Monoshitsuji - Il Maggiordomo Bianco

di yuki21
(/viewuser.php?uid=95684)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel Maggiordomo, rosso rubino ***
Capitolo 2: *** Quel Maggiordomo, legami e patti ***



Capitolo 1
*** Quel Maggiordomo, rosso rubino ***


Rosso.

Come il rubino dell'anello di papà.

Come i papaveri che crescevano in giardino.

Rosso come i nostri capelli…come il nostro sangue.

Ti ricordi mia metà?

Ricordi ancora quella notte oscura?

Il nostro rosso che si mischiava e si allargava in un'unica pozza sul marmo.

I fili rossi strappati, le stoffe gettate a terra, la tua e la mia voce.

E poi, una domanda.

La mia risposta.

La sua fredda risata…e ancora rosso su questa mia pelle incisa nel fuoco.

 

Veloce, il marchese Cyril Duval, scendeva la lunga scalinata della residenza estiva guardando avanti a se.

Il suo passo sicuro, era accompagnato dal rumore del tacco dello stivale elegante che echeggiava nel silenzio della grande villa.

Arrivato all'ultimo gradino, rallentò il passo fino a fermarsi. Spostò una fine ciocca di capelli color rame dietro l'orecchio e iniziò a guardarsi tutto intorno.

La residenza sembrava essere deserta. Il marchese non udiva rumori di sorta.

Nervosi, i suoi occhi verdi smeraldo continuarono a scrutare ogni angolo del grande atrio senza riuscire ad individuare alcun movimento.

Strinse i pugni ed iniziò a chiamare ad alta voce un nome.

Albert! Albert dove sei!”

La sua voce uscì fuori quasi stridula, producendo un contrasto molesto in quel silenzio così opprimente. Ancora guardò a destra e a sinistra, e ancor di più strinse i pugni. Cercò di costringersi a mantenere la calma e prese nuovamente fiato per gridare di nuovo quel nome. Fu allora che una delle porte che davano sulla sala si aprì, facendolo sussultare.

Una figura alta e composta, si chiuse alle spalle la porta e con passo veloce si apprestò a raggiungere il giovane marchese.

Quando gli fu davanti, si inchinò con fare cerimoniale.

Tornato in posizione eretta, fissò il suo padrone dritto negli occhi. Ambra nello smeraldo, veste nera da maggiordomo contro veste di seta bordeaux elegante con pizzo bianco.

Mi stavate cercando signorino?”

La sua voce calda e profonda, accarezzò l'udito del giovane padrone.

Giovane, troppo per il suo ruolo di marchese. 12 anni appena, alto meno della metà del suo stesso maggiordomo, il marchese Cyril Duval era un fanciullo di corporatura esile, dalla pelle color latte. Gli occhi troppo grandi per quel viso così minuto, avevano il colore degli smeraldi più preziosi. I capelli ricadevano mossi e finissimi nascondendo talvolta parte di quel viso così perfetto per un bambino, donandogli mistero e fascino pericolosi per la sua età. Rossi, come il fuoco, come il sangue, brillavano di riflessi ramati ad ogni fonte di luce.

Se nel complesso il marchesino Cyril poteva ricordare il sole splendente, il suo maggiordomo Albert era la notte più scura. Capelli neri, lunghi, legati in una coda perfetta come si usava all'epoca, incorniciavano un viso severo seppur innegabilmente bello. Gli occhi color ambra, si incastravano a meraviglia con quelli del suo giovane interlocutore e la sua bocca, fine e perfetta, si allungava in un accenno di sorriso incomprensibile.

Dov'eri finito? E` da un pezzo che ti cerco..”

Perdonate padrone, avevo inteso che avrei dovuto chiamarvi alle 5 del pomeriggio…” il maggiordomo estrasse un orologio a cipolla dal suo taschino osservandolo “…e visto che sono le 4 e 43 minuti, sarei stato da Voi tra 17 minuti esatti “.

Il marchese sbuffò spazientito.

Tu e i tuoi orari! Devi sempre essere così rigido su ogni cosa?! “

Quale maggiordomo della famiglia Duval è mio compito vegliare su tutto ciò che accade alla Vostra persona dentro e fuori le mura delle Vostre residenze. Per far ciò devo essere sempre perfetto e vigile su tutto. Se così non fosse, potrebbero accadere cose spiacevoli signorino. Perdonatemi se con il mio fare urto la Vostra sensibilità…”

Non urti nulla! Smettila di giustificarti..mi sono solo stancato di stare in casa. Voglio uscire, subito. Fai preparare la carrozza, andiamo in città, ho voglia di respirare l'atmosfera di Parigi”.

Il marchese si voltò restando immobile, in attesa. Dopo pochi secondi, sulle sue esile spalle, veniva appoggiato con delicatezza un lungo mantello nero estremamente elegante. Con esso, gli vennero consegnati da Albert, un cappello a cilindro sempre nero, ed un bastone da passeggio di cui il pomello rappresentava un aquila dalle ali aperte finemente lavorata in argento.

Il maggiordomo sorrise soddisfatto. Era un sottile piacere constatare ogni volta che il suo padrone aveva bisogno di lui..per tutto, anche semplicemente per indossare un soprabito.

“Se non erro, ho alcune commissioni da fare a Parigi. Di a Lois di prendere la solita carrozza. Per prima cosa voglio passare dal gioielliere. Devo verificare se il lavoro che gli ho commissionato è stato svolto come da me indicato. Andiamo Albert..queste mura mi soffocano”.

Il maggiordomo si inchinò nuovamente e pronunciò un'unica frase di risposta “Oui, Mon Seigneur”*.

Correva l`anno 1774, e Parigi era semplicemente meravigliosa.

Chiusi nell'elegante carrozza, il marchese Duval osservava le strade parigine colme di gente, mentre Albert rileggeva una lista di commissioni da svolgere nella giornata.

