L'inizio è sempre devastante... figuriamoci il finale

di Jordan Cullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***



Capitolo 1
*** cap.1 ***


L'inizio è sempre devastante...

cap. 1


Spinsi Daniel appena un po' per giocare un con lui. Ogni volta che lo guardavo mi sentivo le farfalle nello stomaco e cominciavo a ridere come uno stupido. Lo so... magari non è il massimo innamorarsi del proprio migliore amico, ma se anche lui in fin dei conti ci stava.

“finiscila scemo o una volta o l'altra mi farai investire da qualche macchina!” mi disse lui sorridendomi. I suoi splendidi denti bianchi mi fecero sciogliere come un ghiacciolo al sole.

“almeno no sarà una grande perdita!” gli dissi. Eravamo quasi arrivati al Cheesman Park di Denver.

La mia città è la capitale dello stato del Colorado, quindi potete immaginare la gente come si senta a vivere in una mini NY. Comunque ritornando a me, ho ventidue anni e mi chiamo Fabian. Ho origini greche e giapponesi. Mio papà è un medico molto famoso, lavora all'ospedale pediatrico, che gli porta via un sacco di tempo. Mia madre è una donna che ha deciso di non intraprendere nessun tipo di studi e di dedicarsi unicamente alla famiglia. I miei genitori si sono conosciuti in Giappone, quando mio padre, dalla Grecia, era volato fino a Yokohama per un convegno, dove mio nonno aveva organizzato il catering e mia madre era stata assunta come cameriera. Dal primo momento che si videro non si lasciarono mai più, o per lo meno così dicono i miei genitori.

Fui strappato dai miei pensieri da una pallonata deviata da Daniel, diretta proprio sulla mia faccia “hey fai un po' di attenzione...” urlai al ragazzo che ci stava venendo incontro per riprendersi il pallone da rugby.

“chiedo scusa... staremo più attenti! Se volete ci mancano due giocatori all'appello...” ci guardammo un attimo e poi Daniel si gettò nella mischia con loro, trascinandomi per un braccio giù per la piccola collina.

I ragazzi con un cenno di saluto si disposero in formazione: eravamo in dieci, io e Daniel eravamo finiti in squadre differenti, ma poco male... un po' di competizione non guastava mai. Presi il ruolo di Fullback, mentre Daniel era un Hooker perfetto. Dopo i comandi iniziali, iniziò la mischia e poco ci mancava che venissi travolto dai quattro culi che avevo davanti. Balzai indietro con la palla stretta in mano e iniziai a correre. Evitai il primo, il secondo e infine un terzo, fino a quando Daniel non mi si parò davanti e bloccò la mia corsa, mi guardai intorno e vidi il ragazzo che avevamo conosciuto poco prima sul fianco destro e gli lanciai la palla. Mentre Fabian mi placcò, il touchdown fu nostro.

“hai finito di schiacciarmi?” gli chiesi mentre continuava a tenermi stretto per terra

“ah si giusto scusami” si rialzò e mi porse una mano per aiutarmi a mettermi di nuovo in piedi

“sì... ma non vale il punto siamo in netta minoranza!” disse uno dei compagni di squadra di Fabian

“come no... vale e come! E se ti lamenti ancora pulce vale anche doppio” rispose uno dei miei

“ti ho detto di non chiamarmi così un milione di volte...” rispose il ragazzo mingherlino

“così come... pulc...?” non riuscì a finire la parola che gli si avventò alla gola e lo scaraventò per terra. Decidemmo di allontanarci di lì, prima che diventasse una rissa. Uscimmo dal parco e cercammo qualche posto dove poter riposare e goderci un po' di relax in pace. Svoltammo in un paio di stradine e subito dopo ci trovammo sulla 14th ave, era una delle strade più importanti nella città, ci infilammo in una tavola calda e ordinammo due fish and chips. I tavoli erano quasi tutti pieni, ma grazie alla fortuna spacciata di Daniel riuscimmo a trovare un tavolo, che si era appena liberato, vicino alle finestre proprio come piaceva a me.

