Intervista col vampirucolo

di SummerRestlessness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Professionale ***
Capitolo 2: *** 2. Stronzetta ***
Capitolo 3: *** 3. Smorfiosetta ***
Capitolo 4: *** 4. Camicia (di forza) ***
Capitolo 5: *** 5. Principino ***
Capitolo 6: *** 6. Milano ***
Capitolo 7: *** 7. Scuse (lei) ***
Capitolo 8: *** 8. Eccezione ***
Capitolo 9: *** 10. Jade & Kristen ***
Capitolo 10: *** 9. Frigorifero ***
Capitolo 11: *** 11. Stupida come te ***
Capitolo 12: *** 12. Jade e Dave... e Rob ***
Capitolo 13: *** 13. Scuse (lui) ***
Capitolo 14: *** 14. Steve Tyler ***
Capitolo 15: *** 15. Sesto senso ***
Capitolo 16: *** 16. Ogm ***
Capitolo 17: *** 17. Stupenda ***
Capitolo 18: *** 18. Sorpresa di compleanno ***
Capitolo 19: *** 19. Everyone belongs somewhere ***
Capitolo 20: *** 20. Stella ***
Capitolo 21: *** 21. Tarzan e Wolverine ***
Capitolo 22: *** 22. Finally, the party ***
Capitolo 23: *** 23. Giro della morte ***
Capitolo 24: *** 24. Shot (me) ***
Capitolo 25: *** DelirIO: I miss you ***
Capitolo 26: *** 25. Vampirucolo glitterato ***
Capitolo 27: *** 26. Come prima ***
Capitolo 28: *** 27. Risveglio (parte I) ***
Capitolo 29: *** 28. Risveglio (parte II) ***
Capitolo 30: *** 29. Una calzina blu ***
Capitolo 31: *** 30. Fine ***
Capitolo 32: *** DelirIO: La prima pagina ***
Capitolo 33: *** 31. Dopo la fine ***
Capitolo 34: *** Epilogo. Intervista ***
Capitolo 35: *** Epilogo. Con lui ***



Capitolo 1
*** 1. Professionale ***


Professionale

1. Professionale


Lui,
capelli esageratamente scompigliati,
occhi che fissano persi qualcosa o forse niente fuori dalla finestra,
una sigaretta in mano da cui tira di tanto in tanto lunghe boccate traendone quello che sembra un piacere smisurato.
Chiude gli occhi per un attimo, sospira. Alza la mano lentamente, si porta la sigaretta alla bocca e quando questa tocca le sue labbra i suoi occhi si socchiudono fino a diventare due fessure ed è come se il suo corpo, prima un poco rigido, si lasciasse andare sciogliendosi, per un istante.
Chissà come sarebbe essere sfiorata da quelle labbra.

Il fatto che sia così immerso e così perfetto nel personaggio di bello e dannato già mi spiazza.
E poi succede il danno definitivo.

Si accorge che c’è qualcun altro nella stanza, io, e quindi si volta verso di me.
-    Hi. I’m coming in a minute.
I suoi occhi mi inquadrano.
Ce li ha azzurri, e non lo sapevo.
Ha una voce pazzesca, bassa, un po’ rauca. E un accento divino.
DIVINO.
E non sapevo fosse inglese.

Annuisco, senza riuscire a spiccicare parola, sperando di non risultare una completa idiota. Ma mi ci sento, idiota: che problema ho?
Ho già intervistato altri ragazzi, attori, artisti, cantanti carini, anche inglesi (cavolo, proprio non sapevo che fosse inglese) e non sono mai stata così... colta alla sprovvista. In imbarazzo. Idiota.
Mi scuoto un po’: ci facciamo mettere i piedi in testa da un vampirucolo spettinato attira-ragazzine qualunque? Eh no, direi proprio di no.
Un po’ di professionalità, diamine.

Mi siedo sulla poltroncina riservata agli intervistatori, di fronte a quella che tra poco occuperà lui, e mi sistemo la gonna. Poi, appoggio la mia cartellina con le domande sulle ginocchia e mi riavvio i capelli.
Professionalità, santo cielo.

La verità, caro il mio belloccio con voce pazzesca (pazzesca, cavolo), è che nessuno ci voleva venire, ad intervistarti. Così hanno mandato me, la più giovane del team, a fare il lavoro sporco. La più giovane, nonché quella che si becca sempre gli incarichi peggiori, o quelli che nessun altro vuole. Se fosse per me in questo momento sarei nel mio ufficio a lavorare su qualche cartella stampa di un qualche attore di teatro sconosciuto e talentuoso, piuttosto che stare qui ad intervistare te. Caro.

Alzo gli occhi e vedo che finalmente il signorino si è deciso a concedermi un po’ del suo prezioso tempo da succhiasangue super impegnato. Quando si accomoda nella sua poltroncina, con fare a dire il vero per niente sicuro di sè, anzi un po’ intimidito, cerco di sorridergli. Distaccatamente, ovvio: da professionista.
-    So... let’s begin, shall we? – gli chiedo e lui annuisce sorridendo a sua volta.
Poi, prima che io abbia individuato sulla mia cartellina la prima domanda da porgli, mi chiede (con quel fantastico accento inglese):
-    Allora sarei un attorucolo fortunato, eh?
Rimango immobile a bocca aperta per qualche secondo, mentre sul suo viso si dipinge un’espressione furba. Alza un sopracciglio.
Oh, cavolo. Allora mi ha sentita.

Poco prima di entrare, ero qui appena fuori dalla porta e parlavo al telefono con una mia amica di Londra che è... beh, dire fan sarebbe poco, ma diciamo così... fan del vampirucolo... di questo tizio. Insomma, gli muore dietro da prima che diventasse così famoso. E, tra le altre cose, devo aver anche detto qualcosa sul fatto che secondo me lui fosse... beh, un attorucolo. Fortunato. Probabilmente in quel momento lui era alla finestra e aveva sentito tutto. Poi, sentendo la mia voce, aveva riconosciuto quella dell’idiota che l’aveva insultato così.
Benissimo.

Sto iniziando a pensare che starmene qui a bocca spalancata non sia la tattica migliore, che forse sarebbe meglio fuggire, quando lui mi guarda e si apre in un sorriso malizioso. Poi si passa una mano tra i capelli (che evidentemente non erano già abbastanza scompigliati) e i suoi occhi brillano mentre osserva la mia espressione. Si diverte. Mi sta prendendo in giro.
Dannato attorucolo dai denti appuntiti. Ora ti faccio vedere io.
-    Beh... - dico fingendo nonchalance – Attorucolo o no, devi ammettere di essere stato fortunato.
Ecco fatto. Ecco come si fa a farsi sbattere fuori da una sala per le interviste con l’attore più cool del momento. Ecco come si fa a fare finire una carriera giornalistica quasi nemmeno iniziata.
-    Non lo nego. – dice però lui, tranquillamente – Là fuori ci saranno milioni di Edward migliori di me.
Riprendo a respirare, sorpresa dalla facilità con cui ha ceduto. Sorpresa di non essere ancora stata lanciata fuori dalla finestra da uno dei suoi bodyguard. O di non essere stata linciata dalla folla che, fuori, non ha smesso un secondo di sbraitare il suo nome e sembra capace di scalare questo palazzo, raggiungere quella finestra aperta per entrare nella stanza e... linciarmi, appunto.
-    Dici sul serio? – mi ritrovo a dire, confusa, perdendo tutta la mia sicurezza di poco prima.
-    Beh... - mi sorride enigmatico - Io tra le altre cose sono tutto il contrario di lui. Lui è gentile, perfetto, compassato, romantico...
-    E tu invece?
Ok, io non sono ancora stata buttata fuori dalla finestra, ma la mia professionalità di sicuro sì. IO l’ho presa di peso e l’ho scaraventata da qualche parte molto lontano là fuori, perché la mia curiosità non ha niente di giornalistico.
Lui scoppia a ridere: - Io sono tutto il contrario. – termina la frase e mi guarda sorridendo malizioso, con gli occhi ridotti a due fessure.
Ed io gli credo.
-    Com’eri da bambino? – gli chiedo mascherando stavolta la mia personalissima curiosità con un tono distaccato, come se stessi semplicemente seguendo una scaletta e quindi fossi costretta a passare senza continuità da un argomento all’altro.
-    Come? – mi chiede lui, spiazzato. Sorrido.
-    Ora sei un sex symbol – storce la bocca a quel termine – ma da bambino com’eri?
Sbuffa piano: - Bruttino. Oltretutto, piuttosto solitario. Avevo pochi amici, e vorrei poter dire “pochi ma buoni”, ma non sarebbe la verità.
Ora sono io ad essere spiazzata dalla sua risposta e non glielo nascondo: - Oh. L’esatto contrario di quello che sei adesso, insomma.
Diventa perplesso: - No... sono ancora così... Non si vede?
Sto per mettermi a ridere per la sua battuta, ma poi la sua espressione mi confonde: non capisco se il suo sia sarcasmo o se mi stia prendendo in giro. Eppure sembra sinceramente sorpreso dalla mia affermazione. Guardo i suoi occhi profondi, il suo fisico slanciato e le sue mani sicure appoggiate sui braccioli della poltroncina, come se fosse sempre in procinto di alzarsi ed andarsene.
-    No – dico sincera – Non si vede.
Scuote leggermente la testa e sorride: - Eppure è così. Dentro di me, sono ancora quel ragazzino un po’ sovrappeso con i capelli troppo arancioni che non parlava mai e spesso avrebbe voluto essere invisibile.
Lo guardo stranita, ma lui non sposta gli occhi dai miei di un centimetro.
Sembrano quasi chiedere scusa. Scusa se non sono quello che pensavi. Scusa se tutti ti hanno fatto pensare il contrario. Scusa se non sono quello che volevi – che volevate tutti.
Non credo in effetti di aver mai letto cose del genere su di lui, in un’intervista. Ma l’argomento, neanche a dirlo, non mi interessa solo per questo.
-    E vorresti mai essere invisibile, adesso?
Si muove sulla sedia, sorpreso dalla mia domanda, si divincola come se stesse combattendo; poi si ferma e mi regala un nuovo sorriso, un po’ più amaro degli altri:
- Sì.

Gli sorrido a mia volta e passo un momento così, persa nei suoi occhi. Azzurri. Nel suono vibrante di quel “Sì” sussurrato che è rimasto nell’aria. Nella sua voce bassa che è ancora più bella quando non fa lo spavaldo.
Mi accorgo che lui ha di nuovo cambiato espressione e mi sta guardando divertito. Indica la mia cartelletta: - Non hai altre domande?!?
Gli sorrido imbarazzata. Di nuovo, idiota.
Lui si abbassa un po’, appoggia i gomiti sulle ginocchia e avvicinandosi a me, mormora: - Hai cambiato un po’ idea sull’attorucolo?
Nel suo tono non c’è traccia di risentimento, è solo una domanda con un briciolo di ironia. Il suo sorriso si allarga, ancora vicino a me. Mi sta proprio prendendo in giro. Di nuovo. E mi sta anche provocando.
Si mette una mano tra i capelli e continua a scompigliarli. Adoro i capelli scompigliati.
Gli sorrido e continuo la mia recita da giornalista professionale:
-    Suoni anche, giusto? E canti.
-     Sì. – mi sorride. Sa che ho cambiato argomento appositamente e sa anche perché.
-    Quando me lo permettono. – continua modesto.
Continua a guardarmi da vicino, intensamente come se volesse scoprire cosa penso e non mi vengono più altre domande da fargli.
È bello, cavolo. E sa di esserlo e sfrutta la cosa a proprio favore, ma lo fa come se ne avesse scoperto da poco il potenziale e ne fosse affascinato, più che completamente conscio.
Mi fa perdere il filo del discorso. Non che me ne importi molto, comunque.
-    Nient’altro? – mi chiede fingendosi spazientito mentre sorride.
Io sto pensando se “Vuoi sposarmi?” sia una domanda adatta da fare in un contesto del genere. Credo di no.
-    Credo di no.
-    Allora adesso è il mio turno. – dice lui entusiasta tornando a sedersi composto e per poco non si mette a saltellare sulla sua poltroncina. Si mette in posizione e finge di avere in mano carta e penna; poi mi guarda da sotto in su, come se avesse indosso un paio di occhiali.
Sta giocando al giornalista professionale. Con me.
– Allora. Ho due domande.








N.D.Summer
La domanda che mi pongo è: la smetto di inventarmi nuove fic? Non ne ho già forse abbastanza in ballo?!?
Sì. Evidentemente no. XD
Spero che vi piaccia questo inizio di intervista con Rob (*_*) e che vi incuriosisca...quali saranno le domande che il diabolico Rob vuole fare alla sua intervistatrice?!? Prometto che la continuazione (che ho già in testa ma ancora non ho scritto) vi sorprenderà...
Se invece non vi piace...mi dite perchè? Davvero, sono sempre interessata a qualsiasi critica che mi permetta di migliorare o di correggere qualche errore...
Dai...La smetto di annoiarvi e...grazie in anticipo! :P

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Capitolo 2
*** 2. Stronzetta ***


Recap dalla puntata precedente:

-    Allora adesso è il mio turno. – dice lui entusiasta tornando a sedersi composto e per poco non si mette a saltellare sulla sua poltroncina. Si mette in posizione e finge di avere in mano carta e penna; poi mi guarda da sotto in su, come se avesse indosso un paio di occhiali.
Sta giocando al giornalista professionale. Con me.
– Allora. Ho due domande.






2. Stronzetta


- Oh. Ok. –
sono un po’ sorpresa dalla sua richiesta e soprattutto dal suo entusiasmo.

E quando mi colgono di sorpresa mi ammansisco. Ma non per molto.
- Prima domanda. – inizia lui, alzando un sopracciglio, malizioso:
– Mi hai fatto almeno una delle domande che ti avevano detto di farmi o una di quelle che ti eri scritta? – termina indicando con la mano il blocco per gli appunti che tengo tra le mani.
Su cui non ho scritto niente e da cui  non ho letto niente.
Colpita e affondata.
Lui mi sorride tronfio, sa di averci azzeccato, ma decido di essere diplomatica:
- Mmmh, ok... no. Ma se vuoi posso fartele adesso.
Faccio una smorfia di sfida e comincio: - E’ vero che non ti lavi spesso i capelli? Hai mai incontrato un vampiro vero? E, aspetta, aspetta, questa è la migliore: quando per interpretare Edward devi mettere le lenti a contatto rosse, vedi rosso?
Gli sciorino in fretta le domande più stupide che sono riuscita a trovare sul mio foglio: il vero problema è che non è stato difficile trovarle. E' davvero questo quello che vuole sapere la gente di lui?!?
Lui ride ed esclama: - Alla terza ormai sono abituato, me la fanno molto spesso...davvero! E la storia dei capelli invece ormai è un must!
Rido anch’io e lo provoco: - Quindi ci tieni che io ti chieda qualcosa in merito?
Vedo per un attimo nei suoi occhi un lampo che non avevo mai visto prima, ma passa subito. Poi mi dice, con semplicità: - Dai, chiedimi quello che ti viene in mente.
Ed è troppo sincero e trasparente e vulnerabile, mentre lo dice.

“Vuoi sposar...?” – Questo era il tuo look anche prima di diventare famoso?
Non so come mi è uscita questa domanda che mi ha fatto evitare l’altra, ben più imbarazzante. Per fortuna. Ma forse questa mi è venuta in mente perché non riesco a fare a meno di fissarlo, cosa già di per sé abbastanza imbarazzante.
Lui ci pensa un po’, poi mi risponde serio: - Vediamo... non mi pettinavo, mettevo la prima maglia che mi capitava e un paio di jeans che avevano più o meno la mia età. E non dimentichiamo le camicie di flanella.
Strabuzzo gli occhi inorridita e lui sorride appena, per poi continuare: - Perciò, per rispondere alla tua originale domanda, direi che sì, ero più o meno uguale. – sospira – Solo che adesso le mie camicie di flanella sono Dolce&Gabbana e che per rendere i miei capelli così come li vedi ci vuole un “hair stylist” che ci lavori mezz’ora.
Pronuncia la parola “hair stylist” come se fosse un animale semisconosciuto, di cui tra l’altro ha scoperto l’esistenza da poco. E che gli fa anche un po’ paura.
Incrocia il mio sguardo che probabilmente sta vagando senza che io me ne renda conto da qualche parte tra la sua camicia a righe e i suoi jeans studiatamente sdruciti e scoloriti.
Lo cattura con un lampo azzurro e abbassando un po’ la voce, mi chiede: - Cosa ne dici del risultato?
“Che sarebbe un buon abbinamento, se solo dentro a quei vestiti e dietro quel ciuffo ribelle non ci fosse uno stronzetto compiaciuto.”
- Devo dire che è un look che apprezzo. – rispondo fredda, ma lui sembra comunque stupito della mia ammissione, che tra l'altro è sincera. Quindi, rincaro la dose, curiosa di vedere l’effetto che gli farà: - E poi, beh... ti dona. –
I suoi occhi si fissano su di me, seri, spavaldi. Il suo viso, però, racconta un’altra storia: lo vedo, che è un po’ arrossito.
Ho fatto arrossire quello stronzetto compiaciuto di Robert Pattinson.
E con le guance un po' colorite è ancora più bello.
Mi viene da sorridere, non tanto perché l’ho colto in fallo, ma per la sua ingenuità. Mi sforzo però di scuotermi da questo pensiero e concludo:
- Dai, la domanda sui capelli te l’ho fatta, penso di poterti lasciare libero.
- Ma manca una mia domanda...- ribatte, come un bambino a cui sia stata promessa una torta che, in effetti, non avrà. Una torta che proprio non esiste al mondo.
Senza pensarci rispondo: - No, mi hai chiesto se ti avessi fatto le domande che dovevo e poi che cosa ne pensavo del tuo look. Due domande.
Non so perché sto facendo così.
Chi è la stronzetta, ora?
Forse ho avuto paura del suo sguardo, che si era fatto intenso e furbo. Forse ho paura della sua seconda domanda. Forse ho paura che questa domanda sia l'ultima. Non lo so, ma sta di fatto che divento insopportabile, non posso proprio evitarlo. E il problema è che non mi sopporto io per prima.
- Oh. – ripete lui deluso – Ma la seconda non era proprio...- cerca di aggiungere, ma si blocca a metà e il suo sguardo si fa allibito quando vede che gli scoppio a ridere in faccia.
La sua frase cade nel vuoto e io colgo la palla al balzo, cercando di smettere di sghignazzare come una povera isterica:

- Allora, grazie per la disponibilità...- dico da vera idiota altezzosa e mi alzo dalla poltroncina, porgendogli la mano. Lui mi sorride, anche se ancora un po’ sconcertato dal mio comportamento da pazza e la sua mano sfiora la mia. Quasi non fa in tempo a stringerla che tolgo la mano, come bruciata dal contatto con lui; toccare la sua pelle era giusto ciò che mi mancava per impazzire del tutto.
Mi fissa ancora un attimo, pensieroso e poi ribatte sorridendo incerto: - Beh... grazie per la tua. E per aver reso tutto questo un po’ meno noioso.
- In compenso non so cosa dirò ai miei capi! – gli rispondo tentando di sdrammatizzare ma risultando solo acida. Ora penserà che sono bipolare E inacidita, come minimo. Lo guardo per l’ultima volta (“Oddio, l’ultima volta”)e poi mi dirigo a passo spedito verso la porta, fingendo una sicurezza che non ho e tirando il fiato solo quando me la richiudo alle spalle.










N.D.Summer
Mi sa che ho scoperto qual è il segreto della mia incapacità di finire una qualsiasi cosa (leggi "storia"): devo scrivere finchè ho l'ispirazione (addirittura), perchè se aspetto anche solo qualche ora potrebbe svanire. E lo farà!
Quindi, rieccomi, di già, a postare il secondo capitolo. Un po' corto, forse; ma è perchè devo dividere la storia in modo da creare un po' suspense, no? XD
La smetto di fare N.D.Me più lunghe dei capitoli e ringrazio innanzitutto Satyricon (come vedi "lei" in questo capitolo fa una figura da scema, porella :p) e whitevelyn (dovrei mettere un disclaimer: "il fascino che pervade questa fic non mi appartiene! Scaturisce direttamente da Rob e da qualsiasi cosa in cui sia coinvolto" *.*) per i commenti e ovviamente tutti coloro che hanno già messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate... baci

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Capitolo 3
*** 3. Smorfiosetta ***


3. Smorfiosetta

Lui,
dall’altra parte della porta,
ancora allibito per quello che è successo,
per come l’ha trattato quella tizia, un po’ pazza, forse. Ma comunque simpatica. Diversa.
Ed è come un raptus, non ci pensa.
Prende un foglio a caso dalla cartella stampa, la stessa piena di robe assurde su di lui, robe che partono dalla sua data di nascita e finiscono con il colore delle sue ciglia. Dettagli inutili che nemmeno lui conosce.
Le odia, lui, quelle cose. Le cartelle stampa e i photoshoot e i cartelloni pubblicitari e la promozione e le interviste...
E adora tutto ciò che gliele rende meno pesanti. E vuole sdebitarsi.
La sua mano tiene la biro in un modo strano, come al solito da quando era bambino, ma anche così scorre leggera sul foglio, veloce, sicura: in realtà, non è sicuro di quello che sta scrivendo, ma sembra non poterne fare a meno. Spinto da chissà quale forza.
Pochi secondi dopo, accartoccia il pezzo di carta (piegare qualcosa non è da lui) e chiama la tizia... quella che apre e chiude la porta... dovrebbe chiamarsi...
- Alice...? – dice cercando di pronunciarlo all’italiana – Could you do me a favour?- e poi le sorride ammaliante.
E allora come si fa a dirgli di no.

Mi appoggio al muro e inspiro forte. Non so cosa penseranno di me tutti gli altri giornalisti SERI che sono seduti composti in questa saletta, ad attendere il proprio turno, ma non mi importa. Non mi importa se mi hanno vista uscire da quella porta sconvolta, accaldata, probabilmente spettinata. E stronzetta.
Dopo pochi secondi in cui non sono riuscita ancora a muovermi dalla mia posizione, si affaccia dalla porta la ragazza carina che poco prima mi aveva fatto entrare in quella stanza per l’intervista e chiama un altro nome.
Dopodiché, inaspettatamente, si volta verso di me e mi dice:
- Signorina, il signor Pattinson mi ha chiesto di consegnarle questo.
Mi porge un foglietto spiegazzato e attende con pazienza che io smetta di guardarla con gli occhi fuori dalle orbite, realizzi cosa sta succedendo e prenda in mano il pezzo di carta.
Signorina. Il signor Pattinson. “Pff, il sign...” Questo.
Guardo in basso e vedo la mia mano afferrare poco convinta qualcosa di bianco e ruvido.
Poi, prima che possa riprendermi e chiederle qualcosa, la ragazza scompare ancora dentro la stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo.
Grazie.

Guardo il pezzo di carta bianco che mi ritrovo chissà come tra le mani e passano minuti prima che io finalmente lo apra, rivelando una scrittura allungata ed irregolare, segnata probabilmente dalla fretta del suo proprietario.
Lui?
Un dubbio, una speranza, tanta sorpresa.
La curiosità ha la meglio sullo stupore, così inizio a decifrare il messaggio... e già dalla prima riga ho bisogno di rileggere più volte quello che c’è scritto, tanto sono incredula.

Mi sento un po’ in colpa per non averti dato materiale su cui lavorare per scrivere la tua intervista,…
“In co...? In colpa, certo. Materiale...”
…quindi, se vorrai, ai tuoi capi potrai dire che sei uscita a cena con me, stasera.
“Ai miei capi, dico così. Eh si. Ma perché...? Non vorrà mica...”
Ci vediamo alle 8 al ristorante dell’albergo.
“Ci ved... ci ved... Oh, merda.”

Leggo il resto come in trance, e stavolta devo rileggere le frasi almeno tre volte, prima di capirle. E una quarta prima di riuscire a sorriderne.
 
È gradita la camicia di flanella. E non pettinarti.
Robert
P.S. In caso mi dessi buca stasera, puoi sempre rivendere la mia firma su ebay come autografo, come parziale risarcimento della mia scarsa professionalità.
P.P.S. Se ora volessi saperlo, la mia seconda domanda sarebbe stata “Vuoi venire a cena con me?”; ma, purtroppo per te, siccome hai fatto la smorfiosetta e non mi hai dato la possibilità di fartela, ora non hai la possibilità di rifiutare il mio cortese invito.
La firma puoi venderla lo stesso.


A bocca aperta, non ce la faccio nemmeno a formulare il pensiero completo nella mia mente. “Mi ha chiesto di... Stasera io e... Ha detto... Devo... cena. Non poss...”
Momentaneamente (spero) impossibilitata anche solo a pensare, smetto quindi del tutto di provarci e mi avvio lungo il corridoio, sicura che una passeggiata mi aiuterà.
Quasi un’ora dopo, non solo mi rendo conto di essermi persa, ma ho anche ricominciato a formulare pensieri sensati, senza però risolvere un bel niente. E intanto, il foglio spiegazzato nella tasca della mia giacca brucia come se avesse preso fuoco.
Un fuoco invisibile, che prima di tutto divora ME.

“Non posso andarci. Per almeno un milione di motivi.
Perché mi sono comportata da stupida, da “smorfiosetta”, come ha scritto lui, da stronza e da isterica patetica ragazzina che si scioglie di fronte ad un attorucolo.
Un attorucolo troppo bello, però. Ma non è solo questo. È anche non troppo sicuro di sé, divertente, cordiale, interessante, misterioso quanto basta, maledetto più di quello che basta e... non so. Magnetico. Ok, basta davvero. Qui finisce che divento pazza.
Ma quel biglietto? E quella proposta?
Forse la ragazza si è sbagliata, forse non ero io la “signorina” a cui era riservato il messaggio.
Sì, deve essere così... Era di sicuro per un’altra “signorina”, bionda, alta, bella da mozzare il fiato e curata, perfetta. Era sicuramente per una così, quel biglietto.
Scritto di fretta.
Subito dopo che sono uscita.
Che parla di non averle dato abbastanza materiale su cui lavorare. Parla di camicie di flanella. Parla di capelli spettinati. Parla di una smorfiosetta che gli ha rifiutato una domanda.
Parla di una smorfiosetta fottuta.
Parla di me.”






N.D.Summer
Uhm...siete proprio sicure che "lei" andrà all'appuntamento?!? Insomma, siamo tutte d'accordo... Sarebbe da pazzi non farlo, no?
Ma come abbiamo già appurato, questa tipa non è tanto normale... Ihihihi, scusate per la pulce nell'orecchio, aggiorno presto!!! Baci

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Capitolo 4
*** 4. Camicia (di forza) ***


4. Camicia (di forza)

Passo qualche ora, dopo che sono tornata dalla mia gita fuori porta, nella mia camera d’hotel, indecisa. Indecisa su cosa mettere, su cosa dire, su come comportarmi. Ma soprattutto, su cosa fare: andare a cena con lui o no?
Qualsiasi persona sana di mente non ci avrebbe pensato più di due secondi: la risposta sarebbe stata, ovviamente, sì. Ma io, la sanità mentale, rischiavo di perderla proprio andando a quella cena. Il lento ma inesorabile processo di rimbambimento dei miei neuroni era già iniziato quel pomeriggio, a causa di un’intervista durata nemmeno cinque minuti.
Cosa ne sarebbe rimasto di me dopo un pasto completo con lui?!?
Decido di aprire l’armadio, per vedere se almeno io abbia per caso portato qualcosa che possa andare bene per un’occasione del genere. Nel caso in cui decida di andarci.
Quindi, apro le due ante e do un’occhiata disillusa ai pochi vestiti che ho ritenuto indispensabile mettere in valigia per questo mio piccolo viaggio di lavoro. Quasi subito, il mio sguardo si posa su qualcosa di colorato, bizzarro, per niente elegante, per niente adatto.
E ho deciso.

Senza sapere come né perché, mi ritrovo all’ingresso del ristorante, poco dopo le 8. Per fortuna nella nebbia mentale che mi ha accompagnato nelle ultime ore e poi fin qui, mi sono ricordata di vestirmi e di farlo decentemente. O quasi.
Sopra il mio vestito nero, semplice e non troppo corto, porto una camicia a quadri azzurra e rosa. Non è di flanella, ma l’ho comprata ai saldi e non ho mai avuto il coraggio di metterla; questo perché è imbarazzante quasi come se fosse di flanella.
Devo essere diventata pazza.
Sì, l’ho messa appositamente per vedere un sorriso esplodere sul suo volto quando vedrà che ho seguito le istruzioni del suo messaggio.

Sono proprio diventata pazza.
Mi avvicino al cameriere e mormoro imbarazzata: - Ehm. Il tavolo del signor Pattinson...? -
Lui mi squadra con sufficienza e poi, con tono affettato e monocorde, mi dice solo: - Mi segua, prego. –
Mi conduce a passo veloce verso uno dei tavoli lungo una delle pareti della sala.

Quando mi lascia sola, conto mentalmente: due sedie, due bicchieri, due piatti... zero persone sedute.
Da questo traggo le mie geniali conclusioni: lui non è ancora arrivato. Che figuraccia. Prima faccio la smorfiosa e poi arrivo addirittura in anticipo?!? Sempre se lui ha intenzione di presentarsi. Non lo biasimerei se mi desse buca, per farmela pagare un po’. Forse in questo momento è su un aereo diretto chissà dove e se la ride sorseggiando champagne. Forse è già arrivato a Sidney, o a Parigi, o a Honolulu.
E io sono qui, in piedi come una stupida davanti ad un tavolo ad aspettarlo. Con addosso una camicia a quadri.
Non faccio però in tempo a continuare il mio delirio, né a guardarmi troppo in giro, perché appena mi decido a sedermi la sento.
- Uno, due, tre. -
La sua voce.
Ma è lontana, è strana, è come se fosse...
- ...prova... –
...amplificata.
Istintivamente, volgo lo sguardo verso il pianoforte posto in un angolo della sala e lui è proprio lì, seduto. Incontro il suo sguardo, mi sorride e sempre guardando verso di me, ripete: - Uno, due, tre... prova. –
Poi, si fa silenzio. Lui abbassa gli occhi sui tasti del piano, inspira lentamente ed inizia a suonare una melodia dolce e malinconica; poco dopo, inizia anche a cantare.

Ah.
L’ho già sentito cantare, prima. Ho visto un paio di video su internet, giusto per informarmi in previsione di innamor... di intervistarlo. E in quell’occasione, ricordo di aver pensato: caspita, per essere un vampiro bellissimo e ovviamente immortale si lamenta parecchio.
Ho pensato che fosse una lagna, ebbene sì.
Ma ora...
Ah.


Sentirlo cantare dal vivo è... beh, mi lascia senza parole, letteralmente.
La sua voce è come fumo denso ed evanescente, che percorre la sala per arrivare fino a me e penetra sotto la mia pelle, emanando un calore liquido che si spande e mi provoca brividi...
Non posso fare a meno di pensare che la "voce che frantuma il cielo" sia in realtà la sua.

Spoke with a voice that
Disrupted the sky

Le parole sono strascicate, appena accennate, quasi come strappate dalla sua voce ruvida. Il suo accento è più divino del solito e nonostante tutto questo, sommato alla mia conoscenza basilare dell’inglese, dovrebbe impedirmi anche di distinguere le parole, capisco tutto. Ogni singola frase, ogni significato.

She said walk on over here
to a bit of shade.
I will wrap you in my arms
and always stay…
Let me sign.

E questa non può essere che magia.
Infatti, tutti in sala sono come incantati da lui; un sortilegio invisibile li avvolge e li culla; la sua malinconia li attanaglia e li costringe ad osservarlo in religioso silenzio, stupefatti.
Io, beh. Io sono a bocca aperta.

Perché ho capito.
Non è stata fortuna.
Là fuori non ci sono mille Edward migliori.
Il suo sguardo, il suo sorriso, le sue mani, la sua voce, persino i suoi capelli. Tutto.
Tutte queste cose insieme producono un effetto paragonabile all’attrazione che un vampiro deve esercitare sulle sue vittime, per potersene nutrire.
Lui è magnetico.
Mi ritrovo a chiedermi, quasi in trance, di che cosa si nutra Robert.
E se si possa, per favore, nutrire di me.

Sono destinata a trovare una risposta alla mia prima domanda, tuttavia, quando poco dopo la magia finisce e lui, dopo essersi schernito di fronte ad un breve applauso sorto spontaneo in quel pubblico improvvisato, viene finalmente a sedersi al mio tavolo. Al suo tavolo. ...al nostro tavolo.
- Ho proprio voglia di pasta. – sentenzia subito, sedendosi, senza neanche salutarmi. Ma rivolgendomi un sorriso aperto e spontaneo.
E, a sentire il modo in cui pronuncia la parola “pasta”, mentre sorride felice come un bambino prendendo in mano il menu, penso che stasera, nonostante lui preferisca gli spaghetti al mio sangue, il risultato sarà lo stesso: non sopravviverò.









N.D.Summer
La canzone sapete cos'è, non c'è bisogno di dirlo... =P E quella è praticamente l'impressione che ha fatto a me quando l'ho sentita. Purtroppo non dal vivo, naturalmente, ma... beh.
Un po' corto questo capitolo ma sempre per il solito motivo... Tra l'altro ne ho già scritti altri ma devo rivederli... Mi vengono idee in ogni momento della giornata, nei posti più assurdi e nei momenti più assurdi (tipo durante una lezione di psicologia, vabbè). E soprattutto di notte, prima di dormire...che poi mi devo alzare per appuntarmi le cose o.O E poi la mattina è un dramma alzarmi etc...
Vabbè ma a voi cosa ve ne frega?!? =P
Piuttosto, grazie a tutti e in particolare a whitevelyn, _Miss_, Vichy90 e Satyricon! Alla prossima, presto. Baci

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Capitolo 5
*** 5. Principino ***


Rob

5. Principino

Dopo un compiaciuto: - Allora sei venuta, eh? – da parte sua ed un sorrisino imbarazzato da parte mia, lui sembra realizzare qualcosa, in ritardo. Indica allibito la mia camicia ed esclama, ridendo: - Ed hai anche seguito i miei consigli in fatto di moda, vedo! –
Scoppio a ridere anch’io, felice come una bambina che la mia stupidità l’abbia fatto sorridere. Non solo sorridere, ma ridere. E mi ero dimenticata di quanto fosse bello quando ride.
Quando le nostre risate si spengono, lui mi fissa per un po’, tra lo stupito e l’interessato e poi cala il silenzio, mentre ci nascondiamo dietro ai nostri rispettivi menu. Io ogni tanto sbircio dal mio e lo vedo leggere confuso i nomi delle pietanze, evidentemente scritti in italiano ed altrettanto evidentemente incomprensibili per lui. Mi fa ridere la sua espressione seria ed ostinata mentre tenta di capirci qualcosa pensando che nessuno lo osservi e sto quasi per scoppiargli a ridere in faccia (ancora!) quando ad un tratto esclama:
- Oddio! Cosa sono le... “linguine”?
Sorrido della sua pronuncia e gli rispondo tranquilla: - Beh, è pasta... molto simile agli spaghetti.
- Ah... – dice rilassandosi un po’ – Non ha niente a che fare con la “lingua”, vero?
Lo guardo stupita e trattenendo un sorriso gli chiedo: - No! Perché?!?
Vaga con lo sguardo per la sala: - Mi stavo immaginando come sarebbe mangiare le “linguine” se fossero delle piccole lingue.
Sembra serio. È serio. Ed è un idiota.
- Ok, primo: bleah. Secondo: non oso immaginare da che animale hai pensato provenissero le tue “piccole lingue”... – ride come se fosse un segreto inenarrabile... probabilmente perché troppo idiota.
Fingo di ignorarlo e concludo: - Terzo: come fai a sapere cosa vuol dire in italiano “lingua”?
Mi guarda malizioso e fa un gesto con la mano: - Fan. – spiega brevemente – Non vorresti davvero saperlo. – e mi sorride.
Io lo fisso a bocca aperta mentre lui annuisce ammiccante. Intanto il cameriere si avvicina al nostro tavolo, chiedendo se vogliamo ordinare. Io gli riferisco il piatto che ho scelto, dopodiché Rob lo fissa intensamente e gli dice con voce suadente:
- Linguine.
Poi mi fa l’occhiolino e per poco non scoppia a ridere. Io mi copro la bocca con la mano e ridacchio, mentre il cameriere, evidentemente stranito, si allontana da noi.
Finalmente soli. Rob mi guarda ed alza un sopracciglio, poi abbassa lo sguardo.
- Non pensavo che saresti venuta. – dice fissandomi intensamente di sottecchi, tornando serio.
- Pensavo lo stesso di te. – ribatto sincera, ma tutto quello che ottengo è uno sguardo interrogativo, quindi cerco di spiegare a quell’anima ingenua di Robert i miei pensieri perversi. Non TUTTI i miei pensieri perversi, comunque.
- Pensavo fosse una specie di scherzo. Una... ripicca.
Lui assume un tono freddo: - Beh, sei effettivamente stata scortese con me.
Non faccio in tempo ad aprire bocca, imbarazzata e stupita, che lui ridacchia e aggiunge: - Ma dai, scherzo! Sei stata... una boccata d’aria fresca. Smorfiosa... ma divertente!
Gli sorrido, sollevata e sinceramente sorpresa. In quel preciso istante, arrivano le nostre ordinazioni.
Di già. Evidentemente, cenare con una star ha i suoi vantaggi. Oltre ad essere di per sè un vantaggio, se la star è lui.


Rob aggredisce subito con foga le sue “piccole lingue” ed io rimango un attimo imbambolata a guardarlo mangiare con gusto. Ogni cosa che fa è magnetica, ogni suo gesto attira il mio sguardo su di lui, come se fosse la prima volta che un essere umano lo compie. È incredibile. Perlomeno è fuori dal normale, di sicuro.

Così, quasi senza accorgermene, do voce ad un pensiero che mi frulla nella testa da un po’: - Deve essere una maledizione per te.
Mi guarda, lasciando la forchetta a mezz’aria e sorridendo come se avesse già capito, ma volesse essere sicuro che anche io abbia davvero capito: - Cosa?
- Essere così simile a lui... al tuo personaggio. E poi ancora non esserlo.
Ora mi sorride apertamente, ma non mi risponde.
- Buone, queste lingue.

- Bene, ora puoi scrivere che mi piace la pasta sul tuo... scusa, non credo che tu mi abbia detto per chi scrivi.
Esordisce finendo la pietanza che pochi minuti prima gli stava davanti. Mentre lo dice, spezza un pezzo di pane ed inizia a fare la scarpetta. Niente da fare, ogni cosa che fa mi costringe a fissarlo come un’ebete.
- Scrivo su una rivista, niente di che.
- Beh... – fa comprensivo con un pezzo di pane in bocca: - Hai ancora una carriera intera davanti per fare grandi cose... Sei giovane.
- Anche tu.
- Vedo che ti sei informata. – alza un sopracciglio insinuante.
- Prima delle interviste mi preparo, io. – rispondo pronta. Poi, aggiungo: - Tu sei già un attore di fama mondiale, pur essendo giovane.
- Te l’ho detto. Fortuna.- fa spallucce, poi cerca di farmi una domanda: - Q...?
- 1986, come te. – lo prevengo.
Sorride: - E’ stata una buona annata, allora.
Riesco ad evitare di pensare che questa sua uscita possa essere un complimento camuffato, perché fortunatamente aggiunge subito: - Tra l’altro, quando hai imparato a leggere nel pensiero?
Ridacchio della sua battuta: - Se qui c’è qualcuno che sa leggere nel pensiero quello sei tu. O sbaglio?
- Questa è una cosa che non vorrei mai. – risponde lui, facendosi serio.
- Cosa?
- Primo: sentire quello che la gente pensa davvero di me. – sorride amaro – Secondo: diventare indistinguibile dal personaggio che interpreto.
Annuisco, come se lo capissi. L’unica volta che ho recitato è stata per la recita di Natale delle elementari ed interpretavo una foglia. Morta.
- A proposito. Perché non ti hanno lasciato recitare con quel – “meraviglioso, divino, sexy al limite dell’insano” – TUO accento inglese?
Comunque, non sono del tutto sicura che “tuo” sia un aggettivo meno positivo di quelli che ho solamente pensato. Perché mi viene il dubbio che sia un loro sinonimo.
- Edward non è inglese, nelle intenzioni dell’autrice. – ribatte lui senza intonazione.
Faccio spallucce: - Secondo me avrebbe dato al personaggio un altro po’ di quella sua aria da principino.
Rimugina un attimo, come se gli sfuggisse qualcosa. Poi, si illumina: - Allora io sembro un principino?!?
La sua espressione divertita e al tempo stesso offesa mentre lo dice, il suo tono, unito al gesto della sua mano che si indica il petto, coperto solo da una maglietta nera a maniche corte e lavata troppe volte con sopra la foto di qualche band sconosciuta, mi costringono a scoppiare a ridere. Tra i singhiozzi, gli dico:
- Tra l’altro, i principini non si sporcano di sugo.

