Harry Potter- La lotta al male non ha mai fine!

di Harry_Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lettera inaspettata ***
Capitolo 2: *** Ritorno alla civiltà ***
Capitolo 3: *** Colloquio con Silente ***
Capitolo 4: *** Un nuovo ragazzo ***
Capitolo 5: *** Il fantasma della profezia ***
Capitolo 6: *** Il nuovo capitano di Quidditch ***
Capitolo 7: *** Tutti contro uno ***
Capitolo 8: *** Il risveglio ***
Capitolo 9: *** Il potere dell'amore ***



Capitolo 1
*** Lettera inaspettata ***


Harry Potter

Harry Potter

 

Capitolo 1

Lettera inaspettata

 

In una camera al primo piano del numero 4 di Privet Drive, steso sul letto in mezzo a cartacce e sporcizia varia, c’era un ragazzo sedicenne molto trascurato. Quel ragazzo era Harry Potter, il bambino sopravvissuto. Ma quel ragazzo non era più quello di una volta, era stato cambiato completamente da scoperte e eventi che l’avevano privato dell’allegria e della luce che una volta illuminava i suoi occhi, i quali ora fissavano  vuoti e imperterriti il soffitto.

Dappertutto intorno a lui c’erano i numerosi biglietti di auguri di buon compleanno dei suoi amici, gli amici a cui non aveva la forza di scrivere, a cui non sapeva cosa dire, che avevano cercato di contattarlo per tutta l’estate e che lui aveva accuratamente evitato.

Harry stava rimuginando come sempre al modo di non tornare a scuola per il motivo che lo tormentava da tutta l’estate: la sensazione che tutti quelli a cui voleva bene finissero per soffrire o per morire. Harry si rigirò nel letto grattandosi il mento e si accorse che un barbino incolto gli era cresciuto nell’ultimo mese. Infatti, pensandoci bene erano parecchie settimane che non si lavava come si deve o che non faceva un pasto decente. Da quando era tornato da scuola aveva messo piede fuori dalla sua stanza pochissime volte solo per andare in bagno e non aveva mai permesso a sua zia di entrarvi per fare le pulizie. Viveva da più di un mese nel caos più totale, ma sembrava non farci caso. Ormai era diventato poco più di un vegetale.

Un giorno, mentre vagava nella sua solitudine sentì uno stridio e voltandosi verso la finestra vide un gufetto minuscolo becchettare il vetro. Lo riconobbe come quello di Ron, Leotordo. Aprì la lettera che portava e si stupì scoprire essere di Ginny.

 

Caro Harry,

Come te la passi dai tuoi zii? Qui la vita è movimentata come al solito. Stamattina Fred e George sono venuti a casa e hanno portato qualcuna delle loro invenzioni e hanno fatto infuriare la mamma che li ha inseguiti per tutta la casa. Dovevi vederla, era uno spettacolo! Ron e Harmione non fanno altro che litigare come al solito e questa volta tocca a me subirli…ma da domani mi aiuterai anche tu. Mamma ha chiesto a Silente il permesso di venirti a prendere e lui gliel’ha dato. Sei contento? Comunque prepara i bagagli perché domani alle quattro saremo lì!

Cambiando argomento, hai sentito Cho durante le vacanze? Se vuoi un mio consiglio, io la lascerei perdere, non sa fare altro che piangere…io l’avrei mandata a quel paese da un pezzo! Io e Dean ci siamo lasciati, è un buon amico, ma niente di più!

Ok, adesso ti lascio perché di sotto è scoppiato di nuovo il finimondo, ci vediamo domani.

Ciao, ti vogliamo bene

Ginny

 

Harry finì di leggere, poi strappò la lettera. Non voleva l’aiuto degli altri, non voleva la loro compassione, voleva solo essere lasciato in pace. Sapeva che Ginny voleva aiutarlo, ma lui non lo sopportava. L’anno precedente avrebbe fatto di tutto per essere con i suoi amici, adesso non ne sopportava il pensiero. Tutti quegli sguardi, quei bisbigli…non voleva tornare in mezzo alla civiltà.

 

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Capitolo 2
*** Ritorno alla civiltà ***


Capitolo 2

Capitolo 2

Ritorno alla civiltà

 

Harry trascorse il giorno seguente come al solito: rivivendo i suoi incubi e tormen- tandosi incessantemente. Aveva completamente rimosso dalla mente la lettera della giovane Weasley. Confidava nel pessimo carattere di suo zio Vernon per farli mandare via, ma sapeva fin troppo bene che tutti i membri dell’ordine conoscevano il modo di intimidire un uomo burbero come lui. Comunque non se ne preoccupava più di tanto, ci avrebbe pensato in seguito.

Non si curava nemmeno di tener d’occhio l’ora, tanto ormai non si curava più di niente. Non gli importava cosa avrebbe detto mamma Weasley, vedendo il suo bar- bino incolto, o Hermione vedendo la stanza, o tutti gli altri vedendo le mille lettere e regali spezzettati o frantumati sul pavimento.

 

Arrivarono le quattro e naturalmente Harry non se n’era accorto. Sentì suonare alla porta e inutilmente sperò che fosse qualche amico degli zii o di suo cugino Dudley, ma le sue speranze erano vane. Dopo qualche minuto arrivò zia Petunia a bussare alla sua porta: “Ragazzo, ci sono delle persone che chiedono di te, dicono di essere venute a prenderti…”. La voce della zia era timida. Anche lei come i suoi amici era preoccupata per Harry, a modo suo.

Ma Harry rimaneva sulle sue e disse: “Mandali via, non voglio vedere nessuno, inventati qualche scusa…”.

Zia Petunia doveva essere stata intimidita quanto zio Vernon, perché non lasciò perdere: “Mi dispiace, ma hanno detto che se non permettiamo loro di vederti verranno a prenderti di persona!”

Harry stava per infuriarsi terribilmente: “Allora dì loro che sono io che non voglio vederli!”

Zia Petunia se ne andò, la sentì parlare…ma poco dopo sentì innumerevoli piedi risalire le scale decisi e una mano forte bussare alla porta: “Harry apri siamo noi, ti vogliamo portare a Grimmould Place!”

Quello era l’ultimo posto dove Harry desiderava andare, tornare nella casa del suo padrino. L’unica persona che avesse mai potuto chiamare famiglia, ma come i suoi genitori l’aveva lasciato solo. Lanciò un grugnito alla persona che aveva parlato, che riconobbe come Remus Lupin, il migliore amico dei suoi genitori e del suo padrino Sirius.

I suoi amici tornarono alla carica, ma questa volta fu la signora Weasley a parlare: “Harry, caro, facci entrare, vogliamo solo aiutarti!”. Harry sapeva benissimo che la signora Weasley diceva la verità, ma non poteva fare a meno di essere cattivo: “Mi lasci in pace! Lei non è mia madre!”

Sentì al di là della porta i singhiozzi della signora Weasley e quelli riuscirono a farlo sentire in colpa. Non sapeva come mandarli via, si mise a camminare su e giù per la stanza, poi si rannicchiò in un angolo sperando di sparire improvvisamente dalla faccia della terra. Tornò a parlare Lupin: “Va bene Harry, se non ci fai entrare tu, butteremo giù la porta!”

Ci fu un lieve tramestio nel corridoio, poi un forte boato e un fiotto di luce, che la stanza non accoglieva da molto tempo, la inondò. Entrò nella stanza una moltitudine di persone: la famiglia Weasley al completo, Hermione, Lupin, Tonks e altri membri dell’Ordine della Fenice. Rimasero tutti inorriditi dal caos che regnava in quella camera, la signora Weasley si mise di nuovo a piangere e Hermione si portò le mani alla bocca. Nessuno aveva notato il fagotto di cenci che respirava in un angolo della stanza, finche Ron urlò: “Harry!”.

Il ragazzo alzò la testa d’istinto e la luce gli colpì gli occhi, abituati al buio. Vide gli sguardi sbigottiti dei suoi amici e riabbassò la testa. Anche se voleva rimanere indifferente non poté fare a meno di notare il suo aspetto e il cattivo odore che emanava. Ron gli si avvicinò e con uno sforzo enorme lo tirò in piedi, per niente aiutato da un Harry riluttante a seguirlo: “Oddio che puzza! Ma da quanto tempo non dai aria a questo posto? C’è un fetore orribile!”.

“Ma stai zitto…” ringhiò Harry con uno sguardo di fuoco. L’ultima cosa di cui aveva bisogno erano commenti. Si accasciò sul letto coprendosi il viso con le mani e Hermione gli andò vicino: “Harry, dai alzati, ti portiamo via”.

Harry non aveva più voglia di attaccare tutti, come non aveva voglia di lasciare quel posto, anche se solo poco tempo prima avrebbe pagato per andarsene: “Vi prego, lasciatemi qui! Non mi interessa più un cavolo della scuola”. Non sapeva perché ma improvvisamente si sentiva molto debole e lo colse un capogiro. All’improvviso sentì tutto il fetore che c’era nella stanza e si ricordò che non mangiava da almeno due giorni. Tentò di alzarsi senza sapere bene cosa fare e cadde a terra svenuto.

 

Era in una stanza circolare, circondata da alte scalinate. Esattamente al centro della stanza, dove finivano le scalinate, c’era una piattaforma su cui fluttuava un sinuoso velo nero. Sulla piattaforma c’era una persona, aveva il volto coperto di sangue e si reggeva a stento in piedi. Lo riconobbe: era il suo padrino. Sirius sussurrò con un filo di voce: “Harry aiutami!”. Harry iniziò una corsa disperata verso l’unica persona che fosse mai riuscito a capirlo, che gli era sempre stato vicino anche se lui non lo sapeva. Più lui si avvicinava più Sirius si allontanava, fin che scomparve dietro il velo e Harry disperato si tuffò cercando di afferrare il padrino e in quel momento si svegliò urlando. Quando gridò si svegliò anche un’agitatissima Ginny che si era addormentata su una sedia al fianco del suo letto. Qualcuno gli aveva tolto gli occhiali e il suo viso era bagnato dal sudore e dalle lacrime di cui era impregnato anche il cuscino. Ginny si alzò in piedi e gli chiese: “Stai bene? Vuoi che chiami la mamma o qualcun altro?”. Alla preoccupazione della giovane Weasley a Harry scappò un sorriso:

“No, non chiamare nessuno. Non sopporterei gli sguardi che mi lanciano; e poi non voglio rischiare di aggredire di nuovo tua madre…Comunque ci sei già tu a farmi compagnia, però se vuoi andartene fa pure, ti capisco!” Si lasciò cadere sul cuscino. Si sentiva sfinito, come se avesse camminato per giorni interi. Ma non sapeva perché tutta l’amarezza di quelle settimane era scivolata via. Tutto era dovuto al salvataggio dei suoi amici. Certo la tristezza per la morte di Sirius non era sparita e neanche la situazione di smarrimento per la scoperta della terribile profezia fatta su di lui e Voldemort, il terribile mago oscuro responsabile della morte dei suoi cari e di molti altri maghi e babbani. Era come immerso in un beato torpore, come se fosse convalescente da una lunga malattia.

Chiuse gli occhi per rilassarsi nel suo letto, mentre Ginny gli stringeva la mano e ad un certo punto sentì le sue calde lacrime bagnargliela. Si riscosse dal sonno che gli era rimasto addosso e con una mano le alzò il viso per guardarla negl’occhi. Era diventata veramente molto carina e prima dall’ora non se n’era mai accorto: “ Ehi, piccola perché piangi? Non fare così, altrimenti mi sentirò male di nuovo!”

“Scusa Harry, ma non riesco a vederti così, mi fai paura. Io so come ti senti e mi fa sentire uno schifo non sapere cosa fare per aiutarti”

“Ginny, non voglio essere cattivo, ma non penso proprio che tu sappia come mi sento, per cui non dirlo”

“Hai ragione non lo so, ma lo immagino. Tu sei distrutto da tutto quello che è successo, odi con tutte le tue forze Voldemort perché ti ha portato via le uniche persone che abbiano avuto ruolo di genitori per te e sei preoccupato che se la possa prendere con le persone a cui vuoi bene, ma non vuoi essere compatito per questo…”

“Grazie per avermi ricordato che sono solo…” sussurrò Harry sarcastico.

“Io voglio solo farti affrontare la realtà, e poi non sei solo…ci sono io.”

“GINNY, TU PENSI CHE IO NON ABBIA PRESENTE LA REALTA’? NEL CASO NON LO SAPESSI E’ TUTTA L’ESTATE CHE C’E’ L’HO BEN PRESENTE NELLA MENTE! LO SCORSO GIUGNO HO COMBINATO UN SACCO DI CASINI, SONO STATO DI IMPICCIO A TUTTI E PER COLPA MIA UNA PERSONA E’ MORTA! E QUELLA PERSONA ERA L’UNICA CHE MI AVESSE MAI DATO UNA FAMIGLIA! IO NON SONO NEMMENO RIUSCITO A SALVARLO, E’ STATA TUTTA COLPA MIA! SECONDO TE QUESTA REALTA’ NON L’HO PRESENTE?” senza accorgersene Harry si era alzato in piedi sul letto e quando finì di parlare, si fece cadere seduto e si coprì la faccia con le mani.

“Scusa Ginny non volevo urlarti contro, è che sono stanco di urlare e di dare spiegazioni!” guardò la ragazza negli occhi e una sensazione strana lo invase, una sensazione che non aveva mai provato prima e in quel momento la ragazza si mise a parlare senza prendere fiato:

“Harry, io non ti ho chiesto niente, voglio solo che tu ti fidi di me! Senti, so che non sono solo i sensi di colpa che ti tormentano, ma anche quella profezia. So che sai che cosa diceva, ma se non vuoi parlarne non importa perché l’unica cosa che m’importa sei tu…” non aveva fatto in tempo a terminare la frase perché Harry si mise in ginocchio sul letto, le prese il viso e la baciò. Era un bacio forte, che faceva trasparire tutta la frustrazione di Harry, ma nello stesso tempo molto dolce. Harry fece passare delicatamente la sua lingua tra le labbra della piccola Weasley e si mise a cercare quella della ragazza. Quest’ultima non si fece attendere e iniziò ad accarezzare la lingua del ragazzo con la sua. Harry stava abbracciando Ginny con entrambi le braccia e fece scivolare una mano sotto la sua maglietta fino ad accarezzarle la pelle morbida della schiena. In quell’istante il momento magico dei due ragazzi fu spezzato, perché la porta della stanza si aprì ed entrò la comitiva di salvataggio di Harry al gran completo.

I due ragazzi non se ne accorsero fin che il signor Weasley non si schiarì la voce molto rumorosamente: “Ehm…ben svegliato Harry, ti abbiamo sentito urlare e abbiamo pensato che ti fossi ripreso…”

Harry e Ginny si staccarono imbarazzati, Ginny era paonazza, ma stranamente Harry era tranquillissimo, come se stessero semplicemente parlando e disse ironicamente: “Esattamente in che parte del bacio siete entrati senza bussare?”

Fu un irritato Ron a rispondere: “Mah…più o meno quando hai infilato la lingua in bocca a mia sorella e la stavi palpeggiando…”

Harry e Ron scoppiarono a ridere e così fecero anche gli altri. La tensione fu spezzata e la signora Weasley si rivolse a Harry: “Caro, probabilmente sei affamato, di sotto è pronto il pranzo…”

Harry la interruppe bruscamente: “Scusi, ma per quanto sono rimasto svenuto?”

“Be’, quasi un giorno! Comunque hai dormito bene?”

Harry e Ginny si scambiarono un’occhiata veloce: Harry era sicuro che oltre ad essersi svegliato con un urlo aveva anche parlato nel sonno, però rispose: “Benissimo!”. Ma sapeva che nessuno gli aveva creduto.

 

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Capitolo 3
*** Colloquio con Silente ***


html xmlns:o="urn:schemas-microsoft-com:office:office" xmlns:w="urn:schemas-microsoft-com:office:word" xmlns="http://www.w3.org/TR/REC-html40"> Capitolo 3

Capitolo 3

Colloquio con Silente

 

A pranzo Harry fu taciturno come al solito. Stava rimuginando alle cose accadute quel giorno. Gli sembrava incredibile di aver baciato Ginny in quel modo ed essere rimasto così calmo dopo che la sua famiglia e i suoi amici gli avessero visti in atteggiamenti un po’ compromettenti. Dove era finita tutta la sua timidezza e la sua insicurezza?

Chiaramente quel bacio aveva anche risvolti positivi: lui e Ginny si erano avvicinati, come non lo erano mai stati.

Mentre mangiavano si sentivano tutti gli sguardi addosso. Fu Hermione a rompere il ghiaccio: “Harry, come stai oggi?”

Harry preferì mettere subito le cose in chiaro, per non rischiare di offendere qualcuno in futuro: “Sentite, non chiedetemi tutti continuamente come mi sento; non posso sopportarlo. Lo so che ho un aspetto orribile, puzzo e naturalmente il mio carattere non aiuta, ma vi chiedo di avere pazienza. Dopo tutto siete voi che siete venuti a ripescarmi, contro la mia volontà, adesso dovete sopportarmi”fece un sorriso per far capire che scherzava “io non voglio essere cattivo, ma voglio solo essere lasciato in pace, scusate!” si alzò da tavola e si allontanò velocemente dalla sala da pranzo. Mentre tornava nella sua stanza passò di fianco ad un ritratto che prima non aveva notato: era il suo padrino, stava sorridendo e gli ammiccava in modo simpatico. Gli tornò in mente il sogno di quella mattina; perché doveva essere quello che era? Non sopportava l’idea di essere stato lui il responsabile. Perché non era rimasto a scuola come gli aveva suggerito Hermione? Perché aveva dovuto fare l’eroe come suo solito? Tutta l’avevano sempre lodato per il suo coraggio e la sua nobiltà, ma se il coraggio e la nobiltà dovevano portare a questo, allora preferiva essere un codardo smidollato.

La testa cominciò a girargli di nuovo e cadde per terra facendo cadere da un mobile un grosso vaso di porcellana che gli si frantumò in testa. Arrivarono Ron, Hermione e Ginny e lo accorsero, ma ormai era svenuto. Neanche quel giorno aveva mangiato molto.

 

Quando si risvegliò non c’era Ginny con lui, bensì il preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

“Ciao, Harry!” Silente gli si avvicinò per stringergli la mano.

