Kate ti salverò

di Berenike
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un insolito risveglio ***
Capitolo 2: *** Indagine in corso ***
Capitolo 3: *** Primi Interrogativi ***
Capitolo 4: *** Ordine Rivelatore ***
Capitolo 5: *** Sono qui per Te ***
Capitolo 6: *** Notte insonne ***
Capitolo 7: *** Un uomo disperato ***
Capitolo 8: *** Giochiamo! ***
Capitolo 9: *** Caccia al tesoro ***
Capitolo 10: *** La fine delle Rime ***
Capitolo 11: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un insolito risveglio ***




Capitolo 1: Un insolito risveglio

Sei del mattino. Casa di Rick Castle. Un telefono che squilla in continuazione.
Finalmente qualcuno, stremato dalla suoneria, si alzò per rispondere.
-Pronto? - rispose una voce femminile, sottile, di una quindicenne.
-Alexis sei tu? Sono il detective Esposito. E' importante. Puoi passarmi Castle? - Il detective aveva un tono allarmato ed una voce profonda. La ragazza pensò che fosse importante e si diresse verso la camera del padre. Non rispose nemmeno al detective che era al telefono, era troppo assonnata.
Perché gli omicidi capitavano solo alle sei del mattino, o dopo la mezzanotte?
Alexis raggiunse la camera del padre, infondo al corridoio del primo piano. Non fece attenzione ad aprire piano la porta come faceva di solito, corse verso il padre e lo toccò in viso e sulle bracca, cercando di svegliarlo.
-Papà! Papà! - lo chiamò più volte la figlia. Invano. Aveva già previsto che svegliare il padre sarebbe stato più difficile di quanto si potesse pensare.
-Rick Castle svegliati!! - Martha, la madre di Castle, comparve improvvisamente nella camera, facendo sobbalzare Alexis, che non se lo aspettava. Teneva il cordless ancora in mano, e guardava sua nonna con aria curiosa. Doveva essere davvero importante se anche la nonna si era alzata.
Martha aprì le tende, facendo entrare un timido sole nella stanza. Rick Castle sembrava in coma. Ma quella davanti a lui era pur sempre sua madre, e una madre sa come svegliare un figlio.
Intanto Alexis avvertì il detective al telefono che l'avrebbe fatto richiamare al più presto, e appoggiò il cordless accanto al letto. Poi Martha si accomodò sul letto con fare pomposo, prese uno dei libri preferiti del figlio, nella mano destra un pennarello, e prima che la punta con inchiostro rosso potesse toccare la pagina, Rick Castle era seduto sul letto a urlare:
-Non toccare quel libro! - Martha guardò Alexis soddisfatta. Quella tecnica non falliva mai.
Le due donne si guardarono accigliate. Rick Castle era davvero incredibile.
Castle però sembrò accorgersi del trucchetto e tornò a dormire. Ma la figlia lo precedette.
-Papà svegliati, hanno chiamato dalla centrale. -
-Dalla centrale? Non è un altro trucco per farmi alzare vero? - Guardò prima la figlia, e poi la madre. Dal volto di quest'ultima, da bravo scrittore di gialli qual'era, capì subito che non si trattava di uno scherzo.
-Hanno preso l'assassino? Chiamo subito Beckett.. - Si alzò, e compose veloce il numero della detective. Quel numero che ormai componeva più spesso di qualunque altro.
-Non devi chiamare Kate- Alexis poteva permettersi di chiamarla per nome senza essere uccisa, picchiata o fucilata dalla poliziotta- ha chiamato Esposito.-
-E perché mai? Mamma tu ne sai qualcosa? -
-Ne parlano tutti i notiziari tesoro... E' meglio se lo chiami subito. - Anche Alexis iniziava a preoccuparsi ora. Aveva perfino dimenticato che fossero le sei del mattino, non pensava più a compiti o verifiche.. C'era solo il viso preoccupato di Martha nei suoi pensieri. E quello di suo padre.
Rick Castle cercò il numero di Esposito nella rubrica. Forse non aveva nemmeno mai composto il suo numero. Perché non ce n'era bisogno, era Beckett a chiamarlo. Cos'era cambiato ora?
-Esposito. - Finalmente il detective rispose. A Castle quei tre squilli erano sembrati un eternità.
-Sono Castle. Che succede? - Era preoccupato, ma cercava di non farlo trasparire. Forse Beckett l'aveva fatto chiamare perché era impegnata, o stava ancora dormendo (a patto che dormisse davvero), o molto più semplicemente aveva deciso di prendersi una pausa da lui...
-Castle, l'hanno presa. Beckett. Non sappiamo chi. Ieri sera non è tornata a casa, e il rapitore ti ha lasciato un messaggio. - Non aveva mai sentito Esposito così teso. Castle quasi non si rese conto di quello che gli aveva appena detto. Gli ci volle qualche minuto per capire con chiarezza quanto aveva appena sentito. E poi comprese.
E il suo cuore per un attimo smise di battere. Beckett. Non poteva essere vero..
-Arrivo. - rispose con freddezza al telefono. Doveva correre in centrale a capire cos'era successo. Giurò a sé stesso che, se fosse arrivato lì e scoperto che era tutto uno scherzo, avrebbe rubato la pistola a Beckett e li avrebbe uccisi tutti. Non era affatto divertente.
Martha accese la televisione. Aveva intuito i presentimenti del figlio, e per quanto avrebbe preferito che avesse ragione (solo per quella volta sia chiaro), era suo compito spezzare ogni sua illusione.
La televisione si accese sul canale nazionale. Stava andando in onda una puntata speciale in diretta. Un giornalista distinto, vestito di nero stava annunciando
: “Ci hanno appena comunicato che Kate Beckett, la detective da cui lo scrittore di gialli Rick Castle trae ispirazione per il suo nuovo personaggio Nikki Heat, è stata rapita ieri sera. Sembra che il rapinatore abbia lasciato un messaggio proprio allo scrittore...”
Castle spense la televisione prima di sentire altro. Era della sua Kate che stavano parlando.
Andò verso la porta del bagno per prepararsi. Martha e Alexis udirono solo poche parole mentre lo scrittore si affrettava a lavarsi e a vestirsi per raggiungere la centrale il prima possibile:
-Arrivo, Beckett. Ti salverò.



ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao! Visto il grande seguito che stanno avendo le storie di Castle ho deciso di aggiungere questa nuova serie a cui stavo pensado già da un pò.. Posso anticiparvi che vi stupirà e che i prossimi capitoli li leggerete con il fiato sospeso.. almeno spero!
Cosa sarà successo a Beckett? Castle riuscirà a ritrovarla? Continuate a leggere per scoprirlo.. gli aggiornamente arriveranno presto promesso!!
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che commenteranno questa storia, lasceranno domande o suggerimenti.. Non abbiate paura non ho mai mangiato nessuno (ancora!!) A presto!
Berenike



(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 2
*** Indagine in corso ***




Capitolo 2: Indagine in corso

Rick Castle arrivò in centrale mezz'ora dopo la telefonata del detective Esposito. In mezz'ora si era lavato, pettinato, vestito, aveva cercato di ingoiare una ciambella ed era montato sulla sua auto lussuosa, percorrendo le strade semivuote di New York.
Tutto questo praticamente senza rendersene conto.
Quando entrò in centrale, vestito come la sera precedente, quasi si chiese come era arrivato fino a lì.
Aveva compiuto ogni gesto meccanicamente, mentre la sua mente divagava, e pensava a possibili indizi che potessero aiutarlo. Non aveva nulla in mano. Nulla.
Entrato in centrale notò che questa era perfettamente deserta. Notò che le luci dell'ufficio del capitano erano accese, e notò molti uomini, tra cui Esposito e Ryan, che discutevano animatamente al suo interno.
Per la prima volta da quando lavorava lì, se di lavoro si poteva davvero parlare, non si aveva mai veramente osservato la postazione di Beckett. Certo ogni giorno si sedeva proprio li, di fronte a lei, che bellissima, rispondeva al telefono, prendeva appunti, fissava ipnotizzata la lavagna. Ma solo ora si ritrovava a pensare che quella era la sua postazione, la sua sedia...
-Non è morta, Castle, è stata rapita, e conoscendola, mi dispiace per il suo rapitore! – disse Ryan all'improvviso, sorprendendo Castle a sfiorare delicatamente la sedia girevole su cui ogni giorno si sedeva la detective Beckett. Castle sobbalzò per la paura, non aveva sentito che la riunione dal Capitano fosse terminata.
Si portò davanti alla lavagna per gli aggiornamenti. Esposito teneva il tipico pennarello rosso in mano, pronto a scrivere quanto era in loro possesso:
-Caso di rapimento. - scrisse sulla lavagna. Accanto al nome Kate Beckett.
-Vuoi farci un cuoricino vicino Castle? - Esposito cercò di tirarlo su di morale. Lo scrittore sapeva che loro erano preoccupati quanto lui ma, non poteva sopportare quelle battutine. Non di prima mattina. Non in quella circostanza.
-Vai avanti. - li invitò lo scrittore. La sua voce era ansiosa di sapere quante più cose possibili.
-Allora, Beckett è uscita dalla centrale verso le sette e mezza ieri sera. Ha percorso il solito tragitto, ed è arrivata a casa verso le otto e un quarto. - Continuò Ryan, tracciando sulla lavagna una linea del tempo, ed iniziando a segnare i primi indizi. Poi lesse dagli appunti:
-Non sappiamo più nulla fino alle tre di questa mattina, ora in cui i vicini hanno sentito dei rumori insoliti provenire dalla sua camera, ed hanno chiamato la polizia.- segnò le tre del mattino.
Poi prese la parola Esposito, che guardò dritto negli occhi Castle e la voce più sensibile che riuscisse a trovare disse:
-La polizia è arrivata da lei verso le quattro meno un quarto. La porta era spalancata, la serratuta forzata, sul muro un messaggio per lo scrittore Rick Castle. -
-Che sei tu..- Aggiunse il collega. Esposito lo guardò come per ringraziarlo di aver appena buttato via tutto il suo sforzo per apparire sensibile. Poi prese una fotografia dal rapporto della scientifica e lo passò a Castle. Queste prese coraggio, abbassò gli occhi e la guardò.
L'immagine riproduceva la camera da letto di Beckett. Lo sapeva perché una notte di pochi mesi prima era andato a trovarla e lei gli aveva fatto visitare la casa. Sul muro, sopra la testiera del letto, un messaggio scritto con inchiostro rosso (Castle pregò che non fosse sangue) che diceva:
“Se vuoi la detective viva, vienitela a prendere. Hai una settimana esatta.”
Castle ripose la fotografia sul tavolo più vicino a lui. Guardò i due detective di fronte a lui, con mille domande che gli ripempivano la testa, e con il cuore a mille nel suo petto.
-Ho due domande. Primo, perché sono stato chiamato solo questa mattina alle sei, se è stata rapita alle quattro? - Non riusciva nemmeno a pronunciare il suo nome. Voleva solo che fosse ancora viva.
-Io l'avevo detto di chiamarti subito. Sono stati... -Ryan fermò il collega con un gesto della mano. E spiegò meglio allo scrittore:
-Noi siamo della omicidi, non dovremmo avere il caso. L'uffico Rapimenti ce l'ha concesso, visto che si tratta della detective Beckett, dopo un lungo colloquio con il Capitano. Prima non potevamo parlartene, sei troppo coinvolto, avresti voluto il caso e avresti solo complicato le cose. -
Ragionevole. Castle poteva capirlo.
-Secondo – fece capire ai due detective che poteva perdonarli. Ora dovevano concentrarsi solo a risolvere il caso.
-... Secondo – ripetè più forte – perché pensate che quel messaggio fosse rivolto a me? - Riprese in mano la fotografia. Non aveva senso. Non c'erano prove che lo collegassero a quel messaggio.
-Ecco... - Esposito prese la parola, sperando che questa volta Ryan capisse di non dover sprecare la sua espressione sensibile – Vedi la fotografia del messaggio? Non tutte le lettere sono scritte con la stessa.. intensità...-
-Alcune lettere sono più marcate di altre.. - notò Castle. Finire la frase l'uno dell'altro era un gioco che faceva con Beckett. Con Esposito non era esattamente lo stesso.
In ogni caso il detective confermò con un cenno del capo che aveva centrato il bersaglio.
-Cosa viene fuori unendo le lettere? - Ryan gli mostrò un grafico che, Castle sapeva, sarebbe finito presto appeso alla lavagna.
-Le lettere non sono ordinate, sono marcate in ordine sparso, ma dopo un attento studio si nota che formano le parole: “Castle Muori.”- Castle rimase, per la prima volta in vita sua, senza parole.
-Castle, per caso c'è qualcuno che ti vorrebbe morto e che per questo rapirebbe la persona a cui sei più legato? -




ANGOLO DELL'AUTRICE
Ecco finalmente il secondo capitolo di "Kate ti salverò"... Spero sia valsa la pena aspettare!
In ogni caso, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che vi incuriosisca almeno un pochino: chi sarà questo rapinatore misterioso, che odio a tal punto il nostro invece amatissimo Rick Castle? Cosa sarà successo alla detective Beckett?
Nell'attesa delle risposte, sarei davvero felice se commentaste questo capitolo, voglio sapere cosa ne pensate e se la storia sta prendendo la piega che vi aspettavate.. Aspetto i vostri commenti, suggerimenti, domande..!!
A presto
Berenike



(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 3
*** Primi Interrogativi ***




Capitolo 3:Primi Interrogativi

Caste era uno scrittore. Uno scrittore di successo. Non gli era mai capitato di rimanere senza parole.
Eppure, eccolo li, in piedi di fronte alla lavagna bianca della centrale di polizia di New York, a fissare una fotografia di una camera da letto. Ma non era una camera qualsiasi.
Era la camera di Kate Beckett. Chi si era introdotto in camera sua? Perché avevano colpito lei?
Poi lo scrittore ebbe un'illuminazione. Si guardò in torno in cerca dell'uomo di cui aveva bisogno. Poi fermò lo sguardo e si avvicinò a lui.
-Capitano! - Castle notò che la sua voce uscì più flebile e debole di quanto pensasse. Doveva mantenere la calma.
-Mia figlia, mia madre sono in casa... - disse tutto d'un fiato. Era questo il suo modo di mantenere la calma? Guardò il capitano nella speranza che capisse da dove provenisse la sua inquietudine.
-Calmati, Castle. Ho già provveduto a mandare due delle mie migliori squadre sotto casa tua. Nessuno può entrare o uscire da quel condominio previa autorizzazione. -
-Alexis non sarà contenta -sorrise lo scrittore, decisamente più rilassato.
-Anche se non capisco... -continuò il capitano, camminando verso la lavagna e fermandosi proprio di fronte ad essa – perché attaccate Beckett e non la tua famiglia? Perché rischiare di dover affrontare una donna come lei, addestrata a combattere, e non una quindicenne indifesa? Non ha davvero senso. - Il Capitano doveva aver passato la notte lì, appariva decisamente stanco e nella sua voce si avvertivano toni preoccupati.
-Forse casa di Beckett era più accessibile: il mio condominio è pieno di telecamere, ed è protetto da dei sistemi d'allarme infallibili. E poi secondo me... - per un attimo, Castle dimenticò che si trattava di un rapimento che lo riguardava così da vicino: si comportò come per un qualsiasi altro rapimento, si sedette sopra il tavolo di Kate, alzò la voce e da bravo oratore qual'era, si rilassò e iniziò la sua indagine:
-Beckett è meno vicino a me, sentimentalmente parlando, rispetto a mia figlia. Ma colpendo lei, si colpisce una specifica parte della mia vita. - Il Capitano lo guardò interessato.
-Continua – gli disse. Esposito e Ryan vennero avanti per sentire cosa avesse pensato Castle. Certo non era un detective, ma molto spesso le sue ipotesi si rivelavano azzeccate. -Vedete, mia figlia rappresenta la mia famiglia, l'amore, i sentimenti. Forse al rapitore tutto questo non interessava. Beckett rappresenta il mio lavoro, i miei libri, la mia ispirazione. Possiamo quindi già escludere tutti i miei conoscenti che non hanno a che fare con il mio lavoro, e con i miei libri. -
-Ma si tratta anche di qualcuno che mi conosce bene, che sa che Beckett non è proprio solo lavoro...- Castle non disse quello che tutti ormai aveva capito da mesi. Certo che Kate non era solo lavoro.
-Teoria interessante – disse Esposito all'improvviso, interrompendo i pensieri di tutti i presenti, che concordavano con la teoria di Castle.
-Ma c'è un'altra cosa che non è chiara: il rapinatore deve aver speso del tempo con la scritta sul muro. Dov'era Beckett in quel momento? Perché non si è ribellata e non ha cercato di contattarci? Quella donna è troppo in gamba per pensare che se ne sia stata ferma li, a farsi rapire! - Il Capitano era agitato, sudava e continuava ad immaginare la scena nella sua mente.
-Forse conosceva il suo aggressore... Se era qualcuno di cui si fidava, probabilmente non ha sentito il bisogno di aggredirlo. - Ryan guardò i colleghi, orgoglioso della sua indagine.
Esposito lo guardò in tono di sfida, pronto a spiegargli le ali, come sempre:
-Se Beckett conosceva il suo aggressore, che bisogno c'era di buttare giù la porta? Non poteva direttamente suonare? - Ryan abbassò lo sguardo. Perché Esposito doveva sempre aver ragione?
I detective si guardarono, attendendo che qualcuno trovasse una risposta a quegli interrogativi.
Una risposta che li aiutasse a risolvere quel caso che iniziava ad essere fin troppo enigmatico.
-C'è un solo modo per rispondere a tutti questi interrogativi -spiegò Castle sorridendo – andiamo a casa di Beckett. Lì troveremo le risposte.-



ANGOLO DELL'AUTRICE
Ecco finalmente il terzo (attesissimo) capitolo di "Kate ti salverò!"...
Scusatemi davvero per l'attesa ma, anche a me spettavano un pò di meravigliose e goditissime vacanze! In ogni caso ora sono tornata e ho tutta l'intenzione di aggiornare, aggiornare, aggiornare...
Fatemi sapere cosa ne pensate, curiosità, consigli, domande... Sono ansiosa di sapere cosa ne pensate!!
Continuate a seguire... nei prossimi giorni ci saranno nuovi capitoli!!