Dopo qualche istante, guardò verso il suo signore sorridendo. Era chiaro che il giovane non aveva ascoltato nemmeno la metà di quello che fino ad ora, egli aveva tentava di spiegargli.

La città è in fermento in questi giorni, non trovate signorino?

Cyril tornò a sedere composto sistemandosi al meglio il lungo mantello nero.

E` normale. I parigini sono eccitati all'idea dell'arrivo della principessa d'Austria, Maria Antonietta. Hanno riposto grande fiducia in questa futura regina di Francia..

Voi non siete emozionato? Quando la futura consorte del principe Luigi giungerà a Parigi, la Francia subirà enormi cambiamenti. Ben presto questa città sarà al centro dell'attenzione mondiale. Sicuramente le famiglie nobili verranno invitate all'incoronazione dei nuovi regnanti di Francia..anche la famiglia Duval dovrà partecipare…”

Cyril guardò con sguardo severo il suo servo. Sapeva dove egli voleva andare a pararesorrise fra se prendendo in mano il suo cilindro.

Puoi essere certo che la famiglia Duval sarà presente all'evento, così che ogni nobile in città possa vedermi. Di per se, io non ho interesse alcuno verso questa austriaca straniera, ne in generale verso i membri della corona. Sono altre le persone che attualmente destano la mia attenzionema posso ben immaginare che un incoronazione sarà qualcosa a cui nessuno vorrà rinunciare. Ogni nobile sarà presente, come tutti i rappresentati delle cariche maggiori di stato. Ed io sarò in mezzo a tutta quella gente, anzi, sarò in prima fila. E questi miei occhi non perderanno di vista nessunovoglio vederli in faccia uno ad uno..fino a trovarli…”

Sarete luce in quelle stanze cariche di apparenza, signorino..

E tu sarai ombra in quelle stanze, la mia ombra. Non perdere mai di vista le mie spalle Albertquesto è un ordine

Oui, Mon Seigneur”.

La carrozza si fermò proprio davanti l'ingresso di una bottega sulla cui insegna era incise la parola Bijoux**.

Albert scese per primo porgendo la mano al suo giovane signore.

Il loro ingresso fu avvisato dal campanello posto sopra la porta. Un uomo di mezza età, grasso e dai pochi capelli bianchi, si voltò in direzione dei nuovi clienti.

Oh, Marchese Duval! Quale onore averVi nella mia modesta bottega! Pensavo che sarebbe venuto solo il Vostro maggiordomo a ritirare il lavoro che mi avete commissionato”.

Il giovane Cyril rivolse uno sguardo altezzoso al vecchio uomo. Quel suo fare cerimoniale sapeva di falso da ogni parte.

Il lavoro commissionatovi è molto importante per me, quindi ho preferito venire di persona per verificare il risultato. E` dunque pronto?

Assolutamente si! Ecco..ve lo mostro..

Le grasse mani del gioielliere, appoggiarono sul bancone una piccola scatola finemente lavorata. Il marchese l'apri e al suo interno, vi trovò un rosso rubino di piccole dimensioni, perfetto. Lo prese e verificò la montatura. Il rubino era stato incastonato in un semplice orecchino d'oro.

Il marchese lo guardò e riguardò, passandoselo tra le esili dita.

Così minuscolo, così rosso, così perfetto. Lo ripose nella scatola con cura e si voltò, pronto ad uscire dalla bottega.

Albert, salda il conto

Subito signorino. A voi..

Il maggiordomo allungò un sacchetto contente monete d'oro al vecchio, il quale avido, lo raccolse subito scrutandovi all'interno. Prima che il marchese e il maggiordomo potessero raggiungere la porta, il gioielliere richiamò la loro attenzione.

Perdonate mio Signoredevo restituirVi la montatura originaria. Per quanto l'anello sia rotto, i tre diamanti sono ancora al loro posto..come avevo detto al Vostro maggiordomo avrei potuto ripararlo e magari stringerlo per adattarlo alle Vostre mani, ma lui mi ha risposto…”

Potete tenere il resto dell'anello. A me interessa solo il rubino”.

Gli occhi famelici del gioielliere si illuminarono di gioia. Aveva praticamente guadagnato il triplo di quanto pattuito per il suo lavoro. Non era però convinto del tutto dalle parole di quel ragazzino strafottente, e finse ancora una volta di essere affabile e gentile..

Marchese davvero, non posso accettare. L'anello d'oro non vale molto, ma i diamanti per quanto piccoli sono di un taglio pregiato che li rende estremamente preziosi, è davvero troppo per un umile lavoratore come me…”

Il marchese si voltò ad osservalo. Il vecchio allora si sentì terribilmente a disagio. Quegli occhi verdi erano veleno. Lo stavano penetrando nell'intimo per carpire ogni sua falsa affermazione, ogni suo ridicolo tentativo di dimostrarsi qualcuno che non era. Tutti a Parigi sapevano del vizio del vecchio gioielliere, della sua passione e predilezione per le giovani e i giovani dei quartieri più malfamati e poveri di Parigi. Anche il marchese ne era a conoscenza..ma in quel frangente la bottega di quel vecchio bavoso era la più pratica da raggiungere dalla residenza estiva, e Cyril non amava andare in giro a lungo per la città.

Così i suoi occhi verdi, si spostarono per la stanza fino ad individuare un oggetto: una spilla d'oro a forma di rosa.

Guardò Albert che capì al volo.

Allora se per voi va bene, prenderemo in permuta questa spilla

Si..certo..ma ha un valore molto inferiore rispetto ai diamanti..”

E` solo un oggetto. Il suo valore sarò io a stabilirlo donandolo a qualcuno che se lo merita. Sbrigati Albert, abbiamo altre commissioni da fare

Detto ciò, Cyril uscì dal negozio. Albert recuperò il nuovo pacchetto e seguì il suo padrone.