“senti non è che potresti prestarmi un po' della tua fortuna?” chiesi in modo scherzoso, appena mi fui messo a sedere

“ma a che ti serve? Sei già abbastanza fortunato!” mi rispose lui con un sorrisino

“a sì? E da dove l'hai capito... dall'ultima volta che ho dato fuoco al letto o da quando mi è volato l'ipod, appena comprato, fuori dal finestrino della tua macchina?” chiesi chiaramente ironico

“ma dai... quelle sono solo stupidaggini... e poi sei fortunato perché hai me!” appena finii divenni color viola, misto blu, con qualche tonalità di rosso. Era come se mi avesse travolto un treno in pieno. Lo so che quella frase poteva significare tutto e anche niente, soprattutto detta da lui che era una delle persone che di più etero non se ne trovano.

“e già...” per fortuna ci fu la cameriera che ci tolse da quell'imbarazzante silenzio.

Mangiammo velocemente, senza quasi parlare per la mezz'ora che seguì. Quando uscimmo era ormai sera e avevo voglia solo di andare a casa, dopo tutto il giorno che avevo passato con lui. Davanti casa mia ci salutammo, Daniel abitava a due isolati da lì e non ci avrebbe messo tanto ad arrivare. Salii i gradini e entrai in casa, richiudendomi la porta alle spalle e tirando un sospiro di sollievo, mentre scivolavo fino al pavimento.

“sei tu Fabian?” chiese mia madre dalla cima delle scale

“sì mamma...” le risposi. Mi alzai e centrai con le chiavi lo svuota tasche di ceramica appoggiato sul tavolino dell'ingresso

“Aiko tesoro... riusciresti a farmi il nodo a questa cravatta?” la voce di mio padre era inconfondibile

“ciao papà!” gli urlai dal piano inferiore “che fate stasera? Uscite?” chiesi

“no amore e solo tuo padre che ha un'importante riunione di lavoro...” senza dare troppa importanza alle parole di mia madre portai il mio corpo sul divano e lo lasciai lì a poltrire per un po' davanti al televisore. Quando sentii la porta d'ingresso sbattere, mi ridestai da quel sonnambulismo indotto, e mi alzai per andare a far un po' di compagnia a mia madre che intanto preparava la cena.

“allora come è andata oggi la giornata?” chiesi per primo appoggiandomi al frigorifero

tutto bene tesoro mio... oggi al club del libro abbiamo discusso su un libro stupendo di Jamila Hassoune” come al solito quando mia madre incominciava a parlare, non c'era verso di fermarla e tra nomi, luoghi e date non si accorgeva che stava facendo bruciare quella che sarebbe stata la nostra cena.

“mamma la cena...”

“sì già e poi abbiamo anche mangiato al circolo, ma non si poteva definire una vera e propria cena... più che altro uno spuntino di metà pomeriggio!” mi rispose lei ancora immersa nelle sue fantasie

“no mamma la cena...sta bruciando!” le dissi cercando di ridestarla

“oh si...” finalmente capì. Con un urlo, cercò di rimediare all'irreparabile, ma ormai era impossibile. Abbassò la fiamma sotto la pentola e aprì la finestra per far uscire il fumo che stava invadendo tutta la cucina. Andai a prendere il telefono e tornai in cucina dove l'odore di bruciato era insopportabile.

“pizza?!” proposi con il telefono già in mano.


Il dopo cena, si svolgeva come di routine: mia madre sparecchiava e io intanto con il cellulare messaggiavo con gli amici per organizzare la serata.

“niente stasera come al solito tutti hanno da fare tranne me...” dissi a voce un po troppo alta, dato che mia madre incominciò a sorridere in modo abbastanza appariscente, simile alle streghe dei cartoni animati Disney.