Harry si alzò velocemente per cercare gli occhiali e lo colse un altro capogiro, così si risdraiò e strinse la mano al preside: “Salve, professore!”. Non sapeva se era esattamente contento di vederlo, l’ultima volta che gli aveva parlato era stato prima della fine della scuola, dopo aver affrontato Voldemort e dopo aver visto Sirius morire. Il preside cominciò a parlare per primo:

“Mi hanno detto che non hai fatto un gran ritorno al quartiere generale! Sono stato anche informato dello stato della tua stanza a casa degli zii…”

“Professor Silente, non vorrei essere scortese, ma quella era la mia camera, posso farci quello che mi pare”

“Non ti stavo criticando, sono solo venuto a trovarti perché mi pare che tu abbia perso i sensi due volte nello stesso giorno. Comunque già che ci sono potremo fare una chiacchierata…che ne dici?” Harry scrollò le spalle, così il preside continuò: “Lo so che non ne avevi l’intenzione, ma quando prima stavi parlando (o urlando) con la signorina Weasley, ti hanno sentito praticamente tutti! Nel caso non lo sapessi le difficoltà del mondo non sono tutte sulle tue spalle! Mi riferisco a Sirius, tutti commettono degli errori. Tu volevi solo proteggere il tuo padrino, non potevi sapere che era una trappola. Sirius è morto perché ti voleva bene; sapeva che questo comportava dei rischi, ma ti voleva bene lo stesso, cerca di mettertelo bene in testa!”

Harry chinò la testa e iniziò a parlare di una cosa che non sapeva nessuno: “L’ultima volta che gli ho parlato aveva usato la polvere volante per venire nel camino della torre di Grifondoro. Voleva venire alla prossima gita a Hogsmide, ma io gliel’ho impedito perché avrebbero potuto riconoscerlo. In quel momento ho letto la delusione nei suoi occhi, l’avevo deluso e non me lo sono mai perdonato.” Si accorse che stava piangendo e si asciugò velocemente col dorso della mano. Il preside stava sorridendo e disse: “Non era deluso, sapeva perfettamente che l’avevi fatto solo perché gli volevi bene! Se n’era reso conto, ma, come ho sempre sostenuto, lui ha vedeva in te una parte del suo migliore amico, e non solo nell’aspetto Harry, tu sei simile a James anche nel carattere: sei impulsivo, coraggioso, nobile, sfacciato e arrogante, ma tuo padre non avrebbe permesso che rischiasse a quel modo. Io non voglio che tu dimentichi, e so che le mie parole non metteranno fine alle tue sofferenze, ma ti prego non addossarti colpe che non hai. Adesso, vorresti mangiare qualcosa? Molly ti ha lasciato il pranzo.”

“Se arrivo alla cucina senza fare danni o svenire mi piacerebbe fare uno spuntino, è da tre giorni che non mangio…” Harry si alzò dal letto e sentì una fitta al capo, si ricordò il vaso che gli era caduto in testa. Si toccò la fronte e scoprì che gliel’avevano bendata. Il preside lo accompagnò giù dalle scale e a Harry venne in mente una cosa: “Professore avete notizie di Voldemort? Voglio saperlo, non mi tagli fuori con la scusa che sono troppo giovane. Ho sopportato di peggio!”

“Non ne dubito, Harry. Comunque…sì, sappiamo che è sempre in agguato e che sta architettando qualcosa; durante l’estate sono stati trovati i corpi di due mangiamorte molto ricercati, non sappiamo ancora perché siano stati uccisi. Harry ti voglio chiedere di stare attento e guardarti sempre le spalle.”

“Non si preoccupi, so badare a me stesso; nell’ultimo mese non ne ho dato prova, lo so, ma è così!”

Arrivarono in cucina e trovò tutti i Weasley più Lupin e Hermione seduti al tavolo.

“Ciao Harry, scommetto che hai fame!” disse Hermione andandogli incontro e abbracciandolo, Harry gli diede un bacio sulla guancia. Si mise a sedere vicino a Ginny e si buttò letteralmente sul polpettone che la signora Weasley gli aveva messo davanti.

“Grazie signora Weasley. Volevo dirle che non dicevo sul serio a casa dei miei zii, lei è molto importante per me, come una madre…”

“Non ti preoccupare, Harry caro” rispose la donna con un sorriso gioviale.

Harry si voltò verso Ginny:

“Io e te dobbiamo parlare, dopo…”

“No, dimmelo adesso, tanto sanno già tutto!” A quelle parole tesero tutti le orecchie anche se gli sguardi vagavano per la stanza senza posarsi su di loro. Harry esitò un po’, poi pensò che aveva ragione:

“Ok…ti metti con me?” Non sapeva da dove venisse questo coraggio che non aveva mai avuto prima, ma era cambiato e doveva abituarcisi.

“Cosa? Io…certo!”.

Harry lasciò cadere la forchetta, le prese il viso e le diede un dolce bacio; la signora Weasley iniziò a battere le mani e i due ragazzi arrossirono violentemente.

Il preside, che nel frattempo si era seduto al tavolo con loro, si alzò e disse:

“Bene, ora devo proprio tornare a scuola! Harry, dimenticavo di dirti che Hagrid ti porge i suoi saluti; tornerò a trovarti presto per vedere come va la testa. A rivederci a tutti!”

“A rivederci, professore e saluti Hagrid da parte nostra!”

Harry finì di mangiare (come non aveva mai mangiato), e tornò in camera sua con i suoi migliori amici e la sua ragazza. Si sdraiò sul suo letto con Ginny e ascoltò i racconti delle cose successe nell’ultimo mese. A pomeriggio inoltrato entrò la signora Weasley per cambiargli le bende in testa. Harry se le tolse e vide che il taglio era più profondo di quanto credesse:

“Accidenti, per me una cicatrice era abbastanza…”

“Dai non ti preoccupare, sei sexy lo stesso” disse Ginny maliziosamente. Harry le sorrise e le diede un bacio veloce prima che la signora Weasley lo acchiappasse e gli circondasse la testa con bende pulite. Harry si ricordò che era da una settimana che non vedeva Edvige, la sua civetta bianca. Era uscita per andare a caccia e non l’aveva più vista.

“Ron, per caso Edvige è capitata da queste parti? E’ da una settimana che non la vedo.”

“Sì, è arrivata prima che Ginny ti mandasse la lettera con le piume praticamente nere e ha iniziato a beccarmi a morte…”

“Mi dispiace, non volevo crearvi problemi…è anche per questo che non ho mai risposto alle vostre lettere. Speravo che mi dimenticaste per…poter dimenticare!”

“Harry, tu non devi dimenticare. Il ricordo del tuo passato ti deve aiutare ad andare avanti…e avrai anche il nostro aiuto!” Hermione aveva, ancora una volta, dimostrato la sua saggezza. Harry, per sdrammatizzare la situazione e per distogliere l’attenzione da se, disse rivolto a Ron e Hermione: “E voi due? Mi hanno detto che litigate come sempre…non vi siete ancora decisi a mettervi insieme?”

Le orecchie di Ron si fecero tutte rosse come quando era imbarazzato e Hermione replicò indignata: “Harry, ma cosa ti salta in mente? Io e Ron litighiamo semplicemente perché lui è uno zuccone…”

“Zuccone io? Senti chi parla!” Scoppiarono tutti a ridere e la giornata continuò tranquillamente.

 

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Capitolo 4
*** Un nuovo ragazzo ***


html xmlns:o="urn:schemas-microsoft-com:office:office" xmlns:w="urn:schemas-microsoft-com:office:word" xmlns="http://www.w3.org/TR/REC-html40"> Capitolo 4

Capitolo 4

Un nuovo ragazzo

 

I giorni che seguirono, per una settimana, Harry continuò a essere colto da improvvisi capogiri. Non sopportava questa situazione, doveva costantemente stare attento perché i giramenti di testa arrivavano quando meno se lo aspettava.

I suoi amici facevano di tutto per farlo divertire e ci riuscivano; ma gli incubi per Harry arrivavano di notte, al buio, quando si sentiva veramente solo e si svegliava nel bel mezzo della notte coperto di sudore e a volte anche gridando.

Le giornate passarono in fretta, anche se i giramenti di testa non miglioravano per niente, la vigilia del ritorno a Hogwarts arrivò fin troppo presto per i ragazzi del quartiere generale, specialmente per Harry.

Dopo cena non si fermò con gli altri a giocare a scacchi magici o a chiacchierare, ma andò direttamente a dormire, senza curarsi delle domande o degli sguardi interrogativi di Ron Hermione e Ginny. Non pensava ai terribili sogni che lo avrebbero assalito nel sonno, ma era completamente terrorizzato dal suo ritorno a scuola. Sapeva benissimo cosa lo attendeva appena varcata quella porta: sguardi curiosi, bisbigli e sussurri, tutte cose a cui ormai era abituato, ma che era stanco di sopportare. Poi c’era una serie di persone che proprio non voleva vedere, a partire dal suo acerrimo nemico Draco Malfoy. Infatti lo scorso giugno aveva avuto un colloquio con il padre del ragazzo, uno dei responsabili della morte di Sirius, per il quale Harry nutriva un profondo e fortissimo odio.

La notte passò come le altre, piena di orrori che tormentavano un sedicenne troppo cresciuto per la sua età. Sognò quella sera nell’Ufficio Misteri e ancora una volta si svegliò piangendo e gridando il nome del proprio padrino. Appena tornò in se si voltò in fretta verso Ron, per vedere se l’aveva svegliato, ma lui era rimasto fermo immobile, addormentato. Ma non si era accorto che il ragazzo aveva fatto solo finta di dormire.

 

La mattina seguente ci fu un grande trambusto in tutta la casa. Harry, Ron, Hermione e Ginny sarebbero stati scortati alla stazione dal signore e la signora Weasley, Fred, George, Bill, Charlie, Lupin, Mody e Tonks, che essendo auror dovevano occuparsi dell’incolumità di Harry. Lui sapeva che in realtà non ci sarebbe stato bisogno di un numero così alto di gente per andare alla stazione, ma era necessario come scorta anti-mangiamorte.

In stazione si fermarono tra il binario nove e dieci e Harry afferrò con disinvoltura Ginny, l’appoggiò contro la banchina e le diede un bacio mozzafiato, scivolando dall’altra parte del muro, raggiungendo così il binario nove e tre quarti. Furono subito seguiti da Hermione e un Ron infuriato:

“Potevi anche evitare di baciare mia sorella a quel modo davanti a tutti!”

“A dire la verità l’ho fatto apposta per vedere la tua faccia…!”

“Spiritoso, mi sono proprio divertito!”

“Dai Ron non te la prendere, scherzavo! Ti prometto che non farò più niente del genere in pubblico!” disse in tono solenne cercando di rimanere serio, tentativo che fallì, perché scoppiarono tutti e quattro a ridere.

Arrivò anche il resto della comitiva e iniziarono i saluti:

“Scriveteci presto e fateci sapere se avete scordato di mettere qualcosa in valigia!”

“Va bene, mamma. Non ti preoccupare!”

“…Harry, sta’ attento alla ferita, è ancora aperta…”

“Non ti preoccupare mamma, mi prenderò io cura di lui…con l’aiuto di Ron e Hermione!” aggiunse la piccola Weasley intimidita dallo sguardo della madre.

Fu il turno degli altri a salutare e, mentre venivano fatte le solite raccomandazioni, Lupin prese Harry da parte:

“Harry, lo so che non potrò mai sostituire Sirius, o tuo padre, ma se avessi bisogno di qualunque cosa, sappi che io ci sono!…e…manca molto anche a me…”

“Grazie” Harry strinse la mano a Lupin, che lo attirò a se in un forte abbraccio e in quel momento Harry si accorse di quanto l’uomo si sentisse solo, senza nessuno dei suoi migliori amici; si ripromise di scrivergli molto spesso, per fargli capire che sapeva come si sentiva.

Salirono sul treno e iniziarono a cercare uno scomparto libero; percorsero quasi tutto il treno, fino a che non ne trovarono uno che era quasi vuoto. Infatti al suo interno c’era solo una persona: Draco Malfoy. Stranamente quando li vide non fece nessun commento e Harry si voltò di scattò e oltrepassò i suoi amici, con i capogiri che iniziarono a spuntare e la ferita sulla testa che pulsava.

Entrò nello scomparto successivo, questa volta completamente vuoto, e si accasciò sul sedile, cercando di ritrovare un respiro regolare. Dopo qualche secondo apparvero sulla soglia anche i suoi amici e, senza dire una parola si misero a sedere anche loro.

Fu Hermione a parlare per prima:

“Avete notato che era da solo? Chissà dov’erano i suoi scimmioni?”

“Per piacere non mi va di parlare di lui adesso, cambiamo argomento vi prego!”

“Ok, scusa. Allora, chi pensate che sia quest’anno l’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure?”

“A me va bene chiunque tranne Piton!” disse Harry, che odiava profondamente anche lui. Il loro odio era leggendario, da quando Harry aveva messo piede a Hogwarts il professore aveva fatto di tutto per farlo espellere, ma non c’era riuscito. Inoltre il professore era stato il più grande nemico di James e Sirius fin dai tempi della scuola e la faccenda si era riversata su di lui anche dopo molti anni. Harry non aveva nessuna intenzione di stare ad ascoltare il vecchio bastardo che offendeva la memoria dei suoi genitori e del suo padrino.

Continuarono a parlare fino a quando non arrivò il carrello del pranzo. Presero una quantità immensa di dolci e iniziarono a mangiare, dividendosi le terribili GelatineTuttiGusti+1 e scambiandosi le figurine trovate nelle Cioccorane.

Nel pomeriggio passarono da lì molte persone a trovarli: alcune amiche di Ginny, Luna Lovegood, Neville, Seamus e anche Dean. Il ragazzo si fermò pochi minuti, ma quando vide Harry prendere la mano di Ginny sentì una persona invisibile chiamarlo urgentemente.

Non fu solo l’ex di Ginny a venire a fare una visita. Un’ora più tardi arrivò anche l’ex fiamma di Harry, Cho Chang. Entrò, bussando timidamente e disse:

“Harry, ciao! Hai passato una bella estate?”

Harry gli rispose indifferente: “No, per niente! E tu?”

“Non c’è male…ehm…potrei parlarti?”

“Ok, dimmi tutto.”

“No, vorrei parlarti in privato…”

“Ok, andiamo fuori!” Harry si alzò e mentre usciva dallo scompartimento fece l’occhiolino a Ginny, che gli sorrise.

“Harry, volevo chiederti scusa per tutto quello che è successo l’anno scorso. Non immaginavo che fossi in una situazione così difficile, ti prego perdonami!”

“Scusa, ma se non fossi stato nella situazione in cui ero, mi avresti trattato lo stesso in quel modo. Tu mi hai avvicinato solamente per scoprire cosa era successo a Cedric. E non ricominciare a piangere! Ne ho fin sopra ai capelli delle tue lacrime!”

“Harry, ti giuro che non è così, tu mi piacevi veramente! Ti prego, torna con me!”

“No! Io non ti amo e non voglio farmi trattare come un bambolotto! Non sono il tuo giocattolo, non sono proprio il giocattolo di nessuno! Poi adesso sto con un’altra, e ti assicuro che lei è molto più vera di te! Adesso ti saluto, mi stanno aspettando…”

“E’ Hermione Granger, vero?”

“No, non è Hermione! Nel caso tu fossi un po’ tarda e non avessi capito, Hermione è solo la mia migliore amica! La mia ragazza è Ginny!”

“Harry, aspetta!”

“No, cara! Ho finito di aspettare…” E Harry se ne tornò con i suoi amici mentre Cho rimaneva in lacrime nel corridoio, sotto gli sguardi di tutti i curiosi.

Verso sera si iniziarono a scorgere le varie torri e torrette di Hogwarts. Ben presto arrivarono alla stazione di Hogsmeade e scesero dal treno, contenti di potersi sgranchire le gambe.

In mezzo alla folla sentirono una voce familiare gridare: “Primo anno! Quelli del primo anno da questa parte, per favore!”

“Ciao Hagrid!”

“Ehi ragazzi! Harry, come stai? Non ti sei fatto sentire molto quest’estate, il preside mi ha detto che preferiva che mi raccontassi tu…”

Poi la conversazione si interruppe perché arrivò una folla di bimbetti impauriti e Hagrid fu costretto a portarli via per fargli fare il giro del lago.

I ragazzi si infilarono in mezzo alla folla per riuscire a prendere insieme una carrozza, guidata da Thestral, cavalli alati che potevano essere visti solamente da chi aveva assistito alla morte di qualcuno. Quegl’animali ricordarono tremendamente a Harry la morte di Sirius; rimase qualche istante incantata a guardarli, ricordandosi il viaggio che avevano fatto per raggiungere Londra. Poi fu costretto a muoversi perché era arrivata la loro carrozza e affrontò il viaggio pieno di scossoni con la ferita sulla testa che gli pulsava. Non capiva perché ogni volta che ripensava a Sirius doveva stare male in qualche modo; rimpiangeva quasi le vecchie fitte alla cicatrice sulla sua fronte, provocate dallo stato d’animo di Voldemort.

Arrivarono davanti alla scuola e Harry si preparò ad affrontare tutti gli sguardi indiscreti; infatti, appena varcò la soglia del portone d’entrata, una miriade di occhi si volsero a guardarlo e tutti iniziarono a bisbigliare.

Si diresse verso la Sala Grande cercando di contare fino a dieci e calmarsi, prima di voltarsi e di urlare a tutti di smetterla di fissalo a quel modo. Andò al tavolo di Grifondoro, dove tutti lo salutarono e vollero stringergli la mano. Harry salutò la tavolata con un sorriso e si mise a sedere. Non sapeva cosa avrebbe detto a quelle facce amiche se gli avrebbero fatto delle domande sullo scorso Giugno; ma per adesso non voleva pensarci.

Involontariamente si voltò verso il tavolo di Serpeverde e vide uno spettacolo molto strano: Draco Malfoy era seduto a quel tavolo, ma non aveva la solita aria beffarda e non era contornato da amici con cui si vantava; era completamente solo, Tiger, Goyle, Pansy Parkinson e gli altri suoi amici erano seduti lontano e non lo degnavano di uno sguardo. Involontariamente Harry provò pena per lui.

“Harry, cos’hai? Cosa stai guardando?”

Harry si scosse e rispose a Ginny: “Stavo guardando Malfoy…come mai è tutto solo, senza i suoi lecchini? Non penso sia perché suo padre è mangiamorte, la maggior parte dei Serpeverde ha genitori seguaci di Voldemort! Deve essere successo qualcosa durante l’estate…”

“Bè, non pensarci adesso! Scommetto che se è tanto odiato, il mistero sarà presto svelato!”

In quel momento entrò la professoressa McGrannit con uno sgabello e un vecchio cappello tutto rattoppato e polveroso in mano. Era il momento dello smistamento. Poco dopo entrarono, sfilando tra i tavoli, gli alunni del primo anno, terrorizzati. Si fermarono di fronte al tavolo degli insegnanti, dove era stato posato lo sgabello con in cima il cappello.

