Lontani dalla Luce

di LuluXI
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La porta dell'inferno ***
Capitolo 2: *** La città di Dite ***
Capitolo 3: *** La guida e le Arpie ***
Capitolo 4: *** I quartiere in disuso ***



Capitolo 1
*** La porta dell'inferno ***


Alicanto seduto sul suo letto stava mostrando a Emily il suo ultimo bottino.
Si divertiva sempre ad osservare gli occhi blu della ragazza che osservavano ciò che era riuscito a rubare dai negozi.
“Complimenti… Questa volta mi regalerai qualcosa Al?” gli domandò spostando con la mano destra un ricciolo biondo che le era ricaduto davanti agli occhi, osservando l’amico.
“E perché dovrei Emily? Tu in cambio cosa mi dai?” domandò il ragazzino, osservandola con i suoi occhi neri.
“Nulla, ma che importanza ha? Sei pieno di soldi e oggetti da rivendere, cosa ti costa lasciarmi una di queste collane di perle?” domandò la ragazza indicando i gioielli.
“Io rischio sempre di farmi prendere dalla polizia Emily… Te invece stai a casa a poltrire…”
“E vorrei ben vedere! Mia nonna non mi lascerebbe mai andare in giro con te!”
“E pensi che sarebbe contenta di vederti al collo una collana che ti ho regalato io?”
 
Emily rimase a pensarci per un po’, e fu costretta a dargli ragione: sua nonna non le avrebbe mai permesso di fare una cosa del genere, considerata la brutta impressione che Alicanto le aveva fatto la prima volta che lo aveva visto.
“Non mi piace Emily cara, dovresti farti degli altri amici. Quei capelli neri e lunghi…dovrebbe tagliarseli, sembra una donna! E poi quegli occhi che ricordano delle caverne buie, i suoi vestiti scuri… E un cattivo ragazzo, lo capirebbe chiunque cara, non puoi continuare ad andare in giro con lui”.
Ripensando a cosa le aveva detto sua nonna, si ritrovò a scuotere il capo: non riusciva a capire perché sua nonna lo trovasse così strano. Si, forse non era come tutti gli altri ragazzi, ma a lei non dispiaceva, anche se girava con dei taglierini e dei coltelli. Anche se rubava.
 
“Ehi Emily ci sei?” domandò il ragazzo scuotendole una mano davanti al viso
“Si scusa Al, stavo ripensando a mia nonna…Mi basterebbe non dirle che me l’hai regalata tu!”
“Si, come se quella vecchietta se la beve! E comunque no, non posso: se la vede qualcuno, potrebbero scoprirmi!”
“E che problema c’è? Non sei forse sempre sfuggito alla polizia, anche quando hai rapinato quell’importante gioielleria in centro?” domandò sarcastica la ragazza, inarcando un sopracciglio: non si era mai bevuta quella storia.
Alicanto non rispose, e si limitò a riporre i gioielli insieme al resto della refurtiva che aveva accumulato negli ultimi mesi.
 
“Ehi voi due che state combinando?” domandarono due voci contemporaneamente dal corridoio, prima di aprire la porta. Gabriel e Emma rimasero in piedi sulla porta ad osservarli.
“Oh, oggi hai fatto una bella spesa non è vero fratellino?” domandò Gabriel
“Guardalo come sta diventando bravo, tutto papà” aggiunse Emma, e Emily si ritrovò costretta a confrontare i due fratelli.
Vedendoli nessuno avrebbe potuto dire che erano gemelli. Gabriel era alto e largo come un armadio a quattro ante, con dei cortissimi capelli castani e gli occhi verdi, mentre Emma aveva i capelli rossi come le fiamme e gli occhi neri.
“Che hai da fissare mocciosa?” domandò la ragazza ad Emily con un’espressione tutt’altro che amichevole sul viso.
“Vuoi fare la fine di nostra mamma?” domandò Gabriel con un ghigno, e Emily rabbrividì
 
“Smettetela voi due! Lasciatela in pace” disse Alicanto osservando i due fratelli.
“E perché mai?” domandarono in coro, ridendo.
“Non sa neanche rubare…”disse Gabriel
“…E nemmeno uccidere”aggiunse Emma.
“Si,insomma…”
“è solo una palla al piede.”
Emily detestava quei due gemelli, non tanto per quanto erano scortesi,ma per l’orribile vizio che avevano di concludere ognuno le frasi dell’altro. Gabriel iniziava, Emma concludeva.
“Imparerà, vedrete!” concluse Alicanto, fissando Emily, che si limitò a sorridere “Oh si, non vedo l’ora!” concluse.
 