Quando il vecchio fu sicuro che la carrozza fosse abbastanza lontana, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

Quel moccioso..un viso così bello per una personalità tanto insopportabile..

Poi, mentre osservava i suoi nuovi diamanti, si lecco le labbra con fare lascivo.

Saprei io come sistemarlo a dovere..il bel marchesino Duval.

Quello fu l'ultima frase da egli pronunciata. Mentre il suo cuore si arrestava improvvisamente tra il dolore delle fitte al petto e la rigidità del braccio sinistro, il suo ultimo pensiero furono quattro paia di occhidue verdi come smeraldo che lo osservavano con altezzosità, e due chiari come l'ambra, che mutavano espressione osservandolo con odio e disprezzo e che assumevano sfumature color cremisi. Il vecchio uomo sarebbe stato ritrovato morto, riverso sul pavimento della sua bottega, dopo molte ore dalla visita del Marchese Duval.

Nella carrozza, il marchesino verificava con calma la spilla scelta.

E' un grazioso oggetto signorino..alla contessina Gisèle piacerà sicuramente..”

Si, lo penso anche io. E' di manifattura semplice eppur elegante. E comunque, era la cosa meno volgare di quella bottega..”

Però, permettetemi una domanda: come mai questo regalo? Il compleanno della contessina è passato da poco e Voi le avete fatto diversi doni piuttosto costosi..perché un altro?”

Cyril sospirò osservando il cielo. Ripose con cura la spilla all'interno della sua custodia e la consegnò ad Albert. Del resto era sempre il maggiordomo ad occuparsi di sistemare i suoi acquisti.

Perché un nuovo regalo mi chiedi? Chissà..forse solo per espiare il mio senso di colpa. Gisèle sarà colei che più soffrirà, quando il mio proposito sarà compiuto. Questo è solo un oggetto, qualcosa che un domani potrà rimpiazzare con altro. Io la priverò di un qualcosa che non potrà mai più rimpiazzare...direi quindi che si merita delle attenzioni particolari. Gliele devo...”

Mio signore..le Vostre spalle sono troppo piccole per sostenere dei pesi così gravi. Vi prego di ricordare sempre, di dividerli con me. Io sono al Vostro servizio, e lo sarò..fino alla fine”

Cyril guardò il suo maggiordomo. Doveva essere uno spasso per lui, osservare i suoi tormenti. Si morse il labbro inferiore e volse lo sguardo altrove. Si, Albert sarebbe stato con lui fino all'epilogo. Del resto non poteva essere altrimenti...in fondo lui era la sua anima.

Quel pomeriggio i due rientrarono alla residenza quasi subito. Il marchese evitò di visitare i quartieri alti di Parigi. Per ora non aveva alcuna voglia di vedere volti a lui noti. Silenziosamente come sempre, il servo Loise si occupò di riportare alle stalle i cavalli e di sistemare la carrozza.

Cyril e Albert rientrarono in casa e vennero salutati e accolti da Amélie, una delle cameriere della famiglia Duval.

Mentre risaliva la scalinata per recarsi nel suo studio privato, Cyril richiamò l'attenzione del suo maggiordomo.

Albert vieni nel mio studio. Devi svolgere un lavoro per me, ora”

Il maggiordomo obbedì seguendo il suo padrone.

Lo studio della residenza estiva dei Duval era un immensa stanza con librerie piene che correvano per ogni muro. Al centro, era posta una scrivania di legno di quercia finemente lavorata. Fino a due anni fa, il Marchese Fabrice Duval era solito lavorare in quella stanza ore e ore. Ad oggi, era suo figlio Cyril che sedeva sulla comoda poltrona di velluto rosso.

Cosa posso fare per Voi signorino?”

Aiutami ad indossare questo”. In mano il marchesino, teneva l'orecchino col rubino. Albert di avvicinò prendendo con se una bottiglia di brendy dal tavolino porta vivande. Prese poi un suo fazzoletto bianco e un ago recuperato chissà dove.

Si posizionò al lato destro del suo padrone, piegandosi in avanti per raggiungere l'altezza giusta. Per avere maggior sensibilità, si tolse da prima i guanti dalle sue mani e, quando le sue fredde dita sfiorarono il lobo dell'orecchio di Cyril, sorrise del brivido provocato al suo padrone.

Ora, potrei farVi leggermente male signorino” sussurrò con calda voce.

Avanti, fallo e basta!” rispose secco il marchese.

Senza esitazione di sorta, Albert praticò con l'ago una leggera pressione sul lobo del suo padrone, aprendovi un minuscolo foro ove andò a posizionare l'orecchino. Disinfettò con l'alcool il tutto, pulendo minuscole gocce di sangue col suo fazzoletto bianco.

Ecco fatto signorino”.

Il marchesino, si mirò allo specchio che era posto sulla scrivania. Il rubino splendeva al suo orecchio.

Va bene. Ora puoi andare”.

Il maggiordomo si inchinò e si avviò verso la porta.

Albert aspetta..porta via anche quello..”

Sulla scrivania era rimasto il fazzoletto leggermente macchiato del sangue del marchese. Quando Albert tornò indietro per recuperarlo, non poté non notare quanto il suo padroncino fosse pallidito ad oltranza.

Sorrise e gli carezzò la testa con fare protettivo. La sua mano venne subito allontanata da uno scatto rabbioso di Cyril. Albert osservò ancora il suo padrone. Ai suoi occhi, egli continuava a sembrare sempre così fragile. Nonostante ciò, lui più di chiunque altro, conosceva la vera forza che quel minuscolo corpo racchiudeva.

Perché avete preferito un comune orecchino all'anello che prima manteneva in luce questo rubino?”

