...E poi magari piove... di Kyryu (/viewuser.php?uid=57059)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** PRIMO CAPITOLO ***
Capitolo 3: *** SECONDO CAPITOLO ***
Capitolo 4: *** TERZO CAPITOLO ***
Capitolo 5: *** QUARTO CAPITOLO ***
Capitolo 6: *** QUINTO CAPITOLO ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO EXTRA! ***
Capitolo 8: *** SESTO CAPITOLO ***
Capitolo 9: *** SETTIMO CAPITOLO ***
Capitolo 10: *** OTTAVO CAPITOLO ***
Capitolo 11: *** NONO CAPITOLO ***
Capitolo 12: *** DECIMO CAPITOLO ***
Capitolo 13: *** EPILOGO ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
...E poi magari piove...
Prologo
Non ti mando questo messaggio per chiederti dove ti trovi… so perfettamente che non me lo diresti mai e non pretendo che tu lo faccia.
Sappi questo: dovunque tu sia… ti troverò.
Non è una minaccia, nota bene: semplicemente è una promessa; ti amo troppo per lasciarti andare via, nonostante le tue promesse di ritorno.
Tieni in mente: If I could then I would, I’ll go wherever you will go!
Fu questo l’SMS che le inviai dopo quei mesi di buio; avevo sicuramente perso la testa solo per il fatto di non averla seguita fin dall’inizio.
Non era importante ciò che misi nella valigia, nonostante mi stupissi di dover mettervi almeno sei maglioni: non mi ero accorto che fossimo già a Dicembre, anche se naturalmente non era ancora tempo di Natale. Mi aveva scombussolato totalmente l’esistenza…
Prima di mettermi in viaggio alla sua ricerca, avevo deciso di ottenere qualche informazione dagli zii, tramite mio padre, oltre alla lettera che mi aveva lasciato; lo schiaffo di mio padre era proprio servito di lezione… Quei ricordi avevano fatto da colonna sonora durante quel viaggio. Cominciavo a sentirmi più vicino alla meta, nonostante non fossi neanche lontanamente vicino.
Comunque, avevo chiesto a mio padre di indagare presso lo zio dove si fosse cacciata o nascosta.
Avevo scoperto che si trovava nel nord-Italia: lì, gli zii, avevano due case: una a Venezia e una a Moena, un paesino ai piedi delle Dolomiti. Naturalmente, esclusi immediatamente quella di Venezia, data la sua poca affinità con quella città così strana: odiava non poter girare in macchina ed essere obbligata a prendere mille taxi-gondole per arrivare in un punto.
Così, il mio pensiero corse subito alla casa di Moena. In quel momento ci pensai e… quella era la sua casa preferita dopo quella di Madrid!
Mi stavo preparando la borsa da viaggio, quando, sulla mia scrivania vidi in bella mostra quella foto, scattata il pomeriggio del nostro compleanno mentre era di spalla, con il viso di profilo e che aveva inquadrato il completo disegno sui suoi capelli: la sua splendida treccia decorata con petali blu e al lato era sistemata quella bellissima rosa blu, che rendeva giustizia a quella bellissima visione, che era Gio.
La presi in mano e l’accarezzai, sussurrando debolmente:
-Ti amo … e ti troverò!-
Fosse l’ultima cosa che faccio, pensai, mentre uscivo dalla mia camera a passo di marcia, deciso nella mia missione.
L’angolo dell’autrice…
Bentornati tra le avventure di Ema e Gio…!!! Come promesso, sono tornata dopo due settimane..!! Ho cercato di fare il prima possibile!
Naturalmente, chiunque avesse intenzione di capirci qualcosa di questa storia, deve leggere prima “Odiami.. Perché TI AMO!!”!!! :D
Naturalmente ringrazio in anticipo chiunque leggerà la storia… mi date una carica immensa che neanche riesco a spiegare!!
Bene.. Aspetto i commenti!! E voglio sentire se vi piace il prologo!!
Questa è la copertina che mi è piaciuta di più per questa storia.. ---> http://khq6aw.bay.livefilestore.com/y1pnSUouJ1Sh1BWdNyINI6S2iI2H-YxQfc0oYv1-2yt5fvwBNkjT6oVpp4S4bcxPuOs_cIeoZmpp1bEOdt3tD0Ppb-BHpQ7A_JV
BESUCCIOSSS***
Vostra.. Kyryu!! :D |
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Capitolo 2 *** PRIMO CAPITOLO ***
PRIMO CAPITOLO
In solo mezza giornata avevo attraversato il Lazio ed ero vicino ad arrivare a Firenze… avevamo una casa lì, avrei riposato un’ora, massimo due e sarei ripartito senza più fermarmi. Ero partito verso le sei del pomeriggio, quindi sarei arrivato a Firenze verso le undici e mezzo di notte.
Correvo… non importava quale fosse la velocità che stessi calcando; non era importante il fatto che ad ogni radar o qualsiasi rivelatore di velocità io non rallentassi.
L’importante era correre.
Sentivo scorrere la strada come l’adrenalina nelle mie vene; perché, ogni chilometro che percorrevo, si avvicinava sempre di più a lei.
La mia unica compagna di viaggio era la radio che mi teneva sveglio, nonostante qualche coglione al microfono fosse soltanto capace di dire coglionate!!
Mi ero portato qualcosa da casa, qualche Cd ed il mio inseparabile mp4 Samsung YP-Q1, ma ascoltando la radio mi veniva in mente che c’era sempre qualche motivo in più per restare svegli.
Come al solito, ero sintonizzato su radio Dee-Jay, radio preferita per eccellenza; erano le due di notte, mentre ero quasi arrivato a Firenze, quando il dee-jay, aprì bocca:
“Un saluto carissimo a tutti gli ascoltatori pazzi che sono in macchina, attraversando l’Italia alla ricerca di qualcosa da fare- o anche solo per fare delle consegne di lavoro!- sappiate che vi stimo: questo significa che siete dei coraggiosi per mettervi in macchina a quest’ora della notte!”
Certo, e tu sei un fifone se ci stimi: è facile parlare al microfono giusto per dire un paio di coglionate cercando di farci passare il tempo. Stai lì a rammollirti pensando di dire qualcosa di sensato, dimostrando che non hai capito un c***o della vita! Pensai, infervorato. Perdonate le mie parole, lettori, ma in quel momento non sono tuttora sicuro che fossi calmo.. Fino a quando non l’avessi riavuta tra le mie braccia, non sarei potuto stare calmo.
Adoravo quella stazione radio perché in un modo o nell’altro mi aveva aiutato con Gio… la canzone del rientro dalla serata al mio locale… la sera che siamo andati al THE RAVEN eravamo sintonizzati su questa stazione… In quel momento ero su quella stazione.
In pratica mi stavo comportando come un coglione, perdutamente rin… sdolcinatamente innamorato.
Però non sopportavo quel cretino! Ero quasi a Firenze quando quell’idiota dello speaker aprì quella sua dannata boccaccia, dicendo:”Molto bene… adesso abbiamo una dedica… grazie Gio per aver mandato un messaggio con la tua dedica, l’apprezziamo tanto…”
Per un attimo, al suono del suo nome, mi si fermò il cuore, lasciandomi con una strano senso di consapevolezza: poteva essere la mia Gio e di questo ne ero quasi convinto.
“… il suo messaggio dice: dedico questa canzone all’amore della mia vita che, nonostante il caos che gli sto facendo passare, continua a sopportarmi… TI AMO ROSA!!..”
Per poco non lasciai del tutto il volante!
Quella Gio era un uomo, non il mio tesoro! E soprattutto aveva qualche problema in grammatica italiana!!
Mi diedi una manata in faccia, cercando per un attimo di scacciare dalla mia mente, la brutta figura di merda che avevo fatto; il mio umore toccò terra quando nella mia macchina riecheggiarono le note di Ti sento vivere degli 883…
..Vorrei dirti, vorrei
Ti sento vivere:
in tutto quello che faccio e non faccio ci sei
mi sembra che tu sia qui, sempre!
Vorrei dirti, vorrei
Ti sento vivere:
dovunque guardo ci sei tu, ogni discorso sempre tu
ogni momento io,
Ti sento sempre più..
Purtroppo quella canzone sembrava appropriatissima alla mia situazione.. alla nostra situazione.
La lontananza, da un certo punto di vista era niente se paragonata al fatto che la sentivo scorrere dentro di me, come se il sangue che scorresse nelle mie vene non fosse il mio, ma il suo; inseparabilmente uniti.
Checché ne dicesse lo zio, il nostro rapporto di parentela non l’avevamo considerato un ostacolo, perché il nostro sangue non aveva alcun legame se non quello che avevamo deciso di attribuirgli noi stessi.
Le luci di Firenze erano ormai prossime e in quel momento, sentii il mio cellulare squillare; avevo l’auricolare collegato così non persi neanche tempo a vedere chi fosse.
Premetti il tasto e risposi:
-Pronto?-
-Fermati a Firenze e domani mattina prendi l’aereo… Dario ha chiamato l’aeroporto e ha organizzato per un volo alle sei e mezzo, immaginando che volessi arrivare in Trentino il più in fretta possibile.-
Sapevo che nonostante la sua arrabbiatura, lo zio mi avrebbe aiutato.
Pur di non perdere sua figlia, sarebbe sceso a qualsiasi compromesso.
-Ricordati che non lo sto facendo per te. Dario ha detto che devi prendere il Jet e che quello ti farà arrivare a Trento; lì troverai un domestico della mia casa a Moena ad aspettarti con la mia macchina.- mi rispose, non esattamente contento di ciò che stesse facendo.
-Zio.. Grazie. So che non sei d’accordo, ma senza di lei non posso sperare di sopravvivere!- gli dissi, pensando poi di aver osato anche fin troppo; dall’altro lato, sentii lo zio sospirare.
Dopo una breve pausa, mi disse, con solennità:
-Ema… Prenditi cura di lei. So che con te, in un certo senso, è in mani sicure- sembrava strano: lui non avrebbe mai ammesso questo suo lato così affettuoso…
-Grazie ancora,zio.. Torneremo insieme- gli dissi, convinto che, in un modo o nell’altro, mi avrebbe perdonato. Che Gio mi avrebbe ripreso con sé.
-Avrei una domanda… Perché è scappata? Non ha detto niente neanche a me, ma sono sicuro che tu ce l’abbia una risposta…- mi chiese, con quel suo solito tono da Commissario in pensione.
-Diciamo che mi ha visto quando la mia ex mi ha baciato mentre io la respingevo in ogni modo, così Gio ha pensato che l’avessi tradita ed è scappata…!- gli dissi, in modo da farla breve, omettendo qualche particolare.
-Oh.. allora sarà proprio difficile che ti perdoni: sai, in questa famiglia siamo tutti piuttosto suscettibili per quanto riguarda la gelosia!- confermò le mie più pure ansie, ridendo forte.
-Vedrai… anche Gio ha il suo lato debole e la conosco bene.. L’amo troppo per poterla lasciare andare via in questo modo.- gli risposi, convinto.
-Allora riprenditela… nipotino!- mi disse, sorridendo probabilmente dall’altra parte.
-A presto zio!!- gli risposi, chiudendo la telefonata.
Non avevo mai avuto una telefonata del genere con lui, però.. sapere che faceva il tifo per me, mi faceva sentire già abbastanza carico.
Arrivai a Firenze; avevamo una palazzina intera, ma la mettevamo a disposizione come un hotel a cinque stelle.
Alla mia famiglia, appartenevano gli ultimi tre piani, cui l’attico che i miei mi avevano regalato per i miei diciotto anni. Parcheggiai davanti all’entrata dove Danilo, il portiere che mi aveva visto dall’altra parte del vetro della portineria che dava sulla strada, mi venne incontro dicendo:
-Sign.no Reali! Bentornato! Casa vostra è pronta per essere usata.. se posso permettermi, per quanti giorni vi fermerete?-
-Rimarrò solo per una sosta: domani mattina ho appuntamento all’aeroporto; a proposito, domani mattina saresti disposto a riportare la mia macchina a casa?- gli chiesi, mentre scaricavo le mie valige e facevo parcheggiare la macchina a François, il parcheggiatore francese.
-Certamente, nessun problema… a che ore sarebbe il volo?- mi chiese, portandomi il borsone da viaggio.
-Alle sei e mezzo.. Alle cinque devo essere lì..- gli risposi, mentre prendevo le chiavi di casa mia e mi infilavo nell’ascensore, mentre Danilo mi doveva dire qualcosa.. non mi interessavano le sue chiacchiere: avevo bisogno di stare da solo e di riposarmi per bene, preparato per l’indomani.
Sapevo che avrei avuto bisogno di tutte le mie energie per affrontarla…
Tu non hai bisogno di nient’altro se non dei suoi occhi, razza di scemo che non sei altro.
In quel momento il mio cuore, aveva preso il totale controllo della situazione, mandando a quel paese quello che diceva la testa… per molto tempo aveva lasciato che quel cretino del mio cervello facesse come aveva voluto, ma in quel momento voleva prendere posizione e andare a riprendersi la sua parte mancante.
-Dannazione…- mi dissi, mentre sbattevo leggermente la testa contro il muro dell’ascensore.
Quella situazione mi ricordava qualcosa… un ricordo di qualche mese prima… ma quella volta, c’era lei davanti a me, messa dalla parte opposta dell’ascensore che mi guardava in cagnesco, incazzata, ma con una passione capace di scoppiare come una bomba.
L’ascensore continuava a salire, mentre mi perdevo nell’immaginare la sua dolce figura, appoggiata al muro metallico dell’ascensore, sorridermi…
Ad un certo punto il suono dell’ascensore che si ferma, mi fa trasalire e l’immagine di Gio svanisce nel buio del pianerottolo davanti alla porta, illuminato solo dalle luci dell’ascensore.
Sale sopra, una ragazza dai capelli neri lisci e dall’abbigliamento d’ “haute couture”… il mio interesse per quanto riguardò quella ragazza era al di sotto dello zero; sentivo il suo sguardo persistente che mi fissava come un goloso fissa una coppa di gelato del suo gusto preferito.
Il sapere che quello sguardo non proveniva dalla mia Gio, mi faceva andare in bestia e cercai di controllarmi fino a che la ragazza non scese al suo piano, dirigendomi sparato al mio attico.
Ormai mi consideravo suo in ogni più piccolo atomo scomposto del mio essere e molto spesso mi sentivo in pericolo: non in pericolo che io potessi cadere in tentazione, perché neanche volendo riuscirei a tradirla, ma in pericolo che qualcuna mi potesse assaltare.. cosa di cui ero già stato vittima in passato.
Feci girare la chiave del mio attico nell’ascensore; infatti, il mio ascensore, grazie alla chiave apposita, mi immetteva direttamente all’interno del mio appartamento.
Era un attico con un tetto-soffitto costituito unicamente da vetrate; era splendido, uno di quei luoghi dove sarei voluto vivere per sempre, ma per problemi di studio, ero stato costretto a rimanere a Roma.
La mia casa non era tanto grande e sfarzosa come la villa di Roma, ma possedeva tutti i tipi di comfort che sapevano soddisfarmi; più che una casa sembrava più un loft… le uniche stanze divise erano il bagno e le due camere da letto, una mia e un’altra per gli ospiti.
Scesi dall’ascensore e poggiai i miei effetti nel soggiorno; mi accorsi che Danilo aveva lasciato la mia valigia in camera, però notai un Post-it attaccato sopra.
Non ci badai più di tanto.
Mi tolsi le scarpe e mi diressi verso quello pseudo spazio quale era il salotto; accesi il fuoco nel caminetto e mi avvicinai al frigo bar e mi versai un bicchiere di Jack Daniel’s .. avevo proprio bisogno di mettermi per un po’ in pace con me stesso.
Mi sedetti sulla poltrona davanti al camino, mentre osservavo il fuoco che scoppiettava… Non riuscivo a capacitarmi di essere rimasto per così tanto tempo senza far niente.
Mi faceva salire una rabbia il sapere di aver sprecato così tanto tempo per, secondo la mia mente, lasciarle tempo: parola mia, se le avessi dato retta ancora una volta mi sarei auto-flagellato.
Con gli occhi passai in rassegna di tutti gli oggetti e soprammobili che avevo aggiunto nella casa: un mobile nuovo e moderno, uno stereo con dolby surround, una tartaruga di cristallo sopra la mensola a sinistra, una lettera, una collezione di monete…
Una lettera?
Mi alzai immediatamente e la presi in mano; strappai immediatamente la busta e mi lasciai cadere di nuovo nella poltrona, come se da quel momento in poi fossi entrato in uno stato di trance irrecuperabile.
Era una sua lettera.. proprio sua! Datata… 22 Luglio.. Ero in ritardo di quasi cinque mesi.
Diceva così:
Sinceramente, non so perché ti scrivo questa lettera…
So solo che ne sento il profondo bisogno. Se sei arrivato fin qui, vuol dire che come ben so, non ti sei lasciato convincere dalle mie parole dell’altra lettera.
E che ciò continua a dimostrare il tuo amore per me. Ma.. non dovresti.
Io.. chiedo solo del tempo,però.. uffa. Mi manchi.
Sono passati solo due giorni e mi manchi. Anzi forse anche di meno.
Dannazione… questa lettera dovrei bruciarla, dopo averla scritta…
So che non dovrei angustiarti e che dovrei soltanto lasciarti in pace, ma non posso non dirtelo.
In qualsiasi posto tu sia, in qualsiasi cosa tu faccia, in qualsiasi momento possa essere… Bé.. ci sarò. Ti amo.
E nonostante tutto quello che è successo, non credo questa affermazione possa cambiare.
Ti amo e ti amerò, come avrei dovuto sempre fare.
Il tuo unico amore
Il mio unico amore… era proprio la sua scrittura.
Corsi immediatamente nella mia stanza, guardando il post-it che mi aveva lasciato Danilo, leggendo con la sua scrittura disordinata:
Signorino Reali, a luglio ha fatto una sosta una ragazza nel suo appartamento, sotto permesso del Signor Reali, suo padre. Le donne delle pulizie hanno pulito, però non so se la ragazza ha spostato o toccato qualcosa. In caso, noi non siamo responsabili.
Danilo
Perfetto.
Mio padre sapeva della sua fuga e non mi aveva detto niente. Pazienza. Non si piange sul latte versato. Così mi rimisi in poltrona, cercando di riordinare la mia mente.
Lei era passata da Firenze prima di arrivare a Moena.. e aveva lasciato questo biglietto per me.
Cavolo.
Se l’avessi saputo prima, a quest’ora sarei tra le sue braccia da un pezzo; accanto al suo cuore, per riscaldarmi dal vento gelido che la sua assenza aveva provocato al mio.
Con quei pensieri, cercai di sonnecchiare un poco, pensando che il giorno dopo sarei arrivato lì, dove il mio sole splendeva lontano da me.
Che cosa comica.. non ho ricevuto la dedica via radio, in compenso ho ricevuto una sua lettera. Dovrei essere soddisfatto.. e contento che lei non mi abbia abbandonato.
Ma la cosa non era comica per niente, dato che non sapevo se lei ricambiasse ancora i miei sentimenti. E questo mi metteva in tensione.
Morale della favola? Non chiusi occhio, nemmeno quella notte.
L’angolo dell’autrice…
Oooh!!! *O* !!
Sono davvero lusingata che abbiate letto in così tanti soltanto per il prologo: davvero, mi rendete felicissima!!
Spero che anche questo primo capitolo sia stato soddisfacente e soprattutto che non abbia deluso!!
Abbiamo capito che Ema è partito alla riscossa per riprendersi Gio, ma (domanda da 1 milione di euro! XD) … dov’è Giorgia? Come mai dopo cinque mesi non si è neanche fatta sentire?
E dopo questa piccola pulce nell’orecchio, vi lascio immaginare quello che volete su questa domanda… tanto la risposta l’avrete solo nel prossimo capitolo!!! Ahahahahah!!!
Ora.. Passo alle recensioni!! :D
Lillay: grazie mille! Anche a me dispiace pensare che non potrò più scrivere su loro due, quando avrò finito questa storia.. anche perché a me i continui nella vita futura da genitori… Assolutamente, no. Mi rifiuto di farlo perché poi si rovina interamente la storia.. quindi preferisco soffrire io che far soffrire i miei personaggi! :D Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
Bribry85: Ciauuuuu!!! :D ahahahaha… Ho soltanto ripreso la storia da dove l’avevo lasciata… prendila come se “Odiami perché… TI AMO!!” non fosse ancora finita… Solo che io adoro cominciare nuove storie..!!! E quindi ho dato una piccola rinfrescata con questo taglio: dopo un po’ le storie diventano mazzose e non si ha più voglia di seguirle!! :D
Spero non ti abbia deluso questo primo capitolo! Alla prossima!
Asia95: grazie mille per aver avuto la follia di leggere in meno di tre giorni 100 pagine di deliri, quale “Odiami.. perché TI AMO!” ahahahahahaha!! XD Ogni tanto mi sorge spontanea la domanda, ma chi ve lo fa fare? E poi mi ricordo che quando qualcosa interessa, la voglia di sapere sprona a leggere… ahahaha!! Sono contenta che ti sia piaciuto il prologo e attendo con ansia il tuo commento su questo capitolo! BESOSS**
Lucyette: grazie anche a te!! Speravo che continuassi a seguirmi, nonostante io sia perennemente in ritardo!! Ma spero di non fare mai più così… Vorrei diventare leggermente più veloce nello scrivere i capitolo (scuola permettendo.. :D)!! Aspetto il tuo commento per questo capitolo!!
Bene… adesso che ho terminato di commentare le recensioni… Ravvivo le mie sincere preghiere e vi esorto a commentare: anche perché, per esempio, se ci sono cose poco chiare o ci sono cose che non vi piacciono se ne può parlare… E poi sono apertissima ai commenti negativi e alle critiche: sono quelli che ci spronano a dare il meglio!!
Mi raccomando: vi aspetto in tanti!!
BESUCCIOSSS**
Vostra.. Kyryu!! |
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Capitolo 3 *** SECONDO CAPITOLO ***
SECONDO CAPITOLO
Gio…
La neve scendeva lenta fuori dalla mia finestra. Avevo deciso di sistemarmi nella piccola dependance, per evitare di far aprire totalmente la villa solo per me, nonostante ci fossero i nostri collaboratori che curavano la manutenzione alla casa e che l’avrebbero aperta più che volentieri per una dei padroncini, come adoravano chiamare Luca e me.
La dependance era grande quasi quanto un appartamento e si trovava a un km di distanza dalla villa vera e propria, leggermente isolata dalla cittadina di Moena.
Di solito lì ci passavano coloro che scalavano le montagne e volevano riposarsi, ma avevo deciso che ci sarei andata a vivere io: inoltre, se avessi deciso di far aprire la villa, mi sarei sentita ancora più sola di quanto non mi sentissi in quel momento.
Erano i primi di dicembre e a Moena si sentiva già l’aria natalizia scorrere nelle vene come adrenalina; oltre alla neve che creava un effetto scenico non indifferente, il borgo era stato riempito di luminarie e abeti decorati alla bell’e meglio, distrutti inevitabilmente dall’arrivo della neve, e i negozi erano già pronti a vendere articoli natalizi adatti all’occasione.
Anche io avevo già decorato la mia piccola dependance, rendendola il più possibile accogliente e calda; ma tutte le cose che vi aggiungevo non scaldavano di molto il mio cuore.
Per quello, avevo bisogno di Ema.
Sospirai. La neve scendeva lenta, mentre attorno a me il calore di quella casa mi faceva sentire… sempre più sola.
Un colpetto. Due colpetti.
Sorrisi.
In quel momento, mi ricordai di non essere proprio sola.
E già, quando partii da Roma non mi ero affatto accorta di essermi portata via con me qualcosa, quasi un ricordo mio e di Ema. Mi sfiorai il ventre dove, da quasi cinque mesi, viveva un piccolo Reali.
Me ne accorsi dopo alcune settimane di permanenza a Moena; naturalmente, non potevo chiamarlo e dirgli tutto, così decisi di tenerlo nascosto.. perfino ai miei. Non volevo che si mettesse in testa idee strane come quello di sposarci immediatamente o che si prendesse delle responsabilità che non volevo si prendesse per “impegno”.
Ai miei non ero stata in grado di spiegare alcunché, però li sentivo al telefono e gli avevo detto che avrei voluto prendermi un anno sabbatico e riprendere gli studi in Italia, nonostante tenessi già in conto che avrei incontrato sicuramente qualche problema; non mi avevano forzata a fare niente, sicuramente perché gli zii avevano raccontato loro che ero andata via da Roma perché era successo qualcosa con Ema.
Donata, la mia migliore amica che viveva lì da sempre, mi aveva sostenuta fino alla fine: non economicamente, perché per quello mi ero occupata di tutto io (quegli anni di lavoro part-time quando ero più piccola, saranno pure serviti a qualcosa, no?), ma mi aveva aiutato psicologicamente, nonostante su molti punti fosse in totale disaccordo.
Il primo punto sul quale non era d’accordo era quello di non aver detto niente ad Ema: diceva che lui doveva saperlo, perché era un suo diritto, essendone il padre, trovandosi davanti al mio rifiuto totale. Non volevo assolutamente che, oltre al fatto che si prendesse delle responsabilità, assieme a lui lo venissero a sapere gli zii e, di conseguenza, i miei.
