva avverato un desideri
Capitolo IVX
Al di là del Pozzo Mangiaossa
Se da bambina
qualcuno le avesse detto, un giorno vedrai quel mondo, probabilmente non
gli avrebbe creduto. E altrettanto probabilmente, nemmeno sua madre avrebbe
tenuto conto di quelle parole. Proprio per quel motivo, Kaeru provò un emozione
travolgente nel respirare un aria diversa, nel toccare con mano un suolo che nel
suo mondo ancora non esisteva. E quell'emozione andava pian piano mescolandosi
con una punta di orgoglio. Quel piccolissimo orgoglio che era nato nel
constatare che lei era riuscita laddove sua madre aveva sempre fallito.
Osservò Kagome mentre si
portava in piedi, spolverandosi lo yukata all'altezza delle ginocchia. Non
riusciva a cogliere i tratti del suo volto, per questo non seppe giudicare lo
stato d'animo di sua madre. E per un lungo attimo, Kaeru temette di aver
sbagliato. Sbagliato tutto. Portare sua madre di nuovo nel suo mondo, cercare di
ricordare qualcosa che la sua mente non riusciva ad evocare, forse, non erano
state delle idee brillanti. Forse, nemmeno delle idee... ma dei bisogni,
sì, delle necessità.
"Mamma, forse sarebbe meglio–"
Sussultò in modo impercettibile nel sentire la mano di Kagome sulla sua testa
corvina.
"Va tutto bene." Kaeru
trattenne quelle parole nella sua mente il più a lungo possibile, studiando il
tono di voce che la donna aveva usato. Non c'era tremore, nè sussurri, nè
significati non detti. Era la solita voce di sua madre, calma, dolce. E soave.
Kaeru si sollevò a sua volta,
in piedi, di fianco a Kagome. E nel farlo, notò l'interno del pozzo, fin quando
la luce della luna glielo concesse. Era un normale pozzo. Non che lei fosse
abituata a scendervi dentro... ma forse, aveva immaginato qualcos'altro.
Qualcosa che le facesse pensare, eh sì, tutt'altro tipo di mondo.
Aggrottò la fronte, perplessa.
Non che fosse cambiato poi molto.
"Kaeru."
La ragazza strappò la mente dai
propri pensieri e sollevò lo sguardo sulla madre. Kagome abbassò gli occhi sulla
figlia, nascondendo un cipiglio perplesso dietro ad una ciocca di capelli. "Mi
piacerebbe sapere come ci sei riuscita."
Oh, bhè avrebbe voluto
saperlo anche lei.
"Credo... che sia per via dello
Shikon." Rispose Kaeru. Kagome incrociò le braccia al petto, tornando a guardare
la bocca del pozzo sovrastante.
"Forse."
Kaeru guardò la madre stupita.
Lei, ad essere sincera, non sapeva proprio come avesse fatto. Più che altro il
suo era stato un desiderio. Il desiderio di ottenere quel fiore e di rendere
felice sua madre. Tutto quello che aveva fatto era stato trarre delle
conclusioni da ciò che sua madre le aveva raccontato fin da bambina... di come
fosse stata parte dello Shikon. E forse quel pensiero l'aveva portata a pensare
che in qualche modo, lei poteva funzionare da tramite tra i due mondi.
"Come si esce da
qui?" Domandò la ragazza, sollevando di nuovo il capo verso l'alto.
Kagome sospirò
alle parole della figlia. "Il problema non è tanto uscire, quando ciò che
troveremo fuori dal pozzo."
Kaeru fissò la
madre con sguardo interrogativo, ma rimase in silenzio.
"Sono passati
molti anni." Disse semplicemente.
Notando
l'esitazione della madre, Kaeru fissò il suolo sotto di lei. "Potremmo tornare
indietro, ma non saprei co—"
"No."
Kagome abbassò lo
sguardo per osservare la figlia e sorrise. "Vuoi quel fiore, no?"
Certo, lo voleva.
Ma non se a soffrire era sua madre. Kaeru abbassò nuovamente gli occhi e prese a
parlare, mentre Kagome ascoltava con attenzione. "Quel fiore mi permetterà di
ricordare ciò che ho dimenticato, così mi ha detto Kaede."
Kagome aggrottò
la fronte. "Dimenticato? Cosa avresti dimenticato, tesoro?"
Kaeru fissò la
madre. "Non ricordo di Aki, mentre lui si ricorda di me. Kaede mi ha raccontato
che quel giorno anche io sono stata trovata svenuta assieme a lui. Ma ignoro
cosa è accaduto e come Aki è stato ferito. Ho la sensazione di esser stata io a
creare tutta la sofferenza di quel ragazzo, Sango non lo accetta come figlio ed
immagino che sia terribile sentirsi rigettati da coloro che ti hanno dato alla
luce. Se mi ricordassi, potrei convincere Sango a non odiare più Aki e—"
Kaeru si
interruppe, mentre Kagome, inginocchiata, l'avvolse in un delicato abbraccio.
"Ciò ti fà onore, figlia mia, ma non credere che Sango odi Aki. Una madre non
potrà mai odiare ciò che è nato dentro di lei. Sango è semplicemente arrabbiata.
Sono sicura che un chiarimento potrà riappacificarli. Quindi, se il Caprifoglio
è davvero così importante, dobbiamo trovarlo."
Il sorriso di
Kagome scaldò il cuore della ragazza, che annuì alle parole della donna. Kagome
si portò nuovamente in piedi ed afferrò con un gesto deciso un'edera
rampicamente sufficientemente robusta. "Sorreggerà entrambe."
Uscire dal pozzo
fu meno complicato del previsto, benché Kaeru soffrisse di vertigini. Kagome le
aveva porto la mano e, senza grandi difficoltà, la ragazza era riuscita a
sedersi sul cornicione del pozzo sacro. Kaeru si guardò attorno, con aria
palesemente curiosa e fu delusa nel constatare che il pozzo era all'interno di
una costruzione in legno. "E' un pozzo coperto." Aveva aggiunto Kagome, notando
la sua delusione. Kaeru seguì la madre verso una piccola rampa di scale,
anch'esse di legno, che presero a gemere sotto al peso delle due donne. Quando
Kagome aprì la porta di legno, una sferzata di vento freddo la colse alla
sprovvista.
Kaeru affondò lo
sguardo nel piazzale di pietre che si estendeva di fronte a lei e sua madre. Le
luci della città agevolavano i raggi della luna, favorendo la visione notturna e
permettendo a Kaeru di osservare, per la prima volta, il mondo di sua madre. Con
un gesto incoscio cercò la mano di Kagome e la strinse come in cerca di
conforto. Kagome non parve sorpresa e contraccambiò il gesto. I suoi occhi si
diressero verso una piccola abitazione, oltre al piazzale, dalle finestre
illuminate a giorno. Un leggero batticuore prese a battere nel petto di Kagome,
accompagnato da una lieve emozione, mista a gioia e preoccupazione. Il suo primo
pensiero andò a sua madre. Sedici anni erano un arco di tempo inestimabile per
la vita di una persona. Sedici anni che potevano essere stati protagonisti di
eventi rivelanti come ad esempio, la morte di suo nonno o di sua madre. Una
fitta al cuore bloccò il cessante battito, aumentando l'ansia nella donna.
Kaeru strinse la
mano di sua madre, distogliendo la donna dai suoi pensieri.
"Andiamo." Disse
Kagome, accennando un timido passo verso la casa. Man a mano che si
avvicinavano, cresceva in Kagome l'impulso di tornare indietro, di tornare da
Inuyasha e di dietruggere il Pozzo Mangiaossa. Se erano tutti morti? Se altre
persone abitavano quella casa? Come avrebbe giustificato le vesti antiche? Il
suo sbigottimento? Il suo dolore? Avrebbe sofferto a sapere la sua famiglia
altrove o avrebbe provato indiferrenza sapendo sua madre morta?
"Mamma, com'è la
nonna?" Domandò dal niente Kaeru, sorprendendo Kagome. La sacerdotessa tentò di
ricostruire l'immagine di sua madre, ricordandone il volto con i delicati
lineamenti e gli occhi di un caldo nocciola.
"Tua nonna era- è
una persona molto bella e dolce." Rispose, mettendo assieme tutti i suoi
ricordi. "Siamo arrivate." Aggiunse in seguito.
Di fronte a loro,
il portone che Kagome ricordava nel periodo della sua adolescenza, si stagliava
come una porta insormontabile e quasi inumana. Un leggero chiacchiericcio
proveniva da oltre il solido massello e Kagome capì che altro non era che la
televisione accesa in salotto.
"Va bene" Inspirò
Kagome, "Suoniamo."
"Sì, suoniamo."
Ripetè Kaeru, benché non sapesse con certezza cosa sua madre intendesse con
suonare.
Kagome avvicinò
la mano, leggermente tremante, al campanello adiacente alla porta. Quando le sue
dita fecero pressione sul piccolo bottone di plastica, il cuore iniziò a
batterle nel petto ed incessanti domande senza risposta iniziarono ad affollarle
la mente.
Un tiepido
arrivo risuonò oltre la porta, mentre un leggero click sembrò perforare
l'udito di Kagome. Un filo di luce andò disegnandosi sulle mattonelle
dell'entrata, andando ingrandendosi man a mano, fino a quando la luce dentro
alla casa le illuminò del tutto. Aprì loro una donna, dal capo canuto e dalle
rughe scavate nel volto, dalle labbra screpolare, un poco ingrigite, ma dallo
sguardo nocciola caldo e attento. "Sì, chi è?" Domandò, con una voce impastata
dagli anni.
Kagome rimase in
silenzio, come ammutolita, fissando la donna di rimpetto a loro. Quest'ultima
fissò attentamente Kaeru, senza tuttavia riconoscerla, ed infine posò lo sguardo
sulla donna più anziana. Kagome osservò gli occhi color nocciola sgranarsi poco
a poco, come se testimoni di un grande evento, ed udì il gemito roco
che la donna emise.
"Oh, Kami-sama...
Ka-Kagome!"