I suoi occhi azzurri hanno un guizzo, si spostano sulla minuscola macchiolina rossa che sto indicando sulla sua maglietta e poi si spostano ancora sui miei. Per un attimo tutto è fermo, immobile. Poi scoppia a ridere.
E qui mi devo fare un promemoria:
“Ricordarsi di non farlo mai più ridere. Tenere a mente il teorema dimostrato secondo cui il suo fascino potenzialmente mortale si moltiplica esponenzialmente, quando ride.”

- Vabbè, dai. Dimmelo. So che muori dalla voglia di dirmelo. – esordisce lui misterioso dopo un po’ che parliamo del più e del meno. Lo guardo confusa.
Dopo aver creato la suspense necessaria, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, butta fuori:
- Che team?

Per poco non mi soffoco con l’acqua che sto bevendo, mentre lui ride di gusto.
Per poco non dimentico di cosa stiamo parlando, o CHI SONO, mentre lo guardo ridere. Stupidi promemoria.

Cerco di darmi un contegno: - Mi sembra ovvio. – rispondo allusiva. Lui mi guarda attento, cercando di reprimere un sorrisino di attesa.
È ancora accaldato da prima, le sue guance sono leggermente colorite. Perdo per un attimo il filo del discorso: ci metto qualche secondo a capire che tocca ancora a me dire qualcosa. Riavvolgo il nastro, cercando di tornare in me e di ricordarmi l’argomento.
Poi sbotto: - Team Charlie, è chiaro.

Stavolta la sua risata parte dalla gola e sale fino a farlo singhiozzare, una mano sul viso e l’altra che si agita davanti alla mia faccia, come per impedirmi di dire altre sciocchezze. Cerco di rimanere seria e faccio anche un po’ l’offesa mentre si ricompone.
- Tu non sei normale. – mi dice – E poi non esiste alcun Team Charlie.
Sembra offeso. Un po' scherza, ma... Si è offeso?!?
- Mi stai dando della bugiarda? – lo guardo con aria di sfida.
- No no, non mi permetterei mai! E poi, ormai non mi stupisco più di niente...
“Neanche io...” mi ritrovo a pensare mentre lui borbotta ridacchiando qualcosa del tipo
-Team Charlie, oddio, le ho sentite tutte...-
I miei occhi mi obbligano ad osservare le sue mani che arrotolano il tovagliolo come se fosse la cosa più interessante del mondo.
"...neanche io.”










N.D. Summer
Volevo solo dire: il Team Charlie esiste davvero =P
Scherzo, ma non troppo! L'idea l'ho presa da questo divertentissimo recap di New Moon ... in cui si parla di un "hot dad with hot mustache"... sono morta dal ridere!!!
Come al solito grazie a tutti e a prestoooo (la prossima volta avrò più tempo magari per i ringraziamenti, scusate!! u.u)

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Capitolo 6
*** 6. Milano ***


6. Milano

Milano
Sguardo Distratto
Bacio Di Ghiaccio


E Alle Luci Di Un Tramonto Sopra Piazza Del Duomo

Sei Troppo Bella Per Dirti Addio

Dopo la cena, squisita nonché divertente, non so bene come, finiamo con la proposta di fare un giro a piedi per le vie della città. Che sarebbe un suicidio, se lui non si fosse messo un cappellino da baseball con la visiera che una volta doveva essere rosso ma ora è tremendamente rosa e un paio di occhiali scuri.
Mi spiace non potere più vedere i suoi occhi e, assolutamente senza che le due cose siano correlate, vorrei anche fargli notare che indossare degli occhiali da sole di sera attira l’attenzione, pù che distoglierla. Ma, per ora, nessuno l’ha ancora riconosciuto, forse a causa di tutta la gente (anche strana) che c’è in giro stasera. Compresa me, in gonna nera, tacchi e... camicia a quadri.

Mi ritrovo, appena uscita dal ristorante, a respirare una città diversa da quella che mi aspettavo e da quella che ho sempre conosciuto.
Ho sempre amato Milano, soprattutto di notte; ma con lui al mio fianco sembra che assuma tutto un altro sapore. Sembra quasi un posto dove tutto potrebbe succedere, tranne qualcosa di negativo. È un’illusione, certo e anche piuttosto palese. Ma sembra proprio così.
È tutto leggero, arioso. E anche le persone, stasera, invece di correre trafelate come al solito, sembrano avere il tempo di fermarsi a sorridere, ad ammirare la loro città. Da qualche parte, forse dalla luna, arriva una luce tenue e azzurrina che accarezza il marmo liscio e freddo degli edifici e contrasta con l’aria tiepida che sento sulla pelle.

Mi trovo a pensare che il fatto che trovi così magica questa sera e questa città che conosco da anni sia dovuto alla persona con cui sono, e con cui sto passeggiando e chiacchierando tranquillamente già da un po’. Tutto questo senza quasi che me ne accorga, come se camminassi qualche centimetro più su del pavimento e la mia testa fosse quindi troppo in alto per essere raggiunta da qualsiasi cosa che non sia la sua voce.

Non so nemmeno come ci siamo trovati a parlare di questo, ma ad un certo punto ho dovuto rivelargli che ho effettivamente letto i primi tre libri della saga da cui sono tratti i film in cui recita lui. Mi è parso stupito ed io gli ho subito detto che era per lavoro e che mi avevano praticamente obbligata. Il che è vero, ma ho casualmente omesso che li ho divorati in pochi giorni. Certo, poi mi sono accorta, ripensandoci, che non sono così perfetti: di difetti ce ne sono. Ed è su questo che mi concentro, parlandone con lui.
- Sai cosa? – dico come se fossimo ormai grandi amici, stupendomi per prima di questa confidenza, io che sono così fredda  – È forzato, in alcuni punti. Edward sarà perfetto quanto vuoi...- e mentre lo dico seguo con lo sguardo la sua mascella che si irrigidisce per un momento - ...ma Jacob bacia Bella e lui... niente?!? Nessuna reazione? Non è realistico.
- In effetti no...- ammette lui divertito dalla foga con cui argomento la mia tesi.
- E tu... – ribatto curiosa – “Anti-Edward”, cosa avresti fatto?
Mi guarda spavaldo, poi risponde serio, un po’ troppo serio: - L’avrei ammazzato.
Mentre pronuncia queste parole non ha il minimo tentennamento, mi fa anche un po’ paura. Ma soprattutto è anche terribilmente sexy. Non sono il tipo che sbava per i comportamenti da macho cavernicolo, ma su di lui questa rabbia possessiva e gelosa ha un che di potente e maledettamente sensuale.
Per fortuna le possibilità che mi ritrovi un giorno a baciare la sua ragazza sono praticamente nulle. È anche vero che non me la sento più tanto di sfidare il caso e il calcolo delle probabilità, ora che sono qui a passeggiare con Robert Pattinson in persona.
- L’hai mai fatto? – gli chiedo ancora un po’ frastornata dalla sua reazione. E dalla mia reazione alla sua reazione.
- Picchiare qualcuno? – ridacchia lui cambiando tono – No. Non ho mai trovato un motivo per cui ne valesse la pena.
Eppure, non gli credo. L’intensità che sprizzava poco prima non poteva non avere un precedente. Non poteva essere casuale.
- Neanche qualche ragazza? – chiedo candida, ma lui sorride malinconico e scuote la testa:
- Non ne ho mai trovata una per cui ne valesse la pena. 

E poi mi guarda a lungo e i suoi occhi sembrano bucare le lenti degli occhiali scuri, perchè nonostante questi ed il buio, riesco chiaramente a vedere il suo sguardo azzurro.

Torna a guardare davanti a sè, facendo spallucce. Passa un attimo in silenzio, mentre camminiamo semplicemente, uno di fianco all’altra. Io, dal canto mio, sto pregando perchè nessuno si accorga di lui, cosa che potrebbe scatenare l’inferno e ancora peggio farmi uscire da questa bolla di pacifica surrealità che si è creata attorno a noi.
- Scusa. – dice poi – Non parlo così tanto di me, di solito. Soprattutto non alle giornaliste smorfiose... – mi fa una smorfia sdegnosa da bambino e poi aggiunge subito, facendosi pensieroso: - Non sono così interessante.
Gli sorrido. Non è la solita falsa modestia delle star, il suo tono lo tradisce. È sincero, fin troppo.
- Non credo che pubblicherò QUESTA intervista. – gli dico rassicurante riferendomi a questa serata: - Mi inventerò qualche risposta standard.
- Ci sono “risposte standard”?!? – chiede lui allibito e anche un po’ interessato alla cosa.
- Certo. Vediamo... “Cosa ti piace dell’Italia?” “Il cibo, soprattutto la pasta e... le ragazze.”
Ride un po’, poi ammette candido: - Beh, ma a me piace veramente la pasta.

Credo sia qui che succede. Credo sia questo il momento in cui mi perdo completamente.
Il fatto che gli piaccia una cosa a caso come la pasta suona nella mia testa come una poesia d’amore. Il suo essere così semplice, spontaneo... mi buca il cuore. Il suo tono da bambino corrucciato spezza la mia anima. La rende carta velina e la lacera, lentamente, dolcemente.

E il fatto che sia convinto di non essere niente di speciale mi fa venire voglia di prenderlo a schiaffi, per farglielo vedere.

- Ahi! – esclama lui richiamandomi dai miei pensieri, più sorpreso che irritato. Io sono più stupita di lui: devo essermi persa qualcosa.
- Cosa ho detto?!? – chiede alla fine, probabilmente anche disorientato dalla mia espressione. E intanto noto che si massaggia con una mano la guancia, su cui sta comparendo il segno rosso di quelle che sembrano cinque dit...

Oh, merda.









N.D. Summer
La tipa qui è sempre più sclerata, la vicinanza di Rob farà davvero proprio questo effetto?!? :P Sì, però adesso l'ha combinata grossa...! Grazie a tuttituttitutti...
P.S. La canzone è Milano Milano degli Articolo 31...


@ Vichy90:
Ma nooo, davvero?!? Ma in quale tua ff? Devo assolutamente leggerla!! ;) E io che pensavo di scrivere una cosa assurda...!!!

@ whitevelyn:
Grazie grazie grazie...! Sono sempre più commossa *.*

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Capitolo 7
*** 7. Scuse (lei) ***


7. Scuse (lei)


- Sc... Sc... – inizio a balbettare cercando di non mettermi a ridere. Perché sarebbe decisamente troppo.

Siamo di nuovo all’albergo e Robert sta controllando l’effetto che la mia mano ha avuto sulla sua faccia in uno degli enormi specchi della hall. Si volta finalmente verso di me, allucinato. Ma non è arrabbiato: chiunque altro, star o non star, sarebbe furioso. Lui è solo... stupito, incredulo. Come se quella fosse la cosa più assurda e ridicola che gli sia mai successa.
Per inciso, sono sicura che non lo è.

Reprimo un sorriso quando si volta di nuovo e si specchia per la terza volta, controllando quel suo viso da principino.
- Sul serio, scusami! – riesco a finire la frase e poi scoppio a ridere mentre lui si gira verso di me solo per guardarmi male.
– No, no! –
continuo - Scusami, davvero! Non sto ridendo per te!
Ma non devo essere molto convincente; un po’ perché lo dico ridendo e un po’ lo vedo dall’espressione che si dipinge sulla sua faccia (“Irrimediabilmente sfregiata”, mi trovo a pensare con un altro risolino).
- Si, si. Ridi pure di me. – mi dice cercando di darsi un contegno o di spaventarmi, non so – Vedremo domani quando darò una  conferenza stampa solo per dire che sei una pazza manesca! – conclude facendo l’offeso borioso. 
Ma lo vedo che stenta a reprimere un sorriso.
- No, scusa, è solo che sei buffis...-
Alza una mano e mi ferma, spazientito e altezzoso: - Il mio bellissimo volto... rovinato da una “paparazza”!
E questo è troppo anche per lui. 
Iniziamo a ridere e per qualche minuto andiamo avanti così, come due completi idioti, mentre le poche persone che ci passano di fianco ci guardano come se fossimo pazzi. Paparazza a me! Ho le lacrime agli occhi quando a poco a poco ritorniamo seri e ansimando lui mi chiede:
- Ma cosa ti è preso?!? Ho detto qualcosa che...
- No, no! – lo rassicuro – È stato un gesto spontaneo... -
Forse si è capito, non sono molto brava a rassicurare la gente.
- Ah bene!!!
- Non mi era mai successo!
- Sicura? Mi sei sembrata piuttosto allenata! – ribatte massaggiandosi ancora la guancia istintivamente. Io rido di nuovo e lui mi segue a ruota. Poi, si fa un po’ più serio, per quanto gli sia possibile e dice:
- Beh, si è fatto tardi, domani mattina presto devo ripartire per... boh.
- Sembra un bel posto.
Lui sorride. C’è una briciola di tristezza nel suo sguardo. 
Dev’essere brutto non stare mai per troppo tempo in un posto solo e stare lontani da casa per così tanto tempo. Io so cosa vuole dire stare in un luogo dove non ci si sente a proprio agio. Lo so, perché per me è così ovunque io vada. Ma questa è la mia personale “maledizione” e Robert non c’entra proprio niente.
Solo, il pensiero che possa condividere una mia ansia, anche se in maniera differente, me lo fa sentire più vicino.
Come se ce ne fosse bisogno. 
Gli sorrido: - Sì, è piuttosto tardi. E poi vorrei evitare altri... ehm. Incidenti.
Mi guarda male: - Il mio povero visino. – poi sorride di nuovo, magnanimo: - Ma ti perdono.
Deglutisco. Questo è il momento in cui ci salutiamo, poi lui va per la sua strada ed io per la mia e tanti saluti. E io per lui sarò per sempre “la ragazza che mi ha schiaffeggiato a Milano”. Oppure “la ragazza che mi ha schiaffeggiato a... boh”. Non so come salutarlo, come scusarmi, come ringraziarlo, come...
Non so come vivere ancora senza il suo sorriso.
- Beh, allora... - si avvicina e fa per darmi la mano. Poi si avvicina ancora di più e mi dà un bacio sulla guancia, impacciato e imbarazzato. 
– Ciao. –
Non riesco nemmeno a rispondergli, mentre mi abbandona lì, nella hall e prende l’ascensore che lo porterà al suo piano alla sua stanza. Mi saluta con la mano e con un ultimo sorriso, prima di scomparire dietro le porte automatiche. Ed io riesco solo ad alzare una mano lasciandola lì inerme, a metà strada tra un saluto ed una preghiera...

"Non te ne andare.”

 

La mattina dopo, scendo per saldare il conto con l’hotel e ripartire per tornare a casa. In realtà, abito a Milano, anche se non proprio in centro; ma ho accettato anche l’alloggio per questo lavoro perché... beh, perché una stanza pagata in un hotel a cinque stelle non si rifiuta mai, neanche se è solo per una notte.
Uscita dall’ascensore, mi dirigo verso la reception: non mi tolgo neanche gli occhiali da sole e saluto cortese la ragazza dietro il bancone. Stanotte ovviamente non ho chiuso occhio e devo avere delle occhiaie fino ai piedi. E probabilmente, lì sotto da qualche parte, c'è finito anche il mio umore. Per fortuna alla signorina non sembra interessare altro se non intascarsi i miei soldi. Anche se non li “intasca” lei, ma l’hotel. Anche se non pago io, ma il mio capo.
Dettagli.
Espleto tutte le formalità, firma qui, firma là e faccio per andarmene, quando la signorina mi dice:
- Ah e poi c’è un messaggio per lei.

La cosa mi suona familiare.
Mi porge un biglietto di carta bianca. Spiegazzato. Indice che l’ha scritto qualcuno a cui proprio non va giù di piegare un foglio.
Ringrazio e mi allontano appena per sedermi sulle poltroncine della sala d’attesa, non senza dare un’occhiata divertita al grande specchio sulla parete. Solo dopo essermi accomodata, mi arrischio ad aprire il foglietto.
Non so se ho più paura che sia quello che penso o che non lo sia.

Leggo.

Ho pensato a te stanotte.

Oddio. Oddio!Va bene, respira, rileggi. Non ci può essere scritto così. Stai calma e rileggi.

Ho pensato a te stanotte.

Oh. C’è proprio scritto così. Forse una terza volta...

Ho pensato a te stanotte.
Cioè, non a te. Nel senso… O forse, aspetta, sarà stato il fatto che non potevo appoggiare la guancia sinistra al cuscino, perché era ancora arrossata, mmh.

Ecco, appunto. Forse dopotutto rileggere non è sempre una buona idea. Stupido attorucolo sarcastico.

Insomma, a parte gli scherzi… Ho pensato che in fondo per una volta posso anche infrangere le regole, no? Ma chi le ha fatte poi queste stupide regole, insomma, non sono nemmeno libero di vivere la mia vita come voglio? Non sto mica facendo niente di male o di grave, solo…
Ok, sto divagando, ora te lo dico.

Ma si decide a dire dove vuole arrivare?!? Sorrido tra me e me immaginandolo mentre discute animatamente e quasi litiga con il pezzo di carta che ora tengo in mano. Io non sarò normale, però anche lui si impegna.

Volevo solo darti il mio numero di cellulare.
So che non si dovrebbe, ma chi l’ha decis… Ecco che ricomincio.
Comunque non ti so dare spiegazioni per questo mio comportamento… non chiedermene. Ti basti sapere che di solito non faccio così, credimi. Però (a parte lo schiaffo... di nuovo mmmh) mi sei sembrata a posto, quindi ho pensato di potermi fidare di te etc tutte quelle cose lì.

Quali “cose lì”? Questo tizio è fuori come un balcone, altro che “non normale”.

Quindi, se vorrai, chiamami. Anzi, chiamami e basta e che cavolo. Direi che me lo devi, dopo che mi hai sfregiato.

Rob

Ah, ops. Il numero. È 079…

Incredibile. Riesce a far trapelare la sua imbranataggine anche da un biglietto. E subito dopo fa il sostenuto. E poi ancora l’imbranato sbadato.

Intanto però l’effetto che ha avuto su di me è come al solito assurdo.
Fisso il numero che ha scritto, incredula. È la seconda volta in neanche 24 ore che mi ritrovo a fissare incredula un foglio di carta e... mi sono quasi stufata. 
Se non fosse che non è assolutamente vero e che, se questi sono i motivi per cui mi è capitato, pagherei per farlo ricapitare tutti i giorni per i prossimi mille anni.

Mi ha lasciato il suo numero.

Ma sarà uno scherzo. DEVE essere uno scherzo. La prima volta si è presentato a cena, ma l’avevo solo trattato male. Ora l’ho schiaffeggiato, la cosa è ben diversa. Mi avrà dato un numero a caso. O quello di un maniaco. 
O, peggio ancora, quello di Taylor Lautner.

Non posso chiamarlo. Non lo chiamerò.

Ma sono curiosa di sapere perché me l’ha dato. Insomma, ha scritto tante cose inutili (carine, ma inutili) e non la cosa più importante...
Perché?





N.D. Summer
Ebbene sì, odio Taylor Lautner! Ma vah, non è che lo odio... solo che non mi piace proprio!!! Poi, vogliamo mettere di fianco a Rob?!?! No, non vogliamo.
Il prossimo capitolo devo solo rivederlo e prevedo che sarà un suicidio... Lo chiamerà o no?!?! :P
Grazie a tutti come al solito, in particolare...

@ whitevelyn:
Adoro "Milano Milano", per vari motivi...
Già poverino Rob schiaffeggiato, mi sembra già di vederlo con la guancina tutta rossa... *-*

@ Vichy90:
Nooo, ho visto i commenti su Charlie alla tua ff... incredibileeee!!! Qui bisogna fondare il fan club ;) sempre se non c'è già, a questo punto!
E' vero che la protagonista si fa dei viaggi mentali assurdi, ma in questo cap se li fa anche Robbie, ahahhahah!

@ _Miss_:
Grazie grazie grazieeee! Spero che anche questo capitolo ti abbia spiazzato :P E anche il prossimo... ovvio che lo chiamerà, no? Mmmmmh, forse... :P

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Capitolo 8
*** 8. Eccezione ***


8. Delusione

 

So cosa pensate. Che questa storia ovviamente finirà con “Poi ci siamo innamorati ed ora viviamo felici e contenti.”

Beh, non è così.

Questa non è una storia d’amore.

Non è così che volevo che finisse. Di sicuro non volevo essere una tra le tante (immagino) da una notte e via e altrettanto di sicuro non sono abbastanza presuntuosa per credere che avrei potuto essere molto di più.
Né per credere che avrei potuto essere una tra le tante.
Sarà che tra l'altro io, all’amore, non ci ho mai creduto davvero. Credo molto di più all’amicizia, che non è così imprevedibile ed incostante.
Ma anche per quello, non sempre ne vale la pena.

Io però ho trovato una persona. Una persona che riesce, ogni giorno, a farne valere la pena.

 
Maybe I know, somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we've got to find other ways
To make it alone
Keep a straight face

And I've always lived like this
Keeping a comfortable distance
And up until now
I had sworn to myself that I'm
Content with loneliness

Because none of it was ever worth the risk

Well, you are the only exception

 

E potrebbe sembrare un sogno, lui potrebbe sembrare un sogno, per me che sono sempre così tenacemente aggrappata alla realtà; ma è così vero che le mie mani tremano quando penso a lui e lui non c’è, come se potessero comunque sentirlo sotto le dita.

 
I've got a tight grip on reality
But I can't
Let go of what's in front of me here
I know you're leaving
In the morning, when you wake up
Leave me with some kind of proof it's not a dream

 

Insomma, tutto questo per dire: sì, alla fine, nonostante mille dubbi, Rob l’ho chiamato.

O meglio: pochi giorni dopo l’intervista, stremata dalla battaglia contro me stessa che il suo biglietto aveva scatenato in me, mi ero decisa a telefonargli. Se non altro per cortesia, mi ero detta mentendo a me stessa sul vero motivo per cui volevo farlo. E il motivo era semplicemente quello: volevo farlo.

Ma il punto è: in realtà, no, non l’ho chiamato.


Pochi giorni dopo l'intervista e tutto quello che ne era seguito, avevo preso con una mano tremante il mio cellulare e, con il suo biglietto nell’altra, stavo cercando di comporre il numero sulla tastiera. Finii di scrivere i numeri, li ricontrollai una volta, due, tre. Poi misi il telefono sul comodino. Di nuovo, non potevo. Come quando non sapevo se accettare il suo invito a cena.
Di nuovo, non sapevo cosa aspettarmi.
Di nuovo, mi stavo facendo mille paranoie, invece di agire.

A questo pensiero, presi il cellulare con rinnovata sicurezza e me lo portai all’orecchio, premendo il tasto verde per inoltrare la chiamata.

Quasi subito, dal maledetto aggeggio partì una suoneria irritante ad un livello di volume esagerato. O forse era così che mi sembrava, essendo direttamente nel mio orecchio; tutto questo, unito alla sensazione della vibrazione, che constatai essere parecchio fastidiosa se attivata così vicina al mio povero cervello.
Guardai lo schermo lampeggiante ancora un po’ intontita e cercai un modo per farlo smettere di suonare: ne trovai uno solo.

- Pronto? – “Chi cavolo è quel...”
- Ciao! –
“...cretino.”
- Ehi, ci sei?!? Sono Rob. Robert.
- Ah. – “Robert, chiaro. Il cretino. Non un altro Robert dei mille che conosco.”
- Che entusiasmo.
- No, sì, scusa è che... ho avuto un problema con il cretino.
- Cosa?!?
- ...cellulare! Ho avuto un problema con il cellulare!
- Ah, allora è per questo che non mi hai più chiamato. – fece lui, un po’ deluso. O me lo stavo immaginando?
Mi concessi qualche secondo per riflettere: il mio cellulare aveva squillato mentre io stavo tentando di chiamarlo, quindi la sua chiamata era arrivata prima della mia. Quindi LUI aveva chiamato ME.
- Mi hai chiamato tu?!? – riuscii intelligentemente a dire e lui colse la palla al balzo e rispose sarcastico:
- Non ti ricordavo così perspicace.
“E io non ricordavo che la tua voce fosse così bella. Ebbene sì, signori e signore, anche al telefono.”
- Umpf. Ma... come hai fatto?
- Ho preso in mano la cornetta, ho composto il numero... sai, i telefoni non li avete solo lì in Italia.
- Siamo simpatici oggi.
- Sono di buon umore.
- Allora non ti dispiacerà dirmi come cavolo hai fatto ad avere il mio numero. - la voce mi uscì un po' troppo infastidita, ma ormai era tardi.
- Ti dispiace? – chiese lui come se davvero non ne fosse sicuro, ma sentii che sorrideva dietro la cornetta. Ovvio che non mi dispiaceva. 
- Dipende.
Decisi di stare al suo gioco, nonostante non fossi sicura di che gioco fosse. E, ancora una volta, mi spiazzò, diventando improvvisamente e semplicemente sincero.
- Non ero sicuro che mi avresti chiamato, così ho chiesto il tuo numero alla reception. 
Poi aggiunse malizioso: - La ragazza di turno non è stata troppo restia a fornirmi quel tipo di informazioni che in teoria non avrebbe potuto darmi.
- Ci credo. – mi sfuggì e mi tappai immediatamente la bocca con la mano. Mi ero solo immaginata che avesse sfoderato anche con lei quel sorriso a cui semplicemente non potevi dire di no.
Lui ridacchiò senza troppa convinzione.
- Quindi non mi avresti chiamato. – sentenziò piccato con una vena di interesse in più nel tono di voce.

 
Quel giorno, andammo avanti a parlare per quasi un’ora, dopodiché lui aveva “degli impegni”.
Durante quella telefonata, gli chiesi perché mi aveva lasciato il suo numero e lui riuscì solo a balbettare qualcosa sul fatto che non si era ancora sdebitato con me per l’intervista (che alla fine in effetti mi ero dovuta inventare di sana pianta) e soprattutto che io non mi ero ancora sdebitata con lui (per averlo sfregiato).
Per il resto del tempo parlammo di tutto e di niente, non saprei neanche dire di cosa.
La sua presenza, seppure mediata dal filo del telefono e da tutti quei chilometri di distanza, mi faceva lo stesso effetto che mi aveva fatto la prima sera, mentre passeggiavamo per Milano.

La mia bolla fumosa era ricomparsa.
Se mi chiedeste come mi sentissi in quel momento, credo che non saprei rispondere; nella mia mente è stato tutto come un sogno, incredibile e annebbiato. D'altra parte, era un sogno.
Se poi mi chiedeste di spiegarvi quello che c’è stato tra di noi quel giorno e quello che c’è ora... non saprei rispondere nemmeno a quello. Anzi, probabilmente vi sbatterei in faccia la prima porta disponibile e scapperei da voi a gambe levate, pur di non farlo.

Perchè le cose si sono fatte via via sempre più complicate.

L’unica cosa che so, oggi, è che lui, tuttora, è l’unica eccezione.

 

 

 

 

 

N.D.Summer

La canzone è The Only Exception dei Paramore. 

Grazie a tutte voi che commentate e/o leggete! Se vi va, leggete questa brevissima SongFic su Edward? E magari mi dite anche cosa ne pensate... Sempre se vi va... ;)

Btw, non credete troppo a quello che dice questa pazza sul fatto che la loro non sia una storia d'amore etc etc... Non bisogna mai fidarsi troppo dei personaggi delle ff... soprattutto di quelli delle mie! :P

p.s. Bene. Ho appena visto Taylor, Kristen e Rob da Oprah qui… Che dire. Lui, e quando dico “lui” sappiamo tutte di chi sto parlando ;) , era veramente carino e simpatico e... beh… come ha detto una tizia, semplicemente “so hot!”… Tra l’altro è andato a sorpresa a casa di gente a caso. O.o non ci potevo credere. E non posso credere che nessuno sia svenuto… tutto very funny comunuqe, lui faceva delle faccine bellissime… in una casa gli ha addirittura aperto il padre della famiglia in cui è andato e quando si è visto Rob davanti ha detto “Oh my god!”…

Non ho potuto fare a meno di pensare che, se venisse a bussare a casa mia, mio padre probabilmente gli direbbe qualcosa tipo: “No grazie, non ci serve niente.” E gli sbatterebbe la porta in faccia. E poi direbbe qualcosa su "questi giovani capelloni d'oggi" :P  vabbè questa è più da mio nonno, però ci siamo capite... XD

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Capitolo 9
*** 10. Jade & Kristen ***


10. Jade & Kristen


Quel giorno, le sue foto sui giornali scandalistici erano improvvisamente quadruplicate. Di solito ce n’erano, eccome; almeno uno scoop su di lui al giorno, su ogni giornale. Ma quando passai distrattamente come ogni mattina davanti all’edicola sotto il mio appartamento, pensai che paparazzi e giornalisti (se così li si può chiamare) si fossero davvero scatenati. Le sue foto erano ovunque.
Ci misi qualche secondo a mettere a fuoco cosa dicessero di preciso quelle scritte enormi e multicolori: “Beccàti”, “Robsten” e poi ancora “È amore”. Le solite frasi da tabloid, pensai; le solite congetture.

Ma poi, mentre guardavo una copertina con sopra una foto sgranata di quello che doveva essere Rob, pensai che ci doveva essere qualcos’altro sotto. Quindi, prima di ponderare oltre, cosa che la mattina non mi riusciva molto bene comunque, comprai il giornale che stavo osservando e mi diressi verso la metropolitana.
Pochi minuti dopo, comodamente seduta sui sedili della metropolitana milanese, che per inciso non sono affatto comodi, estrassi la rivista dalla borsa e incominciai a leggere. Altri pochi minuti dopo, la signora al mio fianco mi guardò esterrefatta, quando esclamai ad alta voce:
- Oh, cazzo.

 Non sapevo se chiamarlo, non sapevo cosa fare, tanto per cambiare.
Passai la mattinata al lavoro a fissare quelle foto, a sfogliare quella rivista, chiedendomi se in quel momento lui fosse nel panico e se avesse avuto bisogno di me. Poi, come al solito, nel primo pomeriggio mentre ero a casa per la mia pausa pranzo, lui risolse il problema per me, chiamandomi.
- Jade. – disse non appena risposi, con un tono affranto e melodrammatico che non gli si addiceva.

“Jade” è il nome con cui Rob mi chiama.
Non è neanche lontanamente simile al mio vero nome, ma forse è per questo che gli piace. È solo suo, di nessun altro. E forse è per questo che piace anche a me.
La prima volta che l’ha tirato fuori mi ha detto che mi sta bene, perché esprime bene la malinconia e il tormento che pervadono il mio sguardo quando penso che nessuno mi guardi. E, parole sue, anche lo sbalzo tra quel momento e l’esplosione improvvisa del mio sorriso… quando è rivolto a lui, ovviamente. Mi ha anche detto, una volta, che un giorno dovrò spiegarglielo il motivo di quello sguardo, la mia “maledizione”. Della sua abbiamo già parlato, qualche volta, ma non della mia.
- Jade…- ha ripetuto quel giorno: - Questa volta ho fatto proprio un danno del cazzo.
Sorrisi. Quella volgarità, per quanto ormai vi fossi abituata, nella sua bocca sembrava una bestemmia pronunciata da un angelo.
- Ma cosa dici? E non essere scurrile. – ridacchiai, sorseggiando piano un po’ di tè bollente dalla tazza che tenevo in mano. Mi divertiva riprenderlo in quel modo, come se fosse stato un bambino.
- Me la sono fatta, Jade. – disse in un sospiro. Sospirai anch’io. Purtroppo non era un bambino. La cosa mi fece più male del previsto. E continuava ad esprimersi in quel modo che non si addiceva a lui.
- Lo so, caro. Anzi, lo sanno tutti. – cercai di nascondere senza troppo successo una punta di gelosia.
- Non volevo finirci a letto. – sentenziò duro. Neanche “finirci a letto” era un modo di dire da Rob, ma pensai che l’avesse letto su qualcuno di quei tabloid.
- L’hai detto a lei? – replicai io sarcastica alzando un sopracciglio. Non potevo credere che mi stesse dicendo certe cose, che si stesse comportando in quel modo.
Lui non era come tutti gli altri. Non voglio dire che non sbagliasse: anzi, lo faceva parecchio, come tutti, ma non era tipo da tirarsi indietro, dopo. Se faceva una cazzata, lo ammetteva, affrontava la cosa. O, semplicemente, se ne sbatteva, ma solo se non c’erano altre persone coinvolte.
Forse era per questo che gli risposi male: perché non si stava comportando da Rob.
- Non fare la stronza. 
Spalancai gli occhi e sbottai: - Non fare tu lo stronzo! Cosa vuoi che ti dica?
- Se ti preoccupi tanto per lei sappi che è d'accordo con me sul fatto che non abbia significato niente.
"Strano" mi ritrovai a pensare sarcastica "è una scusa che non ho mai sentito."
- Il vero problema è che mi hanno fotografato mentre uscivo da casa sua in piena notte. Sconvolto tra l’altro.

- E’ questo che ti preoccupa di più? Di non essere uscito bene nelle foto?!?
- Dio Santo, Jade, sai che non volevo dire questo.
- Ho visto le foto… Diciamo che non sei uscito malissimo.
- Jade, sii seria.
- Sono seria…- ribattei io sincera. La verità è che non mi sembrava una questione seria. Non dal suo punto di vista, almeno. Dal mio… forse era meglio non pensarci.
- Sei tu che la prendi troppo sul serio. Io... non capisco quale sia il punto…- ammisi.
- …adesso tutti penseranno che stiamo insieme. – disse lui dopo una breve pausa.
Sbuffai, sorpresa da questa sua uscita infantile: - E allora?
- La promozione del film, il regista, i fan…
- Ripeto: e allora?
- I gossip, le riviste, i paparazzi, le voci di corridoio, le domande…
- Mmh. Non è che se mi fai l’elenco più lungo capisco meglio. Non funziona così.
Di nuovo uno sbuffo e qualche secondo di silenzio, prima che dicesse con aria melodrammatica: - Non so se riuscirò a sopportarlo.
- Uhmmm… Cosa ne dici di una settimana in una bella Spa, Mariah? Bagni rilassanti, massaggi, trattamenti per la cellulite, magari una ceretta completa…
Lo sentii ridere, finalmente un po’ meno teso, un po' più se stesso: - Stai per caso dicendo che mi sto comportando da diva capricciosa?
- Solo un po’.
- Hai ragione, sto diventando scemo.
- Già. Ma ti capisco sai. – sospirai prendendolo in giro – È dura essere così amati…
Lui rise di nuovo:
- Lo so, lo so, mi sto comportando da isterico. È per questo che ho chiamato te.
Sorrisi tra me e me: - Perché ti riporto alla realtà?
- No. Perché mi fai star bene.
Sentii il suo sorriso caloroso dall’altra parte della cornetta riflettersi nel mio.
- ‘notte, Jade.
- ‘notte Rob.
- Ah, e Jade?
- Sì?
- Non ti permettere mai più di insinuare che ho la cellulite.
Mi misi a ridere e lo sentii riattaccare. Appoggiai il cordless sul comodino insieme alla tazza di tè e mi stesi sul letto a pancia in su, a fissare il soffitto. Sorridendo.

 





N.D.Summer

“Jade” in inglese è sia un nome che un verbo. Nel primo caso, si riferisca al colore “verde giada” e la giada è una pietra abbastanza preziosa… il colore è bellissimo... forse è il colore degli occhi di Jade...! ;)
Nel secondo caso, invece, significa spossare, stancare, sfinire (ma c’è anche un uso più ampio del termine per indicare qualcosa che ha a che fare con la malinconia; comunque non si tratta di qualcosa di fisico, ma di mentale).
Ho trovato anche da qualche parte la traduzione “donna adultera” e “donnaccia”, ma non credo che Rob la chiami così per questo... almeno spero! :P

Finalmente (non che fosse una delle vostre priorità vitali XD ) abbiamo scoperto come si chiama lei... o meglio... come si chiama secondo Rob!!!

@ cris91:
Veroooo, che è tenero Rob nel frigo?!?! L'ho pensata un po' come un richiamo al "gelido"(letteralmente ed emotivamente) Edward...
E per quanto riguarda il bacio...Beh, diciamo solo che anche Rob si dà il suo bel da fare per essere un ghiacciolo...!

@ whitevelyn:
Eeeeeeh, i suoi occhi, già già. Il termine perfetto è proprio affogare, non c'è niente da fare. Grazie ;)

@ _Miss_:
Beh ma dai, "lei" non è mica importante ai fini della storia, ahahhahah =P Il loro rapporto è proprio quello su cui mi vorrei concentrare di più: spero si capisca l'impronta che vorrei dargli senza doverlo spiegare troppo a parole, ecco, solo con questi "squarci di vita" praticamente senza contesto... spero di renderlo bene. Vabbè, insomma, la pianto. Grazie!!!

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Capitolo 10
*** 9. Frigorifero ***


9. Frigorifero

Ok, lo ammetto.
So che tutti se lo aspettano, quando racconto la nostra storia. Non che la racconti a molti, a dire il vero, visto che neanche le mie amiche ci credono ancora. Ma ogni volta che parlo di lui, l’argomento salta fuori. Quindi meglio togliersi il pensiero subito.

Sì, una volta ci siamo baciati.
Sì, è stata solo una volta e sì, lo dico così. Con leggerezza, senza dargli troppa importanza.
Perché non ne ha.

Era uno dei suoi brevi periodi di pausa tra una comparsata ad un programma televisivo e una giornata di interviste per la promozione. E, avendo ben due giorni liberi, Rob mi aveva generosamente comprato e inviato un biglietto aereo per il posto in cui alloggiava per il momento e mi aveva chiesto di raggiungerlo.
Non era da molto che ci conoscevamo, ma era già diventata una nostra abitudine fare cose del genere; per fortuna potevo svolgere il mio lavoro anche via internet, quindi non avevo troppi problemi a mollare tutto, saltare sul primo aereo e letteralmente volare da lui. Inoltre, quando il mio capo aveva saputo che avevo mantenuto i contatti con Robert, mi concedeva di assentarmi praticamente quando volevo, forse sperando che un giorno avrei garantito alla rivista qualche scoop o qualche esclusiva. Credo che stia tuttora aspettando.
Quella volta, avevo pensato che ci sarebbero stati anche gli altri, i colleghi di Rob, insomma; per questo non ero molto convinta di andare. Poi però lui mi aveva confessato che erano già ripartiti tutti e che lui non aveva voglia di tornare a casa e che voleva solo passare una serata di svago innocente. Con me.
Ci avevo messo parecchio da quando ci eravamo conosciuti a convincermi che lui volesse effettivamente passare del tempo con me, invece che con dei suoi vecchi amici di Londra o con i suoi nuovi amici famosi.
Ma non appena capii che tipo era, mi ero risolta a prendere le cose come venivano, esattamente come faceva lui, sempre. Se ti va di fare una cosa, non c’è nessun motivo per cui tu non la debba fare.

Perché questo era tutto quello che facevamo quando lui veniva da me o quando io andavo da lui: la maggior parte delle volte ci chiudevamo nella sua lussuosa camera d’albergo o a casa mia e spesso finivamo la serata addormentandoci nei posti più improbabili, ubriachi persi.

Una volta, a casa mia, l’avevo addirittura ritrovato con la testa appoggiata su un ripiano del frigorifero, che dormiva beato. Prima di svegliarlo, l’avevo osservato per qualche secondo, ammettendo con me stessa mentre sorridevo divertita che avrei voluto scattargli una fotografia compromettente per ricattarlo per sempre.
Poi, però, la sua espressione pacifica mi aveva sciolto qualcosa dentro (o probabilmente si trattava della vodka che avevo ingurgitato) ed ero rimasta a fissarlo come un’ebete per qualche minuto.
Pensando che forse avrei voluto qualcos’altro, per sempre.

In seguito, mi è capitato spesso di pensare che quelli siano stati i due minuti più belli della mia vita.
Semplicemente guardare Rob addormentato nel frigorifero.
E non è affatto una vita triste o vuota, la mia.

Comunque, questo era il nostro rapporto: quando volevamo fuggire da tutto, potevamo permetterci di prendere una pausa e vederci, in qualsiasi parte del mondo fossimo in quel momento, per perderci.
Questo era quello di cui avevamo bisogno.
Perderci.
Per qualche giorno, fingere di essere quello che non eravamo.
Lui, fingere di essere normale. Io, fingere di essere speciale.
Speciale per qualcuno che era speciale per me.
Il nostro tacito accordo funzionava così e il più delle volte funzionava alla grande.