“Non vedi l’ora di fare cosa?” domandò Sara, sbucando dalla cucina.
“Ehi clone, come cavolo sei entrato?” domandò Emma, parandosi davanti a lei, per impedirle di entrare nella camera del fratello minore.
“Io non sono un clone. E comunque, avete lasciato la porta aperta, e sono venuta a riprendere mia sorella” affermò indicando con un cenno del capo Emily.
“Ah, sei venuta a prendere il tuo clone!” disse Gabriel, posando una mano sulla spalla di Emma, per farla spostare.
Emily sbuffò, e si alzò dal letto e osservò la sorella ferma sulla porta. Era la sua copia, se non fosse stato che era più alta di lei e piena di trucco.
“Ma vostra madre non c’è mai?” domandò Sara, afferrando Emily per un braccio, cercando di trascinarla fuori.
“Nostra madre è morta…” si limitò a dire Alicanto salutando con un cenno del capo Emily.
“Oh si è morta… come nostro padre…” disse Gabriel scoppiando a ridere
“E quanto sangue!”Concluse Emma, unendosi alle risate del gemello.
 
“Sara ma perché non mi lasci stare qui?” domandò la ragazza mentre la sorella la trascinava fuori.
“Perché mamma e papà stanno venendo a prenderci per portarci a casa. E poi lo sai che alla nonna non piacciono questi ragazzi...”
“E non piacciono nemmeno a te…” concluse la ragazza “ma ho quindici anni e penso di potermi scegliere da sola gli amici…”
“E io ne ho diciassette e ti dico di no!”
“Oddio la sorella della tua amichetta ha la mia età?Ma sembra una mummia!” esclamò Emma dall’altra stanza, per poi scoppiare a ridere, seguita dai fratelli.
Le due sorelle, senza dire nulla , si avviarono verso l’ingresso.
 
Ma all’improvviso il pavimento incominciò a tremare pericolosamente e tutte e due si ritrovarono distese a terra.
“Ma che cavolo è stato?”
“Non lo so idiota, come faccio a saperlo?”
“E’ un terremoto stupidi, alzatevi in piedi.”
Le due sorelle sentivano le voci indistinte dei padroni di casa provenire dall’altra stanza e prima di poter fare qualsiasi cosa, il pavimento si inclinò pericolosamente da una parte, facendole rotolare fino nella stanza, addosso ai gemelli e ad Alicanto.
“Ahia Emily era la mia Gamba!”
“Al, mica è colpa mia!”
“Basta Emily sono stufa adesso ce ne andiamo!” concluse Sara cercando di rialzarsi in piedi, ma all’improvviso, il pavimento cedette e tutti e cinque si ritrovarono a cadere verso il basso.
 
Continuarono a cadere per molto tempo, ma l’impatto con il suolo non arrivava mai.
Ben presto si ritrovarono a precipitare nel buio più totale, senza riuscire a capire dove erano finiti, e ognuno di loro reagiva a suo modo.
Alicanto rideva come se gli avessero appena raccontato una barzelletta, mentre i suoi fratelli imprecavano e bestemmiavano nei modi più disparati, anche contro Sara che strillava e piangeva.
Emily invece stava in silenzio, rassegnata all’inevitabile: sarebbe morta a breve se non lo era già.
 
