Aishiteru kara di LadyoftheSea (/viewuser.php?uid=36832)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** You ***
Capitolo 3: *** Signal ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Avevo voglia di scrivere qualcosa con un bel po' di angst, quindi a chi
non piace il genere... ecco, avverto fin d'ora che forse non
è il caso di proseguire nella lettura! Però non
sono una sadica pura e semplice, ci saranno anche tante scene piacevoli
in questa fanfiction...
Per farla breve, aggiungo solo che è una fiction Akame AU...
e anche questa, come la mia precedente, è dedicata a
Nori-chan! Aishiteru <3 Spero che ti piaccia, a prescindere dal
prologo un po' triste! Non so ancora quanti capitoli saranno in tutto,
ma sicuramente non sarà una storia breve... quindi, abbi
pazienza con me!
Buona lettura!
Prologo
Faceva freddo e a quell'ora di notte quasi nessuno era in giro per le
strade di Tokyo, ma a Kazuya non importava. Nel quartiere dove viveva
era difficile fare brutti incontri... ed era così stanco che
non gli importava di niente e di nessuno, mentre rientrava dal lavoro,
esausto. Ancora una volta aveva finito per rimanere più del
previsto e ancora una volta l'aveva fatto di proposito,
perchè non voleva rientrare, non voleva tornare a casa. Ogni
giorno, anzi, ogni notte era la solita storia. Ma ogni tanto doveva pur
andargli bene, no? La fortuna doveva girare dalla sua parte, una volta
ogni tanto...
Si chiuse piano la porta d'ingresso alle spalle, senza preoccuparsi di
serrare a chiave. E tutte le sue flebili speranze vennero infrante
quando sentì quella voce roca spezzare la quiete notturna.
"Vieni qui, Kazuya."
No. Non di nuovo. Tremando
leggermente, si diresse verso la cucina. Quell'uomo stava
mandando giù l'ennesimo bicchiere di sake. Kazuya
guardò le bottiglie sul tavolo, due erano vuote e la terza
era piena solo per un quarto. "Sì?" chiese, cercando di
mostrarsi calmo. Come un animale, sapeva che l'altro poteva fiutarlo.
Fiutare la sua paura. E Kazuya non poteva permetterselo, o sarebbe
andata molto peggio di quanto già non fosse.
"Perchè torni così tardi?" quella voce profonda,
sgraziata, che conosceva fin troppo bene, quella voce che temeva, ma
che non poteva evitare mai. Quella voce così familiare,
l'unico punto fermo nella sua vita. Era sempre lì, giorno
dopo giorno... notte dopo notte...
"Ho fatto un po' di straordinari... per guadagnare un po' di
più questo mese..." mormorò pacatamente in
risposta. Strinse i lembi della sua giacca di jeans, aveva freddo,
tanto freddo. Aveva fame, ma non poteva mangiare, tanto avrebbe rimesso
tutto. Voleva solo essere lasciato in pace per una volta, voleva
dormire... dormire, dormire per un secolo, senza svegliarsi mai...
"Non dire balle!" furioso, l'uomo si alzò e
sfracellò una bottiglia vuota contro al bordo del tavolo,
brandendola poi vicino al viso di Kazuya. Lo afferrò alla
gola, stringendo forte. Il suo alito sapeva di alcol e Kazuya fece una
smorfia, era impossibile abituarsi a quel tanfo insopportabile. "Cosa
devo fare con te, Kazuya? Non capisci, non capisci mai! Mi costringi
sempre a punirti!" lasciò andare il ragazzo e buttando la
bottiglia a terra, che si infranse con un frastuono tremendo, si
scagliò su di lui e lo colpì forte con un pugno
allo stomaco, che mozzò il fiato a Kazuya e lo fece
accasciare a terra, boccheggiante. "Sei un disastro!" gridò
l'uomo, iniziando a tempestarlo di calci allo stomaco, sulla schiena,
sulle braccia, sulle gambe. Ovunque ma non in viso. Non poteva
permettersi che qualcuno lo notasse. E poi, quel viso era troppo bello
per rischiare di rovinarlo.
"Non credere di potermi prendere in giro, chiaro?" l'uomo
sollevò Kazuya per il colletto della maglia e lo
guardò con rabbia. La vista era annebbiata dall'alcol, ma
per qualche motivo i movimenti erano sicuri e tutto meno che incerti.
"Ricordati chi sei e chi sono io!"
Kazuya strizzò gli occhi, gli faceva male tutto e desiderava
solo coricarsi sul suo letto, anche se non si sarebbe mai addormentato
così in fretta. Era dolorante e l'adrenalina che gli
scorreva in corpo gli avrebbe impedito di prendere sonno.
"Sì..." ansimò, a fatica, in risposta.
L'uomo lo lasciò andare e per un attimo Kazuya si
sentì sollevato. Forse si era calmato, sorprendentemente in
fretta, ma per una volta avrebbe anche potuto essere.
"Kazuya, inginocchiati. Subito!"
Doveva ben saperlo che non poteva essere così fortunato...
trattenendo il fiato, obbedì. Si inginocchiò di
fronte ad una sedia e si appoggiò con le braccia, stringendo
i bordi con le mani. Sapeva cosa sarebbe arrivato presto. E infatti
l'uomo si era sfilato la cintura e iniziò a ricoprire di
sferzate la schiena di Kazuya, che si aggrappò ancora
più forte alla sedia davanti a lui, gemendo e strizzando gli
occhi, mordendosi le labbra così forte da farle sanguinare.