“che c'è da ridere tanto?” le chiesi. E lei con un gesto estremamente esasperato e teatrale, si posò al tavolo e mi disse “stasera sarai tutto per me!” e poi sorrise con la sua solita risata malvagia che da un paio di anni non mi impauriva più ormai. Le abitudini sono dure a morire... mentre cambiamo stanza, lasciandola al suo sfogo malvagio in cucina.

quando hai finito io sono in camera mia!” le urlai dalle scale.

Casa mia era una sorta di miscuglio di razze e quindi di stili di arredamento, inoltre era stata progettata per lasciarmi tutta la privacy necessaria. Dovetti cercare di non inciampare nel mio skate appena entrai nella stanza. La mia stanza non differiva molto da quelle di tutti i miei coetanei, a parte che avevo il doppio dello spazio per muovermi, un letto matrimoniale in puro stile giapponese e un armadio a muro a dir poco gigantesco; che neanche una ragazza avrebbe potuto riempire. Inoltre mio padre che amava la tecnologia aveva fatto installare dei sensori termici e di movimento, che rilevavano se una persona era nella stanza e facevano accendere le luci, e infine ma non meno importanti aveva fatto mettere un altro tipo di sensori che facevano chiudere ed aprire le persiane on il movimento del sole. Insomma vivevo in una specie di base N.A.S.A. Mi gettai sul mio bel letto doppia C, era così che lo chiamavo perché era sia caldo che comodo, e in men che non si dica mi appisolai. Quella notte fu una delle più lunghe: verso l'una di mattina sentii un fruscio, vicino la mia porta, pensavo di star ancora sognando e richiusi gli occhi. Nulla e nessuno poteva intrufolarsi nella mia stanza senza che me ne accorgessi, quindi mi rimisi a dormire. Ma dopo neanche mezzo minuto risentii lo stesso rumore questa volta seguito da un tonfo sordo (la mamma che sbatte su un mobiletto in corridoio) e subito dopo un ombra si infilò nella mia stanza. Mella mia mente continuavo a ripetermi: sto sognando, sto sognando, sto sognando... ma tutto ciò sembrava tutto all'infuori di un sogno. Perchè le luci non si accendevano dannazione...incominciai ad urlare quando la figura incappucciata incominciò ad avanzare verso il letto, ma ad un certo punto si fermò e iniziò a ridere a crepapelle, una risata che conoscevo... MAMMA!!! Le luci si accesero e vidi mia madre distesa per terra avvolta da un vecchio costume di halloween, da Gandalf mi pare.

“mamma mi hai spaventato a morte... che ci fai vestita in quel modo in camera mia?!?” le chiesi rasentando l'isteria. In quel momento la odiavo, l'avrei potuta incenerire con gli occhi in un istante

“non ho resistito... sei andato via senza dirmi niente e appena ho visto che dormivi ho preso questo costume di tuo padre e me lo sono messo mentre venivo in camera tua, solo che sfortunatamente sono andato a sbattere contro quel maledetto mobiletto nel corridoio, se no sarebbe venuto un bello scherzo...” mi spiegò lei ancora stesa sul pavimento della stanza

“ma sei totalmente fuori di testa?” la domanda era puramente retorica “potevi farmi prendere un infarto da rimanerci secco!! e adesso sei pregata di USCIRE DA CAMERA MIA E DI NON RIENTRARCI PIù ALMENO PER STANOTTE...” finii la mia frase urlando, mentre mia madre correva ancora sghignazzando fuori, chiudendosi la porta alle spalle. Non appena appoggiai la testa sul cuscino, sentii la porta riaprirsi e sollevai lo sguardo: ancora lei!!!

“... buonanotte amore...” mi disse e ricevette una scarpa sul naso come risposta.