Ma veniamo al punto.
Quella particolare sera, tanto per cambiare, eravamo ubriachi fradici. E l’accordo per un breve istante non sembrò più funzionare così bene.
Stavamo seduti entrambi su un divanetto di pelle bianca nel salotto della sua camera d’hotel, in una delle più belle capitali d’Europa. “Seduti” è un eufemismo: in effetti stavamo, in qualche modo precario ed inspiegabile, aggrappati alla spalliera del divano, per non sembrare del tutto ubriachi, nonostante lo fossimo. E nonostante non ci fosse nessun altro nella stanza a cui voler far credere il contrario.
Io, poi, ero decisamente persa.
Il Martini, oltre ad essere il mio drink preferito, mi dà subito alla testa. E forse è un po’ anche per questo che è il mio preferito.
Ricordo che continuava a girarmi nella mente il pensiero assurdo che il divano su cui stavamo fosse una nuvola e continuavo a ripetere a Rob, strascicando le parole, che pensavo che le nuvole fossero molto più morbide di così. Poi lo guardavo e i suoi occhi maledettamente azzurri anche se socchiusi non facevano altro che confermare la mia teoria, che implicava tra le altre cose che lui fosse un angelo.
Lui, d’altra parte, non faceva altro che ridermi in faccia e tenermi più stretta quando rischiavo di scivolare giù, verso il tappeto nero e peloso ai piedi del divano.
Di solito Rob regge l’alcool molto meglio di me, ma ha sempre sostenuto di non ricordare molto nemmeno lui di quella sera.

Comunque, tanto per cambiare stavamo ridendo, o forse avevamo appena smesso, non ricordo distintamente.
Quello che invece ricordo è il suo braccio che mi cingeva i fianchi in un modo che sapeva di normalità, di amicizia, niente di malizioso, niente di fuori dal comune, per noi due.
E il modo in cui ci siamo avvicinati, neanche quello era malizioso. Stavo per cadere per l’ennesima volta e quando lui mi aveva delicatamente afferrata e riportata a sedere, i nostri visi si erano trovati troppo vicini.
I suoi occhi, quando rialzai lo sguardo verso di lui mentre la nostra risata si spegneva, al contrario del resto, non avevano niente di comune. Bruciavano.
Mi chiesi come potesse il ghiaccio bruciare in quel modo, ma mi risposi che era solo un pensiero passeggero della mia mente che stava affogando nell'alcool.
Il fatto è che non riuscivo a pensare a niente: fluttuavo in sensazioni pure e semplici e così giuste, che occupavano anche lo spazio che avrebbe dovuto essere riservato alla pur minima riflessione.
Un’ondata infinita di sensazioni, un uragano azzurro che sommerge e affoga. E al tempo stesso ti brucia.
Dicono che quando affoghi e l’acqua ti entra nei polmoni è come se questi bruciassero.

E poi...

Non credete a chi dice che quando beviamo troppo siamo più sinceri: vi stanno solo mentendo.
Il suo sguardo quando mi ha guardato era annebbiato dall’alcool: eppure deciso, eppure sincero, eppure intenso, eppure fuoco… e poi, solo l’uragano su di me.

Ma per farla breve.

Le nostre labbra si sono unite per qualche secondo, si sono schiuse per un attimo in contemporanea, giusto il tempo di assaggiare il suo sapore...
e poi ci siamo allontanati come se avessimo preso la scossa.

Ricordo di essere prontamente riuscita a borbottare qualcosa sul fatto di essere stanca e ubriaca e di essere andata in bagno, inciampando più volte e zigzagando pericolosamente. Lui inizialmente è rimasto perfettamente immobile e quando si è allungato verso di me per sorreggermi ed evitarmi di cadere, ha subito ritratto le mani e se le è guardate come se non fossero state sue.

Dopo qualche minuto, quando sono uscita dal bagno, ancora barcollante, ho sbirciato in salotto: lui era sempre lì seduto sul divano, con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Guardava un punto imprecisato del pavimento e non sembrava volersi mai più muovere da quella posizione.
Quindi, sono andata in camera e sono stata a fissare il soffitto tutta la notte, aspettando che smettesse di girare. E aspettando che un certo pensiero smettesse di girarmi in testa.

 

 Il giorno dopo, era tutto normale.

Quando mi sono svegliata, l’ho trovato nella mia cucina che beveva una tazza di caffè con gli occhi assonnati. Avevo dato una rapida occhiata al divanetto bianco e avevo immaginato che lui avesse passato lì la notte. Quando finalmente si era accorto di me, mi aveva sorriso. Poi, mentre mi stavo prendendo uno yogurt dal frigorifero, mi aveva sussurrato, come se persino il rumore della sua voce lo disturbasse:
- Potrebbe darsi il caso che io ieri sera ti abbia baciata?
Lo disse con un tono così confuso e con quella scelta di parole così strana che non potei fare a meno di ridere.
- Credo di sì... - dissi voltandomi verso di lui e sorridendogli, nascondendo l’imbarazzo con la mia solita ironia: - Ma non ti preoccupare, non andrò a dirlo a nessuno. – e gli feci una linguaccia.
Lui alzò un sopracciglio e disse spocchioso: - So che sarà difficile non vantarti. Dev’essere stato bellissimo, per te.
Poi la sua espressione tornò normale e mentre schivava prontamente il cucchiaino che gli avevo lanciato, iniziò a ridere. 

Ed ecco come non è successo proprio niente.

 

 

 






N.D.Summer

Non so davvero se dopo aver bevuto si dice la verità, dovrei consultare Freud e le sue teorie sull’inconscio applicate alla vodka :P Di certo, so che spesso chi dice questa stessa frase mente. Ma forse lo fa inconsciamente, quindi la cosa si fa ingarbugliata. Ho bisogno di un drink per schiarirmi le idee. :P Intanto spero che l'evoluzione della ff vi sia piaciuta: non è una relazione convenzionale, quella tra Rob e questa tipa (di cui scoprirete il nome nel prossimo capitolo... beh, non proprio il nome... vedrete!), di sicuro  qualcosa c'è... ma  nessuno dei due sa ancora cosa!!! Fatemi sapere anche se vi aspettavate qualcosa di diverso dalla piega che ha preso la storia!!!

Alla prossima, baci…

@ _Miss_
Ahahahha! Eh già, grande lui, perché se fosse stato per lei magari se lo lasciava sfuggire o.O pazza!

A proposito... titolo del prossimo capitolo (o di uno dei prossimi): "**** e Kristen"... (dove **** sta per qualcosa che ancora non svelo)che ne dite?? Argh, prevedo guai.

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Capitolo 11
*** 11. Stupida come te ***


11. Stupida come te


Quasi non mi sembrava vero, quel giorno che mi disse se avevo voglia di fare una passeggiata per Central Park. Innanzitutto, era il mio parco preferito. Seconda cosa, non c’era modo per lui di andare in giro in pieno giorno a New York senza essere assalito da folle adoranti. Ero lì con lui dal giorno prima, a dire il vero dalla sera prima e non eravamo ancora usciti dalla sua stanza.
- Nessuno sa che sono qui. – mi aveva detto scrollando le spalle: - Nessuno.
Lo guardai allibita. Ci misi ancora qualche secondo a convincermi che facesse sul serio.
- Ma per quale recondito motivo vuoi...?
- Perché no, scusa?
- ... rischiare la tua vita? E la mia?
Lui rise ed io ebbi il tempo di pensare seriamente: quando vidi il suo sorriso non mi venne in mente neanche un motivo contro quello che stavamo per fare. Il suo sorriso si allargò vedendo la mia espressione che cambiava e l’idea mi sembrò sempre più allettante.
- Va bene, pazzo. Ma se qualcuno ti riconosce mi sarai debitore a vita per le ferite che riceverò dalle varie fan.
Rise e poi si avviò verso la camera da letto. Eravamo come al solito in uno di quegli alberghi lussuosissimi in cui non mi sarei mai sognata di entrare, se non con lui. Comunque, non mi sarei mai sognata neanche che avrei mai potuto essere con lui, tanto per cominciare.
Quando uscì dalla camera scoppiai a ridere: aveva il solito cappellino da baseball rosa in testa e si vedeva che era stato attento a non far uscire neanche uno dei suoi ciuffi ribelli e rivelatori. Non aveva gli occhiali da sole che portava di solito in queste occasioni, ma una specie di sciarpina beige al collo che addosso ad un altro sarebbe sembrata se non altro perlomeno... effeminata.
Ma, neanche a dirlo, a lui stava da Dio.

E in effetti, dopo la mia risata, dovetti ammettere che il travestimento funzionava abbastanza.

L’aria era tiepida fuori e intorno a noi c’erano bambini che giocavano nell’erba, ragazzi in tuta che correvano con gli auricolari nelle orecchie, famiglie sedute sulle panchine e coppiette che si scambiavano tenere effusioni su coperte stese sul prato. Il tutto baciato dal sole che splendeva ancora alto nel cielo pomeridiano.
Rob, con il cappello calcato in testa così basso da non vederci quasi, mi indicò una panchina libera e ci sedemmo. Gli sorrisi senza motivo. Queste erano le cose che mi mettevano di buon umore: New York, una bella giornata di sole e... beh, lui. Nonostante gli schiamazzi e il rumore, mi sembrava il posto più pacifico del mondo.

Senza pensarci troppo, mi sdraiai sulla panchina, appoggiando la testa sul suo grembo. Fui felice di poterlo finalmente vedere in faccia mentre parlavamo, cosa che per via del suo “travestimento” mi era possibile fare solo guardandolo dal basso, proprio come stavo facendo in quel momento.
Ero quasi contenta di poter essere l’unica in quel momento a vedere il suo sguardo azzurro. Sorrisi di nuovo.
- Jade, lo so che adori queste cose, ma... puoi smetterla di sorridere come una bambina? Ti rovini la reputazione.
Ridacchiai e non riuscii nemmeno a trovare una risposta pungente da dargli per farlo contento. Non ce ne fu bisogno, perché mi sorrise di rimando, felice. Poi, come sbadatamente, iniziò a passare pigramente le sue dita affusolate avanti e indietro sul mio braccio, sfiorando appena la pelle.
- Come siamo finiti qui? – mi chiese poi, tutt'a un tratto.
Pensavo di sapere di cosa stesse parlando, ma decisi che volevo sentirmelo spiegare: - In taxi.
Lui sbuffò piano: - Intendevo io e te.
Un brivido mi percorse la schiena e mi arresi.
- Beh... sono stata l’unica a non cadere ai tuoi piedi ad uno schiocco delle tue dita. Forse eri solo stufo di tutte le ragazze che si strappavano i capelli per te senza che tu muovessi un muscolo. – risi un poco al ricordo: - Io invece ti ho detto che eri un attorucolo fortunato. Avevi solo bisogno che qualcuno ti dicesse qualcosa di sincero e casualmente sono capitata io.
Rob mi scrutò, come per esaminarmi e trovare una risposta più convincente:
- Non è stato solo quello. – affermò infine, un po’ troppo sicuro. E il suo sguardo intenso mi fece quasi paura. Così, cercai di alleggerire la tensione che sentivo premermi sul petto:
- Dai, ammettilo. Eri stufo di tipe che ti si offrivano, per così dire, senza nemmeno bisogno che aprissi bocca.
Lui mi fissò un attimo cambiando espressione; poi, con un ghigno replicò:
- Beh, non ce n’era bisogno: la bocca la aprivano lor...
- Oh mio Dio! – lo interruppi con una smorfia: - Fai schifo.
- Comunque – continuò con un sorrisino malizioso – non credo che mi stancherò mai di QUELLO.
- Porco. – gli dissi io guardandolo di sbieco.
- Ipocrita.
- Scusa?!?
- Non dire che a te non piace.
- Che le ragazze cadano ai tuoi piedi?!?
Sospirò: - Che i ragazzi cadano ai tuoi, sciocchina.
Spalancai gli occhi e poi risi di gusto, sarcastica:
- Già, perché succede spesso.
- Vorresti convincermi del contrario?
- Esatto.
- Non ci credo.
Alzai le spalle per tutta risposta, ma lui continuò guardando dritto davanti a sè, testardo:
- Forse sono tutti ciechi.
Arrossii lievemente e mi sforzai di sorridere: - Forse tu sei l’unico cieco.
- Certo. – disse, facendo mostra di quel sarcasmo irritante che aveva mutuato da me.
- Eh sì.
- Come no!
- Che problema hai?!? – sbottai alla fine.
Lui tornò a guardarmi, stavolta sorridendo: - Tu sei il mio problema principale, al momento. Quando ti trovi un ragazzo?
Sorrisi anch’io e feci finta (ma non troppo) di essere indignata: - Fatti i cazzi tuoi. Zia Mariuccia.
- Aunt whaaaaat?!?  Mari... Mariucha? – mi chiese lui attonito e divertito ed io non potei evitare di scoppiargli a ridere in faccia. “Mariuccia” non è esattamente un tipico nome inglese e non è nemmeno traducibile facilmente il bagaglio di implicazioni culturali che si porta dietro quando viene detto dalle mie parti. Inoltre, come l’aveva pronunciato lui, ve lo giuro, faceva svenire dalle risate.
- Ridi di me, carissima? – mi apostrofò non appena riuscì a farsi sentire sopra ai miei singhiozzi.
- No. – gli risposi cercando di calmarmi, con le guance ancora in fiamme per le risate – di zia Mariuccia. Stupido permaloso.


- Scusami. –
Non mi ero accorta di questa ragazzina che si era avvicinata a noi mentre ridevo. Riuscii solo a borbottare a mezza voce, in direzione di Rob:
- Siamo fottuti, vero?

La ragazzina aveva sui quattordici anni, era bionda, carina e con due occhioni spalancati verso di noi.
Eravamo fottuti, ne ero certa. Avrebbe chiamato tutte le sue amiche e in pochi secondi tutta New York ci sarebbe stata addosso. Per fuggire avremmo dovuto prendere la via del lago e nuotare in mezzo alle amate anatre di quel Caulfield.
- Scusami? – ripeté la ragazzina e finalmente la guardai negli occhi, cosa non facile vista la posizione in cui mi trovavo. E vidi che non parlava a Rob, ma a me.
Scattai a sedere più composta, mentre lei mi sorrideva pimpante: - Sì? – dissi sorpresa che si stesse rivolgendo proprio a me e non all’attorucolo di fama mondiale che avevo di fianco.
Lei mi guardò ancora un po’ con lo sguardo sognante e gli occhi sbarrati, poi mi chiese: - Ma tu... sei Kristen Stewart?
Non ci potevo credere.
Io.
Kristen.
E come no.

Rimasi a bocca aperta per qualche secondo e vidi con la coda dell’occhio Rob che sogghignava di gusto, nascosto dal cappellino.
- Ehm. No.
- Ah. – fece lei delusa. Poi, mi guardò di nuovo e meglio di prima, socchiudendo gli occhi: - Sicura?
- Sì. – le sorrisi io cordiale – Sicura. Mi spiace.
Lei fece spallucce e con una smorfia corse via. Mentre si allontanava, notai che in mano aveva un block notes e una biro.
- Credeva davvero che tu fossi Kristen?!?
Rob si mise a ridere senza più ritegno: - Non ci posso credere!
- Non le somiglio per niente. – dissi io imbronciata mentre lui sghignazzava. Oddio, non che Kristen fosse una brutta ragazza o che. Semplicemente... non le somigliavo. Avevo i capelli lisci e castani, d’accordo, ma questo non bastava a fare di me una sua sosia. Proprio no.
- Certo che no... - mi rassicurò lui, senza tuttavia smettere di ridacchiare.
Mi voltai verso di lui e lo fulminai: - Trovi così assurdo che mi abbia scambiato per la tua bellissima co-star?!?
- Perché te la prendi tanto? Manco ti avessero detto che somigli ad un troll. – alzò un sopracciglio, sempre sorridendo sotto i baffi.
- So benissimo che la cosa ti fa ridere perché lei è bellissima e nessuno mi scambierebbe mai per lei.
Smise per un attimo di sghignazzare per guardarmi un po' più serio:
- Rido per l’ironia della cosa, stupida.
- Beh. - ricominciai io - Comunque, bellissima o no, non le somiglio.
Lui mi guardò di nuovo con un sorriso strano: - No, in effetti no. – mi mise una ciocca di capelli dietro all’orecchio con la mano in un modo strano, intenso.
- Lei non è mica stupida come te. – e ricominciò a ridere di gusto, riparandosi dai miei pugni scherzosi.







N.D.Summer

Che dire, questo è un capitolo un po' stupido... Però insomma ci sono anche cose importanti: sembra che Rob abbia un'idea tutta sua sul  fatto del perchè sia diventato amico di Jade... chissà qual è! Chissà se lo scopriremo mai! E poi a me la storia della bimba fa straridere: hai lì davanti Robert e scambi Jade per Kristen?!? XD  Che poi, anche se fosse stata lei... hai davanti Robert!!!

Grazie a Lilithcullen (grazie! sono felice che leggano anche persone che hanno altre "priorità" :P), cris91 (anch'io non disdegno Kristen, ma mi sa che qui non c'è storia! :D), whitevelyn (don't worry, la recensione l'ho letta lo stesso! che ridere "Rob isterico"!), _Miss_ (sisi, non ti preoccupare, viene solo nominata... anche in questo capitolo! E poi forse anche più avanti, ma solo nominata, prometto!!)...
E a tutte le altre! Baciiii

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Capitolo 12
*** 12. Jade e Dave... e Rob ***


12. Jade e Dave... e Rob


- Rob, lui è Dave. Dave, Robert.
Rob si alza dal tavolino al quale era seduto poco fa e gli porge la mano lentamente, con un sorrisino decisamente finto. Esplicitamente ed ostentatamente finto.
Immediatamente mi pento e mi dolgo per aver voluto questo incontro.

So che Rob odia quando lo chiamo con il suo nome completo e con quel tono impostato, ma non riesco a farne a meno. È la mia piccola vendetta per l’occhiataccia che ha dato a Davide quando siamo entrati nel locale. E anche per il sorriso spavaldo che gli sta facendo adesso, mentre si stringono la mano. A lungo, troppo a lungo, noto.
- Allora, Robert... - inizia Dave appena siamo tutti e tre seduti e per poco non scoppio a ridere sentendo che il tono che ha usato nel dire il suo nome è praticamente uguale al mio di poco prima. Rob si limita a grugnire piano.
- La una volta che l’ho sentito non ci credo... perciò è vero!
Rob lo guarda stranito come se fosse un alieno, blu per giunta, poi guarda me con un’espressione che dice chiaramente qualcosa del tipo “Ma dove l’hai trovato questo?!?” e semplicemente evita di rispondergli.
Ok, Dave ha sbagliato qualche parola in inglese, ne ha messa qualcuna a casaccio e ha espresso i suoi pensieri in modo un po’ confuso; ma è pur sempre italiano, mica madrelingua inglese. Rob potrebbe almeno degnarsi di dire qualcosa, invece di fare lo spocchioso in questo modo.
Invece, stiamo tutti e tre in silenzio e Dave mi fissa con aria colpevole. Poi, sento che mi sussurra in italiano: - Ho detto qualcosa di sbagliato?!?
Gli faccio segno di no con la testa per rassicurarlo e poi rivolgo a Rob uno sguardo omicida; lui però risponde con un sorrisino malefico.
- Ordiniamo? – sbotto alla fine capendo che la situazione non si smuoverà, ma non capendo il motivo di questo gelo che, improvvisamente è sceso su nella caffetteria.

Per fortuna, ci siamo incontrati solo per un caffè, perché se fosse stata una cena non avrei resistito neanche fino alla fine degli antipasti. Ho voluto presentare Dave a Rob, ma evidentemente è stato un errore, solo che quando l’ho capito era troppo tardi.
Rob non ha fatto altro che fare smorfie ad ogni minimo comportamento di Dave; si è limitato invece a voltare la testa dall’altra parte quando questo ha iniziato ad accarezzarmi la mano che avevo appoggiato sul tavolo.

È carino, Davide, Dave. Usciamo da due o tre settimane (non saprei dirlo), da quando ci ha fatti conoscere una nostra amica in comune. Non è male, mi trovo bene con lui ed è pure carino fisicamente.

Dopo circa un’ora di questo strazio Dave riceve un sms sul cellulare e dopo averlo letto velocemente mi dice all’orecchio che se ne deve andare: il lavoro chiama.
Così, dopo un rapido bacio sulle labbra a me ed una fredda stretta di mano con Rob, il mio quasi-ragazzo esce di scena.
Non faccio in tempo ad esplodere perché appena è uscito dalla porta del locale Rob mi si avvicina da sopra il tavolino e mi dice:
- Jade. Parliamo seriamente.

Il suo tono mi diverte e non ho troppa voglia di litigare. Non subito, almeno.
– Uhm, di cosa? – gli dico fredda con la bocca piena, ingoiando l’ultimo boccone del mio dolce.
- È uno scherzo?!? – chiede lui sinceramente allibito.
- Ma se hai appena detto “parliamo seriamente”. – continuo a prenderlo in giro, un po’ perché il suo atteggiamento mi sembra ridicolo e un po’ perché... beh, lo ammetto: non voglio affrontare il problema seriamente. Di qualunque problema di tratti.
- No, dico: quel Dave, è uno scherzo?
Lo guardo e stavolta sono incredula: - Scusami?!?
Ogni traccia di divertimento è sparita dal mio tono. Che cosa vuole dire? Fa sul serio?
- È un imbecille, te ne sei accorta, vero?
- Oh certo. – ridacchio amara: - Lo conosci da cinque minuti, cavolo.
- Sono bastati. –
La durezza nei suoi occhi mi ferisce. Non voglio che lui sia così duro con me. Non mi piace quando è contro di me. Perché quando lo fa mi dimentico persino di esistere, dimentico di essere qualcosa che vada oltre ogni suo respiro.
Temo di avere la voce spezzata dalla paura, quando ricomincio a parlare: - Ma cos’hai? Prima mi dici di trovarmi un ragazzo, poi me lo trovo e mi dici che non va bene...
Mi rendo conto di sembrare una stupida, qui ad implorarlo di dirmi cosa fare, ma non posso farne a meno. Con lui, no.
Gli occhi di Rob si addolciscono un po’, il viso non è più così tirato: - Non è per me che non va bene, Jade...
- E come sai che non va bene per me? – gli chiedo ritrovando un po’ della mia combattività. Ha torto in fondo, non ha il diritto di intromettersi così, non ha il diritto di dirmi cosa dovrei fare, non sa cosa voglio io.
Non lo sai cosa voglio io, cazzo, non lo sai.
Lui però, mi guarda intensamente con gli occhi ridotti a due fessure e mi dice: - Lo so.
E allora crollo. Perché se lo sapesse non farebbe così.
Perché lo odio quando fa così.
Vorrei piangere, vorrei gridare, vorrei buttare in aria questo tavolino e rompere tutto quello che c’è sopra, vorrei mandare in frantumi la vetrata di questo posto e sentire le schegge che mi graffiano la pelle.

Tutto questa rabbia latente si raccoglie nelle lacrime che ora si stanno aggrappando tenacemente alle mie ciglia, per non cadere.
Odio quando insinua di conoscermi meglio di chiunque altro. Lo odio, perché è vero; ma lui accenna solo alla cosa e poi la lascia lì sospesa sopra di me, ad oscillare sulla mia testa. Si dimentica, ogni volta, di ammettere che pensa che fra di noi ci sia qualcosa di speciale, che va oltre le etichette e quello che pensano tutti.
Faccio fatica anche io ad ammetterlo, anche solo a pensarlo; è qualcosa che terrorizza anche me, ma almeno non mi nascondo dietro uno sguardo misterioso e (troppe) poche parole, come fa lui.
E comunque io non userei mai la cosa come alibi per intromettermi nella sua vita, se poi io stessa non so andare a fondo alla cosa.
- Smettila. – gli dico secca, irritata ed anche un po’ esausta.
- Di fare cosa? – chiede lui con tono piatto.
- Di fare così.
- Se “così” è tenerci a te e non volerti vedere con le persone sbagliate, allora...
- ... se è anche intromettersi a caso nella mia vita dando giudizi su persone che neanche conosci... - lo interrompo, ma non riesco ad essere sarcastica quanto vorrei, sono ancora troppo impegnata a non permettermi di piangere davanti a lui.
- Io so di cos’hai bisogno. – annuncia secco.
Ecco, appunto. Eccolo che lo fa di nuovo. Non capisce che mi spezza, ogni volta.
- Smettila! – alzo la voce più di quanto vorrei, ma ormai è tardi, anche per le lacrime.
- Di fare c...?
- Di fare finta di niente! – quasi urlo: - Di fare queste allusioni e poi fingere che non sia successo niente! Di insinuare sempre che sei l’unico che mi conosce, l’unico che potrebbe...
La mia voce si spegne di colpo, spaventata da quello che potrei dire.
Lui sembra scosso, abbassa gli occhi e dice mesto: - Va bene, hai ragione. La smetto.
“L’unico che potrebbe... farmi pensare di volere me, quando non è così.” penso amareggiata. Raccolgo la mia borsa e me ne vado, uscendo dal bar senza dire una parola. Non saprei dire se lui abbia rialzato gli occhi per guardarmi mentre me ne andavo. Quello che è sicuro è che per un po’ non mi vedrà più.








N.D.Summer

Il prossimo capitolo (ce l'ho tutto qui, nella mia mente malata) mi piace un casino, quindi penso proprio che verrà pubblicato abbastanza in fretta...!
Ho effettivamente introdotto un nuovo personaggio un po' così a muzzo, senza neanche caratterizzarlo tanto... Magari più avanti, anche se qualcosa mi fa pensare che sarete contrarie XD
Eppure Dave è carino, prometto! Nonostante questo sarà un po' un personaggio comunque marginale, tipo Kristen per intenderci... quindi no worries!!!
Mmmmh ora vado che è tardino...  intanto ringrazio tutte e... mi raccomando, fatevi sentire!! =P

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Capitolo 13
*** 13. Scuse (lui) ***


13. Scuse (lui)


- Jade.
Come avrete forse capito, questo è il suo modo preferito di esordire al telefono. Ma, di solito, non è mai un inizio positivo. Di solito, infatti, seguono delle scuse.

Stavolta, dopo qualche settimana di silenzio (dodici giorni, per essere precisi), la sua voce che pronuncia il mio nome (il SUO mio nome), ancora più roca del solito, mi fa venire i brividi.
- Scusami. – dice semplicemente, come seconda parola. Appunto.
- Uau. – faccio io sarcastica. Anche la mia voce è bassa: è da giorni che non dormo bene e non faccio altro che trascinarmi in giro per la città come uno zombie, casa-lavoro, lavoro-casa. Semplicemente evito di pensare, per non ritrovarmi a pensare a lui e a quanto mi abbia ferito.
- Sul serio. – dice serio e un po’ incerto. La voce quasi gli trema.
- Sì, vabbè.
- Come sarebbe “Sì, vabbè”?
- Vuol dire che ci sono abituata, ormai. Ma stasera non mi va.
- Come sarebbe che ci sei ab... Cosa non ti va?!?
- Di mettere tutto sotto al tappeto come al solito. Di accettare le tue scuse e ricominciare come prima. Oggi no.
- Ma... domani riparto e...
- Lo so.
- Ah.
- ‘notte, Rob.
- ...
Riattacco. So che domani lui partirà. Mi ha mandato qualche messaggio in questi giorni, tutti scritti con il solito tono, come se niente fosse. Solo il contenuto non era usuale: erano tutti per dirmi dov’era e dove sarebbe stato successivamente.
E la cosa mi ha fatto imbestialire ancora di più. Mi aveva scritto che sarebbe venuto in Italia per una settimana, prima di andare a New York ad incidere il suo primo singolo.
Un singolo. Come se non fosse già abbastanza impegnato. Come se non fosse già abbastanza amato.
Non mi ha detto cos’è venuto a fare in Italia, non mi ha detto che è venuto per me. Non voglio sapere se sia così. Non ho mai risposto a quei messaggi e lui alla fine si è deciso a chiamare. Non ci ho pensato due volte a rispondergli, è stato un gesto istintivo, come il bisogno che avevo della sua voce.
Ma stasera, davvero, non ho la forza di ricominciare. Succederà, cederò, perché la sua mancanza mi sta facendo avvizzire. Sentire la sua voce è stato rinfrescante; ma non posso fare questo a me stessa, non ancora. Devo resistere, finché posso.
Poi, mi lascerò cadere e cullare nella sua trappola intessuta di fili trasparenti e luminosi, ancora una volta.
Perché non sono capace di stare senza.


Qualche giorno dopo.
Apro la porta, insonnolita, per andare anche stamattina in redazione. Quando faccio il primo, lento passo fuori dal salotto, mi accorgo di aver quasi schiacciato qualcosa con un piede. È un pacchetto, incartato con una carta lucida rossa ed un fiocco nero. Guardo a destra e a sinistra nel corridoio, ma non c’è nessuno. Da quando mi consegnano la posta direttamente davanti alla porta? Abito al quinto piano, la cosa mi puzza. Prendo il mio pensiero alla lettera ed inizio ad annusare il pacchetto, poi ad auscultarne il contenuto, in caso di bomba o simili.
Sembrerebbe tutto a posto.
Oh, beh. Al massimo esploderò, sono troppo curiosa.
Mi decido a lacerare la carta per scoprire finalmente quello che racchiude: all’interno trovo un cd masterizzato ed un biglietto.
Un biglietto con quella scrittura che ha dato inizio a tutto. Cerco di tenere ferma la mano perché se continua a tremare così non riuscirò mai a leggere. E invece ci riesco e tremo ancora di più.

"Questo è il mio nuovo singolo... il primo.
Mi hanno detto che sarebbe stato meglio, per iniziare, incidere una cover di una canzone già abbastanza famosa… e me l’hanno lasciata scegliere. Spero che ti piaccia e che... mi perdonerai.
Non per la canzone, per il casino che ho combinato. Anche per la canzone, se ti offenderai. Se non ti dovesse piacere, intendo. Eccetera.
Se vuoi, il cd lo puoi vendere come al solito. E stavolta, dato che non è ancora uscito, ci farai un bel po’ di soldi."

Nessuna firma; non ce n’è bisogno.
Mi viene da sorridere per la sua solita imbranataggine, per il suo modo di litigare con le parole.
Mi viene da sorridere anche per la sua autocitazione riferita al primo biglietto che mi aveva scritto ormai mesi fa, ma mi trattengo senza troppa fatica. Sono ancora a dir poco arrabbiata con lui.
Nonostante questo, la curiosità è di nuovo troppo forte e mi ritrovo quasi senza saperlo ad inserire il cd nel lettore dello stereo in salotto. Poi, rimango in piedi, in attesa che parta, ticchettando nervosamente con le dita sul mobile.

Dalle prime note, mi accorgo che è una cover acustica, solo voce e pianoforte. Mi sembra di riconoscere qualche nota. Ascolto ancora per qualche secondo, completamente catturata da quelle note, come se non ci fosse più nient’altro al mondo. Poi, Rob inizia a cantare e allora realizzo di che canzone si tratta.

Hey
J-J-J-Jaded
You've got your mama's style
But you're yesterday's child to me

So Jaded


Ovviamente strascicata, ovviamente più lenta dell’originale, ma è lei.
E mi sembra anche che pronunci la parola che dà il titolo alla canzone senza la “d” finale; ma no, è solo il suo modo strano di cantare.
Nonostante questo, è chiaramente lei.

Jaded , degli Aerosmith.

Che già era una delle mie canzoni preferite, ma in quel momento, e in quella versione, passa immediatamente nella top 5.

My, my, baby blue
Yeah I'm thinkin' 'bout you
My, my, baby blue
Yeah, you're so Jaded
And I'm the one that Jaded you


Mi siedo sul mio divano, tiro su i piedi e mi lascio cullare dalla sua voce. Sono in ritardo, probabilmente in redazione mi ammazzeranno, c’era qualcosa di importante che dovevo fare.
Ma, per ora, mi perdo nel mio solito sguardo che ho quando nessuno mi osserva.








N.D.Summer
Ho aggiornato in fretta perché avevo lì il capitolo pronto che premeva per essere pubblicato! Non stava nella p… pagina.

Vediamo se qualcuno indovina il riferimento letterario alla “top 5”.
La splendida canzone, ovviamente, è questa
Tra le altre cose, dice “Love me, Jaded”.
E “Yeah, you're so Jaded, And I'm the one that Jaded you”.
E “Yeah, I'm so Jaded, and baby I'm afraid of you”.
E tra un po’ la scrivo tutta che faccio prima :P
Ogni riferimento è puramente casuale, vero Rob?!?!?!?
Ce li vedo entrambi questi due così, "jaded", un po' sfasati, scompensati....

Ah: mi sono solo immaginata che Rob la cantasse, (purtroppo) non esiste alcuna cover fatta da lui. Se ci fosse, credo che morirei, perché ce lo vedo (sento?) troppo a cantare questa canzone. Mi spiace di avervi illuse, se l’ho fatto T.T e spero che non mi ammazzerete.
Ah e la tipa del video è all’incirca come mi immagino Jade. (o.O sticaz…)
Comunque… carine come scuse, no? Non ci sono riferimenti a Dave qui, ma chissà…

Grazie a tuttissimi ed in particolare:

@ whitevelyn:
Certo che tra me e te… dormire mai, eh?
Per quanto riguarda l’aver vissuto situazioni simili ti posso dire che non ho un migliore amico maschio da quando ero all’asilo (e gli rubavo le macchinine o.O), perciò non ho mai ricevuto una scenata di gelosia simile a quella del capitolo precedente…
Piuttosto, un tempo tutti (e dico tutti.) i miei amici e le mie amiche mi dicevano di lasciar perdere un tipo perché “è un imbecille” ed è stata una delle cose più brutte del mondo, sentirsi giudicare così… perché giudicavano me e la mia capacità di distinguere un imbecille da uno a posto…
Cosa dire… avevano torto loro! Non si dovrebbero mai dare giudizi su aspetti che solo chi è dentro la situazione può capire!
Né mi sono mai innamorata di qualcuno che fosse in precedenza un mio amico… sempre perfetti sconosciuti! :P Non so perché mi sono immaginata questo tipo di rapporto, forse proprio perché non l’ho mai avuto! E poi perché volevo dipingere Rob come timoroso delle relazioni e di sentimenti troppo profondi… Ce lo vedo!
Rileggendo: mamma mia, come sono pesante stasera! Alla prossima, cheèmméglio.

@ _Miss_:
Eeeeh, hai ragione, sono proprio due… sciocchini. Però vedi che tutto si rimette a posto, basta una canzone! (non basta una canzone. Nella mia testa parleranno allo sfinimento di quella scenata di gelosia. Ma credo che nella ff non andrà esattamente così… la vita non va mica così.) :D

@ Lilithcullen:
Jadeeeeeeeeeeee… *riflette* non si sa bene chi ama, soprattutto non lo sa nemmeno lei. Ovvio che con Rob sente qualcosa di particolare, ma lui… non è che le dia troppe conferme di sentire la stessa cosa! Sì, però come dici tu non è solo la sua bellezza devastante che le fa tremare le manine ogni volta che ci pensa o che lo vede! Ma d’altra parte non credo che sia neanche qualcosa di lui… è più come una sorta di elettricità che li lega! O.o oh mamma, stasera sono proprio fusa! Sorry, al prossimo (capitolo)!

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Capitolo 14
*** 14. Steve Tyler ***


14. Steve Tyler

Non ho resistito molto, non dopo aver sentito quella canzone: come minimo, ho pensato quella mattina non appena mi sono riscossa, gli dovevo fare i complimenti. E poi, beh, come succede spesso con Rob, il resto è venuto da solo.

- Pronto? – rispose Robert dopo parecchi squilli, un po’ affannato, come se avesse corso.
- Parlo con Steve Tyler? Volevo informarla che uno sfigatello le ha plagiato una canzone...! – me ne uscii in tono scherzoso. Usavo l’ironia, quando non sapevo come affrontare qualcosa di troppo personale. Come perdonare lui, come riparlarci così, dopo quella che mi era sembrata un’eternità.
- Jade... - disse lui in un tono così morbido che mi fece venir voglia di piangere – Ciao... finalmente.
- Sì, beh. Non te ne approfittare o ti denuncio a Steve. E poi non è che ti abbia perdonato ancora...
- Lo so, ma avevi ragione. Non sono fatti miei. – rispose mesto. Ero sicura che, dall’altra parte della cornetta, probabilmente dall’altra parte dell’oceano, lui si stesse fissando le scarpe, impacciato.
Poi, aggiunse: - Cioè. Sono fatti miei perché ci tengo a te. Ma... so come ci si sente ad essere giudicati. Che ti dicano che sei un attorucolo o che ti etichettino come un perdente o come un paranoico o ancora come un idiota... lo so, credimi: non è bello. E non è neanche giusto. Ci sono passato e dovrei aver imparato a non giudicare gli altri. Purtroppo però almeno una di queste cose è vera: sono un idiota.
- Eeeeeeh, sì. – dissi sorridendo dopo qualche secondo di silenzio. Purtroppo ero un’idiota anch’io, perché non riuscivo a tenergli il muso quando si sforzava così di fare un discorso serio e più lungo di una frase. Me lo immaginai che si torturava i capelli con una mano, mentre cercava le parole giuste.
- Grazie, tu sì che sai come tirarmi su il morale! – risi piano, più per la gioia di risentirlo scherzare che per la sua battuta banale.
- Beh, allora come va, ehm, con Dave? – riprese lui, tentando la via più diretta per la riconciliazione: mostrarmi che aveva davvero capito. Non pensavo, ma mi conosceva meglio di quanto credessi: per me le parole erano solo parole se non venivano seguite da fatti.
- Ah, sì, ecco... - risposi comunque un po’ imbarazzata. Stavo parlando ad un idiota di un altro idiota, mi ritrovai a pensare. Anche se, teoricamente, Dave ancora non si era dimostrato un id...
- Bene. – risposi prima di addentrarmi troppo in pensieri su Dave - Cioè, non ci siamo visti molto ultimamente, non ero tanto in vena di uscire... ho lavorato molto. – mi corressi per non fargli pensare che lui potesse essere la ragione della mia scarsa socievolezza – Però, ecco, lui è stato davvero carino e siamo usciti qualche sabato sera... Siamo stati al cinema, a cena e poi ancora al cinema, mi sembra. Tutto qui. ... tutto molto carino.
Cercavo di non pensare molto a Dave, in effetti: cercavo di non chiedermi cosa provassi, o perché una sera volessi vederlo e quella dopo no. Lo trovavo carino, simpatico, divertente; inoltre ci sapeva fare ed io… non chiedevo niente di più. Mi sembrava di non poter avere niente di più.
- Carino, eh? – chiese lui scettico dopo qualche secondo in cui evidentemente aveva cercato di mordersi la lingua.
- Sì sì. Molto carino. C’è qualcosa che non va? – feci, rincarando la dose per provocarlo.
- No io sto solo dicendo che...
- Stai ricominciando? - chiesi iniziando ad irritarmi e a pensare che non avesse capito proprio niente. A quanto pareva era più forte di lui.
- No. Non sto parlando di lui, ma di te. Cosa avevi detto di quel tipo, Riccardo, prima di mollarlo?
Riccardo era un ragazzo con cui ero uscita un paio di volte, prima di capire che non potevo stare con un ragazzo che si commuoveva guardando qualsiasi film di Julia Roberts.
- Che era una femminuccia? – chiesi perplessa.
- No, che era “carino”. E ti ricordi invece cosa dicevi quando uscivi con quel tizio tedesco?
- Era di origini tedesche. Hans? Mi pare che si chiamasse Hans.
- Sì, beh, Hans.
- Dicevo che non potevo stare un minuto in più con uno che si era presentato a cena con una maglietta di Paperinik.
- Sbagliato di nuovo. Dicevi che era carino.
Ammutolii per un istante, pensando che Rob era stato più attento di me alla mia vita privata ultimamente e poi cercando una connessione logica in quello che stava dicendo. Appena prima che il mio cervello la trovasse, però, fece capolino la mia ironia come manovra difensiva: - Carino sarebbe stato presentarsi con una maglia di Pippo. Paperinik è così da sfigato.
Rob, dall’altra parte del telefono, sbuffò rumorosamente e poi disse: - Come vuoi, piccola Jade.
Sorrisi e chissà perché a sentire quella sua frase mi venne un’infinita tristezza al pensiero che avrei dovuto aspettare ancora prima di poterlo riavere con me, per sentire la sua voce ed il suo calore dal vivo.
Come leggendomi nella mente, in quel momento esclamò: - Quando ci vediamo, comunque? – che era il suo modo, così entusiasta e impaziente, di dirmi che, in fondo, forse, un po’ gli mancavo anch’io.


