Aishiteru kara

di LadyoftheSea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** You ***
Capitolo 3: *** Signal ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Avevo voglia di scrivere qualcosa con un bel po' di angst, quindi a chi non piace il genere... ecco, avverto fin d'ora che forse non è il caso di proseguire nella lettura! Però non sono una sadica pura e semplice, ci saranno anche tante scene piacevoli in questa fanfiction...

Per farla breve, aggiungo solo che è una fiction Akame AU... e anche questa, come la mia precedente, è dedicata a Nori-chan! Aishiteru <3 Spero che ti piaccia, a prescindere dal prologo un po' triste! Non so ancora quanti capitoli saranno in tutto, ma sicuramente non sarà una storia breve... quindi, abbi pazienza con me!

Buona lettura!


Prologo

Faceva freddo e a quell'ora di notte quasi nessuno era in giro per le strade di Tokyo, ma a Kazuya non importava. Nel quartiere dove viveva era difficile fare brutti incontri... ed era così stanco che non gli importava di niente e di nessuno, mentre rientrava dal lavoro, esausto. Ancora una volta aveva finito per rimanere più del previsto e ancora una volta l'aveva fatto di proposito, perchè non voleva rientrare, non voleva tornare a casa. Ogni giorno, anzi, ogni notte era la solita storia. Ma ogni tanto doveva pur andargli bene, no? La fortuna doveva girare dalla sua parte, una volta ogni tanto...
Si chiuse piano la porta d'ingresso alle spalle, senza preoccuparsi di serrare a chiave. E tutte le sue flebili speranze vennero infrante quando sentì quella voce roca spezzare la quiete notturna. "Vieni qui, Kazuya."
No. Non di nuovo. Tremando leggermente, si diresse verso la cucina. Quell'uomo stava mandando giù l'ennesimo bicchiere di sake. Kazuya guardò le bottiglie sul tavolo, due erano vuote e la terza era piena solo per un quarto. "Sì?" chiese, cercando di mostrarsi calmo. Come un animale, sapeva che l'altro poteva fiutarlo. Fiutare la sua paura. E Kazuya non poteva permetterselo, o sarebbe andata molto peggio di quanto già non fosse.
"Perchè torni così tardi?" quella voce profonda, sgraziata, che conosceva fin troppo bene, quella voce che temeva, ma che non poteva evitare mai. Quella voce così familiare, l'unico punto fermo nella sua vita. Era sempre lì, giorno dopo giorno... notte dopo notte...
"Ho fatto un po' di straordinari... per guadagnare un po' di più questo mese..." mormorò pacatamente in risposta. Strinse i lembi della sua giacca di jeans, aveva freddo, tanto freddo. Aveva fame, ma non poteva mangiare, tanto avrebbe rimesso tutto. Voleva solo essere lasciato in pace per una volta, voleva dormire... dormire, dormire per un secolo, senza svegliarsi mai...
"Non dire balle!" furioso, l'uomo si alzò e sfracellò una bottiglia vuota contro al bordo del tavolo, brandendola poi vicino al viso di Kazuya. Lo afferrò alla gola, stringendo forte. Il suo alito sapeva di alcol e Kazuya fece una smorfia, era impossibile abituarsi a quel tanfo insopportabile. "Cosa devo fare con te, Kazuya? Non capisci, non capisci mai! Mi costringi sempre a punirti!" lasciò andare il ragazzo e buttando la bottiglia a terra, che si infranse con un frastuono tremendo, si scagliò su di lui e lo colpì forte con un pugno allo stomaco, che mozzò il fiato a Kazuya e lo fece accasciare a terra, boccheggiante. "Sei un disastro!" gridò l'uomo, iniziando a tempestarlo di calci allo stomaco, sulla schiena, sulle braccia, sulle gambe. Ovunque ma non in viso. Non poteva permettersi che qualcuno lo notasse. E poi, quel viso era troppo bello per rischiare di rovinarlo.
"Non credere di potermi prendere in giro, chiaro?" l'uomo sollevò Kazuya per il colletto della maglia e lo guardò con rabbia. La vista era annebbiata dall'alcol, ma per qualche motivo i movimenti erano sicuri e tutto meno che incerti. "Ricordati chi sei e chi sono io!"
Kazuya strizzò gli occhi, gli faceva male tutto e desiderava solo coricarsi sul suo letto, anche se non si sarebbe mai addormentato così in fretta. Era dolorante e l'adrenalina che gli scorreva in corpo gli avrebbe impedito di prendere sonno. "Sì..." ansimò, a fatica, in risposta.
L'uomo lo lasciò andare e per un attimo Kazuya si sentì sollevato. Forse si era calmato, sorprendentemente in fretta, ma per una volta avrebbe anche potuto essere.
"Kazuya, inginocchiati. Subito!"
Doveva ben saperlo che non poteva essere così fortunato... trattenendo il fiato, obbedì. Si inginocchiò di fronte ad una sedia e si appoggiò con le braccia, stringendo i bordi con le mani. Sapeva cosa sarebbe arrivato presto. E infatti l'uomo si era sfilato la cintura e iniziò a ricoprire di sferzate la schiena di Kazuya, che si aggrappò ancora più forte alla sedia davanti a lui, gemendo e strizzando gli occhi, mordendosi le labbra così forte da farle sanguinare.
Alla fine, come ogni volta, l'uomo si calmò e se ne andò dalla stanza in silenzio. Kazuya non aveva la forza di alzarsi e si accasciò a terra, con la maglietta incollata alla pelle piena di tagli sanguinanti, che bruciavano come se fosse stato marchiato a fuoco e la testa che rimbombava. Fu solo molto più tardi che si addormentò, sprofondando nell'oscurità di un sonno privo di sogni.