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Capitolo 2
*** Cap.2 ***


L'inizio è sempre devastante

cap.2

Fabian

Sapevo già da quando aprii gli occhi, quella mattina, che non sarebbe stata una buona giornata. Come faccio a dirlo? Beh ma è facile...sveglia alle otto e in men che non si dica avevo un bel segno rosso dovuto al frontale con la mensola che avevo proprio sopra il letto, come se non bastasse la colazione era volata... letteralmente... sul pavimento per colpa di un esperimento di mio padre, che nel tempo libero si divertiva a costruire modellini di robot meccanici che giravano per casa come se fossero animati da soli. Per fortuna il tragitto fino alla macchina era sgombro di pericoli o minacce per la mia salute. Ebbi un fremito su per il collo quando posando la mia borsa sentii una presenza, sul sedile della macchina. Guardai nello specchietto retrovisore ma niente. Misi in moto e pregai che almeno fino a scuola non mi succedesse niente.


Daniel era come al solito seduto sulle scale d'entrata della scuola, quando mi avvicinai a lui per salutarlo gettò via la sigaretta ed entrammo. L'ora di Biologia non era un granché di interessante, infatti mi persi nei miei disegni e mondi immaginari... ne fui ridestato una volta che la campana suonò per il cambio dell'aula.

“Fabian che segui adesso?” mi chiese nel corridoio mentre camminavamo attorniati da milioni di studenti che parlavano, urlavano, si rincorrevano...

“Letteratura... aula 3C” gli dissi avvicinandomi a lui per farmi sentire meglio, aveva un profumo così dolce che non riuscii a fare a meno di inalare estasiato

“ah ok... allora ci vediamo più tardi io devo andare nell'aula di musica!” mi disse e con un rapido movimento girò nel corridoio di sinistra.

Intanto tra il trambusto della gente che spingeva riuscii a trovare la mia aula “3C” urlai nella mia mente. Entrai e cercai un posto a sedere. Seconda fila di fronte al prof. Perfetto!!! gioii sarcasticamente nella mia mente. Mi guardai un po' in giro una volta che mi fui seduto e notai che posti liberi non ce ne erano più e poi sarebbe stato troppo tardi perché il docente era appena entrato e si richiuse la porta alle spalle.

“buongiorno ragazzi miei... sono il professore Wilson” dichiarò lui ad alta voce “e quest'anno vi darò qualche dritta sulla storia della nostra letteratura!”

oddio ma come parla pensai “dritta” e chi lo diceva più!!! sprofondai nella sedia e appoggiai la testa sullo schienale chiusi gli occhi e cercai di farmi passare quella forte emicrania che mi stava attanagliando da un paio di minuti le tempie. All'improvviso sentii uno squittio... un rantolo che proveniva dalla mia destra.

ciao... scusa... mi potresti prestare la penna?” mi disse un ragazzino della mia età che aveva un non so che di famigliare: occhiali da vista alla anni '80, bretelle e capelli a spazzola, faccia da completo imbecille... O MIO DIO!!! assomigliava a Steve della serie televisiva di “8 sotto un tetto

“no mi serve...” gli risposi non degnandolo di uno sguardo

“ma ho visto che non stavi scrivendo quindi ho pensato che non ti servisse...” lo interruppi subito cercando di limitare al minimo la sua parlantina

“se ti do questa penna... puoi evitare di parlarmi fino a quando non finisce la lezione?” gli chiesi con gli occhi chiusi. Non ci fu risposta da parte sua e gliela porsi.

Finalmente nessuno mi disturbò fino a quando non riaprii gli occhi per un picco di voce del prof. Lo guardai con profondo odio e poi mi voltai verso Steve. La scena mi diede il volta stomaco: quell'essere immondo stava mangiucchiando la mia penna con quei denti gialli e quelle labbra leporine!!! non ce la facevo più dovevo uscire di lì se no avrei vomitato su qualcuno... e non sarebbe stata la prima volta che succedeva. Presi tutto dalla mia postazione, a parte la penna, e uscii dall'aula quasi correndo.

Una volta fuori tirai un sospiro di sollievo, mi avvicinai alla piccola fontana che spuntava da un angolo del muro e mi sedetti sulla panchina lì vicino. Chiusi gli occhi mettendomi la testa tra le mani e presi più aria possibile nei polmoni, poi riaprii gli occhi. Davanti a me c'era una specie di nano, o satiro, non riuscivo a capirne bene la natura. Mi strofinai gli occhi più di una volta e mi guardai intorno. Non c'era nessuno... eravamo solo io e lui.