Quando infine toccarono il suolo, davanti a loro di estendeva a perdita d’occhio una landa oscura e desertica.
“Ma dove cavolo siamo finiti?” domandarono in coro i gemelli, osservando stupiti il fratello che rideva. “Ehi Al ma che ci trovi da ridere?”
“Cosa ci trovo da ridere?” domandò Al ridendo. “Bhe, è tutto così assurdo…non riesco a non ridere!Possibile che non riusciate a capire dove siamo?”
“No, non lo capisco e ora muoviti e spiegacelo!” urlò Sara afferrandolo per il collo e sollevandolo da terra.
Emily intanto si guardava attorno, e fu l’unica ad accorgersi che un ragazzo con in mano una lira si stava avvicinando a loro.
Quando finalmente anche gli altri quattro si accorsero di lui, sul gruppo calò il silenzio.
“Mi scusi, saprebbe dirci dove siamo?” domandò Sara, mordendosi il labbro inferiore a causa del nervosismo.
“Io sono Orfeo ragazzi… Benvenuti all’inferno!”
“All’inferno?Sta…sta scherzando vero?” domandò Sara spalancando gli occhi e iniziando a stringere il braccio della sorella minore.
“Oh no che non scherza: questo è davvero l’inferno!” concluse Al continuando a ridere.
Gli altri quattro si girarono verso Orfeo sperando che la sua affermazione fosse solo uno scherzo.
Ma guardandolo in viso capirono che non scherzava affatto.

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Capitolo 2
*** La città di Dite ***


I cinque ragazzi avevano finalmente raggiunto la loro meta: la città di Dite.
Avevano seguito Orfeo attraverso il paesaggio desolato dell’Inferno, fino ad arrivare alla città.
“Questa è la città di Dite, ove dimorerete e vivrete fino a nuovo ordine. Qui regna il sommo Hades: se rispetterete le sue leggi, non vi accadrà nulla. Altrimenti bhe…Ne pagherete le conseguenze” concluse il Saint, iniziando a scendere per la stretta stradina che portava alla città.
 
Intanto Sara, che aveva piagnucolato per tutto il tragitto, stringeva il braccio della sorella minore, continuando a lamentarsi.
“Oh Emily, Emily! Perché siamo finite qui? Mi sembra di essere finita nella Divina Commedia di Dante…La città di Dite…Non voglio guardare!”
“Sara, possiamo non parlare di scuola?Già questo posto fa schifo, ci manca solo Dante e la sua Divina blabla…” replicò la ragazza, scrollandosela di dosso, e aumentando il passo, fino a raggiungere Alicanto.
 
Il ragazzo non sembrava spaventato: dei cinque, era quello che si divertiva di più. Si guardava attorno estasiato, e continuava a ridere.
“Ehi Al, ma che cavolo ci trovi da ridere? Siamo finiti all’inferno, stando a quanto dice questo tizio, e tu ti diverti come un matto?”.
“Oh avanti Emily, quanto sei polemica! Sai perché mi diverto?” domandò il ragazzo e ricevendo in risposta un’alzata di spalle, riprese il suo discorso. “Perché finalmente siamo in un posto diverso! Anche qui ci sono delle regole si, ma finalmente cambiamo un po’ questa vita monotona.”
“Si, hai ragione…però guardati attorno: sembra un cimitero!”
“Eh, siamo all’inferno: che ti aspettavi? E poi questo posto mi piace…. È come se fossi nato per vivere qui!”
 
Emily non replicò: si limitò ad osservare la città,che avevano ormai raggiunto. Le case erano tutte costruite in legno e mattoni, e le strade erano vecchie e logore.
In giro vi erano poche persone, pallide come morti, che giravano a piedi o sopra dei carri trainati da animali vecchi e stanchi. Vi erano molti negozi, ma sembravano quasi tutti abbandonati: la città era avvolta da un’aura di morte.
 