Jin aveva appena finito di svuotare gli scatoloni nel suo nuovo appartamento. Aveva traslocato quella mattina, ma nel pomeriggio era stato fuori e si era messo a ordinare solo dopo cena, optando per finire di sistemare il più possibile. E, incredibilmente, aveva finito: erano le tre di notte, ma era stato velocissimo per i suoi standard. Non che avesse chissà quanta roba, il nuovo appartamento era già completamente ammobiliato e gli averi di Jin consistevano perlopiù in vestiti e orpelli vari.
"Fatto!" esclamò, contento, lasciandosi cadere sul divano. Era decisamente di buon umore, nonostante l'ora tarda e la stanchezza: aveva finalmente deciso di cambiare appartamento non solo perchè col suo lavoro poteva permettersi un luogo più spazioso e confortevole, in una buona zona, ma anche perchè per il suo stesso lavoro era molto più vicino. L'unico inconveniente era che avrebbe dovuto far insonorizzare una delle stanze, in quanto musicista e cantante provava in continuazione e non poteva disturbare i vicini a tutte le ore del giorno e della notte. Beh, ci avrebbe pensato nei prossimi giorni.
La quiete notturna venne interrotta dallo squillo del suo cellulare. Jin lesse il nome sul display e alzò gli occhi al cielo. Era la sua ex ragazza, una delle tante ex ragazze che non si arrendevano all'evidenza, non accettavano di essere state lasciate. Sospirò, che colpa ne aveva lui se erano tutte così noiose, così poco interessanti, buone per una cosa sola? Decise di ignorare la chiamata e si alzò per andare a prendersi da bere in cucina, mentre rifletteva sul fatto che avrebbe davvero dovuto farsi due numeri differenti, uno solo per le ragazze che abbordava e l'altro per gli amici e i datori di lavoro.
Andò in balcone e osservò le luci notturne che illuminavano la città di Tokyo, mentre mandava giù una lattina di birra dopo l'altra. Era solo, da molto tempo, ma non importava. Meglio soli che male accompagnati, recitava il proverbio, e Jin era pienamente d'accordo. Aveva pochissimi amici, la maggior parte della gente che conosceva lo sfruttava, o voleva farlo, per attirare l'attenzione, per avere soldi in prestito, per frequentare bei posti. Perchè Jin Akanishi era un musicista emergente, ma era nell'ambiente dello spettacolo da anni, e sapeva bene come funzionavano le cose. Non poteva fidarsi, di nessuno, tranne dei suoi più vecchi amici e della sua famiglia, sua madre, suo padre e suo fratello minore.
Un po' brillo, sentì le palpebre che si chiudevano contro la sua volontà e andò a coricarsi in divano. Si addormentò subito, sprofondando in un piacevole torpore grazie all'alcol.