Ero riuscita fino a quel momento a tenerlo segreto e avrei voluto che così fosse fino alla nascita di nostro figlio. In quei cinque mesi mi ero lambiccata tra momenti di depressione e sconforto e momenti di felicità e gioia immensa.
Il primo periodo era stato duro: non sapevo assolutamente come e cosa fare; il mio primo pensiero fu quello di mollare tutto e di abor… mi fa star male il solo fatto di averlo anche pensato. Se non fosse stato per Donata che mi aveva dato una svegliata e mi aveva riportato a ragionare chiaramente, in questo momento non sarei più riuscita a guardarmi in faccia allo specchio e mi sarei sentita un fallimento come persona.
E poi come un fulmine, una notte sognai di vedere mio figlio, nostro figlio, in una culla blu che dormiva sereno; non riuscivo a vedere chiaramente il suo volto, fino a quando non aprì gli occhi: era come se i suoi occhi avessero illuminato tutta la stanza, facendomi scoprire il suo volto identico a quello di Ema. E da lì, capii che non avrei potuto privare mio figlio della vita che si meritava e della vita che io e suo padre, inconsapevolmente, avevamo voluto. I giorni successivi furono ancora leggermente complicati, a causa di qualche nausea che m’infastidiva, ma che cercai di calmare in ogni modo possibile.
Non avevo avuto molti attacchi isterici e questo sembrò strano persino a Donata, dato che mi vedeva sempre così calma: facevo quello che dovevo e non stressavo nessuno con ansie e timori. Nonostante non mi sentissi pronta per diventare madre, non avrei mai più pensato di togliere la vita a mio figlio… fin dai primi mesi, lo consideravo già parte integrante di me e non volevo separarmene.
I mesi si susseguirono e per me fu un periodo di splendida calma e gioia: avevo lavorato come aiutante in un’agenzia di viaggi, soprattutto grazie alla mia conoscenza delle lingue e per i primi tre mesi ero riuscita ad aumentare i guadagni che mi servivano. Un giorno, andai in banca per depositare i soldi, già preparata sul fatto che avrei trovato la mia carta di credito svuotata, dopo l’ultima lezione di piano, ma.. mi dovetti ricredere immediatamente: i soldi, che avevo guadagnato in tutti quegli anni a partire dai miei tredici anni in poi, erano tutti lì, come se non li avessi mai toccati e pensai soltanto una cosa.
Papà.
Chissà che follia gli è saltata in testa, in tutti questi anni. E stupida io che non mi ero accorta che tutti i miei fondi erano sempre stati lì! Lui.. mi aveva rimesso nella carta di credito tutti i fondi che avevo speso per la scuola di musica. Senza dire mai una parola.
Chissà quanto male gli ho fatto, non chiedendogli di insegnarmi lui stesso a suonare il piano… chissà quanto male gli sto facendo adesso, non permettendogli di sapere che a breve diventerà nonno.
In quel momento, ci pensai: il giorno dopo avrei avuto l’ecografia del quinto mese e avrei saputo finalmente il sesso del bambino/a.
Mille pensieri affollarono la mia mente: come sarà? Somiglierà a me o a lui? Come sarà diventare madre a quasi vent’anni? Se glielo dicessi sul serio, cosa direbbe mai Ema? E i miei? E Luca? E i miei fratellini? Ormai quelle domande affollavano i miei pensieri fin dai primi mesi, rinchiudendomi in una bolla di pensieri opprimenti.
Ema.
Cosa penserà lui di me?
Era solo quello il motivo per il quale non ero rientrata a Roma. Dopo la prima settimana sarei tornata immediatamente, non avevo bisogno d’altro. E lui era stato così accondiscendente nel lasciarmi fare che quasi non lo riconobbi; infatti, m’immaginavo già di ritrovarmelo davanti, il giorno dopo del mio arrivo a Moena. E quindi, se in tutto quel tempo non era ancora arrivato a Moena… non aveva neanche trovato la lettera. Naturalmente, non mi ero fatta illusioni sul fatto che sarebbe riuscito a trovarla, però..
..Forse lo speravi, sussurrò il mio cuore, sanguinante; lui sentiva la mancanza della sua altra metà in maniera quasi spasmodica.
Però.. la mia testa elaborava pensieri a raffica, riducendomi molto spesso a dei mal di testa che non mi davano tregua.
Ora erano passati quasi cinque mesi e dubitavo che lui stesse pensando a me.. dubitavo che mi amasse ancora. Non che non credessi alle sue parole e a tutte le volte che mi diceva di amarmi sconfinatamente, ma era passato del tempo e come si dice il tempo cura ogni ferita.
Sì, ma se la ferita è tanto profonda, neanche il tempo può guarirla, suggerì il mio cuore, tentando in ogni modo di riportarmi sulla strada verso Ema; ma ormai, la mia testa formulava tutti i pensieri più negativi e diventavano sempre più un peso per il mio cuore e questo, di conseguenza, si rifletteva sulle mie gambe che non ne volevano sapere di tornare da lui per spiegargli ogni cosa.
E.. se si fosse dimenticato di me? Mi avrà aspettata o si sarà ..? Se.. si fosse rifatto una vita, con una nuova ragazza? Che diritto ho io di piombare nella sua vita dopo cinque mesi che me ne sono andata? Gli ho fatto troppo male per poter ritornare come se niente fosse successo…
BASTA!! Gliel’avevi promesso! Saresti tornata una volta deciso di perdonarlo per stare per sempre con lui! Non te lo ricordi? Io ne sono certo: lui ti sta ancora aspettando!! Mi sgridò il mio cuore, ricordandomi che lui sapeva, come se avesse un collegamento telepatico con il cuore o la testa di Ema!
Se poi tornassi in questo stato… Chissà cosa penserebbe! Però..
Qualcuno bussò alla porta. Sicuramente era Donata che mi aveva portato qualche tisana che, a suo avviso, mi avrebbe fatto bene.. mentre invece erano solo intrugli che facevano rivoltare me e il piccolo dentro di me.
Mi mossi dalla finestra e mi avvicinai all’ingresso, il più velocemente possibile, considerando il peso leggero che dovevo trasportare sempre con me.
Aprii la porta, dicendo:
-Ciao Don…-
Rimasi di sasso.
Mio fratello Luca era lì, sulla porta, e mi guardava come se fossi un’aliena. Purtroppo, ero stata costretta a nasconderlo anche a lui e, sicuramente, dalle telefonate che facevamo, capiva che io non stavo bene solo per il fatto che sicuramente avevo deciso di stare lontano da Ema, ma anche perché nascondevo qualcosa. Dalla sua espressione, potevo capire che fosse stupito e mezzo scioccato, ma non disse niente; mi chiese soltanto:
-Posso entrare?-
Fu un permesso che non ebbi il coraggio di negargli: oltre la delusione, non volevo farlo star male per me.
Entrò e chiusi la porta dietro di lui, mentre lui si andava a sedere sul divano del salotto; lo seguii e mi sedetti sulla poltrona accanto al caminetto che avevo modernizzato con qualche ritocco natalizio.
Rimase per dieci minuti in silenzio, fissando me e mio figlio come se fossimo un fenomeno da baraccone. Così, infastidita dalla sua occhiata, lo attaccai bruscamente:
-La vuoi smettere di fissarmi in quel modo? Mi stai infastidendo…-
Mi guardò sbigottito e poi mi rispose, rilassandosi di un poco sul divano:
-Lo sapevo che mi stessi nascondendo qualcosa… Sei mia sorella e mi accorgo quando c’è qualcosa che non va. Ma.. non immaginavo fosse qualcosa di questo calibro! Però.. adesso, voglio tutta la verità: quando è stato? Chi è stato? Tutto, Gio. Basta con le scuse e con le bugie.. Ti voglio bene e sono deciso ad aiutarti.-
Rimasi totalmente spiazzata dalle sue parole, che piansi.. dalla gioia. Mi immaginavo già una sfuriata da parte sua, invece.. era lì per darmi il suo appoggio. In quel momento l’unica cosa di cui avessi bisogno era del sostegno: nonostante avessi Donata che mi sosteneva e mi aiutava in qualsiasi modo possibile, avevo bisogno di qualcuno della mia famiglia e Luca era il perfetto candidato a questo ruolo. Mi si avvicinò, si inginocchiò accanto alla poltrona dove ero seduta io e mi abbracciò con tutte le sue forze.
-Io.. non ti abbandonerò. E non ti considero una spregiudicata … Però.. perché hai voluto tenerlo?- mi chiese, tenendomi stretta a sé.
Gli risposi con la risposta più semplice del mondo.
-Lu.. è figlio mio e di Ema. Amo talmente tanto Ema che non potrei mai e poi mai negare a nostro figlio di vivere, nonostante io sia così.. giovane.-
Mi guardò un attimo negli occhi, come a solcarmi profondamente l’anima.
-Hai mai avuto paura? Hai paura?-
I suoi occhi, così profondi, somigliavano tremendamente a quelli di mia madre, e mi sembrò quasi di vederla al suo posto… risposi allo stesso modo in cui avrei risposto a lei:
-La paura credo sia un qualcosa connaturato nella natura della madre… Ho paura di non riuscire ad essere una buona madre… ho paura di tante cose, ma non ho paura a diventarlo.-
Mi sorrise e sussurrò:
-Sapevo che mi avresti risposto così… Sei così coraggiosa che molto spesso mi fai sentire un codardo, nonostante sia io quello che deve essere coraggioso e forte.-
-Sei deluso?- gli chiesi, mentre cercavo di asciugarmi le lacrime.
Mi guardò stralunato e mi rispose:
-Deluso? Non potrei mai: sai prenderti le tue responsabilità e i tuoi errori li hai sempre pagati… rendendo le fatiche degli immensi piaceri.. non potrei mai, davvero, essere deluso da te, sorellina! Ma adesso rispondimi: perché non sei tornata immediatamente, rendendo partecipe pure Ema di questa notizia?-
E da lì, passammo tutta la sera a parlare della mia vita di quei cinque mesi, pezzata di ricordi felici, culle per bambini e pezze vecchie per il mio cuore.
L’angolo dell’autrice…
*___* Continuate a farmi felici, ragazze… scusate tanto se sono in ritardo, ma ho avuto problemi con la scuola e non potevo proprio farne a meno.. ma sono tornata!! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, anche se ogni tanto dubito delle mie capacità… Vabbé, il giudizio spetta a voi! :D
E allora, passiamo alle recensioni!!!
Asia95: eheheheheheh.. In questo capitolo hai avuto la tua risposta!! Eheheheheheheheheheh!! :D Sono veramente geniale.. molti di voi, sicuramente, non la troveranno una buona idea, però invece io la trovo più che romantica… Vabbé.. aspetto presto un tuo commento!! BESUCCIOSSS**
Bribry85: ehehehehe.. devi aspettare ancora un pochino.. ma giusto poco, poco.. AL massimo uno o due capitoli prima di vedere l’incontro! Comunque.. spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!! A presto… BESOSS**
Lucyette: ahahahahah… Scommetto che adesso ti ho lasciata perplessa. Nessuno s’immaginava una svolta simile nella storia e l’effetto scena è quello che voglia creare.. ed io avevo già cominciato, inconsciamente a mettere delle pulci nell’orecchio in alcuni capitoli finali di “Odiami.. Perché TI AMO!” .. quindi, la cosa, alla fine, non era neanche tanto insensata…!! :D hihihih!! Aspetto un commmentoooo!! BESOSSS**
Benissimo.. adesso che ho risposto alle recenzioni, vi invito a commentare.. io non sono né cannibale né una strega, quindi non temiate per la vostra salute..!! :D Sono sempre disposta anche alle critiche, naturalmente (e ci mancherebbe anche che io debba offendermi per una critica..!! ): sono aperta a tutto!! :D
A presto, sperando di non tardare con il prossimo capitolo!!
BESUCCIOSSS***
Vostra… Kyryu!! :D |
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Capitolo 4 *** TERZO CAPITOLO ***
TERZO CAPITOLO
Ema…
-Signorino Ema? Signorino Ema?-
Una voce mi stava sicuramente chiamando, ma in quel momento non avrei voluto sentire niente che non fosse la voce di Gio nei miei sogni: non avendo dormito la notte precedente, ne avevo approfittato per dormire sul jet privato.
Dovevo proprio dire che mio padre, per quanto riguardassero i viaggi, sapeva proprio come trattarsi bene..!
Era un jet neanche tanto dispendioso, però era comodo e confortevole e soprattutto era un veloce mezzo di trasporto che poteva portarti da Roma a New York in totale sicurezza e velocità.
Sicuramente, durante il tragitto mi ero addormentato, ormai oppresso dalle mie palpebre che chiedevano un po’ di pace.
Quella sua lettera mi aveva lasciato in pensiero tutta la notte, rendendomi irrequieto: il solo pensiero che non mi volesse più, perché non ero riuscito a leggere il suo messaggio a Firenze, in quel momento mi faceva rivoltare lo stomaco.
Naturalmente, durante la notte avevo ritrovato un po’ la pace che mi mancava: quel fogliettino, per quanto fosse stato scritto cinque mesi prima, mi aveva fatto capire che io.. l’avrei amata lo stesso. Anche se non mi avesse voluto più perché arrivavo sempre troppo tardi, anche se avesse amato un altro, anche se avesse preferito restare da sola… l’avrei amata con ogni fibra di me stesso, per sempre.
-Sì?- chiesi, ancora mezzo addormentato.
-Signorino Ema, siamo appena arrivati a Trento… Ci abbiamo messo meno di tre quarti d’ora- mi rispose il pilota di mio padre, che aveva avuto la grande gentilezza di portarmi fino a lì. Aprii totalmente gli occhi e vidi che mi guardava con uno strano senso di pietà.
Sentii le mie labbra prendere una forma di un sorriso sarcastico e gli chiesi:
-Grazie mille… mi dica la verità: ho proprio la faccia di uno sfigato depresso, vero? Scommetto che mio padre le ha raccontato tutto del motivo urgente per il quale avevo bisogno del jet.-
L’uomo potrà aver avuto una trentina d’anni e mi guardò, quasi come se ci fosse passato anche lui. Non avevo la benché minima idea che lui potesse capirmi, però mi rispose:
-No.. hai la faccia di uno che è innamorato alla follia. Anche io ho dovuto faticare prima di poter conquistare la mia fidanzata e… mi ricordi un po’ me stesso. Ti dico una cosa: qualsiasi cosa succeda, non lasciare che lei ti chiuda la porta in faccia: se dovesse farlo, buttala giù, anche se lei volesse stare da sola. In qualsiasi modo, cerca di parlare. Solo così si risolve tutto.-
Lo guardai quasi ammirato.
E purtroppo l’errore mio l’avevo già compiuto –avevo lasciato che lei si chiudesse dietro quella porta- però, non l’avrei mai più rifatto.
La mia domanda fu più che lecita.
-Come si chiama?-
Lui sorrise e mi tese una mano per sollevarmi dalla poltrona e rispose:
-Mi chiamo Alex.. sono stato amico di tuo padre e, a quanto pare, sono stato il rivale in amore del padre della tua ragazza.-
Rimasi totalmente di sasso.
Eppure dai discorsi dello zio me l’ero sempre immaginato come un infido bastardo che non guardava in faccia a nessuno… Ormai avevo ben chiaro il concetto “L’amore muove tutto”.
Accettai la sua mano e mi sollevai.
-Bene..- disse lui –Per qualsiasi problema…- tolse dalla giacca del giubbotto un biglietto da visita con il suo numero-… non farti scrupoli a chiamarmi. Anche quando non ti serve il jet- sorridendomi a trentadue denti.
Mi riscossi e, salutandolo, scesi dal jet, perdendomi nella brezza invernale ed innevata del Trentino. Ero sceso sulla pista d’atterraggio, dove ad aspettarmi c’era già la macchina dello zio con a bordo uno dei suoi camerieri, già pronto a prendermi la valigia dalle mani.
Faceva freddo, anche nel mio cuore.
Non vedevo l’ora di poterla abbracciare. Di.. di poterla riavere con me, anche solo per un attimo.
Scesi di corsa dall’aereo, con in mano la valigia che lanciai direttamente al signore che si stava offrendo di prendermela.
-La prego, muoviamoci! Non posso aspettare oltre!- gli dissi, dirigendomi alla volta di Moena.
Stavolta niente e nessuno mi avrebbe allontanato da lei e mentre i chilometri si accorciavano, io mi sentivo sempre più vicino al suo cuore.
Il mio cuore.
Gio…
Era da due giorni che non accendevo il cellulare, peraltro, non sapevo se qualcuno mi avesse cercato. Quando il cellulare s’accese, l’illuminazione ferì i miei occhi, facendomeli sbattere vigorosamente.
Luca ed io eravamo andati a letto tardi la sera prima, a furia di discutere delle mie scelte di quei giorni… sapevo che da un certo punto di vista, non mi avrebbe capito: pretendeva che lo dicessi ad Ema, ma io avevo strenuamente difeso la mia idea.
Guardai bene e notai un messaggio.
Ema
O caspita! Era proprio lui!!
Cosa potevo fare? Dovevo leggere? Dovevo cancellare quel messaggio?
Ma perché mi cerca adesso? Per dirmi che si è fidanzato? E a che cosa mi servirebbe saperlo? Non di certo a farmi stare meglio!
Vinse la curiosità del mio cuore che si collegò in diretta con il pollice della mano destra, quella che utilizzavo per maneggiare il cellulare.
Non ti mando questo messaggio per chiederti dove ti trovi… so perfettamente che non me lo diresti mai e non pretendo che tu lo faccia.
Sappi questo: dovunque tu sia… ti troverò.
Non è una minaccia, nota bene: semplicemente è una promessa; ti amo troppo per lasciarti andare via, nonostante le tue promesse di ritorno.
Tieni in mente: If I could then I would, I’ll go wherever you will go!
Mi sentivo svenire… sapevo che non avrei retto.
-Buongiorno sorelli… GIORGIA!- urlò mio fratello, trovandomi barcollante, mentre cercavo invano di sistemarmi su uno sgabello alto della piccola cucina.
-GIORGIA… C***O! RISPONDI!! CHE SUCCEDE?- mi chiese, carezzandomi il volto, delicatamente. Io non gli dissi niente, ma gli mostrai il cellulare che avevo in mano –per puro ed immenso miracolo.
Luca lesse tutto d’un fiato e vidi, lentamente, formarsi un sorriso sulle sue labbra.
-Finalmente! Ti sei dato una svegliata, carino! Pensavo fossi ancora in catalessi!- disse Luca, tutto contento.
Io rimasi scioccata. Ema.. in catalessi..??
-Che diavolo stai farneticando?- gli chiesi, sconcertata. Avevo la testa che mi stava scoppiando e mio figlio/a mi stava dando dei simpatici tormenti, scalciando a più non posso.
Luca sbiancò, quasi come se si fosse reso conto dell’informazione che si era lasciato leggermente sfuggire. Cambiò espressione e si fece serio.
-C’è una cosa che non ti ho detto ed è stato solo per volere di Ema.. o quasi. Lui.. ha passato questi ultimi cinque mesi nella tua stanza, a Roma. Non parlava, non mangiava; il primo periodo piangeva ed urlava, mentre poi piano, piano tutto si è affievolito lasciando soltanto il guscio esterno di quello che rimaneva di Ema. Però, in tutto quel periodo non è mai uscito di casa, non ha mai voluto cercarti e sentivo che sottovoce diceva:”Torna.. ti prego” e frasi simili… Non avevo mai visto uno stato di depressione tanto acuto quanto questo… non ci avrei mai scommesso neanche un euro che lui riprendesse in mano la situazione e venisse a riprenderti!- mi disse, quasi perso nel suo racconto.
Io.. non ci potevo credere.
Aveva fatto tutto questo per me ed io invece, avevo pensato soltanto ad avere paura di lui, quando invece mi aveva sempre amato.
Però.. però rimane l’argomento “bambino”. Il mio cuore si rifece di nuovo sentire.
Adesso che non abbiamo più alcun dubbio- come, d’altronde, io avevo già detto fin dal principio di questa stupida fuga- credo sarà il caso di dire tutto ad Ema. Lo sai che si arrabbierà, ma dopo non potrà fare a meno di amarti –amarci- e coccolarti-coccolarci- come prima e forse anche più di prima!!
Sospirai un poco ed andai a stendermi sul divano. Luca, col suo sguardo, non mi mollò neanche un attimo, mentre mi seguiva verso il salottino.
Mi stesi e, quasi a voler tenere lontano il mondo esterno fuori da me, dissi:
-Credo sia ora che Ema sappia.. non mi resta che aspettare che arrivi.-
L’angolo dell’autriceee…
Wow!! 4 Recensioni!! Grazie mille ragazze… siete state gentilissimeee!!! *___*
Non sono avvezza a ricevere così tante recensioni, ma ne sono comuqnue contentissima!!
Innanzitutto, scusate il ritardo (ormai questa frase fa parte di ogni commento al capitolo! =.=”).. la scuola mi distrugge e poi.. devo confessare che questo capitolo di transizione non sarà il più lungo che io abbia mai scritto e soprattutto non sarà dei migliori, ma non preoccupatevi perché nel prossimo ci sarà di meglio nel capitolo è sarà anche più lungo…!! :D
Mi dispiace il non poter rispondere alle recensioni, però ringrazio Lucyette, Asia95, bribry85 e xxx_Ice_ Princess_xxx, per aver commentato!! Sapevo che la bella notizia vi avrebbe leggermente sconvolto, ma secondo voi Ema come la prenderà?
Aspetto una vostra risposta al mio quesito e non vale solo per le ragazze che commentano, ma per tutti!! Chiaro?
Aspetto RECENSIONIIIIII!!!!
Besucciosss**
Vostra… Kyryu!!! :D
|
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Capitolo 5 *** QUARTO CAPITOLO ***
QUARTO CAPITOLO
Ema...
Alla guida della Mercedes dello zio, c’era un uomo sulla trentina d’anni e, accanto a lui, il signore che aveva preso la mia valigia e l’aveva messa nel portabagagli. Se non sbaglio, si chiamava Signor Nicolas.
-La prego.. possiamo superare i limiti di velocità? Pagherò io qualsiasi multa fatta all’autovelox, sperando che non ci fermino...- chiesi, angosciato dall’estrema lentezza del veicolo, nonostante quel gioiellino potesse fare 100km/h in uno sbatter di ciglia.
L’uomo mi guardò attraverso lo specchietto retrovisore e, scrutando profondamente il mio sguardo –o forse la mia mise da depresso che si notava anche senza guardarmi così a fondo- decise di dare un po’ di gas alla macchina.
La desideravo tra le mie braccia anche se fosse stato per una frazione di secondo... In quel momento, l’aria non riusciva a filtrarmi nei polmoni, quasi come se la vicinanza di Moena mi facesse sentire peggio, al posto di farmi sentire meglio, come avevo previsto per tutto quel tempo. Mi sentivo come se avessi un macigno nel petto che, a mano a mano che ci avvicinavamo, diventava grande quanto un masso di travertino e che non mi permetteva di respirare.
Eravamo già in viaggio da mezz’oretta... in meno di un’ora saremmo dovuti arrivare, invece mi ritrovavo ancora a metà strada per arrivare.
-Dannazione...- mi maledii, sbattendo la testa contro lo sportello chiuso -...dovevo specificare che sarebbe stato meglio scendere a Bolzano e non a Trento.. è troppo lontano..- continuai, cercando di pensare a come avrebbe reagito la mia Gio, vedendomi.
Che farà?Mi abbraccerà? Mi respingerà?
Le seconda opzione mi spaventò a morte.
No, no, no.. non pensare in negativo, altrimenti ti metterai in testa paranoie assurde... rimani concentrato. Tu la ami, giusto? Benissimo, và da lei con il cuore in mano e vedrai che tutto si sistemerà.
Presi un respiro profondo e mi rilassai.
Aveva ragione il mio cuore: non sarei andato da nessuna parte se avessi visto tutto in bianco e nero.
-Signorino, tutto a posto?- chiese l’anziano signore, mi pare si chiamasse Signor Nicola.
-Si, grazie mille.. Sono leggermente agitato.- risposi, sorridendo un minuto e ritornando con la mente alle solite elucubrazioni che ormai facevano vorticare il mio cervello, mandandomi in tilt.
Improvvisamente, il mio cellulare cominciò a squillare e, sul display, comparve il nome di Luca.
Risposi, immediatamente.
-Pronto?-
Dall’altro lato, nessuno rispose.
-Pronto, Luca? Luca? Lu…?-
Sentii un leggero sospiro dall’altro lato: non avrei mai potuto dimenticare il suo tenero modo di sospirare, quando cercava, invano, di non farsi sentire da me.
-Sono indegno… ma ti amo.- dissi ad alta voce, senza badare che, sia l’autista che il signor Nicolas avrebbero potuto sentirmi e, quindi, fraintendermi.
-Gio..-
Sentii solo un paio di parole, soffocate da dei singhiozzi.
-A.. Anche… io.. ma sono io quella…- e poi il solito fastidioso segnale acustico di chi aveva chiuso la telefonata.
Gio… “ma sono io quella”.. Cosa? Cosa volevi dirmi?