“ciao Fabian...” inizio il satiro. Rimasi a bocca aperta a guardarlo “... che c'è non hai mai visto un Aatze?”

“un cosa?!?” chiesi io con la voce stridula e guardandomi sempre in giro per controllare che nessuno potesse vedermi parlare con quel coso

“un Aatze... sono uno spirito mutaforma” il satiro mi sorrise e fu avvolto da una nube di fumo.

Dissolta la nuvoletta intorno a lui, mi si presentò agli occhi un esserino non più grande del mio indice che aleggiava nell'aria come un piccolo genietto della lampada.

“va meglio così?” mi chiese

“ma tu sei così piccolo?” gli chiesi... fu l'unica domanda sensata che mi venne in mente in quel momento

“si... il mio nome è Saphy” mi disse lui con la classica vocettina stridula degli esserini dei cartoni animati. Continuava a fissarmi con i suoi occhi completamente neri, quando la campanella suonò. Una massa informe e vociferante si mosse fredda e frenetica nei corridoi dell'istituto. Un ragazzo mi venne in contro per poi bloccarsi pochi metri prima per svoltare subito dopo a sinistra, una ragazza appoggiata ad un muro di mattoni fissava insistentemente il mio viso impaurito dalla possibilità che qualcuno potesse vedere Sapo... o come diavolo si chiamava. Una ragazza mi passò vicinissimo e andò a sbattere con il folletto che si dissolse come zucchero nell'acqua. Con un accentuato nervosismo mi fiondai nel corridoio, e mi fusi con il resto della massa. Ad un certo punto quando mi voltai indietro per controllare che l'esserino non mi seguisse, fui spintonato e caddi per terra. Alzai gli occhi e Daniel era lì a fissarmi.

“ahia cretino... mi hai fatto male! Fai attenzione a dove vai...” gli dissi

“scusami... ma sei stato tu a venirmi addosso a dirla tutta io ero fermo eri te che ti muovevi!” mi rispose lui e mi aiutò ad alzarmi. Ci trovammo uno davanti all'altro. A pochi centimetri.

Ah allora è lui colui che ti interessa? Cattivone... mi disse una voce nella mia testa, ma sapeo benissimo a chi appartenesse.

“basta smettila...” sussurrai

“non ho fatto niente...” mi disse. Avrebbe avuto un grosso punto interrogativo sulla testa, se fosse stato un manga

“no! Non era con te che parlavo... era con lui”

“con la tua spalla?” mi chiese lui ancora più confuso

“no no con lui”

“Fabian non c'è nessuno dietro di te!”

“come no!?!” mi girai e il corridoio era quasi deserto a parte qualche gruppetto di studenti appoggiati al muro. Nessuno mi può sentire o vedere a parte te...

“ah bella fregatura!” dissi nuovamente ad alta voce. Forse fin troppo alta poiché una ragazza a pochissimi metri da me si girò.

“bene... penso di dover andare!” mi disse Daniel senza darmi possibilità di replicare.

Rimasi solo con un grande mal di testa. E la consapevolezza di essere sembrato un pazzo totale al ragazzo che avrei tanto voluto vicino a me. Per quella mattina ne avevo avuta abbastanza, decisi di andare via. Mi misi il giubbotto di pelle e cercai nella borsa le chiavi della macchina.


A casa la situazione non migliorò. La vocina dello spiritello continuava imperterrita a seguirmi: in bagno, in cucina e persino in camera...

“smettila una volta per tutte!” urlai nel corridoio che portava alla mia stanza “... mi sta facendo impazzire!”

Saphy mi si materializzò davanti sorridente. Che c'è già non mi sopporti più... eppure dobbiamo passare moltissimo tempo insieme! Mi disse lui sempre tramite pensiero.