“Ehi…Ehi Orfeo!”
“Dimmi ragazzo…” rispose continuando a camminare davanti ad Alicanto.
“Quelle persone, sono…”
“Morte? No, sono come voi: persone vive giunte quaggiù. I Morti stanno in altre zone dell’inferno. Questa città è stata costruita apposta per coloro che giungono qui ancora da vivi.”
“E perché alcune persone arrivano qui ancora vive?”
“Alcune vengono chiamate dal Sommo Hades, perché ritenute degne di servirlo, altre perché hanno delle colpe da espiare…”
“Tu sei uno dei suoi servitori?”
“Più on meno”
“Cosa significa?”
“Non ha importanza…Seguimi e basta”
 
“Ehi Emma secondo te ci ritroveremo faccia a faccia con le anime di mamma e papà?”
“E che cavolo ne so io Gabriel? Quel tizio dice che siamo all’inferno, e questo sicuramente non è un parco divertimenti. Ma anche se trovassimo mamma e papà?Hai paura?”
“No, era solo una curiosità… Hai visto Al? Non è mai stato così contento.”
“Bhe, la nostra vita era un inferno… Per lui è come essere a casa!”
“Anche per me…Non mi dispiace questo posto.”
“Oh si, non è male, ma i cloni non sembrano averlo preso bene…”
 
Orfeo si fermò davanti ad una via illuminata da alcune torce, e sembrava la più affollata della città.
“Eccoci arrivati: Sara, il tuo viaggio finisce qui. Percorri questa via fino alla piazza principale, e chiedi di Veela. Lei ti spiegherà tutto.”
“Co…cosa?Devo fermarmi qui…da sola?E Emily?”
“Emily è destinata ad un’altra area della città, ma potrai rivederla in futuro. Ora va, prima che sia tardi.”
Detto questo, Orfeo si allontanò, seguito dagli altri ragazzi.
“Emily!” Sara provò a chiamarla, ma la sorella non la degnò di uno sguardo.
 
“Bene: Emma, tu ti fermi qui.” Disse Orfeo, giunto innanzi ad una via completamente buia, piena di palazzi diroccati. “In fondo a questa via c’è un palazzo in disuso: vai fino a lì, e chiedi di Isonade: lui ti spiegherà tutto ciò che devi sapere.”
La ragazza non se lo fece ripetere due volte: fischiettando si avviò per la via, dopo aver salutato con una linguaccia Gabriel.
 
“Emily, ora tocca a te” affermò il Saint, giunto alla periferia della città, all’inizio di un grande bosco.
“Segui il sentiero fino al bivio, poi urla il nome di Lamia: sarà lei la tua guida.”
“Ma mica dovevamo rimanere in città?”
“Il bosco fa parte della città di Dite, e ne segna il confine sud: ora va, non abbiamo tempo da perdere.”
Emily, dopo aver salutato con un cenno della mano Alicanto, si avviò per il tortuoso sentiero, sparendo presto tra le fronde degli alberi.
 
“Ehi Al, siamo rimasti solo io e te!” esclamò Gabriel, affiancandosi al fratello.
“Già, a quanto pare…”rispose lui.
“Gabriel, è il tuo turno”.
“Bene! Dove devo andare?” il piccolo gruppetto aveva ormai raggiunto un’area spoglia della città, ed erano fermi in una piazza, al centro della quale, spuntava un’enorme torre.
“Barghest ti spiegherà tutto: per trovarlo, devi solo salire le scale della torre, e chiedere di lui.” Rispose Orfeo, iniziando ad allontanarsi.
“Eh sia…” replicò Gabriel, avviandosi verso la torre. “In bocca al lupo Al!” urlò verso il fratello che si allontanava, prima di sparire all’interno della torre.
 
“Dove siamo diretti?”
“Ora lo vedrai” rispose Orfeo. Stavano tornando verso la zona più abitata della città, e Orfeo sembrava aver fretta.
“Aumenta il passo Alicanto, abbiamo già perso troppo tempo.”
Arrivarono quasi di corsa all’imboccatura di una grande strada, e Orfeo indicò al ragazzo l’enorme villa che si intravedeva alla fine della strada.
“Devi andare là. Bussa e chiedi udienza a Ghoul.”
“Tutto qui? Le strade che dovevano percorrere gli altri, sembravano molto complicate”.
“Non fare domande e va…Il mio tempo è scaduto.”
Senza dir nulla, Alicanto imboccò correndo la strada: voleva arrivare il prima possibile alla grande villa.
“Caro ragazzo, non hai idea di cosa ti aspetta laggiù”.