"Mam-ma." Kagome
sentì le lacrime pungerle gli occhi, improvvisamente; il suo nome non le parve
così dolce, se non nelle labbra di Inuyasha. Sentì le mani incallite della donna
stringerle gli avambracci, mentre le lacrime rigavano le guance della signora
Higurashi.
"Kagome, Kagome,
la mia bambina!" Esclamò la donna, avvolgendo la figlia in un abbraccio. Kaeru
osservò il connubio tra le due madri, trattenendo una lacrima commossa.
Ripresasi dalla
sorpresa, la signora Higurashi sciolse l'abbraccio e si asciugò le lacrime.
"Kagome, come mai? Come hai fatto? Oddio, sei proprio tu."
"Non saprei,
mamma. E' stata una sorpresa anche per me." Disse Kagome, stringendo con un
braccio le spalle di Kaeru e avvicinando la figlia a sè. La signora Higurashi
osservò la ragazza, molto somigliante a Kagome e spalancò la bocca, sorpresa.
"Kaeru?"
Kaeru, sentendo
il proprio nome, sembrò doppiamente stupita. "Mi conosce?"
La madre di
Kagome le sorrise. "Entrate." Disse, invitandole all'interno.
Kagome sorrise a
sua volta.
Finalmente, era
tornata a casa.
**
Quella sera
Kagome ascoltò attentamente tutto ciò che sua madre ebbe da dirle.
Suo nonno, come
aveva presupposto l'età avanzata, era spirato cinque anni prima con una serenità
che la signora Higurashi non riusciva ad esprimere a parole. Kagome aveva
provato una fitta al cuore dal momento che, seppur strambo e svampito, suo nonno
era stato una delle persone più incantevoli, più gentili che avesse mai
conosciuto. Senza darlo a vedere, Kagome rimpianse di non averlo potuto salutare
da vivo e il giorno dopo visitò la sua tomba assieme a Kaeru, prima della loro
partenza per il Sengoku Jidai.
Sota, il suo
unico fratellino, era talmente cresciuto da sposarsi e vivere alla perferia di
Tokyo e Kagome fu molto shockata nell'apprendere che era diventata zia di un
bambino pestifero quanto suo fratello da piccolo; mentre Kaeru, parve eccitata
all'idea di aver un parente più piccolo di lei. La signora Higurashi le aveva
spiegato che Sota, per molto tempo, non aveva accettato il fatto che sua sorella
fosse così repentinamente scomparsa e la madre di Kagome non nascosce che vi era
del risentimento nel figlio più piccolo. Tale rivelazione accese del turbamento
nell'animo di Kagome, che, improvvisamente, si sentì in colpa per non aver dato
l'addio al suo stesso sangue. Tuttavia, la vita era fatta di continue decisioni
e prese di posizione. Kagome era sicura che, a lungo andare, anche Sota avrebbe
compreso le sue azioni.
La chicchierata
notturna e la ritrovata quiete familiare, portò Kagome ad interessarsi a
numerose persone che pian piano le tornarono alla mente. Hojo, il suo bizzarro
pretendente, era rimasto scapolo benché attirasse l'attenzione di molte donne,
in gran parte affascinate dalle sue numerose stranezze. Kagome si trattenne più
volte dal ridere, ma sentì una punta di tristezza quando sua madre le raccontò
come aveva scusato l'assenza continua della figlia. Hojo, benché strano, era
stato un bravo ragazzo, molto gentile e con mille riguardi. Anche se le loro
vite avevano preso pieghe molto diverse, Kagome era felice delle attenzioni che
aveva ricevuto in passato da una così brava persona.
Infine, fu la
volta di Kagome a raccontare ciò che era accaduto a lei e ad Inuyasha nell'arco
di quei sedici anni. La signora Higurashi mostrò un vivido interesse, sorridendo
di tanto in tanto alla giovane nipote che quiete, ascoltava le loro parole in
silenzio.
"Sei sempre bella
come un tempo, figlia mia." Affermò, osservando per l'ennesima volta Kagome: i
suoi occhi grigi e penetranti e la sua capigliatura color dell'ebano.
Kagome ridacchiò.
"Anche tu mamma."
La signora
Higurashi aggrottò la fronte. "Signorina, vuole forse prendermi in giro?"
"Affatto!" Si
affrettò ad aggiungere Kagome. "La mamma è sempre la mamma."
A quelle parole
la donna lasciò che le labbra screpolate si piegassero in un sorriso sincero.
"Anche Kaeru si è
fatta una bella ragazza. Devo forse credere che il merito sia tutto nei miei
geni?" Ridacchiò.
E per la prima
volta, Kaeru si rivolse alla donna. "Lei ha avuto mia madre molto giovane,
vero?"
Sentendosi dare
del lei, la signora Higurashi sollevò la mano facendo un cenno per aria. "Oh,
per carità! Chiamami nonna, tesoro! Non c'è bisogno di essere così formali, mi
fà sentire vecchia!"
Le guance di
Kaeru si arrossarono all'improvviso.
"Comunque, ho
avuto Kagome press' a poco all'età in cui lei ha avuto te. Ero molto giovane."
Concluse, con tono nostalgico.
"Oh, a
proposito. Quanto vi
fermerete, Kagome?" Domandò, rivolta nuovamente alla figlia.
"Non molto,
domani ripartiremo. Ci siamo assentate senza avvisare nessuno e probabilmente si
staranno tutti preoccupando per noi."
Udendo la madre,
Kaeru volò con il pensiero ad Inuyasha ed inghiottì rumorosamente. Con tutta
probabilità era furente. Nel mentre, l'espressione della donna anziana si
rabbuiò e notando lo sguardo della madre, Kagome si affrettò ad aggiungere "Ma
adesso che siamo tornate indietro, continuerò a trovarti mamma."
Quelle parole
sembrarono rassicurare la donna, che prese a parlare di tutt'altro argomento.
Il giorno
seguente, madre e figlia si dedicarono alla ricerca del Caprifoglio, l'unico
fiore che sembrava poter garantire un poco di armonia anche in un villaggio come
quello di Kaede-sama. Trovarlo non fu affatto difficile, dal momento che il
giardino del Tempio ne offriva in gran quantità.
"Andrò da
Kaede-sama per capire come lo posso usare." Affermò decisa Kaeru, rafforzando la
stretta attorno al cesto colmo di fiori che portava. Kagome non riuscì a
trattenere uno sguardo preoccupato che, tuttavia, Kaeru non vide.
Visitata la tomba
del nonno e salutata la signora Higurashi, con la promessa di un nuovo ritorno,
Kagome e Kaeru scesero nuovamente nel pozzo ed esattamente come il giorno
precedente le trasportò nel mondo del Sengoku Jidai.
A fatica, le due
donne si arrampicarono in cima al pozzo, aiutandosi con le pietre sporgerti.
Quando toccarono l'erba fresca della boscaglia, Kagome si lasciò sfuggire un
debole sospiro. "Non so proprio come spiegare tutto questo ad Inuyasha."
"Mam-"
"Non servono
delle spiegazioni," una voce fredda e tagliente provenne da dietro le loro
spalle. "Ciò che ho visto è più che sufficiente."
"Inuyasha, io—"
Iniziò a dire Kagome, ma il mezzo demone, con un agile salto, sparì nella fitta
boscaglia.
"—desideravo
tanto tornare." Concluse, fissando il punto in cui Inuyasha aveva atteso il loro
ritorno. Kaeru provò una fitta di rabbia nei confronti del padre che, con delle
semplici parole, aveva distrutto la felicità che sua madre andava cercando da
molto tempo e si ripromise di fronteggiare Inuyasha a qualsiasi costo.
N/A:
capitolo corto, di transizione, ma spero intenso :) Ehm, sì, non state sognando,
avete appena letto un nuovo capitolo. Rinnovo le scuse, ma i tempi son duri ed
io invecchio con il passare del tempo X'D Non rispondo alle recensioni, dal
momento che sono datate, ma spero che continuiate a seguire la mia storia! Ne
approfitto per augurare a tutti voi un buon Natale ed un Felice anno nuovo!