Qualche settimana dopo.
Mentre sento la chiave girare nella toppa, sto ancora piangendo e mi sono appena scolata un bicchiere di tequila, liscio. Tento di asciugarmi gli occhi con una manica della felpa, riuscendo solo a sporcarla del nero del mascara ormai completamente sciolto e cerco contemporaneamente di nascondere la bottiglia mezza vuota sotto il divano. Non ci riesco del tutto, così ne sbuca metà da sotto la pesante stoffa colorata. E poi, penso, è tutto inutile, perché il bicchiere vuoto è lì in bella vista sul tavolino di vetro e sa di alcool lontano un miglio, quindi non avrebbe comunque molto senso nascondere il resto.

Finalmente, Rob entra nella stanza come se volesse urlare “Sorpresa!”; ma poi, vedendomi ridotta così, si blocca immediatamente e cambia espressione.
Questo è uno dei momenti in cui rimpiango di avergli dato le chiavi del mio appartamento.
- Chi è stato? – chiede duro senza nemmeno salutare, già visibilmente furioso e con i pugni stretti che tremano lungo i suoi fianchi. Nonostante tutto, a vederlo così, mi viene da sorridere:
- Come sai che è stato qualcuno?
- Ho bisogno di qualcuno da incolpare. – risponde secco, con tutti i muscoli del corpo ancora in tensione.
- E se stessi piangendo per qualcosa che ho fatto io?
Smette un po’ di tremare, ma è ancora più determinato:
- Dimmi. Chi. È. Stato.
- Io. L’ho mollato. – soffio fuori.
- Dave? – dice rilassandosi un po’, meno incredulo di quanto vorrebbe sembrare.
Annuisco e mentre non riesco ad evitare di ricominciare a piangere silenziosamente, lui si siede accanto a me e mi abbraccia, la mia testa sul suo petto.
- Cos’è successo? – chiede accarezzandomi piano l’ammasso di capelli disordinati che devo avere in testa.
- Non... non mi piaceva. – rispondo in un singhiozzo.
- Jade! – esclama lui staccandosi un po’ per guardarmi negli occhi.
- Cosa?
- Te ne sei accorta dopo due mesi?!? – mi chiede incredulo ma anche un po’ divertito.
- ... no... - rispondo io con aria colpevole.
- Allora lo sapevi da...?
- Dall’inizio. – rispondo distogliendo lo sguardo dal suo e arrossendo un po’.
Lui però mi guarda interrogativo, quindi sospiro e continuo: - Ormai lo so anche prima di uscirci... con chiunque.
- Oh. – fa lui sorpreso.
Sospiro forte: - Non sto bene con nessuno. Ed inizio a pensare che sia un problema mio...
- Benvenuta nel club. – sbotta lui amaro, tirando le labbra da un lato. Poi, mi stringe più forte ed io mi accoccolo meglio su di lui.
Stiamo così in silenzio per un po’, poi il suo piede urta qualcosa che fa un rumore come di vetro. Mi scosta un po’ per vederne la causa e poco dopo rialza su di me uno sguardo di rimprovero, la bottiglia di tequila in mano.
- Non ti vergogni? – dice. Poi subito sorride ed aggiunge: - Non si beve se non si è in compagnia! – e si versa un po’ del liquido ambrato nel bicchiere, iniziando a sorseggiarlo piano. Sorrido e mi metto di nuovo comoda su di lui, con la testa che mi gira.

- Jade... è passata un po’? – chiede dopo qualche minuto, quando sente che non respiro più a fatica per contenere le lacrime. Annuisco piano, senza spostarmi da quella posizione comoda e calda. E profumata, del suo profumo. Lo sento sorridere.
- Allora adesso te lo posso dire.
- Che cosa? – chiedo curiosa staccandomi a malincuore e mettendomi di fronte a lui.
Mi guarda divertito: - Che te l’avevo detto.
Sono sconcertata: - Di Dave?!? – gli do una leggera pacca sulla spalla - E me lo devi rinfacciare?!?
- No! Certo che no. – dice serio, fissandomi intensamente. Poi, il suo viso cambia espressione:
- Ti sto solo facendo capire che io ho sempre ragione. – mi sorride spavaldo ma io mi limito a guardarlo male e mi riappoggio a lui, mentre il suo petto è scosso dalle risate. Intanto, però, ora che non mi vede, mi viene da sorridere: sì, è già passata.

Poco dopo, o forse molto dopo, devo essermi quasi addormentata, perché sento le sue braccia sotto di me che mi sollevano e mi portano in un’altra stanza e mi appoggiano su qualcosa di morbido e caldo che sa di pulito... probabilmente è il mio letto, penso con l’ultima briciola di lucidità che mi rimane. Ho bevuto troppo e non riesco neanche ad aprire le palpebre. Tutto ciò che sono in grado di fare è mormorare “Grazie”. Dopodiché sento il suo respiro avvicinarsi al mio viso e soffermarsi un po’ sulle mie labbra. Poi, veloci come se avessero cambiato idea, le sue labbra mi danno un bacio sulla guancia e subito dopo sento i suoi passi allontanarsi veloci.










N.D.Summer
Ragazzuole care, grazie per il supporto (implicito ed esplicito o.O paroloni a caso… si vede che sto studiando per l’esame di psicologia?)… Ho pensato che pubblicherò un nuovo capitolo all’incirca quando arriverò ad un tot di letture di quello subito prima (ovviamente se è almeno QUASI pronto)… quindi, eccoci qua!
Intanto oggi ho visto un video di Robert e Hayley Williams dei Paramore per MySpace dove parlano a caso seduti ad un tavolino come di un bar… bellini, caspita. Beh, ovvio: lui “bellino”… più che altro stunning, come al solito. Che è una parola che secondo me lo descrive perfettamente, ma tradotta non suona altrettanto bene: è proprio stunning e basta.

@ whitevelyn
No daiiii, ma che genio! *blush* Questa storia è stata scritta per essere spensierata, leggera! Oddio, poi tanto leggera non è, visto che Jade si fa mille paranoie e sembra in ogni momento che stia per avere un esaurimento…!! Comunque niente a che vedere con la tua “poesia” (che aspetto sempre con ansia) ;)…

@_Miss_

A volte è per questo che si scrive no? Per immaginare di fare cose che nella vita non possiamo… Tipo fare la pace con Robert!!! Che è vero che ha sbagliato, ma… come si fa a resistergli?!? Io non lo so e Jade nemmeno :P O anche solo sperare che lui faccia un disco, magari con questa canzone… Seh, come no! Chi glielo dice a Steve Tyler che uno sbarbatello coi denti a punta vuole fare una cover sua? XD

@ SweetCherry
Ciaoooo! Benvenuta :D Credo che il realismo alla fine sia quello che più ricercavo: troppo facile dire “due si incontrano, si piacciono, si baciano, si mettono insieme”, eh? Mi piacciono le cose complicate :P
Sembra che Rob comunque abbia capito dove ha sbagliato, anzi: sembra che lo sapesse già, diciamo che si è fatto trasportare… da cosa? Gelosia, desiderio di proteggerla, paura di perderla?!? Mah. Ma siamo poi sicuri che abbia capito davvero? Io mica tanto ;P

@ uley

Benvenuta!! Certo che mi accorgo dei tuoi commenti e mi fanno anche piacere!!! Sono felice che i primi capitoli ti abbiano fatto sorridere, in effetti quello che succede è abbastanza surreale… e comico! Però come hai notato andando avanti le cose si fanno più ingarbugliate!! Non so, la situazione si sistemerà prima o poi?? Chi può dirlo! ;D

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Capitolo 15
*** 15. Sesto senso ***


Molto tempo prima.

Era una delle prime volte che Robert, dopo essere volato a Milano da chissà quale posto disperso nel mondo, chiedeva a Jade di fermarsi a dormire da lei, a casa sua, invece di andare in albergo. La primissima volta, in effetti, gliel’aveva chiesto proprio lei, imbarazzata e con la voce ridotta ad un pigolio, accampando subito dopo scuse su scuse come la stanchezza, i paparazzi che lo avrebbero trovato prima o poi, la scomodità degli hotel (soprattutto quelli a cinque stelle) e altre cose senza senso. In seguito, Robert si era fermato altre volte a casa di Jade ed aveva sempre dormito nella stanza degli ospiti di cui l’appartamento di lei era provvisto.

Quella notte, Jade non riusciva a dormire. Si rigirava continuamente tra le lenzuola, trovandole prima troppo calde e subito dopo gelide e non capendo il motivo di quell’ansia che non le permetteva di addormentarsi. Guardò l’orologio sul comodino e le cifre luminose la informarono che erano già le 2:51.
Alle 2:55, mentre rabbrividiva dalla sorpresa, le venne quasi da sorridere: si dimenticava ogni volta di avere una specie di sesto senso che non le permetteva di dormire se era in arrivo un temporale, anche se questo si scatenava dopo ore. Come ogni volta, quando sentì il primo tuono, seguito immediatamente da uno scroscio di pioggia, si diede mentalmente della stupida, ricordandosi di tutto questo mentre stringeva più forte le lenzuola con le dita. Maledetto quel suo superpotere, tanto inutile quanto inconfessabile. Quasi inconfessabile come quell’altra cosa, quella che le faceva fare cose incredibilmente stupide.

- Rob. – sussurrò Jade poco dopo il terzo tuono, in piedi sulla porta della camera degli ospiti. Che non era chiusa, quasi come se lui si aspettasse una visita. Ovviamente, non era così.
Nel buio quasi totale, lo intravide rigirarsi nel letto e stropicciarsi gli occhi con una mano, guardando confuso nella sua direzione.
- Jade?!? – disse con voce assonnata, non troppo stupito.
- Io... - un altro tuono la interruppe, facendola stringere nelle spalle - ... ho paura.
Pensò che lui si sarebbe messo a ridere, come avrebbero fatto tutti, come avrebbe fatto qualsiasi persona normale.
- Vieni qui. – le disse invece, sorridendo. Perché lui era tutto, fuorché normale.
Si tirò a sedere sul letto e quando lei si fu avvicinata ancora titubante, le prese la mano e la fece sedere accanto a sé. Poi, con un altro sorriso che squarciava l’oscurità, le chiese con semplicità e un candore infinito:
- Vuoi dormire qui con me?
Jade, stupita, arrossì: poi cercò di ricostruire mentalmente forma e grandezza del letto matrimoniale su cui stava seduta, tentando di non farsi distrarre dagli occhi di lui che brillavano anche al buio di una luce blu e intensa. Un altro tuono, un altro brivido. Lui, che le teneva una mano appoggiata delicatamente sulla schiena, dovette sentirla sobbalzare.
- Penserai che sono stupida.
- Lo pensavo già prima. – rispose lui ridacchiando ironico. La sua risata nel buio risuonava ancora più morbida del solito e faceva pendant con le coperte lisce e calde sotto le dita di lei.
Poi, lui semplicemente scivolò nel lato del letto opposto, tirandola leggermente per la mano, come per suggerirle di sdraiarsi. Lei si spostò fino a mettere le gambe sotto al lenzuolo ma rimase ancora seduta, rigida.
- È una paura che ho da sempre, non è razionale. Hanno provato in ogni modo a farmela passare, perché non ho più cinque anni ed “è una cosa ridicola”. Mi hanno spiegato non so quante volte che le probabilità di essere colpiti da un fulmine sono bassissime, che i fulmini non sgretolano le case, che non entrano negli appartamenti... eppure, eccomi qui: ho ancora paura.
Rob sorrise di nuovo, tentando ancora di farla sdraiare appoggiandole delicatamente le mani sulle spalle:
- La solita testarda.
- Forse perché non ho paura dei fulmini, ma del temporale in sé. – disse lei come in sovrappensiero. Poi però aggiunse, a voce un po’ più alta: - Comunque, nessuna spiegazione logica è servita.
Sospirò forte, ancora immersa in quel discorso senza capo né coda che tuttavia le permetteva di non pensare troppo alla situazione imbarazzante in cui si era cacciata. Se non fosse stato che, in fondo, non la trovava così imbarazzante, quanto... naturale.
- Forse perché non era una spiegazione logica quella che ti serviva. – le rispose lui in un sussurro, cingendola completamente con le braccia e sentendola finalmente a poco a poco sciogliersi in quell’abbraccio che la trascinava lentamente giù, verso le calde e confortevoli braccia di morfeo.
Pochi secondi dopo, Jade si addormentò.

Da quella notte, dormirono sempre nello stesso letto, quello di Jade però.
E, soprattutto, non cercarono più di darsi spiegazioni logiche.







N.D.Summer

Ma che è 'sta roba?!?!
Non so, mi è venuta fuori quest'idea una notte e ho scritto questa specie di flashback in terza persona che comunque riguarda sempre uno scorcio nella vita di questi due e nel loro rapporto, che non è MAI semplice, non è mai normale e soprattutto non è mai definito...
Beh, non sapevo se farne una shot da mettere a parte, oppure se metterla qui... Ho finito per metterla nella ff principale perchè non avrebbe molto senso se letta da sola...
Non so quando aggiornerò di nuovo (andando avanti con la trama invece che indietro, magari :P) visto che sono sotto esami... Sisi, infatti ho appena partecipato anche ad un concorso (con Frantumi, che si è piazzata prima!!! Ma è su Bella&Jacob, non credo che sia il vostro genere, se leggete Vampirucolo...) e sto scrivendo a manetta... Vabbèèèèè.
Alla prossimaaaa, baci

@ uley:
Eeeeeeeeeeh, mi sa che la cosa più dura è proprio farlo capire a loro due...!!!

@ _Miss_:
Dici?!? Ehe, vedremo se riusciranno a parlare, o perlomeno a comunicare... :P Intanto questo capitolo è un'altra prova di quanto siano entrambi cretini -.-

@ whitevelyn:
Cavolo, infatti perdo tempo a scrivere e non studio! :(
Dovrei proprio smettere per un po', ma soprattutto in questa ff ogni tanto mi vengono degli schizzi e devodevodevo per forza buttarli giù, prima che svaniscano... Quindi non ti preoccupare, comprendo benissimo... ma continuo ad attendere con ansia! :P

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Capitolo 16
*** 16. Ogm ***


Rob

16. Ogm

Arriviamo davanti all’entrata del locale io e lui, a piedi per non far incuriosire nessuno con la sua limousine con autista, lui con il cappuccio della felpa nera sulla testa come al solito quando non vorrebbe essere riconosciuto. Purtroppo, spesso non basta.

Faccio per mettermi in fila, a dire il vero spalanco gli occhi vedendo quella fila lunghissima davanti all’ingresso, ma Rob passa di fianco alla gente, fa un cenno al buttafuori e quello come se niente fosse ci fa entrare. Le persone in fila ci fissano curiose, anzi un po’ più irritate. Alla faccia del non dare nell’occhio.
Probabilmente non hanno il tempo di indagare troppo su chi sia quel ragazzo alto con il cappuccio calcato in testa, perché Rob mi trascina veloce nell’ingresso e finalmente entriamo nel locale.

Quando appariamo sulla porta e lui può finalmente togliersi il cappuccio (perché tanto “Chi vuoi che mi riconosca con tutto questo buio e queste luci pazzesche?!?”), stiamo ancora tenendoci per mano, o meglio, per le dita.
Adoro il suo modo di tenermi la mano.
E adoro quando se ne frega di quello che la gente penserà di noi.
O meglio, di lui; perché di me alla gente non frega assolutamente niente.
Comunque, stiamo per avviarci su per una scala che conduce al privè (ovviamente altro modo per non attirare l’attenzione), quando una ragazza lo ferma. Eh, no. No, no, no, no.
Ma d’altra parte, quando in una stanza c’è lui non ci sono luci stroboscopiche o buio pesto che tengano. È una calamita, non lo fa apposta ad essere magnetico... ed è anche una calamità. Perché so già che tra poco saremo sommersi, spacciati.
- Oh mio Dio. – dice la tipa fermandosi davanti a Robert – No. Non puoi essere tu sei... sei tu?
Lui, che dall’intonazione delle parole ha già capito quello che la ragazza gli sta dicendo in italiano, annuisce sfoderando uno dei suoi sorrisini maliziosi e... beh, sexy. Uno di quelli da poster promozionale, insomma.
So che qualcuno vedendolo potrebbe pensare che sia un montato, che si dia delle arie da sex symbol.
Che vadano al diavolo, come direbbe lui.
Perché io so cosa si nasconde dietro quel sorriso falsamente sicuro: prende in giro sé stesso, perché non pensa di essere bello o sexy, ride perché quella situazione gli sembra assurda, è divertito perché secondo lui non ha senso che capiti proprio a lui, un attorucolo fortunato.
Ridere del successo forse è la formula giusta per sopravvivergli e se è così, sono felice che lui lo sappia fare.

Comunque, la ragazza ha estratto il cellulare dalla sua pochette e in qualche modo chiede a Rob di fare una foto con lei. E chi deve scattarla, ovviamente? Lei mi porge il cellulare e cerca di spiegarmi con qualche parola in inglese come funziona. La situazione è abbastanza divertente perché io non le confessi che non sono affatto inglese. Scatto la fotografia e sono quasi sicura che Rob abbia fatto l’occhiolino all’obiettivo mentre premevo il tasto.
Poi, veloci prima che un’orda di ragazze ci assalga, riusciamo a raggiungere il privè, dove ci aspettano alcune mie amiche. Faccio distrattamente le presentazioni: sono dispiaciuta che non ci sia Stella, la mia migliore amica, perché ci tenevo a presentarle Rob.
Finiti i convenevoli, mi guardo un po’ intorno: il locale è carino, un po’ affollato forse; ma dall’alto della nostra posizione privilegiata non abbiamo problemi in questo senso. Il privè è una specie di soppalco che, incorniciato da una ringhiera, dà sulla pista, dove ci sono già parecchie persone che stanno ballando al ritmo della musica assordante. Più in là, vicino al bar, si è radunato un gruppo compatto e abbastanza folto di persone. Mi chiedo perché o per cosa. Poi, una delle luci roteanti che fanno il giro della sala illumina quel punto e allora capisco: guardano di qui.
La ragazza di prima deve aver detto in giro di Rob e adesso sono tutte pronte a catturare anche solo un suo sguardo. Sempre guardandole, butto giù in un sorso il contenuto del mio bicchiere, come se mi stessi preparando ad una battaglia.
Sto appoggiata alla ringhiera e ho “buttato giù” un altro paio di drink, quando Rob mi si avvicina e mi sussurra con aria scocciata:
- Questo posto è mortale...
Mi ritrovo a pensare (o più probabilmente l’alcool pensa per me) che quella sia la parola più sexy del mondo. Ma in realtà credo che solo pronunciata in quel suo modo, un po’ snob, un po’ menefreghista, sembri la parola più sexy del mondo.
- Mortale. – provo a ripetere, trovando infatti conferma ai miei pensieri: pronunciata dalla mia bocca quella stupida parola non suona affatto così sexy. Anzi, proprio per niente.
Lui mi guarda stranito e divertito al tempo stesso, chiedendosi evidentemente cosa mi passi per la testa.
Ringrazio non so chi per il fatto che ancora non abbia imparato a leggermi nel pensiero. Poi gli faccio un cenno con la mano, come a dire di lasciar perdere e lui scuote la testa, sempre sorridendo. Ormai è chiaro: lo faccio ridere e gli faccio pena.
E un’altra cosa chiara è che la mia sbornia sta prendendo una brutta piega: credo sia una di quelle di “autocommiserazione”, con una punta di masochismo.
- Mi fa piacere che ti faccio ridere, almeno. – dico per l'appunto, sarcastica, spostandomi a fatica dal parapetto su cui mi reggevo e che era evidentemente l’unica cosa che mi mantenesse in equilibrio. Lui fa per sorreggermi, ma io lo scosto brusca. Vedo la sua espressione (pena, chiaramente pena) e pochi secondi dopo lui si alza e va evidentemente a dire “mortale” a qualcun'altra, mentre io non riesco a muovermi da quella maledetta ringhiera e quindi semplicemente rimango lì, a farmi pena da sola.

Finito il mio quarto sex on the beach (e siamo qui solo da un’ora, credo) sento qualcuno sedersi di fianco a me sul divanetto su cui mi sono abbandonata. Due occhi paurosamente azzurri mi fissano. Devo essere già partita per la tangente alcolica, perché mi viene in mente un episodio di un telefilm in cui una tipa con gli occhi azzurrissimi uccideva dei ragazzi per poter sopravvivere ad una specie di mutazione genetica.
- Hai due occhi davvero... ogm. – gli dico piano, sorridendogli e lui, anche se non capisce, sorride con me della mia idiozia. Dà un’occhiata al mio vestito che è risalito di qualche centimetro sulle cosce grazie al modo poco signorile in cui sono seduta e poi mi guarda preoccupato:
- Sei già fuori, eh?
Faccio cenno di no con la testa ma poi scoppio a ridere, a conferma della sua teoria. Mi guarda di nuovo, serio e sgancia la bomba: - La tua amica ci sta provando con me.
- Ah. – faccio io piatta – Quale amica?
- Quella bionda. – risponde lui indicando con cautela una ragazza alle sue spalle.
Beh, da lei in fondo me l’aspettavo. E poi io mica sto con lui e nemmeno ho messo un veto. Loro sono libere di provarci. E chi non ci proverebbe, d’altra parte?
- Bene. – dico, ma mi esce un tono acido che contraddice la mia calma interiore. O forse no.
- In che senso?
- Come in che senso. Vai e spargi il tuo seme. – ridacchio cattiva, mentre inizio a pensare che effettivamente la storia della pace interiore sia una grande cazzata. Però lui ha passato tutta la serata a firmare autografi e a fare fotografie e mi ha lasciata tutto il tempo sola... con l'alcool. Quindi, è anche un po' colpa sua se mi sto comportando così. No?
Rob mi risponde a tono, un po’ risentito:  - Volevo solo un tuo parere, non credo che mi piaccia. Ma se la metti così... - non conclude la frase.
Sbarro gli occhi: - Lo farai per ripicca?!?
Guarda per un attimo giù in pista, sorridendo amaro: - No, Jade. Sai, non tutto quello che faccio è legato a te.
Gli sorrido a mia volta: - Buon per te.
- Già. – si gira verso di me e mi guarda come se cercasse, se sperasse di cogliere qualcosa nel mio sguardo oltre alla mia manifesta acidità. Poi, evidentemente deluso dal mio sorriso di sfida, sbuffa e si alza, andandosene lontano da me, senza girarsi. Senza vedere la mano che avevo già alzato a metà per fermarlo. Senza vedere il mio sguardo dispiaciuto e la mia paura di perderlo, che poi è esattamente quello che nascondo con la mia acidità.







N.D. Summer
No, non ho sbagliato, il titolo è proprio OGM e non OMG! Vabbè, se avete letto (ma chi mai legge le note senza leggere il capitolo? Semmai il contrario :P) sapete il motivo!
Alla fine sono riuscita ad aggiornare, dopo un sacco di tempo... Avevo un po' di esami da fare, ma ora sono finiti e mi posso concentrare sul resto (vacanze u.u)!
Passando alla storia: questo capitolo è un po' di transizione (come tutti -.-), non succede niente di che... a parte l'amica di Jade che ci prova con Rob... e lui, cosa farà?!?

@ uley:
eeeeh, cara... anch'io preferisco Edward&Bella...!!! Ma chissà  perchè in quel fandom finisco sempre a scrivere su Jake&Bella... Quindi ti rigrazio doppiamente per aver letto e commentato anche Frantumi! Cavolo, mi sa davvero che a Jade (e anche a Rob) dovrai mandare mille lettere, perchè questi non capiscono proprio nada! XD

@ whitevelyn:
Uh, grazie per l'in bocca al lupo, fortunatamente quei 3 esamini che ho fatto in questa sessione sono andati abbastanza bene! Comunque ho in mente un'altra di queste "divagazioni" jadesche che inserirò più avanti... mi fa piacere che questa ti sia piaciuta!!

@  _Miss_:
Già, chi penserebbe mai ad uno stupido temporale con Rob nello stesso letto?!? :P

@ Lilith De Lioncourt:
Ihihih, non ti preoccupare! Anch'io ci metterei la mano sul fuoco per quanto riguarda il "qualcosa", non tanto invece per quanto riguarda il "quando"!!!




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Capitolo 17
*** 17. Stupenda ***


17. Stupenda

- Ma te la sei fatta poi, la mia amica? – gli chiedo con studiata noncuranza il giorno dopo, appena lo vedo entrare in cucina con un’aria sciupata che in realtà gli dona. Se avessi voglia di farlo arrabbiare gli direi che assomiglia straordinariamente a quell'Edward che evita di sembrare con tanta cura. Ma mi va solo di vederlo sorridere, stamattina.
Per quanto riguarda me, non ho ancora osato guardarmi allo specchio da quando mi sono alzata.

- No. – dice lui stranamente allegro - Non ti ricordi che ti ho portata a casa?
- No. – gli rispondo, sorridendo come un’ebete – Ero messa male?
- Mi hai chiamato un paio di volte Rupert.
Scoppio a ridere: - Allora non ero messa malissimo.
- È stato quando hai tentato di baciarmi che mi sono preoccupato davvero.
Il mio cuore perse un battito: - ... cosa?
Mi sorrise alzando un sopracciglio: - Dico... è stato quando hai cercato di baciarmi che...
- È una cazzata. – dico cercando di sembrare spavalda, senza riuscirci troppo. La mia voce trabocca incertezza. E un po’ di speranza, nascosta in fondo in fondo.
- Come vuoi.
- Non hai intenzione di dirmelo?
- Ti ho già detto troppo.
- Tipo?
- Tipo che non mi sono fatto la tua amica...
- Ah già... e perché?
Mi guarda male, ma poi risponde: - Te l’ho detto, non mi piaceva...
- Non mi ricordo niente del genere...
- Ma vah? – dice sarcastico iniziando a frugare con le mani nel cartone quasi vuoto dei corn flakes.
- E quindi niente.
- Già. Lo dici come se fosse strano.
Faccio spallucce e mi accingo a finire la mia colazione. Dimenticandomi del tutto della storia del bacio. Anche se fosse, poi, non cambierebbe niente. Non cambia mai niente e non sono ancora sicura che questo mi dispiaccia.

Poco dopo, mentre lui saccheggia il mio frigorifero, io sto seduta sul divano, senza fare niente. E si sa, quando mi annoio, ancora peggio se mi annoio e ho i postumi da Sex on the Beach, rimugino. E questo, come Rob ben sa, non va per niente bene.
- Sai, non credo che troverò mai un altro. – esordisco in tono melodrammatico. Me ne rendo conto, ma non posso farci niente. Sdraiata sul divano con in braccio un cuscino che tengo stretto a me, lo guardo già con gli occhi lucidi. Lui è in cucina e mi scruta cauto da lontano, bevendo del succo direttamente dal cartone. Poi lo appoggia sul ripiano e viene verso di me. Prende le mie gambe, le alza e si siede sul divano appoggiandosele in grembo.
- Dopo Dave, dico. – preciso, guardandolo negli occhi. Probabilmente sto facendo la mia espressione da cane bastonato; mi sembra quasi di vedermi.
Lui sospira:
- Ancora con questa storia, Jade? Lo dici ogni volta.
- E poi non trovo mai nessuno. – faccio io imbronciata.
Lui ridacchia: - E poi trovi tutti i ragazzi che vuoi e alla fine li molli tutti...
- Non direi "tutti"... e poi li mollo perché non mi vogliono DAVVERO. – ribatto testarda.
- Jade. – dice lui costringendomi a guardarlo negli occhi. So che è una sola parola, ma detta da lui in quel tono significa tante cose. Mi guarda e l’azzurro del suo sguardo è scoraggiato, impotente. E allora sento che dovrei almeno cercare di spiegargli.
- Loro... - inizio, ma le parole mi muoiono in gola e due lacrime mi scendono silenziose sulle guance.
- Jade... - ripete ancora, con un filo di voce, come se facesse fatica a parlare: - Lo sai che non mi piace vederti piangere.
- E cosa dovrei fare?!? – rispondo con un moto di rabbia e la voce tuttavia già impastata dalle lacrime: - Vattene se non ti piace lo spettacolo.
Lui scuote la testa: - Mi sono espresso male. Odio vederti piangere. Mi fai star male, se piangi. – calca il tono sulla parola “odio” ed io rimango a bocca aperta.
- Oh.- è tutto ciò che riesco a mormorare. La solita stupida.
- Già, “oh”. E adesso fatti abbracciare, scema.
Si sporge verso di me ed io mi lascio docilmente circondare dalle sue braccia. Poi riprende:
- Sai che non è vero che loro non ti vogliono. Certo, dopo un po’ anche un santo si romperebbe di essere trattato come li tratti tu. Ma sei sempre e comunque tu a rompere con loro.
Scuoto la testa appoggiata alla sua spalla, tentando di fermare le lacrime:
- Perché è tutto inutile. Non sarò mai giusta per loro.
- Ma tu sei perfetta.
- Certo. – faccio io sarcastica.
- Beh, non perfetta, forse...- ammette sorridendo.

Dopo qualche minuto, ho avuto il tempo di calmarmi e di ricominciare a pensare normalmente. Sto ancora parlando con Rob di me e ovviamente, indirettamente, stiamo parlando anche di lui.
- Il problema è... che sei convinta di non essere speciale. – mi dice sovrappensiero, passeggiando avanti e indietro per il salotto, con una mano appoggiata sotto il mento, in segno di profonda riflessione.
Mi viene da sorridere a vederlo così, ma mi sforzo di rispondere con un tono neutro: - Questo perché non lo sono. Non sono niente di speciale, punto.
Mi guarda con gli occhi sbarrati. Forse perché non è d’accordo, più probabilmente perché i miei pensieri riflettono perfettamente i suoi su di lui.
- Possibile che nessuno te l’abbia mai fatto notare?
- Mmh?
- Nessuno ti ha mai detto...? – mi chiede ancora, realmente sorpreso.
- Ma di che... diamine stai parlando? Faccio fatica a seguirti, oggi. Sei più schizzato del solito. E parli come un principino.
- Sei decisamente... decisamente... - inizia senza guardarmi - ... stupenda, cazzo.
sputa fuori come se quella frase fosse veleno. Poi, aggiunge: - E se non te l'hanno mai detto sono tutti dei coglioni.
Bene, addio principino.
E addio me. Sento le gambe cedere e cadrei a peso morto sul divano, se non vi fossi già seduta.
Allora, volto lo sguardo verso di lui... solo per vederlo uscire dalla stanza in fretta, quasi come se fosse... arrabbiato.
Me l’ha quasi urlato come un insulto, mentre io pensavo che fosse la cosa più bella che mi abbia mai detto.
Lui pensava che io fossi stupenda. Lui mi trovava s...
Ok, basta. Non devo ricascarci di nuovo. Lui sa confondermi come pochi. Come nessuno, a dire la verità. Ma non è questo che voglio. E poi… non so cosa voglio.

Esco anch’io dalla stanza e dopo aver sbirciato attraverso un paio di porte, lo trovo in camera, seduto sul letto intento a giocare con un videogame. Come un ragazzino.
- Ma che cazzo ti prende? – esordisco non proprio finemente. D’altra parte, sono piuttosto scossa, anche se avevo deciso di non esserlo.
Ma il suo comportamento non è giusto. Non è giusto nei miei confronti.
Mi guarda annoiato: - Non so.
I suoi occhi spaventati però mi raccontano un’altra storia.
Mi siedo pazientemente di fianco a lui che mi guarda male di sbieco, continuando a giocare.
- Stiamo litigando? – gli chiedo confusa.
- No. Credo di no. Non volevo litigare.
- Bene, ma allora cosa...?
Mette giù il joypad e si passa una mano tra i capelli, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
- Non lo so, ok? Non... – finalmente mi guarda e sospira: - Non vorrei che tu pensassi di non piacermi.
Sono sinceramente sorpresa e non ho idea di cosa pensare: - Ed è... importante che io sappia di... che io ti piaccia?
Fa un mezzo sorriso: - Io vorrei piacere a tutti. E a volte vorrei non piacere a nessuno.
Alza su di me uno sguardo pulito: - Ma a te vorrei piacere, sempre.
Arrossisco un po’, ma riesco a dire: - Sai che questo non ha alcun senso, vero?
Distoglie ancora lo sguardo: - Tu mi piaci. Voglio essere sicuro che... che tu lo sappia.
- Perché? – chiedo ancora con semplicità. Ma è tutto quello che voglio sapere, da sempre.
- Perché non voglio che tu pensi che sia questo il motivo per cui le cose non si sono mai... evolute, tra noi.
- Guarda che le cose si sono molto evolute, tra noi.
- Non hai capito. – fa scuotendo la testa: - ... io parlavo di...
- ...di sesso. Sì che ho capito.
- Bene, era questo che ti volevo dire. Ed è questo che mi hai strappato di bocca.
- Io non ti ho proprio strappato niente.- ribatto piccata. Non ci sto davvero capendo niente. E le sue confessioni mi confondono ancora di più. Per non parlare del suo profumo.
- Beh. Comunque sappi che tu mi... – si passa una mano nei capelli, come se la risposta si trovasse in quel groviglio spettinato: - ...ecco, mi piaceresti... in quel senso.
- ...ma...? - gli chiedo di getto, pentendomene immediatamente.
Lui sorride e mi sembra che rifletta per qualche secondo di troppo:
- ...ma... – inizia avvicinandosi pericolosamente, mentre il respiro mi si mozza in gola: - ...poi mi rendo conto che sei scema.
Mi guarda di lato, sorridendo divertito. Per tutta risposta gli arriva un cuscino in faccia: - Sei solo uno str...! – gli urlo in faccia ridendo, ma non riesco neanche a finire la frase, perché lui mi butta sul letto e cerca di immobilizzarmi, mettendomi un altro cuscino sulla faccia.
Poi, dal nulla, lo sposta un po’ dal mio viso e mi dà un bacio veloce sulle labbra, quindi si rialza ed esce dalla camera, come se niente fosse.

...onzo.

Rob







N.D. Summer
Scusatemi, voi che seguite, per il ritardo e per la qualità di questo aggiornamento...
E' un periodo un po' così, di blocco non solo nello scrivere ma anche dal punto di vista emotivo... Anche per questo, oltre che per problemi tecnici e di tempo, mi sa che non aggiornerò più per un po'... E mi sa che per Jade e Rob sarà meglio così, almeno per ora...! Comunque non li abbandonerò, ho già scritto il finale e buttato giù ciò che accade nel mezzo, niente paura ;)
Grazie a whitevelyn (sentire la parola "mortale" dalla bocca di Rob credo che per me sarebbe... mortale. Certe parole hanno uno strano potere su di me o.O), uley (in questo capitolo lui si è sbilanciato ancora e non poco! Anche se ha fatto discorsi astrusi... Comunque sarebbe carino fare un angolo "Scrivi a Jade" dove potreste insultarla in ogni modo... ci farò un pensierino! :P) e _Miss_ (cavolo, a furia di colpi al cuore però qui si finisce male! Niente da fare, sono crudele... :P)... eeeeeeeeeeeee anche a tutte le altre che leggono... se volete sfruttate lo spazio dei commenti come uno spazio per "La posta di Jade", eh! Ahahahahahahahha :P

Summer Rain's Story

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Capitolo 18
*** 18. Sorpresa di compleanno ***


18. Sorpresa di compleanno

Quella notte, una delle tante notti passate da sola, sognai di lui. Forse perché il giorno successivo sarebbe stato il suo compleanno, forse perché la sua presenza nella mia vita e nella mia mente era ormai diventata troppo ingombrante per essere ignorata dal mio inconscio. Sognai una collinetta erbosa, con sopra un albero dalla chioma quasi perfettamente rotonda piena di piccoli fiori bianchissimi. Lui, Rob, era lì sotto; quando arrivai mi sorrise ed i suoi occhi girati verso di me si confusero con il cielo perfettamente azzurro dietro di lui. Indossava una camicia bianca che splendeva come se emanasse luce, sotto quella coltre di fiori candidi. Per quanto mi sforzassi e socchiudessi gli occhi per via del bagliore, nel cielo non trovai traccia del sole. Solo una distesa splendente di azzurro ci circondava, non riuscivo a vedere nient’altro. Poi, lui mi prese delicatamente per mano ed il suo tocco era freddo, gelido quasi, eppure tenero, angelico. Quando subito dopo mi sfiorò una guancia con la mano, guardandomi intensamente, fu troppo anche per il mio cervello addormentato.

Mi svegliai all’improvviso, con una strana sensazione allo stomaco. Mi girai dall’altro lato del letto con gli occhi ancora socchiusi, appoggiando la mano sul cuscino accanto al mio, per ritrovare un po’ della sensazione di fresco di poco prima; invece, lo trovai caldo. Un ciuffo di capelli mi ricadde davanti agli occhi quando tentai di alzare la testa per capirci qualcosa e quando lo scostai con un grugnito per poco non mi misi ad urlare. Davanti a me, all’altezza dei  miei occhi, stavano un paio di gambe coperte da un paio di pantaloni di cotone blu. Attaccato a quelle gambe, in piedi davanti al mio letto, c’era il resto del corpo di Robert, gli occhi sorridenti e luminosi. E attaccato alle sue mani c’era un vassoio, pieno di chissà cosa che da quella posizione non arrivavo a vedere. Si sedette sul letto ridacchiando:
- Ti ho spaventata, Jade? Buongiorno.
Borbottai: - ‘fanculo.
Doveva essersi svegliato da poco anche lui, perché la sua voce era ancora più roca e strascicata del solito. Lo guardai di traverso, coprendomi metà faccia col mio cuscino e cercando di nascondere quella stupida voglia di sorridere che mi era venuta.
- Hai proprio bisogno di ridarmi quelle cazzo di chiavi. - sbiascicai con la bocca ancora schiacciata sul cuscino.
Per tutta risposta lui mi scompigliò i capelli. Evidentemente i suoi erano già abbastanza sconvolti, quindi se la prendeva con me. Cercai di non pensare a quanto dovessi essere orribile (la sera prima non mi ero nemmeno struccata e dovevo avere mascara sparso per tutto il viso), ma poi sentii profumo di caffè e non ebbi più bisogno di convincermi.
Sul vassoio che intanto Rob aveva appoggiato sulle lenzuola c’erano due tazzine piene del liquido nero che emanava quell’aroma, due bicchieri con dentro del succo arancione ed un sacchettino di carta bianca. C’era anche un vasetto trasparente di quelli per la marmellata con dentro dei fiori secchi che chiaramente provenivano dalla ciotola di pout pourry che tenevo sul tavolo in salotto.

- Cosa ti aspettavi? – mi chiese lui vedendo il mio sguardo perplesso – Anche una rosa fresca, magari?
Poi, però, mi sorrise divertito. E completamente fuori di testa.
Bevvi in un sorso il mio caffè tirandomi su a sedere, mentre lui lo sorseggiava lentamente.
- Non mi aspettavo neanche te, veramente. – gli dissi piano – E... auguri, comunque.
- Grazie. – sorrise e senza troppe cerimonie aprì il sacchettino bianco, estraendone un croissant per poi offrirmelo. Mentre iniziavo a sgranocchiarlo pigramente, ne tirò fuori un altro e fece per staccarne un pezzo con le dita, osservandolo intensamente. Poi però, lo appoggiò sul vassoio e percorse con lo sguardo le lenzuola. Dopo qualche secondo interruppi la sua riflessione:
- È il tuo compleanno... cosa ci fai qui? - mi resi conto di come poteva essere interpretata quella frase e feci immediatamente dietro-front: - Cioè... perché porti la colazione a letto a ME?
Lui fece spallucce e rialzò su di me uno sguardo limpido e vagamente triste:
- Non sono riuscito a pensare a nessun altro a cui avrei potuto portarla.
Sorrisi sarcastica: - O a nessun altro scemo che ti abbia lasciato le chiavi di casa sua.
Lui però mi restituì solo un sorrisino tirato e tornò a fissare le lenzuola, tormentandole con le dita. Mi venne una voglia indescrivibile di abbracciarlo. E poi sorrise di nuovo, stavolta sincero:
- Cosa stavi sognando?
Oh.
Te.