Alla fine, come ogni volta, l'uomo si calmò e se ne
andò dalla stanza in silenzio. Kazuya non aveva la forza di
alzarsi e si accasciò a terra, con la maglietta incollata
alla pelle piena di tagli sanguinanti, che bruciavano come se fosse
stato marchiato a fuoco e la testa che rimbombava. Fu solo molto
più tardi che si addormentò, sprofondando
nell'oscurità di un sonno privo di sogni.
Jin aveva appena finito di svuotare gli scatoloni nel suo nuovo
appartamento. Aveva traslocato quella mattina, ma nel pomeriggio era
stato fuori e si era messo a ordinare solo dopo cena, optando per
finire di sistemare il più possibile. E, incredibilmente,
aveva finito: erano le tre di notte, ma era stato velocissimo per i
suoi standard. Non che avesse chissà quanta roba, il nuovo
appartamento era già completamente ammobiliato e gli averi
di Jin consistevano perlopiù in vestiti e orpelli vari.
"Fatto!" esclamò, contento, lasciandosi cadere sul divano.
Era decisamente di buon umore, nonostante l'ora tarda e la stanchezza:
aveva finalmente deciso di cambiare appartamento non solo
perchè col suo lavoro poteva permettersi un luogo
più spazioso e confortevole, in una buona zona, ma anche
perchè per il suo stesso lavoro era molto più
vicino. L'unico inconveniente era che avrebbe dovuto far insonorizzare
una delle stanze, in quanto musicista e cantante provava in
continuazione e non poteva disturbare i vicini a tutte le ore del
giorno e della notte. Beh, ci avrebbe pensato nei prossimi giorni.
La quiete notturna venne interrotta dallo squillo del suo cellulare.
Jin lesse il nome sul display e alzò gli occhi al cielo. Era
la sua ex ragazza, una delle tante ex ragazze che non si arrendevano
all'evidenza, non accettavano di essere state lasciate.
Sospirò, che colpa ne aveva lui se erano tutte
così noiose, così poco interessanti, buone per
una cosa sola? Decise di ignorare la chiamata e si alzò per
andare a prendersi da bere in cucina, mentre rifletteva sul fatto che
avrebbe davvero dovuto farsi due numeri differenti, uno solo per le
ragazze che abbordava e l'altro per gli amici e i datori di lavoro.
Andò in balcone e osservò le luci notturne che
illuminavano la città di Tokyo, mentre mandava
giù una lattina di birra dopo l'altra. Era solo, da molto
tempo, ma non importava. Meglio soli che male accompagnati, recitava il
proverbio, e Jin era pienamente d'accordo. Aveva pochissimi amici, la
maggior parte della gente che conosceva lo sfruttava, o voleva farlo,
per attirare l'attenzione, per avere soldi in prestito, per frequentare
bei posti. Perchè Jin Akanishi era un musicista emergente,
ma era nell'ambiente dello spettacolo da anni, e sapeva bene come
funzionavano le cose. Non poteva fidarsi, di nessuno, tranne dei suoi
più vecchi amici e della sua famiglia, sua madre, suo padre
e suo fratello minore.
Un po' brillo, sentì le palpebre che si chiudevano contro la
sua volontà e andò a coricarsi in divano. Si
addormentò subito, sprofondando in un piacevole torpore
grazie all'alcol.
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Capitolo 2 *** You ***
You
"Accidenti,
com'era la strada?"
Jin si guardò intorno, appena messo piede fuori
dal conbini dove si era recato per comprare un po' di birra e del
ramen. Si era spinto un po' distante da casa e ancora non conosceva
bene il quartiere. Per di più era notte fonda... nessuno in
giro a cui chiedere... incerto, si avviò giù per
la via a destra del conbini. Sei
proprio uno scemo, Jin. Come fai a non ricordare da dove sei venuto?
Era qui? No, forse devo svoltare a sinistra, di qua...
Mentre si avviava giù per una via, scorse
qualcuno pochi metri più avanti e pensò di
chiedere indicazioni. Lo chiamò e lo raggiunse, dandogli
l'indirizzo esatto che cercava. Erano fermi quasi sotto a un lampione e
Jin potè osservare bene il ragazzo di fronte a lui: doveva
avere circa vent'anni, forse un paio di più, ma era
difficile dargli un'età, indossava vestiti larghi e troppo
leggeri per l'aria fredda di fine ottobre, era molto magro, il viso un
po' scavato, i lunghi capelli castani gli arrivavano alle spalle e la
frangia era troppo lunga, gli ricopriva gli occhi e il ragazzo doveva
scostarla continuamente. Era un peccato, perchè aveva uno
sguardo intenso, penetrante, e un taglio degli occhi molto particolare,
sembravano quasi quelli di un felino. Però quel ragazzo
così fragile non aveva nulla del predatore, pareva
più una preda, pensò Jin automaticamente, senza
rendersi conto dei pensieri che formulava. Jin era più alto
di lui, più robusto, e osservando l'altro si
sentì quasi come se fosse al cospetto di suo fratello
più piccolo... c'era qualcosa di molto puro in lui, qualcosa
di bambinesco. Jin era bravo a leggere le persone, non si era mai
sbagliato prima.
