La settima Anima...

di barbyg90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ehm… credo di essere toornaataa!!! Vi avevo promesso che avrei continuato ed eccomi qui! Nel prossimo capitolo ho intenzione di rispondere anche alle recensioni dell’ultimo capitolo di Sette Anime 1… solo per ringraziarvi!!!

Spero vi piaccia, fatemi sapere :D

 

 

Prologo

La nostra infanzia è spesso avvolta da una fitta nube che ci impedisce  di ricordare.

Solitamente, non avevo molta memoria; tendevo a dimenticare soprattutto le cose poco importanti. Nonostante questo, dopo alcuni eventi significativi, compresi che ci sono episodi della nostra vita, all’apparenza senza senso, che sono ben radicati nella nostra mente.

Un sogno ricorrente, ad esempio, riusciva a portare a galla tutti i ricordi meno rilevanti della mia infanzia.

Iniziava sempre allo stesso modo.

Una voce profonda, lenta e solenne sussurrava:<< Salverai la tua famiglia da morte certa. Sarai in grado di dormire pur essendo vampira, ma solo quando queste visioni popoleranno la tua mente. Il tuo potere sarà unico e raro, e genererà contrasti, lotte ed invidie... >>.

Spesso mi svegliavo all’improvviso ricordando ritagli istantanei di immagini; era in quegli istanti che ritornavo nel mio letto con la fronte madida di sudore, e nuovi momenti della mia infanzia si aggiungevano alla memoria.

L’ultima volta che mi era capitato di assistere al medesimo sogno?

Era il 13 Settembre 1996 e avevo sei anni.

 

 

 

Bene, bene, bene… penso abbiate capito che a parlare è la nostra Bella! Nel prossimo capitolo entreremo più nel dettaglio per quanto riguarda i sogni ma saremo sempre al momento in cui Bella ha sei anni. Ho pensato che è l’età giusta per iniziare a descrivere la storia :) ci saranno ricordi che risalgono a qualche anno prima ma saranno solo ricordi! :D

Aiutooo che ansia… fatemi sapere qualcosa :D

Ciao a tuttiiiiiiiii

Barbara

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Eccoci! Le recensioni, gli spoiler velati e gli scleri vari sono in fondo XD i ringraziamenti sono qui:

grazie a chi ha commentato, a chi mi ha spronata a continuare e a chi si è limitato a leggere!!!

 

Capitolo I

 

<< Salverai la tua famiglia da morte certa. Sarai in grado di dormire pur essendo vampira, ma solo quando queste visioni popoleranno la tua mente. Il tuo potere sarà unico e raro e genererà contrasti, lotte ed invidie... >>.

Quella voce…

Non l’avevo mai sentita, eppure mi sembrava di conoscerla.

Era calda, lenta, posata. Quasi come la voce che attribuiscono a Zeus nei cartoni animati.

In sottofondo, come se fossi stata uno spettatore, delle immagini in bianco e nero scorrevano al rallentatore.

Una donna, che non avevo mai visto, urlava mentre un dottore… papà? E c’era anche Edward!

Perché rimaneva immobile? Perché non aiutava papà? La signora stava soffrendo…

Un ultimo urlo, e contemporaneamente il pianto di un bambino, sembrarono fermare il tempo.

Edward era sempre immobile nella sua posizione iniziale mentre papà diceva ad altri medici cosa bisognava fare per salvare almeno il bambino.

Ad un tratto, un fantasma si avvicinò ad Edward, gli sussurrò qualcosa e scomparve.

Nello stesso istante mi sentii soffocare, come se una fune invisibile mi stringesse il collo. Mi rendevo conto di essere vuota, triste e senza forze.

Voltando lo sguardo dalla parte opposta vidi che la signora che aveva fatto nascere il bambino non si muoveva più…

Noooooo…

<< Bella… Bella, tesoro, svegliati! Era solo un sogno, ora ci sono io con te… >>.

Nel buio mi resi conto che ciò che mi circondava erano le pareti della mia camera.

Oh, Edward…

Scoppiai a piangere, quasi senza motivo.

Mi sentivo così triste…

<< Tesoro, ti va di raccontarmi cosa hai sognato? >>.

Come potevo dire di no ad Edward?

Gli parlai della signora, di lui e di papà, e quando arrivai quasi alla fine del mio sogno mi accorsi che Edward aveva una faccia strana…

Rimasi in silenzio per un po’, volevo cercare di capire cosa avesse…

<< Che altro hai visto? >>. Mi disse infine.

Non gli risposi, avevo una domanda più urgente da fargli, dovevo essere sicura di quello che avevo visto.

<< Eddy, ma la signora del sogno è… morta? >>.

Avevo già sentito parlare di questa cosa…

<< Si, Bella. Ricordi quando ti ho parlato della mamma di Angela? È successa la stessa cosa alla signora del tuo sogno >>.

<< La signora Weber, come quella donna, sono andate in un luogo migliore, lontano da noi >>.

Angela non era più la stessa da quando era successo…

<< Ma ritorneranno? >>.

<< No, tesoro. Il compito più difficile è accettare che non torneranno… ma se le abbiamo amate, le persone care rimarranno per sempre nei nostri cuori >>.

<< Quindi, ovunque andiamo e ovunque siamo sono sempre con noi? >>.

<< Si, tesoro, proprio così >>.

Edward era davvero bravo con me. Nel cuore della notte si era alzato per capire cosa mi fosse successo.

<< Ma adesso torna a dormire – continuò – domani c’è scuola e devi alzarti presto >>.

Mi sorrise dolcemente e mi rimboccò le coperte dandomi un leggero bacio sulla fronte.

<< Buonanotte Eddy, a domani >>.

 

 

La mattina dopo, mi risvegliai con l’odore di cioccolato.

Mamma aveva fatto i muffin, il mio dolce preferito!

Sapeva che non andavo volentieri a scuola, ed ero certa che in quel modo voleva addolcirmi la giornata… forse un po’ poteva riuscirci!

Io amavo studiare. Avevo imparato a scrivere a tre anni e i miei disegni erano fuori dal comune.

Odiavo i cambiamenti, tutto qui.

Avrei conosciuto nuovi compagni, nuove maestre… ero timida e riservata, non mi riuscivano bene queste cose.

Meno male che accanto a me avrei avuto Angela. La conoscevo dal primo anno delle scuole materne, subito dopo il nostro trasferimento a Forks. Eravamo diventate subito amiche e, da allora, non ci eravamo mai separate.

Appena scesi dal letto sentii bussare alla porta.

<< Entrate >>, dissi quasi spazientita.

Ero sicura che fossero le mie due sorelle: Alice e Rosalie.

<< Come facevi a sapere che eravamo noi? Guardi il futuro? >>.

Alice rise della sua battuta per poi avvicinarsi al mio armadio e cominciare a estrarre gli abiti che avrei dovuto indossare.

<< Ma perché ci tieni tanto? Neanche si vedranno, ho il grembiule, ricordi? >>.

Mi guardò come se avessi detto un’eresia e senza smettere di fare quello che stava facendo mi rispose che una ragazza non deve mai essere fuori posto, neanche se c’è un grembiule a camuffarla.

Non le avrei detto nient’altro, sapevo che era tempo sprecato.

Dopo una doccia finalmente scesi in cucina.

La tavola, come ogni mattina, era apparecchiata abbondantemente.

Papà era seduto a capotavola e leggeva il giornale mentre sorseggiava il caffè. Mamma stava ultimando la mia colazione e Jasper, Emmett e Edward, i miei fratelloni, discutevano in maniera abbastanza accesa su chi, secondo loro, avrebbe vinto la prossima partita di baseball.

Appena mi videro mi diedero il buongiorno e mamma venne a darmi un bacio.

Mi avvicinai al mio solito posto, accanto ad Edward mentre Alice e Rosalie prendevano i loro rispettivi posti, pronti per fare colazione.

 

Erano dieci minuti, ormai, che rimanevo immobile davanti alla porta di casa.

A scuola proprio non volevo andarci, i muffin non mi avevano addolcita abbastanza.

Era rimasto solo Edward, insieme ai mie genitori, a cercare di convincermi. Gli altri miei fratelli erano già in macchina, pronti per andare a scuola.

<< Bella, avanti. Papà ti accompagnerà a scuola per poi andare a lavoro, se non ti sbrighi farà tardi… >>. Il tono di mamma non era più tanto calmo come dieci minuti fa…

 Mi dispiaceva, ma non mi sarei mossa di un centimetro.

<< Dai, tesoro, vedrai che ti divertirai >>. Papà era sempre molto dolce e comprensivo con me, ma stavolta proprio non riuscivo a dargli ascolto.

Guardai Edward con il mio sguardo più convincente, chiudendo e riaprendo velocemente gli occhi. Speravo di “convincerlo a convincere” mamma e papà.

Si avvicinò lentamente a me e si abbassò alla mia altezza per parlarmi.

<< Bella, ascolta, a scuola devi andarci, ci vanno tutti i bambini… >>.

<< Ma posso studiare anche a casa! >>.

<< E Angela? Non hai pensato che potrebbe sentire la tua mancanza? Chi si siederà accanto a lei? >>.

Aveva ragione, non avevo pensato a lei…

<< E poi durerà poco… e ti prometto che verrò a prenderti io all’uscita >>.

Sorrisi, mio malgrado, ad Edward. Però rimaneva il fatto che non volevo proprio andarci!

Vedendo la mia titubanza continuò:<< Facciamo un patto. Tu ora, senza fare storie, vai con papà e entri in classe tranquillamente, io ti presto il mio cellulare così possiamo tenerci in contatto se ti succede qualcosa ok? >>.

<< Non ti succederà nulla, ma se dovessi sentire la nostra mancanza ti basterà inviare un sms a uno di noi >>, aggiunse mamma per tranquillizzarmi ulteriormente.

Mi avevano convinta, non avevo più scuse per non andare a scuola. Presi il telefonino che mi offriva Edward e indossai il mio cappotto.

Papà mi porse la mano e io l’afferrai. Diedi un bacio a mamma e ad Edward e seguii papà verso l’auto.

 

Il viaggio verso la mia prigione momentanea durò troppo poco per i miei gusti. L’unica cosa positiva fu la vista di Angela davanti l’entrata, intenta ad aspettarmi.

Appena mi vide, le spuntò un dolce sorriso che le illuminò il viso.

Scesi come un fulmine dall’auto salutando a stento papà che disse qualcosa di incomprensibile sul comportamento delle ragazze di oggi.

Senza inciampare camminai velocemente verso Angela e le diedi un bacio sulla guancia.

Notai che papà aspettava che entrassi in classe così mi avviai per non fargli fare tardi a lavoro… gli avevo già fatto perdere parecchio tempo stamattina.

<< Le treccine ti stanno benissimo >>, commentai  notando la mia stessa acconciatura, mentre ci dirigevamo verso l’ingresso.

Cercavo di non pensare troppo a quello che mi sarebbe successo di lì a poco. Non volevo pensare che forse avrei dovuto parlare in pubblico davanti a tutta la classe per presentarmi… sapevo che sarebbe andata così, anche alle scuole materne mi era successo.

<< Grazie, anche tu stai bene! Ma ora cerca di tranquillizzarti, Bells >>.

La guardai sorpresa.

Non sapevo come facesse a capirmi così bene… forse perché mi conosceva, ipotizzai.

Le sorrisi debolmente e mi concentrai sulle mie scarpe continuando a camminare.

 

La scuola elementare di Forks non era un grande edificio, comprendeva solo cinque classi, proprio perché c’erano pochi alunni che la frequentavano.

Tra questi c’erano loro: tre bambine pestifere che tormentavano me ed Angela da quando le conoscevamo.

Forse era anche questo uno dei motivi per cui la scuola proprio non mi piaceva!

Mi ero accorta che erano proprio dietro di noi perché si sentivano delle risatine.

Io ed Angela, solitamente, le ignoravamo sperando che un giorno sarebbero cresciute e avessero smesso di prenderci in giro.

 Ma anche questa volta, nonostante non le considerassimo, cominciarono a deriderci.

<< Ma guarda un po’ Bella ed Angela… >>, disse Lauren, la bambina bionda rivolgendosi alle sue due amiche.

<< Chi vi ha pettinate? Pollyanna? >>, continuò Jessica, il “capo” delle tre arpie.

<< Non lo sapete che le treccine non sono più di moda alle elementari? >>, terminò Leah, l’ultima del gruppo.

Io ed Angela, continuammo ad ignorarle, ma notai che la mia amica era nervosa. Io, ormai, avevo smesso di rimanerci male, più che altro mi facevano pena.

La guardai con uno sguardo interrogativo. Lei era sempre calma, dolce e riflessiva, non era da lei.

Ad un tratto sentimmo urlare una di loro, e per curiosità ci voltammo.

Quello che vidi mi fece ridere talmente forte che tutta la scuola si girò a guardarmi e mi imitò: Jessica, Lauren e Leah  erano ricoperte da una strana sostanza viscida di un colore tendente al marroncino. E non si spiegavano come era possibile che fossero state colpite,  in testa, contemporaneamente.

Guardai Angela con sguardo interrogativo, sembrava decisamente soddisfatta e non mi spiegavo il perché.

E come era potuto succedere che fossero state colpite nello stesso istante?

Nonostante le domande a cui non avrei saputo rispondere, ipotizzai che per un po’ non ci avrebbero dato fastidio!

Entrai un tantino più tranquilla in classe. Ero serena perché, nella tasca del mio cappotto, avevo il telefonino di Edward. E poi aveva promesso che sarebbe venuto a prendermi all’uscita, e lui manteneva sempre le sue promesse!

 

 

 

N.B. nulla è casuale… XD dico solo questo!

IL TITOLO: domani lo cambierò e inserirò quello suggerito da yara995: la settima anima…

Che ne pensate? Si accettano suggerimenti e nuovi titoli perché non so ancora… ne sto cambiando uno a capitolo XD potrebbe andare no? Huhu

Poi… ho risposto a tutte le vostre recensioni con la nuova opzione di Efp XD stupenda XD

Passiamo alle cose serie:

Per scrivere questa nuova ficci ho riletto l’ultimo capitolo di Sette Anime… e devo dire che mi sono emozionata! È stata una storia breve ma sentita. Diciamo che è la mia preferita tra quelle che ho scritto…

 

Tornando a noi… ho fatto anche delle ricerche su come spiegare ai bambini il concetto della morte… ho presupposto che il nostro Eddino, avendo letto molti libri, abbia anche nozioni di psicologia… anche perché lui ci tiene alla crescita di Bella no?

Per quanto riguarda il comportamento di quest’ultima… non vorrei che apparisse una ragazzina viziata e troppo coccolata… i Cullen sapevano che per lei non era una cosa facile, conoscendola… poi vedrete in seguito :D

Spero vi sia piaciuta… lasciate un commentino, sono curiosa di sapere cosa ne pensate! :P

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Eccomi finalmente con un nuovo capitolo… scusate se sembra quasi che l’abbia partorito, ma sono stata distratta da ben 2 telefilm, e poi sono un po’ scoraggiata… BUONA LETTURAAAAA!!!

Sotto trovate i ringraziamenti e ulteriori spiegazioni!

 

 

Capitolo 2

 

<< Alice, secondo te come è successo? >>, le chiese Edward mentre si dirigeva verso la scuola superiore di Forks.

<< Non ne sono ancora sicura, il mio piano serviva proprio per smascherarla, ma non ha funzionato come avrebbe dovuto >> gli rispose mesta la sorella.

<< Credi che sia in pericolo? >>. Il suo sguardo era davvero preoccupato.

<< Non credo, è una brava bambina, con sani principi. E vuole molto bene a Bella, non le succederà nulla >>.

Alice non ne era molto sicura, ma riuscì a mascherarlo bene al fratello.

Nonostante non riuscisse a vedere del tutto il futuro di Angela, era sicura che la sorellina non correva alcun pericolo. Proprio per questo motivo, doveva tenere i suoi pensieri alla larga da Edward.

Arrivati a scuola, i cinque fratelli Cullen scesero dall’auto catturando gli sguardi di tutti i presenti.

Si presentavano bene, nessuno poteva dire il contrario, e il fatto che fossero anche molto ricchi, non li aiutava a mantenere l’anonimato.

Quasi nessuno osava avvicinarsi ai Cullen, la loro natura metteva in guardia gli umani, facendo prevalere l’istinto di sopravvivenza, più che l’attrazione.

Si dirigevano verso l’entrata quando, improvvisamente…

 

<Bellaa… Bellina, svegliati!!! >>.

<< Mmm… >>, dalle mie labbra impastate di sonno uscì solo un mugolio, non volevo alzarmi, era Domenica, e sembrava pure molto presto.