Claudia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Verità nascoste ***
Capitolo VX Verità nascoste Si presume che la gente abbia paura dell'ignoto, ma l'ignoranza è una benedizione, mentre la consapevolezza è qualcosa di maledettamente spaventoso. (Anita Blake, Resti Mortali) Quando Kagome le disse di stare bene, non le credette. La personalità di sua madre era indubbiamente molto forte, ma come essere umano, anche Kagome nascondeva dei limiti, oltre ai quali era impossibile non provare sofferenza o dolore. Non potevano esistere scusanti in grado di alleviare la colpa che Kaeru attribuiva a suo padre. "Mamma." "Kaeru, per favore." Disse Kagome, spostando lo sguardo sulla figlia. "Non incolpare tuo padre, lui vuole solo proteggermi." Kaeru sollevò lo sguardo, contraendo la linea delle labbra. "Proteggerti? Lui non vuole farti tornare nel tuo mondo, mamma! Tu soffri per questo!" Esclamò, senza riuscire veramente a comprendere ciò che sua madre le andava dicendo. "Ho sofferto, sì," Confessò Kagome, mentre un sorriso amaro le si dipinse sul bel volto. "Ma non ho mai incolpato Inuyasha, per questo. Il pozzo Mangiaossa ha sempre precluso qualsiasi ritorno." "Fino ad oggi." Asserì Kaeru, con convinzione. Kagome sorrise, abbassando le spalle. "Già, fino ad oggi. Inuyasha sa quanto il mio mondo mi manchi, lo ha sempre saputo. Non vuole che soffra ed è per questo che non ha mai pronunciato il nome del pozzo di fronte a nessuno. E' il suo modo per difendermi, tesoro." L'espressione di Kaeru si fece corrucciata. "Non sono sicura di aver ben compreso." A quelle parole, Kagome sorrise. "Questo perché ancora non hai trovato qualcuno da amare." Kaeru spalancò lo sguardo, arrossendo vistosamente. "Non ho bisogno di amare qualcuno, mamma!" La donna emise una leggera risata. "Tesoro, prima o poi anche tu ti innamorerai. Allora, capirai anche tuo padre." Kaeru incrociò le braccia al petto, fingendosi offesa. "Ne dubito, mamma." "Venendo a noi, tesoro." Disse Kagome, avvicinandosi alla figlia. "Come hai intenzione di usare il Caprifoglio?" Domandò, osservando il piccolo cesto che la signora Higurashi aveva prestato loro. Ricordandosi del reale scopo del suo viaggio nel futuro, Kaeru sospirò. "Non lo so, credo che andrò da Kaede-sama a chiederle consiglio." "Saggia decisione, lei saprà come aiutarti." Disse Kagome, passando delicatamente una mano sul capo della figlia. "Kaeru-chan, sta attenta. Potrebbe non essere un'esperienza... piacevole." La ragazza fissò per qualche secondo la genitrice, infine fece un cenno d'assenso col capo. "Sì, farò attenzione." "Sei proprio sicura di volerlo fare?" Kagome non nascose la preoccupazione dal tono della propria voce. "Sì." Disse Kaeru, annuendo con vigore. "Devo capire se una persona ha davvero sofferto a causa mia e porre rimedio." Kagome aggrottò la fronte, infine sorrise, portandosi una mano all'altezza della bocca. "Non credo che tarderà ad arrivare il giorno in cui capirai Inuyasha." Kaeru osservò la madre con sguardo incuriosito. "Cosa vuoi dire?" "Niente, niente. Tesoro, buona fortuna e sii prudente." Kaeru osservò Kagome dirigersi verso il villaggio, probabilmente alla ricerca del mezzo demone. Non seppe spiegarsi il motivo, ma era sicura che il sorriso di sua madre nascondesse molto più di quel che lasciasse realmente intendere. ** Kaeru trovò molto piacevole osservare l'espressione sorpresa di Kaede-sama. Accadeva raramente, per questo motivo la ragazza sapeva trarne grande soddisfazione. Esistevano grandi probabilità che la vecchia sacerdotessa non avesse mai e poi mai visto un fiore di Caprifoglio, tanto meno fattone uso. Kaeru pregò affinché questo non impedisse a Kaede-sama di darle i consigli che andava cercando. "Non comprendo affatto come questo sia successo." Disse Kaede, dopo aver ascoltato ogni singola parola dell'accaduto dalla bocca di Kaeru. "Da quando lo Shikon si è allontanato dal villaggio, tua madre non è stata più in grado di tornare al suo mondo. Davvero, non riesco a crederci." Kaeru sorrise, timidamente. La vecchia sacerdotessa la osservò. "Ma, forse, non è affatto un evento da considerare strano." "Cosa intende dire, Venerabile Kaede?" Domandò la ragazza, incuriosita. Kaede si portò in piedi a fatica, alimentando il fuoco che crepitava sopra la brace ardente. "Tu sei nata per volere dello Shikon, fu lui a purificare l'essere che tua madre portava in grembo e dal quale nascesti tu." Kaeru provò un brivido lungo la schiena. Pur avendo ascoltato tali racconti più e più volte, non riuscì a trattenersi dal provare una leggera paura. "Lui ha interagito con te, diventando parte di te, seppur per breve tempo. Probabilmente, il pozzo Mangiaossa è stato ingannato." "Intende dire," Disse Kaeru. "Che mia madre non potrebbe far ritorno al suo mondo, a meno che non sia io ad accompagnarla?" La vecchia sacerdotessa asserì stancamente. "Ma, non capisco, Kaede-sama. Anche mia madre ha inglobato in sè lo Shikon. Anche lei dovrebbe essere in grado di tornare da sola." Kaede sospirò, osservando il fuoco crepitante. "Non lo so, Kaeru-chan. Tutto al mondo è un mistero, anche la vita lo è. E lo stesso è la morte. Sono tutte cose che a noi non è dato conoscere, ci è concesso solo saperne l'esistenza." Kaeru annuì, ma non fu sicura di aver compreso a fondo le parole di Kaede. "Quindi, solo io posso aiutare la mamma." Lo sguardo di Kaede divenne intenso. "Kaeru-chan, ti pregherei di non metterti contro Inuyasha." Quelle parole sorpresero non poco la giovane donna. "Cosa intende dire, Kaede-sama?" Domandò, con tono alterato. "Inuyasha ama tua madre, molto più di quanto tu possa pensare. Il fatto che proibisca a Kagome di tornare nel suo mondo è solo un modo per proteggerla." "Tutti dite la stessa cosa!" Sbottò Kaeru. "Ma non capisco, proprio non capisco! La mamma sarebbe felice di poter tornare, lo so!" "Sarebbe felice," Asserì Kaede. "Ma continuerebbe ad essere divorata dal rimorso. Ha abbandonato la sua famiglia per stare con Inuyasha e lui lo sa. E' un uomo dai sentimenti d'acciaio, ma si incolpa segretamente dell'infelicità di Kagome. E' per questo che a modo suo, la protegge. E' un discorso complicato, Kaeru-chan e non sempre viene compreso se non si sa cosa vuol dire veramente amare e sacrificare quello che si ha per qualcuno." Kaeru rimase in silenzio. "Tua madre ha dimostrato di amare Inuyasha, rimanendo con lui e facendoti crescere in quest'epoca. Non farla soffrire è tutto ciò che Inuyasha può fare per lei. Consideralo come un suo modo di ricambiarla, Kaeru-chan." Kaeru sospirò. Non voleva odiare suo padre, al contrario, lo amava quanto amava sua madre. Ma, a volte, non capiva. Probabilmente, era giusto che non comprendesse. La comprensione l'avrebbe raggiunta prima o poi. In quel momento, la felicità era tutto ciò che sperava per loro. "Kaede-sama," Disse Kaeru, sollevando lo sguardo. "Può insegnarmi ad usare il Caprifoglio?" Lo sguardo della sacerdotessa si spostò al cesto ricolmo di tale fiore, sospirando. "Nella mia vita, ho avuto solo una volta la possibilità di usare questo fiore raro." L'espressione della ragazza si rabbuiò. "Fortuna vuole che ho una buona memoria." Disse Kaede, facendo sorridere la ragazza. "Si tratta di un semplice infuso che dovrai bere in presenza della persona che vuoi ricordare," Disse Kaede. "E' molto probabile che sentirai una sensazione di malessere, potresti perfino svenire. Per questo, devi essere in presenza di una persona affidabile che si prenda cura di te in quel momento." Kaede arricciò il naso, scettica. Aki si sarebbe preso cura di lei. Sicuro! Come no. "Generalmente, chi ne fa uso ha una personalità molto forte. Rievocare memorie sopite non è un evento da prendere alla leggera, Kaeru-chan." Disse Kaede, osservando la ragazza che, da parte sua, ricambiò con un cenno del capo. "Sono certa di potercela fare." Kaede emise un debole colpo di tosse. "Kaeru-chan, perché sei così determinata a ricordarti di Aki-kun? Non credo che lui mostri simpatia per te." "Non lo faccio solo per lui," Disse, a sguardo alto. "Ma anche per me, Kaede-sama. Sapere che un frammento della mia memoria non esiste più mi fa paura. Voglio solo sapere ciò che è successo. E' legittimo che io sappia, non crede?" "Sì, ma se hai perso la memoria, esiste un motivo." "Che motivo, Kaede-sama?" "La perdita di memoria è una difesa che ognuno di noi antepone di fronte al pericolo che incontra; la rimozione di qualsiasi ricordo è un beneficio per la persona stessa, che, ricordando, potrebbe subire traumi ben più gravi. La mente è anch'essa un mistero di cui si conosce davvero poco, Kaeru-chan. Io non ho problemi a creare l'infuso, ma ho seri dubbi sull'utilizzo che vuoi farne. Preferirei che tu desistessi da questa impresa e continuassi a condurre la vita come hai sempre fatto." "Una persona mi odia, Kaede-sama!" Esclamò Kaeru, con le lacrime che presero a pungerle gli occhi. "Mi detesta ed io non so perché! Non considero Aki come un amico, è vero, ma non desidero essere oggetto del rancore di qualcuno. La mia stessa natura è la causa principale di questo problema. Davvero, io voglio solo vivere tranquilla. Mi aiuti, Kaede-sama!" La vecchia sacerdotessa sospirò e nel farlo, un piccolo tremore scosse le sue spalle. "E va bene, Kaeru-chan. Ti aiuterò. Vorrei solo che tu facessi molto attenzione, solo questo." "Non deve preoccuparsi." Disse Kaeru, enfatizzando ogni singola parola. "Non ci impiegherò molto," Disse Kaede, raccogliendo il cesto da terra. "A breve ricorderai ciò che