Mi sentivo anche più pesante di prima; non doveva piangere: non aveva alcun motivo per piangere e, soprattutto, non doveva piangere per me.
Non sarà, per caso, successo qualcosa?
La mia mente non si era fatta viva da quel periodo buio e adesso veniva pure a reclamare qualcosa? Anche se, ragionandoci sopra, la colpa era sempre e soltanto mia e non potevo accusare nessun’altro se non me stesso.
E se ti avesse tradito?
Non credere di poter giocare con lui: ormai ha deciso di amarla… e sarà per sempre! Lo sfotté il mio cuore.
Ormai il cuore e la testa agivano quasi da angioletto e diavoletto della situazione e fino a quel momento, avevo sempre seguito, incoscientemente, il male… quello che avevo fatto a me e a Gio.
Desiderai essermi svegliato prima e non aver aspettato cinque mesi.. ma la cosa che mi faceva più stizza era il non essere riuscito a capirla.
Anzi, forse l’avevo capita, ma avevo paura di farle ancora più male se l’avessi seguita.
Emanuele Reali, piantala. Sei grande abbastanza per capire che devi smettere di commiserarti: ora devi solo fare di tutto per risolvere la situazione.
E non fare scemenze.
Però la chiamata di Gio, nonostante mi avesse gettato nello sconforto, mi aveva lasciato un dolce segno: aveva detto che mi amava ancora.
Non ero stato io a chiamarla, ma lei a chiamare me.
Respirai a fondo e mi tranquillizzai; ora che l’avevo sentita e che avevo capito i suoi sentimenti-anche da quattro parole messe in croce- mi sentivo in pace con me stesso e mi addormentai come un bambino, sognando di averla stretta tra le mie braccia.
Un’oretta dopo mi svegliai di soprassalto: come diamine avevo fatto ad addormentarmi sapendo che in meno di un’ora sarei arrivato da Gio?
-Ah.. meno male si è svegliato. Ci stavamo preoccupando dato che sembravate caduto in una sorta di svenimento.- disse signor Nicolas, mentre mi sorrideva dallo specchietto retrovisore.
-No.. il problema è che stanotte non ho dormito praticamente niente.. e sono nervoso.- risposi, sussurrando particolarmente l’ultima parte.
Notai lo sguardo curioso del signor Nicolas e mi venne quasi spontaneo chiedere:
-C’è qualcosa che non va?-
Purtroppo non ero solito ad essere squadrato come un pezzo da museo, tranne che dalle ragazze sia chiaro, e la cosa mi stava leggermente infastidendo.
-Direi che lei ha lo stesso aspetto tetro della signorina Gio… Solo che lei è leggermente più colorata e… rotondetta..- si lasciò sfuggire signor Nicolas, lasciandomi totalmente di stucco.
-Rotondetta? Si è affogata di cioccolato?- chiesi il più ingenuamente possibile, non capendo il significato di quella parola.
-Oh.. Stiamo arrivando a Moena.- disse signor Nicolas, quasi a volersi tirare fuori da una gaffe.
Anche se io, in quel momento, non ci feci per niente caso, dato che ero troppo incantato nel guardare il piccolo paesino che si estendeva davanti ai miei occhi.
Un borgo così piccolo eppure così carico di gioia, non l’avevo mai visto e il resto era decorato dalla neve.
Quella stessa neve che sapevo lei adorava come l’aria.. e in quel momento mi accorsi di quanto, effettivamente mancasse meno di qualche minuto prima di arrivare da lei.
-Benvenuto a Moena, sig. Reali.- mi disse sig. Nicolas, mentre mi mostrava alcune particolarità del posto.
Sinceramente? Non me ne fregava un accidente di niente del posto.
Volevo solo andare da lei!
-Vi prego.. ditemi dov’è lei! Sono disposto anche a correre, ma ditemelo per favore.- implorai, mentre con la bella Mercedes ci fermavamo davanti all’entrata della villa poco sfarzosa e semplice che mi si presentava davanti agli occhi.
Signor Nicolas scambiò un occhiata d’intesa con l’autista e poi mi rispose:
-La signorina Giorgia adesso vive nella Dependance... non voleva che aprissimo la villa solo per ospitarla. Si trova a circa un km da qui ed è possibile arrivarci solo a piedi.. tanto la strada non è pericolosa, anche perché il giardiniere spala tutti i giorni la neve, in modo che la signorina ci passi tranquillamente senza rischiare di capitombolare. Segua questo lastricato e la condurrà dritto alla sua porta.-
-Bene.. grazie mille.- risposi, mentre mi fiondavo fuori dalla Mercedes e cominciavo a correre come un pazzo, rischiando molto spesso di spezzarmi l’osso del collo.
Il sole era coperto dalle nuvole, dalle quali stava nevicando delicatamente quasi a incoraggiarmi a correre ancora più veloce… come se mi stesse proteggendo dalle cadute che quel maledetto lastricato ripetutamente minacciava.
Sinceramente, non avevo un’idea precisa di quello che le avrei detto e, ripensando attentamente a quel momento, sentivo solo il cuore pulsare vivo nelle mie vene e l’adrenalina a mille. Stavo quasi per dimenticare che sensazione si provasse nell’amare incondizionatamente e, incoscientemente, il sapere di essere ricambiato appieno; lo ammetto, quella lettera mi aveva reso troppo sicuro e inoltre sapevo perfettamente che quello era solo un semplice foglio di carta e che il vero confronto l’avrei avuto con lei… e con i suoi occhi, fonte indiscutibile di ogni mio guaio.
Scorsi da lontano, il comignolo fumante della casa e la l’unica luce proveniva da una stanza sulla sinistra, probabilmente il salotto.
Arrivo, amore… Arrivo!
Mentre stavo arrivando, mi accorsi che la porta si stava aprendo: era Luca.
Mi vide e il suo volto divenne una pura sensazione di gioia; intanto, chiuse dietro di sé la porta della casa e mi aspettò davanti all’ingresso.
-Ema! Sei arrivato! Cavolo! Non pensavo che ci mettessi così poco tempo ad arrivare..! Tu.. Lei.. T.. Insomma, vai e parlale..! disse Luca, tutto scombussolato. Si era accorto del mio fiato corto, a causa della lunga corsa, ma in quel momento le mie gambe non ne volevano sapere di collaborare.
Ecco.. la paura.
In fondo, mi aspettavo che in quel momento facesse la sua comparsa, ma non in una maniera così esagerata! Eppure, non riuscivo a muovermi da lì, se non quando Luca mi guardò e disse:
-Ema. Lo sai che non sono mai stato d’accordo al fatto che tu stessi con lei, fin dal principio. Ma… ho capito che non è possibile fermare l’amore o perlomeno, non quello fra di voi: siete talmente tanto oppostamente complessi che vi completate e l’ho notato anch’io. Vorrei dirti solo una cosa: qualunque cosa tu vedrai lì dentro, non farla agitare e stalle accanto; non sarà quello che hai desiderato, ma lei ha bisogno di te-
Il suo sguardo era stato serio e, in quelle sue parole intrise di mistero, non riuscivo a cogliere il vero significato; ma anche se avesse fatto il peggiore dei reati o avesse accusato delle deformazioni a causa di incidenti.
L’avrei accettata comunque.
Luca mi aprì la porta e mi lasciò entrare, da solo.
La dependance era grande più o meno come l’ingresso della mia casa ad Ostia, ma era stato ben sfruttato e soprattutto, era stato ben decorato e sapevo che c’era stato lo zampino di Gio.
Mi accorsi del bagliore che proveniva da una stanza sulla destra; silenziosamente mi avvicinai e mi accorsi che la porta era aperta.
Improvvisamente, mi ritrovai immerso nello spirito del Natale: accanto al camino acceso e decorato con qualche ramo di agrifoglio, c’era un bell’alberello, decorato con motivi sul rosso e oro. Era seduta sulla poltrona, davanti al caminetto e mi dava quasi le spalle: il suo braccio destro era dolcemente abbandonato sul bracciolo della poltrona.
Mi avvicinai, piano e la vidi.
Mi bloccai.
La sua bella figura mi fece rabbrividire dalla bellezza: l’amore della mia vita s’era assopita delicatamente davanti al fuoco.
Il suo volto era dolcemente rilassato e sorrideva beata, rinchiusa nei suoi sogni. I suoi capelli –quei dolci capelli che ho sempre amato- erano legati come usava fare per me.. la sua bellissima treccia scivolava accanto alla sua spalla sinistra. Il suo busto era coperto da un dolcevita bianco e con lo sguardo scesi verso il basso. Fino a quel momento, era l’immagine più bella che ebbi mai visto nella mia vita.
La sua mano sinistra portava ancora l’anello che le avevo regalato; sotto di quella, si estendeva una perfetta rotondità.
Gio era incinta.
Non mi interessava di chi fosse il bambino: io l’avrei amata lo stesso e avrei amato quel bambino, forse anche meglio del padre.
E, preso da quel sentimento, crollai in ginocchio accanto alla poltrona e, commosso, le presi delicatamente il volto tra le mani.
I suoi occhi spalancati e meravigliati, come avevo sempre pensato, erano la mia unica fonte indiscutibile di guai..
Il guaio di non riuscire più a fare a meno di lei.
L’angolo dell’autrice…
Ok.. credo di essere riuscita quasi a riscattarmi con questo capitolo, anche se sono molto, ma MOLTO in ritardo!!
Cmq.. CIAO A TUTTIIII!!!! Che bello..!! 5 recensioni!! Non sapete quanto mi rendiate feliceee..!! E soprattutto, ringrazio anche ai 21 e ai 22 che l’hanno aggiunta tra i preferiti e tra le seguite…!! E’ sempre stupendo vedere che vi piace come scrivo (sempre che non lasciate la mia storia tra le preferite solo per puro divertimento..! XD) e che vi interessa come andrà avanti tra questi due.
Come avete potuto leggere, Ema ce l’ha fatta ad arrivare! Siete contenteeee? L’ho ammetto, avevo un’idea un po’ diversa prima di farli rincontrare… ma adesso che l’ho fatto, ho intenzione di scombinare qualcosa o di smuovere qualche acqua… Vediamo cosa ne cavo fuori!! :D
Ahahahahahahahaha!! Bene.. adesso passo alle risposte alle recensioni!!
Lucyette: credo di avervi lasciate in un momento piuttosto critico.. e prevedo anche che mi ammazzerete, ma avrete risposta nel prossimo capitolo che sarà innanzitutto più lungo di questo e leggermente migliore.. ma non voglio anticiparvi nullaa!! Grazie mille come sempre per aver recensito.. sono contenta che non ti dispiaccia la storia!! :D BESOSSS**
XXX_Ice_Princess_XXX : eheheheeh.. credo di averti soddisfatto!! Ahahaha!! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciutooo.. BACIONI!!!! :D
Bribry85: questa volta non sei riuscita a commentare per prima…!!! Ahahahahaha!! :D Spero di essermi fatta perdonare abbastanza con questo capitolo… ti ringrazio per essere passata a lasciare una recensioncina..!! Alla prossimaaa..!! :D
Sonietta: CIAOOOOOOOOOOOO!!! Pensavo non ti piacesse più questa storia..Invece.. eccoti quiii!!! Eh sì, ho cominciato quasi subito a scrivere l continuo, dato che non mi piaceva tenerla in sospeso per molto tempo…!! :D Ahahahahahahaha… Ho soddisfatto anche te con questo capitolo, allora e spero di non deluderti con il prossimo!! Ahahahahahahahahahahaha!!! Sai che la scena della radio era fatta apposta per depistare?? Ahahahahah.. E’ stata un’idea stupida, ma mi divertiva da matti!! :D ahahahah
Spero di non perderti di vista come commentatrice!! BESOSS anche a teeee***
Asia95: eheheheheehehe.. per esaudire il tuo piccolo desiderio, dovrai aspettare al prossimo capitolo.. ma vedrai che ti piacerà…!!! Sperando che ti sia piaciuto anche questo!! BESUCCIOSSS***
Fiiiuf… Ho finito anche stavolta di rispondere alle recensioni… Bene.. spero che questo capitolo vi sia piaciuto.. però mi piacerebbe anche che commentaste, anche per vedere se vi piacciono certi elementi della storia!! Mi affido a voi!!
Umilmente vostra… Kyryu!!! :D |
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Capitolo 6 *** QUINTO CAPITOLO ***
QUINTO CAPITOLO
Gio....
L’abbracciai istintivamente.
L’avrei riconosciuto tra mille, dato che nessuno mi avrebbe mai preso il viso tra le mani in quella maniera delicata come solo lui sapeva fare.
Non meritavo tanta dolcezza, anzi sapevo perfettamente che non meritavo lui, punto e basta.
Quanti fidanzati o uomini in generale sarebbero partiti per ricercare la propria ragazza, dopo essere scappata e non essersi fatta sentire per 5 mesi? Rispondo io o vi lascio immaginare?
Sicuramente mi ero appisolata, come mi capitava spesso in quei giorni... Stavo aspettando il risultato dell’ecografia e, dato che non volevo muovermi assolutamente da casa, avevo mandato Luca a prenderlo.
Non sapevo effettivamente il motivo, ma avevo il sentore che sarebbe successo qualcosa... mi sentivo particolarmente veggente, visti poi i risultati.
Ema era lì, con me ed io non potevo far altro che piangere.
Sciolsi l’abbraccio e ripresi ad abbuffarmi dei suoi occhi: mi amava e lo notavo dai quei due oceani che mi mostravano ogni volta il porto giusto dove attraccare, dove sentirmi a casa. Fino a quel momento non avevo badato molto al suo aspetto, ma mi cadde l’occhio soprattutto sulle occhiaie violacee presenti sotto gli occhi; mi costrinsi a guardarlo per intero: era sciupato e dal volto lo si poteva notare chiaramente dall’assenza di quelle guance carnose che amavo tanto e dal corpo che sembrava aver perso chili. Le sue mani, posate sulle mie spalle, sembravano tremare.
Era lo spettro di sé stesso… come effettivamente sarei dovuta essere anch’io in quel momento. L’unica cosa che mi aveva permesso di mantenermi in vita era proprio quella piccola creatura che, sentendo suo padre, stava sbattendo i piedini, fracassandomi le scatole.
Piccolino.. non vedi che tuo padre ed io abbiamo da fare? Pensai, mentre anche Ema aveva gettato nello stesso momento uno sguardo al mio pancione.
Dovevo prendere parola e spiegare.
-E-E….. I-Io…-
Mi stupii di me stessa, non riuscivo neanche a prendere parola; eppure mi ero preparata il discorso a regola d’arte per potermi spiegare, per potergli dire che sarei voluta tornare subito da lui! Ritentai, ancora:
-Ema.. Io ave…-
-Shhh!- disse Ema, posando il suo indice sopra le mie labbra, mentre mi scrutava con occhi innamorati. Non meritavo niente di tutto quello, perlomeno non dopo quello che gli avevo causato.
In un solo colpo, mi fece avvolgere le braccia attorno al suo collo, mentre mi prendeva in braccio e mi trascinava in qualche parte della casa.
-Ma.. cosa cavolo stai facendo?- gli chiesi, cercando di non mollare la presa. In qualche altra situazione mi sarei sentita a mio agio con lui, ma nostro figlio era tra di noi, quindi avevo paura di commettere – o che Ema commettesse- qualche sbaglio. Il suo sguardo mi scrutò quasi felice e disse:
-Quello che, sinceramente, avrei dovuto fare cinque mesi fa… E non mi interessa quello che avrai da dire: prima devo solo trovare una camera da letto, per poterci mettere più comodi. E non mi interessa quello che hai da dire in generale. A me, va bene così. –
Avete presente quando una persona vi stupisce talmente tanto da non riuscire a formulare qualsiasi tipo di pensiero o di frase e l’unica azione che vi riesce è quella di spalancare la vostra mandibola fino ad arrivare a livelli spropositati?
Ecco, quella era la mia espressione dopo aver sentito questa sua uscita. In un attimo ripresi facoltà della mia testa e gli dissi, duramente:
-No, Ema. Tu devi sapere e non puoi…-
-No, Gio. Tu adesso mi stai ad ascoltare: ti ho aspettato per cinque mesi, sperando che tu tornassi.. sperando, non lo so, magari anche una telefonata qualsiasi.. Sono stato uno stupido per non essere venuto a cercarti prima.. Ora sono qui e l’unica cosa che voglio fare è abbracciare il tuo corpo e sentire che mi ami.. non voglio altro.. E sia chiaro..- disse, mentre mi depositava delicatamente sul letto, mentre mi privava del dolcevita, sfilandomelo delicatamente dalla testa -.. non mi interessa nemmeno se mi hai tradito ed hai avuto il bambino; questa è una decisione tua ed io non posso fare altro che accettarla e sostenerti.. sostenervi. Ti amo e farò qualsiasi cosa per renderti felice!-
Non capivo effettivamente quali fossero le sue intenzioni, ma mi accorsi effettivamente dove voleva andare a parare: mi fece sdraiare, usando quel suo modo di fare talmente persuasivo che doveva essere dichiarato illegale in qualsiasi stato del mondo. Mi baciava e sentivo soltanto le sue dolci labbra che sfioravano le mie.
No.. sento che qualcosa è sbagliato, mi dissi mentre cercavo di non cadere nelle sue spire tanto dolci come il miele, ma con il potente effetto di narcotizzarmi ed avvelenarmi.
Lo staccai da me, mentre cercava di usare metodi coercitivi sul mio collo.. lo desideravo da troppo tempo, ma dovevo bloccarlo. Mi staccai dai suoi dolci baci, mettendogli una mano sul petto: il suo cuore batteva furiosamente contro la mia mano.
-Ema. Prima di fare qualsiasi cosa, dobbiamo parlare. E credimi, anche io sarei disposta a lasciarmi andare e non sai quanto voglia farlo.- gli dissi, sussurrando quelle parole non riuscendo a guardarlo negli occhi; avevo paura, lo ammetto.
Paura di tutto.
Paura che non mi accettasse se gliel’avessi detto.
Paura di dirgli che il bambino era suo.
Paura, punto e basta.
Mi guardò per un istante e riprese a spogliarmi. Allora non aveva capito proprio niente!!
Feci per bloccarlo di nuovo, ma lui mi bloccò un polso e disse:
-Non pensare che non t’abbia capito: voglio solo tenerti abbracciata e tutti questi abiti che teniamo addosso non me lo permettono come vorrei.. poi parlerai quanto vuoi. Ci rintaniamo sotto le coperte e parleremo.. ok?-
Dannazione, anche quando volevo sembrare autoritaria, lui con una semplice occhiata mi faceva sentire in torto e, soprattutto, mi faceva apparire qualsiasi sua affermazione una verità innegabile; senza contare che, ogni volta che parlava, aveva sempre quel mezzo sorriso sulle labbra che mi avrebbe fatto dire di sì a qualsiasi cosa avesse anche solo tentato di dire.
Indossavo un paio di pantaloni neri, con elastico, quindi fu facile per lui sfilarmeli, assieme alle calze autoreggenti che portavo sotto; lo vedevo dal suo sguardo che cercava di fare di tutto per resistere alla tentazione e sapeva che non doveva essere particolarmente facile, dato che anche io che gli stavo sfilando quelle quantità abnormi di abiti che aveva.
Gettammo tutto in terra e ci rintanammo sotto le coperte. Mi strinse a sé, come se non volesse lasciarmi andare… e mi sa tanto che se anche avesse pensato di farlo, non gliel’avrei mai permesso!
-Ora… raccontami.- sussurrò deciso, sciogliendomi la lunga treccia ed infilando le sue dita tra i miei capelli.
Mi sentivo persa.
Forse era l’insieme della situazione in generale, forse era il fatto che non resistevo quando mi passava le mani tra i capelli in quel modo o forse era il modo in cui la mia schiena sembrava essersi fusa con il suo petto, fatto stava che non riuscivo a parlare.
-Io.. capirò qualsiasi cosa tu possa dire, anche se non ne sono proprio sicuro, però lo sai che io non ti farei mai del male.- mi disse, respirando delicatamente tra i miei capelli.
-Io.. Io.. non ho paura che tu mi possa fare del male. Semmai, ho paura di causarne a te. E non credo sarebbe la prima volta.- sussurrai, in preda all’emozione.
-Non credo tu possa fare peggio di quanto abbia già fatto. Eppure guardami: ti amo lo stesso e forse anche più di prima..- mi rispose, sorridendo.
-.. perché sei masochista, ecco la risposta. Però, devo parlare. Ema… non riesci proprio a fare due calcoli?- gli chiesi, voltandomi completamente verso di lui e incontrando il suo sguardo stranito.
-Calcoli di che tipo?- mi chiese, confuso. Davvero non ci arrivava?
-Se ti dicessi che aspetto questo bambino di circa cinque mesi, cosa diresti?- gli chiesi, così a bruciapelo.
Il suo sguardo vagliava ogni possibilità e lo potevo notare dal cambiare dell’espressione mano a mano che sceglieva la risposta giusta da darmi.
-Magari… appena sei partita da Roma hai.. hai.. trovato un altro sul quale sfogare la tua rabbia.- disse, tremando dal nervoso. Era geloso fino all’ultima molecola del suo essere e di questo non potevo fargliene una colpa sicuramente perché la mia l’eguagliava in tutto e per tutto.
Non so dove trovai tutto il coraggio per dirglielo, ma qualche spiegazione gliela dovevo.
-Ema… Ti amo. Non avrei potuto tradirti neanche se avessi scoperto che l’avevi fatto con quell’oca anche quando stavi con me; non ne sarei stata assolutamente capace, anche se qualche bottiglia , per un semplice bacio come quello tra te ed Elisa, me la sono scolata… E… e… -
Stavano cominciando a mancarmi le parole.
Dannazione, Giorgia! Non puoi bloccarti proprio adesso! Ti sta ascoltando ed è disposto a tutto.. COSA CAVOLO STAI ASPETTANDO?
Me lo stavo chiedendo anch’io, prima che il mio cuore si facesse sentire con un’affermazione tanto utile quanto stupida.
-E, cosa? Gio.. quest’attesa mi sta uccidendo!- disse Ema, mentre respirava profondamente.
In uno scatto, gli diedi di nuovo le spalle e sentii le sue braccia avvolgermi con amore, poggiando le braccia sul bambino. In quel preciso momento, il bambino calciò contro la mano di suo padre quasi a volergli dare il cinque.
E da lì, sentii le sue parole.
-Oh.. cazzo.-
Le uniche due parole, prima di afferrarmi per le spalle e voltarmi un’altra volta verso i suoi occhi, gli unici giudici delle mie azioni.
Ema…
Non avevo capito un cazzo fin dall’inizio. Era lampante il motivo per il quale non fosse tornata a casa prima!
Lei sapeva perfettamente che il padre ero io! Sono.. sarò… padre.
Il piccolo che viveva dentro di lei, aveva scalciato in modo che io, suo padre, lo potessi sentire. Ero stato proprio uno stupido.
-Sono io il padre.- dissi, atono.
Non ero sconvolto. Ok, forse lo ero e anche parecchio, ma la cosa non mi metteva ansia.
Diedi ancora un’occhiata al bel pancione che stava tra di noi.. e mi sentivo bene.
-Io.. sono stata un’irresponsabile e non ho avuto il coraggio di tornare a Roma per dirtelo.. e non volendo dirlo a te, non l’ho detto neanche i miei. Io.. non volevo che ti prendessi una responsabilità così grande, non volevo essere un peso per te e mi sento.. una tale deficiente per il male che ti ho fatto in tutti questi mesi che non so se mi potrai mai perdonare…-
Assolutamente no. Le tappai la bocca con un bacio che avrei voluto darle fin dal primo momento che l’avevo vista, ma che non sapevo se volesse riceverlo o meno; in quel momento, lo feci perché stava dicendo una marea di sciocchezze.
Non potevo pensare che lei avesse passato quei cinque mesi a farsi delle paranoie assurde sul mio stato d’animo o su qualsiasi mio tipo di reazione, però lo potevo capire.
Non ero io a tenere in grembo il bambino.
Tutti i suoi pensieri mi sembrarono giusti e non potrei mai biasimare le sue scelte, nonostante avrei voluto che lei si fosse fidata e fosse corse da me per dirmelo.
Avremmo deciso insieme, ma, a quanto avevo visto, aveva fatto la scelta che avrei fatto anch’io: non avrei mai negato la vita a nostro figlio.
Tutti quei pensieri mi vorticarono in testa, mentre la baciavo teneramente e mi divertivo ad accarezzarle la pancia rigonfia.
Non avevo avuto il tempo per prendere confidenza con il bambino, ma già sentivo che era parte di me; c’era un collegamento indissolubile tra noi due, proprio come tra me e sua madre.
Diventeremo genitori…
Il mio cuore aveva ripreso la sua forma e batteva in sincrono assieme a Gio e lui.. o lei?
Ora era arrivato il momento di farle capire tutto.
-Amore.. innanzitutto, vorrei scusarmi per quello che è successo con Elisa: io non ne sapevo niente ed è stato realizzato grazie a Claudio… Elisa voleva vendicarsi, dato che sicuramente Marisa le aveva detto tutto. Secondo, come hai potuto pensare che io non ti avrei accettata se avessi scoperto di essere incinta? Ti avrei accettata anche se avessi scoperto che eri stata vittima di un incidente e mi avessero detto di averti diagnosticato la “memoria a breve termine”.. e soprattutto, appena ti ho vista, avevo deciso che ti avrei accettata anche se il bambino non era mio. Non posso pensare di non essere riuscito a fare due conti e ad immaginare che fosse mio! Sono talmente.. felice!-
Era vero. Totalmente vero.