Harry si accorse solo allora che c’era una sedia vuota al tavolo dei professori, il posto dell’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure. Il preside fece un cenno con la mano e tutti si zittirono, osservando il cappello in modo solenne; questo iniziò a cantare:

Ben tornati in questo luogo,

Dove ora anch’io mi trovo.

Sono qui per raccontarvi

La storia di quattro signori gagliardi:

Il nobile Grifondoro per il coraggio

premiava chiunque a proprio vantaggio.

Poi Corvonero, prudente signora,

Cercava intelligenza in ogni parola.

Tassorosso i buoni voleva

E il perdono a tutti donava.

Infine Serpeverde di sangue puro

Reclutava allievi con metodo duro.

Per scegliere la casa migliore

L’idea aveva Grifondoro,

Maestro d’onore.

Così il cappello dalla testa sfilò

E un incantesimo pronunciò.

Ora è questo il risultato,

Perdonatemi se vi ho annoiato.

Ma l’ultimo avvertimento io devo darvi

Per poter meglio lasciarvi:

State uniti, insieme vincete

L’oscurità mai più rivedete.

Ora indossami, non esitare

Perché il mio compito è di smistare!

 

Il cappello terminò di cantare e nella Sala scoppiò un grande applauso. La professoressa McGrannit si alzò in piedi e srotolò il rotolo di pergamena che teneva in mano e disse:

“Ora io vi chiamerò tutti, uno alla volta, voi vi siederete sullo sgabello e indosserete il cappello, poi dovrete solo aspettare che esso annunci la casa a cui dovrete appartenere!”

“Erika Morrison”

Una bimbetta si avvicinò allo sgabello tremando e indossò il cappello che gli scese fino a coprire quasi tutta la faccia; ci furono alcuni secondi di attesa, poi il cappello gridò: “Grifondoro!”

I bambini smistati, quando si avvicinavano ai tavoli, venivano accolti da un applauso.

Quando tutti furono messi nelle loro case, il preside si alzò:

“Scommetto che siete affamati, quindi dateci dentro!”

In quel momento le tavole si riempirono di ogni sorta di cibi e leccornie e i ragazzi iniziarono ad abbuffarsi. Harry non aveva molta fame, era da tempo che gli mancava l’appetito e Ron, Ginny e Hermione se n’erano accorti, ma non avevano detto niente, convinti che si sarebbe lasciato andare vedendo quel banchetto. Però Ginny non si trattenne più:

“Harry, perché non mangi? E’ dall’inizio dell’estate che non fai dei pasti decenti, non puoi continuare così! Dai, prendi un po’ di carne…”

“Non ho fame…” disse Harry tenendo lo sguardo basso.

“Ma devi mangiare, altrimenti sverrai di nuovo!”

“Ho capito ‘mamma’, però adesso non ho fame, ho lo stomaco chiuso! Ti prego non insistere…” Harry non voleva trattarla male, ma il ritorno a scuola gli aveva riportato alla mente ricordi troppo dolorosi. Ad un tratto si rese conto di come suonava strana la parola ‘mamma’ pronunciata da lui e questo non fece altro che renderlo ancora più triste. Non parlò più per tutta la cena; poi, quando furono tutti sazi, il preside si rialzò per fare il discorso di inizio anno:

“Ora che tutti abbiamo lo stomaco pieno, devo fare alcuni annunci: per prima cosa, quest’anno non siamo riusciti ad assumere un nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, quindi ho deciso di dare la cattedra al nostro professore di Pozioni, Severus Piton!”

Ci fu uno scroscio di applausi da parte del tavolo di Serpeverde e a quelle parole Harry ebbe un sussulto. L’unico professore che odiava doveva occupare l’unica cattedra vuota. Silente chiese il silenzio, poi continuò a parlare:

“Come tutti ben sapete l’accesso alla foresta della scuola è proibito a tutti gli alunni, anche ai più vecchi!” fece un cenno a Harry, Ron e Hermione, che più di una volta avevano varcato il confine di quella foresta.

“E’ inoltre vietato l’uso della magia nei corridoi e l’utilizzo di alcuni oggetti, la cui lista è affissa sulla porta dell’ufficio del Signor Gazza!” Silente indicò un uomo sulla settantina, brutto e quasi pelato, seguito sempre da una gatta: era il custode della scuola.

“Ora vi auguro la buona notte e un buon inizio di anno scolastico!”

Tutti si alzarono e si diressero all’uscita, Ron e Hermione dovevano accompagnare gli alunni del primo anno ai dormitori, così Harry e Ginny rimasero soli.

Mentre saliva le scale di pietra Harry non parlava, ancora sconvolto dalla notizia di Silente; Ginny se n’era accorta e disse:

“Dai, Harry non essere giù! Hai superato l’anno con la Umbridge, supererai anche questo!” Harry si ricordò l’anno passato e la terribile professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure. Sorrise alla sua ragazza, le diede un bacio sulla guancia e le prese la mano. Calì e Lavanda, amiche dei due ragazzi, che camminavano dietro di loro, iniziarono subito a bisbigliare, probabilmente per spettegolare.

Arrivati alla Sala Comune di Grifondoro, dove c’era una gran confusione di gente che sistemava le proprie cose, Harry e Ginny rimasero a parlare con alcuni amici che raccontarono loro di come avevano trascorso le vacanze (i due fidanzati rimasero zitti). Dopo qualche minuto arrivarono anche Ron e Hermione:

“Ah, quanto sono stanco! Penso proprio che mi fionderò a letto; vieni Harry?”

“Sì, arrivo tra un attimo, volevo solo salutare tua sorella…”

“Ok, ma guarda che la rivedrai domani!”

“Allora vado anch’io…”

“Va bene, buona notte Hermione!”

I due ragazzi si voltarono uno verso l’altro, nella sala c’era ancora molta gente, ma ormai a loro non importava niente del parere degli altri.

“Allora da stasera non potrò più addormentarmi nel tuo letto…mi mancheranno le tue coccole!”

“Ehi piccola, se vuoi puoi venire lo stesso…ci sono le tende!”

“No, non possiamo…c’è Dean in camera. Sarebbe troppo imbarazzante!”

“Allora ti devo salutare qui…mi mancherai, piccola!”

La circondò con le braccia e le diede un dolcissimo bacio che sembrava non finire mai. Harry adorava quei momenti, dove le loro lingue si mettevano a giocare e a lui pareva di volare. Poi Harry si staccò, perché qualcuno lo prese per il colletto della maglia e lo trascinò via.

“Buona notte, amore mio!” Ebbe il tempo di gridare, prima che Ron lo spingesse dentro al dormitorio e sbattesse la porta.

Harry, prima di essere travolto dai suoi incubi, ripensò a Malfoy. Gli aveva dato l’impressione che fosse un altro ragazzo, un ragazzo nuovo, con quell’aria smarrita; anche se l’odiava, avrebbe tanto voluto sapere cosa stava succedendo

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Capitolo 5
*** Il fantasma della profezia ***


Capitolo 5

Capitolo 5

Il fantasma della profezia

 

La mattina seguente Harry si svegliò di nuovo urlando e con suo stupore trovò tutti i suoi compagni che circondavano il suo letto.

“Harry stai bene? Ti sei lamentato tutta la notte, poi hai iniziato a parlare nel sonno! Dicevi: ‘devo salvarlo, non deve morire, ti vendicherò….”

“Basta! Mi dispiace, non volevo svegliarvi, non succederà più! Dimenticatevi quello che avete sentito!” Poi Harry si alzò, prese i suoi vestiti e se ne andò.

Era ancora molto presto, così andò in bagno e si fece una doccia ghiacciata, per svegliarsi e liberarsi dal mal di testa. Si vestì e si sedette nella sua poltrona preferita, nella Sala Comune. Stette così per un po’, fino a che non si svegliarono gli altri. Voleva aspettare Ginny per fare colazione con lei e quando arrivò, non riuscì a trattenere un sorriso. Con la sua divisa un po’ attillata sui fianchi e sul petto era molto, ma molto sexy. Lei si avvicinò e gli diede un bacio sulla bocca:

“Vieni a fare colazione con me?”

“Non chiedo di meglio!” Harry si alzò, ma non riuscì a fare un passo perché in quel momento gli si annebbiò la vista e prima di perdere i sensi, sentì Ginny gridare, poi più niente.

 

Harry si risvegliò in un letto dell’infermeria; era successo di nuovo. Detestava svenire in mezzo a tutti, ma soprattutto detestava svenire! Non capiva cosa provocava le sue perdite di sensi, ma era stanco di quel mal di testa.

Dopo un po’ arrivò Madama Chips, la responsabile dell’infermeria, e disse:

“Ah ti sei svegliato! Ti ho messo delle bende a quella ferita che hai sulla testa, però non posso farci niente: è troppo profonda, potrei danneggiare le funzioni del cervello, dovrai aspettare che guarisca da sola. Certo, lo svenimento non l’ha aiutata molto, si è riaperta! Comunque hai una visita…” Aprì la porta e fece entrare Silente.

Il preside si avvicinò al suo letto, ma si fermò a quello prima sdraiandovisi sopra:

“Questi letti sono piuttosto comodi, capisco che tu voglia passarci un po’ di tempo, ma dovresti andare anche alle lezioni…” Harry rise, era incredibile come il preside riuscisse a fare dell’umorismo anche in quelle situazioni. Harry ridiventò serio e pensò di aprirsi con lui, era l’unico che potesse aiutarlo:

“Professore, perché svengo così spesso? Non capisco, all’inizio pensavo che fosse perché non mangiavo da giorni, ma adesso proprio non riesco a capire! Non posso andare avanti così! Non so cosa fare!”

“Devi solo guardare in faccia la realtà! Devi accettare il tuo destino e affrontarlo!”

“Io guardo in faccia la realtà, so benissimo cosa mi succede intorno!”

“No, non lo sai! Tu l’hai capito, ma non vuoi affrontarlo, perché è troppo difficile! Perché altrimenti non l’hai ancora detto ai tuoi amici? Per le altre cose l’avresti fatto di corsa!”

“Non l’ho fatto perché…”

“Perché non vuoi!”

“Sì, perché non voglio! Sono affari miei, devo combattere Voldemort da solo, non ci saranno Ron e Hermione ad aiutarmi. E’ una cosa che devo fare da solo!”

“Certo, sono d’accordo con te, ma il sostegno morale non guasta mai!”

“E’ sicuro che sia questa la causa dei miei svenimenti?”

“Queste sono solo le mie supposizioni e i miei consigli! Tu puoi decidere di fare come meglio credi. D'altronde se non tenti, non lo saprai mai!” Silente si alzò e fece per andarsene, ma Harry lo fermò:

“Professore, devo farle un’altra domanda: i risultati dei miei G.U.F.O., non gli ho ricevuti quest’estate e mi chiedevo se lei potesse…”

“Te li farò avere al più presto, ma non preoccuparti, sono andati eccellentemente! E ci penso io a giustificare le lezioni di stamattina.”

“Grazie, cercherò di dar frutto a quello che mi ha detto!”

Il preside sorrise e se ne andò. Arrivò subito Madama Chips:

“Adesso puoi andare, è tardi per l’ultima lezione. Ti conviene andare nella tua Sala Comune e riposarti un po’, mi raccomando mangia decentemente a pranzo e non agitarti troppo, poi torna domani per cambiare le bende!”

Harry se ne andò nella Sala Comune di Grifondoro e pensò come iniziare il discorso che voleva fare ai suoi amici. Quando suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni entrò una folla di gente dal ritratto della Signora Grassa. Tra loro c’erano anche Ron, Ginny e Hermione. Appena lo videro gli corsero incontro e Ron e Hermione iniziarono a parlare insieme:

“Harry, come ti senti? Oddio! Ti hanno rimesso le bende!”

Ginny era rimasta zitta e Harry se ne accorse immediatamente: “Ehi, piccola, che ti prende? Perché non parli?”

La ragazza lo guardò negli occhi e i suoi si riempirono di lacrime:

“Non devi mai più farmi una cosa del genere! Mi sono presa uno spavento tremendo! Ti si sono capovolti gli occhi e ti scorreva il sangue dalla testa…Mi sono sentita male!”

“Blocca il disco, ok? Sono qui, sto bene!” Le prese per una mano e la fece sedere sulle sue ginocchia; la abbracciò forte e sentì le sue lacrime sul collo, non pensava di averla spaventata tanto.

“Devo dirvi una cosa molto importante, ma adesso non c’è tempo, è ora di pranzo. Ve la dirò stasera!”

Come al solito non aveva fame, ma lo faceva per dimostrare a Ginny che stava veramente bene e anche per prendere un po’ di tempo. Doveva pensare a come dirglielo. Si immaginava già la reazione che avrebbero avuto Ron e Hermione, ma non sapeva come avrebbe reagito Ginny.

Mentre andavano a pranzo Harry prese la mano di Ginny e la strinse forte. Quando arrivarono nella Sala Grande molte voci iniziarono a bisbigliare, un po’ per la testa bendata di Harry, un po’ per la sua mano intrecciata con quella di Ginny. A Harry non importavano le voci, ormai era stanco di quello che diceva la gente e per esagerare fece la cosa che gli riusciva meglio ultimamente: prese Ginny per la vita e le mise la lingua in bocca in un bacio fantastico. Quando si staccarono Ginny lo guardò enigmaticamente:

“A cosa devo questo scoppio di affetto?”

“Volevo dare qualcosa di più alla gente per chiaccherare…e poi sei veramente molto bella! Ginny, non ti spaventare più in quel modo per me!”

“Harry io ti voglio bene, non voglio perderti…”

“Non mi perderai mai, dove sono io, sei tu! Mangiamo adesso, sono affamato!”

“Davvero?”

“No, lo dicevo per farti felice!” Ginny gli diede un piccolo schiaffo sul braccio, poi si mise a sedere di fianco a lui.

Ron guardò Harry con sguardo torvo e il ragazzo capì al volo:

“Sì, ho capito, ho capito…non lo faccio più! Era solo per divertirmi, guarda come ci sono rimasti tutti!”

“Sì, ma io non mi sono divertito!”

“Dai, se la smetti di essere così pignolo stasera andiamo ad allenarci a Quidditch, vieni anche tu?” disse rivolto a Ginny.

“Certo, ma risparmiatemi le galanterie sul campo, per favore!”

Nel pomeriggio Harry aveva due ore di Trasfigurazione; salutò Ginny e si recò insieme a Ron e Hermione nell’aula. La professoressa non era ancora arrivata e C’era una piccola folla davanti alla porta. Calì e Lavanda stavano parlando sottovoce con Neville e appena arrivarono smisero all’improvviso:

“Di cosa si parlava?”

“E’ vero di te e Ginny?” scoppiò subito Neville. Ron scoccò uno dei suoi sguardi a Harry, che sorrise un po’ irritato dai modi diretti di Neville.

“Sì è vero. Vedo che non perdete tempo con cose inutili e vi date da fare con quelle importanti come i pettegolezzi, complimenti!”

“No, è solo che giravano certe voci e volevamo solo controllare se è vero…”

“Sì, ma non sono certo cose che vi riguardano!”

“Bè, almeno riguardano Dean, lui stava con Ginny e lei l’ha mollato improvvisa- mente!”

“Non mi tirare in mezzo, io e Ginny siamo solo amici, poi Ginny mi ha già detto tutto e io rispetto Harry!” disse Dean sulla difensiva.

“Grazie Dean!”

“Figurati, adesso io sto con Padma!” Padma era la sorella gemella di Calì.

“Veramente ragazzi è tutto vero! Comunque non è carino parlare alle spalle della gente…”

“Sono state queste due vipere a chiedermi di chiedertelo!” disse Neville indicando Calì e Lavanda.

“Buongiorno ragazzi, potete entrare!” La professoressa McGrannit aveva aperto la porta dell’aula e stava ritta in piedi davanti a loro.

“Buongiorno professoressa!”       

La McGrannit si spostò per far entrare i suoi alunni nell’aula.

Harry, Ron e Hermione si sistemarono negli ultimi banchi, come sempre.

La professoressa iniziò a parlare con il suo solito tono severo:

“Ben tornati ragazzi! Prima di tutto volevo fare i complimenti a quelli di voi che hanno ricevuto un G.U.F.O nella mia materia. Ma volevo anche dirvi che la fine degli esami non significa che non dobbiate lavorare! Quest’anno avete l’esame di materializzazione e smaterializzazione e il prossimo anno dovrete affrontare i M.A.G.O, quindi dobbiamo iniziare a darci da fare.”

La lezione continuò con spiegazioni complicate sulle trasfigurazioni proprie, cioè un mago che trasfigura il proprio corpo, e dovettero copiare molti appunti che significavano molto studio, che implicava niente allenamento di Quidditch insieme ai suoi Weasley preferiti.

Quando suonò la campanella, tutti corsero fuori per paura che la McGrannit potesse dare altri compiti per il giorno dopo. Mentre Harry raccoglieva la sua roba gli si avvicinò la professoressa che gli disse:

“Signor Potter, potrei parlarle in privato nel mio ufficio, ora?”

“Certo” e rivolto a Ron e Hermione “aspettatemi a cena, ok?”

“Va bene”

Harry seguì la McGrannit nel suo ufficio. La professoressa si mise a sedere dietro la sua scrivania:

“Accomodati!” Harry si mise a sedere su una delle due sedie dall’altra parte del tavolo, poi la professoressa continuò:

“Come va la testa? Il professor Silente mi ha raccontato dell’incidente di stamattina. Comunque ti ho chiamato per due motivi: il primo sono i tuoi risultati del G.U.F.O.

Non capisco perché non ti siano arrivati, forse c’è stato solo un errore di consegna, ma nel caso fossero stati intercettati non c’è da preoccuparsi, non contenevano informazioni compromettenti. Eccoli qui!”

Sfilò un foglio di pergamena da un fascicolo con scritto ‘Harry James Potter ’  e lo tese a Harry. Il ragazzo non poté credere a quello che vedeva: aveva preso un G.U.F.O in tutte le materie, tranne che in Storia della Magia. Era al settimo cielo, non credeva di aver fatto degli esami così eccellenti, anche se sapeva che in alcune materie (come Pozioni) Silente gli aveva dato un piccolo aiuto. La professoressa continuò a parlare interrompendo i pensieri di Harry:

“La seconda cosa che volevo dirti, o meglio, che volevo chiederti è questa: vorresti diventare il nuovo capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro?”

Harry questa volta non credeva alle sue orecchie. Era sempre stato il suo sogno, fin da quando era entrato nella squadra e adesso lo vedeva realizzato. Non poteva crederci:

“Certamente che lo voglio! Non deve neanche chidermelo, io…io accetto!”