- Avevi un’espressione beata...
- Mi hai guardato dormire?!?
- Non riuscivo a riprendere sonno.
- Ok, questa è una cosa davvero... “creepy”. Promettimi che non lo rifarai, o giuro che inizio a chiamarti Edward.
- Ma dai, eri così carina.
- Non ti ho sentito promettere, Edward.
Sorrise continuando ad ignorarmi: - Cosa sognavi?
Te.
- Ad un certo punto mi hai anche preso la mano e ti sei avvicinata a me.
Te.
- Sei stata un po’ di tempo così, poi però ti sei girata dall’altra parte, dandomi elegantemente la schiena. O, per meglio dire, il c...
- Edward!
La sua risata finalmente spazzò via quell’aria malinconica che aveva poco prima.
- Vabbè, non voglio più sapere cosa stavi sognando.
Te.
Te. Te. Te. Te. Te.
- Non mi ricordo neanche. A proposito, quando sei arrivato?
- Stanotte verso le 4. Ho preso l’aereo da L.A.
- Mi ero appena addormentata, allora.
- Fatto baldoria ieri sera, eh? – disse e mi sembrò leggermente infastidito, ma probabilmente era un’impressione dovuta allo shock di trovarmelo lì inaspettatamente. E poi avevo passato la serata precedente a pensare a lui e a bere per smettere di pensare a lui, quindi decisamente non c'era motivo di infastidirsi. Ma questo lui non l'avrebbe mai saputo.
- Quando riparti?
- Presto. Mi hanno preparato una festa sabato.
- Oh. Chi?
- I miei, Kellan, Ashley, Taylor, Kristen...
Alzai un sopracciglio. Conoscendolo, la festa l’aveva organizzata (o perlomeno decisa) proprio lei, Kristen.
- Vieni?
- Scusa?
- Alla festa. Vieni?
Sorrisi sarcastica: - Alla festa con i tuoi, “Kellan, Ashley e Taylor”?!?
Omisi volontariamente Lei.
Lui sembrò non farci caso ed annuì incoraggiante: - Certo.
- Ah. Beh, grazie per l’invito ma... no.
- Come, “No”...?
Dal tono con cui lo disse sembrava che nessuno gli avesse mai detto di no in vita sua. Non dubitai che fosse davvero così.
- Cosa c’entrerei con tutti voi???
- Non vedo quale sia il problema.
- Non conoscerei nessuno.
- Conosceresti me.
Te. Maledetto, testardo, te.
- Non credo che riusciresti a dedicarmi molto tempo. – lo guardai da sotto in su e mi sembrò deluso.
- Eddai, Jade.
Mi stava pregando? Perché insisteva così?
- Ti prego.
Mi stava pregando.
- Non capisco perché ci tieni così tanto!
Sorrise malizioso: - Perché ti ho già comprato il vestito.
Tra tutte le cose che pensai in quel momento, una sola raggiunse le corde vocali: - Come sapevi la taglia???
Lui, per tutta risposta, squadrò per un secondo di troppo la maglia sdrucita ed extralarge di Snoopy che portavo per dormire, facendomi arrossire istantaneamente.
- Scommetto che è perfetto. – rispose poi semplicemente, alzandosi e dirigendosi in cucina.

 

N.D.Summer

Beh, era un po' che non postavo. A dire il vero non sono più molto in vena per questa storia... Non so perchè. Comunque la continuerò, se non altro perchè è praticamente quasi tutta già scritta, devo solo mettere a posto un po' i capitoli e scrivere qualche pezzo che ho lasciato indietro, ma il grosso è fatto.
Boh, di solito mi capita quando un ff finisce di non sentirla più MIA; con questa è capitato prima, forse perchè ci ho messo troppo a scriverla e forse anche perchè la fine l'ho già scritta, quindi nella mia mente è già finita. In ogni caso.
In questo capitolo Rob compie gli anni e non ha niente di meglio da fare che "disturbare" Jade. Tutto come al solito, insomma, tranne il fatto che lui la invita alla sua festa di compleanno e per ovvi motivi Jade tentenna e non sa se andarci, è vero... Ma potete immaginare come finirà: chi ha il coraggio di dire di no a Rob?!?
Baci, a presto... davvero :P

Grazie a whitevelyn (come vedi ho ripreso in mano la storia... e la finirò!), _Miss_ (sono due taralli?!? Bellissima espressione, ahahha!), uley (eeeeh, io lo vedo, voi che leggete lo vedete... lei no! Povera Jadina, la sto facendo proprio idiota :P), Lilith De Lioncourt (no, ehm, Jade non ha un nome :P Non so perchè, non mi va che ne abbia uno suo, ma solo uno DI Rob!)...

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Capitolo 19
*** 19. Everyone belongs somewhere ***


19. Everyone belongs somewhere

- Tu lo sai cosa vuol dire non avere un posto nel mondo?

Nella mia mente, il frangente in cui Rob mi fece questa domanda non ha un luogo né un momento precisi, ma ha i suoi occhi spalancati per la curiosità e avidi di capire.

Sorrido di quel suo modo di porre domande profonde nei momenti più strani e più normali: - Mi è sempre sembrata una frase fatta. – gli rispondo – Un cliché per i falsi disadattati modaioli.
Cerco di sviarlo, portando il discorso su un livello oggettivo.
Lui però alza gli occhi su di me, serio: - Io credo che tu sappia cosa vuol dire.

- Forse... - gli rispondo facendo spallucce. Non voglio ancora dargli soddisfazione, non subito. Perché lui capisce sempre così tante cose di me e non se ne chiede mai il motivo.
- Credo che tu lo sappia... - abbassa gli occhi e sorride al pavimento - ...come me. Sai, non è questione di essere continuamente in giro per il mondo, di svegliarti e di non sapere dove sei, di non avere più una casa dove passi la maggiorparte del tuo tempo...
La sua frase non ha una fine, così lui tace per un po’, mentre inizia a torturare i lacci che pendono dal cappuccio della sua felpa con le mani.
- Adoravo Marissa Cooper. – inizio io dopo un po’ – Sai, quella di Orange County.
Mi guarda divertito e sorpreso: - Come siamo finiti a parlare di O.C.?
Non gli rispondo e continuo per la mia strada: - La adoravo. E ho adorato una frase che ha pronunciato in una puntata... Un ragazzo le diceva “Everybody belongs somewhere!” e lei rispondeva solo “Maybe not everyone. Maybe some people just get lost.” –
- Mh. E perchè ti piace? – chiede lui lentamente, come se sapesse già la risposta.
- Perché io penso... io so, di essere così. Posso solo perdermi. Non c’è un posto, per quanto possa cercarlo, che mi faccia sentire... a casa. A mio agio. E se mi facessi visitare da uno psicologo probabilmente mi direbbe che il mio continuo arrossire, balbettare, parlare da sola, essere in ansia per un nonnulla, arrovellarmi il cervello per ogni minima cosa, torturarmi le labbra con i denti fino a farle sanguinare, non riuscire a guardare la maggior parte delle persone negli occhi quando mi parlano... beh, mi direbbe che sono tutti sintomi di questo. Del mio non appartenere a nessun “posto”.
Dopo questa mia filippica inconcludente e contorta, lui mi guarda e mi dice solo: - Lo so.
- Lo sai?
Sorride, di quel suo sorriso che rivela, a chi lo osserva attentamente, che è vero che non ha un posto qui in terra: perché il suo posto in realtà è un po’ più su.
- Io mi passo la mano tra i capelli.
Sorrido pensando a quel gesto che mi è diventato così familiare.
- E abbasso lo sguardo e inciampo. – continua - Impreco decisamente troppo, fumo, bevo. Tutto questo per nascondere... quello.
Mi accorgo di aver tenuto per tutto il tempo in cui abbiamo parlato le mani strette a pugno e quando le riapro stupita di quel gesto involontario noto al centro del palmo quattro piccole ferite a forma di mezzaluna, da cui escono minuscole gocce di sangue. Rob segue il mio sguardo attonito e vede le mie mani: - Jade... - inizia a dire preoccupato, ma io comincio a parlare a raffica:
- Non mi ero accorta, non sono più abituata ad avere delle unghie, di solito me le mangiavo, ma adesso forse dovrei andare a disinfettar...
Mi alzo mentre parlo, forse per andare in bagno o chissà dove, forse non lo so neanche io. Rob però si alza, mi si mette davanti e... mi abbraccia.
Dopo qualche secondo, senza smettere di stringermi, mi dice con la voce stranamente rotta:
- Almeno siamo in due ad esserci persi.
E tutto quello che riesco a pensare, immersa fino all’anima nel suo profumo, è: mi sa che invece io mi sono ritrovata, Rob.

Questo è quello che successe, quella volta. Ma oggi credo che molto sia cambiato. Sono in gelateria con Stella, la mia migliore amica e non faccio che pensare a lui. Dovrei pensare seriamente se andare a quella maledetta festa di compleanno di sabato ed invece sto qui a fantasticare su di lui, senza dare retta a Stella.
Sono proprio senza speranza...
- Jade?

N.D.Summer

C'è un seguito a questo capitolo, che ho suddiviso in due perchè da una parte (questa) ci sono i pensieri di Jade, che nonostante sia in gelateria con la sua amica Stella, non fa altro che pensare a Rob e si perde in questi ricordi stupidi e senza senso; dall'altra (la prossima) vedremo la cosa... da un altro punto di vista. Non dico nient'altro, comunque penso di postare abbastanza presto! E presto arriverà anche la festa di Rob... non disperate se mi perdo in inutili parentesi che non fanno progredire la storia, sopportatemi ancora un po'!
Non dico niente di O.C., Marissa Cooper o Mischa Barton perchè vi voglio risparmiare... Sappiate solo che ho adorato al limite dell'idolatria la Mischa Barton dei bei tempi andati (quando era la ragazza più bella del mondo)... e chiudo qui. :P

_Miss_ :
Ehiii, ciao! Sisi, sono tornata... e con me le mie storielle :P
Comunque sì, ho praticamente tutti i capitoli scritti (uhm, scritti? Diciamo che sono appunti a cui devo dare un minimo di coerenza...)... tutti tranne... quello della festa! So già come andrà, ma non ho ancora avuto il tempo (o la testa) per mettermici d'impegno!
SweetCherry:
Lui è tenerissimooooo... un po' troppo tenero? Mah, ce lo vedo però che fa questi gesti così dolci senza dargli troppo peso: così, perchè gli va. Grazie per i complimenti *-*
uley:
ahahha, io apro sempre gli occhi con circospezione quando mi sveglio, perchè se mi trovassi lui davanti penso che rimarrei svenuta per almeno una giornata buona! Uhm, adesso che mi ci fai pensare... non sarebbe carina una bella rissa tra Kristen e Jade?!? Ehe, no dai, sono ragazze carine e pacifiche, loro... o almeno credo. :P
whitevelyn:
ma no dai, non dire così che arrossisco! come vedi: un altro capitolo di "nulla"!!! Però tra poco dovrò iniziare a metterci anche un po' d'azione, che sennò qui questi due arrivano alla pensione che ancora non hanno combinato niente... ;)

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Capitolo 20
*** 20. Stella ***



How far can we go before we break?
How long can I wait?
How strong do you think I am?
How much can I take of this?
Am I a rock, or a rose, or a fist?
Or the breath at the end of a kiss?
How deep do you want to go, because I'll go there if I can
You make it harder than it has to be
How strong,
How strong do you think I am?


It's so hard to tell
What's in your heart,
What you keep to yourself
Is tearing me apart...
And should I be afraid,
To dream about you?
And if you feel the same
What you going to do?

If I move in any closer
If you let go and give yourself away
and if we let this happen to us
Everything will change

Era da mezz'ora che la chiamavo senza ottenere risposta. Il suo frappé al cioccolato era praticamente intatto e ai piedi del bicchiere di vetro si era formata una pozza d'acqua che poco prima era cristallizzata sul vetro in una patina fresca. Del mio, non rimanevano che poche gocce di liquido rosa al sapore di fragola sul fondo del bicchiere. Da qualche minuto, lei stava appoggiata con il mento su una mano e guardava fuori dall'ampia vetrata del locale in cui eravamo entrate per prendere qualcosa di rinfrescante durante quella giornata di shopping. Fissava la strada fuori dal bar, ma si vedeva benissimo che non la vedeva: la tradiva il suo sguardo perso e sognante, oltre al fatto che non rispondeva ai miei richiami sonori e visivi. D'altra parte, pensai sorridendo tra me e me, forse non era con il suo nome che voleva essere chiamata, in quel momento.
- Jade? - dissi quasi timorosa del risultato che avrei ottenuto. Neanche a dirlo, lei si girò finalmente verso di me con due occhioni spalancati come se avessi detto chissà quale eresia.
- Cos'hai detto? - domandò come se si fosse appena svegliata da un sogno bellissimo. Per piombare in un incubo. E, naturalmente, io ero la colpevole del suo brusco risveglio.
- Veramente è mezz'ora che ti chiamo. – feci, sviando abilmente la sua domanda.
- Uhm. - rispose lei non troppo convinta, strizzando gli occhi - È mezz'ora che mi chiami... come?
- Come... come?!? - non sarei riuscita ad evitare l'argomento ancora per molto, ma cercavo di farlo perché temevo che, arrivate al punto, lei se la sarebbe presa. Il "loro" rapporto era una questione delicata, non sapevo mai se se ne potesse parlare, se a lei dispiacesse farlo... ma in questo caso era necessario. I suoi occhi mi scrutarono indagatori:
- Come, Stella, come. Come mi hai chiamato. Con che nome. – disse risoluta.

- Oh. Con il tuo.
In fondo mi stavo anche divertendo a prenderla un po' in giro così. Lei era così ostinata... ma alla fine era evidente che ci fosse qualcosa sotto. Non a caso si era scossa dalla sua apatia solo quando l'avevo chiamata con il nome con cui la chiama sempre "lui". Data la delicatezza dell'argomento, però, sarei dovuta arrivarci per gradi, o addirittura fare in modo che ci arrivasse lei.
- Ste, mi stai prendendo per il culo?
Forse non era esattamente la tattica migliore.
- Ma se lo sai già, perché mi fai tutte queste domande?!? - dissi mettendomi sulla difensiva, ma lei scosse la testa:
- Non lo so come mi hai chiamata, ma se volessi gentilmente dirmelo te ne sarei eternamente grata.
- Ora sei tu che mi stai prendendo per il culo. Tutti quegli avverbi, non ci siamo. - dissi con un sorrisino. Poi, vedendola sbuffare ed abbandonarsi con la testa sul tavolino in segno di disperazione, aggiunsi inaspettatamente: - Jade. Ti ho chiamata Jade.
Lei rialzò la testa piano e mi guardò come se fosse stata sul punto di piangere: - Davvero? - chiese con una vocina flebile che mi fece tremare. Riuscii solo ad annuire e ad aggiungere: - Solo l'ultima volta però, quando ti sei girata.
I suoi occhi se possibile si spalancarono ancora di più, tanto che mi sembrava di vederci dentro il flusso dei suoi pensieri che partiva dalla mia constatazione e risaliva attraverso altri collegamenti fino alla conclusione logic...
- Vabbè, mi ero un attimo distratta. Dicevi? – disse con aria innocente e serena.
Questa volta fui io a spalancare gli occhi: c'era arrivata alla conclusione, vero? Doveva esserci arrivata. O forse aveva avuto un blocco mentale prima di giungere proprio all'ultimo pensiero, quello che le avrebbe finalmente mostrato la verità che tanto tenacemente tentava di nascondere.
- Non ti eri distratta. Dimmi a cosa pensavi. - le dissi risoluta, decisa a non darle via di scampo. Non stavolta. Non poteva continuare a fuggire dall'evidenza.
- A niente.
- E allora perché sei arrossita?
- Non sono arrossita.
- Sì invece.
- Forse perché mi stai mettendo in imbarazzo facendomi domande stupide.
- Forse perché non vuoi che io sappia che pensavi a Robert.
Vidi chiaramente il cuore sobbalzare nel suo petto alle mie parole. E tanti saluti alla tattica e alla cautela.
- Io... non... io... - sospirò, sforzandosi di riordinare le parole - Non stavo pensando a... lui.
- Senti... - ripresi con dolcezza -... non è che io ti voglia far star male. E' solo che... tu lo sai ed io lo so. Perché dobbiamo continuare a fare finta di niente?
Sospirò di nuovo guardando fuori dalla vetrata: - Io non so proprio niente.
- E invece lo sai.
- Anche se fosse...- riprese guardandomi dura - ... che senso ha? Dai, sai benissimo che... non... Lui non... Lo sai.
- Veramente non lo so. E non lo sai neanche tu.
Prese un respiro per riuscire a buttare fuori quello che disse: - Lui non mi vuole.
Feci per aprire bocca ma lei continuò: - Non in quel senso, perlomeno. Mi vuole come amica, ma niente di più.
- Un'amica che è diventata l'unica persona con cui lui vuole passare il giorno del suo compleanno?- sbottai - Ad una “amica e basta” non si dicono cose come quelle che ti dice lui.
Vidi che le si riempivano gli occhi di lacrime e pensai che se avessi avuto una macchina del tempo probabilmente avrei cancellato tutte le cose che avevo appena detto. Ma non ce l'avevo, purtroppo e ormai il danno era fatto.
- Lo so... - disse con la voce che si rompeva ai bordi della frase - Lo so, cazzo. E lo sa anche lui. Ma... - mi guardò, come per implorarmi di capire - ... non lo fa apposta. Non lo fa perché mi vuole. Lo fa e basta. E non gli ho mai detto... - si fermò per respirare e per non permettere alle lacrime di scendere - ...non gli ho mai detto che mi uccide, ogni volta. Non so come dirgli che il fatto che ogni volta mi illuda e poi ritorni sui suoi passi mi fa stare male. Che questo su e giù mi sta facendo sprofondare sempre più. Che forse preferirei non vederlo mai più, piuttosto che stare ancora così. Ma che poi ho troppo bisogno di lui per resistere senza.
Fece una pausa ed io pensai di chiederle scusa. Non so perché, ma mi sembrava la cosa giusta da fare.
- Scusami. – dissi cercando il suo sguardo, ma lei mi sorrise, sinceramente divertita, tra le lacrime che silenziose scendevano senza il suo consenso:
- Come sarebbe a dire? Di cosa ti devo scusare?
- Di averti tirato fuori a forza tutto questo.
Scosse la testa facendo spallucce: - Magari parlarne mi fa bene, non so. Certo è che finché non ne parlo con lui non cambierà molto.
- Allora fallo. Dovresti farlo. – le suggerii sicura, aggiungendo poi: - Magari dopo quella maledetta festa di compleanno.
Non ero sicura che fosse una grande idea, me era di questo che aveva bisogno lei in quel momento: di qualcuno che sapesse cosa bisognava fare. Sperai solo di non aver toppato alla grande.

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Capitolo 21
*** 21. Tarzan e Wolverine ***


21. Tarzan e Wolverine


- Ok, mettiamo in chiaro una cosa. –
mi dice serio quando sono uscita dal bagno, dopo essermi messa dei vestiti comodi e essermi rinfrescata un po’. Lui potrà sembrare un principe anche dopo un volo di quelle che sono sembrate centinaia di ore, io ho bisogno di un piccolo restauro. Lo guardo confusa e lui riprende:

- Sono tuo amico, non sono gay.
Lo guardo divertita per questa uscita ma continuo a non capire: - Mmmh?
- Ti vuoi mettere un paio di pantaloni, diamine? – dice coprendosi gli occhi con la mano ed indicando con l’altra i miei shorts beige.
- Guarda che questi SONO pantaloni. – sbotto acida mettendomi esattamente in piedi davanti a lui che è seduto sul divano e cercando di spostargli la mano.
Ci riesco solo perché lui me lo permette e me lo permette solo per guardarmi storto:
- Li hai rubati ad una bambina di tre anni? Non ti coprono neanche... - costretto dalla posizione, involontariamente fa una carrellata sulle mie gambe e poi esclama distogliendo lo sguardo: - ... l’ombelico.
- Sei scemo? – lo riprendo io mettendo le mani sui fianchi senza però spostarmi da lì.
- No. Semplicemente, ripeto: non sono gay.
- Mh. E allora?
- Allora copriti.
- Ma se hai sempre insinuato che io non fossi una “che attira”.
- Ok, questo te lo sei proprio immaginato.
- Ma no. Come se ce ne fosse stato bisogno, me l’hai anche detto chiaramente, quella volta che...
- Mi sbagliavo, ok? – sbotta lui alzandosi di scatto dal divano e passandosi una mano tra i capelli, mentre vaga per la stanza evitando il mio sguardo. Poi, si ferma, un po’ più calmo, mi sorride ed esclama:
- Ti faccio un disegnino se vuoi. Io uomo, tu donna. Io Tarzan, tu...
- Jade. - completo sorridendo. Mi sto divertendo un mondo: - E comunque in questo momento mi sembri più... Cita.
- Mi stai dando dello scimmione?
- Sì, caro il mio troglodita. E poi fatti quella barba se non vuoi che ti dia della scimmia. Che sembri Wolverine.
- Wolv...! E tu mettiti i pantaloni.
Sbuffo, divertita dal suo tono infantile e risentito: - Ma scusa, tieni a bada gli ormoni, no? Non ti sbatti abbastanza attrici hollywoodiane?!?
Mi guarda di sbieco: - Ma chi pensi che sia? Non ho tutta questa vita sessuale che ti immagini sempre.
- Se lo dici tu.
- Trovati un ragazzo e fatti una vita sessuale tua a cui pensare, invece di pensare alla mia. E mettiti un paio di pantaloni.
Gli faccio una smorfia e poi non vede la mia espressione tramutarsi in uno sguardo perfido di sfida, perché gli ho dato le spalle per dirigermi in camera mia.

Poco dopo, rientro in salotto e ho sostituito quei pantaloncini che tanto lo turbavano. Con una gonna. Corta. Parecchio corta.
Lui è di nuovo seduto sul divano: lo vedo squadrarmi, deglutire, squadrarmi di nuovo e poi arrossire un po’.
Mi sto ancora capacitando di questo, quando dice con la solita finezza che lo contraddistingue:
- Mi prendi per il culo?
- Sì! – gli rispondo ridendo  di gusto.
- Jaaaaade... - fa lui, in un lamento che fatico a non trovare sexy. D’altra parte, si sa, la sua voce mi manda all’altro mondo, da sempre. Ma qui stiamo veramente camminando sul filo del rasoio. Il problema è: c’è anche lui sul filo con me, o sarò l’unica a cadere e a farmi male?!?
- Tu sai che dobbiamo stare in questo hotel praticamente insieme fino a domani, vero? – chiede stropicciandosi gli occhi, come esasperato.
- Sì, e allora?
- Vuoi che impazzisca?!? – chiede guardandomi finalmente negli occhi e stringendo forte il bracciolo del divano con le dita. Devo scoprire se cadremo insieme.
- Dai, Rob. Smettila di scherzare, ora.
Si alza piano dal divano e mi si avvicina pericolosamente:
- Non. Sto. Scherzando. – dice serio con la voce bassa e roca da morire. I suoi occhi mi fissano tempestosi da due piccole fessure.
- Mi hai detto un sacco di volte che non ispiro in “quel” senso... - faccio io quasi impaurita.
- Mai detta una cazzata simile.
- Ok. – ammetto cercando di alleggerire l’atmosfera e dando al mio cervello ogni via di fuga che trova:
- Me l’hai fatto capire, allora.
Sospira e si avvicina ancora di più: - Vorrei che tu capissi adesso una cosa. – dice minaccioso, gli occhi ormai in fiamme. Io indietreggio ed arrivo fino ad appoggiarmi contro una delle pareti, mentre lui continua a seguirmi fino ad essere vicinissimo a me. Non mi lascia via di fuga. Comunque, non è che la voglia.
Mi prende le mani e me le tiene ferme, alzate vicino alla testa. Poi, mi guarda negli occhi, feroce. Il mio sguardo, all’inizio allarmato, non può fare altro che perdersi in quel fuoco.
- Ora lo vedi? – mi chiede con la voce roca e quasi spezzata dai respiri: - Ora capisci quanto poco mi ispiri?
Piano piano sembra placarsi al ritmo dei nostri respiri affannati. Nessuno dei due riesce a distogliere lo sguardo, nessuno dei due riesce a muoversi per un po’. Poi, lui mi lascia andare le mani bruscamente e si allontana in fretta. Si gira per guardarmi ancora una volta; poi, con una specie di ringhio, prende una felpa dall’attaccapanni ed esce dalla porta. Appena si richiude la porta alle spalle, mi lascio scivolare fino al pavimento, confusa e sconcertata al limite delle mie possibilità.
Lui mi vuole.
È questo tutto quello che riesco a pensare. Il pensiero più inutile del mondo, se lui non è qui.




Ricordo che il resto di quel pomeriggio passò così: io nella mia camera d’hotel e lui nella sua. Camere confinanti, sarebbe bastato aprire quella sottile porta che le separava per ritrovarsi l'uno davanti all'altra. Ma questo, ovviamento, non successe. Non un segnale di vita da parte sua e nessuna voglia di parlare o di chiarire da parte mia. Insomma, era solo il solito giochetto, prima o poi sarebbe tornato tutto come prima ed io sarei rimasta fregata per essermi fatta prendere troppo dal momento.
Eravamo già d’accordo che sarebbe passato dalla mia camera verso le nove, per andare alla sua festa insieme, quindi, visto che non avevo molto da fare decisi di iniziare a prepararmi con largo anticipo. Sapevo che lui non avrebbe mancato quell'appuntamento, si era dato troppo da fare per lasciare che un piccolo diverbio mandasse tutto all'aria. Aveva insistito troppo per avermi al suo fianco quella sera.
Robert aveva fatto recapitare il vestito che aveva scelto per me direttamente nella mia camera. La scatola era piuttosto grande e aveva l’aria costosa. Ovviamente.
L’avevo lasciata chiusa e non l’avevo spostata dal tavolino su cui era stata appoggiata. Mi avvicinai con cautela, quasi come se fosse stata una bomba. Forse avevo solo paura di scoprire che lui mi conosceva davvero troppo bene.
Sollevai il coperchio con circospezione e spostai vari strati di carta leggera: quello che vidi mi lasciò senza fiato. Come avevo immaginato.
Rob non scherzava.
Quel vestito... era perfetto.
Era fatto di una strana stoffa leggera e vaporosa come tulle e di un colore che non avevo mai visto prima, a metà tra il verde e l’azzurro. La gonna ampia non era troppo corta né troppo lunga ed il bustino era stretto, era morbidamente stretto in vita da una fascia nera e terminava con una sola spallina dal lato destro, mentre la spalla sinistra rimaneva scoperta. In un angolo della scatola c’erano altre scatole più piccole: una conteneva un paio di scarpe nere con un tacco quasi vertiginoso e l’altra un paio di lunghi orecchini argentati e un semplice girocollo abbinato.
Probabilmente si era fatto consigliare, ma dovetti ammettere sorridendo tra me e me che Rob aveva gusto. E che, soprattutto, mi conosceva bene.

Quando andai ad aprire la porta alle nove e cinque minuti, dopo che qualcuno aveva bussato, avevo appena finito di truccarmi. Rob alzò gli occhi proprio mentre uscivo e rimase un attimo ad osservarmi, incerto se dire qualcosa. Aveva una strana espressione colpevole che mi faceva sentire in imbarazzo, ma mi dissi che non ci dovevo fare caso. Gli sorrisi impacciata e lui per tutta risposta mi offrì il suo braccio in modo ancora più impacciato. Mentre compieva questo gesto lo vidi osservare con un sorriso trattenuto il bracciale che avevo scelto di mettere per quella serata: certo, forse quel sottile laccio di pelle nera ricoperto da piccole borchie non faceva pendant con l’abito, ma si adattava benissimo a me, così poco abituata ad essere elegante che avevo bisogno di qualcosa che mi riportasse con i piedi per terra. Qualcosa di mio.
Purtroppo, non appena lo vidi, mi resi conto che in realtà era Rob l’unica cosa che, attaccata al mio braccio, mi avrebbe fatta sentire a mio agio e non uno stupido braccialetto.
Scendemmo nella hall con l’ascensore, chiamammo un taxi e ci dirigemmo verso il luogo dove avrebbe dovuto svolgersi la festa... sempre in silenzio. Un silenzio pesante, inusuale tra noi che non facevamo altro che parlare, anche magari solo per insultarci.
Pensavo che non ci fosse limite al peggio, invece non avevo calcolato il fatto che stavo andando ad una festa dove tutti sarebbero stati vip, tranne me.







N.D.Summer

Ok, prometto che presto arriveremo alla dannatissima festa. Ma non è meglio se non prometto più niente, che ogni volta che lo faccio poi non mantengo?!?
E' già un miracolo che io abbia postato oggi. :P Tra l'altro un pezzo al presente ed uno al passato... beh, c'è un motivo in ogni caso. Sono comunque pensieri al vento di quella pazza di Jade! Infatti questo capitolo è piuttosto schizofrenico: parte con loro che si insultano, passa alle solite schermaglie amorose-ma-forse-no e finisce con un enorme punto di domanda circondato da tanti cuoricini (disegnati da Jade ovviamente, abbagliata (anche) dal vestito).
Il fatto che Rob sembri Wolverine quando si fa crescere un po' di barba è liberamente tratto dal mio cervello in fermento... la schizofrenia del capitolo anche. Il vestito di cui parlo l'ho visto davvero, forse sul web o forse no ma comunque non saprei ritrovarlo, e l'ho modificato un po' a mio piacimento.

In ogni caso, ringrazio quei due tesori che nonostante tutto (deliri e ritardi abissali) continuano a seguirmi e a commentarmi... e grazie anche a chi mi segue soltanto!

_Miss_ , sì era Stella, hai capito bene! So che ti aspettavi Rob e in effetti sarebbe carino vedere per una volta cosa pensa lui... Però io la sua mente me la immagino troppo ingarbugliata per potermi mettere nei suoi panni... chissà perchè! Oddio, non che io non abbia una mente abbastanza ingarbugliata, anzi! Sono contenta che tu abbia letto la schifezzina su OTH e sono ancora più contenta che ci sia qualcun altro a cui piace Nathanuccio!!!

white, wow, mi spaventa un po' questo conoscere la tua vita... senza in realtà conoscerla. Però in fondo c'era qualcuno che diceva che la scrittura è terapia, chissà che non lo sia anche la semplice lettura...? :)

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Capitolo 22
*** 22. Finally, the party ***


22. Finally, the Party


Lui non lo sa, ma io la mia decisione l’ho presa. Ieri con Stella; oggi pomeriggio con lui; stasera senza di lui. In ogni caso, ho deciso. Ho già deciso cosa succederà dopo questa festa, ma non ho intenzione di dirlo a Robert finché non sarà finita. Allora, poi, farò la mia scelta e ne subirò le conseguenze.


Stavolta non entriamo mano nella mano nell’enorme salone illuminato a giorno da mille candele e lampadari e lampade posizionate ovunque. La luce accecante e bianca è accentuata dalle pareti candide che la riflettono e da troppi teli di stoffa bianca e leggera drappeggiati sulle pareti. Il pavimento è grigio chiaro, fatto di un materiale che è quasi uno specchio, perfettamente liscio e brillante. Appena oltrepassiamo la porta a vetri dell’ingresso, io e Rob ci blocchiamo contemporaneamente. Per quanto riguarda me, non so se essere più abbagliata, intimidita o ammirata. Mi giro verso di lui e riconosco le stesse sensazioni nel suo sguardo perso nel vuoto, perché un solo sguardo non può contenere tutta quella luce, tutto quello sfarzo. Soprattutto, non lo sguardo di Rob e nemmeno il mio.
Mi guarda, con uno sguardo confuso che mi fa venire voglia di abbracciarlo e gli sorrido per rassicurarlo. Mi sorride a sua volta e stiamo per avviarci verso il centro dell’immenso salone, quando la vedo.
Lei.

Abbiamo avuto una conversazione interessante, poco tempo fa. Su di lei, che è sempre stato quasi un argomento tabù per Rob. Ma... semplicemente ero curiosa e probabilmente avevo bevuto qualche bicchiere di troppo, tanto per cambiare.

- Come va con Kristen? Novità?
Mi aveva guardato male, Rob, ma sembrava essere divertito dalla mia idea. E parecchio, parecchio spiazzato: - No, novit... Come... come ti viene in mente? - mi aveva chiesto.

- Beh, siete stati insieme una volta, mi sembra.
Lui alza un sopracciglio e si limita a fissarmi insistentemente, così, sapendo di non poter sopportare quello sguardo a lungo, continuo: - Una volta o più volte, non so.
Si mette a ridere scuotendo la testa e sposta lo sguardo sul posacenere di vetro sottile che ha preso in mano poco prima. Se lo rigira tra le mani, nervoso.
- Una volta Jade. E non è stato niente. – chiarisce serio.
Sono io questa volta ad alzare un sopracciglio: - Oh. Ma se siete arrivati a quel punto significa che qualcos...
- Ci sentivamo soli, ok? - esclama lui interrompendomi e mi chiedo il motivo di così tanta foga.
- Ci sentivamo soli ed è capitato. - aggiunge cambiando tono - Alla fine era ovvio che finisse così.
Spalanco gli occhi: - E perchè?
- Beh, due persone che lavorano insieme per così tanto tempo, che condividono emozioni così forti sotto i riflettori e non... era ovvio che prima o poi finisse così.
- Dici?
- Certo. Poi lei è una bella ragazza ed io... - fa scivolare una mano dalla guancia fino al suo petto, sfiorando appena la camicia - ... io sono meraviglioso!
Scoppio a ridere e lui mi segue a ruota. - Viva la modestia.
- Non è un mio pregio.
- E non sei nemmeno romantico.
- Io la penso così. Tu no? - finalmente smette di giocare con il posacenere e lo appoggia sul tavolino. Estrae un pacchetto di sigarette e ne estrae una lentamente.
- Non lo so. Insomma, credo che se due persone finiscono insieme qualcosa c'è... ci deve essere per forza.
- Non sempre. Te l'ho detto, se passano tanto tempo insieme è l'ovvia conclusione. - replica Rob, accendendosi la sigaretta e fissando interessato il fumo che lui stesso soffia fuori dalla bocca.
Rifletto un attimo: - Allora anche noi dovremmo finire a letto insieme.
Appena finisco la frase, Rob inizia a tossire, come se il fumo gli fosse andato di traverso. Poi, quando riesce di nuovo a respirare, dice con voce spezzata: - Vuoi farmi morire?!?
- Ho solo detto quello che TU pensi. Scusa se è una cosa così impensabile per te.
- Non è questo.
- E allora cosa?
- Non me n'ero reso conto, finchè non me l'hai fatto notare. La mia teoria non si applica a noi.
- No. - cerco di mascherare la delusione. "Ma non volevi questo, vero Jade?" - Sarà l'eccezione che conferma la regola.
"Già, e perchè non posso invece far parte della norma, per una volta?!?" penso contrariata.
- No, non credo. Piuttosto credo che noi abbiamo qualcosa in più degli altri. Insieme, intendo.
"La capacità di non finire a letto insieme? Non mi sembra un qualcosa in più, sai, Rob. Mi sembra piuttosto una punizione."
- Sono io a non crederti stavolta. Semmai abbiamo qualcosa in meno, tipo l'attrazione fisica. - mi sono alzata e gli dò le spalle mentre parlo. Fingo di riempirmi il bicchiere al frigobar, quando questo invece è già mezzo pieno.
- No, credimi. Abbiamo qualcosa in più. - fa lui risoluto, alzandosi e venendomi vicino. Mi soffia una nuvola di fumo nell'orecchio, mentre tento di non tremare.
Quando mi giro, mi ritrovo a pochi centimetri di distanza da lui. Per un attimo, rimaniamo così, io imbarazzata, lui spavaldo, entrambi però impietriti ed impotenti, a fissarci negli occhi.
Poi lui si allontana e mi dice sorridendo malizioso: - Te l'avevo detto che non ci manca niente.
Fa un mezzo giro su se stesso e torna a guardarmi negli occhi. Non oso nemmeno immaginare quanto possano essere rosse le mie guance in questo momento. E, come sempre quando mi sento fragile, esce la parte peggiore di me.
- Come vuoi tu. - esclamo secca.
Sono sconcertata dal fatto che, ancora una volta, abbia voluto semplicemente constatare l'effetto che ha su di me. Sono arrabbiata, perchè lo fa ogni volta e poi cambia discorso, come se niente fosse.
Sono a pezzi, perchè mi rendo conto che per lui è un gioco. Ma, ancora peggio, perchè mi rendo conto che per me non lo è. Affatto.

Di Kristen non abbiamo più parlato, mai più. Forse perché non c’era niente da dire, forse perché lui non voleva parlare a me di quel “niente”. Ora però che ce l’abbiamo davanti, non credo che possa rimanere un argomento da evitare ancora per molto.
- Ciao! – esclama quando è abbastanza vicina. Ci guarda entrambi per qualche secondo, sorridendo serena. Poi si sporge verso Rob e si alza in punta di piedi per posargli un bacio sulla guancia. Io mi fisso le scarpe.
Appena torna giù però, si rivolge a me con lo stesso sorriso radioso e mi tende una mano: - Ciao, sono Kristen.

Certo, come se non sapessi chi sei.
- Ehm, ciao io sono...
- ... Jade. – interviene Rob con un sorriso finalmente rilassato: - Lei è Jade.
Kristen mi stringe la mano ed esclama: - In carne e ossa! Sai, qualcuno di noi pensava che fossi un’amica invisibile di Rob... - mi fa l’occhiolino.
È bellissima e a quanto pare quando non è davanti alle telecamere per un’intervista oppure ad una folla di fan impazziti riesce anche ad essere rilassata e a suo agio. Certo, ha sempre quella timidezza sul fondo degli occhi che credo niente le potrà mai togliere, ma anche quello fa parte del suo fascino. Io, perlomeno, ne sono affascinata. Indossa un vestito nero stretto e corto e dei tacchi vertiginosi, ma nonostante questo non è per niente volgare, anche se non si può dire che li porti con disinvoltura: anche quando sta ferma si coglie una sorta di impacciataggine innata e ineludibile che la caratterizza.
È troppo bella e troppo poco sicura di sé e la cosa mi mette a disagio.
Mi sembra di riconoscere in lei questa caratteristica tipica anche di un’altra persona di mia conoscenza...
Mio malgrado, mi sta simpatica. Mio malgrado, perché quando penso in che modo lei è stata con Rob, con il mio Rob... è meglio che non pensi nemmeno a questo.
Kristen prende Robert per mano e lui mi fa cenno di seguirli con la testa: arriviamo in un punto della sala dove c’è un assembramento di persone chiassose e sorridenti. Sono confusa da quella folla e non riesco a mettere subito a fuoco le facce dei ragazzi e delle ragazze che mi si presentano davanti. Solo quando sento Rob esclamare – Taylor! – e lo vedo abbracciare un ragazzo scuro di pelle mi rendo conto di cosa sta succedendo.
Ci sono tutti.
In meno di un minuto stringo una decina di mani e mi vengono presentati Taylor, un tipo tutto muscoli dal sorriso contagioso, una ragazza con i capelli corti neri... e poi perdo il conto dei nomi e delle mani di personaggi famosi che sto stringendo. Mi sento completamente sopraffatta e vorrei che Rob mi aiutasse ma è anche lui intrappolato in un vortice di saluti, baci, auguri e abbracci. Al contrario di me, però, lui sorride e sembra divertirsi.

Un’ora dopo, sono già stufa di questa festa. Seduta ad un tavolino rotondo da sola, sorseggio vino frizzante da un flute che è già stato riempito troppe volte. Ogni volta che do un’occhiata in giro per vedere dov’è finito Robert, pura curiosità, lo trovo con persone diverse, che chiacchiera, ride e scherza. È tutta la sera che a me non rivolge la parola e io dopo essere stata gentile durante tutte le inutili presentazioni a vip che non mi parleranno in ogni caso, mi sono stancata e mi sono ritirata in questa specie di esilio volontario.
Ad un certo punto, sento qualcuno sedersi su una delle sedie accanto alla mia. Mi giro ed un paio di occhi verdi mi fissano indagatori e curiosi:
- Ti diverti? – mi chiede Kristen con disinvoltura, più preoccupata che ironica.
Alzo le spalle per tutta risposta e lei continua, come se sentisse il bisogno impellente di sputare fuori quelle parole: - Robert mi ha parlato di te, qualche volta. – mi sorride incoraggiante, poi distoglie lo sguardo.
- Più che altro – continua – spesso ti cita ma non se ne accorge. Cioè, non mi parla di te volontariamente, insomma, ma credo che tu sia sempre nei suoi p...
- Ehm, Kristen...? – la interrompo, perché si sta agitando e sta cominciando a parlare a raffica. Mi fa strano rivolgermi a lei così, poterla chiamare per nome, poterle parlare. Ma non è una sensazione del tutto negativa.
- Ho capito. – le dico cercando di sorriderle.
Lei annuisce, non troppo convinta: - Bene.
Si tortura le mani e poi aggiunge: - È che... volevo dirti che... quello che è successo tra me e lui... lo sai, no?
Annuisco piano, guardandola negli occhi e sperando che non si accorga di quando sto tremando. Lo stomaco mi si contorce quando penso che stia per dirmi di stare lontana da Rob, perché non saprei proprio come risponderle.
Non dopo la decisione che ho preso.
- ... non è stato niente. – soffia fuori talmente veloce che non sono sicura di aver capito.
- È stato un errore, per entrambi. Lo sappiamo tutti e due e ne abbiamo anche parlato. – continua.
Cerco di riprendermi da quello che penso di aver appena sentito, cercando una conferma di non stare sognando. Intontita, riesco solo a chiederle: - Ma... perché me lo stai dicendo?
- Beh, - mi sorride arrossendo un po’ – lui ovviamente non lo ammetterà mai, ma credo che sia cotto di te.