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Capitolo 2
*** You ***



You



"Accidenti, com'era la strada?"
Jin si guardò intorno, appena messo piede fuori dal conbini dove si era recato per comprare un po' di birra e del ramen. Si era spinto un po' distante da casa e ancora non conosceva bene il quartiere. Per di più era notte fonda... nessuno in giro a cui chiedere... incerto, si avviò giù per la via a destra del conbini. Sei proprio uno scemo, Jin. Come fai a non ricordare da dove sei venuto? Era qui? No, forse devo svoltare a sinistra, di qua...
Mentre si avviava giù per una via, scorse qualcuno pochi metri più avanti e pensò di chiedere indicazioni. Lo chiamò e lo raggiunse, dandogli l'indirizzo esatto che cercava. Erano fermi quasi sotto a un lampione e Jin potè osservare bene il ragazzo di fronte a lui: doveva avere circa vent'anni, forse un paio di più, ma era difficile dargli un'età, indossava vestiti larghi e troppo leggeri per l'aria fredda di fine ottobre, era molto magro, il viso un po' scavato, i lunghi capelli castani gli arrivavano alle spalle e la frangia era troppo lunga, gli ricopriva gli occhi e il ragazzo doveva scostarla continuamente. Era un peccato, perchè aveva uno sguardo intenso, penetrante, e un taglio degli occhi molto particolare, sembravano quasi quelli di un felino. Però quel ragazzo così fragile non aveva nulla del predatore, pareva più una preda, pensò Jin automaticamente, senza rendersi conto dei pensieri che formulava. Jin era più alto di lui, più robusto, e osservando l'altro si sentì quasi come se fosse al cospetto di suo fratello più piccolo... c'era qualcosa di molto puro in lui, qualcosa di bambinesco. Jin era bravo a leggere le persone, non si era mai sbagliato prima.
Il ragazzo lo scrutò in silenzio per qualche istante prima di annuire. Fece cenno con la testa. "Giù per questa via... poi gira alla prima a destra. Cento metri più avanti, sei arrivato." sussurrò, così quietamente che Jin dovette tendere le orecchie per sentire ogni parola. Quel ragazzo doveva essere molto timido, o forse ritornava solo da una notte di bravate ed era stanco. Erano le due di notte, Jin stesso aveva finito tardi al lavoro e tornando si era fermato per comprare da bere e qualcosa da mangiare. "Ti ringrazio!" fece un mezzo inchino e si diresse per la strada che gli era stata indicata. Arrivò in fretta e si avviò verso l'ascensore, salvo tornare sui suoi passi quando si ricordò che doveva controllare la posta. Ci mise un secolo, non trovava la chiave giusta per la cassetta delle lettere a suo nome, e quando ebbe finito tornò verso l'ascensore, che era occupato. Troppo pigro per farsela a piedi, rimase ad aspettare, iniziando a canticchiare il motivetto di una canzone su cui stava lavorando e girandosi, quando sentì il rumore del portone principale che veniva aperto. Un ragazzo dall'aria familiare entrò nell'atrio del palazzo. "AH!" esclamò Jin, indicandolo. "Sei il ragazzo di prima! Abiti anche tu qui? Potevamo fare la strada insieme!"
Kazuya entrò nell'androne del condominio, a capo chino. Non amava incrociare lo sguardo delle altre persone, ne aveva già abbastanza al lavoro, che era una vera tortura. Per strada, guardava sempre a terra, davanti a sè, alzava raramente la testa. Ma la voce fastidiosa di quel ragazzo che aveva incrociato poco prima gli fece alzare il viso e lo guardò, serio. Annuì solamente, notando le porte dell'ascensore aprirsi. Si avviò per le scale, ignorando l'altro. Doveva fare solo cinque piani ed era solito farli tutti a piedi. Era sempre la solita storia, tentava sempre di rimandare il momento in cui sarebbe rientrato e l'ascensore era troppo veloce.
"Ehi, a che piano abiti?"
Kazuya sentì qualcuno rincorrerlo per le scale e si girò, cupo. Che voleva da lui quel ragazzo? "Ti sei perso anche qui dentro?" chiese, laconico. L'altro lo guardò, perplesso. "Ah-ah! Sei proprio divertente!" fece, sarcastico. "Era pura curiosità... magari siamo vicini, mi sono trasferito da pochi giorni." spiegò Jin, passandosi una mano tra i folti capelli scuri e scompigliandoli un po'. "E poi non conosco bene questo quartiere, mi farebbe comodo avere qualcuno a cui chiedere informazioni..."
Kazuya osservò quel ragazzo, doveva avere qualche anno più di lui, due o tre, era più alto ed era senza dubbio bellissimo, affascinante, aveva l'aria di chi sa di esserlo e se ne approfitta troppo spesso. Indossava pantaloni mimetici larghi, una maglietta bianca e una giacca pesante scura. Ma quello che notò subito Kazuya furono le lattine di birra ammucchiate nella sporta che quel ragazzo reggeva con un braccio. Si girò e fece di corsa i piani fino al quinto.
Jin rimase fermo, sbigottito. Che problema aveva quel ragazzo? Scuotendo la testa, si avviò lentamente fino al proprio piano, sbuffando. Quattro piani erano lunghi. Entrò, appoggiando scocciato la sporta sul tavolo della cucina e si sedette, accendendosi una sigaretta. Poi sentì un frastuono insopportabile provenire dal piano di sopra, come se qualcuno avesse rovesciato sedie o parte del mobilio. Anzi, sembrava che stessero litigando furiosamente, che si trattasse di una coppia? Forse la moglie stava lanciando dei piatti o pezzi d'argenteria addosso al marito!
Quel casino continuò per altri dieci minuti buoni, era tentato di salire e dirgliene quattro, ma poi i rumori cessarono di colpo. Sollevato, Jin accese lo stereo e iniziò a canticchiare sopra alla musica.
Al piano di sopra, esattamente sopra all'appartamento di Jin Akanishi, Kazuya stava tentando di alzarsi, ma ricadde a terra gemendo pietosamente. Quella sera, le botte parevano anche peggio del solito. Ogni parte del corpo gli doleva e aveva un'emicrania che gli spaccava la testa in due, rendendo il tutto peggiore. Dopo l'ennesimo tentativo, si alzò e si diresse verso il bagno. Lasciò la luce spenta, mentre si sciacquava il viso con acqua gelata. Raramente si guardava allo specchio, se poteva evitarlo. Odiava il proprio riflesso, odiava la sua stupida faccia... quegli occhi così spenti, quei lineamenti così simili a quelli di lei...
"KAZUYA!"
Kazuya si affrettò a chiudere il rubinetto e senza nemmeno asciugarsi le mani tornò in cucina. Quando lui chiamava, sapeva che non doveva farlo attendere troppo. Si fermò, in attesa, rabbrividendo leggermente, per il freddo e per i tagli e i lividi che gli bruciavano da morire. "Sì?"
"Prepara qualcosa da mangiare, sto morendo di fame." disse con nonchalance l'uomo seduto al tavolo, sfogliando un giornale.
Kazuya annuì e aprì il frigorifero. Quasi vuoto, tranne che per due uova rimaste. Controllò la credenza, era anch'essa praticamente vuota, c'era solo un po' di riso avanzato, così poco da bastare appena a una persona. Trattenendo un sospiro, si mise a cucinare e servì il riso con le uova sbattute a quell'uomo. "Tieni... papà."
L'uomo lo guardò con odio. "Non voglio essere chiamato a quel modo e lo sai."
"Scusa."
Se ne andò dalla cucina, si diresse in camera sua e si coricò sul letto, di pancia. Sdraiarsi sulla schiena era impossibile, i tagli gli avrebbero solo fatto ancora più male. Sentì lo stomaco brontolare e lo ignorò, era ormai abituato a saltare i pasti. Si ripromise di fare la spesa il giorno seguente, uscendo dal lavoro, o suo padre si sarebbe arrabbiato non trovando nulla per cena.
Però non riusciva a prendere sonno. Era troppo dolorante, in quel periodo suo padre lo picchiava molto più del solito. Attese ancora un po' e quando gli fu chiaro che non sarebbe riuscito ad addormentarsi si diresse in cucina, piano, per non svegliare il padre che era andato a dormire, frugò nel cassetto dei medicinali e trovò quello che cercava. Versò una ventina di gocce di valium in un mezzo bicchiere d'acqua e sorrise, soddisfatto. In quel modo si sarebbe addormentato ben presto.