“Devo avvertirla che non è un compito facile, deve organizzare i provini per i nuovi Cacciatori e Battitori. Quelli dell’anno scorso gli ho licenziati tutti per la poca serietà dimostrata nel lavoro svolto. Mi serve una squadra di Leoni, Signor Potter, non di micetti! Mi dispiace aver dovuto mandar via anche la signorina Weasley, ma il nostro Cercatore è lei…”

“Non si preoccupi, mi ha sempre detto che avrebbe preferito fare il Cacciatore, l’ho vista giocare in quel ruolo ed è eccellente, credo proprio che la prenderò!”

“Allora mi fido di lei, Signor Potter!”

Alunno e professoressa si strinsero la mano, poi Harry venne congedato e corse a cena, per raccontare il suo colloquio con la McGrannit. Si mise a sedere di fianco a Ginny, stampandole un bacio sulla guancia:

“Ragazzi, non crederete mai a quello che mi ha appena detto la McGrannit!”

“Beh diccelo, hai l’aria di chi ha appena vinto alla lotteria!” disse Hermione stupita dall’umore di Harry.

“La prima cosa farà molto contenta te, Hermione: la Mcgrannit mi ha appena fatto vedere i miei risultati del G.U.F.O perché quest’estate non mi sono arrivati. Non ci crederai mai, ma ho preso un G.U.F.O in ogni materia tranne Storia della Magia!”

Hermione gli saltò addosso contentissima:

“Harry, ma è magnifico! E’ praticamente una pagella perfetta! Potresti diventare anche Ministro della Magia, o…”

“Hermione frena! Io per adesso mi limito a sperare di diventare un Auror! Comunque c’è un’altra buona notizia!” disse rivolto agli altri due “Sono il nuovo capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro!” Questa volta fu Ginny a saltargli addosso.

“Ma è fantastico! Quando ci sono i provini, voglio tornare in squadra visto che tu mi hai soffiato il posto…”

“Non ce n’è bisogno, ho spiegato alla McGrannit che tu sei molto brava e che volevi fare la Cacciatrice, così sei già in squadra!”

“Oh, Harry sei il migliore! Ti voglio bene, lo sai, vero?”

“Sì, lo so.” Rispose il ragazzo maliziosamente.

“Prepotente!”

“Harry, stamattina hai detto che dovevi dirci qualcosa…” disse Hermione che non si scorda mai di niente.

“Giusto, che volevi dirci?” disse Ron ricordandosi improvvisamente.

“Ah, giusto! Ehm, ragazzi dopo non posso venire a giocare, ho un sacco da studiare! Ci rifaremo all’allenamento, vedrete!” disse improvvisamente per sviare il discorso.

“Lo so che hai da studiare, ma non cambiare argomento. Cosa ci dovevi dire?”

“E’ meglio se non ne parliamo qui. Andiamo nella nostra stanza. Voglio che non ci senta proprio nessuno!”

Si alzarono e si avviarono alla Sala Comune di Grifondoro. Mentre uscivano quasi correndo Harry inciampò in qualcuno.

“Oh, scusami! Non ti avevo visto!”

“Figurati!” disse Draco Malfoy. Aveva un aspetto orribile: sembrava si reggesse a stento in piedi, aveva un labbro rotto e un occhio gonfio.

“Ehi, Malfoy, cosa ti è successo?” disse Hermione, a cui evidentemente faceva pena il ragazzo.

“Niente che ti riguardi Granger, lasciami perdere!”

“Come vuoi, ma hai proprio un aspetto orribile. Ti conviene andare in infermeria, prima di morire dissanguato!”

“Forse hai ragione…” Si voltò e corse via. La cosa incredibile non era il Malfoy malmenato, ma quello gentile. Strano ma vero aveva dato ascolto a Hermione, che prima d’allora aveva sempre chiamato ‘Sporca Mezzosangue ‘, dal momento che i genitori della ragazza non sono maghi e lei ha anche del sangue babbano nelle vene.

“Questa sì che è una bella giornata!” disse Ron estasiato. Ma Harry era sicuro che da lì a cinque minuti non sarebbe stato della stessa opinione.

Arrivarono nella stanza di Harry e Ron e la chiusero a chiave, così né Seamus, né Dean, né Neville sarebbero potuti entrare e sentire discorsi riservati.

Ron, Ginny e Hermione si sedettero e Harry andò alla finestra. Non sapeva da dove iniziare, ma in un modo o nell’altro doveva riuscirci, altrimenti quella profezia avrebbe continuato a tormentarlo fino a che non avrebbe sconfitto Voldemort o fino a che non sarebbe morto.

“Ragazzi, vi ricordate l’anno scorso dopo, dopo…”

“…aver affrontato Voldemort di nuovo?”

“Esatto…io sono stato da Silente e lui mi ha svelato ciò che diceva la profezia che Neville aveva rotto. L’unico che è al corrente di questo, oltre me, è lui” Harry fece una pausa, non sapeva come andare avanti.

 “Dai, continua, cosa diceva la profezia?”

“Beh, in poche parole diceva che io sarei stato l’unico che sarebbe riuscito a sconfiggere Voldemort e…la partita si sarebbe conclusa solo con la sua morte o…con la mia!”

Quest’affermazione lasciò come un senso di vuoto nell’aria, Hermione stava per scoppiare a piangere, Ron iniziò a imprecare e Ginny stava muta e guardava imperterrita il pavimento di pietra, con gli occhi vuoti. Harry rimaneva alla finestra, guardava fuori, non sapeva perché ma averlo detto ad alta voce gli faceva molto male. Però sapeva anche che era solo il primo passo per affrontarlo.

Hermione interruppe Ron che stava ancora imprecando contro Voldemort:

“Quindi vuoi dire che potresti anche morire?”

“Più precisamente ‘la mia vita terminerà con l’omicidio’, quindi o muoio, o divento assassino; bella scelta di vita!” disse Harry con lo sguardo ancora perso nel vuoto.

Ginny era ancora seduta con gli occhi fissi a terra, poi si alzò e prese Harry da dietro, lo girò e lo abbraccio forte. Harry non aveva mai ricevuto un abbraccio così, neanche dalla signora Weasley, che di solito lo stritolava. Lui affondò la faccia nel suo collo e l’abbracciò a sua volta. Non voleva farlo, ma non riuscì a trattenere le lacrime. Non voleva lasciarli, voleva passare tutta la sua vita con quelle persone, perché doveva essere proprio lui il prescelto? Non poteva essere come tutti i maghi sedicenni?

Avrebbe tanto voluto che si fermasse il tempo, tutto in quell’abbraccio, ma poi iniziarono a bussare alla porta. Era Seamus:

“Ragazzi, potete aprire la porta? Cosa state facendo lì dentro?”

“Ehm, arriviamo, un attimo!” disse Ron. Harry si sciolse dall’abbraccio e si asciugò gli occhi. Aprirono la porta e si trovarono davanti Seamus tutto sorridente:

“Ragazzi, dovete assolutamente vedere che succede di sotto, Neville…che avete tutti quanti?” disse vedendo Harry, Ginny e Ron stravolti e Hermione con gli occhi ancora pieni di lacrime.

“Niente, adesso veniamo giù!”

Scesero tutti e videro un gruppo di gente attorno a qualcosa, o qualcuno. Si fecero largo tra la folla e videro alcuni ragazzi che cercavano di slegare Neville da corde invisibili. Arrivò Hermione di corsa e con un colpo di bacchetta liberò Neville dall’incantesimo:

“Ma cosa ti è successo, chi ti ha fatto l’incantesimo? E’ stato Malfoy? Era andato in infermeria, forse è uscito e aveva voglia di divertirsi…”

“No, non è stato lui, anzi ha cercato di difendermi!”

“Cosa? Probabilmente tutte quelle botte che aveva ricevuto quando l’abbiamo incontrato gli hanno dato alla testa!”

“E’ così! Stato venendo verso la Sala Comune e l’ho incontrato. Stavo per scappare per paura che se la prendesse con me come al solito e lui ha detto che ero l’unica soddisfazione che gli ero rimasta, perché avevo ancora paura di lui…”

“Continua, va avanti!”

“Poi sono arrivati degli altri Serpeverde e hanno iniziato a prenderlo in giro, hanno detto che era un voltagabbana e un vigliacco, poi mi hanno visto e se la sono presi anche con me e lui ha detto di lasciarmi perdere che non c’entravo niente e ci hanno fatto l’incantesimo. Io sono riuscito a venire fin qui per chiedere aiuto, ma non riuscivo a parlare perché mi avevano tappato la bocca, ma lui è ancora là; hanno iniziato a prenderlo a calci…” Harry capì subito che anche se Malfoy era uno sporco bastardo e l’aveva sempre odiato, adesso doveva aiutarlo, perché era successo qualcosa e lui era cambiato. Voleva far luce su quella faccenda. Si alzò e corse fuori dalla Sala Comune, seguito da Ron e Hermione.

Percorsero tutto il corridoio di corsa, iniziarono a scendere le scale, ma in un angolo videro un fagotto nero sanguinante. Harry gli andò vicino e quando lo toccò, lui sussultò: “Calmati, Malfoy, vogliamo solo aiutarti! Dai, alzati, ti riportiamo in infermeria, poi ci racconterai tutto dall’inizio!”

“Non voglio il vostro aiuto! Non ne ho bisogno…posso farcela da solo!”

“Ma se non riesci neanche a stare in piedi! Dai, fatti aiutare! Senti, se non attacchi e difendi Neville nella stessa giornata hai sicuramente qualcosa!” disse Hermione che stava aiutando Harry.

“Malfoy, di certo non sei uno dei miei migliori amici, anzi se vuoi saperlo ti odio proprio con tutto il cuore! Se pensassi con gli organi genitali come fate tu e la tua famiglia ti lascerei qui per terra e continuerei a prenderti a calci fino a che non muori dissanguato, ma per tua fortuna ho un cervello e una coscienza!” disse Harry che si tratteneva a stento dal fare quello che aveva detto.

“Dai, fallo Potter, sfogati! Ma non parlarmi di quello schifo che tu chiami famiglia!”

Lo trascinarono fino all’infermeria e quando madama Chips lo vide disse:

“Lei dovrebbe imparare a difendersi signor Malfoy! Due volte in infermeria nella stessa sera! Sta cercando di battere il suo record, signor Potter!” Malfoy scoppiò a ridere, ma subito gemette di dolore.

“Ha un paio di costole rotte, ma si rimetterà in un baleno. Sarà meglio che rimanga qua stanotte, non vorrei che dovesse farmi un’altra visita durante la notte!”

Malfoy si lasciò medicare senza dire una parola e quando madama Chips ebbe finito, gli diede un pigiama e lo fece cambiare dietro le tende che aveva tirato intorno al suo letto. Quando si fu coricato i ragazzi, che avevano aspettato tutto il tempo seduti su un letto, gli andarono vicino e Harry disse:

“Ok Malfoy, sputa il rospo! Cosa diavolo sta succedendo?”

Malfoy teneva la bocca chiusa in un ostinato silenzio.

“Ok, se non vuoi parlare andrò personalmente dai tuoi amichetti e mi farò dire da loro come mai ce l’avessero tanto con te; e ti assicuro che io non mi farò prendere a calci!” Ci fu una pausa molto lunga e Harry stava per perdere la pazienza, ma…

“Mio padre mi ha fatto visita, durante l’estate,”a quelle parole Harry strinse i pugni per trattenersi dal picchiare qualcosa, o qualcuno “voleva che mi facessi marchiare, come uno di quegli animali! In quel momento mi resi conto di che svolta stava prendendo la mia vita e mi sono chiesto se era così che la volevo. Mi sono rifiutato di unirmi al Signore Oscuro e lui mi ha cacciato di casa; mia madre era contraria, ma questo le ha procurato solo molti lividi sulla faccia e una maledizione Cruciatus. Ho fatto i bagagli e sono andato al Paiolo Magico. Naturalmente la notizia si è sparsa tra i Mangiamorte e ora mi perseguitano perché non voglio diventare come loro!”

“Beh, io preferirei esser fustigato e torturato piuttosto che mettermi al servizio di uno sporco assassino!” disse Ron infuriato.

“Scommetto che metà Serpeverde è stata marchiata quest’estate. Ho sempre odiato tutti i Mezzosangue e i loro amici senza sapere perché, ma quando ho visto quel marchio ho capito tutto. Possono chiamarmi codardo quanto vogliono, anzi forse lo sono, ma non me ne importa niente.Io quello sfregio sul braccio non me lo lascerò mai fare!” Harry si alzò in silenzio, si avvicinò alla porta e disse:

“Scusate, vado a dormire!” e corse via. Non sapeva se credere a Malfoy. Sapeva che diceva la verità sul fatto che si era rifiutato di farsi fare il marchio, ma era impossibile che fossero cambiate le sue opinioni sui Mezzosangue e su di lui. Lo odiava troppo, odiava troppo suo padre, per poter vedere la verità. Inoltre non voleva fare un altro sbaglio; quando era morto Sirius si era ripromesso di non fidarsi mai di chiunque avesse avuto a che fare con i mangiamorte e con Voldemort.

Malfoy senior era un mangiamorte della peggior specie e Draco era suo figlio. Un principino sempre educato al male e a servire i più potenti per ottenere il potere; viscido e ripugnante, lo aveva detestato fin dal primo momento che l’aveva visto, per il suo modo di fare e di parlare. No, non poteva credergli, soprattutto dopo quello che gli avevano fatto lui, suo padre e tutti i suoi amici.

Corse fino alla Sala Comune, vi piombò all’interno e senza guardare negli occhi nessuno e senza dare spiegazioni a tutti i Grifondoro che erano rimasti ad aspettare per avere notizie dell’accaduto entrò nella sua stanza, tirò le tende intorno al suo letto e si mise a prendere a pugni il cuscino. Perché ad un problema se ne aggiungeva sempre un altro? Non aveva la vita già abbastanza incasinata? Si ricordò quello che aveva detto silente sull’Occlumanzia e si calmò. Aveva bisogno di liberarsi di tutti i suoi pensieri. Si mise a sedere sul letto a gambe incrociate e iniziò a svuotare la mente. Stranamente funzionava, si liberò di tutto quello successo nella sua vita, tutti i ricordi scivolarono via. Sembrava di galleggiare in un oceano senza il bisogno di trattenere il respiro. Si sdraiò e si addormentò immediatamente con i vestiti addosso. Quella notte non ebbe incubi.

 

 

 

E anche questo capitolo è finito…spero che lo recensiate! Vorrei ringraziare in modo particolare la mia sorellina a distanza, Stellalontana, e Sery118, una mia grande amica che in questo momento mi stanno sostenendo molto!! Ringrazio anche le poche persone che mi hanno recensito e spero che continuino…grazie!

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Capitolo 6
*** Il nuovo capitano di Quidditch ***


Capitolo 6

Capitolo 6

Il nuovo capitano di Quidditch

 

Per tutta la settimana Harry non fece altro che studiare e correre. Aveva trovato un ottimo modo per pensare: correre e fare molto esercizio fisico lo aiutava a riflettere con chiarezza. Tutte le mattine si svegliava alle cinque e correva, faceva flessioni, addominali e sollevamento pesi; all’ora di pranzo posava la sua borsa in dormitorio, mangiava velocemente e tornava a studiare un po’; di sera, dopo cena (pasto come sempre molto esiguo), finiva i compiti iniziati al pomeriggio e tornava ad allenarsi fino alle undici, poi andava a dormire a mezzanotte. Prima di addormentarsi vuotava la mente, per non fare incubi. Spesso usava la stanza delle necessità, facendola diventare la sua palestra personale. Tutta quella ginnastica gli permetteva di sfogarsi per tutto l’odio della sua vita, verso Voldemort, suo cugino, i suoi zii, Piton, i mangiamorte, tutti quanti. Non se n’era mai accorto, ma aveva accumulato un sacco di frustrazione e ormai non ce la faceva più.

Andò avanti così fino a sabato, il giorno del provino per entrare nella squadra di Quidditch. Harry Ron e Ginny si recarono al campo di Quidditch, negli spogliatoi si cambiarono in silenzio. Non avevano più parlato di quello che era successo; Hermione aveva provato a tirare fuori l’argomento, ma Harry l’aveva interrotta dicendo che doveva fare una cosa importante e se n’era andato in palestra. Anzi, non avevano parlato molto in generale. Harry non si faceva quasi mai vedere e quando stava con loro era troppo impegnato a studiare, e infatti i suoi voti si erano alzati parecchio.

Dopo aver indossato la divisa Harry andò nel suo ufficio per prendere l’equipaggiamento e andò in campo per provare l’ebbrezza del volo, che gli mancava terribilmente. Appena si alzò in volo sentì l’aria tra i capelli e schizzò via, tra le nuvole, e tornò giù giù, con una finta Wronsky perfettamente bilanciata. Dopo tutto, l’esercizio fisico non gli serviva solo a sfogarsi, ora riusciva a controllare meglio la sua Firebolt. Tornò a terra, dove ormai erano riuniti la squadra e i ragazzi per i provini. Appena mise i piedi a terra i nuovi ragazzi si misero ad applaudire.

Harry si avvicinò e salutò tutti, non si era preparato un discorso, ma sapeva esattamente quello che voleva:

“Dunque ragazzi, ho il compito di formare una squadra di leoni e voglio riuscirci, quindi desidero specificare che qui non c’è posto per i perditempo e per quelli che vogliono solo farsi notare. Qui si gioca a Quidditch e a chi non sta bene può anche andarsene!” Nessuno si mosse e Harry sperò che tutti avessero afferrato il concetto.

“Ok, dopo aver chiarito queste cose si può cominciare. Potete scaldarvi un po’, fate un paio di giri e qualche passaggio, poi inizieranno i provini!”

Harry aspettò che i ragazzi si fossero scaldati, poi, aiutato da Ron, liberò le palle, tranne il Boccino d’Oro. Quando tutti ebbero finito tornarono a radunarsi intorno a lui e così disse:

“Va bene, inizieremo dai Cacciatori. Vi esaminerò due alla volta e i risultati vi saranno comunicati al termine del provino! Iniziamo da voi due!” disse indicando due ragazzi “Come vi chiamate?”

“Michael Murray”

“Chud Starring”

“Ok ragazzi, provate a fare un’azione, io vi osserverò da qua!”

I due ragazzi più Ron e Ginny si alzarono in volo e iniziarono a giocare. Non se la cavavano niente male e non riuscirono a segnare per un pelo grazie a Ron, che era diventato parecchio bravo negli ultimi tempi, ma Harry sapeva che questo era dovuto in parte al fatto che Fred e George, i fratelli maggiori di Ron se n’erano andati dalla squadra e dalla scuola l’anno prima. Quando scesero, Harry disse:

“Bravi, potete aspettare fino alla fine del provino? Grazie!”

