All happened in the night of the great hurricane... di JosephineCharlotte (/viewuser.php?uid=81435)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il principe dalla bianca cavalcatura ***
Capitolo 2: *** Qualunque cosa tu faccia, abbi paura dell'oscurità... ***
Capitolo 3: *** è questo cio' che sei? ***
Capitolo 4: *** Sono solo uno straniero in una terra straniera ***
Capitolo 5: *** Trova qualcuno che ti sorvegli, prima che questa notti si alzi di nuovo. ***
Capitolo 1 *** Il principe dalla bianca cavalcatura ***
baaaaaaaaa
Il rumore attutito dal casco, l’asfalto che
correva sotto di lui, le luci che riflettevano sul vetro.
Accelero’, incurante nella notte.
Da tempo quelle strade non venivano percorse da
nessuno. L’asfalto era macero, spaccato.
Tuttavia, guidava senza difficoltà. Non
ricordava precisamente dove avesse rubato quella moto bianca. Non che gliene
importasse, ovvio.
«
è essenziale passare inosservato. » Gli aveva raccomandato.
Sorrise,
senza distogliere lo sguardo da davanti a se. Fiato sprecato.
Non era forse il principe azzurro che, in
soccorso della bella principessa, arrivava sguainando una spada su un cavallo bianco?
Beh, non era lo stesso, identico caso.
Nessuna principessa richiedeva il suo aiuto,
bensi suo fratello.
Non possedeva un cavallo, ma un mezzo a due
ruote.
Non vestiva d’azzurro, ma di una tuta candida
ed un casco immacolato.
Sull’asfato non risuonavano zoccoli, ma il
rombo del motore.
Dettagli.
Tuttavia, in ogni storia che si rispetti,
l’importante è il gran finale.
E la conclusione di questa vicenda sarebbe
stata grandiosa, avrebbe sconvolto i piani del Cattivo.
Questo era il progremma. Come avrebbe fatto, ed in che modo avrebbe sconfitto
le truppe nemiche era ancora da vedere. Fino a quel momento, tutto si basava
sul tempismo.
Shannon ruoto l’acceleratore, quasi al limite.
Esattamente dall’altra parte di New York la
favola di cui tutti facevano parte, stava finalmente per avere una svolta. E
lui non poteva proprio mancare.
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Capitolo 2 *** Qualunque cosa tu faccia, abbi paura dell'oscurità... ***
gniiiiik
Qualunque
cosa tu faccia,
abbi paura
dell’oscurità…
(Un...)
Freddo. Perché faceva cosi freddo ?
(Deux…)
Talmente freddo da non percepire il suo stesso
corpo.
(Trois…)
Non vi era parte di esso che non dolesse. Era
come essere picchiati da un intera squadra di ragby.
(Cinq.)
Apri gli occhi, lentamente. Si trovo a guardare
un cielo scuro, privo di stelle.
Cerco di alzarsi, ma gemette di dolore quando
finalmente riusci a mettersi seduto.
In quel momento si accorse di essere privo di
un qualsiasi indumento nella parte superiore del corpo. Portava dei jeans neri
e un paio di scarpe del medesimo colore. Si tocco all’altezza delle clavicole e
trovo’ il ciondolo del Triad .
Tremava come una foglia. Si strinse le braccia
al corpo, inerme e confuso.
Per quanto cercasse di fare appiglio alla sua
memoria, non riusciva a venirne a capo.
Si
guardo più attanetamente attorno.
Era in
mezzo ad una strada, normalmente trafficata, ma in quel momento deserta.
Se ne stava seduto sul cemento freddo e umido,
come se poco prima fosse piovuto abbondantemente.
Ai lati di questa strada illuminata dai gialli
lampioni , si aprivano negozi e boutiques ai piedi di alti palazzi. Quanche
sporadico albero abbelliva i marciapiedi vuoti, ed un semaforo poco lontano
lampeggiava come fosse rotto.
Nulla che potesse essere utile. Poteva essere
qualunque metropoli americana.
Alzandosi, decise che non poteva essere d’aiuto
rimanere seduto senza nessuna prospettiva.
Cerco di studiare il percorso davanti a sé, ma
non riusci a vedere la fine della strada o qualunque indicazione potesse
spiegarlo. Scrollo’ le spalle e si avvio verso l’ignoto, deciso a trovare una
soluzione, o se non altro una cabina telefonica. Avrebbe chiamato Shannon, o Tomo… avrebbe svegliato
addirittura il suo manager pur di tornare a capo di questo mistero ed uscirne.
Come avendo un illuminazione si fermo’ e
rovisto’ nelle tasche dei jeans, senza troppa speranza.