Il ragazzo lo scrutò in silenzio per qualche
istante prima di annuire. Fece cenno con la testa. "Giù per
questa via... poi gira alla prima a destra. Cento metri più
avanti, sei arrivato." sussurrò, così quietamente
che Jin dovette tendere le orecchie per sentire ogni parola. Quel
ragazzo doveva essere molto timido, o forse ritornava solo da una notte
di bravate ed era stanco. Erano le due di notte, Jin stesso aveva
finito tardi al lavoro e tornando si era fermato per comprare da bere e
qualcosa da mangiare. "Ti ringrazio!" fece un mezzo inchino e si
diresse per la strada che gli era stata indicata. Arrivò in
fretta e si avviò verso l'ascensore, salvo tornare sui suoi
passi quando si ricordò che doveva controllare la posta. Ci
mise un secolo, non trovava la chiave giusta per la cassetta delle
lettere a suo nome, e quando ebbe finito tornò verso
l'ascensore, che era occupato. Troppo pigro per farsela a piedi, rimase
ad aspettare, iniziando a canticchiare il motivetto di una canzone su
cui stava lavorando e girandosi, quando sentì il rumore del
portone principale che veniva aperto. Un ragazzo dall'aria familiare
entrò nell'atrio del palazzo. "AH!" esclamò Jin,
indicandolo. "Sei il ragazzo di prima! Abiti anche tu qui? Potevamo
fare la strada insieme!"
Kazuya entrò nell'androne del condominio, a capo
chino. Non amava incrociare lo sguardo delle altre persone, ne aveva
già abbastanza al lavoro, che era una vera tortura. Per
strada, guardava sempre a terra, davanti a sè, alzava
raramente la testa. Ma la voce fastidiosa di quel ragazzo che aveva
incrociato poco prima gli fece alzare il viso e lo guardò,
serio. Annuì solamente, notando le porte dell'ascensore
aprirsi. Si avviò per le scale, ignorando l'altro. Doveva
fare solo cinque piani ed era solito farli tutti a piedi. Era sempre la
solita storia, tentava sempre di rimandare il momento in cui sarebbe
rientrato e l'ascensore era troppo veloce.
"Ehi, a che piano abiti?"
Kazuya sentì qualcuno rincorrerlo per le scale e
si girò, cupo. Che voleva da lui quel ragazzo? "Ti sei perso
anche qui dentro?" chiese, laconico. L'altro lo guardò,
perplesso. "Ah-ah! Sei proprio divertente!" fece, sarcastico. "Era pura
curiosità... magari siamo vicini, mi sono trasferito da
pochi giorni." spiegò Jin, passandosi una mano tra i folti
capelli scuri e scompigliandoli un po'. "E poi non conosco bene questo
quartiere, mi farebbe comodo avere qualcuno a cui chiedere
informazioni..."
Kazuya osservò quel ragazzo, doveva avere qualche
anno più di lui, due o tre, era più alto ed era
senza dubbio bellissimo, affascinante, aveva l'aria di chi sa di
esserlo e se ne approfitta troppo spesso. Indossava pantaloni mimetici
larghi, una maglietta bianca e una giacca pesante scura. Ma quello che
notò subito Kazuya furono le lattine di birra ammucchiate
nella sporta che quel ragazzo reggeva con un braccio. Si
girò e fece di corsa i piani fino al quinto.
Jin rimase fermo, sbigottito. Che problema aveva quel
ragazzo? Scuotendo la testa, si avviò lentamente fino al
proprio piano, sbuffando. Quattro piani erano lunghi. Entrò,
appoggiando scocciato la sporta sul tavolo della cucina e si sedette,
accendendosi una sigaretta. Poi sentì un frastuono
insopportabile provenire dal piano di sopra, come se qualcuno avesse
rovesciato sedie o parte del mobilio. Anzi, sembrava che stessero
litigando furiosamente, che si trattasse di una coppia? Forse la moglie
stava lanciando dei piatti o pezzi d'argenteria addosso al marito!
Quel casino continuò per altri dieci minuti
buoni, era tentato di salire e dirgliene quattro, ma poi i rumori
cessarono di colpo. Sollevato, Jin accese lo stereo e iniziò
a canticchiare sopra alla musica.
Al piano di sopra, esattamente sopra all'appartamento di Jin
Akanishi, Kazuya stava tentando di alzarsi, ma ricadde a terra gemendo
pietosamente. Quella sera, le botte parevano anche peggio del solito.
Ogni parte del corpo gli doleva e aveva un'emicrania che gli spaccava
la testa in due, rendendo il tutto peggiore. Dopo l'ennesimo tentativo,
si alzò e si diresse verso il bagno. Lasciò la
luce spenta, mentre si sciacquava il viso con acqua gelata. Raramente
si guardava allo specchio, se poteva evitarlo. Odiava il proprio
riflesso, odiava la sua stupida faccia... quegli occhi così
spenti, quei lineamenti così simili a quelli di lei...
"KAZUYA!"
Kazuya si affrettò a chiudere il rubinetto e
senza nemmeno asciugarsi le mani tornò in cucina. Quando lui chiamava,
sapeva che non doveva farlo attendere troppo. Si fermò, in
attesa, rabbrividendo leggermente, per il freddo e per i tagli e i
lividi che gli bruciavano da morire. "Sì?"
"Prepara qualcosa da mangiare, sto morendo di fame." disse
con nonchalance l'uomo seduto al tavolo, sfogliando un giornale.