Dopo di loro, toccò a un ragazzo e a una ragazza. La ragazza ara bravina, ma niente al confronto di Ginny, mentre il ragazzo diede a Harry l’impressione di essere più femmina di lei. Le ultime due erano ragazze, ma tanto oche che quando una si spezzò un unghia prendendo la bluffa si misero a piangere entrambi. Così Harry andò da Michael e Chud, non aveva dubbi: i nuovi cacciatori erano loro.

“Ragazzi, il posto è vostro. Complimenti, siete molto bravi! Voi di che anno siete?”

“Del quarto!”

“Benissimo, allora facciamo le presentazioni, poi se volete potete restare per i provini per i battitori! Dunque, io mi chiamo Harry Potter…”

“Lo sappiamo, è un piacere conoscerti! Presumo sia vero tutto quello che si dice di te! L’anno scorso sei stato grandioso…”

“Sarà meglio che vi spieghi una cosa se volete andare d’accordo con me: non trattatemi come un eroe, perché non lo sono! Ok? Argomento chiuso! Comunque stavo dicendo: lei è Ginny Weasley e lui è suo fratello Ron. Va bene, vediamo di completare la squadra entro stanotte!” Quando se ne andò verso gli altri correndo Ginny gli andò dietro:

“Non c’era bisogno di essere così duro! Non volevano offenderti!”

“Ginny, tutti non vogliono, ma lo fanno! Non voglio fare il prezioso, ma sono stanco! Scusa, ma non possiamo parlare adesso!”

“Harry, non so se te ne sei accorto, ma è da una settimana che praticamente non mi parli. Sono la tua ragazza santo cielo! E la stessa cosa è per mio fratello e Hermione!”

Harry si voltò un po’ preoccupato. Aveva ragione, non poteva ricominciare a chiudersi in se stesso.

“Senti, ti prometto che stasera parleremo, ma adesso non possiamo. O se preferisci possiamo sempre limonare qua in mezzo!”

“Dai scemo, finiamo questi provini!” Ginny lo prese per mano e lo portò dai battitori.

“Ok, adesso passiamo alla scelta dei battitori. Faremo la stessa cosa, solo che, mentre gli altri fanno l’azione, voi dovete tenere lontani i bolidi. Tutto chiaro? Ok, allora iniziamo da voi due!” Erano due ragazze con una faccia seria. Sarebbero state perfette se fossero riuscite almeno a centrare i bolidi. Così Harry passò agli altri due ragazzi che conosceva bene, Colin e Dennis Canon.

“Ok, Colin Dennis, tocca a voi!” I ragazzi erano decisamente sovreccitati; si alzarono in volo e Harry liberò i bolidi. Si vedeva che si erano allenati molto e il risultato era ottimo. Li richiamò giù e disse:

“Congratulazioni ragazzi! I posti da battitori sono vostri! Ok, ora la squadra è al completo! Troverete gli orari degli allenamenti sulla bacheca in Sala Comune, potete andare!”

Si avviarono tutti agli spogliatoi, ma Harry voleva fare un po’ di allenamento per conto suo, prima di affrontare Ginny, Ron e Hermione. Prese l’ultima palla, il Boccino d’Oro e lo portò su con se. Erano le quattro del pomeriggio, e ci si vedeva ancora bene. Harry mollò la palla, gli diede il vantaggio di cinque minuti, sorvolando un po’ il campo, poi si lanciò all’inseguimento. Nel giro di un minuto stringeva già la piccola palla tra le dita, scese a terra e la mise al suo posto. Andò negli spogliatoi a farsi una doccia ghiacciata e andò a cercare Ginny, Ron e Hermione. Per quel giorno poteva anche non correre, o fare altro allenamento.

Li trovò in biblioteca che stavano confabulando e quando arrivò smisero subito. Immaginò immediatamente di cosa stessero parlando, o di chi.

“Ragazzi, non c’è bisogno che mi parliate alle spalle, sono qui! Lo so che mi aspetta la ramanzina, quindi avanti!” Si mise a sedere a cavalcioni su una sedia e si preparò.

“Harry, noi non vogliamo farti nessuna predica! Siamo solo tutti d’accordo sul fatto che dovresti rallentare! Dopo quello che è successo l’altro giorno, non ti abbiamo praticamente più visto e come se non bastasse mangi meno di prima. Fare del movimento ti fa bene, ma non puoi sforzare il tuo corpo in questo modo, ci rimarrai secco!” disse Hermione tutto d’un fiato.

“Beh, così avrete un problema in meno di cui occuparvi!” non voleva dirlo, ma gli era scappato. In quegli ultimi tempi ci aveva pensato parecchio e gli sembrava di essere sempre un peso e una preoccupazione per tutti.

“Dai Hermione, ammettilo! Ormai sono diventato solo un altro problema da risolvere per te!”

“No, non è così…”

Ginny si alzò senza dire una parola e gli diede un ceffone in piena faccia, poi improvvisamente, gli lanciò le braccia al collo e lo baciò impetuosamente. Harry rimase molto sbalordito, non aveva mai ricevuto un bacio così, come se ne dipendesse la vita di entrambi. La guancia gli bruciava per lo schiaffo che Ginny gli aveva dato. Non riusciva a capacitarsi di aver detto quelle cose così crudeli alla sua migliore amica che l’aveva sempre aiutato quando era nei guai. Non appena Ginny si fu staccata, Harry andò da Hermione e l’abbracciò:

“Scusa piccola, non volevo!”

“Non preoccuparti, lo so. Ma adesso è ora di affrontare la situazione: per prima cosa devi iniziare a mangiare di più, altrimenti con tutta quella palestra ci rimarrai secco. Però credo anche che ti faccia bene, ti aiuterà quando dovrai combattere contro Voldemort! Questa è la seconda cosa, devi iniziare ad allenarti anche psico- logicamente a quello che ti aspetta con l’occlumanzia eccetera. Sappi che noi tre siamo a tua disposizione per fare esercizio. L’ultima cosa è parlare con Malfoy, ne abbiamo discusso parecchio e io e Ron pensiamo che non menta, ma è meglio parlare con Silente tutti insieme, lui è un bravo Legilimens, si accorgerà subito se non sta dicendo la verità! Comunque sta a te decidere, la vita è tua…”

“Sì, ma voi ne fate parte, decideremo insieme! E’ ora di prendere in mano la mia vita!”

“Andiamo da Silente!”

Harry mise un braccio intorno alle spalle di Ginny e la strinse a se. In quel momento le voleva più bene che mai, l’aveva risvegliato dall’ipocrisia. Era contento che ci fossero i suoi amici, perché ultimamente avrebbe perso la strada un po’ troppo spesso, ma loro l’avevano sempre aiutato e mai abbandonato, mai dubitato di lui.

Andarono in cerca di Malfoy, lo cercarono dappertutto e alla fine lo trovarono in riva al lago. Harry si avvicinò e disse:

“Ehi, dobbiamo parlare!”

“Guarda chi si rivede! Se ti parlo scapperai via un’altra volta? Sai, vorrei prepararmi…”

“Malfoy, hai sempre un pugno che ti aspetta se non chiudi quella boccaccia! Se sono qui è perché non sono un grandissimo bastardo come tuo padre. Adesso tu verrai con noi, oppure puoi rimanere solo come un cane per il resto della tua vita!”

“Ehi Potter, calmati! Stavo scherzando…di che mi dovete parlare?”

“Seguici e lo scoprirai!” Harry lo tirò un po’ per il colletto della divisa e Malfoy si alzò. Entrarono a scuola e si diressero al secondo piano, Harry era in testa al gruppetto, deciso per quello che stava facendo. Arrivarono davanti ai Gargoyle dell’ufficio di Silente…e in quel momento si ricordò che non sapeva la parola d’ordine:

“Hermione, c’è un piccolo problema: come facciamo ad entrare se non sappiamo la parola d’ordine?”

“Non lo so! Sei tu quello che è stato una miriade di volte nell’ufficio di Silente. Pensane una e tira a caso!”

“Posso provare, ma è un po’ difficile, considerando che potrebbe essere qualunque cosa! Vediamo…’ghiacciolo al limone ’!” I Gargoyle rimasero fermi dove erano.

“No, evidentemente l’ha cambiata dall’anno scorso! Allora proviamo con ‘Zuccotti di Zucca ’!” Questa volta i Gargoyle scattarono di lato e i ragazzi poterono salire sulle scale a chiocciola che conducevano all’ufficio del preside; arrivati davanti alla porta, Harry bussò. Dall’interno una voce disse:

“Avanti!” I ragazzi entrarono e Malfoy dovette essere spinto da Ron per varcare la soglia dell’ufficio.

“Scusi, professore! Abbiamo bisogno di parlarle di una cosa!” Alla vista di Malfoy Silente ebbe un lampo negli occhi, come se fosse lievemente sorpreso; però quella scintilla scomparve immediatamente.

“Entrate ragazzi! Di cosa mi dovete parlare?”

“Veramente è Malfoy che ha qualcosa da dirle! Volevamo un suo parere sulla faccenda e magari un consiglio!”

“Sto ascoltando!” Il preside si sistemò sulla sedia e appoggiò la testa ad una mano. Harry diede una gomitata a Malfoy, come segno che cominciasse a parlare e il ragazzo ripeté la storia della sua estate al preside. Quando finì, Silente si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, senza parlare. Passò un po’ di tempo, poi Harry disse:

“Professore…cosa ne dice?”

“Oh, scusate! Stavo pensando…comunque credo che il signor Malfoy dica la verità e questo implica che dobbiamo trovargli una sistemazione per l’estate. Non può vivere al Paiolo Magico tutta l’estate è troppo costoso e suppongo che Lucius Malfoy non gli abbia lasciato molti soldi…”

“Non pronunci quel nome!” ringhiò Harry stringendo i pugni. L’odio profondo che nutriva nei confronti di quell’uomo lo invase non appena ne sentì pronunciare il nome.

“Scusa Harry, ma non puoi continuare a temere un nome! E’ lo stesso motivo per cui spingo la gente a pronunciare il nome di Voldemort, comunque di questo parleremo un’altra volta!”

“Io non ne ho paura, io odio la persona che lo porta!” fece un respiro profondo per calmare i nervi, poi disse: “Allora dove andrà ad abitare?”

“Ci penseremo quando sarà il momento. Le vacanze potrà passarle a scuola, se non ha altro da fare, che ne dice signor Malfoy?” il ragazzo alzò le spalle e il preside continuò:

“Quello di cui dobbiamo occuparci adesso è la tua incolumità!”

“In che senso? Non pensa che possano venire a cercarmi qui dentro, vero?”

“Magari non i mangiamorte adulti, ma Hogwarts è piena dei loro figli…che, se non sbaglio, se la sono già presa con te, Draco. Non credo che sia finita qua per loro: se non l’hanno già fatto, è probabile che presto si uniranno a Voldemort e lui non permette a nessuno di farsi scaricare!”

“Grazie, così mi sta tranquillizzando molto! Forse correvo meno rischi ad unirmi a loro…”

“Sporco vigliacco! Lo sapevo che a te non interessano il bene o il male, a te interessa solo la tua pelle! Lo sapevo che non te ne frega niente di tutte le persone che Voldemort ha ucciso e che vuole ancora uccidere!” Harry si era voltato verso Malfoy con lo sguardo carico d’ira, sapeva fin dall’inizio che quello che diceva era tutto dettato dalla codardia.

“Harry, calmati! Non è il momento di giudicare…”

“Certo, tanto non è lui che ci deve rischiare inevitabilmente le penne! Non vorremo certo che il principino si faccia male!” Harry era infuriato, non riusciva a credere che Silente concentrasse tutte le sue attenzioni su una persona che fino a pochi mesi prima faceva parte dei nemici. Harry era infastidito da tutto quello che riguardava i Malfoy. Silente disse:

“Nessuno mette in dubbio il fatto che tu dovrai mettere in pericolo la tua vita, ma adesso dobbiamo occuparci di questa faccenda!” Silente lo guardò con uno dei suoi sguardi penetranti. Harry si rese conto di come avesse attaccato il preside verbalmente, seppur la cosa fosse capitata anche l’anno prima, quando era morto Sirius. Ma ultimamente i suoi scatti nervosi erano peggiorati parecchio; non riusciva a capire perché Ron e Hermione fossero ancora i suoi migliori amici e come mai Ginny stesse ancora con lui dopo quella settimana. Forse dopo avergli raccontato la profezia provava pena per lui e non aveva il coraggio di lasciarlo, insomma chi vuole stare con qualcuno scontroso e irascibile? Prese la sua borsa e disse:

“Scusate, mi è venuto in mente che devo fare una cosa…” e se ne andò di corsa dall’ufficio del preside senza dire nient’altro. Andò nella Stanza delle Necessità e tirò fuori pantaloncini e maglietta, che ormai si portava ovunque. Pensò alla palestra e subito la stanza si trasformò in essa. Si mise a fare tutti gli esercizi possibili, non aveva detto a nessuno dove andava ad allenarsi, così sperava che nessuno lo disturbasse, ma quando mai quello che voleva lui si avverava? Dopo qualche minuto sentì bussare alla porta:

“Harry, sei qui dentro?”

“No, non c’è nessuno!”

“Dai, non fare l’idiota e fammi entrare!”

“E’ aperto!”

Continuò a fare sollevamento pesi, senza guardare il suo visitatore, sapeva benissimo di chi si trattava:

“Cosa vuoi Ginny?”

“Vedere come stavi e sapere perché sei scappato via in quel modo! Con Malfoy posso capire, lui fa ribrezzo, ma con Silente non ne capisco il motivo!”

“Ginny, perché stai ancora con me? Perché tutti voi mi state ancora vicini, nonostante tutto quello che vi ho fatto, tutte le volte che vi ho aggredito?”

“Harry, io sto con te perché ti amo, ti ho sempre amato, ormai avevo imparato a conviverci, ma poi mi hai chiesto di stare con te e…eccomi qui! Io voglio stare con te, e per quanto riguarda gli altri, continuano a starti vicini per il semplice fatto che ti vogliono bene! E adesso mi vuoi dire come mai te ne sei andato?”

“Volevo rimanere solo…per evitare di aggredire qualcun altro!”

Harry si fermò di sollevare quei macigni di ferro e li appoggiò sui sostegni, Ginny si chinò e lo abbracciò:

“Sei tutto sudato!”

“Lo so! Ho un’idea, stasera usciamo!”

“Ma non possiamo uscire dal castello di sera!”

“Andiamo Ginny, sei stata tu a dirmi che non c’è niente di impossibile da fare, se hai abbastanza fegato per farlo! Poi io sono uscito un sacco di volte di notte!”

“Sì, ma io no! Però mi va di uscire e se questo serve a tirarti su, allora vengo! Per il mio capitano questo e altro!”

Uscirono dalla stanza e tornarono al dormitorio, dove Harry si fece una doccia e si rase la barba. Era stufo dei peli incolti che gli crescevano in faccia; fino ad all’ora non ci aveva pensato, ma adesso voleva apparire al meglio per uscire con Ginny, voleva farle una bella sorpresa perché sentiva che doveva farsi perdonare.

Si vestì e andò ad aspettarla nella Sala Comune, dove c’erano Ron e Hermione che facevano i compiti, o meglio, Hermione faceva i compiti e Ron la guardava con gratitudine: evidentemente il ragazzo aveva trovato il modo di convincere l’amica ad aiutarlo.

“Ragazzi, cercavo proprio voi! Volevo scusarmi per la settimana scorsa, ma anche per prima, non avevo intenzione di offendere nessuno andandomene in quel modo. Non ce l’avevo con voi o con Silente, ma solo con me stesso! Scusatemi!”

“Non ti preoccupare, non è successo niente, noi abbiamo capito e sicuramente anche Silente! Ricordati che lui è un Legilimens, percepisce i sentimenti degli altri! Scusa Harry, ma perché sei così elegante? Ti sei fatto anche la barba, meno male, almeno così posso vederti il viso! Scusa se te lo dico, ma stai meglio senza!”

“Lo terrò presente! Devo uscire con Ginny; a proposito, ho bisogno del vostro aiuto! Quali sono i fiori preferiti di Ginny?”

“Lo so io! I Gladioli…” disse Ron, ma fu subito interrotto da Harry:

“Ma che razza di fiori sono?”

“Sono dei fiori bellissimi, guarda!” Hermione fece un vortice con la bacchetta e apparvero dei fiori rosa, rossi, blu e gialli.

“Scegli tu il colore, ma tieni conto che il colore preferito di Ginny è il blu, quindi…”

“…quelli blu vanno benissimo! Grazie, sei un angelo!” Le diede un bacio sulla guancia e fece apparire con lo stesso movimento eseguito da Hermione un intero mazzo di Gladioli blu. Fece appena in tempo a nascondere i fiori dietro la schiena che Ginny scese dalle scale del dormitorio femminile.

“Quanto siamo eleganti! Fai proprio sul serio!”

“Te l’ho detto che voglio farmi perdonare e comunque anche tu sei bellissima e…questi sono per te!” gli diede i fiori e Ginny ne rimase estasiata. Harry la baciò prima che potesse dire qualcosa e, presala per mano le disse:

“Andiamo!”

“Dove vuoi portarmi?”

“E’ una sorpresa!”

Prese il mantello dell’invisibilità di suo padre vi si nascose con Ginny. Scesero nell’ingresso e uscirono dalla scuola. Harry condusse Ginny verso il lago, dove erano state messe delle candele galleggianti e in mezzo al prato c’era un tavolino. La serata era fresca e ventilata e l’atmosfera era perfetta; Harry fece accomodare la ragazza stupita e chiamò:

“Dobby, vorremo ordinare!”

Un piccolo elfo vestito da cameriere con tanto di fazzoletto bianco sul braccio arrivò di corsa con due fogli di pergamena:

“Ecco a voi i menu. Chiamatemi quando avete finito, buona serata, signor Potter signore e signorina Rossa!”

Ginny allora si voltò verso Harry e disse:

“Ma come hai fatto, tutto questo…e se un professore ci vedesse dalla finestra?”

“Stai tranquilla, si occuperà di tutto Dobby, noi dobbiamo solo divertirci! Ora ordiniamo, molto stranamente mi è venuta fame!”

Harry appena tornato in camera sua dopo il suo colloquio con Ginny aveva chiamato Dobby e gli aveva chiesto questo piccolo piacere e l’elfo non si era fatto pregare.

La cena procedeva tranquillamente, si divertivano un sacco a parlare dei ragazzi del provino e a prendere in giro quelli più imbranati. Harry non ricordava l’ultima volta che aveva riso così, o di aver mai parlato in quel modo con Cho. Ginny era semplicemente incredibile, era una delle poche ragazze che non si preoccupava solo del trucco o di quanti chili doveva perdere, lei era una vera.