Cyril si ricompose. Prese fiato e rispose senza guardare Albert.

Quell'anello..era il simbolo della famiglia Duval. Mio padre scelse il rubino quale pietra preziosa più importante. Esso simboleggiava il sangue e la forza del capofamiglia, cioè lui. I tre rubini posti sulla montatura dell'anello eravamo noi, gli altri membri della famiglia Duval: mia madre, io e...Celestine...” per un attimo solo, quegli occhi color smeraldo si inumidirono esprimendo un tormento infinito, per poi tornare asciutti e distaccati... “questo era il suo simbolo..adesso quelle persone non ci sono più. Sono rimasto solo io..ed io sono il nuovo capofamiglia dei Duval. E sono solo, come questo rubino. Incastrato nella mia stessa pelle mi ricorderà ogni giorno chi sono, e cosa sono. Così sarà sempre attaccato a me, dentro me per ricordarmi il mio scopo...”

Capisco. Quel rubino è perfetto per Voi così come lo avete trasformato. Ma non temete signorino, non sarete mai solo. La mia esistenza Vi appartiene come i miei servigi. Farò sempre qualsiasi cosa per Voi, perché siete la persona più importante per me..”.

Albert si inchinò con reverenza davanti al suo padrone. Cyril sprofondò nel velluto della poltrona lasciando che i suoi capelli ramati coprissero totalmente i suoi occhi stanchi.

Già, la persona più importante...hai ragione, è ciò che sono per te. Del resto, mio insostituibile maggiordomo, io sono la tua anima..”

Albert sorrise malizioso. Si rialzò e si allontanò fino ad uscire dalla stanza. Cyril prese a ridere forte, fino a rimanere senza fiato.

Si..io sono la tua anima. E tu il mio servo. Non lo dimenticare mai Albert”

Dalla cucina, Albert alzò gli occhi osservando un punto lontano... “Oui, Mon Seigneur”...sussurrò piano a se stesso.


 

*Si, mio Signore

**Gioielli


Note Autrice: Questa storia è un vero esperimento. Non ha scadenze quindi verrà aggiornata così come le idee arriveranno alla mia testa. Richiama la storia di Kuroshitsuji, ma può essere definita una storia originale in quanto non troverete i personaggi della storia che tutti conosciamo. Forse qualche comparsa..forse. Vorrei tentare di fare pochi capitoli, quindi sarà un concentrato di personaggi che verranno presentati chiaramente da subito, senza togliere però la suspance in ogni capitolo. I personaggi che considero minori, non avranno un nome proprio (vedi in questo capitolo il ruolo del gioielliere). Ogni capitolo svelerà qualcosa in più ai fini della trama. Vi sarò grata se vorrete recensire soprattutto perchè, come già detto, la considero una storia originale a se. Spero gradirete le ambientazioni e i nuovi protagonisti. Grazie a tutti.  YUKI21

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Quel Maggiordomo, legami e patti ***


Il pavimento di marmo era freddo, ma a lei non importava.

Uscita dalla sua stanza, alzò quel poco che bastava la lunga camicia da notte bianca per non inciampare, e a piedi nudi, raggiunse velocemente la porta della stanza accanto alla sua.

Entrò senza bussare e sempre di corsa, si tuffò sul grande letto a baldacchino.

Da sotto le coperte, una testa rossa come la sua fece capolino.

La bambina osservò il suo viso sorridendo.

Fu come guardarsi in uno specchio, ancora una volta.

Celestine..vieni sotto le coperte fa freddo stanotte”.

La bambina si infilò sotto le pesanti coperte di velluto avvicinando il suo viso a quello del fratello.

Cyril, ti senti meglio ora?”

Si sorellina, è solo un raffreddore non preoccuparti. Sta già passando”.

Papà non mi ha permesso di stare con te questo pomeriggio, teme possa ammalarmi anche io”.

Già, eppure ora sei qui. Hai disobbedito come al solito Celestine”.

Non sgridarmi! Lo sai che non mi piace quando siamo lontani..mi sento sola senza di te Cyril”.

E' lo stesso per me. Però io e te siamo nati da una cosa sola, ricordi? La mamma ce lo diceva sempre. Un unico seme che ha generato due fiori..”

Si, due fiori rossi! Due papaveri selvatici come quelli che crescono dietro la stalla...Cyril?”

Si?”

Noi due staremo sempre insieme vero?”

Certo! Sei la mia gemella, la mia perfetta metà. Senza te sono incompleto”

La bambina sorrise di nuovo mentre il fratello le spostava i lunghi capelli ramati dal volto.

Anche io Cyril..senza di te sono incompleta”.

Quella fu l'ultima notte per i gemelli Duval.

 

“Monsieur*?”

Albert aveva appeno finito di versare del latte caldo nella tazza del giovane marchese. Cyril era impegnato a verificare pile di documenti e sembrava non riuscire a venirne fuori per quella mattina.

“Ma che?...oh accidenti! Questi conti non ne vogliono sapere di tornare! Passerò l'intera giornata chiuso qui dentro temo..”

Il maggiordomo sorrise. A soli 12 anni, il marchese Duval amministrava finanze come un veterano. I possedimenti della famiglia Duval erano sparsi per tutta la Francia. La maggior parte dei ricavi proveniva da due settori distinti: la produzione di vino, con i vigneti a Bordeaux e la produzione di profumi con la grande fabbrica di Parigi. Cyril passava da un conto all'altro con rapidità e maestria, senza però smettere di lamentarsi ad ogni cifra che riteneva inesatta.

“Monsieur...se avete qualche difficoltà con quei documenti potreste chiedere aiuto al Conte Roche. Sapete bene che è sempre ben disposto nei Vostri confronti”.

Il marchese si passò una mano tra i capelli sprofondando ancor di più nella grande poltrona.