Jin era di pessimo umore e si sentiva pronto ad azzannare chiunque gli avesse rivolto la paura, quella mattina. Aveva dormito poco e male e non aveva per niente voglia di andare in studio a registrare. Chiamò il manager, fingendosi molto malato e tossendo più che poteva nel telefono. "Quindi scusami... oggi non posso venire, Maru..."
Dall'altro capo della linea, Yuichi Nakamaru, detto Maru, sospirò. Conosceva Jin da sempre, erano stati amici prima che manager e cantante e lui aveva solo due anni in più di Jin. Era inusuale, per un manager, ma il vecchio che seguiva Jin negli anni passati era, a detta dello stesso Jin, "Un bacucco rincoglionito", e lui l'aveva licenziato sei mesi prima, affidando a Maru l'incarico di manager. Aveva studiato presso una buona università e qualche anno prima che l'assumesse Jin era già entrato nel mondo dello spettacolo, quindi Jin si fidava totalmente di lui. "Jin, potresti dire semplicemente la verità, per una volta? Lo so che non hai voglia di venire in studio... però continua a lavorare sulle canzoni a casa, dal mese prossimo dovrai registrare seriamente, lo sai bene!"
"Sìììì..." cantilenò Jin. "Non preoccuparti, mamma!"
"Ah ah, che ridere. Chiamami se neanche domani ti fai vivo, ok?"
"Tranquillo, sono maggiorenne e vaccinato. Bye bye, Maru!" Jin chiuse la chiamata e si mise in balcone a fumare. Era un po' nervoso, sapeva che avrebbe dovuto concentrarsi sulla sua musica ma non era dell'umore adatto, non aveva molti stimoli ultimamente, non aveva spunti da cui trarre ispirazione per le sue nuove canzoni...
Sospirando, spense il mozzicone di sigaretta e decise di avviarsi fuori casa, per fare una passeggiata. Sempre meglio che starsene tappato tra quelle mura per tutto il giorno. Evitò di prendere l'ombrello, il cielo era nuvoloso ma non sembrava promettere pioggia, e si avviò giù per le scale.
Vagò a lungo per il quartiere, fumò una sigaretta dopo l'altra e si rese conto che gliene rimanevano pochissime, perciò si avviò verso lo stesso conbini della sera precedente. Finì per fare scorta non solo di Marlboro ma anche di cibo precotto, non sapeva cucinare un granchè e spesso mangiava fuori o ordinava take away. Distratto, urtò contro qualcuno che stava sistemando scatolette su uno scaffale. "Scusa..." disse automaticamente, prima di rendersi conto che si trattava del ragazzo della sera prima. Indossava un grembiule da lavoro e non pareva troppo felice. Jin alzò gli spessi occhiali scuri che indossava e fece un cenno col capo. "Abitiamo nello stesso palazzo..." mormorò, voleva presentarsi ma l'altro non sembrava morire dalla voglia di intavolare una conversazione con lui. Stava lavorando, era chiaro, e aveva un'espressione tutt'altro che affabile dipinta sul volto. "Per fortuna che me l'hai detto... non me n'ero accorto." mormorò di rimando Kazuya, scrutando Jin, ostile. Sperava che se ne andasse e lo lasciasse in pace.
Jin si accigliò. Forse era il caso di lasciare perdere questo tizio. Era un bel ragazzo, probabilmente sarebbe stato ancora più bello se avesse avuto qualche chilo in più e non fosse stato così eccessivamente magro, ma se la tirava decisamente troppo. Non che lui volesse averci nulla a che fare. "Sayonara." mormorò, guardandolo di traverso, e dirigendosi verso la cassa per pagare. C'era una fila bella lunga e una sola commessa, perciò si preparò ad un'attesa estenuante. Lanciò un'occhiata in direzione di quel ragazzo antipatico poco distante, che si era chinato per sistemare prodotti nello scaffale più basso. Lo vide rialzarsi in fretta e barcollare leggermente, aggrappandosi con la mano alla scala accanto a sè e passarsi l'altra mano sul viso. Era pallido in volto e sembrava sul punto di svenire da un momento all'altro. Lasciando perdere la fila, Jin tornò da lui e lo afferrò per un braccio. "Ehi, stai bene? Cos'hai? Pressione bassa? Forse dovresti mangiare qualcosa..."
Kazuya guardò attraverso occhi velati di stanchezza quel ragazzo così insistente. Che voleva da lui? "Sto bene. Lasciami." strizzò gli occhi, aveva un livido sul braccio... no, diversi lividi... e il contatto gli faceva male.
Jin lo lasciò subito andare. Lui stesso non godeva sempre di una salute eccellente, sapeva cosa significava sentirsi svenire, sentire le forze venire meno, e pensò che quel ragazzo non volesse avere addosso nessuno, mancandogli probabilmente l'aria. "Dovresti sederti un attimo... bere qualcosa..." senza attendere oltre, Jin aprì la bottiglietta di latte di soia al gusto di caffè che aveva comprato e gliela offrì, forzandolo praticamente a bere, appoggiandola sulle sue labbra. Il ragazzo più piccolo mandò giù un sorso controvoglia, prima di scansarlo e chinare il capo. "Grazie..." mormorò, con un leggero inchino. "Sto bene."
Jin non era convinto, ma in fondo non erano affari suoi... se quel tipo diceva di star bene, allora non doveva insistere. "Ok..." riprese il bricco di latte e lo rimise nel suo cestino, per pagarlo alla cassa. Porse a Kazuya una polpetta di riso che aveva comprato, staccando la carta che l'avvolgeva per poterla pagare alla cassa. "Tieni, dovresti mangiare qualcosa. Ti farà bene!" Kazuya lo guardò, perplesso, senza la forza di rifiutare. Perchè era così gentile con uno sconosciuto? Jin gli sorrise incoraggiante, prima di mettersi di nuovo in fila. Kazuya diede un morso alla polpetta, era buona e lui aveva davvero bisogno di mettere qualcosa sotto ai denti... non aveva fatto colazione, era ormai ora di pranzo e il suo turno sarebbe finito quella sera... anzi, doveva sbrigarsi a mangiare, o l'avrebbero ripreso severamente. Inghiottì il resto in tutta fretta e lanciò uno sguardo verso la fila, il ragazzo stava pagando proprio in quel momento. Kazuya lo fissò, sperava che si voltasse, per qualche ragione oscura anche a se stesso. Ma non successe e tornò al lavoro, sentendo improvvisamente un po' meno freddo.