Quando finirono di mangiare, chiesero il dessert; Harry aveva pensato molto come stupire definitivamente Ginny e aveva avuto un’idea fantastica. In realtà gliel’aveva fatta venire un film visto tempo fa a casa degli zii, dove un uomo doveva chiedere alla sua ragazza di sposarlo, solo che lui doveva dirle qualcos’altro. Così Harry chiamò di nuovo Dobby e gli disse di portare la sorpresa.

“Che cos’è la sorpresa?”

“Lo vedrai fra poco!”

Dobby arrivò con una grossa torta alla panna e la pose davanti a Ginny e Harry, che intanto era andato vicino alla ragazza. Appena visto la torta Ginny rimase a bocca aperta e disse:

“Per la barba di Merlino, Harry!”

Sull’enorme torta era scritto con la glassa ‘Ti amo anch’io!’

Harry  fece alzare la ragazza, la voltò e guardandola negli occhi disse come un divo del cinema:

“Ginevra Weasley, ti amo!” e la baciò con tanta passione da far scoppiare un incendio in mezzo al lago. Rimasero abbracciati per un tempo che sembrò loro infinito. Dopo essersi staccati decisero di mangiare un po’ di torta, ma era talmente grande che non sarebbero mai riusciti a mangiarne neanche un quarto, così decisero di portarla alla Sala di Grifondoro e mangiarla con gli altri. Ringraziarono molto Dobby e Harry lo pagò per quello che aveva fatto per lui:

“No Harry Potter, signore, non voglio essere pagato da lei, è un piacere servirla!”

“No, Dobby, insisto. Devi essere pagato per i servizi che offri, da chiunque, e inoltre questo è un favore che mi hai fatto contro il regolamento…potresti essere punito, quindi accettali!” disse Harry porgendogli cinque galeoni. Dobby li prese timidamente:

“Lei è molto gentile Harry Potter, signore!”

 Harry e Ginny tornarono al castello mano nella mano, sotto il mantello dell’ invisibilità. Iniziava a fare freddo e Ginny si strinse contro Harry; lui se ne accorse, così si tolse la giacca gliela mise sulle spalle, rimanendo in camicia e cerando di non rabbrividire.

Arrivarono alla Sala Comune con la torta in mano e quando entrarono videro che era ancora piena; d'altronde l’indomani era domenica e gli studenti ne approfittavano per stare in piedi oltre le undici.

Appena entrati furono investiti dal calore del fuoco acceso nel caminetto e si tolsero il mantello. Raggiunsero Ron e Hermione, seduti nelle loro poltrone preferite insieme a Neville, Dean e Seamus:

“Ehi ragazzi! Che cosa avete fatto stasera?”

“Siamo stati qui tutto il tempo a sentire le buffonate di Ron!”

“Io non dico buffonate, commento solo le altre persone in modo simpatico! Voi piuttosto, cosa avete fatto?”

“Siamo stati fuori…”

“Harry mi ha portato fuori a cena. Questa non abbiamo avuto il coraggio di mangiarla tutta, così abbiamo pensato a voi. O meglio, ho pensato a quel maiale di mio fratello che mangerebbe qualunque cosa gli si metta davanti!” Mentre parlava mise la torta sulla tavola e gli occhi di Ron si illuminarono vedendo l’enorme torta alla panna:

“E mangio più volentieri se mi mettono davanti una gigantesca torta alla panna…che a quanto pare mi ama!”

“Ehm…quella è una sorpresa che le ho fatto…non fateci caso!”

“Oh, Harry, come sei romantico! Quanto mi piacerebbe una dichiarazione del genere!” Hermione lanciò un’occhiataccia a Ron, che intanto aveva tagliato una fetta di torta e si stava dedicando interamente a lei. Harry le sorrise, sapeva fin troppo bene della cotta esasperata che la ragazza aveva per Ron e ne aveva abbastanza delle litigate dovute agli attacchi di gelosia di Ron:

“Vedrai che prima o poi succederà…”

“Prima poi che prima!” Harry rise, si ripromise di darle una mano, voleva che anche i suoi migliori amici fossero felici come lo erano lui e Ginny.

“Forza ragazzi mangiate!”

“Grazie Harry! E’ una vera delizia, amico! Ma dove l’hai presa?”

“Puoi permetterti di mangiare qualunque cosa se liberi un elfo domestico da una famiglia come i Malfoy!” Poi gli venne in mente la chiacchierata di quel pomeriggio e chiese piano all’orecchio di Hermione:

“A proposito, cosa ha deciso Silente riguardo Malfoy?” Con sua grande sorpresa Hermione parlò a voce alta:

“Ha concluso che dal momento che è rimasto solo al mondo e gli unici in grado di aiutarlo siamo noi…beh, insomma…dovremo sforzarci…di…essergli amici! Dai, Harry, provaci. Se gli parlassi un po’ capiresti che sotto l’aria da gradasso, c’è solo un ragazzo che ha paura…”

“…vorresti dire vigliacco e codardo! Se silente spera che in otto e quattr’otto io e Malfoy diventiamo grandi amiconi, si sbaglia di grosso!” Stava iniziando a urlare e ad aggredire di nuovo Hermione:

“Scusate, comunque adesso sono stanco, vado in camera mia! Ginny, mi accompagni?” poi notando lo sguardo preoccupato di Ron aggiunse: “Ehi, non ti preoccupare, voglio solo stare un altro po’ con lei…”

“Non mi preoccupo per lei, si sa difendere! Io sono preoccupato per te!”

“Senti, sto bene, ho detto che sono stanco e basta, a proposito domattina non mi cercare, vado a correre e poi in palestra…”

“Scusa, ma i compiti quando li fai?”

“Li ho già finiti! Andiamo!”

Lui e Ginny se ne andarono nel dormitorio maschile. Quando furono dentro Harry chiuse la porta dietro di se.

“Harry stai davvero bene?”

“Credo di sì, ma non me la sento proprio di socializzare con tipi come Malfoy. Io non ne sopporto neanche il nome, io…io…”

Ginny gli andò vicino e gli accarezzò la schiena. Si sdraiarono sul letto e Harry l’abbracciò; l’amava veramente, era l’unica che in quel momento riuscisse a calmarlo. Si addormentarono in quel modo e furono svegliati da Ron che veniva a letto, così Ginny se ne andò.

 

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Capitolo 7
*** Tutti contro uno ***


Capitolo 7

Capitolo 7

Tutti contro uno

 

Le giornate si rinfrescavano sempre di più e la prima partita di Quidditch si avvicinava. Gli allenamenti si erano resi più frequenti; tutti i giorni Harry si alzava alle cinque e -come al solito- correva e faceva i suoi esercizi; dopo le lezioni del pomeriggio ci sarebbe stato l’allenamento di Quidditch. Nonostante la tensione che andava aumentando tra i membri della squadra con l’avvicinarsi della partita, Harry era stranamente calmo, cosa insolita per i capitani. La prima partita della stagione era contro Corvonero e Harry era deciso a dimostrare a tutti che la squadra che aveva costruito era forte come le precedenti, ma soprattutto voleva far vedere a Cho Chang che non bastavano un bel faccino e un paio di lacrimucce per vincere a Quidditch.

Harry aveva ripreso a consumare pasti esigui e Ginny, Ron e Hermione tornarono ad essere molto preoccupati per lui. La sera prima della partita Harry era andato a cenare più tardi del solito perché era stato in ‘palestra’. Mentre mangiava –insalata di lattuga e formaggio- arrivò Ginny di corsa:

“Ehi, scusa, tu! Uomo muscoloso! Non lo sai che per mantenere un fisico del genere bisogna mangiare molto?” la massa muscolare di Harry era aumentata parecchio da quando aveva iniziato a fare palestra e questo gli aveva procurato gli sguardi di molte ragazze nei corridoi.

“Lo so, infatti è quello che faccio!” e le diede un bacio.

“Una foglia di lattuga e una misera fettina di formaggio non mi sembra mangiare molto!”

“Sei pronta per domani? Finalmente potrò far vedere a tutti la mia arma segreta!”

“Vale a dire?”

“Tu” In quel momento arrivò Malfoy e si mise a sedere con loro. Era abbastanza frequente, ma di solito lo faceva quando c’era anche Hermione, che riusciva a dargli un calcio negli stinchi quando diceva qualcosa di irritabile per Harry, che ancora non riusciva a sopportarlo.

“Allora ragazzi, siete pronti per la partita di domani?”

“Certo!” disse freddamente Harry.

“Mai stata tanto pronta! Li stracceremo! Scommetto che quell’oca della Chang allagherà il campo quando perderanno!”

“Io invece scommetto che ci proverà con Potter!” scattò subito Malfoy senza riuscire a trattenersi.

“Malfoy, conterò fino a tre, se quando avrò finito sarai ancora qui, giuro che non risponderò delle mie azioni! Adesso non c’è Hermione a proteggerti!” Malfoy fece un sorrisetto divertito e disse:

“Siamo nervosetti stasera! Va beh, mi sa che vado a cercare la Granger e Weasley!” e corse via.

“Non lo sopporto proprio!” Ginny cercò di cambiare argomento, voleva che restasse rilassato fino alla partita.

“Dai, non pensare a lui! Piuttosto, mangia di più che è meglio!”

“Ti prego, non insistere con questa storia, io mangio quando ho fame!” Ginny sospirò esasperata. Era un argomento tabù anche quello. Harry si alzò e andò in camera sua, voleva rimanere concentrato, per la partita del giorno dopo. Si sentiva sottopressione, come se da quell’evento dipendesse il suo onore. Sarebbe stata messa alla prova la squadra che aveva costruito e allenato lui. Si chiedeva se Baston e Angelina s’erano sentiti in quel modo per ogni partita.

Rimase sdraiato sul suo letto tutta la sera, non rispondendo a nessuno, concentrandosi solo sul giorno dopo. Intanto si accorse di quanto un solo anno fosse riuscito a cambiarlo; le cose successe l’anno scorso l’avevano segnato profondamente e gli avevano fatto capire che per causa dei capricci di una sola persona lui stava perdendo tutte le persone a cui teneva di più.

 

La mattina dopo Harry si alzò al suono della sveglia. Non aveva fatto gli esercizi per chiudere la mente e aveva di nuovo fatto uno dei suoi terribili incubi. Era da parecchio che non gli succedeva; questa volta nel sogno c’era Voldemort che lo torturava con la maledizione Cruciatus, poi usava lo stesso incantesimo su tutti i suoi amici, uno dopo l’altro, finché tutti non morivano straziati dal dolore; ma la cosa più brutta era che lui rimaneva a guardare senza fare niente.

Per scrollarsi di dosso queste immagini orribili si fece una doccia fredda, poi andò a fare colazione da solo. Quando ebbe finito prese la sua Firebolt e la sua divisa e andò agli spogliatoi. Si cambiò e si chiuse nel suo ufficio per ripassare gli schemi di gioco che aveva ideato. Dopo mezzora iniziarono ad arrivare anche gli altri membri della squadra e li sentì parlare fra loro:

“Ragazzi, quanto sono nervoso!” disse Colin.

“Già, anch’io! Non so come faccia Harry ad essere così rilassato! Io do i numeri da una settimana per questa partita! A proposito, dov’è andato a finire?” disse Chud.

“Non ne ho idea! Stamattina quando mi sono svegliato non c’era, di solito mi avrebbe lasciato un biglietto, ma è semplicemente sparito!” disse Ron in pensiero.

“Ma si farà vivo vero?”

“Spero tanto di sì! Senza di lui non abbiamo possibilità di vincere!”

“Secondo me non era così calmo come sembrava! Per tutta la settimana è stato strano! Ieri sera per poco non saltava addosso a Malfoy; se aveste visto i suoi occhi avreste avuto paura!” disse Ginny, ricordandosi l’episodio della sera prima. Harry rimase stupito, non si aspettava che Ginny parlasse in quel modo di lui alle sue spalle.

“Sì, se devo dire la verità a volte mi fa paura, quando si mette ad urlare durante gli allenamenti per cose da nulla! Mi vengono in mente le voci che giravano su di lui l’anno scorso e mi chiedo se ci fosse un fondo di verità!” Harry aveva sentito abbastanza. Non si sarebbe mai aspettato nulla del genere da nessun componente della sua squadra. Uscì dal suo ufficio prima che qualcuno avesse il tempo di dire qualcos’altro.

“Penso proprio che sia ora di andare!”

Tutti rimasero molto stupiti nel vederlo lì, in mezzo alla porta con uno sguardo omicida.

“Harry quello che hai sentito…noi…”

Harry non stette a sentire, si diresse alla porta che portava al campo, senza dire una parola a nessuno, poi uscì sul campo annunciato da Dean Thomas, che sostituiva Lee Jordan nel lavoro di cronista. Strinse la mano al nuovo capitano di Corvonero, Cho Chang, che gli rivolse un sorriso mieloso, corrisposto da uno sguardo impassibile, e al fischio di Madama Bumb si alzò in volo, sfrecciando subito verso l’alto, per avere la sensazione di allontanarsi da tutti. Però dovette tornare immediatamente giù per controllare il gioco.

Harry restò per qualche minuto a sorvolare il campo e assistette a un goal peno- sissimo ricevuto da un Corvonero. Harry imprecò:

“Ron, maledizione, tieni d’occhio quelle dannatissime porte! Sei un portiere, non un acchiappa farfalle!”

“Scusa…”

Harry volò via; si mise di nuovo a sorvolare il campo e gli passò vicino Cho, anche lei in avvistamento.

“Visto qualcosa?”

“Sarei ancora qui, secondo te?”

“No…comunque, stai ancora con la Weasley?”

“Forse sì e forse no, ma non mi sembra sia il momento questo!”

“Uh, c’è aria di burrasca! Nel caso ti andasse…vorresti uscire con me?”

“Scusami, adesso ho da fare!”

Aveva visto il familiare luccichio dorato in un angolo in basso e sfrecciò da quella parte. Evidentemente Cho usava la tattica di sempre, tallonandolo, ma ben presto Harry riuscì a seminarla. Intanto il boccino era sparito e lui tornò a sorvolare dall’alto. Passò qualche minuto e finalmente lo vide di nuovo e scattò in avanti per raggiungerlo, ma in quel momento venne colpito con gran forza sulla schiena da un bolide e rischiò di essere disarcionato. Si rimise in sella senza fatica e si voltò per vedere dove fossero i battitori; fece appena in tempo a vedere un altro bolide che si dirigeva a tutta velocità verso la sua testa e riuscì a chinarsi, per evitarlo. Ogni volta che cercava di avanzare era attaccato dai bolidi che cercavano di urtarlo.

Era già successo che, durante una partita, un bolide prendesse di mira solamente lui, perché era stato incantato, ma come Harry riuscì a capire subito, i bolidi non agivano da soli, ma erano spinti dai battitori, tutti i battitori. Dal momento che voleva vincere quella partita più di ogni altra cosa al mondo, prese l’unica decisione sensata. Prese la spinta e si buttò in avanti. Volò come non aveva mai volato in vita sua, con tutta la velocità e l’agilità di cui era capace e in un batter d’occhio raggiunse la pallina dorata e l’afferrò.

In quel preciso istante venne colpito con una forza maggiore di quella del bolide in pieno petto da una mazza. Cadde a terra dall’altezza di dieci metri, aveva l’impressione di essersi rotto qualcosa, ma in quel momento l’ira superava il dolore; riuscì faticosamente ad alzarsi a rialzarsi, la testa gli girava terribilmente, ma richiamò ugualmente la sua Firebolt. Risalì e si alzò di nuovo in volo, per andare a dire due paroline al giocatore di Corvonero che gli aveva dato il colpo. Era molto arrabbiato per quel gesto, ma anche per il gioco dei suoi compagni battitori.

Quando arrivò vicino al ragazzo, però, gli si parò davanti uno spettacolo strano. Tutti i giocatori sul campo gli andarono di fronte; si trovò davanti Grifondoro e Corvonero, negli occhi di tutti c’era una luce strana, come se fossero iniettati di sangue.

Senza che nemmeno se ne accorgesse si ritrovò tutti addosso; tre ragazzi lo presero da dietro e lo tennero fermo, mentre tutti gli altri iniziarono a picchiarlo violen- temente. Vedeva arrivare pugni e calci dovunque e per quanto si divincolasse non riusciva a liberarsi. Era sicuro di avere le costole un braccio e una gamba rotte, il dolore gli impediva persino di urlare, però ad un certo punto sentì uno strano schiocco ed era sicuro che non si trattava di qualcuna delle sue ossa, ma della sua scopa. Questo non poteva proprio sopportarlo, poteva essere ammazzato di botte dalla sua squadra, il suo migliore amico e le sue ex ragazze, ma non permetteva a nessuno di scalfire anche solo lievemente la scopa che gli aveva regalato Sirius, uno dei pochi ricordi che ormai lo legavano a lui.

Con una forza sovrumana, e probabilmente aiutato anche dalla magia, fece volare tutti via. Non sapeva come, ma anche senza scopa riusciva e combattere la forza di gravità e librarsi in aria; solo all’ora si accorse della potente aura che lo avvolgeva e della forza che sprigionava. Mai avrebbe immaginato di possedere una forza del genere. Iniziò ad urlare: tutta la rabbia per le ingiustizie che continuamente gli venivano inflitte trovarono una parziale valvola di sfogo, perché era sicuro che non sarebbe mai riuscito a liberarsi di quel dolore. Quando finì di urlare perse i sensi, per l’ennesima volta, in quei mesi.

 

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Capitolo 8
*** Il risveglio ***


Capitolo 8

Capitolo 8

Il risveglio

 

Quando si risvegliò era in infermeria, era notte fonda; provò ad alzarsi, ma si rese conto dei quintali di gesso che aveva addosso. Improvvisamente si ricordò della sua scopa, era certo che fosse finita come la sua Nimbus 2000, che al terzo anno era finita contro al Platano Picchiatore. Si mise una mano sulla faccia, era niente meno che disperato. Cos’aveva fatto di male per meritarsi quello? Che male tremendo aveva commesso per meritarsi quella vita?

Si voltò e vide che Hermione era addormentata sul suo letto. In tutto quel trambusto era l’unica che non l’avesse tradito, ma era fin troppo sicuro che prima o poi avrebbe cercato di giustificare il comportamento di Ginny, Ron e gli altri. Ma ormai aveva deciso, quella mattina stessa avrebbe dato le sue dimissioni non solo dal ruolo di capitano, ma anche dalla squadra. Era troppo grande l’affronto che gli avevano fatto. Prima gli parlavano alle spalle, poi lo picchiavano a sangue e in fine distruggevano l’unica cosa che gli desse sollievo e in cui riuscisse bene, la sua Firebolt e il Quidditch.