Berenike



(Aggiunta postuma)
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Capitolo 4
*** Ordine Rivelatore ***




Capitolo 4:Ordine Rivelatore

Castle salì in macchina e si affrettò a partire. Alla fine l'idea di iniziare le indagini dall'appartamento di Kate (almeno nei suoi pensieri voleva poterla chiamare per nome) era sembrata a tutti la cosa migliore. Lì sicuramente si sarebbe capita la dinamica degli eventi, e si poteva almeno capire se Kate aveva provato a difendersi o aveva lasciato che il rapinatore la aggredisse (ipotesi piuttosto remota, pensò lo scrittore. )
In macchina ci voleva mezz'oretta per percorrere la strada dalla centrale a casa di Kate.
Castle cercò di fare tutte le strade che aveva percorso Kate la sera prima, anche se dovevano essere decisamente più caotiche ed trafficate quando le aveva percorse lei.
Parcheggiò la macchina proprio sotto casa della detective, una palazzina di quattro piani dall'aria anonima. Niente a che vedere con il suo lussuoso complesso di appartamenti. Castle notò che parcheggiò proprio dietro la macchina delle detective.
Chi mai l'avrebbe detto che sarebbe entrato in quella casa senza essere invitato, ma allo stesso tempo senza subire lesioni interne? Castle sorrise per quel pensiero, ma presto si ricordò di avere una sola settimana per risolvere il caso (Cosa succederà dopo? pensò, scacciando subito questo pensiero lontano, nella sua mente), e così scese dalla macchina e iniziò le sue indagini.
Nel vialetto che separava la sua auto dal cancello principale, cercò tracce di aggressioni, di una fermata, qualsiasi cosa gli facesse capire che era già tutto iniziato da lì.
Proseguì fino al cancello, pensò ai passi che doveva aver fatto il rapinatore di Kate per raggiungerlo, e quando si era trovato di fronte alla porta, aveva forse suonato?
Tirò fuori le chiavi che gli aveva dato il Capitano. Aveva poco tempo prima che arrivassero tutti: aveva dato loro qualche minuto di riposo per tornare a casa a cambiarsi, mentre lui andava all'appartamento per scoprire quanto poteva.
Non prese l'ascensore per accedere al terzo piano, preferì le scale, come faceva sempre Kate, per tenersi in forma. Man mano che saliva e si avvicinava all'appartamento, sentiva il suo cuore cadere sempre più giù nel suo petto, farsi sempre più pesante... -Kate dove sei? - disse ad alta voce per calmarsi. Era lì per cercare delle prove o per sentirsi più vicino a lei? Non capiva se era per la preoccupazione delle circostanze, ma si scoprì a pensare che Kate già le mancava. Ma non doveva temere: la detective era più tenace di quanto sembrasse (il che è tutto dire!).
Castle entrò finalmente nell'appartamento, le chiavi non erano servite visto che la porta era a terra, sul pavimento spaccata a metà probabilmente da un calcio, servito al rapinatore per aprire la porta.
Castle superò lo scotch rosso e bianco segnaletico e successivamente la porta e terra, noncurante, anche se...
Se il rapinatore per entrare ha buttato giù la porta, perché Kate non l'ha sentito? Perché non ha preso la pistola e non si è difesa?
Senza nemmeno guardarsi intorno, Castle entrò in cucina, secondo cassetto alla destra del frigo.
Con il cuore pulsante a velocità elevata aprì il cassetto di legno, e per la seconda volta nella giornata rimase senza parole.
La pistola era al suo posto.
Questo non poteva aver senso! Castle tornò alla porta con due lunghi passi: perché Kate non si era difesa?
Ripensò alla scena: un uomo (che nei suoi pensieri era mascherato), che butta giù la porta, Kate si difende ma perde (l'idea che non si fosse difesa era a dir poco impossibile), la lega forse?, va in camera da letto, scrive il messaggio per lo scrittore, torna a prendere Kate e fugge...
Castle notò subito che qualcosa nel su ragionamento non andava.
I vicino dichiararono che avevano chiamato subito la polizia una volta sentito il rumore. Se così fosse stato, avrebbero avuto tutto il tempo di sorprendere il rapinatore, che stava ancora scrivendo il messaggio in camera. E se la porta fosse stata abbattuta... successivamente?
Castle cercò di concentrarsi. Riprese fiato e capì che stava correndo troppo. Rimandò quel ragionamento a quando sarebbero arrivati gli altri detective. Era troppo stanco e in ansia per pensare a cose così intricate.
Si concentrò sulla stanza che aveva di fronte. Fece prima di tutto un giro della casa per eliminare gli indizi più semplici: elettrodomestici tutti spenti (non stava quindi né cucinando, né stirando...), doccia e vasca asciutte (non era quindi sotto la doccia o in vasca da bagno a rilassarsi), letto ancora intatto...
Come mai in un'ora così tarda Kate era ancora sveglia? Aveva forse ricevuto una visita?
Castle si precipitò in cucina: lavabo vuoto. Nessuna traccia di bicchieri, di vino, di bottiglie di birra... Kate era una più da birra o da vino?
Entrò infine in camera da letto: tutta la casa sembrava così vuota e spenta senza Kate.
Ogni cosa era al suo posto: letto, cuscini, finestre...
Sembrava che qualcuno fosse tornato a mettere apposto tutta la casa, per nascondere le tracce e in effetti quell'ordine era rivelatore quasi quando il disordine causato da un combattimento: lo scrittore era già stato in quella casa, e si ricordava fin troppo bene che in quell'occasione aveva notato subito il disordine tipico della sua collega: la sua scrivania in ufficio, la sua casa, tutto aveva un ordine che solo Kate poteva capire.
In altre parole: disordine.
E fu grazie a questo dettaglio che Rick Castle, capì.




ANGOLO DELL'AUTRICE
A pochissima distanza dal capitolo 3, ecco a voi il capitolo 4! In questo capitolo vengono a galla molti dettagli rivelatori...
Cos'avrà capito Castle? Sarà utile all'indagine?
In questo capitolo ho voluto lasciare fuori i sentimentalismi per concentrarmi sulle indagini vere e proprie: volevo che la mia scrittura seguisse il corso degli eventi, che anche voi notaste quando le scene rallentano e quando invece aumentano di intensità... Per questo affianco tempi verbali diversi, spero si capisca che è una scelta letteraria e non un errore grammaticale. Commentate questo capitolo, aspetto le vostre impressioni! A presto,
Berenike



(Aggiunta postuma)
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Capitolo 5
*** Sono qui per Te ***




Capitolo 5:Sono qui per Te

Quando i detective Ryan ed Esposito arrivarono a casa Beckett trovarono una scena inaspettata. Avevano lasciato Castle ansioso e preoccupato, sicuramente un'altra persona rispetto a quella che giaceva di fronte a loro adesso.
Rick Castle era seduto sul divano della detective, rilassato, senza più rughe di preoccupazione sul suo viso. Tutto era tornato tranquillo.
I detective lo guardarono insospettiti; lo fissarono stando i piedi e prima di parlare aspettarono l'arrivo del Capitano, che avvenne pochi secondi dopo.
Anche il Capitano rimase a bocca aperta nel vedere Castle così tranquillo dove gli eventi della mattinata. Lo scrittore li fissò divertito, era tornato sul suo volto il suo solito sorriso sarcastico.
-Hai scoperto qualcosa? - gli domandò finalmente il Capitano. Doveva essere sicuramente così, o non avrebbe reagito in quel modo.
Castle si alzò un poco dallo schienale della poltrona, e disse con aria altezzosa:
-Altroché! - Tutti lo guardarono speranzosi. Finalmente avevano qualcosa di più su cui lavorare.
-Ma prima è meglio se vi sediate... - Castle assunse improvvisamente un aria più grave.
Che cosa poteva aver scoperto? Pensarono all'unisono i tre uomini di fronte a lui.
Nessuno dei tre fece per sedersi, ma furono costretti quando Castle gli fece un ulteriore cenno con la mano, indicando la poltrona accanto alla propria.
Regnava uno strano silenzio nella casa, mancava la vitalità di Kate e forse Castle avvertiva la sua mancanza più di tutti.
Finalmente Castle interruppe il silenzio.
-Non notate un certo ordine? - disse con naturalezza, spostandosi i capelli dalla fronte.
I tre uomini di fronte a lui si guardarono in torno: tutti conoscevano “l'ordine disordinato” di Kate, e certamente non era quello. Sembrava un ordine innaturale. Almeno per Kate.
Castle riprese il suo ruolo. Si sentiva così detective in quel momento.
Perché Kate non era lì con lui per ammirare le sue doti naturali di scrittore di gialli?
-Penso che qualcuno abbia ripulito tutto dopo che Kate è stata rapita. Penso che i rumori sentiti dai vicini siano quelli dei pulitori, e non quelli del rapimento. - Castle cercò di esprimere a parole ciò che aveva preso vita nella sua mente. Ma risultava piuttosto difficile.
-Vuoi dire che le due cose sono avvenute in due momenti diversi?- lo interruppe Ryan.
-Esattamente. Kate è stata rapita molto prima dell'ora stimata, i rumori sentiti di notte non sono altro che un tentativo andato a male di rimettere a posto la casa. - Castle si guardò in torno. Non era davvero la casa della detective.
Esposito si gonfiò appena. La sua prima supposizione allora poteva avere un senso.
-Per cui, forse – disse lentamente guardando Ryan – il rapitore potrebbe essere una persona che Kate conosceva! -
-Esatto – disse Castle. Era arrivato il momento di svelare ciò che aveva davvero scoperto. Si avvicinò meglio agli altri uomini, che più interessati che mai, lo guardavano con gli occhi sbarrati.
- Ecco come sono andate le cose: Kate torna a casa, qualcuno suona il campanello o bussa alla porta – Castle si alzò in piedi e corse verso la porta, per ripercorrere gli ultimi passi di Beckett – Lei apre la porta, lo fa entrare. Ora non so se abbia combattuto o meno ma, è stata portata via senza alcun rumore, o i vicini l'avrebbero sentito.-
Ryan prese la parola. Aveva capito dove Castle voleva arrivare.
-Qualche ora più tardi, qualcuno viene qui, sistema la casa, cancella tutte le tracce, scrive la scritta sul muro e andando via butta giù la porta, in modo tale da svegliare i vicini! -
-Ah! - urlò a Ryan lo scrittore, facendogli capire che aveva capito perfettamente.
Il Capitano li guardò dubbioso per qualche secondo, ma poi tutto si incastrò perfettamente agli indizi e pensò che forse Castle aveva ragione. Annuì silenziosamente e dopo qualche minuto, in cui Ryan, Esposito e Castle avevano parlato animatamente, si alzò in piedi.
Castle non si era mai sentito così vivo. Avevano scoperto tantissime cose quel giorno. Ora ne aveva altri 6 per liberare la sua Kate.
Il Capitano disse loro che avevano fatto un buon lavoro, ma che dovevano riposarsi quella sera. Il giorno seguente dovevano avere le menti lucide per portare avanti le indagini.
Sembrava davvero stanco e si avviò frettoloso verso casa sua, immerso nei suoi pensieri.
Poco dopo anche i tre detective salutarono lo scrittore, che fece finta di entrare nella sua lussuosa macchina e partire. Ma non lo fece.
Era stata una lunga giornata, Kate era stata rapita ed ora era chissà dove.
Forse aveva pensato a lui, e sperava che la ritrovasse, come fosse una principessa rinchiusa in castello Castle rise. Figuriamoci..
L'uomo scese dalla macchina. Non c'era più nessuno e finalmente poteva rimanere solo con i suoi pensieri. Salì le scale del condominio di Beckett, e si diresse per la seconda volta in quella giornata nell'appartamento della detective.
Un Record! pensò lo scrittore.
Scavalcò la porta e cercò di rimetterla nei cardini, o almeno di farla stare in piedi. Kate non avrebbe voluto che casa sua fosse di dominio pubblico.
Si diresse in camera da letto e si sedette su quel letto morbido e così invitante. Era davvero stanco e appena si distese, tutta la sua stanchezza gli cadde addosso.
Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi.
Il profumo di Beckett lo invase, il suo cuscino profumava dei suoi capelli e le lenzuola avevano il sapore della sua pelle.
Se solo sapesse che sono qui... Castle si sentì in colpa per aver osato stendersi nel letto della detective senza il suo permesso. Ma non poteva tornare a casa sua semplicemente.
Non poteva permettere che le venisse fatto del male, lei doveva sapere che Castle era lì con lei, ovunque fosse. Forse quello era l'unico modo per sentirsi vicino a lei, stringerla e farla sentire al sicuro.
Castle prese il cellulare e scrisse un messaggio ad Alexis: ”Dormo fuori” digitò semplicemente.
Aveva deciso. Quella notte l'avrebbe passata lì, tra le braccia invisibili di Kate.
Si mise comodo, si tolse i calzini, si stese sul letto e si lavò il viso in bagno. Non aprì gli armadi per cambiarsi, doveva starle vicino, non invadere la sua privacy.
Socchiuse gli occhi ma, come ogni notte della sua vita, non poteva addormentarsi senza prima leggere qualche riga di buon libro. Forse Beckett stava leggendo qualcosa.
Aprì i cassetti del comodino.
Non trovò nulla che assomigliasse ad un libro, tranne un libriccino piccolo, di pelle marrone, che giaceva sul fondo del cassetto. Lo aprì incuriosito e molto più sveglio di quanto fosse da molte ore.
Quello che teneva tra le mani non era un libro.
Ma il diario di Kate Beckett.
Castle lo aprì e scorse velocemente le pagine del diario, rivelando una bellissima scrittura sottile.
La prima pagina portava la data di due anni prima; l'ultima pagina portava la data della settimana precedente.
Castle notò una cosa: c'era il suo nome in quasi tutte le pagine.





ANGOLO DELL'AUTRICE
Ecco il quinto capitolo di questa serie: Sono qui per Te.
Dopo aver svelato cosa avesse scoperto Castle nello scorso episodio, la storia si fa più interessante, e tra nuovi indizi e l'infinita dolcezza di Castle questa serie prende vita!
Mi scuso davvero per il ritardo di questo capitolo, ma sono stata sopraffatta dagli esami universitari!
Spero di farmi perdonare, e che questo capitolo vi piaccia! Ditemi cosa ne pensate con qualche commento... Aspetto speranzosa i vostri giudizi!
A presto,
Berenike