<< Bellinaaa, dai alzati, smettila di fare la “Bella” addormentata! >>.

<< Emmett, che vuoi? Lasciami in pacee, voglio dormire ancora >>. Continuava a scuotermi, non demordeva.

<< Devi alzarti, ho deciso di organizzare il primo evento dell’anno: la mitica giornata della famiglia Cullen! Ho pensato di chiamarla, per abbreviare, M.G.F.C… >> continuava a parlare imperterrito, come i radiocronisti sportivi nel descrivere un goal.

Mi riaddormentai in meno di un minuto, ai miei sensi ancora assopiti dava l’idea di una litania.

Come potevo resistere al richiamo di Morfeo?

Dopo un tempo che mi sembrò brevissimo, sentii due pesi saltellare sul mio letto. Non osavo pensare che potevano essere Alice e Rosalie, non avrei più avuto scampo.

Ma, dopo poco, se ne aggiunse un altro e altri due ancora.

Aprii gli occhi incuriosita e mi ritrovai davanti tutta la mia famiglia.

Il silenzio durò solo pochi secondi perché Alice ed Emmett iniziarono a discutere sulla sigla di quella giornata.

Mia sorella, cercava di far capire ad Emmett che era meglio C.F.D., il giorno dei Cullen in inglese, ma Emmett non voleva sentire ragioni, diceva che l’aveva inventato lui e che lo avrebbe chiamato come meglio credeva.

Jasper e Rosalie cercavano di farlo ragionare, ma si impuntò.

Mi venne in mente una cosa…

Mi avvicinai all’orecchio di Edward e gli sussurrai il mio piano.

Mi fece un cenno di assenso e ci fiondammo su Emmett per fargli il solletico. Tutti ci imitarono, mentre Emmett cercava di liberarsi.

 

<< Prometto che non lo farò più, adesso lasciatemi >>.

Jasper ed Edward lo tenevano per le braccia e le gambe, mentre io, Rosalie ed Alice gli facevamo il solletico. Mamma e papà cercavano di farci smettere ma ridevano anche loro.

Era troppo divertente, non riuscivo a smettere di ridere, mi sentivo bene, adoravo questi momenti in famiglia.

Quando Alice decretò che potevamo credere a ciò che aveva detto Emmett, Jasper ed Edward si allontanarono consentendogli di alzarsi.

La giornata prevedeva una gita in montagna con tanto di barbecue e tende da campeggio, saremmo tornati la mattina dopo.

Avrei tanto voluto invitare anche Angela, ma sapevo che nel week-end avrebbe fatto visita ai nonni materni in Alaska.

Per il viaggio, utilizzammo tre auto. I bagagli erano troppi perché, come al solito, Alice e Rosalie non si erano risparmiate.

Io ero in macchina con Edward, poi c’erano mamma e papà, e nell’ultima auto il resto dei miei fratelli.

<< Ti va un po’ di musica? >>, mi chiese Edward mentre metteva in moto il motore.

Per arrivare nel luogo in cui avremmo campeggiato, ci sarebbero volute cinque ore, un po’ di musica era il minimo.

<< E lo chiedi?! >>, gli risposi ridendo.

Adoravo viaggiare in auto con Edward. La sua macchina mi infondeva calma, e l’odore leggero di vaniglia misto a pelle, mi piaceva un sacco.

Inserì un cd, solitamente ascoltavamo musica classica, ma stavolta partì una canzone di tutt’altro genere.

<< Fantastica! È la sigla di Sailor Moon, la adoro! >>, urlai riconoscendola all’istante.

<< Emmett. Solo lui poteva fare una cosa simile >>, decretò Edward atono.

Nel cd c’erano tutte le sigle dei cartoni animati che di solito vedevamo il pomeriggio io ed Emmett, dallo sguardo di Edward capii che non gli faceva molto piacere, ma dopo un po’ lo convinsi a cantare con me.

Mi piaceva sentire la sua voce, era intonatissimo, e con le sigle diventava troppo buffo.

<< Che ne dici di cambiare un po’ genere? >>, suggerii quando finì il cd.

Mi sorrise riconoscente e inserì il cd che ascoltavamo sempre.

Era di un musicista italiano bravissimo che componeva musica al pianoforte.

<< Come vorrei saper suonare il piano… >>, sospirai sognante.

<< Potrei insegnartelo se vuoi >>.

A volte dimenticavo che Edward sapesse fare quasi tutto.

Annuii grata concentrandomi sulle note, non vedevo l’ora di prendere lezioni. Sentivo che era un modo per esprimermi, se avessi imparato decentemente, ovviamente.

 

<< Presto o tardi lo scoprirà, e io voglio dirglielo >>. Alice, insieme al resto dei Cullen, lo guardò in maniera preoccupata. Era combattuta.

Da un lato, voleva svelare tutto alla sorellina e non vivere più fingendo di essere un’umana; dall’altro, aveva il timore che Bella non l’avrebbe presa bene.

<< Ti capisco, Alice, ma non voglio più mentirle, ormai è grande e può essere in grado di accettarlo >>, le rispose Edward dopo aver letto i suoi pensieri.

<< Le tue visioni non aiutano, ci hai detto che potrebbe fuggire, che potrebbe non voler stare con noi… >>, controbatté Carlisle.

<< Io non voglio perderla, Edward, le voglio bene >> come se fosse la figlia che non ho mai avuto, concluse mentalmente Esme, preoccupata.

<< Io credo che non debba venirne a conoscenza, almeno non ora, rischieremmo di scatenare una guerra se si venisse a sapere >>.

Jasper era sempre il più tattico, ma nel suo cuore di marmo non voleva separarsi da Bella. Lei, come solo Alice era riuscita a fare, aveva superato la barriera che lo difendeva dai legami affettivi. Oltretutto, il suo profumo, era l’unico al quale Jasper era riuscito a resistere.

<< Io non voglio più mentire a Bellina, credo che debba saperlo… e sarebbe anche meglio se più in là la trasformassimo >>.

Emmett, oltre che esporre la propria opinione, aveva tirato in ballo un altro aspetto della confessione: Isabella, prima o poi, sarebbe potuta diventare, a tutti gli effetti, parte integrante della famiglia… una vampira.

Decidemmo che al momento non era il caso di parlarne, c’erano problemi più urgenti da affrontare.

Tutti si voltarono verso Rosalie, era il suo momento di parlare, non aveva detto ancora nulla.

<< Io non voglio che ci lasci, le voglio bene… anche più del bene che si vuole ad una sorella. Però, penso che debba saperlo. Bella è una bambina intelligente, e molto fantasiosa – aggiunse sorridendo dolcemente –, saprà accettarci per quello che siamo >>.

<< Allora credo che dovremmo dirglielo, ho fiducia in lei >>, disse Alice con il suo solito tono. Era di nuovo allegra e speranzosa, non aveva avuto visioni ma era certa che sarebbe andata bene.

La maggioranza c’era, Bella l’avrebbe saputo.

Ma quando? E da chi?

E soprattutto, come l’avrebbe presa?

 

<< Tesoro, sveglia, siamo quasi arrivati >>.

Un dito freddo mi accarezzava lievemente la guancia. Era il profumo inconfondibile di Edward.

Dovevo essermi addormentata…

Aprii lentamente gli occhi e mi ritrovai davanti un paesaggio magnifico.

C’erano tantissimi alberi dalle foglie multicolori, molte delle quali erano posate sul suolo. Sebbene intorno a noi c’erano altre montagne, avevo la sensazione di trovarmi in uno spazio aperto, libero da costrizioni.

C’era della neve sulle montagne circostanti e, ogni tanto, in cielo si vedevano volare delle aquile.

Aprii il finestrino e sentii immediatamente freddo, ma l’aria frizzante che respirai era una sensazione impagabile.

Edward mi sgridò dicendomi che avrei potuto prendermi una bronchite, ma mi sentivo felice, avrei voluto correre per ore senza fermarmi… anche se, probabilmente, a fermarmi ci avrebbe pensato qualche caduta.

Il tempo era perfetto per un’escursione, non faceva troppo freddo e il sole era leggermente coperto, non ci avrebbe riscaldato troppo.

Mi sarebbe piaciuto stare un po’ al sole, ma nella penisola di Olimpia non ci si poteva aspettare troppo, il sole era un evento più unico che raro.

Riflettendoci, mi resi conto che era da quando ci eravamo trasferiti a Forks che non vedevo più il sole. Quando abitavamo in Alaska, c’era spesso, ed era luminoso, mi ricordava i brillantini.

<< Edward, sai dove mi piacerebbe andare qualche volta? Sulla spiaggia, quando c’è una bella giornata di sole >>, dissi.

Ci pensò un attimo su.

<< Va bene, credo che si possa fare, semmai quando farà più caldo >>.

Sembrava strano, ma non vi badai, ero troppo intenta a guardarmi attorno. Volevo scendere dall’auto e aiutare Emmett e Jasper che stavano montando le tende.

 

<< Jazz, basta ti prego… sono stanca >>, piagnucolai sdraiandomi sull’erba con la speranza di convincerlo a smetterla.

Doveva essere più di un’ora, ormai, che tentava di insegnarmi l’autodifesa.

<< Ma non doveva essere una giornata per rilassarsi? >>, continuai.

<< Tecnicamente, la giornata della famiglia Cullen prevede solo lo stare insieme >>, precisò Emmett in tono saccente.

Un mio sguardo truce bastò a farlo zittire mentre Alice e Rosalie se la ridevano.

Guardai male anche loro. Ero arrabbiata perché non mi salvavano da quella tortura.

Mi girai alla ricerca di Edward, non lo vedevo in giro.

Ipotizzai che poteva essere nei paraggi con mamma e papà, visto che erano spariti anche loro.

<< Sono andati a fare una passeggiata >>, mi rispose Alice ad una domanda che non avevo ancora pronunciato.

Le succedeva spesso di concludere frasi o rispondere a domande che avevo intenzione di affermare.

Sembrava quasi che mi leggesse nel pensiero!

Gli esercizi di tortura continuarono.

Jasper cercava di insegnarmi a parare colpi  o a muovermi in modo che un eventuale aggressore venisse messo K.O. senza necessitare di una forza straordinaria. Mi spiegò che era tutta questione di leve e nominò un famoso scienziato in grado di sollevare il mondo. Ne avevo già sentito parlare a scuola, ma avrei chiesto ulteriori spiegazioni ad Edward, appena si fosse fatto vivo.

<< Ok, ditemi ciò che volete, ma ci rinuncio. Non è possibile! >>. Non sapevo se sentirmi offesa o sollevata.

Jasper, dopo una mia ennesima caduta, si era rifiutato di continuare.

Proprio non riuscivo a rimanere in piedi, o a mantenere l’equilibrio.

<< Meglio così perché è ora di pranzo >>, annunciò mamma sbucando all’improvviso.

Non mi ero accorta che erano tornati, ma ne fui felice.

Di solito, non adoravo pranzare, soprattutto se c’erano verdure o legumi, ma oggi il menù mi piaceva.

Mamma aveva preparato la pasta al sugo e la carne arrostita con contorno di patatine fritte, il mio pranzo preferito.

Ci sedemmo in cerchio, sopra una grandissima coperta di lana a quadri. Era così bello pranzare all’aperto che quasi non mi resi conto del silenzio che ci circondava.

Tutti erano particolarmente taciturni, soprattutto Emmett che, di solito, non smetteva mai di ciarlare.

Lo feci notare e, all’istante, cambiarono espressione iniziando a parlare del più e del meno.

Era troppo strano non notare la differenza da una normale conversazione, doveva essere successo qualcosa.

Sarebbe stato inutile chiederlo ora, l’esperienza mi suggeriva che in presenza di Alice e Rosalie, introdurre un discorso serio era impossibile. Iniziavano a parlare di tutt’altro, riempiendoti la testa di parole su parole, finché non ti dimenticavi la domanda iniziale.

Ne avrei parlato ad Edward, in privato.

 

Il pomeriggio trascorse tranquillo, tra risa e giochi, avevo sempre l’impressione che qualcosa non andasse, ma non dissi nulla, dovevo essere paziente.

L’indomani, durante il viaggio di ritorno, tutto sarebbe stato chiarito, potevo anche sbagliarmi.

 

 

Note Autrice:

Meglio di così proprio non riesco a fare… ci ho messo un’eternità, lo so, ma non è stato facile continuare… e ho aggiunto solo poche righe a quello che avevo già scritto in precedenza!

Se trovate questo capitolo orrendo, ditemelo subito! A me sembra proprio così -.-‘’

Ringrazio di cuore le ragazze che mi hanno lasciato un commentino… è così bello riceverne quando si è scoraggiate!

Vabbè vi lascio… non lanciatemi troppi pomodori virtuali!

PS.

AAA Cercasi Beta! Credo di averne proprio bisogno! ^_^  

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Buonasera ragazze! Eccomi con un nuovo capitolo… so che è un po’ cortino ma ho pensato che meglio così che aspettare un altro secolo :D quindi….

Buona lettura a tutte!!!!

 

 

 

Capitolo 3

 

Ero riuscita a chiedere ad Edward cosa fosse successo? Certo che no.

Sembrava quasi che avesse previsto tutto. Avevo tentato in tutti i modi di introdurre il discorso, ma ogni volta sembrava che avesse qualcosa di meglio di cui parlare.

Ultimamente, c’erano molte cose strane che proprio non mi tornavano…

Sapevo bene di essere stata adottata, come tutti i miei fratelli, eppure in loro notavo delle somiglianze che io non possedevo.

Non ci avevo mai fatto caso, ma era un bel po’ che ponderavo sul fatto che tutti i miei fratelli, compresi i miei genitori, avessero lo stesso colore degli occhi.

Tra i tanti compagni di scuola, nessuno li aveva di quel colore così luminoso quanto intenso… quasi miele.

Inoltre, mi sembrava sempre che tutta la mia famiglia mi nascondesse qualcosa di importante.

I miei veri genitori non li avevo mai conosciuti. Mi avevano sempre detto che mia madre era morta mettendomi al mondo e che di mio padre non si era mai saputo nulla.

Non avevo mai chiesto di loro, eppure ora mi ritrovavo a pensarci.

Esme e Carlisle non mi avevano mai fatto mancare nulla, e non solo per quanto riguardava le cose materiali.

Avevo sempre avuto affetto, ascolto e coccole… soprattutto quelle di Edward.

Sorrisi ai molteplici ricordi che raffiguravano Edward al mio fianco.

Lui c’era sempre quando cadevo, quando avevo gli incubi o, semplicemente, quando facevo i capricci. Mi parlava con tranquillità e cercava di farmi ragionare, riuscendoci sempre.

Ripensai anche ai miei giochi…

Emmett era il mio bersaglio preferito.

Se anche cercava di rifiutarsi, glielo chiedevo finché non cedeva, complice soprattutto il mio sguardo da cucciolo!

Adoravo giocare alle Barbie con lui, mi faceva divertire un sacco. Impersonava ogni singola bambola facendo delle vocine assurde e si arrabbiava quando cercava, invano, di cambiargli i vestiti.

Anche con Alice e Rosalie era divertente giocare, nonostante la maggior parte delle volte il gioco fossi io.

 

<< Bella… >>.

Mi ridestai dai miei pensieri, Angela stava cercando di attirare la mia attenzione senza farsi scoprire dalla maestra. Cercò di spiegarmi, a gesti, che Mike, ad un banco dietro di noi, mi stava guardando, insistentemente, e che, tra le mani, aveva qualcosa che credeva fosse per me.

Mi girai a guardarlo e lui, come se gli avessi concesso qualche privilegio eccezionale, mi sorrise, con uno sguardo che gli illuminò tutto il volto.

Di rimando gli sorrisi anche io, ma il mio, era un sorriso di circostanza, imbarazzato.

Mi porse un bigliettino, era un foglio di quaderno strappato. Non sapevo se afferrarlo, l’unica cosa di cui ero sicura era che non avevo per nulla equilibrio. Ma il suo sguardo sembra quasi supplichevole, non me la sentivo di non accettare il bigliettino.

Mi girai lentamente inclinando la sedia e lo afferrai cercando di non farmi vedere dalla maestra ma, ovviamente, la mia goffaggine mi fece perdere l’equilibrio. La sedia si inclinò troppo e rischiai di rovinare a terra.

Angela era il mio angelo custode…

Si, la mia migliore amica, ancora una volta mi aveva salvata da qualche caduta stratosferica.

Fece pressione sul lato anteriore della sedia facendomi riprendere la stabilità.

<< Bella – mi sgridò – cerca di fare più attenzione una buona volta. Se fossi stata distratta saresti di sicuro caduta con la faccia a terra! >>.

