La palla

di laFrantz
(/viewuser.php?uid=91019)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un talento nascosto. ***
Capitolo 2: *** // ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** Un talento nascosto. ***


 «Cacchio! Piton! Piton! Di qua!»
 Dean prese Neville per un braccio e lo trascinò velocissimamente in una guglia della parete che portava poco più avanti a una porta. Purtroppo per loro sbarrata: impossibilità di nascondersi. E di nascondersi avevano bisogno: erano fuori dal dormitorio ed erano le due di notte.
 I passi di quell'ombra nera che Dean aveva intuito, più che visto – ma dopo tutti quegli anni ad Hogwarts chiunque era più che capace di avvertire Piton anche nel più scuro buio -, si avvicinarono sempre di più.
 I due ragazzi, terrorizzati dalla prospettiva d'esser scoperti, aderirono alla parete nella speranza che questi li inghiottisse; poi Dean ebbe la presenza di spirito di lanciare un incantesimo non verbale per celarli e, riuscendoci, intimò all'altro il più totale silenzio: forse se la sarebbero cavata, visto che Piton, pur talmente perseverante da occuparsi della vigilanza notturna di persona, non era così maniaco da controllare ogni anfratto. D'altronde se li avesse visti, avrebbe già accelerato il passo e li avrebbe colti prima che potessero soltanto concepire l'idea di nascondersi.
 A queste evidenze il loro battito cardiaco si stava calmando.
 I passi del professore erano oramai ancora più vicini e, per quanto non fosse ancora entrato nel campo visivo dei fuggitivi, pochi metri separava l'uomo dai ragazzi. Nel frattempo su Dean era calata la certezza che si sarebbero salvati e quasi iniziò a pregustarsi il racconto che ne sarebbe nato la mattina successiva: dopo il Bambino sopravvissuto, ecco che i Grifondoro avrebbero potuto vantare anche la presenza dello Studente sopravvissuto (a Piton).
 Si beava di queste immagini, quando notò il pallone.

 Diamine! Aveva dimenticato il pallone! Proprio quel pallone per il quale era uscito in piena notte e aperto furtivamente l'ufficio di Gazza, rovistando tra le cose sequestrate. Una futilità, avrebbero detto tutti, ma lui per il calcio ci viveva: era l'unica cosa che avesse ereditato da un padre mai conosciuto (assieme alla magia, naturalmente): passione per il pallone e gli West Harm. La madre a volte si commuoveva a vederlo giocare.
 Come aveva fatto a lasciarlo lì? «E neanche Neville se ne è accorto?» e spostò lo sguardo dalla sfera al volto del compagno: era rannicchiato e teneva gli occhi chiusi infantilmente. Dava l'impressione che, se Piton l'avesse scoperto, sarebbe morto di crepacuore.
 «Che faccio? Lo riprendo?» si chiese. Ma finì di formulare questa domanda e dovette costatare che era tardi : Piton era lì e, chinato il capo, osservava il pallone.
 «Questo che ci fa qui?» sibilò e, come se si trattasse di qualche elemento alieno che dovesse essere studiato, vi girò attorno. «Ah. Lo riconosco: Dean Thomas.»
 Il ragazzo a sentir chiamare il suo nome, iniziò a sudare freddo.

 Piton ridacchiò nel veder quel pallone. Qualcosa gli doveva esser scattato dentro perché gli rigirò di nuovo attorno e iniziò a cantilenare il nome dello studente. «Dovrei portarlo da Gazza, tra gli oggetti smarriti. Però...»
 E li fece una cosa inimmaginabile: scostò il mantello, fece un passo indietro ed esitò. Poi con una mossa plastica diede un calcio al pallone: questo eseguì una traiettoria parabolica, superando le scale e il vuoto tra di esse, e oltrepassò una finestra aperta che dava sul lago. Il pallone arrivò ai flutti e li galleggiò.

 Severus Piton aveva fatto “gol” con la precisione e la sicurezza di un calciatore professionista, magari un attaccante dei tanto amati West Harm Utd dello stesso Dean che, a pochi metri da lui, sbalordito, non fiatava neanche più.
 «Ora vattelo a prendere nel lago, il pallone, caro signor Thomas.» e tutto soddisfatto se ne andò.