Kazuya annuì e aprì il frigorifero.
Quasi vuoto, tranne che per due uova rimaste. Controllò la
credenza, era anch'essa praticamente vuota, c'era solo un po' di riso
avanzato, così poco da bastare appena a una persona.
Trattenendo un sospiro, si mise a cucinare e servì il riso
con le uova sbattute a quell'uomo. "Tieni... papà."
L'uomo lo guardò con odio. "Non voglio essere
chiamato a quel modo e lo sai."
"Scusa."
Se ne andò dalla cucina, si diresse in camera sua
e si coricò sul letto, di pancia. Sdraiarsi sulla schiena
era impossibile, i tagli gli avrebbero solo fatto ancora più
male. Sentì lo stomaco brontolare e lo ignorò,
era ormai abituato a saltare i pasti. Si ripromise di fare la spesa il
giorno seguente, uscendo dal lavoro, o suo padre si sarebbe arrabbiato
non trovando nulla per cena.
Però non riusciva a prendere sonno. Era troppo
dolorante, in quel periodo suo padre lo picchiava molto più
del solito. Attese ancora un po' e quando gli fu chiaro che non sarebbe
riuscito ad addormentarsi si diresse in cucina, piano, per non
svegliare il padre che era andato a dormire, frugò nel
cassetto dei medicinali e trovò quello che cercava.
Versò una ventina di gocce di valium in un mezzo bicchiere
d'acqua e sorrise, soddisfatto. In quel modo si sarebbe addormentato
ben presto.
Jin era di pessimo umore e si sentiva pronto ad azzannare
chiunque gli avesse rivolto la paura, quella mattina. Aveva dormito
poco e male e non aveva per niente voglia di andare in studio a
registrare. Chiamò il manager, fingendosi molto malato e
tossendo più che poteva nel telefono. "Quindi scusami...
oggi non posso venire, Maru..."
Dall'altro capo della linea, Yuichi Nakamaru, detto Maru,
sospirò. Conosceva Jin da sempre, erano stati amici prima
che manager e cantante e lui aveva solo due anni in più di
Jin. Era inusuale, per un manager, ma il vecchio che seguiva Jin negli
anni passati era, a detta dello stesso Jin, "Un bacucco rincoglionito",
e lui l'aveva licenziato sei mesi prima, affidando a Maru l'incarico di
manager. Aveva studiato presso una buona università e
qualche anno prima che l'assumesse Jin era già entrato nel
mondo dello spettacolo, quindi Jin si fidava totalmente di lui. "Jin,
potresti dire semplicemente la verità, per una volta? Lo so
che non hai voglia di venire in studio... però continua a
lavorare sulle canzoni a casa, dal mese prossimo dovrai registrare
seriamente, lo sai bene!"
"Sìììì..."
cantilenò Jin. "Non preoccuparti, mamma!"
"Ah ah, che ridere. Chiamami se neanche domani ti fai vivo,
ok?"
"Tranquillo, sono maggiorenne e vaccinato. Bye bye, Maru!"
Jin chiuse la chiamata e si mise in balcone a fumare. Era un po'
nervoso, sapeva che avrebbe dovuto concentrarsi sulla sua musica ma non
era dell'umore adatto, non aveva molti stimoli ultimamente, non aveva
spunti da cui trarre ispirazione per le sue nuove canzoni...
Sospirando, spense il mozzicone di sigaretta e decise di
avviarsi fuori casa, per fare una passeggiata. Sempre meglio che
starsene tappato tra quelle mura per tutto il giorno. Evitò
di prendere l'ombrello, il cielo era nuvoloso ma non sembrava
promettere pioggia, e si avviò giù per le scale.
Vagò a lungo per il quartiere, fumò
una sigaretta dopo l'altra e si rese conto che gliene rimanevano
pochissime, perciò si avviò verso lo stesso
conbini della sera precedente. Finì per fare scorta non solo
di Marlboro ma anche di cibo precotto, non sapeva cucinare un
granchè e spesso mangiava fuori o ordinava take away.
Distratto, urtò contro qualcuno che stava sistemando
scatolette su uno scaffale. "Scusa..." disse automaticamente, prima di
rendersi conto che si trattava del ragazzo della sera prima. Indossava
un grembiule da lavoro e non pareva troppo felice. Jin alzò
gli spessi occhiali scuri che indossava e fece un cenno col capo.
"Abitiamo nello stesso palazzo..." mormorò, voleva
presentarsi ma l'altro non sembrava morire dalla voglia di intavolare
una conversazione con lui. Stava lavorando, era chiaro, e aveva
un'espressione tutt'altro che affabile dipinta sul volto. "Per fortuna
che me l'hai detto... non me n'ero accorto." mormorò di
rimando Kazuya, scrutando Jin, ostile. Sperava che se ne andasse e lo
lasciasse in pace.