Non avevo altre parole per esprimere un sentimento così grande come quello che stavo provando. La guardai ancora in quegli occhi blu notte.
Era stupenda.
Mi sembrava di vivere un sogno: non l’avevo vista da cinque mesi e, all’improvviso, riaverla, scoperta, tra le mie braccia mi sembrava un’illusione.. reale, ma pur sempre un’illusione.
Tenendola abbracciata in quel modo, non avrei mai potuto perderla, nonostante le ansie del futuro sarebbero arrivate ad abbatterci come onde sugli scogli. Nel profondo dei suoi occhi, vidi una tremula luce che rispecchiava uno stato d’animo che aveva tenuto nascosto fino a quel momento.
E a quel punto, le lacrime furono inevitabili.
- I- I -io… non l’ho mai detto nemmeno a Donata, la mia migliore amica e la ragazza che mi ha aiutato durante questo caos, ma.. ho paura di deluderti, quindi rispondi alla mia domanda: sei deluso?- mi chiese, cercando di asciugarsi le lacrime da sola. La sua domanda mi sembrava alquanto sciocca.
-Di che cosa dovrei essere deluso?- le chiesi, raccogliendo con le dita le sue lacrime salate.
-Di averti rovinato la vita… magari saresti potuto diventare un manager di successo..-
-Hey! Io posso diventare ancora un manager di successo, solo che avremo un bambino in più da tenere!-le risposi sorridendole.
Mi abbracciò stretta e potei sentire i suoi seni attaccati al mio petto. In quel momento la passione si rifece viva, ricordandomi che non avevo ancora riscosso quelle coccole che mi spettavano da circa cinque mesi.
Il bacio che le diedi dopo suggellò la nostra giornata e niente e nessuno avrebbe mai potuto portarci fuori o convincerci ad uscire da quel letto: non ci saremmo separati per niente al mondo!
E ora che eravamo consapevoli dell’amore dell’altro ci restava solo una cosa…
Cosa diranno lo zio Matteo e mio padre?
L’angolo dell’autrice…
Ciao a tutteeee…!! Scusate il maxi ritardooooooooo!!! :D Ne ho approfittato proprio adesso per postare, dato che sono a casa di nuovo con l’influenza… Altrimenti non avrei avuto proprio tempo per aggiungere questo capitolo!!! Bè.. che posso dire? Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto… e che, soprattutto, vi siate accorte che Ema si è svegliato e ha ricollegato tutto!! Certe volte glielo dico anche io che è un po’ addormentato, ma lui non s’offende perché sa che posso rigirarmelo come voglio… =___=” Sono pazza.. parlo con i miei personaggi!! :D
Ahahahahaha.. Bene.. Adesso passo alle recensioni; voglio ringraziare anche chi legge e non recensisce, perché con le visite mi fate capire che comunque la state leggendo, quindi mi fate davvero felice… *___*
Lucyette: ahahahaha… Davvero.. certe volte Ema è proprio tonto!! :D però si ricatta sempre perché p tenerissimo….!!! *___* Comunque.. ti ringrazio davvero tanto per il complimento.. sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo, come spero lo sia stato anche questo! A presto!!**
Bribry85: Hey!! :D Inizialmente come incontro, non avevo pensato ad una cosa di questo genere, ma poi l’idea mi ha allettato e allora l’ho messa nero su bianco… Eheheh!! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!! BESOSS**
Asia95: grazie mille!! Sono contenta che ti sia piaciuto!! Ahahahahah.. Sì, sì… come ho già detto Ema è un tenerone e molto spesso può essere preso per uno stupido, ma non è così!! :D Mi auguro che anche questo capitolo ti sia piaciutooo!! BESOSS**
Ok… Bene.. non mi resta altro da fare che salutarvi e chiedervi, ancora una volta, di commentare… Naturalmente, solo se volete!! :D
BESUCCCIOSSS***
A prestoo!!
Vostra… Kyryu!! :D |
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Capitolo 7 *** CAPITOLO EXTRA! ***
L’ANGOLO DELL’AUTRICEEE…
Ciao a tutte..!!
Perdonate il mio ritardoooo!!! Lo so, sono una cattiva scrittrice ma in questo periodo mi viene difficile scrivere… soprattutto perché ho solo determinati momenti per scrivere e molto spesso non riesco a farmi venire l’ispirazione giusta!
Bene.. avviso fin da subito che questo capitolo sarà un capitolo Extra… lo metto adesso per far comprendere un po’ anche la storia di Luca…. Naturalmente, poi ditemi cosa ne pensate….!! :D
Ringrazio chiunque abbia commentato (Bribry85, Asia95 e Lucyette!), grazie mille per il sostegnoo!! :D Spero vi piaccia questo capitolo e ditemi cosa ne pensate.. spero di tornare presto con un nuovo capitolo!! BESOSSS***
Vostra… Kyryu!! :D
CAPITOLO extra
Luca…
Lasciai che la porta si richiudesse dietro di sé.
Sbuffai, arreso da quella nuova situazione. Lo sapevo che se fossimo andati a Roma sarebbe successo il caos: avevo il presentimento fin da quando eravamo partiti, nonostante avessi fatto di tutto per celarlo agli occhi di Gio.
Mi allontanai dalla dependance, già convinto che i due piccioncini avrebbero passato la giornata o a scannarsi o a coccolarsi come degli ossessi; conoscendo mia sorella, sapevo bene come e quanto si scatenasse il suo animo da passionale.
Presi la stradicciola che portava alla villa e mi rintanai lì per tutta la giornata, seduto a letto a lambiccarmi il cervello e ad immaginare anche solo il modo in cui avrei potuto dirlo a mio padre.
***
Alle nove di sera, ormai, avevo perso qualsiasi speranza di poter raccontare quello che avevo appreso a Moena senza scatenare l’ira di mio padre o scatenargli un infarto; decisi che un po’ d’aria e una bella serata in un pub o in un bar mi avrebbe aiutato a capire quello che dovevo fare.
Così, mi fiondai fuori dalla villa, diretto al garage dove avevo lasciato la macchina presa in prestito dallo zio. Mica male un’Alfa Romeo Mito come prestito, pensai tra me e me mentre salivo sulla macchina nero-lucida.
Erano passati cinque mesi da quando Giorgia si era rintanata qui a Moena… non riuscivo a capire perché non tornasse e dopo il quinto mese d’assenza, ricevetti la chiamata dei miei.
Un paio di giorni prima del mio arrivo a Moena, i miei mi avevano chiamati spaventati dal fatto che Gio non rispondesse più alle telefonate…
-Luca.. è importante sapere cosa sta succedendo a Giorgia e, soprattutto, capire il motivo per il quale non sta sfruttando la villa e sta vivendo nella dependance! Non ci vuole vedere e sai bene quanto lei sia testarda…!- disse mio padre, allo stremo delle forze: non c’era bisogno di un mago per capire che Gio era sempre stata la sua preferita. Dalla sua voce, potevo percepire il tormento. Non avrebbe mai esitato un momento a prendere un aereo per raggiungere la sua bambina ed aiutarla a superare qualsiasi tipo di crisi emotiva.
-Sai perfettamente che, come non vuole vedere te, non vuole vedere neanche me, papà. È un dato di fatto.. Non posso farci niente!- gli dissi, cercando di spiegargli che non ci sarebbe stato niente da fare.
-Luca. Ascoltami attentamente: sto impazzendo. Tua madre non capisce che Gio, quando parla al telefono, finge;io, che la conosco come le mie tasche, lo sento. Ed io ho disperatamente bisogno di sapere cosa le sta succedendo. Per favore. Sali a Moena e parlale!- mi disse, all’orlo di un baratro quale la follia.
Non avevo mai sentito mio padre così tanto disperato e sentivo che, per la mia famiglia, almeno questo l’avrei dovuto fare. Sospirai brevemente.
-Bene.. salgo tra un’ora e, appena riuscirò a parlarle, ti chiamo.- dissi, dirigendomi verso camera mia, pronto a preparare un minimo di valigia.
-Grazie Lu.. Davvero.- mi rispose mio padre, tirando un leggero sospiro di sollievo: non era ancora del tutto convinto, ma sentivo dalla sua voce che si stava calmando.
Avevo un dannato bisogno di sfogarmi.
Dannatissimo bisogno di sfogarmi.
Avevo trovato Gio, il giorno prima e, decisamente, non mi aspettavo che fosse un problema di tale portata; non credo che trovare la propria sorella, fuggiasca da cinque mesi e incinta, e doverlo dire ai propri genitori sia proprio una passeggiata.
Anzi, era tutto il contrario.
Aveva un’aria talmente tanto tranquilla, quando la vidi sulla porta, che quasi non mi convinse del tutto: sarebbe stata in grado di avere una crisi isterica in qualunque momento ed io non potevo permettere che mi cacciasse via. Dovevo sapere perché non l’avesse detto ai miei.
Non ha mai temuto i miei, anzi, credo che quello sia l’ultimo dei suoi pensieri.. non gliel’ha detto per il semplice fatto che prima o poi l’avrebbero saputo gli zii e così anche Ema, pensai, stupido orgoglio! Anche se… credo sia proprio una cosa di famiglia quest’inguaribile orgoglio…!
Quando avevo lasciato Roma, il giorno prima mi ero lasciato dietro anche qualcos’altro.
Sono uno stato uno stupido ad illudermi per tutto questo tempo.
Le parole che mi dissi come ammonimento prima di partire da Roma, non erano servite a niente dato che, quando l’avevo vista, tutte le mie difese erano crollate come se fossero state cera a contatto con il fuoco.
Mélita.
Le avevo promesso che saremmo andati a vivere insieme, dato che senza lei non ci riuscivo a stare, nonostante ci avessi provato in vari modi a dimenticarmela e a Madrid c’erano state varie ragazze per così dire, disposte, ad aiutarmi nell’operazione.
Ero stato un perfetto stupido ad illudermi che lei facesse sul serio… dovevo immaginarmelo che mi avrebbe scaricato come niente, eppure credevo che anche lei facesse sul serio, invece di prendermi palesemente in giro.
Non me ne ero accorto, ma non avevo capito come interpretare i suoli sguardi e forse non avevo mai capito un accidente in tutta la mia vita.
Mi aveva palesemente tradito.
Con uno di Roma, uno di quelli che non possono neanche competere con me. Con me, romano trapiantato a Madrid.
Ero rimasto basito, quando Giulio, l’amico di Ema, mi aveva portato a vedere cosa stava succedendo in un bar vicino al Colosseo, uno di quei luoghi così malfamati che non ci sarei passato neanche se mi avessero pagato a peso d’oro… non erano servite le parole di Giulio di conforto dopo quello che vidi: la mia fidanzata, mezza spogliata, che ci provava con dei motociclisti rozzi e sporchi, strusciandosi deliberatamente con uno della Garbatella, grezzo e schifoso come la fame.
Avevo raggiunto il massimo quando la vidi avvicinarsi a lui e prenderlo per i capelli, per poi baciarlo come sapeva fare solo con me.
Come PENSAVI sapeva fare solo con te, rispose il mio cervello, dandomi il ben servito. Come se effettivamente non mi bastasse lo stato d’animo che covavo dentro di me, dovevo anche andare a cercare mia sorella che si era trincerata nel suo dolore, allontanandosi come un’eremita, sui monti delle Dolomiti.
Forse neanche immaginava il dolore che aveva provocato nell’animo di Ema, ma si era ridotto davvero male.
Mentre il mio cervello lavorava su quelle elucubrazioni mentali, io vedevo la strada scorrere tranquillamente sotto i miei occhi; mi diressi in centro, deciso a trovare un bar dove sedermi e mettermi tranquillo a pensare.
Vidi l’insegna di un bar, chiamato:”The black tree” .
Il titolo ispirava il mio umore, quindi parcheggiai in uno dei parcheggi liberi vicino al locale e mi infiltrai; non sapevo in quale mondo mi ero andato a cacciare.
Per dire che erano soltanto le nove e mezza di sera quel luogo sembrava il ritrovo comune di metallari, punk e dark… Mi sentivo leggermente, ma dico leggermente fuori posto.
Non sembravano pischellini, ma tutti ragazzi a partire dai vent’anni in su e la cosa mi stava preoccupando, soprattutto quando mi accorsi che c’erano anche cinquantenni con i loro giubbotti in pelle e tutti borchiati, pompati da far paura.
La musica metallara rimbombava nell’impianto d’amplificazione e solo in quel momento notai che c’era una band vestita completamente di nero che suonava come impossessata da un non so quale spirito diabolico.
Notai che i riflettori erano tutti puntati sul palco e sulla band.. tranne che sulla cantante.
Ebbi una paralisi facciale momentanea, appena i riflettori focalizzarono la figura al centro dello stage.
Era una bellissima ragazza, una Black Lolita, molto sensuale. Indossava un vestitino in velluto nero, con le bretelline e una scollatura da far paura, con la gonna plissettata e piena di pizzi e merletti e sotto quello, una camicia bianca a maniche lunghe; attraverso i primi quattro bottoni slacciati notai che non stava messa tanto male là sotto. Sono un malato cronico, pensai tra me e me, continuando ad ammirare la ragazza in tutta la sua bellezza “gotica”.
Sotto l’abito portava un paio di calze a rete nere, accompagnate dagli anfibi, tipici per una che vestiva in quel modo.
I suoi capelli erano neri come la pece, lunghi e lisci fino al sedere.
Ero rimasto scioccato da quella scena, fino a quando non incontrai i suoi occhi: erano di quel verde abbagliante che anche in una notte senza luna si sarebbero potuti notare tranquillissimamente, segnati profondamente dalla matita e dall’eyeliner nero.
-Hey… - salutò tranquillamente, con una voce tanto dolce da sembrare quasi in contrasto con la sua mise rock -.. la prima canzone della serata è un pezzo dei Darkness… e posso dire di essere d’accordo con il testo… Yes, I believe in a thing called love…-
A quanto ricordo, ci fu un boato di assenso da parte del pubblico felicissimo di ascoltare la band.
Dopo il riff d’introduzione, la ragazza cantò con una voce dolce e sensuale, capace però d’imprimere, grazie al rock, un’impronta decisa nella musica senza calcare troppo la mano e senza distrarre troppo l’ascoltatore dalla melodia, trascinandolo dentro un vortice musicale unico. Ad ogni parola chiave del testo, si muoveva o faceva qualche gesto che mi attirava… mi sentivo come un sedicenne arrapato, senza sapere neanche come riprendermi; ormai ero rapito da qualsiasi cosa facesse e non la perdevo di vista neanche un attimo.
I wanna kiss you every minute, every hour, every day You got me in a spin but everythin' is A.OK!
Touching you, touching me touching you, God you're touching me!
I believe in a thing called love Just listen to the rhythm of my heart There's a chance we could make it now We'll be rocking 'til the sun goes down I believe in a thing called love Ooh! Guitar!
In quel momento della canzone, andai a fuoco.
Non mi ero accorto che sotto il palco c’era una grata, da dove a ritmi alterni, si levava una sferzata d’aria, colpendo chiunque si fosse messo là sopra.
La Lolita, come la chiamavo in quel momento, si era girata, dando le spalle al pubblico per poter guardare negli occhi il batterista, quando l’aria colpì in pieno la mini-gonna dell’abito, sollevandola del tutto.
Ecco come ammazzare una ragazzo in astinenza da quasi una settima e mezzo… pensai…autoreggenti a rete e perizoma nero abbinato ed è la fine.
I fischi si levarono dall’intera sala, soprattutto dagli uomini che si trovavano lì. Non lo notai immediatamente, ma sotto la natica destra aveva una L tatuata in stile gotico.
OH…CAZZO!
Un flashback si rifece vivo nella mia mente: due tredicenni, la loro prima cotta, una promessa del tutto fuori dal comune…
-Lu… promettimi una cosa…- mi disse lei, stringendosi nel mio abbraccio.
-Cosa?- le chiesi, carezzandole i capelli. Certi giorni, mi ricordava una tenera gattina da coccolare.
-Vorrei… che, qualsiasi cosa succeda tra noi, tu ti tatuassi l’iniziale del mio nome, come naturalmente farò io… così da poterti ricordare sempre di me…- disse guardandomi negli occhi, spavalda e convinta delle sue parole fino all’ultimo. Come richiesta, non era tanto brutta, ma a quel tempo odiavo che qualcuno mi incastrasse in promesse false e inutili.
-Assolutamente no… non m’interessa prometterti qualcosa che sai che non manterrò mai…- le dissi, arrabbiato e staccandomi vigorosamente da lei. Non notai i suoi occhi feriti, ma solo le sue parole pungenti e affilate come pugnali:
-Molto bene.. allora, dato che non mantieni le promesse, rischierò sempre di essere tradita da te… tanto vale finirla qui e smetterla di prenderci in giro… o forse dovrei dire, prenderMI. Fammi solo un favore, se torni qui a Moena, non fatti vedere attorno al locale di mio padre e al parco.-
Era un’egocentrica e mi stava sulle scatole quando non si faceva come voleva lei.
Lo sapevo che mi sarebbe mancata, ma non avrei mai permesso che qualcuno calpestasse il mio orgoglio.
Più avanti mi pentii di quello che feci e maledii per anni il mio stupido orgoglio.
Non l’avevo assolutamente riconosciuta.
Era… straordinariamente bellissima.
D’improvviso mi tastai il fianco destro dove, per una scelta insensata (o forse no?), avevo deciso di farmi tatuare una D, la sua D. Sorrisi ripensando, effettivamente, a quanto tempo avessi sprecato, immaginandomi chissà quale arrabbiatura da parte sua… Ero stato un tale sciocco a non accorgermi dei suoi sentimenti, o perlomeno non mi ero accorto della durata dei suoi sentimenti!
Non è che stai cominciando ad andare un po’ troppo oltre?
Il mio cervello forse aveva ragione, ma avevo bisogno di sapere se lei provava lo stesso.
Aspettai in ansia per tutta la durata del concerto che terminò a mezzanotte meno un quarto… Ero rimasto estasiato non solo dalla sua bellezza, ma da tutto quello che diceva e dal suo modo di sorridere e tutto mi faceva ricordare tutto quello che avevamo passato insieme.
Al terminare del concerto scese dal palco, diretta verso il bancone quasi dove mi ero rintanato io.
-Hey Giaky… il solito…- disse, sorridendo al barista. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei, dando le spalle al bancone. Lei si accorse del mio movimento, ma non disse niente.
-Per il “solito”, intendi… il succo di pera o devo pensare che tu abbia cambiato gusti?- le chiesi, spavaldo, continuando a bere la mia vodka. Si voltò di scatto, smuovendo quella massa fluente di capelli neri che aveva e arrossendo vistosamente.. decisamente, non avevo sbagliato. Mi guardò stralunata e disse:
-E tu come faresti a saperlo? E soprattutto chi sei?- mi chiese. Cavolo..!! Non mi aveva proprio riconosciuto!
- Chiunque tu voglia che io sia…- le risposi criptico. Mi guardò perplessa e mi richiese:
-E se ti chiedessi di non essere chiunque io non voglia che tu sia?-
Mi avvicinai al suo viso e le scostai un ciuffo scombinato, spostandoglielo dietro l’orecchio.
- Non sarò chiunque tu non voglia che io sia…- le sussurrai, scombussolandola.
Era un gioco che facevamo quando eravamo bambini e non s’aspettava una risposta simile. S’illuminò del tutto ed io la baciai.
Risultato? Un bello schiaffo in pieno viso.
-Brutto stronzo! Ce ne hai messo di tempo per arrivare!- mi disse, mentre io ancora mi tastavo la guancia.
-.. Bel modo di salutarmi!- le dissi, mentre ancora il suo viso non aveva smesso di gioire, nonostante quelle parole e quei gesti barbari. Mi guardò un secondo, per poi sorridere e buttarsi tra le mie braccia, in un vero bacio.
-Ciao, Luca.- mi disse, appena mi fece riprendere fiato… mi aveva letteralmente travolto.
-Ciao, Donata… Tutto bene?- le chiesi, gentile mentre lei si staccava dal mio abbraccio e si risedeva al suo posto.
-Si.. Non pensare male: quel bacio era un semplice gesto di saluto.- anticipò, prima che io potessi dire qualsiasi cosa -.. Comunque.. come mai non sei arrivato prima? Hai aspettato cinque mesi prima di venire a trovare tua sorella! Senza contare che quella pazza non vuole dire niente al suo ragaz..- continuò, gesticolando in maniera furiosa.
Era proprio una Black Lolita dal comportamento frizzante, ma con un lieve accento di timidezza che non le avevo mai visto addosso. Era sensuale, ma timidissima.
Era cambiata così tanto dall’ultima volta che l’avevo vista… o che l’avevo persa.
-Sono arrivato giusto ieri… Ah, per la cronaca, il suo ragazzo è arrivato giusto stamattina. Li ho lasciati chiusi nella dependance, quindi non credo che Gio abbia bisogno della tua compagnia al momento… Conoscendoli, staranno assieme per tutto il tempo che hanno perso.. Io sono venuto qui con il singolo compito di informare mio padre della sua salute: sa bene che se dovesse arrivare qui a Moena di punto in bianco, la farebbe solo arrabbiare, quindi è meglio che lui rimanga a Madrid.. il problema adesso ce l’ho io, però..- le dissi, rigirandomi il bicchiere tra le mani. Donata si rivolse verso il bancone e disse:
-Giaky! Porta un'altra vodka… credo ce ne sarà bisogno stasera!-
-Va bene, Don!- rispose il ragazzo, mentre mi versava un altro bicchiere.
-Qual è il problema, Lu?- mi chiese, osservandomi maneggiare ancora con quel dannatissimo bicchiere.
-Il problema? Devo informare mio padre che la sua figlia preferita è stata messa incinta dal suo ragazzo, nonché suo cugino… Non lo definiresti un problema?- le chiesi, mandando giù tutto in una volta il bicchiere appena offertomi.
Donata sospirò.
-Sapevo che sarebbe arrivato questo momento… Ma non immaginavo che l’ingrato compito sarebbe spettato a te, ma la vuoi sapere una cosa? Lascia che siano loro a dire a vostro padre del bambino. Mi sembra più che lecito. Parla con loro e chiedi se hanno intenzione di partire subito a Madrid per raccontare, così poi potrai chiamare tuo padre e metterlo tranquillo, no?- mi disse, sorridendomi caldamente.
Non ci avevo pensato, eppure avrei potuto anche farlo da solo, no? Ma non dovevo stupirmi più di tanto dato che, tanto tempo prima, era sempre stata lei ad aiutarmi in qualsiasi mio problema.
La guardai negli occhi e le dissi:
-Pensavo che tu fossi ancora furiosa con me… A quanto pare, no.-
Il suo sorriso si fece un po’ triste, ma non perse la sua consistenza.
-Non ero furiosa… ero delusa, ma io almeno ho mantenuto la promessa.. però ti stimo: almeno sei stato coerente con le tue scelte.- mi rispose, cercando di nascondersi al mio sguardo. Le presi il mento con una mano e le dissi:
-Non credo proprio…- sussurrai, sollevandomi la maglietta a maniche lunghe che indossavo e mostrandole il tatuaggio sul fianco destro. Ci rimase letteralmente di sasso.
-Tu… tu.. ma allora… non ti sei..- cominciò a balbettare, ininterrottamente; le posai un dito sulla bocca e sussurrai:
-No che non mi sono mai dimenticato di te… forse ero troppo orgoglioso per capire quanto valessi, forse ero proprio un bambino e ancora posso definirmi tale.. ma non avrei mai potuto dimenticarmi. E sai perché l’ho fatto tatuare qui?- le chiesi, tranquillamente. Lei scosse il capo, rossa in viso.
-Per tenerti sempre al mio fianco.. dove avrei voluto che tu stessi.. anche dopo aver fatto quella cazzata.. anche se, a pensarci bene, di cazzate ne feci tante anche dopo..- dissi, colpevolizzandomi. Mi sorrise e sussurrò:
-Non sei stato il solo… che ne dici di ricominciare?-
In quel momento ebbi lo stesso flashback, ricordandomi della stessa domanda fatta però da Mélita. Scossi la testa.
Questa volta sarà diverso.. perché Donata è diversa.
Le sorrisi e l’abbracciai.
-Sì, My D. … Ricominciamo.-
Certe volte, quando non vediamo altro che il grigio, un raggio di sole può sempre aiutare ad aprirci gli occhi ormai abituati alla monotonia del colore… ma un raggio di tale splendore, quale era Donata, non poteva solo aiutarmi ad aprire gli occhi.. poteva portarmi oltre, aldilà dell’arcobaleno.
E di questo ne ero pienamente convinto.
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Capitolo 8 *** SESTO CAPITOLO ***
SESTO CAPITOLO
Ema…
Non mi sentivo così bene da… non mi ricordavo neanche quando.
Sapevo solo di stare bene così, senza le paure del mondo a buttarmi giù, senza che qualcuno mi strappasse via dalle braccia, ancora una volta, l’amore della mia vita. In quel momento potevo sentirmi rilassato, dato che dormiva placidamente tra le mie braccia.
