All happened in the night of the great hurricane...

di JosephineCharlotte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il principe dalla bianca cavalcatura ***
Capitolo 2: *** Qualunque cosa tu faccia, abbi paura dell'oscurità... ***
Capitolo 3: *** è questo cio' che sei? ***
Capitolo 4: *** Sono solo uno straniero in una terra straniera ***
Capitolo 5: *** Trova qualcuno che ti sorvegli, prima che questa notti si alzi di nuovo. ***



Capitolo 1
*** Il principe dalla bianca cavalcatura ***


baaaaaaaaa



Il rumore attutito dal casco, l’asfalto che correva sotto di lui, le luci che riflettevano sul vetro.

Accelero’, incurante nella notte.

Da tempo quelle strade non venivano percorse da nessuno. L’asfalto era macero, spaccato.

Tuttavia, guidava senza difficoltà. Non ricordava precisamente dove avesse rubato quella moto bianca. Non che gliene importasse, ovvio.

«  è essenziale passare inosservato. » Gli aveva raccomandato.

Sorrise, senza distogliere lo sguardo da davanti a se.  Fiato sprecato.

Non era forse il principe azzurro che, in soccorso della bella principessa, arrivava sguainando una  spada su un cavallo bianco?

Beh, non era lo stesso, identico caso.

Nessuna principessa richiedeva il suo aiuto, bensi suo fratello.

Non possedeva un cavallo, ma un mezzo a due ruote.

Non vestiva d’azzurro, ma di una tuta candida ed un casco immacolato.

Sull’asfato non risuonavano zoccoli, ma il rombo del motore.

Dettagli.

Tuttavia, in ogni storia che si rispetti, l’importante è il gran finale.

E la conclusione di questa vicenda sarebbe stata grandiosa, avrebbe sconvolto i piani del Cattivo.

Questo era il progremma. Come avrebbe fatto, ed in che modo avrebbe sconfitto le truppe nemiche era ancora da vedere. Fino a quel momento, tutto si basava sul tempismo.

Shannon ruoto l’acceleratore, quasi al limite.

Esattamente dall’altra parte di New York la favola di cui tutti facevano parte, stava finalmente per avere una svolta. E lui non poteva proprio mancare.

 

 

 

 

 


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Capitolo 2
*** Qualunque cosa tu faccia, abbi paura dell'oscurità... ***


gniiiiik

Qualunque cosa tu faccia,

abbi paura dell’oscurità…

 

 

 

(Un...)

Freddo. Perché faceva cosi freddo ?

(Deux…)

Talmente freddo da non percepire il suo stesso corpo.

(Trois…)

Non vi era parte di esso che non dolesse. Era come essere picchiati da un intera squadra di ragby.

(Cinq.)

Apri gli occhi, lentamente. Si trovo a guardare un cielo scuro, privo di stelle.
Cerco di alzarsi, ma gemette di dolore quando finalmente riusci a mettersi seduto.
In quel momento si accorse di essere privo di un qualsiasi indumento nella parte superiore del corpo. Portava dei jeans neri e un paio di scarpe del medesimo colore. Si tocco all’altezza delle clavicole e trovo’ il ciondolo del Triad .
Tremava come una foglia. Si strinse le braccia al corpo, inerme e confuso.
Per quanto cercasse di fare appiglio alla sua memoria, non riusciva a venirne a capo.
Si guardo più attanetamente attorno.
Era in mezzo ad una strada, normalmente trafficata, ma in quel momento deserta.
Se ne stava seduto sul cemento freddo e umido, come se poco prima fosse piovuto abbondantemente.
Ai lati di questa strada illuminata dai gialli lampioni , si aprivano negozi e boutiques ai piedi di alti palazzi. Quanche sporadico albero abbelliva i marciapiedi vuoti, ed un semaforo poco lontano lampeggiava come fosse rotto.
Nulla che potesse essere utile. Poteva essere qualunque metropoli americana.
Alzandosi, decise che non poteva essere d’aiuto rimanere seduto senza nessuna prospettiva.
Cerco di studiare il percorso davanti a sé, ma non riusci a vedere la fine della strada o qualunque indicazione potesse spiegarlo. Scrollo’ le spalle e si avvio verso l’ignoto, deciso a trovare una soluzione, o se non altro una cabina telefonica.
Avrebbe chiamato Shannon, o Tomo… avrebbe svegliato addirittura il suo manager pur di tornare a capo di questo mistero ed uscirne.
Come avendo un illuminazione si fermo’ e rovisto’ nelle tasche dei jeans, senza troppa speranza.
Come da previsione non vi era traccia né del suo adorato blackberry e nemmeno del cellulare di emergenza. Daltronde, come potevano esserci se nemmeno ricordava dove aveva lasciato la t-shirt…
Riprese a camminare, sempre più arreso e disperato.
Se era uno scherzo, doveva finire subito.