Come da previsione non vi era traccia né del
suo adorato blackberry e nemmeno del cellulare di emergenza. Daltronde, come
potevano esserci se nemmeno ricordava dove aveva lasciato la t-shirt…
Riprese
a camminare, sempre più arreso e disperato.
Se era uno scherzo, doveva finire subito.
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Capitolo 3 *** è questo cio' che sei? ***
drouver
[Hello Everybody ! Sono contenta vi aggradi
questa storia ! I
capitoli sono piccoli, un mio piccolo vezzo… ma pian piano andranno
allungandosi, dato che ci saranno molte più cose da dire. Scusatemi ancora se
trovare errori o parole sconclusionate, è che solitamente scrivo di sera ,
stanchissima :D e mi scuso anche da parte della mia tastiera che non possiede
lettere accentate, a parte due. Bene, bando alle ciance ! Dove eravamo
rimasti ?]
« è
questo cio' che sei ?
Un
qualche bisogno violento.
Un
uomo debole e sconfitto. »
Non molto lontano, in una stanza d’albergo, una
ragazza bendata sedeva su un letto.
Portava, a coprirle gli occhi, occhiali
circolari in cuoio aderenti che impedivano qualsiasi spiraglio di luce.
I lunghi capelli scuri le ricadevano sul volto,
mentre il suo petto sussultava ritmicamente ai battiti cardiaci. Erano batteti
dolci, non frenetici. Sapeva chi era con lei, in quella stanza scura.
Lui era li, e la stava fissando nella penombra.
« Che cosa stai aspettando ? »
gli chiese ansiosa.
Per qualche istante non vi fu altro che
silenzio, tanto che penso non l’avesse sentita, quando finalmente parlo’ dopo
un breve sospiro. « Che gusto
c’è ad avere fretta ? » le
chiese di rimando, in un sospiro frustrato.
La ragazza alzo il volto verso quella voce, in
segno di sfida. « Non rispondi mai ad una domanda, se non con un altra
domanda ? »
Una serie di passi veloci, ma soffocati dalla
moquette della stanza, si diressero verso di lei. Due dita sicure e calde le
accarezzarono la guancia sinistra, arrestandosi sulle labbra come per zittirla.
Fu talmente sorpresa da trattenere il fiato,
mentre lui si avvicinava. Il calore del suo fiato sul collo.
« E tu parli sempre cosi
tanto ? » le sussurro’ all’orecchio, lievemente.
Le scosto’ i capelli, e glieli porto’ sulla
schiena per baciarla poi sulla guancia.
Avrebbe voluto togliesi quella specie di
ingombro sugli occhi, per guardalo e capire cosa gli passasse per la testa. Ma
sapeva che lui non lo avrebbe permesso.
Non c’era
posto per l’amore in ‘Oblivion’(=Oblio), ovvero la vecchia New York. Esisteva
solo l’attimo, il piacere del momento, il desiderio spinto all’estremo. L’amore
non esisteva, chi veniva sospettato di esserlo veniva rinchiuso al L490. Un
tempo era stato un punto di ritrovo per artisti e pensatori, scienziati e
religiosi. Un simbolo di speranza e di vita. Ma come mori la New York che tutti
amavano e conoscevano, cosi vennero sepolte preghiere e poesie. E L490 divenne
la nuova Alkatraz dei sentimenti e liberi pensatori.
In
quel momento, bussarono alla porta.
Entro’ , senza troppi convenevoli, un uomo. “
Ci sono novità.” Disse con voce atona.
La ragazza lo conosceva, quella voce, quella
cadenza straniera non poteva passare inosservata. Era l’uomo alto e dall’aria
gentile, con lunghi capelli neri e una barba dello stesso colore. Era lui che l’aveva
accompagnata fin li, quella sera. Ed era lui che accompagnava ‘J’ in qualsiasi
suo spostamento. Possibile si chiamasse ‘Tomo ‘ ? O forse si
sbagliava…
« Non ora. » mormoro’ ‘J’
accarezzandole la schiena.
« è arrivato.»
‘J’ si irrigidi. « Come lo sai ? »
« Non credo sia rilevante… ma piuttosto,
dov’è. Sapevi che prima o poi sarebbe successo. »
« Non ora… » mormoro’ ‘J’ « …
non era questo il momento. » esitante.
“ Cosa
vuoi che facciamo?” chiese Tomo, indifferente.
“ Pedinatelo. E poi portatelo da me.” Disse,
con la voce colma di rabbia.
Tomo si volto’, chiuse la porta alle sue spalle
e si allontano’ nel corridoio, passando di fronte alle guardi del corpo appollaiate
contro alle pareti, in attesa.