“sai potresti anche parlare mi farebbe più piacere dato che mi sembra di essere pazzo!” gli dissi chiudendomi in camera mia. Ma nessun ostacolo fisico sembrava fermarlo. Era come un fantasma, i suoi occhi completamente neri continuavano a fissarmi.

“la finisci di seguirmi?” gli urlai

“impossibile... sono il tuo genio addestratore!” mi disse lui

“tu cosa sei?” gli chiesi

“il tuo genio addestratore...” mi ripeté lui “... faccio in modo che tu sia pronto ad ogni evenienza!”

“pronto a quali evenienze? Non so se tu te ne sia reso conto ma la mia giornata è abbastanza tranquilla e poi non so in cosa mi dovrei allenare!”

Hai delle doti nascoste che non sai di avere, potremmo iniziare a scoprire come utilizzarle. Partiamo con il definire cosa sei: la tua famiglia appartiene a una antica famiglia di maghi della Cina sud orientale, il tuo trisnonno si trasferì all'età di 30 anni in Giappone dove cercò di apprendere l'antica arte della magia occulta unita alle arti marziali, ci riuscì è fondò il suo ordine di guerrieri chiamati “Seven Hearts”. Tua madre e tuo padre facevano parte di quest'ordine; in meno di un mese la congrega contava già quaranta adepti. Naturalmente i sette maestri delle arti marziali si divisero il territorio: il tuo bisnonno decise di prendere il Giappone, con lui rimasero tua madre e tuo padre, uno dei sette prese la Turchia, un' altro l' Egitto, poi Cina, Italia, Brasile e infine India. Tua madre una volta finito il suo allenamento in Giappone si sposò con Constantine e si trasferirono qui in America; dove sei nato.

“perché mi stai dicendo queste cose adesso? Che senso ha?” chiesi

ha più senso di quanto tu ne possa immaginare... le forze del male si stanno riorganizzando e non abbiamo più molto tempo oramai. Abbiamo bisogno dell'intera Seven Hearts al massimo della loro forza! Quello che ti chiedo è di trovare i discendenti e di unirli per l'ennesima volta contro il male, così come fece una volta tanto tempo fa il tuo bisnonno.

“tu sei pazzo... come lo spiego agli altri?” feci per proseguire la frase ma il folletto mi interruppe

Non ce bisogno di spiegarlo... una volta che sarai pronto creerò un tuo doppione, che ti sostituirà. Le sue parole non mi convinsero molto, ma decisi di accettare comunque, avevo sempre immaginato di dover compiere qualche missione per salvare il mondo... proprio come gli eroi Marvel conclusi il mio discorso con una frase d'effetto “bene! sono pronto...”

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ciao a tutti al secondo capitolo di questa nuova avventura.... fatemi sapere se vi stà piacendo e se magari ci sono cose che non vanno in ogni capitolo! aspetto tanti vostri commenti e consigli... 

grazie per l'attenzione alla prossima...

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


L'inizio è sempre devastante...

Cap. 3


Avevo da poco aperto gli occhi, quando la radio sveglia iniziò a suonare. Intanto la casa cominciava a svegliarsi lentamente insieme hai suoi occupanti. Dalla cucina sentivo provenire un odore di cannella, vaniglia, e cioccolato che scoprii essere dei dolcissimi muffins, appena sfornati. Mi fiondai sulla ciotola che li conteneva, come un leone si fionderebbe su una gazzella. I miei intanto continuavano a parlare tra di loro. Continuando a trangugiare la mia abbondante colazione, mi apparve Saphy difronte aleggiando come al solito a qualche dito dal piano del tavolo.

buongiorno Fabian” mi disse lui. Senza rispondergli lanciai il coperchio che prima ricopriva i muffins sul tavolo e lo coprii totalmente facendo pressione con il mio corpo per tenerlo saldo sul tavolo. I miei si girarono, sgranando gli occhi, verso di me.