Jin si accigliò. Forse era il caso di lasciare
perdere questo tizio. Era un bel ragazzo, probabilmente sarebbe stato
ancora più bello se avesse avuto qualche chilo in
più e non fosse stato così eccessivamente magro,
ma se la tirava decisamente troppo. Non che lui volesse averci nulla a
che fare. "Sayonara." mormorò, guardandolo di traverso, e
dirigendosi verso la cassa per pagare. C'era una fila bella lunga e una
sola commessa, perciò si preparò ad un'attesa
estenuante. Lanciò un'occhiata in direzione di quel ragazzo
antipatico poco distante, che si era chinato per sistemare prodotti
nello scaffale più basso. Lo vide rialzarsi in fretta e
barcollare leggermente, aggrappandosi con la mano alla scala accanto a
sè e passarsi l'altra mano sul viso. Era pallido in volto e
sembrava sul punto di svenire da un momento all'altro. Lasciando
perdere la fila, Jin tornò da lui e lo afferrò
per un braccio. "Ehi, stai bene? Cos'hai? Pressione bassa? Forse
dovresti mangiare qualcosa..."
Kazuya guardò attraverso occhi velati di
stanchezza quel ragazzo così insistente. Che voleva da lui?
"Sto bene. Lasciami." strizzò gli occhi, aveva un livido sul
braccio... no, diversi lividi... e il contatto gli faceva male.
Jin lo lasciò subito andare. Lui stesso non
godeva sempre di una salute eccellente, sapeva cosa significava
sentirsi svenire, sentire le forze venire meno, e pensò che
quel ragazzo non volesse avere addosso nessuno, mancandogli
probabilmente l'aria. "Dovresti sederti un attimo... bere qualcosa..."
senza attendere oltre, Jin aprì la bottiglietta di latte di
soia al gusto di caffè che aveva comprato e gliela
offrì, forzandolo praticamente a bere, appoggiandola sulle
sue labbra. Il ragazzo più piccolo mandò
giù un sorso controvoglia, prima di scansarlo e chinare il
capo. "Grazie..." mormorò, con un leggero inchino. "Sto
bene."
Jin non era convinto, ma in fondo non erano affari suoi...
se quel tipo diceva di star bene, allora non doveva insistere. "Ok..."
riprese il bricco di latte e lo rimise nel suo cestino, per pagarlo
alla cassa. Porse a Kazuya una polpetta di riso che aveva comprato,
staccando la carta che l'avvolgeva per poterla pagare alla cassa.
"Tieni, dovresti mangiare qualcosa. Ti farà bene!" Kazuya lo
guardò, perplesso, senza la forza di rifiutare.
Perchè era così gentile con uno sconosciuto? Jin
gli sorrise incoraggiante, prima di mettersi di nuovo in fila. Kazuya
diede un morso alla polpetta, era buona e lui aveva davvero bisogno di
mettere qualcosa sotto ai denti... non aveva fatto colazione, era ormai
ora di pranzo e il suo turno sarebbe finito quella sera... anzi, doveva
sbrigarsi a mangiare, o l'avrebbero ripreso severamente.
Inghiottì il resto in tutta fretta e lanciò uno
sguardo verso la fila, il ragazzo stava pagando proprio in quel
momento. Kazuya lo fissò, sperava che si voltasse, per
qualche ragione oscura anche a se stesso. Ma non successe e
tornò al lavoro, sentendo improvvisamente un po' meno freddo.
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Capitolo 3 *** Signal ***
Grazie per
le recensioni! E' sempre bello trovare altre fan dei KAT-TUN e di
questa coppia stupenda!
Dopo il fatale primo incontro di Jin e Kame le cose iniziano a farsi
più interessanti... almeno spero!
Signal
"Arrivo, arrivo!"
Jin Akanishi si era
svegliato da appena mezz'ora. Era andato a dormire poco prima che
sorgesse l'alba, troppo impegnato a comporre musica per notare l'ora
tarda. E quella mattina, se mattina si poteva definire essendo
già le 11.45, qualcuno stava suonando insistentemente alla
sua porta, anche se non aveva idea di chi potesse essere. Non conosceva
ancora nessuno e dubitava che qualche fan avesse scoperto dove abitava,
non era per niente facile avvicinarsi a lui od ottenere informazioni
private sul suo conto.
Aprì senza
nemmeno curarsi di controllare tramite lo spioncino e sgranò
un po' gli occhi. Era il ragazzo del conbini, quello che abitava nel
suo stesso palazzo. Prima che Jin potesse dire o fare qualunque cosa,
vide il ragazzo tendergli con entrambe le mani una banconota da 1000
yen. Jin corrugò la fronte e scosse la testa. "Non ho speso
così tanto. E poi non voglio indietro i soldi." Che gli
prendeva a quel ragazzo? Era davvero strano. Aveva evitato Jin come la
peste quelle due volte che si erano incrociati, rispondendogli sempre
male, e ora era lì, solo per ripagarlo di una polpetta di
riso e un po' di latte di soia? Lo osservò con attenzione.
Ancora una volta, i vestiti che indossava erano larghi, quasi ci
nuotava dentro, e si chiese se fossero così di proposito o
perchè quel ragazzo era davvero troppo magro, quasi
anoressico, e continuava a perdere peso. Jin poteva scorgere le
clavicole penosamente in evidenza grazie al leggero scollo della
maglietta e se fosse stata aderente e lui si fosse girato era sicuro
che avrebbe potuto vedere bene anche le scapole.