Fece per premere il pulsante dell’ascensore
dorato, quando un grido squarcio’ il silenzio che avvolgeva l’albergo. Un altra
vittima, un altra stanza d’albergo da pulire, altro sangue che macchiava le sue
mani. Quella povera ragazza non aveva neppure visto il colpo che ‘J’ le aveva
inferto. Ma era cosi che lui agiva, era il piacere dell’attimo. Era possedere
la vita di una persona nelle proprie mani e deciderne la fine, come un dio. Era
questo che faceva un assassino.
Mentre varcava le porte dell’ascensore, cerco
di rammentare come tutto aveva iniziato a precipitare, come ‘J’ era cambiato…
quando era iniziato il mutamento ? Non lo ricordava. Non che fosse passato
tanto tempo da cancellarne le tracce, solo che ad ‘Oblivion’ il tempo aveva un
modo tutto suo di scorrere. Un ora poteva sembrare un giorno, e una settimana
poco più di dieci minuti. Inoltre, non esisteva il giorno, il ricordo del sole
era sbiadito come una leggenda. La notte governava quel mondo, e loro ne erano
prigionieri.
Prese il cellulare, e scrisse solo una parola :
« Fallen » lo invio’ ad un
numero non rintracciabile, e lo cancello’ immediatamente. Se fosse stato
scoperto, l’avrebbero ucciso a sangue freddo.
Perché rischiare tanto ? Per il Sole.
Voleva rivederlo, tanto quanto lo desidera una falena.
Alzo gli occhi, e vide le porte della camera di
‘J’ aprirsi. Due guardie del corpo stavano trasportando fuori un corpo avvolto
da un lenzuolo insanguinato, e ‘J’ li guardava immobile dallo stipite della
porta.
« Il sole » si ripeteva Tomo, mentre
le porte dorate finalmente si chiudevano. « Presto tornerà il sole. »
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Capitolo 4 *** Sono solo uno straniero in una terra straniera ***
Burkleys
« Sono solo uno straniero
in una terra straniera. »
Nulla.
Per quanto si guardasse intorno, per quanto
camminasse, si sentiva costantemente disorientato.
Era come se qualcosa non quadrasse.
Come se non c’entrasse nulla con quel luogo e
che, scostandosi un po’ e cambiando prospettiva, avrebbe scoperto che i palazzi
alle sue spalle erano di cartone, che dietro ad un angolo c’era una telecamera e
che faceva tutto parte di un elaborata scenografia.
Eppure qualcosa lo spingeva a camminare, a non
darsi per vinto. Perché francamente, aveva altra scelta ?
Si inoltro’ in quello che sembrava un parco
giochi, abbandonato in quella lunga notte. E fu in quel momento, che noto’ una
cosa ancora più strana. Qualcuno lo stava spiando.
Ne era assolutamente certo. Per quanto una
persona possa essere paranoica, non potrà mai immaginare due occhi puntati alla
nuca come quelli che lo stavano osservando in quel istante.
Si irrigidii, deciso a non voltarsi. Rimase
immobile per secondi che gli parvero interminabili, fino a quando uno sfruscio
di fogliame lo fece sobbalzare.
Lo sconosciuto lo aveva preceduto, aveva deciso
di fare il primo passo.
Incuriosito e spaventato, si volto’ convinto di
non poter agire altrimenti.
Da dietro un albero, intravide una figura nera,
grande e minacciosa.Ancora una volta era immobile, e lo studiava con interesse.
Per quanto cercasse di tenere a freno i nervi,
non poté impedire al suo cuore d’accelerare mentre un solo pensiero martellava
nella mente « Scappa. »
Ignorando quello che molti chiamano istinto di
sopravvivenza, fece un passo avanti « Mostrati, chi sei ?! »
chiese, stringendo i pugni.
La figura in nero non rispose, tuttavia si
mosse. Dalle tenebre notturne si fece avanti, camminando con passo sicuro.
Mentre si avvicinava, seppur lentamente, una
cosa non sfuggi inossorvata. Portava una maschera da coniglio.
Rimase cosi sconvolto, che rimase dov’era,
mentre l’uomo-coniglio gli si avvicinava.
Ad ogni passo le lunghe orecchie bianche
sobbalzavano, ripiegate. Nere orbite inespressive scintillavano alla luce dei
lampioni, e un sorriso sgembo gli conferiva un aria vagamente sognante.
La cosa più strana, é che non vi erano aperture
respiratorie sulla maschera.
Il pensiero che il bizzarro sconosciuto non
avesse bisogno d’ossigeno lo fece rabbrividire, cio’ nonostante
rimase piantato
dov’era, i muscoli contratti. « Non avvicinarti. » sussurro’,
inebetito.