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** è questo cio' che sei? ***


drouver

[Hello Everybody ! Sono contenta vi aggradi questa storia ! I capitoli sono piccoli, un mio piccolo vezzo… ma pian piano andranno allungandosi, dato che ci saranno molte più cose da dire. Scusatemi ancora se trovare errori o parole sconclusionate, è che solitamente scrivo di sera , stanchissima :D e mi scuso anche da parte della mia tastiera che non possiede lettere accentate, a parte due. Bene, bando alle ciance ! Dove eravamo rimasti ?]

 

« è questo cio' che sei ?

Un qualche bisogno violento.

Un uomo debole e sconfitto. »

 

 

 

Non molto lontano, in una stanza d’albergo, una ragazza bendata sedeva su un letto.
Portava, a coprirle gli occhi, occhiali circolari in cuoio aderenti che impedivano qualsiasi spiraglio di luce.
I lunghi capelli scuri le ricadevano sul volto, mentre il suo petto sussultava ritmicamente ai battiti cardiaci. Erano batteti dolci, non frenetici. Sapeva chi era con lei, in quella stanza scura.
Lui era li, e la stava fissando nella penombra.
«  Che cosa stai aspettando ? » gli chiese ansiosa.
Per qualche istante non vi fu altro che silenzio, tanto che penso non l’avesse sentita, quando finalmente parlo’ dopo un breve sospiro.
«  Che gusto c’è ad avere fretta ? »  le chiese di rimando, in un sospiro frustrato.
La ragazza alzo il volto verso quella voce, in segno di sfida. « Non rispondi mai ad una domanda, se non con un altra domanda ? »
Una serie di passi veloci, ma soffocati dalla moquette della stanza, si diressero verso di lei. Due dita sicure e calde le accarezzarono la guancia sinistra, arrestandosi sulle labbra come per zittirla.
Fu talmente sorpresa da trattenere il fiato, mentre lui si avvicinava. Il calore del suo fiato sul collo.
«  E tu parli sempre cosi tanto ? » le sussurro’ all’orecchio, lievemente.
Le scosto’ i capelli, e glieli porto’ sulla schiena per baciarla poi sulla guancia.
Avrebbe voluto togliesi quella specie di ingombro sugli occhi, per guardalo e capire cosa gli passasse per la testa. Ma sapeva che lui non lo avrebbe permesso.
Non c’era posto per l’amore in ‘Oblivion’(=Oblio), ovvero la vecchia New York. Esisteva solo l’attimo, il piacere del momento, il desiderio spinto all’estremo.
L’amore non esisteva, chi veniva sospettato di esserlo veniva rinchiuso al L490. Un tempo era stato un punto di ritrovo per artisti e pensatori, scienziati e religiosi. Un simbolo di speranza e di vita. Ma come mori la New York che tutti amavano e conoscevano, cosi vennero sepolte preghiere e poesie. E L490 divenne la nuova Alkatraz dei sentimenti e liberi pensatori.
In quel momento, bussarono alla porta.
Entro’ , senza troppi convenevoli, un uomo. “ Ci sono novità.” Disse con voce atona.
La ragazza lo conosceva, quella voce, quella cadenza straniera non poteva passare inosservata. Era l’uomo alto e dall’aria gentile, con lunghi capelli neri e una barba dello stesso colore. Era lui che l’aveva accompagnata fin li, quella sera. Ed era lui che accompagnava ‘J’ in qualsiasi suo spostamento. Possibile si chiamasse ‘Tomo ‘ ? O forse si sbagliava…
«  Non ora. » mormoro’ ‘J’ accarezzandole la schiena.
« è arrivato.»
‘J’ si irrigidi. «  Come lo sai ? »
«  Non credo sia rilevante… ma piuttosto, dov’è. Sapevi che prima o poi sarebbe successo. »
«  Non ora… » mormoro’ ‘J’ « … non era questo il momento. » esitante.
“ Cosa vuoi che facciamo?” chiese Tomo, indifferente.
“ Pedinatelo. E poi portatelo da me.” Disse, con la voce colma di rabbia.
Tomo si volto’, chiuse la porta alle sue spalle e si allontano’ nel corridoio, passando di fronte alle guardi del corpo appollaiate contro alle pareti, in attesa.
Fece per premere il pulsante dell’ascensore dorato, quando un grido squarcio’ il silenzio che avvolgeva l’albergo. Un altra vittima, un altra stanza d’albergo da pulire, altro sangue che macchiava le sue mani. Quella povera ragazza non aveva neppure visto il colpo che ‘J’ le aveva inferto. Ma era cosi che lui agiva, era il piacere dell’attimo. Era possedere la vita di una persona nelle proprie mani e deciderne la fine, come un dio. Era questo che faceva un assassino.
Mentre varcava le porte dell’ascensore, cerco di rammentare come tutto aveva iniziato a precipitare, come ‘J’ era cambiato… quando era iniziato il mutamento ? Non lo ricordava. Non che fosse passato tanto tempo da cancellarne le tracce, solo che ad ‘Oblivion’ il tempo aveva un modo tutto suo di scorrere. Un ora poteva sembrare un giorno, e una settimana poco più di dieci minuti. Inoltre, non esisteva il giorno, il ricordo del sole era sbiadito come una leggenda. La notte governava quel mondo, e loro ne erano prigionieri.
Prese il cellulare, e scrisse solo una parola : «  Fallen »  lo invio’ ad un numero non rintracciabile, e lo cancello’ immediatamente. Se fosse stato scoperto, l’avrebbero ucciso a sangue freddo.
Perché rischiare tanto ? Per il Sole. Voleva rivederlo, tanto quanto lo desidera una falena.
Alzo gli occhi, e vide le porte della camera di ‘J’ aprirsi. Due guardie del corpo stavano trasportando fuori un corpo avvolto da un lenzuolo insanguinato, e ‘J’ li guardava immobile dallo stipite della porta.
«  Il sole » si ripeteva Tomo, mentre le porte dorate finalmente si chiudevano. «  Presto tornerà il sole. »