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Capitolo 3
*** La guida e le Arpie ***


 “Coraggio Sara…Devi solo arrivare in fondo alla via e chiedere di Veela…Veela. Non è un nome così difficile da ricordare. Coraggio.”
Sara cercava di farsi forza mentre avanzava per la via che le aveva indicato Orfeo.
Attorno a se vedeva molte persone, pallide come i morti, che camminavano come zombie.
 
La fissavano tutti,con insistenza, e nei loro occhi Sara leggeva solo due cose: stupore e paura.
Le facevano male i piedi ed era stanca, ma la piazza sembrava sempre più lontana: più di una volta cercò di fermare i guidatori dei piccoli carretti che percorrevano la strada per farsi dare un passaggio, ma appena aveva provato a parlar con loro, questi avevano frustrato  gli animali scheletrici che trainavano il loro mezzo di trasporto, e si erano allontanati.
 
“Va bene Sara, non ti spaventare: ti evitano,ma forse perché sono tutti di fretta e qui a Dite i ritardatari sono puniti severamente…”
Raggiunse infine la piazza principale: solo quando alzò gli occhi da terra si accorse di quanto fosse simile alla piazza della sua città.
Era illuminata, e piena di negozi…erano chiusi,ma c’erano.
Osservando quella piazza si poteva immaginare la città di Dite come una città come tutte le altre: ma quella città era ben lontana dall’essere una città comune.
 
Sara stava per chiedere ad una ragazza minuta notizie di Veela quando le luci della via dalla quale era venuta iniziarono a spegnersi una dopo l’altra.
Il buio avanzava verso la piazza, e tutte le persone, in quel momento più che mai simili ad ombre, si affrettavano a rientrare in casa.
 
“Ora va, prima che sia tardi” le parole di Orfeo rimbombarono nella sua testa: che cosa voleva dire quella frase?
“Ehi lei!” urlò verso la ragazza, afferrandola per un braccio.
“No, lasciami,lasciami!”
“Sto cercando Veela? Dove posso trovarla?E poi perché…”
La ragazza la spinse via.
“Non c’è tempo!Stanno arrivando, stanno arrivando!” urlò,mettendosi a correre.
“No!Aspetta non lasciarmi qui!Ma chi…”
 
Prima di potersi muovere anche di un solo passo, l’attenzione della ragazza fu attirata da uno storno mi uccelli che volavano verso la piazza.
Quando giunsero in prossimità della piazza, Sara rimase pietrificata dalla paura: quelli che giungevano verso di lei,non erano semplici uccelli. Quelle erano Arpie.

Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani”

Subito a Sara venne in mente la Divina Commedia e le parole di Dante: le sembrava di essere finita davvero in quella Commedia. Prima la città di Dite, ora le Arpie.
All’improvviso, si abbassarono, volando sulla piazza, tingendo l’oscurità ancora di più di nero.
La graffiavano con i loro artigli e le ridevano in faccia con i loro visi umani. Poi, una di loro, la prese con gli artigli, e iniziò a trascinarla verso il cielo.
“No!No, lasciatemi!Via brutte bestiacce,via!”
Alla sua affermazione, le arpie iniziarono a ridere.
 
“Strofadi grecamente nominate
Son certe isole in mezzo al grande Jonio,
Da la fera Celeno e da quell'altre
Rapaci e lorde sue compagne arpie
Fin d'allora abitate..”

 
Una voce proveniente dalla piazza, recitò quei pochi versi, e le arpie iniziarono ad urlare, lasciando andare Sara che cadde al suolo.
Tentò di alzarsi, ma inutilmente: decise pertanto di mettersi a sedere.
Alzò la testa e si mise a fissare le arpie, che ora si erano adagiate a terra, e fissavano con odio la figura incappucciata in piedi accanto a lei.
 
