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Soltanto
gli uccelli neri gli facevano compagnia nel campo di grano.
Il suo compito
in realtà era di scacciarli, ma in tutta sincerità non gli
dispiaceva poi molto che se ne stessero lì. Oh, lo umiliavano,
beninteso, e lo facevano sentire davvero inutile con il loro indifferente
beccare sotto il suo naso, con i gracchi beffardi che gli strillavano e che gli
traversavano il capo da parte a parte senza
trovare ostacoli.
Ma la
verità era che, senza quei corvi indisponenti, lo Spaventapasseri
sarebbe rimasto completamente solo. E allora, forse, la sua testa vuota sarebbe
pesata ancora di più.
Il terzo giorno,
però, una bambina venne a sedersi sullo steccato.
Non posso farci niente. La verità è che io
sono follemente innamorata dello Spaventapasseri, e che non posso fare a meno
di scrivere di lui, e che per lui mi sono persino azzardata ad iniziare una
raccolta di drabble: io, che le drabble non so scriverle. Ma lo
Spaventapasseri è lo Spaventapasseri, e così quando mi è
venuta quest’idea non ho saputo rinunciarci.
Ogni drabble sarà
incentrata su un diverso momento del romanzo: naturalmente questa riguarda l’inizio
della storia dello Spaventapasseri, poco dopo esser stato impagliato e appeso
al palo, prima che Dorothy lo tiri giù.
Desidero dedicare questa raccolta a twisted-wind, che direttamente da DeviantART è
venuta a leggere le mie storie su EFP e, soprattutto, ha avuto l’idea
meravigliosa e dolcissima di illustrarne alcune, quali 'Rust' (pagine una e due) e 'Nightmare': visitatela e amatela. ♥
Probabilmente
qualcuno con un po’ di buonsenso avrebbe imparato dall’esperienza.
Ma, in fondo, lui aveva la testa
vuota. E sebbene fosse già caduto innumerevoli volte, seguitava immancabilmente
a ruzzolare ad ogni pertugio della strada di mattoni gialli in cui mettesse i
piedi, perché non aveva abbastanza senno da aggirarli o saltarli.
La bambina lo
aiutava ad alzarsi ogni volta, sollevandolo con leggerezza da terra. In un
primo momento aveva temuto che ridesse di lui: non avrebbe certo potuto
biasimarla per questo – invece, restava in silenzio. Forse allora era
arrabbiata.
« Mi dispiace
di esser così stupido... » si scusò.
Ma Dorothy gli
sorrise e lo prese per mano. « Così non cadrai più. »
Ambientazione: tra i capitoli tre e quattro, quando lo
Spaventapasseri e Dorothy viaggiano soli insieme alla volta della Città di
Smeraldo, e lui continua ad inciampare e cadere senza che lei si stanchi mai di
rialzarlo in piedi.
Perché sono troppo fluffosi,
troppo dolci, e troppo spudoratamente canon. <3
Grazie ai lettori della prima drabble;
e grazie a twisted-wind, per tutto. Lei sa a cosa mi
riferisco. ^^
Aveva
sentito parlare dei ‘pranzi’ dal contadino. Lui non aveva bisogno di quella cosa che chiamavano cibo e che
serviva a reggere in piedi gli esseri umani – però qualcosina al riguardo la sapeva. E non poteva lasciare che
Dorothy morisse di fame.
Per questo
motivo si era intrufolato in quel cespuglio e ora se ne stava di fronte a lei,
le mani piene di lamponi, sorridente di fronte alla sua apprensione.
« Ma no,
non mi fa male; i rovi non possono pungermi. Dai, prendine uno! »
Dorothy gli
abbassò le mani e, invece, prima
cominciò a toglier via ad una ad una le spine dalle sue braccia
impagliate. Sorrise anche lei.
Ambientazione: un qualsiasi momento del viaggio sulla strada
di mattoni gialli.