(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 6
*** Notte insonne ***




Capitolo 6:Notte insonne

Rick Castle non era mai stato tanto combattuto in vita sua. Di solito aveva sempre saputo cosa fare: che si trattasse di atti vandalici, di prendere in giro la madre o lasciare qualche moglie, non aveva mai avuto dubbi. Rick Castle seguiva l'istinto.
Ma questa volta no. Questa volta Rick doveva cercare di fare la cosa giusta.
La cosa giusta. Bisognava forse decidere prima cosa fosse giusto e cosa non lo fosse, si sarebbe dovuta stabilire una linea immaginaria tra ciò che doveva essere fatto, e ciò che invece era proibito.
Richard si guardò intorno. La luce nel bagno di Kate era ancora accesa; si dimenticava sempre qualche luce accesa da qualche parte (vizio della ricchezza).
Kate non glielo avrebbe mai perdonato.
Le costosissime scarpe dello scrittore giacevano ai piedi del letto. Sporche.
Kate non glielo avrebbe mai perdonato.
Castle guardò poi la propria semi nudità (non si era permesso di aprire l'armadio)...
Quello sicuramente no, Kate non glielo avrebbe mai perdonato.
Ma poi Rick si girò per fissare quella proibizione che teneva in mano e che era forse la più importante di tutte: quel libricino piccolo e consumato che conteneva tutti i segreti di Kate.
Castle non si era mai fatto problemi a leggere il diario della madre, o quello della figlia quindicenne e fino ad allora era stato bravo a far finta di niente. Perfino quando aveva letto che la figlia provava qualcosa per quel “biondino” di terza, non si era scomposto, ma questa volta era diverso.
Castle si girò su un fianco, tenendo ancora il diario della detective in mano.
Erano ore che si rigirava nel letto, senza trovare il coraggio di aprirlo, perché farlo sarebbe come guardare l'anima di Kate.
Gli era permesso? Che senso aveva non aprire l'armadio, e leggere quel diario?
Castle era consumato dai pensieri. Guardava spesso l'orologio a muro di Kate che faceva scivolare le ore veloci come il vento: mezzanotte, l'una, le due, le tre...
Castle non riusciva a chiudere occhio. Non si era mai sentito così vicino a Kate, e allo stesso tempo non l'aveva mai temuta tanto.
Verso l'una e mezza del mattino aveva preso coraggio e aperto il diario. La data lo riportava ai suoi primi giorni al distretto. Lesse le parole: "Castle, maledetto, intelligente, scrittore da strapazzo, egocentrico, infantile, sorriso adorabile"...
Sorriso adorabile.
Per quanto le parole potessero apparire sconnesse tra loro (Rick non leggeva tutta la pagina, ma cercava solo ciò che lo riguardasse), tutte avevano un senso. Kate non si era mai fatta problemi nel pronunciare il proprio disappunto, sopratutto riguardo allo scrittore.
Ma in quel diario c'era qualcosa di diverso che non nella vera Kate: questo non aveva nessun freno, non era protetto dallo scudo con cui ogni giorno lottava Kate.
Quello era il suo cuore.
Castle sorrise all'idea di avere un sorriso adorabile e si prefissò di sorridere di più al lavoro.
Arrossì lievemente. Poi si abbandonò sul letto, la testa indietro.
Kate dove sei?!
Il tempo era poi passato senza che lo scrittore riuscisse ad addormentarsi. Si assopiva per qualche secondo, impaurito da incubi in cui Kate lo faceva a pezzi per aver letto il suo diario, ed altri in cui lui non riusciva a salvarla.
Verso le due e mezza del mattino, dopo appena cinque minuti di sonno, lo scrittore si rigirò nel letto e fece cadere il diario, che toccò il pavimento con un sonoro toc.
Castle si svegliò all'improvviso. Guardò a terra e riprese il diario con sé. La luce del bagno illuminava appena la stanza, e lo incoraggiò ad aprirlo nuovamente.
Castle questa volta non aprì a caso, ma iniziò dal principio. L'anno prima che loro si conoscessero.
“Oggi è il gran giorno...” Lesse Castle, riconoscendo la scrittura frettolosa di Kate. “Oggi Richard firmerà i suoi libri! Almeno qui lo posso chiamare Richard, come nei miei sogni...”
Il vero Richard rabbrividii. Si sarebbe aspettato di tutto, tranne quello.
Il diario si interrompeva qualche riga più giù, in cui Kate descriveva tutta la sua eccitazione.
A fondo pagina però Castle notò poche righe scritte successivamente:
“Eccomi! Sono appena tornata a casa, con la mia copia firmata del libro di Castle! C'era tantissima gente, così ho dovuto chiamare il Commissario ed ottenere la giornata libera... Ne è davvero valsa la pena. Richard è bellissimo! Ha un sorriso adorabile e degli occhi dolcissimi. Secondo me non è un arrogante come tutti dicono...”
La pagina si chiudeva con i tre punti di sospensione, tipici di Kate. Probabilmente aveva passato la notte a riflettere su come poteva essere Castle nella vita privata, senza immaginare che presto l'avrebbe scoperto a sue spese...
Richard si intristì. Invece si rallegrarsi di aver fatto una buona impressione alla sua detective, cercò di ricordare quel giorno, ma aveva firmato così tanti libri in vita sua, che era impossibile ricordarsi di lei.
Poi ricordò.
C'era stata una donna, una bellissima donna, dai comportamenti maschili, che l'aveva incuriosito perché era da sola: di solito sebbene ben poche si presentassero con i mariti o fidanzati (per ovvi motivi), nessuna si presentava sola: c'erano tutte le amiche adoranti al seguito.
Ma quella donna era diversa.
Castle premette la testa sul cuscino, avvolgendosi ancora una volta del profumo di Kate.
Torna indietro nel tempo, torna indietro nel tempo....
Cosa avrebbe dato per tornare a quel giorno lontano, in cui era stata Kate Beckett ad andare da lui.
Richard sorrise. Forse nemmeno in quell'occasione lei avrebbe accettato ad uscire.
Passarono altre due ore prima che Castle aprì di nuovo quel diario. Era come ipnotizzato da esso, ma allo stesso tempo lo temeva come temeva la stessa Kate.
Se lo avesse letto e avesse scoperto che Kate lo odiava davvero? Sarebbe riuscito a rimanere impassibile e a non lasciare il distretto?
E se invece avesse scoperto che lei provava qualcosa di più, sarebbe riuscito ad andare avanti, senza dichiararle il proprio amore?
Richard Castle si addormentò, quando l'orologio suonò le quattro del mattino. I suoi ultimi pensieri erano rivolti a Kate, nella speranza di riaverla presto con sé. Si fece cullare un'ultima volta dal suo profumo sul cuscino e dalle sue lenzuola morbide.
Era così tanto tempo che dormiva solo. Non avrebbe desiderato altro che poter tenere Kate tra le sue braccia, e proteggerla per sempre...


Lo scrittore più amato di New York si svegliò di soprassalto. Per un secondo non riconobbe il letto su cui stava dormendo, né la camera in cui si trovava. Guardò l'ora.
Sei del mattino.
Si svegliò, al pensiero di aver dormito solo due ore. Era nel letto di Kate, ed aveva usato il suo bagno: la luce era ancora accesa.
Castle si mosse lentamente, di quella pigrizia tipica di quell'ora del mattino. Schiacciò qualcosa con la mano, così solo allora si ricordò di quel diario maledetto che lo avevano incantato e lo avevano soggiogato, impedendogli di dormire.
Esattamente come aveva fatto la padrona.
Richard lo aprì senza timori, destato dalla luce del mattino, che penetrava dalle tende socchiuse della finestra. Scorse le pagine, non curante del suo nome, che veniva spesso ripetuto.
Si fermò così alle ultimissime pagine, nella speranza che gli fornissero qualche indizio.
Era finito il romanticismo, le paure, i timori. Ora doveva solo pensare alla sua Kate.
Perché era così che faceva un detective.
Non trovò nulla che lo potesse aiutare, ostacolato dal fatto che non stesse davvero leggendo le parole scritte frettolosamente nelle pagine bianche.
Qualcosa però catturò la sua attenzione.
Alla fine, nell'ultima pagina, Kate aveva appuntato poche parole, in maniera veloce e disordinata.
La pagina era datata il giorno del rapimento.
“Castle, se stai leggendo queste righe, sappi che TI AMMAZZO. Spero per te che tu non abbia buttato le scarpe sopra il tappeto bianco – Castle guardò la macchia marrone di terra lasciata dalle sue scarpe proprio in quel tappetto e si sentì terribilmente in colpa – o che tu non abbia aperto il mio armadio – lo scrittore sorrise. Questo almeno non lo aveva fatto. - Richard, c'è qualcosa che non va, il tuo caro amico giudice è venuto a trovarmi questa sera, non capisco cosa voglia. Mi fa strane domande... Non so.” Kate Beckett non aveva finito ciò che voleva dire. Lo scrittore si immaginò una voce maschile, quella del giudice, che chiamava Kate dal salotto. Non poteva insospettirlo.
Castle girò la pagina e vi trovò un secondo appunto:
“Ps. Lasciarmi 20 dollari qui dentro per la luce accesa che hai lasciato da qualche parte. Perché l'hai lasciata di sicuro.”
Castle si vestì in fretta. Senza dimenticare i 20 dollari. Kate aveva avuto ragione.
Come sempre.





ANGOLO DELL'AUTRICE
So che questo capitolo si è fatto attendere più del previsto, ma spero con tutto il cuore di non aver infranto le vostre aspettative, e che l'attesa ne sia valsa la pena!!
Cosa centrerà il giudice in tutta questa faccenda? E come reagirà Kate al fatto che Castle ha letto (parte) del suo diario?
Fossi in Castle, ci penserei due volte prima di salvarla!!

Berenike

ps. ringrazio tutti i lettori e commentatori di questa ff, prometto di aggiornare presto!! Please, lasciate un commentino...



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La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 7
*** Un uomo disperato ***




Capitolo 7:Un uomo disperato

Castle non fece in tempo nemmeno a tornare a casa per cambiarsi quella mattina, tanto frenetica era iniziata la giornata. Era ancora a casa di Kate quando il suo cellulare squillò, svelando il nome di Esposito.
Castle rispose secco alla chiamata, ma le sue labbra carnose si aprirono in un largo sorriso speranzoso quando sentì il detective pronunciare le parole:
-Abbiamo scoperto qualcosa! - la sua voce era stanca ma soddisfatta, come se la sveglia del mattino fosse suonata troppo presto, ma avesse portato con sé delle ottime notizie.
Castle riordinò velocemente la camera di Kate, spense tutte le luci (20 dollari gli erano bastati per capire il concetto) e si diresse direttamente verso la centrale.
La barba incolta, i vestiti stropicciati.
Cosa importava del suo aspetto, se Kate non era con lui!
Quando arrivò in centrale osservò subito un'aria più distesa e rilassata, nonostante ad accoglierlo non furono i detective Ryan ed Esposito. Loro si trovavano nell'ufficio del Capitano, probabilmente stavano organizzando un nuovo piano d'attacco.
Richard sentì le proprie mani sudate girare su sé stesse, il proprio cuore battere velocemente nell'attesa di buone notizie.
Kate sto arrivando, ti salverò!
-Castle! - era la voce di Esposito che con un cenno della mano, gli diceva di seguirlo fino alla famosa lavagna, davanti alla quale Castle e Beckett avevano passato tante ore da quando lui lavorava insieme a lei.
Castle sorrise appena nel vedere che durante la notte, la lavagna di era riempita di tante piccole scritte. Indizi.
-Allora... - iniziò Esposito con voce tranquilla. Stava aspettando l'arrivo del suo compagno Ryan, che notò subito l'aspetto trasandato di Castle.
-Dormito bene Castle? - gli domandò con un sorriso malizioso.
-Tua figlia ti ha nascosto il rasoio sta mattina? - scherzò ancora. Richard non era in vena di scherzi.
Esposito lanciò un'occhiata di rimprovero al detective di fronte a lui e continuò.
-Abbiamo trovato il cellulare di Beckett... -
-Dove? - lo interruppe Castle.
-L'aveva dimenticato dentro al suo armadietto. Lo faceva spesso in realtà... -
-E? Cosa avete trovato? - Lo scrittore era bisognoso di nuove informazioni. Non poteva più vivere senza. La settimana a sua disposizione stava per finire e lui non aveva più tempo.
-Calma, leone. - i due detective sorrisero appena. Poi Ryan, più professionalmente, continuò- Abbiamo trovato due messaggi interessanti. La trama si infittisce! -
Castle li guardò con curiosità mentre gli passavano i fogli in cui avrebbe trovato la risposta ai suoi interrogativi. E lesse:
MESSAGGIO I: Castle, finalmente nella tua vita troverai degli ostacoli.
MESSAGGIO II: Non sai chi sono, ma mi conosci bene. Voglio renderti la vita difficile.
Castle fissò il foglio per parecchi minuti prima di potersi riprendere. Alzò appena gli occhi verso i due amici di fronte a lui, la verità dipinta nel suo viso. Esposito fu il primo a parlare:
-Bisogna solo scoprire chi è questo uomo misterioso... -
-Io lo so. - Castle aveva una voce tetra, annebbiata, sicura.
Gli altri due lo guardarono scioccati. Ryan chiamò il Capitano, sicuro che la rivelazioni di Castle avrebbe cambiato del tutto il corso delle indagini.
Loro erano sempre più vicini a Kate... Sempre di più.
Kate ti verrò a prendere. Fosse anche in cima al mondo! Castle avrebbe capito solo in seguito, di quanto avesse avuto ragione.
-Il rapitore è... - i tre uomini di fronte a lui trattennero il respiro – il giudice Smith. -
Il Capitano ricominciò a respirare, lo guardo di qualcuno che è stato appena preso in giro.
-E chi te l'avrebbe detto questo? - Ryan era il più scettico dei tre.
Castle li guardò come se quella rivelazione avesse sorpreso più lui di loro.
-Me l'ha detto Kate. - e corse verso il computer più vicino.


Il Capitano non aveva creduto alla teoria di Castle fino al pomeriggio, momento in cui erano arrivati i documenti che avevano richiesto.
Castle aveva fatto una veloce ricerca sul giudice Smith, e quello che era emerso non aveva fatto altro che confermare le sue teorie.
Tra le mille carte, le ricerche, i documenti, era emerso che il giudice non se la stava passando affatto bene; e solo allora Castle capì perché non si era fatto vedere alle ultime due o tre riunioni di poker a casa sua.
Perché la moglie lo aveva appena lasciato.
Perché aveva appena dovuto sentenziare suo nipote, condannandolo a due anni in carcere per possesso di droga.
E tutta la famiglia lo odiava. Perché lui aveva scelto il lavoro, a loro.
Il giudice Smith non se la passava bene davvero.
Dai documenti arrivati nel pomeriggio il Capitano scoprì che il giudice Smith era messo male anche economicamente: la moglie gli aveva spillato via ogni singolo centesimo dal conto, ed ora si stava rivolgendo ad un avvocato perché non le pagava più gli alimenti...
Una vita sconvolta, un'intera vita spezzata nel giro di pochi attimi.
Era bastata una sentenza per sentenziare la sua vita per sempre. Per imprigionare il suo cuore e far scappare dal suo conto tutti i suoi soldi.
Dopo ore di indagini alla centrale, i voti sudati, contorti, affamati, il Capitano si rivolse a Castle. Esasperato.
-Va bene, abbiamo appurato che il giudice avesse problemi. Ma questo cosa ha a che fare con te? Cosa centra Beckett? -
Castle si fermò e per un attimo non trovò risposta a quella domanda così pertinente.
Ma poi ricordò.


Due mesi prima, a casa sua. Un tavolo di poker davanti a loro; cinque uomini seduti attorno ad esso, l'animo leggero, lo sguardo divertito.
Castle si guardò intorno. Solo lui e il giudice Smith stavano ancora giocando, un tête-à-tête indimenticabile.
Gli sguardi diventarono fuoco. L'ultima mano.
Castle guardò velocemente le carte che teneva in mano. Scala di colore.
Aveva la vittoria in pugno.
Il giudice abbassò le carte, per mostrarle: il viso trionfante, le mani già pronte a portarsi a casa il bottino.
Full.
Castle sorrise divertito, ed urlò trionfante, sbattendo le carte sul tavolo:
-Scala di colore batte full! -
Il viso di tutti i presenti si colorò d'allegria, esultarono insieme al vincitore e alla sua fortuna spacciata.
Il giudice rimase impietrito per qualche secondo, prima di assumere un tono tetro. L'uomo accanto a lui gli si rivolse con affetto:
-Dai Smith non te la prendere! - un altro uomo, si aggiunse alla conversazione, mentre Castle prendeva tutti i soldi sul tavolo.
-Si lo sai che Castle ha una fortuna maledetta! - t tutti rivolsero un occhiolino allo scrittore. Era i loro eroe, quello era il suo momento. Gli uomini continuarono imperterriti nella loro esultanza, rivolgendosi al giudice.
-Ha cervello, ha montagne di quattrini, ha una casa e una figlia meravigliosa, è affascinante ed ora... ora ha anche la donna perfetta... la sua musa....- lo canzonarono.
Era chiaro che tutti si riferissero a Beckett. La sua bellezza non era un segreto. Castle arrossì appena.
Il giudice Smith sorrise agli amici, ma quando si rivolse a Castle, il suo sguardo non ammetteva replice:
-Sei fortunato Castle. Ma prima o poi questa fortuna finirà. Anche a te la vita riserverà qualche amara sorpresa... -


Castle tornò nel mondo reale. Il ricordo era così nitido nella sua mente che per un attimo fu ancora convinto di avere le fiche vinte in mano.
Invidia, gelosia, rancore, rabbia, rivalità, concorrenza.
Ecco cosa aveva spinto il giudice Smith a portargli via la cosa a lui più cara.





ANGOLO DELL'AUTRICE
Le indagini proseguono, Castle è arrivato alla soluzione dell'intricato caso ma, le vicende non sono ancora finite! Dove avrà nascosto Kate, il nostro malvagio giudice Smith?
Ancora una volta, senza Kate il caso sarebbe stato irrisolto... Anche senza essere presente, la detective Beckett riesce a risolvere tutti i casi!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ringrazio tutti i lettori e commentatori dei capitoli precedenti, prometto di aggiornare presto!!
Vi sarei davvero grata se lasciaste un commento a questo capitolo, ho bisogno delle vostre idee, domande, critiche... insomma ho bisogno di voi!
Berenike



(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 8
*** Giochiamo! ***




Capitolo 8:Giochiamo!

Tu, tutuu, tu, tutuu...
Era questo il motivetto che Castle aveva ascoltato per il tutto il lunghissimo giorno che aveva passato in centrale.
Aveva ascoltato un maledettissimo telefono squillare a vuoto, senza che mai nessuno gli rispondesse dall'altra parte...


Erano passati già tre giorni da quando Kate era stata rapita. Tre giorni in cui lui ignorava se la stessero sfamando, maltrattando o chissà cosa.
Spesso dimenticava che si trattasse della detective Beckett, lei se la sarebbe cavata ovunque.
Ma c'erano cose che nemmeno lei poteva sconfiggere. Ed era per questo che lui doveva agire, doveva trovarla, doveva combattere per lei...


Il Capitano, Ryan ed il detective Esposito avevano dedicato la giornata alle indagini, tutte intorno agli ultimi mesi della vita del giudice Smith. Era un lavoro noioso ma accurato, che andava fatto nel pieno della propria concentrazione; concentrazione che Castle sembrava voler interrompere ogni pochi secondi in cui veniva assediato dall'ansia.
Tutti e tre gli uomini, in quelle ore passate a stretto contatto con lo scrittore, si chiesero almeno una volta come Kate potesse sopportalo per tante ore di fila, ogni giorno passato in centrale.
Fu così che per allontanare lo scrittore, il Capitano gli affidò il difficilissimo compito di contattare personalmente il giudice Smith. Castle aveva il suo numero di telefono, un tempo (che sembrava così lontano) erano stati amici.
Ed ora il giudice era uno dei primi sospettati per il rapimento della detective.
L'unico sospettato. Doveva essere lui.