Sospirai grata che mi avesse salvata, ma poco dopo mi ritrovai a guardarla colpevole…

Angela era davvero il mio angelo custode!

 

<< E poi? Cosa è successo dopo? La maestra si è accorta di voi? E sul biglietto? >>.

Rose e Alice alle volte mi sembrano troppo interessate ai miei problemi da bambina… mi chiedevo spesso se il loro aspetto era solo una maschera che camuffava la loro età reale.

Stavolta, però, anche la mamma sembrava partecipare attivamente alla conversazione e lei era il genitore, era sempre stata “l’adulto”. Doveva essere qualcosa di prettamente femminile, allora.

Arrossendo un pochino ripensai a cosa era successo dopo aver letto il bigliettino.

Ero parecchio confusa, dovevo ammetterlo, non avevo mai pensato a cose simili, mi ero sempre detta che alla mia età non fosse concepibile…

E Mike…

Non avevo mai neanche pensato a lui, figuriamoci in quel senso!

Alice e Rose sembravano impazzite. Saltellavano sulla sedia come se avessero qualcosa sotto il sedere che le pizzicava.

La cucina sembrava essere diventata uno studio televisivo dove la protagonista della serata ero io.

Che orrore!

Stufa delle loro continue domande, e troppo imbarazzata per leggere il bigliettino, glielo porsi.

Me lo strapparono di mano in un secondo iniziando a leggere, come una cantilena, ad alta voce per far sentire anche la mamma.

<< Bella – iniziarono in coro – ti vuoi mettere con me? >>.

Che imbarazzo!

Rimasero per un secondo in silenzio, poi Alice iniziò a sproloquiare.

<< Ma come?! Nient’altro? Questo Mike deve essere proprio un rozzo! E poi? Questi quadratini a che servono? Si, no e forse, – continuò a leggere – cosa crede, che una bambina intelligente come te non sappia dare una risposta decente? >>.

Si stizzì, incrociò le braccia al petto e rimase in silenzio, sotto il mio sguardo completamente attonito.

<< E quindi? – continuò Rosalie – Cosa gli hai risposto? Qui non c’è scritto nulla… >>.

<< Non gli ho detto nulla… appena è suonata la campanella sono scappata fuori… >>.

Rimasero in silenzio per un po’, non sapendo cosa dire, poi scoppiarono a ridere senza ritegno. E mamma non era da meno!

Neanche più lei mi appoggiava?

Che amarezza!

<< Brava Bella, hai fatto bene! Quel grezzo non la merita una risposta! >>. Alice si riprese rispondendo risoluta.

Mamma e Rosalie annuirono ma io non sapevo cosa pensare.

Ero fuggita per la vergogna non perché per me Mike fosse un rozzo o un grezzo, come l’aveva soprannominato Alice.

Mi era sembrato tanto timido, quasi dolce, non potevo non rispondergli. Ma cosa potevo mai dirgli?

Ci avrei pensato l’indomani, forse, come diceva sempre mamma, la notte avrebbe davvero portato consiglio!

 

 

 

 

Bhè… spero vi sia piaciuto :D

Ringrazio tutti per i commenti, e per avermi aggiunta nei preferiti e quant’altro XD alla prossimaaaaa!!!!!

 

N.B. il prologo e il primo capitolo sono stati modificati, solo la forma non il contenuto!

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Buonasera, eccomi finalmente :) Scusate l’attesa ma non ero per niente convinta, e questa storia a volte mi sembra così noiosa… vabbè, buona lettura :D e se vi va correte a dare uno sguardo alla storia che ho pubblicato ieri sera XD Old heart

ps. Rispondo ora alle vostre recensioni :D

 

Capitolo 4

 

 

Dovevo essermi addormentata.

Non ne ero del tutto certa ma percepivo una superficie morbida sotto di me ed ero avvolta da un piacevole tepore.

Ricordai che stavo ascoltando Edward suonare il piano e che mi ero stesa sul divano per riposare un po’. Era talmente piacevole udire quelle dolci note che la mia mente era irrimediabilmente piombata nell’incoscienza. Non perché fosse noioso, anzi, le sue mani delicate riuscivano a rendere quello strumento così grande e freddo, duttile, quasi di creta. Riusciva a esprimere ogni suo stato d’animo o a trasmettere, semplicemente, qualsiasi emozione volesse donarti.

Quando Edward suonava il pianoforte, riuscivo a comprendere quasi sempre cosa gli passasse per la mente. Mi era capitato spesso di porgli domande sui suoi pensieri che non si sarebbe mai aspettato da me, e mi era bastato ascoltarlo.

Le note che mi avevano fatta addormentare non si sentivano più, al loro posto dei sussurri e delle imprecazioni arrivavano alle mie orecchie.

Cosa stava succedendo?

<< No, Alice, questo non possiamo permetterlo >>. Doveva essere Jasper, e mi sembrava preoccupato.

Non riuscivo a cogliere tutto, parlavano sottovoce, le uniche parole che avevo compreso, perché sentite più volte, erano “Volturi” e “Forks”.

Il primo termine non lo conoscevo, mi sembrava il nome di un gruppo rock… ma perché la mia famiglia avrebbe dovuto stare in ansia se si fosse trattato di musica?

<< Non ora, questo non è il momento adatto. No, Alice, non possono superare il confine >>. Edward sembrava davvero nervoso.

Doveva essere qualcos’altro…

<< Cosa succede? >>.

La mia bocca ovviamente non poteva rimanere serrata, avevo dovuto parlare per forza.

Mi maledii mentalmente per non essere rimasta zitta e immobile ancora un po’. Avrei dovuto affinare le mie doti di investigatrice.

Improvvisamente calò il silenzio attorno a me, come se nessuno si fosse accorto che io ero sempre stata sul divano, accanto a loro.

Quando aprii gli occhi notai gli sguardi preoccupati di tutti, da Edward a mamma.

Alice mi venne subito incontro, e accarezzandomi la fronte mi tranquillizzò dicendomi che andava tutto bene.

E allora perché sembrano tutti delle statue?!

<< Non vi credo! – Sbottai all’improvviso colta da uno strano nervosismo – Voglio sapere la verità! >>.

Di punto in bianco mi sentivo arrabbiata col mondo, non volevo più fingere di non notare cose strane, dovevo sapere.

Mamma, papà e Rosalie rimasero immobili, come statue, Emmett era tranquillo, guardava tutti come se aspettasse che qualcuno mi rispondesse.

Alice ed Edward, invece, guardavano Jasper. L’una con lo sguardo soddisfatto, come se avesse appena ottenuto qualcosa, e l’altro con incredulità.

Mi alzai in piedi e mi posizionai di fronte a loro, con le mani sui fianchi e lo sguardo di sfida.

<< Allora? >>, continuai.

Fu papà, il primo, a cercare di darmi spiegazioni.

<< Siediti, tesoro. Credo che sia il momento giusto di rivelarti tutto >>.

Rivelarmi cosa?!

Mi indicò il pouf posizionato proprio di fronte a loro e feci come mi diceva.

 Non riuscivo a rilassarmi, nonostante la voce tranquilla e pacata di papà.

Lo vedevo in difficoltà, e non riuscii proprio a spiegarmene il motivo. Papà era sempre preparato su tutto…

<< Ehm, vedi Bella, io, tua madre e i tuoi fratelli, siamo speciali, da un certo punto di vista >>, esordì con poca convinzione.

Tutti lo guardavano con le fronti aggrottate come a voler tentare di capire dove volesse arrivare.

<< Al mondo, oltre alla specie umana e animale, che ovviamente già conosci, ne esistono altre… >>, proseguì.

Sembrava una lezione di scienze, ma che significava?

<< Noi… siamo… vampiri >>. Disse all’improvviso, come a volersi togliere subito il pensiero.

Tutto mi aspettavo fuorché quello.

Come, vampiri?!

Non avevo letto ancora nessun libro a riguardo, Alice me li aveva nascosti tutti perché li reputava non adatti per una bambina della mia età.

Cosa sapevo io dei vampiri?

Rimasi immobile a fissare un punto indefinito del soggiorno. Sentivo tutti gli sguardi puntati su di me, con apprensione.

Avrei dovuto dire qualcosa? Urlare? Scappare?

La rabbia che provavo prima mi aveva completamente abbandonata, adesso non mi sentivo più invincibile e pronta a tutto bensì piccola e insignificante, non in grado di compiere nessun gesto.

Li guardai negli occhi, uno per uno. Non ebbi il coraggio di dire nulla, l’unica cosa che mi suggerivano i pensieri era di fuggire, di allontanarmi il più possibile da quella casa.

Senza pensarci due volte mi voltai e iniziai a correre. Attraversai l’ingresso diretta verso l’esterno.

Uscita, inspirai più e più volte, pronta a riprendere la mia fuga.

Proseguii lungo il vialetto, cercando di non inciampare sulla ghiaia mentre i miei piedi si susseguivano velocemente l’uno dietro l’altro producendo un rumore che sembrava assordante.

Il vialetto che mi avrebbe condotta oltre il cancello principale mi sembrava interminabile, come in un incubo in cui non riesci mai a raggiungere la porta che desideri aprire.

Avevo un unico pensiero nella mente.

Dovevo vedere Angela.

Solo lei avrebbe potuto darmi la sensazione che tutto intorno a me non stava sprofondando. Lei era l’ultimo porto sicuro.

Mi conosceva, praticamente, dalla nascita. Avrebbe di certo saputo come calmarmi.

Ma cosa le avrei mai potuto raccontare?

Non solo la notizia era del tutto inverosimile ma, probabilmente, mi avrebbe scambiata per una pazza squilibrata.

Forse non era un’ottima idea andare da lei…

Mi bloccai all’improvviso, proprio davanti al grosso cancello in ferro battuto che costituiva l’entrata di Villa Cullen.

Non avevo idea di cosa fare.

Ma mi accorsi che non era quello il momento giusto per pensarci.

Davanti a me, in un auto nera splendente, l’ultima persona che mi aspettavo di trovare…

<< Avanti, Sali! >>, mi ordinò.

 

Chi credete che sia? Si accettano scommesse! XD prometto che al decimo commento aggiorno, il cap è già quasi pronto! XD

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Ero ancora del tutto sconvolta, non solo per gli ultimi avvenimenti che avevano scombussolato enormemente la mia vita, le mie certezze.

Tutto sarebbe cambiato, io sarei cambiata.

<< Dai, Bella, che aspetti? >>.

Feci come mi diceva, nonostante il mio cervello ci mettesse un po’ più di tempo per elaborare.

Salita in macchina lo guardai dritto negli occhi.

Non avevo mai fatto davvero caso al suo sguardo tormentato. Uno sguardo che sembrava nascondere molto più di ciò che avevo scoperto negli ultimi minuti.

Jasper mi era sempre sembrato un tipo chiuso, sulle sue, ma forse era solo una sorta di barriera per difendersi dal mondo esterno.

<< Conosco le tue intenzioni e non cercherò di farti cambiare idea >>, disse all’improvviso.

In che senso?!

<< Ti accompagnerò personalmente a casa di Angela – continuò – e ti verrò a riprendere quando deciderai di tornare a casa tua >>, specificò.

Come faceva a sapere che sarei andata da Angela?!

<< Bella, ci sono molte cose che devi sapere, e giuro che ti diremo tutto al tuo ritorno. Neanche per noi è facile questa situazione, e ci saranno delle conseguenze… non del tutto piacevoli >>, aggiunse guardando lontano, oltre la strada che stavamo percorrendo.

Tutto mi appariva così inverosimile.

Come era accaduto? Un attimo prima ero la bambina più spensierata del mondo… o quasi. Ma di certo non vorticavano tutti questi pensieri nella mia mente!

<< Ok… >>, riuscii a dire.

<< Grazie per il passaggio >>.

<< Figurati – mi sorrise debolmente – credo che avrete molto di cui parlare >>, mi disse indicandomi casa di Angela.

 Improvvisamente, senza pensarci troppo, lo abbracciai.

Non erano gesti che ci concedevamo spesso, Jasper diceva sempre che le “smancerie”, come le chiamava di solito, non erano fatte per lui.

Ma io lo osservavo. Quando gli si avvicinava Alice, o quando lo accarezzava, sembrava un gattino pronto alle fusa, gli piacevano eccome!

Ipotizzai che il suo fosse solo un modo per distaccarsi, un sistema per erigere le sue barriere.

Io le avevo abbattute, le avevo superate con un semplice abbraccio.

In quel momento non avevo pensato alla storia dei vampiri – che strana parola – o a tutto il resto, mi aveva guidata solo l’istinto.

Lo salutai con la mano e scesi dall’auto. Appena i miei piedi toccarono terra la porta d’ingresso si aprì e Angela sbucò dall’interno.

La guardai sorpresa, sembrava che tutti conoscessero le mie intenzioni.

<< Avanti entra, Bella. Alice mi ha chiamata dicendomi che stavi arrivando. Cosa è successo? Sembrava preoccupata… >>.

Alice l’aveva avvertita?

Decisi di non pensarci e di concentrarmi solo sulla mia migliore amica.

Appena avevo attraversato l’uscio, mi ero sentita molto più tranquilla, complice anche il favoloso odore di biscotti appena sfornati.

Sapevo che il padre di Angela, dopo la morte di sua madre, era diventato un cuoco fantastico, e i dolci erano la pietanza che gli riusciva meglio in assoluto.

Angela prese un piatto dal tavolo e si diresse verso le scale. Arrivate in camera sua, chiuse la porta a chiave e ci sedemmo a terra, una di fronte all’altra con le gambe incrociate. Al centro il piatto con i biscotti al cioccolato fumanti.

Cosa le avrei dovuto raccontare? Come l’avrebbe presa se le avessi detto la verità?

<< Bella,non  so che ti è successo… ma prima devo dirti assolutamente una cosa >>, disse risoluta interrompendo i miei pensieri.

<< Anzi, forse è meglio se te la mostro >>, si corresse.

La guardai incuriosita mentre chiudeva gli occhi e abbassava il capo.

Non me ne accorsi subito, dietro di me qualcosa si muoveva. Mi girai di scatto e notai un portafoto che librava sopra la mia testa.

<< Che cos’è uno scherzo? >>. La mia voce non poteva essere più acuta e terrorizzata.

Qualcosa mi diceva che tutto era, fuorché uno scherzo.

Appena udì la mia voce spalancò gli occhi e un rumore di vetro infranto rimbombò nella camera, irrealmente silenziosa.

<< Ci riprovo se vuoi… >>.

<< NO! >>, urlai di scatto.

Era troppo per me, i miei nervi avevano un limite…

<< Bella, credo di essere una… strega… >>, l’ultima parola era incerta.

Non poteva essere…

Non anche lei!

Esisteva qualcuno di normale attorno a me?

<< Cos’è una congiura? Un esperimento soprannominato “Vediamo quando impazzirà Bella”? Un complotto contro di me e la mia sanità mentale? >>.

<< Non capisco, Bella… >>.

In effetti non avrebbe avuto modo di comprendere, lei non sapeva.

<< Credo di averlo sempre saputo – continuò improvvisamente seria – ma i miei poteri sono nati solo dopo… ehm… la morte di mia madre >>, concluse arrossendo.

Angela non parlava mai di sua madre. Io che la conoscevo evitavo completamente l’argomento e tutto ciò che si poteva avvicinare, ma quando le persone estranee le facevano domande, lei rispondeva come se nulla fosse successo. Preferiva non dare troppe spiegazioni.

<< Ho trovato un libro, - aggiunse – c’è scritto quasi tutto quello che ho bisogno di sapere, ma non so ancora se posso mostrartelo… >>.

Rimasi in silenzio, cercando di riordinare le idee.

<< Mi sto allenando a usare i miei poteri, a fare in modo che non succedano cosa strane… ricordi il regalino a Jessica e compagne? Credo sia stata opera mia… >>, ammise sorridendo.

L’ascoltavo parlare e parlare, ma una parte dei miei pensieri non era rivolta a lei. Era successo tutto troppo velocemente, non c’era solo la questione “vampiri”, si erano aggiunte anche le streghe. Cosa mancava all’appello?

Avrei dovuto documentarmi, al più presto...

Angela sembrava così entusiasta, come se avesse unito tutti i pezzi del suo puzzle. Sembrava terribilmente completa, e sicura di sé, quasi irriconoscibile.

Se non fosse stato per il suo dolce sorriso, e quegli occhi sempre luminosi, avrei di certo dedotto che i poteri avrebbero potuto darle alla testa.

<< …e posso fare un mucchio di altre cose. Riesco a percepire tutto ciò che mi circonda, sul libro c’è scritto che la Natura è mia amica, è da lì che ricavo la forza per aumentare il mio potere. Percepisco anche te, nella Natura… - si accigliò per un momento, poi continuò – non so bene come definirti, ma lo capirò! >>.