L’uomo-coniglio sembro’ non ascoltare, e gli si
fermo’ di fronte sovrastandolo con la propria imponenza.
La cosa più sorprendente era che si, era
spaventato, ma non stava tremando. In qualche modo era cosciente del fatto che,
solo se si fosse opposto avrebbe corso dei pericolo. L’uomo-coniglio sembrava
incuriosito quanto lui.
Prima che potesse rendersene conto, il
Bianconiglio umano aveva alzato una mano ed afferrato il ciondolo del Triad.
Involontariamente si scosto, facendo parecchi passi indietro, spaventato.
L’essere rimase in quella posizione, con la
mano a stringere qualcosa nell’aria, per qualche secondo, fino a quando una
luce non li acceco’ entrambi.
«
JARED ! » lo chiamo’ una voce familiare oltre al faro.
“ Sh…
Shannon?” biascico’ inebetito.
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Capitolo 5 *** Trova qualcuno che ti sorvegli, prima che questa notti si alzi di nuovo. ***
Triad
« Trova qualcuno che ti sorvegli,
prima che questa notte si alzi di nuovo. »
Innanzitutto scusate il ritardo J (
Londra è Londra, ma quando si lavora in quella città ti dimentichi anche
chi sei.) e Buon Natale ! ( meglio tardi che mai.)
In secondo luogo, grazie a tutti per i commenti
sono stati un ispirazione. Mi spiace solo che alcuni elementi, dai video della
band ai capitoli presenti che avevo scritto, cambiano tuttavia non avendo
davanti il video finale lavoravo molto di più con la fantasia ;)
Bene, fine delle chiacchere.
Eravamo rimasti a…
…« Allontanati da Lui !
Svelto ! » gli grido Shannon.
Jared non sembrava capirlo, immobile a pochi
passi dal Mutante.
L’uomo-coniglio capi le sue intenzioni, non
appena fece rombare la moto. Fece un balzo all’indietro e scomparve all’ombra
degli alberi, silenziosamente come era arrivato.
Shannon rimase sconcertato. I Mutanti non
scappavano, combattevano strenuamente. Allora perché il Coniglio era
scomparso ?
Non aveva tempo per queste domande. Spinse
l’acceleratore e si fermo’ davanti a Jared « Sali. E senza dire nulla. »
Lo
fisso’ per qualche secondo, poi abbasso’ lo sguardo arreso. Appoggio
la mano destra sulla spalla del fratello, e si isso’ in sella.
Non appena si sistemo’, Shannon parti’
sgommando nella notte.
FALLEN.
Questa parola lo tormentava.
Qualcosa doveva essere andato storto in quella
camera d’albergo, altrimenti Tomo non avrebbe scritto quel codice.
Il piano era semplice, rintracciare Jared e la
ragazza. Doveva supporre che
quest’ultima aveva fatto una brutta fine ? In tal caso, erano in guai
seri. Dovevano trovare un altro modo.
Da parte sua, non aveva ancora finito.
«
Dove stiamo andando ? » gli urlo Jared, dal sedile posteriore.
“ In un posto sicuro.” Rispose.
Viaggiarono per quelli che a Jared sembrarono
una ventina di minuti, fermandosi davanti a un austero palazzo. Non riusciva a
vederne la fine da quanto era alto, e questo lo mise un po’ a disagio. Delle
scure finestre si susseguivano per tutta la lunghezza della ‘torre’,
dividendola. Questa struttura sembrava avere più spessori, data la forma a
‘scala’ e le scanalature ai lati.
«
Muoviti. » lo richiamo’ Shannon. « Prima entriamo e meglio é. »
Alquanto
seccato, Jared lo segui sulle scale dell’ingresso (costruito su modello di un
tempio greco), fino all’atrio di quello che sembrava di un albergo.
Senza
alcuna esitazione Shannon si diresse a passo sicuro verso uno strano uomo ad
una scrivania, ed ordino’ una camera. Quest’ultimo aveva tratti
spigolosi, un aria angosciata e occhi scuri, profondi. Ad una priman occhiata
poteva sembrare calvo, ma quando si volto’, Jared potè notare sulla parte
posteriore del cranio una folta chioma scura.
Sull’abito che portava, formato da giacca e
cravatta, non si trovava nessun nome.
Porse una spessa chiave a Shannon, che la
ricevette senza preamboli. « 209. La strada la sai. » gli disse
l’uomo, con voce atona. Annui, dopodiché si volto verso Jared ancora spaesato.
« Seguimi. » gli disse il fratello,
voltandosi.