N.D.Summer

Finalmente la festa!!! (come dico anche nel titolo)
Che decisione ha preso Jade? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, che ho quasi finito ieri notte, insieme a questo. Ho un esame lunedì, quindi sto a casa a studiare e ovvimente mi viene l’ispirazione notturna. Sì, potrebbe sembrare che le due cose non siano collegate fra loro, ma per me lo sono. :S
Notare i miei mille stratagemmi per non rivelare il vero nome di Jade! Mi ci impegno eeeh!
Piccolo spoiler incomprensibile sul prossimo capitolo: andremo tutti insieme sulle giostre!
Buona lettura e grazie a tutti come al solito... ehi, voi che leggete senza commentare... : commentate!!! Fatemi sapere! Scatenatevi contro Kristen!!!
Purtroppo io non riesco a trovarla antipatica o ad odiarla... Intanto non vedo perchè "dovrei"... e poi con quel suo modo di fare strano mi fa quasi tenerezza... Parere mio, eh! Liberissime di odiarla :P

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Capitolo 23
*** 23. Giro della morte ***


23. Giro della morte


Dopo questa, se non mi ammazzate via web sarà davvero un miracolo. -.-‘




Ho sempre pensato che andare su quelle giostre velocissime e adrenaliniche, come l’ottovolante, fosse molto pericoloso. Ho sempre avuto paura che si potesse rompere qualche ingranaggio, ma più che altro temevo che mi potesse causare dei problemi al cuore, come un infarto.
Hanno cercato di convincermi in tutti i modi, spiegandomi che quella era una possibilità più che remota: tuttavia, come mi capita spesso, non sono mai riuscita a credere del tutto a quello che mi dicevano.
Oggi, so che avevano torto.
L’ottovolante fa male al cuore.

- Grazie mille per essertene andata senza nemmeno salutare! – Rob entrò nella stanza buia dalla porta in comune tra le due camere, decisamente brillo, sbraitando e passandosi ripetutamente la mano nei capelli già sconvolti. Ovviamente, senza curarsi di bussare.
Il carrello della giostra sulla quale sono seduta stride, poi inizia a prendere sempre più velocità sul binario. Sento i capelli scompigliati dal vento e le mani mi fanno male per la forza con la quale stringo la barra di sicurezza davanti a me. Intravedo una salita, davanti a me e non posso evitarla in nessun modo. Di binario ce n’è uno e uno solo.
- Oh, dopo quando tempo ti sei accorto che non c’ero più? – gli risposi acida, senza alzarmi dalla poltrona su cui stavo seduta da quando ero tornata, incapace di muovermi. Le scarpe tacco 12 buttate da un lato sul pavimento e le gambe tirate su a sgualcire il mio bellissimo vestito.
- Si può sapere cosa ti è preso?
Purtroppo non aveva intenzione di evitare quel suo tono irritato, ma la mia arrendevolezza sincera stupì anche me: - Volevo solo andare via...
Dopo la salita, si sa, si inizia a scendere. Sempre più veloce.
Sembrò addolcirsi per un attimo, ma poi esclamò: - Con Kellan, casualmente?
Giù.
- Cosa vuoi dire, "casualmente"?!? Si è offerto di accompagnarmi, punto. – dissi. Volevo aggiungere dell’altro, qualcosa del tipo “è stato molto gentile” o “almeno lui si è accorto che esistevo”, ma mi resi conto che erano solo modi di farlo ingelosire. Ed io non volevo questo: di... Kellan non mi importava molto, non come credeva Rob in quel momento di follia. E poi, io, come al solito, volevo lui e basta. Senza implicazioni, senza legami: solo lui. Solo io e lui, come era sempre stato. In quel momento, mi andava bene anche così.
- Ci ha provato? Perché giuro che se ci ha provato io... - strinse i pugni rabbioso. Stava ancora in piedi all’ingresso, non aveva ancora osato fare un passo verso di me.
Lo guardai allibita.
Con il vento negli occhi, non riesco a vedere quanto è lontana la fine della discesa.
- E anche se fosse?!? Tu cosa?
- Io... tu... Se poi avesse... - balbettò lui, incapace di darmi una risposta definita.
Poi, disse semplicemente: - L’avrei ucciso, lo sai.
Rabbrividii, ma tentai di non darglielo a vedere.
- Se ci avesse provato? Oh, questo sì che ha senso. – sbottai sarcastica, continuando poi con quel tono e un sorrisino amaro ad incresparmi le labbra:
- Comunque non credo che vorresti sprecare la tua prima scazzottata per me. –
Volutamente, avevo ripreso una delle nostre prime conversazioni, in cui aveva ammesso di non aver mai partecipato ad una rissa, nemmeno per una ragazza.
Perché non ne aveva mai conosciuta una che ne valesse la pena.
- Io...! - mi guardò e scoppiò a ridere, ma era una risata cattiva, sarcastica: - Certo, Jade. Non vorrei mai farlo.
Si inizia a risalire, piano.
Finalmente si mosse, dirigendosi rabbioso verso la sua camera da letto, così io esclamai confusa:
- Cosa?!? Io... davvero Rob, io non ci capisco niente.
Lui si girò verso di me, la mano sulla maniglia della porta e replicò:
- Ci sono abituato.
Di nuovo giù.
- Cosa stai dicendo?!? – mi alzai in piedi ed andai verso di lui, mettendomi davanti a lui in gesto di sfida:
- Prima mi inviti a questa festa, mi compri anche un vestito, mi dici che devo venire e devo farlo per te...- sorrido amara e vado sempre più giù:
- Poi non mi parli per tutta la sera, quasi nemmeno mi guardi, mi lasci completamente sola in mezzo a centinaia di estranei... E poi te la prendi se me ne vado prima con uno, un tuo amico, che si è solo offerto di accompagnarmi?!? Ti sembra normale tutto questo?
Eccolo. Il giro della morte.
Lui finalmente mi guarda negli occhi e la delusione che leggo in quell’azzurro cielo mi impedisce di respirare per un istante. Poi, la sua voce stranamente bassa e calda mi sussurra:
- E a te, sembra normale? – rimane lì un attimo ancora, lasciando che i suoi occhi brucino nei miei, prima di sparire dietro quella porta che si chiude con un tonfo sordo.
Il giro è finito. Ed io sto per vomitare.

















N.D.Summer

Ebbene sì, questi due hanno litigato, ancora. Probabilmente il problema è che ho un sacco di litigi in testa che non posso sfogare su nessuno e quindi li faccio uscire qui... scusate!!! La cosa buona è che d’ora in poi come avete visto gli aggiornamenti saranno un po’ più veloci........
Non mi avete perdonata, eh? Lo vedo che guardate il computer come se voleste incendiarlo, con gli occhi ridotti a due fessure... ehm, io vado! Baci!

@ Wild Girl:
Noooo, credimi, non ho assolutamente pensato "Oddio, questa legge da 20 capitoli e solo ora recensisce"!!! Al massimo, prima ho pensato "Oddio, è da 20 capitoli (e 5 mesi!!! 5!) che vado avanti e non è ancora successo niente! Questa storia è interminabile! Mi stupisco che ci sia qualcuno che ancora la segue!" e poi "E' decisamente meglio tardi che mai!"...
Questo per dire: mi fa sempre piacere sentire il vostro parere, o anche solo che ci siete, perchè per me un numerino in più nella colonna "Seguita da" o "Ricordata da" non cambia la vita e neanche un numerino in più in "Recensioni"... una recensione però, magari non mi cambia la vita, ma la giornata me la può cambiare. ;)
Quindi la tua recensione un po' la considero un premio per aver aggiornato così in fretta, io che di solito ti faccio "aspettare anni per un aggiornamento di niente" xD (mi hai fatto ridere un sacco, perchè è proprio vero!)
E mi fa ancora più piacere sapere che leggi anche le note in fondo al capitolo, forse sperando che dia qualche indizio in più sulla storia, eh? Comunque sono piacevolmente colpita dal sapere che c'è qualcuno che legge i miei sproliloqui spacciati per note che hanno una qualche attinenza con la storia :P

@_Miss_:
Uhahhaha, scommetto che Kristen qui ti sta simpatica perchè non si intromette troppo e se ne sta nel suo angolino, anzi dice delle cose carine a Jade! Ma vuoi che quella capisca? Ovvio che no!!! :P
Jade (quella scema) ormai non è più un personaggio di cui io decido: fa tutto da sola, dice quello che vuole dire, fa quello che vuole fare. Io non posso quasi metterci becco. :P  Dico questo per dissociarmi da lei dal momento che sta per fare qualche cazzata? Probabile. Anche. Però è davvero così, ormai non è più un mio personaggio, ha vita propria.
Per quanto riguarda lo spoiler, sono proprio cattiva! Anche perchè era davvero incomprensibile... Spero di essermi fatta perdonare con l'aggiornamento semi-rapido. Ti ringrazio per seguirmi sempre e comunque :P, baci

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Capitolo 24
*** 24. Shot (me) ***


24. Shot (me)


- Ma è chiaro: fa così perché gli piaci. –
Questa è Stella, una delle mie migliori amiche. Anche se non ve l’ho presentata prima, lei di sicuro è in grado di presentarsi da sola, con poche frasi ben assestate. E, le sue, lo sono sempre.
- No Sté. Non gli piaccio. Non in quel senso, comunque.
È mattina, la mattina dopo la festa, la mattina dopo il mio litigio con Rob. Ed io, come al solito, non ci sto capendo niente. Per questo l’ho chiamata non appena mi sono svegliata, dal telefono della mia camera d’albergo. Rob dorme nella stanza qui di fianco e spero che stia davvero ancora dormendo, perché sono sicura che la voce di Stella si senta anche attraverso le pareti più spesse.
Specialmente quando mi “sgrida”.
- Ma perché non mi ascolti mai? È geloso: uguale, gli piaci.
- Non è geloso.
- E io non sono un genio. – dice lei ironica, ma qualcosa non mi quadra.
- Tu NON sei un genio! – le faccio notare.
- Stanno ancora cercando di provare il contrario. – ribatte lei decisa: - E tu gli piaci.
- Ok, sai di chi stiamo parlando vero? Robert-posso-avere-qualsiasi-favolosa-attrice-del-mondo-intero-Pattinson.
- Lo stesso Robert-oh-Jade-non-posso-fare-questo-senza-di-te-Pattinson di cui parlo io???
Sbuffo: - Probabilmente no. Ieri sera era proprio una persona diversa.
- Vedrai che stamattina gli sarà passato tutto.
- Come sempre. Proprio come quella volta... - mi blocco subito e mi pento di aver iniziato senza pensarci questa frase.
- ...quella in cui vi siete baciati? Eh sì, farà di nuovo finta di niente.
- Non “ha fatto finta” di niente... Non ERA niente.
- Come vuoooooi.
- Be’, comunque poi l’ha rifatto mille altre volte. Ne abbiamo già parlato. Il problema è che va sempre così. Non so se ce la faccio ancora ad andare avanti così.
- È vero, ne abbiamo già parlato, ma non abbiamo concluso niente.
- Non concludo mai niente, quando si parla di lui.
- Mmh.
- Be’, mi sa che ho deciso. – esclamo dal nulla, non so con quale forza.
- Deciso cosa? Non ti permettere di fare stronz...
- Ci sentiamo Stella...
- Non ti permettere di riattaccare prima di avermi promesso che non...
- Ste?
- Sì?
- Le giostre fanno male al cuore?
- Ma che cazzo dici? L’attorucolo ti ha proprio mandato in pappa il cervello.
- No, uhm, niente, era per dire. Ci sentiamo.
- Non hai intenzione di dirmi niente?!?
- Per ora no. Per favore.
- Mmh, ok. Sono curiosa marcia, ma... va bene. – sospira – Ci sentiamo. E fammi sapere quando tutto andrà come ti ho detto.
La vedo quasi che mi fa l’occhiolino all’altro capo del telefono. E anche ieri sera devo aver esagerato con l’alcool. Riattacco e mi alzo dal letto, dirigendomi verso la zona che la mia camera e quella di Rob hanno in comune.


Entro nella parte comune delle nostre due camere d’albergo con i capelli sconvolti e di sicuro gli occhi gonfi ed arrossati. Si vedrà lontano un miglio che non ho dormito per niente.
- Ehi, Jade... - dice lui senza voltarsi appena mi sente entrare. È in ginocchio in un angolo della stanza, sta rovistando nel frigo bar: - Ti fai uno shot?
- Rob ma... non è neanche mezzogiorno. – gli dico io piatta, sedendomi sul divano.
Lui fa spallucce ed intanto sceglie una delle bottiglie che stanno sul ripiano.
- Dobbiamo parlare. – inizio, sentendo già la voce venir meno alla fine di questa frase. Non oso immaginare come riuscirò a dire tutto il resto.
- Forse dovremmo smetterla per un po’.
Ecco come.
Lui ancora non si è girato verso di me, sta cercando un bicchiere in una specie di piccola dispensa. Poi lo trova e mentre si versa da bere quello che decisamente non è uno shot. Mi guarda e sta per rispondere: vedo che indugia per un attimo sul mio sguardo, sui miei occhi e torna serio. Butta giù in un colpo il contenuto del bicchiere, poi mi chiede cauto:
- Non stai parlando dell’alcol, vero?
- No. – rispondo secca, mentre la mia gola lo è altrettanto.
- Smettere di fare cosa, Jade?
È a poche decine di centimetri da me, ma è come se avesse paura di avvicinarsi, o di muoversi.
- Di... litigare. Di litigare così e poi di fare finta di niente. È una cosa che mi distrugge e se almeno capissi perché succede...
Lascio la frase in sospeso ed i suoi occhi si posano su di me, tristi: noto che oggi hanno un colore diverso, tendono al grigio.
Annuisce, pensieroso: - E cosa pensi di fare, quindi?
- Non so... - giocherello un po’ con la stoffa del divano, con noncuranza: - Non vederci per un po’ credo.
Quella frase, che è uscita come un soffio dalle mie labbra, pesava come un macigno sopra il mio petto. Ma ora che l’ho pronunciata, ho scoperto che forse togliermi quel peso non poteva essere quello che volevo.
Lui sospira piano, fissandomi. Passa un’eternità, un’eternità di ripensamenti che però non riesco a mettere a fuoco da parte mia, prima che lui dica semplicemente: - Ok.
Vuota in un sorso il suo bicchiere e torna nella sua stanza, senza dire una parola di più.

Il tempo di fare le valigie e sono già su un aereo, diretta a casa mia.
Se solo queste lacrime smettessero di scendermi sugli occhi, sarei anche in grado di capire dov’è, casa mia.






N.D.Summer
Non aggiungo molto a questo capitolo... Notate però l'autoironia (lasciando stare per un attimo il sottile gioco di parole tra shot come "sparare" al passato e shot come drink) del titolo: perchè so che mi vorreste sparare, come al solito :P
Però con Stella ho cercato un po' di dare voce a tutte voi che vorreste prendere Jade per le spalle e urlarle in faccia. Stella è un po' tutte voi che la prendereste a schiaffoni perchè ha lì Robert davanti e... fondamentalmente non crede in se stessa, quindi non fa niente. Non ci crede. Perchè ha paura e per mille altri motivi che si intravedono in questa storia ma che non starò a spiegare, non stasera comunque.
Stasera mi basta immaginare Rob intento a bere troppo anche di mattina, Rob annebbiato, Rob con gli occhi grigi di tristezza, perchè la nebbia non è solo quella alcolica nel cervello ma è anche quella che ha un'altra sorgente, nell'anima.
Grazie a tutte, grazie per essere salite sulle giostre con me la volta scorsa... grazie in particolare a:

Wild Girl: Le tue paure erano fondate, Jade ha detto addio a Rob... Ci vogliamo credere? Quaglieranno xD prima o poi?!? Be', oddio, prima o poi qualcosa dovrà succedere!!! E con questa promessa continua sono già a 24 capitoli, vediamo fin dove arrivo! Le recensioni lunghissime e "di niente" sono anche la mia specialità; però mi piace anche leggerle, non solo scriverle!! ;)

SIL1996: Ehi, benvenuta! Grazie di tutto, non ti dico di continuare a seguire la storia per vedere se alla fine capiranno che si amano perchè temo che se la segui da un po' avrai già capito come funziona!!! :P

whitevelyn: Be', io mi sto rendendo conto che conosco senz'altro lei... Ma spero di non diventare troppo "veggente" (anche se vedo nel passato, a quanto pare), sennò comincio a preoccuparmi. :) baci!

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Capitolo 25
*** DelirIO: I miss you ***


delirIO: I miss you

> listen
Adoro sentire l’odore del fumo sulla tua pelle quando mi abbracci. Adoro sentire la tua voce che pronuncia il mio nome piano, anche se quello non è il mio nome. Adoro stringerti e sentirti respirare nei miei capelli. Adoro vedere i tuoi occhi sorridere, e non solo le tue labbra. Ma adoro anche quando sorridi per finta e solo io so che è così.
Ma stanotte non ci sei. E stanotte, tutto ciò che so fare è pensare che mi manchi.
E il fato non mi aiuta, perché dal mio lettore in modalità shuffle iniziano ad uscire le note di una canzone che adoro e che sembra fatta apposta per me, per questo mio momento.
3 minuti e 50 in cui mi perdo.

E quelle stesse note, entrano direttamente nelle mie orecchie e poi si fiondano sulla mia anima, facendomi sorridere mentre una lacrima scorre sul mio viso.

Hello there the angel from my nightmare
The shadow in the background of the morgue
The unsuspecting victim of darkness in the valley

Sono sempre stata attratta dalle contraddizioni. E loro da me.
Sei il mio angelo e il mio incubo più grande, insieme. Inestricabile, impossibile, tu.
Se fossi qui, ora, mi daresti della stupida, mi diresti che sto facendo la melodrammatica come al solito. Ma stanotte, tutto ciò di cui ho bisogno è mettere la testa sotto le coperte e respirare il buio e questa canzone che sa di te. Ancora, ancora e ancora.
3 minuti e 50 non bastano. Ancora.

We can live like Jack and Sally if we want
Where you can always find me
And we'll have Halloween on Christmas
And in the night we'll wish this never ends
We'll wish this never ends

A te piace Tim Burton. Sorrido. Se fossi qui me lo diresti. E mi diresti anche che ti piacerebbe vivere come Jack e Sally e poi sul tuo viso apparirebbe quell’aria sognante che hai sempre quando parli di cose assurde, che nessuno capisce.
Possiamo essere solo noi due al mondo?
Non voglio dormire, sai. Non voglio sognarti.
Vorrei poter sognare qualcun altro, ma so che se chiudessi gli occhi non sarebbe così. Vedrei te, come vedo te nel buio più accecante.
E non ti voglio chiamare, perché so che non potrò per sempre contare su di te per raccogliere i miei pezzi. I pezzi di me.
E non ti voglio chiamare anche perché so che cercheresti un modo per letteralmente volare qui, da me, lasciando tutti i tuoi impegni.
Ed io non voglio questo. Non ti chiedo questo.
Mi manchi e vorrei che ci fosse qualcosa per placare il dolore che sento stanotte, ma la tua voce non sarebbe una cura. Mi farebbe stare solo peggio: perché alla fine tu mi daresti la buonanotte ed io dovrei passare tutta la notte senza. Il pensiero di te mi farebbe male persino nelle pause tra una tua parola e l’altra: vuoto, mancanza.
Mi manchi.

Where are you and I'm so sorry
I cannot sleep I cannot dream tonight
I need somebody and always
This sick strange darkness
Comes creeping on so haunting every time
And as I stared I counted
The webs from all the spiders
Catching things and eating their insides
Like indecision to call you
and hear your voice of treason
Will you come home and stop this pain tonight?
Stop this pain tonight

Non voglio chiamarti perché vorresti placare il mio dolore e mi chiederesti cosa lo provoca e cercheresti di capire, di scavare...
E ti dovrei spiegare la mia maledizione, o la mia “profezia che si autoavvera”, come direbbe qualche psicologo. Perché tu spesso hai cercato di spiegarmi la tua; anzi, me l’hai mostrata, me l’hai messa davanti agli occhi in modo che potessi capire. In modo che potessi capire te, un po’ di più.
Forse non voglio che tu mi capisca, forse ho paura che tu possa farlo.

La mia maledizione deve restare solo mia.
In questo letto, stanotte, ci devo essere solo io.
E non ha importanza se mi manchi.

I miss you

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Capitolo 26
*** 25. Vampirucolo glitterato ***


25. Vampirucolo glitterato


- Jade...
Faccio un respiro profondo prima di parlare dentro la cornetta del telefono, un po’ perché ho bisogno di ossigeno per poter parlare, un po’ perché ho bisogno di parlare per non pensare:
- Rob. – mi ritrovo a dire e poi penso con un mezzo sorriso che è lui di solito quello che inizia con il mio nome, non io con il suo. Sospiro e riprendo: - Non... non dovresti...
- Lo so, lo so. Non dovrei chiamarti e parlarti etc... Ma... è così difficile.
Un brivido mi scorre lungo la schiena: solo lui sa essere così diretto e sincero; solo lui mi fa sentire così.
Continua con foga, parlando velocemente come fa quando è nervoso: - Lo faccio senza pensarci. Compongo il tuo numero e... bam! Prima che mi ricordi che non dovrei ecco che tu hai già risposto... A proposito, tu puoi sempre non rispondermi... prima o poi mi stancherò.
- Rob... - dico io in un sussurro che somiglia ad una preghiera, ma lui non mi lascia continuare.
- No, hai ragione, devo rispettare la tua decisione e smetterla di essere egoista e tutto il resto... Però non è come se ci fossimo... ehm, lasciati... no? Cioè, due amici non si possono... Voglio dire, io... C’è ancora la possibilità che le cose tornino come prima, giusto?
- Io...
- No, non dirmelo. Lasciamelo sperare, almeno. – emette un suono soffocato: - Adesso devo andare, Jade. Mi sto nascondendo da almeno una dozzina di assistenti del mio manager. Jade... spero che tu stia bene. Ciao...

Rimango con il telefono in mano, interdetta, a sentire il segnale di linea libera.
Robert, dopo avermi detto che voleva solo sentirmi e non avermi permesso di spiccicare mezza parola, mi ha praticamente riattaccato in faccia. Logorroico del cavolo.
... però è stato bello sentire la sua voce. Mi mancava.
Non è che senza vederlo o sentirlo sia meno confusa di prima, anzi. E poi mi manca. Mi manca da morire.
Ma almeno non sono più sottoposta ai suoi eccessi... prima mi bacia, poi forse è geloso, poi mi sbatte contro un muro e mi provoca e infine... fa finta che tutto questo non sia mai successo.
No, è meglio così, ne sono convinta.
È il mio cuore che non riesco a convincere.



Qualche giorno dopo.
Sto passando davanti ad un hotel, di fretta come al solito mentre faccio la mia solita strada per andare in redazione, quando vedo un ammasso di ragazze davanti all’ingresso.
Cerco di passare oltre a fatica, scendendo dal marciapiede invaso di persone, ma qualcosa che sento attira la mia attenzione: una ragazza urla più delle altre, con una voce stridula che mi fa venire i brividi; sembra quasi che stia piangendo. Ma non è il tono che mi colpisce, né la ragazza; piuttosto è quello che dice:
- Edwaaaaard! – urla a squarciagola.
Mi blocco e cerco di guardare oltre le spalle delle ragazze assiepate. E, ovviamente, mentre gli urli diventano più forti e più acuti, lo vedo.
Occhiali scuri e capelli spettinati, camicia a quadri bianchi e rossi studiatamente sgualcita e sbiadita, passa con un sorriso non troppo convinto attraverso la folla. In mezzo alla folla, come se ci fosse un tappeto rosso magico che lo tiene lontano dal resto dei comuni mortali, che non gli permette di confondersi.
Lui, Robert.
Scruta le ali di folla adorante, a destra e a sinistra, al di sopra degli occhiali, come se fosse in cerca di qualcosa. Poi, il suo sguardo si ferma sulla mia espressione stranita. Rob si toglie gli occhiali da sole con la mano e dice:
- Cosa ci fai qui?
- Cosa ci fai TU qui!!! – sbraito per tutta risposta, cercando di coprire le urla e di scansare le ragazze che tentano in ogni modo di avvicinarsi a lui sfidando le guardie del corpo. Intanto, riesco anche a pensare “Cosa ci fa di nuovo a Milano, così presto? E nell’albergo davanti alla redazione dove lavoro, per giunta?”. Ma i pensieri sono sommersi di nuovo dai gridolini delle fan impazzite. E poi, sono sommersi dal sorriso che appare sul suo volto: canzonatorio, divertito.
- No, no. Cosa ci fai TU qui? Non posso avere nemmeno un po’ di privacy? – fa, ironico. Poi continua alzando un sopracciglio: - Vuoi un autografo?
Ridacchio, già vinta dal suo fascino, a cui sono particolarmente sensibile non avendolo visto per qualche giorno di troppo.
- Certo che no. – gli rispondo, già attirando l’attenzione sbalordita di qualche ragazza: - Sei solo un vampirucolo glitterato.
La ragazza che di fianco a me si stava sgolando fino a poco prima si gira lentamente come se fosse in un film e mi guarda allibita; penso che un paio di queste tizie mi uccideranno, non appena Rob se ne sarà andato.
Lui però mi sorride di nuovo, si avvicina ad uno dei suoi enormi body guard completamente vestiti di nero e gli sussurra qualcosa all’orecchio. Poi, mi fa l’occhiolino e... mi ignora. Si mette a fare un po’ di autografi, per poi avvicinarsi e salire con un mezzo inchino sulla limousine che lo aspetta e che lo porterà in salvo.
E mi lascia lì in mezzo, in balia delle fan impazzite.
Improvvisamente, però, mi sento afferrare per un braccio e capisco che qualcuno mi sta trascinando via dalla folla. Potrei urlare, divincolarmi, avere paura, ma riesco solo a dire: - Lasciami! Non ho fatto niente!
L’omaccione che mi ha praticamente alzato da terra con una sola mano semplicemente ride, probabilmente di me e continua a trascinarmi, parcheggiandomi poi davanti ad un’automobile.
Una limousine nera.
Dal lato opposto rispetto a quello dove sta la folla. L’omaccione vestito di nero, sempre sorridendo sotto i baffi, mi fa segno di entrare e mi apre la portiera.
- Oh, - dico io imbarazzata – grazie.

Dentro, la limousine è spettacolare. Enorme, interni di pelle beige e luci soffuse, più una bottiglia di quello che credo sia champagne da un lato, in un secchiello pieno di ghiaccio.
Poi però vedo Rob e mi accorgo che è lui la cosa più spettacolare dentro quella limousine. Forse, dentro l’intero mondo.
Forse, è solo da troppo tempo che non lo vedo.
Sorride in quel modo vero che gli contagia anche gli occhi e senza aggiungere altro esclama:
- Ci vediamo stasera? Al mio hotel. Stavolta mi sono portato un paio di amici. – mi dice sfoderando uno dei suoi sguardi di quel colore azzurro-implorante che è solo suo: - Dai, vieni.
È uno di quei momenti in cui ti dimentichi tutto quello che di brutto è successo con una persona, la sofferenza, le notti sveglia perché ti mancava, il fiato corto quando pensavi a lui che non c’era, il dolore a pensarlo con un’altra, la paura di risentire la sua voce... tutto sparisce.
In quei momenti, quando lo guardi negli occhi, quando ti rendi conto che quel pugno allo stomaco non se n’è andato e non se ne andrà più via, in quei momenti pensi che in fondo, sì, ne è valsa la pena. È valsa la pena di qualunque cosa, pur di rivederlo così, pur di risentirlo così.
E in un attimo, è tutto tornato come prima.











N.D.Summer
Ieri sera sono andata al cinema a vedere "Mordimi" o se preferite "Vampires Suck", la parodia di Twilight... Oltre ad avermi fatto passare definitivamente ogni voglia di scrivere ancora su Twilight (ho detto su Twilight, non su Robert!), mi ha fatto addirittura un po' ridere! Sì, dai, è carino... insomma, un'americanata carina.
E poi vabbè, Liam di 90210 (Matt Lanter) (non che io guardi 90210: va bene che sono telefilmaholic, ma non lo guardo più da quando hanno nominato Joey Potter. Questione di principio.) è bellino... bellino sul serio...
ma sinceramente mi ha solo fatto venire voglia degli occhi, dei capelli e della voce di Rob. Quindi, eccomi qui a postare un nuovo capitolo.
Non solo: quando sono tornata a casa ieri sera ho anche buttato giù due cacchiatine che TEMO saranno una specie di seguito di Intervista... Non vedo l'ora di pubblicarle... ma prima devo finire qui!!! :P
Scusate se la volta scorsa non ho rsp alle recensioni, rispondo ora a tutte!!!
Wildgirl: "Ok" sta cippa davvero, Rob! Eeeeh, am Robbino aveva un piano tutto suo per intrappolare di nuovo Jade... e chissà che questa volta non sia quella buona?!? ;)
JJ_28: Siiiiii, sei davvero una persona orribile... ahahahahhahah! Anche in questo caso, meglio tardi che mai! E poi mi fanno sempre piacere nuove commentatrici, anche se sono "vecchie" lettrici!
Per quanto riguarda la voglia di uccidere entrambi i protagonisti della mia ff... è un sentimento comune tra le sue lettrici!!! Grazie di tutto, anche perchè non essendo fan di Robert leggi comunque la mia storia!!! :D
_Miss_: Eeeeeh, lo so, lo so... ma lo sai anche tu ormai, vero? Questi due sono deficienti senza appello... Però postando così spesso spero di dare loro una mossa xD
_lisasomerhalder_: caspita, grazie per tutte le L, le I, le S, le M e le O!!! E grazie anche per il commentino... spero anch'io di arrivare presto al punto!!!
rita cullen: ma grazie! Sono contenta che ti sia piaciuto il sottofondo musicale (ho sempre amato i Blink a prescindere dalla qualità delle loro canzoni perchè li adoravo da "piccola"... ma questa canzone mi entra proprio sotto la pelle...) e anche che tu segua Intervista! Certo, anch'io parecchie volte non commento per pigrizia o perchè non saprei cosa dire oltre a "Bella storia", ti capisco... quindi ti ringrazio per lo "sforzo" e per avermi fatto sapere cosa pensi... può sembrare banale ma a me importa... e molto! baci

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Capitolo 27
*** 26. Come prima ***


26. Come prima


Non è davvero tornato tutto come prima, ma si sa che a Rob non so dire di no. E poi volevo dargli modo di rimediare a quello che è successo all’altra festa quella del suo compleanno. E mi mancava davvero, troppo. E poi... ho già detto che non so dirgli di no?

Busso alla porta della sua camera: mi ha detto di vestirmi casual (come se fosse necessario dirmelo) e di presentarmi puntuale alle 9 all’albergo dove risiede per quella che, mi ha spiegato, era solo una visita di piacere in quella splendida città che è Milano, parole sue.
Alla fine, riflettendoci, non posso dire di avergli creduto: Milano sarà bella, ma non credo valga un viaggio da Londra con una decina di amici. Il sospetto che fosse venuto per rivedere me si è fatto strada nella mia mente con tanta forza quanta è quella che mi è servita per mettere a tacere quello stesso sospetto.
Ho pensato che, per una volta, invece di pensare, rimuginare, riflettere, mi sarei buttata, senza aspettarmi niente, senza farmi paranoie. Sarei andata a quella specie di festicciola e mi sarei divertita. Rob o non Rob.
Sperando che la risposta giusta fosse "con Rob".

Finalmente, qualcuno viene ad aprirmi la porta.
Rob. Decisamente Rob.
Lui indossa un paio di jeans sdruciti che avranno dodici anni e una maglietta dei Vampire Weekend. Gli sorrido divertita e lui fa un gesto vago con la mano. Si passa tra i capelli la mano con cui non tiene la bottiglia di birra e, come se fosse la cosa più naturale del mondo per noi parlare civilmente, mi dice: - Mi fa piacere che tu sia venuta.
Gli sorrido di nuovo, sembra che mi sia venuta una paresi, non riesco a fare altro. La verità è che non so se devo essere spaventata da questo Rob così carino e cortese. Una volta, in realtà fino a pochi giorni prima, mi avrebbe tirata dentro la stanza con poca grazia e mi avrebbe appoggiato un bicchiere pieno di un cocktail qualsiasi da qualche parte tra la bocca e la mano. Poi sarebbe inciampato da qualche parte versandomi la sua birra addosso e avrebbe riso.
Ora invece, fa solo dei gesti impacciati per farmi entrare e poi mi precede in quella specie di salottino di cui è provvista la sua suite, si ferma davanti ad un paio di ragazzi e dice:
- Jade... questo è Tom... uno dei miei più grandi amici.
E lo dice così. Allungo la mano ed il ragazzo carino davanti a me la stringe: è bello, Tom, anche se di una bellezza meno intensa di Rob e più accessibile a chiunque. Io, comunque, sono ancora troppo sconcertata dal comportamente di Robert per dargli troppa importanza. Di nuovo mantenendo questa sorta di cordiale distacco, mi presenta anche un po' delle altre persone presenti nella stanza e chiede a qualcuno dove sia un certo Adam, altro suo grande amico, ma nessuno glielo sa dire con precisione. Io, dal canto mio, penso che sembrano tutti molto carini, ma penso anche che è come se in questa stanza fossero tutti sconosciuti, compresa l’unica persona con cui invece pensavo di chiarire le cose stasera. Lui, sempre inequivocabilmente lui.
Mi ritrovo seduta a rimuginare come al mio solito e stavolta non ho neanche bevuto. Tutto il contrario di quello che mi ero ripromessa di fare. Perché no, non mi sto divertendo.
Mi sembra che a volta Robert voglia venire a parlarmi, poi invece si lascia distrarre da qualcuno o qualcosa e lo perdo di vista, anche se solo per pochi istanti.
Ad un certo punto sento una voce alle mie spalle: - Ciao... non vorrei sembrare scortese, ma non ci conosciamo... tu chi sei?
Sorrido amara al ragazzo alto e carino che mi si è parato davanti e sorrido ancora di più pensando all'ironia mitologica della parola che sto per pronunciare: - Nessuno.
Quello che il ragazzo carino non sa è che questa mia battuta non ha proprio niente di ironico o divertente, perchè è proprio così che mi sto sentendo: invisibile, un fantasma.
- Uhm, be'... - continua lui senza darmi troppa importanza - Io sono Adam, piacere.
Annuisco e non faccio in tempo a ribattere, perchè lui continua: - Comunque so chi sei... Jade, giusto?
Sorrido di nuovo, pensando a quanto poco io sia Jade stasera: - Ehm... sì.
- Robert parla di te, ogni tanto. - dice lui sedendosi accanto a me - Solo che, ecco... non ti immaginavo... così.
Fa una pausa eloquente e mi squadra da capo a piedi con un sorriso un po' impacciato, per cui è impossibile trovarlo cafone e non prenderlo come un complimento. Ha un'aria sincera che mi fa provare una stretta al cuore, ma non sono sicura che sia per la ragione giusta.
- E come pensavi che fossi?!? - ribatto un po' più distesa.
Lui fa spallucce: - Non è da Robert farsi sfuggire una carina come te...
Per fortuna, mentre lo dice evita di guardarmi negli occhi e fissa un punto in lontananza, così non si accorge di quanto sono sobbalzata a sentire quella frase. Sento una fitta allo stomaco mentre cerco di scacciare qualunque pensiero e tento di sorridergli di nuovo. Ma lui continua: - Il suo modus operandi è: me le faccio e poi scappo... Fai la giornalista, vero?
Sollevata da questo suo improvviso cambio di argomento, cerco di avere con lui una conversazione civile: sembra simpatico, ma in effetti non riesco a dare il meglio di me stessa, non con questo peso sullo stomaco. Rido alle sue battute, cerco di ascoltarlo con attenzione, ma i miei pensieri volgono sempre da un’altra parte. Così, dopo qualche minuto, gli dico che mi vado a prendere da bere, nonostante il mio bicchiere sia pieno e con questa scusa mi allontano, solo per andarmi a sedere pochi metri più in là. Qualcun altro cerca di rivolgermi la parola, ma probabilmente scoraggiati dalla mia scarsa loquacità, rinunciano presto.
È solo che ho rinunciato alla mia, alla nostra “pausa” per tutto questo: e “tutto questo” si sta rivelando essere il solito bluff di Robert, in cui inizialmente sembra che tutto si risolverà e poi invece tutto continua come prima. Insomma, tutto quello che volevo evitare.

Sono quindi sola, quando Rob finalmente mi si avvicina: ma invece di essere premuroso e dannatamente gentile come poco prima sembra minaccioso. Direi che sono quasi sollevata, se non mi facesse paura.
- Vieni con me. – mi dice secco e mi conduce in una specie di stanzino che dev’essere un ripostiglio per le scope o qualcosa del genere, stando bene attento a farmici entrare solo a gesti, senza toccarmi.
- Ti stai divertendo? – mi chiede come se fosse una domanda innocente, ma ha un tono polemico che non mi piace per niente.
- Non molto. Come al solito, il tipo che mi ha invitato è troppo occupato per badare a me.
- Ah. – sbotta ignorando la mia allusione, distratto da qualcos'altro – Eppure mi era sembrato che ti stessi divertendo... con Adam...
Sbarro gli occhi, ma cerco di non farglielo notare e di rispondere serenamente: - È simpatico.
- Tutto qui? – fa lui allusivo.
Ed è allora che non ce la faccio più. È allora che sbotto, frustrata: - Cosa vuoi da me?!?
Non lo capisco più, ormai, sul serio e la cosa mi fa impazzire. Non so cosa voglio io per prima da lui, ma se lui continua a confondermi così, a guardarmi così, a parlarmi così, sarà ancora peggio. Lui sta giocando con la mia già compromessa sanità mentale.
- Cosa... voglio...? – sembra colpito dalla mia reazione, probabilmente ragionevolmente eccessiva dal suo punto di vista. Ma ormai non mi posso più fermare. 
- Decidi cosa vuoi! Ci siamo baciati e tu hai fatto finta di niente, mi hai baciata di nuovo, a stampo, questo è vero... ma poi hai comunque fatto finta di niente. Mi dici che mi vuoi e cinque minuti dopo siamo ancora amici, come se niente fosse. Fai il geloso, sempre, come stai facendo ora, e non ne avresti il diritto. Io non so, te lo giuro, non so se posso continuare così. Dimmi, - la voce mi si spezza, segno che sono vicina a scoppiare davvero – ti prego, dimmi cosa vuoi da me. Per favore.
Mi guarda e i suoi occhi mi spiazzano: sono in tempesta.
Capisce cosa voglio dire, sa di cosa sto parlando. Il problema, per lui e per me, è che non sa cosa dire. Il problema è che, ancora una volta, non dice niente. Apre la bocca, come se non riuscisse a respirare, la chiude e la riapre di nuovo, senza emettere un suono. Alla fine, sono io a parlare per prima:
- Ho davvero bisogno di starti lontana per un po’. Davvero, stavolta.

Dev’essere il mio istinto di autoconservazione che parla per me, perché il mio cervello, ma si sa che quello è fottuto da tempo, pensa solo che in realtà ho bisogno di lui e non di stargli lontana. Che in realtà ho bisogno di stargli solo un po’ più vicina.
Allo stesso tempo, però, ho bisogno anche di capire se riesco ancora a vivere senza di lui, senza i suoi occhi, senza il mio cielo.
Anche se la risposta, in fondo, la so già.
Non ho bisogno di capire, voglio solo dargli il tempo che serve a lui per capire. Se mai lo farà.
Perché mi sta uccidendo e non lo vede, non se ne accorge. Ma sarei morta, per noi, per lui, se solo non si fosse intromesso il mio istinto a salvarmi.
Ma che salvezza è, se ora sto affogando?