“Tu hai davvero uno strano senso dell'umorismo Albert. Lo sai cosa succede ogni volta che mi vedo con Gilbert...è insopportabile!”.

“Signorino siete troppo severo col Conte. Sapete bene che gli è impossibile non pensare a lei quando osserva Voi”.

“Tsk!”. Il giovane marchese si alzò stiracchiandosi. Volse le spalle ad Albert e fissò il suo sguardo all'esterno dell'ampia finestra.

Iniziava a perdersi nei ricordi, Albert lo sapeva bene. Lui conosceva Cyril meglio di chiunque altro ed ogni atteggiamento del suo padrone gli era sempre comprensibile. Sospirò leggermente, mentre continuava a dedicarsi alla colazione del suo marchese.

Gilbert Roche, ovvero il Conte Roche. Un ragazzino di 13 anni di cui la famiglia, aveva stretto molti anni orsono, un legame lavorativo ed affettivo con quella dei Duval. La famiglia Roche possedeva delle terre a Bordoux in cui i Duval facevano crescere le viti dalle quali proveniva il loro famoso vino rosso. Le due famiglie lavoravano quindi a stretto contatto. Tale era la stima reciproca, che alla nascita dei gemelli Duval, appena un anno successiva da quella dell'erede dei Roche, si era deciso di combinare un fidanzamento tra Celestine e Gilbert.

Egli quindi, ad oggi, rappresentava una continua rimembranza di quel periodo di pace e serenità, che tanto Cyril cercava di rimuovere. Perché per lui, più un ricordo era bello e più lo faceva soffrire. Se non vi fossero stati dei legami economici tra le due famiglie, forse il marchese si sarebbe adoperato da tempo a spezzato quel legale col giovane Gilbert.

Ma non era solo questo a turbarlo, ed Albert lo sapeva bene.

“Comunque signorino, oggi avete un appuntamento col Conte Roche. Quindi tanto vale approfittarne per farVi aiutare. Quanto meno il signorino Gilbert potrà consegnare a mano i documenti relativi a..”.

Cyril si voltò versò Albert allarmato.

“Aspetta un attimo! Hai detto che ho un appuntamento con Gilbert? Oggi? E quando l'ho concesso?”.

“Voi siete sempre un po distratto signorino. Non ricordate? Avete incontrato il Conte due settimane fa in biblioteca a Parigi, e dopo sua stretta insistenza, gli avete promesso che oggi avreste passato tutto il giorno in sua compagnia”.

Cyril sembrò pensarci su un attimo, giusto il tempo di fare mente locale e di rendersi conto che era fregato. Si ricordò la promessa (perché Albert estorceva promesse a destra e a manca) e capì di non avere via di fuga.

Sconsolato si lasciò cadere di nuovo sulla poltrona sotto lo sguardo preoccupato di Albert.

“Monsieur, se non Ve la sentite, posso recarmi alla residenza Roche e disdire l'appuntamento”.

“Eh? No, non importa. Del resto non posso nemmeno chiudermi qui dentro in eterno a fare progetti. Va bene, sfrutterò la visita di Gilbert per reperire notizie da Parigi e per consegnargli questi documenti. Ma so già che sarà un immensa scocciatura”.

Albert terminò di sistemare la colazione, pronto a congedarsi.

“Albert fa una cosa..quando arriva Gilbert vedi cosa gli va di fare. Sicuramente gli verrà in mente uno di quei suoi stupidi giochi..cerca di persuaderlo se propone cose assurde. Non ho voglia di giocare. Al massimo gli concedo una partita a scacchi. Ah, e pensa al pranzo. Di ad Amélie e Sofie di apparecchiare nella grande sala da pranzo. Con quel tavolo enorme potrò tenerlo a distanza il più possibile. Insomma pensa a tutto tu, accontentalo, fallo mettere a suo agio e passa a chiamarmi solo quando le cose sono fatte, è un ordine!”.

“Oui, mon seigneur”.

Silenzioso, il maggiordomo uscì dallo studio.

Lo sguardo del marchese vagò per la grande stanza fino a tornare alla pila di fogli che aveva davanti. Solo per una frazione di secondo, gli passò per la testa il pensiero di aprire il cassetto alla sua sinistra, quello che solitamente teneva chiuso a chiave. Il contenuto di tale cassetto era noto solo a lui: un diario, dei documenti appartenuti a suo padre, ed una cornice con un piccolo ritratto.

Cyril ricordava bene l'immagine...la sua famiglia. Suo padre, sua madre e due neonati stretti tra le loro braccia.

Quando avvertì che il peso sul suo cuore stava aumentando, scacciò via quell'immagine pungendosi un dito con un taglia carte affilato.

Il dolore fisico era sopportabile. Questo era un fatto che il marchese aveva imparato negli anni.

Il dolore della sua anima straziata no. Non riusciva proprio a sopportarlo e a gestirlo. E quando tornava a torturarlo sotto forma di ricordi rosso sangue, egli pensava intensamente ad Albert. Odiava il sarcasmo del suo maggiordomo, odiava quel suo fare così impostato e preciso e ancor più, odiava sapere di dover dipendere da lui. Ma Albert ci sarebbe stato fino alla fine, questo era un dato reale al quale il ragazzo si attaccava con ogni fibra del suo essere. Nessuno lo avrebbe allontanato da lui. Albert non lo avrebbe mai tradito e soprattutto, non lo avrebbe mai lasciato solo.

Ed un giorno, arrivati all'epilogo, egli avrebbe strappato per sempre quel peso dall'anima di Cyril, rendendolo finalmente libero.

Le conseguenze di quel gesto sarebbero solo stati dettagli, già concordati al momento della stipula del loro contratto.

Perso in così tanti difficili pensieri, il Marchese Duval scivolò tra le braccia di Morfeo perdendo così la cognizione del tempo.