Il giudice Smith non sembrava intenzionato a rispondere alle mille ed infinite chiamate di Castle. Lo scrittore, allontanato dalle indagini vere e proprie, si sentiva sempre più impotente, inutile, debole. Voleva uscire da quella centrale, che in quelle ore era diventata una prigione per lui, e andare a cercare la sua Kate in ogni angolo della città.
Voleva solo uscire ed andare. Non importava dove. Ma forse il correre per la città con in mano le foto di riconoscimento di Kate gli sarebbe sembrato più utile che non restarsene lì, con uno stupido telefono in mano, a chiamare una persona che non gli avrebbe mai risposto.
Se il giudice Smith avesse voluto parlare, non avrebbe rapito Kate ma si sarebbe seduto ad un tavolo, di fronte ad una birra, per parlare dei suoi problemi.


Tu, tutuu, tu, tutuu...
Nessuna risposta. Ancora.
Per ore Castle non aveva sentito che il telefono squillare e la sua pazienza stava arrivando al limite.
Richard si guardò intorno: il Capitano, Ryan ed Esposito erano tutti chini su pile e pile di fogli, dettagli e ancora dettagli sulla vita del giudice.
Dettagli che non li avrebbero portati a nulla. Castle si infilò la giacca ed uscì da quella prigione senza sbarre. La centrale senza Kate. L'inferno.
Quandò arrivò in strada, parecchi piani più in basso, Castle sentì un brivido sulla schiena, come se avesse realizzato per la prima volta che New York era parecchio grande. Parecchio.
Nascondere qualcosa, o qualcuno a New York significava poter rimanere al sicuro per anni.
Maledizione. Lui non aveva anni, aveva solo quattro giorni, e nessun indizio che li potesse aiutare.
Doveva riflettere, doveva concentrarsi. Castle rimase lì, al ciglio della strada, semplicemente in balia dei propri pensieri.
Ripensò a tutto ciò che il giudice gli avesse detto in quegli ultimi mesi, cercò nella propria memoria un indizio, un qualcosa che rivelasse le vere intenzioni del giudice.
Niente. Possibile che Castle non avesse potuto prevedere tutto questo?
Kate dove sei...


-Castle! - una voce maschile destò lo scrittore dai propri pensieri. Era così assorto dai ricordi che non si ricordava nemmeno più di essere sceso, di non trovarsi in centrale. Riprese coscienza del proprio corpo, della brezza leggera che gli sfiorava il viso, e si girò verso la voce che pochi attimi prima lo aveva chiamato.
Era Ryan.
-Castle, è il caso che ti prendi un caffè! - gli disse, guardandolo seriamente, forse per la prima volta, e giudicando il suo aspetto (sia interiore che esteriore) come una malattia.
Castle aveva la malattia da mancanza di Kate. Era una malattia seria.
-No, sto bene. - Bugia. Richard si sentiva vuoto. Nessun caso lo aveva mai fatto sentire così. Era come se sapesse che Kate era in pericolo e lui era impotente di fronte a tutto.
La vita di Kate dipendeva da lui...
-Bene, perché noi abbiamo trovato qualcosa. - Castle lo guardò con gli occhi spalancati.
Sperava con tutto il cuore che qualcosa fosse abbastanza.
Lo scrittore seguì il detective di nuovo su in centrale. In realtà Castle non si era allontanato molto da quel luogo, ma si accorse subito della differenza d'aria: nonostante la giornata fresca di quel giorno primaverile di New York, in centrale si respirava appena, tanto l'aria era pesante e soffocante. Senza Kate, perché respirare? Castle si liberò di quei pensieri.
Doveva. Rimanere. Concentrato.
Si avvicinò al Capitano, che dopo tanti giorni di muso lungo, ostentava un lieve sorriso.
Forse quel qualcosa li avrebbe davvero portati da qualche parte.
-Castle – Ryan fu il primo a parlare – abbiamo trovato questo. - Il detective allungò a Castle un foglio giallastro, che era stato in magazzino ed era stato riesumato evidentemente solo per queste indagini.
Castle cercò di leggerlo, ma a parte molti numeri, non riconobbe niente di utile. Il suo viso interrogativo disse tutto. Questa volta fu Esposito a chiarirgli le idee:
-E' la ricevuta di una ditta di magazzini. Guarda, c'è il nome di Smith sopra. - Esposito indicò a Castle dove guardare. Qualcuno aveva cerchiato il nome del giudice in rosso, proprio come faceva Kate.
-E allora? - Castle era più confuso di prima.
-E allora – finì il Capitano, felice dopo ore di indagini improduttive- Smith ha comprato un magazzino due giorni dopo essere stato lasciato dalla moglie. - Sorrise radioso.
-Quale posto è meglio di un magazzino per nascondere qualcuno? -
Castle sentì i battiti del proprio cuore accelerare. Aveano una pista, una buona pista.
Kate stiamo arrivando.


Quasi non riuscì più a pensare ad altro, mentre correva fuori dalla centrale insieme a molti poliziotti. Sentì accendersi molte sirene mentre entrava in macchina, il cuore che quasi gli scoppiava nel petto, e seguì la scia che queste lasciavano nella strada vuota dietro di loro.
Kate stiamo arrivando.


Qualche minuto dopo Castle, Ryan, Esposito, il Capitano e ben cinque macchine della polizia pieni di agenti armati arrivarono nell'indirizzo inviato dalla ditta di magazzini pochi minuti dopo che i detective avevano scoperto di quel posto. Il magazzino di Smith era abbastanza grande per nasconderci una persona, ed era tra quelli delle persone più influenti della città.
Ultima fila. Infondo. Numero 18.
Tutti parcheggiarono le macchine in malo modo, lasciandole sul bordo della strada, noncuranti delle strette regole che vigevano per i parcheggi a New York. La massima priorità era Kate.
Castle seguì i poliziotti verso quello che sembrava un magazzino chiuso. Decisamente chiuso.
Castle, correndo e con il fiatone, sperò con tutto sé stesso che quello verso cui tutti correvano non fosse il magazzino giusto.
Se Kate era lì, era sicuramente morta per la mancanza d'ossigeno.
Tutto appariva così confuso agli occhi di Castle: ovunque poteva vedere agenti armati che si nascondevano tra le file dei magazzini, pronti a colpire in caso il giudice si fosse fatto vedere.
Vedeva il Capitano avanzare primo tra tutti, diretto all'ultima fila. Scorgeva appena Ryan ed Esposito che lo seguivano fedeli, anche loro con il fiatone, ma con la speranza che gli scaldava il cuore.
Castle era l'unico ad aver capito che qualcosa non andava. Nessuno si era domandato perché tutti i magazzini fossero chiusi; tutti speravano di trovarci dentro la detective.
Castle era l'unico che sperava di non trovarla lì. Perché se Kate era davvero lì, probabilmente era morta. Senza ossigeno.
E lei non poteva essere morta.
Castle avanzò dietro a tutti i poliziotti, il cuore che si stringeva in una morsa man mano che si avvicinava all'ultima fila di magazzini.


Eccolo. Il magazzino del giudice Smith. Ultima filma, numero 18, color rosso acceso.
Porta sbarrata.
I poliziotti accerchiarono il magazzino, mentre il Capitano cercava disperatamente di aprirlo.
Fece cenno ad alcuni suoi uomini di tirar fuori le armi pesanti e questi eseguirono gli ordini.
In pochi minuti il magazzino fu aperto, e quello che si rivelò all'interno sorprese tutti, dal Capitano a Castle: non c'era nulla.
Assolutamente nulla.
Il magazzino era completamente vuoto.
Anche i poliziotti rimasero fermi per un minuto, i loro fucili carichi in mano, gli occhi puntati verso l'interno del magazzino. Ryan fu il primo ad entrare, la delusione si poteva quasi toccare nel riflesso dei suoi occhi.
Castle accelerò il passo. Il suo cuore era tornato leggero per un attimo, quando aveva scoperto che il corpo di Kate non era a terra, morto.
Ma poi il suo cuore era tornato pesante come non mai. Ora si ricominciava tutto daccapo.
Erano di nuovo senza indizi, senza piste, senza niente.
La delusione si leggeva negli occhi di tutti: i poliziotti avevano abbassato le armi dopo che alcuni di loro avevano ispezionato i pochi metri del magazzino. Il capitano dettava quanti più ordini potesse, per non cadere nell'oblio della disperazione, per non sentirsi inutile ancora una volta.
Solo Castle, entrando nel magazzino, notò un particolare sfuggito a tutti gli altri.
Attaccato alla porta del magazzino, porta che era stata manomessa dagli uomini del Capitano per poter accedere al magazzino, c'era un post-it verde brillante. Castle lo guardò con attenzione, e quando lo prese in mano, nella confusione generale che avvertiva attorno a sé, notò che c'era una scritta.
Ancora una volta era una frase rivolta a lui.


Vuoi giocare, scrittore da strapazzo?
Il prossimo indizio puoi trovare
dove non andresti mai a cercare.
Guardi la gente, la vedi partire,
ma tu rimani qui, per la paura di morire



Castle sorrise tra sé e sé.
-E allora giochiamo, bastardo.







ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! Scusate se sono scomparsa la settimana scorsa, ma per un motivo o per l'altro non sono riuscita ad aggiornare!
Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo un pò più lungo degli altri...
Devo sinceramente ammette che questo capitolo non è uscito proprio come ce lo avevo in mente: spero di essere riuscita a trasmettere il senso di impotenza iniziale di Castle, e alla fine l'azione veloce e caotica, che si risolve con il nulla...
La ricerca di Kate continua e arriva quasi al suo termine... penso che manchino ancora tre capitoli (o almeno questi sono i miei piani)...
Spero anche voi decidiate di "giocare" insieme a Castle e di continuare a leggere questa serie, che ha sempre più lettori e commentatori: ringrazio tutti di cuore davvero, siete fantastici!
Spero che abbiate la voglia e la pazienza di recensire anche questo capitolo, per me è importante sapere cosa ne pensate!
Per il momento è tutto, a prestoooo!
Berenike



(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 9
*** Caccia al tesoro ***




Capitolo 9:Caccia al tesoro


Vuoi giocare, scrittore da strapazzo?
Il prossimo indizio puoi trovare
dove non andresti mai a cercare.
Guardi la gente, la vedi partire,
ma tu rimani qui, per la paura di morire


< Castle, Ryan ed Esposito erano tornati in centrale, seguiti dai molti agenti che avevano preso parte all'operazione. In centrale quella sera però, si respirava un'aria completamente diversa da quella che Castle si sarebbe aspettato: la scoperta di quel post-it verde era stata per lui fonte di grande gioia.
Cosa c'era meglio di un indovinello, per risolvere il caso? Continuava a pensare che quel post-it era comunque meglio di niente.
Lo sguardo accigliato di Ryan ed Esposito però, faceva trapelare tutt'altro. I loro occhi apparivano preoccupati e pesanti come se su quel piccolo foglio di carta verde ci fosse scritta la condanna a morte dello scrittore.
Ed il Capitano era d'accordo con loro. Aveva subito sequestrato a Castle la piccola prova trovata nel magazzino (a quanto pare per mandarla ad analizzare), ed aveva subito cercato di smorzare l'entusiasmo di Castle.
-Castle, tu non ci andrai. Ovunque sia questo posto. Non possiamo perdere anche te. - Il Capitano appariva insensibile ad ogni ripensamento.
Castle non riusciva a capire. Era forse l'unico interessato al ritrovamento di Kate?
Lo scrittore continuava a pensare a quell'indovinello, ma nel terrore di non poter poi agire fisicamente, la sua mente non sembrava voler collaborare come avrebbe dovuto.
Ryan ed Esposito guardarono Castle come se un Re lontano avesse chiesto la sua testa. Il Capitano chiamò infine Castle nel suo studio, fuori il buio cominciava ad avanzare.
-Castle, siediti. - lo scrittore non si mosse. Era arrabbiato, deluso, rabbioso. Kate non si sarebbe mai fermata di fronte a nulla, la paura non esisteva per lei.
-Castle, come Capitano di questa centrale ti proibisco di compiere qualunque azione riguardante questo caso, che non ti venga direttamente ordinata da me o dai miei uomini. E non sento ragioni. -
Castle lo guardò torvo, piegando appena il collo verso sinistra. Non poteva aver sentito bene.
-Ma... - cercò di replicare, senza successo. Il Capitano lo fermò con un movimento rapido della mano, guardandolo profondamente. Quegli occhi non permettevano repliche.
-Domani ricominceremo le indagini, le vere indagini. Intanto questo post-it andrà dritto al laboratorio e appena avremo le impronte e le analisi inizieremo a lavorarci su. -
Castle si morse la lingua così forte che sentì il sapore del suo stesso sangue in bocca.
-E' così che funzionano le indagini Castle. Niente di avventato. Niente di stupido. Siamo intesi? -
Castle cercò di liberare la lingua dalla sua morsa invadente.
-Certo, Capitano. - Castle sorrise compiaciuto, mentre si dirigeva velocemente verso la porta.
-Ah, Castle... -lo chiamò l'uomo dietro la scrivania per l'ultima volta – Questo caso ti sta distruggendo. Domani rimani a casa, mentre noi continuiamo le indagini qui in centrale. Prova a non pensarci, vedrai che la troveremo. - Castle gli fece un sorriso di ringraziamento e uscì rapido da quella prigione.
Non poteva credere alla propria fortuna.
Salutò Esposito e Ryan e poi uscì dalla centrale, entrò in macchina, non riuscendo a pensare ad altro: doveva risolvere quell'indovinello.


Vuoi giocare, scrittore da strapazzo?
Il prossimo indizio puoi trovare
dove non andresti mai a cercare.
Guardi la gente, la vedi partire,
ma tu rimani qui, per la paura di morire



Castle aveva continuato a ripetersi queste poche righe per tutta la sera. Non aveva mangiato, non aveva cercato di riposarsi, né si era fatto una doccia. Continuava a ripetersi quei versi all'infinito, senza venirne mai a capo.
Ma non aveva opzioni. Doveva risolverlo. Aveva ancora pochissimo tempo. Il giorno successivo sarebbero mancati solo tre giorni alla scadenza prefissata dal giudice Smith, e lui non poteva permettersi di fallire.
Cosa avrebbe pensato Kate, se lui non fosse riuscito a risolvere il suo caso?
Castel era sdraiato sulla poltrona del salotto della sua lussuosissima casa. Probabilmente avrebbe scambiato ogni suo dollaro per ritrovare Kate viva e vegeta, avrebbe dato in cambio sé stesso per sapere che lei stava bene.
-Papà? - Era Alexis che, preoccupata per il padre, si era alzata dal letto.
-Ehi, tesoro. Non è un po' tardi per essere ancora in piedi? - Lo scrittore guardò l'orologio al polso che tanti anni prima gli aveva regalato la madre. Segnava le due meno dieci.
Decisamente tardi.
-Domani hai scuola! - continuò il padre preoccupato. Sapeva di aver trascurato la figlia in quei giorni, ma era solo per una settimana, e poi sarebbe tornato tutto alla normalità.
Insieme a Kate.
-Ero preoccupata per te... - gli rispose la bella Alexis. Guardandola Castle notò quanto stesse diventando grande, quanto fosse adulta. E bella.
Castle non seppe cosa rispondere e guardò gli occhi azzurri della figlia in cerca di risposte.
-La nonna mi ha detto che hai trovato un indovinello da risolvere... - Alexis sorrise compiaciuta. Lei era bravissima negli indovinelli.
-Si, ma non riesco a concentrarmi, continuo a pensare a Kate e a cosa possa esserle successo... -
-Ti aiuto io! Un giudizio esterno può sempre essere utile no? - Sorrise ancora.
Forse Castle aveva bisogno di distrarsi un po'. Tanto per il momento non stava risolvendo proprio nulla, male non avrebbe mai fatto.
-Va bene. - rispose al sorriso della figlia, che si sedette accanto a lui, aspettando di sentire quell'impossibile rompicapo, che nemmeno il padre era riuscito a risolvere.
Castle iniziò, la voce profonda ma decisa:
-Vuoi giocare scrittore da strapazzo? - fece una pausa. Alexis rise.
-Il prossimo indizio puoi trovare, dove non andresti mai a cercare. -
-Fin qui non dice molto, mi pare. Potrebbe essere anche il nostro bagno visto che è parecchio che non ti fai una doccia, no? - Richard rise all'ironia di Alexis. Chissà da chi l'aveva imparata.
Poi continuò:
-Guardi la gente la vedi partire, ma tu rimani qui per paura di morire. - Rick Castle chiuse gli occhi, un'evidente rassegnazione rigava il suo volto stanco. Alexis si torceva le mani sul grembo, quasi si potevano sentire i suoi pensieri ronzare nel cervello, fino a che...
-Trovato! - Castle la guardò come se avesse bestemmiato, gli occhi spalancati, la bocca aperta, le mani sudate a stringerla forte...
-E' facile no? - Castle scuoté la testa in segno negativo, incapace di parlare.
-E' ovvio, è l'aeroporto! - E una volta data la soluzione a quel rompicapo, Alexis spiegò – all'aeroporto vedi la gente partire attraverso la vetrata che da sulla pista di decollo, ma tu rimani qui perché hai il terrore di volare! -
Castle sorrise soddisfatto. Ancora incapace di proferir parola abbracciò la figlia e si vestì frettolosamente. Alexis lo guardò più preoccupata di prima.
-Dove stai andando? -
-All'aeroporto, naturalmente! -
Ed ecco di nuovo quello sguardo, lo stesso che poche ore prima Richard aveva letto negli occhi dei detective Ryan ed Esposito. Tristezza, amarezza, rassegnazione, preoccupazione. Come se un Re lontano avesse chiesto la sua testa.
Richard si rivolse alla figlia, che lo guardava in panico. Non doveva aiutarlo con quell'indovinello; certo, anche lei voleva ritrovare Kate, ma non al prezzo di perdere suo padre.
-Papà, ma il Capitano non ti ha proibito qualsiasi azione? -
-Si... - cercò di rispondere Castle. In quel momento solo Kate aveva posto nei suoi pensieri, il pericolo non era che il mezzo per ritrovarla. Ma lui era pronto a tutto.
-E non pensi che sarà pericoloso? Ti prego non andare... -
-Alexis, io devo andare. Kate ha bisogno di me...-
-Anche io ho bisogno di te! - Alexis era sull'orlo delle lacrime. Perfino il Capitano era arrivato ad escluderlo dalla squadra pur di tenerlo al sicuro, ed ora lei aveva rovinato tutto.
-Lo so tesoro ed io per te ci sarò sempre. Ti prometto che farò attenzione, ma non chiedermi di non andare... - Castle non aveva mai rivolto alla figlia delle parole così dure, e allo stesso tempo tanto dolci. Certo, seguire Kate era sempre stato pericoloso, ma non aveva mai lavorato solo prima d'ora.
-Allora posso almeno chiederti di aspettare domani mattina? Ora l'aeroporto è vuoto e sarà più pericoloso. E per di più sei stanco... Aspetta domani, dormi un pochino, e domani potrai agire indisturbato nascondendoti tra le migliaia di persone che ci sono lì. E poi se trovi Kate – gli fece il sorriso più convincente gli le riuscì – non penso che voglia vederti così... - e con la mano indicò la sua barba lunga, i suoi vestiti spiegazzati e l'odore da uomo non lavato che emanava.
Castle fece per annusarsi. Rise insieme ad Alexis.
-Forse hai ragione, una doccia non mi farà male. - Si abbracciarono, e si augurarono la buona notte.