Non mi sembrava vero.
Lei.. non era tornata, solo perché pensava non l’avrei accettata.
Che illusa… la vorrò anche quando sarò uno straccio e dovrò prenderla in braccio! Pensai, sorridendo.
Sinceramente, non mi aspettavo che avremmo passato tutta la giornata, effettivamente, a letto. Tra una coccola e l’altra ci siamo lasciati molto andare e a quanto sapevo, non ero l’unico che aveva risentito dei mesi d’astinenza.. anche se in teoria non avremmo potuto fare niente, però la carne è debole e.. bé, credo si sia capito come sia andata a finire, no?
Si mosse nel mio abbraccio, lenta e attenta anche nel sonno, a non girarsi di pancia, cosa che poteva capitare.
Lentamente, sfiorai la sua pancia: non mi aspettavo che un miracolo così stupendo stesse avvenendo proprio a noi. Nonostante fossimo troppo.. giovani per avere un bambino, sentivo che ce l’avremmo fatta. Che ce l’avrei fatta.
E in ogni caso, ce la dovevo fare.
Ogni tanto, al passare della mia mano, il bambino/a mi salutava con un tenero calcetto; ad ognuno di questi, la madre non batteva ciglio, come se non lo sentisse.
Povera… chissà da quanto tempo non dorme una notte di fila. Osservai meglio la pancia, chissà quante volte lui o lei ti ha fatto compagnia, mentre non c’ero.. scommetto che, in quanto mio figlio, non ti ha fatto mancare la felicità di cui avevi bisogno per andare avanti, pensai, sentendomi vagamente in colpa.
Avevo perso un’infinità di tempo… non avevo avuto occasione di poterla abbracciare al sapere della dolce notizia, non avevo visto nostro/a figlio/a crescere dentro di lei, non avevo potuto partecipare alle compere per lui o lei… mi ero perso una delle parti più importanti, ma avevo ancora qualche mese per rimediare.
In quel momento che ci pensavo, mi sembrava troppo grande quella pancia per essere semplicemente al quinto mese. Certamente, non sono mai stato un medico, ma non ce ne voleva certamente uno per determinare che quella pancia sembrava molto più larga del necessario… a meno che non fosse incinta di un elefante!
Risi della mia infantilità; avevo perso anche quella, durante i miei giorni di depressione. Tremai leggermente, ricordandomi ancora della brutta sensazione che ebbi quando non la vidi più nella sua camera e la strinsi a me, forse leggermente più forte del dovuto, tanto che si mosse velocemente.
Forse ho esagerato un pochino…
Come un raggio di sole, tanto atteso dopo mesi e mesi di pioggia, Gio aprì gli occhi e mi guardò estasiata; non aveva mai smesso di far brillare quei due diamanti blu notte che erano i suoi dolci occhi e.. sentivo di amarla molto di più di quanto avessi mai potuto immaginare.
Si sollevò un pochino, accoccolandosi meglio nel mio abbraccio e scompigliandosi i lunghi capelli. Notai solo in quel momento che se li era fatta accorciare di qualche centimetro, ma non aveva guastato il suo aspetto, anzi l’aveva quasi rinvigorita. Stava schiarendosi un po’ la voce, prima di sussurrare delicatamente il suo buongiorno.
-Buongiorno anche a te, amore mio…- le sussurrai sulle labbra, prima di sfiorarle delicatamente le labbra.
Il suo sorriso si fece pian piano sempre più radioso, tanto da oscurare anche quel minimo di luce che proveniva dalla finestra.
Ero talmente tanto condizionato dalla sua presenza- quella stessa presenza che era mancata per tutto quel tempo che non riuscivo a fare a meno di gonfiare ogni minimo movimento o minimo passaggio che compiva.
Gio…
Mi sentivo persa in un mondo fatto di nuvole candide e cieli limpidi… non so effettivamente dove mi trovassi esattamente, so soltanto che era uno splendido posto.
Mi sentivo come se fossi sdraiata sopra il manto soffice di una pecora o come se una nuvola si fosse gentilmente offerta di accogliermi sopra di sé. Era sicuramente la sensazione più bella che avessi mai potuto provare.
Ad un certo punto sentii qualcuno chiamare disperatamente qualcun altro.
-Mamma!! Mamma!-
Mi sollevai di scatto e vidi davanti a me un angelo, sotto le sembianze di una bambina.
Correva verso di me, ma non riuscivo a vederla perché era troppo lontana e la luce cercava di precludermi la visione del suo viso; continuava disperatamente a chiamare la sua mamma. Mano a mano che correva verso la mia direzione, riuscii ad identificare il suo volto.
Boccoli scuri e un po’ disordinati sulla testa e con lineamenti perfetti, quasi come i miei… l’unica cosa che mi fecero capire chi fosse, furono anche l’ultima che vidi: i suoi occhi azzurri erano limpidi come acqua di mare e la gioia si rifletteva perfettamente in tutto il suo splendido viso. Gli stessi occhi di Ema.
-Mamma? Cosa ci fai sdraiata lì? E’ ora di andare…!- mi disse la bambina, prendendomi per mano e trascinandomi con sé.
Quella era la nostra bambina, la cosa più splendida che stesse arrivando nella nostra vita.
Attraversammo una luce, mentre la sua risata cristallina risuonava come un eco celestiale… sentii effettivamente che stavo per riacquistare conoscenza, in quel mondo dove la mia bambina non era ancora arrivata, ma che sarebbe stata accolta da lui.. da Ema. Mi mossi in uno scatto veloce però avevo quasi paura ad aprire gli occhi.. quasi come se avessi avuto un’illusione, molto bella certo, ma pur sempre un’illusione.
Sentii mancarmi il coraggio per aprire gli occhi ed affrontare la dura realtà, ma solo in quel momento mi accorsi di un paio di braccia che mi tenevano avvinghiata e un respiro fresco sulle mie labbra.
Non credo che avrei potuto continuare a dubitare, ancora: per quanto fossi sempre stata abile nell’immaginarmi le cose, mi sembrava impossibile che stessi vivendo un’illusione sensitiva di quel calibro.
Aprii gli occhi pian piano, quasi per evitare di farmi troppo male e mi ritrovai catapultati nei suoi occhi. Ema.
Gli stessi occhi della nostra bimba.
-B..buongiorno..- dissi, imbarazzata al massimo.
-Buongiorno anche a te, amore mio..- sussurrò, sorridendo in quella maniera che avrebbero dovuto dichiarare illegale a livello internazionale; si calò delicatamente su di me, coinvolgendomi in un bacio splendido.
Ormai avevo capito che non avrei potuto farne a meno e che era lui la mia sola ragione d’esistenza… lui e la bimba.
-ODDIO!!- saltai giù dal letto in uno scatto repentino che fece muovere l’esserino dentro di me. Ema si spaventò talmente tanto che cominciò a farneticare cose insensate e a muoversi per la stanza tipo razzo, dicendo:
-Oddio.. il bambino si sta svegliando… presto.. mettiti la mia felpa.. ti preparo il cambio… stai calma, respira…-
Mi fermai un attimo, giusto per vedere quanto si stesse prodigando nel procurarmi tutto quello che mi sarebbe potuto servire per andare in ospedale; sembrava agitato ed emozionato.
Cominciai a ridere talmente tanto che dovetti sedermi sul letto, per evitare di perdere l’equilibrio: non mi era mai capitato di vedere Ema in una situazione talmente tanto comica. Si bloccò un attimo, vedendomi ridere come un’ossessa con un grande punto interrogativo sul volto da farlo sembrare un personaggio di un manga.
-Sei.. ahahahaha… Troppo tenero quando fai così… ahahaha- dissi, perdendomi tra una risata e l’altra. Ema mi guardò e chiese:
-Quindi… non c’è nessuna emergenza?-
Scossi il capo, mentre cercavo di asciugarmi le lacrime. Non mi accorsi del suo movimento e, tutto ad un tratto, mi ritrovai sdraiata supina sul letto con lui sopra.
-Non credo che ora ti convenga scherzare più di tanto, signorina. Sai, conosco molti e dico MOLTI giochini che potrebbero divertire me… ma non so quanto possano esserlo per te..- sussurrò, con quella voce sensuale che non sentivo da troppo tempo per poter anche solo rispondere a dovere; l’unica azione sensata che sembrò riuscirmi fu arrossire come una bambina.
Bambina. Mi risvegliai, ancora una volta, di colpo.
-Ema! C’è un motivo se ti ho “spaventato” … e’ che…- cominciai, cercando di dare un significato logico al mio sogno. Ema, intanto si era seduto di fianco e mi aveva letteralmente fatta poggiare su di sé; Amore.. quanto mi sei mancatoo! Pensai, cercando di non dimenticare il filo del discorso.
-Ecco.. ho fatto un sogno. Sognavo una bambina che mi correva incontro.. Gridava:”Mamma! Mamma!”; io non capivo a chi si stesse rivolgendo, ma mano a mano che si avvicinava mi accorsi che era… che aveva i tuoi stessi occhi.. e .. e somigliava a me.. cioè a noi… Insomma… Ho come la sensazione che questa sarà proprio una bambina!- gli dissi, imbarazzata al massimo.
Ema mi guardava come se fossi una specie di alieno, mentre cercava di trattenere le risate; lo sapevo che non mi avrebbe creduto… mi dissi, mentre sbuffavo, uscendo dalla stanza.
Mi seguì, ridacchiando come un ossesso, formulando nel mentre parole incomprensibili e frasi assurde che somigliavano tanto a “ ho una fidanzata veggente” e “ha vistoo!!”.
Mi sentivo leggermente offesa nell’animo: certo che avrebbe potuto essere un pochino più delicato mentre gli raccontavo dei miei sogni… non gli ho mica detto di credermi! Sentivo come se degli spilli leggeri stessero perforandomi la schiena e sapevo che non avrei retto per molto. Mi voltai di scatto e gli chiesi:
-La vuoi smettere di prendermi in giro? Sono cosciente del fatto che di sicuro, non posso definire per certo che il nostro bimbo sarà una femmina, ma…-
-Invece puoi dirlo forte e chiaro, sorellina: sarà la più dolce bambina di questo mondo!- disse una voce, proveniente da dietro di me. Mi voltai di scatto, vedendo Luca appoggiato allo stipite della porta con una busta grande e gialla: erano i risultati dell’ecografia!
Rimasi dieci secondi in silenzio, prima di correre verso di lui e prendergli dalle mani i risultati. Gli aprii e.. Oddio.. C’era la mia bambina lì! Guardai Ema, sbalordito dall’affermazione di Luca, e sorrisi trionfante:
-Visto? Che ti dicevo? Eccola la nostra bimba!-
Ero felicissima: sapevo che quello non era stato un semplice sogno e la prova ce l’avevo lì, davanti ai miei occhi, dentro quelle immagini! Si avvicinò anche il mio amore a vedere le immagini della nostra piccolina, rimanendo imbambolato per più di un minuto.
Lo intravidi giusto per un attimo, prima che bisbigliasse un confuso:
-Scusatemi, ma.. devo uscire un attimo.-
Lo guardai mentre si dileguava dalla nostra vista; mi preoccupai più del dovuto.
-Tranquilla, sorellina. Non so se te ne sei accorta, ma aveva le lacrime agli occhi e sicuramente non voleva farsi vedere da noi…- mi disse mio fratello, cingendomi la vita con un braccio. Rimasi piacevolmente colpita da quella frase, desiderando presto di poter abbracciare Ema e ripetergli ancora di quanto fossi felice. Fu una frase di Luca a risvegliarmi da quei dolcissimi pensieri:
-Gio… effettivamente, c’è un motivo se sono arrivato fin quassù.. – mi porse il suo telefono -… Chiama papà: è molto preoccupato, nonostante tu ti faccia sentire, lui sospetta qualcosa e non sarà sicuro fino a quando tu non gliene parlerai. Fallo prima che gli possa scoppiare qualche coronaria e, te lo giuro, mi sembra al limite di un infarto..- mi disse, lasciandomi sola.
Sapevo che prima o poi sarebbe arrivata questa resa dei conti ed in un certo senso non temevo il loro giudizio, anche perché nelle situazioni peggiori sono riuscita a cavarmela egregiamente. Però… non volevo deludere ancora mio padre.
Per il mio bene aveva accettato Ema ed aveva, sicuramente accettato, il fatto che lui mi raggiungesse qui a Moena; nonostante non ne fossi pienamente convinta, lo sospettavo.
Avevo paura di deluderlo, ma per me quella bambina non era una delusione: mi sentivo pronta e non avevo paura, e con l’amore della mia vita al mio fianco ce l’avrei fatta.
Lo presi in mano e l’osservai attentamente, imprimendomi tutti i minimi particolari di quel piccolo oggetto, sperando in un qualche segno divino che mi facesse capire cosa dovessi fare.
Poi mi venne in mente l’immagina di Ema che usciva dalla stanza per evitare che vedessi le sue lacrime di commozione… la decisione non poteva che essere una sola.
Presi in mano il cellulare e composi velocemente il numero di mio padre, compiendo il tutto con una calma del tutto inaspettata.
Squillò tre volte, prima che mio padre potesse rispondere.
-Luca, dimmi…-
Mi schiarii la voce e dissi decisa e chiara:
-Sapevo che non sarei mai riuscita a convincerti, papà…-
Lo sentii sospirare di sollievo e rispondermi in una maniera talmente tanto pacata da lasciarmi di stucco.
- Credevi che non conoscessi la mia scricciolina? Illusa… ormai quando menti me ne accorgo solo dal tono di voce e non ho più bisogno di guardarti in faccia.-
-Non.. credo sia opportuno dirtelo a voce… anzi dirvelo a voce… Preferirei… ehm… preferiremmo…- non riuscivo a parlare da quanto ero nervosa; improvvisamente sentii la sua mano sfiorarmi la spalla. Sollevai lo sguardo e vidi il mio fidanzato sorridermi, in una maniera talmente tanto sicura da sbloccarmi.
-Preferiremmo venirvi a trovare. Ema ed io…- e anche qualcun altro… pensai sfiorandomi un po’ il pancione.
Dall’altro lato del telefono, lo sentii sospirare.
-Non ti fidi più di me, Giorgia?- mi chiese, più tagliente di un coltello.
-No, papà… non ho paura di fidarmi di te… ho.. niente. Ci vediamo tra un paio di giorni.. va bene?- gli chiesi, cercando di sviare il discorso.
-Va bene… ciao tesoro…- mi rispose, sospirando in quella maniera dannatamente fastidiosa.
Sapevo che avrei dovuto dirglielo adesso, piuttosto che metterlo davanti al fatto compiuto.
Ema, accanto a me, mi stringeva le spalle con un solo braccio e cercava di infondermi coraggio. L’abbracciai di slancio, avvolgendolo con le mie braccia, fin dove mi fosse possibile, nonostante il mio pancione. Sentii il suo respiro tra i miei capelli e l tendersi delle sue labbra in un sorriso.
-Non ti lascerò. E non farò mai niente che possa ferirti… Andremo da tuo padre e torneremo vincitori! Tutti e… tre.- disse, carezzandoci.
Mi sentivo al sicuro e sapevo che potevo esserlo solo accanto a lui; in quel momento, neanche l’ombra più oscura e spaventosa di questo mondo avrebbe potuto scalfire la mia felicità.
L’angolo dell’autrice…
Scusate il ritardo..!! L Davvero! Pensavo di riuscire a scrivere senza problemi in questi giorni di vacanza, ma mi sento anche più impegnata rispetto ai giorni dell’anno..!! Spero di avere più tempo per riprendere a scrivere senza alcun problema…!
Bene.. sono contenta che vi sia piaciuto lo scorso capitolo dal punto di vista di Luca… era una di quelle cose che mi ha sempre attirato, acnhe se non credo scriverò una storia su Luca… ho in mente un nuovo progetto che, spero, riesca a mettere in moto presto! :D
Ringrazio vivamente Bribry85 e Lucyette che hanno commentato lo scorso capitolo!! Vi ringrazio perché nonostante io sia sempre e perennemente in ritardo ci siete sempre ed aspettate con ansia il nuovo capitolo!! :D Spero che anche questo capitolo vi piaccia..!! Vi aspetto!!!
E intanto, ricordo a tutti che se vogliono commentare possono farlo senza problemi… Io non ho mai mangiato nessuno!!
BEUCCIOSSS***
A presto!!
Vostra… Kyryu!!! :D |
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Capitolo 9 *** SETTIMO CAPITOLO ***
L’angolo dell’autrice…
Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitoloo!! :D
Spero di non essermi fatta attendere troppo (anche se credo vivamente di sì), però sono tornata!
Wow!! Ringrazio ancora chiunque legga la storia pur senza commentarla… in qualche modo mi trasmettete una bella sensazione, nonostante non lasciate commenti! E naturalmente, non meno importanti, ringrazio le ragazze che commentano la storia: grazie mille!! Siete davvero favolose… Soprattutto mi piacciono da morire i commenti che fate! *_______* Eheheeheheh!!
Al momento sono a corto di tempo per rispondere singolarmente, ma posso promettervi che la prossima volta mi dedicherò ad ognuna di voi!!
GRAZIE ANCORA 4lb1c0cc4, bribry85, lucyette E chiia_!!! Grazie davvero!!
Godetevi questo capitolooooo!!! :D
BESOSSS** Vostra… Kyryu!! :D
SETTIMO CAPITOLO
Ema..
Chi l’avrebbe mai detto che, dopo essere uscito da uno stato di paura assoluta durato cinque mesi, mi sarei andato a ricacciare in una situazione simile?
Bene, ve lo posso confermare, dato che in quel momento ci trovavamo in viaggio per Madrid. Avevo chiamato Alex, per avere a disposizione il jet di mio padre: sapevo perfettamente che con Gio al quinto mese di gravidanza non poteva più viaggiare in aereo, ma non avremmo potuto fare altrimenti. Ovviamente anche Luca e Donata erano voluti venire con noi: Luca per non lasciare ad affrontare i miei genitori da sola e Donata per non separarsi da Luca! Facevano dannatamente ridere.
Non si capiva come mai andassero tanto d’accordo quei due: uno era un farfallone che si credeva figo e dal carattere spavaldo, l’altra era una metallara, tutta dark e borchiata e dal carattere apparentemente aggressivo che si scioglieva in timidezza quando la si sapeva cogliere negli attimi giusti; praticamente era impossibile determinare il carattere del loro rapporto! Però a quanto pareva, sembravano riuscire a coesistere tranquillamente.
-Desidera qualcosa, Signor Reali?- mi chiese una hostess venticinquenne, sicuramente chiamata da Alex, dallo sguardo carico di doppi sensi. Sentii improvvisamente una scarica gelida, proveniente da qualcuno che sedeva di fronte a me. Sollevai lo sguardo verso di lei e la vidi lanciare fulmini e saette in ogni dove: era proprio vero che quando le donne sono incinte cominciano a marcare il territorio in maniera ossessiva.
-No grazie. Tesoro, desideri qualcosa?- chiesi a Gio perdendomi nel suo sguardo; notai il suo cambiamento d’espressione, e soprattutto il colore del suo viso che passò dal rosa pallido al rosso carminio… le piaceva quando la guardavo in quel modo.
Un modo non artificioso, ma uno sguardo pieno di quel sentimento che a parole, nonostante il “Ti amo” ci si avvicinasse, non bastava ad esprimerlo appieno. Borbottò all’hostess un semplice “no, grazie”, lasciandola andare a rivolgersi a Luca e a Donata. La guardai ancora per un po’: seduta in quella poltrona bianca, osservava fuori dall’oblò persa in chissà quali pensieri. Quel giorno aveva deciso di legare i capelli grazie ad una pinza che le raccoglieva solo una parte, lasciando che la maggiore parte dei capelli ricci le cascassero lungo la schiena. Indossava un bel maglioncino rosso a collo alto ed un paio di jeans neri, accompagnate da un paio di scarpe col tacco nere.
Allungai la mia mano verso il bracciolo della sua poltrona, trovando la sua pronta a stringere la mia. Il suo sguardo si piantò nel mio, predicendo quello che stava per chiedermi a parole.
-Se mio padre non dovesse accettarci?- mi chiese, preoccupata. Non era da tutti i giorni vederla così insicura, ma lei teneva a suo padre più di ogni cosa. Cominciai a giocherellare con le nostre dita.
-Bè… ci scommetto tutto quello che vuoi che comincerà ad urlare come un pazzo, ricordandoci tutta la storia dei contraccettivi e sulle varie protezioni… E tua madre rimarrà scioccata. Dopo questo sfogo, m’immagino tuo padre atterrarmi con un solo pugno. Vedrai, ci sarà da ridere, però sono sicuro che, dopo tutte queste peripezie, riusciremo a cavarcela anche se con qualche dente rotto ed un paio di lividi..- le dissi, provocandole una risata divertita, tanto da scatenare la curiosità dell’hostess.
-Credo tu abbia espresso l’idea più che perfettamente, ma non mi stai ispirando molta fiducia… farei di tutto affinché Alex di facesse tornare indietro alla velocità della luce, permettendomi di chiudermi nella dependance di Moena.- mi rispose, riassumendo quell’espressione seria di poco prima.
Afferrai tutt’e due le sue mani e le dissi, deciso:
-Non aver paura, per qualsiasi cosa, sarò sempre accanto a te.. E’ la cosa giusta da fare e poi.. potremo decidere di vivere come vorremo. E’.. bè, effettivamente è presto, però daremo a nostra figlia tutto l’amore che abbiamo e ce la faremo. Te lo prometto-
Quelle parole sembrarono confortarla un poco, forse giusto il tmepo di riuscire ad atterrare a Madrid.
Accanto a noi, Luca e Donata sembravano sostenere la nostra causa.
-Non preoccupatevi, ci saremo anche noi.. anche perché credo che abbiamo da dare anche noi un paio di notizie, in casa. – disse Donata, divenendo rossa come un pomodoro sotto quegli strati di trucco da metallara. I punti interrogativi stampati sui nostri visi fecero partire le spiegazioni un po’ confuse ed eccitate dei ragazzi.
-Ehm.. noi vorremmo… ehm.. lui.. come dire…- cominciò Donata, gesticolando furiosamente.
- In pratica.. Mi piacerebbe rimanere in Italia e restare con la mia D . Credo di aver perduto già abbastanza tempo senza di lei… e magari, dopo aver concluso gli studi, cominciare un piccolo tour per il mondo..- terminò Luca, sorridendo vistosamente.
-Almeno la vostra notizia non è drammatica quanto la nostra…- rispose Gio, mentre si risistemava sul suo sedile, quasi agitata. Sorrisi, comprendendo tutta quella negatività che l’aveva assalita e cercando di non appesantire la situazione.
Una voce interruppe i nostri discorsi.
-Reali Private Jet augura ai signori passeggeri un caloroso benvenuto a Madrid e una buona permanenza- disse Alex, ridendosela alla grande.
Gio sorrise, ma non compresi quale fosse il motivo.
-Bé.. adesso che ci penso tutto cominciò grazie ad un aereo… quello stesso aereo che mi aveva portato a Roma… che mi aveva portato dritta da te.- disse, sciogliendo quella sua dura espressione.
I suoi occhi ripresero un po’ di vigore ed il suo animo sembrava essersi acquietato per un poco. L’hostess, mentre ci mettevamo in piedi e prendevamo le nostre cose, continuò a sorridermi come un’affamata; anche Gio se n’era accorta, ma, caso strano, aveva preso la sua borsetta ed aveva intrecciato la mia mano alla sua e le era passata davanti, sorridendole e salutandola educatamente.
Set concluso 1-0 per Gio!
Quanto mi piaceva vederla con quel sorriso: sembrava un sole che, anche in mezzo alle coltri più cupe, illuminava senza alcuna riserva.
-Com’è stato il viaggio?- mi chiese Alex, mentre dopo aver parcheggiato il jet stava scendendo con noi la scaletta.
-E’ stato molto tranquillo, grazie…- risposi, sorridendogli. Lui, notando il mio vistoso sorriso, rispose maliziosamente:
-Ci credo.. di certo non hai più quell’espressione da depresso che avevi qualche giorno fa.. ma perché mi hai chiesto proprio di portarvi qui? Non mi sembra la stagione adatta per farsi una vacanza in Spagna..-
La sua osservazione mi fece rispondere in automatico:
-Stiamo andando a dire ai miei suoceri che diventeranno nonni… mi sembra sia la stagione che il momento adatto per farglielo sapere…- dissi -.. soprattutto per considerarmi ancora vivo…- aggiunsi, sottovoce, facendomi sentire solo da lui.
Alex scoppiò in una sonora risata e rispose:
-Buona fortuna, allora, ragazzi! Vi auguro che Matteo sia magnanimo!- disse, mentre si dirigeva verso i collaboratori d’atterraggio per salutarli. Gio mi guardò e chiese:
-Come fa a conoscere mio padre?-
-A quanto ho capito, Alex era l’ex fidanzato di tua madre e rivale di tuo padre…- le risposi, scioccandola con questo scoop. Non capita tutti i giorni di ritrovarti occhi negli occhi con un antico spasimante dei vostri genitori!