Volevo davvero condividere la sua gioia… ma come?

Finalmente sapevo cosa fare…

 

 

 

Sapevo che non c’era motivo di avvisare Jasper , appena varcata la soglia lo avrei visto apparire dinanzi ai miei occhi.

Ciò che non mi aspettavo, era un’altra presenza nella macchina scura di papà.

Alla guida, come se nulla fosse successo e, soprattutto, come se non mi conoscesse, c’era Edward. Aveva lo sguardo fisso davanti a se con le mani aggrappate saldamente al volante. Dava tanto l’idea di qualcuno che stesse per esplodere e che stesse cercando con tutte le sue forze di non farlo.

A pensarci bene, non avevo mai visto Edward seriamente arrabbiato per alcunché. Quando succedeva qualcosa a casa, o quando capitava che Alice ed Emmett litigassero, lui non alzava mai la voce, bastava un suo commento per far cessare all’istante le urla.

Adesso, come non mai, avrei voluto che urlasse, volevo togliermi quel senso di colpa che sentivo.

Lentamente staccò le mani dal volante e le poggiò sui jeans.

<< Come stai? >>. Mi domandò infine.

Mi aspettavo ogni tipo di domanda, speravo ancora di ricevere delle urla, perciò rimasi spiazzata.

Edward si girò completamente verso di me aspettando una risposta.

Cos’altro avrei potuto rispondere? Stavo bene.

Forse ancora un po’ stordita dai troppi avvenimenti, ma stavo bene.

Scoppiai a piangere all’improvviso, all’apparenza senza alcun motivo.

<< Scusami, Edward, non volevo comportarmi così, non volevo scappare via. Chissà come vi siete sentiti… Sono stata una stupida. Sono senza cuore… faccio… >>.

Non mi fece finire. Mi abbracciò stringendomi forte a se, prese ad accarezzarmi i capelli e ad implorarmi di non continuare.

Lo ascoltai ma non smisi di piangere. Non ci riuscivo.

Mi stavo comportando come una bambina. Sì, lo ero, ma rispetto alle altre apparivo molto più matura, me lo dicevano tutti. Non avevo mai pianto in questo modo, e non capivo perché all’improvviso stavo recuperando tutti gli anni in cui non avevo versato lacrime.

<< Bella, shh, non piangere. Non è successo nulla, l’importante è che tu stia bene, ero preoccupato… >>.

Come poteva essere preoccupato per me, mi ero comportata come se li considerassi dei mostri, ero praticamente fuggita da loro!

<< Ma io… come puoi… Edward, io non volevo scappare ma… non so che mi è successo >>.

<< Non è un problema, adesso calmati. Chiariremo tutto >>.

Continuava ad accarezzarmi i capelli togliendomeli dal viso per evitare che si bagnassero.

<< Oggi è stata una giornata dura per te – continuò -, e la visita a casa di Angela ha portato altre novità. Piangere ti fa bene, ma non mi piace vederti così >>, ammise.

Cercai di smettere, ma continuai silenziosamente nonostante mi stessi maledicendo mentalmente.

<< Sappiamo che ci vuoi bene, Bella, non preoccuparti di questo >>.

Lo guardai all’improvviso negli occhi. Capii all’istante che il problema era proprio quello, lo stesso per cui non riuscivo a smettere di piangere.

Volevo che capissero che li amavo tutti, così com’erano.

<< È così – sussurrai -, vi ho sempre amati, anche ora che ho scoperto cosa siete… non è cambiato nulla >>, ammisi un po’ impacciata.

_-_-_-_-_-___

Pensavo che il “chiarimento” sarebbe stato qualcosa di profondamente imbarazzante, ma così non fu.

Appena tornai Alice mi accolse calorosamente, iniziando a straparlare come faceva di solito.

Voleva che tra noi non ci fossero più segreti, perciò si sentiva in dovere di raccontarmi tutto ciò che li riguardava.

Prima di ascoltarla, però, dovevo andare da mamma e papà. Li abbracciai, contemporaneamente, sussurrando che gli volevo bene.

Avrei scoperto in seguito il super-udito vampiresco.

Mi aspettava una lunga nottata, ne ero certa.

<< Bella, hai fatto? Ora vieni con me, riunione tra ragazze >>.

Trascinò anche Rosalie al piano superiore e chiuse a chiave la porta.

Poteva sembrare l’inizio di un film di paura?

Sì, e c’erano anche i vampiri!

<< Come sono contenta che Angela abbia finalmente scoperto di essere una strega >>.

Rosalie annuì sorridendo mentre entrambe si sedevano sul letto, aspettavano me per continuare.

<< Cosa intendi per “finalmente”? >>, chiesi, riuscendo finalmente a pensare lucidamente e a collegare parecchie cose.

Tutto mi sarebbe apparso più chiaro, me lo sentivo.

<< Oh, che sbadata, ho dimenticato di dirti che sono una veggente >>, sorrise mentre alzava un indice.

Come se tutto fosse eccessivamente normale.

Il mio sguardo le doveva sembrare abbastanza confuso, perciò continuò:<< Vedi, Bella, alcuni di noi hanno dei poteri e io vedo parte del futuro. Avevo già avuto delle visioni che riguardavano i poteri di Angela, aspettavo solo che se ne rendesse conto >>. Mi sorrise strizzandomi l’occhio.

<< E tu? – mi girai verso Rosalie – hai anche tu dei poteri? >>.

<< Personalmente no, e neanche Emmett, Esme e Carlisle >>.

Mi parve strano udire i nomi di mamma e papà, non li avevano mai chiamati così davanti a me, ma avevo altre domande, il resto doveva aspettare.

<< E gli altri? Jasper ed Edward? >>.

Cosa avrei dovuto aspettarmi?

Alice mi sorrise in modo strano e rispose:<< Jasper è un empatico, percepisce e modifica tutte le emozioni che lo circondano, mentre Edward… bhè, lui legge nel pensiero >>.

Cosaaa??? Non poteva essere vero. Significava che aveva letto ogni mio pensiero?

<< Proprio così, - aggiunse vedendo che stentavo a crederci – sapessi che fastidio quando voglio nascondergli una visione o quando vorrei fargli una sorpresa! >>.

<< E ci sta ascoltando anche adesso? >>.

Bastava entrare nella mente di una di noi tre per cogliere tutta la conversazione, poteva tranquillamente strare seduto tra noi, altro che riunione tra ragazze!

<< Oh, veramente non ne ha bisogno, gli bastano queste >>, si intromise Rosalie indicando le sue orecchie.

<< Come sarebbe?! >>.

<< Noi vampiri abbiamo l’udito e la forza molto più sviluppati di voi umani >>, mi rispose con dolcezza.

Ci stavano già ascoltando?

Edward, se mi senti esci subito dalla mia mente, impiccione! Pensai mentalmente.

<< Siamo in grado di correre ad una super-velocità e non dormiamo mai, non abbiamo neanche bisogno di mangiare o di bere… almeno non il vostro cibo >>, aggiunse Alice come se mi stesse raccontando una fiaba.

Le informazioni erano davvero tante, ma la mia curiosità ancora doveva esaurirsi.

<< E, se non vi piace il cibo, di cosa vi nutrite? Di aria? >>.

Alice e Rosalie si guardarono per un istante poi Rosalie annuì e fu di nuovo Alice a parlare.

<< Comunemente, in tutte le storie che ti capiterà di leggere, – i libri sono già nella tua stanza, mi avvertì immaginando che avrei voluto leggerli – i vampiri si nutrono di sangue umano… >>.

Umano? Ecco perché Alice aveva pensato bene di nascondere tutti i libri che li riguardavano.

Se avessi saputo, cosa avrei fatto invece di scappare?

Mi ricordai che Edward poteva sentirmi e cercai di scacciare quel pensiero, loro non erano così, c’era sicuramente dell’altro.

<< …ma noi siamo un po’ diversi. È stato Carlisle a mostrarci questo nuovo modo di vivere. Con tanta pazienza ci ha fatto capire che possiamo sopravvivere benissimo anche col sangue animale, noi non uccidiamo gli umani, Bella >>.

Annuii lentamente cercando di immaginare come dovesse essere per loro.

<< Non è di certo facile, ma la nostra coscienza è più forte dei nostri istinti. Ad esempio, abituarci al tuo odore all’inizio è stato difficile, soprattutto per Jasper, ma ci siamo così affezionati a te che ormai non ti temiamo più >>.

Menomale, pensai.

<< Per farti capire, - intervenne Rosalie – per noi gli animali rappresentano ciò che per te sono le verdure >>.

<< Quindi gli umani sarebbero i dolci? >>, chiesi.

Scoppiarono a ridere entrambe.

Che avevo detto di così comico?!

<< Esatto, tesoro, proprio così >>, mi rispose sorridendo.

Mi venne in mente una cosa…

<< Cioè, voi, in tutti questi anni, avete recitato?! Perché facevate finta? >>.

Tutte le volte che stavamo a tavola, quando era ora di andare a letto…

<< Rifletti, Bella, se avessi visto che non mangiavamo mai, o se ti fosse capitato di vedere Emmett alzare un divano con una mano, cosa avresti pensato? Saresti corsa a dirlo a qualche tuo amichetto, ti avrebbero scambiata per una pazza e poi? >>. Rosalie era sempre dolce, soprattutto quando nominava Emmett.

E tutto quello che aveva detto era sensato… ma perché ora?

<< Perché crediamo che tu sia abbastanza grande per saperlo. – mi rispose Alice, anche se non avevo pronunciato la domanda – Hai sei anni ormai, e non volevamo più mentirti, fingere. Sei sempre stata molto matura per la tua età, e abbiamo pensato che fosse il momento giusto… anche se il modo non è stato dei migliori. Ho dovuto un po’ forzare le cose – ammise, e ripensai a quando mi ero sentita nervosa – ma credo che era l’unico modo >>.

Quindi aveva spinto Jasper a farmi innervosire per farmi avere delle risposte?!

Alice annuì sorridendo.

<< Che altro devo sapere? >>, chiesi esasperata.

<< Niente di rilevante, forse solo che tra qualche mese verranno i Volturi, una nobile famiglia italiana di vampiri, non proprio amichevole, e che dovremmo discutere sul da farsi. Ma ora devi andare a dormire, è tardi per te >>.

<< Aspettato solo un altro po’, ho un’altra domanda >>.

Mi guardavano entrambe attendendo che continuassi.

<< Tu ed Emmett, - indicai Rosalie – e tu e Jasper, – feci lo stesso con Alice - cosa siete? >>.

Mi era sembrato di notare qualcosa, ma ero convinta della normalità della nostra famiglia e che i fratelli fossero solo fratelli. Ora però, avendo messo tutto in discussione, potevo immaginare qualcosa di diverso.

Il mio lato pettegolo si stava destando.

<< No, Bella, questa è un’altra storia! Ne parliamo domani. Fila a letto! >>.

Ma come?!

Maledetta Alice e le sue visioni.

Prima che potessi ribattere mi ritrovai nella mia stanza e Alice non c’era più. Ad aspettarmi solo mamma pronta ad aiutarmi a lavare e ad andare a letto.

***

I giorni dopo la “rivelazione” furono alquanto strani.

All’inizio mi risultò difficile anche andare in bagno. Avevo improvvisamente vergogna di tutto, e ogni minimo rumore sembrava essere un fracasso. Ero costantemente sotto pressione quando c’era Edward nei paraggi, avevo paura di pensare liberamente.

Emmett era sempre pronto a fare battutine che il più delle volte non capivo, mentre Alice cercava forse di farmi impazzire con le sue visioni.

Jasper era l’unico che riusciva a calmare il mio animo, ma quel pomeriggio, neanche lui avrebbe potuto fare nulla, la visita inaspettata ci inquietò troppo.

Non sono ancora i Volturi! Ok? XD

So che le rivelazioni e le spiegazioni sono noiose da leggere ma devono esserci, spero solo di avervi alleggerito un po’ la fatica XD

Ci ho messo una vita a scrivere e il quinto capitolo faceva un po’ schifo, lo so, ma non odiatemi. Ho avuto davvero pochissimo tempo per scrivere, anche per dormire se è per questo, ma lasciamo perdere :D

Cosa ve ne sembra?

Vi prego di comunicarmelo (anche in messaggi privati) se questa storia vi sembra penosa!

Grazie

Barbara :D

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Il campanello suonò all’improvviso.

Solitamente, o almeno in famiglie normali, il suono del campanello non rappresenta niente di eccezionale; ma nella famiglia Cullen, il campanello non aveva quasi mai avuto modo di suonare.

I membri della mia famiglia lo utilizzavano di rado, e per quanto riguardava gli umani, nessuno si addentrava nel bosco per raggiungere la villa, neanche il postino.

Infatti, la posta di casa Cullen, veniva spedita allo studio di Carlisle, decisamente più comodo e sicuro.

Ciò che non mi aspettavo, fu soprattutto la reazione dei miei familiari.

Sebbene alcuni di loro fossero in altre stanze, raggiunsero me ed Emmett che eravamo in salotto in un batter d’occhi.

Erano allarmati. I loro volti così deformati dalla sorpresa mista a timore, non presagivano niente di buono.

Alice scosse la testa impaurita ad una domanda silenziosa di Edward, e il sussurro di quest’ultimo fece girare tutti verso di me.

Il campanello suonò di nuovo, ma nessuno di loro si mosse di un millimetro.

Io li guardavo, immobile, sul divano dove qualche minuto prima giocavo tranquillamente con Emmett.

Il primo a muoversi fu Carlisle, dopo che Edward annuì.

Mi girai verso mia sorella Alice.

Se era in grado di prevedere il futuro, avrebbe di certo intuito l’esito di quella visita.

Il suo sguardo vitreo mi avvertì che stava vagliando ogni singola ipotesi. In quei giorni avevo imparato ad apprendere meglio ognuno di loro.

Era un po’ strano per me, seppur conoscendoli dalla mia nascita, adesso stavo imparando cose completamente nuove che li riguardavano.

Come se li stessi osservando da tutt’altra prospettiva.

Alice si riscosse dopo meno di un minuto, guardando Edward e continuando il loro discorso mentale.

Che frustrazione!

Sembrava apparentemente serena, ma qualcosa mi suggeriva di non sentirmi del tutto tranquilla.

Carlisle era giunto alla porta d’ingresso e la stava aprendo.

Mi accorsi di essere rimasta a fissarli imbambolata solo quando Edward si avvicinò cingendomi le spalle.

Quattro figure meravigliose erano entrate in salotto e conversavano amabilmente con i miei familiari.

Ma chi erano?

Dalla mia esperienza ero sicura che si trattasse di vampiri perché avevano la pelle chiarissima e i loro occhi erano ambrati.

Quindi anche loro si nutrivano di animali? Nota positiva.

Papà mi aveva spiegato che gli occhi dei vampiri potevano essere di tre colori: neri quando erano affamati, rossi se si nutrivano di umani, e ambrati se erano vegetariani.

Mi aveva avvertita che il colore degli occhi era il primo indizio per comprendere la vera natura di un vampiro.

Ma allora perché continuavo a sentirmi a disagio?

Forse perché ero l’unica umana? Possibile.

Guardai Jasper e mi chiesi cosa avrebbe potuto comportare la loro presenza, per me.

Sapevo che essere a conoscenza della loro natura, soprattutto per una bambina quale ero, comportava qualche rischio.

C’era un gruppo di vampiri, in Italia, che si occupava di far rispettare le leggi, e noi ne avevamo infranta qualcuna.

Questi vecchi amici di papà, come lui stesso li aveva definiti presentandomeli, come avrebbero reagito?

Forse era questo a spaventare tutti.

Una donna con lunghi capelli neri si avvicinò a me, molto lentamente, come se non volesse spaventarmi.

<< Ciao piccola, io sono Carmen >>, sorrise tendendomi la mano.

Il suo viso trasudava dolcezza, e mi ricordava vagamente la mamma.

<< Io sono Bella >>, le risposi imbarazzata.

Forse erano i suoi vestiti o i suoi modi di fare ma la associai immediatamente ad Esmeralda, la gitana del cartone animato de “Il gobbo di Notre Dame”.

Anche i suoi orecchini erano un chiaro indizio.

Un uomo la raggiunse, immaginai dovesse essere il suo compagno visto che fino ad un attimo prima erano mano nella mano.

Era più scuro di carnagione, ma aveva conservato il tipico pallore vampiresco. Aveva capelli corti nerissimi e un abito arancione pallido, una casacca forse.