La notte passò velocemente per Castle, che però al mattino si sentì felice e rinvigorito come se avesse dormito per tre giorni. Uscì presto, prima che la casa si destasse, e si diresse all'aeroporto.
La sera prima però non aveva pensato a dove potesse nascondersi un indizio in quell'uomo così affollato: forse il giudice Smith aveva affittato un armadietto, ma come trovarlo senza l'aiuto della polizia?
Castle non si fece scoraggiare da questi pensieri ed arrivò nel luogo di destinazione prima del previsto. Mancavano tre giorni allo scadere della settimana, doveva sbrigarsi.
Appena mise piede nel grande aeroporto, già pieno di turisti e americani in partenza, realizzò che il luogo che gli aveva indicato la figlia (la grande vetrata di fronte alla pista di decollo, dove guardi la gente, la vedi partire) era inaccessibile per lui.
Per accedervi, bisognava fare il check-in. Ovvero, bisognava avere un biglietto.


-In cosa posso esserle utile? - Castle si era così ritrovato a dover comprare un biglietto per chissà dove, tutto per accedere alla sala con la vetrata.
-Mi serve un biglietto per... scelga lei. Il primo che ha il check-in! - disse frettolosamente. Non aveva tempo da perdere, ma per grande fortuna sua, di denaro ne aveva molto.
-Il check-in per Parigi apre da tre minuti. Può andarle bene? - Castle sorrise tra sé e sé. Una destinazione più costosa no?
-Certo, è perfetto. Ho sempre sognato andare a Parigi. -
-E come mai non l'ha ancora fatto? - disse la signorina di fronte a lui sorridendo.
-Perché io odio volare! - le rispose lo scrittore tirando fuori dal portafoglio l'American Express Gold, cui conto sarebbe presto calato di ben 600 dollari. Per un aereo che non avrebbe mai preso.
La ragazza passò la carta di credito e scrisse l'importo, felice di aver concluso un affare così proficuo in così poco tempo. Poi però si fermò, e si rivolse allo scrittore:
-Mi scusi, ma per caso lei è Richard Castle? - Lo guardò attentamente.
-Si sono io, ma non ho tempo per gli autografi adesso... -
-Autografi? - la ragazza rise. Forse non sapeva chi aveva davanti. Castle si chiese allora da dove provenissi questa domanda.
-Il computer mi segnala che a suo nome è stato affittato un armadietto una settimana esatta fa. Lo conferma? -
Castle non poteva sembrare più confuso. Ma poi capì il gioco di Smith e annuì.
-Le consegno le chiavi? -
-Certo, certo! - disse lui sorridendo come non mai. Gli vennero consegnate le chiavi, il biglietto per Parigi e la carta di credito. Castle salutò l'addetta più felice che mai e corse verso il check-in per Parigi.
Aveva un solo pensiero in me: Kate ti troverò. Sto arrivando .


Un poliziotto normale avrebbe fatto molte più domande alla ragazza: le avrebbe chiesto se ricordava il viso di colui che aveva prenotato l'armadietto, con cosa aveva pagato, in che giorno ed ora era andato e avrebbe chiesto alla ragazza di ricordare ogni piccolo particolare di quel giorno.
Ma Castle non doveva individuare il rapitore: già sapeva che si trattava del giudice Smith, già sapeva che probabilmente aveva pagato con una carta molto simile alla sua, e che in ogni caso non poteva che essere solo perché Kate, la settimana prima, era ancora al sicuro.
Insieme a lui.
Lo scrittore superò senza problemi i controlli di routine tipici dell'aeroporto, non incontrò incidenti né code infinite. Arrivò così dopo mezz'ora in quella sala che tanto aveva sperato di raggiungere.
Ecco qui la vetrata, Alexis sei un genio! Vedo le persone partire, ma io non parto... perché ho paura di morire in un incidente aereo... Tutto fila! Castle si guardò intorno. Nessuno badava a lui, poteva muoversi senza problemi all'interno del grande salone.
-I passeggeri del volo per Parigi, si avvicinino al Gate 23. - Castle sorrise pensando che la sua sedia da 600 dollari sarebbe rimasta vuota.
Dove sono gli armadietti... Eccoli li! Li individuò proprio di fronte alla vetrata. La chiave consumata portava il numero 512 stampata sul davanti. Castle lo trovò senza difficoltà.
Introdusse la chiave.
Era la chiave giusta, per l'armadietto giusto, nel luogo giusto.
Quando lo scrittore aprì l'armadietto, sapeva già cosa avrebbe incontrato: un armadietto vuoto con un post-it color verde brillante.
Si affrettò a leggerlo, il cuore che batteva a mille:


Tanti anni son passati da quei tempi felici
Ora son grandi ma sempre piccoli resteranno
Lì tutto è iniziato
ma non è lì che tutto finirà
la tua Kate ancora libera non sarà
.


Castle strinse forte quel post-it tra le mani. Quanto avrebbe dovuto giocare, prima di ritrovare la sua Kate?









ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto come i precedenti: è riuscito un pò più lungo di quanto mi aspettassi, e ciò nonostante penso di dover aggiungere un capitolo prima che questa fanfiction sia conclusa...
A quanto pare Castle ci sta mettendo più del previsto a trovare Kate, anche quanto mi immaginassi io stessa!
Vi posso giurare che scrivere questo capitolo è stato incredibile: le parole fluivano dalle mie dita come se fosse Castle stesso a scriverle, come se io fossi solo un suo tramite.
A questo proposito ho una proposta per tutti voi: pensavo (in un attimo di follia) di trasformare questa fanfiction (una volta completata naturalmente) in un originale: cosa ne pensate? Credete che abbia un senso solo all'interno di Castle o potrebbe vivere anche indipendentemente? Vi ha appassionato? Credete che possa ottenere lo stesso successo anche l'originale?
Come sempre, ringrazio tutti voi per aver letto e commentato i precedenti episodi, spero vogliate continuare a seguirmi e a recensire i capitoli che verranno! Per il momento è tutto, a presto!
Berenike



(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 10
*** La fine delle Rime ***




Capitolo 10:La fine delle Rime

Castle si guardò intorno. Si trovata ancora all'aeroporto; nella mano destra teneva ben stretto il post-it verde brillante appena ritrovato, mentre con l'altra si toccava i capelli lucenti.
Il ritrovamento di quel secondo indizio non aveva suscitato nello scrittore la stessa euforia del precedente: secondo quant'era scritto, oltre a questo indovinello (che ancora non sapeva come risolvere), minimo ce ne sarebbe stato un altro.
Perché come lesse dalla carta brillante che teneva in mano: la tua Kate ancora libera non sarà..
Questo poteva significare solo una cosa: che non avrebbe ritrovato Kate in quel prossimo passo, e per quanto poteva andare avanti? Cosa aveva in mente il giudice?
Voleva guardare la vita di Castle andare in frantumi, o si stava solo divertendo a farlo correre in giro per la città?
Perso in questi pensieri angusti, lo scrittore si sedette in una delle sedie di fronte alla grande vetrata: mancavano pochi minuti perché il suo volo partisse, e quasi non desiderò davvero di imbarcarsi per dimenticare tutto quell'angoscia, quell'infinita stanchezza e quella preoccupazione che ormai lo assillava da quattro eterni giorni.
Riguardò il post-it, rapito dalla calligrafia del giudice. Poi si fermò a fissare la parola Kate, per quella che gli sembrò un'eternità.
Kate, dove sei? Come posso ritrovarti?
Rick Castle non si era mai sentito tanto depresso, ma doveva reagire: il tempo a disposizione stava per scadere e forse, prima o poi, quei post-it sarebbero finiti e lui sarebbe arrivo a Kate.
Nella speranza che fosse ancora viva.
Castle rabbrividii, noncurante della situazione a lui circostante.
Infatti, non si accorse nemmeno che una Signora distinta, forse poco più anziana di sua madre, si era avvicinata a lui e stava leggendo il foglio che teneva in mano.
-Una caccia al tesoro! - disse la Signora, non riuscendo a trattenersi. Castle trasalii, immerso com'era nei suoi pensieri. Si girò di scatto verso la donna e, nascondendo il foglio all'interno del palmo della mano, le disse scherzosamente:
-Si, sa... Mia figlia adora queste cose. - Sperò con tutto il cuore che la donna di fronte a lui gli credesse. Era la tipica “nonna”: sembrava provenire da un altro secolo, con la sua borsetta di vimini e il suo capellino di paglia. Questa sorrise a Castle e affettuosamente si rivolse a lui:
-L'ha già risolto? - Si avvicinò ulteriormente allo scrittore.
-Cosa? - Castle fece finta di non capire, ma guardando negli occhi della Signora vide che mentire non l'avrebbe portato a nulla – Ah, questo – si girò il post-it tra le mani – No, non ancora. Ci stavo giusto ragionando. -
La Signora fissò per qualche istante fuori dalla finestra.
-Se lo vuole sapere, secondo me la seconda frase si riferisce ai figli: insomma, i miei figli hanno trent'anni ormai, ma per me resteranno sempre i miei bambini! -
Castle dimenticò le buone maniere, dimenticò tutto ciò che gli avevano insegnato da bambino, di salutare, di comportarsi bene, di non correre...
Si alzò e semplicemente corse, corse per tutto l'aeroporto, corse fuori all'aria aperta, corse fino alla propria macchina e senza badare al proprio cuore che martellante pulsava nel petto, o ai propri polmoni ansimanti o ai piedi doloranti, corse.
Aveva capito a cosa si riferiva il secondo indizio.


Quasi un'ora e mezza di circa dopo, Richard Castle si fermò. Parcheggiò la propria auto sul ciglio della strada, senza rispettare le linee bianche che delineavano il parcheggio.
Nell'ultima ora e mezza aveva corso come non mai, e aveva spinto la propria auto ben oltre i limiti consentiti dalle leggi stradali.
Aveva capito, aveva risolto quel rompicapo grazie all'aiuto di quella Signora un po' troppo curiosa.
Lo scrittore ripeté ancora una volta all'interno della propria mente:


Tanti anni son passati da quei tempi felici
Ora son grandi ma sempre piccoli resteranno
Lì tutto è iniziato
ma non è lì che tutto finirà
la tua Kate ancora libera non sarà.



Se la seconda frase si riferiva ai figli, significava che sono passati molti anni da quando erano piccoli, e lui doveva recarsi nel luogo dove tutto era iniziato: Castle ricordava fin troppo ben quel lontano giorno di Ottobre in cui aveva conosciuto il giudice Smith.
Ricordava che per terra c'erano le foglie secche e giallognole cadute dagli alberi, ricordava com'era felice mentre giocava con la figlia Alexis, ricordava che aveva conosciuto un altro padre, lì con il figlio, quasi coetaneo di Alexis, e con cui aveva iniziato presto a parlare...
Ricordava quel luogo come se fosse ieri: un piccolo parco giochi fuori New York, in cui era solito andare per rimanere tranquillo con la figlia.
Erano quasi dieci anni che non ci metteva piede, ed infatti Castle notò subito il segno del tempo in quel luogo un tempo magico: non c'erano più bambini felici ed urlanti, nessuno scendeva più da quegli scivoli ormai da tempo, il tempo e l'acqua avevano corroso ogni attrezzo, e le panchine erano ormai inutilizzabili.
Castle si avvicinò cautamente alla panchina dove si sedeva sempre quando accompagnava Alexis: sorrise nel ricordare il numero di donne che aveva rimorchiato in quella panchina, giocando la carta del “padre single”. Ma ora non c'era più nulla da ridere.
Castle sentì un brivido correre lungo la schiena; nonostante fosse l'ora di pranzo e il sole splendeva alto nel cielo, quel posto gli ricordava un cimitero infestato, e non si fidò affatto dell'apparente silenzio che vi regnava. Lo scrittore ricordò in un flashback le ultime parole dettategli dal capitano, e si chiese se quell'ordine di non fare nulla di stupido non si riferisse proprio a quello che stava facendo.
L'aeroporto l'aveva fatto sentire protetto: un luogo chiuso, pieno di persone, di telecamere, di testimoni.
Lì nessuno l'avrebbe mai ritrovato, solo lui era a conoscenza del post-it verde brillante, sarebbe rimasto lì per sempre.
Castle, non farti prendere dal panico! Cosa farebbe ora Kate?
Il pensiero della detective lo portò alla realtà, in quel parco giochi assolato e distrutto dal tempo.
Cercherebbe un indizio .
Castle si mise alla ricerca di qualsiasi cosa che lo potesse aiutare nella ricerca della detective Beckett: ma in quasi un'ora di ricerca a leggere tutte le scritte sulle panchine, ad analizzare gli scivoli e a salire sui giochi così piccoli per la sua taglia, non trovò assolutamente nulla.
Stava quasi per perdere le speranze, quando un ricordo gli tornò alla mente:


Era in quello stesso parco, tanti anni prima. Alexis giocava di fronte a lui nella sabbia; mentre Castle, non ancora scrittore di fama mondiale, scherzava con quel suo nuovo amico: il giudice Smith. Questo, tra le risa e le confidenze, disse a Richard:
-Sai, quand'ero bambino la mia famiglia era molto ricca, ed i miei genitori non mi permettevano di venire al parco insieme agli altri bambini. - Castle rise. Pensò a sua madre e al fatto che lo lasciasse spesso solo proprio in quei posti.
-Ed io guardavo dalla finestra i bambini divertirsi e ricordo che sognavo sempre di salire in uno di quel castelli con gli scivoli e le corde – indicò un castello situato proprio davanti a loro.
Castle lo guardò ed alzandosi in piedi gli disse:
-E allora sali no? - Alexis lo guardò radiosa, come sempre. Adorava il padre.
Il giudice invece rimase seduto e guardò torvo l'uomo in piedi:
-Figurati! Ora sono troppo grande... non ci passerei nemmeno! - Castle si sedette rassegnato, il viso contratto in una smorfia. Quel giudice era davvero un fifone.



Castle tornò alla realtà. Perché non ci aveva pensato prima?
Corse verso il castelletto in mezzo al parco e la prima cosa che notò, oltre al fatto di essersi completamente sporcato i pantaloni con gli schitti freschi degli uccelli, era che effettivamente il giudice ci aveva visto bene: per un uomo adulto, era difficile passare per quegli scivoli stretti e quelle scalette minuscole. Ma spinto da una forza sconosciuta, Castle non fece fatica ad arrivare in cima e guardò il parco dall'alto.
Eccomi qui Smith, ed ora?
Passò qualche minuto. Solo quando lo scrittore fece per scendere notò una scritta verde brillante (probabilmente scritta con l'indelebile), sulla corda a cui si stava appendendo:


Bravo Castle, ci sei quasi.
Ora pensa, ce la puoi fare,
all'ultimo luogo dove devi andare.
La mia fedeltà mi ha tradito alla fine
arriva prima che io finisca le rime.



Castle cadde giù dalla corda con un tonfo. Gli bastò una sola lettura per imparare a memoria quell'ultima filastrocca, e la stessa unica lettura per capirla.
Smith voleva che Castle lo trovasse, voleva essere il protagonista di quella caccia al tesoro e lo scrittore era pronto a tutto (anche a eseguire gli ordini di un pazzo) pur di arrivare a Kate.
Correndo verso la macchina, Castle tirò fuori il cellulare e digitò il numero di Ryan. Per un attimo le sue dita traditrici digitarono quello di Kate, l'abitudine inganna.
-Pronto? - fu la risposta dall'altro lato del telefono.
-L'ho trovata. - la voce di Castle era ferma, decisa, risoluta.
-Sei sicuro? -
-La trovate al tribunale – nei pensieri di Castle tutto iniziava ad avere un senso: La mia fedeltà mi ha tradito alla fine doveva riferisci al fatto che Smith, facendo il proprio lavoro e condannando il nipote alla galera, aveva perso tutto – io sarò li tra un'ora. -
-Dove sei? - gli domandò il detective preoccupato.
-Non ha importanza. Dobbiamo arrivare entro sera – Castle capì immediatamente il gioco di parole creato dall'ultima frase (Arriva prima che io finisca le rime): era una citazione da un poeta classico che aveva studiato al college, e se non ricordava male, il poeta voleva riferisci al fatto che entro sera, non avrebbe più composto rime.
Perché per quell'ora sarebbe stato morto.
Castle buttò giù la linea. Non aveva tempo da perdere.