Eravamo nella periferia di Madrid ed avevamo preso una macchina a noleggio, una semplice Volvo C30; saremmo arrivati in meno di una ventina di minuti, se non trovavamo traffico. Se si guardava fuori dal finestrino non si vedeva altro che neve, ma io non avevo bisogno del sole per stare allegro. Tutto quello di cui avevo bisogno era già al mio fianco e guai a chi me l’avrebbe tolta.
Il cartello stradale per entrare a Madrid si fece vivo ben presto e questo tenne un po’ tutti col fiato sospeso; ormai mi sembrava impossibile negare che non fossi agitato.
Me la stavo letteralmente facendo sotto.
Non avevo paura delle conseguenze: sarei rimasto con Gio e la mia promessa l’avrei mantenuta.
L’atmosfera spagnola fece bene un po’ a tutti, a Donata fece bene perché non vi era mai stata, per Gio e Luca perché era la loro patrio… a me perché mi era sempre piaciuta Madrid. In quel momento, pensai alle possibilità di lavoro che potevo avere: bé, oltre ad avere i locali che gestivo da un paio d’anni, potevo avviare i miei studi come imprenditore, ma sapevo che quella effettivamente non era la mia strada; a me piaceva da matti cucinare. Ogni volta che mi mettevo dietro ai fornelli o che andavo a comprare qualcosa al mercato, mi sentivo realizzato.
Non potevo far lavorare Gio, non gliel’avrei permesso avendo la bambina e volevo garantir loro di avere ogni cosa, sempre.
Arrivammo nel centro, costeggiando il parco de El Retiro, vicinissimi alla casa della famiglia Dorotei. Entrai nel parcheggio dei residenti e stoppai la macchina in un parcheggio qualsiasi. Guardai Gio ancora una volta negli occhi, sperando che potessero infondermi il giusto tipo di coraggio che mi sarebbe servito per combattere quella bestia imbufalita di zio Matteo; nonostante fossimo quasi alla stessa altezza, sapevo che il suo sguardo era più forte del mio.
-Calma. Non accadrà niente, ricordi? Giusto qualche livido e qualche dente rotto, no? Che cosa sono queste paure se confrontate a quei momenti di felicità che verranno in futuro?- mi incoraggiò Gio, prendendo le mie mani tra le sue e sorridendo affabilmente, come se quello che stessimo per andare a dire non fosse niente di particolare.
Dovevo essere io ad infonderle il coraggio, non il contrario e, a causa di questo, mi sentivo uno schifo. Luca e Donata erano seduti dietro ed annuivano alle parole di Gio, come a volerle dare ragione.
Presi un respiro e scendemmo dall’auto, pronti per suonare al campanello della casa Dorotei, dove la famiglia sicuramente era riunita a guardare la tv.
Pregai che in quel momento non fosse presente lo zio e che ci fosse solo zia Cristy; almeno quello mi avrebbe aiutato a respirare con una certa tranquillità.
Scendemmo dalla macchina e ci avviammo al portone.
Gio sembrava quella più determinata a “conquistare la meta” , rispetto a tutti noi. Dovevo affrettarmi, come diceva quel detto? Ah sì! O la va, o la spacca!
Suonai al citofono e dall’altro lato sentii la voce forte dello zio chiedere:
- Quién es?-
-Siamo noi, zio- dissi io, preparato al peggio.
-Salite..-
Quell’ultima frase mi aveva ghiacciato, mentre sentivo il portone aprirsi automaticamente.
La casa di Gio e di Luca era non certo ai livelli di Villa Reali, ma era abbastanza grande da poter ospitare un bel po’ di persone. Avrei scommesso che gli zii ci avrebbero aspettato nel salotto.
Un passo. Un respiro. Due passi. Un altro respiro.
Faceva caldo nonostante fossimo a Dicembre inoltrato, o era solo una mia impressione?
Arrivammo nel salotto e vidi zio Matteo, seduto in poltrona e zia Cristy voltata di spalle, mentre si accingeva a preparare qualche cosa da bere.
Notai immediatamente il cambiamento repentino nello sguardo dello zio, che era riuscito a captare immediatamente il motivo della segretezza della figlia, ma non fece niente.
Si era bloccato. Non aveva mosso neanche un muscolo.
-Ciao ragazzi… Matte che fai lì impalato: non volevi salutare tua figlia?- disse zia Cristy, voltandosi con un vassoio di bicchieri in mano. La sua reazione fu peggiore: le cadde di mano l’intero vassoio, lasciandola impietrita per due secondi buoni.
Gio prese in mano l’intera situazione e cominciò a dire:
-Mamma, Papà… so che questo non era quello che…-
Non riuscì a finire la frase che zia Cristy le si avvicinò velocemente e la schiaffeggiò. La sonorità di quello schiaffo a contatto con la pelle aveva rotto qualsiasi altra forma di rumore, come lo scricchiolare dei pezzi di vetro sotto i piedi della zia.
Vidi Gio passarsi la mano sulla parte dolorante, per poi rispondere con un sorriso amaro:
-Immaginavo qualcosa del genere…-
Zia Cristy la guardò ancora per un po’ e con le lacrime agli occhi le disse:
-Non mi sembra che ti abbiamo mai insegnato a comportarti in questo modo così alla leggera! Come ti è saltato in mente di…-
-Zia! Aspetta! Lei non l’ha fatto apposta è stata col…-
-… non dirci niente? Di non fidarti di noi? Non volevi metterci al corrente che saremmo diventati presto nonni? Eppure sai perfettamente che con noi puoi parlare di tutto.. Credevi veramente che ci fossi cascata, io, quando telefonavi e facevi finta di essere allegra? Aspettavo il momento in cui tu avessi voluto parlarmi del tuo problema..- terminò la zia, abbracciando Gio di slancio, sconvolgendo perfino zio Matteo.
Quell’abbraccio conservava tutto quell’amore che una madre poteva possedere per una figlia; dopo l’abbraccio, cominciò ad accarezzarle il volto per vedere se le avesse fatto male, per poi esaminare il nostro bambino, passandole sopra il ventre la sua mano.
-Ma.. allora.. avevi capito anche tu che ci nascondeva qualcosa!- esclamò lo zio.
La zia, si chinò a terra per cominciare a raccogliere i pezzi dei bicchieri e disse:
-Pensi che non conosca mia figlia? Soltanto perché io sto fuori dalle vostre chiacchierate, non significa che non sappia com’è mia figlia.. e soprattutto che non mi accorga di niente quando sta soffrendo e non lo dice!-
Vidi alcune lacrime solcarle il volto mentre, raccogliendo i cocci, cercava di nasconderle con i capelli. Lo zio si avvicinò a lei e l’abbracciò sussurrandole qualcosa che la facesse calmare. Sollevò lo sguardo verso di me, mentre io mi stringevo Gio al petto.
-Fai sedere Gio sul divano… dateci qualche minuto e… ne parliamo-
Occhiata gelida e frase ad effetto: ecco come lo zio proponeva gli affari.
Ero pronto. Me lo sentivo. Ce l’avremmo fatta. |
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Capitolo 10 *** OTTAVO CAPITOLO ***
L’angolo dell’autrice…
Salve a tutti!! Scusate il ritardo… ma la storia, nonostante stia volgendo al termine, mi ha dato alcuni grattacapi.. Vi ringrazio immensamente per il vostro sostegno, nonostante io non sia mai puntuale.. Vi voglio un bene immensooo!!
*___* Woooow!! Quattro recensionii!!
Non sapete quanto io ne sia contenta.. cominciamo a commentarne qualcuna!!
4lb1c0cc4: Ahahahaha… Come sono felice che ti sia piaciuto il capitolo!! :D Naturalmente, lo schiaffo di Cristina l’ho messo di proposito: nessuno si sarebbe mai aspettato una scena simile… tranne forse Gio.. ma questo lo leggerai più avanti!! Non voglio anticipare nienteee!! P.s. io fossi in te, non mi aspetterei molto da Matteo.. U__U
Lucyette: stupire, come ho già detto, è il mio mestiere.. ahahaha!! Scherzi a parte, sono consapevole del fatto che molto spesso i miei capitoli siano cortissimi… il problema è che non vorrei unire due capitoli assieme e poi far diventare un macello la continuità della storia.. sono precisina.. e soprattutto ho uno spiccato senso per far soffrire il lettore.. e me ne rammarico di questo.. anche se non sono per niente incline ad accettare di allungare i capitoli e metterci cose in più..:D Ahahah! :D Spero che questo capitolo ti piacciaaa!! Aspetto un commentoo! BESOSSS**
Bribry85: XD .. stranamente hanno tutti la stessa idea su Matteo.. Ahaha!! Questa volta l’ho fatto rimanere in panchina.. ahahahaha!! :D Grazie per aver commentato… aspetto una tua opinione su questo capitolo che spero ti piacerà altrettanto.. !! A prestooo!! ***
Savy85: che bello!! Una nuova recensistaaa..!! Salve e benvenuta nel mio mondooo… sono contenta che questa storia ti sia piaciuta a tal punto da leggere sia questa, che “Odiami.. perché TI AMO!” (ho letto la tua recensione anche su quella storia!)… e soprattutto, che ti sia piaciuta tanto da commentarlaa.. spero che anche questo capitolo ti soddisfii!! Un besosss** al prossimo capitolooo!!
Ok.. Adesso possiamo dedicarci interamente alla storia.. innanzitutto, vorrei ricordare che questo è il terzultimo capitolo… :D Sono sempre indecisa sul come e quando finire la storia, ma penso che prima o poi debba finireee.. anche perché ne ho anche un altro paio da concludere ed una che sto scrivendo da un po’ che vorrei mettere a disposizione delle vostre menti attente e della vostra brama di lettura… Però, bando alle ciance and enjoy this new chapter!!! :D
A presto!
Vostra, Kyryu!! *___*
OTTAVO CAPITOLO
Gio…
Sinceramente mi aspettavo una reazione simile da mia madre. Non avevo voluto dirlo ad Ema per non farlo preoccupare e per non farlo reagire in maniera esagerata: erano pur sempre i miei genitori e avrei permesso loro di fare quello che ritenevano giusto; nonostante io fossi già maggiorenne e stessi andando contro il loro volere, gli avrei lasciati sfogare, ma non per questo avrei mai cambiato idea. Anche perché in quel momento sarebbe stato impossibile tornare indietro.
Ci sedemmo sul divano ed Ema mi sostenne fino a farmi sedere: avere un bambino che pesasse come un elefante in grembo, non era certamente una passeggiata!
Mi prese il mento con la mano, facendo ruotare la mia testa sul lato sinistro, il punto dove mia madre mi aveva schiaffeggiata.
-Fa male?- mi chiese, tastando lievemente la guancia. Gli sorrisi, pensando a quanta gentilezza impiegasse in ogni suo gesto.
-No.. Almeno, fa molto meno male rispetto a quando non c’eri… e la colpa credo sia mia…- gli risposi, abbassando lo sguardo; non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.
Immediatamente, sentii le sue mani intrappolare il mio viso, con una forza che non aveva mai esercitato su di me.
-Guardami negli occhi, Giorgia – mi disse, arrabbiato. Sollevai lo sguardo, stupita da quelle sue parole, mentre lo puntavo nei suoi. Sembravano un mare in tempesta.
-Smettila di colpevolizzarti su un qualcosa che reputo come “argomento chiuso”. Non lo sopporto…-
Le sue parole mi colpirono, soprattutto perché le aveva detto con un tono talmente tanto duro da farmi sentire in colpa.
-E’ inutile che tu cerchi di convincermi a smetterla: credo non la smetterò mai di sentirmi in colpa per questo. Hai sofferto troppo per poter permettere che io non mi senta in colpa… Ti ho fatto soffrire, ti ho privato di sapere la verità, ti ho lasciato per cinque mesi… sarei assolutamente da biasimare per il mio comportamento stupidamente egoista.- gli dissi, con grinta, cercando di fargli capire che non avrei mai smesso di sentirmi in colpa.
-Ho detto.. Basta..- sussurrò, incazzato, mentre mi tappava la bocca con uno dei suoi baci violenti.
Non sapevo come reagire, se non rispondere al bacio con altrettanta passione. Non ricordavo che riuscisse a trasmettermi così tante emozioni tutte insieme tramite un solo bacio: era un qualcosa d’inspiegabile… un qualcosa alla Ema.
-Ehm, ehm…-
Ci arrivò alle orecchie un tossire insistente… non mi ero accorta che, innanzitutto, fossero tornati i miei nel salotto, né tantomeno che fossero passati dieci minuti… avevamo passato tutto quel tempo a baciarci??
Il loro sguardo insistente ci fece sentire non piccoli come dei bambini, ma microscopici come delle formichine. Non avrei abbassato lo sguardo, anche se le loro figure mi sembravano sempre più imponenti col passare del tempo.
Ecco, era giunto il momento della resa.
Qualche minuto prima, in un’altra stanza della casa…
Non ci potevo proprio credere che quello stesse proprio accadendo a noi.
Avevo preso e trascinato mia moglie di peso nell’altra stanza, cercando di capire quanto l’avessi fatta soffrire, inconsapevolmente.
Era vero. Soffrivo di un complesso per mia figlia più grande di una casa: se mi avesse abbandonato, non saprei cosa avrei fatto. Naturalmente avevo sempre i gemelli e Luca, ma Giorgia era … la mia piccolina.
Non sarei mai stato capace di lasciarla librare in aria come un farfalla, lontano da me… ma in quel momento non era solo Gio il mio problema.
Non mi ero mai effettivamente reso conto di quanto anche Cristy soffrisse per sua figlia; io avevo fatto sempre il geloso morboso, girando il dito nella piaga, pensando che lei non ci badasse più di tanto.
Chissà quanto amore aveva represso perché io le rubavo sua figlia… mi sentivo un verme. Il solo vederla incavolarsi come una bestia per non avercelo detto, o per non averle detto niente… mi aveva fatto capire tante cose.
Innanzitutto, che per quanto un figlio ti ferisca tu continui ad amarlo incondizionatamente; secondo, capii quanto non solo l’avesse ferita Gio, ma anche quanto l’avessi ferita io… io che mi ero ripromesso di renderla felice per sempre.
La feci sedere sul divano e la presi tra le braccia, cercando di aiutarla sfogare tutti quei sentimenti che non aveva mai espresso prima.
-Mi sento un fallimento come marito… Nei tuoi confronti, ho proprio sbagliato tutto..- le dissi, senza alcun giro di parole. Avremmo dovuto affrontare questa conversazione un bel po’ di anni addietro.. ma non avevamo mai toccato il fondo, e questa era una buona cosa perché si poteva risalire facilmente.
-T..tu non ha-hai.. fatto niente..- cominciò Cristy, cercando di non piangere, ma a quanto pareva sembrava impossibile -.. è forse un male voler del bene alla propria bambina senza riserve? Avrei dovuto essere gelosa di quell’affetto? Non avrei mai potuto desiderare di meglio per i miei figli: un padre che li amasse fino alle corde più profonde del proprio essere. Ad un certo punto, mi accorsi di quel feeling particolare che stavate assumendo piano piano; tutto quello divenne una vera e propria squadra… mai, come in quel momento, mi sentii più felice, nonostante covassi dentro di me quella piccola gelosia di non essere parte della squadra… ed infine con gli anni, quel sentimento lo feci crescere..arrivando fino ad oggi. La colpa è mia..-
La sua spiegazione mi fece sentire male… male, perché nonostante fossimo una famiglia, vedendo quell’unione, è rimasta in silenzio… ha taciuto quel piccolo sentimento, scoppiando come una bomba atomica proprio qualche istante prima.
Il mio abbraccio si fece più intenso, mentre la coccolavo.
-Mi dispiace… è inutile che tu cerchi di darti la colpa: avrei dovuto essere io il primo a dire che ci sarebbe stato spazio per tutt’e tre…- le sussurrai, tenendola stretta a me.
Per quanto queste possano essere definite delle piccole scemenze, molto spesso se non vengono affrontate, portano a dividere la famiglia.. e ringrazio tutti i giorni per avere una splendida famiglia.
Sollevò il viso e mi guardò negli occhi: adoravo quella sua espressione da bambina e soprattutto adoravo tenerla tra le mie braccia. Ci demmo un bacio carico d’amore, quello stesso che ci aiutò a rimanere uniti per così tanto tempo..!
Appena si staccò dalle mie labbra, disse:
-E adesso? Hai visto tua figlia,no?-
Ecco… quello era uno dei punti fondamentali della nostra discussione. Ero furioso… sapeva che noi non avremmo giudicato..
-Stai pensando esattamente quello che penso io e ne sono sicura..- esordì Cristy, passando le sue dita tra i miei capelli, delicatamente. –sapeva che noi non le avremmo detto niente, anche perché.. noi di certo non siamo stati l’esempio massimo di genitori modello!-
-Bé… avevi diciannove anni anche tu, quando scopristi di essere incinta di Luca, no?- le sussurrai, mentre me la portavo sulle ginocchia. Mi cinse il collo con le sue braccia, sorridendo.
-Sì… e mi sembra ieri! Guarda adesso com’è Gio: manca pochissimo all’arrivo del bambino o bambina! Però… voglio sapere come sia potuto accadere! E’ da irresponsabili! E…- prese una pausa - Sembrano pazzamente innamorati, come lo eravamo noi…- sussurrò alla fine, contenta.
Sospirai. Quanto aveva ragione: non mi ero sottratto neanche io, quando Dario mi aveva detto che Ema si era messo in viaggio per raggiungere Gio; dentro di me, sentivo che Ema sarebbe stato l’unico in grado di poter permettersi di stare con mia figlia.
Però.. avevo ancora troppa rabbia repressa per poter perdonargli facilmente una cosa simile!
Ripensai all’ultima frase di mia moglie e la corressi:
-Veramente.. come lo siamo noi…!! Comunque, non sono contento di quello che è accaduto. Ce la faranno a cavarsela da soli? E se non avessero abbastanza soldi? E se non ce la facessero? E se..-
Tutti questi pensieri sopraffecero la mia mente, ma mia moglie bloccò quel fiume di parole con un bacio.
-Non credo abbiano problemi di soldi… soprattutto non credo ne abbiamo noi. Ema è già ricco e non solo per il lavoro di Anna e di Dario, ma anche per i locali che possiede già. Quando avrà un titolo di studio, vedrai che riuscirà a guadagnare anche senza far lavorare Gio…- mi rispose Cristy, sorridendo.
-Vedrai, Gio non gli permetterà di lavorare da solo: una ragazza indipendente e stacanovista come lei, non permetterà a nessuno di mantenerla!- le risposi, beandomi di quel momento. Cristy ed io potevamo definirci contenti.
-Sono contento- conclusi – di aver cresciuto, assieme a te, una ragazza così splendida… perché da una donna come te, poteva nascere solo una bimba del genere…- la baciai ancora e le dissi:
-Grazie… per aver detto “sì”, quando ti ho chiesto di sposarmi… grazie per tutto, amore mio…-
Quelle parole ancora riecheggiarono nella mia mente, mentre tornavamo nell’altra stanza, per trovare due aspirapolvere, al posto di mia figlia e mio nipote.
-Ehm.. ehm…- tossii, cercando di farmi sentire per bene.
Si staccarono, tutt’e due rossi in volto, aspettando chissà cosa. La mia faccia di certo non sembrava trasmettere molta fiducia, ma non avrei voluto rovinare un momento come quello. Notavo, dallo sguardo di Ema, come fosse sempre pronto a proteggerla, ponendosi qualche centimetro in avanti rispetto a lei.
Non avevo intenzione di fare niente, anche se la voglia era tanta, soprattutto perché non credo che mia figlia mi avrebbe perdonato ancora.
-Va bene…- dissi, spezzando il silenzio che si era creato tra noi -.. noi siamo felici se anche voi lo siete… naturalmente dovrete essere in grado di gestirvelo voi il bambino..-
-La bambina- corressero immediatamente i futuri genitori, lasciandoci un po’ stupiti.
-E soprattutto…- mi rivolsi ad Ema, prendendolo per il colletto della sua camicia firmata con entrambe le mani, avvicinandolo ai miei occhi –prova soltanto ad osare a farla soffrire, che sia essa una cazzata o un qualcosa di serio, ti troverò e ti spezzerò le gambe in maniera molto dolorosa… chiaro?-
Ema, mostrava una facciata per niente intimorita, ma le sue parole tremarono leggermente, abbozzando a malapena un “sì” . Mia figlia sorrideva e piangeva allo stesso tempo, sollevandosi in piedi ed abbracciandomi.
Eravamo tutti felici, soprattutto mia moglie, mia figlia ed io che avevamo capito finalmente che in due si sta bene, ma in tre è anche meglio!
Chissà come la prenderà il mio carissimo cognatino Dario.. aspetterò sue notizie! Voglio proprio godermi lo spettacolo! Pensai, mentre ridacchiavo tra me e me.
Sarebbe stato uno spasso!
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Capitolo 11 *** NONO CAPITOLO ***
NONO CAPITOLO
Ema…
Non mi sembrava vero… i genitori di Gio non erano arrabbiati, o perlomeno, zio Matte non aveva fatto alcuna scenata soprattutto grazie alla chiacchierata precedente con la zia. Un miracolo simile non so come abbia mai potuto meritarmelo. In quel momento, Donata e Luca erano passati in secondo piano e sembrava quasi che gli zii non li avessero visti, tanto da far fare un balzo di un metro alla zia.
-Oddio! Non vi avevo visto! Donata! Quanto sei cresciuta… Sarà passato un sacco di tempo dall’ultima volta che ti abbiamo vista! Wow.. sei… splendida!- disse la zia, mentre cercava di dare un senso all’abbigliamento molto eccentrico di Donata, che anche questa volta non si era risparmiata con le borchie e con l’immancabile eyeliner nero spennellato a quintali su ogni occhio.
Sentii Luca prendere fiato, mentre lo zio si stava avvicinando a noi e disse tutto in un fiato:
-Vorrei andare a vivere con Donata a partire quest’anno… ma vorremmo restare qui a Madrid..-
Secondo me, avrebbero potuto aspettare un pochino prima di scagliare un’altra bomba del genere, anche perché non avrei scommesso molto sulla pazienza dello zio, nonostante sembrasse in vena di concessioni; secondo Gio, invece, gli zii non sarebbero mai andati in escandescenze… sinceramente le minacce dello zio non mi ispiravano fiducia.
Fatto sta che, in quel momento, lo zio si sedette sulla poltrona e si prese in braccio la zia; certe volte sapevano essere più zuccherosi del miele stesso! Zio Matte prese un respiro e disse:
-Non ci sono problemi… e credo che neanche tua madre abbia niente da dire in contrario. Naturalmente le condizioni sono le stesse: dovrete riuscire a cavarvela da soli.. e che dicono i tuoi, Donata?-
Donata sembrava si fosse pietrificata e rispose:
-Ehm.. credo.. credo siano d’accordo..-
Donata guardò un attimo negli occhi Luca e mi parve di scorgere una certa sicurezza nascere tra i due; gli zii non avrebbero potuto non approvare una coppia come loro… d’altronde hanno approvato Gio e me, ben più instabili rispetto a loro, causa i nostri caratteri così battaglieri! Di certo starebbero stati bene.
Gio volse il suo sguardo verso i suoi e le venne in mente immediatamente qualcosa da dire:
-Cosa significano tutti quei soldi sul mio conto? Li avevo guadagnati a poi sfruttati per pagarmi le lezioni di pianoforte…-
Il padre la guardò con amore e le rispose, chiaramente:
-Avresti potuto chiedere a noi, invece di metterti a lavoricchiare per pagare le spese.. E avresti dovuto immaginartelo che avremmo trovato il modo per raggirarti un poco. Te li sei meritata pienamente quei soldi..-
Gio si alzò e andò ad abbracciarli. Una scena così splendida non la vedevo da quando ero stato adottato: potevo notare chiaramente l’amore che li legava, un filo sottile, ma resistente a qualsiasi incrinatura. Delicato come una piuma, forte come la pietra, mi facevano quasi sentire escluso; ad un certo punto, Gio volse il suo sguardo verso di me, sorridendomi dolcemente… ecco che quel “quasi” sparisce dalla frase.. non avrei mai potuto sentirmi escluso: credo di occupare ancora abbastanza spazio nel cuore della mia Gio… e non solo nel suo, anche in quello dei miei.
I miei ai quali avrei dovuto ancora raccontare tutta la storia, con decisione conseguente annessa.
I miei, che non sapevano niente di tutto quello che era successo tra me e Gio.
Non li avevo chiamati neanche un attimo per poter dar loro qualsiasi tipo di notizia… Di certo non mi hanno cercato perché avevano intuito che sarei riuscito a sgomitare e a farmi spazio tra i sentimenti di Gio e la sua cocciutaggine avanzata.
Passare il pomeriggio con li zii aveva reso la situazione più leggera… non ero ancora del tutto tranquillo, anche perché non avevo avuto modo di parlare con mio padre, ma non mi sentivo come quando eravamo partiti.
La sicurezza, la fiducia.. erano questi i sentimenti che forse mancavano a me e a Gio prima di tutto questo caos… benedetto caos che ci ha fatto crescere, pensai, mentre lei ed io eravamo abbracciati sul divano. Certo che abbracciarsi vigorosamente quando c’era qualcuno di così grosso in mezzo, non era il massimo della cosa, ma in un certo senso, noi stavamo bene lo stesso.