Rob, il mio Rob, fa una smorfia e di nuovo non dice niente. Lo ringrazio mentalmente per questo silenzio e per non aver detto cose del tipo “Come vuoi” o “Se la pensi così per me va bene”.
E allo stesso tempo lo maledico, perché se ha la pur minima intenzione di fermarmi, di non farmi andar via, questo è il momento.
Se esco da quella porta, poi non saremo più Rob e Jade, mai più. Saremo qualcos’altro, forse niente, ma questo sarà lui a deciderlo.
E vorrei che il tempo si fermasse ora, per non dovermene andare, quasi quanto vorrei che le cose cambiassero. “Sei una che fugge di fronte ai problemi” mi hanno sempre detto. Bene, oggi fuggo per risolverlo, un problema.
Solo, ti prego Rob, fai che la soluzione sia stare senza te.
Mi giro dandogli le spalle, vado verso la porta, la apro, faccio ancora mezzo passo per uscire e me la richiudo alle spalle. Senza guardare altro che il pavimento, mi dirigo poi verso la porta che dà sul corridoio dell’hotel ed esco da quella camera. E poi, appena uscita, piango.

In strada, poco dopo, mi stringo nel mio cappotto e alzo una mano per fermare un taxi, che invece mi ignora. Ovviamente. Questa serata non potrebbe andare meglio.
- Ehi! – dice una voce maschile alle mie spalle.
Prego Dio che sia lui. Prego tutti i registi di film con lieto fine strappalacrime in cui un lui rincorre una lei fino all’aeroporto e non la lascia partire, li prego tutti, uno per uno, che sia lui. Quel lui.
Quando mi giro, però, so già che vedrò un altro, perché non sto tremando come avrei fatto se quella fosse stata la sua voce. Infatti, è Adam.
- Te ne sei andata senza salutare. – mi dice sorridendo. È proprio carino, ora che lo vedo senza che il bagliore che emana Rob lo metta in ombra. È di un carino innocuo, un po’ nerd. Ha i capelli neri corti e un paio di occhiali da vista con la montatura nera spessa sugli occhi castani. Sono talmente fragile, in questo istante, che potrei già essere innamorata di lui. Gli sorrido di rimando:
- Avevo bisogno di andare a casa. – rispondo semplicemente e penso a quanto poco sia vero quello che ho appena detto. Ho bisogno di allontanarmi da Rob, ma casa mia è il luogo che più di tutti mi ricorda lui.
- Una casa qualsiasi. – aggiungo allora a mo’ di battuta, ma non troppo.
Adam sorride di nuovo, divertito e poi mi guarda malizioso: - Anche la mia?












N.D.Summer
Robert probabilmente non ha un amico di nome Adam (be', chi lo sa?), ma di sicuro ne ha uno di nome Tom :P
Vabbe', che altro dire: R&J hanno litigato (ma vah! strano!) peròòòòòòòòò... sembrano esserci buone probabilità che stavolta qualcosa succederà... no???
Ho calcolato che dovrebbero esserci ancora 3 o 4 capitoli alla fine... ebbene sì. Ma ho già iniziato a scrivere il seguito, che sarà un po' diverso, perciò non temete! (lo so, sono proprio grafomane)
Ringrazio tutte e in particolar modo _Miss_ (sono contenta che lo scorso capitolo ti abbia fatto venir voglia di continuare la ff su Rob! Tra l'altro l'ho segnata come "da leggere" da secoli...! Abbi fede! Come tu stai avendo fede per questa storia (INFINITA) e per "Nathan"! :P) e _lisasomerhalder_ (ma nooo, grazissime *o*)... alla prossima (nel senso di "vicina" :P)...!!!

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Capitolo 28
*** 27. Risveglio (parte I) ***


27. Risveglio (parte I)

Quando mi sveglio, ancora mezza ubriaca, in un letto che non è il mio, né quello di Rob, riesco solo a pensare “E che cazzo...?”.
Quando mi giro dalla parte opposta del letto a due piazze e vedo un ragazzo che dorme con i capelli scompigliati e la bocca aperta, penso invece “Oh, merda”.
E quando poi finalmente realizzo di essere completamente nuda sotto le lenzuola... “Oh, fottutissima merda”.

Non sono una ragazza facile, non sono una ragazza facile. Non sono una ragazza facile.
Mi guardo attorno e sul comodino dal mio lato c’è una bottiglia di rum vuota che sembra guardarmi beffarda. Il giramento di testa successivo mi fa pensare che quel rum sia finito tutto nel mio cervello. In quel momento, una sveglia inizia a suonare da qualche parte nella stanza e tutto ciò che riesco a pensare, assordata da quel trillo fastidioso, è: non sono una ragazza facile.
- Sei una puttana!
Ci metto qualche secondo a realizzare che la voce che ho sentito, una voce di donna, proviene da una radio che si è accesa subito dopo la sveglia.
- TU sei una puttana! – sbraita un’altra voce femminile che mi sembra di riconoscere.
- Ragazze, ragazze... calma! – interviene quello che dev’essere il deejay, l’intervistatore delle due, o chissà chi. Intanto, quelle continuano ad insultarsi, mentre due occhi nocciola entrano della mia visuale, sorridenti.
- Ehi.
Come una stupida senza speranza, mi stupisco ancora che quella non sia la voce che desideravo sentire. Tento di sorridere ad Adam, mentre penso solo a quanto me ne vorrei andare da qui, il più in fretta possibile. Mi spiace, lui è davvero carino... ma io avevo solo bisogno di qualcuno per sostituire qualcun altro. È arrivato semplicemente al momento sbagliato, penso specchiandomi nei suoi occhi che mi fissano ancora.
- Ehi... - gli rispondo, con il sorriso più ipocrita del mondo.
Neanche la mia voce è quella che avrei voluto sentire.

Pochi minuti dopo, mentre lui sta facendo una doccia, mi rivesto in fretta ed esco dalla stanza di quel maledetto albergo. Prima, lascio un post-it fucsia sul cuscino del letto di Adam, con scritto: “Me ne dovevo andare, ancora. J.”.
Fisso per un attimo la lettera che io stessa ho scarabocchiato alla fine del biglietto come firma, poi alzo le spalle e mi ritrovo a pensare se invece non dovrei scrivergli anche “Grazie”. Per evitare di fare altri pensieri del genere, esco in fretta dalla stanza, cercando di non fare rumore.


Passo velocemente nel corridoio vuoto e qualcosa attira la mia attenzione: mi giro e mi trovo a fissare un numero su una porta. Mi giro e mi trovo a fissare la stessa porta che ho fissato anche ieri sera, alle 9 circa. Prima di entrare nella stanza di Robert.
Rimango imbambolata lì davanti per infiniti secondi e non riesco a pensare a nient’altro, se non al vuoto che sento dentro.


Quando mi riscuoto, a fatica, riesco ad oltrepassare la porta, a salire sull’ascensore, ad uscire dalla hall. Poi, finalmente posso respirare.

Quasi non mi accorgo del viaggio in metropolitana fino a casa mia, ma quando vi entro sto finalmente meglio. Ed infinitamente peggio.
Meglio, perché appena entro so di essere sola e di potermi lasciar andare: so di poter piangere o ridere istericamente, so di poter fare quello che voglio.
Peggio, perché lui è lì. Non gli basta essere in ogni oggetto e ricordo di questa casa; ma, in quel preciso istante, Rob è fisicamente lì.
Ed ancora, meglio, perché lui è lì.









N.D.Summer
Allora... qualcosa è successo: purtroppo qualcosa che non sarebbe dovuto succedere, qualcosa che la stessa Jade quasi si rifiuta di ammettere. Ho voluto dividere il capitolo in due parti (è vero, così è proprio corto), perchè ci sono due "risvegli": uno è questo, quello in cui lei si sveglia accanto alla persona sbagliata, in cui realizza che sono tutti "ragazzi sbagliati" per lei, tranne uno... Il secondo "risveglio" lo vedremo nella prossima parte del capitolo e sarà un po' più metaforico...
Questo invece è solo pieno di parolacce!!! Bene, bene...
Ehilà... c'è ancora qualcuno che segue?!? xD
Prometto che prima della fine (ancora un paio di capitoli) ci sarà "qualcosa" tra questi due! Giuro! Ahahahha, ormai so che non mi credete più... Se siete ancora lì (ehilà!!!) dopo 28 capitoli, vi ringrazio di cuore... :P
@ _Miss_: mi sa che prima della fine ti dovrò almeno dedicare un capitolo per la pazienza con cui segui questa storia! Delle tue storie mi ero segnata da leggere My crazy life e poi avevo già ai tempi iniziato Robert chi?, ma ho scoperto dopo che era tua!!! L'idea di partenza mi era piaciuta molto, il problema è trovare il tempo per approfondire!!! Per quanto riguarda Nathan... non ci crederai, ma sono arrivata a vedere la quinta stagione, la parte in cui lui è tutto barbuto e capelluto... Non puoi capire il mio sospiro (AWWWWWW) quando poi finalmente è tornato come prima!!! Tornando alla storia... devo solo trascrivere la seconda parte al pc! Ce la posso fare! xD Baci

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Capitolo 29
*** 28. Risveglio (parte II) ***


28. Risveglio (parte II)

È seduto sul divano e ha l’aria di non aver dormito molto. Gli occhi rossi, la barba già incolta che lo fa sembrare ancora più trasandato, i capelli più disordinati del solito segno che ci si è passato le mani più del solito...
Insomma, è bellissimo.
Manca qualcosa, però, a renderlo perfetto: il suo sorriso.
Mi guarda senza espressione e se penso che potrei essere io la causa di quella apatia che riesce quasi a spegnere il suo bagliore, il bagliore che emana di solito, mi sento morire.
Stiamo immobili così per qualche attimo, sospesi, io con la mano che tiene le chiavi di casa ancora sollevata.
Poi lui si alza, viene verso di me e con la voce roca di un insonne e un tono troppo suadente per il mio cervello ancora provato, dice:
- Tu sei il mio sogno, Jade.
Lo guardo allibita: no, c’è qualcosa che non va.
Perché lui è il mio sogno.
- Noi... - continua tormentato – Lo so che lo vedi anche tu... siamo perfetti... tu sei perfetta e mi rendi quasi perfetto.
Sospira e purtroppo mi dà il tempo di pensare “Così perfetta che ho appena dormito con uno dei tuoi migliori amici”. Abbasso gli occhi.
- Io non sono perfetto, non lo sarò mai. – dice ancora – Io no. E lo so che rovinerei tutto, lo so già. Ma non posso permettermi di perdere te, non posso, semplicemente. Non posso, sai, per me stesso.
Abbassa lo sguardo anche lui, deluso forse da sé stesso.
Ho voglia di abbracciarlo, ma è troppo lontano. Non sa che io ho già rovinato tutto.
Sorride amaro, alzandomi il mento con due dita tremanti: - Vorrei provarci a stare con te, non sai... - stringe l’altra mano in un pugno e mi fissa, occhi negli occhi, mentre la voce quasi gli si spezza: - ...non sai quanto vorrei. Ma...
Sembra che non sappia più cosa dire e lascia cadere entrambe le braccia lungo i fianchi, come se fosse esausto. Come se fosse sconfitto.
- ...ma non ci riesco. – sussurra.
Mi accarezza il viso con una mano, raccogliendo una lacrima che scorreva sul mio volto che è come anestetizzato.
- Però... se vuoi... insomma... possiamo continuare ad essere amici... - tenta di dire abbozzando un sorriso finto.
- Vattene, Rob. – sento la mia voce dire decisa.
- Dici... dici sul serio? – fa lui incredulo, mentre mi rendo conto di quello che sto facendo: essere amici, accontentarsi così non è un’alternativa. È una condanna.
- Sì. Vattene. – replico riappropriandomi della mia voce e di quello che sta dicendo.
- Non fai sul serio... - dice più come se stesse convincendo se stesso piuttosto che affermando qualcosa di cui è certo.
- V-A-I-V-I-A. – scandisco lentamente con tutta la rabbia che riesco a trovare dentro di me, forse per evitare di dovergli dare una buona ragione per andarsene. Con la speranza che accetti questo consiglio che gli sto dando.
- No. -  risponde lui altrettanto duro, altrettanto deciso, altrettanto testardo. E la mia voce si trasforma in una preghiera supplichevole: - Rob...
- Se me ne vado ora me ne vado per davvero, Jade. – replica ancora con lo stesso tono. Non so più cosa dire. Non dico niente, perché ogni parola che potrei pronunciare sarebbe sbagliata, sarebbe una bugia, sarebbe inutile... Non ho vie di fuga.
- Dimmelo, cazzo. – riprende arrabbiato, ma poi mi sembra di sentire un filo di desiderio che ci sia speranza nelle sue parole: - Dimmi che vuoi che esca dalla tua vita per sempre ed io lo farò. Dimmi che non mi credi e che pensi che io voglia tenerti lontana e che me ne voglia andare e che...
- Ho dormito con Adam.
Tutto quello che sento dopo è una porta che sbatte forte chiudendosi e una ragazza che inizia a singhiozzare nella stessa stanza dove io sono morta a causa di quelle quattro parole.








N.D.Summer
Ehi, ragazzeeee!!! Premettendo che concordo pienamente con chi di voi mi dice che ho una mente assolutamente contorta, eccoci qui con un nuovo capitolo, che poi è l'altra metà dello scorso... E cosa succede? Il solito, litigano. Però stavolta le carte sono in tavola: Robert vorrebbe stare con Jade, le dice che vorrebbe, ma poi... non può. Non può perchè è uno stupido e pensa che rovinerà tutto in qualche modo e così non avrà più Jade nella sua vita, nè come amica, nè come altro... Quello che non sa è che gli stupidi qui sono due, perchè mentre lui si faceva tutte quelle paranoie, Jade riusciva incredibilmente in una sola mossa a rovinare davvero tutto e a compromettere (irrimediabilmente?) quello che c'era con Rob... qualunque cosa fosse.
@ JJ_28: ehilà! Nooooo, ma non ti preoccupare se non commenti ogni capitolo! E' solo che ogni tanto divento paranoica (addirittura) e penso che vi siate ormai stufate di leggere questa storia infinita! xD Comunque sì, mi hai scoperto: ho una mente contorta e prolifica pure! Per quanto riguarda la tua storia me la sono segnata e prometto di darle un'occhiata appena potrò, visto che al momento non ho tempo di leggere neanche l'etichetta dei cereali a colazione!
@ _Miss_:
Noooooo, le paroline no!!! Eh, che dire, me le merito tutte! No però c'è da dire che sono alla quinta stagione di OTH perchè ho iniziato a vederlo quest'anno... dall'inizio! Quindi, dai, sono giustificata! Però non so se riuscirò mai a rimettermi in pari! Tornando a questa storia... "assurdo" è la parola che userei per descriverla!!! Non dico altro!! xD
@ Comfortably Numb: Sono entrambi parecchio tonti, se hai notato! Ma sì che avrai notato, se mi "super" segui! ;) Bel nickname, comunque!!!
@ Wild Girl: Ma noooo, perchè dovresti sentirti in colpa ed invocare perdono!?! xD Abbiamo tutte i nostri impegni, no? Mmmmh, mi prendo la briga di suggerirti che forse rileggi i capitoli più volte perchè sono inconcepibili!!! Ahahhaha, a parte gli scherzi, sono... onorata? Non trovo la parola giusta, comunque mi fa molto piacere tutto quello che mi dici e mi imbarazza anche un po'! *-* Mi sono decisa a far succedere qualcosa, ma poi alla fine il problema è sempre quello: vogliono stare insieme ma non stanno insieme. E per quanto riguarda i tanti bei figli... eeeeeeh, qualcosa (la mia mente contorta) mi dice che dovranno aspettare ancora un po'...!!!

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Capitolo 30
*** 29. Una calzina blu ***


28. Una calzina

29. Una calzina blu

Da quella sera io e Robert non ci siamo più visti.
Adam ha cercato di chiamarmi qualche volta, ma non ho mai risposto e dopo un po' ha smesso. È passato così tanto tempo, mesi probabilmente, ho perso la cognizione del tempo, che credo che ormai Robert si sia dimenticato di me. Spesso spero che si sia dimenticato solo di quello che è successo con me. O meglio, tra me e lui e tra me e il suo migliore amico.
Io però ricordo tutto e molte altre cose, come se fossero successe ieri.

***

- Non mi hai mai detto cosa ne pensi dell’amore, però.
Aveva iniziato così, senza un motivo e senza un’introduzione, come al solito, una delle nostre conversazioni senza capo né coda. Ancora non sapevo quanto quel momento, anzi il ricordo di quel momento, avrebbe influito sulla mia vita in un futuro neanche troppo lontano.
Alzai le spalle con fare annoiato: - Non ci penso molto. Penso sia meglio l'amicizia, ad esempio, perché l'essere umano è essenzialmente portato a non essere monogamo ed è la società che lo costringe a far finta di esserlo "naturalmente"... In realtà, la possibilità di instaurare una relazione amorosa a due che sia allo stesso tempo soddisfacente ed onesta è solo un’illusione...
Mi resi conto di aver iniziato un monologo più con me stessa e che Robert mi stava fissando quasi a bocca aperta da un po’: - E questo sarebbe “non molto”?!? – disse scoppiandomi a ridere in faccia.
Feci di nuovo spallucce e continuai imperterrita: - Quello che penso si riassume semplicemente in una parola: impossibile. L'amore è impossibile. Ed è normale, visto che non è altro che una costruzione sociale e culturale fondata su stereotipi e pregiudizi... tra l'altro infondati.
Lui mi guardò di nuovo, stavolta alzando un sopracciglio: - Wow. E lui come si chiama?
- Lui chi? – chiesi mentre continuavo a giocherellare distrattamente con la cosa morbida e blu che tenevo tra le mani.
- Lui... quello che ti ha fatto diventare così cinica. – sentenziò lui. Non era più divertito, né aveva assunto un’aria saccente. Sembrava solo sinceramente preoccupato.
Sorrisi amara: - Non c’è nessun lui. - "Perchè ora ci sei tu", pensai.
- Certo. – fece lui sarcastico e mi resi conto che non avrei avuto via d’uscita da quella conversazione. Così, chiedendomi come sarebbe andata a finire, mi lasciai sfuggire: - Non c'è più, almeno.
- Ah! – quasi urlò lui, entusiasta per aver scoperto chissà quale grande segreto – Ma c’era! Dai, dimmi almeno cos’è successo! Ti ha tradita?
Lo guardai con fare infastidito, ma la sua espressione da cucciolo curioso non cambiò minimamente: - No. – feci un gesto con la mano come a voler minimizzare quello che stavo per dire – Non mi amava. Non davvero.
Rob mi fissò per un momento con gli occhi sgranati, poi assunse un’espressione scettica e con un tono di leggero rimprovero disse: - Sul serio, Jade? La solita storia?
- Non è la "solita storia"... - sbottai – Almeno quella volta era davvero così.
Sospirai: - Lui amava la persona che pensava che io fossi... non quella che ero. – conclusi decisa. Quella storia mi faceva ancora un po’ male, ma sembrava passato un secolo e razionalizzare tutto mi aveva fatto stare meglio allora e continuava a farlo anche in quel momento.
- Sai cosa sembra, Jade? – chiese lui assumendo il suo atteggiamento da professorino. Feci semplicemente segno di no con la testa: non sapevo se volevo sentire quello che aveva da dire.
- Sembra la storia di ogni amore. – disse sereno.
Poi, per finire in bellezza, accese il televisore e fece finta di essere interessato a quello che trasmettevano. I suoi occhi sembravano incollati allo schermo, ma sfioravano il mio sguardo appena pensava che stessi guardando altrove.

Le mie mani, intanto, continuavano a torturare un oggetto blu scuro che ormai era fin troppo abituato ad essere torturato dalle mie mani. Rob finalmente si risvegliò e si girò verso di me, ancora una volta con quella luce curiosa negli occhi: - Cos’è quella cosa?!?
Sapevo che sarebbe stato inutile resistere, perciò gli allungai docile l’oggetto che stringevo. Lui lo srotolò con precauzione dalle mie dita, poi lo fissò per qualche secondo. Io sapevo fin troppo bene cos’era, con tutte le volte che l’avevo tenuto in mano, bagnato di lacrime, quasi bruciato, buttato a terra, calpestato.
Era un calzino da bambino blu scuro, con degli orsetti marroni disegnati sopra. Era sporco, sbiadito, liso, torturato, vissuto. Come se, non avendo potuto vivere altro, io abbia dovuto sfogarmi su quel povero oggetto inanimato.
- Ma... – iniziò Rob stranito – è una calza da bimbo...! È di tuo fratello?
Scossi la testa e sbuffai: - Robert, sai che non ho fratelli.
Sapevo che si infastidiva quando lo chiamavo con il suo nome completo.
Lui mi guardò male, poi però continuò in tono leggero: - Magari era un fratello segreto. – fece spallucce – Allora, uhm... da piccola eri maschio?
- Oddio, Rob! – feci, incerta se ridere o piangere.
- E allora di chi è?!?
- Di nessuno. – risposi spossata da una conversazione che ci stavamo solo accingendo ad iniziare – Voglio dire, nessun bambino l’ha mai indossata.
Smisi di parlare e dopo pochi secondi lui sbuffò: - Oggi tirarti fuori le parole di bocca è più impossibile del solito... Sarò più preciso: cosa rappresenta per te questa calzina e perché la stropicci?
Lo fissai per un istante, indecisa: - Mi ricorda, nell’ordine, un’amica e un ragazzo... e il fatto che entrambi se ne siano andati.
- Perché? Lui ti ha tradito con lei?
- Ancora?!? Sei fissato! – replicai divertita - No, non si conoscevano nemmeno. Sono due storie diverse, l’unica cosa che le accomuna è questa. – indicai la calza nelle sue mani e continuai a bassa voce: - Semplicemente nessuno di loro due teneva a me quanto io tenevo a loro.
Robert sospirò, poi mi guardò serio e replicò: - Succede, Jade. Le persone crescono, cambiano e le loro strade si dividono... e questo succede sia in amore sia nell’amicizia...
- No. – sorrisi decisa – Non è solo per questo.
- E perché allora?
Sospirai e cercai di non pensare al significato delle parole che stavo per pronunciare, tentando di avere un tono neutro: - È che sono troppo difficile da amare e troppo facile da dimenticare.
Lo vidi irrigidirsi e scuotere la testa; poi ci pensò per un attimo e disse in tono ironico: - E tu tieni questa calza per ricordarti questo...?
- No. – risposi sorridendo più distesa. Solo lui sapeva trovare il modo per comprendere e contemporaneamente non farmi pesare quello che avevo appena detto.
La tengo per ricordarmi che ne vale sempre la pena.
- Davvero? – mi chiese e si vedeva che era sinceramente stupito.
Annuii: - Be', nonostante quello che è successo dopo, questa calzina in realtà è legata a dei bei ricordi.
- Quali? Mi piacerebbe sapere com’era la piccola Jade da teenager! – fece entusiasta.
- Non è mica passato un secolo! – scrollai le spalle con un sorriso – L'ho comprata in un negozio di abbigliamento per bambini con quella mia amica durante uno dei nostri giri di shopping per la città. Eravamo due mine vaganti... - ricordai e non potei fare a meno di sorridere sognante, ricordando quei momenti.
- Era il periodo in cui questi cosi si usavano come porta-cellulare. – spiegai – Anche lei ne comprò un paio, simili...
- Un paio?
- Be’, certo, mica te ne vendevano una sola.
- E dov’è la gemella di questa? E io che pensavo che te l’avesse regalata il misterioso “lui”...
- Be'... non proprio.
- Quindi, l’altra...?
- ... cestinata, bruciata, buttata in mare?!? Non so. – risposi facendo spallucce e distogliendo poi lo sguardo: - L'altra ce l'aveva "lui"... l'ho regalata io a lui.
Mi guardò ancora una volta con gli occhi spalancati ed io sentivo che il mio sguardo, in quel momento più vulnerabile che mai, non sarebbe riuscito a sostenere il suo.
- Piccola Jade romantica! – esclamò Rob tutt'a un tratto.
- Non ero romantica. – risposi secca, quasi imbronciata.
- Gli hai regalato una calza! Più romantico di così! – scherzò. Prima di scoppiare a ridere insieme a me però, lo vidi osservare attentamente la mia reazione, per saggiare se fosse stato un bene scherzarci sopra. Questa sua piccola accortezza mi fece arrossire lievemente, ma per fortuna lui non se ne accorse, intento com’era a prendermi in giro: - Di solito si regala un cuore spezzato, sai, un ciondolo, tenendo l’altro per sé... Come per dire: quando ci incontriamo uniamo le due metà e formiamo un cuore intero. Voi... be’, voi con due calze... che poi starebbero per due piedi... voi al massimo potreste fare...
- ... un cazzo. – conclusi io finemente.
- Jade! – mi apostrofò Rob fintamente scioccato – Che volgarità! Al massimo potreste fare... due gambe della stessa persona, cioè, attaccate intendo, nel punto che...
- Il c... - cercai di dire di nuovo trattenendo un sorrisino, ma lui mi interruppe tappandomi la bocca con la mano e continuando con la sua idea: - Potreste camminare, al massimo, ecco. Oppure...
Finalmente riuscii a liberarmi e questa volta fui io ad interromperlo: - Io stavo solo dicendo che il c... oncetto che volevo esprimere prima era: non potremmo fare proprio niente con due calze, perché non ho nessuna intenzione di rincontrarlo.
- Nella vita non si può mai sapere. – mi sussurrò facendomi l’occhiolino – Per esempio, avresti mai detto che un giorno saresti stata qui a parlare di calze con l’attore più famoso, figo e modesto del momento?
Sorrise sinceramente divertito e alla vista di quegli occhi blu raggianti non potei fare a meno di imitarlo.

***

Quel ricordo in particolare mi era venuto in mente spesso da quando ci eravamo visti l’ultima volta, ma non capivo perché, non capivo cosa ci fosse di tanto importante in quella chiacchierata con Rob.
Poi ho realizzato e ora so cosa devo fare.
So che devo dargli il regalo che avevo programmato di dargli al suo compleanno.
Perchè so che, anche se Robert non vuole stare con me, ne sarà sempre valsa la pena.









N.D.Summer

Che dire. Direi che mancano ancora solo un paio di capitoli, perciò suppongo che resterete abbastanza deluse dal finale, visto che vi ho  fatto penare per mille capitoli...!!! Be', che vi devo dire, insultatemi pure, quando sarà il momento! Il problema è che le mie storie di solito finiscono al primo bacio... al primo bacio di true love, comunque. Proprio come le favole. Non per niente sono sempre stata convinta del fatto che...:
Turns out fairytales end when they do for a reason.
Ma cosa facciooooo, mi fascio la testa prima del tempo? :P Ma no, ma no. Be', in ogni caso ci sarà un epilogo, non so ancora se come storia a sè o come altri capitoli di questa...
Per ora, spero che vi sia piaciuto questo capitolo che, è vero, è un po' un filler, però mi serviva per far capire cosa passa per la mente (malata!) di Jade...
Ricordi, è vero, ma ricordi che le danno la forza di fare qualcosa che... be', lo scoprirete! Crudeeeeeeele!!!

@ SIL1996:
Eeeeh, eppure nella mia storia di rapporti disfunzionali, lui le chiede di rimanere amici, a mio parere anche contro se stesso... Ma lui è cretino almeno quanto Jade, che gli ha risposto così anche per allontanarlo... Insomma, lo ripeto da tempo... due cretini! Grazie di tutto, baci!
@ SweetCherry:
Mi fai arrossireeeee! Eeeeeh, cercare di capire chi ha ragione e chi ha torto qui è davvero difficile, anche perché sembra sempre che abbiano torto entrambi! Cosa che d’altra parte succede spesso quando c’è di mezzo un sentimento forte come quello che (forse! :P) condividono questi due... a presto!
@ _Miss_:
Ma grazie, dirmi che ti arrivano i sentimenti di questi due è davvero una delle cose migliori che mi potresti dire (woah, contorto)... Ma tu ancora riponi fiducia in me?!?! xD
@ JJ_28:
Dai, non ti lasciar smontare per così poco! In fondo lui le ha solo confessato il suo amore per poi dirle “vabbè, non è che ti piacerebbe continuare a logorare i tuoi ed i miei nervi senza cambiare niente?” e lei gli ha solo confessato di essere andata con il suo migliore amico! Che problema c’è! (cavolo, Beautiful mi fa un baffo. Ora devo solo far andare Rob con la mamma di Jade e sono a posto...xD)
Passiamo alla parte seria: sìsì, ci sta l’interpretazione delle due morti interiori al posto del risveglio... Uhm, il titolo del capitolo in effetti si riferiva solo alla prima parte, in cui Rob finalmente apre gli occhi (capisce di volere Jade non solo come amica) e li fa aprire anche a lei (quando glielo dice). Entrambi si risvegliano, o meglio, si danno una svegliata! Peccato che poi, come hai detto tu, la cosa abbia portato solo ad un suicidio-omicidio. Grazie di cuore, anche per la curiosità seria :P
@ Comfortably Numb:
Rob è perso nell’etere sì... sarà per questo che ha gli occhi di quel colore così straordinariamente simile a quello del cielo? Aaaaaaaw. ... Si capisce tanto perché questa storia parla solo di personaggi idioti e persi? D’altronde non possono che somigliare a chi li descrive  xD

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Capitolo 31
*** 30. Fine ***


30. Fine

30. Fine

- È per me?

Annuisco mentre lo guardo, bello come sempre, scombinato come sempre, scomposto come sempre, rigirarsi il pacchetto tra le mani.

Alla fine ho deciso di vederlo ancora una volta e di farlo per un motivo speciale. Lui ha acconsentito con una calma innaturale per la sua indole a trovarmi uno spazietto durante uno dei suoi soliti mille viaggi di lavoro.

Ci incontriamo quindi in un luogo che potrebbe essere tutti i luoghi in cui ci siamo incontrati in tutto questo tempo e allo stesso tempo nessuno. Ci troviamo in un luogo che non ha significati per noi due, sgombro da tutto quello che è successo tra noi, nuovo, pulito; un luogo asettico e neutro, freddo e distante, come sono diventati i rapporti tra di noi ora che ci siamo allontanati, non solo fisicamente.

 

Il regalo che gli ho portato è incartato con quella carta marrone che si usa per i pacchi postali: non volevo che pensasse che ci avessi messo troppa cura, confezionandoglielo in una di quelle belle carte da regalo e magari mettendogli sopra anche un fiocco. Rob mi guarda calmo ma sorpreso e quando i suoi occhi brillano nei miei penso proprio di non farcela.

Penso proprio che sono finita troppo in fondo a quegli occhi per poter mai riuscire a ritornare in superficie. E penso, con una malinconia che mi sommerge a ondate schiumose, a quando, dopo che lui avrà aperto quel dannato pacchetto, me ne andrò. Stavolta per sempre.

Cerco di non rimuginare troppo su come sarà vivere senza di lui. Anzi, cerco di fare in modo che il pensiero non mi sfiori neanche, in modo che i mille aghi di cui è circondato si limitino a minacciare la mia pelle, invece di trafiggerla. Sarà il momento di affrontare il dolore quando sarà il momento di affrontarlo. Quando lascerò cadere le mie difese, sarà lì pronto a camminare sulle mie macerie. Ma, per ora, mi godo il sorriso di Robert. Ora mi godo il calore che emanano i suoi occhi, perché so che quel bagliore è unico e che non lo troverò mai più da nessuna parte.

Lo stesso bagliore che tra poche ore non potrò far altro che ricordare, quello il cui ricordo tra poche ore mi ucciderà.

 

- Certo che è per te, Rob. – gli dico con un sorriso, sbuffando però come se fossi scocciata. In realtà sono rimasta ancora una volta sconvolta dalla purezza e dall’entusiasmo infantile che riesce a tirare fuori in certe occasioni e ai quali non mi abituo mai. Che non mi bastano mai. Per stavolta, però, visto che sarà l’ultima volta, cerco di riempirmi gli occhi ed il cuore di tutto quello che fa, di tutto quello che è. In fondo, tra poco, almeno per me, non sarà più.

 

Avete mai avuto un sogno, una storia, una persona che era tutto per voi, ma che, nonostante questo, vi sembrava che fosse un macigno legato al vostro piede, che vi portava giù ogni giorno sempre di più, verso il fondo? Avete mai provato qualcosa per qualcuno senza il quale non sareste riusciti a sopravvivere sapendo che al tempo stesso non sareste mai riusciti a convivere a lungo con quel sentimento? Avete mai temuto che un sentimento potesse uccidervi?

 

Lo avete mai sperato?

 

Le sue dita affusolate e chiare tengono con delicatezza il pacchetto mentre lui mi guarda ancora.

Farfuglia qualcosa come: - Ma non è il mio compleanno...- e poi abbassa lo sguardo ed inizia ad aprirlo, piano. La sua lentezza è dolce ed esasperante, sembra quasi che anche lui sappia cosa succederà una volta che il pacchetto sarà aperto. Ma non lo sa, forse lo sente soltanto.

Strappa la carta provocando un rumore piacevole e straziante, poi vi infila le dita sotto ed estrae il contenuto.

Il suo sguardo si fa, se possibile, ancora più azzurro e intenso. La meraviglia aggiunge un tocco di magia ai suoi occhi, che tra l’altro non ne avrebbero bisogno.

- Cos’è? – chiede curioso a voce bassa, come se non volesse rovinare quella specie di atmosfera rarefatta che si è creata. Gli sorrido ed i miei pensieri malinconici e tristi finalmente rimangono in silenzio a contemplare la sua reazione sorpresa.

In mano, ora, tiene un quaderno con la copertina di pelle nera, tenuto chiuso da un elastico che lo circonda. È così pieno che sembra quasi che i fogli vogliano esplodere per uscire fuori da quell’involucro.

- Aprilo. – dico e la mia voce è troppo flebile perché questa mia parola sembri un ordine e non una richiesta implorante.

Mi guarda di nuovo e sembra capire che c’è qualcosa che non va, perché il suo sorriso spavaldo e inconsapevolmente felice di poco prima si spegne ed al suo posto compare un’espressione interrogativa. Nonostante questo, toglie l’elastico senza dire una parola e finalmente apre il quaderno più o meno a metà.

 

- È un’agenda... una specie. – inizio a spiegare mentre lui la fissa, ma poi non so come continuare. Lui inizia a sfogliare le pagine una volta bianche e a scrutare la mia calligrafia che con l’inchiostro nero ha riempito e sostituito quasi interamente il bianco candido precedente.

Sospiro e cerco di aggiungere qualcosa: - È un’agenda di quest’anno ed io... ho scritto una specie di storia. Giorno per giorno. È... è una stupidaggine, ma... volevo che la leggessi. Oddio, ora non so nemmeno il perché, ma... vorrei ancora che la leggessi. È una storia su di te. È la mia storia su di te. Con te.

Si blocca per un attimo e alza su di me uno sguardo allucinato e lucido: - T-tu... hai scritto una storia...? Su di me...?

È come se mi avessero dato uno schiaffo, perché il suo sguardo è così intenso che mi rintrona ed i suoi occhi sono troppo lucidi perché io possa essere in grado di formulare ancora pensieri razionali.

- Sì – rispondo semplicemente con quel filo di voce che sono riuscita a ritrovare chissà dove nella mia anima. È per forza da lì che deve provenire, perché aggiungo anche: -  ...è su di te.

E poi continuo ancora, guardando il pavimento: - Su di noi.

Proprio come la canzone di Pupo, mi verrebbe da dirgli, come assaggio di quello che sarà molto probabilmente il mio stato mentale dopo tutto questo: profonda ed ineluttabile pazzia.

- Jade... - sussurra lui e mi sembra che il mondo si sia fermato ad ascoltare il tono della sua voce, il suo timbro mentre dice quel nome, il MIO nome, perché così dovrebbe essere, perché la sua voce è fatta per essere ascoltata ed amata e perché io ora sono l’unica che può sentirla pronunciare il mio nome, così.

Gli occhi iniziano a pungermi e qualcosa mi sale in gola e deve essere il mio cuore perché lo sento che non batte più dove dovrebbe. E i suoi occhi sono ancora troppo lucidi per sperare che il mio cuore tornerà presto al suo posto.

- È... - dice tornando a sfogliare quelle che saranno mille pagine di inchiostro nero - ... è bellissimo.

Mi viene da ridere e gli rispondo divertita: - Ma se non l’hai ancora letto...!

In realtà, non c’è niente di divertente. In realtà, sto tremando.

Come al solito, più del solito, non respiro più quando mi guarda ed i suoi occhi mi sorridono curiosi ed eccitati: - Posso leggerlo adesso?

Ti prego. Ti prego. Santo Dio, ti prego. Non fare così. Smettila di essere così. Smettila di spezzarmi il cuore ogni volta che apri bocca e smettila di non capire che è già tuo, che non hai più bisogno di spezzarlo.

- No. – rispondo un po’ brusca, come se ce l’avessi con lui. Come se fosse colpa sua.

- No, ehm, leggilo quando non ci sono. – aggiungo.

Perché, Robert, poi, non ci sarò più.

- Ah. – dice con questa sorta di imbarazzo strano in cui galleggiamo entrambi da un po’. Non è da noi, essere così: ma quando pensi che ci sia un grosso peso che incombe sulla tua testa, quando senti che potresti ferirti da un momento all’altro per qualcosa di troppo grande, allora non puoi fare altro che parlare sottovoce e muoverti il meno possibile.

Lo sente anche lui, forse. Infatti, cerca di sdrammatizzare sorridendo ironico: - E quando te ne vai, allora?

Troppo presto, Rob. Sempre e comunque troppo presto.

- Adesso, in realtà. – gli rispondo con un sorriso mentre dentro cado a pezzi. – Sul serio, ho... ho qualcosa da fare.

Qualcosa per cui non credo che mi perdonerai. Qualcosa di definitivo, che metterà la parola fine a noi due. Qualcosa che devo fare, per sopravvivere. Non per vivere, perché non credo che ci riuscirò ancora senza di te. Ma sopravvivere, sì, quello lo posso fare ancora. Senza di te.

Senza i tuoi occhi e la tua voce che per me sono stati una condanna. Non posso più vivere, ormai: con te, senza di te, non vivrei. Ma posso evitare di morire, quello sì, e sopravvivere. Almeno credo.

Ma non posso più stare qui, non posso più stare con te, non un minuto di più. Non posso stare con te o essere con te mentre leggerai quello che ho scritto su  di noi, il modo in cui ho iniziato ad amarti ed il modo in cui non ho mai imparato a non affogare. Ora, che sia troppo presto o no, devo andare.

Ti avvicini a me e sorridendomi fai per abbracciarmi, come fai qualche volta per salutarmi.

E non puoi neanche immaginarti quanto vorrei sentire ancora il tuo calore, il suo profumo, te. Ma sarebbe una condanna a morte immediata, sarebbe un suicidio. Ti sorrido vuota, già persa nel nulla che mi dovrà avvolgere necessariamente per permettermi di fare ciò che ho deciso di fare e mi volto, andandomene via da te.

Non mi giro indietro, esco dalla porta e mi perdo.

Ci sarà una pagina della nostra storia che non leggerai, perché non sarà mai messa in quel quaderno, insieme alle altre. È l’epilogo, è la fine. È questa pagina, l’ultima di noi.








N.D.Summer

Vi ho detto che i capitoli sarebbero stati 30 e...questo è il 30... questo vi dice qualcosa? Il titolo del capitolo vi dice la stessa cosa? Bene... io non dico niente, però, che non voglio mica essere lapidata tramite recensioni di Efp. =P

Però vi do un'anteprima dell'epilogo... eccola qui sotto.

 

***

- Allora Mr.Pattinson... come va?

Era a dir poco strano pronunciare quelle parole e trovarmi in una situazione così simile a quella che avevo vissuto solo un anno prima. Un anno esatto,  pensai.

Io seduta su una sedia scomoda davanti ad un attorucolo famoso in tutto il mondo. Io, che la sedia la trovavo scomoda forse non tanto per la sedia in sé, ma più per quei due occhi blu che non avevano smesso di togliermi il fiato. Non quando mi guardava così, mezzo divertito, mezzo provocante.

Eppure, non avevo mai pensato che in un solo anno sarebbero potute cambiare così tante cose.

- Bene – sorrise lui fin troppo compito e poi mi chiese a sua volta: - E a lei, come va?

 

***

 

@ SIL 1996:

Alla fine Jade ha fatto tutto quello che sentiva, da sempre... e anche se le cose non sono sempre andate come voleva, almeno ora ha preso una decisione che forse le darà un po' di quella serenità che le manca... no? Certo, con la decisione che ha preso in questo capitolo, non so se sarà davvero così... =)

 

@ uley:

In effetti mi ero chiesta dove fossi finita!!! Sei tornata giusto in tempo per la “fine”... Vabbè, dai, per stavolta ti perdono xD Anche perché sennò chi avrebbe mandato le lettere a questi due per dire loro di darsi una mossa?!?

... ma secondo te servirebbe? Le fette di salame sugli occhi, hanno! E oltretutto si fanno anche tutte le paranoie del mondo :P e prendono sempre la decisione sbagliata!