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Sono solo uno straniero in una terra straniera ***


Burkleys

« Sono solo uno straniero

in una terra straniera. »

 

 

 

 

Nulla.
Per quanto si guardasse intorno, per quanto camminasse, si sentiva costantemente disorientato.
Era come se qualcosa non quadrasse. 
Come se non c’entrasse nulla con quel luogo e che, scostandosi un po’ e cambiando prospettiva, avrebbe scoperto che i palazzi alle sue spalle erano di cartone, che dietro ad un angolo c’era una telecamera e che faceva tutto parte di un elaborata scenografia.
Eppure qualcosa lo spingeva a camminare, a non darsi per vinto. Perché francamente, aveva altra scelta ?
Si inoltro’ in quello che sembrava un parco giochi, abbandonato in quella lunga notte. E fu in quel momento, che noto’ una cosa ancora più strana. Qualcuno lo stava spiando.
Ne era assolutamente certo. Per quanto una persona possa essere paranoica, non potrà mai immaginare due occhi puntati alla nuca come quelli che lo stavano osservando in quel istante.
Si irrigidii, deciso a non voltarsi. Rimase immobile per secondi che gli parvero interminabili, fino a quando uno sfruscio di fogliame lo fece sobbalzare.
Lo sconosciuto lo aveva preceduto, aveva deciso di fare il primo passo.
Incuriosito e spaventato, si volto’ convinto di non poter agire altrimenti.
Da dietro un albero, intravide una figura nera, grande e minacciosa.Ancora una volta era immobile, e lo studiava con interesse.
Per quanto cercasse di tenere a freno i nervi, non poté impedire al suo cuore d’accelerare mentre un solo pensiero martellava nella mente «  Scappa. »
Ignorando quello che molti chiamano istinto di sopravvivenza, fece un passo avanti «  Mostrati, chi sei ?! » chiese, stringendo i pugni.
La figura in nero non rispose, tuttavia si mosse. Dalle tenebre notturne si fece avanti, camminando con passo sicuro.
Mentre si avvicinava, seppur lentamente, una cosa non sfuggi inossorvata. Portava una maschera da coniglio.
Rimase cosi sconvolto, che rimase dov’era, mentre l’uomo-coniglio gli si avvicinava.
Ad ogni passo le lunghe orecchie bianche sobbalzavano, ripiegate. Nere orbite inespressive scintillavano alla luce dei lampioni, e un sorriso sgembo gli conferiva un aria vagamente sognante.
La cosa più strana, é che non vi erano aperture respiratorie sulla maschera.
Il pensiero che il bizzarro sconosciuto non avesse bisogno d’ossigeno lo fece rabbrividire, cio’ nonostante
rimase piantato dov’era, i muscoli contratti. «  Non avvicinarti. » sussurro’, inebetito.
L’uomo-coniglio sembro’ non ascoltare, e gli si fermo’ di fronte sovrastandolo con la propria imponenza.
La cosa più sorprendente era che si, era spaventato, ma non stava tremando. In qualche modo era cosciente del fatto che, solo se si fosse opposto avrebbe corso dei pericolo. L’uomo-coniglio sembrava incuriosito quanto lui.
Prima che potesse rendersene conto, il Bianconiglio umano aveva alzato una mano ed afferrato il ciondolo del Triad. Involontariamente si scosto, facendo parecchi passi indietro, spaventato.
L’essere rimase in quella posizione, con la mano a stringere qualcosa nell’aria, per qualche secondo, fino a quando una luce non li acceco’ entrambi.
«  JARED ! » lo chiamo’ una voce familiare oltre al faro.
“ Sh… Shannon?” biascico’ inebetito.