desideri sapere." ** "Inuyasha?" Kagome trovò assurdo che il mezzo demone si nascondesse all'ombra del Goshinboku; sarebbe stato come mostrare il fianco ad un nemico in agguato. Eppure, quando lo vide seduto su una radice, che affondava nel terreno tra i ciuffi d'erba, provò una fitta al cuore tanto dolorosa da voler gridare. Quell'albero secolare era un rifugio, per loro. Un luogo sacro dove esorcizzare paure, timori e sentimenti indesiderati. Sedere sotto le fronde ondose del Goshinboku era come ammettere al mondo il proprio dolore. "Inuyasha." Con passo incerto Kagome si avvicinò al mezzo demone. Quest'ultimo non sollevò lo sguardo per osservarla, ma con grande probabilità, aveva fiutato l'odore della donna ancor prima che ella lo vedesse. Non sarebbe stata la prima volta, certamente, nemmeno l'ultima. "Torniamo a casa, vuoi?" Domandò Kagome, colmando la propria voce di dolcezza. La risposta di Inuyasha, tuttavia, non fu altrettanto piacevole. "Sei venuta qui solo per dirmi questo?". Il volto di Kagome si fece interdetto; infine, sospirando, la donna si sollevò i lembi dello yukata che indossava, lasciando scoperte le caviglie e sedette sulla stessa radice del mezzo demone. "No." Kagome strinse i pugni, adagiati sulle ginocchia, ed afferrò la stoffa della propria veste. "Sono venuta per scusarmi, Inuyasha." Dalle labbra affilate del mezzo demone fuoriuscì un flebile sospiro. "Non è colpa tua," Confessò. "Non devi scusarti. Non è così che deve andare." Kagome si voltò a guardarlo, sorpresa. "Inuyasha, io-" "E' sempre stato così," Disse Inuyasha, senza badare alle parole di Kagome. "Hai sempre fatto ciò che ti dicevo di fare. Volevo solo renderti felice, invece, non ci sono riuscito." "Inuyasha, ma io sono felice!" Esclamò Kagome, voltandosi con impeto e fronteggiando il mezzo demone, in piedi. "Non dire sciocchezze, Kagome." Sbottò Inuyasha, senza sollevare lo sguardo. "Sono un essere... spregevole." Senza riflettere, Kagome si slanciò sulla figura di Inuyasha, attirandolo a sè. Il mezzo demone si abbandonò a quel gesto, posando il capo contro il petto della donna ed afferrando i fianchi di lei, come a cercare un'appiglio. "Non essere così duro con te stesso," Singhiozzò Kagome, trattenendo a stento le lacrime. "Nessuno è colpevole per qualcosa che non ha mai fatto. Non sei stato tu ad impedirmi di tornare, Inuyasha. Avevo preso la mia decisione da molto tempo, ho sempre vissuto sull'orlo del rimorso, ma mi hai sempre aiutato a non guardare indietro. Inuyasha, senza di te, non ce l'avrei mai fatta." "Sei molto più forte di quanto tu creda," Bisbigliò il mezzo demone. "Sono io a non farcela senza di te." Si scostò, sollevando una mano per asciugare le lacrime che rigavano le guance di Kagome. "Potrai ritornare, se vorrai." Disse Inuyasha, sorridendole appena. "Ho sempre avuto paura a farti tornare nel tuo mondo, Kagome. Ogni volta, anche in passato, quando ti vedevo scendere nel pozzo Mangiaossa, ho sempre temuto che non saresti più tornata." Gli occhi lucidi di Kagome l'osservarono con stupore. "Sei uno sciocco, Inuyasha. Non esiste niente che possa allontanarmi da te." "Sono felice di sentirtelo dire." Disse, sorridendo ironico. "Ed ogni volta," Disse Kagome. "Tu verrai con me, andremo tutti insieme e tutti insieme ritorneremo. E' una promessa." Inuyasha si portò in piedi, mentre Tessaiga strofinò contro la veste di Kagome, emettendo un sussuro simile al battito di un cuore. Il mezzo demone si chinò su Kagome, sfiorandole le labbra con un bacio. Il Goshinboku assistette silenzioso, proteggendo i due amanti con le proprie fronde benevole, testimone di un amore che andava ben oltre il tempo. "Torniamo a casa, vuoi?" Tornò a ripetere Kagome. Inuyasha sorrise, prendendole la mano. ** "No, non l'ho visto." Kaeru sospirò, rassegnata. Miroku la osservò per qualche secondo, infine spostò il proprio bastone nell'altra mano. "Kaeru-chan, perché cerchi Aki?" La ragazza nascose la propria sorpresa a quella domanda dietro ad un'alzata innocente di spalle. "Abbiamo avuto un diverbio un po' ostile," Confessò. "Volevo solo portarlo a termine." Il monaco si lasciò sfuggire una risata, facendo tintinnare l'apice del proprio bastone. "Kaeru-chan, sei tale e quale a tua madre!" Esclamò, con nostalgia. "Stesso carattere, stessa bellezza." Aggiunse, facendo arrossire vistosamente Kaeru. "Non importunarla con le tue battute, Miroku." Una voce femminile provenne dalle spalle del monaco che, sussultando, rivelò la presenza di Sango. Lo sguardo della donna era accigliato, mentre con sospetto osservava l'espressione dipinta sul volto del proprio consorte. Kaeru osservò il fedele boomerang che più e più volte l'aveva salvata, appeso innocuo dietro alle spalle della cacciatrice. Era sorprendente come la bellezza di Sango trasparisse ancora più vistosa, nonostante la pericolosa arma che le proteggeva la schiena. Inoltre, in quel momento, Kaeru notò finalmente la somiglianza tra la donna ed Aki. I lineamenti del ragazzo erano molti simili a quelli della madre, benché non vi fosse dolcezza nelle sue fattezze. Gli occhi grigi e profondi, invece, facevano in modo che anche Miroku potesse dire la propria sulla paternità del ragazzo. "Vi assomiglia molto." Disse Kaeru distrattamente, senza realizzare di parlare a voce alta. Sia Sango che Miroku si bloccarono a guardarla, infine, spostarono lo sguardo l'una sull'altro, a disagio. Dopo essersi accorta delle loro reazioni, Kaeru si inchinò profusamente. "Oh, vi chiedo scusa! Non era mia intenzione fare un'osservazione del genere!" Miroku sospirò, chiudendo gli occhi. "Non devi chiedere scusa, Kaeru-chan. D'altronde, non hai detto qualcosa così lontano dal vero." Kaeru si portò nuovamente diritta sulla schiena. "E' pur sempre nostro figlio." Sango si spostò una ciocca di capelli dalla fronte. "Cercavi forse Aki?" Kaeru si limitò ad un cenno d'assenso. "Lo troverai, vedrai." Disse Sango, assicurandosi il boomerang alle spalle. "Ogni volta che viene al villaggio si ferma per qualche giorno. Probabilmente, è da qualche parte a commiserare se stesso." "Vuoi dire, Sango-chan, che Aki è venuto altre volte al villaggio?" Domandò Kaeru, sorpresa. "Non lo avevo mai visto fino ad oggi!" "E' naturale, Kaeru-chan." Disse Miroku. "Aki non è ben voluto dalla gente del villaggio. Le poche volte che è tornato lo ha fatto di nascosto." "Ma perché torna se dice di odiare tutti voi?" Sango trattenne un sorriso. "E' pur sempre un bambino." Disse, toccandosi una tempia con una mano. Miroku le fu subito accanto. "Tutto bene?" "No," Sango gemette, emettendo un rantolo sommesso. "Non possiamo andare avanti così. Abbiamo un figlio, ma che razza di famiglia siamo? A volte, non mi sento nemmeno una madre." Miroku passò un braccio attorno alle spalle della compagna, superando, senza difficoltà, l'ostacolo rappresentato dal boomerang. Kaeru strinse i pugni. "Non devi odiarlo, Sango-chan! Sono sicura che Aki vi vuole bene!" Sango mostrò un flebile sorriso. "Non potremmo mai odiarlo, Kaeru-chan. E' pur sempre sangue del nostro sangue, sarebbe sciocco da parte nostra. Tuttavia, anche noi abbiamo delle colpe. Non siamo mai riusciti ad essere per lui dei punti di riferimento." Kaeru provò una contrazione al ventre. Si sentiva addolorata per loro. "Io potrei aiutarlo, se lo trovassi." Senteziò, abbassando lo sguardo. Sango e Miroku la osservarono, incuriositi. "Ti siamo grati, Kaeru-chan, ma, davvero, non so cosa potresti fare." Già, nemmeno lei lo sapeva. Kaeru tastò una tasca dello yukata, sentendo con i polpastrelli un oggetto duro al tatto. Kaede-sama le aveva dato l'infuso, travasandolo in una piccola bottiglia di legno, che adesso custodiva gelosamente tra le pieghe della sua veste. "Adesso devo andare." Disse Kaeru, inchinandosi di fronte ai due coniugi. "Se trovi Aki," Disse Sango, afferrando all'improvviso una mano della ragazza. "Ti prego, convincilo tu." Sia Miroku che Kaeru osservarono la cacciatrice, sorpresi. Gli occhi di Sango erano velati da un sottile strato di preoccupazione, lo stesso sguardo che Kagome le rivolgeva a momenti. Era lo sguardo di una madre, nient'altro. "Farò del mio meglio!" Esclamò Kaeru, sorridendo ad entrambi. E con un ultimo inchino, si allontanò. ** Non conosceva Aki tanto da sapere in quale luogo si fosse rifugiato. Esistevano molti posti nel villaggio che potevano ospitare anime afflitte o semplicemente bisognose di tranquillità. Da bambina si era dilettata ad esplorare ogni angolo, ogni cespuglio o roccia che attraesse la sua attenzione infantile. Vi creava storie su storie, fingendosi una sacerdotessa quale era sua madre. Spesso, altri bambini giocavano con lei ed insieme creavano avventure memorabili. Immersa in quei pensieri, Kaeru decise di intraprendere un piccolo sentiero che un vecchio pastore le aveva insegnato. Si disnoccolava molto lontano dal Tempio, verso la parte del villaggio considerata profana. Era un luogo dove spesso qualche animale si rifugiava in cerca di acqua ed erba, che in quel luogo in particolare, cresceva rigogliosa. A decretare la fine del sentiero, vi era una piccola cascata, dietro alla quale soleva spesso nascondersi da bambina, dopo i rimproveri di sua madre. Il rumore della cascata risuonò come un ronzio continuo e flebile, affogando in una piccola polla d'acqua ai piedi della cascata stessa. Facendo attenzione al terreno ricco di pietre, Kaeru si avvicinò alle pareti umide che affiancavano il getto d'acqua cristallina. Se era fortunata, come lo era un tempo, sarebbe