Kazuya
esitò, incerto sul da farsi. La parte più facile
era stata scoprire quale fosse l'appartamento che occupava il nuovo
arrivato e non c'era voluto granchè, era stato sfitto per
mesi, la cassetta della posta e il campanello al pian terreno privi di
nome. Finchè si era accorto dei nuovi kanji che
campeggiavano al posto delle etichette bianche. Akanishi Jin. Il
palazzo aveva sette piani e Kazuya aveva cominciato a controllare dal
settimo, escludendo il quinto dove abitava perchè si sarebbe
accorto se qualcuno avesse traslocato lì. E al quarto aveva
trovato Akanishi. Eppure, ora che ce l'aveva di fronte, si vergognava
un po'... voleva ripagarlo di quello che gli aveva offerto al conbini,
però quel tizio sembrava non avere nessuna intenzione di
accettare. Ma Kazuya non aveva intenzione di avere debiti con nessuno.
"Io... mi chiamo Kazuya Kamenashi." fece un inchino, ma non
abbassò le mani. Le tenne rivolte verso Jin, aspettando che
accettasse quei soldi.
Il ragazzo
più grande sospirò, grattandosi la nuca, confuso.
"Io sono Jin Akanishi. Kamenashi... ho speso davvero una miseria per
quelle cose e dovresti saperlo, dato che ci lavori, in un conbini.
Quindi non importa. Anche perchè non sono un morto di fame."
Kazuya si morse il
labbro inferiore, incerto sul da farsi. "Però..."
Venne interrotto dallo
squillo del cellulare in salotto e Jin alzò gli occhi al
cielo, doveva essere Maru. "Che palle! Senti, entra un attimo, devo
chiederti una cosa." senza lasciargli il tempo di replicare, lo
afferrò per il braccio e lo tirò dentro casa,
prima di precipitarsi a rispondere. Kazuya rimase nell'ingresso, senza
togliersi le scarpe, finchè Jin non ebbe chiuso la chiamata.
Cosa voleva da lui? Non si conoscevano per niente... quel ragazzo era
proprio strano. E lui si sentiva a disagio in una casa che non era la
propria. Da quanti anni non andava a casa di altre persone? La casa di
Jin era posizionata proprio sotto alla sua, un piano più in
alto, ma l'interno era diverso, gli appariva più spazioso,
anche se meno ordinato... nuovo... accogliente...
"Scusa, eccomi! Che
fai lì? Entra!" lo incitò Jin, raggiungendolo e
facendogli cenno di seguirlo. Kazuya sembrava tutto tranne che
entusiasta di trovarsi lì, ma lo seguì docilmente
in cucina. "Vuoi del caffè? L'ho appena fatto... stavo per
berlo, quando hai suonato. Tieni." versò del
caffè a Kazuya, in una tazza azzurra. Kazuya la prese in
mano, titubante, beandosi del tepore che emanava quella bevanda calda.
Non sapeva se era perchè mangiava poco, perchè
era sottopeso o cos'altro, ma aveva sempre freddo, anche quando
indossava maglioni pesanti. "Grazie..." Kazuya bevve un sorso. Quel
caffè era davvero buono. Niente a che vedere con quello che
comprava sempre, già pronto... "Cosa volevi chiedermi?"
mormorò, abbassando il viso. Non gli piaceva fissare troppo
a lungo gli altri negli occhi. E gli occhi di Jin Akanishi erano troppo
intensi per reggere il suo sguardo...
"Ah, sì..."
Jin sorseggiò con calma il proprio caffè,
sorridendo. "Siccome mi sono trasferito da poco... mi potresti dire
dov'è un buon negozio di musica qui vicino? E anche se ci
sono dei locali interessanti... non dei night, intendo pub o cose
simili! Per i night, Roppongi è la zona migliore, non ha
senso andare da altre parti." disse, sicuro di sè.
Kazuya lo
guardò, perplesso. Si stava vantando di essere un
frequentatore di locali equivoci? Cosa c'era da esserne orgogliosi?
"C'è un negozio di dischi molto grande... a un chilometro da
qui, vicino al cinema..." spiegò brevemente dove si trovava.
"Ma non so... non conosco locali." ammise, sempre a capo chino.
"Come no? Dai, ci
andrai anche tu ogni tanto! O sei uno di quelli che lavorano e studiano
come matti senza divertirsi mai?" scherzò Jin.
Kazuya rimase in
silenzio. Lui lavorava dieci e più ore al giorno... teneva
in ordine casa, lavando, preparando da mangiare, sbrigando le
commissioni... "Mmmh..." mugugnò qualcosa di
inintelligibile. Jin sembrò non far caso al suo
atteggiamento sfuggente, si alzò e afferrò una
scatola di biscotti dalla credenza, per poi intingerne uno nel
caffè. "Sono buonissimi, assaggia!"
Kazuya fissava il
biscotto che Jin gli stava porgendo come se fosse avvelenato.