Entrarono sull’ascensore situato nella parte
opposta della stanza. La prima cosa che si noto’ era l’inesistenza di pulsanti
sul marchingegno.
Quando
Jared lo fece notare, Shannon fece uno stanco sorriso. “ A
che scopo, quando la tua mente puo’ fare tutto il resto? Basta visualizzare la
camera, e l’ascensore si mette in moto. »
Con uno scossone, l’elevatore si mise in moto fino a quando non
arrivarono all’ultimo piano.
Percorsero un lungo corridoio con il soffitto
composto ad archi, disseminato da alte porte in mogano scuro, fino ad una in
particolare, elegantemente identificata come la 209.
Prima che le fossero di fronte, la porta si
apri autonomamente, mostrando un enorme stanza faraonicamente arredata.
Shannon entro’ per primo, togliendosi la giacca
e appongiandola sulla prima poltrona che trovo’. Nel momento in cui Jared
richiudeva la porta, il cellulare di Shannon squillo’.
« Dimmi. » rispose, come se quella
chiamata fosse programmata. « Siamo
nell’atrio, scendi. » si udi chiaramente la voce di Tomo. « E
Lui ? » chiese, lanciando un occhiata a Jared. « è una questione privata. » « Ricevuto. » disse annuendo, e
riattacco’.
« Mi assentero’ un attimo, tu rimani qui.
Non ti muovere, se ti va riposati ne avrai bisogno. Probabile debba
allontanarmi dall’albergo e quindi ci mettero’ qualche ora. Appena tornero’
bussero’ alla porta, prima di allora non rispondere a nessuno. » ordino’,
riprendendo la giacca e andando verso la porta.
«
Shanno aspetta ! » lo chiamo’, seccato.
Il
fratello di volto’ annoiato, facendogli cenno di sbrigarsi.
“ Come
facevi a sapere che mi trovave nel parco? Insomma io… ho tante di quelle
domande! Non so nemmeno dove siamo, mi sono trovato svenuto in mezzo ad una
strada… poi arrivi tu in moto, salvandomi da un pazzo con una maschera da
coniglio e… ora siamo qui. Ma cos’è “qui”? Perché mi ci hai portato e
… cosa state combinando tu e Tomo?... se è uno scherzo voglio che abbia termine
ora. »
Shannon parve sorpreso. « Tu… non sai
niente ? »
« A quanto pare no. »
Si passo una mano sulle labbra, non sapendo
bene cosa dire. « Jared…
aspetta, ti chiami Jared vero ? » si volto, pallido.
“ Ma che domande sono queste?! Shan, dimmi che
è tutto uno scherzo e non fai sul serio.”
« Scusa, volevo solo essere sicuro !
è già abbastanza strano che tu non abbia memoria… non era nei piani. »
« Quali sono questi piani ?! Adesso
basta, voglio delle spiegazioni accidenti ! »
« Non posso spiegarti adesso… sappi solo
che devi rimanere qui, quando tornero’ ne riparleremo,
daccordo ? Ora… beh, ciao. » disse con un ultimo malinconico
sguardo, chiudendosi la porta alle spalle.
imase li dov’era per qualche secondo,
sconcertato. Quando finalmente si mosse, fu per sedersi sul letto sull’altro
late della stanza, cercando di schiarirsi le idee. Cosa diavolo stava
succedendo ? Che cosa intendeva Shannon ? Non ne aveva la più pallida
idea.
Qualcosa si mosse alla sua sinistra, voltandosi
vide una gabbia con un topo bianco all’interno. Quale albergo sistemava nelle
stanze dei topi ?
Sui malgrado sorrise, stendendosi sul letto.
Dopotutto, era cosi assurdo ! Tutta
quella faccenda era assurda.
Raccolse il telecomando accanto alla gabbia e
schiaccio’ un pulsante a caso. Il televisore al plasma, a pochi metri da lui si
accese, sintonizzandosi su un telegiornale.
« …
perché questa notte ci sarà un temporale davvero potente. » Spiegava la giornalista. « Notizia più urgente, il corpo di una
ragazza bruna brutalmente uccisa, è stata trovata in mezzo ad una strada della
nostra capitale Oblivion, con un Triad inciso sul petto. Nessun altro indizio
che possa indicarne l’assassino. Per questa notte è tutto, vi… »
Confuso
spense il televisore.
Oblivion ?
Come
la canzone che aveva inciso qualche anno prima? E… un Triad.
Non erano coincidenze. Solo uno stupido
l’avrebbe creduto… e anche la tesi dello scherzo andava oltre ogni
macchinazione.
Che cosa diavolo stava succedendo ?!
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