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Capitolo 3
*** Signal ***


Grazie per le recensioni! E' sempre bello trovare altre fan dei KAT-TUN e di questa coppia stupenda!
Dopo il fatale primo incontro di Jin e Kame le cose iniziano a farsi più interessanti... almeno spero!


Signal



"Arrivo, arrivo!"
Jin Akanishi si era svegliato da appena mezz'ora. Era andato a dormire poco prima che sorgesse l'alba, troppo impegnato a comporre musica per notare l'ora tarda. E quella mattina, se mattina si poteva definire essendo già le 11.45, qualcuno stava suonando insistentemente alla sua porta, anche se non aveva idea di chi potesse essere. Non conosceva ancora nessuno e dubitava che qualche fan avesse scoperto dove abitava, non era per niente facile avvicinarsi a lui od ottenere informazioni private sul suo conto.
Aprì senza nemmeno curarsi di controllare tramite lo spioncino e sgranò un po' gli occhi. Era il ragazzo del conbini, quello che abitava nel suo stesso palazzo. Prima che Jin potesse dire o fare qualunque cosa, vide il ragazzo tendergli con entrambe le mani una banconota da 1000 yen. Jin corrugò la fronte e scosse la testa. "Non ho speso così tanto. E poi non voglio indietro i soldi." Che gli prendeva a quel ragazzo? Era davvero strano. Aveva evitato Jin come la peste quelle due volte che si erano incrociati, rispondendogli sempre male, e ora era lì, solo per ripagarlo di una polpetta di riso e un po' di latte di soia? Lo osservò con attenzione. Ancora una volta, i vestiti che indossava erano larghi, quasi ci nuotava dentro, e si chiese se fossero così di proposito o perchè quel ragazzo era davvero troppo magro, quasi anoressico, e continuava a perdere peso. Jin poteva scorgere le clavicole penosamente in evidenza grazie al leggero scollo della maglietta e se fosse stata aderente e lui si fosse girato era sicuro che avrebbe potuto vedere bene anche le scapole.
Kazuya esitò, incerto sul da farsi. La parte più facile era stata scoprire quale fosse l'appartamento che occupava il nuovo arrivato e non c'era voluto granchè, era stato sfitto per mesi, la cassetta della posta e il campanello al pian terreno privi di nome. Finchè si era accorto dei nuovi kanji che campeggiavano al posto delle etichette bianche. Akanishi Jin. Il palazzo aveva sette piani e Kazuya aveva cominciato a controllare dal settimo, escludendo il quinto dove abitava perchè si sarebbe accorto se qualcuno avesse traslocato lì. E al quarto aveva trovato Akanishi. Eppure, ora che ce l'aveva di fronte, si vergognava un po'... voleva ripagarlo di quello che gli aveva offerto al conbini, però quel tizio sembrava non avere nessuna intenzione di accettare. Ma Kazuya non aveva intenzione di avere debiti con nessuno. "Io... mi chiamo Kazuya Kamenashi." fece un inchino, ma non abbassò le mani. Le tenne rivolte verso Jin, aspettando che accettasse quei soldi.
Il ragazzo più grande sospirò, grattandosi la nuca, confuso. "Io sono Jin Akanishi. Kamenashi... ho speso davvero una miseria per quelle cose e dovresti saperlo, dato che ci lavori, in un conbini. Quindi non importa. Anche perchè non sono un morto di fame."
Kazuya si morse il labbro inferiore, incerto sul da farsi. "Però..."
Venne interrotto dallo squillo del cellulare in salotto e Jin alzò gli occhi al cielo, doveva essere Maru. "Che palle! Senti, entra un attimo, devo chiederti una cosa." senza lasciargli il tempo di replicare, lo afferrò per il braccio e lo tirò dentro casa, prima di precipitarsi a rispondere. Kazuya rimase nell'ingresso, senza togliersi le scarpe, finchè Jin non ebbe chiuso la chiamata. Cosa voleva da lui? Non si conoscevano per niente... quel ragazzo era proprio strano. E lui si sentiva a disagio in una casa che non era la propria. Da quanti anni non andava a casa di altre persone? La casa di Jin era posizionata proprio sotto alla sua, un piano più in alto, ma l'interno era diverso, gli appariva più spazioso, anche se meno ordinato... nuovo... accogliente...