Quando i suoi occhi tornarono ad aprirsi, la prima cosa che scorsero furono un paio di occhi celesti che lo fissavano curiosi.

Messi a fuoco, Cyril sobbalzò sulla poltrona rendendosi conto di aver perso un battito o due.

“Gil..Gilbert! Mi hai fatto prendere un colpo!”

Davanti a lui, con faccia maliziosa e divertita, stava il giovane Conte Roche. I lunghi capelli castani erano legati con un fiocco di seta blu, uguale alla sua giacca. Gli occhi celesti come il cielo d'estate, fissavano il Marchese allegri.

“Bonjour** Cyril! Mi spiace averti spaventato ma dormivi così bene che mi sembrava un peccato svegliarti solo per annunciare il mio arrivo!”.

Cyril tentò di ricomporsi imprecando mentalmente contro Albert che non lo aveva avvisato dell'arrivo del Conte.

“Allora..come stai? Sei felice di passare del tempo con me?”.

Ed eccolo qui il Conte Roche: un concentrato di sorrisi e stupidaggini. Cyril sospirò.

“Non capisco perché Albert non mi ha avvisato del tuo arrivo..quel maggiordomo è pessimo certe volte!”.

“Su su, adesso non iniziare a lamentarti come al solito. E' colpa mia se Albert non ti ha avvisato. Quando sono arrivato mi ha detto che gli hai chiesto di mettermi a mio agio e di dirgli ciò che mi andava di fare con te. Così io ho esposto la mia idea e lui si è messo subito all'opera per accontentarmi. E' un domestico davvero affidabile! Dopo cinque minuti aveva già preparato la tua divisa, è stato velocissimo!”.

“Divisa? Quale divisa?”.

Qualcuno bussò alla porta e subito dopo entrò Albert. In mano teneva una divisa da cavaliere con tanto di stivali da equitazione. Solo allora Cyril notò che anche Gilbert indossava un completo simile e questo voleva dire solo una cosa..

“Ah..e così hai voglia di uscire a cavallo?”

Il Conte sorrise allegro.

“Si! E' da tantissimo tempo che io e te non cavalchiamo insieme, vedrai, sarà divertente”.

“Gil..solo a te poteva venire in mente di uscire a cavallo in questa stagione. Comunque se è quello che ti va di fare a me sta bene. Scendi pure di sotto e aspettami davanti la stalla. Mi cambio e arrivo...eh? Che c'è? Perché mi guardi così?”.

Nel dettaglio gli occhi del Conte erano stati improvvisamente velati da una nota di malinconia.

“Scusami. E' solo che...be lo sai anche tu. Solo lei mi chiamava Gil...me l'hai fatta tornare in mente tutto qui”.

Lei, cioè Celestine. Cyril aveva sempre ritenuto tutto ciò molto bizzarro. Nonostante si trattasse di un fidanzamento combinato, come il suo con la Contessina Gisèle Mureau, egli aveva capito da tempo che Gilbert nutriva un sentimento reale nei confronti di Celestine.

Imbarazzato da tali pensieri, il Marchese abbassò solo per un istante lo sguardo per poi tornare serio e rigido ad osservare Gilbert.

“Te l'ho detto già diverse volte in passato: se vuoi continuare a frequentare queste mura, non devi parlare di lei. Lei non c'è più, è morta. Dimenticala una volta per tutte!”

La voce del Marchese era strozzata e il Conte aveva stretto i pugni in chiaro senso di indignazione verso tale affermazione. Fu allora che Albert intervenne per sciogliere la tensione creatasi nella stanza.

“Signorini fuori c'è un bel sole e la temperatura è più che discreta. L'idea di una bella cavalcata è perfetta per una giornata come questa. Direi di non perdere tempo in discorsi e di prepararsi invece ad una piacevole uscita. Conte Vi prego di voler scendere giù così che il Marchese possa cambiarsi. Il Vostro cavallo è già pronto, mentre quello del Marchese sta venendo preparato da Lois. Se volete raggiungere la stalla, a breve il Marchese sarà da Voi”.

Il tutto fu detto con cortesia e sorrisi. Gilbert sembrò dimenticare subito le parole rivoltegli da Cyril ed allegro come sempre uscì dalla stanza diretto alla stalla.

“Prego Marchese, Vogliate indossare la vostra divisa da cavaliere. Un po di movimento non Vi farà che bene e inoltre, non montate a cavallo da mesi ormai. Avevate bisogno di un poco di esercizio in tale senso”.

Ma Cyril strizzava gli occhi in chiaro segno di concentramento.

“Hai visto? Lo hai sentito? Fa sempre così. Alla fine in un modo o nell'altro riesce sempre a parlare di Celestine..insopportabile!”.

Lentamente, il maggiordomo prese ad aiutare il Marchese a cambiarsi d'abito.

“Sapete bene che i sentimenti verso Vostra sorella erano sinceri da parte del Conte Roche. Soffre ancora molto per la sua prematura scomparsa, dovete aver pazienza”.

“Io lo so che soffre! Ma il suo dolore non sarà mai pari al mio e i suoi continui ricordi che mi piovono addosso come una pioggia acida, non fanno altro che accrescere il mio odio e la mia rabbia!”.

Albert si inginocchiò di fronte al suo padrone per sistemare il fiocco sul colletto della camicia bianca.

“Abbiate pazienza signorino. Voi avrete la vostra vendetta e con essa sarete in grado di lenire non solo il Vostro di dolore, ma anche quello del giovane Conte. Fino ad allora, cercate di restare calmo il più possibile o rischierete di perdere di vista il nostro obiettivo”.

Cyril sospirò ritrovando la sua calma. Alla fine gli scappò anche un sorriso.