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Trova qualcuno che ti sorvegli, prima che questa notti si alzi di nuovo. ***


Triad

«  Trova qualcuno che ti sorvegli, prima che questa notte si alzi di nuovo. »

 

 

 

Innanzitutto scusate il ritardo J ( Londra è Londra, ma quando si lavora in quella città ti dimentichi anche chi sei.) e Buon Natale ! ( meglio tardi che mai.)
In secondo luogo, grazie a tutti per i commenti sono stati un ispirazione. Mi spiace solo che alcuni elementi, dai video della band ai capitoli presenti che avevo scritto, cambiano tuttavia non avendo davanti il video finale lavoravo molto di più con la fantasia ;)
Bene, fine delle chiacchere.
Eravamo rimasti a…

 

 

 

 

 
…«  Allontanati da Lui ! Svelto ! » gli grido Shannon.
Jared non sembrava capirlo, immobile a pochi passi dal Mutante.
L’uomo-coniglio capi le sue intenzioni, non appena fece rombare la moto. Fece un balzo all’indietro e scomparve all’ombra degli alberi, silenziosamente come era arrivato.
Shannon rimase sconcertato. I Mutanti non scappavano, combattevano strenuamente. Allora perché il Coniglio era scomparso ?
Non aveva tempo per queste domande. Spinse l’acceleratore e si fermo’ davanti a Jared «  Sali.
E senza dire nulla. »
Lo fisso’ per qualche secondo, poi abbasso’ lo sguardo arreso.
Appoggio la mano destra sulla spalla del fratello, e si isso’ in sella.
Non appena si sistemo’, Shannon parti’ sgommando nella notte.