Però lo prese senza fare storie e lo mangiò a
piccoli morsi, facendolo durare una vita. Jin alzò un
sopracciglio, divertito. "Guarda che puoi prenderne ancora, non mordo!"
spinse la scatola verso di lui, ma anzichè prendere un altro
biscotto Kazuya riprese a parlare: "Per il locale... ne conosco uno..."
disse, pacato. "Si chiama Dragonfly. E' un pub." gli diede le
indicazioni per arrivarci da lì e quando ebbe finito si
alzò, ringraziò frettolosamente per il
caffè e i biscotti e si precipitò fuori
dall'appartamento. Jin rimase seduto per un po', stupito. Quel ragazzo
doveva avere qualche rotella fuori posto... "Mah..."
sospirò, mettendo le tazze nel lavandino e riempiendole
d'acqua. Mentre rassettava, iniziò a pensare a quanto era
stufo della solita monotonia... aveva tutto ciò che poteva
desiderare, eppure l'insoddisfazione non lo abbandonava mai. E ogni
tanto si scopriva anche a sentirsi terribilmente solo, nonostante
avesse amici, ammiratori, una bella carriera e ragazze che gli si
buttavano addosso a destra e a manca. C'era qualcosa che gli mancava,
solo che non capiva cosa... frustrato, afferrò il cellulare
e chiamò il suo migliore amico, Tomohisa Yamashita,
più semplicemente detto Yamapi o Pi. Lo conosceva dai tempi
delle elementari, erano cresciuti insieme e non si erano mai persi di
vista, anche quando avevano cambiato compagnie, frequentato ambienti
diversi... nessuno conosceva Jin come Yamapi, con nessuno si trovava
bene come con lui. "Pi, sono Jin. Usciamo stasera? Ok, passami a
prendere tu, il mio nuovo indirizzo ce l'hai! A dopo." si
gettò sul divano e si coprì con il panno di lana
abbandonato lì in precedenza. Voleva dormire, era ancora
stanco e non aveva voglia di fare nulla.
"...quindi Yuko ha
trovato una chiamata sul mio cellulare da parte di Maki, e... Jin, mi
stai ascoltando?"
Jin fissava oltre la
spalla dell'amico, senza prestargli molta attenzione. Gli aveva chiesto
lui di uscire quella sera, ma nonostante ciò non pareva
molto interessato e ascoltava appena quello che Tomohisa Yamashita
gli stava raccontando.
"Mmm... dovresti fare più attenzione, Pi..."
"A cosa? Io non ho
fatto niente! Jin, mi stai a sentire?"
"Sì,
certo..." Jin prese il bicchiere dell'amico ancora mezzo pieno, avendo
già finito di bere la sua birra e mandò
giù un sorso. Quella sera era annoiato, nemmeno la presenza
del suo migliore amico riusciva a distrarlo. "E' carino questo posto...
aveva ragione Kamenashi."
Yamapi alzò
gli occhi al cielo e si riprese il bicchiere, facendo cenno a una
cameriera poco distante di venire da loro, voleva ordinare altra birra
o Jin si sarebbe scolato tutta la sua. "Kamenashi chi?" chiese,
sorridendo alla ragazza che si stava avvicinando.
"Uno che abita nel mio
stesso condominio... Kamenashi Kazuya..."
"Kazuya?"
ripetè improvvisamente la cameriera, ferma di fianco al loro
tavolo. "Conoscete Kamenashi Kazuya?" chiese, con tono quasi
implorante, fissandoli ansiosa, sperando che rispondessero
affermativamente. Era una ragazza carina, sui vent'anni o poco
più, con lunghi capelli neri e lucidi, la frangetta le
nascondeva un po' gli occhi ma lo sguardo esprimeva chiaramente
preoccupazione.
Jin alzò un
sopracciglio, che le prendeva a quella tipa? Forse Kamenashi l'aveva
conosciuta andando in quel pub, era stato con lei e poi era sparito
senza farsi più sentire... "Solo un po'. Perchè?"
"Perchè..."
la ragazza esitò, indecisa sul da farsi. Sembrava molto
titubante all'idea di parlare di Kazuya con gente che non conosceva.
"Ecco... ha smesso all'improvviso di venire a lavorare qui e... mi
chiedevo se stesse bene..." mormorò, chinando un po' il
viso, imbarazzata. A Jin venne da ridere ma si trattenne, era chiaro, a
quella tipa piaceva Kazuya e come ogni ragazza infatuata moriva dalla
voglia di sapere che fine avesse fatto il ragazzo. Gli veniva davvero
da ridere, le donne erano così stupide a volte... era chiaro
che Kazuya con lei non voleva avere nulla a che fare, quindi
perchè intestardirsi? Perchè volere per forza
ciò che non si può ottenere?
"Sta bene. Dovrebbe
mangiare un po' di più, ma sta bene." la
rassicurò Jin, sorridendo. "Vuoi che gli dia il tuo numero?"
aggiunse, senza riflettere. Non era il caso di prenderla in giro, ma
era più forte di lui.
Lei sgranò
gli occhi e scosse la testa violentemente. "No! Io... sono solo
preoccupata, perchè..." si morse il labbro inferiore,
lasciando la frase in sospeso. "Non credo sia tutto a posto..."
sussurrò piano, così piano che Jin dovette
sforzarsi per udirla.
"Che intendi?" chiese,
iniziando a sentirsi un po' seccato. Voleva dirle di parlare chiaro e
tondo o tacere una buona volta, ma non voleva perdere la pazienza con
una donna.
"Voi... siete suoi
amici?" domandò lei, scrutandoli nervosamente. "Kazuya...
diceva sempre che stava bene, lo diceva a tutti! Ma... c'era qualcosa
che non andava... qualcosa non va in casa sua. Vive con suo padre,
e..." esitò, aveva paura di dire troppo. "C'erano troppe
cose strane... non mangiava mai, anche quando faceva turni di dieci
ore... lavorava senza prendersi mai un attimo di sosta,
finchè crollava esausto di colpo... e poi..." avrebbe voluto
dire dei lividi che aveva visto sulle braccia del ragazzo, una volta
che si stava sfilando la giacca, erano troppi per essere casuali. Ma
non voleva affrontare un argomento così delicato con due
sconosciuti. Non sapeva che rapporto avessero con lui e non voleva
metterlo nei guai ancora di più...