Cercò di mettersi seduto e svegliò Hermione:

“Harry!! Grazie al cielo! Sei stato in coma per tre giorni buoni! Madama Chips non era sicura del tuo risveglio, ero disperata, anche i tuoi compagni…e Ron…e Ginny! Si sentono tutti terribilmente in colpa! Sono venuti a trovarti, ma Ginny s’è sentita male e Ron l’ha portata via! Ti hanno mandato tutti un sacco di regali e…”

“Hermione, fermati un attimo, respira! L’unica cosa che mi importa è che fine hanno fato i resti della mia scopa! Se gli hai permesso di buttarli, giuro che non ti rivolgerò mai più la parola!”

“Harry calmati! La Firebolt sta benissimo il professor Silente se n’è occupato perso- nalmente!” Harry fu invaso dal sollievo, l’avrebbe abbracciata se non fosse stato impacchettato come un salame. Mentre si muoveva fece una smorfia di dolore.

“Ti hanno rotto quasi tutte le ossa del corpo, Madama Chips ha preferito ricorrere al gesso babbano per non danneggiare niente, ma non dovrai tenerlo tutto quel tempo. Lo sforzo che hai fatto per liberarti ha peggiorato le cose! Oh, Harry facevi paura, sembrava che volessi ucciderli! Li hai scaraventati via tutti quanti e sono caduti tutti quanti a terra, non si è più avvicinato nessuno! C’era un aura tutta azzurra…sembrava che non fossi neanche…umano!”

“Non so neanche io come ho fatto, quando ho visto la mia scopa rompersi ho pensato a Sirius, poi ai miei genitori ed è come se mi esplodessero le viscere! Hermione…io volevo uccidere!”

“Ma non l’hai fatto! Prima ho parlato con Silente e ha detto che è quello il grande potere con cui combatterai V-Voldemort! Comunque adesso riposati un’altra oretta, tra un po’ sarà mattina e verranno a trovarti Ron e Ginny, ora che ti sei svegliato…”

“Cosa? Potranno darmi il colpo di grazia? Useranno un po’ di violenza psicologica, poi magari una bella spranga di ferro! Sai, questo dito non è ancora rotto e…certo, anche il cranio!”

“Harry, ma cosa dici?”

“Oh, hai ragione, il cervello mi serve ancora per pensare e soffrire, prima cercheranno di farmi male un altro po’!”

“Harry, aspetta, lo sai che non hanno fatto apposta ad aggredirti!”

“Ah, però l’hanno fatto!”

“Ma erano sotto l’effetto di un incantesimo…”

“Lo sapevo, ti conosco fin troppo bene, ero sicuro che avresti cercato di giustificarli! Ma sai una cosa? Incantesimo o no ero io quello che hanno picchiato fino all’imbecillità, ero io quello che è stato braccato da tre persone alle spalle e picchiato da dieci giocatori di Quidditch! Ero io Hermione, non tu, non loro! Tu fai presto a perdonarli, ma io non ci riesco, con tutta la volontà del mondo non ci riesco! Continuo a vedermi davanti Ginny che strappa la mazza di mano a Colin per sbattermela nello stomaco, tu non sai cosa significa una cosa del genere!”

“Harry…mi dispiace, abbiamo cercato tutti di fare qualcosa per fermarli, ma non c’è riuscito nemmeno Silente! Si sono svegliati solo dopo che li hai respinti! Comunque adesso che ti sei risvegliato io vado ad avvisare gli altri…cosa devo dirgli?”

“Che possono restare dove sono! Non voglio proprio vederli per un po’!”

“Ma non vuoi proprio nessuno?”

“Nessuno che abbia a che fare con quelle tredici persone!”

Hermione se ne andò, ma Harry non si riaddormentò. Gli sembrava incredibile tutto quello che era successo; come poteva riavvicinarsi a quelle persone e a ricominciare la vita di prima. Qualcosa era cambiato per sempre. Ora si era reso veramente conto che non poteva fidarsi fino in fondo dei suoi amici, ci sarebbe sempre stato un pericolo e una persona pronta a fargli del male. Ad un tratto scoppiò a ridere: possibile che fosse così sfigato? Era talmente patetico che si faceva ridere da solo.

Rimase a prendersi in giro e autocommiserarsi fino alle otto del mattino, poi arrivò Madama Chips a controllarlo. Era la prima volta che Harry la vedeva così felice e sollevata e le chiese il motivo:

“Ma ti rendi conto che hai rischiato di morire? C’è mancato un soffio! Non sei contento?”

Harry non era affatto contento. A dire la verità ormai era scampato tanto volte alla morte che ormai non era più un fatto così eccezionale, era all’ordine del giorno per lui rischiare la vita. Poi si sentiva triste per l’opportunità che aveva sprecato; la morte sarebbe stata la fine di tutti i suoi problemi e, se non altro avrebbe evitato la conversazione che sarebbe inevitabilmente avvenuta con i suoi ‘amici’.

“Il preside ha detto che ti verrà a trovare più tardi e ha dato il permesso a chiunque tu voglia di saltare un’ora di lezione per farti compagnia!”

“Voglio solo che Hermione Granger mi porti i compiti e i miei libri, almeno avrò qualcosa da fare mentre sto qui dentro. A proposito, quando crede che possa uscire?”

“Non prima di tre settimane! Non so se te ne sei accorto, ma sei ridotto piuttosto male! Non fare quella faccia, normalmente questa roba gabbana per le fratture che hai riportato tu si dovrebbero tenere per almeno due mesi!”

Harry vide Hermione sbucare da dietro le tende che circondavano il suo letto alle nove, la fine dell’ora di Difesa Contro le Arti Oscure per portargli i compiti. Dovevano fare un tema di due metri di rotolo di pergamena sulla Maledizione Inversus.

“Allora, come stai?”

“Non meglio di stanotte…come è stata la lezione col vecchio Piton?”

“Come al solito, sono contenta che tu abbia voglia di fare i compiti. Vuol dire che ti stai riprendendo! Calì e Lavanda ti mandano questi e hanno detto che ti verranno a trovare nell’ora di pranzo con Neville, Seamus e Dean!” Hermione mise sul comodino di Harry un mazzo di fiori, ma dovette ammucchiare uno sopra l’altro la montagna di dolci, di biglietti e di altri fiori ormai appassiti che aveva ricevuto nei tre giorni di coma.         

“Ora devo scappare perché c’è Trasfigurazione, ma se vuoi rimango! Hai bisogno di qualcosa?”

“No vai, non ti preoccupare, io sto bene!”

“Harry, sei proprio sicuro che non vuoi che ti vengano a trovare?”

“Sì, almeno per adesso!”

“Ehm, quasi dimenticavo…ho incontrato Cho nel corridoio, mi ha chiesto di darti questa…” gli porse una lettera profumata.

“Grazie…”

Hermione corse via perché era già suonata la campanella, ma Harry era sicuro che se anche fosse arrivata in ritardo la McGrannit non le avrebbe detto niente, un po’ perché non aveva quasi mai fatto ritardo per una lezione, un po’ perché la professoressa sapeva dove era stata.

Finite le lezioni arrivarono i suoi amici come promesso e gli portarono il pranzo.

“Accipicchia Harry, ma quanto ti hanno ridotto male?” disse Lavanda orripilata.

“Parecchio! Grazie ragazzi, siete stati troppo gentili! Cosa mi avete portato di buono?”

“C’è di tutto! Scegli un po’ te quello che ti va!”

“Vi ringrazio, ma in questo momento non ho fame, ma se volete servitevi pure voi!”

“No, dai, facci compagnia! Sono tre giorni che non mangi, diventi anoressico! Se vuoi ti imbocco io!” Lavanda prese in mano il piatto che avevano preparato con i petti di pollo e ne mise uno in bocca a Harry.

“Grazie, ma ce la faccio anche da solo! Non sono mica handicappato!”

“Ok, così mangio anch’io!”

“Allora cos’è successo a scuola mentre io facevo il bello addormentato?”

“Beh, la tua non è stata l’unica rissa in questi ultimi giorni, anche le tue ragazze lunedì se le sono date di santa ragione!”                                                                                      

“Chiariamo una cosa, nessuna delle due è la mia ragazza, capito?”

“Davvero?” disse Calì curiosa “Scusa, ma non le avevi fatto quella sorpresa della torta, con tanto di dichiarazione?”

“Sì, ma era prima che dicesse negli spogliatoi che ha paura di me e che mi riducesse in queste condizioni! Se proprio devo farmi ammazzare, sarà Voldemort a farlo, non Ginny, né nessun altro! In ogni modo, perché si sono picchiate?”

“Beh, non ti sembra ovvio? Per te! E’ saltato fuori che Cho ci ha provato con te durante la partita ed è andata in giro a dire che tu ci sei stato!” disse Calì che sapeva tutto quello che succedeva nella scuola.

“E’ vero, ci ha provato, ma di certo io non ci sono stato! Non sono mica così idiota da tornare insieme all’ ‘annaffiatoio umano’!”

“Poi non è l’unica cosa successa, hai saputo di Malfoy?”

“No, cos’ha fatto stavolta?”

“A parte la rinnegazione del padre?”                                                                                            

“Sì, quello lo so già dall’inizio della scuola…è una storia lunga storia!”

“Beh, pare che mentre stavi per rimetterci la pelle lui abbia preso la sua scopa e sia venuto a darti man forte, ma il portiere di Corvonero l’ha disarcionato ed è svenuto pure lui!”

“Cavolo, questo proprio non l’avrei mai immaginato! Pensavo che l’unica cosa che gli interessasse fosse il suo bel faccino e il balsamo per i capelli!”

“Evidentemente a frequentare voi è cambiato, comunque ne è uscito male anche lui, ma nulla di grave! Madama Chips l’ha rimesso in piedi in quattro e quattr’otto!”

Restarono ancora un po’ lì con lui, ma poi dovettero andare per l’inizio delle lezioni del pomeriggio. Harry chiamò Madama Chips, era arrivato il momento di convocare un visitatore.

“Certo caro, lo faccio subito chiamare!”

Dopo qualche minuto arrivò Malfoy un po’ in imbarazzo e con un livido sotto l’occhio.

“Salve Potter! Come vanno oggi le ossa?”

“Rotte, ma volevo parlarti e penso che a te non dispiaccia poi così tanto, dal momento che ti faccio perdere una lezione!”

“Infatti, di cosa devi parlarmi?”

“Ti volevo ringraziare! Ti ho trattato malissimo e tu hai cercato di aiutarmi lo stesso…non me lo sarei mai aspettato da te!”

“Beh, grazie! Ora ti sarai convinto che non penso più solo a me stesso!” Ora il ragazzo era molto imbarazzato e anche Harry si sentiva strano. Era insolito essere gentile con Draco Malfoy.

“Malfoy, voglio proporti una tregua, non vale più la pena continuare a lottare tra di noi!”

“Sono d’accordo e…chiamami Draco, sempre se non ti viene da ridere mentre lo dici!”

“Cercherò di trattenermi, ma tu chiamami Harry! Adesso se vuoi puoi restare fino alla fine delle lezioni!”

“Beh, se proprio insisti…posso chiederti una cosa: come diavolo hai fatto a sopravvivere a quelle bestie imbufalite? Sinceramente sono sorpreso che tu sia ancora vivo! Se vuoi un consiglio alla prossima partita di Quidditch io mi porterei la bacchetta!”

“Non so se per me ci sarà un’altra partita di Quidditch!”

“Perché? Dai, non fare tanto il tragico, le tue ossa torneranno presto come prima!”

“Non per le ossa, voglio dimettermi dalla squadra!”

“Ma non puoi! Sei il capitano, hai creato una squadra grandiosa!”

“Già, una squadra che per poco non mi uccideva!”

“Dai, lo sai che erano sotto un incantesimo, poi sono sicuro che quando ti sarà passata cambierai idea!”

“Non lo so, poi adesso non mi va di pensarci! Hai fame?”

“Ho appena mangiato, però qualche GelatinaTuttiIGusti+1 potrei anche assaggiarla!”

Iniziarono a mangiare le varie caramelle, stando molto attenti a non prenderne una al gusto di vomito o caccole.

“A proposito, quand’è che tornerai a parlare con i Weasley?”

“Non lo so, è la stessa storia del Quidditch…non sono sicuro di voler tornare insieme a Ginny!”

“Allora non ti da fastidio se le chiedo di uscire?”

“Provaci e giuro che ti ritroverai nelle mie condizioni!”

“Vedi? Tempo una settimana e tornerete insieme!”

Harry sorrise e gli lanciò il cuscino. Non sapeva perché, ma adesso che si era tolto quel peso dal cuore era molto sereno. Non ce l’aveva più con Malfoy, anzi più ci parlava, più capiva che avevano molte cose in comune. In due ore erano già diventati amici; sono strani i casi della vita.

“Ok, ora vado a cenare, se vuoi torno dopo con la Granger e i due Weasley…”

“Se vuoi puoi tornare, ma senza Ron e Ginny! Non me la sento ancora di vederli!”

“Vuoi continuare a farti compatire? Fa pure i capricci!”

“Io non mi faccio compatire, solo non sono ancora pronto…”

“Queste sono ancora scuse, comunque rimandare le cose che ti fanno star male non è affrontare i problemi! Hai detto che avevi bisogno di tempo: il tempo l’hai avuto, però l’hai sprecato con il coma!”

“Uh, adesso scopro che sei anche un filosofo…quante scoperte che faccio oggi! Prima che te ne vada devo chiederti una cosa: è vero che Ginny e Cho hanno fatto a botte?”

“Certo, io ero lì! Avessi visto che sberle tirava la piccola Weasley! Ancora poco e l’ammazzava. Io avrei detto piuttosto che lei ha picchiato la Chang, non che hanno fatto a botte! Devi svelarmi il tuo segreto, Harry, come fai a far litigare due ragazze a quel modo?”

“Solo fascino…”

“Ah…in ogni modo avevo ragione io…la Chang ci ha provato con te durante la partita!”

“Vai adesso, se no non beccherai più Hermione!”

E se ne andò anche Draco. Harry era letteralmente sfinito; quel giorno aveva fato uno sforzo enorme e si era appena risvegliato da un coma, in cui era stato in pericolo di vita. E ora doveva affrontare la prova più difficile. Draco aveva ragione, non poteva rimandare sempre tutto, i problemi doveva guardarli in faccia e affrontarli, non scappare e nascondersi. Però se ci pensava bene non era stato mai pronto per niente. Non era pronto alla morte dei genitori, non era pronto a veder morire un suo amico, non era pronto per il ritorno di Voldemort, non era pronto alla morte di Sirius, non era pronto ad ascoltare la profezia e poi a rivelarla ai suoi amici, ed ora non era pronto a questo. Non si è mai preparati a niente, è per questo che se ne doveva fregare delle conseguenze a vivere la vita, altrimenti avrebbe continuato sempre e solo a soffrire.

Tutto questo gliel’aveva fatto capire Draco. Non avrebbe mai detto che sotto il ragazzino viziato e antipatico che era, ci fosse un umano capace di sentimenti. Cenò tutto solo, sempre che un insalata e una mela si possano chiamare cena.

Dopo che ebbe finito arrivarono Draco, Hermione, Ron e Ginny.

“Ciao Harry, com’è andata in quest’ora?”

“Abbastanza bene, però sto già iniziando a non sopportarti più!”

“Grazie anch’io!” si strinsero la mano e rimasero tutti a bocca aperta, evidentemente Draco non aveva detto che avevano passato il pomeriggio insieme e che erano diventati amici.

“Accomodatevi ragazzi!” Harry cercava di stare molto tranquillo, ma non sapeva come comportarsi ed era molto formale.

“Co-come stai?” chiese Ginny senza guardarlo negli occhi.

“Come uno che è stato pestato da tredici persone e che ha passato tre giorni in coma!” non riuscì proprio a trattenersi. Gli occhi di Ginny si riempirono di lacrime e il suo viso si inondò.

“Harry mi dispiace tanto! Non ero in me, mi sono accorta di quello che avevamo fatto solo dopo che mi sono risvegliata! Ti prego non stare così in silenzio, urla, insultami, fa qualcosa, ma non essere così calmo!” continuava a piangere ininterrottamente e Harry era combattuto tra l’abbracciarla e il mettersi a urlare come lei gli aveva suggerito.

“Harry ti prego non mi lasciare, io ti amo!” Allora Harry la guardò negli occhi e il suo viso si sciolse in un sorriso.

“Vieni qui!” l’abbracciò stretta; in quei giorni gli era mancata terribilmente.

“Ehi, io ti avevo dato una settimana, non mi aspettavo che ci tornassi insieme per forza in una sera!” disse Draco ridendo.

“Draco, devo intimarti ancora una volta di chiudere la bocca!”

“Cerca di portare rispetto a un povero diavolo che ha cercato di salvarti la vita rimanendo leso e che ti ha fatto rimettere con la tua ragazza!”

“Ah ah, adesso non rinfacciarmelo continuamente!”

“State un po’ zitti voi due! Vi preferivo quando vi odiavate! Harry, c’è anche un'altra persona che vorrebbe il tuo perdono!” disse Hermione indicando Ron che se ne stava seduto guardando il pavimento.

“Ron, è tutto a posto, non ce l’ho con te! Amici?”

“Certo! Harry mi dispiace un sacco! Anche per quegli idioti, all’inizio della partita, stavamo per dirgli di chiudere il becco quando sei uscito!”

“Ti ho detto che è tutto a posto! Però adesso dovete raccontarmi della rissa a cui hai partecipato…!” e Ginny iniziò a raccontargli com’era andata.

 

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Capitolo 9
*** Il potere dell'amore ***


Capitolo 9

Capitolo 9

Il potere dell’amore

 

Finalmente arrivò il giorno che Harry aspettava da tre settimane: sarebbe finalmente potuto uscire dall’infermeria e tornare nel suo dormitorio. Non ne poteva più di stare tutto il giorno sdraiato a letto a fare compiti e a lucidare la sua ormai perfetta Firebolt.

I suoi amici trascorrevano con lui ogni momento libero, compreso quello dei pasti, ma quando loro erano a lezione lui si annoiava enormemente. Alcune volte Draco aveva cercato di marinare le lezioni per restare a fargli compagnia, ma Hermione gliel’aveva categoricamente vietato, così aveva dovuto lasciare solo un irritatissimo Harry.

I due ragazzi in tre settimane avevano parlato molto e si erano conosciuti più in quei pochi giorni che nei sei anni precedenti. Il Grifondoro aveva scoperto di avere molte cose in comune con il biondo Serpeverde e aveva anche scoperto che era molto simpatico ed intelligente, al contrario di quello che aveva sempre pensato.

La sera in cui Madama Chips lo lasciò libero si aspettava che tutti i suoi amici lo sarebbero venuti a prendere per aiutarlo a salire le scale, dal momento che aveva ancora un ginocchio, l’addome ed un braccio ancora fasciati e doveva usare una stampella perché non riusciva ad utilizzare le gambe non ancora guarite completamente. Invece, venne a prenderlo solamente Draco, che lo aspettava con un sorriso diverso dal suo solito ghigno, un sorriso che Harry aveva imparato a conoscere solo ultimamente.