Per tutto il corso del romanzo, è sempre lo
Spaventapasseri a sgattaiolare nei posti più impensati per procurare le
provviste a Dorothy: questo perché, lo dice lui stesso, lui non può farsi male con rovi e
spine. E allora si rende utile all’amica in ogni modo, approfittando
della propria impossibilità di sentire il dolore fisico. L’ho
sempre detto che lo Spaventapasseri è un gentiluomo d’altri tempi.
<3
Ringrazio come sempre tutti i lettori. Alla prossima ^^
Vi
era un che di triste nel viso di Dorothy, quando finalmente si
addormentò. L’aveva osservata a lungo girarsi e rigirarsi nel
giaciglio come in preda a tormentosi pensieri; neppure il sonno sembrava
portarle pace.
Lui era ancora
là immobile nel suo cantuccio, a guardarla: non poteva sopportare di non sapere cosa la facesse stare
così male. Al suo ennesimo sospiro, ricordò di quando gli aveva
parlato del ‘Kansas’ e di quella zia Emma.
Poteva essere la
nostalgia a farla soffrire?
La stessa che –
forse – avrebbe poi fatto
soffrire lui?
Le si avvicinò
e le asciugò una lacrima dalla guancia.
Peccato. Senza
un cervello, non l’avrebbe mai saputo.
Ambientazione: la notte che Dorothy e lo Spaventapasseri
trascorrono nella capanna del Boscaiolo di latta, prima d’incontrarlo.
Perché lo Spaventapasseri passa tutte le notti a
guardare Dorothy dormire, perché probabilmente soffre dei suoi sogni
tristi, e perché sicuramente si è chiesto almeno una volta se
anche lui, poi, quando lei sarà tornata a casa, sentirà la sua
mancanza. <3
Grazie ad ogni lettore; e un grazie semplicemente immenso a twisted-wind per i suoi ultimi schizzi ispirati alle mie
storie, uno dei quali si adatta particolarmente anche a questa drabble: ma come si fa a resistere allo Spaventapasseri x
Dorothy? <3
Era
bizzarro, persino più di lui: un altro essere sintetico cui mancava un
pezzo che lo facesse sentire umano. Ma soprattutto era bizzarro quel desiderio.
« Un cuore
è importantissimo. È con il cuore che si vuol bene agli altri... »
« Forse
è così, ma trovo che sia più importante avere un cervello.
Come fai a voler bene a qualcuno, se non sai cosa significa? »
Dorothy distolse
gli occhi da quelli sempre tristi del Boscaiolo di Latta, e guardò lui dispiaciuta.
« Ma
allora tu non vuoi bene a nessuno, Spaventapasseri? »
... Forse il
Boscaiolo di Latta si sbagliava.
Perché lui voleva bene a Dorothy –anche senza un cuore, e anche senza
capire.
Ambientazione: dopo l’incontro con il Boscaiolo di
Latta nel quinto capitolo.
Lo Spaventapasseri ed il Boscaiolo hanno realmente una
discussione su questo argomento, discussione in cui Dorothy non sa se dare
ragione all’uno o all’altro dei suoi amici. Ho sempre adorato
quella parte del romanzo, poiché vengono messi in luce i contrasti tra
ragione e sentimento che comunque sono componenti ugualmente importanti nell’essere
umano; da tempo avevo in mente di scriverci su. Forse è venuta un po’
ermetica, però devo ammettere che non mi dispiace troppo questa drabble.
Non
aveva ragione di essere così preoccupata; sapeva che quegli artigli non
avrebbero potuto fargli alcun danno. Eppure aveva gridato quando quella zampata
lo aveva scaraventato a terra, e ora che il Leone era entrato a far parte della
compagnia, lei ancora si premurava di riassettargli la paglia e di assicurarsi
che stesse bene.
« Ti ho
già detto di star tranquilla. Dovresti dormire, Dorothy, ne hai bisogno.