Quando Richard arrivò di fronte al tribunale, un'ora dopo, non riuscì a passare con la macchina.
C'erano decine di macchine della polizia sparpagliate per il traffico, e la gente era scesa dalle proprie auto per correre verso il tribunale.
Castle abbandonò la macchina lì dov'era, ad un semaforo, e corse anche lui dietro la folla urlante.
Sperò con tutto il cuore di rivedere Kate, e che tutta quella curiosità non fosse suscitata da una tragedia o da un corpo a terra.
Kate ti prego resisti!.
Pochi metri dopo lo scrittore Richard Castle vide qualcosa che gli gelò il sangue e che lo fece arrestare dove si trovasse: la prima cosa che riuscì a pensare fu che nemmeno in uno dei suoi gialli, nemmeno con l'immaginazione più originale del mondo, sarebbe mai arrivato a pensare a tanto.
Ecco perché tutti correvano verso il tribunale.
Ecco perché tutti urlavano.


Perché l'ascensore di quel magnifico grattacielo trasparente, in cui si potevano guardare da fuori tutti gli uffici e l'interno dell'ascensore stesso, era stato broccato a metà.
Dentro c'era una donna, una detective legata all'ascensore e collegata ad un cavo lì accanto.
La donna era collegata a delle bombe. A tantissime bombe.
Smith voleva far saltare in aria il palazzo. Attraverso Kate.


Castle si sentì morire dentro quando gli occhi della sua Kate si posarono su di lui, e le sue labbra pronunciarono un silenzioso e straziante: Aiuto.









ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! Così si chiude il decimo e penultimo capitolo della serie KATE TI SALVERO'!
Il prossimo capitolo chiuderà la storia, e sarà seguito solo da un breve Epilogo... Spero davvero che questo episodio vi sia piaciuto: Come farà Castle a salvare Kate? Riuscirà a farlo in tempo?
Scopritelo con il prossimo capitolo! Nel frattempo vi chiedo in cambio pochi minuti del vostro tempo, per leggere e recensire questo capitolo: è fondamentale per me capire cosa ne pensate!
A presto e grazie a tutti!
Berenike



(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 11
*** Corsa contro il tempo ***




Capitolo 11:Corsa contro il tempo

Richard Castle era un uomo benestante: quand'era piccolo, nonostante le follie della madre attrice, non aveva mai corso pericoli, né dovuto sopportare tragedie familiari. Era un ragazzo sveglio, studioso e amante dei libri gialli.
Durante l'adolescenza, Rick Castle aveva dedicato tutto il proprio tempo allo studio, curandosi solo successivamente del proprio aspetto, e quindi delle ragazze.
Quando era nata Alexis, sua figlia, il mondo era diventato un posto meraviglioso e per quanto lui fosse un genitore ansioso, la figlia non gli aveva mai recato grandi preoccupazioni: era seria, matura, studiosa e non amante del pericolo.
Si può dire, tutto sommato, che Richard Castle non aveva mai conosciuto il pericolo in vita sua.
La brillante idea che gli era venuta due anni prima di seguire la propria musa ispiratrice, la detective Kate Beckett, nei suoi casi, aveva avuto per lui un duplice significato: da una parte gli permetteva di avere sempre nuove idee per i suoi capitoli, dall'altra quell'esperienza aveva introdotto nella vita dell'ormai noto scrittore, una punta di avventura e di pericolo che ogni giorno scuotevano la sua vita facendolo sentire finalmente vivo.
Per Castle quello era tutto un gioco. Lui non doveva ricevere uno stipendio alla fine del mese, perché di soldi ne aveva già in abbondanza; non doveva preoccuparsi realmente dei criminali, perché quello non era il suo lavoro; quando tornava a casa la sera, poteva permettersi di giocare con la propria famiglia, perché se anche il giorno dopo fosse successo qualcosa, non sarebbe mai potuto capitare a lui. Perché lui non era un detective.
Richard Castle era uno scrittore.


Castle, sentendo il proprio battito accelerare ed i polmoni quasi scoppiargli nel petto, non riusciva a pensare ad altro. Non poteva che pensare di aver sbagliato tutto, fin dall'inizio: quello non era un gioco, non era uno dei suoi romanzi, quella era la vita reale.
E Kate era in pericolo davvero. Per colpa sua. Per colpa del fatto che non aveva preso seriamente quel lavoro, non aveva dato peso a quei piccoli dettagli che ora lo stavano lentamente portando verso la tragedia più grande: la morte della detective.


Lo scrittore di gialli non riusciva a muovere un muscolo. Era circondato da persone che, urlanti, correvano, indicavano verso quell'ascensore da cui si intravedeva il corpo di una donna collegata a delle bombe.
Ma per quell'uomo, quella non era una donna qualsiasi. Era la detective Beckett. L'amore della sua vita. L'unica donna che aveva mai amato davvero.
Se solo se ne fosse accorto prima, forse avrebbe potuto proteggerla...
Castle si sentiva come ovattato: sentiva le persone accanto a sé, senza davvero capire cosa dicessero. Sentiva di essere in mezzo alla strada, perché tutti lo spintonavano e gli andavano addosso nella loro corsa folle verso il tribunale.
Ma niente di quello che succedeva intorno poteva distrarlo: i suoi occhi erano letteralmente inchiodati in quell'ascensore, e mai avrebbero lasciato quegli occhi impauriti che lo fissavano a loro volta.
Poi, d'un tratto Castle si destò, e come una furia, senza ragionare o capire cosa stesse accadendo, corse verso il tribunale. Sentiva gli occhi di Kate posati su di lui, sentiva la sua protezione ed ora che poteva vederla e sentirla accanto a sé come non mai, sentì una nuova energia penetrargli le vene e dargli finalmente una forza nuova.
Aveva appena iniziato la sua corsa disperata, quando qualcuno lo obbligò a fermarsi. La polizia aveva delimitato tutto il perimetro dell'edificio per evitare qualche tragica catastrofe: se l'edificio fosse saltato in aria, non era il caso che una folla curiosa fosse colpita di conseguenza.
Bisognava limitare i danni al minor numero possibile di persone ferire, o morte.
Castle si guardò intorno, finalmente conscio dello spazio e delle persone che lo circondavano: c'erano poliziotti ovunque; qualcuno delimitava l'edificio, altri parlavano velocemente negli auricolari, dando continui ordini ad altre squadre; altri ancora stavano evacuando il tribunale. Lo scrittore notò tantissime persone dirigersi velocemente ma in modo molto ordinato (avvocati...) verso l'uscita di quell'inferno: molte donne avevano le lacrime agli occhi, la maggior parte degli uomini invece, erano intenti in qualche conversazione al cellulare...
Cellulare...
Castle prese velocemente il suo e compose il numero di Esposito. Questa volta non chiamò Kate, sapeva fin troppo bene dove si trovasse.
-Pronto, Esposito. -
-Sono Castle, vienimi a prendere. - disse Castle, deciso.
-Non posso, ordini del capitano. -
-Esposito, sono dietro le transenne, senza distintivo non mi faranno mai passare. -
-Lo so. Ma non posso far nulla Castle, ho le mani legate. Mi dispiace, sei troppo coinvolto.- disse infine, il tono si era lievemente addolcito, ma sembrava comunque preoccupato.
Castle chiuse in fretta la telefonata. Non riuscì a credere che dopo due anni di indagini in collaborazione con loro, lo abbandonassero in un momento come quello.
Troppo coinvolto... Certo che sono coinvolto maledizione! Castle era fuori di sé.
Si avvicinò così ad un agente, che faceva la guardia alle delimitazioni e gli disse, con lo stesso tono determinato che aveva usato con Esposito pochi secondi prima:
-Agente, sono Richard Castle. - l'Agente non sembrò badare alle sue parole. Così Castle continuò:
-Ho collaborato con la detective Beckett per due anni, mi faccia passare! -
L'uomo in divisa sembrò non sentirlo. Quando infine lo guardò negli occhi gli chiese semplicemente:
-Distintivo? - Castle ebbe un tuffo al cuore. Non poteva credere che Kate fosse in pericolo, in serio pericolo di vita, e lui fosse lì, incapace di agire e ostacolato da tutto e tutti.
-Lasciamo perdere... - gli rispose infine, l'agente ancora in attesa di una risposta.
Castle guardò su verso Kate: gli occhi della detective erano ancora fissi su di lui, non l'avevano mai abbandonato.
Richard, non puoi deluderla maledizione! Non ora, non oggi... Devi trovare una soluzione!
Castle staccò appena gli occhi da Kate, soffermandosi poco dietro di lei, verso l'infinito, verso il cielo azzurro dietro d'edificio.
E poi capii.


Kate Beckett lo guardò mentre iniziava a correre, lo seguì con lo sguardo mentre percorreva tutto il perimetro dell'edificio e sorrise, tra sé e sé, nella consapevolezza che non l'aveva abbondata, che finalmente sarebbe presto arrivato da lei.
Corri, Rick... sospirò piano, quasi respirare fosse un dolore immenso.


Richard Castle poteva sentire lo sguardo di Kate posato su di sé, voleva urlarle che sarebbe andato tutto bene, che stava arrivando, che non l'aveva mai abbandonata...
Ma forse lei sapeva già tutto questo. C'era qualcosa nei suoi occhi, un lucido barlume di speranza, che infondeva a Castle l'energia per proseguire in quella lotta contro il tempo.
Una volta che Castle ebbe percorso il giro dell'edificio, trovò esattamente ciò che si aspettava: niente. Nessuna transenna, nessuna persona, nessun' evacuazione.
I poliziotti non avevano sentito il bisogno di delimitare anche quella parte del tribunale perché nessuno lì era in pericolo: quella nuova parte della città era tutta in costruzione, ed oltre a molti cantieri aperti, non c'era altro che una possibile esplosione potesse distruggere.
Castle vide in lontananza gli ultimi operai che si allontanavano, e seguendoli con lo sguardo, entrò nell'edificio attraverso la porta secondaria che trovò aperta.
Si trovò così di fronte a una rampa di scale infinita: guardano in alto, non ne vedeva la fine.
Ringraziò il cielo che l'ascensore fosse situato a metà del grattacielo trasparente, o prima di arrivare in cima, avrebbe sicuramente fatto un infarto.
Così Rick iniziò la sua scalata verso l'ascensore: ogni gradino era un sollievo, perché era un passo più vicino a Kate. Lo scrittore però iniziò con troppa enfasi la sua salita, e ben presto si trovò accasciato a terra, sudato e dolorante, con i polpacci in fiamme. Guardò giù: aveva percorso appena sei rampe di scale, e gli venne il voltastomaco a pensare a quante gliene mancavano.
Se solo potessi prendere l'ascensore... rise tra sé.
Poi però si illuminò come quando nei cartoni animati che tanto amava, al protagonista si affiancava una lampadina luminosa: idea!
Si alzò in piedi appoggiandosi alla balaustra di metallo. Il freddo del metallo lo aiutò appena a riprendere la lucidità, e Castle pregò che la sua idea avesse un senso.
Non ricominciò a salire le scale, al contrario camminò per il lungo corridoio deserto che trovò alla propria sinistra: aveva iniziato la sua salita da una porta secondaria, per cui immaginò che stesse camminando per corridoi di sevizio. Meglio così, sarebbe stato più facile trovare ciò che cercava.
Eccolo.
Un ascensore. Tutti gli edifici moderni ne avevano uno: oltre all'ascensore principale, quello che potevano usare comodamente tutti i visitatori, ce n'era un altro, decisamente meno lussuoso, che usavano per comodità gli addetti alle pulizie, o chiunque lavorasse nell'edificio e avesse bisogno di spostarsi in fretta.
Castle notò che anche quell'ascensore era trasparente, e percorreva tutto il tribunale parallelamente a quello di Kate.
Così, con le mani tremanti, Richard Castle salì in quella che gli sembrava una trappola mortale, e premette la grande freccia rivolta verso l'altro: su.
Il cuore martellante non era di un buon auspicio; sembrava quasi volesse assaporare gli ultimi attimi di vita, come se potesse battere per l'ultimo minuto, prima di morire.
Era così che lo scrittore si sentiva, mentre l'ascensore saliva lentamente e si chiese se anche Kate si fosse sentita così in quegli ultimi quattro giorni. Fu con quel pensiero, e con la mano tramante che premette, a metà esatta dell'edificio, il pulsante stop.
E l'ascensore, fedele, si arrestò.
In mezzo al nulla.


Richard Castle si maledì per quell'idea così stupida che aveva avuto: nonostante l'altezza poteva sentire le urla delle persone per strada che lo additavano e lo indicavano, chiedendosi cosa stesse facendo. Poteva sentire le telecamere addosso e per un attimo i suoi pensieri andarono ad Alexis, sperando che non stesse guardando la televisione.
Poi si guardò intorno, e gli salì la nausea trovandosi perfettamente immobile, sorretto solo da un ascensore trasparente, in mezzo al quel grattacielo così incombente, che sembrava volerlo inghiottire nelle proprie fauci. Quando la claustrofobia e le vertigini stavano per vincerlo, Castle sentì una voce familiare chiamarlo, e questo lo calmò immediatamente.
-Castle, guardami. - due parole così semplici, ma allo stesso tempo così potenti.
Richard si era quasi dimenticato del fatto che Kate fosse lì, a pochi metri da lui. Preso dal panico delle altezze, non si era accorto della cosa più importante.
Kate.
Si girò velocemente, facendosi quasi male al collo, e ricambiò lo sguardo di quella donna così coraggiosa. Non poteva sentirla distintamente, ma il silenzio dell'edificio ormai vuoto che li circondava gli permetteva di sentire la donna nell'altro ascensore come un eco lontano, come se fossero da due versanti diversi della stessa montagna.
Si guardarono per quale secondo, che sembrò durare un'eternità. Poi Kate si mosse, e timorosa di non essere sentita, indicò a Castle un timer che teneva legato alla vita.
15 minuti di tempo.
I due si guardarono con uno sguardo misto di paura e speranza. Avevano 15 minuti per andarsene da lì, bisognava agire in fretta.
Castle analizzò la situazione, era l'unico che potesse far qualcosa: ormai era lì, insieme a lei, non poteva più tornare indietro.
Si guardò intorno, cercando di non badare al vuoto che lo circondava: i due ascensori erano fissati al grande palo trasparente che li sorreggeva, e poi erano collegati tra loro attraverso un lungo cavo metallico che gli permetteva di andare su e giù alternativamente.


Richard Castle fece una cosa che non avrebbe mai creduto possibile, che non aveva immaginato di fare nemmeno nei suoi incubi peggiori.
Raccolse tutta la forza che trovò nelle proprie braccia ed aprì, dopo alcuni tentativi, le porte dell'ascensore. Kate sembrò capire cosa volesse fare ed il suo No! straziante sembrò riecheggiare per tutto l'edificio. A Castle si gelò il sangue.
Senza quasi pensare a cosa stesse facendo, mise lentamente il piede destro sul filo di metallo, nella speranza che lo reggesse. Si concentrò solo sul proprio equilibrio e nel dove appoggiare i piedi.
Sentiva le dita delle persone in strada puntare tutte su di lui, le telecamere a filmare ingorde quel suo gesto folle. Ma niente lo destabilizzò come lo sguardo terrorizzato di Kate: il terrore che poteva leggere nei suoi occhi erano la perfetta espressione del pericolo che lo scrittore stava correndo.
Solo allora si accorse che sotto di lui c'era il vuoto; accanto a lui c'era il vuoto; se fosse caduto, scivolato o avesse messo il piede in modo erroneo, sarebbe volato per parecchi metri prima di scaraventarsi al suolo.
Si guardò indietro: aveva percorso pochi passi, ma nonostante questo era troppo tardi per tornare indietro. Poteva solo andare avanti, per salvare la via di Kate e la propria.
Poi Kate, con le lacrime che le rigavano il volto stanco e sofferente, gli disse:
-Guarda me, Castle, non staccare gli occhi da me... - e così Castle fece, camminando su quel cavo sottilissimo che oscillava ad ogni suo passo.
Tanto era concentrato nello sguardo di Kate che quasi non si accorse che era arrivato al suo ascensore: si attaccò alla macchina come fosse la sua unica salvezza di vita; aprì le porte dell'ascensore con la stessa tecnica che aveva utilizzato con il proprio, e fu così che si ritrovò tra le braccia di Kate, che tra i singhiozzi e il riso, lo stringevano così forte da togliergli il fiato.
Castle tornò presto alla realtà: prima di quel momento non aveva sentito il ticchettio che il timer delle bombe faceva echeggiare per tutto l'ascensore: fu proprio questo che lo riportò alla realtà ed insieme a lui la detective Beckett.
-8 minuti – disse infine lei, come se fosse una sentenza di morte.
Castle cercò le chiavi della macchina che trovò nella propria tasca dei pantaloni, e così con quello strumento poco adatto ad un lavoro così gravoso, iniziò a seghettare i fili che collegavano Kate alle bombe. Non si sentiva nessun suono se non la voce decisa e ferma di Kate che dettava ordini su quali fili tagliare per primi.
-Castle, se tagliamo quello sbagliato, qui salta in aria tutto... - disse, tra un colore e l'altro.
Castle deglutii sonoramente: non erano le bombe a preoccuparlo, piuttosto non sapeva come scendere: mai e poi mai avrebbe ripercorso quel dannato cavo che portava all'ascensore di servizio, era sicuro che non sarebbe arrivato vivo dall'altra parte per una seconda volta. Dall'altra parte però non poteva nemmeno utilizzare quell'ascensore perché portando giù la macchina, avrebbe portato giù anche le bombe, con il rischio di ferire numerosi agenti e addetti alla sicurezza, che si trovavano al piano terra.
3 minuti lesse Castle sul timer, liberando Beckett dall'ultimo filo rosso.
Si guardarono per un attimo, prima che la detective potesse assaporare la propria nuova libertà.
-Come torniamo giù? - disse Castle con la voce spezzata. Con la propria mano cercò quella della donna accanto a sé, e la strinse dolcemente.
Poi Beckett prese coraggio e premette con forza il pulsante 0:Terra.
-Kate, così portiamo giù anche le bombe!- urlò Castle, cercando di fermare l'ascensore.
2 minuti.
-Lo so, ma Alexis ha bisogno di un padre e non ti permetterò di morire in quest'ascensore. - Le mani dello scrittore si fermarono.
Alexis, la sua bellissima Alexis.
Arrivarono al piano terra in pochi secondi, e quando le porte dell'ascensore si aprirono, trovarono ad aspettarli diversi agenti pronti a scortarli verso l'uscita. La loro avventura non era passata inosservata, a quanto pare.
Castle e Beckett, qualche secondo prima di uscire dal tribunale, guardarono per l'ultima volta quell'ascensore, consapevoli che presto tutto sarebbe saltato in aria...
Un minuto...