Immaginai i commenti mentali di Alice sul loro abbigliamento. Ero del tutto certa che se avesse avuto maggiore confidenza, non avrebbe avuto nessun freno a trascinarseli nel primo centro commerciale a sua disposizione per un rinnovamento (drastico) del loro stile.

Sghignazzai tra me, per quella fantasia e mi costrinsi a rimanere seria.

Non ero maleducata, io.

<< Lui è Eleazar >>, mi disse Carmen continuando a sorridermi, << e loro sono Tanya e Irina >>, terminò indicandomi due ragazze che erano rimaste accanto alla porta.

Mi sporsi per vederle meglio e gli sorrisi debolmente, più per educazione che per simpatia.

Rimasero lì, facendomi a stento un cenno col capo.

Che modi!

 Dopo un po’ notai che la bionda, Tanya, squadrava Edward, dall’alto in basso. Cosa voleva da lui?

Ma uno sguardo più pressante mi distrasse: la mora, l’altra sorella, mi squadrava, con uno sguardo truce, come se la mia presenza le desse immensamente fastidio.

Edward le ringhiò ed io sobbalzai, non mi aspettavo una reazione simile.

Irina si riscosse subito, sorridendomi amabilmente, in modo assolutamente falso. Non aveva niente a che fare con il sorriso dolce di Carmen.

Fu proprio lei a parlare e a scusarsi per il suo comportamento.

La giustificò dicendo che non era abituata alla vicinanza di umani come sua sorella Tanya e che aveva avuto brutte esperienze che riguardavano i bambini.

Valla un po’ a capire!

***

 

 

La famiglia Denali rimase poco tempo con noi, come se fossero venuti a farci visita solo per controllarci.

Ma al loro ritorno a casa, per la famiglia Cullen ci furono dei cambiamenti…

Inspiegabilmente, Edward decise di andare con loro e di trascorrere qualche anno in Alaska.

Non avrei mai immaginato che sarebbero passati sette anni prima di rivederlo.

 

 

Otto anni dopo...  

Salve a tutti! È un po’ tardi per postare? Spero di no! Ho appena completato il capitolo ma visti gli ultimi non-commenti sono un po’ restia a postare… ma ho pensato che se continua così evito di scrivere tutto ciò che avevo in mente e concludo velocemente (non voglio lasciarla in sospeso). In ogni caso, ringrazio tutti i lettori silenziosi che hanno fatto crescere i numerini delle visite, e la mia Ely che è sempre pronta per i miei cap J anche se qst è una sorpresa anche per lei XD

Buona lettura a tutti!!!

Barbara

 

Capitolo 7

 

La curiosità era uno dei miei difetti, e Alice lo sapeva bene.

La sera prima aveva cercato di attirare la mia attenzione, ma avevo fatto di tutto per non dargli soddisfazioni.

Ora, però, durante le lezioni proprio non riuscivo ad evitare che i miei pensieri sfociassero in quella che consideravo la sua trappola.

Avevo uno strano presentimento a riguardo, non sapevo definire se positivo o negativo, ma sapevo che qualcosa sarebbe andata storta.

<< Bella, oggi cos’hai? Scommetto che non hai sentito neanche una parola di quello che sta dicendo la prof. >>, mi sussurrò Angela dal banco accanto al mio.

Le feci un gesto con l’indice per farle capire che glielo avrei spiegato dopo, durante la pausa pranzo.

Purtroppo, per chiedere spiegazioni ad Alice, e di conseguenza anche agli altri miei fratelli che, ero sicura, sapevano tutto della faccenda, avrei dovuto aspettare la fine delle lezioni, quando, ormai sarebbe stato tutto inutile. Avevo già provato a chiamarli, ma come immaginavo i loro cellulari erano spenti.

Per non destare sospetti negli umani, i miei fratelli avevano lasciato la scuola quando i miei genitori decisero di adottarmi.

Esme riteneva che un bambino dovesse crescere nello stesso ambiente, che i molteplici cambiamenti di stile di vita che la mia famiglia avrebbe dovuto affrontare, non mi avrebbero fatta crescere felice.

Erano stati tutti d’accordo e i miei fratelli avevano rinunciato alla scuola diventando “invisibili” mettendo in giro la voce che avendo raggiunto la maggiore età, non erano più sotto la tutela di Esme e Carlisle.

Quando finalmente arrivò la ricreazione, lo sguardo indagatore di Angela mi convinse a confessare le mie oscure premonizioni.

<< Oh, ma andiamo Bella! Come fai a pensare che potrebbe aspettarti qualcosa di orribile?! Alice ti ha dato mai modo di pensare che le sue sorprese fossero cose spiacevoli per te? >>.

Se pensavo a tutte le idee folli di mia sorella, e al suo concetto di sorpresa… c’era da preoccuparsi.

<< Angela, riflettici solo per un secondo. Ti ricordi quando a sette anni ci costrinse a mangiare più di un chilo di caramelle gommose sostenendo che prima o poi una di noi si sarebbe strozzata con una di quelle? Aveva avuto una visione e pensava che così facendo ci sarebbe passata la voglia di mangiarne >>.

<< E in effetti non le abbiamo più mangiate da allora… >>. Ma perché si ostinava a difenderla!

<< Sì, ma se ti ricordi, abbiamo avuto mal di pancia per due giorni! Non valeva la pena rischiare di affogare?! – chiesi istericamente – E di quando ad undici anni, mi regalò, davanti a tutti un pacco di assorbenti? Aveva previsto che mi sarebbe venuto il mio primo ciclo il giorno dopo… che imbarazzo! >>.

Ci pensò su per un istante per poi scoppiare a ridere.

<< Ok, forse non hai tutti i torti… ma non puoi saperlo con certezza finché non lo avrai vissuto sulla tua pelle >>, concluse accarezzandomi come per consolarmi.

<< Ma non è che una di queste sere… per caso, hai fatto un sogno? >>, le domandai sbattendo velocemente gli occhi.

<< Inutile che fai gli occhioni da cerbiatta con me, sai che non funzionano! Comunque la mia risposta è no, e se proprio vuoi saperlo non sarebbe etico da parte mia! Il futuro non va svelato altrimenti è sottoposto a cambiamenti >>, concluse col suo solito tono da maestrina saccente.

<< Angela, se proprio vuoi saperlo, sei una vera rompiscatole! >>, conclusi ripetendo in parte le sue parole.

<< Che benefici ci sono ad avere un’amica strega che non ti aiuta? >>.

Non ricevetti risposta.

 

Avanti, Bella! Cosa vuoi che sia… è facile. Rapido e indolore. Scendi dalla macchina e vai a casa prima che Alice ti veda in una delle sue visioni.

 Mi sembrò alquanto strano che ancora non si fosse precipitata a prendermi e strapparmi letteralmente dall’abitacolo confortevole della mia auto.

Chissà, forse ha da fare, sperai con tutta me stessa.

Quando finalmente trovai il coraggio di scendere dall’auto mi bloccai a fissare la porta d’ingresso.

Iniziai ad immaginare mille scenari raccapriccianti a cui poteva sottopormi mia sorella…

Basta fare la bambina ed entra in casa!

Tanto, prima o poi, avrei comunque dovuto affrontarla.

Proprio mentre stavo per inserire le chiavi nella toppa un clacson mi distrasse. Era Jacob che voleva attirare la mia attenzione.

Attraversai il vialetto che conduceva al cancello e mi avvicinai alla sua auto.

<< Ciao, tesoro >>, mi sorrise.

<< Ciao >>, ricambiai imbarazzata, probabilmente mi aveva vista mentre mi facevo coraggio ad entrare.

<< Ti va di fare un giro? >>.

<< Ehm, veramente Alice avrebbe una sorpresa da mostrarmi… >>, risposi poco convinta. << Ma credo che possa spettare >>, sorrisi.

Forse ero un tantino codarda, ma tanto ero certa che non sarebbe andata da nessuna parte senza mostrarmela.

<< Ho una cosa per te >>, mi adagiò un pacchettino sulle gambe sorridendomi appena mi accomodai nel sediolino accanto al suo.

Ecco, questo genere di sorprese erano gradite! Semplici,e in un pacchetto!

<< Non dovevi… e poi perché? Il mio compleanno è passato da un pezzo! >>. Mi imbarazzava ricevere regali soprattutto se non me li aspettavo.

 Non avevo avuto modo di pensare a cosa dire!

<< Aprilo e non fare storie! Voglio sapere se ti piace >>, mi sorrise dolcemente.

Scartai il pacchettino con curiosità mentre Jacob avviava la macchina dirigendosi verso Port Angeles.

<< Wow… grazie… >>. Proprio non me l’aspettavo.

Un ciondolo di legno intagliato faceva bella mostra di sé. Raffigurava un lupo che ululava, un lupo curato nei minimi dettagli…

<< Jake, è bellissima! >>, dissi commossa.

Sapevo che lo aveva fatto lui, perché molte volte lo avevo visto intagliare oggettini che regalava ai bambini di La Push, dove viveva.

Ma non mi aveva mai regalato nulla di simile.

<< Il ciondolo è opera mia, ma la catenina l’ho comprata >>, aggiunse confermando le mie supposizioni.

<< E’ magnifico… ma… >>.

C’era qualcosa che mi sfuggiva, ma proprio non riuscivo a capire cosa.

E ad un tratto collegai.

Oggi erano esattamente tre anni che stavamo insieme. E io me ne ero completamente dimenticata!

Lo guardai sentendomi completamente in colpa.

<< Io… io ho dimenticato il nostro anniversario! >>, confessai.

<< Lo so, sono pessima come fidanzata ma mi ero completamente dimenticata che oggi fosse già l’undici Settembre >>.

Rimase in silenzio per un po’, si vedeva che ci era rimasto un po’ male.

<< Bella, non importa. Per questa volta ho organizzato tutto io… e poi è successo anche a me, quindi siamo pari >>, mi sorrise confortandomi.

<< Sì, ma mi sento in colpa! Sono stata tutto il tempo a dire che avremmo dovuto organizzare qualcosa di speciale… e poi me ne dimentico >>, conclusi sconsolata.

<< Non è la fine del mondo, anzi meglio così, la sorpresa è riuscita meglio! >>.

 

Durante il tragitto verso la meta a me sconosciuta, mi rivelò che si era già organizzato con i miei genitori, quindi dovevo stare perfettamente tranquilla, sapevano che dopo scuola sarei andata con lui.

Gli aveva addirittura fornito l’indirizzo e il numero di telefono del luogo in cui stava per portarmi, nel caso ci fosse stata un’emergenza.

Sì, ero rimasta sbalordita da come aveva organizzato tutto nei minimi dettagli.

<< Ma… non sono vestita decentemente, non so dove andiamo ma questi non sono adatti per nulla, solo per andare a scuola >>, mi lamentai all’improvviso rendendomi conto di ciò che indossavo.

<< Per me sei fantastica anche così, non hai bisogno di abiti eleganti >>.

Chissà perché ma le sue parole stranamente non mi fecero passare il senso di soggezione che provavo.

E sentirmi fuori luogo, non mi faceva sentire per niente tranquilla…

 

Jake aveva prenotato un tavolo al ristorante più in voga di Port Angeles.

Pensai che per quella giornata avesse dovuto risparmiare molto, e mi sentii immediatamente in colpa per quello che avevo pensato solo il giorno prima.

Come speravo di poter riuscire ad allontanarmi da lui?!

Cenammo tranquillamente, con serenità. E scoprii che se riuscivo a non pensare a ciò che avevo passato con lui, trascorrere del tempo in sua compagnia era davvero piacevole.

Jake mi amava, ed era un bravo ragazzo. Non mi sarebbe capitato di meglio quindi avrei dovuto imparare ad amare anche, e soprattutto, i suoi difetti. In fondo, chi non ne ha?!

Con questo pensiero nella mente, e maggiore leggerezza nel cuore, uscimmo dal locare dirigendoci verso l’auto.

Volevo ringraziarlo per la cena e la magnifica serata, volevo sdebitarmi, fargli capire che era stato un bel gesto e che in futuro non mi sarebbe dispiaciuto… e conoscevo solo un modo.

 

 

<< Bella, corri a farti immediatamente una doccia. Hai quindici minuti esatti >>.

Rimanere sbigottita e confusa era un mio diritto. Proprio perché non capivo per quale motivo Alice dovesse essere così arrabbiata con me.

Il suo tono rasentava i limiti della follia, e anche per i suoi standard non era normale.

Dopo che mi ebbe sgridata di nuovo perché non avevo ancora mosso un passo, corsi velocemente verso la mia camera e feci come mi diceva.

Non era il caso di mettere alla prova la sua follia.

Uscii velocemente dalla doccia e mi vestii con gli abiti che trovai sul letto…

“Ma è notte, IO dovrei dormire. Perché dovevo rivestirmi?”, mi ritrovai a pensare.

<< Pronta? Bene. Seguimi, tra poco vedrai, finalmente, la tua sorpresa >>.

E fu in quel momento che il mio sesto senso urlò.

La giornata che avevo trascorso con Jake non era la sua sorpresa… aveva ben altro in testa.

Ma cosa?

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Salve a tutti! Mi scuso per il ritardo ma spero che, grazie alla super lunghezza del capitolo, mi perdoniate ^_^ senza indugio rispondo alle recensioni e vi ringrazio in anticipo xD

Barby

 

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Capitolo 8

 

Avevo dimenticato i piani strambi e, allo stesso tempo, sadici di Alice.

Era stata buona per un bel po’ di tempo, e questo suo comportamento avrebbe dovuto farmi accendere un allarme: Alice non si concede mai delle pause.

Ciò che non mi aspettavo però, era la diversità del suo piano diabolico.

Proprio davanti alla porta, con tutti i miei familiari attorno che gli ponevano domande su domande abbracciandolo a turno, c’era lui…

Non finii di scendere le scale, mi bloccai nello stesso istante in cui i suoi occhi si puntarono su di me.

Quanto tempo era passato?

A occhio e croce erano poco più di dieci anni che non ci vedevamo.

Anche gli altri smisero di porgli domande e si voltarono a guardare sia me che lui, senza che nessuno riuscisse a sciogliere il ghiaccio.

Alla fine fu Alice a parlare presentandomelo.

<< Bella, lui è Edward, te lo ricordi? Nostro fratello! >>.

Mi fissava, intensamente, cercando di scorgere i miei pensieri.

A sei anni mi avevano fatto credere che Edward fosse in grado di leggere i pensieri di tutti, ma nel corso degli anni mi ero ricreduta.

Se pure ci riusciva, non credevo che il suo potere fosse potente a tal punto da riuscire a capire tutto ciò che un essere umano fosse in grado di pensare.

<< Ehm… non proprio… >>, mentii.

Mi ricordavo perfettamente di lui, non era per nulla cambiato, ma qualcosa mi spingeva a comportarmi così.

Ero arrabbiata? Può darsi.

In fin dei conti, era sparito all’improvviso, senza una spiegazione, né una visita… neanche una telefonata!

Perché si presentava proprio adesso?!

Avevo sentito moltissimo la sua mancanza. Per me era molto più di un fratello, quando c’era lui potevo fare a meno anche di mamma, che era la persona più importante per me.

Se ne era andato, con gli anni lo avevo superato, ero andata avanti.

Perché doveva tornare e rovinare tutto?

Mi sorrise, come se avesse capito che mentivo. Ma la regola numero uno del perfetto bugiardo era semplice: non sorridere, non abbassare lo sguardo e non fare nessun tipo di movimento inconsueto.

Allora perché continuava a fissarmi e a sorridere? Quel sorriso che avevo rimosso a forza dalla mia memoria, lo stesso che mi rassicurava ed affascinava quando ero piccola?

<< Mi ripresento, allora >>. Esordì avvicinandosi.

Tutti si allargarono per farlo passare, mentre lui, col sorriso perennemente stampato in faccia, saliva lentamente le scale offrendomi la sua mano.

Gliela porsi non aspettandomi che la rigirasse tra la sua per baciarmela.

Le sue labbra si posarono lentamente, fresche sul dorso della mia mano.

Il baciamano? Sì che è un vampiro centenario, ma pensavo fosse un gesto superato da un pezzo!

Avevo già conosciuto ragazzi che per far colpo mostravano atteggiamenti simili che erano l’opposto dei loro gesti abituali.

Io ero sotto l’ala “protettiva” di Jacob, ma ad Angela si erano avvicinati certi tipi che meritavano solo schiaffi!

Primo passo falso! Edward Cullen, così facendo, si era giocato pienamente la possibilità di entrare nelle mie grazie.

<< Piacere, io sono Edward Cullen >>, continuò cercando di ammaliarmi con il suo charme.

<< Sì, questo lo avevo capito >>, risposi un po’ acida.