 «Ve lo giuro. Un calcio perfetto. Neville l'hai visto, tu?»
 «Io, a dir la verità, avevo gli occhi chiusi.»
 «E quasi non gli apriva anche quando siamo ritornati alla torre. Comunque ve lo giuro: l'ha calciato!»
 «Piton è un serpeverde: neanche sa di che forma è fatto un pallone. L'ha incantato.» lo corresse bonario Ron.
«Ron, io l'ho visto: è una punta! Piton è una punta di sfondamento!» quasi gridò, mentre tutta la casata lo guardava allibito. Ron sussurrò qualcosa ad Harry, il quale sorrise di risposta: non gli credevano. Dean uscì fuori dai gangheri.
 «Quell'uomo ci nasconda un talento. È la volta che possiamo mettere su una squadra di calcio! Glielo possiamo chiedere ed entrare nel circuito delle partite liceali.» continuò imperterrito.
 Grifondoro era primo in classifica quell'anno per la coppa Quititch: lo guardarono tutti come un eretico. Hermione stancata dall'insistenza su quell'argomento, il quale distraeva dalle esercitazioni, stizzita lo punzecchiò: «E allora vaglielo a chiedere!»
 «Lo farò!».

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** // ***


Grazie a tutti per gli incoraggiamenti.

 «Professor Piton, posso chiederle una cosa?»

 La classe era scappata fuori al suono della campanella. Piton era seduto alla scrivania impegnato a trascrivere alcuni risultati; alzò la testa e si trovò Dean Thomas che lo fissava timoroso: «Ecco un altro che vuole una proroga sui compiti.» si disse. Gli fece un cenno, ma senza alzare la testa dal registro, e lo invitò a postulare, già pronto a dirgli “no” su qualsiasi richiesta.
 «Io avevo un'idea sulla formazione di un nuovo club qui a scuola e mi chiedevo se le interessasse.» avanzò quello.
 A quelle parole inaspettate, Piton alzò il volto di scatto e si illuminò: finalmente, dopo anni, uno studente mostrava interesse per la materia: un club di approfondimento di Difesa contro Le Arti Oscure. Era commosso. E la proposta arrivava anche da un Grifondoro...
 «Allora non ho lavorato inutilmente: tutto ha un senso.» borbottò compiaciuto l'uomo. E lasciò le carte per ascoltarlo con più attenzione: «Mi dica, signor Thomas.».
 «Ecco... Mi chiedevo se potesse offrirci il suo patrocinio per mettere su una squadra di calcio.» butto fuori d'un fiato.
 Il professore rimase di stucco al punto da non riuscire a formulare una risposta, al punto che il ragazzo pensò di averlo colpito positivament; e, incoraggiato dal fatto che Piton non l'avesse ancora cacciato, osò una domanda personale: «Ma lei che squadra tifa?».

 Non si sa bene cosa gli rispose, ma da quel giorno campeggiò nel corridoio dell'aula del professor Piton, infilzato nella spada dell'armatura che li sostava, un pallone fradicio e irrimediabilmente sgonfio.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


 «Allora, Severus, si è dato all'arredamento d'interni? Bel soprammobile.» lo canzonò il professore di Incantesimi che con lui attraversava il quel corridoio, adocchiando il pallone infilzato.
 L'alto collega gli chiese stizzito se sapesse cosa il signor Thomas avesse avuto il coraggio di proporgli il giorno precedente. Il suo interlocutore gli confermò che lo sapeva lui come tutta la scuola, la quale beatamente rideva delle disgrazie di quello studente calciofilo.
 «Allora non vi è nulla da aggiungere.»
 «Però...»
 Piton abbassò la testa in cerca del volto del basso collega.
 «Però?»
 «Però, tra tanti, l'ha domandato a lei, proprio a lei: perché?» gli chiese sempre divertito Vitius.
 «Non esiste ragione che possa giustificare un qualche mio interesse per un simile sport, fatto di rozze regole e poco cervello. Il ragazzo di Minerva voleva fare lo spiritoso, ecco tutto.» affermò perentorio e fece capire con un grugnito dei suoi che la discussione era lì conclusa. O almeno così avrebbe voluto, perché proprio in quell'attimo...