amore è tutto apposto?” mi chiese mia madre

sì sì... mamma” le risposi sgranando gli occhi, poiché vidi Saphy che era seduto sulla spalla di mio padre. Continuava a sorridermi “ho bisogno di... di un po' di thé per mandare giù i tuoi meravigliosi m....” non finii la frase poiché quel maledetto spiritello si spostò rapidamente e iniziò a ballare sul tavolo a metà tra me e i miei genitori.

che stai facendo!!!!” gli sussurrai

tesoro è sicuro che vada tutto bene?” adesso era mio padre a parlare

sì certo” mi lanciai sul tavolo tenendo solo i piedi fuori e finalmente lo afferrai. Poi corsi su per le scale e dritto in camera.

MA CHE STAI CERCANDO DI FARE?” gli urlai lanciandolo nel vuoto

ahahah... sei uno spasso Fabian!” mi rispose lui continuando a ridermi in faccia

che hai tanto da ridere? Hai voglia di farti vedere dai miei e mettermi nei guai!”

non ricordi che solo tu puoi vedermi?”

si ma questo non è un buon motivo per andartene in giro per casa e fare i tuoi comodi!!!”

sarà...” e con un gesto della mano mi liquidò.

Incominciai come mio solito a prepararmi per la scuola presi lo zaino in spalla e volai giù per le scale senza degnare nessuno di uno sguardo. Come al solito in ritardo ed ero, come al solito, tentato di rincorrere l'autobus oppure prendere la macchina.... rientrai in casa e con un urlo chiamai mio padre.

che fai?” si materializzò davanti al mio naso Saphy

per colpa tua ho perso l'autobus e non ho voglia di prendere la macchina oggi... cercherò di farmi accompagnare da mi papà!!!” gli risposi continuando a chiamare mio padre

aspetta... tuo padre non serve! teletrasportati a scuola...”

ma stai scherzando” gli dissi ridendogli in faccia, vidi la sua faccina assumere un espressione incattivita, si fece scuro in volto e senza accorgermene la casa scomparì. I miei piedi erano sospesi nel vuoto e con una spinta pari a quella delle montagne russe mi ritrovai a sfrecciare nel buio più assoluto; fino a quando, con un assordante fracasso, la corsa non si arrestò e mi ritrovai completamente al buio. Il luogo dove mi trovavo era umido e maleodorante. Rimasi immobile e cercai, con lo sguardo, un punto di riferimento. Ti conviene uscire dal bidone dell'immondizia!! quella sua stupida e irritante vocina mi diede completamente sui nervi. Mi girai e rotolandomi per terra, riuscendo ad uscire dal cesto. Mi guardai intorno e notai con estremo stupore di essere arrivato a scuola. Mi ritrovai nel cortile interno, dove di solito non c'era mai nessuno per fortuna mia, perchè non avrei proprio saputo spiegare quello che mi era successo.

Smaterializzazione! Ecco cosa è successo, dovrai fari l'abitudine.... dato che la dovrai usare spesso e volentieri d'ora in poi per i tuoi viaggi.

Un conato di vomito mi salì in gola, ma non so come riuscii a rigettarlo giù. Mi trovavo nella sala più antica della scuola, dove i colonnati che sorreggevano i portici affrescati facevano bella mostra di sé. Piccoli ciuffi di erbetta selvatica spuntavano qui e là dal pavimento. Un grosso pozzo, al centro del cortile, troneggiava come una maestosa tartaruga dal guscio di metallo. Mi avvicinai in modo circospetto, aspettandomi da un momento all'altro un attacco del folletto. Sollevai il coperchio mezzo arrugginito e notai che il pozzo non aveva acqua al suo interno ma una miriade di rospi che come lava furono catapultati al di fuori dell'enorme recipiente.