"Scusa, eccomi! Che fai lì? Entra!" lo incitò Jin, raggiungendolo e facendogli cenno di seguirlo. Kazuya sembrava tutto tranne che entusiasta di trovarsi lì, ma lo seguì docilmente in cucina. "Vuoi del caffè? L'ho appena fatto... stavo per berlo, quando hai suonato. Tieni." versò del caffè a Kazuya, in una tazza azzurra. Kazuya la prese in mano, titubante, beandosi del tepore che emanava quella bevanda calda. Non sapeva se era perchè mangiava poco, perchè era sottopeso o cos'altro, ma aveva sempre freddo, anche quando indossava maglioni pesanti. "Grazie..." Kazuya bevve un sorso. Quel caffè era davvero buono. Niente a che vedere con quello che comprava sempre, già pronto... "Cosa volevi chiedermi?" mormorò, abbassando il viso. Non gli piaceva fissare troppo a lungo gli altri negli occhi. E gli occhi di Jin Akanishi erano troppo intensi per reggere il suo sguardo...
"Ah, sì..." Jin sorseggiò con calma il proprio caffè, sorridendo. "Siccome mi sono trasferito da poco... mi potresti dire dov'è un buon negozio di musica qui vicino? E anche se ci sono dei locali interessanti... non dei night, intendo pub o cose simili! Per i night, Roppongi è la zona migliore, non ha senso andare da altre parti." disse, sicuro di sè.
Kazuya lo guardò, perplesso. Si stava vantando di essere un frequentatore di locali equivoci? Cosa c'era da esserne orgogliosi? "C'è un negozio di dischi molto grande... a un chilometro da qui, vicino al cinema..." spiegò brevemente dove si trovava. "Ma non so... non conosco locali." ammise, sempre a capo chino.
"Come no? Dai, ci andrai anche tu ogni tanto! O sei uno di quelli che lavorano e studiano come matti senza divertirsi mai?" scherzò Jin.
Kazuya rimase in silenzio. Lui lavorava dieci e più ore al giorno... teneva in ordine casa, lavando, preparando da mangiare, sbrigando le commissioni... "Mmmh..." mugugnò qualcosa di inintelligibile. Jin sembrò non far caso al suo atteggiamento sfuggente, si alzò e afferrò una scatola di biscotti dalla credenza, per poi intingerne uno nel caffè. "Sono buonissimi, assaggia!"
Kazuya fissava il biscotto che Jin gli stava porgendo come se fosse avvelenato. Però lo prese senza fare storie e lo mangiò a piccoli morsi, facendolo durare una vita. Jin alzò un sopracciglio, divertito. "Guarda che puoi prenderne ancora, non mordo!" spinse la scatola verso di lui, ma anzichè prendere un altro biscotto Kazuya riprese a parlare: "Per il locale... ne conosco uno..." disse, pacato. "Si chiama Dragonfly. E' un pub." gli diede le indicazioni per arrivarci da lì e quando ebbe finito si alzò, ringraziò frettolosamente per il caffè e i biscotti e si precipitò fuori dall'appartamento. Jin rimase seduto per un po', stupito. Quel ragazzo doveva avere qualche rotella fuori posto... "Mah..." sospirò, mettendo le tazze nel lavandino e riempiendole d'acqua. Mentre rassettava, iniziò a pensare a quanto era stufo della solita monotonia... aveva tutto ciò che poteva desiderare, eppure l'insoddisfazione non lo abbandonava mai. E ogni tanto si scopriva anche a sentirsi terribilmente solo, nonostante avesse amici, ammiratori, una bella carriera e ragazze che gli si buttavano addosso a destra e a manca. C'era qualcosa che gli mancava, solo che non capiva cosa... frustrato, afferrò il cellulare e chiamò il suo migliore amico, Tomohisa Yamashita, più semplicemente detto Yamapi o Pi. Lo conosceva dai tempi delle elementari, erano cresciuti insieme e non si erano mai persi di vista, anche quando avevano cambiato compagnie, frequentato ambienti diversi... nessuno conosceva Jin come Yamapi, con nessuno si trovava bene come con lui. "Pi, sono Jin. Usciamo stasera? Ok, passami a prendere tu, il mio nuovo indirizzo ce l'hai! A dopo." si gettò sul divano e si coprì con il panno di lana abbandonato lì in precedenza. Voleva dormire, era ancora stanco e non aveva voglia di fare nulla.