stata in grado di finire dietro alla cascata senza bagnarsi. Da bambina, il suo fisico minuto la facilitava nell'impresa. Non seppe dire cosa la spinse a cercare Aki in quel luogo. Era un nascondiglio pressoché introvabile; senza dubbio, avrebbe dovuto rimandare le ricerche al giorno successivo. Proprio per questo motivo, quando vide il ragazzo con le spalle al muro, la sorpresa fu più grande di qualsiasi altra cosa. Uno sguardo veloce fu più che sufficiente per notare che Aki non portava la propria arma con sé, constatazione che rilassò totalmente Kaeru. Il rumore della cascata, più forte dietro ad essa, camuffò i passi della ragazza, fino a quando Kaeru non si sentì tagliare dallo sguardo di Aki. Lo sforzo del ragazzo per non sembrare sorpreso fu inutile. "Tu―" "Come fai a conoscere questo posto?" Domandò Kaeru, anch'essa stupita. Aki tornò di nuovo ad esercitare il proprio auto-controllo. "Lo conosco fin da quando sono bambino. Credevo fosse un luogo tranquillo," Disse, guardandola. "Evidentemente mi sbagliavo." Indecisa se sedersi o meno, Kaeru decise di rimanere dov'era. "Anche io lo conosco da quando sono bambina. E' possibile che―" La ragazza tacque, sentendosi fondere dallo sguardo penetrante di Aki. "Lo abbiamo scoperto insieme." "Io credevo che fosse stato un pastore a svelarmi questo posto." Affermò Kaeru, scettica. Aki scrollò le spalle. "Eravamo insieme quando si incontrò il vecchio." Kaeru si sentì improvvisamente a disagio. Non ricordava davvero niente, neanche in quel momento. "Ascoltami bene, Aki-kun." Sentendo l'appellativo kun, il ragazzo tornò a guardarla, incuriosito. Se non altro, non se ne è ancora andato. "Perché dovrei ascoltarti, mezzo demone?" Kaeru aggrottò la fronte. "Ti ho detto che non sono un mezzo demone." "Non sei nemmeno umana." "No, non lo sono. Mio padre è un mezzo demone, mia madre umana. Questo fa di me più un essere umano che un demone." "E l'immortalità?" Domandò Aki. Kaeru si sedette, con le spalle rivolte alla roccia di fronte ad Aki. "Quella è una lunga storia." "Non so se ho voglia di sentirla." Sbottò aspro Aki. "Ed io non so se ho voglia di raccontarla." "Perfetto." "Perfetto." Ripeté Kaeru. "Mi stai infastidendo." Disse Aki, puntellando i gomiti alle ginocchia. "Vattene." "Spiacente," Disse Kaeru, contrariata. "Ma questo luogo l'ho scoperto anche io. Ho il diritto di starci quanto te." Aki fece per portarsi in piedi, ma Kaeru lo bloccò. "Non sono venuta qui per caso," Disse. "Sono venuta a cercarti." Aki sgranò lo sguardo. "Che intendi dire?" "Quello che ho detto." Kaeru si sistemò lo yukata sotto alle ginocchia. "Ad essere sinceri, non credevo di trovarti qui. E' stata una sorpresa." Detto ciò, Kaeru sfilò la boccetta contenente l'infuso di Kaede. Aki parve scettico. "Cos'è?" "Caprifoglio, ma non è necessario che tu ti sforzi per capire." Lo provocò Kaeru, stringendo nuovamente l'infuso nel pugno della mano. "Non ho intenzione di capirti, mezzo demone," Disse Aki, guadagnondosi lo sguardo truce di Kaeru. "O qualsiasi cosa tu sia." "Per me la tua opinione non ha alcuna importanza," Disse Kaeru, portandosi in piedi. "Ho solo intenzione di ricordare chi sei, ma mi serve la tua collaborazione." Aki la osservò, infine lasciò passare una mano attraverso la folta capigliatura. "Prima mi dici che la mia opinione non conta e poi vorresti che collaborassi. Stai forse scherzando?" Gli occhi verdi di Kaeru lo osservarono intensamente. No, loro decisamente non stavano affatto scherzando. ** N/A: Probabilmente, alcuni di voi saranno stati colti da uno stupore improvviso, ma non avevo forse detto che prima o poi avrei portato avanti NMW? Questo nuovo capitolo è stato scritto come regalo di compleanno per il mio fijonipello, Shinji, che forse fra tutti aveva rinunciato a leggere nuovi capitoli di questa storia. Ebbene, anche lui si sbagliava. ^^ Tanti auguri, Shin! Ringrazio tutti i lettori che stanno seguendo NMW e ringrazio, soprattutto, le Sante Pazienze di ciascuno di loro. Sono una fan-writer negligente, lo so. |
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Dentro al Ricordo ***
Capitolo VIX Dentro al Ricordo “Ho intenzione di ricordare cosa successe dieci anni fa.” Lo sguardo di Kaeru, in quel momento, non sembrava accettare nessun compromesso. Era determinata tanto quanto era grande il disprezzo e la rabbia che Aki sembrava aver accumulato nel corso di quegli anni. Il ragazzo sollevò un sopracciglio, senza riuscire a trattenere lo scetticismo dal suo sguardo. “Sono ammirato dalla tua determinazione, ma francamente non mi interessa.” “Interessa a me.” Sbottò Kaeru, rafforzando la stretta della propria mano attorno all'infuso. “Non sempre la verità è la giusta soluzione.” Disse Aki, affondando le mani nelle tasche del proprio kimono. “Spesso non sapere è un buon compromesso.” Kaeru sollevò l'infuso a mezz'aria, interponendolo tra loro. Il liquido rossastro oscillò lungo il vetro dell'ampolla per poi fermarsi e tornare ad essere immobile. Sulle labbra della ragazza affiorò un sorriso. “Come ti ho già detto, la tua opinione non mi interessa!” E con un gesto deciso, Kaeru si portò l'infuso alle labbra. Il suo volto si lasciò andare ad una smorfia, complice il gusto amaro della pozione, fino a quando non si sentì scivolare verso il basso ed afferrare allo stesso tempo. ** Quando aprì gli occhi non fu come averli aperti davvero. Aki ed il piccolo laghetto erano scomparsi, al suo posto la Foresta Proibita si stagliava all'orizzonte, mentre le sue spalle erano rivolte verso l'ingresso del villaggio. Il sole era ancora nascosto tra le fronde degli alberi, la brezza notturna stava lasciando il passo al cinguettare degli uccelli, che con piroette esperte planavano sul verde dei prati. Dopo qualche secondo di smarrimento, Kaeru si guardò intorno; non notò alcun cambiamento, se non una palizzata indubbiamente più giovane e robusta. Se il Caprifoglio aveva funzionato, se davvero era riuscita ad entrare nei ricordi di Aki qualcosa, di lì a poco, sarebbe successo. “Non possiamo farlo, Aki-chan!” Una flebile voce infantile protestò con veemenza, mentre suonò affaticata nell'intento di rimanere al passo con qualcuno. Kaeru aderì contro la palizzata esterna, lasciandosi in parte nascondere dagli sterpi che crescevano rigogliosi attorno ad essa. Di lì a poco, due bambini fecero capolino dalla porta del villaggio: una bambina, avvolta nel suo piccolo yukata, stava strattonando la manica del compagno, un bambino dalla carnagione chiara e dai folti capelli scuri. “Se hai paura, allora non venire, stupida.” Le aveva risposto il bambino, strappando con forza la propria veste dalla presa dell'amica. Pur non riuscendo a scorgerne il volto, Kaeru non ebbe dubbi sull'identità del bambino. Possibile che quel bastardo fosse così odioso già da piccolo? Sbottò, mentalmente, tornando con lo sguardo alla figura minuta della bambina. Kaeru sorrise, sentendo nascere in lei una profonda simpatia – non che compresione – nei confronti della piccola. “Se scoprono che ci siamo allontanati, ci puniranno.” “E che vuoi che me ne importi. Andare a caccia di demoni è di gran lunga più esaltante.” A caccia di demoni? Kaeru osservò i due bambini allontanarsi furtivamente dal villaggio, notando le due lame a forma di falce che Aki stava trascinando con sé. Ricordando il lavoro di Sango e Miroku non si sorprese della decisione spavalda del figlio. Facendo attenzione a non fare rumore, Kaeru seguì i due bambini ad una distanza sufficiente da permetterle di vedere la direzione che avrebbero intrapreso. Osservando l'andamento goffo della bambina, Kaeru si trattenne dal sospirare. Non riusciva a credere che potesse anche solo esistere un ascendente tale da costringerla a fare ciò che Aki voleva. Quel bambino non sembrava affatto diverso dal ragazzo che aveva conosciuto nei giorni passati. “Siamo troppo piccoli, ci mangeranno!” Le proteste della bambina attirarono nuovamente l'attenzione di Kaeru, mentre la Foresta Proibita stava divenendo via via più vicina. “Basta, mi sono stancato di sentirti frignare!” Sbottò il bambino, infastidito. La bambina si fermò di colpo, voltandosi indietro, nella direzione del villaggio. Kaeru rimase immobile, imprecando contro la vegetazione così dannatamente bassa. Quando la bambina tornò a correre dietro ad Aki, Kaeru trasse un sospiro di sollievo. Rivivere quei momenti dimenticati non le portava alla mente nessun ricordo, come se la sua testa si rifiutasse di accettare quell'avvenimento passato. Non ricordava Aki né quell'episodio che la vedeva coinvolta in qualcosa che sembrava spaventarla non poco. Non poter essere padrona dei propri ricordi era qualcosa che stava iniziando a detestare con tutta se stessa. Lei voleva conoscere, voleva sapere la verità; ma non la verità degli altri, la sua verità. Quando si accorse di essersi pericolosamente avvicinata ai due bambini fu troppo tardi. Questi, fermi ai piedi della Foresta con i piccoli volti puntati verso l'alto, parvero non accorgersi di lei, del suo corpo che distrattamente era passato loro attraverso. Kaeru trattenne un respiro smorzato, mentre osservò il terreno attraverso i palmi della propria mano. Sgranò lo sguardo, sorpresa. Senza perdere di vista i due bambini si chinò ad afferrare un ciuffo d'erba, senza tuttavia avere successo. I fili verdi si spostarono delicatamente come se mossi dal vento, mentre lei percepì null'altro che una leggera sensazione di solletico. Il suo corpo non aveva consistenza e – a giudicare dallo sguardo ignaro del