è ora di imparare a combattere Fabian...” mi disse e mi lanciò uno strano oggetto “veloce o la tua arma sarà sommersa dal nemico!”

si giusto... dov'è? Mi chiesi. A pochi passi da me la vidi vicino a una delle colonne del portico. Ormai i rospi mi avevano del tutto circondato strinsi tra le dita la bacchetta che mi aveva lanciato e sperai in un miracolo. Idiota di un ragazzino fa qualcosa! Sentivo che i piccoli anfibi incominciarono a bloccarmi le gambe, e poi sempre più in alto fino a quando le mie braccia erano salde lungo i fianchi e mancava poco alla disfatta. Concentrati stupido....chiusi gli occhi e nella mia mente si materializzò una parola AEGIS. Tutto ad un tratto mi sentii sollevare: un turbinio di vento, spazzò via i rospi nell'immediato istante e io fui sbalzato al piano superiore, battendo la testa contro il pavimento, ma senza perdere i sensi per fortuna. Mi affacciai al parapetto e vidi rospi sparsi ovunque e alcuni erano ancora in giro che svolazzavano portati dal vento. Un urlo di eccitazione mi partì all'improvviso dalle labbra. Mi ritrovai Saphy di fronte a me che fluttuava in aria come un fantasmino.

contento adesso?” mi chiese

sì... ma ti devo chiedere solo una cosa!”

ancora? E cosa sarebbe di grazia?”

questa bacchetta è una cosa alla Harry Potter?” gli chiesi mostrandogli la bacchetta scura nella mia mano

la bacchetta uno dei tantissimi strumenti che potrai utilizzare per evocare o invocare... quando sarai più esperto potrai anche non usarla e procedere a mani nude! Ma per il momento non te lo consiglio...”


La mattinata a lezione passò in modo molto lento. Le ore sembravano non passare mai, ma una volta che il prof. dell'ultima ora ci congedò, fui il primo uscire dall'aula.

Nel tragitto di ritorno, non avendo la macchina, feci una lunga ed estenuante camminata. Continuavo a pensare a quello che era successo nel vecchio cortile. Non poteva essere vero! Continuavo a ripetermi nella mente, presi la bacchetta dalla tracolla e la rigirai tra le mani, stando attento nel non farmi vedere da qualcuno. La strada era da entrambi i versi deserta agitai la bacchetta in aria e pronunciai la formula poco prima imparata. Il silenzio perdurò in strada, nulla si mosse e poco ci volle per essere scoperto da un gruppetto di ragazzini in bicicletta che avevano appena svoltato l'angolo. È solo una stupidaggine Fabian! Mi dissi nella mente.

non lo è se ci credi veramente!” mi disse Saphy, entrando nella mia mente senza permesso. Mi guardai intorno e riuscii a vedere i suoi occhi neri, magnetici, che mi osservavano dalle fronde di un albero.

credici e ci riuscirai!” continuò lui. Agitai per la seconda volta la bacchetta e pronunciai la formula con la massima concentrazione che potevo raggiungere. In men che non si dica un vento gelido mi sferzò il viso per poi calmarsi improvvisamente. Dopo pochi secondi i bidoni della spazzatura, davanti a me, furono scaraventati a un centinaio di metri di distanza. Per pochi centimetri non urtarono contro un'auto parcheggiata, l'allarme dell'auto scattò e fu tempo di correre. Per fortuna casa mia era a solo due isolati di distanza. Mi chiusi la porta alle spalle e scivolai sul pavimento, ancora con la bacchetta in mano.

Quindi era questo il mio destino fare trucchi di magia come uno stregone delle favole. L'idea in un certo senso mi solleticava, era tanto che volevo sollevarmi dalla massa ed essere considerato unico.

Fabian è tutto apposto?” la voce di mia madre mi fece trasalire e in men che non si dica fui nei guai totali: con lo sguardo di mia madre che continuava a muoversi dalla bacchetta al mio viso e viceversa.

e quella... dove l'hai presa?” indicò la bacchetta

posso spiegarti!”

noi due dobbiamo parlare...” mi disse “raggiungimi in cucina all'istante” mi alzai dal pavimento controvoglia e a fatica e la seguii.

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