»
L’aiutò
a distendersi nell’erba e la coprì di foglie morbide. Dorothy gli
prese una mano e gli rivolse un sorriso insonnolito. Strano che per una volta
anche un pupazzo come lui potesse sentire caldo.
« È
solo che non sopporterei ti accadesse qualcosa. »
Ambientazione: dopo l’incontro con il Leone Codardo.
Il Leone inizialmente si atteggia a prepotente e per
spaventare il gruppo di amici attacca lo Spaventapasseri e il Boscaiolo di
Latta: con quest’ultimo gli artigli non servono a nulla, mentre lo
Spaventapasseri si limita a rotolare al suolo, senza farsi male – ma
ciò non impedisce a Dorothy di preoccuparsi soprattutto per lui (“Sei un codardo bell’e buono, ecco
quello che sei […] E se penso che hai colpito una povera creatura
impagliata come il mio Spaventapasseri…”,
dal sesto capitolo ^^)
Tanto
valeva rassegnarsi a restare lì, nuovamente aggrappato a un palo.
Si tenne un
po’ più stretto al remo infisso nel greto, vagando con gli occhi
verso la riva opposta, dove c’era lei
che piangeva.
Il suo viaggio
dunque finiva qui. Non avrebbe mai incontrato il Mago di Oz;
non avrebbe mai avuto un cervello. E non sarebbe più venuta Dorothy a
liberarlo.
E in tutta sincerità,
mentre il vento gli portava la voce triste della ragazzina che lo chiamava con
tanto smisurato affetto, lo Spaventapasseri non avrebbe saputo dire quale delle
due cose gli facesse più male.
Ma poi
arrivò la Cicogna – e Dorothy lo salvò ancora una volta.
Ambientazione: durante l’avventura sul fiume, nell’ottavo
capitolo, quando lo Spaventapasseri per sospingere la zattera resta aggrappato
al remo conficcato nel terreno, mentre i suoi amici vengono trasportati via
dalla corrente – soltanto all’arrivo della Cicogna, Dorothy le
chiederà di riportarlo da loro.
Questa drabble è, beh, una
di quelle che mi convincono meno. Avrei voluto soffermarmi molto più a
lungo sulla duplice sofferenza dello Spaventapasseri in questa situazione in
cui ogni speranza per lui sembra perduta, sia l’avere ciò che
desidera sia lo stare di nuovo insieme a Dorothy – ma il limite delle centodieci
parole è veramente uno scoglio duro, e così non sono sicura di
aver reso davvero ciò che
volevo. Ma spero possa piacere comunque.
Aveva
intuito che qualcosa non andava quando l’aveva vista chiudere gli occhi.
Non erano
papaveri normali, aveva detto il Leone prima di correre via con la coda tra le
zampe. Il Boscaiolo di Latta aveva cominciato a piangere, e le lacrime avevano
sigillato le sue labbra, così che regnava un profondo silenzio mentre
portavano via Dorothy.
Lo
Spaventapasseri odiava il fatto di
non poterla aiutare – quando Dorothy era sempre stata così gentile
con lui, con tutti loro. Se solo avesse avuto dei polmoni, avrebbe respirato
lui per lei.
Invece era
inutile, ed era solo: e non poteva far altro che starle accanto, ad aspettare
che si svegliasse e gli sorridesse.
Ambientazione: tra i capitoli otto e nove, quando Dorothy
cade addormentata nel campo dei papaveri avvelenati e i suoi amici la
trasportano fin fuori dai confini, e là restano ad aspettare che si
svegli.
Non so perché, ma mi fa tanta tristezza l’immagine
di uno Spaventapasseri completamente solo – il Leone dorme molto
più in là e il Boscaiolo, anche se ciò è un lieve WhatIf, non
può neppure consolarlo perché ha il viso arrugginito – che guarda
Dorothy dormire di un sonno tanto simile alla morte sapendo di non poter fare
nulla per svegliarla. Povero piccolo. <3 Pazzesco, soffrire per i sentimenti
inespressi di un fantoccio di paglia. xD
Più
inutile di adesso non si era sentito mai, il che era tutto dire.