"...quindi Yuko ha trovato una chiamata sul mio cellulare da parte di Maki, e... Jin, mi stai ascoltando?"
Jin fissava oltre la spalla dell'amico, senza prestargli molta attenzione. Gli aveva chiesto lui di uscire quella sera, ma nonostante ciò non pareva molto interessato e ascoltava appena quello che Tomohisa Yamashita gli stava raccontando. "Mmm... dovresti fare più attenzione, Pi..."
"A cosa? Io non ho fatto niente! Jin, mi stai a sentire?"
"Sì, certo..." Jin prese il bicchiere dell'amico ancora mezzo pieno, avendo già finito di bere la sua birra e mandò giù un sorso. Quella sera era annoiato, nemmeno la presenza del suo migliore amico riusciva a distrarlo. "E' carino questo posto... aveva ragione Kamenashi."
Yamapi alzò gli occhi al cielo e si riprese il bicchiere, facendo cenno a una cameriera poco distante di venire da loro, voleva ordinare altra birra o Jin si sarebbe scolato tutta la sua. "Kamenashi chi?" chiese, sorridendo alla ragazza che si stava avvicinando.
"Uno che abita nel mio stesso condominio... Kamenashi Kazuya..."
"Kazuya?" ripetè improvvisamente la cameriera, ferma di fianco al loro tavolo. "Conoscete Kamenashi Kazuya?" chiese, con tono quasi implorante, fissandoli ansiosa, sperando che rispondessero affermativamente. Era una ragazza carina, sui vent'anni o poco più, con lunghi capelli neri e lucidi, la frangetta le nascondeva un po' gli occhi ma lo sguardo esprimeva chiaramente preoccupazione.
Jin alzò un sopracciglio, che le prendeva a quella tipa? Forse Kamenashi l'aveva conosciuta andando in quel pub, era stato con lei e poi era sparito senza farsi più sentire... "Solo un po'. Perchè?"
"Perchè..." la ragazza esitò, indecisa sul da farsi. Sembrava molto titubante all'idea di parlare di Kazuya con gente che non conosceva. "Ecco... ha smesso all'improvviso di venire a lavorare qui e... mi chiedevo se stesse bene..." mormorò, chinando un po' il viso, imbarazzata. A Jin venne da ridere ma si trattenne, era chiaro, a quella tipa piaceva Kazuya e come ogni ragazza infatuata moriva dalla voglia di sapere che fine avesse fatto il ragazzo. Gli veniva davvero da ridere, le donne erano così stupide a volte... era chiaro che Kazuya con lei non voleva avere nulla a che fare, quindi perchè intestardirsi? Perchè volere per forza ciò che non si può ottenere?
"Sta bene. Dovrebbe mangiare un po' di più, ma sta bene." la rassicurò Jin, sorridendo. "Vuoi che gli dia il tuo numero?" aggiunse, senza riflettere. Non era il caso di prenderla in giro, ma era più forte di lui.
Lei sgranò gli occhi e scosse la testa violentemente. "No! Io... sono solo preoccupata, perchè..." si morse il labbro inferiore, lasciando la frase in sospeso. "Non credo sia tutto a posto..." sussurrò piano, così piano che Jin dovette sforzarsi per udirla.
"Che intendi?" chiese, iniziando a sentirsi un po' seccato. Voleva dirle di parlare chiaro e tondo o tacere una buona volta, ma non voleva perdere la pazienza con una donna.
"Voi... siete suoi amici?" domandò lei, scrutandoli nervosamente. "Kazuya... diceva sempre che stava bene, lo diceva a tutti! Ma... c'era qualcosa che non andava... qualcosa non va in casa sua. Vive con suo padre, e..." esitò, aveva paura di dire troppo. "C'erano troppe cose strane... non mangiava mai, anche quando faceva turni di dieci ore... lavorava senza prendersi mai un attimo di sosta, finchè crollava esausto di colpo... e poi..." avrebbe voluto dire dei lividi che aveva visto sulle braccia del ragazzo, una volta che si stava sfilando la giacca, erano troppi per essere casuali. Ma non voleva affrontare un argomento così delicato con due sconosciuti. Non sapeva che rapporto avessero con lui e non voleva metterlo nei guai ancora di più...
Jin la guardò come se fosse una pazza isterica. Che cavolo stava blaterando? Era fuori di testa? Certo che gli innamorati non corrisposti erano davvero strani. "Gli dirò di passare a salutarti, così vedrai con i tuoi occhi che sta benissimo. Ok?" fece, noncurante. Non gli importava di quella ragazza, non l'aveva mai vista prima, però quello che aveva detto su Kazuya era un po' strano. A meno che non fosse una visionaria, quelle stranezze combaciavano con il modo di comportarsi del ragazzo, così schivo... forse aveva una brutta situazione famigliare, quello bastava a spiegare tutto. Però c'era qualcosa che la ragazza non stava dicendo, e non voleva dirgli... glielo leggeva negli occhi. Comunque, non erano affari suoi. Cambiò argomento in fretta e ordinò ancora da bere. La ragazza se ne tornò dietro al bancone, cupa.