<< Resterai in questa casa quindi? Sei tornato? >>, continuai non spostando mai lo sguardo dai suoi occhi.

Un po’ per osservare la regola prima citata, un po’ perché, seppur non volessi ammetterlo, mi incuriosivano le sue espressioni.

<< Se per te va bene… >>. Era incerto, e non capivo perché.

<< Queste decisioni non spettano a me, ma a loro >>, dibattei indicando con lo sguardo i miei genitori.

Detto questo, mi voltai e salii i pochi scalini fino a raggiungere la mia camera e chiuderla a chiave.

Alice aveva davvero superato se stessa, questa volta.

Dovevo parlarne con qualcuno ma non potevo, i vampiri ci sentono benissimo!

Così decisi di inviare un sms ad Angela, era l’unico sfogo che potevo concedermi.

Tu non sai la sorpresa di Alice in cosa consisteva o.O cose da matti!!! Domani ti racconto. Un bacio

Senza aspettare la sua risposta mi misi a letto, sperando di raggiungere il mio adorato Morfeo il prima possibile.

I miei sogni furono più strani del solito. Le immagini che mi perseguitavano tutte le notti, si erano trasformate. E da oggetti all’apparenza senza senso, d’un tratto, dal nulla, appariva Edward.

Se avessi potuto urlare un “basta” lo avrei fatto, ma mi svegliai solo con la tachicardia.

Era presto, odiavo quando succedeva poco prima che suonasse la sveglia perché non riuscivo a riaddormentarmi in fretta, e se ci riuscivo dovevo svegliarmi subito dopo.

Ne approfittai, quindi,  per rilassarmi sotto la doccia e vestirmi con calma. Solo l’idea di dover riaprire la porta che la sera prima avevo chiuso a chiave mi metteva ansia.

Isabella, smettila! Questa è casa tua e non ti comporterai in questo modo!

L’unico neurone rimasto nella mia testa aveva ragione, dovevo proprio smetterla.

Scesi le scale con tutta l’indifferenza che riuscii a racimolare.

Fare finta di niente, era il mio piano per superare l’ostacolo Cullen.

Il nuovo soprannome non mi dispiaceva!

<< Buongiorno! Finalmente ti sei decisa a scendere! >>.

Per poco non urlai dalla paura. Mi aveva spaventata perché entrata in cucina non mi aspettavo di trovarmelo seduto a tavola che mi aspettava.

Mi guardai intorno sperando di scorgere qualcun altro e notai che la tavola era perfettamente apparecchiata con il cibo e le bevande che mangiavo di solito. Doveva essere certamente opera di Mamma.

<< Gli altri non ci sono, siamo soli >>, rispose ad una mia muta domanda.

Iniziai a pensare seriamente che riuscisse a leggere i miei pensieri… nah, Bella, è impossibile, se così fosse lo avresti scoperto, no?

Mi tranquillizzai, il tutto cercando di far finta di niente, e senza proferir parola mi sedetti e iniziai a mangiare.

Non avevo nessuna intenzione di rivolgergli la parola. Che in casa non ci fosse nessun’altro, non implicava che avrei dovuto chiacchierare con lui.

<< Ti piacciono i pancake? >>.

Perché li aveva fatti lui?

“Eccome se mi piacciono”, avrei voluto rispondere ma mi limitai a un mugugno indefinito.

In effetti erano più buoni del solito. Mamma era una cuoca fantastica, ma in quelli che stavo mangiando c’era qualcosa di diverso che li rendeva perfetti.

Cercai con tutte le mie forze di non darlo a vedere e continuai a mangiare assaporando quella delizia in silenzio.

Non alzai lo sguardo, ma ero quasi del tutto certa che stesse sorridendo… di nuovo.

<< Ci ho aggiunto un ingrediente segreto e mamma mi ha detto che ti piacciono col miele… ero indeciso tra le gocce di cioccolato e i pezzi di frutta ma poi… >>, perché usava tutte quelle parole?!

<< Ma parli sempre così tanto al mattino? >>, alzai la voce per bloccarlo.

Dovetti sembrargli sgarbata perché abbassò gli occhi e si zittì. Purtroppo, il tanto agognato silenzio durò poco:<< Vuoi un passaggio per andare a scuola? >>.

<< No, ho la mia macchina >>, risposi semplicemente chiudendo il discorso.

Mi alzai di scatto, presi la mia borsa e mi avviai verso la macchina.

Perché mi aveva preparato la colazione? Perché cercava di attaccare bottone con me? E perché, soprattutto, nonostante io fossi intrattabile non si allontanava? Io, al suo posto, mi sarei mandata a quel paese…

 

L’ora di spagnolo era perfetta per raccontare gli ultimi avvenimenti alla mia migliore amica.

La professoressa Navarro aveva appena iniziato a spiegare un nuovo capitolo, e le sue spiegazioni, di solito, si svolgevano con lei che leggeva, riga per riga, tutto ciò che dovevamo sottolineare e imparare, e gli studenti che, puntualmente, facevano tutt’altro. Non si curava mai di alzare i suoi spessi occhiali dalla pagina che stava esaminando, e il suo udito aveva sicuramente bisogno di una revisione perché non si accorgeva mai dei continui sussurrii che la circondavano .

<< Ma Bella, perché lo hai trattato così? >>.

Quando Angela aveva sentito che mi aveva fatto il baciamano mi aveva dato ragione, l’ostacolo Cullen aveva perso parecchi punti. Ma perché dopo aver scoperto che sapeva cucinare, e che lo aveva fatto per me, aveva radicalmente cambiato pensiero?

<< Senti Angela, sono arrabbiata ok? Voglio comportarmi così! E poi, non può entrare di punto in bianco nella mia vita e fare il carino, non basterà a concedergli la mia fiducia. Purtroppo non è una cosa che controllo, si acquisisce col tempo >>.

La mia arringa la zittii, anche se per poco:< E Jacob, invece, come l’ha presa? Da quello che mi hai raccontato e che mi ricordo, è un bel ragazzo… non gli dà fastidio? >>.

Non ci avevo ancora pensato, né avevo avuto l’opportunità di parlargli. Ieri sera mi aveva mandato il solito messaggio della buonanotte ed era andato a dormire, non gli avevo ancora detto nulla.

Oltretutto, perché avrebbe dovuto infastidirsi? Edward era mio fratello.

Si ma anche Jasper e Alice sono fratelli, e Emmett e Rose non sono da meno… e loro sono sposati.

Sì, ma non ha importanza!

Non potevo di certo iniziare a litigare con la parte razionale di me… anche perché avrebbe vinto lei.

<< Non ne ho idea Angie, ma lo scoprirò presto >>, le sorrisi amaramente.

Avevo una vaga idea di come avrebbe reagito, ma ero ferma sulle mie decisioni: Jacob non avrebbe dovuto preoccuparsi perché io ed Edward saremmo stati solo e soltanto fratelli, e non poteva intromettersi perché ero perfettamente in grado di gestire tutto. E l’intolleranza che provavo verso di lui mi rendeva le cose decisamente più semplici.

 

Ritornare a casa a piedi era un modo perfetto per far sfogare la rabbia.

Angela aveva cercato di avvertirmi, ma io non ci vedevo niente di male, il mio stupido intuito mi diceva che Jake avrebbe capito, che il suo solito modo di comportarsi, questa volta, avrebbe ceduto il passo alla ragione… ma mi sbagliavo.

Avevamo litigato pesantemente, e in fondo era soltanto colpa mia, mi ero resa conto che mi lasciavo influenzare troppo da lui.

Il mio modo di vestirmi, gli amici (o per meglio dire, le amiche) che frequentavo, tutto era deciso o approvato da lui.

E la cosa che più mi stupiva,ora,  era che con i suoi modi subdoli, sembrava che lo avessi indotto io a comportarsi così.

Mi venne in mente la discussione di qualche anno prima, nel periodo in cui la scuola, eccezionalmente, aveva programmato una gita scolastica di cinque giorni all’Olimpic National Park. Jake non voleva che ci andassi e alla fine l’ebbe lui vinta, mi convinse a dirgli che per me non era importante andarci se lui non era tranquillo. Senza nascondere che non ero tranquilla neanche io a lasciarlo da solo a Forks dopo che mi aveva detto di non preoccuparmi, un modo di divertirsi senza di me lo avrebbe trovato anche lui.

Non potevo più pensare a Jake, avevo bisogno di un diversivo, e il mio mp3 era perfetto per questa missione. La musica rock nelle orecchie a tutto volume era proprio ciò di cui avevo bisogno. Mi caricò fino a farmi dimenticare del tutto di ciò che mi circondava, e di cosa mi fosse accaduto qualche minuto prima.

Mi dimenticai anche del tragitto che stavo compiendo al punto da urlare quasi dalla paura quando mi resi conto che una macchina con i vetri completamente oscurati mi aveva affiancata.

Continuai a camminare verso casa facendo finta di nulla, nascondendo e cercando di frenare il mio cuore che mi batteva all’impazzata nel petto.

Ci mancava solo uno stupratore pazzo ad inseguirmi, pensai arrabbiata di nuovo, e un tantino terrorizzata.

Ascoltare i Tg non ti rende più tranquilla, al contrario.

Ultimamente avevo sentito di quella ragazzina rapita, di una moglie uccisa… insomma, ogni giorno era un vero e proprio bollettino di guerra.

Perché mai l’indomani sui giornali non ci sarebbe potuto essere il mio nome in prima pagina?!

Sperai con tutta me stessa che se ne andasse e mi lasciasse tornare a casa da sola con la mia rabbia, ma così non fu. Continuava a seguirmi, forse voleva chiedermi se volevo un passaggio? Avrei di sicuro risposto di no, le gambe mi funzionavano benissimo. E se non avessi avuto scelta? Se mi avesse puntato…

<< EDWARD? >>.

Urlai di stupore quando abbassò il finestrino. Quella macchina era sua, non ero in pericolo di vita… o almeno non subito, mi corressi mentalmente pensando al mio fidanzato.

<< Dai, Sali >>.

<< Non credo proprio >>, risposi non abbandonando il mio amabile tono.

<< Bella, sta piovendo. Ti prenderai il raffreddore >>.

<< Affari miei >>, risposi semplicemente girandomi dall’altro lato e continuando a camminare.

<< Non fare la bambina >>.

Ma come si permetteva?!

<< Bella, Sali in macchina, dammi ascolto! >>.

In quel momento non pensavo a Jake, era diventata una questione di principio. Solo perché pioveva ed ero a piedi non significava che volessi un passaggio da lui… credeva di fare il fratello maggiore?

Avrebbe dovuto pensarci prima.

<< E perché dovrei?  >>. Non rispose.

Mi fermai all’improvviso voltandomi verso il finestrino dove si stava sporgendo per farmi salire:<< Visto? Prima ti rendi conto che non sei nessuno, meglio è per tutti! >>, e ricominciai a camminare.

L’auto frenò all’improvviso nel bel mezzo della carreggiata. Edward scese con passo deciso dirigendosi proprio verso di me.

Cosa aveva in mente?

Si avvicinò e senza troppe cerimonie mi caricò in spalla come un capretto a Natale e mi fece entrare in macchina.

Di solito odiavo chi usava la forza o la violenza con me… eppure era stato forte, ma non violento. I suoi modi erano insolitamente delicati, ma non poteva permettersi di toccarmi!

Non mi diede neanche il tempo di capire cosa avesse fatto che la macchina correva già a più di ottanta chilometri orari. Probabilmente aveva immaginato che sarei scesa immediatamente.

<< Edward, fammi scendere IMMEDIATAMENTE! >>.

Non rispondeva neanche?! Dio, che nervi!

<< Voglio scendere! >>, urlai.

Non disse nient’altro mentre si dirigeva verso casa. Non si girò, né si degnò di rispondere.

Mi arresi, era inutile sprecare voce ed energie.

Proprio quando decisi di tacere mi accorsi che l’abitacolo era silenziosissimo. Dal momento in cui le mie urla avevano cessato di invadere gli interni super lussuosi dell’auto di Edward, mi ero sentita circondare da un innaturale silenzio, era quasi opprimente, avevo persino timore di muovermi per non creare rumore.

Non ero abituata ad auto che non vibrassero di musica a tutto volume, e con i finestrini chiusi non si sentivano neanche i rumori esterni.

Frenò davanti al cancello sempre senza guardarmi e mi aprì lo sportello sporgendosi verso di me ma senza neanche toccarmi.

<< Scendi! E va’ a farti una doccia >>.

Aspettò che scendessi dall’auto e che entrassi in casa per poi sparire senza dire nient’altro.

Mi accorsi di non essere preparata alla sua reazione. Sembrava arrabbiato, come se non avesse più voglia di sentire nessun altro tipo di atteggiamento poco educato da parte mia.

E mi resi conto di aver esagerato, anche se non ero per nulla pentita.

Allora?... non ho esagerato vero? Avevo in mente ben altro ma mi sono frenata parecchio… è ancora presto XD cosa pensate della reazione di Bella? E secondo voi perché mai sarà tornato??? Un motivo c’è ^__^

baciiiiiiii

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Buonasera a tutti. Ecco a voi il cap… non uccidetemi alla fine ok?

 

Capitolo 9

 

Nei giorni seguenti, forse i più strani e confusi della mia vita, mi resi conto che il silenzio che circondava Edward ormai da una settimana, iniziava a farsi sentire.

Era diventato una sottospecie di mummia, io non lo rammentavo per niente così. Nei ricordi che avevo della mia infanzia era sempre stato un tipo socievole, divertente…

Credevo fosse ciò che volevo, ma mi sbagliavo. Una parte di me voleva conoscerlo, capire il suo comportamento… perdonarlo.

<< Bella, tesoro, ultimamente sei assente, ti va di parlarne? >>. Mamma mi capiva sempre alla perfezione, e alle volte sembrava addirittura che mi celasse i suoi veri pensieri troppo veritieri da essere rivelati.

Potevo dirle di no, non avrebbe insistito, ma mi piaceva parlarne con lei. Il problema era che non avevo la minima idea di dove cominciare. Tutto era confuso, nulla sembrava avere senso.

Abbassai il capo, quasi colpevole. Era preoccupata, lo intuivo dal tono della sua voce.

<< Io… >>.

<< E’ Edward il problema? >>. Colpita ma non affondata.

<< Anche >>, ammisi.

<< Hai problemi con Jacob, allora? >>. Colpita e affondata! Ne aveva centrate due in meno di un minuto!

Era palpabile la differenza di tono che aveva usato pronunciando il nome di mio fratello e quello del mio ragazzo. Il primo con estrema dolcezza, il secondo un tantino duramente, come a volersi accertare che non mi avesse torto neanche un capello.

Sapevo che volevano bene a Jake, avevano sempre accettato le mie scelte, ma ci tenevano molto di più a me, ed erano sempre stati dalla mia parte. In questo frangente, però, non capivo da che parte stavano considerati i litigi – iniziali – e la totale assenza di dialogo tra me ed Edward, ultimamente.

Forse erano semplicemente neutrali.

Continuò la sua ricerca tra i reparti del supermercato lasciandomi temporaneamente indietro a spingere il carrello.

Mi ero proposta di accompagnarla al supermercato per evadere un po’ da casa. Ultimamente passavo tutto il mio tempo libero chiusa nella mia stanza a studiare o ad ascoltare musica.

<< Il problema è che, in pratica, non ho nessuna difficoltà con nessuno dei due… è la teoria che proprio non comprendo, non so cosa mi stia succedendo >>, ammisi facendola voltare verso di me.

Si avvicinò lentamente accarezzandomi dolcemente i capelli e racchiudendomi in un abbraccio.

<< Tesoro, alla tua età è normale vivere le situazioni in questo modo, ma posso assicurarti che non saranno più così difficili come sembravano, appena le avrai superate >>.

Non le risposi riflettendo sulle sue parole. Aveva sicuramente ragione, il problema stava nel superare gli ostacoli, però.

<< So che ti sembra comunque difficile, ma dimmi una cosa: tu ami Jacob? >>.

<< Io… sì, credo di sì >>. Dissi senza riflettere, ma sentivo di non crederci al cento per cento.

<< Bella, intendo dire: lo ami veramente? >>.

Ci pensai un po’ su, il che era da considerarsi già parte della mia risposta.

<< Forse non nel modo giusto… credo che i miei sentimenti verso di lui siano cambiati… >>.

<< Gli vuoi sempre bene ma non più come ad un fidanzato? >>.

<< Sì, mamma, credo di amarlo in un modo che si avvicina più all’amore per un fratello, un amico, che all’amore verso il proprio ragazzo >>, conclusi sentendomi improvvisamente più leggera.