Sottovoce, cominciai a canticchiare una canzone che sapevo le piaceva particolarmente…
-..Dimmi che tu mi amerai, per sempre..
Dimmi che mai più mi lascerai..
se tu con il vuoto mio d’ incanto…
Dove andrò, io voglio ci sia tu…. Cara, nient’altro chiedo più..-*
La sentii sospirare mentre aumentava la presa sulle mie braccia, strette sulla nostra bambina.
-Hai ragione… non potevo desiderare un finale migliore; in un certo senso, credo ci sia servito per maturare.. per sperare nell’altro e, soprattutto, nel fidarsi anche contro quella brutta bestia del tempo..- disse Gio, mentre si tendeva nel mio abbraccio, quasi nel volersi stiracchiare. Aveva semplicemente espresso le stesse cose che avevo anch'io in mente; è fenomenale pensare come certe volte le persone si capiscano perfettamente, anche senza parlare.. ma d'altronde stavamo parlando di me e Gio!
Le baciai dolcemente una tempia e sussurrai:
-Se qualcuno, qualche mese fa, mi avesse riacceso la speranza che avrei potuto riabbracciarti in questo modo e tenerti al mio fianco, non ci avrei mai creduto. Avrei continuato a crogiolarmi nel dolore come un’idiota per chissà quant’altro tempo.. devo ringraziare mio padre e credo che abbia aspettato abbastanza.-
-Aspetta..- disse Gio e chiamò la zia:- Mamma! Potresti venire qui?-
La zia comparve sulla porta con lo zio, tenuti teneramente per mano… quando ero più piccolo non capivo che significato avesse quello di prendersi per mano e restare attaccati per tutto il tempo.. mi dava quasi fastidio, perché mi sembrava invadesse la privacy delle persone.. stupido come pensiero, ma adesso credo di averlo capito in prima persona cosa significa tenersi per mano: è una promessa, quella di restare uniti e di andare lontano dovunque l’altro voglia… senza mai stancarsi di stare insieme.
-Mamma.. vorremmo chiamare zio Dario e zia Anna ed invitarli qui per qualche giorno.. almeno per dir loro la notiziona… tanto tra una settimana e mezzo sarà Natale.. che ne dici? E tu, Pa?- chiese Gio, mentre si alzava in piedi e si metteva di fronte a loro.
Lo zio e la zia si guardarono un attimo negli occhi e poi vidi la scintilla scoccare negli occhi di zio Matte, mentre sogghignava:
-Voglio proprio vedere quale sarà la reazione del mio carissimo Dario.. sarà uno spettacolo da vedere..- si mise a ridere apertamente, quando si accorse che ero sbiancato. Non aveva intenzione di mettermi paura, però ci stava riuscendo lo stesso.
-Papà, per favore.. se non gli hai fatto niente tu, figurati zio Dario..- disse Gio, abbracciandomi.
-Tranquilla, io se non avessi avuto altre questioni ben più importanti alle quali dedicare la mia piena attenzione, mi sarei fatto una chiacchierata UOMO A UOMO con il tuo carissimo Emanuele… e non credo sarebbe stata una conversazione pacifica… anzi, credo sarebbe stata una questione più PRATICA che TEORICA.. ma sono contento di averlo lasciato interamente alle cure di Dario..- rispose lo zio, mentre se ne tornava nel salotto al piano di sopra. La zia si avvicinò a Gio e l’abbracciò dolcemente, mentre se la portava di sopra a “parlare tra donne”, mentre lasciava a me la magagna più grande, cioè quella di chiamare casa.
Non so perché, ma non osavo immaginare cosa sarebbe successo quando avremmo dovuto chiamare i nonni per far sapere loro delle notizie. Che casino.
Mentre prendevo il cellulare dalle tasche, sentivo le mani sudate al massimo.. che fastidio. Non avevo paura.
Davvero.
E non lo dico solo per sembrare il figo del momento, solo che non mi sentivo assolutamente impaurito dalla conversazione che avrei affrontato con i miei. I miei genitori sarebbero stati con me in qualsiasi caso, sia che stessi andando a mille in un rettilineo, sia che stessi andando a scontrarmi contro il muro di un vicolo cieco.
Il problema era il deluderli. Sapevo che non avrebbero detto niente, ma credo che il più grande dispiacere che i figli possano causare ai genitori sia proprio quello di deluderli.
Non potevo però restare immobile: Gio mi aveva sicuramente dimostrato il suo valore, coraggio e forza di volontà.. non ci voleva niente, solo desiderarlo con tutto il proprio essere.
Composi il numero di casa ed aspettai che qualcuno rispondesse, tenendomi compagnia con gli squilli del telefono.
All’improvviso, dall’altro lato sentii la voce di mio padre fare:
-Pronto, Ema, sei tu?-
Sembrava solo estremamente preoccupato per me e di questo ne fui un po’ triste, perché avrei sicuramente potuto chiamarli prima.
-Sì, Pa’, sono io.. scusa se non ti ho chiamato prima, ma.. diciamo che abbiamo avuto altre questioni da risolvere.. Tutto bene lì? E la mamma?- chiesi, ancor prima di sganciare una bomba atomica di livelli stratosferici.
-Stiamo bene.. tua madre sembra del tutto indaffarata per le cose del bambino.. però questo non è importante. Gio e tu?- chiese, ansioso di sapere ogni minimo dettaglio.
-Noi.. sì, Pa’.. siamo tornati insieme e penso che se non fosse stato grazie alla tua azione finale, credo non mi sarei mai più mosso da quella stanza.. il problema adesso è un altro. Preferirei non parlartene al telefono, quindi… gli zii propongono che tu e la mamma ci raggiungiate direttamente qui a Madrid per stare un po’ insieme. E’ quasi Natale e bisognerebbe passarlo in famiglia, no? Chiamate Alex e fatevi portare qui..- dissi, un po’ per eludere la sua curiosità, ahimé impossibile da sconfiggere.
-C’è qualcosa che vorresti dirmi di MOLTO importante, Ema? Cosa succede?- mi chiese, sempre più ansioso. Non avrei potuto tenerlo all’oscuro ancora per molto, perciò trovai un modo per fare violenza su i me e per cercare di spiegarglielo.
-Ecco…. Preferirei che tu ti sedessi, prima di cominciare questa conversazione…-
-Sono già seduto, Ema.. parla.-
Quel suo tono di voce mi stava già mettendo in agitazione.
-Bene.. Il problema per il quale Gio non mi ha raggiunta dopo qualche mese è stato… diciamo un problema di tipo fisico… molto FISICO..- dissi, sparando cazzate a nastro.
-Problema fisico? Si è rotta una gamba? Si è fratturata le ossa del bacino? Oddio!! E adesso chi glielo dice a Matteo.. Ossignore…- mio padre stava cominciando a delirare, quando lo interruppi bruscamente.
-Papà, non è un problema FISICO di quel genere! Gio aspetta un bambino… anzi, una bambina. La nostra bambina.- dissi, risoluto al massimo.
Fu quando cominciai a non sentire più suoni dall’altro lato del telefono che cominciai a preoccuparmi seriamente.
-Papà.. papà.. ci sei? Sei ancora lì?- chiesi, cominciando a mettermi in allarme.
All’improvviso dopo dieci minuti, un sussurro minaccioso arrivò alle mie orecchie come un suono dall’oltretomba.
-Ok… adesso prendiamo il jet ed arriviamo in fretta. Non me l’aspettavo.. davvero.-
Dall’altro lato, mio padre chiuse la conversazione con una specie di “crash” acustico.
Credo che l’espressione pietrificato potesse rendere bene il mio aspetto fisico e psicologico; ecco che il mio più grande timore si era compiuto.
Non mi sentivo bene, per niente.
Presi la giacca, la sciarpa e i guanti ed uscii dalla casa.
Avevo bisogno di stare un po’ con me stesso e di rimettermi a posto con le idee.
Gio…
-Mi dispiace, mamma.. non volevo che veniste a saperlo in questo modo.. l’unico motivo per il quale non ho voluto mettervi al corrente, è stato perché non volevo che lo sapesse anche Ema.. io.. mi sentivo uno schifo..- le confessai, mentre mi ero allungata sul divano, con la testa sul suo grembo.
-Non ti preoccupare.. credo che il peggio tu ormai l’abbia affrontato da sola.. anche se, non avrei mai voluto che tu facessi questa fine. Non dico che avere un figlio a quest’età rovini il futuro, anche perché c’è sempre tempo per realizzarsi, basta soltanto volerlo, però avrei preferito che vivessi altre trilioni di esperienze.- mi disse, carezzandomi i capelli.
-L’ho voluto io.. anche se fossi stata da sola ed Ema non l’avesse voluto, l’avrei tenuto. Proprio perché è di Ema.. Oh mamma.. neanche te l’immagini tutto quello che provo per lui. E dire che all’inizio non ne sopportavo neanche la vista. O forse l’ho sempre amato, ma il nostro punzecchiarci era sempre più forte.. fatto sta che qualcosa è scattato.. e.. non ne abbiamo potuto farne a meno..- continuai, quasi come se stessi parlando a me stessa.
Avevo evitato accuratamente di raccontarle i particolari, anche perché di certo non avrei potuto spiegarle che l’avevo provocato e che lui stava quasi per “violentarmi”… anche perché sono certamente sicura che non sarebbe stata affatto fiera di me.
Per niente.
La vidi ridere, tranquilla, come quando ero bambina. Sapere che stava, ancora una volta, al mio fianco, a sostenermi come quando non riuscivo ad eseguire qualche esercizio di matematica o non riuscivo a dormire… mi faceva stare bene. Era lì e stavo bene.
Forse era passata soltanto mezz’ora, quando mi ricordai che Ema non era venuto a cercarmi per parlarmi dell’esito della telefonata. Mi alzai ed andai a cercarlo.
Pensai di trovarlo nel salotto al primo piano, ma così non fu.. lo continuai a cercare per la casa… ma non lo trovai. Cominciai a preoccuparmi.
Non era in casa, in giardino non c’era.
Non aveva lasciato alcun biglietto, né messaggio. Il cellulare l’aveva lasciato sul tavolo.
All’improvviso, da fuori, provenne un profondo rumore di tuoni e un lampo illuminò brevemente il buio del parco.
Sicuramente era uscito senza ombrello ed io dovevo andare da lui.
-Dove stai andando, tesoro, con questo tempaccio?- mi chiese mio padre, mentre mi infilavo in fretta il cappotto, degli stivali da pescatore rossi e prendevo con me l’ombrello.
-A cercare quel pazzo del mio ragazzo..!-
L’angolo dell’autrice…
Ciao a tutti!!
Bene.. eccomi tornata con il nuovo capitolo.. so bene che non sono puntualissima ma sono contenta che vi sia piaciuto.. anche se hanno commentato solo due persone.. T__T .. Vabbé.. non importa.. spero solo che questo capitolo vi sia piaciuto di più!
Bene… Mi scuso ancora perché non ho il tempo effettivo per rispondere alle ragazze che mi hanno commentato (4lb1c0cc4 e Bribry85) però sono contenta che vi sia piaciuto lo scorso capitolo e soprattutto spero che questo vi piaccia ancora di più, dato che è uno dei miei preferiti..
Nel prossimo capitolo riuscirò a dare una spiegazione a questo titolo insolito (AHAHHAHAHA..!! Comincio già a ridere!)… spero di rifarmi viva prestoo!! :D
BESOSSS***
Vostra… Kyryu!! |
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Capitolo 12 *** DECIMO CAPITOLO ***
L’angolo
dell’autrice…
Scusate
ancora il ritardo.. ho avuto problemi con la scuola… essendo
in quinta, viene
un po’ in salita riuscire a liberare la mente da tutto il
resto e lasciarsi
andare alla scrittura… In ogni caso.. sono contenta di
essere quasi arrivata al
traguardo.. :D
Bene..
come
promesso, oggi commento le mie carissime e assidue commentatrici..
4lb1c0cc4:
lo
so.. fremi dall’impazienza per sapere dove cavolo
è andato
a nascondersi.. :D Ahahaha! Vedrai.. questo capitolo ti
illuminerà fin dall’inizio!
E anche gli altri problemi che hai menzionato troveranno risposta in
questo
capitolo…!! Sono proprio contenta che ti sia piaciuta questa
storia..!! Mi si
riscalda il cuore! Ci vediamo al prossimo (e ultimissimo)
capitolo…!! BESOSS**
Lucyette:
ahahaha!
Ho fatto in modo che non vi fidaste più
delle situazioni tranquille.. anche perché adoro rigirare e
rimescolare le
carte in tavola! Però questa volta lo dico sinceramente, non
c’è niente da
temere… e per quanto riguarda la vita facile..
bé.. non ce l’abbiamo noi che
siamo vivi al di fuori delle storie, e vuoi che ce l’abbiano
loro? Sarebbe
troppo surreale! :D Comunque… grazie per aver commentato,
sono STRAFELICISSIMA!
Spero che ti piaccia anche questo capitolo!
Perfetto…
adesso vi lascio all’ultimo capitolo di questa
storia… il prossimo sarà l’epilogo!
Besosss***
Vostra,
Kyryu!!!
DECIMO
CAPITOLO
Ema…
Davanti a
casa di Gio si estende il parco de “El
Retiro”… E’ un grandissimo giardino
pubblico (dovrebbe essere un parco di 118 ettari!),
visitato
da milioni di persone ed una stupenda attrazione per i turisti. In quel
periodo
dell’anno, tutta la vita che prendeva in estate sembrava
fosse stata falciata
via dal tempo, rendendo il luogo sempre più triste e
desolato. Il clima era
talmente tanto pungente che non mi sarei stupito se si fosse messo a
nevicare…
passeggiai senza una meta ben precisa, tanto con tutto lo spazio che
c’era
avrei potuto camminare per ore.
Non
sapevo cosa aspettarmi veramente da mio padre, ma sapevo di certo che
le sue
parole mi avevano dato un netto schiaffo morale. Certo, immaginavo
perfettamente come mi sarei dovuto comportare.. però non si
potevano cambiare
le cose.
Mi
guardai attorno.. davanti a me si estendeva il lago artificiale che
ospitava
barchette e paperelle, prontissime a farsi dare da mangiare.
L’unico
punto di domanda in quel momento era il come affrontare la
cosa… Sarei stato
felice di avere Gio per sempre al mio fianco, di rendere lei
altrettanto
felice.. e soprattutto sarei voluto diventare un padre a tutti gli
effetti. Non
ero stato presente i primi mesi per la piccola, ma ci sarei stato per
il resto
della sua vita e guai a chi mi avrebbe allontanato da lei.
La
conoscevo
giusto da qualche giorno, ma l’avevo sentita mia fin
dall’inizio… la nostra
bambina avrebbe ricevuto l’amore e le attenzioni che DOVEVA
avere e non ci
sarebbe stato niente da ribattere. Non avrei mai permesso neanche a mio
padre
di allontanarmi dagli amori della mia vita. Intanto, non mi accorsi per
bene
cosa stesse accadendo sopra la mia testa, talmente tanto ero immerso
nei miei
pensieri: un concentrato di nuvoloni neri ed intensi si erano
raggruppati,
quasi a voler formare un’alleanza, e sembravano talmente
tanto minacciosi che
avrebbero convinto qualsiasi bambino, amante della natura e
dell’inverno
rigido, a rintanarsi in casa senza fare alcuna discussione.
In quel
momento, rimpiansi di essermi fatto prendere dalla fretta e dalla
voglia di evadere:
di certo avrei potuto sollevare lo sguardo quando stavo uscendo,
perlomeno per
capire che diavolo avessi in mente di fare! In quel momento, oltre
levare il
mio sguardo verso la mia immensa sfortuna di avere un cervello limitato
e ben
poco attento, mi accorsi sfortunatamente di non aver afferrato dove mi
fossi
andato a cacciare; oltre al buio che si stava creando attorno a me, si
era
formata una piccola patina di nebbia che mi aveva precluso la vista di
ciò che
avrei dovuto avere di fronte a me.
-Dannazione!-
sibilai, a denti stretti, mentre in lontananza sentivo un rumore
sinistro, un
tuono talmente tanto potente da rimbombare in tutta la
città. Cercai di
orientarmi, ricordandomi di essere arrivato da destra e di aver
camminato per …
un bel po’.
E’
vero: quando si fanno le
cazzate, si devono fare proprio in grande stile! Pensai, mentre mi maledicevo
in ogni singolo
istante, brancolando nell’ombra di quella foschia che mi
copriva la visuale.
Ad un
certo punto, non so dove né quando, sentii di aver
schiacciato qualcosa di
viscido sotto la mia scarpa, sperando veramente che non fosse quello
che avevo
temuto di più: purtroppo, anche al buio si sarebbe
riconosciuta, causa il suo
tanfo.
Avevo
accidentalmente schiacciato una cazzo di cacca di cane; proprio non
poteva
andarmi di meglio! La foschia non accennava a farmi capire dove mi
trovassi,
però i rumori della città vicini, mi diedero
l’impressione di essere perlomeno,
sulla buona strada per arrivare all’entrata. Nel frattempo,
ero riuscito a
mettere un piede in una pozzanghera che non avevo notato ed ero
riuscito a
bagnarmi la parte destra dei jeans. Della serie:”Non
c’è due senza tre!”.
Sentii un altro tuono e urlai, a non so chi:-SI! CERTO! E POI MAGARI
PIOVE!
Giusto perché non ne ho avute abbastanza al
momento…-
Neanche a
dirlo, cominciò a piovere che Dio la mandava.
La mia
unica soluzione era trovare un albero che potesse ripararmi, ma ormai
mi
sentivo perso; non c’era un filo di luce, tranne i lampioni
che, ogni tanto,
riuscivano a farsi spazio nella foschia, ma per il resto le persone
erano
affidate al loro destino- o, in questo caso, dato che non ero riuscito
ad
incontrare anima viva, IO ero stato affidato al mio proprio destino,
così
continuai ad andare avanti a tentoni.
Stranamente,
quella situazione fisica rispecchiava in parte anche la mia situazione
mentale:
continuavo a brancolare nel buio, alla ricerca di una luce, di un
piccolo
barlume di speranza… un qualcosa che mi
dicesse:”Hey! Guarda che devi venire di
qua!”.
Cercai
riparo sotto un grande albero, ma purtroppo la situazione non
migliorava per
niente.. tanto ormai mi ero bagnato a sufficienza per definirmi un
idiota patentato.
Faceva un
freddo cane, ma potevo resistere ancora un po’. La pioggia
continuava a
scendere e la foschia non accennava a diminuire; per me, per un uomo in
generale, era uno di quei casi frustranti che capitano poche volte
nella vita:
il non vedere cosa si ha davanti. Il non sapere cosa fare subito dopo.
Avere
sempre qualcosa da fare per non rimanere oppressi dalle situazioni, per
noi è
tutto. E questo decisamente incarnava uno dei momenti più
brutti per un
ragazzo.
Speravo
che si calmasse. O perlomeno che qualcuno si accorgesse di qualcosa.
Mi
sedetti e scrutai l’orizzonte cupo.
Non so
quanto passò effettivamente, forse
mezz’ora… ma mi accorsi che le nuvole si
stavano diradando, lentamente, passando dal nero cupo ad un colore
più chiaro…
la nebbia
c’era ancora, ma non così
intensa da non permettermi di vedere.
E fu
allora che sentii…
-EMA!!
EMAA!!-
Era la
sua voce. Per me e per il mio cuore, era meglio di un raggio di sole in
mezzo a
quell’oscurità. All’improvviso, comparve
lei
circa duecento metri lontano da me; tutta bella infagottata
in un cappotto
impermeabile scuro, con degli stivali anti-acqua rossi, guanti, sciarpa
e
cuffia rossa che facevano risaltare la sua immagine anche a migliaia di
metri
di distanza. Anche l’ombrello a quanto potevo vedere era
rosso carminio.
Mi sentii
bene.. avevo ancora una volta capito che avrei dovuto confidarmi subito
a lei,
anche se non sono mai stato capace di parlare con qualcun altro dei
miei
problemi. Avevo sempre fatto affidamento su me stesso, fin da epoche
immemorabili…
fin da prima di essere stato adottato dai miei.
Ma non
poteva funzionare così… Gio, innanzitutto, aveva
un carattere molto impulsivo e
al primo sentore di problema aveva il viziaccio di scattare…
adesso non potevo
più permetterle di mettersi problemi per un minimo nonnulla;
cinque mesi non
erano uno scherzo e me ne sarei dovuto rendere conto fin
dall’inizio.
La vidi
voltarsi a destra e a sinistra, scoraggiandosi e cominciando a sbuffare
in
maniera quasi innaturale; la vidi a poco a poco, avanzare con
un’espressione
affranta.
Non
riuscivo a muovermi, talmente tanto ero impietrito dalla sua
espressione:
sembrava si stesse trattenendo dal fare qualcosa. Quando cominciai a
scorgere
per bene il suo viso, mi accorsi che qualcosa di piccolo stava
luccicando sul
suo volto preoccupato ed ansioso; stava piangendo con
un’espressione
ansiosissima sul volto.
La vidi
mettersi una mano davanti alla bocca, singhiozzando esplicitamente,
mentre
continuava a guardarsi attorno; ma che
cazzo hai in testa? CORRI DA LEI! Pensai, concentrandomi
mentalmente
sull’azione *muovere le gambe*. Niente mi sembrava
più giusto di quello… era
lei la mia luce.
Ragionavo
solo per cazzate, continuavo a fare cazzate, però
l’unica cosa che sapevo fare
bene veramente era… correggermi e farmi perdonare delle
cazzate compiute.
Nonostante molte persone pensino che le cazzate servano ad imparare,
certe
volte sarebbe meglio evitarle… come in questo caso.
Ho
permesso che la mia fidanzata, incinta di cinque mesi, uscisse sotto
questo
temporale e si facesse venire una crisi nervosa per colpa del
sottoscritto che
non l’ha avvisata che stesse uscendo a schiarirsi le idee.
ENORME cazzata.
Meglio
dire, ENORME CAZZONE… mi rispose
la mente, mentre
correvo verso Gio. Non mi aveva ancora visto bene, dato che, assieme
alla
pioggia torrenziale e alle sue lacrime non riusciva a mettere a fuoco
la mia
figura.
Quando
riuscii ad entrare nel suo campo visivo, notai cambiare totalmente la
sua
espressione come se una stella fosse esplosa in milioni di atomi
luccicanti ed
avesse illuminato tutto quel grigiore che fino a qualche minuto prima
aveva pervaso
qualsiasi mio senso. Quella corsa mi faceva sentire un passo sempre
più vicino
alla luce.
Sempre
più vicino alla mia fonte
di luce.
Non avrei
mai più permesso a me stesso di procurarle
quell’effetto, nonostante ai miei
occhi risultasse molto più bella con
quell’espressione addolorata, la più bella
tra tutte.
E’
dal
dolore che nasce la forza, dalle lacrime la bellezza.
Mi
lanciai d’impulso ad abbracciarla, nonostante fossi ben
cosciente di essere
bagnato dalla punta dei piedi alla radice dei capelli e potessi metter
a
rischio la sua salute.
In quel
momento se ne fregò anche lei, stringendomi convulsivamente.
Ci confondemmo in
un abbraccio profondo, strettissimi sotto quell’ombrello,
quasi a non volerci
dimenticare che eravamo nati per essere una cosa sola, nonostante ci
avessimo
messo anni a capirlo.
Sentivo i
suoi singhiozzi contro la mia spalla e il dolce pancione attaccato al
mio
corpo, dove la bambina scalciava contenta e felice di
quell’affetto smisurato.
-N.. no..
non sapevo dove fossi andato… m.. mi hai spaventata a
morte… Non tanto per il
motivo che forse ti sarebbe potuto succedere qualcosa, ma
per… per il fatto che
avresti potuto decidere di andartene, di lasciarmi sola e di non
tornare mai
più.. Io… non sapevo che fare…
L’.. l’unica cosa che dovevo fare era
cercarti…
provarci, almeno..- sussurrò, mentre attorno a noi, il
rumore della pioggia
attutiva quietamente i nostri silenzi. La tenni più stretta
a me e le sussurrai
sull’orecchio:
-Ho
promesso che ti sarei stato accanto e, soprattutto, che non
t’avrei mai più
lasciato. Come hai potuto credere che ti lasciassi così? E
soprattutto.. senza
essermi portato appresso neanche un cellulare? Però mi devi
scusare… Lo sai, io
non sono una persona che appena ha un problema, si confida. Rifletto e
provo a
risolvere da solo… Ecco è una specie di abitudine
che ho da quando sono
piccolo… Non sono.. abituato a fare affidamento su qualcuno,
nonostante chi
abbia davanti sia la persona della quale mi fido di più in
assoluto. Avevo
bisogno di riflettere e.. non mi è venuto proprio in mente
di dirti qualcosa…
ecco, così.. sono uscito. Come un idiota, dato che ho
schiacciato un cavolo di merda
di cane, ho messo un piede in una pozzanghera, mi sono bagnato dalla
testa ai
piedi… Mi sono decisamente incazzato, non vedevo niente a
causa della pioggia e
della nebbia e soprattutto il buio non aiutava.. E questo mi ha fatto
capire..
che se mi allontano ancora da te, sarò nei
guai…Anche perché credo che tutte
queste belle cose mi siano accadute a causa di qualche maligno pensiero
che mi
ha lanciato lo zio-
Sentivo
la sua dolce risata ridondare nelle mie orecchie… avevo
già detto che, quando
rideva, tutto ciò che c’era attorno a lei
s’illuminava?