“Solo a Gil poteva venire in mente di cavalcare in questa stagione. Con tutte le pioggie avute in primavere il terreno sarà un disastro. Spero che il suo cavallo sia ben addestrato..a proposito, hai detto che è Lois ad occuparsi di sellare il mio?”.

“Oui Monsieur. A quest'ora avrà finito e siete pronto anche Voi. Andiamo, Vi accompagno alla stalla e poi torno in cucina a verificare la preparazione del pranzo. Oggi da mangiare abbia..”.

“Albert! Che cavallo ha sellato Lois?” il Marchese sembrava molto allarmato.

“Il Vostro signorino. Perché?”.

“Il mio...ha sellato sicuramente il mio cavallo. Allora sono nei guai maledizione”.

Solo qualche minuto più tardi Albert capì a cosa si riferisse il suo padrone.

Mentre i due si dirigevano a passo spedito verso la stalla, Cyril stringeva tra le mani il frustino con fare nervoso.

“Sono mortificato di questo piccolo incidente padroncino”.

“Non è colpa tua, tu all'epoca non c'eri. Non potevi sapere della differenza tra i due stalloni presenti in questa tenuta. E Lois non ha motivi di porsi tali problemi. Eccoli li...”

Da lontano si intravedevano il Conte in sella al suo cavallo dal lucido pelo marrone, e Lois che teneva per le redini uno stallone nero che batteva nervosamente gli zoccoli sulla terra.

“Guardalo, è già agitato. Le Petite Peste***..lo stallone nero. Si è sempre fatto montare solo da lui e Gilbert lo sa bene. Tutto questo potrebbe essere un problema Albert. Puoi fare qualcosa al riguardo?”.

“Si, direi di si signorino”

“E allora fallo e alla svelta! O non saprò come giustificarmi...”

“Ordinatemelo padrone”.

Gli occhi di Albert erano fissi in quelli di Cyril. Ordinarlo, certo, mancava questo semplice passaggio e poi tutto sarebbe andato al suo posto.

Cyril sorrise e si fermò. Prima che le sue parole potessero essere udite da Gilbert o Lois, il Marchese Duval ordinò ad Albert di fare in modo che non vi fossero problemi nel montare Le Petite Peste.

La risposta al suo ordine fu sempre la stessa “Oui Mon Seigneur!”.

Mentre Cyril si avvicinava a Gilbert complimentandosi per il suo cavallo, Albert congedò Lois prendendone il posto. Il maggiordomo accarezzò il muso del cavallo nero che mostrava chiaramente un crescente nervosismo.

“Su, fai il bravo meravigliosa creatura. Sei nato per correre in questi boschi con in sella il mio padrone. Il tuo compito è di esaltare la magnificenza del mio signorino. So bene che lui ti manca, e so che non ti piace farti montare da altri. Ma questo mio signore non ha nulla da invidiare al precedente ed oggi, tu, gli permetterai di domarti senza far storie” e mentre sussurrava tutto ciò allo stallone, gli occhi di Albert non erano più chiari come l'ambra, ma rossi e profondi, luminosi e minacciosi come le fiamme dell'inferno.

Quando il Marchese si avvicinò allo stallone, questo non vedeva altro che il solito padrone. Ne l'odore gli sembrò diverso e nemmeno il peso sulla sua schiena. E non fece nessuna storia il cavallo quel pomeriggio. Non disarcionò Cyril Duval ne rallentò mai la sua corsa. In tutto e per tutto accettò il volere di quel giovane ragazzo che lo guidava nei boschi.

Il Marchese e il Conte cavalcarono per tutta la mattinata.

Una volta rientrati, pranzarono insieme parlando in tranquillità e alla sera, si congedarono come i cari amici che erano l'uno per l'altra.

Sofie preparò la vasca da bagno per il Marchese e lasciò che Albert prendesse il suo posto subito dopo.

Piano, il maggiordomo aiutò il suo padroncino a spogliarsi.

Per prima cosa, gli tolse gli alti stivali da equitazione.

“Avete visto? Alla fine non è stata poi così insopportabile questa giornata col Conte, non credete?”

Poi lo fece sedere e gli tolse gli aderenti pantaloni bianchi.

“Già..diciamo che quando evita di parlare di certe cose del passato, è quasi piacevole stare in sua compagnia”.

Allora fu la volta della giacca.

“Inoltre Vi eviterà il viaggio alla sua residenza visto che si occuperà egli stesso di consegnare quei documenti a suo padre”.

E poi della camicia.

“Si. Comunque è da molto tempo che non mi reco a trovare il Conte Roche e sua moglie. Prima o poi dovrò passare per un saluto. Certi “rapporti” è sempre meglio tenerseli stretti, possono tornare utili”.

Quando anche la bianca stoffa fu sul pavimento, Albert non poté non osservare ancora una volta quel giovane corpo dalla pelle color latte.

Il volto di Cyril non esprimeva alcuna emozione, come ogni sera all'ora del bagno. Senza imbarazzo o pudore si voltò e lasciò che le affusolate dita del suo maggiordomo, compiessero i soliti riti prima di concedergli il giusto relax.

Albert si sfilò i guanti bianchi. Il destro utilizzando la bocca e scoprendo così, un simbolo tatuato sulla pelle del dorso della mano: una stella nera circondata da indecifrate iscrizioni. Il sinistro con la mano già libera.

Fatto ciò, le sue mani corsero per la schiena del suo giovane padrone. Ne toccarono la pelle delle spalle fino a scendere su uno strato di bende bianche che circondavano in uno stretto abbraccio tutta la schiena e il petto di Cyril.

Abilmente, sciolse il nodo che teneva su quelle strette bende osservandole cadere in una lunga striscia sul pavimento. Un attimo dopo la parte superiore del corpo del Marchese fu libera. Egli alzò di poco il braccio sinistro e Albert sciolse un ulteriore striscia di benda sul polso sinistro di Cyril. All'interno del minuscolo polso, stava inciso sulla pelle lo stesso simbolo che era tatuato sulla mano destra di Albert.