Sentivo che grazie a quella conversazione ero riuscita a mettere un minimo di ordine nella mia testa.

<< Capisco… ma Bella, ascoltami bene: io non ti dirò mai cosa fare perché ritengo che le tue scelte debba compierle tu, ma pensa bene, considerato questo sentimento, cosa vuoi fare della tua vita >>.

Ripensai subito alla sensazione di oppressione che sentivo sempre ultimamente.

Privata delle proprie ali per volare.

Ma pensai anche che era troppo tempo che eravamo fidanzati per gettare tutto…

<< Tesoro, sei giovanissima, hai ancora tutta la vita davanti. Sei libera di compiere qualsiasi scelta. Dovresti affrontare e vivere appieno tutte le esperienze che ti verranno incontro… >>.

Sapevo benissimo a cosa si riferisse.

Mamma non era mai andata d’accordo con la gelosia di Jake, per lei io non dovevo essere così legata e condizionata da lui.

<< Sono giovane… >>, sussurrai sovrappensiero riflettendo.

Aveva ragione… non era troppo tardi, non eravamo sposati e non avevamo un figlio…

<< Sono ancora giovane >>, ripetei, stavolta più convinta come se avessi risolto il problema più difficile dell’universo.

 

Nonostante avessi capito quasi perfettamente i miei sentimenti, nei giorni successivi non cambiai assolutamente nulla della mia vita.

Avrei voluto parlare con Jacob, cercare di far pace con Edward, ma non mi mossi.

Sentivo di voler smuovere intere montagne, ma nonostante tutto, non riuscivo a liberarmi dell’apatia che mi circondava.

Ero fin troppo conosciuta per la mia avversione ai cambiamenti, mi consideravo una persona estremamente coerente, soprattutto con se stessa, ma sentivo che le cose stavano per cambiare.

Forse avevo bisogno solo di una settimana di riflessione, di un po’ d’aria diversa, e mia sorella Alice era conosciuta soprattutto per le sue idee folli.

Dopo aver insistito affinché le parlassi di cosa mi stava accadendo, e dopo aver ricevuto il mio estremo silenzio in risposta, aveva deciso di organizzare una settimana in spiaggia con tutta la famiglia Cullen.

Inizialmente avevo protestato usando come scusa la loro pelle luccicosa al sole, ma ovviamente avevo poi scoperto che avevamo addirittura un’isola di proprietà. Wow!

Avrei dovuto immaginarlo.

E pensare che quando ero più piccola, per farmi capire il valore dei soldi, avevano architettato un complesso stratagemma che includeva soprattutto far risparmiare Alice e Rose.

Papà aveva bloccato tutte le loro carte di credito, costringendole ad acquistare i loro amati capi firmati solo quando erano in saldo, e soprattutto solo grazie alla paghetta.

Ovviamente tutto era regolato in base alle esigenze di ognuno di noi, ma Rosalie ed Alice non si accontentavano mai. Per loro, cento dollari a settimana erano una miseria.

Mi preparai mentalmente a dover affrontare il problema “bagaglio”, ma ci ripensai, Alice avrebbe provveduto a tutto, come sempre.

Inutile dire che tutto ciò che infilai di persona nella mia valigia erano il mio i-pod compreso di cuffie, di quelle che ti estraniano completamente dal mondo circostante.

Non mi curai di controllare o cercare di modificare il mio bagaglio, la mia esperienza mi suggeriva che tanto Alice avrebbe comunque agito secondo i suoi piani.

 

La mattina della tanto attesa partenza, mi alzai dal letto aspettandomi di udire delle voci, qualsiasi tipo di rumore, ma nulla.

Scesi silenziosamente le scale, quasi aspettandomi di incontrare un ladro, finché non udii una voce in salotto.

Era Edward che stava parlando al cellulare. Sembrava tranquillo, ma una strana sensazione si insinuò in me.

<< Credo tra una ventina di minuti… no… sì, ma avreste potuto aspettarmi. Conosci la situazione, Alice, e sai benissimo che non è stata un’ottima idea… non mi importa, sappi solo che se la condizione peggiora mi sfogherò su di te >>.

Non si accorse della mia presenza finché non chiuse il telefono.

Era preoccupato e arrabbiato al contempo. Non ero riuscita a capire tutto, forse si riferiva alla caccia…

Guardai, per la prima volta da quando era tornato a Forks, i suoi occhi.

Erano di uno splendido color miele, quindi aveva avuto il tempo di cacciare…

Abbassai subito lo sguardo, avrei potuto chiedergli spiegazioni ma mi anticipò leggendomi nel pensiero.

<< Alice ha avuto la brillante idea di avviarsi prima insieme al resto della famiglia. Posso assicurarti che con questa storia non centro nulla >>, concluse voltandosi verso la grande vetrata che dava sul bosco.

Sempre la solita.

Mi sentivo in colpa, ero riuscita, col mio atteggiamento, a metterlo in soggezione, come se avesse il timore che, da un momento all’altro, avrei potuto urlargli contro.

Quelle erano le prime parole che mi diceva dopo più di una settimana e me le  aveva dette senza neanche guardarmi in faccia.

<< Non fa niente… mi preparo e partiamo >>. Cercai di sorridergli attraverso il riflesso della grande vetrata, ma mi uscì solo una specie di smorfia.

Avrei dovuto parlargli, chiarire, non potevo più continuare così.

 

Eravamo partiti alle dieci in punto. Nella macchina di Edward, una stupenda Aston Martin nera messa a lucido, regnava il silenzio da ben venticinque minuti.

Ed erano venticinque minuti, che cercavo il coraggio di iniziare il discorso.

Edward guardava avanti, estremamente concentrato sulla strada.

Ma se davvero mi leggeva il pensiero, sentendo che avrei voluto iniziare un discorso, perché non venirmi incontro?

Probabilmente il primo passo toccava farlo a me…

Avrei potuto iniziare a parlare delle condizioni atmosferiche… o della distanza che ci separava dall’isola Esme… avrei potuto accendere la radio e alzare il volume al massimo evitando, così, di dover iniziare un discorso.

No… dovevo parlargli, e subito.

<< Perché sei tornato? >>.

Non era esattamente la domanda che avrei dovuto porgli, almeno non subito, ma visto che era praticamente sfuggita al mio controllo, ringraziai comunque i miei impulsi. Almeno avevo iniziato.

Aspettai la sua risposta per un minuto circa, fissando i suoi movimenti nell’attesa che parlasse, ma non lo fece. Continuava a guardare dritto davanti a se, le mani sul volante e le spalle leggermente tese.

Maledetto.

Odiavo quando non mi rispondeva. Ma stavolta non me ne sarei stata zitta.

Stavo per iniziare a buttare fuori tutta la mia rabbia di quei giorni, degli anni trascorsi da quando se ne era andato ma si girò all’improvviso, fulminandomi con quei suoi occhi che erano diventati improvvisamente color pece e mi rispose.

<< Adesso non è il momento di parlarne. Riposa, mancano ancora un paio d’ore prima di arrivare >>.

Non è il momento di parlare?

<< Non ho intenzione di dormire, voglio parlarne. E smettila di darmi ordini >>.

Inchiodò l’auto lungo l’immensa strada deserta che stavamo percorrendo. Se ci fossero state auto dietro di noi, probabilmente, avrebbe dato luogo ad un incidente colossale.

<< E’ questo ciò che vuoi? Vuoi parlarne? BENE, allora, parliamone >>, urlò aprendo lo sportello all’improvviso.

Scese dall’auto costringendomi, un po’ impaurita ed estremamente confusa da quei modi così diversi rispetto a quelli che conoscevo, a  seguirlo.

Dopo aver sbattuto lo sportello si appoggiò al fianco della sua auto iniziando a fissarmi, probabilmente aspettava che mi avvicinassi e iniziassi a parlare.

Molto lentamente, e intimorita, mi avvicinai, non avendo la più pallida idea di cosa iniziare a dirgli.

Avrei voluto essere disinvolta, come facevo sempre, ma non mi importava, al momento.

Ma perché mi cacciavo sempre in situazioni così assurde?!

<< Senti, mi… mi spiace comportarmi sempre in modo così… da insopportabile, ecco. Solitamente sono l’esatto opposto, non mi… >>.

<< Lo so, Bella. Ti conosco >>, mi interruppe sorprendendomi con quel “ti conosco”.

Cosa intendeva?

Ero cresciuta, forse conosceva la vecchia me. Avevo sedici anni, ero nel pieno dell’adolescenza, non poteva credere che fossi rimasta a quando avevo sei anni.

<< So cosa stai pensando, ma ti sbagli >>.

<< Invece no, tu non mi conosci Edward, ok? Probabilmente sono una stupida a darti così tanta importanza. Non dovrei provare tutta questa rabbia, dovrei semplicemente ignorarti. Come hai fatto tu >>. L’ultima frase la sussurrai, ma ero pronta a scommettere che non gli fosse sfuggita.

Non avrei voluto dirla, ma tutta la collera di quegli anni si era magicamente impossessata di me, mi era sfuggito, ecco.

<< Io non ti ho ignorata… >>. Mi aveva sentita e lo avevo offeso, lo avevo capito dal suo tono profondamente deluso. Lo aveva detto piano, lentamente, forse riuscendo finalmente a capire il mio atteggiamento.

<< Cosa credi, che in questi anni io abbia fatto come se non ti avessi mai conosciuta? Come se con te non avessi condiviso nulla? Bhè, se è così, ti sbagli di grosso >>.

<< E allora perché sei scomparso nel nulla? Se è come tu dici, come puoi credere di conoscermi, di pensare minimamente che in questi anni mi sei stato accanto?! >>.  Stavo urlando, stavamo urlando, ormai.

Quello che diceva e in cui credeva era folle.

<< Non mi va di parlarne, sarà meglio metterci in viaggio, altrimenti Esme si preoccuperà >>.

<< Io non vado proprio da nessuna parte. Devi smetterla, una buona volta, di sfuggire >>.

Mi preoccupai, dopo quello che avevo detto, di una sua reazione. Ipotizzai potesse prendermi di peso e trascinarmi in macchina…

Si avvicinò lentamente, fissandomi negli occhi.

Ad ogni suo passo il mio cuore aumentava di un battito, come a volermi avvertire di qualcosa.

Non mi mossi, avrei dovuto allontanarmi, ma il mio corpo proprio non voleva.

Cosa mi stava accadendo?

Volevo la sua vicinanza, non capivo ancora bene in che senso volevo che mi stesse vicino… ma lo volevo.

<< Vuoi la verità, Bella? >>, sussurrò roco vicinissimo al mio orecchio sinistro.

Annuii senza essere in grado di pronunciare neanche un suono.

Ma non mi aspettavo minimamente che Edward facesse una cosa simile.

Mi avvicinò al suo viso prendendomi il capo proprio dietro il collo. Sbarrai gli occhi, cosa stava facendo?!

In un secondo mi trovai con le sue labbra poggiate sulle mie e la schiena attaccata completramente alla sua auto. Come ci fossi arrivata, probabilmente non lo avrei mai capito.

Le sue labbra si muovevano con intensità sulle mie, cercando l’ingresso che senza accorgermene gli concessi immediatamente.

Era tutto così surreale e improvviso che non mi rendevo conto di nulla, riuscivo solo a sentire il suo profumo, così buono e… giusto.

I suoi movimenti mi mandavano in estasi, tutta la parte razionale di me, che in tutti quegli anni mi aveva condizionata e resa schiava, improvvisamente si era dissolta, sciolta al sole come neve.

Un rumore in lontananza, impercettibile ma così forte nella mia mente, mi riscosse.

Mi allontanai di scatto da lui, fissandolo con gli occhi sbarrati…

Cosa avevo fatto?

Lo allontanai brutalmente, facendo pressione con entrambe le mani sulle sue spalle.

Lo fissai per pochi secondi, dopodiché la mia mano non poté che infrangersi contro la sua guancia in un sonoro schiaffo.

Come aveva potuto?

 

Non chiedetemi perché ho concluso il capitolo in questo modo… non lo so neanche io! ^__^

Avevo in mente di farli arrivare tranquillamente sull’isola, ma nel bel mezzo del viaggio avevano bisogno di scendere… e chi sono io per impedirlo? XD vabbè… fatemi sapere che ne pensate perché i vostri commenti sono fondamentali per la stesura del prossimo, e dei prossimi, capitolo J

Grazie a tutteeeee un bacio

Barbara

Ps ho un piccolo spoiler per voiiiii

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Salve! Finalmente l’ho completato… meno male che avete una pazienza infinita con me! Ci ho messo un po’ a pubblicare, stavolta, perché ho scritto la shot per il concorso estivo di efp ma soprattutto perché una certa autrice mi ha decisamente distratta dai miei doveri… ho trovato il suo profilo perché mi ha lasciato uno stupendissimo commento, mi sono incuriosita dalla recensione da lei scritta, e ho visitato il profilo scoprendo un sacco di titoli interessanti!!! Se vi va date un’occhiata, merita davvero :) e lasciatele un commento!!! Il genio si chiama Gaccia!!!

 

Capitolo 10

 

 

Non poteva essere successo davvero.

Probabilmente lo avevo sognato e stavo per svegliarmi, o poteva essere una stupida fantasia dettata dal mio inconscio temporaneamente danneggiato.

Guardai il ragazzo davanti a me con espressione allucinata.

Battei le palpebre due o tre volte, nella speranza di vederlo sparire, ma nulla. Rimaneva impassibile, con la mano poggiata alla guancia dove un attimo prima lo avevo schiaffeggiato.

Lo avevo fatto davvero?!

Complimenti Bella, fatti rispettare!

 Complimenti un corno. Lo avevo schiaffeggiato, diamine.

Pensai immediatamente a Jacob… ero fidanzata, e lo sapeva. Come aveva potuto?

Ma soprattutto, perché lo avevo baciato appassionatamente e poi lo avevo allontanato?

Perché lo volevi anche tu…

No, non era così, io stavo con Jacob. E mai, questo episodio, avrebbe dovuto raggiungere le sue orecchie, anche perché non aveva importanza.

<< Come hai potuto? >>.

Inarcò un sopracciglio. Chissà perché, ma avevo come la sensazione che mi avrebbe detto che non lo avevo allontanato subito.

<< Non mi sembrava ti dispiacesse, all’inizio >>, ecco.

<< Non dovevi farlo. Co…come ti è venuto in mente? Non hai pensato che sono fidanzata e che ho appena tradito Jacob? >>.

Non capii il suo sguardo cosa volesse dire. Sembrava sul punto di scoppiare a ridere, o a piangere.

Ma erano poco plausibili entrambe le cose… bhè forse la prima no.

<< Credimi Bella, non hai tradito >>.

Cosa intendeva con quella frase enigmatica?

Chiesi spiegazioni che, però, non arrivarono.

Mi domandai perché mai avesse agito così, ma se lo avessi chiesto non avrei ottenuto risposta.

Ritornai in macchina sbattendo lo sportello. Non vedevo l’ora di raggiungere gli altri e di allontanarmi da lui.

Allontanarmi?

Forse la mia testa lo desiderava, ma ultimamente era difficile conciliarla al cuore.

Mi raggiunse in poco tempo rimanendo ad osservarmi per un po’, finché non decise di parlarmi.

<< Non hai tradito Jacob perché quello non era un vero bacio. Siamo fratello e sorella, no? Era solo un gesto di affetto, ma più che altro un modo per farti tacere >>, mi sorrise.

<< Sei per caso impazzito? – sbraitai sull’orlo di una crisi isterica – Quello non era un bacio fraterno!  >>.

<< Allora cos’era? >>

<< Dimmelo tu, Edward! >>, urlai.

Aveva perso completamente il lume della ragione?

<< Ok, sarò sincero… dovevo verificare una cosa >>.

Il mio sopracciglio inarcato dovette essere un chiaro stimolo per continuare.

<< Alice e le sue stupide visioni mi inondavano la mente di immagini in cui io e te stavamo insieme… non hai idea... Dovevo verificare, no? Adesso so per certo che per te non proverò mai nulla >>, continuò a sorridermi.

Chissà perché, ma non mi convinceva del tutto.

Voleva verificare se provava qualcosa per me…

Non seppi spiegare il motivo, ma ci rimasi male.

Mi ripresi immediatamente, non dovevo dare a vedere la mia delusione. Sorrisi, quei sorrisi che di solito facevo a papà o ad Emmett quando volevo ottenere qualcosa:<< Ammettiamo che sia veramente così, adesso mi dici perché sei tornato? O, meglio ancora, perché te ne sei andato? >>.

Di certo non si aspettava quest’improvviso cambio d’umore. Rimase per un attimo spiazzato, come se fossi riuscita davvero ad ammaliarlo (certo, come no), e poi abbassò lo sguardo, quasi come se si sentisse in colpa… ma per cosa?!