piccolo Aki e di se stessa – non doveva essere visibile agli occhi di nessuno. “Le tracce finiscono qui.” Mormorò Aki, fissando il terreno con aria afflitta. “Stavamo seguendo delle tracce?” Domandò la piccola Kaeru, tirando rumorosamente in su con il naso. “Sì!” Esclamò Aki con un gesto disperato. “Perché ti ho trascinato con me?” “Lo vorrei sapere anche io!” Sbottò Kaeru, fissando il bambino a poca distanza da lei. Dopo aver realizzato che non sarebbero mai e poi mai stati in grado di vederla, aveva deciso di dare libero sfogo ai suoi pensieri. “Forza, andiamo avanti.” Disse Aki, facendosi strada con una delle due falci tra gli sterpi del sottobosco. La piccola Kaeru inghiottì aria, impallidendo. “Non credo che sia una buona idea, Aki-chan. Se ci succedesse qualcosa, mamma e papà non ci troverebbero!” Piagnucolò. “Allora tornatene pure indietro, a me non importa cosa farai.” Kaeru osservò gli occhi della bambina diventare improvvisamente lucidi e colmi di lacrime. Che gentiluomo, pensò. Far piangere una bambina così piccola! E fece finta di dare un piccolo pugno sulla testa del bambino totalmente all'oscuro della sua presenza. Per quanto detestasse ammetterlo, Aki aveva ragione. Voler conoscere un evento che la sua coscienza aveva fatto di tutto per rimuovere forse non era stato un colpo di genio; forse doveva rinunciare, attendendo che qualcosa accadesse e che la riportasse indietro. Mano a mano che si addentravano nella foresta, il volto sconvolto della se stessa di allora le creava un forte senso di disagio ed apprensione, come se all'improvviso venisse a mancare l'incastro corretto. Qualcosa stonava, qualcosa non stava andando nel verso giusto. La Foresta così stranamente silenziosa, i raggi del primo sole che filtravano a stento i rami degli alberi, tutto, tutto di quella situazione stava prendendo una piega avversa. Sentiva il proprio respiro costipato nella gola, il battito del suo cuore leggermente accelerato, affiancato da un secondo battito – più debole ed insicuro – che si accorse essere quello della bambina che le camminava davanti. Si stupì di quella scoperta, ma preferì non porsi altre domande. Kaeru continuò a seguire i due bambini, fino a quando la piccola se stessa inciampò, cadendo rovinosamente sopra una grande radice. Consternata dal non poter accorrere in suo aiuto, Kaeru osservò la bambina sollevarsi a stento, quando una presa forte e gentile la trascinò completamente in piedi. Sorpresa, la ragazza osservò la figura esile di Aki guardare la se stessa con disapprovazione. “Fa attenzione, stupida. Se cadi e ti spezzi le ossa sarò costretto ad abbandonarti qui.” Disse brusco, afferrandole svogliatamente un mano. Kaeru, sorpresa per quell'improvviso gesto di accondiscendenza, osservò il piccolo corpo della bambina mentre veniva scosso da piccoli singhiozzi, alternati ai borbottii che Aki che le rivolgeva contro. Era incredibile, ma aveva appena assistito ad un gesto di galanteria nei suoi confronti da parte di un bambino tanto magro quanto scorbutico. Iniziò a pensare al ricatto che avrebbe potuto utilizzare contro Aki in seguito a quella vicenda, quando una luce improvvisa l'inondò completamente. Una piccola radura si stagliava di fronte a loro, interrotta di tanto in tanto da qualche cespuglio di bacche poco assortito. Il cielo sembrava essere un enorme passaggio di nuvole che andavano e venivano, coprendo gli steli d'erba e la corolla dei fiori di sfumature grigie più o meno vivide. La bocca di Kaeru si schiuse in una O perfetta, mentre veniva rapita dal fascino di quel luogo. “Che meraviglia!” La voce della bambina squittì, esattamente la stessa espressione che avrebbe utilizzato lei. “Non credevo che la foresta potesse celare posti del genere.” Disse Aki, ammirando compiaciuto il panorama di fronte a lui. Con uno scatto improvviso, la piccola Kaeru prese a correre verso il centro della radura. “Ka-chan, aspetta!” Esclamò Aki, fallendo nel tentativo di fermarla. Kaeru, ricatapultata alla realtà, vide Aki correre dietro alla bambina, con una mano protesa in avanti. Solo in quel momento, si accorse che la luce del luogo era scomparsa e che un vento strano si era sollevato da terra. Gridò, ma fu inutile. Quei due bambini non erano in grado di sentirla, come nessun'altro del resto. Intravide la mano di Aki afferrare il colletto del piccolo yukata, trascinando contro di sé la bambina e cadendo assieme a lei sul manto erboso. Corse anch'ella nella loro direzione, ma qualcosa sembrò bloccarla di colpo. “Ma che succede?” Sbottò Kaeru, ansimando pesantemente. C'era qualcosa di fronte a lei che le stava impendendo di avanzare. “Aki-chan, che succede?” Piagnucolò la piccola Kaeru, aggrappandosi alla veste del bambino. Aki non rispose, si limitò ad osservare il cielo come se da esso giungesse da un momento all'altro una terribile minaccia. “Lo abbiamo trovato!” Esclamò, infine, sollevando gli angoli della bocca in un ghigno soddisfatto. La bambina non sembrò rassicurata da quelle parole e di lì a poco iniziò a piangere. “Smettila, stupida! Così capiranno dove siamo!” La rimproverò Aki, dandole un leggero schiaffo sulla guancia – gesto che non contribuì a calmarla. “Quando hai a che fare con dei demoni,” Disse una voce metallica nell'aria. “Il silenzio serve a poco. Basta l'odore digustoso della vostra carne umana a renderci consapevoli della vostra presenza.” Dalla sua postazione, Kaeru sollevò lo sguardo inorridita. “Yamata no Orochi?!” Lo stesso destriero nero dagli occhi color rosso sangue che aveva visto giorni addietro stava volteggiando sopra Aki e la se stessa bambina, mentre il demone che lo domava – Yamata no Orochi – guardava con disprezzo i due umani che aveva trovato. Quando lo sguardo del demone si rivolse verso la bambina, Kaeru non riuscì a trattenere un brivido. Tentò nuovamente di avanzare, ma stavolta il suo tentativo fu respinto da una scarica elettrica che la ricacciò indietro, contro l'erba della radura.
Gli occhi di Yamato no Orochi parvero sorridere.
”Che cosa interessante che ho trovato.”
Disse, passandosi la lingua sulle labbra diafane e fissando la piccola Kaeru.
”Tu cosa sei?”
Sibilò, comandando al destriero di scendere verso il basso. Intuendo
l'intenzione del demone, Aki si parò di fronte alla bambina. ”Cosa vuoi da lei,
demone?”
Sorpreso, Yamata no Orochi si lasciò andare ad una risata fredda e tutt'altro
che gioviale. Sollevando un braccio, liberò una sferzata di vento che trascinò
Aki a qualche metro di distanza dalla piccola Kaeru.
”Tu non mi interessi, umano.”
Disse, disarcionando il proprio destriero e fluttuando sopra la piccola Kaeru,
che, terrorizzata, prese a trascinarsi lontano dal demone.
”Non così in fretta.”
Sibilò, muovendo nuovamente il braccio. Il vento si placò all'improvviso e dalla
manica del demone presero a fuoriuscire uno sciame di spettri dalla forma
vagamente simile a quella di serpenti. Uno spettro scivolò all'altezza del fragile collo della bambina, trascinandola indietro al cospetto del demone, mentre con tutte le sue forze la piccola Kaeru tentava di liberarsi dalla presa. Tuttavia, non vi riuscì e cadde malamente ai piedi del demone.
”Tu... tu sei la figlia di Inuyasha.”
Non c'era sorpresa nella sua voce, solo una curiosità malcelata. “Stai lontano da lei!” Esclamò Aki, tornando in piedi e scattando nella direzione del demone. Senza degnarlo di uno sguardo, Yamata no Orochi sollevò nuovamente un braccio, scagliando gli spettri contro il bambino. Kaeru, bloccata all'inizio della radura, stava osservando la scena impotente. Non riusciva a comprendere ciò che il demone stava dicendo alla piccola se stessa, ma non le parvero delle parole cordiali. Quando la vide cadere a terra provò l'impulso di muoversi in avanti, ma si trattenne per non essere nuovamente scagliata lontano. Non capiva la situazione, ma aveva intuito che quell'incontro era stato tutt'altro che una coincidenza. Yamata no Orochi era al corrente dei due bambini che lo stavano seguendo e l'unico suo intento era stato quello di attirarli in inganno. L'improvviso interesse che il demone sembrava avere nei suoi confronti le fece tornare a mente lo Shikon e tutto, improvvisamente, le sembrò più chiaro.
”Tu sei la figlia di Inuyasha e di quella Miko
immortale che era in grado di vedere lo Shikon.”
Disse, avanzando verso Kaeru che, paralizzata, rimase ferma ad osservare il
demone con occhi colmi di lacrime. “Voglio tornare a casa!” Piagnucolò Kaeru, iniziando a singhiozzare convulsivamente.
”Mi dispiace, piccola,”
Rise il demone. ”Ma non accadrà così
presto, non per ora, almeno.” “Ti ho detto di lasciarla stare!” Urlò Aki, alzandosi a fatica e raggiungendo i due a pochi metri di distanza. “Lei non centra niente! Prenditela con me se vuoi!”
Yamato no Orochi chiuse gli occhi, sollevando gli angoli della bocca.
”Tu non mi interessi. Come potrebbe essermi
utile un umano debole come te?” Aki deglutì, spostando lo sguardo sull'amica che giaceva a terra con un'espressione di attesa e speranza negli occhi. Infine, tornò a guardare il demone ed accennò ad un sorriso. “Potrei aiutarti io a trovare questo Shikon!” Tali parole catturarono all'istante l'interesse del demone. Notando ciò, Aki trattenne il fiato.
”Cosa sai dello Shikon, ragazzino?”
Domandò il demone, scettico. “Non molto a dire la verità.” Disse, asciugandosi il sudore dalla fronte. “In passato i miei genitori – due Cacciatori di Spettri – hanno detto di aver combattuto contro lo Shikon e di averlo sconfitto!”
Il demone rise. ”Sconfitto lo Shikon?