Stavo
bene, nonostante il freddo, i vestiti bagnati, il tempo del cavolo che
attorno
a noi non si era ancora calmato del tutto… ma dentro di me,
sentivo che la
tempesta era terminata appena era arrivata a prendermi.
Mi
staccai un poco e le presi il viso tra le mani.
-Sai che
non potrei allontanarmi da te… anche se faccio cazzate, io
ritorno sempre da
te. Quindi, non temere…-
-Però
non
farlo più.. anche se mi mandassi un messaggio con un
piccione viaggiatore,
andrebbe bene… ma per quale motivo sei andato via?- mi
chiese, stringendomi
ancora. Le feci affondare per bene la testa sul mio petto, quasi a
volerle
nascondere il mio viso.
-.. Mio
padre è arrabbiato. Gliel’ho detto al telefono.-
le dissi, senza fare inutili
giri di parole.
Gio non
si mosse, né si irrigidì e rispose, solare:
-Stranamente,
me l’immaginavo una cosa simile. Effettivamente, ci siamo
sempre preoccupati
della reazione dei miei… ma ci è andata fin
troppo bene. Avremmo dovuto
preoccuparci di tutt’e quattro.. e. cavolo! Anche la zia
è incinta, quindi
speriamo di ritrovare un certo appoggio anche da parte sua. E.. adesso
che mi
ci fai pensare, mio padre sembrava fin troppo allegro per essere uno
che ha
appena ricevuto una notizia così devastante…-
sollevò il viso e mi guardò per
un attimo..- .. scommetto tutto quello che ti pare che contava su
questa
reazione di zio Dario per potersi divertire davvero…-
Sentii
uno strano brivido di terrore percorrermi la schiena, come se quella
piccola
predizione avesse scombussolato tutto il mio modo di pensare.
In
pratica, sentivo di aver fatto un’altra idiozia: avevo perso
tempo nel pensare
a chissà cosa, quando invece mi sarei dovuto preparare le
armi per la difesa…
perché ormai non credevo che saremmo riusciti ad affrontare
mio padre senza
esserci preparati a dovere.
Mi sento
scontato ogni volta che lo ripeto, ma avere Gio tra le braccia mi
faceva
sentire forte e potente… mi sarei potuto
tranquillissimamente presentare da mio
padre senza armi, con un solo ramoscello d’ulivo tra le mani,
con la convinzione
estrema che sarei riuscito a vincere quel dibattito con quel fragile
rametto.
Certo…
quel rametto rappresenta
quello che diverrai se non ti difenderai per bene dalla rabbia
incontrollata di
tuo padre…
rispose la mia mente, messa a tacere dal mio cuore.
Dovevamo
ragionare, non stare a scannarci.
Mi
staccai un poco, notando l’espressione di
contrarietà sul suo viso, ma era
giunto il momento.
-Dobbiamo
andare.. prima che arrivino e mio padre nasconda delle mine sotto il
pavimento
per farmi saltare in aria…- le dissi, mentre lei si faceva
quattro risate. Ero
sicuro al cento per cento che non le avrebbero mai detto niente, anche
perché
se ci avessero anche solo provato, avrebbero passato le pene
dell’Inferno per
mano mia.
Intanto,
ci staccammo un attimo, per poi porgerle la mano che prese
immediatamente.
-ODDIO!
Ma sei gelato!- mi disse, mentre faceva per togliersi il giubbotto ed
io glielo
richiusi.
-Stai
buona. Quella che potrebbe rischiare sei tu, non io. Quindi vedi di non
osare
troppo… già è tanto se sei uscita e
per questo mi sarei già dovuto incazzare.
Ti ricordo che hai una bambina in grembo..- le dissi, mentre andavamo
avanti.
-Se un
certo idiota non avesse fatto la cazzata di uscire di casa senza
niente, la
sottoscritta non si sarebbe Né preoccupata né
uscita di casa … ma, a quanto pare,
non potevo lasciarlo da solo.. non sarebbe mai riuscito a rientrare a
casa..-
mi sfotté, con una certa soddisfazione ed un sorrisetto
delizioso sulle labbra.
Ci dovemmo fermare perché la baciai ancora.
-Ti
amo…
- le sussurrai, prima di ottenere in cambio un pugno sullo
stomaco… poteva aver
perso peso, ma avrei potuto scommetterci che aveva continuato ad
allenarsi.
Mano per
mano ci avviamo a casa.. certi che il nostro rapporto, nonostante non
fosse il
più calmo del mondo, avrebbe vinto qualsiasi sfida e
problema.
Una
macchina grigio scuro era parcheggiata davanti alla villetta dei miei
zii;
erano già dentro… Non avevo paura.
Non ne
avrei avuta mai più.
Gio…
Sinceramente
non so se dovrei
descriver quel ring che era diventata casa mia da quando avevamo messo
piede
dopo che ero uscita a recuperare Ema… L’amore
della mia vita era sicuro più che
mai a farsi valere senza spazientirsi e spiegando tutto, per filo e per
segno.
Mia zia
sembrava più splendida che
mai: era al sesto mese e stava benissimo. Sia fisicamente che
dall’espressione
solare che portava in viso. Il
suo
sguardo, quando mi vide, si fece ancora più vivo, venendomi
incontro
abbracciandomi.
Avevamo lo
sguardo di chi aveva
capito cosa significava portare in grembo un bambino… Lei
capiva. Capiva Ema,
capiva me. Ma non era di certo lei quella da convincere.
Mio zio non
mi aveva calcolata per
niente, mentre si occupava di guardare male Ema.
Intanto, il
papy si gustava la
scena accanto a mia madre, tenendola abbracciata… in quel
momento mi accorsi
che erano accorsi anche i miei fratelli per assistere alla scena; mio
padre,
all’inizio, non aveva voluto che i miei fratelli sapessero
così dal niente della
mia gravidanza, ma dopo aver parlato loro, avevano accettato che presto
sarebbero diventati zii… anche se
all’età di tredici anni.
Donata e
Luca si erano gentilmente
defilati, mentre si occupavano di questioni loro che non avrei voluto
sapere.
Tutti erano
fissati su quella
parte di salone, in cui Ema e suo padre aspettavano il momento adatto
per
parlarsi; a poco a poco, mia madre convinse i miei fratelli e mio padre
a
lasciare la stanza, facendo in modo che rimanessimo solo con gli zii.
Uno
schiaffo sonoro rimbombò in
tutta la sua acustica. E altri due ancora.
La rabbia
dello zio se si era
espressa solo con due schiaffi, si era sicuramente molto attenuata da
quando
era venuto a sapere della notizia.
-Sei un
idiota. Non ricordavo di
averti cresciuto in maniera così poco seria. Mi hai deluso
fortemente, Ema.-
gli disse, a bassa voce. Ema incassò e non disse niente;
sapeva che aveva
ragione e per questo non aveva aperto bocca. Lo vidi prendere un
respiro e
rispose:
-So di aver
fatto uno sbaglio… ma
mia figlia non è un errore. E non lo sarà mai.
Non sbaglierò ancora… mi
dispiace per averti fatto soffrire…- rispose Ema, esprimendo
il suo dolore.
-Scusarti?
SCUSARTI? Cosa pensi di
dire a tua figlia quando sbaglierai anche con lei? “Scusa, mi
dispiace”? No,
Ema! Non eri ancora pronto per affrontare questa cosa… e
adesso ti ostini a
voler rimediare… perché è questo che..-
-NON DIRE
CAZZATE!- Ema era
scattato alla grande, guardando con furia cieca suo padre
–Non ero pronto, ma
adesso lo sono… Amo Gio più di qualsiasi cosa e
sono disposto a TUTTO per lei e
per nostra figlia che verrà al di sopra di tutto. Non osare
mai più dire
qualcosa del genere perché sappi, Papà, che non
ti perdonerò mai più per aver
parlato in questo modo di me e dei miei sentimenti… pensavo
che tu, primo di
tutti, avresti capito… avresti capito che NON AVREI MAI
FATTO COME FECE QUEL
BASTARDO CHE ERA IL MIO VERO PADRE! e invece mi sbagliavo..
ancora…- disse Ema,
deluso.
Ema non
parlava mai volentieri dei
suoi veri genitori… perché aveva sofferto troppo.
Prima di essere stato
adottato dai miei zii, aveva vissuto una situazione non felice. Ancora
in quel
momento aveva difficoltà a parlarne, notai con stupore. Io
conoscevo la storia,
ma non gli avrei mai detto che la sapevo… anche
perché mi sembrava giusto non
cercare di riaprire vecchie ferite. La sua espressione ostentava a far
trasparire ira, ma effettivamente ciò che risaltava di
più era la tristezza
ancora presente dentro sé stesso, come un’ombra
scura sul fondo di quegli occhi
splendidi.
No, no,
no… pensai,
mentre mi stavo avvicinando a lui per sostenerlo.. per non so
cosa: non ero disposta a vedere il mio fidanzato ridotto in quello
stato per
mano di qualcuno; l’avrei difeso e niente mi avrebbe fermato.
Scattai
velocemente, ma venni fermata dalla zia che, con uno sguardo, mi fece
capire
che non dovevo avvicinarmi.
In un
attimo, mi accorsi che lo
sguardo irato dello zio si era tramutato in un gesto di puro affetto:
aveva
abbracciato suo figlio con tenerezza.
-Era questo
quello che volevo
sentirti dire. Non sono mai stato così tanto fiero di te,
come lo sono adesso…
Mi dispiace per averti detto quelle parole.. ma volevo testare se fossi
cambiato da quel ragazzino che eri meno di una settimana fa: ti ricordo
che se
non ti avessi dato una lavata di capo, non ti saresti mai mosso di
casa..- gli
disse lo zio, tenendolo tra le sue braccia.
Vidi il mio
ragazzo trattenere le
lacrime, quando rispose:
-Mi
dispiace Papà… non volevo
esagerare… ti voglio un bene del diavolo…! E
soprattutto.. vorrei che sapessi
che, anche se non sei stato tu a “generarmi”,
sarò per sempre tuo figlio..-
guardò un attimo la zia -… vostro figlio..-
La zia era
una persona dalla
lacrima facile e in tutta velocità, si gettò tra
le braccia di suo figlio e di
suo marito che si strinsero attorno a lei senza dire una parola,
convinti che
ormai tutto quello che avevano da dirsi, l’avessero
già detto.
Lo zio si
staccò da Ema, mi
sorrise e si avvicinò, abbracciandomi con cura.
-Sono
più che felice che stiate
insieme.. non avrei mai voluto vederlo con nessun’altra che
non fossi tu.. ho
sempre scommesso che una volta o l’altra vi avrei visti
insieme ( tenevo la
facciato dello zio rabbioso solo per far contento Matte)… ma
non avrei mai
immaginato una cosa così stupefacente! Grazie,
Gio… - mi disse, mentre io
sorridevo felice.
-No, zio..
grazie a te per
l’enorme sostegno!-
Ema mi si
avvicinò da dietro e mi
rispose all’orecchio:
-Grazie a
te… solamente per
esistere…-
|
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Capitolo 13 *** EPILOGO ***
L’angolo
dell’autrice…
Bene…
eccoci arrivati all’epilogo di questa storia… o
meglio dire, di queste storie…
Vedevo
questo traguardo sempre più lontano, invece mi sono accorta
che i due
piccioncini mi avevano già spianato la strada per una
conclusione che ha
lasciato sbalordita anche me..!!
Allora..
da dove posso cominciare a ringraziare?
Forse
dalle mie solite commentatrici (bribry85, lucyette, Asia95,
xxx_Ice_Princess_xxx, sonietta, chiaa_, 4lb1c0cc4, savy85,)…
vi ringrazio
perché mi avete insegnato a credere un pochino in me
stessa… e a darmi ogni
volta l’ispirazione giusta per continuare a scrivere ogni
volta che mi buttavo
giù..!! ;D
Ringrazio
anche voi, lettori non commentatori, che pur mantenendovi celati
nell’ombra,
siete sempre presenti con le vostre letture… Infatti, ho
notato che questa
storia ha avuto più di mille visioni… quindi mi
posso ritenere più che
soddisfatta… U___U … Ringrazio naturalmente anche
gli adorabilissimi 25 che
hanno aggiunto questa storia alle preferite, ai 32 che
l’hanno aggiunta tra le
storie seguite e ai 7 che l’hanno messa tra le
ricordate… Sono troppo contenta…
:D
Bene..
adesso che ho terminato i ringraziamenti, vi lascio nelle mani
dell’epilogo, l’ultimo
compagno di viaggio di questa lunga serie… :D Un bacio e
spero di rivederci
presto con un’altra storia…. Ne sto scrivendo
un’altra, non su questa serie, ma
su una cosa del tutto originale… Vabbé.. a
prestoo!!
BESOSSS*****
Vostra..
Kyryu!
Epilogo
Ema…
Inutile
dire che, dopo quelle ore passate sotto quella pioggia torrenziale e
quel
freddo allucinante, mi ero beccato un’influenza da paura,
tanto che fui
costretto a rinchiudermi in una parte della casa degli zii, dove non
era permesso
a Gio di venirmi a trovare.
Quelle
vacanze natalizie furono dolcissime e, nonostante non fossi un ragazzo
super-mega-romantico (sapevo dosarmi, eh!), mi accorsi anche io di
quell’atmosfera magica che aveva preso possesso di tutto
ciò che ci stava attorno.
Gio non
mi era mai sembrata così solare… in
quell’inverno funzionava bene come raggio
di sole, tanto da rendermi dipendente da lei molto più di
prima. Ormai mi ero
lasciato alle spalle anche la storia con Claudio ed Elisa: dopo che ci
spiegammo tutto quanto, quella volta a Moena, Gio ed io non riaprimmo
mai più
quel discorso, anche perché sinceramente i loro
atteggiamenti e comportamenti
non erano degni della mia considerazione o di un qualsiasi mio pensiero
nelle
mie lunghe giornate con Gio. L’unico con cui mi sentivo
ancora era Giulio, quel
carissimo amico che mi aveva aperto gli occhi quella famosa volta in
cui volevo
dichiararmi… Era l’unico per il quale ero disposto
a dare la vita, l’unico che
non mi aveva mai tradito.
Gio ed io
avevamo deciso ogni cosa, trovandoci molto spesso in disaccordo, ma
eravamo
pronti ad affrontare anche questo e poi, purtroppo i lupi perdono il
pelo ma
non il vizio, no? E come pretendere che Gio ed io, dopo la
riappacificazione,
perdessimo le nostre idee?
Certamente
non ci insultavamo troppo, però i litigi c’erano
sempre.. li consideravamo le
nostre piccole battaglie personali che al posto di dividere,
rafforzavano il
nostro rapporto.
Non
c’è bisogno di sforzarsi per
cambiare, quando ci si ama proprio per come si è fatti, così
mi ricordava l’amore della
mia vita, ogni volta che ci lasciavamo andare alle coccole.
Ancora
più inutile mi sembrava specificare che l’amavo
ogni giorno che passava sempre
di più… non avevo più dubbi: avrei
voluto passare per sempre la mia intera vita
con lei.. se di vita si tratta.. perché per me è
un perenne sogno! Notai che
era maturata e quell’adorabile pancione la rendevano ai miei
occhi ancora più
splendida. Nonostante conservasse ancora quel suo carattere da ribelle
e da
indomabile leonessa, aveva degli obiettivi precisi che la facevano
sembrare più
calma.. ma sapevo che era tutta apparenza: non l’avrei
fermata in niente e per
niente al mondo, anche se non fossi stato d’accordo con le
sue scelte. Perché
per quanto tu possa illuderti di riuscire a braccare un uccello fiero e
implacabile, quello si libererà con più rabbia e
forza di prima.
E poi,
c’era da aggiungere che l’avrei accompagnata in
qualsiasi sua follia… non sarei
mai riuscito a frenarla e cos’avevo da perdere? Niente,
perché lei sarebbe
stata il fulcro del mio tutto.
Quel
giorno era seduta su una sedia a dondolo che avevamo messo proprio
davanti
all’albero di natale, addobbato con un certo gusto, e
sorrideva mentre si
accarezzava il pancione con fare distratto, con la mente persa in
chissà quali
pensieri. Era da tutto il giorno che cercavo di parlarle, ma non
avevamo avuto
un attimo di tregua dato che i fratelli l’adoravano sopra
ogni cosa e non le
davano neanche un momento di tranquillità … Gio,
alla fin fine, era più grande
di loro di soli sei anni… non sarebbe stato naturale
litigare a quell’età? Me
la dovevano occupare proprio in qualsiasi momento della giornata?
Sicuramente
lei aveva notato il mio umore un poco più seccato rispetto
al normale, ma non
mi aveva chiesto niente, anche perché non le avrei detto
niente fino a quando
qualcuno non mi avesse concesso una decina di minuti da solo con lei.
Mi
poggiai allo stipite della porta, che stava proprio alle sue spalle e
la vidi
mentre, con fare tranquillo, si sollevava dalla sedia a dondolo e
s’incamminava
verso l’altro lato della stanza, senza mai notare la mia
presenza. O meglio,
facendo finta di non essersi accorta della mia presenza.
Si
diresse verso il pianoforte, situato in fondo al grande salone, posto
in modo
da dare le spalle agli spettatori. Si sedette e cominciò a
pigiare lentamente
quei tasti; mi sentii, lentamente, trasportare in quella notte di circa
sei
mesi prima…
Mi
ricordo perfettamente che dopo la famosa serata al “The
Island”, quando la
presentai ai miei amici e alla mia ex-ragazza, dopo anche una bevuta da
record,
l’avevo presa in spalla e l’avevo sistemata in
macchina accanto a me. Avevo
chiuso la portiera dal suo lato e mi ero seduto al posto
dell’autista e messo
in moto, pronto a riportarla a casa, tormentato da mille pensieri
stupidi che,
se ci penso adesso, mi fanno pensare a quanto avessi sempre amato
quella
piccola stupenda donna... mentre quella stessa canzone di Nek che stava
suonando Gio, in quel momento, aveva risuonato nel mio abitacolo,
facendomi
compagnia per tutto il rientro.
Tu sei, tu
sai
Nel sogno
da chi vai.
Tu sei, tu
sai
Stai
svegliandoti ormai!
Mi
sorprendono i tuoi occhi e quasi chiusi
Poi accesi,
spalancati in me,
dici
sorridendo:”Sognavo
di te…” …
…
Tu sei, tu sai
Sorpresi insieme dal
mattino…
Tu sei, tu sai
E adesso il sogno è
già
lontano…
La voce di
Gio suonava splendidamente nelle mie
orecchie. Però.. come faceva a ricordare quella canzone?
-…
Ho qualche ricordo sfuocato di quella notte in
cui mi presi una sbronza micidiale.. e questa canzone mi è
rimasta impressa..
anche se non ricordo affatto quando mi spogliasti.. ma sono
dettagli…- rispose,
quasi come se avessi parlato per davvero.
Mi stupii,
anche perché non aveva voltato il viso
ed era impossibile che mi avesse visto prima.
Mi
avvicinai a lei sempre più, fino a ritrovarmi
alle sue spalle. Le poggiai una mano sulla spalla e lei
sollevò la testa, fino
a far annegare il suo sguardo nel mio.
-E’
tutto il giorno che ti vedo agitato… cosa
c’è?-
mi chiese, mentre riprendeva a pigiare i tasti del pianoforte.
Coraggio…
è l’ultimo
passo, l’atmosfera è quella giusta… e
lei è tutta per te… avanti!
Mi sedetti
accanto a lei, bloccandole per un attimo
le mani. La vidi stupirsi del tutto, mentre cercavo di trovare le
parole
adatte… di certo non era argomento di tutti giorni dover
fare una… Sentivo
quella piccola scatolina di velluto nero farsi sempre più
pesante nella mia
tasca dei pantaloni.
-Ehm…
io… volevo… dedicarti una canzone.- risposi,
deragliando dal mio obiettivo principale, dandomi mentalmente
dell’idiota. Gio
fece una specie di faccia stralunata, assecondandomi e lasciandomi un
po’ di
spazio accanto a sé.
Cavolo, cavolo,
cavolo…
combino sempre e solo cazzate!
Mi dovetti
far venire in mente una canzone ad
dedicarle, giusto per riparare un po’ all’idiozia
che mi aveva preso in quel
momento… Mi sovvenne in mente una splendida canzone che
avevo ascoltato da poco
alla radio, nonostante fosse di un bel po’ di anni prima.. e
cominciai a suonare e a cantare…
Open
up your heart to me
And say what’s on your mind, oh yes
I know that we have been through so much pain
But I still need you in my life this time, and…
I need you tonight
I need you right now
I know deep within my heart
It doesn’t matter if it’s wrong or right
I really need you tonight
I figured out what to say to you
But sometimes the words they, they come out so wrong, oh yes they do
And I know in time that you will understand
That what we have is so right this time, and…
I need you tonight
I need you right now
I know deep within my heart
It doesn’t matter if it’s wrong or right
I
really need you tonight…
Mi
bloccai di botto. Sentivo di star perdendo tempo, nonostante quella
canzone
fosse adattissima per la situazione. Al mio fianco, sentii il
singhiozzare
sommesso di Gio.
-Hey!
Cos’è successo?- le chiesi, mentre le cingevo la
vita con un braccio.
-E’..
che.. mi sono commossa.. scema di una bambina! Condiziona tutte le mie
emozioni!- mi rispose, poggiandosi delicatamente sul mio petto. Presi
fiato e
dissi:
-Non era
questo quello che volevo fare, in teoria… anche se la
canzone mi è servita per
rilassarmi e per poter dire tranquillamente quello che sto per dirti..-
Gio’
si
sollevò un attimo e piantò il suo sguardo nel
mio, quasi a non volersi perdere
niente.
-.. Ti
amo… e lo sai. Però… non mi basta
più.- le dissi, senza tanti giri di parole.
Sentii qualcosa rompersi al di fuori di me. Non ero io. Era
Gio’.
-M..mi
stai lasciando?- mi chiese, scombussolata e con gli occhi fuori dalle
orbite.
-COSA?
No… è più seria la
questione… Ecco… non so..- cavolo, mi stava
disturbando
ancora quello stato di balbuzie inutile.
-Cosa,
Ema?- mi chiese decisa, cominciando a infervorarsi.
-Sposami,
amore mio.- le dissi, mandando a puttane tutti i miei giri di parole.
I suoi
occhi le si spalancarono e, quel momento, credo fu il più
opportuno per
togliere fuori anche l’anello semplice in oro e oro bianco
con un solitario
particolarmente lavorato.
Aprii la
scatolina e la poggia sul piano del pianoforte.
Gio’
non aprì
bocca per quasi un minuto. Poggiai un braccio sul pianoforte e mi
voltai
completamente verso di lei.
-Ti sono
sembrato inopportuno, vero? Non dovevo chiedertelo.. forse.. era troppo
presto..- sussurrai, mentre cominciavo a battere in ritirata,
riprendendo la
scatolina in mano. In quello stesso attimo, la sua mano strinse il mio
braccio,
lasciandomi stupito.
-Sei..
un.. IDIOTA!- mi urlò nelle orecchie, mentre mi soffocava in
un abbraccio
stritolante, per quanto nostra figlia glielo permettesse
–Come cavolo puoi solo
pensare che io non possa risponderti “Si! Lo desidero con
tutta me stessa!”??
Sei proprio OTTUSO!- mi rispose, occupando la mia bocca con un bacio
appassionato.
Mi
sentivo stravolto: Gio’ aveva appena affermato di volermi
sposare con tutta sé
stessa.
Sentii la
seconda porta del salone spalancarsi, per mostrare poi le nostre
famiglie che
ci applaudivano.
-Siamo
contenti per voi..- disse mio padre, facendomi l’occhiolino e
stringendo
vigorosamente mia madre in lacrime. Gli zii sembravano felici anche
loro… e
sono convinto che lo fossero anche quando lo zio mi rinnovò
la minaccia in caso
mi fossi comportato male con lei.
La
strinsi a me e sentii, provenire dal pancione, un leggero calcetto
della nostra
bimba.
-Luna si
sta congratulando con noi..- mi disse Gio, abbagliandomi con il suo
sguardo
emozionato. Le sfiorai ancora la pancia, sussurrandogli, sia a lei che
alla
piccola:
-Grazie…
per tutto… Vi amo e farò di tutto per esserci
sempre per voi… e soprattutto..
farò di tutto per rendervi felici a partire da questo
momento..-
Gio’,
Luna ed io avremmo affrontato i nostri ostacoli, saremmo caduti insieme
e ci
saremmo rialzati altrettanto, ma avremmo avuto i nostri sorrisi e i
nostri
cuori sempre accesi, amandoci sempre di più.
Il
segreto di un amore perfetto, come il nostro? Facile… non esiste… L’amore
non ha regole, né limiti, né
perfezione… solo
compromessi, valli estese all’infinito e soprattutto
imperfezioni da ogni lato.
Perché ognuno deve scoprire da sé la propria
perfezione e su questo Gio’ ed io
non siamo in disaccordo!
Fine
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