Già alla
Città di Smeraldo aveva asserito di non poterli aiutare nella missione.
Aveva tentato di riscattarsi strangolando i corvi; ma non era sorpreso che
fosse finita così. Quando le Scimmie Alate lo avevano distrutto e
disperso, il dolore più grande era stato quello di sapere Dorothy
prigioniera della Strega dell’Ovest.
Eppure...
Si
ritrovò improvvisamente cosciente ed integro. Si guardò intorno
meravigliato, e vide la bambina accanto a sé, felice come non
l’aveva mai vista.
« Quante
volte ancora dovrò rimetterti in sesto? »
Non le rispose,
distratto dal suo inconfondibile abbraccio leggero.
Ambientazione: tra i capitoli dodici e tredici, dopo che
Dorothy ha ucciso anche la Strega dell’Ovest.
All’inizio della missione affidata loro dal Mago, lo
Spaventapasseri dichiara di essere completamente inutile, ma quando la Strega
invia loro i corvi è lui a strangolarli; successivamente è di
nuovo Dorothy a doverlo salvare, quando le Scimmie Alate disperdono la sua
paglia e fanno di lui un fagotto appeso sopra un albero. Per farla breve, questi
due continuano a salvarsi a vicenda, e io continuo a fangirlarci
su. xD
Applausi
e festeggiamenti avevano salutato il loro ritorno. Dorothy diceva che non ce
n’era bisogno, che in quel momento non avevano voglia di festeggiare, e
che ognuno di loro voleva solo recarsi al cospetto del Mago a chiedere che
mantenesse le sue promesse. Ma gli abitanti erano stati irremovibili.
La ragazzina si
guardava intorno a disagio.
« Io non
so ballare » sussurrò timidamente allo Spaventapasseri.
Lui le sorrise e
le prese le mani nelle sue. « Nemmeno io. Ma siamo felici, e questo
basta, giusto? »
Dorothy lo
guardò e sembrò rincuorarsi. Ricambiò la stretta. Rise.
Le loro giravolte
fecero esultare gli altri ballerini, mentre il Boscaiolo e il Leone li
guardavano raggianti.
Ambientazione: al ritorno dalla missione contro la
Strega dell’Ovest, alla Città di Smeraldo, prima di ottenere l’ultima
udienza presso il Mago.
Si tratta di un ipotetico ringraziamento da parte degli abitanti
del regno ai quattro (cinque, se contiamo Totò ^^) eroi: un ballo in
loro onore. Ci pensavo da una vita, a questa cosa. E dopotutto, mi dicevo, in tale
frangente Dorothy non potrebbe danzare che con lo Spaventapasseri, dal momento
che il Leone non ne avrebbe la capacità e il Boscaiolo non ne ha la
fluidità di movimento. Lo so, sono fissata, pazza e pericolosa. Temetemi
xD
Ammetto che questa drabble
è molto meno introspettiva delle altre, e che dello Spaventapasseri,
vero protagonista della raccolta, c’è poco e niente. Ma per una
volta volevo mostrare semplicemente ciò che vedeva lui, direttamente dai
suoi occhi: un momento di gioia in cui coinvolgere Dorothy. Dai che sarebbe fluffosa una scena così *-*
Lo
Spaventapasseri si passò una mano sulla testa ruvida e percepì il
rigonfio del suo nuovo cervello. Ce l’aveva fatta. Era intelligente. Era un uomo.
Dorothy gli
sfiorò dolcemente il viso, leggera, per non sciuparne la pittura. La
guardò e capì che era sincera. Che anche adesso era lì con
lui, per lui, anche se il suo
desiderio era di tornare a casa, anche se Oz non era
il suo posto. Sì: Dorothy era felice
per lui.
Si tenne la sua
mano ben vicina, e si chiese perché, allora, i suoi occhi fossero
così tristi.