"Sono un po' sbronzo... Yamapi, aiutami!" esclamò Jin, reggendosi all'amico con le braccia. Non riusciva a camminare bene e l'ingresso del palazzo gli sembrava così lontano...
"Non fare casino, Jin! Sveglierai mezzo condominio!" lo zittì lui, che aveva bevuto meno ma era comunque leggermente brillo. "Alloraaaa... dove hai le chiavi? Ah, guarda! Sta entrando qualcuno! Se ti sbrighi possiamo seguirlo prima che si richiuda la porta!"
Affrettando il passo raggiunsero il portone e incrociarono un ragazzo magro e corrucciato che stava entrando in quell'istante. Yamapi bloccò con un piede il portone perchè non si richiudesse e il ragazzo sobbalzò, spaventato dal rumore. Si girò di scatto con gli occhi sgranati, preso alla sprovvista, sembrava un cucciolo spaventato. Quando riconobbe Jin si tranquillizzò, pur rimanendo teso, e scrutò entrambi freddamente: si vedeva lontano un miglio che Jin era ubriaco e probabilmente nemmeno l'altro era messo bene...
"Ah! E' Kamenashi! Lasciami, Pi, mi aiuta lui a salire!" Jin lasciò andare l'amico e si slanciò verso Kazuya, afferrandolo per le spalle per non cadere. Kazuya sussultò a quel contatto. Non gli piaceva essere toccato, e poi aveva lividi ovunque... gli facevano ancora più male se qualcuno li sfiorava, figuriamoci se una persona si aggrappava a lui! "Lasciami!" esclamò, cercando di scrollarsi di dosso l'altro, ma Jin rimaneva appiccicato come una sanguisuga. "Kamenashi, non essere avaro! Mica lo paghi tu l'ascensore, no? Non solo tu, almeno... anche io lo pago! Quindi aiutami, ne?" trascinò Kazuya fino davanti all'ascensore dopo aver salutato frettolosamente Pi. Era strano come Jin fosse ubriaco e riuscisse comunque ad avere la meglio fisicamente su di lui. Certo, non ci voleva molto... Kazuya doveva pesare meno di 50 kg, probabilmente anche 45... "Quanto pesi, Kamenashi?" chiese improvvisamente Jin, curioso, con la mente e i sensi ottenebrati dall'alcol che gli circolava in corpo, sollevandogli la maglia all'improvviso. E quello che vide lo fece ritornare lucido di colpo. I fianchi, la pancia e lo stomaco del ragazzo erano violacei. Non erano lividi normali, quelli, non potevano esserlo... ce n'erano troppi, ovunque, che tendevano dal blu al giallognolo, ce n'erano di freschi e di meno recenti... Jin sentì il respiro mozzarglisi in gola, chi glieli aveva fatti? Perchè? Chi poteva essere così violento e crudele?
Kazuya approfittò di quell'attimo di smarrimento di Jin per spingerlo via e lasciandolo sul pianerottolo si diresse di corsa verso le scale. Fece tutte le rampe a tempo di record, aprì la porta di casa e se la sbattè alle spalle, senza riflettere, troppo ansioso di sfuggire alla vista del ragazzo più grande. Kazuya odiava il proprio riflesso e si specchiava il meno possibile, ma sapeva di non avere un bell'aspetto, da qualunque parte lo si guardasse.
Non fece nemmeno in tempo ad alzare il viso, ricevette uno schiaffo in faccia mentre era ancora intento ad ansimare, appoggiato alla porta. Poi un altro, e un altro. Aveva fatto troppo rumore richiudendo la porta con violenza dietro di sè, e questa era la punizione. Sentì il sapore metallico del sangue in bocca, e suo padre assestò un ultimo ceffone, prima di voltargli le spalle. Kazuya alzò lentamente il capo, lo vide dirigersi in salotto e gettarsi sul divano. Doveva essere davvero stanco, non l'aveva picchiato molto, e non l'aveva picchiato forte. Era fortunato, quella sera. Era fortunato... continuò a ripeterselo, mentre si dirigeva verso la sua stanza, in punta di piedi per non fare altro rumore.

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