<< Avevo delle cose da fare… >>, rispose vago.

Non se la sarebbe cavata così. Cos’era quella stupida storia che tentava di propinarmi?!

 << E ci hai messo tutti questi anni?! >>.

Guardò avanti, completamente assorto nei suoi pensieri.

<< Ricordi quando hai conosciuto i nostri parenti di Denali? >>, parenti si fa per dire, e non solo per la diversità di dna.

Annuii vagamente. Ricordavo solo la zia che somigliava ad Esmeralda de “Il gobbo di Notre Dame”, e la bionda che mi guardava male…

<< Ecco… vista la mia innata capacità di carpire profondamente i pensieri e le intenzioni altrui, ho intuito fosse necessario tenere sotto controllo la situazione >>, terminò.

<< Controllare cosa? >>.

<< Ok, mi arrendo >>, alzò le mani in segno di resa, facendo quel fantastico sorriso strano che faceva quando era nervoso o imbarazzato.

Iniziavo a ricordare tutti i piccoli gesti che lo caratterizzavano, non era cambiato per nulla in tutto il tempo trascorso lontano da me. Potevo quasi prevedere la sua prossima mossa.

Avrebbe smosso i suoi capelli con la mano destra inclinando di poco la testa…

Proprio come avevo supposto, le sue dita accarezzarono i capelli in un movimento fluido, naturale.

<< Quando sono venuti a farci visita, nei pensieri di nostra cugina ho notato qualcosa di strano. Da un lato aveva quasi timore verso di te, ma dall’altro, la infastidiva il mio modo di… di difenderti, ecco >>, mi distrasse dai miei pensieri.

Non mi era ben chiaro…

<< Devi sapere anche, che non siamo gli unici vampiri… In Italia, ad esempio, ce ne sono altri non proprio amichevoli verso chi non rispetta le loro leggi… >>, continuò molto più tranquillo di come aveva iniziato.

Mi raccontò che i Volturi, i vampiri italiani, facevano in modo di mantenere la loro razza segreta agli umani e che i Cullan, avendomi rivelato la verità quando ero piccola, correvano seri guai se si fosse venuto a sapere.

Gli chiesi come facessero a far rispettare le loro leggi, ma la risposta, forse, avrei preferito non sentirla.

Il solo pensiero che tutta la mia famiglia, me compresa, scomparisse dalla faccia della terra mi fece rabbrividire.

Edward se ne accorse, si avvicinò come a volermi abbracciare, ma alla fine strinse i pugni e rimase dov’era.

<< Quindi, quell’ossigenata di Tanya voleva andare a fare la spia?! >>, riassunsi con sguardo schifato.

Rise del mio soprannome, lui non era abituato ad Alice che la nominava sempre a quel modo, per me era naturale chiamarla così, come se fosse il suo cognome.

<< In effetti sì. Ma Tanya non è una persona cattiva, te l’assicuro. Ha vissuto solo delle esperienze che l’hanno portata ad avere una certa antipatia, o timore, verso i bambini. E se aggiungi anche una buona parte di interesse nei miei confronti, arrivi alla soluzione finale >>.

Cioè, io e la mia famiglia avevamo rischiato la vita perché l’Oca era interessata ad Edward?!

Ed Edward, conoscendo il suo interesse, era andato a vivere da lei? Tutto quel tempo?

Allora stavano insieme…

<< Io e Tanya non siamo fidanzati, lei non mi interessa >>, rispose al mio pensiero. << In questi anni l’ho solo tenuta d’occhio, e quando non ho più sopportato le sue continue avances nei miei confronti, sono andato a vivere da solo… più o meno nelle vicinanze >>.

Aggrottai le sopracciglia non proprio convinta delle sue parole.

Ora avevo capito… non mi aveva del tutto abbandonata, in fin dei conti, si era allontanato dalla sua famiglia anche per proteggere me.

 

 

<< Bellinaaa, ma che fine avevate fatto??? Mi stavo preoccupando, pensavo che la mia dolce sorellina si fosse smarrita nel boscoo… >>, Emmett corse verso di me abbracciandomi.

Il viaggio, dopo la piccola sosta, era durato un paio d’ore. Avevamo dovuto prendere una barca per arrivare all’isola, ma tutto era andato per il meglio.

Avevo avvertito Jacob con un sms di non preoccuparsi se il mio telefono risultava spento, perché Edward mi aveva avvertita che sull’isola non c’era campo.

Sentivo di essere di nuovo in pace con Edward, e col mondo.

Non sapevo spiegare bene il motivo, e ultimamente le cose inspiegabili erano parecchie, ma ora che avevo messo da parte il rancore, dopo il chiarimento, tutti i vecchi sentimenti che provavo verso di lui sembravano rinascere.

<< Emmeeeeett >>, lo sgridò Edward quasi ringhiando.

Evidentemente aveva visto delle immagini nella sua mente, ma cosa?

Li guardai con sguardo interrogativo.

Nel frattempo, dopo l’urlo di Edward, anche gli altri si erano avvicinati per salutarci.

I miei fratelli ci guardavano sorridendo, proprio come se avessero parlato, o meglio sparlato, di noi fino a quell’istante.

Jasper, stranamente, riusciva a trattenere le risate meno di tutti.

<< Edward – colpo di tosse – e Bella – ancora tosse – nel bosco – ancora altri colpi di tosse - da soli… >>, scoppiò Jasper scatenando le risate di tutti tranne che le mie e quelle di Edward.

Se avessi potuto diventare più rossa di come ero, mi avrebbero notata anche dalla luna.

 

 

Dopo che nostra madre ci riportò all’ordine, io ed Edward sistemammo i nostri bagagli e li raggiungemmo in spiaggia, dove Alice aveva allestito un falò.

Quella ragazza aveva troppa fantasia sprecata, glielo dicevo sempre!

Praticamente, l’unico essere umano a consumare cibo ero io, perché scomodarsi tanto?!

Però dovetti ammettere che la carne cotta sulla brace, con tanto di marshmellow fumanti, erano stati un’ottima cena.

Potevo cibarmi solo di quello durante il soggiorno sull’isola???

<< Ragazzi, propongo di iniziare con le storie di paura >>, esordì Alice all’improvviso.

<< Non sono d’accordo >>, protestai. << Io la notte dovrei dormire >>, piagnucolai.

<< Dai stellina, bellina >>, mi supplicò Emmett facendomi gli occhioni da cucciolo.

Era impressionante vedere un omone grande come lui pronunciare simili nomignoli, e soprattutto guardarmi in quel modo.

Ma io l’avevo visto intenerirsi davanti alle scene d’amore dei cartoni della Walt Disney…

<< Inizio io, ok? Tesoro – mi guardò dolce -  spero di non metterti troppa paura >>, sorrise sadico.

Malefico emmett!

Ci mettemmo tutti in cerchio intorno al fuoco, ognuno vicino al rispettivo fidanzato, mentre io mi trovavo tra Alice ed Edward.

<< Era una notte buia e silenziosa. Sulla spiaggia di Mistery Night, sei ragazzi intorno a un fuoco si raccontavano storie di paura… >>, iniziò con voce cupa, quasi sussurrando.

<< Mistery Night… ma che nome è? >>, lo beffeggiò Jasper.

Tutti risero, tranne io che iniziavo già ad immaginare mille scenari nella speranza di prepararmi al peggio.

Sei ragazzi… proprio come noi adesso.

<< Zitti e ascoltate! Altrimenti mi rovinate la suspense >>.

<< Dicevo… sei ragazzi intorno a un fuoco si raccontavano storie di paura. Erano tre coppie, tutti innamoratissimi l’uno dell’altra. Erano in vacanza insieme >>.

<< Ma a noi tutti questi dettagli non ci interessano >>, sentii bisbigliare Alice nell’orecchio di Jasper.

Mi venne un po’ da ridere, ma più che altro mi stavo consolando perché tanto noi non eravamo tre coppie.

<< Il più grosso e carino del gruppo iniziò a narrare la sua storia, ignaro che intorno a lui un essere sovrannaturale li stava osservando >>.

Mi venne naturale guardarmi intorno, anche perché mi parve di sentire un fruscio di piante proprio vicino a noi.

<< I ragazzi ascoltavano concentratissimi, i loro occhi non abbandonavano mai la figura del narratore. In lontananza, un gufo bubolava, nell’esatto momento in cui una delle ragazze emise un urlo… >>.

<< AAAAAAAA…. >>, urlò Rosalie, probabilmente seguendo un copione.

Stavo per strillare anch’io, ma cercai di tapparmi virtualmente la bocca, non dovevo far vedere ad Emmett che avevo paura di uno strillo e del fatto che la sua storia fosse quasi del tutto simile a ciò che stavo vivendo.

Tutti sghignazzavano, probabilmente avendo notato la mia reazione.

Con orrore, però, mi accorsi che la mia mano era completamente arpionata al braccio sinistro di Edward, seduto accanto a me.

Cosa avevo fatto?

Cercai di toglierla con nonchalance, ma come se per lui fosse un gesto naturale, mi accarezzò l’avambraccio con  la mano libera, calmandomi all’istante.

Non mi guardava, per lui quel gesto non rappresentava nulla di inconsueto.

Allora perché per me era tutto fuorché normale?!

Non ebbi il tempo di rifletterci troppo, Emmett continuava imperterrito il suo racconto:<< La ragazza che aveva urlato aveva visto una sagoma in lontananza che si avvicinava, ma il fatto sconcertante è che la sagoma le ricordava una persona… >>, ci guardò tutti facendo una pausa per aumentare la nostra attenzione.

<< …la sua sorellina morta dieci anni prima sotto forma di fantasma! >>, esordì tetro.

<< La ragazza avrebbe voluto correrle incontro, ma sapeva bene che quando si narra una storia di paura dinanzi un fuoco, nessuno dei partecipanti può lasciare la sua posizione… altrimenti gli spiriti evocati si impossessano dei loro corpi >>… forse era meglio un racconto di vampiri, pensai.

<< Stranamente, la ragazza non aveva timore di lei. Le mancava, e avrebbe voluto abbracciarla in qualsiasi sua forma… ma la ragazza, però, non poteva sapere che il fantasma era apparso per uno scopo: rubare il corpo di uno dei ragazzi seduti al falò! >>.

Doveva durare ancora molto?

<< Il narratore li costrinse a non voltarsi, a concentrarsi sulla luce del fuoco, a guardarsi negli occhi senza proferir parola, perché chiunque si fosse distratto avrebbe perso molto… >>.

Chissà perché tutti, me compresa, facemmo esattamente ciò che Emmett raccontava.

<< Li fece tenere per mano, formando un cerchio che li avrebbe difesi dalle azioni esterne >>, lo ascoltammo di nuovo.

<< Mentre raccontava e teneva d’occhio lo spirito, continuava a dire loro di non distrarsi >>.

<< Il fantasma, nel frattempo, si era avvicinato lentamente, sfiorando la sabbia ma senza lasciare traccia dei suoi passi. Il mattino seguente, si sarebbero viste solo le orme di quello che poteva sembrare un serpente… >>.

<< Girò attorno al cerchio formato dai ragazzi che fissavano il fuoco intensamente, senza mai perdere la concentrazione… chiunque avesse guardato lo spettro negli occhi bui e vuoti non avrebbe avuto la forza di resistere al suo richiamo… >>, sussurrò fissando il fuoco esattamente come faceva la maggior parte di noi.

<< Ma la bambina non si diede per vinta, cercò la persona che secondo lei avrebbe ceduto prima e iniziò ad avvicinarsi. Lentamente riusciva quasi a sfiorarla, finché, con tutta la sua forza di volontà la toccò sulla spalla, proprio vicino al suo collo scoperto, distraendola e prendendole l’anima…. >>.

<< AAAAAaaaaa…. >>.

Accaddero due cose contemporaneamente: Rosalie urlò di nuovo fissando qualcosa alle mie spalle, mentre io urlai perché qualcosa di freddo mi toccò il punto preciso che aveva descritto Emmett.

<< Cosa fate ragazzi? >>, chiese allegra nostra madre.

Non le avevo mai risposto male… ma questo sarebbe stato un ottimo momento!

Avevo ancora le palpitazioni mentre tutti ridevano ed Emmett si guardava attorno compiaciuto. Solo Edward sembrava studiarmi.

Mi guardava le tette?!

<< Il tuo cuore sembra impazzito, Bella calmati, era solo una storia… >>, non smetteva, perché?

Anche la sua vicinanza, ora, mi creava dei problemi…

Ok, urgeva un diversivo! Pensa… alla guerra nel mondo… ai bambini che muoiono di fame… a quando Edward se ne era andato…

Mi calmai, per fortuna, ma durante la notte, strani sogni popolarono la mia mente…

 

Edward in una landa desolata, seduto verso un lago ghiacciato. Intorno a lui una vasta distesa di neve bianchissima…

<< Ti stavo cercando >>, mormorò suadente una figura alle sue spalle.

Non rispose, continuava a fissare il lago con uno sguardo preoccupato in viso, uno sguardo perso, di chi si sente in trappola.

<< Perché te ne stai da solo qui fuori? Vieni dentro con me >>, continuò la donna.

Scosse solo la testa, era stanco di ripeterle continuamente le stesse cose.

<< Potresti impegnare meglio il tuo tempo in mia compagnia >>. Non si arrendeva, la sua mente proiettava su Edward scene del tutto fuori luogo.

<< Vai avanti, ti raggiungo tra un po’ >>, si arrese.

Considerò che era inutile continuare ad essere duro con lei, l’avrebbe solo spinta verso ciò che voleva evitare… il motivo per cui si stava sacrificando.

 

Mi svegliai di soprassalto, la fronte imperlata di sudore e le palpitazioni.

Il mio cuore stava facendo troppi straordinari ultimamente.

Ricordavo ogni dettaglio, ogni stato d’animo ed ogni pensiero del sogno appena fatto.

Mi capitava spesso, quando ero più piccola, di fare sogni simili, ma erano anni, ormai, che non mi accadeva.

Chi era la gatta morta del sogno? Tanya, per caso?

Aprii la cerniera della mia comodissima, e unica, tenda da campeggio e mi guardai intorno. Gli occhi gonfi di sonno e una miriade di pensieri ad offuscarmi la ragione.

Avevo dormito sulla spiaggia, con i miei fratelli a farmi compagnia, non volevo andare in casa, in un letto normale ci dormivo sempre.

Mi guardai intorno ancora, nella speranza di scorgere qualcuno, ma evidentemente c’ero solo io sulla spiaggia.

Il mare era una distesa piatta di acqua cristallina, talmente calmo da non avere nessuna increspatura neanche a riva. Doveva essere molto presto perché c’era poca luce.

Scalza raggiunsi la riva bagnandomi i piedi con quell’acqua così fresca. Camminai per una decina di minuti finché non vidi Edward seduto su uno scoglio che guardava l’orizzonte, proprio dove sarebbe sorto il sole.

Aveva le mie cuffie nelle orecchie, non mi aveva di sicuro sentito arrivare visto che ti isolano dal resto del mondo… mi sembrava alquanto strano che non si accorgesse di me, ma decisi di avvicinarmi senza farmi notare.

A pochi passi da lui lo sentii canticchiare.

<< What you mean to me, Search your heart, search your soul, And when you find me there,  you'll search no more… >>.

Mi venne quasi un colpo, pensando di essere stata scoperta.

Ma stava semplicemente cantando una canzone che conoscevo bene… e che risvegliò altri ricordi.

 

 

 

Salve! Capitolo quasi infinito ma alla fine ho deciso di tagliarlo proprio qui :) spero non sia stato pesante da leggere… miiii che ansia O___O   piaciuta la storia di paura? L’ho inventata di sana pianta per cui, siccome è la mia primissima esperienza in qst campo (non ne ho neanche mai lette), abbiate pietà XD ma un pochino fa paura??? Poco poco? ^__-  

Per quanto riguarda il SOGNO, insieme agli altri che Bella ha fatto… tutto avrà una spiegazione… un po’ contorta e parecchio fantasiosa, ma tutto tornerà :) chi ha letto l’altra storia già dovrebbe saperlo… ma lo saprete anche voi!

Poi… in qst capitolo ci sono mille novità!

Mancano pochi capitoli alla fine… anche se avrei voluto continuare a scrivere perché per me adesso si fa interessante.

E infine, ma non meno importante, volevo comunicarvi che ho creato un account su face book dove pubblicherò spoiler e piccoli sondaggi che riguardano le mie fic :) questo è il Link AGGIUNGETEMI!!!

ps.chi mi dice che canzone è riceve uno spoiler! Hauahua

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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