FALLEN.
Questa parola lo tormentava.
Qualcosa doveva essere andato storto in quella camera d’albergo, altrimenti Tomo non avrebbe scritto quel codice.
Il piano era semplice, rintracciare Jared e la ragazza.
Doveva supporre che quest’ultima aveva fatto una brutta fine ? In tal caso, erano in guai seri. Dovevano trovare un altro modo.
Da parte sua, non aveva ancora finito.
«  Dove stiamo andando ? » gli urlo Jared, dal sedile posteriore.
“ In un posto sicuro.” Rispose.
Viaggiarono per quelli che a Jared sembrarono una ventina di minuti, fermandosi davanti a un austero palazzo. Non riusciva a vederne la fine da quanto era alto, e questo lo mise un po’ a disagio. Delle scure finestre si susseguivano per tutta la lunghezza della ‘torre’, dividendola. Questa struttura sembrava avere più spessori, data la forma a ‘scala’ e le scanalature ai lati.
«  Muoviti. » lo richiamo’ Shannon. «  Prima entriamo e meglio é. »
Alquanto seccato, Jared lo segui sulle scale dell’ingresso (costruito su modello di un tempio greco), fino all’atrio di quello che sembrava di un albergo.
Senza alcuna esitazione Shannon si diresse a passo sicuro verso uno strano uomo ad una scrivania, ed ordino’ una camera.
Quest’ultimo aveva tratti spigolosi, un aria angosciata e occhi scuri, profondi. Ad una priman occhiata poteva sembrare calvo, ma quando si volto’, Jared potè notare sulla parte posteriore del cranio una folta chioma scura.
Sull’abito che portava, formato da giacca e cravatta, non si trovava nessun nome.
Porse una spessa chiave a Shannon, che la ricevette senza preamboli. « 209. La strada la sai. » gli disse l’uomo, con voce atona. Annui, dopodiché si volto verso Jared ancora spaesato.
«  Seguimi. » gli disse il fratello, voltandosi.
Entrarono sull’ascensore situato nella parte opposta della stanza. La prima cosa che si noto’ era l’inesistenza di pulsanti sul marchingegno.
Quando Jared lo fece notare, Shannon fece uno stanco sorriso.
“ A che scopo, quando la tua mente puo’ fare tutto il resto? Basta visualizzare la camera, e l’ascensore si mette in moto. »  Con uno scossone, l’elevatore si mise in moto fino a quando non arrivarono all’ultimo piano.
Percorsero un lungo corridoio con il soffitto composto ad archi, disseminato da alte porte in mogano scuro, fino ad una in particolare, elegantemente identificata come la 209.
Prima che le fossero di fronte, la porta si apri autonomamente, mostrando un enorme stanza faraonicamente arredata.
Shannon entro’ per primo, togliendosi la giacca e appongiandola sulla prima poltrona che trovo’. Nel momento in cui Jared richiudeva la porta, il cellulare di Shannon squillo’.
«  Dimmi. » rispose, come se quella chiamata fosse programmata. «  Siamo nell’atrio, scendi. » si udi chiaramente la voce di Tomo. «  E Lui ? » chiese, lanciando un occhiata a Jared. «  è una questione privata. »  «  Ricevuto. » disse annuendo, e riattacco’.
«  Mi assentero’ un attimo, tu rimani qui. Non ti muovere, se ti va riposati ne avrai bisogno. Probabile debba allontanarmi dall’albergo e quindi ci mettero’ qualche ora. Appena tornero’ bussero’ alla porta, prima di allora non rispondere a nessuno. » ordino’, riprendendo la giacca e andando verso la porta.
«  Shanno aspetta ! » lo chiamo’, seccato.
Il fratello di volto’ annoiato, facendogli cenno di sbrigarsi.
“ Come facevi a sapere che mi trovave nel parco? Insomma io… ho tante di quelle domande! Non so nemmeno dove siamo, mi sono trovato svenuto in mezzo ad una strada… poi arrivi tu in moto, salvandomi da un pazzo con una maschera da coniglio e… ora siamo qui.
Ma cos’è “qui”? Perché mi ci hai portato e … cosa state combinando tu e Tomo?... se è uno scherzo voglio che abbia termine ora. »
Shannon parve sorpreso. «  Tu… non sai niente ? »
«  A quanto pare no. »
Si passo una mano sulle labbra, non sapendo bene cosa dire.
« Jared… aspetta, ti chiami Jared vero ? » si volto, pallido.
“ Ma che domande sono queste?! Shan, dimmi che è tutto uno scherzo e non fai sul serio.”
«  Scusa, volevo solo essere sicuro ! è già abbastanza strano che tu non abbia memoria… non era nei piani. »
«  Quali sono questi piani ?! Adesso basta, voglio delle spiegazioni accidenti ! »
«  Non posso spiegarti adesso… sappi solo che devi rimanere qui, quando tornero’ ne riparleremo, daccordo ? Ora… beh, ciao. » disse con un ultimo malinconico sguardo, chiudendosi la porta alle spalle.
imase li dov’era per qualche secondo, sconcertato. Quando finalmente si mosse, fu per sedersi sul letto sull’altro late della stanza, cercando di schiarirsi le idee. Cosa diavolo stava succedendo ? Che cosa intendeva Shannon ? Non ne aveva la più pallida idea.
Qualcosa si mosse alla sua sinistra, voltandosi vide una gabbia con un topo bianco all’interno. Quale albergo sistemava nelle stanze dei topi ?
Sui malgrado sorrise, stendendosi sul letto. Dopotutto, era cosi assurdo !  Tutta quella faccenda era assurda.
Raccolse il telecomando accanto alla gabbia e schiaccio’ un pulsante a caso. Il televisore al plasma, a pochi metri da lui si accese, sintonizzandosi su un telegiornale.

« … perché questa notte ci sarà un temporale davvero potente. »  Spiegava la giornalista. «  Notizia più urgente, il corpo di una ragazza bruna brutalmente uccisa, è stata trovata in mezzo ad una strada della nostra capitale Oblivion, con un Triad inciso sul petto. Nessun altro indizio che possa indicarne l’assassino. Per questa notte è tutto, vi… »
Confuso spense il televisore.
Oblivion ?
Come la canzone che aveva inciso qualche anno prima? E… un Triad.
Non erano coincidenze. Solo uno stupido l’avrebbe creduto… e anche la tesi dello scherzo andava oltre ogni macchinazione.
Che cosa diavolo stava succedendo ?!

 

 

 

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