Impossibile!” “Invece ti sbagli, hanno combattuto assieme al Venerabile Inuyasha e alla Venerabile Kagome!” Nell'udire quei nomi, Yamata no Orochi rimase in silenzio. Certo di aver destato il suo interesse, Aki continuò. “Po-potrei scoprire di più da mia madre! Inoltre, il Venerabile Inuyasha non mi negherebbe mai alcuno aiuto.” ”E sia.”
Sibilò il demone, tornando sul proprio destriero.
”Da oggi mi servirai e raccoglierai
informazioni sul conto dello Shikon per me.” Aki sorrise soddisfatto. Era riuscito ad ingannare il demone; non appena tornato al villaggio avrebbe svelato tutto ad i suoi genitori ed assieme avrebbero trovato una soluzione. Ciò che contava, in quel mentre, era tornare sano e salvo assieme a Kaeru. Aki si sollevò in piedi, ma la voce metallica del demone lo bloccò. ”Dove credi di andare?” Il sangue si gelo nelle vene del bambino. ”Gli umani sono esseri dai cui diffidare totalmente. Non c'è accordo senza un patto da suggellare.” Rise, sollevando nuovamente la propria mano. Uno spettro serpente si materializzò nell'aria, spalancando le sue fauci e scattando verso Kaeru, che gridò terrorizzata. Aki urlò, lanciandosi anch'egli verso di lei e riuscendo a scagliarla lontano. Un dolore lancinante penetrò nella sua carne, all'altezza del braccio destro, espandendosi poco a poco fino alla mano e al petto. Sentì il respiro venirgli meno, un senso di soffocamento invaderlo, mentre lento scivolò a terra. Sentì un freddo torpore prenderlo lentamente, mentre la vista iniziò a diventare opaca ed inutile. A poca distanza da lui vide il corpo di Kaeru riverso a terra, completamente svenuto. Si domandò se fosse riuscito a salvarla, mentre la risata di Yamata no Orochi divenne sempre più indistinta.
”Ci rivedremo presto, moccioso. Sempre ammesso che tu sopravviva al veleno.” Tutto ciò che sentì, successivamente, fu un pianto in lontananza. Si mosse per osservare Kaeru, ma il suo corpo immobile la faceva sembrare come morta. “Alzati, moccioso!” Dopo la scomparsa di Yamata no Orochi, la barriera invisibile che divideva Kaeru dai due bambini era scomparsa ed in quel mentre la ragazza stava accasciata di fianco al corpo di Aki. Non poteva toccarlo né sollevarlo. Le lacrime avevano preso a caderle dal volto senza che se ne accorgesse, fino a quando la vista era diventata talmente appannata da impedirle di vedere chiamamente. Adesso ho capito, ho davvero capito! Sentì le forze venirle improvvisamente meno, ma si costrinse a lanciare un'ultima occhiata alla se stessa riversa a terra. Infine, senza volerlo, si lasciò scivolare a terra e tutto attorno a lei parve diventare sbiadito e confuso. ** Quando riprese conoscienza sentì un leggero calore di fianco a lei; aprì gli occhi e si ritrovò a fissare uno sguardo grigio senza luce. “Ehi, tutto bene?” Kaeru immaginò Aki in quel momento, mentre goffamente tentava di sorreggerla senza toccare più del dovuto. “Tu,” Sospirò, mentre si sentì improvvisamente di nuovo debole. “Quel giorno, tu mi hai salvata...” Non udì tuttavia risposta poiché sprofondò nuovamente in un sonno senza sogni. |
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Ko-gi-ki ***
Capitolo VIIX
Ko-gi-ki
Quando tornò padrona dei suoi pensieri tutto ciò che Kaeru riuscì
a vedere fu lo sguardo preoccupato di sua madre, Kagome. Impiegò diversi secondi
prima di realizzare dove fosse e ricomporre l'esperienza che aveva vissuto nei ricordi
di Aki.
Aki.
Sedendo all'improvviso sul suo futon, un capogiro l'avviluppò costringendola
a tornare distesa. “Kaeru!” Kagome, sorpresa dal movimento brusco della figlia,
si avvicinò al suo letto e posò una mano sulla fronte della ragazza. Sentendo la
pelle fresca della donna a contatto con la sua fronte calda, Kaeru si rilassò.
“Mamma.” Farfugliò la giovane, “Dov'è Aki?”
Sorpresa da quelle parole, Kagome si guardò attorno. “Non saprei,
tesoro.” E con un gesto delicato passò un panno umido sul volto della figlia. “Ti
ha portato a casa senza proferir parola. Ero talmente preoccupata per te che non
gli ho prestato attenzione.”
“So cosa accadde anni fa... adesso, lo so.” Farfugliò Kaeru, sentendosi
improvvisamente debole. Kagome sorrise, tamponando con gentilezza la fronte della
ragazza. “Non devi preoccuparti. Ci racconterai tutto a tempo debito. Adesso, cerca
di riposare.”
“No,” Gracchiò Kaeru. “Per favore, chiama anche Sango-chan e Miroku-kun.”
La madre le rivolse uno sguardo di disapprovazione. “Sei ancora debole,
ma soprattutto non conosciamo gli effetti collaterali del Caprifoglio. Devi riposare.”
“Mamma,” Sospirò la giovane. “Sango-chan deve sapere. Per
troppo tempo siamo stati vittime dell'incomprensione.
Kagome le sorrise. “Ne sono certa, tesoro.”
“Non mi stai prendendo sul serio.” Sbottò Kaeru, sentendo l'ennesimo
capogiro coglierla all'improvviso. “No, tesoro. Penso che tu abbia davvero cose
molto importanti da rivelarci, ma non sono altrettando sicura che il tuo corpo riuscirà
a resistere troppo a lungo.” Sentenziò Kagome, rassettando le coperte della figlia.
Kaeru serrò la mandibola, cercando di mantenere un punto fisso contro
il soffitto senza tuttavia riuscirvi. “Ho capito,” Sospirò. “Ma quando mi sveglierò
voglio che tutti siano presenti.”
“Sarà fatto.” Disse Kagome, scostandole una ciocca di capelli dal
volto addormentato.
**
“Se devo essere sincera, ho timore di quello che avrà da dirci.”
La voce di Sango le giunse come uno scampanellio lontano, seguito dalla voce roca
del suo consorte che la stava intimando a rimanere tranquilla. Kaeru riconobbe la
madre a poca distanza da lei e suo padre, intento a parlare con quella che sembrava
essere Kaede-sama.
Kaeru cercò mentalmente le forze, sparse ovunque nel suo corpo. Con
grande sollievo non percepì alcun senso di vertigine o nausea, semplicemente un
enorme senso di spossatezza. Non aveva prestato attenzione agli effetti tossici
del Caprifoglio, perciò si ritenne molto fortunata nel provare unicamente debolezza.
Senza proferire parola, Kaeru aprì gli occhi e notò con un certo
sollievo che il soffitto era tornato ad essere completamente immobile. Senza richiamare
l'attenzione di nessuno, si portò a sedere, trattenendo con un braccio al petto
le coperte del suo futon. Nello scorgere quel movimento, tutti i presenti si voltarono
nella sua direzione. Vide il volto di sua madre rilassarsi, l'espressione di suo
padre farsi imprenetrabile e le bocche dei restanti allargarsi in ampi sorrisi.
“Oh, Kaeru-chan!” Esclamò la Cacciatrice di Spettri. “Come ti senti?”
La giovane cercò la propria voce nei recessi della sua gola. “Bene,
credo.”
“Kaede-sama ti ha portato un infuso di erbe.” Disse Kagome, inginocchiandosi
al letto della figlia. “Contrasterà gli effetti del Caprifoglio.”
“Grazie Kaede-sama.” Ringraziò Kaeru, portandosi alle labbra la ciotola
di legno che sua madre le aveva offerto. Non lo avrebbe definito come uno dei suoi
gusti preferiti, ma se non altro avrebbe scacciato la stanchezza dal suo corpo.
“Aki non c'è?” Domandò, abbassando la ciotola di fronte a sé. I presenti
si guardarono a lungo tra loro ed infine Miroku rispose. “No, a dir la verità non
sappiamo dove sia.”
Kaeru provò una stretta al cuore. “Anni fa fu colpa mia.”
“Non dire sciocchezze!” Esclamò Sango. “Non hai niente di cui-” Kaeru
fermò la Cacciatrice sollevando una mano.
“Dico sul serio,” Sospirò. “Anni fa io ed Aki ci avventurammo nella
Foresta Proibita a caccia di spettri.” Lo sguardo di Sango divenne sorpreso. “L'ho
visto. Ho visto tutto chiaramente.”
Kagome le posò una mano sulla spalla, ma Kaeru non la sentì. “Io
volevo tornare a casa, non facevo altro che piangere, ma Aki era così sicuro di
sé che mi esortò a seguirlo. Capitammo in una radura, non saprei nemmeno dove nella
Foresta, e fu allora che Yamata no Orochi ci trovò.”
“Quel demone?” Esclamò Kagome, sorpresa. Nel sentire quel nome, Inuyasha
si staccò dalla parete e si avvicinò al letto della figlia.
Kaeru asserì. “Ho tentato di avvicinarmi a quei bambini, ma sono
stata respinta.”
“Respinta?” Domandò Sango.
“Molto probabilmente,” Disse Kaede da un angolo della capanna. “Ciò
è successo perché non si possono modificare gli eventi del passato.”
“Ma ero totalmente invisibile, Kaede-sama!” Esclamò la ragazza. “Non
riuscivo a toccare niente che non fossi io stessa!”
La vecchia sacerdotessa scosse il capo. “Non ha importanza, Kaeru.
È sufficiente lo Spirito per interferire con il corso degli eventi. Non possono
esistere due Spiriti identici nello stesso luogo. Ciò va contro le leggi naturali
degli Dei.”
“Cosa voleva da voi Yamata no Orochi?” Domandò Kagome, senza nascondere
una punta di preoccupazione nella sua voce.
Kaeru strinse i lembi della coperta, quasi a volerli strappare. “Non
lo so. Ho solo potuto assistere a ciò che stava accadendo. Ho visto Aki spingermi
lontano, mentre uno Spirito Serpente di Yamata no Orochi si scagliava contro di
lui. Ho visto la ferita al suo braccio. Non so cosa sia successo, ma sono certa
di quello che ho visto! Ha cercato di proteggermi e si è ferito per colpa mia.”