Una delle Arpie restava più avanti delle altre, e fu lei a parlare.
“La legge del sommo Hades non si discute… Era in giro per la strada dopo il coprifuoco: deve essere punita.”
“E’ una nuova arrivata, non conosce le regole.”
“Non è un mio problema: verrà con me, e insieme alle anime dei suicidi, sarà il pasto mio e delle mie sorelle.”
“Qui non comandi tu, Celeno.”
 
Quando la figura misteriosa, pronunciò quel nome, tutte le arpie si misero ad urlare, e Sara rimase a fissarla. Celeno, l’arpia nominata da Virgilio nell’Eneide: ecco dove aveva già sentito quel nome.
“Qui comanda il sommo Hades…Veela. E noi tutti dobbiamo sottostare ai suoi ordini.” Rispose Celeno, senza esitare.
Al suo dire, Veela scoppiò a ridere, e più la donna rideva, più il cielo si riempiva di nuvole.
“Torna al settimo cerchio, dai suicidi Celeno: quello è il luogo che ti è stato affidato. Qui a Dite, ad altri è affidato il potere dal sommo Hades. Io rispondo delle mie azioni solo a lui e a Ghoul, che veglia sulla citta.”
“Lei verrà con me!”
 
“Sembran vergini a' volti, uccegli e cagne
A l'altre membra; hanno di ventre un fedo
Profluvio, ond'è la piuma intrisa ed irta,
Le man d'artigli armate, il collo smunto,
La faccia per la fame e per la rabbia
Pallida sempre, e raggrinzita e magra..”

 
A quelle parole, nuovamente le Arpie urlarono, con voci talmente stridule che Sara fu costretta a portarsi le mani alle orecchie.
Fissando con odio la donna, Celeno si alzò in volo, seguita dalle sue sorelle: dopo qualche istante, erano già lontane, e il cielo era privo di nuvole.
Veela afferrò la ragazza per un braccio e la trascinò via con se, tenendola sollevata da terra.
 
Camminava svelta, e non sembrava esser disturbata dal peso della ragazza, che lasciò andare solo dopo essere entrata in una delle tante abitazioni che si affacciavano sulla piazza.
“D’ora in avanti rientrerai sempre puntuale: devi imparare a cavartela da sola.”
In pochi istanti, si era levata la pesante mantella e la aveva appesa: aveva poi acceso una lanterna, qualche candela ed era tornata a fissare Sara.
E la ragazza non riusciva a far altro che guardarla stupita.
Si trovava davanti ad una ragazza, che dimostrava circa diciannove anni, ed era bellissima. I suoi capelli erano quasi trasparenti, attraversati da alcune sfumature blu come il blu dei suoi occhi.
Quei capelli si muovevano come mossi dal vento, e non rimanevano mai fermi sulle sue spalle.
 
“Era da tempo che Orfeo non mi mandava una ragazza da accudire: molte sono le persone che giungono a Dite, ma non tutte hanno la fortuna di trovare una guida. E coloro che la trovano, non sempre trovano una guida che sta dalla loro parte.”
Sara, non disse nulla: la sua attenzione era tutta soltanto per la pelle della ragazza.
Infatti, il suo corpo sembrava fatto d’aria, e la pelle era chiarissima, quasi trasparente, come i capelli.
 
“Tu sei stata fortunata: di tutte le guide della città di Dite, sono l’unica che non sta dalla parte di Hades. Devo sottostare, come tutti, alle sue regole, ma non gli sono devota”
A quelle parole, Sara si riscosse dal suo stato  di stupore.
“Cosa? Che..che significa questo?Si spengono le luci all’improvviso,Arrivano le Arpie, le fermi con dei versi del’Eneide…E poi mi parli di guide?Cosa…”
“Calmati.”
E, a quelle parole, Sara si calmò.
 