Ambientazione: sedicesimo capitolo, dopo che il Mago di Oz ha riempito la testa dello Spaventapasseri con la
mistura di aghi e spilli che lui chiama ‘cervello’.
Nel romanzo Dorothy dice allo Spaventapasseri che lei gli ha
sempre voluto bene anche così, senza cervello; non c’è però
un momento in cui si rallegra esplicitamente per il suo obiettivo raggiunto. Ecco
perché ho scelto di rappresentare questa scena piuttosto che soffermarmi
su quella sua frase.
E, naturalmente, nel finale gli occhi di Dorothy sono ‘tristi’
perché già immagina che tra poco anche lei riceverà il suo
dono e dovrà andarsene via da Oz – non sapendo
ancora che il volo in pallone fallirà – dicendo addio allo
Spaventapasseri.
« Se solo Dorothy
accettasse di vivere per sempre alla Città di Smeraldo... »
Un’esile speranza animava le sue parole. « Potremmo essere tutti
felici. »
Era sciocco
illudersi così. Eppure ormai era
intelligente! Doveva affrontare la realtà, e rendersi conto che Dorothy
non sarebbe mai rimasta lì – con
lui.
La bambina
alzò gli occhi lucidi sul trono ove lui sedeva. « Ma io non voglio
rimanere qui. Voglio tornare nel Kansas dallo zio Henry e dalla zia Emma! »
E lo
Spaventapasseri fu felice che il contadino gli avesse dipinto quel sorriso sul
volto di tela, poiché così era più facile nascondere il dolore
d’un cuore che non c’era e che però si spezzava.
Ambientazione: capitolo diciotto, dopo che il Mago se n’è
andato da solo dal Paese (lasciando lo Spaventapasseri a regnare sulla
Città di Smeraldo), nel corso di una riunione informale durante la quale
il nuovo sovrano tira le somme della loro avventura e si rammarica che Dorothy
non sia intenzionata a restare, perché così “potrebbero
essere felici tutti quanti” (frase davvero presente nel romanzo).
Da notare che lo Spaventapasseri è l’unico ad
esporre questa eventualità, cioè che l’amica rinunci a
tornare nel Kansas; è evidente che lo muove quel sottile principio di
egoismo che porta tutti gli innamorati a non volersi separare dalla persona
amata, anche se questa è di un altro avviso. Sissì,
sono definitivamente senza speranza xD Però è così e non si discute u_ù
Mancano solo tre capitoli alla conclusione, e mi auguro
tanto che alla dolce twisted-wind
la raccolta continui a piacere :D
Era
l’ultima notte che passavano insieme nel Regno di Oz.
L’indomani avrebbero ottenuto udienza presso Glinda,
e certo la buona Strega avrebbe trovato il modo di rimandare Dorothy nel
Kansas.
Si domandava se fosse
stato saggio accettare di
accompagnarla al Sud. Non sarebbe mai riuscito a guardarla andare via. E ne era
più che mai convinto ora, mentre sedevano insieme sui gradini del
palazzo, al buio, il visetto di Dorothy contro il suo petto, il guanto di lui
che le circondava la piccola mano calda.
Quella notte ‘non
sarebbe riuscita a dormire senza di lui’, gli
aveva detto.
Lo
Spaventapasseri, senza Dorothy, non credeva che sarebbe più riuscito a vivere.
Ambientazione: durante un’ipotetica notte precedente
all’incontro di Dorothy con Glinda, la Strega
del Sud che le rivelerà il segreto delle scarpette d’argento in
grado di farle oltrepassare i confini del Regno di Oz.