Un singhiozzo scappò dal controllo della giovane.
“Kaeru...” Sospirò Kagome.
“Quel demone voleva lo Shikon.”
Una voce maschile proveniente dalla porta d'ingresso della capanna
costrinse tutti i presenti a voltarsi in quella direzione. Appoggiato allo stipite,
Aki stava osservando i presenti con le braccia congiunte al petto. Il suo volto
non portava con sé alcuna espressione, solo uno scintillio nel grigio dei suoi occhi
gli conferiva un aspetto vitale. Kaeru sentì il respiro morirle in gola, mentre
inevitabilmente il suo sguardo si posò sull'armatura. Sango rimase completamente
immobile, squadrando il figlio come nel ricercare il minimo segno di una menzogna.
“Spiegati meglio.” La voce profonda di Inuyasha scosse tutti dalla
sorpresa di quella visita inaspettata.
“Yamata no Orochi sapeva di chi era figlia Kaeru. Sapeva che Kagome-sama
era sua madre, come sapeva che un tempo era in grado di vedere il gioiello.”
Kagome serrò i pugni non vista.
“Non so cosa volesse realmente fare alla ragazza, ma il demone mostrò
un'attenzione troppo pericolosa per lei. Così, mi offrii di aiutarlo nella ricerca
dello Shikon.”
“Bugiardo!” Esclamò Sango, trattenuta a stento da Miroku.
Aki sorrise, sprezzante. “E' la verità. Il mio piano di allora era
quello di convincere Yamata no Orochi a lasciarci andare. In seguito avrei riferito
a voi tutto ciò che ci era successo.”
Inuyasha incrociò le braccia, mentre Tessaiga scintillò sinistra.
“Ma con un demone non esiste accordo senza un patto. Cosa ti ha chiesto in cambio?”
Aki rimase in silenzio per qualche secondo. “Mi ha reso un suo servitore.”
Disse, toccandosi l'armatura con il braccio opposto.
“Ma io ho visto con chiarezza che quel serpente era rivolto contro
di me!” Esclamò Kaeru, mentre iniziò a sentire le lacrime pungerle gli occhi.
Aki si lasciò andare ad un calcio contro lo stipite della porta.
“Cosa vuoi che facessi, stupida? Quel demone sapeva fin dall'inizio che gli avrei
impedito di farti male!” Sbraitò, a disagio con le sue stesse parole. “Io ti avevo
trascinato nella Foresta! Se ti fosse accaduto qualcosa avrei potuto dire addio
alla mia stessa vita.” Disse, fissando Inuyasha con astio.
“Allora,” Soffiò la Cacciatrice. “Perché non ce l'hai detto? Perché
non ci hai parlato comunque di quel demone?”
Il volto di Aki si contrasse in una smorfia di dolore. “Avevo paura!
Ero un bambino! Non sono riuscito a resistere al richiamo di quel demone. Il suo
veleno era troppo potente!”
Inuyasha si mosse nella stanza, prendendo posto vicino al camino
acceso. “Quando si stringe un patto con un demone,” Prese a dire, assorto. “Sia
che si faccia volontariamente o per costrizione, nessuno può sottrarsi al suo richiamo.
Diventa una maledizione senza fine. Si è costretti a sottostare ad ogni suo volere.
Il veleno che penetra nella carne è immutabile.”
“Aspetta,” Disse Miroku ad un tratto. “Quel demone ha parlato di
infedeltà. Tu lo hai tradito?”
Aki si passò nervosamente una mano tra i capelli. “Eh, diciamo che
sono un subordinato poco domabile, ma non so quanto lo sarò per molto.”
“Fino a quando non finirà il veleno.” Disse Inuyasha. Il volto della
vecchia Kaede si oscurò. “E questo accadrà quando Yamata no Orochi deciderà di ucciderti.”
Aki tentò di nascondere la propria sorpresa a quella parole. Sango
si lasciò andare ad un gemito. “Io non so più cosa fare con te. Non so davvero cosa
fare.”
Il ragazzo scrollò le spalle. “Non devi fare niente, madre. Non ho
nessuna intenzione di rimanere al villaggio; sono solo di passaggio.”
“Come hai fatto a ribellarti a Yamata no Orochi?” Insistè Miroku.
“Se quello che ha detto Inuyasha corrisponde al vero, tu...”
“Non possiamo fidarci di lui, Miroku.” Gli sguardi si rivolsero ad
Inuyasha. “Chi può dire che non si tratti di una trappola? Di una messiscena per
avvicinarsi nuovamente al villaggio ed ottenere informazioni da noi?”
La mascella del monaco si contrasse, mentre un sorriso affiorò sulle
labbra di Aki. “Presumo che nessuno possa effettivamente garantire per me, ma non
ha importanza, non intendo rimanere a lungo in questo villaggio.”
“Aspetta!” La voce di Kaeru fece concentrare l'attenzione dei presenti
su di lei. Conscia del richiamo che le era quasi sfuggito dalle labbra, la ragazza
arrossì violentemente. “A-aspettate. State dimenticando che quella volta Aki mi
ha salvato. So-solo per questo, bisognerebbe e-essere un minimo riconoscenti.
La risata di Aki stupì Kaeru. “Non darti troppe arie, mocciosa! Come
ti ho già detto l'ho fatto solo per non rimanere ucciso a mia volta! Anzi, tutto
questo,” Disse, indicando la propria armatura. “È successo solo ed esclusivamente
per colpa tua, pezzente.”
Il rumore di una lama stridette nel silenzio della capanna, mentre
Tessaiga stava sospesa a pochi centimetri dalla gola del ragazzo. “Non sono ancora
riuscito a capire i tuoi piani,” Disse Inuyasha, svelando i canini. “Ma la furbizia
è ben lontana da ciò che sei. Di questo passo avrai vita breve.”
“Forse la verità fa troppo male, chissà.” Sibilò Aki, immobile.
“Inuyasha, abbassa Tessaiga.” Kagome fece un passo avanti, vicino
al mezzo demone. “Per favore.” Aggiunse, notando che Inuyasha non sembrava averne
la minima intenzione. Infine, la spada tornò innocua nel suo fodero, seguita da
un'imprecazione del mezzo demone.
Rivolgendo il suo sguardo ad Aki, la sacerdotessa parlò. “Non so
quali siano i tuoi veri intenti, Aki-chan. So che in passato hai salvato la vita
di nostra figlia e per questo ti ringraziamo. Sei stato accusato ingiustamente,
quando non avevamo alcun diritto di giudicarti. Grazie.”
Spiazzato da quelle parole, il ragazzo arrossì.
“Anche noi ti dobbiamo delle scuse, figliolo.” La voce di Miroku
suonò come un sussuro. “Avremmo dovuto cercare di comprendere meglio i tuoi sentimenti
e scavare alla ricerca della verità.” Sango rimase in silenzio, fissando il pavimento
della capanna con ostinato interesse. Notando quella reazione, Miroku sorrise. “E
non devi dar troppo contro a tua madre. Anche se non intende darlo a vedere, ha
sofferto più di me della tua lontananza. Sei sempre stato costantemente nei suoi
pensieri, tanto che mi chiamava più volte con il tuo nome.” A quelle parole, Sango
diede un debole colpo al braccio del monaco, abbandonando – visibilmente in imbarazzo
– l'interno della capanna.
Le spalle di Aki si abbassarono in modo impercettibile.
“Tutto è bene quel che finisce bene!” Esclamò Kagome entusiasta,
guadandosi un'occhiata di sdegno da Inuyasha. “Niente sta andando ben-” ma la donna
interruppe il mezzo demone con un gesto deciso della mano.
“Ascoltate,” Disse, osservando i presenti con attenzione. “Non c'è
motivo di dubitare di Aki.” A quelle parole tutti si sorpresero, mentre l'espressione
della vecchia Kaede rimase intatta.
“Che vai farneticando?” Sbottò Inuyasha.
Contrariata, Kagome si allontanò, scomparendo nella propria stanza.
Al suo ritorno, un libro apparentemente molto pesante, fece capolino tra le pieghe
del suo haori.
“Cos'è quello, mamma?” Domandò Kaeru, osservando con interesse la
vecchia copertina di pelle che proteggeva le pagine ingiallite del libro. Non aveva
mai visto quel volume nella stanza di sua madre, nemmeno quando da piccola soleva
sbirciare tra le cose della stessa.
“Cosa dovrebbe mai rivelare un libro di così importante?” Domandò
Inuyasha, senza nascondere il proprio scetticismo. Senza degnarlo di uno sguardo,
Kagome si inginocchiò a terra, posando il libro di fronte a sé.
“Si tratta del Ko-gi-ki [1].” Kaede, rimasta fino ad all'ora
in silenzio, si portò a fatica verso Kagome. “Anche conosciuto come Il Libro
delle Cose Antiche.”
“Il Ko-gi-ki...” Fece eco Miroku. “Si tratta di un libro molto antico.
Io stesso ne dubitavo la reale esistenza!”
“Si tramanda da diverse generazioni tra le miko del nostro villaggio.”
“Continuo a non capire cosa abbia a che fare quel libro con tutti
noi.” Tornò a dire Inuyasha, infastidito. Il suo astio per i libri era cosa nota
a Kagome. La donna sollevò lo sguardo al cielo ed infine si concesse di sorridere.
“Qui dentro sono costudite le parole degli Dei.”
**
Note a fondo pagina:
[1]
Ko-gi-ki;
si tratta di un libro molto antico che raccoglie antichissimi miti e leggende giapponesi
e che fu completato nel 712 d. C. Il testo in questione rappresenta anche la prima
monumentale opera in lingua giapponese e costituisce la prima testimonianza letteraria
originale del popolo nipponico. (I Miti
dell'Oriente, Gherardo Casini Editore)
Non conosco il reale contenuto
di questo libro, ma mi sono permessa di utilizzare il suo nome ai fini della trama.
Dunque, niente di quello che dirò in seguito sarà realmente legato ad esso.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=46063
|