 

@ Wild Girl:

Cavolo, ogni volta che leggo i tuoi commenti ci rimango... poesia, davvero? *_* grazie, per me ricevere un commento come il tuo (come i tuoi, a dire il vero) vuol dire molto... Passando alla storia... purtroppo a quanto pare anche Jade ha imparato sulla sua pelle che cosa voglia dire avere qualcosa e poi perderlo... ma ha imparato anche la cosa più importante, ovvero che non bisogna avere rimpianti... quasi mai. <3

 

@ JJ_28:

Mi fa piacere che lo scorso capitolo ti/vi sia piaciuto, temevo ritorsioni per aver ancora una volta anteposto il "nulla" agli avvenimenti veri e propri...!!! :P

Cavolo, allora dici che ho un futuro come sceneggiatrice di soap infinite/ventennali?!? Bene, vado subito a dire ai miei che ho trovato il lavoro che fa per me! xD

Mi fate piangere che avete ancora fiducia in me, ahahhah! Non sapete in che guai vi state cacciando!!!

Ma non mi dire che sul serio li sogni anche la notte! ...e se è vero voglio i particolari :P che magari mi ispirano per una continuazione ahahhahahah!

P.S. Adoro i commenti, soprattutto quelli lunghi!!! 

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Capitolo 32
*** DelirIO: La prima pagina ***


I'd lie

A te,

perché nonostante tutto,

questa canzone sa troppo di te

per non dedicartela.

He tells me about his night,

I count the colors in his eyes

Ci ho provato, lo ammetto, a contare I colori dei tuoi occhi, ma sai, non ci sono mai riuscita…

Sono azzurro chiarissimo quando ti sei appena alzato la mattina ed il sole vi si specchia per la prima volta in tutta la giornata e sono azzurro un po’ più scuro quando ti metti a cantare solo perché ti va.

Sono grigi, quando pensi  a Londra, a casa tua, quando piove e quando ti manca qualcosa.

Sono di un grigio scuro e tempestoso quando ti arrabbi e quando non vuoi che me ne vada.

Sono di un azzurro insolente quando reciti la parte dell’attorucolo sex symbol e non ci credi neanche tu.

Sono azzurri come il cielo quando ti senti libero di fare quello che vuoi, di prendere in giro qualcuno che si prende troppo sul serio, quando ti va di essere sincero.

Sono blu scuro quando guardano i miei da troppo vicino.

Sono blu elettrico la sera quando ti diverti con i tuoi amici, quando vai per locali e quando bevi troppo.

Sono quasi verde acqua quando mi fai capire appena che ti manco, che non sapresti cosa fare senza di me, che vuoi stare con me. E quando sei deluso da me.

Non capirò mai come facciano un paio di occhi ad avere in sé tutti questi colori diversi e molti altri ancora, né perché tutti, uno per uno, riescano a scuotermi l’anima.

He'll never fall in love, he swears, as he runs his fingers through his hair...
I'm laughing 'cause I hope he's wrong
Mi fai ridere quando ti passi continuamente le dita tra i capelli perché sei nervoso o perché non sai cosa dire, come se le parole e le idee potessero trovarsi nei tuoi capelli e “venire al pettine” come dei nodi…
Mi fai piangere quando dici che non ti sei mai innamorato, che non hai mai fatto a botte per nessuna ragazza, che non ti senti adatto ad essere innamorato, che non sai se vuoi innamorarti…
Mi fai ridere perché dici che non vuoi innamorarti e che hai paura… e non sai invece quanto sia bello…
Mi fai piangere perché forse non saprai mai quanto lo sia e probabilmente non lo scoprirai con me…
Mi fai ridere, perché spero con ogni mia molecola che ti sbagli.

He looks around the room, innocently overlooks the truth… Shouldn't a light go on? Doesn't he know that I've had him memorized for so long?
A volte ti guardo e poi distolgo subito lo sguardo quando ti giri. A volte ho paura che tu possa capire, ma un sentimento si può definire “paura” se spesso sconfina nella speranza? Posso sperare in qualcosa di cui ho paura? Sono terrorizzata all’idea che tu possa intuire che io ti vedo e ti sento e al tempo stesso vorrei che tu lo realizzassi, che tu lo vedessi… Ho paura che tu capisca, o che possa non capire mai, ho paura di perderti e di averti, non so come fare a starti vicina e non riesco a starti lontana. Questo sentimento che mi spezza in due, che apre il mio cuore, è tutto ciò che mi fa andare avanti e al tempo stesso tutto ciò che mi tiene ancorata al fondo, incatenata a te.

And I could tell you his favorite color's green,
he loves to argue, his sister's beautiful , he has his father's eyes
Se volessi sapere qual è il tuo colore preferito (ma non lo saprai nemmeno tu) o il tuo gusto di gelato preferito o la tua canzone preferita o la tua marca di cereali preferita, mi basterebbe cercare da qualche parte nelle riviste o in rete per trovare la risposta…
Potrei sapere tutte queste cose e non sapere comunque niente di te.
Potrei comunque non sapere come ti illumini quando ti fanno una sorpresa, come quando entri tu in una stanza sembra che le luci siano più brillanti, come la tua voce scivoli sotto la pelle e non ne esca più… Quanto vuoi bene alla tua famiglia, ai tuoi amici, quelli veri…
E neanche quanto, a volte, mi dai l’impressione che ti piaccia litigare, cercare il confronto, spingere le situazioni al limite, oltrepassarlo per vedere se effettivamente ci sia qualcosa al di là… come se quello che c’è al di qua non basti ad una creatura come te…
Non saprei com’è quando mi guardi, non saprei com’è stare sdraiata sulle nuvole con te, non saprei cosa vuol dire avere il cuore che batte così forte che non riesci a sentire nessun altro rumore, non saprei cosa vuol dire sentire di aver trovato finalmente il proprio posto nel mondo.

He'd never tell you, but he can play guitar
Ho visto tanti lati di te che non dai a vedere agli altri: ti ho visto non credere in te stesso, pensare di essere un idiota, uno strambo, negare di essere geloso, nasconderti dietro un personaggio, odiare quel personaggio, prendere in giro chiunque ti dicesse che sei una star, o una rock star…
E poi ti ho visto suonare e cantare ed era come se tutto quello che avevano costruito su di te svanisse a poco a poco, lentamente, come tanti strati di fumo che non permettevano alla vista di cogliere quello che c’era sotto. E in quel momento, a casa mia, guardandoti suonare una chitarra acustica, ho visto davvero quello che eri e mi sono salite le lacrime agli occhi… Non ho visto l’attore strapagato, il cantante e nemmeno il sex symbol. Quella notte ho visto te, e non mi sei mai più uscito dagli occhi.

He sees everything in black and white, never let nobody see him cry…
I don't let nobody see me wishing he was mine
Non ti ho mai detto niente, non credevo ce ne fosse bisogno. Abbiamo condiviso tanto insieme: abbiamo riso e abbiamo fatto discorsi seri, ci siamo presi in giro e ci siamo feriti a vicenda, abbiamo fatto pace e ci siamo guardati attraverso occhi lucidi di lacrime…
Non credo che tutto questo sia stato niente. Non credo che tu non avessi capito. Ho negato a te, a tutti gli altri che continuavano a ripetermelo, a me stessa di poter provare qualcosa per te, qualcosa che andasse oltre il nostro strano modo di essere amici.
Ho negato perché non avrei sopportato di perderti, ma negando ti ho perso.
E se negare non è servito, perché invece non raccontare tutto dall’inizio?

He stands there, then walks away, my God, if I could only say
I'm holding every breath for you

E quando te ne sei andato, lasciando dietro di te una scia di scuse non pronunciate e di rimpianti nascosti, hai lasciato un vuoto nel mio stomaco, nei miei polmoni, nella mia vita. Per qualche ora non sono riuscita a respirare normalmente, sai, dopo che quella porta si è chiusa sbattendo.
Dopo che ti ho detto di Adam.

Dopo che, senza dire niente, ci siamo detti addio.
Non c’è bisogno che dica che ho sbagliato, che non ho dimostrato con i fatti quello che sto dicendo qui, che ho buttato via tutto. Non c’è bisogno che dica che mi dispiace, perché ormai non c’è più niente per cui dispiacersi. Non c’è più niente per cui valga la pena scusarsi.
Ma sto ancora trattenendo il fiato in vana attesa del momento in cui tu ritornerai.

I think he can see through everything
but my heart

Io continuo a pensare che tu sia speciale, che tu abbia una luce in te che smorza tutte le altre, che le fa sembrare lucciole, al confronto; forse non smetterò mai di farlo. Continuo a pensare che tu sia molto più di quello che pensi, di quello che pensano gli altri, di quello che dici di essere. Ho sempre pensato che riuscissi, con quella tua luce, a vedere davvero le persone e le cose, ad illuminarle e a vederle così per quello che erano davvero…
Per capire quali sono le cose importanti, le persone importanti, per capire cosa la gente pensi sul serio, al di là di quello che ti dice, dei complimenti standars che ti fa, delle cose carine che dice a te, per poi negare davanti a chiunque altro...
Ho sempre pensato che riuscissi a farlo con tutti, tranne che con me.

First thought when I wake up
is “My God, he's beautiful”,
so I put on my make-up
and pray for a miracle
Ogni mattina mi sveglio, ogni mattina penso a te. Ormai è come una sorta di appuntamento: non appena suona la sveglia, la mia mente si focalizza sulla tua immagine, i miei occhi non vogliono vedere altro se non te, la mia bocca prende la forma del tuo nome.
E per quante volte io possa averlo urlato quella notte stessa in uno di quegli incubi che ultimamente faccio spesso, ha sempre comunque un sapore fresco sulle mie labbra.
Ogni mattina mi sveglio, mi vesto, vado a lavorare… ogni mattina faccio tutto come un automa, pur di non pensare a te, al tuo viso, alle tue mani, alla tua voce. Ogni mattina inevitabilmente mi ritrovo a vederti ovunque, su qualunque cartellone, in qualsiasi rivista, nella faccia di qualche passante, anche se non ci sei.
Perchè ogni mattina, tu non ci sei.

And if you ask me if I love him
I'd lie

 

 

N.D.Summer

Non potevo lasciarvi così a lungo senza un aggiornamentino… Anche perché la volta scorsa sono stata crudeeeeele (lo ammetto) e non vi ho svelato se lo scorso capitolo era davvero la “fine”…

Non lo era, come avete acutamente intuito! Crudele sì, ma non fino a questo punto! =P

Prima di uscire, quindi, (in ritardo come al solito, damn) vi lascio questo capitolo un po’ strano… ebbene sì, quella che avete letto finora era proprio la storia che Jade ha scritto (o almeno: non so se si sia capito, ma era quello che volevo far capire =P) e che poi ha consegnato a Robert come regalo di compleanno-ormai-passato-da-settimane… E questo capitolo in particolare è una sorta di estratto da quel diario, ovvero la primissima pagina: racchiude una dedica, una canzone e…direi tutta Jade.

Come ho già detto in un’altra storia, le canzoni che mi ispirano solitamente sono quelle più stupide, in questo caso, povera me, parliamo di Taylor Swift… che, devo dire la verità, nonostante tutto, mi ha ispirato varie volte…

Spero che si vedano i font diversi, non sono sicura di averne scelti di comuni… Mmmmh.

 

Comunque, vi lascio anche con la promessa che ci sarà ancora un altro capitolo dopo di questo, questa volta davvero l’ultimo di questa storia…

E poi l’epilogo: breve, lungo… ancora non lo so: ho scritto di getto solo due capitoli, al resto devo ancora pensare…

Ma nessuno dice niente dell’anticipazione? T.T e io che pensavo di mettervi una certa ansia =P sono insopportabile… ;)

Buona serata (o  giornata,  dipende da quando leggerete) e buona lettura!

 

@ SIL1996:

Sì, sì, c’è l’epilogo! E un altro capitolo in cui probabilmente scopriremo cosa ne pensa Rob del regalino di Jade… alla prossima, allora!

 

@_Miss_:

Ma dai, non ti preoccupare se non mi commenti un capitolo! Certo, fa sempre piacere leggere cosa ne pensi… ma non è assolutamente una cosa per cui chiedermi scusa! ;) Anch’io non riesco a pensare che sia finita!!! È sempre così quando finisce una storiaaaa T.T Meno male che ci siete voi che con i vostri commenti mi fate andare avanti fino in fondo!!!

Per il gruppo su fb ti ho mandato una mail in privato, spero ti sia arrivata! Se no, te lo dico anche qui: certo che mi farebbe piacere! Attendo aggiornamenti ;)

 

@ valenina:

Hai perfettamente ragione a non essere d’accordo con quel finale... e infatti non è il vero finale!!! Sospiro di sollievo, eh? Il vero nome verrà svelato presto, nell’epilogo…!!! Ma grazie per il resto *-*

 

@ uley:

Nooooo, dai: come hai letto non è finita qui, soprattutto non così! Mi spiace di averti sconvoltaaaaa, non lo faccio più, prometto, giurin giurello, parola di scout (mai fatto la scout in vita mia)… Adesso voglio la statua!!! Spero che il prossimo capitolo sarà all’altezza!!! Perché è lì che si gioca un po’ tutto…

Ma no… dai… starai mica dicendo, Summer… che… succederà qualcosa?!?

Ehe!!! (sono fusissima, parlo anche con me stessa, ora. E mi rispondo!!!)

Cavolo, in un solo commento ti sei picchiata, sei quasi morta, ti sei fritta il fegato e hai sbattuto la testa contro il muro xD

Questa storia nuoce gravemente alla salute!

Comunque complicare anche la mia di vita è davvero sempre stata una mia caratteristica -.-‘

Certo che poi scrivo storie così assurde! Ma insomma! =P

 

@ JJ_28:

Siiiiii, w i commenti chilometrici! Per quanto riguarda l’happy endingmmmhu.u… non so… magari ci penso, eh? xD

Ma nooooo, scherzo, ci ho già pensato: arriva Brooke Logan e risolve tutto mettendosi con Rob e avendo un figlio da lui, figlio che poi si metterà con Jade… per poi lasciarla e mettersi con Brooke, sua madre… xD

Davvero, leggendo i vostri commenti mi convinco sempre più che questa storia faccia male alla salute! Colpi di scena letali, astinenza da Rob&Jade, momenti di pazzia (anche dell’autrice stessa), FEBBRE! … non va bene!!! xD Dovrebbero segnalarmi alle autorità per spaccio di materiale dannoso per la salute! =P

Comunque grazie grazie grazie per tutti i complimenti disseminati nel tuo commento *-* Sono anche sconvolta dal fatto che tu l’abbia riletta tutta… *-* alla seconda

P.S. La matematica É un’opinione. Cinque anni di liceo scientifico non mi hanno tolto questa certezza. L’unico  problema è che è un’opinione che spesso mi sfugge (sfuggiva) -.-‘

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Capitolo 33
*** 31. Dopo la fine ***


30. Fine

31. Dopo la fine

- Jade, fammi salire.

- Vattene.

- Jade, ti prego...

- ...

- Dimmi almeno cosa ti ho fatto...

- Rob...- dissi con la voce spezzata - ...te ne devi andare. Fidati di me.

- Qualunque cosa io abbia fatto, mi dispiace... Voglio solo parlare con te.

- Non è possibile. Vai via.

- Jade, sul serio, due minuti.

Sospirai nel citofono, ricacciando indietro un paio di lacrime testarde e la sensazione che quello sarebbe stato l’inizio della fine. Ci misi un secolo a parlare di nuovo.

- Ok. Due minuti.

Schiacciai il pulsante per aprire il portone e sospirai di nuovo, convinta che stavolta davvero non ce l’avrei fatta.

 

Passai i successivi minuti in uno stato di incoscienza, finché la porta non si aprì. Dietro, Rob stava in piedi come se gli avessero appena sparato un colpo al cuore.

Si bloccò di colpo, appena mi vide sulla soglia ed il suo sguardo si addolcì.

Stava lì in piedi incorniciato dalla porta, immobile, sgualcito, con le gocce di pioggia che l’avevano inzuppato fino a poco prima che ora cadevano sul pavimento, formando una pozza ai suoi piedi. Nella mano destra, abbandonata lungo il fianco, teneva stretto un fiore bianco dallo stelo lungo, fradicio e con i petali piegati all’ingiù. Ansimava piano, evidentemente aveva fatto le scale di corsa, sperando che non cambiassi idea nel frattempo.

Non c’è bisogno di dire che anche così, bagnato fradicio, con i capelli e la camicia che gli si appiccicavano alla pelle, con le guance più rosee del solito per lo sforzo e con gli occhi accesi per lo sgomento, era... semplicemente troppo. Il suo sguardo così bello era di un cupo blu scuro, pentito a prescindere per qualcosa che non sapeva di aver fatto, spossato da qualcosa che gli era mancato.

Facevo fatica a respirare pensando che quel qualcosa avrei potuto essere io.

- Scusami. – disse dopo un po’, guardandomi di sottecchi, cercando di captare qualsiasi mia espressione.

- ... di cosa? – gli chiesi con tono piatto, cercando di non lasciarmi scuotere da lui.

- Di qualunque cosa io abbia fatto. Scusami.

- Cosa pensi di avere fatto? – gli chiesi ancora cauta ma incuriosita. Intenerita.

- Non lo so, Jade. Non lo so, cazzo, perché non mi vuoi più parlare, perché non mi rispondi ai messaggi o al telefono. Non lo so perché non mi vuoi più vedere. Però ti chiedo comunque scusa.

- Mi chiedi scusa senza sapere cos’hai fatto. – dissi, più un affermazione, una presa di coscienza, che una domanda.

- Sì. E scusa anche perché non so cosa ho fatto.

- Smettila.

- Perché? Ti sto solo chiedendo scusa.

- Smettila di chiedermi scusa. Non dovresti essere qui.

- Lo so, dovrei essere ad una conferenza stampa a Parigi. Perciò mi merito almeno che tu mi dica cosa ti ho fatto.

Cosa mi hai fatto.

Mi hai stregata, mi hai condannata, mi hai invaso, mi hai reso impossibile stare senza i tuoi occhi, hai riempito ogni mio pensiero, mi hai fatto credere di nuovo.

Mi hai fatto innamorare di te.

- Niente! – esclamai a voce un po’ troppo alta, esasperata: - Non mi hai fatto niente.

Mi guardò di nuovo, cercando di capire. Per quanto odiassi mentirgli o farlo star male, non potevo dirgli la verità. Non ne avevo la forza, né il diritto. Non potevo tradire così me stessa, solo per farmi ancora del male.

- Ok. – disse lui mesto, abbassando lo sguardo – Va bene. Me ne vado.

Fece per andarsene; poi, come ricordandosi qualcosa di importante, si rigirò verso di me e mi tese la mano destra, che ancora stringeva il fiore, ormai distrutto.

Almeno quanto me.

Me lo porse e disse dolcemente, anche se con una nota ancora dura nella voce: - Questo era per te.

Quel gesto mi fece salire il cuore in gola e mi riempì di un calore che solo lui, con la sua tenerezza nei momenti più inaspettati, mi sapeva dare.

Mi guardò ancora un istante con quegli occhi di un blu che non avevo mai visto prima e si voltò verso la porta. Al primo passo che fece per allontanarsi da me, mi ritrovai a dire:

- Non fare lo scemo.

Il suo sguardo si puntò ancora di me e una scintilla di sorpresa mista a felicità gli passò sul viso.

- Non puoi andare in giro tutto bagnato. – dichiarai arrossendo chissà perché e abbassando lo sguardo.

Mi avvicinai a lui ed alzai lentamente le mani verso il suo collo: dopo un’eternità, finalmente toccai la stoffa della sua camicia azzurra con le dita ed iniziai lentamente a slacciare il primo bottone, sempre evitando con attenzione di guardarlo negli occhi. Mi accorsi che stava trattenendo il respiro e riuscivo a vedere con la coda dell’occhio che mi osservava, ancora stupito da quel mio cambiamento nei suoi confronti. In realtà, la mia era stata una mossa istintiva: semplicemente, non volevo ancora che se ne andasse. E poi era vero: non poteva uscire fradicio com’era e in camera mia avevo ancora un paio di camicie sue di cui avrei voluto liberarmi, magari con una scusa come quella.

Come se così facendo avessi potuto liberarmi anche di lui.

Come se ci si potesse sbarazzare così facilmente anche di lui.

Il secondo bottone si slacciò subito e passai quindi al terzo, anche se avrei voluto prendermi più tempo, prolungare quell’azione all’infinito, stare vicino a lui per sempre, anche solo così, a sentire il suo calore sul mio viso, troppo vicino alla sua pelle nuda. Il quarto bottone ci mise un po’ a slacciarsi e gliene fui grata.

Tutt’a un tratto, al quinto bottone, lui parlò:

- Ho letto il quaderno.

- Ah. – feci piano mentre sfioravo la sua pelle sotto la camicia. Il suo profumo mi stava già stregando, di nuovo. E glielo stavo lasciando fare.

- Tutto in una notte.

Non potei fare a meno di guardarlo, senza staccare le dita dai lembi della sua camicia. Il suo sguardo bruciava nel mio, diceva troppe cose insieme ed in quella tempesta blu non riuscivo a capire nemmeno una delle cose che voleva dirmi. Sperai solo che non mi facesse troppo male.

- Tu... non me ne hai mai parlato. – disse ancora guardandomi, suonando triste alle mie orecchie.

- Di cosa? – riuscii a dire con un filo di voce, ancora tenendolo per la camicia.

- Di te, di me... di noi. Di quello che provavi.

Ecco. Se presterete attenzione tra poco potrete cogliere un rumore: questo è il momento in cui il mio cuore si spezza.

- Io non volevo che tu... - dissi con le lacrime già pronte a scendermi sul viso, dandomi della stupida per questo. Ma lui mi interruppe:

- Se solo tu me l’avessi detto...

Tremai, sperando... non sapevo nemmeno cosa sperassi, riuscivo a tremare, aggrappata a lui in quel modo. Poi continuò:

- Non sai quante notti ho passato pensando a te. Ora so che ne vale la pena, deve essere così.

Mi prese le mani ed io non riuscii più a pensare a niente, se non alla sua voce.

Ha pensato a me.

- Jade, io... ora forse avrei bisogno di parole, ma non me ne vengono.

Sorrisi. Non so perché, ma sorrisi. E lui fece lo stesso. E, per quanto fossi già persa, mi lasciai andare completamente, senza nemmeno avere la certezza che avrei avuto una scialuppa di salvataggio per ritornare indietro. Scrutò ancora per un secondo il mio viso e poi me lo ritrovai così vicino che sentivo il sapore del suo respiro sulle labbra.

 

You take the breath right out of me.
You left a hole where my heart should be.

 

- Tu... mi lasci senza respiro. – sussurrò piano sulla mia bocca – Quando te ne sei andata hai lasciato un buco dove avrebbe dovuto esserci il mio cuore.

 

Poi mi baciò.

Potrei dire che il mondo sparì, potrei dire che sapeva di zucchero e di pioggia, potrei dire che fu come se il pavimento si aprisse sotto di noi, potrei dire che fu tutto quello che mi aspettavo, che mi sentii finalmente al mio posto, a casa...

Potrei dirlo, ma sarebbero solo parole.

In quel momento forse avrei avuto bisogno di parole come non mai: parole da dire, da pensare, da scrivere, da ricordare...

Stranamente, però, non me ne vennero.

Perché i momenti migliori sono quelli che ti lasciano senza parole.

 








N.D.Summer

@ valenina:

Quanti ortaggi nel tuo commento! xD Be', alla fine mi sembra che l'abbiano capito, vero? Ci vediamo nell'epilogo... Baci e grazie *-*

 

@ uley:

Ahahahhahah sono perrrrfidaaaa siiiii! Ma non troppo dai... alla fine (ma proprio alla fine, però) è arrivato anche il capitolo... come dire... risolutivo? Conclusivo (nel senso che i 2 concludono)? Tanto agognato?

...insomma, il capitolo in cui 'sti due alla fine riescono a saltarsi addosso!!! xD

Nuuuuu ehm l'anticipazione è dell'epilogo... quindi del prossimo capitolo, presumo... o forse direttamente di una storia "nuova"... ancora non so!

Mmmh, prima di picchiare Rob ma dopo avergli chiesto autografo e abbraccino per te gli dai il mio numero di telefono? Eh, così, non si sa mai... ;)

 

@ _Miss_:

Sì, esatto, Rob ha proprio letto quelle righe e non solo... diciamo che nel "diario" di Jade ha letto praticamente tutta la storia, così come l'avete letta voi...

Dai, come vedi la mia allergia agli happy ending (è proprio il termine giusto) è riuscita a confinare la felicità nell'ultimo capitolo... però almeno la storia è finita bene, no? xD

Be', in ogni caso grazie per i complimenti e... per la continua fiducia! :P

 

@ SIL1996:

Sono felice delle tue parole, sono felice che leggendo le mie tu ne sia rimasta un po' toccata :) Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento, a presto!

 

@ JJ_28:

Carissima, ogni commento un illuminazione! La volta scorsa ho scoperto la mia vocazione lavorativa (sceneggiatrice di Beautiful), questa volta mi hai dato un'idea fantastica per un tatuaggio! "Nuoce gravemente alla salute", che mi si adatta perfettamente! Magari non in fronte però, eh... xD

Però, dimmi la verità: tu fai già la sceneggiatrice di Beautiful? Sennò non si spiega! Al nonno di Jade come 170esimo marito di Brooke io non ci sarei mai arrivata! o.O un genio!

Ma passando a cose serie: ecco il tuo happy ending, ma risparmia Robert! So che lo tieni chiuso in cantina attendendo di farlo fuori nel caso in cui lui non sia andato da Jade (per seguire Ridge in Alaska), non puoi essere così crudele da privarci ancora di cotanta bonaggine!

Ok, oggi sono più fusa del solito, urge riposo. Alla prossima!

 

 

 

Alor...

Vi ho fatto attendere un po' (ma no, che dici, solo 6 mesi, 30 capitoli e anche 8  interminabili giorni dall'ultimo capitolo... che vuoi che sia!) per questa conclusione, lo so...

Vi è piaciuta? Spero di sì. Davvero davvero.

----------------------------------------------- Nota seria venuta da chissà dove --------------------------------------------------------

Non sono una che scrive quello che pensa che potrebbe piacere, purtroppo: valuto immensamente quello che mi scrivete - e lo adoro immensamente :) - ma sono convinta che una storia debba avere un inizio e una fine nella mente di chi la scrive nonostante quello che ne potrebbe pensare il "pubblico". Forse vi aspettavate molto più di questo, forse vi aspettavate che succedesse prima per godere un po' di più di quello che necessariamente succederà dopo questo bacio, forse pensate che questa storia sia sbilanciatissima... non lo so. La fine è nata (cioè, l'ho scritta) praticamente prima dell'inizio, quindi tutto quello che c'è poi stato in mezzo è stato anche in funzione di questo, di come le cose dovevano andare per arrivare a quel punto. Non pensavo che sarei stata così prolifica, però. :P

----------------------- Fine della nota seria completamente random e dettata da insicurezza profonda -----------------------

 

Su questo capitolo, oltre a quello che ho già detto, non saprei cosa aggiungere… Ah, sì: quando un ragazzo mi dice “ti prego” cado come una pera cotta, non so perché e così ha fatto anche Jade…

La frase finale mi sembra un po’ presa dalla pubblicità di uno shampoo (tipo “perché tu vali”), ma non ho saputo far di meglio: era quello che volevo dire… Jade ha sprecato mille parole (un quaderno di parole) e tutto si è risolto con un solo gesto…

 

Per concludere…

Ringrazio tutte, tuttissime: da chi ha solo letto e mai commentato - mannaggia a voi! :P - a chi ha commentato ogni capitolo - che dire, se non *-* - ...

Mi spiace un po' che sia finita... UN PO'?!?!?!? No, ecco, un po' non è neanche minimamente quanto mi spiace...

In ogni caso c'è l'epilogo, però ancora non so come fare per farvelo "arrivare"... nel senso che volevo metterlo a parte, in un altra storia, in caso poi volessi continuare a scrivere come proseguono le cose i due idioti... Probabilmente metterò un avviso in questa storia con il link, ok?

Sigh, sob, ho scritto un sacco (e potrei andare avanti, eccome se potrei) perchè non voglio che finiscaaaaaaa, sigh, sob...

 

Ok, carissime, è ora. Spero di rincontravi in giro per Efp, buone storie a tutte <3

 

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Capitolo 34
*** Epilogo. Intervista ***


Epilogo. Intervista

- Allora Mr.Pattinson… come va?

Era a dir poco strano pronunciare quelle parole e trovarmi in una situazione così simile a quella che avevo vissuto un anno prima. Un anno esatto, pensai.
Ero di nuovo seduta su una sedia scomoda davanti ad un attorucolo famoso in tutto il mondo. Io, che la sedia la trovavo scomoda forse non tanto per la sedia in sé, ma più per quei due occhi blu che non avevano smesso di togliermi il fiato. Non quando mi guardava così, mezzo divertito, mezzo provocante.
Eppure, non avrei mai pensato che in un solo anno sarebbero potute cambiare così tante cose.
- Bene – sorrise lui fin troppo compito e poi mi chiese a sua volta: - E a lei, come va?
Il suo sguardo si spostò per un attimo sulla videocamera alla sinistra del mio viso, puntata su di lui; poi, si posò con leggiadria straziante nel mio.
“Strano. A me va strano”. Sorrisi. – Bene, grazie.
Non era assolutamente vero, il mio stomaco stava facendo mille capriole.
Un po’ per lo sconcerto di vedere lui, Rob, che mi era stato così vicino, trattarmi con una fredda cortesia che non gli era naturale e che non era mai stata consona a noi due. Un po’ perché non avrei mai pensato che una cosa così stupida come fingere di essere due estranei mi avrebbe sconvolta così. E un po’ ancora, infine, perché mi rendevo conto che quella distanza che ora stavamo solo mettendo in atto non era poi così irreale.
Sospirai, temendo che capisse cosa pensavo, lui che con un solo sguardo riusciva a penetrare nella mia anima, lui che era sempre così attento ad ogni gesto delle persone che amava. Lui che non si sentiva mai all’altezza delle persone che amava, proprio come me.
Mi schiarii la voce: - Signor Pattinson. Lei è così giovane e ha già tutto: bellezza, soldi, fama… c’è qualcosa che non ha e che vorrebbe, in questo esatto momento?
Mentre formulavo la domanda, Robert aveva iniziato a guardarsi intorno con noncuranza: quando smisi di parlare però si voltò di scatto verso di me, gli occhi in fiamme ed il viso teso. In un primo momento pensai che fosse arrabbiato, anzi, inferocito. Poi però guardai meglio e quello che vidi nei suoi occhi che si erano leggermente scuriti non era decisamente rabbia.
- Te – rispose secco, con la voce ruvida. Come se questa non venisse dalla gola, ma da un luogo molto più profondo. Come se in quegli occhi non ci fosse ira, ma solo… desiderio.
Robert, fino a poco prima seduto sul bordo del letto matrimoniale con le mani incrociate sopra le gambe accavallate, si alzò ed in un lampo mi fu davanti. Di fronte a me, con il respiro sul mio.
- Te.
Ripeté quelle due lettere mormorandole piano come per assaporarle, prima di fiondarsi sulla mia bocca come per un’urgenza estrema. Poi, in realtà, si sciolse quasi immediatamente in un bacio che di urgente non aveva nulla: era lento e disarmante, era caldo e morbido, annebbiante e totalizzante.
Per poco non lasciai cadere la videocamera che tenevo ancora in mano: era stata un’idea sua quella di festeggiare una sorta di anniversario di noi due con una riproposizione di quello che era successo il giorno del nostro primo incontro: la fatidica intervista grazie alla quale ci eravamo conosciuti. Non avevo molto capito la ragione di quella messinscena, probabilmente per lui era come un rito catartico: mettere da parte tutto quello che c’era stato, tutto ciò che ci aveva divisi fin dall’inizio per ricominciare da capo, senza pesi sulle spalle.
Robert si staccò per un attimo da me di pochi centimetri, con il respiro corto: poi, si limitò a fissarmi intensamente, mordendosi il labbro inferiore, come se si fosse pentito di aver creato quella minima distanza tra di noi. Respirò forte, come per riprendere il controllo e mi offrì galantemente una mano per aiutarmi ad alzarmi dalla sedia. Feci appena in tempo a capire cosa volesse dirmi con quel gesto muto e ad appoggiare la videocamera ancora pericolante nella mia mano sul tavolino lì di fianco, che mi sentii sollevare da terra. In un attimo, Robert mi gettò sul letto, letteralmente.
E fu allora che capii tutto.
Era da un anno che ci conoscevamo ed avevo ancora i brividi quando mi guardava.
Era da un anno che ci conoscevamo e ancora non ne avevo avuto abbastanza di lui, mai.
Era da un anno che ci conoscevamo, certo; ma era da pochi giorni che stavamo insieme.
E non eravamo ancora stati insieme veramente, ma quella sera fu la prima volta.

N.D.Summer

Bene, rieccomi. Questo è uno dei due capitoli dell'epilogo che vi avevo promesso ed avviene pochi giorni dopo il capitolo precedente (quello del bacio Vero)... Spero si capisca tutto (il fatto che era uno scherzo, che loro stanno effettivamente insieme etc)! Quindi, sì, c'è ancora un altro capitolo sicuro e poi... non lo so! Per ora vi dico solo che la prossima volta sapremo (ehm, saprete! In questa storia mi sento anch'io lettrice, perchè si scrive da sola!) il vero nome di Jade! :D 

A presto, baci!

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Capitolo 35
*** Epilogo. Con lui ***


-------ATTENZIONE---------
Vorrei avvisarvi di non leggere se non volete sapere “una certa cosa”… Ma dato che tutto questo capitoletto è costruito su quella “certa cosa”, al tempo stesso non vorrei rovinarvelo…
Quindi ho fatto quest’introduzione che dice tutto e niente ed è assolutamente inutile, quindi. Bene. -.-‘





Epilogo. Con lui

Robert dormiva profondamente accanto a me in quello stesso letto profumato e candido su cui eravamo crollati qualche ora prima, quando mi svegliai. “Candido” non sarebbe stata la parola che avrei usato per descrivere quel letto, qualche ora prima. Avrei detto “bollente” o “devastato”, perché era stato esattamente così, fare l’amore con Robert.
Se non distruggeva le spalliere come il suo vampiro preferito e al tempo stesso odiato, poco ci  mancava. Eppure sapeva anche compiere ogni gesto con una dolcezza disarmante, quasi tragica. L'avevo già capito: ogni volta lui la faceva sembrare l’ultima. Anche se, come in quel caso, era la prima.
E la seconda.
E la terza.
Dopo, mi ero addormentata profondamente di un sonno pacifico e ristoratore, come non mi accadeva da tempo. Come mi accadeva, in maniera minore, solo quando dormivo con lui. O meglio, accanto a lui.
Mi succedeva invece, avevo scoperto, in modo molto più deciso quando dormivo con lui.
Sbadigliai piano e constatai che Rob dormiva ancora profondamente: le lenzuola ed il cuscino, entrambi di un bianco così accecante che sembrava avere riflessi azzurri, incorniciavano alla perfezione il suo viso, tanto da farlo somigliare ad un angelo addormentato su morbide nuvole vaporose.
Pensai che, se avesse aperto gli occhi in quel momento, la mia impressione sarebbe stata solo rafforzata dalla visione di quell’azzurro brillante, che a mio parere non aveva in effetti niente di terreno.
Doveva essere quasi mattino, perché una tiepida luce azzurrina entrava dalla finestra con le persiane socchiuse e questo conferiva un’atmosfera ancora più da sogno a quella situazione.
Lo guardai ancora per qualche secondo, incapace di staccare gli occhi da lui. Non era perfetto: ma erano proprio i suoi capelli scarmigliati, le sue guance arrossate, le sue mani appoggiate sul cuscino in una posizione assurda, le sue labbra semiaperte a renderlo perfetto. Perlomeno ai miei occhi, che di lui non sembravano averne mai abbastanza.
Pensai che, comunque fosse andata, non avrei mai voluto dimenticarmi di quell’istante, di lui, così. Abbandonato, vulnerabile, perso... mio.
In fretta e senza fare troppo rumore mi infilai la camicia azzurra che Robert aveva lanciato sul pavimento dopo essersela tolta, la sera prima. Corsi a prendere la stessa videocamera che avevamo usato per quella strana rievocazione del nostro primo incontro e, sentendomi una stalker o una paparazza di bassa lega, iniziai a riprenderlo mentre dormiva.
Non faceva assolutamente niente di particolare se non respirare, eppure mi incantava. Lo stavo fissando rapita – e riprendendo – da qualche secondo, quando mormorò qualcosa di incomprensibile.
Mi sembrò di capire le parole “ti amo” ed il cuore iniziò a battermi forte, tanto che ebbi persino paura che il rumore lo svegliasse. Aveva detto qualcos'altro, dopo: un nome, probabilmente, che però di sicuro non era “Jade”. Non sembrava affatto "Jade".
E se avesse detto Kristen?
E se avesse detto qualsiasi altro nome che non fosse Jade? E se quella notte e quegli ultimi giorni fossero stati uno sbaglio, per lui; se si fosse reso conto di amare un’altra? Una di quelle attrici bellissime che incontrava durante le premiere e le interviste e le apparizioni alle serate di gala? E se per lui stare con me fosse stato solo un gioco? E se si fosse reso conto che ci stavamo solo prendendo in giro, perchè eravamo chiaramente troppo diversi per funzionare, insieme?
Con il cuore che era salito in gola, mi sforzai di non andare nel panico: eppure mi sembrava proprio di aver captato quel “ti amo”, di quello ero sicura... Se solo fossi riuscita a farglielo ripetere...
Mentre la videocamera continuava a riprendere, a bassissima voce, cercando di mantenere un tono neutro, sussurrai vicino al suo orecchio: - Cosa, Rob?
Lui si agitò un po’, mosse le labbra ma non ne uscì alcun suono. Poi, proprio quando stavo per desistere, finalmente mormorò: - Io... io... ti amo... Gioia.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, mentre boccheggiavo in cerca d’aria. Facendo attenzione, posai la videocamera sul comodino e mi misi seduta sul letto di fianco a lui, che ancora dormiva ignaro. Le lacrime cadevano lievi sulle lenzuola ed io mi sentivo stordita.
Non aveva detto “Ti amo, Jade”; aveva detto “Gioia”.
Quel nome doveva avere un significato, doveva esserci una spiegazione per cui avesse detto una cosa e non l’altra, per cui avesse scelto quel nome e non un altro.
E non Jade.
Sorrisi, raggiante, tra le lacrime.
Era la prima volta che mi chiamava con il mio vero nome.









U.N.D. Summer
Ok, ultima nota di Summer!!! Almeno per questa storia, non illudetevi troppo... :P
Bene, capitolo corto e melensissiiiiimoooooo! Un concentrato di zucchero! Un frullato di orsetti gommosi!
Non so ancora se lo odio o no.

In ogni caso, era ovvio che mi uscisse così: sono trooooooppo triste che questa storia sia finita, uf...
Ho rimandato per un tempo infinito la pubblicazione di questo capitolo, ma alla fine ho dovuto cedere e correggerlo e pubblicarlo...
Sì, è vero che ho detto che era finita PER ORA: però, un po’ ho altre millemila FF in ballo e un po’ c’è la vita che si intromette sempre e non mi lascia scrivere in pace... :P
Perciò non so SE ma soprattutto non so QUANDO ci sarà un seguito...
In ogni caso, mi spiace proprio che sia finita e mi spiace anche tantissimo che non riceverò più i vostri divertentissimi commenti conditi di ortaggi e malanni vari causati da me e dalla mia storia...
Ma basta! Sto diventando sentimentale... Ma chi, io?!? Ma siamo pazzi? Eqquandomai.
Una cosa sentimentale però ve la devo e ve la voglio dire: grazie mille. Davvero, di cuore.
A tutte coloro che hanno commentato (anche una sola volta), a tutte le lettrici e commentatrici fedeli, assidue e accanite (<3 vi adoro) e sì, anche a te, che non hai mai commentato ma hai letto e magari questa storia ti è pure piaciuta... questa è la tua ultima occasione per farmelo sapere! :P
Vi saluto qui, per ora: ci "leggiamo" comunque nelle recensioni, a cui risponderò di sicuro.
A presto, allora! Sum


Se intanto voleste farvi un giro sulla mia pagina di Fb... ho pure pubblicato delle fotine di Adam (ve lo ricordate, Adam?), perchè stasera ho trovato un tizio proprio uguaaaale a come me l'ero immaginato... QUI. Sbav.
Quindi... enjoy!

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