 «Ehi Thomas, andiamo a fare una partita a gobbiglie. Perché non vai a chiedere a Piton se è dei nostri?».
 Risate. Anche Harry e Neville accanto a lui risero; poi si accorsero di come li guardava l'amico e si ricomposero.
 «Lo trovate divertente, eh?» chiese funereo Dean.
 I ragazzi fecero gesto con la testa di no, però tremavano: a un certo punto non si trattennero più e iniziarono a ridere a crepapelle. Harry azzardò anche: «Dean, scusami, ma non posso fare a meno di pensare a te e alla faccia che Piton avrà fatto. Avrà iniziato a sputar fuoco dalla rabbia.».
 Harry Potter non ottenne conferma su quest'ultimo particolare perché l'altro, infuriato tacitamente, si alzò e li abbandonò in biblioteca a finire i loro compiti d'erbologia.
 Vagò a lungo per i corridoi dove ricevé ancora qualche motteggio: Hogwarts era in fin dei conti una piccola comunità: anche la minima novità era materiale prezioso per una conversazione anche per giorni, soprattutto quando non c'era il Prescelto a mettersi nei guai. Dean si trovò quasi a sperare che Lui-sa-chi tentasse di mettere di nuovo le mani di Harry (senza cattive conseguenze, naturalmente) in modo da distrarre per un po' l'attenzione da lui. O che quantomeno Ginny facesse la pace con lui (l'ultima litigata era stata davvero pesante), per avere qualcuno con cui sfogarsi.
 Stava pensando alla dolce e furente fidanzata quando...
 Nel furioso ciondolare per i corridoi dovette aver affrontato qualche rampa di scale ad est, perché, nello svoltare un angolo, si ritrovò faccia a faccia con due professori: Vitius, ridente e lieto come sempre, e (oh no!) Piton più funereo che mai. A ben vedere era quasi un'accoppiata comica la loro, dato che le loro figure erano quanto di più opposto vi fosse in giro: piccolo, aggraziato e lieto l'uno, alto, movenze rigide e greve l'altro. Ma il ragazzo non vi trovò nulla di comico, soprattutto perché, nonostante la manovra evasiva per arginare i due docenti, il direttore corvonero lo chiamò a se.
 Piton, nel vederlo apparire davanti a se un'altra volta, si irrigidì, ma senza temere altri impacci, vista l'eloquente faccia triste del giovane. Poi, però, il suo collega decise di tirargli quel manrovescio...
 «Signor Thomas! Che piacere: si parlava giusto di lei. Venga qui, le devo chiedere una cosa. Su, su,: quella faccia da funerale non è necessaria, dato che qui siamo tutti in lietezza» e qui Piton inarcò un sopracciglio chiedendosi chi fossero quei tutti, dato che solo Vitius in quell'attimo sembrava a suo agio.
 Il grifondoro si avvicinò rassegnato e posti i suoi educati saluti attese la domanda del suo professore di Incantesimi, per la quale non aveva buone previsioni.
 «Lei mi deve spiegare, signor Thomas, come l'è è venuto in mente di far quella proposta – proposta validissima e dovuta, non mi fraintenda: io amo lo sport – proprio al professor Piton? Cioè, non è della sua casata, né – non me ne voglia, Severus – l'emblema dell'agonismo sportivo, e neppure crederei sia capace di calciare un pallone? Perché lo ha considerato il più adatto?» gli domandò il piccoletto con parlantina sciolta e divertimento negli occhi. Badate, Vitius rispettava i suoi colleghi e non si sarebbe mai divertito alle spalle di uno studente: non c'era malignità in lui. Ma d'altro canto la questione era così di poco conto (tranne, ovviamente, per i due diretti interessati che la giudicavano una gogna pubblica di dimensioni spropositate) da non potersi privare di un po' d'umorismo.
 Naturalmente non poteva sospettare che la sincera risposta del ragazzo l'avrebbe messo nei guai: non poteva confessare di aver visto Piton calciare abilmente un rigore, giacché avrebbe comportato confessare a sua volta che era fuori a notte tarda. Così improvvisò una risposta di scarsa validità.
 «Un'intuizione sbagliata, probabilmente.» rispose.
 «Una pazzia momentanea, ancor più probabilmente.» completò Piton; poi, fintamente rassicurante «Non rara nella sua casata, signor Thomas. Le assicuro che lei ha illustri predecessori: Wesley, Potter, Paciock, et similia. Modelli negativi non da poco. Lei, però, stia più attento alle sue amicizie.» e si godé il silenzio arrabbiato ma frustrante del giovane.
 I convenevoli ed entrambi oltrepassarono il ragazzo. Non avevano ancora svoltato per scomparire da quel corridoio che Piton ebbe l'impulso di girarsi e osservare meglio il grifondoro, il quale era rimasto impalato dove l'avevano lasciato: quando il professore voltò la testa per poco meno di un secondo ebbe ben chiara l'immagine di Dean a seguirli con lo sguardo più cattivo che possedesse (non molto per gli standar di Piton) e sullo sfondo il suo pallone sgonfio e lacero infilzato nella spada dell'armatura.
 A quell'immagine, qualcosa scattò nel cervello del professore e, finalmente, capì perché Dean Thomas avesse chiesto proprio a Severus Piton il patrocinato per una squadra di calcio.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=594478