“All’inferno non vi è differenza tra il giorno e la notte, poiché qui non arriva la luce. Tuttavia, qui a Dite alcune luci fungono da sole. Ma la giornata ad un certo punto ha fine, e le luci si spengono, e in questa parte della città, a quell’ora tutti i vivi presenti qui devono trovarsi in casa o nei loro negozi: altrimenti le Arpie li portano via, e ti assicuro che venir divorata da loro non è una bella prospettiva. Fino a qui tutto chiaro?”
Sara, si limitò ad annuire.
“Ebbene, coloro che arrivano qui, giungono ancora vivi per volontà del sommo Hades: o perché desidera averli tra le sue fila come servitori, o perché hanno commesso particolari colpe e desidera far iniziare le loro sofferenze prima ancora che li colga la morte.” Rimase in silenzio un istante, per poi ricominciare a parlare.
“Ad alcuni vengono affidate delle guide, o per istruirli affinchè siano pronti a servire Hades, o per dar loro l’illusione di essere destinati a grandi progetti, prima di ucciderli.”
 
“E…perché io ho una guida?Sono destinata a servirlo o…”
“Non lo so. Ma se Orfeo ti ha mandato da me, Hades vuole questo e io farò ciò che mi richiede: il tuo destino, non è affar mio.”
“Capisco…ma hai detto che tu non gli sei fedele no?Allora perché…”
“E’ ancora presto per svelarti la mia storia: quando sarà il momento,se mai arriverà, capirai. Ora va, al piano di sopra c’è una stanza libera, puoi dormire lì. Da domani, inizierai il tuo lavoro.”
 
“Cosa dovrò…”
“Non c’è tempo per le domande, va.”
E, sospinta da una misteriosa forza, Sara salì le scale: appena si chiuse la porta alle spalle, tutte le luci della casa, si spensero.
 
 
 
 







 
 
 
N.B. Le frasi scritte in corsivo sono prese direttamente dalla Divina Commedia e dall’Eneide
 
N.B.2!
Buon giorno!Mi scuso anticipatamente per il ritardo nello scrivere, ma la scuola mi assilla!ç_ç
 
Mi sembra giusto dare una piccola spiegazione: all’interno della storia,sono molti i personaggi da me inventati, molti dei quali hanno nomi che fanno riferimento a creature mitologiche. (Es: Alicanto: uccello notturno della mitologia cilena).
Vi saranno molte citazioni e riferimenti all’inferno della Divina Commedia, proprio perché l’inferno mi è sempre piaciuto immaginarlo come lo descrive Dante.
 
E ora…Ringrazio coloro che hanno solo letto, ma anche chi ha letto e recensito.
 
Meiou Hades: Ho grandi progetti per Alicanto, e spero di riuscire a realizzare il tutto!
Mi fa piacere leggere la tua recensione, perché se mi sono cimentata in tutto questo è anche merito tuo.
Infatti,una tua frase in un’ altra tua recensione mi ha spinto a tentar di scrivere qualcosa di drammatico (il che per me è una pazzia, perché io ho un animo dolce e gentile, e tifo sempre, o quasi, per il lieto fine).
 Però, ho deciso di lanciare a me stessa questa sfida, e spero ne esca qualcosa di buono: e se alla fine sarò soddisfatta,magari te la dedico pure questa fiction, chissà xD(ma solo se esce un lavoro fatto bene, sennò no).
“Il mio animo drammatico e apocalittico spera che non tutto vada bene nel corso della storia!”[cit.].
Questa frase è tua e…le cose questa volta non andranno bene…(Sempre che riesco a tirar fuori avvenimenti drammatici)

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Capitolo 4
*** I quartiere in disuso ***


Emma continuava ad avanzare, giocherellando con le ciocche di capelli rossi che le ricadevano sulle spalle,e nulla di ciò che accadeva attorno a lei la infastidiva.
Nonostante stesse camminando per un viale buio, negli inferi, non sembrava preoccupata o turbata; anzi, l’assenza di persone in quella zona della città la rendeva particolarmente tranquilla.
Con un balzo, superò un cumulo di macerie, sorridendo: tutti quei palazzi diroccati, la facevano sentire a casa.
 