Poi tutto accadde molto velocemente. Un uomo tra la folla, che Castle riconobbe con il suo caro amico giudice Smith, corse verso le transenne, le scavalcò preso da un'agilità inconsueta per un uomo della sua età, entrò nell'edificio sorpassando due agenti che lo rincorsero impotenti, poi l'uomo si precipitò nell'ascensore e lo fece salire... salire... salire...


0 Minuti.


E tutto esplose in aria, illuminando il cielo di un rosso fuoco, riscaldando l'atmosfera e distruggendo ogni cosa.
Kate Beckett e Richard Castle osservarono la scena da distante, abbracciati.


In salvo.












ANGOLO DELL'AUTRICE


Ciao a tutti fan di Castle e di questa serie che, ahimè, sta arrivando alla fine!
Prima di tutto vorrei ringraziare tutti, ma veramenti tutti coloro che hanno letto e commentato tutti i capitoli di Kate ti salverò... siete i miglior lettori che potessi desiderare e spero di ritrovarvi anche nelle mie prossime storie, perchè ho adorato ogni vostro commento!
Castle non solo mi ha trasportata in un mondo tutto suo, ma mi ha anche permesso di conoscere persone stupende come voi, per questo un piccolo ringraziamento va anche a lui!
Spero che questo undicesimo capitolo vi sia piaciuto; è un pò più lungo degli altri, perchè ha decisamente più azione!
Potevo Castle, si trova a dover affrontare la sua più grande paura (quella delle altezze) e dover scegliere se farsi prendere dal panico o salvare Kate: io personalmente sarei morta di paura; se non l'avete capito anche io, come lui, soffro di vertigini...


Ma passiamo a cose ben più importanti! Prima di tutto, come annunciato precedentemente, questo NON è l'ultimo capitolo della serie: Prossima settimana uscirà l'EPILOGO, assolutamente imperdibile! Se volete sapere cos'è successo dopo il salvataggio di Kate, allora vi aspetto la settimana prossima con quest'ultimo capitolo: che triste è già finitaaaaa!!!
La prossima settimana, insieme all'EPILOGO ci sarà anche una PROPOSTA INDECENTE per tutti voi lettori/autori di Castle, che spero non rifiuterete... Ancora una volta però, bisognerà aspettare il prossimo capitolo!! Come sono cattiva eh? :-)


Come promesso, però, prima che sia tutto finito, ho una SOPRESA PER TUTTI VOI: lettori, commentatori, amici, nemici... insomma proprio tutti!!! :-) :-)
Finalmente posso dirvi cos'è, questa settimana di silenzio mi ha letteralmente uccisa... Non sono brava a mantenere i segreti!
Allora, che emozione: la sopresa la trovate al link qui sotto; l'unica cosa che vi chiedo è di perdonare il mio uso precario delle tecnologie, era la prima volta che mi cimentavo in un lavoro simile e spero sia venuto bene! Con il tempo affinerò quest'arte, fino ad allora dovrete sopportare questo "prototipo" di regalo che vi ho fatto!
Ho anche un secondo favore da chiedervi: di guardare (ecco mi sono già tradita!!) tutta la sopresa, anche se sarà noiosa e terrificante, io ci ho davvero messo tutto il mio cuore (ed il mio tempo!) e mi farebbe davvero piacere se lo guardaste fino alla fine!
Ovviamente, vi chiederei anche di lasciarmi un commento, di dedicarmi pochi minuti del vostro prezioso tempo per farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, ma capisco di non poter chiedere troppo cose tutte insieme!
Ehm... Non resisto scusate: Potreste commentare questo capitolo? Per favore....!! Ho bisogno di sapere cosa ne pensate, se vi ha emozionato, se vi ha lasciato con il fiato sospeso o se semplicemente non vi ha lasciato nessun'emozione...
FORZA, SIAMO AGLI ULTIMI CAPITOLI, DATECI DENTRO CON I COMMENTI CHE LA SETTIMANA PROSSIMA SARA' TUTTO FINITO!
Berenike


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(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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Capitolo 12
*** Epilogo ***




Epilogo

Kate Beckett si svegliò lentamente. Non ricordava con chiarezza cosa fosse successo, né sapeva dove si trovasse. Per un attimo sperò che non fosse già mattina, perché aveva ancora sonno e non voleva che suonasse la sua sveglia delle 7:00.
Poi però, girandosi lentamente nel letto, non riconobbe le lenzuola, né sentii quel cigolio che era solita sentire quando si girava dalla parte destra del suo letto.
Fu solo allora che si obbligò ad aprire gli occhi, e fu subito accecata da una luce abbagliante: quella del sole, che penetrava da una grande finestra al lato del letto; una finestra che non riconobbe come sua. Non riconobbe nemmeno le lenzuola, così bianche e impersonali, non riconobbe la stanza, così vuota, così come non riconobbe sé stessa: si scoprì di essere stanca, sofferente, dolorante.
Dolorante.
Fino ad allora la Detective Beckett non aveva ricordato nulla: fu solo muovendo il braccio e notando l'aflebo che vi era attacco, che come in un sogno ricordò le bombe legate al suo corpo attraverso cavi colorati...
E fu un attimo.
I suoi occhi cercarono l'uomo che l'aveva salvata per tutta la stanza, guardò fuori, fissò le sedie, scrutò avida all'interno del piccolo bagno con la porta socchiusa. Ma nulla.
Castle, dove sei?
Kate richiuse gli occhi, stanca come non mai. Tenerli aperti anche solo per qualche secondo era una sofferenza immane, ogni cellula del suo corpo urlava riposo.
La donna pensò che quello doveva essere l'inferno: un luogo così neutro, così vuoto, così privo di calore, un mondo senza Castle.
Poi i suoi pensieri furono interrotti dall'apertura della porta, e dall'entrata di una persona; Kate fece uno scatto con la testa per vedere chi fosse, il cuore colmo di gioia nel vedere Richard.
Ma non fu Richard ed entrare: era un'infermiera, che le sorrise, vedendola sveglia.
-Saranno tutti felici di vedere che si è svegliata. - Disse la giovane donna, avvicinandosi al letto di Kate. Solo allora la detective si accorse di essere in una stanza singola di un lussuoso ospedale: avvertì subito il tocco miliardario di Castle. Ed iniziò a sperare che non l'avesse abbandonata, che fosse rimasto lì per lei, che anche lui la volesse come lei aveva bisogno di lui...
L'unica cosa che riusciva a ricordare erano i suoi occhi marroni spaventati percorrere quel cavo metallico, e poi portarla in salvo...
Tutto il resto era ancora buio.
-Tutti chi?- riuscì a risponderle Beckett. Si sorprese di sentire la sua voce uscire così flebile, era più debole di quanto avesse immaginato. Fece qualche colpo di tosse, pregando che la voce diventasse più forte.
L'infermiera la guardò incredula.
-Ma suo marito naturalmente! E' rimasto qui accanto a lei per tutto il tempo, senza mai lasciarle la mano... E poi sua figlia, sua suocera, tutti i suoi colleghi.. -
Kate sorrise compiaciuta. Allora non l'avevano abbandonata.
-Per quanto ho dormito? - riuscì a chiedere infine, senza nascondere la propria immensa felicità.
L'infermiera rise sonoramente. Poi, più professionalmente rispose:
-L'hanno portata qui ieri pomeriggio sul tardi, e da allora sono passate quasi 24 ore. Direi che ha dormito un bel po'! - Kate cercò di tirarsi su con lo schienale. L'infermiera la aiutò, ma la detective rabbrividii a sentire quelle mani gelide toccarle la schiena nuda.
Non erano quelle le mani che voleva sentire sulla propria pelle, decisamente non erano quelle.
-Dove sono ora tutti? -
-Suo marito e sua figlia hanno detto che avevano una commissione urgente da fare, i suoi colleghi invece sono dovuti andare in centrale per sistemare le carte, saranno qui tra poco...-
Kate sorrise a sentir nominare Castle come “suo marito”. Sarà stata la morfina, ma in quel momento l'idea non la turbò affatto, anzi.
Pian piano riprese coscienza di quanto fosse successo e delle sue emozioni: ricordò il rapimento, ricordò la sua paura, ricordò l'ascensore di vetro, le bombe, e Castle. Ricordò come l'aveva portata in salvo, ricordò l'esplosione e la mano calda dell'uomo che amava che la teneva stretta a sé; ricordò infine di essersi lasciata andare tra quelle braccia avvolgenti, di essersi accasciata a terra e di aver sentito l'oscurità annebbiarle la vista. Le ultime parole di cui aveva ricordo erano state quelle di Richard:
“Qualcuno chiami un ambulanza! Serve un medico! Un medico! Kate non ti preoccupare, andrà tutto bene, ci sono qui io...”
Al ricordo di quei momenti, sopraffatta dalla fatica e dagli antidolorifici, Kate Beckett si riaddormentò, cullata dal viso sorridente di Castle e dalla speranza di rivederlo presto.


-Shhh! Così la sveglierete...! - sussurrò una voce maschile.
-Richard, sei tu che la svegli con tutto questo baccano! - rispose la voce di una donna matura.
-Volete fare silenzio – disse infine un uomo che Kate riconobbe subito come il Capitano – mi sembra che si stia svegliando... -
-Nascondiamoci! - propose uno. Kate non fece difficoltà ad immaginare di chi fosse quella voce.
-Papà, non è una festa per il compleanno, vuoi spaventarla? - rispose la voce soave e candida di una ragazzina.
-Ecco, sta aprendo gli occhi... - questa volta Kate non poté più fingere di essere addormentata: qualcuno si era avvicinato e aveva notato il suo sbattere delle ciglia. Non era mai stata brava a mentire.
Kate aprì finalmente gli occhi e sorrise di fronte a ciò che vide: tutto intorno al suo letto c'erano moltissime persone, alcune che riconobbe, altre no.
Accanto a lei, ovviamente, Castle che raggiante le prese la mano e le sorrise felice. Subito dopo vide Alexis e Martha, che felici come non mai la guardavano affettuosamente; gli altri erano quasi tutti uomini: vide il Capitano, Ryan ed Esposito, due agenti della polizia che aveva visto in centrale ma con cui non aveva mai parlato personalmente, e poi tutti i colleghi, Lanie con un affascinante accompagnatore, notò una sola assenza...
Fu Martha ad accorgersi della sua delusione, e fu sempre lei che le risolse il dubbio, sussurrandole all'orecchio:
-Tuo padre sta arrivando. - Kate le sorrise radiosa. Sentiva i muscoli facciali irrigiditi dalla stanchezza, ma li obbligò a collaborare alla sua felicità.
Si guardò intorno: la stanza era stata trasformata dalla prima volta che si era destata. Richard ed Alexis, nella loro commissione urgente, dovevano essere andati a comprare decine di festoni, palloncini, berretti da festa, coriandoli ed ogni cosa che potesse colorare quella stanza a festa.
Ora era davvero felice, ora in quella stanza poteva riconoscere il tocco di Castle, il suo calore, la sua dolcezza...
Si girò verso di lui senza dire nulla, le loro mani erano ancora incrociate, senza nessuna intenzione di staccarsi. Kate cercò di ringraziarlo, ma non trovò le parole... Lo guardò semplicemente, si perse nell'immensità dei suoi occhi e del suo sorriso e senza pensare, senza bloccare quelle lacrime infedeli che volevano mostrarsi al mondo, le lasciò andare, e pianse di fronte all'uomo che amava e che l'aveva salvata.
Il Capitano si avvicinò al suo letto ed iniziò a battere le mani, e così tutti i presenti lo imitarono: la stanza si riempì di gioia, di calore e di affetto; ma Kate, concentrata com'era nel perdersi negli occhi di Richard, quasi non se ne accorse.
Castle, con gli occhi lucidi e lo sguardo fisso sul viso di lei, si chinò e di fronte a tutti, come se fossero soli e il mondo fosse solo loro, le baciò le lacrime che le scendevano nel viso, le baciò gli occhi, e poi le guance, asciugandole il volto dalla tristezza. Poi seguì il percorso delle lacrime, baciò il naso, il mento fino alle labbra, e fu allora che per la prima volta le loro anime si unirono.
La stanza riecheggiò in tutto l'ospedale di urla, battiti di mani e salti di approvazione; i due innamorati però non si accorsero di tutto quel baccano, nonostante fosse a pochi metri da loro, persi com'erano nei propri sentimenti.