Jin la
guardò come se fosse una pazza isterica. Che cavolo stava
blaterando? Era fuori di testa? Certo che gli innamorati non
corrisposti erano davvero strani. "Gli dirò di passare a
salutarti, così vedrai con i tuoi occhi che sta benissimo.
Ok?" fece, noncurante. Non gli importava di quella ragazza, non l'aveva
mai vista prima, però quello che aveva detto su Kazuya era
un po' strano. A meno che non fosse una visionaria, quelle stranezze
combaciavano con il modo di comportarsi del ragazzo, così
schivo... forse aveva una brutta situazione famigliare, quello bastava
a spiegare tutto. Però c'era qualcosa che la ragazza non
stava dicendo, e non voleva dirgli... glielo leggeva negli occhi.
Comunque, non erano affari suoi. Cambiò argomento in fretta
e ordinò ancora da bere. La ragazza se ne tornò
dietro al bancone, cupa.
"Sono un po'
sbronzo... Yamapi, aiutami!" esclamò Jin, reggendosi
all'amico con le braccia. Non riusciva a camminare bene e l'ingresso
del palazzo gli sembrava così lontano...
"Non fare casino, Jin!
Sveglierai mezzo condominio!" lo zittì lui, che aveva bevuto
meno ma era comunque leggermente brillo. "Alloraaaa... dove hai le
chiavi? Ah, guarda! Sta entrando qualcuno! Se ti sbrighi possiamo
seguirlo prima che si richiuda la porta!"
Affrettando il passo
raggiunsero il portone e incrociarono un ragazzo magro e corrucciato
che stava entrando in quell'istante. Yamapi bloccò con un
piede il portone perchè non si richiudesse e il ragazzo
sobbalzò, spaventato dal rumore. Si girò di
scatto con gli occhi sgranati, preso alla sprovvista, sembrava un
cucciolo spaventato. Quando riconobbe Jin si tranquillizzò,
pur rimanendo teso, e scrutò entrambi freddamente: si vedeva
lontano un miglio che Jin era ubriaco e probabilmente nemmeno l'altro
era messo bene...
"Ah! E' Kamenashi!
Lasciami, Pi, mi aiuta lui a salire!" Jin lasciò andare
l'amico e si slanciò verso Kazuya, afferrandolo per le
spalle per non cadere. Kazuya sussultò a quel contatto. Non
gli piaceva essere toccato, e poi aveva lividi ovunque... gli facevano
ancora più male se qualcuno li sfiorava, figuriamoci se una
persona si aggrappava a lui! "Lasciami!" esclamò, cercando
di scrollarsi di dosso l'altro, ma Jin rimaneva appiccicato come una
sanguisuga. "Kamenashi, non essere avaro! Mica lo paghi tu l'ascensore,
no? Non solo tu, almeno... anche io lo pago! Quindi aiutami, ne?"
trascinò Kazuya fino davanti all'ascensore dopo aver
salutato frettolosamente Pi. Era strano come Jin fosse ubriaco e
riuscisse comunque ad avere la meglio fisicamente su di lui. Certo, non
ci voleva molto... Kazuya doveva pesare meno di 50 kg, probabilmente
anche 45... "Quanto pesi, Kamenashi?" chiese improvvisamente Jin,
curioso, con la mente e i sensi ottenebrati dall'alcol che gli
circolava in corpo, sollevandogli la maglia all'improvviso. E quello
che vide lo fece ritornare lucido di colpo. I fianchi, la pancia e lo
stomaco del ragazzo erano violacei. Non erano lividi normali, quelli,
non potevano esserlo... ce n'erano troppi, ovunque, che tendevano dal
blu al giallognolo, ce n'erano di freschi e di meno recenti... Jin
sentì il respiro mozzarglisi in gola, chi glieli aveva
fatti? Perchè? Chi poteva essere così violento e
crudele?
Kazuya
approfittò di quell'attimo di smarrimento di Jin per
spingerlo via e lasciandolo sul pianerottolo si diresse di corsa verso
le scale. Fece tutte le rampe a tempo di record, aprì la
porta di casa e se la sbattè alle spalle, senza riflettere,
troppo ansioso di sfuggire alla vista del ragazzo più
grande. Kazuya odiava il proprio riflesso e si specchiava il meno
possibile, ma sapeva di non avere un bell'aspetto, da qualunque parte
lo si guardasse.
Non fece nemmeno in
tempo ad alzare il viso, ricevette uno schiaffo in faccia mentre era
ancora intento ad ansimare, appoggiato alla porta. Poi un altro, e un
altro. Aveva fatto troppo rumore richiudendo la porta con violenza
dietro di sè, e questa era la punizione. Sentì il
sapore metallico del sangue in bocca, e suo padre assestò un
ultimo ceffone, prima di voltargli le spalle. Kazuya alzò
lentamente il capo, lo vide dirigersi in salotto e gettarsi sul divano.
Doveva essere davvero stanco, non l'aveva picchiato molto, e non
l'aveva picchiato forte. Era fortunato, quella sera. Era fortunato...
continuò a ripeterselo, mentre si dirigeva verso la sua
stanza, in punta di piedi per non fare altro rumore.
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