All’improvviso, però, un nugulo di uccelli, volò sopra la sua testa, dirigendosi a tutta velocità verso un’altra parte della città: le loro urla strazianti, simili a grida umane, la costrinsero a tapparsi le orecchie.
“Le grida delle arpie, fanno spesso quest’effetto…”
Una voce, proveniente dall’ombra, aveva parlato: Emma si voltò nella direzione da cui sentiva venire quella voce quasi infantile, ma non riuscì a scorgere nessuno, tra le ombre.
 
“Generalmente i mortali che sono stati scelti dal sommo, non passano di qui… perché sei venuta, ragazzina?”
Chi stava parlando, si muoveva ad una velocità sorprendente, tra le ombre: la voce, ora veniva da dietro le spalle della ragazza.
“Mi manda Orfeo: sto cercando Isonade.”
 
Appena finì di parlare la ragazza cercò di voltarsi verso la misteriosa figura, e questa si piazzò alle sue spalle,avvicinando le labbra alle sue orecchie,iniziando a parlare.
“E così ti manda Orfeo…Emma?”
“Se pensi di farmi paura solo perché sai il mio nome,ti sbagli ciccino” rispose la ragazza voltandosi,ma non trovò nessuno alle sue spalle.
“E’ ancora presto per guardarmi in faccia ragazzina…Non sei ancora arrivata a destinazione, e anche se il sommo Hades ti ha scelto tu devi comunque attenerti alle regole… Andiamo”
 
Spinta più dalla curiosità che dalla paura, Emma seguì lo strano individuo tra gli edifici in disuso per diversi minuti,fino a quando non si trovò davanti ad un grande palazzo diroccato,quello che le era stato indicato da Orfeo.
Stava per entrare, quando vide passare nuovamente sopra le sue teste le Arpie che, strillando,si allontanavano. Le loro grida erano così forti che un palazzo vicino, già in pessime condizioni, crollò.
Diversi calcinacci rischiarono di colpire Emma,che si buttò a terra,con le mani sulla testa.
“Ma porca p…”
“Devi abituarti a tutto questo,se vuoi sopravvivere nel quartiere in disuso. Stupidi piagnistei e lamentele non saranno tollerati ragazzina…Sono stato chiaro?”
 
Lo strano individuo era fermo sulla porta del palazzo,ancora invisibile tra le ombre,anche se gli occhi di Emma si erano abituati al buio.
Senza dire una parola, Emma si alzò in piedi, e lo seguì all’interno del palazzo.
 
“Bene,ora puoi farti vedere no? O hai paura e vuoi continuare a giocare a nascondino?Sei un guardiano fifone eh?Ascoltami bene…”
Emma non fece neanche in tempo a finire la frase,che venne sbattuta a terra.
Subito,qualcosa le si avvolse attorno alla vita,sollevandola da terra.
In pochi attimi la ragazza si trovò faccia a faccia con lo sconosciuto che l’aveva accompagnata fino a lì: un uomo alto e robusto,ma con un viso che ricordava tanto quello di un bambino di nove anni; ed era la sua coda, a tenerla sollevata da terra.
“Ascoltami bene tu, ragazzina: io sono Isonade, la tua guida qui negli inferi:portami rispetto e attieniti alle mie regole,che sono le regole del sommo Hades,e andrà tutto bene. Altrimenti…”
 
La coda lasciò la presa e la fece cadere a terra.
“…il tuo destino potrebbe non piacerti”
Con una forza sovraumana la coda di Isonade la colpì al volto: prima di svenire Emma riuscì solo a vedere tre strane pinne che gli fuoriuscivano dalla spina dorsale,e le tre code da pesce che tagliavano l’aria con i loro sinistri movimenti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La parola a me,che scrivo:
 
Mi scuso con tutti coloro che hanno inserito la storia tra le “seguite”,per il ritardo,ma è un periodaccio,e ho poco tempo per scrivere,e spero di essere riuscita comunque a colpirvi con questo capitolo. (inoltre,l’ispirazione,con tutto quello che ho da fare, è poca…Purtroppo ç_ç)
Meiou_Hades: Sara è stata ideata proprio così apposta: passiva e anche un po’ fifona,oltre che insicura,per “contrapporsi”,diciamo così, agli altri protagonisti,che sono invece molto forti. Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento.

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