“Ciao invalido, sei pronto ad andartene?”

“Prima ero lo sfregiato, ora l’invalido…le mie condizioni stanno peggiorando, devo iniziare a preoccuparmi?” I due ragazzi scoppiarono a ridere entrambi.

“Dove sono gli altri? Gliel’avevo detto che sarei uscito oggi…” disse il moretto un po’ offeso dal fatto che i suoi amici si fossero dimenticati di lui.

“Avevano detto che avevano da fare e così sono venuto solo!” rispose Draco noncurante. Harry era molto irritato dal fatto che i suoi amici preferissero fare altro che andare a prendere.

“Dove vai?” chiese Draco vedendo che Harry si stava dirigendo dalla parte opposta al dormitorio Grifondoro.

“Oh…vorrei fare un giro al lago prima di rientrare: è tanto che non esco e ho voglia di una boccata d’aria!” In realtà Harry aveva in mente qualcos’altro e poi ce l’aveva con i suoi amici e doveva scaricarsi un po’.

Uscirono nel giardino e camminarono un po’, passarono la casa di Hagrid e arrivarono al lago, esattamente dove tre anni prima Harry aveva salvato Harry dai dissennatori.

Con l’aiuto di Draco si mise a sedere per terra, seguito a ruota dal Serpeverde.

“Che stai cercando?” chiese il biondo, vedendo che Harry stava frugando in mezzo ad un cespuglio. Dopo un po’ di ricerche tirò fuori un pacchetto di sigarette e un accendino; sotto gli occhi increduli di Draco, sfilò una sigaretta con gesto esperto, se la infilò in bocca e, accesola, ne tirò una grande boccata.

“Che fai? Sei completamente scemo?!” Draco non poteva credere ai suoi occhi e sgarbatamente strappò la sigaretta di bocca a Harry e la spense, schiacciandola a terra.

“Sei appena uscito dall’infermeria e ti metti a fumare? Ma sei pazzo? Fa male! Vuoi forse morire di cancro?” Harry non disse una parola; sfilò un’altra sigaretta e l’accese. Il grande Harry Potter che muore di cancro! Sai che palo per quelle persone che si aspettavano che lui diventasse un superuomo? Harry se la rise.

“Che diavolo hai da ridere adesso? Da quanto tempo va avanti questa storia? Gli altri lo sanno? E rispondimi che sono stanco di parlare da solo!” Draco si stava infuriando e dopotutto a Harry faceva piacere che si preoccuparsi per lui.

“Vediamo…ho iniziato qualche mese fa e no, gli altri non sanno niente. Ti immagini cosa mi farebbero passare Ginny e Hermione se lo sapessero?” Rispose Harry con un ghigno.

“Beh, vuol dire che glielo dirò io! Mi dispiace, ma te lo meriti…e smettila subito con quella cosa!” Dentro ad Harry stava crescendo sempre più la rabbia.

“Loro non possono dirmi quello che devo o non devo fare! Fumare mi rilassa e lo faccio…e poi non possono preoccuparsi di me solo quando fa loro comodo!”

“Ma cosa diavolo stai dicendo? Loro di preoccupano molto per te!”

“Allora perché hanno avuto di meglio da fare proprio oggi che uscivo dall’infermeria?”

“Non posso dirtelo…un’altra?!!”

“Abbi pietà! Sono tre settimane che non ne tocco una e sono nervoso, senza scordare che la mia ragazza e i miei migliori amici si sono scordati di me…”

“Oh ok! Ma se dici che ho aperto bocca te la faccio pagare: ti stanno preparando una festa a sorpresa!”

“Cosa?! Oddio…perché? Non dovevate!!”

“Infatti per come gli hai appena trattati non te lo meriti…ma potrei passare sopra al tuo comportamento se…”

“Scordatelo! Non smetterò di fumare, almeno non adesso! Mi serve…”

“Perché? Spiegami perché ti vuoi fare del male se sei circondato da tanti amici che ti vogliono bene!” lo interruppe Draco.

“Perché non voglio più sentirla! Non voglio più sentire quella voce che dice che è stata tutta colpa mia per la morte dei miei genitori, di Sirius, di Cedric…gli attacchi di panico si fanno sentire sempre più spesso e il fumo è l’unica cosa che mi impedisce di andare completamente fuori di testa!”

Draco rimase zitto. Non sapeva cosa dire; sapeva che l’amico era triste, arrabbiato e frustrato, ma non fino a quel punto.

“Adesso però dobbiamo andare senno ci danno per dispersi!” disse dopo un po’ il biondino.

“Draco…potresti evitare di dirlo agli altri? Vorrei far finta per un po’ che vada tutto bene…”

“Ok, però mi devi promettere che glielo dirai tu prima o poi e che cercherai di smettere!”

 e “Sul dirglielo posso pensarci, ma per smettere non ci conterei troppo per adesso! Ne sono troppo dipendente!” Draco sorrise…come al solito l’aveva vinta lui.

Lo aiutò ad alzarsi e lentamente si diressero al castello. Arrivarono alla torre di Grifondoro e Draco disse:

“Ah dimenticavo, Silente mi ha dato il permesso di accedere al vostro dormitorio, a patto che a dormire torni nel mio, quindi posso direttamente entrare perché la McGrannit ha spiegato tutto ai Grifondoro!…E ricordati che tu non dovresti sapere niente, la tua ragazza mi ammazzerebbe se scoprisse che le ho rovinato la sorpresa!”

Pronunciarono la parola d’ordine e il ritratto della Signora Grassa si spostò lasciandoli passare. Appena entrarono videro l’intera Casa Grifondoro davanti a loro:

“Sorpresa!!!” urlarono tutti insieme.

Ron, Hermione e Ginny gli andarono incontro e lo abbracciarono.

“Ecco perché non siete venuti a prendermi…pensavo aveste veramente di meglio da fare! A dire la verità me la sono presa un po’!”

“Vorrà dire che mi farò perdonare…” disse maliziosamente Ginny, dandogli un casto bacio sulle labbra.

“Ok ok, stop! Harry vieni a bere qualcosa! Come mai ci avete messo tanto a tornare?”

“Ehm…volevo prendere un boccata d’aria!” si affrettò a rispondere Harry lanciando un’occhiata a Draco, il cui sguardo stava chiaramente dicendo “Sì, una boccata d’aria!” Ron lo trascinò seduto su un divano davanti al fuoco e gli mise in mano una bottiglia di Burrobirra.

La festa fu bellissima, Seamus fece il buffone come suo solito e Draco non riusciva più a stare in piedi dal ridere. Ron ed Hermione avevano qualcosa di strano, forse tutti e due avevano bevuto un po’ troppo, fatto sta che Ron la stava abbracciando e lei stava comodamente appoggiata al suo petto. Ad un certo punto ad Harry iniziò a girare pericolosamente la testa e Ginny se n’accorse quando Inconsciamente gli strinse più forte la mano a cui lei si era aggrappata per tutta la sera.

“Stai bene?” gli sussurrò all’orecchio per via di tutta la confusione provocata dalla musica assordante che Seamus era riuscito a riprodurre su un vecchio gira dischi magico.

“Si…sono solo un po’ stanco…”

“Vuoi andartene di sopra? Non penso che qui sentiranno la nostra mancanza…sono tutti completamente sbronzi!”

“Ok” Ginny si alzò aiutandolo a sua volta e molto adagio per non farlo sforzare gli fece salire le scale che portavano ai dormitori maschili. Entrati, lo fece sedere delicatamente sul letto.

“Dovrei mettermi il pigiama!”

“Vuoi che me ne vada?”

“NO…cioè se non ti da fastidio restare! Non lasciarmi solo!”

“Allora resto qui con te!” Harry si infilò una canottiera e dei pantaloncini da basket.

“E tu dormi così?”

“Sì, sto più comodo!” Ginny lo aiutò a distendersi sul suo letto a baldacchino.

“Vieni qui con me” disse Harry battendosi una mano sulle gambe. Ginny salì sul letto e si mise a cavalcioni sulle sue gambe. Il ragazzo iniziò ad accarezzarle i fianchi e lei si chinò a baciarlo.

“Ti faccio male?”

“No, sei leggerissima!”

“Lo sai vero che se entra mio fratello e ci vede così è capace di ucciderti?”

“Sì, ma a me piace il rischio…e poi, da quanto ho visto tuo fratello ed Hermione erano piuttosto presi l’uno dall’altra, e non per litigare!”

“Già…penso che ormai manchi poco…insomma quei due si piacciono troppo, sarebbe anche ora che si mettano insieme!”

Si diedero un altro bacio. Harry si sentiva sereno, anche se abbastanza stanco…era stato un pomeriggio intenso. La festa di sotto non accennava a finire, si sentiva ancora la voce di Seamus e Draco cantare in un karaoke improvvisato. Entrambi avevano bevuto parecchio. Era sicuro che, come era già successo, la baraonda nella Sala Comune, sarebbe terminata solo quando tutti sarebbero caduti in un sonno improvviso.

Harry però non se ne curava, anzi era molto piacevole potersene stare finalmente solo con la sua ragazza senza Madama Chips che li spiava. Dopo un po’ Ginny disse:

“Sono stanca morta!”

“Vuoi andare a dormire?”

“Ma non voglio lasciarti solo!”

“Allora resta qui con me…tanto penso che stanotte nessuno tornerà nel proprio dormitorio…Ron non se ne accorgerà mai…”

“Ma devo andare a prendere il mio pigiama…”

“Non ce n’è bisogno…Accio pigiama di Ginny!” Un paio di pantaloni e una maglietta attillata apparvero tra le mani della ragazza.

“Ok…vado a cambiarmi!…e lo spazzolino?”

“Dovrebbe essercene uno nell’armadietto…”

Harry si mise sotto le coperte e dopo pochi minuti Ginny uscì dal bagno. Il ragazzo le fece spazio e si sdraiò di fianco a lui. Harry la prese tra le sue braccia e la fisso negli occhi:

“Sei bellissima” Lei si perse nel verde dei suoi occhi.

“Ti amo”. Lui la strinse ancora di più e posò le sue labbra su quelle di lei, leccandole un po’ per chiedere il permesso di entrare. Ebbe il consenso e approfondì il bacio, andando ad accarezzarle la pelle morbida della schiena, sotto la maglietta. La ragazza si staccò improvvisamente:

“Harry, io non…” il moretto lesse la paura nei suoi occhi.

“…non ti preoccupare, solo coccole…poi non è che io sia in gran forma!” aggiunse ridendo.

“E tu come fai a sapere se sei in grado di farlo o no?”

“…io ho avuto un sacco di amanti, non so se mi spiego…”

“Beh, mio caro don Giovanni…ti sei appena giocato un’intera nottata di coccole!”

“No dai, stavo scherzando! Non mi punire così severamente….quando ci ricapiterà di poter stare di nuovo soli così?!”

“Ok, allora vuol dire che troverò un altro modo di fartela pagare con gli interessi…”

Gli diede un altro bacio e si accoccolò sulla sua spalla, poi poco dopo si addormentati cullati dal suono di teneri “Ti amo”.

 

La mattina seguente Harry si svegliò in una soleggiata domenica mattina di Dicembre. Ci mise un po’ prima di accorgersi che tra le sue braccia c’era Ginny; stava dormendo tranquilla con la testa sopra al suo petto. Doveva andare in bagno e cercò di scivolare via il più piano possibile per non svegliarla. Quando tornò, si rinfilò sotto le coperte; stette un po’ a guardarla, poi le diede un bacio sulle labbra. A quel tocco la ragazza aprì gli occhi e si trovò a fissare quelli verdissimi del ragazzo.

“Buongiorno!”

“Buongiorno” rispose con un sorriso, ancora assonnata.

Non fecero in tempo a dire nient’altro perché in quel momento entrò di corsa Ron:

“Harry sveglia!! C’è Silente di sotto che vuole pa…” si bloccò nel vedere sua sorella sdraiata nel letto del ragazzo, con questo praticamente in mutande di fianco a lei.

“Potter, io ti ci faccio tornare in quell’infermeria!!!”

“Ron datti una calmata! Non abbiamo fatto niente, solo dormito. Ero stanco, mi ha accompagnato, poi siamo rimasti a parlare e…”

“Si si, non voglio sapere altro! Vestiti che di sotto c’è Silente…ci ha trovati tutti di sotto che stavamo dormendo…la McGrannit è furiosa, ha già rispedito Draco dai Serpeverde, ma sta ancora urlando come una pazza contro Hermione perché ha permesso che facessimo una festa del genere…”

“Anche silente è arrabbiato?”

“A dire il vero non lo so…non ha detto niente, però gli ho visto fare l’occhiolino a Seamus quando lui tentava di nascondere le burrobirre alla prof…comunque non penso voglia parlarti della festa  !”

“Ok…allora devo andare!” disse rivolto a Ginny ancora sdraiata tra le coperte.

“Si, sarà meglio che vada anch’io per vedere cos’è successo ad Hermione…ci vediamo dopo!” disse, saltando sul letto e baciandolo velocemente prima di uscire.

“Giurami che non avete fatto veramente niente!” disse Ron guardandolo severo.

“Te lo giuro! Abbiamo solo dormito, poi cosa credi che possa fare se sono ancora invalido?”

Con un po’ di difficoltà per via della gamba, si infilò un paio di jeans e una maglia, poi scese con l’aiuto di Ron.

Nella Sala Comune erano stati chiamati alcuni elfi domestici per cercare di ripulire il macello che avevano combinato gli studenti. Professoressa e preside stavano confabulando in un angolo e molti studenti erano in attesa del verdetto finale.

Harry si diresse verso i due con fare colpevole:

“Buongiorno, scusate…mi spiace molto per tutto questo casino…vi prego non punite loro! Volevano solo farmi il bentornato e si sono lasciati prendere un po’ la mano…poi è anche colpa mia che non gli ho fermati, quindi non è giusto che sgridiate solo loro…”

“Harry, tranquillo è tutto a posto! Nessuno sarà punito, dopotutto era solo una festicciola innocente”-qui la McGrannit sbuffò- “e niente e nessuno è stato danneggiato, non vedo cosa ci sia di male…”

“C’è che non è permesso organizzare festini non autorizzati all’interno della scuola, Albus!”

“Dai Minerva, anche noi siamo stati giovani, fa uno strappo alla regola per una volta!” la professoressa lo guardò torvo, poi rispedì tutti i Grifondoro nei propri dormitori. Harry rimase solo con il preside che disse:

“Allora Harry, piaciuta la festa?”

“Oh sì, mi ha fatto piacere…anche se sono andato a letto un po’ presto…sa, non mi sono ancora rimesso del tutto! Però non volevo creare problemi ai miei amici…”

“Non ti preoccupare, scommetto che anche la professoressa McGrannit non avrebbe perso occasione per festeggiare in tali circostanze! Comunque dovrei parlarti…ti dispiacerebbe seguirmi nel mio ufficio?”

Silente estrasse dalla tasca della tunica che indossava un sacchetto di metro polvere e ne gettò una manciata nel caminetto:

“Dopo di te!” Harry vi entrò e senza che dicesse niente venne trasportato direttamente nell’ufficio del preside. Dopo qualche istante fu raggiunto dal proprietario. Questo, messosi a sedere e invitato Harry a fare lo stesso, disse:

“Dunque Harry, è arrivato il momento di svelarti quale sia la tua arma segreta, che dovrai saper usare contro Voldemort! Penso che tu ti sia chiesto cos’è successo alla partita di Quidditch e penso anche che i tuoi amici te l’abbiano raccontato, almeno quel poco che io ho detto loro!”

“Sì, più o meno…a dire la verità non ho capito molto bene!”

“Beh, immagino che tu ti ricorda le continue ammonizioni che l’anno scorso ti faceva la professoressa McGrannit sul fatto di mantenere la calma…”

“Scusi, ma penso che lo facesse solamente per evitare che la Umbridge mi punisse e che mi mettessi nei guai…”

“Esattamente Harry, per evitare che ti mettessi nei guai! Lo so che non vorresti che te lo dicessero, ma tu non sei come tutti gli altri maghi, tu possiedi un potere speciale!”

“Intende quella cosa che ho fatto alla partita?”

“Non solo alla partita Harry, pensaci: con tua zia quando ti ha fatto arrabbiare, o quando eri costretto a subire le ingiustizie di tuo cugino…certo, questi casi non erano estremi, liberavi solo una piccola parte del tuo potere, ma quello che è successo qualche settimana fa ti ha frustrato talmente tanto che inconsciamente ne hai sprigionato appena un po’ di più!”

“Vuole dire che quello che ho liberato l’altro giorno non era il massimo del mio potere?”

“No, certo che no! Non c’era nemmeno lontanamente vicino!”

“Ma che genere di potere è?”

“Vedi, quella è un’antichissima magia, credevo si fosse estinta ormai, finché non ho conosciuto te! E’ una potente magia che deriva direttamente dal tuo cuore, dall’amore che sei in grado di provare, ma è molto più forte di esso, eppure è molto simile: ad esempio anch’esso è straordinariamente fantastico, ma può far soffrire se usato nel modo sbagliato. Però se usato da qualcuno con un cuore puro e sincero diventa un’arma invincibile. Erano rarissimi i maghi che lo possedevano ed è stato utilizzato solo una volta al massimo della sua forza, da un grandissimo mago!”

“E…chi era quel mago?”

“Godric Grifondoro! E questa è un’ulteriore prova che tu sei più che adatto di stare nella tua casa!”

“Signore, ma come farò ad usarlo se fino ad adesso quando l’ho fatto non me ne sono nemmeno accorto?”

“Per questo ci penserò io: ho intenzione di darti lezioni private, ma per controllarle Harry dovrai continuare le lezioni di Occlumanzia!”

Harry non era molto entusiasta della cosa, ma per una volta era del tutto convinto che fosse giusto, così annuì senza fare storie.

“Ehm, signore, esattamente come crede di addestrarmi ad usare questo potere?”

“Di questo non preoccuparti adesso Harry, al momento devi solo pensare a ristabilirti, perché dovrai essere al massimo delle tue forze!”

Harry si sentiva strano, non sapeva cosa pensare. Che il preside fosse diventato pazzo? Possibile, ma improbabile; certo il vecchio poteva sembrare un po’ eccentrico, ma era una mente brillante e non s’era praticamente mai sbagliato.

“Ora ti consiglio di raggiungere i tuoi amici a colazione!”

“Grazie professore”

Harry si congedò e andò in Sala Grande, anche se impiegò parecchio tempo a fare le scale per via della sua gamba, sentendosi in qualche modo più forte.

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