Senza voltarsi, Cyril si liberò anche degli slip ed entrò nella vasca da bagno immergendosi in acqua calda e profumata.

Albert raccolse i vestiti del Marchese riponendoli in una cesta e si avvicinò alle spalle del ragazzo.

Iniziò a massaggiargli la testa con dello shampoo dal piacevole profumo di fiori.

Per tutto il tempo, Cyril non aprì mai gli occhi.

Sotto lo strato superficiale dell'acqua, stavano nascosti i suoi segreti.

E con essi, nascosti ancora più in profondità, stavano i segreti della sua anima stanca, incubi e deliri che solo Albert conosceva oltre a Cyril stesso.

“I Vostri capelli sono cresciuti ulteriormente signorino, dovrò spuntarVeli di nuovo”.

“Lo farai domani” rispose rilassato il giovane.

Albert continò a massaggiare la testa di Cyril delicatamente.

“Signorino...per quanto ogni mattina io Vi fasci l'addome..questo non ne fermerà la crescita”.

Cyril aprì gli occhi. Il verde si specchiò nell'acqua. Così non si vedeva nulla. Così nessuno poteva capire.

Albert versò dell'acqua sulla sua testa e lo shampoo venne via.

“Allora dovremo stringere i tempi, prima che qualcuno possa capire”

“Si signorino”

“Oggi ci sono andato vicino...ho chiamato Gilbert solamente Gil. Solo Celestine lo chiamava così. E se tu non avessi fatto quello che hai fatto a Le Petite Peste...oggi ho rischiato di essere scoperto. Dovrò stare più attento. Dobbiamo sbrigarci Albert, dobbiamo fare molto più in fretta di così”

“Si”

“Dobbiamo essere rapidi, cercarli, trovarli ed eliminarli tutti!”

“Si”

“E lo dobbiamo fare prima che questo corpo mi tradisca”

“Il Vostro corpo si sta solo evolvendo come natura comanda signorino. Non si tratta di un tradimento”.

Completamente nudo, il marchese uscì dall'acqua e subito fu avvolto da un morbido asciugamano che Albert aveva precedentemente preparato.

“Ti sbagli. Questo corpo mi ha già tradito una volta..non posso permettergli di farlo ancora”.

Veloci uscirono dal bagno per entrare nella stanza da letto del Marchese.

Albert iniziò ad asciugare i piedi del suo padrone.

“Signorino, nemmeno io posso arrestare la Vostra crescita, spero che questo lo comprendiate”.

“Già, tu al massimo puoi piegare al tuo volere la volontà di un animale...peccato che i tuoi poteri siano limitati allora”.

“Nessun limite padrone. Piegare una volontà al mio volere è facile. Fermare il corso della natura è impossibile persino per un Dio. E direi che io sono ben lontano da esserlo..”

“Perché tu sei un demone. Pensi che un angelo potrebbe farlo?”

“Monsieur, non sono certo della loro esistenza anche se, considerando che esisto io, forse esistono anche loro. Comunque credo che anche degli angeli non potrebbero arrestare l'atto della crescita. La natura è potente, anche più di un Vostro ordine. E comunque..Volete dirmi che avresti preferito un angelo al Vostro fianco piuttosto che me?”

“Io ce l'avevo un angelo al mio fianco. Era uguale a me, con gli stessi occhi, gli stessi capelli, lo stesso sorriso. E me lo hanno strappato via dopo averlo umiliato e torturato. No, non voglio angeli al mio fianco, voglio un vendicatore, una creatura senza morale e sentimenti. Voglio te, voglio il nostro patto, voglio che il mio desiderio si esaudisca!”

“Ed io lo esaudirò mio signore”.

E il giovane Marchese tremava.

“Volete un altra coperta signorino?”

“No sto bene”

“Allora io vado e Vi lascio riposare”

Prima che Albert potesse voltarsi per andare via, la piccola mano di Cyril strinse la sua. Il maggiordomo si bloccò non comprendendo quell'atto.

“Albert...fai una cosa per me, ora”

“Qualunque cosa per Voi padrone, chiedete pure”

“Voglio, anzi no..ti ordino di chiamarmi per nome!”

“Che strane richieste che fate avvolte padrone. Comunque, come desiderate...Marchese Cyril Duval”

“No! Solo stasera, solo per questa volta...chiamami col mio vero nome..”

E la mano del Marchese tremò ancor più.

Albert la raccolse con entrambe le mani e si inginocchiò di fronte al suo padrone. Il suo viso fu così alla stessa altezza di quello di Cyril.

“Come desiderate...mia signora Celestine Duval”.

Ascoltò il suo nome carezzarle le orecchie. Solo una volta, solo per un istante..il suo vero nome, il suo vero essere.

Ritirò bruscamente la mano da quelle di Albert e si voltò nel letto dandogli le spalle. Il maggiordomo sospirò e fece per andarsene. Arrivato alla porta, udì ancora la voce del suo padrone.

“Domani mattina Albert svegliami alla solita ora. Preparami il completo blu e prendi delle bende nuove”.

Già, perchè domani Celestine sarebbe morta di nuovo come ogni mattina. Albert avrebbe stretto quelle bende sul seno non ancora sviluppato della sua giovane signora e poi avrebbe anche coperto il simbolo che li legava in quel destino di sangue e odio.

E così, ad uscire da quella stanza, sarebbe stato ancora una volta il giovane Marchese Cyril Duval.

Albert aprì la porta e sussurrò, prima di chiudersela alle spalle, Oui Mon Seigneur.

 

*Signore

** Buongiorno o più comunemente Ciao

*** La Piccola Peste

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=599463