In realtà, quando il gruppo di avventurieri giunge
nel Paese dei Gingillini (o con qualunque nome
conosciate i sudditi di Glinda: dipende dalla
traduzione di turno xD), la Strega buona li riceve
subito, senza farli attendere: ma mi piace l’idea di un momento in cui
Dorothy e lo Spaventapasseri, consapevoli di non avere più tempo,
restano soli e si dicono in silenzio ciò che non si sono mai detti. Aww. Li amo <3
Rosse
come fragole, le sue guance morbide erano solcate di lacrime. L’aveva
vista piangere già mentre baciava il Boscaiolo e il Leone, ma adesso che
piangeva guardando lui era ancor
più insopportabile. Le passò i guanti sul viso: poteva quasi
sentirne il calore.
« Va tutto
bene. Non mi dimenticherò di te. Non ho più la testa vuota. »
Dorothy sorrise triste,
annuì e strinse le sue mani. « So che non lo farai. »
Lo
abbracciò soltanto, perché non voleva rovinargli i colori del
volto baciandolo – si stava già voltando quando ci ripensò.
Mentre la bocca
di lei sfiorava la sua, lo Spaventapasseri rimpianse di non poter piangere a
sua volta.
Ambientazione: dopo il colloquio con Glinda,
prima che Dorothy batta insieme i tacchi delle scarpette d’argento e
torni nel Kansas.
Nel romanzo Dorothy abbraccia lo Spaventapasseri senza
baciarlo, perché il suo viso è dipinto e lei non vuole rischiare
di sciuparlo. Nel film invece lo bacia con una dolcezza infinita e gli sussurra
la famosa frase Tu mi mancherai
più di tutti. Ho battuto e ribattuto sul tema del loro addio, ci ho
scritto storie in tutte le salse, e qui per la prima volta ho tentato una via
di mezzo tra le due versioni. Sì, magari non è molto originale,
ma cercate di capire – non potevo non inserire una drabble
sul loro ultimo momento insieme. <3
In
realtà, si sentiva perfettamente uguale a com’era prima. Aveva
scoperto che avere un cervello non lo rendeva diverso; lo faceva soltanto
soffrire un po’ di più.
Da stupido non avrebbe
potuto capire il dolore che gli avrebbe portato il dire addio a Dorothy. Adesso che sapeva giudicare
razionalmente ogni sentimento, ogni emozione, ogni ricordo, pensare a lei
faceva più male che mai. Molto più dei corvi, delle Scimmie
Alate, persino del fuoco.
Ma in fondo,
già, lo Spaventapasseri non era cambiato: riusciva sempre a sperare, nonostante tutto.
Forse un giorno
sarebbe tornata.
Forse era lei, quella bambina che vedeva
dall’alto del suo vecchio palo sulla strada di mattoni gialli...
Ambientazione: dopo il ritorno di Dorothy nel Kansas, nel
momento del suo ritorno al Paese di Oz. Perché
Dorothy torna ad Oz.
Non ho ancora letto, purtroppo, i successivi libri della saga di Baum, dunque non conosco le precise circostanze – ma
so benissimo che lei è tornata e ha rincontrato i suoi vecchi amici, e
anche che alla fine è rimasta per sempre con loro. Awww.
^__^
Con quest’ultima drabble si
chiude la raccolta. È stato interessante tentare di sintetizzare la
figura dello Spaventapasseri in tanti capitoletti che non potevano superare le
centodieci parole, soprattutto perché quando si tratta di lui io tendo
ad essere molto prolissa; mi auguro solo di essere riuscita a renderlo almeno
un po’, e soprattutto a rendere ciò che lo lega a Dorothy: perché
io ho supportato questo pairing persino prima di sapere
cosa fosse un pairing, perché li ho sempre
amati insieme e perché ho sempre amato lui, soprattutto, dapprima nella cinematografica e meravigliosa
figura di Ray Bolger e poi in quella del dolcissimo uomo
di paglia creato da Lyman Frank Baum
per i suoi romanzi (che leggerò, presto, perché quell’uomo
era un genio).
Un saluto e un ringraziamento a twisted-wind, di nuovo, per
essere la lettrice speciale quale è e per il suo apprezzare e sostenere le
mie storielle senza né capo né coda.
E un grazie anche a tutti voi lettori, naturalmente.