Poche ore dopo, a Castle, Alexis e Martha fu chiesto di lasciare la stanza. Non si poteva aspettare ancora molto per il resoconto dei fatti della detective, e per quanto il Capitano comprendesse la stanchezza della donna e il suo bisogno di riposo, i media, i giornali e le televisioni richiedevano un suo commento sull'accaduto. Così la famiglia Castle uscì dalla stanza, mentre Kate accigliata li guardava lasciare la camera. Provò a ribellarsi a quella decisione, ma Castle, con un cenno della testa, le indicò che andava bene così e chiuse la porta dietro di sé.
Nella stanza erano rimasti solo Kate, distesa nel suo letto ma decisamente più in forma dopo gli ultimi avvenimenti; il Capitano seguito da Ryan ed Esposito, due agenti della polizia ed un notaio, pronto con carta e penna a segnarsi tutto ciò che che la detective avrebbe rivelato.
Il racconto di Kate durò quasi due ore, alla fine delle quali la detective si sentiva stanca come se avesse corso per chilometri: ricordare tutto era stato più doloroso di quanto pensasse, ma allo stesso tempo capiva l'urgenza del Capitano; prima infatti avesse raccontato tutta la verità sull'accaduto, più lucido sarebbe stato il racconto.
Descrisse così, con la perfezione e l'accuratezza di una detective, la sera del proprio rapimento, come il giudice Smith si era presentato alla sua porta con due uomini armati, come lei gli aveva aperto, ignara del pericolo, di come l'avevano sedata versandole qualcosa nel suo vino e di come però era riuscita a scrivere quel messaggio nel suo diario per Castle...
Descrisse poi di essersi svegliata la mattina successiva, e di aver seguito, minacciata dal giudice armato e dai suoi uomini, Castle in tutte le sue ricerche. Era sempre stata vicino a lui: all'aeroporto, al parco giochi, ed infine al tribunale...
Il giudice aveva voluto seguire lo scrittore in tutti i suoi passi e godere della sua disperazione: Kate raccontò di aver dormito di notte nel parco, sorvegliata a vista, e di non essere mai riuscita a ribellarsi a causa dei forti sedativi che le somministravano ogni 12 ore...
Il suo racconto continuò: il notaio segnava ogni particolare, mentre gli altri uomini ascoltavano attentamente. Non c'erano altri rumori nella stanza, se non la voce debole di Kate che, sicura e dettagliata, descriveva ogni cosa che aveva visto od udito.
Alla fine, raccontando di come era stata sedata per l'ultima volta e di come si era ritrovata legata alle bombe nell'ascensore, dovette fare una lunga pausa: il ricordo del suo terrore, della sua paura la spaventava quasi quanto lo sguardo basso del Capitano.
Quando lei ebbe finito il racconto, regnò per qualche minuto uno stano silenzio. Poi il Capitano fece cenno ad uno dei due poliziotti di far entrare Castle.
Questo entrò sorridendo, come sempre, ma diventò più serio appena notò quella strana atmosfera che regnava nella stanza: Cosa stava succedendo? Era successo qualcosa a Kate, in quei quattro giorni, che non sapeva e di cui doveva iniziare a preoccuparsi?
-Castle – iniziò il Capitano, rivolgendosi allo scrittore. Questo prese posto a fianco a Kate, le prese la mano e guardò verso l'uomo. Il suo sguardo era neutro, ora che aveva salvato Kate non gli importava più nulla di cosa sarebbe successo – ho l'ordine di arrestarti. -
Castle sorrise. Se l'era aspettato fin dall'inizio.
Kate invece, ignara di come erano andate le cose durante la sua assenza, si agitò nel suo letto e fece come per alzarsi. Il Capitano le fece cenno di stare giù e le disse piano:
-E' tutto apposto. Devi riposare. -
-Riposare? - rispose lei. Stava tornando la detective di sempre. -Cosa significa che dovete arrestare Castle? -
Richard non aveva ancora proferito parola, era rimasto in silenzio, sorridente, per tutto il tempo. Poi si girò verso la detective ed esibendo il suo sorriso migliore le confessò:
-Mi era stato ordinato di non partecipare alle indagini, ed io ho disubbidito agli ordini. Penso sarai la prima a... -
Kate era furiosa. Guardò il Capitano come mai aveva fatto e disse:
-Se Richard non fosse venuto a prendermi, cosa avreste fatto voi? Sareste riusciti a salvarmi in 15 minuti di tempo? Io penso proprio di no! - urlò, ritrovando tutta la forza persa. Poi si ricompose e disse, scandendo ogni parola:
-Se ora portate via Castle, io mi dimetterò come Detective del distretto. Non ho intenzione di collaborare più con coloro che hanno contribuito ad incarcerare l'unica persona che ha avuto il coraggio di venirmi a salvare... -
Castle la bloccò.
-Kate, non puoi... Non lo fare, non per me... -
-Non è per te, Richard.- E guardò seriamente il Capitano, certa che anche lui avesse capito.
-Molto bene – disse questo, infine – vi aspetto entrambi lunedì in centrale. - Li guardò addolorato, sperando con tutto sé stesso che quell'episodio non segnasse una separazione per sempre.
-Prima di andare – aggiunse, mentre si apprestava a raggiungere la porta della camera – sarete felici di sapere che ieri sera abbiamo preso i due complici del giudice Smith, anche loro si nascondevano tra la folla. Hanno confessato di aver ripulito loro il tuo appartamento, e di aver scritto i messaggi per Castle. Infine hanno confessato di averti legato loro alle bombe, saranno interrogati e processati la prossima settimana. - E se ne andò, portando via con sé anche un peso enorme, che aveva inflitto Kate fin dal suo risveglio.
Castle e Kate rimasero soli per la prima volta da quando Kate si era svegliata. Non avevano avuto ancora occasione di parlare dell'accaduto, né di chiarirsi riguardo al bacio che si erano scambiati poche ore prima. Kate fu la prima a parlare, interrompendo un silenzio imbarazzante.
-Secondo te, perché il giudice Smith... -
-Si è suicidato? - finì Castle. Kate lo guardò in segno d'approvazione.
-Penso l'abbia fatto perché il suo unico scopo era quello di rovinare la mia vita; quando però ha visto che i suoi piani mortali si stavano per scagliare su un'intera folla, forse ha capito i suoi errori e si è sacrificato per salvare tutti quegli innocenti...-
-Ma perché nascondersi tra la folla? - chiese Kate, da brava detective qual'era.
-Perché devi capire che ormai, ad un uomo come lui, non interessava più farsi arrestare e finire in prigione per il resto della sua vita; lui voleva solo assistere allo spettacolo della tragedia della mia vita, e quale posto migliore della piazza? -
Castle guardò la detective, per scoprire se concordava con le sue supposizioni. Quando vide che non c'erano obiezioni si rilassò, ed aspettò la prossima domanda, che non tardò ad arrivare.
-Appena sarò dimessa, ti andrebbe di venire a casa mia? - Kate lo guardò come se fosse la prima volta. Finalmente aveva trovato il coraggio di farsi avanti, non avrebbe più sprecato occasioni.
-Certamente – disse lui sorridendo, baciandole la fronte.
-Ora devi risposare però, non voglio che ti affatichi – e spense la luce della camera, lasciando Kate più felice che mai, sola, nella camera.


La detective Beckett rimase in ospedale per tre giorni, in cui le infermiere, colui che consideravano suo marito, sua figlia e sua suocera e suo padre, si presero cura di lei.
Al terzo giorno però, lo scrittore di gialli Rick Castle si vide costretto a togliere tutti i festoni che aveva appeso per il ritorno di Kate e pensò così di portarseli a casa. Magari con il permesso del Capitano, avrebbe potuto appenderli in Centrale, per la gioia di Kate, che a sol vedere quello scoppio di colori, si voleva ogni volta sotterrare dalla vergogna.
Già il secondo giorno la detective era tornata in piedi, si sentiva sempre meglio e le era tornata la voglia di ridere e di scherzare. Già la mattina del terzo giorno di ricovero aveva ricominciato a prendere in giro Castle e tutti pensarono che era un chiaro segno del suo sentirsi meglio.
E così era davvero: Castle, Alexis e Martha le erano sempre accanto; Ryan ed Esposito passavano ogni mattina a controllare che stesse bene e anche suo padre, che aveva trovato un hotel poco lontano dall'ospedale, era sempre al suo fianco. Non si era mai sentita tanto amata e mai aveva riso così in soli quattro giorni.
La notte però era tutto diverso: l'oscurità si prendeva gioco della sua mente e le ombre giocavano a nascondino nei suoi ricordi. Kate Beckett continuava a sognare di trovarsi in cima ad uno strapiombo, sognava di cadere, di cadere, di cadere sempre più giù...
E poi l'esplosione.
Nei suoi sogni a volte era lei stessa a morire, a volte Castle; spesso anche Alexis entrava nei suoi incubi per rimproverarla di averle ucciso il padre...
La mattina era sempre più stanca, ma nessuno seppe di questi suoi incubi, non era il caso di allarmare tutti, tanto meno Castle, che la guardava come se dovesse morire da un secondo all'altro.
La detective continuava a ripetergli:
-Sto bene! -
Ma lui nulla, non ne voleva sapere, e allora ricominciava con le sue preoccupazioni:
-Ti serve un bicchiere d'acqua? Hai caldo? Hai freddo? Vuoi che chiami un'infermiera? Come ti senti? Hai fame? Ti piace la stanza? -


Fu con molta soddisfazione da parte di tutti che Kate, la sera del quarto giorno dopo il suo arrivo in ospedale, fu considerata perfettamente sana, in forze e guarita; per cui le venne accordato il permesso di tornare a casa.
Kate salutò con la mano la figlia di Richard e sua madre; parlò brevemente con suo padre, lo abbracciò forte per poi sedersi sui sedili di pelle della macchina di Castle.
Entrambi notarono subito lo strano silenzio che regnava tra loro; era finalmente arrivato il momento di stare soli, di affrontare i propri sentimenti, di dichiararsi, di stare insieme...
-Castle... Richard – per la seconda volta fu Kate a rompere il silenzio, mentre Castle guidava agitato al suo fianco, verso la casa della detective – io non penso che sia una buona idea... -
Lo scrittore premette con forza il freno. Per quasi non si schiantò contro un palo della luce.
Si girò terrorizzato verso Kate:
-Cosa esattamente non è una buona idea? - Si poteva leggere nei suoi occhi la preoccupazione.
-Io e te, questa notte. Insomma, non sono pronta, non mi sento ancora di vestirmi elegante e... -
Castle ricominciò a guidare. Fece finta di non aver sentito nulla di ciò che Kate aveva detto, rispose semplicemente:
-Fidati di me. - E nessuno parlò più per il resto del tragitto.


Quando la detective e lo scrittore arrivarono a casa, mezz'ora dopo, tra loro regnava una strana atmosfera densa di aspettative e speranze. In fondo al cuore Kate si sentiva delusa ed arrabbiata per non essere stata ascoltata nella conversazione precedente; allo stesso tempo però era curiosa di vedere cosa Richard avesse in serbo per lei.
Fu proprio Castle il primo ad entrare in casa: accese le luci e si avviò subito in camera da letto. Kate lo seguì preoccupata, senza capire quali fossero le suo intenzioni.
Possibile che Richard Castle pensasse solo a quello?
-Guarda – le indicò lui, indicando verso il muro – Marianne ha fatto davvero un gran lavoro... -
-Chi è Marianne? - rispose Kate, incredula che Richard, proprio in quel momento, tirasse in ballo altre donne.
-Marianne è la mia signora delle pulizie. Suo marito ha una ditta di pitture, così gli ho chiesto di venire qui e ripulire tutto prima del tuo arrivo... Tu non l'hai visto, ma sopra al tuo letto c'era una scritta non proprio amichevole... - Sorrise.
Kate si girò, dando le spalle allo scrittore. Si avvicinò al comodino ed aprì il cassetto.
-Kate, ma cosa fai? - le chiese lui, preoccupato.
-Non avevo dubbi... - rispose lei, finalmente sorridendo, mostrandogli i 20 dollari che aveva trovato all'interno del suo diario. - Sei sempre lo stesso! - Scherzò ancora.
Il silenzio ricadde su di loro. Castle si avvicinò a lei, e le accarezzò la guancia.
-Ti prego fidati di me... - le sussurrò infine. -Ti prego. -
-Sai che non sono brava a lasciarmi andare di fronte alle persone, ma per te, farò un'eccezione.-
-Allora chiudi gli occhi... - Kate lo guardò allucinata.
Possibile che, veramente, pensasse solo a quello?
Chiuse gli occhi, fedele alla propria promessa. Sperò solo di non doversene pentire in futuro.
Castle iniziò a baciarla sulla fronte, poi scese piano, le baciò le labbra, il collo fino a che le sue mani si posarono sulla sua giacca, sbottonandola.
Poi fu il turno della camicia...
-Castle, davvero non mi pare il caso, ti ho detto che... -
-Fidati – le disse lui, dolcemente.
Dopo la camicia fu il turno dei pantaloni, e Kate si sentì una vera scema a starsene lì, in piedi accanto al letto, con solo mutande e reggiseno addosso.
-Che intenzioni hai? - chiese, quando passò qualche secondo senza sentire le mani calde di Richard sul suo corpo.
-Tieni gli occhi chiusi! - le disse lui, dall'altro capo della stanza.
Cosa stava combinando? Kate decise di fidarsi, e non aprì gli occhi.
Pochi istanti dopo, sentì di nuovo il fiato caldo di Richard sulla sua pelle nuda. Lui la toccò di nuovo, ma questa volta non la spogliò. Al contrario, Kate si rese conto che lo scrittore la stava vestendo.
-Rick, ma cosa...? -
-Hai deciso di non rendermi le cose facili eh? - le disse lui, divertito.
Kate si lasciò vestire: sentì prima la morbidezza della seta scenderle dalla nuca alla vita, Castle doveva averle messo una maglia, forse di un pigiama di seta; poi dovette alzare le gambe per farsi mettere i pantaloni. Nella sua mente frullavano mille idee, una meno brillante dell'altra.
Questa volta Castle l'aveva davvero sorpresa.
Poi, inaspettatamente, lo scrittore la prese in braccio e Kate urlò per lo spavento; si tranquillizzò quando sentì che la stava delicatamente appoggiando sul letto...
La sistemò sotto le coperte poi, dopo qualche attimo, sentì che anche Richard stava entrando nel letto accanto a lei. Lui non si era vestito: anzi, sembrava essersi tolto tutto, eccetto per le mutande e una maglietta.
Kate rabbrividii nel sentire il suo profumo e il suo calore propagarsi sotto le coperte.
-Ora puoi aprire gli occhi... - le disse, dopo aver contemplato il suo viso meraviglioso.
Quando lei li aprì, notò che lo scrittore aveva chiuso le luci, solo la luce del bagno permetteva di vedere qualcosa all'interno della stanza.
-Grazie per esserti fidata di me. - Richard le prese le mani e le baciò piano; poi si avvicinò a lei, la strinse forte e intrecciò le proprie gambe con le sue.
Kate sentì il calore delle gambe dell'uomo penetrare anche oltre al suo pigiama di seta.
-Io pensavo che tu... - Non ebbe il coraggio di finire la frase.
Castle la guardò come se fosse la cosa più bella del mondo, e ancora una volta finì la frase al suo posto:
-Abbiamo tutta la vita per fare l'amore insieme, per divertirci e per eccitarci, se vorrai. Questa notte però voglio solo che tu ti senta protetta, e che tu non faccia più brutti sogni. -
Kate si sentì morire sentendo quest'affermazione. Poteva chiaramente sentire, sotto le coperte, l'eccitazione di Richard; nessun uomo prima di lui, aveva mai fatto nulla del genere per lei.
-Non mi abbonderai mai? - chiese lei, commossa.
-Mai, Amore Mio. -
E si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altro.


Da quella notte, Kate Beckett non fece più brutti sogni.











ANGOLO DELL'AUTRICE


Sigh, sigh, sigh...
E' con grande tristezza che vi annuncio che la serie Kate ti salverò è giunta al termine!
Spero che quest'ultimo capitolo, questo Epilogo, sia stato all'altezza delle vostre asppettative, che vi abbia emozionato, che vi abbia trasmesso qualcosa, che sia stato il degno finale di questa serie così amata.
E' un capitolo più lungo degli altri: qui si tirano infatti i fili del caso, ma non solo; troviamo anche l'epilogo della storia d'amore tra i due protagonistri, spero di avervi fatto commuovere come mi sono commossa io nello scrivere quest'ultimo capitolo!


Prima di tutto vorrei ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite:


1 - 23jo
2 - 4everBasketball
3 - AlyRav
4 - Aly_Sakura_98
5 - bambola_e_bibola
6 - Blah
7 - ElMoro
8 - freeland93
9 - gy_93
10 - ice_cream
11 - kate_cristal
12 - lud_194
13 - Lupo90
14 - miticabenny
15 - nana1827
16 - rorry
17 - sapphire
18 - valenina
19 - XXXBEAXXX



Tra le seguite:


1 - Angol 
2 - Curtaz92 
3 - Eruanne85 
4 - Harete Imasu 
5 - ice_cream 
6 - kawaii_shojo_96 
7 - LaDottoressa_Temp 
8 - LadyMaeve 
9 - Lady_Ginevra Black_ 
10 - LazioNelCuore 1711 
11 - lud_194 
12 - Martysquit 
13 - Melmon 
14 - miticabenny 
15 - MooN_LiE_ 
16 - piccy6 
17 - Proca__ 
18 - ramo87 
19 - S i r i a _ A n t _ 97 
20 - saruz1986 
21 - shedar86 
22 - Speir 
23 - Sweet Stella 
24 - tykisgirl 
25 - violet_88 
26 - Yuki Ozuki
 


E tra le storie da ricordare:


1 - ice_cream 
2 - memols 
3 - Sina
 


Ringrazio tutti coloro che mi hanno inserito tra le autrici preferite:


1 - 23jo 
  2 - Angol 
  3 - bambola_e_bibola 
  4 - Berenike 
5 - Blah 
  6 - Brin 
  7 - ElMoro 
  8 - Eruanne85 
  9 - Fairy of fire 
  10 - Giulia_Cullen 
  11 - kate_cristal 
  12 - LazioNelCuore 1711 
  13 - Luli87 
  14 - Malandrina94 
  15 - Melmon 
  16 - piccy6 
  17 - Ramona37 
  18 - supersound 
  19 - The White Lotus23 
  20 - theStarbucksGirl 
  21 - Vic_ 


Ultimo, ma non ultimi, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito questa serie; grazie per avermi dedicato il vostro tempo e per avermi fatto sapere le vostre idee, impressioni, commenti, giudizi che fossero sia positivi che negativi...
Un grazie speciale anche a tutti i lettori silenziosi che hanno continuato a seguirmi in questa serie, anche se non hanno mai fatto sentire la loro voce!


Ora però faccio un appello a tutti voi: QUESTO E' L'ULTIMO CAPITOLO, CIO' SIGNIFICA CHE E' ANCHE L'ULTIMA OCCASIONE CHE AVETE PER FARMI SENTIRE COSA NE PENSATE DI QUESA FANFICTION, per cui commentate, recensite questo Epilogo per farmi sapere se vi è piaciuto, se questa serie vi ha appasionato; non mi piace pregare per le recensioni ma questa volta si, vi prego, perchè mi facciate sentire la vostra voce e mi confessiate ogni vostra impressione...
E' stato davvero bello scrivere questa fanfiction, prima di tutto perchè mi ha permesso di far conoscere le mie idee, la mia scrittura e la mia passione; e poi perchè mi ha permesso di conoscere persone stupende che altrimenti non avrei mai avuto la possibilità di conoscere!


Prima di lascirvi e di chiudere per sempre (che tristezza!) questa fanficion ho due importanti annunci da fare:
PRIMO: In questi giorni pubblicherò il PRIMO CAPITOLO della mia nuova serie, sempre con fandom Castle, che si intitolerà INSIEME A VENEZIA: non posso ancora anticiparvi nulla, ma vi prometto che vi piacerà! Spero quindi continuiate a seguirmi anche in questa mia nuova avventura, sarebbe un onore immenso per me ritrovare ognuno di voi in questa nuova fanficion!
SECONDO: come promesso, con questo ultimo capitolo allego la PROPOSTA INDECENTE di cui vi avevo parlato! E' FONDAMENTALE CHE TUTTI LA LEGGIATE, PER FAVORE! VI RUBERO' VERAMENTE POCHI MINUTI DEL VOSTRO TEMPO, PER FAVORE APRITE IL LINK QUI SOTTO PER LA PROPOSTA!


Grazie ancora a tutti voi per avermi seguito, a presto con la nuova serie INSIEME A VENEZIA!
La Vostra affezionatissima, Berenike


CLICCA QUI PER LA PROPOSTA!





(Aggiunta postuma)
La fanfiction KATE TI SALVERO' ha vinto i NESA 2011 dedicati al telefilm Castle-Detective tra le righe nella sezione BEST MALE (RICHARD CASTLE) e BEST PLOT. Ringrazio tutti i miei lettori e coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio!



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